Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 25 novembre 2021

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    la Dichiarazione del 1924 sui Diritti del Fanciullo, che è stata riconosciuta nella Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo, come anche negli statuti degli istituti specializzati e delle organizzazioni internazionali che si dedicano al benessere dell'infanzia, definisce il fanciullo come destinatario di una particolare protezione e di cure speciali, compresa un'adeguata protezione giuridica, sia prima che dopo la nascita;

    l'Assemblea generale proclamò la Dichiarazione dei diritti del fanciullo affinché il fanciullo stesso avesse un'infanzia felice e potesse godere, nell'interesse suo e di tutta la società, dei diritti e delle libertà che vi sono enunciati, invitando i genitori, gli uomini e le donne in quanto singoli, come anche le organizzazioni non governative, le autorità locali e i governi nazionali, a riconoscere questi diritti e a fare in modo di assicurare il rispetto degli stessi per mezzo di provvedimenti legislativi e di altre misure; tra i diritti riconosciuti a tutti i fanciulli senza eccezione alcuna, e senza distinzione e discriminazione fondata sulla razza, il colore, il sesso, la lingua, la religione o opinioni politiche o di altro genere, l'origine nazionale o sociale, le condizioni economiche, la nascita, o ogni altra condizione – sia che si riferisca al fanciullo stesso o alla sua famiglia – vi sono il diritto di crescere in modo sano e normale sul piano fisico, intellettuale, morale, spirituale e sociale in condizioni di libertà e di dignità;

    il punto quarto della Dichiarazione dei diritti del Fanciullo prevede, infatti, che: «Il fanciullo deve beneficiare della sicurezza sociale. Deve poter crescere e svilupparsi in modo sano. A tal fine devono essere assicurate, a lui e alla madre, le cure mediche e le protezioni sociali adeguate, specialmente nel periodo precedente e seguente alla nascita. Il fanciullo ha diritto ad una alimentazione, ad un alloggio, a svaghi e a cure mediche adeguate; il punto sesto della Dichiarazione stabilisce inoltre che “il fanciullo, per lo sviluppo armonioso della sua personalità ha bisogno di amore e di comprensione. Egli deve, per quanto è possibile, crescere sotto le cure e la responsabilità dei genitori e, in ogni caso, in atmosfera d'affetto e di sicurezza materiale e morale. Salvo circostanze eccezionali, il bambino in tenera età non deve essere separato dalla madre”»;

    nonostante le predette premesse, varie sono le vicende giudiziarie e le inchieste nazionali sul funzionamento dei servizi sociali, soprattutto in ambito socio-familiare, legate agli affidi in strutture dei minori e al loro allontanamento dalla famiglia d'origine. In base alle notizie riportate negli ultimi anni dalla stampa e dalla tv, si è venuti a conoscenza di quali siano le modalità concrete di allontanamento del minore a seguito di decisioni sia del tribunale ordinario sia del tribunale dei minori;

    la situazione attuale in Italia, relativamente alle modalità di collocazione dei minori in strutture protette, denota una grave mancanza di regolamentazione, nonostante esistano delle linee guida, e dei principi cardine stabiliti dalle convenzioni internazionali, non obbligatorie, previste per le forze di polizia e per gli assistenti sociali che devono eseguire materialmente i provvedimenti di allontanamento;

    sia che si tratti di decreti di affido del minore al servizio sociale emessi dal tribunale per i minorenni in situazioni di pregiudizio per il minore stesso, sia che si tratti di decreti emessi nei casi di separazione/divorzio dei coniugi con prole dal tribunale ordinario o per i minorenni, ai sensi della legge n. 54 del 2006 recante «Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento Condiviso dei figli», in entrambi i casi, quando viene deciso il collocamento in struttura, le modalità mediante le quali sono eseguite tali disposizioni non tengono comunque conto del «supremo interesse del minore», principio cardine di tutta la materia relativa all'affido;

    alla base di tale grave mancanza vi è un'applicazione distorta della legge n. 54 del 2006. Il Tribunale ordinario tende ad applicare, prevalentemente, le disposizioni che prevedono come prassi normale l'affido condiviso del minore ad entrambi i genitori. Ovviamente, l'ambito in cui interviene tale legge è diverso dal contesto in cui si muove il tribunale per i minorenni nei casi di pregiudizio per il minore; la modifica dell'articolo 155 del codice civile, a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 54 del 2006, ha introdotto come principio cardine in materia di affidamento dei minori, a seguito di separazione personale dei coniugi, il cosiddetto «affidamento condiviso dei figli»; la norma si riferisce espressamente alla valutazione prioritaria circa la possibilità di un affidamento condiviso dei figli ad entrambi i genitori, che il giudice deve effettuare al momento dell'emissione dei provvedimenti di cui al secondo comma dell'articolo 155 del codice civile;

    sin dai primi commenta, gli interpreti non hanno mancato di sottolineare come la legge in questione ponga l'affidamento condiviso dei figli come regola generale anche in presenza di elevata conflittualità nell'ambito della crisi familiare considerando, di contro, l'affido esclusivo, o mono genitoriale, come eccezione, allorquando l'affidamento ad entrambi i genitori potrebbe rivelarsi pregiudizievole per il minore;

    in realtà, la regola individuata dal legislatore del 2006 costituisce un precipitato del principio della bi-genitorialità come superiore interesse dei figli minori, e non un diritto dei genitori; tra l'altro, in presenza di episodi di violenza domestica, l'affido condiviso non è mai la soluzione. E, soprattutto per le donne, un supporto durante la separazione dal marito violento può rivelarsi una fonte di aiuto molto preziosa, a volte indispensabile;

    nei casi di separazione consensuale, si applica l'istituto dell'affido condiviso tra entrambi i genitori. L'obiettivo principale è quello di garantire la continuità dei legami affettivi, attribuendo uguale importanza ad entrambi i genitori. Infatti, come previsto nel primo comma dell'articolo 337-ter del codice civile, con l'affido condiviso, il minore avrebbe la possibilità di mantenere «un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori»; l'assunto deve, tuttavia, confrontarsi e conservare la propria funzione tipica di tutela del supremo interesse del minore con i casi di separazioni altamente conflittuali, ovvero con quelli caratterizzati da violenza domestica;

    può accadere che, nelle sentenze dei tribunali, il conflitto venga confuso con la violenza domestica, o addirittura che la violenza domestica non sia nemmeno presa in considerazione e valutata come tale. E questo può portare a decisioni potenzialmente pericolose ai danni delle donne e dei minori coinvolti. Inoltre, il problema può aggravarsi soprattutto nei casi di separazione consensuale. In simili circostanze, il tribunale ratifica l'accordo raggiunto dai coniugi senza alcuna valutazione sull'affidamento del minore. Valutazioni che sono previste, di prassi, dal suddetto articolo 337-ter del codice civile;

    sempre più spesso, nelle sentenze, emerge il costrutto giuridico dell'alienazione parentale, un'evoluzione del concetto della Pas (sindrome da alienazione parentale) sindrome non riconosciuta dalla scienza medica ufficiale. L'alienazione parentale consiste in una strumentalizzazione della relazione con uno o più minori da parte di un genitore a danno dell'altro: sovente, l'alienazione parentale emerge proprio nei casi di abusi o maltrattamenti in famiglia, sull'assunto che i minori – testimoni per eccellenza dei reati endofamiliari – siano manipolati soprattutto dalla madre denunciante; secondo questa prospettiva, le madri sarebbero la causa del cattivo rapporto tra il padre ed il figlio. Viene così strumentalizzato il rifiuto del minore per impedire il diritto di visita del coniuge. In realtà, però, spesso, queste madri hanno vissuto in prima persona o sono a conoscenza di episodi di violenza da parte del padre. Ed è proprio per questo che, nel tentativo di tutelare sé stesse, ma soprattutto i figli, cercano di limitare i contatti con il genitore violento. Dall'altro lato, si sente parlare di «deprivazione materna»: entrambi i fenomeni citati possono, purtroppo, presentarsi in fase di separazione, soprattutto se questa non è consensuale o caratterizzata da episodi violenti;

    il ricorso a tali concetti, e in particolare alla ex Pas, produce una situazione di abuso che perde di vista la necessità di indagini più approfondite su motivi che spingono un bambino a non voler più vedere un genitore. In tal senso, gioverebbe implementare i momenti di ascolto dei minori, così come previsto – a livello internazionale – dall'articolo 12, Convenzione di New York e dall'articolo 6, Convenzione di Strasburgo, evitando, contestualmente, che i figli percepiscano questo fondamentale strumento di loro tutela, quale momento di indebita assunzione di responsabilità circa le sorti della separazione – a discapito dell'uno o dell'altro genitore; riconoscere i casi di violenza domestica non è semplice ed è per questo che bisognerebbe affrontare il problema con la massima cura e attenzione. L'obiettivo del sistema giuridico dovrebbe essere sempre quello di difendere donne, bambini e, più in generale, qualsiasi vittima di violenza;

    tuttavia, il principio della bigenitorialità, che è alla base della legge n. 54 del 2006, non deve essere utilizzato come via di semplificazione e sollevare, perciò, gli operatori dalla responsabilità di entrare nel merito dell'interesse del minore: in conseguenza di un utilizzo miope del principio di bigenitorialità, padri, mariti maltrattanti continuano nel processo di vittimizzazione secondaria, delle donne-madri denuncianti, che sono definite dalle consulenze tecniche d'ufficio come soggetti, alienanti, ostative, simbiotiche, adesive;

    in 15 anni di applicazione – mai monitorata – la legge n. 54 del 2006 – ha trascurato di prendere in considerazione l'asimmetria di potere tra i sessi, e la diseguaglianza delle condizioni socio-economiche delle donne, nonché l'enorme differenza dell'onere della maternità, a dispetto del teorico entusiasmo iniziale di tanti per il principio di bigenitorialità e cioè della teorica collaborazione di entrambi i genitori alla crescita della propria prole nonostante la condizione di genitori separati. Quindi, l'apparato di questa legge sta rivelando la sua fragilità proprio nelle situazioni di conclamata violenza domestica; la Suprema Corte, con la sentenza n. 13274 del 2019, ha puntualizzato e confermato che «qualora un genitore denunci comportamenti dell'altro genitore di allontanamento morale e materiale del figlio da sé, indicati come significativi di una PAS, il giudice di merito è tenuto ad accertare la veridicità in fatto dei suddetti 5 comportamenti, utilizzando i comuni mezzi di prova, tipici e specifici della materia» e non può invece solamente limitarsi a recepire le conclusioni dei consulenti tecnici che abbiano accertato tale sindrome; la stessa Corte di Cassazione, con l'ordinanza 17 maggio 2021, n. 13217, si è ulteriormente pronunziata sulla sindrome da alienazione parentale (PAS) o sindrome della madre malevola (Mms), affermando che queste non sono patologie riconosciute scientificamente, pertanto, per giustificare un provvedimento di affido super esclusivo a favore di un coniuge sono necessari ulteriori elementi. Il giudice deve indagare la sussistenza di fatti gravi come «irrecuperabili carenze d'espressione delle capacità genitoriali»;

    inoltre, occorre considerare le conseguenze che il super affido ad un genitore provoca sul minore, stante la rilevante attenuazione dei rapporti con l'altro, anche in ragione dell'età del bambino. Infatti, il giudice deve evitare «di adottare soluzioni prive del necessario conforto scientifico e potenzialmente produttive di danni ancor più gravi di quelli che intendono scongiurare»;

    anche i giudici di merito si sono posti sul solco della Suprema Corte: il decreto n. 2 del 3 gennaio 2020 emanato dalla corte d'appello di Roma, relativo ad un caso di allontanamento minorile. In particolare la corte d'appello ha sottolineato che: «Il Decreto del TM Difetta – né se ne trova adeguata traccia nella CTU – una valutazione comparativa degli effetti sul minore del trauma dell'allontanamento dalla casa familiare rispetto al beneficio atteso. Il dolore vivo della forzata separazione, con drastica limitazione anche dei contatti telefonici, rimane sullo sfondo, recessivo rispetto alla ritenuta prevalenza dell'interesse alla attuazione coattiva del sempre richiamato diritto alla bigenitorialità del bambino. Il superiore interesse del minore che ispira il provvedimento impugnato non appare sorretto da un adeguato bilanciamento, in mancanza del quale esso rischia di risolversi in una formula precostituita, che non tiene conto delle situazioni concrete che giungono all'attenzione del giudice nel caso specifico, accogliendo soluzioni apparentemente definitive ma di fatto inapplicabili e fonti di eccessiva sofferenza per il minore. Ciò in quanto la bigenitorialità non è un principio astratto e normativo, ma è un valore posto nell'interesse del minore, che deve essere adeguato ai tempi e al benessere del minore stesse»;

    secondo un'indagine realizzata nel 2020 dall'autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza, l'ascolto della persona minore di età è un diritto previsto e riconosciuto da tempo, ma a lungo non rispettato. La Convenzione di New York sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, al secondo comma dell'articolo 12, prevede che «si darà in particolare al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale». Il diritto all'ascolto rappresenta un tassello fondamentale del principio del superiore interesse del minore sancito all'articolo 3 della Convenzione, che ne costituisce il perno, finalità e insieme strumento di tutela delle persone di minore età, vale a dire la persona che non ha ancora compiuto 18 anni. Questa nozione di minore età è adottata ormai unitariamente a livello europeo: infatti, minore è una persona di età inferiore agli anni 18 (articolo 2, paragrafo 2, n. 6 del regolamento (UE) 2019/1111 del Consiglio, del 25 giugno 2019, relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, e alla sottrazione internazionale di minori);

    il diritto a esprimere liberamente la propria opinione si traduce nella possibilità, per il bambino e per l'adolescente, di poter condividere il proprio punto di vista, di essere parte attiva nei processi decisionali che lo riguardano e di poterli influenzare. Aspetto rilevante è la volontarietà di questo intervento. Il minore ha la facoltà di esprimere il proprio punto di vista. Ciò significa che si tratta di una scelta e non di un obbligo; l'ascolto del minorenne è un diritto espressamente disciplinato anche nell'ordinamento italiano e deve essere garantito nei procedimenti di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, nei procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati, in tutti i procedimenti civili finalizzati all'emissione di provvedimenti relativi all'affidamento ai genitori e alla responsabilità genitoriale, e comunque in tutti i procedimenti che incidono sullo status del minore, compresi i procedimenti di tutela. Come rileva la Corte suprema di Cassazione, sezione prima civile, nell'ordinanza n. 1474 del 25 gennaio 2021, «L'audizione dei minori, già prevista nell'articolo 12 della Convenzione di New York, è divenuta un adempimento necessario nelle procedure giudiziarie che li riguardino e, in particolare, in quelle relative al loro affidamento ai genitori, ai sensi dell'articolo 6 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996, ratificata con la legge n. 77 del 2003, nonché dell'articolo 315-bis del codice civile (introdotto dalla legge n. 219 del 2012) e degli articoli 336-bis e 337-octies del codice civile (inseriti dal decreto legislativo n. 154 del 2013, che ha altresì abrogato l'articolo 155-sexies del codice civile). Ne consegue che l'ascolto del minore di almeno 12 anni, e anche di età minore ove capace di discernimento, costituisce una modalità, tra le più rilevanti, di riconoscimento del suo diritto fondamentale a essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che lo riguardano, nonché elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse»;

    nel nostro Paese l'ascolto del minorenne è di certo necessario, anche se non vincolante per il giudicante – nell'ambito del percorso decisionale che il giudice del merito è tenuto a sviluppare. Per questo la sua omissione non può trovare giustificazione né nel dubbio circa la capacità di discernimento del minorenne, né in ragioni di mera opportunità, in ragione dei rilevanti effetti che possono derivarne non solo sul piano procedimentale, ma anche su quello sostanziale;

    l'ascolto del minorenne che si trovi al centro del conflitto tra i genitori ha caratteristiche del tutto particolari e va disposto e condotto con estrema cautela. Infatti, è importante scongiurare innanzitutto il pericolo che il figlio si senta responsabile della decisione del giudice. Nei procedimenti di separazione dei genitori sono state accolte nel nostro ordinamento le indicazioni delle convenzioni internazionali sulla necessità che si proceda all'ascolto del minorenne di età prima di assumere le decisioni che lo riguardino. Nei procedimenti di separazione e di divorzio, il giudice non è chiamato necessariamente a decidere in merito all'esercizio della funzione genitoriale. L'audizione del figlio è da ritenersi doverosa in caso di una vera e propria controversia genitoriale riguardante, ad esempio, l'affidamento e/o il collocamento dei figli minorenni, oppure il diritto di visita dell'altro genitore rispetto a quello collocatario;

    l'articolo 315-bis del codice civile, introdotto dalla legge 10 dicembre 2012, n. 219, prevede il diritto del minorenne che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano. Di conseguenza, anche in quelle relative all'affidamento ai genitori, salvo che l'ascolto possa risultare in contrasto con il suo superiore interesse o sia manifestamente superfluo;

    la Convenzione sui diritti del fanciullo delle Nazioni Unite ricorda che gli Stati parte «si impegnano ad assicurare al fanciullo la protezione e le cure necessarie al suo benessere, in considerazione dei diritti e dei doveri dei suoi genitori, dei suoi tutori o di altre persone che hanno la sua responsabilità legale, ed a tal fine essi adottano tutti i provvedimenti legislativi ed amministrativi appropriati» e che «riconoscono il diritto di ogni fanciullo a un livello di vita sufficiente per consentire il suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale». Tali principi devono essere di profonda ispirazione in tutte le fasi: dalla predisposizione all'effettiva implementazione di nuove norme e strategie. Nel general comment n. 7 del 2005 alla stessa Convenzione («Attuare i diritti del fanciullo nella prima infanzia») si afferma inoltre che «Gli Stati devono garantire un supporto appropriato a genitori, affidatari e famiglie per consentire loro di svolgere adeguatamente le loro funzioni genitoriali» e che «i primi anni di vita costituiscono il periodo dove le responsabilità parentali riguardano tutti gli aspetti del benessere dei bambini affrontati dalla Convenzione. Di conseguenza, la realizzazione di questi diritti dipende in grande misura dal benessere e dalle risorse a disposizione di quanti portano queste responsabilità»;

    le linee guida Onu sulle Alternative Care, pubblicate nell'ottobre del 2012, presentano un importante riferimento per l'intervento delle istituzioni e degli operatori impegnati nel settore della tutela minorile indicando due principi cardine in materia di decisioni di allontanamento di un bambino o di un ragazzo dalla sua famiglia e di ogni azione di inserimento in comunità educative, case-famiglia o famiglia affidataria: il principio di necessità e il principio di appropriatezza; per quanto riguarda il principio di necessità, esso indica chiaramente che bambini e ragazzi hanno bisogno innanzitutto di stare con la loro famiglia. Si tratta di un diritto fondamentale, sancito con chiarezza dalla normativa;

