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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 15 marzo 2022

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   Le Commissioni III e VII,

   premesso che:

    alle strazianti immagini delle strade affollate dai profughi, si aggiungono quelle dei bombardamenti anche sul patrimonio culturale ucraino, e con esse, lo spettro di una nuova epurazione culturale;

    nella notte tra il 27 e il 28 febbraio 2022, è stato distrutto il memoriale dell'Olocausto di Babyn Yar e del Museo di Storia Locale di Ivankiv, causando la perdita di oltre venti opere della pittrice Maria Prymachenko;

    i bombardamenti russi hanno distrutto, poi, l'università di cultura di Kharkiv, colpendo, tra le altre cose, la simbolica piazza delle Libertà da cui si accede al Yermilov Centre, il museo di arte contemporanea tra i più importanti della regione;

    il 1° aprile 2022 l'Italia, tramite il Ministro della cultura Dario Franceschini, presiederà la riunione del Consiglio d'Europa alla quale saranno invitati tutti i Ministri della cultura dei Paesi aderenti;

    a rischio ci sono i siti patrimonio mondiale dell'Unesco: la Cattedrale di Santa Sofia a Kiev e le relative costruzioni monastiche Kyjevo-Pecers'ka Lavra, il complesso del centro storico di Leopoli, l'Antica città di Chersoneso Taurica e la sua Chora a Sebastopoli, l'arco geodetico di Struve, le antiche faggete primordiali dei Carpazi e di altre regioni d'Europa, le uniche di tipo naturalistico, la Residenza dei metropoliti bucovini e dalmati e Tserkvas in legno della regione dei Carpazi in Polonia e Ucraina. Altri siti di particolare rilevanza sono l'antica città di Tyras – antico porto commerciale del mondo antico, fondato alla fine del VI secolo a.C. – l'osservatorio astronomico di Mykolayiv, l'intero centro storico di Odessa e la mitica scalinata Potemkin;

    i musei nella capitale ucraina sono ricchi anche di opere d'arte italiane. Il Museo d'arte occidentale e orientale di Odessa a lungo è stato noto per la sua «Cattura di Cristo», che si pensa essere di Caravaggio. Nello stesso palazzo si trova il bronzo a grandezza naturale del «Mercurio a riposo» firmato sulla base in marmo grigio da Chiurazzi-Naples e quello del gladiatore borghese. Si trovano anche i gessi del «San Giorgio» di Donatello d'Orsanmichele di Firenze e della «Venere di Milo». Molte anche le tele italiane barocche, per lo più venete, come il «Capriccio» di Bernardo Bellotto, senza dimenticare – all'ingresso del Museo – Canova con il suo marmo della «Pace» che – come cita il «Giornale dell'Arte» – è stato oltraggiato con l'ingiustificabile invasione russa. La «Pace» di Canova realizzata tra il 1811 e il 1815 è un'opera dal forte valore simbolico che racchiude i segni di travagliate vicende politiche ed è stata messa al riparo. Anche la statua del Cristo è stata portata via dalla cattedrale di Leopoli e trasferita in un bunker: non succedeva dalla Seconda guerra mondiale;

    l'Ucraina è anche la patria di tante ballerine e ballerini che hanno ballato nelle gare più prestigiose, come il primo ballerino dell'Opera ucraina Oleksii Potiomkin che ha abbandonato il mondo della danza per arruolarsi e per difendere il suo Paese attaccato dalla Russia. La guerra, dunque, blocca anche la danza classica. La Royal Opera House, infatti, ha cancellato tutte le performance estive del Balletto del Bolshoi, una delle compagnie più antiche e prestigiose al mondo;

    «dobbiamo salvaguardare questo patrimonio culturale, come testimonianza del passato, ma anche come vettore di pace per il futuro, che la comunità internazionale ha il dovere di proteggere e preservare per le generazioni future», ha affermato il direttore generale dell'Unesco, Audfey Azoulay in una dichiarazione;

    la Convenzione di Faro ha finalmente introdotto il diritto, individuale e collettivo, al patrimonio culturale, affermando che ognuno può e deve «trarre beneficio dal patrimonio culturale e contribuire al suo arricchimento»;

    la cultura, i monumenti e il patrimonio storico, sia materiale che immateriale, di un Paese ne costituiscono il telaio, l'identità e la storia,

impegnano il Governo:

   a) ad attivarsi in sede internazionale per garantire la tutela del patrimonio culturale ed artistico, dell'Ucraina;

   b) ad adottare iniziative di competenza per la promozione della cultura ucraina e per l'ospitalità degli artisti ucraini.
(7-00807) «Mollicone, Delmastro Delle Vedove, Frassinetti».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:

   il drammatico conflitto che si sta consumando in Ucraina incide su molte vite e molte famiglie italiane: il riferimento è in particolare ai tanti aspiranti genitori in attesa di adottare un bambino o una bambina in Ucraina, uomini e donne in ansia prima di tutto per la vita dei piccoli, ma timorosi anche che le bombe distruggano le pratiche burocratiche e gli incartamenti che consentirebbero loro di diventare genitori;

   alcune pratiche erano state avviate, tante risultavano – prima della guerra – in dirittura d'arrivo. Dietro ad ognuna di esse ci sono mesi e mesi di attesa e di sofferenze, ma anche di speranza e gioia; i dati parlano di circa 120 famiglie attualmente in questa sorta di «limbo», in attesa di poter portare a termine la propria pratica di adozione;

   fin dallo scoppio del conflitto, a quanto si apprende da fonti della Commissione adozioni internazionali, le sentenze di adozione non si possono più eseguire. Nessun blocco ufficiale, ma l'effetto è lo stesso. Inoltre, data la possibilità che i bombardamenti colpiscano i tribunali (come stanno colpendo molti sedi istituzionali), c'è il rischio che i documenti vadano persi o rovinati, gli archivi distrutti. Tutto sarebbe da rifare;

   l'iter prevede che una volta effettuata la domanda, il Tribunale del posto emetta la relativa sentenza. Da quel momento, se la risposta è positiva, devono passare 30 giorni perché passi in giudicato. Per un mese, i genitori adottivi restano quindi in attesa sul posto. Ma la guerra ha stravolto tutto. Diverse famiglie di aspiranti madri e padri che si trovavano in Ucraina in attesa di poter partire con i propri piccoli (ad alcune famiglie mancavano pochi giorni prima dell'inizio del mese richiesto dalle norme ucraine) sono state costrette ad abbandonare il Paese e a tornare in Italia, ovviamente senza bambini;

   non ci sono più nemmeno notizie certe sullo stato di salute dei bambini in attesa di adozione; senza un corridoio umanitario è praticamente impossibile poter far espatriare i bambini in Italia. Gli stessi pulmini di aiuti vengono fermati alla frontiera. I pochi che si mettono in salvo riescono a uscire dall'Ucraina solo di nascosto, in condizioni di grande rischio –:

   quali iniziative urgenti intenda intraprendere il Governo per agevolare l'adozione di bambini ucraini da parte delle famiglie italiane che già hanno pratiche in stato avanzato di fatto bloccate dal conflitto in atto, e se intenda adottare specifiche iniziative volte a creare corridoi umanitari specifici per evacuare i bambini adottati e i piccoli senza famiglia.
(2-01454) «Marrocco, D'Attis».

Interrogazione a risposta orale:


   DE MARIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'Italia è giustamente impegnata nell'accoglienza dei profughi ucraini che fuggono dalla guerra; tante famiglie italiane stanno già ospitando profughi ucraini;

   tale accoglienza diffusa rappresenta un valore fondamentale di coesione sociale ed anche un modalità efficace per affrontare una situazione certamente complessa –:

   se non ritenga di adottare iniziative per prevedere un contributo economico a sostegno delle famiglie che accolgono profughi, individuate in coordinamento con comuni e regioni.
(3-02817)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MURONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   se in questi anni l'Italia avesse investito con coraggio sullo sviluppo delle fonti rinnovabili, oggi non sarebbe così sotto scacco del gas russo e, più in generale, non sarebbe così dipendente dalle fonti fossili;

   se lo sviluppo delle FER fosse andato avanti con lo stesso incremento annuale medio registrato nel triennio 2010-2013 (pari a 5.900 Mw l'anno), oggi l'Italia avrebbe potuto ridurre i consumi di gas metano di 20 miliardi di metri cubi l'anno, riducendo le importazioni di gas dalla Russia del 70 per cento;

   è del tutto evidente che è giunto il momento di dire basta a ogni forma di ricatto energetico e di dipendenza dalle fonti fossili; l'Italia deve velocizzare la transizione verso le rinnovabili decuplicandone la velocità di sviluppo, spingendo sull'autoproduzione energetica, semplificando gli iter autorizzativi, aggiornando la normativa e mettendo al centro i territori. A oggi l'Italia poteva essere un Paese modello sul fronte delle energie pulite e nella lotta alla crisi climatica, ma ciò non è avvenuto e al quadro attuale si è anche aggiunto il folle rincaro delle bollette che sta mettendo in ginocchio famiglie e imprese;

   a tal proposito si ricorda che nel 2022 i rincari di luce e gas costeranno alle famiglie italiane nel 2022 fino a 1.500 euro in più rispetto al 2021, con un aumento di oltre 440 euro per la luce e di oltre 550 euro per il gas. Tali rincari peseranno sulle tasche degli italiani complessivamente oltre 30 miliardi di euro in più e questi peseranno maggiormente sulle fasce di reddito medio-basse;

   bisogna invertire la rotta, come chiesto anche dalla stessa Unione europea che, nel suo piano d'azione previsto di eliminare la dipendenza dell'Unione europea dal gas russo prima del 2030, ribadendo l'importante ruolo delle energie rinnovabili. L'Italia può fare anche meglio, mettendo in campo un cambiamento strutturale e raccogliendo la proposta lanciata da Elettricità Futura di Confindustria di autorizzare entro l'estate nuovi 60 Gw di rinnovabili da realizzare nei prossimi 3 anni. Ciò permetterebbe di ridurre i costi in bolletta del 30 per cento, ma anche il fabbisogno di gas russo si ridurrebbe al 7 per cento, quantità su cui è facile trovare soluzioni alternative. Senza però dimenticare che l'altra grande pietra su cui lavorare riguarda lo «stop» ai sussidi ambientalmente dannosi;

   si evidenzia che in data 1° marzo 2022 il Consiglio della regione Lombardia ha approvato la mozione recante «Le misure di contrasto al caro bollette» presentata dalla consigliera regionale Elisabetta Strada. La mozione impegna il Presidente e la Giunta regionale a farsi promotori presso il Governo, in particolare il Ministero della transizione ecologica e il Ministero dello sviluppo economico, affinché si attivino strumenti efficaci di contenimento del caro bollette attraverso: il contrasto all'eccessiva speculazione finanziaria e alle conseguenti rendite di posizione; l'avvio di un'indagine dell'Arera sull'effettivo costo delle materie prime acquistate dagli enti gestori e se questi rispettano il reale valore mercato –:

   se e quali iniziative il Governo, per quanto di competenza, intenda intraprendere al fine di monitorare quale sia l'effettivo costo dei contratti sul gas praticati dai maggiori importatori e dalle aziende distributrici, anche tenuto conto della possibilità che si registrino indebiti vantaggi o benefici da parte di alcune imprese;

   quali elementi intenda fornire circa il vero costo delle importazioni italiane di gas, nonché quale percentuale dei contratti di fornitura sia indicizzata al petrolio piuttosto che al gas e quali parametri siano quelli utilizzati per calcolare l'indicizzazione;

   se non ritenga di adottare iniziative normative per cambiare il sistema di fissazione dei prezzi delle bollette anche intervenendo sulla tassazione degli extraprofitti delle società importatrici di gas, in modo da ridurre l'impatto della crisi sulle imprese e le famiglie italiane.
(4-11591)


   FRATOIANNI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   da un articolo del Fatto Quotidiano del 12 marzo 2022 si apprendeva che uno degli aerei Airbus della flotta di Stato del 31° Stormo era stato intitolato a Italo Balbo, che certamente è stato un aviatore così come è altrettanto vero che sia stato un convinto gerarca fascista, uno dei quadrumviri della marcia su Roma, comandante generale della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, feroce ras a Ferrara delle squadre fasciste che si resero responsabili di innumerevoli omicidi e atti di violenza contro gli oppositori del regime, che misero a ferro e fuoco sedi sindacali, sedi di quotidiani, e colpirono democratici e antifascisti in tutta l'Emilia e la Romagna, pur di conquistare il potere con la violenza;

   tale rivelazione del Fatto Quotidiano si aggiungeva a quella che l'interrogante giudica la vergognosa decisione del comune di Orbetello, anch'essa oggetto di una interrogazione parlamentare a firma dell'interrogante, che solo pochi giorni fa ha deciso di intitolare a Italo Balbo il parco dell'idroscalo cittadino;

   con una nota stampa del 14 marzo 2022 il Ministero della difesa ha comunicato di aver provveduto alla rimozione del nome di Italo Balbo dall'Airbus di Stato e annunciato che gli aerei della flotta di Stato sarebbero tornati ad esibire sulle proprie carlinghe esclusivamente le insegne della Repubblica e le sigle internazionali di riconoscimento senza nessun altro riferimento che esuli dai requisiti di identificazione richiesti in ambito internazionale;

   a parere dell'interrogante la scelta di assegnare ad un Airbus della flotta di Stato il nome di uno tra i più convinti e feroci gerarchi fascisti avrebbe dovuto costituire sin dal principio motivo di imbarazzo per i Ministeri competenti, i vertici dell'Aeronautica militare e dell'intero Governo agli occhi del mondo, senza dover attendere che la notizia diventasse di dominio pubblico;

   non risulta infatti all'interrogante che la Germania abbia mai soltanto immaginato, né a livello governativo né di apparato amministrativo o militare, di titolare strade, parchi e/o mezzi ai gerarchi nazisti e lo stesso vale per la Francia che non pare abbia mai celebrato con pubblici riconoscimenti esponenti del governo di Vichy;

   la suddetta intitolazione ha rappresentato per l'interrogante un oltraggio dei valori costituzionali e alla memoria delle vittime del regime fascista; bene ha fatto il Ministro interrogato seppur tardivamente, a disporne la rimozione;

   a parere dell'interrogante rimane comunque da appurare chi nelle nostre Forze armate, nel caso specifico nell'Aeronautica militare, abbia assunto una tale decisione e perché nessuno ha vigilato ed è intervenuto per impedire che accadesse –:

   quali iniziative di competenza si intendano assumere affinché vengano individuate le responsabilità della intitolazione di un aereo della Aeronautica militare destinato alla flotta di Stato al gerarca Italo Balbo, nonché della mancata vigilanza e del mancato intervento per impedire che ciò accadesse.
(4-11596)

CULTURA

Interrogazione a risposta immediata:


