Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 22 novembre 2021

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    nella XVIII legislatura, il Parlamento ha proseguito nell'adozione di misure volte a contrastare la violenza di genere attraverso il perseguimento di tre obiettivi: prevenzione dei reati, punizione dei colpevoli e protezione delle vittime; in quest'ambito si pone, in particolare, l'approvazione della legge 19 luglio 2019, n. 69 (cosiddetto codice rosso), recante «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere», e l'istituzione, al Senato della Repubblica, della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere;

    ciò nonostante, il tragico fenomeno della violenza sulle donne, uno dei principali meccanismi sociali per mezzo dei quali queste ultime vengono mantenute in condizioni di inferiorità rispetto agli uomini, continua a dilagare nel nostro Paese e desta, ogni giorno di più, particolare allarme sociale;

    la questione viene attenzionata, a più riprese, dall'opinione pubblica e dalle istituzioni, nazionali e sovranazionali, atteso che rappresenta un ostacolo per garantire il principio di autodeterminazione, l'uguaglianza sostanziale, il diritto alla vita e all'integrità psico-fisica, il principio di libertà personale e morale, la sicurezza, l'ordine pubblico e la pace;

    i perduranti e sistemici episodi di violenza sulle donne impediscono di potersi considerare raggiunta la piena emancipazione femminile e derivano da una secolare tradizione di rapporti di forza disuguali fra uomini e donne, basata su concezioni patriarcali e su ruoli sociali stereotipati che, nel ventunesimo secolo, dovrebbero potersi considerare ormai più che superati;

    alle problematicità delle donne che subiscono violenza occorre aggiungere, poi, tutte le criticità con riferimento ai minori che vivono in situazioni di perdurante violenza e delle donne straniere o con disabilità che appartengono a realtà sociali ed economiche svantaggiate;

    talvolta, il pregiudizio e preconcetto secondo cui le donne «provocano la violenza» impedisce la necessaria presa di coscienza della gravità e della delicatezza di questo fenomeno strutturale, che costituisce una vera e propria emergenza sociale;

    pur con la consapevolezza che la violenza sulle donne si combatta soprattutto attraverso un cambiamento culturale, che educhi all'uguaglianza di genere, alla tolleranza e al reciproco rispetto già dall'infanzia, quindi in primis nelle formazioni sociali quali la famiglia e la scuola, appare necessario e doveroso un intervento a sostegno della normativa attualmente in vigore che, come testimoniato dai sempre più frequenti casi drammatici di cronaca nera, non risulta efficace al fine di prevenire episodi di violenza e il verificarsi di drammatici e funesti eventi;

    in particolare, per intervenire in via preventiva, è necessario prevedere misure cautelative efficaci che, alle prime avvisaglie e segnalazioni di violenza, proteggano concretamente la donna e il suo nucleo familiare, oltre a pene severe e certe, posto che la polifunzionalità della pena implica che le stesse debbano avere anche un ruolo deterrente, ossia una funzione intimidatrice nei confronti del profitto criminoso;

    inoltre, non può non segnalarsi che gli interventi legislativi degli ultimi anni hanno condotto ad un aumento esponenziale delle denunce da parte di donne che, anche grazie alle associazioni e ai gruppi di ascolto, vengono accolte e accompagnate nel processo di presa di coscienza che la violenza non è una condizione fisiologica e ordinaria, bensì un male da estirpare;

    ciò nonostante, la denuncia costituisce solo un passo embrionale e di per sé non è risolutiva della problematica; invero, se l'aumento del numero di segnalazioni deve essere interpretato positivamente, non esclude il dovere irrinunciabile delle istituzioni di garantire una protezione costante, effettiva ed efficace alle donne nei confronti di chi le maltratta, offende, sevizia, violenta e tormenta, soprattutto nella fase successiva alla denuncia;

    orbene, la giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite (con la risoluzione n. 54/134 del 17 dicembre 1999), ricorre il 25 novembre;

    sul piano internazionale, la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne (Cedaw, Convention on the elimination all forms of discrimination against women), adottata nel 1979 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite, costituisce il primario riferimento sui diritti delle donne;

    la successiva conferenza mondiale delle Nazioni Unite di Pechino, svoltasi nel 1995, ha segnato un ulteriore passaggio storico-culturale indispensabile, atteso che è stata l'occasione per affermare, in modo solenne, che i diritti delle donne rientrano nel novero dei diritti umani fondamentali e che la violenza di genere è una grave violazione degli stessi che i Governi hanno il compito di perseguire;

    il legislatore italiano, anche sulla scorta degli interventi a livello internazionale, con la legge 15 febbraio 1996, n. 66, recante «Norme contro la violenza sessuale», ha novellato il codice penale, introducendo gli articoli 609-bis-609-decies e sancendo che gli atti di violenza sessuale rappresentano non dei meri reati contro la moralità pubblica ed il buoncostume, ma reati contro la persona;

    nel 2000, la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (cosiddetta Carta di Nizza) ha ribadito la parità di genere per il tramite dell'articolo 23, recante «Parità tra donne e uomini», secondo cui: «La parità tra donne e uomini deve essere assicurata in tutti i campi, compreso in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione. Il principio della parità non osta al mantenimento o all'adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato»;

    il decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, recante «Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori», ha introdotto una nuova fattispecie di reato, segnatamente l'articolo 612-bis del codice penale, rubricato «Atti persecutori», in virtù del quale si punisce con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante o grave stato di ansia o di paura, ovvero di ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria, di un prossimo congiunto o di una persona al medesimo legata da una relazione affettiva, o, da ultimo, lo costringa ad alterare le proprie abitudini di vita; si prevede, inoltre, un aumento di pena qualora il fatto sia commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa, posto che, come noto, nella maggioranza dei casi il molestatore e potenziale aguzzino vive proprio tra le mura domestiche;

    ebbene, a fondamento del reato di stalking di cui all'articolo 612-bis del codice penale può ravvisarsi la ratio di tutelare la libertà morale della persona offesa, intesa quale facoltà di ogni persona di potersi autodeterminare liberamente, ed è sintomatico delle molteplici forme che la violenza può assumere, posto che essa si modula su più livelli e il femminicidio si inquadra in quello più grave, l'unico che giunge all'attenzione dell'opinione pubblica; nondimeno, dovrebbe focalizzarsi l'attenzione proprio su quelle manifestazioni quotidiane di violenza che potenzialmente ben potrebbero sfociare in un atto estremo e su cui occorre intervenire tempestivamente e preventivamente per evitare un epilogo drammatico;

    l'attenzione alla diversa modulazione con cui può presentarsi la violenza di genere è prevista ulteriormente nel decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, recante «Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province», in attuazione della Convenzione di Istanbul, approvata dal Comitato dei ministri dei Paesi aderenti al Consiglio d'Europa il 7 aprile 2011, la quale ha impegnato gli Stati firmatari alla prevenzione e al contrasto delle violenze contro le donne, grave forma di discriminazione;

    per il tramite del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, è stata prevista la modifica di alcune disposizioni del codice penale e del codice di procedura penale ed è stato precisato che, per violenza domestica, debbano intendersi uno o più atti, gravi ovvero non episodici, di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all'interno della famiglia o del nucleo familiare o tra persone legate, attualmente o in passato, da un vincolo di matrimonio o da una relazione affettiva, indipendentemente dal fatto che l'autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima;

    inoltre, la legge de qua ha previsto che: «Il Ministro delegato per le pari opportunità, anche avvalendosi del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità (...) elabora, con il contributo delle amministrazioni interessate, delle associazioni di donne impegnate nella lotta contro la violenza e dei centri antiviolenza, e adotta (...) un “Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere” (...) con l'obiettivo di garantire azioni omogenee nel territorio nazionale»;

    il Piano di cui trattasi, la cui approvazione, con riferimento al periodo 2021-2023, è attesa di qui a breve, persegue molteplici obiettivi, tra cui, a titolo esemplificativo e non esaustivo, quello di: prevenire il fenomeno della violenza contro le donne attraverso l'informazione e la sensibilizzazione della collettività; promuovere un'adeguata formazione del personale della scuola alla relazione e contro la violenza e la discriminazione di genere; sensibilizzare gli operatori dei settori dei media per la realizzazione di una comunicazione e informazione rispettosa della rappresentazione di genere; garantire la formazione di tutte le professionalità che entrano in contatto con fatti di violenza di genere o di stalking; accrescere la protezione delle vittime attraverso il rafforzamento della collaborazione tra tutte le istituzioni coinvolte; definire un sistema strutturato di governance tra tutti i livelli di governo, che si basi anche sulle diverse esperienze e sulle buone pratiche già realizzate nelle reti locali e sul territorio;

    per completezza, occorre precisare che la parità di genere, prima che nelle fonti legislative primarie, è garantita a livello costituzionale; invero, la Costituzione, per il tramite dell'articolo 3, sancisce il diritto di uguaglianza senza alcuna distinzione in base al sesso; tale divieto, posto a tutela sia dell'uomo che della donna, trova diretta applicazione nell'ambito della famiglia – fondata sul principio dell'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi di cui all'articolo 29 –, nei rapporti di lavoro – stante il riconoscimento della parità di trattamento tra lavoratori di sesso diverso di cui all'articolo 37, primo comma –, nonché nelle previsioni dell'accesso agli uffici pubblici ed alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza di tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso di cui all'articolo 51;

    altresì, può osservarsi che il principio della parità di genere è attenzionato e deve essere promosso a più livelli, anche dalle autonomie locali, dato che l'articolo 117, settimo comma, della Costituzione precisa che: «le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisca la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra uomini e donne alle cariche elettive»;

    parimenti, l'articolo 14 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, recante «Divieto di discriminazione», precisa che il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla Convenzione debba assicurarsi senza alcuna discriminazione fondata, tra le altre, sul sesso, come richiamato anche dall'articolo 5 del Protocollo n. 7 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali secondo cui deve riconoscersi l'uguaglianza di diritti e di responsabilità tra coniugi;

    da ultimo, il 16 settembre 2021, il Parlamento europeo ha provveduto all'adozione della risoluzione, recante «Riconoscimento della violenza di genere come nuova fattispecie di reato fra i reati di cui all'art. 83, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea», prevedendo che costituisce un compito e un impegno dell'Unione europea e, quindi, di tutti gli Stati membri, combattere i crimini di genere; la loro introduzione nell'articolo 83 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea quali «euro-crimes» rappresenta un passo in questa direzione volta a debellare un fenomeno transnazionale diffuso su scala mondiale;

    pertanto, è evidente che a mancare non sia tanto l'attenzione delle istituzioni al tema o le tutele legali sul piano strettamente formale, data la presenza di molteplici fonti nazionali e sovranazionali che, nei diversi ambiti di intervento, dispongono l'uguaglianza di genere, quanto piuttosto tutele operative, concrete e sostanziali, adottate sinergicamente in base ad un piano che operi sistematicamente e a più livelli, partendo dal territorio;

    invero, dall'ultimo rapporto Istat del 17 maggio 2021 circa «Le richieste di aiuto durante la pandemia. I dati dei centri antiviolenza, delle case rifugio e delle chiamate al 1522» si desume che, durante l'emergenza epidemiologica causata dal virus Sars-CoV-2, le chiamate effettuate al numero 1522 contro la violenza e lo stalking sono aumentate del 79,5 per cento rispetto all'anno precedente: nel 2020 se ne sono registrate ben 15.128 contro le 8.427 del 2019;

    in merito, molti studiosi e stakeholders hanno parlato di una emergenza nell'emergenza: UN Women, l'ente delle Nazioni Unite per l'uguaglianza di genere, ha ravvisato una emergenza-ombra legata alla pandemia (shadow pandemic) o, ancora, una crisi nascosta (shadow crisis);

    dalla «Relazione sui dati riguardanti la violenza di genere e domestica nel periodo di applicazione delle misure di contenimento per l'emergenza da COVID-19», approvata nella seduta del 1° luglio 2021 dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, è emerso quanto segue: «L'emergenza epidemiologica da COVID-19 e le misure di contenimento adottate hanno avuto delle innegabili ripercussioni anche sul piano della violenza basata sul genere, soprattutto in ambito domestico (...). Nel periodo gennaio-maggio 2020 rispetto all'analogo periodo dell'anno precedente le vittime donne aumentano con riguardo alla violenza sessuale e all'omicidio (...). Dall'analisi dei dati è evidente che, se da un lato le limitazioni alla libertà di circolazione delle persone hanno determinato una significativa riduzione (in alcune settimane addirittura un dimezzamento) del numero di reati di stalking e di violenze sessuali, in quanto reati legati alla vita di relazione delle vittime e il più delle volte commessi da soggetti che non convivono con la vittima, dall'altro, è evidente che tale riduzione non si è rilevata per la violenza domestica (...)»; invero il periodo di lockdown ha determinato la difficoltà, talvolta impossibilità, di molte donne di denunciare le violenze, anche meramente con una telefonata al 1522, il numero gratuito antiviolenza;

    l'evidenza che trattasi di un'emergenza irrisolta è confermata dai dati, seppur ancora parziali, in riferimento all'anno 2021 ancora in corso: attualmente, in base a dati aggiornati al 14 novembre 2021, emerge che il numero di donne uccise dall'inizio dell'anno solare è pari a 103, numero a cui vanno aggiunte le migliaia di segnalazioni e denunce di molestie e violenze e, ancor più degni di nota e attenzione, gli episodi di violenza sommersa,

impegna il Governo:

1) a considerare la lotta contro la violenza quale priorità del Governo, coerentemente con le disposizioni nazionali, europee ed internazionali di riferimento;

2) ad adottare iniziative volte a individuare percorsi idonei per trasmettere un'educazione alla parità di genere alle generazioni presenti e future, a partire dall'età infantile, e poi adolescenziale e adulta, nell'ambito familiare, scolastico, universitario, lavorativo e sociale, al fine di garantire una cultura del rispetto dei diritti umani fondamentali;

3) a promuovere campagne di informazione e sensibilizzazione sulla violenza di genere per il tramite dei principali canali di comunicazione e dei social media;

4) ad adottare iniziative per realizzare quanto necessario per rendere effettivi ed efficaci gli strumenti previsti dall'ordinamento penale su tutto il territorio nazionale, al fine di arginare e prevenire gli episodi di violenza di genere, con interventi operativi e concreti da parte delle istituzioni e della comunità tutta in sinergia con le forze dell'ordine;

5) a provvedere, quanto prima, all'approvazione del Piano nazionale antiviolenza con riferimento al periodo 2021-2023;

6) ad adottare iniziative volte a sostenere le donne vittime di violenza e le loro famiglie, quali eventuali figli rimasti orfani o privi di figure genitoriali di riferimento, considerando un ampliamento delle risorse destinate al Fondo per le pari opportunità, al Fondo per le vittime di reati intenzionali violenti, al Fondo antitratta;

7) ad adottare iniziative per potenziare le forme di assistenza e di sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli attraverso modalità omogenee di rafforzamento della rete dei servizi territoriali, dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza alle donne vittime di violenza;

8) ad adottare iniziative per sostenere progetti e protocolli delle prefetture, delle questure e delle associazioni dedicati agli uomini maltrattanti, coinvolgendoli e avviandoli a percorsi di cambiamento e di assunzione di responsabilità del loro maltrattamento fisico, psicologico, economico, sessuale e di stalking verso le donne e i figli;

9) a considerare la violenza di genere quale evento sistemico che riguarda anche gli uomini, seppure fenomeno di minor rilevanza, soprattutto con riferimento a particolari contesti di vulnerabilità, quali quelli riguardanti minori, stranieri, uomini con disabilità e detenuti.
(1-00550) «Bologna, Marin, Mugnai, Baldini, Vietina, Silli, D'Ettore, Baratto, Parisse, Rizzone, Della Frera, Berardini, De Girolamo, Biancofiore, Carelli, Ripani, Napoli, Ruffino, Gagliardi, Pettarin, Dall'Osso, Pedrazzini, Cosimo Sibilia».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della transizione ecologica, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   la manifattura italiana del vetro occupa circa 30.000 dipendenti diretti e altrettanti nell'indotto e si colloca al secondo posto in Europa;

   Assovetro riunisce 27 aziende di fabbricazione del vetro sulle 32 presenti in Italia, oltre a 41 aziende di trasformazione, tutte al servizio di numerosi settori strategici, tra cui le costruzioni, le infrastrutture, l'automotive e i trasporti, l'alimentare, la farmaceutica, la cosmetica e altro;

   l'industria del vetro è ad alta intensità di energia; i costi energetici rappresentano circa il 30 per cento del totale e il processo è a ciclo continuo;

   come noto, i mercati dell'energia stanno affrontando una situazione di crisi, registrando aumenti dei prezzi anche di 4-5 volte; in Italia si riscontra addirittura un aumento del differenziale di prezzo rispetto ai maggiori competitor europei (+50 per cento del costo energia elettrica rispetto alla Francia e alla Germania); il prezzo delle quote dei permessi di emissione è decuplicato da inizio anno, con effetti diretti e indiretti sul prezzo dell'elettricità e sui costi di trasporto delle materie prime, come nel caso del trasporto della sabbia della Sardegna;

   il perdurare della situazione rischia di essere fatale per l'industria del vetro: fermare gli impianti comporterebbe il loro disfacimento con riduzione della capacità produttiva nazionale, interruzione della catena di fornitura, aumento della dipendenza dall'estero e perdita non recuperabile di occupazione;

   le molteplici normative europee del «Fit for 55» in corso di definizione aggiungono incertezza circa la sostenibilità delle produzioni, con il conseguente rallentamento degli investimenti a lungo termine in nuove tecnologie ed efficienza energetica;

   è necessario affiancare agli interventi in corso di definizione a livello europeo, iniziative a livello nazionale, sul mercato del gas naturale per favorire una maggiore liquidità e abbassare il prezzo (ormai sopra quota 90 euro/MWh) e sul mercato dell'energia elettrica, allo scopo di ridurre il gap con altri Paesi europei;

   il repentino aumento dei prezzi sta comportando, inoltre, problemi di gestione dei contratti di fornitura e dei rapporti consumatore/fornitori;

   a margine della riunione COP26, il Presidente del Consiglio dei ministri, Mario Draghi, ha dichiarato che «nel lungo periodo dobbiamo essere consapevoli che le energie rinnovabili possono avere dei limiti» e che Stati Uniti ed Europa hanno annunciato la firma di uno storico accordo che prevede di limitare le emissioni di metano del 30 per cento rispetto del decennio (sono 105 in totale i Paesi che hanno sottoscritto l'impegno);

   le produzioni a ciclo continuo del vetro non possono beneficiare delle misure di interrompibilità elettrica e gas al contrario di altri settori industriali, né del rimborso dei costi indiretti ETS;

   in molti Paesi europei vigono strumenti che consentono di calmierare il prezzo dei vettori energetici: ad esempio, in Francia, i primi 100 TWh di energia elettrica (praticamente la produzione da nucleare) è ceduta a 42 euro/MWh, prezzo fisso e stabilito dal regolatore –:

   se e quali iniziative di competenza, anche normative, il Governo intenda adottare per contrastare l'eccezionale rincaro del prezzo del gas e dell'energia elettrica che sta mettendo in ginocchio l'industria del vetro e che potrebbe causare la perdita di decine di migliaia di posti di lavoro e il massiccio ricorso alla cassa integrazione, nonché la perdita definitiva di una rilevante parte della capacità produttiva italiana;

   se non ritenga opportuno adottare specifiche e urgenti iniziative di competenza per alleviare il rincaro del prezzo del gas naturale, con particolare riguardo all'offerta di gas degli stoccaggi strategici ad un prezzo amministrato, all'aumento dell'import da Paesi limitrofi come l'Algeria, dedicato ai settori manifatturieri, alle garanzie pubbliche su contratti a lungo termine a protezione di improvvisi aumenti del costo del vettore energetico per conferire stabilità ai prezzi del gas naturale e, di conseguenza, dell'energia elettrica;

   se non ritenga opportuno e urgente adottare iniziative per prevedere degli strumenti per limitare il prezzo della CO2 per le industrie sottoposte al meccanismo ETS e per alleviare il costo della stessa sul prezzo dell'energia elettrica, in considerazione della natura speculativa di tali aumenti;

   se non ritenga necessario adottare iniziative affinché la produzione incentivata e immessa in rete di energia elettrica da fonte rinnovabile possa contribuire a ridurre l'aumento del prezzo, anche attraverso la collocazione della stessa ad un prezzo che ne rifletta i reali costi di produzione;

   se e come intenda tutelare l'industria del vetro italiana, accompagnandola nella transizione energetica e nel raggiungimento degli ambiziosi obiettivi di azzeramento delle emissioni climalteranti, nella considerazione che essa è tra le più efficienti in Europa e nel mondo;

   se e quali iniziative siano allo studio del Governo per introdurre misure strutturali per la riforma dei mercati dell'energia, lo sviluppo di offerta di energia rinnovabile e di gas verdi dedicati all'industria del vetro e per la decarbonizzazione del settore produttivo del vetro.
(2-01376) «Lucaselli, Lollobrigida».

