Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 29 aprile 2022

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    nel nostro ordinamento esiste una gerarchia delle fonti del diritto al cui vertice vi sono la Costituzione e le norme di rango costituzionale. Lo Statuto siciliano, approvato con regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, è stato convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2 divenendo per questo motivo norma di rango costituzionale;

   lo Statuto della Regione Siciliana all'articolo 37 statuisce: «Per le imprese industriali e commerciali, che hanno la sede centrale fuori del territorio della Regione, ma che in essa hanno stabilimenti ed impianti, nell'accertamento dei redditi viene determinata la quota del reddito da attribuire agli stabilimenti ed impianti medesimi. L'imposta relativa a detta quota compete alla Regione ed è riscossa dagli organi di riscossione della medesima»;

   da quanto stabilito dall'articolo appena citato discende che le tasse pagate (Ires e Irpef) dalle imprese che abbiano sede centrale fuori dalla Sicilia, ma che impiantano nella regione sicula i loro stabilimenti dovrebbero rimanere nelle casse della Regione e lo stesso varrebbe anche per i tributi riscossi;

   con decreto legislativo 3 novembre 2005, n. 241, recante «Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Siciliana, recante attuazione dell'articolo 37 dello Statuto e simmetrico trasferimento di competenze», emanato viste le determinazioni della Commissione paritetica prevista dell'articolo 43 dello Statuto della Regione Siciliana, si sarebbe dovuto dare attuazione all'articolo 37 dello Statuto speciale della Regione Siciliana;

   tale norma non ha mai avuto attuazione, con ciò violando una disposizione dello Statuto della Regione Siciliana e generando di conseguenza un grave vulnus per via della non applicazione di una norma di rango costituzionale;

   la mancata applicazione della norma in questione genera anche un grave danno economico, in quanto è evidente che il disagio economico siciliano sarebbe di gran lunga inferiore e la Sicilia avrebbe una maggiore autonomia nella gestione delle proprie risorse se non vi fosse alcuna ingerenza statale;

   con sentenza n. 145 del 2008 la Corte costituzionale ha affermato che «l'articolo 1 del decreto legislativo n. 241 del 2005 nel dare attuazione all'articolo 37 dello statuto, si limita a disporre che, con riferimento all'imposta relativa alle quote del reddito da attribuire agli stabilimenti ed impianti siti nel territorio della Regione di imprese industriali e commerciali aventi la sede centrale fuori da tale territorio, “sono trasferite alla Regione” – “simmetricamente” al trasferimento del gettito di tale imposta – anche le “competenze previste dallo Statuto sino ad ora esercitate dallo Stato”, e, cioè esclusivamente le competenze in ordine alla riscossione di tale imposta»;

   dal 2005 diversi deputati nazionali e regionali hanno sollevato tale problematica, che ha visto anche l'approvazione di mozioni e l'assunzione di impegni da parte dei diversi Governi che si sono succeduti senza però mai pervenire all'attuazione della norma,

impegna il Governo

1) ad adottare le iniziative di competenza per procedere, in tempi brevi, alla definizione delle modalità applicative dell'articolo 37 dello Statuto della Regione Siciliana, in conformità alla giurisprudenza costituzionale e in coerenza con i principi del federalismo fiscale.
(1-00637) «Trizzino, Cancelleri, Lombardo, Martinciglio, Sodano, Casa, Raffa, Pignatone, Papiro, D'Uva, Paxia, Varchi, Cardinale».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   BALDELLI, BARELLI e ZANETTIN. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la Commissione europea ha presentato al Parlamento europeo la proposta di modifica del regolamento (UE) n. 575/2013 che definisce i requisiti prudenziali cui devono attenersi gli enti creditizi nel concedere finanziamenti;

   tra le modifiche proposte si prevede l'aumento dell'indice di rischio sui mutui relativi all'acquisto di immobili che non siano anche residenza del debitore;

   come denunciato dal coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani in una lettera inviata al Partito Popolare Europeo, la conseguenza sarà quella di far aumentare notevolmente il costo dei mutui sulle seconde case, danneggiando il settore dell'edilizia residenziale –:

   se, in una condizione di forte rallentamento dell'economia, il Governo intenda assumere iniziative, nell'ambito delle sue competenze, al fine di tutelare il settore dell'edilizia e l'effetto moltiplicatore che questo genera su molti altri settori, nonché il diritto dei cittadini a poter investire i propri risparmi nell'acquisto di un immobile.
(4-11939)


   MURONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il Presidente tunisino, Kais Saied, il 25 luglio 2021, aveva congelato i poteri del Parlamento, revocato l'immunità parlamentare e destituito l'allora capo del governo, Hichem Mechichi. Decisioni a cui sono seguite proteste e la sostituzione di Mechichi con la nomina a primo ministro di Najla Bouden Ramadàn;

   all'inizio del 2022 Saied ha emanato un decreto che scioglie il Consiglio superiore della magistratura, organo preposto a garantire il corretto svolgimento della giustizia e l'indipendenza della magistratura. L'Alto Commissario per i diritti umani, Michelle Bachelet, ha dichiarato che lo scioglimento del Csm tunisino avrebbe gravemente compromesso lo stato di diritto, la separazione, dei poteri e l'indipendenza della magistratura in Tunisia. Saied intende inoltre modificare la Costituzione e convocare elezioni a fine anno;

   il 30 marzo 2022 Saied durante una riunione del Consiglio di sicurezza nazionale, da lui presieduto, ha annunciato lo scioglimento dell'Assemblea dei Rappresentanti del Popolo;

   lo scioglimento del Parlamento ha aggravato la crisi in corso da tempo in Tunisia, crisi già notevolmente complicata da instabilità politica, condizioni economiche, pandemia e autoritarismo dello stesso Presidente. Non a caso gran parte della popolazione tunisina ritiene il giro di vite operato da Saied un «golpe di velluto»;

   il 30 marzo 117 deputati tunisini hanno votato in una plenaria discussa online la sfiducia alle misure eccezionali imposte da Saied la scorsa estate. Tra loro anche Majdi Karbai, parlamentare eletto nella circoscrizione italiana e membro del partito Courant démocrate, che ha dichiarato alla testata «Valigia Blu»: «Dopo il 30 marzo siamo accusati di cospirazione contro lo Stato, stanno convocando i parlamentari davanti al polo antiterrorismo. Questo è quello che faceva Ben Ali, accusava i suoi oppositori di terrorismo. Ora vuole dire che il rischio è la pena di morte»;

   in aprile il presidente Saied ha emesso un nuovo decreto che gli assegna la facoltà di nominare i componenti dell'Istanza superiore per l'indipendenza delle elezioni (Isie), componenti che fino a questo nuovo atto erano elettivi. Il Servizio europeo per l'azione esterna ha espresso preoccupazione per questo decreto che rischia di ridurre l'indipendenza dell'Isie, sottolineando che per l'Unione europea l'indipendenza di questa istituzione è un elemento cruciale per garantire la credibilità del processo elettorale che deve portare al ritorno alla normalità istituzionale nel Paese;

   «l'Unione europea è molto preoccupata per gli ultimi sviluppi in Tunisia, in particolare per lo scioglimento del parlamento e per i procedimenti penali avviati contro alcuni dei suoi membri». È scritto in un comunicato del portavoce dell'Alto Rappresentante dell'Unione europea per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza. «Chiediamo il ritorno, quanto prima, al normale funzionamento delle istituzioni e continueremo a seguire da vicino le varie fasi di attuazione del calendario politico approvato nel dicembre 2021», ha precisato la portavoce Massrali;

   un gruppo di eurodeputati, formato da Michael Gahler, Javier Nart, Jakop Dalunde e Andrea Cozzolino, ha tenuto a metà aprile una visita di tre giorni in Tunisia al termine della quale ha affermato che: «L'Unione europea incoraggia tutte le parti tunisine a impegnarsi in un dialogo nazionale autenticamente inclusivo per far fronte, con urgenza, alla crisi politica ed economica» e che intende «continuare a sostenere la Tunisia nel processo di riforma politica e consolidamento democratico» –:

   quali urgenti iniziative di competenza, alla luce dei fatti esposti in premessa, il Governo intenda intraprendere, sia in sede comunitaria sia in sede internazionale, affinché in Tunisia si possa prevenire al ripristino, nel più rapido tempo possibile, di tutte le regole dello stato di diritto e si contribuisca concretamente alla crescita democratica tanto agognata con la «primavera araba» dal popolo tunisino.
(4-11962)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   i Comites sono organi elettivi che rappresentano le esigenze dei cittadini italiani residenti all'estero nei rapporti con gli uffici consolari, con i quali collaborano per individuare le necessità di natura sociale, culturale e civile della collettività italiana;

   organi di stampa pubblicano lo scambio di corrispondenza avvenuto tra l'ambasciatore italiano in Svizzera, Silvio Mignano e il presidente del Comites di Zurigo, Gerardo Petta;

   da tale scambio epistolare si apprende che Mignano avrebbe declinato la richiesta di udienza presso i locali dell'ambasciata da parte del direttivo del nuovo esecutivo del Comites, eletto a Berna il 15 dicembre 2021; in particolare, il presidente Gerardo Petta avrebbe chiesto formalmente di essere ricevuto per presentare il nuovo Comites all'ambasciatore e i programmi a sostegno della collettività italiana;

   il motivo del diniego addotto dall'ambasciatore Mignano nella missiva di risposta a Petta, farebbe riferimento alla pendenza di un procedimento giurisdizionale scaturito dall'impugnazione dei risultati elettorali del nuovo esecutivo del Comites, per presunte irregolarità consistenti nell'annullamento illegittimo di 104 schede ritenute non valide dalla commissione elettorale, ledendo quindi – secondo l'ambasciatore – il diritto di voto di oltre 100 elettori residenti nella circoscrizione consolare;

   secondo Mignano, dunque, tale circostanza avrebbe reso opportuno attendere l'esito del ricorso prima di ufficializzare un incontro formale tra il nuovo esecutivo e l'ambasciatore italiano in Svizzera;

   tale motivazione, a quanto consta all'interrogante, non sarebbe stata ben accolta dal nuovo presidente del Comites, secondo il quale l'ambasciatore, ancor prima della definizione del procedimento in corso, avrebbe assunto una decisione sulla base di conclusioni non favorevoli per il comitato, sostituendosi di fatto all'autorità giudiziaria ed esulando dai propri compiti istituzionali;

   considerato che il Comitato in parola si deve ritenere eletto in piena regolarità fino all'espletamento di tutti i gradi di giudizio che ne accertino il contrario e che, altresì, esso si è riunito con altrettanta regolarità, il giorno 15 dicembre in prima convocazione da parte del console generale Min. Gabriele Altana –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda verificare, per quanto di competenza, l'accaduto, per evitare che il diniego in tale circostanza possa risolversi nella delegittimazione di un organo rappresentativo di cittadini italiani all'estero.
(4-11959)

CULTURA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MOLLICONE. — Al Ministro della cultura, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   come indicato con comunicato stampa sul sito ufficiale di Cassa depositi e prestiti, il 30 dicembre 2021 veniva siglata un'intesa preliminare tra Cinecittà e Cassa depositi e prestiti per l'espansione degli storici Studios;

   l'intesa è stata firmata da Nicola Maccanico, amministratore delegato di Cinecittà, con il Gruppo Cdp e prevede che, al momento del closing, la proprietà dello spazio venga trasferita da Immobiliare (società interamente controllata da Cdp) a Cinecittà;

   per Cdp, l'operazione si inserisce nell'attività di valorizzazione di ex immobili pubblici in base a princìpi di trasparenza e massimizzazione del valore, come previsto nell'ultimo Piano strategico di gruppo;

   il piano di riqualificazione di Cinecittà prevede la realizzazione di nuovi grandi teatri di posa e di un ampio complesso articolato in numerosi spazi e servizi, tra cui oltre 15 ettari di backlot, ossia una vasta area all'aperto per effettuare le riprese in esterno;

   il rilancio di Cinecittà è necessario per ristabilire il ruolo di Roma e dell'Italia come capitale dell'industria cinematografica;

   per quanto consta all'interrogante, l'accordo non sarebbe ancora operativo –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga, anche al fine di garantire l'industria cinematografica, di adottare urgenti e necessarie iniziative per risolvere l'evidente ritardo.
(5-07985)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DE LORENZO. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   Castel dell'Ovo è il più antico edificio fortificato di Napoli nonché uno dei simboli del paesaggio del Golfo partenopeo conosciuto e apprezzato in tutto il mondo. Inoltre, è uno degli edifici monumentali più rappresentati nella storia dell'arte pittorica;

   la sua straordinaria rilevanza storica è indissolubilmente legata all'area su cui sorge ovvero l'isolotto di Megaride, dove sbarcarono i Cumani che fondarono intorno all'VIII secolo a.C. il nucleo greco dell'odierna città campana;

   nel I secolo a.C. Lucullo vi edificò la sua leggendaria villa la quale, qualche secolo più tardi, ospiterà l'ultimo imperatore d'Occidente, Romolo Augustolo;

   l'attuale configurazione di Castel dell'Ovo è il portato degli interventi di ristrutturazione, ampliamento e fortificazione posti in essere dalle varie dominazioni (Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi, Borbone) che si sono succedute nel tempo;

   il complesso monumentale, attualmente, ospita uffici istituzionali, come quelli del Segretariato regionale del Ministero della cultura per la Campania, ed è inoltre sede dell'Istituto italiano dei castelli, sezione Campania, mentre gli spazi più rappresentativi sono utilizzati per mostre temporanee di rilevanza anche internazionale e per attività congressuali, di proprietà demaniale;

   il Castello è stato gestito direttamente dal Ministero delle finanze fino al 1999 e successivamente è stata sottoscritta una convenzione d'uso con il comune di Napoli limitatamente ad alcuni spazi, scaduta e tuttora non rinnovata;

   destano tuttavia preoccupazioni le condizioni in cui versa il Castello;

   una prima chiusura era stata già disposta dal 12 febbraio al 10 marzo 2022, per un guasto all'impianto d'illuminazione;

   il 13 aprile 2022, con disposizione dirigenziale n. 13 del Servizio cultura del comune partenopeo, viene decisa una seconda chiusura del Castello per motivi di sicurezza a causa del distacco di pietre dalla facciata;

   la giunta comunale, il successivo 15 aprile, approva una delibera per finanziarne la messa in sicurezza limitata però alla sola area dove si sono verificati i recenti distacchi di frammenti tufacei;

   alcune parti del complesso, ad esempio il Ramaglietto, la Rampa Normanna, diversi paramenti murari camminamenti, la Terrazza dei Cannoni necessitano di adeguate opere non solo di messa in sicurezza ma di restauro vero e proprio;

   alcuni ambienti, come la Sala Compagna e la Sala delle Colonne, presentano fenomeni evidenti di degrado delle facciate e problemi di infiltrazioni d'acqua;

   un complessivo adeguamento impiantistico e la sostituzione degli infissi risultano poi non più procrastinabili –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare, nelle more della eventuale nuova convenzione con il comune di Napoli, per risolvere le problematiche conservative di questo monumento, sottoposto a vincolo storico e archeologico ai sensi del decreto legislativo n. 42 del 2004, cagionate oltre che dalla mancanza di pregressi interventi strutturali di consolidamento e restauro anche dalla esposizione continua alle mareggiate, anche in considerazione del fatto che la futura rifunzionalizzazione di alcune sue aree e la valorizzazione, sia sotto l'aspetto storico-artistico-architettonico che sotto l'aspetto turistico e ricettivo dell'intero Castello, non possono prescindere da tali interventi e dalla necessità di affrontare la riqualificazione tecnica e funzionale del porticciolo turistico «Borgo marinari» per un approccio globale dell'intervento che non sia limitato solo ad alcune parti dell'intero complesso monumentale sull'isolotto di Megaride.
(4-11947)


   IORIO, GRIMALDI, DEL MONACO e DEL SESTO. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   con deliberazione n. 79 del 26 giugno 2020, la giunta comunale di Caserta ha approvato il progetto definitivo per la realizzazione di un «impianto integrato di selezione di materiali riciclabili dal rifiuto indifferenziato e trattamento biologico del rifiuto organico» in località Ponteselice (CE), in prossimità della Reggia di Caserta;

   l'area interessata, tuttavia, ricade nella sub zona P.C.M.3 («Protezione complessi e assi monumentali») del Piano Territoriale Paesistico di Caserta (decreto ministeriale 18 ottobre 2000) rispetto alla quale, nelle Norme di attuazione del Piano, è specificato che sono ammessi «interventi di localizzazione di insediamenti produttivi (industriale, artigianale, commerciale), se inclusi in piani A.S.I. e P.I.P. con un'altezza consentita fino e non oltre i m. 7»;

   la zona è interessata da un vincolo paesaggistico e ambientale (decreto ministeriale 14 settembre 1962 e 28 marzo 1985); con D.D. n. 45 dell'11 dicembre 2017 il comune di Caserta, è stato ammesso a finanziamento provvisorio per la realizzazione dell'intervento per un importo onnicomprensivo di euro 26.499.980,00, finanziato a valere sul FSC 2014/2020 e ha successivamente aggiudicato la gara per l'affidamento della progettazione definitiva ed esecutiva dell'impianto;

   trasmesso al comune di Caserta il progetto definitivo dell'impianto dall'aggiudicatario, è stato poi approvato il progetto definitivo per l'importo di euro 43.920.000,00, con mandato al responsabile unico del procedimento di affidare la redazione di due stralci funzionali, di cui il primo di importo pari a quello ammesso a finanziamento di euro 26.499.998,00;

   con nota prot. n. 94769 del 14 settembre 2021, il comune ha trasmesso la documentazione da cui risulta la presentazione al competente ufficio regionale della istanza per la verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale in data 10 settembre 2021;

   a quanto consta agli interroganti, allo stato attuale, il progetto definitivo dell'impianto di compostaggio è in fase di screening di verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale e si attende il parere da parte della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Caserta e Benevento;

   la zona su cui dovrebbe essere realizzato l'impianto, Ponteselice (CE), si ricorda che è collocata proprio di fronte al complesso monumentale Reggia di Caserta, una zona dall'altissimo valore storico archeologico il cui il valore paesaggistico deve essere garantito e preservato, oltre a ricadere nella cosiddetta buffer zone del sito Patrimonio dell'Unesco –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza, anche con carattere di urgenza, intenda adottare in merito alla tutela e alla salvaguardia del valore paesaggistico del sito scelto per la realizzazione dell'impianto di smaltimento.
(4-11958)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CANCELLERI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, comma 93, della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio 2018) conferiva, mediante i rispettivi regolamenti di amministrazione, la possibilità ad Agenzia delle entrate e Agenzia delle accise, dogane e monopoli di istituire posizioni organizzative per lo svolgimento di incarichi di elevata responsabilità, alta professionalità o particolare specializzazione (cosiddetti Poer);

   avverso la normativa istitutiva di tali figure, il Tar Lazio sollevava questioni di legittimità costituzionale a seguito dell'impugnazione, da parte della Federazione del pubblico impiego, di diversi provvedimenti adottati dall'Agenzia delle entrate tra il febbraio e il dicembre del 2018;

   secondo il Tar, la norma contenuta nella legge di bilancio 2018 ha consentito alle Agenzie fiscali di istituire posizioni caratterizzate da marcati poteri dirigenziali ricoperte con procedure selettive interne violando l'articolo 136 della Costituzione (a causa della reiterazione di un meccanismo già dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla sentenza n. 37 del 2015) e gli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione, poiché l'accesso a tali posizioni consentirebbe, attraverso una progressione verticale di carriera, l'ingresso senza concorso pubblico in una nuova fascia funzionale, caratterizzata dall'attribuzione di poteri tipicamente dirigenziali ed estranei a quelli della terza area, in tal modo attribuendo ai menzionati dipendenti un vantaggio competitivo ingiustificato;

   sulla questione è intervenuta la Corte costituzionale che, con sentenza n. 164 del 2020, ha ritenuto infondate le questioni di legittimità, in quanto il presupposto interpretativo e la ricostruzione del quadro normativo operata dal Tar non sono corretti, perché l'attribuzione ai Poer del potere «di adottare atti e provvedimenti amministrativi» è limitata a quelli rientranti nella competenza dei propri uffici, «di livello non dirigenziale» e «la responsabilità dell'attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati» non è, come per i dirigenti, «esclusiva» e non è «autonoma»;

   la Corte precisa, inoltre, che tale istituto si contraddistingue per la sua «non stabilità», caratteristica incompatibile con un passaggio di area, e tanto meno di ruolo, cui fa riscontro l'attribuzione di un nuovo status e che dunque, solo in vista di una acquisizione di uno status, si impone il rispetto delle procedure concorsuali, procedure che sarebbe invece eccessivo pretendere per accedere a posizioni che non hanno il carattere della stabilità;

   pertanto, i Poer non sono assimilabili a posizioni dirigenziali né rientrano nell'area intermedia tra la dirigenza e la terza area, perché si tratta di incarichi temporanei che non comportano l'attribuzione di un nuovo status;

   fermo restando che sussiste la valida ragione di valorizzare i soggetti che già lavorano all'interno dei pubblici uffici e che hanno sviluppato, sul campo, conoscenze e competenze professionali, si dovrebbero sempre privilegiare procedure di reclutamento che assicurino la più ampia partecipazione di soggetti esterni alle amministrazioni pubbliche che aspirano a farne parte, in virtù della necessità di assicurare in ogni caso il buon andamento delle pubbliche amministrazioni –:

   a distanza di oltre quattro anni dalla loro istituzione ed in linea con il principio di buon andamento e di efficiente funzionamento del sistema amministrativo, sotto quali aspetti si siano evidenziati vantaggi e benefici derivanti dalle funzioni attribuite ai titolari di posizioni organizzative di elevata responsabilità;

   tenuto conto che negli anni le Agenzie fiscali hanno accumulato carenze di personale nelle posizioni di livello dirigenziale e preso atto che come ribadito dalla Corte costituzionale le posizioni organizzative di elevata responsabilità sono incarichi temporanei e non hanno natura dirigenziale, se il Governo non ritenga necessario adottare le iniziative di competenza per l'istituzione di un'area funzionale intermedia di quadri direttivi tra la dirigenza e il personale delle aree prevedendo apposite procedure concorsuali per la copertura di tali posizioni.
(5-07986)

Interrogazione a risposta scritta:


   SCANU. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   in data 21 aprile 2022 il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 17 del 2022 cosiddetto decreto Bollette ed Energia è stato definitivamente approvato dall'Assemblea del Senato, andando a modificare la disciplina dell'utilizzo di alcune agevolazioni fiscali mediante sconto in fattura e cessione del credito per gli interventi edilizi e di riqualificazione di cui all'articolo 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77;

   sappiamo che i plafond a disposizione non sono illimitati e se le norme consentivano, dopo una prima cessione libera, soltanto due ulteriori cessioni esclusivamente a istituti bancari e assicurativi, anche questi prima o poi sarebbero stati destinati ad un blocco;

   istituti di credito grandi e piccoli hanno di fatto chiuso le piattaforme di cessione sottolineando l'impossibilità a procedere con nuove richieste;

   con il decreto in questione si è cercato di porre riparo, andando ad elevare da 3 a 4 il numero di cessioni effettuabili, con la previsione della facoltà di un'ultima cessione, da parte delle sole banche a favore dei soggetti coi quali abbiano concluso un contratto di conto corrente;

   inoltre i soggetti passivi dell'imposta sul reddito delle società e i titolari di partita IVA, che sono tenuti a presentare la dichiarazione dei redditi entro il 30 novembre 2022, possono trasmettere le comunicazioni di opzione per lo sconto sul corrispettivo o per la cessione del credito, anche successivamente al 29 aprile 2022, ma comunque entro il 15 ottobre 2022;

   la proroga non dovrebbe però riguardare i condomini, le società semplici e le persone fisiche senza Partita Iva che resterebbero ancorati al dispositivo dell'articolo 10-quater del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4 «Decreto Sostegni Ter» che dispone, a pena di decadenza per l'esercizio delle opzioni di sconto sul corrispettivo o cessione del credito, la trasmissione all'Agenzia delle entrate entro il 29 aprile 2022;

   con l'attuale chiusura delle piattaforme per la cessione è facile capire che per i soggetti in questione il rischio di perdere il credito d'imposta diventa praticamente ineluttabile;

   si tratta di migliaia di soggetti beneficiari che in molti casi hanno già assunto obblighi contrattuali per la realizzazione degli interventi agevolati dai diversi bonus che verrebbero ingiustamente discriminati –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare per salvaguardare i crediti fiscali 2021 e, ove possibile ed opportuno per prorogare la facoltà di scelta oltre la scadenza del 15 ottobre 2022, con possibilità in caso di opzione per la cessione del credito, di modificare la dichiarazione dei redditi precompilata prima dell'invio, nonché per consentire di portare la detrazione 2022 per i crediti 2021 nella dichiarazione dei redditi dell'anno 2023 con esercizio dell'opzione per la cessione entro il 16 marzo 2023.
(4-11945)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 21 aprile, nella casa circondariale di Biella, l'intervento repentino degli agenti di polizia penitenziaria ha impedito la fuga di un detenuto di nazionalità marocchina;

   il detenuto era impiegato nello smaltimento della raccolta differenziata nel perimetro interno dell'istituto penitenziario e, approfittando dell'uscita di un furgone il quale aveva appena scaricato le derrate alimentari destinate alla cucina della casa circondariale, ha tentato di nascondersi all'interno del mezzo con lo scopo di evadere dal carcere;

   solamente grazie alla prontezza dell'addetto alla sala operativa, dopo aver notato il detenuto saltare all'interno del furgone, si è potuto intervenire con rapidità, fermando il mezzo e facendo così uscire il fuggitivo, il quale ha tentato di opporre resistenza agli agenti impegnati a riportarlo all'interno dell'istituto;

   la riuscita di tale operazione si deve esclusivamente alla preparazione e alla dedizione dimostrata dai nostri agenti di polizia penitenziaria, i quali, nonostante le incredibili e tuttora persistenti criticità che affliggono le carceri italiane, riescono a mantenere l'ordine negli istituti penitenziari, uomini e donne che rappresentano la prima linea di difesa contro quegli elementi che hanno rotto il patto di cittadinanza con il popolo italiano –:

   se il Ministero abbia intenzione di encomiare pubblicamente gli agenti della polizia penitenziaria della casa circondariale di Biella per i fatti esposti in premessa.
(4-11941)


   MORRONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   un grave episodio si è verificato nella casa circondariale di Ferrara di via Arginone, dove un detenuto ha preso a pugni e tentato di strangolare un ispettore di Polizia penitenziaria in servizio, il quale, come si apprende da fonti stampa, ha riportato una prognosi di 15 giorni, oltre al trauma psicologico per l'aggressione subita;

   il sindacato autonomo di polizia penitenziaria in una nota denuncia l'insostenibile condizione lavorativa nella quale si trovano a lavorare gli agenti della casa circondariale ferrarese, oltre ad auspicare celeri azioni da parte dell'Amministrazione e del Ministro volte a risolvere le problematiche connesse alla gestione dei detenuti;

   appare grave e caotica la situazione che si è venuta a creare nella struttura e che ha trovato sfogo anche in altri episodi violenti, come quello avvenuto alla fine di marzo, quando due detenuti hanno tentato di togliersi la vita ed uno degli stessi ha poi cercato di incendiare la propria cella;

   sussistono carenze organiche nella struttura, che registra una scopertura di più di 30 unità di personale di polizia penitenziaria;

   va evidenziato il sovraffollamento del carcere, che conta quasi 100 detenuti in eccesso rispetto ai posti previsti;

   si sottolinea altresì il contesto che si sta delineando nelle carceri a livello nazionale, con numerosi episodi di violenza ai danni di agenti di polizia penitenziaria registratisi negli ultimi mesi –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere al fine di risolvere le criticità della casa circondariale ferrarese, prevenendo l'insorgenza di nuovi episodi di violenza e tensione, affinché gli agenti di polizia penitenziaria possano svolgere il loro lavoro in condizioni di sicurezza.
(4-11951)


   MORRONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   recenti episodi di violenza hanno interessato l'istituto penitenziario di Regina Coeli, non ultimo, come si apprende da fonti stampa, la drammatica violenza sessuale perpetrata ai danni di un detenuto nazionalità italiana ad opera di altri due reclusi di origine slava, nel corso della quale la vittima è stata minacciata con un coltello e costretta con una corda;

   invero, l'azione di violenza è stata interrotta solo grazie all'arrivo sul posto degli agenti di polizia penitenziaria;

   a questo episodio, che il Segretario laziale del Sindacato autonomo di polizia penitenziaria Donato Capece ha imputato agli effetti prodotti dall'istituto della sorveglianza dinamica, si aggiunge quello avvenuto all'inizio di aprile 2022, quando un detenuto ha incendiato la cella nella quale si trovava, per poi aggredire, con altri due reclusi, gli agenti intervenuti per estinguere le fiamme;

   la situazione è ulteriormente aggravata dalla carenza di organico ormai strutturale che caratterizza l'istituto e che vede una scopertura di più di 140 unità di personale di polizia penitenziaria rispetto a quelle previste, senza contare la penuria di strumentazioni ed equipaggiamenti per la sicurezza individuale;

   detta situazione è stata più volta denunciata dai sindacati di polizia penitenziaria, come sottolineato anche da un recente comunicato stampa del Segretario generale della Uilpa Gennarino De Fazio che, il 27 gennaio di quest'anno, ha ribadito la non sostenibilità delle attuali condizioni lavorative del Corpo all'interno dell'istituto;

   parimenti all'interno della struttura si registra un'eccedenza di quasi 300 detenuti rispetto ai posti previsti;

   nel 2021 si sono registrati 3 casi di evasioni dall'ospedale;

   infine, i ricorrenti focolai di COVID-19, non ultimo il picco di contagi che ha coinvolto più di 200 detenuti, rendono la casa circondariale romana l'istituto più interessato da episodi di contagio a livello nazionale, come peraltro già avvenuto lo scorso gennaio, quando il carcere di Regina Coeli era stato l'epicentro di un focolaio che aveva interessato 205 detenuti, mettendo a rischio parallelamente anche la sicurezza degli agenti in servizio –:

   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda assumere con riguardo a quanto esposto in premessa, in risposta alle criticità denunciate dai sindacati e dagli organi di stampa.
(4-11954)


   MORRONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 7 agosto 2018 la piccola L.M., di appena 16 mesi di età, veniva investita da un'automobile nel cortile di un asilo nido di Velletri, dopo essere stata lasciata da sola dalla maestra;

   L.M. è attualmente in stato vegetativo giudicato irreversibile;

   la maestra è imputata per il reato di abbandono di minore aggravato, mentre la persona che ha investito la bambina è imputata per il reato di lesioni colpose gravissime;

   la prima udienza del processo si è tenuta solo il 13 settembre 2021;

   nell'udienza del 13 settembre il giudice ha disposto un breve rinvio, al 27 settembre, per sciogliere la riserva sulle eccezioni (poi tutte respinte), ha aperto il dibattimento e ammesso le prove, rinviando al 14 marzo 2022;

   nella fase sopra descritta si è registrata una richiesta di estinzione del processo per la persona che ha investito la bambina, sulla scorta di una presunta condotta riparatoria, basata sull'offerta pervenuta da parte della compagnia assicuratrice e di un'offerta inviata a mezzo vaglia la mattina del 13 settembre 2021 di euro 1 da ciascuna imputata per ciascuna parte civile;

   l'entità risibile dell'offerta risarcitoria ha avuto ampia eco anche sulla stampa nazionale, suscitando indignazione da parte dell'opinione pubblica, nel contesto di una vicenda già di per sé tanto dolorosa;

   la prossima udienza è prevista nel mese di aprile 2022;

   la difesa ha citato oltre trenta testimoni;

   invero, a breve, ovverosia a partire dal 2025 si prescriveranno entrambi i reati sopra citati;

   considerati i tempi della giustizia e le condizioni in cui i magistrati sono costretti a lavorare, unitamente ai tempi necessari per l'escussione di circa trenta testimoni, in assenza di una serrata calendarizzazione, si prospetta il serio rischio che non si pervenga a breve a una sentenza di merito e, pertanto, la possibilità che intervenga una prescrizione nel corso di eventuali giudizi di impugnazione;

   al netto della situazione di emergenza pandemica che ha notevolmente rallentato l'attività degli uffici giudiziari, tre anni di indagini preliminari appaiono, a giudizio dell'interrogante, un periodo di tempo eccessivo e sproporzionato, soprattutto in relazione alla vicenda in questione;

   ad avviso dell'interrogante occorrerebbe verificare eventuali inefficienze dell'attività giurisdizionale, che abbiano determinato il protrarsi delle indagini preliminari per un tempo tanto significativo da ledere i diritti dei cittadini e pregiudicare la pretesa punitiva dello Stato, a danno dell'intero sistema giustizia –:

   se il Ministro interrogato non intenda valutare se sussistono i presupposti per promuovere iniziative ispettive presso gli uffici giudiziari di cui in premessa.
(4-11960)

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ SOSTENIBILI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE GIROLAMO. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   l'autostrada A4 è una delle arterie principali del sistema economico nazionale, sviluppandosi lungo la direttrice ovest-est della Penisola, collegando Torino a Trieste passando per Milano, Venezia;

   l'infrastruttura si sviluppa lungo il Corridoio europeo mediterraneo n. 5 Lisbona-Kiev;

   da tempo è stato avviato il progetto, suddiviso in quattro lotti, per la realizzazione della terza corsia dell'autostrada A4 nella tratta Quarto D'Altino (Ve)-Villesse (Go), con tracciato di circa 95 chilometri, dei quali circa 55 chilometri ricadenti nel territorio della regione Veneto e 40 chilometri nel territorio della regione Friuli-Venezia Giulia, su un terreno pianeggiante;

   ad oggi si registra un grave ritardo per il completamento del secondo lotto di 33,5 chilometri tra San Donà di Piave e Alvisopoli, frazione di Fossalta di Portogruaro, mentre al contrario già dal 2017 è allo studio il quadruplicamento del tratto Padova-Brescia;

   tra i motivi di questo ritardo, che non possono più essere tollerati, figurano senz'altro le limitazioni dovute all'emergenza sanitaria, ma anche il caro materiali e trasferimento della concessione da Autovie alla «newco»;

   lungo questo tratto stradale si sono verificati nel corso di questi mesi un numero molto elevato di incidenti, spesso purtroppo anche mortali, con la risultanza di bloccare il flusso veicolare in entrambi i sensi di marcia, riproponendo quello scenario tristemente noto della «tangenziale di Mestre» che ha ingolfato il sistema trasportistico del Nordest per decenni fino all'apertura del Passante nel 2009, con un bollettino quotidiano di disagi, sinistri, feriti e decessi;

   le statistiche sugli incidenti ed i sinistri rilevati riportano che molti di essi avvengono a causa dell'improvviso arresto degli automobilisti, con conseguenti tamponamenti, dovuti a blocchi di traffico formatisi «a sorpresa», in prossimità del restringimento di carreggiata causato dai lavori lungo l'arteria stradale –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare per assicurare la sicurezza stradale lungo l'area interessata, al fine di individuare una soluzione alla situazione esposta in premessa, considerata la pericolosità di questo tratto stradale ad altissima incidentalità anche mortale e se non ritenga di dover adottare ulteriori iniziative di competenza, anche sul piano finanziario, al fine di velocizzare l'iter di completamento del secondo lotto tra San Donà di Piave e Alvisopoli che, ad oggi, appare come un vero e proprio «imbuto» del nostro sistema-Paese in ingresso e in uscita, al fine di prevenire l'aggravarsi di conseguenze economiche e sociali, soprattutto in termini di attrattività turistica.
(5-07983)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TRAVERSI, D'ARRANDO, GRIPPA, BARBUTO, LUCIANO CANTONE, CARINELLI, DE LORENZIS, FICARA, LIUZZI, SCAGLIUSI, SERRITELLA, RAFFA e ELISA TRIPODI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   diversi giornali hanno evidenziato nei loro articoli di stampa il grave disservizio che avrebbe coinvolto una comitiva di persone con disabilità e i loro accompagnatori nella giornata dello scorso 18 aprile presso la stazione di Genova «Piazza Principe». La comitiva, dopo aver trascorso delle giornate nel capoluogo ligure per la vacanza di Pasqua, pur essendosi recata con un'ora di anticipo rispetto al treno regionale veloce 3075 Genova-Milano delle ore 15.48, è stata impossibilitata a procedere nel viaggio di ritorno a quanto pare a causa di un sovraffollamento dello stesso convoglio che avrebbe interessato anche i posti loro riservati ed in precedenza prenotati;

   diverse sono state le versioni che si sono succedute per la ricostruzione dell'accaduto sia da parte di Trenitalia che dall'assessorato competente della regione Liguria ed infine da parte di «Haccade», l'associazione che aveva prenotato il viaggio di ritorno dopo la vacanza;

   il gruppo, alla fine, si è visto costretto a raggiungere il capoluogo meneghino, oltre che con due ore di ritardo, solo a bordo di un autobus sostitutivo, subendo non pochi disagi;

   anche la procura di Genova, a seguito dell'esposto presentato da Assoutenti, ha aperto un'indagine contro ignoti dopo la «cacciata» della comitiva di disabili dal treno con l'ipotesi di violenza privata;

   per approfondire i fatti del dirottamento del gruppo su un autobus alternativo al viaggio in treno ci sarebbero stati, a quanto si apprende, sempre dalla stampa, altresì incontri tra i vertici della società Trenitalia s.p.a. e il Ministro interrogato con lo scopo di evitare il presentarsi di tali accadimenti e intavolare interventi mirati. Si legge altresì che si potrebbero susseguire ulteriori incontri in merito;

   risulta agli interroganti che per le persone con disabilità o persone a mobilità ridotta (Pmr), esistono spazi garantiti sui convogli e che devono essere sempre assicurati prima della salita degli altri passeggeri. Si tratterebbe nello specifico, di spazi destinati alla loro sistemazione, provvisti di una zona di viaggio con ampio finestrino e vari accessori (tavolino, mancorrente, pulsante di chiamata e altro) e situati in prossimità di servizi igienici adeguati;

   nel regolamento europeo del trasporto passeggeri n. 1371/2007, gli articoli da 19 a 24, sono dedicati, in particolare, a garantire l'attenzione necessaria a persone con disabilità e persone con mobilità ridotta;

   da quanto esposto il contesto dell'intera vicenda fa emergere come ancora ci sia da impegnarsi perché siano tutelati i diritti delle persone con disabilità ed in particolare evidenzia come si sia trattato di un gravissimo disservizio non solo nei confronti della comitiva e degli accompagnatori ma anche dell'intera utenza –:

   quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare per chiarire i fatti esposti in premessa;

   quali interventi siano stati posti in essere dal personale di Trenitalia e dalla polizia ferroviaria per tutelare i soggetti coinvolti da questo grave episodio e se da parte di chi aveva la responsabilità sia stato fatto tutto il possibile per risolvere il problema in questione;

   se il Governo non abbia già assunto o intenda assumere iniziative urgenti al fine di potenziare l'erogazione del servizio di assistenza delle persone con disabilità, consentendo alle stesse il viaggio in assoluta sicurezza;

   quali iniziative si intendano adottare, per quanto di competenza, per garantire che non avvengano più simili episodi.
(4-11942)