   PEDRAZZINI e ANGIOLA. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   nel gennaio 2020 il Governo ha pubblicato il Pniec – Piano nazionale integrato per l'energia e il clima – per stabilire gli obiettivi nazionali sulla riduzione del 33 per cento delle emissioni di anidride carbonica entro il 2030, sull'efficienza energetica, sulle fonti rinnovabili e sulla riduzione delle emissioni di anidride carbonica;

   a pagina 56 del documento si fa esplicito riferimento all'opportunità di favorire investimenti di revamping e repowering dell'eolico esistente con macchine più evolute ed efficienti, sfruttando la buona ventosità di siti già conosciuti e utilizzati, limitando così l'impatto sul consumo del suolo;

   in totale, dalla fine del 2021 sono stati sbloccati 1.407,3 megawatt (1,407 gigawatt) da fonti rinnovabili, ma per raggiungere gli obiettivi prefissati serve una media di 8 gigawatt l'anno nel prossimo decennio (anche se nel 2021 l'Italia ha installato solo 1 gigawatt);

   il Consiglio dei ministri del 10 marzo 2022 ha deliberato «l'ok» a sei parchi eolici, in Puglia, Basilicata e Sardegna, che assicureranno una potenza pari a 418 megawatt; un primo passo, ma non è possibile raggiungere gli 80 gigawatt di energia rinnovabile con misure episodiche e straordinarie;

   un caso emblematico è quello dell'ammodernamento del parco eolico «Nulvi Ploaghe», in provincia di Sassari, sbloccato dall'ultimo Consiglio dei ministri. La società che lo gestisce ha chiesto da tempo di renderlo più efficiente, sostituendo le 51 pale esistenti con 27 pale di nuova generazione capaci di triplicare l'energia prodotta. I comuni interessati si erano detti d'accordo, mentre si erano opposte la regione e la sovrintendenza nonostante si tratti di un impianto già esistente;

   un altro esempio è quello del parco eolico di San Bartolomeo in Galdo (Benevento) dove, dopo un lungo iter, l'azienda ha proposto di utilizzare aerogeneratori di ultima generazione, più alti e più potenti, riducendo il numero da 16 a 3. Ma la locale soprintendenza si è opposta perché bisognerà valutare come le nuove torri incideranno sul paesaggio. Quindi, paradossalmente, si realizzano le 16 pale approvate e non la soluzione a minor impatto paesaggistico –:

   in che modo il Ministro interrogato intenda agevolare, o almeno non osteggiare, lo sviluppo di impianti di energia rinnovabile, anche adottando le iniziative di competenza per ridurre gli attuali tempi medi per ottenere l'autorizzazione alla realizzazione di un impianto eolico, che si attestano a 5 anni rispetto ai 6 mesi previsti dalla normativa vigente.
(3-02818)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   APRILE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il comma 8 dell'articolo 1 della legge n. 234 del 2021 ha previsto che: «a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, l'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), di cui al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, non è dovuta dalle persone fisiche esercenti attività commerciali ed esercenti arti e professioni di cui alle lettere b) e c) del comma 1 dell'articolo 3 del medesimo decreto legislativo n. 446 del 1997»;

   con specifico riguardo alla figura del professionisti, tale previsione mette fine ad una querelle che ha dato origine a numerosi contenziosi;

   la poca chiarezza normativa in merito all'effettiva debenza dell'imposta regionale da parte di tale fascia di contribuenti, è stata, infatti, oggetto di approfondito esame giurisprudenziale, e concordi statuizioni delle commissioni tributarie hanno sancito la non debenza dell'Irap da parte di coloro che svolgono la propria attività in assenza di un'autonoma organizzazione;

   con tali statuizioni, a coloro che hanno tempestivamente adito l'autorità giudiziaria, è stato, quindi, riconosciuto il diritto ad ottenere il rimborso, da parte dell'Agenzia delle entrate, delle somme versate a titolo di Irap;

   è evidente come la previsione del richiamato comma 8 dell'articolo 1 della legge n. 234 del 30 dicembre 2021, con cui si è stabilito che, solo a partire dal 2022, i professionisti non saranno più soggetti al versamento dell'Irap, senza tener conto della situazione pregressa, abbia creato una inaccettabile disparità di trattamento;

   ed invero, lo stesso professionista che dal 2022 potrà pacificamente ritenersi esentato dal versamento dell'Irap, dovrà continuare a coltivare inutili e costosi ricorsi tributari per vedersi riconoscere tale diritto anche per gli anni precedenti;

   tale incongruenza è stata già portata all'attenzione della Camera con ordine del giorno a firma dell'interrogante accolto in data 21 febbraio 2022, in sede di esame dell'A.C. 3431 –:

   quali iniziative normative il Ministro interrogato intenda adottare per prevedere che, per le persone fisiche esercenti attività professionali, svolte in assenza di autonoma organizzazione, la previsione di cui al comma 8 dell'articolo 1 della legge n. 234 del 30 dicembre 2021, abbia effetto retroattivo, fatte salve le prescrizioni già maturate e, nelle more di tale intervento normativo, se ritenga di adottare le iniziative di competenza affinché l'Agenzia delle entrate soprassieda a qualsiasi tipo di riscossione relativamente ai detti tributi.
(5-07710)


   ALEMANNO, MARTINCIGLIO, CANCELLERI, CASO, CURRÒ, GRIMALDI, GABRIELE LORENZONI, MIGLIORINO, SCERRA, TROIANO e ZANICHELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   alla crisi sanitaria e a quella economica, conseguita all'emergenza COVID-19, si è aggiunta l'impennata dei prezzi dell'energia e del gas, con pesanti ripercussioni sulle imprese, oramai in forte difficoltà nel mantenere la propria capacità produttiva e nel far fronte al pagamento delle spese relative alle utenze;

   il sostegno ai settori previsto dal cosiddetto «decreto Sostegni-ter», non pare suscettibile di garantire in via permanente una soluzione per le categorie produttive, colpite dalla cosiddetta pandemia energetica;

   la guerra russo-ucraina ha inoltre determinato una situazione di eccezionale instabilità per il normale funzionamento del sistema nazionale di gas naturale, considerata l'importanza della quota di gas importata dalla Russia;

   l'adozione di sanzioni contro la Russia potrebbe, peraltro, determinare ulteriori rischi prospettici per il prossimo inverno e per la ordinaria campagna di iniezione di gas negli stoccaggi e, pertanto, si è prevista l'adozione di misure del Piano di emergenza del sistema italiano del gas naturale, per tutti i casi di livello emergenziale;

   nei giorni più recenti si è registrato un vertiginoso aumento dei prezzi del carburante, prodotto della raffinazione di petrolio comprato in un tempo di molto anteriore allo scoppio della crisi in Ucraina e dei conseguenti aumenti sul mercato internazionale;

   a tale riguardo, il Ministro Cingolani ha dichiarato che si sta assistendo ad un aumento ingiustificato tale per cui si tratterebbe di «una colossale truffa a spese delle imprese e dei cittadini»;

   si noti che le accise sui carburanti incidono, attualmente, per circa due terzi del valore del prodotto acquistato (0,728 euro al litro sulla benzina, 0,617 euro sul gasolio): il prezzo così calcolato è sottoposto anche all'Iva (si paga, in sostanza, un'imposta sull'imposta, perché la base per applicare l'Iva è il prezzo già comprensivo di accisa). Ne consegue che il carburante, se non ci fosse questa «componente fiscale» di accise ed Iva costerebbe un terzo rispetto a quanto pagato effettivamente –:

   al fine di contrastare un ingiustificato rialzo dei prezzi del carburante e tutelare cittadini e imprese, se e quali iniziative di competenza immediate ed efficaci intenda adottare per ridurre il peso fiscale degli aumenti del prezzo del carburante, anche considerando la possibilità, di riversare il cosiddetto extra gettito Iva per la riduzione delle accise.
(5-07711)


   OSNATO, RAMPELLI, ALBANO e BIGNAMI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   i prezzi del carburante stanno raggiungendo prezzi record e con gli aumenti dei prezzi anche del gas e dell'energia elettrica, la pressione economica sui consumatori e sulle aziende sta diventando davvero insostenibile;

   l'invasione russa in Ucraina, però, è soltanto una delle cause dell'aumento dei prezzi, legato all'andamento di molti altri indicatori che, a loro volta, possono essere influenzati direttamente o indirettamente dal conflitto in corso;

   a incidere sul prezzo dei carburanti è sicuramente l'effetto del cambio tra euro e dollaro, ma oltre al prezzo netto del combustibile, che comprende anche i costi logistici del trasporto del carburante e il guadagno dei gestori della pompa di benzina, il prezzo finale della benzina è determinato soprattutto dalle accise;

   alcune di queste sono delle imposte di scopo, introdotte dai Governi per raggiungere obiettivi ormai risolti da tempo, come, ad esempio, la ricostruzione dopo il disastro del Vajont, o dopo l'alluvione di Firenze, o dopo il terremoto del Friuli e quello dell'Irpinia, cui si somma l'Iva applicata sia sul prezzo del carburante netto sia sulle accise, di fatto una tassa sulla tassa;

   secondo la rilevazione diffusa dal Ministero della transizione ecologica relativa al 28 febbraio 2022, accise e Iva costituiscono il 57 per cento del prezzo finale della benzina, mentre il prezzo industriale copre il 43 per cento;

   se allo stato sono ancora disponibili il petrolio del Nord Europa, quello iraniano, quello venezuelano, quello arabo e quello americano, e se i depositi di greggio sono strapieni, visto che negli ultimi 24 mesi i vari lockdown ne hanno ridotto drasticamente la richiesta, e, ancora, se il petrolio da cui è stata ricavata la benzina attuale è stato pompato, acquistato e raffinato con mesi di anticipo e, quindi, pagato a suo tempo di meno, ci si chiede per quali motivi si stiano subendo aumenti così folli, e l'unica spiegazione rimane un'evidente azione speculativa, che deve essere contrastata;

   le quotazioni internazionali del petrolio, come di molte altre materie prime, stanno volando sulla base della sola ipotesi di uno stop dell'import dalla Russia che per il momento non c'è –:

   se e quali immediate iniziative intenda assumere, anche in sede europea, per riportare i prezzi dei carburanti a livelli sostenibili, incidendo con interventi strutturali su accise e Iva, al fine di non compromettere il futuro delle nostre famiglie e del tessuto produttivo nazionale.
(5-07712)


   CENTEMERO, CANTALAMESSA, CAVANDOLI, COVOLO, GERARDI, GUSMEROLI, ALESSANDRO PAGANO, RIBOLLA, ZENNARO, DONINA, FURGIUELE e LEGNAIOLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la forte crisi economica innescata dagli aumenti nel settore energetico e la grave situazione in cui riversa il comparto autotrasporto potrebbe determinare effetti devastanti sull'intera economia italiana ben più gravi e duraturi nel tempo rispetto a quanto innescato dalla pandemia;

   l'aumento dei prezzi del gas dallo scorso autunno e l'impennata del prezzo dei carburanti negli ultimi mesi – frutto di speculazioni a detta del Ministro Cingolani, ma indubbiamente conseguenza anche del conflitto russo-ucraino – sta aprendo scenari indeterminati e indeterminabili;

   l'incremento del prezzo alla pompa di circa il 30 per cento rispetto alla media registrata nell'anno 2020, in un Paese come l'Italia dove oltre la metà delle merci per arrivare negli scaffali viaggia su strada, rischia inevitabilmente di avere un effetto domino sui costi delle imprese e sulla spesa dei consumatori;

   inoltre, un arresto dell'autotrasporto comporta danni incalcolabili per la filiera agroalimentare, mettendo a rischio i prodotti più avariabili, quale il latte, la carne, il pesce, l'ortofrutta, e, al contempo, generando nei consumatori una folle corsa ai rifornimenti;

   a parere degli interroganti, dunque, per sostenere il settore dell'autotrasporto sarebbe auspicabile riconoscere per l'anno in corso alle imprese aventi sede legale o stabile organizzazione in Italia, ed esercenti attività logistica e di trasporto delle merci in conto terzi, un credito d'imposta in misura considerevole del costo di acquisto della materia prima, al netto dell'imposta sul valore aggiunto del gasolio necessario per la trazione dei mezzi a motore diesel;

   parimenti, sarebbe auspicabile un immediato taglio delle accise su benzina e dell'Iva su luce e gas, quale tempestivo intervento per dare una boccata d'ossigeno alle imprese del settore, alle famiglie ed ai consumatori finali;

   in tal senso, già altri Paesi europei, come l'Austria, hanno avanzo richiesta di deroga alla normativa comunitaria in materia di Iva quale misura di contrasto al caro-benzina –:

   se e quali iniziative il Governo stia predisponendo in merito a quanto esposto in premessa, anche valutando il riconoscimento di un credito d'imposta per il 2022 alle imprese del settore dell'autotrasporto nonché procedendo in tempi rapidi ad una riduzione delle imposte gravanti su tali prodotti.
(5-07713)


   PASTORINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'osservaprezzi carburanti del Ministero dello sviluppo economico, nella prima settimana di marzo 2022, ha rilevato un esponenziale aumento dei costi che, negli ultimi giorni, ha raggiunto picchi di 2,52 euro per la benzina e 2,61 euro per il gasolio. Il costo totale dei carburanti è costituito: dal prezzo industriale, recentemente impennato, dalle accise, in parte non più giustificabili agli occhi dei consumatori, e dall'Iva al 22 per cento, calcolata non sul costo netto ma anche sui balzelli. Dove accise e Iva compongono unitamente circa il 55,3 per cento del prezzo totale della benzina e il 51,8 per cento del prezzo finale del gasolio;

   la corsa delle quotazioni dell'oro nero, innescata dalla guerra russo-ucraina e dall'embargo statunitense e britannico nei confronti delle fonti russe, che ha causato una fiammata del petrolio, non accenna a fermarsi ma accelera mettendo in ginocchio l'industria nostrana e condizionando negativamente la quotidianità degli italiani, entrambi già fortemente provati dai rincari record di gas (più 41,8 per cento) ed elettricità (più 55 per cento) registrati sin da inizio anno;

   l'aumento congiunturale di eccezionale entità rischia di produrre un pericoloso effetto domino che coinvolgerà: imprese, occupazione, consumi e famiglie, con il rischio di fare esplodere una «bomba sociale». L'agitazione, nell'immediato, si è tradotta in protesta per vari settori dell'industria italiana, con il fermo dei pescherecci, la drastica riduzione della produzione per varie filiere e un minacciato, successivamente vietato, sciopero degli autotrasportatori (da cui dipende l'85 per cento delle merci) che ha scatenato una psicosi collettiva e la corsa alle scorte con supermercati presi d'assalto;

   data l'allarmante situazione appare urgente intervenire per frenare almeno in parte la crescita dei costi del carburante che si sta trasferendo inevitabilmente sulle varie filiere connesse, dall'alimentare di prima necessità a ogni servizio o attività che implichi una mobilità e l'impiego di benzina o gasolio, prefigurando un preoccupante sviluppo del malessere interno al Paese e gravi conseguenze per il made in Italy –:

   se intenda aprire un tavolo di crisi presso il Ministero al fine di valutare un ridimensionamento delle accise sui carburanti, che, ad oggi, incidono significativamente sul prezzo finale, nonché l'opportunità di sterilizzare l'Iva sui rialzi dei listini dei prodotti petroliferi, facendo in modo che ogni aumento non sia aggravato anche del 22 per cento di Iva.
(5-07714)


   FRAGOMELI, BOCCIA, BURATTI, CIAGÀ, SANI e TOPO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la legge di bilancio per il 2022, in coerenza con quanto previsto nella Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (Nadef) 2021, ha destinato 7 miliardi di euro alla revisione della tassazione ridisegnando l'Irpef, anzitutto mediante interventi sulle aliquote e sugli scaglioni e ha riorganizzato e armonizzato le detrazioni per redditi da lavoro dipendente e assimilati, da lavoro autonomo e da pensione;

   secondo le stime del Governo, dei 7 miliardi di euro stanziati, 1,1 miliardi andranno ai redditi fino a 15 mila euro e 2,2 miliardi ai redditi dai 15 mila ai 28 mila euro;

   l'intervento ha parzialmente completato i provvedimenti precedenti che avevano ignorato alcune platee di contribuenti, e in particolare i pensionati;

   più nello specifico, secondo i dati del Ministero, il provvedimento ha generato una riduzione dell'aliquota media effettiva dei pensionati, compresa tra un massimo dell'1,6 per cento (in corrispondenza di 15 mila euro) e un minimo dello 0,4 per cento, tuttavia l'andamento della riduzione non è regolare, perché è compreso tra l'1 e l'1,5 per cento dei reddito per i livelli molto bassi (tra 8.500 e 19 mila euro, dove si collocano, circa 4,9 milioni di pensionati) e medio-alti (tra 37 mila e 59 mila euro, dove si collocano circa 1,1 milioni di pensionati), mentre scende tra l'1 e lo 0,4 per cento nelle altre fasce di reddito; l'intervento sulle detrazioni è, invece, principalmente funzionale a risolvere il nodo strutturale dell'andamento delle aliquote marginali effettive;

   nella legge di bilancio per il 2022 è stata, inoltre, riavviata l'indicizzazione piena delle pensioni al costo della vita, pertanto ci sarà una rivalutazione dell'1,7 per cento che sarà completa per gli importi fino a 4 volte il trattamento minimo; del 90 per cento, ossia dell'1,53 per cento, per importi superiori a 4 e fino a 5 volte il minimo; del 75 per cento per importi superiori a 2.577,90 euro –:

   alla luce delle considerazioni espresse in premessa, se il Governo ritenga di fornire una tabella esemplificativa, con esempi riferiti ai pensionati, che riporti l'aumento dell'assegno diviso per fasce di reddito, differenziando l'aumento determinato della riforma Irpef da quello determinato della perequazione e indicando per ogni fascia di reddito il numero corrispondente di soggetti interessati al fine di conoscere quale sia la quota delle complessive risorse stanziate effettivamente destinata ai pensionati.
(5-07715)


   UNGARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   come emerso da un articolo de «Il Sole24Ore» del 23 febbraio 2021, anche in seguito alla Brexit, dal 1° gennaio 2021, ai fini della tassazione Ivie, per gli immobili posseduti da cittadini italiani nel Regno Unito, non sarà più valido il criterio del valore catastale, ma quello del costo di acquisto o del valore di mercato;

   in particolare, nella circolare dell'Agenzia delle entrate n. 28/E del luglio 2012 era stato chiarito che per gli immobili situati in Paesi appartenenti all'Unione europea o in Paesi aderenti al See, spazio economico europeo, che garantiscono uno scambio adeguato di informazioni, il valore da utilizzare a fini della determinazione dell'imposta è prioritariamente quello catastale;

   orbene, l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea sembra indicare che, così come stabilito dalla circolare suddetta, per gli immobili posseduti nel Regno Unito, non si potrà più utilizzare ai fini Ivie il valore catastale come determinato ai fini della «Council tax», ma si renda applicabile il criterio del costo di acquisto o il valore di mercato;

   si tratta, pertanto, di un aumento improvviso ed esponenziale dell'imposta per migliaia di contribuenti e risparmiatori italiani alla luce dell'elevato costo nominale degli immobili situati nel Regno Unito, che, dunque, rischiano di rimanere vittime ignare della Brexit, in quanto nella maggior parte dei casi si tratta di acquisti effettuati ben prima del referendum del 2016;

   il continuo scambio di informazioni a livello bilaterale tra le autorità fiscali italiane e britanniche continua anche dopo l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea –:

   se il Ministro interrogato non intenda adottare le iniziative di competenza per prevedere il mantenimento dei valore catastale, definito dalla «Council Tax» britannica, per calcolare l'imposta sul valore degli immobili situati all'estero (Ivie) dovuta dai cittadini italiani residenti o perlomeno per utilizzare il citato parametro per gli immobili acquistati prima del recesso del Regno Unito dall'Unione europea.
(5-07716)


   GIACOMONI, MARTINO, CATTANEO, GIACOMETTO e SORTE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   in materia di bonus edilizi il decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 13 ha introdotto, tra l'altro, la facoltà di poter procedere con ulteriori cessioni dei crediti ma solo se effettuate a favore di banche e intermediari finanziari iscritti all'albo previsto dall'articolo 106, del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (Testo unico bancario) di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, a società appartenenti a un gruppo bancario iscritto all'albo di cui all'articolo 64 del predetto testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, ovvero a imprese di assicurazione autorizzate ad operare in Italia ai sensi del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209;

   risulta incerta la volontà del legislatore di ricomprendere nell'elenco di cui sopra anche le società per la cartolarizzazione dei crediti costituiti ai sensi della legge 30 aprile 1999, n. 130 che, sebbene fossero originariamente iscritte all'albo previsto dall'articolo 106 del Testo unico bancario, sono state successivamente derubricate in virtù di un provvedimento di Banca d'Italia, pur rimanendo iscritte presso un registro separato;

   le società di cartolarizzazione dei crediti, oltre a essere iscritte a tale registro separato, tenuto dalla Banca d'Italia, scontano anche la presenza obbligatoria di un soggetto iscritto all'albo previsto dall'articolo 106 del Testo unico bancario, deputato a un ruolo di servizio presso la società di cartolarizzazione nella riscossione dei crediti ceduti e del servizio di cassa e di pagamento;

   il patrimonio segregato di talune società per la cartolarizzazione dei crediti è contabilmente consolidato presso un gruppo bancario iscritto all'albo in quanto il suddetto gruppo bancario ne esercita il controllo, anche qualora le quote societarie di tali società per la cartolarizzazione dei crediti, non fossero detenute dal gruppo bancario stesso;

   il consolidamento contabile del loro patrimonio segregato costituisce elemento non solo necessario ma anche sufficiente a garantire gli stessi presidi e controlli che il legislatore ha cercato di ottenere limitando la circolazione dei crediti relativi ai bonus edilizi –:

   se non ritenga opportuno adottare iniziative per chiarire che le società per la cartolarizzazione dei crediti, costituite ai sensi della legge 30 aprile 1999, n. 130, il cui patrimonio segregato risulti consolidato contabilmente in un gruppo bancario iscritto all'albo di cui all'articolo 64 del Testo unico bancario, possano essere considerate tra i soggetti qualificati quali secondi, ovvero terzi, cessionari dei crediti fiscali di cui al decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 13.
(5-07717)

Interrogazione a risposta scritta:


   DI SARNO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   le accise sull'acquisto dei carburanti in Italia sono state incrementate nel tempo, allo scopo di fronteggiare finanziariamente alcune emergenze, come quelle provocate dagli eventi naturali o dalle guerre. Ma quando sono cadute le ragioni per fare il prelievo, gli incrementi sono rimasti lì, per essere utilizzati per la copertura di altre voci del bilancio pubblico;

   i nuovi record raggiunti dai listini dei carburanti e l'escalation senza sosta di benzina e gasolio (un rincaro del 17,2 per cento per la benzina e del 25 per cento per il gasolio al self, nelle due settimane successive all'invasione russa dell'Ucraina, iniziata il 23 febbraio) rischiano di mettere in ginocchio il trasporto pubblico locale e le piccole aziende;

   mentre lungo le strade d'Italia si moltiplicano le proteste dei Tir contro il caro-carburante, il prezzo alla pompa ha superato da diverse settimane l'1,8 euro al litro di media, ma in alcuni casi ha sfondato anche il tetto record dei 2 euro al litro;

   con un'accisa sulla benzina a 0,7 euro per litro, sommando anche l'Iva al 22 per cento, le imposte sono arrivate a totalizzare il 10 marzo 2022 il 52,9 per cento del prezzo medio, della benzina (48,7 per il gasolio) tra self e servito in Italia, contro il 36 per cento (44 per cento per il gasolio) della materia prima;

   secondo le rilevazioni di Quotidiano Energia «la media nazionale» del gasolio «supera di poco la benzina», posizionandosi a 2,33 euro al litro in modalità servito, contro i 2,32 della benzina e 2,22 euro al self, contro i 2,217 della benzina; salgono anche Gpl e metano auto;

   la differenza dipende da due componenti che oggi valgono più del 60 per cento del prezzo finale alla pompa per la benzina e il 55 per cento per il gasolio: da un lato, l'incasso per lo Stato attraverso l'Iva e le famigerate accise, dall'altro gli oneri e margini di distribuzione;

   secondo quanto riportato dall'Agenzia delle accise, dogane e monopoli, su mille litri di benzina, si pagano 728,40 euro di accise; l'ultima rilevazione settimanale del Ministero della transizione ecologica (relativa a lunedì 7 marzo 2022) fotografa una situazione in cui la benzina costava in media 1,953 al litro, di cui 728,4 centesimi di accise e 352,21 centesimi di Iva, da cui si ricava che il prezzo industriale della benzina era di poco sopra agli 872,5 centesimi. Per il gasolio, invece, si era a 1,829 euro al litro, di cui 617,4 centesimi di accise e 329,8 centesimi di Iva, per un valore netto di 872,5 centesimi;

   le accise sulla benzina in Italia sono via via cresciute, portando queste tasse al secondo posto della classifica d'Europa, A battere l'Italia è solo il Belgio, con 787,73 euro per mille litri di benzina contro i nostri 728,4 euro. Gli stessi confronti possono essere fatti anche sul diesel, dove però il nostro Paese risulta essere quello con le accise più alte nell'Unione europea, con 0,62 euro per ogni litro fatto;

   il resto dell'Unione europea si sta già muovendo. Sabato la Francia ha annunciato uno sconto di 15 centesimi di litro fino ad aprile e anche la Germania sta per annunciare un piano analogo: l'entità dello sconto non è ancora nota, ma si attende una riduzione del prezzo di almeno 0,20 centesimi a litro –:

   se il Governo non intenda adottare in tempi rapidissimi opportune iniziative finalizzate ad una drastica riduzione delle accise su benzina e gasolio, allo scopo di ridurre il prezzo al consumo di almeno il 10 per cento, essendo diventati decisamente insostenibili i costi per famiglie e imprese.
(4-11593)

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ SOSTENIBILI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BARBUTO, NAPPI e GRIPPA. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   la sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (Osas – Obstructive Sleep Apnea Syndrome) è determinata dall'ostruzione completa (apnea) o incompleta (ipopnea) delle vie aeree superiori, che determina l'assenza o riduzione del flusso aereo. Risulta che tale sindrome è causa di circa il 7 per cento di tutti gli incidenti stradali. In Italia risulta che sono 12.300 l'anno i sinistri stradali attribuibili all'Osas, con 250 morti e oltre 12.000 feriti;

   i dati internazionali indicano che l'Osas in età adulta ha una prevalenza del 49,7 per cento nel sesso maschile e del 23,4 per cento in quello femminile. Una recente stima indica che in Italia sono circa 12 milioni gli italiani adulti malati di Osas moderata-grave, di cui solo 460.000 quelli diagnosticati dei quali solo 230.000 con prescrizione di trattamento;

   la direttiva 2014/85/UE della Commissione del 1° luglio 2014, recante modifica della direttiva 2006/126/CE del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la patente di guida, indica che «la patente di guida può essere rilasciata ai richiedenti o conducenti con sindrome da apnea ostruttiva notturna moderata o grave che dimostrano un adeguato controllo della propria condizione, il rispetto delle cure adeguate e il miglioramento della sonnolenza, se del caso, confermato dal parere di un medico autorizzato». Tale direttiva è stata recepita con il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 22 dicembre 2015;

   il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili ha finanziato un'attività di ricerca finalizzata ad accertare l'incidenza della sindrome da apnea ostruttiva del sonno tra gli operatori del settore dell'autotrasporto di cose e, soprattutto, il 18 novembre 2017 è nato il «Tavolo tecnico intersocietario – prevenzione, salute e sicurezza per il paziente Osas» che ha lo scopo di promuovere e diffondere, perseguendo un approccio interdisciplinare, la gestione del paziente Osas, con particolare attenzione agli aspetti della prevenzione, salute e della sicurezza nei trasporti e sul lavoro;

   l'Automobile Club d'Italia (Aci) e la Fondazione italiana salute ambiente e respiro (Fisar), ente di ricerca riconosciuto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, il 29 maggio 2018 hanno dato inizio alla campagna «Dormi meglio, Guida sveglio» sui rischi per la sicurezza stradale della sindrome delle apnee ostruttive nel sonno che si articolerà in tutta Italia con l'obiettivo di migliorare la conoscenza, la diagnosi e la cura dei moltissimi casi di Osas ancora sommersi;

   l'adozione delle opportune azioni finalizzate alla semplificazione e alla facilità di accesso ai percorsi di diagnosi e cura dell'Osas nel mondo del lavoro si auspica che migliori la sicurezza alla guida sia in ambito privato che professionale, con prevenzione degli incidenti stradali e sul lavoro, con beneficio per le attività produttive e riduzione dei costi sanitari e sociali –:

   quali siano stati i risultati della ricerca predisposta dal tavolo Tecnico di cui in premessa e quali ulteriori iniziative di competenza, siano state adottate in merito.
(5-07703)

Interrogazione a risposta scritta:


   CARDINALE. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il conflitto in Ucraina e le sue conseguenze sul commercio internazionale hanno acuito i problemi cagionati dalla pandemia da COVID-19 determinando, come noto, la penuria di materie prime e materiali da costruzioni, nonché il vertiginoso incremento dei loro prezzi, ove disponibili;

   negli ultimi dieci giorni l'aumento dei costi registrato è pari ad un +40 per cento, ovvero in una misura che ha di fatto vanificato la compensazione dei prezzi straordinaria disposta dai recenti provvedimenti governativi, la quale, peraltro, ha trovato limitata applicazione, a cagione della lentezza delle stazioni appaltanti;

   l'associazione nazionale costruttori edili (Ance) ha perciò definito la situazione ormai «fuori controllo [...] perché scarseggiano i materiali e molti impianti di produzione stanno chiudendo. Occorrono subito misure per calmierare i prezzi e compensare i maggiori costi sostenuti dalle imprese, altrimenti i cantieri del PNRR si fermeranno tutti»;

   l'allarme è rilanciato dalle delegazioni regionali della medesima Associazione, fra le quali si segnala quella siciliana, che avverte che le imprese hanno già cominciato a bloccare i cantieri e a porre il personale in cassa integrazione per le difficoltà di approvvigionamento dei materiali, mettendo seriamente a rischio l'esistenza stessa dell'intero comparto della regione;

   in particolare, gli operatori del settore lamentano sia il mancato riscontro del Governo al richiesto confronto sul tema, sia l'impossibilità di far fronte ai nuovi rincari, anche a causa della mancata liquidazione e pagamento, da parte delle stazioni appaltanti, fra le quali Anas s.p.a., delle somme dovute in esecuzione dei provvedimenti assunti già a far data dal maggio 2021, con il decreto «sostegni-bis»;

   a tal proposito, gli appaltatori dichiarano la situazione ormai insostenibile, paventando il concreto pericolo che nell'immediato si giunga al blocco dell'edilizia pubblica e dei progetti da finanziare con il Piano nazionale di ripresa e resilienza, così vanificando pure gli effetti delle disposizioni volte alla semplificazione delle procedure onde accelerare i tempi di esecuzione –:

   quali iniziative il Governo intenda, con estrema urgenza, porre in essere affinché si giunga al rapido pagamento delle somme dovute in adempimento alla disposta compensazione dei prezzi straordinaria, nonché per fronteggiare il continuo ed indiscriminato aumento dei prezzi delle materie prime e dei materiali da costruzione, tutelando le imprese e i lavoratori e per garantire la cantierizzazione e la prosecuzione delle opere già in fase di realizzazione.
(4-11584)