Interrogazioni a risposta scritta:


   ENRICO BORGHI e SENSI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la Hangzhou Hikvision Digital Technology Co., Ltd., nota come Hikvision, è un produttore cinese di sistemi e prodotti di videosorveglianza e tra i più grandi fornitori al mondo nel suo settore; è presente, infatti, in 150 Paesi, dislocati nei sei continenti. L'azienda, fondata nel 2001, ha sede a Hangzhou, nella Repubblica popolare cinese. Il pacchetto di maggioranza azionaria dell'azienda è di proprietà del Governo cinese;

   in un documento del Parlamento europeo si afferma: «Hikvision è stata accusata di fornire apparecchiature di sorveglianza ai campi di internamento ...esiste un rischio inaccettabile che Hikvision, attraverso le sue operazioni nello Xinjiang, contribuisca a gravi violazioni dei diritti umani; ricorda che il Parlamento ha assegnato il premio Sacharov per la libertà di pensiero 2019 a Ilham Tohti per i suoi sforzi volti a proteggere i diritti della popolazione uigura in Cina; ritiene pertanto inaccettabile l'uso di telecamere termiche di questo fornitore nei locali del Parlamento; invita il Segretario generale a rescindere il contratto con Hikvision e a rimuovere tutte le telecamere termiche di tale azienda dai locali del Parlamento; sottolinea la necessità che l'Ufficio di presidenza sia più prudente nella selezione dei fornitori di apparecchiature in futuro» (Decisione del Parlamento europeo del 28-aprile 2021 sul discarico per l'esecuzione del bilancio generale dell'Unione europea per l'esercizio 2019, sezione I – Parlamento europeo (2020/2141(DEC));

   in Italia Hikvision opera con successo, attraverso una sua filiale, partecipando a moltissime procedure per gare di appalto della pubblica amministrazione;

   da una ricerca condotta sul sito web Shodan, portale di ricerca che indicizza dati relativi ai sistemi esposti sulla rete internet, sarebbero migliaia, nel dominio cibernetico italiano, i dispositivi Hikvision esposti in rete. Un numero restituito certamente ridotto rispetto al numero effettivo di dispositivi presenti in Italia, in quanto il dato non contempla le reti chiuse;

   oltre mille telecamere della multinazionale cinese Hikvision sorveglierebbero le sale intercettazioni delle procure italiane, come raccontato in una inchiesta della rivista Wired;

   sistemi di videosorveglianza e di controllo degli accessi della Hikvision risultano essere stati installati anche presso la sede del Governo a Palazzo Chigi;

   il dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha pubblicato un elenco di venti società cinesi – tra le quali la Hikvision – accusate di intrattenere stretti legami con l'Esercito popolare di liberazione. Si tratta di «entità possedute, controllate o affiliate al governo, all'industria militare o alla difesa della Cina», si legge nel documento del Pentagono;

   gli apparati dell'azienda cinese poggerebbero su sistemi di tipo cloud, circostanza che, in assenza di opportune misure di sicurezza cyber, esporrebbe i dati al rischio di acquisizione e di analisi da remoto, favorendone il riprocessamento, la gestione e la comunicazione, anche in tempo reale; in considerazione dell'accresciuta esposizione alle minacce cibernetici, sono state adottate nel nostro ordinamento diverse disposizioni al fine di assicurare un livello elevato di sicurezza delle reti, dei sistemi informativi e dei servizi informatici delle amministrazioni pubbliche, nonché degli enti e degli operatori nazionali, pubblici e privati, attraverso l'istituzione di un perimetro di sicurezza nazionale cibernetica e la previsione di misure volte a garantire i necessari standard di sicurezza rivolti a minimizzare i rischi –:

   se il Governo ritenga l'attività dell'azienda di cui in premessa pienamente compatibile con i necessari standard di sicurezza nazionale.
(4-10769)


   SAITTA, CANCELLERI, RAFFA, ALAIMO, D'ORSO, GIARRIZZO, PAPIRO, D'UVA e MARTINCIGLIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   tra la fine del mese di ottobre e l'inizio del mese di novembre del 2021, la Sicilia è stata devastata da una eccezionale ondata di maltempo che ha causato disagi e danni;

   i nubifragi e gli eventi estremi hanno interessato soprattutto le province di Agrigento, Trapani, Siracusa, Ragusa e Catania;

   gli intensi nubifragi che hanno colpito la Sicilia Orientale hanno riguardato, in particolare, le zone della Piana di Catania, danneggiando pesantemente le produzioni, le strutture aziendali e le infrastrutture;

   gli eventi più devastanti si sono registrati a Scordia, in provincia di Catania, dove in circa 6 ore sono caduti 360 millimetri d'acqua e dove i torrenti che attraversano il territorio scordiense hanno esondato sulle strade provinciali e nei campi di agrumi;

   secondo Coldiretti «questi eventi sono le conseguenze dei cambiamenti climatici con una tendenza alla tropicalizzazione che sfocia con grandine di maggiori dimensioni, una più elevata frequenza di manifestazioni violente, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi e intense ed il rapido passaggio dal sole al maltempo, che compromettono anche le coltivazioni nei campi con costi stimati che hanno già superato i due miliardi nel 2021 tra perdite della produzione agricola nazionale e danni alle strutture e alle infrastrutture nelle campagne»;

   così come avvenuto con le alluvioni del 2018, le aree della Piana di Catania si sono allagate senza che siano state messe in atto azioni di tutela;

   l'alluvione che ha colpito la Sicilia nel 2018 aveva già fatto emergere diverse criticità per ciò che riguarda la gestione idrica del territorio, la manutenzione e le problematiche legate all'innalzamento degli alvei dei fiumi che mette a rischio la tenuta degli argini, con grave pericolo per l'agricoltura locale;

   con la legge di bilancio 2019 e con il piano «Proteggi Italia» sono state stanziate le risorse per la Protezione civile regionale al fine di attuare la ricostruzione e il risanamento dei danni ma, a oggi, non tutte le somme risultano spese; di alcuni cantieri non si ha contezza dello stato dei lavori, mentre altri cantieri non sono stati addirittura avviati;

   l'alluvione del 2018 ha causato diversi danni nella provincia di Catania e, in particolare, nel territorio di Scordia dove, nel 2019, sono stati svolti specifici interventi per il contrasto al dissesto idrogeologico da parte del genio civile, quale soggetto attuatore, per milioni di euro;

   lavori che, tuttavia, non hanno resistito alle recenti alluvioni e, in taluni casi, non hanno neanche mitigato i danni inferti al territorio interessato;

   a titolo di esempio non esaustivo risulta che la realizzazione di alcune opere quali il rifacimento degli argini e il consolidamento del versante in frana idraulica del torrente Cava, in corrispondenza della viabilità di accesso aree urbanizzate in contrada Montagna, per importo pari ad euro 260.000,00 e il rifacimento del tratto di alveo del torrente Cava, in corrispondenza della viabilità di accesso aree urbanizzate in contrada Montagna, per importo parti ad euro 260.000,00, risultano ad oggi danneggiate o compromesse;

   le ingenti spese per il completamento di lavori sono risultate insufficienti e inefficaci per tutelare il territorio e, altresì, non si conosce il totale degli interventi che devono essere ancora realizzati –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti descritti;

   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di porre rimedio agli eventuali ulteriori danni causati dai ritardi nel completamento dei lavori per il contrasto al dissesto idrogeologico, anche promuovendo, per quanto di competenza, verifiche da parte del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente.
(4-10777)

CULTURA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MOLLICONE. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   gli effetti economici della pandemia hanno profondamente colpito le imprese dello spettacolo dal vivo, emergenza di cui va sottolineato il carattere di eccezionalità;

   nei provvedimenti cosiddetti «Cura Italia», «Sostegni» e «Ristori» sono state introdotte forme eterogenee di sostegno volte a sostenere la cultura e lo spettacolo dal vivo durante la crisi derivante dalle chiusure;

   Contemporaneamente, le imprese dello spettacolo dal vivo hanno avuto accesso ai finanziamenti del Fondo unico dello spettacolo (Fus), principale sistema di contribuzione pubblica del settore;

   risulterebbe all'interrogante la richiesta, da parte del Ministero della cultura, di restituzione dei «ristori» per accadere agli stanziamenti del Fus e, in molti casi, la sottrazione dall'entità dei finanziamenti Fus dei «ristori» concessi, situazione che rischierebbe di aggravare le difficoltà delle imprese dello spettacolo dal vivo, in particolare più di 100 soggetti assegnatari che hanno già denunciato la vicenda –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali necessarie iniziative intenda adottare, con urgenza, al fine di evitare questa grave situazione di discriminazione.
(5-07116)

Interrogazione a risposta scritta:


   ORFINI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   nel 2009 una composita comunità di persone provenienti da diverse parti del mondo, in un'area da tempo abbandonata ed inutilizzata che aveva ospitato negli anni '80 un salumificio Fiorucci situata a ridosso del quartiere di Tor Sapienza a Roma, ha dato vita all'esperienza di rigenerazione urbana Metropoliz_città meticcia, trasformando lo spazio in un museo abitato;

   oggi, il Maam, Museo dell'Altro e dell'Altrove di Metropoliz_città meticcia ospita oltre 600 opere site-specific realizzate da artisti italiani ed internazionali, tra i quali Veronica Montanino Michelangelo Pistoletto, Gian Maria Tosatti, Gianfranco Notargiacomo, Mauro Cuppone, Eduardo Kobra, Gonzalo Borondo, Sten & Lex;

   gli oltre 60 nuclei familiari che abitano Metropoliz si occupano della cura costante dello spazio e delle opere, oltre che delle iniziative di rilevanza sociale e culturale che si svolgono in esso, con il coinvolgimento del territorio circostante e di una comunità molto estesa;

   la presenza delle opere d'arte costituisce un ulteriore stimolo alla cooperazione, alla solidarietà, alla coesione della comunità in un processo di scambio ed acquisizione identitaria tra abitanti, esperienze artistiche, opere e cittadini;

   il valore e l'eccezionalità dell'esperienza del Metropoliz_città meticcia e del Maam hanno coinvolto un'ampia comunità di artisti, attivisti, ricercatori universitari, personalità della cultura ed istituzioni che sostiene da anni il museo abitato e sono state oggetto di documentari, studi e ricerche universitarie, come dimostra una vasta bibliografia italiana ed internazionale;

   Metropoliz_città meticcia e Maam hanno ispirato film e documentari e l'esperienza è stata raccontata in varie circostanze istituzionali, tra le quali – da ultimo – la Biennale Architettura di Venezia 2021, ospite del Padiglione Italia;

   la sopravvivenza del museo abitato di Metropoliz_città meticcia è a rischio a causa della volontà del proprietario dell'area di rientrarne in possesso per valorizzare il suo investimento attraverso l'abbattimento del manufatto e l'edificazione di una nuova struttura che non intende tenere conto dell'esperienza del museo abitato, né dei suoi abitanti e del suo valore culturale e sociale;

   già nell'ottobre del 2018, l'allora assessore alla crescita culturale di Roma Capitale scriveva all'allora Onorevole Ministro dei beni e delle attività culturali per portarlo a conoscenza del valore culturale dell'esperienza del museo abitato e della necessità di preservarlo e salvaguardarlo, trovando una soluzione adeguata;

   l'esperienza dell'unico museo abitato al mondo riveste un interesse generale per il valore artistico delle opere che contiene, per la comunità che lo anima, per la funzione sociale e culturale che svolge, in modo pienamente corrispondente a quanto dispone la seconda parte dell'articolo 42 della Costituzione italiana: «la proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d'interesse generale» –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda mettere in atto per salvaguardare l'esperienza artistica e culturale di Metropoliz_città meticcia e del Maam, museo dell'altro e dell'altrove.
(4-10770)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   CENTEMERO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la direttiva 2004/109/CE ha previsto l'obbligo, per le società quotate nei mercati regolamentati dell'Unione europea, di pubblicare la propria relazione finanziaria annuale in un formato elettronico unico di comunicazione;

   in attuazione della direttiva Transparency, il regolamento (CE) 2019/815 del 17 dicembre 2018 (cosiddetto regolamento Esef – European Single Electronic Format) ha imposto alle società quotate nei mercati regolamentati UE l'obbligo di redigere la relazione finanziaria nel formato Xhtml e di marcare i bilanci consolidati Ifrs contenuti in tale relazione utilizzando il linguaggio di marcatura Xbrl. Tale strumento rappresenta un'importante innovazione nel sistema di reporting economico-finanziario e mira a ottenere una sostanziale comparabilità a livello comunitario, nonché una maggiore trasparenza dei rapporti finanziari. L'obbligo di pubblicare la relazione finanziaria annuale in formato Esef avrebbe dovuto originariamente applicarsi a partire dall'esercizio finanziario avente inizio il 1o gennaio 2020;

   in considerazione della crisi pandemica da COVID-19 e al fine di concedere agli emittenti un periodo di tempo ragionevole per adattarsi all'utilizzo della nuova tecnologia, il Parlamento europeo e il Consiglio, hanno disposto la proroga di un anno dell'entrata in vigore del regolamento Esef. Tale proroga è stata recepita nell'ordinamento italiano con la legge di conversione del decreto-legge n. 183 del 2020, che ha previsto, all'articolo 3, comma 11-sexies, l'applicazione delle citate disposizioni alle relazioni finanziarie annuali relative agli esercizi avviati a decorrere dal 1o gennaio 2021;

   è inoltre prevista l'adozione da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, sentita la Consob, di un apposito principio di revisione in relazione all'obbligo dei revisori legali degli emittenti di esprimersi sulla conformità al regolamento Esef del progetto di bilancio d'esercizio e del bilancio consolidato, compresi nella relazione finanziaria annuale. Infine, si prevede la delega regolamentare alla Consob delle eventuali disposizioni necessarie per l'attuazione della nuova disciplina;

   a parere dell'interrogante, è di cruciale importanza che il Ministero dell'economia e delle finanze e la Consob definiscano quanto prima le modalità applicative della disciplina; i tempi sono stretti, anche in considerazione del fatto che alcune tra le principali società emittenti provvedono usualmente ad approvare il progetto di bilancio già nel corso del mese di febbraio –:

   quale sia lo stato di attuazione del regolamento Esef di cui in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di garantire l'implementazione dell'articolata normativa summenzionata sì da consentire agli operatori del settore di avere tempi congrui per adeguarsi alle nuove disposizioni in materia.
(4-10773)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   CORDA, TRANO, SPESSOTTO e APRILE. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il signor Rizzi Enrico, noto attivista trapanese per la tutela degli animali e per la lotta contro gli abusi sugli animali, amministratore della onlus «Nucleo operativo Tutela Animali» veniva indagato per il reato di cui all'articolo 595, comma 3, codice penale, per aver denunciato a mezzo Facebook un caso di maltrattamento di animale di cui all'articolo 544-ter del codice penale;

   nella fattispecie, il Rizzi pubblicava sul profilo Facebook della onlus impegnata nella difesa degli animali «Nucleo operativo Tutela Animali», di cui è amministratore, la foto di un pastore che si ritraeva nel mentre trasportava una pecora in spalla con le zampe legate a mo’ di borsa e con inciso, con spray sul corpo dell'animale, la scritta «Carpisa», nota azienda produttrice di borse;

   in altra occasione, nel corso di un intervento per far rilevare il maltrattamento di un animale tenuto a catena ed in evidente stato di malnutrizione restava vittima di una violenta aggressione. Il detentore dell'animale ed i suoi familiari, complici della brutale aggressione nei confronti del Rizzi e di due agenti della polizia locale di Trapani, lo citavano in giudizio per ottenere la rimozione del video che riprendeva le violenze;

   in entrambi i casi il Rizzi veniva condannato dal tribunale di Trapani. In particolare, nel procedimento civile (R.G. n. 1382/21) ex articolo 700 Cpc non solo al Rizzi veniva ordinato di rimuovere dei video – già rimossi – inizialmente pubblicati sul social network Facebook, ma veniva condannato anche a pagare una esorbitante somma per spese legali ben oltre i parametri di cui al decreto ministeriale n. 55 del 2014;

   gli episodi denotano quanto nell'ordinamento italiano la violenza sugli animali sia, di fatto, scarsamente punita soprattutto per l'esiguità delle sanzioni previste per i reati e gli illeciti in danno agli animali;

   il titolo IX-bis del codice penale, disciplinante i reati contro il sentimento per gli animali, pone come oggetto della norma penale la tutela non dell'animale, bensì dell'uomo colpito nei sentimenti che prova per l'animale;

   l'animale deve essere qualificato come essere vivente capace di percepire dolore e dotato di una propria sensibilità psicofisica e, pertanto, considerato, in maniera diretta, quale oggetto della tutela penale –:

   se, per quanto di competenza, intendano adottare iniziative volte ad introdurre norme più stringenti e più severe quanto al contrasto della violenza sugli animali.
(4-10771)


   MORRONE e CANTALAMESSA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   si apprende dalla stampa che, nel tardo pomeriggio di martedì 16 novembre 2021 nel carcere di Poggioreale, un detenuto ha dato fuoco alla sua cella rischiando di morire;

   l'uomo è stato salvato grazie all'immediato intervento degli agenti penitenziari di turno;

   questo episodio avviene dopo un altro intervento di qualche mese fa, sempre al carcere di Poggioreale, dove un detenuto 50enne, di origine pugliese, aveva tentato di uccidersi nella sua cella. Anche in questo caso è stato decisivo l'intervento della polizia penitenziaria: gli agenti erano entrati nella cella tagliando il cappio alla finestra con il quale l'uomo, che riportò solo qualche segno sul collo, aveva tentato il suicidio;

   secondo i dati della relazione annuale del 2020 del Garante regionale nella casa circondariale di Poggioreale, si sono registrati 323 atti di autolesionismo, 250 scioperi della fame e/o sete, 467 infrazioni disciplinari, 33 tentativi di suicidio, 2 suicidi e 8 decessi di morte naturale. Per quanto riguarda il primo semestre del 2021 si contano 152 atti di autolesionismo, 1 decesso per cause naturali ed 1 suicidio, 13 tentativi di suicidio sventati in tempo dalla Polizia penitenziaria e 119 colluttazioni;

   Poggioreale è una realtà molto complessa e nonostante gli sforzi messi in atto dai vertici della struttura, oggi conta oltre 2.200 detenuti a fronte di una capienza massima di 1.600, con vari reparti inagibili e in attesa di ristrutturazione. Questo non fa altro che creare ulteriori disagi per un sovraffollamento critico ed emergenziale specie per il periodo epidemiologico che si sta vivendo;

   a tutto ciò si aggiunge una grave carenza di organico per oltre 200 unità nei ruoli in prima linea, carenza di operatori sanitari, di amministrativi, di psicologi e altre figure essenziali per il compimento del mandato istituzionale di un carcere civile;

   nella regione, la carenza di organico (di oltre 1.000 unità) è forte e questo comporta: straordinari obbligatori, accumulo di migliaia di ore di congedo ordinario e quindi inevitabilmente un forte stress lavorativo per il personale di polizia penitenziaria –:

   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda assumere con riguardo a quanto esplicitato nelle premesse al fine di realizzare interventi finalizzati alla risoluzione delle problematiche del carcere di Poggioreale.
(4-10776)

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ SOSTENIBILI

Interrogazioni a risposta scritta:


   DEIDDA. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   l'Ogliastra, regione della Sardegna centro-orientale, è stata più volte definita o considerata, anche dagli stessi residenti, in virtù dell'isolamento dovuto sia ad aspetti geomorfologici che culturali e sociali, un'isola nell'isola o un arcipelago nell'isola;

   la strada statale 125 «Orientale sarda» è l'asse portante su cui passano i flussi commerciali, turistici, economici dell'Ogliastra;

   nella relazione riguardante lo studio sulla pericolosità da frana nel territorio comunale di Baunei (Nuoro) al fine dell'adeguamento del Piano urbanistico comunale (Puc) al Piano paesaggistico regionale (Ppr) e al Piano per l'assetto idrogeologico (Pai) (adottato con deliberazione del Comitato istituzionale dell'Autorità di bacino n. 2 del 25 febbraio 2010), nel 1975 il compartimento dell'Anas di Cagliari registrava movimenti franosi in due sole strade della regione Sardegna, la 125 e la 129. Lungo la strada statale 125 si registravano numerose frane localizzate fra il chilometro 15+000 e il chilometro 202+900 e in particolare una frana interessante l'intera pendice montana fra il chilometro 153+500 e il chilometro 155+900, in prossimità del paese di Baunei;

   recentemente, al pari di tanti eventi simili nel corso degli anni, una frana si è abbattuta sulla 125 «Orientale Sarda» e il tratto interessato è quello che va da Dorgali a Baunei, all'altezza del chilometro 193,194;

   sono intervenuti prontamente i tecnici dell'Anas e le forze dell'ordine che hanno interrotto la circolazione per procedere alla rimozione dei detriti e mettere in sicurezza la parete dalla quale si sono distaccati diversi massi e alberi;

   va considerato il rischio serio di nuovi e concreti episodi franosi, visto che questi appunto non sono infrequenti secondo quanto descritto nella relazione sopra citata;

   è auspicabile, unanimemente che si consideri l'urgenza di predisporre una grande opera di messa in sicurezza della strada statale 125, tra il chilometro 156 e il chilometro 202, anche a valere sui fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto e quali opportune iniziative di competenza intenda adottare al fine di predisporre opere per la messa in sicurezza della strada statale 125, in particolare tra il chilometro 156 e 202.
(4-10774)


   LICATINI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   in alcuni paesi siciliani la presenza di passaggi a livello ferroviari rende poco agevole il traffico veicolare e causa forti disagi alla viabilità;

   risale a circa due anni fa la notizia dell'individuazione di risorse per dare concreta attuazione al Protocollo di intesa sottoscritto tra regione siciliana e Rete ferroviaria italiana, per rendere più veloci i collegamenti stradali in Sicilia, eliminando venti passaggi a livello sulle linee ferroviarie dell'isola, tra cui quello del comune di Santa Flavia sulla tratta Palermo-Messina ubicato al chilometro 15+524;

   l'intervento, infatti, rientra nel perimetro previsto dal Protocollo d'intesa sottoscritto il 13 dicembre 2019, per la realizzazione delle opere di viabilità alternativa;

   con la realizzazione dell'anello ferroviario di Palermo, inoltre, si verificherà un significativo aumento delle corse sulla tratta Palermo-Cefalù, la quale include il transito dal passaggio a livello di Santa Flavia;

   verosimilmente, ci si attende un peggioramento dei disagi già sofferti dalla comunità flavese in termini di viabilità e sicurezza stradale e un ulteriore aggravamento del traffico automobilistico che, già di per sé, provoca frequenti rallentamenti per le strade;

   l'importo economico per la soppressione del passaggio a livello de quo, stimato in 67 milioni di euro nella fase di sottoscrizione del protocollo, potrebbe subire un incremento che ancora, però, non è stato definito a causa di modifiche da apportare per far fronte alle esigenze di mobilità del comune, nonché agli adeguamenti di caratteri tecnici legati anche alla presenza del Parco Archeologico dell'antica città di Solunto;

   ciò evidentemente, comporterà disagi, lungaggini burocratiche connesse soprattutto al reperimento dei nuovi fondi e, ancora una volta, opere mai effettuate –:

   se alla luce delle considerazioni esposte, il Ministro interrogato intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, al fine di accelerare la risoluzione di tale impasse per garantire una maggiore efficienza nell'azione amministrativa, dal momento che la stipula del protocollo risale a due anni fa, ma poco o nulla è stato compiuto.
(4-10775)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   da un articolo pubblicato sul quotidiano La Nazione Toscana il 18 novembre 2021 si apprende che ad uno studente transgender del liceo scientifico Dini di Pisa sarebbe stata negata la carriera scolastica «alias»;

   nei mesi scorsi la famiglia del diciassettenne ha chiesto alla preside l'avviamento di una carriera scolastica come studente e non più come studentessa e tale richiesta sarebbe stata rifiutata dalla dirigente scolastica con la motivazione che la scuola non sarebbe pronta e che sarebbe servito del tempo per compiere i giusti passaggi negli organi collegiali;

   dall'articolo si apprende che, non solo gli studenti, ma anche tanti professori, si sarebbero detti contrariati per una vicenda che sarebbe stata affrontata dalla preside senza informare il collegio dei docenti;

   la famiglia e lo studente in questione si sono sentiti amareggiati e frustrati per la decisione della dirigente scolastica, ritenendo di non aver ricevuto un adeguato sostegno e la giusta comprensione per il percorso che lo studente e la famiglia stanno compiendo;

   la possibilità di poter accedere ad una carriera scolastica «alias» rappresenta, a parere dell'interrogante, un passaggio importante per garantire serenità e felicità a chi, non identificandosi nel sesso assegnatogli alla nascita, decide di vivere pienamente nel genere in cui si identifica;

   è compito della scuola, che deve sempre essere inclusiva, quello di supportare alunni e famiglie a realizzarsi e a esprimersi liberamente, evitando di creare condizioni di disagio e discriminazione;

   secondo «Genderlens» il tasso di abbandono scolastico di giovani studenti trans è altissimo e la scuola ha il dovere di prevenire e arginare questo fenomeno, garantendo il rispetto dei diritti primari della persona, benessere e sicurezza, in tutta la comunità scolastica;

   ogni scuola ha piena autonomia per stabilire le regole che permettono di avere una carriera «alias» tra gli studenti, permettendo loro di poter scegliere il nome di «elezione di genere» e non quello con cui si è iscritti all'anagrafe ed è compito della scuola spiegarne le motivazioni;

   la carriera Alias, infatti, è un accordo di riservatezza tra la scuola, la famiglia e la/lo studente che chiede di essere riconosciuto in un genere diverso da quello assegnato alla nascita;

   ad oggi, quindi, l'attivazione della carriera «Alias» dipende unicamente dalla volontà e sensibilità della dirigenza scolastica, mancando in Italia specifiche norme o Linee guida nazionali a cui le scuole di ogni ordine e grado possano fare riferimento per redigere appositi protocolli;

   dal momento che la percezione di una propria identità di genere non rispondente a quella assegnata può manifestarsi in età molto precoce, già nella prima infanzia o più avanti nell'adolescenza e comunque in età scolastica, a parere dell'interrogante, occorre un intervento di carattere normativo e, in attesa, l'emanazione di linee guida nazionali che rendano questa buona prassi un obbligo per tutte le scuole nel rispetto dell'accoglienza e della garanzia del benessere dello studente durante il suo percorso;

   le carriere «alias» hanno inoltre il fine di evitare agli studenti trans gender il disagio di continui e forzati coming out e la sofferenza di subire possibili forme di bullismo;

   tali buone pratiche possono rappresentare occasioni di crescita culturale per la comunità scolastica, se accompagnate dalla traduzione in azioni concrete delle parole chiave quali convivenza consapevole, parità, rispetto delle differenze, prevenzione di tutte le forme di discriminazione, più volte ribadite in sede europea ed internazionale –:

   quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda assumere il Ministro interrogato al fine di disciplinare l'attivazione delle carriere «alias» per gli studenti e le studentesse transgender nelle scuole, evitando che l'attivazione delle stesse rimanga nella discrezionalità dei singoli istituti scolastici.
(4-10767)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   TURRI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 6, comma 4, della legge 8 novembre 2000, n. 328, prevede che per i soggetti per i quali si renda necessario il ricovero stabile presso strutture residenziali, il comune nel quale essi hanno la residenza prima del ricovero, previamente informato, assume gli obblighi connessi all'eventuale integrazione economica;

   nell'ipotesi, dunque, di ricovero di una persona non autosufficiente presso una struttura sociosanitaria, le spese della retta relative alla parte sanitaria sono sostenute dal sistema sanitario, mentre quelle per la parte «sociale» sono a carico del cittadino e – se quest'ultimo non dispone dei mezzi sufficienti – è il comune di residenza, al momento del ricovero, ad assumere l'obbligo;

   per tali situazioni, numerosi comuni si sono dotati di regolamenti che, tenuto conto dell'accesso al ricovero sulla base dell'Isee, hanno ritenuto di modulare il contributo da erogare in rapporto ai trattamenti previdenziali e indennitari già percepiti dall'interessato;

   tuttavia, secondo quanto stabilito dall'articolo 2-sexies del decreto-legge 29 marzo 2016, n. 42, sono esclusi dal calcolo ai fini dell'Isee delle famiglie con persone disabili o non autosufficienti i trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, comprese le carte di debito, erogati da amministrazioni pubbliche in ragione della disabilità stessa, conseguendone un problema di copertura finanziaria per gli enti locali interessati, tenuti a provvedervi con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente –:

   se e con quali iniziative di competenza intendano prevedere l'implementazione per l'anno 2021 del Fondo per le non autosufficienze di cui all'articolo 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, al fine di continuare a garantire, su tutto il territorio nazionale, l'attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali da parte degli enti locali.
(3-02633)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARINO e PERANTONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   gli sforzi portati avanti da questo Governo a tutela degli ex dipendenti Air Italy sono noti. È necessario un altro atto nella giusta direzione per non disperdere un patrimonio inestimabile di professionalità: nei giorni scorsi – come da notizie di stampa pubblicate il 6 novembre 2021 dai quotidiani La Nuova Sardegna e l'Unione Sarda – durante l'ultimo incontro tra sindacati e azienda, quest'ultima ha manifestato contrarietà alla proroga della cassa integrazione e la conseguente volontà di procedere con il licenziamento dei 1322 lavoratori di Air Italy;

   l'atteggiamento dell'azienda e la grave crisi del comparto aereo dovuta al perdurare della pandemia da Covid-19, impone l'urgenza di un nuovo intervento. Le restrizioni dovute al Covid e la contrazione della domanda di trasporto hanno interessato sotto più profili anche i servizi aerei assoggettati ad oneri di servizio pubblico. Per i dipendenti ex Air Italy poter trovare un reimpiego nel comparto diventa sempre più difficile;

   con l'ordine del giorno 9/3099/143 presentato e accolto dal Governo nel mese di maggio 2021, l'interrogante ha chiesto un impegno affinché fosse valutata l'opportunità di assumere tutte le iniziative opportune per la proroga della cassa integrazione dei dipendenti Air Italy e per la tutela delle professionalità. La crisi economica derivante dall'emergenza pandemica richiedeva sforzi e strumenti straordinari a tutela di questi lavoratori. Oggi l'interrogante muove le stesse considerazioni, alla luce di una situazione economica tutt'altro che risolta e che necessita di un ulteriore passo nella giusta direzione. Si parla di lavoratori che subiscono due disfatte: una da parte dell'azienda, che ha deciso dall'oggi al domani di chiudere l'attività, e l'altra da parte della situazione di crisi del comparto aereo, che attualmente non riesce a soddisfare la domanda di lavoro;

   la proroga della cassa integrazione darebbe a questi lavoratori il tempo per potersi presentare di nuovo sul mercato, trovando però un mercato pronto ad accoglierli;

   un'importante soluzione al problema potrebbe essere offerta anche dal prossimo bando per l'affidamento del servizio di trasporto aereo per garantire la continuità territoriale sarda. Considerato il ruolo chiave che la compagnia Air Italy (già Meridiana) ha avuto per la tutela del diritto alla mobilità da e verso la Sardegna, si potrebbe prevedere una clausola sociale nel prossimo bando così come viene fatto in altre realtà laddove viene garantito un servizio essenziale –:

   se il Governo, per quanto di competenza, intenda verificare la possibilità di adottare iniziative per prorogare la cassa integrazione e, d'intesa con la regione, in quanto ente competente in materia di continuità territoriale aerea, al fine di prevedere l'inserimento di una clausola sociale nel prossimo bando.
(5-07117)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta orale:


   AVOSSA, INCERTI e DE LUCA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il settore della pesca a circuizione del tonno rosso rappresenta l'unico segmento industriale italiano, che fornisce reddito e occupazione in ampie aree del Mezzogiorno del Paese. Le navi autorizzate a tale pesca forniscono occupazione diretta a un migliaio di persone e, indiretta, a circa 10 mila. Soltanto nell'anno 2021, il settore della pesca del tonno rosso a circuizione, ha generato un fatturato di circa 21 milioni di euro;

   direttive Iccat (Commissione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell'Atlantico), regolamenti comunitari e leggi nazionali, hanno negli ultimi 30 anni modificato le modalità di esercizio di questo tipo di pesca, imponendo scelte radicali come la demolizione delle imbarcazioni che, seppur varate da poco, sono divenute incompatibili con il quadro normativo più stringente;

   in pochissimi anni la flotta tonniera italiana è passata dalle circa 68 imbarcazioni detenute alle 21 attuali, di cui 15 sono ormeggiate tra Salerno e Cetara. Tale è il risultato dell'accorpamento su base volontaria incentivato da contributi economici elargiti nell'ottica della riconversione delle imbarcazioni. Il numero ristretto attuale di imbarcazioni non rappresenta un oligopolio degli armatori interessati, ma è la conseguenza dell'acquisto delle quote tonno necessarie al raggiungimento delle soglie minime d'ingresso crescenti stabilite dalle differenti autorità regolatorie nazionali e internazionali;

   il contributo degli armatori italiani è stato decisivo nel favorire la ripopolazione del tonno rosso nei nostri mari. Un risultato che ha portato l'Iccat (Commissione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell'Atlantico) ad autorizzare l'incremento proporzionale delle quote già distribuite;

   attualmente al settore della circuizione viene attribuito il 72,72 per cento della pesca italiana del tonno rosso, rispetto all'85 per cento registrato nel 2008: nessun altro sistema di pesca ha subito un'erosione di quota così significativa nel tempo a vantaggio degli altri sistemi e della quota indivisa, che non è mai stata tanto alta come oggi;

   secondo l'Aptt (Associazione produttori tonnieri del Tirreno), l'articolo 17 dell'AS.2300 «Interventi per il settore ittico e in materia di politiche sociali nel settore della pesca professionale» rischia di favorire i soggetti non qualificati con l'effetto, a lungo termine, di incrementare il rischio dello sviluppo di una filiera di pesca illegale del tonno rosso, specie in mancanza di un rafforzamento del controllo. La crisi economica, che pure ha colpito vistosamente il settore negli ultimi decenni, determinerebbe un altro duro colpo con ricadute occupazionali e produttive irreversibili per la flotta tonnaria italiana –:

   quali iniziative urgenti intenda assumere, in relazione a quanto espresso in premessa, per tutelare e sostenere il settore della pesca a circuizione del tonno rosso che, per molte comunità costiere, rappresenta un fondamentale indotto che da secoli unisce la tradizione popolare con l'innovazione.
(3-02632)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BOLOGNA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il corretto funzionamento del sistema di emergenza-urgenza è basato sulle specifiche competenze specialistiche e il paziente critico richiede, molto spesso, un immediato accesso alle terapie intensive;

   il monitoraggio in tempo reale dei posti letto disponibili e/o attivabili risulta essere essenziale al fine di garantire un servizio capillare ed efficiente del sistema di emergenza e urgenza su tutto il territorio nazionale;

   l'emergenza pandemica ha dimostrato che la possibilità di una saturazione delle terapie intensive rappresenta un rischio concreto e non meramente potenziale, con particolare riguardo a determinate aree geografiche del nostro Paese;

   l'esigenza di monitoraggio continuo della disponibilità di posti letto è essenziale non solo in una fase emergenziale ma anche in condizioni ordinarie; invero, conoscere in anticipo e con immediatezza quali sono le strutture sanitarie in grado di gestire i pazienti che necessitano di una degenza in terapia intensiva determinerebbe un netto miglioramento della risposta sanitaria, in termini di garanzia di intervento tempestivo e, quindi, di maggiore probabilità di evitare un esito infausto;

   in questa direzione si sono mossi alcuni Stati membri dell'Unione europea, i quali hanno realizzato database volti all'acquisizione di dati sulle terapie intensive in tempo reale, primo tra tutti il database Divi realizzato in Germania; questi strumenti, inoltre, forniscono un Data Dictionary estendibili per ulteriori finalità sanitarie, quali, a titolo esemplificativo, l'impiego dei dati ai fini di ricerca o al monitoraggio epidemiologico anche in specifici campi;

   occorre rilevare che, ad oggi, l'Italia non appare attrezzata per un monitoraggio sistemico delle terapie intensive che, qualora fosse realizzato e implementato, potrebbe supportare anche il processo di omogeneizzazione dei sistemi informativi regionali in ambito sanitario;

   vista tale carenza, si potrebbe valutare, in particolare, la creazione di un Comitato direttivo (Steering Committee), che coinvolga il Ministero della salute, l'Istituto superiore di sanità, la Protezione civile, le società scientifiche di riferimento e le regioni per determinare un protocollo di monitoraggio in tempo reale delle aree di terapia intensiva –:

   se il Ministro interrogato, sulla base delle criticità esposte in merito all'assenza di un sistema di monitoraggio delle terapie intensive in Italia, non intenda considerare la necessità di intraprendere iniziative concrete al fine di favorire un miglioramento dell'assistenza sanitaria ospedaliera e del sistema di emergenza-urgenza intra ed extra-ospedaliera, promuovendo la creazione di un sistema di monitoraggio in tempo reale – con relativo protocollo – delle disponibilità dei posti letto di terapia intensiva, della tipologia e caratteristiche di pazienti e di risorse umane e tecnologiche impiegate.
(5-07118)


   BOLOGNA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la Malattia renale cronica (cosiddetta Mrc), in Italia, interessa circa il 7 per cento della popolazione e rappresenta «una condizione di alterata funzione renale che persiste per più di tre mesi», classificata in cinque stadi di crescente gravità, e pericolosa sia perché può essere il preludio allo sviluppo dello stadio finale, sia perché amplifica il rischio di complicanze cardiovascolari;

   l'Insufficienza renale cronica (cosiddetta Irc) rappresenta, invece, l'evoluzione della Mrc ed è caratterizzata dalla perdita progressiva della funzione renale: all'ultimo stadio è necessaria una terapia sostitutiva della funzione renale, ossia il trapianto di rene o la dialisi;

   la dialisi è un processo artificiale di depurazione, rimozione e reintegrazione del sangue che, di norma, viene praticato a pazienti con meno del 10 per cento della funzionalità renale residua;

   in Italia, oltre 50.000 pazienti nefropatici necessitano di trattamenti dialitici salvavita, dei quali 46.000 di tipo extracorporeo (emodialisi) e 4.500 di tipo intracorporeo (peritoneale);

   nel 2014, il Documento di indirizzo per la Malattia renale cronica (Mrc), oggetto di un accordo in Conferenza Stato-regioni, ha indicato tre possibili livelli di presa in carico precoce del paziente con Mrc: territorio, gestione ambulatoriale e gestione ospedaliera;

   inoltre, il Piano nazionale della cronicità (Pnc) del 2016 ha individuato l'obiettivo specifico di personalizzare la terapia dialitica, auspicando l'aumento delle prestazioni di dialisi peritoneale ed emodialisi erogate a domicilio (abitazione, Rsa, case di cura, e altro) e proponendo la sperimentazione di modelli di dialisi domiciliare, alla luce della carente offerta di terapie dialitiche differenti dalla dialisi ospedaliera;

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017 ha aggiornato i livelli essenziali di assistenza, affidando al Servizio sanitario nazionale, il compito di garantire una serie di prestazioni specialistiche ambulatoriali espressamente indicate, tra cui i trattamenti dialitici domiciliari, le cui modalità di erogazione sono disciplinate dalle Regioni;

   un impulso alla domiciliarità dei trattamenti di dialisi è arrivato con la pandemia che ha messo in luce la maggiore fragilità dei pazienti con malattie renali croniche, dializzati e sottoposti a trapianto;

   ciò ha indotto il Ministero della salute ad emanare, nell'aprile 2020, una circolare per invitare gli assessorati regionali alla salute a realizzare iniziative per incrementare il ricorso all'emodialisi domiciliare e peritoneale, per ridurre il contatto con l'ambiente ospedaliero e, quindi, il rischio di contagio;

   il Piano nazionale di ripresa e resilienza individua nella casa il primo luogo di cura per i malati affetti da patologie croniche, mirando ad aumentare il volume delle prestazioni rese in assistenza domiciliare fino a prendere in carico, entro la metà del 2026, il 10 per cento della popolazione di età superiore ai 65 anni;

   da ultimo, occorre osservare che i trattamenti dialitici domiciliari ove possibili o in sedi di prossimità costituiscono una forma di approccio terapeutico con una migliore integrazione nel contesto socioculturale e familiare e migliorano la responsabilizzazione dei pazienti circa il loro status di salute –:

   se il Ministro interrogato non intenda valutare di adottare iniziative, per quanto di competenza, volte a promuovere una maggiore deospedalizzazione e a incentivare trattamenti dialitici domiciliari e ambulatoriali di prossimità che potrebbero inserirsi nel novero di quelli erogati nell'ambito delle case della comunità e dell'assistenza domiciliare integrata (Adi), al fine di rispondere in maniera più adeguata ai bisogni di cura e di vita di molti pazienti.
(5-07119)

Interrogazione a risposta scritta:


   VITO. — Al Ministro della salute, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:

   nel numero di ottobre-novembre del magazine «Bios» dell'ordine dei biologi compaiono contenuti non rispettosi e discriminatori sul tema dell'identità di genere –:

   quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, si intendano adottare in relazione a quanto esposto in premessa.
(4-10768)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IX Commissione:


   NOBILI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   al fine di favorire la diffusione della banda ultra-larga su tutto il territorio nazionale, il Governo ha avviato il cosiddetto «Piano voucher», strumento di stimolo della domanda di connettività;

   il Piano prevede due interventi, uno dei quali, la cosiddetta «Fase I», era rivolto alle famiglie a basso reddito alle quali è stato destinato un voucher di 500 euro;

   detta fase, ha impegnato 204 milioni di euro, utilizzando le risorse del Cipe e si è conclusa il 9 novembre 2021, quando Infratel ha dato notizia della conclusione dell'intervento con la pubblicazione di un comunicato dal quale si apprende che le risorse effettivamente utilizzate ammontavano a circa 98 milioni di euro, pari al 49 per cento circa delle somme stanziate;

   i dati resi noti da Infratel sul sito del Ministero dello sviluppo economico non consentono di effettuare una completa analisi degli impatti della misura testé conclusa;

   tra gli altri, non sono stati forniti dati per valutare gli eventuali benefici in termini di diffusione della banda ultra-larga, finalità principale dell'intervento, ovvero il numero di voucher erogati per l'attivazione di nuove linee in favore di soggetti che ne erano sprovvisti e di quelli utilizzati invece per miglioramenti tecnologici;

   ancora, non è nota la ripartizione finale dei voucher tra gli operatori di telecomunicazione, elemento peraltro reso noto in corso di svolgimento della misura dal Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale nel corso dell'audizione del 13 aprile 2021 presso la Commissione Trasporti della Camera. A tale data risultava che il 76 per cento degli stessi era stato richiesto da un solo operatore, il 20 per cento ripartito tra secondo, terzo e quarto operatore, mentre il 4 per cento rimanente tra le restanti società;

   a conclusione di un procedimento che ha impegnato risorse pubbliche erogate a soggetti privati, è assolutamente necessario conoscere dettagliatamente quanti nuovi abbonamenti sono stati generati dalla misura, quanti upgrade tecnologici siano avvenuti e, infine, la distribuzione pro quota della misura tra i vari operatori;

   in vista dell'ormai prossimo avvio della cosiddetta «Fase II» appare imprescindibile un'approfondita analisi dei risultati raggiunti –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda porre in essere, al fine di garantire la piena trasparenza dei dati relativi alla cosiddetta «Fase I» per le opportune valutazioni, con specifico riferimento alla distribuzione delle risorse tra nuovi abbonamenti e upgrade tecnologici e alla ripartizione pro quota tra operatori, anche in relazione al rischio di eventuali distorsioni concorrenziali a danno dei consumatori.
(5-07110)

X Commissione:


   BENAMATI, CRITELLI, DE MARIA, RIZZO NERVO, BONOMO, GAVINO MANCA, SOVERINI e ZARDINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   SaGa, azienda ecologica bolognese leader nel business mondiale delle macchine per caffè professionali con i marchi Saeco e Gaggia, vere icone del «Made in Italy» per tecnologia, qualità ed eleganza, diventa nel 2017 Evoca Group con circa 1800 persone impiegate in Italia, Spagna e Romania;

   fa proprietà ha annunciato la chiusura dello stabilimento di Gaggio Montano nel quale lavorano 220 persone, per l'80 per cento donne, poiché è intenzione dell'azienda redistribuire la produzione tra Valbrembo (Bergamo), Romania e Spagna;

   tale annuncio è arrivato nonostante il fatto che lo scorso anno ci sia già stato un intervento, concordato tra azienda e organizzazioni sindacali che ha ridotto di 62 unità il numero di lavoratori impiegati per ottenere un riequilibrio organizzativo, e la riduzione dei costi fissi, salvaguardando la centralità del sito produttivo all'interno del Gruppo e nonostante il buon andamento dei fatturati dello stabilimento di Gaggio (51 milioni di euro nel 2026) e il bilancio provvisorio presentato a settembre 2021 che sarebbe in attivo;

   la chiusura dello stabilimento, un presidio di valore strategico per l'Appennino bolognese, rischia di avere un impatto economico e sociale devastante nell'ex «distretto» delle macchinette, dove non molti anni fa lavoravano tremila persone;

   la decisione di SaGa Coffee ha provocato dure reazioni da parte delle organizzazioni sindacali e delle istituzioni locali che si sono prontamente attivate con l'obiettivo di non fermare l'attività e tutelare l'occupazione;

   l'incontro del 9 novembre 2021 alla Regione con sindacati, istituzioni e azienda purtroppo non è stato proficuo: SaGa considera indispensabile la chiusura dello stabilimento per razionalizzare il proprio assetto industriale e migliorare i livelli di competitività richiesti dal segmento;

   tali argomentazioni sono da considerarsi deboli e inaccettabili: il Presidente Bonaccini e l'Assessore Colla hanno contestato duramente la scelta della proprietà, inquadrandola come una delocalizzazione che accompagna una operazione meramente finanziaria visto che, a fronte di una di una perdita di tutto il gruppo di 70 milioni di euro Gaggio Montano perde solo cinque milioni e sulla stessa linea si è attestato il sindaco Lepore;

   oggi appare quanto mai opportuno che Governo e Parlamento elaborino un testo normativo immediatamente efficace che delinei le procedure di intervento sulle chiusure aziendali non dovute a cause economiche –:

   se quanto esposto in premessa sia a conoscenza del Ministero, se intenda attivare al più presto uh tavolo di confronto nelle sedi istituzionali opportune e quali iniziative il Governo intenda porre in essere su questi temi.
(5-07111)


   SQUERI, PORCHIETTO, BARELLI, POLIDORI e TORROMINO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   secondo una recentissima nota del Centro studi Confindustria la manifattura italiana sta facendo da traino alla ripresa dell'Europa, mentre in Francia e in Germania il riassorbimento dell'impatto indotto dalla crisi pandemica sembra ancora lontano. Secondo lo studio i numeri del fatturato interno mostrano un incremento del 7 per cento a fronte del 2,8 per cento di aumento per quello estero;

   commentando il documento il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili ha espresso la posizione del Governo secondo la quale nei prossimi 10 anni il rapporto tra gli investimenti e il Pil dovrebbe essere stabilmente oltre il 3 per cento, con lo scopo di stimolare le imprese a fare investimenti non solo in beni strumentali, ma anche nella capacità di fare innovazione;

   a giustificare l'ottima tenuta della manifattura della penisola c'è un fattore significativo, consistente nella ridotta esposizione delle imprese manifatturiere italiane alle strozzature che stanno affliggendo le catene globali del valore: solo il 15,4 per cento delle imprese italiane ha infatti lamentato vincoli di offerta nella produzione per via della mancanza di materiali o dell'insufficienza di impianti, contro una media dell'Unione europea del 44,3 per cento e del 78 per cento delle aziende interpellate in Germania;

   si registra inoltre l'incremento del cosiddetto, «backshoring», il rientro della produzione nel Paese d'origine: il 23 per cento delle aziende che aveva optato per la delocalizzazione, ha avviato, negli ultimi cinque anni, processi totali o parziali di rientro in Patria. Le motivazioni principali consistono nella disponibilità di fornitori idonei in Italia, nella possibilità di abbattere i tempi di consegna e nell'aumento dei costi di fornitura dall'estero. Per quel che riguarda le emissioni climalteranti e l'efficienza energetica, la manifattura italiana si conferma, anche nel 2020, tra le più virtuose al mondo e questo le consente di reggere meglio sia la crescita dei prezzi dell'energia sia i maggiori oneri sugli Ets;

   negli USA il fenomeno del backshoring è stato oggetto di specifici interventi legislativi, a cominciare dal Blueprint 2012 dell'amministrazione Obama. Nel Regno Unito dal 2014 è operativo il Reshore UK-Government advisor service. In Francia l'Invest in France agency (Afii) fornisce un piano di azione per la rilocalizzazione, realizzato in coordinamento con le realtà locali –:

   quali ulteriori iniziative, anche in coordinamento con altre amministrazioni e le regioni, intenda portare avanti il Ministro per favorire nel settore manifatturiero sta il rientro in Italia di imprese precedentemente delocalizzate, sia l'insediamento sul territorio nazionale di imprese estere.
(5-07112)


   ZUCCONI, DE TOMA e CAIATA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'industria cartaria italiana da sempre rappresenta un comparto economico molto importante per la nostra Nazione;

   solo nel 2020 l'industria cartaria italiana ha prodotto 8,5 milioni di tonnellate di prodotti generando un fatturato pari a 6,35 miliardi di euro e occupando circa 19 mila addetti;

   con il 10 per cento della produzione realizzata in Europa, l'industria cartaria italiana si è collocata nel 2020 al 3° posto dopo Germania e Svezia. Secondo utilizzatore di carta da riciclare, dopo la Germania, il nostro Paese è primo produttore di carte per uso igienico sanitario e terzo produttore di carte per imballaggio;

   solo nel distretto cartario di Lucca, tra i più importanti in Italia, operano 247 imprese, circa 7.000 dipendenti, producendo un fatturato pari a 3,7 miliardi di euro e 1 miliardo e 110 milioni di euro di export;

   la carta, industria «essenziale» per la nostra economia, non si è fermata neanche durante la pandemia, ma corre il rischio di farlo adesso a causa dei rincari e della relativa difficoltà nel reperimento delle materie prime, dell'aumento dei costi energetici — che secondo dati statistici risultano essere quintuplicati rispetto al passato — e di quello dei trasporti intercontinentali;

   è forte l'allarme lanciato dalle aziende del comparto le quali stanno valutando la chiusura almeno nei giorni festivi, rinunciando al ciclo continuo;

   risulta essere concreta l'ipotesi secondo la quale molte imprese del settore possano ricorrere alla fermata produttiva e con questo all'inserimento di migliaia di lavoratori in cassa integrazione a causa dei costi variabili e fissi ormai insostenibili;

   questa situazione di grande difficoltà, causata dall'impennata della dinamica dei prezzi di produzione e trasporto, potrebbe avere ripercussioni negative anche nei confronti dei consumatori che subiranno un'impennata nei prezzi dei beni finali legati alla carta –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere il Ministro interrogato per tutelare le aziende dell'industria cartaria italiana dall'impatto dovuto all'inflazione dei costi energetici e delle materie prime in una prospettiva di breve, medio e lungo periodo al fine di scongiurare la chiusura di centinaia di imprese e la conseguente cassa integrazione per migliaia di lavoratori.
(5-07113)


   SUT, CHIAZZESE, ALEMANNO, CARABETTA, FRACCARO, GIARRIZZO, MASI, ORRICO, PALMISANO, PERCONTI e SCANU. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il 14 luglio 2021 la Commissione europea ha adottato il pacchetto di proposte relative alla transizione energetica «Fit for 55», finalizzato a una riduzione delle emissioni nette di gas a effetto serra pari ad almeno il 55 per cento entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990, per le auto e almeno il 50 per cento per i veicoli commerciali leggeri prevedendo lo stop alla vendita di veicoli a benzina e diesel dal 2035;

   il settore automobilistico sta attraversando una profonda trasformazione strutturale che comprende cambiamenti nelle tecnologie pulite e digitali, in particolare il passaggio da motori a combustione interna a tecnologie a basse e a zero emissioni, nonché a veicoli sempre più connessi;

   risulta cruciale consentire alle imprese del settore automobilistico di mantenere e rafforzare la propria leadership nelle tecnologie del futuro, soprattutto alla luce della concorrenza internazionale, anche attraverso una pianificazione e una programmazione nel lungo periodo degli investimenti per una riconversione che includa non solo i costruttori dei veicoli ma anche i produttori di componenti e materiali;

   la futura diffusione nel mercato dell'Unione europea di veicoli a bassa e zero emissione di carbonio sospinta dagli obiettivi più rigorosi in materia di CO2 previsti dal citato pacchetto cosiddetto Fit for 55 deve fungere da occasione per garantire e accelerare l'innovazione nella catena del valore del settore automobilistico –:

   quali iniziative di competenza intenda predisporre per rafforzare la competitività, la leadership industriale e l'innovazione e stimolare l'occupazione nella catena del valore delle imprese automobilistiche, alla luce dei nuovi obiettivi fissati nell'ambito dell'Unione europea.
(5-07114)


