Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 17 febbraio 2022

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1, comma 159, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, stabilisce una procedura per la stipulazione di un accordo tra lo Stato con il settore della raffinazione e della bioraffinazione, finalizzato alla promozione degli investimenti da parte delle suddette imprese finanziate con le risorse derivanti dal gettito delle accise e dell'imposta sul valore aggiunto;

    tale provvedimento, di fatto, costituisce un sussidio ambientale dannoso (Sad) con il quale si finanziano imprese private appartenenti ai settori della raffinazione con denari dei cittadini che pagano attraverso le accise e l'Iva;

    l'articolo 191 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue) stabilisce la lotta al cambiamento climatico quale obiettivo dichiarato della politica ambientale dell'Unione europea. Si prevede che, qualora non vengano adottate ulteriori misure volte a ridurre le emissioni, nel corso di questo secolo la temperatura globale media possa subire un aumento compreso tra 1,1 e 6,4 °C. Attività umane quali l'utilizzo di combustibili fossili, la deforestazione e l'agricoltura producono emissioni di biossido di carbonio (CO2), metano (CH4), protossido di azoto (N20) e fluorocarburi. Tali gas a effetto serra catturano il calore che viene irradiato dalla superficie terrestre e ne impediscono la dispersione nello spazio, provocando il riscaldamento globale;

    il riscaldamento globale ha provocato e provocherà fenomeni meteorologici estremi più frequenti (quali inondazioni, siccità, piogge intense e ondate di calore), incendi boschivi, scarsità delle risorse idriche, scomparsa del ghiacciai e innalzamento del livello del mare, mutamento dei modelli di distribuzione o persino estinzione di fauna e fiora, malattie delle piante e parassiti, scarsità di alimenti e acqua potabile, nonché migrazione di persone in fuga da tali pericoli. La scienza dimostra che il rischio di un cambiamento irreversibile e catastrofico aumenterebbe in modo rilevante qualora il riscaldamento globale superasse i 2 °C – o anche solo l'1,5 °C – rispetto ai valori preindustriali;

    il Green deal europeo, il programma europeo per una nuova crescita sostenibile dell'Unione europea, finalizzato a rendere l'Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050, vuole dare impulso alla transizione ecologica in un'ottica di sostenibilità con un ambiente sano e una popolazione che possa aspirare, senza discriminazioni, a più che soddisfacenti condizioni di vita. Tutti i 27 Stati membri hanno assunto l'impegno di fare dell'Unione europea il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050;

    l'Unione europea ha approvato, nel dicembre 2020, un obiettivo riveduto di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55 per cento entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990. In particolare, per conseguire tale ambizioso obiettivo, la Commissione europea ha preso in considerazione le azioni necessarie in tutti i settori, compresi un aumento dell'efficienza energetica e dell'energia da fonti rinnovabili, e il 14 luglio 2021 ha presentato ai membri della Commissione Ambiente del Parlamento europeo il pacchetto di proposte legislative denominato «Fit for 55 per cent», contenente 12 iniziative, sia di modifica di legislazioni esistenti sia di nuove proposte, tese a mettere in atto e realizzare tale maggiore livello di ambizione. Per raggiungere questo traguardo si sono impegnati a ridurre le emissioni di almeno il 55 per cento entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 e l'apporto delle energie rinnovabili alla generazione elettrica dovrà raggiungere almeno il 72 per cento al 2030 e coprire al 2050 quote prossime al 100 per cento del mix energetico primario complessivo. In Italia ciò si traduce con un raddoppio nel 2030 dell'attuale quota del 38 per cento di produzione da Fer installando circa 65 Gigawatt di nuova potenza rinnovabile;

    in questo modo si creeranno nuove opportunità per l'innovazione, gli investimenti e l'occupazione, ma anche per ridurre le emissioni, creare posti di lavoro e favorire la sostenibilità economica, affrontare il problema della povertà energetica, ridurre la dipendenza energetica dall'esterno, migliorare la salute e il benessere. Al tempo stesso, la trasformazione garantirà opportunità per tutti, in quanto sosterrà i cittadini vulnerabili affrontando le disuguaglianze e la povertà energetica e rafforzerà la competitività delle imprese europee;

    il metano ha un impatto sul riscaldamento globale maggiore rispetto a quello dell'anidride carbonica con un potenziale climalterante tra le 20 e le 30 volte superiore. In uno scenario business as usual le emissioni annuali di metano sono destinate ad aumentare fino al 2040. È pertanto necessario invertire la rotta con politiche decise diminuendo ogni anno le emissioni di circa 180 milioni di tonnellate tanto da risparmiare un aumento della temperatura globale di 0,3 °C al 2045. In termini di costi sanitari e sociali, equivarrebbe a prevenire nel mondo 260.000 morti premature, 775.000 visite in ospedale per asma, 73 miliardi di ore di lavoro risparmiate da ondate di calore estremo, salvare 25 milioni di tonnellate di coltivazioni altrimenti andate perdute ogni anno;

    le aziende partecipate dallo Stato Eni e Snam hanno il loro core business negli idrocarburi e pertanto, per definizione, ogni progresso di decarbonizzazione completa entrerebbe in contrasto con la mission delle due partecipate. Modificare la loro mission, adeguandola alla completa decarbonizzazione dei processi energetici, rappresenta l'unica soluzione per permettere prosperità alle suddette aziende di Stato;

    la narrazione condotta dal Governo italiano che ha portato alla costruzione del gasdotto Tap veniva motivata dalla necessità di ulteriore approvvigionamento di gas dall'estero per abbassare le bollette elettriche dei cittadini. Oggi invece il Ministro della transizione ecologica afferma che al fine di diminuire il costo delle bollette elettriche dei cittadini si dovrebbe diminuire l'approvvigionamento di gas importato dall'estero e aumentare la produzione nazionale. Tutto ciò oltre a rappresentare una evidente contraddizione non è corroborato da alcun dato scientifico dato per assodato che un eventuale incremento della produzione domestica italiana verrebbe scambiato a mercato secondo il livello di prezzo a cui si attesta in quel momento il mercato del gas italiano, ossia Psv ed inoltre l'ambito di riferimento di tale dinamica non è solo il mercato italiano, ma quello europeo nel suo complesso, essendo i mercati di gas all'ingrosso strettamente interconnessi sia come scambi di volumi che come logiche di formazione del prezzo, per cui qualsiasi volume in tal senso dev'essere misurato su scala europea. Pertanto se ne deduce che un aumento di estrazione di idrocarburi in Italia di circa 4 miliardi di metri cubi annui rispetto l'attuale fabbisogno europeo di circa 400 miliardi di metri cubi annui, avrebbe un effetto ininfluente sul costo delle bollette elettriche dei cittadini;

    i risultati dei programmi di finanziamento Eepr e Ner 300 a sostegno delle tecnologie di cattura e stoccaggio di carbonio nel giacimenti fossili in via di esaurimento (Ccs) sono stati «bloccati» dalla Corte dei conti europea al punto che i progetti finanziati sono stati cancellati o conclusi senza essere entrati in funzione oppure senza che abbiano dimostrato vantaggi significativi. Inoltre, al momento non si conoscono i prevedibili rischi legati a tale tecnologia, gli impatti ambientali e i costi di manutenzione. È ormai accertato che i progetti di Ccs sono utili soltanto alle multinazionali degli idrocarburi al fine di esaurire i giacimenti;

    l'industria è una componente fondamentale dell'economia europea. Secondo Eurostat nel 2018, rappresentava il 17,6 per cento del prodotto interno lordo (Pil) e impiegava direttamente 36 milioni di persone. Allo stesso tempo, l'industria è responsabile di oltre la metà delle emissioni totali di alcuni principali inquinanti atmosferici e del gas a effetto serra, nonché di altri importanti impatti ambientali, tra cui il rilascio di inquinanti nell'acqua e nel suolo, la produzione di rifiuti e il consumo energetico. L'inquinamento industriale in Europa sta diminuendo grazie a una combinazione di normative e sviluppi nelle iniziative manifatturiere e ambientali. Tuttavia, l'industria continua a inquinare e la transizione verso la neutralità climatica in questo settore è una sfida ambiziosa. L'inquinamento atmosferico è spesso associato alla combustione di fonti fossili. Ciò vale ovviamente per le centrali elettriche ma anche per molte altre attività industriali che possono disporre in loco di produzione di energia elettrica o termica, come la produzione di ferro e acciaio o la produzione di cemento. Dalla produzione di acciaio primario da ciclo integrato vengono prodotte anche emissioni di inquinanti cancerogeni e genotossici come le diossine e il benz(a)pirene;

    in Italia ai 2020 sono stati prodotti 20,9 milioni di tonnellate di acciaio nei 39 siti di produzione dislocati in tutto il Paese di cui 37 siti da forni elettrici che rappresentano l'83,5 per cento della produzione nazionale e 2 siti da altoforno che rappresentano il 16,5 per cento della produzione nazionale. Relativamente ai 2 siti di produzione di acciaio da altoforno, mentre la produzione di Piombino è ferma per inadempienze del gestore, a Taranto la produzione non si è mai fermata. Taranto e Piombino sono gli ultimi due siti rimasti in Italia di produzione di acciaio da altoforno, poiché per risolvere le criticità ambientali e sanitarie da ciclo integrato da altoforno, nel 1999 per Genova e nel 2021 per Trieste, sono stati realizzati degli accordi di programma al fine di chiudere gli impianti più inquinanti che sono nelle «aree a caldo» dei siderurgici, rinforzare le «aree a freddo», sostenere il reddito dei lavoratori formandoli per altre occupazioni;

    inspiegabilmente a Taranto non è stato deciso lo stesso destino di Genova e Trieste nonostante nel capoluogo Jonico gli effetti della produzione di acciaio su ambiente e salute siano notevolmente più impattanti. Infatti, a Taranto l'area a caldo è sottoposta dal 2012 a sequestro giudiziario senza facoltà d'uso della magistratura con l'accusa di aver «creato eventi di malattia e morte nella popolazione» e il relativo processo è in fase di svolgimento; tuttavia, con oltre 13 decreti-legge è stata creata una legislazione speciale per la continuità produttiva del siderurgico di Taranto stabilendo tra l'altro nel 2012, subito dopo il sequestro giudiziario, la continuità produttiva anche in caso di sequestro senza facoltà d'uso. A causa della produzione di acciaio dell'ex Ilva di Taranto l'Italia è stata condannata nel 2019 dalla Corte europea dei diritti dell'uomo e dal 2013 è soggetta a procedura d'infrazione per la mancata realizzazione dell'Autorizzazione integrata ambientale (Aia). Il termine temporale di realizzazione dell'Aia è stato di volta in volta prorogato nel tempo e dal 2015 è scivolato ad agosto 2023. I dati sanitari e ambientali continuano a rappresentare una realtà drammatica. Dagli annunci del Governo si evincerebbe un ulteriore piano industriale – al momento – non pubblico che teoricamente decarbonizzerebbe l'ex Ilva non prima del 2030 al costo stimabile, ma presumibilmente molto più alto, di 6 miliardi di euro. Tale opzione non permetterà di bonificare l'intera area inquinata in quanto molte aree che necessitano di bonifica sono occupate da impianti esistenti o di prossima costruzione;

    sia la produzione di acciaio da forno elettrico che quella da altoforno creano fenomeni emissivi inquinanti. Notoriamente l'acciaio prodotto da altoforno è qualitativamente migliore rispetto a quello prodotto da forno elettrico ma al contempo crea effetti maggiormente inquinanti. Tuttavia, l'utilizzo di Dri – un semilavorato siderurgico contenente prevalentemente ferro metallico ottenuto a partire da pellet (palline) di minerale ferroso trattate per mezzo di monossido di carbonio (CO) e idrogeno (H2) – nei forni elettrici migliorerebbe la qualità dell'acciaio che potrebbe essere qualitativamente paragonabile a quello da altoforno e al contempo si stimano impatti emissivi più tenui, anche se non esistono studi che corroborano questa tesi redatti dal Ministero della transizione ecologica e da quello della salute. La realizzazione di grandi impianti da Dri in Europa non è economicamente sostenibile da parte di privati se non con costi totalmente a carico della collettività; oltre il 70 per cento delle emissioni del settore dei trasporti in Europa si devono ai trasporti su strada. Gli inquinanti atmosferici, come il particolato (PM) e il biossido di azoto (N02), danneggiano la salute umana e l'ambiente. Sebbene l'inquinamento atmosferico provocato dai trasporti sia diminuito nell'ultimo decennio grazie all'introduzione di norme di qualità per i carburanti, alle norme europee sulle emissioni dei veicoli e all'uso di tecnologie più pulite, le concentrazioni di inquinanti atmosferici sono ancora troppo elevate. L'inquinamento acustico rappresenta un altro importante problema di salute ambientale legato ai trasporti. Il traffico stradale costituisce la fonte di rumore più diffusa, con più di 100 milioni di persone colpite da livelli nocivi nei Paesi membri dell'Aea. Inoltre, le infrastrutture di trasporto hanno un grave impatto sul paesaggio, perché dividono le aree naturali in piccoli appezzamenti con gravi conseguenze per gli animali e le piante. L'utilizzo di veicoli elettrici per la mobilità urbana ed extraurbana al posto di quelli endotermici ridurrebbe sia le emissioni inquinanti sia l'impatto acustico della circolazione stradale, inoltre diminuirebbe la domanda di fonti fossili come petrolio e gas;

    modificare i modelli di consumo del materiali e gestire correttamente i rifiuti non solo permette di risparmiare denaro e aumentare l'occupazione, ma è anche importante per migliorare le prestazioni ambientali e ridurre il cambiamento climatico, preservando inoltre le materie prime. A tal fine, devono essere necessariamente perseguiti gli obiettivi stabiliti in senso gerarchico dall'articolo 4 della direttiva 98/2008 incentivando la riduzione a monte della produzione dei rifiuti e la preparazione al riutilizzo, in seconda istanza il riciclo del materiali e soltanto in modo residuale – e quindi non dovrebbero essere incentivati – il recupero e il recupero energetico. L'incenerimento dei rifiuti è un trattamento che, a seconda dell'efficienza energetica, si colloca tra la pratica residuale del recupero energetico e lo smaltimento al pari di una discarica e pertanto non deve essere promosso. In quanto è una pratica in contrasto con il principio europeo di «non arrecare un danno significativo)»;

    le città contribuiscono fortemente al cambiamento climatico in quanto circa il 75 per cento degli europei vive in aree urbane. Le aree urbane sono responsabili del 60-80 per cento del consumo di energia a livello mondiale e più o meno della stessa percentuale di emissioni di CO2, dunque è logico che abbiano un'impronta di carbonio voluminosa. Edifici ed elettrodomestici più efficienti possono far risparmiare ingenti quantità di energia, emissioni e denaro. Una porzione considerevole dell'energia utilizzata dalle famiglie europee serve per riscaldare le abitazioni pertanto la riqualificazione energetica deve essere pianificata e sostenuta con adeguati incentivi fruibili nel tempo dalla totalità delle famiglie;

    il regolamento (UE) 2020/852 relativo all'istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili (Il «regolamento tassonomia dell'Unione europea») è entrato in vigore il 12 luglio 2020. A norma di tale regolamento il Parlamento europeo e il Consiglio hanno conferito alla Commissione europea il mandato di fornire, mediante atti delegati, i criteri di vaglio tecnico per determinare se un'attività economica contribuisce in modo sostanziale agli obiettivi ambientali. Tali criteri aiuteranno le imprese, gli investitori e i partecipanti ai mercati finanziari a stabilire adeguatamente quali attività possono essere considerate ecosostenibili. La Commissione europea ha inserito a condizioni molto rigide il nucleare e il gas tra le attività economiche sostenibili dal punto di vista ambientale, nonostante non avessero le condizioni per rientrarvi. L'Italia, attraverso i Ministri che partecipano al Cite, senza coinvolgere il Parlamento ha espresso una posizione favorevole a tale proposta, nonostante la produzione di energia nucleare sia stata oggetto di ben due referendum abrogativi del 1987 e del 2011 che hanno decretato (con forza di legge rinforzata) la fine della produzione e dello sfruttamento dell'energia nucleare nel Paese, chiedendo addirittura di aumentare i limiti di emissione di gas rispetto quanto proposto dalla Commissione;

    in data 9 gennaio 2022 il Commissario europeo al mercato interno Thierry Breton ha affermato che «le centrali nucleari europee di nuova generazione richiederanno all'Unione europea un investimento di 500 miliardi di euro, da qui al 2050», aggiungendo che «solo gli impianti nucleari già in funzione necessitano di 50 miliardi di euro di investimenti fino al 2030». Tali dichiarazioni rendono chiara l'idea dello spropositato e insostenibile esborso economico a carico dei cittadini europei di politiche energetiche che confermino e/o rilancino la produzione di energia da nucleare nel continente;

    inoltre, in Italia, come nel resto del mondo, perdura il problema del decommissioning, in quanto dopo 34 anni dallo spegnimento dei reattori italiani il problema dei rifiuti radioattivi prodotti dalle centrali nucleari e dagli altri siti nucleari ad esse correlate non sono stati ancora risolti e attualmente i rifiuti radioattivi sono in parte all'estero per essere riprocessati per poi tornare in Italia e in parte sono dislocati in 19 siti temporanei sul territorio nazionale, così sono scaricati sulle bollette dei cittadini. Se per i rifiuti radioattivi a bassa e molto bassa attività si è in fase di individuazione di un deposito nazionale dove stoccarli definitivamente e che dovrebbe essere pronto non prima del 2029, il problema rimane irrisolto per i rifiuti a media e soprattutto per quelli ad alta attività per i quali al mondo non si è ancora riusciti a trovare metodi e/o siti dove smaltirli definitivamente. Tantomeno i roboanti annunci sul rilancio del nucleare di IV generazione ma anche sulla fusione nucleare non si sono ancora concretizzati e i tempi di realizzazione da oltre 10 anni vengono di volta in volta spostati avanti e al momento le stime molto approssimative indicano la realizzazione nei prossimi decenni, sicuramente troppo avanti nel tempo per rispettare gli impegni presi per contrastare i cambiamenti climatici. Occorre aggiungere che, nonostante i costi della ricerca in tali settori siano quadruplicati rispetto alle stime iniziali, al momento non si conoscono gli impatti ambientali e gli effetti sulla salute per cui è impossibile definire come «sicure e sostenibili» queste produzioni energetiche;

    in merito ai costi per la produzione di energia elettrica, secondo lo studio «World Nuclear Industry Status Report 2020» (Wnisr) – un rapporto annuale prodotto da un gruppo di esperti internazionali indipendenti – produrre 1 chilowattora (kWh) di elettricità con il fotovoltaico nel 2020 è costato in media nel mondo 3,7 centesimi di dollaro, con l'eolico 4,0 centesimi di dollaro, con il gas è costato 5,9 centesimi di dollaro, con il carbone 11,2 centesimi di dollaro e con il nucleare 16,3 centesimi di dollaro. È quindi ovvio che continuare a puntare sulle fonti fossili così come sul nucleare abbia un costo economico maggiore scaricato sulla cittadinanza rispetto al puntare sulle fonti rinnovabili;

    inoltre, è proprio per alleggerire il peso dei costi del consumo dell'energia elettrica gravante attualmente sulle famiglie e sulle attività produttive che si deve rivedere la problematica dell'incremento delle bollette, fino ad oggi arginata dal Governo attraverso stanziamenti insufficienti ed inoltre finanziati dai proventi delle aste per la CO2 (sistema ETS), che invece dovrebbero essere investiti per la decarbonizzazione, la sostenibilità ambientale, la mobilità sostenibile, la corretta gestione del ciclo dei rifiuti e dell'economia circolare e la protezione delle aree protette;

    a tale scopo, si evidenzia che una delle cause del vertiginoso aumento delle bollette (che si sta verificando negli ultimi tempi) dipende dalla modalità di funzionamento della Borsa dell'energia (in Italia nota con l'acronimo I.P.E.X.-Italian Power Exchange) che consiste in uno specifico mercato telematico deputato a favorire l'incontro tra l'offerta dei produttori e la domanda dei fornitori (quindi ad agevolare la conclusione delle transazioni tra i vari operatori del settore);

    la Borsa dell'energia è strettamente connessa al «System Marginal Price» che fissa il prezzo degli incrementi delle bollette sulla base del prezzo del gas, il cui aumento comporta (pertanto) la lievitazione del prezzo dell'energia elettrica;

    si tratta, quindi, di un binomio molto negativo che ha permesso e sta permettendo a grandi società di settore (come E.N.I., A2A, Erg, Edison e altri) di beneficiare di enormi profitti a danno dei consumatori finali (costretti a sopportare ingenti oneri in bolletta), senza tralasciare che il sistema in commento consente veri e propri cartelli lesivi della concorrenza e dei diritti dei cittadini;

    pertanto, è chiara l'iniquità della soluzione prescelta che potrebbe essere emendata, neutralizzando il carico degli incrementi delle bollette attraverso l'imposizione di specifici prelievi fiscali sui profitti derivanti dal sistema del prezzo marginale (liberando in tal modo la fiscalità generale), al fine di usare il relativo gettito per rimborsare le famiglie italiane e le piccole e micro imprese oltre che tassare gli extra profitti delle grandi aziende che estraggono, raffinano e distribuiscono idrocarburi; inoltre, sussiste l'evidente necessità di riformare il meccanismo di determinazione del prezzo dell'energia elettrica, separando quest'ultimo dall'andamento del costo del gas;

    per velocizzare la realizzazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili la direttiva dell'Unione europea n. 2018/2001 (cosiddetta RED II) prescrive che gli Stati membri pianifichino le aree idonee alla loro installazione, nel rispetto del principio «non arrecare un danno significativo» all'ambiente. Il Governo ha parzialmente dato attuazione alla direttiva RED II con il decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, senza ancora, tuttavia, individuare, tramite il Ministero per la transizione ecologica, le suddette aree idonee e non idonee, nonostante abbia già ricevuto, in data 26 luglio 2021, una lettera di messa in mora da parte della Commissione europea, determinando in tal modo il concreto rischio di sospensione dell'erogazione delle prossime tranche di finanziamenti europei del Recovery Plan, necessari per realizzare la transizione ecologica;

    parimenti il Governo ha dato attuazione solo parzialmente, tramite il decreto legislativo n. 201 del 2016, alla direttiva dell'Unione europea n. 2014/89 sulla pianificazione dello spazio marittimo, anche ai fini della individuazione delle aree più idonee all'installazione degli impianti eolici off shore, come precisato nella comunicazione della Commissione europea n. 741 del 19 novembre 2020. Nonostante le linee guida approvate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° dicembre 2017, ad oggi ancora nessun piano di gestione dello spazio marittimo è stato approvato dal Comitato tecnico istituito presso il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, rendendo concreto il pericolo di una procedura di infrazione e non fornendo un quadro chiaro sugli interventi ammissibili agli imprenditori del settore eolico, alla cittadinanza e agli enti pubblici coinvolti nelle procedure autorizzative;

    la valorizzazione di fonti energetiche, come il nucleare ed il gas, costituisce il fondamento della tesi ritardista che propugna la necessità di rallentare la transizione ecologica, al fine di spalmare nel tempo gli enormi costi ad essa connessi. Sennonché è convinzione molto radicata e difficilmente contestabile che la transizione ecologica non debba essere rallentata ma al contrario accelerata con politiche di stimolo degli investimenti di lungo periodo necessari ad aumentare l'offerta di energia pulita e il nucleare come anche il gas non sono, quindi, la soluzione al problema della crisi energetica, per cui sarebbe necessario che la Commissione europea e i Governi nazionali cogliessero l'opportunità (se non la necessità) di rivolgere i propri sforzi e la propria attenzione verso l'accelerazione di una transizione ecologica fondata sullo sfruttamento delle energie veramente pulite;

    il 3° Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e dei sussidi ambientalmente favorevoli identifica sussidi ambientalmente favorevoli (Saf) stimati per il 2018 in 15,3 miliardi di euro e sussidi ambientalmente dannosi (Sad) stimati in 19.7, quelli di incerta classificazione in 8,6 miliardi di euro. Fra i dannosi, i sussidi alle fonti fossili sono stimati in 17,7 miliardi di euro. La Strategia dell'Unione europea per l'integrazione del sistema energetico COM(2020)299 persegue l'obiettivo di guidare gli Stati membri nella graduale eliminazione dei sussidi ai combustibili fossili,

impegna il Governo:

1) a stabilire una pianificazione con tempi certi e stringenti per garantire il phase-out dalle fonti fossili, salvaguardando la sicurezza dell'approvvigionamento energetico mediante un importante ricorso alle fonti di energia rinnovabile, adeguati stoccaggi di energia e mirati investimenti per migliorare la stabilità della rete elettrica nazionale;

2) ad adottare iniziative per pianificare la riconversione del «core business» delle società partecipate Eni e Snam, al fine di renderle libere dagli idrocarburi e compatibili con una decarbonizzazione totale e quindi garantire ad esse un futuro anche oltre il phase-out dalle fonti fossili;

3) ad adottare iniziative per diminuire gradualmente in Italia l'estrazione di idrocarburi in mare e in terra ed inoltre vietare il rilascio di nuovi permessi di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi;

4) ad adottare iniziative volte ad accompagnare la riconversione dell'industria oil & gas, pianificando in tempi certi una graduale dismissione e una riconversione ove possibile e facendo sì che siano assicurati da parte del mercato, in virtù del principio europeo «chi inquina paga», investimenti privati in nuove tecnologie, la sostituzione e la dismissione degli impianti obsoleti esistenti, e ad incoraggiare l'automazione, la digitalizzazione e l'elettrificazione diffusa della filiera di produzione energetica, nonché l'utilizzo di sistemi per il rilevamento accurato e l'individuazione puntuale delle perdite di metano;

5) ad adottare iniziative per disincentivare la realizzazione dei progetti di Ccs in quanto non garantiscono alcun ritorno economico, ambientale e sociale per il Paese;

6) ad esprimere pubblicamente e in sede europea il netto dissenso nei confronti dell'inserimento del gas naturale e del nucleare nella tassonomia verde;

7) a promuovere, in un prossimo provvedimento, l'abrogazione dell'articolo 1, comma 159, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, in quanto recante un sussidio ambientalmente dannoso (Sad) che finanzia imprese della raffinazione con risorse economiche delle accise e dell'Iva pagata dai cittadini italiani;