INTERNO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   l'articolo 103 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, cosiddetto «Decreto Rilancio», ha introdotto due diverse forme di regolarizzazione dei lavoratori, italiani e stranieri, impiegati in agricoltura, nella cura della persona e nel lavoro domestico, rinviando, per le disposizioni di dettaglio, a un decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro dell'economia e finanze, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e il Ministro delle politiche agricole e forestali, adottato in data 27 maggio 2020;

   la prima di queste regolazioni prevede che i datori di lavoro possono presentare domanda per assumere cittadini stranieri presenti nel territorio nazionale o per dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare preesistente con lavoratori italiani o stranieri sottoposti a rilievi filodattiloscopici prima dell'8 marzo 2020 o soggiornanti in Italia prima di tale data in base alle attestazioni ivi previste, ai fini della regolarizzazione del rapporto di lavoro; la seconda, invece, prevede che possa essere concesso un permesso di soggiorno temporaneo di sei mesi, valido solo nel territorio nazionale, agli stranieri con permesso di soggiorno scaduto alla data del 31 ottobre 2019 presenti sul territorio nazionale alla data dell'8 marzo 2020 che ne facciano richiesta e che abbiano svolto attività di lavoro nei settori ammessi, prima del 31 ottobre 2019 sulla base di documentazione la cui veridicità sia verificata dall'Inps;

   l'attuazione di tale disciplina ha comportato un incremento della mole di lavoro degli sportelli unici per l'immigrazione, istituiti presso gli uffici territoriali del Governo, che sono stati aggravati da ulteriori nuove procedure, particolarmente complesse sotto il profilo tecnico;

   per garantire la continuità e la qualità dei servizi resi dagli sportelli unici per l'immigrazione, in data 30 dicembre 2020, il Ministero dell'interno ha sottoscritto un accordo quadro tra la stazione appaltante presso il Dipartimento per le libertà civili e dell'immigrazione e la società Manpower, aggiudicataria della gara indetta per la somministrazione di lavoratori interinali a supporto degli stessi;

   si tratta di circa 800 lavoratori che svolgono attività di supporto al personale degli sportelli unici per l'istruttoria dei procedimenti amministrativi riguardanti l'emersione dei rapporti di lavoro irregolari, l'acquisizione di documentazione integrativa e la conclusione della procedura con la convocazione degli interessati, attraverso l'utilizzo dell'applicativo informatico appositamente adottato rivelatasi utile soprattutto in regioni come la Calabria dove l'interruzione di tali contratti recherebbe grave pregiudizio alla gestione dell'emergenza derivante dal costante flusso migratorio registrato negli ultimi mesi;

   inizialmente, la durata di tali contratti di somministrazione era pari a sei mesi, prorogati più volte nel corso del tempo per far fronte alla carenza di organico. Il termine dell'ultima proroga è fissato al 31 marzo 2022 e, stando a quanto risulta all'interpellante, dopo tale data, saranno indette nuove gare per l'aggiudicazione delle agenzie che proseguiranno nella somministrazione di lavoro; tuttavia, onde evitare che i servizi da loro resi non siano valorizzati, sarebbe opportuno adottare soluzioni strutturali per la continuità occupazionale di personale già formato e professionalizzato, impiegando, a tal fine le risorse ad oggi già stanziate per lo svolgimento di attività presso gli sportelli unici per l'immigrazione e prevedendo che sia esplicitato anche nel capitolato di gara, l'applicazione della clausola sociale prevista dall'articolo 31 del Contratto collettivo nazionale di lavoro delle agenzie di somministrazione, funzionale a dare continuità alle persone attualmente in forza, evitando così di disperdere professionalità qualificate e già in possesso delle necessarie competenze per svolgere al meglio il proprio lavoro –:

   se vi sia intenzione di adottare iniziative per salvaguardare tali lavoratori, evitando che, in attesa dell'aggiudicazione del servizio alle nuove agenzie per il lavoro, non siano interrotti i contratti attualmente in essere e se, alla luce di quanto riportato in premessa, il Governo intenda adottare iniziative per pervenire a soluzioni strutturali al fine di garantire la continuità occupazionale.
(2-01453) «Cannizzaro».

ISTRUZIONE

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa (Indire) è un ente pubblico di ricerca (Epr) e come da statuto, oltre a costituire un'articolazione del Sistema nazionale di valutazione delle istituzioni scolastiche e di istruzione e formazione professionale, elabora e realizza progetti nazionali di ricerca, ha il compito di curare la formazione in servizio del personale della scuola, cura lo sviluppo di un sistema di documentazione per la diffusione e valorizzazione delle esperienze di ricerca e l'innovazione didattica e pedagogica in ambito nazionale e internazionale, sostiene le strategie di ricerca e formazione riferite allo sviluppo dell'innovazione digitale e dei sistemi tecnologici e documentari, collabora con i Ministeri dell'istruzione e dell'università e della ricerca per la gestione dei programmi e dei progetti dell'Unione europea, gestisce su incarico delle autorità nazionali, i Programmi dell'Unione europea sull'istruzione e la formazione;

   il 4 gennaio 2022 la Corte dei conti ha pubblicato la «Determinazione e relazione, sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Indire 2019» con la quale rileva preoccupanti elementi di forte criticità nella gestione dell'ente;

   in particolare la Corte dei conti pone l'attenzione sulla discutibile auto-attribuzione dei compensi per il presidente e i consiglieri del consiglio di amministrazione a partire dal 2013, con importi che differiscono in maniera consistente da quanto previsto dal decreto interministeriale di riferimento per la materia del 31 ottobre 2002 e nonostante i richiami del Ministero vigilante;

   ulteriori gravi anomalie evidenziate dalla Corte dei conti riguardano il capitolo dedicato al direttore generale, in merito alla gestione ad interim dell'ufficio dei servizi giuridici e amministrativi e degli affari generali, reggenza che dovrebbe essere affidata ad altro dirigente del medesimo livello dirigenziale, ai sensi dell'articolo 27 del Ccnl area VII – dirigenza delle università e degli enti di ricerca e di sperimentazione, nonché in tema di valutazione della performance e dell'aumento del compenso dovuto alla retribuzione di risultato riconosciuta per un importo pari al 50 per cento dello stipendio tabellare e in relazione al procedimento di revoca dell'incarico in essere e al successivo conferimento – senza procedura comparativa che «costituisce attuazione dei principi di trasparenza e pubblicità degli incarichi dirigenziali» – dell'incarico per il quinquennio 2020-2025, atti deliberati dal consiglio di amministrazione nell'ottobre del 2020;

   la Corte dei conti, inoltre, critica in più passaggi il crescente affidamento di incarichi di consulenza, laddove «si sarebbe dovuto assistere ad una proporzionale razionalizzazione dei contratti di consulenza, quantomeno con riferimento alle funzioni ordinarie dell'Ente»;

   infine, la Corte dei conti critica, in coerenza alle indicazioni del Ministero dell'economia e delle finanze, la scelta strategica di optare per una riduzione del Fondo di finanziamento ordinario degli enti di ricerca (Foe), concordata con il Ministero dell'istruzione, a sostegno dell'esonero dal versamento in entrata al bilancio dello Stato dei risparmi derivanti dalla razionalizzazione della spesa;

   occorre precisare che l'attuale presidente è stata nominata nel settembre 2021, quindi successivamente alla relazione della Corte dei conti richiamata;

   l'istituto Indire sta inevitabilmente attraversando un momento di conflitto tra i vertici dell'ente con gravi ripercussioni sul funzionamento dell'istituto e, a parere dell'interrogante, occorre individuare rapidamente quelle soluzioni che possano garantire la piena regolarità e funzionalità dell'ente di ricerca che, peraltro, sarà chiamato prossimamente a svolgere un ruolo importante nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) –:

   di quali ulteriori elementi siano a conoscenza i Ministri interrogati;

   quali iniziative di competenza intendano assumere anche al fine di preservare il prestigio di solida guida scientifica dell'ente, affrontando e risolvendo i rilievi avanzati dalla Corte dei conti esposti in premessa a partire dal compenso degli organi.
(4-11586)


   CIABURRO e CARETTA. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   i recenti interventi bellici dovuti all'invasione dell'Ucraina da parte della Federazione russa hanno portato all'esodo potenziale di milioni di profughi nel territorio dell'Unione europea;

   come indicato da varie fonti stampa, si stimano arrivi per l'Italia superiori alle 700.000 persone;

   gli arrivi sono stimati essere prevalentemente composti di donne e bambini; inoltre, data la particolare intensità dei flussi migratori, si pongono numerosi problemi di coordinamento dal punto di vista delle prescrizioni vigenti in materia di istruzione;

   come noto, in Italia l'obbligo formativo vale, mediamente, fino all'età di 16 anni;

   in Ucraina vigono diversi obblighi relativi alla formazione scolastica; l'intero sistema scolastico è differente rispetto a quello italiano, anche in riferimento all'impiego della didattica a distanza;

   sul punto, non essendo noti gli aspetti pratici legati allo studio mediante didattica a distanza per gli studenti ucraini, in assenza di chiari protocolli di riferimento, i dirigenti scolastici ed i sindaci del territorio non dispongono degli strumenti necessari per applicare tutte le disposizioni relative all'obbligo formativo vigente in Italia, in quanto è assente il coordinamento tra il Ministero dell'istruzione ucraino e quello italiano –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intendano adottare per garantire la congrua applicazione dell'obbligo formativo nei confronti degli studenti ucraini emigrati in Italia a seguito della casistica di cui in premessa, nonché per coordinare le attività di formazione scolastica tra Italia e Ucraina e per garantire un idoneo inserimento – anche per quanto riguarda la comprensione e lo studio della lingua italiana – degli studenti ucraini nelle comunità scolastiche nazionali.
(4-11588)


   ZANELLA e TOCCALINI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   le scuole in particolar modo le secondarie superiori, si aprono al territorio ospitando iniziative di vario genere, alcune organizzate dagli studenti, quali ad esempio gli incontri in occasione delle assemblee d'istituto, altre proposte dalla scuola stessa;

   le cronache hanno portato alla nostra attenzione diversi episodi in cui queste occasioni, che sono a pieno titolo parte integrante dello sviluppo degli alunni e concorrono alla realizzazione degli obiettivi primari della scuola, vengono strumentalizzate da esponenti di alcune forze politiche e da associazioni con una marcata identità culturale:

   da ultimo, il comune di Milano ha organizzato tre incontri della durata di un'ora, con i tecnici e rappresentanti dell'assessorato all'ambiente e verde da tenersi al Liceo artistico «Brera», al Liceo scientifico «Einstein» e negli istituti tecnici «Cattaneo», «Molinari» e «Cremona» per promuovere una nuova cultura dell'ambiente e della sostenibilità a partire dalla generazione «Fridays For Future»;

   l'assessore all'ambiente dichiara di voler incontrare in prima persona i ragazzi «nella convinzione che il Piano Aria Clima sia una prima e concreta risposta alle sollecitazioni che in questi mesi ci sono giunte dai ragazzi e ragazze della generazione “FFF”, che con le loro manifestazioni chiedono alla politica di dare risposte concrete alle loro richieste a tutela dell'ambiente e del loro futuro»: insomma, secondo gli interroganti si tratta di propaganda allo stato puro;

   eppure, la scuola dovrebbe insegnare, non educare, figurarsi indottrinare;

   in un momento così particolare sembrerebbe opportuno occuparsi della grave emergenza sociale connessa alla pandemia che si ripercuote direttamente, e in particolare modo, sui giovani come dimostrano i gravissimi atti di violenza che si stanno verificando;

   sarebbe doveroso incentivare nelle scuole progetti di integrazione sociale, di contrasto al bullismo – che ormai si manifesta già nella scuola primaria – e di lotta contro ogni forma di violenza;

   si ravvede il rischio che si utilizzino le scuole per avviare «un indottrinamento» a tutti gli effetti, con una logica unidirezionale, con la presunzione, secondo gli interroganti, di una verità da inculcare, con un'ideologia chiusa alla realtà che non ha proprio nulla di partecipativo e non tiene conto di alcun contraddittorio –:

   se il Ministro interrogato non ritenga indispensabile adottare iniziative di competenza affinché le scuole assicurino una formazione basata sul pluralismo, evitando attività che appaiono agli interroganti di sostanziale propaganda politica e facendo sì che tutte le iniziative proposte nelle scuole del Paese rispondano a dei criteri di oggettività e trasparenza e garantiscano il confronto.
(4-11589)


   FRASSINETTI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   il concorso indetto con decreto direttoriale della direzione generale per il personale scolastico protocollo n. 1259 del 23 novembre 2017 per l'assunzione di 2425 dirigenti scolastici vede circa 170 ricorrenti avverso gli esiti dell'ultima prova, quella orale;

   tali candidati risultano aver ricevuto giudizi positivi, talora eccellenti, alle prove preselettiva e scritta del concorso de quo;

   sono professionisti con apprezzabili titoli culturali e professionali maturati in qualità di figure di supporto alla dirigenza scolastica, da collaboratori preposti a funzioni strumentali, da componenti lo staff di direzione ad ogni diverso incarico al servizio delle scuole e della Nazione;

   i ricorrenti avverso gli esiti della prova orale hanno depositato i ricorsi al Tar Lazio – Roma – nel corso dell'estate del 2019 e, ad oggi, a quasi tre anni di distanza, nessuna udienza relativa alle loro cause è stata fissata;

   si riscontra la pressoché totale paralisi del sistema giurisdizionale amministrativo che impedisce ai ricorrenti di esercitare qualsiasi difesa;

   le doglianze rilevate dai ricorrenti hanno carattere sia amministrativo che penale e a tal fine questi ultimi hanno presentato vari esposti alle Procure della Repubblica;

   una Procura, a oggi, ha concluso le indagini preliminari e risultano rinviati a giudizio due membri di una commissione d'esame; a quanto risulta all'interrogante le altre procure starebbero ultimando indagini preliminari;

   la giustizia amministrativa, ad avviso dell'interrogante, non può attendere che le procure risolvano questioni di suo peculiare interesse, deve quindi procedere con le udienze e le sentenze;

   la previsione di un nuovo concorso per il reclutamento di dirigenti scolastici che non attenda la risoluzione del contenzioso relativo alla precedente procedura e non inquadri i relativi ricorrenti nel dovuto scenario, sarebbe oltremodo iniqua –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, per rispondere alle legittime aspettative di quanti ritengono che il concorso sia stato inficiato, nella fase orale, da un numero così alto di illegittimità da richiedere l'urgente immissione in graduatoria dei candidati ricorrenti avverso gli esiti della prova orale;

   se non ritenga corretto attendere la conclusione del contenzioso inerente alla prova orale del concorso bandito nel 2017, prima di ipotizzare l'emanazione di un nuovo bando;

   se non ritenga opportuno prendere posizione, adottando ogni iniziativa di competenza per assicurare la legittimità degli atti, la trasparenza e la correttezza dell'azione amministrativa, per scongiurare il rischio di ritenere ingiustamente non idonei candidati meritevoli;

   se non ritenga rispondente alle esigenze del Ministero dell'istruzione e del Paese avere a disposizione, in tempi celeri, nuove figure di dirigenti scolastici pronti a livello teorico e competenti a livello pratico.
(4-11590)


   PALLINI, GRIMALDI, INVIDIA, BERTI, CURRÒ, IORIO, NAPPI e FARO. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   il concorso indetto con decreto direttoriale della direzione generale per il personale scolastico protocollo n. 1259 del 23 novembre 2017 per l'assunzione di 2425 dirigenti scolastici vede circa 170 ricorrenti avverso gli esiti dell'ultima prova, quella orale;

   tali candidati risultano aver ricevuto giudizi positivi, talora eccellenti, alle prove preselettiva e scritta del concorso de quo, sono professionisti con apprezzabili titoli culturali e professionali maturati in qualità di figure di supporto alla dirigenza scolastica, da collaboratori dei dirigenti preposti a funzioni strumentali, da componenti lo staff di direzione ad ogni diverso incarico al servizio delle scuole e della Nazione;

   i ricorrenti avverso gli esiti della prova orale hanno depositato i ricorsi al Tar Lazio – Roma – nel corso dell'estate del 2019 e ad oggi, a quasi tre anni di distanza, nessuna udienza relativa alle loro cause è stata fissata;

   quella che gli interroganti giudicano la pressoché totale paralisi del sistema giurisdizionale amministrativo impedisce ai ricorrenti di esercitare qualsiasi difesa per l'assenza di pronunce di merito;

   le doglianze rilevate dai ricorrenti hanno carattere sia amministrativo che penale ed a tal fine questi ultimi hanno presentato vari esposti alle procure della Repubblica;

   una procura, ad oggi, ha concluso le indagini preliminari e risultano rinviati a giudizio due membri di una commissione d'esame. A quanto risulta agli interroganti, le altre procure starebbero ultimando le indagini preliminari;

   la giustizia amministrativa, ad avviso degli interroganti, non può aspettare che le procure risolvano questioni di suo peculiare interesse, deve quindi procedere con le udienze e le sentenze;

   la previsione di un nuovo concorso per il reclutamento di dirigenti scolastici che non attenda la risoluzione del contenzioso relativo alla precedente procedura e non inquadri i relativi ricorrenti nel dovuto scenario sarebbe oltremodo iniqua –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, per rispondere alle legittime aspettative di quanti ritengono che il concorso sia stato inficiato, nella fase orale, da un numero così alto di illegittimità da richiedere l'urgente immissione in graduatoria dei candidati ricorrenti avverso gli esiti della prova orale;

   se non si ritenga corretto attendere la conclusione del contenzioso inerente agli esiti della prova orale del concorso bandito nel 2017 prima di ipotizzare l'emanazione di un nuovo bando;

   se non ritenga opportuno prendere posizione adottando ogni iniziativa di competenza per assicurare la legittimità degli atti, la trasparenza e la correttezza dell'azione amministrativa e per scongiurare il rischio di ritenere ingiustamente non idonei candidati meritevoli;

   se non ritenga rispondente alle esigenze del Ministero dell'istruzione e del Paese avere a disposizione in tempi celeri nuove figure di dirigenti scolastici pronti a livello teorico e competenti a livello pratico.
(4-11592)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XI Commissione:


   MURA, BRUNO BOSSIO, VISCOMI, CARLA CANTONE, GRIBAUDO, LEPRI e LACARRA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   come noto, il congedo di paternità è stato introdotto nel nostro ordinamento in via sperimentale e in favore dei soli lavoratori del settore privato dall'articolo 4, comma 24, lettera a), della legge 28 giugno 2012, n. 92, e originariamente prevedeva una sola giornata di astensione obbligatoria e ulteriori due giornate facoltative, da usufruire facoltativamente e in alternativa alla madre lavoratrice;

   grazie ad una costante azione di mobilitazione e sensibilizzazione portata avanti da tante realtà sociali e politiche, nel corso degli anni, le giornate sono via via aumentate e, allo stato attuale, il congedo obbligatorio per il padre è riconosciuto, in maniera strutturale, per un numero di 10 giorni, dall'articolo 1, comma 134, della legge 30 dicembre 2021, n. 234;

   la medesima legge n. 92 del 2012 ha previsto la successiva estensione, con procedimento amministrativo di tale istituto anche nei confronti dei lavoratori delle pubbliche amministrazioni;

   tuttavia, così come si è sperimentato ogni volta che si è tentato il prolungamento del congedo di paternità, si è posto il problema delle risorse di bilancio necessarie per il finanziamento del beneficio. Tale circostanza, a parere degli interroganti, sembra precludere la soluzione dell'attuale sperequazione al danni dei lavoratori della pubblica amministrazione attraverso la sola via amministrativa;

   è di tutta evidenza la necessità di affrontare finalmente la questione, riconoscendo anche ai lavoratori delle pubbliche amministrazioni fa possibilità di usufruire del congedo di paternità al pari dei lavoratori del settore privato, individuando le dovute risorse finanziarie, anche al fine scongiurare che si attivi un vasto e deflagrante contenzioso giurisdizionale –:

   quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda adottare al fine di porre rimedio alla ingiustificata esclusione dei lavoratori pubblici dalla possibilità di fruire del congedo di paternità obbligatorio.
(5-07704)


   SEGNERI e INVIDIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il comma 127 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2021, n. 234, ha stanziato per il 2022 ulteriori risorse, pari a 60 milioni di euro a valere sul Fondo sociale occupazione e formazione incrementato dal comma 122, per la prosecuzione dei trattamenti straordinari di integrazione salariale, riconosciuti in deroga ai limiti generali di durata vigenti, e di mobilità in deroga previsti — rispettivamente dall'articolo 44, comma 11-bis, del decreto legislativo n. 148 del 2015 e dall'articolo 53-ter del decreto-legge 50 del 2017 — in favore dei lavoratori di imprese operanti in aree di crisi industriale complessa;

   per le finalità di cui ai succitati articolo 44, comma 11-bis del decreto legislativo 148 del 2015 e articolo 53-ter del decreto-legge 50 del 2017, le leggi di bilancio per il 2020 e il 2021, hanno stanziato risorse pari, rispettivamente, a 45 e 180 milioni di euro (queste ultime ripartite tra le regioni con il decreto ministeriale n. 18 del 16 aprile 2021);

   la medesima legge di bilancio 2021 (al comma 290) ha istituito un Fondo per il sostegno al reddito dei lavoratori delle aree di crisi industriale complessa, con una dotazione di 10 milioni di euro per il 2021, non autorizzata per mancanza di copertura finanziaria;

   secondo quanto stabilito dal succitato comma 127 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2022, le suddette risorse aggiuntive saranno ripartite tra le regioni con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;

   al riguardo, la sottosegretaria per il lavoro e le politiche sociali delegata rispondendo all'interrogazione n. 5-06900 Segneri, informava sulla predisposizione, da parte degli uffici tecnici, di un decreto interministeriale, già trasmesso al Ministero dell'economia e delle finanze, per l'acquisizione del relativo parere –:

   quali siano i tempi tecnici per l'emanazione del suddetto decreto interministeriale, ai fini della ripartizione delle risorse stanziate ai sensi del comma 127 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2021, n. 234.
(5-07705)


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   i lavoratori del settore delle opere pubbliche denunciano una situazione insostenibile che mette a rischio posti di lavoro e spettanze economiche, per le difficili condizioni in cui sono costrette ad operare le imprese in cui sono impiegati a causa dell'aumento generalizzato del costo dei materiali – per eventi imprevisti e imprevedibili – arrivato a far lievitare il costo medio di costruzione delle opere, attualmente, di oltre il 20 per cento e che potrebbe ancora incrementare;

   la problematica riguarda, in particolare, i lavori commissionati alle aziende fino alla fine del 2020, dunque nel periodo precedente all'inaspettato aumento dei costi;

   l'assenza di un meccanismo revisionale dei prezzi non consente di riparare alle distorsioni che sono emerse;

   a fronte di questa situazione, si ritiene che i provvedimenti assunti dal Governo non siano adeguati per salvaguardare lavoratori e imprese e, sotto alcuni profili, addirittura dannosi;

   al riguardo, infatti, l'Ance, anche attraverso l'impugnazione di alcuni decreti ministeriali in materia, denuncia la metodologia di rilevazione dei prezzi e la obsoleta lista ministeriale di materiali che non consentono alle imprese di avere ristori adeguati in relazione agli effettivi aumenti dei costi di realizzazione delle opere;

   qualora i meccanismi di ristoro non vengano tempestivamente corretti, le imprese saranno costrette a rallentamenti e blocchi di lavoro, fino ad arrivare alla richiesta di risoluzione dei contratti alle amministrazioni. Del resto, stanno lavorando senza nessuna assicurazione di rientro degli ingenti extra costi che devono sostenere;

   tutto ciò, con le ovvie ripercussioni che ci saranno anche nei confronti dei lavoratori. Molte imprese, infatti, hanno già annunciato l'intenzione ricorrere alla cassa integrazione delle maestranze;

   si tratta di uno scenario drammatico che mette a rischio la tenuta delle aziende del settore e con esse il destino di migliaia di posti lavoro, provocando uno stallo rispetto al completamento delle opere pubbliche e al risanamento del patrimonio edilizio –:

   se e quali iniziative di competenza intenda assumere per tutelare i lavoratori impiegati nelle aziende che operano nel settore delle opere pubbliche, anche mediante l'istituzione di uno specifico tavolo di concertazione, a fronte del momento di grave difficoltà dei soggetti coinvolti come esposto in premessa per eventi non prevedibili.
(5-07706)


   COSTANZO e VILLAROSA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 145 del 2018, all'articolo 1, comma 258, dispone nell'ambito del Fondo per il reddito di cittadinanza un importo pari a oltre 400 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020 destinato ai Centri per l'impiego di cui all'articolo 18 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150, al fine del loro potenziamento. A decorrere dall'anno 2019, si autorizzavano le regioni ad assumere, con aumento della rispettiva dotazione organica, fino a complessive 4.000 unità di personale da destinare ai Centri per l'impiego;

   con il decreto-legge, n. 4 del 2019 recante «Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni», veniva adottato un piano straordinario di potenziamento dei Centri per l'impiego e delle politiche attive del lavoro, poi successivamente approvato con il decreto ministeriale n. 74 del 2019;

   con il decreto ministeriale del 22 maggio 2020 venivano apportate delle «Modifiche al Piano straordinario di potenziamento dei Centri per l'impiego e delle politiche attive del lavoro» che doveva portare entro la fine 2021 ad un incremento di 11.600 unità di personale nei Centri dell'impiego;

   il Piano nazionale di ripresa e resilienza – M5C1 – prevede l'adozione, d'intesa con le regioni, del Programma nazionale per la garanzia occupabilità dei lavoratori (Gol), quale programma nazionale di presa in carico, erogazione di servizi specifici e progettazione professionale personalizzata;

   in data 16 dicembre 2021 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha pubblicato l'ultimo monitoraggio periodico sull'attuazione delle assunzioni di personale a tempo indeterminato previsto dal Piano su menzionato che riporta dati abbastanza preoccupanti a giudizio dell'interrogante;

   su 11.535 posti previsti dal piano di potenziamento di Centri per l'impiego risultano essere solo 1.458 i posti assegnati al 30 settembre 2021 e 2.333 le assunzioni previste entro dicembre 2021;

   risultano esserci ancora regioni con un numero di assunzioni per il 2021 pari a zero, come la Regione siciliana, la regione Molise, la regione Calabria e la regione Basilicata;

   il ruolo dei Centri per l'impiego risulta essere strategico per le politiche attive del nostro Paese –:

   quali urgenti iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza e in raccordo con le regioni, affinché siano attuate azioni per la rapida e totale realizzazione del suddetto Piano, con particolare attenzione alla situazioni delle regioni ancora ferme «a zero» assunzioni come, ad esempio, la Regione siciliana.
(5-07707)


   GIACCONE e CAFFARATTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   un problema di organico e di competenza investe l'Ispettorato del lavoro di Alessandria-Asti, che conta due sedi in entrambe le città;

   gli ispettori tecnici, infatti, sono due, dei quali uno è prossimo al pensionamento; non solo: sembrerebbe che i laureati in giurisprudenza non possano occuparsi di questioni tecniche relative alla sicurezza sul lavoro nelle aziende di qualsiasi settore;

   in proposito, si evidenzia che sono sessanta i dipendenti complessivi dell'Ispettorato territoriale di Asti e Alessandria, di questi 23 sono assegnati ad Asti. Gli ispettori sono 8, sette dei quali ordinari e uno solo tecnico. I restanti 15 dipendenti sono impiegati in mansioni amministrative;

   come noto gli ispettori ordinari si occupano delle verifiche sulla regolarità normativa e contrattuale dei rapporti di lavoro, coordinandosi con i colleghi dell'Inps e dell'Inail, dove attualmente a seguito dell'ultimo pensionamento non sono più in servizio ispettori;

   le modifiche al Testo unico sulla sicurezza apportate alla fine del 2021 hanno assegnato all'ispettorato nuove e importanti competenze in materia di vigilanza e sicurezza sui luoghi di lavoro. È stato infatti chiamato ad effettuare controlli tecnici non solo nell'ambito dell'edilizia, come accaduto finora, ma in tutti i luoghi di lavoro; di conseguenza, mentre finora i dipendenti si occupavano di effettuare verifiche a livello di contratti di assunzione e di mansioni svolte, in linea con le loro competenze, ora devono analizzare anche aspetti tecnici, per conoscere i quali bisognerebbe avere una preparazione tecnico-scientifica;

   le ultime attribuzioni di competenza anche in tema di sicurezza, la necessità di riorganizzare i processi produttivi, la necessità di dotarsi di gestionali informatici, di garantire servizi online, l'obbligo di far fronte alle nuove migliaia di assunzione previste nella recente legge di bilancio, richiedono un impegno serio del Governo;

   la causa principale della progressiva diminuzione del personale è da imputare ai prepensionamenti degli ultimi anni, mentre le nuove immissioni in organico, previste dall'ultimo concorso, non sono ancora state ripartite territorialmente creando ulteriore incertezza;

   questa situazione sta provocando, un arretramento dello Stato di fronte al grande problema del lavoro irregolare, dell'evasione contributiva, del caporalato e della salute sui luoghi di lavoro –:

   se il Ministro interrogato, al fine di superare la grave carenza di organico che affligge l'Ispettorato territoriale del lavoro di Asti-Alessandria, intenda assumere iniziative atte ad accelerare l'inserimento in organico di nuove unità ed in quale misura.
(5-07708)


   D'ALESSANDRO e GADDA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il decreto interministeriale n. 1 del 13 gennaio 2022 fissa al 15 marzo la scadenza per la presentazione delle domande di indennità per le misure di arresto temporaneo obbligatorio e non obbligatorio 2021 attraverso la procedura Cigs on line;

   la successiva comunicazione pubblicata sul sito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali sposta al 18 marzo la scadenza sopra citata a causa delle operazioni di manutenzione straordinaria che hanno interessato le procedure del portale Servizi Lavoro comportando disservizi e ritardi ai sistemi di ingresso, e autenticazione delle procedure;

   il Coordinamento pesca dell'Alleanza delle cooperative italiane, Coldiretti, Federpesca e i sindacati, hanno più volte rappresentato la richiesta di proroga al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, ma al momento non risulta riscontro;

   si stanno verificando ritardi da parte di alcune Capitanerie di porto che devono vidimare la documentazione a corredo della domanda da effettuarsi attraverso Cigs on line;

   il 9 marzo, a ridosso, quindi, della scadenza, la direzione generale della pesca marittima e dell'acquacoltura del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha formulato alcuni chiarimenti;

   si riscontrano numerosi disservizi e ritardi nel caricamento dei dati attraverso la procedura Cigs on line;

   vanno considerate le difficoltà che la filiera ittica nazionale sta attraversando, non da ultimo a causa dell'aumento spropositato del costo del carburante –:

   se il Ministro abbia valutato l'opportunità di adottare iniziative per concedere una proroga rispetto alla scadenza del 18 marzo 2022 per garantire la fruibilità della misura di indennità da parte degli operatori ed evitare inutili contenziosi.
(5-07709)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta immediata:


   FORNARO, BERSANI, CONTE, DE LORENZO, FASSINA, PASTORINO, STUMPO e TIMBRO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   la guerra in Ucraina sta determinando nel nostro Paese un ulteriore aumento generalizzato dei prezzi, a cominciare da quelli alimentari, accrescendo la spirale inflattiva;

   secondo le associazioni di categoria, l'economia agricola si trova in gravi difficoltà, con oneri che non riescono più a coprire i costi di produzione causati da rincari del carburante, aumenti del 120 per cento delle bollette energetiche, prezzo dei fertilizzanti triplicato;

   il prezzo del grano a febbraio 2022 è cresciuto del 38,6 per cento in una settimana dall'inizio della guerra, il prezzo del mais e della soia per l'alimentazione animale rispettivamente del 17 per cento e del 6 per cento;

   a pagare gli aumenti dei beni di prima necessità sono le famiglie meno abbienti, già provate dalla crisi pandemica. Le persone sotto la soglia della povertà spendono il 75 per cento delle entrate per assicurarsi generi alimentari. Secondo un'analisi di Assoutenti il prezzo medio del pane oggi in Italia è di 5,31 euro al chilogrammo, con punte di 9,8 euro;

   all'incremento delle quotazioni delle materie prime in atto si aggiungono i maggiori costi energetici in capo alle attività produttive causati dal «caro bollette» e i costi di trasporto enormemente aumentati per effetto della crescita di benzina e gasolio; in tale contesto si verificano, nei passaggi della filiera, delle speculazioni che portano a rincari tra il 15 e il 30 per cento per beni come pasta e pane;

   il prezzo del grano, infatti, è sceso dell'8,5 per cento nell'ultima settimana, ma si continuano a registrare consistenti aumenti del prezzo del pane e di altri lievitati, cosicché il prodotto finito ha un prezzo superiore di tredici volte quello della materia prima. Secondo le associazioni di categoria ciò segnala la presenza di gravi fenomeni di speculazione nella filiera alimentare;

   le proiezioni dell'Amis (Agricoltural market information system) indicano aumenti della produzione e delle scorte di grano rispetto al 2021, tenendo conto che solo il 25 per cento del grano prodotto sarà commerciato a livello internazionale. Per quanto riguarda il mais la produzione di questa stagione sarà del 3,7 per cento superiore alla stagione precedente, con un aumento delle scorte e una riduzione dei consumi; vale la pena ricordare che per il mais solo il 15 per cento della produzione è destinata al mercato internazionale –:

   quali iniziative di competenza intenda porre in essere, anche di concerto con le istituzioni europee, per contenere gli aumenti generalizzati delle materie prime alimentari e per contrastare ogni tipo di speculazione connessa ai prodotti alimentari.
(3-02821)


