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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 11 ottobre 2021

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    l'emergenza pandemica da Sars-CoV-2 ha richiesto alle amministrazioni pubbliche un tempestivo adeguamento dell'organizzazione del lavoro e dei servizi tale da assicurare, al contempo, la continuità dell'azione amministrativa e la riduzione al minimo dei fattori di rischio sanitario. In tale contesto il processo di sperimentazione prima e diffusione poi del cosiddetto smart-working, pur nella diversificata valutazione degli effettivi impatti organizzativi e sociali, ha dato significativa evidenza all'urgenza di accompagnare e portare avanti anche nella vasta e complessa galassia delle pubbliche amministrazioni una compiuta transizione digitale ed ecologica. Transizione, questa appena indicata ed auspicata, che non può certo risolversi nella mera trasformazione tecnologica dei mezzi e delle modalità di produzione dei beni e servizi amministrativi, ma richiede invece l'adozione di più radicali strategie di adattamento sul piano dell'organizzazione del lavoro, delle modalità di erogazione dei servizi alla collettività e della stessa percezione culturale del ruolo costituzionale delle pubbliche amministrazioni e, in esse, del lavoro pubblico, in società complesse ed interconnesse ormai profondamente segnate da una accelerata innovazione digitale;

    per queste ragioni, appare oltremodo necessario superare l'approccio emergenziale – che fino ad ora ha configurato le condizioni d'uso del cosiddetto smart-working come strumento di contenimento emergenziale dei rischi pandemici – a favore di una diversa prospettiva che sia capace di innervare il lavoro smart in una organizzazione egualmente smart, emarginando così suggestioni radicali a beneficio di una più realistica considerazione dell'impatto delle innovazione digitale sul lavoro, le sue forme ormai ibride e le sue regole, almeno per quanto riguarda tempi, spazi e luoghi di erogazione della prestazione dovuta, esercizio dei poteri e delle prerogative manageriali, protezione della salute e della sicurezza sul lavoro (e in questo caso, anche del lavoro svolto), senza dimenticare infine il necessario adattamento delle stesse forme di esercizio dell'attività sindacale che una lunga storia ha fin qui configurato come presenza attiva nel luogo di lavoro;

    la sperimentazione e diffusione emergenziale del cosiddetto smart-working in epoca pandemica è stata formalmente correlata e in qualche misura anche resa possibile dal rinvio, per quanto non sempre coerente e sistematicamente corretto, alla legge 25 maggio 2017, n. 81, il cui Capo II è interamente dedicato alla disciplina del «lavoro agile» considerato funzionale ad «incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro» e formalmente qualificato quale «modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato» nel cui ambito «la prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all'interno di locali aziendali e in parte all'esterno». L'incertezza nella riconduzione della risposta emergenziale ad una precisa fattispecie astratta di rapporto di lavoro, sia sul piano strutturale che su quello funzionale o degli obiettivi perseguiti, ha trovato un evidente riflesso in una sorta di sinonimia terminologica tra lavoro agile, smart working, lavoro da remoto, lavoro da casa, che pure ha determinato, non poche volte, anche fraintendimenti concettuali e distorte valutazioni critiche, alcune delle quali frutto di evidente pregiudizio;

    tuttavia, occorre ricordare che prima ancora della citata legge n. 81 del 2017 ed in attuazione delle previsioni dei commi 1 e 2 dell'articolo 14 della legge 7 agosto 2015, n. 124, la Presidenza del Consiglio dei ministri ha adottato la direttiva n. 3/2017 recante «indirizzi per l'attuazione dei commi 1 e 2 dell'articolo 14 della legge 7 agosto 2015 n. 124 e linee guida contenenti regole inerenti all'organizzazione del lavoro finalizzate a promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti», così avviando la sperimentazione del «lavoro agile» nelle amministrazioni pubbliche nell'ambito della prevista introduzione di più funzionali misure di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti e di più adeguate modalità di organizzazione del lavoro, basate sull'utilizzo della flessibilità, sulla valutazione per obiettivi, sulla rilevazione dei bisogni del personale dipendente. Si tratta, come appare evidente, di un approccio organizzativo, prima che regolativo, basato sulla flessibilità, l'autonomia, la responsabilizzazione e l'orientamento ai risultati e rappresenta, in quanto tale, un'innovazione radicale rispetto al modello rigidamente burocratico-formale (taylorismo da scrivania, così fu definito) di organizzazione del lavoro e di conseguente valutazione meramente quantitativa delle prestazioni all'interno delle pubbliche amministrazioni;

    proprio per queste stesse ragioni, il «lavoro agile» disegnato dalla direttiva del 2017 appare non riconducibile al modello del lavoro a distanza o telelavoro sancito dall'articolo 4, comma 1, della legge 16 giugno 1998, n. 191 e destinato a «razionalizzare l'organizzazione del lavoro e realizzare economie di gestione attraverso l'impiego flessibile delle risorse umane». A tal fine, la legge del 1998 consentiva alle amministrazioni di installare, nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio, apparecchiature informatiche e collegamenti telefonici e telematici necessari e di autorizzare i propri dipendenti ad effettuare, a parità di salario, la prestazione lavorativa in luogo diverso dalla sede di lavoro, previa determinazione delle modalità per la verifica dell'adempimento della prestazione lavorativa. Tali previsioni, espresse con un linguaggio tecnico che oggi potrebbe sembrare quasi arcaico, hanno poi trovato puntuale attuazione con il decreto del Presidente della Repubblica n. 70 del 1999 recante «Regolamento recante disciplina del telelavoro nelle pubbliche amministrazioni, a norma dell'articolo 4, comma 3, della legge 16 giugno 1998, n. 191». Deve però dirsi che tale forma di lavoro a distanza, originata più dalla coeva attenzione comunitaria per la riduzione dei costi diretti e indiretti connessi a fenomeni di accentuato pendolarismo piuttosto che dalle esigenze di riorganizzazione tecnologica dell'attività amministrativa, pur ancora recentemente richiamata dall'articolo 14 della legge n. 124 del 2015 non ha avuto grande fortuna;

    a ben vedere, invece, l'impostazione della citata direttiva presidenziale del 2017 ha trovato sistematica conferma nelle previsioni dell'articolo 18, commi 1 e 3, della legge 25 maggio 2017, n. 81, in materia di disciplina del lavoro agile. Di per sé tale disciplina, implementata nel sistema organizzativo delle pubbliche amministrazioni, può rappresentare aspetti di profonda innovazione quali: la valorizzazione e la responsabilizzazione delle risorse umane, potendosi concentrare la loro valutazione sulla base dei risultati piuttosto che su aspetti formali e quantitativi; la razionalizzazione nell'uso delle risorse e aumento della produttività, con risparmi in termini di costi e miglioramento dei servizi offerti; la promozione dell'uso delle tecnologie digitali più innovative e utilizzo dello smart working come leva per la trasformazione digitale e per lo sviluppo delle conoscenze digitali; l'abbattimento delle differenze di genere; la riduzione delle forme di «assenteismo fisiologico»; la valorizzazione del patrimonio immobiliare della pubblica amministrazione, grazie alla riprogettazione degli spazi;

    deve rilevarsi, tuttavia, che prima della fase di emergenza pandemica e della conseguente riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni che ha originato il ricorso allo smart working semplificato quanto alle procedure e illimitato quanto alla platea dei beneficiari, solo 1,7 per cento dei dipendenti pubblici risultava impegnato con tale tipologia di prestazione lavorativa, connessa d'altronde più agli obiettivi da raggiungere e meno alla necessaria e cautelativa assenza dall'ufficio. Deve egualmente rilevarsi che solo in una fase successiva l'esecuzione a distanza della prestazione lavorativa, inizialmente pensata come strumento di contrasto alla diffusione epidemica, è stata ricondotta in una logica più ampia e di sistema disponendosi l'obbligo, in capo alle amministrazioni di elaborare un annuale Piano organizzativo per il lavoro agile (Pola), successivamente sostituito e integrato nel Piano integrato di attività e organizzazione (Piao) configurato in guisa tale da riportare in una cornice unitaria anche i diversi piani relativi alla performance, alla promozione della parità di genere e all'implementazione della disciplina di contrasto alla corruzione. In relazione al lavoro agile a tale strumento risulta ora affidato il compito di pianificare le misure organizzative, i requisiti tecnologici, i percorsi formativi del personale, anche dirigenziale, e gli strumenti di rilevazione e di verifica periodica dei risultati conseguiti, anche in termini di miglioramento dell'efficacia e dell'efficienza dell'azione amministrativa, della digitalizzazione dei processi, nonché della qualità dei servizi erogati, anche coinvolgendo i cittadini, sia individualmente, sia nelle loro forme associative. Tuttavia, sulla base di quanto risultante da una prima verifica sull'attuazione delle suddette previsioni organizzative emerge che solo 54 delle 162 amministrazioni statali monitorate hanno pubblicato i relativi Pola entro la scadenza del 31 gennaio 2021;

    l'obiettivo di meglio correlare lavoro e organizzazione tramite le nuove tecnologie digitali, nella prospettiva del miglioramento dei servizi resi ai cittadini, chiama in causa la Missione n. 1 del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che propone, in linea con le raccomandazioni della Commissione europea, un programma di innovazione strategica della pubblica amministrazione nel cui ambito una specifica linea progettuale persegue l'obiettivo della digitalizzazione e della modernizzazione della pubblica amministrazione, con interventi specifici anche per rafforzare l'organizzazione e incrementare la dotazione di capitale umano, secondo una stretta complementarietà e un'articolata strategia di riforma, che, secondo quanto previsto nella proposta, potrà contare su ingenti risorse finalizzate agli investimenti nel capitale umano, nel quadro di un investimento complessivo nella digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella pubblica amministrazione pari a 9,75 miliardi di euro;

    come rilevato dallo stesso Pnrr, nell'ultimo decennio l'evoluzione della spesa pubblica per la parte relativa al personale, con il blocco del turn over, ha generato una significativa riduzione del numero dei dipendenti pubblici nel nostro Paese, con un'incidenza sull'occupazione totale largamente inferiore rispetto alla media dei Paesi Ocse e con un'età media di 50 anni e con solo il 4,2 per cento di età inferiore ai 30 anni. Un fattore questo che ha «contribuito a determinare un crescente disallineamento tra l'insieme delle competenze disponibili e quelle richieste dal nuovo modello economico e produttivo disegnato per le nuove generazioni», evidenziando inoltre come la carenza delle competenze sia stata determinata «dal taglio delle spese di istruzione e formazione per i dipendenti pubblici. In dieci anni, gli investimenti in formazione si sono quasi dimezzati, passando da 262 milioni di euro nel 2008 a 164 milioni nel 2019: una media di 48 euro per dipendente»;

    fra gli obiettivi perseguiti con le linee di investimento del Pnrr vi è quello di rafforzare la conoscenza e le competenze del personale, dirigenziale e non dirigenziale, della pubblica amministrazione mediante azioni specifiche: introduzione di meccanismi di rafforzamento del ruolo, delle competenze e delle motivazioni dei civil servant, attraverso percorsi di valorizzazione della professionalità acquisita e dei risultati raggiunti, anche tramite la previsione di progressioni di carriera basate su percorsi non automatici ma selettivi di sviluppo e crescita; introduzione di un nuovo modello di lavoro pubblico, anche attraverso strumenti normativi e contrattuali, con valutazione e remunerazione basate sul risultato e valorizzazione economica delle risorse umane aventi caratteristiche di eccellenze professionali; introduzione di meccanismi di rafforzamento del ruolo e delle competenze dei dirigenti pubblici, riservando particolare attenzione al tema dell'accesso delle donne a posizioni dirigenziali; riforma del sistema di formazione; lavoro agile e nuove forme di organizzazione del lavoro pubblico;

    l'efficace evoluzione delle misure di contrasto della pandemia messe in campo dal marzo 2020, che ha visto una svolta con l'avvio di una massiccia campagna di vaccinazione della popolazione e, da ultimo, con le misure che hanno esteso l'obbligo della certificazione verde Covid-19 consentono un progressivo e controllato ritorno alla normalità sociale e lavorativa, tanto che il 23 settembre 2021 è stato adottato un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con il quale si sancisce, che a decorrere dal 15 ottobre, la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa presso le amministrazioni pubbliche è quella in presenza. Alla luce di tale ultima deliberazione, cessando dunque il regime straordinario del lavoro agile o cosiddetto smart-work, si rende necessario ripristinare la condizione ordinaria di disciplina delle relazioni di lavoro e quindi dare corso alla regolamentazione prevista dall'articolo Modella citata legge n. 124 del 2015, che sulla base della recente novella dispone quanto segue: «Il Pola individua le modalità attuative del lavoro agile prevedendo, per le attività che possono essere svolte in modalità agile, che almeno il 15 per cento dei dipendenti possa avvalersene, garantendo che gli stessi non subiscano penalizzazioni ai fini del riconoscimento di professionalità e della progressione di carriera, e definisce, altresì, le misure organizzative, i requisiti tecnologici, i percorsi formativi del personale, anche dirigenziale, e gli strumenti di rilevazione e di verifica periodica dei risultati conseguiti, anche in termini di miglioramento dell'efficacia e dell'efficienza dell'azione amministrativa, della digitalizzazione dei processi, nonché della qualità dei servizi erogati». Giova al riguardo precisare almeno che l'articolo 14 testé citato impone di differenziare il telelavoro dal lavoro agile, suggerendo di fatto che, mentre il primo – il solo originariamente previsto dalla legge n. 124 – ha riguardo soltanto alle modalità estrinseche di esecuzione del lavoro da remoto, il secondo – aggiunto invece dalle novelle ultime – attiene invece alla stessa configurazione intrinseca della prestazione di lavoro conformata da obiettivi di lavoro e dalla responsabilità per il conseguente raggiungimento. Proprio per queste ragioni deve escludersi che la finalità prima del lavoro agile sia da individuare nella sola promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, come recita la rubrica originario dell'articolo 14 citato, dovendosi viceversa tenere debito conto di più stringenti finalità di miglioramento organizzativo e di riqualificazione dell'offerta ai cittadini di beni e servizi amministrativi. In questa prospettiva, è ragionevole ritenere il lavoro agile alla stregua di modalità ordinaria di svolgimento della prestazione, secondo le esigenze definite dall'assetto organizzativo dell'amministrazione interessata e, com'è ovvio, soltanto per le attività che possono essere svolte in modalità agile. Resta comunque ferma l'esigenza di assicurare sempre la massima cautela possibile dal punto di vista sanitaria atteso che la condizione epidemica non è del tutto risolta. Ciò in concreto significa che devono ritenersi essenziali per lo svolgimento delle prestazioni lavorative in condizioni di sicurezza sanitaria le indicazioni e le prescrizioni stabilite con i protocolli per la sicurezza Covid-19;

    coerentemente con il patto sociale Governo-sindacati del 10 marzo 2021, la disciplina del rapporto di lavoro in modalità agile presso le pubbliche amministrazioni è oggetto del confronto tra l'Aran e le organizzazioni sindacali e dovrà contemplare la possibilità di stipulare accordi individuali nel rispetto di un quadro di riferimento unitario di garanzie definite dalla contrattazione collettiva. Tuttavia, è necessario tenere conto che il sistema delle pubbliche amministrazioni non consente una reductio ad unum dei modelli organizzativi e pertanto ogni disciplina di carattere generale non può che operare come regolazione di cornice, soprattutto per quanto riguarda la tutela dei diritti fondamentali, valorizzando poi la contrattazione integrativa per la disciplina delle diverse modalità di esecuzione del rapporto di lavoro agile, con e senza vincoli di tempo, anche assicurando la previsione di adeguate forme partecipative e di confronto sulle scelte organizzative connesse alle attività e ai servizi che le pubbliche amministrazioni sono chiamate a realizzare, per favorire il consenso e coinvolgimento dei lavoratori per accompagnare i cambiamenti dell'organizzazione del lavoro e dei servizi;

    in ogni caso, l'introduzione di ordinarie forme di lavoro agile nelle pubbliche amministrazioni deve tenere in considerazione anche gli effetti sociali esterni derivanti da tale modalità di erogazione della prestazione lavorativa, quali ad esempio: l'incidenza sui sistemi economici locali, la rivitalizzazione di comuni periferici, la riduzione dei costi (diretti e indiretti) di trasporto, la razionalizzazione degli spazi utilizzati e altri potrebbero dirsi. Esempi, questi, che evidenziano come il lavoro agile si ponga al centro di un complesso sistema di relazioni, organizzative, economiche e sociali, che operano dentro e fuori dal contesto amministrativo e che devono tutte essere ricondotte ad unità armonica nella prospettiva prioritaria del miglioramento quali-quantitativo dei servizi ai cittadini. D'altronde, già durante la fase emergenziale e del ricorso illimitato allo smart working, sono state comunque adottate buone pratiche che, seppure per mere esigenze sanitarie, hanno consentito all'utenza di fruire da remoto dei servizi richiesti grazie alle tecnologie telematiche. Una innovativa soluzione che non può essere dispersa con il ritorno al lavoro prevalentemente in presenza, fermo restando la differenza concettuale e operativa tra l'erogazione da remoto di servizi al cittadino e l'organizzazione del lavoro da remoto per i dipendenti;

    conseguentemente, una moderna organizzazione del lavoro nelle pubbliche amministrazioni, incentrata sull'autonomia, sulla responsabilizzazione e l'orientamento ai risultati al posto del modello rigidamente burocratico-formale dovrà comportare un parallelo e radicale cambiamento della cultura, della visione e del ruolo della dirigenza pubblica, in linea con le esperienze più avanzate che si stanno consolidando nelle realtà produttive più dinamiche. Al riguardo, l'Osservatorio smart working del Politecnico di Milano ricorda come tale modalità organizzativa e lavorativa comporti «una nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati». Addirittura, secondo il World Economic Forum, il ricorso massiccio allo smart-working ha portato negli Usa ad un incremento della produttività del lavoro pari al 4,6 per cento, mentre un recente studio di Pwc stima che, se tutte le mansioni potenzialmente eseguibili da remoto venissero effettivamente svolte in modalità agile, questo darebbe al nostro prodotto interno lordo una spinta dell'1,2 per cento. Come indicato dalla Commissione europea, gli Stati membri dovrebbero concentrarsi sulle riforme e sugli investimenti che migliorano la connettività, promuovendo e agevolando la diffusione su vasta scala di reti ad altissima capacità, in tutte le aree geografiche, zone urbane e rurali, assicurando ai cittadini, alle imprese e alle amministrazioni locali la connessione a tali reti in maniera efficiente e stabile,

impegna il Governo:

1) ad adottare, nel rispetto del ruolo delle organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori e tenuto conto anche delle opinioni delle organizzazioni di rappresentanza degli utenti, ogni iniziativa utile per migliorare, modernizzare e riqualificare, nella prospettiva della transizione digitale ed ecologica, l'attività e l'organizzazione delle pubbliche amministrazioni, in guisa tale da rendere possibile una effettiva ed utile implementazione del lavoro agile, operando al contempo per superare logiche procedurali di tipo formale a beneficio di modalità organizzative orientate agli obiettivi di lavoro da conseguire e favorendo l'autonomia responsabile degli addetti, anche attraverso la promozione di micro-team professionali capaci di operare su piattaforme condivise, al fine principale di migliorare in modo oggettivamente significativo i servizi ai cittadini;

2) a dare immediato avvio ai programmi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) in materia di digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella pubblica amministrazione, con particolare riguardo agli investimenti sul capitale umano per l'adeguamento all'innovazione e alla digitalizzazione;

3) a favorire, per quanto di competenza, che, nella definizione del confronto tra l'Aran e le organizzazioni sindacali per la disciplina del lavoro agile nelle pubbliche amministrazioni, vengano individuate soluzioni che inseriscano gli accordi individuali in un quadro di regole certe e di garanzia individuate dalla contrattazione collettiva, a cominciare dai diritti alla formazione, alla non discriminazione, alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, dalle esigenze dei lavoratori con disabilità o che assistono congiunti con patologie, dai diritti alla sicurezza e alla parità di genere, dai diritti dei lavoratori e delle lavoratrici in relazione alla nascita dei figli, dal rispetto della protezione dei dati personali e dalla regolamentazione del diritto alla disconnessione, assicurando anche un adeguato spazio alla contrattazione integrativa, al fine di consentire il migliore adattamento delle esperienze di lavoro agile ai diversi contesti organizzativi di riferimento, sulla base di un'adeguata e coerente valutazione dei dirigenti responsabili, tenendo in debito conto che il lavoro agile non può determinare conseguenze negative ed anzi deve generare conseguenze positive sull'efficienza e l'efficacia dell'azione amministrativa nell'interesse prioritario degli utenti, e più in generale dei cittadini;

4) ad adottare le opportune iniziative di competenza per definire indirizzi affinché, anche con il superamento della fase emergenziale e il ritorno in presenza quale modalità ordinaria di prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni, siano proseguite e, anzi, incrementate le positive esperienze che hanno consentito l'assolvimento degli obblighi burocratici in capo a cittadini e imprese con modalità telematiche ma siano anche assicurate adeguate modalità per consentire lo svolgimento in presenza delle attività per tutti quei cittadini che non possono agevolmente fruire, per condizioni soggettive od oggettive, dei servizi da remoto;

5) ad adottare iniziative di competenza volte a promuovere e a supportare le pubbliche amministrazioni affinché ognuna di esse adotti il «piano organizzativo per il lavoro agile» (Pola), nei termini previsti dalla legge;

6) a monitorare ed analizzare, anche con esperti indipendenti, gli effetti del ricorso al lavoro agile nelle pubbliche amministrazioni ai fini di un più razionale utilizzo degli spazi lavorativi, che porti all'eventuale riduzione delle locazioni passive o a dismissioni di immobili pubblici non più indispensabili, coerenti con la programmazione urbanistica definita dalle amministrazioni comunali;

7) a dare la più rapida attuazione ai progetti previsti dal Pnrr volti ad assicurare che tutte le amministrazioni pubbliche, così come, i cittadini e le imprese delle aree interne, delle aree montane e delle piccole isole possano essere connessi tramite reti telematiche efficienti e sicure.
(1-00523) «Viscomi, Mura, Carla Cantone, Gribaudo, Lacarra, Lepri, Madia, Bruno Bossio, Fiano, Berlinghieri».


   La Camera,

   premesso che:

    il 9 ottobre 2021, in occasione di una manifestazione contro l'obbligo del green pass per i lavoratori (che entrerà in vigore il 15 ottobre), nel centro di Roma, per l'intero pomeriggio e fino a tarda sera, si sono susseguiti duri scontri con la polizia, episodi di violenza e vandalismo culminati con il grave danneggiamento della sede della Cgil, dove alcuni manifestanti hanno fatto irruzione al piano terra devastando diverse stanze, e la successiva aggressione perpetrata durante la notte al Policlinico Umberto I, ai danni dei medici e infermieri intenti nel proprio lavoro;

    particolarmente allarmante è stata la notizia trapelata dell'intenzione dei manifestanti di raggiungere nella giornata di sabato la sede di Palazzo Chigi e Palazzo Montecitorio, scongiurata solo grazie all'intervento delle Forze di polizia, che hanno riportato quasi una quarantina di agenti feriti, mentre non è possibile escludere che l'innalzamento dello scontro verificatosi nella giornata di sabato sia proprio dovuto alla reazione conseguente ad una forte azione di contrasto perseguita dalle forze di polizia nell'ultimo anno;

    al di là delle responsabilità individuali dei leader di Forza Nuova, Roberto Fiore e Giuliano Castellino, già pregiudicati per gravi reati e che erano a capo dei manifestanti che hanno assaltato la sede della Cgil – al momento in stato di arresto e sulle cui responsabilità i firmatari del presente atto di indirizzo auspicano venga fatta luce il più presto possibile dalle autorità preposte –, colpisce la forte matrice fascista alla base delle gravi azioni violente poste in essere ai danni di un corpo intermedio, rappresentante dei diritti dei lavoratori quale quello della Cgil, azioni contraddistinte da un'inquietante carica eversiva e tali da configurare un vero e proprio attacco, con metodi violenti, alla nostra democrazia;

    del resto, già in passato Forza nuova è stata protagonista di altre inaccettabili azioni di intimidazione nei confronti del libero diritto di cronaca, come per esempio nel caso della manifestazione organizzata sotto la sede della redazione del quotidiano La Repubblica;

    è evidente che i gravi fatti accaduti, non solo nulla hanno a che vedere con la libertà fondamentale di manifestazione del pensiero, pilastro della nostra Costituzione antifascista nata nel 1948, ma hanno purtroppo messo in evidenza come movimenti di estrema destra, dediti talvolta a rievocazioni considerate folcloristiche del passato regime, abbiano compiuto un salto di qualità, riuscendo ad infiltrarsi e ad intercettare le proteste e il malumore di tutti coloro che non hanno condiviso le scelte di Governo in merito all'estensione dell'obbligo del green pass;

    l'uso della violenza quale metodo di lotta politica cui si è assistito nella giornata di sabato, non solo non può essere mai tollerato, ma impone una riflessione attenta, perché va a toccare proprio quella «pubblica esaltazione dei fatti e metodi propri dei fascisti» richiamata dall'articolo l'articolo 1 della legge 20 giugno 1952, n. 645, che attua la XII disposizione transitoria e finale della nostra Costituzione;

    preoccupa, e al tempo stesso amareggia, assistere a questi rigurgiti così pericolosi per la tenuta della nostra democrazia, e che sembrano riportare l'Italia indietro nel tempo, proprio nel momento in cui il nostro Paese, dopo quasi due anni di pandemia e il sacrificio umano di oltre 130.000 vittime, si sta finalmente risollevando con orgoglio e determinazione tanto sul piano sanitario quanto su quello economico,

impegna il Governo:

1) a dare seguito al dettato costituzionale in materia di divieto di riorganizzazione del disciolto partito fascista e alla conseguente normativa vigente adottando i provvedimenti di competenza per procedere allo scioglimento di Forza Nuova e di tutti i movimenti politici di chiara ispirazione neofascista artefici di condotte punibili ai sensi delle leggi attuative della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione repubblicana.
(1-00524) «Serracchiani, Davide Crippa, Boschi, Fornaro, Fiano, Avossa, Bazoli, Benamati, Berlinghieri, Boccia, Boldrini, Bonomo, Bordo, Enrico Borghi, Braga, Bruno Bossio, Buratti, Campana, Cantini, Carla Cantone, Cappellani, Carè, Carnevali, Casu, Ceccanti, Cenni, Ciagà, Ciampi, Critelli, Dal Moro, De Filippo, De Luca, De Maria, De Menech, De Micheli, Del Basso De Caro, Delrio, Di Giorgi, Fassino, Fragomeli, Frailis, Gariglio, Giorgis, Gribaudo, Gualtieri, Incerti, La Marca, Lacarra, Lattanzio, Lepri, Letta, Lorenzin, Losacco, Lotti, Madia, Gavino Manca, Mancini, Mauri, Melilli, Miceli, Morani, Morassut, Morgoni, Mura, Nardi, Navarra, Nitti, Orfini, Pagani, Ubaldo Pagano, Pellicani, Pezzopane, Piccoli Nardelli, Pini, Pizzetti, Pollastrini, Prestipino, Quartapelle Procopio, Raciti, Rizzo Nervo, Andrea Romano, Rossi, Rotta, Sani, Schirò, Sensi, Siani, Soverini, Topo, Vazio, Verini, Viscomi, Zan, Zardini, Baldino, Elisa Tripodi, Brescia, Maurizio Cattoi, Corneli, De Carlo, Dieni, Francesco Silvestri, Alaimo, Azzolina, Giordano, Spadoni, Casa, Sut, Carbonaro, Galizia, Federico, Perantoni, Marco Di Maio, Fregolent, Ungaro, Occhionero, Vitiello, Rosato, Anzaldi, Gadda, Marattin, Migliore, Mor, Moretto, Noja, Paita, Bersani, Conte, De Lorenzo, Dori, Fassina, Fratoianni, Palazzotto, Pastorino, Stumpo, Timbro».


