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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 21 luglio 2021

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAOLIN, PANIZZUT, BOLDI, DE MARTINI, FOSCOLO, LAZZARINI, SUTTO, TIRAMANI e ZANELLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per le disabilità, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   com'è noto, con le sentenze n. 838, n. 841 e n. 842 del 2016, il Consiglio di Stato, sezione IV, ha dichiarato l'illegittimità di talune disposizioni del regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159, concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'indicatore della situazione economica equivalente (Isee);

   a fronte di tali pronunce, il legislatore è intervenuto in sede di esame parlamentare del decreto-legge 29 marzo 2016, n. 42, inserendo con la relativa legge di conversione (legge 26 maggio 2016, n. 89), l'articolo 2-sexies, recante «ISEE dei nuclei familiari con componenti con disabilità»;

   il comma 1, lettera b), della disposizione testé citata, tuttora in vigore, prevede letteralmente che: «in luogo di quanto previsto dall'articolo 4, comma 4, lettere b), c) e d), del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013, è applicata la maggiorazione dello 0,5 al parametro della scala di equivalenza di cui all'allegato 1 del predetto decreto n. 159 del 2013 per ogni componente con disabilità media, grave o non autosufficiente»;

   nel modificare in questo senso la disciplina vigente, la disposizione sopra citata ha dato luogo a un problema applicativo, in quanto ha previsto l'applicazione di una medesima agevolazione (la maggiorazione dello 0,5 al parametro della scala di equivalenza) in relazione a persone con diversi gradi di disabilità («media, grave o non autosufficiente»);

   la decisione di parificare, sotto questo aspetto, i diversi gradi di disabilità previsti dal regolamento Isee appare viziata sotto il profilo della ragionevolezza e, per questa ragione, meritevole di superamento;

   a ben vedere, peraltro, tale modifica non risultava neppure necessaria alla luce delle sentenze del Consiglio di Stato sopra citate, in quanto queste ultime non avevano dichiarato l'illegittimità del regolamento Isee in parte qua, bensì nella diversa parte in cui prevedeva, all'articolo 4, comma 4, lettera d), «un'indistinta differenziazione tra disabili maggiorenni e minorenni, consentendo un incremento di franchigia solo per questi ultimi, senza considerare l'effettiva situazione familiare del disabile maggiorenne» –:

   se non ritengano, nell'ambito delle rispettive competenze, che una strada velocemente percorribile per superare la disparità illustrata in premessa possa essere quella di prevedere delle maggiorazioni diversificate per i diversi gradi di disabilità, come ad esempio 0,5 per la disabilità media, 0,7 per la disabilità grave e 1 per i soggetti non autosufficienti;

   se, a distanza di oltre 7 anni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del regolamento Isee, risalente al 24 gennaio 2014, non ritengano di effettuare un bilancio sull'efficacia dell'applicazione pratica di questo regolamento confrontandosi con le associazioni dei familiari dei disabili e con i rappresentanti dei Caf che ogni giorno sono chiamati ad applicare il regolamento stesso.
(4-09871)


   FRATOIANNI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   da un'inchiesta realizzata dal Guardian e altre 16 organizzazioni, oltre 50 mila numeri di telefono, tra cui quelli di attivisti, giornalisti, avvocati, oppositori politici sarebbero finiti nella disponibilità di diversi Governi, in alcuni casi dittature, che hanno potuto così spiare i messaggi, le telefonate, estrarre foto e informazioni, fino ad accedere al microfono e alle telecamere dei dispositivi in possesso di ciascuno;

   tutto ciò sarebbe stato possibile grazie all'utilizzo di software di spionaggio Pegasus distribuito dalla società di sorveglianza, con base in Israele, Nso Group;

   la vendita, seppur legittima, di un sistema informatico del genere a Governi e istituzioni internazionali riconosciute ha determinato la violazione della privacy nei confronti di soggetti che non rientravano in alcuna indagine di polizia;

   dalle indagini svolte dal quotidiano britannico The Guardian emerge che le Ong Forbidden Stories e Amnesty International hanno avuto accesso all'elenco dei telefoni presenti nel programma Pegasus e da un'analisi di un piccolo numero di dispositivi emerge che circa il 50 per cento di questi erano stati infettati;

   dalla lista si intuisce, inoltre, che i clienti dell'azienda israeliana non erano interessati tanto alla cattura di pericolosi criminali quanto alle attività di circa 180 giornalisti, oltre ad attivisti, dirigenti aziendali, figure religiose, accademici, dipendenti di Ong, funzionari sindacali e funzionari governativi, inclusi Ministri, Presidenti e Primi Ministri;

   nell'elenco, da quanto si apprende, era presente anche il numero di telefono di un giornalista messicano freelance, Cecilio Pineda Birto, che poche settimane dopo l'inserimento nella lista è stato ucciso, con i suoi assassini che sono riusciti a localizzarlo in un autolavaggio. Il suo telefono non è mai stato trovato, quindi nessuna analisi ha potuto stabilire se, effettivamente, fosse stato violato; tra i clienti di Nso ci sarebbero i Governi di Azerbaigian, Bahrain, Kazakistan, Messico, Marocco, Ruanda, Arabia Saudita, Ungheria, India ed Emirati Arabi Uniti, ma non si può escludere che la lista dei Paesi possa essere ben più lunga. Più di 1.000 numeri telefonici si troverebbero in Stati europei; sempre da quanto si apprende il Governo ungherese di Viktor Orbán potrebbe aver utilizzato la tecnologia di Nso come parte della sua cosiddetta «guerra ai media», nei confronti di giornalisti investigativi nel Paese;

   si trovano poi tracce anche dell'Arabia Saudita e degli Emirati Arabi, che avrebbero preso di mira i telefoni di stretti collaboratori del giornalista del Washington Post assassinato all'interno del consolato saudita a Istanbul, Jamal Khashoggi, nei mesi successivi alla sua morte. Anche il procuratore turco che indagava sulla sua morte sarebbe presente nella lista;

   la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha commentato la notizia definendola «inaccettabile» e ribadendo come la libertà della stampa sia uno dei valori fondamentali dell'Unione europea;

   a parere dell'interrogante tale vicenda, se confermata, sarebbe assolutamente inquietante, anche per la presenza di Paesi europei, come l'Ungheria, che se davvero ha utilizzato il programma Pegasus per spiare la stampa e gli oppositori si porrebbe automaticamente come avversario dei valori su cui è cresciuta l'Europa;

   alla luce di quanto emerso e data la possibilità concreta che ci siano ancora tanti aspetti da chiarire, a parere dell'interrogante il Governo italiano ha il dovere di attivarsi subito per verificare se giornalisti, attivisti dei diritti umani e civili, esponenti politici del nostro Paese siano stati intercettati e spiati o se vi siano numeri telefonici italiani presenti negli elenchi diffusi del programma Pegasus –:

   quali siano gli orientamenti del Governo circa i fatti esposti in premessa e di quali ulteriori notizie sia in possesso;

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere affinché venga verificato se tra le utenze intercettate siano presenti numeri telefonici riconducibili a giornalisti, attivisti dei diritti umani e civili ed esponenti politici del nostro Paese.
(4-09872)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   EHM, SIRAGUSA, SPESSOTTO, SARLI, TESTAMENTO, MASSIMO ENRICO BARONI, MENGA e SURIANO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   Ikram Nazih, giovane donna nata nel 1998 in Italia a Vimercate e cresciuta in Brianza da genitori marocchini e studentessa di giurisprudenza a Marsiglia, il 20 giugno 2021 è stata bloccata in Marocco dalla polizia aeroportuale e trasferita nel carcere di Oudaya a Marrakech, dopo essere atterrata a Rabat per raggiungere la famiglia per prendere parte al consueto rito religioso del «Sacrificio» del 21 luglio;

   Ikram Nazih una volta atterrata e fermata per i consueti accertamenti avrebbe mostrato alla polizia il solo passaporto marocchino senza annunciare la sua doppia cittadinanza. Tale atto parrebbe aver comprovato la sola cittadinanza marocchina così come pure trascritto dalle autorità aeroportuali;

   l'accusa mossa verso la donna da un'associazione a carattere religioso («Ha offeso l'Islam con una vignetta»: «23enne italo-marocchina arrestata a Rabat e condannata a tre anni», Il Fatto Quotidiano, 1° luglio 2021) sarebbe di «vilipendio alla religione» da attribuirsi alla pubblicazione di un post su Facebook risalente al 2019, subito cancellato, in cui sarebbe stato satirizzato, in una vignetta il versetto coranico «Kautar» in cui si obbligano i musulmani al sacrificio, come «versetto del whiskey»;

   il 28 giugno 2021 è stata pronunciata la condanna definitiva di «offesa pubblica all'Islam» per la giovane, condannata a tre anni e mezzo e al pagamento di 50 mila dirham di multa (circa 4.800 euro);

   va tenuto conto della doppia cittadinanza italo-marocchina della ragazza provvista di doppio passaporto e del fatto che la ragazza può considerarsi non solo di origini marocchine poiché nata e cresciuta all'estero, in Italia;

   si apprende da fonti di stampa che l'ambasciata italiana in Marocco stia seguendo da vicino il caso, e che sia stata avanzata la richiesta per una visita consolare nel penitenziario –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intenda promuovere per la tutela della nostra connazionale.
(5-06470)

CULTURA

Interrogazione a risposta orale:


   DE ANGELIS, GERARDI, ZICCHIERI, SALTAMARTINI, BELOTTI, PATELLI e RACCHELLA. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   il 9 luglio 2021 il Ministero dell'economia e delle finanze ha designato Carlo Fuortes, sovrintendente del Teatro dell'Opera di Roma in carica, per il ruolo di amministratore delegato Rai;

   il 15 luglio 2021 il Consiglio dei ministri ha deliberato le proposte di nomina del Ministero dell'economia e delle finanze;

   il 16 luglio il Consiglio di amministrazione della Rai ha nominato Carlo Fuortes per la carica di amministratore delegato;

   sarebbero imminenti le dimissioni del dottor Carlo Fuortes dalla carica di Sovrintendente di «Teatro dell'Opera di Roma Capitale»;

   lo statuto della Fondazione «Teatro dell'Opera di Roma Capitale» prevede che:

    articolo 7: «1. Il Presidente della Fondazione è il Sindaco di Roma Capitale o altra persona da lui nominata. (...)»;

    articolo 8: «1. Il Consiglio di indirizzo è formato da un numero di componenti variabile tra cinque e sette membri secondo quanto di seguito specificato. 2. Oltre al Presidente della Fondazione, fanno parte del Consiglio di indirizzo un membro nominato dall'Autorità statale competente in materia di spettacolo (oggi individuabile ed individuata nel Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo), uno designato dalla regione Lazio e uno designato da Roma Capitale. La nomina del quinto Consigliere spetta ai soci privati nel caso previsto dal precedente articolo 4.4 (...).»;

    articolo 10: «1. Il Sovrintendente è nominato dall'Autorità statale competente in materia di spettacolo su proposta del Consiglio di indirizzo fra soggetti dotati di comprovata esperienza in materia di gestione e di organizzazione di attività musicali e di gestione ed organizzazione di enti consimili, oltre che in possesso dei requisiti di onorabilità richiamati dal precedente comma 9.8.»;

   nei mesi di settembre e ottobre del corrente anno si terranno in numerose città le elezioni per il rinnovo dei consigli comunali, compresa la città di Roma –:

   quali indirizzi, per quanto di competenza, intenda adottare il Ministro interrogato in merito alla eventuale nomina del nuovo sovrintendente non solo a Roma, ma anche in situazioni simili che potrebbero aversi nelle città interessate dalla imminente tornata elettorale amministrativa che riguardano fondazioni che hanno una rappresentanza del Ministero della cultura;

   se non sia opportuno, per quanto di competenza, in situazioni come quella verificatasi al Teatro dell'Opera di Roma Capitale, attendere il rinnovo dei consigli comunali previsti con le elezioni amministrative del prossimo autunno dell'anno corrente.
(3-02420)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZO, FICARA, SCERRA, LOREFICE, GRILLO, LICATINI e MARZANA. — Al Ministro della difesa, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della giustizia, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   in Sicilia, dai primi giorni di luglio 2021 si sono registrati numerosi roghi che hanno distrutto decine di ettari di bosco e macchia mediterranea. Nelle operazioni sono stati impegnati centinaia di volontari della protezione civile, 4 canadair e 2 elicotteri coordinati dal Corpo forestale della Regione e a supporto delle azioni di spegnimento dei vigili del fuoco e della stessa Forestale. Il presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, ha chiesto l'intervento dei militari dell'esercito nelle aree rurali e una riunione urgente della Unità di crisi nazionale della Protezione civile per far fronte alla difficile situazione creatasi nell'isola in questi giorni, su due diversi fronti: la incessante caduta di cenere vulcanica sui centri etnei e i numerosi incendi, quasi tutti di origine dolosa;

   il Corpo forestale della Regione Siciliana è la struttura operativa di riferimento per la prevenzione e la lotta agli incendi boschivi che condizionano da tempo tutta l'attività forestale. Gli incendi, infatti, limitano l'azione di ampliamento e di miglioramento del patrimonio boschivo e hanno finito per determinarne la struttura, lo stato vegetativo e in alcuni casi, perfino la sopravvivenza con ripercussioni negative per l'ecosistema e sulla stabilità dei suoli;

   il codice dell'ordinamento militare disciplina l'organizzazione per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare nel Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dell'Arma dei carabinieri;

   in particolare, in Sicilia, i carabinieri forestali sono presenti con tre Centri anticrimine natura a Palermo, Catania e Agrigento da cui dipendono i Nuclei investigativi di polizia ambientale agroalimentare e forestale (Nipaaf) che si occupano di tutte le indagini di polizia giudiziaria per perseguire i reati ambientali, tra cui gli incendi boschivi, sia di iniziativa che su delega della magistratura;

   attraverso il Nucleo informativo antincendio boschivo (Niab) e per dipendenza gerarchica dai Centri anticrimine, vengono raccolti i dati in grado di evidenziare la natura colposa degli incendi, intervenendo, in autonomia o su indicazione delle autorità giudiziarie competenti sul luogo dell'evento, avvalendosi dei propri repertatori per effettuare un'attività di ricognizione dell'area percorsa dal fuoco e risalire all'area di innesco dell'incendio al fine di deferire all'autorità giudiziaria i responsabili;

   da fonti di stampa si rileva come il Centro anticrimine natura dei carabinieri di Palermo nel 2020 abbia effettuato 1.400 controlli nei confronti di 1.132 persone e 166 veicoli, 185 denunce per varie violazioni ambientali, 5 arresti e 71 sequestri eseguiti, nonché 163 illeciti amministrativi riscontrati e sanzionati per un totale di circa 190 mila euro di multe elevate, al fine di prevenire, contrastare e reprimere tutte le forme di aggressione all'ambiente e alla biodiversità;

   una maggiore presenza sul territorio regionale siciliano di capacità investigative proprie dei carabinieri forestali potrebbe determinare maggiore efficacia nel perseguimento dei reati collegabili alla distruzione del territorio boschivo siciliano per atti dolosi –:

   se non si intendano adottare opportune iniziative volte a implementare la presenza dei carabinieri per la tutela forestale nella Regione Siciliana attraverso il potenziamento delle dotazioni organiche e strumentali dei reparti presenti nell'isola, al fine di rafforzare le attività di polizia giudiziaria volte ad individuare e reprimere i reati dolosi e la natura colposa degli incendi;

   quali eventuali ulteriori iniziative di competenza siano all'attenzione del Governo al fine di favorire l'efficacia delle attività investigative utili al perseguimento dei reati ambientali, rafforzando il contrasto alle attività illecite e criminali afferenti ai medesimi reati ambientali.
(5-06477)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   BARBUTO, VILLANI e GRIPPA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la nuova Imu 2020 è disciplinata dall'articolo 1, commi 738-783, della legge di bilancio 2020 e alla lettera b) del comma 741 precisa che: «per abitazione principale si intende l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e i componenti del suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l'abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile...»;

   l'esame letterale del dettato normativo di cui al comma 741, lettera b), del citato articolo 1 porterebbe ad escludere per lo stesso nucleo familiare che la medesima disciplina sia applicabile al diverso caso in cui la dimora abituale e la residenza anagrafica dei due coniugi sia stabilita in immobili di proprietà di ciascuno degli stessi e situati in comuni diversi ed, infatti, in tal senso la circolare del Ministero dell'economia e delle finanze n. 3/DF del 2012 si era espressa ammettendo la possibilità di una doppia abitazione principale con conseguente esenzione dei due immobili dall'Imu;

   tale considerazione appare vieppiù fondata allorché si ponga mente al fatto che, in occasione dell'esame della suindicata legge di bilancio in Commissione, non fu approvato l'emendamento soppressivo delle parole «situati nel territorio comunale», sicché la formulazione della fattispecie è restata sostanzialmente quella del decreto-legge n. 201 del 2011 che sembrerebbe escludere, quindi, dal beneficio della esenzione Imu solo gli immobili diversi situati nello stesso territorio comunale; la Corte di cassazione, tuttavia, con sentenza n. 20130 del 24 settembre 2020 è pervenuta a una diversa interpretazione, facendo riferimento unicamente a quanto prevede il primo paragrafo della lettera b) del comma 741 della legge di bilancio 2020 e non già al secondo paragrafo, oltre a non considerare l'interpretazione del Ministero dell'economia e delle finanze;

   le conclusioni a cui, «in ordine alla natura di stretta interpretazione delle norme agevolative», è pervenuta la Corte di cassazione – secondo la quale, ai fini dell'esenzione Imu, è necessario che tutto il nucleo familiare non solo dimori stabilmente, ma risieda anche anagraficamente nella medesima unità immobiliare – comporterebbero il paradosso che, nel caso in cui due coniugi, non legalmente separati, fissassero la propria residenza anagrafica presso immobili localizzati in comuni diversi, nessuno dei due potrebbe fruire dell'esenzione Imu prevista per l'abitazione principale, in quanto nessuno dei due fabbricati potrebbe essere considerato abitazione principale per l'esclusione dall'Imu;

   risulta, inoltre, essere stata depositata il 13 agosto 2020 presso la Commissione europea l'interrogazione con richiesta di risposta scritta n. E-004440/2020, avente ad oggetto: «Esenzione dell'Imu in Italia», in cui si chiedeva se nelle raccomandazioni dell'Unione europea all'Italia ci fosse anche una modifica delle tasse sulla casa. «Le raccomandazioni dell'Unione europea, a seguito dell'ultima riunione dell'Ecofin dell'anno scorso segnalavano che l'esenzione dell'Imu sull'abitazione principale (prima casa) non è molto apprezzata», ma non è pervenuta, neanche a livello comunitario, alcuna richiesta di modifica nel senso indicato dalla sentenza della Corte di cassazione;

   purtroppo, alla luce della sentenza della Corte di cassazione sono state avviate da molti comuni del territorio nazionale azioni di recupero di versamenti Imu, ad avviso degli interroganti correttamente non effettuati dai contribuenti in applicazione della legge in vigore, con un approccio discriminatorio nei confronti di quota parte della popolazione, ovvero unicamente i contribuenti già noti alla amministrazione in quanto possessori di altri immobili, nonché regolari pagatori di imposte, generando un significativo contenzioso in un periodo, come quello in corso, in cui la pandemia ha messo ancor più in ginocchio l'economia del Paese, con particolare attenzione al settore immobiliare –:

   se si intendano assumere iniziative normative, a fronte della situazione sopra rappresentata, affinché sia risolta in maniera chiara e definitiva la questione dell'applicazione della esenzione Imu per coniugi residenti in due immobili di proprietà siti in comuni diversi.
(4-09869)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRIPPA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   dalla lettura dell'articolo pubblicato sulla pagina web https://www.zonedombratv.it del 21 giugno 2021, titolato «Chieti, la toga socia di una S.r.l. La vicenda del giudice Ilaria Prozzo» si apprende come la vicenda giudiziaria in esso descritta abbia una singolare particolarità. Si apprende infatti che, nelle tre cause civili promosse dinanzi al tribunale di Chieti, sezione lavoro, da Lorenzo Torto, contro la Casa di Cura Santa Camilla S.p.a., ad essere nominato come giudice sia stata la dottoressa Ilaria Prozzo che avrebbe fissato le prime udienze per la comparizione personale delle parti, rispettivamente,il 17 giugno 2021, il 7 luglio 2021 ed il 14 luglio 2021;

   sempre da quanto riportato nel medesimo articolo, il cittadino Lorenzo Torto si sarebbe visto costretto a presentare istanza di ricusazione del giudice in quanto la dottoressa Prozzo, così come si legge nell'atto di ricusazione «con atto pubblico notarile, in data 31 maggio 2010, costituiva la società HYDRO INXX SRL con sede in Montesilvano (Pe) insieme ai soci Mastropaolo Tony e Di Benigno Romolo per la trasformazione e fornitura di prodotti per la stampa digitale, tra cui inchiostri, carta, film etc». Sempre da quanto emergerebbe dal testo di stampa: «... dall'Atto costitutivo del 16 maggio 2011, il Giudice Ilaria Prozzo dichiarava la propria residenza in Montesilvano (Pe) ove è stabilita la sede legale della società TOWA TEAM S.N.C. Società tuttora attiva e costituita fin dal 2 luglio 2009 e amministrata da Mastropaolo Tony già socio del giudice Ilaria Prozzo nella società HYDRO INXX SRL». «Pertanto, come risulta dagli atti e documenti allegati, il Giudice ha svolto attività imprenditoriale»;

   al giudice ai sensi dell'articolo 6 dell'ordinamento giudiziario, regio decreto n. 12 del 1941, l'attività imprenditoriale risulta essere comunque incompatibile con la funzione di giudice. E con l'esercizio dell'attività giudiziaria, anche se il magistrato di fatto è coinvolto in una società operante nel territorio in cui svolge le sue funzioni. Tuttavia, nell'ambito dello stesso iter processuale si legge nelle righe del testo pubblico «...proprio il Giudice Prozzo, inoltre, si è pronunciata "sulla stessa questione delle cause suindicate in un precedente giudizio cautelare ex articolo 700 cpc n. 490/2020 Rg con provvedimento di rigetto, ignorando e disattendendo fatti rilevanti e cioè gli infortuni subiti dal dipendente disabile nel bagno per disabili presso la struttura sanitaria di controparte comprovati da certificati medici e denunce Inail"»;

   tra gli articoli correlati a quello sopracitato la stessa testata digitale, nel recente passato, ha trattato ulteriori vicende singolari titolate «Chieti, lui giudice, la moglie funzionaria in cancelleria», «Camillo Romandini, il giudice-imprenditore e la Immobiliare S.r.l. del nipote collega», «Giustizia, storia di un Tribunale (Chieti), di un Presidente e di un fratello delegato alle vendite immobiliari» e «Caso Bussi e i silenzi intorno alla vicenda del giudice Romandini» quest'ultima già oggetto di una interrogazione (5-00430) che, a parere dell'interrogante, pone la necessità di riflettere sul tema del conflitto di interesse che parrebbe poco sentito nel distretto chietino –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative urgenti di competenza intenda adottare, in particolare di carattere ispettivo, con riguardo agli uffici giudiziari in questione;

   se non ritenga opportuno adottare iniziative normative volte ad affrontare le questioni citate al fine di evitare in maniera efficace tutte le possibili situazioni di conflitto di interesse per coloro che svolgono funzioni giurisdizionali, a salvaguardia delle caratteristiche di indipendenza e imparzialità cui devono essere improntate tali funzioni.
(5-06473)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VARCHI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   dopo la preoccupante notizia del crollo dei pannelli del controsoffitto dell'aula bunker di Trapani, proprio sui banchi dove, poche ore dopo, avrebbe dovuto celebrarsi l'udienza del processo «Scrigno», arriva la notizia del guasto all'impianto di climatizzazione nel tribunale di Agrigento a certificare, semmai ce ne fosse bisogno, lo stato di degrado e abbandono in cui versano le aule di giustizia italiane;

   il guasto, avvenuto nel picco di un'ondata di caldo da record, da alcuni giorni rende proibitiva l'attività giudiziaria nel tribunale siciliano, con disagi accentuati anche dall'obbligo della mascherina per tutti gli operatori e gli utenti del palazzo di giustizia;

   nelle aule di udienza, dove magistrati e avvocati sono obbligati a indossare anche la toga, oltre al dispositivo di protezione individuale, si sono registrate temperature ai limiti del sopportabile; e non va meglio negli uffici della procura, in quelli dei magistrati e nei corridoi frontali all'ingresso dove le numerose finestre provocano un pericoloso «effetto serra» reso opprimente dalla temperatura esterna superiore ai 40 gradi;

   a fronte delle varie criticità che stanno emergendo nel tribunale di Catania, tra le quali il «mancato protocollo sul gratuito patrocinio» che provoca «notevoli disparità di trattamento», a cui si aggiungono, appunto, le condizioni strutturali che rendono impossibile operare soprattutto nei mesi estivi, il direttivo della Camera penale ha proclamato l'astensione delle udienze per il 19, 20 e 21 luglio 2021, poiché, come si legge nel documento, «Tali condizioni» non permettono di «garantire il corretto esercizio della comune funzione Giurisdizionale alla quale difensori, magistrati e personale di cancelleria sono chiamati a dare il loro contributo»;

   per cercare di tamponare tale situazione, il presidente del Tribunale avrebbe emesso una direttiva con la quale «autorizza» i giudici a disporre su richiesta delle parti il rinvio della trattazione delle udienze penali, ma la decisione di rigetto delle richieste da parte di alcuni giudici sembra «aprire la strada a interpretazioni contrastanti pesino sulla sussistenza o meno di condizioni climatiche per le celebrazioni delle udienze»;

   come più volte denunciato dall'interrogante, le situazioni citate in Sicilia non possono definirsi isolate, essendo purtroppo numerosi i casi di palazzi di giustizia «insicuri», di strutture inadeguate, di uffici inospitali e insalubri, di luoghi di lavoro non rispondenti alla dignità di quanti vi operano o li frequentano come utenti –:

   di quali informazioni disponga il Governo per fare chiarezza sulla vicenda di cui in premessa e se e quali immediate iniziative di competenza intenda assumere per accertare lo stato dei luoghi dei tribunali e degli altri uffici giudiziari citati in premessa, al fine di garantire il regolare esercizio della giurisdizione;

   se il Governo non ritenga di dover avviare una ricognizione delle condizioni edilizie dei palazzi di giustizia italiani, al fine di accertarne l'integrità strutturale e la salubrità delle aule e realizzare una programmazione unitaria degli interventi necessari.
(4-09861)


   COSTA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   a seguito della presentazione degli emendamenti del Governo alla «Delega al Governo per l'efficienza del processo penale e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti presso le corti d'appello», attualmente all'esame della Commissione Giustizia della Camera, numerosi magistrati, in particolare pubblici ministeri, si sono scagliati contro le norme proposte sui giornali e sui media;

   a parere dell'interrogante si tratta di un attacco feroce all'attività del Governo e di un evidente tentativo di condizionare il Parlamento con argomenti molto offensivi quali «favore alle mafie», «riforma per i colletti bianchi», «amnistia», «attacco alla democrazia»;

   l'articolo 3, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, prevede che costituiscono illeciti disciplinari al di fuori dell'esercizio delle funzioni «l'uso strumentale della qualità che, per la posizione del magistrato o per le modalità di realizzazione, è diretto a condizionare l'esercizio di funzioni costituzionalmente previste» –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere in ordine ai fatti esposti in premessa.
(4-09873)


   BRUNO BOSSIO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   come riportato dai media nazionali, in data 26 giugno 2021 Cesare Battisti, originariamente detenuto presso la casa di reclusione di Corigliano-Rossano (Cosenza), è stato trasferito nella casa di reclusione di Ferrara (Ferrara);

   condannato all'ergastolo dalla Corte d'assise d'appello di Milano nel 1993, dopo un lungo periodo di latitanza, all'inizio del 2019 è rientrato in Italia e sta scontando la sua pena;

   lo stesso giudice milanese, della Corte d'assise d'appello, su istanza del difensore, redatta per ragioni connesse all'esecuzione della pena, è tornato a pronunciarsi su Battisti e sulla pena inflitta con l'ordinanza n. 3/2019, chiarendo che «sarà la magistratura di sorveglianza a valutare se e quando Cesare Battisti potrà godere dei benefìci penitenziari, in virtù di una progressione trattamentale»;

   nonostante il detenuto, come riconosciuto dalla stessa Corte, non risulti formalmente in regime di cosiddetto ergastolo ostativo, nella sostanza allo stesso è stato e continua a essere applicato un regime carcerario decisamente più gravoso, stante la sua collocazione nel circuito «AS2» (Alta sorveglianza 2), con tutto ciò che notoriamente comporta;

   quando era ancora detenuto nell'istituto di Corigliano-Rossano, la collocazione nel predetto circuito ha comportato che fosse destinato alla sezione riservata ai terroristi islamici, in una situazione in cui, come riferiva il suo difensore, risultava occupare una cella «minuscola», «priva di luce solare», ed era «privato della possibilità di svolgere attività alcuna, compresa l'ora d'aria»; circostanze che ha riferito alla interrogante, e dalla stessa in parte constatate, nel corso della visita al detenuto, il 25 giugno;

   inoltre, l'interrogante ha constatato che lo sciopero della fame, iniziato il 2 luglio 2021, pericoloso per le sue già precarie condizioni di salute, serviva ad attenzionare le autorità competenti e stimolare il trasferimento in altro istituto;

   il trasferimento ha migliorato in parte la detenzione, in quanto, pur trovandosi ora in un istituto più vicino alla residenza di alcuni dei suoi cari e pur non essendo più collocato in un reparto con terroristi islamici, comunque permane la sua collocazione nel circuito di Alta sorveglianza, non prevista dalla legge per il suo caso, in considerazione anche del noto principio tempus regit actum;

   all'interrogante suscita perplessità la scelta dell'Amministrazione penitenziaria di continuare a collocare Cesare Battisti nel regime di «Alta sorveglianza», per diverse ragioni: la prima, che per lo stesso sia stato escluso il regime di cosiddetto «ergastolo ostativo» dall'ordinanza citata, ossia la n. 3/2019 della Corte d'assise d'appello di Milano, che ad oggi, ad avviso dell'interrogante, è elusa. La seconda, che i reati per cui è stato condannato risalgono a più di quarant'anni fa e sono avvenuti in un particolare contesto politico e sociale; infine, la legge n. 279 del 2002 non ha efficacia retroattiva, ergo non può essere applicata a Cesare Battisti, applicandosi a chi ha commesso alcune tipologie di reati dopo la sua entrata in vigore;

   le suddette perplessità sono aumentate dopo che la interrogante ha incontrato il detenuto e il suo difensore; quest'ultimo ha rappresentato di aver chiesto più volte agli organismi competenti spiegazioni relative al trattamento riservato al detenuto in questione, che lo stesso ha definito «regime Battisti», senza ottenere risposte ed anzi lasciando intendere che trattasi di motivazioni secretate –:

   se il Ministro interrogato ritenga di dover adottare iniziative, per quanto di competenza, volte ad acquisire ulteriori elementi sulla vicenda, alla luce dei citati pronunciamenti giudiziari e della menzionata legge;

   quali iniziative di competenza, in particolare di carattere ispettivo, intenda adottare in ordine ad eventuali irregolarità e/o anomalie nella gestione del detenuto Cesare Battisti dal suo ingresso in Italia, anche in relazione al periodo di detenzione scontato dal momento della condanna.
(4-09874)

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ SOSTENIBILI

Interrogazione a risposta scritta:


   RIXI, MACCANTI, CAPITANIO, DONINA, FOGLIANI, FURGIUELE, GIACOMETTI, TOMBOLATO, ZANELLA e ZORDAN. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   ormai da diverso tempo il nostro Paese necessita di un piano di manutenzione straordinaria e ordinaria che coinvolga tutte le infrastrutture presenti sul territorio nazionale;

   i ritardi burocratici incidono notevolmente sulla programmazione e sull'esecuzione degli interventi di manutenzione obbligatoria a cui devono essere sottoposte le principali opere;

   tale situazione crea delle vere e proprie distorsioni, con l'adozione improvvisa di provvedimenti di limitazione del traffico in seguito a sopralluoghi da parte del personale del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e della società Autostrade per l'Italia (Aspi), creando disagio per tutti gli operatori, cittadini e imprese;

   nei giorni scorsi, è stata proposta, da parte del Ministero e Aspi, la chiusura al traffico 24 ore su 24 dell'autostrada A10 dalla tarda sera del 6 alla mattina presto del 23 agosto, tra il bivio per la A7 e Pra', direzione Savona, per il proseguimento dei lavori di alcuni cantieri presenti sull'arteria;

   la chiusura sarebbe, infatti, necessaria per consentire i lavori di rifacimento della Galleria «Provenzale», non eseguibili in condizione di traffico normale;

   a questo proposito, Aspi ha spiegato che, in base a quanto stabilito dal Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, nella persona dell'ispettore ministeriale Placido Migliorino, alcune difettosità delle gallerie in quel tratto devono essere risolte entro il 26 agosto: in caso contrario, il tratto verrebbe comunque chiuso al traffico in assenza del rispetto dei requisiti minimi di sicurezza per la circolazione, e sempre secondo Aspi, un'eventuale differimento dell'intervento in autunno comporterebbe un impatto molto più pesante in termini di traffico, specie per i mezzi pesanti;

   questa decisione improvvisa rischia tuttavia di creare un enorme danno nei confronti di tutti gli operatori, dei cittadini e delle imprese, in un momento in cui si sta assistendo a una ripresa e a una crescita dei traffici del porto di Genova, principale porto d'Italia, che è direttamente collegato alla bretella interessata dalla chiusura, senza considerare che il mese di agosto è tradizionalmente un periodo di «peak season» e questo avrà gravissime conseguenze per turismo ed export in un momento in cui i mercati stanno ripartendo;

   alcune compagnie di navigazione hanno già comunicato alla clientela la quasi totale impossibilità di utilizzo del porto di Genova in questo periodo suggerendo scali alternativi, in quanto il traffico cittadino sarà difficilmente in grado di assorbire il flusso di mezzi pesanti che prevedibilmente lo investiranno;

   inoltre, con la chiusura per lavori della stazione ferroviaria di Genova marittima dal 9 al 29 agosto si rischia il blocco delle merci da e per il porto di Genova nel bacino di Sampierdarena, dove si formano i treni container per i terminal Sech e Gpt (Spinelli) di Sampierdarena;

   a tre anni dalla tragedia del Ponte Morandi non esiste ancora un piano che garantisca la compatibilità tra gli interventi di messa in sicurezza delle opere e le esigenze di imprese e cittadini –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare per modificare questo meccanismo distorsivo di chiusure improvvise di tratte importanti e garantire, da un lato, la sicurezza delle autostrade e, dall'altro, la percorribilità delle stesse da parte di cittadini e imprese.
(4-09868)

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:


   FRAILIS, MURA e GAVINO MANCA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la carenza di segretari comunali e provinciali sul territorio italiano, ma soprattutto nei piccoli comuni della Sardegna, rappresenta un grande problema che si sta cercando di affrontare da anni;

   dalle stime pare siano interessati ben 277 piccoli comuni della Sardegna, dove si registrano le maggiori criticità nella gestione del territorio, nella fornitura di servizi ai cittadini che comportano grossi limiti nella operatività dei comuni;

   la figura del segretario comunale costituisce da sempre l'organo di raccordo tra politica e gestione fondamentale per il funzionamento dell'apparato pubblico locale, figura professionale alla quale si accede previo superamento di un concorso pubblico nazionale e si viene iscritti, dopo specifica formazione, in un apposito albo regionale dei segretari comunali e provinciali gestito da articolazioni interne del Ministero dell'interno;

   è necessario raccogliere l'allarme dei sindaci sardi, chiamati ogni giorno a rispondere a titolo colposo per atti o per avvenimenti non strettamente dipendenti dalla loro volontà e che spesso configurano una sorta di responsabilità oggettiva vera e propria. Occorre inoltre tener conto di rischi ben più gravi che attengono all'adozione di atti e alla partecipazione, diretta o indiretta, a procedimenti che esulano dal mero indirizzo, ma per i quali i primi cittadini non possono prescindere dalla presenza della figura del segretario comunale quale organo di coordinamento e sovrintendenza della gestione della macchina amministrativa e soprattutto di garanzia che tale azione si svolga nella piena legalità e legittimità –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere, per risolvere l'annosa questione e far sì che venga assicurata la continuità amministrativa nei su citati comuni della regione Sardegna.
(4-09867)

ISTRUZIONE

Interrogazioni a risposta scritta:


   DEIDDA. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il Ministero dell'istruzione, ai sensi dell'articolo 58, comma 5-sexies, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, ha indetto la seconda procedura selettiva per il personale ex Lsu e appalti storici, al fine di assumere a tempo indeterminato, a decorrere dal 1° settembre 2021, i soggetti che abbiano prestato attività lavorativa presso le scuole – per almeno cinque anni, anche non continuativi, necessariamente anche nel 2018 e nel 2019 – nei servizi di pulizia e ausiliari, come dipendenti, a tempo determinato o indeterminato, di imprese titolari di contratti per lo svolgimento dei servizi in esame;

   l'avviso è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – IV Serie Speciale – Concorsi ed esami del 18 giugno 2021, nonché nel sito internet del Ministero dell'istruzione e degli uffici scolastici regionali il 21 giugno 2021, con termine per la presentazione delle domande al 5 luglio 2021; secondo la tabella di ripartizione dei posti contenuta nel bando, a fronte di complessivi 1.591 posti, solo 264 saranno destinati alle province meridionali, ivi comprese quelle sarde: in particolare, la Sicilia dovrebbe accontentarsi dei 2 posti previsti per la provincia di Catania; la Sardegna di 34 posti (10 Nuoro, 16 Oristano e 8 Sassari), con esclusione della provincia di Cagliari, al pari di tutte le province della Calabria;

   i lavoratori interessati dalla procedura in esame sono stati confermati in servizio, in forza di vari provvedimenti legislativi, al fine di supplire alle gravi carenze di personale presso i diversi istituti scolastici, ma, nonostante le procedure promosse a tal fine, resterebbero comunque esclusi dalla stabilizzazione migliaia di ex Lsu in tutto il Paese e, in particolare, in Sardegna dove non potranno beneficiare di tale opportunità almeno 20 unità di personale, di cui 14 nella provincia di Cagliari;

   appare urgente prevedere, al fine di evitare esuberi e l'avvio di ulteriori, costose procedure, un immediato adeguamento delle dotazioni organiche Ata, previste per ciascuna provincia, con conseguente incremento dei posti in organico con riferimento alle posizioni in esame, avuto riguardo, specificamente, a tutti i lavoratori, sia pubblici che privati, effettivamente in servizio prima dell'internalizzazione disposta nel 2020 –:

   se siano a conoscenza di quanto sopra esposto e quali iniziative intendano assumere al fine di tutelare tutti i dipendenti in esame, se del caso, anche a mezzo di apposito adeguamento delle relative dotazioni organiche.
(4-09862)


   LOSS, COLMELLERE, DE ANGELIS, PATELLI e RACCHELLA. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   ogni anno, il Ministero dell'istruzione indice, con propria ordinanza, secondo quanto previsto dagli specifici regolamenti vigenti in materia, gli esami di Stato per l'abilitazione all'esercizio della libera professione di geometra, perito industriale, agrotecnico e perito agrario, prevedendo che i suddetti esami si svolgano in un'unica sessione;

   la suddetta ordinanza, che reca anche modalità e termini per l'espletamento degli esami, viene pubblicata in Gazzetta Ufficiale e i giovani laureati e diplomati che intendono avviarsi al mondo del lavoro autonomo hanno 30 giorni di tempo per presentare la propria candidatura;

   a quanto rendono noto i collegi professionali coinvolti, per l'anno in corso il contenuto delle ordinanze relative all'abilitazione per ciascuna professione è stato condiviso fra la struttura tecnica del Ministero e gli ordini professionali già dal 16 aprile, in modo che le stesse potessero essere pubblicate entro il mese di maggio, come sempre avvenuto;

   nonostante alcuni tentativi di sollecito formale e informale ad opera degli Ordini professionali interessati, ad oggi i numerosi giovani che intendono affacciarsi alla libera professione restano ancora in attesa di sapere quando e con quali modalità poter espletare la prova che potrà garantire loro l'iscrizione all'albo professionale di riferimento;

   giova ricordare che il decreto n. 176 del 1997 prevede espressamente che la suddetta ordinanza debba essere comunque emanata «non oltre il 30 giugno» di ogni anno e che negli ultimi 7 anni le ordinanze sono state pubblicate sempre non oltre il mese di maggio –:

   quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per assicurare il rispetto della normativa vigente, ovvero per garantire la rapida emanazione delle suddette ordinanze, onde evitare il protrarsi di ritardi e disagi che pregiudicano gravemente il futuro lavorativo dei giovani candidati.
(4-09863)


   GALIZIA. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro del turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della cultura, al Ministro per le politiche giovanili. — Per sapere – premesso che:

   l'Associazione italiana alberghi per la gioventù (Aig), ente storico e patrimonio del Paese, è stato riconosciuto, con il decreto-legge n. 97 del 1995, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 203 del 1995, come ente culturale ed è inclusa tra le «organizzazioni non governative» segnalate dall'Onu tra gli enti di sviluppo sociale; anche grazie ad Aig, l'Italia, è da sempre Paese membro qualificato della International Youth Hostel Federation (Iyhf);

   l'Associazione si è sempre occupata di agevolare la promozione della cultura italiana, dei siti paesaggistici, culturali e dei siti riconosciuti patrimonio dell'Unesco;

   dal 1° luglio 2019 l'Aig si trova in procedura fallimentare, avviata dal tribunale di Roma, il quale, il 26 giugno 2019 ha respinto la domanda di un'omologa di concordato in continuità, nonostante l'approvazione del piano da parte della maggioranza dei creditori, pronunciatisi a favore di Aig e della sua solvibilità, oltre che a favore della concreta possibilità di un suo pronto rilancio e sviluppo; l'Agenzia delle entrate e l'Inps hanno espresso il proprio assenso all'omologazione del piano, anche in virtù dell'elevata patrimonializzazione dell'ente (stimato in euro 21.941.662,36), dell'interesse sociale e della salvaguardia del livello occupazionale;

   l'ente si è opposto alla procedura fallimentare, e, ad oggi, dopo 75 anni di ininterrotta attività al servizio del turismo giovanile, scolastico e sociale, rischia la chiusura;

   la procedura fallimentare sta determinando il graduale licenziamento di oltre 200 persone; occorre, inoltre, evidenziare le pesanti ricadute per l'indotto dovute alla messa in vendita dell'ingente patrimonio immobiliare dell'ente, nonché alla dismissione del suo importante «brand» nazionale ed internazionale;

   in fase di conversione del decreto-legge «Salva imprese», fu approvata all'unanimità, in Commissioni riunite al Senato, una norma che introduceva misure urgenti a salvaguardia del valore e delle funzioni dell'ente, norma successivamente stralciata con l'impegno assunto dal Governo a ripresentarla in successivo provvedimento;

   con atto n. 9/2305/99, la Camera dei deputati ha impegnato il Governo ad adottare le misure necessarie a salvaguardia delle attività sociali e assistenziali portate avanti dall'Aig;

   la sottosegretaria per i beni e le attività culturali e per il turismo del precedente Governo, ha ricordato che «Durante la conversione in Senato del decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101, fu approvato e poi stralciato, l'emendamento 15.0.13 che prevedeva la soppressione dell'Associazione italiana alberghi per la gioventù e, conseguentemente, costituiva l'ente pubblico non economico denominato Ente italiano alberghi per la gioventù (Eig), ribadendo altresì che “Il Governo, oggi come un anno fa, è disponibile a valutare positivamente un'analoga proposta normativa per affrontare e risolvere l'attuale situazione dell'Associazione italiana alberghi della gioventù e salvaguardare le attività e le funzioni che questa svolge”»;

   la situazione è stata aggravata dalla pandemia da COVID-19 ed anche per questo un intervento si rende urgente, al fine di non depauperare il patrimonio mobiliare e immobiliare dell'Ente –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intenda intraprendere anche a tutela del patrimonio immobiliare dell'ente;quali iniziative siano state adottate a tutela del marchio storico e dei servizi di utilità sociali dell'Ente;

   se il Governo, anche a seguito delle reiterate sollecitazioni da parte del Parlamento (inclusa l'approvazione di un ordine del giorno) ritenga opportuno adoperarsi al fine di salvaguardare le funzioni di un ente (e i relativi posti di lavoro) la cui rete di strutture, la distribuzione e il radicamento in ogni regione italiana svolgono un prezioso ruolo sociale ed educativo, oltre ad essere opportunità di conoscenza del nostro Paese, a livello nazionale e internazionale, garantendone anche crescita e coesione sociale.
(4-09870)


   BIGNAMI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nel gennaio del 2019, dopo l'arresto avvenuto in Bolivia dopo 37 anni di latitanza, il terrorista dei Pac, Cesare Battisti, venne condotto nel carcere di Oristano dove rimase fino a settembre 2020 per poi essere trasferito nel penitenziario di Rossano, in provincia di Catanzaro;

   il 26 giugno 2021, il Dap ha disposto il suo trasferimento nel carcere di Ferrara: tale decisione è scaturita in seguito alle proteste del terrorista, che dal 2 giugno aveva iniziato anche lo sciopero della fame, contro il regime carcerario a cui era sottoposto, in particolare contro la detenzione nel settore dei terroristi islamici;

   da quanto riportato da alcuni organi di informazione le motivazioni principali che avrebbero indotto il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria a procedere con il trasferimento sarebbe stato un «clima di possibile tensione sfociato anche in alcuni episodi specifici...» e che il trasferimento di Battisti rientrerebbe «in una più generale riorganizzazione del circuito alta sicurezza a livello nazionale nei mesi scorsi ostacolata dal perdurare della pandemia e dalle conseguenti limitazioni ai trasferimenti»;

   tali affermazioni sono state smentite categoricamente dai Sindacati degli agenti di polizia penitenziaria di Rossano, secondo i quali Battisti non avrebbe subito alcun tipo di minaccia né sarebbe mai stato aggredito fisicamente dagli altri detenuti islamici;

   sono sempre i Sindacati, che rivendicano su quanto accaduto il mancato riconoscimento e sostegno da parte dell'Amministrazione agli agenti per il lavoro che ogni giorno svolgono con serietà e professionalità, a denunciare invece l'imposizione di un'ingiustificata celerità nella disposizione del trasferimento e l'assenza di una preventiva pianificazione necessaria ai fini della valutazione dei costi e al fine di garantire la sicurezza durante lo spostamento dei detenuti, soprattutto se del calibro di Battisti;

   sempre da quanto denunciato dai Sindacati nel penitenziario di Rossano vi sarebbero altre situazioni, da tempo segnalate, che avrebbero meritato quanto meno la stessa attenzione dedicata al caso Battisti: trattasi, infatti, di detenuti con gravi problemi psichici reclusi ormai da mesi in un settore del penitenziario non idoneo alle loro condizioni sanitarie ed incompatibile con il loro profilo detentivo per i quali non è ancora stato dato il nulla osta al trasferimento;

   secondo quanto dichiarato da Giovanni Battista Durante, Segretario generale aggiunto Sappe, il quale aveva già evidenziato plurime criticità relative alle condizioni degli agenti impegnati a Ferrara, non ultima l'esigenza di incrementare il personale di istanza a Ferrara, alle agenzie di stampa, la decisione e le modalità di trasferimento di Cesare Battisti sarebbero state condizionate da valutazioni politiche che avrebbero favorito un trattamento privilegiato –:

   se si sia già attivato, o intenda attivarsi urgentemente al fine di verificare quanto denunciato dai Sindacati degli agenti di polizia penitenziaria di Rossano, in particolare: se vi fossero gli estremi per il trasferimento immediato del terrorista Cesare Battisti, se siano state rispettate tutte le procedure necessarie a tale trasferimento o se sia stata a lui riservata una corsia preferenziale, anche in virtù di interventi esterni di esponenti politici;

   se vi sia garanzia che anche dopo il trasferimento al carcere di Ferrara Battisti continuerà ad essere sottoposto al regime carcerario di «alta sicurezza» e se, in ragione del maggior controllo che necessitano i detenuti sottoposti a tale regime, verrà incrementato il numero di agenti addetti alla sorveglianza, così come richiesto dal Sappe;

   se intenda avviare, per quanto di competenza, doverosi accertamenti sulle condizioni fisiche e psichiche di altri detenuti segnalati dagli agenti penitenziari per verificare se siano compatibili con il profilo detentivo al quale sono sottoposti e, in caso contrario, per far sì che venga disposto un immediato trasferimento in una struttura idonea, garantendo una equità di trattamento a tutti i detenuti.
(4-09875)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   TIRAMANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   i navigator – si ricorda – sono nati con l'introduzione del reddito di cittadinanza quale figura «specializzata» per accompagnare i percettori del reddito verso un inserimento o reinserimento nel mercato del lavoro;

   in particolare, si tratta di figure per lo più 35enni, il cui compito doveva essere quello di selezionare le offerte di lavoro e proporle lavorando in affiancamento agli impiegati dei centri per l'impiego; in altre parole, erano stati a suo tempo presentati come il fulcro delle politiche attive del lavoro e del buon funzionamento del reddito di cittadinanza, affinché il medesimo non fosse solo ed esclusivamente un ammortizzatore «passivo»;

   secondo i dati di settembre 2020, sono state 220.048 le offerte di lavoro e le opportunità formative rese disponibili dai navigator ai beneficiari del reddito di cittadinanza presi in carico; rispetto a una platea di circa 1,23 milioni di maggiorenni tenuti al patto di servizio (quindi potenzialmente «pronti a lavorare»), indubbiamente si tratta di numeri alquanto ridotti;

   il contratto dei navigator con l'Anpal sarebbe dovuto scadere il 30 aprile 2021 poi, complice anche la pandemia, è stata prevista la proroga a fine anno;

   con uno stipendio lordo annuo di circa 27.500 euro (e la possibilità di chiedere un rimborso spese per le trasferte di 300 euro al mese), si stima che i navigator – circa 3.000 – costino alle casse dell'erario 7,5 milioni di euro al mese; senza tener conto della proroga, per i 18 mesi iniziali di attività fa un totale di 135 milioni di euro;

   a parere dell'interrogante, dunque, il costo supera di gran lunga l'utilità della figura e l'attività espletata e merita un tempestivo ripensamento delle politiche attive del lavoro –:

   quali siano i dati aggiornati in merito alle pratiche evase dai navigator a livello regionale, quanti patti per il lavoro siano stati sottoscritti dalla loro immissione professionale e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare nei loro riguardi allo scadere del contratto.
(5-06471)