   GADDA, MARCO DI MAIO, FREGOLENT, BENDINELLI, UNGARO, OCCHIONERO e VITIELLO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il comparto agricolo, della pesca e della trasformazione agroalimentare sta affrontando una grave crisi, determinata dal combinato disposto di varie situazioni emergenziali che ne stanno minando la sostenibilità economica e sociale e, in prospettiva, la capacità di soddisfare la domanda interna;

   agli eventi atmosferici avversi e alle emergenze sanitarie che hanno colpito nei mesi scorsi il settore avicolo e suinicolo si uniscono gli effetti diretti e indiretti della pandemia da COVID-19, il conflitto in Ucraina e il conseguente blocco logistico delle merci provenienti dall'area ex-sovietica e di parte del Medio Oriente; questa situazione impatta su costi di produzione e trasporti, sulla disponibilità di materie prime, mezzi tecnici, mangimi, fertilizzanti, sementi e imballaggi;

   la filiera agricola e agroalimentare è strategica per la competitività del sistema economico italiano e per l'approvvigionamento alimentare della popolazione;

   oltre il 45 per cento del fabbisogno italiano di mais e il 23 per cento di frumento tenero provengono da Ungheria e Ucraina e la sola Ucraina fornisce il 48 per cento di olio di girasole; il settore attualmente più colpito risulta quello dell'alimentazione animale, ma le ripercussioni sono ormai trasversali ai comparti;

   il Governo è intervenuto a sostegno della continuità economica e produttiva delle imprese cosiddette «energivore»; è necessario che si intervenga con urgenza per inserire misure specifiche per la filiera agricola e agroalimentare, con particolare riferimento alle imprese per cui i costi energetici rappresentano la quota preponderante dei costi di produzione;

   il perdurare di tale contesto sta determinando una grave crisi di liquidità per le imprese, oltre all'oggettiva impossibilità di garantire la continuità produttiva nel breve termine;

   l'aumento dei costi della filiera agricola si ripercuote inevitabilmente sui prezzi al consumo, con incrementi anche del 30 per cento in un contesto di già elevata inflazione;

   occorrono misure urgenti e straordinarie, a livello nazionale e comunitario, volte a sostenere la sopravvivenza stessa delle imprese agricole e a garantire la diversificazione presso ulteriori mercati di approvvigionamento, con particolare riferimento a cereali, fertilizzanti e mangimi;

   risulta contestualmente urgente intervenire con una strategia di lungo termine, al fine di raggiungere maggiore autonomia energetica e nelle filiere agroalimentari di sussistenza –:

   se e come il Governo, rispetto a quanto espresso in premessa, intenda intervenire per garantire la continuità della filiera agricola, della pesca e della trasformazione agroalimentare e contenere conseguentemente ripercussioni su prezzi e disponibilità al consumo, con misure di carattere nazionale e iniziative a livello comunitario, con particolare riferimento alla politica agricola comune e alle regole sugli aiuti di Stato.
(3-02822)


   GAGNARLI, GALLINELLA, CILLIS, L'ABBATE, CADEDDU, CASSESE, MAGLIONE, ALBERTO MANCA, MARZANA, PARENTELA, PIGNATONE e BILOTTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi anni l'evolversi dell'economia e del mercato hanno reso l'Italia un Paese principalmente trasformatore, anche e soprattutto per quel che riguarda il settore agroalimentare;

   a seguito della pandemia e dell'arresto subito dall'intero pianeta, l'approvvigionamento di materie prime è divenuto più complesso e il settore agroalimentare, pur avendo finora dimostrato una grande tenuta, sta subendo contraccolpi notevoli;

   a questa situazione si è affiancato lo scoppio del conflitto russo-ucraino che, oltre alla tragedia umanitaria, sta avendo strascichi commerciali ed economici per la difficoltà di reperimento di materie prime provenienti da quei territori (soprattutto mais e grano tenero) o per l'incancrenirsi delle difficoltà di importazione da altri Paesi (si veda il grano duro importato dal Canada, il cui blocco commerciale ha già portato ad un rialzo massimo del prezzo del grano nel dicembre 2021);

   relativamente al mais, i listini hanno registrato una decisa tendenza al rialzo a partire dal 2020, raggiungendo il picco nelle prime settimane di febbraio 2022; una situazione preoccupante, considerando la riduzione della produzione interna (-30 per cento negli ultimi 10 anni) e la strutturale dipendenza delle aziende zootecniche dal prodotto estero (importazioni al 53 per cento);

   vi è poi da considerare l'aumento del costo medio di produzione del latte, fra energia e spese fisse, che ha raggiunto i 46 centesimi al litro, un costo molto superiore rispetto al prezzo di 38 centesimi riconosciuto agli allevatori;

   nel corso del 2021 sono praticamente raddoppiati i costi delle semine per effetto di rincari di oltre il 50 per cento per il gasolio necessario alle lavorazioni, ma aumentano anche i costi dei mezzi agricoli, dei fitosanitari e dei fertilizzanti; a tal proposito, l'Ucraina ha bloccato le esportazioni di concimi e, dopo il blocco della Russia e della Bielorussia, il nostro Paese ha perso il 15 per cento delle importazioni totali di fertilizzante;

   in questo contesto il settore agricolo appare esposto a rischi notevoli che ricadranno, oltre che sulle stesse aziende, anche sui cittadini, considerato il pericolo di speculazioni sia sulle materie prime che sui prodotti finiti;

   ciò rende ancora più evidente quanto sia importante per l'Italia raggiungere una maggiore autonomia produttiva –:

   come intenda affrontare nell'immediato le difficoltà di reperimento delle materie prime e dei prodotti necessari alla lavorazione e alla trasformazione agricola, non tralasciando, al contempo, un intervento deciso e strutturale per garantire un'impostazione futura all'intero sistema agricolo e agroalimentare nazionale al fine di raggiungere una sempre maggiore autonomia.
(3-02823)


   INCERTI, CENNI, AVOSSA, CAPPELLANI, CRITELLI, FRAILIS, LORENZIN, BERLINGHIERI e FIANO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   la guerra in Ucraina sta innescando un nuovo cortocircuito sul settore agroalimentare nazionale. L'aumento generalizzato di quasi tutte le materie prime e dei costi energetici sta progressivamente erodendo la redditività dell'attività economica di molte imprese e sta mettendo a rischio il futuro delle coltivazioni e dell'industria di trasformazione nazionale;

   il settore della pesca chiede aiuti di fronte alla corsa inarrestabile del prezzo del carburante, raddoppiato nel giro di pochi mesi, che sta mettendo a serio rischio l'attività dei pescatori;

   l'aumento delle quotazioni dei cereali, ai massimi da un decennio, sta mettendo in ginocchio gli allevatori italiani che devono affrontare aumenti vertiginosi dei costi a fronte di compensi fermi su valori insostenibili. Il costo medio di produzione del latte, fra energia e spese fisse, ha raggiunto i 46 centesimi al litro secondo l'ultima indagine Ismea, un costo molto superiore rispetto al prezzo di 38 centesimi riconosciuto a una larga fascia di allevatori;

   la crisi alimentare per gli animali colpisce un sistema che ogni giorno lavora per garantire un settore che complessivamente, tra latte, carne e uova, genera un giro d'affari di circa 40 miliardi di euro ed è ai primi posti nel mondo per qualità e sostenibilità. Se non vengono riconosciuti i giusti compensi che tengano conto dei costi di produzione sempre più alti, dalla bolletta energetica ai mangimi, il futuro delle fattorie italiane rischia di essere compromesso;

   il 9 marzo 2022 il Presidente del Consiglio dei ministri, intervenendo alla Camera dei deputati, ha sottolineato l'urgenza di ridurre la nostra dipendenza dalle importazioni e di rivedere il quadro regolatorio europeo per aumentare le fonti di approvvigionamento di grano, mais ed altre materie prime e, contestualmente, anche la superficie coltivabile;

   il G7 straordinario sull'agricoltura ha discusso le conseguenze e le ripercussioni della guerra in corso tra Russia e Ucraina sui sistemi agroalimentari locali e globali e ha individuato come linee d'azione il sostegno verso la ripresa del settore ucraino e la cooperazione con i Paesi più vulnerabili e sensibili alle tensioni di mercato globali, la cui sicurezza alimentare è minacciata dal conflitto;

   l'intero comparto agroalimentare, impegnato da mesi a garantire la continuità dei cicli produttivi e il regolare svolgimento delle consegne, deve essere messo nelle condizioni di poter continuare a lavorare –:

   quali iniziative intenda adottare per permettere alle aziende agroalimentari di fronteggiare gli effetti della guerra russo-ucraina, acuiti dal «caro energia» e dall'aumento dei costi delle materie prime.
(3-02824)


   SPENA, NEVI, ANNA LISA BARONI, BOND, CAON, DALL'OSSO, SANDRA SAVINO, PAOLO RUSSO e D'ATTIS. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il conflitto in Ucraina ha provocato un ulteriore aumento dei prezzi delle fonti energetiche, fenomeno iniziato già in precedenza;

   nell'ultima settimana il prezzo del grano è salito del 40 per cento, il massimo degli ultimi 14 anni, il mais del 17 per cento, la soia del 6 per cento;

   nel 2020 il 6,6 per cento del fabbisogno di grano, soprattutto tenero, è giunto da Russia e Ucraina;

   la produzione nazionale di mais è diminuita del 30 per cento nell'ultimo decennio, compensata da quella ucraina, garantendo al nostro Paese il 20 per cento del mais importato;

   anche l'Ungheria ha vietato le esportazioni di grano e mais, danneggiando il nostro Paese poiché è il nostro principale fornitore di mais;

   ogni anno l'Italia utilizza 2,5 milioni di tonnellate di fertilizzanti. Solo una percentuale ridotta è prodotta dal mercato nazionale, quindi le produzioni agricole sconteranno anche l'effetto negativo del blocco delle importazioni di fertilizzanti dalla Russia, il principale produttore mondiale;

   degli obiettivi della Strategia F2F, come l'impegno alla riduzione del 50 per cento di concimi chimici e pesticidi o il riposo obbligatorio di almeno il 10 per cento dei terreni, appaiono ora controproducenti perché riducono le rese colturali, vessando ulteriormente le imprese provate dall'aumento dei costi di produzione;

   uno studio scientifico dimostra che la piena attuazione della Strategia F2F causerebbe un calo della produzione oscillante tra il 10 e il 20 per cento, nonché l'aumento dei prezzi del 30 per cento;

   Ismea ha precisato che, con la nuova politica agricola comune 2023-2027, un agricoltore, che precedentemente aveva la certezza di ricevere il 55,8 per cento dei pagamenti diretti +30 per cento per il greening, perderà risorse, poiché le due componenti saranno conteggiate assieme valendo solo il 48 per cento;

   ad avviso degli interroganti sarebbe necessario proporre all'Unione europea modifiche, a partire dall'eliminazione dell'obbligo di rotazione colturale dei seminativi per aumentare la produzione nazionale di alimenti, nonché proporre modifiche alle altre forme di pagamento selettive e incerte. Ad esempio, gli ecoschemi e le condizionalità nei pagamenti sono rapportate alla capacità dell'agricoltore di produrre servizi ambientali e sociali. Obiettivo condivisibile ma che in questo momento storico appare meno necessario, comparativamente rispetto all'incremento della produzione, quindi da modificare in sede di Unione europea;

   ciò è possibile poiché durante la riunione straordinaria dei Ministri dell'agricoltura europei il Commissario per l'agricoltura, riferendosi alle modifiche alla Strategia F2F, ha evocato la sospensione temporanea del vincolo di destinazione del 10 per cento dei terreni agricoli, per poter aumentare la produzione agricola –:

   quali iniziativa intenda adottare per risolvere i problemi esposti in premessa, con particolare riguardo a quelle necessarie per conseguire l'obiettivo dell'incremento della produzione agricola nazionale per tendere all'autosufficienza alimentare.
(3-02825)


   VIVIANI, MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CARRARA, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, FIORINI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GASTALDI, GERARDI, GERMANÀ, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, LUCENTINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MARIANI, MATURI, MICHELI, MINARDO, MORRONE, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLIN, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RAVETTO, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, SCOMA, SNIDER, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, RAFFAELE VOLPI, ZANELLA, ZENNARO, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi mesi la situazione dell'agricoltura italiana si è aggravata a causa dell'impennata dei prezzi dell'energia, ai quali si sono aggiunte le conseguenze della guerra in Ucraina in termini di approvvigionamento e di mercato che rischiano di vanificare il rilancio del settore agricolo;

   i rincari dell'energia hanno un impatto devastante sulla filiera, dal campo alla tavola; si stima un aumento medio di un terzo dei costi di produzione dell'agricoltura a livello nazionale, per un esborso di circa 8 miliardi di euro su base annua rispetto al precedente anno. Questo mette a rischio coltivazioni, allevamenti e industria di trasformazione nazionale, ma anche gli approvvigionamenti alimentari;

   le aziende segnalano quotidianamente una crescita esponenziale dei costi legati all'energia elettrica e al gas, ma anche un aumento dei prezzi di carburanti, fertilizzanti, mangimi, macchinari e sementi;

   un eccezionale aumento del costo delle materie prime indispensabili per le attività agricole e per l'allevamento, come grano, mais e soia, accrescono i costi aziendali, riducendo fortemente il profitto degli agricoltori, portandolo a livelli al di sotto della sostenibilità economica;

   il 30 per cento delle imprese agricole è costretta a ridurre i raccolti mettendo a rischio le forniture alimentari e la sovranità alimentare del Paese, che è già obbligato ad importare il 64 per cento del grano duro, il 44 per cento di quello tenero, ma anche il 16 per cento del latte consumato, il 49 per cento della carne bovina e il 38 per cento di quella suina, senza dimenticare il mais e la soia fondamentali per l'alimentazione degli animali e per le grandi produzioni di formaggi e salumi Dop, dove, con le produzioni nazionali, si riesce attualmente a coprire rispettivamente il 53 per cento e il 73 per cento;

   è fondamentale incrementare la produzione nazionale per essere un Paese autonomo e indipendente, ad esempio rivedendo l'obiettivo del 10 per cento di terreni incolti previsto nella strategia sulla biodiversità della politica agricola comune; la politica agricola comune e il Piano nazionale di ripresa e resilienza sembrano già essere inadeguati a rispondere alle nuove esigenze ed è necessario, quindi, un confronto con l'Unione europea per rimettere in discussione gli strumenti della politica agricola comune –:

   quali iniziative urgenti, intervenendo anche in sede europea, e scelte strutturali intenda adottare per rendere il nostro Paese autosufficiente dal punto di vista degli approvvigionamenti, aumentando la produzione nazionale che porterebbe ad una drastica riduzione della dipendenza del Paese dalle importazioni, che sono sempre più esposte a tensioni internazionali e di mercato e che mettono a rischio la sovranità alimentare del nostro Paese.
(3-02826)

Interrogazione a risposta scritta:


   GOLINELLI, BUBISUTTI, GASTALDI, LOLINI, LOSS e MANZATO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   i commi 980 e seguenti dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2021, n. 234, prevedono il divieto di allevamento, riproduzione in cattività, cattura e uccisione di qualsiasi specie per la finalità di ricavarne pelliccia;

   con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con le altre amministrazioni entro 30 giorni dall'entrata in vigore della legge di bilancio devono essere individuati i criteri e le modalità dell'indennizzo, unitamente alle modalità di detenzione e dismissione degli animali vivi, processo che deve concludersi entro il 30 giugno 2022; dopo quasi tre mesi dall'entrata in vigore delle misure de quo non risultano all'interrogante passi in avanti per l'elaborazione del decreto attuativo che invece ha carattere e requisiti di necessità e urgenza, sia per ragioni economico-sociali e cioè ristorare gli allevatori, sia per motivazioni igienico-sanitarie, vale a dire la gestione e relativa dismissione degli animali vivi;

   il divieto all'attività lavorativa di allevamento e riproduzione di animali da pelliccia, introdotto nella di legge di bilancio per l'anno finanziario 2022, rappresenta un impedimento alla libera iniziativa economica, tutelata dalla Costituzione, in uno specifico settore e, conseguentemente, presenta, secondo gli interroganti, profili di potenziale illegittimità;

   il Fondo costituito presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, finalizzato a indennizzare gli allevamenti di animali da pelliccia e costituito da 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023 non è sufficiente per risarcire per intero gli allevamenti a cui si impone la chiusura sostanziale con decorrenza immediata –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, vista la delicatezza della vicenda, quali urgenti iniziative intenda intraprendere per addivenire con massima sollecitudine alla adozione del decreto attuativo di cui all'articolo 1, commi 980 e seguenti, 1 della legge di bilancio 2022.
(4-11594)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   CIABURRO e CARETTA. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la Banca dati delle amministrazioni pubbliche (Bdap), nel perimetro del Monitoraggio delle opere pubbliche (Mop-Bdap) costituisce il sistema finalizzato a raccogliere le informazioni necessarie per tracciare il ciclo della spesa per le opere pubbliche in Italia;

   l'accesso e la compilazione delle varie voci sul sistema Bdap sono essenziali per assolvere al relativo obbligo di comunicazione alla banca dati medesima;

   nel caso di specie, varie amministrazioni comunali lamentano come il portale Bdap, relativamente alla sezione di caricamento dati, dia luogo a numerosi problemi di accessibilità a ridosso delle varie scadenze, ad ultimo in riferimento alle scadenze di cui al 15 marzo 2022;

   tali malfunzionamenti sarebbero dovuti ad elevati volumi di caricamento proprio in prossimità delle scadenze medesime, con la conseguenza per numerose amministrazioni comunali di non essere in grado di ottemperare ai propri obblighi in tempi congrui, dovendo attendere anche le ore notturne per effettuare il caricamento di tutte le informazioni necessarie –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa, se essi trovino conferma e quali iniziative intendano intraprendere per potenziare il sistema Bdap in modo tale da permettere il congruo accesso e caricamento delle informazioni da parte delle amministrazioni comunali senza malfunzionamenti dovuti, tra l'altro, a picchi di accesso e collegamento a ridosso delle varie scadenze a cui le amministrazioni medesime sono soggette.
(4-11587)

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata:


   BOLOGNA. – Al Ministro della salute. – Per sapere – premesso che:

   il Piano nazionale di ripresa e resilienza si pone l'obiettivo di migliorare la capacità di ripresa del nostro Paese con sei missioni di cui una dedicata alla salute;

   in Commissione XII si sta esaminando una relazione sullo stato di avanzamento rispetto agli obiettivi perseguiti per il 2021, in vista della rendicontazione alla Commissione europea. La relazione segnala che il 16 dicembre 2021 è stato discusso in conferenza Stato-regioni lo schema di decreto, recante la ripartizione delle risorse destinate alle regioni; un lavoro di istruttoria e preparazione, per la definizione di un nuovo modello organizzativo della rete di assistenza sanitaria territoriale, al fine di garantire l'emanazione e l'entrata in vigore della riforma entro il 30 giugno 2022; una ricognizione di progetti per cui ciascuna regione è tenuta a definire il piano operativo sulla casa come primo luogo di cura e la telemedicina; a luglio 2021 è stato determinato il numero dei medici specialisti da formare per il triennio 2020-2023; a novembre 2021 sono state assegnate alle regioni le risorse per il finanziamento delle borse aggiuntive per il ciclo formativo 2021-2024;

   le criticità dei servizi sanitari regionali emerse nel corso della pandemia sia nell'ambito ospedaliero che, soprattutto, territoriale hanno messo in luce difficoltà già preesistenti. Da una parte ancora oggi molti cittadini attendono di recuperare prestazioni ed interventi differiti, dall'altra c'è il sovraccarico di lavoro e la conseguente demotivazione dei sanitari legata anche a un ridotto coinvolgimento nel percorso organizzativo e a una mancanza di valorizzazione professionale. Il sistema sanitario sta ancora fronteggiando la pandemia e ora si sta aprendo una nuova emergenza, che coinvolge la sanità e il sociale, legata all'afflusso di profughi dai territori dove è in atto la guerra e si profila la necessità di uno sforzo coordinato delle comunità locali –:

   se non ritenga di prevedere un modello organizzativo e valutativo a livello nazionale, che venga contestualizzato a livello regionale e che valorizzi le strategie di intervento ospedaliere e territoriali in tutti i suoi aspetti sanitari, tecnologici e sociali, anche con modalità sperimentali, per favorire la gestione dei differenti bisogni e che consideri appropriatezza, accessibilità ai servizi e soddisfazione dei cittadini, anche con l'istituzione di tavoli regionali permanenti che includano rappresentanti delle professioni sanitarie e sociosanitarie ospedaliere e territoriali per una costante condivisione di obiettivi e soluzioni organizzative che superino le criticità emergenti e rendano attuabile il nuovo modello di sanità.
(3-02819)


   LOLLOBRIGIDA, MELONI, ALBANO, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, DE TOMA, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, GIOVANNI RUSSO, RACHELE SILVESTRI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI, VINCI e ZUCCONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   tra due settimane, il 31 marzo 2022, cesserà lo stato di emergenza nazionale dichiarato a partire dal 31 gennaio 2020 in considerazione del rischio sanitario connesso alla diffusione degli agenti virali da COVID-19;

   la proroga al 31 marzo 2022 è stata la sesta dopo la prima dichiarazione di emergenza nazionale; succedutesi a cadenza trimestrale per due interi anni, il 2020 e il 2021;

   alla cessazione dello stato di emergenza dovrà corrispondere anche il termine ultimo per la vigenza delle misure straordinarie adottate sin qui in ragione delle asserite esigenze di «contenimento e contrasto della diffusione del virus» e che così pesantemente hanno inciso sulle libertà personali dei cittadini e le garanzie costituzionali che contraddistinguono l'ordinamento;

   tra queste spicca la certificazione verde, adottata e progressivamente implementata dai diversi provvedimenti governativi fino al punto di impedire a giudizio degli interroganti addirittura il diritto costituzionale su cui si fonda la nostra Carta costituzionale: il diritto al lavoro;

   tuttavia, nell'avvicinarsi del termine dello stato di emergenza, il Governo, invece di allentare le restrizioni come logica vorrebbe, ha varato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 2 marzo 2022, recante «Aggiornamento delle modalità di verifica dell'obbligo vaccinale e del green pass», con il quale ha prorogato la validità delle certificazioni verdi rilasciate ai soggetti che abbiano completato il ciclo vaccinale per un periodo complessivo di 1080 giorni, pari a poco meno di tre anni;

   dalla lettura del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri appare evidente come lo stesso non solo confermi la volontà del Governo di non cancellare l'impiego delle certificazioni verdi nonostante il termine dell'emergenza, ma neanche riporti alcuna notizia relativa a una tempistica per la cancellazione dello strumento, né alle eventuali condizioni che potrebbero impedirne il rinnovo;

   la proroga dell'impiego delle certificazioni verdi, per di più secondo gli interroganti surrettiziamente introdotta attraverso uno strumento senza forza di legge, appare oltremodo incongrua, soprattutto perché incide – per l'ennesima volta – in danno delle libertà dei cittadini;

   inoltre, lo strumento del green pass si è dimostrato sin qui molto penalizzante per tutte quelle attività che lavorano con il pubblico, le quali non solo hanno visto calare l'afflusso di visitatori ma sono state anche gravate dell'onere di effettuare le relative verifiche –:

   se non ritenga di adottare le iniziative di competenza per disporre l'immediata cessazione dell'obbligo del green pass, rivelatosi secondo gli interroganti uno strumento palesemente inutile ai fini del controllo del contagio.
(3-02820)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RUGGIERO. — Al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da un'analisi condotta dall'associazione Antigone, risulta allarmante la situazione dovuta alla carenza di medici e di personale socio sanitario, nella maggior parte dei presidi sanitari degli istituti penitenziari italiani, tanto da poter parlare di emergenza sanitaria da COVID-19 legata anche e soprattutto alla «carenza del personale»;

   ed invero, a preoccupare la tutela della salute dei detenuti non c'è solo il COVID-19 ma le evidenti sproporzioni fra medici, infermieri e operatori disponibili e numero dei detenuti nelle celle;

   in particolare, per il personale medico, nelle 95 visite effettuate in carcere nel 2021 dagli operatori dell'Osservatorio istituito dalla predetta Associazione, si è rilevato come, nel 34 per cento degli istituti non è presente un medico in servizio per tutto il corso della giornata; quanto agli specialisti, è emerso che gli psichiatri, erogano in media 10 ore di assistenza settimanali per ogni 100 detenuti, e gli psicologi garantiscono in media 19,5 ore settimanali di assistenza ogni 100 detenuti;

   è doveroso evidenziare che tale situazione drammatica di carenza del personale non riguarda solo ed esclusivamente le piccole strutture, ma coinvolge anche quelle più grandi, come il carcere di Catania o quello di Pesaro, dove ci sono quasi 200 detenuti;

   in relazione alla qualità dell'assistenza sanitaria offerta all'interno degli istituti di pena, anche in quelli laziali, sono state rilevate grosse difficoltà nel garantire un servizio di guardia medica attivo per tutto il corso della giornata, così come nella casa circondariale della Dozza di Bologna in cui, per assenza di medici e personale socio-sanitario, tutta la mole di lavoro e soprattutto delle responsabilità ricade sugli infermieri;

   particolare attenzione merita il caso dell'istituto penitenziario di Sulmona che rischia il collasso, non solo, per carenza di medici rimasti in servizio ma anche per mancanza di operatori socio-sanitari che, durante le fasi più acute della pandemia, sono stati fondamentali nell'evitare il collasso del sistema nelle carceri;

   a questo elenco se ne potrebbero aggiungere altri, ma si ritiene che quanto sopra esposto sia sufficiente ad evidenziare la situazione allarmante nelle carceri italiane legata alla difficoltà di ottenere la disponibilità di medici specialisti non dipendenti dall'Amministrazione penitenziaria e di operatori socio-sanitari sufficientemente motivati e competenti, vista anche l'esiguità del compenso ministeriale previsto per legge;

   a ciò si aggiunga che, la carenza di personale comporta una serie di disagi e disservizi che incidono negativamente sulla quotidianità dell'istituto di pena, costringendo tutti gli operatori a ritmi di lavoro faticosi ed esponendoli al rischio di aggressioni da parte dei detenuti più violenti;

   la necessità di implementare il servizio sanitario è un dovere al quale il Governo non può sottrarsi e al quale deve dare una risposta immediata attraverso la predisposizione di tutti gli strumenti operativi e le risorse economiche volte a garantirne la più efficace attuazione, e quindi l'effettiva equivalenza, nella tutela della salute tra cittadini liberi e cittadini detenuti, in conformità con il dettato costituzionale previsto dall'articolo 32 e garantire, altresì, la piena uguaglianza formale e sostanziale dei cittadini, attraverso la rimozione degli ostacoli che vi si frappongono, così come previsto dall'articolo 3 della Costituzione –:

   se e di quali dati ed elementi disponga il Governo circa la carenza del personale medico e degli operatori socio-sanitari nei diversi istituti penitenziari in Italia;

   se e quali siano, per quanto di competenza, le iniziative che il Governo intenda adottare al fine di porre rimedio a questa emergenza rinforzando l'organico preposto al servizio sanitario non solo di medici ma anche del personale socio-sanitario presso gli istituti penitenziari, al fine di assicurare il rispetto del diritto alla salute costituzionalmente garantito anche ai detenuti.
(4-11583)


   CUNIAL. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'avvocato americano Aaron Siri, ha chiesto alla Fda mediante una richiesta Foia, per conto di un cliente, di produrre «[tutti] i dati e informazioni per il vaccino Pfizer enumerato in 21 C.F.R. § 601.51(e) con l'eccezione dei rapporti pubblicamente disponibili sull'avversità del vaccino nel Sistema di segnalazione degli eventi avversi»;

   il 9 dicembre 2021, la Food and Drug Administration (Fda) affermava che erano necessari 75 anni per rilasciare completamente al pubblico i dati del vaccino Pfizer COVID-19, vent'anni in più rispetto a quanto concordato originariamente il 15 novembre, chiedendo a un giudice del Tribunale distrettuale degli Stati Uniti per il distretto nord del Texas, divisione Fort Worth3, di concedere tale tempo, affermando che ci sono oltre 59.000 pagine in più rispetto a quelle non menzionate nella prima richiesta, lavorando a 500 pagine al mese;

   il 14 dicembre 2021 il rappresentante repubblicano della Carolina del Sud Ralph Norman ha detto a Fox News: «In che modo un vaccino che riceve l'approvazione in 108 giorni richiede ora 55 anni solo per rilasciare informazioni?»;

   il 6 gennaio 2022 il Tribunale, con sentenza n. 4:21-cv-1058-P7, ha ordinato il tempestivo rilascio degli atti; il giudice ha riconosciuto che il rilascio di questi dati è di fondamentale importanza pubblica e dovrebbe essere una delle massime priorità dell'Fda, disponendo che: la Fda produca «più di 12.000 pagine» entro il 31 gennaio 2022 e le restanti a una velocità di 55.000 pagine ogni 30 giorni, con la prima produzione prevista entro il 1° marzo 2022, fino al completamento dell'operazione;

   il 1° marzo 2022, la Fda ha pubblicato le prime 12.000 pagine di documenti, che con buona probabilità vanno ad integrare quelle già rese pubbliche dalla stessa;

   la Children's Health Defense, un'organizzazione senza scopo di lucro la cui missione è porre fine alle epidemie sanitarie infantili lavorando in modo aggressivo per eliminare le esposizioni dannose, individuare tutti i fattori irresponsabili e stabilire salvaguardie per prevenire danni futuri, ha analizzato alcune delle pagine pubblicate e ha trovato un rapporto di 38 pagine che contiene un'appendice dal titolo: «Elenco di eventi avversi di particolare interesse», che elenca 1.291 diversi eventi avversi dopo la vaccinazione –:

   di quali informazioni il Governo disponga in merito a quanto esposto in premessa;

   se il Governo non intenda con urgenza adottare iniziative per interrompere la campagna vaccinale obbligatoria e volontaria, nonché per abrogare le norme concernenti l'obbligatorietà dell'uso del cosiddetto Green Pass.
(4-11595)