   La Camera,

   premesso che:

    le Settimane sociali dei cattolici italiani, nate per iniziativa di Giuseppe Toniolo, sono un momento imprescindibile di confronto e di proposta per la comunità cattolica presente e attiva nel nostro Paese. Nel corso di oltre un secolo hanno offerto un apporto innegabile alla crescita della società e all'interpretazione dei suoi cambiamenti;

    quest'anno il luogo prescelto per ospitare la 49a Settimana sociale dei cattolici italiani è Taranto, una città che nell'immaginario comune rimane proiezione del dissidio esistente tra alcuni diritti fondamentali: lavoro, ambiente e salute. L'evidente contrasto può divenire occasione di stimolo per una comunità pronta a raccogliere la sfida della riflessione su un nuovo modello economico e politico che promuova lo sviluppo umano integrale, capace di ridefinire il rapporto tra produzione ed ecosistema, ambiente e lavoro, vita personale e organizzazione sociale;

    con questa scelta risulta evidente l'importante funzione svolta dai lavori preparatori e dagli stessi incontri costituiti dalle Settimane sociali. La Chiesa ha infatti dimostrato grande lungimiranza scegliendo il capoluogo ionico come il punto di partenza per una seria riflessione su ambiente, lavoro e sviluppo prima che il Governo iniziasse a discutere intorno ai temi legati alla cosiddetta transizione ecologica, addirittura dedicando alla materia un Ministero ad hoc;

    la Chiesa non può esimersi dall'interessarsi al vissuto dell'intera comunità in cui opera, offrendole il suo peculiare contributo capace di stimolare nelle classi dirigenti un genuino spirito di verità, di carità e di onestà, volto alla ricerca del bene comune e alla rinuncia al profitto personale;

    il bene comune è non solo il principio fondante della dottrina sociale della Chiesa ma anche il trait d'union di tutte le Settimane svoltesi sino ad ora. Esso però ha bisogno di essere contestualizzato e declinato secondo gli interrogativi posti oggi dalla nostra società, così da poter essere tradotto in proposte concrete nei diversi ambiti sociali. Tale prospettiva diviene poi espressione di sentimenti di speranza e di fiducia, ai quali ogni cittadino dovrebbe ispirarsi per concorrere alla promozione dell'uomo e al bene del Paese;

    attraverso la narrazione della cronaca si apprende che la società del nostro tempo ha di fronte sfide etiche e sociali in grado di minare la sua stabilità e di compromettere il suo sviluppo futuro. E non si tratta di questioni che interrogano principi esclusivamente «cattolici», ma hanno a che fare con valori umani comuni da difendere e tutelare, quali la giustizia, la pace, la salvaguardia del creato, il lavoro, la famiglia, i giovani, la salute;

    la Presidente della commissione europea, Ursula von der Leyen, ha riportato il Green Deal al centro del dibattito politico dell'Unione europea, con l'impegno a ridurre le emissioni nell'intera Unione del 55 per cento entro il 2030. Un obiettivo ambizioso ma coerente con l'emergenza climatica globale, di cui anche l'Italia paga un alto prezzo sotto forma di sempre più frequenti disastri ambientali;

    uno dei compiti fondamentali delle prossime Settimane sociali sarà quindi anche quello di riaffermare il principio di una «transizione verde equa», all'insegna dell'ecologia integrale invocata da Papa Francesco, che garantisca i territori e le popolazioni destinate a subire i costi maggiori di tagli e riconversioni e che salvaguardi, assieme al clima, anche la dignità dell'uomo e delle attività in cui realizza sé stesso, nel rispetto dell'ecologia umana,

impegna il Governo:

1) a sostenere iniziative in grado di cogliere e rafforzare le conclusioni della 49a Settimana sociale dei cattolici Italiani nell'ambito della sostenibilità ambientale;

2) ad adottare iniziative volte ad assicurare che le misure disposte a favore della sostenibilità ambientale, nonché quelle di politica sociale e industriale afferiscano a valutazioni che tengano conto del loro impatto sull'assetto produttivo del Paese, inteso anche come valorizzazione della ricerca e del capitale umano impiegato;

3) a supportare con strumenti e iniziative adeguati il passaggio dall'individuo alla comunità, nella realizzazione del bene comune sociale;

4) a sostenere dunque politiche che valorizzino le relazioni umane, nelle zone rurali e nelle grandi città, favorendo iniziative sociali virtuose in attuazione del principio di sussidiarietà;

5) a farsi promotore di un'iniziativa che, mettendo al centro la questione dei cambiamenti climatici, richiami l'intervento dell'Unione europea e riesca a ritagliare per l'Italia, nell'ambito della prossima COP26, il ruolo di Paese proponente capofila;

6) a favorire il dibattito politico e parlamentare intorno al tema del welfare civile, capace di rispondere ai nuovi bisogni sociali grazie a forme alternative, integrative e sussidiarie.
(1-00525) «Ermellino, Lupi, Lapia, Cardinale, Piera Aiello, Colucci, Tondo, Sapia, Menga, Del Monaco, Lo Monte».


   La Camera,

   premesso che:

    nella presente fase di emergenza relativa al Covid-19 le mafie stanno praticando «un vero e proprio attacco allo Stato»; tale è la denuncia, forte, della Commissione parlamentare antimafia, nella relazione per la prevenzione e la repressione delle attività predatorie della criminalità organizzata durante l'emergenza sanitaria, approvata, all'unanimità, il 22 giugno 2021;

    il documento elenca alcune modalità di tale attacco: «il tentativo di costruire un sistema del credito parallelo», «il sistema di riciclaggio capillare messo in piedi attraverso l'uso di medie e piccole imprese, come anche nel settore dei servizi», «la speculazione fortissima sui DPI, bene primario e strategico», la capacità «di strozzare ulteriormente l'economia e le casse dello Stato accumulando risorse e continuando a esercitare forme multiple di violenza e aggressione»;

    è importante, dunque, per difendere l'economia legale, mettere in campo «operazioni di disvelamento dei modi con cui i gruppi criminali si appropriano delle imprese e aumentano il controllo sociale sulle comunità». Ma è indispensabile, proprio parlando delle imprese in difficoltà preda dell'aggressione mafiosa, «considerare la dinamica dei lavoratori e delle lavoratrici», perché «senza una presa in carico dei diritti e del rischio connesso alla perdita del lavoro, come ai rischi legati allo scivolamento dei lavoratori in nero nell'emisfero dell'illegalità, si rischia di avere una visione parziale». Anche perché – avverte ancora la Commissione – «in queste difficoltà le mafie hanno operato come welfare di prossimità, offrendo sussidi tramite anche la distribuzione di beni essenziali alle famiglie in difficoltà e ottenendo così ulteriore consenso»;

    di fronte a tutto questo, secondo la Commissione, «la politica, attraverso le sue istituzioni, è chiamata ad avere un ruolo importante e nettissimo». Partendo «dalla sensibilità antimafia, finora sostanzialmente apparsa in seconda linea, su ogni singolo provvedimento sul quale si possano manifestare forme di attacco da parte degli interessi mafiosi». E qui la Commissione fa una precisa denuncia: «Non è pensabile un Piano di Rilancio del Paese, che non abbia fra i propri punti di forza il contrasto alle mafie che strangolano il Paese e ne condannano inesorabilmente i cittadini in una situazione di subalternità e povertà crescente»;

    secondo quanto riportato dalla Direzione investigativa antimafia (Dia) nella relazione sul secondo semestre del 2020 presentata al Parlamento, le mafie potrebbero gestire i fondi europei (oltre 191 miliardi) del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) in arrivo per l'Italia, al fine di assicurare un tempestivo sostegno economico;

    i finanziamenti pubblici ottenuti dal Governo per far fronte alla crisi da Covid-19 rientrano nel mirino dei clan, decisamente interessati ad utilizzarli per fornire sostegno alle categorie economicamente più colpite dalle conseguenze economiche della pandemia: niente più violenza, ma una silente infiltrazione nell'economia legale, sfruttando l'emergenza Covid-19 e soprattutto quell'area grigia che si muove nel mondo della pubblica amministrazione, della politica, della finanza e delle professioni;

    a dimostrazione di questo cambiamento, ci sono i dati che la Dia riporta nella sua relazione e che rivelano come, rispetto a un anno fa, si registri una crescita evidente di delitti legati alla gestione illecita dell'imprenditoria, alle infiltrazioni in alcuni settori produttivi e all'intercettazione di fondi pubblici; come ha sottolineato più volte il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Federico Cafiero de Raho, da tempo, le organizzazioni criminali hanno capito che «l'indice non serve più per sparare, ma per movimentare denaro»;

    la conferma è nei numeri: rispetto allo stesso periodo del 2019 si registra, da un lato, il calo dei casi di omicidio di tipo mafioso e delle associazioni mafiose (passati, rispettivamente, da 125 a 121 e da 80 a 41) e, dall'altro, un aumento dei delitti connessi con la gestione illecita dell'imprenditoria, le infiltrazioni nei settori produttivi e l'accaparramento di fondi pubblici. Gli episodi di corruzione e concussione sono passati da 20 a 27, l'induzione indebita a dare o promettere utilità da 9 a 16, il traffico di influenze illecite da 28 a 32, la turbata libertà degli incanti da 28 a 32;

    si tratta di una strategia criminale che segue due linee ben precise: da un lato, c'è il tentativo di rilevare le imprese finite in difficoltà a causa dell'emergenza (un fenomeno che si registra soprattutto nel nord Italia), e dall'altro, quello di accaparrarsi le risorse pubbliche stanziate per fronteggiare l'emergenza sanitaria (una pratica che trova, invece, terreno fertile al Sud del Paese);

    l'interesse dimostrato per i finanziamenti pubblici e per gli aiuti economici stanziati dal Governo, allarma la Dia che, nell'ultima relazione, pone l'accento sul rischio che, nei prossimi mesi, le organizzazioni criminali possano mettere le mani anche sui fondi del Pnrr in arrivo per l'Italia;

    effettivamente il quadro generale nel quale si inserisce il Pnrr, ai fini della prevenzione e repressione delle infiltrazioni mafiose, nel nostro Paese, è difficile e complicato. Un esempio recente di un vasto impegno di investimenti, quale Expo Milano, ha presentato molteplici aspetti di criticità di infiltrazioni corruttive, ovvero mafiose;

    come anche sostenuto dal procuratore Gratteri, che ha ribadito il rischio di infiltrazioni della 'ndrangheta e delle mafie nei fondi del Pnrr: «Certamente le mafie sono presenti dove c'è da gestire denaro e potere ed è ovvio che non staranno a guardare e faranno di tutto per appropriarsi di parte di queste risorse della Comunità europea»;

    il presidente dell'Anac, dottor Busia, nel corso dell'audizione sul Pnrr presso la Commissione ambiente e lavori pubblici della Camera, tenutasi il 15 giugno 2021, ha rilevato che la digitalizzazione delle procedure di appalto pubblico e il rafforzamento della Banca dati nazionale dei contratti pubblici, gestita da Anac, sono due priorità che il Pnrr dovrebbe contenere. Le motivazioni evidenziate sono molteplici: 1) garantire assegnazioni più veloci degli appalti pubblici, 2) monitorare lo stato di avanzamento degli investimenti, 3) rafforzare la trasparenza sull'utilizzo dei fondi europei, ai fini del contrasto di pratiche illecite;

    la raccomandazione della Direzione investigativa antimafia è che tutti i Paesi europei diano «risposte corali» al concreto allarme di infiltrazioni: si chiede, in particolare, che gli Stati e le istituzioni europee dedichino a tale rischio la stessa attenzione impiegata per fronteggiare la pandemia;

    la dolorosa esperienza italiana di lotta alle mafie offre al resto d'Europa una chiave di assoluta qualità nell'interpretazione e contrasto del fenomeno suddetto (dal codice antimafia, alle interdittive prefettizie per persone fisiche e società, agli strumenti di sequestro e confisca) reso più complicato in passato dalle differenze legislative nazionali: l'Italia ha incassato il coordinamento del Law Enforcement Forum, il gruppo di lavoro dell'Unione europea che, con la supervisione di Europol, sta mettendo a punto le difese comuni dei 24 Paesi coscienti dei rischi di infiltrazioni criminali e mafiose nella gestione dei 750 miliardi di euro per la ripartenza dal Covid-19, impedendo ai clan italiani di rafforzarsi con attività «pulite» all'estero;

    non può sottacersi, peraltro, che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 253 del 23 ottobre-4 dicembre 2019, ha dichiarato incostituzionale l'articolo 4-bis, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di ordinamento penitenziario, nella parte in cui non prevede la concessione di permessi premio in assenza di collaborazione con la giustizia, anche se sono stati acquisiti elementi tali da escludere sia l'attualità della partecipazione all'associazione criminale sia, più in generale, il pericolo del ripristino di collegamenti con la criminalità organizzata, sempre che, ovviamente, il condannato abbia dato piena prova di partecipazione al percorso rieducativo; ciò ha come conseguenza, quindi, che i capi mafiosi, condannati all'ergastolo per stragi e omicidi, potranno ottenere permessi premio, anche se non collaborano con la giustizia;

    in data 11 maggio 2021, la Consulta, con l'ordinanza n. 97, si è anche pronunciata sul ricorso della I sezione penale della Corte di cassazione circa l'esclusione dalla liberazione condizionale, in assenza di collaborazione con la giustizia, per i condannati per reati di mafia;

    ferma restando, e riconoscendo, la funzione rieducativa della pena, è evidente la necessità di un intervento legislativo correttivo della normativa attraverso il quale introdurre adeguati criteri e princìpi per concedere o negare i permessi premio e ogni altro tipo di beneficio ai condannati per reati legati alla criminalità organizzata, peraltro anche oggetto di una proposta di legge presentata nella stessa data (11 maggio 2021) dal Movimento 5 Stelle, d'iniziativa dell'onorevole Ferraresi,

impegna il Governo:

1) ad investire nel potenziamento delle misure e degli strumenti per la prevenzione e il contrasto della criminalità organizzata, delle mafie e del fenomeno della corruzione per garantire una gestione corretta e trasparente delle risorse, in particolare affinché i fondi europei relativi al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) ricevuti dal nostro Paese siano oggetto di un'attenta e sistematica opera di monitoraggio sul relativo utilizzo, con un considerevole aumento di trasparenza su tutte le procedure di gestione ad essi collegate;

2) ad adottare le iniziative di competenza per incentivare il finanziamento di sistemi e tecnologie con riferimento alla Direzione investigativa antimafia (Dia) e alle direzioni distrettuali antimafia, al Servizio centrale operativo della Polizia di Stato (Sco), al Raggruppamento operativo speciale dei carabinieri (Ros), al Gruppo d'investigazione sulla criminalità organizzata della Guardia di finanza (Gico), nonché alla struttura e ai mezzi dell'Unità di informazione finanziaria per l'Italia (Uif);

3) ad assumere le iniziative di competenza, anche normative, affinché – a partire dal 2022 – la Cabina di regia del Pnrr, ogni sei mesi, riferisca in Commissione antimafia circa le azioni e i programmi attuati dalla Cabina di regia stessa o da altri organi governativi competenti, ai fini della repressione delle infiltrazioni mafiose;

4) ad adottare iniziative normative per garantire la pubblicazione su internet, da effettuarsi entro la fine del 2022, a cura della Cabina di regia del Pnrr di tutte le imprese aggiudicatrici di opere e lavori, con indicazione dei territori da essi interessati, indicando, altresì, le eventuali ditte di subappalto o di sub-appalto, in modo da render trasparente quali tipi di opere siano in corso di attuazione nei diversi territori, e chi sia il reale esecutore;

5) ad adottare le iniziative di competenza per investire nella formazione di pool investigativi specializzati, composti non solo da appartenenti alle forze di polizia, ma anche da tecnici dotati di diverse competenze, tra cui quelle economico-finanziarie, statistiche, informatiche e di gestione aziendale, nonché nella realizzazione di una stuoia interforze permanente di lingue che, in connessione con le università italiane, ma anche di altri Paesi occidentali, favorisca la formazione di personale di polizia nelle lingue dei gruppi etnici maggiormente rappresentati in Italia, un centro ufficiale di connessione con altre forze di polizia occidentali, sia in fase di indagine, sia in fase processuale;

6) a potenziare le banche-dati esistenti, creando un programma nazionale di condivisione dei dati in esse contenute, al fine di migliorare sensibilmente la qualità dell'attività investigativa e, conseguentemente, repressiva, altresì coinvolgendo, nell'interoperatività delle banche dati e nell'implementazione dei sistemi di sicurezza digitale, anche le forze dell'ordine, attraverso l'istituzione di una piattaforma digitale di collegamento del Registro informatico del Ministero della giustizia con la banca dati Sdi del Ministero dell'interno;

7) a sostenere un intervento normativo per introdurre adeguati criteri e princìpi per concedere o negare i permessi premio, e ogni altro tipo di beneficio, ai condannati per reati legati alla criminalità organizzata.
(1-00526) «Elisa Tripodi, Saitta, Baldino, Ascari, Davide Aiello, Caso, Migliorino, De Carlo, Azzolina, Giordano, Alaimo, Businarolo, Bonafede, Cataldi, D'Orso, Di Sarno, Ferraresi, Giuliano, Perantoni, Salafia, Sarti, Scutellà, Palmisano».


   La Camera,

   premesso che:

    l'emergenza pandemica Covid-19 ha comportato il ricorso massivo al lavoro agile o cosiddetto smart working, sia nel settore pubblico sia privato, determinando una rivoluzione nell'ambito lavorativo la cui diffusione generalizzata ha evidenziato la necessità di portarlo a regime con regole adeguate per il dopo crisi;

    secondo una ricerca congiunta dell'università di Pittsburgh e la Bocconi italiana, il lavoro da remoto e flessibile avrebbe un influsso positivo sulla pianificazione delle politiche familiari poiché consente di organizzare le esigenze della vita privata con quella lavorativa in modo più duttile, con un alto grado di collaborazione tra uomini e donne, specie per le lavoratrici di alta formazione;

    lo smart working, pertanto, potrebbe ribaltare l'assioma del XX secolo: la proporzionalità inversa tra grado di istruzione e fertilità;

    occorre quindi considerare che, attraverso la diffusione dello smart working, si sta imponendo il digital divide della fertilità in aggiunta ad altre variabili economiche e sociali, come la formazione e la remunerazione, che influiscono in modo decisivo sulla decisione di avere figli;

    secondo una recentissima analisi della Banca d'Italia, nella prima parte del 2020, i dipendenti privati in smart working sono arrivati al 14 per cento, contro l'1,5 per cento di fine 2019, mentre i pubblici sono passati dal 2,4 per cento al 33 per cento;

    svolgere la propria prestazione lavorativa da remoto si è rivelata essere una efficace alternativa al recarsi nelle sedi classiche lavorative con orario fisso – per diminuire gli spostamenti delle persone e, di conseguenza, contrastare la diffusione dei contagi;

    si tratta, tra l'altro, di un modello che reca in sé benefici innanzitutto sia in termini di welfare – poiché consente di conciliare i tempi di vita e lavoro del lavoratore – sia in termini di sostenibilità ambientale, in quanto comporta una sensibile diminuzione degli spostamenti nel traffico urbano, consentendo pertanto di abbattere le emissioni inquinanti; si tratta di un vantaggio notevole specie nelle grandi città del nord alle prese con grossi problemi di smog;

    un'implementazione e uno sviluppo dello smart working, per le mansioni che sia possibile svolgere a distanza e con flessibilità di orario, può migliorare le performance lavorative specie ricorrendo a formule miste, riconoscendo la priorità nel ricorso a specifiche categorie;

    il tema della misurazione e valutazione della performance assume così un ruolo strategico nell'implementazione del lavoro agile anche nella pubblica amministrazione, tale da rendere necessario pianificare le mansioni da svolgere e gli obiettivi da conseguire, nonché il monte ore da dedicare a ciascuna attività, secondo programmi periodici definiti in sede di accordo tra le parti,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative urgenti, anche normative, affinché sia esteso e rafforzato il modello del lavoro agile, in particolare prevedendo di:

   a) escludere dall'obbligo di possedere e di esibire, dal 15 ottobre 2021, per l'accesso al luogo di lavoro, la certificazione verde Covid-19 (cosiddetto green pass), prevista dal decreto-legge 21 settembre 2021, n. 127, il personale delle pubbliche amministrazioni in lavoro agile;

   b) promuovere il riordino della normativa in materia di lavoro agile nella pubblica amministrazione, che permetta di adeguare il pubblico impiego alle mutate esigenze dettate dalla pandemia quali: aumento della produttività, maggiore benessere organizzativo, diminuzione dei costi della pubblica amministrazione, prevedendo che lo smart working sia riconosciuto per ogni mansione adatta ad essere svolta nella sua interezza a distanza e con flessibilità di orario, non pregiudicando la qualità dei relativi servizi resi a favore degli utenti;

   c) adottare ogni soluzione utile ad assicurare lo svolgimento di attività in modalità agile in via prioritaria a: lavoratori fragili – in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico-legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, alle lavoratrici nei tre anni successivi alla conclusione del periodo di congedo di maternità e ai genitori con figli con disabilità grave (ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge n. 104 del 1992, ai lavoratori che svolgono funzioni di caregiver familiare; ai lavoratori dipendenti che assistono persona con handicap in situazione di gravità);

   d) attuare tutte le misure formative che garantiscano lo sviluppo di competenze digitali trasversali ai diversi profili professionali necessari nel pubblico impiego volte ad abbattere il digital divide e a favorire, con l'adozione delle dovute misure necessarie, la diffusione nella pubblica amministrazione di una cultura organizzativa che concili sia i risultati, sia l'autonomia e la responsabilità delle persone, in un'ottica meritocratica;

   e) garantire la fornitura sia della dotazione tecnologica, digitale di attrezzatura ergonomica, sia di tutti gli strumenti tecnologici idonei a garantire la più assoluta riservatezza dei dati e delle informazioni che vengono trattate dal lavoratore del settore pubblico nello svolgimento della prestazione in modalità agile e/o un'integrazione salariale per l'uso della strumentazione tecnologica già in possesso del lavoratore, nonché di un'ulteriore integrazione per la copertura dei costi delle utenze dell'energia elettrica, della telefonia fissa e mobile e della connessione alla rete internet;

   f) garantire, anche nel settore pubblico, il diritto alla disconnessione, per tutelare il lavoratore affinché non sia messo nelle condizioni di essere costantemente reperibile senza limiti di orario;

   g) garantire l'alternanza tra lavoro agile e lavoro in presenza (forma mista) nelle pubbliche amministrazioni, prevedendo che quest'ultima abbia una durata non inferiore al 40 per cento del monte ore mensile;

   h) pianificare regolarmente un piano organizzativo del lavoro agile, che venga adottato dalle amministrazioni pubbliche e dalle società pubbliche o comunque partecipate dalle amministrazioni pubbliche;

   i) stabilire la presentazione, da parte dell'Osservatorio nazionale del lavoro agile nelle amministrazioni pubbliche, istituito dal cosiddetto «decreto Rilancio» (articolo 263, comma 3-bis, del decreto-legge n. 34 del 2020), di periodiche relazioni informative alle commissioni parlamentari competenti sull'andamento dello stesso.
(1-00527) «Costanzo, Colletti, Forciniti, Cabras, Corda, Paolo Nicolò Romano, Trano, Maniero, Testamento, Leda Volpi, Spessotto, Giuliodori, Vallascas, Sapia, Massimo Enrico Baroni».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   BATTILOCCHIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   in data 5 ottobre 2021 la prima sezione del Tar Lazio, accogliendo un ricorso del 2017, ha deciso l'annullamento sia della delibera del Consiglio dei ministri dell'1° dicembre 2017 sulla Orte-Civitavecchia, sia della delibera del Cipe del 28 febbraio 2018 con la conseguenza che il Consiglio dei ministri dovrà esaminare nuovamente la richiesta avanzata dal Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili;

   il completamento della superstrada Orte-Civitavecchia rappresenta un presupposto infrastrutturale imprescindibile per lo sviluppo del territorio locale e della regione, a detta degli esperti si tratta di un'opera indispensabile per concretizzare le enormi potenzialità del porto di Civitavecchia e del litorale nord del Lazio;

   il Governo ha più volte confermato la centralità strategica e la priorità per questa opera, da ultimo anche nel piano «Italia Veloce» e, nel corso dell'attuale legislatura, anche accogliendo ordini del giorno specifici a prima firma dell'interrogante e di altri colleghi;

   il Governo ha provveduto nel gennaio 2021 alla nomina del commissario straordinario ingegnere Ilaria Coppa per accelerare la realizzazione dell'opera (per la quale, peraltro, sono già stati stanziati 466 milioni di euro di euro di fondi messi a disposizione da Anas e Cipe) –:

   se il Governo intenda procedere, con celerità, ad attivare per quanto di competenza tutte le procedure ed i conseguenti atti per proseguire l'iter, nel rispetto di quanto stabilito dal Tar, per consentire la realizzazione di un'opera strategica per tutta l'economia del Nord del Lazio.
(3-02531)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SURIANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della transizione ecologica, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   secondo i dati dell'European Forest Fire Information System, in poco meno di 8 mesi, in Italia, sono bruciati 103.000 ettari di terreno. L'Italia ha il triste primato di nazione con più incendi nel 2021;

   in molte regioni gli incendi si aggiungono a problematiche già in essere, come le eruzioni dell'Etna o la desolazione di una terra come il Salento martoriata dalla xylella, nella quasi totale inefficacia delle politiche sinora adottate;

   con la riforma Madia del 2016 è stato militarizzato un corpo ad ordinamento civile e ne è stata ridotta le capacità di pronto intervento e prevenzione contro gli incendi. Negli anni si è assistito a una progressiva riduzione del personale e dei mezzi a disposizione per domare gli incendi, in netta controtendenza con l'aumento delle temperature;

   la mancanza di pianificazione e di programmazione di interventi a lungo termine non semplifica il lavoro dei pochi operatori e dei comuni che lottano ogni anno contro gli incendi;

   in Sicilia, il Codacons ha inviato istanza alla regione Siciliana per verificare lo stato di attuazione della legge n. 353 del 2000 la quale obbliga gli enti locali a istituire, previo apposito piano regionale, un catasto dei terreni interessati da incendi nell'ultimo quinquennio. Si chiede anche se la stessa regione abbia erogato sanzioni nei confronti dei proprietari di fondi incolti che non abbiano provveduto alla pulizia dei terreni;

   la gestione della flotta dei canadair dello Stato italiano è stata appaltata, con bandi con riferimento ai quali andrebbe quantomeno concesso il beneficio del dubbio circa la legittimità, a società private come la Babcock Italia, con costi di utilizzo dei velivoli per lo Stato di circa 15000 euro l'ora già nel 2017 (quando il costo di mercato è di 5000 euro l'ora al massimo). Inoltre, in Italia, sono presenti solo 15 canadair e non si riesce a far fronte alle emergenze, mettendosi addirittura nelle condizioni di elemosinare aiuti dalla Grecia o dalla Francia, come nel caso degli incendi recenti in Sardegna;

   la riforma della giustizia del Ministro Cartabia ha introdotto l'improcedibilità dell'azione penale dopo il decorso di un breve lasso di tempo anche per i reati ambientali, innescando un pericolosissimo meccanismo di impunità anche per coloro i quali si macchiano di reati contro il patrimonio ambientale italiano in favore della speculazione edilizia, e che provocano il dissesto idrogeologico e lo sterminio di migliaia di animali;

   sono diversi i progetti di riforestazione presentati sul territorio nazionale ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 14 ottobre 2019, n. 111, tra i quali ad esempio quello denominato «Forestazione Torre Allegra – Oasi del Simeto» a Catania –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti e quali iniziative stia mettendo in atto per future emergenze;

   se si stia valutando la possibilità di adottare iniziative normative volte a ripristinare il Corpo forestale dello Stato per dare piena operatività al sistema di protezione del patrimonio ambientale italiano;

   quali iniziative si intendano intraprendere per rendere pubblica la gestione dei canadair, ricollocando ad esempio piloti oggi in esubero in Alitalia, e se sia previsto un piano di acquisto di nuovi velivoli per rendere adeguata la flotta;

   se sia il caso di adottare iniziative di competenza per potenziare il monitoraggio del territorio, anche attraverso droni, per la pulizia delle aree a rischio e per l'efficace rimboschimento delle aree colpite, stabilendo una scala di priorità d'intervento in funzione del rischio idrogeologico nazionale;

   quali iniziative si intendano adottare, per quanto di competenza, affinché tutte le regioni rispettino la legge n. 353 del 2000;

   se sia previsto un aumento dei fondi destinati alla riforestazione, approvando per quanto di competenza i progetti in tale settore in tempi celeri ed evitando i rischi di infiltrazioni mafiose nella rigenerazione del territorio.
(5-06792)


   FERRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con nota protocollo 51315 del 5 ottobre 2021, l'Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria ha comunicato la temporanea chiusura del pronto soccorso di Gioia Tauro «considerata l'impossibilità di organizzare il turno di servizio a causa della totale assenza di medici»;

   tale circostanza è la conferma, semmai ce ne fosse stato bisogno, di un territorio completamente abbandonato dallo Stato, lo stesso che avrebbe dovuto porre rimedio alle carenze dell'amministrazione locale e garantire risposte serie e tempestive alle esigenze di cura dei cittadini;

   la chiusura del punto di primo intervento di Gioia Tauro è un danno alla comunità e certifica quanto sia fragile il sistema sanitario regionale e «In un territorio come quello della Piana di Gioia Tauro è un fatto allarmante che aggiunge disagi ai tanti disservizi e criticità di cui soffre la sanità reggina», facendo temere ripercussioni sulle altre strutture: «ogni chiusura che avviene sul territorio dell'Asp, aumenta il carico alle altre unità di pronto soccorso, specialmente Polistena e, appunto, Locri creando danno su danno ed allungando i tempi d'intervento, ben sapendo che nell'emergenza i minuti sono preziosi e determinanti», come denunciato dai segretari generali Cisl, Cisl Fp e Cisl medici;

   anche il presidente dell'Autorità di sistema portuale dei Mari Tirreno Meridionale e Ionio ha manifestato forte preoccupazione per la decisione dell'Asp di Reggio Calabria di procedere alla sospensione dell'attività di pronto soccorso che «ha offerto un servizio di quotidiana importanza per il territorio e, in particolare, punto di riferimento per gli oltre 1000 lavoratori del porto di Gioia Tauro»: nonostante all'interno dell'area portuale sia presente un punto di soccorso, che risponde alle esigenze di primario intervento, esso non è dotato di mezzi e strutture per offrire il servizio di pronto soccorso ospedaliero;

   senza un doveroso e tempestivo intervento da parte delle istituzioni, si priverebbero i cittadini e i lavoratori del porto di transhipment più importante di Italia, dove naturalmente possono verificarsi incidenti di diversa gravità, di un servizio ritenuto di essenziale importanza, costringendoli a dover raggiungere il presidio ospedaliero di Polistena –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali immediate iniziative di competenza, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dei disavanzi sanitari, intenda assumere per garantire la riapertura del servizio di pronto soccorso ospedaliero di Gioia Tauro.
(5-06798)


   SANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la rigenerazione urbana rappresenta uno strumento di governo del territorio capace di coniugare temi ambientali con obiettivi di urbanizzazione inclusiva e sostenibile;

   la rigenerazione urbana è stata inclusa da tempo nella strategia di sviluppo delle politiche europee, incrociando il tema dell'ambiente tramite l'uso delle energie rinnovabili e della protezione del suolo; attraverso le pratiche rigenerative, si persegue pertanto il preminente obiettivo della inclusione sociale e dell'educazione ambientale, con l'ulteriore aspirazione di restituire alle comunità cittadine ed ai quartieri spazi culturali e di aggregazione che possano rivitalizzare il tessuto urbano e combattere il disagio ed il degrado sociale;

   la legge n. 160 del 2019 (legge di bilancio 2020) ha previsto risorse rivolte agli enti locali per finanziare interventi relativi alla rigenerazione urbana;

   tali finanziamenti sono stati destinati, attraverso due fondi distinti, alle regioni, città metropolitane, capoluoghi di provincia, comuni con più di 60.000 abitanti (il primo) ed il secondo a tutti i comuni nazionali;

   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 gennaio 2021 è poi stata stabilita l'allocazione delle risorse, escludendo però i comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti dalla misura;

   tale scelta ha causato polemiche tra gli enti locali minori: i progetti di rigenerazione urbana sono infatti preclusi per i comuni con meno di 15 mila abitanti, che sono oltre il 90 per cento del totale complessivo;

   il tema della rigenerazione urbana è incluso nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), sia quale obiettivo trasversale al Piano, che (in modo specifico) nel quadro degli investimenti e delle riforme di alcune specifiche Missioni del medesimo;

   con il Pnrr sono stati infatti rifinanziate le risorse destinate ai progetti di rigenerazione urbana per circa 8,5 miliardi di euro che, ad oggi, escludono comunque dai beneficiari oltre 7200 comuni italiani su circa 7900;

   negli ultimi anni sono state promosse politiche per favorire la gestione associata delle funzioni e dei servizi comunali: per ottimizzare la spesa pubblica, superare le difficoltà legate alla frammentazione dei piccoli comuni e conseguire una maggiore efficienza dei servizi;

   l'obbligo di esercizio associato delle funzioni dei piccoli comuni è stato previsto dal decreto-legge n. 78 del 2010;

   sono attualmente 565 le Unioni di piccoli comuni costituite in Italia fino ad oggi per garantire la gestione associata dei servizi;

   appare quindi opportuno e ragionevole consentire alle Unioni di piccoli comuni (con popolazione complessiva di almeno 15 mila) di accedere alle risorse stanziate dal Pnrr per progetti finalizzati alla rigenerazione urbana –:

   se il Governo ritenga utile promuovere iniziative urgenti, in relazione a quanto espresso in premessa, al fine di consentire alle Unioni di piccoli comuni (con popolazione complessiva di almeno 15 mila) di accedere alle risorse stanziate dal Piano nazionale di ripresa e resilienza per progetti finalizzati alla rigenerazione urbana.
(5-06800)


   MICELI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le politiche giovanili. — Per sapere – premesso che:

   con l'emanazione decreto legislativo 16 marzo 2017, n. 40, con cui è stato istituito il Servizio civile universale (Scu), è stato istituito un solo Albo unico presso la Presidenza del Consiglio dei ministri suddiviso in due sezioni: nazionale – per gli enti che hanno a disposizione almeno 100 sedi di attuazione progetto – e regionali – alle quali possono iscriversi enti che operano esclusivamente nel territorio di un'unica regione con un numero di sedi tra 30 e 100;

   gli articoli 6 e 7 del decreto legislativo n. 40 del 2017 disciplinano, nello specifico, le funzioni dello Stato e delle regioni e province autonome in materia di Scu, in particolare prevedendo, previa sottoscrizione di uno o più accordi con la Presidenza del Consiglio dei ministri, attribuzioni inerenti alla formazione da erogare al personale degli enti di Scu, al controllo sulla gestione delle attività svolte, alla valutazione dei risultati e alle ispezioni presso gli enti di Scu e, ad oggi, non è noto se siano stati rinnovati tali accordi che consentirebbero l'utilizzo di risorse già specializzate di cui sono dotate le amministrazioni regionali e delle province autonome coinvolte;

   nel luglio 2021 è stata sottoscritta una convenzione tra il Dipartimento per le politiche giovanili e il servizio civile universale della Presidenza del Consiglio dei ministri e la società del Ministero dell'economia e delle finanze «Studiare Sviluppo s.r.l.» per attività di supporto ed assistenza tecnica, di esame istruttorio delle richieste di iscrizione degli enti all'Albo unico Scu, e per la valutazione, approvazione e monitoraggio dei programmi d'intervento e dei progetti di servizio civile universale, materie strettamente pertinenti all'azione di indirizzo e controllo del sistema Scu;

   contestualmente Studiare Sviluppo s.r.l. ha pubblicato un avviso urgente per selezionare collaboratori professionali «in mancanza di apposito personale interno alla Società»; tale ricerca di mercato apre alla possibilità che si creino potenziali conflitti di interesse in ragione della possibile coincidenza tra enti valutati e soggetti valutatori spesso provenienti proprio da enti di Scu;

   nella fase attuale non è nota la provenienza delle risorse a copertura del costo dei servizi richiesti alla società Studiare Sviluppo s.r.l., che qualora queste fossero detratte dal fondo di finanziamento per i volontari tali risorse sarebbero più proficuamente utilizzate per l'incremento del numero degli stessi volontari e, ad avviso dell'interrogante, tali evidenze contrastano con la lettera dell'articolo 25 del decreto legislativo n. 40 del 2017 secondo il quale le amministrazioni interessate debbono attuare la nuova disciplina del Scu attraverso le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente –:

   di quali elementi disponga il Governo in relazione ai fatti esposti in premessa, con specifico riferimento alle risorse impiegate;

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere nell'immediato al fine di agevolare, anche economicamente, le attività e gli enti del sistema del Servizio civile universale.
(5-06802)


   FERRI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 10 della legge n. 382 del 1970 attribuisce il compito di accertare le condizioni visive degli aspiranti ai benefici previsti dalla medesima legge, ad una commissione sanitaria provinciale, nominata dal prefetto, mentre l'articolo 11 ne disciplina la composizione;

   l'articolo 10 del decreto-legge n. 203 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2005 – che ha disposto il trasferimento all'Inps di competenze circa l'invalidità civile, cecità civile, sordità, handicap e disabilità – prevede la partecipazione nelle commissioni mediche di verifica dell'invalidità civile di medici nominati in rappresentanza, tra l'altro, dell'Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti;

   l'articolo 20 del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni dalla legge n. 102 del 2009, ha attribuito all'Inps la competenza all'accertamento dei requisiti sanitari nei confronti dei titolari di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, a decorrere dal 1° gennaio 2010;

   con il messaggio Hermes n. 8146 del 5 aprile 2011, l'Inps ha emanato le istruzioni operative per la presenza nelle commissioni mediche (Cml) del professionista rappresentante delle associazioni rappresentative di persone con disabilità, per fini di trasparenza, collegialità e partecipazione procedimentale all'attività attuativa dei programmi di verifica della permanenza dei requisiti in capo ai titolari di benefici economici di invalidità civile, di cui all'articolo 20, comma 2 del decreto-legge n. 78 del 2009;

   l'Inps ha chiarito che le suindicate Cml Inps debbano essere integrate con un medico in rappresentanza, rispettivamente, dell'Associazione nazionale dei mutilati e invalidi civili, dell'Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti e dell'Ente nazionale per la protezione e l'assistenza dei sordi;

   a tal fine, l'Inps ha stabilito che il coordinatore generale medico-legale debba indicare alle strutture centrali delle citate associazioni il fabbisogno territoriale di medici per l'attività in argomento rispetto alle proprie esigenze e che, ricevute le relative indicazioni, debba emettere i provvedimenti di nomina, trasmettendoli a ciascuna direzione regionale, la quale trasmette alle Uoc/Uos medico legali della regione le generalità dei medici nominati per il rispettivo ambito territoriale di competenza;

   tale iter di contrattualizzazione dei medici rappresentanti di categoria comprime secondo l'interrogante le prerogative delle associazioni; infatti, i medici vengono indicati dalle rispettive associazioni nazionali solo per le aree territoriali segnalate dall'Inps, che trasmettono i nominativi e i relativi curricula alla direzione centrale risorse umane e al coordinamento generale medico-legale, che esprime il proprio parere in merito, dandone comunicazione alla competente area della Direzione centrale risorse umane dell'Inps; essa, verificati gli aspetti di propria competenza, comunica alla direzione regionale di coordinamento metropolitano il nulla osta alla stipula del contratto. Successivamente le direzioni interessate provvedono alla stipulazione del contratto (per 12 mesi, non tacitamente rinnovabile) con il medico, una volta escluse incompatibilità;

   quindi l'efficacia del contratto postula la formale conferma dell'indicazione delle associazioni di categoria da parte del direttore centrale risorse umane o di un suo delegato, sentito il parere del coordinatore generale medico legale e dei responsabili delle unità operative medico legali territoriali;

   tale iter si ripete, tra l'altro, in caso di sostituzioni/revoche presso le singole Cml, comunicate dalla Dr/Dcm alla Dcru, che attiva la procedura descritta richiedendo indicazioni all'associazione nazionale interessata;

   l'Inps ha, secondo l'interrogante, un'eccessiva discrezionalità in ordine alle nomine dei medici rappresentanti di categoria, con lesione del diritto di ciascuna associazione di designare il proprio rappresentante medico nella Cml;

   le reiterate rimostranze formulate dall'Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti (Uici) risultano disattese, compresa la richiesta di conoscere le motivazioni di alcune ricusazioni/esclusioni di medici, peraltro già contrattualizzati in passato dall'Inps –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere per tutelare le prerogative delle associazioni rappresentanti le persone con disabilità fisiche, psichiche e sensoriali, rispetto alla designazione di un proprio rappresentante medico in seno alle Commissioni mediche locali (Cml) dell'Inps.
(5-06805)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRUSONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   secondo le più recenti stime dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), vi sono 235 milioni di persone in tutto il mondo, principalmente bambini, affetti da asma, mentre 64 milioni di individui soffrono di broncopneumopatia (Bpco), rappresentando questa la quarta causa di morte nel mondo;

   se non si adotteranno misure volte a ridurre i fattori di rischio legati alla malattia, si stima che i decessi correlati alla Bpco aumenteranno del 30 per cento nei prossimi 10 anni;

   ad oggi, per il trattamento della Bpco e dell'asma gli inalatori pMDI sono essenziali per le terapie. Esistono opzioni terapeutiche che non contengono propellenti, come i Dry Powder Inhalers (Dpi – inalatori a polvere) e i Soft Mist Inhaler (Smi), tuttavia queste rappresentano un'alternativa ai pMDI non utilizzabile per tutte le categorie di pazienti;

   i gas fluorurati ad uso farmaceutico (Hfa), rappresentano una percentuale molto bassa, inferiore allo 0,1 per cento, delle emissioni globali di gas serra e godono di una esenzione dall'obbligo europeo di diminuzione progressiva del loro utilizzo proprio in virtù del loro non sostituibilità quando non esistono alternative terapeutiche valide e a basso costo;

   mantenere gli spray inalatori come opzione terapeutica è quindi un imperativo che deve essere garantito, al fine di assicurare la continuità delle cure a tutti i pazienti che ne hanno bisogno;

   il regolamento (UE) 2019/957 della Commissione, dell'11 giugno 2019, recante modifica dell'allegato XVII del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, concernente la registrazione, la valutazione, l'autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH) per quanto riguarda il silanetriolo e i TDFA, vieta l'immissione sul mercato di prodotti spray contenenti miscele costituite da (3,3,4,4,5,5,6,6,7,7,8,8,8-tridecafluoroottil) silanetriolo e Tdfa e solventi organici;

   nell'ambito della revisione europea del regolamento (UE) n. 517/2014 sui gas fluorati ad effetto serra attualmente in corso, si ritiene necessario che l'Italia sostenga la posizione di esenzione per altri 5 anni dei gas fluorurati per uso medicale attualmente in vigore. Tale arco di tempo sarà necessario alla ricerca e all'industria italiana per sostituire i gas Hfa attualmente impiegati come propellenti negli erogatori per le terapie respiratorie con nuove alternative classificate a basso potenziale di riscaldamento globale, ad oggi in elaborazione, assicurando la continuità terapeutica per i pazienti cronici che assumono questi medicinali allineandosi al protocollo di Montreal;

   l'Italia non ha fornito un proprio contributo nell'ambito della consultazione europea che si è chiusa il 29 dicembre 2020 sulla revisione del regolamento sui gas fluorurati in finalizzazione; è fondamentale che non siano i pazienti a dover sostenere il peso dell'impatto ambientale degli inalatori, né quello economico, in quanto la loro principale preoccupazione è e deve essere esclusivamente la cura ed il godimento del proprio diritto alla salute costituzionalmente garantito –:

   se il Governo, per quanto di competenza, stia adottando iniziative al fine di prorogare la produzione nonché l'immissione sul mercato di prodotti spray contenenti le miscele indicate in premessa.
(4-10389)


   CIABURRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   come noto, l'articolo 81, comma 1, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, ha concesso ad autonomi, imprese ed enti non commerciali che effettuano investimenti pubblicitari – sponsorizzazioni incluse – nei confronti di società sportive professionistiche, nonché associazioni e società sportive dilettantistiche regolarmente iscritte al Coni, il contributo sotto forma di credito d'imposta, pari al 50 per cento degli investimenti effettuati a decorrere dal 1° luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2020;

   il decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106, cosiddetto «Decreto Sostegni-bis», all'articolo 10, ha prorogato il predetto credito d'imposta agli investimenti fatti tra 1° gennaio 2021 e fino al 31 dicembre 2021;

   come riportato sul portale informatico del Dipartimento allo sport, a causa del numero elevato di domande pervenute, gli elenchi degli ammessi al beneficio saranno pubblicati sul portale mese di settembre 2021;

   all'inizio del mese di ottobre 2021, a quanto consta all'interrogante, non è ancora stato notificato l'esito delle domande alle attività che ne hanno fatto richiesta –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti;

   per quali motivi l'elenco dei beneficiari non sia ancora stato pubblicato;

   in quali tempi il Governo abbia intenzione di pubblicare l'elenco dei beneficiari e quindi di notificare l'esito alle aziende richiedenti.
(4-10391)


   CIABURRO e CARETTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   come noto, nelle aree interne, montane e rurali, le quali ospitano prevalentemente piccoli comuni, vi è una esigua presenza di medici di base e pediatri, creando ciò non pochi disagi e criticità per i cittadini sul territorio;

   il criterio di assegnazione del personale medico sul territorio basato sul numero di abitanti è infatti totalmente disallineato rispetto alle necessità delle aree montane, dove i cittadini sono spesso sparpagliati sul territorio e spesso impossibilitati a recarsi negli ambulatori;

   le risposte organizzative come gli «infermieri di comunità» o le «case della salute», elaborate nell'ambito della Strategia nazionale delle aree interne hanno costituito una prima forma di risposta a questo fenomeno, ma insufficiente;

   nell'ambito dell'approvazione in sede parlamentare del Piano nazionale di ripresa e resilienza è stata posta particolare enfasi sui progetti relativi sia alla promozione del diritto alla salute che alla tutela delle aree interne, montane e rurali;

   ad oggi non sono tuttavia previste misure di carattere straordinarie né riforme della governance e riconoscimento della situazione di sperequazione vissuta dai piccoli comuni localizzati nelle aree interne, montane e rurali, i quali non solo hanno bisogno di personale medico diffuso e capillarizzato sul territorio, ma anche delle necessarie infrastrutture per garantire l'erogazione dei servizi;

   occorrono, sul punto, interventi anche sul numero massimo di pazienti in carico per chi opera nelle aree montane, in quanto gli stessi valori vigenti nelle aree urbane non rispecchiano una frammentazione del territorio che richiede una cura del tutto particolare;

   le aree montane della regione Piemonte hanno messo in pratica e disposto numerose misure di tipo sperimentale per arginare il problema, le quali necessitano tuttavia di una forma di coordinamento e potenziamento anche da parte del Governo centrale –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti;

   se intenda aprire apposite interlocuzioni istituzionali per una riforma complessiva dell'erogazione dei servizi legati alla salute nei piccoli comuni localizzati nelle aree interne, montane e rurali;

   quali iniziative di competenza intenda adottare per incentivare la presenza di medici di base, pediatri e personale sanitario nelle aree interne, montane e rurali;

   quali iniziative intenda assumere, anche mediante la predisposizione di apposite opere infrastrutturali, per capillarizzare l'erogazione di servizi medici sul territorio delle aree interne, montane e rurali.
(4-10392)


   CIABURRO e CARETTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   come noto, dal 9 agosto 2021 è scattato un rincaro sulle commissioni relative al pagamento di bollettini postali;

   nella fattispecie per pagare un bollettino di conto corrente postale allo sportello, incluso il bollettino PA, occorre versare 1,80 euro anziché 1,50 euro, con un aumento che interessa anche i cittadini di età superiore ai 70 anni i quali, anziché versare 70 centesimi, dovranno versare 1 euro;

   per il pagamento di un verbale attraverso il servizio «SIN» la tariffa è passata da 1,99 euro a 2,29 euro, con un corrispettivo incremento tariffario per gli over 70 da 1,19 euro a 1,49 euro;

   il rincaro è stato applicato anche all'avviso «PagoPA» la cui commissione è salita da 1,50 euro a 2 euro;

   come specificato da Poste Italiane, il rincaro dei bollettini era fermo da sei anni ed è stato giustificato anche con una non variazione dei costi relativi all'uso di mezzi digitali di pagamento, per i quali non sono stati previsti rincari;

   stante la grave situazione di digital divide che sta colpendo il Paese e considerati i bassi livelli di diffusione delle conoscenze digitali e dell'utilizzo dei terminali informatici, nonché la diffusione stessa di connessioni di rete ad alta velocità in svariate aree del Paese, la prima conseguenza è un ulteriore rincaro in capo ai cittadini, a particolare detrimento delle fasce più anziane della popolazione;

   alla luce dei crescenti rincari in materia di energia e materie prime a detrimento del potere d'acquisto dei cittadini, sempre più eroso, tale rincaro è del tutto inappropriato –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative di competenza intenda adottare per arrestare o contenere il rincaro dei bollettini postali di cui in premessa.
(4-10393)


   VALLASCAS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi, alcuni organi di stampa hanno dato la notizia secondo la quale il Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID-19, con determina datata 29 agosto 2021, avrebbe acquistato in affidamento diretto circa «30 milioni di mascherine di tipo FFP2» di cui due lotti sembra non soddisfino «tutte le specifiche indicate nella citata delibera»;

   in particolare, alcuni quotidiani riporterebbero l'esperimento fatto dalla trasmissione di informazione giornalistica Fuori dal coro, dal quale emergerebbe che «un milione di mascherine acquistate dalla struttura commissariale presso la società Laserpin srl, pur essendo vendute come FFP2, in realtà non avrebbero gli stessi requisiti di protezione di queste, limitandosi a una protezione più blanda ma insufficiente alla richiesta del bando»;

   nel dettaglio, «La tenuta sul volto della mascherina in questione, infatti, pur somigliando molto alla FFP2, nei fatti non sarebbe con valori molto superiori da quelli ammessi dalla normativa vigente»;

   i giornali riferiscono che le anomalie riscontrate non si limiterebbero al citato lotto di un milione di mascherine, ma riguarderebbero anche un secondo lotto di «700 mila mascherine, questa volta della società Ctexpertise, rientrerebbero per un soffio nei parametri delle FFP2 quanto a tenuta e protezione, ma non recano il marchio Ce, di fatto contraddicendo quanto scritto nella determina»;

   l'assenza della certificazione sembra sia consentita dalla stessa procedura che, in caso di affidamento diretto, consentirebbe di «aggirare tale richiesta» dato che si tratterebbe di mascherine che, pur non essendo state certificate da nessun ente preposto, sarebbero state validate dall'Inail con una procedura straordinaria e in deroga, introdotta nel 2020;

   a questo proposito, è il caso di rilevare che, secondo quanto riportato dagli organi di stampa, la procedura non soddisferebbe pienamente i requisiti atti a verificare la validità dei dispositivi di protezione, perché sembrerebbe che la validazione dell'Inail sia stata condotta, non effettuando test di tenuta sul prodotto, ma solo attraverso «una verifica di congruità della documentazione che li accompagna», circostanza che, in base ad alcuni commenti apparsi, non fornirebbe adeguate certezze che la mascherina assolva bene al suo compito;

   nel caso risultasse vero, quanto esposto farebbe emergere una situazione preoccupante in base alla quale, a distanza di oltre un anno e mezzo dall'inizio dell'emergenza pandemica, non si sarebbero elaborati adeguati protocolli per l'acquisto, anche in emergenza, dei dispositivi di protezione individuali che risulterebbero di fondamentale importanza nel contrasto alla diffusione e alla trasmissione del COVID-19;

   secondo quanto riportano gli organi di stampa, i «Due episodi [...] dimostrano ancora una volta quanto la scelta delle aziende da cui acquisire questo tipo di strumenti protettivi dovrebbe tenere in considerazione, accanto ovviamente alla convenienza economica, la capacità delle stesse aziende di fornire tutte le rassicurazioni e le garanzie di qualità del caso» –:

   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero e quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, anche di natura normativa, per promuovere procedure il più possibile rigorose di acquisto dei dispositivi di protezione individuale, al fine di garantire la salute e la sicurezza dei cittadini e una più oculata gestione delle risorse pubbliche.
(4-10395)


   SAPIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   dal 2010 la Calabria è commissariata per l'attuazione del Piano di rientro dal disavanzo sanitario;

   con deliberazione del Consiglio dei ministri del 27 novembre 2020, il prefetto Guido Nicolò Longo è stato nominato Commissario ad acta;

   il 31 marzo 2021 il Consiglio dei ministri ha deliberato la nomina a sub-commissari di Angelo Pellicanò e Michele Ametta;

   l'articolo 6 del decreto-legge n. 150 del 2020, convertito dalla legge n. 181 del 2020, prevede che, al fine di supportare gli interventi di potenziamento del servizio sanitario regionale, «è accantonata a valere sulle risorse finalizzate all'attuazione dell'articolo 1, commi 34 e 34-bis, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni, per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, la somma di 60 milioni di euro in favore della regione Calabria»;

   lo stesso articolo 6 impone che l'erogazione della somma «è condizionata alla presentazione e approvazione del programma operativo di prosecuzione del Piano di rientro per il periodo 2022-2023 e alla sottoscrizione»;

   spesso gli organi di informazione riportano gravi problemi di bilancio delle aziende del Servizio sanitario regionale, un'emigrazione sanitaria da oltre 300 milioni di euro annui e una pesante, irrisolta carenza di personale;

   in un articolo di Antonio Cantisani, pubblicato su Corriere della Calabria il 6 ottobre 2021, si legge che i commissari governativi non hanno approvato «i bilanci di esercizio 2016 e 2017 dell'azienda ospedaliera Pugliese di Catanzaro (perdite pari rispettivamente a 17 milioni e a circa 13 milioni)», nonché «i bilanci d'esercizio 2015, 2016 e 2017 dell'azienda ospedaliera universitaria Mater Domini di Catanzaro (perdite pari rispettivamente a circa 28 milioni, 20 milioni e oltre 12 milioni)», nonché, riguardo all'Asp di Cosenza, i bilanci di esercizio «2015 (perdita di oltre 30 milioni), 2016 (perdita di oltre 40 milioni) e 2017 (perdita pari a quasi 40 milioni)», nonché, circa l'Asp di Catanzaro, «i bilanci di esercizio 2016 (perdita di 26 milioni) e 2017 (perdita di 19 milioni)», nonché, in ordine all'Asp di Vibo Valentia, i bilanci degli anni «2015 (perdita di oltre 2,8 milioni), 2016 (perdita di oltre 2,4 milioni) e 2017 (qui si registra un utile di esercizio ma anche varie criticità)», nonché, per l'Asp di Crotone, «i bilanci d'esercizio 2016 (perdita di oltre 27 milioni) e 2017 (perdita di circa 19 milioni)»;

   per il 2019 i Livelli essenziali di assistenza (Lea) della Calabria sono precipitati a 125;

   non si ha notizia dell'approvazione del suddetto programma operativo di prosecuzione del Piano di rientro, dunque per legge è bloccata la suddetta somma di 60 milioni di euro in favore della Calabria;

   l'articolo 119, comma 5, della Costituzione prevede che, «per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni» –:

   se sia stato approvato il suddetto programma operativo e, in caso negativo, per quali ragioni;

   quali iniziative di competenza si intendano assumere per assicurare l'approvazione dei bilanci degli esercizi passati delle aziende del Servizio sanitario regionale della Calabria alla luce di quanto rappresentato in premessa;

   quali ostacoli impediscano che lo Stato, data la situazione sanitaria della Calabria, destini alla regione le risorse di cui all'articolo 119, comma 5, della Costituzione al fine di rimuovere gli evidenti, continui e gravissimi squilibri economici e sociali relativi alla tutela del diritto alla salute dei residenti in Calabria.
(4-10398)


   MURONI, FIORAMONTI, FUSACCHIA, CECCONI e LOMBARDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con la nota n. 63471 del 6 settembre 2021, il Ministero della salute chiede il ritiro dalle scuole delle mascherine facciali prodotte da Fca Italy S.p.a. lotti 00914086180 e 00914086190. Nella nota si legge che «Lo scrivente Ministero ha ricevuto dal fabbricante Fca Italy S.p.a. la segnalazione di non conformità delle mascherine facciali – lotti 00914086180 e 00914086190 – dallo stesso prodotte e distribuite, per il tramite della Struttura del Commissario straordinario per l'emergenza Covid-19, agli istituti scolastici attraverso la società S.D.A»;

   «I lotti non conformi – spiega ancora il Ministero – sono stati prodotti presso lo stabilimento di Mirafiori-Torino dal 24 agosto 2020 al 17 dicembre 2020 e quasi integralmente distribuiti presso gli istituti scolastici italiani». Pertanto, si chiede al Ministero dell'istruzione «di voler assicurare la massima divulgazione di quanto sopra a tutti gli istituti scolastici interessati, affinché gli stessi provvedano a individuare, non utilizzare e quarantenare le eventuali giacenze delle suddette mascherine facciali riconducibili ai numeri di lotto 00914086180 e 00914086190»;

   su questa vicenda il programma televisivo «Striscia la Notizia» ha denunciato che «le mascherine non conformi, prodotte dallo stabilimento di Mirafiori e distribuite alle scuole con il logo della presidenza del Consiglio dei ministri, non solo sono di fatto irrintracciabili – per stessa ammissione del Ministero della salute che ha chiesto alle scuole di provvedere autonomamente al ritiro – ma che in alcuni istituti, addirittura, alcuni pezzi dei lotti denunciati dal Tg satirico vengono ancora distribuiti agli studenti. Come raccontano le testimonianze di diversi genitori». Come si legge in un articolo, pubblicato il 5 ottobre 2021, sul sito online di «Striscia la Notizia»;

   dal suddetto articolo si apprende, inoltre, che «secondo le analisi realizzate già a dicembre 2020 da diversi laboratori, interpellati da Striscia, le mascherine risultavano avere una capacità di filtrazione ben inferiore al 98 per cento previsto dalla legge per quel tipo di dispositivi» –:

   a tutela della salute, se siano state informate tutte le famiglie degli studenti che potrebbero aver avuto in dotazione le mascherine non conformi;

   quale sia il numero totale delle mascherine non conformi distribuite presso gli istituti scolastici italiani e il numero totale di quelle non utilizzare e se si stia procedendo a «quarantenare» le eventuali giacenze delle suddette mascherine facciali riconducibili ai numeri di lotto 00914086180 e 00914086190;

   quale sia il numero delle mascherine riconsegnate, visto che risulterebbe che alcune scuole stiano dicendo di non riconsegnarle, e in che modo verranno smaltite;

   quali iniziative di competenza intendano intraprendere per chiarire come è potuto accadere un fatto così grave che sta mettendo a rischio la salute dei nostri studenti e quali iniziative si intendano intraprendere, per quanto di competenza, nei confronti della società che ha prodotto, dal 24 agosto 2020 al 17 dicembre 2020, e distribuito queste mascherine non conformi.
(4-10404)


   PIERA AIELLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   è pendente presso il tribunale ordinario di Taranto un procedimento penale a carico di ufficiali commissari della Marina Militare che avevano prestato servizio presso la direzione di Commissariato della Marina Militare di Taranto, noto come «Tangentopoli a Stellette» e che, ad oggi, ha visto arresti e condanne per il personale militare coinvolto;

   la citata «Tangentopoli a Stellette» sarebbe stata portata all'attenzione del responsabile per la prevenzione della corruzione e trasparenza pro tempore del Ministero difesa e conosciuta, dall'Amministrazione Difesa, già dal 2005, in seguito alla denuncia di un ufficiale della Marina Militare;

   detta situazione sarebbe stata portata all'attenzione del Capo di Stato Maggiore della Marina pro tempore (ammiraglio di squadra, Giuseppe Cavo Dragone, l'attuale Capo di stato maggiore della difesa), con una «lettera aperta», nonché inviata anche al Ministro della difesa, on. Guerini;

   all'istanza di conferimento, indirizzata al Ministro della difesa, sarebbe stato allegato un «processo verbale» dal quale si evincevano elementi potenzialmente lesivi che potevano arrecare «una grave minaccia alla sicurezza dello Stato»;

   il whistleblower avrebbe denunciato l'esistenza presso la sede navale di La Spezia di convenzioni in tema di smaltimento rifiuti speciali e di acque di sentina con prezzi di aggiudicazione «gonfiati», e possibili ipotesi di truffa consistenti nella produzione da parte del «responsabile dell'esecuzione» di falsi verbali di chiusura di cantieri;

   nonostante i fatti fossero stati portati all'attenzione del Capo di Stato Maggiore della Marina e del Ministro della difesa pro tempore, sembrerebbe che ancora non sino stati posti in essere accertamenti amministrativo/disciplinari;

   in merito alla gravità dei fatti denunciati, sembrerebbe che nessuno abbia ritenuto opportuno sentire l'ufficiale che aveva presentato istanza di conferimento –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda porre in essere in merito;

   se in data 1° luglio 2019 sia stata presentata da un ufficiale della Marina Militare istanza di conferimento nella quale si denunciavano i fatti così come esposti in premessa;

   se il Ministro della difesa abbia negato il conferimento all'Ufficiale e non abbia ritenuto opportuno avviare alcun accertamento amministrativo/disciplinare;

   di quale natura siano le «gravi minacce alla sicurezza dello Stato»;

   quali accertamenti abbia posto in essere in merito alle citate convenzioni «gonfiate» in materia di smaltimento di rifiuti speciali ed acque di sentina presso la base navale di La Spezia;

   se le società aggiudicatrici presso la base navale spezzina del contratto di smaltimento rifiuti speciali (Sameco S.r.l.) e acque di sentina (Sepor S.p.a.), siano risultate di fatto titolari dell'accordo quadro in materia, con sconti percentuali di oltre il 50 per cento sui prezzi praticati nella base spezzina;

   se il Capo di Stato maggiore della Marina pro tempore fosse stato messo a conoscenza, con lettera datata 1° ottobre 2019, dell'esistenza di una segnalazione effettuata già nel 2005 con la quale un alto ufficiale ammiraglio era stato messo a conoscenza del sistema «Tangentopoli a Stellette»;

   quali accertamenti siano stati posti in essere dallo Stato maggiore della marina o dal Ministro della difesa sui fatti denunciati dal whistleblower in ordine alla cosiddetta «Tangentopoli a Stellette» e se i fatti siano stati portati all'attenzione della magistratura ordinaria o militare.
(4-10407)


   MANTOVANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della transizione ecologica, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   durante la conferenza stampa del 6 ottobre 2021 il Presidente del Consiglio dei ministri ha affermato la necessità di affrontare i risvolti sociali della transizione ecologica;

   è cruciale gestire senza eccessivi traumi sociali il tema della transizione ecologica e le sue conseguenze sull'occupazione in particolare in talune tipologie di imprese;

   come evidenziato dal «Sole 24 Ore» in data 17 settembre 2021 il vertice tenutosi ad Atene con la partecipazione di sette capi di Stato e di Governo dei Paesi europei del Mediterraneo è stata l'occasione per riaffermare la necessità di una «più stretta integrazione tra le politiche ambientali dei vari Paesi europei»;

   il Presidente del Consiglio italiano dal vertice Eumed di Atene, come riportato dal sito de «Il sole 24 Ore» il 17 settembre 2021, ha lanciato l'allarme sui costi sociali della transizione ecologica affermando che: «occorra considerare che una transizione così grande e rapida comporti costi sociali ed economici immensi; qui abbiamo una scelta, un programma che non è facile da costi sociali ed economici immensi; qui abbiamo una scelta, un programma che non è facile da conciliare. Da un lato siamo determinati a percorrere l'obiettivo della transizione ecologica con il massimo impegno, la massima determinazione; dall'altro siamo determinati a proteggere soprattutto i più deboli dai costi sociali che potrebbero essere, come stiamo vedendo ora dalle bollette, davvero significativi»;

   sono numerose le crisi aziendali in atto e tra queste è doveroso ricordare quella della Gkn di Campi Bisenzio la quale rappresenta un campanello d'allarme per tutta la filiera dell'automotive ovvero uno dei comparti dove produzione e scelte d'acquisto degli utenti stanno procedendo sempre più velocemente verso la trazione elettrica;

   nell'ambito della direttiva (UE) 2019/1161 del 20 giugno 2019, l'Unione europea promuove un maggior utilizzo di veicoli a basse e a «zero emissioni» istituendo quindi obiettivi minimi negli appalti pubblici incidendo quindi anche nelle scelte d'acquisto da parte delle pubbliche amministrazioni; un'auto elettrica ha un quinto delle componenti mobili di un'auto a combustione interna, questo significa un minor fabbisogno di manodopera sia per la produzione che per la manutenzione;

   di conseguenza, gli outlook di settore prevedono che la riconversione dell'industria italiana della componentistica per auto, che impiega circa 600mila persone, potrebbe costare il posto di lavoro a due terzi degli addetti;

   il sito euractiv.com in un articolo del 9 marzo 2020 ha riportato l'allarme lanciato da Luc Triangle segretario generale del sindacato «IndustriAll», in merito alla crisi occupazionale derivante dalla transizione ecologica, il quale ha affermato che: «stiamo parlando di circa 11 milioni di posti di lavoro direttamente impiegati nell'industria estrattiva, dell'auto o ad alto consumo di risorse fossili»;

   come riportato dal report «Just E-volution The socio-economic impacts of energy transition in Europe» – di Enel e European House of Ambrosetti – è necessario preservare la competitività dell'industria europea nello scenario globale gestendo la transizione verso fonti combustibili a basso impatto, sostenendo la catena di valore e riducendo le ricadute negative sugli occupati che rischiano di non poter essere ricollocati;

   la crisi da Covid-19 rappresenta un non trascurabile imprevisto ai fini della programmazione europea –:

   se il Governo ritenga opportuno adottare iniziative nei consessi europei al fine di posticipare il raggiungimento degli obiettivi fissati dall'Agenda 2030;

   se il Governo intenda proporre la creazione di strumenti europei utili a calmierare gli effetti della transizione ecologica sull'occupazione, favorendo altresì la riconversione della manodopera che rischia di essere espulsa dal mercato del lavoro.
(4-10409)


   PAOLO RUSSO, SARRO e PENTANGELO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 22 settembre 2021 la corte di appello di Napoli – seconda sezione, presidente Grassi – ha condannato il dottor Enrico Coscioni, ex consigliere per la sanità del presidente della regione Campania e attuate presidente dell'Agenas, a due anni di reclusione, con sospensione della pena, per violenza privata tentata e continuata, aggravata dall'abuso di potere;

   i fatti contestati risalgono al 2015, quando Coscioni avrebbe fatto pressioni su tre commissari (Salvatore Panaro dell'Asl Na 3 Sud, Agnese Iovino dell'Asl Na 2 Nord e Patrizia Caputo, del Cardarelli, tutti nominati dalla giunta presieduta da Stefano Caldoro) affinché lasciassero il posto a persone vicine al nuovo presidente della regione;

   la condanna in appello del presidente dell'Agenas mette in luce una gestione del potere da parte di un sistema ben consolidato – ben più pericoloso poiché perpetrato in campo sanitario – e che appare teso ad occupare ogni postazione secondo modalità marcatamente clientelari, in spregio ai criteri meritocratici di professionalità e competenza;

   tra l'altro, il dottor Coscioni risulta anche coinvolto nell'inchiesta sugli appalti dell'emergenza Covid: in questa sede la procura sta svolgendo indagini sulle convenzioni della Ebris – fondazione internazionale di ricerca che ha eseguito tamponi per la regione Campania e test molecolari nelle scuole del salernitano – della quale il ridetto dottore è membro del consiglio di amministrazione;

   l'Agenas, Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, è un ente pubblico non economico di rilievo nazionale, istituito con decreto legislativo del 30 giugno 1993 n. 266 e successive modificazioni, e si configura come organo tecnico-scientifico del Ssn svolgendo attività di ricerca e di supporto nei confronti del Ministro della salute, delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano, ai sensi dell'articolo 2, comma 357, legge 24 dicembre 2007 n. 244;

   Agenas assicura, inoltre, la propria collaborazione tecnico-operativa alle regioni e alle singole aziende sanitarie in ambito organizzativo, gestionale, economico, finanziario e contabile, in tema di efficacia degli interventi sanitari, nonché di qualità, sicurezza e umanizzazione delle cure;

   il decreto-legge 8 aprile 2020 n. 23 ha affidato ad Agenas il compito di collaborare all'azione di potenziamento della rete di assistenza ospedaliera e territoriale, al fine di assicurare la più elevata risposta sanitaria all'emergenza epidemiologica;

   sono evidenti le gravi ripercussioni della sopracitata vicenda giudiziaria sul piano politico-gestionale, ripercussioni che impongono una rapida risposta sulla trasparenza dell'amministrazione referente tanto in relazione alla gestione della pandemia, quanto in relazione all'attuazione degli interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza cui sono destinati circa 7 miliardi di euro –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e se non ritenga necessario, anche alla luce delle considerazioni esposte, valutare se sussistano i presupposti per assumere le iniziative di competenza volte a sollevare dall'incarico l'attuale presidente dell'Agenas.
(4-10415)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta orale:


   FERRI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 12 agosto 2017, dopo essere stato ricoverato la notte precedente in condizioni disperate come conseguenza di una brutale aggressione subita in una discoteca della località turistica di Lloret de Mar, Niccolò Ciatti, un giovane di Scandicci (Firenze), fu ucciso barbaramente, fulminato da un calcio alla testa sferrato da un giovane ceceno al culmine di un'aggressione;

   la salma del giovane connazionale è stata rimpatriata il 18 agosto 2017 e la polizia catalana, i Mossos d'Esquadra, parlarono nel loro rapporto di persone con addestramento paramilitare;

   le immagini diffuse mostrano con terribile chiarezza la violenza, la forza, la cattiveria di tutti e tre i soggetti pericolosi e preparati ad uccidere, tanto che hanno aggredito Ciatti senza motivazione, solo per barbara violenza;

   il presunto responsabile del pestaggio è stato individuato in un cittadino russo di origine cecena, Rassoul Bissoultanov, fermato la mattina successiva dalle locali autorità di polizia insieme a altre due persone sempre di nazionalità russa, queste ultime successivamente rilasciate;

   l'inchiesta ha proceduto estremamente a rilento e lo scoppio della pandemia ha comportato un ulteriore allungamento dei tempi, con inesorabili effetti sul piano processuale, nonostante, nel novembre 2020, l'ambasciatore italiano in Spagna abbia incontrato il Fiscal General del Estado e il Ministro della giustizia italiano allora in carica abbia inviato alla collega spagnola una lettera per sensibilizzarla su uno svolgimento rapido del procedimento penale;

   attualmente, infatti, il principale responsabile è ancora in stato di custodia cautelare in attesa del processo a suo carico innanzi il tribunale di Girona;

   ad agosto 2021, in assenza di una sentenza di condanna, Rassoul Bissoultanov sarà liberato e si potrebbe ravvisare anche una sottrazione all'esecuzione della pena. Non è stata ancora fissata la data di inizio di un processo che sarà necessariamente complesso, visto il numero dei testimoni da citare e le questioni tecniche da affrontare;

   nel corso di questi anni la famiglia e la comunità fiorentina si sono impegnate affinché in Spagna si svolgesse un processo giusto che portasse alla condanna di tutti gli autori della terribile aggressione e del conseguente omicidio;

   non è ancora dato comprendere il motivo per cui gli altri due pericolosi soggetti non siano stati posti in custodia cautelare e sia stato dato loro modo di stare in regime di libertà;

   il profondo dolore della famiglia, fatto proprio dall'intera comunità nazionale, impone di attivare tutte le vie possibili – sia pure nel pieno rispetto per l'indipendenza della magistratura spagnola – affinché i responsabili della morte di Niccolò siano assicurati alla giustizia e condannati, dal momento che, da più di 43 mesi, la famiglia Ciatti sta aspettando l'inizio del processo in Spagna, per lo svolgimento del quale non è stata ancora stabilita una data, come già è stato messo in evidenza dalla famiglia in una lettera alla segreteria del Ministro della giustizia in cui è rappresentata l'urgenza che il processo sia celebrato quanto prima –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, i Ministri interrogati intendano intraprendere per porre rimedio a questa grave ingiustizia e adoperarsi presso le autorità spagnole affinché i responsabili della morte di Niccolò Ciatti vengano processati e vengano adottate tutte le misure necessarie affinché non possano far perdere le proprie tracce.
(3-02526)


   POTENTI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 12 agosto 2017 Niccolò Ciatti veniva ucciso in una discoteca della località spagnola Lloret de Mar, dopo essere stato aggredito barbaramente da tre ventenni di origine cecena;

   a Niccolò, che morì dopo un giorno di agonia in ospedale, fu fatale un colpo violentissimo sferrato da Rassoul Bissoultanov e ripreso dalle immagini di uno smartphone;

   per Bissoultanov, all'epoca 24enne e già con precedenti penali per violenza, ancora non è stato deciso il rinvio a giudizio entro agosto 2021 e dal momento che il processo dovrebbe iniziare tra ottobre e novembre, sta per scattare la decorrenza dei termini di carcerazione preventiva che gli consentirà di tornare libero a quattro anni dall'omicidio;

   il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Luigi Di Maio ha dichiarato di aver dato «istruzioni alla nostra Ambasciata a Madrid perché intervenga presso le autorità spagnole sollecitando una rapida conclusione del procedimento penale», ricordando che l'ex Ministro Bonafede aveva indirizzato una lettera analoga al suo ex omologo spagnolo –:

   quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare, per quanto di competenza, per adoperarsi presso il Governo spagnolo affinché si pervenga ad una rapida conclusione del procedimento penale di cui in premessa, e vengano adottate tutte le misure necessarie affinché i responsabili della morte di Niccolò Ciatti non possano far perdere le loro tracce, considerati i ritardi della giustizia iberica;

   quali risposte siano state fornite dagli omologhi spagnoli alle richieste del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e al Ministro della giustizia pro tempore Bonafede di cui in premessa, evidenziate in una dichiarazione dall'attuale titolare della Farnesina.
(3-02528)

Interrogazione a risposta scritta:


   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   una studentessa italiana di 23 anni, di origini marocchine e con doppio passaporto italiano e marocchino, è stata arrestata il 20 giugno 2021 in Marocco, quando è atterrata nel Paese, dove era arrivata per passare le vacanze con una parte della famiglia di origine. Ora, la ragazza si trova nel carcere dell'Oudaya a qualche chilometro da Marrakech, condannata a 3 anni e mezzo per «vilipendio alla religione», aggravata dalla diffusione via social media;

   difatti, nel 2019, aveva ribattezzato, in un post su Facebook, poi subito rimosso, il versetto coranico Kautar, quello in cui si obbligano i musulmani al sacrificio, «versetto del whisky». Il post è stato considerato dallo Stato marocchino come la prova di una «offesa pubblica all'Islam» che ha portato all'arresto della ragazza;

   quando è arrivata in Marocco, la polizia di frontiera l'ha bloccata alla dogana aeroportuale. La ragazza ha passato una settimana a casa dei suoi, in attesa dell'udienza di primo grado. Il 28 giugno c'è stata la sentenza di condanna a 3 anni e mezzo e 50 mila dirham di multa (circa 4.800 euro). Una pena esemplare, per quanto riguarda la detenzione, quasi il massimo (5 anni) previsto per questo reato;

   l'ambasciatore italiano a Rabat ha affermato che stanno «seguendo il caso che è particolarmente delicato» e, intanto, è stata avanzata la richiesta per una visita consolare nel penitenziario di Marrakech alla ragazza. Il consolato italiano onorario di Marrakech è in contatto con la famiglia della ragazza e cerca di raccogliere informazioni, in assenza fino a questo momento di comunicazioni ufficiali del Marocco. La notizia della condanna è stata pubblicata dal Ministero della giustizia del Marocco, in lingua araba –:

   quali iniziative intenda intraprendere il Governo nelle relazioni bilaterali con il Regno del Marocco per assicurare la tutela di tutti i diritti della ragazza.
(4-10388)

CULTURA

Interrogazione a risposta orale:


   DI GIORGI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   il Giardino di Boboli è un parco storico della città di Firenze. Nato come giardino granducale di Palazzo Pitti, accoglie ogni anno oltre 800.000 visitatori, è uno dei più importanti esempi di giardino all'italiana al mondo ed è un vero e proprio museo all'aperto, per l'impostazione architettonico-paesaggistica e per la collezione di sculture, che vanno dalle antichità romane al XX secolo;

   il Giardino di Boboli rappresenta per i fiorentini, in particolare per gli abitanti dell'Oltrarno, oltre che uno straordinario museo a cielo aperto, un polmone verde, un'area nel centro storico dove poter trascorrere del tempo libero, adatto soprattutto alle famiglie con bambini;

   il decreto-legge cosiddetto Riaperture ha previsto, per i luoghi di cultura che nel 2019 hanno ospitato più di un milione di visitatori, l'accesso al pubblico di sabato e domenica previa prenotazione effettuata almeno 24 ore prima;

   da quanto si apprende dai maggiori organi di stampa, nelle ultime settimane, in seguito all'approvazione del suddetto decreto, per l'accesso allo storico giardino, in quanto luogo di cultura, è richiesta anche per i residenti la prenotazione obbligatoria e il ticket di 3 euro per l'accesso nel fine settimana;

   nonostante i problemi oggettivi legati allo status del Giardino in quanto museo, l'accesso è stato sempre gratuito per i residenti, una soluzione che ha permesso ai fiorentini di godere di un luogo riconosciuto e vissuto dai cittadini come parco urbano;

   nelle ultime settimane sono diverse le manifestazioni di protesta che hanno coinvolto, oltre ai rappresentanti politici del territorio, le tante famiglie alle quali è stata così negata la possibilità di godere dell'unica area verde del centro storico –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti suesposti e – in ogni caso – quali iniziative intenda adottare per quanto di competenza, al fine di prevedere il libero accesso, nel rispetto delle misure di sicurezza e della salvaguardia del bene ambientale, al Giardino di Boboli per i residenti e, in particolare, per gli abitanti dell'Oltrarno.
(3-02529)

Interrogazione a risposta scritta:


   ZUCCONI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   nel febbraio 2021, la dottoressa Lorenza Bonaccorsi ha cessato l'incarico di Sottosegretario di Stato al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, a seguito della formazione del nuovo Governo a guida di Mario Draghi;

   a decorrere dal 15 aprile 2021, con decreto del Ministro della cultura n. 158, è stata chiamata a collaborare con il Ministro stesso, in qualità di Consigliere per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) con un compenso pari a 72.000 euro lordi annui;

   la Bonaccorsi risulta, inoltre, essere la candidata del Partito democratico alla presidenza del I municipio del comune di Roma per le elezioni amministrative di ottobre 2021;

