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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 7 maggio 2021

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La IV e VIII Commissione,

   premesso che:

    desta preoccupazione l'evolversi della situazione in Lombardia, lungo un versante del lago d'Iseo in agro di Tavernola Bergamasca (Bergamo), dove un fenomeno franoso in atto, la cui pericolosità varia in funzione della sua evoluzione e velocità di spostamento, finendo nel lago d'Iseo potrebbe generare un'onda anomala tale da mettere in pericolo i centri abitati;

    la frana, monitorata dalla società Italsacci da ormai più di 15 anni, ha subìto una significativa riattivazione a partire dalla seconda metà del mese di febbraio 2021. Questa fase, avviatasi in condizioni meteorologiche di sostanziale tempo sereno e tuttora in corso, ha comportato la formazione di nuove fessurazioni superficiali e un incremento repentino delle velocità rilevate dalla strumentazione geotecnica da valori generalmente inferiori a 1 mm/giorno a valori ben superiori a 1 cm/giorno;

    il 27 febbraio 2021, il professor Nicola Casagli, presidente dell'Istituto nazionale di oceanografia, e di geofisica sperimentale, ha effettuato con il Centro per protezione civile dell'università degli studi di Firenze, un sopralluogo sulla frana situata sul versante sud-orientale del Monte Saresano; tenuto conto della relazione del citato sopralluogo, pubblicata il 4 marzo 2021, l'università di Milano-Bicocca in collaborazione con l'Università di Bologna ha eseguito uno studio sui possibili scenari di rischio, che potrebbero verificarsi in virtù dell'espandimento della frana del Monte Saresano; gli scenari di rischio in caso di collasso catastrofico della frana sono molteplici. In quello peggiore la frana (o almeno parte di essa) si propagherebbe fino al Lago d'Iseo, generando un'onda anomala dell'altezza stimata di 8 metri che potrebbe potenzialmente raggiungere le aree limitrofe all'abitato di Tavernola Bergamasca, la costa orientale di Monte Isola oltre che altre località rivierasche;

    in generale, il lago di Iseo è soggetto al rischio frane lungo tutto il suo perimetro. Si ricorda che Tavernola Bergamasca fu colpita già nel 1906 da una frana costiera (denominata «avvallamento») che fece rovinare nel lago alcune delle case più vicine alla riva. Si ricordano poi gli eventi di crollo nel cantiere Ognoli in data 23 dicembre 1970 e quello nel cantiere Scapioni in data 25 marzo 1986, fino al dissesto avvenuto in data 22 novembre 2010 sulla strada di collegamento tra Tavernola Bergamasca e Parzanica, proprio al disopra del piazzale retrostante il cementificio Italsacci. In tale occasione finirono sulla strada oltre 10.000 m3 di materiale roccioso. Furono di conseguenza intrapresi numerosi interventi di sistemazione, provvedendo alla rimozione dell'accumulo di detriti e a opere di consolidamento e difesa passiva nei settori di versante allora ritenuti più critici (Ellegi, 2018);

    il fenomeno franoso in atto è controllato sin dal 2004 tramite la realizzazione di una rete di monitoraggio geotecnico di sensori puntuali e dal mese di settembre 2018 è stata inoltre approntata una postazione fissa per il posizionamento di un interferometro radar basato a terra (GBInSAR);

    a partire dal giorno 22 febbraio 2021, in concomitanza con l'inizio della recente fase di intensa riattivazione, si è passati ad una intensificazione dell'attività di monitoraggio; la riattivazione della frana si è manifestata sotto forma di un repentino incremento degli spostamenti secondo un andamento esponenziale destando pertanto un notevole livello di preoccupazione tra le autorità preposte alla sicurezza dei luoghi;

    successivamente, più o meno in coincidenza con la nuova installazione del sistema GBInSAR, lo stato di attività del fenomeno sembra essersi impostato su una tendenza debolmente regressiva. Parrebbe infatti che la frana sia stata rallentata dalla presenza di uno strato roccioso profondo che fungerebbe da ancoraggio alla massa in movimento;

    dalla relazione del sopralluogo di monitoraggio, datato il 4 marzo 2021, ed effettuato dall'Università degli Studi di Firenze e dal Centro Protezione civile si legge che: «In caso di collasso catastrofico la frana potrebbe raggiungere lo stabilimento cementifero Italsacci, le strade che la attraversano, la strada litoranea e il lago d'Iseo, con tutte le conseguenze che un'eventuale onda anomala indotta potrebbe comportare. Sulla base delle risultanze del sopralluogo, delle caratteristiche del fenomeno investigato e della documentazione condivisa, si ritiene che il sistema di monitoraggio attualmente in funzione sia idoneo, completo e in grado di individuare anomalie significative nello stile deformativo del fenomeno»;

    in materia si prende atto che, nonostante il fenomeno franoso sia monitorato da oltre 15 anni, solo adesso la regione Lombardia sta avviando uno specifico Accordo di collaborazione con l'Università di Firenze (prof. N. Casagli), con l'Università di Milano Bicocca (prof. Giovanni Crosta) e con il Politecnico di Milano (Prof. Claudio Di Prisco) per verificare quali siano state le cause che hanno determinato l'accelerazione dell'evento franoso e per l'individuazione delle soluzioni tecnico-progettuali finalizzate al consolidamento e alla stabilizzazione del Monte Saresano e la stima dei relativi costi e tempi di realizzazione;

    si ricorda inoltre, che l'Istituto idrografico della marina militare, organo cartografico dello Stato ed ente della Difesa, ha la capacità di svolgere rilievi topografici e batimetrici (fondo), misurare i parametri fisici dell'acqua e svolgere il campionamento e la caratterizzazione del fondale del lago. Tali attività sarebbero utili e complementari agli studi riguardanti il comportamento dell'onda anomala in caso di frana;

    l'inerzia della regione Lombardia risulta evidente dal fatto che la stessa regione non ha mai completato le procedure necessarie ai fini dell'inserimento nel Repertorio nazionale per la difesa del suolo (ReNDiS) dell'evento franoso di Tavernola, né tantomeno la predisposizione di specifici progetti per il finanziamento di interventi di prevenzione e/o di mitigazione su un evento franoso conosciuto da anni, e ciò è confermato anche da quanto riferito dal Governo in sede di risposta all'interpellanza urgente n. 2-01181. In tale risposta si evidenzia che, «per quanto di stretta competenza del Ministero, con particolare riguardo alle risorse destinate al dissesto idrogeologico, sulla banca dati ReNDiS (Repertorio nazionale per la difesa del suolo), non compaiono progetti di intervento riguardanti il dissesto in argomento. A tal proposito, nel corso delle recenti interlocuzioni con la regione Lombardia, si è suggerito di predisporre uno studio di fattibilità tecnico-economica, finalizzato ad individuare adeguate soluzioni tecniche per la mitigazione del rischio idrogeologico e a quantificare i relativi costi. Solo a valle di questa attività, nella futura programmazione, sarà possibile valutare l'eventuale inserimento di interventi mirati a risolvere le criticità in argomento, e ciò a prescindere dalle iniziative che nel frattempo verranno intraprese dalla regione, in raccordo con gli altri organi di Protezione civile, finalizzate alla gestione e alla risoluzione della situazione emergenziale. (...) si ritiene opportuno sottolineare che, sebbene non competa al MiTE la verifica della idoneità e adeguatezza dei piani di emergenza relativi a situazioni di rischio idrogeologico, si è, a tutt'oggi, in attesa di proposte operative, da parte della regione Lombardia, riguardanti interventi sulla frana di Monte Saresano.»;

    allo stato attuale, lo stabilimento Italsacci è evacuato e i tratti di due strade provinciali (strada provinciale 78 e strada provinciale 469) sono l'una interdetta e l'altra aperta solo per 4 ore al giorno su tre fasce orarie per interrompere l'isolamento del comune di Parzanica, ove risiede una popolazione di 346 abitanti. Tale apertura è permessa dalla sorveglianza continua sulla frana da parte dei volontari dei locali gruppi di Protezione civile, in attesa di collocazione in loco di reti di sicurezza finanziate dalla regione Lombardia e messe in opera dalla comunità montana. Nel frattempo, si è provveduto alla risistemazione e asfaltatura, in somma urgenza, della strada agro-silvo-pastorale «Colderone» sempre ad opera della Comunità Montana dei Laghi Bergamaschi su contributo della regione Lombardia, strada che resta però impraticabile in caso di nevicate;

    si evidenzia, inoltre, che il cementificio che opera da oltre 100 anni non è mai stato sottoposto a Valutazione d'impatto ambientale e ciò nonostante le modifiche intercorse in questo lasso di tempo, le caratteristiche geo-morfologiche del Monte Saresano, costituito da strati di roccia inclinati verso il lago (franapoggio) e nonostante il progressivo deterioramento dell'evento franoso; tale circostanza rileva tanto più che gli ambiti delle miniere Ognoli (in corrispondenza della quale è localizzata l'attuale frana) e Ca’ Bianca (in attività con l'utilizzo di «volate» a soli 500 metri in linea d'aria dalla frana) si trovano in una zona di vincolo idrogeologico;

    si rammenta che in materia di Via ex post, ovvero della possibilità di esperire il procedimento di valutazione di impatto ambientale per un impianto già realizzato, ma mai sottoposto a verifica di assoggettabilità a Via, diverse pronunce giurisprudenziali sia comunitarie (si cita a titolo esemplificativo la sentenza della Corte di giustizia europea del 23 novembre 2006, nella causa C-486/04), sia nazionali (da ultimo la pronuncia n. 1004 del 10 febbraio 2020, della V sezione del Consiglio di Stato), hanno ribadito che l'istituto della Via ex post si può applicare, anche agli impianti già realizzati o in corso di realizzazione;

    si ricorda, infine, la questione dei rifiuti e materiali pericolosi stoccati nello stabilimento (combustibili, additivi, materie secondarie, rifiuti) poiché, nella malaugurata ipotesi in cui la frana scivolasse verso il lago investendo il cementificio sia direttamente, sia con l'onda di ritorno (come simulato negli scenari di rischio), si determinerebbe un gravissimo danno all'ambiente, alla salute pubblica (si segnala che l'acqua del lago è utilizzata per l'irrigazione oltre che come riserva per l'acquedotto del comune di Tavernola) e al turismo,

impegnano il Governo:

   ad adottare iniziative volte a garantire, per quanto di competenza e con l'ausilio delle strutture tecniche del Ministero della transizione ecologica, anche avvalendosi della collaborazione di Ispra e Arpa Lombardia, un costante e approfondito monitoraggio dei fenomeni franosi in atto, sia per quanto riguarda il Monte Saresano sia, in generale, le montagne che circondano il Lago di Iseo, anche in relazione alle esigenze di tutela dei lavoratori e dei cittadini e per sostenere gli enti locali coinvolti al fine di assicurare un sereno avvio e proseguimento della stagione turistica;

   ad adottare iniziative per garantire una costante interlocuzione con la regione Lombardia in relazione allo studio di fattibilità tecnico-economica riguardante gli interventi di cui in premessa, finalizzato ad individuare adeguate soluzioni tecniche per la mitigazione del rischio idrogeologico e a quantificare i relativi costi;

   a prevedere il coinvolgimento dell'Istituto idrografico della Marina Militare per effettuare un'analisi dei dati del Lago di Iseo e, in particolare, per svolgere rilievi idrografici con modellazione 3D del fondale, funzionali anche agli altri studi sul comportamento dell'eventuale onda anomala, e per effettuare campionamenti dell'acqua e dei sedimenti sul fondale, anche in profondità, per la loro caratterizzazione chimica al fine di verificare la qualità dell'acqua;

