Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 3 maggio 2021

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    la pandemia globale da COVID-19 ha generato una profonda crisi economica, con conseguente riduzione nel 2020 del prodotto interno lordo dell'8,9 per cento e dell'occupazione del 2,8 per cento;

    per fronteggiare la crisi pandemica che continua a condizionare pesantemente la vita economica e sociale del Paese e del mondo intero, è necessario utilizzare tutti gli strumenti a disposizione, dalla campagna di vaccinazione all'impulso alla ricerca medica e al rafforzamento del Sistema sanitario nazionale; in campo economico, dai sostegni e ristori al rilancio degli investimenti e dello sviluppo con il Piano di ripresa e resilienza (Pnrr) finanziato dal Next Generation EU (Ngeu) e da ulteriori risorse nazionali;

    dopo le misure di sostegno a famiglie e imprese già erogate nell'anno 2020 e all'inizio del 2021, per superare la fase ancora difficile dell'emergenza e consolidare la ripresa, con la Relazione annessa al Def 2021, il Governo ha richiesto il 22 aprile 2021 l'autorizzazione al Parlamento al ricorso all'indebitamento di 40 miliardi di euro (2,3 per cento dei prodotto interno lordo) per l'anno 2021, ai fini del varo di un nuovo provvedimento di sostegno ad imprese e famiglie, e di circa 6 miliardi di euro medi annui (0,3 per cento del prodotto interno lordo) per il periodo 2022-2033, principalmente finalizzati a finanziare spese per investimenti pubblici;

    in risposta alla crisi generata dalla pandemia da COVID-19, il Consiglio europeo del 17-21 luglio 2020 ha concordato il Quadro finanziario pluriennale di 1.074,3 miliardi di euro e il programma Next Generation EU (Ngeu) da 750 miliardi di euro, risorse ingenti da destinare al sostegno di investimenti e riforme degli Stati membri, nonché al contrasto delle conseguenze economiche della crisi sanitaria da COVID-19;

    il più importante programma previsto nell'ambito di Next Generation EU è il Piano di ripresa e resilienza (Pnrr), che ha l'obiettivo di sostenere gli investimenti, anche in vista della transizione verde e digitale, e le riforme degli Stati membri nell'ambito del Semestre europeo, al fine di agevolare una ripresa duratura, sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale ed economico, migliorare la resilienza delle economie dell'Unione europea e ridurre le divergenze economiche fra gli Stati membri;

    il Piano è articolato in progetti di investimento e riforme, la cui realizzazione dovrebbe determinare effetti significativi sulle principali variabili economiche: si prevede infatti che nel 2026, al termine dell'attuazione del Piano, il prodotto interno lordo sarà di circa 3,6 punti percentuali superiori rispetto ad uno scenario che non tiene conto delle riforme, mentre l'occupazione aumenterà di 3,2 punti percentuali rispetto allo scenario base del triennio 2024-2026;

    nelle risoluzioni al Def 2021 approvate nei due rami del Parlamento, in data 22 aprile 2021, sono stati inseriti, tra gli interventi prioritari da realizzare: il miglioramento dell'efficienza e del funzionamento della pubblica amministrazione; la rinegoziazione del debito per regioni e province; la riduzione dei tempi dei procedimenti giudiziari; la predisposizione di un disegno di legge delega sulla riforma fiscale con il pieno coinvolgimento del Parlamento, improntato alla semplificazione del sistema e alla riduzione complessiva della pressione fiscale; il completamento dell'attuazione del Green new Deal; l'introduzione di misure straordinarie volte a sostenere l'istruzione, l'università e la ricerca; la promozione di un nuovo modello di sviluppo produttivo orientato verso la riconversione e il rilancio dell'industria, soprattutto quella del comparto automotive; la proroga della misura del cosiddetto Superbonus 110 per cento fino a tutto il 2023, includendo tutte le tipologie di edifici, ivi compresi quelli del settore alberghiero ed extra-alberghiero e turistico-ricettivo; il rafforzamento dei servizi pubblici per il lavoro e delle politiche attive del lavoro; la realizzazione di una definizione organica e completa dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep); l'incremento degli investimenti relativi al rafforzamento della resilienza e della capacità del sistema sanitario; lo stanziamento di ulteriori risorse agli enti territoriali da destinare al sostegno delle fasce più deboli e al potenziamento del trasporto pubblico locale;

    altre sollecitazioni contenute nelle risoluzioni approvate sono: la promozione di una revisione sostanziale del meccanismo del Patto di stabilità e crescita, che tenga conto delle conseguenze della pandemia e delle esigenze di ripresa socio-economica in ciascuno Stato membro; interventi volti a garantire al sistema imprenditoriale la necessaria liquidità per superare la crisi economica correlata alla pandemia, anche verificando con le competenti istituzioni europee la possibilità di modificare il Temporary Framework sugli aiuti di Stato; la proroga, almeno fino alla fine dell'anno 2021, della moratoria sui crediti in favore delle micro, piccole e medie imprese,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per impiegare le risorse finanziarie derivanti dallo scostamento di bilancio, da ultimo autorizzato dal Parlamento, al fine di introdurre – con la massima celerità – nel primo provvedimento utile, misure volte al rilancio economico e produttivo del Paese;

2) a dare attuazione agli impegni contenuti nelle risoluzioni relative al Documento di economia e finanza 2021, approvate da entrambi i rami del Parlamento;

3) a dare attuazione al Piano nazionale di ripresa e resilienza, assicurando il pieno coinvolgimento del Parlamento, anche con riferimento al monitoraggio della relativa attuazione, all'impatto dei singoli interventi, al rispetto dei tempi e degli obblighi di risultato previsti dal regolamento (UE) 2021/241.
(1-00476) «Davide Crippa, Molinari, Serracchiani, Occhiuto, Boschi, Fornaro, Schullian, Silli, Lapia, Lupi, Magi, Tasso».


   La Camera,

   premesso che:

    l'assetto istituzionale di Roma e, più in generale, la situazione critica in cui versa la città sono da tempo al centro di un intenso dibattito;

    l'insufficienza dei congegni di governance è conclamata e ha generato una serie di criticità ormai endemiche: il degrado della città e delle periferie, l'ammaloramento della rete stradale, la gestione del tutto caotica e deficitaria dei servizi essenziali di area vasta (rifiuti e trasporti, in primis), la scarsa attenzione per l'immenso patrimonio artistico, sono solo alcuni dei fattori che hanno portato Roma a scivolare — secondo una ricerca condotta nel 2018 da Italia Oggi-La Sapienza sulla qualità della vita — all'ottantacinquesimo posto della classifica delle grandi città italiane;

    l'intreccio inestricabile di competenze fra livelli di governo diversi, l'assenza di visione e progettualità, l'insufficienza delle risorse economico-finanziarie, gravate peraltro da un debito pregresso ingentissimo, contribuiscono a rendere ancora più problematico il quadro;

    in tale scenario si innestano poi una serie di fattori nuovi, di stretta attualità: le ricadute della pandemia, che hanno significativamente impoverito il tessuto socio-economico della Capitale, la necessità di cogliere per Roma le irripetibili opportunità di rilancio e sviluppo offerte dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), l'avvicinarsi del Giubileo del 2025;

    a fronte di ciò, si rende necessario e urgente mettere in campo due tipi di iniziative, fortemente complementari e sinergiche: da un lato, quelle di più ampio respiro, di tipo ordinamentale, volte a dotare Roma dei poteri e delle risorse necessarie ad allinearla ad un modello finalmente adeguato alla sua realtà demografica, economica e politica, come avviene per tutte le principali capitali europee (Londra, Parigi e Berlino, per citarne alcune); dall'altro lato, quelle da realizzarsi nel breve termine, assicurando alla Capitale una considerazione all'interno del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che, purtroppo, ad oggi non ha ancora ricevuto;

    le ragioni per le quali Roma esige una particolare attenzione sono molteplici, e quasi superflue da ricordare: a Roma hanno sede gli organi costituzionali nonché le rappresentanze diplomatiche degli Stati esteri; l'estensione territoriale del comune (pari a quasi 1.300 chilometri quadrati) è equivalente alla somma dei territori dei comuni di Milano, Bologna, Torino, Genova, Napoli, Palermo, Catania, Firenze e Bari; nel comune di Roma risiede la metà della popolazione del Lazio, che sale ai quattro quinti se si prende in considerazione l'intera provincia di Roma; quest'ultima, inoltre, è la provincia più estesa e popolosa d'Italia; Roma, infine, ospita il 70 per cento del patrimonio artistico italiano e il 30 per cento di quello mondiale. Come si vede, interessi locali e interessi nazionali si intrecciano in un contesto senza eguali;

    con riguardo alle iniziative di tipo ordinamentale, come noto, sono in corso d'esame diversi progetti di legge volti a ridisegnare lo statuto giuridico della Capitale, in coerenza con l'articolo 114, terzo comma, della Costituzione, che, consapevole delle sue irriducibili peculiarità, prefigura per Roma un ordinamento speciale;

    i grandi problemi di governance di Roma Capitale difficilmente possono essere risolti continuando a insistere su modelli già esistenti, all'evidenza non adatti alle specificità capitoline, e rivelatisi ormai fallimentari;

    appare necessaria una riforma profonda, che non sembra attuabile al livello di semplice legislazione ordinaria. Questa, infatti, vincolata a muoversi nel solco costituzionale, ha un margine di manovra piuttosto limitato: può prevedere una riallocazione delle funzioni amministrative (già tentata peraltro, con ogni possibile combinazione, dalle leggi sinora affastellatesi in modo incrementale), ma non superare il nodo attuativo, legato comunque alla necessità di trasferire con legge regionale ulteriori funzioni, e più in generale di raccordare i diversi livelli di governo territoriale coinvolti;

    se si guarda ai modelli precedenti, sono stati la legge n. 42 del 2009 e i successivi decreti attuativi, approvati dal Governo Berlusconi, a dotare la Capitale dei più ampi poteri amministrativi; la stessa maggioranza di centrodestra nel testo di riforma costituzionale del 2005 (non approvato in sede referendaria), ben consapevole del rilievo del tema, aveva compiuto un passo ulteriore, proponendo di conferire a Roma Capitale «forme e condizioni particolari di autonomia, anche normativa, nelle materie di competenza regionale», sebbene nei limiti e con le modalità stabiliti dallo statuto della regione Lazio. La successiva legge n. 56 del 2014, invece, ha appiattito Roma sul modello della città metropolitana, lasciandone peraltro in gran parte lacunoso lo statuto giuridico;

    solo con una riforma costituzionale è possibile dotare Roma di uno statuto giuridico stabile, protetto a livello costituzionale, procedendo al conferimento anche di poteri legislativi, che in una realtà grande e complessa come quella capitolina paiono assolutamente necessari;

    per quanto riguarda, invece, le iniziative da adottare nell'immediato con riferimento alla concreta declinazione e attuazione del Pnrr, si riponeva un certo affidamento rispetto al fatto che il piano avrebbe riservato a Roma una consistente attenzione in termini di progetti e risorse;

    in questa prospettiva, Forza Italia aveva pubblicamente indicato, in un documento presentato nel mese di gennaio 2021, una serie di obiettivi in ambito infrastrutturale, come il completamento dell'Anello ferroviario, il finanziamento della Metro D (Lungotevere Dante/Roma Tre e Cavalieri Prati/Fiscali), il prolungamento della Linea C (Fori Imperiali), il prolungamento della Metro B1 (Jonio/Svincolo A1), il prolungamento della Metro A (Battistini/Stazione Monte Mario), il prolungamento della Metro B1, il prolungamento della Metro B (Rebibbia/Casal Monastero), il finanziamento della nuova linea E (Roma/Ostia/Fiumicino), l'implementazione delle metro-tranvie di superficie;

    Forza Italia aveva inoltre avanzato una serie di proposte volte a completare il piano della realizzazione dei servizi primari e secondari nella periferia di Roma, ivi compreso il piano per l'edilizia residenziale pubblica che a Roma riguarda 57.000 famiglie in emergenza abitativa;

    non senza stupore, però, il testo del Pnrr sottoposto dal Governo alle Camere riserva a Roma un'attenzione manifestamente sotto-dimensionata in termini di risorse, polverizzate in una serie di interventi settoriali e puntiformi, non sorretti da una visione strategica o da una logica di sistema;

    più in particolare, dei circa 220 miliardi di euro complessivamente stanziati, a Roma sono assegnati: 300 milioni per raddoppiare gli studios di Cinecittà; 500 milioni per il progetto Caput Mundi, che – sotto un nome altisonante che vorrebbe forse compensare a parole ciò che, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, nella sostanza fa palese difetto — accorpa una serie di finalità disparate (fra cui, recupero e valorizzazione del patrimonio artistico e del verde, promozione del turismo) e assolutamente velleitarie, data l'esiguità delle risorse; il rafforzamento della linea ferroviaria Roma-Pescara. Nulla per quanto riguarda le grandi emergenze infrastrutturali del territorio o le impellenti esigenze di coesione sociale, adeguamento dei servizi, riqualificazione del tessuto urbano;

    la scarsa considerazione per Roma è stata purtroppo confermata anche rispetto ai progetti approvati nell'ambito del fondo complementare al Pnrr, dove la Capitale non riceve al momento alcuna menzione o risorsa;

    è evidente come l'assenza di Roma dall'orizzonte del Pnrr, se non corretta, escluderebbe la città dalla più grande opportunità di rilancio mai conosciuta dal nostro Paese dal secondo dopoguerra, un'occasione probabilmente irripetibile di sciogliere i nodi sociali ed economici che da troppo tempo attanagliano i cittadini e chiunque, italiano o straniero, abbia Roma a cuore;

    si confida che questa lacuna sia frutto di una mera svista e non di una scelta consapevole (la quale sarebbe espressiva di una drammatica miopia politica) e che vi si ponga pronto rimedio, ritagliando uno spazio da protagonista per la Capitale nella fase di attuazione del Pnrr, e dando nel contempo concreto impulso al processo di riforma della governance,

impegna il Governo

1) ad assumere — in sede di attuazione del Pnrr e degli interventi del fondo complementare — tutte le iniziative necessarie per rimediare all'assenza di una visione organica circa il ruolo strategico di Roma Capitale nell'ambito dello stesso Pnrr, destinando ad essa risorse adeguate alla scala della popolazione, dell'estensione territoriale, delle infrastrutture e dei servizi della città, pari a non meno di 10 miliardi di euro.
(1-00477) «Calabria, Occhiuto».

