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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 30 aprile 2021

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni I e III,

   premesso che:

    in questi giorni, Asia Bibi – la donna pakistana che ha trascorso quasi dieci anni in carcere con l'accusa di blasfemia, divenuta simbolo della persecuzione contro i cristiani in Pakistan –, ha lanciato un appello al Primo ministro pakistano Imran Khan: «Abolisca la legge sulla blasfemia o ne impedisca l'abuso», definendola «una spada nelle mani della maggioranza del Paese, composta per il 95 per cento da musulmani. Noi cristiani siamo perseguitati da questa legge del codice penale pakistano» e ha chiesto «alla comunità internazionale e alle autorità in Pakistan di far rispettare il diritto alla libertà religiosa»;

    la presenza dei cristiani in Pakistan rappresenta una minoranza: su circa 180 milioni di abitanti, sono in 4 milioni a professare la fede cristiana rappresentando quindi il 2 per cento di tutto il territorio nazionale. Ancor di meno i cattolici che si contano in un numero che si aggira intorno a un milione;

    il Pakistan è firmatario della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948 e ha ratificato il Patto internazionale sui diritti civili e politici (Iccpr) nel 2010. È, pertanto, tenuto, ai sensi dell'articolo 18, a garantire la libertà di pensiero, di coscienza e di religione al suo popolo. Inoltre sebbene l'articolo 2 della Costituzione pachistana del 1973 affermi che «l'Islam è la religione di Stato del Pakistan», lo stesso documento garantisce formalmente anche i diritti delle minoranze religiose. Purtroppo, lo status delle minoranze religiose è ulteriormente influenzato dalle cosiddette «leggi sulla blasfemia» del Pakistan, introdotte tra il 1982 e il 1986, una serie di emendamenti al codice penale pachistano, che limitano fortemente la libertà di religione e di espressione. I reati punibili includono la «profanazione» del Corano e le offese al Profeta Maometto, che comportano rispettivamente come pena massima l'ergastolo e la condanna a morte. Poiché il concetto di «blasfemia» è piuttosto ampio, la norma viene facilmente usata in modo improprio per sanzionare vari tipi di condotta, inclusa l'irriverenza verso persone, oggetti di culto, costumi e credenze;

    le accuse di blasfemia vengono mosse sia contro i musulmani, che contro i membri delle minoranze religiose. Tuttavia, quando il presunto colpevole è un non musulmano, le accuse sfociano spesso in linciaggi, attacchi di folle ai danni di interi quartieri e uccisioni extragiudiziali. Inoltre, il numero di appartenenti alle minoranze che sono stati accusati di blasfemia è altamente sproporzionato rispetto alla loro percentuale sulla popolazione;

    le minoranze pakistane, inclusi gli indù, i cristiani e i sikh, sono state spesso prese di mira grazie alle rigide leggi sulla blasfemia. Le donne appartenenti ai gruppi minoritari sono il gruppo più vulnerabile in Pakistan, e, difatti, sono diventati all'ordine del giorno rapimenti forzati, stupri, conversioni forzate, matrimoni forzati;

    anche la tutela legale di queste persone risulta complessa e imbavagliata: le difficoltà per la difesa riguardano, in particolare, la clausola che specifica che la menzione o la ripetizione del contenuto blasfemo stessa costituisce una bestemmia, impedendo così una linea difensiva efficace;

    la pandemia COVID-19 ha ulteriormente acuito la situazione della discriminazione religiosa. Vi sono state numerose segnalazioni di pacchi, viveri e dispositivi di protezione individuale negati a indù e cristiani. Stando a quanto riportato nel report della fondazione pontificia «Aiuto alla Chiesa che Soffre», nella zona di Korangi, a Karachi, i cristiani locali sarebbero stati costretti a recitare la kalima, la dichiarazione di fede islamica, per poter ricevere gli aiuti. Dal momento che si sono rifiutati, sono stati loro negati i beni di prima necessità. Al contrario, la Chiesa cattolica ha distribuito cibo e beni di prima necessità a tutti i bisognosi, indipendentemente dalla loro appartenenza religiosa. Per quanto riguarda le misure relative al COVID-19, mentre chiese e templi nel Punjab e nel Sindh sono stati chiusi volontariamente dai rispettivi leader religiosità seguito di un aumento delle infezioni, le moschee sono rimaste aperte;