   MURA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   come segnalato dalla consigliera di parità della regione Sardegna, con diffida alla Associazione italiana assistenza spastici Cagliari (A.I.A.S.) e per conoscenza all'assessore regionale della sanità, la signora S.M., dipendente presso la suddetta Associazione, risulterebbe vittima di discriminazioni nei luoghi di lavoro legate al genere;

   nello specifico, si denuncia che il rapporto di lavoro della signora S.M. con la citata Associazione si sarebbe interrotto per esclusiva volontà del datore di lavoro a seguito della sua gravidanza, circostanza che risulterebbe confermata, tra le altre cose, dal fatto che l'A.I.A.S. ha trasmesso la comunicazione di annullamento della precedente comunicazione di proroga del contratto a termine solamente in data 22 marzo 2021, alle ore 18:41 (prot. 00063175; codice comunicazione 1509121200596713), ovverosia qualche ora dopo aver ricevuto dalla lavoratrice la notizia del proprio stato di gravidanza a rischio;

   nonostante la diffida della consigliera di parità della regione Sardegna, a tutt'oggi non risulterebbe revocato l'annullamento della proroga del contratto a tempo determinato, con la conseguente reintegrazione della suddetta lavoratrice nel proprio posto di lavoro ed il corrispondente risarcimento per il danno subito;

   la gravità dei suddetti comportamenti discriminatori e, successivamente, omissivi, nonostante i fatti descritti siano stati già dimostrati dal primo esame dell'ispettorato provinciale del lavoro di Nuoro, appaiono ancora più inaccettabili laddove si consideri che vengono perpetrati da un soggetto che offre un servizio sanitario in convenzione con la regione autonoma della Sardegna, a maggior ragione in un momento storico condizionato dalla pandemia che ha visto i tanti sacrifici operati da lavoratrici e lavoratori di moltissimi settori produttivi, primo fra tutti quello sanitario;

   l'ormai consolidata e condivisa sensibilità sociale e politica non può tollerare episodi di tale natura che contraddicono apertamente l'obiettivo dell'apertura del mercato del lavoro alla partecipazione delle donne, a parità di condizioni economiche e giuridiche –:

   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per verificare la vicenda sommariamente illustrata in premessa e per assicurare il diritto della lavoratrice in questione alla tutela del proprio posto di lavoro e della maternità.
(5-06474)


   EHM, SURIANO, TRANO, TERMINI e SARLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la Gkn Driveline azienda originariamente inglese e passata di proprietà ad un fondo americano, con sede distaccata a Campi Bisenzio, è un'azienda specializzata nella produzione di semiassi ed elementi di trasmissione per il settore automotive, contando un totale di circa 27.500 dipendenti in oltre 30 Stati;

   si è appreso, il 9 luglio 2021, il licenziamento dei 422 lavoratori (4 dirigenti, 16 quadri, 67 impiegati e 335 operai) giunto senza preavviso e con una notifica via posta elettronica; le attività, inoltre, interessano molti lavoratori dell'indotto;

   alla base dei licenziamenti la Gkn Automotive addurrebbe motivi riguardanti un presunto calo del fatturato dello stabilimento, peraltro smentito dal sito della Cna Toscana in cui si legge al riguardo: «una chiusura che contrasta quanto contenuto nel bilancio GKN dello scorso aprile: i primi mesi dell'esercizio 2021 hanno confermato il trend positivo in termini di consolidamento dei volumi rispetto a quanto consuntivato nell'ultima parte dell'esercizio 2020. Il primo trimestre ha evidenziato infatti un incremento del fatturato complessivo del 7 per cento rispetto al periodo precedente e del 14 per cento rispetto al budget. Questo consolidamento è in particolare riferibile alle vendite verso clienti terzi che incrementano del 17 per cento rispetto allo stesso periodo dell'esercizio precedente e dell'11 per cento rispetto al budget»;

   tale azione ha sollevato numerose critiche dal mondo delle istituzioni e dallo stesso mondo industriale per cui, la stessa Confindustria ha espresso preoccupazione, in una nota pubblicata, in cui si dichiara fortemente in dissenso con le modalità di licenziamento, evidenziando che la stessa, «non aveva avuto alcuna informazione» al riguardo e che si impegna a fare tutto il possibile per giungere ad una soluzione nell'interesse comune dell'azienda e dei lavoratori coinvolti;

   il licenziamento dei 422 operai impiegati non rispetta e anzi lede la dignità dei lavoratori e delle famiglie coinvolte oltre ad essere strumento inadeguato e irrispettoso della dignità del lavoratore stesso, della legislazione italiana e della stessa contrattazione in sede sindacale;

   a partire da venerdì 9 luglio 2021 e a seguito dei fatti riportati è in atto un'assemblea permanente dei lavoratori che sta ricevendo il sostegno e la solidarietà anche dei cittadini e dell'opinione pubblica;

   va tenuto conto del gap a livello europeo per cui un'azienda che decida di spostare la propria sede presso uno Stato diverso, delocalizzando, è nella possibilità di farlo senza incorrere in sanzioni fiscali;

   il 15 luglio 2021 si è svolto il primo tavolo tecnico annunciato dal Ministero dello sviluppo economico in prefettura a Firenze, che ha visto coinvolti i soli lavoratori della Gkn e dal quale sono chiaramente emersi dei punti: la forte chiusura dell'azienda Gkn, non presente al tavolo di confronto, e la richiesta dei lavoratori e delle sigle sindacali di bloccare immediatamente i licenziamenti anche in vista delle perduranti difficoltà economiche connesse alla pandemia da COVID-19 –:

   quali iniziative il Governo intenda promuovere a tutela dei lavoratori interessati dai licenziamenti, posto che, tra l'altro, la modalità adottata da Gkn Automotive per comunicare i licenziamenti medesimi appare lesiva del corretto rapporto tra azienda e lavoratori;

   se il Governo non intenda promuovere iniziative, anche di carattere normativo, per favorire la ripresa delle attività produttive dello stabilimento di Campi Bisenzio;

   se il Governo sia a conoscenza di una eventuale decisione da parte dell'azienda di delocalizzare le produzioni dello stabilimento;

   quali siano stati i sostegni economici pubblici negli ultimi 10 anni di cui ha usufruito la Gkn in Italia.
(5-06476)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DORI e FORNARO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la Timken Company è una multinazionale statunitense produttrice di cuscinetti ingegnerizzati e prodotti per la trasmissione di potenza, dove, grazie a più di un secolo di conoscenza e innovazione, è tra i leader di mercato. Oltre a collaborare con la Nasa, collabora infatti con società di energia rinnovabile per alimentare alcune delle più grandi turbine eoliche del mondo, oltre a supportare il settore dei trasporti. La sede centrale è a North Canton, in Ohio, ed è presente in 30 Paesi del mondo;

   nel sito di Villa Carcina, in provincia di Brescia, aperto nel 1978 e acquisito da Timken nel 1996, vengono prodotti cuscinetti a rulli conici a fila singola per il mercato fuoristrada e ferroviario. Il 19 luglio 2021 la multinazionale ha annunciato la volontà di chiudere lo stabilimento di Villa Carcina, in provincia di Brescia, e il conseguente licenziamento dei 106 lavoratori, senza nessun preavviso e senza percepire nessun segnale di crisi;

   da fonti di stampa si apprende che la nota aziendale parla di «cambiamento, per quanto difficile, necessario per ottimizzare le attività e riorganizzare l'assetto produttivo, con l'obiettivo di servire al meglio i clienti globali». Il che vuol dire chiusura immediata del sito e 12 mesi di cassa integrazione straordinaria per cessata attività, proposta respinta dai lavoratori e dai loro rappresentanti. La cassa integrazione per cessata attività presuppone il licenziamento, ma l'azienda avrebbe ancora a disposizione altri ammortizzatori sociali; potrebbe, ad esempio, godere di 30 mesi di contratto di solidarietà;

   dopo la Gianetti Ruote in Brianza e la Gkn di Campi Bisenzio, questo della Timken è un nuovo caso di chiusura di un'azienda al termine del blocco dei licenziamenti –:

   se il Governo non ritenga utile e urgente attivare un tavolo di crisi con rappresentanti della proprietà dell'azienda, delle parti sociali e delle istituzioni locali;

   quali iniziative di competenza il Governo intenda mettere in atto affinché la Timken Company assicuri il mantenimento degli impegni sottoscritti da Governo, organizzazioni sindacali e associazioni delle imprese attraverso la firma dell'avviso comune del 30 giugno 2021, utilizzando strumenti alternativi ai licenziamenti, per trovare ogni forma di soluzione volta a dare continuità all'attività del sito produttivo e per salvaguardare il perimetro occupazionale.
(4-09864)


   COLLA e TOCCALINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   con determinazione presidenziale n. 52 del 16 maggio 2018 veniva adottato il regolamento di attuazione del decentramento territoriale dell'Inps;

   con circolare n. 96 del 21 settembre 2018 la direzione centrale organizzazione e sistemi informativi dell'Inps illustrava il contenuto del predetto regolamento descrivendo i parametri di fattibilità alla base dei provvedimenti di istituzione, chiusura o trasformazione delle agenzie in punti Inps, nonché dei provvedimenti di rivisitazione dei bacini di utenza;

   sulla base di tali parametri è stata disposta la chiusura della sede Inps di Melegnano, nonostante il suo bacino di utenza sia di gran lunga superiore al numero di abitanti residenti in città;

   la chiusura della sede Inps di Melegnano, che perdura purtroppo ormai da più di un anno, continua a rivelarsi una grave penalizzazione per tutti quei cittadini, gli imprenditori e i lavoratori che hanno bisogno dei servizi erogati tradizionalmente dall'istituto previdenziale;

   tale chiusura determina, in maniera evidente, problemi ai cittadini non solo di Melegnano ma anche dei comuni dell'intero sud Milano soprattutto a quella parte più fragile, quali anziani e disabili che dovrebbero percorrere circa 20 chilometri per poter accedere al servizio;

   peraltro, i suddetti disagi alla popolazione con aumento degli assembramenti e delle code agli ingressi delle altre sedi Inps aperte, comportano in diversi casi problematiche sanitarie, in particolare per la popolazione più anziana legate al rischio da COVID-19;

   è auspicabile, a parere degli interroganti che il bacino di utenza andrebbe dunque ricalcolato, tenendo conto proprio della circostanza che la popolazione dei comuni di tutto il sud est milanese è servita dalla sede Inps di Melegnano –:

   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda adottare affinché sia ripristinata la sede dell'Inps di Melegnano, evitando, di conseguenza, costi e disagi a carico di cittadini, utenti e dipendenti, e se non ritenga opportuno adottare iniziative affinché l'Inps definisca una eventuale riorganizzazione degli uffici territoriali dell'istituto sulla base delle specifiche situazioni territoriali.
(4-09866)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XIII Commissione:


   CENNI e INCERTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   con provvedimento del 1° giugno 2021, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha trasmesso alla Conferenza Stato-regioni la bozza del decreto interministeriale in materia di piante officinali. Tale provvedimento fa riferimento alla canapa con una pretesa distinzione tra semi e derivati (leciti, in quanto rientrerebbero nelle previsioni della legge n. 242 del 2016) e fiori e foglie, che secondo lo schema di decreto rientrerebbero tout court nelle previsioni del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 in materia di stupefacenti, e la cui coltivazione pertanto «è vietata senza l'autorizzazione del Ministero della salute»;

   qualora adottato in via definitiva, il decreto sancirebbe una ingiustificata ed anacronistica limitazione per gli agricoltori che si vedrebbero costretti a dover «selezionare» una pianta rinunciando alle parti con le maggiori proprietà medicali. Una restrizione dell'organizzazione del mercato comune della canapa sativa che rischia di penalizzare l'intera filiera;

   il testo del decreto, qualora adottato, a giudizio degli interroganti contrasterebbe con il diritto comunitario anche alla luce delle recenti interpretazioni fornite dalla sentenza della Corte di giustizia europea nel cosiddetto caso «Kanavape», che ha condannato la Francia proprio per le limitazioni legislative all'uso dell'intera pianta di canapa sativa, e non soltanto dalle sue fibre e dai suoi semi (articolo 78 della sentenza);

   il 14 novembre 2019 la Commissione agricoltura della Camera approvava una risoluzione che impegnava il Governo pro tempore ad attivare un tavolo tecnico di coordinamento interministeriale allo scopo di favorire lo sviluppo di intese necessarie a favorire la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa –:

   quale sia lo stato di avanzamento dei lavori del tavolo tecnico interministeriale e se non ritenga necessario, in considerazione di quanto riportato in premessa, fornire gli opportuni chiarimenti interpretativi in merito all'applicazione delle disposizioni del decreto interministeriale in materia di piante officinali.
(5-06478)


   SANDRA SAVINO, NEVI, SPENA e ANNA LISA BARONI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   è stato firmato il Protocollo d'intesa per la prevenzione e il contrasto dello sfruttamento lavorativo in agricoltura tra un'associazione di imprenditori agricoli, i Ministri dell'interno, del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro interrogato, il presidente dell'Anci, l'Osservatorio agromafie e l'Osservatorio Placido Rizzotto;

   il patto di filiera contro il caporalato, cui aderiscono sindacati di settore, dà seguito alla previsione del piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura 2020-2022. Esso prevede l'attivazione presso le prefetture di un tavolo permanente che rilevi i bisogni e le criticità a livello locale;

   si vuole rafforzare la Rete del lavoro agricolo di qualità, con l'attivazione di misure premianti per le imprese agricole, perché attraverso la trasparenza dell'incontro tra domanda e offerta di lavoro s'interrompa l'intermediazione illecita di manodopera;

   contemporaneamente, fonti di stampa hanno informato che numerosi prodotti alimentari, ad esempio il pomodoro, non garantiscono una redditività adeguata ai produttori dei bene primario, infatti, sul prezzo finale di una passata di pomodoro, la confezione influisce più del pomodoro contenuto;

   per il consumatore l'acquisto di una bottiglia di passata da 700 ml ha un costo medio pari a 1,3 euro. Oltre la metà, il 53 per cento del ricavo è destinato alla distribuzione commerciale, il 18 per cento rappresenta il costo di produzione industriali, il 10 per cento il costo della bottiglia, il 6 per cento il trasporto, il 3 per cento il tappo e l'etichetta, il 2 per cento la pubblicità;

   il valore riconosciuto al produttore di pomodoro è bassissimo, pari solo all'8 per cento del totale;

   la sottoscrizione del protocollo interrompe la catena dello sfruttamento rischiando però di non garantire margine di utilità sufficiente a causa degli alti costi sostenuti e i bassissimi ricavi percepiti, che a volte sono, persino nulli –:

   quali ulteriori iniziative di competenza intenda assumere per riequilibrare e rendere maggiormente equa la distribuzione del valore aggiunto all'interno dell'intera filiera che parte dalla campagne, passa per l'industria e giunge alla distribuzione, costringendo gli imprenditori agricoli a vendere prodotti anche sottocosto, in particolare adottando misure che evitino l'uscita dal mercato di aziende agricole italiane sane e rispettose dell'ordinamento giuridico ma messe in particolare difficoltà da pratiche sleali commerciali, nonché da importazioni di prodotti esteri acquistati a costi bassissimi, perché nei Paesi di produzione non sono rispettate le norme e gli standard dell'Unione europea.
(5-06479)


   CIABURRO e CARETTA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   a seguito dell'emergenza pandemica da Covid-19, alcune importanti filiere di carne di razza Piemontese hanno subìto forti rallentamenti, o addirittura hanno smesso di ritirare prodotto, tra queste ultime figurano il comparto «Ho.Re.Ca», le mense scolastiche ed aziendali;

   gli allevamenti di Piemontese sono particolarmente vulnerabili a causa delle ridotte dimensioni ed a causa della difficoltà di modulare l'offerta in base alla domanda;

   un'ulteriore preoccupazione in tal senso deriva dagli investimenti fatti negli ultimi anni dalle aziende, in modo particolare per adeguare le produzioni alle normative dell'Unione europea relative al benessere animale ed alla sostenibilità, dato che si tratta di investimenti importanti, che per essere sostenuti richiedono un adeguato fatturato da parte delle aziende e dunque non possono essere sostenuti da tutte le attività in modo analogo;

   la realtà della razza Piemontese conta oltre 340.000 bovini in Italia, di cui il 60 per cento nella provincia di Cuneo, per un fatturato di oltre 230 milioni di euro, senza contare l'indotto tra macellerie e grande distribuzione;

   secondo uno studio delle associazioni di categoria, in conseguenza della crisi pandemica da Covid-19, è stata rilevata una flessione del 25 per cento dei prezzi dei bovini maschi, che ha portato ad una riportata mancata sostenibilità economica del 95 per cento circa degli allevamenti di razza Piemontese, fenomeno ormai perdurante da mesi;

   al contempo, il costo di gestione ed adeguamento dei disciplinari per i produttori si è fatto sempre più elevato, anche a causa della mancata liquidità conseguente alla crisi da Covid-19;

   di fronte alla progressiva ed oggettiva difficoltà nel rispettare i disciplinari da parte del settore della razza Piemontese e degli allevamenti italiani in generale, è stato riportato come la distribuzione si sposti su filiere di altra origine e di ben altra qualità, prevalentemente di provenienza estera;

   l'aumento dei prezzi delle materie prime nella mangimistica ha reso sempre meno economica la sostenibilità delle attività zootecniche, con ripercussioni a cascata anche sugli allevamenti di razza Piemontese –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per sostenere l'attività strategica costituita dal comparto della razza Piemontese, anche riconoscendo ai produttori il valore della qualità delle proprie produzioni, alla luce delle recenti spirali inflattive che hanno colpito il settore della mangimistica e della zootecnia sul territorio nazionale, nonché alla luce dei crescenti sforzi economici in capo ai produttori.
(5-06480)


   PIGNATONE, GALLINELLA, MARZANA, GAGNARLI, BILOTTI, CADEDDU, CASSESE, CILLIS, L'ABBATE, MAGLIONE, ALBERTO MANCA e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   secondo i dati di avanzamento del Programma operativo Feamp aggiornati a maggio 2021 e riferiti al comitato di sorveglianza, si registrano nelle diverse regioni italiane impegni di spesa pari a circa 345,5 milioni di euro, il 64 per cento della dotazione totale del programma operativo;

   come è noto, tali risorse debbono essere utilizzate con un vincolo temporale — noto come N+3 — ma non tutte le regioni sembrerebbero rispettare tale obiettivo, con il rischio quindi di disimpegno di soldi pubblici;

   in particolare, le regioni che mostrano un minore avanzamento rispetto alla media, in termini di impegni sulla dotazione del programma operativo, sono la Lombardia (21 per cento), il Molise (30 per cento), la Puglia (34 per cento), la Calabria (44 per cento) e il Veneto (45 per cento);

   entro il 31 dicembre 2021, per raggiungere l'obiettivo di spesa prefissato dal vincolo temporale N+3, devono essere certificati ancora 47 milioni di euro –:

   sulla base di quanto esposto in premessa, quali iniziative di competenza intenda avviare affinché sia scongiurato il disimpegno di risorse pubbliche evidenziato a causa dei mancati impegni regionali e se si intenda promuovere un tavolo di confronto con le regioni per una ridistribuzione delle risorse non impegnate, con il duplice intento di non disperdere le stesse e di creare sviluppo nel settore.
(5-06481)


   VIVIANI, BUBISUTTI, GASTALDI, GERMANÀ, GOLINELLI, LIUNI, LOLINI, LOSS, MANZATO e TARANTINO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   accade sovente di leggere dalla stampa che prodotti ittici di vario genere provenienti da Paesi dell'Unione europea ed extra Unione europea vengano bloccati in quanto non conformi o idonei al consumo umano per le pessime condizioni di conservazione, per la presenza di sostanze superiori ai limiti consentiti, oppure sprovvisti di regolare documentazione di tracciabilità;

   le eventuali sanzioni che vengono irrogate molto spesso sono nei confronti degli operatori nazionali, quando, invece, le partite di prodotto ittico estero hanno già fatto il loro ingresso nella filiera italiana, questo perché i controlli nei porti e negli aeroporti sono ancora insufficienti;

   il pesce importato da Paesi esteri, che può risultare oltremodo pericoloso per la salute dell'uomo, non offre te stesse garanzie di quello nostrano; sono soprattutto i Paesi extra Unione europea quelli ad essere considerati la maggiore fonte di prodotti non regolari ed è verso questi che va intensificata l'attività di controllo dei prodotti ittici in Italia;

   il consumatore, nei mercati ittici, per controllare direttamente la provenienza del pesce acquistato è necessario che verifichi sull'etichetta che sia indicata la «zona Fao 37» che identifica il prodotto pescato nel Mediterraneo;

   nella fase di import è fondamentale controllare lo sbarco in ambito portuale, le piattaforme logistiche di distribuzione e grossisti locali di prodotti ittici e la loro commercializzazione in ingresso sul territorio nazionale, allo scopo di impedire che specie provenienti dall'estero, prive di prescritti requisiti di igiene, qualità e tracciabilità, possano liberamente essere commercializzate sul mercato interno in modo del tutto incontrollato;

   è importante potenziare il dispositivo di collaborazione interistituzionale nei controlli sui prodotti ittici provenienti dai Paesi dell'Unione europea ed extra Unione europea, rendendo strutturale e diffusa la positiva esperienza maturata nel corso del Progetto sperimentale «Nautilus», fortemente voluto dal pro tempore Ministro Centinaio;

   si deve tutelare la domanda nazionale di pesce, che non deve dipendere prevalentemente dalle importazioni, per non cancellare storia, tradizione e cultura della pesca in mare, per non chiudere i nostri mercati ittici e salvare migliaia di imprese e posti di lavoro di chi ogni giorno porta pesce fresco italiano sulle nostre tavole –:

   quali iniziative di competenza intenda mettere in atto, a partire da un maggiore confronto con l'Europa, affinché sia potenziato ulteriormente il sistema di verifiche congiunte sul prodotto ittico proveniente dai Paesi dell'Unione europea ed extra-Unione europea, al fine di tutelare i pescatori e il prodotto ittico italiani da importazioni, anche illegali e non conformi agli standard di sicurezza di igiene, qualità e tracciabilità.
(5-06482)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RIZZO e SAITTA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   a causa dei venti sciroccali che si sono protratti dal 18 al 28 giugno 2021 nei territori di Mazzarrone, Licodia Eubea, Acate, Caltagirone, Comiso, Chiaramonte e Gulfi questi comuni sono stati interessati da temperature sensibilmente più elevate e da venti sciroccali che hanno depauperato e danneggiato diverse aziende agricole causando notevoli danni allo sviluppo della coltura «Uva da Tavola» e nello specifico l'appassimento dei grappoli in piena formazione;

   le amministrazioni comunali dai primi sopralluoghi hanno denunciato importanti danni alle aziende e alle colture stesse;

   il comune di Caltagirone e comuni limitrofi sono importanti produttori di Uva Igp Mazzarrone e sono riuniti nel Consorzio di tutela dell'uva da tavola di Mazzarrone Igp, costituito nel marzo 2001, e che riunisce i produttori di uva dei comuni di Mazzarrone, Licodia Eubea, Caltagirone (Provincia di Catania), così come Acate, Comiso e Chiaramonte Gulfi (Provincia di Ragusa). Il territorio coperto dall'Igp di Mazzarrone comprende all'incirca 12.000 ettari coltivati a vigneti, per una produzione che raggiunge fino a 240.000 tonnellate;

   il Marchio Igp identifica e tutela i prodotti originari di una determinata area geografica, che nel tempo si è distinta per qualità e reputazione. Nel disciplinare vengono quindi indicati i processi produttivi caratterizzanti e tipici di quel luogo, ai quali i produttori devono attenersi per ottenere la certificazione;

   le aziende agricole locali lamentano il fatto che le istituzioni regionali hanno sempre avuto difficoltà a dare risposte circa le normative vigenti in materia di calamità e al territorio Igp –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere a sostegno dei territori citati in premessa colpiti da eventi atmosferici a carattere eccezionale;

   quali interlocuzioni siano state avviate con la Regione Siciliana per definire un piano di azione e ristoro delle aziende agricole duramente colpite dagli eventi atmosferici indicati in premessa;

   quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di attivare il fondo di Solidarietà nazionale per i danni causati da eventi atmosferici di carattere eccezionale determinando la concessione di contributi in conto capitale per i danni alle colture ed agevolazioni previdenziali ai sensi dell'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo n. 102 del 2004 a favore delle aziende danneggiate dagli eventi atmosferici indicati in premessa.
(5-06469)


   INCERTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   la filiera suinicola rappresenta una delle componenti principali del sistema agroalimentare nazionale sia per dimensione economica assoluta che per impatto occupazionale, coinvolgendo un indotto rilevante in relazione ai numerosi settori collegati;

   l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e le conseguenti misure adottate hanno messo sotto pressione il mercato suinicolo nazionale;

   le regioni Emilia-Romagna e Lombardia, da tempo impegnate per affrontare in maniera decisa le criticità del settore suinicolo, hanno istituito un tavolo interregionale con l'obiettivo di creare un vero e proprio patto di filiera. L'obiettivo è quello di: evitare la frammentazione del comparto in un momento di criticità economica; rafforzare le forme organizzative tra gli allevatori; promuovere una forma efficace di collaborazione strategica dell'intera filiera; promuovere la diversificazione dei prodotti per attirare l'attenzione dei consumatori; valorizzare le nuove pratiche di allevamento più attente alle esigenze degli animali;

   gli assessori regionali all'agricoltura di Emilia-Romagna e Lombardia hanno indirizzato al Ministro una lettera nella quale denunciano il malfunzionamento della Commissione unica nazionale suini e di come questa situazione rischi di compromettere la redditività non soltanto per gli allevatori, che sono il primo anello della filiera e sui quali si scaricano anche i maggiori costi delle materie prime, ma anche dei macellatori –:

   se non ritenga di dover assumere urgenti iniziative di competenza al fine di verificare quanto segnalato dagli assessori regionali dell'Emilia-Romagna e Lombardia e se non ritenga di dover convocare tutte le parti interessate, affinché sia fatta chiarezza sul funzionamento della Commissione unica nazionale suini.
(5-06475)

TRANSIZIONE ECOLOGICA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MURONI. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro della cultura, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   dal 30 agosto al 4 settembre 2021 fra Piemonte (Val Curone, Provincia di Alessandria) e Lombardia (Valle Staffora, Provincia di Pavia) si svolgerà l'International Six Days Enduro 2021 (#ISDE2021), campionato mondiale di motociclismo fuoristrada, la cui partecipazione riguarda ventinove nazioni, per un totale di oltre duecento squadre, per un totale di oltre seicento concorrenti;

   i percorsi di gara saranno allestiti nei suddetti territori. L'autorizzazione dei percorsi compete alle comunità montane per ciò che riguarda i sentieri, ai singoli comuni per la rete Vasp (Viabilità agro silvo pastorale) e le regioni per le deroghe riguardanti alvei, greti fluviali e aree protette, sulla base di adeguati studi di valutazione di incidenza ambientale;

   con l'intenzione di monitorare i suddetti iter autorizzativi, Legambiente ha periodicamente effettuato accessi agli atti, l'ultimo dei quali pochi giorni or sono. Da tali accessi agli atti non risulta aperta, a circa un mese dalla manifestazione, alcuna pratica;

   presso il campo base indicato dagli organizzatori, da allestire presso l'aeroporto di Rivanazzano Terme (PV), sono attese circa duemila persone provenienti da tutto il mondo, non risultando in merito né autorizzazioni né piani per il contenimento della pandemia;

   l'esame e la valutazione necessari alle autorizzazioni da parte degli enti preposti implicano diverse settimane di lavoro (circa due mesi solo per una valutazione di incidenza ambientale), il che rende irrealistico il definitivo espletamento di tutte le pratiche di autorizzazione, considerando la comunicazione avviata dagli organizzatori di un regolare svolgimento dell'evento, senza riserva alcuna;

   Isde 2021 è stato infatti presentato a Pavia il 14 giugno 2021, alla presenza del Sottosegretario di Stato per le politiche agricole alimentari e forestali, On. Gian Marco Centinaio. In tale sede, il Sottosegretario ha ribadito il suo impegno a sostegno della manifestazione e degli organizzatori, pur non sussistendo nessun iter autorizzativo;

   domenica 18 luglio 2021 Legambiente ha coinvolto numerosi cittadini in un flash mob per esprimere dissenso nei confronti della pratica indiscriminata dell'enduro nelle aree interne, evidenziando come il beneficio per la cittadinanza di un evento «mordi-e-fuggi» (5 giorni ) come #ISDE2021 sia notevolmente inferiore rispetto a quello di una costante valorizzazione del territorio basata sulla peculiarità del paesaggio e delle risorse, e non sul loro consumo indiscriminato ed aggressivo;

   in assenza di adeguata regolamentazione e controlli, la pratica dell'enduro si svolge non solo sui sentieri pedonali e in adiacenza di infrastrutture per la mobilità dolce come la Greenway Voghera-Varzi appena inaugurata, ma anche nelle aree interne dal delicato equilibrio economico e naturalistico, mettendo inoltre a rischio la sicurezza di escursionisti e ciclisti;

   secondo l'associazione ambientalista, Isde 2021 pregiudicherebbe gli investimenti in sostenibilità e le reti di partnership fin qui finanziate con contributi pubblici (ad esempio: Comunità montana dell'Oltrepò Pavese) e privati (ad esempio: Fondazione Cariplo) vanificando gli ingenti lavori di recupero e manutenzione sulla rete dei sentieri, gli interventi a tutela della biodiversità e la promozione del turismo destagionalizzato e sostenibile;

   è stata aperta una raccolta di firme indirizzata al Parlamento, al Ministero della transizione ecologica, alla Comunità montana e ai comuni dell'Oltrepò Pavese, cui ha aderito anche il portavoce nazionale di Legambiente –:

   se siano a conoscenza di quanto riportato in premessa e, nel caso, se non ritengano urgente adottare iniziative, per quanto di competenza e in raccordo con gli enti interessati, al fine di assicurare la tutela dell'ambiente e del paesaggio nelle aree in questione, nonché salvaguardare l'auspicata ripresa economica locale e delle infrastrutture, oltre che l'equilibrio naturalistico, agroalimentare e della biodiversità presente nel territorio.
(5-06472)

TURISMO

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del turismo, il Ministro della cultura, per sapere – premesso che:

   l'Associazione italiana alberghi per la gioventù (Aig), istituita nel 1945 e riconosciuta ente morale con decreto del Presidente della Repubblica 1° giugno 1948, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro per gli affari esteri viene dichiarata ente assistenziale a carattere nazionale, senza finalità di lucro, con decreto del Ministro dell'interno 6 novembre 1959; successivamente con il decreto-legge n. 97 del 1995, convertito con modificazioni dalla legge n. 203 del 1995, l'Aig è stata riconosciuta definitivamente come ente culturale; inoltre, l'associazione è inclusa tra le «organizzazioni non governative» segnalate dall'ONU tra gli enti di sviluppo sociale;

   dal 1° luglio 2019 l'Aig si trova in procedura fallimentare (n. 492/2019), avviata dal Tribunale fallimentare di Roma che, in data 26 giugno 2019, ha respinto la domanda di un'omologa di concordato in continuità avviata, con ricorso ai sensi dell'articolo 161 della legge fallimentare di cui al regio decreto n. 267 del 1942, e depositata in data 30 giugno 2017 nonostante la maggioranza dei suoi creditori si fosse pronunciata in favore di AIG e della sua solvibilità, nonché della concreta possibilità di un suo pronto rilancio e sviluppo;

   anche l'Agenzia delle entrate e l'Inps hanno espresso il proprio assenso all'omologazione del piano, in virtù dell'elevata patrimonializzazione dell'ente, nell'interesse sociale e della salvaguardia del livello occupazionale. Il valore ex articolo 79 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 del patrimonio immobiliare dell'ente ammonta a euro 21.941.662,36 e la stessa associazione recentemente è stata oggetto di lasciti testamentari. La procedura fallimentare sta determinando il graduale licenziamento del personale diretto e indiretto, oltre 200 persone con relative famiglie, oltre alle pesanti ricadute per l'indotto dovute alla subitanea messa in vendita dell'ingente patrimonio immobiliare dell'ente, nonché alla dismissione del suo importante «brand» nazionale ed internazionale;

   l'ente si è opposto alla procedura fallimentare, depositando reclamo presso la Corte di Cassazione e, ad oggi, è in attesa della fissazione dell'udienza: dopo 75 anni di ininterrotta e preziosa attività al servizio del turismo giovanile, scolastico e sociale, l'Aig rischia la definitiva chiusura;

   in fase di conversione del decreto-legge «Salva imprese», fu approvata all'unanimità nelle Commissioni riunite X e XI del Senato, su conforme parere espresso dal Governo, una norma che introduceva misure urgenti a salvaguardia del valore e delle funzioni dell'ente: tale norma fu stralciata dal maxi-emendamento con l'impegno del Governo di ripresentarla in successivo provvedimento;

   con l'ordine del giorno n. 9/2305/99, la Camera dei deputati ha impegnato il Governo ad adottare le misure necessarie per la salvaguardia delle attività sociali e assistenziali dell'Aig: la sottosegretaria per i beni e le attività culturali e per il turismo del precedente Governo, rispondendo agli atti di sindacato ispettivo, ha ricordato che durante la conversione in Senato del decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101, recante Disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali, venne approvato e poi — stralciato l'emendamento 15.0.13 soppressivo di AIG, per costituire l'ente pubblico non economico denominato Ente Italiano Alberghi per la Gioventù (EIG), sottoposto alla vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri;

   la suddetta sottosegretaria per i beni e le attività culturali e per il turismo pro tempore ha ribadito che «Il Governo, oggi come un anno fa, è disponibile a valutare positivamente un'analoga proposta normativa per affrontare e risolvere l'attuale situazione dell'Associazione Italiana alberghi della Gioventù e salvaguardare le attività e le funzioni che questa svolge»; tutte le forze politiche, alla Camera e al Senato, a più riprese, hanno presentato analogo emendamento che non ha, tuttavia, mai trovato spazio in decreti emergenziali;

   la situazione è stata ulteriormente aggravata dall'emergenza sanitaria ed economica legata alla pandemia da COVID-19: da informazioni apprese dagli organi di stampa si è appreso che, nonostante la situazione economica in cui versa il Paese, la curatela ha già avviato le procedure per la dismissione del patrimonio immobiliare; a causa della gravissima crisi economica che ha investito l'Italia nell'ultimo biennio sarà necessario adottare misure e strumenti di sostegno al turismo e, in particolare, per le categorie più svantaggiate, tra cui rientrano quelle giovanili e quelli a basso reddito –:

   quali chiarimenti il Governo, per quanto di competenza, intenda fornire sui fatti esporti in premessa e, al contempo, quali iniziative urgenti intenda avviare a tutela dell'Associazione italiana alberghi della gioventù (Aig), del suo marchio storico e di tutti quei servizi di utilità sociale, nonché per salvaguardare le funzioni e i relativi posti di lavoro, conservandone il patrimonio immobiliare.
(2-01285) «Lombardo, Cecconi, Fusacchia, Fioramonti, Muroni».

Interrogazione a risposta scritta:


   RIBOLLA e PATELLI. — Al Ministro del turismo, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   l'Associazione italiana alberghi per la gioventù (Aig), è ente morale a seguito del decreto del Presidente della Repubblica 1° giugno 1948, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro per gli Affari esteri, nonché riconosciuto quale ente assistenziale a carattere nazionale con decreto del Ministro dell'interno 6 novembre 1959, n. 10.18404/12000°40; infine, con il decreto-legge n. 97 del 1995 è stato riconosciuto definitivamente ente culturale;

   l'associazione è anche inclusa tra le «organizzazioni non governative» segnalate dall'Onu tra gli enti di sviluppo sociale; l'Italia, anche grazie ad Aig, è da sempre Paese membro qualificato della International Youth Hostel Federation, di cui fanno parte oltre 80 nazioni;

   l'associazione si è sempre occupata di agevolare la promozione della cultura italiana, dei siti paesaggistici, culturali e dei siti riconosciuti patrimonio dell'Unesco, anche attraverso la rete della International Youth Hostel Federation; dal 1° luglio 2019 l'Aig si trova in procedura fallimentare (n. 492/2019), avviata dal tribunale fallimentare di Roma;

   il 26 giugno 2019 il tribunale fallimentare di Roma ha respinto la domanda di un'omologa di concordato in continuità avviata con ricorso ai sensi dell'articolo 161 della legge fallimentare, di cui al regio decreto n. 267 del 1942, e depositata in data 30 giugno 2017, nonostante l'approvazione del piano da parte della maggioranza dei creditori, pronunciatisi a favore di Aig e della sua solvibilità, oltre che a favore della concreta possibilità di un suo pronto rilancio e sviluppo; l'Agenzia delle entrate e l'Inps hanno espresso il proprio assenso all'omologazione del piano, anche in virtù dell'elevata patrimonializzazione dell'ente, dell'interesse sociale e della salvaguardia del livello occupazionale; il valore ex articolo 79 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 del patrimonio immobiliare dell'ente ammonta a euro 21.941.662,36 e che la stessa associazione, anche recentemente, è stata oggetto di lasciti testamentari;

   l'ente si è opposto alla procedura fallimentare, depositando il reclamo in Corte di Cassazione e, ad oggi, in attesa della fissazione dell'udienza; dopo 75 anni di ininterrotta e preziosa attività al servizio del turismo giovanile, scolastico e sociale, l'Aig rischia la definitiva chiusura;

   la procedura fallimentare sta anche determinando il graduale licenziamento del personale diretto e indiretto, oltre 200 persone con relative famiglie;

   la situazione è aggravata dalla pandemia da COVID-19, il che rende urgente un intervento a salvaguardia dei livelli occupazionali e per non depauperare il patrimonio mobiliare e immobiliare dell'Ente –:

   se e quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, il Governo intenda adottare con riguardo a quanto esposto in premessa, nell'ottica di tutelare l'utilità sociale dell'Ente, le sue funzioni ed i relativi livelli occupazionali.
(4-09865)

Apposizione di firme ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Maccanti e altri n. 7-00701, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 luglio 2021, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Tateo, Cantalamessa, Paternoster.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta immediata in assemblea Colletti n. 3-02412, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 luglio 2021, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Forciniti.

  L'interrogazione a risposta scritta Ceccanti e altri n. 4-09851, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 luglio 2021, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Carla Cantone.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Gallinella n. 5-06244 del 18 giugno 2021;

   interrogazione a risposta in Commissione Cenni n. 5-06246 del 18 giugno 2021;

   interrogazione a risposta scritta Maccanti n. 4-09647 del 28 giugno 2021.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   AMITRANO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto-legge 14 gennaio 2021, n. 2, contenente le ulteriori disposizioni urgenti in materia di contenimento e prevenzione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, viene rinnovato fino al 15 febbraio 2021 il divieto di spostamento sull'intero territorio nazionale, in entrata e in uscita tra i territori di diverse regioni o province autonome, salvo per i motivi di lavoro, salute o necessità;

   le disposizioni emergenziali sono dirette a contenere la diffusione dell'epidemia, poiché, sia pur di fronte ad una riduzione della curva dei contagi, persiste ad oggi, una diffusione del virus che provoca decessi di dimensioni rilevanti; pertanto, le misure che possono essere assunte e che incidono, come noto, su molteplici aspetti della nostra vita lavorativa, sociale ed economica sono necessarie ai fini del contenimento della diffusione del Covid-19 e della riduzione del rischio di contagio, disposizioni necessarie che riguardano soprattutto la riduzione o il divieto degli spostamenti, mobilità e assembramenti di persone;

   il 30 gennaio 2021, il Ministero della salute ha emanato l'ordinanza di proroga del blocco dei voli (scattata il 16 gennaio) che vieta fino al 15 febbraio 2021 l'ingresso ed il transito nel territorio nazionale alle persone che nei 14 giorni antecedenti hanno soggiornato o transitato in Brasile;

   con la comparsa della variante brasiliana di Sars-Cov-2, sono state chiuse le frontiere con il Brasile, i voli per l'Italia sono stati cancellati senza alcuna eccezione e il blocco dei voli verrà valutato alla luce di un costante monitoraggio sull'andamento dell'emergenza sanitaria in Brasile;

   a seguito della comparsa di mutazioni del patogeno responsabile della pandemia di Covid-19, in particolar modo la cosiddetta variante brasiliana, isolata per la prima volta nel gennaio 2021 in Brasile, molti Paesi europei, tra questi anche l'Italia, hanno adottato ulteriori misure restrittive attraverso la chiusura in entrata ed uscita dei voli, al fine di bloccare la variante individuata come «brasiliana» prima che dilaghi, poiché, secondo gli scienziati, questa mutazione del virus risulta avere una trasmissibilità superiore, considerando altresì che il Brasile è attualmente una delle nazioni con il più alto numero di contagi da Covid-19 e che la variante individuata di recente ha sollevato molte preoccupazioni circa il potenziale impatto sull'infettività; per tale motivo le disposizioni adottate dal Governo sono volte a scongiurare ulteriori rischi di contagio, ma tale misura ha determinato altresì l'impossibilità per molti concittadini, che sono partiti per il Brasile durante le festività natalizie, di rientrare in Italia; essi angosciati da più di 20 giorni, pur avendo i biglietti aerei per il rientro, al momento restano nel limbo, bloccati a causa della pericolosa variante locale del virus –:

   se i Ministri interrogati intendano adottare iniziative al fine di consentire, con le dovute e necessarie condizioni previste dai rigidi protocolli di sicurezza, relativi al contenimento del Covid-19 e fermi restando l'obbligo di sorveglianza sanitaria e di isolamento fiduciario nonché gli altri obblighi e limitazioni vigenti, il rientro in sicurezza dei cittadini residenti in Italia che dal 16 gennaio 2021, a causa della variante del virus, sono bloccati in territorio brasiliano.
(4-08236)

  Risposta. — Ai fini del contenimento della diffusione del virus Covid-19 e alla luce della contagiosità particolarmente elevata della variante del virus diffusa in Brasile, il Ministro della salute, con successive ordinanze, ha disposto restrizioni all'ingresso e alla circolazione in Italia per le persone che hanno soggiornato in quel Paese, progressivamente rimodulate con l'evoluzione del quadro epidemiologico (ordinanza 13 febbraio 2021, ordinanza 16 aprile 2021, ordinanza 29 aprile 2021, ordinanza 14 maggio 2021 e ordinanza 18 giugno 2021).
  Come è noto, l'ingresso e il traffico aereo dal Brasile sono consentiti, a condizione che non si manifestino sintomi da Covid-19, alle seguenti categorie: coloro che hanno la residenza anagrafica in Italia da data anteriore al 13 febbraio 2021 (con autodichiarazione, senza autorizzazione del Ministero della salute); coloro che devono raggiungere domicilio, abitazione o residenza dei figli minori, del coniuge o della parte di unione di civile (con autodichiarazione, senza autorizzazione del Ministero della salute); soggetti in condizione di assoluta necessità autorizzati dal Ministero della salute.
  Gli ingressi in Italia sono consentiti, altresì, nelle situazioni previste all'articolo 51, comma 7, lettere
f), m) e n), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 2 marzo 2021, previa autorizzazione del Ministero della salute o secondo protocolli sanitari validati.
  Questo quadro normativo è stabilito dal Ministero della salute, cui la Farnesina rappresenta costantemente le criticità che incontrano i nostri connazionali.
  Riguardo alla possibilità di superare le attuali restrizioni, il Ministero della salute ha fatto sapere che la tematica è ancora in valutazione. Dal canto suo, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, attraverso la rete diplomatico-consolare in Brasile, ha offerto e offre ogni possibile sostegno alle numerose richieste di assistenza dei nostri connazionali.
  I cellulari di emergenza dei 7 uffici consolari presenti sul territorio brasiliano sono stati operativi 24 ore su 24, 7 giorni su 7, ed è stata effettuata, anche tramite comunicati sui siti
web e i canali sociali delle Sedi coinvolte, una dettagliata mappatura della presenza di coloro che erano rimasti bloccati, con nominativi, indirizzi di residenza in Italia e recapiti.
  In particolare, la nostra rete diplomatico-consolare in Brasile, in stretto raccordo con la Farnesina, ha fornito assistenza ai connazionali in gravi condizioni di salute, sostenendo le relative richieste di deroga eccezionale al competente Ministero della salute, e ha erogato prestiti e sussidi economici in favore di coloro che versavano in condizioni di indigenza o temporanea indisponibilità economica, anche a causa della imprevista prolungata permanenza all'estero.
  Per quanto attiene nello specifico gli interventi di assistenza finanziaria (prestiti, sussidi e altre forme di aiuto economico), dal 1° gennaio 2020 al 31 maggio 2021 la rete brasiliana ne ha realizzati 328, per un totale di 316.000 euro, di cui 142.000 erogati dal consolato generale a San Paolo e 100.000 da quello a Rio de Janeiro.
  Vorrei infine ricordare che nel corso del 2020 gli interventi complessivamente svolti dalla rete brasiliana a tutela dei cittadini all'estero sono stati 3.590, oltre la metà dei quali effettuati dal consolato generale a San Paolo. Sempre durante il 2020, si è provveduto al rimpatrio di 24 salme di connazionali dal Brasile e in 19 casi sono state attivate ricerche di connazionali scomparsi in territorio brasiliano.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Benedetto Della Vedova.


   ASCARI e MARTINCIGLIO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'illecita introduzione della droga e di cellulari destinati ai detenuti è un fenomeno, purtroppo, largamente diffuso nelle carceri italiane e non pare attenuarsi nonostante la previsione di reato di cui all'articolo 391-ter del codice penale di recente introduzione che punisce, con pene severe che vanno da 1 a 4 anni, l'accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti;

   e del 24 febbraio 2021 la notizia di un avvocato arrestato in flagranza per cessione di droga a un detenuto albanese nel carcere di Bergamo. E il sospetto di chi indaga è che, anche qualche altra volta, lo stesso abbia portato in carcere droga e telefoni cellulari destinati a detenuti per detenzione o spaccio di sostanze stupefacenti;

   è sempre del 24 febbraio 2021 un'ulteriore notizia di una vera e propria piazza di spaccio, attiva all'interno del carcere di Salerno, dov'era operativo anche un «mercato nero» di cellulari: è stato scoperto, dai poliziotti della squadra mobile di Salerno che, insieme al nucleo investigativo centrale della Polizia penitenziaria, hanno arrestato 44 persone e ne hanno denunciate tre;

   questi episodi, a cui se ne aggiungono altri simili se da un lato confermano il grado di maturità raggiunto e le elevate doti professionali del personale di polizia penitenziaria in servizio nelle carceri italiane nel sapere garantire ed assicurare la legalità intercettando tali attività illecite, dall'altro impongono, oggi più che mai, una seria riflessione sulle gravi criticità e carenze strutturali e di risorse umane e materiali tuttora sussistenti negli istituti penitenziari;

   da anni, ormai, i colloqui settimanali e la consegna dei pacchi sono diventati «momenti» delicati per le forze dell'ordine, laddove gli agenti si trovano a contrastare l'introduzione di oggetti vietati nei penitenziari;

   occorre un bilanciamento tra le necessità di sicurezza e il bisogno di trattamento dei detenuti, viste le conseguenze negative derivanti dall'introduzione di droga e di telefoni cellulari in un carcere;

   alla luce di tutto ciò, urgono delle soluzioni per dotare tutti gli istituti penitenziari di risorse umane e materiali (tra quest'ultime, ad esempio, la schermatura delle sezioni detentive e degli spazi nei quali sono presenti detenuti all'uso dei telefoni cellulari e degli smartphone) per evitare che tali episodi di illegalità si verifichino nuovamente e con tale frequenza, al fine di garantire la sicurezza e la legalità nelle carceri –:

   se il Ministro interrogato, sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative di competenza ritenga opportuno adottare, anche in raccordo con altre istituzioni competenti, per risolvere il problema dell'illecita introduzione della droga e di cellulari destinati ai detenuti, al fine di garantire la sicurezza e la legalità nelle carceri.
(4-08416)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante riferisce di episodi di illecita introduzione di sostanza stupefacente nonché di cellulari, occorsi rispettivamente all'interno delle carceri di Bergamo e di Salerno e oggetto altresì di inchieste giudiziarie.
  Valutata la gravità della tipologia di eventi l'interrogante solleva quesito circa gli interventi che il Ministro intenda attivare per evitare il ripetersi di tali forme di illegalità.
  In via preliminare e con riferimento agli eventi critici citati dall'interrogante si rappresenta che il rinvenimento di sostanza psicotropa e dei cellulari illecitamente introdotti nelle carceri indicate, sono stati possibili anche grazie alla quotidiana opera di controllo, monitoraggio e vigilanza svolti dagli agenti della polizia penitenziaria ai sensi della normativa vigente che ha ben agevolato le indagini giudiziarie coordinate dalle Aa.Gg. Salerno e Brescia all'interno degli istituti penitenziari coinvolti.
  Ciò premesso, quanto ai dati inerenti il fenomeno dell'illecita introduzione di sostanze stupefacenti, si riferisce che a fronte di 798 episodi registrati nel 2019, nel corso del 2020 sono stati registrati n. 561 rinvenimenti di sostanze stupefacenti, di cui 72 effettuati durante l'immissione/svolgimento dei colloqui familiari.
  Quanto al fenomeno dell'introduzione e al fraudolento utilizzo di apparati di telefonia mobile, si rappresenta che, solo nel I semestre 2020, sono stati individuati dalla Polizia penitenziaria un totale di 1.159 telefoni cellulari, a cui vanno aggiunti i successivi 1.021 rinvenimenti del II semestre 2020, per un totale di 2.180 apparati rispetto ai 1.886 rinvenimenti del 2019.
  Tale
trend di crescita è connesso sia all'evoluzione tecnologica, che ha reso gli apparati sempre più piccoli e facilmente occultabili, sia alla facilità con cui è possibile reperire telefoni a costi assolutamente irrisori.
  È notorio, infatti, che è possibile acquistare sul mercato strumentazioni dalle dimensioni ridottissime, dell'ordine addirittura di pochi centimetri di grandezza, tali da essere facilmente occultabili all'interno di qualsiasi oggetto, mediante la creazione di cavità alloggiative (negli alimenti; nel corpo umano; inseriti dentro un pallone che viene poi lanciato negli spazi aperti delle strutture penitenziarie dove accedono i detenuti; trasportati da un drone; collocati nel fondo delle pentole, etc.).
  Trattasi di strumenti che consentono di effettuare telefonate e navigare su
internet; capaci, dunque, di generare, attraverso l'introduzione fraudolenta, un uso improprio per la gestione degli affari.
  Naturalmente, la polizia penitenziaria, quotidianamente, svolge opera di vigilanza per evitare che i detenuti non introducano ovvero utilizzino all'interno degli istituti oggetti non consentiti, e ciò in ossequio a quanto prescritto dall'articolo 24 comma 2 n. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 15 febbraio 1999 n. 82, a mente del quale il Corpo di polizia penitenziaria ha il compito di «sorvegliare i detenuti e gli internati ovunque si trovino...».
  Il Ministero, inoltre, proprio per contrastare l'introduzione di apparati di telefonia mobile all'interno degli istituti penitenziari del territorio nazionale, a mezzo della competente direzione generale del personale e delle risorse del D.A.P, ha acquisito e distribuito ai provveditorati regionali, nel corso del precedente esercizio finanziario (anni 2019-2020), le seguenti apparecchiature: 200 rilevatori portatili di dispositivi elettronici a breve distanza (10-15 centimetri), di telefonia cellulare e dispositivi
bluetooth, in grado di rilevare qualunque componente elettronico, anche circuiti stampati – tipo sim card telefoniche – oltre che metalli classici, cacciaviti o utensili di piccole dimensioni; 65 rilevatori portatili di telefoni cellulari in grado di rilevare telefonate o invio di messaggi in corso; 40 Jammer (disturbatori elettronici), distribuiti nei provveditorati regionali e usati, di volta in volta, in base alle necessità, negli istituti penitenziari presenti nel territorio italiano.
  Oltre alle strumentazioni suesposte, sono stati acquisiti e distribuiti sul territorio altresì 40
metal detector a portale, che consentono l'intercettazione di armi da fuoco, anni bianche e piccole parti di anni da taglio, ispezionando in modo rapido le persone in transito negli istituti penitenziari; 90 apparecchiature a raggi x per il controllo pacchi. Peraltro, allo stato, è in corso l'installazione di ulteriori 68 macchine in altri istituti penitenziari, con ultimazione prevista per aprile/maggio 2021.
  Si evidenzia, altresì, che con nota 25 marzo 2021, il direttore generale del personale e delle risorse ha disposto l'acquisizione di n. 11 apparati rilevatori di radiofrequenza e di n. 6 sistemi di rilevazione di giunzione per le esigenze specifiche del gruppo operativo mobile, da impiegare all'interno delle sezioni detentive ove sono ristretti detenuti sottoposti al regime detentivo speciale di cui all'articolo 41-
bis dell'ordinamento penitenziario.
  Orbene, mi pregio ancora evidenziare come al fine di prevenire e contrastare la criticità evidenziate, presso il DAP è stato istituito un apposito «Gruppo di lavoro per prevenire e contrastare l'introduzione di telefoni cellulari negli istituti penitenziari», le cui risultanze, allo stato, si sono concretizzate nell'avvio di una ricognizione finalizzata all'individuazione e quantificazione di tutti i dispositivi di prevenzione e contrasto già presenti negli istituti penitenziari, che ha consentito di verificare quelli più efficaci, anche alla luce dei dati statistici forniti, relativi allo storico dei ritrovamenti avvenuti; nella predisposizione di un allegato tecnico, inviato a tutti i provveditorati, relativo ai princìpi di funzionamento dei dispositivi tecnologici attualmente in uso all'Amministrazione penitenziaria che si sono rivelati più efficaci a fronteggiare la criticità in oggetto, nella misura in cui il loro utilizzo è avvenuto nel rispetto delle specifiche modalità di funzionamento e del loro peculiare profilo di impiego; nella predisposizione di capitolati di gara, finalizzati ad acquisti centralizzati, per incrementare le disponibilità dei dispositivi tecnologici individuati nel predetto allegato tecnico in tutte le strutture penitenziarie del territorio; nella predisposizione di una nota di sensibilizzazione, inviata ai provveditorati, volta a utilizzare i fondi assegnati sui pertinenti capitoli di bilancio per acquisire anche i dispositivi in oggetto per la successiva distribuzione alle strutture presenti nel distretto di competenza, in proporzione alle esigenze rilevate; nell'audizione, in occasione delle riunioni, del gruppo, di esperti e di personalità accademiche impegnate nel settore della
cyber security, al fine di individuare le nuove tecnologie da sperimentare; nell'attuazione, in via sperimentale e, successivamente, in via definitiva, di un apposito protocollo addestrativo, di competenza della direzione generale della formazione, per la progettazione di eventi formativi da indirizzare al personale di Polizia penitenziaria che sarà impegnato nelle attività di contrasto all'introduzione dei telefoni cellulari; nella programmazione preliminare di attività di sperimentazione di nuovi dispositivi.
  Non solo, al fine di consentire un efficace coordinamento degli acquisti in parola, è stato altresì disposto che i provveditori avranno cara di inviare, con cadenza trimestrale (a partire dal 10 gennaio 2021), uno specifico
report nel quale saranno riportati con precisione il numero di dispositivi attualmente disponibili e funzionanti, il numero dei dispositivi acquistati, il numero dei dispositivi le cui procedure di acquisto sono state attivate in corso di perfezionamento.
  Infine è doveroso rammentare la recente introduzione (decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, poi convertito con legge 18 dicembre 2020, n. 173) dell'articolo 391-
ter del codice penale, proprio in materia di contrasto all'introduzione e all'utilizzo di dispositivi di comunicazione in carcere ed i cui effetti pratici si potranno registrare solo nel corso del 2021.
  La nuova fattispecie incriminatrice, rubricata «Accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti», prevede che «chiunque, indebitamente, procura a un detenuto un apparecchio telefonico o altro dispositivo idoneo a effettuare comunicazioni o, comunque, consente a costui l'uso indebito dei predetti strumenti o introduce in un istituto penitenziario uno dei predetti strumenti, al fine di renderlo disponibile a una persona detenuta, è punito con la reclusione da uno a quattro anni. Si applica la pena della reclusione da due a cinque anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale, da un incaricato di pubblico servizio ovvero da un soggetto che esercita la professione forense. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la pena prevista dal primo comma si applica anche al detenuto che indebitamente riceve o utilizza un apparecchio telefonico o altro dispositivo idoneo ad effettuare comunicazioni».