   D'ATTIS. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   l'8 aprile 2022 a Latiano, in provincia di Brindisi, un treno regionale si è scontrato con il rimorchio di un camion che stava attraversando i binari;

   l'incidente, fortunatamente, non ha provocato vittime o feriti, ma la situazione verificatasi è stata estremamente pericolosa e avrebbe potuto avere conseguenze più gravi –:

   quali siano le motivazioni alla base dell'incidente e se, con riferimento al passaggio a livello di Latiano, siano garantiti tutti i requisiti di sicurezza.
(4-11950)


   FICARA. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   da qualche anno la gestione della Camera di commercio siciliana del Sud-est è finita sotto i riflettori di alcune testate giornalistiche che sottolineano alcune vicende «anomale», riguardanti soprattutto le nomine della Sac Service, (società «pubblica» di proprietà della «SAC Aeroporto di Catania» a sua volta partecipata per il 61,22 per cento dalla Camera di commercio del Sud-est) e la concessione di alcuni contributi, nonostante le documentate difficoltà finanziarie della Camera di commercio, ad enti e/o società, parrebbe, riconducibili al Presidente della stessa anche attraverso il noto meccanismo delle cosiddette scatole cinesi;

   l'articolo 54-ter del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, come modificato da successivi decreti, ha modificato l'assetto della Camera di commercio del Sud-est, istituendo le circoscrizioni territoriali della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Catania e della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Ragusa, Siracusa, Caltanissetta, Agrigento e Trapani;

   con decreto ministeriale del 19 gennaio 2022 sono stati nominati i rispettivi commissari, con conseguente decadenza di tutti gli organi camerali. Il suddetto decreto è stato oggetto di impugnazione e successiva sospensione, con conseguente reinsediamento in carica di presidente, consiglio e giunta. Con decreto del 30 marzo 2022 il Ministro dello sviluppo economico istituiva le nuove Camera di commercio di Catania e di Ragusa, Siracusa, Caltanissetta, Agrigento e Trapani e nominava nuovamente commissari. Anche questo decreto è stato oggetto di ricorsi al Tar, con richieste di provvedimenti cautelari respinte e appellate e sull'ultima delle quali vi è stata una rapidissima pronuncia di sospensiva;

   desta particolare curiosità l'accelerazione, da parte della Sac, delle procedure di convocazione del consiglio di amministrazione per l'elezione della nuova dirigenza nelle more della trattazione dei ricorsi che dovranno pronunciarsi sulla pienezza dei poteri degli organi camerali e una serie di comportamenti messi in atto dalla giunta dell'ente camerale del Sud-est, rispetto ai quali Confindustria Catania e Confindustria Siracusa prendono le distanze, definendoli scorretti nel metodo e nel merito e sottolineando come non vi sia nessuna strategia di rilancio da proporre;

   la riorganizzazione dell'ex Camera di commercio del Sud-est viene così rallentata da una serie di ricorsi posti in essere da soggetti che sembrano avere interessi in svariati settori, con quelli che appaiono conflitti di interesse di notevole rilevanza, all'interno della stessa Camera di commercio e della Sac, sua principale partecipata, amministrata da un componente della giunta della Confcommercio e che gestisce l'aeroporto di Catania;

   inoltre, da intercettazioni a seguito di un'indagine sull'appalto per il servizio di pronto soccorso presso l'aeroporto di Catania è emerso, che nel 2019 uno dei dirigenti della Sac avrebbe raccontato alla madre di temere di finire arrestato a causa dell'amministratore delegato della società –:

   se il Governo sia a conoscenza delle vicende sopra esposte e quali iniziative intenda porre in essere, per quanto di competenza, in relazione alle criticità evidenziate in premessa in merito alle procedure poste in essere dalla Sac in questa complessa vicenda, al fine di tutelare, da un lato, un asset strategico quale lo sviluppo aeroportuale della Sicilia Orientale e, dall'altro, le imprese, già enormemente penalizzate dalla pandemia in questi ultimi due anni, da un'ulteriore paralisi dell'attività di un ente, quale è la Camera di commercio, che dovrebbe invece rappresentarle e supportarle, insieme al tessuto produttivo in cui operano.
(4-11961)


   SANI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (codice della strada) prevede che l'ente proprietario della strada possa affidare in concessione la realizzazione, manutenzione e gestione dei tratti autostradali, comprese le sue pertinenze;

   la Convenzione unica del 12 ottobre 2007 affida ad Autostrade per l'Italia Spa (Aspi) la realizzazione, manutenzione e gestione del tratto autostradale e, all'articolo 33, riconosce la possibilità per la concessionaria Autostrade di affidare in sub-concessione lavori, servizi e forniture lungo il tratto autostradale, ivi comprese le sue pertinenze, le quali, in base al predetto articolo 24, comma 1, del codice della Strada, ne costituiscono frazione;

   su queste premesse normative si inserisce la concessione tra Aspi e Unipark, finalizzata alla gestione, previa realizzazione, dell'area di servizio (denominata Villa Costanza) lungo il tratto autostradale «Autostrada A1» collocata tra le uscite di Firenze Scandicci e Firenze Impruneta;

   si tratta della realizzazione, gestione e manutenzione di un'area di servizio (di cui al predetto articolo 24, comma 1, del codice della strada) ricomprendente un'area di parcheggio e un'area ristoro. La durata della concessione decorre dal 12 maggio 2017 e scade il 31 dicembre 2025;

   la situazione di emergenza epidemiologica COVID-19 ha imposto l'adozione di necessari e prolungati provvedimenti di contingentamento, tali da provocare una drastica diminuzione degli spostamenti e della circolazione di mezzi e persone su tutto il territorio nazionale. Tale situazione ha causato una pesantissima riduzione dell'utenza presso la citata area di servizio. Le limitazioni alla circolazione a causa della pandemia e i loro effetti si riversano inevitabilmente sulla gestione di tutte le aree di servizio;

   l'articolo 2, comma 2, del decreto-legge n. 121 del 10 settembre 2021, in tema di disposizioni urgenti in materia di investimenti e sicurezza nel settore delle infrastrutture autostradali e idriche, ha prorogato di due anni la durata delle convenzioni autostradali;

   la disposizione normativa, così come formulata, ammetterebbe al beneficio della proroga le aree di rifornimento carburante e quelle relative ai punti di ristoro. Entrambe le tipologie vedono certamente ricomprese anche le aree di parcheggio e sosta contigue ed accessorie a tali attività;

   un'interpretazione estensiva di tale disposizione, consentirebbe, verosimilmente, di ricomprendere in questa fattispecie anche l'area di servizio «Villa Costanza», trattandosi anch'essa di un'area destinata a parcheggio e punto di ristoro;

   non sembra esser questa però, tuttavia, l'interpretazione condivisa dall'amministrazione centrale e da Autostrade per l'Italia Spa. Mentre nelle pertinenze destinate ai servizi di distribuzione di carburante ed ai servizi di ristoro le aree di parcheggio hanno natura accessoria e strumentale rispetto a tali attività imprenditoriali, nel caso di Villa Costanza la gestione del parcheggio (a pagamento) è invece oggetto di un'attività autonoma e distinta da quella di ristoro ed assume conseguentemente rilievo centrale nel rapporto concessorio;

   Villa Costanza è stata realizzata sulla base di un accordo tra Autostrade e il comune di Scandicci, al fine di permettere al solo flusso autostradale (per lo più pendolare e turistico) di accedere all'ampia area di parcheggio a pagamento posta nella pertinenza di servizio. Ciò premesso, si può ben comprendere come un parcheggio con simili caratteristiche sia stato pesantemente investito dalla riduzione del traffico autostradale. L'attività di smart working, la chiusura delle Università e il blocco dei trasporti (ivi compresi i voli turistici) ha comportato in buona sostanza l'azzeramento del flusso all'interno dell'area di servizio in esame;

   appare quindi irragionevole che il beneficio della proroga del rapporto concessorio non possa estendersi anche a tale attività;

   nel mese di febbraio 2022 alla Camera dei deputati è stato accolto un ordine del giorno in cui si impegnava il Governo «a modificare, nel prossimo provvedimento utile e in relazione a quanto espresso in premessa, l'articolo 2 comma 2 del decreto-legge n. 121 del 10 settembre 2021, inserendo tra i beneficiari della proroga dei due anni prevista dalla normativa vigente, anche le concessioni relative “ai servizi di parcheggio a pagamento”» (n. 9/03431-AR/043) –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere al fine di concretizzare gli impegni di cui all'ordine del giorno citato in premessa.
(4-11964)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GEMMATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto si evince da fonti di stampa e da comunicati del Sindacato di Polizia Coisp Puglia, dal 27 luglio 2021, data dell'istituzione della questura di Barletta-Andria-Trani con sede ad Andria, i commissariati della neo provincia Bat, ovvero Barletta, Trani e Canosa di Puglia, che in passato erano coordinati dalla questura di Bari, sono stati posti sotto la diretta dipendenza della questura di Andria;

   da tale data la direzione dei predetti commissariati, prima demandata a dirigenti della Polizia di Stato con la qualifica di primo dirigente (escluso quello di Canosa di Puglia) sono diretti da dirigenti di Polizia con un ruolo inferiore ovvero quello di vice questore aggiunto;

   dal 27 luglio 2021, dunque, il commissariato di Barletta, con un'area territoriale da gestire di 149,4 chilometri quadrati ed una popolazione da servire di 96.951 abitanti non è più diretto da un primo dirigente bensì da un vice questore aggiunto;

   il commissariato di Canosa di Puglia, invece, era già ed è tuttora diretto da un vice questore aggiunto in ragione della ridotta perimetrazione dell'area territoriale da gestire rispetto agli altri due commissariati, ovvero di 150,9 chilometri quadrati, e del ridotto numero di cittadini da servire ovvero di 28.026 abitanti;

   dalla medesima data, ovvero da 9 mesi, Trani, con un'area di 102 chilometri quadrati e 54.783 abitanti, non dispone ancora di un dirigente;

   secondo quanto comunicato dal Coisp Puglia, infatti, il dirigente del commissariato di Barletta sarebbe stato incaricato di dirigere, presumibilmente con incarico temporaneo, anche il commissariato di Trani;

   secondo le valutazioni del sindacato di polizia, il doppio incarico conferito al dirigente del commissariato di Barletta risulterebbe estremamente gravoso e di difficile attuazione, in considerazione non solo delle funzioni ad esso assegnate ma anche in ragione delle due vaste aree da gestire nonché del totale della popolazione da servire. A questo si aggiunga l'alta percentuale di atti criminali posti in essere nel corso del tempo proprio nei territori di Barletta e Trani;

   in particolare, secondo quanto si evince da fonti di stampa, dai dati del report indice di permeabilità dei territori alla criminalità organizzata realizzato nel quadro del Protocollo d'intesa tra la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e l'Eurispes, nonché dall'analisi dei dati relativi alla Relazione attività e risultati conseguiti da Direzione investigativa antimafia (Dia) – I sem 2021, la Provincia Bat è in assoluto la prima tra centosette province (comprese Bari e Napoli) italiane per furti di auto, tra le prime dieci per quanto riguarda le rapine in abitazione, tra le prime dieci per quanto riguarda le estorsioni, al terzo posto per omicidi volontari e al quarto posto per i tentati omicidi;

   secondo quanto osservato dal Coips Puglia, ad aggravare la situazione relativa alla mancanza del dirigente del commissariato di Trani sarebbe il fatto che costui riveste, nel comune sul quale insiste il commissariato, altresì la funzione di autorità locale di pubblica sicurezza e anche per questo motivo il doppio incarico conferito al dirigente di Barletta risulterebbe ancor più gravoso e inopportuno;

   alla situazione così descritta si aggiunga anche la nota e annosa carenza di personale delle forze di polizia presenti sul territorio della Provincia Bat e della necessità di adeguare la dotazione organica al fine di garantire sia i presidi sul territorio che i servizi di polizia giudiziaria –:

   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero e, in caso affermativo, se intenda adottare iniziative di competenza volte a favorire la nomina di un dirigente del commissariato di Trani e l'incremento di personale delle forze di polizia assegnate al territorio della provincia Barletta-Andria-Trani.
(5-07988)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TONELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con la ripresa della partenza delle crociere internazionali dal porto turistico di Porto Corsini a Ravenna, insieme all'operatività dello scalo, si ripresenta la necessità di garantire gli opportuni controlli sui passeggeri in transito da e per l'Italia;

   la calendarizzazione degli scali (che sembrano dover iniziare già i primi di maggio) prevede un afflusso di circa 140.000 mila passeggeri di cui circa 10.000 in transito e 120.000 mila in Home Port (imbarco/sbarco); il piano della società che gestisce il terminal prevede un incremento annuale fino a giungere in 3 anni ad una media di circa 300.000 passeggeri annui;

   come appreso, il sistema d'imbarco previsto consterebbe di 3 linee per il controllo passeggeri e relativo bagaglio a mano e due per il controllo bagagli di cabina;

   il 70 per cento dei passeggeri dovrebbe essere non-Schengen/non soggetta a visto, il 25 per cento di nazionalità Schengen e il restante 5 per cento non-Schengen/ soggetta a visto;

   è importante ricordare che il controllo predisposto nei confronti delle crociere in arrivo, qualora provenienti da porti extra Shengen (ad esempio, quelli in Croazia), a volte comporta la timbratura dei passaporti in entrata, nel caso, non infrequente, in cui in tali porti abbiano timbrato i passaporti dei passeggeri in «escursione»;

   in alcuni casi, è previsto l'arrivo contemporaneo di due Navi facenti home port, con conseguente raddoppio di croceristi;

   contemporaneamente si devono comunque assicurare i servizi anche al comparto commerciale, che consta una media di marittimi controllati, a vario titolo, di circa 61.000 unità annue;

   ciò porterà ad un totale di persone sottoposte a vario titolo e a vari tipi di controlli che si può calcolare, tra croceristi e marittimi a circa 330.000, e questo per il solo anno 2022;

   il personale in servizio presso l'Ufficio di polizia del porto di Ravenna è oggi composto da 5 addetti e 1 responsabile per un totale di 6 unità operative;

   il terminal Crociere è distante circa 30/40 minuti (in periodo estivo anche di più) dalla Darsena di San Vitale, dove approdano i navigli commerciali, ragion per cui, per garantire una presenza continuativa negli orari 7-13 e 13-19, servirebbero giornalmente, compresi il fine settimana, sebbene con orario ridotto, minimo 4 unità (due al mattino e due al pomeriggio) in San Vitale e, minimo dalle 4 alle 6 unità per il terminal Crociere;

   dovendo anche garantire la fruizione di riposi settimanali e ferie, appare evidente la necessità per far fronte a tale situazione, che l'organico totale sia aumentato ad almeno 10 unità –:

   se e quali iniziative intenda adottare per far fronte con la massima urgenza, visto l'approssimarsi della stagione estiva, alle necessità di aumento dell'organico degli uffici di polizia preordinati al controllo dei passeggeri e delle merci che approdano ai terminal marittimi del porto di Ravenna.
(4-11946)


   FOGLIANI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il comune di Portogruaro risulta beneficiario, in virtù dei decreti del 14 e 30 gennaio 2020 del Ministero dell'interno di un contributo di euro 130.000 per l'anno 2021 e di un ulteriore contributo di euro 130.000 per la medesima annualità come stabilito dal decreto dell'11 novembre 2020, per investimenti destinati ad opere pubbliche, quali la messa in sicurezza di immobili scolastici;

   i lavori, finanziati per euro 260.000 con i suindicati contributi, sono stati affidati ad una ditta, effettuando regolare consegna in data 6 settembre 2021 (e pertanto entro il termine massimo stabilito originariamente nel 15 settembre 2021 e poi prorogato al 31 dicembre 2021);

   in data 24 febbraio 2022 l'impresa esecutrice ha richiesto la risoluzione del contratto, comunicando di non essere in grado di portare a termine l'esecuzione dei lavori;

   il comune di Portogruaro, che sta avviando la procedura di risoluzione del contratto con la ditta in questione, ha proceduto allo scorrimento della graduatoria di gara ai sensi dell'articolo 110 del decreto legislativo n. 50 del 2016, tuttavia nessuna delle ditte a suo tempo invitate alla procedura di gara ha dato disponibilità al subentro;

   appare quindi necessario espletare una nuova procedura di gara per individuare una nuova ditta affidataria ed effettuare una nuova consegna dei lavori;

   una nuova gara dovrebbe comportare l'assegnazione da parte dell'Anac di un nuovo Cig (codice identificativo gara) finalizzato ad assicurare che l'opera sia stata iniziata nei termini previsti, tuttavia un nuovo Cig e una nuova aggiudicazione/consegna lavori oltre il termine di scadenza originario rischierebbero di pregiudicare il corretto conferimento del contributo al comune –:

   se, ai fini dell'utilizzo dei contributi summenzionati, l'affidamento a nuova ditta possa inficiare l'utilizzo dei contributi relativi all'anno 2021, di cui ai decreti indicati in premessa e, in caso affermativo, quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per evitare che il comune di Portogruaro o altri comuni che si trovino in una situazione simile perdano la possibilità di usufruire fondi così essenziali per il governo del territorio.
(4-11949)


   DE LORENZO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la giornalista Maria Bertone, direttrice dei quotidiani «Cronache di Napoli» e «Cronache di Caserta» è stata oggetto di pesanti minacce contenute in una lettera a lei inviata da un detenuto all'epoca recluso presso la casa circondariale di Palermo «Pagliarelli»;

   l'autore della missiva è un ergastolano appartenente al clan dei Casalesi, detenuto per i reati di omicidio e di associazione camorristica;

   numerosi articoli di stampa hanno ripreso il contenuto della lettera con le gravissime minacce alla giornalista: «Sai, ti stavo pensando. Spero di vero cuore che al più presto uscirò, così ti faccio saltare in aria. Ora lo dico a tutti, che se qualcuno esce prima di me ti deve sparare 10 colpi tutti in bocca, a te e a tutta la tua razza di m...»;

   di quanto accaduto è stata sporta denuncia all'autorità giudiziaria che ha avviato le indagini di rito ed è stata attivata per la giornalista la sorveglianza saltuaria presso il domicilio e il luogo di lavoro, disponendo, altresì, il passaggio di un'auto delle forze dell'ordine presso la sede del giornale;

   in queste settimane la direzione distrettuale antimafia di Napoli ha chiesto il rinvio a giudizio per l'autore di questa vile lettera e il 29 marzo 2022 si è tenuta l'udienza preliminare;

   nessuna minaccia può limitare la libertà di stampa tutelata dalla legge e garantita dall'articolo 21 della Costituzione e silenziare così i giornalisti e le giornaliste cui deve essere garantito l'esercizio autonomo e libero del fondamentale diritto di cronaca e di inchiesta, sempre più a rischio in un territorio come quello di Terra di Lavoro oppressa dal crimine organizzato;

   il Consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti ha espresso solidarietà per l'accaduto manifestando vicinanza a tutti i giornalisti e le giornaliste minacciati, aggrediti o intimiditi;

   i dati dell'Osservatorio del Ministero dell'interno sugli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti hanno censito ben 156 episodi di minacce, aggressioni o intimidazioni al 30 settembre 2021 con un incremento 21 per cento rispetto all'analogo periodo dell'anno precedente e l'ultimo report dell'Osservatorio contiene un lungo ed allarmante elenco di cronisti vittime di minacce residenti prevalentemente nelle regioni del Lazio, Sicilia, Campania, Calabria e Lombardia dove si registra il maggior numero di casi negli anni 2020 e 2021;

   in tale contesto, è necessario uno straordinario impegno volto a difendere l'operato di giornalisti e giornaliste da intimidazioni, minacce e ritorsioni –:

   quali ulteriori iniziative di competenza intenda assumere il Ministro interrogato a tutela della libertà di stampa mirate all'adozione di strategie di prevenzione e contrasto del fenomeno esposto in premessa garantendo così maggior tutela e «agibilità» professionale e culturale a tutti quei cronisti italiani che coraggiosamente conducono inchieste giornalistiche e raccontano fatti di cronaca sulla criminalità organizzata, e per questo ritenuti evidentemente scomodi, per consentire loro di lavorare senza dover subire alcuna forma di pressione, minaccia, intimidazione o insulto;

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere, anche attraverso precise indicazioni alle prefetture, per monitorare attentamente episodi di minacce, aggressioni o intimidazioni rivolte a direttori e giornalisti con particolare riguardo a quelli che lavorano presso le testate giornalistiche locali e in territorio dove maggiore è la presenza della criminalità organizzata.
(4-11952)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da organi di stampa la notizia riguardante una brutale aggressione da parte di un nordafricano, marocchino di 39 anni, nei confronti di due addetti ferroviari e di un poliziotto, avvenuta su un treno di una linea regionale della Liguria;

   in base alla ricostruzione dei fatti, durante i consueti controlli sul treno, il nordafricano, essendo sprovvisto di regolare titolo di viaggio, avrebbe cominciato ad inveire verbalmente contro il capotreno e il controllore, entrambe donne, a fronte della richiesta di esibire il biglietto e della multa per mancanza dello stesso;

   il vicario della questura di Savona, il dottor Agostino Gallo, che al momento del fatto si trovava casualmente sullo stesso treno non per motivi di servizio, sarebbe intervenuto in difesa delle donne dopo essersi qualificato, riportando a causa della colluttazione con il marocchino, lesioni personali gravi facciali all'occhio e al naso con prognosi refertata dall'ospedale San Martino di Genova di quaranta giorni. Inoltre, a causa delle lesioni riportate forse dovrà subire un'operazione all'occhio;

   l'aggressore avrebbe altresì afferrato un martello frangivetro e danneggiato i finestrini del treno prima di essere definitivamente bloccato e tratto in arresto dalle volanti della questura di Genova. L'uomo è stato processato con rito direttissimo per i reati di lesioni aggravate, danneggiamento e resistenza a pubblico ufficiale;

   si tratta dell'ennesimo episodio di violenza posto in essere da persone straniere extracomunitarie, per lo più sprovviste di regolare soggiorno in Italia, che incuranti delle norme, anche sociali, che regolano il vivere civile, la sicurezza e l'ordine pubblico, si scagliano violentemente contro cittadini e pubblici ufficiali, tra cui spesso uomini e donne in divisa;

   quanto accaduto è la conseguenza diretta di quella che l'interrogante giudica una maldestra gestione del fenomeno dell'immigrazione e di un'accoglienza incontrollata che, unitamente alla grave carenza di organico di cui da anni soffre il comparto sicurezza, minano fortemente l'incolumità dei cittadini e del personale delle Forze dell'ordine, rendendo il territorio nazionale teatro di ripetuti fatti di violenza e criminalità –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, se intenda chiarire se il marocchino autore del fatto fosse irregolarmente presente sul territorio nazionale e se avesse dei precedenti penali e, in caso affermativo, se intenda verificare, per quanto di competenza, le ragioni per cui si trovasse ancora su territorio italiano senza essere stato espulso;

   se non intenda prevedere iniziative per incrementare i presidi delle forze dell'ordine nelle stazioni e nelle zone limitrofe, al fine di garantire maggiore sicurezza per i cittadini e in particolare per i dipendenti ferroviari onde evitare il ripetersi di fatti violenti, anche più gravi di quello descritto in premessa e, infine, quali iniziative di competenza intenda promuovere per valorizzare l'azione del personale delle forze dell'ordine che, come nel caso del dottor Agostino Gallo, si sia particolarmente distinto, anche fuori dal servizio, per azioni di prevenzione e contrasto di episodi criminosi.
(4-11956)


   EHM, SARLI, SURIANO e BENEDETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 5 aprile 2022, nel centro di Firenze, due agenti di Polizia municipale – reparto antidegrado – hanno fermato un venditore abusivo senegalese, Pape Demba Wagne, sdraiandolo a terra e stringendogli il collo con un braccio serrato a «V», provocandogli uno stato di sofferenza fisica ed evidenti segni di soffocamento con emissione di saliva e sangue, in assenza di pericoli di fuga dell'uomo e di rischi per l'incolumità pubblica;

   quanto accaduto è stato filmato da una coppia che si trovava a pochi metri, la quale ha presentato un esposto in procura;

   l'episodio segue altri eventi gravissimi nei confronti di cittadini senegalesi, accaduti a Firenze negli ultimi anni: Samb Modou, Diop Mor, Idy Diene furono uccisi, Moustapha Dieng e Cheick Mbengue rimasero gravemente feriti;

   a seguito della diffusione del video sul web, il Ministro degli esteri del Paese africano ha diramato una lettera indirizzata al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale italiano, manifestando la costernazione della Repubblica e del Governo senegalese di fronte a tale fatto, condannandolo per il «il trattamento razzista, degradante, inumano e inqualificabile» subìto dal giovane;

   il Sindaco di Firenze, Nardella, ha avviato una verifica interna con la polizia municipale, per individuare i dettagli della dinamica e verificare la responsabilità degli agenti;

   l'11 aprile, in prefettura, si è tenuto un incontro tra l'ambasciatore senegalese Abdoulaje Papa Seck, il console onorario Avvocato Eraldo Stefani, il Prefetto Valerio Valenti, il Sindaco Nardella, il comandante della Municipale Tinella, a seguito del quale è stato chiesto di fare piena luce sull'accaduto e di adottare le azioni più appropriate;

   contemporaneamente, un centinaio di persone ha partecipato a un presidio in Piazza della Signoria, contro gli interventi del 5 aprile, tra cui le organizzazioni «Firenze Città Aperta», «Potere al Popolo – Rifondazione Comunista», «Sinistra Progetto Comune», che hanno chiesto lo scioglimento del reparto antidegrado della polizia municipale;

   sabato 16 aprile si terrà una manifestazione cittadina, organizzata dalle comunità senegalesi in Toscana, che contano circa 13.000 connazionali;

   la consigliera del Comune di Firenze, Antonella Bundu, con il Gruppo consiliare «Sinistra Progetto Comune», ha presentato un'interrogazione alla giunta;

   risulta evidente, infatti, come la condotta della Polizia municipale, nei casi illustrati, non garantisca una maggiore sicurezza nei confronti della comunità, né una più efficace lotta per la legalità, né una migliore integrazione, fungendo bensì da catalizzatore di ulteriori discriminazioni, odi e tensioni nei confronti delle minoranze etniche presenti sul territorio;

   ad avviso degli interroganti sarebbe opportuno favorire il ripristino di reparti destinati ai controlli amministrativi e penali tipici delle polizie locali – quali il cosiddetto «nucleo ambientale», oggi ridotto a pochissime unità di personale – nonché dei reparti territoriali dei quartieri (anch'essi sottodotati), superando l'approccio securitario del cosiddetto «reparto antidegrado» –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere il Ministro interrogato, al fine di incentivare con opportuni finanziamenti – anche sulla base di intese in sede di Conferenza Stato-Città e autonomie locali – l'aggiornamento professionale del personale delle forze dell'ordine in materia di ordine pubblico, le politiche di riorganizzazione e gli investimenti in cultura professionale, una maggiore tipizzazione degli impieghi, l'adozione di criteri decisionali che ragguaglino mezzi e scopi, quali il cosiddetto «mini daspo», nonché il superamento di politiche volte alla mera repressione di fenomeni di marginalità.
(4-11963)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CENNI, CANTINI, D'ELIA, BRUNO BOSSIO, ROTTA, MORANI, CARLA CANTONE, PEZZOPANE, GRIBAUDO, POLLASTRINI, NARDI, BONOMO, CIAGÀ, MURA, LORENZIN, CARNEVALI e MADIA. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:

   si apprende dai media che l'associazione Donna Chiama Donna, attraverso una conferenza stampa svolta il 22 aprile 2022, ha reso noto che un professore del liceo artistico Duccio di Buoninsegna di Siena avrebbe avuto per molto tempo comportamenti inadeguati nei confronti di una studentessa, in particolare apprezzamenti sul fisico fino ai complimenti sull'intelligenza;

   secondo la stampa tali fatti sono stati registrati attraverso un video realizzato e pubblicato nel 2020, registrazioni che mettono in netta evidenza la violenza verbale e psicologica che si celava in espressioni di apprezzamento sessuale esplicito e minaccioso, fenomeno anche noto come catcalling. Solo un anno dopo la ragazza insieme ad un gruppo di compagni si è affidata al centro anti violenza Donna Chiama Donna denunciando così gli episodi, ma nulla ancora sembra cambiato all'interno della scuola, il professore infatti continua ad esercitare la sua professione. Adesso però sarà la procura della Repubblica ad occuparsi della vicenda;

   sempre dai media si apprende che alla fine del 2021 l'associazione ha inviato una pec alla dirigente scolastica, alla direzione regionale e quella provinciale della pubblica istruzione. In tale mail del 27 gennaio 2022, corredata da documentazione di supporto, veniva segnalato che «il professore avesse comportamenti sessualmente molesti e inadeguati con le studentesse» e che vi fosse «una diretta responsabilità della scuola per non aver protetto i propri allievi»;

   si evince inoltre che tale studentessa avrebbe subito comportamenti inadeguati per alcuni anni (durante i quali era quindi minorenne), ma preoccupata per possibili ritorsioni a livello scolastico, avrebbe trovato il coraggio di denunciare il docente solo una volta conseguito il diploma;

   per l'avvocato dell'associazione Donna Chiama Donna le conseguenze altrettanto gravi «hanno provocato nella ragazza diversi disagi dall'insicurezza all'insonnia, disturbi dell'alimentazione problemi di rendimento scolastico e così via. Quello che ci interessa è che chi è preposto si attivi per proteggere gli studenti e fermare questi comportamenti»;

   dalla conferenza stampa è emerso nello scorso mese di febbraio 49 studentesse e studenti dello stesso liceo hanno scritto alla dirigente scolastica per esporre la situazione e chiedere l'adozione dei provvedimenti. Durante il consiglio di istituto del 15 febbraio il rappresentante dei genitori, che aveva ricevuto copia della lettera inviata dagli studenti, chiedeva chiarimenti in merito e gli veniva risposto che la dirigente non era a conoscenza della lettera, né delle molestie;

   successivamente il 22 febbraio la dirigente ha risposto che l'Amministrazione si era fatto carico della segnalazione avviando la necessaria istruttoria e le conseguenti relative azioni. A più di un mese di distanza la segnalazione è stata quindi trasmessa alla Procura della Repubblica;

   forse anche in seguito al clamore mediatico il professore è stato sospeso dal 26 al 30 aprile: «lo so di aver fatto delle cavolate e chiedo scusa se ho ferito qualcuno, ma non sono come mi hanno dipinto. Non mi rendevo conto che dall'altra parte ci fosse un fastidio, non l'ho saputo capire in quei momenti, ma non ho mai messo le mani addosso a nessuno, né avrei fatto delle ritorsioni contro qualcuno»: ha dichiarato lo stesso docente in servizio da oltre 30 anni che ha già presentato ricorso al giudice del lavoro;

   su tale vicenda hanno assunto posizioni pubbliche alcuni associazioni: per il coordinamento donne della Cgil e dello Spi Cgil di Siena «non è accettabile che gli organismi competenti siano rimasti indifferenti» mentre «il sistema scolastico avrebbe dovuto mettere in campo fin da subito provvedimenti a tutela delle studentesse dell'Istituto»; la Conferenza Donne Democratiche Siena ha rimarcato che: «non ci spieghiamo sinceramente come sia possibile che la questione sia stata così a lungo ignorata da parte della dirigenza scolastica» –:

   se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative urgenti per quanto di competenza, intendano assumere al fine di chiarire in tempi brevi la situazione salvaguardando le studentesse e gli studenti coinvolti e garantendo un controllo attento e continuo delle istituzioni scolastiche preposte anche al fine di evitare che casi simili possano ripetersi.
(5-07989)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MORANI, MORGONI, BOLDRINI, PRESTIPINO, ZAN, LACARRA, VERINI, FIANO, MELILLI, FRAILIS, LA MARCA, SANI, DE FILIPPO, LATTANZIO, DI GIORGI, LOSACCO, ROTTA, D'ELIA, BENAMATI, INCERTI, PELLICANI, MURA, GRIBAUDO, BONOMO, CIAMPI, PEZZOPANE, DE MARIA, CARNEVALI, CASU, CARLA CANTONE, SOVERINI e CIAGÀ. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   il direttore dell'Ufficio scolastico regionale per le Marche, dottor Marco Ugo Filisetti, in una lettera inviata agli studenti marchigiani in occasione della Festa della Liberazione dell'Italia dal nazifascismo spiega loro che il 25 aprile e la Costituzione sono «sono ispirati ad un alto senso di giustizia [...] ammettendo per tutti la propria storia»; il senso di quel «tutti» è ben chiarito nelle precedenti righe dove dice che il conflitto «ha visto gli italiani fronteggiarsi per le rispettive ragioni, giuste o sbagliate, per i rispettivi sogni...»;

   la lettera prosegue: «Un immane conflitto che in particolare ha visto gli italiani fronteggiarsi per le rispettive ragioni, giuste o sbagliate, per i rispettivi sogni, condivisibili o meno, ma di cui tutti si sentivano carichi, dando luogo ad uno scontro marcato dal ferro e dal sangue, che ha diviso, frantumato il nostro popolo»;

   Felisetti si è già in passato contraddistinto per prese di posizione intrise di retorica nazionalistica, inneggianti alla «bella morte» e al valore quasi catartico della guerra e, da ultimo, con aperte omissioni e distorsioni di eventi fondanti la convivenza democratica del nostro Paese: lo aveva infatti già fatto nell'esercizio delle sue funzioni pubbliche ed educative in occasione delle celebrazioni nazionali del 4 novembre e del 25 aprile del 2021;

   particolarmente grave appare la pressoché pedissequa citazione del discorso del 3 gennaio 1925 di Mussolini, quello della «responsabilità storica morale e politica» del delitto Matteotti: «date anima alla nostra Comunità nazionale e passione perché i progetti si realizzano se diventano passione, se diventano fede, diventano destino»;

   il filo conduttore di tutte queste lettere rivolte agli studenti è sempre orientato su contenuti di stampo revisionistico e propagandistico, con inaccettabili falsificazioni della verità storica, offensive delle Istituzioni democratiche dello Stato –:

   se il Ministro non ritenga urgente chiarire – adottando le conseguenti iniziative – la condotta di un funzionario del Ministero dell'istruzione che si rivela, ad avviso dell'interrogante, una volta di più del tutto incompatibile con il ruolo che riveste, e che risulta gravemente lesiva della memoria della storia di un territorio, quello marchigiano, che fu teatro delle indicibili violenze nazifasciste di coloro a cui egli sembra voler riconoscere la validità dei sogni e delle ragioni.
(4-11938)