   è indubbio a giudizio dell'interrogante che tale situazione rechi perlomeno un potenziale pregiudizio allo svolgimento della sana competizione elettorale: dal ruolo che ricopre al Ministero, infatti, la dottoressa Bonaccorsi non può che trarre benefici e privilegi in termini di visibilità e prestigio, rispetto agli elettori, nonché risorse economiche da destinare alla campagna elettorale;

   a parere dell'interrogante, appare inopportuno che il candidato alla presidenza di un municipio della capitale svolga incarichi di consulenza, affidati da un esponente del medesimo partito politico cui appartiene il candidato, ma finanziato con denaro pubblico;

   infatti, evitare la creazione di palesi conflitti di interessi tra le istanze dell'ente locale – peraltro di una città come Roma, dove la cultura ha un ruolo fondamentale – e le risposte fornite dal Ministero, è dovere ultimo di chi governa la cosa pubblica –:

   se non ritenga incompatibile il ruolo svolto dalla consigliera Bonaccorsi presso il Ministero della cultura con quello di candidata alla Presidenza di un municipio del comune di Roma, che, in virtù di tale prestigioso ruolo presso il Ministero, potrebbe risultare avvantaggiata nella competizione elettorale, nella quale, di contro, tutti i candidati devono poter avere la stessa visibilità e richiamo presso gli elettori.
(4-10413)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DEIDDA e PRISCO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   lo Stabilimento militare del munizionamento terrestre a Baiano di Spoleto fu costituito con lo strategico obiettivo di sostenere le esigenze delle Forze armate e delle amministrazioni statali; nel corso del tempo l'unità produttiva aumentò la sua autonomia nella gestione delle lavorazioni e per questo motivo dopo quarant'anni, nel 1977, essa venne rinominata «Sezione staccata dello stabilimento militare del munizionamento terrestre – divisione propellente»;

   a partire dalla fine degli anni '90, con la riorganizzazione dell'Area tecnico-industriale della Difesa, per mezzo del decreto legislativo n. 459 del 1997, lo Stabilimento intraprese un percorso mirato all'apertura verso il «mercato esterno», svolgendo un ruolo diverso da quello istituzionale fino ad allora ricoperto. Con il passaggio alle dirette dipendenze dell'Agenzia industrie difesa nel 2002, lo Stabilimento ebbe come obiettivo il raggiungimento dell'economica gestione;

   l'esperienza accumulata negli anni e la qualità certificata dei prodotti offerti ha portato lo Stabilimento a stringere collaborazioni con importanti partner commerciali del settore;

   lo Stabilimento di Baiano effettua tutte le attività necessarie all'allestimento, ai controlli di efficienza, al ripristino di efficienza e all'alienazione dei manufatti esplosivi. In particolare, il processo di integrazione riguarda i colpi da 76/62 TP e Vulcano da 127 mm e da 155 mm, mentre l'allestimento è previsto per granate 40x53 mm in versione TP-M e HEDP;

   lo Stabilimento si occupa della produzione di munizioni c.c. 105/51 TP-T, della trasformazione di cartucce calibro 105 APFSDS-T-DM33 in colpi da addestramento e della demilitarizzazione di cartucce, spolette, cannelli e componenti esplosivi vari tramite forno e distruzione di mine del tipo a pressione;

   l'Unità produttiva svolge anche attività di ripristino di granate di artiglieria e di gestione del controllo di efficienza di manufatti esplosivi di vario calibro e allestisce giubbetti anti proiettile per le Forze armate italiane;

   tra la fine settembre e gli inizi del mese di ottobre 2021, l'interrogante ha svolto, con il deputato Emanuele Prisco e il senatore Zaffini, una visita conoscitiva, autorizzata dal competente Ministero, apprezzando l'organizzazione e i risultati ottenuti in questi anni, come da dati esposti, durante la presentazione;

   l'interrogante ha appreso, su richiesta, dell'elevata età media delle maestranze nonché della presenza di dipendenti con contratto di lavoro interinale o forma precaria, da diversi anni;

   appare evidente che la delicatezza della mansione vada di pari passo accompagnata con la serenità e la certezza contrattuale, davanti al segno positivo dell'andamento commerciale;

   sarebbe auspicabile un ricambio generazionale programmato nel medio-lungo periodo in modo che non si disperda una conoscenza tecnica, ad oggi, giudicata eccellente;

   la produzione di giubbetti antiproiettile, apprezzata, potrebbe trovare ulteriore commesse attraverso l'accordo con tutte le nostre Forze armate e Forze di polizia ad ordinamento militare –:

   se sia a conoscenza di quanto sopra esposto e quali iniziative intenda adottare al fine di garantire una stabilizzazione dei dipendenti attualmente in servizio con contratto a tempo determinato o interinale;

   quali opportune iniziative intenda adottare per sostenere la produzione dello stesso Stabilimento.
(5-06796)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PIERA AIELLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   in questi giorni si assiste ad un aumento tanto repentino quanto sproporzionato del costo del metano per autotrazione;

   come sempre, vittima dell'aumento dei costi è l'utente finale, sia che si tratti del privato che ha investito i suoi risparmi per acquistare un'auto a metano, contando sulla possibilità di ammortizzare la spesa attraverso il risparmio del carburante, sia, anzi soprattutto, per i titolari di aziende che hanno acquistato delle flotte ora assolutamente inutili;

   il danno si percepisce già ora con l'aumento del costo del pieno quotidiano, ma si percepirà ancora di più a lungo termine, poiché i mezzi saranno assolutamente svalutati;

   per rendere una idea quanto più precisa, considerando il margine di approssimazione tra un distributore e un altro e una regione e una altra, si è passati nel giro di pochi giorni da euro 0,980 al chilogrammo a 1,90 al chilogrammo;

   nessun potere di intervento ha il titolare di esercizio, giacché il prezzo varia quotidianamente in base alle oscillazioni del mercato internazionale;

   anzi, i titolari di esercizio sono essi stessi vittima della circostanza, giacché i clienti si riversano sui carburanti tradizionali che paradossalmente diventano più convenienti del metano. E con il ritorno all'acquisto delle macchine a benzina o a diesel, una volta dismessi i mezzi a metano ancora in circolazione, i distributori di metano non avranno più senso di esistere. Con buona pace di tutti gli investimenti fatti sulla scorta dell'orientamento verso il metano come carburante pulito del futuro;

   per gli impianti non diretti dal titolare ma da un gestore (come nella maggior parte dei casi), ai danni già citati si aggiunga l'aumento del costo delle commissioni bancarie: mentre il gestore percepisce un compenso fisso al chilogrammo che non cambia al variare dei prezzi, aumenterà per lui il costo delle transazioni, poiché, aumentando il prezzo del carburante, la transazione è ovviamente maggiore e maggiore è la relativa percentuale della commissione;

   l'associazione dei consumatori, commenta così i dati di Quotidiano Energia: «Oggi un pieno ad un auto a metano arriva a costare oltre il doppio rispetto a inizio anno. Lo scorso gennaio il prezzo medio nazionale del metano era pari a 0,981 euro/kg, mentre oggi in alcuni distributori supera i 2 euro al kg: questo significa che il costo di un pieno ad un'auto a metano passa da una media di 13,7 euro al record di 28 euro, con un incremento di oltre il 104%». Un rincaro che rischia di annullare del tutto i vantaggi economici per chi ha scelto l'auto a metano. Tale tipologia di carburante, infatti, se da un lato consente di percorrere 100 chilometri spendendo la metà rispetto al diesel, dall'altro impone costi di manutenzione delle auto sensibilmente più elevati rispetto ai veicoli tradizionali. Costi che ora vanno ad aggiungersi a prezzi alla pompa praticamente raddoppiati rispetto al passato, di fatto annullando i vantaggi per gli automobilisti legati al possesso di un'auto a metano –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga di dover porre in essere tutte le iniziative di competenza necessarie ed urgenti sia per alleggerire il prelievo fiscale, sia per compensare – anche attraverso crediti di imposta o altri strumenti utili – le commissioni bancarie che i titolari dei distributori devono riconoscere agli istituti di credito per le transazioni digitali.
(5-06791)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZANICHELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la materia relativa alle occupazioni realizzate dalle aziende che erogano servizi di pubblica utilità è disciplinata dall'articolo 1 della legge n. 160 del 2019, e successive modificazioni ed integrazioni, che, in particolare, al comma 831, ha stabilito che le occupazioni permanenti del territorio con cavi e condutture per la fornitura di servizi di pubblica utilità (energia elettrica, gas, acqua, calore, radiotelevisione e telecomunicazione ed altri servizi di rete), sono oggetto di una particolare disciplina, in virtù della quale il canone è dovuto dal soggetto titolare dell'atto di concessione dell'occupazione del suolo pubblico e da coloro che lo occupano anche in via mediata, sulla base del numero delle utenze complessive del soggetto stesso e di tutti gli altri che usano le reti, moltiplicate per una tariffa forfettaria, distinta a seconda che il comune abbia più o meno di 20.000 residenti. È stato altresì previsto che l'ammontare del canone dovuto a ciascun ente, che non può essere inferiore a 800 euro, deve essere comprensivo degli allacciamenti alle reti effettuati dagli utenti e di tutte le occupazioni di suolo pubblico con impianti direttamente funzionali all'erogazione del servizio a rete. Gli importi sono rivalutati annualmente in base all'indice Istat dei prezzi al consumo rilevati al 31 dicembre dell'anno precedente. Il soggetto tenuto al pagamento del canone ha diritto di rivalsa nei confronti degli altri utilizzatori delle reti in proporzione alle relative utenze;

   alla luce di tale previsione, che ha permesso finora ai comuni di affittare gli spazi agli operatori telefonici a fronte del pagamento di un canone annuo, le amministrazioni locali hanno spesso imposto canoni elevati per le concessioni relative all'istallazione di antenne e ripetitori, giustificate dal sacrificio imposto alla collettività in termini di salute pubblica, e tali cifre hanno consentito loro di destinare ingenti somme agli affari correnti;

   l'articolo 40, comma 5-ter, del decreto-legge n. 77 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 108 del 2021, ha introdotto il comma 831-bis all'articolo 1 della legge di bilancio 2020. Tale nuovo comma dispone che gli operatori che forniscono i servizi di pubblica utilità di reti e infrastrutture di comunicazione elettronica di cui al decreto legislativo n. 259 del 2003 e che non rientrano nella previsione del comma 831 dell'articolo 1 della legge citata, sono soggetti a un canone forfettario pari a 800 euro per ogni impianto insistente sul territorio di ciascun ente. Il canone non è modificabile ai sensi del comma 817 (che prevede la possibilità di variare il gettito del canone istituito ai sensi del comma 816 attraverso la modifica delle tariffe) e ad esso non è applicabile alcun altro tipo di onere finanziario, reale o contributo, comunque denominato. Si prevede inoltre che tale canone sia rivalutato annualmente sulla base dell'indice Istat dei prezzi al consumo rilevati al 31 dicembre dell'anno precedente e che il versamento sia fatto annualmente entro il 30 aprile tramite la piattaforma tecnologica prevista dall'articolo 5 del codice dell'amministrazione digitale;

   l'imposizione della sola tariffa forfettaria, se da un lato avvantaggia enormemente le compagnie telefoniche, dall'altro, come sottolineato anche da un articolo comparso su Italia Oggi il 1° ottobre 2021, rappresenta una perdita enorme di gettito per i comuni, soprattutto i più piccoli, e, conseguentemente, una minaccia per la stabilità dei loro bilanci, in quanto senza la previsione di alcun ristoro sono privati di fondi importanti –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di tale situazione e quali iniziative di competenza intendano adottare per ristorare almeno in parte gli enti locali dalla perdita a cui sono sottoposti.
(4-10397)


   VILLAROSA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con l'articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 19 maggio 2020 («decreto Rilancio»), nell'ambito delle misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da Covid-19, veniva incrementata al 110 per cento l'aliquota di detrazione delle spese sostenute dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021, a fronte di specifici interventi in ambito di efficienza energetica, di interventi di riduzione del rischio sismico, di installazione di impianti fotovoltaici nonché delle infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici (cosiddetto Superbonus) poi prorogato con la legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 30 dicembre 2020) fino al 30 giugno 2022 (e, in determinate situazioni, al 31 dicembre 2022 o al 30 giugno 2023);

   come pubblicato dall'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea) nel report mensile sui risultati del Superbonus 110 per cento, i dati relativi all'utilizzo della misura sono molto incoraggianti in quanto al 30 settembre 2021 risultano essere oltre 46.000 le asseverazioni depositate per un totale di investimenti ammessi a detrazione di oltre 7,4 miliardi, con un investimento medio di 557.730,54 euro per i condomini, di 101.992,21 euro per gli edifici unifamiliari e di 93.590,50 euro per le unità immobiliari funzionalmente indipendenti;

   in data 6 ottobre 2021, durante l'esame della Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2021, il Ministro dell'economia e delle finanze, Daniele Franco, in audizione dichiara: «Il superbonus e gli altri bonus edilizi sono molto importanti per far ripartire il settore delle costruzioni, quindi nella legge di bilancio stiamo valutando in che modo possano e debbano essere prorogati», ma «dobbiamo ricordare che sono uno strumento molto costoso», «non sostenibile alla lunga». Le costruzioni «sono un settore che va sostenuto, avendo a mente che non può crescere a dismisura e che questi interventi fanno onore per la finanza pubblica. Se ciascun italiano fa domanda, per 30 milioni di unità immobiliari l'effetto sui conti e sul debito è stratosferico»;

   nell'analisi d'impatto economico ex ante del provvedimento «superbonus al 110 per cento» a cura della Luiss Business School e OpenEconomics, pubblicato anche sul portale del Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica, si legge però come «Tra i risultati principali di questa analisi emerge che, a fronte di un aumento della spesa per edilizia abitativa pari a 8,75 miliardi nel triennio 2020-2022, si registrerebbe un incremento del valore aggiunto complessivo per il Paese di 16,64 miliardi di euro nel periodo di attuazione del provvedimento e un ulteriore incremento di 13,71 miliardi negli 8 anni successivi a fronte di un impatto netto attualizzato sul disavanzo pubblico pari a -811 milioni di euro.» –:

   se il Ministro interrogato intenda chiarire, alla luce degli studi ex ante realizzati dalla Luiss Business school citati, su quali elementi, studi tecnici, analisi del provvedimento o documenti simili si basino le affermazioni espresse durante l'audizione del 6 ottobre 2021 con cui ha, di fatto, «bocciato» una possibile strutturalità della misura «Superbonus 110 per cento».
(4-10405)

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ SOSTENIBILI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, per sapere – premesso che:

   con decreto del Mit n. 353 del 13 agosto 2020 è stato assegnato all'Autorità di sistema portuale del mare di Sicilia occidentale un finanziamento di 81 milioni di euro per il «completamento dei lavori di costruzione del bacino di carenaggio per navi da 150.000 TPL» nel cantiere navale di Palermo;

   con delibera del Cipe n. 47 del 2019 è stato assegnato all'Autorità di sistema portuale del mare di Sicilia occidentale un finanziamento di 39 milioni di euro per la «messa in sicurezza del porto di Palermo»;

   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 aprile 2021, il Presidente dell'Autorità di sistema portuale del mare di Sicilia occidentale, Pasqualino Monti, è stato nominato come commissario col compito di svolgere le «attività di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dei necessari interventi da attuare per fasi funzionali fino al collaudo per l'intervento di completamento per la messa in sicurezza del Bacino nel Porto di Palermo al fine di garantire funzionalità al bacino di carenaggio e alla sicurezza delle operazioni di varo nonché per la realizzazione dell'interfaccia porto-città al fine di ridurre la separazione visiva e fisica della città dal suo waterfront»;

   come emerge dal report pubblicato sul sito del Ministero ad oggi l'avvio della procedura per l'affidamento dell'appalto integrato e il conseguente avvio dei lavori per gli interventi relativi al rilancio della cantieristica navale di Palermo è vincolato ad una rimodulazione della spesa da parte del Governo che consenta l'erogazione delle risorse finanziarie in un lasso di tempo quadriennale;

   per l'intervento di «Sistemazione e riqualificazione delle aree di interfaccia del Porto di Palermo con la Città», anch'esso oggetto di commissariamento, l'avvio della procedura di affidamento dei lavori è impedita dall'assenza di copertura finanziaria, nonostante il progetto sia risultato ammissibile all'avviso pubblico nell'ambito del Programma di azione e coesione «Infrastrutture e Reti 2014-20»;

   le opere oggetto di commissariamento, per loro stessa natura, implicano un impegno da parte del Governo volto a rimuovere ogni ostacolo per la loro realizzazione –:

   se intenda tempestivamente adottare le iniziative di competenza per procedere alla rimozione di ogni ostacolo finanziario e amministrativo, al fine di consentire lo sblocco degli interventi per il rilancio della cantieristica navale di Palermo e la realizzazione del sistema interfaccia porto-città.
(2-01337) «Varrica».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GRIPPA, BARBUTO e PENNA. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   in tutte le stazioni che interessano le relazioni ferroviarie abruzzesi, ogni giorno ci sono tantissimi pendolari, studenti e lavoratori che necessitano di spostarsi per le proprie esigenze. Ma lo spostarsi molte volte si trasforma in un disagio non da poco visto quanto accade in alcune stazione, le quali, quantunque vi sia personale per il controllo del transito di molti treni per le merci, sono sprovviste di servizi igienici; inoltre, si registra la presenza di diverse barriere architettoniche che rendono impossibile l'accesso ai binari alle persone con disabilità;

   quello descritto sarebbe lo scenario della stazione di Fossacesia-Torino di Sangro. Questa stazione, attivata nel 2005 quando la linea adriatica ha lasciato la costa, ha visto peggiorare la propria stazione e, come la stazione gemella di San Vito-Lanciano, è senza bagni ha barriere architettoniche: sottopassaggi fatti solo di scale e mancanza di ascensori nonostante sia stata costruita 13 di anni fa;

   molte sono state le segnalazioni e le richieste di inserimento nel piano lavori delle due stazioni sopra citate da parte degli amministratori locali, in quanto la situazione si aggrava con il passare del tempo e con essa i disagi correlati. Proprio mentre quella dei trasporti è la sfida per il futuro del nostro Paese, non è possibile pensare a sistemi di mobilità integrata quando alcuni siti ferroviari mancano di elementi essenziali per il servizio standard all'utenza –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda mettere in campo al fine di acquisire un report aggiornato sulla condizione delle stazioni citate in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare per promuovere gli interventi necessari al superamento del disagio rappresentato.
(5-06795)


   PAOLO RUSSO. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   da lunedì 5 luglio 2021 lungo la tratta compresa tra Nola e Villa Literno della strada statale 7/Bis «Terra di lavoro» sono in corso lavori di rifacimento della pavimentazione stradale;

   per questo motivo è stato disposto il restringimento della carreggiata, in entrambe le direzioni, in funzione dell'avanzamento dell'intervento, in tratti saltuari tra il chilometro 0,000 (Villa Literno) ed il chilometro 45,850 (Nola), svincoli compresi. All'approssimarsi delle aree di cantiere vige il divieto di sorpasso per tutte le categorie di veicoli ed il limite di velocità di 40 km/h;

   l'Anas, competente sull'arteria stradale in questione, aveva annunciato che i lavori – ed i disagi – sarebbero terminati entro la fine di agosto;

   all'11 ottobre 2021 gli interventi previsti sono ancora in corso ed ogni giorno la fila delle auto arriva a raggiungere nelle ore di punta anche i 5 chilometri;

   la strada interessata dal programma di lavori collega tra di loro le due province di Napoli e Caserta e l'arteria è percorsa ogni giorno da decine di migliaia di automobilisti, in particolare lavoratori ed imprenditori;

   la Nola-Villa Literno è percorsa anche da chi si reca alla stazione di Napoli-Afragola, impianto della linea ad alta velocità ferroviaria Roma-Napoli, e molti utenti, tra i quali numerosi pendolari, a causa dei rallentamenti, perdono il treno, nonostante il largo anticipo con il quale cercano di raggiungere la stazione;

   lungo l'arteria stradale ci sono gli svincoli per raggiungere il distretto commerciale – logistico Cis – Interporto Campano, i cui operatori e lavoratori sono fortemente penalizzati dai rallentamenti causati dai lavori in corso;

   all'interno del Cis ha sede anche un'importante azienda farmaceutica che non riesce più a garantire consegne veloci a migliaia di farmacie, creando conseguentemente disagi a milioni di pazienti –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere il Ministro interrogato nei confronti di Anas al fine di garantire il rispetto del programma degli interventi in modo da eliminare i disagi e scongiurare eventuali perdite economiche a famiglie, imprese e lavoratori.
(5-06797)

Interrogazione a risposta scritta:


   GRIMOLDI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   il codice della strada di cui al decreto legislativo 20 aprile 1992, n. 285, non prevede che un cittadino straniero non residente in Italia possa intestarsi un veicolo con targa italiana;

   l'articolo 93, comma 1-bis del codice prevede che un veicolo con targa estera non può essere guidato da una persona che risiede in Italia da più di sessanta giorni;

   inoltre, all'articolo 132, il codice dispone, inoltre, che un veicolo può essere guidato da una persona che non risiede in Italia, ma solo per un tempo massimo di un anno dal momento in cui il veicolo entra nel territorio italiano;

   ad oggi non esiste una disciplina europea che regoli in modo uniforme in tutti i Paesi dell'Unione europea la tematica in questione;

   per quanto riguarda l'Italia si verifica il paradosso per cui uno straniero proprietario di immobile in Italia che utilizza, ad esempio, per vacanza, non può acquistare ed immatricolare in Italia un'automobile da usare durante il soggiorno nel nostro Paese;

   per ovviare a questa problematica accade che tali soggetti, molti dei quali anche con relazioni d'affari o altri interessi leciti in Italia, ricorrono all'apertura di una società cui intestare il veicolo in altri Paesi, come ad esempio la Polonia e la Spagna, con un conseguente danno economico per l'Italia, sia in termini di perdita di potenziali acquirenti di automobili nuove, che di mancato introito relativamente al pagamento di assicurazioni, bollo e revisioni, che comporta un danno economico al Paese;

   a parere dell'interrogante sarebbe opportuno colmare tale vacatio legis, consentendo ai cittadini stranieri non residenti in Italia ma proprietari di immobili nel nostro Paese l'acquisto di automobili nuove immatricolate in Italia, sempre tramite un professionista, anche successivamente all'acquisto di un immobile, magari introducendo degli accorgimenti che preservino un collegamento tra le due titolarità, quali ad esempio l'obbligo di rivendita dell'auto al momento della perdita di proprietà del bene e l'obbligo di allegare al pagamento dell'Imu e della Tari sull'immobile l'assicurazione valida dell'auto, pena il sequestro del mezzo –:

   se e quali iniziative di competenza intenda adottare con riguardo a quanto esposto in premessa, anche al fine di rilanciare un settore del nostro Paese in crisi, come quello dell'automotive, e contrastare la concorrenza degli altri Paesi.
(4-10396)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE CARLO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 26 agosto 2021 è stato sottoscritto, il «Protocollo sanitario e di sicurezza per lo svolgimento delle consultazioni elettorali dell'anno 2021» ex articolo 4, comma 2, di cui al decreto-legge 17 agosto 2021, n. 117, nel quale sono state individuate le misure igienico sanitarie per prevenire il rischio d'infezione da Covid-19 in occasione dello svolgimento delle consultazioni elettorali amministrative del 3-4 ottobre 2021;

   il capo dipartimento per gli affari interni e territoriali, dottor Claudio Sgaraglia, con un'apposita circolare, ha fornito ai prefetti le indicazioni per l'adozione di tutte le precauzioni organizzative e di protezione necessarie per garantire la sicurezza nell'espletamento delle operazioni elettorali e prevenire i rischi di contagio;

   durante le elezioni amministrative del 3-4 ottobre 2021, presso le sezioni elettorali della città di Trieste, in particolare presso la sezione numero 151 dell'istituto scolastico «Luigi Mauro», è stato garantito l'accesso da parte del presidente della sezione ad un rappresentante di lista del Movimento «3V» sprovvisto di idonei dispositivi di protezione individuale (Dpi) poiché munito di un'esenzione sottoscritta dal dottor Labinac Zaljko Desiderio per «asma bronchiale cronica» datata 19 aprile 2021, fatti puntualmente riportati alla pagina 10, sezione 5-bis, del verbale della sezione 151;

   come noto, per accedere alle sezioni elettorali è obbligatorio indossare i dispositivi di protezione individuale (Dpi), che consentono di proteggere il soggetto che li indossa, ma anche gli altri cittadini e, a Trieste, presso la sezione numero 151 dell'istituto scolastico «Luigi Mauro», nonostante siano state interessate tutte le autorità competenti, non è stato possibile ripristinare una condizione di sicurezza per gli elettori che si recavano al seggio, nonché per i componenti dell'ufficio elettorale della sezione, in violazione del protocollo sanitario e delle normative vigenti –:

   quali siano le valutazioni del Governo, rispetto ai fatti esposti in premessa e quali ulteriori iniziative di competenza, anche normative, intenda adottare al fine di garantire un'adeguata cornice di sicurezza sotto il profilo sanitario in occasione dello svolgimento delle prossime consultazioni elettorali previste per i ballottaggi.
(5-06806)

Interrogazione a risposta scritta:


   BRESCIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, commi 882-883, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio 2020) ha incrementato di 1 milione di euro all'anno dal 2020 il Fondo per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, istituito dall'articolo 1, comma 181, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, per destinare risorse alle seguenti finalità:

    a) interventi a favore dei tutori volontari di minori stranieri non accompagnati, di cui alla legge 7 aprile 2017, n. 47;

    b) rimborso a favore delle aziende di un importo fino al 50 per cento dei costi sostenuti per permessi di lavoro retribuiti accordati come clausola di maggior beneficio ai tutori volontari di minori stranieri non accompagnati, fino a 60 ore per tutore, per adempimenti connessi con l'ufficio della tutela volontaria;

    c) rimborso a favore dei tutori volontari delle spese sostenute per adempimenti connessi con l'ufficio della tutela volontaria;

   la definizione delle modalità attuative della misura, incluse le modalità di richiesta dei contributi e relativa assegnazione delle risorse, è demandata a un decreto del Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, il cui termine di adozione è scaduto il 1° marzo 2020;

   è stato istituito presso il Ministero dell'interno un tavolo di lavoro con altri rappresentanti istituzionali, al fine di predisporre il testo del decreto;

   l'ultimo rapporto di monitoraggio dell'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza evidenzia che sono 3.469 i tutori volontari iscritti negli elenchi istituiti presso i tribunali per i minorenni al 31 dicembre 2020 – in aumento rispetto alla precedente rilevazione (2.965) a metà giugno 2019 – e che dal 1° luglio 2019 al 31 dicembre 2020 sono state avviate 7.151 tutele;

   sono 9.131 i minori stranieri non accompagnati in Italia al 31 agosto 2021, secondo quanto emerge dall'ultimo report mensile disponibile del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

   già la proposta di legge A.C. 1202 a firma dell'interrogante, presentata a settembre 2018, intendeva garantire alcuni permessi lavorativi retribuiti per lo svolgimento delle funzioni di tutore di minori, alla luce dell'importante ruolo e della funzione sociale svolti;

   nei mesi scorsi la Garante per l'infanzia e l'adolescenza, Carla Garlatti, ha sollecitato l'adozione del decreto –:

   se il Ministro interrogato non intenda indicare i tempi di adozione del decreto attuativo di cui in premessa, al fine di riconoscere concretamente l'impegno dei tutori volontari di minori stranieri non accompagnati.
(4-10390)

ISTRUZIONE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   la missione 4, componente 1, intervento 1.1 del Piano nazionale di ripresa e resilienza denominata «Piano asili nido e scuole dell'infanzia e servizi di educazione e cura per la prima infanzia» prevede uno stanziamento di 4,6 miliardi di euro di cui 1,6 coperti con risorse esistenti, 2 con risorse nuove e 1 miliardo con anticipazione del fondo sviluppo e coesione;

   tale intervento ha lo scopo di «migliorare l'offerta educativa fin dalla prima infanzia e offrire un concreto aiuto alle famiglie, incoraggiando la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e la conciliazione tra vita familiare e professionale», con un target da raggiungere entro dicembre 2025 di 264.480 nuovi posti negli asili e una milestone a giugno 2023 relativa all'aggiudicazione delle gare per la realizzazione dei lavori;

   con decreto dipartimentale n. 94222 del 2 agosto 2021 sono state approvate le graduatorie provvisorie relative all'avviso pubblico del 22 marzo 2021 per il riparto di 700 milioni di euro relativi al periodo 2021-25 di cui all'articolo 1, comma 59, della legge n. 160 del 2019 per il finanziamento di interventi relativi ad opere pubbliche di messa in sicurezza, ristrutturazione, riqualificazione o costruzione di edifici di proprietà dei Comuni destinati ad asili nido e scuole dell'infanzia; il medesimo decreto dipartimentale chiarisce che le risorse assegnate sono da considerarsi parte del piano «Next Generatione EU»;

   risultano ammissibili ma non finanziati interventi per circa 3 miliardi di euro presentati da parte dei comuni, tra cui quelli relativi agli asili nei quartieri Sperone e Borgo vecchio presentati dal Comune di Palermo;

   sono emerse nel dibattito pubblico e politico diverse polemiche relativamente ai criteri che hanno portato alla definizione della graduatoria di cui sopra e che hanno portato all'esclusione di realtà a forte rischio di esclusione sociale del Mezzogiorno come quelle citate;

   bisogna procedere celermente all'individuazione degli interventi per rendere credibile il raggiungimento del primo obiettivo fissato al giugno 2023 –:

   se il Governo intenda adottare iniziative per destinare una significativa parte delle risorse della missione 4, componente 1, intervento 1.1 del Piano nazionale di ripresa e resilienza, «Piano asili nido e scuole dell'infanzia e servizi di educazione e cura per la prima infanzia», allo scorrimento della graduatoria di cui al decreto dipartimentale n. 94222 del 2 agosto 2021, anche per garantire il finanziamento degli interventi relativi agli asili nido nei quartieri Sperone e Borgo vecchio di Palermo.
(2-01338) «Varrica».