Risoluzioni in Commissione:


   La III Commissione,

   premesso che:

    la Leader's Declaration dell'ultimo G20 a presidenza saudita, in particolare lo statement numero 25 in materia di Women's Empowerment sancisce la necessità di creare una roadmap nel corso della successiva Presidenza del G20 per portare avanti appunto le politiche per l'uguaglianza di genere in tutti i Paesi partecipanti. Lo statement 25, ricordando le dichiarazioni e gli inviti all'azione delle Nazioni Unite, afferma l'importanza dell'emancipazione delle donne e delle ragazze come questione trasversale a tutti gli aspetti di ogni politica, riconoscendo alle donne il ruolo di motore chiave della crescita economica. La dichiarazione finale del G20 in Arabia Saudita continua ribadendo l'impegno nella promozione dell'uguaglianza di genere, nella lotta agli stereotipi, nella riduzione dei divari salariali. Ricorda poi l'impegno a raggiungere l'obiettivo di Brisbane, ossia di ridurre del 25 per cento il divario nel lavoro tra uomini e donne, oltre a migliorare la qualità dell'occupazione femminile entro il 2025, chiedendo infine all'Ilo e all'Ocse di continuare a fornire input per sostenere i progressi svolti e attendendo la roadmap della Presidenza italiana;

    dal 1° dicembre 2020 l'Italia detiene la Presidenza del G20. L'azione della Presidenza italiana si svolgerà seguendo tre pilastri tra loro interconnessi: persone, pianeta e prosperità. La priorità attuale è dare una risposta quanto più rapida ed efficace alla pandemia con un accesso universale a diagnosi, terapie e vaccini. Inoltre, tra le principali sfide per una ripresa incentrata sulle persone, è necessaria una particolare attenzione alla tutela dei soggetti e dei Paesi più vulnerabili, al ruolo dei giovani e all'empowerment femminile. L'emergenza epidemiologica, infatti, ha colpito interi settori e categorie produttive ma con conseguenze diverse nelle varie fasce della popolazione. Il tasso di occupazione femminile in Italia è uno dei più bassi d'Europa, già prima della pandemia si attestava intorno al 50 per cento contro il 68 per cento degli uomini. Una recente indagine Istat sottolinea il triste dato del nostro Paese secondo cui nel 2020 sono stati oltre 440.000 i posti di lavoro persi di cui circa 312.000 occupati da donne. Questa situazione ha subìto una forte accelerazione alla fine dell'anno, basti pensare che solo nel mese di dicembre la percentuale di donne che aveva perso il lavoro era il 98 per cento del totale (fonte dati Istat);

    gli aspetti da considerare per perseguire l'uguaglianza di genere sono molti: il gender equality work balance, la parità salariale, la rappresentanza femminile nel settore sia pubblico che privato. Il Women 20 è un gruppo di interesse della società civile con l'obiettivo di elaborare proposte ai leader mondiali che si riuniscono ogni anno sul gender equality formato dalle delegazioni dei venti Paesi del G20. Nasce in seguito al summit in Australia del 2014 con la dichiarazione di Brisbane in cui i Paesi partecipanti si impegnano a ridurre il divario tra uomini e donne nella partecipazione al mercato del lavoro del 25 per cento entro il 2025 («25 by 25»). La prima conferenza del Women 20 si è svolta nell'ottobre del 2015 a Istanbul sotto la presidenza turca e negli anni successivi il lavoro è continuato sotto le presidenze cinese, tedesca, argentina, giapponese e saudita;

    sempre all'interno della cornice del G20 e, anch'esso rivolto all'empowerment femminile nel 2019 in Giappone nasce il «G20 Empower» che ad oggi comprende 27 Paesi fra Paesi appartenenti al G20 e Paesi ospiti, rappresentando un'alleanza tra settore pubblico e privato per progettare politiche in grado di sviluppare ecosistemi aziendali e organizzativi che promuovano il processo di avanzamento delle donne in posizioni di leadership nel settore privato;

    va tenuto conto del lavoro che l'Employment Working Group sta portando avanti per dare esecuzione all'impegno dei leader G20 per la definizione di una roadmap per l'attuazione dell'obiettivo di Brisbane,

impegna il Governo:

ad attivarsi, nelle opportune sedi internazionali affinché venga rispettato quanto deciso nella Leader's Declaration dell'ultima presidenza del G20 in Arabia Saudita, in particolare per quanto riguarda le previsioni contenute nello statement n. 25 «Women's Empowerment» in cui viene indicata la necessità di delineare sotto la Presidenza italiana, una roadmap comune per il raggiungimento dell'uguaglianza di genere anche attraverso l'adozione di misure per rimuovere le barriere alla partecipazione economica e all'imprenditorialità delle donne.
(7-00644) «Spadoni, Boldrini, Di Stasio, Quartapelle Procopio, Berti, Buffagni, Del Grosso, Del Re, Emiliozzi, Fantinati, Grande, Marino, Olgiati».


   La III Commissione,

   premesso che:

    in questi giorni, Asia Bibi – la donna pakistana che ha trascorso quasi dieci anni in carcere con l'accusa di blasfemia, divenuta simbolo della persecuzione contro i cristiani in Pakistan –, ha lanciato un appello al primo ministro pakistano Imran Khan: «Abolisca la legge sulla blasfemia o ne impedisca l'abuso», definendola «una spada nelle mani della maggioranza del Paese, composta per il 95 per cento da musulmani. Noi cristiani siamo perseguitati da questa legge del codice penale pakistano» e ha chiesto «alla comunità internazionale e alle autorità in Pakistan di far rispettare il diritto alla libertà religiosa»;

    la presenza dei cristiani in Pakistan rappresenta una minoranza: su circa 180 milioni di abitanti, sono in 4 milioni a professare la fede cristiana rappresentando quindi il 2 per cento di tutto il territorio nazionale. Ancor di meno i cattolici che si contano in un numero che si aggira intorno a un milione;

    il Pakistan è firmatario della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948 e ha ratificato il Patto internazionale sui diritti civili e politici (Iccpr) nel 2010. È pertanto tenuto, ai sensi dell'articolo 18, a garantire la libertà di pensiero, di coscienza e di religione al suo popolo. Inoltre, sebbene l'articolo 2 della Costituzione pachistana del 1973 affermi che «l'Islam è la religione di Stato del Pakistan», lo stesso documento garantisce formalmente anche i diritti delle minoranze religiose. Purtroppo, lo status delle minoranze religiose è ulteriormente influenzato dalle cosiddette «leggi sulla blasfemia» del Pakistan, introdotte tra il 1982 e il 1986, una serie di emendamenti al codice penale pachistano, che limitano fortemente la libertà di religione e di espressione. I reati punibili includono la «profanazione» del Corano e le offese al Profeta Maometto, che comportano rispettivamente come pena massima l'ergastolo e la condanna a morte. Poiché il concetto di «blasfemia» è piuttosto ampio, la norma viene facilmente usata in modo improprio per sanzionare vari tipi di condotta, inclusa l'irriverenza verso persone, oggetti di culto, costumi e credenze;

    le accuse di blasfemia vengono mosse sia contro i musulmani che contro i membri delle minoranze religiose. Tuttavia, quando il presunto colpevole è un non musulmano, le accuse sfociano spesso in linciaggi, attacchi di folle ai danni di interi quartieri e uccisioni extragiudiziali. Inoltre, il numero di appartenenti alle minoranze che sono stati accusati di blasfemia è altamente sproporzionato rispetto alla loro percentuale sulla popolazione;

    le minoranze pakistane, inclusi gli indù, i cristiani e i sikh, sono state spesso prese di mira grazie alle rigide leggi sulla blasfemia. Le donne appartenenti ai gruppi minoritari sono il gruppo più vulnerabile in Pakistan, e difatti, sono diventati all'ordine del giorno rapimenti forzati, stupri, conversioni forzate, matrimoni forzati;

    anche la tutela legale di queste persone risulta complessa e imbavagliata: le difficoltà per la difesa riguardano, in particolare, la clausola che specifica che la menzione o la ripetizione del contenuto blasfemo stesso costituisce una bestemmia, impedendo così una linea difensiva efficace;

    la pandemia da COVID-19 ha ulteriormente acuito la situazione della discriminazione religiosa. Vi sono state numerose segnalazioni di pacchi, viveri e dispositivi di protezione individuale negati a indù e cristiani. Stando a quanto riportato nel report della fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre, nella zona di Korangi, a Karachi, i cristiani locali sarebbero stati costretti a recitare la kalima, la dichiarazione di fede islamica, per poter ricevere gli aiuti. Dal momento che si sono rifiutati, sono stati loro negati i beni di prima necessità. Al contrario, la Chiesa cattolica ha distribuito cibo e beni di prima necessità a tutti i bisognosi, indipendentemente dalla loro appartenenza religiosa. Per quanto riguarda le misure relative al COVID-19, mentre chiese e templi nel Punjab e nel Sindh sono stati chiusi volontariamente dai rispettivi leader religiosi a seguito di un aumento delle infezioni, le moschee sono rimaste aperte;

    inoltre, la crisi economica peggiorata da quella sanitaria, ha amplificato ancora le diseguaglianze sociali e religiose. Da una intervista alla stampa, Aneeqa A (nome di fantasia), avvocato pachistano che da tempo collabora con ADF International, organizzazione cristiana di patrocinio legale in prima linea per difendere la libertà religiosa ovunque nel mondo, ha affermato: «La gente è così disperata che è costretta a scambiare la religione professata in cambio di cibo. Le persone sono costrette a convertirsi all'islam solo per un sacco di farina»;

    a tutto ciò, si somma, il fenomeno, in costante aumento, delle conversioni e dei matrimoni forzati di ragazze o bambine cristiane e indù. Reati che dovrebbero essere perseguiti in base al Child Marriage Restraint Act del 2014 – che fissa l'età minima per sposarsi a 18 anni per i ragazzi, 16 anni per le ragazze –, la cui applicazione tuttavia è spesso ostacolata dalle forze di polizia e da membri dell'autorità giudiziaria in forza di consuetudini sociali e tribali. Il Pakistan è uno dei Paesi al mondo in cui il fenomeno delle spose bambine è più diffuso: in base ai dati dell'Unicef, il 3 per cento delle bambine pakistane si sposano prima dei 15 anni, il 21 per cento prima dei 18. La provincia del Sindh è quella con il numero più elevato di nozze infantili: la percentuale si attesta intorno al 72 per cento per le ragazze, 25 per cento per i ragazzi;

    l'educazione scolastica è un altro ambito in cui si è registrato un aumento delle accuse di blasfemia e delle violenze contro le minoranze. Nello studio «Educazione e Libertà Religiosa», la Commissione nazionale giustizia e pace della Conferenza episcopale cattolica del Pakistan ha rilevato come i programmi scolastici e universitari promuovano la discriminazione contro i non musulmani. Secondo il Rapporto, «imprecisioni fattuali, revisionismo storico e omissioni facilmente riconoscibili insegnano una versione della storia decisamente monolitica, rafforzano gli stereotipi negativi e creano una narrativa ostile nei confronti delle minoranze religiose»;

    sempre secondo il Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo 2021, pubblicato dalla fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre, in 26 Paesi del mondo la libertà religiosa è soffocata dalla persecuzione. In particolare, viene evidenziato che in una Nazione su tre si registrano gravi violazioni della libertà religiosa. Secondo lo studio, questo diritto fondamentale non è stato rispettato in 62 dei 196 Paesi sovrani (31,6 per cento del totale) nel biennio 2018-2020. Il Pakistan è uno dei Paesi in cui la libertà religiosa è meno tutelata. Si colloca al 5° posto nel ranking della «World Watch List 2020», l'annuale rapporto della Ong Porte Aperte sulla libertà religiosa dei cristiani nel mondo, che fotografa la classifica dei primi 50 Paesi dove più si perseguitano i cristiani;

    nel 2020 il Governo ha creato una Commissione nazionale sulle minoranze (Ncm). Il provvedimento è stato sollecitato da un'ordinanza della Corte Suprema del Pakistan che nel giugno 2014 aveva chiesto di istituire un'agenzia per la tutela delle minoranze, in seguito al tragico attacco contro la chiesa di Ognissanti di Peshawar avvenuto nel settembre 2013. Nel maggio 2020, il Ministero degli Affari Religiosi e dell'Armonia Interreligiosa ha ratificato la ricostituzione della Commissione nazionale sulle minoranze, che ha il mandato di assicurare che i luoghi di culto delle comunità non musulmane siano preservati e mantenuti in condizioni funzionali. Tuttavia, lo status della Commissione è incerto, poiché si tratta semplicemente di un organismo istituito ad hoc dal gabinetto federale e non di un organismo stabilito da un'apposita legge, pertanto i suoi poteri sono limitati;

    nell'ottica di arginare il fenomeno delle conversioni forzate, nel 2020, il Senato pachistano ha iniziato a valutare il reato attraverso il proprio comitato permanente per la protezione delle minoranze dalle conversioni forzate, che dal luglio dello stesso anno ha incominciato ad esaminare la questione. La «Legge sulla protezione dei diritti delle minoranze» – era stato presentato a settembre dal senatore Javed Abbasi, membro della Pakistan Muslim League – N. – è stata presentata in Senato ad agosto 2020, ma il Comitato permanente per gli Affari Religiosi e l'Armonia Interreligiosa l'ha respinta un mese dopo con la motivazione che «alle minoranze in Pakistan sono già stati concessi diversi diritti». Il disegno di legge è stato più volte presentato in Senato e all'Assemblea Nazionale, ma alla data del marzo 2021 non è stato ancora approvato. Il testo contiene una serie di misure per tutelare le minoranze: afferma che discorsi di odio e materiale offensivo contro le minoranze religiose non possono far parte dei libri di testo scolastici, e suggerisce che il Governo fornisca protezione e assistenza a qualsiasi persona costretta a una «conversione forzata», stabilendo pene fino a sette anni di carcere per i rapimenti e le conversioni forzate di ragazze delle minoranze. La proposta di legge, inoltre, considera «matrimonio forzato» quello interreligioso tra un uomo musulmano e una minorenne di altra religione, e dunque lo ritiene «nullo», prevedendo pene per quanti organizzano tali matrimoni;

    il leader cristiano Aftab Alexander Mughal, direttore del magazine «Minority concern» ha denunciato che «Dall'agosto 2018, da quando il Primo Ministro Imran Khan ha preso il potere, almeno 31 membri delle comunità di minoranze sono stati uccisi, 58 sono stati feriti in attacchi mirati e 25 casi di blasfemia sono stati registrati, mentre almeno sette luoghi di culto delle minoranze hanno subito attacchi o intimidazioni»;

    secondo il Centro per la giustizia sociale in Pakistan, almeno 1855 persone sono state accusate in base alle leggi sulla blasfemia tra il 1987 e il febbraio 2021, con il maggior numero di accuse nel 2020. Tra queste, la coppia pakistana Shagufta Kausar e Shafqat Emmanuel è stata condannata a morte per blasfemia nel 2014 sulla base di prove che possono essere considerate profondamente insufficienti ed è detenuta in carcere in attesa di una sentenza del tribunale sul ricorso contro la loro condanna a morte che doveva essere esaminato nell'aprile 2020, sei anni dopo la condanna, ma è stato rinviato più volte, da ultimo il 15 febbraio 2021;

    il Parlamento europeo ha approvato proprio oggi una Risoluzione del Parlamento europeo sulle leggi sulla blasfemia in Pakistan, in particolare il caso di Shagufta Kausar e Shafqat Emmanuel,

impegna il Governo:

   a promuovere ogni iniziativa, bilaterale con il Pakistan e nei consessi europei ed internazionali, utile per ottenere l'immediato rilascio di Shafqat Emmanuel e Shagufta Kausar senza condizioni e la revoca della loro condanna a morte;

   ad adoperarsi, per quanto di competenza, affinché il Pakistan abroghi le cosiddette leggi sulla blasfemia e garantisca la libertà di religione o di credo, la libertà di parola e di espressione e i diritti delle minoranze quali diritti umani sanciti dalla Costituzione pakistana, nonché prevenga alla definitiva approvazione della «Legge sulla protezione dei diritti delle minoranze»;

   a rispondere positivamente all'invito del Parlamento europeo di fornire, attraverso il nostro personale diplomatico, protezione e sostegno a Shagufta Kausar e Shafqat Emmanuel, anche presenziando ai processi, chiedendo visite in carcere e sollecitando costantemente e risolutamente le autorità coinvolte nel caso.
(7-00645) «Quartapelle Procopio».