   BIGNAMI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la celiachia è un'intolleranza al glutine che provoca, nei soggetti che ne soffrono, l'atrofia dei villi intestinali. Curare la celiachia significa escludere dal proprio regime alimentare alcuni degli alimenti più comuni: infatti, l'unica terapia attualmente disponibile consiste in una rigorosa alimentazione, con l'esclusione totale e permanente degli alimenti contenenti il glutine. Questo incide notevolmente sulle abitudini quotidiane e sulla dimensione sociale del celiaco, rendendo necessarie una adeguata educazione alimentare e appropriate garanzie da parte delle aziende che commercializzano prodotti contenenti glutine;

   con il decreto ministeriale 8 giugno 2001 «Assistenza sanitaria integrativa relativa ai prodotti destinati ad una alimentazione particolare» (Gazzetta Ufficiale n. 154 del 5 luglio 2001) il Servizio sanitario nazionale eroga, gratuitamente, ai soggetti affetti da celiachia, gli alimenti dietetici privi di glutine, con tetti di spesa suddivisi per fasce di età e sesso. Tali limiti di spesa sono stati successivamente confermati dal decreto ministeriale 4 maggio 2006 «Limiti massimi di spesa per l'erogazione dei prodotti senza glutine, di cui all'articolo 4, commi 1 e 2, della legge 4 luglio 2005, n. 123, recante: "Norme per la protezione dei soggetti malati di celiachia"» (Gazzetta Ufficiale n. 113 del 17 maggio 2006);

   il Ministero della salute, acquisito il parere della Conferenza dei presidenti delle regioni e province autonome, aggiorna periodicamente i limiti di spesa previsti per i soggetti celiaci sulla base della rilevazione del prezzo dei prodotti garantiti senza glutine sul libero mercato;

   inoltre, con il decreto ministeriale dell'8 giugno 2001 è stato istituito il Registro nazionale dei prodotti dietetici senza glutine (decreto legislativo n. 111 del 1992), aggiornato periodicamente e disponibile sul sito www.salute.gov.it nella sezione «Alimenti Particolari e Integratori», erogati gratuitamente ai celiaci dal Sistema sanitario nazionale (legge n. 123 del 2005);

   tutti i prodotti notificati fino al 31 dicembre 2014 attraverso il precedente sistema per gli alimenti a fini medici speciali sono presenti nel «Registro transitorio». A partire dal 1° gennaio 2022, invece, la parte relativa agli alimenti senza glutine non sarà più pubblicata. Sarà comunicata successivamente la data della cessazione della sua pubblicazione, pertanto, dopo questa data, saranno considerati in commercio solo i prodotti confluiti nel «Registro nazionale». Nell'ultimo aggiornamento dell'elenco dei prodotti senza glutine, avvenuta in data 1° marzo 2022, per effetto di quanto sopraindicato, sono stati eliminati numerosi prodotti che fino a qualche tempo fa erano idonei e pertanto erogati a carico del Servizio sanitario nazionale comportando anche oneri economici per i cittadini affetti da celiachia, oltre che per i venditori specializzati;

   inoltre, giova ricordare che la situazione in Italia per i celiaci è disomogenea e comporta differenze territoriali che generano disuguaglianze. In alcune regioni, il valore dei buoni mensili viene caricato su una carta sanitaria ed è spendibile nelle farmacie, nei negozi specializzati e nella Grande distribuzione organizzata. In altre regioni, invece, il sistema è ancora fermo ai buoni cartacei, spesso utilizzabili in un unico esercizio commerciali o in farmacia e in un'unica volta –:

   se sia a conoscenza del fatto che l'eliminazione del registro transitorio degli alimenti senza glutine stia causando notevoli disagi a consumatori, venditori e imprese produttrici che devono inviare nuovamente la documentazione idonea a tale riconoscimento al Ministero della salute, con i tempi burocratici che questo comporta;

   se non ritenga doveroso adottare iniziative tempestivamente prorogando l'operatività del Registro transitorio fino al 30 giugno 2022, in attesa che i prodotti già inclusi in quest'ultimo confluiscano in quello nazionale;

   se ritenga necessario adottare iniziative volte ad uniformare l'erogazione dei prodotti senza glutine su tutto il territorio nazionale, favorendo la reale diversificazione dei canali distributivi e la circolarità della loro erogazione in tutte le regioni italiane.
(4-11597)

TRANSIZIONE ECOLOGICA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della transizione ecologica, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:

   la gestione dei fanghi di depurazione ha visto un'escalation di denunce, indagini e arresti nel corso del 2021, in particolare a seguito della trasformazione dei fanghi in gessi di defecazione (che avviene in circa il 95 per cento dei casi secondo Arpa Emilia-Romagna);

   il gesso di defecazione, previsto dall'allegato 3 del decreto legislativo n. 75 del 2010, è un fertilizzante appartenente alla famiglia degli elementi chimici della fertilità, alla specie dei «correttivi», ovvero materiali «da aggiungere al suolo in situ principalmente per modificare e migliorare proprietà chimiche anomale del suolo dipendenti da reazione, salinità, tenore in sodio» (articolo 2, comma 1, lettera aa), del decreto legislativo n. 75 del 2010). Tuttavia, come ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità «la pur riconosciuta natura di sostanza fertilizzante da attribuirsi al materiale gesso di defecazione (...) non vale ad escludere che lo stesso possa essere qualificato come rifiuto allorché esso sia depositato con modalità tali da farne presumere la destinazione non ad un uso produttivo ma esclusivamente al suo smaltimento» (Cass. Pen. sez. III, sentenza n. 39074 del 10 agosto 2017). Con l'articolo 37-bis del decreto-legge n. 77 del 2021 (cosiddetto semplificazioni) è stata esclusa la possibilità di utilizzare fanghi di depurazione per produrre i correttivi di cui ai punti 21 e 22 della tabella 2.1 dell'allegato 3 del decreto legislativo n. 75 del 2010;

   resta il punto 23 (gessi da defecazione da fanghi) e quindi è necessario un ulteriore provvedimento per imporre la tracciabilità per tutti i correttivi da fanghi di depurazione;

   in data 15 ottobre 2021 presso il comune di San Giovanni Lupatoto (Verona) è stato protocollato un esposto, indirizzato anche alla procura della Repubblica, al Comando gruppo carabinieri forestali di Verona e all'Arpav, firmato da 149 cittadini residenti a Raldon, frazione del comune di San Giovanni Lupatoto, in cui è stato segnalato, in particolare, che dal febbraio 2021 su alcuni terreni situati in via Campagnini sarebbe stato effettuato lo scarico di materiale dall'odore fortemente sgradevole, che rendeva quasi impossibile respirare, causa di bruciore agli occhi, alla gola ed alle vie respiratorie; i terreni in questione rientrano in un'area in cui la falda freatica si trova a pochi metri di profondità, con la presenza di risorgive, in cui le abitazioni adiacenti prelevano l'acqua da pozzi privati. Qualche mese fa, a seguito delle diverse segnalazioni pervenute al Comando di polizia municipale di San Giovanni Lupatoto, gli agenti effettuavano un sopralluogo in cui accertavano che presso i terreni agricoli in questione era in atto un piano di concimazione con l'utilizzo di gesso di defecazione;

   un caso analogo si è verificato in provincia di Pavia, dove diversi cittadini hanno segnalato la presenza di forti miasmi in aree limitrofe alla zona in cui è ubicata la ditta Var di Belgioioso, che si occupa di trattamento e produzione di fanghi; in data 1° dicembre 2021 il Gruppo carabinieri forestali di Pavia e la sezione di polizia giudiziaria della procura della Repubblica presso il tribunale di Pavia hanno dato esecuzione ad un'ordinanza applicativa di tre misure cautelari in base alla quale sono stati disposti due arresti domiciliari ed un obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria nei confronti di alcuni soggetti indagati per inquinamento ambientale doloso, commesso a partire dal mese di febbraio 2021 mediante reiterate condotte di spandimento di materiale asseritamente utilizzabile come fertilizzante in agricoltura (oltre 10 mila tonnellate per il solo periodo oggetto dell'indagine);

   nel maggio 2021 è emerso il gravissimo caso della Wte di Quinzano e Calcinato (Brescia) che ha sparso gessi su 3 mila ettari di suolo nel nord Italia tra Piemonte, Veneto, Emilia e Lombardia; con riferimento a quest'ultima, lo spandimento riguarderebbe i campi delle aziende agricole di circa 78 comuni tra Lodi, Casale Castiglione e Cavenago D'Adda. «Chissà il bambino che mangia la pannocchia di mais cresciuta sui fanghi» si è potuto leggere nelle intercettazioni. I fanghi provenivano da A2A (900 tonnellate per il solo 2020) e molte altre aziende extraregionali (Trentino Alto Adige per esempio) (dati MUD) e il coinvolgimento di importanti aziende del settore della depurazione porta a interrogarsi sulla contezza da parte delle stesse circa i metodi perlomeno inappropriati di gestione dei fanghi da parte delle società di trattamento e smaltimento dei medesimi, anche per eventuali aspetti di risparmio economico e di possibile concorrenza sleale;

   le vicende sopra descritte danno luogo ad inevitabili ripercussioni a livello socio-sanitario, ambientale ed alimentare, con gravi ricadute (anche di immagine per il turismo e i prodotti agroalimentari) sul territorio e la popolazione interessati –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per completare la tracciabilità dell'utilizzo dei fanghi di depurazione in agricoltura e tutelare la salute dei cittadini, anche attraverso l'introduzione di norme finalizzate a disciplinare le molestie di natura olfattiva e il rischio microbiologico, incentivando la filiera corta di gestione dei fanghi di depurazione.
(2-01452) «Barzotti, Federico, Zolezzi, Daga, Deiana, D'Ippolito, Di Lauro, Maraia, Micillo, Terzoni, Traversi, Varrica, Bella, Bilotti, Bruno, Businarolo, Cadeddu, Luciano Cantone, Carabetta, Carbonaro, Carinelli, Cassese, Chiazzese, Cimino, De Lorenzis, Del Sesto, Di Stasio, Fantinati, Ficara, Gagnarli, Galizia, Giarrizzo, Iorio, Maglione, Alberto Manca, Marzana, Melicchio, Palmisano, Papiro, Parentela, Raffa, Serritella».

Interrogazione a risposta scritta:


   MURONI. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   di fronte ai danni sempre più elevati causati alla biodiversità unica dell'Isola d'Elba e alla sua economia agricola e turistica, il Comitato eradicazione cinghiali Isola d'Elba, che riunisce oltre 70 firme tra associazioni ambientaliste, agricole, di categoria, culturali e imprese, ha scritto una lettera al presidente della Regione Toscana, agli assessorati agro-alimentare, caccia e pesca e ambiente, economia circolare, difesa del suolo, lavori pubblici e protezione civile, ai Ministri della transizione ecologica e delle politiche agricole, alimentari e forestali, ai commissari europei e alle Commissioni ambiente e agricoltura, per chiedere un incontro urgente e interventi immediati e risolutivi per fermare l'ecocidio in corso all'isola d'Elba e per tutelarne l'economia agricola e turistica. La lettera è stata inviata, per conoscenza, anche ai sindaci dell'isola d'Elba, al presidente e al direttore del Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano, alla Provincia di Livorno e all'Ispra;

   nella lettera si legge che all'Isola d'Elba (Provincia di Livorno, Toscana), tra gli anni '60 e '70 sono stati introdotti, a scopo venatorio, cinghiali (Sus scrofa) fortemente ibridati con esemplari provenienti dall'Europa Centrale e maiali domestici, in un territorio dove l'ultimo cinghiale «maremmano» era stato abbattuto nel 1802;

   la popolazione di cinghiali introdotti – consentita da Provincia e Regione Toscana – è esplosa a causa di una fallimentare gestione venatoria che ne ha comportato una maggiore ed esponenziale proliferazione;

   in questo delicatissimo contesto, la caccia si è rivelata sempre più uno strumento inefficace e dannoso;

   all'isola d'Elba è presente un'agricoltura di qualità che si fregia di diverse denominazioni di origine controllata (DOC) e denominazione di origine controllata e garantita (DOCG) e che opera in situazioni spesso difficili, mantenendo anche l'equilibrio idrogeologico di un'isola segnata dall'agricoltura «eroica» dei terrazzamenti e dei muretti a secco;

   si tratta di una situazione così drammatica che il direttivo del Parco nazionale dell'arcipelago Toscano ha per ben due volte deliberato per chiedere l'eradicazione di cinghiali e mufloni (ricevendo l'approvazione dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale – Ispra) e che, recentemente, 6 sindaci su 7 dell'isola d'Elba, riuniti nella Comunità del Parco, hanno chiesto alla Regione Toscana di abolire l'area vocata per il cinghiale e di avviare un progetto di drastica riduzione della popolazione di ungulati, per poi giungere all'eradicazione –:

   se il Governo intenda adottare iniziative per realizzare con la massima urgenza un progetto di forte riduzione delle popolazioni di ungulati in base a quanto chiesto dal Parco nazionale, dall'Ispra e dai comuni;

   quali iniziative di competenza intendano intraprendere affinché si fermi questo «ecocidio», dando attuazione alla normativa italiana ed europea e agli impegni internazionali presi dall'Italia nell'ambito della Convenzione sulla diversità biologica dell'Onu e del Decennio dell'Onu per il ripristino degli ecosistemi, in modo da evitare l'apertura di una eventuale procedura d'infrazione europea per la mancata tutela delle Zone di protezione speciale/Zone speciali di conservazione dell'Isola d'Elba che potrebbe essere determinata, a giudizio dell'interrogante, dalle politiche venatorie della Regione Toscana e dall'assenza di intervento dei Governi fin qui succedutisi;

   quali iniziative di competenza intendano intraprendere, a partire da un incontro con i rappresentanti del Comitato eradicazione cinghiali Isola d'Elba, per realizzare un progetto atto a difendere la biodiversità e l'agricoltura di un'isola protetta per oltre la metà da un Parco Nazionale e che, nonostante questo, in 25 anni ha subito perdite enormi e forse irreparabili di specie animali e vegetali e di raccolti agricoli a causa dell'introduzione e della gestione venatoria del cinghiale esterna al Parco e dei mufloni introdotti prima dell'istituzione del Parco.
(4-11585)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Corda e altri n. 4-11580, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 marzo 2022, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Testamento.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta in Commissione Fassina n. 5-07699, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 656 del 14 marzo 2022.

   FASSINA e GARIGLIO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   con la lettera del 10 settembre 2021 (C(2021) 66 final), la Commissione europea – per la firma della Commissaria alla concorrenza Margrethe Vestager – ha autorizzato l'Italia, quale Stato membro dell'Unione europea a finanziare, con un'iniezione di capitale fresco di 1 miliardo e 350 milioni di euro, la Ita spa;

   affinché tale finanziamento fosse compatibile con l'articolo 107 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, l'Italia ha dovuto dimostrare che esso non fosse un aiuto di Stato per l'Alitalia, nel frattempo messa in amministrazione straordinaria, né per l'Ita;

   sotto questo aspetto, l'Italia ha dovuto provare che tra le due società non vi fosse continuità giuridica ed economica, tale per cui l'Ita avrebbe, di fatto, ereditato aiuti di Stato passati già dichiarati illegittimi in capo all'Alitalia; e che nel conferire l'apporto finanziario all'Ita, essa si è comportata secondo i criteri di un operatore di mercato;

   per tali motivi, l'Ita ha potuto acquistare a trattativa privata (direct negotiation) solo il ramo d'azienda di Alitalia attinente al volo (aviation) e non anche i rami manutenzione e maneggio bagaglio i quali, viceversa, sono dovuti andare all'asta, cui Ita ha potuto partecipare a parità di condizioni con altri operatori (si vedano al proposito il paragrafo n. 170 della lettera della Commissione sopracitata, e l'articolo 11-quater del decreto-legge n. 173 del 2021, come modificato dall'articolo 7, comma 2, del decreto-legge n. 121 del 2021-:

   se i Ministri interrogati intendano rendere noto – anche informando in proposito compiutamente le competenti Commissioni parlamentari – il testo del contratto tra Alitalia in amministrazione straordinaria e Ita spa con cui quest'ultima ha acquisito i cespiti del ramo aviation.
(5-07699)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Ungaro n. 5-05410 del 3 marzo 2021;

   interpellanza Barzotti n. 2-01315 del 7 settembre 2021;

   interrogazione a risposta in Commissione Villarosa n. 5-07545 del 17 febbraio 2022;

   interrogazione a risposta in Commissione Fragomeli n. 5-07613 del 25 febbraio 2022;

   interrogazione a risposta in Commissione Ferri n. 5-07697 del 14 marzo 2022.