    ciò nonostante ci sono diversificate situazioni di disagio familiare nelle quali è necessario porre in atto la complessa azione di separazione del bambino dal suo contesto familiare perché altrimenti, se vi rimanesse, i danni che andrebbe a subire sarebbero molto gravi, tali da inficiarne il percorso di crescita. Secondo il principio di necessità, la scelta dell'allontanamento, si pone, dunque, come una sorta di «male minore» da preferire rispetto ad alternative ben peggiori;

    per quanto riguarda il principio di appropriatezza degli interventi di allontanamento, questi non si debbono sostanziare nella mera decisione del collocamento etero-familiare. Si rende invero necessaria una approfondita valutazione di merito delle modalità e dell'adeguatezza dell'accoglienza case by case, ciò nel precipuo interesse del minore;

    secondo quanto pubblicato dal Ministero dell'interno è operativo, per le forze di polizia, un vademecum per rendere l'allontanamento stesso il meno traumatico possibile per il minore; in particolare nel documento è previsto che:

     a) l'esecuzione dei citati provvedimenti giudiziari è delegata ai Servizi Sociali territoriali, che si impegnano ad attivare gli interventi professionali ritenuti opportuni e a utilizzare tutti gli strumenti atti a realizzare l'allontanamento con la collaborazione dei genitori, tenendo in debita considerazione le esigenze di rispetto ed informazione dei soggetti coinvolti e cercando di individuare le modalità esecutive più opportune anche in relazione alla tempistica;

     b) l'intervento della forza pubblica è sempre disposto dall'Autorità giudiziaria minorile ed ha carattere di eccezionalità. In tali situazioni gli operatori di polizia devono agire in stretta collaborazione con gli operatori dei Servizi Sociali, non devono essere in uniforme e devono utilizzare modalità che rendano l'evento il meno traumatico possibile per il minorenne e i familiari. Il compito degli operatori di polizia è principalmente quello di fornire ausilio agli operatori dei servizi sociali impegnati nell'allontanamento del minorenne – atto che rimane di loro esclusiva competenza – in particolare, impedendo a chiunque di ostacolarne l'esecuzione. Per la sola polizia di Stato siffatti interventi vengono affidati, di prassi, al personale in servizio presso gli uffici minori delle divisioni anticrimine delle questure, che hanno competenza specialistica per le variegate problematiche minorili;

    il Consiglio nazionale ordine assistenti sociali, Cnoas definisce linee guida nazionali sui processi di sostegno e allontanamento dei minori, che prevedono le seguenti modalità, a «tutela» dei minorenni e delle loro famiglie:

     a) l'allontanamento dovrebbe essere accompagnato da un'opportuna e approfondita indagine psicologica e sociale nell'interesse della persona di età minore, dei suoi genitori, della famiglia allargata e del gruppo dei pari;

     b) al minore devono essere garantiti, in ogni fase, diritti d'informazione e di ascolto, e se fornito della capacità di discernimento, della sua opinione;

     c) che siano coltivate e privilegiate modalità spontanee di allontanamento, favorendo la collaborazione dei genitori e di altri familiari coinvolti;

     d) che il provvedimento di allontanamento stabilisca quindi quali siano i servizi sociali incaricati, evitando il ricorso alla forza pubblica, se non come modalità residuale ed estrema e, comunque, se indispensabile, al fine del mantenimento dell'ordine pubblico o della necessità di salvaguardare la sicurezza pubblica e l'incolumità fisica delle persone anche estranee, da attuarsi con il coinvolgimento di personale in borghese e idoneamente informato;

    purtroppo, si assiste, più e più volte, a prelievi che paiono essere o sembrare dei veri e propri rapimenti o effettuati con modalità altamente brutali e oggettivamente lesive dell'integrità del minore il quale è costretto a subire la violenza di sentirsi portato via dalla propria abitazione e dal proprio genitore senza tante volte capirne il motivo o avere gli strumenti per capirlo;

    i minori sono, in tali modalità di esecuzione del prelievo, doppiamente vittime inconsapevoli e innocenti ma sono anche i principali destinatari della misura che viene loro applicata e ne subiscono direttamente le conseguenze derivanti dal sentirsi abbandonati o rapiti;

    si rende pertanto necessario modificare le attuali modalità di prelievo, che portano spesso, ad atti di vera e propria violenza fisica e psicologica fino ad arrivare in casi estremi a prelievi perpetrati con l'inganno, con la forza, con sotterfugi, mediante quelle che, di fatto, risultano essere vere e proprie irruzioni nelle abitazioni da parte delle forze dell'ordine, con la divisa di ordinanza. I bambini devono essere tutelati nella loro integrità psico/fisica e un prelievo/rapimento porta innegabilmente delle conseguenze a livello psicologico che richiedono specifici trattamenti non sempre risolutivi; evitare traumi al minore deve costituire la priorità che si può e si deve raggiungere tramite la predisposizione di idonei strumenti protettivi che siano indirizzati a salvaguardare l'integrità del bambino e che evitino e impediscano l'insorgere di 10 comportamenti aggressivi, violenti, cruenti da parte dei soggetti incaricati al prelievo,

impegna il Governo:

1) ad assumere le iniziative normative per garantire l'ascolto della persona minorenne sia in fase istruttoria, che a seguito dell'emissione di un provvedimento a sua tutela, informandola adeguatamente circa le decisioni che la riguardano e assicurando la sua partecipazione alla definizione del progetto educativo;

2) ad adottare iniziative normative volte a predisporre un protocollo vincolante sulle modalità di prelievo del minore, affinché detti prelevamenti vengano compiuti senza violenza, intimidazione e/o con l'uso della forza, nel rispetto della salute psico-fisica del minore, e nel caso in cui ciò accada, a prevedere altresì dei meccanismi di sospensione immediata del prelievo medesimo, con conseguente segnalazione alle pubbliche autorità competenti dei comportamenti ritenuti lesivi della integrità psico/fisica del minore;

3) ad adottare iniziative di competenza, anche normative, volte a garantire e a rafforzare le misure preventive degli allontanamenti, e a definire i livelli essenziali delle prestazioni in riferimento all'accoglienza residenziale sull'intero territorio nazionale;

4) ad adottare iniziative di competenza, anche normative, volte a definire risorse e strumenti affinché, per ogni minore in situazione di pregiudizio, possa essere avviato un processo di prevenzione efficace e una conseguente corretta pianificazione dell'intervento, in modo che nessun bambino sia collocato in accoglienza etero-familiare se non necessario, e affinché la realtà di accoglienza individuata sia la più appropriata ai bisogni del minore, garantendo contestualmente il diritto all'ascolto e alla partecipazione dello stesso attraverso modalità adeguate;

5) ad adottare iniziative per dotare gli uffici delle procure della Repubblica presso il tribunale per i minorenni delle risorse necessarie al fine di rendere effettivo il monitoraggio costante circa la situazione dei minorenni in comunità, in attuazione di quanto previsto dalla legge n. 184 del 1983, all'articolo 2, comma 2, e all'articolo 9, comma 2, e 3, e dall'articolo 25 della Convenzione sui Diritti dell'infanzia e dell'Adolescenza;

6) ad adottare iniziative di competenza, anche normative, per garantire l'obbligatoria presenza del tutore e di un parente scelto dal tutore tra coloro che garantiscono, per grado, maggiore apporto di serenità al minore stesso, al momento del prelevamento del minore;

7) ad adottare iniziative normative finalizzate a riformare il sistema dell'affidamento minorile e del servizio sociale, attraverso la previsione di modelli formativi specialistici per gli operatori dei predetti servizi, che garantiscano l'acquisizione di competenze specifiche e specializzanti per la pratica della professione di assistente sociale;

8) a intraprendere le opportune iniziative di competenza volte a garantire l'omogenea attuazione su tutto il territorio nazionale delle prestazioni socio-assistenziali in favore dei minorenni;

9) ad adottare le iniziative di competenza atte a garantire che l'allontanamento del minore dalla famiglia di origine venga disposto solo in casi di estrema gravità, così come previsto dalla legge e con esclusione della possibilità di avvalersi di teorie non validate scientificamente come l'alienazione parentale (ex Pas) valutando l'allontanamento del minore come estrema ratio e dando priorità all'allontanamento del genitore violento a garanzia della incolumità del minore;

10) a prevedere, anche attraverso le opportune iniziative normative che la responsabilità genitoriale, in caso di allontanamento del minore dal proprio nucleo familiare, possa essere revocata solo dopo aver verificato circostanze precise e ben definite;

11) ad adottare iniziative di competenza, nelle sedi opportune, al fine di istituire tempestivamente una banca dati dei minori allontanati dal proprio nucleo familiare finalizzata a tracciarne la esatta collocazione;

12) ad intraprendere, per quanto di competenza, iniziative volte a definire le modalità di svolgimento del progetto genitoriale predisposto dai servizi sociali per le famiglie e i minori coinvolti nel procedimento di affido, affinché sin dal momento del collocamento del minore in struttura residenziale, casa famiglia, o famiglia affidataria, non vengano interrotti forzatamente i rapporti tra il minore stesso e la sua famiglia d'origine, tenendo sempre in debita considerazione la volontà espressa dal minore e i suoi desideri, con l'esclusione dei casi in cui vi sia un grave e comprovato pregiudizio o pericolo di vita del minore di età.
(1-00556) «Giannone, D'Attis».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   COLLETTI, SPESSOTTO, LEDA VOLPI, MANIERO, CORDA e SAPIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   in seguito a notizie di stampa, si è appreso che, nelle indagini relative all'inchiesta fiorentina Open, sarebbe venuto fuori il nome di Antonio Funiciello, attuale capo di gabinetto del Presidente del Consiglio Mario Draghi, all'interno di alcune chat tra due indagati «eccellenti»: Gianluca Ansalone e Alfonso Toto, accusati di corruzione per aver finanziato illecitamente la Fondazione Open allo scopo di trarre vantaggi per le rispettive aziende tramite l'attività parlamentare;

   da tali chat emergerebbe che Funiciello, che all'epoca dei fatti era capo di gabinetto dell'ex Presidente del Consiglio Gentiloni, si sarebbe messo a disposizione di Ansalone, all'epoca responsabile delle relazioni esterne della British American Tobacco, per «affondare» norme ritenute dannose per la multinazionale, con particolare riferimento a un emendamento che proponeva di «inasprire la fiscalità sulle sigarette di fascia molto bassa»;

   Ansalone, prima di diventare «esperto» di tabacco e di emendamenti, ha svolto delicati incarichi istituzionali presso la Presidenza del Consiglio dei ministri nel «Dipartimento informazioni per la sicurezza», nel Copasir durante la presidenza D'Alema e presso la Presidenza della Repubblica come «consulente per l'analisi internazionale e la sicurezza»;

   nel novembre 2017 Ansalone avrebbe scritto direttamente a Funiciello, come già detto capo di gabinetto dell'allora premier Gentiloni, per segnalare a più riprese la necessità di intervenire sul succitato emendamento per «affossarlo», ringraziando puntualmente, in maniera «speculare e parallela», prima lui e immediatamente dopo Lotti, che risulta indagato perché si sarebbe «ripetutamente adoperato in relazione a disposizioni normative di interesse per la Spa British American tobacco Italia», ottenendo in cambio bonifici per la Fondazione Open (considerata allora «cassaforte del renzismo») da parte di Bat;

   Funiciello, che prima di essere nominato «braccio destro» di Draghi faceva parte del consiglio di amministrazione della Fondazione Leonardo – Civiltà delle Macchine (organismo noto secondo l'interrogante come «ricettacolo» di nomine politiche, presieduto dall'ex deputato Luciano Violante), non risulta invece indagato nonostante il suo «attivismo» nell'affare Bat quando era capo di gabinetto con Gentiloni e responsabile del Comitato referendario «Basta un sì» (tale Comitato risulterebbe collegato alla Fondazione Open, nel cui bilancio comparirebbero rimborsi a nome di Funiciello);

   dalle stesse fonti si apprende di un altro messaggio «imbarazzante» tra l'attuale capo di gabinetto di Draghi e Alfonso Toto (imprenditore accusato di corruzione che avrebbe utilizzato il «canale Funiciello» per provare ad ottenere norme favorevoli al proprio gruppo imprenditoriale) circa un emendamento che «incrementasse di circa 60 milioni la spesa prevista per il 2018 destinata agli interventi di ripristino e messa in sicurezza sulla tratta autostradale abruzzese A24 e A25», e dagli atti dell'indagine emergerebbe che l'interessamento dell'allora Sottosegretario Maria Elena Boschi, «attivata da Luciano D'Alfonso (ex Governatore dell'Abruzzo)», e di Antonio Funiciello, «avrebbero contribuito all'effettiva approvazione dell'emendamento»;

   i comportamenti emersi dalle indagini, riconducibili a Funiciello, risulterebbero di eccezionale gravità in virtù del ruolo da lui ricoperto, al punto tale da dover richiedere interventi e prese di posizione decise, considerato che la nostra Costituzione impone ai cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche «il dovere di adempierle con disciplina ed onore», e che lo stesso atto di nomina firmato da Draghi rinvia espressamente agli obblighi derivanti dal codice di comportamento, tra cui figura quello di non usare a fini privati le informazioni di cui si dispone per ragioni di ufficio, di esercitare prerogative e poteri pubblici «unicamente per le finalità di interesse generale per le quali sono state conferite» –:

   se il Presidente del Consiglio dei ministri sia a conoscenza di elementi riguardanti i fatti esposti in premessa e/o di situazioni analoghe e se intenda promuovere iniziative di competenza in relazione a quanto evidenziato, nel pubblico interesse e nel rispetto dei succitati principi costituzionali, e se intenda prendere, conseguentemente, i provvedimenti necessari per porvi rimedio, con l'urgenza richiesta dalla straordinaria gravità della vicenda.
(3-02647)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MOLLICONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale. — Per sapere – premesso che:

   dal 2 novembre 2021 Emma Damiani è stata inserita fra i consiglieri giuridici nell'organico della neonata Agenzia per la cybersicurezza nazionale;

   risulta all'interrogante che Damiani sarebbe coniuge di un componente dello staff del Ministro interrogato, nomina che, a fronte della relazione parentale, acquisisce, secondo l'interrogante, rilievi di inopportunità –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga di dover fornire ogni possibile elemento di valutazione legato alla nomina di Damiani che avrebbe dovuto essere realizzata secondo criteri di trasparenza.
(5-07155)

Interrogazione a risposta scritta:


   CLAUDIO BORGHI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in data venerdì 22 novembre 2021, in occasione della trasmissione televisiva «Otto e mezzo» su LA7, è intervenuto il dottor Guido Rasi, consulente scientifico del commissario straordinario per l'emergenza COVID-19 Francesco Paolo Figliuolo, per esprimersi sulla questione dei cosiddetti «Covid party» con un intervento discutibile per i dati che ha fornito;

   l'esperto, infatti, ha dichiarato che è possibile fare delle previsioni in merito all'esito che avrà questo fenomeno, senza tuttavia spiegare la fonte di questi calcoli e come siano stati fatti. Il dottore ha affermato che «I numeri sono ormai consolidati, dopo due anni sappiamo esattamente quanti di coloro che partecipano ai “Covid party” si contamineranno, quanti andranno in terapia intensiva e quanti moriranno. Se sono mille partecipanti, sapremo esattamente quanti ne muoiono. Un 20% finirà in terapia intensiva, un 10-12% morirà»;

   non sono stati dichiarati gli studi e le fonti in base alle quali Guido Rasi afferma che su mille partecipanti ai «Covid party», il 20 per cento finirà in terapia intensiva e il 10-12 per cento addirittura morirà. Nessuno in studio ha preferito approfondire la questione, né la conduttrice Lilli Gruber, né gli altri ospiti della trasmissione;

   pur deplorando il fenomeno dei «Covid party» e di qualsiasi attività atta a diffondere il contagio, i dati forniti dall'esperto non paiono all'interrogante essere in linea con i dati ufficiali in una proporzione abnorme e potrebbero essere tali da diffondere ingiustificato panico nella popolazione. In nessun caso, infatti, la mortalità da COVID-19 appare pari al 10 per cento per nessuna fascia di età, in particolare per i giovani under 40 per cui il tasso di mortalità risulta fortunatamente prossimo allo zero –:

   se il Governo sia al corrente di tale episodio e se ritenga opportuno che il consulente scientifico del commissario straordinario per l'emergenza COVID-19, ospite di una trasmissione televisiva a diffusione nazionale, affermi delle percentuali sulla pandemia di cui non si conoscono le fonti, diffondendo, quindi, informazioni su un fenomeno così importante di cui non si può provare la veridicità.
(4-10806)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ORSINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 15 novembre 2021, il Ministro interrogato ha avuto un colloquio telefonico con l'omologo iraniano Amirabdollahian. Al centro della conversazione, come riferito dalla Farnesina via Twitter, la ripresa del negoziato sul Piano globale d'azione congiunto (Jcpoa), le relazioni bilaterali tra Italia e Iran e gli sviluppi in Afghanistan;

   maggiori dettagli sono stati pubblicati sul sito Tasnim News Agency, un'agenzia di stampa privata iraniana il cui obiettivo dichiarato è difendere la Repubblica Islamica dalla «campagna di propaganda mediatica negativa». Tasnim ha forti legami con il Corpo della Guardia rivoluzionaria islamica;

   il Ministro Amirabdollahian avrebbe espresso la determinazione dell'amministrazione iraniana a promuovere la cooperazione con l'Italia sulla base del rispetto reciproco, soprattutto in settori quali industria, agricoltura, medicina, scienza e tecnologia;

   sulla ripresa dei negoziati sul programma atomico iraniano, Amirabdollahian avrebbe affermato che tutte le parti hanno raggiunto la consapevolezza che siano gli Stati Uniti il principale responsabile della situazione attuale;

   il Ministro interrogato, sempre a quanto riporta il sito, avrebbe sottolineato la volontà italiana a espandere ulteriormente le relazioni bilaterali, esprimendo soddisfazione per gli sforzi in corso in vista dei prossimi colloqui di Vienna e dichiarandosi fiducioso di un'ulteriore crescita delle relazioni commerciali tra Iran e Italia;

   Amirabdollahian dal 2011 al 2016 è stato il vice ministro degli esteri sotto l'amministrazione Ahmadinejad ed è vicino al leader supremo, l'Ayatollah Ali Khamenei. Sono noti i suoi stretti legami con la Forza Quds e con i gruppi sciiti anti-israeliani finanziati dell'Iran nella regione, come gli Hezbollah libanesi; sono ripetute le sue esternazioni contro Israele, definito «tumore canceroso» e «falso regime» di cui auspica la scomparsa;