8) ad adottare iniziative per incentivare e semplificare la riduzione a monte della produzione dei rifiuti e la preparazione al riutilizzo, e in via subordinata, il riciclo dei materiali, posto che il recupero e il recupero energetico non devono ottenere né semplificazioni normative né incentivi diretti e indiretti, in quanto sono operazioni residuali e quindi da scoraggiare, della gerarchia quadro dei rifiuti stabilita dalla direttiva 98/2008;

9) ad adottare iniziative tese a sterilizzare gli incrementi delle bollette domestiche e delle piccole e medie imprese, attraverso l'imposizione di specifici prelievi fiscali a carico degli operatori del settore elettrico e delle industrie dell'estrazione e della raffinazione di idrocarburi che abbiano beneficiato di maggiori profitti derivanti dall'incremento del costo dei gas, della benzina e del diesel, al fine di usare il relativo gettito per calmierare i costi delle bollette per i cittadini e le piccole e micro imprese;

10) ad adottare iniziative per riformare il meccanismo di determinazione del prezzo dell'energia elettrica, sganciando quest'ultimo dall'andamento del costo del gas;

11) a velocizzare la pubblicazione delle linee guida per l'individuazione delle aree idonee e non idonee per la realizzazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili e la redazione dei piani di gestione degli spazi marittimi;

12) ad adottare iniziative per condizionare la concessione dei finanziamenti pubblici per la realizzazione degli impianti di produzione di energia rinnovabile, alla loro collocazione sulle aree e sugli spazi marittimi pianificati come idonei dal Ministero competente e dalle regioni;

13) a promuovere l'eolico off shore e l'agrovoltaico nel rispetto dei vincoli ambientali, paesaggistici e senza arrecare danno alla fauna, alla flora e alte colture caratteristiche;

14) a promuovere, con un Piano nazionale dell'acciaio, una visione moderna, competitiva, innovativa e sostenibile della produzione italiana dell'acciaio, migliorando la qualità dell'acciaio prodotto nei forni elettrici attualmente esistenti, previa valutazione sulla sostenibilità economica e ambientale, tramite l'utilizzo di Dri e di idrogeno verde e a concludere entro il 2022 accordi di programma con gli enti locali in analogia al «modello Genova», con la chiusura delle «aree a caldo» dei cicli integrati dell'acciaio primario, a cominciare dal polo di Taranto, adottando iniziative affinché gli accordi di programma prevedano la formazione lavorativa e il reimpiego degli eventuali lavoratori in esubero garantendo i livelli reddituali;

15) ad adottare iniziative per ripristinare gli incentivi per i veicoli elettrici fino al 2035 prevedendone una graduale riduzione a partire dal 2030 e contestualmente modernizzare in tempi certi la rete stradale di competenza di Anas e la rete autostradale italiana in «Smart Road» con punti di ricarica elettrica «Fast Charge» almeno ogni 50 chilometri;

16) ad adottare iniziative per incentivare la riqualificazione energetica dell'edilizia pubblica e privata rinnovando la misura del «bonus 110 per cento» fino al 2030;

17) ad adottare iniziative per pianificare in tempi certi la dismissione dei sussidi ambientalmente dannosi (Sad) prevedendo altresì entro il 2023 che gli stessi Sad siano esclusi dalle bollette elettriche del cittadini;

18) a pianificare ed adottare iniziative volte alla formazione occupazionale dei lavoratori attualmente impiegati nei settori «Hard to abate», e «oil & gas», garantendone i livelli reddituali e riconvertendo tali posizioni lavorative nei settori delle energie rinnovabili, nella riqualificazione energetica degli edifici, nelle bonifiche ambientali, nella protezione e tutela ambientale, nella digitalizzazione dei servizi e dei processi, nell'economia circolare;

19) a porre in essere ogni iniziativa affinché i Piani territoriali per una «transizione giusta» siano diretti prevalentemente ad agevolare le famiglie, le piccole e medie imprese e gli enti territoriali attualmente svantaggiati e arretrati rispetto alla transizione ecologica, agevolando le opportunità di lavoro in nuovi settori e in quelli in fase di transizione, investendo nella lotta alla povertà energetica, facilitando l'accesso all'energia rinnovabile, sicura e a prezzi equi, sostenendo la transizione delle piccole e medie imprese verso tecnologie a zero o a bassissime emissioni di biossido di carbonio (CO2), metano (CH4), protossido di azoto (N20) e, fluorocarburi e, in fine, incentivando la decarbonizzazione dei settori dell'agricoltura e della pesca sostenibile con adeguate risorse in sostituzione dei relativi Sad.
(1-00591) «Vianello, Vallascas, Forciniti, Colletti, Cabras, Corda, Costanzo, Spessotto, Giuliodori, Testamento, Trano, Maniero, Leda Volpi, Raduzzi, Sapia, Romaniello, Dori, Siragusa, Paolo Nicolò Romano, Sarli, Benedetti».


   La Camera,

   premesso che:

    la direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, nota come direttiva «Bolkestein» o «direttiva Servizi», recepita in Italia con il decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, istituisce un quadro giuridico generale per un'ampia varietà di servizi nel mercato interno, con l'obiettivo di assicurare la libertà di stabilimento e la libera circolazione dei servizi tra gli Stati membri;

    tra le categorie, con e senza fine di lucro, interessate dall'applicazione della direttiva in Italia, rientra quella delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative, la cui disciplina risulta essere molto complessa, anche a causa della stratificazione di norme generali, settoriali e transitorie che hanno disposto la proroga ex lege della durata delle concessioni, e delle procedure di contenzioso aperte in sede europea, che hanno riguardato essenzialmente i profili della durata e del rinnovo automatico delle concessioni, oltre al cosiddetto diritto di insistenza;

    in particolare, l'articolo 12 della direttiva 2006/123/CE prevede che, nel caso in cui il numero delle autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato a causa della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, l'autorizzazione debba essere rilasciata per una durata limitata – senza possibilità di prevedere un rinnovo automatico – e che si debba applicare una procedura di selezione tra i candidati potenziali che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza;

    nelle more della realizzazione di un generale riordino del settore, si è intervenuti nel nostro ordinamento a più riprese, nel corso del tempo, sulla disciplina delle concessioni, disponendo di fatto la proroga, in via automatica, delle concessioni già in essere: in particolare, l'articolo 34-duodecies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, introdotto in sede di conversione dalla legge del 17 dicembre 2012, n. 221, ha prorogato sino al 31 dicembre 2020 il termine delle concessioni di beni demaniali marittimi con finalità turistico ricreative esistenti all'entrata in vigore del decreto fino al 31 dicembre 2015. L'ultima proroga risale all'approvazione della legge di bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 che ha previsto, tra le altre misure, l'emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri finalizzato a stabilire i termini e le modalità per la revisione del sistema e, contestualmente ha prorogato ulteriormente di quindici anni, con decorrenza dalla data di entrata in vigore della legge, le concessioni demaniali in essere;

    tale quadro di frammentarietà della normativa e delle competenze amministrative, in concorso con altri fattori di criticità gestionale, ha creato una situazione di incertezza inerente alla gestione dei beni del demanio marittimo turistico-ricreativo, ponendosi in contrasto con la direttiva «Bolkestein»;

    l'incertezza del quadro normativo e giurisprudenziale applicabile alle concessioni demaniali marittime ad uso turistico-ricreativo si ripercuote negativamente anche sullo svolgimento delle collegate attività da parte dei comuni e della pubblica amministrazione, determinando l'urgenza, soprattutto a seguito della sentenza del Consiglio di Stato del novembre 2021, di un intervento di riordino della materia;

    con sentenza del 14 luglio 2016 (cause riunite C-458/14 e C-67/15), la Corte di giustizia dell'Unione europea ha infatti sancito che il diritto europeo unitario, sulla base dell'articolo 12 della direttiva 2006/123, nonché dell'articolo 49 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea), non consente che le concessioni per l'esercizio delle attività turistico-ricreative nelle aree demaniali marittime e lacustri siano prorogate in modo automatico in assenza di una procedura di selezione dei potenziali candidati;

    risulta attualmente aperta nei confronti dell'Italia la procedura di infrazione 2020/4118 per non corretta applicazione della direttiva servizi, 2006/123/CE, attualmente allo stadio di messa in mora;

    in data 9 novembre 2021 il Consiglio di Stato ha emanato due sentenze, la n. 17 e la n. 18, aventi come oggetto la validità delle norme attualmente in vigore in merito all'affidamento delle concessioni demaniali marittime, in cui ha sottolineato come la perdurante assenza di un'organica disciplina nazionale delle concessioni demaniali marittime genera una situazione di grave contrarietà con le regole a tutela della concorrenza imposte dal diritto dell'Unione europea, perché consente proroghe automatiche e generalizzate delle attuali concessioni, così impedendo a chiunque voglia entrare nel settore di farlo;

    il Consiglio di Stato, nello stabilire che le concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative già in essere continueranno ad essere efficaci sino al 31 dicembre 2023, ha ribadito l'importanza e il valore della concorrenza in materia di concessioni demaniali marittime sottolineando che «è estremamente prezioso per garantire ai cittadini una gestione del patrimonio nazionale costiero e una correlata offerta di servizi pubblici più efficiente e di migliore qualità e sicurezza, potendo contribuire in misura significativa alla crescita economica e, soprattutto, alla ripresa degli investimenti di cui il Paese necessita»;

    il Sistema informativo del demanio marittimo (Sid), realizzato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e della mobilità sostenibili, in ottemperanza della legge 11 febbraio 1991, n. 44, costituisce la base informativa di riferimento e lo strumento di interscambio dei dati relativi alla gestione del demanio marittimo nazionale tra pubbliche amministrazioni e i soggetti privati;

    le criticità nel pieno funzionamento del Sid – riscontrate anche dalla Corte dei conti – risentono di una mappatura incompleta del demanio marittimo, nonché del mancato inserimento e relativo aggiornamento dei canoni di concessione dovuti ed incassati da parte delle amministrazioni interessate, senza che sia assicurata la coerenza dei dati inseriti con quanto presente agli atti delle amministrazioni pubbliche coinvolte;

    si rileva dunque la necessità di continuare ad acquisire dati aggiornati in merito alle caratteristiche e in particolare ai canoni corrisposti per le concessioni demaniali a fini turistici e ricreativi attualmente in essere, al fine di procedere ad una indispensabile, e non più rinviabile, riforma della materia che, nel pieno rispetto del diritto comunitario, apra alla concorrenza, riuscendo al contempo a tutelare chi in questi anni ha lavorato nel settore in modo onesto, valorizzando il bene pubblico e creando posti di lavoro,

impegna il Governo:

1) a continuare a sostenere le necessarie iniziative normative volte al riordino e alla semplificazione della disciplina in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali, per finalità turistico-ricreative sociali e sportive, al fine di assicurare un più razionale e sostenibile utilizzo del suddetto demanio marittimo, favorirne la pubblica fruizione e promuoverne, in coerenza con i principi e con la normativa europea, una maggiore concorrenzialità, tenendo in adeguata considerazione le peculiarità del settore e il patrimonio ambientale;

2) ad assumere altresì, nel più breve tempo possibile, le necessarie iniziative normative finalizzate alla tutela degli operatori del comparto.
(1-00592) «Alemanno, De Luca, Fassina, Moretto, Andreuzza, Squeri, Schullian, Viviani, Battelli, Berti, Battilocchio, Colaninno».


   La Camera,

   premesso che:

    l'autismo rappresenta una delle sindromi più complesse e, nelle forme più gravi, difficilmente gestibili che emergono nell'età evolutiva;

    i disturbi dello spettro autistico (dall'inglese Autism Spectrum Disorders, ASD) sono un insieme eterogeneo di disturbi del neurosviluppo caratterizzati da deficit persistente nella comunicazione sociale e nell'interazione sociale. Il disturbo si presenta in modo molto variabile da caso a caso, ma in generale è caratterizzato, oltre che dalla compromissione della comunicazione e dell'interazione sociale, come già evidenziato, anche dalla presenza di interessi e comportamenti ristretti e ripetitivi. I bambini e le bambine con autismo presentano infatti importanti difficoltà nell'interazione reciproca, nella comunicazione e nelle attività di gioco;

    l'ASD è un disturbo con esordio in età evolutiva, e rappresenta una condizione che colpisce circa l'1 per cento della popolazione, con stime simili in campioni di bambini e adulti;

    il «Progetto Osservatorio per il monitoraggio dei disturbi dello spettro autistico» coordinato dall'Istituto superiore di sanità e dal Ministero della salute, ha stimato che in Italia 1 bambino su 77 (età 7-9 anni) presenti un disturbo dello spettro autistico con una prevalenza maggiore nei maschi: i maschi sono 4,4 volte in più rispetto alle femmine;

    i sintomi di autismo in genere vengono riconosciuti nel secondo anno di vita (12-24 mesi di età), ma possono essere osservati segnali di autismo prima dei 12 mesi se il ritardo dello sviluppo è grave o dopo i 24 mesi se i sintomi di autismo sono attenuati. Le caratteristiche comportamentali del disturbo dello spettro dell'autismo iniziano comunque a diventare evidenti nella prima infanzia, con alcuni casi di individui che presentano uno scarso interesse per le interazioni sociali già nel primo anno di vita;

    i primi sintomi comportano frequentemente uno sviluppo del linguaggio ritardato, spesso associato a scarsi interessi sociali o a insolite interazioni sociali, a modalità di gioco stravaganti e a modalità di comunicazione insolite. Durante il secondo anno, i comportamenti stravaganti e ripetitivi e l'assenza di giochi abituali diventano più evidenti;

    l'autismo è una condizione da cui non si può guarire, ma su cui si può e si deve intervenire. L'identificazione precoce dell'autismo rappresenta una sfida importante, poiché apre delle possibilità di presa a carico a un'età dove alcuni processi di sviluppo possono ancora venire modificati;

    le ricerche che valutano gli effetti di un intervento precoce mostrano che i bambini beneficiari di tali interventi presentano dei progressi significativi sul piano cognitivo, emotivo e sociale;

    le caratteristiche della sintomatologia clinica possono essere estremamente eterogenee sia in termini di complessità che di severità e possono presentare un'espressione variabile nel tempo. Inoltre, le persone nello spettro autistico molto frequentemente presentano diverse co-morbilità neurologiche, psichiatriche e mediche di cui è fondamentale tenere conto per l'organizzazione degli interventi;

    sebbene negli ultimi anni la ricerca abbia mostrato un grado di avanzamento, ad oggi non è stata del tutto chiarita la complessità delle cause. Numerose evidenze scientifiche indicano un ruolo importante della componente genetica ed è noto che, nelle famiglie in cui è presente un bambino con disturbo dello spettro autistico, il rischio di avere un secondo figlio con ASD è circa 20 volte maggiore rispetto alla popolazione generale. Tuttavia, anche il ruolo dei fattori ambientali è ritenuto rilevante e tra questi si riportano le infezioni contratte dalla madre in gravidanza, lo status immunologico materno-fetale, l'esposizione a farmaci o agenti tossici e l'età avanzata dei genitori al momento del concepimento;

    da una analisi delle linee guida (Practice Guidelines) stilate dall'American Psychiatric Association (APA) secondo l'Evidence Based Medicine, e dalle Linee guida autismo redatte dall'Istituto superiore di sanità (2011) emerge che la terapia cognitivo-comportamentale rappresenta ad oggi l'intervento di prima scelta per molti disturbi psichiatrici;

    ad oggi gli interventi psicoeducativi per i disturbi dello spettro autistico, validati da evidenze empiriche e di letteratura, fanno riferimento a una cornice teorica di stampo cognitivo-comportamentale, finalizzata a modificare il comportamento generale per renderlo funzionale ai compiti della vita di ogni giorno (alimentazione, igiene personale, capacità di vestirsi) e tentano di ridurre i comportamenti disfunzionali. La maggior parte di questi interventi si basano sulla tecnica ABA per l'autismo (Applied Behavioural Analysis). Il metodo ABA per l'autismo interviene sulle competenze cognitive, linguistiche e di adattabilità;

    il metodo ABA, in italiano «Analisi del comportamento applicata», si basa sull'uso della scienza del comportamento per la modifica di atteggiamenti socialmente significativi. Il punto di partenza è che ogni comportamento è scomponibile ed è caratterizzato da una causa antecedente ed una conseguenza, entrambi controllabili attraverso un'attenta analisi degli stessi ed un loro addestramento;

    questa terapia, di derivazione USA, permette la progettazione ed attuazione di interventi per il cambiamento di comportamento inadeguati e l'apprendimento di nuove abilità. La terapia comportamentale risulta continuativa in tutto l'arco della giornata e per la sua attuazione necessita di un équipe di intervento esperta: un professionista in analisi del comportamento, un operatore a stretto contatto con il bambino sia in ambito scolastico che in ambito familiare ed un terapista;

    l'onerosità del trattamento ABA è tale per cui le famiglie si trovano in maggiore difficoltà dovendo sopportare il costo senza nessun aiuto, in quanto il Servizio sanitario nazionale, attualmente, non riconosce questa cura come necessaria e indispensabile ai soggetti richiedenti;

    prima il tribunale di Teramo (ordinanza del 13 aprile 2017), successivamente il Tribunale di Velletri (ordinanza dell'11 gennaio 2018), Cosenza (ordinanza del 22 febbraio 2018), Roma (ordinanza del 9 ottobre 2018), Brindisi (ordinanza del 7 novembre 2018), ed infine Reggio Calabria (ordinanza del 18 febbraio 2019) hanno confermato come l'analisi comportamentale applicata (metodo ABA) sia conforme ad una prestazione socio-sanitaria per la quale sussistono evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute ed hanno condannato le rispettive aziende sanitarie a sostenere le spese per la terapia ABA;

    ad acuire enormemente i problemi di salute mentale, ha contribuito in maniera decisiva l'emergenza sanitaria conseguente alla pandemia da SARS-Cov2 ha avuto inevitabilmente un impatto negativo pesantissimo sulla salute mentale e fisica delle persone, interferendo in maniera sostanziale sulla qualità della vita;

    le restrizioni, il confinamento in casa, la limitazione dei contatti sociali, la riduzione delle possibilità di svago e di socializzazione, conseguenti alle misure imposte soprattutto nella prima e più dura fase della pandemia per cercare di contrastare la diffusione rapida dei contagi del nuovo Coronavirus, hanno provocato un profondo cambiamento anche all'interno delle famiglie e in particolare di quelle che hanno un bambino o un ragazzo con autismo o altre disabilità. Improvvisamente e senza poterne esattamente capire i motivi, questi bambini hanno visto la chiusura delle loro scuole e dei centri educativi e riabilitativi che spesso frequentano, trovandosi da un giorno all'altro senza il contatto con i propri compagni di scuola e i propri educatori. E l'annullamento di questa rete di supporto ne ha aumentato conseguentemente il senso di frustrazione e di disagio;

    la gestione di questo periodo è stata particolarmente critica per le persone con disturbo dello spettro dell'autismo (ASD), e durante la fase di lockdown, a seguito alla sospensione del modello integrato delle attività di cura e del sostegno socio educativo, le famiglie si sono ritrovate da sole nella gestione dei propri figli, sperimentando una condizione di difficoltà e di maggiore stress psicofisico;

    per molti giovani adulti con ASD, la condizione attuale ha rappresentato un blocco dei percorsi formativi o lavorativi avviati. Per i piccoli, in molti casi, è stato ritardato l'accesso ai servizi per la prima diagnosi e conseguentemente negato l'avvio di interventi precoci. In ogni caso, la sospensione dei servizi riabilitativi ha alimentato nei genitori la preoccupazione di poter perdere i progressi raggiunti o indebolire le competenze acquisite con grande fatica, nonché la conseguente insorgenza di nuovi comportamenti problematici;

    in questa fase di lockdown sono state messe in atto dal nostro servizio sanitario, modalità di lavoro e di presa in carico diverse per supportare i genitori e le persone con ASD. La specifica competenza delle figure professionali ha permesso di attivare, laddove possibile, modalità di intervento da remoto a garanzia della continuità assistenziale, per cercare di garantire il più possibile un intervento adeguato alle persone con ASD e alle loro famiglie;

    per quanto attiene ai disturbi dello spettro autistico, l'articolo 3, comma 1, della legge 18 agosto 2015, n. 134, ha previsto l'inserimento nei nuovi Lea delle prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche disponibili;

    in attuazione del suddetto articolo 3 della legge n. 134 del 2015, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 di definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (Lea), all'articolo 60, ha conseguentemente disposto che «il Servizio sanitario nazionale garantisce alle persone con disturbi dello spettro autistico, le prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche»;

    la citata legge n. 134 del 2015 prevede altresì che le regioni debbano garantire il funzionamento dei servizi di assistenza sanitaria alle persone con disturbi dello spettro autistico, dando facoltà alle medesime regioni di individuare centri di riferimento con compiti di coordinamento dei servizi stessi nell'ambito della rete sanitaria regionale e delle province autonome, stabilendo percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali per la presa in carico di minori, adolescenti e adulti con disturbi dello spettro autistico;

    il problema è che la medesima legge n. 134, non avendo previsto lo stanziamento di alcuna risorsa a favore delle regioni, mette queste ultime nella condizione di provvedervi nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio, con il risultato di veder aumentare ancora di più le differenze territoriali in materia di erogazione di servizi socio-sanitari: con le regioni con maggiore disponibilità di bilancio e più «volenterose» in grado di tradurre in pratica le indicazioni contenute in questa legge, e altre regioni (soprattutto quelle in deficit di bilancio) che invece non possono attuare – se non parzialmente – le misure sul proprio territorio per (a cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro apistico;

    attualmente i Lea per le persone con disturbo dello spettro autistico, sono di fatto erogati dalle aziende sanitarie locali unicamente sulla base delle loro risorse disponibili, che sono insufficienti, con evidenti conseguenze negative in termini di garanzia delle prestazioni,

impegna il Governo:

1) a garantire, con riferimento alla gestione e alla cura delle persone con disagio mentale, che una quota delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza venga effettivamente destinata al rafforzamento dei dipartimenti di salute mentale, dei servizi sociosanitari, all'assistenza distrettuale e alla riduzione degli squilibri territoriali, con particolare attenzione ai soggetti con disturbi dello spettro autistico;

2) ad adottare iniziative per prevedere lo stanziamento di adeguate risorse alle regioni, per dare piena attuazione dell'articolo 3 della legge n. 134 del 2015, al fine di metterle finalmente in condizione di garantire il funzionamento dei servizi di assistenza sanitaria alle persone con disturbi dello spettro autistico, anche attraverso l'individuazione di centri di riferimento con compiti di coordinamento dei servizi stessi nell'ambito della rete sanitaria regionale e delle province autonome, stabilendo percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali per la presa in carico di minori, adolescenti e adulti con disturbi dello spettro autistico;

3) ad aggiornare il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, che ha definito i livelli essenziali di assistenza, al fine di includere la tecnica ABA di cui in premessa, quale terapia comportamentale per il trattamento dell'autismo a carico del Servizio sanitario nazionale;

4) ad adottare iniziative per rafforzare l'accesso a servizi appropriati e alle pari opportunità, al fine dell'inclusione e della partecipazione sociale delle persone con disordini dello spettro autistico, prevedendo a tal fine un costante coinvolgimento del volontariato e del mondo associativo;

5) a potenziare la formazione e prevedere una preparazione specifica per gli insegnanti di sostegno che seguono alunni con disturbi dello spettro autistico, favorendo la permanenza dei suddetti insegnanti per l'intero ciclo scolastico;

6) a implementare i programmi di istruzione inclusivi, ritagliati sui bisogni di bambini, ragazzi e degli altri soggetti affetti da autismo;

7) ad adottare iniziative per prevedere un potenziamento della formazione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, quali anello di congiunzione con gli specialisti sanitari coinvolti nella presa in carico dei soggetti con disturbo dello spettro autistico, anche al fine prioritario di favorire la diagnosi tempestiva dell'autismo.
(1-00593) «Versace, Polidori, Bagnasco, Novelli, D'Attis, Elvira Savino, Dall'Osso, Bond, Spena, Marrocco, Brambilla».