La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.


   ASCARI e MARTINCIGLIO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   dalla lettura di alcuni articoli di giornale l'interrogante ha appreso che il direttore del carcere di Tolmezzo, in provincia di Udine, avrebbe respinto la richiesta di un detenuto sottoposto al regime detentivo speciale di cui all'articolo 41-bis o.p. di iscriversi alla facoltà di giurisprudenza de L'Aquila;

   a seguito di ciò il detenuto avrebbe già proposto ricorso avverso la suddetta decisione dell'amministrazione penitenziaria alla magistratura di sorveglianza;

   i diritti fondamentali di ogni detenuto (anche di colui che è ristretto in regime speciale di cui all'articolo 41-bis o.p.) riconosciuti dall'ordinamento costituzionale possono essere limitati legittimamente solo a fronte della salvaguardia delle esigenze preventive di massima rilevanza sottese al regime detentivo differenziato disciplinato dall'articolo 41-bis della legge di ordinamento penitenziario (di cui alla legge 26 luglio 1975, n. 354). Tuttavia, tale regime non può risolversi in una compressione delle facoltà inerenti ad un diritto fondamentale eccedente la misura minima necessaria al soddisfacimento delle esigenze di sicurezza, e non può comportare la pratica vanificazione del diritto inciso;

   il diritto allo studio e, più in generale alla cultura, è un diritto inalienabile dell'uomo, costituzionalmente riconosciuto, ed il suo esercizio concreto non è incompatibile con il carcere duro. Ciò trova puntuale riscontro nello stesso ordinamento penitenziario che eleva l'istruzione ad elemento essenziale del trattamento penitenziario (vedi articoli 15 e 19 ordinamento penale);

   lo strumento del cosiddetto carcere duro istituito per contrastare, nello specifico, forme di criminalità organizzata di tipo mafioso dovrebbe, comunque, considerare il divieto di trattamenti carcerari contrari al senso di umanità, oltre alla essenziale funzione rieducativa della pena ex articolo 27, terzo comma della Costituzione e 3 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali;

   la stessa Corte Costituzionale (vedi sentenza 20 del 2017 e 349 del 1993) evidenzia il principio in base al quale chi si trova in stato di detenzione, pur privato della maggior parte della sua libertà, ne conserva sempre un residuo, che è tanto più prezioso, in quanto costituisce l'ultimo ambito nel quale può espandersi la sua libertà individuale, è il suo esercizio, proprio per questo, non può essere rimesso alla discrezionalità dell'autorità amministrativa preposta all'esecuzione della pena detentiva;

   in uno Stato di diritto, che assicuri rispetto e salvaguardia dei diritti e delle libertà dell'uomo, «si va in carcere perché si è puniti, non per essere puniti» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e se ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza anche promuovendo un'eventuale attività ispettiva presso l'Amministrazione penitenziaria di cui in premessa.
(4-08417)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo l'interrogante, riferendo di una notizia riportata dagli organi di stampa circa un rigetto, da parte del direttore della casa circondariale di Tolmezzo, di un'istanza presentata da un non meglio specificato detenuto camorrista, appartenente al clan dei «Casalesi», sottoposto al regime speciale di cui all'articolo 41-bis ordinamento penitenziario, con la quale aveva richiesto di potersi iscrivere alla facoltà di giurisprudenza dell'Università de l'Aquila, avanza quesiti circa eventuali iniziative che si intendessero adottare, tra cui la possibile promozione di precipua attività ispettiva.
  Va osservato che presso il carcere di Tolmezzo sono presenti due detenuti sottoposti al regime speciale del 41-
bis ed appartenenti alla criminalità organizzata di tipo camorristico, per i quali, oltre a non risultare alcuna istanza di iscrizione a corsi universitari, non sarebbe stato possibile autorizzare tali richieste per mancanza di requisiti, poiché gli stessi non sono in possesso di un diploma di scuola media superiore.
  Anche presso l'ufficio di sorveglianza di Udine, non risulta alcun reclamo/ricorso in merito.
  Si tenga pure presente, in via generale, che la circolare Dap 2 ottobre 2017, n. 3676/6126, all'articolo 34, prevede che i detenuti sottoposti al regime speciale di cui all'articolo 41-
bis hanno facoltà di iscriversi a corsi scolastici di vario livello, compresi i corsi universitari, con il solo vincolo che le iscrizioni devono avvenire presso istituti scolastici o universitari prossimi al luogo di detenzione; un'istanza, dunque, volta all'ottenimento dell'autorizzazione a iscriversi in un ateneo fuori regione, già di per sé non potrebbe essere accolta dall'autorità dirigente cui spetta la decisione.
  L'unico caso in cui i detenuti in regime sub articolo 41-
bis ordinamento penitenziario frequentano a distanza, con la possibilità di sostenere esami universitari attraverso il sistema della videoconferenza, può essere determinato dall'impossibilità di procedere al contestuale spostamento della sede scolastica/universitaria in caso di trasferimento, per assenza della specifica facoltà o corso in prossimità della nuova sede di detenzione.
La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.


   BATTELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 31 gennaio 2020 il Regno Unito ha lasciato l'Unione europea;

   a partire dal 1° gennaio 2021, il Regno Unito non fa più parte dell'Unione doganale dell'Unione europea e del mercato unico, cessando pertanto la libera circolazione di persone, merci, servizi e capitali tra il Regno Unito e l'Unione europea;

   l'accordo sugli scambi e la cooperazione tra l'Unione europea e il Regno Unito, entrato in vigore in via provvisoria dal 1° gennaio 2021, riconosce «l'importanza del coordinamento dei diritti di sicurezza sociale di cui godono le persone che si spostano tra le parti per lavorare, soggiornare o risiedere, come dei diritti di cui godono i loro familiari e superstiti» e sancisce, all'articolo VSTV.1, comma 1, che «entrambe le parti prevedono l'esenzione dal visto per soggiorni di breve durata nei confronti dei propri cittadini, a norma dalle rispettive legislazioni nazionali»; all'articolo 1 dell'allegato servin-5 si specifica che «le parti si adoperano per garantire che il trattamento delle domande di ingresso e soggiorno temporaneo a nomina dei rispettivi impegni di cui all'accordo sia conforme alle buone prassi amministrative»;

   sul sito ufficiale del Governo britannico www.gov.uk si legge che, con il nuovo sistema di immigrazione, i cittadini dell'Unione europea possono continuare a visitare il Regno Unito senza richiedere un visto per soggiorni inferiori a 6 mesi e per partecipare a una vasta gamma di attività, tra cui turismo, visite a familiari e amici, studio a breve termine e attività commerciali, come eventi, conferenze e colloqui;

   il 12 maggio 2021, otto europarlamentari hanno sottoscritto ed inviato una lettera alla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, esprimendo la propria preoccupazione per i numerosi casi di detenzione, anche per più di sette giorni, di cittadini europei, spesso giovani e «low risk» in cerca di lavoro stagionale estivo, presso i centri di immigrazione britannici e denunciando come l'accaduto leda le relazioni tra Regno Unito ed Unione europea in quanto fortemente sproporzionato e contrario allo spirito di leale collaborazione che invece ci si aspettava;

   il 13 maggio 2021, il quotidiano britannico «The Guardian» ha pubblicato una inchiesta che denuncia alcune presunte irregolarità nell'ambito della gestione dei flussi migratori provenienti dall'Unione europea e diretti nel Regno Unito, in particolare evidenziando come diverse decine di cittadini europei, tra cui anche cittadini italiani, sarebbero stati detenuti, anche per diversi giorni, all'interno dei centri di immigrazione del Regno Unito e poi espulsi nonostante le finalità dei loro spostamenti fossero permesse dalle regole pubblicate on line sul sito ufficiale del Governo britannico;

   nell'articolo sopracitato si denunciano, inoltre, una eccessiva aggressività da parte delle forze di polizia di frontiera, poca chiarezza delle regole e l'uso ingiustificato di trattamenti traumatici ed umilianti tipici della cosiddetta «politica dell'ambiente ostile» già in uso in passato per i migranti non appartenenti all'Unione europea –:

   se il Governo sia a conoscenza della questione e quali iniziative ritenga, eventualmente, opportuno porre in essere per salvaguardare i diritti dei cittadini italiani che si recano nel Regno Unito.
(4-09324)

  Risposta. — Come è noto, dal 31 gennaio 2020 il Regno Unito ha cessato di far parte dell'Unione europea. Dal 1° gennaio 2021, terminato il periodo di transizione, non si applicano più nel Paese le norme europee sulla libera circolazione delle persone. I cittadini dell'Unione devono pertanto ottenere il visto, prima di fare ingresso nel Regno Unito, per motivi di studio e lavoro e per soggiorni superiori a 180 giorni.
  Recentemente si sono verificati circa 30 casi di cittadini europei, non solo italiani, cui le autorità di frontiera britanniche hanno negato l'ingresso per mancanza del visto. Gli interessati sono stati trattenuti in appositi centri in attesa del rimpatrio, che in alcuni casi è avvenuto dopo alcuni giorni a causa della scarsità di voli, con conseguente preoccupazione dei familiari verso cui va tutta la mia comprensione. Tra questi casi, 12 hanno riguardato nostri connazionali. Tutti sono stati prontamente assistiti dal consolato generale d'Italia a Londra, che ha interloquito con gli interessati, le loro famiglie e con le autorità di frontiera britanniche per accertare, caso per caso, la corretta valutazione della situazione.
  Anche nel caso di Marta, citata dall'interrogante, il consolato generale si è subito attivato, su segnalazione sabato 17 aprile dello zio, che l'aveva invitata nel Paese con una sua lettera. La sede ha mantenuto un costante contatto con la famiglia fino al momento del rimpatrio, avvenuto nel pomeriggio di domenica 18 aprile.
  La nostra ambasciata a Londra è intervenuta formalmente, con nota verbale e con contatti diretti con il Ministero dell'interno britannico, per chiedere chiarimenti ed esprimere preoccupazione per il trattamento sproporzionato riservato ai nostri connazionali. Abbiamo anche rappresentato alle autorità britanniche l'opportunità di rafforzare le campagne informative sulla normativa migratoria in vigore dal 1° gennaio 2021.
  Ho sollevato la questione nel corso di un incontro alla Farnesina con l'ambasciatrice del Regno Unito. Mi sono poi recato a Londra per parlare con il Ministro dell'immigrazione Foster, al quale ho fatto presente come le modalità di esecuzione di tali – pur legittime – procedure di espulsione o respingimento alla frontiera siano state sproporzionate e, come tali, per noi inaccettabili. Le condizioni di irregolarità in cui si sono trovati coinvolti alcuni nostri connazionali, ho precisato, sono anche il risultato delle difficoltà che i cittadini tuttora hanno nel comprendere la portata delle conseguenze della Brexit e delle nuove complesse normative che ne discendono. È quindi interesse dello stesso Regno Unito procedere ad una migliore codificazione delle condizioni di ingresso senza visto, tenendo conto anche del prevedibile incremento degli arrivi nel Paese con il progressivo alleggerimento delle restrizioni.
  Foster ha tenuto a sottolineare come i problemi riscontrati sin qui dai nostri connazionali e da altri cittadini europei si siano prodotti, oltre che per inconsapevolezza delle nuove regole, anche per l'incrocio dei controlli Brexit con quelli dettati dall'emergenza sanitaria che hanno reso più lenti e complessi i transiti.
  Nel precisare di essere prontamente intervenuto introducendo misure di flessibilità nel trattamento dei cittadini europei fermati alla frontiera del Regno Unito non in possesso di regolare visto, Foster ha dato rassicurazioni del fatto che, nelle sue parole, «i cittadini italiani saranno sempre benvenuti». Ha quindi aggiunto che i cittadini italiani potranno recarsi in futuro nel Regno Unito anche per preliminari contatti di lavoro, fermo restando che dovrà esser comprovabile, oltre la disponibilità di idonei mezzi di sussistenza per il soggiorno, la loro permanenza temporanea (ad esempio mostrando un biglietto di rientro). Ogni eventuale offerta di lavoro dovrà essere comunque da loro ricevuta in Italia e dar luogo a richiesta di visto di ingresso britannico attraverso i canali previsti.
  La delegazione dell'Unione europea a Londra, anche su nostro impulso, è intervenuta presso le autorità britanniche per richiedere un più stretto raccordo fra i cittadini europei interessati e i rispettivi uffici consolari, limitare i tempi di trattenimento e garantire un trattamento adeguato ai fermati. Le autorità britanniche si sono impegnate a facilitare l'esercizio dell'assistenza consolare a favore dei cittadini europei fermati alla frontiera senza visto, e a considerare la possibilità che, in futuri casi analoghi, possano entrare su cauzione in territorio britannico fino all'orario del volo di rimpatrio.
  Il 20 maggio, l'ambasciatrice del Regno Unito in Italia, Jill Morris, nel corso della sua audizione presso la Commissione esteri della Camera dei deputati sulle priorità della presidenza italiana del G20, ha annunciato che non si verificheranno più casi del genere. Le autorità britanniche hanno comunicato alle rappresentanze di Paesi dell'Unione europea che i cittadini europei che dovessero incorrere in provvedimenti di respingimento in frontiera a causa del mancato possesso dei requisiti per l'ingresso sul territorio britannico potrebbero comunque essere autorizzati, su cauzione («
bail»), all'ingresso nel Paese fino al momento del rimpatrio.
  La decisione di accordare l'ingresso su cauzione può essere assunta caso per caso dagli ufficiali di frontiera, che, mantenendo limitazioni alla libertà di residenza o lavoro, possono decidere se imporre condizioni finanziarie per autorizzare temporaneamente l'ingresso dei cittadini oggetto di provvedimento di respingimento e l'ammontare delle stesse.
  La rete diplomatico-consolare italiana nel Regno Unito è impegnata da tempo in una capillare campagna di informazione sulla nuova normativa per l'ingresso nel Paese dopo la Brexit, anche attraverso il sito
www.viaggiaresicuri.it. La campagna è stata recentemente intensificata e rilanciata sui social media, in vista della possibile ripresa dei viaggi internazionali a seguito dell'alleggerimento delle restrizioni agli spostamenti.
  Sia la Farnesina che gli uffici diplomatico-consolari nel Regno Unito manterranno alta l'attenzione nei mesi a venire, nel rispetto degli impegni assunti di una gestione più equilibrata di casi siffatti.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Benedetto Della Vedova.


   BAZZARO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   sono gravi le criticità in cui versano gli uffici giudiziari della città di Venezia e grave è la situazione in cui sono costretti a lavorare i dipendenti che lavorano nei palazzi di giustizia della laguna veneta, in quanto vivere e lavorare a Venezia è più disagevole e costoso, tanto che la presidente della Corte d'appello di Venezia, all'inaugurazione dell'anno giudiziario ha affermato «occorre estendere al personale amministrativo che lavora nelle sedi giudiziarie lagunari il medesimo trattamento previsto per altri dipendenti del medesimo ministero della giustizia, che operano in sede disagiata»;

   le sedi degli uffici giudiziari sono sparse su tutto il centro storico, oltre a quelle presenti su Mestre, e raggiungere gli uffici non è agevole, perché le numerose barriere architettoniche, restringono il campo della mobilità in maniera rilevante, costringendo chi deve spostarsi ad utilizzare i vaporetti con costi importanti. Improbabile è recarsi presso gli uffici del centro storico con un mezzo privato, mentre in generale non vi sono parcheggi riservati al personale giudiziario, non essendovi convenzioni che non comportino ulteriori ed eccessivi esborsi a carico dei lavoratori, come quella attualmente vigente con l'autorimessa comunale all'ingresso della laguna veneta, che propone un prezzo convenzionato di 10 euro al giorno;

   gli uffici giudiziari, peraltro vedono pure una costante e continua emorragia di personale amministrativo, per raggiungimento di limiti di età e per svariati motivi legati a distacchi o aspettative concessi a vario titolo e le assegnazioni di nuovo personale toccate a questa città sono state molto risibili, specialmente se rapportate ad altre città che, seppur turistiche e care, non soffrono di tutti i problemi sin qui riassunti;

   emerge che la scopertura complessiva degli uffici giudiziari di Venezia è pari al 35,88 per cento e arriva al 37,34 per cento considerando solo gli uffici situati nella laguna di Venezia; mentre l'ufficio Nep anch'esso situato nell'isola, prevede un organico totale di 79 unità, ridotto di ulteriori 9 unità con decreto ministeriale 20 luglio 2020 a 70 unità, con presenze effettive pari a circa 45 unità e, pertanto, una scopertura del 35,71 per cento, Occorre precisare che trattasi di scoperture formali, ovverosia che considerano presente in organico il personale amministrativo che già da anni risulta distaccato o in aspettativa a vario titolo presso altre sedi d'Italia; a titolo esemplificativo, la scopertura sostanziale del personale effettivamente presente della procura generale di Venezia raggiungerebbe una cifra pari al 50 per cento;

   occorre anche sottolineare la stortura sulle modalità di assunzione dei direttori amministrativi e funzionari giudiziari, i cui titoli di accesso pressappoco identici, hanno generato due graduatorie (per il distretto di Venezia), con quasi gli stessi nominativi. Nello specifico, il concorso per direttori amministrativi per 30 unità da assegnare al distretto di Venezia, ha generato una graduatoria di 51 nominativi, mentre il concorso per funzionari giudiziari per 31 unità da assegnare al distretto di Venezia, ha generato una graduatoria di 36 nominativi, ove 14 nominativi sono già presenti nella graduatoria dei direttori amministrativi (di cui 4 tra gli idonei e 10 tra i vincitori); ciò significa che i 31 posti nella qualifica di funzionario giudiziario non saranno totalmente coperti –:

   quali iniziative di competenza il Ministro intenda adottare per colmare urgentemente le criticità esposte in premessa e anche nell'ottica dello stanziamento di ulteriori risorse per la previsione, per il personale che presta servizio negli uffici giudiziari di Venezia, dell'indennità di sede disagiata in modo da attribuire un idoneo ristoro economico ai lavoratori;

   se intenda adottare le iniziative di competenza per la modifica delle vigenti disposizioni in materia di mobilità, al fine di contemplare un consono punteggio supplementare ai fini dell'anzianità di servizio.
(4-09134)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante, lamentando la grave scopertura nell'organico del personale amministrativo del distretto della Corte di appello di Venezia, domanda alla Ministra della giustizia «...quali iniziative... intenda adottare per colmare urgentemente le criticità esposte...».
  In proposito deve essere posto in risalto, in linea generale, che l'accordo sulla mobilità del personale amministrativo siglato il 15 luglio 2020 è stato frutto della proficua e operosa concertazione tra la direzione generale del personale e della formazione di questo Dicastero e le organizzazioni sindacali. Tale accordo all'articolo 14 (anzianità di servizio e di sede) prevede che: «1. Sono riconosciuti i seguenti punteggi:
a) per ogni effettivo anno di servizio prestato alle dipendenze del Ministero della giustizia, anche in posizione non di ruolo, p. 3; b) per ogni anno di effettivo servizio prestato presso l'ufficio dal quale si domanda il trasferimento p. 4; c) per ogni anno di effettivo servizio prestato alle dipendenze di un'altra pubblica amministrazione p. 1; 2. Il servizio prestato per frazioni superiori ai sei mesi è considerato equivalente ad un anno. 3. Sono computabili tutti i periodi di assenza dal servizio durante i quali ai sensi delle disposizioni vigenti, normative e contrattuali, non è interrotta la maturazione dell'anzianità di servizio a tutti gli effetti». Da questa norma si evince chiaramente che i punteggi derivanti dal l'anzianità di servizio del personale, ai fini della domanda di trasferimento o della partecipazione alle procedure di interpello, sono già previsti e, allo stato, non sono oggetto di ulteriore negoziazione.
  Venendo adesso alla disamina della situazione relativa alla carenza del personale amministrativo nel distretto della Corte di appello di Venezia, sembra opportuno rimarcare che l'intero distretto segna una scopertura media, tenuto conto dei distacchi e dei comandi, del 28,02 per cento, dato che si attesta superiore alla scopertura media nazionale che è pari al 24,65 per cento, tenuto conto del personale distaccato e comandato.
  Il distretto della Corte di appello di Venezia comprende 38 uffici giudiziari ripartiti in 7 circondari (Belluno, Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Verona e Vicenza), come risultanti in seguito alla definizione della nuova geografia giudiziaria per effetto dei decreti legislativi nn. 155 e 156 del 7 settembre 2012 e successive modifiche ed integrazioni. Nell'immediato una migliore funzionalità dei servizi può essere garantita con provvedimenti di natura transitoria; rientrano in questa tipologia i comandi da altre Amministrazioni, le applicazioni temporanee in ambito distrettuale e gli scambi di sedi, tutti strumenti previsti nel citato accordo sulla mobilità del personale amministrativo del 15 luglio 2020.
  In base alla normativa intervenuta, le assunzioni realizzate nell'intero distretto della Corte di appello di Venezia nell'arco temporale che va dal 2014 al 2021 risultano in numero di 342; a queste vanno aggiunte le recenti assunzioni dei 28 direttori dal concorso per 400 unità, le 17 unità di operatori giudiziari dal concorso a 1.000 posti e i 12 funzionari giudiziari dal concorso per il profilo indetto per i soli distretti del Nord Italia.
  Per quanto riguarda l'incremento della pianta organica, al fine di consentire la prosecuzione delle procedure assunzionali relative al concorso ad 800 posti di assistente giudiziario questa Amministrazione ha provveduto ad ampliare la dotazione del profilo di assistente giudiziario in due momenti successivi; con il decreto ministeriale 13 febbraio 2018 la dotazione del profilo di assistente giudiziario è stata incrementata di 750 unità e il distretto della Corte di appello di Venezia ne ha beneficiato con l'aumento di 106 unità; con il decreto ministeriale 20 luglio 2020 la dotazione del profilo di assistente giudiziario è stata incrementata di 194 unità e nel distretto della Corte di appello di Venezia vi è stato un ulteriore incremento di 18 unità. Si evidenzia che con il P.d.g. del 16 luglio 2020 è stato disposto lo scorrimento definitivo della graduatoria del concorso ad 800 posti di assistente giudiziario. Dall'inizio della procedura, il distretto della Corte di appello di Venezia ha usufruito dell'ingresso di ben 260 nuovi assistenti giudiziari.
  Con riferimento alla procedura di riqualificazione del personale in servizio (cancellieri e ufficiali giudiziari), di cui ai bandi del 19 settembre 2016, i vincitori in servizio nel distretto della Corte di appello di Venezia, in conseguenza dell'ultimo scorrimento della graduatoria stabilito con il provvedimento del direttore generale del personale e della formazione di questo Dicastero in data 4 agosto 2020 per la copertura di 739 posti, sono stati complessivamente 79 dipendenti (56 cancellieri e 23 ufficiali giudiziari), inquadrati rispettivamente nel profilo di funzionario giudiziario e di funzionario Unep, mantenendo le medesime sedi di servizio.
  Giova, inoltre, evidenziare che il distretto della Corte di appello di Venezia ha beneficiato di 17 nuove risorse (di cui 15 unità negli uffici giudiziari del comune di Venezia e 2 unità negli uffici giudiziari del comune di Vicenza) assegnate con la procedura di reclutamento di 1.000 unità di personale amministrativo non dirigenziale di area II/F1 (profilo operatore giudiziario), con contratto a tempo determinato della durata massima di ventiquattro mesi. Si rende noto, altresì che è stato disposto lo scorrimento di ulteriori 84 unità della graduatoria di tale procedura di reclutamento di cui 2 unità sono previste per il tribunale di Venezia e 1 unità è prevista per il tribunale di Belluno.
  Per quanto più specificamente attiene la Corte d'appello di Venezia sono previste in organico 133 unità di personale. I presenti sono 88, tenuto conto del distacco di 1 funzionario statistico da altro ufficio giudiziario e dell'assenza di 10 unità di personale presso altri uffici, con una scopertura del 33,83 per cento. Le scoperture riguardano i profili di funzionario contabile (2 su 4), di funzionario giudiziario (16 su 31), di cancelliere (6 su 13), di assistente giudiziario (9 su 37), di conducente di automezzi (2 su 4) e di ausiliario (5 su 9). Risultano completamente coperti i profili di direttore, di funzionario bibliotecario e di contabile mentre risultano scoperti i profili di funzionario tecnico e di assistente tecnico. La posizione dirigenziale è vacante. Le assunzioni effettuate nel periodo che va dal 2014 al 2021 sono state 24, in particolare: 1 funzionario tecnico per mobilità obbligatoria; 2 funzionari giudiziari per mobilità volontaria; 2 unità per altre procedure; 1 funzionario contabile per scorrimento di altre graduatorie; 18 assistenti giudiziari dal concorso ad 800 posti. A queste si aggiungono le assunzioni di 3 direttori dal concorso a 400 unità e di 5 operatori giudiziari per la procedura da 1.000 posti a tempo determinato. L'ufficio Nep ha una dotazione organica di 69 unità, i presenti sono 42 con una percentuale di scopertura del 39,13 per cento. Il dato tiene conto di 1 funzionario Unep e di 2 assistenti giudiziari distaccati in altri uffici. Si rappresenta che l'ufficio Nep ha giovato della riqualificazione di ben 7 unità di ufficiali giudiziari in funzionari Unep.
  La procura generale presso la Corte di appello di Venezia ha una dotazione organica di 42 unità, i presenti sono 24 con una percentuale di scopertura del 42,86 per cento, considerata la presenza di 1 cancelliere ivi in distacco e l'assenza di 2 assistenti giudiziari distaccati in altri uffici. La posizione dirigenziale è coperta. Le assunzioni nel periodo che va dal 2014 al 2021 sono state 10: mobilità obbligatoria, 1 cancelliere; mobilità volontaria, 1 assistente informatico; altre procedure, 1 assistente giudiziario e 1 funzionario tecnico; concorso ad 800 posti, 6 assistenti giudiziari. A queste assunzioni si aggiungono i reclutamenti di 1 direttore e di 1 operatore giudiziario.
  Nel tribunale di Venezia è prevista una dotazione organica di 204 unità a fronte delle quali prestano servizio 135 risorse umane (considerati 2 assistenti giudiziari ivi distaccati da altro ufficio e 6 assistenti giudiziari distaccati altrove) con una percentuale di scopertura del 33,58 per cento. La posizione dirigenziale è coperta. Le assunzioni nel periodo che va dal 2014 al 2021 sono state 35: mobilità obbligatoria, 1 cancelliere; mobilità volontaria, 8 unità (5 funzionari giudiziari e 3 cancellieri); scorrimento graduatorie, 2 unità (assistenti giudiziari); altro, 1 operatore; concorso da 800 posti, 23 assistenti giudiziari. A queste assunzioni vanno aggiunte le 4 unità di direttore e le 5 unità di operatori giudiziari sulle 7 messe nella disponibilità di scelta da questa Amministrazione. Si fa presente che è stato disposto lo scorrimento della graduatoria del concorso per 1.000 posti di operatore giudiziario di cui 2 al tribunale di Venezia.
  Nella procura della Repubblica presso il tribunale di Venezia a fronte dei 113 dipendenti previsti in organico ne sono presenti 85 (considerata l'assenza di 1 funzionario giudiziario, di 1 assistente informatico e di 1 assistente giudiziario distaccati in altri uffici) con una scopertura dei 24,78 per cento. La posizione dirigenziale non è coperta. Le assunzioni nel periodo che va dal 2014 al 2021 sono state sono 13: mobilità volontaria, 1 direttore; scorrimento graduatorie, 1 assistente giudiziario; altro, 2 unità (1 operatore e 1 cancelliere); concorso ad 800 posti, 9 assistenti giudiziari. A queste assunzioni si aggiungono 2 reclutamenti di direttore e 5 di operatori giudiziari.
  Nel tribunale per i minorenni di Venezia è prevista una dotazione organica di 29 unità a fronte delle quali prestano servizio 20 risorse umane (compreso un operatore giudiziario ivi distaccato da altro ufficio e 1 assistente giudiziario distaccato in altro ufficio) con una percentuale di scopertura del 31,03 per cento. La posizione dirigenziale è coperta. Le assunzioni nel periodo che va dal 2014 al 2021 sono state di 5 unità di assistente giudiziario per concorso. A queste si aggiungono le 2 assunzioni di direttore. Si fa presente che nel tribunale per i minorenni di Venezia non sono state effettuate assunzioni di operatori giudiziari in quanto il profilo è completamente soddisfatto.
  Nella procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni di Venezia è prevista una dotazione organica di 16 unità a fronte delle quali prestano servizio 13 risorse umane con una percentuale di scopertura del 18,75 per cento.
  Nel tribunale di sorveglianza è prevista una dotazione organica di 23 unità a fronte delle quali prestano servizio 16 risorse umane con una percentuale di scopertura del 30,43 per cento. Le assunzioni nel periodo che va dal 2014 al 2021 sono state di 4 unità di assistente giudiziario per concorso. A queste si aggiungono 2 assunzioni di direttore. Nell'ufficio del giudice di pace, a fronte di un organico previsto di 12 unità, ne sono presenti 8 con una scopertura del 33,33 per cento. Le assunzioni nel periodo che va dal 2014 al 2021 sono state di 4 unità di assistente giudiziario.
  Le esigenze evidenziate nell'atto di sindacato ispettivo in esame non sfuggono a questo Dicastero, che ha posto al centro della propria attività l'incremento del numero di risorse umane presso gli uffici giudiziari nella consapevolezza dell'importanza che assume tale operazione per il funzionamento degli uffici stessi e per il buon andamento dell'amministrazione della giustizia. Con il supporto del quadro normativo degli ultimi anni sono state predisposte una serie di misure al fine di riavviare il
turn over del personale amministrativo, facendo ricorso a tutti gli strumenti normativi e contrattuali disponibili allo scopo di reclutare nuova forza lavoro.
  Per il periodo 2019-2021 le previsioni di investimento sulle assunzioni di personale amministrativo hanno tenuto conto della situazione delle vacanze attuali e delle cessazioni che si stimano nei prossimi anni. Il programma assunzionale nel periodo indicato prevede 8.756 nuovi ingressi, ripartiti tra le tre aree e i dirigenti di II fascia. Lo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 e le conseguenti forme di contenimento del virus hanno rallentato le procedure già avviate e da avviarsi, in ottemperanza al disposto dell'articolo 87 del decreto-legge n. 18 del 17 marzo 2020 relativo alla sospensione delle procedure concorsuali per l'accesso al pubblico impiego. Tuttavia il decreto-legge n. 44 del 2021 prevede che, fino al permanere dello stato di emergenza epidemiologica, le pubbliche amministrazioni i cui bandi siano stati pubblicati all'entrata in vigore di tale decreto possano procedere all'espletamento delle prove, anche in deroga ai bandi già pubblicati, nelle modalità semplificate previste. La norma dispone, altresì, che dal 3 maggio 2021 sia consentito lo svolgimento delle procedure selettive con riferimento ai concorsi banditi dalle pubbliche amministrazioni nel rispetto delle linee guida validate dal comitato tecnico-scientifico. Si citano di seguito le procedure definite e in via definizione:

   concorso pubblico, per titoli ed esame orale, su base distrettuale, per il reclutamento di complessive 150 unità di personale non dirigenziale a tempo indeterminato per il profilo di funzionario giudiziario, da inquadrare nell'area funzionale terza, fascia economica F1, nei ruoli del personale del Ministero della giustizia nei distretti del Nord Italia. Nei distretti di Corte di appello di Brescia, Torino e Venezia i vincitori hanno preso possesso della sede scelta. Si fa presente che per il distretto della Corte di appello di Venezia erano previste 31 assunzioni ma solo 12 unità hanno preso possesso della sede scelta. La graduatoria degli idonei consta di ulteriori 5 unità da cui potere attingere personale e oltretutto è previsto un massiccio reclutamento nel profilo citato attraverso il concorso bandito da Formez PA sull'intero territorio nazionale, il che costituirà una ulteriore occasione per colmare le lacune che dovessero presentarsi nei vari uffici giudiziari;

   concorso pubblico, per titoli ed esame orale, su base distrettuale, per il reclutamento di complessive 2.700 unità di personale non dirigenziale a tempo indeterminato per il profilo di cancelliere esperto, da inquadrare nell'area funzionale seconda, fascia economica F3, nei ruoli del personale del Ministero della giustizia;

   il 26 luglio 2019 è stato pubblicato il bando di concorso per il reclutamento di 2.329 unità di personale non dirigenziale a tempo indeterminato per il profilo di funzionario da inquadrare nell'area funzionale terza, fascia economica F1, nei ruoli del personale del Ministero della giustizia. Si è conclusa la prima prova (preselettiva) di questo concorso e la graduatoria è stata pubblicata con l'elenco dei 7.021 candidati ammessi alle prove successive del concorso;

   con avviso del 17 novembre 2020 è stato indetto un concorso pubblico, per titoli ed esame orale, su base distrettuale, per il reclutamento di complessive 400 unità di personale non dirigenziale a tempo indeterminato per il profilo di direttore, da inquadrare nell'area funzionale terza, fascia economica F3, nei ruoli del personale del Ministero della giustizia;

   con avviso del 17 febbraio 2021 è stato reso pubblico il P.d.g. dell'11 febbraio 2021 che ha disposto l'assunzione dei primi 950 vincitori al concorso a 1.000 posti di operatore giudiziario area II, fascia economica F2, con contratto a tempo determinato della durata massima di ventiquattro mesi come supporto alla digitalizzazione del processo penale nonché per la celere definizione e per il contenimento della durata dei procedimenti giudiziari pendenti. La scelta delle sedi si è conclusa il 24 febbraio 2021. Con il P.d.g. del 28 aprile 2021 si è disposto lo scorrimento della graduatoria per ulteriori 84 unità;

   con avviso di selezione – mediante avviamento degli iscritti ai Centri per l'impiego – si è avviata la procedura finalizzata all'assunzione di 616 operatori giudiziari (area II, fascia economica F1), con rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato, per la copertura di posti vacanti in uffici giudiziari aventi sede nelle regioni Calabria, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Toscana e Veneto;

   con avviso di selezione – mediante avviamento degli iscritti ai Centri per l'impiego – si è avviata la procedura finalizzata all'assunzione di 109 conducenti di automezzi, da inquadrare nell'area funzionale seconda, fascia economica F1.

  Sulla scorta di tutti gli elementi sinora passati analiticamente in rassegna emerge con solare evidenza il costante e assiduo impegno profuso da questa Amministrazione (impegno condotto tenendo sempre presenti le situazioni di difficoltà in cui versano plurimi altri uffici giudiziari) al fine di assicurare la piena funzionalità degli uffici giudiziari siti nel distretto di Corte di appello di Venezia.
La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.


   BOND. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   tra le conseguenze provocate dalla pandemia da Covid-19, con danni a livello sanitario e a livello economico, vanno segnalate anche quelle di natura affettiva e psicologica, create dalla separazione tra i nostri connazionali e le comunità di origine e quelle all'estero di nuova residenza, tra le famiglie divise tra l'Italia e i Paesi di emigrazione, a causa della limitazione e spesso degli impedimenti nei viaggi e spostamenti da oltre un anno;

   le recenti disposizioni recate dall'ordinanza del Ministero della salute del 14 maggio 2021, in merito alle regole di spostamento da e per il Brasile, che prorogano fino al 30 luglio 2021 il divieto al rientro in Italia, hanno creato molta preoccupazione nella numerosa comunità di connazionali presenti nel Paese, molti dei quali cittadini italiani iscritti all'Aire;

   con tale ordinanza si prevede che l'ingresso dai Paesi dell'Unione europea e dell'area Schengen, oltre che da Gran Bretagna e Israele, possa avvenire senza obbligo di quarantena, pur sempre con l'obbligo di esibire all'arrivo un tampone molecolare o antigenico con esito negativo, effettuato nelle 72 ore che precedono l'arrivo in Italia;

   mentre la medesima ordinanza proroga le misure restrittive nei confronti del Brasile fino al 30 luglio 2021, e con l'ordinanza del 6 maggio 2021, sono state estese fino al 30 maggio 2021 le misure vigenti per gli ingressi in Italia per le persone provenienti o che abbiano soggiornato nei quattordici giorni precedenti in India, Bangladesh e Sri Lanka; si tratta di misure restrittive non applicate nel caso di alcune specifiche deroghe, circa le misure di isolamento fiduciario e tampone, per coloro che si spostano per motivi di lavoro o per chi arriva con voli Covid-tested (voli rafforzati con la citata ordinanza del 14 maggio 2021);

   pur tenendo conto delle insopprimibili esigenze sanitarie e della necessità del rispetto dei protocolli di sicurezza necessari a contrastare la diffusione della pandemia, occorre tener conto anche delle esigenze di molti nostri connazionali residenti in Brasile, che hanno lasciato l'Italia per motivi di lavoro, di poter tornare in patria e riabbracciare le proprie famiglie e i propri affetti in Italia;

   inoltre, va segnalato che la suddetta normativa prevede un diverso trattamento riservato ad alcuni cittadini rispetto ad altri; le restrizioni sancite dall'ordinanza del Ministero della salute del 14 maggio 2021 vengono infatti applicate in modo disomogeneo con riferimento a Paesi inseriti nello stesso gruppo di rischio riguardo all'emergenza epidemiologica di Covid-19, tanto che, in data odierna, è permesso il rientro dall'India dei cittadini italiani iscritti all'Aire e non per quelli residenti in Brasile;

   tale diversità di trattamento risulta lesivo del principio sancito dall'articolo 3 della Costituzione, secondo cui «Tutti i cittadini hanno la stessa dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, indipendentemente dal sesso, dalla razza, dalla lingua, dalla religione, dalle opinioni politiche, dalle condizioni personali e sociali», non ammettendo, pertanto, alcuna discriminazione basata sul principio della residenza, e tantomeno un trattamento differenziato nei confronti di cittadini iscritti all'Aire che pagano le tasse in Italia –:

   se non ritengano i Ministri interrogati, per quanto di competenza, di adottare iniziative affinché vengano superate le restrizioni per il rientro dei cittadini italiani iscritti all'Aire residenti in Brasile, favorendo altresì i viaggi di ritorno in Italia, anche mediante l'ampliamento dell'offerta di voli Covid-tested già previsti per altre tratte, al fine di permettere a coloro che mantengono stretti legami parentali e affettivi con il nostro Paese di poter riabbracciare i propri cari, nel rispetto dei protocolli di sicurezza sanitari vigenti.
(4-09378)

  Risposta. — Ai fini del contenimento della diffusione del virus COVID-19 e alla luce della contagiosità particolarmente elevata della variante del virus diffusa in Brasile, il Ministro della salute, con successive ordinanze, ha disposto restrizioni all'ingresso e alla circolazione in Italia per le persone che hanno soggiornato in quel Paese, progressivamente rimodulate con l'evoluzione del quadro epidemiologico (ordinanza 13 febbraio 2021, ordinanza 16 aprile 2021, ordinanza 29 aprile 2021, ordinanza 14 maggio 2021 e ordinanza 18 giugno 2021).
  Come è noto, l'ingresso e il traffico aereo dal Brasile sono consentiti, a condizione che non si manifestino sintomi da COVID-19, alle seguenti categorie: coloro che hanno la residenza anagrafica in Italia da data anteriore al 13 febbraio 2021 (con autodichiarazione, senza autorizzazione del Ministero della salute); coloro che devono raggiungere domicilio, abitazione o residenza dei figli minori, del coniuge o della parte di unione di civile (con autodichiarazione, senza autorizzazione del Ministero della salute); soggetti in condizione di assoluta necessità autorizzati dal Ministero della salute.
  Gli ingressi in Italia sono consentiti, altresì, nelle situazioni previste all'articolo 51, comma 7, lettere
f), m) e n), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 2 marzo 2021, previa autorizzazione del Ministero della salute o secondo protocolli sanitari validati.
  Questo quadro normativo è stabilito dal Ministero della salute, cui la Farnesina rappresenta costantemente le criticità che incontrano i nostri connazionali.
  Riguardo alla possibilità di superare le attuali restrizioni, il Ministero della salute ha fatto sapere che la tematica è ancora in valutazione. Dal canto suo, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, attraverso la rete diplomatico-consolare in Brasile, ha offerto e offre ogni possibile sostegno alle numerose richieste di assistenza dei nostri connazionali.
  I cellulari di emergenza dei 7 uffici consolari presenti sul territorio brasiliano sono stati operativi 24 ore su 24, 7 giorni su 7, ed è stata effettuata, anche tramite comunicati sui siti
web e i canali sociali delle sedi coinvolte, una dettagliata mappatura della presenza di coloro che erano rimasti bloccati, con nominativi, indirizzi di residenza in Italia e recapiti.
  In particolare, la nostra rete diplomatico-consolare in Brasile, in stretto raccordo con la Farnesina, ha fornito assistenza ai connazionali in gravi condizioni di salute, sostenendo le relative richieste di deroga eccezionale al competente Ministero della salute, e ha erogato prestiti e sussidi economici in favore di coloro che versavano in condizioni di indigenza o temporanea indisponibilità economica, anche a causa della imprevista prolungata permanenza all'estero.
  Per quanto attiene nello specifico gli interventi di assistenza finanziaria (prestiti, sussidi e altre forme di aiuto economico), dal 1° gennaio 2020 al 31 maggio 2021 la rete brasiliana ne ha realizzati 328, per un totale di 316.000 euro, di cui 142.000 erogati dal consolato generale a San Paolo e 100.000 da quello a Rio de Janeiro.
  Vorrei infine ricordare che nel corso del 2020 gli interventi complessivamente svolti dalla rete brasiliana a tutela dei cittadini all'estero sono stati 3.590, oltre la metà dei quali effettuati dal consolato generale a San Paolo. Sempre durante il 2020, si è provveduto a 24 rimpatri di salme di connazionali dal Brasile e in 19 casi sono state attivate ricerche di connazionali scomparsi in territorio brasiliano.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Benedetto Della Vedova.


   BUOMPANE, MARTINCIGLIO, GRIPPA e VILLANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'indicatore della situazione economica equivalente (Isee) è un indicatore che serve a valutare e confrontare la situazione economica delle famiglie. Questo serve per richiedere prestazioni sociali agevolate riservate al possesso di determinati requisiti soggettivi e alla situazione economica della famiglia;

   la disciplina dell'Isee è stata profondamente innovata dall'articolo 1, comma 314, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, e dall'articolo 4-sexies del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34;

   per ottenere la certificazione Isee – che in base alla normativa vigente rimane valida fino al 31 dicembre dell'anno in cui è presentata – è necessario compilare la dichiarazione sostitutiva unica (Dsu). Questa è un documento che contiene le informazioni di carattere anagrafico, reddituale e patrimoniale necessarie a descrivere la situazione economica del nucleo familiare. La Dsu può essere presentata in qualsiasi periodo dell'anno;

   l'articolo 7 del decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101, è intervenuto nuovamente sulla materia al fine di definire quali dati debbano essere utilizzati per compilare la Dsu, affermando come l'aggiornamento prenda a riferimento il secondo anno precedente;

   il suddetto criterio temporale, facendo riferimento non agli ultimi dati disponibili e ad introiti che potrebbero non essere più percepiti, ha però un effetto distorsivo, soprattutto per le fasce di reddito più deboli, che il più delle volte hanno entrate saltuarie e che si vedono negare sussidi, che sono fondamentali per garantire un'esistenza libera e dignitosa valore fondante delle nostra Carta costituzionale;

   al fine di inserire un elemento di elasticità della normativa, sempre l'articolo 7 del decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101, prevede la possibilità di aggiornare i dati prendendo a riferimento i redditi e i patrimoni dell'anno precedente, qualora vi sia convenienza per il nucleo familiare, mediante modalità estensive dell'Isee corrente. Tale previsione è però soggetta all'emanazione di un decreto attuativo del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, che tuttavia ad oggi non risulta emanato;

   dal 2019, inoltre, a causa della pandemia che ha comportato una catastrofica diminuzione delle attività e dei posti di lavoro in un arco temporale rapidissimo, il criterio del secondo anno precedente ha prodotto danni ancor maggiori, essendoci discrepanze enormi sui valori di reddito fra i vari anni –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti suddetti e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda porre in essere al fine colmare tale vuoto normativo che impedisce a centinaia di migliaia di cittadini delle fasce più deboli di accedere ad agevolazioni essenziali, che non solo la legge ma la stessa Costituzione riconosce loro, al fine di garantire il pieno godimento dei diritti fondamentali.
(4-09390)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo indicato in esame si rappresenta quanto segue.
  In via preliminare, occorre segnalare che relativamente ai nuclei familiari colpiti, a causa degli effetti negativi della pandemia, da una diminuzione delle attività e dei posti di lavoro, la normativa Isee, in presenza di eventi avversi quali una variazione della situazione lavorativa, l'interruzione di un trattamento previdenziale, assistenziale e indennitario non rientrante nel reddito complessivo, ovvero in caso di una rilevante variazione del reddito del nucleo familiare superiore al 25 per cento rispetto alla situazione reddituale individuata nell'Isee calcolato ordinariamente (riferita al secondo anno precedente la presentazione della Dichiarazione Sostitutiva Unica-DSU), già ammette la possibilità – nei termini previsti dalla normativa – di far riferimento alle componenti reddituali percepite negli ultimi dodici mesi mediante la presentazione dell'Isee corrente.
  Quanto all'aggiornamento del dato patrimoniale, si comunica che lo schema di decreto di cui al citato articolo 7 del decreto-legge n. 101 del 2019 – atto a garantire la possibilità, per i nuclei familiari che ne abbiano convenienza, di aggiornare, a decorrere dal 1° luglio 2021, i dati patrimoniali rilevanti ai fini dell'indicatore prendendo a riferimento l'anno precedente la presentazione della Dichiarazione Sostitutiva Unica mediante la definizione di modalità estensive dell'Isee corrente – è stato predisposto dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali che ha anche acquisito il parere favorevole del Garante per la protezione dei dati personali. Inoltre, il suo
iter di perfezionamento è quasi ultimato, in quanto si rende noto che il provvedimento è stato già firmato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali e inviato al Ministero dell'economia e delle finanze per l'acquisizione del concerto.
  L'entrata in vigore delle modalità estensive dell'Isee corrente sarà opportunamente segnalata sul sito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e sul sito dell'Inps, nonché attraverso comunicazioni agli enti erogatori e ai centri di assistenza fiscale.

La Sottosegretaria di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Rossella Accoto.


   CIRIELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   organi di stampa riportano la tragica notizia della morte di Nadia De Munari, cinquantenne originaria di Schio (Vicenza), uccisa in Perù a colpi di ascia forse durante un tentativo di rapina;

   la donna, era nel Paese sudamericano come missionaria laica dal 1995 ed era una delle volontarie dell'Operazione Mato Grosso, movimento missionario che opera in favore degli ultimi in America Latina; si occupava della gestione di sei asili e di una scuola elementare di una baraccopoli a Nuevo Chimbote, sulla costa centro-settentrionale del paese dove assisteva anche alcune ragazze;

   come riferiscono i media del Paese, e conferma il quotidiano «Avvenire», la donna sarebbe stata aggredita nella notte del 20 aprile 2021 nella sua camera da letto all'interno della casa famiglia «Mamma Mia» e rinvenuta agonizzante solo il mattino seguente;

   dopo i primi soccorsi prestati presso l'ospedale più vicino, Nadia sarebbe stata trasferita a Lima per una delicata operazione chirurgica a seguito della quale è deceduta;

   non vi sarebbero testimoni dell'agguato; infatti, nella casa famiglia che condivideva con un'altra decina di insegnanti, la missionaria vicentina assisteva alcune ragazze, che però non avrebbero udito nulla, in quanto ubicate in un'altra ala della struttura;

   gli autori di questo efferato crimine non sono ancora stati scoperti; dalle prime indagini della polizia di Nuevo Chimbote, che avrebbero rilevato molte tracce, anche ematiche, nella stanza della donna, potrebbe essersi trattato di una rapina finita male anche se, come riferito da padre Raffaele, che gestisce la casa famiglia, l'aggressore avrebbe sottratto solo il telefonino della donna senza toccare denaro o altro;

   a destare ulteriori sospetti sono le notizie riportate dalla stampa locale, secondo cui la porta della camera di Nadia, chiusa a chiave, non presentasse segni di effrazione;

   la tragica scomparsa di una nostra connazionale impone un intervento deciso, di verità e giustizia, delle autorità italiane affinché venga appurata la verità dei fatti –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere affinché sia fatta piena luce sulle cause, sulle responsabilità e sugli esecutori di questo terribile crimine che ha portato alla morte della connazionale Nadia De Munari e se non intenda fornire adeguata assistenza alla famiglia della vittima.
(4-09207)

  Risposta. — Nadia De Munari era, dal 1995, volontaria in Perù dell'operazione Mato Grosso a Nuovo Chimbote (dipartimento di Ancash), dove gestiva scuole per l'infanzia.
  Come tristemente noto, Nadia è stata ritrovata la mattina del 21 aprile priva di sensi e con gravi contusioni al cranio, nella sua stanza presso una struttura dell'organizzazione in cui viveva con altri volontari. La connazionale è stata trasportata in autoambulanza alla clinica giapponese peruviana di Lima, dove è stata sottoposta a una delicata operazione neurochirurgica e successivamente trasferita in terapia intensiva. Purtroppo la signora De Munari è deceduta nella notte tra il 23 e il 24 aprile.
  La nostra ambasciata a Lima, intervenuta fin dalla prima segnalazione dell'aggressione per prestare ogni possibile assistenza, anche attraverso il console onorario ad Ancash, ha profuso grande impegno, sia per cercare di assicurare l'assistenza medica dopo la brutale aggressione, sia stabilendo fin da subito un contatto diretto con i familiari e i responsabili dell'organizzazione. Dopo il decesso la nostra sede ha fornito anche il necessario supporto per il rimpatrio della salma, avvenuto il 1° maggio.
  Sono ora in corso le indagini per chiarire le dinamiche dell'accaduto e individuarne i responsabili. La polizia di Chimbote è stata affiancata da una squadra investigativa specializzata, appositamente giunta da Lima.
  Anche grazie alle sollecitazioni della nostra ambasciata, abbiamo ottenuto il rafforzamento della squadra investigativa, potenziata proprio nei giorni scorsi con personale esperto, per accelerare le indagini in corso. Queste sono condotte a tutto campo, senza escludere alcuna ipotesi. In attesa di conoscere i risultati delle perizie e l'esito degli interrogatori disposti dagli inquirenti, vige un doveroso stretto riserbo istruttorio.
  La nostra rappresentanza in Perù segue l'evolversi delle attività investigative con la massima attenzione e mantiene contatti costanti con magistratura e competenti autorità locali, cui abbiamo chiesto tutto l'impegno possibile per far piena luce sulla vicenda. Le controparti peruviane hanno assicurato sollecitudine nella conduzione delle indagini. In aggiunta, l'esperto per la sicurezza in servizio presso la nostra ambasciata ha fin dal primo momento sensibilizzato le autorità locali di polizia a tal fine e si è recato nelle scorse settimane a Chimbote per seguire di persona gli sviluppi investigativi.
  Gli uffici del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (MAECI) e l'ambasciata a Lima intrattengono un dialogo costante con i familiari di Nadia De Munari, aggiornandoli di ogni sviluppo. Abbiamo loro suggerito di nominare un avvocato che possa seguire il caso e ottenere informazioni di dettaglio direttamente dagli inquirenti, in qualità di parte offesa.
  A tutela della sicurezza degli italiani in Perù, la nostra ambasciata aggiorna costantemente le indicazioni riportate sul portale istituzionale «Viaggiare Sicuri» del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e, nello specifico, ha di recente provveduto a segnalare un elevato tasso di criminalità comune nelle principali città peruviane e in diversi quartieri della capitale.
  In generale, in raccordo con la sede diplomatica territoriale di riferimento, ove le circostanze lo richiedano, l'unità di crisi della Farnesina pubblica avvisi in evidenza relativi alla situazione di sicurezza nei singoli Paesi e invia comunicazioni specifiche, tramite SMS o Notifica
push, ai viaggiatori registrati sul portale istituzionale «Dove siamo nel mondo» e a coloro che abbiano scaricato l'applicazione per dispositivi mobili «Unità di Crisi», al fine di fornire aggiornamenti puntuali sull'evoluzione di possibili circostanziate situazioni critiche.
  Nel 2015 l'unità di crisi ha promosso e sottoscritto un protocollo di sicurezza con le principali organizzazioni della società civile (OSC), quali l'Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale, il Coordinamento italiano NGO internazionali e LINK 2007, al fine di promuovere la cultura della sicurezza, in particolare per coloro che operano nel settore della cooperazione.
  In base a tale protocollo, le OSC si impegnano ad adottare un proprio piano di emergenza, a istituire (ove non già presente) la figura del responsabile per la sicurezza, a formare adeguatamente gli operatori da inviare all'estero e a iscrivere il proprio personale in missione sul portale istituzionale «Dove siamo nel mondo», in modo che i dati del viaggio siano condivisi in tempo reale con l'unità di crisi. Il protocollo raccomanda anche un contatto iniziale e un raccordo costante con la rete diplomatico-consolare italiana nel luogo di destinazione.
  Nella cornice di questo protocollo, l'unità di crisi della Farnesina dialoga regolarmente con i responsabili della sicurezza delle principali OSC che inviano operatori o volontari all'estero ed effettua incontri di formazione, prima della partenza, per gli operatori che si recano all'estero per attività di cooperazione per conto del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
  Nella seconda metà del 2020 è stata avviata ed è tuttora in corso una revisione di tale protocollo, promossa d'intesa con i competenti uffici del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e con l'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, allo scopo di aggiornarne i contenuti e ampliare la platea dei destinatari, coinvolgendo il maggior numero possibile di operatori del settore.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Benedetto Della Vedova.


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in data 24 aprile 2019, in sede di assegnazione in prima nomina del personale nominato vice ispettore del ruolo maschile e femminile del Corpo della polizia penitenziaria al termine del VI corso per vice ispettori, avviato il 10 settembre 2018 e conclusosi nel marzo 2019, il Capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria con apposito provvedimento del 24 aprile 2019 n. 0132129 riattivava per 4 mesi, dal 3 maggio al 15 settembre 2019, l'assegnazione a servizi provvisori di 98 neo vice ispettori, ottenuti a vario titolo ai sensi dei benefici di legge vigenti;

   al termine di tale periodo, con nuovo provvedimento del 27 settembre 2019 n. 0289126, la direzione generale del personale prorogava le assegnazioni provvisorie per ulteriori 6 mesi fino al 15 marzo 2020;

   nella proroga sono rientrati ulteriori 60 vice ispettori e, contestualmente, sono state sanate le posizioni di quelli già rientrati nel primo elenco;

   nel provvedimento di rinnovo si specificava che l'amministrazione rinnovava il distacco ma che era in corso di approvazione un decreto di sanatoria per tutti gli ispettori posti in distacco;

   la direzione generale del personale, con successivo provvedimento del 24 marzo 2020, a quanto risulta all'interrogante, prorogava il servizio temporaneo di 48 vice ispettori per 2 mesi fino al 15 maggio 2020; anche in questo caso nella nota del rinnovo si ribadiva che l'amministrazione stava lavorando per un provvedimento d'assegnazione definitivo;

   uguale proroga di 4 mesi veniva concessa dalla stessa direzione, sempre per quanto consta all'interrogante, a 42 vice ispettori con provvedimento del 14 maggio 2020, fino al 15 settembre 2020;

   successivamente, con ultimo provvedimento dell'11 settembre 2020 n. 0314587, la direzione generale del personale prorogava fino a marzo 2021 le assegnazioni provvisorie per i 34 vice ispettori rimasti, nelle more dell'assunzione di definitive determinazioni;

   al termine di tale sequela di provvedimenti di proroga, alla data del 19 ottobre 2020, la direzione generale del personale con provvedimento n. 0366999 procedeva all'assegnazione definitiva di 64 appartenenti ai vari ruoli, in cui risultano presenti anche 15 vice ispettori del VI corso;

   i criteri applicati per la selezione degli aventi diritto sono stati concordati in data 14 settembre 2020 con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative del Corpo di polizia penitenziaria, ma, poco prima che l'accordo pattizio fosse definito, il dipartimento ha provveduto alla stabilizzazione del personale in servizio provvisorio nelle scuole dell'amministrazione;

   secondo i criteri stabiliti, soltanto tre ispettori restano esclusi dal provvedimento di stabilizzazione;

   appare, quindi, all'interrogante del tutto illogica la scelta dei criteri discrezionali individuati dal Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria per la scelta del personale avente diritto alla stabilizzazione presso la sede o il servizio di assegnazione provvisoria;

   tali criteri, a giudizio dell'interrogante, sembrerebbero non aver generato reale selezione o discrimine, quanto, piuttosto, sembrerebbero escludere verosimilmente solo i tre agenti residuanti;

   al fine di sanare quanto illustrato in premessa e al fine di fugare ogni ombra di dubbio dall'operato dell'amministrazione penitenziaria, sarebbe opportuno includere nei provvedimenti citati anche i tre agenti attualmente esclusi, data l'esigua consistenza numerica del contingente ancora non stabilizzato –:

   se il Ministro intenda adottare iniziative per procedere alla stabilizzazione dell'assegnazione presso le sedi di servizio provvisorio anche per i tre agenti attualmente esclusi dai provvedimenti finora adottati e indicati in premessa.
(4-08323)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante, riferito della vicenda inerente la mancata inclusione di alcuni agenti del Corpo di polizia penitenziaria nei provvedimenti di stabilizzazione e relativa assegnazione presso la sede di servizio provvisoria emanati di recente dal direttore generale del personale e delle risorse del D.A.P. all'esito di una procedura concorsuale inerente, avanza precipuo quesito circa gli intendimenti volti a superare dette criticità.
  Al proposito, va rilevato che al termine del VI Corso per vice ispettori, successivamente alle assegnazioni di prima nomina, già con nota del 24 aprile 2019 fu riattivato il servizio provvisorio per tutte quelle unità che, all'atto dell'avvio al corso, si trovavano in posizione di distacco in una sede diversa. da quella di effettiva assegnazione.
  Con successivi provvedimenti della direzione generale del personale e delle risorse del DAP, il servizio provvisorio del personale in argomento, originariamente disposto per n. 48 unità fino al 15 maggio 2020, è stato prorogato fino al 15 marzo 2021 per ulteriori n. 16 unità del Corpo di polizia penitenziaria.
  Nel frattempo, diverse unità del predetto personale sono state definitivamente assegnate presso le sedi ove si trovavano a prestare servizio provvisorio, in applicazione di straordinarie procedure di sostanziale stabilizzazione attuate in esito agli accordi stipulati con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative del Corpo.
  Ciò posto, risultano in numero di 16 le unità non stabilizzate, escluse dalle indicate procedure straordinarie poiché non in possesso dei requisiti richiesti a seguito degli accordi intrapresi con le organizzazioni sindacali, nonché per la sussistenza di precipui motivi ostativi, ed in particolare: quanto alla stabilizzazione presso i provveditorati regionali, decorrenza del distacco successiva alla data del 5 luglio 2017 ed impiego del personale presso le centrali operative regionali delle telecomunicazioni, istituite nell'ambito dei provveditorati, fatta eccezione per i manutentori di rete; quanto all'impiego del personale presso i soppressi provveditorati regionali di Genova, Ancona, Perugia, Pescara e Potenza, stabilizzazione presso gli uffici esecuzione penale esterna e decorrenza inizio del distacco successiva alla data del 5 luglio 2017; quanto alla stabilizzazione presso gli istituti penitenziari del personale distaccato da lungo tempo per motivi di servizio o per gravi motivi, decorrenza del distacco successiva alla data del 31 dicembre 2013 e servizio in distacco prestato con periodi non continuativi.

La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.


   DORI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   in data 19 dicembre 2017 è stato stipulato un protocollo d'Intesa tra il comune di Bergamo, l'Agenzia del Demanio – direzione regionale Lombardia e l'ufficio interdistrettuale di esecuzione penale esterna della Lombardia – Ministero della giustizia, che prevedeva il trasferimento dell'ufficio dell'esecuzione penale esterna (Uepe) in un immobile di proprietà del comune di Bergamo denominato «ex Convento della Maddalena», sito in via Borfuro angolo via Sant'Alessandro in Bergamo e la contestuale concessione gratuita da parte dell'Agenzia del Demanio al comune di Bergamo degli spazi posti al piano terra dell'immobile denominato «Casa della Libertà», sito in Piazza della Libertà n. 7 in Bergamo, utilizzati dall'Uepe e per la restante parte della prefettura di Bergamo;

   il tribunale di Bergamo ha però più volte evidenziato la necessità di incrementare gli spazi attualmente in uso, rivolgendo all'amministrazione comunale la richiesta di poter entrare in possesso dei locali dell'ex Maddalena in via Borfuro oggetto del citato protocollo;

   analoga richiesta è stata avanzata più volte dall'avvocatura bergamasca in ragione di una migliore organizzazione degli spazi e delle attività;

   in conseguenza di tale esigenza il comune di Bergamo, nel richiedere all'Agenzia del Demanio – direzione regionale Lombardia in data 18 dicembre 2019 il rinnovo del protocollo, ha manifestato la disponibilità ad individuare, grazie alla collaborazione anche della provincia di Bergamo, spazi alternativi da destinarsi all'Uepe, previo accordo e condivisione dello stesso ufficio e della prefettura di Bergamo, rendendo di fatto nuovamente disponibili per il tribunale di Bergamo gli spazi dell'ex Maddalena;

   gli uffici giudiziari del tribunale di Bergamo risultano attualmente collocati in più edifici tra loro non attigui;

   in particolare, l'Ufficio notificazioni esecuzioni e protesti (Unep) del tribunale di Bergamo e il giudice di pace di Bergamo sono ubicati in un immobile sito in via Sant'Alessandro 45/47, mentre la sede principale del tribunale di Bergamo si trova in via Borfuro 11/A;

   l'accorpamento degli uffici giudiziari del tribunale permetterebbe la realizzazione a Bergamo di una «Cittadella della Giustizia», ottimizzando così gli spazi ed evitando disagi e difficoltà organizzative per il personale amministrativo, per l'avvocatura, per la magistratura e per i cittadini;

   per queste ragioni, gli uffici giudiziari dell'Unep e del giudice di pace di Bergamo attualmente collocati nell'edificio di Sant'Alessandro potrebbero trovare nuova sistemazione all'interno dei locali dell'ex convento della Maddalena in via Borfuro;

   contemporaneamente, l'Uepe potrebbe trovare collocazione all'interno di locali, siti in via Borgo Palazzo in Bergamo, di proprietà della provincia di Bergamo messi a disposizione dell'Uepe dal comune di Bergamo –:

   se il Ministro della giustizia intenda promuovere tra il comune di Bergamo, l'Agenzia del Demanio – direzione regionale Lombardia, la provincia di Bergamo e la prefettura di Bergamo, un confronto finalizzato a individuare le condizioni per la sottoscrizione di un nuovo protocollo d'intesa, che preveda lo spostamento dell'Unep del tribunale di Bergamo e del giudice di pace di Bergamo all'interno dell'immobile di proprietà del comune di Bergamo denominato «ex Convento della Maddalena» sito in via Borfuro;

   se il Governo intenda adottare iniziative per la concessione gratuita da parte dell'Agenzia del Demanio al comune di Bergamo dei locali del piano terra dell'edificio denominato «Casa della Libertà», con contestuale spostamento degli uffici dell'Uepe all'interno di un immobile di proprietà della provincia di Bergamo sito in via Borgo Palazzo in Bergamo.
(4-06872)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante – dopo avere premesso che «...in data 19.12.2017 è stato stipulato un protocollo di intesa tra il Comune di Bergamo, l'Agenzia del Demanio – Direzione Regionale Lombardia – e l'Ufficio Interdistrettuale di Esecuzione Penale Esterna... che prevedeva il trasferimento dell'Ufficio della Esecuzione Penale Esterna in un immobile di proprietà del Comune di Bergamo denominato ex convento della Maddalena, sito alla via Borfuro angolo via S. Alessandro, e la contestuale concessione gratuita da parte dell'Agenzia del Demanio al Comune di Bergamo degli spazi posti al piano terra dell'immobile denominato Casa della Libertà, sita nella piazza della Libertà n. 7, utilizzati dall'Ufficio della Esecuzione Penale Esterna e per la restante parte dalla Prefettura di Bergamo...» – domanda alla Ministra della giustizia e al Ministro dell'economia e delle finanze «...se il Governo intenda promuovere tra il Comune di Bergamo, l'Agenzia del Demanio – Direzione Regionale Lombardia –, la Provincia di Bergamo e la Prefettura di Bergamo un confronto finalizzato a individuare le condizioni per la sottoscrizione di un nuovo protocollo di intesa che preveda lo spostamento dell'Unep del Tribunale di Bergamo e dell'Ufficio del Giudice di Pace di Bergamo all'interno dell'immobile di proprietà del Comune di Bergamo denominato ex convento della Maddalena e se intenda adottare iniziative per la concessione gratuita da parte dell'Agenzia del Demanio – Direzione Regionale Lombardia – al Comune di Bergamo dei locali del piano terra dell'edificio, denominato Casa della Libertà con contestuale spostamento dell'Ufficio della Esecuzione Penale Esterna all'interno di un immobile di proprietà della Provincia di Bergamo sito nella via Borgo Palazzo in Bergamo...».
  In proposito occorre segnalare che l'ufficio interdistrettuale di esecuzione penale esterna di Milano, in qualità di organo deputato al coordinamento della esecuzione penale esterna nella Regione Lombardia, sottoscriveva in data 19 dicembre 2017 un protocollo di intesa con l'Agenzia del demanio – direzione regionale Lombardia – con il quale si prevedeva il trasferimento dell'ufficio della esecuzione penale esterna di Bergamo nei locali dell'ex convento della Maddalena, di proprietà del Comune orobico. Il suddetto protocollo di intesa non ha mai avuto concreta esecuzione in quanto i locali dell'ex convento della Maddalena, attigui a quelli in cui ha sede il tribunale di Bergamo, sono stati rivendicati da tale ufficio giudiziario come naturale ampliamento dei propri spazi, dichiarati insufficienti. In conseguenza di ciò, nel corso del mese di ottobre dell'anno 2019, il comune di Bergamo proponeva all'ufficio della esecuzione penale esterna di trasferirsi in un altro immobile di proprietà della provincia, sito nella via Borgo Santa Caterina n. 19, che, con le opportune modifiche strutturali, era stato valutato idoneo alle esigenze del suddetto ufficio. Il comune di Bergamo si sarebbe fatto carico del pagamento alla provincia dell'affitto dell'immobile. L'agenzia del demanio – direzione regionale Lombardia –, tuttavia, valutava più conveniente una terza soluzione, costituita dallo spostamento dell'ufficio della esecuzione penale esterna al terzo piano dell'edificio dove ha sede attualmente, ossia la Casa della libertà, non appena lo stesso fosse stato liberato dal Gruppo carabinieri forestale, previa ristrutturazione e adeguamento degli spazi. In questo modo il comune di Bergamo si libererebbe dall'onere del pagamento dell'affitto di un immobile alla provincia. L'ufficio interdistrettuale di esecuzione penale esterna di Milano valutava positivamente quest'ultima proposta. È, quindi, in corso di definizione un nuovo protocollo di intesa con l'agenzia del demanio – direzione regionale Lombardia – e con gli altri enti coinvolti nella vicenda, al fine di stipulare un nuovo accordo e di stabilire i necessari interventi di funzionalizzazione (protocollo di intesa in via di imminente perfezionamento).
  In quest'ottica deve essere rimarcato che l'ufficio Legislativo del Ministero dell'economia e delle finanze, nella nota estesa in data 2 aprile 2021, segnalava che «...l'Agenzia del Demanio – Direzione Regionale Lombardia –, il Comune di Bergamo, il Tribunale di Bergamo, la Prefettura di Bergamo e l'ufficio della Esecuzione Penale Esterna lavorano, da tempo, in sinergia per la realizzazione del comune obiettivo di ottimizzazione degli spazi pubblici. L'Agenzia del Demanio – Direzione Regionale Lombardia –, in seguito alla richiesta di una maggiore esigenza allocativa da parte del Tribunale, ha avviato un'analisi propedeutica alla definizione del fabbisogno di spazi da destinare alle attività giudiziarie. A tal fine, gli Uffici coinvolti hanno attivato l'
iter volto a verificare il rispetto della vigente normativa in materia di risparmio di spesa pubblica (rapporto mq/addetto, riduzione dei canoni di locazione passiva ecc...). Parallelamente, l'Agenzia del Demanio – Direzione Regionale Lombardia – sta valutando con il Comune di Bergamo la possibilità di una permuta tra immobili di proprietà statale e comunale. All'esito di tali approfondimenti si potrà, eventualmente, procedere alla destinazione dell'ex convento della Maddalena, di proprietà del Comune di Bergamo, alle esigenze del Tribunale (nonché dell'Ufficio del Giudice di Pace), previa rifunzionalizzazione degli spazi interni con costi a carico del Ministero della giustizia. Si fa... presente che, in linea con il protocollo del 19.12.2017, risulta che il Comune – onde favorire il riutilizzo di una porzione degli spazi dell'immobile demaniale denominato Casa della Libertà – abbia in atto un confronto con la Prefettura di Bergamo, allo scopo di definire questioni prevalentemente attinenti alla sicurezza per adeguare il bene all'uso congiunto delle due diverse Amministrazioni. Nel contempo l'Ufficio della Esecuzione Penale Esterna ha dato la disponibilità al trasferimento dei propri uffici dal piano terra al piano terzo dell'immobile, non appena liberato dal Gruppo Carabinieri Forestale. Stante la portata innovativa di dette operazioni, è verosimile che si pervenga ad un aggiornamento del menzionato protocollo di intesa...».
  In relazione, infine, alla specifica domanda rivolta dall'interrogante – «... se il Governo intenda promuovere tra il Comune di Bergamo, l'Agenzia del Demanio – Direzione Regionale Lombardia –, la Provincia di Bergamo e la Prefettura di Bergamo un confronto finalizzato a individuare le condizioni per la sottoscrizione di un nuovo protocollo di intesa che preveda lo spostamento dell'Unep del Tribunale di Bergamo e dell'Ufficio del Giudice di Pace di Bergamo all'interno dell'immobile di proprietà del Comune di Bergamo denominato ex convento della Maddalena...» e se intenda confermare l'inclusione del predetto complesso negli elenchi delle opere da realizzare nell'ambito del PNRR, con un fabbisogno finanziario pari o superiore ad euro 4.800.000, e l'inserimento della riqualificazione dello stesso complesso tra le opere prioritarie – deve essere posto in risalto che il summenzionato intervento edilizio è incluso nell'elenco delle opere da realizzare nell'ambito del PNRR, tant'è vero che è stata di recente assicurata all'Agenzia del demanio, che funge da stazione appaltante, la copertura finanziaria per la progettazione delle opere. L'intervento, così come incluso nel PNRR, prevede non solo la delocalizzazione dell'ufficio del giudice di pace e dell'Unep nel complesso dell'
ex convento della Maddalena, ma anche il trasferimento dell'ufficio di esecuzione penale esterna nell'immobile di proprietà della Provincia di Bergamo sito nella via Borgo Palazzo. Al momento sono in corso le attività (destinate ad essere ultimate entro il mese di giugno dell'anno 2021) finalizzate alla realizzazione dell'operazione di permuta tra Stato ed ente locale; in particolare il demanio acquisirà la proprietà dell'ex convento della Maddalena mentre il comune di Bergamo, in contropartita, riceverà il compendio denominato Campo Marte, ex Casello via Crocefisso ed ex Circolo Arci.
  Sulla scorta di tutto quanto sinora illustrato nel dettaglio appare evidente che il Governo (e in particolare questo Dicastero) si stia muovendo lungo la medesima direttrice indicata dall'interrogante.

La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.


   FORNARO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'ufficio postale di Cartosio, in provincia di Alessandria, è aperto solo tre giorni alla settimana. La riduzione del servizio comporta inevitabilmente il formarsi di code fuori dall'ufficio da parte delle persone in attesa;

   gli utenti serviti dall'ufficio postale sono in larga parte anziani che, pur appartenendo ad una categoria fragile e bisognosa di protezione in questa fase emergenziale, sono costretti a lunghe attese in piedi, sotto il sole o la pioggia.

   inoltre, l'ufficio serve molti utenti residenti nei comuni limitrofi. Sarebbe importante portare almeno a quattro i giorni di apertura e ripristinare l'attività dell'ufficio nella giornata del sabato –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della grave situazione generata dal protrarsi della riduzione di orario e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per superare questa situazione che sta arrecando notevoli disagi alla comunità di Cartosio.
(4-08471)

  Risposta. — Con l'atto in esame vengono segnalate criticità relative all'erogazione del servizio postale causate dall'apertura di soli tre giorni a settimana dell'ufficio postale del comune di Cartosio in provincia di Alessandria.
  Al riguardo, in via preliminare, si ricorda che il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011 n. 214, ha disposto il trasferimento all'autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) delle funzioni in materia di regolazione e vigilanza del settore postale, svolte precedentemente dal Ministero. Spetta dunque all'Agcom la «adozione di provvedimenti regolatori in materia di qualità e caratteristiche del servizio postale universale» prevista dall'articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261.
  Si segnala, dunque, che l'autorità con la delibera n. 342/14/CONS, che ha integrato le disposizioni del decreto ministeriale del 7 ottobre 2008, ha regolamentato espressamente la presenza degli uffici di Poste italiane sul territorio nazionale.
  Ciò premesso, su tale tematica sono state sentite sia la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico sia la società Poste Italiane S.p.A., che hanno riferito quanto segue.
  L'affidataria del servizio postale ha inteso, in via prioritaria, evidenziare che, nell'immediato verificarsi dell'emergenza epidemiologica, è stata impegnata nel progressivo ripristino della consueta operatività degli uffici postali interessati da modifiche degli orari di apertura, quali conseguenza dell'emergenza epidemiologica, inviando apposite comunicazioni ad ogni singolo comune coinvolto sui provvedimenti di razionalizzazione e sulle riaperture, che man mano sono state poste in essere.
  La regolare erogazione di tutti i servizi offerti alla clientela è assicurata attraverso gli altri uffici postali normalmente aperti nei comuni limitrofi in grado di assorbire, in base ai flussi di traffico e al numero di operazioni effettuate, l'operatività degli uffici postali razionalizzati, nonché attraverso la dotazione, con riferimento all'ufficio del comune di Cartosio di un ATM Postamat fruibile h24.
  Al riguardo, si segnala che la clientela ha avuto a disposizione, in posizione limitrofa, i seguenti uffici postali: Castelletto d'Erro, nell'omonimo Comune, aperto con la normale operatività 3 giorni a settimana (martedì e giovedì dalle ore 08.20 alle ore 13:45 e il sabato dalle ore 08.20 alle ore 12.45) e Ponzone, nell'omonimo comune, aperto con la normale operatività 6 giorni a settimana (da lunedì a venerdì dalle ore 08.20 alle ore 13.45 e il sabato dalle ore 08.20 alle ore 12.45).
  La società rende noto che nel vicino comune di Malvicino è operativo un ATM Postamat di ultima generazione cosiddetto
Stand Alone. Si tratta di uno sportello automatico disponibile sette giorni su sette, in funzione 24 ore su 24, che consente di effettuare operazioni di prelievo di denaro contante, interrogazioni sul saldo e sulla lista movimenti, ricariche telefoniche e di carte Postepay, pagamento delle principali utenze e dei bollettini di conto corrente postale.
  La razionalizzazione, come si è potuto evincere dai flussi di traffico, non sembra aver destato particolari criticità.
  Poste italiane ha riferito altresì di aver intrapreso, sin da subito (al fine di limitare la diffusione del contagio del Covid) in piena trasparenza e collaborazione con le istituzioni interessate, tutte le azioni necessarie e opportune ai fini della tutela dei propri lavoratori e degli utenti, tra le quali: l'istallazione dei pannelli schermanti in
plexiglas in tutte le postazioni di front-office non dotate di vetro blindato, il posizionamento delle strisce di sicurezza idonee a garantire il distanziamento interpersonale, a tutela sia della clientela che dei dipendenti, le sanificazioni degli ambienti, le dotazioni di gel sanificante nelle aree aperte al pubblico, la messa a disposizione di mascherine per il personale e le campagne informative nei confronti della clientela.
  Dallo scorso mese di aprile, in accordo con Inps e Protezione civile è stato, inoltre,anticipato il pagamento delle pensioni articolando il calendario su più giornate al fine di diluire l'afflusso della clientela. Lo scaglionamento delle pensioni e il relativo calendario alfabetico è comunicato ogni mese a tutti i sindaci del territorio nazionale. Tutto ciò per la gestione di eventuali assembramenti al di fuori degli uffici postali nei giorni di pagamento pensioni.
  L'autorità di regolamentazione e vigilanza (Agcom), sentita al riguardo, ha riconosciuto che il numero uffici postali, inizialmente coinvolti dall'emergenza sanitaria, è stato sensibilmente ridotto, con un recupero graduale e dei livelli di operatività degli stessi.
  Tanto riferito, si rappresenta che il Ministero dello sviluppo economico continuerà a monitorare le modalità di erogazione del servizio postale, nei limiti delle proprie competenze, al fine di assicurare un servizio efficiente e omogeneo, e ad avviare – ove possibile – tutte le dovute iniziative per risolvere eventuali criticità in tale ambito.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Gilberto Pichetto Fratin.


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 10 novembre 2020, n. 150, all'articolo 8, introduce una deroga, per l'anno in corso, alla disciplina relativa ai termini entro i quali hanno luogo le consultazioni elettorali per il rinnovo degli organi elettivi delle regioni a statuto ordinario, a causa della gravità della situazione epidemiologica sul territorio nazionale;

   la norma suddetta, pur ovviamente di carattere generale, è diretta a prevedere l'arco temporale in cui svolgere le elezioni per il rinnovo del consiglio regionale della Calabria, la cui indizione si è resa purtroppo necessaria per la scomparsa della presidente della giunta regionale Jole Santelli;

   con decreto del 30 novembre 2020 del presidente facente funzioni della giunta regionale sono state indette le elezioni del presidente della giunta regionale e del consiglio regionale della regione Calabria per il giorno 14 febbraio 2021;

   conseguentemente, la presentazione delle liste di candidati nelle circoscrizioni e la presentazione delle liste regionali dovrà avvenire entro il 14 gennaio 2021 e le necessarie sottoscrizioni degli elettori potranno essere raccolte dal 15 dicembre 2020;

   per le elezioni del presidente della giunta regionale e del consiglio regionale della regione Calabria trova applicazione l'articolo 9 della legge 17 febbraio 1968, n. 108, il quale prevede che liste devono essere presentate da un consistente numeri di elettori;

   il 4° comma, dell'articolo 1 della legge regionale della regione Calabria 7 febbraio 2005, n. 1 e successive modifiche ed integrazioni prevede – in deroga a quanto previsto dall'articolo 9 della legge 17 febbraio 1968, n. 108 – l'esonero «dalla sottoscrizione degli elettori le liste che sono espressione di partiti rappresentati nel Parlamento italiano, nonché le liste circoscrizionali che siano espressione di almeno un gruppo consiliare ovvero di una delle componenti di cui all'articolo 27 dello Statuto. In ogni caso sono esonerate dalla sottoscrizione degli elettori le liste regionali cui sono collegate le liste circoscrizionali.»;

   conseguentemente la sottoscrizione degli elettori per la presentazione di liste che non siano espressione dei soggetti politici e istituzionali sopra indicati dovrà avvenire tra il 15 dicembre 2020 e il 14 gennaio 2021, ovvero nel perdurare della emergenza sanitaria causata dalla situazione epidemiologica e con le limitazioni necessarie per assicurare il distanziamento sociale, le quali già oggi, oggettivamente, rendono estremamente difficoltosa tale attività che costituisce un rilevante diritto politico e costituzionale, difficoltà che potrebbero accrescersi anche in previsione di possibili ulteriori limitazioni allo spostamento delle persone e ai contatti sociali che potrebbero essere assunte proprio nel e per il periodo previsto per la sottoscrizione delle liste;

   per le elezioni comunali e regionali tenutesi nell'anno in corso, in considerazione della situazione epidemiologica da Covid-19 e dell'esigenza di assicurare il necessario distanziamento sociale per prevenire il contagio nel corso delle elezioni, nonché di garantire il pieno esercizio dei diritti civili e politici, si è intervenuti con il decreto-legge n. 26 del 2020 prevedendo la riduzione a un terzo delle sottoscrizioni richieste per la presentazione delle liste e delle candidature per le elezioni regionali –:

   quali iniziative di carattere normativo il Governo intenda valutare ed assumere al fine di garantire nel contempo il pieno esercizio dei diritti civili e politici in tutto il procedimento per le elezioni del presidente della giunta regionale e del consiglio regionale della regione Calabria per il giorno 14 febbraio 2021, compresa l'effettiva possibilità di presentazione delle liste da parte degli elettori e la tutela della salute pubblica minacciata dalla situazione epidemiologica.
(4-07889)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
  L'interrogante pone all'attenzione del Ministero dell'interno la questione relativa alla fissazione di una data idonea a garantire nel contempo la correttezza delle operazioni elettorali e la tutela della salute pubblica in occasione del rinnovo della carica di presidente della giunta regionale e del consiglio regionale della regione Calabria in seguito alla prematura scomparsa della Presidente Jole Santelli.
  In proposito, va preliminarmente rilevato che il rinnovo degli organi elettivi delle regioni a statuto ordinario trova la sua disciplina nell'articolo 8 del decreto-legge n. 150 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 181 del 2020, che dispone quanto segue: «Limitatamente all'anno 2020, considerato il quadro epidemiologico complessivamente e diffusamente grave su tutto il territorio nazionale a causa dell'evolversi della situazione epidemiologica e al carattere particolarmente diffusivo del contagio, in deroga a quanto previsto dall'articolo 5, comma 1, della legge 2 luglio 2004, n. 165, le elezioni degli organi elettivi delle regioni a statuto ordinario, anche già scaduti, o per i quali entro il 31 dicembre 2020 si verificano le condizioni che ne rendono necessario il rinnovo, hanno luogo non prima di novanta giorni e non oltre i centocinquanta giorni successivi, o nella domenica compresa nei sei giorni ulteriori, alle circostanze che rendono necessario il rinnovo. Fino alla data dell'insediamento dei nuovi organi elettivi, il Consiglio e la Giunta in carica continuano a svolgere, secondo le specifiche disposizioni dei rispettivi Statuti, compiti e funzioni nei limiti previsti e in ogni caso a garantire ogni utile iniziativa, anche legislativa, necessaria a far fronte a tutte le esigenze connesse all'emergenza sanitaria».
  Per quanto concerne, nello specifico, la questione sollevata dall'interrogante, si rappresenta che, in un primo momento, con decreto n. 135 del 2020 il Presidente facente funzioni della regione Calabria aveva indetto le elezioni del nuovo presidente della giunta regionale e del consiglio regionale per il giorno 14 febbraio 2021.
  Con decreto n. 1 del 4 gennaio 2021, il Presidente facente funzioni della regione Calabria ha revocato il precedente provvedimento, fissando all'11 aprile la data per lo svolgimento delle anzidette elezioni.
  Si sottolinea, tuttavia, che per l'anno in corso, in considerazione del permanere del quadro epidemiologico da COVID-19, complessivamente e diffusamente grave su tutto il territorio nazionale e dell'evolversi di significative varianti del virus che presentano carattere ulteriormente diffusivo del contagio, l'articolo 1 del decreto-legge 5 marzo 2021 , n. 25, per garantire che le consultazioni elettorali si svolgano in condizioni di sicurezza, ha differito lo svolgimento delle consultazioni, tra cui le elezioni regionali nelle regioni a statuto ordinario, in una data compresa tra il 15 settembre e il 15 ottobre 2021.
  Inoltre, al fine di assicurare il distanziamento sociale, l'articolo 3 dello stesso decreto-legge n. 25 del 2021 ha disposto che le votazioni si svolgano nelle giornate di domenica e lunedì, anziché nella sola giornata di domenica, come ordinariamente previsto.
  Alla luce di quest'ultimo intervento normativo il Presidente facente funzioni della regione Calabria ha revocato, con decreto n. 22 del 10 marzo 2021, il predetto decreto n. 1 del 4 gennaio 2021, che fissava le elezioni al giorno 11 aprile, demandando a successivo atto l'individuazione della nuova data di indizione delle predette elezioni.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   GALANTINO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, LOLLOBRIGIDA, BIGNAMI, DONZELLI, CIABURRO, MASCHIO, ALBANO e VARCHI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   è di queste ore la notizia che le trincee della Folgore ad El Alamein, in Egitto, rischiano di essere sostituite da grattacieli e autostrade;

   secondo quanto confermato dal monitoraggio satellitare, la linea continua difensiva composta da un'infinità di piccoli cerchiolini non è più visibile, al suo posto asfalto e cemento: sul campo di battaglia che vide fronteggiarsi i soldati dell'Asse e gli Alleati sorgerà un'autostrada a otto corsie circondata da una colossale megalopoli, a metà tra una riviera turistica e un elegante distretto, già pianificata dal governo del presidente al-Sisi;

   i cantieri avrebbero già rimosso le trincee della divisione Folgore, le buche dalle quali i nostri paracadutisti uscivano per lanciarsi contro i carri armati dell'ottava Armata del generale Montgomery, armati di rudimentali molotov, oppure aggrappandosi ai cingoli per attaccarvi delle letali mine: gesta valse l'ammirazione delle truppe e celebrate annualmente con cerimonie solenni che ricordano i 4.634 caduti, seppelliti in un cimitero militare tra le dune e che oggi rischiano di essere dimenticati definitivamente sotto colate di cemento e asfalto, che non lasceranno tracce del sacrificio e del coraggio dei nostri militari e della storia;

   ancora oggi l'assurdità e l'inutilità della guerra viene testimoniata dai sacrari degli eserciti che si susseguono a una manciata di metri l'uno dall'altro e sui quali la bandiera Tricolore, la Union Jack, quella a stelle e strisce e quella tedesca garriscono tutte assieme;

   storici e archeologi hanno lanciato un appello per salvare il teatro della battaglia celeberrima che nel 1942 rovesciò le sorti della seconda guerra mondiale e vide affrontarsi le truppe dell'Asse, italiani e tedeschi, contro il Commonwealth e unità di altre nazioni alleate, tra cui anche i francesi;

   la memoria di quel teatro di battaglia con le postazioni, circa 30.000 buche, tra quelle dell'Asse e degli Alleati, si deve soprattutto a un colossale progetto di monitoraggio, «Progetto El Alamein», voluto e portato avanti negli ultimi anni da un gruppo di 300 ricercatori e volontari, che ruota attorno all'Università di Padova, alla Società italiana di geografia e geologia militare e diverse associazioni, tra cui la «Congedati della Folgore» e la «paracadutisti d'Italia»: in venti missioni hanno ricostruito tutte le fasi della battaglia, recuperando informazioni richieste anche dagli storici inglesi;

   come denunciato dal giornalista Angelo Cimarosti, «Vedere le postazioni della Folgore scomparire sotto un'autostrada a otto corsie fa effetto. Quando l'ingegnere e scrittore Paolo Caccia Dominioni, che qui era stato un militare combattente, percorse il deserto per ritrovare una a una 2.800 salme di caduti italiani e di altre nazioni, lo fece tra sassi, sabbia e vento, e tutto sembrava immutabile. Mai avrebbe immaginato che questa desolazione sarebbe diventata 80 anni dopo una città da due milioni di abitanti. Ma le trincee, o meglio le buche che videro tanti uomini sacrificarsi, hanno subito o stanno per subire il destino capitato a tante vestigia nella storia, quello che gli archeologi riassumono con un verbo: obliterare. Ossia cancellare, rendere illeggibile un edificio, una testimonianza materiale. Ecco, registrare quanto è possibile prima che lo si cancelli per sempre è un dovere, per la storia, per gli studi futuri e anche per rispetto alla memoria di quei giovani» –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali immediate iniziative di competenza intenda adottare, avviando contatti con le autorità egiziane, per salvare la storia del campo di battaglia di El Alamein e onorare la memoria dei caduti, salvaguardando le postazioni, i resti, i documenti e le molte testimonianze materiali che può ancora restituire il deserto a ovest di Alessandria d'Egitto.
(4-08624)

  Risposta. — La questione dell'impatto della costruzione della nuova città di El Alamein sulle aree in cui sorgono i luoghi della memoria dei soldati italiani caduti durante la II Guerra mondiale è ben nota al Governo che, per il tramite della nostra ambasciata al Cairo, ha intrapreso numerose iniziative al fine di sensibilizzare le autorità egiziane a tutelare i monumenti italiani ivi presenti.
  Premetto che le trincee e le zone di combattimento della divisione Folgore menzionate nel testo dell'interrogazione sarebbero ubicate in un vasto quadrante desertico, a circa 20-30 chilometri dalla zona in cui sono in corso i lavori per la costruzione di New El Alamein. L'area si troverebbe quindi ad una distanza tale da renderne difficile la completa distruzione, per quanto non si possa escludere che alcune buche dei nostri paracadutisti possano essere state intaccate dai lavori infrastrutturali per la costruzione della nuova città.
  Tanto chiarito, preciso che l'attenzione e l'impegno del Governo sono rivolte in particolare all'area in cui sorgono: l'imponente Sacrario militare italiano, progettato e realizzato dal colonnello Paolo Caccia Dominioni, dove sono deposte le spoglie di 4.634 soldati italiani e quelle di 100 operai italiani, morti nella costruzione delle dighe egiziane di Assuan, Edfina e Esna; il recinto del Sacrario nel quale si trova Quota 33, il luogo simbolo delle battaglie di El Alamein, perso e riconquistato più volte nel corso dei combattimenti; la piccola casa in cui Caccia Dominioni ha vissuto durante le campagne di ricerca dei caduti; la lapide in memoria dei 228 Ascari libici che combatterono insieme agli italiani e che nel sacrario trovarono sepoltura; il piccolo museo, che riunisce oggetti trovati sul terreno di battaglia intorno a questa area dallo stesso Caccia Dominioni; il Cippo del Bersagliere, la pietra monumentale che ricorda il massimo punto di avanzata, nel 1942, delle truppe italiane in direzione Alessandria.
  Per preservare questi luoghi, su istruzione della Farnesina il nostro ambasciatore al Cairo ha svolto una serie di passi sul capo del protocollo del Ministero degli affari esteri egiziano, rappresentando la viva aspettativa italiana che i lavori per la costruzione della nuova città non abbiano un impatto sui monumenti italiani presenti a El Alamein.
  L'obiettivo che ha da sempre guidato l'azione del Governo è quello di conservare la sacralità di tali luoghi che costituiscono parte integrante della memoria dell'Italia e di preservarne il loro profondo valore storico e la rilevanza monumentale.
  Posso assicurare che continueremo nella nostra azione di sensibilizzazione sulle autorità egiziane per ribadire che El Alamein rappresenta non solo un monumento militare, ma un vero e proprio luogo della memoria del nostro Paese e dei suoi cittadini, oltre che della comunità italiana d'Egitto, riaffermando la nostra aspettativa che venga rispettata la sacralità di luoghi così importanti anche per la storia dell'Egitto stesso.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Benedetto Della Vedova.


   GASTALDI, GIACCONE, MOLINARI, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI, PATELLI, PETTAZZI, VIVIANI, BUBISUTTI, GOLINELLI, LIUNI, LOLINI, LOSS e MANZATO. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la specie lupo, che dal 1994 ha iniziato a ricolonizzare le Alpi, ha raggiunto oggi una consistente presenza; in particolare, nella regione Piemonte, la popolazione del selvatico è prossima al raggiungimento di un buon stato di conservazione;

   nella regione Piemonte, nonostante in questi ultimi mesi si siano messe in atto importanti misure di prevenzione, si registra un forte disappunto da parte dei pastori e delle loro associazioni di categoria che chiedono una gestione della specie che ha occupato lo spazio alpino e che ha colonizzato le aree di collina e pianura, interagendo sempre più frequentemente con quelle urbane;

   il Mattm nel 2015 ha presentato il Piano nazionale per la conservazione del lupo che non risulta ancora approvato, generando forte disagio e disorientamento nella gestione della specie;

   nelle Alpi ed in particolare nelle regioni Liguria, Piemonte e Friuli, oltre la presenza di lupi in purezza di razza, è stata accerta anche quella di esemplari ibridi (cane-lupo), con fenotipi altamente alterati (lupi neri e lupi biondi), i quali stanno creando problemi in quanto sembrano avere una particolare indole e possano rappresentare un reale pericolo per l'uomo;

   l'area faunistica di Saint Martine Vesubie (Francia), a pochi chilometri dal confine italiano, a causa della tempesta Alex, è stata distrutta e lupi canadesi (neri) e lupi artici (chiari) sono fuggiti; solo una parte è stata recuperata rimanendo in libertà 2 lupi canadesi;

   vista la prossimità dal confine italiano, vi è la concreta possibilità che questi animali (di taglia maggiore rispetto a lupo italiano), entrino in Italia, rappresentando un rischio di ibridazione, oltre a un pericolo per l'uomo in relazione al loro precedente stato di captivazione;

   in Italia non risulta totalmente chiarito lo status degli ibridi e vi è un vuoto legislativo, non essendo considerati né lupi e né cani domestici; questi rappresentano inoltre un enorme problema per la conservazione della specie selvatica nelle Alpi;

   a livello italiano, non risulta una mappatura delle aree che mantengono in cattività lupi e non esiste nessuna linea guida per la gestione delle stesse aree e della popolazione in cattività;

   sono necessari immediati provvedimenti al fine di garantire che le attività della pastorizia trovino una tranquilla coesistenza con la specie lupo e siano adottate normative al fine di evitare problematiche legate alla presenza di ibridi che potrebbero rappresentare un reale pericolo per l'uomo –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intendano assumere, per quanto di competenza, anche normative, per:

    a) arrivare, nel più breve tempo possibile, all'approvazione del Piano di conservazione e gestione del lupo, in corso di definizione dal 2015 e mai approvato e, nelle more della sua approvazione, definire linee guida immediatamente applicabili per gli interventi previsti dal decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997;

    b) definire, nel più breve tempo possibile, la situazione degli ibridi cane-lupo, fornendo precisi indirizzi per la loro gestione, in particolare per i fenotipi altamente alterati, stante l'enorme difficoltà nella cattura connessa ad insostenibili costi, a tutela delle attività pastorali, nonché per la diminuzione delle problematiche connesse alla loro presenza in natura, nonché per la conservazione della specie lupo in purezza;

    c) mettere in atto un monitoraggio delle aree faunistiche, in cui, a livello italiano, sono mantenuti in cattività dei lupi, costituendo uno specifico gruppo di lavoro, guidato dal Ministro della transizione ecologica, e nel quale siano presenti i responsabili delle aree al fine di un coordinamento e un controllo della gestione della popolazione presente in cattività, onde evitare rilasci in natura, anche accidentali;

    d) interloquire con le competenti autorità francesi affinché siano migliorate le condizioni di sicurezza per le riserve destinate al contenimento di animali particolarmente aggressivi al fine di scongiurare, in futuro, il ripetersi di episodi simili.
(4-08596)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Occorre osservare in via preliminare che nel marzo 2019 il Ministero dell'ambiente, oggi della transizione ecologica, ha presentato alla Conferenza Stato-Regioni una nuova versione del «Piano di conservazione e gestione del Lupo in Italia» e nei mesi scorsi ne ha sollecitato il parere.
  Nel contempo la regione Sardegna, coordinatrice della commissione ambiente, nel contempo comunicava che non è stato raggiunto l'accordo (ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281), rimettendo il piano alla Presidenza del Consiglio dei ministri e al Ministero.
  La questione più controversa afferisce alla disciplina delle deroghe per la cattura o abbattimento di lupi, dove non sembra trovarsi accordo fra le diverse regioni e province autonome.
  D'altra parte il Ministero ha attivato un importante progetto, in condivisione con le regioni, che prevede specifiche iniziative a sostegno della conservazione e gestione della specie.
  Per quanto riguarda, in particolare, la questione degli ibridi, si precisa che la specie lupo (
Canis lupus) è tutelata in maniera rigorosa dalla normativa nazionale attraverso la legge 11 febbraio 1992 n. 157 «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio» e, a livello comunitario, dalla Direttiva 92/43/CEE (Habitat) recepita con decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 «Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche».
  Si rammenta, inoltre, che il lupo è specie particolarmente tutelata dal quadro normativo europeo.
  La Convenzione di Berna lo inserisce tra le specie strettamente protette (allegato II), mentre la direttiva habitat lo colloca tra le specie di interesse comunitario, la cui conservazione richiede una protezione rigorosa (allegati B e D). La specie è anche inserita tra le specie particolarmente protette dalla normativa nazionale (legge 11 febbraio 1992, n. 157, articolo 2, comma 1).
  In base al quadro normativo nazionale e comunitario sopra delineato, è vietata in generale l'uccisione di esemplari della specie.
  Le norme prevedono possibilità di deroga ai divieti di cattura o abbattimento, in caso di gravi danni e a condizione che non esistano soluzioni alternative praticabili e che la deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni di lupo.
  Per quanto riguarda la gestione degli ibridi lupo x cane, la Raccomandazione n. 173 adottata dal comitato permanente della Convenzione di Berna, raccomanda tra l'altro ai Paesi contraenti, compresa l'Italia, di adottare misure adeguate per monitorare, prevenire e mitigare l'ibridazione tra lupi selvatici e cani, comprese, se del caso, misure efficaci per ridurre al minimo il numero di cani selvatici e vaganti e per vietare o limitare la detenzione di lupi e ibridi cane-lupo come animali domestici.
  Si deve altresì promuovere l'individuazione di ibridi cane-lupo liberi e garantirne la rimozione controllata dalle popolazioni di lupi selvatici.
  Circa la presenza di alcuni soggetti potenzialmente ibridi lupo x cane sulle Alpi, oltre che di individui di origine geografica non alpina, fuggiti da strutture presenti in Francia, Ispra segue con attenzione tali casi, che determinano concreti rischi per la conservazione della popolazione alpina di lupi.
  Sempre Ispra ha avviato contatti con le regioni e le province autonome dell'arco alpino al fine di attivare gli interventi di rimozione, che possono essere condotti tramite cattura, accertamento dello stato genetico e sterilizzazione, nei casi di ibridazione recente, oltre che la captivazione, nel caso degli esemplari fuggiti da recinti in Francia.
  Non sussistono blocchi normativi per l'attivazione di tale forma di intervento e Ispra conferma il proprio impegno per dare supporto sulla materia alle amministrazioni territorialmente competenti.
  Per quanto concerne le strutture di captivazione di lupi in Italia, Ispra ha lavorato alla stesura di indicazioni tecniche e linee guida per la gestione di tali strutture al fine del recupero di esemplari in difficoltà, e al fine di escludere ogni rischio di fuga degli animali. Al riguardo si può fare riferimento al «Protocollo per la gestione di esemplari di lupo (
Canis lupus) in cattività» elaborato nel maggio 2018 nell'ambito del progetto Life WolfAlps .
Il Ministro della transizione ecologica: Roberto Cingolani.


   GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   dal 1968 al 1985 nella provincia di Firenze si sono verificati otto duplici omicidi di giovani coppie appartate in auto, duplici omicidi che, senza ombra di possibile dubbio, come attestato da 10 perizie nel corso degli oltre 50 anni di indagine, sono stati effettuati con la stessa arma da fuoco e con munizioni del medesimo tipo, oltre ad essere caratterizzati da notevoli similitudini nelle modalità di esecuzione;

   nonostante quanto già premesso, per ben tre dei duplici omicidi della serie Pettini-Gentilcore (settembre 1974) De Nuccio-Foggi (giugno 1981), Cambi-Baldi (ottobre 1981), ancora ad oggi, non esiste alcuna sentenza passata in giudicato, a differenza degli altri duplici omicidi;

   esistono ancora indagini aperte relative a tutti gli otto duplici omicidi, presso la procura di Firenze inerenti aspetti non ritenuti chiariti dalle sentenze passate in giudicato (come anche richiesto espressamente nelle motivazioni di alcune di esse, pure recenti). Ad esempio, recentemente, con sentenza di non luogo a procedere a carico di due indagati per gli otto eventi delittuosi n. 3851/18 R.G.GIP, il giudice per le indagini preliminari di Firenze ha sottolineato come l'archiviazione non sia in alcun modo preclusiva di approfondimenti investigativi ove emergano ulteriori elementi relativamente ai duplici omicidi;

   l'avvocato Antonio Mazzeo ha ottenuto la rappresentanza di Rosanna De Nuccio, sorella di Carmela De Nuccio, uccisa con il fidanzato Giovanni Foggi in uno dei duplici omicidi, del giugno 1981 a Scandicci, uno dei tre non interessato da sentenze passate in giudicato;

   il codice di procedura penale ha previsto agli articoli 327-bis, 391-novies e seguenti, il diritto dell'avvocato difensore – compreso il difensore della persona offesa dal reato – di svolgere attività investigativa preventiva con riferimento a delitti su cui non si è formato un giudicato;

   a tale scopo, il 1° dicembre 2020 l'avvocato Mazzeo proponeva istanza al presidente della corte di assise di Firenze per l'autorizzazione alla disamina e al rilascio di copia di atti facenti parte del procedimento n. 1/1994 R.G. corte di assise di Firenze (cosiddetto «processo Pacciani»), in particolare di atti relativi ai duplici omicidi di Scandicci (1981) e di Vicchio (1984);

   l'istanza veniva accolta il 15 dicembre 2020, anche dal pubblico ministero Luca Turco a cui sono oggi assegnate le indagini sul caso;

   iniziata l'indagine di archivio, il successivo 25 gennaio 2021 il difensore proponeva al pubblico ministero una seconda, più specifica istanza di rilascio di copia di atti del processo Pacciani, con indicazione di fatti, persone, documenti; il pubblico ministero però, con decreto del 4 febbraio 2021, la respingeva con una motivazione per la quale la richiesta sarebbe stata inerente ad «altri fatti reato» e non a quello in esame, contraddicendo secondo l'interrogante in toto l'autorizzazione precedente e trascurando il legame funzionale tra gli omicidi –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di dover valutare la sussistenza dei presupposti per l'avvio di iniziative ispettive, ai fini dell'eventuale esercizio di ogni potere di competenza.
(4-08849)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante – dopo avere premesso che «...dal 1968 al 1985 nella Provincia di Firenze si sono verificati otto duplici omicidi di giovani coppie appartate in auto...; per tre dei duplici omicidi della serie, Pettini Gentilcore (settembre 1974), De Nuccio Foggi (giugno 1981) e Cambi Baldi (ottobre 1981), ancora ad oggi non esiste alcuna sentenza passata in giudicato...; l'avvocato Antonio Mazzeo ha ottenuto la rappresentanza di Rosanna De Nuccio, sorella di Carmela De Nuccio, uccisa con il fidanzato Giovanni Foggi in uno dei duplici omicidi, del giugno 1981 a Scandicci, uno dei tre non interessato da sentenze passate in giudicato; il cpp ha previsto agli artt. 327-bis e 391-novies e seguenti il diritto dell'avvocato difensore, compreso il difensore della persona offesa dal reato, di svolgere attività investigativa preventiva con riferimento a delitti su cui non si è formato un giudicato; a tale scopo...il...25 gennaio 2021 il difensore proponeva al Pubblico Ministero una...specifica istanza di rilascio di copie di atti del processo Pacciani, con indicazione di fatti, persone e documenti; il P. M., però, con decreto del 4 febbraio 2021 la respingeva con una motivazione per la quale la richiesta sarebbe stato inerente ad altri fatti reato e non a quello in esame...» – domanda alla Ministra della giustizia «...se...non ritenga di dovere valutare la sussistenza dei presupposti per l'avvio di iniziative ispettive, ai fini dell'eventuale esercizio di ogni potere di competenza...».
  Al riguardo occorre mettere in risalto che l'istanza di copia degli atti processuali presentata in data 25 gennaio 2021 dall'avvocato Antonio Mazzeo e rigettata dal pubblico ministero presso il tribunale di Firenze il 4 febbraio 2021, secondo quanto si evince dal contenuto della medesima istanza, non afferisce specificamente al gravissimo episodio criminoso di natura omicidiaria (assassinio della coppia Carmela De Nuccio - Giovanni Foggi perpetrato nell'anno 1981) ricompreso nel mandato difensivo rilasciato al predetto difensore dalla Rosanna De Nuccio, sorella della Carmela De Nuccio, ma, come evidenziato nella medesima istanza, a «...un omicidio collegato da un nesso pertinenziale ad altri attribuiti al cd. mostro...» inoltre siffatta istanza risulta proposta con richiamo alle norme processuali sui diritti di copia del difensore dell'indagato laddove invece, nel caso di specie, l'avvocato Antonio Mazzeo agiva in rappresentanza della Rosanna De Nuccio, sorella della malcapitata Carmela De Nuccio, persona offesa dal reato di duplice omicidio. Il provvedimento di rigetto dell'istanza di copia degli atti processuali, pertanto, risulta conforme alle norme del codice di procedura penale (confronta, sul punto, Cass., sez. VI, 11 giugno 2013, n. 27737, per la quale «...non è impugnabile, nemmeno sotto il profilo dell'abnormità, il provvedimento con il quale il Gup rigetta la richiesta di visione e rilascio di copia degli atti dell'udienza preliminare presentata da un soggetto al quale non riconosce la qualifica di persona offesa dal reato...») e privo di profili di illegittimità e di valenza disciplinare.
  L'insussistenza di evidenti e indiscutibili violazioni della normativa processuale in materia di rilascio di copie degli atti processuali impedisce in radice di enucleare aspetti di rilievo disciplinare a carico dei magistrati della procura della Repubblica presso il tribunale di Firenze, così che non si ritengono sussistenti i presupposti per attivare con riferimento alla vicenda concreta dedotta nell'interrogazione in esame «...ogni potere di competenza...» della Ministra della giustizia e segnatamente «...l'avvio di iniziative ispettive...».
  

La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.


   GRIPPA, VACCA e CORNELI. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   con la firma dei recenti decreti a firma del Ministro interrogato e del Ministro Franceschini è stata approvata la valutazione di impatto ambientale (Via) per il rinnovo di dieci concessioni e per la messa in produzione di nuovi impianti estrattivi, nonostante non sia stato ancora completato il Pitesai, il piano regolatore delle aree in cui sarà possibile creare e sfruttare i giacimenti di idrocarburi, che è in sospeso da due anni e dovrebbe essere adottato entro il 30 settembre 2021 come previsto da una modifica voluta fortemente dal gruppo parlamentare di cui gli interroganti sono componenti;

   gli interroganti sono altresì a conoscenza che i provvedimenti cui si fa riferimento non rappresenterebbero ancora un «via libera» definitivo ai lavori, piuttosto una autorizzazione transitoria, proprio in attesa del piano regolatore. Allo stesso modo si ritiene sia da valutare la necessità per l'Italia di bloccare definitivamente, anche nelle aree che il piano riterrà idonee, nuovi permessi per trivellazioni ed air gun;

   la decisione di firmare le autorizzazioni potrebbe significare una clamorosa smentita della politica proclamata dal Governo a giudizio degli interroganti calpestando l'Accordo di Parigi del 2015 – il primo accordo universale e giuridicamente vincolante sui cambiamenti climatici, adottato alla conferenza di Parigi sul clima (COP21) nonché l'European Green Deal, varato dall'Unione europea per trasformare le problematiche climatiche e le sfide ambientali in opportunità in tutti i settori politici e rendendo la transizione equa e inclusiva per tutti;

   al netto di quelle sulla terra ferma le attività autorizzate si trovano tutte nel mare Adriatico (tra Veneto e Abruzzo) e nel canale di Sicilia e non sono trascurabili gli impatti locali, visto che l'Adriatico è praticamente un mare chiuso come un lago e per un ricambio di tutta la sua acqua occorrerebbero ben ottanta anni. Si evidenzia come si sia fatto in modo che si pervenisse anche all'autorizzazione Aia (autorizzazione integrata ambientale) per la contestatissima centrale di compressione Snam di Sulmona (Aq). Tutto ciò, mentre su scala globale si sta attraversando una crisi ecologica e climatica gravissima e mentre incombe minaccioso il surriscaldamento climatico foriero di immani disastri;

   le più recenti evidenze scientifiche, pubblicate sulle migliori riviste internazionali si fa presente –, dimostrano non solo che il metano è un gas clima-alterante molto più potente della CO2, ma che viene immesso in grandi quantità direttamente in atmosfera lungo la filiera (pozzi, gasdotti, stoccaggi e rete di distribuzione), in ragioni di perdite più o meno occulte che nonostante il dibattito internazionale, sembrerebbero non essere state prese in considerazione –:

   quali siano state le ragioni che abbiano reso opportuna la firma di tali autorizzazioni alla luce di quanto esposto e rappresentato in premessa e se non si ritenga che esse siano da rivalutare;

   se non ritenga che sia doveroso, per quanto di competenza, giungere all'approvazione del piano regolatore Pitesai sopra richiamato con espresso e trasparente riferimento al rispetto della sostenibilità ambientali e della transizione ecologica delle attività della nostra nazione.
(4-09073)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Riguardo a quanto rappresentato dall'interrogante in merito all'emanazione di alcune pronunce di VIA relative ad «impianti estrattivi», occorre precisare che dette pronunce sono coerenti con la normativa ambientale di riferimento in materia di VIA.
  Occorre, altresì, sottolineare che i progetti che hanno formato oggetto di tali pronunce riguardano permessi minerari in essere e, quindi, non rientrano nella fattispecie di procedimenti di VIA sospesi in attesa dell'adozione del Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (PiTESAI) di cui al comma 4 dell'articolo 11-
ter del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito dalla legge n. 12 del 2019.
  I decreti sono stati emanati poiché non in contrasto con le normative di riferimento ed in quanto atti conclusivi di procedimenti amministrativi regolarmente svolti che comportano, in ultimo, l'obbligo per l'amministrazione, stabilito dall'articolo 2 della legge n. 241 del 1990, di esprimersi in ordine alle istanze pervenute con atti espressi e motivati.
  Si rappresenta, altresì, che trattasi di procedimenti avviati da tempo, per i quali sono stati svolti diversi approfondimenti, la cui conclusione non aveva motivo di essere procrastinata, atteso anche il rischio per l'amministrazione di contenziosi amministrativi.
  Al riguardo si rappresenta che, relativamente a due progetti, a seguito di ricorsi promossi dal proponente presso il TAR competente, il giudice amministrativo in accoglimento dei ricorsi ha imposto al Ministero l'adozione dei provvedimenti necessari indicando anche la relativa tempistica.
  Per quanto riguarda il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (PiTESAI), in data 3 marzo 2021 è stata avviata la fase di consultazione dei soggetti competenti in materia ambientale sul rapporto preliminare nell'ambito della procedura di VAS.
  Si precisa, infine, che il termine per l'adozione del Piano è stato prorogato al 30 settembre 2021 con la legge 26 febbraio 2021, n. 21 (articolo 12-
ter).
Il Ministro della transizione ecologica: Roberto Cingolani.


   IEZZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   ogni domenica sui marciapiedi in viale Molise e piazzale Cuoco a Milano si svolge ormai da anni un mercato abusivo con la vendita di oggetti perlopiù, pare, provenienti da furti e ricettazioni;

   solo tre anni fa ad esempio, in occasione di un intervento della polizia locale, era stato sequestrato materiale di provenienza furtiva per oltre 100 mila euro e tre persone erano state denunciate per ricettazione;

   come noto e riportato anche dalla stampa, questo mercato abusivo, gestito per la maggior parte da immigrati, va avanti da anni, tra ripetute segnalazioni dei residenti e diversi interventi della polizia locale che si sono però rivelati inefficaci perché puntualmente i venditori tornano a esporre la loro merce la successiva domenica;

   difatti, dopo ogni intervento della polizia locale, gli abusivi si «riorganizzano» e la vendita puntualmente viene riallestita;

   questa gravissima situazione di illegalità non è oltremodo tollerabile per i conseguenti problemi di degrado urbano che comporta per i residenti del quartiere, ormai esasperati dalla situazione e legittimamente preoccupati, a maggior ragione, anche per gli assembramenti che si creano ogni domenica sui marciapiedi della zona, a dispetto delle prescrizioni anti-COVID;

   nonostante le numerose segnalazioni dei residenti ed il fatto che questo gravissimo problema sia da tempo noto all'amministrazione comunale, ad oggi, non risultano specifici interventi di quest'ultima volti al ripristino della legalità e del decoro del quartiere, come ad esempio la previsione di un presidio fisso per scoraggiare e impedire ai venditori abusivi di occupare il suolo pubblico –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali interventi immediati e specifici intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di impedire l'occupazione del suolo pubblico e il mercato abusivo che ogni domenica si svolge nella zona tra viale Molise e piazzale Cuoco a Milano.
(4-07818)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame relativo al fenomeno di commercio abusivo presso talune specifiche aree del territorio della città di Milano, si fa presente quanto segue.
  Il fenomeno segnalato, noto alle competenti autorità territoriali, assume tradizionalmente dimensioni consistenti nelle giornate della domenica, in coincidenza con lo svolgimento dei mercatini hobbistici denominati «Amici dei vecchio mercatino delle pulci ex San Donato» e «Hobbypark», in via Tertulliano in un'area di proprietà privata.
  L'area è già da tempo oggetto di peculiare attenzione e monitoraggio a cura del commissariato di polizia territorialmente competente e del comando di polizia locale del comune di Milano, costantemente impegnati in una attenta azione di presidio e vigilanza atta a garantire la sicurezza stradale ed a prevenire il fenomeno del commercio abusivo.
  Nel corso dell'anno 2019, la polizia locale del comune di Milano ha presidiato l'area in argomento e le vie limitrofe per 51 domeniche, mentre nell'anno 2020 vi ha provveduto per 21 domeniche.
  Nell'anno passato, infatti, il numero dei presidi svolti è stato inferiore in quanto l'attività di mercato non si è tenuta nelle domeniche di
lockdown.
  A far data dal 6 febbraio 2021 e fino al termine dell'emergenza sanitaria, l'attività dei due mercatini è stata sospesa in virtù delle ordinanze contingibili e urgenti n. 6 e 7 emesse dal sindaco di Milano ai sensi dell'articolo 50, comma 5, del decreto legislativo n. 267 del 2000.
  In concomitanza con l'adozione di tali provvedimenti inibitori ed al fine di assicurarne il rigoroso rispetto, presso l'area interessata è stato predisposto dalla locale questura, d'intesa con la polizia locale del comune di Milano, un consistente servizio di vigilanza, ordine e sicurezza pubblica.
  Inoltre, la polizia locale del comune di Milano ha riferito che, nonostante l'attività dei due mercatini in parola sia tuttora sospesa a causa dell'emergenza epidemiologica in atto, prosegue comunque l'azione di presidio e controllo dinamico della zona, al fine di prevenire la presenza di venditori abusivi e per verificare il rispetto dei citati provvedimenti sindacali.
  Al momento, fatta eccezione per taluni sporadici episodi in cui l'intervento coordinato della polizia locale e delle forze dell'ordine ha consentito di disperdere prontamente gruppi di persone ivi riunitesi, non si segnalano specifiche criticità, anche in virtù dell'adesione da parte dei gestori dei mercatini alle prescrizioni di sospensione delle attività di vendita.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ivan Scalfarotto.


   LEGNAIOLI, CAFFARATTO, CAPARVI, MINARDO, MOSCHIONI, MURELLI, PAROLO e SNIDER. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nella giornata di lunedì 3 maggio 2021, a seguito di un tragico incidente durante alcune fasi di lavorazione di un macchinario tessile, in una azienda di Montemurlo (Prato), ha perso la vita una giovane madre di 22 anni;

   la notizia, solo l'ultimo drammatico episodio di una lunga scia di sangue, ha creato una grande partecipazione di dolore in tutta la comunità di Pistoia, dove la giovane operaia viveva con il figlio di 5 anni, e Prato, dove invece era impegnata professionalmente –:

   se quali iniziative il Ministro intenda adottare per rafforzare l'adozione di misure di sicurezza sul luogo di lavoro e se non ritenga opportuno valutare l'assunzione di iniziative per prevedere misure di sostegno alle famiglie che si ritrovano nella situazione citata in premessa.
(4-09184)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo indicato, in esame – anche alla luce di quanto esposto dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali nell'ambito del Question Time svolto nella seduta dell'Assemblea del Senato del 27 maggio 2021 – si rappresenta quanto segue:

   In Italia il numero di infortuni sul luogo di lavoro, e in particolare di quelli che hanno esiti mortali per i lavoratori, è ancora inaccettabilmente alto.

  È stato costruito negli anni, anche grazie al costante recepimento di strumenti europei ed internazionali, un quadro normativo avanzato e completo per rendere sicuri e salubri, gli ambienti di lavoro. Tuttavia, un assetto normativo – per quanto evoluto – da solo non basta. Occorre garantire effettività a questi, principi attraverso il potenziamento delle politiche pubbliche, con particolare attenzione al rafforzamento di tre ambiti: la vigilanza, la prevenzione e la formazione.
  È necessario rafforzare le strutture ispettive preventive, attraverso un aumento degli organici, la formazione e l'aggiornamento costante del personale addetto ai controlli e un più efficace coordinamento tra le istituzioni preposte alla vigilanza nei luoghi di lavoro.
  Per imprimere maggiore impulso all'azione pubblica, occorre innanzitutto rendere pienamente operativo il ruolo della cabina di regia istituzionale delineata in maniera molto articolata dal Testo unico per la sicurezza sul lavoro, di cui al decreto legislativo n. 81 del 2008. Il comitato consultivo per l'indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro – operante presso il Ministero della salute – e la commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro – istituita presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali – concorrono a realizzare il «sistema istituzionale» per la salute e sicurezza delineato dal legislatore per assicurare il più ampio coinvolgimento di tutti gli attori, istituzionali e sociali, nel campo della prevenzione e della sicurezza. Tali organismi devono infatti individuare le politiche di programmazione e coordinarle in maniera efficace sia a livello nazionale sia a livello decentrato.
  È necessario rafforzare tale struttura istituzionale di coordinamento e di impulso, anche in ragione del fatto che la materia della prevenzione degli infortuni non è più statica, ma dinamica, legata all'evoluzione della tecnologia e dei modi di produzione dei beni e dei servizi; pertanto solo una cabina istituzionale a livello centrale può garantire il necessario coordinamento per un pronto aggiornamento delle misure di sicurezza.
  Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali Andrea Orlando, insieme al Ministro della salute Roberto Speranza, hanno assunto questo chiaro impegno, per rafforzare il raccordo tra i soggetti della vigilanza e migliorare la programmazione di tale attività, con l'obiettivo di renderla più incisiva e costante.
  In applicazione dei principi generali del citato Testo unico, la prevenzione degli infortuni è materia affidata alle ASL, mentre l'ispettorato nazionale del lavoro esercita e coordina sul territorio nazionale la funzione di vigilanza in materia di lavoro, contribuzione, assicurazione obbligatoria e di legislazione sociale. Vi è una competenza diretta dell'ispettorato per gli infortuni solo per quanto riguarda i cantieri nell'edilizia e per il caporalato.
  Occorre quindi rafforzare il coordinamento tra le strutture del Ssn e del Inl in quanto sicurezza e salute dei lavoratori e regolarità dei rapporti di lavoro sono temi strettamente legati, ma che richiedono competenze professionali assai diverse tra loro.
  Per raggiungere questo obiettivo, è necessario porre un argine alla riduzione della spesa – verificatasi negli scorsi anni – per l'attività di sorveglianza e di prevenzione, soprattutto nell'ambito della spesa sanitaria, e puntare su un deciso incremento delle risorse che consenta un adeguato rafforzamento delle strutture sanitarie regionali competenti, alle quali spetta lo svolgimento, di circa il 90 per cento dei controlli, delle strutture dell'ispettorato nazionale del lavoro e degli organici dei vigili del fuoco dedicati alla prevenzione.
  In questa direzione vanno i primi interventi del Governo: l'articolo 50 del decreto-legge n. 73 del 2021 ha infatti previsto la possibilità per le regioni e le province autonome di reclutare in via straordinaria personale medico e tecnici della prevenzione, al fine di potenziare le attività di verifica per la sicurezza dei luoghi di lavoro. È già stato avviato il percorso di rafforzamento dell'ispettorato nazionale del lavoro, previsto nel piano nazionale di ripresa e resilienza, con l'autorizzazione all'assunzione di 2.100 unità presso lo stesso ispettorato, su un organico corrente di circa 4.500 unità.
  Insieme al potenziamento delle attività e delle strutture di controllo, l'azione del Governo sarà decisamente orientata al rafforzamento delle politiche di prevenzione.
  Oltre ai dati ufficiali, bisogna considerare migliaia di infortuni che non emergono, poiché coinvolgono lavoratori invisibili, impiegati in nero o comunque con rapporti di lavoro irregolari.
  Il tema della sicurezza non può più essere infatti disgiunto da quello della regolare costituzione dei rapporti di lavoro, che rappresenta la precondizione necessaria di un lavoro sicuro e dignitoso. Per questo motivo è stato previsto nel Pnrr l'adozione di un piano di azione nazionale per rafforzare la lotta al lavoro sommerso e irregolare nei diversi settori dell'economia.
  Sul piano degli investimenti, dovranno essere destinati specifici interventi, anche nell'ambito delle risorse del Pnrr, per la manutenzione e la sostituzione degli impianti esistenti e per l'innovazione tecnologica. Occorre sostenere il processo di ammodernamento di macchine e attrezzature, anche mediante forme di incentivi.
  Un'attenzione specifica sarà rivolta al sistema delle piccole e medie imprese, al variegato mondo delle cooperative e ai lavoratori autonomi, che possono incontrare più difficoltà nel raggiungimento e nel mantenimento di adeguati livelli di sicurezza e prevenzione e che necessitano pertanto di maggiore supporto operativo e specialistico. A tal fine, dobbiamo rafforzare un meccanismo di incentivi per sostenere gli investimenti e l'adozione di soluzioni adeguate a ridurre il rischio di incidenti. È opportuno infatti, attraverso l'utilizzo di politiche incentivanti, promuovere la cultura della sicurezza sul lavoro come elemento strategico nella prospettiva di una piena realizzazione della responsabilità sociale dell'impresa.
  L'Inail ha già programmato iniziative specifiche, volte ad incentivare gli investimenti in sicurezza delle aziende.
  Più in generale, è opportuno introdurre strumenti di qualificazione delle imprese.
  Si tratterebbe di coinvolgere tutte le imprese di ogni filiera produttiva, che certifichino la «qualità del prodotto», ovvero il rispetto delle norme di sicurezza, in linea con quanto è previsto anche con riferimento al contrasto al caporalato. Lo stesso risultato potrebbe essere raggiunto condizionando, per esempio, l'accesso ai benefici al rispetto delle norme in materia di sicurezza sul lavoro. Anche le imprese sono chiamate a fare la loro parte, senza la necessità dell'intervento del legislatore, ad esempio, legando i compensi e i
bonus da erogare al proprio management al raggiungimento di determinati standard di sicurezza dei lavoratori.
  A tale riguardo, occorre intervenire prioritariamente su alcuni settori specifici, quali quello edile, per il quale introdurre il meccanismo descritto dal Testo unico di cui al decreto legislativo n. 81 del 2008, vale a dire la cosiddetta «patente a punti», non solo nell'ottica della penalizzazione, ma anche mediante un sistema integrato di misure premiali. Su questo tema specifico è stato riavviato un confronto con le parti, finalizzato a concludere in tempi brevi l'
iter di uno specifico decreto attuativo.
  Quanto alla formazione, occorre potenziare i percorsi specifici e professionalizzanti, ma anche rafforzare la cultura diffusa della sicurezza.
  Certamente è necessario controllare più seriamente i processi di formazione, anche semplificando e razionalizzando gli obblighi, troppo spesso considerati ancora meri adempimenti formali. Inoltre, occorre valutare in maniera condivisa come si possa assicurare la formazione necessaria anche ai datori di lavoro, in modo da accrescerne consapevolezza e conoscenza sui temi della sicurezza.
  La vera sfida è quella di accrescere nel Paese, in tutte le fasce di popolazione, la consapevolezza del valore e dell'importanza della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, come elemento essenziale per la tutela della dignità del lavoratore.
  Il tema della formazione merita di essere considerato anche in relazione al rapporto con il mondo della scuola e nell'ambito dei programmi scolastici, con l'obiettivo di accrescere la consapevolezza e la sensibilità delle generazioni più giovani, educandole a comportamenti responsabili.
  A tale fine, il Governo potrà progettare una campagna di comunicazione istituzionale su questi temi – sul modello delle campagne sistematicamente vengono realizzate nei principali Paesi europei – con il coinvolgimento delle Istituzioni competenti e delle parti sociali.
  L'interrogante pone, infine, la questione della previsione di misure di sostegno alle famiglie dei lavoratori vittime di infortuni sul lavoro.
  Al riguardo, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali gestisce il «Fondo di sostegno per le famiglie delle vittime di gravi infortuni sul lavoro», istituito nel 2007 con la legge n. 296 del 2006 (Finanziaria 2007), con lo scopo di fornire un tempestivo supporto ai familiari dei lavoratori, assicurati e non, vittime di gravi infortuni.
  Le risorse destinate dal Ministero a questo fondo, vengono erogate ai soggetti beneficiari in forma di sussidio
una tantum e aggiuntivo della somma erogata dall'Inail, come rendita ai superstiti, già prevista dal decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965.
  Certamente, la proposta sollevata dall'interrogante di valutare ulteriori iniziative di sostegno alle famiglie delle vittime, è meritevole della massima considerazione, trattandosi di un tema di giustizia sociale ed equità, e sarà opportunamente valutata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

La Sottosegretaria di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Rossella Accoto.


   MAGI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il giorno 21 marzo 2021 le camere penali del distretto di corte di appello di Napoli hanno divulgato un documento in cui denunciano gravi criticità in cui versa il tribunale di sorveglianza di Napoli;

   nel sopracitato documento vengono lamentati tempi lunghissimi per la registrazione delle istanze provenienti dai detenuti e dai loro difensori, continui rinvii delle udienze dovuti a carenza o assenza di istruttorie, intempestività dei provvedimenti rispetto al fine pena o alle esigenze degli istanti, ritardi nella decisione delle richieste di detenzione domiciliare per motivi di salute e ulteriori criticità e disfunzioni;

   va rilevato che anche il presidente della corte di appello di Napoli, nella sua relazione per l'inaugurazione dell'anno giudiziario, rilevava le criticità in cui versa il tribunale di sorveglianza, ove la pendenza dei procedimenti avrebbe registrato un incremento del 21 per cento, i procedimenti arretrati supererebbero le 52.000 unità e la sopravvenienza risulterebbe ora la più alta in Italia, mentre al tribunale per i minorenni la pendenza sarebbe aumentata del 26 per cento;

   il presidente del tribunale di sorveglianza, dottoressa Pangia, è andata in pensione a dicembre 2020 e attualmente non è ancora stato individuato un sostituto;

   la stessa ha dichiarato più volte, anche a mezzo conferenza stampa, l'insostenibilità delle carenze organiche, sollecitando anche direttamente il Ministero e ha rilevato che la risposta è stata assolutamente insufficiente;

   allo stato, la pianta organica del tribunale è sottodimensionata e scoperta per oltre il 40 per cento, essendo carente sia di magistrati sia di personale amministrativo;

   tale situazione incide, come osservato dalle Camere penali, sulla legalità costituzionale della pena e sui diritti fondamentali dei detenuti; tali disfunzioni incidono anche sul sovraffollamento carcerario, che, nella attuale situazione di emergenza sanitaria, sta già esponendo i detenuti a un elevato rischio di contagio, e quindi sulla qualità ed utilità dell'esecuzione della pena;

   la gravità della situazione impone l'adozione urgente di provvedimenti anche di natura emergenziale –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda adottare e in quali tempi al fine di risolvere le criticità relative al tribunale di sorveglianza di Napoli esposte in premessa e garantire così il pieno rispetto dei princìpi costituzionali in materia di esecuzione della pena.
(4-08800)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante – dopo avere ricordato le «...gravi criticità in cui versa il tribunale di sorveglianza di Napoli...» – domanda alla Ministra della giustizia «...quali iniziative... intenda adottare e in quali tempi al fine di risolvere le criticità relative al tribunale di sorveglianza di Napoli... e di garantire così il pieno rispetto dei principi costituzionali in materia di esecuzione della pena...».
  In proposito deve essere messo immediatamente in risalto, quanto al personale di magistratura, che i giudici destinati all'espletamento delle funzioni di sorveglianza nell'ambito del distretto di Corte di appello di Napoli sono organizzati in quattro presìdi presenti sul territorio: il tribunale di sorveglianza di Napoli, l'ufficio di sorveglianza di Napoli (dodici posti in organico, di cui uno vacante), l'ufficio di sorveglianza di Avellino (quattro posti in organico, nessuno dei quali vacante) e l'ufficio di sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere (quattro posti in organico, nessuno dei quali vacante). Ciò premesso, il tribunale di sorveglianza di Napoli – il cui organico annovera la sola figura del presidente – risulta, allo stato, privo del dirigente, dovendosi al riguardo comunque segnalare che la vacanza di tale posto è stata oggetto di pubblicazione a cura del Consiglio superiore della magistratura già a far data dal 16 luglio 2020 (a fronte di una scopertura concretizzatasi, con il collocamento a riposo del presidente del tribunale di sorveglianza, solo a partire dall'8 dicembre 2020). La componente non professionale del tribunale di sorveglianza di Napoli (rappresentata dagli esperti di sorveglianza, indefettibili nella composizione del collegio) risulta, invece, presente nella misura di trentanove unità rispetto alle quaranta individuate in organico. Secondo quanto innanzi anticipato, solo uno dei dodici posti di magistrato assegnati all'ufficio di sorveglianza di Napoli risulta attualmente privo di copertura e in attesa di pubblicazione da parte del Consiglio superiore della magistratura, mentre nessuna vacanza si riscontra tra i posti istituiti nell'ufficio di sorveglianza di Avellino e nell'ufficio di sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere. In quest'ottica deve essere ricordato che nell'ambito delle disposizioni volte ad implementare la funzionalità della giurisdizione e a dare attuazione all'incremento di 600 unità del ruolo organico del personale di magistratura disposto dall'articolo 1 comma 379 della legge 30 dicembre 2018 n. 145 è stato emanato il decreto ministeriale del 14 settembre 2020, pubblicato nel bollettino ufficiale del Ministero della giustizia n. 20 del 31 ottobre 2020, che ha provveduto alla rideterminazione delle piante organiche degli uffici giudiziari di merito. Rinnovata centralità è stata, in particolare, assegnata alla magistratura di sorveglianza, prevedendosi un deciso rafforzamento dei tribunali e degli uffici (ai quali sono state destinate 21 unità complessive). In merito alla metodologia adottata per le valutazioni inerenti a tale incremento, si rappresenta che alla ridefinizione complessiva degli organici della magistratura di sorveglianza si è pervenuti seguendo un percorso caratterizzato dall'analisi e dal monitoraggio dell'attività dei singoli uffici giudiziari nonché dall'esame della
performance del servizio giustizia in relazione alle risorse impiegate. Nell'ambito di questa azione di raccolta, elaborazione e analisi dei dati statistici sono state considerate le riforme legislative in punto di esecuzione della pena, la progressiva positiva evoluzione della situazione generale (in minima parte anche della popolazione carceraria) nonché le iniziative assunte al fine di scongiurare il rischio di regressione dei meccanismi virtuosi già avviati, superando altresì gli squilibri ancora presenti nel sistema, soprattutto quelli ascrivibili all'insufficiente dotazione del personale giudicante di sorveglianza. Si è altresì registrato l'incremento delle competenze assegnate alla magistratura di sorveglianza, specificamente in tema di procedimenti di conversione in libertà controllata delle pene pecuniarie non pagate, al pari delle modifiche apportate al procedimento di sorveglianza dal decreto legislativo del 2 ottobre 2018 n. 123 che hanno comportato maggiori incombenze sul singolo magistrato (articolo 678 del codice di procedura penale). Con specifico riferimento al distretto di Corte di appello di Napoli, l'organico della magistratura di sorveglianza risultava composto da 1 Presidente e da 19 magistrati giudicanti assegnati al tribunale di sorveglianza di Napoli e agli uffici di sorveglianza delle sedi di Napoli, Avellino e Santa Maria Capua Vetere. In questo ambito risultavano significativi i dati del numero pro capite dei procedimenti pendenti (nettamente superiore rispetto alla media nazionale), della popolazione carceraria e di quella seguita dall'UEPE relativi all'ufficio di sorveglianza di Napoli. Il territorio del distretto di Corte di appello di Napoli si caratterizza, infatti, per la presenza di 12 istituti penitenziari di cui 4 di competenza dell'ufficio di sorveglianza di Napoli. Quanto al tribunale di sorveglianza, le iscrizioni e, soprattutto, le pendenze pro capite erano nettamente superiori rispetto alla media nazionale. Gli esposti elementi hanno fornito coerenti indicazioni per l'implementazione della pianta organica dell'ufficio di sorveglianza di Napoli di 1 unità (portando il contingente complessivo della magistratura di sorveglianza del distretto di Corte di appello di Napoli a 21 unità), disposto con il decreto ministeriale 14 settembre 2020, considerando altresì che l'intero distretto di Corte di appello di Napoli ha di già beneficiato, in tempi recenti, di una unità aggiuntiva per effetto del decreto ministeriale dell'11 luglio 2016, assegnata all'ufficio di sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere. Si deve, altresì, evidenziare che ulteriori benefici per gli uffici giudiziari potranno rilevarsi in seguito all'attuazione delle disposizioni approvate nel mese di dicembre dell'anno 2019 (articolo 1, comma 432, della legge 27 dicembre 2019 n. 160 recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022») che, modificando la legge 13 febbraio 2001 n. 48, prevedono l'istituzione delle piante organiche flessibili distrettuali da destinare alla sostituzione di magistrati assenti ovvero all'assegnazione agli uffici giudiziari del distretto che presentino condizioni critiche di rendimento. Al riguardo, si rappresenta che la proposta di determinazione delle nuove piante organiche è stata trasmessa da questo dicastero in data 30 ottobre 2020 al Consiglio superiore della magistratura per il prescritto parere. La proposta prevede, in conformità al quadro normativo di riferimento, la determinazione sia del contingente complessivo nazionale – individuato in 176 unità, di cui 122 con funzioni giudicanti e 54 con funzioni requirenti – sia dei contingenti destinati ai singoli distretti di Corte di appello. Nella determinazione del contingente complessivo nazionale si è avuto riguardo alle caratteristiche dei singoli distretti di Corte di appello, colte attraverso gli indicatori sia portanti (connessi all'assetto dimensionale dei singoli distretti) sia correttivi (volti a cogliere con maggiore puntualità aspetti specifici delle realtà territoriali), e si è operata la distinzione tra magistrati della pianta flessibile cui sono attribuite funzioni giudicanti (122) e quelli cui sono attribuite funzioni requirenti (54). Prioritaria valutazione a fini distributivi, muovendo dal dato statistico numerico, è stata attribuita al dato dimensionale valutato sulla base di tre indicatori: numero degli uffici giudiziari presenti nel distretto di Corte di appello, numero dei magistrati in organico e vacanze medie rilevate nel triennio 2016-2018. Come indicatori integrativi sono stati invece considerati: il turn over, le pendenze (civili e penali) e l'incidenza dell'arretrato civile. Con il tasso di turn over si è inteso cogliere le problematiche organizzative e gestionali che incontrano i distretti di Corte di appello caratterizzati da avvicendamenti frequenti di personale. Con gli altri due indicatori si sono, invece, volute individuare le situazioni di maggiore sofferenza con riferimento al formarsi di arretrato patologico. Per il distretto di Corte di appello di Napoli, nello specifico, è stata proposta l'attribuzione di un contingente complessivo di 13 unità, di cui 9 destinate alle funzioni giudicanti e 4 a quelle requirenti. All'esito dell'acquisizione del parere del Consiglio superiore della magistratura potranno, pertanto, essere formulate le definitive valutazioni per l'adozione del decreto ministeriale di determinazione delle nuove piante organiche flessibili distrettuali.
  Passando adesso al personale amministrativo, bisogna innanzitutto sottolineare che l'intero distretto di Corte di appello di Napoli segna una scopertura media, tenuto conto dei distacchi e dei comandi, del 24,8 per cento, dato questo di poco superiore rispetto alla scopertura media nazionale, che è pari al 24,22 per cento, tenuto conto del personale distaccato e comandato. Nell'immediato, una migliore funzionalità dei servizi può essere garantita con provvedimenti di natura transitoria; rientrano in tale tipologia i comandi da altre amministrazioni, le applicazioni temporanee in ambito distrettuale e gli scambi di sedi, tutti strumenti previsti nell'accordo sulla mobilità del personale del 15 luglio 2020. In epoca recente il tribunale di sorveglianza di Napoli ha beneficiato della riqualificazione di 7 cancellieri in funzionari giudiziari. Giova, inoltre, evidenziare che il distretto di Corte di appello di Napoli ha usufruito di 90 nuove risorse (di cui 61 unità negli uffici giudiziari di Napoli, 8 unità negli uffici di Napoli Nord e 21 unità negli uffici di Santa Maria Capua Vetere) assegnate con la recente procedura di reclutamento di 1.000 unità di personale amministrativo non dirigenziale di area II/F1 (profilo operatore giudiziario), pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale del 15 settembre 2020, con contratto a tempo determinato della durata massima di ventiquattro mesi. Si rende noto altresì che, allo stato, 55 operatori hanno preso possesso negli uffici di Napoli, 7 unità negli uffici di Napoli nord e 20 unità negli uffici di Santa Maria Capua Vetere. Con particolare riguardo all'ufficio del tribunale di sorveglianza di Napoli sembra opportuno precisare che la pianta organica prevede 59 unità di personale con una presenza effettiva di 47 unità; ne deriva una scopertura del 20,34 per cento tenuto conto della presenza di 2 assistenti giudiziari distaccati da altro ufficio e di 1 assistente giudiziario in distacco presso altro ufficio giudiziario. Nello specifico la situazione è la seguente: si registrano scoperture nel profilo di cancelliere (7 su 11), di assistente giudiziario (1 su 8) e di ausiliario (6 su 11). A fronte delle suddette vacanze risultano completamente soddisfatte le figure del direttore amministrativo, del funzionario giudiziario e dell'operatore giudiziario, mentre si registrano le presenze di 1 contabile non previsto in organico oltre a 1 unità in sovrannumero di conducente di automezzi (6 presenze a fronte delle 5 unità previste in organico). Le esigenze evidenziate dall'interrogante non sfuggono a questa amministrazione, che da tempo ha posto al centro della propria attività l'incremento del numero di risorse umane presso gli uffici giudiziari nella consapevolezza dell'importanza che ciò assume per il funzionamento e il buon andamento degli uffici stessi. Con il supporto del quadro normativo degli ultimi anni e in controtendenza rispetto al passato sono state predisposte una serie di misure per riavviare il turn over del personale amministrativo, facendo ricorso a tutti gli strumenti normativi e contrattuali disponibili per reclutare nuova forza lavoro. Queste procedure hanno interessato l'intero territorio nazionale e pertanto è stato necessario ripartire le unità da assumere tra tutti gli uffici giudiziari sulla base di criteri uniformi che tenessero conto delle esigenze dei vari territori, dei progetti di miglioramento della funzionalità degli uffici, della riduzione dell'arretrato e delle attività di innovazione organizzativa e tecnologica che si stanno portando avanti. In particolare, le assunzioni effettuate nell'arco temporale di riferimento nell'ufficio del tribunale di sorveglianza di Napoli sono state in tutto di 15 unità (compresi i 6 operatori giudiziari assunti tramite il succitato concorso a 1.000 posti), così distribuite: 3 unità per mobilità obbligatoria (1 direttore amministrativo e 2 cancellieri); 1 funzionario giudiziario per scorrimento di altre graduatorie; 5 unità per scorrimento della graduatoria del concorso a 800 posti di assistente giudiziario; 6 unità di operatori giudiziari tramite il concorso a 1.000 posti. Resta alta e costante l'attenzione di questa amministrazione alle problematiche relative al personale amministrativo, attenzione che ha fornito supporto e attuazione all'impulso politico ispirato all'auspicata inversione di tendenza in materia di concorsi pubblici, non banditi per almeno un ventennio. A ragione di ciò, preme sottolineare le numerose iniziative intraprese da questo dicastero al fine di realizzare la maggiore copertura possibile delle vacanze registrate negli uffici giudiziari. Per il periodo 2019-2021 le previsioni di investimento sulle assunzioni di personale amministrativo hanno tenuto conto della situazione delle vacanze attuali e delle cessazioni che si stimano nei prossimi anni. Il programma assunzionale nel periodo indicato prevede 8.756 nuovi ingressi ripartiti tra le tre aree e i dirigenti di II fascia. Lo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 e le relative forme di contenimento del virus hanno rallentato le procedure già avviate e da avviarsi, essendo stato previsto il blocco delle procedure concorsuali. Tuttavia il decreto-legge 1° aprile 2021 n. 44 stabilisce che, fino al permanere dello stato di emergenza epidemiologica, le amministrazioni i cui bandi siano stati pubblicati all'entrata in vigore di tale decreto possano procedere all'espletamento delle prove anche in deroga ai bandi già pubblicati nelle modalità semplificate previste. La norma dispone, altresì, che dal 3 maggio 2021 sia consentito lo svolgimento delle procedure selettive in presenza dei concorsi banditi dalle pubbliche amministrazioni nel rispetto di linee guida validate dal comitato tecnico-scientifico. Inoltre si rende noto che, come previsto dall'articolo 252 del decreto-legge 19 maggio 2020 n. 34, per assicurare il regolare svolgimento dell'attività giudiziaria questa amministrazione ha avviato le procedure concorsuali, già autorizzate, in modalità semplificata (attraverso la valutazione di titoli e il superamento della prova orale) e su base distrettuale, per il reclutamento di unità di personale nei vari profili. Si citano in particolare queste procedure:

   concorso pubblico, per titoli ed esame orale, su base distrettuale, per il reclutamento di complessive 2.700 unità di personale non dirigenziale a tempo indeterminato per il profilo di cancelliere esperto, da inquadrare nell'area funzionale seconda, fascia economica F3, nei ruoli del personale del Ministero della giustizia – amministrazione giudiziaria. Per il distretto di Corte d'appello di Napoli sono state messe a concorso 308 unità di personale;

   il 26 luglio 2019 è stato pubblicato il bando di concorso per il reclutamento di 2.329 unità di personale non dirigenziale a tempo indeterminato per il profilo di funzionario da inquadrare nell'area funzionale terza, fascia economica F1, nei ruoli del personale del Ministero della giustizia.

  Nell'immediato è possibile procedere ai seguenti reclutamenti:

   con avviso del 17 novembre 2020 è stato indetto un concorso pubblico, per titoli ed esame orale, su base distrettuale, per il reclutamento di complessive 400 unità di personale non dirigenziale a tempo indeterminato per il profilo di direttore, da inquadrare nell'area funzionale terza, fascia economica F3, nei ruoli del personale del Ministero della giustizia – amministrazione giudiziaria. Per il distretto di Corte di appello di Napoli sono stati accantonati e conseguentemente resi indisponibili, con il P.d.g. del 25 febbraio 2021, 31 posti, di cui uno all'ufficio di sorveglianza di Avellino e uno all'ufficio di sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere;

   con avviso del 17 febbraio 2021 è stato reso pubblico il P.d.g. 11 febbraio 2021 che ha disposto l'assunzione dei primi 950 vincitori del concorso a 1.000 posti di operatore giudiziario area II, fascia economica F2, con contratto a tempo determinato della durata massima di ventiquattro mesi, come supporto alla digitalizzazione del processo penale nonché per la celere definizione e per il contenimento della durata dei procedimenti giudiziari pendenti. La scelta delle sedi si è conclusa il 24 febbraio 2021. Per il distretto di Corte di appello di Napoli è prevista l'assunzione di 90 unità, di cui 6 all'ufficio del tribunale di sorveglianza di Napoli;

   con avviso di selezione – mediante avviamento degli iscritti ai centri per l'impiego – si è dato avvio alla procedura finalizzata all'assunzione di 616 operatori giudiziari (area II, fascia economica F1), con rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato, per la copertura di posti vacanti negli uffici giudiziari aventi sede nelle regioni Calabria, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Toscana e Veneto. Nel distretto di Corte di appello di Napoli i posti messi a disposizione sono ottantasei, di cui quarantanove negli uffici giudiziari di Napoli, uno negli uffici giudiziari di Avellino e tredici negli uffici giudiziari di Santa Maria Capua Vetere;

   con riguardo, infine, alla procedura di assunzione per il reclutamento – mediante avviamento degli iscritti ai centri per l'impiego – di 109 conducenti di automezzi, da inquadrare nell'area funzionale seconda, fascia economica F1 (Gazzetta Ufficiale del 14 gennaio 2020), i posti previsti nel distretto di Corte di appello di Napoli sono pari a dieci.

  Sulla scorta di tutti gli elementi sinora passati analiticamente in rassegna emerge con solare evidenza il costante e assiduo impegno profuso da questa amministrazione (impegno condotto tenendo sempre presenti le situazioni di difficoltà in cui versano plurimi altri uffici giudiziari) al fine di assicurare la piena funzionalità del tribunale di sorveglianza di Napoli e degli uffici di sorveglianza di Napoli, Avellino e Santa Maria Capua Vetere.
La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.