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   da numerosi articoli di stampa si apprende che gli idonei al «concorso selettivo a cattedra infanzia-primaria 2022» che hanno superato entrambe le prove concorsuali di cui al decreto direttoriale n. 498 del 2020, propongono al Ministero interrogato l'istituzione di una graduatoria di merito che includa tutti gli idonei, comprendendo quindi tutti coloro che pur avendo superato il concorso non rientrano nei posti messi a bando, così che le scuole ove si liberino posti di ruolo possono attingere da tale graduatoria e così da determinare anche un risparmio economico per lo Stato, che non dovrebbe bandire immediatamente nuovi concorsi;

   nelle precedenti procedure selettive espletate nel 2016 e 2012, il Ministero dell'istruzione ha consentito agli uffici scolastici regionali di attingere alle graduatorie di merito per più annualità, mentre agli idonei del concorso 2020 tale possibilità è preclusa, nonostante il decreto direttoriale n. 498 del 2020 prevedesse inizialmente una quota di idonei, successivamente non più prevista;

   secondo gli idonei al citato concorso che si sono riuniti nel «Coordinamento nazionale idonei concorso ordinario» che conta migliaia di iscritti, non sarebbe stata effettuata alcuna ricognizione dei posti vacanti che, a seguito dei pensionamenti di settembre sia del 2020 che del 2021 ai quali si dovranno aggiungere quelli della prossima finestra di settembre 2022, sono lievitati;

   tali posti, senza uno scorrimento della graduatoria di merito, in alcune regioni resteranno liberi poiché gli altri elenchi, ad esempio le graduatorie ad esaurimento (Gae) sono stati esauriti;

   garantire stabilità lavorativa ai docenti significa non soltanto restituire dignità, pieni diritti e giusto riconoscimento a questi lavoratori e lavoratrici ma anche assicurare la continuità didattica ai bambini in una fascia d'età piuttosto delicata e fragile;

   gli effetti del precariato, infatti, ricadono negativamente e principalmente sul benessere psicologico degli alunni, specialmente dei più piccoli che, da un anno all'altro, a causa delle supplenze, perdono le loro figure di riferimento all'interno della scuola;

   nella maggior parte dei casi i maestri di infanzia e primaria con il loro lungo precariato continuano a garantire il funzionamento della scuola, caricandosi sulle spalle tutte le difficoltà e i ritardi presenti nel sistema scolastico italiano;

   la scuola oggi, infatti, si poggia sul precariato costante annuale che riguarda un milione di docenti, ovviamente suddivisi nei vari gradi di istruzione –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere, anche di carattere normativo, affinché venga istituita una graduatoria di merito ad esaurimento per tutti gli idonei alla procedura concorsuale richiamata in premessa, la quale rimanga vigente per la durata prevista dall'articolo 35, comma 5-ter del decreto legislativo n. 185 del 2001.
(4-11953)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LOLLOBRIGIDA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   sull'onda degli scandali dello scorso anno legati ai beneficiari del reddito di cittadinanza, l'ultima legge di bilancio ha introdotto disposizioni volte a rafforzare gli strumenti di controllo sul possesso dei requisiti in capo ai richiedenti e ai percettori del sussidio;

   in particolare, l'articolo 1, commi 74 e seguenti, della legge 30 dicembre 2021, n. 234; ha previsto, tra le altre cose che: 1) l'Inps provveda a definire annualmente, entro il 31 marzo, un piano di verifica dei beni patrimoniali detenuti all'estero e dichiarati nella dichiarazione sostitutiva unica ai fini Isee; 2) i comuni effettuino verifiche sostanziali e controlli anagrafici a campione sulla composizione del nucleo familiare dichiarato nella domanda e sull'effettivo possesso dei requisiti utili sia all'atto della presentazione dell'istanza che successivamente all'erogazione del beneficio; 3) in ogni caso, l'Inps verifichi preventivamente i dati anagrafici, di residenza, di soggiorno e di cittadinanza, comunicando le posizioni «sospette» ai comuni per ulteriori accertamenti prima del pagamento; 4) sia sottoscritta apposita convenzione tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Ministero della giustizia per la verifica dei soggetti che risultino già condannati con sentenza passata in giudicato da meno di dieci anni per i reati che comportano la revoca del beneficio;

   nonostante questa stretta del Governo sulle verifiche, una parte degli strumenti su cui si basa il sistema dei controlli è rimasta inattuata. Infatti, mancano la convenzione tra l'Inps e i Ministeri della giustizia e del lavoro per lo scambio integrale dei dati sulla situazione penale o familiare percettori del sussidio e il piano dell'Inps di verifiche sui requisiti patrimoniali;

   dalla stampa giungono continuamente notizie di cosiddetti furbetti del reddito di cittadinanza: solo a Napoli e solo in cinque mesi (da novembre ad aprile) sono state scovate oltre mille persone che hanno percepito indebitamente il sussidio, realizzando una frode di oltre 6,5 milioni di euro; a Pescara, una donna di 63 anni, pluripregiudicata, ha percepito circa 20 mila euro senza averne diritto, perché nella dichiarazione presentata per il beneficio aveva omesso di avere un figlio agli arresti domiciliari per oltraggio a pubblico ufficiale; a Crotone, 102 stranieri residenti in Italia da appena pochi mesi hanno percepito illecitamente il reddito di cittadinanza per un importo complessivo di circa 500 mila euro;

   oltre a quello che l'interrogante giudica il disinteresse del Governo per la realizzazione concreta del sistema dei controlli, i dati appena riportati palesano in ogni caso la radicale inefficacia delle verifiche introdotte;

   desta sconcerto questo stato di cose, considerato quanto pesa sulle casse del nostro Paese questo sussidio che solo a febbraio 2022 ha raggiunto 1,1 milioni di famiglie, con 2,44 milioni di persone coinvolte e un importo medio erogato a livello nazionale di 583 euro –:

   se i controlli previsti dalla legge di bilancio siano operativi e se si siano rivelati efficaci, e a quali risultati abbiano portato;

   quanti siano i casi di indebita percezione del reddito di cittadinanza accertati dall'istituzione della misura.
(5-07981)


   MENGA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto legislativo 31 luglio 2020, n. 101, è stata data attuazione alla direttiva 2013/59/EURATOM che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti;

   in ossequio a quanto stabilito dalla richiamata normativa, il datore di lavoro attua tutte le misure di sicurezza e protezione idonee a salvaguardare la salute del lavoratore, assicurando allo stesso la sorveglianza fisica per mezzo di esperti di radioprotezione e la sorveglianza sanitaria mediante uno o più medici autorizzati;

   il medico autorizzato è un medico in possesso del titolo di medico competente, abilitato presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ai sensi dell'articolo 138 del decreto legislativo n. 101 del 2020, a svolgere l'attività di radioprotezione medica, vale a dire qualsiasi tipologia di sorveglianza medica per i lavoratori di categoria A e B esposti a radiazioni ionizzanti;

   l'articolo 134, comma 2, del richiamato decreto consente ai medici competenti, già incaricati di svolgere l'attività di sorveglianza sanitaria sui lavoratori esposti classificati di categoria B, di continuare tale attività, anche in assenza dell'abilitazione di cui all'articolo 138, per ulteriori ventiquattro mesi decorrenti dall'entrata in vigore del decreto stesso;

   tuttavia, in considerazione della frequenza annuale delle sessioni di esame, del numero esiguo di corsi di formazione specialistica, della complessità della prova d'esame e dalla mancata emanazione da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del decreto con cui definire i contenuti della formazione, l'arco temporale individuato dalla norma è penalizzante per tutti i medici competenti che non riusciranno a conseguire l'abilitazione entro il mese di luglio 2022;

   difatti, ad oggi, solo un numero esiguo di medici competenti ha conseguito l'abilitazione in radioprotezione, e ciò determinerà conseguenze negative anche a discapito di tutte le aziende ed enti interessati che si avvalgono di tale figura professionale –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e, conseguentemente, in considerazione del prossimo scadere del termine previsto dall'articolo 134, comma 2, del decreto legislativo n. 101 del 2020, nonché del numero esiguo di medici autorizzati, se non intenda adottare iniziative per prevedere una proroga di ulteriori 24 mesi per consentire ai medici competenti già incaricati di conseguire l'abilitazione di cui all'articolo 138 e di continuare a lavorare, garantendo in tal modo la prosecuzione dell'attività di sorveglianza medica in favore dei lavoratori classificati esposti di categoria B.
(5-07982)


   VALLASCAS. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   alcuni organi di stampa della Sardegna hanno dato risalto alla condizione dei circa 70 lavoratori delle aziende Mvm e Effe&C, con sede a San Sperate, «senza stipendio da febbraio»;

   le imprese «operano nel settore delle telecomunicazioni, per conto di Tim e Open Fiber, e in quello elettrico, per conto di Enel distribuzione», circostanza che ha suscitato reazioni di incredulità visto che si tratterebbe di settori che starebbero registrando un intenso sviluppo e le stesse aziende (Tim, Open Fiber ed Enel) risulterebbero tra i principali operatori impegnati in Italia in un ampio programma di infrastrutturazione e digitalizzazione con il coinvolgimento di decine di imprese sul territorio nazionale e l'impiego di ingenti finanziamenti pubblici;

   alcuni rappresentanti sindacali avrebbero dichiarato che «È un settore che non ha problemi. Il lavoro c'è, le commesse ci sono. E i dipendenti stanno andando al lavoro. Mancano però le retribuzioni»;

   il 15 gennaio scorso sarebbe stato dato l'avvio al «Piano Italia a 1 Giga» (3,7 miliardi), il primo dei bandi da circa 6,7 miliardi totali che – insieme a Piano per il 5G (2 miliardi) e al «Piano Scuole connesse» (261 milioni) e al Piano «Sanità connessa» (501,5 milioni) – punta a garantire entro il 2026 una velocità di connessione delle reti fisse ad almeno 1 Gbit/s in download e 200 Mbit/s in upload su tutto il territorio nazionale;

   la Sardegna e la Puglia sarebbero le regioni che maggiormente dovrebbero beneficiare da questo primo bando, rispettivamente con 356 e 346 milioni di contributo a disposizione;

   la società Enel Green Power sostiene che «gli impianti all'avanguardia e le infrastrutture innovative permetteranno anche un significativo sviluppo dell'isola dal punto di vista economico, con la creazione di nuovi posti di lavoro (stimati tra i 10 mila e i 15 mila entro il 2030) e l'arrivo di investimenti nell'ordine dei 15 miliardi di euro»;

   la CGIL di Cagliari sosterrebbe che quello delle telecomunicazione è «un settore in pieno boom, [...] nel quale gli appalti continuano ad essere assegnati a soggetti che scaricano il rischio di impresa sui propri dipendenti»;

   la situazione descritta potrebbe non essere circoscritta alla sola Sardegna, ma potrebbe riguardare molte altre realtà a livello nazionale, visto l'andamento del mercato che sarebbe contrassegnato da una guerra al ribasso di prezzi e tariffe che impatterebbe significativamente sui conti;

   a questo si aggiungerebbe un'eccessiva flessibilità di vincoli negli appalti e nei contratti pubblici, che, nel concreto, si tradurrebbe in una riduzione dei controlli sulle aziende e in ribassi spropositati per l'assegnazione delle gare: circostanze che si ripercuotono su conti e bilanci aziendali;

   da tempo i sindacati solleciterebbero un minore ricorso a gare a partecipazione pubblica con la logica del massimo ribasso per scongiurare ripercussioni sui lavoratori del comparto e, nel complesso, una maggiore attenzione alle molteplici criticità del comparto che, a fronte di importanti prospettive di sviluppo, presenterebbe tuttora molti elementi di riassetto proprietario ed organizzativo di importanti operatori e ampie fasce di lavoro precario –:

   quali iniziative intenda adottare il Governo, per quanto di competenza, anche di natura normativa, al fine di rafforzare le garanzie dei lavoratori e i controlli sulle aziende che operano nel settore degli appalti e dei contratti pubblici nelle telecomunicazioni, anche attraverso una valutazione della consistenza economica dei soggetti privati, limitando il ricorso al massimo ribasso e introducendo misure di garanzia per adeguati standard retributivi;

   se il Governo non ritenga opportuno adottare iniziative di competenza a garanzia delle retribuzioni dei lavoratori delle aziende Mvm e Effe&C.
(5-07984)


   EVA LORENZONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il supermercato a marchio U2, sotto la gestione di Armonie Srl, ubicato presso il centro commerciale Arcadia di Lumezzane Pieve, inaugurato nel dicembre 2020 al posto di un Simply, è destinato a chiudere a breve;

   com'è stato puntualmente evidenziato dalla stampa locale, da tempo nel punto vendita gli scaffali erano pressoché vuoti;

   la chiusura del supermercato coinvolgerà i suoi 14 dipendenti, che resteranno senza lavoro;

   a solo due dipendenti è stata offerta la possibilità di spostarsi nel punto vendita di Padova, a moltissimi chilometri di distanza;

   sempre secondo quanto riferito dalla stampa locale, i dipendenti si sarebbero lamentati del fatto di non aver ancora percepito la retribuzione del mese di febbraio;

   la vicenda descritta comporta una forte apprensione anche a Gardone Val Trompia, dove è presente un altro punto vendita del gruppo, anch'esso in forte crisi da diverso tempo;

   le segreterie nazionali dei sindacati Fisascat Cisl, Filcams e Uiltucs si sono prontamente mobilitati per risolvere la crisi richiamata e salvaguardare i posti di lavoro –:

   se il Governo sia informato dei fatti richiamati in premessa;

   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere al fine di risolvere la crisi aziendale e tutelare i posti di lavoro dei lavoratori impiegati presso la catena di supermercati U2 sotto la gestione di Armonie Srl.
(5-07991)

Interrogazione a risposta scritta:


   FERRO e DONZELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   sta destando preoccupazione la notizia, riportata in questi giorni da organi di stampa, che la multinazionale agroalimentare francese Lactalis, proprietaria dal 2019 della Bu Castelli Specialità Dop, avrebbe deciso di chiudere entro il primo trimestre del 2023 lo stabilimento Alival di Ponte Buggianese (Pistoia), specializzato nella produzione di prodotti caseari, e quello di Reggio Calabria;

   l'azienda ha motivato la scelta con la necessità «di concentrare gli investimenti sulle strutture economicamente più sostenibili» e «riportare in equilibrio la gestione operativa dell'azienda, da tempo in sofferenza, e oggi aggravata dall'impatto sui costi di produzione dovuto al protrarsi della crisi pandemica e al nuovo scenario di crisi internazionale»;

   sono dure le parole dei sindacati di categoria, secondo i quali non è stato mai aperto «un percorso di gestione della crisi» e che parlano di una drammatica «dimensione sociale degli impatti prodotti dalla ristrutturazione della società Alival, insieme allo stabilimento toscano, Lactalis [...] per un totale di oltre 150 lavoratori direttamente coinvolti» e, ovviamente, di tutto l'indotto;

   è necessaria un'azione incisiva delle istituzioni competenti per addivenire ad una rivalutazione da parte di Lactalis del piano aziendale che preveda un investimento nello stabilimento, rilanciando la sua produzione e immagine, e garantisca il consolidarsi degli effetti positivi raggiunti sull'intero settore lattiero-caseario, nonostante i difficili anni di emergenza pandemica, evitando la perdita del salario per numerose famiglie, spesso monoreddito, e l'innesco di un'ulteriore bomba sociale –:

   considerata la gravità dei fatti di cui in premessa, se e quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per aprire un tavolo di crisi, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e tutelare il comparto agroalimentare italiano, individuando soluzioni alternative alla chiusura dei siti produttivi Lactalis, che rappresentano, in particolare, per Reggio Calabria e per l'intera regione un presidio economico e sociale fondamentale.
(4-11943)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta orale:


   NEVI, SPENA, ANNA LISA BARONI, CAON e SANDRA SAVINO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   nell'ambito dell'obiettivo del Piano nazionale di ripresa e resilienza «M2C1: Agricoltura sostenibile ed economia circolare», l'investimento 2.2, Parco agrisolare, prevede di incentivare l'installazione di pannelli solari sui tetti di edifici ad uso produttivo nei settori agricolo, zootecnico e agroindustriali. La misura mette a disposizione 1,5 miliardi di euro divisi tra imprese agricole (1,2 miliardi) e agroindustriali (300 milioni);

   il cofinanziamento pubblico varia dal 40 per cento al 50 per cento con un incremento del 20 per cento per interventi realizzati da giovani agricoltori o per investimenti collettivi (impianti a servizio di più agricoltori). Il 40 per cento delle è riservato alle regioni meridionali, più Abruzzo e Molise;

   il decreto ministeriale 25 marzo 2022 recante direttive per l'approvazione del Bando agrisolare concede aiuti in applicazione della disciplina sugli aiuti di Stato ai sensi dei regolamenti europei di esenzione per categoria «Gber» e «Aber»;

   dalla scheda illustrativa del decreto risulta che per le aziende agricole gli investimenti sono ammissibili unicamente se l'obiettivo è soddisfare il fabbisogno energetico dell'azienda e se la capacità produttiva non supera il consumo medio annuo di energia elettrica dell'azienda, compreso quello familiare. Il limite è riferito ai soli consumi elettrici e non il fabbisogno complessivo dell'impresa;

   il vincolo europeo (condizionalità), assente nella prima bozza del decreto nella quale le percentuali di cofinanziamento erano più alte, è stato introdotto solo per l'agricoltura e non per le imprese della trasformazione, che sfruttano il regolamento sulle esenzioni nel campo degli aiuti di Stato;

   nel caso di un'azienda agricola, l'autoconsumo è mediamente di 15-20 chilowatt rispetto a una potenza massima ammissibile di 500 per i progetti da incentivare. Secondo le associazioni di settore la bozza di bando travisa le finalità del Pnrr che prevedeva di consentire anche la vendita di energia in rete;

   si verifica un paradosso nel quale si liberalizzano i pannelli fotovoltaici a terra, ma poi vengono poste condizionalità stringenti a una produzione più sostenibile con i pannelli solari sui tetti degli edifici, senza consumo di suolo ulteriore –:

   se non ritenga opportuno adottare iniziative per restringere al minimo possibile le condizionalità applicative del decreto ministeriale 25 marzo 2022 poste in capo alle imprese agricole, ad esempio prevedendo che il sostegno della misura Parco agrisolare possa costituire parte di investimenti più ampi messi in campo dagli imprenditori agricoli, rispetto ai quali è ammesso il cofinanziamento solo per la parte non eccedente la quota fissata di autoconsumo.
(3-02923)

Interrogazione a risposta scritta:


   LOSS, GOLINELLI, VIVIANI, MANZATO, BUBISUTTI, GASTALDI, LIUNI, LOLINI e TARANTINO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   il 25 marzo 2022 è stato firmato il decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali che fornisce le direttive necessarie all'avvio della misura «Parco Agrisolare», a cui sono dedicate risorse pari a 1,5 miliardi di euro a valere sui fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che saranno assegnate ai progetti nel periodo 2022-2024, e che si concretizza quale contributo per il settore agricoltura per investimenti in impianti fotovoltaici da installare su edifici e fabbricati a uso produttivo nei settori agricolo, zootecnico e agroindustriale;

   il bando con l'individuazione della data, a partire dalla quale sarà possibile presentare le domande fino a esaurimento delle risorse stanziate, sarà infatti emanato a seguito dell'approvazione da parte della Commissione europea del decreto ministeriale;

   per le imprese agricole di produzione primaria, gli impianti fotovoltaici sono ammissibili unicamente se l'obiettivo è quello di soddisfare il fabbisogno energetico dell'azienda e se la loro capacità produttiva non supera il consumo medio annuo di energia elettrica dell'azienda agricola, compreso quello familiare. Il limite è ristretto quindi ai soli consumi elettrici e non al fabbisogno complessivo dell'impresa. La vendita di energia elettrica è consentita nella rete, purché sia rispettato il limite di autoconsumo annuale, un limite che rischia di rivelarsi un boomerang anche per il raggiungimento degli obiettivi di spesa. Gli interventi devono prevedere l'installazione di impianti fotovoltaici, con potenza di picco non inferiore a 6 kWp e non superiore a 500 kWp;

   possono partecipare: gli imprenditori agricoli in forma individuale o societaria; le imprese agroindustriali, in possesso di codice Ateco (i codici Ateco ammissibili saranno precisati nel bando); indipendentemente dai propri associati, le cooperative agricole che svolgono attività di cui all'articolo 2135 del codice civile e le cooperative o loro consorzi di cui all'articolo 1, comma 2 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228. Sono esclusi i soggetti esonerati dalla tenuta della contabilità Iva; aventi un volume di affari annuo inferiore a 7.000,00 euro;

   questa misura, che appartiene alle iniziative di rilancio del Paese inserite nelle 6 missioni Pnnr, riguarda l'obiettivo di contribuire a dare impulso a una compiuta transizione ecologica, in questo caso aumentando la produzione di energia da fonti rinnovabili. Tale soluzione ha assunto un ruolo strategico tanto più ora che il conflitto Russia-Ucraina ha evidenziato la necessità di procedere verso un'autonomia energetica e di materie prime per non essere soggetti a restrizioni e speculazioni sui prezzi e il limite dell'autoconsumo riduce le potenzialità della misura; per questo è importante utilizzare tutte le superfici che un'azienda ha a disposizione;

   ci sono una forte aspettativa e un grande interesse da parte delle imprese agricole su questa misura, perché i contributi potranno coprire anche i costi di riqualificazione e ammodernamento delle strutture, con la rimozione dell'eternit e amianto sui tetti (ove presente), migliorando la coibentazione e l'aerazione;

   il rischio è che a questa misura avranno convenienza ad accedervi solamente le aziende di medie e grandi dimensioni e, con queste limitazioni, non quelle di piccole dimensioni o ubicate in zone svantaggiate e di montagna, facendo «fallire» il processo di transizione ecologica che è necessario per lo sviluppo del Paese –:

   quali ulteriori iniziative il Governo intenda assumere per incentivare l'installazione di impianti fotovoltaici su edifici e fabbricati a uso produttivo nei settori agricolo, zootecnico e agroindustriale al fine di favorire la conversione energetica, anche per agevolare la partecipazione delle imprese di piccole dimensioni o ubicate in zone svantaggiate e montane che rappresentano una parte importante del comparto produttivo nazionale.
(4-11940)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GEMMATO e DEIDDA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto si evince da fonti di stampa, pare che la Asl di Oristano, in Sardegna, abbia stabilito, per il mese di aprile 2022, l'apertura della sede delle farmacie territoriali, cui è demandata la distribuzione dei farmaci agli assistiti tramite il meccanismo della cosiddetta «distribuzione diretta», per un totale di soli 13 giorni pari a 65 ore e mezza;

   in particolare, la stampa specifica che «...la sede principale, all'ospedale San Martino sarà aperta tutti i martedì dalle 8.30 alle 13 e i giovedì dalle 8.30 alle 13 e dalle 15 alle 17; la sede decentrata di Ales, invece, aprirà due giorni soltanto, il 6 e il 27 aprile, dalle ore 8.30 alle 13; due giorni in tutto il mese anche per lo sportello di Ghilarza, che farà servizio al pubblico il 5 e il 19 aprile dalle 8.30 alle 13; aprirà un giorno soltanto la sede decentrata di Bosa-Ospedale Mastino, il 19 aprile dalle 9 alle 12.30...»;

   secondo quanto riferito dai giornalisti, dunque, nella provincia di Oristano gli assistiti «...che devono ritirare i farmaci della diretta avranno a disposizione ad aprile 13 giorni, per un totale di 65 ore e mezza...» mentre «...Le novanta farmacie del territorio che operano nella provincia sono aperte almeno sette ore al giorno, sei giorni su sette...»;

   appare chiaro, ancora una volta, che il meccanismo della cosiddetta «distribuzione diretta» del farmaco comporta, da un lato, un presunto vantaggio riferito al minor costo a carico del bilancio dello Stato per l'approvvigionamento e per la distribuzione del farmaco agli assistiti e, dall'altro una serie di svantaggi economici sia per gli assistiti che per il bilancio dello Stato, e svantaggi per i soli cittadini sia sotto il profilo sanitario che sociale;

   sotto il profilo economico, infatti, le strutture pubbliche sostengono costi sommersi per garantire la distribuzione diretta che sostanzialmente annullano il presunto risparmio, come quelli afferenti alla gestione delle gare e del magazzino, ai farmaci scaduti, ai continui furti milionari di medicinali e agli sprechi di medicinali dovuti a dispensazione eccessiva, al personale dedicato nonché costi fissi di varia natura;

   dal punto di vista sociale ed economico le cronache evidenziano disagi per i malati e i loro familiari, costretti ad affrontare lunghe file e molto spesso gravosi e onerosi spostamenti per ottenere medicinali che potrebbero più facilmente ritirare in una farmacia vicina;

   sotto il profilo sanitario, invece, l'impossibilità da parte delle strutture pubbliche di seguire adeguatamente i pazienti nel corso delle loro terapie farmacologiche determina, tra le tante problematiche di compliance che causano l'aggravamento della patologia, la necessità di costosi ricoveri ospedalieri e cure più invasive e onerose rispetto all'assunzione di farmaci. Tutto ciò provoca aumenti di costi a carico dei pazienti ma soprattutto dello Stato;

   appare evidente, invece, che la distribuzione dei farmaci per il tramite delle farmacie private convenzionate con il Servizio sanitario nazionale in regime di «distribuzione per conto», così come disposto dall'articolo 27-bis del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, che ha previsto nel corso dell'emergenza sanitaria la facoltà per le regioni di adottare questo sistema, sia più funzionale a dare risposte efficaci ed efficienti alle esigenze dei pazienti –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di garantire il servizio di assistenza farmaceutica nell'ambito dei Lea, ovvero la puntuale erogazione dei medicinali attraverso tutte le strutture sanitarie pubbliche, scongiurando eventuali e future disfunzioni e conseguenti gravi problemi ai pazienti;

   se intenda fornire dati ed informazioni volte a valutare i meccanismi della «distribuzione diretta e della distribuzione per conto» del farmaco, e tali da poter verificare l'efficacia, l'efficienza e l'economicità di questi processi e quindi dell'azione della pubblica amministrazione.
(5-07987)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SAPIA. — Al Ministro della salute — Per sapere – premesso che:

   a seguito di un recente articolo pubblicato sul quotidiano La Verità, nel quale è stata riportata la notizia di decessi improvvisi di soggetti giovani, apparentemente sani, sottoposti a vaccinazione anti COVID-19, l'interrogante ha presentato al Ministro della salute una interrogazione a risposta scritta su eventuali nessi di causalità o concausalità, imputabili a reazioni avverse al vaccino;

   la dimensione del fenomeno, concentrato in un ristrettissimo lasso di tempo, supera il carattere dell'evento contingente e pone seri interrogativi che, ad avviso dell'interrogante, pongono in capo al Ministero della salute, l'obbligo di analizzare l'evento medesimo sotto il profilo statistico-epidemiologico, clinico e medico-legale;

   l'episodio sembra smentire verosimilmente quanto recentemente asserito dall'Istituto superiore di sanità circa l'incidenza delle reazioni avverse al vaccino, che, sotto il profilo statistico, avrebbe interessato meno di un soggetto su mille sottoposti alla pratica vaccinale;

   allo stato, nessuna indagine conoscitiva è stata disposta dal Ministro della salute, attraverso i competenti organi ispettivi, allo scopo di accertare la reale portata del fenomeno evidenziato dagli organi di stampa;

   in relazione a quanto accaduto, l'interrogante ritiene opportuno che siano acquisiti i report vaccinali relativi ai quaranta soggetti deceduti, sulla scorta di quanto denunciato, sul quotidiano La Verità, da Franco Corbelli, leader del movimento Diritti civili;

   oltre ai report vaccinali dei soggetti deceduti, appare opportuno acquisire anche le schede Istat relative ai decessi, nonché i certificati necroscopici e le eventuali cartelle cliniche, nel caso di decessi avvenuti in ambito ospedaliero;

   appare in ogni caso opportuno sospendere, in via cautelativa, la pratica vaccinale anti-COVID-19, fino a quando nel merito non ci saranno elementi chiari –:

   se non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza per promuovere una verifica finalizzata all'accertamento dell'eventuale sussistenza di rapporti di causalità e/o concausalità nel determinismo dei decessi verificatisi, riferibili a reazioni avverse alla somministrazione di vaccino anti COVID-19;

   se non intenda da subito adottare iniziative per disporre, in via cautelativa, la sospensione delle pratiche vaccinali anti COVID-19.
(4-11948)


   SAPIA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in un articolo pubblicato il 28 aprile 2022 sulla testata giornalistica on line Corriere della Calabria, si legge del decesso della signora R.M., molto anziana, che avrebbe dovuto prima subire «una lunga attesa per un'ambulanza, poi l'altrettanta lunghissima sosta nel Pronto soccorso dell'ospedale di Crotone per essere visitata»;

   secondo quanto ivi riportato, la signora avrebbe atteso per un'ora l'arrivo dell'ambulanza in seguito alla richiesta di aiuto scattata subito dopo il malessere;

   ancora, la signora sarebbe stata a lungo «“parcheggiata” in sala d'attesa del pronto soccorso» e poi sarebbe morta;

   sulla vicenda, riporta l'articolo, si è «accesa l'attenzione dalla Procura di Crotone che, dopo la segnalazione del marito della donna, ha aperto un'indagine»;

   in particolare, spiega l'articolo, «il sostituto procuratore Andrea Corvino, titolare dell'indagine, ha già disposto l'autopsia sul corpo della donna per accertare l'esatta causa del decesso» e le «indagini sono state affidate ai carabinieri di Crotone che stanno raccogliendo testimonianze ed indizi su quanto avvenuto»;

   a prescindere dall'accertamento, in corso, di eventuali responsabilità penali e dagli sviluppi delle indagini, all'interrogante appare opportuno che il Ministro della salute verifichi i fatti e lo stato dell'organizzazione, nel territorio crotonese, dei servizi pubblici di emergenza-urgenza attraverso ispettori ministeriali, indipendentemente dal fatto che la persona coinvolta e deceduta fosse anziana, posto che la dignità delle persone non può essere graduata sulla scorta dell'età –:

   se non ritenga urgente, sulla scorta di quanto riassunto in premessa, adottare le iniziative di competenza per verificare i fatti e lo stato dell'organizzazione, nel territorio crotonese, dei servizi pubblici di emergenza-urgenza per il tramite di ispettori ministeriali.
(4-11955)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   SQUERI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il conflitto tra Russia e Ucraina rappresenta un ulteriore colpo per le imprese italiane, già duramente colpite da due anni di pandemia. Il tessuto delle piccole e medie imprese – essenziale per l'economia del Paese – rischia di essere fortemente penalizzato dall'attuale contesto;

   la stampa specializzata evidenzia che lo stop delle esportazioni verso la Russia rischia di provocare il default di 1.200 imprese e la perdita di oltre 26.500 posti di lavoro. Se si considerano l'indotto e i forti rincari dell'energia e delle materie prime, i numeri rischiano di raddoppiare. Alcuni settori, ad esempio il tessile-abbigliamento e la meccanica, sono già in grave difficoltà;

   il Governo, come risposta all'attuale situazione di crisi, ha previsto lo stanziamento di 5 miliardi per le imprese. All'interno del Def 2022, approvato il 6 aprile 2022 dal Governo, si legge che «si appronteranno strumenti per sostenere le imprese più danneggiate dalle sanzioni nei confronti della Russia e a tale scopo si rifinanzierà anche il Fondo di Garanzia per le PMI». Ulteriori interventi hanno riguardato l'ampliamento del perimetro di azione della Sace;

   nella fase pandemica, il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese ha rappresentato uno degli strumenti più efficaci per garantire la sopravvivenza di numerose imprese. Solo nel 2021, il Fondo ha erogato 93.555 milioni di euro di finanziamenti e garantito importi per 67.641 milioni di euro;

   sulla base del nuovo «Temporary Crisis Framework», approvato dalla Commissione europea il 23 marzo 2022, gli Stati membri potranno sostenere i costi energetici o concedere garanzie statali o istituire regimi di garanzia a sostegno dei prestiti bancari e autorizzare prestiti pubblici e privati alle imprese con tassi d'interesse agevolati;

   in Germania l'8 aprile 2022 i Ministri dell'economia e delle finanze hanno comunicato che saranno stanziati 100 miliardi di euro per aiutare le aziende tedesche messe in crisi dalla guerra in Ucraina e dai costi energetici, aumentati a dismisura;

   è importante intervenire con iniziative mirate di sostegno alle imprese, individuando il perimetro dei settori più duramente colpiti dalla crisi –:

   se non ritenga opportuno assumere iniziative normative urgenti per innalzare al 90 per cento almeno fino a giugno 2022, la copertura delle garanzie sui finanziamenti concessi dal Fondo di garanzia, a copertura di comprovate esigenze di liquidità causate dagli effetti del conflitto tra Russia e Ucraina e avviare ulteriori nuovi interventi di sostegno in coerenza con il «Temporary Crisis Framework».
(3-02922)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FRAILIS. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della transizione ecologica, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   Enel ha disposto la chiusura entro il 2025 della centrale termoelettrica di Portovesme, in Sardegna, alimentata a carbone;

   la chiusura della suddetta centrale potrebbe avere un impatto sociale sul territorio stimabile in circa 500 posti di lavoro fra occupati diretti e indiretti ed effetti indotti sull'economia locale;

   Enel chiude senza preoccuparsi dei problemi sociali che potrebbe generare su un territorio, il Sulcis, già in grave difficoltà per la non risolta crisi da deindustrializzazione dello scorso decennio;

   in altre parti d'Europa, d'Italia e della stessa Sardegna, la fuoriuscita dal carbone vede l'impegno diretto delle aziende energetiche, indipendentemente dal fatto che l'azionista sia pubblico o privato, in progetti di riconversione dal carbone al gas;

   recentemente è stato varato dal Governo il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sull'assetto energetico della Sardegna, che prevede che nella transizione energetica sia necessario realizzare nuovi impianti di generazione pari a 550 MW di potenza elettrica, alimentati con gas, per garantire la sicurezza della rete sarda;

   il suddetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è stato ignorato ed esplicitamente contrastato da Enel tanto che è in atto un assurdo scontro fra Enel e Snam;

   a Portovesme sono localizzate industrie metallurgiche a forte consumo di energia elettrica e termica di cui il Governo ha riconosciuto la rilevanza per l'economia nazionale anche con la sottoscrizione contratti di sviluppo, e di cui si dovrebbe curare l'approvvigionamento energetico in condizioni di migliore efficienza tecnica ed economica e invece si assiste a nuove riduzioni della produzione e alla messa in cassa integrazione di molte centinaia di lavoratori;

   Portovesme dagli anni Sessanta del secolo scorso ha alimentato la maggior parte del fabbisogno di energia elettrica della Sardegna, è stato usato da Enel per realizzarvi la sua più grande centrale eolica con minime ricadute occupazionali ed economiche ed ora viene abbandonato;

   già in passato Enel, a Portovesme, ha chiuso due centrali elettriche e si è liberata degli impianti cedendoli a soggetti terzi con operazioni immobiliari che hanno accentuato il degrado ambientale, non hanno prodotto nuova occupazione e hanno lasciato relitti che occupano improduttivamente aree industriali infrastrutturate con i fondi pubblici;

   perciò non è accettabile la condotta irresponsabile di un grande gruppo industriale, a maggior ragione se ha lo Stato come azionista di riferimento –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere, in relazione alla competenza sua sul piano della politica economica del Paese sia in qualità di azionista, affinché Enel sia ricondotto a farsi carico della responsabilità sociale verso il territorio del Sulcis, con progetti di riconversione che abbiano anche una ricaduta occupazionale sul territorio simile a quella degli impianti a carbone avviati verso la dismissione.
(5-07990)

TRANSIZIONE ECOLOGICA

Interrogazione a risposta orale:


   EMANUELA ROSSINI e PLANGGER. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro dell'istruzione, al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'Unione europea è determinata a sviluppare un sistema energetico sostenibile, competitivo, sicuro e decarbonizzato entro il 2050 ed entro il 2030 prevede di ridurre del 30 per cento le emissioni di gas serra rispetto al 1990;

   a questo scopo ha emanato fin dal 2002 direttive, la più importante delle quali è stata la 2002/91/CE, anche nota come direttiva Epbd – Energy Perfomance of Buildings Directive –, che ha riproposto la certificazione energetica, sollecitando gli Stati membri ad attuare una serie di misure finalizzate al miglioramento dell'efficienza energetica nel settore edilizio, responsabile del 40 per cento di consumo di energia;

   l'Italia ha posto lo sviluppo delle fonti rinnovabili tra le priorità della sua politica energetica, insieme alla promozione dell'efficienza energetica attraverso la sicurezza dell'approvvigionamento energetico, la riduzione dei costi per le imprese e i cittadini, la promozione delle filiere tecnologiche e la tutela ambientale;

   si promuove l'efficienza energetica negli edifici attraverso interventi di carattere regolatorio con nuove regole sui requisiti minimi di prestazione energetica degli edifici e con la redazione dell'Ape – Attestato di prestazione energetica;

   con il decreto legislativo n. 73 del 14 luglio 2020 sono state adottate nuove disposizioni in materia di efficienza energetica negli edifici, in particolare si applicano, anche alla pubblica amministrazione e ai suoi immobili, i certificati bianchi e il conto termico gestito dal Gse;

   nel Piano d'azione per il miglioramento della qualità dell'aria e nel Piano nazionale integrato per l'energia e il clima – Pniec – si tiene in considerazione in maniera particolare la necessità di: a) includere gli interventi di riqualificazione degli edifici del settore terziario privato; b) prevedere la possibilità, almeno nell'ambito degli interventi di riqualificazione profonda dell'edificio, di promuovere gli interventi d'installazione di punti di ricarica per veicoli elettrici; c) verificare il rispetto dei requisiti minimi di efficienza energetica per gli immobili pubblici;

   la liberalizzazione del mercato, l'aumento dei prezzi dei prodotti petroliferi, la crisi finanziaria e l'accordo di Parigi sui cambiamenti climatici sono tutti elementi che in questi ultimi anni hanno aiutato ad accrescere l'attenzione di imprese ed enti verso una gestione ottimale delle fonti energetiche e la figura dell'energy manager, i Green iTest e le certificazioni Leed sono tutti elementi che permettono di trasformare questa attenzione in azioni concrete;

   in particolare l'energy manager, tecnico responsabile per l'uso razionale dell'energia, opera all'interno delle aziende ed enti occupandosi dell'analisi dell'energia, del monitoraggio, e dell'ottimizzazione e gestione dei consumi energetici;

   la nomina dell'energy manager è stata ribadita anche con la circolare del Ministero dello sviluppo economico del 18 dicembre 2014 e pertanto il numero delle nomine nel corso degli anni ha avuto un incremento di oltre il 19 per cento;

   la sensibilizzazione verso temi così importanti passa anche attraverso una corretta informazione scolastica, istituendo figure come l'energy manager anche negli istituti scolastici di ogni ordine e grado –:

   se i Ministri interrogati non ritengano di valutare l'opportunità di adottare le iniziative di competenza per inserire nel sistema scolastico di ogni ordine e grado la figura dell'energy manager, al fine di sensibilizzare gli studenti verso temi così importanti come quello della produzione, dell'uso e del consumo di energia e di implementare, accanto all'anagrafe completa delle scuole, anche le informazioni sul loro stato energetico.
(3-02921)

Interrogazione a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da organi di stampa che le guardie ecozoofile dell'Anpana Salerno, durante un'ispezione di competenza, hanno rinvenuto una discarica non autorizzata di amianto a Mercato San Severino, in provincia di Salerno, esattamente in via Emilio Coppola, all'interno del parco archeologico naturalista regionale del castello dei Sanseverino;

   in particolare, la zona di interesse sita nella nota area protetta del Parco Decimare sarebbe diventata una vera e propria discarica a cielo aperto in cui talune persone, ancora da identificare, avrebbero depositato illecitamente rifiuti speciali e domestici, tra cui plastica, pneumatici, carcasse di televisioni, materassi e sacchi neri chiusi con all'interno rifiuti non identificati e, circostanza ancora più grave, sarebbero presenti altresì tredici lastre e nove tubi di amianto;

   quanto accaduto ha suscitato indignazione e preoccupazione da parte dei cittadini per le gravissime conseguenze che potrebbe derivare per l'ambiente e per la salute pubblica a causa della presenza di materiali tossici altamente pericolosi quale l'amianto;

   il deposito illecito di tali rifiuti potrebbe diventare ancor più pericoloso con la stagione estiva a causa degli incendi boschivi, spesso dolosi, che si verificano nella zona in questione e che potrebbero, in caso di verificazione, comportare la dispersione nell'aria di materiale tossico, fibre e polveri di amianto, la cui inalazione comporterebbe l'insorgere di gravissime malattie, anche mortali;

   al riguardo, giova richiamare un recente studio pubblicato dall'Istituto superiore di sanità in occasione della ricorrenza del trentennale dall'emanazione della legge 27 marzo 1992, n. 257 con cui l'Italia vietò l'utilizzo dell'amianto, secondo cui nel periodo dal 2010 al 2016 ci sono stati circa 4.400 decessi all'anno a causa dell'esposizione ad amianto;

   il numero elevato di decessi e le misure legislative introdotte negli anni per disciplinare lo smaltimento speciale dell'amianto non sono riusciti a costituire un efficace deterrente per impedire a taluni soggetti, privati o anche imprenditori, di commettere reati in materia di smaltimento illecito di rifiuti a causa, tra l'altro, di disposizioni sanzionatorie in materia non particolarmente afflittive che, a secondo della condotta posta in essere, prevedono meri illeciti amministrativi ovvero contravvenzioni, le cui pene sono assolutamente irrisorie e non proporzionate alla gravità dei fatti e al grado di offensività dei beni giuridici tutelati, quali, tra l'altro, la salute pubblica e l'ambiente;

   quanto sopra descritto, del resto, rappresenta l'ennesimo episodio di inquinamento che interessa le bellezze naturali della regione Campania in cui troppo spesso e da troppo tempo si verificano costanti e criminali scarichi di rifiuti;

   appare all'interrogante necessario che vengano adottate misure maggiormente stringenti e severe per contrastare i fatti descritti e procedere altresì all'inasprimento delle pene per chi illegalmente, trasporta e smaltisce rifiuti pericolosi per la salute pubblica, così da permettere la certezza della pena per chi perpetra un attentato alla salute pubblica e ai paesaggi naturali –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per prevenire e fronteggiare situazioni di danno ambientale nell'area naturale interessata dallo smaltimento illecito di rifiuti, anche promuovendo una verifica da parte del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, e, in generale, per intensificare le attività di vigilanza e controllo del territorio e potenziare le misure di contrasto, al fine di evitare il ripetersi di fatti come quello descritto in premessa.
(4-11957)

UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   BELOTTI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto direttoriale n. 703 del 20 aprile, il Ministero dell'università e della ricerca ha approvato gli esiti delle valutazioni delle proposte di intervento per la creazione e il rafforzamento di «ecosistemi dell'innovazione», costruzione di «leader territoriali di R&S» – ecosistemi dell'innovazione di cui al decreto direttoriale 30 dicembre 2021, n. 3277;

   il bando prevedeva che potessero essere ammesse dodici proposte progettuali con una dotazione di circa 120 milioni di euro ciascuna per il prossimo triennio e, per garantire una equa distribuzione degli investimenti sul territorio nazionale, 7 progetti dovevano pervenire da atenei del Centro nord e 5 da quelli del Sud;

   l'Università degli Studi di Brescia e l'Università degli Studi di Bergamo sono state le uniche a presentare un progetto congiunto, coinvolgendo un vasto raggruppamento di soggetti fra cui, oltre a Politecnico di Milano, Università di Verona, Trento e Bolzano, il Cnr e l'Enea, le Camere di commercio di Brescia, Bergamo, Trento, Verona e Vicenza e le confederazioni industriali di Brescia, Bergamo, Lecco, Verona, Vicenza e Trento;

   il progetto «The manufacturing alliance – The MA» ha la finalità di portare avanti attività di trasferimento tecnologico, valorizzazione della ricerca, supporto alla creazione di startup e scale-up delle realtà esistenti nonché di fare formazione sui bisogni delle aziende della prossima generazione e proporre la valorizzazione rigenerativa dei territori;

   obiettivo del progetto è quello di valorizzare, anche con riguardo all'impatto ambientale, territoriale e sociale, le eccellenze nazionali ed europee che contraddistinguono gli ecosistemi industriali del Nord Italia nel settore manifatturiero;

   ad oggi questo progetto, ottavo nella graduatoria delle università del Centro-nord, è il primo dei non ammessi, benché su 12 progetti finanziabili ne siano stati ammessi soltanto undici di cui 7 delle università del Nord e solo 4 di quelle del Centro-sud;

   sembrerebbe dunque che nessuno degli altri progetti presentati dalle università del Sud abbia ottenuto il punteggio minimo per risultare idoneo al bando in questione; pertanto, se si scorresse la graduatoria complessiva, il progetto delle università di Bergamo e Brescia potrebbe essere finanziato;

   i rettori degli atenei di Bergamo e Brescia e tutti i rappresentanti della filiera coinvolta manifestano grande dispiacere, dal momento che tale progetto rappresentava una opportunità di rilancio e valorizzazione di un intero settore del nostro Paese che, a seguito della pandemia e ora della crisi energetica, vive un momento di enorme difficoltà –:

   se, al fine di privilegiare e rispettare la qualità dei progetti di ricerca destinatari di finanziamento, si intendano adottare iniziative per consentire l'ammissione del dodicesimo progetto, utilizzando la graduatoria generale di merito stilata dalla commissione;

   nel caso in cui il progetto de quo venga definitivamente escluso per dare priorità ad un progetto di una università del Sud benché abbia conseguito un punteggio inferiore, se non ritenga opportuno adottare iniziative per finanziarlo diversamente, in considerazione dell'alto valore che assicurerebbe al territorio.
(4-11944)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Casa e altri n. 7-00808, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 marzo 2022, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Giarrizzo.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Masi e altri n. 5-07975, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 aprile 2022, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Davide Crippa.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interpellanza urgente Traversi n. 2-01500 del 26 aprile 2022.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta orale Iorio e altri n. 3-02813 del 14 marzo 2022 in interrogazione a risposta scritta n. 4-11958;

   interrogazione a risposta orale Mollicone n. 3-02861 del 31 marzo 2022 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-07985.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta in Commissione Racchella e altri n. 5-07887 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 678 del 19 aprile 2022. Alla pagina 25785, seconda colonna, alla riga trentaquattresima, la parola «economica» è sostituita con «ecologica».