   La Camera,

   premesso che:

    nel discorso in occasione del giuramento avanti alle Camere del 3 febbraio 2022 il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ribadendo la centralità del Parlamento, ha testualmente affermato che «un profondo processo riformatore deve interessare anche il versante della giustizia»;

    il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dopo aver precisato che la giustizia «per troppo tempo è divenuto un terreno di scontro che ha sovente fatto perdere di vista gli interessi della collettività», ha ricordato l'esigenza di una celere e profonda riforma «affinché il Consiglio Superiore della Magistratura possa svolgere appieno la funzione che gli è propria, valorizzando le indiscusse alte professionalità su cui la Magistratura può contare, superando logiche di appartenenza che, per dettato costituzionale, devono rimanere estranee all'Ordine giudiziario»;

    la più volte annunciata riforma dell'ordinamento giudiziario e del Consiglio superiore della magistratura stenta a prendere forma;

    nel frattempo, sono stati proposti sei referendum in materia di giustizia su cui la Consulta si sta pronunciando in questi giorni relativamente alla loro ammissibilità;

    la consapevolezza dell'urgenza e della indifferibilità delle riforme, in uno con il monito del Presidente della Repubblica, trasversalmente accolto con entusiasmo dalle forze politiche, suggerisce l'esistenza di un clima politico favorevole ad una ampia convergenza sulle riforme necessarie;

    il Parlamento, in tema di giustizia, potrebbe recuperare la centralità più volte rivendicata nel dibattito politico;

    l'amministrazione della giustizia in Italia è avvertita dai cittadini ancora come uno dei freni per la crescita dell'Italia, evocando piuttosto l'idea di una macchina burocratica elefantiaca e fuori controllo per plurimi motivi che rappresentano altrettanti e annosi mali del sistema giustizia italiano, mai affrontati con la chirurgica radicalità necessaria;

    la crisi di prestigio e onorabilità sociale in cui versa la magistratura italiana non solo a seguito delle scandalose propalazioni di Palamara che hanno costituito spesso la tragica prova e conferma di quanto da anni veniva denunciato da operatori del settore e da politici, quanto e soprattutto in relazione alle sabbie mobili in cui si è arenata ogni seria discussione e proposta di riforma del massimo organo di autogoverno della magistratura italiana per liberarlo dalle logiche tossiche e perverse del correntismo che premiano l'affiliazione, mortificano il merito e pongono le premesse per un uso strumentale e politico della giustizia penale italiana;

    la riforma del Consiglio superiore della magistratura è intervento urgente, indifferibile ed essenziale per la stessa magistratura italiana al fine di recuperare il prestigio necessario;

    l'intervento deve andare nella direzione di eradicare il correntismo che ha mortificato il merito all'interno della magistratura italiana, favorendone una politicizzazione drammatica;

    il Consiglio superiore della magistratura, organo di autogoverno dei magistrati, deve essere liberato dal peso delle correnti anche per il tramite di un immediato intervento sull'obbligo delle firme per la presentazione delle candidature;

    le correnti influenzano le decisioni prese dal Consiglio superiore della magistratura e, come ha dimostrato il «caso Palamara», intervengono per favorire l'assegnazione di incarichi ai propri componenti, decidono trasferimenti e nuove destinazioni, con ciò mortificando il merito e promuovendo l'affiliazione;

    appare quindi obiettivo minimo ma decisamente significativo quello della abrogazione dell'obbligo di raccolta delle firme per la candidatura di un magistrato, al fine di non sottoporre il processo elettorale interno, fin dalla sua genesi, al condizionamento delle correnti;

    la separazione delle carriere al fine di pervenire al giusto processo è oggetto di intervento referendario, mentre rimane un tema sconosciuto al Parlamento e al Governo, eccezion fatta per una fugace apparizione in Aula della lodevole proposta di legge di iniziativa popolare portata avanti con tenacia dall'Unione delle Camere penali italiane, purtroppo arenatasi nel dibattito parlamentare;

    attualmente, nel corso della carriera, gli stessi magistrati passano più volte dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa; tale contiguità e interscambiabilità dei ruoli è in netto contrasto con l'idea di una distinzione netta tra il ruolo di chi deve svolgere la pubblica accusa e il ruolo di chi deve giudicare, disarticolando il sano e virtuoso antagonismo dei poteri;

    è, viceversa, necessario che all'inizio della carriera il magistrato scelga irreversibilmente se intenda svolgere la funzione giudicante o requirente;

    altro tema fondamentale per riconferire prestigio e credibilità alla magistratura italiana è quello della valutazione delle professionalità e delle competenze dei magistrati, oggi operata dal Consiglio superiore della magistratura sulla base delle valutazioni fatte dai consigli giudiziari, organismi territoriali ai quali però partecipano solo i componenti della magistratura;

    ancora una volta il controllore è controllato, e si assiste a una impermeabile autoreferenzialità che favorisce una cultura corporativa che deve essere superata nel superiore interesse della buona amministrazione della giustizia;

    la componente «laica» (avvocati e professori universitari in materie giuridiche) dei Consigli giudiziari territoriali può e deve essere coinvolta nella discussione e nella votazione che attiene alla competenza e alla professionalità del magistrato;

    la drammaticità e l'emergenza dello stato della giustizia italiana sono poi ulteriormente testimoniate dallo spropositato numero di casi d'ingiusta detenzione accertati, fatalmente inferiori a quelli reali: dal 1992 al 31 dicembre 2020, 29.452 italiani sono stati sottoposti a ingiusta detenzione, circa 1.015 innocenti all'anno sono sottoposti alla custodia cautelare in carcere;

    i predetti numeri si traducono, in termini di indennizzo per ingiusta detenzione da parte dello Stato, nell'esorbitante somma complessiva di 794 milioni e 771 mila euro, con una media di circa ai 27.500.000,00 di euro l'anno;

    il cittadino colpito da accuse inesistenti o che finisce in carcere da innocente oggi non può chiedere direttamente conto al magistrato dei suoi errori;

    è condivisibile l'istanza volta ad introdurre la possibilità di chiamare direttamente in causa il magistrato che ha commesso l'errore e ha procurato illecitamente il danno, così come vuole l'articolo 28 della Costituzione, anche per riaffermare nitidamente e senza infingimento alcuno il principio sacrosanto della responsabilità personale,

impegna il Governo:

  1) a mettere in atto ogni iniziativa di competenza tesa ad un intervento globale e coerente che si articoli nei seguenti punti:

   a) adottare le iniziative di competenza volte al superamento della legge 24 marzo 1958, n. 195, recante «Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della Magistratura», limitatamente alla parte che stabilisce la necessità della sottoscrizione della candidatura per l'elezione al Consiglio superiore della magistratura, prevedendo che ogni magistrato possa liberamente candidarsi senza la necessità di alcuna sottoscrizione della candidatura stessa;

   b) adottare una iniziativa legislativa che escluda la facoltà di passaggio di funzioni fra magistratura requirente e giudicante;

   c) adottare una iniziativa legislativa volta a includere, con diritto di voto, i membri laici dei Consigli giudiziari nella valutazione della professionalità e delle competenze dei magistrati;

   d) adottare una iniziativa legislativa che consenta la chiamata diretta in giudizio del magistrato che, con errore giudiziario, abbia arrecato un danno illecito al cittadino, superando la logica dell'indennizzo statale con facoltà di eventuale rivalsa sul magistrato colpevole.
(1-00594) «Lollobrigida, Meloni, Delmastro Delle Vedove, Varchi, Maschio, Vinci, Albano, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, De Toma, Deidda, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Giovanni Russo, Rachele Silvestri, Silvestroni, Trancassini, Zucconi».

Risoluzione in Commissione:


   Le Commissioni II e IV,

   premesso che:

    la Scuola interforze per la difesa Nbc, con sede presso la Caserma «Verdirosi» di Rieti, costituente «Polo interforze per la difesa Nbc» ha l'obiettivo di specializzare il personale delle forze armate e dei corpi armati dello Stato nonché dei dicasteri e delle organizzazioni civili coinvolte nella materia nel settore chimico biologico radiologico nucleare (Cbrn);

    in particolare, la citata scuola ha i seguenti compiti: a) elaborare direttive e procedure di impiego, nonché fornire pareri e consulenze in campo Cbrn; b) promuovere ed ospitare convegni, seminari e conferenze tematiche finalizzate ad accrescere e mantenere viva ed aggiornata la sensibilità del Paese sulle problematiche connesse al rischio Cbrn; c) mantenere rapporti con università ed enti scientifici per lo sviluppo di attività di insegnamento e di aggiornamento sulle tematiche cbrn; d) partecipare con propri rappresentanti ai gruppi di lavoro della Nato sulle questioni Cbrn;

    la struttura in esame: a) dispone di un'area addestrativa denominata «Nubich» situata a 2 chilometri di distanza presso l'ex-aeroporto «Ciuffelli», dotata di molteplici scenari attrezzati per l'effettuazione realistica di attività pratiche di tipo chimico, biologico e radiologico; b) inquadra nel proprio ambito il Cbrn Area Control Center (Acc), che costituisce la struttura di vertice della Rete nazionale militare di osservazione e segnalazione degli eventi Cbrn;

    tra gli altri, la scuola ha organizzato il corso per periti Cbrn forensi, unico nel suo genere sia in campo nazionale che internazionale; corso al quale, in prima battuta, è stata consentita la frequenza solo al personale militare, ma dal 2022, sarà aperto anche al personale del comparto sicurezza non militare e, quindi, potrebbe essere ammesso anche il personale dei vigili del fuoco e quello delle varie Arpa;

    il corso suindicato, per la sua capacità formativa, sarebbe l'unico a livello europeo, tanto da consentire, quanto prima, la frequenza dall'estero, garantendo così, non solo un elemento di prestigio per l'Italia, ma anche una preparazione certificata e prestigiosa, al fine di offrire una consulenza, in ambito giudiziario nazionale ed internazionale, sia per episodi relativi alla difesa, come gli attacchi terroristici, sia per incidenti in ambito civile interessanti le aziende chimiche o petrolchimiche;

    il corso quindi, fornirebbe ai frequentatori le conoscenze e le capacità necessarie affinché le repertazioni e i relativi riscontri documentali possano rispondere ai requisiti di validità necessari per poter essere impiegati in sede giudiziale: infatti, gli insegnanti e gli istruttori della Scuola, supportati, per il primo corso, dal personale specialistico dell'Arma dei carabinieri, hanno trasmesso ai partecipanti tutte le tecniche di indagine utili nell'ambito di una «scena del crimine» contaminata da agenti Cbrn;

    appare opportuno riconoscere formalmente la figura del perito Cbrn forense proveniente dalla citata scuola, anche al fine di poter inserire i nominativi nell'albo dei consulenti tecnici istituito presso ogni tribunale,

impegnano il Governo

ad adottare ogni opportuna iniziativa di competenza al fine di riconoscere la figura del perito Cbrn (chimico, biologico, radiologico, e nucleare) forense, sia in sede nazionale che internazionale, prevedendo l'introduzione del relativo albo professionale, nonché la possibilità di iscrizione dei nominativi dei soggetti aventi titolo nell'elenco dei consulenti esistente presso ogni tribunale.
(7-00791) «Deidda, Varchi, Prisco, Rotelli, Trancassini, Galantino, Silvestroni».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VILLAROSA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro per il sud e la coesione territoriale, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 4 del decreto-legge 26 novembre 2021, n. 172 estende l'utilizzo delle certificazioni verdi COVID-19 anche nei mezzi di trasporto pubblico, interessando, in particolare e per la prima volta, anche quelli impiegati nei servizi di trasporto pubblico locale o regionale;

   come conseguenza dell'articolo su menzionato, da lunedì 6 dicembre 2021, i passeggeri di età superiore ai 12 anni che viaggiano da e verso le isole minori della Sicilia, come ad esempio le isole Eolie, devono obbligatoriamente essere muniti di certificazione Covid-19, il cosiddetto «Green Pass»;

   nell'ultimo Bollettino settimanale, il n. 9 del 1° dicembre 2021, pubblicato dal Dipartimento Attività sanitarie della regione Siciliana si apprende come il comune di Lipari presenti una popolazione del 71,47 per cento di vaccinati con almeno una dose e una popolazione di immunizzati al 68,27 per cento. Percentuali molto simili anche per i 3 comuni presenti sull'isola di Salina: Santa Marina Salina, Malfa e Leni. Risultano, quindi, essere ancora parecchi i cittadini eoliani che per poter quindi ottenere il cosiddetto «Green Pass» devono poter usufruire dei test antigenici molecolari;

   sono diverse le isole dell'arcipelago eoliano che non permettono ai cittadini di poter effettuare i cosiddetti «Tamponi», in quanto non attrezzate a dovere;

   come si apprende dalla Gazzetta del sud già dalle prime giornate conseguenti all'entrata in vigore delle nuove misure risultano essere «diversi gli abitanti bloccati alle Eolie perché nessuno può far loro il tampone. Sono gli abitanti delle isole che si trovano a vivere una situazione paradossale. I medici di famiglia non effettuano tamponi, tantomeno le farmacie, lì dove ci sono. L'Asp sta correndo ai ripari e si spera che la prossima settimana il problema si possa risolvere. In attesa gli abitanti non possono prendere alcun mezzo di trasporto»;

   bisogna altresì ricordare che i collegamenti tra le varie isole o tra le isole e i vari porti presenti lungo la costa tirrenica vengono considerati come l'unico collegamento essenziale in quanto garantisce la continuità territoriale, permettendo ai cittadini residenti nelle isole Eolie di poter usufruire di servizi di prima necessità non presenti sulle singole isole come: le scuole dell'obbligo, gli ospedali, gli uffici giudiziari o amministrativi e altro;

   un'ulteriore peculiarità del comune di Lipari è quella di essere dislocato su sei diverse isole, facendo di fatto diventare i collegamenti marittimi su navi veloci e/o traghetti dei veri e propri collegamenti intercomunali;

   pare, quindi, che l'attuale normativa possa risultare in palese contrasto con il principio di proporzionalità, con il diritto alla continuità territoriale e con l'espresso divieto europeo di non discriminazione dei soggetti che decidono di non vaccinarsi, il tutto viene aggravato, inoltre, dalle evidenti difficoltà dei cittadini eoliani nell'accedere a test antigenici molecolari con un'adeguata frequenza creando così un pericolo concreto per i soggetti non vaccinati –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per una rapida risoluzione della problematica.
(5-07544)


   VILLAROSA e TERMINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in data 21 settembre 2021 il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, aprendo la 76esima Assemblea Generale dichiara: «Ricchi immunizzati, ma il 90 per cento degli africani no. Un'oscenità, siamo sull'orlo dell'abisso»;

   al 6 settembre 2021, solo il 3,1 per cento della popolazione africana risulta essere vaccinata secondo Amref (https://www.amref.it) tanto che Guglielmo Micucci, direttore di Amref Health Africa-Italia dichiara «Se l'Africa rimane indietro sul fronte dei vaccini, c'è il rischio che diventi più difficile controllare la trasmissione del virus e l'elevata possibilità che si sviluppino varianti in grado di compromettere l'efficacia dei vaccini la comunità internazionale ha la responsabilità di affrontare queste disuguaglianze nella distribuzione, nella produzione, che generano povertà in salute. Dobbiamo formare il più in fretta possibile migliaia di operatori sanitari, affinché siano in grado di rassicurare la popolazione e abbattere l'esitazione vaccinale, gestire e amministrare le scorte di vaccini, somministrare le dosi in sicurezza»;

   in uno studio di Airfinity, una società di analisi inglese di beni e prodotti sanitari, pubblicato il 22 settembre 2021 sul sito fanpage.it si legge come: «Cento milioni di vaccini in scadenza a fine anno. Le nazioni ricche hanno dosi per immunizzare fino a dieci volte i loro cittadini. Ma in qualche caso le fiale sono scadute e sono state buttate»;

   Githinji Gitahi, Chief executive officer (Ceo) di Amref Health Africa e responsabile della Commissione africana di risposta al COVID-19 dichiara: «Mentre i loro vaccini scadono, la nostra gente muore.» –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa;

   se risultino dosi scadute, e quindi inutilizzate, anche nel nostro Paese e quali iniziative di competenza intenda adottare affinché il rischio annunciato da Airfinity possa essere evitato.
(5-07550)


   VILLAROSA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   come si apprende dal loro comunicato in data 27 maggio 2021, la FIMMG «Federazione italiana medici di medicina generale» aveva incontrato il Ministro Speranza ed il generale Figliuolo a cui era stato presentato un software di intelligenza artificiale che potesse consentire, grazie al dialogo tra le varie piattaforme vaccinali regionali, ai medici di medicina generale di portare avanti un'azione chirurgica di recupero di quei soggetti rimasti esclusi dalle somministrazioni di massa tra i soggetti più a rischio, affinché si potesse migliorare la campagna vaccinale in modo capillare;

   il giornale «La Repubblica» del 14 agosto 2021 riporta una dichiarazione del generale Figliuolo, commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID-19, in cui sosteneva come i non vaccinati andassero «cercati e vaccinati» e come nel piano del Governo si puntasse alla collaborazione dei medici di famiglia per convincere gli indecisi;

   secondo un articolo del giornale «La Gazzetta del Sud», pubblicato il 27 agosto 2021, durante una riunione voluta dal Commissario per l'emergenza Covid dell'Asp di Messina, Alberto Firenze, con i sindaci del distretto socio-sanitario D28 per velocizzare la campagna vaccinale, nel territorio messinese pare siano stati consegnati i nominativi di tutti i residenti non vaccinati ai sindaci dei comuni. «Come? Il commissario Firenze ha consegnato ai nove rappresentati presenti all'incontro (mancavano quelli di Rodì Milici, Basicò e Fondachelli, oltre alla commissariata Terme Vigliatore) un plico con tutti i nominativi dei residenti sul proprio territorio che non si sono vaccinati»;

   in data 6 settembre 2021 si apprende inoltre come l'Autorità garante per la protezione dei dati personali abbia deciso di avviare un'istruttoria nei confronti del Commissario Covid di Messina per verificare se vi sia stata effettivamente la comunicazione dei nominativi ai sindaci, in contrasto con quanto previsto dall'ordinanza del presidente della regione siciliana n. 84/2021, che prevede la comunicazione del solo numero dei vaccinati giornalieri;

   a giudizio dell'interrogante pare possano esserci, alla luce di quanto su esposto, diverse interpretazioni da parte delle varie strutture commissariali regionali in merito agli strumenti da mettere in campo per migliorare la campagna vaccinale, come più volte annunciato dal commissario Figliuolo, attuando alle volte anche interventi in possibile contrasto con le normative sulla privacy –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti in premessa e se non ritenga opportuno adottare iniziative normative atte a regolamentare le criticità evidenziate e adottare una linea preventiva circa interventi ben definiti e comuni su tutto il territorio nazionale per migliorare la campagna vaccinale, in maniera tale da evitare possibili fenomeni come quelli menzionati in premessa.
(5-07551)


   VILLAROSA, SURIANO, SIRAGUSA, SODANO, SCANU, GRIMALDI e TERMINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della transizione ecologica, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   con l'articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 19 maggio 2020 («decreto Rilancio»), venivano previste detrazioni fiscali per interventi di efficienza energetica in misura del 110 per cento, per le spese documentate e rimaste a carico del contribuente, sostenute dal 1° luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2021 poi prorogato al 30 giugno 2022 (il cosiddetto SuperBonus 110 per cento);

   in uno studio realizzato dalla Luiss Business School e OpenEconomics e pubblicato il 24 febbraio 2021 «analisi d'impatto economico ex ante del provvedimento Superbonus 110 per cento» è stato approfondito l'impatto macroeconomico del provvedimento sia per il periodo di vigenza delle detrazioni, che per gli 8 anni successivi;

   dallo studio si Evince come «OpenEconomics ha stimato in via preliminare che, nello scenario considerato di un incremento delle spese edilizie di 8,75 miliardi di euro, si registrerebbe un incremento del valore aggiunto complessivo del Paese di 16,64 miliardi nel periodo di attuazione del provvedimento (ai quali si potrebbero aggiungere 1,91 miliardi nell'economia sommersa). Questo incremento sarebbe il risultato della mobilitazione di risorse a seguito dell'incremento di domanda aggregata causato dal provvedimento. A tale incremento si sommerebbe un ulteriore incremento di 13,71 miliardi negli 8 anni successivi (oltre a 1,35 miliardi nell'economia sommersa) come risultato dei benefici prodotti dai progetti realizzati, che presenterebbero un rendimento significativo.» Ed inoltre che «nel decennio, l'impatto netto attualizzato del provvedimento sul disavanzo pubblico sarebbe negativo per 811 milioni di euro, come risultato di un'espansione del gettito di 3,94 miliardi nel periodo di vigenza delle detrazioni, grazie alle maggiori entrate generate dalla crescita del valore aggiunto, seguita da una contrazione netta di 4,75 miliardi negli 8 anni successivi, dovuta a un maggiore gettito di 3,58, da un lato, e una riduzione di entrate per effetto delle detrazioni fiscali di 8,33, dall'altro»;

   purtroppo, però, diversi fattori come la complessità del processo, i rischi finanziari legati al non rispetto dei tempi limite, le diverse e numerose interpretazioni legislative attese per diverso tempo, o non ancora espresse dai diversi e numerosi enti pubblici direttamente coinvolti, ha di fatto creato una «paralisi decisionale» nei cittadini interessati e quindi rallentato tutto il processo di espansione della misura;

   nella relazione deliberata dalla commissione bilancio della Camera sull'individuazione delle priorità nell'utilizzo del recovery found, con riferimento alla missione 2, Rivoluzione verde e transizione ecologica, sono state formulate indicazioni concernenti le quattro componenti progettuali in cui essa si articola e, al punto 2.3, è stato proposto di «garantire la proroga delle agevolazioni fiscali al 110 per cento per la riqualificazione energetica degli edifici (cosiddetto Superbonus) fino al 2023»;

   come comunicato dalla Sottosegretaria Gavia in risposta all'interrogazione n. 5-05631 il 31 marzo 2021, «la bozza di Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) ha dato particolare rilevanza agli interventi di riqualificazione degli edifici residenziali, prevedendo la proroga del Superbonus 110 per cento per i condomini e gli ex-IACP, rispettivamente al 31 dicembre 2022 e 30 giugno 2023» –:

   se si intendano adottare, con adeguata tempestività, iniziative normative per estendere il cosiddetto Superbonus, in linea con quanto previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, attualmente in corso di esame presso la Commissione europea, al 2023 per tutte le tipologie di interventi, o per aumentare la platea e recuperare alcuni ritardi accumulati dai vari enti pubblici, anche per il 2024.
(5-07555)


   MOLLICONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   secondo l'Unesco «L'informazione è un bene pubblico [...] e in quanto bene pubblico ha bisogno del sostegno pubblico»;

   il Dipartimento dell'informazione e dell'editoria è competente in materia di comunicazione istituzionale del Governo e ha al suo interno, nella struttura dell'Ufficio per le attività di informazione e comunicazione istituzionale e per la tutela del diritto d'autore, il Servizio per la comunicazione istituzionale, che cura, su richiesta dei dipartimenti interessati, la realizzazione delle campagne di comunicazione istituzionale della Presidenza del Consiglio dei ministri;

   il sito internet del Die dedica, nella sezione «l'editoria dà i numeri», un approfondimento quantitativo, sui contributi che la stampa e il settore radiofonico hanno ricevuto, fermandosi all'annualità 2016;

   secondo l'articolo 41 del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, poi abrogato e sostituito dall'articolo 49 del decreto legislativo n. 208 del 2021, l'Amministrazione dello Stato tenuta a ripartire per quote la destinazione di somme nella comunicazione istituzionale, specificatamente almeno il 50 per cento a favore dei giornali quotidiani e periodici, a favore di radio nazionali o equiparate stampa e almeno il 15 per cento a favore dell'emittenza privata televisiva e radiofonica locale;

   la quota è regolata sulla competenza di ciascun esercizio finanziario di ogni capitolo destinato alla pubblicità istituzionale ed è sottoposta al controllo da parte dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;

   rientrano nell'ambito di applicazione del citato articolo 41, come specificato dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 28 settembre 2009 relativa agli indirizzi interpretativi ed applicativi in materia di destinazione delle spese per l'acquisto di spazi pubblicitari da parte delle Amministrazioni dello Stato, «le spese relative all'acquisto di spazi sulla stampa quotidiana e periodica, anche in forma elettronica; su Internet; sui mezzi di diffusione radiotelevisiva; nell'ambito della diffusione di opere presso le sale cinematografiche; sulle reti mobili di comunicazione elettronica» –:

   se non si ritenga necessario e urgente rendere noti i dati relativi alle contribuzioni dirette erogate nel corso della XVIII legislatura nei confronti di stampa quotidiana e periodica ed editoria radiotelevisiva e, in particolare, i dati granulari fra stampa, radio e tv negli affidamenti delle campagne istituzionali del Governo, specificamente delle campagne informative relative alla pandemia, assicurando una ricognizione più attuale possibile del sistema finanziario del sostegno pubblico al settore editoriale, anche con pubblicità sui portali istituzionali del Dipartimento dell'informazione e dell'editoria.
(5-07560)


   MARCO DI MAIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in un recente rapporto dell'Onu al quale Algeri non ha ancora risposto, le autorità algerine sono accusate di «uso arbitrario, ingiusto, illegale e abusivo del terrorismo come strumento politico per reprimere le libertà pubbliche e individuali e i diritti umani»;

   il parlamento europeo, con la risoluzione 2020/2880, condanna fermamente il deterioramento dei diritti umani in Algeria e l'escalation di arresti arbitrari e illeciti, detenzioni e persecuzioni giudiziarie nei confronti di giornalisti, oppositori politici, difensori dei diritti umani, sindacalisti, avvocati, attivisti pacifici e da anni esorta le autorità algerine a rispettare la sovranità popolare, lo Stato di diritto, la giustizia sociale e consentire l'accesso al paese alle organizzazioni internazionali per i diritti umani e alle procedure speciali delle Nazioni Unite;

   a questo, si affiancano denunce di organizzazioni della società civile, della stampa locale e appelli dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite, di Amnesty International, Human Rights Watch e altre Ong affinché, in Algeria, cessi la detenzione arbitraria e vengano abrogate le norme che violano la libertà di espressione e di riunione;

   attualmente, si registrano 251 persone detenute illegalmente, di cui 17 con accuse di terrorismo e di cospirazione contro lo Stato, per aver espresso le proprie opinioni contro la repressione attuata dal governo, che tenta di cancellare la società civile e i partiti politici;

   quaranta persone, ingiustamente detenute nelle carceri algerine per reati d'opinione, hanno iniziato lo sciopero della fame per protestare contro le false accuse e contro l'articolo in base del quale sono accusati di terrorismo;

   la situazione, negli ultimi mesi, si è deteriorata: sono violati i diritti politici, i diritti delle donne, l'orientamento sessuale e identità di genere. Le libertà di stampa, di associazione e di espressione sono state limitate e configurate come reati sulla base di motivi artificiosi allo scopo di perseguire coloro che esercitano il loro diritto alla libertà. Le leggi antiterrorismo sono usate per sopprimere ogni forma di opposizione e libertà di espressione;