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIABURRO. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   come emerso a mezzo stampa, il 25 settembre 2021, a causa della positività al Covid-19 di due persone, tutti i plessi di scuola primaria e secondaria di Magliano (Lecce) sono stati chiusi dal dirigente scolastico, con attivazione immediata della didattica a distanza;

   sul punto, la Asl di Copertino (Lecce) ha disposto l'isolamento fiduciario per gli alunni ed alcuni docenti di una prima media e di una terza elementare; il problema – come riportato dalla cronaca – è che è stato impossibile sostituire i docenti, con la conseguenza che tutti gli alunni delle classi di scuola primaria e secondaria, non coinvolti da provvedimenti di quarantena, hanno dovuto adottare la didattica a distanza;

   nella sola regione Puglia sono oltre 50 le classi per le quali è stata adottata la didattica a distanza;

   al 20 settembre 2021 oltre 200 classi in varie regioni italiane, per oltre 5000 studenti, hanno dovuto transitare alla didattica a distanza;

   al 22 settembre 2021, in Piemonte, sono 74 le classi per cui è stata disposta la quarantena ed adottata la didattica a distanza, suddivise in 12 classi in scuole dell'infanzia, 27 in scuole elementari, 19 in scuole medie e 14 in scuole superiori;

   infatti, come indicato anche dall'Associazione nazionale presidi, sulla base di dati del Ministero dell'interno, in tutta Italia ci sono 400.000 classi con una media di 20 alunni ciascuna e di queste circa 12.000 sono da considerarsi sovraffollate, situazioni in cui dunque è impossibile rispettare le prescrizioni in materia di distanziamento sociale;

   la previsione di un differenziato isolamento domiciliare (7 giorni per i vaccinati e dai 10 ai 14 giorni per i non vaccinati) rende ancor più complessa l'organizzazione dell'attività scolastica –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intenda predisporre, per quanto di competenza, per:

    a) armonizzare le modalità di tracciamento e controllo degli alunni negli istituti scolastici, anche al fine di agevolare l'organizzazione delle attività scolastiche;

    b) incrementare il personale docente sulla base del fabbisogno derivante anche dalle rinnovate esigenze dovute alla pandemia da Covid-19;

    c) scongiurare l'attivazione della didattica a distanza per le classi sovraffollate.
(4-10394)


   GALANTINO. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   le precipitazioni abbattutesi sul territorio biscegliese nella notte tra venerdì 8 e sabato 9 ottobre 2021 sarebbero all'origine della temporanea inagibilità dell'istituto d'istruzione secondaria superiore «Giacinto Dell'Olio» di Bisceglie;

   il dirigente scolastico, professor Mauro Visaggio, in ragione dell'intervento di alcune pattuglie dei vigili del fuoco, ha disposto la sospensione momentanea delle lezioni, finalizzata a garantire la ripresa delle attività nella massima sicurezza;

   già in passato, il 24 ottobre 2017, nelle prime ore del giorno, il tetto in lamiera del succitato istituto ha subito gravissimi danni a causa dei forti venti che hanno battuto il territorio comunale;

   a seguito di quell'evento, il vicesindaco di allora, Vittorio Fata, dopo essersi recato sul posto, dispose ordinanza sindacale (nr. 233) che decretava la sospensione delle attività didattiche sino alla messa in sicurezza della parte di tetto già scoperchiata e della verifica della idoneità della parte restante; al settore manutenzioni della provincia Barletta-Andria-Trani, proprietaria dell'istituto scolastico, ordinò l'immediata messa in sicurezza dell'istituto e delle aree pertinenti, nonché le opportune verifiche tecniche sulle strutture interessate, al fine di garantire la regolare ripresa delle attività scolastiche;

   dopo il sopralluogo dei vigili del fuoco, in data 30 ottobre 2017, è stato richiesto il rilascio dell'agibilità parziale dell'edificio scolastico;

   successivamente, in data 31 ottobre 2019, il presidente della provincia di Barletta-Andria-Trani Bernardo Lodispoto annunciò la partenza dei lavori di risanamento dell'istituto «Giacinto Dell'Olio» di Bisceglie e l'avvio del bando di gara per l'aggiudicazione, con l'obiettivo di risolvere rapidamente le problematiche che interessano gli istituti scolastici di competenza provinciale;

   con il decreto ministeriale 192 del 23 giugno 2021 il Ministero dell'istruzione ha ripartito le risorse disponibili in bilancio per il finanziamento del Piano 2020 della programmazione triennale nazionale 2018-2020 e, tra questi, figurano 2.760.000 euro per interventi di «efficientamento energetico e miglioramento sismico presso l'istituto scolastico “Dell'Olio” in Bisceglie»;

   la storica struttura, sita in via Mauro Giuliani a Bisceglie, inaugurata negli anni '80, è stata più volte sottoposta a interventi di manutenzione nell'ultimo decennio, soprattutto rivolti alla risoluzione delle criticità che il trascorrere del tempo ha fatto emergere sul tetto –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di dover adottare iniziative, per quanto di competenza, per intervenire con misure urgenti allo scopo di salvaguardare la vita e l'incolumità degli studenti, dei docenti e dei collaboratori scolastici.
(4-10412)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   DONZELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   nell'area di confine tra i comuni di Livorno e Collesalvetti è situato il sito della Raffineria Eni, in località Stagno;

   in data 30 settembre 2021 la società Eni ha comunicato in una riunione sindacale che la linea carburanti chiuderà nel dicembre 2022;

   il rischio di questa scelta è che quello stabilimento si trasformi in una piccola raffineria, con una contrazione importante dell'occupazione sul territorio;

   attualmente lo stabilimento ha circa 420 dipendenti diretti e nella linea carburanti sono impiegati una sessantina di addetti, oltre all'indotto che porta un notevole impatto occupazionale;

   la dismissione prevista nei prossimi anni della parte dello stabilimento di Stagno, relativa alla raffinazione dei carburanti, richiede risposte precise da parte del Governo, che è azionista di riferimento e quindi proprietario di Eni. Le risposte chieste al Governo da parte di istituzioni locali e sindacati devono dare certezze su investimenti alternativi ipotizzati e livelli occupazionali previsti. Senza risposte del Governo si possono alimentare forti preoccupazioni per il futuro a lungo termine dello stabilimento Eni di Stagno;

   tale impianto livornese sembra non risultare nei piani di transizione energetica ricompresi nel Piano nazionale di ripresa e resilienza –:

   se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   se siano a conoscenza di un piano industriale alternativo o espansivo da parte della società a partecipazione pubblica Eni rispetto allo stabilimento livornese e in caso affermativo quale;

   se trovi conferma che nei piani di transizione energetica ricompresi nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, lo stabilimento livornese di Eni sia stato completamente ignorato.
(3-02532)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SARLI, MASSIMO ENRICO BARONI e SPESSOTTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 2 dell'allegato 1 della circolare n. 148 del 18 dicembre 2020 dell'istituto nazionale della previdenza sociale (Inps) prevede che la percentuale di variazione per il calcolo della perequazione delle pensioni per l'anno 2020 è determinata in misura pari a 0,0 dal 1° gennaio 2021, salvo conguaglio da effettuarsi in sede di perequazione per l'anno successivo;

   la previsione per il calcolo della perequazione è dovuta ad una stima del tasso di inflazione pari allo 0 per cento per il 2021;

   nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2021 si legge che la spesa per pensioni salirà del 2,3 per cento nel 2021, per effetto del numero di pensioni di nuova liquidazione, della loro rivalutazione ai prezzi e delle ricostruzioni di quelle in essere;

   il giornale Il Sole 240re del 28 settembre 2021 scrive che il rincaro internazionale dei prezzi energetici, iniziato in estate, dal 1° ottobre 2021, sarà nella bolletta della corrente elettrica, del +29,8 per cento del metano, +14,4 per cento –:

  quali iniziative intenda intraprendere il Governo, alla luce del rincaro delle forniture energetiche nel nostro Paese, per salvaguardare il potere d'acquisto delle pensioni degli italiani;

   se non ritenga di assumere tutte le iniziative di competenza, comprese quelle di tipo normativo, per prevedere nella prossima legge di bilancio, un congruo finanziamento per la rivalutazione delle pensioni, tenendo conto degli aumenti dei prezzi che si sono verificati nel corso di questo anno;

   quali eventuali ulteriori iniziative il Governo intenda intraprendere per sostenere, con misure ad hoc, le fasce di pensionati, con il reddito più basso, dai rincari delle forniture energetiche.
(5-06793)


   PAOLIN. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   sulla stampa locale di Treviso di sabato 2 ottobre 2021 è emerso come due donne rom abbiano riscosso indebitamente il reddito di cittadinanza per 45 mila euro;

   già con precedente atto di sindacato ispettivo n. 5-06209, tuttora privo di risposta, l'interrogante richiamava l'attenzione del Governo sui casi di indebita percezione del reddito di cittadinanza e relativo danno erariale per lo Stato;

   in proposito, appare interessante quanto riportato sul reddito di cittadinanza a pagina 12 della «Relazione annuale del Presidente INPS – XX rapporto annuale» del luglio 2021: «Per tutti i casi accertati segnalati si è proceduto alla revoca della prestazione con effetto retroattivo e lo scorso anno (2020) sono state revocate circa 80.000 prestazioni per le quali è stata avviata l'azione di recupero. Simili numeri vengono talvolta citati come prova della diffusione degli abusi, tuttavia andrebbero letti come misura dell'efficacia del sistema dei controlli e delle verifiche mirate.» –:

   quanti controlli totali siano stati effettuati, nell'anno 2020, a fronte delle 80 mila revoche sopra citate;

   rispetto a quanti nuclei familiari percettori del reddito di cittadinanza facciano riferimento le 80.000 revoche;

   a quanto ammonti, complessivamente, la cifra indebitamente riscossa con le 80 mila prestazioni revocate e quanto sia stato recuperato ad oggi della stessa cifra;

   quali siano state le irregolarità riscontrate che hanno portato alla revoca delle 80 mila prestazioni;

   se non convenga sull'opportunità, ormai riconosciuta a larga maggioranza, di adottare iniziative per rivedere la norma sul reddito di cittadinanza per porre un freno ai casi di indebita percezione, magari conformandola a quella che regola il rilascio dell'indennità di accompagnamento, che prevede l'erogazione della stessa solo dopo le opportune verifiche, con effetto retroattivo dalla data di richiesta.
(5-06794)


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il 23 settembre 2021 l'amministratore delegato di Bnl – del gruppo Bnp Paribas – Elena Goitini, ha presentato alle segreterie nazionali e alle delegazioni aziendali le linee programmatiche del Piano industriale 2022-2025;

   a quanto si apprende dall'amministratore delegato, il piano prevede la riduzione della rete fisica di 135 agenzie a favore della creazione di strutture centralizzate integrate, distribuite per macro territori, ed un nuovo modello operativo di back office e It. Inoltre, accorda una partnership con aziende leader a cui trasferire attività, lavoratrici e lavoratori;

   risulta dunque che la Bnl voglia conferire ad altre aziende esterne la fornitura di alcuni servizi, per procedere di fatto a delle esternalizzazioni che consentiranno di risparmiare sul personale;

   tali manovre, a parere dell'interrogante, avrebbero dannose conseguenze nei confronti dei lavoratori coinvolti, circa 836 fra It e back office e altri 100 che verrebbero espulsi dal perimetro del Gruppo con la cessione di Axepta. Per tutto il personale ceduto ad altre società – come Accenture e Capgemini – è concreto il rischio di esuberi e cambi di contratto con condizioni peggiorative;

   in sostanza, non sembra di assistere ad un piano di rilancio aziendale ma al ricorso di una strategia che colpisce duramente i lavoratori pur di tagliare i costi del lavoro;

   per questi motivi, i sindacati – in particolare, Fabi e Unisin-Confsal – hanno annunciato che si opporranno al piano industriale che la dirigenza del gruppo intende portare avanti nei confronti dei lavoratori;

   è necessario intervenire a tutela di queste persone che verrebbero travolte da iniziative che, invece di puntare sulla formazione e riqualificazione dei dipendenti, sono finalizzate, ad avviso dell'interrogante, in modo scriteriato, ad una mera politica di risparmio –:

   se e quali iniziative il Governo intenda adottare per tutelare i livelli occupazionali e i diritti dei lavoratori coinvolti, dalle conseguenze di quello che appare all'interrogante uno scellerato piano industriale rispetto alle manovre che si intendono assumere nei confronti del personale.
(5-06807)

Interrogazione a risposta scritta:


   AMITRANO, GRIPPA e MARTINCIGLIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per le disabilità. — Per sapere – premesso che:

   nell'ultimo rapporto dell'Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche presentato nel mese di luglio 2021, si è ancora una volta evidenziato come la pandemia da COVID-19 abbia inciso profondamente sul sistema economico e sociale italiano, già provato da un lungo periodo di crisi economica, apportando notevoli cambiamenti sulla struttura e sulla dinamica del mercato del lavoro, sia sul lato della domanda che sul lato dell'offerta, poiché la diffusione del virus è andata a colpire in modo profondamente differenziato gli individui, le classi sociali e i settori economici a seconda di condizioni eterogenee di partenza;

   con riguardo all'inserimento lavorativo delle persone con disabilità, gli ultimi dati aggiornati risalgono a prima della pandemia; dal Rapporto tuttavia emerge che per tutta la durata della pandemia le misure adottate al fine di limitare gli spostamenti delle persone fisiche ai casi strettamente necessari e l'intenso ricorso ai diversi istituti della cassa integrazione hanno determinato, nel corso degli ultimi dodici mesi, la temporanea sospensione degli adempimenti agli obblighi di assunzione dettati dalla legge n. 68 del 1999, solo parzialmente compensata dal blocco dei licenziamenti che ha messo sotto tutela provvisoria anche i lavoratori con disabilità;

   già nel 2017 i dati circa i disoccupati e gli inattivi affetti da disabilità riguardavano il 34 per cento della popolazione con disabilità, raggiungendo il 45 per cento in quella femminile, con una possibile conferma, se non un peggioramento nei dati relativi al periodo in corso;

   non sono state fornite di recente stime sull'utilizzo del Fondo per il diritto al lavoro dei disabili nel periodo della pandemia, nonostante lo stesso disponga, per il 2021, di 80 milioni di euro, a fronte di un numero di lavoratori con disabilità beneficiari di tale Fondo, che si attestava nel biennio 2016-2017 su circa 3 mila individui; il primo semestre 2020 registra solo 50 assunzioni per le quali ai datori di lavoro viene corrisposto dall'Istituto nazionale previdenza sociale l'apposito incentivo mediante conguaglio delle denunce contributive mensili;

   dal Rapporto citato emerge che le caratteristiche dei disoccupati con disabilità rendono necessario potenziare le misure di accompagnamento e incrementare percorsi formativi; nello specifico si rileva ancora la mancanza nei centri per l'impiego di idonei profili professionali e non sono ancora note le stime circa l'utilizzo della figura del disability manager –:

   se il Governo sia a conoscenza di stime recenti circa l'utilizzo delle risorse del Fondo diritto al lavoro dei disabili nel corso del periodo pandemico;

   quali iniziative di competenza si intendano adottare per promuovere ulteriormente l'inserimento lavorativo dei disabili, anche con la formulazione di linee guida per l'individuazione di figure ad hoc da inserire nei centri per l'impiego per facilitare i processi di inserimento e di integrazione delle persone con disabilità nel mercato del lavoro.
(4-10400)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta orale:


   BOND, SANDRA SAVINO, CAON, SPENA, ANNA LISA BARONI, PAOLO RUSSO e NEVI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   l'Italia continua a difendere i propri vini con denominazioni d'origine protette da forme di concorrenza ingannevole approntate da Paesi appartenenti alla Unione europea;

   si teme una riedizione del caso del vino Tokaij, completamente diverso dal Tocai italiano, simile solo nel nome, ma di qualità incomparabile, inferiore e senza la nobile storia vantata dal vino italiano. Nonostante ciò l'Italia dovette soccombere alle pretese ungheresi e cedere il nome del prestigioso Tocai, che dovette essere rinominato come «Friulano» perché Tokaij è un luogo geografico, e quindi protetto dalle norme dell'Unione europea mentre in Italia era «solo» il nome di un vitigno;

   nei giorni precedenti, una delle denominazioni italiane più famose e di successo nel mondo, il Prosecco, ha subito un'operazione simile. Infatti, la Croazia ha presentato la proposta alla Commissione europea di registrazione del nome Prosék. Il Prosecco italiano deve essere tutelato, il Governo italiano ha motivi di doglianza sia in fatto che in diritto e deve respingere il tentativo croato di appropriarsi del nome talmente simile che è facilmente confondibile, dando luogo all'ennesimo caso di imitazione di prodotti italiani, sfruttando poi le vendite derivanti dal fenomeno detto Italian sounding. Sembra l'ennesimo tentativo di danneggiare migliaia di produttori italiani e di raggirare i consumatori;

   i produttori del nord est potranno difendersi se le istituzioni saranno efficacemente al loro fianco, visto che la revisione dei disciplinari del 2009 ha introdotto nell'area Doc anche il paesino di Prosecco in provincia di Trieste, e quindi la denominazione è anche un nome geografico;

   la denominazione protetta «Prosecco», una delle più emblematiche del Paese, non deve divenire un caso legalizzato in sede di Unione europea di imitazione e abuso;

   la richiesta croata di tutela di una menzione, il Prosék, che è la mera traduzione in lingua slovena del nome Prosecco, non deve essere accolta poiché il regolamento europeo sull'Organizzazione comune dei mercati agricoli stabilisce che le denominazioni di origine e indicazioni geografiche protette devono essere tutelate da ogni abuso, imitazione o evocazione, anche quando il nome protetto viene tradotto in un'altra lingua;

   il regolamento europeo in materia stabilisce che ogni denominazione di origine debba essere difesa dai tentativi di imitazione, anche attraverso la semplice traduzione linguistica. L'utilizzo in commercio può creare problemi giuridici perché contrasta con il regolamento (CE) n. 1234/2007, quindi la denominazione croata è in conflitto con la protezione della Dop italiana Prosecco;

   infatti al momento della adesione all'Unione europea la Croazia non chiese la protezione della denominazione Prosék, perché consapevole che la richiesta sarebbe stata in conflitto con la tutela riservata al nostro Prosecco;

   ad avviso degli interroganti, il Governo dovrebbe attivarsi in sede di Unione europea poiché la richiesta della Croazia prevede un vaglio degli Stati membri. Agire tempestivamente è necessario giuridicamente e politicamente, poiché appare pericoloso consentire di aggirare le protezioni già accordate ai nostri prodotti Dop e Igp. Appare palese all'interrogante il tentativo di alcuni Stati di aggirare la normativa esistente utilizzando altri schemi, come le menzioni tradizionali. Ciò indebolirebbe la posizione dell'Unione europea stessa nel quadro di negoziati commerciali con Paesi terzi, tra cui quelli in corso con Australia, Nuova Zelanda e Cile, che già si oppongono alla protezione completa del Prosecco –:

   se il Governo intenda adottare le iniziative di competenza opportune e necessarie volte alla tutela del prosecco italiano, opponendosi nelle competenti sedi europee, alla domanda della Croazia di protezione della menzione tradizionale Prosék, al fine di essere efficacemente al fianco dei produttori italiani di qualità, sostenendo il rafforzamento delle Indicazioni geografiche protette.
(3-02527)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   in data 26 agosto 2021 il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha pubblicato il decreto direttoriale n. 376627, recante «Ocm Vino – Misura Promozione sui mercati dei Paesi terzi – Avviso per la presentazione dei progetti campagna 2021/2022»;

   il bando Ocm vino «Promozione sui mercati dei Paesi terzi» permette di finanziare con un contributo a fondo perduto che va dal 50 per cento all'80 per cento, a seconda delle regioni di appartenenza, tutti i costi da sostenere per promuovere i propri prodotti, vino Dop e Igp, oltre i confini dell'Unione europea;

   il bando ha indicato il termine di scadenza per la presentazione dei progetti di promozione nazionali alla data dell'11 ottobre 2021, ore 15,00 poi spostato al 20 ottobre 2021;

   molte imprese del settore lamentano l'improponibilità di tale data, poiché le attività prodromiche alla presentazione di progetti sarebbe coincidente con le attività di vendemmia;

   inoltre, in seguito alla pubblicazione del bando nazionale, sono stati pubblicati bandi regionali con scadenze differenti, alcune anteriori e altre posteriori alle suddette date;

   il decreto direttoriale stabilisce come data di inizio delle attività di promozione il 1° marzo 2022 con termine massimo entro il 31 dicembre 2022, quindi con una riduzione di fatto di due mesi, a fronte del termine per la conclusione delle attività di valutazione dei progetti presentati stabilita al 13 dicembre 2021;

   termini tanto ravvicinati alimentano il rischio che le aziende non riescano a presentare progetti tali da coprire i fondi stanziati con conseguente possibile disimpegno negli anni a venire –:

   se intenda intraprendere iniziative volte a prorogare sia i termini per la presentazione dei progetti almeno al 29 ottobre 2021, sia i termini stabiliti per la conclusione delle attività di valutazione dei progetti presentati;

   quali iniziative intenda intraprendere per rimodulare il bando suddetto senza recar danno alle imprese partecipanti.
(5-06799)


   SURIANO, VILLAROSA e TRANO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il 30 settembre 2021 il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha pubblicato il decreto ministeriale n. 490962 di approvazione degli elenchi ammissibili al finanziamento con fondi afferenti al Piano nazionale di ripresa e resilienza per l'agricoltura e per la realizzazione di infrastrutture irrigue;

   fra i 149 progetti nazionali approvati dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, i 31 progetti presentati dalla regione siciliana sono stati tutti bocciati, perché non rispettavano i 23 criteri indicati nel bando. È evidente che qualcosa non ha funzionato e ciò ha privato l'intera regione di un finanziamento pari a circa 422 milioni di euro con ripercussioni per l'economia agricola dell'isola e sul sistema idrico che da sempre in Sicilia è affetto da gravissime inefficienze;

   per la direzione generale sviluppo rurale del Ministero questi ultimi non erano addirittura nemmeno all'altezza di essere inseriti in una lista del progetti finanziabili con fondi di riserva;

   appare però evidente che nella situazione in cui versa oggi l'intera isola, e in particolare a valle di una stagione estiva particolarmente rovente che ha messo in evidenza le difficoltà di gestione idrica a danno del comparto agricolo e dell'intera popolazione, gli avvenimenti degli ultimi giorni siano oggettivamente sintomo di un problema politico che non può e non deve passare inosservato, perché la rete idrica del sud Italia continua ad essere un colabrodo e i cittadini, che in talune zone sono soggetti a interruzioni quotidiane del servizio, hanno tutto il diritto a che vengano individuate le responsabilità di eventuali errori nella redazione di tutti i progetti di miglioramento della rete di distribuzione idrica –:

   se il Governo sia a conoscenza di tutti i fatti illustrati e quali siano i motivi che hanno portato all'esclusione dei 31 progetti siciliani dal finanziamento;

   se il Governo intenda apportare dei correttivi in modo che la Sicilia non perda l'opportunità di ricevere le risorse stanziate e quali iniziative intenda mettere in atto per garantire una ripresa e resilienza nazionale in maniera omogenea.
(5-06801)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MUGNAI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   un incidente ogni 48 ore con 16 vittime e 215 feriti è il tragico bilancio nell'anno dell'emergenza da Covid-19 dell'invasione di cinghiali e animali selvatici che non si fermano più davanti a nulla. È quanto emerge dall'analisi di Coldiretti su dati Asaps;

   con l'emergenza da Covid-19 che ha ridotto per mesi la presenza dell'uomo all'aperto, i cinghiali hanno invaso città e campagne in tutta Italia. Lo riferisce la Coldiretti, secondo cui la popolazione dei mammiferi è aumentata del 15 per cento, per un totale da record: 2,3 milioni di esemplari;

   negli ultimi dieci anni il numero di incidenti gravi con morti e feriti causati da animali è praticamente raddoppiato (+81 per cento) sulle strade provinciali secondo la stima Coldiretti su dati Aci Istat. Una emergenza nazionale con i cinghiali che possono arrivare a un quintale e mezzo di peso, 1,2 metri di altezza e 2 metri di lunghezza;

   nelle campagne «la situazione – evidenzia Coldiretti – è diventata insostenibile con danni per almeno 200 milioni di euro all'anno alle produzioni agricole e con compromissione anche dell'equilibrio ambientale»;