   La III Commissione,

   premesso che:

    in Pakistan la religione di Stato è l'islam sunnita, ed è anche la religione maggioritaria, mentre numerosi sono i gruppi religiosi di minoranza, tra cui, in prevalenza: cristiani, indù, sikh, sciiti, ahmadi, buddisti, parsi, bahà'i;

    la Costituzione pakistana del 1973 al capitolo sui diritti fondamentali garantisce la libertà di professare una religione e di gestire istituzioni religiose (articolo 20), l'uguaglianza di tutti i cittadini (articolo 25) e i diritti e interessi legittimi delle minoranze (articolo 26);

    tuttavia l'articolo 260 della medesima Costituzione opera una distinzione tra musulmani e non musulmani, ammettendo pertanto la discriminazione sulla base della religione;

    in aggiunta, le norme giuridiche note come «leggi sulla blasfemia», introdotte nel 1982 e nel 1986, pregiudicano i fondamentali diritti religiosi e di minoranza garantiti dalla Costituzione e nei casi di blasfemia la sezione 295 C del codice penale pakistano prevede la condanna alla pena capitale o all'ergastolo;

    anche se la maggioranza delle persone accusate in virtù delle leggi sulla blasfemia è di fede musulmana, molto spesso le leggi sulla blasfemia sono indebitamente utilizzate dai gruppi estremisti e da chi è interessato a un regolamento di conti personali e hanno provocato una recrudescenza delle violenze nei confronti dei membri di minoranze religiose, in particolare gli ahmadi, ma anche i cristiani, gli indù, i sikh, gli sciiti, i buddisti, i parsi, i bahà'i;

    il Pakistan è uno dei Paesi chiave nella lotta al terrorismo e alla diffusione dell'estremismo violento e la sua stabilità interna e le sue istituzioni democratiche sono state messe a dura prova dalle azioni, dalle minacce e dagli attentati violenti messi in pratica dagli estremisti;

    in particolare, l'incessante minaccia delle forze radicali islamiche ha reso sempre più imperativi gli sforzi concertati a livello internazionale per sostenere e rafforzare lo sviluppo economico e sociale in Pakistan;

    a questo riguardo, il Pakistan, ha ratificato nel 2010 il Patto internazionale sui diritti civili e politici e la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti del 1984, annunciando una riforma più ampia delle leggi sulla Blasfemia;

    seguirono manifestazioni scioperi e azioni violente e due delle personalità che più si erano spese per le riforme, l'allora Governatore del Punjab Salmaan Taseer, musulmano e l'allora Ministro per le Minoranze religiose Shahbaz Bhatti, cattolico, furono assassinati da estremisti contrari alla cancellazione delle predette leggi;

    nonostante siano ancora in vigore le leggi sulla blasfemia, in questo decennio il Pakistanha approvato diverse riforme a tutela delle minoranze, tra cui: quella che introduce una quota del 5 per cento, da riservare alle minoranze nel mondo del lavoro, nei concorsi pubblici e nelle scuole; quella che prevede la presenza nel Senato ora di rappresentanti di altre religioni; quella che ha dato luogo all'istituzione della festa nazionale del «Minorities day», che si celebra ogni anno l'11 agosto;

    ad ogni modo, anche se i casi di violenza cruenta contro i Cristiani e le altre minoranze hanno subìto una diminuzione degli anni, permane ancora un clima di violenza che sfocia anche in episodi di conversione forzata. Tuttavia, permangono i problemi politici, l'instabilità e la povertà che sono spesso alla base del consenso delle organizzazioni radicali, estremiste e fondamentaliste,

impegna il Governo:

   a continuare, nelle opportune sedi multilaterali, ad incoraggiare le autorità pakistane a garantire la libertà di religione o credo, a partire dalla depenalizzazione della blasfemia, e ad adottare ulteriori iniziative per proteggere i diritti delle persone appartenenti a minoranze religiose;

   ad approfondire insieme agli altri partner europei il dialogo con il Pakistan sul tema dei diritti umani, inclusa la tutela della libertà di religione o credo;

   a continuare a prevedere, nell'ambito dell'attività della Cooperazione italiana, iniziative a sostegno delle popolazioni appartenenti a minoranze cristiane oggetto di persecuzione nelle aree di crisi.
(7-00646) «Di Stasio».


   La III Commissione,

   premesso che:

    i Balcani occidentali sono parte integrante del continente europeo, della sua storia, delle sue civiltà. Lo sono stati nei secoli, lo sono oggi. Tutto ciò che accade nei Balcani ha un impatto sulla vita dell'Europa, e reciprocamente, ogni dinamica europea investe anche la regione balcanica;

    fin dagli Accordi di Dayton la prospettiva dell'integrazione nelle istituzioni euro-atlantiche era stata indicata come la chiave per dare stabilità ai Balcani Occidentali, storicamente percorsi da guerre e aspri conflitti;

    con la integrazione europea, popoli e nazioni dei Balcani – superando secoli di conflitti – sono sollecitati a pensare e costruire il proprio futuro «non contro il vicino, ma con il vicino»;

    la prospettiva europea è stata formalmente assunta dal Consiglio europeo nel 2003 a Salonicco e ripetutamente confermata anno dopo anno, fino alla Dichiarazione di Zagabria del maggio 2020;

    l'ingresso della Slovenia nell'Unione europea nel 2004 e dei Paesi dei Balcani Orientali (Romania e Bulgaria) nel 2007 e la decisione della Nato di aprire le porte ai Paesi della regione avevano suscitato nelle capitali dei Balcani Occidentali l'aspettativa di una rapida integrazione;

    al fine di accompagnare e preparare il processo di adesione sono state attivate istituzioni di cooperazione regionale, quali Iniziativa centro europea (In.C.E.), Iniziativa Ionico-Adriatica, Processo di Berlino e creato, con la strategia UE per la Regione Adriatico e Ionica (Eusair) uno strumento di sostegno finanziario a politiche di modernizzazione e sviluppo della regione;

    rispettivamente dal 2012 e dal 2014, la Commissione ha avviato negoziati di adesione, con Montenegro e Serbia, che tuttavia – soprattutto con Belgrado – procedono con lentezza;

    l'accordo intervenuto tra Skopje e Atene per la denominazione «Macedonia del Nord» rappresenta un positivo contributo alla stabilità della regione, aprendo la strada alla integrazione europea dello Stato nord-macedone;

    nonostante nel marzo 2020 il Consiglio europeo abbia autorizzato la Commissione ad avviare i negoziati con Albania e Nord Macedonia, le Conferenze intergovernative di avvio dei negoziati non sono state finora convocate a causa di un veto della Bulgaria nei confronti della Macedonia del Nord;

    per superare il conflitto tra Serbia e Kosovo, l'Unione europea ha nominato un Inviato speciale con l'obiettivo di giungere ad una normalizzazione delle relazioni tra Belgrado e Pristina, passaggio essenziale per l'integrazione europea dei due Paesi;

    la Bosnia Erzegovina ha presentato domanda per passare dallo status di «potenziale candidato» allo status di «candidato», impegnandosi alle riforme costituzionali e politiche necessarie al consolidamento della coesione della Bosnia-Erzegovina quale Stato pluricomunitario;

    la Commissione europea ha dichiarato che il Kossovo ha adempiuto alle condizioni necessarie alla liberalizzazione dei visti;

    le politiche attuate da Unione europea e Nato dalla Pace di Dayton ad oggi hanno consentito di avviare i Balcani sulla strada della pace, della stabilità e della crescita economica;

    all'impegno internazionale per la stabilità della regione l'Italia ha dato e continua a dare un significativo contributo con la partecipazione alle missioni Kfor e Eufor, con l'assistenza civile, con programmi di cooperazione economica e di intense relazioni politiche;

    tuttavia, le tante turbolenze vissute dall'Europa – la crisi «greca», la Brexit, l'emergenza migratoria, le troppe instabilità nel Mediterraneo, il conflitto russo-ucraino, le divaricazioni tra i Paesi europei sulle politiche di bilancio e, da ultimo, anche la grave crisi pandemica – hanno indotto a dilazionare nel tempo l'ingresso di nuovi Paesi: i negoziati con Serbia e Montenegro sono ancora lontani da una conclusione, è bloccato l'avvio dei negoziati con Albania e Macedonia, indefinite sono le prospettive di integrazione di Bosnia-Erzegovina e Kossovo;

    il tempo ormai trascorso – ventisei anni da Dayton e diciotto da Salonicco – suscita sentimenti di delusione e frustrazione non solo nelle cancellerie governative, ma soprattutto nelle opinioni pubbliche, rischiando che si rallentino i processi di riforma necessari all'adozione di standard europei e all'acquis communautaire e tornino a manifestarsi pulsioni nazionalistiche che già tante tragedie hanno causato in passato;

    nei Balcani occidentali sono nate e cresciute generazioni di giovani che si sentono e vogliono essere europei e che guardano con speranza all'Unione europea che a quelle aspettative e a quei sogni deve offrire un futuro di crescita e prosperità;

    è stato diffuso nelle settimane scorse un non-paper, di cui non sono noti gli autori, ma che rappresenta un pericoloso campanello di allarme, che propone di sovvertire i delicati assetti costruiti dopo Dayton, tracciando nuovi confini, spartendo territori, riorganizzando l'intera regione in tre nazioni etniche: la grande Serbia, la grande Croazia, la grande Albania. Progetto che, se attuato, precipiterebbe i Balcani ancora una volta in sanguinosi e devastanti;

    cresce nella regione la presenza di altri player: la Cina considera i Balcani come il terminale adriatico della nuova Via della seta; Russia e Turchia puntano a rivitalizzare i legami derivanti dall'appartenenza della regione agli imperi russo e ottomano; gli Emirati Arabi Uniti si propongono come tutori delle presenze islamiche della regione. E con l'Amministrazione Biden torna una attenzione strategica Usa alla regione, tanto più nel momento in cui la Nato ha integrato cinque dei sette Stati balcanici. Uno scenario che deve sollecitare l'Unione europea a uscire da incertezze e ambiguità perché ogni spazio non coperto dalla Unione europea rischia di essere immediatamente riempito da altri, come è successo sui vaccini, per il cui approvvigionamento alcuni Paesi balcanici si sono rivolti a Russia e Cina;

    è decisivo che i Paesi che aspirano all'adesione attuino con determinazione e tempestività quelle riforme di adeguamento agli standard e ai valori dell'Unione europea su Stato di diritto, libertà dei media, indipendenza della magistratura, lotta alla corruzione, tutela delle minoranze. Così come altrettanto rilevante è che nei Paesi dei Balcani occidentali la dialettica politica interna, le normative elettorali, i rapporti tra maggioranza e opposizione siano improntati agli standard europei di reciproco riconoscimento e di rispetto della volontà popolare;

    le riforme richieste ai Paesi balcanici richiedono anche da parte dell'Unione europea un cambio di passo, con segnali chiari di determinazione nella volontà di integrazione, mentre ogni segnale di incertezza fornirebbe alibi al rallentamento dei processi riformatori;

    un cambio di passo da parte dell'Unione europea è tanto più necessario per far fronte alle conseguenze di COVID-19: i Balcani occidentali devono essere parte dello spazio europeo di approvvigionamento dei vaccini; Next Generation EU deve essere riferimento anche per i Paesi dei Balcani occidentali; tutte le decisioni della Commissione europea sulle migrazioni e sull'asilo devono tenere conto dei Paesi della regione, superando i drammi della rotta balcanica. La Conferenza sul futuro dell'Europa offre da questo punto di vista un'occasione proficua per integrare tali Paesi in una riflessione decisiva per il futuro di tutto il continente;

    la Nato ha svolto e continua a svolgere un ruolo vitale per la pace e la sicurezza nei Balcani occidentali; per sostenere la ricostruzione, il rafforzamento delle istituzioni pubbliche, la riforma del settore della sicurezza, perseguendo una strategia volta ad assicurare la rapida integrazione dei Paesi della regione balcanica nella propria architettura di sicurezza ed economico-politica;

    l'assistenza politica, militare ed economica e, da ultimo, sanitaria, assicurata dalla Nato ha consentito di completare un gran numero di progetti per sostenere la ricostruzione, lo sminamento, lo smaltimento di munizioni, il rinnovamento di basi militari abbandonate, così come progetti per aiutare la riforma del settore della sicurezza e una più ampia efficacia e trasparenza istituzionale dei Governi. Particolare attenzione è stata prestata al contrasto all'influenza russa e cinese e alla presenza di foreign fighters nella regione;

    l'Italia è da sempre sostenitrice dell'integrazione europea dei Balcani occidentali sia per gli stretti legami storici, economici, culturali e politici che il nostro Paese ha con la regione, sia perché fortemente convinta che la stabilità e la prosperità dei Balcani siano nell'interesse dell'Europa;

    l'integrazione europea dei Balcani occidentali è sostenuta unanimemente da tutte le forze politiche presenti nel Parlamento, italiano come dimostra l'approvazione unanime della risoluzione n. 8-00031 sull'integrazione dei Balcani occidentali nelle istituzioni euroatlantiche;

    la III Commissione della Camera dei deputati ha sviluppato una intensa collaborazione con le analoghe istituzioni parlamentari dei Paesi balcanici e dei Paesi dell'Unione europea, sottolineando così quanto l'Italia voglia essere partner e sponsor dell'integrazione europea dei Balcani occidentali;

    la stessa Commissione ha promosso il 26 aprile 2021 un Seminario interparlamentare sulle prospettive di integrazione dei Balcani occidentali in un mondo multipolare, che ha visto la partecipazione dei presidenti delle Commissioni esteri di 17 Paesi, del Commissario dell'Unione europea all'allargamento, del Segretario Generale del Servizio europeo per l'azione esterna, dei rappresentanti europei nei Balcani e dei segretari generali dell'Ince e della Iniziativa Ionico-Adriatica e la cui Dichiarazione finale sollecita l'Unione europea ad una accelerazione del processo di integrazione;