    inoltre, la crisi economica peggiorata da quella sanitaria, ha amplificato ancora le diseguaglianze sociali e religiose. Da una intervista alla stampa, Aneeqa A (nome di fantasia), avvocato pachistano che da tempo collabora con ADF International, organizzazione cristiana di patrocinio legale in prima linea per difendere la libertà religiosa ovunque nel mondo, ha affermato: «La gente è così disperata che è costretta a scambiare la religione professata in cambio di cibo. Le persone sono costrette a convertirsi all'islam solo per un sacco di farina»;

    a tutto ciò, si somma, il fenomeno, in costante aumento, delle conversioni e dei matrimoni forzati di ragazze o bambine cristiane e indù. Reati che dovrebbero essere perseguiti in base al Child Marriage Restraint Act del 2014 – che fissa l'età minima per sposarsi a 18 anni per i ragazzi, 16 anni per le ragazze –, la cui applicazione tuttavia è spesso ostacolata dalle forze di polizia e da membri dell'autorità giudiziaria in forza di consuetudini sociali e tribali. Il Pakistan è uno dei Paesi al mondo in cui il fenomeno delle spose bambine è più diffuso: in base ai dati dell'Unicef, il 3 per cento delle bambine pakistane si sposano prima dei 15 anni, il 21 per cento prima dei 18. La provincia del Sindh è quella con il numero più elevato di nozze infantili: la percentuale si attesta intorno al 72 per cento per le ragazze, 25 per cento per i ragazzi;

    l'educazione scolastica è un altro ambito in cui si è registrato un aumento delle accuse di blasfemia e delle violenze contro le minoranze. Nello studio «Educazione e Libertà Religiosa», la Commissione nazionale giustizia e pace della Conferenza episcopale cattolica del Pakistan ha rilevato come i programmi scolastici e universitari promuovano la discriminazione contro i non musulmani;

    secondo il Rapporto, «imprecisioni fattuali, revisionismo storico e omissioni facilmente riconoscibili insegnano una versione della storia decisamente monolitica, rafforzano gli stereotipi negativi e creano una narrativa ostile nei confronti delle minoranze religiose»;

    sempre secondo il rapporto sulla libertà religiosa nel mondo 2021, pubblicato dalla fondazione pontificia «Aiuto alla Chiesa che Soffre», in 26 Paesi del mondo, la libertà religiosa è soffocata dalla persecuzione. In particolare, viene evidenziato che, in una nazione su tre, si registrano gravi violazioni della libertà religiosa. Secondo lo studio, questo diritto fondamentale non è stato rispettato in 62 dei 196 Paesi sovrani (31,6 per cento del totale) nel biennio 2018-2020. Il Pakistan è uno dei Paesi in cui la libertà religiosa è meno tutelata. Si colloca al 5° posto nel ranking della «World Watch List 2020», l'annuale rapporto della Ong Porte Aperte sulla libertà religiosa dei cristiani nel mondo, che fotografa la classifica dei primi 50 Paesi dove più si perseguitano i cristiani;

    nel 2020 il Governo pakistano ha creato una Commissione nazionale sulle minoranze (Ncm). Il provvedimento è stato sollecitato da un'ordinanza della Corte suprema del Pakistan che, nel giugno 2014, aveva chiesto di istituire un'agenzia per la tutela delle minoranze, in seguito al tragico attacco contro la chiesa di Ognissanti di Peshawar avvenuto nel settembre 2013. Nel maggio 2020, il Ministero degli affari religiosi e dell'armonia interreligiosa ha ratificato la ricostituzione della Commissione nazionale sulle minoranze, che ha il mandato di assicurare che i luoghi di culto delle comunità non musulmane siano preservati e mantenuti in condizioni funzionali. Tuttavia, lo status della Commissione è incerto, poiché si tratta semplicemente di un organismo istituito ad hoc dal gabinetto federale e non di un organismo stabilito da un'apposita legge, pertanto i suoi poteri sono limitati;