   a valutare l'opportunità di un coinvolgimento delle Forze Armate, in concorso con le attività di Protezione civile, non solo in caso di emergenza per la gestione di un'eventuale evacuazione della popolazione, ma anche per lo svolgimento delle esercitazioni finalizzate ad istruire la popolazione circa i comportamenti da adottare in caso di emergenza;

   ad adottare iniziative per verificare, per quanto di competenza, se i piani di emergenza riguardanti situazioni di rischio idrogeologico, ove già adottati, siano pienamente idonei, in relazione ai diversi scenari di rischio, in termini di risorse e mezzi, a garantire la messa in sicurezza della popolazione in caso di evento disastroso e se siano allocate in loco idonee risorse anche di Protezione civile per la migliore e tempestiva attuazione della pianificazione di emergenza;

   ad adottare iniziative per verificare, con l'ausilio delle strutture tecniche del Ministero della transizione ecologica anche avvalendosi della collaborazione di Ispra e Arpa Lombardia, la sussistenza dell'eventuale minaccia di danno ambientale ai sensi dell'articolo 300 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, per la presenza attuale e futura, tenendo conto che il cementificio riprenderà le proprie attività, di materiali e sostanze pericolose stoccate nell'area dello stesso cementificio;

   a verificare, per quanto di competenza, con l'ausilio delle strutture tecniche del Ministero della transizione ecologica anche avvalendosi della collaborazione di Ispra e Arpa Lombardia, se la ripresa dell'attività estrattiva nella miniera Ca’ Bianca, ora sospesa, stante l'attuale situazione di pericolosità, sia compatibile o meno con la presenza della frana e quindi ad adottare tutte le iniziative di competenza conseguenti;

   ad adottare iniziative normative urgenti per chiarire che in casi come quelli esposti in premessa, anche in considerazione della situazione di grave criticità ambientale, sia necessario procedere alla Via ex post, anche alla luce dell'orientamento della giurisprudenza comunitaria e amministrativa in materia;

   ad adottare iniziative di competenza per assicurare i necessari finanziamenti per la messa in sicurezza del territorio del Monte Saresano, nell'abito della programmazione del ReNDIS (Repertorio nazionale per la difesa del suolo), allorché la regione Lombardia vi abbia predisposto il relativo studio di fattibilità tecnico-economica, o a valere sulle risorse a disposizione nell'ambito dei fondi europei;

   ad adottare iniziative, anche normative, per rafforzare le strutture tecniche e in particolare il sistema delle Agenzie regionali di protezione ambientale (Arpa) che sono parte integrante del Sistema nazionale di protezione ambientale, attualmente sottodimensionate rispetto alle richieste di intervento (studi/monitoraggi/progetti) che provengono dai territori e dalle amministrazioni locali.
(7-00653) «Pezzopane, Pagani, Berlinghieri, Carnevali, Ciagà, Braga, Buratti, Morassut, Morgoni, Pellicani, Rotta».


   La III Commissione,

   premesso che:

    la Turchia del presidente Erdogan ha assunto, da tempo, una pericolosa deriva islamista che nella politica domestica si estrinseca nella compressione dei più elementari diritti politici e sociali dei cittadini, mentre nella politica estera si traduce nella costante eccitazione di una logica di scontro di civiltà in nome dell'islamismo politico;

    il Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp) di Erdogan rivendica la tradizione dell'islam politico;

    Erdogan, nella costruzione di una modernissima e preoccupante «democratura islamista», sta occupando ogni carica dello Stato, in spregio ad ogni principio di equilibrio fra poteri;

    la Turchia di Erdogan ha smantellato, nel complice silenzio occidentale ed europeo, i principi laici introdotti da Ataturk nei suoi sedici anni di ininterrotto Governo;

    la pericolosa deriva islamista della Turchia di Erdogan non può più essere sottovalutata dalla Comunità internazionale per i motivi infra dedotti;

    sul fronte islamista:

     nel contesto della guerra all'Isis in Siria, i funzionari turchi hanno garantito accoglienza all'interno dei confini del Paese della mezzaluna ai militanti di Isis che scappavano dai curdi, fatto confermato dalla notizia che molti jihadisti catturati dai curdi nel Nord della Siria fossero in possesso di documenti per entrare e uscire regolarmente dal territorio turco e abbiano affermato di essere stati assistiti da funzionari turchi;

     altra terribile circostanza di riscontro è costituita dal fatto che miliziani jihadisti hanno collaborato con i militari turchi non solo nell'occupazione di Afrin, città a Nord della Siria, ma anche nella conseguente e terribile pulizia etnica;

     ulteriormente due funzionari dell'intelligence turca, catturati dai guerriglieri curdi nel nord dell'Iraq nel 2017, hanno fornito nomi e contatti di una rete di assistenza all'Isis e ad altri gruppi jihadisti che sono operativi in Siria e in Iraq e che farebbe capo direttamente al Governo turco di Erdogan;

     a ciò si aggiunga che Wikileaks ha pubblicato 58.000 e-mail che testimoniano, senza possibilità di smentita, il coinvolgimento del genero di Erdogan, Berat Albayrak, nel sostegno al mercato illegale del petrolio dell'Isis rubato dai pozzi di Siria e Iraq, la cui vendita finanziava il Califfato nell'acquisto di armi;

     ancora, la figlia del presidente turco, Sumeyye Erdogan, ha organizzato a Sanliurfa – città nella parte sud orientale della Turchia vicina al confine siriano – un centro medico che include un ospedale per curare i feriti dell'Isis;

     secondo diversi osservatori, Erdogan sarebbe il principale sponsor del terrorismo jihadista nella regione, una sorta di padrino per i «fratelli» del Califfato, che, in Turchia, vengono sostenuti e protetti; a New York, durante l'assemblea generale delle Nazioni Unite del settembre 2019, il Ministro degli esteri egiziano, Ahmed Hafez, ha lanciato precise accuse contro Erdogan, sostenendo che il presidente turco supporta il terrorismo dell'Isis anche in Libia, attraverso la costante fornitura di assistenza militare, armi e addestramento;

     le dettagliate circostanze di cui sopra confermano che Erdogan stia pascendo e proteggendo i terroristi del presente e del futuro;

    sul fronte del rapporto con la cristianità:

     ancora, al fine di rappresentare la simbolica battaglia ingaggiata contro l'Europa, l'Occidente e la Cristianità, riproducendo la retorica jihadista, volta a cancellare le tracce della Cristianità proprio dalle terre ove ha mosso i primi passi, il sultano Erdogan, nel marzo 2019, ha fatto filtrare lo sconcertante proposito di convertire Santa Sofia, la storica chiesa della Cristianità costruita nel 537 dall'imperatore Bizantino Giustiniano, in Moschea;

     il terrificante annuncio, evidentemente volto ad alimentare la retorica islamista e anticristiana della «fratellanza dei naxbantiya» a cui appartiene Erdogan, è stato: «non sarà più museo. Il suo status cambierà. La chiameremo moschea»;

     nel luglio del 2019 Erdogan passava dalla retorica ai fatti e cancellava la precedente disposizione, adottata nel 1934 da Ataturk, riconvertendo Santa Sofia in moschea, nella disarmante paralisi della comunità internazionale che si limitava a proteste formali e protocollari;

     la decisione contravveniva a quanto era stato suggerito dall'Unesco, che aveva invitato a non modificare lo status di museo dell'edificio senza aver prima avviato un dialogo sull'argomento inclusivo di tutte le comunità del Paese;

     lo scontato epilogo, nel disarmo europeo, è stata la definitiva conversione di Santa Sofia in moschea aperta alla preghiera ufficialmente dal 24 luglio 2020;

    sul fronte europeo:

     nel rapporto con l'Europa, anche a prescindere dall'utilizzo spregiudicato dei migranti come soverchia arma di pressione, è bene ricordare che Erdogan nel 2017 ha, in termini agghiaccianti, invitato ogni turco residente in Europa a fare «almeno 5 figli... sarà la migliore risposta all'ingiustizia che vi è stata fatta»;

     il predetto invito rende soverchio il proposito di Erdogan di islamizzazione dell'Europa attraverso la proliferazione;

     anche tali agghiaccianti appelli sono il segno della volontà di alimentare fratture e una millenaristica contrapposizione con l'Europa;

     nondimeno, la Turchia svolge anche un ruolo di primo piano nel finanziamento delle moschee e degli imam in Europea. A titolo esemplificativo, ma non esaustivo, a Strasburgo è in fase di costruzione la moschea più grande d'Europa che verrà completata nel 2025. Il progetto, che comprende la costruzione di due minareti alti 36 metri e ha un costo complessivo di oltre 36 milioni di euro, è finanziato e supportato da due associazioni islamiche turche, Mili Gorus e il Comité de coordination des musulmans turcs de France (Ccmtf), vicine all'islamo-nazionalismo di Erdogan;

     le predette due associazioni islamiche turche si sono anche rifiutate di firmare la nota «Charte de principes pour l'islam de France», il documento concordato nel gennaio 2020 tra il Governo francese e il Consiglio francese del culto musulmano (Cfcm) che chiede il rispetto dei principi fondamentali della Costituzione francese, ma anche di uguaglianza, reciprocità e diritti umani a livello globale;

     le organizzazioni Ccmft e Mili Gorus rientrano in quello che viene definito da Parigi come «Islam politico» o «separatismo islamista» di matrice turca. La prima è legata al direttorato governativo per gli affari religiosi «Diyanet», mentre la seconda è stata fondata nel 1969, da Necmettin Erbakan e indicata da numerosi studiosi come legata all'ideologia islamista dei Fratelli Musulmani;

     le predette organizzazioni sono macchine della propaganda islamista di Ankara al punto da venire definite dall'esperto di Fratellanza, Lorenzo Vidino, come «La lunga mano di Erdogan in Europa»;

     il rapporto d'informazione del Senato Francese «sull'organizzazione, il ruolo, i finanziamenti dell'Islam in Francia e dei suoi luoghi di culto» ha confermato la strategia di penetrazione islamica in Francia per il tramite dell'invio di imam nelle moschee, affermando che «la Turchia ha scelto di contribuire al funzionamento delle moschee attraverso l'invio di imam»;

     il predetto rapporto significativamente qualifica gli imam inviati dalla Turchia «imam detaches» (imam distaccati) poiché «stranieri, finanziati dall'estero, con la procedura dei funzionari distaccati e nell'ambito di accordi bilaterali»;

     quanto sopra rappresenta un ulteriore tassello della penestrazione islamico-politica in Europa di Erdogan per il tramite delle moschee e degli imam, nella veste quasi di funzionari dello Stato turco;

     ultima ma non meno importante perfomance degna di nota di Erdogan nei confronti dell'Europa è stata l'ospitalità riservata alla Presidente della Commissione europea Von Der Leyen, accomodata a lato in un divanetto, nel contesto di una visita internazionale, nuovamente, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, per «occhieggiare» all'integralismo islamico e mostrare quale sia il suo rispetto per l'Europa e per le donne;

    sul fronte della politica estera:

     a tacere di altre inaccettabili prese di posizione in politica estera, il presidente Erdogan ha deciso di egemonizzare l'area del mediterraneo orientale nella convinzione che il futuro della Turchia sia non solo quello di potenza regionale, ma di guida dell'intero islam politico;

     in tale ottica, incredibilmente e in spregio ad ogni norma e convenzione del diritto del mare, il Ministro dell'energia turco Fatih Donmez, nel corso del 2019, ha dato sfacciatamente e provocatoriamente l'ordine di iniziare le trivellazioni nel cosiddetto Blocco n. 7, di pertinenza del Governo di Nicosia e assegnato ad un consorzio formato da Eni e Total;