   BALDINI e GAGLIARDI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il decreto interministeriale di attuazione dell'articolo 4 della legge n. 99 del 2009 recante disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, designa Accredia quale unico organismo nazionale italiano, vigilato dal Ministro dello sviluppo, autorizzato a svolgere attività di accreditamento degli organismi di certificazione dei sistemi di gestione, dei prodotti, dei servizi offerti dalle imprese e di certificazione della sussistenza dei requisiti della normativa europea da parte dei laboratori chimici pubblici e privati;

   rientra tra le attività del chimico quella di fornire agli uffici della pubblica amministrazione certificati di valutazione di quanto richiesto e la sua professione, ai sensi dell'articolo 2229 codice civile, prevede la direzione dei laboratori chimici che può essere svolta esclusivamente se si è regolarmente iscritti all'ordine, condicio sine qua non per procedere al loro accreditamento ai sensi della normativi UNI CEI EN ISO/IEC 17025:2018;

   nel modello predisposto per la richiesta di accreditamento per laboratori di prova anche per la sicurezza degli alimenti (DA-02), non si prevede l'obbligatorietà della figura di un chimico regolarmente iscritto all'albo per ricoprire la qualifica di responsabile di laboratorio (direttore);

   Accredia non verifica l'idoneità professionale del responsabile di laboratorio secondo quanto previsto dalla normativa italiana delle professioni regolamentate e, la presenza del marchio Accredia senza un preventivo accertamento che a capo del laboratorio sia preposta una figura professionale idonea, produce, ad avviso degli interroganti, una rappresentazione ingannevole della realtà del laboratorio stesso, in quanto fornisce di fatto una legittimazione di adeguatezza in realtà solo formale che può rappresentare un potenziale pericolo per i consumatori oltre a comportare la violazione di norme interne ed europee –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, in caso affermativo, quali iniziative di competenza intenda assumere per verificare la correttezza dell'attività svolta da Accredia anche relativamente al rispetto della normativa sulle professioni.
(5-07115)

TRANSIZIONE ECOLOGICA

Interrogazione a risposta scritta:


   SARLI, CECCONI, LEDA VOLPI e SPESSOTTO. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il quotidiano on-line Vivere Marche del 9 novembre 2021 riporta la denuncia del proprietario di Birillo e Duna, rispettivamente un cane dei Pirenei e un pastore dell'Asia Centrale contro i quali alcuni cacciatori avrebbero sparato, uccidendo Birillo (di soli 6 mesi) e rendendo in fin di vita Duna. L'episodio sarebbe accaduto a Sassocorvaro e la denuncia è stata raccolta anche dall'associazione animalista Lndc Animal Protection;

   i due animali si trovavano all'interno della loro proprietà e la loro colpa, a quanto pare, è stata, che, abbaiando, disturbavano la fauna selvatica nel mirino dei cacciatori. Quando il proprietario dei cani è giunto sul posto per capire cosa fosse successo e soccorrerli, sarebbe anche stato aggredito da uno dei cacciatori che lo ha colpito con il calcio del fucile, fratturandogli una costola e perforandogli un timpano;

   Piera Rosati - Presidente Lndc Animal Protection, in merito all'episodio, ha dichiarato: «ancora una volta i cacciatori hanno mostrato il loro vero volto e in questo caso non si tratta di un incidente ma di una violenza deliberata compiuta per pura crudeltà. Il nostro ufficio legale si unirà alla denuncia già presentata dal proprietario di Birillo e Duna per avere giustizia nella speranza che i carabinieri riescano a identificare i responsabili della morte del cucciolo e delle ferite inferte al proprietario e all'altro suo cane»;

   sono numerosi, in questi anni, i ricorsi presentati alla Corte dei diritti dell'uomo di Strasburgo, di alcuni agricoltori italiani che volevano vietare la caccia nei loro fondi;

   il codice civile prevede le norme per il proprietario di un fondo in merito all'accesso di cacciatori che praticano attività venatorie;

   la legge n. 189 del 2004 prevede, con le modifiche introdotte al codice penale, che chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da tre mesi a diciotto mesi –:

   se i ministri interrogati non valutino d'intraprendere iniziative di tipo normativo in tema di proprietà fondiaria, modificando eventualmente il codice civile al fine di prevedere che, per l'accesso ai fondi rustici, sia necessario il consenso del proprietario del fondo per l'esercizio dell'attività venatoria;

   se non ritengano d'intraprendere, eventualmente, iniziative di carattere normativo per vietare la caccia nei terreni privati;

   se intendano adottare iniziative di competenza, anche normative, per rendere più rigoroso ed efficace il sistema dei controlli e delle sanzioni nei confronti di quei soggetti che, con crudeltà o senza necessità, causano la morte di animali non compresi nelle attività di prelievo venatorio.
(4-10772)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Vianello e altri n. 1-00545, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 novembre 2021, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cecconi.

Apposizione di firme ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.

  Mozione Terzoni ed altri n. 1-00547, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 novembre 2021, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Emiliozzi. Contestualmente, l'ordine delle firme si intende così modificato «Terzoni, Sut, Fraccaro, Davide Crippa, Maraia, Daga, Deiana, D'Ippolito, Di Lauro, Licatini, Micillo, Traversi, Varrica, Zolezzi, Alemanno, Carabetta, Chiazzese, Giarrizzo, Masi, Orrico, Palmisano, Perconti, Scanu, Martinciglio, Cancelleri, Caso, Currò, Grimaldi, Gabriele Lorenzoni, Migliorino, Ruocco, Scerra, Troiano, Zanichelli, Emiliozzi».

Apposizione di firme ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Quartapelle Procopio n. 7-00759, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 novembre 2021, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: De Micheli, Fassino, La Marca, Delrio.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Colucci n. 5-07013, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 novembre 2021, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Iezzi.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Ascari n. 1-00549, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 599 del 19 novembre 2021.

   La Camera,

   premesso che:

    in ricordo dell'uccisione delle tre sorelle Patria Mercedes, Maria Argentina Minerva e Antonia Maria Teresa Mirabal, assassinate nella Repubblica Dominicana il 25 novembre 1960 per la loro resistenza alla dittatura di Rafael Leónidas Trujillo, nel 1999 le Nazioni Unite hanno istituito la giornata mondiale del 25 novembre per l'eliminazione della violenza contro le donne, per sensibilizzare la collettività sul fatto che in tutto il mondo le donne sono soggette a stupri, violenze domestiche e altre forme di violenza;

    «La violenza contro le donne è forse la violazione dei diritti umani più vergognosa. Essa non conosce confini né geografia, cultura o ricchezza. Fin tanto che continuerà, non potremo pretendere di aver compiuto dei reali progressi verso l'uguaglianza, lo sviluppo e la pace», così diceva Kofi Atta Annan, il settimo Segretario generale delle Nazioni Unite;

    la Dichiarazione sull'eliminazione della violenza contro le donne del 1993 fornisce per la prima volta una definizione ampia della violenza contro le donne, definita come «qualunque atto di violenza sessista che produca, o possa produrre, danni o sofferenze fisiche, sessuali o psicologiche, ivi compresa la minaccia di tali atti, la coercizione o privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che nella vita privata»;

    nel 2020, anno della pandemia, il tema della violenza contro le donne è riemerso in tutta la sua drammaticità;

    il 1° ottobre 2020 il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, nel suo discorso a margine dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite per commemorare il 25° anniversario della quarta Conferenza mondiale sulle donne tenutasi a Pechino, ha sottolineato come la pandemia abbia enfatizzato la mancanza di tutela dei diritti delle donne, perché «sono proprio donne e ragazze a essere maggiormente colpite dalla crisi e a portare sulle proprie spalle il peso del fortissimo impatto sociale ed economico che essa sta determinando in tutto il mondo». Sempre lo stesso Segretario generale ha affermato che «Nelle fasi iniziali della pandemia, le Nazioni Unite previdero che quarantene e chiusure forzate avrebbero potuto portare all'allarmante numero di 15 milioni di casi di violenza di genere in più ogni tre mesi.» Previsioni che sembrano ora essersi avverate. «In dodici Paesi studiati dalle Nazioni Unite, il numero di casi di violenza contro le donne riferiti a varie istituzioni è aumentata dell'83 per cento dal 2019 al 2020, con l'aumento del 64 per cento di quelli denunciati alla polizia»;

    secondo l'Unfpa (United Nations Population Fund), l'agenzia delle Nazioni Unite che lavora per promuovere l'eguaglianza di genere e l'emancipazione delle donne, in tutto il mondo si stima che una donna su tre sarà, nel corso della propria vita, oggetto di abusi fisici o sessuali;

    la maggior parte dei Paesi dell'Unione europea dispone di leggi per contrastare la violenza basata sul genere sull'orientamento sessuale. Tuttavia, l'assenza di una definizione unica e di regole comuni impedisce che venga affrontata in modo efficace. Per tale motivo il Parlamento europeo è tornato più volte a chiedere una normativa europea a tale riguardo che consentirebbe la definizione di standard giuridici comuni, nonché la previsione di sanzioni penali minime in tutta l'Unione europea;

    il completamento dell'adesione dell'Unione europea alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica resta una priorità;

    in Italia, la piaga dei femminicidi continua a popolare la cronaca italiana: secondo il report periodico elaborato dal Servizio analisi criminale della Direzione centrale della polizia criminale del Ministero dell'interno, nel periodo che va dal 1° gennaio al 14 novembre 2021 sono stati registrati 252 omicidi, con 103 vittime donne, di cui 87 uccise in ambito familiare/affettivo; di queste, 60 hanno trovato la morte per mano del partner/ex partner. Analizzando gli omicidi del periodo sopra indicato, rispetto a quello analogo dello scorso anno, si nota un lieve decremento (–2 per cento) nell'andamento generale degli eventi (da 256 a 252), con le vittime di genere femminile che invece mostrano un leggero aumento, passando da 100 a 103 (+3 per cento). La settimana 16-22 agosto 2021 è stata particolarmente drammatica sul fronte della violenza sulle donne, con ben quattro omicidi. Tra questi casi si ricordi il delitto di Aci Trezza: la giovane 26enne Vanessa uccisa con un colpo di pistola alla testa dal suo ex ragazzo mentre passeggiava con degli amici;

    nella maggior parte dei casi, i carnefici fanno parte della sfera affettiva delle vittime, spesso all'interno delle mura di casa, come emerge dallo stesso report citato. Nel 2020 è quasi raddoppiato, rispetto al 2019, il numero delle chiamate al numero antiviolenza 1522: complice la pandemia, con il lockdown durante il quale le famiglie sono state più a stretto contatto. Secondo i dati pubblicati dall'Istat nel Rapporto sui Sustainable Development Goals (SDGs), che offre le misure statistiche finalizzate al monitoraggio dell'Agenda 2030 dell'Onu, nel 2020 più di 49 donne ogni 100.000 si sono rivolte al numero verde 1522 perché vittime di violenza: nel 2019 la cifra era di circa 27. Un aumento, quello delle chiamate, che è stato diffuso tra tutte le regioni. Il tipo di violenza più segnalato è quella psicologica, che quasi sempre si accompagna a quella fisica;

    laddove le famiglie sono più a stretto contatto e trascorrono più tempo assieme, come avvenuto durante l'attuale pandemia, aumenta il rischio che le donne e i figli siano esposti alla violenza, soprattutto se in famiglia vi sono gravi perdite economiche o di lavoro; man mano che le risorse economiche diventano più scarse, possono aumentare anche forme di abuso, di potere e di controllo da parte del partner;

    nei primi cinque mesi del 2020 sono state 20.525 le donne che si sono rivolte ai centri antiviolenza, per l'8,6 per cento la violenza ha avuto origine proprio da situazioni legate alla pandemia (ad esempio la convivenza forzata, la perdita del lavoro da parte dell'autore della violenza o della donna) (fonte: Nota Istat del 17 maggio 2021 «Le richieste di aiuto durante la pandemia»);

    oltre ai delitti, rimane il problema dei cosiddetti «reati spia», quei reati che sono indicatori di violenza di genere, espressione dunque di abusi fisici, sessuali, psicologici o economici, diretti contro una donna in quanto tale. Secondo i dati del Ministero dell'interno, nel primo semestre del 2021 i reati spia sono stati 19.128, con l'incidenza delle vittime donne che rimane invariata, attestandosi al 79 per cento;

    tali dati preoccupano e dimostrano quanto ancora ci sia da fare per prevenire e contrastare tale grave fenomeno;

    la violenza contro le donne è certamente un fatto culturale. Nei femminicidi, infatti, l'uomo considera la donna un suo possesso, un oggetto, dunque l'educazione dei giovani costituisce una delle chiavi di volta per un reale cambio di passo della nostra società. È uno degli strumenti per prevenire e contrastare la violenza di genere sarebbe quello di introdurre l'educazione affettiva e sessuale nelle scuole di ogni ordine e grado;

    in tale direzione va anche una proposta di legge, presentata il 7 maggio 2021, della prima firmataria del presente atto (atto Camera 3100), recante «Delega al Governo per l'introduzione dell'insegnamento dell'educazione affettiva e sessuale nel primo e nel secondo ciclo di istruzione nonché nei corsi di studio universitari»;

    il nostro sistema sanitario mette a disposizione di tutte le donne, italiane e straniere, una rete di servizi sul territorio, ospedalieri e ambulatoriali, socio-sanitari e socio-assistenziali, anche attraverso strutture facenti capo al settore materno-infantile, come ad esempio il consultorio familiare, al fine di assicurare un modello integrato di intervento. Uno dei luoghi in cui più frequentemente è possibile intercettare la vittima è il pronto soccorso. È qui che le vittime di violenza, a volte inconsapevoli della loro condizione, si rivolgono per un primo intervento sanitario. In particolare, per la tempestiva e adeguata presa in carico delle donne vittime di violenza che si rivolgono al pronto soccorso, sono state adottate, nel 2017, le specifiche linee guida nazionali per le aziende sanitarie e le aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza;

    salvo che non sia necessario attribuire un codice di emergenza (rosso o equivalente), alla donna deve essere riconosciuta una codifica di urgenza relativa (codice giallo o equivalente) così da garantire una visita medica tempestiva e ridurre al minimo il rischio di ripensamenti o allontanamenti volontari. È previsto, inoltre, che la donna presa in carico debba essere accompagnata in un'area separata dalla sala d'attesa generale che le assicuri protezione, sicurezza e riservatezza. Poiché spesso, però, la violenza rimane nascosta, al fine di individuarne il più rapidamente possibile i segni è importante rafforzare le competenze degli operatori sociosanitari che entrano in contatto con le vittime, mediante specifici programmi di formazione;

    gli stessi ordini professionali degli avvocati, dei medici, degli psicologi e degli assistenti sociali, nell'ambito della propria autonomia e delle rispettive competenze, devono costantemente integrare i programmi e le attività di formazione degli iscritti mediante la previsione dello sviluppo e dell'aggiornamento di conoscenze e competenze in materia di violenza domestica e di genere, con particolare riferimento alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011, e resa esecutiva dalla legge 27 giugno 2013, n. 77, nonché in materia di ascolto e trattamento dei minori nei procedimenti giudiziari;

    il nostro Paese ha compiuto un passo storico nel contrasto della violenza di genere con la legge 27 giugno 2013, n. 77, approvando la ratifica della Convenzione di Istanbul, redatta l'11 maggio 2011. Le linee guida tracciate dalla Convenzione costituiscono, infatti, il binario e il faro per varare efficaci provvedimenti, a livello nazionale, e per prevenire e contrastare tale fenomeno;

    nella XVIII legislatura il Parlamento ha proseguito nell'adozione di misure volte a contrastare la violenza contro le donne attraverso il perseguimento di tre obiettivi; prevenzione dei reati, punizione dei colpevoli e protezione delle vittime. In tale ambito si pone, in particolare, l'approvazione della legge n. 69 del 2019 (cosiddetto codice rosso), volta a rafforzare le tutele processuali delle vittime di reati violenti, con particolare riferimento ai reati di violenza sessuale e domestica;

    tale legge ha evidentemente apportato miglioramenti al sistema di tutela delle donne; tuttavia, paiono necessari alcuni correttivi, anche proposti in un testo della prima firmataria del presente atto (atto Camera 2680) recante «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni per la prevenzione e il contrasto della violenza di genere e della violenza sui minori»;

    il Governo adotta, con cadenza biennale, piani straordinari per contrastare la violenza contro le donne; dopo l'emanazione nel 2015 del primo Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere è attualmente operativo il Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020, finanziato con la legge di bilancio per il 2021, che si prevede di rifinanziare con la legge di bilancio per il 2022;

    dopo molti anni dall'emanazione della direttiva europea in materia, il nostro Paese non è ancora riuscito ad approvare una legge che renda veramente giustizia a tutte le vittime di reati violenti, compresi i familiari, e che possa rispondere alle esigenze di equa e giusta riparazione provenienti dalle stesse; sarebbe quindi necessario provvedere, al più presto, ad una completa rivisitazione della disciplina vigente;

    è di recente istituzione il «reddito di libertà» per le donne vittime di violenza, tuttavia occorre fare di più per una piena emancipazione e indipendenza economica che consenta di poter denunciare senza paura i soprusi subiti;

    i dati ufficiali illustrati non tengono ovviamente conto del sommerso, vale a dire di tutte le vittime di violenza che decidono di non chiedere aiuto né denunciare;

    i dati inerenti ai casi di violenza, relativamente al periodo del lockdown conseguente alle misure anti COVID-19, evidenziano che la convivenza e il confinamento forzati hanno acutizzato situazioni di violenza preesistenti all'interno della famiglia;

    persiste una maggiore difficoltà per il raggiungimento dell'autonomia da parte delle donne vittime di violenza, che hanno intrapreso un percorso presso una casa rifugio nei centri antiviolenza, nel trovare una soluzione abitativa decorosa e capace di soddisfare le esigenze proprie ma, soprattutto, nella maggior parte dei casi, dei figli minori;

    le novità introdotte nella materia costituiscono passi importanti, ma ad essi dovrebbe necessariamente far seguito anche la creazione di una rete capillare di servizi che diminuisca il costo economico e psicologico dell'uscita della donna dal luogo in cui è vittima di violenze;

    il reinserimento nel mondo del lavoro per le vittime di violenza di genere risulta difficoltoso, compromettendo quel fattore determinante per l'emancipazione femminile che è l'indipendenza economica, elemento, quest'ultimo, decisivo anche per l'uscita definitiva dal terribile circolo delle violenze,

impegna il Governo:

1) ad attivare tempestivamente il nuovo piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, nonché a valutare di assumere iniziative in relazione all'ormai improcrastinabile necessità di superare il carattere di straordinarietà del piano stesso a favore di azioni non improntate all'eccezionalità, ma di carattere sistemico;

2) a prevedere iniziative concrete tese a garantire una rete omogenea su tutto il territorio nazionale dei centri antiviolenza e delle case rifugio, con stanziamento di adeguate risorse economiche, anche per garantire personale adeguatamente formato, assicurando l'aggiornamento costante della mappatura dei centri antiviolenza del Dipartimento per le pari opportunità, e adottando, inoltre, le iniziative di competenza per garantire che la violenza contro le donne sia affrontata tramite un coordinamento efficace tra autorità nazionali, regionali e locali;

3) ad adottare iniziative per rendere omogenei, su tutto il territorio nazionale, norme e finanziamenti per le azioni di contrasto alla violenza contro le donne e per incrementare le risorse destinate al Fondo contro la violenza e le discriminazioni di genere, al Fondo per le pari opportunità, al Fondo per le vittime di reati intenzionali violenti, al Fondo antitratta e, in generale, a tutte le politiche per la promozione della parità di genere e per la prevenzione ed il contrasto di ogni forma di violenza contro le donne;

4) ad adottare iniziative per garantire la promozione, da parte dei media, della soggettività femminile, nonché l'introduzione di efficaci meccanismi di monitoraggio e di intervento sanzionatorio su comportamenti mediatici e comunicativi di ogni tipo che esprimano sessismo e visione stereotipata dei ruoli tra uomo e donna;

5) ad adottare le iniziative di competenza per contrastare la violenza di genere sui social network, in particolare le forme di istigazione che prendono di mira l'aspetto fisico, l'appartenenza religiosa o razziale, anche attraverso l'istituzione di un osservatorio sul fenomeno;

6) ad adottare iniziative per potenziare il raccordo fra scuola, servizi territoriali e consultori familiari e per adolescenti per intervenire più efficacemente quanto alle politiche educative sull'uguaglianza e sul rispetto delle differenze;

7) a dare attuazione, per quanto di competenza, alle risultanze e alle raccomandazioni contenute nella relazione conclusiva dei lavori della «Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio» della XVII legislatura, promuovendo iniziative normative, anche di carattere fiscale, e amministrative volte ad accompagnare o orientare le donne vittime di violenza nel percorso di recupero della libertà e dell'integrità fisica, morale ed economica;

8) a promuovere, nelle scuole di ogni ordine e grado, l'educazione alla parità tra i sessi, nonché la prevenzione della violenza di genere, attraverso il potenziamento di specifici percorsi di formazione del personale docente nell'ambito del piano triennale dell'offerta formativa, promuovendo altresì l'introduzione dell'insegnamento dell'educazione affettiva e sessuale nel primo e nel secondo ciclo di istruzione e nei corsi di studio universitari;

9) ad adottare iniziative per stanziare risorse adeguate da destinare alla formazione delle Forze dell'ordine che si relazionano con le donne che hanno subito ogni tipo di violenza, nonché alla promozione di una cultura sociale e giudiziaria maggiormente orientata alla tutela della vittima, anche attraverso iniziative di formazione, informazione e sensibilizzazione nei luoghi di socialità, di svago, di cura e benessere delle donne, agevolando, altresì, l'emersione dei casi di violenza domestica;

10) ad adottare iniziative per prevedere, nell'ambito del reddito di cittadinanza, misure volte al sostegno di donne che vogliono fuoriuscire dal circolo vizioso della violenza domestica, in modo da ottenere un'indipendenza economica;

11) ad adottare iniziative per destinare una percentuale del Fondo unico giustizia, delle liquidità e dei capitali confiscati ai mafiosi e ai corrotti, all'imprenditoria femminile, privilegiando, nell'assegnazione, le donne vittime di violenza, al fine di incentivare un percorso di reinserimento sociale, oltre che l'indipendenza economica;

12) al fine di contrastare la recidiva, ad adottare iniziative per attivare programmi di trattamento per gli uomini maltrattanti nella fase di esecuzione della pena, predisponendo specifiche disposizioni di dettaglio ed indirizzi operativi rispetto a quanto previsto dall'articolo 6 della legge n. 69 del 2019, oltre a garantire, su tutto il territorio nazionale, un adeguato numero di strutture preposte a fornire percorsi di recupero;

13) ad adottare iniziative normative per introdurre — in caso di condanna per «femminicidio» — quale pena accessoria, l'«indegnità» del reo a succedere, nonché prevedere modifiche volte ad escludere, dall'applicabilità dell'istituto introdotto all'articolo 162-ter del codice penale, relativo all'estinzione del reato per condotte riparatorie, tutti i reati che implichino violenza nei confronti delle donne, inasprendo, altresì, le pene per il reato di violenza sessuale, con l'introduzione di nuove aggravanti e aumenti di pena in riferimento alle condotte operate nei riguardi dei soggetti più vulnerabili;

14) ad assumere iniziative normative tese a prevedere percorsi specifici in carcere per gli autori di reati di violenza sessuale sulle donne e di sfruttamento della prostituzione, inclusi interventi finalizzati a rendere obbligatoria in caso di condanna per reati contro le donne la destinazione di una percentuale del reddito generato da lavoro del reo in favore delle vittime o familiari delle stesse, quale risarcimento;

15) ad adottare le iniziative di competenza per garantire, su tutto il territorio nazionale, che le vittime dello sfruttamento della prostituzione possano essere inserite in percorsi sociali efficaci per rompere definitivamente il legame con gli sfruttatori;

16) ad adottare iniziative normative per la revisione dell'articolo 165 del codice penale in tema di presupposti per la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena e dei criteri per il percorso degli uomini maltrattanti;

17) tramite il Ministero della giustizia, nella predisposizione delle linee programmatiche di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 30 gennaio 2006, n. 26, a promuovere lo svolgimento di attività formative finalizzate allo sviluppo e all'aggiornamento di conoscenze e competenze in materia di violenza domestica e di genere, nonché in materia di ascolto e di trattamento di minori in occasione di procedimenti giudiziari;