    nell'ottica di arginare il fenomeno delle conversioni forzate, nel 2020, il Senato pachistano ha iniziato a valutare il reato attraverso il proprio comitato permanente per la protezione delle minoranze dalle conversioni forzate, che, dal luglio dello stesso anno, ha incominciato ad esaminare la questione. La «Legge sulla protezione dei diritti delle minoranze» – il cui disegno di legge era stato presentato ad agosto 2020 dal senatore Javed Abbasi, membro della Pakistan Muslim League – N. – è stata presentata in Senato, ma il Comitato permanente per gli affari religiosi e l'armonia interreligiosa l'ha respinta un mese dopo, con la motivazione che «alle minoranze in Pakistan sono già stati concessi diversi diritti». Il disegno di legge è stato più volte presentato in Senato e all'Assemblea nazionale, ma, alla data del marzo 2021, non è stato ancora approvato. Il testo contiene una serie di misure per tutelare le minoranze: afferma che discorsi di odio e materiale offensivo contro le minoranze religiose non possono far parte dei libri di testo scolastici, e suggerisce che il Governo fornisca protezione e assistenza a qualsiasi persona costretta a una «conversione forzata», stabilendo pene fino a sette anni di carcere per i rapimenti e le conversioni forzate di ragazze delle minoranze. La proposta di legge, inoltre, considera «matrimonio forzato» quello interreligioso tra un uomo musulmano e una minorenne di altra religione, e dunque lo ritiene «nullo», prevedendo pene per quanti organizzano tali matrimoni;

    il leader cristiano Aftab Alexander Mughal, direttore del magazine «Minority concern» ha denunciato che «Dall'agosto 2018, da quando il Primo Ministro Imran Khan ha preso il potere, almeno 31 membri delle comunità di minoranze sono stati uccisi, 58 sono stati feriti in attacchi mirati e 25 casi di blasfemia sono stati registrati, mentre almeno sette luoghi di culto delle minoranze hanno subito attacchi o intimidazioni»;

    secondo il Centro per la giustizia sociale in Pakistan, almeno 1.855 persone sono state accusate in base alle leggi sulla blasfemia tra il 1987 e il febbraio 2021, con il maggior numero di accuse nel 2020. Tra queste, la coppia pakistana Shagufta Kausar e Shafqat Emmanuel è stata condannata a morte per blasfemia nel 2014, sulla base di prove che possono essere considerate profondamente insufficienti ed è detenuta in carcere in attesa di una sentenza del tribunale sul ricorso contro la loro condanna a morte che doveva essere esaminato nell'aprile 2020, sei anni dopo la condanna, ma è stato rinviato più volte, da ultimo il 15 febbraio 2021;

    il Parlamento europeo ha approvato il 29 aprile 2021 una risoluzione del Parlamento europeo sulle leggi sulla blasfemia in Pakistan, in particolare il caso di Shagufta Kausar e Shafqat Emmanuel,

impegnano il Governo:

   a promuovere ogni iniziativa, bilaterale con il Pakistan e nei consessi europei ed internazionali, utile per ottenere l'immediato rilascio di Shafqat Emmanuel e Shagufta Kausar senza condizioni e la revoca della loro condanna a morte;

   ad adoperarsi, per quanto di competenza, affinché il Pakistan abroghi le cosiddette leggi sulla blasfemia e garantisca la libertà di religione o di credo, la libertà di parola e di espressione e i diritti delle minoranze quali diritti umani sanciti dalla Costituzione pakistana, nonché pervenga alla definitiva approvazione la «legge sulla protezione dei diritti delle minoranze»;

   a rispondere positivamente all'invito del Parlamento europeo di fornire, attraverso il personale diplomatico, protezione e sostegno a Shagufta Kausar e Shafqat Emmanuel, anche presenziando ai processi, chiedendo visite in carcere e sollecitando costantemente e risolutamente le autorità coinvolte nel caso;

   ad agevolare il rilascio di visti di emergenza e a offrire protezione internazionale a Shagufta Kausar, Shafqat Emmanuel, il loro avvocato Saiful Malook e altre persone accusate di aver esercitato pacificamente i loro diritti, compresi i difensori dei diritti umani, qualora dovessero lasciare il Pakistan.
(7-00643) «Quartapelle Procopio, Ceccanti».