   Ebrahim Raisi, Presidente dell'Iran dal 5 agosto 2021, è tristemente famoso per il suo ruolo nel massacro del 1988, in cui furono giustiziati circa 5.000 prigionieri. Da allora un'ascesa costante: prima Procuratore generale di Teheran, poi Vicepresidente della Corte Suprema, Procuratore Generale, Capo dell'Ufficio Nazionale di Ispezione e dal 2019, fino all'elezione a Presidente iraniano, Presidente della Corte Suprema –:

   se quanto riportato dall'agenzia Tasnim corrisponda al vero e quale sia la posizione del Governo in merito agli sviluppi relativi all'accordo sul nucleare iraniano e se abbia sollevato il problema del rispetto dei diritti umani in Iran, uno dei Paesi con il più alto numero di esecuzioni pro capite.
(5-07148)


   QUARTAPELLE PROCOPIO, LA MARCA, DELRIO, DE MICHELI e BOLDRINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in data 13 novembre 2021 il direttore del quotidiano «La Repubblica», Maurizio Molinari, ha pubblicato un editoriale dal titolo «La morsa di Putin sull'Unione Europea» che riportava una sua analisi sulla posizione della Russia nello scacchiere dell'Est-Europa, partendo dalla più recente crisi dei migranti al confine con la Bielorussia, l'Ucraina e le forniture di gas;

   il Governo russo, nella persona di Maria Zakharova, portavoce del Ministero degli esteri, si è molto risentito dell'articolo e si è scagliato contro il giornalista italiano con una nota molto dura e offensiva nei confronti dello stesso;

   nella nota, l'articolo di Molinari viene definito una «vergognosa missione», uno «sproloquio», «calunnie nauseanti», «bugie sfacciate», «un'illusione» costruita per «entrare nelle grazie di politici russofobi». E, inoltre, l'opinione del giornalista secondo la quale il Nord Stream II «aumenterà la dipendenza dell'Europa dalle importazioni di gas russo», viene ripresa dalla portavoce scrivendo: «Dottor Molinari, non ama il gas russo? Molto bene. Ho una grande idea: Maurizio per protesta riscaldi la sua casa con copie de La Repubblica»;

   nel mondo social, la protesta russa ha avuto una grande eco: il tweet dell'Ambasciata russa a Roma ha ottenuto quasi 800 retweet in meno di un giorno, buona parte dei quali da contatti anonimi – cosiddetti troll – che si scagliano contro Molinari. Ma l'articolo ha avuto un rimbalzo fuori dal comune: secondo Crowdtangle – programma di analisi social – solo su Facebook ha raggiunto una platea di un milione di persone, tra cui moltissime pagine russe – compreso il ministero – e una serie di pagine filo-sovraniste, come «Noi stiamo con la Russia di Putin» e «Amici di Matteo Salvini in Spagna»;

   il presidente della commissione esteri del Senato, il senatore Vito Petrocelli, ha espresso la propria solidarietà al Governo russo in un tweet sui social in cui ha rilanciato l'attacco a Repubblica di Maria Zakharova;

   la libertà di stampa e di opinione è un principio irrinunciabile nel nostro Paese e nell'Unione europea e un valore costituzionale fondamentale e imprescindibile, al quale si conforma la democrazia repubblicana italiana in ogni contesto, e le parole del portavoce del Ministro degli esteri russo, sono inaccettabili sia nel linguaggio che nei contenuti, poiché esprimono giudizi di censura e disprezzo nei confronti del direttore di un giornale –:

   quali iniziative intenda intraprendere il Governo per interrompere le interferenze di uno Stato terzo verso la libera stampa e di opinione del nostro Paese.
(5-07151)

Interrogazione a risposta scritta:


   VITO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la portavoce del Ministero degli esteri russo ha fortemente criticato il quotidiano La Repubblica per aver scritto di intenzioni ed operazioni di espansione e di aggressione da parte della Russia nei confronti dell'Ucraina –:

   quali iniziative urgenti intenda adottare, compresa la convocazione dell'ambasciatore russo alla Farnesina, a tutela della libertà di stampa e di informazione del nostro Paese e del quotidiano La Repubblica in particolare.
(4-10809)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CANCELLERI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il cosiddetto «bonus facciate», istituito con legge 27 dicembre 2019, n. 160, è un'agevolazione fiscale consistente in una detrazione d'imposta per interventi finalizzati al recupero o restauro della facciata esterna degli edifici esistenti, di qualsiasi categoria catastale, compresi gli immobili strumentali;

   il disegno di legge di bilancio per l'anno 2022, attualmente all'esame in Senato, proroga al 2022 la fruizione del bonus, riducendo dal 90 per cento (come originariamente previsto) al 60 per cento la spesa ammessa a detrazione;

   in riferimento all'interrogazione a risposta in Commissione n. 5-06751 del 5 ottobre 2021 presentata alla Camera, il Ministero dell'economia e delle finanze ha fornito chiarimenti circa la possibilità di detrarre il bonus facciate al 90 per cento in conformità al criterio di cassa, pagando entro il 31 dicembre 2021 la quota del corrispettivo pari al 10 per cento che residua dopo l'applicazione dello sconto in fattura, indipendentemente dallo stato di avanzamento dei lavori che potranno essere completati anche successivamente;

   sulla stessa linea anche la risposta fornita dalla Direzione Provinciale della regione Liguria in riferimento all'interpello n. 903-521/2021 del 7 luglio 2021;

   al fine di contrastare le frodi nel settore delle agevolazioni fiscali ed economiche è stato approvato il decreto-legge 11 novembre 2021, n. 157, cosiddetto «Antifrode» che estende, tra le altre cose, l'obbligo per il visto di conformità anche in caso di cessione del credito o sconto in fattura relativi alle detrazioni fiscali per lavori edilizi diversi da quelli che danno diritto al «superbonus al 110 per cento»;

   dato che l'asseverazione tecnica e il visto di conformità previsti dal suddetto provvedimento riguardano anche il pregresso e i lavori in corso, si crea una problematica anche per le spese relative al «bonus facciate», in quanto, come sopra specificato, ai soggetti che sostengono queste spese è stata riconosciuta la possibilità di saldare la fattura entro il 31 dicembre 2021, prescindendo dallo stato di avanzamento dei lavori, e di completare i lavori anche dopo il pagamento. Essendo però impossibile asseverare la congruità di spese sostenute per lavori non ancora effettuati, l'effetto indiretto del decreto «Antifrode» potrebbe essere l'impossibilità di ottenere lo sconto in fattura del 90 per cento per opere non asseverabili, in quanto non eseguite/ultimate, entro fine anno;

   tramite le Faq pubblicate sul sito istituzionale, l'Agenzia delle entrate ha chiarito che l'obbligo del visto di conformità e dell'asseverazione non si applica ai contribuenti che prima del 12 novembre 2021 (data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto) hanno ricevuto le fatture da parte di un fornitore, assolto i relativi pagamenti ed esercitato l'opzione per la cessione o per lo sconto in fattura, anche se la relativa comunicazione non è stata ancora inviata, considerato che le incertezze persistono e stanno causando notevoli disagi all'avanzamento dei lavori per quanto concerne il bonus facciate –:

   se non ritenga opportuno valutare di adottare iniziative volte a estendere il mancato obbligo del visto di conformità e dell'asseverazione al 31 dicembre 2021, per i contribuenti che, alla predetta data, non hanno trasmesso la relativa comunicazione ma hanno comunque ricevuto le fatture da parte di un fornitore, assolto i relativi pagamenti ed esercitato l'opzione per la cessione o per lo sconto in fattura.
(5-07146)


   CENNI, CECCANTI e CIAMPI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da notizie stampa che verrà chiusa a Ponteginori (frazione del comune di Montecatini Val di Cecina, in provincia di Pisa), nel mese di gennaio 2022, l'agenzia della Cassa di risparmio di Volterra;

   tale chiusura ha subito suscitato dure prese di posizione — tra le istituzioni, i sindacati, la popolazione e il tessuto economico ed imprenditoriale locale — sulla repentina scomparsa «di un servizio bancario storico e indispensabile sul nostro territorio»;

   la filiale di Ponteginori viene utilizzata da molti cittadini: commercianti, imprese, aziende agricole, non solo di Ponteginori, ma di un territorio molto vasto, ricadente anche fuori dal confine comunale;

   tale chiusura segue, peraltro, la recente cessazione di due sportelli bancomat del medesimo istituto bancario in piazza Martiri della Libertà e in via Gramsci nel centro storico di Volterra. A tali riduzioni sono già state annunciate: la chiusura dello sportello bancario nella frazione di Villamagna (comune di Volterra), la chiusura di una filiale a Volterra, oltre alla chiusura degli sportelli Atm a Montecerboli nel comune di Pomarance, a Sasso Pisano nel comune di Castelnuovo Val di Cecina e a Monteverdi Marittimo;

   i sindaci coinvolti (comuni di Montecatini Val di Cecina, Volterra, Castelnuovo Val di Cecina, Guardisatallo, Pomarance, Monteverdi Marittimo, Riparbella) hanno inviato nei giorni scorsi una lettera al management della banca, ribadendone la vocazione e la funzione territoriale capillare e chiedendo, nel rispetto delle scelte industriali della Cassa di risparmio, un ripensamento «sulla ristrutturazione tanto radicale della rete degli sportelli»;

   appare evidente che tali filiali svolgano un servizio fondamentale, soprattutto sociale ed economico, per tutta la popolazione e soprattutto per coloro i quali non hanno la possibilità di spostarsi nei centri abitati maggiori; e anche per quelle categorie di persone (specialmente anziani) che hanno ancora bisogno di un rapporto «personale con la banca» avendo limiti oggettivi a utilizzare con continuità ed efficacia i servizi di home banking;

   è quindi altrettanto necessario, in questo contesto, individuare una soluzione concertata che tenga insieme il diritto di un'impresa privata di decidere il proprio piano industriale e le necessità sociali ed economiche della comunità e della clientela storica di riferimento;

   la situazione economica della Cassa di risparmio, nonostante la crisi pandemica, sembra registrare comunque segnali positivi. «L'andamento della gestione caratteristica evidenzia la grande fiducia nella banca da parte della clientela, con la raccolta diretta e indiretta in costante, forte crescita, che prosegue anche nella prima parte del 2021. Nel 2020 la raccolta diretta è cresciuta del 6,48 per cento di circa 109 milioni. La raccolta gestita, tra fondi e riserve assicurative, ha registrato un aumento del 7 per cento che equivale a circa 58 milioni rispetto all'anno precedente. Questa crescita prosegue anche nel primo semestre dell'anno in corso con un ulteriore incremento sia della raccolta diretta, che è giunta a più 60 milioni, sia del risparmio gestito a quota 80 milioni»: riporta un comunicato ufficiale dell'azienda –:

   se non intenda assumere, per quanto di competenza iniziative utili a far sì che la riorganizzazione delle filiali e degli Atm presenti nei territori riportati in premessa che non produca effetti negativi rispetto alle esigenze delle comunità interessate.
(5-07152)

GIUSTIZIA

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   il 22 luglio 2020 veniva eseguita, a seguita di una meritoria indagine della procura della Repubblica di Piacenza, un'ordinanza di custodia cautelare di cui risultavano destinatarie 23 persone, tra cui 11 militari e 12 civili. Veniva altresì posta, sotto sequestro la caserma dei Carabinieri «Levante», posta in via Caccialupo di quella città;

   il 20 ottobre 2020 veniva disposto, con decreto, il giudizio immediato per gli imputati, e il 1° luglio 2021, venivano condannati 5 dei 6 Carabinieri della stazione «Levante» coinvolti nell'inchiesta – uno di loro aveva optato per il rito ordinario – giusta la sentenza del giudice dell'udienza preliminare (Gup) del tribunale di Piacenza, Fiammetta Modica, al termine del processo di primo grado con rito abbreviato;

   nei giorni scorsi sono stati rese note, dagli organi di informazione locali, alcune estemporanee – a tacere d'altro – valutazioni espresse nella sentenza da parte del predetto Gup. Nello specifico:

    a) è stato rilevato che i numerosi arresti effettuati dai carabinieri della stazione «Levante» – secondo l'instaurato rito del «cotto e mangiato» – sarebbero stati frutto, secondo la Gup, del «dato statistico da perseguire ad ogni costo, come, testimonianza del controllo di pubblica sicurezza da sciorinare in occasioni istituzionali, avanzamenti di carriera o per avere piccoli congiunturali benefici»;

    b) con riferimento ai fatti criminosi oggetto del processo, così la Gup commenta in sentenza: «Per la verità, i fatti accertati in questa sede non restano un fatto isolato nella storia della città di Piacenza, nel recente passato altri episodi inquietanti sono stati portati all'attenzione dell'autorità giudiziaria, facendo emergere un preoccupante sistema di illegalità connaturato con il potere... Una città dalle tante facce, spesso vischiosa nei rapporti di potere, con una ricchezza diffusa, un'austera alacrità e un perbenismo imperante talvolta con radicate connessioni con il contesto criminale sommerso legato al mercato degli stupefacenti, della prostituzione e, ma non in ultimo, alla corruzione. In questo “mondo di mezzo” si trovava la Caserma Levante, apparente presidio di legalità, ma prossima al sottobosco degli informatori e degli spacciatori di stupefacenti in una contiguità, degenerata in osmosi»;

   quanto al punto a), va detto che detti arresti, ancorché maturati nell'ambito di un disegno criminoso che ha coinvolto alcuni carabinieri che hanno infangato quella divisa che fu anche dell'eroe Salvo d'Acquisto, risultano essere sempre stati assentiti dal pubblico ministero e, successivamente, convalidati dal giudice per le indagini preliminari;

   quanto al punto b), pare evidente che le affermazioni rese dalla Gup, ultronee al procedimento penale che qui interessa, risultino:

    di gravità ed offensività inaudita per i piacentini, che sono persone per bene;

    frutto di inaccettabili insinuazioni, tali essendo se prive di prove a supporto;

    omissive nel caso in cui, acclaratane la veridicità, non sia stata attivata – anche solo contro persone ignote – l'azione penale;

    concentrato di deprecabili pregiudizi – sembrerebbe questo il caso – che trovano nella supposta superiorità morale della togata, anziché nei fatti, la fallace ragione giustificatrice;

   a parere dell'interpellante sarebbe necessario svolgere le verifiche di competenza, con l'urgenza che il caso conclama, presso la Procura della Repubblica e il Tribunale di Piacenza in relazione all'attività e alle decisioni assunte dal pubblico ministero e dal Gip, nei 5 anni antecedenti l'arresto dei Carabinieri della stazione «Levante», a fronte degli arresti da questi ultimi eseguiti e, in particolare, al ruolo che in dette decisioni abbia avuto la Gup Fiammetta Modica –:

   se, alla luce dei fatti suesposti, intenda promuovere iniziative ispettive presso gli uffici giudiziari in questione, anche ai fini dell'esercizio dell'azione disciplinare nei confronti della Gup Fiammetta Modica, ai sensi dell'articolo 14, comma 2, del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109.
(2-01380) «Foti».

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il Tribunale di Napoli Nord fu inaugurato nel 2013 ed istituito con l'obiettivo, da un lato, di decongestionare il carico giudiziario dei Tribunali di Napoli e di Santa Maria Capua Vetere, e dall'altro, di creare un ulteriore presidio di legalità in un territorio devastato dalla presenza criminale e dall'inquinamento ambientale;

   nonostante iniziasse la sua attività con «carico zero» (non avendo ereditato fascicoli di altri Tribunale), la inaugurazione dell'Ufficio giudiziario in parola, fin da subito, suscitò notevoli proteste e perplessità da parte degli avvocati e di tutti gli operatori di giustizia per la incompletezza dell'organico dei magistrati e del personale di cancelleria e per i notevoli deficit sul piano strutturale ed organizzativo;

   il Tribunale di Napoli Nord, infatti, abbraccia, per competenza, ad oggi, un territorio di 990 mila abitanti, ed è, per grandezza, il quinto Tribunale d'Italia, ma, mentre la media nazionale è di un giudice ogni 7 mila abitanti, qui se ne conta uno ogni 11, 813,86 abitanti;

   a circa dieci anni dalla sua inaugurazione, le molteplici problematiche rilevate fin dal principio anziché essere risolte o quantomeno scemate risulterebbero, invece, gravemente acuitesi;

   infatti, come riportato da organi di stampa, le piante organiche risulterebbero di gran lunga inadeguate, vi sarebbero molti posti scoperti sia per il personale amministrativo sia per i magistrati ed, infine, vi sarebbe un notevole deficit logistico e strutturale;

   su quest'ultimo punto ed a titolo solo esemplificativo, le aule di udienza sarebbero troppo piccole e tali da non poter accogliere processi con più imputati di guisa tale che si è costretti a ricorrere alle aule del Tribunale di Napoli, che, invece, avrebbero dovuto trovare beneficio, in termini di decongestione, dalla istituzione del Tribunale in parola;

   è balzata alle cronache, altresì, la disarmante notizia secondo cui i dibattimenti «con imputati a piede libero» da celebrarsi innanzi al Tribunale di Napoli Nord sarebbero fissati anche a cinque anni;

   analoga situazione sussiste per la celebrazione delle udienze preliminari: infatti, con un provvedimento firmato nei giorni scorsi, il presidente Pierluigi Picardi ha sospeso la fissazione dei procedimenti senza detenuti da celebrarsi innanzi al G.u.p. sino a quando l'organico della sezione, attualmente dimezzato, non sarà tornato a livelli adeguati; la medesima dinamica vale per le udienze di opposizione alle richieste di archiviazione, mentre per le valutazioni delle richieste di applicazione di ordinanze di custodia cautelare, si procederà secondo l'ordine cronologico;

   secondo quanto riferito al convegno organizzato nel Palazzo di giustizia di Aversa dalla giunta distrettuale dell'Associazione magistrati dal Presidente Picardi, l'ufficio giudiziario in parola conterebbe solo 86 magistrati e 151 amministrativi, personale quest'ultimo, sul piano numerico, inadeguato per rispondere alla domanda di giustizia di un vastissimo territorio;

   tale situazione deficitaria alimenta o potrebbe alimentare, inoltre, una progressiva desertificazione della sede giudiziaria in parola in termini di personale che, attese le inaccettabili condizioni lavorative, sarebbe comprensibilmente spinto a chiedere il trasferimento in altri uffici giudiziari;

   la situazione descritta appare inaccettabile nella misura in cui il Tribunale di Napoli Nord, tradendo le ragioni della sua istituzione, rischia non solo di caratterizzarsi per notevoli ritardi nelle risposte di giustizia, ma di essere il simbolo di una denegata giustizia e del fallimento della pretesa punitiva della Stato che dovrebbe garantire la legalità e dare risposte, in tempi ragionevoli, alle istanze dei cittadini –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare al fine di garantire la massima efficienza operativa del Tribunale di Napoli Nord, di potenziare la pianta organica dei magistrati e del personale amministrativo e di cancelleria del prefato ufficio giudiziario e di implementare le risorse strumentali e logistiche in modo da dotare il Tribunale in parola di locali idonei alla celebrazione delle udienze che vedono coinvolti più imputati e parti processuali e, più in generale, alla ordinaria attività giudiziaria.
(4-10807)


   CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   organi di stampa riportano la clamorosa notizia di una richiesta di archiviazione presentata dalla procura di Perugia, al termine delle indagini su presunti maltrattamenti subiti da una giovane donna di 33 anni di origine marocchina, immigrata in Italia, che aveva denunciato l'ex marito, connazionale di 39 anni;

   il procedimento penale in parola, secondo quanto riportato dagli organi di stampa, avrebbe avuto origine dalle dichiarazioni della predetta donna che sarebbe stata vittima, per ben 5 anni, di condotte maltrattanti da parte del marito che le avrebbe imposto il velo integrale, segregata in casa e finanche aggredita fisicamente in un episodio accaduto poche ore dopo il parto della loro figlia;

   invero, il magistrato in questione, come riportato da fonti giornalistiche che hanno ospitato ampi stralci della motivazione della richiesta di archiviazione, avrebbe argomentato: «(...) Il rapporto di coppia è stato influenzato da forti influenze religiose-culturali alla quale la donna non sembra avere la forza o la volontà di ribellarsi», «(...) le evidenze emerse a seguito delle attività d'indagine non consentono di ritenere configurabile o sostenibile in termini probatori il reato rubricato. Dalle dichiarazioni rese, la donna non sarebbe mai stata minacciata di morte, né avrebbe subito aggressioni fisiche tali da costringerla alle cure sanitarie»;

   ciò che ha suscitato, invece, un diffuso clamore risulta essere la circostanza secondo la quale il pubblico ministero in parola, nel corso del suo elaborato motivazionale, avrebbe affermato, con riferimento alla costrizione di indossare il burqa: «La condotta di costringerla a tenere il velo integrale – si legge nell'ordinanza – rientra nel quadro culturale, pur non condivisibile in ottica occidentale, dei soggetti interessati»;

   aldilà delle ragioni meramente probatorie che sembrerebbero supportare la richiesta di archiviazione in parola e che saranno valutate in altra sede giudiziaria, la circostanza che un magistrato della Repubblica Italiana rappresenti come ammissibile, in nome di una diversità culturale e religiosa, la costrizione del velo integrale, implicherebbe una inaccettabile abdicazione dello Stato italiano a perseguire e stigmatizzare le condotte lesive dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone sanciti dalla nostra Carta Costituzionale e da plurimi trattati internazionali;

   in una società multietnica, se è vero, da un lato, che, come statuito a chiare lettere da un consolidato orientamento del Supremo Collegio, l'integrazione non impone l'abbandono della cultura di origine, in consonanza con la previsione dell'articolo 2 della Costituzione che valorizza il pluralismo sociale, dall'altro, è altrettanto incontestabile che sussiste l'invalicabile limite costituito dal rispetto della civiltà giuridica della società ospitante e soprattutto dei diritti umani;

   sul caso sarebbe intervenuto anche il procuratore capo della procura della Repubblica di Perugia che, secondo quanto riportato da organi di stampa, avrebbe dichiarato di non essere stato a conoscenza della vicenda in quanto la tipologia dei provvedimenti in questione non sono sottoposti al suo visto ed avrebbe affermato di non condividere «la posizione per cui è culturalmente accettabile imporre il burqa»;

   seppur le parole del vertice della procura di Perugia potrebbero di certo essere in parte rassicuranti, sarebbe, in ogni caso, doveroso chiedersi, a questo punto, se la sopra riferita concezione di ordine politico-culturale sia diffusa nell'ufficio giudiziario ed abbia trovato accoglimento in altre richieste di archiviazione –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare, in particolare avviando iniziative ispettive presso la procura della Repubblica in questione, anche ai fini dell'esercizio di ogni ulteriore potere di competenza.
(4-10813)


   ASCARI, PERANTONI, BONAFEDE, CATALDI, DI SARNO, D'ORSO, FERRARESI, GIULIANO, SAITTA, SALAFIA, SARTI, SCUTELLÀ, BRESCIA, ELISA TRIPODI, ALAIMO, AZZOLINA, BALDINO, MAURIZIO CATTOI, CORNELI, DE CARLO, DIENI, GIORDANO, FRANCESCO SILVESTRI, PAPIRO, MARTINCIGLIO, SPADONI, BARZOTTI, NAPPI, SERRITELLA e BUSINAROLO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 20 novembre 2021 Mirko Genco è stato fermato dai carabinieri di Reggio Emilia con l'accusa di aver ucciso Juana Cecilia Hazana Loayza, 34enne trovata soffocata e poi sgozzata in un parco della città;

   Genco lo scorso anno era stato denunciato da un'altra sua ex compagna per comportamenti vessatori nei suoi confronti. Secondo quanto si legge sui giornali, aveva costretto la donna a limitare tutti i contatti con l'esterno e a chiudere le relazioni con gli altri. In seguito alla denuncia lei era stata collocata in una struttura protetta. Il procedimento penale è in corso;

   l'uomo da mesi perseguitava Juana: era già stato arrestato due volte, ma meno di un mese fa, dopo una sentenza di patteggiamento con una sospensione condizionale della pena, era tornato libero di fare del male alla donna. Come ricorda la Gazzetta di Parma «le misure cautelari adottate nei suoi confronti sono cadute il 4 novembre. Genco era stato arrestato il 5 settembre per atti persecutori e il 6, dopo la convalida dell'arresto, era stato scarcerato e sottoposto alla misura cautelare del divieto di avvicinamento. Ma il 10 settembre era stato nuovamente arrestato per violazione della misura, violazione di domicilio e ulteriori atti vessatori, ottenendo il 23 settembre gli arresti domiciliari. Il 3, il processo con un patteggiamento a due anni e il giorno dopo, la liberazione»;

   Genco era stato arrestato, dunque, due volte per aver perseguitato Juana, era stato condannato ma era libero. L'avvocata di Genco, Alessandra Bonini, racconta che per il suo assistito aveva contattato il centro «Liberiamoci dalla violenza» dell'Ausl di Parma. Il ventenne, infatti, aveva patteggiato due anni un paio di settimane fa. Pena sospesa a patto che frequentasse un percorso di riabilitazione. L'uomo sarebbe andato due volte, dai terapeuti, l'ultima il 16 novembre;

   nonostante l'uomo avesse iniziato un percorso di recupero, Juana è stata uccisa dal suo persecutore. E in tanti, ora, si chiedono cosa non abbia funzionato e perché lo Stato non sia stato capace di difendere una ragazza che chiedeva aiuto, una ragazza che aveva denunciato, più volte, il proprio persecutore;

   a una prima lettura pare emergere una valutazione inadeguata del rischio reale che correva la vittima e che ha evitato che nei confronti dell'uomo fosse mantenuta una misura cautelare o di prevenzione che era necessaria, visto l'epilogo drammatico;

   considerato che, nei casi di reati che sono concreta manifestazione di violenza familiare e di genere, l'articolo 165, quinto comma, del codice penale stabilisce che «la sospensione condizionale della pena è comunque subordinata alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati» è importante chiedersi e capire se ci siano stati errori di valutazione da parte dell'autorità giudiziaria che hanno portato alla decisione di rimettere in libertà l'uomo;

   in un ordinamento giudiziario, come quello a disposizione del nostro Paese, in cui sono state emanate molte norme contro la violenza sulle donne, diventa ora importante che, da parte dell'autorità giudiziaria, vi sia una corretta lettura della situazione e della dinamica concreta di violenza vissuta dalla vittima, oltre all'adeguata interpretazione delle leggi, nel legittimo margine di discrezionalità del magistrato, in cui lo stesso opera;

   ed è per questo che è necessario, tra le altre cose, implementare e rafforzare il monitoraggio e la vigilanza dello stesso Consiglio superiore della magistratura – chiamato a puntuali processi di valutazione dell'operato dei singoli magistrati, oltre che a eventuali interventi disciplinari in relazione all'effettività dell'azione giudiziaria – nella trattazione dei procedimenti di violenza di genere e domestica;

   occorre, pertanto, attivare un nuovo piano che passi per la specifica e adeguata formazione dei giudici, oltre che delle forze dell'ordine, nonché per il rafforzamento di programmi di trattamento per uomini maltrattanti che possano rivelarsi effettivamente efficaci nel recupero degli stessi e nella conseguente prevenzione del fenomeno della violenza familiare e di genere –:

   se il Ministro interrogato, nell'ambito della propria competenza, sia a conoscenza dei fatti sopra esposti, e quali iniziative di competenza, sia di carattere normativo, sia di carattere ispettivo, ritenga opportuno adottare in relazione alle gravi criticità segnalate in premessa.
(4-10814)

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ SOSTENIBILI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BUTTI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   a parere dell'interrogante, occorre ripensare il collegamento ferroviario Bergamo stazione-Orio al Serio aeroporto;

   la realizzazione di un semi-interramento del tratto che attraversa il quartiere di Boccaleone sarebbe opportuna e tecnicamente fattibile;

   la realizzazione di un semi-interramento eviterebbe di dividere il quartiere e le sue strutture senza sottopassi o sovrappassi pericolosi;

   sarebbe necessario un cronoprogramma aggiornato da parte di Rfi (Rete Ferroviaria Italiana) al fine di avere contezza di come eventuali ritardi saranno suscettibili di impattare sugli eventi previsti a Bergamo e Brescia insegnite del Titolo di Capitale italiana della cultura 2023 e sulle Olimpiadi invernali del 2026;

   sarebbe, altresì, necessaria la prospettazione di un quadro generale riguardante tutti i progetti per l'intera area (ricomprendente non solo Bergamo stazione – Orio al Serio aeroporto riguardante bensì anche di raddoppio per Montello e della Bergamo – Brescia) nonché le modalità di gestione dei cantieri, i tempi di realizzazione e gli interventi programmati;

   relativamente al progetto Bergamo stazione – Orio al Serio aeroporto non è stata evasa la richiesta di documenti tecnici avanzata al Comune –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere per far fronte agli interventi sopra indicati ed, eventualmente, alla individuazione delle modalità di svolgimento delle procedure di affidamento dei lavori delle opere citate in premessa, ai fini di una più rapida conclusione degli appalti.
(5-07149)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DE MENECH. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   le parti sindacali provinciali di Belluno hanno palesato forti preoccupazioni sulla tenuta di alcuni servizi che la Polizia di Stato è chiamata ad assicurare attraverso le pattuglie dedicate al controllo del territorio e al delicato compito della vigilanza sulla viabilità ordinaria;

   una forte preoccupazione poiché non vi sono più margini d'intervento a livello locale per sopperire alle carenze che nel decorso del tempo sono divenute strutturali;

   quelle che negli anni e nei mesi scorsi erano solo previsioni di possibili scenari negativi, oggi si stanno manifestando in concreto, complici anche la pandemia e i protocolli sanitari da attuare in caso di positività all'infezione nelle fila dei dipendenti;

   la Polizia stradale è in situazione di forte sofferenza. E questo con la stagione invernale alle porte e un «piano neve» redatto e divulgato che conta su forze che nei fatti non ci sono, con i più che intuibili riverberi, in caso di necessità di attivare il dispositivo, sul piano del soccorso e dell'ordine pubblico;

   si tratta di un destino che nel breve volgere sarà comune anche agli altri uffici delle specialità della Polizia di Stato qualora non sia approntata una valida strategia di assegnazione di risorse umane, e tanto già dalle prossime immissioni in ruolo degli agenti di nuova nomina;

   anche la questura di Belluno, sebbene abbia beneficiato con il piano di rinforzo biennale 2019/2020 di un'importante immissione di agenti, non è del tutto immune da possibili situazioni di criticità laddove non si realizzi un continuo, seppur minimo, apporto di personale che possa, al netto dei pensionamenti, mantenere in pareggio il bilancio a consuntivo della forza a disposizione;

   il commissariato di P.S. di Cortina d'Ampezzo trova enormi difficoltà a gestire l'ordinario; ancora più complesso è reggere l'onda di una stagione invernale in un comprensorio di altissima vocazione turistica, oltre ad assolvere le ordinarie ma numerose deleghe conferite dall'autorità giudiziaria. È da sottolineare l'abnegazione di tutto il personale attualmente in servizio che ha sempre svolto al meglio i compiti loro assegnati;

   per quanto sopra rappresentato appare oggi imprescindibile una presa di coscienza da parte di chi ha responsabilità, a livello centrale, di decidere sulle distribuzioni degli appartenenti ai ruoli esecutivi e che la stessa si traduca in concrete assegnazioni non più procrastinabili –:

   quali iniziative intenda mettere in atto il Ministro interrogato per potenziare gli organici della Polizia di Stato (in particolare per la Polizia stradale) nella provincia di Belluno, anche in previsione delle necessità di questo territorio che sarà sede delle Olimpiadi invernali di Milano-Cortina 2026.
(5-07147)


   BUTTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il Comando vigili del fuoco di Como presenta gravi problematiche da più di un anno;

   il Comando ha tentato invano di risolvere le stesse direttamente presso la prefettura di Como, direzione Regionale vigili del fuoco e dipartimento;

   la problematica più grave è l'elevata carenza di personale operativo, nonché di ispettori e personale amministrativo;

   a fronte di una pianta organica prevista dal decreto ministeriale del 2 dicembre 2019 di 168 unità (60 qualificati e 108 vigili), a oggi, sono in servizio presso il Comando vigili del fuoco di Como solo 130 unità, di cui 27 qualificati e 103 vigili);

   a tale carenza di personale si aggiunge una inadeguata assegnazione di ore straordinarie che da 500 (come originariamente attribuite dalla direzione regionale) sono state ridotte a 400;

   tali criticità hanno comportato, quale conseguenza immediata, il mancato rispetto del numero minimo di personale in servizio (12 unità) e, quale conseguenza ulteriore, la sospensione del secondo mezzo di appoggio della sede centrale;

   tali carenze inficiano negativamente sulla qualità di soccorso offerta alla popolazione comasca e, sinanche, alla sicurezza garantita ai lavoratori;

   sarebbe pertanto necessario un adeguamento del numero di ore straordinarie, nonché un aggiornamento anche delle attrezzature a disposizione per la concreta esecuzione del soccorso alla popolazione;

   per far fronte a tale necessario adeguamento del personale in servizio e delle attrezzature in uso necessitano fondi adeguati –:

   se il Ministro interrogato non intenda individuare delle modalità per far fronte alla mancanza di personale, ovvero alla implementazione di quello in servizio presso il comando dei vigili del fuoco di Como, nonché quali iniziative intenda adottare per procedere all'adeguamento delle attrezzature necessarie alla effettuazione del soccorso e, in particolar modo, con quali tempi e quali risorse economiche.
(5-07153)

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'ATTIS e LABRIOLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 16 novembre 2021, diciassette consiglieri del comune di Taranto, pari alla metà più uno dell'assemblea, hanno rassegnato le proprie dimissioni irrevocabili dall'incarico;

   ai sensi dell'articolo 141 del decreto legislativo del 18 agosto 2000, n. 267, i consigli comunali devono essere sciolti con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno in caso di «cessazione dalla carica per dimissioni contestuali, ovvero rese anche con atti separati purché contemporaneamente presentati al protocollo dell'ente, della metà più uno dei membri assegnati, non computando a tal fine il sindaco»;

   ciononostante, a distanza di quasi dieci giorni dalla «sfiducia» al sindaco e alla sua giunta, non è ancora stato adottato un decreto di scioglimento del consiglio comunale e, pertanto, non è avvenuta la nomina del commissario prefettizio con atto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell'interno in base alla procedura avviata dal prefetto;

   stando a quanto risulta all'interrogante, tale ritardo formale avrebbe consentito all'ormai sindaco uscente, assieme alla sua giunta, di assumere decisioni ordinarie non urgenti – e dunque di dubbia legittimità – circa l'assunzione di alcuni dipendenti e la proroga contrattuale di altri –:

   se sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare affinché si provveda celermente alla nomina del commissario prefettizio presso il comune di Taranto.
(4-10810)


   MAGLIONE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la notizia dell'arresto dell'imprenditore casertano Giuseppe Diana, ritenuto affiliato al clan dei casalesi di Michele Zagaria, riportata da tutte le più autorevoli testate giornalistiche (Il Mattino, edizione del 16 novembre 2021) ha suscitato notevole preoccupazione per quanto riguarda i presunti interessi del clan nella zona di Isernia e nella provincia di Benevento;

   in un articolo, pubblicato il 12 novembre 2021 sul quotidiano indipendente «Cronache di», si riferisce che i fratelli Raffaele e Giuseppe Diana, secondo il pubblico ministero Giulio Monferini, tra il 2016 e il 2018, insieme ad Antonio Esposito, avrebbero concentrato i propri affari, in Toscana e in Emilia Romagna, ma che nel 2019, partendo dalla loro Casapesenna, ha ricostruito il Gico di Firenze, hanno messo radici pure nel vicino Molise riuscendoci grazie a contatti con Vincenzo Ambrosio, sottufficiale della guardia di finanza, ora in servizio al Nucleo mobile della tenenza di Venafro, e già consigliere comunale, vicesindaco ed assessore al bilancio del comune di Pozzilli dal primo giugno 2015 al 16 giugno 2017;

   in particolare è Raffaele Diana, dicono gli investigatori, ad aver legato con Ambrosio. Una intesa, la loro, che sarebbe stata favorita da un altro politico molisano, Massimiliano Lanni e in occasione delle europee del maggio 2019, proprio Ambrosio e Lanni, ritengono i militari del Gico, avrebbero fatto da intermediari tra Raffaele Diana e Aldo Patriciello, imprenditore ed europarlamentare di Forza Italia dal 2006, affinché il casapesennese promuovesse nell'Agro aversano la candidatura della beneventana Mariagrazia Chiusolo, adesso assessore a Benevento;

   gli interessi dei casapesennesi nella zona di Isernia e nel Beneventano, stando alla tesi dei finanzieri, dopo il 2019 si sarebbero gradualmente intensificati hanno difatti partecipato a diversi bandi e gare pubbliche e, in molte occasioni, dice il Gico, le ditte riconducibili ai germani sono risultate vincitrici; le modalità attraverso cui sono stati reperiti i voti per le europee del 2019, hanno spinto gli investigatori a ritenere possibili condotte di scambio elettorale politico-mafioso circostanza che ha portato a trasmettere gli atti raccolti sulla rete attivata da Diana;

   dall'ultima Relazione Semestrale della Direzione Investigativa riferita al 2o Semestre 2020, emerge che il clan dei Casalesi composto dai gruppi Schiavone, Zagaria, Bidognetti e Iovine resta egemone nell'intera area della provincia di Caserta, anche attraverso legami con altri campani; il cartello è specializzato nel controllo criminale delle attività economiche, attraverso la gestione monopolistica di interi settori imprenditoriali e commerciali, al fine di acquisire appalti e servizi pubblici, anche interferendo nella composizione e nel lavoro degli organismi politici rappresentativi locali come comprovato dal numero di amministrazioni comunali casertane sciolte ex articolo 143 Tuel; la progressiva evoluzione del cartello vede poi le compagini dei Casalesi connotate dalla presenza di giovani, per la gran parte rappresentanti delle ultime generazioni delle famiglie mafiose, orientati verso la creazione di estemporanee aggregazioni criminali, tra i quali i fratelli Diana;