     a seguito della predetta decisione il Governo turco ha inviato la nave da trivellazione Yavuz nelle aree di sovranità marittima di Cipro, nazione europea, accompagnata da fregate militari che hanno allontanato le navi da trivellazione di Eni e Total che beneficiano di legittime concessioni estrattive del governo cipriota;

     l'invio di navi militari nell'area di esclusiva sovranità marittima di Cipro è evidentemente atto unilaterale e militare di aggressione ai danni di una nazione europea;

     l'inaudita posizione turca si inserisce nella sfacciata prosecuzione della sua temeraria politica energetica che, utilizzando il governo di Cipro del Nord, sostiene, in spregio alla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, che l'area marittima in questione appartenga alla piattaforma continentale turca;

     l'atteggiamento di aperta sfida turca pregiudica gli interessi all'approvvigionamento energetico nazionale, atteso che Eni detiene buona parte delle concessioni cipriote, ma soprattutto tale postura è chiaramente una nuova sfida alla comunità internazionale e, contestualmente, un forte messaggio all'islamismo politico di cui, anche tramite queste azioni, Erdogan vuole rivendicare la guida;

     l'Unione europea ha inserito il caso Turchia più volte nell'agenda delle ultime riunione del Consiglio europeo al fine di valutare la possibilità di assumere misure più severe contro Ankara per la spregiudicata posizione in campo di accaparramento energetico al di fuori di ogni legalità ed in spregio alla territorialità cipriota;

     le politiche di blande sanzioni non hanno fermato Erdogan che, a più riprese, ha accompagnato con navi militari le sue navi da trivellazioni all'interno della Zona economico esclusiva cipriota, con ciò violando, con mezzi militari ed unilateralmente, la sovranità marittima di una nazione europea;

     in ottobre 2019 la Turchia ha, inoltre, lanciato l'operazione «Sorgente di pace» nel nordest della Siria, con l'ingresso di truppe e mezzi militari che hanno occupato una fascia di circa 30 chilometri a partire dal confine turco all'interno del territorio del Kurdistan siriano;

     ufficialmente, l'operazione è volta a costituire una fascia di sicurezza per «eliminare i gruppi terroristi esistenti nella regione, specialmente Daesh e Pkk/Pyd-Ypg ad est del fiume Eufrate, e stabilire un corridoio di pace per assicurare che i profughi siriani che vivono in Turchia possano fare ritorno nella loro terra natale»;

     il segretario generale della Lega Araba, Ahmed Aboul Gheit, ha chiaramente definito l'operazione turca come «un'invasione di uno Stato arabo e un'aggressione alla sua sovranità», e il presidente Mohamed Ali Alhakim ha avvisato del fatto che l'offensiva «aggraverà la crisi umanitaria, aumenterà la sofferenza del popolo siriano e rafforzerà la capacità dei terroristi di riorganizzarsi»;

     gruppi jihadisti appartenenti ad Al Nusra si sono uniti, infatti, alla Turchia per fare la guerra ai curdi: decine di foto scattate dagli stessi miliziani ne sono stata la più innegabile testimonianza e rendono verosimile l'ipotesi formulata da più attori internazionali che i terroristi islamici detenuti fossero stati liberati dall'esercito turco;

     diverse fonti curde hanno inoltre confermato che centinaia di affiliati Isis sono scappati dai campi di detenzione e si sono uniti all'esercito turco;

     conclusivamente, Erdogan non solo ha menomato l'integrità territoriale siriana, ma ha conseguito l'obiettivo di mettere in campo una devastante operazione di pulizia etnica nei confronti dei curdi che furono essenziali alleati nella lotta al jihadismo del Califfato, liberando, proteggendo e arruolando centinaia di miliziani jihadisti;

     continuare a consentire alla Turchia di operare in spregio alle norme della comunità internazionale alimenterebbe il «mito del rinato impero ottomano» presso la comunità islamica più radicale, con fatali ricadute in termini di scontro di civiltà;

     a fronte della condanna dell'Europa dell'operazione militare turca, Erdogan ha reagito in questi termini chiaramente minatori «Vi avverto, se cercherete di descrivere la nostra operazione (nel Nord della Siria) come un'invasione, il nostro lavoro sarà facile: apriremo i confini e invieremo 3,6 milioni di rifugiati in Europa»;

     nel 2020, ulteriormente e come è noto, Erdogan è intervenuto militarmente nella crisi, sfociata in conflitto armato tra Armenia e Azerbaigian;

     a prescindere dalle vincevoli ragioni, il conflitto ha, sin da subito, assunto i contorni della tragedia umanitaria;

     in particolare, Erdogan ha esportato jihadisti dalla Siria e dalla Libia in Azerbaigian, fornendo anche supporto logistico all'aeronautica militare azera per gli attacchi alla Armenia e alla regione del Nagorno Karabakh;

     fonti armene hanno denunciato bombardamenti indiscriminati sui civili e l'utilizzo, da parte azera, delle cosiddette «bombe a grappolo», in evidente sfregio del diritto internazionale;

     l'intervento militare di Erdogan per il tramite di consiglieri militari e, soprattutto, di jihadisti, ha aggravato la situazione sotto il profilo umanitario, facendogli assumere i sanguinari contorni della guerra anche di religione;

     anche in questo caso appare evidente il progetto: «occhieggiando» all'idea del neo impero ottomano, Erdogan si accredita come Nazione forte della Fratellanza Musulmana e utilizza la leva dello scontro di civiltà per ingaggiare con l'Occidente e l'Europa la guerra per l'approvvigionamento energetico;

     anche nella regione caucasica, dunque, Erdogan ha assunto le vesti di elemento perturbatore, intervenendo militarmente e alimentando ulteriormente la tensione, in particolare con evocazioni storiche agghiaccianti con cui precisava di voler «completare l'opera dei padri», facendo neanche troppo velato riferimento al genocidio del popolo armeno;

     in particolare, quest'ultimo agghiacciante riferimento storico alimenta ferite mai sopite e l'idea di uno scontro di civiltà;

     Erdogan, dunque da tempo, destabilizza intere aree a partire dal Mediterraneo orientale, dalla Siria e dalla Libia, la cui rilevanza per l'Italia in termini di sicurezza nazionale e approvvigionamento energetico merita successive e particolari considerazioni;

    sulla Libia:

     sin dallo scoppio del conflitto che ha rovesciato il Governo di Gheddafi, la Turchia ha cercato di giocare un ruolo di primo piano sullo scacchiere libico a tutto danno dell'Italia;

     la Turchia ha fornito un pesante aiuto militare, anche infrangendo l'embargo decretato dalle Nazioni Unite, che ha permesso alle truppe legittime di Al Serraj di rovesciare la situazione sul campo di battaglia e sconfiggere l'offensiva del generale Haftar, con l'ausilio di mercenari siriani, batterie antiaeree, droni in assetto da battaglia, continui rifornimenti di armi e munizioni turche;

     nel 2020, nell'assordante silenzio del Ministero degli esteri italiano, i responsabili della difesa di Turchia e Qatar hanno ottenuto dal premier di Tripoli Fayez Al Serraj un vantaggioso accordo grazie al quale una parte del porto di Misurata si è trasformata in una base navale turca, garantita da una concessione di 99 anni. In base allo stesso accordo, l'aviazione militare turca potrà utilizzare la base aerea di al-Watya nella Tripolitania Occidentale;

     gran parte della costa libica è nelle mani di milizie fedeli ad Ankara, che, ad oggi, controlla le due principali direttrici dei flussi migratori irregolari verso l'Unione europea;

     la Turchia di Erdogan ha, inoltre, concluso con la Libia accordi per la delimitazione delle rispettive Zee con il preciso scopo della sfruttamento dei gasdotti e soprattutto al fine di ritardare esecuzione del gasdotto Eastmed;

     la delineata fascia di Zee turco-libica taglia, infatti, in due il Mediterraneo orientale, creando potenziali problemi geopolitici attinenti la libertà di navigazione e la posa di gasdotti di particolare importanza per l'Italia come il gasdotto Eastmed;

     anche l'accordo di delimitazione turco-libico vola palesemente il diritto internazionale in quanto non tiene in debito conto i diritti degli altri Stati costieri sovrani come Grecia e Cipro, due Stati membri dell'Unione europea, inglobando in alcuni casi anche isole che fanno parte del rispettivo territorio nazionale;

     Ankara ha successivamente reso noto di aver ottenuto dal Governo di Accordo nazionale libico anche le licenze di esplorazione e perforazione relative a 7 aree situate nel Mediterraneo orientale;

    sul fronte interno:

     anche sul fronte interno il quadro turco appare inquietante;

     a seguito del tentato golpe del 2016, il Governo turco ha accusato di attività terroristiche e/o eversive avvocati, giuristi, accademici, intellettuali, giornalisti e artisti, rei in verità di svolgere, con indipendenza e imparzialità, la professione e di aver manifestato critiche alla democratura di Erdogan, procedendo con arresti sommari e processi svolti in violazione dei più elementari principi del contraddittorio e del giusto processo;

     a febbraio 2020, secondo Lawyers Initiative, erano stati indagati oltre 1.500 avvocati, centinaia di essi sono stati arrestati in attesa di giudizio e complessivamente è stata erogata una pena di 2.728 anni di reclusione a circa 441 avvocati, utilizzando strumentalmente le liberticide leggi speciali per il contrasto alla attività terroristica e alla propaganda terroristica;

     la recrudescenza della repressione nei confronti dell'avvocatura è espressione della brutale volontà di calpestare ogni resistenza anche processuale alla democratura;

     oltre alle legittime proteste degli avvocati turchi, la gravità della situazione ha suscitato l'intervento del Consiglio degli ordini forensi d'Europa organismo di rappresentanza dell'avvocatura dei Paesi del Consiglio d'Europa, a tutela dei diritti degli avvocati turchi;

     anche i relatori speciali dell'Onu sono intervenuti richiedendo, senza esito, l'immediato rilascio delle persone detenute in spregio al diritto internazionale;

     durissimo è stato l'intervento del Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa che ha precisato che «il sistema giudiziario turco si sta trasformando in uno strumento per zittire avvocati, difensori dei diritti umani e giornalisti, attraverso una negazione sistematica dei principi più basici dello stato di diritto»;

     incredibilmente, negli ultimi dieci anni, l'Unione europea ha finanziato con più di 5 miliardi di euro i progetti finalizzati all'adesione della Turchia (somme cui devono aggiungersi gli ingenti stanziamenti per fermare i flussi di immigrati mediorientali);

     i predetti finanziamenti, finalizzati all'adesione della Turchia, sono incomprensibili alla luce dell'aperta ostilità della Turchia nei confronti dell'Europa, giunti sino alla potente aggressione, per il tramite di navi da guerra, di Cipro, nazione europea, all'interno della sua sovranità marittima,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative in ogni sede opportuna, in particolare in sede di Unione europea, affinché sia affrontata la questione della Turchia, in particolare richiedendo:

    a) l'adozione di severe sanzioni per la denegata ipotesi che la Turchia non ritiri ogni rivendicazione sulla Zee di Cipro, rispettando le legittime concessioni estrattive, non si ritiri immediatamente dai confini della libera Siria, cessando ogni operazione militare e non riveda, con tutti gli Stati interessati, l'accordo di delimitazione delle rispettive Zee sottoscritto con la Libia, a parere dei firmatari del presente atto senza alcuna considerazione delle norme internazionali, a tutela degli altri stati riviareschi;