18) ad adottare iniziative per migliorare la circolazione di informazioni tra tribunale civile e penale, onde evitare situazioni paradossali di affidamento congiunto in caso di violenza intra-familiare;

19) ad adottare iniziative per introdurre strumenti per potenziare la protezione delle vittime di violenza in occasione della concessione della misura cautelare, quali il divieto di avvicinamento o l'ordine di allontanamento;

20) ad adottare iniziative normative per modificare il sistema attualmente vigente nel processo penale al fine di consentire l'ingresso nel procedimento al difensore della vittima nei termini più ampi possibili rispetto all'attuale disciplina;

21) ad adottare iniziative per istituire una banca dati nazionale che raccolga in modo uniforme le denunce di violenza di genere tramite la modifica all'articolo 110 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale in materia di obblighi di comunicazione dei dati iscritti nel registro delle notizie di reato, prevedendo che la segreteria di ogni procura della Repubblica trasmetta tali informazioni, immediatamente dopo l'iscrizione nel registro, al Centro elaborazione dati istituito presso il Ministero dell'interno dalla legge 1° aprile 1981, n. 121;

22) a promuovere la costituzione di un gruppo di lavoro interforze tra Polizia di Stato e Arma dei Carabinieri per l'analisi, la prevenzione e il contrasto del fenomeno della violenza di genere;

23) ad adottare iniziative per prevedere meccanismi più veloci per la distribuzione delle risorse economiche in favore dei centri anti-violenza e distribuire in modo uniforme i centri per gli uomini maltrattanti, prevedendo un organismo terzo che controlli il percorso e l'effettivo risultato dei maltrattanti in modo che quest'ultimi possano prendere consapevolezza, del crimine commesso e così ravvedersi;

24) ad adottare iniziative normative, al più presto, per una completa rivisitazione della disciplina di cui alla legge n. 122 del 2016 in materia di indennizzi in favore delle vittime dei reati violenti, nonché per la tutela delle vittime del reato di matrimonio forzato anche ai fini della disciplina in materia di immigrazione, e altresì per prevedere modalità per il cambio del cognome delle medesime vittime del reato di matrimonio forzato, di cui all'articolo 558-bis del codice penale;

25) a sostenere con determinazione, per quanto di competenza, l'esame delle proposte di legge in Parlamento recanti misure inerenti al contrasto alla violenza di genere e alla tutela delle vittime, al fine di velocizzarne l'iter e l'approvazione definitiva.
(1-00549) (Nuova formulazione) «Ascari, Davide Crippa, Elisa Tripodi, Spadoni, Perantoni, Bonafede, Cataldi, D'Orso, Di Sarno, Ferraresi, Giuliano, Saitta, Salafia, Sarti, Scutellà, Davide Aiello, Caso, Migliorino, Baldino, Brescia, Maurizio Cattoi, Corneli, De Carlo, Dieni, Francesco Silvestri, Alaimo, Azzolina, Giordano».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Benamati n. 5-07046 del 10 novembre 2021;

   interrogazione a risposta in Commissione Caon n. 5-07068 del 15 novembre 2021.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta scritta Turri n. 4-09137 del 29 aprile 2021 in interrogazione a risposta orale n. 3-02633;

   interrogazione a risposta in Commissione Avossa e altri n. 5-06917 del 26 ottobre 2021 in interrogazione a risposta orale n. 3-02632.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   BAGNASCO e CASSINELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   le adozioni internazionali finalizzate a dare assistenza ai minori in difficoltà hanno subito un arresto a causa della crisi pandemica da COVID-19, con particolare riguardo ai bambini bielorussi che, da oltre un anno, non possono entrare in Italia, anche per le conseguenti restrizioni dei viaggi;

   dalla tragedia nucleare di Chernobyl, avvenuta nel 1986, sono stati accolti in Italia mezzo milione di bambini, anche grazie ai progetti di risanamento psico-fisico e al supporto dato alle famiglie delle numerose associazioni di volontariato – tra cui l'associazione Puer che dal 1992 ad oggi ha accolto più di 80.000 minori provenienti dalla Bielorussia;

   dal mese di ottobre 2020 non è stato più inviato l'elenco dei bambini bielorussi orfani che attendono di essere adottati e centinaia di famiglie italiane stanno perdendo le speranze di accogliere bambini che sentono già come propri figli;

   è importante e urgente, dunque, attivarsi per derogare per questi casi alle vigenti misure di restrizione per i viaggi non ritenuti essenziali nell'ambito dell'Ue, a causa della crisi pandemica, per proseguire programmi solidaristici di risanamento che, se non potranno essere effettuati, comporteranno ulteriori e gravissimi danni per i bambini coinvolti;

   le famiglie adottive e le associazioni di volontariato chiedono di poter riportare i bambini bielorussi nel nostro Paese, anche mediante una deroga alle restrizioni temporanee di viaggi all'interno della Unione europea, una possibilità da considerarsi coerente con la raccomandazione del Consiglio dell'Unione europea 2020/912 del 30 giugno 2020, Allegato II, punti VII e IX, modificata dalle successive raccomandazioni del Consiglio dell'Unione europea, (UE) 2020/1052 e (UE) 2020/1186, laddove in particolare si contempla la possibilità di revocare gradualmente le restrizioni temporanee di viaggio e di aggiornare le liste dei Paesi, in base all'evolversi della situazione pandemica –:

   se non ritengano per quanto di rispettiva competenza, di doversi attivare, anche mediante specifiche iniziative diplomatiche, affinché siano derogate le misure restrittive per i viaggi di rientro e di risanamento a tutela dei bambini bielorussi orfani, dando altresì attuazione ai protocolli d'intesa tra Italia e Bielorussia che recepiscono la Convenzione dell'Aja del 29 maggio 1993, n. 33, sulla protezione dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, atti a poter proseguire i progetti di accoglienza e di adozione avviati;

   se non intendano concordare le migliori soluzioni volte a consentire ai bambini bielorussi di rientrare in Italia in condizioni di sicurezza, predisponendo canali umanitari ad hoc o mediante voli Covid-free, previa somministrazione di tamponi in partenza, in ragione del perseguimento di un supremo interesse garantito dalle Convenzioni internazionali, ossia la tutela di minori, i quali attendono di riabbracciare le proprie famiglie adottive.
(4-09598)

  Risposta. — A partire dal 1986, anno in cui si è verificata la catastrofe nucleare di Chernobyl, sono stati accolti in Italia circa 400.000 minori di nazionalità bielorussa, di fascia di età prevalentemente compresa tra gli 8 e i 12 anni, nell'ambito di programmi di accoglienza temporanea a fini solidaristici.
  La proficua e costante collaborazione a questo fine si è da ultimo basata su un Accordo bilaterale, firmato il 10 maggio 2007, «sulle condizioni di risanamento a titolo gratuito nella Repubblica italiana dei cittadini minorenni della Repubblica di Belarus» e un protocollo sottoscritto il 21 gennaio 2016 contenente le «Raccomandazioni per garantire le condizioni di massima sicurezza durante il soggiorno dei minori, cittadini della Repubblica di Belarus, che si troveranno nella Repubblica italiana per il risanamento».
  Nel 2018 circa 6.600 minori bielorussi sono stati accolti in Italia, l'80 per cento dei quali in famiglia e il restante 20 per cento presso strutture gestite da associazioni, in collaborazione con famiglie e organizzazioni di volontariato attive sul territorio. Simili le cifre nel 2019, con quasi 5.900 minori bielorussi che hanno partecipato a programmi di soggiorno solidaristico nel nostro Paese.
  La pandemia ha purtroppo causato, sia da parte bielorussa che da parte ucraina, la sospensione cautelativa dei programmi a tutela dei minori e delle famiglie ospitanti «fino alla stabilizzazione della situazione epidemiologica».
  Il Governo italiano ne ha sempre auspicato una ripresa, non appena le condizioni epidemiologiche lo avessero consentito. Solo nel maggio 2021, tuttavia, si è ritenuto che l'evoluzione della situazione pandemica fosse tale da permettere la ripresa dei soggiorni terapeutici. In particolare, il 18 maggio 2021 il nostro Comitato tecnico scientifico ha approvato uno specifico protocollo sanitario, che è stato separatamente presentato alle Autorità bielorusse e ucraine tramite le nostre rispettive ambasciate. Ad oggi Minsk e Kiev non hanno ancora fornito alcun riscontro sull'argomento.
  Per quanto riguarda Kiev, le Autorità ucraine hanno da ultimo dato un segnale di disponibilità accettando di effettuare, entro la fine dell'anno, una videoconferenza con il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ed il Ministero della salute italiani, nella quale sarà discussa in dettaglio la proposta di accordo bilaterale presentata da parte italiana per meglio regolamentare i soggiorni terapeutici. L'auspicio è che questo incontro, in cui saranno affrontati anche gli aspetti sanitari, possa essere risolutivo, consentendo dunque di riavviare i programmi solidaristici a beneficio dei minori ucraini. La nostra ambasciata a Kiev sta svolgendo una costante azione di sensibilizzazione al riguardo e l'ambasciatore intende effettuare a breve un nuovo passo con il Vice Ministro degli esteri ucraino.
  Per quanto riguarda invece la Bielorussia, oltre all'argomento sanitario, nel mancato riscontro di Minsk alla nostra proposta di protocollo sanitario potrebbero giocare un ruolo importante anche considerazioni politiche, a seguito delle sanzioni adottate dall'Unione europea per il dirottamento del volo Ryanair del 23 maggio 2021.
  Il Consiglio europeo, infatti, il 4 giugno 2021 ha approvato una modifica della decisione del Consiglio e del regolamento di attuazione del regime sanzionatorio nei confronti della Bielorussia, che stabilisce il divieto di sorvolo dello spazio aereo europeo e di utilizzo degli aeroporti europei da parte dei vettori bielorussi.
  Preciso a tal proposito che, su iniziativa italiana, è stato chiesto e ottenuto di inserire in tale disciplina sanzionatoria una deroga umanitaria che consentirà, nel rispetto delle procedure previste, di organizzare eventuali voli per finalità terapeutiche o di necessità medica. Abbiamo del pari ottenuto l'inclusione di analoghe deroghe per i casi di evacuazione o rimpatrio di persone o per iniziative di sostegno alle vittime di disastri naturali, nucleari o chimici, nonché per le procedure di adozione internazionale.
  Il Ministero degli affari esteri continuerà a seguire da vicino la questione, che è da ultimo stata sollevata anche con l'incaricato d'affari bielorusso in Italia, cui è stata sollecitata una pronta accettazione del protocollo sanitario bilaterale. Con le stesse finalità l'Ambasciatore a Minsk avrà a breve un incontro con il Vice Ministro degli esteri Aleinik.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Benedetto Della Vedova.


   COMENCINI, CECCHETTI, COIN, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, FORMENTINI, PICCHI, RIBOLLA, SNIDER e ZOFFILI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la stampa estera ha dato notizia il 30 giugno 2021 della decisione assunta dalle autorità kosovare nei confronti di Risto Jovanovic, cittadino della Repubblica del Montenegro, arrestato due giorni prima durante la celebrazione del Vidovdan a Gazimestan, del quale è stata prorogata la detenzione di ulteriori trenta giorni in un carcere situato a Mitrovica Nord;

   in occasione del Vidovdan, le Chiese ortodosse serba e bulgara ricordano ogni anno il 28 giugno il martirio di San Vito;

   Jovanovic sarebbe stato accusato di aver incitato all'odio ed all'intolleranza nazionali e religiosi;

   la difesa di Jovanovic ha naturalmente respinto le accuse;

   stando alla sua difesa, Jovanovic si sarebbe limitato a contestare la decisione di alcuni poliziotti kosovari intenti a controllare il contenuto della borsa con la quale una suora aveva visitato un santuario a Gazimestan;

   secondo i media kosovari, invece, Jovanovic avrebbe intonato canzoni provocatorie;

   l'ambasciata della Repubblica del Montenegro sta assistendo Jovanovic –:

   di quali elementi il Governo disponga relativamente ai fatti che hanno coinvolto Risto Jovanovic in Kosovo tra il 28 ed il 30 giugno 2021;

   se il Governo non ritenga che le circostanze descritte in premessa non sostanzino una forma di repressione della libertà religiosa in Kosovo e se e quali iniziative di competenza, a carattere diplomatico, intenda assumere per promuoverne il rispetto.
(4-10033)

  Risposta. — Risto Jovanovic, cittadino del Montenegro, è stato tratto in arresto il 28 giugno 2021 in Kosovo con l'accusa di «incitamento all'odio e alle intolleranze nazionali e religiose» durante le celebrazioni osservate dalla Chiesa ortodossa serba per il martirio di San Vito nella cittadina di Gazimestan. Quest'ultima, ubicata a una decina di chilometri dalla capitale Pristina, è un luogo di importanza storica per i serbi, in cui si ricorda la battaglia del Kosovo del 1389 (nota anche come «Battaglia della Piana dei Merli»), episodio di significativa rilevanza per l'identità nazionale serba.
  L'arresto, operato dalla polizia kosovara, è stato convalidato dal pubblico ministero che ha chiesto la proroga della misura fino a 30 giorni, motivando la richiesta con il pericolo di fuga e specificando come la pena edittale massima per il reato ascritto preveda fino a 5 anni di carcere.
  Il 21 luglio 2021 il tribunale di base di Pristina ha condannato Jovanovic a 6 mesi di reclusione, confermando le accuse di incitamento all'odio per aver intonato slogan nazionalistici. Alla pena detentiva è stata offerta l'alternativa, accettata dalla difesa, del pagamento di un'ammenda pari a 6.700 euro. Il tribunale ha altresì irrogato a Jovanovic la sanzione accessoria dei divieto di ingresso in Kosovo per 5 anni. All'udienza di condanna era presente in aula l'ambasciatore montenegrino a Pristina.
  L'Italia attribuisce massima priorità alla salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali nei Balcani Occidentali. Si tratta di un aspetto centrale nel percorso di avvicinamento della regione all'Unione europea, che il nostro Paese sostiene con convinzione.
  Ferma restando la nostra tradizionale posizione a tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali, il caso sollevato dall'interrogante non sembra presentare elementi sufficientemente chiari e univoci che possano evocare l'opportunità di un'azione diplomatica da parte italiana, tenuto anche conto della correttezza sotto il profilo formale della procedura giudiziaria seguita dalle autorità kosovare.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Benedetto Della Vedova.


   COSTA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   da tempo è stato sollevato il caso dell'ormai drammatica carenza di segretari comunali che rischia di paralizzare lo svolgimento dell'ordinaria attività amministrativa e il buon andamento degli uffici pubblici in numerosissimi comuni, specie quelli di piccole dimensioni, assumendo i caratteri di una problematica di portata nazionale;

   dagli ultimi resi disponibili dal Ministero dell'interno si evince che sono circa 2.300 le sedi vacanti sulle 4.794 sedi disponibili. In provincia di Cuneo, ad esempio, ad oggi risultano vacanti 114 sedi di segretariato su 247 comuni;

   ad aumentare il grado di difficoltà dei comuni nel reperire la figura del segretario comunale ha contribuito il decreto ministeriale del 21 ottobre 2020 che ha introdotto nuove regole circa le convenzioni per l'ufficio di segretario comunale e provinciale, limitando a 5 il numero massimo di comuni convenzionabili;

   le associazioni rappresentative degli enti locali hanno ripetutamente sottolineato al Governo la lentezza delle procedure concorsuali di reclutamento di nuovi segretari comunali e provinciali e, in ogni caso, l'insufficienza dell'incremento di organico che le stesse riusciranno ad assicurare. Ad esempio, il corso-concorso «Co.A 6» del 2017, attualmente in espletamento, porterà all'inserimento di soli 294 nuovi segretari comunali;

   la carenza dei segretari comunali verrà ulteriormente aggravata anche a causa dei prossimi pensionamenti, poiché non sarà possibile assicurare un tempestivo turnover degli stessi;

   tale preoccupante quadro rischia di provocare la paralisi dell'attività amministrativa, specie nei piccoli comuni, e la messa in discussione della fondamentale figura dei segretari comunali, i quali, oltre a svolgere un ruolo chiave nella preparazione ed esecuzione delle deliberazioni dei consigli e delle giunte, espletano funzioni che assumono un valore strategico e di garanzia per l'azione amministrativa dell'ente, nonché rispetto all'attività negoziale e contrattuale dello stesso;

   l'urgenza di far fronte alla carenza di segretari comunali, specie per quanto concerne i piccoli comuni, rende indispensabile il vaglio di forme ulteriori di reclutamento degli stessi rispetto al corso-concorso, come, ad esempio, la previsione per gli enti locali di affidare incarichi a tempo determinato ai soggetti risultati idonei non vincitori di concorsi pubblici – quali quello per l'accesso alla carriera prefettizia o quello per segretari comunali e provinciali bandito dallo stesso Ministero dell'interno – andando così a determinare la figura del cosiddetto «segretario supplente», sulla scorta del modello adottato da diversi anni nel mondo dell'istruzione. Tale modello potrebbe rispondere ad una duplice esigenza: da un lato, quella di garantire comunque la presenza di una professionalità, risultata comunque idonea nella prima fase di un corso-concorso pubblico, all'interno degli enti locali, che svolgerebbe la sua funzione sotto la supervisione di un segretario abilitato, dall'altro, quella di permettere a tali soggetti di svolgere in concreto un'attività lavorativa formativa ed eventualmente propedeutica alla preparazione ed all'accesso a futuri bandi di corsi-concorsi pubblici –:

   se siano a conoscenza di tale grave situazione e se stiano valutando di porre in essere iniziative normative mirate, al fine di superare e correggere le criticità del corso-concorso attraverso una semplificazione e velocizzazione delle procedure selettive;

   se intendano assumere, comunque, iniziative urgenti per affrontare e gestire l'attuale e grave carenza di segretari comunali sopra descritta, e, in particolar modo, se ritengano di valutare un'iniziativa normativa che possa dare la possibilità agli enti locali di sopperire alla mancanza di segretari comunali mediante l'affido di incarichi a tempo determinato a soggetti da reperire nel novero dei candidati risultati idonei nella prima fase di determinati corsi-concorsi pubblici, ivi compreso quello per segretari comunali e provinciali bandito dal Ministero dell'interno, che possano operare sotto il coordinamento di un segretario abilitato, garantendo così la reggenza delle sedi vacanti.
(4-09361)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si evidenzia, preliminarmente, che la figura del segretario comunale e provinciale è articolata in tre diverse fasce professionali (A, B e C), distinte in relazione all'entità demografica degli enti locali. Allo stato, la categoria risulta caratterizzata da una sensibile carenza di organico, accentuata nella fascia professionale iniziale di accesso in carriera (C), i cui iscritti sono destinati allo svolgimento delle funzioni nei comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti.
  Con l'articolo 16-
ter del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162 sono stati introdotti alcuni strumenti volti a fronteggiare le difficoltà organizzative dei comuni, in particolare di quelli di minori dimensioni demografiche.
  Tra questi si segnala, in primo luogo, il potenziamento dell'istituto delle convenzioni di segreteria di cui all'articolo 98, comma 3, del Tuel, mediante il quale più enti locali condividono il medesimo segretario. Difatti, in relazione alle esigenze dei piccoli comuni, ai fini della classificazione delle convenzioni in discorso, è stato adottato il criterio della «somma delle popolazioni», che consente di assegnare agli enti di più piccola dimensione – con ripartizione dei relativi oneri – segretari iscritti anche nella fascia professionale superiore.
  L'istituto delle convenzioni di segreteria è stato ulteriormente rafforzato con il recente decreto del Ministro dell'interno del 28 aprile 2021, che consente di coinvolgere, nel processo aggregativo, più dei cinque enti locali inizialmente previsti, purché vengano illustrate le relative motivazioni e garantite modalità di svolgimento delle funzioni segretariali in grado di assicurare il buon andamento dell'azione amministrativa.
  Inoltre, con disposizione esclusivamente diretta ai comuni di minore dimensione – fino a 5.000 abitanti ovvero fino a 10.000 se convenzionati – è stato riformato l'istituto del vice segretario comunale, estendendo l'arco temporale entro il quale egli è autorizzato allo svolgimento dei compiti del segretario titolare, in qualità di vicario, ossia fino a 24 mesi complessivi nell'arco del triennio 2020-2022 (articolo 3-
quater, decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113).
  Con l'obiettivo di ridurre i tempi per l'immissione di nuovi segretari da destinare agli enti fino a 3.000 abitanti è stata, altresì, prevista una contrazione dell'attività formativa da svolgere nell'ambito del processo di reclutamento, rimodulandone le finalità e la
ratio.
  Difatti, da un lato, è stato ridotto da 12 a 8 mesi il periodo di formazione e di tirocinio da svolgere prima dell'assunzione, dall'altro, si è cercato di rilanciare l'istituto formativo secondo un approccio più moderno, in base al quale i neo segretari saranno tenuti a un programma formativo nel biennio successivo alla prima presa di servizio, da svolgere mediante moduli teorico-pratici di supporto e affiancamento.
  L'attività di semplificazione e di snellimento del processo di reclutamento di nuovi segretari comunali e provinciali è proseguita, inoltre, con l'approvazione dell'articolo 25-
bis dei decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 che – per il triennio 2020-2022 – ha previsto modalità accelerate e semplificate per la procedura selettiva, ivi compreso il ricorso alle più moderne tecnologie informatiche per lo svolgimento e la correzione delle prove.
  In tale contesto ordinamentale, l'Amministrazione dell'interno è attualmente impegnata in un intenso programma di reclutamento.
  Il 5 luglio 2021 sono terminate le prove orali del sesto corso concorso di accesso alla carriera di segretari comunali e provinciali. Tali prove si sono svolte, per la prima volta per l'Amministrazione dell'interno, con modalità telematiche, per consentire, in un periodo di emergenza sanitaria, la conclusione del concorso con la massima celerità, in soli sei mesi, e garantire la sicurezza dei candidati.
  Per i primi 291 candidati, destinatari di borsa di studio, ammessi al corso di formazione nella sessione «ordinaria» del predetto corso concorso, l'inizio delle attività didattiche è previsto nel corrente mese di settembre.
  Inoltre, ulteriori 223 borsisti saranno ammessi alla sessione «aggiuntiva». Al suo termine, altri 172 soggetti conseguiranno il diritto all'iscrizione all'Albo.
  Sono state pure avviate le procedure relative al corso-concorso per l'accesso in carriera di 174 segretari comunali (COA 8), incrementando così il contingente di 171 segretari comunali già precedentemente autorizzato (COA 7). Con il nuovo bando di concorso si procederà quindi all'assunzione di entrambi i contingenti autorizzati ai fini dell'iscrizione all'Albo di ulteriori 345 unità.
  Da ultimo, si segnala che, anche in considerazione della necessità di rafforzare la capacità funzionale degli enti locali connessa agli interventi previsti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, al fine di sopperire con urgenza all'attuale carenza di segretari comunali iscritti all'albo, per tali figure è stata prevista l'estensione del
turn over dall'80 al 100 per cento (articolo 6-bis, decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113).
  Tutto ciò testimonia lo sforzo che l'Amministrazione dell'interno sta realizzando al fine di assicurare il necessario supporto giuridico all'attività dei comuni, rafforzando l'istituto del segretario comunale e provinciale che, per la rilevanza del compiti affidati dall'ordinamento, è da considerare come una delle figure centrali nel sistema delle autonomie locali.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ivan Scalfarotto.