   ALBERTO MANCA, DEL SESTO, SCANU, DEIANA, CADEDDU, PARENTELA, ASCARI, SAITTA e MANZO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 242 del 2016 all'articolo 2, comma 2, fa rientrare la produzione della Cannabis Sativa L, tra le produzioni lecite se finalizzate alla produzione di: alimenti, cosmetici semilavorati, quali fibra, canapulo, polveri, cippato, oli o carburanti, per forniture alle industrie e alle attività artigianali di diversi settori, compreso quello energetico, materiale destinato alla pratica del sovescio, materiale organico destinato ai lavori di bioingegneria o prodotti utili per la bioedilizia, materiale finalizzato alla fitodepurazione per la bonifica di siti inquinati, coltivazioni dedicate alle attività didattiche e dimostrative nonché di ricerca da parte di istituti pubblici o privati, coltivazioni destinate al florovivaismo;

   l'articolo 4 della predetta norma precisa che: qualora all'esito del controllo il contenuto complessivo di THC della coltivazione risulti superiore allo 0,2 per cento ed entro il limite dello 0,6 per cento, nessuna responsabilità è posta a carico dell'agricoltore che ha rispettato le prescrizioni previste dalla legge;

   dal quadro così delineato emerge un problema operativo circa le attività di indagine, controllo e repressione delle condotte giudicate illecite dalle normative fin ora citate;

   sul punto le sezioni unite della Cassazione dapprima confermano la rilevanza penale della commercializzazione della cannabis Sativa L per gli scopi diversi da quelli previsti dalla normativa vigente, confermando quindi la punibilità ex articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, poi confermano un principio già più volte affermato da precedenti pronunce che escludono la punibilità della condotta in esame, ovvero la commercializzazione della Cannabis e dei suoi derivati, quindi anche oli, resine e infiorescenze qualora siano risultati privi di efficacia drogante o psicotropa;

   sulla questione la procura della Repubblica di Cagliari, nel dare indicazioni di carattere operativo, si limita a recepire le interpretazioni restrittive contenute nella sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione del 30 maggio 2019 n. 15, riconducendo anche l'indagine della capacità drogante e psicotropa della cannabis e dei suoi derivati in commercio all'interno del «procedimento penale». Al contrario, la procura della Repubblica di Bologna ha analizzato la medesima sentenza anche sotto il profilo soggettivo del «Dolo», alla luce della novella contenuta nella più recente legge n. 242 del 2016, in cui si amplia la lista delle produzioni lecite anche ai fini didattici e dimostrativi e per la florovivaistica, senza peraltro pronunciarsi sulle caratteristiche di presentazione del prodotto;

   pertanto, ha ritenuto che la rilevanza penale della commercializzazione della Cannabis e dei suoi derivati si basa sulla conoscenza da parte del commerciante dell'uso finale che ne farà l'acquirente e che tale circostanza costituisce una cosiddetta «probatio diabolica»; pertanto, conclude sostenendo, che gli organi di sorveglianza dovrebbero limitarsi ad effettuare controlli sulla filiera che ha portato il commerciante all'acquisto della Cannabis per poi rivenderla, essendo molto complicato, se non addirittura impossibile, dal punto di vista sanzionatorio, la dimostrazione del dolo del reato previsto dall'articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990;

   va, inoltre, evidenziato, in questa sede, che una interpretazione eccessivamente legislazione vigente, unitamente alla recente pronuncia giurisprudenziale, costituiscono per l'interrogante una grave minaccia a quella filiera di produzione e lavorazione della canapa che nulla ha a che vedere con la distribuzione e commercializzazione di sostanze stupefacenti –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei diversi criteri interpretativi delle diverse procure della Repubblica in merito ai criteri operativi di repressione e controllo di condotte illecite derivanti dalla commercializzazione della Cannabis e dei suoi derivati e se non intenda valutare la possibile adozione di iniziative normative, al fine di delineare indirizzi univoci in materia.
(4-08942)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo innanzi indicato, gli interroganti domandano alla Ministra della giustizia «...se ...sia a conoscenza dei diversi, criteri interpretativi delle diverse Procure della Repubblica in merito ai criteri operativi di repressione e controllo di condotte illecite derivanti dalla commercializzazione della... cannabis sativa L... e dei suoi derivati e se non intenda valutare la possibile adozione di iniziative normative al fine di delineare indirizzi univoci in materia...».
  In proposito occorre mettere in risalto che la
cannabis è una pianta di canapa contenente (quale che ne sia la varietà: indica, sativa, e altro) sia il chemotipo CBD (cannabidiolo) sia il chemotipo THC (tetraidrocannabinolo), il quale ultimo caratterizza di regola le varietà destinate a produrre infiorescenze con effetto stupefacente o medicamentoso. In merito alla coltivazione della cannabis sativa L e agli usi industriali della stessa, la legge 2 dicembre 2016 n. 242 ha sancito la liceità della coltivazione di piante iscritte nel catalogo europeo delle varietà delle specie di piante agricole di cui all'articolo 17 della direttiva 2002/53/CE del Consiglio purché contengano un tasso di principio attivo THC non superiore allo 0,6 per cento, ponendo così il problema di coordinare le nuove disposizioni con quelle contenute nel Testo unico delle leggi in materia di sostanze stupefacenti e psicotrope (decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990 n. 309). Com'è noto, il decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 è strutturato secondo il sistema tabellare. L'articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 incrimina, tra le diverse condotte ivi elencate, la coltivazione di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alla tabella II dell'articolo 14 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica nella quale sono inclusi «... la cannabis e i prodotti da essa ottenuti, senza effettuare distinzioni rispetto alle diverse varietà...». La tabella II inserisce tra le sostanze vietate la «...cannabis (foglie e infiorescenze), cannabis (olio), cannabis (resina)...» nonché le preparazioni contenenti queste sostanze, senza effettuare alcun riferimento alla percentuale di principio attivo THC. L'articolo 26 comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 sancisce che è vietata nel territorio dello Stato la coltivazione delle piante comprese nelle tabelle I e II di cui all'art. 14 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica «... ad eccezione della canapa coltivata esclusivamente per la produzione di fibre o per altri usi industriali, diversi da quelli indicati dall'articolo 27, consentiti dalla normativa dell'Unione Europea...». La legge n. 242 del 2016 ha come scopo quello di promuovere e diffondere, nel sistema produttivo italiano, l'uso della canapa, indicando molteplici settori in cui la stessa può essere impiegata. A questo fine la legge n. 242 del 2016 prevede all'articolo 1, comma 2, che particolari varietà di tale pianta – quelle iscritte nel Catalogo europeo delle varietà delle specie di piante agricole di cui all'articolo 17 della direttiva 2002/53/CE del Consiglio – non rientrano nell'ambito di applicazione del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990. All'uopo sono stati stabiliti dalla legge n. 242 del 2016 due diversi limiti di percentuale di principio attivo THC: 1) da un lato è previsto che, per essere ammessi a godere degli aiuti economici europei corrisposti agli agricoltori in proporzione agli ettari utilizzati per l'attività agricola, le varietà di canapa coltivate non devono avere un tenore di principio attivo THC superiore allo 0,2 per cento; 2) dall'altro lato l'articolo 4, comma 7, dispone che al di sotto dello 0,6 per cento di principio attivo THC coltivazione della canapa deve ritenersi conforme alla legge. La legge n. 242 del 2016 indica poi le finalità per le quali la coltivazione della canapa è consentita: l'articolo 1, comma 3, afferma infatti che lo scopo deve consistere a) nella coltivazione e nella trasformazione, b) nella incentivazione dell'impiego e del consumo finale di semilavorati di canapa provenienti da filiere prioritariamente locali, c) nello sviluppo di filiere territoriali integrate che valorizzino i risultati della ricerca e perseguano l'integrazione locale e la reale sostenibilità economica e ambientale, d) nella produzione di alimenti, cosmetici, materie prime biodegradabili e semilavorati innovativi per le industrie di diversi settori, e) nella realizzazione di opere di bioingegneria, bonifica dei terreni, attività didattiche e di ricerca. L'articolo 2, comma 2, della legge n. 242 del 2016 elenca quali prodotti si possono ottenere dalla coltivazione della canapa: a) alimenti e cosmetici prodotti esclusivamente nel rispetto delle discipline dei rispettivi settori; b) semilavorati quali fibra, canapulo, polveri, cippato, oli o carburanti per forniture alle industrie e alle attività artigianali di diversi settori, compreso quello energetico; c) materiale destinato alla pratica del sovescio; d) materiale organico destinato ai lavori di bioingegneria o prodotti utili per la bioedilizia; e) materiale finalizzato alla fitodepurazione per la bonifica di siti inquinati; f) coltivazioni dedicate alle attività didattiche e dimostrative nonché di ricerca da parte di istituti pubblici o privati; g) coltivazioni destinate al florovivaismo. Nessun riferimento viene invece operato dalla legge al diverso profilo della messa in commercio dei derivati dalla coltivazione della cannabis, costituiti dalle infiorescenze e dalla resina. Due sono i principali orientamenti che si sono sviluppati in seno alla Corte di cassazione sul punto. Un indirizzo maggioritario sostiene che deve escludersi che la legge n. 242 del 2016 consenta la messa in commercio dei derivati dalla coltivazione della cannabis, costituiti dalle infiorescenze e dalla resina, sul presupposto che tale legge disciplini esclusivamente la coltivazione della cannabis per gli specifici fini menzionati nell'articolo 1, comma 3, tra i quali non rientra la surriferita messa in commercio. Restano quindi soggette alla disciplina dettata dal decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 e possono costituire condotte penalmente rilevanti la detenzione e la vendita dei derivati dalla coltivazione della cannabis, costituiti dalle infiorescenze e dalla resina, del pari alla coltivazione per scopi diversi da quelli elencati nella legge n. 242 del 2016. Un secondo indirizzo interpretativo, minoritario, ritiene che la liceità della messa in commercio dei derivati dalla coltivazione della cannabis, e segnatamente delle infiorescenze, rappresenti un corollario logico giuridico del contenuto della legge n. 242 del 2016. In altre parole, dalla liceità della coltivazione della cannabis in forza della legge n. 242 del 2016 deriva la liceità dei derivati contenenti una percentuale di principio attivo THC non superiore allo 0,6 per cento, nel senso che gli stessi non possano più considerarsi sostanza stupefacente soggetta alla disciplina del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 al pari di altre specie vegetali che non rientrano tra quelle inserite nelle tabelle del medesimo decreto del Presidente della Repubblica. Infine si registra un terzo filone che prospetta una soluzione intermedia, alla stregua della quale vi è la sostanziale liceità dei derivati dalla coltivazione di cannabis consentita ai sensi della legge n. 242 del 2016, purché gli stessi presentino una percentuale di principio attivo THC non superiore allo 0,2 per cento. Per questa opzione ermeneutica l'articolo 1, comma 2, della legge n. 242 del 2016 si riferisce solo alle coltivazioni delle varietà iscritte nel Catalogo europeo delle varietà delle specie di piante agricole di cui all'articolo 17 della direttiva 2002/53/CE del Consiglio che si caratterizzano per il basso dosaggio di principio attivo THC, non superiore allo 0,2 per cento. E ciò perché, da un lato, questo limite è imposto da un regolamento europeo (Regolamento UE n. 1308/2013) e, dall'altro lato, non superare il limite dello 0,2 per cento di principio attivo THC è condizione necessaria per il coltivatore al fine di ottenere i sussidi stanziati dalla Unione europea. Pertanto, se la percentuale di principio attivo THC presente nei derivati dalla coltivazione della cannabis non è superiore allo 0,2 per cento, ciò determina la liceità non solo della coltivazione stessa ma anche della messa in commercio dei derivati, e segnatamente delle infiorescenze. Con la sentenza emessa in data 30 maggio 2019, n. 30475, le sezioni unite della Corte di cassazione si sono allineate al primo dei tre filoni interpretativi innanzi ricordati il quale, muovendo dalla considerazione che la legge n. 242 del 2016 ha previsto la liceità della sola coltivazione della cannabis per le finalità tassativamente indicate dalla medesima legge, ha concluso nel senso che la messa in commercio dei derivati dalla predetta coltivazione, costituiti dalle infiorescenze e dalla resina, continua ad essere sottoposta alla disciplina del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990. Per giungere a questa affermazione le sezioni unite hanno evidenziato che il legislatore, disponendo all'articolo 1, comma 2, della legge n. 242 del 2016 che le coltivazioni di cui si tratta non rientrano nell'ambito di applicazione del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ha voluto chiarire che il campo di applicazione della legge n. 242 del 2016 si colloca proprio nello spazio cui si riferisce l'eccezione prevista dall'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, che vieta la coltivazione delle piante di cannabis ad eccezione di quelle coltivate esclusivamente per la produzione di fibre o per altri usi industriali consentiti dalla normativa dell'Unione europea. Al fine di regolare e incentivare quest'ultimo ambito produttivo è stata introdotta la legge n. 242 del 2016, che quindi «...riguarda un settore dell'attività agroalimentare ontologicamente estraneo all'ambito dei divieti stabiliti dal Testo Unico stupefacenti in tema di coltivazioni..». Di conseguenza, le sezioni unite della Corte di cassazione attribuiscono natura tassativa alle sette categorie di prodotti, elencate dall'articolo 2, comma 2, della legge n. 242 del 2016 che possono essere ottenuti dalla coltivazione della cannabis, in quanto «... si tratta di prodotti che derivano da una coltivazione che risulta consentita solo in via d'eccezione rispetto al generale divieto di coltivazione della cannabis, penalmente sanzionato...». Le sezioni unite della Corte di cassazione aggiungono che non assume alcuna rilevanza, al fine di escludere la illiceità della condotta, il mancato superamento delle percentuali di principio attivo THC di cui all'articolo 4, commi 5 e 7, della legge n. 242 del 2016. Tali valori, infatti, riguardano esclusivamente il contenuto di principio attivo THC consentito presente nella coltivazione e non nei derivati. La messa in commercio dei derivati dalla coltivazione della cannabis, diversi da quelli elencati dalla legge n. 242 del 2016, integra il reato previsto e punito dall'articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, indipendentemente dal basso contenuto di principio attivo THC presente. Resta peraltro salvo il principio di offensività; la decisione in esame richiama in proposito, in senso adesivo, un precedente pronunciamento delle sezioni unite della Corte di cassazione del 24 aprile 2008, imp. Di Salvia, che, riguardo alla questione della coltivazione domestica di cannabis, ha sancito che è indispensabile che il giudice di merito verifichi la concreta offensività della condotta facendo riferimento alla idoneità della sostanza a produrre un effetto drogante. Anche nel caso della messa in commercio dei derivati dalla coltivazione della cannabis, coltivazione lecita a norma della legge n. 242 del 2016, perché possa dirsi integrato il reato previsto e punito dall'articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 bisognerà sempre valutare la concreta offensività delle singole condotte. Il ragionamento sviluppato nella sentenza emessa in data 30 maggio 2019, n. 30475, dalle sezioni unite della Corte di cassazione appare del tutto corretto. Fa propendere per questa conclusione anche la valutazione della ratio dell'intervento normativo. Dalla lettura dei lavori preparatori della legge n. 242 del 2016 non emerge infatti, in alcun modo, la volontà del legislatore di consentire la messa in commercio dei derivati dalle coltivazioni lecite di cannabis e la legge n. 242 del 2016 ha le caratteristiche di una normativa di settore, indirizzata esclusivamente al sostegno e allo sviluppo del comparto industriale della cannabis. Successivamente alla citata sentenza emessa in data 30 maggio 2019, n. 30475, dalle sezioni unite della Corte di cassazione, la giurisprudenza di legittimità si è pronunciata sul punto in numerose occasioni, aderendo sempre alla interpretazione delle sezioni unite (tra le tante: Cassazione penale sezione III - 12 dicembre 2019, n. 14735; Cassazione penale sezione IV - 25 febbraio 2021, n. 10012; Cassazione penale sezione VI - 15 dicembre 2020, n. 12812; Cassazione penale sezione IV - 11 dicembre 2020, n. 4098; Cassazione penale sezione VI - 2 dicembre 2020, n. 3482; Cassazione penale sezione VI - 19 novembre 2020, n. 37099; Cassazione penale sezione VI - 17 novembre 2020, n. 1246; Cassazione penale sezione VI - 5 novembre 2020, n. 6613), che pare quindi assurta al rango di un orientamento ormai consolidato (in quest'ottica deve essere segnalato che i protocolli operativi dettati nella materia in esame dalle varie procure della Repubblica non evidenziano l'esistenza di differenti opzioni ermeneutiche).
  Da tutto quanto sinora esposto nel dettaglio si evidenzia la formazione, sulla scorta della sentenza emessa in data 30 maggio 2019 n. 30475 dalle sezioni unite della Corte di cassazione e della conforme giurisprudenza di legittimità successiva, di un saldo diritto vivente nella materia in esame che sembra rendere allo stato non attuale l'esigenza della «...adozione di iniziative normative al fine di delineare indirizzi univoci in materia...».

Il Ministro della giustizia: Marta Cartabia.


   MICELI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il tribunale di Gela è, da due anni a questa parte, senza presidente, sostituito, ad interim, dal magistrato capo della sezione penale;

   il territorio di Gela è riconosciuto come uno di quei territori ad altissima densità criminale, con tre cosche mafiose che risultano attive: «Cosa nostra», «Stidda» e «clan Alferi»;

   a marzo 2021 la Commissione d'inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia e della corruzione in Sicilia dell'Assemblea regionale siciliana ha inoltre trasmesso una nota al Vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura e al Ministro interrogato al fine di sollecitare un intervento considerato urgente;

   la Commissione nella nota evidenziava «come tale situazione di disagio si sommi alle già note criticità legate alle carenze della dotazione organica che da tempo affliggono il tribunale gelese», criticità condivise anche dal presidente dell'ordine degli avvocati di Gela, che a sua volta sottolineava come «la endemica carenza di personale sia stata più volte denunziata dall'avvocatura locale come aspetto non indifferente di una precaria architettura della giurisdizione di questo circondario, non adeguatamente allineata ai bisogni di giustizia di un territorio già tristemente noto per la ferocia criminale degli episodi consumatisi, per la sempre costante presenza di fenomeni di criminalità organizzata e per la non troppo latente forma di illegalità percepita in ampi settori della società civile» –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di dover, per quanto di competenza adottare tutte le iniziative necessarie al fine di colmare le carenze di organico nel tribunale di Gela.
(4-09213)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante – dopo avere premesso che «... il Tribunale di Gela è, da due anni a questa parte, senza Presidente, sostituito ad interim dal magistrato capo della sezione penale; il territorio di Gela è riconosciuto come uno di quei territori ad altissima densità criminale, con tre cosche mafiose che risultano attive, Cosa Nostra, Stidda e clan Alfieri...» – domanda alla Ministra della giustizia «... se non ritenga di dover e... adottare tutte le iniziative necessarie al fine di colmare le carenze di organico del Tribunale di Gela...».
  Al riguardo deve essere immediatamente posto in risalto, con riferimento al personale di magistratura, che l'organico del tribunale di Gela (ricompreso nel distretto di Corte di Appello di Caltanissetta) è composto da 14 magistrati, comprensivi – oltre al presidente del tribunale – di un presidente di sezione e di 12 giudici, nessuno dei quali con funzioni di giudice del lavoro. Questo organico lamenta, allo stato, la vacanza del presidente del tribunale nonché di due unità di giudice, dando luogo ad una scopertura complessiva del corpo togato pari al 21,45 per cento. Va in proposito osservato che il posto di presidente del tribunale – la cui vacanza si è originata in data 19 giugno 2019 – risulta essere stato messo a concorso dal Consiglio superiore della magistratura il 18 settembre 2019. Sette risultano essere gli aspiranti al conferimento delle funzioni direttive di presidente del tribunale di Gela, uno dei quali è stato proposto in data 10 maggio 2021 dalla competente quinta commissione al
plenum consiliare per l'attribuzione di siffatte funzioni. Completano, infine, la compagine magistratuale del tribunale di Gela nove unità di giudice onorario di tribunale (di cui due sono vacanti).
  Per quanto concerne, poi, il personale amministrativo deve essere innanzitutto sottolineato che l'intero distretto di Corte di appello di Caltanissetta presenta una scopertura media, tenuto conto dei distacchi e dei comandi, del 19,79 per cento, dato questo che risulta inferiore alla scopertura media nazionale che è pari al 24,65 per cento, tenuto conto del personale distaccato e comandato. Il distretto di Corte di Appello di Caltanissetta comprende 19 uffici giudiziari ripartiti in 4 circondari (Caltanissetta, Enna, Gela e Nicosia), come risultanti a seguito della definizione della nuova geografia giudiziaria per effetto dei dd. lvi nn. 155 e 156 del 7 settembre 2012 e successive modifiche ed integrazioni. Nell'immediato una migliore funzionalità dei servizi può essere garantita con provvedimenti di natura transitoria; rientrano in tale tipologia i comandi da altre amministrazioni, le applicazioni temporanee in ambito distrettuale e gli scambi di sede, tutti strumenti previsti nell'accordo sulla mobilità del personale del 15 luglio 2020. Sulla base delle normative intervenute le assunzioni realizzate nel distretto di Corte di appello di Caltanissetta nell'arco temporale che va dal 2014 al 2021 risultano in numero di 41, distribuite come di seguito: mobilità obbligatoria, 6 unità; mobilità volontaria, 9 unità; scorrimento altre graduatorie, 2 unità; concorso ad 800 posti di assistente giudiziario, 24 unità. Giova, inoltre, evidenziare che il distretto di Corte di appello di Caltanissetta ha beneficiato di: 18 nuove risorse assegnate con la procedura di reclutamento di 1.000 unità di personale amministrativo non dirigenziale di area II/F1 (profilo operatore giudiziario), pubblicato sulla
Gazzetta ufficiale del 15 settembre 2020, con contratto a tempo determinato della durata massima di ventiquattro mesi; 3 unità di personale vincitrici del concorso pubblico, su base distrettuale, per il reclutamento di complessive 400 unità di personale non dirigenziale a tempo indeterminato per il profilo di direttore, da inquadrare nell'area funzionale terza, fascia economica F3, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 90 del 17 novembre 2020; 5 unità di conducenti di automezzi della selezione per l'assunzione di 109 unità di personale. Nell'intero distretto di Corte di appello di Caltanissetta su 7 posizioni dirigenziali 3 sono coperte con incarico di titolarità e 1 con incarico di reggenza. Per quanto riguarda l'incremento della pianta organica, al fine di consentire la prosecuzione delle procedure assunzionali relative al concorso ad 800 posti di assistente giudiziario l'Amministrazione ha provveduto ad ampliare la dotazione organica del profilo di assistente giudiziario in due momenti successivi: con il decreto ministeriale 13 febbraio 2018 la dotazione organica del profilo di assistente giudiziario è stata incrementata di 750 unità e gli uffici giudiziari del distretto di Corte di appello di Caltanissetta ne hanno beneficiato con l'aumento di 5 unità; con il decreto ministeriale 20 luglio 2020 la dotazione organica del profilo di assistente giudiziario è stata incrementata di 194 unità, riequilibrando le varie qualifiche professionali rispetto ai flussi di lavoro di molti uffici con l'obiettivo precipuo di consentire l'esaurimento integrale della graduatoria del concorso ad 800 per il profilo di assistente giudiziario e nel distretto di Corte di appello di Caltanissetta vi è stato un ulteriore incremento di 2 unità di assistente giudiziario. Si evidenzia che con il provvedimento del direttore generale del 16 luglio 2020 è stato disposto lo scorrimento definitivo della graduatoria del concorso ad 800 posti di assistente giudiziario. Dall'inizio della procedura, l'intero distretto di Corte di appello di Caltanissetta ha usufruito dell'ingresso di 24 nuovi assistenti giudiziari; delle 2 unità che hanno preso possesso l'11 gennaio 2021, 1 unità è stata destinata al tribunale di Gela. Con riferimento alla procedura di riqualificazione del personale in servizio (cancellieri e ufficiali giudiziari), di cui ai bandi del 19 settembre 2016, i vincitori in servizio negli uffici del distretto di Corte di appello di Caltanissetta, stante l'ultimo scorrimento della graduatoria stabilito con provvedimento del direttore generale del personale e della formazione di questo Dicastero in data 4 agosto 2020 per la copertura di 739 posti, sono stati complessivamente 46 dipendenti (40 cancellieri e 6 ufficiali giudiziari), inquadrati rispettivamente in funzionari giudiziari e funzionari Unep, mantenendo le medesime sedi di servizio. Da ultimo si evidenzia che con provvedimento del direttore generale del 29 aprile 2021 il dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi di questo Dicastero ha indetto un interpello di assestamento, ai sensi dell'articolo 7 dell'accordo sindacale sulla mobilità del 15 luglio 2020, per 275 posti vacanti relativi al profilo di direttore – area III. Nel distretto di Corte di appello di Caltanissetta sono stati resi disponibili 4 posti.
  Passando alla specifica disamina della situazione del personale amministrativo nel tribunale di Gela, rispetto ad un organico di 43 posti sono presenti 32 unità, tenuto conto della presenza di 1 assistente giudiziario distaccato da altro ufficio. Si registra quindi una scopertura del 25,58 per cento. Le vacanze interessano i profili di funzionario giudiziario (4 su 5), di cancelliere (5 su 10), di assistente giudiziario (1 su 9), di operatore giudiziario (3 su 9) e di conducente di automezzi (1 su 4). Risulta completamente soddisfatto il profilo di ausiliario e, altresì, risulta coperto, in sovrannumero, il profilo di direttore amministrativo (2 presenze su di 1 posto in organico) e si registra la presenza di 2 centralinisti telefonici a fronte di nessun posto previsto in organico. Il tribunale di Gela ha beneficiato, altresì, della riqualificazione di 1 cancelliere in funzionario giudiziario. La posizione dirigenziale è vacante. Le assunzioni effettuate nel periodo che va dal 2014 al 2021 sono state 7, di cui 3 come assistente giudiziario e 4 come cancelliere.
  Le esigenze evidenziate nell'atto di sindacato ispettivo in esame non sfuggono a questo Dicastero, che da tempo ha posto al centro della propria attività l'incremento del numero di risorse umane presso gli uffici giudiziari nella consapevolezza dell'importanza che ciò assume per l'efficiente funzionamento degli uffici stessi. Con il supporto del quadro normativo degli ultimi anni e in controtendenza rispetto al passato sono state predisposte una serie di misure per riavviare il
turn over del personale amministrativo, facendo ricorso a tutti gli strumenti normativi e contrattuali disponibili allo scopo di reclutare nuova forza lavoro.
  A ragione di ciò, preme sottolineare le numerose iniziative intraprese da questo Dicastero al fine di realizzare la maggiore copertura possibile delle vacanze registrate negli uffici giudiziari. Per il periodo 2019-2021 le previsioni di investimento sulle assunzioni di personale amministrativo hanno tenuto conto della situazione delle vacanze attuali e delle cessazioni che si stimano nei prossimi anni. Il programma assunzionale nel periodo indicato prevede 8.756 nuovi ingressi, ripartiti tra le tre aree e i dirigenti di II fascia. Lo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 e le relative forme di contenimento del virus hanno rallentato le procedure già avviate e da avviarsi, in ottemperanza al disposto dell'articolo 87 del decreto-legge n. 18 del 17 marzo 2020 relativo alla sospensione delle procedure concorsuali per l'accesso al pubblico impiego. Tuttavia il decreto-legge 1° aprile 2021 n. 44 prevede che, fino al permanere dello stato di emergenza epidemiologica, le Amministrazioni i cui bandi siano stati pubblicati all'entrata in vigore del decreto stesso possano procedere all'espletamento delle prove, anche in deroga ai bandi già pubblicati, nelle modalità semplificate previste. La norma dispone, altresì, che dal 3 maggio 2021 sia consentito lo svolgimento delle procedure selettive in presenza dei concorsi banditi dalle pubbliche amministrazioni, nel rispetto di linee guida validate dal Comitato tecnico scientifico. Si citano di seguito le procedure più significative:

   concorso pubblico, per titoli ed esame orale, su base distrettuale, per il reclutamento di complessive 2.700 unità di personale non dirigenziale a tempo indeterminato per il profilo di cancelliere esperto, da inquadrare nell'area funzionale seconda, fascia economica F3, nei ruoli del personale del Ministero della giustizia – amministrazione giudiziaria;

   in data 26 luglio 2019 è stato pubblicato il bando di concorso per il reclutamento di 2.329 unità di personale non dirigenziale a tempo indeterminato per il profilo di funzionario da inquadrare nell'area funzionale terza, fascia economica F1, nei ruoli del personale del Ministero della giustizia;

   con avviso del 17 novembre 2020 è stato indetto un concorso pubblico, per titoli ed esame orale, su base distrettuale, per il reclutamento di complessive 400 unità di personale non dirigenziale a tempo indeterminato per il profilo di direttore, da inquadrare nell'area funzionale terza, fascia economica F3, nei ruoli del personale del Ministero della giustizia – amministrazione giudiziaria. Nel distretto di Corte di appello di Caltanissetta le 3 unità assunte hanno sottoscritto il contratto individuale di lavoro il 29 marzo 2021;

   con avviso del 17 febbraio 2021 è stato reso pubblico il provvedimento del direttore generale 11 febbraio 2021 che ha disposto l'assunzione dei primi 950 vincitori del concorso a 1000 posti di operatore giudiziario area II, fascia economica F2, con contratto a tempo determinato della durata massima di ventiquattro mesi, come supporto alla digitalizzazione del processo penale nonché per la celere definizione e il contenimento della durata dei procedimenti giudiziari pendenti. La scelta delle sedi si è conclusa il 24 febbraio 2021. I vincitori hanno sottoscritto il contratto individuale di lavoro in data 25 marzo 2021. Con provvedimento del direttore generale del 28 aprile 2021 si è disposto lo scorrimento di ulteriori 84 unità, con presa di possesso fissata per il 7 giugno 2021;

   si è poi dato avvio alla procedura di assunzione per il reclutamento, mediante avviamento degli iscritti ai centri per l'impiego (liste di cui all'articolo 16 legge 28 febbraio 1987 n. 56), di 109 conducenti di automezzi da inquadrare nell'area funzionale seconda, fascia economica F1. Sono state assunte le prime 5 unità nel distretto di Corte di appello di Caltanissetta.

  Sulla scorta di tutti gli elementi sinora passati analiticamente in rassegna emerge con solare evidenza il costante e assiduo impegno profuso da questa Amministrazione (impegno condotto tenendo sempre presenti le situazioni di difficoltà in cui versano plurimi altri uffici giudiziari) al fine di assicurare la piena funzionalità degli uffici giudiziari siti nel distretto di Corte di appello di Caltanissetta e segnatamente del tribunale di Gela.
La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.


   PAGANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 4 del 2019, convertito dalla legge n. 26 del 2019, che tra l'altro ha istituito il reddito di cittadinanza, prevede alcuni motivi ostativi al predetto reddito;

   in particolare all'articolo 2, comma 1, lettera c), con riferimento al godimento di beni durevoli, è previsto che:

    «1) nessun componente il nucleo familiare deve essere intestatario a qualunque titolo o avente piena disponibilità di autoveicoli immatricolati la prima volta nei sei mesi antecedenti la richiesta, ovvero di autoveicoli di cilindrata superiore a 1.600 cc o motoveicoli di cilindrata superiore a 250 cc, immatricolati la prima volta nei due anni antecedenti, esclusi gli autoveicoli e i motoveicoli per cui è prevista una agevolazione fiscale in favore delle persone con disabilità ai sensi della disciplina vigente;

    2) nessun componente deve essere intestatario a qualunque titolo o avente piena disponibilità di navi e imbarcazioni da diporto di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171»;

   il precitato articolo 3 detta: «Unità da diporto» e stabilisce che: le costruzioni destinate alla navigazione da diporto sono denominate:

    «unità da diporto: si intende ogni costruzione di qualunque tipo e con qualunque mezzo di propulsione destinata alla navigazione da diporto»;

    nave da diporto maggiore e nave da diporto minore: si intende ogni unità con scafo di lunghezza superiore a ventiquattro metri, misurata secondo la norma armonizzata UNI/EN/ISO/DIS 8666 per la misurazione dei natanti e delle imbarcazioni da diporto e di una determinata stazza;

    imbarcazione da diporto: si intende ogni unità con scafo di lunghezza superiore a dieci metri e fino a ventiquattro metri, misurata secondo la norma armonizzata di cui sopra;

    natante da diporto: si intende ogni unità da diporto a remi, o con scafo di lunghezza pari o inferiore a dieci metri, misurata secondo la norma armonizzata di cui sopra;

   ad avviso dell'interrogante il combinato disposto delle due norme predette, considerato che le imbarcazioni da diporto sono quelle superiori a 10 metri e fino a 24 metri, mentre i natanti da diporto sono quelli inferiori ai 10 metri, lascia presupporre che il possesso di questi ultimi non sarebbe ostativo alla richiesta del Reddito di cittadinanza. Ove la presente interpretazione fosse confermata chi possiede un autoveicolo che costa circa 25.000 euro o un motoveicolo che ne costa 10.000 non può fare domanda per il Reddito di cittadinanza. Invece sarebbe consentito farlo al possessore di un natante da diporto, ad esempio di 9 metri e dotato di due motori da 250 cavalli, del valore di 100.000 euro e oltre;

   infine, ad avviso dell'interrogante, anche se la norma venisse modificata, sarebbe pressoché impossibile ogni controllo da parte delle autorità preposte in quanto, in Italia, tutte le unità da diporto qualificate come «natanti da diporto» dal predetto decreto legislativo, sono prive del contrassegno identificativo ad eccezione di quelle presenti nelle aree della laguna veneta e dei laghi Maggiore, Varese e pochi altri –:

   se il Governo intenda prestare attenzione alle osservazioni sopra esposte e conseguentemente quali iniziative si intendano adottare:

    a) per evitare l'iniquità e l'ingiustizia derivanti dal fatto che possessori di unità da diporto del valore di decine e centinaia di migliaia di euro possono percepire, legittimamente, il reddito di cittadinanza;

    b) per superare l'attuale situazione che non consente di identificare le migliaia di unità da diporto con le evidenti conseguenze negative, in caso di sinistri che coinvolgono persone e cose, o di richiesta di soccorso in mare, in quanto tali imbarcazioni risultano invisibili e sconosciute tutti, compreso per le autorità preposte al controllo.
(4-03784)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo indicato in esame si rappresenta quanto segue.
  In tema di accesso al reddito di cittadinanza con riguardo al godimento dei beni durevoli, trova applicazione quanto previsto dall'articolo 2, comma 1, lettera
c), del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito con modificazioni dalla legge 28 marzo 2019, n. 26.
  Tale disposizione, nel dettagliare i requisiti relativi al godimento dei beni durevoli, con particolare riferimento al possesso di navi e imbarcazioni dispone che «nessun componente deve essere intestatario a qualunque titolo o avente piena disponibilità di navi e imbarcazioni da diporto di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171».
  Sul punto, il richiamato articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171, oltre a fornire le definizioni di navi e imbarcazioni, alla lettera
f) riporta quella di natante da diporto, secondo la quale «si intende ogni unità a remi ovvero con scafo di lunghezza pari o inferiore a dieci metri, misurata secondo la norma armonizzata di cui alla lettera c), con esclusione delle moto d'acqua».
  In ossequio a tale disposizione, come opportunamente evidenziato dall'interrogante, non osta alla concessione del beneficio in parola l'intestazione o la piena disponibilità di «natanti da diporto» di dimensioni inferiori al valore sopra indicato.
  Al riguardo, la
ratio della norma, nel definire quale motivo di esclusione dal beneficio il possesso di navi e imbarcazioni, considerati beni durevoli di valore, escludendo tuttavia dal novero tutti i natanti (non potendo discriminare in base al loro valore di mercato), sembra essere quello di tutelare le necessità di coloro che vivono in particolari dimensioni geografiche quali, ad esempio, i nuclei familiari residenti nelle isole e in località di mare, per i quali la proprietà di piccoli, natanti non denota necessariamente condizioni di stabilità economica.
  Analogamente, con riguardo al requisito patrimoniale di cui all'articolo 2, comma 1, lettera
b) n. 2 del citato decreto-legge, il possesso di un immobile diverso dalla abitazione di residenza di poco valore non rileva ai fini del riconoscimento del beneficio; in tal caso il Legislatore ha inteso non escludere dalla misura, ad esempio, i nuclei familiari che vivono in contesti rurali e possiedono un piccolo appezzamento di terra per l'autoconsumo.
  Al riguardo, si sottolinea che nel disegnare l'impianto dell'istituto del reddito di cittadinanza, il Legislatore ha inteso individuare requisiti molto stringenti per l'accesso al beneficio economico, proprio al fine di impedire possibili abusi, suscettibili di determinare situazioni di «ingiustizia sociale». D'altra parte, non si può certo negare che, in fase applicativa, si siano verificate distorsioni ed effetti contraddittori rispetto alla stessa
ratio legis, indubbiamente volta a intercettare situazioni di reale disagio sociale ed economico.
  È per questo che è stato istituito il comitato scientifico per la valutazione del reddito di cittadinanza, con l'obiettivo proprio di valutare la resa dell'istituto e individuate le azioni necessarie, per renderlo più efficace e conforme alle intenzioni del legislatore.
  Alla luce della considerazione che effettivamente la maggior parte dei natanti non a remi hanno un valore commerciale molto alto, come ad esempio motoscafi, cabinati e le moto d'acqua, assicuro l'impegno del Ministero del lavoro e delle politiche sociali a valutare con attenzione tale specifica problematica, al fine di individuare interventi correttivi nel senso suggerito dagli interroganti.
  Per quanto riguarda l'esigenza di un intervento normativo per l'identificazione delle unità di diporto esistenti, la cui invisibilità ha conseguenze anche sul piano fiscale, nel condividerne la finalità, assicuro il sostegno dell'Amministrazione che rappresento, per quanto di competenza, a eventuali iniziative in tal senso.
  

La Sottosegretaria di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Rossella Accoto.


   PATASSINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, commi 797-804, della legge n. 178 del 2020 (Bilancio 2021) ha introdotto un livello essenziale delle prestazioni di assistenza sociale definito da un operatore ogni 5.000 abitanti e un ulteriore obiettivo di servizio definito da un operatore ogni 4.000 abitanti;

   il comma 797, in particolare, ai fini del potenziamento del sistema dei servizi sociali territoriali e all'interno del cosiddetto Piano nazionale povertà, ha stabilito l'attribuzione in favore degli ambiti territoriali di un contributo pari a 40.000 euro per ogni assistente sociale assunto a tempo indeterminato dall'ambito o dai comuni che ne fanno parte in numero eccedente il rapporto di 1 a 6.500 e fino al raggiungimento del rapporto di 1 a 5000; e l'attribuzione di un contributo pari a 20.000 euro per ogni assistente sociale assunto a tempo indeterminato dall'ambito o dai comuni che ne fanno parte in numero eccedente il rapporto di 1 a 5000 e fino al raggiungimento del rapporto di 1 a 4000;

   il comma 801 stabilisce che, ai suddetti fini, i comuni possano, nel limite delle risorse previste dal comma 799 e dei vincoli assunzionali previsti dall'articolo 33 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, effettuare assunzioni di assistenti sociali a tempo indeterminato in deroga ai vincoli di contenimento della spesa di personale di cui all'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, anche ai sensi dell'articolo 57, comma 3-septies, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104; quest'ultima disposizione, in particolare, prevede che, al fine di assicurare le professionalità necessarie alla ricostruzione, a decorrere dal 1° gennaio 2022, le regioni, gli enti locali, ivi comprese le unioni dei comuni ricompresi nei crateri del sisma del 2009 e del sisma del 2016, possano assumere a tempo indeterminato, con le procedure e le modalità di cui all'articolo 20 del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, personale con rapporto di lavoro a tempo determinato presso gli uffici speciali per la ricostruzione e presso gli enti locali dei predetti crateri;

   il comma 801 non fa esplicita menzione delle Unioni montane (ovvero delle Unioni di comuni) tra gli enti beneficiari della deroga dei limiti assunzionali;

   tuttavia, alla luce del predetto impianto normativo e del criterio di ragionevolezza, parrebbe del tutto incongruo sostenere che le Unioni montane possano ritenersi escluse dall'ambito applicativo della norma; le Unioni montane, infatti, sono costituite proprio al fine di permettere a piccoli comuni isolati di esercitare congiuntamente funzioni o servizi di competenza comunale; esse, cioè, gestiscono i servizi sociali associati per conto dei comuni ricadenti nell'ambito territoriale sociale;

   anche se la capacità di usufruire della suddetta deroga pare, per le Unioni montante, in re ipsa, l'oscurità della norma rischia di impedire che queste ultime, a parità di oneri, abbiano limiti diversi nella capacità assunzionale rispetto ai semplici comuni –:

   se si intenda adottare iniziative per chiarire la portata dei summenzionati commi 797 e 801 dell'articolo 1 della legge n. 178 del 2020, illustrando definitivamente il loro ambito di efficacia, al fine di non permettere una illegittima interpretazione che escluderebbe le Unioni montane, ente locale capofila dell'ambito territoriale sociale, dalla possibilità di assumere assistenti sociali a tempo indeterminato attraverso le risorse ricomprese nella legge n. 178 del 2020.
(4-08365)

  Risposta. — Con l'atto parlamentare in esame si chiede se si intendano adottare iniziative per chiarire la portata dei commi 797 e 801 dell'articolo 1 della legge n. 178 del 2020 (legge di bilancio 2021), «illustrando definitivamente il loro ambito di efficacia, al fine di non permettere una illegittima interpretazione che escluderebbe le Unioni montane, ente locale capofila dell'ambito territoriale sociale, dalla possibilità di assumere assistenti sociali a tempo indeterminato attraverso le risorse stanziate dalla legge n. 178 del 2020».
  L'articolo 1, comma 797, della legge n. 178 del 2020 così testualmente dispone: «Al fine di potenziare il sistema dei servizi sociali comunali, gestiti in forma singola o associata (...)»; un analogo esplicito riferimento all'esercizio associato delle funzioni sociali dei comuni si rinviene inoltre al comma 800, che prevede che «con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali sono definite le modalità in base alle quali il contributo attribuito all'ambito territoriale è da questo suddiviso assegnandolo ai comuni che ne fanno parte ed eventualmente all'ambito stesso, anche con riferimento ai comuni che versino in stato di dissesto o predissesto o siano comunque impossibilitati a realizzare le assunzioni, nonché ai comuni che esercitano informa associata le funzioni relative ai servizi sociali.».
  Come si evince dal dettato normativo, tra gli enti pubblici gestori che possono beneficiare del contributo di cui al sopra richiamato comma 797, rientrano pertanto, inequivocabilmente e a tutti gli effetti anche le Comunità montane.
  Queste ultime infatti, ai sensi degli articoli 27 commi 1 e 32 del Testo unico degli enti locali di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, debbono essere annoverate tra le Unioni di comuni e, ai sensi del medesimo articolo 32 del Testo Unico, si configurano come gli enti locali costituiti da due o più comuni, di norma contermini per l'esercizio associato di funzioni e servizi, tra i quali, tipicamente, le funzioni e i servizi sociali del territorio dell'ambito.
  Ai fini di un'esaustiva contestualizzazione occorre altresì rilevare che, ai sensi del comma 800, il contributo di cui trattasi, riconosciuto ed attribuito all'ambito, e per esso all'ente pubblico capofila risultante dalla sezione «Registro Ambiti» del SIOSS (Sistema informativo dell'offerta dei servizi sociali), dovrà essere successivamente ripartito e trasferito dal medesimo ente assegnatario (tra cui le eventuali Comunità montane) ai comuni componenti l'ambito e alle eventuali forme associative, o enti pubblici strumentali datori di lavoro di cui gli stessi si avvalgono per l'esercizio delle funzioni e servizi sociali del territorio di riferimento.
  Ciò, con le modalità previste nel decreto ministeriale n. 15 del 4 febbraio 2021 (adottato ai sensi del citato comma 800), ivi incluse quelle autonomamente condivise ed approvate dai comuni e le unioni componenti l'ambito in deroga a quelle previste in via generale, al fine di promuovere il soddisfacimento del livello essenziale delle prestazioni definito dalla norma.
  Le richiamate disposizioni attuative consentono pertanto agli ambiti territoriali assegnatari del contributo di individuare le modalità di riparto più idonee e funzionali a favorire la realizzazione delle necessarie, programmate assunzioni.
  In questo quadro si inserisce il comma 801 che, per le medesime finalità di cui al precedente comma 797, ovvero ai fini del raggiungimento delle soglie di copertura del servizio di assistenza sociale professionale, prevede che i comuni componenti gli ambiti territoriali, a valere nei limiti delle risorse stanziate ai sensi del comma 799, e nel rispetto degli obiettivi di pareggio del bilancio e dei vincoli assunzionali di cui all'articolo 33 del decreto-legge n. 34 del 2019, possano effettuare assunzioni di assistenti sociali a tempo indeterminato in deroga ai vincoli di contenimento della spesa per personale di cui all'articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010 e all'articolo 1, commi 557 e 562, della legge n. 296 del 2006, nonché all'articolo 57, comma 3-
septies, del decreto-legge n. 104 del 2020.
  Il comma 801, nell'introdurre disposizioni in deroga ai richiamati vincoli di contenimento della spesa per personale in favore degli enti procedenti, si limita a circoscriverne con chiarezza il campo di applicazione, fissando puntualmente i limiti entro i quali i comuni, quali enti titolari delle funzioni sociali, possono procedere all'assunzione di assistenti sociali con rapporto di lavoro a tempo indeterminato (e/o alla stabilizzazione del relativo rapporto di lavoro) in deroga ai vincoli medesimi.
  Al riguardo, si deve in particolare osservare che le citate disposizioni non esimono in alcun modo i comuni (né le eventuali loro Unioni) dall'operare nel rispetto dei propri vincoli assunzionali.
  I comuni restano infatti espressamente tenuti a provvedere alle necessarie nuove assunzioni entro i limiti della propria capacità assunzionale, così come determinata ai sensi del decreto-legge n. 34 del 2019, ovvero sulla base delle prefissate soglie di sostenibilità finanziaria (equilibrio pluriennale del rapporto tra spesa per personale ed entrate correnti) e fermi restando gli obiettivi di pareggio del bilancio.
  Tuttavia, l'allentamento di tali vincoli assunzionali potrà di fatto prodursi, ai sensi e per effetto dell'articolo 57, comma 3-
septies, del decreto-legge n. 104 del 2020, cui la norma fa espresso riferimento.
  Il comma 801 consente infatti la sterilizzazione, in entrata e in uscita, delle spese per personale etero-finanziate, ossia integralmente finanziate con risorse provenienti da soggetti terzi, espressamente finalizzate a nuove assunzioni e previste da apposita normativa, ai fini della verifica del rispetto del valore soglia di cui all'articolo 33 comma 2 del decreto-legge n. 34 del 2019 e per il periodo in cui è garantito il predetto finanziamento.
  Una volta accertato in entrata il contributo statale di cui al comma 797, i comuni potranno pertanto procedere al previsto scorporo e quindi avranno, fin dalla corrente annualità 2021, l'opportunità di determinare la propria capacità assunzionale al netto delle spese per personale che lo stesso contributo è destinato a coprire stabilmente; ciò con tutte le conseguenti implicazioni in termini di allentamento dei vincoli di cui all'articolo 33, comma 2, del decreto-legge n. 34 del 2019.
  Preme in proposito precisare che, nonostante l'applicabilità del richiamato articolo 57, comma 3-
septies, del decreto-legge n. 104 del 2020 non abbia immediata rilevanza ai fini della determinazione della capacità assunzionale delle unioni di comuni, queste ultime potranno comunque beneficiare indirettamente degli effetti che produce in termini di ampliamento degli spazi assunzionali dei comuni che ne fanno parte.
  Infatti, la novellata disciplina di cui all'articolo 33 comma 2 del decreto-legge n. 34 del 2019, si riferisce esclusivamente ai comuni e non alle loro unioni o consorzi, per i quali, in materia di assunzioni, rimane applicabile la previgente e più restrittiva normativa.
  Tuttavia, ai sensi dell'articolo 32 del decreto legislativo n. 267 del 2000, i comuni possono cedere integralmente o parzialmente i propri spazi assunzionali alle unioni di cui fanno parte.
  Pertanto, a seguito di detto trasferimento, le unioni di comuni (tra le quali, ai sensi dell'articolo 27 comma 1 del TUEL debbono annoverarsi le Comunità montane) potranno operare con riferimento ai nuovi spazi di limite, come ricalcolati ai sensi del richiamato all'articolo 33 comma 2 del decreto-legge n. 34 del 2019.
  Alla luce delle disposizioni sopra esaminate, si deve pertanto concludere che le unioni di comuni, montane e non, ancorché non menzionate nella norma, rientrano a tutti gli effetti nella sfera di applicazione del comma 801, potendo beneficiare, al pari dei comuni che le compongono ed entro i medesimi limiti, delle disposizioni in deroga ai vincoli di contenimento della spesa per personale di cui all'articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010 e all'articolo 1, commi 557 e 562, della legge n. 296 del 2006, ma anche, sebbene indirettamente, dell'ampliamento degli spazi assunzionali che si produce ai sensi e per effetto dell'articolo 57, comma 3-
septies, del decreto-legge n. 104 del 2020.
  

La Sottosegretaria di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Rossella Accoto.