   è a rischio persino l'indipendenza della magistratura, destinataria di misure di custodia cautelare e sanzioni professionali in caso di assoluzione di attivisti pacifici o richieste di rispetto dell'indipendenza del potere giudiziario;

   si rileva l'urgenza che le autorità algerine cessino immediatamente questa repressione, ed è necessario garantire il rispetto dei diritti alla libertà di espressione, associazione e riunione di manifestanti pacifici, giornalisti, attivisti dei diritti umani e liberare i cittadini detenuti ingiustamente;

   si rileva inoltre l'ostinazione dimostrata dalle autorità algerine nel calpestare i diritti fondamentali del popolo algerino –:

   se il Governo intenda intraprendere iniziative urgenti di competenza per dare seguito alla risoluzione B9-0375/2020 del Parlamento europeo, finalizzate a far sì che i diritti umani siano garantiti in Algeria;

   se il Ministro degli affari estri e della cooperazione internazionale sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per sostenere, in sede internazionale, la cessazione di ogni forma di violazione dei diritti umani in Algeria;

   se il Governo intenda avviare iniziative diplomatiche e politiche al fine di porre fine alla drammatica situazione descritta in premessa;

   quali siano le iniziative adottate dal Governo, per quanto di competenza, per esigere indagini relative agli abusi subiti dal popolo algerino, per consentire l'accesso al Paese alle organizzazioni internazionali per i diritti umani e se intenda mettere in atto urgenti iniziative al fine di evitare situazioni similari nel futuro;

   se la situazione descritta in premessa sia stata evocata con le autorità algerine in occasione della visita istituzionale del Ministro interrogato nel Paese nord africano nel novembre 2021 comunicando l'esigenza del rispetto dei diritti umani e delle convenzioni internazionali.
(5-07562)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   è notizia di questi giorni che 20 dei manifestanti cubani, di cui 5 minori, che presero parte alle proteste contro il Governo comunista avvenute nel luglio 2021, sono stati condannati per reati di sedizione a pene profondamente severe e contrarie ai fondamentali diritti di espressione e di libero pensiero;

   la pena più pesante, di 20 anni di carcere, è stata comminata ad un uomo di 50 anni, mentre 5 ragazzi tra i 16 e i 17 anni dovranno scontare 5 anni di carcere. Il numero di condannati per gli eventi sopracitati ammonta ad oltre 700 persone, di cui 55 sono minori;

   il gruppo per la difesa dei diritti umani «Justicia11j», che prende il nome dal giorno in cui sono scoppiate le rivolte, insiste sulla richiesta di assoluzione come mezzo legale per le persone condannate o che stanno per essere processate, dichiarando a gran voce che l'immediata libertà per tutti i manifestanti risulti essere Tunica soluzione veramente equa da parte dello Stato ad una protesta che ha cessato di essere pacifica non per comportamenti sediziosi dei manifestanti, ma solamente dopo l'intervento di gruppi militari e paramilitari mandati dal Governo comunista cubano di Miguel Diaz-Canel al fine di reprimere le proteste che lo vedevano imputato per incapacità nel risolvere la crisi economica in cui versava il Paese cubano;

   giova ricordare che trattasi proprio di quel Governo comunista cubano con cui, il 17 gennaio 2022, il Ministero degli esteri italiano, nella persona del Viceministro Marina Sereni, ha siglato un Memorandum che prevede la spesa di ben 12 milioni di euro in tre anni, al fine di garantire lo sviluppo agricolo e locale, assieme alla conservazione del patrimonio culturale cubano, il tutto dopo che l'Unione europea, tramite la risoluzione del Parlamento europeo, n. 2021/2872 (RSP), approvata il 16 settembre 2021, ha condannato con fermezza l'azione repressiva del Governo comunista cubano, chiedendo altresì allo stesso Governo di applicare e garantire le libertà più basilari;

   la notizia delle sentenze sopracitate risulta essere tristemente in linea con le parole del dittatore cubano quando affermava che la repressione dei manifestanti sarebbe risultata implacabile, passando così dalle parole ai fatti;

   tale circostanza smentisce anche l'auspicio del Viceministro Sereni, rappresentante del Governo italiano, che nel corso di un'intervista del 20 gennaio 2022 affermava che «l'esperienza socialista cubana può essere difesa meglio proprio con l'apertura di un dialogo con la società civile, anche in relazione alle manifestazioni del luglio dello scorso anno». Appare quindi evidente che il Governo cubano non abbia accolto il suggerimento del Viceministro Sereni e che abbia preferito difendere l'esperienza socialista con ben altri metodi;

   a giudizio dell'interrogante, un sostegno di natura economica, oltre che ideologica, ad un governo dittatoriale, resosi colpevole delle più gravi violazioni delle libertà fondamentali della persona umana, non può ritenersi compatibile con il sistema dei valori occidentali e, in particolare, italiani, che riconosce le proprie fondamenta in quelle stesse libertà violate dal regime comunista cubano –:

   se il Governo intenda adottare iniziative per revocare l'impegno all'erogazione dei fondi di cui in premessa previsti con il Memorandum, in virtù della successiva condanna dei manifestanti arrestati per le manifestazioni di piazza a difesa dei diritti civili e delle libertà fondamentali violate dal regime comunista cubano.
(5-07559)

Interrogazione a risposta scritta:


   DALL'OSSO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il principio di autodeterminazione è norma di diritto internazionale generale, che sancisce l'obbligo per la comunità degli Stati di consentire ad un popolo che intenda rendersi indipendente, di determinare il proprio destino e di scegliere il proprio regime politico;

   lo Stato italiano, con l'entrata in vigore della legge n. 881 del 1977, ha ratificato il Patto internazionale sui diritti civili e politici sottoscritto dall'Onu nel 1966, al cui articolo 1 si sancisce che tutti i popoli hanno il diritto di autodeterminazione, decidono liberamente del loro statuto politico e perseguono liberamente il loro sviluppo economico, sociale e culturale;

   gli Stati sottoscrittori del summenzionato Patto debbono promuovere l'attuazione del diritto di autodeterminazione dei popoli, in conformità alle disposizioni dello Statuto delle Nazioni Unite;

   detto statuto, al paragrafo 2 dell'articolo 1, specifica che tra i fini delle Nazioni Unite vi è quello di sviluppare tra gli Stati relazioni amichevoli fondate sul rispetto dei principi dell'eguaglianza dei diritti e dell'autodecisione dei popoli;

   inoltre, all'articolo 55, sancisce che i rapporti pacifici ed amichevoli tra le Nazioni devono basarsi sul rispetto dell'uguaglianza dei diritti o dell'autodecisione dei popoli;

   ciò significa che, se ad un popolo viene ostacolato detto diritto, quest'ultimo è legittimato a chiedere il pacifico intervento della comunità internazionale, che ha il dovere di ascoltare;

   nel contesto geopolitico internazionale emerge, tra l'altro, la posizione della Repubblica di Abcasia, proclamatasi indipendente dal 23 luglio 1992 e successivamente riconosciuta da alcuni Paesi della comunità internazionale, tra cui la Russia;

   l'Abcasia è una delle due regioni del Caucaso, proclamatesi indipendenti all'esito della guerra del 2008, dalle antiche tradizioni, il cui popolo ha subito negli anni varie persecuzioni;

   sin dai tempi dell'impero romano, allorquando importanti erano gli scambi culturali e commerciali con le città italiane di Genova e Venezia, molteplici sono state le occasioni di incontro tra i cittadini abcasi ed il nostro Paese, sempre improntati a reciproco rispetto;

   il popolo abcaso, protagonista di una storia millenaria di identità e tradizioni fortemente radicate, all'esito di una sofferta fase storica divisa tra transizione post-sovietica e dominio georgiano, ha democraticamente e liberamente deciso, trent'anni fa, di proclamare la sua indipendenza;

   con il crollo dell'Unione sovietica, il popolo abcaso ha deciso, nel 1991, in linea con ciò che avrebbe dovuto rappresentare un passaggio democratico e fisiologico, di proclamare la sua indipendenza, con ciò determinando l'immediata reazione della Georgia e l'inizio di un conflitto protrattosi sino al 1994 e conclusosi con la proclamazione della nuova Costituzione della Repubblica dell'Abcasia;

   detto evento, ha dato inizio per il popolo abcaso ad un lungo e sofferto percorso, pacifico e silenzioso, diretto ad ottenere il riconoscimento del suo status di Repubblica, che sino ad oggi ha dovuto cedere il passo di fronte ad un silenzio e ad una indifferenza ampiamente diffusi tra gli Stati della comunità internazionale;

   la Repubblica di Abcasia, ad oggi, rappresenta di certo una realtà con straordinario potenziale, economico e geopolitico, che dovrebbe incontrare ampia solidarietà internazionale e nuove occasioni di partnership, a supporto di un'area strategicamente rilevante;

   detto limitato riconoscimento, ad oggi continua peraltro a condizionare fortemente per i cittadini dell'Abcasia il diritto di muoversi liberamente nel mondo, non essendo dotati di un proprio passaporto –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riferito in premessa;

   se intenda adottare le iniziative più opportune a sostegno del diritto di autodeterminarsi del popolo abcasico e dei diritti umani fondamentali di ogni cittadino che in quel territorio risiede;

   se il Governo intenda adottare ogni iniziativa utile a favorire il pacifico dialogo tra tutti i protagonisti della vicenda del popolo abcasico ed il superamento dell'attuale situazione di incertezza geopolitica in quel territorio.
(4-11391)

CULTURA

Interrogazione a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   da quanto si apprende da un articolo pubblicato su il Fatto Quotidiano del 14 febbraio 2021 a firma di Tomaso Montanari, sul sito del Ministero della cultura compare un invito a visitare il Museo sacrario reggimento «Giovani Fascisti - Africa settentrionale 1940/1943» a Ponti sul Mincio in provincia di Mantova, nonché la scritta: «il sacrificio della vita per l'Italia non conosce distinzioni politiche»;

   tale museo nasce nella casa che fu di Fulvio Balisti, gerarca repubblichino, e dal 1960 circa raccoglie e conserva i cimeli del reggimento e della campagna in Africa Settentrionale, con tanto di sala dedicata all'Africa korps di Hitler e con «l'erta del ricordo», che raccoglie i cippi dei reparti delle Truppe Coloniali e della Repubblica Sociale Italiana;

   a parere dell'interrogante non è accettabile che il Ministero della cultura promuova sul suo sito istituzionale uno pseudo-museo che celebra ed esalta l'Afrika Corps nazista, il fascismo e il colonialismo italico;

   l'auspicio dell'interrogante è che il Museo sacrario reggimento «Giovani Fascisti - Africa settentrionale 1940/1943» non abbia mai ricevuto contributi pubblici e che in ogni caso tale sito venga rimosso dal portale istituzionale del Ministero della cultura e venga individuato il responsabile della scelta di inserire questo museo nella sezione «Luoghi della cultura» –:

   quali iniziative intenda assumere affinché venga tempestivamente rimosso dal portale istituzionale del Ministero della cultura ogni riferimento al «Museo sacrario reggimento “Giovani Fascisti - Africa settentrionale 1940/1943”» e venga individuato il responsabile della promozione di tale luogo e se intenda chiarire se siano stati erogati eventuali finanziamenti pubblici verso questa struttura.
(4-11395)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VILLAROSA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con l'articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 19 maggio 2020 («decreto Rilancio»), nell'ambito delle misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da Covid-19, veniva incrementata al 110 per cento l'aliquota di detrazione delle spese sostenute dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021, a fronte di specifici interventi in ambito di efficienza energetica, di interventi di riduzione del rischio sismico, di installazione di impianti fotovoltaici nonché delle infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici (cosiddetto Superbonus) poi prorogato con la legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 30 dicembre 2020) fino al 30 giugno 2022 (e, in determinate situazioni, al 31 dicembre 2022 o al 30 giugno 2023);

   come pubblicato dall'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea) nel report mensile sui risultati del Superbonus 110 per cento, i dati relativi all'utilizzo della misura sono molto incoraggianti in quanto al 30 settembre 2021 risultano essere oltre 46.000 le asseverazioni depositate per un totale di investimenti ammessi a detrazione di oltre 7,4 miliardi, con un investimento medio di 557.730,54 euro per i condomini, di 101.992,21 euro per gli edifici unifamiliari e di 93.590,50 euro per le unità immobiliari funzionalmente indipendenti;

   in data 6 ottobre 2021, durante l'esame della Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2021, il Ministro dell'economia e delle finanze, Daniele Franco, in audizione dichiara: «Il superbonus e gli altri bonus edilizi sono molto importanti per far ripartire il settore delle costruzioni, quindi nella legge di bilancio stiamo valutando in che modo possano e debbano essere prorogati», ma «dobbiamo ricordare che sono uno strumento molto costoso», «non sostenibile alla lunga». Le costruzioni «sono un settore che va sostenuto, avendo a mente che non può crescere a dismisura e che questi interventi fanno onore per la finanza pubblica. Se ciascun italiano fa domanda, per 30 milioni di unità immobiliari l'effetto sui conti e sul debito è stratosferico»;

   nell'analisi d'impatto economico ex ante del provvedimento «superbonus al 110 per cento» a cura della Luiss Business School e OpenEconomics, pubblicato anche sul portale del Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica, si legge però come «Tra i risultati principali di questa analisi emerge che, a fronte di un aumento della spesa per edilizia abitativa pari a 8,75 miliardi nel triennio 2020-2022, si registrerebbe un incremento del valore aggiunto complessivo per il Paese di 16,64 miliardi di euro nel periodo di attuazione del provvedimento e un ulteriore incremento di 13,71 miliardi negli 8 anni successivi a fronte di un impatto netto attualizzato sul disavanzo pubblico pari a -811 milioni di euro.» –:

   se il Ministro interrogato intenda chiarire, alla luce degli studi ex ante realizzati dalla Luiss Business school citati, su quali elementi, studi tecnici, analisi del provvedimento o documenti simili si basino le affermazioni espresse durante l'audizione del 6 ottobre 2021 con cui ha, di fatto, «bocciato» una possibile strutturalità della misura «Superbonus 110 per cento».
(5-07547)


   VILLAROSA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'8 ottobre 2015, Andrea Bulgarella imprenditore trapanese a capo di uno dei più importanti gruppi industriali italiani, operante nei settori alberghiero, delle costruzioni e in quello immobiliare, viene interessato da importanti perquisizioni dei suoi uffici con il sequestro dei documenti legati all'attività del suo gruppo. Risulta, inoltre, essere indagato dalla procura di Firenze per riciclaggio e truffa, con l'aggravante del favoreggiamento a Cosa nostra con il coinvolgimento di altri 10 indagati, tra cui il vicepresidente di Unicredit, Fabrizio Palenzona;

   a quanto risulta all'interrogante, a seguito dell'indagine, l'Unità di informazione antiriciclaggio della Banca d'Italia, in via cautelativa, prima sospende e poi revoca, tutti i rapporti bancari, compresi gli strumenti per i pagamenti elettronici a disposizione del gruppo;

   come si apprende da fonti di stampa, nel 2018, «Il Gip di Firenze, su richiesta della Dda fiorentina, ha archiviato l'indagine per riciclaggio a carico del costruttore Andrea Bulgarella, ed eliminato ogni aggravante relativa al metodo e alla finalità mafiosa». È quanto comunica, in una nota, il gruppo Bulgarella;

   nel 2019 viene anche archiviata «l'ultima accusa, quella di aver tentato di truffare Unicredit, per avere trattamenti di favore nell'esposizione debitoria del suo gruppo con la principale banca italiana». La procura di Milano ha chiesto l'archiviazione, che il Gip ha accordato, con pochi giri di parole, accogliendo in pieno le tesi della difesa, e anzi, sottolineando la verità di quello che Bulgarella ha sempre sostenuto: nessuna combutta con i vertici di Unicredit, piuttosto uno scontro durissimo per avere riconosciute spettanze che gli erano dovute e che la banca negava;

   in data 15 febbraio 2021, l'imprenditore Andrea Bulgarella ha inviato un'accorata richiesta di intervento alle più alte cariche istituzionali in quanto, pare che, ancora oggi, nonostante le archiviazioni su menzionate, tutto il gruppo abbia limitata ogni possibile richiesta presso i vari sportelli bancari, anche per semplici operazioni come l'apertura di un conto corrente dedicato o l'utilizzo di strumenti per i pagamenti digitali;

   la società in questione, quindi, non riesce a disporre di strumenti bancari che permettono la regolare e semplice attività lavorativa a pari condizioni rispetto ad altri concorrenti di mercato anche a causa delle limitazioni imposte per legge all'utilizzo del denaro contante –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare, anche a carattere normativo, con urgenza, in relazione a quanto esposto.
(5-07553)


   VILLAROSA, SODANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   in data 11 marzo 2021 durante l'audizione plesso la Commissione finanze della Camera dei deputati, il professor Riccardo Cesari, consigliere dell'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (Ivass) comunicava i risultati degli studi effettuati dall'ente sugli effetti della pandemia nella sinistrosità in Italia: «la pandemia da COVID-19 e le misure di contenimento adottate hanno determinato una considerevole riduzione del numero dei sinistri, particolarmente marcata nel periodo tra il 23 febbraio e il 2 giugno 2020, in corrispondenza con i più stringenti provvedimenti del Governo (lockdown), ma proseguita anche nei mesi successivi. Complessivamente, tra febbraio e novembre 2020, abbiamo riscontrato un decremento dei sinistri di circa il -35 per cento (Fonte: Banca Dati Sinistri presso IVASS)»;

   «Nello stesso periodo il “risparmio” per le imprese di assicurazione conseguente alla diminuzione dell'onere per sinistri è valutabile – in via preliminare – tra 2,5 e 3,6 miliardi di euro, con una incidenza sui premi r.c. auto nell'intervallo 19 per cento -27 per cento. Il risparmio ipotetico per una garanzia r.c. auto del 2020 sarebbe mediamente di circa 70 euro. Indicazioni più precise sull'effettiva diminuzione dell'onere per sinistri per le compagnie potranno essere desunte dall'esame dei consuntivi riferiti all'esercizio 2020»;

   «Gli esiti dell'indagine conoscitiva svolta dall'IVASS sulle iniziative delle imprese di assicurazione per partecipare anche gli assicurati dei risparmi derivanti dalla riduzione della frequenza dei sinistri stradali da COVID-19 ha evidenziato che le compagnie di assicurazione hanno programmato per gli assicurati benefici valutabili in 811 milioni (di cui già erogati a ottobre 2020 per 348 milioni). Va sottolineato che sia la variabilità delle tipologie di ristoro utilizzate (sconti al rinnovo, estensioni di copertura e altro) sia la dimensione dell'impegno finanziario adottato sono risultate assai eterogenee da impresa a impresa»;

   come affermato anche da Claudio Demozzi, presidente nazionale del Sindacato nazionale agenti di assicurazione (Sna), «Questi numeri confermano le stime del Centro Studi Sna effettuate in seguito alla fase 1 del lockdown che poneva l'accento sulla possibilità di gestire proficuamente e in favore della collettività quello che è stato spesso definito un tesoretto» –:

   quali iniziative normative il Governo intenda adottare affinché venga assicurato che tutti i risparmi accumulati dalle imprese assicurative nel periodo di lockdown, a seguito della diminuzione dei sinistri, possano essere utilizzati direttamente per ristorare i cittadini assicurati.
(5-07554)


   GALLINELLA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il regolamento relativo all'inclusione delle emissioni e degli assorbimenti di gas a effetto serra risultanti dall'uso del suolo, dal cambiamento di uso del suolo e dalla silvicoltura nel quadro 2030 per il clima e l'energia è stato adottato dal Consiglio europeo il 14 maggio 2018, in seguito al voto del Parlamento europeo del 17 aprile 2018;

   il regolamento attua l'accordo tra i leader dell'Unione europea dell'ottobre 2014 secondo cui tutti i settori dovrebbero contribuire all'obiettivo di riduzione delle emissioni dell'Unione nel 2030;

   all'interno del regolamento è sancito il principio denominato «no-debit rule», il quale prevede che gli Stati membri si impegnino a garantire che le emissioni contabilizzate di gas a effetto serra, derivanti dall'uso del suolo, siano interamente compensate da una rimozione equivalente di CO2,attraverso le azioni messe in atto nel settore;

   per centrare l'obiettivo della neutralità climatica, entro il 2050, saranno essenziali, tra le altre, molteplici azioni da svolgere; tra queste vi è certamente quella della gestione sostenibile del territorio che può incrementare la quantità di carbonio catturato e stoccato nelle piante e nel suolo, rendendo i terreni più fertili e resilienti e contribuendo alla tutela della biodiversità;

   un ruolo strategico sarà quello dell'agricoltore, che tramite la sua attività potrà contribuire allo stoccaggio richiamato che, se opportunamente regolamentato e certificato, potrebbe divenire un ulteriore introito rendendo più resiliente e più competitiva la sua attività;

   l'articolo 2135 del codice civile chiarisce chi è l'imprenditore agricolo, ovvero colui che coltiva il fondo gestisce il bosco (selvicoltura) e alleva gli animali con le relative attività connesse, tra le quali si cita «la commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali», e altro;

   l'articolo 32 del Testo unico delle imposte sui redditi chiarisce cosa sia il reddito agrario e quali siano le attività agricole, richiamando nuovamente la commercializzazione e valorizzazione, ancorché non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali e altro, precisando, altresì, che ogni due anni con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze su proposta del Ministro delle politiche agricole e forestali, si può ampliare la categoria dei beni;

   una recente risoluzione dell'Agenzia delle Entrate (n. 365/2020) asserisce, tuttavia, che le aziende agricole non possano fatturare la vendita della CO2 resa disponibile per il mercato (sotto alcuna forma essa sia) pena la perdita della qualifica di società agricola –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non intenda chiarire, per quanto di propria competenza, che la CO2 prodotta dall'agricoltore anch'essa un bene agricolo; o se non intenda invece procedere all'aggiornamento del decreto ministeriale previsto dal Tuir e richiamato in premessa, ampliando l'elenco dei beni, al fine di valorizzare il ruolo dell'agricoltore nel percorso di raggiungimento degli obiettivi di neutralità climatica e quindi di gestione sostenibile del territorio.
(5-07561)

GIUSTIZIA

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   da numerose recenti notizie giornalistiche si apprende che la situazione relativa alla carenza di personale nelle strutture carcerarie è abbastanza critica, creando disagi in relazione ai diritti dei detenuti e degli stessi lavoratori;

   dal confronto che l'interpellante ha avuto con il segretario generale della Uilpa Polizia Penitenziaria, Gennarino De Fazio e la segreteria regionale siciliana della stessa sigla Uilpa Polizia Penitenziaria, in data 7 gennaio 2022, è emerso un quadro abbastanza allarmante, soprattutto in alcune regioni; entrambi evidenziano come il disagio derivato dall'insufficienza di agenti e personale in forza delle carceri, sia ancora più amplificato dallo stato di emergenza attuale causato dalla pandemia;

   gli stessi sindacati hanno denunciato alla Ministra interpellata questa delicata situazione che mette a rischio le condizioni di salute di detenuti, auspicando l'opportunità di prevedere un responsabile potenziamento dell'organico, che di fatto è stato ridotto nel tempo ed è al di sotto della quota stabilita per legge;

   tutto ciò apre il dibattito ad una riflessione in merito alle conseguenze della carenza di organico, non solo della polizia penitenziaria, ma nelle forze dell'ordine in genere, derivate anche dal blocco del turnover e dalla «legge Madia»;

   il blocco del turnover fu introdotto, a partire dal 2008, dalla finanziaria per il 2007 che lo disponeva come risposta al forte aumento della spesa per dipendenti pubblici avvenuta tra il 2001 e il 2006, bloccando le assunzioni con provvedimenti che hanno previsto anche limitazioni alla sostituzione del personale in uscita, stabilendo che, in tutte le amministrazioni, si potesse procedere ad assunzioni per una spesa pari al 20 per cento di quella relativa alle cessazioni avvenute nell'anno precedente e per un numero di dipendenti non superiore al 20 per cento di quelli cessati, applicando regole diverse a seconda dei settori della pubblica amministrazione;

   questo blocco ha causato tagli insostenibili nell'occupazione pubblica;

   secondo quanto emerge dal confronto con la Uil di settore, la polizia penitenziaria ha subito un taglio di 4.000 unità, a fronte di 45.325;

   a causa della spending review, sono state chiuse molte scuole di formazione, creando ulteriore disagio in relazione alle assunzioni;

   con i decreti 3 settembre 2019 e 17 marzo 2020 della Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento della funzione pubblica è stato eliminato il blocco del turnover, con un aumento di quasi 18 mila unità del personale della pubblica amministrazione;

   i limiti hanno riguardato fino al 2014 sia la spesa sostenuta per gli uscenti sia il numero di dipendenti e dopo il 2014 solo la prima, consentendo un aumento del personale a parità di spesa;

   il turnover al 100 per cento era previsto dal decreto-legge n. 90 del 2014 (dal 2018 in poi) ed è tornato in vigore dopo le modifiche apportate per il triennio 2016-2018 dalla legge n. 208 del 2015;

   per effetto dell'articolo 29 del decreto legislativo n. 172 del 2019, sono state apportate modifiche all'articolo 5 della legge n. 395 del 1990, aumentando i compiti istituzionali del Corpo, affidando allo stesso la collaborazione con la magistratura di sorveglianza presso ogni tribunale e l'assistenza ai magistrati del pubblico ministero presso i tribunali dei capoluoghi del distretto, nonché delle procure generali e delle corti di appello; inoltre, è stato rimosso il divieto per i poliziotti penitenziari di essere impiegati in compiti che non siano direttamente connessi ai servizi d'istituto, così da occupare posti di servizio amministrativi a causa della carenza di organico del personale delle funzioni centrali;

   il 28 dicembre 2020 è stato emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante l'autorizzazione ad avviare procedure di reclutamento e ad assumere a tempo indeterminato unità di personale in favore della Guardia di finanza, della Polizia di Stato, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, della Polizia penitenziaria e dell'Arma dei carabinieri;

   ad oggi, la polizia penitenziaria ha una carenza di 5.500 unità, anche per effetto della «legge Madia», a fronte di 36.000 effettive;

   molti degli interventi legislativi portati avanti dal 2019 in poi, devono essere accolti favorevolmente; risultano però ancora insufficienti rispetto all'organico effettivo, stabilito in 41.595 unità;

   secondo la Uilpa Polizia Penitenziaria, infatti, quest'ultimo dato risulterebbe insufficiente per coprire le reali esigenze dei servizi offerti anche in considerazione che prima della «riforma Madia» l'organico previsto era pari a 45.325 unità;

   dal gruppo di lavoro voluto dal Ministro Bonafede e dall'ex Capo del Dap Basentini, formato da direttori e comandanti di reparto di Polizia penitenziaria, con la finalità di capire la reale esigenza delle unità relative alla polizia penitenziaria, è emerso che rispetto all'organico stabilito, mancano all'appello 13.000 unità;

   dagli ultimi interventi normativi appare evidente l'orientamento del Governo, in merito allo sblocco dei concorsi pubblici per procedere a nuove assunzioni nella pubblica amministrazione –:

   se il Ministro interpellato sia a conoscenza di quanto denunciato in premessa e quali iniziative intenda adottare;

   quali ulteriori iniziative intenda adottare il Governo per affrontare la problematica della carenza di organico della Polizia penitenziaria in virtù dell'emergenza in atto;

   se non si ritenga opportuno potenziare le scuole di formazione della Polizia penitenziaria, prendendo in considerazione l'opportunità di utilizzare le caserme dismesse delle Forze armate.
(2-01426) «Papiro».