   si rileva inoltre che, in queste ore, la provincia di Benevento è stata anche interessata da una indagine della procura di Benevento e dei carabinieri su undici procedure pubbliche di appalto indette e gestite dall'ente provincia provincia di Benevento, da quella di Caserta e dal comune di Buonalbergo, che ha portato agli arresti domiciliari il presidente della provincia di Benevento insieme ad altre sette persone e ad altri dieci soggetti è stato imposto il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione descritta in premessa, e quali iniziative intenda porre in essere, per quanto di competenza, e ai sensi dell'articolo 143 del testo unico della legge sull'ordinamento degli enti locali, al fine di accertare se ricorrano pericoli di infiltrazione della criminalità organizzata negli enti territoriali sopra richiamati, considerate le attività economiche e finanziarie di cui in premessa, nei settori di pubblico interesse nelle suddette zone, con particolare riferimento all'area della provincia di Benevento.
(4-10811)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TUCCI, INVIDIA, COMINARDI, SEGNERI, CIPRINI, AMITRANO, PALLINI, BARZOTTI, TRIPIEDI, CUBEDDU e DAVIDE AIELLO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 41 del 2021, ha previsto, all'articolo 18, la proroga fino al 31 dicembre 2021 degli incarichi di collaborazione conferiti da Anpal Servizi s.p.a. ai cosiddetti navigator, allo scopo di garantire continuità nell'assistenza alle misure di politica attiva del lavoro destinate ai percettori del reddito di cittadinanza, da parte dei centri per l'impiego di Regioni e province autonome;

   il disegno di legge di bilancio 2022 non prevede alcuna ulteriore proroga per i 2.500 professionisti;

   la finalità del lavoro della nuova figura professionale del navigator è trovare offerte di lavoro congrue per i beneficiari del reddito di cittadinanza e inserirli in un percorso lavorativo e professionale;

   la nuova figura professionale del navigator è di fondamentale importanza, per individuare non solo le esigenze e le aspettative della persona ma anche le sue competenze, i trend occupazionali e professionali del mercato del lavoro in esame e le sue caratteristiche;

   secondo i dati del Ministero del lavoro e delle politiche sociali di Anpal del 2020, il 33 per cento dei percettori di reddito di cittadinanza, in carico ai centri per l'impiego sarebbero riusciti a trovare un'occupazione;

   secondo i dati dell'Istat la percentuale degli occupati, tramite i centri per l'impiego, sarebbe passato dal 3 per cento del 2018 al 6,6 per cento del 2020;

   i 2.500 navigator rivendicano l'efficacia dei loro interventi, che hanno favorito assunzioni pari a 352 di percettori di reddito di cittadinanza;

   il dato dei percettori che trovano lavoro ad oggi non può purtroppo essere in nessun modo collegato al lavoro svolto dai navigator per il semplice fatto che, presso i centri per l'impiego, non sono mai stati creati strumenti di certificazione, atti a rendere tracciabile l'operato professionale del navigator, relativamente alle attività propedeutiche all'inserimento lavorativo dello stesso, ovvero di supporto operativo e motivazionale, all'organizzazione degli incontri di verifica e dei lavoratori, di ricerca attiva del lavoro, nonché al rispetto della normativa e degli impegni assunti dai beneficiari, al supporto dato alle aziende tramite un'attività di preselezione –:

   quali criteri siano stati applicati per valutare la performance dei navigator, relativamente alle attività propedeutiche svolte, e quali siano stati i risultati registrati.
(5-07150)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   COLLETTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   in seguito alle segnalazioni della Presidente nazionale dell'Associazione «Aiceberg», Sabrina Nanni, successive ai diversi esposti da lei presentati alla Procura della Repubblica e alla Guardia di finanza di Avezzano, si è appreso di una serie di denunce attinenti situazioni e comportamenti anomali, perpetrati da amministratori condominiali, che configurerebbero forme di «concorrenza sleale», non conformi ai principi della «correttezza professionale»;

   tali pratiche commerciali scorrette e anticommerciali risulterebbero idonee a danneggiare concorrenti e consumatori, contravvenendo alla normativa nazionale e comunitaria in materia di economia di mercato, nonché ai consolidati principi giurisprudenziali sul tema;

   le norme in tema di concorrenza sleale, la cui ratio è tutelare direttamente le imprese e indirettamente anche i consumatori, sono fondate sui principi costituzionali della libertà di iniziativa economica privata e, conseguentemente, della libertà di concorrenza, garantiti dall'articolo 41, che pone il limite espresso per cui l'iniziativa «non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana»;

   da tali esposti emergerebbe che alcuni amministratori di condominio, nel territorio di Cappadocia, borgo marsicano della provincia dell'Aquila, avrebbero agito in evidenti situazioni di «incompatibilità» o senza averne titolo, chiedendo corrispettivi ben al di sotto del valore di mercato, compiendo, altresì, gravi irregolarità di natura amministrativo-contabile nella gestione dei condomini, a danno dei concorrenti e dei cittadini coinvolti;

   i condomini «I Bucaneve» e «Marina Residenziale» di Camporotondo hanno dato mandato al nuovo amministratore Sabrina Nanni di procedere per intraprendere le vie giudiziarie contro la precedente amministratrice Patrizia Nuccilli, che millantava di essere «amministratore professionista di condominio» dopo aver cessato la partita Iva il 19 gennaio 2015, persino dove ci sono alloggi di case popolari, nel comune di Tagliacozzo, al fine di segnalare gravi anomalie e irregolarità nella gestione amministrativa e contabile (emergerebbero fatture emesse con partita Iva che risulterebbe appartenere alla sua attività di «fornaia» e di fabbricazione di prodotti di panetteria, lavori effettuati senza fatture per ingenti importi, mancata redazione del registro di contabilità e del registro dell'anagrafe condominiale, la firma «disconosciuta» da un condomino in un verbale di assemblea, come risulta da perizia calligrafica);

   da altri esposti presentati dalla stessa Sabrina Nanni, amministratrice pro tempore su mandato assembleare di vari condomini della zona interessata, inoltre, emergerebbe il caso eclatante del signor Luca Rossi Calisto, che amministra circa 4.000 unità immobiliari, all'interno di condomini in località Camporotondo-Cappadocia, agendo in evidente situazione di incompatibilità con la professione di amministratore di condominio, in quanto, eserciterebbe l'attività di intermediazione immobiliare presso 2 uffici a Cappadocia e Camporotondo, situazione di «effettiva incompatibilità» confermata dalla risposta della Guardia di finanza di Avezzano a uno degli esposti, in base alla legge n. 39 del 1989 e alla nota del Ministero dello sviluppo economico, n. 2447/2015, «incompatibilità» tra agente (di affari in mediazione) immobiliare e amministratore condominiale che permane anche in seguito alla nuova disciplina dettata dalla legge 3 maggio 2019, n. 37, come chiarito dalla nota del 22 maggio 2019 del Ministero dello sviluppo economico;

   la «concorrenza sleale» sta diventando un problema gravissimo per molti amministratori che sono costretti ad abbandonare l'attività e, oltre a risultare lesiva dei principi di trasparenza e legalità, può comportare il rischio di infiltrazioni della criminalità organizzata –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e/o di situazioni analoghe, se intenda promuovere iniziative, per quanto di competenza, nel pubblico interesse e dei soggetti coinvolti, con l'urgenza richiesta dalla straordinaria gravità della vicenda, per far sì che le garanzie previste dalla disciplina in questione trovino efficace applicazione.
(5-07154)

TRANSIZIONE ECOLOGICA

Interrogazioni a risposta scritta:


   DE LORENZO e TIMBRO. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   l'Area marina protetta parco sommerso di Gaiola che si estende dal Borgo di Marechiaro alla Baia di Trentaremi deve la sua particolarità alla fusione tra aspetti vulcanologici, biologici e storico-archeologici in uno dei paesaggi più suggestivi del Golfo di Napoli;

   è una riserva naturale di interesse comunitario (Zsc IT8030041) caratterizzata dalla presenza di banchi di coralligeno e da falesie di tufo giallo napoletano e costoni rocciosi ricoperti di macchia mediterranea;

   nel 2001 fu attivato l'impianto di pretrattamento delle acque reflue di Coroglio che cancellò lo sconcio di una fiumana di liquami incrementata nei decenni dal moltiplicarsi degli insediamenti urbani che si riversava a mare dal collettore Arena Sant'Antonio;

   nell'ambito del programma di risanamento ambientale e rigenerazione urbana di Bagnoli (Praru), Invitalia ha indetto la conferenza di servizi sulla riqualificazione di Bagnoli-Coroglio che ha espresso parere favorevole all'approvazione dello stralcio urbanistico del Programma di risanamento ambientale e di rigenerazione urbana (Praru) dell'area di Bagnoli;

   dall'analisi della documentazione è emerso che gli interventi relativi alla riconfigurazione del sistema fognario dell'area non solo non elimineranno l'attuale scarico di troppo pieno di Cala Badessa, ma prevedranno la realizzazione di un secondo scolmatoio fognario che scaricherà sempre sulla linea di costa in prossimità dell'attuale spiaggia di Coroglio;

   da decenni è stata posta l'attenzione sulla problematica per l'adozione di interventi strutturali in grado di risolvere l'annosa questione del già esistente troppopieno dell'impianto di primo trattamento e sollevamento di Coroglio, ubicato presso cala Badessa, all'interno della Zsc e adiacente l'Area marina protetta parco sommerso di Gaiola;

   già la presenza dell'attuale troppopieno rappresenta un paradosso sia per la tutela e la valorizzazione dell'immenso patrimonio ambientale e culturale dell'area, sia per gli ovvi motivi di carattere igienico-sanitario e le ripercussioni sulla naturale propensione turistica del territorio;

   dalla disamina della relazione tecnica emerge che aumenteranno le portate di piena e che, per il secondo scolmatoio, le acque reflue trasportate dalle condotte ad una certa distanza dalla costa, aggireranno le tre fasi del processo di trattamento dei liquami, prevedendo una semplice grigliatura a monte;

   nell'estate scorsa proprio lo sversamento dal troppopieno avvenuto il giorno 18 luglio 2021, a causa di brevi ma intense piogge, ha provocato l'interdizione alla balneazione dell'area per inquinamento da coliformi fecali per 2 settimane;

   tale decisione, oltre ad impattare sull'ambiente e sullo sviluppo turistico-culturale dell'area, danneggia anche l'industria della mitilicoltura che all'interno di Cala badessa, tra l'isola di Nisida e Trentaremi, vede la presenza di uno più importanti stabilimenti della zona –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per salvaguardare la riserva marina del Parco di Gaiola, tutelata a livello comunitario, nonché per garantire la tutela dell'ecosistema del Parco di Gaiola, già messo a rischio dagli scarichi di bypass in mare delle acque reflue provenienti dall'antico collettore fognario di Arena Sant'Antonio, ulteriormente pregiudicata dall'attivazione di un secondo scolmatoio sulla linea di costa.
(4-10808)


   PEZZOPANE. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   dall'elenco della rete nazionale dei metanodotti del 1o gennaio 2019, pubblicato sul sito del Ministero dello sviluppo economico si legge che la Snam ha in esercizio l'infrastruttura portante della rete nazionale della penisola denominata Transmed, costituita da metanodotti di 1200 millimetri che, partendo dai terminali in Sicilia di Mazara del Vallo e Gela, distribuisce il metano alle reti regionali, inizialmente con tre condotte fino a Morano ai confini della Calabria e successivamente con due condotte fino a Minerbio;

   dalla Centrale di compressione di Melizzano, la prima delle due linee (la linea Ovest del Transmed) distribuisce il metano nel Lazio e raggiunge la centrale di compressione di Gallese (VT) proseguendo verso Minerbio, l'altra (linea Est del Transmed) costituisce il metanodotto Melizzano-Campochiaro-Vastogirardi-Sulmona-Oricola che si ricongiunge alla linea Ovest del Transmed nella centrale di compressione di Gallese. Questa seconda condotta è entrata in esercizio nel 1993;

   a Vastogirardi esiste una derivazione della lunghezza di 58,4 chilometri e di 1050 millimetri di diametro che porta il metano, spinto dalla Centrale di Melizzano (BN), a San Salvo (CH). Tale derivazione, si afferma nell'elenco della rete nazionale, è entrata in esercizio nel 1992, ma, probabilmente nel 1993 con l'entrata in esercizio del tratto Melizzano-Vastogirardi;

   dopo 13 anni, nel 2005, viene terminata la costruzione del metanodotto di 1200 millimetri Campochiaro-Vastogirardi-Sulmona di 94,1 chilometri e sulla mappa della rete nazionale risulta in progetto la prosecuzione della condotta con il tratto da Sulmona a Oricola che, forse, faceva parte di un unico progetto: Campochiaro-Sulmona-Oricola;

   questo metanodotto rappresenta un raddoppio tra Campochiaro e Sulmona del tratto già preesistente qui indicato come linea Est del Transmed. Tale raddoppio termina a Sulmona, non essendo mai stata realizzata la prosecuzione fino a Oricola;

   dal momento che la Centrale di Melizzano, per 13 anni, ha dato la pressione sufficiente a gestire le linee Est e Ovest del Transmed e la derivazione Vastogirardi-San Salvo, non si comprende sul piano tecnico l'utilità del metanodotto Campochiaro-Sulmona realizzato nel 2005, considerando anche il fatto che la domanda di metano in consumi interni ed esportazioni ha raggiunto il massimo storico di 86,66 Gmc proprio nel 2005 per poi subire un crollo negli anni successivi e raggiungere nel 2019 74,3 Gmc, con una differenza rispetto al 2005 di ben 12 Gmc dal massimo storico –:

   se il metanodotto Campochiaro-Vastogirardi-Sulmona sia tecnicamente necessario;

   se sia utilizzato per l'intero tratto o se almeno un tratto, in particolare quello tra Vastogirardi e Sulmona, sia rimasto inutilizzato;

   se intenda chiarire, qualora venga utilizzato anche il tratto tra Vastogirardi e Sulmona, quale uso venga fatto del metano trasportato, dal momento che il metanodotto termina a Sulmona;

   se sia stato ammesso agli incentivi e, in caso affermativo, quali e per quali importi li abbia ottenuti;

   se il relativo investimento sia stato riconosciuto in tariffa dall'Arera;

   se, nel caso avesse ottenuto gli incentivi e il riconoscimento in tariffa, gli stessi siano stati legittimamente percepiti dalla Snam.
(4-10812)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta orale Porchietto e altri n. 3-02206, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 aprile 2021, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Mazzetti.

  L'interrogazione a risposta scritta Maggioni e Lucchini n. 4-10633, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 novembre 2021, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Romaniello.

  L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Cominardi e Invidia n. 5-07137, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 novembre 2021, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Zanichelli.

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Polidori n. 1-00544, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 595 del 15 novembre 2021.

   La Camera,

   premesso che:

    il 25 novembre ricorre la giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 17 dicembre 1999;

    sin dalla loro fondazione, le Nazioni Unite hanno svolto un ruolo indispensabile per l'avanzamento e la difesa dei diritti delle donne. Sotto l'egida dell'Onu, viene fondata la Commissione delle Nazioni Unite sullo status delle donne, che si occupa di promuovere la parità di genere e della stesura sia della Dichiarazione universale dei diritti umani sia della Convenzione sui diritti politici delle donne: primo strumento giuridico riguardante i diritti della donna che enuncia il diritto a votare, ad essere elette e a poter svolgere qualsiasi impiego pubblico;

    punto di svolta per il mondo femminile è l'adozione della Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne adottata dall'Assemblea Generale con la Risoluzione 2263 (XXII) del 7 novembre 1967 essa elenca i diritti che devono essere garantiti alle donne e le misure che gli Stati devono mettere in atto per eliminare ogni forma di discriminazione nei loro confronti;

    nell'ultimo decennio è stato compiuto un importante sforzo in termini di mutazione e innovazione del quadro normativo, così come nella pianificazione di interventi e strumenti più aderenti alle necessità emergenti;

    con la legge 27 giugno 2013, n. 77, l'Italia ha ratificato la Convenzione di Istanbul (Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica), il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza; la Convenzione precisa che la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani ed è una forma di discriminazione comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella sfera pubblica sia nella sfera privata; la Convenzione interviene, inoltre, specificamente anche nell'ambito della violenza domestica, che non colpisce solo le donne, ma anche altri soggetti, ad esempio bambini e anziani, ai quali si applicano le medesime norme di tutela;

    il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, recante misure contro la violenza di genere, ha per la prima volta definito con chiarezza la centralità e la peculiarità della violenza compiuta entro le mura domestiche da chi ha vincoli familiari o affettivi con la persona colpita; ha, inoltre, introdotto profonde modifiche processuali a tutela della vittima, con l'obiettivo, da un lato, di rafforzare gli strumenti repressivi, secondo un disegno che tenga conto delle caratteristiche delle violenze di genere, e dall'altro con l'intenzione di implementare gli strumenti volti a tutelare la vittima stessa. Ha poi introdotto misure di sostegno per le donne e i minori coinvolti nella fase processuale: modalità protette per le testimonianze, gratuito patrocinio, dovere del giudice di comunicare rispetto alle modifiche delle misure cautelari, processi più rapidi e l'estensione del permesso di soggiorno alle donne straniere vittime di violenza domestica slegato dal permesso del marito;

    inoltre, la legge de qua ha previsto che: «Il Ministro delegato per le pari opportunità, anche avvalendosi del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità [...] elabora, con il contributo delle amministrazioni interessate, delle associazioni di donne impegnate nella lotta contro la violenza e dei centri antiviolenza, e adotta [...] un “Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere” [...] con l'obiettivo di garantire azioni omogenee nel territorio nazionale»;

    il nuovo Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2021-23 è appena stato adottato; il nuovo Piano ha fatto proprie molte delle istanze avanzate dalla Commissione parlamentare sul femminicidio, nella Relazione sulla governance dei servizi antiviolenza e sul finanziamento dei centri antiviolenza e delle case rifugio, approvata l'8 settembre 2020, che segnalava come prioritario e urgente «1) implementare le risorse per l'intero sistema di prevenzione e contrasto alla violenza, semplificare e velocizzare il percorso dei finanziamenti, verificarne l'effettiva erogazione ai centri antiviolenza e alle case rifugio attraverso un sistema di monitoraggio più efficace e potenziare la governance centrale del sistema»;