   PAXIA, COLLETTI, BERARDINI, MENGA, SARLI, SAPIA, TERMINI e SPESSOTTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della transizione ecologica, al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:

   in data 3 luglio 2020 la Corte di appello di Catania, con sentenza n. 416/2020, ha annullato la sentenza con la quale il Tribunale di Siracusa, con sentenza n. 900/2018, aveva condannato l'Inps ad accreditare, ai lavoratori delle Industrie meccaniche siciliane, le maggiorazioni contributive per esposizione ad amianto, ai sensi dell'articolo 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992, recante «Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto»;

   l'Inps, nelle more dell'appello aveva già provveduto ad erogare accrediti delle maggiorazioni e prestazioni pensionistiche, nei confronti dei lavoratori delle Industrie meccaniche siciliane, in quanto ormai tali diritti erano stati riconosciuti in sede amministrativa in capo ai soggetti richiedenti;

   l'articolo 47, comma 6-bis, del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003, dispone che: «Sono comunque fatte salve le previgenti disposizioni per i lavoratori che abbiano già maturato, alla data di entrata in vigore del presente decreto, il diritto di trattamento pensionistico anche in base ai benefici previdenziali di cui all'articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257»;

   l'articolo 3, comma 132, della legge n. 350 del 2003, dispone che: «In favore dei lavoratori che abbiano già maturato, alla data del 2 ottobre 2003, il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all'articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, e successive modificazioni, sono fatte salve le disposizioni previgenti alla medesima data del 2 ottobre 2003. La disposizione di cui al primo periodo si applica anche a coloro che hanno avanzato domanda di riconoscimento all'INAIL o che ottengono sentenze favorevoli per cause avviate entro la stessa data. Restano valide le certificazioni già rilasciate dall'INAIL»;

   risulta evidente quanto sia necessario, ai fini della definizione del contrasto di natura squisitamente giurisprudenziale, un intervento tecnico normativo coerente con la tutela dei diritti quesiti, con il tenore letterale dell'articolo 3, comma 132, della legge n. 350 del 2003, e con l'irretroattività dell'articolo 47, legge n. 326 del 2003;

   la Corte d'appello di Catania di fatto adotta, nei confronti di lavoratori pesantemente esposti all'amianto, provvedimenti che non solo revocano ogni beneficio pensionistico ma che li costringono alla restituzione di quanto ottenuto in sede amministrativa;

   secondo i dati forniti dall'Ona (Osservatorio nazionale amianto) si stima la presenza, in Italia, di circa 40 milioni di tonnellate di materiali di amianto e contenenti amianto, distribuiti in circa un milione di siti, tra cui scuole, biblioteche, ospedali;

   manca un atto di indirizzo ministeriale per il riconoscimento dei benefici relativi all'amianto nei confronti dei lavoratori dei siti siciliani contaminati, il che configura, secondo l'interrogante, la violazione delle norme di cui agli articoli 153 e 156 Tfue; in ordine poi alla fattispecie specifica dei lavoratori delle Industrie Meccaniche Siciliane, c'è anche l'ulteriore pregiudizio già sofferto per il tardivo recepimento della direttiva comunitaria 477/83/CEE, come risulta dalla condanna della Corte di Giustizia del 13 dicembre 1990 a carico dello Stato italiano, a cui ha fatto seguito la legge n. 257 del 1992, per l'indennizzo dei lavoratori vittime, come quelli siciliani, e in particolare quelli delle Industrie Meccaniche Siciliane –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto riportato in premessa e, con riferimento alle mancate bonifiche di diversi siti all'interno del Sin, quali urgenti iniziative si intendano assumere per procedere in tempi rapidi;

   quali iniziative si intendano adottare per pervenire ad un'effettiva soluzione della grave problematica che coinvolge i lavoratori delle Industrie meccaniche siciliane, restituendo agli stessi immediata dignità e tutela dei diritti e quali iniziative si intendano intraprendere sul piano normativo che riconoscano a questi sopravvissuti i diritti e i valori personalissimi ed imprescrittibili tanto cari alla nostra Costituzione, il diritto alla vita, alla salute ed alla dignità sociale.
(4-08536)

  Risposta. — La questione sollevata nell'interrogazione parlamentare in esame attiene ad una specifica controversia giurisdizionale che ha riguardato alcuni lavoratori siciliani che hanno richiesto all'Inps l'attribuzione dei benefici previdenziali previsti dalla legge per chi è stato esposto all'amianto.
  Com'è noto, i medesimi benefici rappresentano una delle misure in materia di rischio amianto introdotte nell'ordinamento all'interno di un articolato quadro normativo (fin dal decreto legislativo n. 277 del 1991 di recezione della direttiva 477/83/Cee e poi dalla legge n. 257 del 1992 cui hanno fatto seguito numerose altre) che ha previsto anzitutto la cessazione dell'uso dell'amianto, il confinamento e la rimozione dei manufatti, la bonifica dei siti contaminati, nell'ottica dell'eliminazione del rischio alla fonte.
  Detti benefici previdenziali risultano rivolti ai lavoratori esposti all'amianto per oltre dieci anni, ma sono soggetti ad un regime regolativo differente (sotto l'
an ed il quantum) a seconda che rientrino nella disciplina stabilita prima dall'articolo 13, comma 8 delle legge n. 257 del 1992 oppure in quella stabilita successivamente dall'articolo 47 della legge n. 326 del 2003 di conversione del decreto-legge n. 269 del 2003.
  All'
uopo è in ogni caso richiesto che i lavoratori facciano una domanda all'Inail per l'accertamento della cosiddetta «esposizione qualificata» (ossia ad oltre 100 fibre litro per tutto il periodo di esposizione ultradecennale); ed inoltre una domanda all'Inps per l'accredito della maggiorazione contributiva.
  I lavoratori di cui si tratta avevano ottenuto, in primo grado, dal Tribunale di Siracusa (sentenza n. 900 del 2018), il riconoscimento dei più favorevoli benefici previsti dall'articolo 13, comma 8 della legge n. 257 del 1992 (non soggetti a decadenza alla data del 15 giugno 2005). La Corte d'appello di Catania, con sentenza n. 416 del 2020, ha riformato la sentenza stabilendo che i lavoratori rientrassero nel regime regolativo dell'articolo 47 della legge n. 326 del 2003 di conversione del decreto-legge n. 269 del 2003 che detta, appunto, una disciplina meno favorevole, prevedendo altresì un termine di decadenza (cosiddetto tombale, di natura sostanziale) per chi non avesse presentato la domanda all'Inail entro la data del 15 giugno 2005 (termine stabilito dal decreto ministeriale 27 ottobre 2004, cui rinvia la legge). E poiché i predetti lavoratori hanno certamente presentato domanda all'Inail molti anni dopo il termine fissato dalla legge (essendo ciò del tutto incontestato nel giudizio), la Corte d'appello ha dichiarato la domanda inammissibile per intervenuta decadenza.
  La questione risolta dalla Corte d'appello di Catania riguarda una tipica questione di diritto intertemporale che si ripropone nell'ordinamento tutte le volte in cui ad una prima disciplina normativa segue una diversa disciplina; occorrendo stabilire, in tali casi, fino a quando ed a chi si applichi la normativa originaria (in questo caso la più favorevole disciplina stabilita dall'articolo 13, comma 8 della legge n. 257 del 1992) e quando occorra invece applicare ed a chi quella nuova (ed in tal caso l'articolo 47 della legge n. 326 del 2003 di conversione del decreto-legge n. 269 del 2003 che contempla il citato termine di decadenza).
  La soluzione di tale questione nella fattispecie in esame è stata resa agevole dallo stesso legislatore che ha dettato in proposito una specifica disciplina di diritto intertemporale, contenuta anzitutto nel citato articolo 47 della legge n. 326 del 2003 di conversione del decreto-legge n. 269 del 2003.
  Successivamente, dopo poco tempo, questa disciplina di diritto intertemporale è stata ampliata con la legge 24 dicembre 2003 n. 350 (legge finanziaria 2004); la quale è intervenuta di nuovo nella materia del dritto transitorio e con l'articolo 3, comma 132 ha, da una parte, ribadito che resta salva la normativa previgente per chi avesse maturato alla data del 2 ottobre 2003 «il diritto al conseguimento dei benefici» (espressione generica da intendersi confermativa e riassuntiva della disciplina intertemporale precedentemente introdotta con la legge n. 326 del 2003); e dall'altra ha aggiunto che la stessa salvezza operi nei confronti di chi avesse fatto soltanto domanda all'Inail ( ed ovviamente per chi avesse ottenuto una sentenza favorevole o avesse già ottenuto una certificazione di esposizione dall'Inail).
  La normativa dettata con la finanziaria ha quindi considerato come diritti acquisiti (all'applicazione della più favorevole disciplina) quelli maturati da tutti i lavoratori che prima del 2 ottobre 2003 avessero ottenuto o anche semplicemente richiesto all'Inail la certificazione dell'esposizione all'amianto.
  Dal momento che la norma ha fatto salva la posizione di coloro che al 2 ottobre avessero presentato domanda all'Inail, risulta del tutto ovvio e consequenziale che chi ha fatto domanda di certificazione all'Inail in data successiva al 2 ottobre 2003 (come appunto i lavoratori cui si riferisce la sentenza della Corte d'appello di Catania) non possa avere diritto all'applicazione del regime normativo pregresso e nei suoi confronti occorra applicare il nuovo regime stabilito dall'articolo 47 della legge n. 326 del 2003 di conversione del decreto-legge n. 269 del 2003 (che come ripetutamente detto ha fissato pure un termine di decadenza tombale al 15 giugno 2005).
  Va rimarcato, ora, che la sentenza della Corte d'appello di Catania, oltre a rispettare le premesse normative richiamate (applicate dall'Inps fin dalla circolare n. 58 del 2005), risulta del tutto conforme all'unanime giurisprudenza di legittimità, rispetto alla quale si pone invece come eccentrica la sentenza del tribunale di Siracusa pronunciata in primo grado.
  Va infatti ricordato che costituisce
ius receptum nella giurisprudenza (Cassazione numeri 6133/2017, 24998/2014, 8649/2012, 15679/2006, 15008/2005) che «in tema di benefici previdenziali in favore dei lavoratori esposti all'amianto, la legge 24 dicembre 2003, n. 350, articolo 3, comma 132, che – con riferimento alla nuova disciplina introdotta dal decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, articolo 47, comma 1 (convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, n. 326) – ha fatto salva l'applicabilità della precedente disciplina, prevista dalla legge 27 marzo 1992, n. 257, articolo 13, per i lavoratori che alla data del 2 ottobre 2003 abbiano avanzato domanda di riconoscimento all'Inail od ottenuto sentenza favorevoli per cause avviate entro la medesima data, va interpretato nel senso che; a) per maturazione del diritto deve intendersi la maturazione del diritto a pensione; b) tra coloro che non hanno ancora maturato il diritto a pensione, la salvezza concerne esclusivamente gli assicurati che, alla data indicata, abbiano avviato un procedimento amministrativo (con domanda all'Inps o all'Inail nota del redattore) o giudiziario per l'accertamento del diritto alla rivalutazione contributiva».
  In base al quadro normativo evocato (applicato in sede amministrativa e giurisdizionale per centinaia di migliaia di lavoratori) si evince dunque che non è sufficiente aver subito un'esposizione ultradecennale entro il 2 ottobre 2003 per maturare il diritto all'applicazione dei benefici previdenziali previsti dall'articolo 13, comma 8 della legge n. 257 del 1992 – secondo quanto sembra affermato nell'interrogazione parlamentare –; poiché la legge richiede che il lavoratore abbia invece maturato anche il trattamento pensionistico (ovvero i requisiti contributivi ed anagrafici richiesti dalla legge per accedere al pensionamento) oppure debba aver, quantomeno, presentato una domanda (all'Inail o all'Inps) avviando il procedimento previsto dalla legge.
  Del resto è agevole rilevare in proposito che, in base alla stessa legge n. 257 del 1992, il diritto ai benefici previdenziali non deriva
ipso iure dal mero fatto dell'esposizione ultradecennale, essendo invece subordinato alla presentazione di apposita domanda amministrativa (all'Inail e di seguito all'Inps) volta ad instaurare un complesso accertamento amministrativo sui requisiti costitutivi dei benefici previdenziali (l'esposizione ultradecennale qualificata da accertarsi a cura della Contarp dell'Inail) e sul loro accredito sulla posizione contributiva.
  Nessun dubbio di costituzionalità, tantomeno in relazione alla normativa Cedu, può essere sollevato sulla tenuta di tale assetto interpretativo, in quanto la normativa intertemporale più volte richiamata (il comma 6-
bis dell'articolo 47, introdotto dalla legge di conversione, e l'articolo 3, comma 132, della legge finanziaria n. 350 del 2003), disciplina il regime transitorio in considerazione del mutamento delle finalità e dei presupposti della misura previdenziale in oggetto. Tali norme hanno ampliato e non ristretto l'ambito applicativo del regime più favorevole, avendo voluto far salve alcune situazioni ritenute meritevoli di tutela ed introdotto allo scopo disposizioni derogatorie rispetto all'immediata applicazione della nuova disciplina.
  Per altro verso le stesse disposizioni non hanno prodotto alcuna irragionevole discriminazione come ha già espressamente riconosciuto la Corte costituzionale con sentenza n. 376 del 2008 con la quale ha dichiarato inammissibile la questione di costituzionalità sollevata in proposito; sulla scorta della considerazione secondo cui per orientamento giurisprudenziale costante – salvo il limite di ragionevolezza, qui non oltrepassato – va riconosciuta al legislatore ampia discrezionalità nella fissazione delle norme di carattere transitorio dettate per agevolare il passaggio da un regime ad un altro, tanto più ove si tratti di disciplina di carattere derogatorio comportante scelte connesse all'individuazione delle categorie dei beneficiari delle prestazioni di carattere previdenziale.
  Ciò posto, va peraltro ricordato che la sentenza della Corte d'appello di Catania n. 416 del 2020 è suscettibile di ricorso per cassazione e pertanto i lavoratori potrebbero far valere, nei termini, davanti alla Suprema Corte le loro legittime istanze difensive e veder riconosciute le loro pretese se fossero veramente tutelate dall'ordinamento in vigore.
  Per quanto concerne, invece, la diversa questione della ripetizione dell'indebito da parte dell'Inps ossia della restituzione delle somme che sono state erogate – nelle more, tra la sentenza di primo grado e la sentenza di appello – a titolo di benefici contributivi sulle pensioni dei lavoratori, è pure vero che, come ribadito dall'istituto, allo stato attuale della disciplina, l'Inps non possa abbandonare, senza una norma
ad hoc, il recupero delle stesse somme che risultano corrisposte e non dovute.
  Tuttavia norme di tale tipo – volte a stabilire un regime di irripetibilità dell'indebito pensionistico – specificamente riferite ai lavoratori esposti all'amianto, per l'ipotesi di riforma di sentenze favorevoli nelle fasi successive del giudizio, sono state più volte introdotte nell'ordinamento (articolo 80, comma 25, della legge 23 dicembre 2000, n. 388; articolo 39, comma 9, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, articolo 47, comma 6-
quinquies, della legge n. 32 del 2003 di conversione del decreto-legge n. 269 del 2003), ancorché in via episodica e solamente transitoria.
  Esse sono da ritenere altresì rispondenti ai principi, sia in considerazione della destinazione delle stesse somme, facenti parte del reddito da pensione, alle improcrastinabili esigenze di vita dei lavoratori; sia per la complessità della legislazione in materia di benefici previdenziali amianto, più volte assoggettata a modifiche che hanno determinato un insieme normativo disorganico e bisognevole di essere ricondotto a sistema.
  Il Ministero, nell'attribuire particolare considerazione alla situazione di questi lavoratori, si impegna a valutare – compatibilmente con le ragioni di sostenibilità finanziaria – un intervento normativo volto a sanare l'indebito per i lavoratori di cui si tratta.
  Per quanto concerne, infine, le questioni ambientali sollevate nell'interrogazione parlamentare risulta, in base a nota inviata a questo Ministero dal Ministero della transizione ecologica, che l'area Ims srl nel Sin di Priolo, non risulta essere stata interessata dalla presenza di amianto. Risulta pure che con decreto ministeriale del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare n. 269 del 29 dicembre 2020 sono state stanziate nuove risorse per la bonifica dei cosiddetti «siti orfani» che dovranno essere individuati da regioni e province autonome di Trento e Bolzano. Pertanto, in relazione alla questione di specifico interesse, la regione Sicilia potrà individuare i siti oggetto di contaminazione da amianto tra quelli da finanziare nell'ambito del citato programma.

La Sottosegretaria di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Tiziana Nisini.


   POTENTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   con una lettera indirizzata al capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, dottor Massimo Parisi, il segretario generale del sindacato autonomo polizia penitenziaria (S.a.p.p.e.) dottor Donato Capece, ha segnalato come la casa circondariale di Lucca versi in una situazione di grave carenza di personale «imputabile soprattutto» – si legge nella missiva – «al mancato turn over dei poliziotti che negli anni sono stati posti in quiescenza»;

   il quadro descritto dal dottor Capece è il seguente: «a fronte delle ben 93 unità totali di personale del corpo, prevista dal decreto ministeriale 2 ottobre 2017 per il penitenziario in parola, i poliziotti amministrati a Lucca sono solo 82» dai quali «si devono decurtare ben 7 unità del Corpo distaccate a vario titolo»;

   in una nota stampa, i contenuti di questa comunicazione sindacale erano divulgati al pubblico dalla consigliera regionale toscana Elisa Montemagni, gruppo Lega. A tale scenario c'è da aggiungere che l'Istituto è attualmente privo di una figura di comando, dal momento che il Comandante titolare – a quanto indicato nella lettera soprammenzionata – sarebbe presente solo due giorni a settimana –:

   se la Ministra interrogata sia a conoscenza della situazione descritta e quali iniziative intenda adottare per rafforzare la presenza di personale all'interno della casa circondariale di Lucca, specialmente alla luce della situazione emergenziale che si sta vivendo a causa della pandemia da COVID-19.
(4-08817)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante, partendo dal contenuto di una lettera indirizzata al D.A.P. e stilata da rappresentanti del sindacato S.A.P.P.E., riferisce di rilevanti problematiche esistenti presso la casa circondariale di Lucca, evidenziando criticità derivanti dalla carenza dell'organico della polizia penitenziaria, nonché dell'assenza di un comandante titolare a tempo pieno, sollevando quindi quesiti sulle iniziative che si intendano assumere, soprattutto in termini di aumento degli organici.
  Come più volte ribadito, l'opera della polizia penitenziaria è di primaria importanza per la sicurezza interna ed esterna, così come per il contributo che fornisce al perseguimento degli obiettivi della rieducazione e del reinserimento dei condannati.
  Il Ministero, pertanto, pone forte attenzione alle esigenze di garantire un efficace
turn over del personale, onde limitare al massimo le criticità derivanti da organici ridotti o comunque fortemente limitati.
  Al proposito, si rappresenta che la riduzione complessiva degli organici operata dalla cosiddetta legge Madia e rivista dal successivo intervento normativo ha rimodulato la dotazione complessiva del Corpo della polizia penitenziaria che, ad oggi, conta 41.595 unità.
  Quanto in particolare all'organico di Polizia penitenziaria in forza presso la casa circondariale di Lucca si rileva una differenza formale di 12 unità tra la dotazione organica prevista, pari a 93 unità e quella amministrata, pari ad 81.
  Tuttavia, in ragione delle unità distaccate in entrata, pari a 3, ed in uscita, pari a 6, la forza in concreto presente è pari a 78 unità.
  L'analisi della situazione organica dell'istituto toscano evidenzia che la carenza maggiore si riferisce al ruolo dei sovrintendenti (-6) e degli ispettori (-10).
  Per sopperire a tale criticità, è già stato espletato il concorso interno a complessivi n. 2.851 posti per la nomina alla qualifica di vice sovrintendente del ruolo maschile e femminile, ai sensi del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95.
  Sono stati altresì programmati i corsi di formazione tecnico professionale.
  Relativamente alla carenza nel ruolo degli ispettori, invece, si segnala che è stato indetto un concorso interno per titoli a complessivi n. 691 posti (606 uomini e 85 donne), per l'accesso alla qualifica iniziale del ruolo degli ispettori del Corpo.
  La commissione esaminatrice e le sottocommissioni del concorso, allo stato, stanno esaminando i fascicoli dei candidati.
  Pertanto, all'esito della relativa procedura concorsuale, l'Amministrazione terrà in debita considerazione la situazione organica del penitenziario di Lucca, attraverso l'assegnazione di un congruo numero di unità del ruolo.
  Si segnala, inoltre, che l'organico dell'istituto in argomento è stato incrementato di n. 2 unità maschili e di n. 2 unità femminili appartenenti al ruolo agenti/assistenti, in occasione delle assegnazioni del 175°, 176° e 177° corso allievi agenti, avvenute nei mesi di marzo e aprile 2020.
  Con riferimento, da ultimo, alla segnalata mancanza di figure direttive titolari di comando presso l'istituto in esame, si evidenzia che a far data dal 12 aprile 2021 e fino a nuove disposizioni, l'Amministrazione ha provveduto, sia pure attraverso un provvedimento interinale, ad assicurare la presenza continuativa di un dirigente di Polizia penitenziaria con funzioni di comandante di reparto
pro tempore.
La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.


   QUARTAPELLE PROCOPIO e GRIBAUDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il congedo previsto a sostegno dei genitori lavoratori dipendenti in caso di quarantena scolastica, introdotto dall'articolo 5 del decreto-legge 8 settembre 2020, n. 111, è disciplinato attualmente dall'articolo 21-bis del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, introdotto dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126 (che ha abrogato il decreto-legge n. 111 del 2020), di conversione dello stesso decreto-legge n. 104 del 2020, così come modificato dall'articolo 22 del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137. Il congedo previsto per la sospensione dell'attività didattica in presenza è disciplinato dal medesimo articolo 21-bis del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, come successivamente modificato dall'articolo 22, comma 1, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137;

   secondo il citato articolo 21-bis, comma 6, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, così come modificato dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, e come è stato successivamente chiarito anche dalla circolare dell'Inps n. 132 del 20 novembre 2020, i congedi parentali di cui sopra sono fruibili fino al 31 dicembre 2020;

   la legge 18 dicembre 2020, n. 176, di conversione del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, ha introdotto congedi straordinari previsti a favore dei genitori lavoratori dipendenti in caso di sospensione dell'attività didattica in presenza per le sole classi seconda e terza delle scuole secondarie di primo grado situate in zone rosse individuate nelle ordinanze del Ministro della salute e in favore dei genitori lavoratori dipendenti di figli con disabilità in situazione di gravità accertata ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, in caso di sospensione didattica in presenza o della chiusura dei centri diurni a carattere assistenziale. In ogni caso, tali congedi straordinari non sarebbero fruibili qualora il genitore avesse la possibilità di svolgere l'attività professionale in modalità agile;

   il bonus per l'acquisto di servizi baby-sitting previsti dagli articoli 23 e 25 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 (cosiddetto decreto «Cura Italia»), così come modificati dall'articolo 72 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 (cosiddetto «decreto Rilancio»), riguardano solo il periodo che va dal 5 marzo al 31 agosto 2020;

   l'emergenza pandemica è ancora in corso e che la rapida diffusione di nuove varianti del virus COVID-19 ha richiesto l'adozione di misure più stringenti per la chiusura di scuole di ogni ordine e grado, compresa la scuola dell'infanzia e le elementari. Inoltre, la sospensione scolastica potrà essere disposta anche dai presidenti di regione se ricorrono determinate condizioni ed è in rapido aumento il numero degli istituti scolastici chiusi. In tali circostanze, è evidente che maggiori restrizioni riguardanti la chiusura delle scuole necessitano di essere bilanciate da concreti sostegni per i genitori lavoratori che, in mancanza di tali supporti, sono costretti a sacrificare entrambe vita lavorativa e familiare. Questa situazione, che grava principalmente sulle madri, aggrava ulteriormente la condizione delle donne italiane già trattate con enormi disparità nel contesto lavorativo –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative mirate a prevedere bonus per i servizi di baby-sitting e congedi parentali indennizzati in caso di sospensione dell'attività didattica in presenza e in caso di quarantena scolastica dei figli che possano essere fruiti attraverso un meccanismo automatico nelle due summenzionate circostanze, dai genitori lavoratori dipendenti e lavoratori autonomi di figli frequentanti scuole di ogni grado e ordine e a prescindere dal livello di rischio e gravità in cui versa la zona in cui la scuola è situata e dalla possibilità da parte del genitore di svolgere l'attività lavorativa in modalità agile.
(4-09102)

  Risposta. — Rispondo all'interrogazione in esame concernente l'opportunità di adottare iniziative normative volte a estendere al padre lavoratore dipendente pubblico il diritto al congedo di paternità di dieci giorni lavorativi.
  Premetto che l'interrogante pone una questione di estremo interesse per l'amministrazione interrogata, anche alla luce dell'intervento comunitario su tale materia.
  Come noto, tra le misure introdotte negli ultimi anni a favore della genitorialità, nell'ottica di una migliore condivisione della cura dei figli, l'articolo 4, comma 24, lettera
a), della legge n. 92 del 2012, ha istituito il congedo per i padri lavoratori, prevedendo che: «...a) il padre lavoratore dipendente, entro i cinque mesi dalla nascita del figlio, ha l'obbligo di astenersi dal lavoro per un periodo di un giorno. Entro il medesimo periodo, il padre lavoratore dipendente può astenersi per un ulteriore periodo di due giorni, anche continuativi, previo accordo con la madre e in sua sostituzione in relazione al periodo di astensione obbligatoria spettante a quest'ultima. In tale ultima ipotesi, per il periodo di due giorni goduto in sostituzione della madre è riconosciuta un'indennità giornaliera a carico dell'Inps pari al 100 per cento della retribuzione e per il restante giorno in aggiunta all'obbligo di astensione della madre è riconosciuta un'indennità pari al 100 per cento della retribuzione;».
  Tale congedo – inizialmente introdotto in via sperimentale per gli anni 2013, 2014 e 2015 – è stato poi oggetto di successivi interventi di modifiche.
  Dapprima l'articolo 1, comma 205, della legge n. 208 del 2015, nel prorogare la vigenza della misura anche per l'anno 2016, ha portato a due giorni il congedo obbligatorio, al quale si aggiungono ulteriori due giorni facoltativi in sostituzione della fruizione di analogo congedo da parte della madre.
  L'articolo 1, comma 354, della legge n. 232 del 2016, nei prorogare la misura anche per gli anni 2017, 2018 e 2019, ha poi stabilito che la durata del congedo obbligatorio per il padre lavoratore dipendente è di due giorni per l'anno 2017, di quattro giorni per l'anno 2018 e di cinque giorni per l'anno 2019. Inoltre, per gli anni 2018 e 2019, è stato previsto che il padre lavoratore dipendente possa astenersi per un periodo ulteriore di un giorno, previo accordo con la madre e in sua sostituzione, in relazione al periodo di astensione obbligatoria spettante a quest'ultima.
  Il congedo in questione è stato ulteriormente prorogato per l'anno 2020 e portato a sette giorni con l'articolo 1, comma 342, della legge n. 160 del 2019 (legge di stabilità per il 2020).
  Da ultimo in tema di congedi, la legge di bilancio 2021 (articolo 1, comma 363, della legge 30 dicembre 2020, n. 178) ha prorogato anche per il 2021 il congedo obbligatorio per il padre lavoratore dipendente (di cui all'articolo 4, comma 24, lettera
a), della legge n. 92 del 2012, come prorogato da successivi provvedimenti), elevandone la durata a dieci giorni e disponendo che anche per il 2021 (così come previsto per il 2020) il padre possa astenersi per un ulteriore giorno (in accordo con la madre e in sua sostituzione in relazione al periodo di astensione obbligatoria spettante a quest'ultima). La medesima legge di bilancio 2021 (articolo 1, comma 25) ha altresì esteso il congedo obbligatorio e facoltativo di paternità ai casi di morte perinatale.
  Alla luce di quanto precede, l'Inps con la circolare n. 42 dell'11 marzo 2021 ha specificato che la tutela in questione deve essere garantita in caso di morte perinatale avvenuta nei primi dieci giorni di vita del minore. Pertanto, il congedo può essere fruito, entro i cinque mesi successivi alla nascita (e non al decesso) del figlio, anche nel caso di figlio nato morto dal primo giorno della 28° settimana di gestazione o di decesso del figlio nei dieci giorni di vita dello stesso (compreso il giorno della nascita).
  Tratto comune dei descritti interventi di modifica – che, per far fronte agli oneri conseguenti, hanno anche previsto appositi stanziamenti per ciascuna annualità – è quello di aver lasciato invariata la platea dei destinatari.
  L'istituto, infatti, risulta fruibile esclusivamente dai dipendenti delle aziende private, in quanto l'articolo 1, comma 8, della legge 28 giugno 2012, n. 92, prevede espressamente che «il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, individua e definisce, anche mediante iniziative normative, gli ambiti, le modalità e i tempi di armonizzazione della disciplina relativa ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche».
  Invero, l'estensione del congedo di paternità ai dipendenti pubblici è suscettibile di comportare ulteriori oneri economici a carico della finanza pubblica, al momento non quantificabili.
  Tale circostanza ha evidentemente impedito, fino ad oggi, di dare attuazione alle misure previste dal menzionato articolo 1, comma 8, della legge n. 92 del 2012, che sono finalizzate ad individuare e definire gli ambiti, le modalità ed i tempi di armonizzazione della disciplina relativa ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche.
  Al momento, pertanto, in materia di cura dei figli e congedi per i genitori, la normativa di riferimento è quella contenuta unicamente nel testo unico di cui al decreto legislativo n. 151 del 2001, nel quale la disciplina del congedo di paternità ovvero parentale è riconducibile alle previsioni degli articoli 28 e 32.
  Tuttavia colgo l'occasione di rispondere alla presente interrogazione per confermare l'intenzione del Governo già contenuta nell'atto di indirizzo per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto delle funzioni centrali di provvedere — in sede di rinnovo contrattuale – di affrontare anche il tema del
welfare contrattuale, prevedendo che la contrattazione nazionale possa prevedere interventi in grado di soddisfare le diverse esigenze del personale, tenendo conto delle sue caratteristiche dal punto di vista demografico e familiare. In tale contesto il sostegno alla genitorialità, insieme alle prestazioni sanitarie, all'istruzione e alla mobilità sostenibile, costituisce una area di intervento tra le più importanti.
  È, infatti, mio preciso obiettivo inquadrare la fattispecie in esame in un più ampio contesto di riforma del lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione, avviando al più presto una revisione completa e sistemica di tutta la normativa relativa al sostegno alle famiglie e un'armonizzazione della disciplina sui congedi parentali in ambito pubblico e ambito privato.

Il Ministro per la pubblica amministrazione: Renato Brunetta.


   PAOLO RUSSO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 627 del codice dell'ordinamento militare (C.o.m.), di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, inquadra il personale militare in quattro categorie gerarchicamente ordinate: ufficiali, sottufficiali, graduati e militari di truppa;

   la categoria dei sottufficiali comprende i militari appartenenti al ruolo dei marescialli, dal grado di maresciallo a quello di luogotenente e gradi corrispondenti, e al ruolo dei sergenti, dal grado di sergente a quello di sergente maggiore capo e gradi corrispondenti;

   la categoria dei graduati comprende i militari appartenenti al ruolo dei volontari in servizio permanente, che rivestono i gradi da primo caporal maggiore sino a caporal maggiore capo scelto e gradi corrispondenti;

   come più volte espresso dai vertici militari, i graduati sono professionisti delle Forze armate sia dal punto operativo tanto in termini di forza lavoro, quanto in termini di logistica;

   tuttavia, nonostante il loro fondamentale ruolo, il Governo sembrerebbe non porre la necessaria attenzione ad una categoria, quella dei graduati che, sia in termini economici sia di progressione di carriera, non ricevono il dovuto riconoscimento;

   ad avviso dell'interrogante, i graduati si ritrovano condannati ad una carriera ibrida senza stimoli, senza alcuna valorizzazione professionale delle qualifiche speciali così come prevede il decreto legislativo sul riordino delle carriere del 29 maggio 2017, n. 94, all'articolo 1, commi 5, 6 e 7;

   la normativa citata prevede, infatti, che ai militari delle varie categorie che rivestono il grado apicale (marescialli, sergenti e graduati) è attribuita una qualifica speciale che comporta l'assunzione di attribuzioni di particolare rilievo in relazione al ruolo di appartenenza e all'anzianità posseduta. Nello specifico, tale previsione riguarda coloro che: a) ricoprono incarichi di maggiore responsabilità; b) sono i diretti collaboratori di superiori gerarchici, che possono sostituire in caso di impedimento o di assenza; c) assolvono, in via prioritaria, funzioni di indirizzo o di coordinamento con piena responsabilità per l'attività svolta;

   attualmente i graduati a prescindere dagli anni di servizio, il grado e l'età, in maniera generica svolgono gli stessi servizi di caserma dei militari di leva, così come disciplinata dall'attuale circolare interna sui servizi di caserma n. 2938;

   a ciò si aggiunga che tutti i servizi interni ed esterni, anche in carenza di personale, vengono svolti senza distinzione dalla truppa e dai graduati: non si può far gravare tutto su questi ruoli;

   da ultimo, la Commissione difesa della Camera dei deputati l'11 dicembre 2019 ha approvato il parere favorevole, con osservazioni e condizioni, allo schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze armate;

   ancorché il provvedimento citato abbia carattere trasversale e riguardi tutti i ruoli del personale militare, si registra, ad avviso dell'interrogante, la totale mancanza di attenzione rispetto ai graduati;

   a ciò si aggiunga la completa disattenzione verso i volontari (P4) che attendono da troppi anni il passaggio in servizio permanente e le cui sorti restano ad oggi oscure –:

   quali iniziative, anche di natura normativa, il Ministro interrogato intenda intraprendere per valorizzare il servizio prestato dai graduati e chiarire le possibilità di progressione di carriera attraverso l'unificazione dei ruoli esecutivi graduati e sergenti, garantendo a quest'ultimi di raggiungere i gradi apicali del ruolo marescialli e ai marescialli di arrivare fino al grado di capitano, al fine di generare benefici in materia di servizi di vigilanza e svecchiamento e di eliminare la stagnazione dai gradi apicali;

   se il Ministro interrogato non intenda adottare iniziative per prevedere nuovi arruolamenti per le Forze armate e, contestualmente, procedere ad un allungamento delle tempistiche relative all'attuazione del modello delineato dalla legge 31 dicembre 2012, n. 244.
(4-04397)

  Risposta. — La valorizzazione del personale militare, in termini di motivazione e gratificazione, è un obiettivo al quale è permanentemente rivolto il concreto impegno del Dicastero.
  In tale ottica, il provvedimento correttivo al riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze armate – decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 173 – ha previsto specifiche misure volte a valorizzare gli appartenenti al comparto.
  Con particolare riferimento al personale del ruolo graduati e del ruolo sergenti, vanno innanzitutto evidenziati importanti provvedimenti di natura economica, quali l'attribuzione di assegni
ad hoc e l'incremento dell'importo aggiuntivo pensionabile per i gradi apicali dei rispettivi ruoli.
  Sul piano della progressione di carriera, sono state introdotte una serie di norme improntate ad una maggiore flessibilità, tra le quali, la riduzione di permanenze nel grado ai fini dell'avanzamento e del conseguimento della qualifica speciale, la previsione di concorsi straordinari – da effettuarsi dal 2021 al 2023 – per i ruoli e per le categorie superiori, l'elevazione del limite di età per la partecipazione ai concorsi per accedere al ruolo dei marescialli e alla categoria degli ufficiali e, non ultimo, la previsione, a regime, di una riserva di posti del 5 per cento per il concorso ufficiali del ruolo speciale.
  Tali misure hanno ampliato le opportunità previste dal precedente sistema di sviluppo delle carriere, che già consentiva, in relazione all'età degli interessati e ai periodi di permanenza nel grado, la possibilità di raggiungere, mediante concorsi, il grado apicale del ruolo marescialli per il personale proveniente dai sergenti e graduati, e quello di capitano per gli appartenenti ai ruoli marescialli e luogotenenti.
  Si tratta di misure importanti, che contribuiscono in maniera robusta alla giusta valorizzazione di ruoli che, in seno all'apparato militare, sono fondamentali.
  Riguardo l'unificazione del ruolo graduati e del ruolo sergenti, la tematica, in aderenza al principio di equi-ordinazione, deve essere affrontata da tutte le componenti del comparto difesa e sicurezza, poiché presuppone un'articolata valutazione tesa a verificare, alla luce delle funzioni assolte dal personale in questione, se le dinamiche di carriera conseguenti all'unificazione risultino funzionali per ciascuna delle amministrazioni interessate.
  In tale ottica, va comunque considerato che la previsione di due ruoli distinti discende dalle differenti professionalità e competenze che caratterizzano il ruolo sergenti rispetto a quello dei graduati e che non possono ritenersi acquisite con la sola anzianità di servizio. Ne consegue che la possibilità di un transito debba essere necessariamente subordinata alle previste procedure concorsuali e alla successiva frequenza di corsi adeguati.
  Riguardo, poi, al transito in servizio permanente, alla possibilità di nuovi arruolamenti per le Forze armate e alla previsione di un contestuale allungamento delle tempistiche di attuazione della legge n. 244 del 2012, ho già avuto modo di evidenziare, da ultimo lo scorso marzo davanti alle Commissioni difesa di Camera e Senato, che l'intero inquadramento normativo che regola il settore del personale richiede di essere aggiornato per reggere le sfide del nostro tempo.
  In tale quadro, l'attuale sistema consente il transito in servizio permanente alla totalità dei volontari in ferma prefissata entro il termine della seconda rafferma biennale. Tale tempistica è dettata dai volumi organici fissati dalla legge, che non consentono di travasare immediatamente nel servizio permanente tutti i VFP4; al riguardo evidenzio, comunque, un significativo incremento, nel recente periodo, dei transiti nel servizio permanente, con conseguente contrazione dei tempi di attesa per il personale.
  Ciò chiarito, con specifico riguardo alla legge n. 244, nel ribadirne la validità degli obiettivi, intendo continuare ad avvalermi, nell'immediato, di tutti i margini di flessibilità che la legge prevede al fine di preservare l'operatività dello strumento militare in relazione all'attuale scenario, prevedendone altresì un'estensione dei limiti temporali e individuando, nel contempo, soluzioni per un nuovo
iter di reclutamento, rimodulando le attuali ferme dei volontari.
Il Ministro della difesa: Lorenzo Guerini.


   SIRACUSANO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'8 maggio 2019, nell'ambito dell'indagine della procura di Perugia nei confronti dell'ex magistrato Luca Palamara, furono intercettati gli onorevoli Cosimo Ferri e Luca Lotti nonché cinque consiglieri del Csm;

   secondo quanto riportato da fonti di stampa, tali intercettazioni furono effettuate mediante un trojan inserito nel cellulare di Palamara sebbene, ai sensi dell'articolo 268 codice di procedura penale, le operazioni di intercettazione possano essere compiute esclusivamente per mezzo degli impianti istallati nella procura;

   dai fatti emersi sembrerebbe che il trojan sia stato fornito in data 30 settembre 2020 dalla società Rcs al Csm e, stando alle dichiarazioni di Duilio Bianchi, ingegnere ivi occupato, i dati captati venivano trasmessi direttamente dal telefono di Palamara al server della procura della Repubblica di Roma, senza alcun server intermedio;

   dalla consulenza tecnica del 22 gennaio 2021 svolta dall'ingegner Paolo Reale e, successivamente depositata presso il Csm (proc. 93/2019), risulterebbe che la Guardia di finanza, nell'effettuare copia forense del telefono di Palamara, non abbia trasferito i dati di connessione ovvero l'IP identificativo del server al quale il trojan ha trasmesso i dati, rendendo così impossibile l'accertamento;

   inoltre, dalle medesime analisi è emerso che il certificato dell'Apple Developer Enterprise Program del trojan denominato «Carrier» installato nel telefono di Palamara sia intestato alla società Tykelab s.r.l. che, formalmente, non risulterebbe avere legami con la società Rcs di cui sopra, nonostante il messaggio con il quale il telefono di Palamara è stato «infettato» sembri essere pervenuto da un IP di Napoli intestato a Rcs;

   tuttavia, l'ingegner Reale ha analizzato il programma della stessa versione del trojan «Carrier» rinvenuto in un altro telefono «infettato» nello stesso periodo nell'ambito di un procedimento penale della procura di Roma (n. 16355/2019 R.G.N.R.);

   analogamente, nel programma del trojan (nella stessa identica versione inoculata nel telefono di Palamara) era indicato un IP della società Rcs, sede di Napoli, al quale trasmettere i dati;

   pertanto, sembrerebbe all'interrogante possibile dedurre che i dati captati non siano stati trasmessi direttamente al server della procura di Roma, ma a un server occulto di Rcs ubicato a Napoli, di cui non si aveva alcuna notizia e che l'Autorità giudiziaria non aveva autorizzato. Ciò, secondo l'ingegner Reale, si è verificato con altissima probabilità anche per il telefono di Palamara in ragione delle architetture – al momento note – sulle modalità di funzionamento della generalità dei captatori di questo tipo;

   pertanto, il server di Rcs a Napoli potrebbe essere stato verosimilmente utilizzato, non solo per ricevere i dati captati dal trojan installato nei telefoni del dottor Palamara e dell'indagato nel procedimento romano, ma anche i dati captati dai trojan forniti dalla società Rcs ad altre procure, con violazione dell'articolo 268 del codice di procedura penale e al di fuori di ogni controllo dell'Autorità giudiziaria;

   i fatti riportati in premessa, laddove confermati, sarebbero gravissimi giacché i dati captati dai trojan parrebbero finire in server privati, rendendo astrattamente possibili manipolazioni e creazione di archivi occulti e potenzialmente fruibili da una pluralità indeterminata di persone in assenza di qualsivoglia controllo da parte delle autorità competenti –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   quali iniziative di competenza, anche di natura ispettiva, intenda adottare al riguardo.
(4-09090)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, la interrogante – dopo avere premesso che nell'ambito delle indagini svolte dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Perugia in relazione al dott. Luca Palamara, anche mediante l'impiego di «...un trojan...» denominato Carrier «...inserito nel cellulare di Palamara...», «...sembrerebbe... che i dati captati non siano stati trasmessi direttamente al server della procura della Repubblica presso il tribunale di Roma ma ad un server occulto della spa RCS ubicato a Napoli, di cui non si aveva alcuna notizia e che l'Autorità giudiziaria non aveva autorizzato; ...i fatti riportati..., laddove confermati, sarebbero gravissimi giacché i dati captati dai trojan parrebbero finire in server privati, rendendo astrattamente possibili manipolazioni e creazione di archivi occulti e potenzialmente fruibili da una pluralità indeterminata di persone in assenza di qualsivoglia controllo da parte delle autorità competenti...» – domanda alla Ministra della giustizia se «...sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa; quali iniziative di competenza, anche di natura ispettiva, intenda adottare al riguardo...».
  In proposito occorre innanzitutto mettere in risalto che le indagini relative ai fatti innanzi esposti (rubricati ai sensi degli articoli 48, 479, 356 e 372 del codice penale, commessi in Perugia e Roma negli anni 2019 e 2020) sono coordinate e dirette dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Firenze in collegamento con la procura della Repubblica presso il tribunale di Napoli e sono affidate in via principale allo CNAIPIC – Centro nazionale anticrimine informatico per la protezione delle infrastrutture critiche – del Ministero dell'interno – servizio di polizia postale. Siffatta attività investigativa è tuttora in corso e, nell'ambito della stessa, sono stati disposti ed eseguiti acquisizioni documentali, analisi del materiale informatico utilizzato dalla spa RCS, ispezioni e sequestri al fine di verificare il percorso dei flussi informatici sui
server gestiti dalla indicata società e la funzione dei software installati (nonché di accertare l'efficacia delle misure di protezione dei dati intercettati in ogni fase del procedimento esecutivo dell'attività di sorveglianza elettronica). In particolare le indagini sono dirette alla individuazione della esatta configurazione della architettura e del funzionamento concreto del sistema informatico ideato dalla spa RCS (che è composto da sistemi integrati di acquisizione e trasmissione dei flussi dei dati informatici) e alla ricostruzione puntuale della ubicazione e del funzionamento dei server CSS, HDM e IVS relativi alla architettura di sistema adottata dalla spa RCS per l'attività di intercettazione telematica. Alla stregua degli accertamenti eseguiti risulterebbe che effettivamente i flussi informatici siano transitati – senza essere salvati – su server intermedi siti nei locali della procura della Repubblica presso il tribunale di Napoli dedicati alla configurazione dell'agente captatore e alla creazione del gruppo di lavoro degli operatori di polizia giudiziaria abilitati alla ricezione dei frammenti dei dati captati raccolti dal trojan, alla loro ricomposizione e alla creazione di un file contenente i metadati del file captato. Questi dati (fino alla prima metà dell'anno 2019, allorquando la spa RCS installava server nei locali di ogni procura interessata invece di utilizzare il server allocato nella procura della Repubblica presso il tribunale di Napoli «...per l'esecuzione delle attività di intercettazione disposte da qualsiasi procura della Repubblica...» – cfr. la relazione estesa in data 26 maggio 2021 dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Firenze –) rimanevano nei server siti nei locali della procura della Repubblica presso il tribunale di Napoli pochissimi minuti (uno o due al massimo), in modalità non visibile e in assenza di ogni memorizzazione, per il tempo necessario alla ricomposizione degli stessi e venivano poi versati nel server di destinazione e di memorizzazione, nella specie quello sito nella procura della Repubblica presso il tribunale di Roma (come stabilito nel provvedimento esecutivo emesso dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Perugia), secondo le indicazioni e nel rispetto della previsione normativa di cui all'articolo 268 del codice di procedura penale e all'articolo 89 disposizioni di attuazione del codice di procedura penale (cfr., in proposito, Cass., sez. III, 26 settembre 2019, n. 47557, per la quale «...i risultati delle intercettazioni eseguite a mezzo di impianti di una procura della Repubblica diversa da quella che procede sono utilizzabili in quanto l'articolo 268 del codice di procedura penale non richiede che le attività di registrazione e di ascolto siano effettuate negli impianti della stessa procura che le ha richieste...»).
  Può quindi sicuramente escludersi che nelle eventuali anomalie che si dovessero riscontrare all'esito delle investigazioni condotte dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Firenze un qualsiasi ruolo possa avere svolto la magistratura inquirente, la quale anzi (ove le indagini della procura fiorentina dovessero dare concretezza alle ipotesi di reato formulate) assumerebbe la veste di autorità indotta – fraudolentemente – a riconoscere validità formale ad attività non consentite dalla legge. Non ricorrono pertanto, allo stato, fondate ragioni idonee a sorreggere l'esercizio dei poteri attribuiti alla Ministra della giustizia, con particolare riferimento a quello relativo alla promozione di atti «...di natura ispettiva...» alla procura della Repubblica presso il tribunale di Napoli ovvero alla procura della Repubblica presso il tribunale di Perugia.

La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.


   SORTE e BENIGNI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   è stato segnalato, da numerosi operatori economici ed associazioni di categoria il notevole innalzamento dei prezzi di alcune materie;

   tale problematica incide in modo particolare sulle imprese del settore edilizio;

   dalle predette segnalazioni, riportate altresì dalla stampa nazionale, emerge la preoccupazione delle imprese, soprattutto piccole e medie, che trovandosi già ad operare in un contesto difficile per effetto della pandemia in corso, temono che la problematica comprometta la regolare prosecuzione dei lavori affidati e determini la paralisi dell'intero settore edile;

   vengono in particolare rilevati l'aumento del 7 per cento del prezzo del legno da ottobre 2020 ad oggi; la gomma fa registrare un +10 per cento, il rame +26 per cento, il ferro +38 per cento ed il petrolio un +53 per cento;

   non sono peraltro esenti dagli aumenti altresì le materie prime alimentari, con il grano che ha fatto registrare un aumento del 13 per cento ed il mais addirittura del 31 per cento;

   dagli studi effettuati, emerge che la causa di tali incrementi sia da ascrivere, a livello globale, al notevole incremento della domanda proveniente dall'economia cinese e di quella americana;

   sul piano interno, vengono denunciate operazioni speculative connesse a misure fondamentali, quali i benefìci fiscali relativi all'esecuzione di interventi di riqualificazione del patrimonio edilizio esistente;

   si ritiene pertanto opportuno un intervento del Governo, diretto a porre argine al fenomeno evidenziato ed a tutelare la ripresa delle attività delle aziende italiane, con particolare attenzione alle piccole e medie imprese del settore edilizio –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per porre argine al notevole aumento del costo delle materie prime registrato negli ultimi mesi, al fine di tutelare la ripresa delle moltissime piccole e medie imprese italiane, con particolare attenzione al settore dell'edilizia.
(4-09092)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  Gli interroganti sollevano un problema di estrema attualità, che riguarda una generalizzata difficoltà di approvvigionamento di materie prime e di materiale di base per la produzione industriale.
  È indubbio, infatti, che negli ultimi tempi è emersa la vulnerabilità del nostro sistema produttivo in termini di approvvigionamento di materie prime e la tematica dell'andamento dei prezzi è attentamente monitorata dal Governo che sta valutando specifiche iniziative, anche di carattere normativo, per arginare il forte impatto che i riscontrati aumenti del costo di varie tipologie di materie prime hanno sui diversi settori interessati.
  Per quanto attiene specificamente ai prezzari dei materiali da costruzione in applicazione del codice dei contratti pubblici, preme evidenziare che la competenza in materia è del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibile. La citata Amministrazione, con proprio decreto, rileva annualmente le variazioni percentuali dei singoli prezzi dei materiali da costruzione più significativi relativamente ai contratti di lavori affidati prima dell'entrata in vigore del nuovo codice dei contratti pubblici (decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50) e tuttora in corso di esecuzione. A tale proposito, si informa che è stato recentemente pubblicato il decreto del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili 25 maggio 2021 (decreto «Caro Materiali»), con il quale è stato rilevato lo scostamento dei prezzi rispetto alle precedenti annualità. Per quanto riguarda i contratti affidati sulla base del decreto legislativo n. 50 del 2016, il costo dei prodotti, delle attrezzature e delle lavorazioni è determinato sulla base dei prezzari regionali aggiornati annualmente ma non è previsto un sistema di adeguamento prezzi come avveniva nel precedente Codice.
  In ragione della particolare situazione dei prezzi che si è venuta a creare nel corrente anno, sono allo studio del Governo le possibili iniziative, anche di carattere normativo, aventi ad oggetto i contratti aggiudicati sulla base del vigente codice.
  Ma, com'è stato rilevato con l'atto in oggetto, non è solo quello dei contratti pubblici l'ambito nel quale l'incremento dei prezzi sta determinando indubbie criticità.
  A titolo meramente esemplificativo, si pensi al settore dell'
automotive, che ha dovuto affrontare una difficoltà aggiuntiva rispetto all'incremento dei prezzi, dovuta alla penuria dei semiconduttori. Sul punto, i principali fornitori di semiconduttori hanno annunciato piani di investimento volti ad aumentare la capacità di produzione, che dovrebbe tornare ai livelli pre-crisi entro il terzo trimestre del 2021.
  Si tratta in ogni caso di aspetti che necessitano di interventi a livello euro-unitario, in ragione dell'impatto del fenomeno e delle cause dello stesso, e proprio in questa direzione si sta muovendo il Governo, con l'obiettivo di promuovere una linea di intervento comune ed efficace a livello europeo.
  In tale ottica, la Commissione europea ha aggiornato la strategia industriale unionale, mappando – tra l'altro – i prodotti per i quali ha una dipendenza da Paesi Terzi (tra cui figurano i semiconduttori). Per queste forniture, l'obiettivo è quello di creare una catena del valore europea. Un possibile strumento per realizzarla è rappresentato da un Importante Progetto di interesse comune europeo (Ipcei) sui semiconduttori, finalizzato a sostenere attività di ricerca e innovazione anche nella prima applicazione industriale, che andrebbe a beneficio di molti settori industriali.
  Quanto ai prezzi dell'acciaio e di altri materiali non ferrosi (ad esempio, il rame), si rappresenta che gli stessi sono aumentati alla luce di diversi fattori, che riguardano non solo il rapporto tra domanda e offerta del prodotto, ma anche l'esistenza, a livello europeo, di misure di salvaguardia che impongono l'applicazione di dazi di entità rilevante ed in relazione alle quali il Governo italiano di promuovere l'adozione di specifiche decisioni da parte degli Stati europei contrastare il fenomeno, anche agendo sull'aspetto dei dazi.
  In sintesi, l'aumento dei prezzi delle materie prime necessita di una risposta a livello europeo, e in tale direzione è interesse prioritario del Governo promuovere strategie rapide ed efficaci, anche in considerazione delle diverse cause che caratterizzano il fenomeno. Obiettivo finale è in ogni caso quello di rendere le catene degli approvvigionamenti più sicure e resilienti alle variabili del commercio mondiale nonché prevenire ed evitare qualunque fenomeno speculativo che determini ingiustificati aumenti dei prezzi.
  A livello unionale, si richiama il «Piano d'azione sulle materie prime critiche», che la Commissione europea ha presentato lo scorso 3 settembre, assieme alla nuova lista di «materie prime critiche» e ad un rapporto prospettico. Tale lista, infatti, rappresenta uno strumento per promuovere la consapevolezza, la ricerca e l'innovazione volte a migliorare le dinamiche del commercio internazionale, per contrastare misure di distorsione degli scambi, al fine di raggiungere una maggiore sicurezza degli approvvigionamenti.
  Si richiama, inoltre, l'alleanza per le materie prime
(Raw Material Alliance) lanciata dalla commissione allo scopo di identificare progettualità strategiche di rilevanza europea. L'obiettivo è quello di stimolare gli Stati membri ad elaborare strategie per incoraggiare l'economia circolare, per aumentare il pool di fornitori, rafforzare gli investimenti in ricerca e sviluppo finalizzati alla ricerca di nuovi giacimenti, materiali sostitutivi e garantire così una fornitura geograficamente diversificata e sostenibile.
  È poi dell'inizio di giugno l'avvio di un sondaggio da parte dell'unità «Industrie energivore e materie prime» della competente direzione della Commissione europea, volto a comprendere l'interesse ad aderire ad un eventuale Ipcei sulle materie prime critiche. L'utilizzo degli Ipcei per finalità di ricerca e sviluppo è stato promosso a livello europeo negli ultimi anni per la capacità di sostenere l'avanzamento tecnologico di filiere strategiche e il Ministero dello sviluppo economico ha già manifestato un interesse di massima alla partecipazione ad un Ipcei sul tema delle materie prime critiche.
  Ma il monitoraggio dell'andamento dei prezzi è aspetto che va valorizzato anche nell'ottica di prevenire e reprimere fenomeni distorsivi e speculativi, attività composita, che vede la ripartizione di competenze tra diversi organi, fra cui l'osservatorio prezzi e tariffe del Ministero dello sviluppo economico e l'autorità garante per la concorrenza ed il mercato (Agcm -
antitrust), per la repressione delle pratiche commerciali scorrette a danno dei consumatori.
  In conclusione, dunque, per quanto di competenza si rappresenta che è massima l'attenzione del Governo per evitare fenomeni speculativi e tutelare sia gli operatori del settore che i consumatori. A tal fine, si ritiene strategico delineare un quadro europeo, finalizzato ad addivenire a soluzioni, possibilmente armonizzate, per garantire l'approvvigionamento delle materie prime e sostenere lo sviluppo competitivo delle imprese italiane.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Gilberto Pichetto Fratin.