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   ASCARI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:

   il legislatore italiano, a seguito della legge 27 maggio 1991, n. 176, di ratifica della Convenzione sui diritti del fanciullo firmata a New York il 20 novembre 1989, ha cercato di accordare una maggiore tutela all'interesse dell'adottato a conoscere le proprie origini, tramite la legge del 2001, n. 149 con la quale ha modificato la disciplina sulla segretezza dell'adozione prevista dalla legge n. 184 del 1983, introducendo, con la novella dell'articolo 28, la possibilità, se pur a determinate condizioni, per la persona adottata di accedere alle informazioni riguardanti l'identità dei genitori naturali;

   il diritto a conoscere le proprie origini biologiche non pare però essere riconosciuto espressamente e pienamente all'interno del nostro ordinamento giuridico in quanto la novellata previsione legislativa presenta delle limitazioni e cautele di natura sia sostanziale che processuale. Innanzitutto, essa impone ai genitori adottivi l'obbligo di comunicare al figlio la sua condizione di adottato nei modi e termini che essi ritengono più opportuni. L'articolo 28, comma 5, riconosce sì per la prima volta al minore la possibilità di accedere alle informazioni che riguardano la sua origine e l'identità dei propri genitori biologici, subordinandola però alla condizione che lo stesso abbia raggiunto i venticinque anni di età; inoltre, l'accesso a tali informazioni è ammesso per il soggetto maggiorenne infra-venticinquenne solo in presenza di «gravi e comprovati motivi attinenti alla salute psico-fisica». In entrambi i casi, ai fini dell'accesso, è necessaria un'autorizzazione del tribunale per i minorenni del luogo in cui risiede il minore, il quale, fatte le opportune valutazioni di carattere formale e ritenuta ragionevole la richiesta, anche in relazione ai motivi posti a suo fondamento, potrà concedere l'autorizzazione all'accesso;

   un ulteriore limite è previsto dal settimo comma dell'articolo 28, il quale non consente al minore, nato da madre che al momento del parto ha espresso la volontà di rimanere anonima ai sensi dell'articolo 30, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, di avere accesso alle informazioni circa la propria identità;

   in particolare, la disposizione di cui all'articolo 28, comma 7, è stata oggetto di un lungo dibattito giurisprudenziale sotto il profilo della sua legittimità costituzionale. Essa stabiliva che al figlio nato da parto anonimo fosse preclusa la possibilità di accedere al certificato di assistenza al parto o alla cartella clinica contenenti le informazioni sanitarie della madre biologica la quale avesse espressamente dichiarato al momento del parto di non volere essere nominata. La Corte Costituzionale è intervenuta sull'argomento in parola con sentenza n. 278/2013, censurando la disciplina legislativa nella parte in cui dichiara l'irreversibilità della dichiarazione di segretezza in contrasto con gli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione, ossia per violazione: del diritto all'identità personale garantito dall'articolo 2 della Costituzione; del principio di uguaglianza in quanto tratta in maniera diversa il diritto dell'adottato a conoscere le proprie origini anche sotto il profilo sanitario, e il diritto della madre a rimanere anonima; e della tutela del diritto alla salute ed alla integrità psico-fisica in quanto consentendo alla donna di partorire in anonimato, si induce gli operatori sanitari ad omettere persino l'ordinaria raccolta dei dati anamnestici non identificativi della madre;

   anche in questi casi, la sentenza del 2013 specifica che la possibilità per il giudice di interpellare la madre, su richiesta del figlio, si esplichi attraverso un procedimento stabilito dalla legge che assicuri la massima riservatezza alla madre: il giudice è così tenuto ad operare un bilanciamento tra il diritto della madre all'anonimato e il diritto del figlio di conoscere le proprie origini;

   da quanto sopra esposto emerge come l'attuale disciplina non consente all'adottato di accedere, facilmente, alle informazioni di carattere sanitario della madre biologica;

   considerato che la possibilità di reperire, agevolmente, queste informazioni consentirebbe a qualsiasi persona adottata e alla propria famiglia adottiva di tutelare meglio la salute dell'adottato lungo il corso della propria vita ove, ad esempio, contragga nel corso della sua vita malattie geneticamente determinate;

   pare inammissibile dal punto di vista costituzionale far soggiacere il diritto alla salute al diritto alla privacy della madre che decide di rimanere anonima al momento del parto –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative di competenza ritengano opportuno adottare, in particolare di carattere normativo, affinché la madre biologica (che voglia rimanere anonima) sia tenuta a rilasciare, subito dopo il parto, una scheda contenente la propria anamnesi sanitaria che va poi mantenuta e conservata dalle istituzioni sanitarie competenti e, successivamente, resa fruibile in favore dell'adottato e della famiglia adottiva.
(4-09232)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame, rivolta al Ministro della giustizia e al Ministro per le pari opportunità e la famiglia, si chiede di sapere se siano a conoscenza delle questioni in tema di diritto del minore adottato a conoscere le proprie origini, e quali iniziative, in particolare di carattere normativo, ritengano di adottare affinché la madre biologica che voglia rimanere anonima sia tenuta a rilasciare, subito dopo il parto, una scheda contenente la propria anamnesi sanitaria, conservata dalle istituzioni sanitarie e competenti e successivamente resa fruibile in favore dell'adottante e della famiglia adottiva.
  Partendo dalla necessaria ricostruzione del dato normativo, va ricordato che nel suo testo originario l'articolo 28 della legge 4 maggio 1983, n. 184 prevedeva il divieto di «fornire notizie, informazioni, certificati, estratti o copie dai quali possa comunque risultare il rapporto di adozione, salvo autorizzazione espressa dell'autorità giudiziaria»; ciò coerentemente con la visione secondo cui l'adozione comporta l'inserimento dell'adottato nella famiglia dell'adottante e la recisione di ogni legame con la famiglia di origine, quasi fosse una sorta di «seconda nascita».
  Tale visione è stata tuttavia messa in discussione, sia in ambito giuridico che psicologico, in quanto si è compreso che l'ignoranza delle origini (sia adottiva, sia delle generalità dei genitori biologici) non corrisponde di per sé alle superiori esigenze di tutela del minore ma può anzi rivelarsi dannosa.
  L'articolo 7 della Convenzione sui diritti del fanciullo firmata a New York il 20 novembre 1989, ratificata in Italia in virtù della legge 27 maggio 1991, n. 176, prevede espressamente che «Il fanciullo è registrato immediatamente al momento della sua nascita e da allora ha diritto ad un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori ed a essere allevato da essi».
  Successivamente, anche sulla spinta della disposizione ora indicata, il legislatore ha previsto la possibilità che l'adottato acceda alle informazioni riguardanti l'identità dei propri genitori naturali.
  Con la legge 28 marzo 2001, n. 149, infatti, si è modificato l'articolo 28 della legge n. 184 del 1983 prevedendo:

   a) al comma 1, che i genitori adottivi debbano informare il minore adottato della sua condizione, sia pur nei modi e termini che ritengono più opportuni;

   b) al comma 4, che le informazioni concernenti l'identità dei genitori biologici possono essere fornite ai genitori adottivi, su autorizzazione del tribunale per i minorenni, solo per gravi e comprovati motivi. Il tribunale accerta che l'informazione sia preceduta e accompagnata da adeguata preparazione e assistenza del minore. Le informazioni possono essere fornite anche al responsabile di una struttura ospedaliera o di un presidio sanitario, ove ricorrano i presupposti della necessità e dell'urgenza e vi sia grave pericolo per la salute del minore;

   c) al comma 5, che una volta raggiunta l'età di venticinque anni l'adottato può accedere a informazioni che riguardano la sua origine e l'identità dei propri genitori biologici; analogo diritto spetta all'adottato che abbia raggiunto la maggiore età, per gravi e comprovati motivi attinenti alla sua salute psico-fisica;

   d) al comma 6, che per concedere l'autorizzazione il tribunale per i minorenni procede all'audizione delle persone di cui ritenga opportuno l'ascolto e assume tutte le informazioni di carattere sociale e psicologico, al fine di valutare che l'accesso a tali notizie non comporti grave turbamento all'equilibrio psico-fisico del richiedente;

   e) al comma 7, che tuttavia l'accesso alle informazioni non è consentito se l'adottato non sia stato riconosciuto alla nascita dalla madre naturale e qualora anche uno solo dei genitori biologici abbia dichiarato di non voler essere nominato, o abbia manifestato il consenso all'adozione a condizione di rimanere anonimo;

   f) al comma 8, che per l'adottato maggiorenne non è necessaria l'autorizzazione quando i genitori adottivi sono deceduti o divenuti irreperibili.

  Con il Codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 è stata poi ulteriormente modificata la previsione recata dal comma 7 dell'articolo 28, e si è previsto che l'accesso alle informazioni non è consentito nei confronti della madre che abbia dichiarato alla nascita di non volere essere nominata. Lo stesso Codice prevede poi all'articolo 93 che il certificato di assistenza al parto o la cartella clinica, ove comprensivi dei dati personali che rendono identificabile la madre che abbia dichiarato di non voler essere nominata, possono essere rilasciati solo decorsi cento anni dalla formazione del documento; essi possono essere rilasciati prima del decorso del tempo previsto solo a condizione che la madre rimanga non identificabile.
  La legge non riconosceva, quindi, ai figli nati da parto anonimo il cosiddetto diritto alle origini, nel senso del diritto di conoscere l'identità dei loro genitori biologici; e in tal senso si erano espresse sia la giurisprudenza di legittimità che la Corte costituzionale, la quale con sentenza 25 novembre 2005, n. 425 aveva ritenuto costituzionalmente legittima tale disciplina.
  Per completezza va evidenziato che, rispetto all'istituto dell'adozione internazionale, settore di competenza della Commissione per le adozioni internazionali, non compete alle autorità italiane intervenire in merito all'accessibilità o meno alle informazioni sulle proprie origini da parte del minore adottato che ne faccia richiesta, ma alle autorità competenti del Paese di origine del minore adottato. A supporto di quanto indicato, l'articolo 30 della Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozioni internazionali fatta a L'Aja il 29 maggio 1993 e ratificata dall'Italia con la legge n. 476 del 31 dicembre 1998, dispone:

   1. Le autorità competenti di ciascuno Stato contraente conservano con cura le informazioni in loro possesso sulle origini del minore, in particolare quelle relative all'identità della madre e del padre ed i dati sui precedenti sanitari del minore e della sua famiglia.

   2. Le medesime autorità assicurano l'accesso del minore o del suo rappresentante a tali informazioni, con l'assistenza appropriata, nella misura consentita dalla legge dello Stato.

  Sulla questione posta in evidenza dall'interrogante, si è tuttavia pronunciata la Corte europea per i diritti dell'uomo (di seguito, Corte EDU), la quale con sentenza 25 settembre 2012 (ric. n. 33783/09, Godelli c. Italia) ha affermato che accanto al diritto di una madre partoriente a conservare l'anonimato deve essere tutelato anche il diritto del figlio a conoscere le proprie origini; la normativa italiana, che non operava un bilanciamento degli interessi in gioco, violava quindi l'articolo 8 della Convenzione e in particolare il diritto del figlio alla vita privata.
  Successivamente a tale pronuncia la Corte costituzionale con sentenza 22 novembre 2013, n. 278 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma prevista dall'articolo 2 8 della legge n. 184 del 1983, nella parte in cui non prevede – attraverso un procedimento, stabilito dalla legge, che assicuri la massima riservatezza – la possibilità per il giudice, su richiesta del figlio, di interpellare la madre che abbia dichiarato di non voler essere nominata ai fini di una eventuale revoca di tale dichiarazione.
  Il legislatore ha però sinora omesso di disciplinare il procedimento indicato dalla Corte costituzionale, così che il vuoto normativo è stato colmato dalla giurisprudenza. In particolare, con sentenza del 21 luglio 2016, n. 15024 la Corte di cassazione ha affermato che dopo la morte della madre il figlio ha diritto ad accedere alle informazioni circa le generalità di questa, dal momento che in questo caso non vi sarebbe più ragione di sacrificare il diritto a conoscere le proprie origini. Con la successiva sentenza 9 novembre 2016, n. 22838 la Corte ha poi riconosciuto il medesimo diritto al figlio adottivo di una madre scomparsa.
  La Corte di cassazione è poi nuovamente intervenuta sulla questione a sezioni unite con sentenza 25 gennaio 2017, n. 1946, con cui ha affermato:

   che la sentenza n. 278 del 2013 della Corte costituzionale deve essere qualificata come una decisione additiva di principio, con cui è stato riconosciuto il diritto del figlio di proporre l'interpello, fermo restando il diritto della madre di confermare la propria scelta di anonimato;

   che spetta al legislatore indicare quali siano le forme da seguire per provvedere all'interpello della madre che ha domandato di non essere nominata, ma nelle more i giudici di merito sono tenuti a individuare soluzioni applicative utilizzabili anche immediatamente, ad esempio sulla falsariga di quanto previsto dallo stesso articolo 28, commi 5 e 6, della legge n. 184 del 1983, adottando però gli accorgimenti necessari per assicurare la riservatezza della madre.

  La Corte di cassazione ha infine riconosciuto il diritto dell'adottato di avere accesso alle informazioni che riguardano fratelli e sorelle anch'essi adottati, affermando che un'interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente orientata della norma di cui all'articolo 28, comma 5 (che prevede il diritto dell'adottato ad accedere alle informazioni che riguardano la sua origine e l'identità dei genitori) possa valorizzare il richiamo testuale al diritto di accedere alle informazioni sulla propria origine in modo da includervi oltre ai genitori biologici anche i più stretti congiunti come i fratelli e le sorelle, ancorché non espressamente menzionati dalla norma. In questo caso, tuttavia, è necessario procedere ad un bilanciamento di interessi tra il diritto dell'adottato e quello dei congiunti alla riservatezza, quest'ultimo assistito dalla sanzione penale di cui all'articolo 73 della legge n. 184 del 1983; a tal fine potranno essere utilizzate le medesime modalità già viste nei confronti della madre che abbia domandato di non essere nominata al momento del parto (sentenza 20 marzo 2 018 n. 6963).
  In conclusione, allo stato, l'ordinamento garantisce all'adottato di avere informazioni circa le sue origini e l'identità dei propri genitori biologici quando abbia compiuto venticinque anni – ovvero anche precedentemente, se la richiesta è determinata da gravi e comprovati motivi attinenti alla sua salute psico-fisica – e dietro autorizzazione del tribunale per i minorenni.
  Non è viceversa prevista la possibilità di accedere a tali informazioni in caso di parto anonimo, se non in caso di risposta positiva della madre appositamente interpellata o, come riconosciuto dalla giurisprudenza, nel caso in cui la madre sia deceduta o scomparsa. È quindi preliminarmente necessario che la madre venga identificata; ma ciò in alcuni casi può rivelarsi estremamente complesso, anche considerato che spesso il figlio chiede di poter accedere a tali informazioni in età avanzata (si pensi, ad esempio, al caso in cui la struttura sanitaria in cui è avvenuto il parto non sia più esistente).
  Il Codice della protezione dei dati personali poi, come si è visto, consente l'accesso alle informazioni contenute nella cartella clinica o nel certificato di assistenza al parto prima del decorso di cento anni solo quando la madre rimanga non identificabile.
  Nella scorsa legislatura era stato approvato dalla Camera ed era giunto all'esame del Senato (ma è poi decaduto a seguito dello scioglimento delle Camere) un disegno di legge volto a disciplinare il procedimento per lo svolgimento dell'interpello rivolto dal figlio alla madre biologica, che prevedeva anche il diritto della madre di revocare la dichiarazione di anonimato resa al momento del parto.
  Nella presente legislatura sono pendenti (salvo altri) il disegno di legge AS 1039 (Cucca e altri) recante «Disposizioni in materia di servizi socio-assistenziali, parto in anonimato e di accesso alle informazioni sulle origini del figlio non riconosciuto alla nascita»; il disegno di legge AS 922 (Pillon e altro) recante «Norme in materia di diritto alla conoscenza delle proprie origini biologiche»; il disegno di legge AS 1979 (Santangelo e altro) relativo a «Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di adozione dei minori e di riconoscimento delle origini biologiche».
  Allo stato quindi, il punto su cui è necessario intervenire è la disciplina della procedura di interpello per il caso di parto anonimo, come indicato dalla Corte costituzionale nell'ormai lontano 2013, e nell'ambito di questa la disciplina circa la conservazione delle informazioni che consentano di risalire, anche a distanza di molto tempo e comunque garantendo la riservatezza dei dati, all'identità della madre che ha chiesto di rimanere anonima, al fine di poterle rivolgere l'interpello.
  Al contempo, è stata evidenziata da più parti l'opportunità di intervenire sui seguenti punti oggetto di dibattito:

   la previsione di un termine entro cui i genitori adottivi devono informare il figlio di essere stato adottato (attualmente, come si è visto, essi sono liberi di scegliere come e quando rendere tale informazione);

   il riconoscimento o meno del diritto del figlio nato da parto anonimo a conoscere le proprie origini successivamente al decesso della madre, prendendo in considerazione anche l'eventualità che in vita questa sia già stata interpellata e abbia confermato la propria volontà di rimanere anonima;

   il limite dei venticinque anni di età previsto dall'articolo 28, comma 5 per poter accedere a informazioni che riguardano l'origine e l'identità dei propri genitori biologici, eventualmente riconducendolo alla maggiore età;

   il riconoscimento o meno, in favore della madre che abbia chiesto di restare anonima, di un diritto di ripensamento che le consenta di accedere a sua volta alle informazioni che riguardano il figlio;

   il riconoscimento o meno del diritto dell'adottato di accedere alle informazioni concernenti fratelli e sorelle.

  Allo stato infine manca, con specifico riguardo al parto anonimo, una previsione volta ad operare un bilanciamento di interessi (quello alla salute e quello alla riservatezza) tutelati dalla Costituzione e dalle fonti sovranazionali circa il diritto del figlio di accedere ai dati sanitari dei propri genitori, previa opportuna anonimizzazione o pseudonimizzazione della documentazione, quando ciò sia necessario per motivi attinenti alla tutela della sua salute.
  Il Ministero è particolarmente sensibile al tema e, considerata la sua delicatezza e complessità, ritiene di dover aprire una riflessione approfondita che possa rendere ogni eventuale e futuro intervento coerente con i principi che governano la materia e gli interessi di tutte le parti coinvolte.

La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.


   ASCARI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   gli avvocati penalisti modenesi tramite il Consiglio direttivo della camera penale di Modena, con un comunicato stampa del 14 settembre 2019, hanno auspicato con forza, l'istituzione anche nel comune di Modena, della figura del Garante delle persone private della libertà personale. Un auspicio che l'interrogante non può che condividere, invitando le autorità competenti a farsi carico dell'istituzione di tale figura nel comune modenese, e in tutte le altre realtà territoriali dove ancora non è stata istituita;

   quest'ultima figura si appalesa, infatti, necessaria e imprescindibile, vista la situazione delle case circondariali e degli altri istituti di pena nel nostro Paese, troppo spesso dimenticate da larga parte della cittadinanza e della politica, come dimostrato dalle condizioni degradanti nelle quali vivono troppi detenuti e internati e in cui operano troppo pochi agenti della polizia penitenziaria, insieme ad un numero insufficiente di educatori;

   le rivolte verificatesi nelle carceri nella primavera 2020, e i gravi fatti accaduti nel carcere di Sant'Anna di Modena e, da ultimo, a Santa Maria Capua Vetere dimostrano, purtroppo, come il sistema carcerario del nostro Paese non pare conformarsi concretamente al principio costituzionale della finalità rieducativa della pena, oltre che al rispetto dei diritti fondamentali delle persone che ivi si trovano ristrette;

   il Garante territoriale svolge un ruolo importante di raccordo tra il «dentro» e il «fuori», stimolando il territorio a farsi carico della popolazione detenuta e a riconoscere alla stessa pieno diritto di cittadinanza, mantenendo contatti con il volontariato e con gli enti locali. Una figura importante che sarebbe capace di monitorare lo stato degli istituti presenti sul territorio stimolando i necessari interventi migliorativi attraverso il dialogo con le istituzioni e con l'avvocatura, la magistratura di sorveglianza e tutti gli altri operatori penitenziari;

   già molte altre realtà in Emilia-Romagna hanno istituito la figura del garante territoriale delle persone private della libertà personale: dal garante regionale fino ai garanti comunali già istituiti a Bologna, Ferrara, Parma, Piacenza e Rimini, con importanti compiti di ascolto e controllo;

   in un momento storico che sottolinea la particolare complessità e drammaticità della realtà carceraria, pare pertanto non più differibile l'istituzione di un garante comunale dei diritti dei detenuti nel comune di Modena e nelle altre realtà territoriali del nostro Paese ove risulti mancante, che possa contribuire a dare attuazione al dettato costituzionale della finalità rieducativa della pena e a rendere sempre più trasparenti e umani gli istituti penitenziari del nostro Paese –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e se ritenga opportuno adottare iniziative per quanto di competenza, anche normative, al fine di promuovere – in raccordo con le autorità e territoriali competenti – l'istituzione del Garante territoriale delle persone private della libertà personale nel comune di Modena e in altre realtà territoriali del nostro Paese ove risulti mancante, al fine di rendere le carceri italiane più dignitose e rispettose dei diritti umani ai sensi del combinato disposto di cui all'articolo 27 della Costituzione e all'articolo 3 della Cedu.
(4-10368)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante, evidenziata l'importanza della figura del Garante territoriale delle persone private della libertà personale, e rilevatane la perdurante assenza in particolare nel territorio di Modena ma altresì in altri comuni, avanza precipuo quesito circa eventuali intendimenti volti a superare detta criticità.
  Orbene, in linea generale va rammentato che secondo la disciplina attuale di cui alla legge n. 10 del 21 febbraio 2014, il Garante nazionale è costituito da un Collegio, composto dal presidente e da due componenti, che restano in carica cinque anni, non prorogabili; opera in collaborazione con garanti territoriali, ovvero con le altre figure istituzionali, comunque denominate, competenti in questo campo.
  Il Garante ha la possibilità di visitare senza autorizzazione, gli istituti penitenziari, le strutture sanitarie destinate ad accogliere le persone sottoposte a misure di sicurezza detentive, le comunità terapeutiche e di accoglienza, le strutture pubbliche e private dove si trovano persone sottoposte alle misure alternative o alla misura cautelare degli arresti domiciliari, gli istituti penali per minori, le comunità di accoglienza per i minori sottoposti a provvedimenti dell'Autorità giudiziaria, i centri di identificazione e di espulsione, nonché – previo avviso – le camere di sicurezza delle forze di Polizia.
  Con il decreto n. 36 dell'11 marzo 2015 il Ministero della giustizia ha emanato il regolamento che definisce struttura, composizione e modalità di funzionamento dell'ufficio del Garante nazionale.
  Sul territorio nazionale esistono, da tempo, garanti regionali, provinciali e comunali, le cui funzioni sono definite dai relativi atti istitutivi; i garanti territoriali possono effettuare colloqui con le persone detenute e possono visitare gli Istituti penitenziari senza autorizzazione (articoli 18 e 67 dell'ordinamento penitenziario, novellati dalla legge n. 14 del 2009); i garanti territoriali si riuniscono in un coordinamento nazionale.
  Nel 2008 è stata istituita la Conferenza nazionale dei garanti regionali, organismo che ha il compito di pianificare iniziative di rilievo nazionale per meglio affrontare le problematiche connesse alla tutela dei diritti fondamentali dei detenuti, all'esecuzione della pena e al loro reinserimento sociale.
  I garanti ricevono segnalazioni sul mancato rispetto della normativa penitenziaria, sui diritti dei detenuti eventualmente violati o parzialmente attuati e si rivolgono all'autorità competente per chiedere chiarimenti o spiegazioni, sollecitando gli adempimenti o le azioni necessarie.
  Il loro operato si differenzia pertanto nettamente, per natura e funzione, da quello degli organi di ispezione amministrativa interna e della stessa magistratura di sorveglianza;

  L'attuale comunità reticolare di figure di garanzia territoriali costituisce uno strumento utile sia alla costruzione di un sistema coerente nelle diverse realtà locali sia al rafforzamento dell'ampio mandato attribuito al garante nazionale, che, anche attraverso la collaborazione con garanti, ricopre in modo efficace tutte le aree previste dal Protocollo opzionale alla convenzione ONU contro la tortura (Opcat).
  Ciò rimarcato, deve ricordarsi che l'istituzione del garante territoriale è prerogativa degli enti locali che provvedono con legge regionale per l'istituzione del garante regionale e con delibera consiliare/nomina sindacale per l'istituzione del garante provinciale e comunale.
  La distribuzione sul territorio della figura del Garante per le persone private della libertà risulta capillare come riportato dalla Relazione al Parlamento del Garante nazionale del 21 giugno 2021 che illustra, altresì, l'attività di intervento, coordinamento e direzione dell'attività svolta dall'organismo centrale e da quelli territoriali.
  Allo stato non risultano iniziative legislative volte alla modifica della vigente disciplina normativa.

La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.


   BAGNASCO, NOVELLI, VERSACE, BOND, MUGNAI e BRAMBILLA. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 7 ottobre 2020, n. 125, convertito dalla legge n. 159 del 2020, prevede una serie di disposizioni connesse con la proroga della dichiarazione dello stato di emergenza epidemiologica da Covid-19;

   l'articolo 1-ter dei citato decreto-legge proroga al 31 dicembre 2021 il termine per le possibilità di alcune assunzioni, da parte di pubbliche amministrazioni, derivanti da cessazioni dall'impiego verificatesi in alcuni anni precedenti;

   la proroga concerne, tra l'altro, la possibilità di assunzioni a tempo indeterminato, per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie e gli enti pubblici non economici, in relazione ad una quota delle cessazioni dall'impiego verificatesi negli anni dal 2013 al 2019;

   come segnalano diversi ordini dei medici, l'attuale stato di emergenza pandemica sta evidenziando con forza la necessità di dover assumere personale, peraltro a totale carico degli ordini – nelle more che vengano banditi e conclusi specifici concorsi pubblici attualmente bloccati a causa del Covid-19 – in sostituzione di coloro che sono andati in pensione dopo il 2019, per lo svolgimento dei compiti istituzionali propri dei medesimi ordini dei medici –:

   ad adottare iniziative normative, in ragione del perdurare dell'emergenza pandemica, per prevedere l'estensione del termine del 2019 relativo alle cessazioni dall'impiego di cui in premessa, in relazione alle quali si può procedere a nuove assunzioni, entro il termine previsto dal decreto-legge n. 125 del 2020, dando così la possibilità anche agli ordini dei medici di poter assumere il necessario personale in sostituzione di coloro che sono andati in pensione anche successivamente al 2019.
(4-08329)

  Risposta. — Rispondo all'interrogazione in esame in merito all'opportunità di adottare, in ragione del perdurare dell'emergenza pandemica, iniziative normative per consentire agli ordini dei medici di procedere ad assunzioni, con riferimento al personale andato in pensione successivamente al 2019.
  L'interrogante – premessa una disamina sul quadro normativo disposto con l'articolo 1-
ter del decreto-legge 7 ottobre 2020, n. 125 convertito dalla legge 27 novembre 2020, n. 159, che ha prorogato al 31 dicembre 2021 il termine per procedere alle assunzioni di personale a tempo indeterminato relative alle cessazioni verificatesi negli anni dal 2013 al 2019 per una serie di amministrazioni – evidenzia come, visto l'attuale stato di emergenza sanitaria, gli ordini dei medici abbiano segnalato la necessità di procedere ad assunzioni, in sostituzione di personale andato in pensione dopo il 2019.
  In particolare, l'interrogazione parrebbe sollecitare possibili novelle al comma 2 dell'articolo 1 del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192 convertito dalla legge 27 febbraio 2015, n. 11.
  Tale norma, più volte novellata nel corso degli anni – tra gli altri – dal decreto-legge n. 125 del 2020 richiamato dall'interrogante, è stata da ultimo ulteriormente modificata dal decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2021, n. 21, che ha esteso la possibilità di procedere ad assunzioni fino al 31 dicembre 2021 anche a valere sulle cessazioni avvenute nell'anno 2019 (e non anche agli anni successivi).
  Al riguardo, evidenzio che tali modifiche risulterebbero sovrabbondanti nel quadro normativo vigente, in quanto, in base alle ordinarie norme sul
turn-over, che trovano applicazione anche per gli enti pubblici non economici, tra cui gli ordini professionali si annoverano, le cessazioni verificatesi nel corso del 2020 costituiscono la base per la determinazione delle facoltà assunzionali in capo agli enti per il 2021.
  La
ratio delle norme di proroga, dunque, ha il solo scopo di non disperdere eventuali facoltà assunzionali maturate nell'anno immediatamente successivo a quello in cui sono intervenute le cessazioni di personale (che, peraltro, costituirebbe la regola aurea per il buon funzionamento dell'amministrazione) e non utilizzate, ma non incide sulle ordinarie dinamiche di turn-over per le quali la sostituzione di un'unità che cessa dal servizio può intervenire non prima dell'anno successivo.
  

Il Ministro per la pubblica amministrazione: Renato Brunetta.


   CARDINALE. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   con decreto ministeriale n. 374 del 1° giugno 2017, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ha riaperto le graduatorie di istituto del personale docente ed educativo per l'aggiornamento della seconda e terza fascia della scuola di I e II grado. A tal proposito, è stato riconosciuto valido, ai fini della graduatoria, il servizio svolto presso i centri di formazione professionale accreditati dalle regioni, limitatamente ai percorsi in obbligo scolastico (IeFP);

   con successivo decreto ministeriale 640 del 30 agosto 2017 lo stesso Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha disposto l'aggiornamento delle graduatorie scolastiche di circolo e di istituto (di terza fascia), ai sensi dell'articolo 5 del regolamento approvato con decreto ministeriale 430 del 13 dicembre 2000, al fine di reclutare personale Ata per il triennio 2017/2020;

   il riconoscimento del servizio svolto presso i centri di formazione professionale IeFP, entro i limiti di cui al primo paragrafo, ha tuttavia riguardato esclusivamente il personale docente ed educativo, escludendo di fatti il personale Ata, pur laddove lo stesso risultasse in possesso dei medesimi requisiti;

   quanto descritto palesa l'esistenza di una problematica che si protrae oramai da diverso tempo e crea un'effettiva disparità di trattamento tra il personale docente/educativo ed il personale Ata: per quest'ultimo, infatti, viene riconosciuta valida esclusivamente l'attività svolta in scuole statali di ogni ordine e grado, in scuole non statali paritarie, in scuole non statali dell'infanzia riconosciute ed autorizzate, in scuole parificate, convenzionate, sussidiarie o sussidiate, nonché in istituti di istruzione secondaria o artistica non statali pareggiati e legalmente riconosciuti, escludendo invece l'attività svolta negli enti di formazione professionale accreditati dalle regioni italiane;

   è opportuno ribadire che i centri di formazione professionale costituiscono un canale parallelo agli istituti statali, al fine dell'assolvimento dell'obbligo d'istruzione. Risulta dunque evidente come il servizio prestato presso tali enti da parte del personale Ata debba essere valutato al pari di quello prestato presso gli istituti statali;

   diverse sono state le iniziative legali attivate in favore del personale Ata che abbia prestato servizio presso i centri di formazione professionale e nei cui confronti non sia stato correttamente valutato, in occasione della presentazione della domanda d'inserimento nella terza fascia delle graduatorie di circolo e d'istituto, il servizio svolto. Un servizio al quale è stato attribuito difatti un punteggio pari a 0;

   risulterebbe pertanto necessario ed urgente, in particolar modo in questo momento di emergenza sanitaria, economica e sociale, un intervento immediato da parte del legislatore per colmare questa disparità, con opportune modifiche del regolamento delle supplenze Ata di cui al decreto ministeriale 430 del 13 dicembre 2000, che possa essere un segno tangibile della sensibilità delle istituzioni, affinché le stesse possano dimostrarsi vicine ai lavoratori in stato di precarietà in questo particolare momento storico;

   nonostante infatti fra i più recenti interventi per fronteggiare l'emergenza COVID-19, mirati a stabilizzare il personale docente ed il personale Ata in stato di precarietà, siano state adottate misure con riferimento al personale Ata volte a incrementare le dotazioni organiche (si pensi al riaffidamento dei servizi di pulizia e ausiliari nelle scuole statali esclusivamente a personale dipendente appartenente al profilo di collaboratore scolastico o alla previsione di inserimento stabile di assistenti tecnici nelle scuole dell'infanzia e del primo ciclo dall'anno scolastico 2021/2022) non risulta ancora essere stata affrontata la problematica relativa alla revisione del regolamento del decreto ministeriale n. 430 del 2000 sopra citato –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere al fine di sanare la situazione di cui in premessa, tenendo conto altresì delle numerose segnalazioni giunte presso il Ministero dell'istruzione negli ultimi anni, soprattutto alla luce del particolare momento storico che l'intero sistema educativo deve affrontare in questi mesi.
(4-08505)

  Risposta. — Onorevole Cardinale, il suo quesito mi consente di condividere il suo giudizio sulla fondamentale importanza del lavoro svolto dal personale Ata.
  Il ruolo del personale Ata è sempre stato, ma ora ancor di più, essenziale per garantire efficacemente la sicurezza nelle scuole, soprattutto alla luce dall'emergenza epidemiologica da COVID-19 ancora in atto.
  Avendo a mente questi principi, ricordo che l'articolo 1, comma 326, della legge di bilancio 30 dicembre 2021, n. 234 prevede che, «Al fine di corrispondere alle esigenze delle istituzioni scolastiche connesse all'emergenza epidemiologica, il termine dei contratti sottoscritti ai sensi dell'articolo 58, comma 4-
ter, lettere a) e b), del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106, può essere prorogato fino al termine delle lezioni dell'anno scolastico 2021/2022[...]».
  La citata disposizione normativa prevede, pertanto, la possibilità di prorogare il termine di scadenza di tutti i contratti a tempo determinato, riferiti sia al personale docente che al personale Ata, sino al termine delle lezioni entro i limiti delle risorse appositamente stanziate, pari a 400 milioni di euro.
  Il personale per l'emergenza potrà continuare a svolgere le proprie prestazioni anche dopo la data del 30 dicembre 2021. Le istituzioni scolastiche, sulla base delle disposizioni normative contenute nella legge di bilancio 2022, potranno procedere con la proroga dei contratti già stipulati.
  Ciò premesso, entrando nel dettaglio, corre l'obbligo precisare che il servizio prestato, come docente, nei centri di formazione professionale è valutabile nelle graduatorie di istituto a seguito dell'adozione del Decreto ministeriale 18 gennaio 2011, con il quale hanno trovato attuazione le linee guida per la definizione delle correlazioni fra le aree formative dell'ordinamento degli istituti di istruzione e formazione professionale e gli insegnamenti e le classi di concorso degli istituti professionali.
  Il mancato riconoscimento del servizio nel Decreto ministeriale 30 agosto 2017, n. 640 e nei precedenti decreti ministeriali di aggiornamento delle graduatorie di terza fascia è invece riconducibile all'assenza di un'analoga disciplina di raccordo nelle stesse linee guida tra le diverse categorie di personale amministrativo interessato.
  Né si può ritenere tale attività di collegamento facilmente ipotizzabile in presenza di regimi ordinamentali differenti quali sono quelli dei centri di formazione e delle istituzioni scolastiche.
  Non vi è alcuna disposizione che consenta di procedere all'equiparazione tra la modalità organizzativa delle scuole statali, paritarie e dei centri di formazione, soprattutto qualora i percorsi formativi siano effettuati da soggetti privati operanti in regime di convenzione.
  Da quanto rappresentato emerge, pertanto, che l'assimilazione effettuata è esclusivamente rivolta all'attività di insegnamento (ove peraltro collegabile alle vigenti classi di concorso) cui, ovviamente, non è attualmente riconducibile quella svolta dal personale A.T.A., i quali, ai sensi dell'articolo 44 del Ccnl comparto scuola, sono chiamati a svolgere «funzioni amministrative, contabili, gestionali, strumentali, operative, di accoglienza e di sorveglianza connesse all'attività delle istituzioni scolastiche, in rapporto di collaborazione con il dirigente scolastico e con il personale docente».
  In questo contesto non si ritiene, pertanto, possibile procedere ad un riconoscimento del servizio svolto nei centri di formazione professionale.
  