   La IX Commissione,

   premesso che:

    nel corso della XVII legislatura, i finanziamenti per le infrastrutture ferroviarie sono stati effettuati sulla base del programma definito «cura del ferro» siglato nel 2016 dall'allora Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Delrio, volto a favorire un rafforzamento del trasporto ferroviario e garantire un miglior equilibrio sulle modalità di trasporto di persone e merci;

    in coerenza con la strategia di sviluppo dell'infrastruttura ferroviaria, gli interventi si sono concentrati su alcune opere particolarmente onerose (Terzo valico di Giovi, Alta Velocità Brescia-Verona-Padova della linea Milano-Venezia, Nuovo valico del Brennero, e tante altre) realizzate per lotti costruttivi non funzionali;

    oltre a questi investimenti, interventi economicamente significativi del programma hanno riguardato l'adeguamento funzionale delle reti, la sicurezza ferroviaria, le tecnologie di ultima generazione sui treni, nelle stazioni e lungo le linee, la rimozione dei passaggi a livello, l'ammodernamento tecnologico delle dotazioni, oltre ad investimenti su tratte ferroviarie afferenti a nodi urbani, linee regionali e nodi di interscambio modale;

    il piano aveva previsto, inoltre, l'elettrificazione di numerose tratte ferroviarie, comprese quelle in provincia di Belluno;

    l'anno successivo, lo stesso Ministro delle infrastrutture e dei trasporti siglava il nuovo contratto di programma con Rfi, approvato dal Cipe il 7 agosto 2017, che prevedeva 13 miliardi di euro di finanziamenti per investimenti nel periodo 2017-2021. Il contratto conteneva la scheda sull'elettrificazione bellunese e allocava le risorse necessarie a connettere la montagna con la pianura e rivedere le strategie della mobilità;

    nello stesso anno, con la legge di bilancio, il Governo finanziava gli interventi previsti nel 2018 dal contratto di servizio con Rfi, tra cui l'elettrificazione tra Vittorio Veneto e Belluno. Per gli interventi successivi l'erogazione delle risorse sarebbe avvenuta di anno in anno, come previsto dal contratto pluriennale;

    a settembre 2019, nella tratta Vittorio Veneto-Ponte nelle Alpi venivano avviati i lavori già finanziati e, un mese dopo, veniva annunciato dalla regione Veneto il progetto di Rfi di potenziamento infrastrutturale della linea per migliorare l'accesso all'area dolomitica in vista delle Olimpiadi Invernali di Cortina 2026. Tra gli interventi erano previsti: il completamento dell'elettrificazione fino a Calalzo insieme a una totale riqualificazione della stazione;

    con le risorse dell'aggiornamento 2018/2019 del contratto di programma 2017-2021 (Atto del Governo n. 160) veniva dato ulteriore impulso agli interventi di elettrificazione nei bacini del Nordest (l'elettrificazione di alcune linee del Veneto quali Conegliano-Vittorio Veneto, Castelfranco-Montebelluna, Camposampiero-Cittadella-Bassano, Vittorio Veneto-Ponte delle Alpi-Belluno e Montebelluna-Feltre-Belluno) e venivano assegnate a seguito di rimodulazioni risorse per il raddoppio Maerne-Castelfranco Veneto e per il potenziamento della linea Padova-Castelfranco Veneto;

    l'obiettivo era dare priorità agli interventi di elettrificazione e all'applicazione di tecnologie a «zero emissioni» al fine di sostituire i mezzi ferroviari, ancora oggi, alimentati a combustibili fossili, privilegiando le parti di territorio che ne sono completamente sprovviste;

    l'elettrificazione, ha rappresentato un primo passo per riconsiderare l'intero sistema di trasporti dedicato al turismo, alla mobilità interna e ai collegamenti con i maggiori centri del Veneto;

    nel mese di febbraio 2021, è arrivato l'annuncio, del termine dei lavori di elettrificazione limitatamente alla tratta Belluno-Ponte nelle Alpi, iniziati a settembre 2019;

    dal prossimo giugno, con l'introduzione dell'orario estivo, viaggiare da Venezia a Belluno, senza scalo e cambi, sarà possibile grazie alla conclusione da parte di Rfi delle opere di elettrificazione delle linee su l'asse Conegliano-Vittorio Veneto-Belluno. Si potrà viaggiare sui moderni elettrotreni che, con innovativo contratto di servizio, la regione Veneto sta introducendo su tutte le linee regionali, in aggiunta ad un ammodernamento della flotta, da qui al 2026;

    i lavori eseguiti da Rfi, nonostante un leggero allungamento dei tempi di cantiere programmati dovuti all'emergenza sanitaria da Covid-19, costituiscono un passaggio importante dell'elettrificazione dell'anello del Bellunese e non solo;