    in vista della riunione del Consiglio affari esteri prevista per il 10 maggio 2021, al cui ordine del giorno è prevista una riflessione sul processo di integrazione dei Paesi dei Balcani occidentali,

impegna il Governo:

   a ribadire e sostenere in ogni sede iniziative per integrazione dei Balcani occidentali nelle istituzioni euroatlantiche;

   ad adottare iniziative volte a sollecitare la Commissione europea ad accelerare i negoziati di adesione di Serbia e Montenegro;

   ad adottare iniziative per promuovere la convocazione delle conferenze intergovernative per l'avvio dei negoziati con Albania e Nord Macedonia, facendo appello alla Bulgaria a rimuovere la sua contrarietà all'apertura dei negoziati con Skopje;

   a sostenere il riconoscimento dello status di «candidato» alla Bosnia;

   a promuovere ogni iniziativa utile alla normalizzazione dei rapporti tra Serbia e Kossovo;

   a chiedere al Consiglio europeo di dare corso alla proposta della Commissione di liberalizzare i visti di circolazione per i cittadini del Kossovo;

   a promuovere nella sede della Conferenza sul futuro dell'Europa forme di coinvolgimento delle istituzioni e delle opinioni pubbliche dei Balcani occidentali;

   a favorire la inclusione dei Paesi dei Balcani occidentali nello spazio europeo di approvvigionamento dei vaccini;

   ad adottare iniziative volte a sollecitare i Paesi dei Balcani occidentali ad armonizzare i loro programmi di investimento ai settori strategici (climate change, infrastrutture, digitalizzazione, innovazione, formazione) indicati nel Recovery Plan;

   a coinvolgere i Paesi della cosiddetta «rotta balcanica» nel dibattito sul «Nuovo patto per l'immigrazione e l'asilo» proposto dalla Presidente Von der Leyen;

   a sostenere le iniziative promosse dall'Ince, dall'Iniziativa Ionico-Adriatica, dal Processo di Berlino e i programmi di Eusair;

   a sostenere con iniziative di carattere diplomatico un rilancio del ruolo della Nato volto in particolare a sostenere la prospettiva di adesione della Bosnia Erzegovina all'Alleanza.
(7-00647) «Fassino».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FERRI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   una coppia italiana ha rilasciato un'intervista al giornale La Nazione per denunciare l'incubo vissuto in India a New Delhi per tornare in Italia con la figlia adottiva di due anni che erano andati ad abbracciare quindici giorni fa;

   la coppia aveva intrapreso il viaggio con l'associazione «International Adoption» per una adozione internazionale con altri settanta italiani;

   l'iter di adozione si era svolto in tempi brevi e la coppia, che aveva potuto abbracciare la figlia di 2 anni, non è riuscita ad imbarcarsi all'aeroporto per tornare in Italia;

   la donna è risultata positiva al Covid-19 ed è stata portata in un Covid hotel in attesa del tampone, pur essendo in possesso del permit exit indiano per tornare in Italia;

   ha testimoniato le condizioni sanitarie pessime raccontando che i cadaveri dei morti per Covid-19 vengono bruciati in strada ed è stata separata dal marito che è rimasto con la figlia adottiva in albergo;

   il marito a sua volta ha denunciato che la moglie non è stata sottoposta a tampone e che è stata trasferita in una camera con altri malati priva di assistenza;

   è stato seguito un iter per i passeggeri di un volo Boeing 787 dell'Air India con 23 passeggeri positivi al Covid-19 che prevede il sequenziamento per la ricerca delle varianti che sarà eseguito allo Spallanzani;

   lo stesso iter potrebbe essere seguito per far rientrare le coppie italiane con i loro bambini e mettere fine a questo incubo assurdo –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intendano assumere per consentire il rientro degli italiani rimasti in India.
(5-05907)

Interrogazione a risposta scritta:


   DORI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   con delibera del 1° maggio 2016 del Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 13 agosto 2016, n. 189, è stato approvato il piano stralcio «Cultura e turismo» assegnando al Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo un importo complessivo di 1.000 milioni di euro, a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, da destinare al sistema museale italiano, ai sistemi territoriali turistico-culturali, nonché ad altri interventi di completamento particolarmente significativi e di nuovi interventi da individuarsi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;

   in particolare, all'insieme di «interventi di completamento particolarmente significativi e di nuovi interventi» è disposta la destinazione di una riserva di importo pari a 170 milioni di euro, di cui 150 milioni di euro a favore di interventi afferenti al «progetto di recupero di luoghi culturali dimenticati, denominato Bellezz@-Recuperiamo i luoghi culturali dimenticati»;

   la predetta delibera del Cipe prevede che gli interventi siano individuati sulla base delle segnalazioni pervenute dal territorio e che, laddove comportino finanziamenti superiori a 150 milioni di euro, gli interventi siano selezionati da una Commissione;

   il 9 maggio 2016 la Presidenza del Consiglio dei ministri ha pubblicato l'avviso con il quale è stata data la possibilità a tutti i cittadini di segnalare un luogo da recuperare, ristrutturare o reinventare, per il bene della collettività oppure un progetto culturale da finanziare;

   essendo pervenuto un numero di segnalazioni tale da richiedere una disponibilità superiore alle risorse assegnate, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 19 giugno 2017 è stata istituita la Commissione per la selezione degli interventi;

   la Commissione, all'esito della selezione, è pervenuta sulla base dei criteri prefissati ad un elenco di 310 interventi conformi alla delibera Cipe del 1° maggio 2016 e al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 19 giugno 2017 e ad un elenco di 271 interventi selezionati fino a concorrenza delle risorse 31 disponibili;

   nell'elenco dei 271 interventi meritevoli di finanziamento figurano anche sei progetti in provincia di Bergamo;

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 settembre 2018 ha stabilito che per accedere ai finanziamenti è necessaria la stipula di apposite convenzioni tra gli enti beneficiari e il Ministero della cultura;

   l'articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 settembre 2018 ha stabilito che per stipulare le convenzioni gli enti devono depositare una dichiarazione recante il «proprietario del bene/luogo da recuperare e dell'eventuale titolare di diritti concessori sul bene» ovvero il «gestore del progetto di interesse culturale»;

   l'articolo 2, comma 2, lettera d), del citato decreto precisa che alla dichiarazione deve essere allegata «la documentazione che accerti la sussistenza della disponibilità giuridica e fattuale dei beni ai fini della realizzazione dell'intervento»;

   il 15 novembre 2018 è stata istituita la segreteria tecnico-amministrativa a supporto della immissione per l'attuazione del progetto, la cui composizione è stata da ultimo modificata con decreto del segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri del 4 febbraio 2021;

   ad oggi risulta che numerosi enti aggiudicatari dei finanziamenti non abbiano ancora ricevuto i fondi per l'avvio degli interventi di recupero –:

   quali urgenti iniziative il Governo intenda porre in essere al fine di consentire in tempi rapidi l'erogazione di tutti i finanziamenti per la realizzazione degli interventi afferenti al progetto «Bellezz@-Recuperiamo i luoghi culturali dimenticati».
(4-09165)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   D'IPPOLITO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il comune di Lamezia Terme è gestito da una commissione straordinaria di nomina prefettizia;

   per come riportato in una nota/pec dall'Associazione consumatori utenti (Acu) della regione Calabria, trasmessa al prefetto di Catanzaro, a Lamezia Multiservizi, alla commissione straordinaria del comune di Lamezia Terme, alla Sogert Spa e all'interrogante, numerosi cittadini lametini «lamentano di essere venuti casualmente a conoscenza di pignoramenti di stipendio, di conti correnti e fermi amministrativi subiti da parte della Sogert Spa, con sede in Napoli, piazza Domenico Cirillo n. 5, società che agisce su concessione della Lamezia Multiservizi per il recupero dei canoni idrici (acqua potabile)»;

   «da un primo accertamento delle segnalazioni – prosegue la nota – emerge che la Sogert spa stia agendo in forza di una legge reale, la n. 639/1910, e del Dpr 602/1973. E ciò nonostante che il ricorso alla legge 639/1910 sia riservato agli enti locali e non anche ai privati e la riscossione esattoriale, sia attualmente sospesa in forza del reiterato differimento a causa del Covid-19, così disponendo da ultimo il Decreto Draghi, conseguente al decreto-legge n. 7 del 30.01.2021, che aveva differito il termine di sospensione dell'attività di riscossione precedentemente fissato dal decreto-legge n. 3/2021, emanato proprio per venire incontro alle famiglie a causa del delicato momento storico di grande difficoltà economica»;

   inoltre, secondo la prefata nota, Sogert spa «omette di notificare l'atto di pignoramento al cittadino che, quindi, rimane ignaro su quanto succede al proprio conto o allo stipendio; pone in essere una duplicazione di pignoramenti andando a colpire contestualmente conti, stipendi ed autoveicoli, agisce per il recupero di tributi abbondantemente prescritti e/o pagati dall'utente, magari attraverso “rottamazione”, e quindi agisce, in numerosi casi, in assenza di regolare titolo»;

   «i cittadini lamentano – ancora secondo la nota – anche la contestuale sospensione dell'erogazione dell'acqua da parte della Lamezia Multiservizi spa, sia in spregio all'esito del referendum sull'acqua pubblica che in contrasto alla delibera del Comune di Lamezia Terme n. 7 del 21/5/2012, recepita anche nello Statuto comunale, con la quale viene riconosciuto che “L'acqua è un bene comune non mercificabile”»;

   peraltro, laddove pure la riscossione esattoriale non risultasse, come in effetti è, sospesa, va detto che, secondo univoca e costante giurisprudenza, la riscossione dei canoni idrici è sottratta alla normativa esattoriale non trattandosi di imposta o tassa, ma di semplice corrispettivo in un contratto di somministrazione;

   molti utenti – continua la summenzionata nota – in oggettive condizioni economiche precarie, recatisi presso gli uffici della Lamezia Multiservizi, dopo aver subito il distacco, lamentano anche di essersi sentiti costretti a pagare somme già corrisposte e/o prescritte pur di riavere l'acqua potabile;

   il Ministero dell'interno ha poteri specifici sulla gestione degli enti commissariati e il Ministero dell'economia e delle finanze ha compiti di vigilanza sulle società di riscossione –:

   di quali notizie dispongano su quanto esposto in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, abbiano assunto od intendano assumere per assicurare che, nello specifico, sia rispettata la vigente, sospensione ex lege della riscossione esattoriale;

   se le notizie di cui in premessa fossero confermate, quali iniziative i Ministri interrogati, per quanto di competenza, intendano adottare con riguardo al controllo della gestione commissariale del comune di Lamezia Terme sulla propria società in house, Lamezia Multiservizi, e sulla società di riscossione ivi operante;

   se il Ministro dell'economia e delle finanze non ritenga che i comportamenti su descritti da parte della Sogert Spa, con sede in Napoli, ove confermati, concretizzino motivi per la sospensione della sua iscrizione all'albo dei soggetti abilitati alla riscossione dei tributi.
(4-09172)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   LOLLOBRIGIDA e DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   desta enorme preoccupazione l'ennesimo atto perpetrato ai danni della struttura e soprattutto del personale del carcere genovese di Marassi, dove recentemente è stata messa a repentaglio la vita degli agenti di polizia penitenziaria a causa del rogo causato da uno dei detenuti;

   si tratta di un detenuto per omicidio, ristretto in una cella e con grossi problemi psichiatrici, che ha dato fuoco al materasso, cuscino e indumenti vari, determinando la necessità, a causa dei fumi sprigionatisi, di mettere in sicurezza il piano terra della struttura penitenziaria;

   il tempestivo intervento della polizia penitenziaria ha consentito di salvare il detenuto e le altre persone ristrette, ma i due agenti penitenziari intervenuti in soccorso del detenuto sono stati ricoverati al pronto soccorso per un principio di intossicazione;

   si tratta dell'ennesimo dramma conseguenza delle pessime condizioni di lavoro in cui il personale delle carceri italiane e in Liguria in particolare è costretto a lavorare;

   ancora una volta si è al cospetto di un grave incidente, questa volta perpetrato all'interno del carcere di Marassi che da tempo è segnalato come non idoneo ad ospitare tanti detenuti soprattutto con problemi psichiatrici non gestibili;

   è evidente la necessità di azioni concrete in grado di porre una soluzione alla insostenibile situazione che si crea sistematicamente nelle carceri italiane ai danni degli agenti della polizia penitenziaria, e nello specifico nelle strutture di Sanremo, Savona e Genova, autentiche polveriere in attesa di esplodere;

   in concreto e nello specifico, il sindacato di polizia Sappe denuncia da tempo la necessità di far chiarezza su come s'intenda gestire l'istituto di Marassi. A fronte delle continue proteste e degli avvenimenti sempre meno gestibili all'interno del carcere è insostenibile il fatto che il carcere di Marassi sia ancora oggi privo della figura di un comandante e di un direttore titolare, così come è inaccettabile che non si tenga conto che la sicurezza di un istituto sia più importante di qualsiasi altra attività;

   il sindacato di polizia Sappe chiede maggiore tutela per la polizia penitenziaria oggi priva dei suoi punti di riferimento e costretta ad arginare le forme di protesta senza strumenti e con il rischio di essere sottoposti a procedimenti disciplinari, se non penali, in caso di intervento;

   il comandante è una figura importante all'interno della struttura carceraria, oltre che punto di riferimento della sicurezza; inoltre, anche il direttore attuale di Marassi è un sostituto, quindi mancherebbe anche il direttore titolare della struttura. Si tratta di un fatto grave per un istituto di primo livello come Marassi con 650 detenuti –:

   quali urgenti iniziative intenda porre in essere, per quanto di competenza, al fine di garantire maggiore sostegno alla sicurezza e all'operato della polizia penitenziaria favorendo la nomina del comandante degli agenti di polizia penitenziaria;

   se non ritenga di nominare con urgenza il direttore titolare del carcere di Marassi.
(4-09163)