Il Ministro dell'istruzione: Patrizio Bianchi.


   COSTA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'Osservatorio conti pubblici italiani ha condotto un esperimento per valutare i tempi di risposta a una semplice richiesta di informazioni alle 106 prefetture italiane, contattandole per porre alcune domande su un tema di loro competenza; in particolare, le domande vertevano sui termini per presentare ricorso al prefetto contro una multa per violazione del codice della strada sulle modalità per inoltrare tale ricorso;

   per ottenere risposta, è stata seguita una procedura uguale per tutte le prefetture, ovvero una chiamata l'Ufficio relazioni con il pubblico (Urp) negli orari di apertura riportati nei siti internet dedicati; nel caso non fosse disponibile un recapito, è stato chiamato il centralino generico; gli Urp (o i centralini) di ciascuna prefettura sono stati chiamati per un massimo di tre volte;

   in base ai risultati, le prefetture possono essere suddivise in tre gruppi: il primo è composto da 42 prefetture (circa il 40 per cento del totale) con risposte del tutto insufficienti; per 37 di queste non è stato possibile ricevere risposta, mentre 5 prefetture hanno fornito risposte imprecise; rientrano in questa categoria le prefetture di tutte le prime sette provincie italiane come numero di abitanti (Roma, Milano, Napoli, Bologna, Genova e Palermo), tranne Torino. Queste 42 provincie coprono circa la metà della popolazione italiana;

   il secondo gruppo comprende le 19 prefetture, le cui provincie rappresentano quasi il 14 per cento della popolazione italiana, che hanno fornito informazioni di qualità intermedia. Le risposte avute da queste, per quanto imperfette, sono state ottenute al primo tentativo da 12 prefetture, mentre nei, restanti casi si sono rese necessarie due o tre telefonate;

   il terzo gruppo è formato dalle prefetture che hanno dato una risposta adeguata, anche se non tutte al primo tentativo. Si tratta di 45 prefetture le cui provincie rappresentano il 35 per cento della popolazione italiana. Tra queste, le migliori sono 29 prefetture (che coprono quasi il 23 per cento della popolazione) che hanno fornito informazioni esatte al primo tentativo. In 16 casi è stato invece necessario chiamare due o tre volte;

   sebbene sia anomalo il fatto che queste criticità debbano emergere dall'indagine di un Osservatorio e non da un'attenta analisi interna, dal momento che le prefetture rappresentano gli uffici territoriali del Governo, è essenziale a questo punto un intervento da parte del Ministero dell'interno –:

   quali iniziative intenda assumere al fine di affrontare le criticità relative ai tempi e ai modi di risposta delle prefetture alle richieste di informazioni dei cittadini.
(4-09101)

  Risposta. — Con riferimento a quanto evidenziato dall'interrogante con l'atto di sindacato in esame si rappresenta quanto segue.
  L'interrogazione prende spunto da un esperimento condotto dall'osservatorio conti pubblici italiani al fine di valutare i tempi di risposta degli uffici relazioni con il pubblico (URP) delle prefetture in merito a richieste dell'utenza sui ricorsi avverso sanzioni elevate per violazione del codice della strada.
  Secondo quanto emerso, il 40 per cento delle prefetture avrebbe fornito risposte insufficienti, il 14 per cento risposte «intermedie», mentre solo il 35 per cento avrebbe fornito risposte adeguate.
  Per quanto attiene alle concrete modalità di realizzazione dei sondaggio, bisogna preliminarmente precisare che occorre tener conto dell'impegno delle prefetture, connesso alla pandemia, in concomitanza al sondaggio, che è stato quello di garantire, oltre anche il rispetto sui territori delle misure anti-covid adottate dal Governo, e cioè in un periodo di particolare
stress organizzativo delle strutture, per di più aggravato dall'obbligo di ricorso allo «smart working» che ha ridotto le risorse umane disponibili ed ha richiesto una mobilitazione eccezionale per intensità e durata del personale in servizio.
  Nondimeno, pur con le cennate complicazioni, deve essere sottolineato che le prefetture hanno assolto ai propri compiti, corrispondendo alle richieste del pubblico, attraverso l'ottimizzazione e la pluralizzazione del canali di interlocuzione coi cittadini.
  Sono infatti stati utilizzati non solo gli appuntamenti telefonici, ma anche lo strumento della posta elettronica, che rappresenta ormai un canale informativo ordinario grazie agli appositi indirizzi
e-mail dedicati. In questo senso, è utile ricordare che da diversi anni a questa parte le pubbliche amministrazioni hanno ridotto il ricorso al mezzo telefonico per privilegiare modalità di accesso on line, tramite i siti istituzionali, al fine di permettere un'interattività in tempo reale, un reperimento immediato di dati e informazioni, un risparmio di tempo e di risorse economiche per i cittadini e le imprese. In tale direzione, per incrementare la fruibilità degli strumenti informatici, i siti istituzionali delle prefetture sono stati organizzati sulla base di un'architettura coordinata, offrendo ai cittadini multiple opzioni di ricerca di informazioni e di contatti. A mero titolo di esempio, se si apre l'home page di una qualsiasi Prefettura, l'utente trova immediatamente la sezione «Servizi ai cittadini», in cui, oltre al riferimento all'Urp, si può consultare la sottosezione «Come fare per», al cui interno sono disponibili le prime informazioni circa i procedimenti di competenza. Fra i diversi procedimenti ivi elencati compare la voce «Ricorsi», ove si possono reperire direttamente notizie relative al personale addetto, indirizzi mail e numeri telefonici diretti, oltre a indicazioni specifiche circa le modalità di presentazione dei ricorsi, le scadenze, modulistica e altro.
  Per completezza di informazione, si rappresenta che molte delle prefetture coinvolte nella
survey, in ossequio ad una strategia di miglioramento continuo del proprio rendimento complessivo, hanno preso spunto dall'esperimento in discorso per effettuare un'attenta analisi del loro operato.
  A titolo esemplificativo, la prefettura di Roma, non appena conosciuti i risultati dell'indagine, ha operato una verifica interna ed un approfondimento che ha partecipato anche al predetto osservatorio, al fine di migliorare i servizi offerti all'utenza. Nello specifico, pur in presenza di una riduzione del personale che ha visto dimezzata la composizione dell'Urp, è stata fornita risposta ad oltre 2.000 utenti al mese nel periodo gennaio-maggio 2021. Contemporaneamente, grande impulso è stato dato alla comunicazione telematica, tant'è che dal 17 marzo 2020 è stato creato un indirizzo di posta elettronica dell'ufficio che nel corso dell'intero 2020 ha gestito 1.716 istanze, con un
trend previsto in crescita per l'anno in corso. Va anche sottolineato che con l'insorgere dell'emergenza sanitaria, l'Urp ha continuato a ricevere gli utenti nelle giornate dedicate, attenendosi alle misure di contingentamento prescritte dagli organi sanitari.
  Similmente, anche la prefettura di Milano ha effettuato attente verifiche dalle quali è emerso che il servizio per la gestione dei flussi telefonici in entrata è stato garantito da personale in presenza per tutta la fase dell'emergenza sanitaria in atto. Risulta altresì che gli operatori hanno assicurato una risposta agli utenti, anche al di fuori degli orari ufficiali prefissati di attività, soprattutto nelle giornate di maggiore esigenza informativa allorché cioè sono entrate in vigore nuove disposizioni emergenziali. Oltre a ciò, la prefettura di Milano ha messo in campo iniziative per favorire l'accesso
on line della cittadinanza alle numerose informazioni presenti sul proprio sito istituzionale, anche in materia di ricorsi per violazioni al codice della strada e, ai contempo, ha avviato un progetto di revisione dell'Urp grazie al quale, in caso di linee occupate, l'utente verrà reindirizzato, attraverso una voce guida, ai servizi telematici offerti dal sito della prefettura.
  Ugualmente, la prefettura di Bologna ha posto in essere specifiche azioni volte a rendere più efficiente il flusso informativo, arricchendo il sito consultabile dall'utenza con apposite sezioni che consentono di indirizzare eventuali richieste telefoniche mediante la previsione di fasce orarie dedicate.
  Su un piano più generale, si assicura che, considerato quando rappresentato dall'interrogante, non si trascurerà di individuare ogni utile soluzione di tipo tecnico ed organizzativo in grado di garantire una capillare e proficua veicolazione delle informazioni con l'obiettivo di fornire adeguate risposte alle richieste di cittadini e imprese.
  

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ivan Scalfarotto.


   D'ATTIS, ELVIRA SAVINO, GIANNONE e LABRIOLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il Comune di Carmiano (LE), dopo lo scioglimento nel dicembre 2019 del consiglio comunale per fenomeni o timori di condizionamento e infiltrazioni di tipo mafioso, tornerà alle urne il 7 novembre 2021;

   con riferimento alle elezioni amministrative appena menzionate è stata depositata anche la lista denominata «RitorniAmo Insieme con Giancarlo Mazzotta» con candidato sindaco l'uscente dott. Giancarlo Mazzotta;

   a tal proposito, si rappresenta che il dott. Giancarlo Mazzotta è stato sindaco del Comune di Carmiano dal 30 marzo 2010 al 31 maggio 2015, per il suo primo mandato, e dal 1° giugno 2015 al 5 dicembre 2019, per il secondo mandato, interrotto a tale data in esito al decreto del Presidente della Repubblica poi pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 3 gennaio 2020 n. 2, con il quale il consiglio comunale è stato sciolto per l'applicazione della misura prevista dall'articolo 143 del decreto legislativo n. 267 del 2000;

   ad avviso dell'interrogante, trattasi, dunque, di due mandati consecutivi, ma non impeditivi di uno successivo ai sensi dell'articolo 51 del decreto legislativo n. 267 del 2000, in virtù dell'eccezione prevista al comma 3 della medesima disposizione;

   la circostanza che alla data del 5 dicembre 2019 il secondo mandato del dott. Mazzotta sia stato interrotto per lo scioglimento comunale per infiltrazioni mafiose, impedisce, ad avviso dell'interrogante, l'applicazione del divieto di cui all'articolo 51 del decreto legislativo n. 267 del 2000;

   in merito al caso appena descritto, il prefetto di Lecce, con un intervento del tutto non richiesto ed ad avviso dell'interrogante eufemisticamente improprio (l'istanza proposta aveva oggetto completamente differente e limitato), in piena campagna elettorale, ha specificato come il caso in esame rientrerebbe nella fattispecie di cui all'articolo 51, comma 2, del decreto legislativo n. 267 del 2000 e così integrerebbe una causa tipizzata di ineleggibilità originaria «preclusiva non già della candidabilità, ma della eleggibilità perché ostativa all'espletamento del terzo mandato»;

   per il prefetto di Lecce, dunque, a giudizio dell'interrogante elettosi senza alcuna specifica richiesta a giudice della legittimità, se il dott. Mazzotta dovesse essere eletto, nella prima seduta del consiglio comunale dovrebbe essere dichiarato ineleggibile ai sensi della normativa richiamata;

   a tale inaccettabile ingerenza sulla libertà di voto data dall'intervento prefettizio che penalizza ingiustificatamente e di fatto il candidato Mazzotta (come si evince anche dall'articolo del Nuovo Quotidiano di Puglia del 16 ottobre 2021 le dichiarazioni del Prefetto di Lecce vengono definite «verdetto» al pari di quello dei giudici), si aggiunge il dato, di segno opposto, che il Tribunale di Lecce, prima sezione civile, rigettando il ricorso proposto dal Ministero dell'interno, ha stabilito la piena candidabilità alla carica di sindaco del dott. Giancarlo Mazzotta –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non intenda avviare le opportune verifiche, per quanto di competenza, al fine di assicurare il regolare svolgimento delle consultazioni elettorali nel comune di Carmiano, verificando in particolare la correttezza del comportamento tenuto nella specie dal prefetto di Lecce e fornendo elementi sulle risultanze.
(4-10571)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato in esame, l'interrogante chiede chiarimenti in merito alle elezioni amministrative straordinarie per il rinnovo degli organi del comune di Carmiano tenutesi il 7 novembre 2021, con particolare riferimento alla posizione dei candidato a sindaco signor Giancarlo Mazzetta.
  Il comune di Carmiano, sciolto per infiltrazioni mafiose ai sensi dell'articolo 143 del Testo unico degli enti locali (Tuel), con decreto del Presidente della Repubblica del 5 dicembre 2019, ha effettuato la tornata elettorale straordinaria il 7 novembre 2021 al termine dei periodo individuato dalla vigente normativa per la gestione della Commissione prefettizia, nominata a seguito dello scioglimento.
  In vista delle elezioni la prefettura di Lecce, conformemente alle indicazioni fornite dal Ministero dell'interno, ha attivato la procedura ed i relativi adempimenti elettorali, ivi compresa l'attività della Sottocommissione elettorale competente per l'ammissione delle candidature delle liste presentate.
  Al riguardo, una delle due liste, pervenute ed ammesse alla fase conclusiva del procedimento in questione, aveva quale candidato a sindaco il signor Giancarlo Mazzetta, in carica al momento dello scioglimento ai sensi del 143 del Tuel. Si precisa che la predetta sottocommissione non ha constatato alcuna delle cause di incandidabilità (peraltro le uniche valutabili in quella sede) previste dalla vigente normativa.
  Successivamente in data 10 ottobre 2021, l'altro candidato alla carica di sindaco ha prodotto un esposto/ricorso al prefetto di Lecce nel quale rappresentava, tra l'altro, che il candidato avversario, secondo l'articolo 51 del Tuel, non avrebbe potuto svolgere il terzo mandato in caso di vittoria elettorale avendo già ricoperto per due mandati consecutivi la carica di sindaco.
  In seguito a tale richiesta il prefetto di Lecce, tenuto conto della complessità della materia e delle eventuali implicazioni sul regolare svolgimento delle consultazioni elettorali che interessavano il comune, ha ritenuto opportuno acquisire un apposito parere dall'avvocatura distrettuale dello Stato.
  L'avvocatura interpellata ha ritenuto che il caso sottoposto all'esame rientrasse nella fattispecie di cui all'articolo 51, comma 2, del Tuel che prevede una causa tipizzata di ineleggibilità originaria «preclusiva non già della candidabilità, ma appunto della eleggibilità perché ostativa all'espletamento del terzo mandato» (al riguardo vengono richiamate le pronunce Cassazione n. 3383/2008 e Cassazione 11895/2006). Il menzionato parere, dunque, da un lato conferma la legittimità dell'avvenuta ammissione della lista elettorale facente capo al candidato, da parte della sottocommissione elettorale deputata a valutare la ammissione delle candidature degli appartenenti alle liste, dall'altro afferma espressamente la ineleggibilità del candidato stesso.
  Inoltre si sottolinea che, secondo giurisprudenza costante, la
ratio della norma contenuta nell'articolo 51, secondo comma, del Tuel è quella «di favorire il ricambio ai vertici dell'amministrazione locale ed evitare la soggettivizzazione dell'uso del potere dell'amministratore locale in modo da spezzare il vincolo personale tra elettore ed eletto per sostituire alla personalità del comando l'impersonalità di esso ed evitare il clientelismo» (si veda al riguardo, tra le tante, Cassazione, n. 7949/2013, e n. 3383/2008).
  Il successivo comma 3 della norma pone un'eccezione, in quanto consente un terzo mandato consecutivo «se uno dei due mandati precedenti ha avuto durata inferiore a due anni, sei mesi e un giorno, per causa diversa dalle dimissioni volontarie».
  Il caso in esame non rientra in tale fattispecie atteso che al secondo mandato elettorale svolto dal menzionato ex sindaco è seguita solamente la gestione commissariale, senza che vi sia stata alcuna tornata elettorale intermedia, interruttiva della sequenza temporale di cui al citato articolo 51, comma 2, del Tuel. Pertanto, come confermato dall'avvocatura distrettuale di Lecce, sussiste la causa ostativa alla eleggibilità di cui al richiamato articolo 51 del decreto legislativo n. 267 del 2000.
  Circa l'intervento del prefetto, in relazione alla eleggibilità o meno del candidato, si evidenzia che il prefetto, peraltro interpellato dalle stesse forze politiche interessate alla consultazione elettorale, si è limitato a rendere noto il contenuto giuridico del parere reso dalla menzionata avvocatura distrettuale non potendosi allo stesso imputare qualsivoglia paventata ingerenza né alcun giudizio in merito.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ivan Scalfarotto.


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in merito al carcere di Augusta, continuano a pervenire segnalazioni in merito a episodi di malagestione della struttura da parte dei suoi vertici;

   è stato riportato che i detenuti hanno dato recentemente dato vita a una protesta, rifiutando i pasti e per tre volte al giorno hanno battuto le scodelle contro le celle per parecchi minuti;

   la protesta dei detenuti è avvenuta poche ore dopo la conclusione della manifestazione, davanti all'ingresso del carcere di Augusta, degli agenti di Polizia penitenziaria iscritti ai sindacati dell'Osapp, Sinappe, Uspp, Fns Cisl, Cnpp Fsa, Cgil Fp;

   da tempo, le sigle sindacali sono in contrasto con la direzione del penitenziario e si sono più volte rivolte al provveditore dell'amministrazione penitenziaria della Sicilia, Cinzia Calandrino, per chiedere un cambio al vertice della struttura;

   secondo i sindacati, le condizioni del carcere sono precarie. Ci sarebbe una grave carenza d'acqua mai risolta e il mancato adeguamento alla riforma prevista dal regolamento di esecuzione del 2000. Vi sarebbero ancora parecchie sezioni in cui le camere dei detenuti mancano della doccia interna, con conseguente notevole aumento di carico di lavoro. Per finire, mancherebbero servizi igienici in alcuni posti di servizio del personale di Polizia penitenziaria, come il block-house esterno e il reparto semilibertà;

   altro problema riportato è il sovraffollamento. Stando ai numeri forniti dai sindacati di Polizia penitenziaria, sono 450 i detenuti, una cifra che va oltre la capienza massima di circa 250;

   come se non bastasse, il personale in servizio è insufficiente, in quanto, in organico ci sono 190 agenti, troppo pochi per una popolazione carceraria numerosissima e infatti, da anni, i sindacati chiedono di aumentare la forza lavoro;

   nei giorni scorsi, si è anche scoperto che tre detenuti, reclusi in una sezione adesso isolata, hanno contratto il Covid-19;

   infine, in una nota unitaria del 4 settembre 2021, le sigle hanno riportato di una grave condotta antisindacale posta in essere dal comandante di reparto e dal direttore della struttura, i quali avrebbero dato ordine di non far accedere ai locali del bar gli agenti presenti alla manifestazione che necessitavano di acquistare delle bottiglie d'acqua, consentendo l'accesso solo in caso le delegazioni avessero accettato di partecipare alla riunione di contrattazione convocata dal direttore per la stessa data;

   quanto sopra segnalato è stato fatto presente anche al provveditore regionale ed è stato comunicato dai sindacati per opportuna conoscenza anche al Ministro e agli alti vertici del Ministero, in assenza di interventi risolutivi da parte degli organi preposti –:

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito alle criticità organizzative e gestionali presso la casa circondariale di Augusta e segnalate dalle sigle sindacali al Ministero con la nota unitaria del 4 settembre 2021.
(4-10154)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante riferisce di criticità organizzative e gestionali del carcere di Augusta, con particolare riguardo alla carenza degli organici del Corpo di polizia penitenziaria, al sovraffollamento, a deficit strutturali, nonché al ripristino delle corrette relazioni sindacali, sollevando quesiti sulle iniziative che si intendano perciò assumere.
  La riduzione complessiva degli organici operata dalla cosiddetta «legge Madia» e rivista dai successivi interventi normativi, da ultimo il decreto legislativo n. 172 del 2019, ha rimodulato la dotazione complessiva del Corpo della polizia penitenziaria, passata da 44.610 unità alle odierne 41.595.
  Ciò precisato, l'organico di Polizia penitenziaria del carcere di Augusta registra una differenza formale di 12 unità tra la dotazione organica prevista, pari a 251 unità e quella amministrata, pari a 239.
  Tuttavia, in ragione delle unità distaccate in entrata, pari a 3, ed in uscita, pari a 30, la forza in concreto presente è pari a 209 unità.
  L'analisi della situazione rileva una carenza maggiore nei ruoli dei sovrintendenti e degli ispettori.
  Per quanto riguarda il ruolo dei sovrintendenti, sono in via di conclusione le procedure per il concorso interno a complessivi n. 2.851 posti per la nomina alla qualifica di vice sovrintendente del ruolo maschile e femminile del Corpo di polizia penitenziaria, in ossequio a quanto disposto dal decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, in materia di revisione dei ruoli delle forze di polizia.
  Inoltre, con provvedimento del direttore generale 17 giugno 2021, è stato indetto il concorso interno, per titoli, a complessivi n. 583 posti (n. 515 uomini e n. 68 donne), relativi alle vacanze disponibili nel periodo compreso fra il 31 dicembre 2018 e 31 dicembre 2020, per la nomina alla qualifica di vice sovrintendente del ruolo maschile e femminile dei sovrintendenti del Corpo di polizia penitenziaria.
  Relativamente alla carenza nel ruolo degli ispettori, si evidenzia che la competente Direzione generale ha indetto un concorso interno, per titoli, a complessivi n. 691 posti (606 uomini e 85 donne), per l'accesso alla qualifica iniziale del ruolo degli ispettori del Corpo e che pertanto, all'esito della relativa procedura concorsuale, l'Amministrazione valuterà la situazione relativa alla carenza di personale che connota il penitenziario di Augusta, attraverso l'assegnazione di un adeguato numero di unità del ruolo.
  Si segnala, inoltre, che l'organico dell'istituto in argomento è stato incrementato di n. 17 unità maschili del ruolo agenti/assistenti, in occasione delle assegnazioni del 178° corso allievi agenti, avvenute nel mese di luglio 2021.
  Si fa presente, infine, che recentemente è stato avviato dallo stesso Provveditorato un servizio di missione di n. 9 unità di personale di Polizia penitenziaria al fine di offrire supporto alla direzione ed al comandante nell'azione di perseguimento dei fini istituzionali.
  Quanto sopra contribuirà ad alleviare le difficoltà conseguenti alle carenze di organico.
  Passando alle segnalate carenze strutturali, con particolare riferimento all'adeguamento delle camere di pernottamento, il locale Provveditorato ha evidenziato che, dall'analisi dei dati inerenti all'ultimo quinquennio, l'adeguamento al decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000 è sempre stata una delle linee d'azione prioritaria.
  In tale contesto, si inquadrano gli interventi di ristrutturazione eseguiti in vari istituti della regione, sulla base delle criticità manifestate e dei finanziamenti assicurati dalla competente Direzione generale del personale e delle risorse.
  In particolare, per quanto riguarda l'istituto penitenziario di Augusta, considerata l'estensione dell'istituto e la necessità di adeguare le camere di pernottamento, limitando al massimo il numero di camere indisponibili, si è intervenuto procedendo per lotti funzionali, sulla base delle risorse umane e dei fondi disponibili.
  Con tale modalità operativa, è stato possibile, sulla base dei finanziamenti ricevuti, ristrutturare e adeguare le sezioni 7a, 9a e 11a.
  Inoltre, nell'ambito della programmazione triennale prodotta dal locale Provveditorato, è stato inserito, con priorità urgente, l'adeguamento delle camere di pernottamento delle restanti sezioni che, tuttavia, non è stato previsto per l'annualità corrente dalla competente direzione generale.
  Pertanto, è intendimento del competente ufficio provveditoriale rinnovare la richiesta di finanziamento per l'annualità 2022.
  Considerato che tale complesso intervento di ristrutturazione richiede comunque una tempistica certamente non breve, nelle more, al fine di garantire un livello accettabile delle condizioni di salubrità al personale ristretto, è intendimento del locale Provveditorato procedere alla ristrutturazione delle docce comuni, con una spesa preventivabile di circa 60.000 euro, la cui copertura può avvenire con i fondi attualmente disponibili.
  Per quanto concerne la presunta carenza di acqua sanitaria, si rappresenta che tale criticità dipende dall'insufficiente approvvigionamento comunale, che non permette il pieno riempimento dei serbatoi esistenti al servizio dell'istituto di Augusta.
  Tali serbatoi, se fossero regolarmente riempiti in tutta la loro capacità, sarebbero senz'altro sufficienti alle esigenze della struttura.
  Tale problematica, pertanto, non è riconducibile a carenze strutturali dell'istituto.
  Per ciò che concerne, infine, la mancanza dei servizi igienici all'interno di alcuni posti di servizio, si rappresenta che si è appreso dal comandante di reparto che il personale, allo stato, fruisce di servizi igienici attigui facilmente raggiungibili.
  L'Ufficio tecnico del locale Provveditorato, nondimeno, al fine di agevolare l'attività di servizio del personale impiegato nei posti di servizio che presentano tale carenza, valuterà la possibilità di installare opportuni sistemi di videosorveglianza con comandi riportati da remoto presso postazioni sempre presidiate, al fine di ovviare alla necessità di richiedere personale che sostituisca temporaneamente colui che deve usufruire dei servizi igienici.
  Ciò riferito, trattando della tematica del sovraffollamento, alla data del 4 ottobre 2021, presso la casa di reclusione di Augusta risultavano presenti un totale di n. 434 detenuti, di cui n. 394 effettivamente in istituto, rispetto ad una capienza regolamentare pari a complessivi n. 357 posti, di cui n. 23, allo stato, non disponibili a vario titolo, rilevandosi una percentuale di affollamento pari al 129,94 per cento.
  Con riferimento alle riferite criticità gestionali e sindacali, risultano pervenute al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, nel tempo, diverse note da parte di alcune organizzazioni sindacali.
  Ciò ha portato ad un attento e costante monitoraggio da parte del locale Provveditorato regionale della Sicilia, che ha posto in essere una serie di interventi e interlocuzioni con le parti interessate per un miglioramento del clima e del benessere organizzativo e relazionale presso la struttura, con prima convocazione di una riunione sindacale in videoconferenza già in data 18 gennaio 2021, cui ne sono succedute altre, nel corso delle quali il Provveditore ha invitato il direttore a seguire una serie di indicazioni finalizzate a una sinergica azione di razionalizzazione della gestione dell'istituto, volta a una migliore e più funzionale comunicazione con il personale per il perseguimento del benessere organizzativo in sede.
  Al riguardo, la Direzione di Augusta ha assicurato l'esatta e integrale ottemperanza a tutte le indicazioni impartite dal locale Provveditorato, riferendo dettagliatamente sui singoli punti di criticità emersi all'esito degli accertamenti amministrativi, in un'ottica costruttiva e collaborativa. I lavori si sono conclusi con il rinvio al tavolo locale e con l'intento di instaurare nuove relazioni sindacali.

La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in data odierna, il presidente di Federcepicostruzioni Antonio Lombardi ha diramato una nota stampa dalla quale emerge un quadro estremamente allarmante sullo stato di attuazione degli interventi per l'edilizia giudiziaria programmati per le annualità 2017-2032;

   da un monitoraggio recentemente condotto dall'Ufficio di Gabinetto del Ministero della giustizia, relativamente all'impiego delle risorse del Fondo per il finanziamento degli interventi e lo sviluppo infrastrutturale del Paese, capitolo edilizia giudiziaria, di cui alle leggi di bilancio per le annualità 2017, 2018, 2019 e 2020, emerge che su un totale di euro 768.904.660 sono stati materialmente pagati appena 3.000 euro, ed impegnati poco meno di 824 mila euro;

   il monitoraggio, inoltre, evidenzia gravissimi ritardi finanche sui primi programmati per le annualità 2017-2019;

   il dato più sconcertante, rileva il presidente Lombardi, è che 80 milioni di euro degli investimenti preventivati e finanziati con la legge di bilancio per il 2017 avrebbero dovuto completarsi entro la fine del 2023;

   in un contesto in cui è sempre più fondamentale rispondere alle esigenze di rilancio del tessuto economico mediante rapidi e massicci interventi pubblici, come quelli individuati nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), appare ampiamente ingiustificabile il ritardo del Governo, «atavico» stando al numero di annualità di bilancio inattuate indicate da Federcepicostruzioni;

   mentre vengono smantellati gli impianti del processo penale e del processo civile, mentre i magistrati onorari restano senza alcuna prospettiva di stabilizzazione, mentre sulla giustizia italiana si abbatte la scure dell'ufficio del processo, il Ministro non trova tempi e modi per impegnare e liquidare oltre 768 milioni di euro di lavori necessari per rendere più vivibili, efficienti e funzionali i tribunali italiani, a tutto vantaggio degli italiani che chiedono una giustizia a misura d'uomo –:

   quali siano le ragioni dei ritardi indicati in premessa e quali siano le intenzioni del Governo per accelerare il cronoprogramma degli interventi di edilizia giudiziaria, anche recuperando i ritardi accumulati.
(4-10217)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante – dopo avere premesso che: «... il Presidente di Federcepicostruzioni Antonio Lombardi ha diramato una nota stampa dalla quale emerge un quadro estremamente allarmante sullo stato di attuazione degli interventi per l'edilizia giudiziaria programmati per le annualità 2017 –2032; ...il dato più sconcertante, rileva il Presidente Lombardi, è che 80 milioni di euro degli investimenti preventivati e finanziati con la legge di bilancio per il 2017 avrebbero dovuto completarsi entro la fine del 2023...» – domanda alla Ministra della Giustizia «...quali siano le ragioni dei ritardi...e quali siano le intenzioni del Governo per accelerare il cronoprogramma degli interventi di edilizia giudiziaria, anche recuperando i ritardi accumulati..».
  A partire dal 1° settembre 2015 (ossia da quando la competenza in materia di gestione degli edifici giudiziari è stata assegnata al Ministero della giustizia) la direzione generale delle risorse materiali e delle tecnologie del dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi di questo Dicastero ha individuato nei provveditorati per le opere pubbliche le entità operative cui affidare l'espletamento delle procedure di evidenza pubblica per l'esecuzione dei lavori di cui necessitavano gli uffici giudiziari.
  Peraltro, in ragione della dilatazione dei tempi – che si ritiene possa collegarsi in particolare al fatto che le risorse umane dei provveditorati per le opere pubbliche sono numericamente limitate –, dal mese di aprile dell'anno 2021 la direzione generale delle risorse materiali e delle tecnologie del dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi di questo Dicastero ha sperimentato un modulo procedimentale alternativo a quello basato esclusivamente sulla delega ai provveditorati per le opere pubbliche. In particolare si è fatto leva sull'articolo 12 comma secondo lettera
d) del decreto-legge del 6 luglio 2011 n. 98, convertito con modificazioni dalla legge del 15 luglio 2011 n. 111, a mente del quale gli interventi in materia di sicurezza e salubrità dei luoghi di lavoro sono «...curati direttamente dalle Amministrazioni utilizzatrici degli immobili, anche se di proprietà di terzi...». Sulla base di questa disposizione, la succitata direzione generale ha deciso di svolgere autonomamente le attività necessarie per concludere i contratti di appalto, con riferimento al servizio di progettazione, all'attività professionale di direzione dei lavori e di coordinamento della sicurezza e all'affidamento dell'appalto dei lavori pubblici necessari per far sì che gli edifici giudiziari siano conformi alle prescrizioni del decreto legislativo n. 81 del 2008 in materia di sicurezza e salubrità dei luoghi di lavoro. Di conseguenza, sono stati in questo modo avviati 23 interventi di edilizia giudiziaria gestiti interamente in sede centrale e 40 gestiti dai singoli uffici interessati. Per questi ultimi, l'incarico di RUP è stato affidato ad un dipendente amministrativo dell'ufficio territoriale, al quale è stato affiancato come direttore dell'esecuzione del contratto (DEC) uno dei funzionari tecnici della direzione generale delle risorse materiali e delle tecnologie del dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi di questo Dicastero con compiti di supporto sul piano tecnico (ai sensi dell'articolo 1 comma nono del Codice appalti) delle attività del RUP, di espressione del parere di verifica preventiva della progettazione (articolo 26 del Codice appalti) e di formulazione al RUP del parere sulla verifica di conformità (articolo 102 del Codice appalti).
  Un altro settore di intervento in cui è impegnata la direzione generale delle risorse materiali e delle tecnologie del dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi di questo Dicastero riguarda gli impianti di riscaldamento e raffrescamento. A partire dal mese di settembre dell'anno 2021 sono state emesse 33 determine (17 per la Sicilia, 10 per la Calabria e 6 per la Puglia) con cui il tribunale o la corte di appello aventi sede rispettivamente nel capoluogo di circondario o di distretto sono stati invitati ad affidare ad un professionista l'incarico di: analizzare lo stato di funzionamento degli impianti di riscaldamento e raffrescamento; redigere l'attestato di prestazione energetica; individuare gli interventi provvisori per far sì che l'impianto funzionasse adeguatamente; redigere un programma di manutenzione specifico per gli impianti termotecnici esistenti; individuare i lavori necessari per risolvere definitivamente il problema del funzionamento degli impianti di condizionamento e raffrescamento. L'obiettivo della menzionata direzione generale è quello di emettere identiche determine per tutti gli altri circondari e distretti mancanti e, soprattutto, di procedere all'affidamento dei lavori necessari per risolvere definitivamente il problema degli impianti di riscaldamento e/o di raffrescamento inadeguati (perché vetusti o insufficienti).
  È stato altresì predisposto un modello di determina per l'affidamento dell'incarico professionale per la progettazione esecutiva degli interventi finalizzati all'attuazione ~ del progetto di prevenzione incendi approvato dai Vigili del fuoco. Sono in procinto di essere avviati i primi 4 interventi in altrettanti tribunali. Successivamente verranno emesse le determine in modo «massivo», ossia per tutti gli uffici giudiziari della penisola.
  È poi in fase avanzata di progettazione la costruzione su di un terreno demaniale di un capannone, alto 11 metri e con una superficie di circa 5.000 metri quadri da adibire ad archivio. Una volta realizzato, tale capannone sarà in grado di ospitare 200 chilometri di documentazione.
  La direzione generale delle risorse materiali e delle tecnologie del dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi di questo Dicastero ha pertanto elaborato e ampiamente sperimentato un modello procedimentale che consente di eseguire autonomamente la maggior parte dei lavori pubblici necessari per garantire negli uffici giudiziari la sicurezza e la salubrità dei luoghi di lavoro. L'intervento del provveditorato per le opere pubbliche sarà richiesto solo per lavori che (per dimensioni, difficoltà, innovatività eccetera) siano tali da imporre la necessità di questo organo specializzato del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. Il modulo elaborato dalla ricordata direzione generale si articola sui seguenti principi:

   capillarità delle stazioni appaltanti, a norma dell'allegato III al Codice appalti, ogni ufficio giudiziario (escluso l'ufficio del giudice di pace) è un committente, ossia una stazione appaltante. L'idea, quindi, è stata quella di servirsi non solo della diffusione sull'intero territorio nazionale degli uffici giudiziari, ma anche dell'interesse che ciascun ufficio giudiziario nutre di assicurare salubri e sicure condizioni di lavoro ai propri dipendenti e ai propri utenti;

   analiticità dei provvedimenti autorizzativi, in particolare la determina con cui si dà avvio al procedimento di evidenza pubblica è estremamente dettagliata, in modo da indicare al RUP tutte le fasi delle attività di sua competenza e il procedimento aritmetico seguito per calcolare l'importo da mettere a base d'asta (quando si tratta di affidare l'incarico di progettazione);

   standardizzazione degli atti di competenza del RUP e del DEC, ossia di entrambe le figure che fanno capo all'ufficio giudiziario, sono stati messi a disposizione on line i modelli di tutti gli atti che vanno posti in essere dalle predette figure professionali;

   massima esternalizzazione, a causa della carenza di personale (tecnico e amministrativo) sono stati individuati i ruoli suscettibili di essere esternalizzati. In quest'ottica è stato previsto che l'ufficio giudiziario che funge da stazione appaltante possa avvalersi di professionisti esterni non solo per la progettazione ma anche per la direzione dei lavori. È appena il caso di evidenziare, tuttavia, che la politica di esternalizzazione riduce ma non elimina il problema della carenza di organico. Invero vi sono attività tecniche che devono essere necessariamente svolte da dipendenti dell'Amministrazione, tecnici o amministrativi. A titolo meramente esemplificativo, vanno segnalate le seguenti attività: programmazione; RUP; DEC; verifica della situazione degli edifici e individuazione dei lavori da svolgere; ordini di accreditamento; ordini di pagamento; elaborazione di dati statistici e relazioni periodiche; monitoraggio sullo stato di attuazione degli interventi edilizi delegati ad altre pubbliche amministrazioni (provveditorati per le opere pubbliche, demanio eccetera);

   semplificazione, per incrementare la «capacità produttiva» della citata direzione generale, ossia il numero delle determine (atto indispensabile per avviare il procedimento di acquisizione della progettazione o di affidamento dell'appalto di lavori pubblici), è stato ritenuto sufficiente il solo quadro economico, prescindendo dallo studio di fattibilità;

   celerità di risposta alle richieste di intervento da parte dell'ufficio giudiziario, in considerazione della più volte ricordata carenza di personale, di recente sono state emesse 3 determine con cui altrettanti uffici giudiziari sono stati incaricati di reperire un professionista cui affidare l'incarico di redigere in tempi brevissimi (5 giorni dalla richiesta) un documento nel quale indicare l'intervento che di volta in volta si rendeva necessario e l'approssimativo costo dello stesso; se questo esperimento avrà successo, verranno autorizzati tutti i tribunali e le corti di appello sull'intero territorio nazionale a munirsi di un analogo servizio, con esclusione delle corti di appello nella cui sede operi un funzionario tecnico della direzione generale delle risorse materiali e delle tecnologie del dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi di questo Dicastero;

   incentivazione del personale (tecnico e amministrativo) dipendente, la menzionata direzione generale ha fornito un fattivo contributo volto a far sì che fosse conclusa la fase di predisposizione del Regolamento Incentivi a favore dei dipendenti previsto dall'articolo 113 del decreto legislativo n. 50 del 2016; il regolamento (approvato con il decreto ministeriale del 4 agosto 2021 n. 124) è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 16 settembre 2021 ed è entrato in vigore l'1o ottobre 2021.