    inoltre, sono partiti i lavori di elettrificazione della tratta Treviso-Belluno, con interventi di sistemazione delle stazioni di Feltre e Santa Giustina, ai quali seguiranno i lavori di elettrificazione veri e propri, il cui termine è previsto per il 2024;

    sul fronte del collegamento ferroviario sull'asse Padova-Belluno, è già attivo dal mese di dicembre 2020 il servizio con motorizzazione elettrica lungo la tratta Padova-Castelfranco Veneto-Montebelluna;

    quando tutti i lavori saranno completati, viaggiare in treno partendo da Belluno con destinazione Venezia o Padova, potrà avvenire senza «rottura di carico», rispettivamente a Conegliano per la direzione Venezia e a Montebelluna per la direzione Padova;

    sulla tratta Padova-Castelfranco Veneto-Montebelluna è in programma un intervento di adeguamento; a doppio binario dell'attraversamento del fiume Brenta, tra i comuni di Padova e Vigodarzere: si tratta di un'opera già finanziata, che consentirà di raddoppiare la tratta a binario unico tra Padova e Belluno e che produrrà benefici sia in termini di capacità della linea, sia in termini di regolarità del servizio; i lavori di potenziamento rientrano negli sviluppi previsti dall'Accordo quadro stipulato tra Rfi e regione Veneto;

    la tratta elettrificata Trento Bassano del Grappa consentirà la connessione con la linea del Brennero, la zona turistica dei laghi di Caldonazzo e Levico, l'hub di Trento e la terza città del Trentino Pergine Valsugana;

    la provincia autonoma di Trento ha convenuto con Rfi, mediante un protocollo d'intesa dell'aprile 2020, la realizzazione del progetto per fasi, coerentemente con il quadro finanziario dei fondi Fsc (Fondo sviluppo e coesione) rispetto alla stima di costo dell'investimento ridefinito in circa 340 milioni di euro;

    sarebbe opportuno, ad avviso dei firmatari del presente atto, realizzare i seguenti progetti nella parte più a nord del Veneto ed in particolare nel Bellunese in vista delle Olimpiadi Invernali 2026:

     a) collegamento ferroviario tra Feltre e Primolano per completare l'anello basso delle Dolomiti e creare un collegamento diretto via ferro tra i due capoluoghi, Belluno e Trento;

     b) elettrificazione, potenziamento e velocizzazione del tratto ferroviario Ponte nelle Alpi-Calalzo di Cadore;

     c) collegamento verso Nord via Cortina d'Ampezzo come opzione di alternativa alla viabilità ordinaria sia per i traffici passeggeri che per quelli merci e come percorso turistico di valenza internazionale;

     d) ripristino dei collegamenti ferroviari veloci e diretti sulle tratte Roma-Cortina e Milano-Cortina anche riprendendo il vecchio collegamento Roma-Cortina che nel dopoguerra ha contribuito ad unire l'Italia;

    le esperienze di tante città europee e italiane, dimostrano che, laddove si investe sulla rete del ferro, è possibile costruire un modello di mobilità a emissioni zero ottimizzare gli scambi e ridurre i tempi di attesa,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative per ripristinare dei collegamenti ferroviari e intermodali veloci e diretti sulle tratte Roma-Cortina e Milano-Cortina, anche riprendendo il vecchio collegamento Roma-Cortina che nel dopoguerra ha contribuito ad unire l'Italia, e, in particolare, per ripristinare fin dal prossimo orario estivo i collegamenti per Milano e Roma sulla tratta già elettrificata, anche prevedendo delle sperimentazioni nel periodo di maggior afflusso di turisti;

   ad avviare in tempi celeri, in vista delle Olimpiadi Invernali 2026, un tavolo di confronto tra il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, la regione Veneto e Rfi al fine di monitorare il processo dei progetti descritti in premessa ed individuare ulteriori necessità infrastrutturali per il territorio;

   ad assumere tutte le iniziative di competenza affinché i progetti, ancora da realizzare, siano completati nei tempi previsti ed inseriti nell'aggiornamento del contratto di programma 2020/2021 tra il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e Rfi.
(7-00642) «Gariglio, De Menech».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   LOLLOBRIGIDA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la notizia dell'arresto a Parigi da parte della autorità francesi di sette ex terroristi delle Brigate rosse italiane, condannati nel nostro Paese per atti di terrorismo commessi negli anni '70 e '80 e da allora riparati impunemente oltralpe, ha riaperto il dibattito sull'esigenza di garantire che tutti i terroristi scontino la propria pena;