   CUNIAL. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con numerose interrogazioni a firma dell'interrogante tra cui nn: 4-06471, 4-06901, 4-07897, 4-08292, 4-08293 (che qui vengono interamente richiamate) si è ripresa la vicenda Lost Pay, la richiesta di protezione dell'ispettore del fraud interno di Poste Italiane, Alessandro Carollo, nonché alcune vicende legate alla sua attuale condizione di lavoro presso l'azienda, e alcune problematiche di cui l'ispettore si è occupato relative a frodi interne o a clienti della società, ignorate dalla stessa;

   l'attività dell'ispettore era già stata presa in esame anche nell'ambito dell'attività ispettiva dell'On. Ivan Catalano nella XVII legislatura con numerose interrogazioni, tra cui la n. 4-13883 con la quale si denunciava come l'ispettore sia stato vittima di alcuni episodi di natura intimidatoria da parte di Nunzio Giangrande;

   con l'interrogazione n. 4-07392, l'interrogante aveva già evidenziato come alcuni dei compartecipi di Nunzio Giangrande, tali A.G.U. e M.F. siano stati licenziati dopo oltre un anno dal completamento degli accertamenti condotti, su delega, dall'ispettore Carollo. La tardività di questi licenziamenti avrebbe portato alla condanna di Poste Italiane, in Cassazione, a risarcimenti;

   risulta all'interrogante altresì che i sopra citati M.F. ed A.G.U. siano stati oggetto di una denuncia per calunnia sporta dall'ispettore Carollo, cui è stata dato seguito dal procuratore della Repubblica di Termini Imerese il 24 luglio 2019, il cui procedimento non sembrerebbe approdato alla fase processuale per avvenuta prescrizione;

   risulta all'interrogante che nei confronti dell'ispettore Carollo siano anche di recente intervenuti fatti quantomeno sospetti, di portata sostanzialmente intimidatoria –:

   quali iniziative urgenti intenda assumere per ri-assegnare il dispositivo di sicurezza all'ispettore Carollo e alla sua famiglia.
(4-09173)

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ SOSTENIBILI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PAITA. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   l'Agenzia nazionale per la sicurezza delle infrastrutture ferroviarie stradali e autostradali (Anfsisa), istituita con il decreto n. 109 del 2018 cosiddetto decreto Genova, è diventata operativa soltanto nel 2020;

   oltre che investita del controllo sui settori autostradale e ferroviario, l'Agenzia deve vigilare anche sulle metropolitane e, dalla prima relazione annuale sulla quale è intervenuto anche il Ministro interrogato, è emerso che l'Agenzia dovrebbe avere 569 dipendenti a fronte di 164 effettivi;

   l'Agenzia si trova quindi a dover operare con circa il 70 per cento in meno di dipendenti, non riuscendo in tal modo a garantire la sicurezza e l'efficienza delle infrastrutture vigilate e di fatto deresponsabilizzando il gestore in quanto, sebbene i controlli vengano effettuati a campione, è fondamentale garantire l'efficienza del sistema –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della suddetta situazione e, in caso positivo, quali iniziative intenda intraprendere al fine di promuovere un incremento del personale dell'Agenzia di cui in premessa e di incentivare il controllo sulle infrastrutture oggetto di controllo.
(5-05904)

Interrogazione a risposta scritta:


   DEIDDA. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   l'Anas continua ad incrementare il suo impegno sul fronte della riduzione dell'inquinamento acustico pubblicando sulla Gazzetta Ufficiale un bando dell'importo complessivo di 100 milioni di euro per l'affidamento di quattro accordi quadro, di durata quadriennale, per l'esecuzione di interventi di mitigazione acustica su tutto il territorio nazionale così testualmente viene riportato nel sito istituzionale;

   l'appalto è suddiviso in 4 lotti:c il lotto 1 Nord per il valore di 18 milioni di euro; il lotto 2 Centro per il valore di 33 milioni di euro; il lotto 3 Sud del valore di 31 milioni di euro; il lotto 4 Isole del valore di 18 milioni di euro;

   gli interventi saranno attivati mediante accordo Quadro che garantisce la possibilità di avviare i lavori con la massima tempestività, in relazione alla programmazione prevista per la manutenzione della rete stradale;

   nelle Isole, per il lodevole progetto, appare esiguo lo stanziamento di 18 milioni di euro, dovendo ricomprendere, presumibilmente Sardegna e Sicilia, il cui fabbisogno appare evidentemente di gran lunga superiore a quanto inizialmente previsto;

   in passato, l'Anas ha condotto dei piani di risanamento acustico, per altro previsti dalla normativa nazionale e comunitaria, sempre come riportato dal sito istituzionale;

   al fine di valorizzare la bellezza della natura e preservarla, bisognerebbe incentivare interventi in tal senso, iniziando proprio dalle strade in cui sono previsti interventi, in particolare dove nella vicinanze ci siano abitazioni, residenze sanitarie, attività economiche;

   la strada statale 291 potrebbe essere una tra le possibili infrastrutture interessate, posto che su di essa insistono attività a cui gioverebbe, ma non è l'unica interessata –:

   se siano a conoscenza di quanto sopra esposto, quali iniziative intendano adottare al fine di portare avanti e incentivare maggiormente il piano di riduzione di inquinamento acustico di Anas, in particolare in Sardegna, e quali interventi siano attualmente previsti nel lotto, in particolare per la Sardegna;
(4-09164)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SARLI, FRATOIANNI, TERMINI, BOLDRINI, BRUNO BOSSIO, PALAZZOTTO, TRIZZINO, MURONI, PINI, ORFINI, MIGLIORE e UNGARO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la circolare del 21 aprile 2021 del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno avente oggetto il decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, «Emersione di rapporti di lavoro irregolari a tempo determinato», fornisce indicazioni applicative delle disposizioni di legge nei casi in cui il rapporto di lavoro, dedotto nella procedura di emersione prevista dall'articolo 103, comma 1, sia terminato nelle more della procedura stessa. In tale eventualità si subordina il rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione al rinnovo del contratto di lavoro ad opera dell'originario datore di lavoro o al subentro di nuovo datore. Diversamente, il dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno non ritiene possibile rilasciare un permesso di soggiorno per attesa occupazione;

   la ratio del decreto-legge n. 34 del 2020, articolo 103, è stata quella di favorire l'emersione di rapporti di lavoro irregolari, con disposizioni di favore nei confronti dei datori di lavoro e dei lavoratori mediante sospensione di procedimenti amministrativi e penali nei confronti degli uni e rilascio di idoneo titolo di soggiorno nei confronti dei secondi. Il legislatore non ha subordinato il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro ad alcun onere di rinnovo del contratto propriamente stipulato;

   il comma 4 del medesimo articolo prevede che se il rapporto di lavoro cessa, anche nel caso di contratto a carattere stagionale, trovano applicazione le disposizioni di cui all'articolo 22, comma 11, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modifiche ed integrazioni, pertanto, al lavoratore, viene rilasciato permesso di soggiorno per attesa occupazione di durata annuale. Le cause di cessazione sono le «cause di forza maggiore non imputabili al datore medesimo» (articolo 103, comma 9);

   a marzo 2021 il dossier del sito di «Ero Straniero» ha pubblicato dati allarmanti sulle tempistiche di definizione delle procedure di regolarizzazione, evidenziando che a dicembre 2020, su 207 mila domande presentate in Italia erano stati rilasciati solamente 1.480 permessi di soggiorno. A circa 4 mesi dal termine ultimo di presentazione delle domande, quindi, le istanze concretamente giunte a conclusione sono lo 0,71 per cento del totale. Al 16 febbraio 2021, l'emersione è solo il 5 per cento delle domande è giunto nella fase finale;

   tale condizione pare rientrare nell'ambito delle «cause di forza maggiore non imputabili al datore di lavoro», né al lavoratore medesimo, tali da consentire il rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione al lavoratore. Una diversa interpretazione apparirebbe contraria al principio di imparzialità, trasparenza e buon andamento della pubblica amministrazione, nonché al principio di uguaglianza, articoli 97 e 3 della Costituzione. Sarebbe inoltre discriminatoria nei confronti del lavoratore, sul presupposto che solo egli, e non anche il datore, sarebbe penalizzato dai ritardi comunque a questi non attribuibili. In ultimo, si creerebbe un paradosso per il quale il permesso per attesa occupazione sarebbe emesso nei casi di decesso del datore e non in quelli di scadenza del contratto, regolarmente eseguito –:

   sulla base di quali disposizioni normative le autorità competenti non concedono un permesso di soggiorno per attesa occupazione e se intenda chiarire quali siano i criteri ispiratori della circolare del 21 aprile 2021 citata, in particolare considerando la sua applicazione nei casi di scadenza dei rapporti di lavoro agricolo correttamente instaurato, prima della convocazione presso la prefettura;

   se intenda chiarire se, sulla base delle norme previste dall'articolo 103, commi 4 e 9, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, e alla luce dei principi di uguaglianza e buon andamento della pubblica amministrazione sia possibile riconoscere il diritto del lavoratore straniero a conseguire il permesso di soggiorno per attesa occupazione.
(5-05908)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DI MURO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in attesa del futuro centro di identificazione chiamato a sostituire il Centro Parco Roja, a Ventimiglia continua l'emergenza dovuta al costante arrivo di immigrati e conseguentemente dal sorgere in città di numerosi bivacchi e accampamenti abusivi;

   secondo quanto riportato anche dalla stampa più recentemente, presso l'ex caserma dei vigili del fuoco, situata sempre all'interno dell'ex Parco ferroviario, sarebbe già nato da tempo un centro di transito, denunciato da decine di abitanti e «scoperto» ora anche dalle associazioni di volontariato sul territorio;

   ad occupare l'ex caserma, in condizioni ovviamente precarie dal punto di vista igienico e sanitario e in gestione, pare, addirittura ai passeur ma comunque con modalità non note, sarebbe infatti centinaia di immigrati che qui trovano un riparo per la notte in attesa di varcare il confine con la Francia;

   con l'intensificarsi della rotta libica, nella zona di confine con la Francia e in particolare a Ventimiglia, nonostante la pandemia e i controlli, continuano ad arrivare ogni giorno centinaia di immigrati (in maggioranza maghrebini, gambiani, sudanesi eritrei), anche direttamente dai luoghi di sbarco, per tentare di attraversare la frontiera e raggiungere altri Stati europei;

   secondo anche l'ultimo rapporto di Frontex di metà marzo 2021, mentre le altre tre principali rotte di migrazione hanno registrano un calo, invece quella del Mediterraneo centrale, ossia dalla Libia e Tunisia verso Italia e Malta, è aumentata del 26 per cento solo nei primi due mesi dell'anno;

   a conferma di quanto sopra, ad oggi, secondo i dati resi pubblici dal Ministero dell'interno tramite il cruscotto giornaliero, gli arrivi in Italia da tale rotta sono passati da 3.295 dello scorso anno a 8.604 al 23 aprile 2021;

   oltre ai respingimenti dalla Francia, per effetto dei continui arrivi a Ventimiglia, non solo aree abbandonate come l'ex caserma dei vigili del fuoco ma anche numerosi dehors di bar, ristoranti e stabilimenti balneari ancora chiusi, come il Sirena proprio a pochi passi dal comune e dai giardini pubblici, stanno diventano meta di bivacchi e accampamenti di chi attende di varcare il confine; in particolare, nella zona di Roverino e Gianchette, sempre a Ventimiglia, vi sono da tempo problemi legati ad accampamenti per strada e bivacchi autogestiti e da associazioni, anche straniere, che forniscono pasti e assistenza agli immigrati;

   inoltre i residenti delle frazioni di Grimaldi e Mortola, da anni luoghi di transito degli immigrati diretti in Francia, ormai esasperati dalla situazione hanno deciso di raccogliere e inviare direttamente alle autorità competenti le diverse denunce per l'occupazione abusiva di seconde case, che si spetta siano gli stessi passeur ad indicare, ma anche di garage e giardini di pertinenza dei residenti, trovati a soqquadro e con tracce evidenti di bivacchi;

   tale situazione è di assoluta gravità oltre che per gli evidenti motivi di sicurezza e di carattere sanitario, per la concreta possibilità del sorgere di focolai incontrollati, anche e soprattutto per le pesanti ricadute sul comparto turistico, dato l'approssimarsi della futura stagione estiva, già gravata dalle note difficoltà legate alla pandemia in corso –:

   quali iniziative intenda adottare relativamente alla attuale situazione in cui versa la zona di Ventimiglia di cui in premessa, anche in vista della prossima stagione estiva.
(4-09167)


   ASCARI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   dalla lettura di alcuni articoli di giornale pubblicati su diverse testate (https://www.reggionline.com), (https://www.ilrestodelcarlino.it), (https://www.lapressa.it), relativi al processo «Grimilde», che si sta svolgendo a Reggio e che vede imputati per reati di tipo mafioso gli esponenti della cosca 'ndranghetista dei «Grande Aracri», l'interrogante rappresenta che, a Brescello, primo comune dell'Emilia-Romagna sciolto per mafia nel 2016 «c'è stata, e si ritiene che tuttora ci sia, un'egemonia mafiosa». Queste ultime sono le dichiarazioni rese giorni fa, all'udienza del processo, dal commissario Pescatore della squadra mobile della questura di Bologna, come testimone della Procura Antimafia, (uno di coloro che hanno svolto le indagini che hanno fatto scattare l'operazione «Grimilde» nel giugno del 2019), a giudizio del quale, la citata cosca avrebbe trovato nell'amministrazione comunale (riferendosi agli ex amministratori) una struttura disponibile e non impermeabile al volere della famiglia 'ndranghetista;

   la mafia, come noto, avrebbe messo significative radici a Brescello esercitando, per anni, pressioni e intimidazioni di vario tipo sull'amministrazione comunale per trarne vantaggio: negli articoli citati si parla di presunti abusi edilizi commessi dai «Grande Aracri» che sarebbero stati segnalati all'amministrazione comunale, nel 2007, e, riguardo ai quali, non sarebbe stato preso alcun provvedimento per ripristinare una situazione di legalità; si parla di varianti «favore» ai piani urbanistici per la costruzione del quartiere «Cutrello» dove risiedono i «Grande Aracri»; di appalti vinti da ditte amministrate occultamente da esponenti della cosca 'ndranghetista. A ciò si aggiunge di una ex dipendente, funzionaria del servizio «Uso e assetto del territorio» del comune di Brescello, costretta a chiedere il trasferimento da un comune all'altro per le pressioni subite in merito a delle pratiche edilizie di sua competenza;

   tale grave situazione di contiguità mafiosa, così come si legge sui giornali, pare perduri immutata, da anni, interessando diverse amministrazioni comunali che si sono succedute nel tempo;

   ciò risulterebbe confermato da ulteriori accadimenti che si rappresentano di seguito;

   dalla lettura di un articolo pubblicato su Il Fatto quotidiano (https://ilfattoquotidiano.it/2020/04/19) si è appreso, altresì, che il 4 aprile 2020, si è svolto il funerale di Paolo Pucci, suocero del boss Grande Aracri. Questo funerale non poteva svolgersi, visto il decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri dell'8 marzo 2020 che vietava le esequie nelle zone più colpite del Paese, compresa Reggio Emilia, a causa dell'emergenza sanitaria. Nonostante ciò, si legge che il comune di Brescello ha autorizzato le deroghe al divieto che consentivano al momento della tumulazione non più di dieci persone. Una prescrizione che, tra l'altro, non è stata rispettata visto che erano presenti 15 persone tutte successivamente sanzionate;