  In quest'ottica deve essere altresì rimarcato che, con riferimento ai 48 interventi edilizi inclusi nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, il decreto-legge n. 77 del 2021, convertito dalla legge n. 108 del 2021, contiene alcune norme certamente idonee a contrarre i tempi di esecuzione dei lavori. Ed invero l'articolo 48 comma quinto prevede l'appalto integrato sulla base del semplice progetto di fattibilità tecnica ed economica, senza necessità cioè di fare redigere il progetto definitivo. A ciò si aggiunga il fatto che i soggetti attuatori cui questo Dicastero ha affidato il compito di realizzare gli interventi (ossia i provveditorati per le opere pubbliche, il demanio e il comune di Venezia) sono ovviamente ben consapevoli della necessità di profondere ogni sforzo per rispettare la rigorosa tempistica prevista dal PNRR (31 marzo 2026 per la ultimazione e il collaudo). Disposizioni simili sono contenute anche nell'articolo 9 del decreto-legge n. 121 del 2021, convertito dalla legge n. 156 del 2021, relativo al Parco della giustizia di Bari.
  Analoga disciplina normativa, finalizzata ad agevolare l'esecuzione di tutte le opere di edilizia giudiziaria (non inserite nel PNRR), sono contenute nell'articolo 6 del decreto-legge n. 152 del 2021 che: consente di affidare l'appalto integrato sulla base del progetto di fattibilità tecnica ed economica; attribuisce alla Conferenza dei servizi la potestà decisoria secondo le modalità stabilite dall'articolo 14-
bis della legge n. 241 del 1990; prevede che la variante urbanistica comporti l'assoggettamento dell'area a vincolo destinato all'esproprio.
La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.


   FANTINATI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   l'Italia ha nel tempo finanziato, nell'ambito della cooperazione internazionale, attività di assistenza umanitaria nei campi profughi saharawi;

   il Commissario Lenarčič ha dichiarato che l'Unione europea fornisce 9 milioni di euro all'anno in aiuti umanitari ai campi saharawi a Tindouf, in Algeria;

   il Fronte Polisario, l'autorità che rappresenta il popolo saharawi a livello internazionale, gestisce o fruisce di diversi fondi frutto della cooperazione internazionale e ha la responsabilità in merito alla gestione dei summenzionati campi profughi;

   ci sono state accuse di frodi nella gestione degli aiuti internazionali, e la situazione umanitaria nei campi profughi saharawi potrebbe facilitare le infiltrazioni di gruppi jihadisti attivi nell'area;

   il giornale web «ex Partibus» ha dato notizia il 3 luglio 2020 che la Commissione per lo sviluppo del Parlamento Europeo ha affrontato ufficialmente il 2 luglio, il caso della sottrazione degli aiuti umanitari destinati alle popolazioni nei campi di Tindouf, nel territorio algerino in un'audizione del Commissario Lenarčič tenutasi al Parlamento europeo a Bruxelles;

   il 7 luglio 2020, il giornale web «Notizie geopolitiche» informa che il gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulla detenzione arbitraria, GTDA/ONU, ha pubblicato la sua posizione sulla denuncia di un oppositore della leadership polisaria, El Fadel Breica;

   il 23 luglio, il «North Africa Post» rende noto che 295 Ong attive nel campo dei diritti umani hanno inviato una lettera al Commissario Onu per i diritti umani Micheile Bachelet denunciando le condizioni nei campi saharawi;

   nel gennaio 2015, Agence France Presse/Le Monde ha ottenuto un rapporto pubblicato dall'Ufficio antifrode dell'Unione (Olaf) che ha rivelato l'appropriazione indebita «ben organizzata, lunga anni» da parte del Fronte Polisario degli aiuti umanitari designato per i profughi saharawi;

   in data 29 dicembre 2020, l'allora Vice Ministra Emanuela C. Del Re ha deliberato la concessione di un contributo di emergenza del valore di 500.000 euro al Programma alimentare mondiale (Pam) e un ulteriore contributo di 500.000 euro al Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia (Unicef) per attività nei campi rifugiati Saharawi in Algeria –:

   se il Ministro interrogato preveda di adottare iniziative per finanziare anche nel 2021 organizzazioni internazionali attive nei campi rifugiati saharawi e se sia a conoscenza dei meccanismi di monitoraggio posti in essere dalle organizzazioni internazionali che ricevono i finanziamenti per evitare una diversione dei fondi in favore di enti diversi da quelli finanziati.
(4-10249)

  Risposta. — L'Italia segue da vicino la questione del Sahara Occidentale e presta particolare attenzione alla condizione del popolo saharawi nei campi rifugiati di Laayoune e Aswerd presso Tindouf, in Algeria. Siamo ben consapevoli delle criticità che affrontano quotidianamente i rifugiati saharawi, in un'area con un clima estremamente inospitale, dove è elevato il rischio di insicurezza alimentare e l'accesso ai servizi di base resta ancora limitato. Con tale consapevolezza, sosteniamo da anni le organizzazioni internazionali che operano a loro favore attraverso l'erogazione di circa 1 milione di euro all'anno per progetti di Unicef e Programma alimentare mondiale (Pam). Per il 2021, è stato autorizzato un contributo di 500.000 euro a favore del Pam ed approvato un contributo del medesimo ammontare per un'iniziativa di Unicef incentrata sull'istruzione e l'assistenza sanitaria di qualità a favore dei minori saharawi.
  Tale sostegno finanziario si pone in linea di continuità con quanto stanziato nel 2019 e nel 2020, principalmente a favore di attività dedicate ai settori della sicurezza alimentare, dell'istruzione e della salute. In particolare, le attività del Pam nel 2019 e 2020 si sono focalizzate sulla sicurezza alimentare, inclusa la distribuzione mensile di razioni di cibo ai rifugiati, la fornitura di merende nelle scuole e negli asili, la messa a disposizione di cibo nutriente per donne e ragazze in gravidanza e il miglioramento delle capacità in attività come la piscicoltura e l'idroponica. I programmi di Unicef sostenuti dall'Italia sono stati invece dedicati al settore dell'istruzione e della salute, tra cui il potenziamento della didattica a distanza, la fornitura di materiale didattico a tutti i bambini in età scolare, il miglioramento della copertura vaccinale dei bambini e l'organizzazione di sessioni di formazione per il personale sanitario e parasanitario impegnato nella cura dei bambini.
  Per l'attuazione delle proprie iniziative, entrambe le agenzie Onu si avvalgono di
partner esecutori, tra cui le organizzazioni della società civile (Osc) presenti sul terreno. Con riferimento alle attività di monitoraggio, per quel che riguarda Unicef le visite ai progetti di riabilitazione o ricostruzione sono effettuate insieme al personale delle organizzazioni della società civile internazionali e locali, in modo da verificare il rispetto delle linee guida. Oltre al monitoraggio condotto dal personale di Unicef a Tindouf, rappresentanti di Unicef dell'Ufficio centrale di Algeri svolgono missioni di supporto e monitoraggio nei campi profughi. A livello finanziario, le spese sostenute da Unicef vengono regolarmente riportate sul cosiddetto «Unicef Donor Portal».
  Il monitoraggio delle attività del Pam viene condotto direttamente dal personale dell'organizzazione. I beneficiari del programma vengono coinvolti e consultati durante tutto il processo di distribuzione per uno scambio di informazioni sull'efficacia dell'iniziativa e sui risultati conseguiti, anche al fine di far emergere e superare eventuali criticità. Durante la fase più acuta della pandemia, che ha portato inevitabilmente alla chiusura degli accessi ai campi tra marzo e agosto 2020, le attività di monitoraggio sono proseguite a distanza, attraverso
partner locali presenti negli accampamenti. Le spese sostenute dal Pam vengono pubblicate dall'organismo sul «WFP Annual Report» e sul «Financial Overview» relativi all'Algeria.
  

La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Marina Sereni.


   FERRO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   quello di Catanzaro è un istituto penitenziario al collasso, in merito al quale si parla di una situazione «fuori controllo»;

   come denunciato dai sindacati del comparto Sicurezza, infatti, «Pervengono numerose e pregnanti lagnanze dal personale in servizio presso codesto Istituto inerenti l'anomala modalità del servizio che vedrebbe il personale, in quasi tutti i reparti, lasciati da soli a coprire più sezioni. La cosa preoccupante è che tale inquietante anormalità avverrebbe sia nei turni antimeridiani, nei pomeridiani ed in quelli serali. Pare che la singolarità sia dovuta ad una serie di contingenze, tra cui un numero elevato di piantonamenti in alcuni periodi (n. 4) e l'elevato numero di assenti giustificati»;

   in particolare, le poche unità di personale in servizio «oltre ad occuparsi delle incombenze dei propri uffici vengono quotidianamente impiegate per i cambi pasto in tutti i posti di servizio, spesso utilizzate estemporaneamente nei reparti per le assenze giustificate e altresì anche impiegate durante tutto l'anno, anche, presso il settore NTP, che in tale periodo è risultato spesso non “raggiungibile” quando contattato per fornire supporto nell'istituto»;

   ulteriore preoccupazione è determinata dal fatto, come riferito nella recentissima nota sindacale, che in alcuni reparti non sono presenti spesso i coordinatori e i detenuti, forse, anche per tale ragione sono molto più «intraprendenti»; così come viene lamentata l'assenza prolungata di una figura fondamentale come quella dello psichiatra, senza che l'Asp abbia provveduto alla sua sostituzione, tanto che vi sarebbero alcuni detenuti con la misura della sorveglianza a vista da quasi due mesi legati a tale assenza –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali immediate iniziative di competenza intenda assumere per sanare la preoccupante situazione in cui versa il penitenziario di Catanzaro, con particolare riguardo alle condizioni di lavoro del personale in servizio.
(4-10123)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante, riferito di rilevanti problematiche esistenti presso il carcere di Catanzaro, evidenziando criticità derivanti dalla carenza dell'organico della polizia penitenziaria nonché di altre figure quali lo psichiatra, solleva quesiti sulle iniziative che si intendano perciò assumere, soprattutto in termini di aumento degli organici.
  Nell'istituto penitenziario di Catanzaro sono ristretti, mediamente, circa 700 detenuti appartenenti anche a diversi circuiti di pericolosità (AS1 e AS3) e sono presenti il Sai (Servizio assistenza intensificata), l'Articolazione per la tutela della salute mentale ed il locale Nucleo traduzioni e piantonamenti gravato di considerevole carico di lavoro.
  Nonostante le criticità, il lavoro della Direzione e dell'Ufficio servizi dell'istituto consente di coprire tutti i turni di servizio, non soltanto quelli mattinali, che risentono della presenza dei vari uffici, ma anche quelli pomeridiani e notturni; pertanto, il cosiddetto «modello 14» relativo al servizio giornaliero viene predisposto in maniera corretta con tutti i posti di servizio coperti.
  A tal proposito, si evidenzia che, sulla base di quanto previsto da un ordine di servizio emanato dalla Direzione proprio per contemperare la salvaguardia dei livelli di sicurezza con quelli relativi alla ordinaria gestione, è stata prevista una cosiddetta «scaletta» ove attingere personale in caso di necessità.
  Va da sé che, nonostante tali accorgimenti, la comunicazione di stati di malattia improvvisa e non programmabile da parte del personale di polizia penitenziaria ivi in servizio, comporta delle modifiche al servizio predisposto, lasciando poco spazio a una programmazione corretta, seppur sempre volta alla garanzia di adeguati livelli di sicurezza.
  Ovviamente, per non paralizzare l'azione amministrativa interna alla struttura, la riduzione/soppressione dei vari uffici segue una rotazione, affinché non venga depauperato sempre e solo un particolare ufficio.
  Qualora vi siano esigenze particolari (ad esempio, scadenze prossime etc.), si evita di distogliere unità da quella articolazione.
  L'accorpamento delle sezioni, pertanto, assume carattere residuale, per fare fronte a situazioni di carattere eccezionale non preventivabili aprioristicamente.
  Circa la riferita assenza dei coordinatori di reparto, c'è da rilevare che in tutti i reparti sono stati assegnati più appartenenti al ruolo dei sottufficiali proprio per rendere la gestione degli stessi più agevole possibile; nel caso di assenza contemporanea, la Direzione ha sempre fatto il possibile per inserire altra unità del ruolo sottufficiali onde adempiere alle varie incombenze e consentire alla popolazione detenuta di avere sempre una figura qualificata come interlocutore.
  Relativamente, invece, alla mancanza dello specialista in psichiatria, l'esigenza è stata rappresentata dalla Direzione dell'istituto e dallo stesso Provveditorato locale all'Ufficio del Commissario
ad acta per l'attuazione del Piano di rientro dai disavanzi del servizio sanitario della regione Calabria, nonché ai vertici dell'azienda sanitaria provinciale di Catanzaro.
  Ciò premesso, ed indubbio il forte carico di impegno richiesto al personale presente, si riferisce che l'organico di polizia penitenziaria del carcere di Catanzaro, effettivamente presenta una corposa differenza formale di 114 unità tra la dotazione prevista, pari a 470 unità e quella formalmente amministrata, pari ad 384.
  Tuttavia, in ragione delle unità distaccate in entrata, pari a 2, ed in uscita, pari a 30, la forza in concreto presente è pari a 356 unità.
  L'analisi della situazione dell'organico dell'istituto penitenziario in oggetto rileva che la carenza maggiore si riferisce al ruolo degli agenti/assistenti (-55), dei sovrintendenti (-21) e degli ispettori (-9).

  Per quanto riguarda il ruolo dei sovrintendenti, sono in via di conclusione le procedure per il concorso interno a complessivi n. 2851 posti; inoltre, con provvedimento del direttore generale 17 giugno 2021, è stato indetto ulteriore concorso interno, per titoli, a complessivi n. 583 posti, relativi alle vacanze disponibili nel periodo compreso fra il 31 dicembre 2018 e 31 dicembre 2020, per la nomina alla qualifica di vice sovrintendente.
  Al riguardo, l'Amministrazione ha previsto, indicativamente, l'assegnazione presso la casa circondariale di Catanzaro, di n. 1 unità del ruolo sovrintendente maschile.
  Relativamente alla carenza nel ruolo degli ispettori, si segnala che la competente Direzione generale ha indetto un concorso interno, per titoli, a complessivi n. 691 posti e che pertanto, all'esito della relativa procedura concorsuale, l'Amministrazione valuterà la situazione relativa al penitenziario di Catanzaro, attraverso l'assegnazione di un adeguato numero di unità del ruolo.
  Si comunica, infine che, per quanto riguarda il ruolo agenti/assistenti, l'organico della casa circondariale di Catanzaro è stato incrementato di n. 10 unità maschili e n. 1 unità femminile in occasione delle assegnazioni del 178° Corso, avvenute nel mese di luglio 2021.
  Quanto sopra contribuirà ad alleviare le difficoltà inerenti le carenze di organico evidenziate.

La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.


   FERRO. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   dopo quasi due anni di didattica a distanza, protocolli per il contenimento dei contagi da Covid-19 e continue incertezze sul futuro per famiglie, studenti e docenti, la scuola si prepara a ripartire in presenza e sicurezza;

   la prima campanella è già suonata nelle scuole del Friuli, a cui seguiranno le altre regioni, tra le quali Calabria e Puglia saranno le ultime ad aprire le porte agli studenti;

   purtroppo, però, l'inizio del nuovo anno scolastico è un percorso a ostacoli e non tutte le operazioni necessarie per il corretto avvio dell'anno sono andate per il verso giusto;

   in particolare, proprio in Calabria le premesse non sono certo delle migliori e la scuola è già nel caos per l'annunciata sospensione di tutte le nomine e degli incarichi annuali dei docenti;

   come si apprende da fonti di stampa, infatti, gli uffici scolastici provinciali hanno rinviato la presa di servizio degli assunti per effettuare alcune, non meglio precisate, verifiche;

   a renderlo noto anche gli Atp, tra cui quello vibonese, che ha inviato una nota ai dirigenti scolastici con la quale rinvia la presa di servizio dei docenti di qualche giorno, dal 4 al 7 settembre 2021, per «effettuare le dovute verifiche sugli incarichi a tempo determinato assegnati per l'anno scolastico 2021-2022»;

   con nota del 9 settembre 2021 l'ufficio scolastico regionale ha comunicato che «gli esiti della nuova elaborazione, a seguito dei controlli in essere, saranno pubblicati entro venerdì 10 settembre 2021» –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere a riguardo, al fine di garantire il corretto inizio dell'anno scolastico anche in Calabria.
(4-10193)

  Risposta. — l'ufficio scolastico regionale per la Calabria, con nota del settembre 2021 ha, preliminarmente, chiarito che le operazioni di avvio dell'anno scolastico nella regione Calabria risultano, a oggi, correttamente espletate. Al riguardo il medesimo USR ha, inoltre, evidenziato che l'avvio delle attività didattiche, previsto per il 20 settembre 2021, non ha registrato problematiche di rilievo.
  In relazione ai ritardi di cui si discute nell'atto di sindacato ispettivo in esame l'USR precisa che le operazioni per l'individuazione dei soggetti destinatari delle proposte di contratto a tempo determinato per l'anno scolastico 2021/2022 sono avvenute, come per tutte le altre regioni, a mezzo dell'elaborazione dei dati a cura del sistema informatico.
  Tuttavia, a seguito della pubblicazione dei suddetti dati sono pervenute all'amministrazione alcune segnalazioni da parte degli aspiranti, in relazione a possibili problematiche del sistema.
  Di conseguenza, l'USR ha avviato immediatamente tutte le verifiche preventive del caso, al fine di scongiurare l'eventualità di apportare delle rettifiche successivamente all'avvio delle attività didattiche con inevitabili ripercussioni su una più ampia platea di soggetti coinvolti.
  Per tale motivo, l'USR ha invitato i destinatari delle proposte di contratto a tempo determinato a non assumere immediatamente servizio presso le Istituzioni scolastiche individuate, per farlo solo all'esito dei controlli.
  Inoltre, lo stesso USR ha precisato che su tutto il territorio regionale, la durata dei controlli delle eventuali rettifiche, delle pubblicazioni definitive e delle conseguenti prese di servizio da parte degli interessati è stata circoscritta ad un arco temporale molto breve in modo da consentire, con largo anticipo rispetto all'avvio delle attività didattiche, la chiusura delle operazioni, che infatti è avvenuta in data 13 settembre 2021.
  È, quindi, importante considerare che il ritardo registrato è stato motivato dall'obbligo per l'USR di verificare, a fronte di alcune segnalazioni, tutte le operazioni già poste in essere.
  Ciò è stato necessario per garantire la correttezza dell'agire amministrativo e perseguire l'interesse pubblico.
  Non va dimenticato, del resto, quanto specificato dall'USR, ossia, che la tempistica indicata ha consentito anche alle istituzioni scolastiche la corretta conclusione delle operazioni di presa di servizio degli aspiranti in tempo utile per l'avvio delle attività didattiche.

Il Ministro dell'istruzione: Patrizio Bianchi.


   FRATOIANNI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   da articoli pubblicati sul sito «retekurdistan.it» si apprende che, nell'ambito della campagna internazionale «Difendiamo il Kurdistan contro l'occupazione turca», una delegazione composta da oltre 150 persone, tra cui giornalisti, sindacalisti, attivisti per la pace, ambientalisti e femministe provenienti da 14 Paesi europei differenti, si è recata nel Kurdistan iracheno (nord Iraq) per raccogliere impressioni dirette sulla situazione locale, adottare una posizione per favorire la fine della guerra e della distruzione, instaurare un dialogo con i parlamentari di tutti i partiti, visitare le organizzazioni non governative e contribuire al dialogo tra i diversi soggetti politici curdi;

   lo scopo del viaggio di questa delegazione era anche quello di ottenere maggiori informazioni circa le azioni militari, in corso da settimane, compiute dalla Turchia nella parte meridionale del Kurdistan e per richiamare l'attenzione su tali attacchi che all'interrogante appaiono illegali secondo il diritto internazionale;

   dal mese di aprile 2021 la Turchia ha avviato una nuova campagna militare ad ampio raggio nel Kurdistan meridionale, nelle regioni di Metina, Zap e Avashin;

   in queste regioni continuano i pesanti scontri tra l'esercito turco e le forze della guerriglia curda che si oppongono a tale invasione;

   queste operazioni militari hanno avuto gravissime conseguenze sui civili: stupro sistematico e riduzione in schiavitù delle donne, sfollamento di massa della grande parte della popolazione curda e di altre popolazioni civili;

   allo stesso tempo, la Turchia sta conducendo una guerra, con l'utilizzo di droni contro il campo profughi di Maxmur, compiendo anche in questo caso, a parere dell'interrogante, una grave violazione del diritto internazionale;

   il Governo regionale del Kurdistan ha impedito alla delegazione internazionale di entrare in contatto con i principali soggetti politici nel Kurdistan del sud;

   le organizzazioni con curvano stati programmati gli incontri sono state oggetto di intimidazioni e costrette a cancellare gli incontri; inoltre, una parte consistente della delegazione non è potuta giungere in Kurdistan; circa 50 persone provenienti da Germania, Francia, Slovenia, Spagna, Svezia, Finlandia, Svizzera, Italia ed altri Paesi sono state bloccate all'aeroporto di Erbil per essere espulse. Quattro italiani sono stati già rimpatriati contro la propria volontà e altri 3 italiani sono stati rimandati indietro dall'aeroporto di Istanbul in cui avevano fatto scalo;

   parallelamente all'iniziativa del Governo regionale del Kurdistan (Krg), anche la Germania avrebbe impedito a 27 membri della delegazione di partire dall'aeroporto di Düsseldorf e dopo essere stati sottoposti ad interrogatorio, ad alcuni partecipanti sarebbe stato vietato di recarsi in Iraq per un mese;

   a parere dell'interrogante occorre un intervento deciso delle autorità internazionali affinché la Turchia ponga fine a tale aggressione ai danni delle regioni curde e delle popolazioni locali e interrompa l'occupazione militare del Kurdistan iracheno, regione nella quale ha stabilito 47 basi militari –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare affinché i cittadini italiani rimpatriati contro la loro volontà e/o espulsi possano riunirsi arresto della delegazione che si è recata nel Kurdistan iracheno;

   quali iniziative di competenza intenda assumere presso ogni sede europea e internazionale e nei confronti dello stesso Governo turco affinché si giunga ad una soluzione pacifica e cessino immediatamente le azioni militari dell'esercito turco nella regione del Kurdistan iracheno.
(4-09625)

  Risposta. — I rapporti tra Ankara e Baghdad sono storicamente condizionati dalla questione del separatismo curdo. La Turchia concepisce la propria presenza militare nell'area come essenziale per garantire stabilità e sicurezza e combattere quella che Ankara ritiene una minaccia terroristica (richiamandosi, a questo riguardo, persino all'articolo 7, comma secondo, della costituzione irachena, in base al quale lo Stato è tenuto a combattere il terrorismo in tutte le sue forme, attivandosi affinché il proprio territorio non diventi la base per attività terroristiche).
  L'Italia è da sempre impegnata a favore del rispetto dell'unità, della sovranità e dell'integrità territoriale dell'Iraq, inclusa la regione del Kurdistan iracheno, come espresso in molteplici conclusioni del Consiglio dell'Unione europea, da ultimo nelle conclusioni del luglio 2019. Il nostro Paese rappresenta tale posizione in tutti i contatti con i Paesi della regione, inclusa la Turchia.
  Riguardo i gravi episodi menzionati dall'interrogante, occorre ribadire ancora una volta che l'Italia ha in più occasioni ricordato alla Turchia la necessità di assicurare il rispetto dei diritti umani e dello Stato di diritto, in linea con il diritto internazionale e con gli obblighi assunti da Ankara, in particolare in seno al Consiglio d'Europa.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Benedetto Della Vedova.


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   lunedì 25 ottobre 2021 all'istituto aeronautico navale «Antonio Locatelli» di Bergamo, al termine di un saluto tenuto dal preside ai maturandi nel cortile dell'istituto superiore alcuni studenti hanno, intonato dei cori che inneggiavano al duce facendo il «saluto romano»;

   nelle immagini registrate con un telefonino e poi diffuse dagli organi di stampa si vede il preside della scuola rispondere ai cori degli studenti con un gesto interpretabile anch'esso come un saluto romano;

   secondo quanto riportato dalla testata online Wired, quattro anni fa, il preside dell'istituto Locatelli di Bergamo, ha concluso un patteggiamento dopo le denunce di una delle madri dei due studenti che il preside aveva umiliato pubblicamente versando loro, davanti a tutti, una bevanda in testa per poi cospargerli di schiuma da barba;

   nel 2017, sono emersi anche altri episodi di nonnismo accaduti nella scuola anni prima come ad esempio quando lo stesso preside aveva deciso di appendere al collo di un ragazzo un cartello recante una scritta offensiva;

   al di là delle interpretazioni e delle considerazioni piuttosto fantasiose dell'avvocato del dirigente scolastico riportate sui quotidiani sull'etimologia del termine «duce» – riconducibile a quella di condottiero degli studenti – e sul fatto che si trattasse veramente o meno di «saluti romani», ciò che stupisce e lascia basito e indignato l'interrogante è che in una scuola si possa lanciare un coro con chiari riferimenti fascisti senza che nessuno, nell'immediato, intervenga e che successivamente si cerchi di derubricarlo ad episodio goliardico;

   un'istituzione scolastica, a parere dell'interrogante, deve insegnare e far conoscere ai propri studenti la storia italiana, la Costituzione nata dalla Resistenza al fascismo, che rappresenta il periodo più buio della nostra storia repubblicana. Un dirigente dovrebbe stigmatizzare ogni comportamento non corretto e non rispettoso della Costituzione e delle leggi e da quanto emerge dalla stampa non si evince dal preside dell'istituto aeronautico navale «Antonio Locatelli» di Bergamo un comportamento che vada in questa direzione;

   sarebbe altresì opportuno, a parere dell'interrogante che di fronte a tale inquietante vicenda si valutasse l'opportunità che venga confermato non solo l'attuale dirigente scolastico ma la parificazione stessa dell'istituto aeronautico alle scuole statali dal momento che il rispetto della Costituzione è un presupposto inderogabile per la parificazione –:

   se il Ministro interrogato sia, a conoscenza di quali opportune e urgenti iniziative abbia intrapreso l'ufficio scolastico competente al fine di fare chiarezza sull'episodio citato in premessa e sulle altre vicende accadute in passato nello stesso istituto, fermo restando che a parere dell'interrogante, data la gravità dei fatti, ricorrerebbero gli estremi per l'allontanamento immediato del dirigente scolastico dell'Istituto aeronautico navale «Antonio Locatelli» di Bergamo valutando eventualmente anche se sussistano i presupposti per la revoca della parità scolastica.
(4-10620)

  Risposta. — In merito alla questione in esame occorre innanzitutto premettere che negli istituti paritari, come nel caso de quo, non opera la figura del dirigente scolastico. Si acquisisce tale qualifica a seguito del superamento di un concorso selettivo di formazione bandito dal Ministero dell'istruzione e ciò permette di svolgere le proprie funzioni nelle istituzioni scolastiche statali, come disposto e regolato dall'articolo 25 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
  Diversamente, sulla scorta del decreto ministeriale n. 83 del 2008, per gli istituti paritari è prevista la figura del coordinatore didattico, incaricato del coordinamento delle attività educative e didattiche.
  Tale doverosa precisazione è necessaria per inquadrare il perimetro di azione del Ministero dell'istruzione che ha potere disciplinare sui dirigenti scolastici ma non sui coordinatori didattici che operano negli istituti paritari.
  Quanto alle circostanze da Lei denunciate, posso rassicurarla sul fatto che l'ufficio scolastico regionale per la Lombardia, nel perimetro delle competenze attribuite dal decreto ministeriale n. 916 del 18 dicembre 2014, ha già disposto un accertamento ispettivo urgente presso l'istituto paritario «Antonio Locatelli» di Bergamo, al fine di acquisire ogni utile elemento di valutazione in relazione ai fatti e al ruolo ricoperto dal coordinatore didattico in argomento nell'organigramma dell'istituto paritario e all'effettiva presenza dei requisiti per il mantenimento della parità scolastica, con particolare riguardo al rispetto dei principi costituzionali, secondo quanto previsto dall'articolo 1, commi 3 e 4, della legge del 10 marzo 2000, n. 62.
  A quanto precedentemente riferito aggiungo inoltre che, con nota del 13 dicembre scorso, la prefettura di Bergamo ha comunicato al Ministero dell'interno che il coordinatore didattico in argomento, in data 18 ottobre 2021, ha formalmente inoltrato, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, le proprie dimissioni volontarie per recesso dal rapporto di lavoro.

Il Ministro dell'istruzione: Patrizio Bianchi.


   GALLO e GRIPPA. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, recante «Misure urgenti connesse all'emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali» ha disciplinato all'articolo 59, commi 14 e seguenti, le modalità di svolgimento delle procedure concorsuali ordinarie già bandite con decreto dipartimentale 21 aprile 2020, n. 499, per le classi di concorso A020, A026, A027, A028 e A041 (cosiddetto concorso materie Stem);

   nel suddetto decreto-legge è definito, per ogni classe di concorso, un numero massimo di posti messi a concorso, ed in particolare: per la classe di concorso A020 – Fisica sono previsti 282 numeri di posti, per la classe di concorso A026 – Matematica n. di posti 1005, per la classe di concorso A027 – Matematica e fisica n. di posti 815, per la classe di concorso A028 – Matematica e scienze n. di posti 3.124 ed infine per la classe di concorso A041 – Scienze e tecnologie informatiche n. di posti 903, distribuiti per le varie regioni con esclusione della sola Valle D'Aosta;

   ai sensi dell'articolo 7, comma 6, del D.D. n. 826 del 2021, coloro che superano tutte le prove concorsuali, attraverso il conseguimento dei punteggi minimi di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 59, pur non risultando vincitori di concorso, conseguono l'abilitazione all'insegnamento per la classe di concorso di partecipazione;

   il Governo ha deciso, a partire dalla scrittura del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) di rafforzare le competenze dei cittadini italiani per guidare la transizione ecologica e digitale puntando sulle cosiddette materie Stem (science, technology, engineering e mathematics), accelerando le assunzioni di docenti di area di cui la scuola italiana è carente –:

   se il Ministro intenda adottare iniziative affinché si possa consentire ai candidati che, pur non essendo vincitori di concorso Stem hanno comunque superato tutte le prove del concorso conseguendo l'abilitazione all'insegnamento ai sensi dell'articolo 7, comma 6, del D.D. n. 826 del 2021, di essere assunti a copertura di un posto vacante e disponibile previsto per la medesima classe di concorso di partecipazione anche in una regione diversa da quella scelta all'atto della partecipazione stessa.
(4-10050)

  Risposta. — Onorevole Gallo, il quesito mi permette di rimarcare la grande importanza rivestita dalle materie Stem. Attraverso la promozione delle relative competenze, infatti, si intende operare su un nuovo paradigma educativo volto a creare la «cultura» scientifica e la «forma mentis» necessarie per lo sviluppo del pensiero computazionale, Le discipline Stem sono essenziali, dunque, per rendere le nostre studentesse e i nostri studenti dei cittadini consapevoli.
  Per tale ragione, con i fondi del Pnrr, il Ministero si pone l'obiettivo di introdurre le discipline Stem in tutti i cicli scolastici.
  A tal fine e in virtù dell'elevato numero di posti vacanti e disponibili, l'articolo 59, comma 14, del decreto-legge «Sostegni
bis» ha previsto, in via straordinaria, che le procedure concorsuali ordinarie, già bandite con decreto dipartimentale n. 499 dell'aprile 2020, si svolgessero secondo le modalità di cui al successivo comma 15, attraverso l'espletamento di un'unica prova computer based, come dettagliatamente descritta con il decreto dipartimentale n. 826 del giugno scorso, e di una prova orale, valutata al massimo 100 punti e superata con il conseguimento di un punteggio minimo di 70 punti.
  È importante sottolineare che ai sensi dell'articolo 59, comma 18, del citato decreto-legge, i candidati potranno comunque partecipare, per le corrispondenti classi di concorso, alla procedura concorsuale ordinaria, da espletarsi secondo le modalità stabilite dal richiamato decreto n. 499.
  Sul punto, aggiungo che l'articolo 7 del decreto dipartimentale 11 giugno 2021, n. 826, ha, altresì, specificato che il superamento di tutte le prove concorsuali, attraverso il conseguimento dei punteggi minimi di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 59, costituisce abilitazione all'insegnamento per le medesime classi di concorso.
  Da ciò discende che i candidati idonei che hanno superato le prove concorsuali e, quindi, conseguito l'abilitazione, per la relativa classe di concorso, pur non avendo diritto all'immissione in ruolo, hanno potuto presentare apposita istanza finalizzata all'inserimento negli elenchi aggiuntivi alla prima fascia delle graduatorie provinciali di istituto (GPS), purché la relativa procedura concorsuale si fosse conclusa entro il 31 luglio 2021.
  Per effetto di tale inserimento negli elenchi aggiuntivi, agli idonei è stato consentito di stipulare contratti a tempo determinato per la copertura dei posti comuni e di sostegno vacanti e disponibili, rimasti tali anche al termine delle ordinarie operazioni di immissione in ruolo, salvi i posti di cui ai decreti dipartimentali n. 498 e 499 del 21 aprile 2020.
  Al riguardo, preme evidenziare che, attraverso tali contratti, i docenti avranno la possibilità di svolgere un percorso di formazione iniziale e prova, come previsto dall'articolo 1, comma 117, della legge 13 luglio 2015, n. 107.
  Inoltre, al termine di tale percorso, in caso di valutazione positiva, i candidati potranno accedere ad una prova disciplinare valutata da una commissione esterna, superata la quale, gli stessi saranno assunti con contratto a tempo indeterminato e confermati in ruolo, con decorrenza giuridica dal 1° settembre 2021 o, se successiva, dalla data di inizio del servizio.
  

Il Ministro dell'istruzione: Patrizio Bianchi.