   in Alto Adige a partire dal 20 settembre 1956 e fino al 30 ottobre 1988 si sono registrati 361 attentati con dinamite, mitra, mine antiuomo, che in totale hanno causato ventuno morti, quindici dei quali appartenenti alle forze dell'ordine, oltre a due privati cittadini e quattro terroristi, deceduti per lo scoppio prematuro delle cariche che stavano predisponendo, e 57 feriti: 24 membri delle forze dell'ordine e 33 civili;

   per i numerosi episodi di terrorismo, la giustizia italiana ha condannato complessivamente 157 persone: 103 italiani di lingua tedesca, 40 cittadini austriaci e 14 cittadini della ex Repubblica federale tedesca, ossia la Germania occidentale;

   molti dei terroristi responsabili dei più efferati episodi di violenza verificatesi in Alto Adige e che hanno portato alla morte carabinieri, finanzieri, uomini in divisa e civili nella drammatica stagione del terrorismo separatista, non hanno mai scontato un solo giorno di carcere e da lunghissimo tempo risiedono in Austria e in Germania, Stati che hanno sempre rifiutato la loro estradizione;

   tra questi terroristi tutt'ora latitanti vi sono anche i cosiddetti «bravi ragazzi della Valle Aurina», ovvero Heinrich Oberleiter, Siegfried Steger e Sepp Forer, che assieme a Heinrich Oberlechner, nel frattempo deceduto, furono condannati all'ergastolo per una serie di attentati compiuti nelle valli di Tures, Aurina e Pusteria nel biennio 1966/1967, tra cui l'omicidio dei finanzieri Salvatore Cabitta e Giuseppe D'Ignoti in un agguato a San Martino di Casies, ma che non hanno mai scontato neppure un giorno di prigione, continuando a vivere — spesso con onori pubblici — in Austria (si ricorda la partecipazione di Steger anche ad una cerimonia ufficiale organizzata dal Parlamento austriaco);

   in tutta Italia il terrorismo ormai appare una pagina chiusa ma che le vittime e le istituzioni, ma anche i cittadini che credono nei valori della giustizia e della democrazia, intendono consegnare definitivamente alla storia solo con i responsabili assicurati alle carceri per scontare le loro condanne –:

   se il Governo non ritenga di adottare nuove e più incise iniziative, per quanto di competenza, per assicurare alla giustizia italiana i responsabili dei fatti criminosi che hanno insanguinato l'Alto Adige nella seconda metà del secolo scorso e tutt'ora latitanti in Austria e Germania.
(4-09160)


   PALAZZOTTO, BOLDRINI, BRUNO BOSSIO, FASSINA, FIORAMONTI, FORNARO, FRATOIANNI, FUSACCHIA, LATTANZIO, MURONI, ORFINI, PASTORINO, PINI, RACITI, RIZZO NERVO, SARLI, TRIZZINO e TERMINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la mattina di mercoledì 21 aprile 2021, nel Mediterraneo centrale è stato ritrovato il relitto di un gommone ribaltato con intorno numerosi cadaveri;

   l'imbarcazione si presume che avesse circa 130 persone a bordo e secondo la ricostruzione de l'Avvenire tutte le autorità marittime europee erano state informate dall'organizzazione Alarm Phone già da due giorni che nel Canale di Sicilia si trovavano almeno tre natanti partiti dalla Libia tra cui quello in oggetto;

   nonostante ciò e le condizioni meteomarine avverse non risulta che sia stata attivata alcuna procedura di emergenza, né che sia stato emanato alcun avviso ai naviganti, né che sia stato inviato alcun mezzo di soccorso;

   a parere degli interroganti davanti a questa tragedia occorre fare assoluta chiarezza, in particolare sulle 24 ore che hanno preceduto il ritrovamento del relitto e dei corpi senza vita delle persone che vi erano a bordo;

   da quanto ricostruito dalla stampa la segnalazione delle tre imbarcazioni in pericolo nelle acque internazionali al largo della Libia era partita da Alarm Phone; la prima nave a raggiungere il luogo della tragedia molte ore dopo è stata quella della Ong Sos Mediterranee Ocean Viking dato che si trovava ad una distanza considerevole;

   secondo la Ong, in assenza di alcun coordinamento statale ed europeo, tre navi mercantili avrebbero deciso autonomamente di unirsi alla Ocean Viking per organizzare le operazioni di ricerca in condizioni di mare estremamente difficili senza alcun supporto da parte degli Mrcc competenti;

   secondo altre fonti sembrerebbe inoltre che l'Mrcc italiano abbia fornito la posizione esatta dell'imbarcazione ai libici che si sarebbero rifiutati di intervenire;