    b) in ogni caso, all'Unione europea, la formale revoca dello status di «associato» all'Europa della Turchia, ponendo unilateralmente fine a qualsivoglia negoziato per l'adesione della Turchia all'Unione europea.
(7-00654) «Delmastro Delle Vedove, Bignami, Donzelli, Galantino, Prisco, Rotelli».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, VARCHI, PRISCO, DE TOMA, SILVESTRONI, ALBANO, FERRO, ZUCCONI, ROTELLI, RACHELE SILVESTRI, BUTTI e DEIDDA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 6 maggio 2021 la Guardia costiera libica si è fatta lecita di aprire il fuoco nei confronti di un peschereccio italiano, ferendo ad un braccio il comandante;

   secondo le prime e pur confuse notizie sembrerebbe addirittura che la Guardia costiera libica abbia aperto il fuoco dalla barca Obari, conferita dall'Italia per il programma di impegno comune nella lotta all'immigrazione clandestina;

   il peschereccio italiano Aliseo, nel momento del gravissimo attacco a fuoco da parte della Guardia costiera libica si trovava a circa 35 miglia dal porto di Al Khums, unitamente ad altri pescherecci italiani, e quindi non aveva violato le 12 miglia delle acque territoriali previste dai trattati internazionali;

   la Libia, con atto unilaterale, predatorio e giuridicamente illegittimo, ha allargato, senza alcuna condivisione con l'Italia, la «zona economica esclusiva» al limite massimo di 74 miglia, con ciò rivendicando un infondato diritto esclusivo di pesca;

   l'Italia non ha mai deciso di contestare frontalmente tale improvvida e illegittima proclamazione della «zee» libica da parte delle autorità di Tripoli;

   da ogni resoconto delle visite del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Di Maio in Libia pare che gli unici temi che vengano trattati siano nuove elargizioni o nuove promesse economiche;

   viceversa, è necessario definire una volta per tutte l'area di libera pesca per i pescatori italiani, contestando le unilaterali proclamazioni libiche che ledono l'interesse nazionale;

   allo stesso modo è forse bene chiarire alle autorità libiche che i nostri pescatori non sono immigrati clandestini e che le imbarcazioni donate per contrastare l'immigrazione clandestina e la tratta degli schiavi debbono essere rivolte verso la costa libica e non quella italiana –:

   se sia stato accertato che la motovedetta usata dalla Guardia costiera per sparare al peschereccio italiano fosse l'imbarcazione Obari donata dall'Italia per il programma di contrasto alla immigrazione clandestina;

   in tale caso, quali siano gli intendimenti del Governo in ordine alla richiesta di immediata restituzione del mezzo;

   quali siano più in genere gli intendimenti del Governo per garantire i diritti di pesca italiani nel Mediterraneo ed il loro libero e sicuro esercizio da parte dei nostri pescatori;

   se il Governo intenda contestare formalmente l'estensione della «zee libica» ed in quali sedi e con quali modalità.
(5-05954)

Interrogazione a risposta scritta:


   DALL'OSSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi il Ministero della salute ha emanato una circolare contenente il parere del Comitato tecnico scientifico in merito alla estensione dell'intervallo tra le due dosi dei vaccini a mRNA e alla seconda dose del vaccino Vaxzevria;

   alla luce dell'evoluzione nella conduzione della campagna vaccinale contro Sars-CoV-2, il Cts, nel suo parere, ha evidenziato la necessità di vaccinare un elevato numero di soggetti a rischio di sviluppare forme gravi o addirittura fatali di Covid-19. Sulla scorta di questa considerazione, pur a fronte di studi registrativi che indicano come l'intervallo tra la prima e la seconda dose dei vaccini a Rna (PfizerBioNtech e Moderna) sia di 21 e 28 giorni rispettivamente, il Comitato raccomanda comunque un prolungamento nella somministrazione della seconda dose nella sesta settimana dalla prima dose;

   in conseguenza della suddetta circolare del Ministero in cui si riporta il parere del Cts che chiede di allungare l'intervallo fra le due inoculazioni del vaccino contro il virus, in questi giorni la Federazione degli oncologi, cardiologi e ematologi, ma non solo, ha espresso forte preoccupazione perché, per molti pazienti fragili, l'immunizzazione dopo la prima dose non è completa, e quindi un prolungamento dei tempi per il richiamo potrebbe rappresentare un pericolo per questi soggetti;

   il Presidente della Federazione degli oncologi, cardiologi e ematologi, Francesco Cognetti, ha sottolineato come le persone colpite da cancro non sviluppano una adeguata risposta anticorpale dopo la prima somministrazione, e, quindi, non devono essere estesi i tempi per il richiamo. Conseguentemente ha chiesto al Comitato tecnico scientifico e al Ministro della salute, che non venga applicata la circolare sull'estensione degli intervalli di immunizzazione anti Covid ai pazienti oncologici e, con ogni probabilità, anche a tutti coloro che sono considerati estremamente fragili;

   sempre il professor Cognetti ha ribadito con forza che, ai soggetti più fragili, la seconda dose del vaccino anti-Covid debba essere somministrata senza ritardi. I pazienti oncologici in trattamento attivo, in particolare, devono essere vaccinati con la seconda inoculazione entro 21 giorni. Le evidenze scientifiche, infatti, dimostrano che questi soggetti estremamente vulnerabili hanno meno probabilità rispetto alle persone sane di sviluppare una risposta anticorpale dopo la prima dose del vaccino prodotto da Pfizer e dovrebbero avere la priorità della seconda dose entro tre settimane;

   peraltro, i pazienti immunocompromessi presentano una maggiore incidenza di infezione persistente da Sars-CoV-2, che può rappresentare un importante serbatoio per lo sviluppo di nuove varianti virali. Ecco perché vanno rispettati rigorosamente i tempi di somministrazione dei vaccini a tutti i soggetti più fragili;

   anche uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Lancet Oncology, che ha indagato la sicurezza e l'efficacia del vaccino Pfizer nei pazienti oncologici, ha confermato l'estrema importanza che detti soggetti fragili ricevano velocemente entrambe le dosi, ricevendo quindi la seconda iniezione nei tempi previsti e senza ritardi –:

   se il Governo non intenda rivedere urgentemente l'indicazione di un prolungamento temporale nella somministrazione della seconda dose anti Covid, come previsto dalla circolare di cui in premessa, perlomeno per i soggetti più vulnerabili, immunodepressi o pazienti oncologici, come chiesto con forza e preoccupazione dalla comunità scientifica, al fine di garantire a detti soggetti fragili il pieno rispetto, e senza ritardi, dell'intervallo previsto per la somministrazione delle due dosi di vaccino.
(4-09219)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta orale:


   BOLDRINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   da diversi giorni in molte città della Colombia sono in corso massicce proteste contro il presidente Iván Duque e il suo Governo, che, in alcuni casi, hanno portato a scontri violenti tra manifestanti e polizia; secondo quanto riporta la Comunità Papa Giovanni XXIII, 21 persone sono state uccise tra i manifestanti, 2 tra gli agenti di polizia, 87 risultano i desaparesidos e i feriti sono oltre 800;

   le proteste erano iniziate per contestare una proposta di riforma fiscale inviata dal Governo al Parlamento il 15 aprile 2021, ma sono presto diventate qualcosa di diverso e più grande, dirette contro l'intero operato dell'esecutivo;

   nonostante il 2 maggio 2021 Duque abbia ritirato la riforma fiscale, e nonostante le dimissioni del Ministro delle finanze, Alberto Carrasquilla, le manifestazioni sono continuate, in un clima di sempre maggiore violenza;

   il presidente Duque è stato contestato soprattutto per la gestione della pandemia: la Colombia ha infatti imposto uno dei lockdown più lunghi al mondo, che ha causato enormi problemi economici, tra cui la chiusura di oltre 500 mila attività. Al momento si stima che il 43 per cento della popolazione sia povero, il 7 per cento in più rispetto al periodo pre-pandemia, e che, nell'ultimo anno, 2,8 milioni di persone sono finite in condizione di estrema povertà: cioè quella di chi guadagna meno di 145 mila pesos al mese, circa 32 euro;

   le maggiori violenze si sono verificate nelle città più grandi, come Calì, Medellín e la capitale Bogotà. Negli ultimi giorni sui social network sono comparsi diversi video in cui si vedono azioni particolarmente violente da parte della polizia;

   il 1° maggio 2021 Duque ha schierato l'esercito per fermare le proteste, provocando un ulteriore peggioramento della situazione: le uccisioni dei manifestanti, tra cui almeno due adolescenti, hanno alimentato ancora di più le proteste, che si sono dirette anche contro le violenze e gli abusi compiuti dalla polizia –:

   se il Governo intenda intraprendere un'iniziativa urgente affinché venga richiesto allo Stato colombiano di fermare la repressione degli scioperi e delle manifestazioni e garantire il diritto alla libertà di riunione pacifica, come sancito dall'articolo 37 della Costituzione colombiana;

   quali iniziative intenda promuovere il Governo affinché vengano promosse occasioni di dialogo e azioni costruttive al fine di superare la crisi umanitaria che sta attraversando il Paese.
(3-02253)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MATURI, BILLI, CECCHETTI, COIN, COMENCINI, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, FORMENTINI, PICCHI, RIBOLLA, SNIDER e ZOFFILI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 9 aprile 2021 Oipa Italia, sezione italiana dell'Organizzazione internazionale per la protezione degli animali, ha reso noto nel nostro Paese che il Governo del Pakistan ha deciso di abbattere almeno 25 mila cani randagi nei prossimi due mesi per contenerne il numero;

   sempre stando ad Oipa Italia, le uccisioni sarebbero già iniziate nelle amministrazioni del Lodhran, Kehror Pakka e Dunyapur, e dovrebbero presto estendersi a numerose altre altre città;

   Oipa International ha scritto al Primo Ministro, Imran Khan, chiedendo che venga fermato il massacro e che il Governo pachistano affronti il problema del sovrannumero di randagi e della diffusione della rabbia con un approccio etico, sostituendo le uccisioni con un programma di cattura, sterilizzazione, vaccinazione e rilascio dei cani sul territorio;

   in effetti, non sarebbe la prima volta che le autorità pachistane ricorrono a questi metodi estremi per contenere il randagismo canino;

   sarebbero in effetti più di 50 mila i cani che muoiono ogni anno sulle strade del Pakistan per mano del Governo, uccisi con armi da fuoco o avvelenati tra sofferenze atroci;

   gli stessi cittadini pachistani sarebbero convinti che questo metodo inumano e crudele sia l'unica soluzione per risolvere il problema, tanto che alcuni di loro prenderebbero attivamente parte alle uccisioni impiccando o avvelenando i cani, anche su commissione;

   l'Ojpa ha raccomandato l'avvio di un'azione di sensibilizzazione nei confronti del Governo di Islamabad e dell'opinione pubblica pachistana, allo scopo di preparare il superamento di queste tecniche brutali di contenimento del randagismo –:

   se il Governo intenda assumere iniziative per quanto di competenza — e quali e in che tempi — per concorrere al contenimento della pratica delle uccisioni di massa dei cani, cui si ricorre in Pakistan per contrastare il fenomeno del randagismo.
(5-05955)