    come si evince dai dati, la violenza contro le donne in Italia è un fenomeno strutturale e diffuso e rappresenta uno dei maggiori ostacoli al conseguimento dell'uguaglianza di genere;

    i perduranti e sistemici episodi di violenza sulle donne impediscono di potersi considerare raggiunta la piena emancipazione femminile e derivano da una secolare tradizione di rapporti di forza disuguali fra uomini e donne, basata su concezioni patriarcali e su ruoli sociali stereotipati che, nel ventunesimo secolo, dovrebbero potersi considerare ormai più che superati;

    la violenza degli uomini sulle donne, alla cui base sono radicati misoginia, discriminazione e un insostenibile divario di genere in termini sociali, lavorativi, salariali, culturali, rappresenta una tra le più gravi e profonde violazioni dei diritti umani a livello globale; questa particolare giornata fornisce un'occasione ai governi, alle istituzioni nazionali, alle organizzazioni internazionali e alle organizzazioni non governative sia per organizzare attività volte a sensibilizzare l'opinione pubblica, sia per individuare sempre migliori strategie finalizzate allo sradicamento di quella che è una vera e propria «emergenza strutturale»;

    anche il fenomeno della prostituzione rappresenta una tipologia di violenza ed è una problematica sempre più consistente. Tale considerazione deriva anche dal fatto che i dati che si trovano su tale fenomeno, vengono raccolti con estrema difficoltà, poiché il fenomeno è sommerso, di cui è possibile effettuare mere stime e per il quale è possibile fare riferimento solamente al numero di ragazze effettivamente entrate nei percorsi di protezione sociale: rimangono fuori tutte coloro che non hanno avuto la possibilità di emergere in quanto vittime di tratta o che non sono state correttamente identificate come tali;

    la Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, evidenzia come il legislatore «in costante raccordo con tutte le istituzioni e gli ordini professionali coinvolti, ha il dovere di rafforzare e mettere a sistema i modelli positivi emersi, come pure di implementare le misure normative vigenti al fine di garantire a tutti i soggetti coinvolti l'accesso agli strumenti processuali e la formazione necessaria per una corretta lettura e un efficace e tempestivo contrasto della violenza di genere e domestica»;

    la cronaca quotidiana in Italia e nel mondo dimostra che non si può affrontare e sconfiggere la crescente ferocia degli uomini nei confronti di donne e bambine, in qualunque forma essa si manifesti, dalla violenza fisica a quella psicologica, dalla violenza domestica a quella economica, dall'odio in rete al revenge porn, dalla tratta allo sfruttamento, dallo stalking alle molestie e allo stupro, fino all'apice del femminicidio, senza correlarla al tema dell'uguaglianza di genere, della parità e delle pari opportunità, obiettivi ancora mancati;

    molte sono altresì le misure approvate in questa legislatura, da Governo e Parlamento, volte a promuovere con decisione politiche per garantire la parità di genere, incrementare l'occupazione femminile, sostenere l'indipendenza economica, l'autonomia e l'emancipazione delle donne;

    la parità di genere è stata assunta come una delle sfide principali dal Presidente Mario Draghi già nella richiesta di fiducia alle Camere;

    per quanto riguarda la dotazione di strumenti «repressivi», di particolare rilievo appare l'introduzione di un'aggravante per gravi delitti violenti da applicare in caso di «violenza assistita», e cioè avvenuta in presenza di minori, con particolare riferimento al regime della querela di parte: la querela è diventata irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate e aggravate. In tutti gli altri casi, comunque, una volta presentata la querela, la remissione potrà avvenire soltanto in sede processuale, ma il delitto resta perseguibile d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio, con la possibilità di disporre intercettazioni quando si indaga per atti persecutori, di cui all'articolo 612-bis, del codice penale;

    il 19 luglio 2019 è stata approvata la legge n. 69 composta da 21 articoli dal titolo «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizione in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere», cosiddetto «Codice Rosso». Questo provvedimento, tra le altre cose, ha contribuito alla compiuta attuazione della convenzione di Istanbul;

    la ratio sottostante alle disposizioni della legge de qua è quella di porre un'efficace e immediato argine della violenza contro le donne;

    l'obiettivo perseguito dal legislatore, infatti, è stato proprio quello di predisporre strumenti per consentire allo Stato, di intervenire con tempestività al fine di stroncare sul nascere l'azione criminosa evitando che la stessa, se non interrotta, produca conseguenze drammatiche;

    questa esigenza è perseguita mediante la predisposizione di un procedimento snello ed efficace capace di battere sul tempo gli eventi e di restituire sicurezza e vicinanza alle vittime;

    il cardine dell'intervento normativo è l'ascolto della persona offesa entro tre giorni dalla presentazione della denuncia. L'audizione della vittima, svolta senza ritardo dall'autorità giudiziaria ha lo scopo di evitare stasi procedimentali che causerebbero ritardi nell'adozione di provvedimenti a loro tutela. La chiave del codice rosso è la protezione delle vittime perseguita adottando misure il Parlamento ha proseguito nell'adozione di misure volte a contrastare la violenza contro le donne attraverso il perseguimento di tre obiettivi; prevenzione dei reati, punizione dei colpevoli e protezione delle vittime. In tale ambito si pone, in particolare, l'approvazione della legge n. 69 del 2019 (cosiddetto codice rosso), volta a rafforzare le tutele processuali delle vittime di reati violenti, con particolare riferimento ai reati di violenza sessuale e domestica, prevedendo, peraltro, che il minore sia sempre considerato persona offesa del reato;

    in data 24 novembre 2020, il Ministero della giustizia ha pubblicato un primo bilancio (Il Rapporto: un anno di «Codice Rosso») della legge n. 69 del 2019, ad un anno dalla sua entrata in vigore, al fine di fornire un primo dato di conoscenza relativo all'applicazione della disciplina sia con riferimento ai nuovi reati introdotti, sia con riguardo ai corrispondenti elementi processuali di rilievo in termini di denunce, pendenze e condanne, anche per procedere ad ogni eventuale iniziativa di perfezionamento o intervento;

    è di primaria importanza istituire un pool di magistrati specializzati per garantire una risposta professionale adeguata alle specificità proprie delle indagini nella delicatissima materia della violenza sulle donne con l'obiettivo di avere una maggiore uniformità delle capacità di reazione delle denunce;

    non può non segnalarsi che gli interventi legislativi degli ultimi anni abbiano condotto ad un aumento esponenziale delle denunce da parte di donne che, anche grazie alle Associazioni e ai gruppi di ascolto, vengono accolte e accompagnate nel processo di presa di coscienza che la violenza non è una condizione fisiologica e ordinaria, bensì un male da estirpare;

    ciò nonostante, la denuncia costituisce solo un passo embrionale e di per sé non è risolutiva della problematica; invero, se l'aumento del numero di segnalazioni deve essere interpretato positivamente, non esclude il dovere irrinunciabile delle Istituzioni di garantire una protezione costante, effettiva ed efficace alle donne nei confronti di che le maltratta, offende, sevizia, violenta e tormenta, soprattutto nella fase successiva alla denuncia;

    invero, per intervenire in via preventiva ed evitare epiloghi drammatici, è necessario prevedere misure cautelative efficaci che, alle prime avvisaglie e segnalazioni di violenza, proteggano concretamente la donna e il suo nucleo familiare, oltre a pene severe e certe, posto che la polifunzionalità della pena implica che le stesse debbano avere anche un ruolo deterrente, ossia una funzione intimidatrice nei confronti del profitto criminoso;

    pertanto, è evidente che a mancare non sia tanto l'attenzione delle istituzioni al tema o le tutele legali sul piano strettamente formale, data la presenza di molteplici fonti nazionali e sovranazionali che, nei diversi ambiti di intervento, dispongono l'uguaglianza di genere, quanto piuttosto tutele operative, concrete e sostanziali, adottate sinergicamente in base ad un piano che operi sistematicamente e a più livelli, partendo dal territorio;

    la violenza di genere costituisce, da alcuni anni, oggetto di misurazione statistica anche in Italia. L'Istat ha infatti elaborato due indagini, una nel 2006 e nel 2014. In base ai dati dell'ultima indagine sulla sicurezza delle donne (2014), nel corso della propria vita poco meno di 7 milioni di donne tra i 16 e i 70 anni (6 milioni 788.000), quasi una su tre (31,5 per cento), riferiscono di aver subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale, dalle forme meno gravi (come la molestia) a quelle più gravi, come il tentativo di strangolamento o lo stupro. Gli autori delle violenze più gravi (violenza fisica o sessuale) sono prevalentemente i partner attuali o gli ex partner, due milioni e 800.000 donne ne sono state vittime. Il 10,6 per cento delle donne dichiara di aver subito una qualche forma di violenza sessuale prima dei 16 anni. Più di una donna su tre, tra le vittime della violenza del partner, ha riportato ferite, lividi, contusioni o altre lesioni (37,6 per cento). Circa il 20 per cento è stata ricoverata in ospedale a seguito delle ferite riportate. Più di un quinto di coloro che sono state ricoverate ha riportato danni permanenti;

    un altro aspetto della violenza di genere è costituito dalle molestie e dai ricatti sessuali in ambito lavorativo. Con il decreto legislativo n. 80 del 2015 è stata prevista in favore delle vittime di violenza di genere, oltre a un indennizzo, la concessione di un congedo retribuito di tre mesi, valido sia per le lavoratrici dipendenti che per le titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa;

    la complessità del fenomeno, richiede una strategia integrata che si basi su un approccio multidimensionale, sistemico e interistituzionale. Un'azione globale, che deve fondarsi su di una solida conoscenza delle problematiche e su un'approfondita analisi dei dati disponibili;

    particolarmente delicata, in questo quadro, è la situazione delle donne con disabilità, vittime di «discriminazioni multiple» che proprio i fattori sociali, culturali e la scarsa sicurezza hanno contribuito ad ingenerare e a consolidare nel tempo;

    nella mozione approvata dall'Assemblea della Camera, n. 1-00243, si evidenzia come «le donne con disabilità abbiano una probabilità di essere vittime di violenza da due a cinque volte superiore rispetto alle donne non disabili, frequentemente nell'ambito delle relazioni domestiche, a causa della posizione di maggiore fragilità e vulnerabilità sofferta»;

    la convenzione Onu ha dedicato un apposito articolo al tema in questione riconoscendo che le donne e i minori con disabilità sono soggetti a «discriminazioni multiple» e che per tale motivo è necessario adottare misure per garantire il loro pieno e uguale godimento di tutti i diritti umani e le libertà fondamentali;

    la pandemia da Covid-19, le conseguenti misure di contenimento, in uno con la crisi economica senza precedenti che ha investito il nostro Paese, hanno ulteriormente evidenziato il tema della violenza contro le donne, enfatizzando le lacune tuttora esistenti per una efficace tutela;

    fin dai primi giorni del lockdown la situazione è stata monitorata, garantendo la pronta accoglienza delle donne e la protezione: con la circolare del 21 marzo 2020 della Ministra dell'interno in accordo con la Ministra per le pari opportunità che ha impegnato le prefetture a supportare i centri antiviolenza e le case rifugio individuando soluzioni abitative temporanee da utilizzare per la quarantena prima di fare il loro ingresso nelle strutture. Con una seconda circolare (20 aprile 2020) i prefetti hanno potuto individuare un «punto di contatto» cui rivolgersi;

    il numero 1522 e l'App YouPol sono stati potenziati e le campagne di sensibilizzazione promosse dal Dipartimento per le pari opportunità sui canali televisivi e rilanciate sui «social» hanno rinforzato il messaggio dell'importanza della richiesta di aiuto per uscire dalla violenza. Sono stati inoltre stanziati dal Dipartimento ulteriori 5,5 milioni di euro per il finanziamento di interventi urgenti determinati dalla pandemia per le case rifugio e i centri antiviolenza;

    nel 2020 le chiamate al 1522, il numero di pubblica utilità contro la violenza e lo stalking, sono aumentate del 79,5 per cento rispetto al 2019, sia per telefono, sia via chat (+71 per cento). È quanto emerge dai dati pubblicati dall'Istat nell'ambito dello studio «Le richieste di aiuto durante la pandemia»;

    il boom di chiamate si è avuto a partire da fine marzo, con picchi ad aprile (+176,9 per cento rispetto allo stesso mese del 2019) e a maggio (+182,2 per cento rispetto a maggio 2019), ma soprattutto in occasione del 25 novembre, la giornata in cui si ricorda la violenza contro le donne, anche per effetto della campagna mediatica;

    durante i primi 5 mesi del 2020 sono state 20.525 le donne che si sono rivolte ai Centri antiviolenza (Cav): l'8,6 per cento lo ha fatto proprio a causa di circostanze scatenate o indotte dall'emergenza dovuta al Covid-19, come ad esempio la convivenza forzata, la perdita del lavoro da parte dell'autore della violenza o della donna;

    non tutti i femminicidi sono prevedibili: molti si verificano non dove ci sono episodi di violenza fisica precedenti, ma dove c'è stata violenza psicologica. In questi casi è difficile prevenire con una migliore applicazione della legge e per questo si rende sempre più stringente l'esigenza di intervenire culturalmente con una sensibilizzazione a partire dalle nuove generazioni nelle scuole: una simile rivoluzione culturale passa per le parole, per il non ridere alle battute sessiste;

    il sistema educativo assume significato nei diversi livelli e con modalità differenti nella lotta alla violenza sulle donne e alla violenza domestica; la scuola è un osservatorio privilegiato sulla vita delle bambine e dei bambini, delle ragazze e dei ragazzi, in cui figure di prossimità di grande importanza, come gli insegnanti, possono favorire l'emersione della violenza subita e assistita, riconoscendo i segnali di disagio e attivando segnalazioni e percorsi di sostegno e di aiuto. I dati forniti dall'Istat con la ricerca sulla violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia, mostrano che il 10 per cento delle donne vittime di violenze sessuali le ha subite prima dei 16 anni, quindi nella fascia d'età dell'obbligo scolastico; nel caso poi dei figli delle donne vittime di violenza, il 65 per cento ha assistito agli abusi subiti dalla madre e la violenza assistita si configura a tutti gli effetti come una violenza, con conseguenze anche molto gravi sullo sviluppo psicofisico del minore;

    la scuola, senza sostituirsi alla famiglia, è chiamata a proporre e ad avviare le studentesse e gli studenti in modo adeguato all'età, a una riflessione sulla qualità dei rapporti tra uomo e donna, e deve impegnarsi nel realizzare una reale inclusione per valorizzare le singole individualità e coadiuvare le famiglie nell'educare le nuove generazioni al valore positivo della cultura del rispetto. La nascita di una dialettica tra identità e diversità consente la più compiuta affermazione dell'individuo;

    l'esperienza della scuola segna tutto il periodo di crescita e di formazione dei minori: si parte dalla fase educativa dei nidi e delle scuole dell'infanzia per poi passare a quella delle scuole di ogni ordine e grado in cui ogni bambina e ogni bambino è accompagnato, anno dopo anno, nel lungo percorso di formazione della personalità, di cambiamento del corpo, di crescita intellettuale. In tale contesto la scuola si affianca ed è a sua volta affiancata dalle famiglie, un contesto articolato, quindi, nel quale la figura dello psicologo scolastico deve essere visto come una figura di collegamento tra tutti i soggetti che entrano in relazione tra loro, scuola e famiglia, scuola e servizi socio-sanitari, docenti e alunni, che sia in grado di riconoscere un disagio o potenziali patologie, che funga da supporto ad un sano sviluppo di interessi e stili cognitivi;

    lo psicologo scolastico deve diventare un punto di riferimento stabile e costante per l'adolescente, non soltanto nei momenti di difficoltà, ma nel quotidiano confronto con le più varie forme di disagio e nel confronto con modelli sociali sempre più spesso distorsivi;

    sarebbe altresì opportuno che le istituzioni scolastiche, anche promuovendo l'adozione di una strategia condivisa in collaborazione con le famiglie, le amministrazioni locali, i servizi socio-sanitari, gli altri soggetti del sistema di educazione e di formazione, inserissero la prospettiva all'educazione al rispetto nel piano di percorsi e di servizi che accompagnano l'uomo e la donna nelle diverse situazioni della vita e nello sviluppo del proprio progetto personale, educativo e professionale;

    nella medesima direzione sono state presentate varie proposte di legge volte a introdurre l'insegnamento dell'educazione affettiva e sessuale nel primo e nel secondo ciclo di istruzione nonché nei corsi di studio universitari;

    il problema, come riportato nella citata relazione finale della Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio, è di entità tale da richiedere interventi che, in termini di costi e rispetto dei vincoli di bilancio pubblico, sono meno onerosi delle conseguenze derivanti dagli atti di violenza;

    in un'ottica di prevenzione dei fatti di violenza contro le donne, al fine di fornire a queste ultime strumenti psicologici e caratteriali, ma anche forza fisica, che consentano di respingere eventuali atti di violenza, anche verbale, è molto utile la pratica di sport di autodifesa che dovrebbero essere offerte in forma gratuita, anche in collegamento con i centri anti-violenza, le cui risorse finanziarie dovrebbero essere implementate;

    inoltre, è necessario promuovere una campagna di sensibilizzazione per le donne che vedono lesi i loro diritti per fondamenti culturali e religiosi. Si ricordi il caso di Saman Abbas, giovane pakistana scomparsa il 30 aprile a Novellara della quale si ipotizza l'omicidio da parte di suoi familiari, a causa della volontà della giovane di sottrarsi a un matrimonio combinato piuttosto che al caso della donna di origini marocchine, che ha sporto denuncia per maltrattamenti in famiglia perpetrati da parte del marito che le aveva imposto l'uso del velo integrale e le aveva vietato di uscire di casa; parliamo dunque di imposizioni profondamente lesive di cui non possiamo ignorare le conseguenze, rispetto alle quali è necessario intervenire al fine di introdurre misure volte alla protezione delle vittime;

    al pari dei sopracitati ambiti di intervento, nell'impegno contro la violenza sulle donne, riveste un ruolo di primo piano l'investimento sul lavoro e sulla valorizzazione dell'esperienza femminile: il sostegno all'indipendenza economica, quindi, come leva per contrastare la violenza di genere e tutelare le vittime di questa piaga sociale resa possibilmente ancora più grave dall'emergenza sanitaria dovuta alla pandemia da COVID-19;

    sebbene nel confronto internazionale la posizione del nostro Paese sia per alcuni aspetti migliorata nell'ultimo decennio, l'Italia rimane tra i Paesi dell'Unione europea con il più ampio gender gap occupazionale. Nel 2019, il tasso di occupazione nella fascia di età (20-64) è pari al 54 per cento per le donne rispetto al 73 per cento per gli uomini. Tenendo conto del numero di ore lavorate, il tasso di occupazione delle donne è pari al 31 per cento rispetto al 51 per cento degli uomini (dati 2018). Il 33 per cento delle donne lavora a tempo parziale, rispetto all'8 per cento degli uomini (2019). Le donne occupate lavorano in media meno ore, guadagnano meno, accumulano minore anzianità;