   TATEO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 23, comma 9-bis, del decreto-legge 28 ottobre 2020 n. 137, convertito dalla legge n. 176 del 2020 recante «ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno dei lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all'emergenza epidemiologica da Covid-19», recita testualmente: «La copia esecutiva delle sentenze e degli altri provvedimenti dell'autorità giudiziaria di cui all'articolo 475 del codice di procedura civile può essere rilasciata dal cancelliere in forma di documento informatico previa istanza, da depositare in modalità telematica, dalla parte a favore della quale fu pronunciato il provvedimento. La copia esecutiva di cui al primo periodo consiste in un documento informatico contenente la copia, anche per immagine, della sentenza o del provvedimento del giudice, in calce ai quali sono aggiunte l'intestazione e la formula di cui all'articolo 475, terzo comma del codice di procedura civile e l'indicazione della parte a favore della quale la spedizione è fatta. Il documento informatico così formato è sottoscritto digitalmente dal cancelliere. La firma digitale del cancelliere tiene luogo, ai sensi dall'articolo 24, comma 2, del codice dell'amministrazione digitale, di cui decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, del sigillo previsto dall'articolo 153, primo comma secondo periodo, delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368. Il difensore o il dipendente di cui si avvale la pubblica amministrazione per stare in giudizio possono estrarre dal fascicolo informatico il duplicato e la copia analogica o informatica della copia esecutiva in forma di documento informatico. Le copie analogiche e informatiche, anche per immagine, della copia esecutiva in forma di documento informatico estratte dal fascicolo informatico e munite dell'attestazione di conformità a norma dell'articolo 16-undecies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012 n. 221, equivalgono all'originale.»;

   con nota del 6 aprile 2021, per il tribunale di Nocera Inferiore, il presidente ha predisposto la sospensione del rilascio delle copie esecutive telematiche dei provvedimenti;

   nella nota si legge che «in base all'articolo 475 del codice di procedura civile nuovo testo, la copia esecutiva delle sentenze e degli altri provvedimenti può essere rilasciata in forma di documento telematico: si tratta, dunque, di una facoltà aggiuntiva rispetto alle metodiche tradizionali»;

   nella nota del 6 aprile, si legge anche che «con decreto della Presidenza del Tribunale n. 20 del 4 aprile 2021 è stata disposta, in via sperimentale, tale modalità di rilascio informatico limitatamente alle sentenze e alle ordinanze del settore del contenzioso civile; tale limitazione è dovuta, allo stato, alla grave carenza di personale amministrativo in grado di poter provvedere al rilascio della formula esecutiva telematica in modo generalizzato. Pertanto, fino a quando non saranno adottate nuove disposizioni, non saranno rilasciate copie esecutive, per via telematica, per i provvedimenti emessi dal Settore Lavoro, dal settore Fallimentare, dal Settore della Esecuzione Immobiliare e Mobiliare, nonché per tutti i decreti ingiuntivi» –:

   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato, per quanto di competenza, sulle tematiche espresse in premessa al fine di favorire la diffusa applicazione della metodica del rilascio delle copie esecutive telematiche dei provvedimenti da parte dei tribunali.
(4-08848)

  Risposta. — L'interrogante si duole della parziale applicazione del rilascio delle formule esecutive telematiche limitata alle sentenze ed ordinanze del contenzioso civile in base al provvedimento organizzativo adottato dal tribunale di Nocera Inferiore giustificato dalla grave carenza di personale amministrativo abilitato al servizio de quo.
  Preliminarmente, si rappresenta che la necessaria accelerazione alla digitalizzazione, impressa, tanto più, dal dilagare della pandemia da COVID-19, ha imposto una essenziale trasformazione del sistema giustizia.
  Ne è un esempio la previsione contenuta nell'articolo 23, comma 9-
bis, del decreto-legge n. 137 del 2020 (cosiddetto Decreto ristori), convertito in legge n. 176 del 2020, che ha consentito ai funzionari degli uffici giudiziari di rilasciare la formula esecutiva dei titoli giudiziali sotto forma di documento informatico, previa istanza telematica.
  Un'innovazione significativa, soprattutto in ragione del prolungamento dell'efficacia dello stato di emergenza legato alla pandemia, introdotta al fine di evitare ulteriori assembramenti posto che gli avvocati potranno ottenere ed estrarre il titolo esecutivo «da remoto», senza recarsi fisicamente presso gli uffici.
  Dal testo della norma richiamata si evince che abilitati al servizio del rilascio delle copie esecutive dei provvedimenti siano i cancellieri esperti e/o i funzionari giudiziari.
  Secondo quanto riportato dall'interrogante il tribunale di Nocera Inferiore, attesa la grave scopertura di organico, non può assicurare allo stato questa modalità di rilascio di copia esecutiva per tutti i titoli giudiziali.
  Orbene, partendo dall'analisi della situazione attuale delle presenze del personale amministrativo nel tribunale di Nocera Inferiore, oggetto delle doglianze nel prefato atto di sindacato, sembra opportuno precisare che la pianta organica prevede 98 unità di personale con una presenza effettiva di 75 unità: ne deriva una scopertura del 23,47 per cento.
  Nello specifico la situazione è la seguente: si registrano scoperture nel profilo di direttore (1 su 3), di funzionario giudiziario (9 su 19), di cancelliere (6 su 18), di assistente giudiziario (3 su 30), di operatore giudiziario (2 su 9), di conducente di automezzi (4 su 5) e di ausiliario (5 su 12).
  Le esigenze evidenziate dall'interrogante sono conosciute dal Ministero che tra le sue priorità ha posto le politiche assunzionali presso gli uffici giudiziari nella consapevolezza dell'importanza che assume tale operazione per il funzionamento degli uffici e il buon andamento dell'amministrazione.
  Con il supporto del quadro normativo degli ultimi anni e in controtendenza rispetto al passato sono state predisposte una serie di misure per riavviare il
turn over del personale, facendo ricorso a tutti gli strumenti normativi e contrattuali disponibili per reclutare nuova forza lavoro.
  Tali procedure hanno interessato l'intero territorio nazionale e pertanto è stato necessario ripartire le unità da assumere tra tutti gli uffici giudiziari sulla base di criteri uniformi che tenessero conto delle esigenze dei vari territori, dei progetti di miglioramento della funzionalità degli uffici, della riduzione dell'arretrato e delle attività di innovazione organizzativa e tecnologica che si stanno portando avanti.
  Si rappresenta che a breve verranno definite le ulteriori procedure concorsuali con le previste assunzioni anche nel distretto di Salerno che riguarderanno anche 62 unità di cancelliere esperto.
  Le procedure di reclutamento finora realizzate hanno interessato l'intero territorio nazionale e, pertanto, è stato necessario ripartire le unità da assumere tra tutti gli uffici giudiziari sulla base di criteri uniformi che tenessero conto delle esigenze dei vari territori, dei progetti di miglioramento della funzionalità degli uffici, della riduzione dell'arretrato e delle attività di innovazione organizzativa e tecnologica.
  Il consistente numero di assunzioni, attuate fino ad ora con particolare sollecitudine, ha permesso di rispondere alle necessità operative più volte segnalate dai capi degli uffici giudiziari maggiormente colpiti dalla carenza di personale.
  Si citano di seguito le procedure in atto per le assunzioni di funzionari giudiziari e cancellieri esperti, le cui specifiche professionalità consentono il rilascio delle copie esecutive telematiche da parte degli uffici giudiziari:

   il 26 luglio 2019 è stato pubblicato il bando di concorso per il reclutamento di 2.329 unità di personale non dirigenziale a tempo indeterminato per il profilo di funzionario da inquadrare nell'area funzionale terza fascia economica F1, nei ruoli del personale del Ministero della giustizia. Si è conclusa la prima prova (preselettiva) di tale concorso e la graduatoria è stata pubblicata con l'elenco dei 7.021 candidati ammessi alle prove successive del concorso;

   concorso pubblico, per titoli ed esame orale, su base distrettuale, per il reclutamento di complessive n. 150 unità di personale non dirigenziale a tempo indeterminato per il profilo di funzionario giudiziario, da inquadrare nell'area funzionale terza, fascia economica F1, nei ruoli del personale del Ministero della giustizia – amministrazione giudiziaria – nei distretti del Nord Italia. Nei distretti di Brescia, Torino e Venezia i vincitori hanno preso presso della sede scelta, mentre per i distretti di Bologna e Milano la presa di possesso è prevista per i giorni del 1° e 21 giugno 2021;

   concorso pubblico, per titoli ed esame orale, su base distrettuale, per il reclutamento di complessive n. 2.700 unità di personale non dirigenziale a tempo indeterminato per il profilo di cancelliere esperto, da inquadrare nell'area funzionale seconda, fascia economica F3, nei ruoli del personale del Ministero della giustizia – amministrazione giudiziaria. Sono tuttora in corso le prove orali nella maggior parte dei distretti (terminate quelle relative alle unità da assumere nei distretti di Perugia, Trieste e Campobasso).

  Tanto premesso, si .ritiene che la diffusa applicazione telematica del rilascio di copie esecutive potrà divenire un metodo diffuso e semplificato di procedere all'adempimento in questione.
La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.


   TESTAMENTO e CORDA. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   il contesto ambientale della Piana di Venafro è ormai da diversi anni molto critico, soprattutto per quanto riguarda i livelli di polveri sottili (Pm10) e biossido di azoto (NO2), al punto che è stata ricompresa tra le zone del territorio nazionale per le quali l'Italia è stata condannata dalla Corte di giustizia europea per la violazione della direttiva 2008/50/CE sulla qualità dell'aria;

   alla pressione ambientale sul territorio venafrano concorrono attualmente il cementificio Colacem di Sesto Campano, l'inceneritore Herambiente a Pozzilli e quello di Acea a San Vittore del Lazio. Inoltre, nel comune campano di Presenzano (CE), confinante con la Piana di Venafro, nonostante un iter autorizzativo caratterizzato da notevoli carenze istruttorie e violazioni, è iniziata la costruzione da parte di Edison di una centrale termoelettrica a ciclo combinato alimentata a gas naturale di 760 MW, le cui emissioni inquinanti in termini di CO, CO2, NOx e NH3 andranno ulteriormente a impattare su un territorio e una popolazione già ampiamente esposti dal punto di vista ambientale e sanitario;

   a fronte dei dati registrati dal PM10, negli ultimi due anni (39 superamenti nel 2019 e addirittura 54 superamenti nel 2020 rispetto ai 35 consentiti dalla legislazione vigente) e dei valori molto alti di Pm2,5 più volte rilevati dalla centralina di monitoraggio VENAFRO2, il 24 novembre 2020 il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare pro tempore, Sergio Costa, con una lettera urgente chiedeva all'Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale (Ispra) «il coinvolgimento diretto dell'istituto nell'ambito degli studi che la Regione Molise sta attualmente svolgendo con riferimento all'implementazione del monitoraggio della qualità dell'aria, nonché alla caratterizzazione delle polveri per l'individuazione delle principali fonti d'inquinamento» chiedendo altresì che l'intervento fosse attuato «in sinergia con la competente Direzione del Ministero, al fine di individuare le possibili azioni da intraprendere a beneficio dei territori coinvolti»;

   in riscontro a una e-mail di richiesta aggiornamenti dell'interrogante, il 22 gennaio 2021 si apprendeva dalla segreteria tecnica dell'ex Ministro Sergio Costa che, a seguito della lettera urgente di cui sopra, l'Ispra aveva provveduto a istituire un gruppo di lavoro composto da referenti dell'istituto, Arpa Molise e Arpa Emilia Romagna, al fine della raccolta di dati e informazioni circa le pressioni ambientali sul comparto aria insistenti nell'area venafrana e che sarebbe stato coinvolto anche un referente del Ministero afferente alla direzione generale per il clima, l'energia e l'aria (Clea);

   dal sito internet di Arpa Molise si evince che, anche in questa prima parte del 2021, la situazione ambientale della Piana di Venafro continua a essere critica con i valori di PM10 che hanno già registrato 25 superamenti dei valori limite giornalieri previsti dalla normativa vigente e i valori di PM2,5 che hanno toccato picchi ancora molto preoccupanti;

   dopo i risultati allarmanti di uno studio preliminare, è tuttora in corso uno studio epidemiologico di coorte residenziale, più approfondito, condotto dal Cnr di Pisa, finalizzato ad accertare la correlazione tra le emissioni di sostanze inquinanti provenienti dagli impianti indicati in premessa e gli eccessi di mortalità, morbosità e ricoveri ospedalieri già riscontrati nello studio preliminare –:

   quali iniziative siano state finora adottate e realizzate dal gruppo di lavoro composto da Ispra, Arpa Molise e Arpa Emilia Romagna e con quale crono-programma si intenda procedere in futuro, al fine di mettere in campo le iniziative di competenza più opportune a supporto delle politiche regionali di riduzione dell'inquinamento e scongiurare ulteriori futuri peggioramenti nell'ambito di un contesto ambientale e sanitario già molto complesso.
(4-08950)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Come segnalato dall'interrogante, al fine della raccolta di dati e informazioni circa le pressioni ambientali sul comparto aria nella piana di Venafro, è stato costituito un gruppo di lavoro, coordinato da Ispra, di cui fanno parte il Ministero della transizione ecologica, Arpa Molise e Arpae Emilia-Romagna. Il gruppo di lavoro ha tenuto diverse riunioni nelle quali è stato concordato di dare priorità alla pianificazione di campagne di monitoraggio
ad hoc in due diversi periodi dell'anno (primavera/estate 2021 e autunno/inverno 2021).
  Per pianificare queste campagne di monitoraggio si è ritenuto necessario acquisire tutte le informazioni utili relativamente ad analisi dei flussi emissivi, dati meteorologici, composizione del PM10 recentemente campionato, per valutare, in prima approssimazione, il peso relativo delle diverse sorgenti emissive.
  In particolare, le attività sono volte ad analizzare in laboratorio campioni di particolato raccolti dalle stazioni della rete di monitoraggio nell'area di Venafro, al fine di caratterizzarne il contenuto ed individuare in modo scientifico le fonti da cui scaturisce.
  Saranno, inoltre, eseguite ulteriori campagne di monitoraggio della qualità dell'aria in corrispondenza di determinate postazioni ritenute significative da parte di ISPRA e analizzati gli andamenti delle concentrazioni negli ultimi anni, anche con metodi statistici, al fine di valutare il
trend di variazione dei livelli degli inquinanti nell'aria.
  Si provvederà, altresì, ad effettuare una verifica puntuale delle emissioni della zona con riguardo agli impianti industriali presenti e ad individuare, alla luce delle precedenti attività, possibili azioni da intraprendere a beneficio dei territori coinvolti.
  In particolare, nel periodo dicembre 2020-aprile 2021 sono state svolte 5 riunioni del gruppo di lavoro ed avviate le attività presso Ispra ed Arpa Emilia-Romagna relative alle analisi di laboratorio dei campioni e all'analisi statistica delle concentrazioni degli ultimi anni.
  È stata effettuata l'analisi emissiva dell'area da cui risulta che la presenza di PM10 è collegata anche agli impianti industriali presenti nella zona.
  La conclusione di queste attività dovrebbe realizzarsi entro la metà dell'anno.
  All'esito delle operazioni di monitoraggio il gruppo di lavoro elaborerà alcune misure di intervento sull'area per il miglioramento della qualità dell'aria, la cui realizzazione potrà essere finanziata dal Ministero della transizione ecologica con apposite risorse, fino a 5 milioni di euro, da destinare ad uno specifico accordo di programma da sottoscrivere con la regione Molise, contenente azioni ed impegni destinati alla lotta contro l'inquinamento atmosferico.

Il Ministro della transizione ecologica: Roberto Cingolani.


   ELISA TRIPODI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   con l'interrogazione a risposta scritta n. 4-02834 presentata dall'onorevole Businarolo Francesca nella seduta del 15 gennaio 2019, si chiedeva al Ministro della giustizia di promuovere iniziative ispettive ai fini dell'esercizio di tutti i poteri di competenza; in particolare, nel predetto atto si faceva riferimento alle vicende inerenti al procedimento penale inizialmente instaurato solo nei confronti di Antonino La Grutta, Alessia Bonola e promosso all'indomani delle elezioni comunali del maggio del 2015, a seguito dell'esposto dei consiglieri del partito autonomista Trentino Tirolese, i quali ipotizzavano un'assunzione sospetta collegata agli esiti elettorali;

   in seguito, il 24 gennaio 2017, il sostituto procuratore generale di Trento, Giuseppe Di Benedetto, ritenne di avocare a sé il fascicolo disponendo ulteriori atti di indagine, inserendo tra gli indagati Renzo Colpo (Consigliere comunale del Movimento 5 stelle) e richiedendo il suo rinvio a giudizio in data 29 novembre 2017;

   la stampa locale ha seguito il procedimento durato oltre tre anni riportando costantemente accuse e dichiarazioni di colpevolezza; in particolare diverse sono state le accuse mosse dall'ex deputato Mauro Ottobre che parlava di «assunzione sospetta» rilasciando diverse interviste;

   il processo si concludeva con sentenza di non luogo a procedere per tutti gli imputati, emessa dal G.U.P., Riccardo Dies, il quale evidenziava anche che: «la realtà è che gli esposti dai quali è nato presente procedimento costituiscono un comune e banale tentativo di strumentalizzare il processo penale a fini politici e per screditare l'avversario presso l'elettorato e l'opinione pubblica, secondo un diffuso malcostume che pretende di trasferire la lotta politica nelle aule giudiziarie»;

   nel mese di ottobre 2020, i carabinieri del R.O.S. e dei comandi di Trento, Roma e Reggio Calabria hanno dato esecuzione a una ordinanza applicativa di misure cautelari emessa dal tribunale di Trento, su richiesta della locale procura della Repubblica, a carico di 19 soggetti indagati a vario titolo, tra gli altri, per i delitti di associazione mafiosa in quanto appartenenti alla 'ndrangheta, scambio elettorale politico-mafioso, porto e detenzione illegale di armi da fuoco e riduzione e mantenimento in schiavitù;

   tali arresti sono il risultato di un'articolata attività investigativa condotta dal Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri di Trento nell'ambito dell'operazione denominata Perfido, che avrebbe rilevato l'esistenza e l'operatività di una locale cosca di 'Ndrangheta in Lona Lases (Trento) ma avente influenza sull'intera provincia di Trento; un'indagine durata oltre 2 anni che avrebbe consentito di certificare l'esistenza di una cosca della 'ndrangheta calabrese che ha preso il controllo di un grosso giro di affari nel settore del porfido con infiltrazioni nella politica locale. Risultano infatti, indagati per voto di scambio politico-mafioso anche l'ex deputato Mauro Ottobre e gli ex sindaci di Lonas Lases e Frassilongo, Roberto Dalmonego e Bruno Groff;

   alla luce dei fatti sopra esposti, si può affermare che tale indagine, oltre a documentare nuovamente l'esistenza di proiezioni della 'ndrangheta in Trentino Alto Adige, ha permesso di far emergere la commistione tra associazioni criminali, politica e non solo, se si considera che la 'ndrangheta ha intessuto una fitta rete di contatti con diversi ambiti della società civile quali imprenditoria, istituzioni e politica –:

   se il Ministro interrogato, alla luce degli sviluppi dell'Operazione Perfido, intenda effettuare una nuova valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti per promuovere iniziative ispettive ai fini dell'esercizio di tutti i poteri di competenza.
(4-08558)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante esponeva che:

   con l'interrogazione presentata nella seduta del 15 gennaio 2019 la deputata Businarolo Francesca chiedeva al Ministro della giustizia di promuovere iniziative in relazione alle vicende inerenti al procedimento penale avente ad oggetto i reati previsti e puniti dagli articoli 323 e 326 del codice penale iscritto dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Rovereto all'indomani delle elezioni comunali tenutesi nel corso del mese di maggio dell'anno 2015;

   la procura generale presso la Corte di appello di Trento in data 24 gennaio 2017 avocava a sé il suindicato procedimento penale, disponendo ulteriori atti di indagine, iscrivendo nuovi indagati e infine richiedendo il 29 novembre 2017 il rinvio a giudizio degli imputati in relazione al solo reato previsto e punito dall'articolo 323 del codice penale (avendo invece chiesto la pronuncia di un provvedimento di archiviazione con riferimento al reato previsto e punito dall'articolo 326 del codice penale);

   l'udienza preliminare (seguita con estrema attenzione dagli organi di stampa locali) si concludeva con la pronuncia di una sentenza di non luogo a procedere nei confronti di tutti gli imputati;

   nel corpo motivazionale di tale sentenza il giudice dell'udienza preliminare del tribunale di Rovereto sottolineava che «... la realtà è che gli esposti dai quali è nato il presente procedimento costituiscono un comune e banale tentativo di strumentalizzare il processo penale a fini politici e di screditare l'avversario presso l'elettorato e l'opinione pubblica, secondo un diffuso malcostume che pretende di trasferire la lotta politica nelle aule giudiziarie...»;

   durante il mese di ottobre dell'anno 2020 veniva eseguita un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Trento su richiesta del pubblico ministero nei confronti di diciannove persone per i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, di scambio elettorale politico mafioso, di porto e detenzione di armi da fuoco e di riduzione e mantenimento in schiavitù (cosiddetta operazione Perfido);

   l'esperita attività di indagine rilevava, quantomeno a livello di gravità indiziaria, l'esistenza e l'operatività di una cosca di 'ndrangheta nel territorio del comune di Lon – Lanes, la quale si era estesa nell'intera provincia di Trento;

   siffatta cosca di 'ndrangheta aveva il controllo di un ampio giro di affari ed era infiltrata nella politica locale;

   le indagini, «...oltre a documentare nuovamente l'esistenza di proiezioni della 'ndrangheta in Trentino Alto Adige, ha permesso di fare emergere la commistione tra associazioni criminali, politica e non solo, se si considera che la 'ndrangheta ha intessuto una fitta rete di contatti con diversi ambiti della società civile quali imprenditoria, istituzioni e politica...».

  Pertanto la interrogante domanda alla Ministra della giustizia se «...alla luce dell'operazione Perfido, intenda effettuare una nuova valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti per promuovere iniziative ispettive ai fini dell'esercizio di tutti i poteri di competenza...».
  Al riguardo è stato accertato che nel corso del mese di gennaio dell'anno 2017 la procura generale presso la Corte di appello di Trento procedeva alla avocazione di due procedimenti penali relativi ai reati previsti e puniti dagli articoli 323 e 326 del codice penale pendenti alla procura della Repubblica presso il tribunale di Rovereto per i quali erano scaduti i termini per lo svolgimento delle indagini preliminari ed era ravvisabile la necessità di porre in essere attività istruttorie non compiute tempestivamente. La procura generale presso la Corte di appello di Trento iscriveva quindi i procedimenti penali n. 1/17 R. Av. e n. 2/17 R. Av. Riuniti tali due procedimenti penali e iscritto un altro indagato nel registro previsto dall'articolo 335 del codice di procedura penale, la procura generale presso la Corte di appello di Trento, alla luce degli esiti della esperita attività investigativa, chiedeva e otteneva la pronuncia di un provvedimento di archiviazione da parte del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Rovereto in relazione al reato previsto e punito dall'articolo 326 del codice penale e domandava il rinvio a giudizio degli imputati cui era stato contestato il reato previsto e punito dall'articolo 323 del codice penale. L'udienza preliminare si concludeva in data 15 novembre 2018 con la pronuncia ad opera del gup del tribunale di Rovereto di una sentenza di non luogo a procedere.
  Si è altresì verificato, allo stato, che non sussiste alcun profilo di collegamento tra i fatti oggetto del procedimento penale avocato dalla procura generale presso la Corte di appello di Trento e quelli di cui all'attività di indagine denominata Perfido (procedimento penale contrassegnato dal n. 2931/2017 R. G. N. R. P. M. Trib. Trento). Alla stregua di tutto quanto sinora passato analiticamente in rassegna non sembra possano rinvenirsi, allo stato, situazioni anomale riconducibili a condotte disciplinarmente rilevanti poste in essere dagli organi giudiziari coinvolti nelle vicende in esame, tali da giustificare l'esercizio di «...iniziative ispettive...» da parte della Ministra della giustizia.

La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.


   UNGARO, SCALFAROTTO e MIGLIORE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   un articolo del Corriere della Sera dell'11 febbraio 2021, a firma Virginia Piccolillo, descrive come sia allo stremo la situazione delle migliaia di connazionali bloccati in Brasile, per effetto dell'ultimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in materia di misure per fronteggiare l'emergenza sanitaria, del 14 gennaio 2021, e dell'ordinanza del Ministro della salute del 30 gennaio 2021, che ha disposto, proprio sino a lunedì 15 febbraio 2021 il divieto di ingresso ed il transito nel territorio nazionale alle persone che nei 14 giorni antecedenti al supposto arrivo in Italia abbiano soggiornato o transitato in Brasile;

   le citate norme hanno de facto creato una situazione insostenibile per cittadini italiani che sono in quel Paese latino-americano ormai da settimane senza risorse economiche, assistenza e in pericolo sanitario;

   un caso simile accadde qualche tempo fa a causa del blocco degli ingressi dal Regno Unito, ma il Governo italiano adottando protocolli di sicurezza sanitaria, come tamponi all'arrivo e quarantene fiduciarie, riuscì a risolvere e a permettere gli ingressi nel territorio nazionale, specie per i cittadini iscritti all'Aire o i cittadini residenti in Italia aventi comprovate esigenze urgenti –:

   se il Governo non intenda adottare iniziative per garantire i rientri di cittadini italiani da Paesi extra Unione europea, specie dal Brasile, secondo quanto già disposto in passato con i cittadini italiani provenienti dalla Gran Bretagna e se non intenda altresì promuovere al più presto voli «Covid-free» per permettere ai cittadini italiani bloccati in Sud America il rientro in Patria.
(4-08266)

  Risposta. — Ai fini del contenimento della diffusione del virus COVID-19 e alla luce della contagiosità particolarmente elevata della variante del virus diffusa in Brasile, il Ministro della salute, con successive ordinanze, ha disposto restrizioni all'ingresso e alla circolazione in Italia per le persone che hanno soggiornato in quel Paese, progressivamente rimodulate con l'evoluzione del quadro epidemiologico (ordinanza 13 febbraio 2021, ordinanza 16 aprile 2021, ordinanza 29 aprile 2021, ordinanza 14 maggio 2021 e ordinanza 18 giugno 2021).
  Come è noto, l'ingresso e il traffico aereo dal Brasile sono consentiti, a condizione che non si manifestino sintomi da COVID-19, alle seguenti categorie: coloro che hanno la residenza anagrafica in Italia da data anteriore al 13 febbraio 2021 (con autodichiarazione, senza autorizzazione del Ministero della salute); coloro che devono raggiungere domicilio, abitazione o residenza dei figli minori, del coniuge o della parte di unione di civile (con autodichiarazione, senza autorizzazione del Ministero della salute); soggetti in condizione di assoluta necessità autorizzati dal Ministero della salute.
  Gli ingressi in Italia sono consentiti, altresì, nelle situazioni previste all'articolo 51, comma 7, lettere
f), m) e n), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 2 marzo 2021, previa autorizzazione del Ministero della salute o secondo protocolli sanitari validati.
  Questo quadro normativo è stabilito dal Ministero della salute, cui la Farnesina rappresenta costantemente le criticità che incontrano i nostri connazionali.
  Riguardo alla possibilità di superare le attuali restrizioni, il Ministero della salute ha fatto sapere che la tematica è ancora in valutazione. Dal canto suo, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, attraverso la rete diplomatico-consolare in Brasile, ha offerto e offre ogni possibile sostegno alle numerose richieste di assistenza dei nostri connazionali.
  I cellulari di emergenza dei 7 uffici consolari presenti sul territorio brasiliano sono stati operativi 24 ore su 24, 7 giorni su 7, ed è stata effettuata, anche tramite comunicati sui siti
web e i canali sociali delle sedi coinvolte, una dettagliata mappatura della presenza di coloro che erano rimasti bloccati, con nominativi, indirizzi di residenza in Italia e recapiti.
  In particolare, la nostra rete diplomatico-consolare in Brasile, in stretto raccordo con la Farnesina, ha fornito assistenza ai connazionali in gravi condizioni di salute, sostenendo le relative richieste di deroga eccezionale al competente Ministero della salute, e ha erogato prestiti e sussidi economici in favore di coloro che versavano in condizioni di indigenza o temporanea indisponibilità economica, anche a causa della imprevista prolungata permanenza all'estero.
  Per quanto attiene nello specifico gli interventi di assistenza finanziaria (prestiti, sussidi e altre forme di aiuto economico), dal 1° gennaio 2020 al 31 maggio 2021 la rete brasiliana ne ha realizzati 328, per un totale di 316.000 euro, di cui 142.000 erogati dal consolato generale a San Paolo e 100.000 da quello a Rio de Janeiro.
  Vorrei infine ricordare che nel corso del 2020 gli interventi complessivamente svolti dalla rete brasiliana a tutela dei cittadini all'estero sono stati 3.590, oltre la metà dei quali effettuati dal consolato generale a San Paolo. Sempre durante il 2020, si è provveduto al rimpatrio di 24 salme di connazionali dal Brasile e in 19 casi sono state attivate ricerche di connazionali scomparsi in territorio brasiliano.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Benedetto Della Vedova.


   VILLAROSA, APRILE, GRIMALDI e SODANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della transizione ecologica, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   grazie ad un'indagine condotta dal Centro studi della Cna, «La ripresa del settore delle costruzioni tra agevolazioni e aumenti delle materie prime», che ha visto partecipare un campione rappresentativo di imprese artigiane, micro e piccole della filiera, legata al Superbonus 110 per cento risulta che, quattro imprese su cinque, segnalano aumenti nei prezzi dei materiali, delle materie prime e delle apparecchiature rispetto ad un anno fa, prima che scoppiasse la pandemia;

   «Nel dettaglio, nel settore delle costruzioni gli aumenti più importanti in un anno riguardano i metalli (+20,8 per cento), con punte che superano il +50 per cento; i materiali termoisolanti (+16 per cento) con punte che oscillano tra il +25 per cento e il +50 per cento; i materiali per gli impianti (+14,6 per cento), con punte che superano il +25 per cento, e il legno (+14,3 per cento). Elevata anche la crescita per altri materiali, che oscilla tra il +9,4 per cento di malte e collanti e il +11,3 per cento dei laterizi. Meno marcati ma comunque poco sotto il +10 per cento gli incrementi sofferti dall'impiantistica e anche dal settore dei serramenti, dove ha inciso maggiormente il rialzo dei prezzi di semilavorati in alluminio o altri metalli. Ma che cosa sta capitando? Il 72 per cento delle imprese addebita la fiammata dei prezzi, in parte o del tutto, ai comportamenti speculativi della catena di fornitura»;

   a quanto risulta anche da un articolo del quotidiano «Italia Oggi» del 22 marzo 2021 i prezzi medi delle forniture legate all'edilizia pare stiano aumentando del 30/40 per cento rispetto al periodo pre-Superbonus;

   come si apprende da un'altra elaborazione Ance su dati Meps - prezzo base del «ferro-acciaio tondo per cemento armato» anche il prezzo dell'acciaio, tra novembre 2020 e febbraio 2021, ha registrato un aumento eccezionale pari a circa il 130 per cento ed un aumento si osserva anche in materiali di primaria importanza per l'edilizia, come, ad esempio: i polietileni, che nello stesso periodo hanno mostrato incrementi superiori al 40 per cento, il rame +17 per cento e il petrolio +34 per cento (Fonte Prometeia);

   la conseguenza di questo aumento dei prezzi risulta essere una sensibile diminuzione dei profitti a causa dell'aumento dei costi di produzione, secondo le stime del Cna, il 51,5 per cento delle imprese di installazione impianti, il 58,3 per cento del settore edilizio e il 64,6 per cento della serramentistica;

   in base alle analisi del docente di economia industriale all'Università Luiss di Roma, Cesare Pozzi: «Il rincaro dei prezzi delle materie prime è senz'altro un aspetto delicato che va a gravare sull'intero settore edile. Gli aumenti sono a due o tre cifre e vanno avanti da mesi e mesi. Si è parlato molto di petrolio e combustibili fossili ma i rincari coinvolgono un numero di materie prime amplio e generalizzato. Si passa dal ferro per arrivare alla soia. (...) L'impennata è dovuta anche alla enorme liquidità che è stata messa in circolo dalle Banche Centrali. Sono soldi che non vanno all'economia reale ma che rischiano di finanziare le speculazioni» –:

   se il Governo intenda adottare iniziative per quanto di competenza, per verificare ed analizzare il fenomeno esposto in premessa affinché si possa garantire una maggiore trasparenza ed un maggiore controllo sui prezzi delle materie prime in tutta la catena di fornitura, si possano sanzionare possibili fenomeni speculativi che potrebbero alterare l'adeguata correttezza del SuperBonus, nonché la tutela di tutti i soggetti interessati della filiera.
(4-09185)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  Gli interroganti sollevano un problema di estrema attualità, che riguarda la difficoltà di approvvigionamento di materie prime e di materiale di base per la produzione industriale.
  È indubbio, infatti, che negli ultimi tempi è emersa la vulnerabilità del nostro sistema produttivo in termini di approvvigionamento di materie prime e la tematica dell'andamento dei prezzi è attentamente monitorata dal Governo che sta valutando specifiche iniziative, anche di carattere normativo, per arginare il forte impatto che i riscontrati aumenti del costo di varie tipologie di materie prime hanno sui diversi settori interessati.
  Per quanto attiene specificamente ai prezzari dei materiali da costruzione in applicazione del codice dei contratti pubblici, preme evidenziare che la competenza in materia è del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. La citata Amministrazione, con proprio decreto, rileva annualmente le variazioni percentuali dei singoli prezzi dei materiali da costruzione più significativi relativamente ai contratti di lavori affidati prima dell'entrata in vigore del nuovo codice dei contratti pubblici (decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50) e tuttora in corso di esecuzione. A tale proposito, si informa che è stato recentemente pubblicato il decreto del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili 25 maggio 2021 (decreto «Caro Materiali»), con il quale è stato rilevato lo scostamento dei prezzi rispetto alle precedenti annualità. Per quanto riguarda i contratti affidati sulla base del decreto legislativo n. 50 del 2016, il costo dei prodotti, delle attrezzature e delle lavorazioni è determinato sulla base dei prezzari regionali aggiornati annualmente ma non è previsto un sistema di adeguamento prezzi come avveniva nel precedente codice.
  In ragione della particolare situazione dei prezzi che si è venuta a creare nel corrente anno, sono allo studio del Governo le possibili iniziative, anche di carattere normativo, aventi ad oggetto i contratti aggiudicati sulla base del vigente codice.
  Ma, com'è stato rilevato con l'atto di sindacato ispettivo in oggetto, non è solo quello dei contratti pubblici l'ambito nel quale l'incremento dei prezzi sta determinando indubbie criticità.
  A titolo meramente esemplificativo, si pensi al settore dell'
automotive, che ha dovuto affrontare una difficoltà aggiuntiva rispetto all'incremento dei prezzi, dovuta alla penuria dei semiconduttori. Sul punto, i principali fornitori di semiconduttori hanno annunciato piani di investimento volti ad aumentare la capacità di produzione, che dovrebbe tornare ai livelli pre-crisi entro il terzo trimestre del 2021.
  Si tratta in ogni caso di aspetti che necessitano di interventi a livello euro-unitario, in ragione dell'impatto del fenomeno e delle cause dello stesso, e proprio in questa direzione si sta muovendo il Governo, con l'obiettivo di promuovere una linea di intervento comune ed efficace a livello europeo.
  In tale ottica, la Commissione europea ha aggiornato la strategia industriale unionale, mappando – tra l'altro – i prodotti per i quali ha una dipendenza da Paesi terzi (tra cui figurano i semiconduttori). Per queste forniture, l'obiettivo è quello di creare una catena del valore europea. Un possibile strumento per realizzarla è rappresentato da un Importante progetto di interesse comune europeo (Ipcei) sui semiconduttori, finalizzato a sostenere attività di ricerca e innovazione anche nella prima applicazione industriale, che andrebbe a beneficio di molti settori industriali.
  Quanto ai prezzi dell'acciaio e di altri materiali non ferrosi (ad esempio, il rame), si rappresenta che gli stessi sono aumentati alla luce di diversi fattori, che riguardano non solo il rapporto tra domanda e offerta del prodotto, ma anche l'esistenza, a livello europeo, di misure di salvaguardia che impongono l'applicazione di dazi di entità rilevante ed in relazione alle quali il Governo italiano di promuovere l'adozione di specifiche decisioni da parte degli Stati europei contrastare il fenomeno, anche agendo sull'aspetto dei dazi.
  In sintesi, l'aumento dei prezzi delle materie prime necessita di una risposta a livello europeo, e in tale direzione è interesse prioritario del Governo promuovere strategie rapide ed efficaci, anche in considerazione delle diverse cause che caratterizzano il fenomeno. Obiettivo finale è in ogni caso quello di rendere le catene degli approvvigionamenti più sicure e resilienti alle variabili del commercio mondiale nonché prevenire ed evitare qualunque fenomeno speculativo che determini ingiustificati aumenti dei prezzi.
  A livello unionale, si richiama il «Piano d'azione sulle Materie Prime Critiche», che la Commissione europea ha presentato lo scorso 3 settembre, assieme alla nuova lista di «materie prime critiche» e a un rapporto prospettico. Tale lista, infatti, rappresenta uno strumento per promuovere la consapevolezza, la ricerca e l'innovazione volte a migliorare le dinamiche del commercio internazionale, per contrastare misure di distorsione degli scambi, al fine di raggiungere una maggiore sicurezza degli approvvigionamenti.
  Si richiama, inoltre, l'alleanza per le materie prime
(Raw Material Alliance) lanciata dalla Commissione allo scopo di identificare progettualità strategiche di rilevanza europea. L'obiettivo è quello di stimolare gli Stati membri ad elaborare strategie per incoraggiare l'economia circolare, per aumentare il pool di fornitori, rafforzare gli investimenti in ricerca e sviluppo finalizzati alla ricerca di nuovi giacimenti, materiali sostitutivi e garantire così una fornitura geograficamente diversificata e sostenibile.
  È poi dell'inizio di giugno l'avvio di un sondaggio da parte dell'unità «Industrie energivore e materie prime» della competente direzione della Commissione europea, volto a comprendere l'interesse ad aderire ad un eventuale Ipcei sulle materie prime critiche. L'utilizzo degli Ipcei per finalità di ricerca e sviluppo è stato promosso a livello europeo negli ultimi anni per la capacità di sostenere l'avanzamento tecnologico di filiere strategiche e il Ministero dello sviluppo economico ha già manifestato un interesse di massima alla partecipazione ad un Ipcei sul tema delle materie prime critiche.
  Ma il monitoraggio dell'andamento dei prezzi è aspetto che va valorizzato anche nell'ottica di prevenire e reprimere fenomeni distorsivi e speculativi, attività composita, che vede la ripartizione di competenze tra diversi organi, fra cui l'osservatorio prezzi e tariffe del Ministero dello sviluppo economico e l'Autorità garante per la concorrenza e il mercato (Agcm -
Antitrust), per la repressione delle pratiche commerciali scorrette a danno dei consumatori.
  In conclusione, dunque, si rappresenta che è massima l'attenzione del Governo per evitare fenomeni speculativi e tutelare sia gli operatori del settore che i consumatori. A tal fine, si ritiene strategico delineare un quadro europeo, finalizzato ad addivenire a soluzioni, possibilmente armonizzate, per garantire l'approvvigionamento delle materie prime e sostenere lo sviluppo competitivo delle imprese italiane.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Gilberto Pichetto Fratin.


   ZOFFILI, ANDREUZZA, BADOLE, BAZZARO, BILLI, BISA, BITONCI, CECCHETTI, COIN, COLMELLERE, COMENCINI, COVOLO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, FANTUZ, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, GIACOMETTI, LAZZARINI, MANZATO, PAOLIN, PATERNOSTER, PICCHI, PRETTO, RACCHELLA, RIBOLLA, SNIDER, STEFANI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO e ZORDAN. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 20 aprile 2021, una missionaria laica italiana, Nadia De Munari, è stata aggredita a colpi d'ascia nel centro peruviano «Mamma mia», una casa famiglia aperta nel contesto dell'operazione Mato Grosso promossa da padre Ugo De Censi e situata nella località costiera di Nuevo Chimbote, riportando lesioni gravissime;

   soccorsa e trasferita prima in un nosocomio locale e poi in un ospedale di Lima, Nadia De Melari è successivamente spirata per la gravità delle ferite riportate;

   l'aggressione sarebbe maturata nel contesto di una rapina, che avrebbe fruttato la sottrazione di due telefoni cellulari;

   Nadia De Munari, maestra elementare, riforniva di cibo gli indigenti locali e curava la formazione degli insegnanti di Nuevo Chimbote;

   sulla vicenda sono in corso indagini che sembrano complesse, anche perché l'aggressione fatale ai danni di Nadia De Munari sarebbe maturata in assenza di testimoni –:

   di quali informazioni disponga il Governo sulle circostanze che hanno determinato la morte violenta di Nadia De Munari, quali passi si ritenga di compiere per acquisirne di ulteriori e quali iniziative si intendano intraprendere per garantire un livello maggiore di sicurezza e protezione per i nostri connazionali all'estero, in particolare quelli impegnati in progetti umanitari di comprovata serietà.
(4-09123)

  Risposta. — Nadia De Munari era, dal 1995, volontaria in Perù dell'Operazione Mato Grosso a Nuovo Chimbote (Dipartimento di Ancash), dove gestiva scuole per l'infanzia.
  Come tristemente noto, Nadia è stata ritrovata la mattina del 21 aprile 2021 priva di sensi e con gravi contusioni al cranio, nella sua stanza presso una struttura dell'organizzazione in cui viveva con altri volontari. La connazionale è stata trasportata in autoambulanza alla clinica giapponese peruviana di Lima, dove è stata sottoposta a una delicata operazione neurochirurgica e successivamente trasferita in terapia intensiva. Purtroppo la Signora De Munari è deceduta nella notte tra il 23 e il 24 aprile 2021.
  La nostra Ambasciata a Lima, intervenuta fin dalla prima segnalazione dell'aggressione per prestare ogni possibile assistenza, anche attraverso il console onorario ad Ancash, ha profuso grande impegno, sia per cercare di assicurare l'assistenza medica dopo la brutale aggressione, sia stabilendo fin da subito un contatto diretto con i familiari e i responsabili dell'organizzazione. Dopo il decesso la nostra sede ha fornito anche il necessario supporto per il rimpatrio della salma, avvenuto il 1° maggio 2021.

  Sono ora in corso le indagini per chiarire le dinamiche dell'accaduto e individuarne i responsabili. La polizia di Chimbote è stata affiancata da una squadra investigativa specializzata, appositamente giunta da Lima.
  Anche grazie alle sollecitazioni della nostra ambasciata, abbiamo ottenuto il rafforzamento della squadra investigativa, potenziata proprio nei giorni scorsi con personale esperto, per accelerare le indagini in corso. Queste sono condotte a tutto campo, senza escludere alcuna ipotesi. In attesa di conoscere i risultati delle perizie e l'esito degli interrogatori disposti dagli inquirenti, vige un doveroso stretto riserbo istruttorio.
  La nostra Rappresentanza in Perù segue l'evolversi delle attività investigative con la massima attenzione e mantiene contatti costanti con magistratura e competenti autorità locali, cui abbiamo chiesto tutto l'impegno possibile per far piena luce sulla vicenda. Le controparti peruviane hanno assicurato sollecitudine nella conduzione delle indagini. In aggiunta, l'esperto per la sicurezza in servizio presso la nostra Ambasciata ha fin dal primo momento sensibilizzato le autorità locali di polizia a tal fine e si è recato nelle scorse settimane a Chimbote per seguire di persona gli sviluppi investigativi.
  Gli uffici del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (MAECI) e l'Ambasciata a Lima intrattengono un dialogo costante con i familiari di Nadia De Munari, aggiornandoli di ogni sviluppo. Abbiamo loro suggerito di nominare un avvocato che possa seguire il caso e ottenere informazioni di dettaglio direttamente dagli inquirenti, in qualità di parte offesa.
  A tutela della sicurezza degli italiani in Perù, la nostra Ambasciata aggiorna costantemente le indicazioni riportate sul portale istituzionale «Viaggiare Sicuri» del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e, nello specifico, ha di recente provveduto a segnalare un elevato tasso di criminalità comune nelle principali città peruviane e in diversi quartieri della capitale.
  In generale, in raccordo con la Sede diplomatica territoriale di riferimento, ove le circostanze lo richiedano, l'Unità di crisi della Farnesina pubblica avvisi in evidenza relativi alla situazione di sicurezza nei singoli Paesi e invia comunicazioni specifiche, tramite SMS o Notifica
push, ai viaggiatori registrati sul portale istituzionale «Dove siamo nel mondo» e a coloro che abbiano scaricato l'applicazione per dispositivi mobili «Unità di Crisi», al fine di fornire aggiornamenti puntuali sull'evoluzione di possibili circostanziate situazioni critiche.
  Nel 2015 l'Unità di crisi ha promosso e sottoscritto un protocollo di sicurezza con le principali organizzazioni della società civile (OSC), quali l'associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale, il coordinamento italiano NGO internazionali e LINK 2007, al fine di promuovere la cultura della sicurezza, in particolare per coloro che operano nel settore della cooperazione.
  In base a tale protocollo, le OSC si impegnano ad adottare un proprio piano di emergenza, a istituire (ove non già presente) la figura del responsabile per la sicurezza, a formare adeguatamente gli operatori da inviare all'estero e a iscrivere il proprio personale in missione sul portale istituzionale «Dove siamo nel mondo», in modo che i dati del viaggio siano condivisi in tempo reale con l'Unità di crisi. Il protocollo raccomanda anche un contatto iniziale e un raccordo costante con la rete diplomatico-consolare italiana nel luogo di destinazione.
  Nella cornice di questo protocollo, l'Unità di crisi della Farnesina dialoga regolarmente con i responsabili della sicurezza delle principali OSC che inviano operatori o volontari all'estero ed effettua incontri di formazione, prima della partenza, per gli operatori che si recano all'estero per attività di cooperazione per conto del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
  Nella seconda metà del 2020 è stata avviata ed è tuttora in corso una revisione di tale protocollo, promossa d'intesa con i competenti uffici del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e con l'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, allo scopo di aggiornarne i contenuti e ampliare la platea dei destinatari, coinvolgendo il maggior numero possibile di operatori del settore.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Benedetto Della Vedova.


   ZUCCONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'amministrazione comunale di Massarosa (LU), guidata dal sindaco Alberto Coluccini, ha affidato un incarico per la certificazione dei dati del rendiconto 2018 approvato con delibera del consiglio comunale n. 49 del 24 aprile 2019, dal quale era emerso un disavanzo di amministrazione di euro 7.564.284,23 e del bilancio di previsione 2019/2021 approvato con delibera del consiglio comunale n. 25 del 2 aprile 2019. Tale relazione è stata trasmessa alla sezione regionale della Corte dei conti;

   in data 30 luglio 2019 con deliberazione n. 63 il consiglio comunale ha proceduto ai sensi degli articoli 175 e 193 del decreto legislativo n. 267 del 2000 alla verifica del permanere degli equilibri di bilancio sulla base dell'istruttoria effettuata dal dirigente del servizio programmazione/entrate. Accertato il non permanere degli equilibri di bilancio sia per competenza che per cassa, e constatato che il ricorso alle misure ordinarie normate dal testo unico non consentiva l'immediato ripristino degli equilibri, il consiglio comunale ha deliberato il ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale cosiddetto «pre-dissesto» non essendo possibile riequilibrare il bilancio con strumenti ordinari. In questa occasione si dichiarava uno squilibrio di parte corrente di euro 1.430.529,31;

   la procedura di predissesto prescrive che il consiglio comunale entro 90 giorni dalla propria deliberazione di ricorrere al riequilibrio pluriennale deve provvedere a deliberare il piano di risanamento;

   dopo le verifiche previste, il servizio finanziario ha predisposto un piano di riequilibrio finanziario della durata di quindici anni condiviso con il collegio dei revisori dei conti e la commissione bilancio dell'ente;

   è emerso che il piano di riequilibrio finanziario pluriennale non era sostenibile per l'ente;

   la passività è pari complessivamente a euro 10.860.213,07, generata da un disavanzo di amministrazione non ricoperto negli anni precedenti sia ordinario che da extradeficit, da un disavanzo di cassa, da passività potenziali emergenti, da debiti fuori bilancio, dallo squilibrio strutturale del bilancio 2019-2021, dai vincoli di cassa non ricostruiti, dalle misure correttive richieste dalla Corte dei conti Toscana con deliberazione n. 361/2019/PRP nonché dal disavanzo presunto 2019 gestione residui;

   il collegio dei revisori dei conti ha espresso nella sua relazione la necessità di deliberare il dissesto finanziario con il ricorso alla procedura del piano di riequilibrio finanziario pluriennale;

   con la delibera di consiglio comunale n. 84 del 27 novembre 2019 il comune di Massarosa ha dichiarato il dissesto dell'ente. La delibera è stata accompagnata da una relazione dell'organo di revisione, e trasmessa al Ministero dell'interno e alla procura della Corte dei conti competente per territorio. La delibera doveva essere pubblicata per estratto nella Gazzetta Ufficiale a cura del Ministero dell'interno unitamente al decreto del Presidente della Repubblica, da adottare su proposta del Ministro dell'interno, di nomina dell'organo straordinario di liquidazione (Osi); dopo oltre 4 mesi dalla dichiarazione di dissesto, non risulta all'interrogante ancora pubblicato il decreto di nomina dell'Osl per il comune di Massarosa;

   la crisi attuale a causa della pandemia di Covid-19 si presenta ancora più complessa per il comune di Massarosa, in attesa ancora oggi della nomina dell'Osl, comunque chiamato a rispondere alle necessità della sua popolazione con una difficilissima situazione di cassa (al 21 novembre 2019 euro 5.117.127,92), di debiti verso i fornitori (al 21 novembre 2019 di euro 5.117.127,92 a cui si sono aggiunti quelli del primo trimestre 2020) e di tempi medi di pagamento superiori ai 250 giorni - :

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare ai fini della nomina, in tempi celeri, dell'organo straordinario di liquidazione per il comune di Massarosa in modo tale da poter offrire risposte adeguate a un'intera comunità.
(4-05293)

  Risposta. — In relazione all'atto di sindacato ispettivo indicato in esame, si riferisce quanto segue.
  Con decreto del Presidente della Repubblica del 16 aprile 2020, è stata nominata la commissione straordinaria di liquidazione del comune di Massarosa, per l'amministrazione della gestione e dell'indebitamento pregresso e per l'adozione di tutti i provvedimenti per l'estinzione dei debiti dell'ente.
  Il successivo 23 aprile 2020, la prefettura di Lucca ha notificato il suddetto decreto al sindaco e all'organo di revisione economico finanziaria del comune di Massarosa; la citata commissione si è insediata in data 27 aprile 2020.
  L'Organo straordinario di liquidazione ha quindi attuato i primi provvedimenti organizzativi del lavoro e, con deliberazione di consiglio comunale del 14 luglio 2020, è stata adottata l'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato 2020-2022.
  Si informa al riguardo che, a seguito di apposita istruttoria ministeriale, ai sensi dell'articolo 261, comma 1, TUOEL, l'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato è stata approvata con decreto del Ministro dell'interno in data 3 dicembre 2020; detto decreto è stato poi trasmesso il 9 dicembre 2020 alla prefettura di Lucca per la notifica all'ente e all'organo di revisione economico-finanziaria.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ivan Scalfarotto.