   QUARTAPELLE PROCOPIO e DELRIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in Colombia, da alcuni giorni, vanno avanti violente proteste, partite per manifestare contro un nuovo progetto di riforma fiscale. Nonostante il presidente Duque, dopo 4 giorni di proteste continuate, abbia annunciato il ritiro della riforma e l'inizio della negoziazione di un nuovo disegno di legge con le altre parti politiche, e il Ministro delle finanze si sia dimesso, le proteste sono continuate per chiedere miglioramenti ai sistemi pensionistici, sanitari e scolastici del Paese;

   l'annuncio della riforma è stato solo la scintilla che ha fatto scoppiare l'incendio dell'insoddisfazione sociale, gravata ancora di più dalla pandemia;

   i sindacati hanno organizzato una marcia nazionale venerdì 28 aprile 2021. La chiamata alla piazza ha riunito 5 milioni di persone in 600 città diverse e, anche se la maggior parte delle manifestazioni si è svolta in modo pacifico, non sono mancati i disordini, gli scontri e i saccheggi a Bogotà, a Calì e a Medellín;

   la repressione delle forze dell'ordine è stata durissima: secondo la stampa sono 24 i morti e più di 800 i feriti registrati dal 28 aprile al 5 maggio 2021 (le organizzazioni della società civile denunciano un numero maggiore di vittime);

   la violenza della polizia, ben lungi dall'aver posto fine alle manifestazioni, ha scatenato, invece, ulteriore rabbia nei cittadini;

   i resoconti che giungono dalle strade della Colombia riportano le azioni delle forze nazionali intente a reprimere i manifestanti sparando sulla folla a distanza ravvicinata, senza obiettivi, per poi farsi strada tra le persone con scudi e manganelli, con gratuità e ferocia;

   a Calì, secondo un giovane avvocato per i diritti umani, la cui testimonianza è stata riportata dal Washington Post, la polizia avrebbe aperto il fuoco sulla folla da elicotteri, impedendo contemporaneamente la fuga dei manifestanti con la presenza degli agenti sparsi nelle strade limitrofe al luogo di ritrovo dei cittadini;

   la situazione di aperto scontro sociale si inserisce in un contesto di grave recrudescenza della pandemia e dell'aumento del numero dei contagi: un virus che ha già ucciso in Colombia più di 70 mila persone. Ad oggi, nelle maggiori città del Paese il sistema sanitario è al collasso. Inoltre, nel 2020, infatti, il prodotto interno lordo colombiano è sceso del 6,8 per cento il crollo più profondo in mezzo secolo, e la pandemia di coronavirus ha ulteriormente aumentato il tasso di disoccupazione;

   l'Unhcr ha accusato le forze di sicurezza della Colombia di usare una forza eccessiva contro i manifestanti e l'Onu ha confermato che la polizia ha sparato sui manifestanti durante le proteste;

   sulla situazione in Colombia si sono pronunciati gli Stati Uniti, condannando i fatti violenti e chiedendo che sia rispettato il diritto democratico di protestare pacificamente;

   anche l'Unione europea ha espresso preoccupazione per la crisi colombiana e condanna per le violenze, pur «avendo fiducia nella capacità delle istituzioni colombiane di indagare i fatti, rispettare i diritti dei manifestanti e fare in modo che non ci sia un uso sproporzionato della forza da parte delle autorità di sicurezza» –:

   se il Governo intenda esprimere una salda condanna degli atti di violenza contro il legittimo diritto alla protesta e la libertà di riunione pacifica e di espressione che si stanno verificando in Colombia;

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Governo, nei rapporti bilaterali con la Colombia nei consessi internazionali, per fermare immediatamente la repressione degli scioperi e delle manifestazioni e garantire il diritto alla libertà di riunione pacifica, come sancito dall'articolo 37 della Costituzione colombiana e promuovere e sostenere ambiti di dialogo ed azioni costruttive per superare la crisi umanitaria che sta attraversando il Paese.
(5-05959)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DONZELLI e DEIDDA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il maresciallo in ferma volontaria dei Carabinieri Raffaele Russo, oggi effettivo al comando stazione Carabinieri di Roma Tor Sapienza, il 16 marzo 2018, è stato impegnato a Roma in un'attività di contrasto alla criminalità e di pedinamento di due persone sottoposte ad indagine;

   in tale circostanza il sottufficiale, che aveva colto due indagati in flagranza di reato a bordo del veicolo in loro possesso, ha esploso un colpo con l'arma d'ordinanza per opporsi al tentativo dei malviventi di investire lui ed un altro carabiniere dopo l'alt intimatogli, Il colpo, malauguratamente, ha attinto due donne di passaggio in quel momento, a bordo di uno scooter, causandone il ferimento. Per tali fatti, il militare è stato sottoposto a due procedimenti penali, uno presso il tribunale militare di Roma il reato di cui all'articolo 164 del codice penale militare di pace (p.p. n. 108/18 RGNR) ed uno presso il tribunale ordinario di Roma per il reato di cui all'articolo 590 del codice penale (n. 2798/18 RGNR). Il procedimento penale militare è stato archiviato con ordinanza del Gip del tribunale militare di Roma il 10 luglio 2019, avendo di fatto riconosciuto l'uso legittimo delle armi). Il procedimento penale ordinario, invece, instaurato a querela delle persone raggiunte dal proiettile, si è estinto per remissione di querela da parte di queste. Il conducente del veicolo fermato è stato condannato, sia in primo grado che in appello, per tentato omicidio del maresciallo Russo e per resistenza a pubblico ufficiale dal tribunale penale di Roma (nell'ambito del procedimento penale R.G.N.R. 11879/18);

   l'Arma dei Carabinieri, invece, ha irrogato al militare la sanzione disciplinare della consegna di rigore di giorni 5, inoltre, con riferimento al medesimo periodo, ha giudicato «inferiore alla media» il rendimento in servizio del sottufficiale. Con nota n. 359964/M1-3/PERS. MAR. di protocollo del 21 giugno 2019, il capo dell'ufficio personale marescialli del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri ha comunicato che il comando generale dell'Arma dei Carabinieri starebbe valutando, previa acquisizione di un qualificato parere della commissione di valutazione e avanzamento, di non accogliere la domanda presentata dal militare e diretta ad ottenere l'ammissione in servizio permanente al termine della temporanea inidoneità al servizio militare incondizionato, ai sensi dell'articolo 950 del decreto legislativo n. 66 del 15 marzo 2010;

   secondo la nota in riferimento, i motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza sarebbero «riconducibili alla sanzione disciplinare della consegna di rigore comminata per i fatti avvenuti il 16 marzo 2018, alla documentazione caratteristica redatta dai superiori gerarchici, per il periodo dal 17 luglio 2017 al 18 marzo 2018, nella quale ha riportato un giudizio valutativo di “inferiore alla media”, e ai pareri espressi dalla scala gerarchica»;

   con verbale n. 176/21 del 5 agosto 2019, la commissione di valutazione e avanzamento del comando generale dell'Arma dei Carabinieri ha espresso unanime parere contrario al passaggio in servizio permanente del maresciallo Russo;

   dagli organi di stampa si apprende che il suddetto maresciallo è stato recentemente congedato dal servizio –:

   se trovi conferma la notizia circa la decisione dell'Arma dei carabinieri di congedare il maresciallo Russo con riferimento a fatti che la magistratura ha ritenuto assolutamente legittimi e rientranti nell'uso corretto delle armi.
(5-05956)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   MICELI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il tribunale di Gela è, da due anni a questa parte, senza presidente, sostituito, ad interim, dal magistrato capo della sezione penale;

   il territorio di Gela è riconosciuto come uno di quei territori ad altissima densità criminale, con tre cosche mafiose che risultano attive: «Cosa nostra», «Stidda» e «clan Alferi»;

   a marzo 2021 la Commissione d'inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia e della corruzione in Sicilia dell'Assemblea regionale siciliana ha inoltre trasmesso una nota al Vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura e al Ministro interrogato al fine di sollecitare un intervento considerato urgente;

   la Commissione nella nota evidenziava «come tale situazione di disagio si sommi alle già note criticità legate alle carenze della dotazione organica che da tempo affliggono il tribunale gelese», criticità condivise anche dal presidente dell'ordine degli avvocati di Gela, che a sua volta sottolineava come «la endemica carenza di personale sia stata più volte denunziata dall'avvocatura locale come aspetto non indifferente di una precaria architettura della giurisdizione di questo circondario, non adeguatamente allineata ai bisogni di giustizia di un territorio già tristemente noto per la ferocia criminale degli episodi consumatisi, per la sempre costante presenza di fenomeni di criminalità organizzata e per la non troppo latente forma di illegalità percepita in ampi settori della società civile» –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di dover, per quanto di competenza adottare tutte le iniziative necessarie al fine di colmare le carenze di organico nel tribunale di Gela.
(4-09213)


   SIRACUSANO e ZANETTIN. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   presso il tribunale di Roma pende un procedimento penale per la presunta corruzione di un dipendente della società Consip S.p.a. da parte di un noto avvocato che, il giorno 11 marzo 2021, ha presentato un esposto alla procura della Repubblica presso il tribunale di Perugia;

   in tale sede, l'imputato ha segnalato gravi irregolarità nella fase delle indagini preliminari e, segnatamente, in relazione all'irrituale acquisizione di alcune prove a suo carico;

   infatti, nel corso del ridetto processo, l'avvocato Romeo – l'imputato – ha scoperto che, in altro procedimento connesso, erano state depositate intercettazioni, relative al biennio 2016-2017, mai messe a disposizione della difesa, nonostante la rituale e tempestiva richiesta formulata al competente pubblico ministero;

   da fonti di stampa si apprende che si tratta di circa ventimila file occultati per ben quattro anni, fondamentali per dimostrare la sua innocenza: contro l'imputato non sembrerebbero esserci prove o elementi indiziari idonei a suffragarne la colpevolezza poiché l'unico elemento di prova a suo carico sono le dichiarazioni autoaccusatorie rese dal funzionario della Consip S.p.a., tale architetto Gasparri, il quale avrebbe sostenuto di aver ricevuto delle somme di danaro dal legale imputato, in cambio dell'affidamento di appalti;

   tuttavia, sebbene in quel periodo l'imputato fosse intercettato 24 ore su 24, dalle trascrizioni delle intercettazioni non risulterebbero elementi tali da far presumere alcuno scambio illecito tra i due;

   stando alle dichiarazioni rese dalla difesa del presunto corruttore, parrebbe che, dall'ascolto delle intercettazioni – per anni secretate –, si possa evincere che l'atto di accusa e autoaccusa del funzionario Consip S.p.a. non sarebbe stato spontaneo;

   non solo: risulta agli interroganti che il materiale captato fosse a disposizione dei magistrati titolari del procedimento penale che vedeva il Romeo coimputato assieme ad alcuni importanti esponenti politici, ma non in quello che lo vedeva coinvolto come unico imputato per il reato di corruzione, con il conseguente e concreto pericolo che, ove fosse stata accolta la richiesta di archiviazione del primo procedimento, l'importantissimo materiale intercettivo captato sarebbe definitivamente divenuto irreperibile;

   stando ai fatti sin qui riportati, paiono evidenti le gravi anomalie nella conduzione dei citati procedimenti penali, in considerazione dei fondamentali princìpi del giusto processo e della presunzione di innocenza –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere in relazione ai fatti esposti e, in particolare, se intenda assumere iniziative ispettive presso gli uffici giudiziari in questione.
(4-09223)