   a ciò si aggiunge la fuoriuscita dei componenti dell'associazione «Agende Rosse» dalla commissione legalità del comune di Brescello, il 27 febbraio 2021 (https://www.ilfattoquotidiano.it). La decisione dell'associazione è maturata in un contesto ancora incapace di «guardarsi allo specchio» in cui «In giunta vi sono ancora due assessori contrari allo scioglimento per mafia nel 2016»;

   giova, altresì, precisare che, in un passaggio della sentenza del processo «Grimilde», chiuso in abbreviato a ottobre 2020 con 41 condanne e il riconoscimento dell'associazione mafiosa, il giudice Sandro Pecorella scrive che la polizia municipale «non fa la multa in caso di sanzioni stradali, tipo divieto di sosta, agli appartenenti della famiglia Grande Aracri» (https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/03/08/ndrangheta-in-emilia-il-gup-niente-multe-ai-mafiosi-e-poche-denunce-a-brescello-la-situazione-non-e-cambiata-dal-2016/6126383/);

   quanto sta emergendo delinea un quadro inquietante che desta notevole preoccupazione presso tutta la cittadinanza onesta. Le istituzioni competenti devono intervenire, quanto prima, affinché si faccia chiarezza sui gravi fatti che avrebbero interessato, negli ultimi anni, l'amministrazione comunale di Brescello, con riferimento ai condizionamenti subiti nell'assunzione delle scelte fatte per il territorio in ragione dei presunti condizionamenti subiti dalla cosca 'ndranghetista della famiglia dei «Grande Aracri» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e se non ritenga opportuno adottare iniziative di competenza, ai sensi dell'articolo 143 del decreto legislativo n. 267 del 2000, affinché si proceda alla nomina di una commissione di indagine prefettizia (dopo quella del 2015) al fine di accertare il condizionamento delle organizzazioni criminali sull'ente locale, e adottare gli eventuali conseguenti provvedimenti a tale riguardo per ripristinare una situazione di legalità.
(4-09168)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   VILLANI, DEL SESTO, NAPPI, MANZO e BARBUTO. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   con decreto direttoriale 2015/2018 del Ministro dell'istruzione dell'università e della ricerca è stato bandito un concorso per la copertura di 2004 posti a direttore dei servizi generali e amministrativi nelle istituzioni scolastiche ed educative, che si è svolto a partire dal 2019, su base regionale, ed è terminato in tutte le regioni, eccetto il Lazio;

   lo svolgimento del predetto concorso è stato piuttosto travagliato: in alcune regioni, le procedure sono terminate in tempo utile per le immissioni in ruolo all'inizio dell'anno scolastico 2020/2021, mentre, per alcune regioni (Campania, Toscana e Liguria) le immissioni sono avvenute negli ultimi mesi del 2020, solo grazie a quanto previsto dall'articolo 32-ter, recante «Misure urgenti per garantire la funzionalità amministrativa delle istituzioni scolastiche», del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, inserito nel decreto in sede di conversione in legge del medesimo;

   in Lombardia, dove hanno superato le procedure un numero di candidati nettamente inferiore a quello dei posti messi a concorso, con forti dubbi sul metro di giudizio utilizzato rispetto al resto delle commissioni giudicatrici regionali, sono emersi dubbi sulla regolarità delle procedure con accuse, mai accertate, di irregolarità;

   in Emilia-Romagna, nonostante si siano conclusi anche gli esami orali, solo a partire dal 1° settembre 2021 potranno essere assunti i vincitori;

   nel Lazio, invece, le procedure sono ancora bloccate: infatti, solo nel gennaio 2021 sono stati pubblicati i risultati delle prove scritte tenutesi il 5 e 6 novembre 2019, la commissione giudicatrice è cambiata più volte e ancora non si hanno date certe sull'inizio delle prove orali, con il rischio che non si riescano a terminare le procedure neppure in tempo utile per le immissioni in ruolo il 1° settembre 2021;

   in questo momento di grave crisi causata dall'emergenza epidemiologica, che non risparmia neppure il mondo della scuola, non è ammissibile che, a seguito di una procedura concorsuale così selettiva, siano permessi ritardi di tale gravità, che rischiano di compromettere il regolare funzionamento delle istituzioni scolastiche;

   i princìpi di legalità, buon andamento e imparzialità presidiano l'accesso per concorso all'impiego in tutte le pubbliche amministrazioni –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intendano intraprendere al fine di verificare, anche tramite l'Ispettorato per la funzione pubblica, la regolarità della procedura concorsuale per l'assunzione di direttori dei servizi generali e amministrativi nella regione Lazio, nonché se intendano adoperarsi urgentemente al fine di addivenire ad una rapida conclusione della stessa.
(4-09169)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIARRIZZO, NAPPI e D'ORSO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   con l'obiettivo di rafforzare l'azione dei centri per l'impiego e sostenere con maggiore impulso le politiche attive, con decreto ministeriale n. 59 del 22 maggio 2020 sono state apportate delle modifiche al Piano straordinario di potenziamento dei centri per l'impiego e delle politiche attive del lavoro adottato con precedente decreto n. 74 del 28 giugno 2019;

   le risorse stanziate per dare attuazione al Piano menzionate nel decreto ministeriale n. 59 del 22 maggio 2020 sono per l'anno 2019 pari a euro 467.200.000,00 e per l'anno 2020 pari ad euro 403.100.000,00;

   con riferimento al riparto delle risorse di cui sopra, sulla base dell'allegato B al decreto, alla Regione Siciliana sono stati attribuiti per l'anno 2019 euro 32.351.341,24, mentre per l'anno 2020 euro 38.375.120,00;

   come stabilito dall'articolo 3 del decreto n. 59 del 22 maggio 2020, le risorse stanziate sono trasferite dal competente centro di responsabilità del segretariato generale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali con le seguenti modalità:

    a) per l'anno 2019 il 50 per cento delle risorse è erogato all'esito del perfezionamento del presente decreto ministeriale. La rimanente quota è trasferita dietro richiesta della regione previa adozione da parte della medesima del Piano attuativo regionale di potenziamento dei centri per l'impiego. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali procede all'erogazione di metà della quota residua, una volta valutata la coerenza dello schema del Piano attuativo regionale con le finalità e indicazioni del Piano straordinario, mentre il saldo è erogato previa presentazione di apposita documentazione, giuridicamente vincolante, attestante le specifiche spese connesse al potenziamento, anche infrastrutturale, dei centri per l'impiego, concernenti la quota trasferita nel 2019;

    b) per l'anno 2020 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali trasferisce il 75 per cento delle risorse previa adozione da parte della regione del Piano attuativo regionale di potenziamento dei centri per l'impiego, nelle medesime modalità previste per la seconda quota delle risorse dell'annualità 2019; la quota residua è erogata previa presentazione, oltre che della medesima documentazione richiesta per l'erogazione del saldo relativo all'annualità 2019, anche di apposita documentazione, giuridicamente vincolante, attestante le specifiche spese connesse al potenziamento, anche infrastrutturale, dei centri per l'impiego, concernenti la metà del complesso delle risorse afferenti all'annualità 2020;

   si prevede, altresì, che, al fine di garantire un puntuale monitoraggio delle risorse assegnate ai sensi del decreto n. 59 del 22 maggio 2020, le regioni, con cadenza trimestrale, comunicano al Ministero del lavoro e delle politiche sociali relazioni concernenti i flussi finanziari e lo stato di avanzamento delle attività e delle iniziative intraprese in attuazione di quanto previsto dal Piano, con specifico riguardo alla garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni da erogare su tutto il territorio nazionale –:

   se la Regione Siciliana abbia adottato il piano attuativo regionale di potenziamento dei centri per l'impiego per l'anno 2019 e per l'anno 2020, se abbia ricevuto le risorse previste dal decreto ministeriale n. 59 del 22 maggio 2020 e con quali modalità le suddette risorse siano state impiegate dalla Regione Siciliana in attuazione di quanto stabilito dal piano.
(4-09166)


   BIGNAMI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il reddito di cittadinanza è una misura assistenziale finalizzata al reinserimento nel mondo del lavoro e all'inclusione sociale;

   emerge sovente dalle cronache che il reddito di cittadinanza sia percepito indebitamente da persone che hanno presentato false attestazioni patrimoniali oppure da soggetti che sono sottoposti a misure restrittive da parte della autorità giudiziaria;

   a mezzo stampa si apprende che, nella provincia di Rimini, di recente, la guardia di finanza ha scovato 65 persone, già sottoposte a provvedimenti restrittivi da parte della autorità giudiziaria, percettori del reddito di cittadinanza;

   conseguentemente l'Inps ha proceduto a bloccare l'erogazione della misura assistenziale alle 65 persone che ne beneficiavano indebitamente per una somma ammontante a 40.000 euro;

   nella grave crisi economica derivante dalla pandemia di Covid-19, è inammissibile che sussista un tale dissipamento di risorse pubbliche impegnate in una misura assistenziale che si è dimostrata inefficiente dal punto di vista dell'inserimento nel mondo del lavoro e ha contribuito, solamente, a generare situazioni di immobilismo sociale e assistenzialismo fine a sé stesso;

   a parere dell'interrogante è indispensabile porre in essere iniziative per rivedere la misura del reddito di cittadinanza, destinando tali preziose risorse per defiscalizzare il lavoro e favorire la formazione professionale, per facilitare l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro con vere politiche di accompagnamento e maggior collegamento tra il mondo dell'istruzione e del lavoro;

   allo stesso tempo, finché la misura del reddito di cittadinanza sarà in vigore, è opportuno dotare la guardia di finanza di tutti gli strumenti volti a contrastare e prevenire situazioni nelle quali vi sono persone che percepiscono indebitamente il reddito di cittadinanza –:

   se ed entro quali termini il Governo intenda adottare iniziative al fine di potenziare i controlli in merito all'erogazione del reddito di cittadinanza, finché la misura resterà in vigore;

   se ed entro quali termini intenda porre in essere iniziative per avviare un piano di politiche sociali per superare il reddito di cittadinanza, sostituendolo con politiche di accompagnamento al mondo del lavoro e reinserimento sociale per le realtà più disagiate;

   se disponga di informazioni relative all'ammontare delle risorse del reddito di cittadinanza indebitamente percepite da soggetti che non ne avevano diritto e se tali risorse siano state effettivamente recuperate dall'erario pubblico.
(4-09171)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SANI, CENNI, ANDREA ROMANO e INCERTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   i derivati del pomodoro sono il condimento più apprezzato dagli italiani che ne consumano circa 30 chilogrammi a testa ogni anno;

   il gruppo Petti, riporta l'homepage del sito ufficiale dell'azienda, «produce conserve di pomodoro sin dal 1925, per decenni l'azienda dell'omonima famiglia fornisce importanti gruppi italiani e internazionali. Nel 2013 viene spostato il confezionamento di tutti i prodotti a marchio Petti presso la società del Gruppo Italian Food Spa guidata da Pasquale Petti, quarta generazione della famiglia, che decide di lanciare una linea premium di conserve di pomodoro, dedicata al mercato italiano e ai mercati esteri più sensibili all'innovazione e alla qualità. Nascono i prodotti a marchio “Petti” realizzati con 100 per cento pomodoro toscano lavorato a bassa temperatura»;

   da quanto si apprende da fonti stampa il 26 aprile i carabinieri per la tutela agroalimentare «hanno sequestrato 4.477 tonnellate di pomodoro, per lo più confezioni di conserve (3.500 tonnellate) etichettate come “pomodoro 100 per cento italiano” e/o “pomodoro 100 per cento toscano”, pronte per la commercializzazione, il resto (977 tonnellate) prodotto semilavorato e concentrato di pomodoro di provenienza estera (extra-Ue), in fusti e bidoni, nel deposito Italian Food Spa del Gruppo Petti nello stabilimento di Venturina (Livorno)»;

   per gli inquirenti il prodotto era falsamente etichettato quale 100 per cento italiano, venendo miscelato con «rilevanti percentuali (variabili) di pomodoro concentrato estero». Gli investigatori, sempre secondo la stampa, avrebbero colto in flagranza gli addetti mentre effettuavano l'operazione di contraffazione;

   secondo i dati resi noti dalle associazioni di categoria nel 2020 sono aumentate del 17 per cento le importazioni di derivati del pomodoro dalla Cina, che con gli attuali 69 milioni di chilogrammi è il principale fornitore del nostro Paese;

   l'amministratore unico di Italian Food, Pasquale Petti, commentando l'indagine dei Carabinieri ha spiegato che i prodotti oggetto del sequestro probatorio: «non sono a marchio Petti e sono destinati all'estero»;

   al di là degli esiti dell'indagine, appare evidente che tale episodio potrebbe avere conseguenze negative per la continuità produttiva dell'azienda, in particolare per lo stabilimento di Venturina, per i livelli occupazionali coinvolti e per il corretto pagamento dei fornitori di pomodoro coltivato in Italia. Molti produttori locali, della Toscana e di alcune altre zone del centro Italia, cedono infatti pomodori al gruppo Petti ed è necessario assicurare, proprio all'inizio della stagione di raccolta, adeguate garanzie economiche a tali aziende agricole che potrebbero non essere saldate nei termini previsti o avere gran parte della produzione invenduta;

   occorre quindi tutelare, oltre ai consumatori e alle aziende oneste del settore, i lavoratori dello stabilimento e della filiera su cui potrebbero ricadere le conseguenze di tale tentativo di contraffazione;

   il decreto ministeriale 16 novembre 2017 prevede che l'indicazione dell'origine in etichetta del pomodoro contenga il nome del Paese di coltivazione del pomodoro e il nome del Paese nel quale il pomodoro viene coltivato;

   il decreto sopracitato dispone inoltre che soltanto se tutte le operazioni avvengono nel nostro Paese si può utilizzare la dicitura «Origine del pomodoro: Italia»;

   le norme previste da tale decreto, che si sarebbero dovute applicare fino al 1o aprile 2020 (data di entrata in applicazione del regolamento (Ue)775/2018 sull'origine dei prodotti in etichetta che prevede parametri meno restrittivi) sono state comunque prorogate in via sperimentale fino al 31 dicembre 2021 –:

   quali iniziative urgenti di competenza il Governo intenda assumere, in relazione a quanto espresso in premessa, per tutelare i consumatori e le imprese nazionali della filiera del settore dai reati di contraffazione, che hanno registrato una crescita esponenziale negli ultimi anni;

   se il Governo non ritenga opportuno monitorare la situazione o assumere altre iniziative a salvaguardia della continuità produttiva dello stabilimento di Venturina, relativamente alla lavorazione del pomodoro coltivato in Italia, al fine di tutelare i livelli occupazionali e il corretto pagamento e la sostenibilità economica degli agricoltori che conferiscono la materia prima;

   quali siano ad oggi gli orientamenti del Governo rispetto a una eventuale proroga delle norme del decreto ministeriale 16 novembre 2017 la cui applicazione è prevista fino al 31 dicembre 2021.
(5-05906)

SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   ai sensi degli articoli 7, comma 1, lettera c), e 24 del decreto legislativo n. 1 del 2018, e successive modificazioni e integrazioni, il Consiglio dei ministri, con deliberazione adottata in data 31 gennaio 2020, ha deliberato lo stato di emergenza di rilievo nazionale, in ragione della pandemia da Sars-CoV-2, dichiarata dall'Organizzazione mondiale della sanità;

   con successivi provvedimenti del Consiglio dei ministri è stato prorogato lo stato di emergenza di rilievo nazionale, in ragione della persistenza delle condizioni di rischio epidemiologico, comportanti l'adozione delle misure di contenimento suggerite dal Comitato tecnico-scientifico e dagli organi del Ministero della salute;

   ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera q), della Costituzione, nella novella recata dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, in caso di profilassi internazionale si configura l'esercizio della esclusiva potestà legislativa statale;

   ai sensi dell'articolo 25, comma 1, del decreto legislativo n. 1 del 2018, per il coordinamento dell'attuazione degli interventi da effettuare durante lo stato di emergenza di rilievo nazionale, si provvede con ordinanze di Protezione civile, da adottarsi anche in deroga ad ogni disposizione vigente, nei limiti e con le modalità indicati nella deliberazione dello stato di emergenza e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico;

   ai sensi dell'articolo 25, comma 6, del decreto legislativo n. 1 del 2008, il capo del dipartimento della Protezione civile, per l'attuazione degli interventi previsti nelle ordinanze di cui allo stesso articolo si avvale dei soggetti attuatori, individuati, di norma, tra i soggetti pubblici, i quali ultimi possono nominare i delegati del soggetto attuatore;

   ai sensi del combinato disposto di cui agli articoli 27 e 44-ter del decreto legislativo n. 1 del 2018 sono istituite le contabilità speciali per la gestione delle emergenze di rilievo nazionale, da porre in essere a cura del capo del dipartimento della Protezione civile o dei soggetti attuatori, opportunamente delegati;

   anche nelle regioni soggette al commissariamento per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari la funzione di soggetto attuatore è demandata, secondo le indicazioni fornite dal Ministero della salute, al commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari regionali, che provvede all'individuazione e alla nomina dei delegati del soggetto attuatore, restando precluso agli ordinari organi di gestione della regione (giunta regionale; presidente della giunta regionale) ogni potere d'intervento in materia, per tutta la durata della gestione commissariale;

   accanto alle misure di profilassi e di contenimento dei contagi, il Governo, d'intesa con gli organismi facenti capo alla Commissione esecutiva dell'Unione europea, nell'intento di pervenire alla mitigazione e alla sterilizzazione dell'epidemia da Sars-CoV-2 – cosiddetta immunità di gregge –, ha dato luogo ad un programma vaccinale, previa conclusione, a livello comunitario, dei contratti di fornitura con alcune società multinazionali, quali Pfizer-Biontech, Moderna, AstraZeneca e Johnson&Johnson;

   le iniziali discrasie, verificatesi in capo ad alcune ditte produttrici del vaccino anti Covid-19, hanno comportato l'avvio da parte della Commissione europea, il 23 aprile 2021, di un'azione giuridica nei confronti di AstraZeneca, a nome dei 27 Stati membri, per far rispettare il contratto di fornitura dei vaccini visto il grave pregiudizio nell'attuazione del cronoprogramma vaccinale;

   la non completa pubblicità dei contratti di fornitura, dovuta anche all'esigenza di concludere rapidamente i contratti di fornitura delle partite vaccinali, ha evidenziato sia nell'opinione pubblica, sia nel Parlamento italiano – organo di garanzia e tutela – la necessità ineludibile di una informazione corretta e costante;

   nel superiore interesse della collettività nazionale e per le finalità di cui agli articoli 32 e 117, secondo comma, lettera q), della Costituzione, bisogna vigilare, a cura del Governo nazionale e del Parlamento, sul rispetto dei tempi di consegna delle partite vaccinali contrattualizzate, al fine di salvaguardare la salute individuale e collettiva dei cittadini italiani, che va comunque sottratta ai negativi risvolti di natura commerciale;

   la recente attivazione della piattaforma di «prenotazioni.vaccinocovid.gov.it» ha palesato gravi falle organizzative, a livello regionale, ingenerando disorientamento e confusione in ampi strati della popolazione, con evidenti gestioni non univoche nelle procedure;

   si rende indispensabile, in via collaterale, attese le disomogeneità di recente rilevate, a livello delle varie regioni, in ordine agli aspetti organizzativi ed operativi connessi alla campagna vaccinale, procedere all'attuazione univoca, su tutto il territorio nazionale, della ordinanza n. 6 del 9 aprile 2021, emanata dal commissario straordinario per l'emergenza Covid-19, ribadendo, ove i casi lo richiedano, la necessità di emanazione di ulteriori direttive «a precisazione», nel rispetto, pieno ed assoluto, della esclusiva competenza legislativa statale in materia e del contestuale obbligo, in capo alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano del principio costituzionale della leale collaborazione –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga necessario assumere iniziative atte ad uniformare l'azione del Governo ai princìpi costituzionali legislativi sopra richiamati, al fine di tutelare i superiori interessi della collettività.
(2-01204) «Sapia, Schullian».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   NOJA. — Al Ministro della salute, al Ministro per le disabilità. — Per sapere – premesso che:

   il 10 marzo 2021, il Governo ha aggiornato le Raccomandazioni ad interim sui gruppi target della vaccinazione anti SARS-CoV-2/COVID-19 di cui al Piano strategico nazionale, includendo tra le categorie con priorità vaccinale i soggetti con alcune patologie indicate nella Tabella 1 delle raccomandazioni stesse, nonché le persone con disabilità grave ex articolo 3, comma 3, della legge n. 104 del 1992 e i loro caregiver;

   ad oggi, tuttavia, vi è ancora una vasta platea di persone con disabilità che rimangono del tutto escluse dalle priorità vaccinali, in quanto prive di certificazione di gravità, le quali presentano tuttavia il riconoscimento dell'invalidità, poiché in condizioni di salute che compromettono fortemente l'autosufficienza — come evidenziato dalle associazioni rappresentative (tra cui FISH e ANFFAS), nonché dal Cese —;

   in particolare, le persone con disabilità intellettiva e/o psichica (area della salute mentale) o fisica (ad esempio i malati di poliomielite) o demenza a esempio Alzheimer, anche precoce) sono ad alto rischio di contrazione dell'infezione SARS-CoV-2, a causa di due fattori di rischio concomitanti: fragili condizioni di salute, e al contempo, estrema prossimità con chi presta loro cure e assistenza nel quotidiano (Who 2020; Lancet Psychiatry 2021);

   inoltre, nel caso in cui fosse il caregiver a contrarre il virus, vi sarebbe il serio pericolo che queste persone, oltre ad ammalarsi a loro volta, finiscano in situazione di grave abbandono — specie laddove non «in carico» ai servizi —;

   dal momento che si sta completando la vaccinazione delle persone over 70 e, contemporaneamente, si sta procedendo alla vaccinazione delle categorie «ad elevata fragilità» (persone cosiddette «estremamente vulnerabili» e con disabilità grave), emerge la necessità, per la fase successiva, di affiancare la vaccinazione delle persone over 60 con quella delle persone «fragili» sopraindicate –:

   se il Governo intenda adottare iniziative affinché, nell'attuazione del Piano strategico sopra menzionato, sia stabilito che, accanto alle persone over 60, abbiano priorità nella somministrazione del vaccino anti-Sars-Cov-2, le persone con disabilità, intellettiva e/o psichica o fisica prive di certificazione di disabilità ex articolo 3, comma 3, della legge n. 104 del 1992, ma in condizioni di salute o di non autosufficienza o non collaboranti tali da esporle a un maggior rischio complessivo in caso di contagio, nonché ai loro caregiver.
(5-05905)

TRANSIZIONE ECOLOGICA

Interrogazione a risposta scritta:


   TERMINI. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   l'inquinamento acustico rappresenta uno dei più gravi e sottovalutati problemi ambientali, a causa dell'elevato e diffuso impatto sulla popolazione. Gli studi a cura dell'Organizzazione mondiale della sanità documentano gli effetti del rumore sulla salute umana, riconoscendone la gravità;

   i dati riguardanti l'implementazione della direttiva 2002/49/CE, relativa alla determinazione e gestione del rumore ambientale, finalizzata a prevenire o ridurre gli effetti nocivi causati dall'esposizione al rumore ambientale, evidenziano la presenza di un significativo numero di persone esposte a livelli di rumore tali da inficiare la qualità della vita;

   in questo quadro, l'impatto sociale e sulla salute, legato all'inquinamento acustico di origine aeronautica, sta acquisendo una crescente rilevanza in ambito territoriale per i cittadini residenti in realtà urbane adiacenti ad alcuni aeroporti;

   per il contenimento e l'abbattimento del rumore, infatti, Aeroporti di Roma S.p.A., in data 11 novembre 2015, aveva presentato un piano, successivamente integrato, che mirava ad ottenere una serie di interventi per la limitazione dell'impatto acustico. Tra questi l'introduzione di una nuova procedura di decollo e la riduzione dei voli commerciali dagli attuali 97 a 65 giornalieri;

   tale piano si era reso necessario conseguentemente all'approvazione della zonizzazione acustica aeroportuale, che ha certificato il superamento dei limiti acustici fissati dalla normativa vigente in una fascia limitrofa allo scalo dove è insediata la popolazione residente;

   il Piano degli interventi di contenimento ed abbattimento del rumore dell'aeroporto G.B. Pastine di Ciampino, il 18 dicembre del 2018, è stato approvato con decreto n. 345 dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, scatenando la reazione di alcune compagnie aeree che si ritenevano danneggiate da quelle disposizioni e che, quindi, si sono rivolte alla giustizia amministrativa affinché venisse disattesa l'applicazione del decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che prevede il rientro dell'aeroporto entro i limiti di inquinamento acustico previste dalla legge;

   il 17 marzo 2021 il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha messo un punto al contenzioso, con due sentenze – sentenza n. 3236/2021 e n. 3239/2021 – le quali rappresentano «una grande notizia per le migliaia di abitanti di Ciampino, Marino e Roma Sud, colpiti da anni di rumore oltre i limiti di legge e sottoposti ad un rilevante inquinamento dell'aria»:

   con le citate sentenze, il Tar Lazio autorizza, in sostanza, la riduzione dei voli nell'aeroporto di Ciampino prevista dal decreto ministeriale 18 dicembre 2018 n. 345;

   nel quadro legislativo nazionale, le modalità di intervento per il contenimento dell'inquinamento acustico degli aeroporti sono regolate dalla legge quadro sull'inquinamento acustico, legge 26 ottobre 1995, n. 447, e da altri decreti ministeriali attuativi;

   l'articolata normativa sulla disciplina del rumore aeroportuale, finalizzata alla definizione di procedure, modalità e interventi per la mitigazione dell'impatto acustico generato dal traffico aereo in prossimità degli aeroporti, si è arricchita nel corso degli anni;

   in particolare la direttiva 30/2002/CE, che fa riferimento all'insieme di disposizioni emanate dall'Unione europea a partire dal 1979, costituisce una risposta all'esigenza di intervenire nei confronti del rumore causato dal traffico aereo, anche attraverso limitazioni e restrizioni all'uso degli aeromobili in relazione alle loro prestazioni acustiche, e gli Stati membri avrebbero dovuto adeguare la propria legislazione alle nuove disposizioni entro e non oltre il 28 settembre 2003 –:

   quali iniziative, anche alla luce delle sentenze citate in premessa, il Governo intenda adottare affinché in tutti gli aeroporti adiacenti alle realtà urbane – come Bergamo Orio al Serio, Napoli Capodichino e Treviso, solo per citare i casi più eclatanti – siano adottati i giusti provvedimenti per affrontare adeguatamente la questione legata all'inquinamento acustico causato dal traffico aereo.
(4-09170)

UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   sono riportate su alcuni quotidiani le gravissime affermazioni di Piero Vereni, professore di antropologia all'Università di Tor Vergata, che, nel 1993, era uno studente neolaureato ed era tra i componenti della folla accalcata all'esterno dell'hotel Raphaël, che lanciò monetine contro Bettino Craxi, in quella che nel tempo è diventata la scena simbolo della fine della Prima Repubblica: «Sono state evidentemente troppo poche e gli insulti pure. Dovevamo fare di più. L'uccisione rituale del sovrano è una pratica comune a tutte le culture, di tutti i tempi. Quella sera, per parlare spiccio, stavamo facendo fuori il re, e in questo non c'è nulla di male o di sbagliato», appesantite da ulteriori considerazioni: «Cosa sarebbe successo se lo avessimo fatto a pezzi sul serio, se l'avessimo magari mangiato a brani (era grande e grosso, ce n'era per tutti)? lo dico che alcuni di noi sarebbero morti negli scontri, altri andati in galera, ergastolani, ma il Paese ne avrebbe beneficiato: avremmo dichiarato, scrivendolo sul corpo del potere, l'irrevocabilità di quello che stava succedendo. Mani Pulite non fu quel terrore che stanno spacciando. La nostra controreazione doveva essere altrettanto simbolica: tu vuoi fregartene ma io ti sdereno, ti smantello, ti annullo»;

   secondo il professore universitario, quel giorno, bisognava avere il coraggio di andare fino in fondo, ammazzare Craxi «gettare le sue (mi immagino lunghissime) budella sulla porta del Raphaël e trascinarle fino al Parlamento»;

   è lecito domandarsi se un professore universitario, che ha tra i suoi compiti quello di educare i giovani, possa esprimersi in questi termini di odio e violenza –:

   di quali elementi disponga in relazione ai fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali eventuali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo;

   se risulti, in particolare, che siano state assunte iniziative di carattere disciplinare da parte dei vertici dell'Ateneo.
(4-09174)

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Meloni n. 1-00391, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 412 del 20 ottobre 2020.