Interrogazione a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   si apprende dalla trasmissione televisiva condotta da Mario Giordano «Fuori dal Coro» dell'ennesimo episodio di occupazione abusiva di immobili posta in essere in danno di una persona anziana e con problemi di invalidità al 90 per cento, di nome Giorgio Rezzano, residente nella città di La Spezia;

   in particolare, il signor Rezzano, trovandosi in difficoltà economica, aveva deciso di locare un'abitazione adiacente a quella in cui vive ad una persona di origine rumena e alla moglie;

   secondo il racconto del signor Rezzano, il pagamento dei canoni di locazione sarebbe stato regolare solo nel corso del primo anno, mentre la situazione sarebbe precipitata con l'avvento dell'emergenza epidemiologica quando gli occupanti avrebbero illegittimamente interrotto la corresponsione dei canoni dovuti;

   a distanza di due anni e in mancanza di un legittimo titolo, gli inquilini «ladri di casa» sarebbero passati da una situazione di illegittimità ad una più propriamente di illiceità, non avendo alcuna intenzione di liberare l'immobile nonostante le vane richieste del proprietario per ottenere il pagamento dei canoni arretrati pari a circa 4.700 euro e il rilascio dell'appartamento;

   cosa ancor più grave, sembrerebbe che, in occasione di una delle predette richieste, il signor Rezzano sia stato colpito al volto con un pugno dall'occupante abusivo, che gli avrebbe cagionato lesioni personali con una prognosi refertata di dieci giorni per trauma cranico;

   la storia di Giorgio è l'ennesima di una lunga serie di occupazioni illegittime e abusive riportate dalle cronache nazionali, in cui, purtroppo, i cittadini, spesso anziani e in condizioni economiche precarie, si trovano costretti a dover subire inermi violenze e soprusi, non riuscendo a ottenere una tutela repentina ed efficace;

   nel contesto socio-economico degli ultimi anni i fattori che avrebbero contribuito ad aggravare la piaga delle occupazioni abusive sarebbero sostanzialmente due: primo fra tutti vi è il fenomeno dell'immigrazione incontrollata che conduce sul territorio nazionale migliaia di persone incuranti dei diritti altrui e delle norme vigenti e, in secondo luogo, l'inadeguatezza delle misure di prevenzione e di repressione penali previste dall'ordinamento che, di fatto, consentono a chi occupa abusivamente un immobile di potervi permanere per anni prima che la «giustizia» possa trovare una soluzione in termini di rilascio dell'abitazione e di risarcimento dei danni patiti dai proprietari;

   l'occupazione arbitraria di un immobile, soprattutto quando esso è destinato ad unità abitativa, rappresenta una grave violazione dei princìpi dettati dalla Costituzione, dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Cedu), firmata a Roma il 4 novembre 1950 e resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848, in materia di tutela del diritto di proprietà e, per tale ragione, è urgente arrestare questo dilagante e grave fenomeno, soprattutto quando è rivolto contro persone anziane –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare, anche normative, al fine di tutelare maggiormente il diritto di proprietà da interferenze abusive e illecite altrui e se non intenda adottare le iniziative di competenza per verificare se, nel caso di specie, le autorità competenti siano intervenute per interrompere l'azione delittuosa posta in essere nei confronti del sig. Rezzano e impedirne le ulteriori conseguenze.
(4-11392)

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ SOSTENIBILI

Interrogazione a risposta scritta:


   RAFFA. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   il 25 ottobre 2018, in commissione trasporti, poste e telecomunicazioni, è stato espresso il parere sul contratto di programma, parte investimenti, tra Rete Ferroviaria Italiana S.p.a. e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in cui venivano stanziati 126 milioni di euro per l'acquisto di due nuove navi traghetto per il trasporto treni tra la Sicilia e la Calabria, così da garantire la continuità territoriale ed interrompere lo smantellamento del servizio che, per anni, ha subito il trasporto sullo Stretto di Messina;

   nel luglio 2013 era già entrata in servizio nello Stretto di Messina la nave denominata Messina, che affiancava le navi Scilla e Villa degli anni '80;

   in data 6 novembre 2021 arriva al porto di Messina per prendere servizio sullo stretto la nuova nave Iginia di Rfi;

   nel mese di dicembre del 2021 Rete Ferroviaria Italiana S.p.a., facendo seguito a quanto stanziato nel sopracitato contratto di programma, commissionava, ai cantieri navali spagnoli Hijos De J. Barreras, la progettazione e la realizzazione della seconda nave traghetto, una motonave tipo Ro-Ro monodirezionale ibrida, dotata di un sistema elettrico ad emissioni zero nei porti di ormeggio (grazie ai pannelli solari posti sulla nave) e di alimentazione Dual Fuel (Gas/Diesel) per la riduzione delle emissioni inquinanti;

   dal suo arrivo, la nuova nave Iginia è sempre rimasta ormeggiata a Messina Marittima, senza mai entrare in servizio, a causa di pastoie burocratiche connesse alle procedure di messa in servizio, come dichiarato dall'ingegnere Giuseppe Marta, direttore della divisione produzione navigazione di Rete Ferroviaria Italiana;

   la nave Messina dal 17 dicembre 2021 si trova in bacino per lavori di manutenzione ciclica;

   di conseguenza, al momento, il servizio di traghettamento dei treni per la continuità territoriale della Sicilia viene garantito, come avveniva negli anni '80 del secolo scorso, dalle navi Scilla e Villa già in servizio da ben 36 anni;

   sulle navi ferroviarie Scilla e Villa, per ordinanza dell'autorità marittima, tutti i viaggiatori sono obbligati a scendere dai treni prima della partenza della nave per recarsi obbligatoriamente nei saloni del traghetto, causando un grande disagio ai viaggiatori, soprattutto ad anziani e disabili –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;

   se siano state avviate le opportune iniziative di competenza ed interlocuzioni per accelerare l'entrata in servizio della nuova nave «Iginia» ed il ritorno in servizio della nave «Messina», in modo da porre fine allo stato di disagio cui sono costretti i passeggeri che attraversano in treno lo Stretto di Messina;

   quali iniziative si intendano intraprendere per assicurare che in futuro questi disagi non si ripetano;

   quali siano i tempi di consegna per la nuova nave in costruzione.
(4-11398)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   organi di stampa riportano la notizia di una grave aggressione avvenuta sabato 22 gennaio 2022 a Nocera Inferiore (Sa), in Via Garibaldi, dinnanzi a un noto locale della movida cittadina;

   in particolare, come riportato dalle cronache locali, la ricostruzione dei fatti vedrebbe coinvolti due ragazzi di diciotto anni che, in compagnia di alcuni amici per festeggiare il compleanno di una coetanea, sarebbero stati aggrediti da un gruppo di circa venti persone sopraggiunto in via Garibaldi;

   si riusciva a evitare il peggio solo grazie all'immediato intervento del titolare del prefato locale che allontanava gli aggressori;

   i ragazzi aggrediti, di poi, venivano trasportati dai sanitari del 118 all'ospedale «Umberto I» di Nocera Inferiore per le necessarie cure mediche;

   su quanto accaduto sarebbero in corso le indagini delle forze dell'ordine, che puntano a risalire all'identità degli autori dell'aggressione anche attraverso le telecamere presenti nella zona;

   il grave episodio di violenza sopra riportato impone la necessità di una tempestiva ed efficace risposta da parte di tutte le autorità competenti finalizzata a riconsegnare alla legalità il territorio in parola, anche mediante maggiori presidi e controlli, previo reclutamento di ulteriore personale addetto alla sicurezza dei cittadini, atteso che una parte importante delle forze dell'ordine – anziché al contrasto della criminalità – è impiegata per i controlli relativi al green pass;

   tale intervento avrebbe, non solo, una efficacia repressiva, ma anche e soprattutto un concreto risvolto dissuasivo e, al contempo, genererebbe una maggiore percezione di sicurezza nella cittadinanza;

   al di là degli epiloghi processuali e delle pene che verranno comminate agli autori per le ipotesi i delittuose in questione, occorre, sia con specifico riferimento alla fattispecie in parola che, in termini più generali, per i casi analoghi, intervenire, anche in via amministrativa, mediante l'applicazione di misure di prevenzione nei confronti di chi pone in essere condotte violente e selvagge del genere sopra esposte –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di garantire la massima sicurezza sia per i cittadini di Nocera Inferiore, sia del resto d'Italia; se non intenda adottare iniziative di competenza, anche di carattere normativo e con specifico riferimento alla possibilità di emettere misure di prevenzione personale per le condotte selvagge sopra citate; se non intenda potenziare i presidi delle forze dell'ordine nel predetto comune al fine di garantire l'incolumità dei cittadini.
(4-11393)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   organi di stampa riportano la notizia dell'esplosione di un ordigno rudimentale a Nocera Inferiore nei pressi di un negozio di abbigliamento;

   in particolare, come riportato dalle cronache locali, l'esplosione dell'ordigno si sarebbe verificata intorno alle 4 di mattina in via Canale a Nocera Inferiore a pochi passi dalla casa comunale;

   a essere preso di mira, questa volta, sarebbe stato un noto negozio di abbigliamento maschile, ma l'esplosione avrebbe interessato anche un negozio di abbigliamento per bambini situato accanto;

   sarebbero in seguito intervenuti i carabinieri del reparto territoriale di Nocera Inferiore e i vigili del fuoco; i militari dell'Arma avrebbero acquisito le immagini delle telecamere presenti nella zona;

   quanto accaduto non sarebbe un fatto isolato, infatti, le cronache locali, in particolar modo da inizio anno, hanno raccontato dell'accadimento di episodi simili che si sono verificati nella città di Nocera Inferiore;

   il ripetersi di tali atti di criminalità conferma un'emergenza sicurezza nel territorio;

   sussiste pertanto la necessità di una risposta tempestiva ed efficace da parte di tutte le autorità competenti, finalizzata a ripristinare la legalità nel territorio, anche mediante un potenziamento dei presidi delle forze dell'ordine;

   a parere dell'interrogante è altresì necessario un intervento di inasprimento delle pene per episodi simili e contemporaneamente una restrizione dei benefici carcerari nei confronti dei delinquenti recidivi;

   tali interventi avrebbero, non solo, una efficacia repressiva, ma anche un concreto risvolto dissuasivo e al contempo garantirebbe maggiore sicurezza della cittadinanza –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di garantire la massima sicurezza per i cittadini di Nocera Inferiore;

   quali strategie intenda mettere in campo al fine di evitare il ripetersi di episodi come quello in parola, che mortificano non solo Nocera Inferiore ma l'intera provincia di Salerno;

   se non intenda adottare iniziative, anche di carattere normativo, per contrastare la criminalità organizzata e se non intenda potenziare i presidi delle forze dell'ordine nel predetto comune e nell'Agro Nocerino-Sarnese in genere.
(4-11394)


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi si sono tenuti di fronte al Ministero della transizione ecologica dei presidi con degli atti dimostrativi non violenti da parte delle attiviste e degli attivisti di Extinction Rebellion Roma per attirare l'attenzione pubblica sulle politiche di contrasto alla crisi ecologica e climatica, sulla necessità di favorire la partecipazione della cittadinanza per fermare l'ecocidio in corso e sulle inadempienze di cui, secondo i manifestanti, sarebbe responsabile il Ministero della transizione ecologica;

   diversi attivisti di Extinction Rebellion Roma sono stati trattenuti in questura, alcuni di loro dopo essere stati prelevati da un Bed and Breakfast in zona Termini, a Roma;

   in quei giorni la sorveglianza da parte delle forze dell'ordine presso il B&B dove alloggiavano gli attivisti è stata così stretta e continua che appena qualcuno si allontanava dalla struttura, anche solo per andare a comprare del cibo, veniva sistematicamente fermato e trattenuto in questura per ore con l'evidente pretesto del fermo identificativo;

   secondo la ricostruzione degli esponenti di Extinction Rebellion, la polizia avrebbe fatto irruzione all'interno del B&B in cui riposavano alcune persone legate alla campagna Ultima Generazione, compresa una minorenne; gli stessi riferiscono che, dopo essere stati trattenuti all'interno della camera per più di due ore, sono stati condotti in questura, e due di loro sono stati addirittura ammanettati;

   ad alcuni giornalisti, che erano presenti al piano di sotto, sarebbe stato riferito che l'operazione fosse legata al Bed and Breakfast e al mancato rispetto di norme Covid;

   due degli ospiti del B&B che cercavano di esporre uno striscione e di parlare coi giornalisti, che nel frattempo erano stati informati di cosa stava accadendo, sono stati strattonati fin dentro casa da uno degli agenti in borghese;

   gli esponenti di Extinction Rebellion trattenuti in questura dalle forze dell'ordine avrebbero trascorso parecchie ore in attesa di ricevere i verbali, senza la possibilità di comunicare con l'esterno o di contattare un avvocato, denunciano di aver subito pressioni psicologiche continue;

   l'8 febbraio 2022 i manifestanti hanno dato vita ad un sit-in di sostegno e supporto a cinque persone che nel frattempo avevano deciso di iniziare uno sciopero della fame per ribadire la richiesta di incontrare il Ministro per la transizione ecologica, Cingolani;

   i Carabinieri hanno prelevato e condotto in caserma tutti i partecipanti, trattenendoli per quasi 8 ore e gli stessi sono stati denunciati per manifestazione non comunicata, anche se una sentenza della Corte Costituzionale stabilisce che una riunione pacifica, anche se non preventivamente comunicata, può essere sciolta solo se esistono elementi di pericolo per l'ordine e la sicurezza;

   lo sgombero dei manifestanti, seduti davanti la sede del Ministero della transizione ecologica avviene anche nei giorni successivi;

   a parere dell'interrogante vi è stato un inaudito e sproporzionato livello di repressione nei confronti degli attivisti e delle attiviste di Extinction Rebellion, i quali cercano di portare all'attenzione dell'opinione pubblica i gravi ed urgenti temi della crisi eco-climatica, anche presidiando il Ministero che, per competenza, dovrebbe affrontare tali tematiche e al quale viene imputata una preoccupante inazione –:

   se i Ministri interrogati non intendano adottare le iniziative di competenza per raccogliere ogni elemento utile a comprendere se negli episodi richiamati in premessa vi sia stata una reazione sproporzionata ed eccessiva nei confronti degli attivisti e delle attiviste di Extinction Rebellion.
(4-11397)

ISTRUZIONE

Interrogazioni a risposta scritta:


   BELOTTI. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa si apprende che un insegnante 51enne della provincia di Bari è stato arrestato su mandato della procura di Potenza, con l'accusa di violenza sessuale aggravata ed estorsione aggravata nei confronti di un minorenne che frequentava l'istituto nel quale l'uomo insegnava;

   la vicenda risale al 2016 quando il giovane aveva denunciato le presunte molestie subite dall'uomo con ricatti tramite messaggi via Whatsapp ed estorsione di denaro (3.600 euro) con la minaccia di divulgare foto e video a contenuto sessuale;

   le indagini dei carabinieri hanno permesso di individuare anche una seconda presunta vittima, un minore che, nello stesso periodo, frequentava lo stesso istituto, a cui il presunto molestatore avrebbe promesso l'incontro con un calciatore del Bari convincendolo così ad inviare foto in abbigliamento intimo;

   il giovane studente, dopo aver rivelato ai genitori la vicenda, presentò una denuncia ritirata dalla famiglia nel 2020 quando, dopo una transazione, costringendo gli inquirenti ad archiviare le accuse;

   a carico del docente risulterebbero altre due denunce, tra il 2006 e il 2009, quando insegnava all'istituto Pesenti a Bergamo e in una scuola superiore a Gazzaniga (BG);

   all'istituto Pesenti ben otto ragazzi tra i 15 e i 16 anni avevano riferito di comportamenti molesti del docente in laboratorio che toccava le loro parti intime. A seguito della denuncia del dirigente scolastico, il docente era stato condannato, con rito abbreviato, il 14 marzo 2013, a un anno e 4 mesi di reclusione;

   per i fatti di Gazzaniga del 2009, con al centro tre studenti di 15, 16 e 18 anni e modalità identiche, il docente, il 2 aprile 2013, quindi solo due settimane dopo la prima sentenza, era stato condannato a un anno e mezzo di reclusione;

   entrambe le sentenze sono state confermate in corte d'appello (e divenute definitive ad ottobre 2019) e, si noti bene, prevedevano l'interdizione perpetua da qualsiasi incarico nelle scuole di ogni ordine e grado e da ogni ufficio o servizio in strutture frequentate da minorenni;

   ciò nonostante il medesimo docente ha continuato a insegnare tra Puglia e Basilicata fino a giugno 2021 –:

   come i Ministri interrogati, per quanto di competenza, intendano spiegare la circostanza per cui ad un uomo interdetto dall'esercizio di qualsiasi incarico presso la scuola, a causa di accertate e ripetute molestie su minori, sia invece stata affidata una cattedra;

   se non si ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza per accertare le ragioni per cui in presenza di un reato di tale gravità, accertato in primo grado (due sentenze emesse dalla medesima procura a distanza di due settimane una dall'altra), non si sia proceduto a sospendere immediatamente il docente per evitare che potesse continuare a nuocere ai minori che incontrava;

   quali iniziative di competenza intendano adottare, anche normative, a maggior tutela degli studenti, al fine di assicurare che tali condizioni non possano ripetersi.
(4-11402)


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   in occasione del Giorno del ricordo, la commemorazione dei massacri delle foibe e dell'esodo dall'Istria, il Ministero dell'istruzione ha pubblicato una circolare in cui veniva fatto un parallelo esplicito tra il genocidio degli ebrei e le uccisioni lungo il confine orientale italiano, comparazione respinta dalla quasi totalità degli storici e dalla comunità ebraica;

   la circolare per le scuole era firmata dal capo dipartimento Stefano Versari e lo stesso Ministro interrogato ha dovuto ammettere e correggere l'errore, smentendo l'interpretazione del dirigente del Ministero, sottolineando come «ogni dramma ha la sua unicità, va ricordato nella sua specificità e non va confrontato con altri, con il rischio di generare altro dolore»;

   accostare la Shoah, sei milioni di ebrei indifesi eliminati in maniera scientifica, l'antisemitismo, compreso quello italiano, diventato ragione di Stato, con una vicenda storica molto più complessa come le Foibe, figlia di un conflitto in corso, dove anche le aggressioni del regime fascista ebbero delle loro responsabilità, è da considerarsi secondo l'interrogante aberrante e inaccettabile;

   come ha sostenuto l'Anpi, la Shoah ha una sua unicità per il coinvolgimento della popolazione tedesca nel suo complesso, fu uno sterminio pianificato su una popolazione inerme e senza colpa e il rischio è che venga banalizzata, accostandola ad altri fenomeni che, seppur tragici, sono il prodotto della guerra scatenata dai nazifascisti;

   a parere dell'interrogante si è trattato di un'operazione cinica e strumentale che nulla ha a che vedere con il rispetto del dolore e con la verità storica e se la circolare diffusa dal Ministero dell'istruzione è davvero sconcertante come conferma anche l'Unione delle comunità ebraiche e se davvero il Ministero dell'istruzione ha diffuso un paragone così storicamente inaccettabile, tanto da indurre lo stesso Ministro interrogato a smentirlo a seguito delle proteste, ad avviso dell'interrogante, stante le mancate dimissioni volontarie da parte del dirigente, il Ministro interrogato dovrebbe attivare le procedure previste dal Testo unico sul pubblico impiego in materia di responsabilità dirigenziale affinché lo stesso dirigente venga sollevato dall'incarico di capo dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione presso il Ministero dell'istruzione –:

   se il Ministro interrogato non intenda valutare l'opportunità di contestare, secondo il contratto nazionale di riferimento, al capo dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione presso il Ministero dell'istruzione, autore della circolare richiamata in premessa, il suo operato, valutando successivamente di adottare le iniziative di competenza, ai fini dell'attivazione delle procedure previste dal Testo unico sul pubblico impiego in materia di responsabilità dirigenziale, affinché lo stesso sia sollevato dall'attuale incarico.
(4-11403)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VILLAROSA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 145 del 2018, all'articolo 1, comma 258, dispone nell'ambito del Fondo per il reddito di cittadinanza di cui al comma 255, un importo pari a oltre 400 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020 destinato ai centri per l'impiego di cui all'articolo 18 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150, al fine del loro potenziamento. A decorrere dall'anno 2019, autorizzava le regioni ad assumere, con aumento della rispettiva dotazione organica, fino a complessive 4.000 unità di personale da destinare ai centri per l'impiego;

   con il decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, recante «Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni» ed, in particolare con l'articolo 12, comma 3, veniva adottato un piano straordinario di potenziamento dei centri per l'impiego e delle politiche attive del lavoro, poi successivamente approvato con il decreto ministeriale n. 74 del 2019;

   con il decreto ministeriale del 22 maggio 2020 venivano apportate delle «Modifiche al Piano straordinario di potenziamento dei centri per l'impiego e delle politiche attive del lavoro» che doveva portare entro la fine 2021 ad un incremento di 11.600 unità di personale nei centri dell'impiego;

   il Piano nazionale di ripresa e resilienza – M5C1 – prevede l'adozione, d'intesa con le regioni, del Programma nazionale per la garanzia occupabilità dei lavoratori (Gol), quale programma nazionale di presa in carico, erogazione di servizi specifici e progettazione professionale personalizzata;

   in data 16 dicembre 2021 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha pubblicato l'ultimo monitoraggio periodico sull'attuazione delle assunzioni di personale a tempo indeterminato previsto dal Piano su menzionato che riporta dati abbastanza preoccupanti a giudizio dell'interrogante;

   su 11.535 posti previsti dal piano potenziamento CPI risultano essere solo 1.458 i posti assegnati al 30 settembre 2021 e 2.333 le assunzioni previste entro dicembre 2021;

   risultano esserci ancora regioni con un numero di assunzioni per il 2021 pari a zero, come la Regione siciliana, la regione Molise, la regione Calabria e la regione Basilicata;

   il ruolo dei centri per l'impiego risulta essere strategico per le politiche attive del nostro Paese –:

   se intenda intraprendere urgenti iniziative, per quanto di competenza, in raccordo con le regioni, affinché siano attuate azioni urgenti per la realizzazione del suddetto piano con particolare attenzione alla situazione delle regioni ancora ferme «a zero».
(5-07545)

Interrogazione a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 22 dicembre 2021 è stata firmata la pre-intesa per l'Accordo collettivo nazionale dei medici Inps sottoscritto da alcune sigle sindacali e l'Istituto nazionale della previdenza sociale;

   tale accordo regola, sotto il profilo economico, giuridico e organizzativo, il rapporto tra l'Inps ed i medici convenzionati esterni, da instaurarsi mediante il conferimento di incarichi per lo svolgimento di attività libero-professionali in convenzione in materia di invalidità civile (articolo 130 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112) e di attività medico-legali in materia previdenziale e assistenziale di competenza dell'Inps;

   fino ad ora, si badi, il concorso per l'accesso alla convenzione non prevedeva limiti di età, né l'essere o meno in pensione per l'inserimento nella graduatoria utile per il conferimento degli incarichi;

   invece, con la soprarichiamata pre-intesa, all'articolo 15 (rubricato «cause di incompatibilità e inconferibilità»), al punto 2, viene ipotizzato che l'incarico è inconferibile, tra l'altro, al medico che, «sia titolare di trattamento di quiescenza, nel rispetto della normativa vigente»;

   con tale ipotesi si configurerebbe una situazione paradossale, per la quale i medici convenzionati attualmente in servizio, di cui la maggior parte in attività da più di 10 anni, se in quiescenza da altre attività (ospedale, medicina generale ed altro), non potrebbero più rinnovare il contratto di Convenzione, pur se la legge vigente non prevede tale impedimento, essendo liberi professionisti;

   dal confronto, svoltosi nel gruppo dei medici convenzionati interessati, sarebbero già emerse la contraddittorietà di tale ipotesi nella misura in cui comporterebbe, rispetto alla maggiore economicità attuale della gestione con i medici convenzionati «in quiescenza», un notevole, maggiore, aggravio di spesa che l'Inps dovrebbe sopportare, di fatto, una volta che la loro esclusione avvenisse;

   tale evenienza, inoltre, se confermata, determinerebbe anche la perdita di una esperienza professionale nella materia, maturata in tanti anni di attività, con un conseguente ed ulteriore aggravio per l'Inps, che dovrebbe affrontare anche la formazione dei nuovi medici selezionati; e tutto ciò senza voler rimarcare la carenza di medici disponibili ad accettare incarichi in convenzione con l'Inps alla luce delle sempre più numerose opportunità lavorative in altri enti ed aumentate esponenzialmente per la attuale emergenza sanitaria/pandemica;

   quanto previsto dalla pre-intesa discriminerebbe i medici in pensione ritenendoli non più idonei per le attività oggetto di conferimento, creando una contraddizione con le recenti misure attuate per contrastare il COVID-19 per cui anche i medici in pensione sono stati richiamati in servizio per prestare attività presso i pronto soccorso o in altre aree connesse all'emergenza;

   ed ancora, il recente accordo di convenzione tra l'Inps e i medici dell'Associazione nazionale mutilati e invalidi (Anmic) che completano la composizione delle commissioni di valutazione dell'invalidità, continua legittimamente a non prevedere incompatibilità per età o con la condizione di pensionato; appare, pertanto, evidente che, la pre-intesa sopra richiamata, oltre a comportare un probabile disservizio, sarebbe diseconomica e lesiva del diritto al lavoro sancito dalla Costituzione che non ammette, né prevede, deroghe ed eccezioni –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di tutelare il diritto al lavoro dei soggetti sopra richiamati; se non intenda adottare iniziative affinché siano elise le discriminazioni di cui sopra nei confronti dei medici già pensionati e le difficoltà che dovrebbe affrontare l'Inps qualora venisse recepito e non modificato l'accordo collettivo in parola.
(4-11399)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   VALLASCAS e LEDA VOLPI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi, alcuni organi di stampa hanno dato la notizia secondo la quale non sarebbe del tutto chiara la posizione in merito alla dichiarazione di assenza di conflitto di interesse (articolo 53, comma 14, del decreto legislativo n. 165 del 2001) di alcuni componenti del Comitato tecnico-scientifico istituito per predisporre e coordinare le misure di contrasto alla diffusione del COVID-19;

   in particolare, il 7 febbraio 2022, la testata giornalistica online «Byoblu» ha riferito della posizione del professor Franco Locatelli, dal 22 febbraio 2019, presidente del Consiglio superiore di sanità e, dal 17 marzo 2021, coordinatore del Comitato tecnico scientifico;

   l'estensore dell'articolo riferisce i dati di alcune inchieste giornalistiche, antecedenti alla pandemia di COVID-19, come quella pubblicata da «IlSicilia.it», nel gennaio del 2019, che «ha diffuso una serie di documenti che includono cifre versate a Big Pharma a esponenti attivi nel settore sanitario. In questi documenti spicca anche il nome di Franco Locatelli, che avrebbe avuto rapporti con la multinazionale svizzera Novartis»;