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ SOSTENIBILI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FOTI e MANTOVANI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   con decorrenza 3 maggio 2021 alcune strade già di competenza della provincia di Bergamo sono state trasferite in gestione ad Anas Spa e, tra queste, anche la strada provinciale della Valle Brembana, già strada statale 470, la qual cosa ha suscitato non poche preoccupazioni presso le amministrazioni locali del territorio che, infatti, richiedono un tavolo di coordinamento con Anas;

   quella della tangenziale Sud di Bergamo è una storia travagliata, di oltre 15 anni, per un'opera suddivisa in tre lotti di costruzione, tra cui il tratto da Paladina a Villa d'Almè, il cui completamento è fondamentale per migliorare la mobilità e rendere competitivi e attrattivi i territori della Valle Brembana e Valle Imagna, nonché di tutte le zone montane. In particolare, la Valle Brembana necessita di infrastrutture viarie adeguate sia alle esigenze del tessuto economico, sia a quelle dei pendolari, con efficienza della rete viabilistica e positivo impatto sull'ambiente;

   regione Lombardia, Anas Spa e provincia hanno ribadito che la realizzazione dell'opera è prioritaria, confermando l'impegno al finanziamento della progettazione definitiva presentata il 12 febbraio 2020;

   il progetto definitivo della Paladina-Sedrina, tratto finale della Tangenziale Sud di Bergamo, è fermo ormai da mesi e il suo completamento prevede una spesa pari a 420 milioni di euro;

   risulta all'interrogante che il 4 marzo 2021 il Comitato Viabilità Valle Brembana, in ragione anche degli appelli dei sindaci di San Pellegrino Terme e del vicesindaco di Zogno, ha pubblicamente evidenziato l'urgente necessità del completamento del tratto Paladina-Sedrina senza cui risulterebbero vanificati, su tutta la Valle, i benefici conseguenti la realizzazione della riqualificazione stradale tra Treviolo e Paladina e della variante in galleria di Zogno;

   il 5 maggio 2021 il sito «lavocedellevalli.it» informava che Anas non sembrerebbe disponibile ad erogare le risorse necessarie per il completamento della progettazione definitiva del lotto mancante, privo – ai fini dell'approvazione in conferenza dei servizi – di elementi fondamentali quali uno studio archeologico, approfondimenti geologici e sviluppo di strutture –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, in modo che siano stanziate le risorse necessarie per il completamento della progettazione definitiva ed esecutiva, indispensabili per potere procedere al completamento del lotto dell'opera di cui in premessa;

   se, intenda convocare un tavolo di confronto con i rappresentanti delle istituzioni territoriali delle associazioni di categoria dei comitati, al fine di rendere quanto più inclusivo l'iter di completamento di detta opera strategica.
(5-05953)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FORNARO. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   il 6 maggio 2021, poco prima delle 6.30, il treno regionale 12113 partito da Acqui Terme e diretto a Genova Brignole ha subito la caduta del pantografo, il meccanismo che capta energia elettrica per alimentare il convoglio, che ha sfondato un vetro del treno nell'ambiente viaggiatori;

   secondo quanto ricostruito da Trenitalia, durante il passaggio di un treno merci che viaggiava in direzione opposta, si sarebbe spezzata la fune della linea elettrica di alimentazione. A quel punto il regionale si sarebbe agganciato danneggiando il pantografo che è caduto lateralmente rompendo il vetro esterno ma non quello interno;

   l'incidente è avvenuto tra le stazioni di Borzoli e Genova Sampierdarena. I viaggiatori del regionale 12113 sono stati fatti scendere dal treno e accompagnati a piedi, con l'assistenza di agenti Polfer e personale Trenitalia, nella stazione di Genova Rivarolo;

   l'incidente ha avuto ripercussioni sulle linee «Bastioni» e «Sussidiaria» e sui treni regionali del nodo di Genova delle direttrici Alessandria/Acqui Terme - Genova Brignole e linea Arquata - Genova via Busalla. La circolazione alle 7.40 è ripresa su un binario;

   per fortuna l'incidente non ha provocato gravi conseguenze per i viaggiatori, ma, ovviamente, forte è stato lo spavento per chi viaggiava sul treno e, in particolare, per chi sedeva nella carrozza interessata dalla caduta del pantografo –:

   quali iniziative di competenza intenda mettere in campo affinché da parte di Trenitalia ci sia un'elevata attenzione ai profili di sicurezza, con particolare riguardo ad un'adeguata manutenzione della linea in questione al fine di evitare ulteriori incidenti e disagi ai passeggeri.
(4-09212)


   RIXI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   Enav spa, nel piano industriale, prevede la soppressione dei centri di controllo di avvicinamento (app) di diversi aeroporti, con il conseguente trasferimento ai centri di controllo d'area (acc) di Roma e Milano del servizio di controllo del traffico aereo per voli in arrivo o in partenza;

   nel corso dell'audizione del 30 marzo 2021, in Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni alla Camera dei deputati, i vertici di Enav hanno confermato l'intenzione di procedere al consolidamento a regime dei centri di controllo d'area di Roma e Milano, trasferendo in questi due centri tutte le attività di diversi servizi radar, tra cui quello di Genova;

   il servizio radar di Genova, il primo nato in Italia, viene fornito in loco a voli di linea, charter, cargo ed executive, a voli turistici, voli per lavoro aereo, scuole di volo in arrivo e in partenza dall'aeroporto «C. Colombo» di Genova e dall'aeroporto «Riviera-C. Panerò» di Albenga;

   il servizio radar in questione è garantito a tutti gli aeromobili che attraversano lo spazio aereo di competenza, che insiste su una vasta area della regione Liguria, da e per altri aeroporti italiani ed esteri, percorrendo rotte di volo in tutte le direzioni; tale notevole mole di traffico, soprattutto nei mesi estivi, richiede il massimo impegno dello «strumento» radar per gestirne al meglio sicurezza e speditezza, obiettivi fondamentali del servizio;

   inoltre, varie tipologie di bat (buster air traffic) hanno necessità di operare con la massima celerità e priorità per un pronto intervento anche in caso di calamità naturale e questo viene garantito, in concomitanza di tutto il traffico convenzionale (voli di Stato, voli di linea, voli turistici ed altro) e senza creare ritardi, proprio grazie alla disposizione operativa attuale;

   la commistione di questo eterogeneo traffico aereo richiede costanti, continui e rapidi contatti tra controllori di torre e radar e, nel caso peculiare di Genova, essendo tutto il personale fisicamente ubicato nella stessa sala, questo coordinamento avviene facilmente e permette una pronta analisi delle situazioni e, di conseguenza, una gestione efficiente del traffico;

   non è da sottovalutare la particolarità del territorio nel quale è inserito lo spazio aereo di Genova, la cui conoscenza è possibile da parte del personale solo dopo anni di esperienza vissuti esclusivamente sul sito;

   la chiusura del servizio avrebbe anche una pesante ricaduta sul futuro occupazionale dei lavoratori che verrebbero trasferiti o demansionati, con la conseguente dispersione di un bagaglio professionale non facilmente replicabile altrove, data la particolarità del contesto in cui questi lavoratori operano;

   l'intera operazione, oltre a causare il depotenziamento strategico e commerciale dello scalo in questione, rischia di limitarne la capacità, aumentando invece il coefficiente di rischio in termini di sicurezza e peggioramento del servizio –:

   se e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di scongiurare questa decisione e promuovere, invece, il consolidamento o il potenziamento dei centri di controllo di avvicinamento (app) esistenti, in particolare quello di Genova, valorizzando le competenze sviluppatesi e tutelando posti di lavoro di alta specializzazione.
(4-09214)


   FOGLIANI e ANDREUZZA. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   il Gazzettino.it del 6 maggio 2021 riporta un'intervista al presidente di Autovie Venete che lamenta un'imbarazzante inerzia del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili per lo sblocco del finanziamento da 440 milioni che permetterebbe di avviare le gare per il maxi lotto di lavori della terza corsia della A4, tra Alvisopoli-San Donà di Piave;

   si tratta del secondo e terzo lotto dei lavori della terza corsia del tratto Portogruaro-San Donà, di 25 chilometri, tratto sottoposto ad un traffico sostenuto di ben 47 milioni di veicoli/anno e 130 mila veicoli/giorno, anche pesanti, ove il restringimento della carreggiata crea un imbuto che, nonostante la segnaletica, in poco più di quattro mesi ha provocato 45 incidenti, di cui 2 mortali; dall'intervista si evince un'interruzione del dialogo precedentemente stabilito con il Ministero, che sembra nascondere una mancata volontà della nuova amministrazione di riconoscere l'importanza della terza corsia sulla A4 per il Paese, visto che i 440 milioni di euro attesi sono previsti dal piano finanziario ma non sono effettivamente disponibili;

   della questione sono stati interessati il presidente del Veneto e il presidente di Friuli-Venezia Giulia, nonché Commissario della terza corsia sulla A4, trattandosi di un'infrastruttura importantissima che rappresenta la «porta» del Paese verso l'Europa dell'Est e ove viaggia gran parte del commercio europeo su gomma e una grossa fetta del turismo estivo;

   la programmazione della Concessionaria autostradale Autovie Venete S.p.a. prevede l'inizio lavori per il tratto Alvisopoli-San Donà nel 2023 e la messa in esercizio dell'opera per il 2026, ma i tempi potranno essere rispettati, come avvenuto per i restanti tratti dell'autostrada, solo se arrivano in tempo le risorse occorrenti per avviare le gare; nel frattempo, attraverso l'utilizzo di altri capitoli di bilancio, la società ha avviato la progettazione di alcuni nuovi cavalcavia e le attività di esproprio; i lavori del primo lotto di 8,8 chilometri tra Portogruaro e Alvisopoli hanno raggiunto il 40 per cento dell'opera cui si attende il completamento entro il 2022; inoltre, sono stati conclusi in anticipo i lavori tra Alvisopoli e Gonars ed è stato realizzato il ponte sul Tagliamento;

   Unioncamere dichiara insostenibile la mancanza di investimenti su tale infrastruttura, che pesa sulle spalle dei cittadini con i molteplici incidenti verificatisi nei ultimi tempi;

   la Conferenza dei sindaci del Veneto orientale, riunita il 5 maggio 2021 ha lanciato l'allarme attraverso una risoluzione indirizzata alle autorità locali e nazionali competenti; i 22 sindaci manifestano il cordoglio ai familiari delle vittime degli incidenti avvenuti nel tratto autostradale e chiedono al Ministero e al Governo l'urgente reperimento dei fondi necessari per il completamento del secondo e terzo lotto del tratto Portogruaro-San Donà di Piave e opere complementari, per la risoluzione di una situazione improcrastinabile che si trascina da troppi anni;

   preoccupa tutti ravvicinarsi della stagione estiva, che mai come in questo periodo diventa fondamentale per il rilancio del turismo, laddove ai disagi degli automobilisti e autotrasportatori per i continui lavori in corso si aggiungeranno anche quelli dei turisti su tale tratto autostradale, che è stato costruito nel secolo scorso e non è più in grado di sopportare il traffico cui è sottoposto –:

   se la realizzazione della terza corsia della A4, tratto Alvisopoli-San Donà di Piave, rientra tra le priorità infrastrutturali del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e del Governo;

   quale sia lo stato effettivo dei finanziamenti e quali siano stati i motivi dei ritardi nell'assegnazione delle risorse;

   quali iniziative urgenti di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per far fronte ai disagi per gli automobilisti e i cittadini e per garantire la sicurezza stradale e la competitività delle nostre imprese che utilizzano il tratto autostradale per i propri scambi commerciali.
(4-09217)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   TRANO, CABRAS, GIULIODORI, SPESSOTTO, COLLETTI, CORDA e MANIERO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da due mesi a Fondi, in provincia di Latina, si susseguono incendi di auto e, stando a quanto si apprende dalla stampa locale e nazionale, i roghi sarebbero tutti collegati e in alcuni casi sono stati fatti anche esplodere ordigni rudimentali;

   nello specifico sinora si sono verificati cinque incendi e sono esplose tre bombe;

   le auto date alle fiamme apparterebbero quasi tutte a persone coinvolte nello spaccio di droga o a loro familiari;

   sono ben otto gli incendi sinora registrati e sta crescendo l'inquietudine dei cittadini, che ormai temono per la loro incolumità;

   stando sempre alle indiscrezioni di stampa, gli investigatori ipotizzano che quanto sta accadendo sia il frutto di una guerra tra gruppi locali contrapposti, impegnati nello spaccio di sostanze stupefacenti;