   GRIMOLDI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la segreteria regionale dell'o.s.a.p.p. (Organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria), ha comunicato che il 22 agosto 2021, nel carcere di Monza si è verificata l'ennesima rissa, con decine di detenuti con importanti ferite e punti di sutura, tra detenuti di nazionalità italiana ed albanese e detenuti gambiani, marocchini, tunisini ed egiziani, in reparto a «regime aperto»;

   il tutto risulta essere stato gestito con armi rudimentali da taglio, realizzate artigianalmente e ben affilate al pari di coltelli, con stoviglie di vario genere, caffettiere, bastoni ricavati sradicando le gambe dei tavoli in legno in dotazione, nelle camere detentive, e tutto quanto potesse servire ad offendere e ferire fortemente;

   la rissa ha visto coinvolti oltre venticinque detenuti e si è evitato il peggio solo grazie alla grande professionalità dell'intervento della Polizia penitenziaria che ha scongiurato probabilmente conseguenze di gran lunga peggiori visto il tenore della lite; sono almeno due i detenuti che sono andati presso il nosocomio San Gerardo di Monza per problemi non curabili all'interno dell'istituto;

   anche il comunicato stampa della Uilpa del 26 agosto 2021 cita un ulteriore episodio di violenza nello stesso carcere di Monza, che a soli pochi giorni dal precedente episodio, ha visto due detenuti di origine magrebina sferrarsi una serie di pugni calci e, di nuovo, solo il pronto intervento della Polizia penitenziaria ha evitato il peggio; si aggiunge ancora che nel reparto protetto vige il regime dinamico;

   l'o.s.a.p.p. riterrebbe utile e necessario invitare il neo garante dei detenuti Gianalberico De Vecchi a diffondere il video sui Tg nazionali e locali, così da evidenziare le difficili e rischiose condizioni in cui il personale di polizia penitenziaria si trova ad operare. Tali situazioni sono purtroppo diffuse in molte parti d'Italia, anche per via di leggi troppo poco severe e per l'alto numero di detenuti stranieri; tutto ciò si aggiunge la mancanza di protocolli chiari e di dotazioni efficaci;

   il personale è demoralizzato, insufficiente ed impossibilitato ad intervenire con mezzi adeguati e con un protocollo ben preciso e le condizioni di lavoro della Polizia penitenziaria sono difficili specialmente quando si è costretti a dovere gestire detenuti cosiddetti psichiatrici, ma, quando si rischia di subire offese, quando si subiscono aggressioni, quando il personale mette a rischio la propria salute, allora la situazione non è più tollerabile, sostenibile e accettabile e richiede soluzioni efficaci;

   l'Amministrazione penitenziaria ha il dovere di difendere e tutelare i propri uomini che non possono sicuramente essere offesi, né tantomeno possono essere oggetto di aggressione durante l'espletamento del proprio servizio, ed anche la semplice vigilanza dei detenuti presso una sezione detentiva è a tutti gli effetti un pubblico servizio;

   inoltre, pur avendo, il Capo del dipartimento in data 23 luglio 2021, emanato una circolare (Circolare n. 3689/6139 del 23 luglio 2020 – linee guida d'intervento – aggressioni nei confronti del personale di polizia penitenziaria), questa circolare sembra che venga difficilmente applicata –:

   se si intendano adottare immediate iniziative di competenza, ai sensi della circolare del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria nei confronti degli autori delle aggressioni e se si intenda comunque procedere ad ogni iniziativa di competenza volta a dare un segnale forte e di vicinanza a tutto il personale di Polizia penitenziaria;

   se si intendano adottare iniziative per assicurare la dotazione di efficaci equipaggiamenti per il personale di Polizia penitenziaria che, al momento, fronteggia queste situazioni totalmente a mani nude, e procedere all'assunzione di nuovi operatori e alla riforma dell'attuale, fallimentare, gestione dei penitenziari.
(4-10226)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante, riferito di eventi critici verificatisi nel mese di agosto nel carcere di Monza, chiede quali iniziative si intendano assumere nei confronti degli autori delle aggressioni, nonché al fine di assicurare agli appartenenti alla Polizia penitenziaria una dotazione di efficaci equipaggiamenti.
  Orbene, come già riferito in altre occasioni, va subito evidenziato che la tutela psicofisica degli agenti della polizia penitenziaria, con quella degli operatori e, naturalmente, dei ristretti in carcere, è interesse primario dell'Amministrazione.
  Ciò ribadito, quanto ai gravi episodi citati, questi consistono in una rissa che ha visto coinvolti numerosi detenuti ed in una colluttazione tra due soli detenuti, occorsi rispettivamente nelle date 22 e 26 agosto 2021.
  Quanto al primo episodio, su disposizione del locale provveditorato, ed all'esito delle previste procedure, i responsabili venivano trasferiti presso altre sedi del distretto e, venivano attivati i meccanismi volti all'irrogazione delle sanzioni disciplinari nonché inoltrata notizia di reato alla Procura della Repubblica competente.
  Quanto al secondo episodio, risulta disposto l'immediato divieto d'incontro fra i due detenuti i quali, peraltro, venivano ammoniti dalla direzione.
  Per completezza di informazione, si evidenzia che, da rilevazioni effettuate dalla sala situazioni, alla data del 31 dicembre 2021 presso la casa circondariale di Monza risultano registrati nell'apposito applicativo 109 atti di aggressione tra detenuti, di cui 104 colluttazioni e 5 ferimenti; dal 1° al 30 gennaio 2022 risultano 12 atti di aggressione tra detenuti, di cui 12 colluttazioni.
  Ciò premesso, con specifico riguardo al fenomeno del verificarsi degli eventi critici, plurimi sono stati gli interventi posti in essere, nel corso degli anni, dall'Amministrazione penitenziaria, tra i quali possono menzionarsi la lettera circolare 9 ottobre 2018, recante «Trasferimenti dei detenuti per motivi di sicurezza», con l'intento di valorizzare l'applicazione degli strumenti normativi, previsti sia dalla legge n. 354 del 1975 sia dal decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000, diretto proprio a tutelare la sicurezza degli istituti, e la circolare del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria 22 luglio 2020, n. 3686/6139, recante: «Aggressioni al personale – linee di intervento».
  Nello specifico, si è stabilito che nei casi di aggressioni consumate ai danni del personale che, in considerazione delle modalità di esecuzione, dell'eventuale esistenza di precedenti specifici, del comportamento complessivo del detenuto e di altri fattori valutati caso per caso, appaiano rilevanti sotto il profilo della sicurezza, la direzione dell'istituto penitenziario procederà tempestivamente a trasmettere al Provveditorato competente la richiesta di trasferimento, per motivi di sicurezza ai sensi dell'articolo 42 dell'ordinamento penitenziario, dei detenuti coinvolti, inoltrando, altresì, la richiesta alla Direzione generale dei detenuti e del trattamento per i provvedimenti di competenza.
  La necessità di disporre il trasferimento del detenuto discende dall'esigenza di evitare problemi di incompatibilità ambientale che molto spesso rappresentano la conseguenza di gravi eventi critici.
  Inoltre, nei casi da considerarsi di particolare rilevanza, le direzioni degli istituti valuteranno di avanzare proposta di attivazione della procedura volta all'applicazione del regime di sorveglianza particolare
ex articolo 14-bis dell'ordinamento penitenziario.
  In ogni caso, anche di iniziativa, ai sensi dell'articolo 33, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, la Direzione generale dei detenuti e del trattamento, ove ritenga ricorrenti i presupposti per l'attivazione della procedura in argomento, richiederà tempestivamente al direttore dell'istituto la convocazione del consiglio di disciplina in composizione integrata, affinché esprima parere nel termine di dieci giorni.
  Da ultimo, stante la permanenza di comportamenti violenti ed antidoverosi da parte della popolazione detenuta nei confronti del personale del Corpo di polizia penitenziaria, dell'Amministrazione penitenziaria e medico infermieristico, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha diramato la circolare 31 marzo 2021, n. 3691/6141, con l'intento specifico di assicurare la più stretta e scrupolosa osservanza delle direttive già impartite nella precedente circolare del 22 luglio 2020 e, con essa, l'assunzione di tutte le necessarie iniziative a tutela dell'ordine e della sicurezza all'interno degli istituti di pena del Paese.
  Ciò riferito, per quanto riguarda il trattamento delle persone affette da patologie mentali, si evidenzia che l'Amministrazione penitenziaria negli anni ha intrapreso diverse iniziative finalizzate a realizzare azioni integrate con le regioni e le aziende sanitarie locali per la predisposizione di percorsi graduali di intervento sull'argomento.
  L'obiettivo perseguito è di individuare, possibilmente fin dall'ingresso, le persone con disagio, con patologia psichiatrica o con rischio suicidario, per attivare immediate azioni di sostegno e per concordare con l'azienda sanitaria locale gli interventi sanitari, sociali, psicologici, educativi, culturali e informativi di cui il detenuto può usufruire nell'ambito penitenziario, in continuità con il territorio o anche all'esterno per il reinserimento nei contesti sociali di appartenenza.
  Inoltre, è in stato di avanzata realizzazione il piano di attivazione in uno o più istituti penitenziari di ogni regione di poli psichiatrici regionali, denominati «Articolazioni per la tutela della salute mentale» (Atsm) per la cura e l'accertamento delle infermità psichiche degli imputati, dei condannati e degli internati, anche ai fini dell'adozione da parte delle autorità giudiziarie degli eventuali successivi provvedimenti volti al ricovero di tali pazienti in apposite strutture dotate di assistenza psichiatrica intensificata, interne ai penitenziari o esterne.
  Le Atsm garantiscono l'accoglienza e la presa in carico dei disturbi mentali delle persone detenute che abbiano manifestato disagio psichico e per le quali, almeno temporaneamente, l'allocazione in sezione ordinaria sia considerata dai sanitari non opportuna; il ricovero e la cura delle persone con infermità psichica sopravvenuta nel corso della misura detentiva,
ex articolo 148 del codice penale o condannate a pena diminuita per vizio parziale di mente, ex articolo 111, comma 5 e 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000; l'accertamento delle infermità psichiche di cui all'articolo 112 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000.
  Quanto alle dotazioni strumentali per la gestione delle emergenze e la difesa dalle aggressioni si evidenzia che sono state avviate le procedure di gara relative all'acquisto di caschi di protezione e antisommossa, scudi rettangolari antisommossa e da ordine pubblico, manette modulari multiple e manette individuali.
  Nell'ambito poi di una collaborazione avviata con il Ministero della difesa, è in corso la realizzazione di una nuova tipologia di giubbotti antiproiettile esterni e sottocamicia che, unitamente alle procedure di cui sopra, ha lo scopo di rinnovare e ammodernare l'intera dotazione di equipaggiamento assegnata al Corpo di polizia penitenziaria.
  È in corso altresì un progetto per incrementare le maschere antigas ai piani detentivi, al fine di consentire un intervento più celere in caso di necessità.
  Infine, essendosi conclusa positivamente la sperimentazione dei guanti antitaglio, a breve sarà avviata la procedura per dotare tutto il personale di tale equipaggiamento.
  In relazione alla riferita carenza degli organici del Corpo di polizia penitenziaria, si evidenzia che presso la casa circondariale di Monza si rileva una carenza di personale impiegato comune a quella risentita da tutti gli istituti del Paese, per effetto delle modifiche complessive apportate all'organico del Corpo, introdotte dapprima dal decreto legislativo n. 95 del 2017 e, successivamente, dal decreto legislativo n. 172 del 2019, le quali hanno ridotto la dotazione organica a n. 41.595 unità.
  Il Ministero, pertanto, pone forte attenzione alle esigenze di garantire un efficace
turn over del personale, risultando indubbie le criticità evidenziate e derivanti da organici ridotti o comunque fortemente limitati.
  Quanto alla precipua situazione del carcere di Monza, si rileva una differenza formale di 3 unità tra la dotazione organica prevista, pari a 321 unità e quella assegnata, pari a 324.
  Tuttavia, in ragione delle 5 unità distaccate in entrata e 26 in uscita, la forza in concreto amministrata è pari a 303 unità.
  L'analisi della situazione dell'organico dell'istituto penitenziario in oggetto, rileva che la carenza maggiore si riferisce al ruolo dei sovrintendenti (- 48) e a quello degli ispettori (-14); di contro, relativamente al ruolo degli agenti/assistenti, si rileva un esubero di n. 66 unità.
  Per quanto riguarda il ruolo dei sovrintendenti, sono in via di conclusione le procedure per il concorso interno a complessivi n. 2.851 posti; inoltre, con p.D.G. 17 giugno 2021, è stato indetto un concorso interno, per titoli, a complessivi n. 583 posti relativi alle vacanze disponibili nel periodo compreso fra il 31 dicembre 2018 e 31 dicembre 2020.
  Al riguardo, si comunica che l'Amministrazione ha previsto, indicativamente, l'assegnazione presso la casa circondariale di Monza, di n. 8 unità maschili del ruolo sovrintendenti.
  Relativamente alla carenza nel ruolo degli ispettori, invece, si evidenzia che la competente direzione generale ha indetto un concorso interno, per titoli, a complessivi n. 691 posti.
  Pertanto, all'esito della relativa procedura concorsuale, l'Amministrazione terrà nella massima considerazione la situazione di relativa carenza di personale che connota il penitenziario di Monza, attraverso l'assegnazione di un adeguato numero di unità.
  Quanto sopra contribuirà certamente ad alleviare le difficoltà inerenti le carenze di organico evidenziate.

La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.


   MURONI, CECCONI, FIORAMONTI, FUSACCHIA e LOMBARDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   è stato pubblicato, il 24 settembre 2021, sul quotidiano on-line «internazionale.it» un articolo dal titolo «Il presidente tunisino elimina ogni forma di garanzia democratica» di Pierre Haski;

   nell'articolo si legge che: «A luglio, quando aveva sospeso la costituzione e assunto pieni poteri per un mese, il presidente tunisino Kais Saied aveva risposto a chi parlava di colpo di stato citando una frase celebre del generale de Gaulle: “Non è a quest'età che comincerò una carriera di dittatore”»;

   quasi due mesi dopo, però, Saied si è concesso poteri ancora più vasti, avviando una «presidenzializzazione» totale del sistema, senza alcun contrappeso istituzionale. Ancora una volta una parte dell'opposizione grida al colpo di Stato, anche se la manovra va avanti per decreti e non con i carri armati per le strade di Tunisi;

   senza dirlo, il Presidente tunisino ha chiuso la pagina della seconda Repubblica tunisina, partorita dalla rivoluzione del 2011 e legittimata nella Costituzione adottata nel 2014. All'epoca, la nuova carta costituzionale era stata elogiata per i suoi progressi democratici e per il rispetto dei diritti delle donne, e di conseguenza era stata considerata la più avanzata del mondo arabo;

   la Costituzione tunisina, proprio per evitare le derive del potere personale, aveva creato un ibrido tra il regime parlamentare e quello presidenziale, che però ha provocato una paralisi del sistema. Saied è intervenuto a luglio 2021 dicendo di voler mettere fine allo stallo, sostenuto da una parte della popolazione sfiancata da sterili rivalità politiche;

   la questione sta nel fatto che il Presidente tunisino ha preso impegni che sta ignorando uno dopo l'altro. I pieni poteri dovevano durare un mese, ma ne sono già passati due. Saied avrebbe dovuto nominare un Primo ministro, ma non l'ha ancora fatto (e ormai, anche se lo facesse, l'incarico sarebbe comunque svuotato di ogni potere dai decreti presidenziali). In passato la legittimità politica era garantita dal Parlamento, ma oggi non esiste più un Parlamento, come non esiste una Corte suprema;

   è evidente che questi attacchi all'ordine costituzionale potrebbero essere configurati come attacchi alla democrazia, anche se Saied non può ancora essere definito un dittatore in senso stretto;

   tutto questo potrebbe condurre alla soppressione del sistema dei partiti, che evidentemente non ha funzionato nell'ultimo decennio, avviando la Tunisia verso una nuova forma di Stato: il presidenzialismo assoluto;

   si evidenzia che il confine tra presidenzialismo e un ritorno all'autoritarismo imposto in passato ai tunisini è molto labile;

   va ricordato che, dopo aver rimosso il Primo Ministro, sospeso la Costituzione e il Parlamento, il Presidente tunisino ha assunto il potere legislativo ed esecutivo. Un attacco fortissimo alla democrazia, che dovrebbe preoccupare molto anche noi italiani. Invece ad oggi tutto tace;

   si apprende dalla lettura di un lancio dell'Ansa, del 29 settembre 2021, che «il presidente tunisino ha incaricato Néjla Bouden di formare il governo. Lo rende noto uno stringato comunicato della Presidenza precisando che tale decisione è stata adottata ai sensi dell'articolo 16 del decreto presidenziale 117 relativo alle misure eccezionali. È la prima volta nel mondo arabo che una donna viene incaricata premier, riferiscono i media locali.». Si spera che non sia solo una operazione di facciata –:

   quale sia la posizione del Governo rispetto a questa drammatica situazione che si sta verificando in Tunisia, nel pieno silenzio dei Governi europei, e se non si intenda intraprendere, anche attraverso i canali diplomatici, un'azione concreta e urgente, coinvolgendo anche gli altri Paesi europei, nei confronti del Governo tunisino, a tutela della democrazia e dei diritti civili che sembrano, da quanto si apprende, a rischio.
(4-10351)

  Risposta. — Sin dall'adozione di misure eccezionali prese lo scorso luglio dal Presidente Saied, l'Italia segue con la massima attenzione l'evolversi della situazione in Tunisia.
  La recente formazione del nuovo Governo tunisino guidato da Najla Bouden Romdhan – prima donna a ricoprire tale carica nella storia della Tunisia e del mondo arabo – è sicuramente un passaggio importante. È inoltre incoraggiante la definizione di un calendario da parte del Presidente della Repubblica tunisino per il superamento dell'attuale fase di emergenza, che dovrebbe condurre alle elezioni parlamentari del prossimo 17 dicembre 2022.
  Il quadro complessivo resta tuttavia preoccupante, soprattutto alla luce della perdurante sospensione delle attività parlamentari e dell'annuncio dello scioglimento del Consiglio superiore della magistratura da parte del Presidente Saied. La Farnesina, anche attraverso l'ambasciata d'Italia a Tunisi, si è attivata sin da subito avviando uno stretto coordinamento – sia a livello politico che tecnico – con i principali
partner europei ed internazionali, con i quali abbiamo concordato di trasmettere alle istituzioni tunisine messaggi condivisi sulla necessità di tornare quanto prima ad un ordinato funzionamento istituzionale. Il Presidente del Consiglio Draghi e il Ministro Di Maio hanno avuto colloqui con le controparti tunisine pochi giorni dopo le decisioni assunte dal Presidente Saied. Il 28 dicembre si è svolta la visita a Tunisi del Ministro Di Maio, in occasione della quale ha incontrato il Presidente della Repubblica Saied, con la Prima ministra Bouden e con il Ministro degli esteri Jerandi.
  Il rispetto dello stato di diritto e la garanzia delle condizioni di sicurezza per il popolo tunisino sono state poste al centro di tutte queste interlocuzioni, durante le quali è stata sottolineata l'urgenza di consentire al Parlamento tunisino di ritornare a svolgere le proprie legittime funzioni. L'Italia ha inoltre pienamente sostenuto l'iniziativa dell'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrell che, in stretto raccordo con la Farnesina e gli altri
partner europei, già il 27 luglio ha richiamato la Tunisia, a nome di tutti gli Stati membri, a rinnovare il proprio impegno per la democrazia, la stabilità istituzionale e il rispetto dei diritti fondamentali, escludendo il ricorso a ogni forma di violenza.
  La Tunisia resta, per l'Italia, un
partner fondamentale per assicurare la stabilità della regione mediterranea ed è con questa prospettiva che rinnoviamo costantemente l'invito alle istituzioni tunisine ad avviare un pronto e completo ripristino dell'ordine costituzionale, che consenta ad istituzioni legittime e stabili di far fronte alle numerose sfide che il Paese si trova oggi a dover affrontare. La Tunisia sta infatti attraversando una forte crisi economica, aggravata dalle ripercussioni della pandemia, per far fronte alla quale l'Italia ha assistito il popolo tunisino con una ingente donazione di vaccini, l'invio di oltre 25 tonnellate di materiale sanitario e dispositivi di protezione personale, e oltre a contributi alla Federazione internazionale della Croce Rossa e all'Organizzazione Mondiale della sanità per rafforzare la fornitura di ossigeno.
  Il Paese va dunque incoraggiato a intraprendere con decisione la via delle riforme, necessarie per alleviare le forti difficoltà sociali subite da parte della popolazione, e che potrebbero acuirsi nei prossimi mesi.
  In stretto raccordo con il resto della Comunità internazionale, l'Italia continua a mantenere un approccio di dialogo critico ma costruttivo con le autorità tunisine, vigilando al contempo affinché, seppur in una situazione di sospensione del normale funzionamento istituzionale, vengano rispettati i diritti e le libertà fondamentali.

La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Marina Sereni.


   SANDRA SAVINO. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   all'interno del libro di testo «Studio così» edito dalla Cetem, nel volume dedicato alla geografia, precisamente a pagina 4, si può leggere: «Alla sua nascita, l'Italia aveva un territorio più piccolo di quello attuale. Fino al 1918, il Südtirol, che in italiano si chiama Alto Adige, era parte dell'Austria, e il Venezia Giulia era parte della Slovenia: l'Italia conquistò queste due regioni vincendo la Prima Guerra Mondiale. I loro abitanti però non si consideravano italiani: parlavano una lingua diversa e avevano abitudini diverse, ma non ebbero la possibilità di esprimere con un voto la propria volontà di appartenere o no all'Italia. A queste zone negli anni sono state riconosciute particolari forme di autonomia, e ancora oggi il Friuli-Venezia Giulia e il Trentino-Alto Adige sono regioni a “statuto speciale”»;

   dalla lettura del testo emerge come, secondo gli autori, fino alla Prima guerra mondiale, la Venezia Giulia sarebbe stata territorio appartenente alla Slovenia e i suoi abitanti non avrebbero parlato italiano;

   dovrebbe essere noto a tutti, o almeno agli autori di un libro di testo, che la Slovenia, quale entità statuale, esiste solo dal 1991 e che la Venezia Giulia, fino all'annessione all'Italia, faceva parte dei possedimenti asburgici e confinava, ad est, col regno di Croazia e Slavonia, regno autonomo all'interno dell'impero austro-ungarico;

   parimenti grave è l'affermazione secondo cui nella Venezia Giulia, fino alla Prima Guerra Mondiale, non si parlasse italiano. Secondo i dati dei censimenti asburgici nel primo ‘900, nella Contea di Gorizia e Gradisca, per lo più corrispondente all'odierna provincia di Gorizia, pur non essendo la maggioranza, risiedevano oltre 90 mila italiani, mentre nella città imperiale di Trieste, il gruppo etnico preponderante era proprio quello italiano che contava quasi 120 mila parlanti;

   proprio da queste terre proveniva Maria Maddalena Bergamas, la donna che, in rappresentanza di tutte le madri italiane che avevano perso figli nella Grande guerra, fu scelta per selezionare il feretro del milite ignoto, di cui tra poche settimane si celebrerà il centesimo anniversario. La Bergamas, originaria di Gradisca e residente a Trieste, in guerra aveva perso il figlio Antonio, irredento italiano che disertò l'esercito imperiale per unirsi a quello italiano;

   la storia del confine orientale, dell'irredentismo e delle sofferenze patite prima, durante e dopo le guerre mondiali dalle popolazioni italiane di confine, risulta ancora oggi poco conosciuta. È inaccettabile che su un libro di testo destinato ai bambini della quinta elementare si riportino informazioni destituite di ogni fondamento storico –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa;

   in quante classi risulti adottato, per l'anno scolastico 2021/2022, il libro di testo citato in premessa;

   se, alla luce di quanto rappresentato in premessa, il Governo sia intenzionato ad adottare iniziative di competenza affinché gli studenti, nel corrente anno scolastico, siano edotti sulla vera storia della Venezia Giulia.
(4-10371)

  Risposta. — Comprendo perfettamente le sue preoccupazioni e ritengo doveroso premettere che il Ministero riconosce l'importanza della conoscenza e della trasmissione delle nostre tradizioni e memorie nazionali; non si possono realizzare appieno le possibilità del presente senza una profonda memoria e condivisione delle radici storiche. La scuola è luogo privilegiato in cui il presente è elaborato nell'intreccio tra passato e futuro, tra memoria e progetto.
  Da ciò discende che lo studio della storia non si esaurisca nello studio di un libro che rappresenta, invero, solo uno strumento per stimolare gli studenti alla conoscenza delle vicende italiane e alla riflessione più profonda dei valori fondanti promossi dalla nostra Costituzione.
  In considerazione di ciò, l'adozione dei libri di testo rientra nei compiti attribuiti al collegio dei docenti di ciascuna istituzione scolastica, dopo aver sentito il parere dei consigli di interclasse, per quanto riguarda la scuola primaria, o di classe per la scuola secondaria di primo e di secondo grado, ai sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297. All'adozione dei libri di testo partecipa anche la rappresentanza dei genitori e, per la scuola secondaria di secondo grado, i rappresentanti degli studenti.
  Nondimeno, in tutti i cicli di istruzione, fin dalla scuola dell'infanzia, come previsto dal decreto ministeriale 16 novembre 2012, n. 254 (Regolamento recante indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell'infanzia e del primo ciclo d'istruzione), la storia locale è contemplata nel curricolo.
  Tanto premesso, con specifico riferimento alla Sua segnalazione, posso rassicurarla sul fatto che l'ufficio scolastico regionale per il Friuli-Venezia Giulia ha manifestato grande sensibilità sul tema.
  Difatti, a dimostrazione della volontà di far conoscere agli studenti la vera storia della Venezia Giulia, l'ufficio scolastico regionale ha comunicato che, in occasione delle celebrazioni del Centenario del Milite Ignoto all'Altare della Patria, tenutesi ad Aquileia e Redipuglia, sono state numerose le classi, a partire dalla scuola dell'infanzia fino alle secondarie, che hanno presenziato alla cerimonia con grande coinvolgimento e vivo interesse.
  A ciò l'ufficio scolastico regionale ha aggiunto di aver prontamente condotto un monitoraggio presso i 105 istituti comprensivi del Friuli Venezia Giulia allo scopo di appurare il numero degli istituti scolastici nei quali sia stato adottato il libro di testo «Studio così» e l'eventuale numero delle classi e degli alunni coinvolti. Da tale indagine è emerso che gli istituti comprensivi della regione Friuli Venezia Giulia che hanno in adozione il libro «Studio così» sono soltanto dodici, per un totale di venti classi.

Il Ministro dell'istruzione: Patrizio Bianchi.


   SCANU. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   in data 15 febbraio 2021 si teneva il concorso straordinario 2020 (DD510) per la classe di concorso A018 per titoli ed esami svolto dai docenti di scuola secondaria di II grado di filosofia e scienze umane di Lazio, Sardegna e Toscana;

   deputato a seguire l'intera procedura è stato nominato l'ufficio scolastico regionale (Usr) del Lazio;

   in data 16 luglio 2021 il Ministero dell'istruzione con un avviso rendeva noto che la commissione esaminatrice aveva completato le operazioni di valutazione allegando in ordine alfabetico i nominativi dei candidati che risultavano avere superato la prova;

   ai fini di quanto previsto dal decreto dipartimentale n. 510, articolo 14, comma 3, il Ministero invitava poi i candidati che hanno superato la prova scritta a presentare al dirigente preposto al competente Usr i titoli dichiarati nella domanda di partecipazione, non documentabili con autocertificazione o dichiarazione sostitutiva entro e non oltre quindici giorni;

   va rilevato però che a oggi, a anno scolastico oramai iniziato, l'Usr del Lazio non ha ancora pubblicato le graduatorie di merito dei vincitori del concorso;

   nonostante i lavori della Commissione relativi alla valutazione dei titoli per la classe di concorso A018 siano da tempo terminati, come comunicato dalla presidente della commissione in data 4 agosto 2021, non si ha a oggi alcuna notizia sui risultati della stessa e non si ha ancora la graduatoria di merito, suddivisa per regione, dei vincitori del concorso;

   tale situazione ha avuto gravi ripercussioni sui partecipanti consistenti nell'impossibilità di prendere parte alle operazioni di immissione in ruolo per l'anno scolastico 2021-2022 e nel depennamento del loro nominativo dagli elenchi aggiuntivi della I fascia delle graduatorie provinciali;

   paradossalmente a causa di ritardi burocratici degli uffici regionali competenti, i vincitori di un concorso pubblico nazionale come il concorso straordinario 2020 sono stati esclusi da tutte le operazioni di immissione in ruolo per l'anno scolastico 2021-2022;

   in situazioni analoghe il decreto-legge n. 73 del 2021, all'articolo 59, comma 17, ammette come termine ultimo di pubblicazione delle graduatorie del concorso ordinario «Stem» (per insegnare materie di scuola secondaria di primo e secondo grado, su posti comuni e di sostegno) la data del 30 ottobre 2021, se le stesse sono approvate per eventuali oggettive ragioni in ritardo;

   sarebbe quindi altrettanto opportuno che tale proroga venisse applicata anche ai candidati vincitori del concorso straordinario in questione –:

   quali iniziative urgenti intenda assumere al fine di garantire l'immissione in ruolo per l'anno scolastico 2021-2022 dei docenti vincitori del citato concorso straordinario.
(4-10255)

  Risposta. — Rappresento, preliminarmente, che la graduatoria del concorso straordinario per la disciplina A018 «Filosofia e scienze umane» è stata approvata il 21 settembre 2021.
  Inoltre, è importante precisare che è stato rispettato anche il termine ordinario di sei mesi per lo svolgimento dei lavori della commissione. A conferma di ciò, l'elenco dei candidati che ha superato le prove scritte è stato predisposto il 16 luglio 2021.
  A partire da tale momento, occorre aggiungere il tempo occorrente, pari a quindici giorni, per acquisire i titoli non autocertificabili al fine di sottoporli alla valutazione della commissione, nonché per verificare i requisiti e i punteggi a cura dell'ufficio scolastico regionale.
  La commissione ha terminato la valutazione dei titoli, e con essa il proprio lavoro, a inizio agosto, momento dal quale è iniziato il lavoro dell'ufficio scolastico regionale per la verifica dei requisiti di partecipazione, oltre che dei punteggi attribuiti ai titoli.
  Evidenzio, altresì, come l'approvazione della graduatoria a settembre, a soli sette mesi di distanza dagli scritti, sia stata il risultato di un intenso lavoro da parte della commissione e del personale dell'Usr Lazio.
  Ciò è ancora più evidente se si tiene conto che l'ufficio scolastico regionale per il Lazio ha gestito più di 180 concorsi, sia per il proprio territorio sia per altre regioni, i quali sono quasi tutti giunti al termine della correzione degli scritti subito prima dell'avvio delle immissioni in ruolo, circostanza che ha determinato un forte aggravio per le attività dell'Usr.
  Cionondimeno, si è ritenuto di intervenire anche per questa tipologia di candidati. Infatti, l'articolo 1, comma 958, della legge di bilancio 30 dicembre 2021, n. 234, ha previsto l'inserimento del comma 9-ter all'articolo 59 del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni dalla legge 23 luglio 2021, n. 106, disponendo, nello specifico, che i posti comuni e di sostegno residuati dopo le operazioni di cui al comma 4 del medesimo articolo 59, sono utilizzati alle immissioni in ruolo, fino al 15 febbraio 2022, dei soggetti inseriti nelle graduatorie della procedura concorsuale straordinaria limitatamente alle classi di concorso per le quali la pubblicazione delle graduatorie sia avvenuta tra il 31 agosto e il 30 novembre 2021 (cosiddette graduatorie tardive), proprio quelle oggetto della sua interrogazione.
  Tale disposizione consente, quindi, di iniziare da subito a scorrere la graduatoria, mediante nomine in ruolo con decorrenza giuridica ed economica dal 1° settembre 2022.

Il Ministro dell'istruzione: Patrizio Bianchi.


   SPENA. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   l'attività didattica è appena ripresa e si registra nuovamente il fenomeno delle classi sovraffollate che, seppure ridotto, non risulta ancora del tutto superato: in Italia, sarebbero 13.761 le classi che si trovano in queste condizioni, frequentate da quasi 400 mila studenti;

   il problema, che riguarderebbe 605 sezioni della scuola dell'infanzia, 92 nella secondaria di primo grado, 715 nella scuola secondaria di secondo grado, è imputabile a più cause, prima tra tutte l'inadeguatezza del numero degli insegnanti e, in alcuni contesti, la carenza di spazi disponibili per lo svolgimento delle attività didattiche;

   nel Lazio sarebbero necessari ulteriori 2.800 docenti, di cui ben 1.600 solo a Roma e provincia;

   le criticità maggiori si riscontrano, infatti, nella città metropolitana di Roma, dove mancano anche 700 unità di personale ausiliario, tecnico e amministrativo. A causa delle cattedre scoperte, in numerosi istituti è stato necessario prevedere la riduzione dell'orario curriculare ma, fatto ancor più grave, è che le carenze maggiori riguardano gli insegnanti di sostegno che rappresentano figure professionali fondamentali per garantire concretamente l'inclusione e la partecipazione degli alunni con disabilità, che sono i primi a pagare per i disagi e i disservizi;

   diversi i casi particolari che si possono segnalare:

    a quanto risulta all'interrogante, nell'istituto Dante Alighieri di Roma, non sarebbe stata autorizzata la formazione di 6 classi prime con 18 alunni, idonee per la didattica, mentre sarebbero state autorizzate soltanto 4 seconde con 27 studenti;

    nell'istituto comprensivo via San Biagio Platani, a Torre Gaia, a Roma, a causa delle 30 cattedre ancora da assegnare, sarebbe stato necessario ricorrere all'adozione dell'orario ridotto fino a ottobre 2021, mettendo a rischio la formazione di numerosi alunni fragili –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di dover adottare con urgenza iniziative per garantire il regolare svolgimento dell'attività didattica in tutte le scuole, con particolare attenzione per la città metropolitana di Roma per quanto espresso in premessa, intervenendo in maniera puntuale sia sulla carenza di personale docente e Ata – anche prevedendo meccanismi assunzionali temporanei eccezionali – sia adottando iniziative, per quanto di competenza, affinché le istituzioni locali responsabili individuino edifici e spazi di proprietà pubblica prontamente utilizzabili per ospitare classi e svolgere attività didattica, garantendo, in tal modo, il rispetto dei fondamentali diritti allo studio e alla salute, tanto più oggi che, come da più parti rilevato, gli alunni e gli studenti stanno ancora pagando il prezzo di un impoverimento del livello degli apprendimenti derivante dalle misure adottate per il contenimento del COVID-19.
(4-10287)

  Risposta. — In merito alla questione in esame occorre innanzitutto premettere che in tema di numero minimo e massimo di alunni per classe il riferimento normativo è il decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81, che stabilisce, agli articoli 9, 10, 11 e 16, che si possono costituire classi fino a 26-29 alunni nella scuola dell'infanzia, fino a 26-27 alunni nella scuola primaria, fino a 27-30 studenti nella scuola secondaria di primo grado e fino a 27-30 nella scuola secondaria di secondo grado (salva la deroga del 10 per cento prevista dall'articolo 4 per ogni ordine di scuola).
  In merito alla quota parte dell'organico assegnata all'ufficio scolastico regionale per il Lazio, la stessa è determinata da decreti interministeriali adottati con cadenza annuale, in base a parametri oggettivi e riscontrabili rappresentati dal numero di studenti e di classi.
  Proprio tali decreti hanno permesso all'Usr Lazio di allineare i requisiti quantitativi di organico assegnato alle esigenze di garanzia del rispetto dei parametri di legge.
  Invero, l'Usr precisa, altresì, che la numerosità media delle classi è anche inferiore rispetto a quanto previsto: meno di 17 studenti alla scuola primaria e 19 alla secondaria di primo grado e di secondo grado.
  Pertanto, l'Usr ha dichiarato che in soli due casi è stato necessario intervenire per sdoppiare le classi, riconducendole così ai limiti fissati dal menzionato regolamento.
  Va, tuttavia, precisato che, in entrambi i casi, si trattava di classi formate inizialmente nei limiti di legge, poi incrementate numericamente a causa di iscrizioni tardive.
  D'altronde l'Usr Lazio ha già in più occasioni ribadito che provvederà a dividere le classi che dovessero superare i limiti indicati nel regolamento, anche nel caso di iscrizioni tardive.
  In relazione alla lamentata assenza di docenti di sostegno, l'Usr Lazio ha chiarito che per l'anno scolastico 2021/2022 ha autorizzato, sin da giugno, il più alto contingente di posti in deroga, mai assegnato. Nello specifico si tratta di ben 9.038 posti che si aggiungono agli 11.000 posti di organico di diritto e ai 788 posti di potenziamento.
  Nondimeno, lo stesso Usr ha assicurato la disponibilità a incrementare, in qualsiasi momento, tale organico in ragione di nuove ed ulteriori certificazioni di disabilità.
  L'Usr per il Lazio ha, altresì, precisato che i posti sono stati tutti coperti attraverso le nomine in ruolo o mediante contratti a tempo determinato.
  Tuttavia, lo stesso ha aggiunto che sono pervenute numerose rinunce alle proposte di incarico, che gli uffici provinciali hanno provveduto a rilevare, al fine di procedere, periodicamente, a nuove nomine, con lo scorrimento delle graduatorie.
  Durante tale lasso temporale le istituzioni scolastiche ricorrono alle graduatorie di istituto, come si è verificato per i posti comuni, seppur con dimensioni inferiori.
  Con riferimento all'istituto comprensivo di Torre Gaia, i posti rimasti vacanti a causa delle rinunce sono stati coperti, a cura del dirigente scolastico, con supplenze brevi.
  Successivamente, attraverso lo scorrimento delle graduatorie, l'Usr ha coperto tali posti con supplenze più lunghe.
  Infine, relativamente all'istituto Dante Alighieri, l'Usr ha specificato che le 4 classi seconde formate ciascuna da 27 studenti sono conformi a quanto previsto dal citato decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 2009, n. 81.
  Conseguentemente l'eventuale formazione di classi da 18 studenti, come auspicato dall'interrogante, avrebbe rappresentato una violazione dei parametri previsti dallo stesso decreto.
  In ogni caso, alla luce della sensibilità del tema, nonché del fatto che questo è stato oggetto nel tempo di un numero considerevole di proposte di legge e di un ampio e approfondito dibattito in sede politica e parlamentare, Le posso assicurare, che il Ministero pone grande attenzione alla questione e sta intervenendo con misure di medio e lungo termine per rispondere efficacemente alle diverse problematiche emerse.

Il Ministro dell'istruzione: Patrizio Bianchi.