   a seguito della citata inchiesta, il Codacons, nel presentare un esposto all'Autorità Anticorruzione, pubblica un elenco dove «sono riportati medici italiani che hanno ricevuto finanziamenti dalla aziende operanti nel settore farmaceutico. Si tratta di 32.623 tra medici, fondazioni e ospedali che hanno complessivamente percepito in Italia 163.664.432,70 euro nel periodo compreso tra il 2015 e il 2017»;

   l'estensore dell'articolo per «Byoblu» precisa che «Bisogna specificare che i trasferimenti di queste cifre non costituiscono di per sé reato, ma se finiscono nei conti di personaggi che esercitano influenza sulle decisioni politiche, soprattutto in ambito sanitario, le domande risultano spontanee e più che lecite. Tuttavia, l'arrivo della pandemia e la monopolizzazione mediatica dell'argomento hanno presto fatto finire lo scandalo nel dimenticatoio. E questo in un momento in cui sarebbe servita un'attenzione molto più scrupolosa»;

   per quanto riguarda il professor Locatelli, secondo quanto riferisce il giornalista «Il problema cruciale riguarda proprio la mancata trasparenza nella comunicazione dei conflitti d'interesse. Si tratta di documenti non aggiornati e praticamente introvabili», se non fosse stato per il giornalista Maurizio Bolognetti che «ha portato avanti una lunga ricerca prima di trovare la dichiarazione pubblica di assenza di conflitto di interessi dei membri del CTS. Si tratta di documenti che dovrebbero essere di dominio pubblico e consultabili da chiunque in un sistema democratico sano»;

   nella dichiarazione di Locatelli risulterebbero alcune collaborazioni con aziende farmaceutiche, «due incarichi risultano ancora ricoperti all'epoca della compilazione (della dichiarazione), datata 23 settembre 2020. Mentre non vi è traccia di alcuna dichiarazione più recente; un'anomalia da non sottovalutare, visti gli incarichi occupati da Locatelli»;

   secondo l'inchiesta, dal 2016 al 2020, Locatelli avrebbe incassato 23.877,70 euro tra consulenze, eventi e viaggi, organizzati da Big Pharma. Oltre a Pfizer, emergono migliaia di euro versati anche dal colosso farmaceutico svizzero Novartis [...] Nonostante non abbia sviluppato un vaccino anti-Covid, Novartis ha stipulato più contratti con Pfizer-BioNTech per la produzione di milioni di dosi del preparato nei laboratori del colosso svizzero;

   da quanto esposto emergerebbe una situazione controversa che andrebbe chiarita visto il ruolo ricoperto dal coordinatore del Comitato tecnico scientifico anche nella campagna vaccinale per contrastare la diffusione del COVID-19 –:

   se non ritenga opportuno, per quanto di competenza, assumere iniziative volte a fare chiarezza in merito ai rapporti professionali avuti, o tuttora in essere, dai componenti del comitato tecnico scientifico con aziende del settore farmaceutico e se non ritenga opportuno rendere pubbliche le loro dichiarazioni aggiornate di cui all'articolo 53, comma 14, del decreto legislativo n. 165 del 2001.
(3-02765)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VILLAROSA. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   l'ordinanza del Ministero della salute del 9 gennaio 2022 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 6 del 10 gennaio 2022 dispone, al comma 2 dell'articolo 1: «2. Per il medesimo periodo stabilito al comma 1, agli studenti di scuola primaria, secondaria di primo grado e di secondo grado è consentito l'accesso ai mezzi di trasporto scolastico dedicato e il loro utilizzo, in deroga a quanto previsto dall'articolo 9-quater, comma 1, del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52 come modificato dall'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 229, fermo restando l'obbligo di indossare i dispositivi di protezione delle vie respiratorie di tipo FFP2 ed il rispetto delle linee guida per il trasporto scolastico dedicato di cui all'allegato 16 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 2 marzo 2021»;

   il Ministero della salute, con la sua ordinanza, ha chiarito quindi che il trasporto scolastico dedicato non è equiparato a trasporto pubblico locale rispetto all'uso delle Certificazioni verdi Covid-19 ed è accessibile fino al 10 febbraio 2022 agli studenti anche sopra i 12 anni, con solo obbligo di mascherina Ffp2 e quindi senza Green pass;

   le attuali mascherine Ffp2 sono state concepite e testate popolazione adulta come conferma anche il direttore generale dell'Ente italiano di normazione Uni, Ruggero Lensi, il quale ha dichiarato durante un'intervista che: «Le maschere filtranti Ffp2 sono state immesse nel mercato dell'Unione europea come dispositivi di protezione delle vie respiratorie per i lavoratori. Quindi non esistono Ffp2 certificate per bambini. I minori non sono stati considerati nella norma perché non sono lavoratori e alcuni parametri sono adatti solo agli adulti. Esistono Ffp2 di taglia piccola, ma non possono essere considerate valide per i bambini»;

   anche il segretario nazionale di FederFarma, Dr. Roberto Tobia in data 10 gennaio 2022, ha confermato durante un servizio del programma «Striscia la notizia» come non esistano oggi delle mascherine Ffp2 certificate per bambini;

   il Ministro Bianchi durante la trasmissione «Che Tempo che fa» del 16 gennaio 2022 ha dichiarato inoltre che: «rispetto ai ragazzi il Governo ha fatto una scelta, quella di calmierare il prezzo delle mascherine» riferendosi chiaramente alle classiche mascherine Ffp2 –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e se intenda chiarire quali studi o analisi siano stati utilizzati per le normative che hanno previsto l'obbligo delle mascherine Ffp2 ai bambini con età superiore ai 6 anni che utilizzano il trasporto pubblico e/o scolastico.
(5-07543)


   VILLAROSA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   come da atto aziendale l'Asp di Messina, assicura l'assistenza ospedaliera seguendo la classificazione prevista dal decreto ministeriale n. 70 del 2015 approvata con decreto regionale n. 22 dell'11 gennaio 2019, in applicazione del piano di riorganizzazione della rete ospedaliera attraverso questi presidi ospedalieri: «S. Salvatore» di Mistretta (PS Zona Disagiata), «Generale» di S. Agata Militello (Presidio di Base), «Barone Romeo» di Patti (Presidio di Base), «Cutroni Zodda» di Barcellona PG (Presidio di Base), «Generale» di Milazzo (DEA I), «Civile» di Lipari (PS Zona Disagiata) e il «S. Vincenzo» di Taormina (DEA I);

   come si apprende da fonti giornalistiche sono diverse, numerose e soprattutto croniche le carenze di figure mediche specialistiche che compromettono la normale funzionalità di tutti i presidi ospedalieri dell'Asp di Messina:

   in data 8 novembre 2021 relativamente alle carenze di figure specialistiche del presidio ospedaliero di S. Agata di Militello si apprende dalla Gazzetta del Sud: «Cardiologia senza medici, ormai è emergenza.»;

   in data 19 novembre 2021 relativamente alle carenze del presidio ospedaliero di Patti: «Il 20 ottobre scorso (...) il comitato “Aretè”, che “lotta” per la tutela dell'ospedale “Barone Romeo” di Patti, aveva segnalato all'assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza, la carenza di medici anestesisti, evidenziando una “emergenza senza precedenti nella storia della città e di tutto il comprensorio”»;

   in data 16 novembre 2021 relativamente alle carenze del presidio ospedaliero di Lipari si apprende che «Da quasi una settimana all'ospedale di Lipari c'è un solo chirurgo, a causa dell'assenza per malattia degli altri due e di un terzo che non è più in servizio e non è stato sostituito. Ma non soltanto, mancano anche due biologi e i tecnici e il laboratorio analisi è rimasto scoperto più giorni. In servizio vi sono solamente due medici e un tecnico»;

   in data 17 novembre 2021 relativamente alle carenze del presidio ospedaliero di Milazzo si apprende dalla Gazzetta del Sud: «In particolare l'attenzione è rivolta alla carenza di anestesisti, con una vera e propria fuga dall'Asp di Messina di almeno 12 professionisti che hanno lasciato a mani vuote l'ospedale di Milazzo, ma anche gli altri cinque presidi della fascia tirrenica, mortificando così tutte le già precarie e ridotte attività connesse alla loro presenza.»

   in data 16 novembre 2021, relativamente alle carenze del presidio ospedaliero di Barcellona, ad oggi Covid Hospital, si apprende dalla Gazzetta del Sud: «L'attività operatoria è effettuata esclusivamente grazie alla disponibilità dei pochi anestesisti del “Cutroni Zodda” ad effettuare turni aggiuntivi per far ripartire l'assistenza sanitaria pubblica», è bene sottolineare come all'interno del presidio siano ad oggi solo quattro gli anestesisti attivi;

   in data 15 ottobre 2021, relativamente alle carenze del presidio ospedaliero di Mistretta si apprende che: «L'ospedale di Mistretta è stato ridotto ai minimi termini, senza alcuna garanzia per i cittadini dell'Hinterland Nebroideo. Gravissime sono le carenze di personale medico che non consentono di garantire a quei cittadini il Diritto alla Salute»;

   a seguito di queste importanti e diffuse carenze segnalate per la sola l'Asp di Messina, ma in generale per tutta la regione siciliana, i cittadini della regione sono costretti ad attendere, rinviare o effettuare a pagamento prestazioni sanitarie fondamentali che, a maggior ragione in un periodo come quello attuale, devono essere equamente garantite in tutto il territorio nazionale –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e se intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, in raccordo con la regione siciliana, affinché si possa colmare, nel più breve tempo possibile, la carenza di personale sanitario nelle strutture sopra citate e possano essere garantiti i livelli essenziali di assistenza.
(5-07546)


   VILLAROSA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'atrofia muscolare spinale (Sma) è la principale causa genetica di morte infantile. Se non trattata, la Sma di tipo 1 porta alla morte o alla necessità di ventilazione permanente all'età di due anni in oltre il 90 per cento dei casi;

   la Sma è una malattia neuromuscolare genetica rara, causata dalla mancanza di un gene SMN1 funzionale, con conseguente perdita rapida e irreversibile dei motoneuroni, che influisce sulle funzioni muscolari, tra cui la respirazione, la deglutizione e il movimento di base;

   in particolare, nella Sma di tipo 1, la degenerazione dei motoneuroni inizia prima della nascita e si intensifica rapidamente. La perdita dei motoneuroni non può essere invertita, quindi i pazienti con Sma con sintomi al momento del trattamento richiederanno probabilmente alcune cure respiratorie, nutrizionali e/o muscolo-scheletriche di supporto per massimizzare le capacità funzionali;

   ad oggi, Zolgensma (onasemnogene abeparvovec), prodotto dall'azienda Novartis, è l'unica terapia genica per l'atrofia muscolare spinale (Sma) e l'unico trattamento Sma progettato per affrontare direttamente la causa genetica alla radice della malattia, sostituendo la funzione del gene Smn mancante o non funzionante per arrestare la progressione della malattia attraverso espressione della proteina Smn sostenuta con una singola infusione endovenosa una tantum;

   Zolgensma è stato approvato negli Stati Uniti a maggio 2019 dall'agenzia statunitense Food and Drug Administration (Fda);

   il 19 maggio 2020 la Commissione europea ha concesso a tutti i 27 Stati membri dell'Unione europea, oltre ad Islanda, Norvegia, Liechtenstein e Regno Unito l'approvazione condizionale per Zolgensma, fino a 21 chili di peso, parametro massimo in cui è assicurata l'efficacia stessa del farmaco;

   l'Aifa, con determina n. 126266/2020 approvata il 12 novembre 2020, aveva inizialmente previsto l'inserimento del medicinale Zolgensma nell'elenco dei medicinali erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale ai sensi della legge 23 dicembre 1996, n. 648, per il trattamento solo entro i primi sei mesi di vita di pazienti con diagnosi genetica;

   successivamente, il 9 marzo 2021, il consiglio di amministrazione di Aifa ha approvato la rimborsabilità della terapia genica Zolgensma a carico del Ssn per tutti i bambini affetti da Smal sotto i 13,5 chilogrammi di peso e un accordo con l'azienda Novartis che includeva l'impegno della società a mettere a disposizione il farmaco a titolo gratuito all'interno di studi clinici per i bambini con un peso compreso tra i 13,5 e i 21 chilogrammi, allo scopo di acquisire su questi pazienti, in un setting controllato, dati ulteriori di efficacia e sicurezza;

   in numerosi Stati europei sono stati approvati programmi di accesso anticipato sempre fino ai 21 chilogrammi e nessuno ne ha «limitato» l'accesso come in Italia;

   per alcuni di loro, come Luca o Melissa, però, l'accordo con l'azienda potrebbe essere raggiunto troppo tardi, visto che, alcuni hanno già oggi un peso intorno ai 18 chilogrammi e rischiano così di non poter usufruire di un farmaco vitale, per cui sono state attivate delle raccolte fondi spontanee per acquistare privatamente e direttamente il farmaco e recarsi in Germania per la somministrazione –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, affinché sia accellerata la definizione e l'attuazione del protocollo di autorizzazione con l'azienda, con particolare riferimento ai bambini con peso corporeo fino a 21 chilogrammi.
(5-07556)


   BOLDI, PANIZZUT, DE MARTINI, FOSCOLO, LAZZARINI, PAOLIN, SUTTO, TIRAMANI e ZANELLA. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   una recente pronuncia giurisdizionale è intervenuta su un tema di assoluto rilievo per l'odontoiatria pubblica, più volte segnalato dalle rappresentanze degli odontoiatri e da numerose iniziative parlamentari, tra cui la proposta di legge n. 2025, a prima firma dell'interrogante, assegnata alla XII Commissione;

   la questione riguarda i requisiti necessari per l'accesso degli odontoiatri ai ruoli dirigenziali del Servizio sanitario nazionale e alle funzioni di specialista ambulatoriale;

   ormai, da molti anni a questa parte, sulla base di una rigida interpretazione delle norme di riferimento, le suddette posizioni sono infatti rimaste accessibili ai soli odontoiatri in possesso di un diploma di specializzazione ulteriore rispetto alla – già di per sé specialistica – laurea in odontoiatria e protesi dentaria;

   come segnalato in precedenti interrogazioni (tra le altre, l'interrogazione n. 5-02606), tale impostazione ha, di fatto, precluso alla stragrande maggioranza degli odontoiatri la possibilità di prendere parte ai concorsi per l'accesso ai ruoli dirigenziali del Ssn e/o alle graduatorie della specialista ambulatoriale. Circa il 90 per cento degli odontoiatri, infatti, non è in possesso di un ulteriore titolo di specializzazione e ciò non solo in quanto, come detto, la laurea in odontoiatria e protesi dentaria integra già di per sé una specializzazione, ma anche per le criticità strutturali del sistema, avuto riguardo al numero estremamente limitato delle specialità esistenti per l'odontoiatria e al fatto che le relative scuole, per lungo tempo, non sono state nemmeno attivate nelle sedi universitarie;

   nel quadro sopradescritto – come si diceva – è intervenuta una recente pronuncia giurisdizionale, resa dal tribunale di Sassari, sezione lavoro, con ordinanza nel ricorso r.g. n. 1491/2021;

   la decisione ha accolto il ricorso proposto da un odontoiatra escluso dalla graduatoria della specialistica ambulatoriale, a cagione del mancato possesso dell'ulteriore specializzazione, sulla base della seguente motivazione: «non si comprende di quale specializzazione i laureati in Odontoiatria e protesi dentaria dovrebbero essere in possesso per rispettare il dettato normativo, dal momento che la specializzazione nella disciplina, per i predetti laureati è insita nel diploma di laurea»;

   la stessa pronuncia ha chiarito che i laureati in odontoiatria e protesi dentaria «possono conseguire bensì delle ulteriori specializzazioni, non però nella disciplina (Odontoiatria), quanto piuttosto nell'area dell'Odontoiatria. È ovvio, quindi – conclude l'ordinanza – che il possesso di una di queste specializzazioni non integra, e non può integrare, il requisito richiesto dalla determinazione impugnata, anche perché, nel voler seguire la tesi di quest'ultima, i laureati in Odontoiatria e protesi dentaria dovrebbero essere sempre e comunque esclusi da tali graduatorie, il che è palesemente insostenibile»;

   a fronte di tale significativo precedente, che si auspica possa finalmente aprile le porte del Servizio sanitario nazionale agli odontoiatri, appare indispensabile un intervento sul piano normativo, volto a riportare la dovuta chiarezza su una questione che assume vitale importanza per la sopravvivenza dell'odontoiatria pubblica;

   il requisito dell'ulteriore specializzazione, infatti, sta impedendo il fisiologico ricambio generazionale degli odontoiatri che operano nel Ssn. Si rischia, dunque, di compromettere il già delicato equilibrio sul quale si regge il sistema dell'odontoiatrica pubblica e di non consentire nemmeno l'erogazione delle prestazioni minime previste dai Livelli essenziali di assistenza, prestazioni che, peraltro, andrebbero implementate essendo molto limitate per numero e destinate solo a particolari tipologie di pazienti –:

   se non intenda adottare iniziative di competenza volte a salvaguardare l'odontoiatria pubblica e a chiarire espressamente sul piano normativo che il possesso dell'ulteriore specializzazione non deve costituire un requisito indispensabile ai fini dell'accesso degli odontoiatri ai ruoli della dirigenza del Ssn e alle funzioni di specialista ambulatoriale.
(5-07558)

Interrogazione a risposta scritta:


   SARLI, EHM, SURIANO, BENEDETTI, SAPIA e MASSIMO ENRICO BARONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   un articolo di La Repubblica del 5 febbraio 2022 scrive che i dati pubblicati Istat offrono una lettura diversa per i circa 165 mila decessi in più rispetto alla media del periodo 2015-2019. Nel 2020 sono morte 100 mila persone in più del previsto (il 15,5 per cento), nel 2021 quasi 65 mila (circa il 10 per cento);

   il Sistema nazionale di sorveglianza della mortalità giornaliera (Sismg) è attivo dal 2004. Il sistema consente di monitorare, in tempo reale, il numero di decessi giornalieri nella popolazione e di segnalare eccessi di mortalità al fine di attivare in tempi brevi interventi di risposta all'emergenza;

   il Sismg include 34 città (capoluoghi di regione e città con oltre 250,000 abitanti; l'Ufficio Anagrafe dei comuni trasmette giornalmente, al Dipartimento di epidemiologia Ssr Lazio Asl RM1, dati anonimi relativi alle denunce di decesso entro 24-72 ore dalla registrazione del decesso con informazioni anagrafiche (genere, data di nascita) e dati relativi al decesso (luogo del decesso, morte avvenuta per causa naturale/causa violenta);

   il Report dell'osservatorio Gimbe 1/2021, sull'«Impatto della pandemia COVID-19 sull'erogazione di prestazioni sanitarie» del luglio 2021 evidenzia che, in Italia, durante il 2020, sono decedute 746.146 persone, con un +15,6 per cento rispetto alla media dei cinque anni precedenti. In termini assoluti, considerando solo il periodo marzo-dicembre 2020 (da quando hanno iniziato, cioè, a registrarsi decessi attribuibili al COVID-19), l'eccesso di mortalità è stato di 108.178 decessi, di cui 75.891 (70 per cento) positivi al COVID-19. Nei mesi pre-pandemia (gennaio e febbraio 2020), invece, la mortalità è stata inferiore rispetto alla media dei cinque anni precedenti;

   in Italia, l'eccesso di mortalità verificatosi nel 2020 è stato in gran parte attribuibile direttamente alla malattia COVID-19 (70 per cento circa). Il restante 30 per cento è legato in parte a patologie non COVID-19, riportando l'attenzione sul peso dei danni indiretti dell'epidemia nel nostro Paese –:

   quale sia l'entità dei decessi in Italia per patologia non COVID-19 e quale da attribuire direttamente alla patologia da COVID-19;

   se non valuti che i dati riferiti ai decessi avvenuti negli anni 2020, 2021 e causati direttamente dalla patologia legata dal COVID-19, siano stati rilevati da Sismg in modo erroneo;

   se eventuali discrepanze di rilevamento delle cause dei decessi avvenuti negli anni 2020, 2021 abbiano inciso sulle decisioni in merito alle misure di prevenzione per la pandemia e sull'adozione delle certificazioni verdi COVID-19.
(4-11400)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VILLAROSA e SODANO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la «Commerciale Gicap Spa», da oltre 60 anni, era una storica azienda messinese di proprietà della famiglia Capone che operava, con oltre 700 dipendenti, tra la regione siciliana e la regione Calabria;

   l'azienda, nel marzo 2019, ha vissuto un'importante crisi aziendale, conclusasi con l'affitto biennale, preordinato alla futura vendita, nel rispetto delle norme della legge fallimentare, del ramo d'azienda costituito da oltre 42 negozi, per poi arrivare al 15 maggio 2019 con la presentazione dell'istanza di concordato preventivo presso il tribunale di Messina;

   in data 27 maggio 2019, presso il Ministero dello sviluppo economico, si è tenuto un tavolo di crisi in cui hanno partecipato la struttura per le crisi di impresa del Ministero, la regione siciliana, i rappresentanti della Commerciale Gicap S.p.a. e della società Like Sicilia S.r.l. ed i vari rappresentati sindacali;

   durante l'incontro, sono state illustrate dalla società le ragioni della crisi societaria che hanno portato, a partire da marzo del 2019, inoltre, gli istituti di credito a non concedere più crediti all'azienda;

   la società, come si evince dal verbale della riunione su citata, aveva inoltre presentato istanza di ammissione ad apposito ammortizzatore sociale al Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

   ad ottobre 2020, la Fisascat denunciava come l'azienda subentrata alla gestione precedente, ovvero Like Sicilia srl, «non ha rilanciato i punti vendita ma, anzi, ha messo i lavoratori in cassa integrazione per crisi Covid-19 riducendo così di fatto anche le loro retribuzioni mensili. Una situazione anomala nel commercio alimentare perché, mentre gli altri gruppi hanno avuto un aumento di fatturato, loro continuano a dichiarare una perdita a causa anche dell'impossibilità di investire per l'incertezza legata alle decisioni del tribunale. A pagarne le spese, però, sono solo i lavoratori che comunque continuano a dare il massimo sul posto di lavoro in una situazione di grave disagio e rischio personale perché sempre esposti alla possibilità di contagi»;

   nella prima settimana di giugno 2021 Giselda Campolo, segretaria generale della Filcams Cgil di Messina, e Francesco Rubino, segretario generale della Uil tucs di Messina, a seguito dell'avvicinarsi della conclusione del biennio d'affitto del ramo d'azienda, definiscono la prossima e possibile nuova vertenza della società come un «emergenza pubblica», con oltre 400 famiglie che non conoscono ancora quale possa essere la loro sorte dal 18 giugno 2021, in quanto, come si evince da fonti di stampa, la società GiCap Spa, ha inviato una disdetta del contratto di affitto alla Like Sicilia Srl, attuale conduttore della rete di vendita, non rinnovando l'intesa con la stessa società;

   da fonti di stampa si apprende inoltre come «la stessa GiCap ha di recente depositato in tribunale una ulteriore richiesta di rinvio agli organi della procedura fallimentare, con in aggiunta la proposta della Ergon Srl per il cambio d'affitto dei punti vendita, precedentemente affittati alla Like Sicilia spa»; si tratta di una proposta che pare possa generare numerosi esuberi tra i lavoratori –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e quali iniziative intenda intraprendere per la salvaguardia dei lavoratori e dell'azienda e se intenda inoltre verificare la qualità, la quantità e la congruità degli «aiuti» ricevuti dalle aziende coinvolte durante la pandemia.
(5-07552)

TRANSIZIONE ECOLOGICA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VILLAROSA. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare dell'11 maggio 2018, n. 172 è stata rilasciata l'autorizzazione integrata ambientale per l'esercizio della Raffineria di Milazzo;

   in sede endoprocedimentale erano state acquisite le prescrizioni previste dagli articoli 216 e 217 del T.u.l.s. espresse dai sindaci competenti sulla base di approfondite istruttorie tecniche sanitarie. Tali prescrizioni, tuttavia, non erano state poi recepite nel decreto di autorizzazione finale che ne risulta così carente;

   constatando l'evidente pericolo che il mancato recepimento delle prescrizioni sanitarie avrebbe potuto comportare per la salute dei cittadini della zona, le amministrazioni di sette comuni hanno presentato al T.a.r. Sicilia – Sez. Catania il ricorso R.G. n. 1371/2018 per contestare l'assenza nell'autorizzazione su menzionata delle prescrizioni sanitarie e di diversi limiti emissivi;

   nella relazione tecnica del verificatore richiesta dal T.a.r., nel giudizio in questione, viene accertata l'assenza di diversi limiti emissivi su alcuni camini;

   in data 30 novembre 2020 è stato avviato un procedimento di riesame parziale dell'autorizzazione su menzionata per la verifica dell'adeguatezza del quadro prescrittivo inerente alle emissioni in atmosfera e per l'eventuale modifica o integrazione dei relativi valori limite di emissione;

   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare aveva richiesto ed ottenuto nell'ambito del procedimento al T.a.r., un rinvio dell'udienza al 4 novembre 2021, in considerazione proprio dell'avvio del procedimento di riesame parziale già menzionato che probabilmente non si concluderà comunque entro tale data;

   nel frattempo, la popolazione della zona continua ad essere esposta ad inaccettabili rischi sanitari per l'assenza di limiti adeguati e per il mancato recepimento delle prescrizioni sanitarie;

   l'ultimo rapporto Sentieri, pubblicato nel 2019, evidenzia come nell'area di Milazzo si riscontri un eccesso di malformazioni congenite particolarmente alto (+79 per cento), il più grave tra quelli riscontrati negli altri Sin italiani inoltre, come evidenziato in altri studi epidemiologici sono significativi gli eccessi di patologie verosimilmente connesse all'inquinamento in tutto l'hinterland;

   la situazione risulta aggravata dai frequenti disservizi e/o incidenti alla Raffineria di Milazzo, come quelli già segnalati in altri atti di sindacato ispettivo;

   a parere dell'interrogante risulta quindi opportuno che venga acclarata al più presto la possibile legittimità del mancato recepimento delle prescrizioni sanitarie di cui sopra –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare le iniziative di competenza affinché non sia chiesto un ulteriore rinvio dell'udienza del 4 novembre 2021 nel procedimento indicato in premessa, di modo che la controversia vada in decisione;

   se ritenga opportuno adottare iniziative normative per permettere, anche a tutti gli enti locali interessati dalle emissioni degli impianti industriali, la partecipazione alle varie procedure autorizzative ministeriali, con possibilità di esprimere prescrizioni sanitarie, come già previsto per gli enti sul cui territorio sono ubicati gli impianti.
(5-07548)