   Fondi è da anni al centro di inchieste antimafia ed è più volte stata indicata come snodo del narcotraffico in Italia;

   di frequente la droga è stata scoperta sui camion che trasportano ortofrutta da e per il Mof (Mercato ortofrutticolo fondano), il più grande mercato ortofrutticolo italiano –:

   di quali elementi disponga in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di riportare ordine a Fondi e restituire serenità ai cittadini;

   di quali informazioni disponga sul contrasto alle organizzazioni criminali che fanno ricchi affari nella città del sud pontino con il traffico di droga, al punto che in passato nella zona era stata creata anche una raffineria;

   cosa sia stato fatto e cosa intenda fare per garantire legalità all'interno del Mercato ortofrutticolo di Fondi;

   se, anche in considerazione dei 19 arresti della recente operazione «Anni 2000» che ha interessato San Cosma e Damiano, Castelforte e comuni limitrofi con 19 arresti ed almeno 30 perquisizioni, non intenda rafforzare i presidi delle forze dell'ordine nel sud della provincia di Latina attraverso la creazione di un reparto permanente della squadra mobile della Polizia di Stato a Formia, a servizio dell'intero comprensorio, onde evitare che la guerra in atto degeneri e si possa far fronte con maggior incisività alle sempre maggiori attività portate avanti dalla criminalità nel basso Lazio.
(4-09216)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 5 maggio 2021 si è svolto il consiglio comunale di Salussola (Biella) su vicenda di massimo rilievo per la popolazione tutta;

   il consiglio comunale di Salussola si è protratto oltre le ore 22.00;

   la prefettura di Biella su l'organo locale La Stampa ha precisato che «sappiamo che il consiglio si è svolto, abbiamo appreso della durata. Dopo di che se qualcuno ha violato le norme relative al coprifuoco lo valuterà l'organo accertatore»;

   a parere dell'interrogante la partecipazione al consiglio comunale costituisce giustificato motivo;

   a parere dell'interrogante il solo dubbio in ordine alla legittimità della partecipazione ad un consiglio comunale, nel pieno rispetto del distanziamento sociale, da parte di un eletto è elemento inquietante in ordine alla tenuta del nostro sistema democratico;

   a parere dell'interrogante non può residuare dubbio alcuno in ordine al fatto che la partecipazione ad un consiglio comunale da parte di un eletto integri il «giustificato motivo» che la legge ha previsto per circolare oltre il coprifuoco –:

   quale sia la posizione del Governo in merito e se non si ritenga opportuno emanare una circolare chiarificatrice in merito.
(4-09222)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


   GAGLIARDI, BENIGNI, DELLA FRERA, NAPOLI, PEDRAZZINI, RUFFINO e SILLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 27, comma 1, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, ha previsto, con riferimento ai rapporti di lavoro subordinato la cui sede sia situata in regioni considerate svantaggiate, un esonero pari al 30 per cento dal versamento dei contributi previdenziali dovuti dai datori di lavori privati;

   la misura, come emerge dalla rubrica della disposizione citata, risulta pensata in particolare per le regioni del Sud Italia e reca l'esclusione dei lavoratori del settore agricolo e dei contratti di lavoro domestico;

   talune associazioni di categoria segnalano anomalie applicative relative al caso di imprese che, seppur aventi formalmente sede nelle regioni considerate svantaggiate, operano di fatto al di fuori di esse;

   viene riportata, in particolare, la peculiarità del settore dell'autotrasporto, in cui sono frequenti i casi di imprese aventi sede amministrativa al sud, beneficiarie della decontribuzione, ma con flotte di fatto stanziate ed operative al di fuori delle regioni svantaggiate;

   ciò crea preoccupazione da parte degli operatori che operano in piena legittimità, i quali temono che la misura in parola si traduca nei fatti in un indebito vantaggio concorrenziale a favore di soggetti che, in realtà, operano al di fuori delle regioni per le quali il beneficio è stato pensato;

   è peraltro evidente che, oltre al paventato pregiudizio concorrenziale, vi è il rischio che le risorse destinate al finanziamento di questa importante misura vengano di fatto distratte dallo scopo per cui sono state stanziate, consistente nel contrasto agli effetti straordinari sull'occupazione determinati dall'epidemia da Covid-19 in aree caratterizzate da gravi situazioni di disagio socio-economico e nella necessità di garantire la tutela dei livelli occupazionali;

   analoghe considerazioni hanno spinto l'Inps a precisare, in riferimento al settore del trasporto marittimo, che condizione necessaria al fine di usufruire del parziale esonero contributivo sia costituita dall'iscrizione della nave nei compartimenti marittimi ricadenti nelle regioni individuate dall'articolo 27 del decreto-legge n. 104 del 2020, considerato questo un elemento formale, oggettivo e certo ai fini del collegamento con uno specifico territorio e, dunque, elemento coerente con la ratio dell'articolo 27 del decreto-legge n. 104 del 2020;

   si ritiene pertanto opportuno che, anche nel settore dell'autotrasporto, vengano identificati accorgimenti in tal senso –:

   se il Governo sia a conoscenza delle problematiche descritte in premessa relative all'applicazione della misura «Decontribuzione Sud» al settore dell'autotrasporto;

   se il Governo intenda adottare iniziative, in riferimento alle problematiche descritte, per ovviare al rischio che la misura in questione determini distorsioni della concorrenza e la distrazione di risorse pubbliche con pregiudizio delle finalità per cui l'esonero contributivo è stato previsto.
(4-09218)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   SPENA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   in base all'ultimo censimento del patrimonio verde cittadino, tra le alberature comunali di Roma si contano 51.000 esemplari di Pinus;

   i pini di Roma sono minacciati dalla presenza della Toumeyella parvicornis, parassita originario del Nord America individuato per la prima volta in Italia nel 2014 – in Campania – e diffusosi nel Lazio a partire dal 2018;

   defogliazione, disseccamenti e ingiallimenti della chioma sono i danni provocati agli alberi dalla processionaria che, può provocare danni non solo agli organismi vegetali, ma anche all'uomo, divenendo un problema di rilevanza anche sanitaria, poiché essa può causare a persone allergiche che entrano a contatto coi peli urticanti liberati dalle sue larve, shock anafilattici e altri problemi respiratori;

   la Toumeyella parvicornis è stata recentemente inserita nella «Alert list» European and Mediterranean Plant Protection Organization (Eppo) una organizzazione intergovernativa responsabile della cooperazione per la protezione delle piante in Europa e nella regione mediterranea, con compiti di servizio di segnalazione di eventi di interesse fitosanitario come focolai di epidemie e comparsa di nuovi agenti parassitari che rappresentano un rischio fitosanitario e che richiedono, dunque, un intervento tempestivo;

   è stato trasmesso in Conferenza Stato-regioni per il parere lo schema di decreto ministeriale relativo alle misure fitosanitarie di emergenza per il contrasto della Toumeyella parvicornis, condiviso ed approvato dal Comitato fitosanitario nazionale nella seduta del 25 febbraio 2021 –:

   se siano allo studio iniziative volte a dare soluzione al problema e a emanare, eventualmente, atti utili a debellare la toumeyella parvicornis;

   se il Governo ritenga opportuno adottare iniziative di competenza per instaurare un'interlocuzione con la regione Lazio finalizzata, eventualmente, ad adottare provvedimenti coerenti con la stagione primaverile in corso e quella estiva prossima ventura perché in questo periodo le larve raggiungono la loro maturità;

   se intenda adottare iniziative volte ad istituire un fondo dedicato alla lotta alla toumeyella parvicornis da ripartire tra le regioni per debellare il parassita e quali eventuali ulteriori iniziative di competenza i Ministri interrogati ritengano di intraprendere per predisporre interventi ad hoc a tutela della salute dei cittadini romani e del patrimonio arboreo e culturale rappresentato dai Pinus pinea di Roma.
(4-09215)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ELVIRA SAVINO e VERSACE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   tra gli effetti collaterali dei vaccini contro il coronavirus Sars-Cov-2 c'è l'ingrossamento dei linfonodi ascellari; nelle donne, a volte, si verifica l'ingrossamento, nello specifico, dei linfonodi del seno come illustrato sulla base di più studi e ricerche quali ad esempio uno studio della Società radiologica del Nord America e del General Hospital Massachusetts;

   tale circostanza determina nelle donne in cui si verifica l'adenopatia, una reazione di paura in quanto, da un giorno all'altro, si ritrovano con noduli al seno di cui si ignora origine e natura, con il conseguente aumento di ricorsi ai medici ginecologi e di richiesta di controlli ed esami specifici per l'individuazione dei tumori al seno, quali ecografie e mammografie fino ad arrivare a interventi di ago aspirato per effettuare biopsie;

   gli studi in materia hanno evidenziato che l'effetto dell'ingrossamento dei linfonodi è normale dopo il vaccino e rappresenta una reazione del corpo assolutamente comune, che non comporta pericoli di altra natura, ma è palese che espone a una particolare pressione psicologica e genera stati di ansia nelle donne che si ritrovano ad affrontarla;

   appare fondamentale agire nel senso della rassicurazione delle pazienti, prevedendo una specifica campagna informativa finalizzata a illustrare questo specifico effetto collaterale del vaccino; i medici del Massachusetts General Hospital, per esempio, hanno predisposto in merito alcune linee guida per tranquillizzare le pazienti ed evitare che la richiesta ad esami come le biopsie o le mammografie possano ritardare l'accesso agli screening per chi invece ne ha realmente bisogno;

   sulla stampa nazionale sono apparse notizie in merito ma, a parere dell'interrogante, non gli è stato dato il dovuto risalto così che questo aspetto specifico appare sconosciuto alla maggior parte delle donne che si stanno vaccinando –:

   se non ritenga di dover avviare una specifica e mirata campagna di informazione al fine di evitare sia l'effetto psicologico della paura nelle donne che sviluppano l'effetto del rigonfiamento dei linfonodi del seno in seguito a somministrazione del vaccino contro il coronavirus, sia per evitare l'inutile ricorso ad esami clinici mirati, con il conseguente affollamento delle strutture e la possibile difficoltà di accesso ai controlli per chi invece ne ha realmente bisogno, il tutto senza abbassare la guardia nei confronti delle buone pratiche di prevenzione del cancro al seno e della campagna vaccinale contro la Sars-Cov-2.
(5-05958)

Interrogazione a risposta scritta:


   TORTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, il rapporto tra il Servizio sanitario nazionale, i medici di medicina generale ed i pediatri di libera scelta è disciplinato da apposite convenzioni di durata triennale conformi agli accordi collettivi nazionali stipulati con le organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative in campo nazionale;

   tra i principi da tener conto ai fini degli accordi vi è la previsione che la scelta del medico è liberamente effettuata dall'assistito, nel rispetto di un limite massimo di assistiti per medico;

   l'Accordo collettivo nazionale prevede che i pediatri iscritti negli appositi elenchi delle aziende sanitarie possono acquisire un numero massimo di scelte pari a 800 unità;

   tuttavia eventuali deroghe al massimale individuale possono essere autorizzate dalla regione in relazione a particolari situazioni locali e per un tempo determinato;

   nei confronti del pediatra che svolga attività diverse da quelle disciplinate dall'accordo collettivo nazionale il massimale di scelta è ridotto;

   da una petizione presentata al Senato della Repubblica dalla signora Silvia Gioffrè unitamente a numerose altre cittadine — petizione n. 803 — sembrerebbe che, nel distretto sanitario di appartenenza, siano presenti solo 2 pediatri per servire gli iscritti al servizio sanitario nazionale di 13 comuni, mentre i bambini di età compresa tra 0 e 6 anni siano circa 1200 a cui si aggiungono circa 3000 bambini di età compresa tra 0 e 13 anni;

   ad avviso dell'interrogante questa numerosità non permetterebbe di rispettare i parametri di acquisizione di libere scelte da parte dei pediatri previsto per un massimo di 800 unità. Di conseguenza alcuni genitori, al fine di ovviare ad una situazione di effettivo sovrannumero di assistiti per ogni pediatra, potrebbero optare per spostare la scelta di assistenza del bambino di età oltre i 6 anni presso un medico di medicina generale per non incorrere in probabili disagi;

   sembrerebbe che la regione Abruzzo, insieme alle organizzazioni sindacali, abbia concordato una deroga al numero massimo di scelte relative al pediatra da acquisire;

   l'interrogante non ha dati certi riguardo alla effettiva numerosità degli assistibili dai pediatri di libera scelta della Asl di Pescara, né circa la durata temporale e la consistenza sulle eventuali deroghe alla numerosità massima di assistibili –:

   quali siano i dati di cui è in possesso il Ministro interrogato riguardo il numero di assistibili e la numerosità di assistiti dei singoli pediatri di libera scelta delle Asl nella regione Abruzzo, a partire da quella di Pescara, e in rapporto alle altre regioni del Paese;

   se le deroghe previste dagli accordi tra regione Abruzzo e organizzazioni sindacali sul numero massimo di scelte da acquisire relative ai pediatri di libera scelta siano in linea con la normativa nazionale vigente.
(4-09220)

TRANSIZIONE ECOLOGICA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ROTTA e ZARDINI. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   nei comuni di Ponzano Veneto e Paese insiste una delle più grandi cave di ghiaia in esercizio a falda affiorante, (Cava Morganella) lunga circa un chilometro e larga mezzo chilometro. Questa enorme cava è stata oggetto nel 2008 di una richiesta di autorizzazione all'ampliamento ed approfondimento ottenendo l'assenso da parte della Commissione per la Valutazione di impatto ambientale regionale anche in presenza di rischi di inquinamento e contaminazione delle acque del Distretto idrografico delle Alpi Orientali;

   la suddetta cava è in funzione da prima del 1975 per l'estrazione della ghiaia, e da tempo la profondità delle escavazioni ha raggiunto la falda acquifera, permettendo all'acqua di affiorare e creare un lago dalle dimensioni di circa 500.000 metri quadrati. La suddetta falda, peraltro, presenta una direttrice di scorrimento sotterraneo verso parte dell'acquifero multifalde della provincia di Treviso nella Pianura veneta, compresa nel distretto idrografico delle Alpi orientali, alle quali è stata attribuita una protezione speciale in base alla direttiva 2000/60/CE, al fine di tutelare le acque superficiali e sotterranee ivi contenute, nonché di tutti i corpi idrici utilizzati per l'estrazione di acque destinate al consumo umano;

   l'autorizzazione all'ampliamento in profondità di cava Morganella è molto grave, perché ancora non è stata fatta chiarezza sull'origine dei materiali trovati sul fondo durante i rilevi effettuati dalla Provincia di Treviso. Il nuovo progetto prevede di scavare sotto falda, aumentando del 50 per cento la profondità, portandola 40 a 60 metri, mettendo in comunicazione le falde acquifere superiori, spesso contaminate da agenti chimici, con quelle più profonde e incontaminate. Il progetto sarebbe realizzato, ad avviso dell'interrogante, in contrasto con le leggi regionali (articolo 30 della legge regionale n. 13 del 2018 e articolo 44, lettera g), della legge regionale n. 44 del 1982) poiché nelle zone pianeggianti la profondità massima di cava non può essere superiore a un quarto della dimensione caratteristica dello scavo, definita come il rapporto tra la superficie dello scavo e il suo perimetro;

   nell'ottobre 2014 il consiglio regionale del Veneto approvò una mozione in cui si impegnava la regione a non autorizzare il progetto di approfondimento della cava e a verificare che la realizzazione degli interventi necessari alla messa in sicurezza e alla ricomposizione ambientale del sito fossero tempestivamente avviati e portati a compimento con la massima sollecitudine;

   nel febbraio 2016 il consiglio regionale votò all'unanimità un ordine del giorno con cui si impegnava il governo regionale a far luce sulla natura dei materiali trovati a fondo cava: sono passati cinque anni, sui materiali nessuno ha trovato il tempo per la dovuta verifica -:

   se il Ministro interrogato non ritenga di adottare le necessarie iniziative, per quanto di competenza, al fine di evitare il determinarsi di un pericoloso inquinamento e di una contaminazione delle aree del distretto idrografico Alpi orientali, comprese quelle dei comuni di Ponzano Veneto, Paese e Treviso e limitrofi, alle quali è stata attribuita una protezione speciale in base alla direttiva 2000/60/CE, e tutelare le acque superficiali e sotterranee ivi contenute, nonché tutti i corpi idrici utilizzati per l'estrazione di acque destinate al consumo umano;

   se il Ministro non ritenga di adottare iniziative, per quanto di competenza, per fare luce sulla natura dei materiali trovati a fondo cava, ovvero all'interno della falda acquifera affiorante.
(5-05957)


   MURONI. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   Sogin è la società di Stato, vigilata oggi dal Ministero della transizione ecologica, alla quale dal 2001 è affidato il decommissioning delle ex centrali ed impianti nucleari italiani;

   tra questi siti c'è quello di Bosco Marengo (AL), dove aveva sede la «Fabbricazioni Nucleari», un piccolo impianto per la preparazione degli elementi di combustibile di uranio. Si tratta del sito di gran lunga meno problematico dal punto di vista del decommissioning. Eppure, la conclusione dei lavori di smantellamento delle strutture a Bosco Marengo, sino al raggiungimento delle condizioni di «brown field», continua ad essere rinviata di anno in anno: già nel 2008 era prevista per il 2009, nel 2010 per il 2012, nel 2013 per fine 2013, nel 2014 per il 2016; sino a quanto si può leggere nella delibera Arera 194-2020: «con comunicazione 8 maggio 2020, Sogin ha confermato che per il sito di Bosco Marengo l'azienda sta operando per il raggiungimento della fase 1 (Brown Field) entro la fine dell'anno (2020)»;

   in base all'istanza di disattivazione del 2008, la condizione di brown field corrisponde alla messa in sicurezza in un deposito temporaneo di tutti i rifiuti presenti nel sito e la conseguente riduzione dei costi obbligatori di mantenimento in sicurezza; dalla documentazione presentata a Torino da Sogin al Tavolo della trasparenza del 26 novembre 2014, si evince che Sogin ha effettuato una campagna di indagini geofisiche accertando la presenza diffusa di materiali interrati nel sottosuolo. Dunque, la «fase 1» di cui parla Sogin non corrisponde al raggiungimento del Brown Field, perché esclude la rimozione dei materiali interrati e la messa in sicurezza dei rifiuti così prodotti – cosa prevista negli altri siti quali: trincee di Garigliano o al monolite di Trisaia – che invece viene rinviata alla «fase 2». In base all'istanza di disattivazione, è chiaro perciò il brown field, quello vero, sarà raggiunto solo alla fine della fase 2;

   la stima del volume di rifiuti da produrre, smantellando i materiali interrati è molto difficile, ma dalle prime indagini eseguite sul terreno e sulle fondazioni limitrofe alle tubazioni interrate, sono stati misurati livelli di contaminazione radioattiva non trascurabili. Sogin, a quanto consta all'interrogante, non avrebbe ancora predisposto alcun progetto di bonifica, pertanto la stima del numero di ulteriori fusti di rifiuti radioattivi che potrebbero derivare da tale attività varia tra 500 e 1.000, che si aggiungerebbero ai 1.300 già presenti nel sito;

   risulta all'interrogante che l'istanza di disattivazione indica la presenza sul sito in questione di 2 chilogrammi di uranio arricchito;

   questo uranio si trova ora all'interno di contenitori metallici tali da prevenire fenomeni di criticità. Il futuro di questo materiale non è chiaro: si ipotizza di conservarlo sul sito a tempo indeterminato; successivamente, potrà essere trasportato al deposito nazionale come gli altri rifiuti o venduto al miglior offerente;

   per arrivare al Brown Field è necessario modificare pesantemente programmi, tempi e costi. Infatti, occorre: campionare il materiale interrato; aggiornare l'istanza di disattivazione; progettare un deposito idoneo allo stoccaggio di uranio arricchito; bonificare le zone interrate e altro;

   sull'argomento l'interrogante ha già presentato diverse interrogazioni tra le quali n. 4-02701, n. 4-02278, n. 4-00421, n. 4-01996 a cui non è stata data risposta -:

   se il Governo intenda confermare la presenza di due chilogrammi di uranio nel sito in questione, di cui si fa riferimento nell'istanza di disattivazione di cui in premessa, o se siano state rinvenute ulteriori quantità di uranio nell'area;

   se il Ministro interrogato non ritenga, alla luce di quanto esposto in premessa, ormai improcrastinabile adottare le iniziative di competenza per l'avvio delle procedure atte al commissariamento della Sogin.
(5-05960)

Interrogazione a risposta scritta:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   nella rada di Alghero, nello specchio acqueo antistante l'isolotto della Maddalenetta, è stata rilasciata una nuova concessione demaniale di durata ventennale per l'installazione di due nuovi impianti di acquacoltura, che vanno ad aggiungersi a quello già esistente da diversi anni, per l'allevamento di molluschi;

   la concessione interessa un tratto di mare antistante le spiagge urbane e gli spazi di navigazione dei due porti di Alghero e di Fertilia e si estende per ben 64.669 metri quadrati nel cuore della rada;

   nell'area data in concessione non si potrà navigare, ancorare e sostare con qualunque unità sia da diporto che ad uso professionale, praticare la balneazione, effettuare attività di immersione con qualunque tecnica, svolgere attività di pesca di qualunque natura, effettuare ogni ulteriore attività di superficie ovvero in immersione;

   questo comporta l'interdizione di ampi tratti di mare per lunghi periodi dell'anno. Secondo alcune stime, per gli effetti restrittivi dovuti alle ordinanze sulla navigazione e balneazione emanate della Capitaneria le aree interdette alla pubblica fruizione arriverebbero sino a circa 400.000 metri quadrati;

   l'impianto insiste in una zona di notevole interesse naturalistico e paesaggistico, caratterizzato dalla vastità di praterie di posidonia insistente sui fondali di quel tratto di mare, ma anche da fenomeni di criticità ambientale dovuti ad inarrestabili processi di erosione del litorale;

   inoltre, l'area è di fondamentale interesse turistico e tale concessione comporta numerose conseguenze per l'industria turistica, una delle maggiori fonti di ricchezza della città di Alghero, la cui filiera comprende attività balneari, diportistiche, sportive;

   si è già costituito un comitato spontaneo per chiedere lo spostamento della concessione in un sito diverso;

   a giudizio dell'interrogante appaiono evidenti gli effetti nefasti che l'attuale configurazione degli impianti può provocare per la fruizione collettiva e per i comparti turistico, balneare, sportivo e ricreativo;

   per tali motivi, sarebbe auspicabile trovare una soluzione che renda compatibili le esigenze di sviluppo economico con la fruizione pubblica del bene comune, la salvaguardia del tessuto imprenditoriale turistico, balneare, sociale e culturale già esistente e con la tutela del patrimonio ambientale -:

   se e quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda adottare al fine di favorire la conciliazione delle esigenze sopra rappresentate;

   se intenda fornire chiarimenti in merito alla disciplina della navigazione da applicare nell'area.
(4-09221)

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Donzelli e Deidda n. 4-03600 del 17 settembre 2019 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-05956.