   SPENA. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   da quanto emerge in un dossier di Tuttoscuola, nell'ultimo anno, hanno chiuso definitivamente i battenti 226 scuole dell'infanzia paritarie;

   questi numeri, pur in peggioramento per via dello scoppio della pandemia, si inseriscono in un trend negativo che ha visto negli ultimi otto anni la chiusura di ben 1.301 istituti dell'infanzia, il 13,3 per cento dei 9.769 attivi nel biennio 2012-2013;

   la crisi del settore ha interessato soprattutto le regioni meridionali dove sono stati 820 gli istituti che hanno cessato l'attività negli ultimi otto anni, contribuendo a incrementare quel divario territoriale nell'erogazione dei servizi educativi che il Piano nazionale di ripresa e resistenza si propone di ridurre;

   con decreto ministeriale n. 258 del 6 agosto 2021, il Ministero dell'istruzione ha ricostituito la Commissione nazionale per il sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita a sei anni, che è composta da esperti in materia di educazione e di istruzione delle bambine e dei bambini dalla nascita fino all'ingresso nella scuola dell'obbligo, individuati dal Ministero stesso e dalla Conferenza Unificata –:

   se, alla luce della legge n. 62 del 2000 in base a cui «le scuole paritarie corrispondono agli ordinamenti generali dell'istruzione, sono coerenti con la domanda formativa delle famiglie e sono caratterizzate da requisiti di qualità ed efficacia», non ritenga opportuno stabilire un'interlocuzione diretta e costante con le associazioni di categoria delle scuole dell'infanzia non statali più rappresentative nell'ambito delle attività della Commissione nazionale per il sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita a sei anni;

   se, alla luce di quanto riportato in premessa, non intenda adottare iniziative di competenza a sostegno del settore delle scuole dell'infanzia paritarie per scongiurare un aumento del numero delle chiusure.
(4-10434)

  Risposta. — Relativamente al tema oggetto dell'interrogazione, Le preciso che nella legge 30 dicembre 2020, n. 178, recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023» sul capitolo 1477 a titolo di «Contributi alle scuole paritarie comprese quelle della Valle D'Aosta» sono stati stanziati più di 627 milioni di euro, di cui più di 513 milioni di euro a favore delle scuole paritarie di ogni ordine e grado e più di 113 milioni di euro destinati agli alunni diversamente abili per l'anno scolastico 2020/2021.
  Oltre ai citati fondi annuali ordinari, al fine di fronteggiare la situazione emergenziale derivante da COVID-19, sono state stanziate ulteriori importanti risorse.
  Nello specifico il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, ed in particolare all'articolo 77, prevede l'importo 3,7 milioni di euro a favore delle scuole paritarie autorizzata al fine di consentire alle stesse di dotarsi di materiali per la pulizia straordinaria dei locali, nonché di dispositivi di protezione e igiene personali, sia per il personale sia per gli studenti.
  Il citato decreto, all'articolo 120, ha, inoltre, destinato alle scuole paritarie, anche la somma di 2 milioni di euro nell'anno 2020, per l'acquisto di piattaforme e di strumenti digitali utili per l'apprendimento a distanza e per mettere a disposizione degli studenti meno abbienti, in comodato d'uso, dispositivi digitali individuali per la fruizione delle suddette piattaforme, nonché per la necessaria connettività di rete.
  L'articolo 233, comma 3 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 ha poi stabilito l'erogazione di un contributo complessivo di 165 milioni di euro nell'anno 2020, a titolo di sostegno economico per la riduzione o il mancato versamento delle rette o delle compartecipazioni comunque denominate, da parte dei fruitori, determinato dalla sospensione dei servizi in presenza a seguito delle misure adottate per contrastare la diffusione del COVID-19 in favore dei servizi educativi e delle istituzioni scolastiche dell'infanzia non statali.
  I suddetti fondi sono stati ripartiti tra gli uffici scolastici regionali per la conseguente successiva erogazione alle singole scuole paritarie per quanto di rispettiva competenza territoriale.
  Ancora, il decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73 convertito, con modificazioni, dalla legge del 23 luglio 2021, n. 106, all'articolo 58 comma 5, stanzia a favore delle scuole dell'infanzia, delle scuole primarie e secondarie paritarie, un contributo complessivo pari a 60 milioni di euro nell'anno 2021, dei quali 10 milioni di euro a favore delle scuole dell'infanzia, al fine di contenere il rischio epidemiologico in relazione all'avvio dell'anno scolastico 2021/2022.
  A quanto fin qui illustrato aggiungo che, come noto, il decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, all'articolo 12, ha previsto l'istituzione di un fondo nazionale per il Sistema integrato di educazione e di istruzione.
  Il Fondo – incrementato stabilmente di 309 milioni di euro annui a partire dal 2021 – viene erogato dal Ministero dell'istruzione, a titolo di cofinanziamento della programmazione regionale dei servizi educativi per l'infanzia e delle scuole dell'infanzia, direttamente ai comuni ed è volto a finanziare interventi di edilizia, spese di gestione in quota parte, formazione continua in servizio del personale educativo e docente, nonché promozione dei coordinamenti pedagogici territoriali.
  Nell'ambito delle finalità e degli obiettivi del fondo indicati a livello nazionale, sopra richiamati, è importante precisare che sono le regioni e gli enti locali a stabilire la destinazione delle risorse in base alle necessità e alle priorità di intervento, assegnandole ai servizi educativi e alle scuole dell'infanzia pubbliche e private paritarie.
  Da ultimo, il piano di azione nazionale per l'attuazione del sistema integrato prevede, a partire dal 2021, la destinazione di una «quota perequativa» pari al 20 per cento dell'ammontare complessivo delle risorse statali alle regioni con una percentuale di copertura dei servizi educativi per l'infanzia inferiore alla media nazionale, secondo i più recenti dati Istat, che, fatta eccezione per la provincia autonoma di Bolzano, sono tutte del Sud Italia.
  Tale quota perequativa è stata prevista annualmente nei decreti di riparto a partire dal 2018 ed è stata progressivamente aumentata fino a raggiungere l'importo di 61.800.000,00 euro dal 2022 in poi.
  Infine, è stata recentemente approvata la legge di bilancio 30 dicembre 2021, n. 234, in cui all'articolo 1, comma 328, si prevede, per il 2022, un contributo aggiuntivo di euro 20 milioni destinato alle scuole paritarie dell'infanzia.

Il Ministro dell'istruzione: Patrizio Bianchi.


   TORTO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nella mattinata del 17 agosto 2021 presso la casa circondariale di Pescara si è verificata l'evasione di due detenuti;

   secondo le prime notizie emerse sembrerebbe che i detenuti siano riusciti a scavalcare il doppio muro di recinzione durante l'ora di passeggiata;

   in data 11 luglio 2021 nella stessa casa circondariale di Pescara si verificò un'evasione di un detenuto, catturato dopo 8 giorni;

   nei giorni successivi l'evasione di luglio 2021 l'interrogante si è recato personalmente a fare una visita presso la casa circondariale di Pescara. In occasione della visita ho avuto la possibilità di verificare alcune carenze di tipo strutturale dell'istituto penitenziario, tra cui spiccava la presenza di un tubo di grondaia a ridosso delle mura del cortile esterno, su cui è possibile anche arrampicarsi con estrema facilità;

   non sono solo i limiti strutturali che possono pregiudicare la piena efficienza dell'istituto penitenziario di Pescara, ma anche l'evidente carenza di personale della polizia penitenziaria. Infatti al 19 luglio 2021, a fronte di un organico previsto di 167 unità, risultava una forza operativa di polizia penitenziaria di sole 110 unità;

   a giudizio dell'interrogante alcuni limiti della struttura penitenziaria andrebbero sanati in brevissimo tempo;

   la carenza di personale certamente aggrava la nota carenza della struttura penitenziaria di Pescara favorendo fughe di detenuti, ma anche possibili incidenti all'interno della stessa casa circondariale di Pescara;

   tali limiti possono compromettere l'incolumità del personale di polizia penitenziaria, ma anche dei cittadini e degli stessi detenuti –:

   con quali dinamiche sia avvenuta l'evasione del 17 agosto 2021;

   quale sia l'organico operativo presso la casa circondariale di Pescara e quale dovrebbe essere quello previsto per la stessa struttura;

   se in seguito all'evasione avvenuta in data 11 luglio 2021 l'Amministrazione penitenziaria sia intervenuta per sanare alcuni limiti strutturali evidenti, tra cui anche la grondaia presente nel cortile all'aperto interno all'istituto penitenziario;

   quali iniziative di competenza saranno intraprese per aumentare la sicurezza dell'istituto penitenziario di Pescara sia in termini di limiti strutturali che di personale effettivamente operativo.
(4-10082)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante, preso spunto dall'evasione di due detenuti dal carcere di Pescara, occorsa nel mese di agosto, rileva criticità di tipo strutturale del penitenziario, ed evidenzia la carenza dell'organico della polizia penitenziaria nonché di altre figure quali lo psichiatra, così sollevando quesiti sulle iniziative che si intendano perciò assumere, soprattutto in termini di aumento degli organici.
  L'evasione si è verificata il mattino del 17 agosto 2021, allorquando due detenuti, all'atto dell'immissione al cortile passeggio, scavalcavano sia il muro del cortile interno sia il muro di cinta dell'istituto, dandosi alla fuga.
  Nonostante l'evento si sia svolto nell'arco di pochi minuti, i tempi di reazione del personale sono stati adeguati, con pressoché immediato allarme, tanto da individuare i due detenuti che correvano lungo il muro.
  Nel frangente la polizia penitenziaria non ha fatto uso di armi, ritenendo di non trovarsi nelle condizioni di dover resistere a una violenza o intervenire a protezione dell'incolumità di terzi.
  Del resto, attivate le debite ricerche, risulta che alle 19:15 dello stesso giorno gli evasi venivano tratti in arresto da parte della squadra mobile di Pescara.
  Già il giorno successivo il provveditore regionale ha provveduto a svolgere una visita ispettiva urgente onde meglio comprendere gli esatti contorni della vicenda.
  Quanto alle riferite carenze strutturali, onde limitarne le conseguenze negative, già lo scorso anno sono stati effettuati, in particolare, interventi di implementazione di videosorveglianza e interventi di ripristino delle automazioni dei cancelli di sbarramento.
  Ulteriori iniziative in tal senso erano state avviate all'indomani di una precedente evasione, avvenuta nel mese di luglio, tanto che con richiesta del 26 luglio 2021, la direzione aveva ordinato ad una ditta esterna materiale finalizzato ad implementare le relative recinzioni; materiale poi consegnato soltanto nella settimana decorrente dal 16 agosto ed attualmente utilizzato.
  La direzione ha provveduto, altresì, a rimuovere il pluviale dalla corte di disimpegno che porta al cortile passeggio del reparto giudiziario; tale corte è stata poi chiusa superiormente con una rete metallica elettrosaldata, che funge quindi da coperchio.
  Sono programmati ulteriori interventi finalizzati all'implementazione dell'impianto idrico, dell'impianto di illuminazione esterna e del gruppo elettrogeno, nonché sono stati realizzati i box agenti e si è provveduto alla messa in sicurezza dei controsoffitti, alla copertura degli atri esterni adiacenti ai cortili passeggio e al posizionamento dell'offendicula (filo spinato).
  Le soluzioni logistiche appena descritte saranno integrate dai lavori urgenti di manutenzione straordinaria per l'implementazione dei dispositivi di sicurezza perimetrale mediante telecamere termiche e barriere da esterno, tuttora in corso.
  Per completezza, si evidenzia che il competente Ufficio della direzione generale del personale e delle risorse ha assicurato il finanziamento degli interventi di seguito elencati e inseriti nella programmazione 2021-2023 del provveditorato regionale in esame, riguardanti i sistemi di videosorveglianza interni ed esterni, volti ad aumentare la sicurezza penitenziaria dell'istituto.
  È stata riconfermata la copertura finanziaria di € 150.000 (già autorizzata con nota 4 settembre 2020, n. 307309) da corrispondere direttamente al provveditorato per il ripristino dell'impianto antiscavalcamento e per gli interventi sul locale portineria, con riattivazione del sistema di allarme con la questura; tali lavori saranno realizzati, come assicurato dal competente provveditorato, entro il corrente anno;
  Ancora, è stato assicurato, altresì, uno stanziamento aggiuntivo di euro 180.000 per il 2022 per vari interventi di ripristino della sicurezza penitenziaria, richiesti dalla direzione dell'istituto, tra cui, figurano anche le manutenzioni straordinarie sull'illuminazione esterna, la creazione di box agenti, la messa in sicurezza dei controsoffitti e la videosorveglianza in alcuni reparti e palazzine.
  Infine, è in valutazione la possibilità di inserire nella programmazione dell'edilizia penitenziaria per il 2022 un ampio intervento di risanamento, consolidamento e adeguamento dell'altezza del muro di cinta perimetrale, dei muri dei cortili, delle recinzioni e di altri elementi di difesa passiva, per un importo stimato in circa euro 2.000.000.
  Ciò riferito, trattando dell'annosa tematica della carenza degli organici e del conseguente sovraccarico di impegno richiesto al personale presente, come più volte ribadito, è indubbio che l'opera della polizia penitenziaria e degli operatori in genere sia di primaria importanza, per la sicurezza interna così come per quella esterna, di cui costituiscono primo baluardo, ma altresì per l'alto contributo che forniscono nell'attività di rieducazione e reinserimento dei condannati nel consorzio sociale.
  Il Ministero, pertanto, pone forte attenzione alle esigenze di garantire, per quanto possibile, un efficace
turn over del personale, risultando indubbie le criticità evidenziate e derivanti da organici ridotti o comunque fortemente limitati.
  Come riferito in sede di risposta ad analoghe interrogazioni sul tema dell'organico del corpo della polizia penitenziaria, si rappresenta che la riduzione complessiva degli organici operata dalla cosiddetta legge Madia e rivista dal successivo intervento normativo ha rimodulato la dotazione complessiva del corpo della polizia penitenziaria che, ad oggi, conta 41.202.
  Quanto all'organico di polizia penitenziaria del carcere di Pescara effettivamente si rileva una corposa differenza formale di 48 unità tra la dotazione organica prevista, pari a 167 unità e quella formalmente amministrata, pari a 119.
  Tuttavia, in ragione delle unità distaccate in entrata, pari a 6, ed in uscita, pari a 14, la forza in concreto presente è pari a 102, inferiore, dunque, di n. 65 unità rispetto a quella prevista.
  L'analisi della situazione dell'organico dell'istituto penitenziario in oggetto rileva che la carenza maggiore si riferisce al ruolo degli agenti/assistenti (-35) e dei sovrintendenti (-10).
  A tal riguardo, sono già state attivate e concluse le procedure per il concorso interno a complessivi n. 2.851 posti e sono in corso le procedure relative ad ulteriore concorso interno, per titoli, a n. 583 posti relativi alle vacanze disponibili nel periodo compreso fra il 31 dicembre 2018 e il 31 dicembre 2020; sono state nominate la Commissione esaminatrice e le sottocommissioni per la valutazione dei titoli.
  Con riguardo, invece, al ruolo degli agenti/assistenti, si evidenzia che l'organico della casa circondariale di Pescara è stato incrementato in occasione dei piani di mobilità elaborati a seguito delle ultime assegnazioni dei corsi per allievi agenti (175°, 176°, 177° e 178° corso), per un totale complessivo di n. 24 unità maschili.
  Inoltre, è in corso l'assunzione di 650 allievi agenti, ai sensi dell'articolo 259-
bis n. decreto-legge n. 34 del 2020, mediante scorrimento, in via prioritaria, della graduatoria degli idonei del concorso pubblico a complessivi 302 posti (elevati a 376) di allievo agente del Corpo di polizia penitenziaria maschile e femminile.
  Infine è in atto il concorso pubblico per 976 allievi agenti, elevato a n. 996, in ordine al quale il 30 dicembre 2021 ha avuto inizio il 180° corso di formazione.
  Pertanto, all'esito delle suddette procedure, la competente direzione generale del personale e delle risorse potrà valutare le carenze organiche che connotano il penitenziario di Pescara, attraverso l'eventuale attribuzione di un congruo numero di unità.
  Quanto sopra contribuirà ad alleviare le difficoltà inerenti le carenze di organico evidenziate.

La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.


   VALLASCAS. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:

   sulla Gazzetta Ufficiale n. 27 del 6 aprile 2021, è stato pubblicato il bando relativo al «Concorso pubblico per il reclutamento a tempo determinato di 2800 unità di personale non dirigenziale di Area III – F1 o categorie equiparate nelle amministrazioni pubbliche con ruolo di coordinamento nazionale nell'ambito degli interventi previsti dalla politica di coesione dell'Unione europea e nazionale per i cicli di programmazione 2014-2020 e 2021-2027, nelle autorità di gestione, negli organismi intermedi e nei soggetti beneficiari delle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia»;

   si tratterebbe, secondo quanto riportano alcuni organi di stampa, «di 2.800 posti per tecnici specializzati nelle Politiche di coesione» con comprovata esperienza nel settore (e non neolaureati) «che dovrebbero essere assunti a luglio per gestire i fondi comunitari del Recovery Fund» e, in considerazione dell'urgenza di predisporre un apparato tecnico-amministrativo in grado di gestire con efficienza le risorse europee «il ministro mette in piedi un concorso che in cento giorni dovrebbe portare all'assunzione dei migliori su piazza»;

   da quanto hanno riportato numerosi organi di stampa, sembrerebbe che nelle procedure concorsuali, gestite da FormezaPA, ci siano state diverse anomalie, tanto che alcuni candidati avrebbero fatto ricorso al Tar del Lazio, mentre altri concorrenti avrebbero minacciato di avviare una class action;

   sembrerebbe, infatti, che degli 8.500 candidati selezionati in base ai titoli di studio e, soprattutto, professionali – che avrebbero dovuto attestare la competenza acquisita sul campo, viste le finalità della selezione – soltanto una minima parte (821), sarebbero risultati idonei all'assunzione, dopo aver sostenuto delle prove scritte, tra il 9 e l'11 giugno 2021, che alcuni giornali hanno definito «astruse con limiti di punteggio che probabilmente non produrranno risultati apprezzabili», risultati che, tra l'altro, «non vengono pubblicati»;

   considerata l'esiguità dei candidati risultati idonei, e comunque in numero insufficiente a ricoprire i posti messi a concorso, il dipartimento della funzione pubblica avrebbe riaperto il bando, con una seconda prova scritta riservata unicamente a circa 70 mila candidati, precedentemente esclusi dalla selezione per titoli di studio e professionali, perché sprovvisti di questi ultimi, quando il concorso era rivolto al reclutamento di professionisti di comprovata esperienza;

   questa circostanza avrebbe determinato una disparità di trattamento tra candidati, per quanto concerne i titoli richiesti, disparità aggravata dal diverso grado di difficoltà delle prove;

   a questo proposito, secondo alcuni organi di stampa, sarebbe «Palese la disparità di trattamento anche e soprattutto nelle prove concorsuali, con domande “accessibili” solo per la seconda tipologia di candidati, rispetto alle precedenti, indecifrabili, piene di refusi e decontestualizzate sottoposte invece ai primi, più “titolati”, per le quali si attende ancora, non solo la pubblicazione dei quesiti (per il principio di trasparenza) per cogliere le differenze tra le prove, ma anche per rendere tutti edotti dei risultati che non sono stati ancora pubblicati»;

   quanto esposto può determinare, nel caso corrispondesse al vero, una situazione di grave e inaccettabile disparità di trattamento tra candidati a un pubblico concorso, nonché di dequalificazione professionale, con ripercussioni preoccupanti sulla gestione delle ingenti risorse del Recovery Fund, posto che il concorso era riservato a tecnici specializzati nelle politiche di coesione con comprovata esperienza nel settore (e non neolaureati) –:

   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;

   se non si ritenga opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a revocare le procedure concorsuali al fine di bandirne di nuove, ovvero, per reclutare direttamente le unità lavorative direttamente dalle graduatorie dei circa 8.500 candidati idonei con la selezione per titoli di studio e professionali.
(4-10345)

  Risposta. — Rispondo all'interrogazione in esame, riguardante la rettifica del bando per il Concorso Coesione, disposta con provvedimento della Presidenza del Consiglio dei ministri, dipartimento della funzione pubblica, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 46 in data 11 giugno 2021 che ha previsto l'ammissione alla prova scritta di tutti i candidati precedentemente valutati per titoli e non ammessi alla successiva fase della procedura.
  Con l'atto di sindacato ispettivo in esame si chiedono al Governo delucidazioni in merito alla menzionata rettifica, suggerendo l'opportunità di «assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a revocare le procedure concorsuali al fine di bandirne di nuove, ovvero, per reclutare direttamente le unità lavorative direttamente dalle graduatorie dei circa 8.500 idonei con la selezione per titoli di studio e professionali».
  La proposta dell'interrogante non può essere accolta, per le ragioni appresso indicate.
  Com'è noto, la procedura comparativa in oggetto è stata bandita con provvedimento pubblicato in
Gazzetta Ufficiale n. 27 6 aprile 2021 – 4a Serie speciale Concorsi ed esami. La lex specialis prevedeva che il concorso si articolasse in una valutazione per titoli (professionali e di studio) e in una «fase selettiva scritta, [...] riservata a un numero massimo di candidati pari a tre volte il numero dei posti messi a concorso per singolo profilo oltre eventuali ex aequo» (articolo 3 del bando).
  A seguito dell'ammissione delle domande è stata avviata la valutazione dei titoli, conclusa con l'ammissione di 8.500 candidati giudicati idonei e conseguentemente ammessi alla prova scritta. Successivamente, tra il 9 e l'11 giugno 2021, tali candidati hanno sostenuto l'esame scritto.
  A questo punto, la Presidenza del Consiglio dei ministri, dipartimento della funzione pubblica, ha emanato il già citato provvedimento di rettifica della
lex specialis, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 46 in data 11 giugno 2021, motivato sulla base di diversi ordini di ragioni.
  In primo luogo, i dati registrati sull'affluenza a livello nazionale alle prove di esame svolte sino ad allora evidenziavano una partecipazione dei candidati convocati inferiore al 65 per cento, che in alcune regioni (regione Lazio e regione Puglia) era stata addirittura inferiore al 50 per cento. Di conseguenza, si era resa ineludibile la necessità di assicurare che il numero dei candidati in posizione utile nella graduatoria finale di merito fosse tale da consentire, nella misura massima possibile, la copertura dei posti banditi.
  In secondo luogo, si era reso opportuno incrementare il numero dei candidati in posizione utile nella graduatoria finale di merito al fine di soddisfare il fabbisogno di personale necessario all'attuazione dei progetti di competenza delle amministrazioni titolari di interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, anche alla luce del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, al tempo recentemente promulgato.
  Per tali ragioni, il dipartimento della funzione pubblica ha ritenuto opportuno agire in autotutela per rettificare la
lex specialis, al fine di riammettere alla fase selettiva scritta anche quei candidati che – pur essendo in possesso dei requisiti di accesso al concorso – non avevano conseguito un punteggio abbastanza elevato nella iniziale valutazione per titoli. Invero, non si trattava di candidati privi dei requisiti, né di candidati sprovvisti di titoli di studio e professionali ulteriori; semplicemente, erano candidati che – in ottica comparativa – erano risultati peggiori rispetto agli altri inizialmente selezionati, pur disponendo di una comprovata esperienza valorizzabile a fini lavorativi.
  La decisione di agire quindi in autotutela per le preminenti ragioni di interesse pubblico appena illustrate è stata frutto di un attento bilanciamento di tutti gli interessi in gioco, pubblici, privati o collettivi che fossero. A riprova di ciò, anche il giudice amministrativo, chiamato ad esprimersi sulla vicenda, ha suffragato le scelte dell'amministrazione.
  Il Tar Lazio, nella sede di Roma, con l'ordinanza 13 luglio 2021, n. 3833, ha infatti stabilito che «il provvedimento di rettifica [...], nell'ammettere alla prova scritta tutti i candidati valutati ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera
a) del bando, non incide sui requisiti di ammissione, che restano inalterati, né muta gli elementi e i valori della selezione (titoli e prova scritta), così come originariamente previsti dal bando, il che esclude la prospettata lesione della “par condicio” dei concorrenti». Su tali basi il giudice ha rigettato la domanda cautelare proposta da alcuni candidati e, di conseguenza, il Concorso Coesione ha potuto proseguire proficuamente.
  Al termine della vicenda appena illustrata, vale a dire nel luglio 2021, si è concluso il concorso in questione e sono state pubblicate le graduatorie di merito per ciascun profilo professionale richiesto, attualmente consultabili al
link http://riqualificazione.formez.it/content/concorso-pubblico-reclutamento-2800-tecnici-tempo-determinato-regioni-sud-graduatorie.
  Per le ragioni esposte, in conclusione, si ritiene che lo svolgimento del Concorso Coesione, così come la scelta
medio tempore effettuata di rettificare il bando, non siano stati affetti da alcuna illegittimità e, anzi, abbiano correttamente interpretato il preminente interesse pubblico delle amministrazioni coinvolte, come tra l'altro affermato anche dal giudice amministrativo nei menzionati provvedimenti giurisdizionali.
  Ad ogni modo, attualmente, non sarebbe nemmeno più concepibile la possibilità di agire in autotutela – come prospettato dall'interrogante – dal momento che il concorso si è concluso e la fase pubblicistica della procedura comparativa si è definitivamente esaurita.
  Ferme restando tali considerazioni, si segnala che è stato pubblicato in
Gazzetta Ufficiale – 4a serie speciale Concorsi ed esami - n. 82 del 15 ottobre 2021 il bando di concorso pubblico per il reclutamento a tempo determinato di 2.022 unità di personale non dirigenziale di Area III-F1 o categorie equiparate nelle amministrazioni pubbliche con ruolo di coordinamento nazionale nell'ambito degli interventi previsti dalla politica di coesione dell'Unione europea e nazionale per i cicli di programmazione 2014-2020 e 2021-2027, nelle autorità di gestione, negli organismi intermedi e nei soggetti beneficiari delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.
  Il 1° febbraio 2022 è stato pubblicato l'avviso per l'individuazione dei componenti delle commissioni esaminatrici, che sono in corso di nomina; è stato dato mandato a Formez PA di organizzare la prova scritta nel mese di marzo 2022.
  I candidati del precedente concorso che non siano riusciti a posizionarsi utilmente in graduatoria potranno eventualmente avere nuove
chance di buona riuscita nella nuova procedura appena bandita. In questo modo, le legittime aspirazioni dei cittadini interessati a lavorare nelle pubbliche amministrazioni per il rilancio del Paese potranno essere adeguatamente soddisfatte.
Il Ministro per la pubblica amministrazione: Renato Brunetta.


   VILLANI, DEL SESTO, MARTINCIGLIO, NAPPI, BARBUTO e MANZO. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   in questi giorni sono partite ufficialmente le nomine per l'attribuzione delle supplenze annuali, nonché le nomine necessarie a garantire il regolare svolgimento dell'anno scolastico fino al suo termine, nomine che sono avvenute per la prima volta tramite una piattaforma informatica nazionale;

   l'interrogante ricorda al riguardo che con ordinanza del Ministero dell'istruzione n. 60 del 10 luglio 2021 si è entrati nella pratica attuazione delle Gps, acronimo di graduatorie provinciali per le supplenze, da utilizzare in via sussidiaria rispetto a quelle ad esaurimento, per l'assegnazione delle supplenze sino al termine delle attività didattiche o dell'anno scolastico;

   da diversi organi di stampa, oltre che da sollecitazioni di associazioni sindacali o di decenti precari della scuola, pervengono numerose segnalazioni in merito ad errori riguardo alle nomine dei supplenti da Gae e Gps o alle modalità di costituzione degli elenchi del personale docente ed educativo da reclutare;

   di fatto, il sistema per assegnare le supplenze annuali e avviare l'elaborazione delle 450 mila domande eseguite con l'algoritmo (per coprire 112 mila posti autorizzati dal Ministero dell'economia e delle finanze) ha presentato diverse criticità in tutte le regioni italiane compresa la regione dell'interrogante, la Campania;

   gli errori provocati dal sistema in uso, utilizzato per le Gps, stanno costringendo molte province alla correzione manuale con un prevedibile allungamento dei tempi e discrasie nell'attribuzione delle nomine;

   sembrerebbe che il sistema informatizzato del Ministero presenti alcune incongruenze che hanno alterato la graduatoria assegnando incarichi e nomine in maniera errata. Ancora una volta pare che l'ormai celebre algoritmo che doveva assegnare le supplenze, sia risultato fallimentare;

   tra candidati scavalcati da colleghi con punteggi inferiori, cattedre non presenti nelle disponibilità e docenti spostati da istituti e classi in cui avevano cominciato un percorso didattico, sono tante le situazioni spiacevoli che vengono segnalate;

   di fatto, il clima che si è creato è insostenibile: dagli errori più frequenti segnalati, ai reclami sulle operazioni di nomine da Gae e Gps, fino alla situazione sulla sospensione dei decreti per la presa di servizio dei supplenti annuali;

   vieppiù, ai punteggi sbagliati non si è potuto porre rimedio, perché il sistema non ha accettato le correzioni apportate dagli uffici scolastici regionali;

   ad oggi, secondo autorevoli fonti di stampa sarebbero state pubblicate le graduatorie solo in una settantina di province;

   tali problematiche stanno suscitando un enorme sconcerto e un clima di assoluta incertezza e confusione nonché una disomogeneità di trattamento di situazioni analoghe, tale da indurre molti docenti a dover adire le vie legali con evidenti esborsi economici che oggi più di ieri non si possono consentire –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare al fine di rivedere il sistema informatizzato per le supplenze, correggendo gli errori riscontrati, garantendo il diritto della posizione di graduatoria nonché la trasparenza delle operazioni, dando un chiaro segno di disponibilità verso il corpo docente e di rispetto per l'istituzione scolastica lato sensu, per un sereno avvio dell'anno scolastico.
(4-10183)

  Risposta. — La ringrazio molto per il suo quesito che mi dà modo di rappresentare che la finalità perseguita dal Ministero con l'introduzione della procedura informatizzata de quo è stata quella di garantire il regolare avvio delle lezioni per l'anno scolastico corrente, consentendo agli aspiranti docenti di avere, con notevole anticipo rispetto ai precedenti anni, evidenza immediata e completa dell'offerta di posti a disposizione e con la possibilità di ricevere – soprattutto per coloro che godono di maggiore anzianità di servizio e punteggi alti nella rispettiva graduatoria – un incarico da supplente annuale o fino al termine delle attività didattiche.
  Venendo agli aspetti tecnici della questione, la procedura informatizzata utilizza un algoritmo che rispetta le garanzie tipiche del procedimento amministrativo, in quanto operante come modulo organizzativo e strumento procedimentale istruttorio. Ciò consente - oltre ad un rigoroso rispetto dell'efficienza ed economicità dell'azione amministrativa e del principio costituzionale del buon andamento ex articolo 97 della Costituzione – di garantire agli aspiranti la piena imparzialità nell'attribuzione degli incarichi.
  Nell'ottica di garantire la maggior trasparenza e di consentire agli aspiranti di comprendere le modalità con le quali, attraverso il citato algoritmo, sono stati assegnati i posti disponibili per le supplenze, sul sito istituzionale del Ministero vi è una sezione dedicata alla procedura «Supplenze docenti 2021-2022» in cui sono stati messi a disposizione la «guida operativa alla compilazione dell'istanza» e il «focus sulla scelta delle preferenze».
  In merito alle problematiche da Lei denunciate, effettivamente, in taluni casi, i dati in ordine a punteggi, posti e preferenze forniti all'algoritmo dalle graduatorie provinciali delle supplenze (cosiddetto GPS), hanno riportato punteggi errati o numero di posti da attribuire non corrispondenti alle effettive disponibilità.
  Tra le motivazioni possiamo citare anche le inesattezze derivanti dall'inserimento di dati non sempre puntuali o allineati alle effettive disponibilità per il tipo di insegnamento.
  Inoltre, era possibile per gli uffici territoriali, intervenire sulla piattaforma ed eventualmente correggere, qualora si fosse reso necessario, i punteggi e le posizioni in graduatoria degli aspiranti.
  Nondimeno, è importante rappresentare come il Ministero sia intervenuto per correggere le disfunzioni segnalate dall'utenza, consentendone la regolarizzazione, in particolare, rispetto all'ordine di trattamento delle cosiddette graduatorie incrociate sostegno e al sistema di gestione delle priorità relative ai benefici di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 104.

Il Ministro dell'istruzione: Patrizio Bianchi.


   VILLAROSA. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per il sud e la coesione territoriale, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:

   in data 23 marzo 2021, il Ministero dell'istruzione e il Ministero dell'interno, di concerto col Ministero dell'economia e delle finanze e il Dipartimento per le politiche della famiglia, hanno emanato un avviso pubblico destinato agli enti locali, recante uno stanziamento di risorse per un totale di 700 milioni di euro da assegnare ai comuni per la messa in sicurezza, la ristrutturazione, la riqualificazione, la riconversione o la costruzione di edifici per asili nido, scuole dell'infanzia e centri polifunzionali per i servizi alla famiglia;

   nell'attribuzione dei punteggi veniva previsto un maggiore punteggio in favore dei comuni che partecipavano al finanziamento, fino ad un massimo di 10 punti; questo, di fatto, ha avvantaggiato i comuni con maggiori disponibilità economiche e meno problematiche legate ai bilanci, prevalentemente al Nord, andando a penalizzare tutti gli altri enti locali, in particolar modo quelli in dissesto o pre-dissesto;

   in base al rapporto nazionale sugli asili nido promosso da «Con i Bambini» e «Openpolis», nell'ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, sono «ampi i divari interni, non solo Nord-Sud, ma anche centri urbani – aree interne. A fronte di un Centro-Nord che, con 32 posti ogni 100 bambini, ha quasi raggiunto l'obiettivo europeo del 33 per cento, nel Mezzogiorno, i posti ogni 100 bambini sono solo 13,5, la media italiana è del 25,5 per cento. In particolare, regioni come la Sicilia (10 posti ogni 100 bambini), la Campania (9,4 posti ogni 100 bambini) e la Calabria (11 posti ogni 100 bambini) risultano essere molto indietro rispetto all'obiettivo europeo»;

   in un articolo del 21 settembre 2021 il giornale Il Messaggero titola: «La beffa dei fondi PNRR: vanno alle città più ricche.», le risorse devono rilanciare la scuola al Sud ma i cofinanziamenti le dirottano al Nord. E racconta come «se un comune, ad esempio Milano, aggiunge 3 milioni di euro ad un finanziamento dello stesso valore ottiene punti preziosi che in graduatoria gli consentono di scavalcare un altro comune, ad esempio Venafro, che ai 3 milioni di euro del bando può affiancare appena 3 mila euro» –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e delle conseguenze che la scelta di quelli che appaiono all'interrogante inaccettabili criteri di finanziamento di cui al bando citato hanno creato nelle graduatorie di finanziamento e quali iniziative di competenza intenda adottare affinché venga ridotto il divario tra nord e sud con riguardo alle risorse destinate e alla disponibilità di posti per gli asili nido.
(4-10291)

  Risposta. — Onorevole Villarosa, il Piano nazionale di ripresa e resilienza costituisce un'occasione unica per il rilancio del Mezzogiorno e per la ripresa del processo di convergenza con le aree più sviluppate del Paese, in assoluta sinergia e complementarità con la prossima programmazione dei fondi strutturali 2021-2027 e con il programma React-Eu.
  Il Piano nazionale di ripresa e resilienza tende in modo prioritario al riequilibrio territoriale e al rilancio del suo sviluppo, anche a seguito dell'emergenza pandemica ancora in corso.
  Al riguardo, si evidenzia che lo stanziamento di 700 milioni di euro per asili nido, scuole dell'infanzia e centri polifunzionali per la famiglia è avvenuto nell'ambito della legge di bilancio del 27 dicembre 2019, n. 160, come da Lei ricordato. La norma autorizzativa precedente all'emergenza COVID-19 aveva ed ha tuttora una sua specifica finalità volta alla «costruzione, ristrutturazione, messa in sicurezza e riqualificazione di asili nido, scuole dell'infanzia e centri polifunzionali per i servizi alla famiglia, con priorità per le strutture localizzate nelle aree svantaggiate del Paese e nelle periferie urbane, con lo scopo di rimuovere gli squilibri economici e sociali ivi esistenti».
  Con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 30 dicembre 2020 tali aree svantaggiate sono state individuate applicando l'indice di vulnerabilità sociale e materiale (Ivsm), calcolato dall'Istat e il cui elenco è stato proprio allegato al citato decreto.
  La procedura non era, quindi, specificatamente rivolta alle regioni del sud.
  Nondimeno, all'esito della procedura selettiva sono risultati utilmente collocati nella graduatoria provvisoria, in attesa della verifica dei requisiti dichiarati, i comuni delle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, ai quali è stato assegnato il 45 per cento delle risorse complessive, quindi al di sopra della quota di destinazione del 40 per cento al Mezzogiorno.
  Inoltre, se consideriamo ricomprese nel Mezzogiorno anche le regioni Abruzzo, Molise e Sardegna, attualmente considerate, per la programmazione europea, regioni «in transizione», tale percentuale arriva al 55 per cento.

  Del resto, vale la pena precisare che, sull'importo complessivo di risorse stanziate, il 59,43 per cento delle risorse è stato assegnato ad aree svantaggiate così come individuate applicando l'indice di vulnerabilità sociale e materiale (Ivsm), calcolato dall'Istat e che il 73,64 per cento dei comuni di tali aree svantaggiate autorizzabili sono ricompresi nelle regioni del Sud.
  Pertanto, queste risorse, che sono confluite successivamente tra i progetti in essere del Piano nazionale di ripresa e resilienza, rispettano i criteri e i requisiti per garantire la rimozione degli squilibri economici e sociali e dei divari territoriali e lo sviluppo delle aree più depresse e periferiche e del sud che, nel caso degli asili nido e delle scuole dell'infanzia, sono anche le aree che fanno registrare un maggiore
gap nella fornitura di servizi educativi per la prima infanzia e nella fascia 0-6 anni e che presentano anche un maggior livello di povertà educativa.
  Sicuramente, con la pubblicazione di un nuovo avviso nell'ambito delle nuove e specifiche risorse del PNRR saranno tenuti in debita considerazione, come peraltro già fatto nell'attuazione della norma autorizzativa richiamata e relativa al precedente avviso pubblico da 700 milioni di euro, tutti i criteri che possano concretamente favorire il raggiungimento, anche nella fascia 0-6 anni e nei servizi educativi per l'infanzia, degli obiettivi di riequilibrio territoriale e di superamento dei divari, nonché l'attivazione di oltre 246 mila nuovi posti e il raggiungimento della media europea del 33 per cento dei servizi dell'infanzia.

Il Ministro dell'istruzione: Patrizio Bianchi.