   «L'attuale sistema normativo non sembra garantire un reale bilanciamento: gli interventi di controllo delle popolazioni hanno prodotto scarsissimi risultati e, negli ultimi trent'anni, la fauna selvatica è continuata ad aumentare creando questa situazione pericolosa e insostenibile. È importante agire per evitare il danno prima ancora che si verifichi e quindi disporre un efficace programma di prevenzione». Sono queste le parole del coordinamento di Cia-Agricoltori Italiani, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle Cooperative Agroalimentari;

   Coldiretti nei mesi scorsi ha chiesto che «il calendario venatorio venga allargato fino a comprendere i mesi che vanno da settembre a gennaio; le carni degli animali vengano destinate alla beneficenza nel rispetto di standard di sicurezza o vengano valorizzati a sostegno dell'economia locale; che la regia complessiva di tali azioni di contenimento e prelievo sia affidata al Prefetto» in quanto «competente per la tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza»;

   Cia Toscana Centro negli ultimi giorni ha presentato anche un documento nel quale viene chiesta: l'abolizione del cosiddetto «buffer» di 400 metri di distanza dall'area vocata «in esclusiva» ai selettori iscritti alle squadre al cinghiale; il prelievo selettivo del cinghiale anche in area vocata; la costituzione dei centri di sosta per le carni in tutti gli Atc che ne sono sprovvisti, per una filiera sicura e tracciabile delle carni dei selvatici; l'approvazione delle linee guida per i danni (ferme dal 2017), ma anche la ridefinizione delle aree vocate agli ungulati: cinghiale solo bosco e aree incolte;

   il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Stefano Patuanelli, in sede di svolgimento del question time del 22 settembre 2021 in riferimento al risarcimento dei danni causati dai cinghiali, ha affermato: «Rispetto all'indennizzo dei danni da fauna selvatica, non soltanto da cinghiali, credo si debba fare un ragionamento in legge di bilancio per incrementare la possibilità di indennizzo a chi ha danni dalla fauna, selvatica» –:

   quali iniziative intenda portare avanti il Governo per sostenere politicamente ed economicamente gli agricoltori danneggiati pesantemente dall'emergenza ungulati che ormai ha raggiunto non solo le campagne italiane, ma anche i centri cittadini;

   se non sia giunto il momento di discutere in Conferenza Stato-regioni di come rivedere la riforma di cui alla legge n. 157 del 1992, adeguando l'elenco dei soggetti che possono intervenire per il contenimento e il controllo della fauna selvatica e facendo ordine sulla situazione dei corpi e dei servizi di vigilanza venatoria.
(4-10403)


   GERMANÀ, ALESSANDRO PAGANO e MINARDO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il 30 settembre 2021 la direzione generale dello sviluppo rurale del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha emanato il primo «decreto di approvazione degli elenchi dei progetti ammissibili e non ammissibili a finanziamento con fondi afferenti al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) – Missione 2 Componente 4 (M2C4) – Investimento 4.3 – Investimenti nella resilienza dell'agrosistema irriguo per una migliore gestione delle risorse idriche»;

   da questo decreto risultano ammissibili al finanziamento 149 progetti (allegato 1), presentati da consorzi di bonifica ed enti irrigui, per un importo complessivo di investimenti pari a euro 1.620.138.829,24; inoltre, viene riportato l'elenco dei progetti definitivi ammissibili a finanziamento che rispettano i criteri di ammissibilità e selezione e che saranno ammessi a finanziamento a valere sui fondi del Pnrr solo se, al termine della verifica dei progetti esecutivi ammissibili, risultino risorse disponibili (allegato 2) con 10 progetti dal valore di euro 88.854.225,02 e infine l'elenco progetti non ammissibili al finanziamento, per un totale di 90 progetti dal valore complessivo di euro 962.930.511,76;

   i consorzi di bonifica della Sicilia hanno presentato progetti definitivi per il miglioramento della gestione delle risorse idriche destinate all'agricoltura – come da elenco caricato nella piattaforma Dania (Database nazionale degli investimenti per l'irrigazione e l'ambiente) la cui implementazione è in capo agli enti irrigui e alle regioni/pubbliche amministrazioni, è gestita dal Crea-Pb, ed è finalizzata alla raccolta e condivisione di informazioni relative a interventi infrastrutturali e alle relative proposte progettuali validate dalle rispettive regioni/pubbliche amministrazioni di appartenenza – che risultano inseriti nell'allegato 3 ovvero tra i progetti non ammissibili al finanziamento;

   nonostante il Pnrr preveda che buona parte delle risorse siano destinate alle regioni del Sud, e la Sicilia sia la zona più siccitosa d'Italia, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha escluso i consorzi di bonifica siciliani dai finanziamenti, adducendo, a quanto risulta all'interrogante, la motivazione che non ci siano le condizioni di finanziabilità con le risorse afferenti al Pnrr, nonostante i progetti presentati siano esecutivi, come previsto dai criteri di selezione; basta il mancato rispetto di uno solo dei 23 criteri per essere esclusi;

   notoriamente l'irrigazione è più necessaria e fondamentale dove le precipitazioni sono scarse e la Sicilia è una terra dove la siccità la fa da padrona e che si contraddistingue per le alte temperature e la desertificazione;

   i progetti presentati dalla regione Sicilia sono investimenti considerevoli – circa 360 milioni di euro – con i quali sarebbe stato possibile affrontare in modo strutturale il problema delle emergenze agricole legate ai cambiamenti climatici e per la regione Sicilia si sarebbe trattato di un contributo fondamentale per avviare il rilancio dell'economia dell'isola, in un'ottica di miglioramento della sostenibilità dei processi produttivi –:

   se non ravvisi la necessità di avviare un dialogo con la regione Sicilia per chiarire le motivazioni per le quali i progetti presentati dalla stessa siano stati esclusi da quelli ammissibili al finanziamento con fondi afferenti al Pnrr, nonché per valutare le esigenze e le necessità specifiche delle infrastrutture della Sicilia e individuare, quindi, criteri di valutazione più congrui alle caratteristiche della regione, in quanto questi rilevanti investimenti avrebbero potuto permettere di eseguire quei lavori utili per non far rimanere indietro la regione rispetto al resto d'Italia, con gravi danni per l'agricoltura e per l'intera economia dell'isola.
(4-10410)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BELLUCCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   Palazzo Baleani è un centro avanzato per la salute della donna che faceva riferimento al Policlinico Umberto I che erogava le attività cliniche per le sospette patologie tumorali alla mammella e all'apparato riproduttivo;

   nel 2019 veniva scongiurata la chiusura di Palazzo Baleani e ideato un interessante progetto dedicato alla struttura;

   con DCA n. 488/19 veniva, infatti, istituito presso Palazzo Baleani il Centro Avanzato per la tutela della salute della donna, non più afferente al Policlinico ma all'IFO, con la nomina del dottor Vaia a responsabile del progetto «orientato alla tutela della salute della donna che operi in stretta collaborazione con le AA.SS.LL., [...] avente in particolare le seguenti funzioni: diagnosi e presa in carico delle donne con sospetta patologia tumorale [...]; approfondimento del rischio di sviluppare tumori della mammella, dell'ovaio e di altre neoplasie, con particolare riferimento alla sospetta predisposizione genetica [...]; gestione collegiale dei casi ad alto rischio con le altre strutture dell'I.R.R.C.S. Istituti Fisioterapici Ospitalieri per la presa in carico globale della donna; promozione del coinvolgimento e della partecipazione attiva delle donne con riferimento particolare all'adozione di corretti stili di vita, dall'alimentazione all'attività fisica [...]; sperimentazione di eventuali progetti pilota orientati alla prevenzione, diagnosi e cura delle patologie tumorali femminili da estendere al territorio regionale»;

   al progetto veniva destinato un finanziamento di circa 3 milioni di euro per la ristrutturazione di Palazzo Baleani e il rinnovo delle apparecchiature di radiografia diagnostica;

   per l'istituzione del centro e la realizzazione delle citate finalità, il 5 febbraio 2020 veniva stipulato l'accordo tra il rettore dell'Università La Sapienza, professor Gaudio, ed Ifo, nella persona del direttore generale dottor Ripa Di Meana (deliberazione n. 167);

   a distanza di due anni il progetto non è stato ancora attuato a pieno regime: la struttura, seppur rinnovata nelle apparecchiature di diagnostica, è sottoutilizzata; a fronte di quasi 14.000 prestazioni del 2018, ad oggi conta al massimo 10 visite la mattina, per carenza di personale e perché manca il percorso clinico previsto; fino allo scorso 15 giugno era presente un solo oncologo e mancano chiari criteri di accesso alla struttura;

   quanto alla prevenzione oncologica per tumori femminili, inoltre, il centro ha dovuto subire una grave, quanto ingiustificata, interruzione fino al 1° novembre 2020, seppur il personale medico fosse operativo all'interno della struttura;

   a fronte della richiesta di chiarimenti della Fials, si è appreso che il dottor Vaia ricoprendo, contemporaneamente, il ruolo di direttore sanitario dell'ospedale Spallanzani, è stato assorbito totalmente dalle incombenze sull'emergenza Covid;

   come riportato nella nota Fials, il direttore UOC oncologia medica Ifo alla quale afferisce la UOS-prevenzione diagnosi e trattamenti dei tumori femminili di Palazzo Baleani, professor Cognetti, in una nota del 17 giugno 2021 avrebbe affermato che «Palazzo Baleani non è la sede idonea per l'attività di sorveglianza e l'approfondimento del rischio genetico», che, invece, è uno dei punti cardine del progetto;

   tali circostanze avrebbero, di fatto, distolto l'attenzione sul progetto e hanno inciso negativamente sulla piena realizzazione, in spregio alle esigenze e richieste di tutela della salute dell'utenza: solo in Italia si hanno 55 mila casi di tumore della mammella all'anno; viene colpita una donna su otto, rappresentando il 25 per cento fra i tumori del sesso femminile –:

   di quali informazioni disponga il Governo in merito alla grave ed ingiustificata mancata attuazione del progetto di istituzione del centro avanzato di tutela della donna presso Palazzo Baleani di cui al decreto del Commissario ad acta n. 488 del 2019 e quali iniziative, per quanto di competenze, intenda assumere per garantirne la piena operatività, nell'interesse della prevenzione e cura dei tumori femminili.
(5-06804)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TIRAMANI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nel corso delle riunioni del 30 luglio e del 5 agosto 2021, il Comitato tecnico scientifico (Cts) istituito ai sensi dell'ordinanza del Capo dipartimento della Protezione civile 3 febbraio 2020, n. 630, ha esaminato la questione relativa alla vaccinazione dei soggetti che hanno partecipato alla sperimentazione ReiThera;

   nei verbali relativi alle predette riunioni, il Cts ha prefigurato la possibilità di somministrare una seconda dose di vaccino Pfizer o Moderna ai volontari che hanno ricevuto una singola somministrazione del siero ReiThera;

   analoga indicazione è stata data dal Cts anche per i volontari hanno ricevuto una dose doppia di vaccino Reithera, concentrata in una singola somministrazione, ritenendosi – anche per tali soggetti – «necessaria la somministrazione di una ulteriore dose di vaccino diverso, approvato dalle agenzie regolatorie nazionali o dell'Unione europea»;

   sulla base di tali valutazioni tecnico – scientifiche, la circolare del Ministero della salute prot. n. 35444 del 5 agosto 2021 ha previsto che: «ai cittadini che hanno ricevuto il vaccino ReiThera (una o due dosi) nell'ambito della sperimentazione dello stesso, nelle more della definizione, con particolare riguardo a coloro che hanno ricevuto una sola dose, delle indicazioni relative alla loro vaccinazione con uno dei vaccini approvati da EMA, potrà essere rilasciato un certificato di esenzione temporanea alla vaccinazione anti-COVID-19»;

   allo stato, nonostante siano decorsi due mesi dalla pubblicazione della circolare sopra citata, il Ministero della salute non ha disciplinato le modalità con le quali i soggetti partecipanti alla sperimentazione ReiThera, in specie quelli che hanno ricevuto una singola somministrazione nell'ambito di essa, possono completare il ciclo vaccinale con una seconda dose di vaccino approvato da Ema;

   tali ritardi sono fonte di grave pregiudizio per i partecipanti alla sperimentazione, i quali si trovano di fatto impossibilitati a completare il ciclo vaccinale, in contrasto con le indicazioni diramate dal Cts, e privati altresì della possibilità di ottenere la certificazione verde Covid-19 di durata annuale, ormai indispensabile per la partecipazione alla vita sociale, oltre che per l'accesso ai luoghi di lavoro pubblici e privati;

   è di tutta evidenza la necessità di colmare urgentemente tale lacuna, tenuto conto anche dell'ormai imminente scadenza dei certificati di esenzione in possesso dei volontari, attualmente fissata al 30 novembre 2021 (si veda la circolare del Ministero della salute prot. n. 43366 del 25 settembre 2021) –:

   se non ritenga di dover adottare urgenti iniziative di competenza per consentire ai soggetti partecipanti alla sperimentazione ReiThera, in specie quelli che hanno ricevuto una singola somministrazione nel corso di essa, di completare il ciclo vaccinale con una seconda dose di vaccino Pfizer o Moderna, in linea con le indicazioni diramate dal Cts.
(4-10401)


   MANTOVANI e DEIDDA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   come riferito nei giorni scorsi dal segretario di Stato romeno, Raed Arafat, i posti nelle terapie intensive sono ufficialmente terminati nel Paese;

   le autorità nazionali romene dall'inizio della prima settimana del mese di ottobre 2021 hanno deciso di sospendere per un mese tutti gli interventi chirurgici che non sono urgenti;

   al fine di arginare la diffusione dei contagi da Sars-CoV-2, le autorità statali romene hanno imposto l'uso della mascherina in tutti gli spazi pubblici, il coprifuoco notturno, nonché la chiusura di attività legate alla ristorazione;

   secondo i dati raccolti dal sito datelazi.ro in Romania – all'8 ottobre 2021 – solo il 28,08 per cento della popolazione è immunizzata con due dosi;

   in data 5 ottobre, come riportato dal sito di Sky Tg 24, il segretario di Stato, il medico romeno, Raed Arafat, ha chiesto all'Unione europea di sostenere il Paese in termini di medicine ed, eventualmente, di posti letto per ospitare i malati in gravi condizioni;

   stando alle rilevazioni Istat, la popolazione residente in Italia proveniente dalla Romania al 1° gennaio 2020 è pari a 1.146.00 abitanti;

   quella romena è una delle più folte comunità immigrate in Italia e la vicinanza tra il nostro Paese e la loro madrepatria permette un notevole flusso di viaggiatori anche tramite trasporto su gomma;

   il trasporto su gomma, a differenza di quello aereo, è più fluido e più difficile da monitorare;

   nel nostro Paese la situazione epidemiologica è, grazie alla campagna vaccinale, sostanzialmente stabile –:

   se e quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro interrogato al fine di monitorare la presenza di eventuali soggetti positivi provenienti dalla Romania, di garantire il corretto tracciamento e di prevenire la diffusione di focolai.
(4-10402)


   NOVELLI e VERSACE. — Al Ministro della salute, al Ministro per le disabilità. — Per sapere – premesso che:

   il forte aumento del costo delle materie prime di questi mesi, e il conseguente incremento per molte aziende e imprese dei costi di produzione, rischia di produrre prossimamente il gravissimo rischio di rendere difficile reperire gli stessi ausili per le persone con disabilità;

   come riportato anche da un articolo del quotidiano «La Verità» dell'8 ottobre 2021, a causa dell'impennata dei costi di produzione, per la complessità delle imprese a reperire le materie prime, deambulatori, carrozzine manuali ed elettriche, ma anche letti e sollevatori, oltre a costare mediamente un 36 per cento in più, potrebbero non essere più facilmente disponibili e le gare d'appalto delle aziende sanitarie andare deserte;

   a lanciare l'allarme è stata l'associazione Ausili di Confindustria dispositivi medici, e, come ha dichiarato il presidente della medesima associazione, Alessandro Berti, «il problema di reperire ausili per persone con disabilità è in parte già presente, in casi isolati. Abbiamo ancora poche settimane di autonomia» per evitare «l'effetto disastroso di non poter dare un livello di assistenza essenziale come la protesica»;

   l'Istat ricorda che in Italia ci sono 3,1 milioni di persone con difficoltà psicofisiche e la metà ha più di 75 anni, e il rischio è che un paziente con disabilità che debba rinnovare l'ausilio non lo trovi o che gliene venga consegnato uno meno appropriato;

   come denuncia il Presidente Alessandro Berti, «l'effetto di questo aumento dei prezzi delle materie prime è che da un lato impone alle aziende di fornire prodotti per gare già aggiudicate a un prezzo che non è più sostenibile, dall'altro rischia che vadano deserte procedure di acquisto future da parte delle stazioni appaltanti» che a livello regionale si occupano delle gare per la fornitura di farmaci e dispositivi pagati dal Sistema sanitario per erogare i livelli essenziali di assistenza (Lea) –:

   quali urgenti iniziative di competenza si intendano adottare per far fronte al grave rischio di difficoltà nella reperibilità degli ausili per le persone con disabilità, a causa del forte aumento del costo delle materie prime con conseguente incremento per molte aziende e imprese dei costi di produzione, e per scongiurare il rischio di non poter garantire un livello di essenziale di assistenza come quello relativo all'assistenza protesica.
(4-10406)


   VILLANI, MANZO, NAPPI e BARBUTO. — Al Ministro della salute, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   il servizio di Emergenza urgenza in tutta la Campania sta vivendo un momento drammatico;

   la mancanza di personale, soprattutto medico, è talmente grave che il 118 rischia di non poter più assolvere alle sue funzioni fondamentali di diagnosi e di cura sul posto, con l'ulteriore risultato negativo di intasare i pronto soccorso dei presidi ospedalieri, già sovraccarichi a causa dell'emergenza da Covid-19;

   per la riduzione del personale 118 molti turni (più del 60 per cento) sono senza più un medico a bordo, solo a Napoli, si parla di 2.484 ore di servizio demedicalizzato;

   il drammatico quadro di carenze previste per ottobre 2021, per quanto riguarda il personale medico, comporterà sicuramente un ridimensionamento del numero di ambulanze in servizio sul territorio;

   queste criticità comportano la concreta impossibilità di soddisfare con la necessaria tempestività ed efficienza, le chiamate di soccorso. Le conseguenze sono spesso tragiche: tra i tanti casi riportati nei quotidiani, vi è quello di una 56enne di Pagani (SA) deceduta a seguito di un malore, dopo essere stata soccorsa da un'ambulanza senza medico a bordo. Sarà la magistratura ad accertare le cause dell'accaduto, ma è evidente che si sta giocando con la vita delle persone e lo scenario sta peggiorando;

   lo spirito di sacrificio e la collaborazione dei dipendenti, che stanno garantendo le attività attraverso una quota considerevole di lavoro straordinario, non bastano più;

   inoltre le 546 borse di specializzazione per la medicina di emergenza urgenza sono ancora vacanti. Gli avvisi per il reclutamento di medici dell'emergenza a quanto risulta all'interrogante verrebbero sistematicamente disertati dai professionisti, compresi gli ultimi due (50 posti di medici convenzionati per il 118 a Napoli e 66 posti a Salerno);

   a questo drammatico scenario si aggiunge l'atteggiamento vessatorio di alcune Asl campane: basti pensare alle pretese recuperatorie degli emolumenti corrisposti ai medici del 118 da parte della regione Campania. Con l'impegno dell'interrogante e di altri deputati, attraverso l'approvazione della legge 21 maggio 2021, n. 69, è stata stabilita la non ripetibilità delle somme corrisposte ai medici del Seu fino al 31 dicembre 2020; ciò nonostante l'Asl Napoli 2 nord ha comunicato ai medici convenzionati che opererà una decurtazione di ingenti somme relative ad indennità per «lavoro usurante» corrisposta negli anni 2015/2019. È indubbio per l'interrogante che la pretesa di recupero avanzata sia palesemente illegittima;

   è vero anche che, contestualmente, le Asl di Napoli e Salerno stanno cercando invano di reclutare risorse, ma la soluzione dovrebbe arrivare dal Ministero della salute, garantendo un'attenzione particolare a livello legislativo nazionale per incentivare economicamente e motivare il reclutamento del personale 118, modificando i criteri di selezione di medici e infermieri. Sarebbe opportuno poi, prevedere il riconoscimento della figura dell'autista soccorritore, che si è rivelata preziosa in questo momento drammatico. Bisognerebbe, inoltre, prevedere la possibilità, per i medici convenzionati, di essere stabilizzati, rendendo dipendenti tutti gli operatori dell'emergenza;

   il servizio è ormai giunto a livelli drammatici con carenza di tutti i profili professionali;

   a parere dell'interrogante, esiste la concreta possibilità che il 118 del territorio campano, salernitano e napoletano in particolare, rischi di collassare e non si potranno più garantire ai cittadini i livelli essenziali di assistenza (Lea), nonché il diritto alla salute –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative, in raccordo con la regione Campania, intendano assumere per meglio tutelare il diritto alla salute dei cittadini;

   se ritengano opportuno adottare iniziative normative per rivedere le regole di ingaggio del personale del 118, considerando altresì il riconoscimento giuridico della figura dell'autista soccorritore.
(4-10408)


   LOVECCHIO. — Al Ministro della salute, al Ministro della transizione ecologica, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   come riportato da alcuni servizi giornalistici, in alcune regioni italiane viene ancora praticata l'addebbiatura, cioè l'incendio per l'eliminazione delle stoppie di cereali dopo la mietitura, dei residui di potatura in frutteti, vigneti o oliveti e degli scarti non commerciali degli arboreti da legno;

   nonostante la bruciatura in campo dei residui colturali in alcuni casi specifici venga autorizzata da provvedimenti locali (regionali, provinciali, e altro), tale pratica è vietata dal Codice ambientale, a eccezione di specifici casi di deroga come interventi fitosanitari o gestione stessa delle stoppie;

   la normativa di riferimento è per l'appunto il decreto legislativo n. 152 del 2006 (cosiddetto codice ambientale), la cui parte quarta è dedicata alla disciplina dei rifiuti, modificata dal decreto legislativo n. 205 del 2010, un correttivo al codice ambientale che recepisce la nuova direttiva quadro in materia di rifiuti (direttiva Ce/98/2008). Per comprendere se una sostanza sia considerata un rifiuto bisognerebbe ricorrere alla nozione (anche richiamata dall'articolo 3, direttiva (Ce) 98 del 2008) contenuta nell'articolo 183, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006 che recita quanto segue: «Rifiuto: qualsiasi sostanza od oggetto di cui il soggetto si disfi o abbia l'obbligo o abbia l'intenzione di disfarsene»;

   il suddetto decreto legislativo, inoltre, al comma 1, lettera f), dell'articolo 185, prevede i casi di esclusione per certe sostanze agricole: «paglia, sfalci e potature, nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso utilizzato in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente né mettono in pericolo la salute umana»;

   da quanto è a conoscenza l'interrogante, soprattutto nel Foggiano, nonostante molti comuni ad oggi abbiano intrapreso soluzioni per garantire il ritiro domiciliare dei rifiuti speciali, sarebbe consuetudine, nelle campagne, la pratica di incendiare in maniera indiscriminata non solo le stoppie del grano appena trebbiato e diversi residui colturali, come quelli del pomodoro, ma anche i tubicini in Pvc usati per l'irrigazione dei campi soprattutto nelle zone agricole del Tavoliere delle Puglie e dei Cinque Reali Siti;

   tale pratica determina, oltre al riversamento della diossina nelle falde acquifere, lo sprigionamento di fumi tossici, creando danni incommensurabili per la salute umana;

   lo smaltimento del Pvc è disciplinato dalle norme presenti nel decreto legislativo n. 152 del 2006 concernenti lo smaltimento dei rifiuti speciali e la pratica della sua bruciatura costituisce reato –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti;

   quali iniziative, per quanto di competenza, intendano adottare affinché vengano poste in essere soluzioni volte alla diffusione di iniziative di tutela della salute pubblica e di contrasto agli illeciti descritti.
(4-10411)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   POTENTI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della transizione ecologica, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   sul quotidiano «Sole 24 ore» del 1° ottobre 2021 l'amministratore delegato di Eni dottor Claudio De Scalzi interviene con una lettera al quotidiano a firma congiunta con Francesco La Camera sul tema della transizione energetica. Dal testo e dall'attiguo articolo «Eni ed Irena asse per accelerare la transizione» si comprende che l'intenzione dell'azienda è centrare l'obiettivo del 2050 per l'abbattimento delle emissioni attraverso produzione e consumo generalizzato di energia pulita e puntare sui Paesi esportatori di fonti fossili;

   nella lettera al quotidiano si afferma inoltre che «discorso a parte meritano i paesi produttori in cui la transizione energetica rischia di mettere in discussione il patto sociale su cui tali economie si reggono e di generare squilibri geopolitici potenzialmente rilevanti» e che la tecnologia sarebbe la migliore risposta per mitigare i rischi della transizione ecologica;

   e poi del 2 ottobre 2021 la notizia diffusa dal quotidiano «Il Tirreno» a firma Federico Lazzotti, secondo cui Filctem Cgil avrebbe reso nota l'intenzione di chiudere la linea carburanti della raffineria di Livorno e che questa scelta sarebbe appunto da ricercare nella linea industriale di «addio» alle fonti fossili. Nessuna conferma o smentita è giunta dalla società Eni, ma, nell'ipotesi di una simile soluzione, le conseguenze che parrebbero prefigurarsi sono quelle dell'immediata perdita di 60 addetti diretti su 420 totali ivi impiegati, oltre l'indotto –:

   se e di quali notizie siano in possesso i Ministri interrogati riguardo alle strategie industriali di Eni sull'impianto di raffineria di Livorno, anche in vista della transizione ecologica annunciata dai vertici Eni;

   se e quali iniziative di competenza intendano assumere per garantire che la transizione ecologica possa preservare da negativi effetti occupazionali i settori maggiormente esposti alla chiusura o alla trasformazione delle linee industriali, come il settore petrolifero.
(3-02530)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VALLASCAS. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   la metrologia legale, che tutela la fede pubblica in quelle transazioni commerciali che utilizzano strumenti di misura, compete unicamente al Ministero dello sviluppo economico;