   Frontex sostiene di aver allertato i centri di soccorso nazionali in Italia, Malta e Libia dopo che «Osprey 3» un velivolo dell'agenzia europea aveva avvistato un gommone con persone alla deriva al largo della costa libica, sette ore dopo il primo dei numerosi allarmi lanciati da Alarm Phone;

   dall'evoluzione degli eventi appare evidente agli interroganti che sia il centro di coordinamento di Roma che quello di La Valletta non abbiano assunto il coordinamento dei soccorsi anche quando appariva chiaro che i libici non avrebbero condotto alcuna operazione di ricerca e non avrebbero inviato nessuna delle motovedette di cui dispongono e in parte donate dal nostro Paese;

   le autorità europee avrebbero indicato quelle libiche come «autorità competenti» per coordinare le operazioni di salvataggio determinando ancora una volta quel rimpallo di responsabilità che ha condotto all'immobilismo e alla perdita di tempo prezioso che hanno contribuito a causare l'ennesima tragedia in mare che si sarebbe potuta evitare se si fosse intervenuti tempestivamente –:

   di quali ulteriori elementi disponga il Governo e se risponda al vero che il Centro nazionale di soccorso della Guardia costiera italiana era informato dell'evento Sar richiamato in premessa e se non intendano verificare quali siano state le procedure e le iniziative adottate per gestirlo e le eventuali responsabilità, per quanto di competenza, nell'omissione di soccorso;

   se, per quanto ne siano a conoscenza, risponda al vero che Frontex si sia limitato a segnalare la presenza di una imbarcazione in difficoltà ai centri di coordinamento italiano, maltese e libico senza svolgere alcuna parte attiva o anche di semplice monitoraggio, nel coordinamento dei soccorsi, circostanza che dimostrerebbe una diretta responsabilità dell'Agenzia in quella che può essere considerata a tutti gli effetti un'attività di respingimento illegale verso la Libia di persone che avrebbero diritto a protezione internazionale;

   se, alla luce di questa ennesima tragedia, non ritengano di adottare iniziative per ripristinare, anche d'intesa con l'Unione europea, un dispositivo navale di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale sul modello della missione Mare Nostrum.
(4-09161)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZOFFILI, ANDREUZZA, BADOLE, BAZZARO, BILLI, BISA, BITONCI, CECCHETTI, COIN, COLMELLERE, COMENCINI, COVOLO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, FANTUZ, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, GIACOMETTI, LAZZARINI, MANZATO, PAOLIN, PATERNOSTER, PICCHI, PRETTO, RACCHELLA, RIBOLLA, SNIDER, STEFANI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO e ZORDAN. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nella notte tra il 25 e il 26 aprile 2021, Christian Carlassare, vescovo italiano della diocesi di Rumbek, città a maggioranza dinka, una delle etnie più numerose del Sud Sudan, è stato ferito in un agguato con colpi d'arma da fuoco da due persone che gli hanno sparato alle gambe;

   il missionario di 43 anni si trova ora, fuori pericolo, in ospedale a Nairobi, dove è sottoposto a trasfusioni;

   il padre comboniano vicentino Carlassare era arrivato nella diocesi il 16 aprile 2021, dopo aver lavorato per quindici anni in altri luoghi del Sud Sudan dove la maggior parte della popolazione appartiene alla tribù nuer;