    una bassa partecipazione femminile al mercato del lavoro limita anche la crescita economica di una nazione. Ridurre tale divario aiuta a diminuire i costi economici e sociali del Paese ed è un fattore rilevante per la crescita del prodotto interno lordo, con un impatto positivo che secondo la Banca d'Italia, arriva fino a 7 punti percentuali che crea un sistema di trasparenza e garanzia per le lavoratrici con un sistema di certificazione che premia le aziende virtuose. Senza sfruttamento nel mercato del lavoro e contribuendo al benessere delle donne e della stessa comunità;

    la sfida del raggiungimento della parità di genere, fondamentale per contrastare la sottocultura della violenza degli uomini contro le donne, passa per l'eliminazione di barriere e ostacoli quali, ad esempio, la situazione di inferiorità economica in cui si trovano endemicamente le donne nel nostro paese, e che vede le lavoratrici italiane guadagnare in media il 31,2 per cento in meno dei loro colleghi maschi: proprio per affrontare il cosiddetto gender pay gap, e cioè il divario di genere in termini di guadagno a parità di mansioni fra uomini e donne, il Parlamento il 27 ottobre 2021 ha licenziato una legge che introduce controlli, sanzioni e anche premialità, nonché tutela contrattuale e flessibilità di forme di lavoro e orari; sulla base dell'ultimo rapporto sul gender gap del World Economic Forum, l'Italia si colloca ancora al 76° posto su 153 Paesi della classifica mondiale, con un tasso di occupazione femminile fermo al 48,9 per cento, agli ultimi posti in Europa;

    viene previsto l'ampliamento dell'ambito soggettivo di applicazione dell'obbligo di redazione del rapporto sulla situazione del personale, prevedendo che lo stesso sia redatto dalle aziende (pubbliche e private) che impiegano più di 50 dipendenti (anziché più di 100, come attualmente previsto), nonché la previsione, tra l'altro, di incentivi alle assunzioni, di agevolazioni fiscali, di strumenti per favorire la conciliazione dei tempi di vita e dei tempi di lavoro, di un sistema di certificazione della parità di genere;

    per la prima volta l'Italia si è dotata di una Strategia nazionale per la parità di genere, che riprende i princìpi già definiti dalla Strategia europea per la parità di genere 2020/2025 e che si concentra sui temi del lavoro, del welfare, dell'educazione e della promozione della leadership femminile, con un substrato di approccio culturale, di linguaggio, di rimozione degli stereotipi che è condizione necessaria di qualsiasi politica attiva sulla parità di genere;

    il 26 agosto 2021 si è svolta a Santa Margherita Ligure, per la prima volta nell'ambito di un G20, la Conferenza sull'empowerment femminile, cui hanno partecipato i Ministri responsabili per le pari opportunità dei Paesi del G20, rappresentanti di organizzazioni internazionali, del mondo delle imprese, dell'accademia, con al centro Stem, alfabetizzazione finanziaria e digitale, ambiente e sostenibilità da un lato, lavoro ed empowerment economico ed armonizzazione dei tempi di vita dall'altro;

    nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) sono previsti importanti specifici interventi, ma l'empowerment femminile e il contrasto alle discriminazioni di genere sono perseguiti quali obiettivi trasversali nell'ambito di tutte le componenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza; la parità di genere è stata assunta come criterio di valutazione di tutti i progetti (gender mainstreaming) e tutto il Piano nazionale di ripresa e resilienza si caratterizza per una strategia integrata di riforme, istruzione e investimenti in infrastrutture sociali e servizi di supporto, per una piena parità di accesso, economica e sociale, delle donne;

    sono molteplici le politiche di incentivazione all'imprenditoria femminile, di decontribuzione per incoraggiare l'assunzione di lavoratrici, e di conciliazione tra lavoro e famiglia, messe in atto in favore dell'occupazione femminile, quali, a titolo esemplificativo, gli sgravi contributivi per chi assume donne, o il Fondo a sostegno dell'imprenditoria femminile con una dotazione di 40 milioni di euro (20 per il 2021 e altrettanti per il 2022), ovvero il Fondo per l'assegno unico volto a riordinare e potenziare le misure di sostegno economico per i figli a carico e favorire la fruizione di servizi a sostegno della genitorialità;

    la violenza economica è una delle ragioni per cui le donne faticano a denunciare violenze in ambito familiare, soprattutto quando il partner detiene il potere economico, il controllo completo sulle finanze e sulle risorse familiari; fondamentale è dunque il sostegno economico alle vittime per aiutarle a conseguire l'indipendenza finanziaria dal partner violento. In tal senso gli strumenti di welfare e di sostegno ai percorsi di libertà e autonomia delle donne, rivestono un ruolo estremamente importante;

    è in questa direzione che va l'istituzione del «reddito di libertà»: un aiuto economico mensile per favorire, attraverso l'indipendenza economica, percorsi di autonomia e di emancipazione delle donne vittime di violenza che si trovano in condizione di particolare vulnerabilità o di povertà;

    la misura rientra tra quelle emergenziali adottate in risposta alla crisi economica dovuta alla pandemia e incrementa di 3 milioni di euro per l'anno 2020, il «Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità» ed è stato poi rifinanziato dalla legge 30 dicembre 2020, n. 178, che destina risorse pari a 2 milioni di euro per il 2021 e 2 milioni di euro per il 2022. L'8 novembre scorso, l'Inps ha pubblicato sul suo sito la circolare relativa all'erogazione del reddito di libertà;

    certamente, si tratta di una iniziativa importante, ma si può e si deve fare ancora di più: le drammatiche vicende di cronaca che si sentono, purtroppo, ormai ogni giorno reclamano interventi urgenti e incisivi. Occorre, oltre ad una maggiore sensibilizzazione al fenomeno, un cambiamento culturale che investa tutta la società per contrastare la cultura della violenza;

    sempre in tale direzione va il microcredito di libertà promosso dalla Ministra per le pari opportunità e la famiglia in collaborazione con Abi e Federcasse, l'Ente nazionale per il microcredito (Enm e la Caritas);

    nell'anno 2020, grazie ad una procedura accelerata connessa allo stato emergenziale, i fondi stanziati nel novembre del 2019 sono stati sbloccati velocemente, con tempi ridotti nel passaggio dal Dipartimento pari opportunità alle regioni. Sebbene a partire dal 2021 si sia tornati alla procedura ordinaria, che comporta l'esame della programmazione regionale e quindi una tempistica più lunga per l'erogazione dei fondi alle regioni, e di conseguenza ai Cav e alle Case Rifugio, il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri si sta adoperando per individuare possibili modalità di ulteriore riduzione della tempistica di erogazione delle risorse alle regioni, oltre che per il potenziamento del sistema di monitoraggio, introdotto con il riparto del 2019 con l'obiettivo di disporre di un quadro informativo puntuale sull'effettivo utilizzo delle risorse da parte delle regioni;

    nel disegno di legge di bilancio per l'anno 2022, attualmente all'esame del Parlamento, lo stanziamento delle risorse a favore dei centri antiviolenza e case rifugio è stato reso strutturale, evitando un rinnovo di volta involta che produce inevitabilmente ritardi e precarietà;

    nel complesso, l'impegno e lo sforzo trasversale delle forze politiche hanno portato l'Italia ad avere un buon impianto normativo in tema di violenza maschile sulle donne. Da ultimo, in questa legislatura, con l'approvazione della legge n. 69 del 2019 (cosiddetto codice rosso), e con le riforme del processo civile e del processo penale che contengono norme attente ai problemi della violenza di genere, anche in attuazione della Convenzione di Istanbul;

    sul versante civile, proprio nella giornata odierna è stata approvata definitivamente «Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata». Il provvedimento, grazie alle indicazioni e al lavoro svolto dalla Commissione sul femminicidio, ha ampliato il suo contenuto che attiene anche ai procedimenti relativi all'allontanamento dei minori dalla famiglia, alle controversie sull'esercizio della responsabilità genitoriale e all'affidamento familiare;

    con specifico riferimento alle donne vittime di violenza, si dà pieno riconoscimento alle disposizioni della Convenzione di Istanbul. La riforma introduce, infatti, una novità importante: il pieno riconoscimento della violenza contro le donne anche nel processo civile, in primis nelle cause di separazione e divorzio. Attraverso le misure previste, si consentirà alla giustizia di difendere meglio donne e minori;

    sempre la riforma, prevede che il consulente tecnico d'ufficio debba attenersi «ai protocolli e alle metodologie riconosciute dalla comunità scientifica». Inoltre, sempre nel medesimo disegno di legge, è prevista l'introduzione di specifici requisiti di competenza necessari per l'iscrizione dei professionisti in tale categoria. Interventi che mirano a rafforzare la base e la solidità scientifica delle perizie, quando vengono richieste dal giudice, sempre fatto salvo il suo obbligo di verificarne l'attendibilità;

    si ricorda che la sindrome da alienazione parentale (Pas), non è riconosciuta dalla comunità scientifica e che la Corte di cassazione ha ribadito più volte che non si possono adottare provvedimenti giudiziari basati su soluzioni prive del necessario conforto scientifico. Ma, nonostante ciò, è sempre più utilizzata, in sede giudiziale dalle consulenze tecniche d'ufficio (Ctu) quale causa per allontanare i minori principalmente dalle madri, definite alienanti, simbiotiche, malevole e manipolatrici, per il solo fatto di aver denunciato le violenze e dato avvio alla separazione dal partner violento;

    la riforma prevede, inoltre, tra le altre cose, che i giudici dovranno ascoltare e rispettare la volontà espressa da bambini e ragazzi che rifiutano di vedere un genitore. Potranno avvalersi, se necessario, di professionisti specializzati, ma non potranno delegare ad altri i colloqui, che saranno videoregistrati. Sarà dunque il giudice ad accertare le cause del rifiuto considerando eventuali episodi di violenza nella determinazione dell'affidamento dei figli. Si stabilisce inoltre, che l'uso della forza pubblica per i prelievi in casa, in attuazione delle sentenze, avvenga solo come extrema ratio, cioè se è a rischio la vita del bambino/ragazzo;

    sul fronte penale, invece, il Parlamento ha approvato la legge 27 settembre 2021, n. 134, che delega il Governo ad operare, entro un anno, la riforma del processo penale. Tra le altre rileva una disposizione immediatamente precettiva, una previsione che integra le norme a tutela delle vittime di violenza domestica e di genere introdotte con legge n. 69 del 2019 (cosiddetto codice rosso), estendendone la portata applicativa anche alle vittime dei suddetti reati in forma tentata e alle vittime di tentato omicidio;

    il 29 ottobre 2021 si è concluso il processo di ratifica della Convenzione Oil 190 del 2019 sulla violenza e le molestie nel mondo del lavoro, un'adesione che colloca l'Italia al nono posto nel mondo e al secondo in Europa, tra i Paesi che hanno ratificato la convenzione;

    i dati e la cronaca continuano a dire con evidenza che gli sforzi fin qui attuati a livello legislativo e istituzionale, non sono ancora riusciti ad arginare e a ridurre questo fenomeno. Pur in presenza di un quadro normativo avanzato, e di misure di protezione importanti, queste ultime spesso non vengono applicate o non vengono applicate in maniera abbastanza tempestiva. Serve dunque una maggiore capacità di valutazione del rischio e di lettura della pericolosità delle situazioni in cui si trovano le donne;

    quella culturale è certamente la sfida più grande da vincere, come si evince anche dalla narrazione che i media fanno della violenza sulle donne che è ancora pervasa da stereotipi e sessismo. Spesso le notizie contengono elementi che giustificano gli uomini autori di violenza e il sensazionalismo mediatico accende i riflettori sul fenomeno ma non aiuta ad andare a fondo, a capire le radici strutturali del problema e quindi a risolverlo. La donna diventa così vittima due volte: del reato e del racconto che di quella violenza viene fatta pubblicamente;

    con il decreto-legge «Infrastrutture e trasporti» n. 121 del 2021, approvato il 4 novembre 2021, si vietano affissioni e pubblicità sulle strade, ma anche su mezzi pubblici o privati, che abbiano contenuti con «messaggi sessisti o violenti o stereotipi di genere offensivi o messaggi lesivi del rispetto delle libertà individuali, dei diritti civili e politici, del credo religioso o dell'appartenenza etnica, oppure discriminatori con riferimento all'orientamento sessuale, all'identità di genere o alle abilità fisiche e psichiche»;

    la violenza maschile contro le donne chiama in causa la relazione tra donne e uomini. L'educazione svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo delle capacità che aiuteranno i bambini e le bambine a creare rapporti sani, in particolare insegnando la parità di genere, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco rispetto, la soluzione non violenta dei conflitti, la violenza di genere, il rispetto della libertà delle donne;

    è fondamentale anche lavorare sulla formazione per abbattere stereotipi e pregiudizi e favorire un cambiamento culturale anche di polizia e carabinieri, magistrati, personale della giustizia, polizia municipale e personale sanitario, psicologi, periti e tutti coloro che vengono a contatto con la violenza sulle donne. Quando le donne trovano la forza di denunciare devono trovare dall'altra parte persone che credono a ciò che dicono e che conoscono il ciclo della violenza. Perché la violenza va letta correttamente e in tempo utile;

    resta centrale, in un'ottica di prevenzione, secondo quanto previsto all'articolo 16 della convenzione di Istanbul, il trattamento degli uomini violenti, il cui tasso di recidiva è estremamente elevato. Su questo tema è stato approvato un emendamento di Italia Viva alla legge 30 dicembre 2020, n. 178, che autorizza la spesa di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023, per garantire la presenza di professionalità psicologiche esperte all'interno degli istituti penitenziari, per consentire un trattamento intensificato cognitivo-comportamentale nei confronti degli autori di reati contro le donne e il 29 ottobre 2021 è stato pubblicato sul sito del Dipartimento per le pari opportunità, il decreto di approvazione della graduatoria dei progetti finanziati a seguito dell'avviso pubblico del 18 dicembre 2020, con il quale è stata data attuazione all'articolo 26-bis del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, per promuovere progetti volti all'istituzione e al potenziamento dei centri di riabilitazione per uomini maltrattanti;

    sul piano della sicurezza delle donne occorre poi mettere in campo misure volte a monitorare e controllare la diffusione delle armi per uso di difesa personale. Secondo l'Opal, Osservatorio permanente sulle armi leggere e politiche di sicurezza e difesa, nel 2020 a fronte di 93 omicidi di donne, 23 sono stati commessi da legali detentori di armi o con armi da loro detenute. Si tratta di un omicidio su quattro;

    a fronte della crisi pandemica, le vittime di tratta e prostituzione forzata, sono diventate ancora più vulnerabili. Il Dipartimento per le pari opportunità ha dato continuità al Programma unico per l'emersione e la protezione per le vittime, per il quale nel mese di giugno 2021 ha impegnato 24 milioni di euro. Sono stati inoltre riattivati e resi operativi gli organismi di governance a presidio delle politiche di prevenzione e contrasto della tratta e del grave sfruttamento: la Cabina di regia politica e il Comitato tecnico che dovrà portare al nuovo Piano nazionale contro la tratta;

    nell'era del web, la violenza, come è noto, corre anche in rete e le donne sono le principali vittime del discorso d'odio online, il cosiddetto hate speech;

    il 16 settembre 2021, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione con la quale si chiede alla Commissione di includere la violenza di genere, sia online che offline, come una nuova sfera di criminalità ai sensi dell'articolo 83 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea insieme ad altri crimini che devono essere combattuti su base comune come il terrorismo, il traffico di esseri umani, di droga, di armi. I reati contro le donne diverrebbero pertanto eurocrimini;

    sin dalla riconquista militare dell'Afghanistan da parte dei talebani, le donne afgane denunciano le terribili violazioni dei diritti umani che stanno subendo. È del 7 novembre 2021, la notizia dell'uccisione a colpi di arma da fuoco, dell'attivista per i diritti delle donne, Frozan Safi, e di altre tre giovani, l'evidenza che trattasi di un'emergenza irrisolta è confermata dai dati, seppur ancora parziali, in riferimento all'anno 2021 ancora in corso: attualmente, in base a dati aggiornati al 14 novembre, emerge che il numero di donne uccise dall'inizio dell'anno solare è pari a 103, numero a cui vanno aggiunte le migliaia di segnalazioni e denunce di molestie e violenze e, ancor più degni di nota e attenzione, gli episodi di violenza sommersa;

    troppo spesso, infatti, le donne rischiano ancora di subire fenomeni di vittimizzazione secondaria derivanti dal contatto insoddisfacente con il sistema di giustizia penale, vivendo così un ulteriore trauma psicoemotivo. È quindi importante favorire, attraverso strumenti normativi, buone prassi e formazione mirata, integrata e permanente di tutti gli operatori coinvolti (anche sui contenuti della Convenzione di Istanbul), e dunque una cultura sociale e giudiziaria orientata alla tutela della vittima di genere. Un ulteriore elemento di vittimizzazione secondaria di cui occorre tenere conto, è l'estrema durata del procedimento penale;

    purtroppo, ancora oggi, nei mondi che vengono a contatto con la violenza sulle donne, sono presenti molti pregiudizi. Pregiudizi che, uniti all'assenza di stigma sociale verso chi commette violenza sulle donne, possono comportare una errata valutazione del rischio da parte degli operatori delle reti di protezione della donna vittima di violenza, con conseguente assenza di misure di protezione adeguate che possono avere come conseguenza il femminicidio. Troppo spesso dalle cronache giudiziarie emergono situazioni nelle quali il soggetto violento, trasformatosi in omicida di genere, non risultava sottoposto ad alcuna misura, pur avendo la donna più volte denunciato la violenza subita;

    la scelta di una donna vittima di violenza di affidare il racconto della propria storia alle Forze dell'Ordine, va accolta con capacità e professionalità: chiedere aiuto è un punto di arrivo che segna il passaggio tra il passato e il futuro. Per queste ragioni, chi accoglierà tale affidamento, e soprattutto il modo in cui lo farà, può segnare una grande differenza nel prosieguo del viaggio di rinascita della donna,

impegna il Governo:

1) a proseguire nelle politiche di contrasto alla violenza di genere e la violenza domestica quali prioritarie dell'azione di Governo, coerentemente con le disposizioni nazionali, europee e internazionali di riferimento al fine di raggiungere la piena applicazione della convenzione di Istanbul;

2) ad adottare le iniziative necessarie a promuovere e a sostenere, con azioni sistematiche e con garanzia che il personale che entra nelle scuole abbia i requisiti adeguati, percorsi formativi all'educazione al rispetto della donna finalizzati a: educare tutti i cittadini, a prescindere dalla loro cultura o pratica religiosa, al rispetto della donna, intesa come persona titolare di diritti e doveri al pari dell'uomo; a sensibilizzare gli studenti su comportamenti e forme di comunicazione che esprimano sessismo ovvero una divisione stereotipata dei ruoli tra uomo e donna, promuovendo altresì l'introduzione dell'insegnamento dell'educazione affettiva e sessuale nel primo e nel secondo ciclo di istruzione e nei corsi di studio universitari;