   VILLAROSA e SARLI. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare dell'11 maggio 2018, n. 172 è stata rilasciata l'Autorizzazione integrata ambientale per l'impianto della Raffineria di Milazzo situato nei comuni di Milazzo e San Filippo del Mela;

   tra le varie sostanze emesse dagli impianti industriali si trova il biossido di zolfo (SO2) che contribuisce all'inquinamento atmosferico; il decreto legislativo n. 155 del 2010 ne stabilisce i valori limite, il livello critico e la soglia di allarme per la concentrazione nell'aria;

   nelle giornate del 6-7 e del 24 agosto 2021 si sono verificate delle emissioni di fumi dagli impianti della Raffineria di Milazzo che hanno allarmato tutta la popolazione dell'hinterland messinese pervia della presenza di nubi giallastre e odori nauseabondi;

   le cause di queste emissioni pare siano dovute, come comunicato direttamente dall'azienda nell'incontro del 27 agosto 2021 tenutosi presso la prefettura di Messina, «all'attivazione dei sistemi di sicurezza a causa di due blocchi registrati su componenti diverse dell'impianto produttivo»;

   il prefetto, durante l'incontro, aveva inoltre sottolineato l'esigenza di avviare iniziative di monitoraggio e controllo utili a fornire ogni più ampia rassicurazione alla popolazione sui possibili rischi derivanti dalla presenza di industrie a rischio di incidente rilevante;

   negli ultimi anni sono diversi gli incidenti avvenuti alla Raffineria di Milazzo, come i malfunzionamenti elettrici che hanno causato copiose fumate nere a settembre 2018 ed a febbraio 2019;

   il grave incendio di un serbatoio nel settembre 2014 (di cui si è trattato nell'interrogazione a risposta scritta n. 4-09967 del 23 luglio 2015) e la perdita di prodotto idrocarburico da un altro serbatoio nel marzo 2018;

   nella relazione redatta da Arpa Sicilia, viene riportato il superamento del limite orario per la SO2 nella centralina della vicina Barcellona Pozzo di Gotto; alle ore 18 veniva registrata la media oraria di 969 μg/m3 (vs 350 μg/m3 del limite di legge). Secondo tale relazione vi è una «buona compatibilità» tra le emissioni causate dal disservizio ed il picco registrato, a riprova del fatto che l'impatto ambientale dei grossi impianti industriali spesso non si limita ai comuni sul cui territorio è ubicato l'impianto, ma ne coinvolge anche altri;

   alcune emissioni, come quelle degli idrocarburi non metanici (Nmhc) che appartengono alla classe dei composti organici volatili (Cov), generano inoltre un importante impatto odorigeno sulla popolazione ma anche se rilevate dalle centraline dell'Arpa non risultano però essere più adeguatamente normate in quanto presentavano dei limiti poi aboliti dal decreto legislativo n. 155 del 2010;

   sussistono evidenze scientifiche che correlano l'esposizione a Cov emessi da industrie petrolifere (rappresentati in prevalenza da Nmhc) a un'elevata incidenza di malformazioni congenite, per le quali, proprio nella zona di Milazzo, si registra un eccesso del 79 per cento, il più grave a livello nazionale –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti di cui in premessa;

   quali iniziative abbiano assunto o intendano assumere, per quanto di competenza, per verificare se i fenomeni di cui in premessa abbiano generato un impatto pericoloso per l'ambiente circostante e per prevenire il ripetersi dei frequenti disservizi sopra indicati limitandone l'impatto, considerate anche le gravi conseguenze sul piano della salute;

   se intendano adottare iniziative normative per recepire i valori soglia sulla qualità dell'aria raccomandati dall'Oms e per colmare il vuoto normativo sugli idrocarburi non metanici.
(5-07549)


   VILLAROSA. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   l'Etna, con i suoi 3350 metri di altitudine e 35 chilometri di diametro alla base, è il vulcano ad attività persistente più grande d'Europa;

   si definiscono ad attività persistente quei vulcani che danno eruzioni continue o separate da brevi periodi di riposo, dell'ordine di mesi o di pochissimi anni. Sono vulcani che eruttano frequentemente e che, per le condizioni di attività a condotto aperto, presentano una pericolosità ridotta ed a breve termine;

   negli anni l'Etna, ma anche lo Stromboli, alternano attività effusive ed esplosive, con colate di lava e depositi piroclastici, che hanno portato alla stratificazione di prodotti vulcanici;

   dal risveglio dell'Etna, avvenuto il 16 febbraio 2021, si contano già 16 episodi parossistici con intense e prolungate attività e numerose emissioni di nubi eruttive che hanno creato grossi disagi ai cittadini dei comuni colpiti;

   come si apprende dalla stampa (https://www.lasicilia.it): «La cenere dell'Etna: sta diventando un problema molto grosso. Anche stavolta dal cielo è piovuta una grande massa di sabbia, lapilli e pulviscolo vario che ha travolto i paesi della fascia meridionale del vulcano: da Trecastagni a Pedara fino a Belpasso, Misterbianco e naturalmente Catania. Ma l'areale di distribuzione della pioggia di cenere, rilevato dall'istituto nazionale di geofisica e vulcanologia – Osservatorio Etneo, sarebbe assai più ampio: sono giunte alla sede di piazza Roma segnalazioni di ricaduta di cenere da Carlentini e da Augusta»;

   in uno studio del dipartimento di ingegneria civile ed architettura dell'università di Catania, finanziato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, chiamato progetto Reucet, «Recupero e utilizzo delle ceneri vulcaniche etnee» si evince come le ceneri prodotte durante un'eruzione vulcanica siano ancora oggi considerate come «rifiuto che spesso è gestito in deroga alla normativa vigente»;

   come evidenziato anche dal professor Paolo Roccaro, responsabile scientifico del progetto, «l'uso delle ceneri vulcaniche in sostituzione di materiali naturali consentirebbe di ridurre il consumo di risorse naturali e di evitare lo smaltimento della cenere come rifiuto, promuovendo la transizione verso un'economia circolare... Ad oggi, le ceneri vulcaniche etnee vengono classificate come rifiuto da conferire in discarica o negli impianti di recupero di inerti con notevole risparmio. Costi che si aggiungono a quelli della raccolta con l'impiego di risorse pubbliche per sostenere le amministrazioni locali» –:

   se il Ministro interrogato fosse a conoscenza della problematica di cui in premessa e se non si ritenga necessario, nell'ottica della transizione ecologica che il nostro Paese vuole perseguire, adottare iniziative per valutare una corretta classificazione delle ceneri vulcaniche prodotte durante le numerose eruzioni avvenute negli ultimi anni e soprattutto se intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, volte a sviluppare o incentivare filiere sostenibili nel recupero delle ceneri vulcaniche in modo tale che siano utilizzate nei vari settori produttivi industriali, favorendo in tal modo anche una riduzione dei costi per la raccolta e lo smaltimento che gli enti locali interessati dalla problematica devono sostenere.
(5-07557)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CORDA, CABRAS, APRILE e VALLASCAS. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   tra i comuni di Scano di Montiferro (OR) e Sindia (NU) è in progetto la realizzazione di un imponente impianto eolico che dovrebbe avere una potenza di 336.000 KW, con un sistema di accumulo da 49.000 KW;

   il parco eolico andrebbe ad insediarsi su di un'area boscata di notevole interesse naturalistico e turistico per i territori coinvolti in quanto ricadente in una zona già interessata da un importante disegno di pianificazione locale, il «Parco archeo-ambientale del Riu Mannu», riguardante i comuni di Scano di Montiferro, Tresnuraghes e Sennariolo, finanziato nell'ambito della «Programmazione Territoriale – Progetto di Sviluppo Territoriale (PST) – PT CRP 33 – La sapienza del villaggio: Crescita e sviluppo nel Montiferru, Alto Campidano e Planargia», per un importo di 1.450.000 euro;

   l'impianto eolico, stante l'elevato impatto ambientale delle installazioni, pregiudicherebbe in maniera irrimediabile l'ambiente, il paesaggio e il futuro progetto di parco archeo-ambientale;

   tra il 23 e il 30 luglio 2021, una parte consistente dell'agro scanese, dove si vorrebbero posizionare le pale, è stata toccata dall'incendio del Montiferru. A tal proposito, la legge n. 353 del 2000, all'articolo 10, comma 1, richiamata nella legislazione della regione autonoma della Sardegna, prevede che le aree percorse da roghi, non possono avere una destinazione diversa da quella preesistente all'incendio per almeno quindici anni e sugli stessi soprassuoli è vietata la realizzazione di edifici nonché di strutture e infrastrutture finalizzate a insediamenti civili e attività produttive;

   il decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, in attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, prevede che le regioni indichino al Governo quali siano le aree idonee per l'installazione di impianti eolici. La regione Sardegna non ha provveduto ad eseguire gli adempimenti di comunicazione;

   il Piano energetico ambientale regionale risulta essere obsoleto e inattuale, pertanto sarebbe opportuno instaurare un dialogo con i rappresentanti degli enti locali e territoriali per individuare le predette aree idonee le quali, secondo quanto disposto dal suddetto decreto, devono essere già pregiudicate da una precedente attività industriale e non devono essere aree di prevalente interesse naturalistico;

   la recente modifica degli articoli 9 e 41 della Costituzione, ha elevato la difesa dell'ambiente a principio costituzionale fondamentale da tutelare quale valore primario ed assoluto che va salvaguardato nella sua interezza e non suscettibile di essere subordinato ad altri interessi –:

   se sia stata avviata presso il Ministero della transizione ecologica, per quanto di competenza una procedura circa la realizzazione del suddetto impianto eolico;

   se non ritenga che la realizzazione del suddetto impianto eolico possa pregiudicare il diritto alla tutela dell'ambiente sancito in Costituzione.
(4-11401)


   CIRIELLI. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   una delle missioni principali del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) è dedicata al processo di rivoluzione verde e transizione ecologica, volto alla riduzione dei rifiuti;

   nonostante gli impegni recenti e del passato, l'Italia ha subito numerose procedure di infrazione per il mancato adeguamento alle direttive europee in materia di raccolta e smaltimento rifiuti, con gravissime conseguenze per i cittadini sia economiche, in termini di spesa pubblica, sia igienico-sanitarie per la presenza di vere e proprie discariche abusive;

   è recente la notizia che otto mila tonnellate di rifiuti urbani esportati illecitamente in Tunisia – secondo le accuse del Governo tunisino – faranno rientro in Italia a seguito di un accordo raggiunto tra il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, e l'ambasciatore della Tunisia in Italia, Moez Sinaoui;

   secondo il Governo tunisino, la società campana S.r.a. s.r.l. avrebbe esportato illegalmente nel territorio nordafricano rifiuti domestici italiani, dichiarandoli rifiuti plastici «non pericolosi», violando la legislazione tunisina e le convenzioni internazionali;

   la vicenda ha dato origine ad una questione internazionale durata due anni, in cui ancora risulterebbero incertezze su quanto accaduto, sulla veridicità delle accuse e su responsabilità non solo della S.r.a. s.r.l. ma anche dell'amministrazione regionale per le autorizzazioni concesse;

   la materia delle spedizioni transfrontaliere di rifiuti è disciplinata dal regolamento (CE) n. 1013/2006 che detta le regole che l'esportatore deve seguire anche in caso di spedizione in Stati extraeuropei;

   la S.r.a. s.r.l. aveva ottenuto dalla regione Campania l'autorizzazione ad una spedizione transfrontaliera di rifiuti non urbani, speciali derivanti dal proprio impianto di trattamento, con partenza da Salerno e destinazione presso l'impianto della società Soreplast di Sousse in Tunisia;

   a fronte dell'imposizione del Governo tunisino, la regione Campania avrebbe intimato alla S.r.a. s.r.l. il rimpatrio urgente dei rifiuti;

   sembrerebbe che i rifiuti giungeranno al porto di Salerno il 22 febbraio 2022 e saranno condotti nell'area dell'Esercito nel comune di Serre;

   tale decisione assunta dalla regione Campania, che per l'interrogante risulta inaudita altera parte, senza interpellare il sindaco del comune, ha sollevato numerose polemiche, non potendosi ammettere lo stoccaggio di migliaia di tonnellate di rifiuti in un'area protetta, la Piana del Sele, che, già in passato, ha dovuto fronteggiare il grave problema dei rifiuti a causa di una forte concentrazione di discariche anche abusive;

   la vicenda descritta, oltre a stupire per le scelte del Governatore De Luca che, secondo l'interrogante, pur di salvaguardare i rapporti politici ed economici con la Tunisia, ha deciso di stoccare sul proprio territorio otto mila tonnellate di rifiuti a discapito della salute dei cittadini, mortifica la provincia di Salerno e costituisce l'ennesimo episodio che dimostra l'incapacità dell'amministrazione regionale nel controllare e monitorare adeguatamente le procedure di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti, contribuendo ad aggravare la posizione dell'Italia già più volte condannata dall'Europa per non essersi adeguata alle norme in materia –:

   se intenda adottare urgenti iniziative, per quanto di competenza, al fine di acquisire elementi circa i controlli che siano stati effettuati dalla regione Campania in relazione all'autorizzazione di cui in premessa e al rispetto delle norme vigenti e se, anche al fine di evitare ulteriori procedure di infrazione nei confronti dell'Italia, intenda acquisire elementi per chiarire se l'area scelta nel comune di Serre sia idonea e rispetti le norme in materia di deposito di rifiuti in modo tale da garantire l'assenza di rischi igienico-sanitari per i cittadini.
(4-11404)

TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   LOMBARDO e MURONI. — Al Ministro del turismo, al Ministro per le politiche giovanili. — Per sapere – premesso che:

   l'Associazione italiana alberghi per la gioventù (Aig) è un ente storico e patrimonio del Paese; a seguito del decreto del Presidente della Repubblica 1o giugno 1948, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro per gli affari esteri, l'associazione è ente morale ed è stata riconosciuta quale ente assistenziale a carattere nazionale con decreto del Ministro dell'interno 6 novembre 1959, n. 10.18404/12000°40;

   l'Associazione ha la finalità di agevolare la promozione della cultura italiana, dei siti paesaggistici, culturali e dei siti riconosciuti patrimonio dell'Unesco, anche attraverso la rete della International Youth Hostel Federation, di cui l'Italia è Paese membro qualificato;

   il Governo, a più riprese, ha confermato di essere a conoscenza della situazione in cui versa l'Aig: il Ministro del turismo, rispondendo a diversi atti di sindacato ispettivo ha ribadito che intende «individuare ogni ulteriore soluzione utile a livello normativo, che consenta di affrontare la difficile situazione in cui versa l'Associazione, tutelarne il patrimonio e il livello occupazionale, per evitarne la chiusura definitiva e salvaguardarne le descritte attività che, per il settore del turismo, assumono particolare rilievo»; il Ministro delle politiche giovanili, rispondendo all'interrogazione n. 4-09793, ha sottolineato di aver espresso parere favorevole alle norme presentate con una riformulazione tesa a un maggiore coinvolgimento del Dipartimento per le politiche giovanili e il Servizio civile universale; analoghe risposte sono state date dal Governo, intervenendo alla Camera, ad altri atti di sindacato ispettivo (interpellanza n. 2-01285) del primo firmatario del presente atto; la Camera ha poi approvato l'ordine del giorno 9/2305/99;

   le forze politiche del Parlamento hanno a più riprese presentato emendamenti che non hanno tuttavia trovato spazio in sede di conversione dei decreti-legge, nonostante i pareri favorevoli del Ministro del turismo e delle politiche giovanili;

   il perdurare della situazione rischia di compromettere, irrimediabilmente, il patrimonio materiale e immateriale: la grave crisi economica che ha colpito l'Italia a causa del Covid-19 rende necessario adottare misure e strumenti di sostegno al turismo –:

   quali chiarimenti il Governo, per quanto di competenza, intenda fornire sui fatti esposti in premessa e quali iniziative urgenti intenda adottare per tutelare il marchio storico, il patrimonio mobiliare e immobiliare, i servizi di utilità sociale dell'Ente e il livello occupazionale.
(4-11396)

UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   CAON. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   a seguito del miglioramento delle condizioni sanitarie, dovuto alla campagna vaccinale di contrasto al COVID-19, il decreto-legge n. 111 del 2021, recante misure per l'esercizio in sicurezza delle attività scolastiche e universitarie, stabilisce che le attività delle università e delle istituzioni Afam siano svolte «prioritariamente» in presenza;

   l'articolo 9-ter del decreto-legge n. 52 del 2021, introdotto dal citato decreto-legge n. 111 sull'impiego delle certificazioni verdi COVID-19 in ambito scolastico e universitario, prevede inoltre che dal 1° settembre 2021, sino al termine di cessazione dello stato di emergenza, il personale universitario e gli studenti universitari debbano esibire la certificazione verde;

   la nota del Ministero dell'università e della ricerca del 31 agosto 2021 raccomanda che nelle università sia garantita «la più ampia partecipazione in presenza degli studenti alle attività didattiche e curriculari anche tenendo conto delle condizioni strutturali-logistiche degli edifici»;

   la circolare dell'8 ottobre 2021 del direttore generale delle Istituzioni della formazione superiore, invita ad adottare tutte le iniziative necessarie affinché le attività didattiche e curriculari siano svolte prioritariamente in presenza, al fine di garantire agli studenti universitari, nello svolgimento dell'anno accademico, il più ampio «ritorno alla normalità» in condizioni di massima sicurezza; numerosi studi documentano i danni provocati agli studenti, dall'inizio della pandemia, dalla didattica a distanza (Dad). Nelle università e negli Afam si fa ricerca e formazione di alto livello, la Dad è una forma impoverita di formazione ed incide negativamente sulla ricerca e sulla formazione e di conseguenza sulla capacità degli studenti di entrare nei rispettivi settori lavorativi. Il rischio pertanto non è solo di natura sanitaria o formativa ma anche economica;

   gli effetti negativi della Dad sono particolarmente rilevanti nelle discipline che richiedono l'uso di specifici laboratori o attività tecniche pratiche;

   grazie alla consultazione dei siti web e dei protocolli adottati sono stati rilevati casi in cui università e istituzioni Afam, hanno fatto utilizzo della Dad, in misura che appare ridondante. Ciò ha penalizzato e tuttora penalizza gli studenti universitari e risulta incoerente con le direttive ministeriali;

   il fenomeno è di particolare rilievo nelle istituzioni private accreditate, università e Afam che hanno tasse di iscrizione importanti, giustificate dall'alta qualità della didattica, dei tirocini e della laboratoristica, sovente esercitate con dotazioni che gli studenti non possono avere o sono difficili da utilizzare a distanza;

   pur nel rispetto dell'autonomia delle istituzioni universitarie, il Governo ha sempre dettato disposizioni in modo da assicurarne il funzionamento uniforme;

   con il decreto-legge n. 262 del 2006, convertito dalla legge 24 novembre 2006, n. 286 è stata istituita l'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur) il cui scopo è quello di valutare la qualità di università ed enti di ricerca –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno avviare una verifica per comprendere con quali modalità le università e le Afam abbiano dato corso alle norme e alle circolari indicate in premessa, in tale ambito aprendo un confronto con le associazioni studentesche sulle problematiche applicative e sugli effetti che sono derivati sulla formazione;

   se non ritenga di avviare, tramite l'Anvur, una indagine specifica volta a valutare gli effetti di una eventuale ingiustificata applicazione della Dad sulla qualità della didattica, con particolare riferimento ai corsi ove è presente una forte componente di tirocini e laboratori;

   se non ritenga opportuno, ove si rilevino carenze didattiche tali da interferire sulla formazione degli studenti e sulla loro capacità professionale futura, adottare specifiche iniziative di competenza con riferimento alle università e alle Istituzioni di Alta formazione artistica, musicale e coreutica (Afam) che ingiustificatamente abbiano ridotto la didattica in presenza, nonché a prevedere forme di compensazione, anche economiche, in favore degli studenti danneggiati.
(3-02766)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Benamati e altri n. 1-00582, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 febbraio 2022, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato De Luca.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Gava n. 5-04378, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 luglio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Potenti.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Gemmato n. 5-07506, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 febbraio 2022, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cassinelli.

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Meloni n. 1-00581, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 636 dell'11 febbraio 2022.

   La Camera,

   premesso che:

    la materia delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico ricreative, previste dal comma 1 dell'articolo 1 del decreto-legge 5 ottobre 1993 n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, originariamente regolata esclusivamente dal codice della navigazione, è stata oggetto di numerosi interventi normativi e giurisprudenziali soprattutto in seguito all'approvazione, nel dicembre del 2006 da parte del Consiglio e del Parlamento europeo, della direttiva 2006/123/CE, volta alla creazione di un libero mercato dei servizi in ambito europeo;

    tali interventi si sono intrecciati – e talvolta ne sono stati la conseguenza diretta – con la normativa, la giurisprudenza e le procedure di contenzioso registrate in sede europea, relative essenzialmente ai profili della durata e del rinnovo automatico delle concessioni, previsti dall'articolo 10 della legge 16 marzo 2001, n. 88, e alla liceità della clausola di preferenza per il concessionario uscente, ovvero il cosiddetto diritto di insistenza, previsto dall'articolo 37, comma 2, del codice della navigazione, poi abrogato nel 2009;

    la direttiva 2006/123/CE, nota come direttiva Bolkestein, è stata recepita in Italia con il decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, ma soltanto in seguito alla procedura di infrazione comunitaria n. 2008/4908 e alla lettera di messa in mora complementare 2010/2734 del 5 maggio 2010 della Commissione europea, lo Stato italiano è intervenuto sulla materia delle concessioni demaniali marittime proprio per quanto riguarda il diritto di insistenza e la durata e la procedura di rinnovo delle concessioni, abrogando il diritto di prelazione ex articolo 37 del codice della navigazione prima e il regime di rinnovo automatico previsto dalla cosiddetta legge Baldini poi;

    il recepimento della direttiva Bolkestein da parte dell'Italia si è da subito presentato come molto complesso, perché il sistema consolidato, su cui gli imprenditori del settore avevano fatto affidamento, si basava su questi due elementi fondamentali: la durata base di sei anni delle concessioni, con proroghe automatiche consecutive, e il diritto di insistenza, ovvero, a parità di condizioni, la preferenza riconosciuta al concessionario uscente in caso di nuovo affidamento;

    per questo motivo l'Italia ha adottato un nuovo assetto normativo solo a seguito dell'avvio delle iniziative europee di cui sopra, senza affrontare, tuttavia, il riordino complessivo della materia: il Governo pro tempore ha adottato una serie di provvedimenti di proroga: con l'articolo 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, ha prorogato la durata delle concessioni in essere al 30 dicembre 2009 sino al 31 dicembre 2015, e, successivamente, con l'articolo 34-duodecies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, ha prorogato le stesse sino al 31 dicembre 2020;

    in seguito, la legge di bilancio per il 2019, legge 30 dicembre 2018, n. 145, ha disposto, per le concessioni demaniali in essere alla sua approvazione, una proroga di quindici anni a decorrere dalla data di entrata in vigore della stessa legge, quindi fino al 31 dicembre 2033, e l'esclusione del commercio al dettaglio su aree pubbliche dal perimetro di applicazione della direttiva, nel tentativo di sostenere anche il comparto del commercio ambulante, egualmente danneggiato dalle nuove norme europee;

    la norma – pur prorogando, nella sostanza, la durata delle concessioni in essere – non utilizzava in alcuna sua parte il termine «proroga», limitandosi ad individuare una nuova durata delle concessioni stesse, ed emergeva dal contenuto programmatico della stessa come tale proroga transitoria sarebbe stata l'ultima, in quanto prodromica al riassetto definitivo della materia;

    detto periodo transitorio si prospettava necessario per individuare le modalità idonee ad accogliere gli indirizzi comunitari nel rispetto delle esigenze e delle singole specificità e peculiarità interne, provvedendo «ad una ricognizione e mappatura del litorale e del demanio costiero-marittimo», nonché all'individuazione di criteri per una gestione delle imprese operanti sul demanio marittimo valorizzandone la più proficua utilizzazione, ma allo stesso tempo tutelando gli investimenti già effettuati dai concessionari, in buona fede, in ragione del legittimo affidamento degli stessi sul rinnovo della concessione e delle tempistiche di ammortamento connesse, elaborando procedure di gara che tenessero conto di questi tipi di affidamenti e adottando processi idonei ad evitare il degrado o l'abbassamento del livello quantitativo e qualitativo dei servizi offerti e degli investimenti privati;

    sulla base della certezza fornita dalla nuova normativa, molti imprenditori del settore hanno acquistato le subconcessioni e fatto notevoli investimenti;

    il decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, cosiddetto decreto rilancio, corroborando la normativa nazionale, e in particolare la legge n. 145 del 2018, ha previsto una sospensione dei procedimenti amministrativi volti alla nuova assegnazione delle concessioni demaniali marittime o alla riacquisizione al patrimonio pubblico delle aree demaniali, impedendo l'avvio delle aste prima del 1° gennaio 2034;

    tuttavia, in sede di applicazione, la legge n. 145 del 2018 è stata messa in discussione sia da alcune amministrazioni comunali sia da alcune sentenze, che ritenendola contrastante con la direttiva comunitaria, la hanno disapplicata, facendo rivivere la scadenza al 2020;

    soprattutto i comuni sono intervenuti in modo non univoco, alcuni concedendo la proroga fino al 31 dicembre 2033, altri disapplicando la norma nazionale e quindi non riconoscendo la proroga, in casi sporadici addirittura avviando le gare, altri ancora con proroghe limitate nel tempo in attesa del riordino della materia, altri, infine, hanno lasciato inevase le istanze dei concessionari;

    in data 3 dicembre 2020 la Commissione europea ha indirizzato al Governo la lettera di costituzione in mora 2020/4118 7826 final, ex articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in merito al rilascio di autorizzazioni relative all'uso del demanio marittimo per il turismo balneare e i servizi ricreativi;