   CUNIAL. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 10 luglio 2021, sulle cronache dei quotidiani internazionali appare la notizia che a Malta c'è stato un balzo dei contagi anche a causa dei focolai scoppiati nelle scuole di lingua, riaperte agli stranieri. Risulta che cinquanta italiani – tra ragazzi e guide – siano risultati positivi al coronavirus, ma che sarebbero tra 120 e 130, compresi i negativi, gli studenti italiani minorenni e accompagnatori, trattenuti in quarantena presso strutture dedicate. Le prime dichiarazioni della Farnesina sono state che: «Per il momento la normativa maltese rimane confermata e non consente il ritorno nel nostro Paese, né per le persone positive né per i contatti stretti negativi, per 14 giorni»;

   lo stesso giorno, l'avvocato presso la Corte penale internazionale, Giulio Marini, avvisava prontamente l'ambasciata italiana a Malta e la Rappresentanza della Commissione europea Malta, che secondo le Linee Guida del 20 gennaio 2021 dell'OMS, laddove i risultati del test non corrispondano alla presentazione clinica, ovvero gli asintomatici, è necessario prelevare un nuovo campione e ritentarlo utilizzando la stessa tecnologia Nat o una diversa, suggerendo alle autorità italiane di contattare immediatamente le autorità maltesi, per avere riscontro formale che le diagnosi dei casi asintomatici siano state rese in ossequio alle predette linee guida e che in caso di mancata esecuzione del test, nel rispetto di dette regole, le persone sarebbero da considerare illegalmente confinate;

   in data 12 luglio 2021, l'avvocato Marini, trasmette all'Ufficio del procuratore generale di Malta, documentazione inerente alle Linee guida sopraindicate meditante un documento ufficiale frutto di un colloquio con l'OMS;

   lo stesso giorno Malta ha deciso di tenere aperte le frontiere solo per i vaccinati e di chiudere le scuole di lingua fino a data da destinarsi e che il sarà obbligatorio avere un EU digital COVID certificate (Digital Green Pass) valido per l'ingresso;

   si ricorda che Malta è Paese membro dell'Unione europea dal 1° maggio 2004 e membro dello spazio Schengen dal 21 dicembre 2007 ed è quindi soggetta agli stessi regolamenti europei e direttive a cui è soggetta anche l'Italia e che, pertanto, la libera circolazione non può essere negata ai cittadini membri dei Paesi europei, anche se non vaccinati, e che non si può discriminare in funzione del tipo di Digital Green Pass in possesso del cittadino;

   a tal proposito si richiama l'interrogazione n. 4-09632 nella quale si fanno le medesime obiezioni al Ministro Speranza in merito alla sua ordinanza che obbliga la dotazione del Digital Green Pass per entrare ed uscire dal Paese;

   a parere dell'interrogante trattenere minori presso il territorio maltese è un atto in violazione del diritto internazionale –:

   di quali elementi disponga il Governo in merito alla vicenda, se ritenga che, alla luce di quanto descritto in premessa, non siano rispettati i diritti dei cittadini italiani presenti a Malta e se non intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, nei confronti del Governo di Malta per il rilascio immediato dei minori e dei loro accompagnatori trattenuti presso le strutture maltesi.
(4-09811)

  Risposta. — A partire dal 6 luglio 2021 un numero crescente di connazionali in viaggio a Malta, in maggioranza turisti minorenni, è risultato positivo al COVID-19 a seguito del tampone antigenico effettuato a ridosso della partenza per rientrare in Italia oppure ha avuto contatti con individui positivi.
  Gli italiani sottoposti a misure di confinamento (positivi al COVID-19 e contatti diretti con positivi) sono giunti ad essere più di 300, tra studenti e turisti, anche minorenni.
  La maggior parte dei ragazzi è stata trasferita al Corinthia Marina Hotel, struttura COVID-19 dedicata.
  La Farnesina e l'ambasciata d'Italia a Malta sono state immediatamente informate e dal primo momento hanno fornito supporto diretto ai connazionali in loco, nonché alle famiglie in Italia, individuando per ogni gruppo un singolo referente con cui mantenere costanti contatti. L'ambasciata ha inoltre istituito un'apposita
task force.
  L'ambasciata a Malta ha tempestivamente inviato funzionari presso le strutture ove i connazionali necessitavano di maggiore assistenza, fornendo loro beni di prima necessità, tra cui medicinali essenziali e cibo.
  L'ambasciata, in stretto raccordo con la Farnesina, si è poi coordinata con le autorità locali per verificare la possibilità di predisporre il rientro dei giovani connazionali bloccati a Malta in anticipo rispetto ai 14 giorni di confinamento previsti dalla normativa maltese.
  Grazie all'azione dell'ambasciata, in stretto coordinamento con l'Autorità maltese del turismo, è stato possibile rimpatriare tutti gli studenti delle scuole di lingua e i minori non accompagnati attraverso due voli dedicati, i cui costi sono stati sostenuti dalle autorità maltesi.
  Il primo volo è stato effettuato il 19 luglio 2021, a beneficio di 58 giovani italiani negativi. Il secondo volo è partito il 23 luglio 2021 e ha interessato 161 ragazzi ancora positivi al COVID.
  Gli studenti, in una complessa operazione coordinata da un tavolo di regia della Protezione civile, sono stati tutti testati nuovamente una volta giunti a Fiumicino.
  I negativi sono rientrati alle loro abitazioni con i genitori, mentre i positivi sono stati posti in quarantena presso un'apposita struttura a Roma, ove sono rimasti sino al successivo tampone negativo.
  L'ambasciata e la Farnesina hanno prestato tutta la necessaria assistenza ai connazionali presenti sull'isola sino al loro rientro in Italia.
  

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Benedetto Della Vedova.


   FRATOIANNI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 16-bis del cosiddetto decreto semplificazioni decreto-legge n. 76 del 2020, convertito dalla legge n. 120 del 2020 ha introdotto modifiche all'articolo 14 della legge n. 53 del 1990 estendendo ad altre figure, tra cui gli avvocati iscritti all'albo che abbiano comunicato la loro disponibilità all'ordine di appartenenza, la competenza ad autenticare le sottoscrizioni previste dalla legge, inclusi i referendum e le proposte di legge di iniziativa popolare;

   da quando è entrata in vigore la suddetta legge non risulta all'interrogante che i 245.000 avvocati italiani abbiano mai ricevuto alcun tipo di comunicazione ufficiale sulla possibilità di attivarsi a fornire tale servizio pubblico finalizzato a rendere effettivo un diritto costituzionale;

   l'Italia è stata condannata in sede di Consiglio Onu per i diritti umani proprio perché viola il diritto dei cittadini a partecipare alla vita politica del Paese attraverso i referendum e le leggi di iniziativa popolare, essendo la raccolta firme particolarmente complessa per l'obbligo di far autenticare le firme da un pubblico ufficiale presente al momento della sottoscrizione; dunque una disponibilità effettiva e diffusa di avvocati a prestare il servizio pubblico di autentica delle firme avrebbe anche l'effetto di contribuire al rientro nella legalità internazionale del nostro Paese;

   l'articolo 35, comma 1, lett. p) della legge 31 dicembre 2012, n. 247, sulla nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense prevede fra le funzioni istituzionali che il Consiglio nazionale forense «cura, mediante pubblicazioni, l'informazione sulla propria attività e sugli argomenti d'interesse dell'avvocatura»;

   infine, dai dati a disposizione del Comitato promotore referendum per l'Eutanasia legale risulta che su 245.000 avvocati soltanto 645 – cioè meno del tre per mille – abbiano effettuato la comunicazione all'ordine, senza che siano reperibili dati ufficiali su questo tema –:

   quali iniziative di competenza intenda mettere in campo affinché gli ordini professionali si attivino per comunicare tale nuova funzione pubblica degli avvocati per garantire il pieno rispetto della legge n. 120 del 2020, nonché l'effettivo esercizio dello strumento previsto dell'articolo 75 della Costituzione.
(4-09671)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, rivolto al Ministro della giustizia, premesso che:

   l'articolo 16-bis del decreto-legge n. 76 del 2020, convertito dalla legge n. 120 del 2020, ha introdotto modifiche all'articolo 14 della legge n. 53 del 1990, estendendo ad altre figure, tra cui gli avvocati iscritti all'albo che abbiano comunicato la propria disponibilità all'ordine di appartenenza, la competenza ad effettuare le autenticazioni previste dalla legge, inclusi i referendum e le iniziative di legge popolare;

   nonostante l'entrata in vigore della citata novella legislativa, non risulta che i 245.000 mila avvocati italiani abbiano ricevuto alcuna comunicazione circa la possibilità di autenticazione delle sottoscrizioni anche per le citate iniziative popolari, pur trattandosi di una funzione finalizzata a rendere effettivo un diritto di rilievo costituzionale, quale quello di partecipazione attiva alla vita politica del Paese, anche attraverso i referendum e le leggi di iniziativa popolare, per cui l'Italia ha ricevuto una condanna in sede di Consiglio ONU per i diritti umani;

   l'articolo 35, comma 1, lettera p), della legge n. 247 del 2012, sulla disciplina dell'ordinamento della professione forense, prevede che il Consiglio nazionale forense curi, mediante pubblicazioni, l'informazione sulla propria attività e sugli argomenti d'interesse dell'avvocatura;

   ad oggi, dai dati del comitato promotore del referendum, risulterebbe che so lo 645 professionisti abbiano effettuato al consiglio dell'ordine di appartenenza la comunicazione relativa alla propria disponibilità ad effettuare la funzione di autenticazione delle sottoscrizioni, l'interrogante ha dunque chiesto al Ministro della giustizia «quali iniziative intenda mettere in campo affinché gli ordini professionali si attivino per comunicare tale nuova funzione pubblica degli avvocati per garantire il pieno rispetto dell'articolo 75 della Costituzione».

  In via preliminare occorre osservare che l'articolo 14 della legge n. 53 del 1990, recante «Misure urgenti atte a garantire maggiore efficienza al procedimento elettorale», come modificato dalla legge n. 120 del 2020, di conversione del decreto-legge n. 76 del 2020, ha ampliato la platea dei soggetti abilitati dall'ordinamento ad effettuare l'autenticazione delle sottoscrizioni nei casi previsti dalla legge, ricomprendendo gli avvocati iscritti all'albo che abbiano comunicato la loro disponibilità all'ordine di appartenenza.
  Tanto premesso, in relazione alla richiesta dell'interrogante non si ravvisano competenze in capo a questo Ministero, che esercita sugli ordini e sui collegi professionali esclusivamente una funzione di vigilanza volta alla verifica del loro corretto funzionamento.
  Invero, secondo una previsione sostanzialmente omogenea delle leggi che regolano gli ordini professionali, tale funzione di vigilanza si estrinseca nel potere di scioglimento di un consiglio che non sia in grado di funzionare regolarmente (per qualsiasi ragione), ovvero quando sia trascorso il termine di legge senza che si sia provveduto all'elezione del nuovo consiglio, ovvero ancora quando il consiglio stesso, richiamato all'osservanza degli obblighi ad esso imposti persista, a violarli.
  Tanto chiarito in termini generali, risulta agevole concludere che non rientra tra i poteri di vigilanza del Ministero della giustizia l'attività di sensibilizzazione dei singoli professionisti, sia pure attraverso gli ordini di appartenenza, circa le prerogative e le funzioni da costoro esercitabili
ex lege, anche se in settori di particolare rilievo costituzionale.
  Ad ogni buon conto> al fine di fornire un contributo conoscitivo sul tema, tenuto conto dei compiti istituzionalmente attribuiti al Consiglio nazionale forense dall'articolo 35, comma 1, lettera
p), della legge n. 247 del 2012, si è ritenuto di chiedere informazioni in ordine all'adozione di eventuali iniziative volte a rendere nota la funzione di autentica delle sottoscrizioni delle iniziative popolari da parte degli avvocati.
  Il Consiglio, nel riscontrare la richiesta ha comunicato di aver proceduto in data 16 luglio 2021 alla trasmissione, a tutti i consigli dell'ordine degli avvocati, di apposita comunicazione avente ad oggetto «l'Avvocato autenticatore di firme nelle procedure elettorali e referendarie (articolo 16-
bis, legge n. 120 del 2020)».
  Deve pertanto darsi atto che, con riferimento alla implementazione delle competenze degli avvocati nell'autenticazione delle sottoscrizioni nelle procedure elettorali e referendarie, è stata assicurata la più capillare divulgazione nell'ambito dei canali istituzionali da parte del consiglio dell'ordine.
La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.


   GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da quando è entrata in vigore la legge n. 120 del 2020, i 245.000 avvocati italiani non hanno mai ricevuto alcun tipo di comunicazione ufficiale sulla possibilità di attivarsi a fornire il servizio pubblico di autenticazione delle sottoscrizioni di cui alla legge n. 53 del 1990 finalizzato a rendere effettivo un diritto costituzionale;

   l'Italia è stata condannata in sede di Consiglio Onu per i diritti umani, proprio perché viola il diritto dei cittadini a partecipare alla vita politica del Paese attraverso i referendum e le leggi di iniziativa popolare, essendo la raccolta firme particolarmente complessa per l'obbligo di far autenticare le firme da un pubblico ufficiale presente al momento della sottoscrizione; dunque una disponibilità effettiva e diffusa di avvocati a prestare il servizio pubblico di autentica delle firme avrebbe anche l'effetto di contribuire al rientro nella legalità internazionale del nostro Paese;

   l'articolo 35, comma 1, lettera p), della legge 31 dicembre 2012, n. 247, sulla nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense prevede, fra le funzioni istituzionali, che il Consiglio nazionale forense «cura, mediante pubblicazioni, l'informazione sulla propria attività e sugli argomenti d'interesse dell'avvocatura»;

   la funzione di vigilanza sul «corretto funzionamento» degli ordini professionali deve necessariamente riguardare la formazione e la diffusione di informazioni professionali;

   dai dati a disposizione del Comitato promotore referendum risulta che su 245.000 avvocati soltanto 645 (cioè meno del tre per mille) abbiano effettuato la comunicazione all'ordine, senza che siano reperibili dati ufficiali su questo tema –:

   quali iniziative di competenza intenda mettere in campo affinché gli ordini professionali si attivino per comunicare tale nuova funzione pubblica degli avvocati per garantire il pieno rispetto dell'articolo 75 della Costituzione.
(4-09652)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, rivolto al Ministro della giustizia, premesso che:

   con l'entrata in vigore della legge n. 120 del 2020, recante misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale, agli avvocati è stata attribuita la facoltà di autenticazione delle sottoscrizioni di cui alla legge n. 93 del 1990, finalizzata a rendere effettivo un diritto di rilievo costituzionale, quale quello di partecipazione attiva alla vita politica del Paese, anche attraverso i referendum e le leggi di iniziativa popolare, per cui l'Italia ha ricevuto una condanna in sede di Consiglio ONU per i diritti umani;

   l'articolo 35, comma. 1, lettera p) della legge n. 247 del 2012, sulla disciplina dell'ordinamento della professione forense, prevede che il Consiglio nazionale forense curi, mediante pubblicazioni, l'informazione sulla propria attività e sugli argomenti d'interesse dell'avvocatura;

   tuttavia, i 245.000 mila avvocati italiani non hanno ricevuto alcuna comunicazione la possibilità, ora riconosciuta ex lege di autenticazione delle sottoscrizioni anche per le citate iniziative popolari;

   a oggi, dai dati del comitato promotore del referendum risulterebbe che solo 645 professionisti abbiano effettuato al consiglio dell'ordine di appartenenza la comunicazione relativa alla propria disponibilità ad effettuare la funzione di autenticazione delle sottoscrizioni, l'interrogante ha dunque chiesto al Ministro della giustizia «quali iniziative intenda mettere in campo affinché gli ordini professionali si attivino per comunicare tale nuova funzione pubblica degli avvocati per garantire il pieno rispetto dell'articolo 75 della Costituzione».

  Va premesso che l'articolo 14 della legge n. 53 del 1990, recante «Misure urgenti atte a garantire maggiore efficienza al procedimento elettorale», come modificato dalla legge n. 120 del 2020, di conversione del decreto-legge n. 76 del 2020, ha ampliato la platea dei soggetti abilitati dall'ordinamento ad effettuare l'autenticazione delle sottoscrizioni nei casi previsti dalla legge, ricomprendendo gli avvocati iscritti all'albo che abbiano comunicato la loro disponibilità all'ordine di appartenenza.
  Pertanto, in relazione alla richiesta di cui all'oggetto, giova evidenziare che non si ravvisano competenze del Ministero, che esercita sugli ordini e sui collegi professionali esclusivamente una funzione di vigilanza volta alla verifica del loro corretto funzionamento.
  Invero, secondo una previsione sostanzialmente omogenea delle leggi che regolano gli ordini professionali, tale funzione di vigilanza si estrinseca nel potere di scioglimento di un consiglio che non sia in grado di funzionare regolarmente (per qualsiasi ragione), ovvero quando sia trascorso il termine di legge senza che si sia provveduto all'elezione del nuovo consiglio, ovvero ancora quando il consiglio stesso, richiamato all'osservanza degli obblighi ad esso imposti persista, a violarli.
  Tanto chiarito in termini generali, risulta agevole concludere che non rientra tra i poteri di vigilanza del Ministero della giustizia l'attività di sensibilizzazione dei singoli professionisti, sia pure attraverso gli ordini di appartenenza, circa le prerogative e le funzioni da costoro esercitabili
ex lege, anche se in settori di particolare rilievo costituzionale.
  Ad ogni buon conto, al fine di fornire un contributo sul tema, sono state richieste informazioni al Consiglio nazionale forense in ordine all'adozione di eventuali iniziative volte a rendere nota la funzione di autentica delle sottoscrizioni delle iniziative popolari da parte degli avvocati.
  Il Consiglio, nel riscontrare l'istanza ha comunicato di aver proceduto in data 16 luglio 2021 alla trasmissione, a tutti i consigli dell'ordine degli avvocati, di apposita comunicazione avente ad oggetto, «l'Avvocato autenticatore di firme nelle procedure elettorali e referendarie (articolo 16-
bis, legge n. 120 del 2020)».
  Deve pertanto darsi atto che, con riferimento alla implementazione delle competenze degli avvocati nell'autenticazione delle sottoscrizioni nelle procedure elettorali e referendarie, è stata assicurata la più capillare divulgazione nell'ambito dei canali istituzionali da parte del consiglio dell'ordine.

La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.


   IEZZI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   a gennaio 2021 i negozianti milanesi, con grande senso di responsabilità, accettavano la proposta del prefetto di posticipare l'orario di apertura dei loro negozi; la ratio della proposta era quella di permettere un alleggerimento del trasporto pubblico, agevolando gli spostamenti degli studenti ed evitando così assembramenti; si trattava di un sacrifico temporaneo richiesto dalla straordinarietà della situazione in cui al tempo ci si trovava;

   da allora, il contesto è sensibilmente cambiato: la discesa della curva epidemiologica è costante e stabile: i contagiati sono poche centinaia e quasi tutti asintomatici; le terapie intensive, la cui capacità ricettiva è l'unica vera variabile per valutare il grado di emergenza in cui versa il Paese, accolgono ormai solo poche unità di pazienti al giorno e, secondo lo stato attuale delle conoscenze, anche grazie alla massiccia campagna vaccinale, il rischio di un aumento dei contagi è pressoché nullo;

   ha preso atto di questo stato dei fatti anche il Ministro della salute, che con ordinanza del 22 giugno 2021 ha abolito l'obbligo di indossare le mascherine all'aperto;

   ogni restrizione alle libertà fondamentali che non sia confortata da dati scientifici che ne giustifichino la ragionevolezza è da considerarsi inaccettabile perché incostituzionale; la pubblica amministrazione è chiamata ad adottare ogni decisione attraverso un delicato procedimento di bilanciamento degli interessi dei soggetti e delle categorie coinvolte;

   nonostante il divieto di apertura mattutina sia ormai ampiamente superato dallo stato dei fatti sia su scala locale che nazionale, il prefetto di Milano, ad avviso dell'interrogante, con l'avallo desumibile dal silenzio del sindaco Sala, sembra insensibile alle continue sollecitazioni di negozianti e cittadini e fermo nella sua inspiegabile decisione di mantenere gli orari di apertura posticipati dei negozi che commerciano beni non di prima necessità;

   alla luce di quanto sopra descritto, appare all'interrogante del tutto irragionevole il comportamento del prefetto: non si tratta, infatti, di concedere favori o privilegi speciali, ma semplicemente di eliminare restrizioni ormai ingiustificate che si tramutano piuttosto in violazioni dei diritti fondamentali, nel caso di specie quello di libera iniziativa economica; il mantenimento del divieto comporta altresì una disparità di trattamento tra quelle province che lo prevedono, come appunto Milano, e quelle che invece lasciano piena libertà di scelta –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per porre fine alle possibili disparità riportate in premessa che si vengono a creare sul territorio nazionale da parte di quella che appare all'interrogante una incoerente e irragionevole regolamentazione.
(4-09658)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si evidenzia che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 dicembre 2020, all'articolo 1, comma 10, lettera s) – in considerazione del rientro in classe degli studenti delle scuole secondarie di secondo grado, previsto per il 7 gennaio 2021 – ha previsto l'istituzione presso ciascuna prefettura di un tavolo di coordinamento per la definizione del raccordo tra gli orari di inizio e termine delle attività didattiche e gli orari dei servizi di trasporto pubblico locale, urbano ed extraurbano.
  All'esito dei lavori del tavolo milanese, il 21 dicembre 2020, è stato approvato il documento operativo per il coordinamento degli orari delle attività e del servizio di trasporto pubblico locale, intitolato «Per tornare in classe», elaborato con il supporto del Politecnico di Milano.
  Per favorire il rientro a scuola in presenza del 75 per cento dei 140 mila ragazzi che frequentano le superiori e i centri di formazione professionali della città metropolitana di Milano, è stato previsto uno scaglionamento ad ampio spettro degli orari di inizio delle attività in città. Per quanto riguarda le scuole, per il 50 per cento degli studenti è stato previsto l'ingresso in classe entro le ore 8.00 e, per il restante 25 per cento dopo le 9.30; è stato inoltre potenziato il trasporto pubblico locale.
  Proprio per decongestionare il trasporto pubblico locale negli orari di affluenza degli studenti, il 29 dicembre 2020, il prefetto di Milano, insieme al sindaco, ha presentato alle parti sociali il patto «Milano per la scuola"» che, nello stabilire uno scaglionamento dell'inizio delle attività, ha previsto: l'apertura al pubblico dopo le ore 9.30, e previo appuntamento, per i servizi pubblici ai cittadini, l'apertura dalle 10.15 per il commercio non alimentare (ad esclusione di edicole, tabacchi, farmacie e parafarmacie) e dalle 9.30 per i servizi alla persona, nonché per quelli bancari, assicurativi e finanziari.
  Le aziende produttive del settore manifatturiero sono state chiamate ad anticipare l'orario di inizio delle attività entro le ore 8, mentre per i settori amministrativi, direzionali e di consulenza, l'apertura è stata prevista dopo le 9.30. Per i professionisti, l'orario di ricevimento è stato individuato a partire dalle ore 10.00, preferibilmente su appuntamento, parimenti le università sono state invitate a iniziare le lezioni in presenza a partire dalle ore 10.00.
  Il patto ha inteso promuovere, sia presso le aziende sia nel settore pubblico, una sempre più attenta valutazione sull'uso ottimale dello
smart working, anche in una prospettiva di lungo periodo che vada oltre l'attuale fase emergenziale.
  A seguito dell'approvazione unanime del patto da parte delle categorie produttive, del commercio e dei servizi, degli ordini professionali e delle pubbliche amministrazioni territoriali, il 21 gennaio 2021 – come riferito nell'interrogazione – il sindaco di Milano ha adottato una specifica ordinanza che include le suddette prescrizioni, necessarie per garantire il rientro a scuola in sicurezza.
  L'efficacia di tali misure è stata confermata anche dalle rilevazioni sul contenimento della diffusione del contagio effettuate dall'Agenzia di tutela della salute della città metropolitana di Milano.
  Il 1° giugno 2021, in vista dell'imminente conclusione dell'anno scolastico, si è tenuta una riunione alla quale hanno partecipato tutti i firmatari del patto «Milano per la scuola». In tale sede – pur nella consapevolezza che a breve sarebbero venute meno le esigenze connesse alle attività scolastiche – i partecipanti hanno condiviso l'opportunità di mantenere in vigore il patto anche nel periodo estivo, rimettendo comunque la valutazione in merito al comune. Ciò in considerazione del coefficiente massimo di capienza del trasporto pubblico locale, che in quel momento era fissato al 50 per cento.
  Al riguardo, va rammentato che in considerazione dell'avvenuta riclassificazione della Lombardia in «zona bianca» a decorrere dal 14 giugno 2021, il coefficiente di riempimento dei mezzi del trasporto pubblico locale è stato innalzato all'80 per cento con provvedimento della regione del 18 giugno 2021.
  Alla luce di tale novità, il 7 luglio 2021 il comune di Milano ha adottato un'ordinanza di sospensione del precedente provvedimento, con efficacia immediata e fino alla data di scadenza dell'emergenza sanitaria in corso e, in ogni caso, fino alla riapertura delle istituzioni scolastiche, educative e formative di ogni ordine e grado, in caso di ulteriore proroga dello stato di emergenza.
  Si segnala, infine, che la prefettura di Milano non ha ricevuto sul tema nessuna segnalazione o richiesta da parte di qualsiasi associazione di categoria.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ivan Scalfarotto.