   è in corso, su scala nazionale, la sostituzione di decine di milioni di misuratori di energia elettrica e di gas naturale;

   i misuratori, una volta installati, diventano parte integrante di un sistema che permette al distributore di energia elettrica e/o di gas, di «gestirli» da remoto;

   il sistema, inteso come misuratore in campo e struttura di gestione dello stesso, predisposta presso i centri operativi dei distributori, non è mai stato definito legalmente dal Ministero dello sviluppo economico;

   la gestione da remoto dei misuratori è espressamente vietata dal decreto legislativo del 22 febbraio del 2007, n. 22: non è cioè ammesso modificare da remoto le variabili metrologiche che concorrono alla formazione del dato di consumo;

   lo stesso decreto legislativo stabilisce, inoltre, che l'unico dato legalmente valido della transazione è quello che si forma sul posto e non quello letto da remoto;

   a fronte di quanto premesso i consumatori devono sostenere il costo di sistemi di misurazione dubbi. Un costo che, per gli utenti che consumano meno, rappresenta un cospicuo aggravio della bolletta, già oberata di oneri e tasse che stanno diventando insostenibili;

   per come è stato predisposto, il sistema sembra essere molto più utile ai distributori di energia elettrica e di gas che ai consumatori: i nuovi misuratori, che dovrebbero facilitarli nella rilevazione dei propri consumi, sono invece oggettivamente complicati;

   tenuto conto che la quasi totalità dei misuratori di energia elettrica è controllata da Enel, tramite E-distribuzione, e decine di milioni di clienti Enel dovranno passare al mercato libero, questa operazione sui contatori sembra all'interrogante rafforzare il monopolio di Enel –:

   quali iniziative il Governo intenda mettere in atto per definire regole e strumenti per rendere chiara la misurazione relativa ai contatori di Enel e verificare, nel contempo, i reali costi e benefici per il consumatore della sostituzione dei contatori stessi.
(4-10387)


   GAGLIARDI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in Italia la professione di chimico è un'attività professionale regolamentata, ai sensi del regio decreto n. 842 del 1° marzo 1928 e riconosciuta come professione sanitaria ai sensi della legge n. 3 dell'11 gennaio 2018;

   l'articolo 16 del sopra menzionato regio decreto recita: «Le perizie e gli incarichi in materia di chimica pura e applicata possono essere affidati dall'autorità giudiziaria e dalle pubbliche amministrazioni soltanto agli iscritti nell'albo dei chimici»;

   l'iscrizione all'albo professionale dei chimici è subordinata al superamento di apposito esame di Stato, come riformato dal decreto del Presidente della Repubblica n. 328 del 2001, al cui articolo 36, comma 1, lettera b), viene specificato che la direzione dei laboratori chimici è un'attività professionale esclusiva e riservata ai chimici iscritti all'ordine;

   rientra tra le attività del chimico quella di fornire agli uffici della pubblica amministrazione certificati di valutazione di quanto richiesto e la sua professione, ai sensi dell'articolo 2229 del codice civile, prevede la direzione dei laboratori chimici che può essere svolta esclusivamente se si è regolarmente iscritti all'ordine;

   l'affidamento dei laboratori a chimici iscritti all'ordine è dunque una condicio sine qua non per procedere al loro accreditamento ai sensi della normativa Uni Cei EN ISO/IEC 17025:2018;

   il decreto interministeriale 22 dicembre 2009 di attuazione dell'articolo 4 della legge n. 99 del 2009 recante disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia, designa Accredia quale unico organismo nazionale italiano autorizzato a svolgere attività di accreditamento degli organismi di certificazione dei sistemi di gestione, dei prodotti, dei servizi offerti dalle imprese e di certificazione della sussistenza dei requisiti della normativa europea da parte dei laboratori chimici pubblici e privati preposti alla valutazione della conformità per conto della pubblica amministrazione;

   lo scopo dell'accreditamento è attestare, in modo autorevole, la competenza di un laboratorio chimico ad eseguire e certificare attività di valutazione della conformità riservata al chimico;

   i laboratori sia pubblici che privati vengono accreditati da Accredia secondo la normativa europea anche in assenza di un direttore chimico iscritto all'ordine;

   nel modello predisposto per la richiesta di accreditamento per laboratori di prova anche per la sicurezza degli alimenti (DA-02), non si prevede l'obbligatorietà della figura di un chimico regolarmente iscritto all'albo per ricoprire la qualifica di responsabile di laboratorio (direttore);

   Accredia non verifica l'idoneità professionale del responsabile di laboratorio chimico secondo quanto previsto dalla normativa italiana delle professioni regolamentate;

   la presenza del marchio Accredia senza un preventivo accertamento che a capo del laboratorio sia preposta una figura professionale idonea, produce secondo l'interrogante una rappresentazione ingannevole della realtà del laboratorio stesso, in quanto fornisce di fatto una legittimazione di adeguatezza in realtà solo formale che, nel caso di laboratori pubblici o privati che operano in materia di sanità pubblica e ambientale, può rappresentare un potenziale pericolo per i consumatori, oltre a comportare la violazione di norme interne ed europee –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, in caso affermativo quali iniziative, per quanto di competenza, intendano intraprendere per garantire un pieno rispetto delle norme con riferimento a quanto illustrato in premessa.
(4-10414)

TRANSIZIONE ECOLOGICA

Interrogazione a risposta orale:


   DONZELLI. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   a Firenze ha sede la direzione regionale dell'Inail, l'edificio è situato nell'isolato fra le vie: delle porte nuove, delle carra, del ponte alle mosse e Benedetto Marcello. Si apprende da alcuni abitanti della zona che, da qualche tempo, si percepisce un forte odore di gasolio o nafta proveniente dall'edificio;

   si riscontra inoltre che, nel suo cortile interno, sono posizionate numerose cisterne di colore blu e che in via Benedetto Marcello, di fronte ai civici 4 e 8, è presente un cantiere, transennato e delimitato;

   sul cartello di cantiere, autorizzato dal comune di Firenze a partire dall'11 agosto 2021 per 60 giorni, c'è scritto «lavori per bonifica di urgenza ambientale presso uffici Inail» –:

   di quali elementi disponga il Governo circa il motivo per cui sono in corso dei lavori in emergenza presso gli uffici Inail di cui in premessa e se tali motivi siano inerenti all'eventuale sversamento di combustibile;

   se nell'area ci sia stato sversamento del combustibile e se esso possa essere un pericolo per la salute umana e un rischio d'inquinamento della falda acquifera.
(3-02533)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MARAIA. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   la rivoluzione «verde» in atto prevede un aumento di produzione di 114 gigawatt di energia da fonti rinnovabili entro il 2030, di cui una rilevante quota deriverà dal fotovoltaico;

   come mostrano i dati dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli (Amd) ad oggi si stima che i moduli fotovoltaici giunti a fine vita in Italia siano più di 80 milioni, di cui oltre il 75 per cento non è coperto da garanzia, ed il loro smaltimento genera un volume d'affari da 20 miliardi di euro l'anno. Tale immensa mole deve essere gestita con particolare accortezza per sventare il rischio di innescare una catastrofe ecologica. Difatti, come evidenzia il Nucleo operativo ecologico dell'Arma dei carabinieri, i pannelli solari sfuggono spesso al controllo della filiera legale dello smaltimento, venendo ceduti dai produttori di energia, a costi irrisori o gratuitamente, a gruppi criminali che li rivendono a Paesi terzi in via di sviluppo (in primis in Africa), dove entro brevissimo tempo, essendo obsoleti e mal funzionanti, divengono rifiuti, che vengono smaltiti in base a normative ben poco attente alla tutela dell'ambiente o peggio in discariche abusive;

   per mettere fine a questo circolo vizioso, volto all'aggiramento della disciplina in materia e per evitare gli alti costi di smaltimento, è stato emanato il decreto legislativo 3 settembre 2020 n. 118, che sancisce la possibilità, per i soggetti responsabili degli impianti fotovoltaici incentivati, di versare la garanzia finanziaria per il corretto smaltimento dei moduli fotovoltaici a fine vita nel trust dei sistemi collettivi riconosciuti;

   il 26 maggio 2021, il Gestore dei servizi energetici (Gse) ha emanato le istruzioni operative per la gestione e lo smaltimento dei pannelli fotovoltaici incentivati. Queste prevedono, infatti, nei casi di «revamping» l'esonero per il soggetto responsabile dell'impianto fotovoltaico incentivato, ovvero del produttore di energia, dal trattenimento da parte del Gse delle quote finanziarie a garanzia, rendendo così la normativa inefficace; inoltre, non è specificato l'obbligo di versamento nei trust dei sistemi collettivi riconosciuti dal Ministero della transizione ecologica (Mite) per l'importo che il Gse trattiene dalle tariffe incentivanti dei soggetti responsabili per il corretto smaltimento;

   il 17 luglio 2021, il Ministro della transizione ecologica ha pubblicato una circolare per chiarire che: in primo luogo, i moduli fotovoltaici dismessi devono essere coperti da garanzia finanziaria anche nei casi di «revamping»;

   in secondo luogo poi, che l'importo da versare nello strumento di garanzia finanziaria (trust) istituito dai sistemi collettivi è il medesimo rispetto alle quote di garanzia trattenute dal Gse ed indicato nelle istituzioni operative del 26 maggio 2021. La fissazione di una tariffa precisa impedisce di fatto ai sistemi collettivi di proporre prezzi troppo bassi a chi deve smaltire i propri moduli, ponendo un argine alla gestione illecita del recupero e garantendo al contempo la piena tutela ambientale;

   ad oggi però il Gse non ha ancora aggiornato le istruzioni operative del 26 maggio 2021 dando luogo così a una sorta di limbo normativo;

   come affermato dall'Adm un ulteriore vulnus che agevola le pratiche illecite è l'assenza di interoperabilità diretta dei dati fra l'Agenzia e il Gse, se non mediante richieste formali e non immediate. Tale dialogo permetterebbe un controllo molto più efficiente sulla vita ed il monitoraggio dei pannelli –:

   quali urgenti iniziative il Ministro interrogato, per quanto di competenza, intenda adottare affinché il Gse recepisca le integrazioni contenute nella lettera del 17 luglio 2021, permettendo una diretta interoperabilità dei dati fra Agenzia delle dogane e dei monopoli e Gse e quali iniziative di competenza intenda porre in essere per fermare il traffico internazionale descritto in premessa, volto ad eludere la normativa italiana, generando inoltre un immenso danno ambientale.
(5-06790)


   MORASSUT, PEZZOPANE, BRAGA, BURATTI, MORGONI, PELLICANI, ROTTA, LORENZIN, MADIA, ORFINI, PICCOLI NARDELLI, PRESTIPINO e SENSI. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   la Sogesid S.p.a. è una società partecipata al 100 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze che opera in qualità di ente in house presso il Ministero della transizione ecologica e presso il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. La Sogesid riceve affidamenti diretti di contratti pubblici dai due predetti Ministeri;

   in particolare, il Ministero della transizione ecologica esercita su Sogesid un controllo analogo a quello che ha sui propri servizi, definendo sia gli obiettivi strategici sia le decisioni significative della società controllata;

   la legge di bilancio 2019 ha autorizzato il Ministero della transizione ecologica ad avviare procedure concorsuali pubbliche per unità di personale da inquadrare nell'Area III-F1 e nell'Area II-F2, nonché ad assumere unità di livello dirigenziale non generale, anche al fine di prevenire l'instaurazione di nuove procedure europee di infrazione. In ragione di tale previsione, lo stesso Ministero è tenuto alla progressiva e graduale riduzione delle convenzioni stipulate con Sogesid per le attività di assistenza e di supporto tecnico-specialistico e operativo in materia ambientale, nella misura del 10 per cento per l'anno 2026, fino al suo totale azzeramento nel 2030, con riferimento alle convenzioni vigenti al 2018;

   il 9 agosto 2019 è stata indetta una procedura concorsuale per il reclutamento di n. 251 unità di personale non dirigenziale a tempo indeterminato da inquadrare nell'Area III-F1, le cui prove scritte sono state espletate il 9-14 settembre 2021. Tale procedura non riuscirà a coprire neanche la metà dei posti disponibili, in quanto i partecipanti risultati idonei alla prova orale sono meno di 100 e anche l'autorizzazione di spesa per ulteriori 218 unità di personale non dirigenziale ad elevata specializzazione tecnica non riuscirà a colmare il fabbisogno del Ministero, caratterizzato da una cronica carenza di personale, ulteriormente aggravata, negli ultimi anni, dall'elevato tasso di pensionamento;

   a ciò si aggiunga che il decreto-legge 1° marzo 2021, n. 22 che ha istituito il Ministero della transizione ecologica attribuisce ad esso, tra gli altri, compiti e funzioni in materia di politica energetica e mineraria, con conseguente enorme incremento delle attività del Ministero e necessità di ulteriore personale formato e qualificato;

   attualmente il 65 per cento del valore di produzione della Sogesid è dipendente dalle commesse del Ministero della transizione ecologica, dove sono impiegati ben 342 dipendenti, con una professionalità, competenza e know how consolidati nel corso degli anni che rischiano di andare disperse;

   la dispersione di personale altamente qualificato non può che aumentare concretamente il rischio di non riuscire a cogliere l'occasione epocale offerta dal Fondo Next Generation EU e dal Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr), che destina una parte consistente delle risorse alle politiche green, da implementare nel breve periodo –:

   come il Governo intenda affrontare le conseguenze dei tagli all'assistenza tecnica presso il Ministero della transizione ecologica, tenuto conto dell'elevato tasso di pensionamento dell'attuale personale ministeriale e di quella che appare agli interroganti come un'insufficienza numerica dei funzionari che si intendono reclutare con le procedure in corso, a seguito soprattutto della mancata copertura dei posti disponibili nella procedura di selezione per 251 funzionari tecnici;

   se il Governo sia consapevole che il nostro Paese, a causa della perdita del personale qualificato che da molti anni opera al Ministero della transizione ecologica attraverso Sogesid, rischia di non cogliere l'epocale sfida lanciata dal Fondo Next Generation EU e dal Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr) in ambito ambientale e se, per tale ragione, intenda assumere iniziative per promuovere e/o adottare procedure e/o strumenti finalizzati a favorire l'internalizzazione del personale Sogesid e, comunque, a valorizzarne le competenze per non disperdere il know how sinora acquisito.
(5-06803)

Interrogazione a risposta scritta:


   SCANU. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in Italia ogni anno vengono scartate migliaia tonnellate di pneumatici fuori uso (Pfu) in gran parte raccolti da gommisti autorizzati, officine, demolitori;

   per l'anno 2021 al 31.08.2021 sono state raccolte più 132 mila tonnellate di Pfu;

   in base all'articolo 228 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni i produttori di pneumatici devono occuparsi anche dello smaltimento dei prodotti esausti, misura uguale al numero di nuove gomme messe in vendita sul nostro territorio;

   la catena produttori/rivenditori/consorzi di recupero svolge un ruolo di fondamentale importanza per proteggere l'ambiente e per ridurre l'inquinamento;

   i consorzi deputati al recupero del materiale però non riescono a soddisfare celermente tutte le richieste degli operatori per ragioni di sottodimensionamento rispetto alla mole di Pfu oggetto di recepimento;

   ai pneumatici in commercio in Italia si aggiungono poi quelli acquistati on-line sui mercati extra europei al di fuori dei canali delle officine autorizzate, nel cui prezzo non è compresa la quota per coprire il costo di smaltimento;

   l'effetto conseguente è quello dell'aumento di pneumatici giacenti nei depositi degli operatori con i rischi legati alla permanenza di materiali altamente infiammabili ed a conseguenti potenziali incidenti;

   inoltre, una percentuale ancora significativa di pneumatici non segue il giusto iter per lo smaltimento previsto dalla normativa vigente;

   l'abbandono di pneumatici usurati, con conseguente danno ambientale ed economico (per il mancato sfruttamento dei materiali), rappresenta un fenomeno ancora diffuso;

   gli pneumatici usati hanno una destinazione di reimpiego e riutilizzo legata alla realizzazione di molteplici utilizzi, quali a titolo esemplificativo la produzione di asfalti per pavimentazioni stradali più sostenibili, l'impiego in edilizia con isolanti acustici, antivibranti e impermeabilizzanti, l'utilizzo nel settore sportivo per la realizzazione di pavimentazioni antitrauma;

   per far fronte alle difficoltà dei consorzi sarebbero necessarie nuove misure, quali l'ampliamento delle autorizzazioni per i consorzi, un rafforzamento delle misure di settore in materia di economia circolare, la realizzazione di impianti di pre trattamento per la produzione di semi lavorati –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di garantire la sicurezza delle officine ed implementare la valorizzazione in termini produttivi di questo importante materiale.
(4-10399)

UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   TESTAMENTO. — Al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   a seguito del decreto del Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica del 3 novembre 1999, n. 509, sono stati introdotti nell'ordinamento universitario il corso di laurea triennale in «scienze del turismo (ora denominato L 15)» e la laurea di secondo livello in «progettazione e gestione dei sistemi turistici (LM 49)». I laureati in progettazione e gestione dei sistemi turistici acquisiscono competenze nella gestione di prodotti e servizi turistici, nella pianificazione delle strategie turistico-culturali di una destinazione turistica, nella gestione delle imprese turistiche, al fine di integrare le aziende ricettive con i servizi culturali e ambientali, e nella promozione, commercializzazione e gestione di prodotti turistici anche con l'ausilio delle nuove tecnologie multimediali;

   nonostante nei concorsi pubblici vengano richieste competenze corrispondenti a quelle acquisite dai laureati delle classi di laurea L15 e LM49, risulta agli interroganti che in molte situazioni non ci sia il riconoscimento dei due sopra citati corsi di laurea nell'ambito dei bandi di assunzione delle pubbliche amministrazioni, impedendo di fatto a molti laureati, giovani e meno giovani, di concorrere a posizioni lavorative idonee alla preparazione e competenze da loro acquisite;

   la mancata equipollenza dei sopra citati corsi di laurea impedisce, infatti, a molti laureati di intraprendere carriere lavorative inerenti al corso di studi, costringendoli ad accettare le più disparate offerte di lavoro, anche nell'ambito turistico, per le quali non è necessaria una preparazione uguale a quella, invece, garantita da chi ha frequentato i corsi di laurea L15 e LM49;

   a parere dell'interrogante, è molto grave e discriminatorio il fatto che negli ultimi anni si siano attivati molti corsi universitari, come avvenuto nel caso sopra descritto, favorendo il contestuale conseguimento dei titoli di laurea senza che venga garantita agli stessi soggetti la possibilità di concorrere alle selezioni pubbliche ricadenti nel proprio settore di studi e competenze –:

   se i Ministri interrogati intendano adottare le iniziative di competenza per prevedere l'equiparazione dei corsi di laurea L15 e LM49, al fine di consentire la partecipazione ai concorsi pubblici anche ai soggetti che hanno conseguito la laurea in «scienze del turismo» e «progettazione e gestione dei sistemi turistici».
(4-10384)


   BELOTTI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi anni, l'università degli Studi di Bergamo ha visto crescere in maniera esponenziale di oltre il 50 per cento nel quinquennio 2014-2019 il numero degli iscritti ai corsi;

   anche quest'anno, nonostante la pandemia abbia drammaticamente colpito proprio quel territorio, le iscrizioni sono salite (oltre 24.000 studenti iscritti nell'anno accademico 2020/2021) tanto da permettere di considerare l'ateneo bergamasco, con le sue 14 sedi, al pari delle medie università, con il più alto tasso di crescita in ambito lombardo;

   a dispetto di questi dati così incoraggianti, l'ateneo vanta due tristi primati: il rapporto fra il numero di studenti e docenti più alto tra tutte le università italiane (circa 60 studenti per docente contro una media nazionale di 30 studenti per docente) e il Fondo per il finanziamento ordinario per studente, a quanto risulta all'interrogante, sarebbe più basso (circa 2.400 euro per studente a fronte di una media nazionale superiore a 4.000 per studente) considerando le università con essa comparabili;

   inoltre, l'ateneo bergamasco vede limitata la propria capacità di costituire fondi incentivanti per i dirigenti e il personale tecnico amministrativo e così trova un ostacolo insormontabile alla possibilità di dotare l'ateneo di una struttura organizzativa adeguata alle dimensioni raggiunte;

   pur disponendo ora di facoltà assunzionali leggermente maggiorate (punti organico ancora insufficienti per il necessario riequilibrio rispetto agli atenei con pari numero di studenti e corsi di laurea), ancora, a quanto consta all'interrogante, non riceverebbe risorse economiche necessarie a procedere all'assunzione di dirigenti, di unità di elevata professionalità e neppure ad individuare nuove posizioni organizzative necessarie per poter strutturare i servizi e la gestione amministrativa in modo efficiente e concorrenziale rispetto al sistema nazionale;

   se il caso dell'ateneo bergamasco è il più eclatante, non ne mancano altri in cui si verificano le stesse incongruenze –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere al fine di avviare una verifica della corretta definizione del fabbisogno di personale docente e amministrativo negli atenei italiani e se ritenga necessario adottare iniziative volte ad apportare un correttivo con riferimento all'università di Bergamo, al fine di garantire all'ateneo di competere con il resto del sistema universitario nazionale ed internazionale.
(4-10385)


   NITTI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   la Iaml-Italia, ramo nazionale della International association of music libraries, archives and documentation centers, denuncia da anni il fenomeno, ormai ricorrente, presso le biblioteche di alcuni conservatori italiani, della conversione delle cattedre uniche di bibliotecario in altre cattedre o in posizioni di assistente amministrativo o personale non docente;

   la Iaml-Italia, in una lettera indirizzata il 14 maggio 2019 al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e alla direzione per la programmazione, il coordinamento e il finanziamento delle istituzioni della formazione superiore del Ministero, sottolinea come la responsabilità della tutela del grande patrimonio di beni musicali cartacei, sonori, iconografici e archivistici, custodito in Italia principalmente nei conservatori, non possa essere demandata esclusivamente ai singoli istituti, poiché la memoria materiale della tradizione musicale del nostro Paese rappresenta un bene pubblico e un interesse nazionale che deve essere tutelato e garantito dallo Stato;

   nell'ultimo mese ben tre conservatori hanno approvato delibere in cui si propone la trasformazione del posto di bibliotecario nella figura tecnico-amministrativa del direttore di biblioteca, come avvenuto a Firenze in data 22 maggio 2019, oppure nella figura dell'assistente di biblioteca, come avvenuto a Sassari in data 18 maggio 2019 e a Rovigo in data 27 maggio 2019;

   in tali delibere si è richiesto che il posto di docente per il settore artistico-disciplinare CODM/01 – bibliografia e biblioteconomia musicale – fosse convertito in un posto di direttore di biblioteca o di collaboratore dell'area terza prevista dal contratto collettivo nazionale di lavoro destinato alla biblioteca;

   oltre alle ultime tre proposte di conversione, si segnala come negli anni passati tale procedura sia già stata seguita anche dai conservatori di Lecce, La Spezia, Benevento;

   nel regolamento di funzionamento della biblioteca del conservatorio Luigi Cherubini di Firenze emanato il 29 maggio 2019, è prevista all'articolo 6 la creazione della figura di direttore di biblioteca (EP1), inteso come «bibliotecario di adeguato profilo ed elevata professionalità», senza che tale profilo risulti esistente nelle declaratorie;

   il 31 maggio 2019 la Iaml-Italia, la Fondazione istituto italiano per la storia della musica (Iism), l'Associazione «Il Saggiatore musicale», la Società italiana di musicologia (SidM) e l'istituto di bibliografia musicale (Ibimus) hanno indirizzato una lettera congiunta al Ministero denunciando la chiusura della cattedra di bibliografia, biblioteconomia del conservatorio Luigi Cherubini e ritenendo tale decisione «lesiva dell'integrità del patrimoni musicale di questo Istituto»;

   l'abuso delle trasformazioni in atto lede, a detta dell'associazione Iaml-Italia, i diritti dei docenti e degli studenti, creando un vuoto di competenze e saperi che sarebbero di esclusiva pertinenza della figura del bibliotecario;

   all'articolo 147 del decreto luogotenenziale 5 maggio 1918, n. 1852, recante il «Regolamento generale sugli istituti di belle arti, di musica e d'arte drammatica» (unico riferimento normativo, tuttora vigente, inerente nello specifico le biblioteche di dette istituzioni), si afferma che «la biblioteca, sotto l'alta sorveglianza del direttore dell'istituto, è affidata alle cure del professore di storia dell'arte che ha le funzioni di bibliotecario e che è il consegnatario responsabile di tutto il materiale ivi raccolto»;

   il bibliotecario non può in alcun modo essere sostituito da tecnici-amministrativi, ma deve essere uno studioso in ambito storico musicologico con competenze di archivistica, musicologia, paleografia, poiché risulta essere un riferimento fondamentale per gli studenti e docenti di un conservatorio per quegli ambiti specifici –:

   se intenda adottare iniziative per vigilare sugli organici delle biblioteche dei conservatori, favorendone la crescita sia in termini qualitativi che quantitativi e non consentendo ulteriori conversioni di cattedre CODM01.
(4-10386)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Rizzetto e altri n. 1-00522, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 ottobre 2021, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Lucaselli.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Verini n. 5-06593, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 agosto 2021, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Gallinella.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Carè n. 5-06789, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 ottobre 2021, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Fassino, Delrio, Fiano, Prestipino, Gavino Manca, Rossi, Micillo, Fragomeli, Topo, Navarra, De Luca, Enrico Borghi, Quartapelle Procopio, Morgoni.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Nitti n. 5-02253 del 10 giugno 2019 in interrogazione a risposta scritta n. 4-10386;

   interrogazione a risposta orale Vallascas n. 3-02198 del 16 aprile 2021 in interrogazione a risposta scritta n. 4-10387;

   interrogazione a risposta in Commissione Testamento n. 5-05879 del 28 aprile 2021 in interrogazione a risposta scritta n. 4-10384;

   interrogazione a risposta in Commissione Ferri n. 5-05950 del 6 maggio 2021 in interrogazione a risposta orale n. 3-02526;

   interrogazione a risposta in Commissione Di Giorgi n. 5-06153 del 4 giugno 2021 in interrogazione a risposta orale n. 3-02529;

   interrogazione a risposta in Commissione Belotti n. 5-06279 del 22 giugno 2021 in interrogazione a risposta scritta n. 4-10385;

   interrogazione a risposta scritta Potenti n. 4-09712 del 2 luglio 2021 in interrogazione a risposta orale n. 3-02528;

   interrogazione a risposta in Commissione Bond e altri n. 5-06358 del 6 luglio 2021 in interrogazione a risposta orale n. 3-02527;

   interrogazione a risposta in Commissione Quartapelle Procopio n. 5-06378 del 7 luglio 2021 in interrogazione a risposta scritta n. 4-10388.