   La Camera,

   premesso che:

    Vivendi S.A. è una società francese attiva nel campo dei media e delle comunicazioni. In Italia è il primo azionista di Telecom Italia Mobile (TIM) (23,94 per cento), settimo gruppo economico operante in Italia per fatturato, e detiene una partecipazione rilevante in Mediaset (28,8 per cento), principale operatore radiotelevisivo privato italiano;

    l'articolo 43, comma 11, del Testo Unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, stabilisce che «le imprese, anche attraverso società controllate o collegate, i cui ricavi del settore delle comunicazioni elettroniche, come definito ai sensi dell'articolo 18 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, sono superiori al 40 per cento dei ricavi complessivi di quel settore, non possono conseguire nel sistema integrato delle comunicazioni ricavi superiori al 10 per cento del sistema medesimo»;

    la delibera 178/17/CONS dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni del 18 aprile 2017 ha stabilito che la «posizione della società Vivendi S.A., in ragione delle partecipazioni azionarie detenute nella società Telecom Italia S.p.A. e nella società Mediaset S.p.A., integra una violazione del comma 11 dell'articolo 43», imponendo a Vivendi «di rimuovere la posizione accertata ... entro il termine di 12 mesi»;

    l'11 aprile 2018 l'AGCOM ha preso atto che Vivendi, in ottemperanza alla delibera, ha trasferito alla società indipendente Simon Fiduciaria la titolarità di circa il 19,19 per cento delle azioni di Mediaset;

    la sentenza del 3 settembre 2020 C-719/18 della Corte di Giustizia dell'Unione europea, si è pronunciata su una serie di questioni pregiudiziali sollevate dal Tar del Lazio nell'ambito del giudizio proposto da Vivendi contro la citata delibera 178/17/CONS, dichiarando che l'articolo 49 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea che disciplina la libertà di stabilimento nel mercato interno, osta a una normativa nazionale, quale quella sottesa alla citata decisione dell'Agcom;

    con la sentenza n. 13958/2020 del 16 dicembre 2020, il Tar del Lazio ha conseguentemente annullato la delibera 178/17/CONS perché basata sull'articolo 43, comma 11, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 – Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici (Tusmar), ritenuto dalla citata sentenza della Corte di Giustizia europea parzialmente incompatibile con il diritto comunitario;

    con la sua sentenza, la Corte di Giustizia ha potenzialmente smantellato l'intero impianto normativo nazionale a tutela del pluralismo informativo, così come concepito dal legislatore italiano e disciplinato dall'articolo 43 del citato Testo unico;

    gli effetti della pronuncia del Giudice europeo possono avere impatti sull'intero sistema delle comunicazioni, prestandosi a possibili interventi strumentali da parte dei più importanti operatori, anche internazionali, sia nel settore delle telecomunicazioni, sia in quello dei servizi media audiovisivi, esponendo l'informazione e l'intera economia italiana a possibili scorrerie che potrebbero ricomprendere anche il settore dei giornali disciplinato per la tutela del pluralismo informativo dallo stesso articolo 43 del Testo unico; un'alterazione delle strutture e del funzionamento dei diversi comparti della comunicazione che finirebbe per non essere sottoposta al sistema dei controlli e dei divieti previsti dalla vigente normativa a tutela di valori e di principi fondamentali per il nostro ordinamento;

    la stessa sentenza non ha però escluso la possibilità di una normativa nazionale a tutela del pluralismo a condizione che detta influenza sia determinata in concreto, evidenziando che comunque possono realizzarsi situazioni suscettibili di dar luogo a «un'influenza tale da pregiudicare il pluralismo dei media»;

    a tal fine, in attesa di una riforma organica del TUSMAR in sede di recepimento della direttiva (UE 2018/1808) sui servizi media audiovisivi, il legislatore ha approvato l'articolo 4-bis, comma 1, del decreto-legge n. 125 del 7 ottobre 2020 convertito, con modificazioni, dalla legge 27 novembre 2020 n. 159, in cui è prevista una norma transitoria della durata di sei mesi in cui è stabilito che «nel caso in cui un soggetto operi contemporaneamente nei mercati delle comunicazioni elettroniche e in un mercato diverso, ricadente nel sistema integrato delle comunicazioni (SIC), anche attraverso partecipazioni in grado di determinare un'influenza notevole ai sensi dell'articolo 2359 del Codice Civile, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni è tenuta ad avviare un'istruttoria, da concludere entro il termine di sei mesi dalla data di avvio del procedimento, volta a verificare la sussistenza di effetti distorsivi o di posizioni comunque lesive del pluralismo, sulla base dei criteri previamente individuati, tenendo conto, fra l'altro, dei ricavi, delle barriere all'ingresso, nonché del livello di concorrenza nei mercati coinvolti, adottando eventualmente, i provvedimenti di cui all'articolo 43, comma 5, del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, per inibire l'operazione o rimuovere gli effetti»;

    si tratta di un primo intervento normativo urgente – di portata però transitoria e limitata nel tempo a soli sei mesi – volto a ripristinare lo status di certezza giuridica legato alla tutela del pluralismo informativo, assicurato, sino alla pronuncia in esame, dall'articolo 43 del Tusmar, tenendo altresì conto che in Italia vi è costante giurisprudenza costituzionale che ritiene necessario porre limiti a tutela del pluralismo, considerato un valore fondamentale e primario del nostro ordinamento;

    con la delibera 662/20/CONS del 15 dicembre 2020, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in ragione delle partecipazioni azionarie detenute dalla società Vivendi S.A. nella società Telecom Italia S.p.A. e nelle società Mediaset S.p.A., ha avviato un procedimento finalizzato alle verifiche di cui al citato articolo 4-bis, comma 1, del decreto-legge n. 125 del 2020 ipotizzando anche un'eventuale adozione di provvedimenti di cui all'articolo 43, comma 5, del Tusmar. Oltre a tale procedimento l'Autorità ha avviato istruttorie anche per valutare le situazioni relative a Sky Italian Holding (delibera 663/20 del 15 dicembre 2020), Fininvest S.p.A./Mediaset S.p.A. (delibera 107/21/CONS del 31 marzo 2021) e Telecom Italia S.p.A. (delibera 108/21/CONS del 31 marzo 2021). Dette istruttorie risultano essere in corso;

    la norma transitoria prevista dall'articolo 4-bis, comma 1, del decreto-legge n. 125 del 2020 è ormai prossima alla scadenza e, considerata la tempistica per il recepimento della direttiva Avms, (aggiornata dalla direttiva UE 2018/1808 e recepita dalla legge di delegazione europea approvata in via definitiva dal Senato il 21 aprile 2021) non ci sono i tempi per un intervento legislativo in tale ambito. È quindi improcrastinabile un intervento urgente del legislatore, considerato che in un futuro prossimo i principali soggetti regolati (TLC e Media) avranno l'occasione di concorrere per prendere parte a importanti scelte strategiche aventi un sicuro impatto sull'evoluzione tecnologica del Paese (su tutte, l'infrastruttura della rete unica in fibra ottica attualmente in discussione). Senza tralasciare il tema del peso dei grandi Ott multinazionali sui contenuti di informazione con le conseguenti ricadute sul pluralismo dei media anche in termini di colonizzazione culturale e di marginalizzazione della produzione identitaria nazionale ed europea;

    va peraltro considerato che con il recente decreto-legge 23 aprile 2020, n. 23, convertito nella legge 5 giugno 2020, n. 40, è stata estesa l'operatività dei poteri speciali del Governo a tutti i settori strategici individuati dall'articolo 4 del Regolamento n. 2019/452/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, che istituisce un quadro per il controllo degli investimenti esteri diretti nell'Unione europea, ricomprendendovi anche il settore indicato in detto regolamento alla lettera «e) libertà e pluralismo dei media»,

impegna il Governo:

1) ad adottare con urgenza le iniziative legislative necessarie per evitare un vuoto normativo su un principio cardine della democrazia che è quello del pluralismo delle fonti di informazione, costituzionalmente garantito;

2) a considerare in detto intervento legislativo le mutate condizioni di mercato con la presenza sempre più rilevante delle diverse piattaforme multinazionali;

3) a porre in essere tutte le iniziative legislative volte a scongiurare il rischio di colonizzazione culturale straniera e di marginalizzazione della produzione identitaria nazionale;

4) ad accelerare, come da delega al Governo, il riordino del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici attraverso l'emanazione di un nuovo Testo unico dei servizi di media digitali, da adottare, come già previsto, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari.
(1-00391) (Nuova formulazione) «Lollobrigida, Meloni, Butti, Albano, Bellucci, Bignami, Bucalo, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, De Toma, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Rachele Silvestri, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in commissione La Marca n. 7-00629, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 484 del 12 aprile 2021.

   La III Commissione,

   premesso che:

    i cittadini italiani all'estero iscritti all'Aire sono attualmente 5,6 milioni, mentre quelli che nel 2020 sono risultati iscritti negli elenchi consolari sono 6.093.729, una cifra che supera i 6,2 milioni, se si aggiungono coloro che di fatto si trovano all'estero senza avere formalizzato la loro condizione: in percentuale, all'incirca, il 10 per cento della popolazione risiede oltre i confini nazionali;

    la comunità italiana nel mondo, per la lunga sedimentazione dell'emigrazione storica e per gli apporti derivanti dai nuovi flussi in uscita, che si avvicinano ormai ai livelli dei primi decenni del secondo dopoguerra, è dispersa in 236 Paesi del mondo; calcolando solo i partenti nel 2020, sono stati 186 i Paesi verso i quali essi si sono diretti. Inoltre, soprattutto nelle realtà di più ampia consistenza territoriale, le comunità di connazionali sono distribuite in grandi spazi, spesso distanti centinaia di chilometri tra loro e separate da ore di aereo;

    tale consistente massa di connazionali esprime una crescente domanda di servizi che si rivolge alle strutture amministrative decentrate dello Stato, presenti in consolati e ambasciate, che prestano assistenza anche alle imprese – in particolare a quelle piccole e medie che sono il tessuto più diffuso del nostro articolato sistema di internazionalizzazione commerciale –, ai protagonisti delle «nuove mobilità», ai viaggiatori per turismo, ai giovani che studiano e si specializzano all'estero e ai professionisti che si muovono con sempre maggiore frequenza nella sfera globale;

    questa articolata presenza si rapporta all'estero, oltre che con 128 ambasciate, con 9 consolati generali di prima classe, 60 consolati generali, 2 consolati di prima classe, 20 consolati, 1 vice consolato, 1 ufficio di promozione economica, commerciale e culturale;

    la rete amministrativa all'estero, di per sé insufficiente ed esposta, per altro a riduzione in conseguenza delle politiche di contenimento della spesa adottate nell'ultimo decennio, sarebbe di per sé inadeguata ai compiti se non fosse supportata da una rete consolare onoraria, a sua volta articolata in oltre 500 uffici, di cui poco più di 350 effettivamente in funzione in quanto dotati di un titolare effettivo;

    la forbice tra la domanda di servizi da parte di cittadini e imprese e l'offerta che avviene tramite la rete consolare si è allargata non solo per la progressiva dilatazione della comunità italiana nel mondo e per il moltiplicarsi dei compiti che sono assegnati ai consolati in base allo sviluppo di specifiche normative, ma anche per la riduzione delle risorse umane dovuta al contingentamento del turn over del personale, che ha portato, dal 2009 al 2019, a una contrazione della pianta organica per le sole aree funzionali da 3.657 unità a 2.575 (-29,5 per cento);

    i programmi di digitalizzazione dei servizi amministrativi, di cui l'Amministrazione si è fatta promotrice in una prospettiva di costante rafforzamento di tale modalità di relazione con l'utenza e di trattamento delle pratiche, alla prova dei fatti, non hanno reso più agevole l'accesso degli utenti ai consolati, come le diffuse criticità dei sistemi di prenotazione online dimostrano, né hanno finora consentito una riduzione dei tempi di erogazione dei servizi, soprattutto per i vuoti seri e diffusi di personale nelle piante organiche;

    le regole volte alla prevenzione del contagio da COVID-19, imposte praticamente in tutti i Paesi dove sono presenti le maggiori comunità italiane, hanno ristretto ulteriormente le possibilità di accesso ai consolati e di fruizione dei servizi in tempi compatibili con le necessità anche ordinarie, quali, ad esempio, il rinnovo di un passaporto e dei documenti di identità anagrafica;

    il concorso di queste situazioni induce a valorizzare e a rafforzare la rete di supporto degli incarichi onorari per una triplice ragione: i titolari di tali funzioni prestano la loro attività a titolo gratuito, ricevendo solo il rimborso delle spese di funzione realmente sostenute; la rete onoraria è quella di maggiore prossimità per l'utenza e in genere consente un accesso diretto, semplificato e abbastanza fluido al servizio; tale rete, inoltre, è distribuita sul territorio e almeno per alcune essenziali funzioni consente agli utenti di risparmiare viaggi e permanenze presso le sedi consolari di riferimento;

    l'esperienza accumulata dai consoli onorari, che in genere possano accettare tale incarico non retribuito in una fase avanzata della loro vita, viene spesso vanificata dal fatto che, al compimento del settantesimo anno di età, è prevista l'interruzione dell'incarico, con conseguente dispersione di esperienze e prolungato decorso di tempo fino alla nomina di un nuovo responsabile;

    le risorse intestate nel bilancio preventivo del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale per i contributi alla rete consolare onoraria (cap. 1284), secondo i firmatari del presente atto, sono insufficienti; si rileva ad esempio che nel 2019 la dotazione iniziale prevista nel suddetto capitolo di bilancio è stata di circa 200.000 euro: un livello del tutto inadeguato, che annualmente deve essere reintegrato con spostamenti interni di bilancio che naturalmente sottraggono risorse ad altre voci e ritardano l'erogazione degli stessi contributi,

impegna il Governo:

   a valutare l'utilità sul piano degli interessi generali di un maggiore riconoscimento della rete consolare onoraria, dando ai consoli l'indicazione di definire, rispetto alla specificità delle singole circoscrizioni di competenza, le modalità di un più stabile, fluido e dialogante rapporto con le figure onorarie, strutturando e semplificando l'interazione con gli uffici, anche con numeri telefonici dedicati e funzionari di costante riferimento, promuovendo riunioni periodiche con gli interessati, favorendo indicazioni operative più continue e certe e dando indirizzi di formazione soprattutto sulle procedure amministrative più difficili;

   a considerare l'opportunità di adottare iniziative di competenza per adeguare ai più numerosi e complessi compiti, nei prossimi bilanci del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale il capitolo di bilancio per contributi destinati ai consolati onorari rendendo strutturale la spesa impegnata ed elevando la dotazione attualmente prevista per il cap. 1284;

   a valutare l'opportunità di avviare la procedura di nomina degli incarichi onorari più necessari e urgenti fra quelli vacanti negli uffici attualmente riconosciuti, in modo da non lasciare le relative comunità italiane senza il riferimento più agibile sul piano territoriale;

   a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative per promuovere una modifica dell'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18 in materia di ordinamento dell'Amministrazione degli affari esteri, relativo al limite di età compatibile con la nomina a tale incarico;

   ad adottare iniziative per estendere la fornitura di dispositivi per la rilevazione delle impronte biometriche ai consoli e vice consoli che ne siano ancora sprovvisti, iniziando da coloro che operano nelle aree più distanti e/o meno collegate con le sedi dei consolati;

   a considerare di adottare iniziative per procedere a una semplificazione della modulistica attualmente in vigore per la rendicontazione;

   a verificare la possibilità, tenendo conto dell'esigenza di evitare interferenze con alcune normative locali, di anticipare per quanto possibile l'invio dei contributi destinati alla rete consolare al fine di evitare che essi arrivino negli ultimi giorni dell'esercizio finanziario.
(7-00629) «La Marca, Schirò».

Ritiro di un documento di indirizzo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: risoluzione in Commissione Quartapelle Procopio n. 7-00643 del 30 aprile 2021.