   LOSS, ZOFFILI, FORMENTINI, BINELLI, VANESSA CATTOI, SUTTO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 2 luglio 2020 il Governo pro tempore rispondeva all'interrogazione n. 4-05699, presentata dai sottoscrittori della presente: «il signor Forti ha optato nel luglio 2018 per la presentazione di un'istanza di trasferimento in Italia ai sensi della Convenzione di Strasburgo del 1983 sul trasferimento delle persone condannate, per continuare a scontare nel nostro Paese la pena comminatagli dalla giustizia americana. Su tale istanza è chiamato a pronunciarsi il Governatore della Florida, la cui decisione passerà poi al vaglio del Dipartimento per la giustizia degli Stati Uniti per il nulla osta sull'accoglimento dell'istanza»;

   alla vigilia di Natale 2020 il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale annunciava da una piattaforma social: «Ho una bellissima notizia da darvi: Chico Forti tornerà in Italia. L'ho appena comunicato alla famiglia e ho informato il Presidente della Repubblica e il Presidente del Consiglio. Il Governatore della Florida ha infatti accolto l'istanza di Chico di avvalersi dei benefici previsti dalla Convenzione di Strasburgo e di essere trasferito in Italia»;

   il 7 giugno 2021, il Ministero della giustizia chiariva che «ad oggi gli Stati Uniti non hanno mai trasmesso all'Italia la documentazione prevista per il trasferimento di Enrico Forti, detenuto in un penitenziario della Florida. Il Ministero della giustizia non ha quindi ricevuto alcun faldone – né alcun documento utile all'estradizione del cittadino italiano, condannato per omicidio nel 2000. Al contrario, l'ultimo atto pervenuto dagli Stati Uniti è una lettera del Department of Justice di Washington. Missiva datata 26 febbraio, in cui si fa presente che il Governatore dello Stato della Florida sollevava ulteriori richieste di chiarimenti, a cui la Ministra della giustizia, Marta Cartabia, ha subito dato seguito. L'ultima comunicazione formale è una lettera inviata dalla Guardasigilli lo scorso 10 marzo al Governatore dello Stato della Florida, per attirare la sua attenzione sul caso. E fornire ulteriori rassicurazioni, al fine di favorire il trasferimento in Italia di Forti». «Ad oggi i competenti uffici del Ministero della giustizia, che hanno lavorato in coordinamento con quelli del Ministero degli affari esteri, non hanno ricevuto alcuna risposta a questa lettera, di cui la Guardasigilli ha parlato anche nell'incontro con l'incaricato d'affari americano in Italia»;

   a fine marzo 2021, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, durante una trasmissione televisiva affermava che «Chico Forti lo sentiamo pressoché ogni giorno. Stiamo aspettando gli ultimi documenti dell'amministrazione Usa per poter procedere al trasferimento in Italia. La buona notizia è che è stato recentemente spostato in un nuovo penitenziario dove ci sono detenuti proprio in attesa di essere trasferiti»;

   nei primi giorni di giugno 2021 la famiglia di Chico Forti, che è ormai stremato, ha nuovamente portato all'attenzione degli organi di stampa la questione;

   la vicenda è stata ripresa anche da alcuni parlamentari: il Senatore Matteo Salvini ha scritto alla famiglia per mettersi a disposizione come già fatto in passato, quando si rivolse alla Presidente del Senato il 22 agosto 2020 per chiederle di interessarsi alla vicenda al fine di far tornare in Italia il nostro concittadino;

   il 9 giugno, quindi, il Ministro della giustizia ha chiesto l'interessamento personale dell'attorney general, Merrill B. Garland, nell'auspicio che il connazionale Forti, dopo oltre 20 anni già trascorsi in carcere in America, possa essere trasferito quanto prima in Italia, per scontare la pena nel suo Paese d'origine –:

   quale iniziativa congiunta i Ministri interrogati abbiano concordato per ottenere risposte certe sulla situazione attuale e sulla documentazione necessaria al rimpatrio di Chico Forti, per consentirgli di vedere di nuovo sua madre, i suoi figli e tutta la sua famiglia.
(4-09512)

  Risposta. — Il signor Enrico Forti è stato condannato nel 2000 in via definitiva all'ergastolo da un tribunale della Florida, con l'accusa di omicidio premeditato.
  Nel dicembre 2019 il suo avvocato, dopo lunghi e intensi contatti con le autorità italiane, ha confermato la volontà di Forti di essere trasferito in Italia ai sensi della Convenzione di Strasburgo del 1983. Ciò ha consentito di aprire formalmente il procedimento e di prendere contatto con le autorità della Florida. Pertanto, con nota del 17 dicembre 2019 indirizzata all'
International prisoner transfer unit del Dipartimento di giustizia degli Stati Uniti, è stata richiesta l'attivazione della procedura prevista dalla Convenzione di Strasburgo del 1983 e la trasmissione delle informazioni e documenti previsti dagli articoli 4, paragrafo 3, e 6, paragrafo 2, della stessa convenzione.
  Il 23 dicembre 2020 il Governatore della Florida ha approvato il trasferimento di Forti verso l'Italia «con l'intesa che il Signor Forti espierà la sua piena condanna in Italia» e ha indirizzato una nota al Dipartimento di giustizia per i successivi adempimenti di competenza.
  Si è trattato del primo passo in avanti concreto sulla vicenda Forti, dopo oltre 20 anni, frutto di un'azione corale, spesso sottotraccia, ma tenace e articolata, della diplomazia italiana.
  Il 24 dicembre 2020 il Ministro Cartabia, competente per la gestione della procedura di trasferimento, sulla base del consenso espresso dal Governatore della Florida, ha inviato una nuova nota al Dipartimento di giustizia americano, sollecitando la trasmissione della documentazione e delle informazioni prescritte dai citati articoli 4 e 6 della Convenzione di Strasburgo del 1983.
  Il 7 gennaio 2021 il Dipartimento di giustizia americano ha confermato di aver avviato l'
iter per concedere il nulla osta definitivo al trasferimento in Italia di Forti.
  A dimostrazione della complessità della procedura, che vede coinvolte diverse Amministrazioni degli Stati Uniti a livello statale e federale, il Dipartimento di giustizia ha risposto, con una sua nota, solo il 26 febbraio 2021 alla richiesta del 24 dicembre 2020, evidenziando che il consenso al trasferimento dato dal Governatore della Florida (con la citata nota del 23 dicembre 2020) è da intendersi come consenso condizionato alla completa esecuzione in Italia della pena dell'ergastolo.
  Nella nota il Dipartimento spiega che, in assenza di una garanzia dell'Italia sulla totale esecuzione della pena dell'ergastolo inflitta a Enrico Forti, lo Stato della Florida non può dare il consenso al trasferimento del detenuto.
  A riscontro delle richieste di chiarimento diparte del dipartimento della giustizia statunitense, la Ministra Cartabia il 10 marzo 2021 ha inviato una lettera al Governatore dello Stato della Florida, fornendo le necessarie assicurazioni al fine di favorire il trasferimento di Chico Forti in Italia.
  Successivamente, il 9 giugno 2021 la Ministra della giustizia ha indirizzato una nuova lettera al procuratore generale, che guida il Dipartimento di giustizia degli Stati Uniti, chiedendo il suo interessamento al fine di accelerare la pratica di trasferimento, inclusa la trasmissione della più volte citata documentazione indicata dalla Convenzione di Strasburgo. L'argomento è stato sollevato dalla Ministra anche con l'incaricato d'affari americano in Italia.
  Nel frattempo, la nostra ambasciata a Washington conferma che lo Stato della Florida ha spostato Chico Forti in un penitenziario dal quale avverrà il trasferimento. Attualmente, Forti è detenuto in una sezione del penitenziario che non è di massima sicurezza.
  In caso di suo trasferimento in Italia, ai sensi della Convenzione di Strasburgo l'esecuzione della pena sarebbe disciplinata dalla legge italiana.
  L'impegno della Ministra Cartabia e del Ministro Di Maio è pieno e incessante. Non appena si è insediata la nuova Amministrazione Biden, uno dei primi argomenti di collaborazione tra il Ministro Di Maio e il Segretario di Stato Blinken è stato proprio il caso Forti, e continuerà a esserlo in tutte le prossime occasioni di incontro e di dialogo.
  Anche la nostra ambasciata a Washington, in stretto raccordo con i competenti uffici della Farnesina, continuerà nell'azione di impulso presso le autorità statunitensi ai più alti livelli, fino a quando l'obiettivo di riportare Chico Forti in Italia non sarà raggiunto.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Benedetto Della Vedova.


   LUCASELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la tragica emergenza sanitaria ha, di fatto, paralizzato la quasi totalità dell'attività professionale forense, rendendo difficoltoso, se non impossibile, per gli avvocati l'incasso dei propri compensi a causa della sopravvenuta e comprensibile incapacità di molti assistiti di onorare i pagamenti richiesti e dovuti;

   in questa drammatica situazione, peraltro, si sono succeduti provvedimenti poco chiari circa le sospensioni degli atti processuali, così che molti avvocati hanno dovuto comunque procedere alla redazione ed al deposito di atti, nonché ad evadere molti adempimenti, alcuni anche onerosi, per non rischiare profili di responsabilità professionale;

   in queste condizioni, anche gli avvocati, al pari di tutti gli altri lavoratori autonomi, non sono stati in grado di provvedere al proprio sostentamento di sopravvivenza e, in particolare, ad essere stata decimata dagli effetti economici della pandemia è stata la generazione di giovani avvocati: è cambiata la morfologia stessa dell'avvocatura ed è stato spezzato il sogno forense di tanti professionisti;

   sono amare le parole di commento di Antonio Tafuri, presidente del Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Napoli: «Le condizioni di lavoro sono diventate più difficili. A cancellarsi sono soprattutto pensionati e giovani, perché non hanno prospettive o perché le opportunità di lavoro in proprio sono scarse»;

   a conferma di ciò, nel 2020 le cancellazioni dall'albo sono aumentate a dismisura, mentre sono state oltre 144.000 le domande di accesso al «reddito di ultima istanza», di cui la maggior parte relative a redditi inferiori a 35.000 euro;

   in una nota del 30 ottobre 2020 il Ministero della giustizia annunciava la messa a disposizione delle risorse finanziarie per saldare integralmente il debito per le spese di giustizia relativo al 2019 in favore degli avvocati che hanno prestato gratuito patrocinio e dei consulenti tecnici: un debito per un ammontare di 92 milioni di euro;

   con circolare emanata in pari data, la direzione generale degli affari interni del Ministero, comunicava agli uffici giudiziari di aver provveduto all'emissione degli ordini di accreditamento a saldo dei debiti maturati al 31 dicembre 2019;

   in assenza di altre misure di sostegno al reddito, finora inspiegabilmente negate ai liberi professionisti iscritti alle casse di previdenza private, gli avvocati non possono più permettersi di attendere oltre il pagamento dei propri crediti maturati relativi alle prestazioni rese in regime di patrocinio a spese dello Stato o nelle difese d'ufficio –:

   se sia stato dato seguito alla nota del 30 ottobre 2020 e, in caso contrario, quali immediate iniziative di competenza il Governo intenda assumere per garantire il pagamento di tutti i compensi spettanti agli avvocati per le prestazioni professionali rese in favore delle parti ammesse al patrocinio a spese dello Stato e ai difensori d'ufficio secondo quanto disposto dagli articoli 116 e 117 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002.
(4-08662)

  Risposta. — Nell'interrogazione in esame si rappresentano le problematiche indotte dalla «tragica emergenza sanitaria» per la professione forense, e le gravi ripercussioni economiche connesse alla contrazione dell'attività lavorativa e alle difficoltà nell'incasso dei compensi per via di diffuse, sopravvenute condizioni di insolvenza in capo agli assistiti. Si evidenzia poi la penuria nei mezzi di sussistenza per gli appartenenti alla categoria, al pari di numerose altre attività libero-professionali, e la particolare incidenza della crisi sulla «generazione di giovani avvocati», di cui sarebbe riprova anche l'aumento delle cancellazioni dall'albo nel corso del 2020, nonché il picco delle domande di accesso al «reddito di ultima istanza» (oltre 144.000). L'interrogante si sofferma, quindi, sullo stanziamento – annunciato con nota del 30 ottobre 2020 dal Ministero della giustizia – di risorse finanziarie finalizzate al saldo «integrale» del debito per spese di giustizia relativo al 2019, in favore degli avvocati che avessero prestato gratuito patrocinio e dei consulenti tecnici e sulla circolare con cui il Ministero «comunicava agli Uffici giudiziari di aver provveduto all'emissione degli ordini di accreditamento a saldo dei debiti maturati al 31 dicembre 2019»; lamenta infine che in assenza di «altre misure di sostegno al reddito», gli avvocati non possono più attendere il pagamento dei crediti maturati, relativi alla prestazioni rese in regime di patrocinio a spese dello Stato o nelle difese d'ufficio.
  Alla luce di quanto esposto, chiede di sapere «se sia stato dato seguito alla nota del 30 ottobre 2020 e, in caso contrario, quali immediate iniziative di competenza il Governo intenda assumere per garantire il pagamento di tutti i compensi spettanti agli avvocati per le prestazioni professionali rese in favore delle parti ammesse al patrocinio a spese dello Stato e ai difensori d'ufficio secondo quanto disposto dagli articoli 116 e 117 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002».
  Come noto, al Ministero, tramite l'articolazione a tanto deputata, è attribuita la gestione del capitolo di bilancio 1360 «spese di giustizia», sul quale vengono stanziati i fondi necessari al pagamento sia degli avvocati che svolgono la difesa dei soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato, sia della generalità delle spese processuali (quali, ad esempio, quelle per notifiche di atti giudiziari, consulenti, periti, traduttori, custodi, giudici popolari, testimoni, trasferte per il compimento di atti processuali).
  L'ufficio preposto, nella qualità di operatore primario di spesa, sulla base delle richieste formulate dai funzionari delegati individuati presso gli uffici giudiziari, provvede ad assegnare agli stessi, con cadenza quadrimestrale, le somme necessarie per far fronte al fabbisogno dell'amministrazione sul territorio, mediante ordini di accreditamento, compatibilmente con le risorse stanziate nella legge di bilancio per ciascun esercizio finanziario. Una volta ricevuta l'apertura di credito, i funzionari delegati, nella qualità di ordinatori secondari di spesa, provvederanno a emettere gli ordini di pagamento agli aventi diritto.
  Va, inoltre, evidenziato che la spesa di giustizia è, per sua natura, obbligatoria, derivando direttamente dall'esercizio dell'attività giurisdizionale, piuttosto variabile e non prevedibile, in quanto condizionata dalle numerose e diversificate esigenze processuali, nonché dai tempi con cui gli uffici giudiziari procedono alla liquidazione della spesa (che avviene con decreto del magistrato ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002).
  Le spese di giustizia vengono pagate tramite funzionari delegati individuati presso uffici distrettuali ed il procedimento, inevitabilmente, risente di tutti i passaggi documentali necessari a concludere le fasi prodromiche al pagamento.
  Nel secondo semestre dell'anno 2020 sono stati stanziati dal competente Ministero dell'economia e delle finanze 92 milioni di euro utilizzati per ripianare i soli debiti pregressi dell'anno 2019, che non avevano trovato copertura con i fondi disponibili sul piano gestionale 1, comprese le somme destinate al pagamento dei compensi spettanti a Poste Italiane s.p.a. per il servizio amministrativo di gestione integrata degli esiti delle notificazioni a mezzo posta degli atti giudiziari in materia penale e civile svolto nell'anno 2019.
  In dettaglio, le ulteriori risorse finanziarie in conto residui richieste al competente Ministero dell'economia e delle finanze nell'anno 2020 sono state stanziate, in conto competenza e in conto cassa, con:

   articolo 220-bis del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020 n. 77 – «Interventi urgenti per la corresponsione dei crediti maturati e non pagati relativi a prestazioni professionali di cui agli articoli 82 e seguenti del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al Decreto del presidente della Repubblica 30 maggio 2020, n. 115» – per un importo di 20 milioni di euro;

   legge 8 ottobre 2020 n. 128, di assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2020 per un importo di 35 milioni di euro;

   prelevamento dal «Fondo di riserva per le spese obbligatorie e d'ordine», di cui all'articolo 26 della legge n. 196 del 2009, per un importo di 3 7 milioni di euro.

  Considerato che l'attuazione delle disposizioni legislative non sempre coincide con l'effettiva disponibilità delle risorse finanziarie, nel momento in cui il Ministero ha avuto la materiale disponibilità delle stesse nel mese di ottobre 2020, si è adoperato tempestivamente a emettere gli ordini di accreditamento alla rete dei funzionari delegati. Nell'anno 2021, le risorse disponibili in conto residui per spesa delegata ammontano a circa 38 milioni di euro.
  Le stesse, ai sensi dell'articolo 34, comma 2-
bis, della legge n. 196 del 2009, verranno riassegnate a favore della rete dei funzionari delegati per ripianare i debiti pregressi dell'anno 2019, sulla base dei fabbisogni di spesa già pervenuti.
  Tanto premesso, nel corso del corrente esercizio finanziario, il Ministero sta ponendo in essere una serie di azioni mirate alla gestione dei fondi in conto residui degli anni 2020 e 2019, al fine di ripianare gli ulteriori debiti pregressi maturati al 31 dicembre 2020 e comunicati dagli uffici giudiziari che ne hanno fatto richiesta entro la scadenza del 5 febbraio 2021. Invero, sulla base di quanto appena detto, in data 18 marzo 2021 si è provveduto ad accreditare, agli uffici giudiziari che ne hanno fatto richiesta, un primo acconto per il ripianamento dei debiti pregressi dell'anno 2020 per complessivi euro 59.618.545. Il debito che, ad oggi, risulta ancora da ripianare, pari a circa 31 milioni di euro e in via di accertamento definitivo (considerato che molti uffici richiedono i fondi in conto residui anche oltre la scadenza indicata nelle circolari diramate dal Ministero), verrà evaso nei prossimi mesi con gli strumenti di flessibilità di bilancio messi a disposizione dalla legislazione vigente in materia di contabilità pubblica. Per quanto riguarda, invece, il ripianamento dei debiti pregressi dell'anno 2019, ad oggi, pari a circa 30 milioni di euro e in via di accertamento definitivo, si provvederà ad emettere i necessari ordini di accreditamento in tempi brevi agli uffici giudiziari che ne hanno fatto richiesta, stante la definizione dell'
iter di variazione compensativa in aumento di sola cassa richiesto con decreto a firma della Ministra e a favore del piano gestionale 13 del capitolo 1360, a fronte di decreti d'impegno per spesa delegata in essere a favore della rete dei funzionari delegati dislocati sul territorio e da utilizzare in conto residui per l'anno 2019, secondo la novellata disciplina prevista dalla legge n. 196 del 2009
La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.


   PAROLO e IEZZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la carenza di segretari comunali sta, da anni, generando molteplici criticità nei comuni italiani posto che tale figura assume un'importanza cruciale ai fini del corretto espletamento delle funzioni direttive degli enti locali;

   in Parlamento la questione è stata affrontata più volte anche con atti di sindacato;

   il concorso COA6 ha avuto una durata temporale di oltre due anni e ancora oggi non si è nella possibilità di immettere in ruolo i vincitori;

   allo stato attuale, gli idonei del concorso dovranno ancora sostenere un corso di 6 mesi, un tirocinio di 2 mesi, con esame orale finale: in sostanza, la normativa vigente permetterebbe di aver in servizio i nuovi segretari nell'estate del 2022;

   è necessario accelerare l'immissione in ruolo dei vincitori del concorso, valutando la possibilità di effettuare la formazione parallelamente alla presa di servizio;

   la criticità è particolarmente accentuata nei comuni fino a 10.000, tale situazione per i comuni sopra 3.000 abitanti, stanti le regole attuali, non potrebbe essere sanata neppure dall'immissione in ruolo dei vincitori del concorso, anche in considerazione del fatto che il combinato disposto dei provvedimenti in materia non consentirebbe agli stessi di avere sede in comuni con convenzioni per complessivi 3.000 abitanti –:

   quando avverrà l'immissione in ruolo dei nuovi segretari vincitori di concorso; se sia intenzione del Governo valutare l'adozione delle iniziative di competenza per l'immissione in ruolo dei nuovi segretari nel caso di comuni fino a 10.000 abitanti e di convenzioni tra comuni con popolazione non superiore a 10.000 abitanti in luogo degli attuali 3.000.
(4-09767)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si evidenzia preliminarmente che la figura del segretario comunale e provinciale è articolata in tre diverse fasce professionali (A, B e C), distinte in relazione all'entità demografica degli enti locali. Allo stato, la categoria risulta caratterizzata da una sensibile carenza di organico, accentuata nella fascia professionale iniziale di accesso in carriera (C), i cui iscritti sono destinati allo svolgimento delle funzioni nei comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti.
  Con l'articolo 16-
ter del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162 sono stati introdotti alcuni strumenti volti a fronteggiare le difficoltà organizzative dei comuni, in particolare di quelli di minori dimensioni demografiche.
  Tra questi si segnala, in primo luogo, il potenziamento dell'Istituto delle convenzioni di segreteria di cui all'articolo 98, comma 3, del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (Tuel), mediante il quale più enti locali condividono il medesimo segretario. Difatti, in relazione alle esigenze dei piccoli comuni, ai fini della classificazione delle convenzioni in discorso, è stato adottato il criterio della «somma delle popolazioni», che consente di assegnare agli enti di più piccola dimensione – con ripartizione dei relativi oneri – segretari iscritti anche nella fascia professionale superiore.
  L'istituto delle convenzioni di segreteria è stato ulteriormente rafforzato con il recente decreto del Ministro dell'interno del 28 aprile 2021, che consente di coinvolgere, nel processo aggregativo, più dei cinque enti locali inizialmente previsti, purché vengano illustrate le relative motivazioni e garantite modalità di svolgimento delle funzioni segretariali in grado di assicurare il buon andamento dell'azione amministrativa.
  Inoltre, con disposizione esclusivamente diretta ai comuni di minore dimensione – fino a 5.000 abitanti ovvero fino a 10.000 se convenzionati – è stato riformato l'istituto del vice segretario comunale, estendendo l'arco temporale entro il quale egli è autorizzato allo svolgimento dei compiti del segretario titolare, in qualità di vicario, ossia fino a 24 mesi complessivi nell'arco del triennio 2020-2022 (articolo 3-
quater, decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113).
  Con l'obiettivo di ridurre i tempi per l'immissione di nuovi segretari da destinare agli enti fino a 3.000 abitanti è stata, altresì, prevista una contrazione dell'attività formativa da svolgere nell'ambito del processo di reclutamento, rimodulandone le finalità e la
ratio.
  Difatti, da un lato, è stato ridotto da 12 a 8 mesi il periodo di formazione e di tirocinio da svolgere prima dell'assunzione, dall'altro, si è cercato di rilanciare l'istituto formativo secondo un approccio più moderno, in base al quale i neo segretari saranno tenuti a un programma formativo nel biennio successivo alla prima presa di servizio, da svolgere mediante moduli teorico-pratici di supporto e affiancamento.
  L'attività di semplificazione e di snellimento del processo di reclutamento di nuovi segretari comunali e provinciali è proseguita, inoltre, con l'approvazione dell'articolo 25-
bis del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 che – per il triennio 2020-2022 – ha previsto modalità accelerate e semplificate per la procedura selettiva, ivi compreso il ricorso alle più moderne tecnologie informatiche per lo svolgimento e la correzione delle prove.
  In tale contesto ordinamentale, l'Amministrazione dell'interno è attualmente impegnata in un intenso programma di reclutamento.
  Il 5 luglio 2021 sono terminate le prove orali del sesto corso concorso di accesso alla carriera di segretari comunali e provinciali. Tali prove si sono svolte, per la prima volta per l'Amministrazione dell'interno, con modalità telematiche per consentire, in un periodo di emergenza sanitaria, la conclusione del concorso con la massima celerità, in soli sei mesi, e garantire la sicurezza dei candidati.
  Per i primi 291 candidati, destinatari di borsa di studio, ammessi al corso di formazione nella sessione «ordinaria» del predetto corso concorso, l'inizio delle attività didattiche era previsto nel mese di settembre 2021.
  Inoltre, ulteriori 223 borsisti saranno ammessi alla sessione «aggiuntiva». Al suo termine, altri 172 soggetti conseguiranno il diritto all'iscrizione all'Albo.
  Sono state pure avviate le procedure relative al corso-concorso per l'accesso in carriera di 174 segretari comunali (COA 8), incrementando così il contingente di 171 segretari comunali già precedentemente autorizzato (COA 7). Con il nuovo bando di concorso si procederà quindi all'assunzione di entrambi i contingenti autorizzati ai fini dell'iscrizione all'Albo di ulteriori 345 unità.
  Da ultimo, si segnala che anche in considerazione della necessità di rafforzare la capacità funzionale degli enti locali connessa agli interventi previsti nel piano nazionale di ripresa e resilienza, al fine di sopperire con urgenza all'attuale carenza di segretari comunali iscritti all'albo, per tali figure è stata prevista l'estensione del
turn over dall'80 al 100 per cento (articolo 6-bis, decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113).
  Tutto ciò testimonia lo sforzo che l'Amministrazione dell'interno sta realizzando al fine di assicurare il necessario supporto giuridico all'attività dei comuni, rafforzando l'istituto del segretario comunale e provinciale che, per la rilevanza dei compiti affidati dall'ordinamento, è da considerare come una delle figure centrali nel sistema delle autonomie locali.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ivan Scalfarotto.