3) a valutare l'opportunità di adottare le iniziative legislative di competenza, nel rispetto dell'autonomia scolastica, volte a istituire la figura professionale dello psicologo scolastico, al fine di contribuire alla sana formazione della personalità degli studenti, di prevenire i fattori di rischio o situazioni di disagio giovanile, di sostenere le famiglie e il personale scolastico nonché di favorire l'insegnamento dell'intelligenza emotiva per contrastare e prevenire l'acquisizione di modelli relazionali distorsivi;

4) ad adottare tutte le misure necessarie a mettere a sistema e rendere pienamente efficace e operativo il complesso degli strumenti e di tutele di cui il nostro Paese si è dotato, con l'obiettivo di raggiungere la piena applicazione della Convenzione di Istanbul e di contrastare e prevenire la violenza sulle donne;

5) a proseguire e potenziare le iniziative per la formazione specifica e per il necessario aggiornamento del personale chiamato ad interagire con la vittima, polizia e carabinieri, magistrati, personale della giustizia, polizia municipale e personale sanitario;

6) ad avviare tutte le iniziative utili volte a promuovere realmente e concretamente la non discriminazione nei confronti delle donne con disabilità, anche attraverso l'utilizzo delle risorse e dei fondi dell'Unione europea;

7) ad assumere iniziative per promuovere e favorire l'inclusione sociale delle donne con disabilità attraverso un effettivo inserimento nel mercato del lavoro, anche con riguardo ai congedi maternità e alla flessibilità degli orari, rafforzando la normativa vigente in materia o, se necessario, tramite l'elaborazione di nuove iniziative normative, anche promuovendo la partecipazione delle donne con disabilità ad attività di carattere sportivo;

8) a valutare l'opportunità di istituire all'Interno dell'Osservatorio nazionale sul fenomeno della violenza sessuale e di genere, un'apposita sezione dedicata all'approfondimento del fenomeno della violenza sulle donne con disabilità;

9) a proseguire nella promozione di adeguate campagne di informazione e sensibilizzazione sulla violenza contro le donne e sulla violenza domestica, che stimolino pubblici dibattiti e favoriscano lo sviluppo di adeguate politiche di prevenzione, anche attraverso il coinvolgimento dei mass media e della carta stampata;

10) a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte a istituire, anche in collaborazione con i centri antiviolenza, corsi di autodifesa personale destinati alle donne;

11) ad adottare le opportune iniziative volte a velocizzare l'erogazione dei fondi destinati alle case rifugio e strutture assimilate da parte delle regioni, anche sul modello delle procedure adottate per lo stato d'emergenza connesso all'epidemia da SarsCov-2, prevedendo idonei meccanismi di monitoraggio;

12) a valutare l'opportunità di proseguire e implementare lo stanziamento di risorse da destinare alla formazione delle Forze dell'ordine che si relazionano con le donne che hanno subito ogni tipo di violenza;

13) ad adottare le opportune iniziative finalizzata alla promozione di una cultura sociale e giudiziaria maggiormente orientata alla tutela della vittima, anche attraverso iniziative di formazione, informazione e sensibilizzazione nei luoghi di socialità, di svago, di cura e benessere delle donne, agevolando, altresì, l'emersione dei casi di violenza domestica;

14) ad adottare iniziative di competenza volte ad istituire un pool di magistrati specializzati per garantire una risposta professionale adeguata alle specificità proprie delle indagini nella delicatissima materia della violenza sulle donne con l'obiettivo di avere una maggiore uniformità delle capacità di reazione delle denunce, compatibilmente con le dimensioni degli uffici giudiziari;

15) a promuovere iniziative al fine di sostenere la donna e garantirle la libera scelta e di rispettarne i tempi di elaborazione emotiva e psicologica, rispetto all'obbligo del magistrato di sentirla entro tre giorni dalla denuncia, assicurando altresì un adeguato contesto nell'audizione e il supporto di figure professionali in grado di sostenerla emotivamente;

16) a valutare l'opportunità di assumere iniziative normative, volte a prevedere percorsi specifici in carcere per gli autori di reati di violenza sessuale sulle donne e allo sfruttamento della prostituzione, inclusi interventi sulla normativa che disciplina l'ordinamento penitenziario volti a rendere obbligatoria per i detenuti per reati contro le donne di genere la destinazione di una percentuale del reddito generato da lavoro in favore del risarcimento delle vittime;

17) a valutare l'opportunità di incrementare le risorse destinate al Fondo contro la violenza e le discriminazioni di genere, al Fondo per le pari opportunità, al Fondo per le vittime di reati intenzionali violenti, al Fondo anti-tratta nonché agli indennizzi per le vittime di reati intenzionali violenti e per gli orfani di femminicidio;

18) ad adottare iniziative per garantire la promozione, da parte dei media, della soggettività femminile, nonché l'introduzione di efficaci meccanismi di monitoraggio e di intervento sanzionatorio su comportamenti mediatici e comunicativi di ogni tipo che esprimano sessismo e visione stereotipata dei ruoli tra uomo e donna;

19) a valutare l'opportunità di adottare iniziative per potenziare il raccordo fra scuola, servizi territoriali e consultori familiari e per adolescenti per intervenire più efficacemente quanto alle politiche educative sull'uguaglianza e sul rispetto delle differenze;

20) a dare attuazione, per quanto di competenza, alle risultanze e alle raccomandazioni contenute nella relazione conclusiva dei lavori della «Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio» della XVII legislatura, promuovendo iniziative normative, anche di carattere fiscale, e amministrative volte ad accompagnare o orientare le donne vittime di violenza nel percorso di recupero della libertà e dell'integrità fisica, morale ed economica;

21) ad adottare iniziative per introdurre strumenti per potenziare la protezione delle vittime di violenza in occasione della concessione della misura cautelare, quali il divieto di avvicinamento o l'ordine di allontanamento, incrementando il ricorso all'utilizzo del braccialetto elettronico, e potenziandolo;

22) a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative per la revisione dei presupposti per la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena e dei criteri per il percorso degli uomini maltrattanti, nonché – al fine di contrastare la recidiva – per l'attivazione di programmi di trattamento per tali uomini nella fase di esecuzione della pena, predisponendo specifiche disposizioni di dettaglio e indirizzi operativi, e garantendo, su tutto il territorio nazionale, un adeguato numero di strutture preposte a fornire percorsi di recupero;

23) ad adottare iniziative per migliorare la circolazione di informazioni tra tribunale civile e penale, onde evitare situazioni paradossali di affidamento congiunto in caso di violenza intra-familiare, nonché per modificare il sistema attualmente vigente nel processo penale al fine di consentire l'ingresso nel procedimento al difensore della vittima nei termini più ampi possibili rispetto all'attuale disciplina;

24) a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte all'istituzione di una banca dati nazionale che raccolga in modo uniforme le denunce di violenza di genere;

25) a proseguire le iniziative del Ministero della giustizia sull'aggiornamento e pubblicazione dei dati del rapporto sull'applicazione del «Codice Rosso»;

26) a promuovere nell'ambito della Direzione Centrale della Polizia Criminale del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, la costituzione di un gruppo di lavoro interforze tra Polizia di Stato e Arma dei Carabinieri per l'analisi, la prevenzione e il contrasto del fenomeno della violenza di genere;

27) a dare piena ed efficace attuazione al Piano nazionale antiviolenza per il triennio 2021-2023;

28) a dare piena attuazione alla Strategia nazionale per la parità di genere;

29) ad adottare iniziative per rafforzare le politiche e le risorse necessarie, volte ad implementare progetti e percorsi di educazione finanziaria, per le donne vittime di violenza, al fine di prevenire e contrastare la violenza economica, nonché di favorire l'autonomia, l'empowerment e l'integrazione lavorativa delle donne, nella fase di uscita dall'esperienza di violenza;

30) ad adottare iniziative volte a rendere strutturale il reddito di libertà, per favorire, attraverso l'indipendenza economica, percorsi di autonomia e di emancipazione delle donne vittime di violenza che si trovano in condizione di particolare vulnerabilità o di povertà;

31) a potenziare le forme di assistenza e di sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli anche attraverso modalità il rafforzamento della rete dei servizi territoriali, dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza alle donne vittime di violenza;

32) a promuovere iniziative utili a incoraggiare le donne a denunciare, garantendo loro una rete di protezione che nasca e operi nell'ambito di una fattiva ed effettiva collaborazione interistituzionale;

33) a prevedere adeguati stanziamenti e programmi volti alla formazione del personale coinvolto nel contrasto alla violenza di genere;

34) a rafforzare le politiche volte a garantire la piena parità di genere nel mondo del lavoro e a mettere in campo iniziative per incrementare l'occupazione femminile, obiettivi fondamentali per la liberazione delle donne dalla violenza;

35) a valutare l'opportunità di adottare iniziative specifiche per eliminare la violenza on-line, comprese le molestie on-line e l'istigazione all'odio verso le donne;

36) nel quadro del rafforzamento delle misure volte a prevenite e contrastare la violenza nei confronti delle donne, a definire il nuovo Piano d'azione nazionale contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani e ad adottare iniziative per stanziare le risorse necessarie per la protezione delle vittime;

37) sempre nell'ambito dello sviluppo degli strumenti più efficaci per prevenire e contrastare la violenza contro le donne, a proseguire nell'attività di costante monitoraggio e controllo della diffusione delle armi per uso di difesa personale, nonché a valutare l'opportunità di continuare ad assicurare che alla detenzione legittima di un'arma corrisponda una tempestiva ed efficace comunicazione ai familiari, ai conviventi maggiorenni, anche diversi dai familiari, compreso il convivente more uxorio;

38) ad adottare le iniziative necessarie volte a rafforzare le tutele per i figli rimasti orfani a seguito di un crimine domestico;

39) a proseguire e rafforzare progetti e protocolli delle Prefetture, delle Questure e delle Associazioni dedicati agli uomini maltrattanti coinvolgendoli e avviandoli a percorsi di cambiamento e di assunzione di responsabilità circa i loro maltrattamenti fisici, psicologici, economici, sessuali, offensivi, intimidatori nei confronti delle donne;

40) a proseguire nelle iniziative per verificare i costi economici e sociosanitari della violenza, nonché procedere alla raccolta dei dati relativi agli omicidi di donne con motivazione di genere;

41) a valutare l'opportunità di adottare opportune misure di esenzione sanitaria per le prestazioni collegate alla violenza subita e a prevedere un possibile rimborso delle spese legate al percorso psicologico che le donne dovranno intraprendere;

42) ad adottare tutte le iniziative possibili e ad utilizzare tutti gli strumenti diplomatici necessari, d'intesa con la comunità internazionale al fine di tutelare il futuro delle donne nel Paese e di dare la possibilità a chi rischia la vita di andarsene, anche dando seguito all'appello per la tutela delle donne in Afghanistan prodotto in occasione della Conferenza G20 sull'empowerment femminile.
(1-00544) (Nuova Formulazione) «Polidori, Annibali, Ascari, Bologna, Serracchiani, Tateo, De Lorenzo, Gebhard, Bellucci, Spessotto, Davide Aiello, Alaimo, Albano, Bignami, Anzaldi, Avossa, Azzolina, Bagnasco, Baldini, Baldino, Baratto, Bazoli, Benamati, Bendinelli, Berlinghieri, Berardini, Biancofiore, Bisa, Boccia, Boldrini, Bonafede, Bonomo, Bordo, Enrico Borghi, Boschi, Braga, Brambilla, Brescia, Bruno Bossio, Bucalo, Buratti, Butti, Caiata, Campana, Cantini, Carla Cantone, Cappellani, Carè, Carelli, Carnevali, Caretta, Caso, Casu, Cataldi, Maurizio Cattoi, Cavandoli, Ceccanti, Cenni, Ciaburro, Ciagà, Ciampi, Cirielli, Colaninno, Corneli, Davide Crippa, Critelli, D'Attis, D'Ettore, Dal Moro, D'Alessandro, Dall'Osso, D'Arrando, De Carlo, De Filippo, De Girolamo, De Luca, De Maria, De Menech, De Micheli, De Toma, Deidda, Del Barba, Del Basso De Caro, Delmastro Delle Vedove, Della Frera, Delrio, Di Giorgi, Marco Di Maio, Di Sarno, Dieni, Donzelli, Dori, D'Orso, Fassino, Ferraresi, Ferri, Ferro, Fiano, Fornaro, Foscolo, Foti, Fragomeli, Frailis, Frassinetti, Fregolent, Gadda, Gagliardi, Galantino, Gariglio, Gemmato, Giordano, Giuliano, Giorgis, Gribaudo, Incerti, La Marca, Labriola, Lacarra, Lattanzio, Lepri, Letta, Lollobrigida, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lucaselli, Lucchini, Madia, Gavino Manca, Mancini, Mantovani, Marattin, Marin, Marrocco, Maschio, Mauri, Mazzetti, Melilli, Meloni, Miceli, Migliore, Migliorino, Mollicone, Montaruli, Osnato, Mor, Morani, Morassut, Moretto, Morgoni, Mugnai, Mura, Murelli, Napoli, Nardi, Navarra, Nitti, Nobili, Occhionero, Orfini, Pagani, Paita, Palmieri, Parisse, Pella, Pellicani, Perantoni, Pettarin, Pezzopane, Piccoli Nardelli, Pini, Pittalis, Pizzetti, Pollastrini, Porchietto, Prestipino, Prisco, Quartapelle Procopio, Raciti, Raffaelli, Rampelli, Ravetto, Prestigiacomo, Ripani, Rizzetto, Rizzo Nervo, Rizzone, Andrea Romano, Rosato, Rossi, Rotelli, Rotondi, Rotta, Ruffino, Giovanni Russo, Saccani Jotti, Saitta, Salafia, Sarti, Sani, Sarro, Schirò, Scutellà, Sensi, Siani, Silli, Rachele Silvestri, Francesco Silvestri, Silvestroni, Soverini, Spadoni, Timbro, Tomasi, Topo, Torromino, Trancassini, Maria Tripodi, Elisa Tripodi, Turri, Ungaro, Varchi, Vazio, Verini, Versace, Vietina, Vinci, Viscomi, Vitiello, Zan, Zardini, Zucconi».

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Ferrari n. 7-00719, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 558 del 6 settembre 2021.

   La IV Commissione,

   premesso che:

    le unità dipendenti dal Comando interforze per le operazioni delle forze speciali, Cofs, – ovvero il 9° Reggimento d'assalto paracadutisti «Col Moschin», il Gruppo operativo incursori del Comsubin, il 17° Stormo incursori dell'Aeronautica militare ed il Gruppo intervento speciale dei carabinieri, componenti il cosiddetto Tier 1 – costituiscono il nucleo della capacità nazionale di risposta alle crisi che coinvolgono i cittadini e gli interessi italiani ovunque vengano posti in pericolo;

    sono alle dipendenze del citato Comando interforze per le operazioni delle forze speciali, COFS due ulteriori unità di Forze speciali: il 185° Reggimento ricognizione e acquisizione obiettivi Rrao RRAO «Folgore» e il 4° Reggimento alpini paracadutisti Ranger, costituenti il cosiddetto Tier 2 e in grado di condurre autonomamente l'intera gamma delle operazioni speciali previste dalla Nato;

    esistono altresì unità orientate e dedicate per il cosiddetto supporto operativo per il supporto operativo alle Forze Speciali: il 3° Reggimento elicotteri per operazioni speciali Reos «Aldebaran»; il Rea (Reparto Elicotteri d'Assalto) della Marina Militare; la 46a Brigata Aerea, il 9° Stormo «Francesco Baracca» ed il 28° reggimento Comunicazioni operative «Pavia»;

    alle unità per il supporto tattico ai reparti di Forze Speciali appartengono, inoltre: n. 1 compagnia del 187° Reggimento Paracadutisti «Folgore»; n. 1 compagnia del 1° Reggimento lagunari «Serenissima»; n. 1 compagnia aeromobile del 66° Reggimento fanteria aeromobile «Trieste»; la compagnia FOS della Brigata di Marina «San Marco»; la compagnia Supporto Tattico alle Operazioni Speciali (STOS) del 17° Stormo Incursori; n. 1 compagnia del 1° Reggimento Carabinieri paracadutisti «Tuscania»;

    la crescente instabilità e fluidità della situazione geopolitica nelle aree di maggior importanza per il nostro Paese e le alleanze di cui fa parte inducono a ritenere probabile l'incremento del ricorso da parte italiana alle capacità di queste forze d'élite di cui l'Italia dispone;

    le modalità con le quali è stato necessario disporre l'evacuazione dei connazionali dall'Afghanistan in seguito all'improvvisa riconquista del potere da parte dei Taliban ha permesso di constatare una volta di più l'importanza di disporre di reparti ad elevatissima prontezza operativa, in grado d'intervenire con preavvisi brevissimi sui teatri più disparati per condurvi missioni ad elevato rischio;

    la preparazione, l'addestramento e il mantenimento in condizioni di elevata prontezza operativa delle unità delle forze speciali esigono la predisposizione di aree ed infrastrutture dedicate, nonché la destinazione di cospicue risorse alle attività di formazione;

    considerazioni analoghe si applicano ai reparti ed alle unità di supporto alle forze speciali, senza i quali le seconde potrebbero non essere nelle migliori condizioni per svolgere le missioni loro assegnate;

    appare, conseguentemente, strategicamente ineludibile reperire al più presto risorse addizionali da stanziare su base pluriennale all'ammodernamento delle infrastrutture logistiche ed operative di cui si servono le forze speciali e le unità che le supportano,

impegna il Governo

a continuare a sostenere il settore, adottando iniziative per reperire e destinare, sin dalla prossima sessione di bilancio pluriennale, le risorse necessarie al potenziamento ed all'ammodernamento delle basi e delle infrastrutture necessarie alla preparazione, all'addestramento ed al mantenimento in condizioni di elevata prontezza operativa dei reparti che costituiscono la punta di lancia delle Forze armate italiane, ovvero le forze per le operazioni speciali e quelle che le supportano.
(7-00719) «Ferrari, Andrea Crippa, Boniardi, Gobbato, Pretto, Fantuz, Piccolo, Lorenzo Fontana, Castiello, Zicchieri, Potenti».

Ritiro di documenti di indirizzo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   mozione Annibali n. 1-00546 del 16 novembre 2021;

   mozione Ascari n. 1-00549 del 19 novembre 2021;

   mozione Bologna n. 1-00550 del 22 novembre 2021;

   mozione Serracchiani n. 1-00553 del 24 novembre 2021;

   mozione Bellucci n. 1-00555 del 24 novembre 2021.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Cancelleri n. 4-10803 del 24 novembre 2021 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-07146.