    nella lettera la Commissione europea ha ribadito che «Gli Stati membri sono tenuti a garantire che le autorizzazioni, il cui numero è limitato per via della scarsità delle risorse naturali (ad esempio le spiagge), siano rilasciate per un periodo limitato e mediante una procedura di selezione aperta, pubblica e basata su criteri non discriminatori, trasparenti e oggettivi», e ha affermato che «il quadro giuridico nazionale che prevede la reiterata proroga della durata delle concessioni balneari compromette gravemente la certezza del diritto a danno di tutti gli operatori in Italia, compresi gli attuali concessionari, che non possono contare sulla validità delle loro concessioni esistenti. A causa dell'illegalità del quadro normativo italiano, le concessioni prorogate dalla legislazione italiana sono impugnabili e soggette ad annullamento da parte dei tribunali italiani. Le autorità locali hanno il dovere di rifiutarsi di rinnovare le concessioni in linea con l'obbligo, che incombe a tutte le autorità nazionali, di adoperarsi al massimo per dare attuazione al diritto dell'UE e conformarsi alle sentenze della CGUE. Questa situazione di incertezza giuridica e rischio di contenzioso, che è stata protratta per molto tempo dalle autorità italiane, costituisce una minaccia reale per gli attuali concessionari nello svolgimento delle loro attività e ha gravi implicazioni, portando ad un aumento del contenzioso e del malcontento nelle comunità locali. La reiterata proroga della durata delle concessioni balneari prevista dalla legislazione italiana scoraggia inoltre gli investimenti in un settore chiave per l'economia italiana»;

    nel quadro sin qui delineato si inseriscono le sentenze n. 17 e n. 18 del 9 novembre 2021, con le quali il Consiglio di Stato in Adunanza plenaria ha stabilito che la disciplina nazionale che prevede le proroghe delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative, inclusa la moratoria pandemica disposta dal decreto rilancio, «sono in contrasto con il diritto eurounitario, segnatamente con l'articolo 49 TFUE e con l'articolo 12 della direttiva 2006/123/CE. Tali norme, pertanto, non devono essere applicate né dai giudici né dalla pubblica amministrazione»;

    le sentenze hanno quindi disposto che le concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative già in essere continueranno ad essere valide solo fino al 31 dicembre 2023, «fermo restando che, oltre tale data, anche in assenza di una disciplina legislativa, esse cesseranno di produrre effetti, nonostante qualsiasi eventuale ulteriore proroga legislativa che dovesse nel frattempo intervenire, la quale andrebbe considerata senza effetto perché in contrasto con le norme dell'ordinamento dell'Unione europea»;

    inoltre, il Consiglio di Stato ha chiarito che «ancorché siano intervenuti atti di proroga rilasciati dalla Pubblica amministrazione (e anche nei casi in cui tali siano stati rilasciati in seguito a un giudicato favorevole o abbiamo comunque formato oggetto di un giudicato favorevole) deve escludersi la sussistenza di un diritto alla prosecuzione del rapporto in capo gli attuali concessionari»;

    e, altresì, nell'auspicio che il legislatore intervenga a riordinare la materia in conformità ai principi di derivazione europea, le concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative già in essere continuano ad essere efficaci sino al 31 dicembre 2023, fermo restando che, oltre tale data, anche in assenza di una disciplina legislativa, esse cesseranno di produrre effetti, nonostante qualsiasi eventuale ulteriore proroga legislativa che dovesse nel frattempo intervenire, la quale andrebbe considerata senza effetto perché in contrasto con le norme dell'ordinamento;

    le sentenze, ancora una volta, pur asserendo che la ragione della proroga al 2023 concessa dal supremo organo della giustizia amministrativa risieda nella finalità di «evitare il significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata e generalizzata di tutte le concessioni in essere, di tener conto dei tempi tecnici perché le amministrazioni predispongano le procedure di gara richieste», non hanno tenuto in considerazione le ragioni che vorrebbero tali concessioni non rientranti nel campo di applicazione della direttiva Bolkestein, e rispetto alle quali, altre Nazioni europee come la Spagna e il Portogallo hanno disposto proroghe lunghissime senza incorrere in alcuna sanzione da parte della Commissione europea;

    condizione imprescindibile di applicabilità della direttiva Bolkestein è prevista nel suo articolo 12 che stabilisce: «qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un'adeguata pubblicità dell'avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento [...]»; la scarsità di risorsa non è mai stata verificata, ma il disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021 ha previsto, all'articolo 2, una delega al Governo per provvedere alla mappatura dei beni pubblici e dei relativi rapporti concessori;

    il turismo balneare italiano rappresenta un unicum nel panorama europeo e mondiale, soprattutto grazie agli investimenti sostenuti negli anni dai concessionari e la decisione del Consiglio di Stato rischia di danneggiare in modo gravissimo migliaia di imprese che su tutto il territorio nazionale gestiscono da sempre stabilimenti balneari, porti turistici, alberghi e altri pubblici esercizi, che si troverebbero di fatto espropriate e che non riusciranno verosimilmente a fronteggiare gli appetiti di grandi investitori stranieri, con il conseguente devastante esito in termini di impatto sociale che ne deriverebbe;

    un intervento di taglio lineare di questa portata non può che comportare il rischio di fallimento per quelle migliaia di imprenditori che hanno creduto in una norma dello Stato, nonché il rischio connesso e conseguente di abbandono e degrado del patrimonio più prezioso che si ha, le nostre coste;

    altra categoria messa in grande difficoltà dalle previsioni della direttiva Bolkestein, in forza di un'interpretazione estensiva del citato articolo 12 della direttiva, è quella relativa le concessioni per l'esercizio delle attività di commercio ambulante su aree pubbliche;

    l'Italia è l'unico Stato membro dell'Unione europea ad aver applicato la direttiva Bolkestein al commercio ambulante oltre alla Spagna, la quale ha tuttavia istituito un regime transitorio a tutela delle imprese già presenti della durata di settantacinque anni;

    lo stesso Parlamento europeo, con la risoluzione n. 2010/2109 (INI), ha preso atto della forte preoccupazione espressa dai venditori ambulanti in relazione all'ipotesi che la direttiva Bolkestein possa essere applicata negli Stati membri estendendo il concetto di «risorsa naturale» anche al suolo pubblico, producendo limitazioni temporali alle concessioni per l'esercizio del commercio su aree pubbliche che sarebbero gravemente dannose per l'occupazione, la libertà di scelta dei consumatori e l'esistenza stessa dei tradizionali mercati rionali;

    in merito, è di recente intervenuto il tribunale amministrativo del Lazio, che, con la sentenza n. 539 del 2022, pubblicata il 18 gennaio 2022, ha respinto il ricorso presentato dagli operatori del commercio ambulante di Roma contro la decisione dell'ex sindaco di mettere a gara le licenze scadute di occupazione del suolo pubblico con attività commerciale, nonostante una norma nazionale a fronte dell'emergenza pandemica avesse prorogato le licenze fino al 2032, differendo a quella data anche l'applicazione della direttiva europea al settore;

    nello stabilire che la direttiva Bolkestein vale anche per le concessioni dei mercati ambulanti, che vanno riassegnate tramite gare pubbliche, il Tar si è richiamato ai principi stabiliti dalla recente sentenza del Consiglio di Stato, relativa proprio alle concessioni demaniali con finalità turistico ricreative e si è espresso, quindi, in senso contrario anche alla legge n. 145 del 2018 che, oltre ad aver disposto la proroga al 2033 delle concessioni di spiaggia poi annullata dal Consiglio di Stato, aveva anche del tutto escluso le concessioni degli ambulanti dall'applicazione della direttiva europea Bolkestein sulla liberalizzazione dei servizi;

    secondo il tribunale amministrativo laziale, che ha respinto il ricorso della titolare di una concessione per il commercio sulle aree pubbliche, «è indiscutibile che i posteggi per l'esercizio del commercio nel Comune di Roma Capitale siano un bene limitato, considerato anche il ristretto carattere territoriale del Comune concedente, l'attuale assenza di concorrenzialità del settore e l'elevata attrattività che rivestono per gli operatori di tali attività, specie nel contesto caratterizzato da profili di unicità e assoluta particolarità quale è quello di Roma»;

    anche la professione di guida turistica, una delle più antiche professioni riconosciute in Italia, con il recepimento della direttiva «servizi» 2006/123/CE è stata erroneamente considerata un servizio a libera prestazione su tutto il territorio nazionale;

    nel considerando 33 della direttiva, infatti, sono disciplinati i servizi turistici dei «tour guides», che sono quelli offerti dagli «accompagnatori turistici», addetti alla supervisione e all'organizzazione del viaggio. Questo termine è stato erroneamente tradotto come «guide turistiche», e ciò ha creato confusione tra due professioni, che sebbene in Italia siano entrambe regolamentate, risultano tuttavia ben distinte: l'accompagnatore e la guida turistica;

    la guida turistica, intesa come «persona che guida i visitatori nella loro lingua ed interpreta il patrimonio culturale e naturale di un'area per la quale si possiede una qualifica specifica, riconosciuta e certificata dall'autorità preposta», esula pertanto dal campo dei servizi organizzativi, rientrando a tutti gli effetti nell'ambito di applicazione della direttiva 2005/36/CE sulle qualifiche professionali;

    nel considerando 31 della direttiva servizi, è chiaramente affermato che la direttiva 2006/123/CE riguarda questioni diverse da quelle relative alle qualifiche professionali e per quanto concerne la libera prestazione di servizi quanto stabilito nella direttiva 2005/36/CE resta impregiudicato;

    nella stessa relazione della Commissione europea al Consiglio e al Parlamento europeo sull'applicazione della direttiva 92/51/CEE conformemente all'articolo 18 della direttiva 92/51/CEE, si sostiene la delimitazione dei campi di attività delle due professioni: accompagnatori e guide turistiche, al fine di non creare confusione nell'esercizio di tali professioni in regime di libera circolazione;

    la direttiva europea, nell'ottica di favorire la libera circolazione delle guide turistiche, ha di fatto consentito a soggetti che esercitano l'attività in altri Stati membri di operare in Italia senza una specifica abilitazione, quest'ultima non prevista in molti Paesi dell'Unione europea, con una conseguente dequalificazione della professione, che ha poi contribuito alla nascita di fenomeni di abusivismo nel settore;

    la professione di guida turistica è essenziale per la valorizzazione delle specificità territoriali ed in base al decreto del Presidente della Repubblica del 13 dicembre 1995 (atto di indirizzo e coordinamento in materia di guide turistiche), le guide sono gli unici professionisti specializzati per illustrare correttamente ai visitatori il patrimonio culturale italiano, migliorando la sua divulgazione e contribuendo così alla sua valorizzazione e tutela,

impegna il Governo:

1) ad adoperarsi in sede europea al fine di sostenere l'inapplicabilità della direttiva 2006/123 al settore delle concessioni demaniali marittime, fluviali e lacuali per finalità turistico-ricreative, poiché trattasi di concessioni di beni e non di servizi, rilevando altresì che ex articolo 195 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in materia di turismo, l'Unione europea può limitarsi soltanto ad una politica di accompagnamento e richiedendo un trattamento equo e non discriminatorio rispetto ad altri Stati europei come Spagna e Portogallo, che hanno prorogato le concessioni senza alcuna contestazione da parte dell'Unione europea;

2) ad assumere altresì, nel più breve tempo possibile, le necessarie iniziative normative finalizzate alla tutela degli operatori del comparto;

3) ad individuare tutte le opportune soluzioni, anche di carattere normativo, volte a disporre l'esclusione definitiva dal campo di applicazione della cosiddetta direttiva servizi delle concessioni demaniali marittime, fluviali e lacuali per finalità turistico-ricreative;

4) nelle more, ad assumere tutte le iniziative necessarie, anche di carattere normativo e nella forma più urgente possibile, per garantire la pedissequa e automatica applicazione, in tutti i comuni italiani, della proroga di cui all'articolo 1, commi 682, 683 e 684 della legge 30 dicembre 2018, n. 145;

5) ad adottare ogni iniziativa di competenza, a fronte delle richiamate sentenze n. 17 e n. 18 del 2021 del Consiglio di Stato, anche mediante la costituzione in tutti i giudizi pendenti presso la Corte costituzionale, compresi quelli di impugnazione, in modo da assicurare la stabilità e lo sviluppo del settore il quale non può essere altrimenti garantito da continue interpretazioni giurisprudenziali o di dottrina che comportano pesanti incertezze per gli operatori nonché per gli enti territoriali;

6) ad assumere ogni iniziativa di competenza volta a riconoscere il legittimo affidamento degli attuali concessionari che hanno sviluppato la propria attività d'impresa e i propri investimenti, contando su certezze normative, anche attraverso l'adozione di iniziative normative volte a riformare i parametri di preferenzialità e la disciplina relativa alla devoluzione delle opere non amovibili attualmente previsti dal codice della navigazione;

7) ad adottare iniziative volte a tutelare il comparto del commercio su aree pubbliche, garantendo il legittimo affidamento dei suoi operatori, nel rispetto delle disposizioni in materia di cui alla legge 30 dicembre 2018, e delle successive linee guida del Ministero che hanno definito i criteri per il rinnovo «condizionato» e non automatico delle concessioni, in conformità, dunque, con la normativa europea, salvaguardando le procedure già avviate nei comuni d'Italia che hanno ottemperato al rinnovo delle concessioni secondo le condizioni e i requisiti richiesti dalle suddette linee guida ministeriali recepite a livello regionale, garantendo a tal fine i principi di pubblicità e trasparenza e salvaguardando i livelli occupazionali di questa categoria del commercio su strada, già messa a dura prova dalla pandemia;

8) ad assumere ogni iniziativa di competenza per escludere le guide turistiche dall'ambito di applicazione della direttiva 2006/123/CE, a salvaguardia dell'interesse prevalente alla tutela del patrimonio artistico-culturale della Nazione e delle competenze professionali che vi operano.
(1-00581) (Nuova formulazione) «Meloni, Lollobrigida, Rampelli, Zucconi, De Toma, Albano, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rizzetto, Rotelli, Giovanni Russo, Rachele Silvestri, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Vinci».

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Vallascas n. 1-00590, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 639 del 16 febbraio 2022.

   La Camera,

   premesso che:

    le sentenze n. 17 e n. 18 del 9 novembre 2021, con le quali il Consiglio di Stato si è pronunciato sulle questioni della proroga delle concessioni balneari per finalità turistico-ricreative – rimesse all'Adunanza plenaria con decreto del Presidente del Consiglio di Stato del 24 maggio 2021 n. 160 – hanno riproposto con urgenza la questione irrisolta del recepimento nel nostro Paese della direttiva europea 2006/123/CE, meglio nota come «Direttiva Bolkestein»;

    le sentenze ribadiscono «il principio secondo cui il diritto dell'Unione impone che il rilascio o il rinnovo delle concessioni demaniali marittime (o lacuali o fluviali) avvenga all'esito di una procedura di evidenza pubblica, con conseguente incompatibilità della disciplina nazionale che prevede la proroga automatica ex lege fino al 31 dicembre 2033 delle concessioni in essere. Tale incompatibilità sussiste sia rispetto all'articolo 49 TFUE, sia rispetto all'articolo 12 della cosiddetta direttiva servizi»;

    sono pertanto considerate prive di efficacia le proroghe statuite dall'articolo 1, commi 682 e 683, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, (proroga di 15 anni), nonché quelle intervenute con la moratoria introdotta, in correlazione con l'emergenza epidemiologica da Covid-19, dall'articolo 182, comma 2, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77;

    in base alle sentenze, i titoli di concessione non sarebbero stati più validi da subito, ma il Consiglio di Stato ha considerato accettabile salvaguardarne l'efficacia fino al 31 dicembre 2023 «al fine di evitare il significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata e generalizzata di tutte le concessioni, nonché di tener conto dei tempi tecnici perché le amministrazioni predispongano le procedure di gara richieste e nell'auspicio che il legislatore intervenga a riordinare la materia in conformità ai principi di derivazione europea»;

    ne consegue che dal 1° gennaio 2024 tutte le concessioni demaniali in essere dovranno considerarsi prive di effetto, indipendentemente dal fatto che vi sia o meno un soggetto subentrante nella concessione, e questo anche qualora il legislatore intervenisse con un'ulteriore proroga in quanto tale norma dovrebbe essere disapplicata perché, come detto, in contrasto con il diritto comunitario;

    le citate sentenze intervengono nel lungo e complesso iter di recepimento della direttiva «Bolkestein», caratterizzato da molti ritardi, da tentativi vani di armonizzare la direttiva al contesto italiano, per garantire soprattutto operatori e investimenti italiani, infine, dal regime delle proroghe;

    è il caso di segnalare le diverse sollecitazioni e contestazioni mosse dalla Commissione europea in merito alle modalità di recepimento della direttiva, in particolare, la procedura di infrazione n. 2008/4908, la lettera di costituzione in mora del 2 febbraio 2009 D/00491, la lettera di messa in mora complementare ex articolo 258 TFUE 2010/2734 del 5 maggio 2010;

    quanto esposto è una dimostrazione del percorso accidentato avuto dall'iter di recepimento che, lungi dal giungere a una definitiva conclusione, ha ulteriormente ritardato una regolamentazione della materia inerente alle concessioni balneari e dello stesso uso dell'ambiente costiero per finalità turistico-ricreative, nel rispetto della fruizione pubblica del mare;

    l'articolo 11 della legge n. 217 del 2011, infatti, prevede «il diritto libero e gratuito di accesso e di fruizione della battigia, anche ai fini di balneazione» e la legge n. 296 del 2006 stabilisce «l'obbligo per i titolari delle concessioni di consentire il libero e gratuito accesso e transito, per il raggiungimento della battigia antistante l'area ricompresa nella concessione, anche al fine di balneazione»;

    il ritardo nella regolamentazione del settore ha contribuito anche a peggiorare molti parametri relativi al rapporto con l'ambiente, quali la libera e gratuita fruibilità delle spiagge da parte dei cittadini, la tutela dell'ambiente costiero e il contrasto al fenomeno di erosione delle coste, il peso eccessivo determinato da uno sfruttamento intensivo di ecosistemi fragili;

    secondo il rapporto «Spiagge 2021» di Legambiente, che riporta i dati dell'ultimo monitoraggio del Sistema informativo del demanio marittimo (S.i.d.), sono 61.426 le concessioni sul demanio costiero, mentre erano 52.619 nel 2018; di queste 12.166 le concessioni per stabilimenti balneari a fronte delle 10.812 rilevate nel 2018, con un incremento del 12,5 per cento in tre anni. Si stima «che meno di metà delle spiagge del Paese sia liberamente accessibile e fruibile per fare un bagno»;

    questa situazione si è sviluppata in modo discontinuo sul territorio italiano, con la conseguenza che si riscontrano località più attente al patrimonio ambientale ed altre meno, come in alcune regioni del Paese nelle quali gli stabilimenti occupano quasi il 70 per cento delle spiagge;

    a questo si aggiunge l'assenza di indicatori nazionali in merito all'occupazione massima delle spiagge in concessione e al rispetto del libero accesso alle spiagge da parte dei cittadini;

    a causa dei ritardi nella regolamentazione della materia, nel corso degli anni si è consolidata la posizione di molti operatori del settore con la nascita di veri e propri monopoli attorno alla gestione dell'ambiente costiero e con tratti di spiaggi a tutti gli effetti «privatizzati» e sottratti alla pubblica e gratuita fruizione: circostanza inaccettabile, non solo sotto il profilo del libero e gratuito accesso alle spiagge, ma anche a tutela del libero mercato, della libera concorrenza e di eguali opportunità di accesso degli imprenditori al settore;

    la riforma della materia si rende necessaria anche in considerazione dell'esiguità del gettito erariale che genera a fronte di un elevato volume di fatturato prodotto e, tra le altre cose, a fronte di uno sfruttamento in molti casi eccessivo della risorsa ambientale;

    a questo proposito, è il caso di ricordare che a dicembre del 2021, la Corte dei conti, in un rapporto sul settore, ha rilevato che, a fronte di un giro d'affari stimato in 15 miliardi l'anno, i 12.166 concessionari hanno prodotto nel periodo 2016-2020 un gettito medio annuo complessivo di circa 100 milioni di euro;

    la stessa Autorità garante della concorrenza e del mercato ha rilevato che, nel 2019, 21.581 concessioni demaniali marittime (con qualunque finalità) versavano un canone inferiore a 2500 euro;

    è il caso di osservare che, in assenza di una regolamentazione della materia, le sentenze del Consiglio di Stato pongono in capo alle pubbliche amministrazioni l'obbligo di disapplicare la norma nazionale in contrasto con la direttiva, chiedendo loro di svolgere un compito proprio del legislatore;

    nel contempo, l'esecuzione della direttiva, senza che sia intervenuta un'attività di armonizzazione della stessa alle peculiarità italiane, rischia di pesare enormemente sul comparto economico dei balneari, con ripercussioni negative sotto il profilo economico e sociale,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per definire rapidamente un processo di regolamentazione della materia inerente alle concessioni balneari con finalità turistico-ricreative e alla revisione dei loro canoni, coniugando in modo efficace il diritto alla fruizione dei beni comuni con le esigenze degli imprenditori del settore;

2) ad adottare iniziative per prevedere, nel processo di regolamentazione della materia, la obbligatoria partecipazione delle associazioni imprenditoriali di settore e degli enti del terzo settore interessati;

3) ad adottare iniziative per prescrivere, tra i criteri premiali delle future gare per la concessione del demanio in questione, l'utilizzo di materiali ecosostenibili e della raccolta differenziata spinta, nonché l'inserimento di attività di sensibilizzazione alla riduzione dell'inquinamento da rifiuti nell'ambiente costiero e nel mare;

4) ad adottare iniziative per introdurre misure atte a evitare che si creino situazioni di monopolio attorno alla gestione delle concessioni balneari, limitando a non più di due il numero dei titoli concessori che complessivamente possono essere rilasciati a un unico soggetto nel territorio italiano;

5) a promuovere l'applicazione di quanto disposto dalla legge 15 dicembre 2011, n. 217, e dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296, per quanto attiene al libero e gratuito accesso alle spiagge, anche con un'adeguata attività di informazione presso le concessioni e i lidi balneari attraverso segnaletica e cartellonistica informativa sui diritti di accesso e obblighi in capo ai concessionari;

6) ad adottare, nelle more della entrata in vigore della nuova disciplina, ogni iniziativa urgente, anche di carattere normativo, per garantire una uniformità di interpretazione e di comportamento da parte delle pubbliche amministrazioni coinvolte nella proroga delle concessioni in questione e nella indizione delle nuove gare;

7) a concludere un accordo tra Stato, regioni e Anci al fine di definire le linee guida dei bandi sulla base delle specifiche esigenze territoriali e, all'esito di tale accordo, ad adottare iniziative per definire una legge quadro che preveda che le gare di assegnazione degli spazi del demanio marittimo vengano bandite solo a seguito di apposita approvazione del piano (comunale o regionale) di utilizzo dei litorali nell'ambito del quale vengano specificate:

   a) le percentuali di spiaggia da destinare a concessione e quelle a spiaggia libera;

   b) le tipologie dei servizi richiesti per ogni zona o spiaggia (tutela ambientale, balneazione, diporto, vela, sport sulla sabbia, portatori di handicap, pesca ed altro);

   c) la previsione dei punteggi premiali per tutti i soggetti che si impegneranno – a pena di decadenza – a svolgere il servizio individuato nel piano di utilizzo del litorale per tutta la durata della concessione;

   d) le modalità di pagamento di un indennizzo a favore del soggetto «uscente» e non vincitore di bando, per tutti gli investimenti realizzati in conformità alla normativa urbanistica e delle previsioni della precedente concessione, non ancora ammortizzati alla data di riconsegna dello spazio demaniale;

8) in un'ottica di omogeneità interpretativa e regolamentare, ad adottare iniziative per escludere dalla procedura di selezione di cui all'articolo 12 della direttiva 2006/123/CE e all'articolo 16 del decreto legislativo n. 59 del 2010, i trabocchi, compresi quelli da molo, i caliscendi e i bilancini siti sulla costa e sui porti se tutelati o valorizzati da leggi regionali, positivizzando l'applicazione del regime derogatorio previsto dal considerando n. 40 della suddetta direttiva alle strutture innanzi dette, stante la sussistenza di ragioni d'interesse generale e necessità, a tutela, salvaguardia e conservazione delle stesse, attesi l'esiguo numero e la riconosciuta espressione di valori sociali e culturali di un territorio.
(1-00590) (Nuova formulazione) «Vallascas, Vianello, Forciniti, Colletti, Cabras, Corda, Trano, Raduzzi, Maniero, Testamento, Leda Volpi, Costanzo, Spessotto, Giuliodori, Sapia, Sarli, Benedetti».

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta scritta Villarosa e Sodano n. 4-08981 del 19 aprile 2021 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-07557;

   interrogazione a risposta scritta Villarosa e altri n. 4-08983 del 19 aprile 2021 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-07556;

   interrogazione a risposta scritta Villarosa e altri n. 4-09187 del 4 maggio 2021 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-07555;

   interrogazione a risposta scritta Villarosa e Sodano n. 4-09271 del 13 maggio 2021 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-07554;

   interrogazione a risposta scritta Villarosa n. 4-09441 del 4 giugno 2021 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-07553;

   interrogazione a risposta scritta Villarosa e Sodano n. 4-09495 dell'11 giugno 2021 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-07552;

   interrogazione a risposta scritta Villarosa n. 4-10172 dell'8 settembre 2021 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-07551;

   interrogazione a risposta scritta Villarosa e Termini n. 4-10308 del 24 settembre 2021 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-07550;

   interrogazione a risposta scritta Villarosa e Sarli n. 4-10330 del 5 ottobre 2021 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-07549;

   interrogazione a risposta scritta Villarosa n. 4-10333 del 5 ottobre 2021 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-07548;

   interrogazione a risposta scritta Villarosa n. 4-10405 dell'11 ottobre 2021 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-07547;

   interrogazione a risposta scritta Villarosa n. 4-10897 del 6 dicembre 2021 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-07546;

   interrogazione a risposta scritta Villarosa n. 4-10916 del 10 dicembre 2021 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-07544;

   interrogazione a risposta scritta Villarosa n. 4-11019 del 28 dicembre 2021 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-07545;

   interrogazione a risposta scritta Villarosa n. 4-11140 del 20 gennaio 2022 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-07543.

ERRATA CORRIGE

  Interpellanza urgente Berardini n. 2-01425 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 639 del 16 febbraio 2022. Alla pagina 24520, prima colonna, alla riga sedicesima, deve leggersi: (2-01425) «Berardini, Marin, Parisse, Rizzone, De Girolamo».