   RACCHELLA, ANDREUZZA, BADOLE, BAZZARO, BISA, BITONCI, COIN, COLMELLERE, COMENCINI, COVOLO, FANTUZ, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, GIACOMETTI, LAZZARINI, MANZATO, PAOLIN, PATERNOSTER, PRETTO, ALBERTO STEFANI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, ZORDAN. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell'8 aprile 2021 n. 84, il decreto ministeriale 2 aprile 2021 del Ministero dell'interno riguardante «Approvazione del modello informatizzato di presentazione della domanda, per il triennio 2021-2023, di contributi, a favore dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, capoluogo di provincia o sede di città metropolitana, per investimenti in progetti di rigenerazione urbana, volti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, nonché al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale»;

   il decreto contiene le modalità ed il modello tipo per la presentazione delle istanze di contributo per l'accesso al finanziamento di investimenti in progetti di rigenerazione urbana, volti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale nei comuni con più di 15 mila abitanti, nei capoluoghi di provincia e nelle città metropolitane, in ottemperanza alle previsioni del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 gennaio 2021 (Gazzetta Ufficiale del 6 marzo 2021);

   per la presentazione della domanda, i comuni dovranno utilizzare esclusivamente la nuova piattaforma di Gestione delle linee di finanziamento (Glf), integrata nel sistema di Monitoraggio delle opere pubbliche (Mop) di cui al decreto legislativo n. 229 del 2011 entro le ore 23.59 del 4 giugno 2021;

   il decreto ministeriale del 2 aprile 2021 del Ministero dell'interno, esclude dalla presentazione della domanda tutti i comuni d'Italia, che rappresentano la maggior parte sul territorio nazionale, al di sotto della soglia dei 15.000 abitanti;

   la rigenerazione urbana rappresenta la vera grande sfida per lo sviluppo ecosostenibile del territorio nazionale, in special modo per i piccoli e piccolissimi centri storici e borghi del nostro Paese;

   l'esclusione dei piccoli comuni, inoltre, rappresenta un discrimine, in quanto le cronache nazionali, ben note al Ministro interrogato, rappresentano un quadro preoccupante riguardo i fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale;

   modificare il decreto ministeriale 2 aprile 2021 del Ministero dell'interno, prevedendone l'applicazione anche ai piccoli comuni, vuol dire mantenere in vita patrimoni culturali ed identitari, artistici e paesaggisti, garantendo e supportando, in questo duro momento, strategiche strade per un tipo di turismo integrato alla ricerca di una nuova qualità della vita diverso e differente dal turismo di massa delle grandi città d'arte;

   allo stesso tempo tale modifica pone un freno fondamentale ai fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale con il miglioramento della qualità del decoro urbano, del tessuto sociale ed ambientale –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare al fine di modificare il decreto ministeriale 2 aprile 2021 prevedendo la possibilità, per tutti i comuni presenti sul territorio nazionale, anche per quelli al di sotto della soglia dei 15.000 abitanti, spesso pregni di storia, arte, cultura, di accedere alla richiesta di fondi per investimenti in progetti di rigenerazione urbana, volti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, nonché al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale.
(4-09139)

  Risposta. — In riferimento a quanto evidenziato con l'atto di sindacato in esame, si rappresenta quanto segue.
  Il decreto ministeriale 2 aprile 2021 del Ministero dell'interno, pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale dell'8 aprile 2021, riguarda l'«Approvazione del modello informatizzato di presentazione della domanda, per il triennio 2021-2023, di contributi, a favore dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, capoluogo di provincia o sede di città metropolitana, per investimenti in progetti di rigenerazione urbana, volti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, nonché al miglioramento della qualità del decoro urbano e dei tessuto sociale ed ambientale».
  Al riguardo, si rappresenta, preliminarmente, che i contributi a favore dei comuni per investimenti in progetti di rigenerazione urbana, volti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, nonché al miglioramento del decoro urbano e del tessuto sociale e ambientale, sono disciplinati dall'articolo 1, comma 42, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, che individua anche le risorse disponibili; in particolare, sono stanziati di 150 milioni di euro per l'anno 2021, 250 milioni per il 2022, 550 milioni per ciascuno degli anni 2023 e 2024, 700 milioni per ciascuno degli anni dal 2025 al 2034.
  Il successivo comma 43, del medesimo articolo, prevede l'emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro dell'interno e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, con il quale sono individuati, tra l'altro, i criteri e le modalità di ammissibilità delle istanze e di assegnazione dei contributi.
  Il 21 gennaio 2021 è stato emanato il richiamato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con il quale sono stati fissati i criteri per assegnare le predette risorse prioritariamente ai comuni che presentano nel proprio territorio una densità maggiore di popolazione caratterizzata da condizioni di vulnerabilità sociale e materiale (in base all'indice di vulnerabilità sociale e materiale – Ivsm – calcolato dall'Istat) con conseguente più elevata manifestazione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale.
  Sono stati, pertanto, individuati quali destinatari delle risorse i comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, non capoluogo di provincia nonché i comuni capoluogo di provincia o sede di città metropolitana.
  Si segnala, per completezza, che in favore dei comuni, ivi inclusi quelli con popolazione inferiore a 15.000 abitanti, sono previste altre linee di finanziamento che prevedono contributi finalizzati:

   ad investimenti per opere pubbliche di messa in sicurezza degli edifici e del territorio per complessivi 9,4 miliardi di euro dal 2021 al 2030 (articolo 1, comma 139 e seguenti, della legge n. 145 del 2018);

   a piccole opere di efficientamento energetico e sviluppo territoriale sostenibile per complessivi 3 miliardi di euro dal 2021 al 2024 (articolo 1, comma 29 e seguenti, della legge n. 160 del 2019);

   alla messa in sicurezza del territorio a rischio idrogeologico, efficientamento energetico delle scuole, degli edifici pubblici e del patrimonio comunale, nonché alla messa in sicurezza di strade, a favore degli enti locali dal 2021 al 2031 per complessivi 2,783 miliardi di euro (articolo 1, comma 51 e seguenti, della legge n. 160 del 2019).
   

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ivan Scalfarotto.


   RAMPELLI e MOLLICONE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   all'indomani della vittoria a Wembley della squadra italiana alla finale degli europei di calcio 2020, si apprende da fonti di stampa dei concitati momenti dopo la partita Italia-Inghilterra, con gruppi di hooligans inglesi che avrebbero atteso i tifosi azzurri per picchiarli selvaggiamente e, mentre qualcuno è riuscito a scappare e a evitare il linciaggio, altri hanno incassato pugni e calci;

   del resto, stanno facendo il giro del mondo le immagini dell'atteggiamento antisportivo che si è tenuto anche durante la finale di calcio, con i primi segnali arrivati con i fischi dei tifosi inglesi all'inno tricolore e, circostanza che lascia increduli, i calciatori inglesi che, appena ricevuta la medaglia del secondo posto, se la sono sfilata in tutta fretta, con buona pace del protocollo e del rispetto verso gli avversari, le istituzioni dell'Uefa e lo sport;

   quello ripreso domenica nella capitale inglese è un episodio di violenza da condannare fermamente, su cui la polizia inglese sta indagando, ma non isolato e sicuramente prevedibile se si pensa che solo pochi giorni prima, dopo la partita Inghilterra-Danimarca, un padre era stato picchiato di fronte alla moglie e al figlio di nove anni, sempre a Wembley, la patria del fair play, dove la famiglia si era recata per sostenere la nazionale danese nella semifinale degli Europei contro l'Inghilterra;

   nemmeno la vittoria della squadra di casa, in quel caso, ha placato l'indole violenta di alcuni tifosi inglesi, i quali, dopo aver intravisto le maglie della Danimarca che avevano ancora addosso i genitori e il bambino, non hanno esitato a bloccare il bus a bordo del quale la famiglia stava viaggiando verso casa;

   proprio in quella occasione la stessa moglie dell'aggredito aveva rivolto un appello affinché la polizia inglese proteggesse i tifosi italiani in trasferta a Londra per sostenere la propria squadra;

   il dovere dell'ospitalità, secondo l'interrogante, è stato violato gravemente in una manifestazione internazionale che avrebbe dovuto garantire il diritto all'incolumità fisica di qualunque sostenitore di qualunque squadra europea –:

   di quali informazioni disponga il Governo per fare chiarezza sui fatti di cui in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo.
(4-09796)

  Risposta. — Nei giorni immediatamente successivi alla finale della competizione calcistica Euro2020, disputata l'11 luglio 2021 presso lo stadio di Wembley a Londra tra Italia e Inghilterra, sono circolate sui media notizie relative al presunto coinvolgimento di tifosi italiani quali vittime di incidenti avvenuti a margine dell'evento sportivo.
  L'Ambasciata d'Italia a Londra ha subito contattato formalmente il
Foreign Commonwealth and Development Office (Fcdo) chiedendo che fossero fatte verifiche puntuali su quanto riferito dalla stampa.
  Con nota verbale del 23 luglio 2021, il Fcdo ha dichiarato che dai dati in possesso della
UK Football Policing Unit non emergevano rapporti di assalti a tifosi italiani nelle vicinanze o all'interno dello stadio di Wembley in data 11 luglio.
  Anche il Consolato generale a Londra ha effettuato le opportune verifiche, mantenendosi in contatto continuo con le autorità di polizia britanniche e domandando alla rete consolare onoraria di riferire di ogni episodio verificatosi nelle rispettive aree di competenza a seguito della partita.
  Ad esito di tali attività, non sono emersi elementi di specifico rilievo.
  L'Ambasciata ed il Consolato generale a Londra ad oggi non hanno ricevuto segnalazioni in merito ad aggressioni o episodi di violenza a danno di cittadini italiani avvenuti in concomitanza con la finale degli Europei.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Benedetto Della Vedova.


   VALLASCAS. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   la metrologia legale, che tutela la fede pubblica in quelle transazioni commerciali che utilizzano strumenti di misura, compete unicamente al Ministero dello sviluppo economico;

   è in corso, su scala nazionale, la sostituzione di decine di milioni di misuratori di energia elettrica e di gas naturale;

   i misuratori, una volta installati, diventano parte integrante di un sistema che permette al distributore di energia elettrica e/o di gas, di «gestirli» da remoto;

   il sistema, inteso come misuratore in campo e struttura di gestione dello stesso, predisposta presso i centri operativi dei distributori, non è mai stato definito legalmente dal Ministero dello sviluppo economico;

   la gestione da remoto dei misuratori è espressamente vietata dal decreto legislativo del 22 febbraio del 2007, n. 22: non è cioè ammesso modificare da remoto le variabili metrologiche che concorrono alla formazione del dato di consumo;

   lo stesso decreto legislativo stabilisce, inoltre, che l'unico dato legalmente valido della transazione è quello che si forma sul posto e non quello letto da remoto;

   a fronte di quanto premesso i consumatori devono sostenere il costo di sistemi di misurazione dubbi. Un costo che, per gli utenti che consumano meno, rappresenta un cospicuo aggravio della bolletta, già oberata di oneri e tasse che stanno diventando insostenibili;

   per come è stato predisposto, il sistema sembra essere molto più utile ai distributori di energia elettrica e di gas che ai consumatori: i nuovi misuratori, che dovrebbero facilitarli nella rilevazione dei propri consumi, sono invece oggettivamente complicati;

   tenuto conto che la quasi totalità dei misuratori di energia elettrica è controllata da Enel, tramite E-distribuzione, e decine di milioni di clienti Enel dovranno passare al mercato libero, questa operazione sui contatori sembra all'interrogante rafforzare il monopolio di Enel –:

   quali iniziative il Governo intenda mettere in atto per definire regole e strumenti per rendere chiara la misurazione relativa ai contatori di Enel e verificare, nel contempo, i reali costi e benefici per il consumatore della sostituzione dei contatori stessi.
(4-10387)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico e il Ministero della transizione ecologica, si rappresenta quanto segue.
  L'interrogante chiede di conoscere quali iniziative il Governo intenda mettere in atto per definire regole e strumenti con riferimento la misurazione relativa ai contatori di Enel e verificare, nel contempo, i reali costi e benefici per il consumatore della sostituzione dei contatori stessi.
  In proposito, ritengo preliminarmente utile inquadrare la questione oggetto dell'interrogazione.
  La metrologia legale concerne la misurazione del valore del consumo di energia rilevato dagli strumenti di misura e rientra tra le competenze istituzionali del Ministero dello sviluppo economico che partecipa sia ad attività in ambito nazionale, attraverso la rete delle camere di commercio, sia internazionale. La metrologia legale è data dall'insieme delle procedure legislative, amministrative e tecniche stabilite in maniera da assicurare e specificare in modo vincolante la qualità e l'affidabilità delle misurazioni effettuate con strumenti di misura relativamente a «funzioni di misura giustificate da motivi di interesse pubblico, sanità pubblica, sicurezza pubblica, ordine pubblico, protezione dell'ambiente, tutela dei consumatori, imposizione di tasse e di diritti e lealtà delle transazioni commerciali» (articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 22 del 2007, come modificato dal decreto legislativo n. 84 del 2016, di attuazione della direttiva MID 2014/32/UE).
  La regolazione delle condizioni di erogazione del servizio di misura a partire dai dati di misura generati dagli strumenti di misura attiene, invece, alla funzione di fatturazione, telelettura e telegestione dei dati risultanti dalle misurazioni effettuate dallo strumento di misura, e rientra, ad oggi, nell'ambito delle competenze del Ministero della transizione ecologica.
  Si evidenzia, tuttavia, che il dato di riferimento cui è parametrato il corrispettivo dovuto dal consumatore è costituito dal dato risultante dalla misurazione condotta del contatore di energia elettrica o gas, verificabile ed accertabile senza dubbio in caso di contestazioni, pienamente garantendosi così la fede pubblica.
  Entrando nel merito dello specifico quesito posto dall'interrogante, rappresento che gli strumenti in questione sono già disciplinati dalla normativa comunitaria di riferimento, ossia la citata direttiva 2014/32/UE, recepita nell'ordinamento nazionale dai decreti legislativi n. 22 del 2007 e n. 84 del 2016.
  Ciò detto, con riferimento alle preoccupazioni espresse dall'interrogante, sentiti gli uffici competenti del Ministero dello sviluppo economico, preciso che la telelettura/telegestione non modifica i dati di misura creati all'interno dei misuratori, in conformità alla citata direttiva MID, la quale prevede la non alterabilità dei dati registrati nella «cella metrologica» e che il rispetto di questa disposizione sia accertato nel corso del processo di valutazione della conformità dello strumento. Inoltre, i dati presenti nei registri del misuratore sono visibili sul
display del contatore e il cliente può verificare i propri consumi con estrema facilità, premendo il tasto sul contatore, e recuperare i dati di misura registrati ai fini della fatturazione.
  A tutela del consumatore, si esprime anche il decreto 21 aprile 2017, n. 93 del Ministero dello sviluppo economico, afferente al «Regolamento recante la disciplina attuativa della normativa sui controlli degli strumenti di misura in servizio e sulla vigilanza sugli strumenti di misura conformi alla normativa nazionale ed europea». Specificamente, tale regolamento stabilisce i criteri per i controlli successivi alla messa in servizio degli strumenti metrici, atti a garantire il mantenimento nel tempo della loro affidabilità metrologica.
  Sulle ulteriori questioni sollevate dall'interrogante, è stato sentito anche il Ministero della transizione ecologica, principalmente competente in materia su diversi aspetti, il quale ricorda che la regolazione dei sistemi di misura di energia elettrica prevede il requisito della telelettura/telegestione sin dal 2006, anno di pubblicazione della delibera n. 296 dell'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente Arera recante «Direttive per l'installazione di misuratori elettronici di energia elettrica predisposti per la telegestione per i punti di prelievo in bassa tensione».
  In particolare, l'Autorità ha definito un meccanismo di riconoscimento dei costi dei sistemi di misura di seconda generazione (delibera Arera 646/2016/R/eel) fondato su schemi di regolazione incentivante. Con riferimento al piano di messa in servizio di
e-distribuzione, è stato verificato il rispetto dell'invarianza della spesa di investimento per il consumatore, rispetto a un ipotetico scenario di sostituzione dei misuratori di prima generazione giunti al termine della propria vita utile (pari, a fini regolatori, a 15 anni), con altri misuratori di prima generazione.
  In sintesi, i benefici dei sistemi di
smart metering di seconda generazione sono maggiori di quelli già espressi dai misuratori di prima generazione, sotto vari aspetti: permettono una maggiore frequenza dei dati di misura (giornaliera, anziché mensile/bimestrale) e dunque rendono possibile l'emissione di fatture senza più acconti e conguagli; permettono una maggiore granularità di dati disponibili (su base quartoraria anziché mensile per fasce orarie), il che porta benefici concorrenziali, per la possibilità di definire offerte innovative con valorizzazione oraria; mettono a disposizione istantaneamente i dati al cliente, che può esercitare un controllo continuo sui propri consumi, e alle terze parti delegate dal cliente, tramite dispositivi interoperabili. Tutto ciò potrà indurre modifiche nei comportamenti di prelievo e delle abitudini d'uso dell'energia elettrica, con vantaggi derivanti da una maggiore consapevolezza del cliente medesimo, che si riflette nella scelta tra le differenti offerte e dalla possibilità di una più intensa automazione degli apparecchi domestici. Inoltre, i sistemi di smart metering rappresentano un passo avanti in termini sia di cybersecurity del sistema – grazie ai requisiti di sicurezza conformi alla raccomandazione della Commissione europea 148/2012 e all'utilizzo di algoritmi di criptazione dei messaggi – sia di privacy (ad esempio: si possono oscurare sul display informazioni sensibili, quali il codice Pod e il nome del venditore).
  Ancora, la delibera Arera 222/2017/R/eel sui sistemi di
smart metering di seconda generazione prevede specifiche misure volte ad assicurare la piena conoscenza del processo di sostituzione dei misuratori in corso svolto dal distributore di energia, quale operatore del servizio di misura.
  La stessa Autorità garante per concorrenza e il mercato (Agcm), nella sua recente segnalazione AS1730 recante «Proposte di riforma concorrenziale ai fini della legge annuale per il mercato e la concorrenza anno 2021», ha valutato «utile, in ausilio al processo di liberalizzazione del settore, un intervento normativo che definisca, quale obbligo generalizzato per i concessionari dei servizi di distribuzione elettrica, l'adozione di piani di sostituzione dei contatori con apparecchiature con funzionalità 2G, individuando una scadenza unica per tutto il territorio nazionale almeno per i distributori con più di 100.000 utenze».

Il Viceministro dello sviluppo economico: Gilberto Pichetto Fratin.


   ZOFFILI, VIVIANI, BUBISUTTI, GASTALDI, GERMANÀ, GOLINELLI, LIUNI e LOSS. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il problema dell'eccessiva proliferazione di cinghiali è diffuso su tutto il territorio nazionale, ma colpisce in modo particolare la Lombardia, la provincia di Como capoluogo compreso, e nei giorni scorsi ci sono stati avvistamenti anche nella città di Erba; gli ungulati sono stati fotografati vicino all'oratorio della frazione di Buccinigo e hanno distrutto con il loro passaggio alcune coltivazioni nei campi della zona;

   sono innumerevoli gli episodi che dimostrano l'elevata pericolosità di questi animali; aggressioni a persone a passeggio e ad animali domestici sono quasi all'ordine del giorno nella provincia di Como, come le devastazioni alle coltivazioni e ai foraggi;

   ogni giorno, infatti, sulla stampa locale, in particolare su La Provincia di Como, si leggono articoli di avvistamenti e incontri ravvicinati, anche con interi branchi, come l'episodio capitato ad un uomo che stava camminando con i suoi 3 cani verso i sentieri che portano al Parco della Spina Verde in zona Monte Olimpino, quando improvvisamente è stato circondato da un branco di cinghiali, oppure il caso di una donna che si è trovata a distanza ravvicinata da 4 cinghiali di grossa taglia;

   con precedenti atti di sindacato ispettivo (n. 3-02037 - n. 4-08859 - n. 4-09230) gli interroganti hanno evidenziato come il lockdown e le misure di contenimento del Covid-19 abbiano causato in tutta Italia un incremento abnorme della fauna selvatica, che a sua volta ha generato una carenza di cibo per cui gli animali si avventurano ormai, spinti dalla fame, dentro i centri abitati e invadono le strade provocando incidenti;

   i cinghiali stanno diventando un'emergenza che come tale va affrontata; si rende, quindi, sempre più urgente intervenire con un piano di contenimento che ristabilisca l'equilibrio naturale perduto da troppo tempo per mancanza di un predatore naturale;

   a parere degli interroganti risulta prioritario anche modificare la legge n. 157 del 1992, consentendo a regioni e province autonome di abilitare, previa frequenza di appositi corsi, dei controllori muniti di licenza per l'esercizio venatorio, al fine di monitorare e contenere la presenza di cinghiali, ungulati e nocivi sul territorio nazionale, così da evitare ulteriori ingenti danni all'agricoltura, all'equilibrio ambientale e preservare, soprattutto, l'incolumità delle persone –:

   se intendano, per quanto di competenza, adottare iniziative per risolvere urgentemente per risolvere il grave problema anche attraverso la modifica della legge n. 157 del 1992, al fine di controllare e contenere la presenza di cinghiali, ungulati e nocivi sul territorio nazionale, prima che una situazione già emergenziale possa assumere contorni ancora più gravi.
(4-09578)

  Risposta. — Si fa riferimento all'atto di sindacato ispettivo indicato in esame con il quale si chiede di conoscere eventuali iniziative per risolvere urgentemente la problematica relativa all'incremento delle popolazioni di ungulati selvatici, anche attraverso la modifica della legge n. 157 del 1992, al fine di controllare e contenerne la presenza sul territorio nazionale.
  Al riguardo, si comunica che questa Amministrazione condivide le preoccupazioni dell'interrogante, anche alla luce della diffusione, in tutta Europa, della peste suina africana (Psa) e del grande rischio di espansione, anche nel nostro Paese, a causa dell'eccessiva proliferazione di cinghiali, unanimemente riconosciuto come principale vettore della malattia.
  In considerazione del pericolo emergente di una vera emergenza sanitaria, il Ministero ritiene necessario una iniziativa di carattere normativo finalizzata alla riduzione del rischio contagio, che deve necessariamente vedere il coinvolgimento del Ministero della salute.
  Ad ogni buon conto, le regioni, laddove necessario, possono già ora provvedere al contenimento dei cinghiali, applicando le disposizioni contenute nel comma 5 dell'articolo 11-
quaterdecies del decreto-legge 30 settembre n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, per effettuare piani di abbattimento selettivi senza limiti temporali.
  A ciò si aggiunga che, con nota congiunta dei Ministeri della salute, delle politiche agricole alimentari e forestali e della transizione ecologica n. 9987 del 21 aprile 2021, è stato trasmesso alle regioni un documento di indirizzo tecnico denominato «Gestione del cinghiale e Peste Suina Africana: Elementi essenziali per la redazione di un piano di gestione» che si prefigge di fornire un supporto specifico nella redazione e nell'aggiornamento dei singoli Piani regionali di gestione degli ungulati.
  Con specifico riferimento al profilo sollevato dall'interrogante, afferente a modifiche normative alla legge n. 157 del 1992, è necessario segnalare che è intervenuta la sentenza della Corte Costituzionale n. 21/2021 che consente alle regioni l'utilizzo di soggetti diversi da quelli previsti dall'articolo 19, comma 2 della citata legge.
  Nello specifico, la Corte Costituzionale – pronunciandosi nel giudizio di legittimità formulato dal Tar Toscana sugli articoli 37, commi 3, 4, 4-
ter e 4-quater della legge regionale Toscana 12 gennaio 1994, n. 3, per interventi di tutela della produzione agricola e zootecnica – sembra aprire all'utilizzo di altri soggetti (cosiddetto coadiutori) a condizione che abbiano frequentato appositi corsi di preparazione organizzati dalla regione sulla base di programmi concordati con Ispra.
  Inoltre, per quanto concerne la problematica del risarcimento danni, informo che è già oggi possibile ottenere gli indennizzi nei limiti del regime
de minimis, fino a 25.000 euro nel triennio per impresa.
  Segnalo, infine, che le regioni stanno già legiferando in linea con la citata sentenza della Corte Costituzionale.
  

Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali: Stefano Patuanelli.