   Carlassare è stato nominato vescovo l'8 marzo 2021 e la sua ordinazione è prevista per il prossimo 23 maggio;

   la sede della diocesi di Rumbek era scoperta dal 2011, anno in cui è morto il vescovo che reggeva la diocesi e anno in cui il Sud Sudan è diventato indipendente da Khartoum;

   il Paese è stato a lungo logorato da una guerra civile, scoppiata nel 2013, che ha provocato quattrocentomila morti e quattro milioni di sfollati e ha visto contrapposte per lungo tempo le forze governative del presidente Kiir, di etnia dinka, e quelle dell'ex vicepresidente Machar, di etnia nuer: il processo di pace, che ha portato agli accordi del 2018, è stato sempre sostenuto dalla Chiese cristiane –:

   di quali informazioni disponga il Governo in merito agli avvenimenti riportati in premessa e quali iniziative si intendano intraprendere per garantire un livello maggiore di sicurezza e protezione per i nostri connazionali all'estero ed, in particolare, per fare luce sulle circostanze che hanno determinato l'agguato al giovane vescovo italiano Christian Carlassare.
(4-09147)


   UNGARO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   come riportato di recente dai maggiori quotidiani europei, il Governo della Repubblica d'Irlanda ha deciso di introdurre ulteriori misure restrittive per contenere la diffusione del virus Covid-19 aggiungendo alcuni Paese europei, tra cui l'Italia, nella lista dei Paesi a rischio. A partire dal 15 aprile 2021 tutti i passeggeri che arrivano in Irlanda dall'Italia hanno l'obbligo di quarantena presso uno degli hotel designati dal Governo, con l'obbligo di prenotare in anticipo un alloggio presso una delle strutture e pagare in anticipo per il loro soggiorno/quarantena;

   la sopracitata normativa del Governo irlandese sta provocando non pochi disagi ai passeggeri provenienti dall'Italia e ai circa 50.000 cittadini italiani che si devono far carico degli onerosi costi per l'alloggio presso gli hotel designati, ovvero 1.875 euro per adulto più 150 euro per ogni giorno aggiuntivo. Vengono citati inoltre casi di assembramenti senza ricambio d'aria all'interno degli autobus che trasportano i passeggeri presso le strutture, facilitando così le possibilità di contagio; di hotel sporchi con camere anguste e con piccole finestre; casi di intere famiglie con i bambini costrette a stare chiuse nelle stanze d'albergo senza alcuna possibilità di uscita per tutta la durata della quarantena –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e se non intenda, per quanto di competenza, adottare iniziative affinché il Governo della Repubblica d'Irlanda possa rimuovere l'obbligatorietà di soggiorno dei passeggeri provenienti dall'Italia presso gli hotel designati, in una prossima revisione del provvedimento.
(4-09153)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FERRI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'Agenzia delle entrate, con atto prot. n. 146687 del 29 ottobre 2010, ha bandito un concorso pubblico per 175 dirigenti di seconda fascia;

   la procedura concorsuale si appresta a concludersi, dopo oltre due anni di prove selettive, con idonei, pari a poco meno di 300 unità;

   la prova d'esame ha consentito di selezionare personale altamente qualificato che da anni dimostra sul campo estrema preparazione e dedizione al servizio, spesso con curricula assolutamente di pregio e dopo aver già ricoperto incarichi di responsabilità;

   l'utilizzo di professionalità immediatamente pronte, esperte e ancora giovani, che hanno già affrontato la gestione degli uffici durante la pandemia, anticipando le modalità di lavoro agile poi applicate, rappresenta un'opportunità unica di realizzare concretamente i principi di efficienza, efficacia ed economicità della gestione dei pubblici uffici;

   l'Agenzia ha programmato, per il triennio 2021-2023, nel Piano delle performance, l'assunzione di 335 dirigenti di seconda fascia per far fronte alla grave deficienza di organico dirigenziale, attraverso due concorsi, il primo di cui sopra in fase di conclusione (maggio 2021) per 175 posti e un secondo, bandito nel 2018 per 160 posti, ma mai iniziato;

   l'assunzione immediata di tutti gli idonei del concorso permetterebbe di evitare di dover espletare ulteriori selezioni, incerte, lunghe e costose con grave danno per la collettività;

   l'espletamento di un altro concorso, oltre a rappresentare un rilevante dispendio di risorse pubbliche, contrasterebbe fortemente con quanto disposto dalla Corte dei conti, con deliberazione n. 85/2020/PAR che, operando un'ampia ricostruzione del quadro normativo di riferimento in materia di graduatorie concorsuali, ha evidenziato che lo scorrimento delle stesse sia opportuno sia ai fini di ridurre i tempi e i costi impliciti nella gestione di un concorso, sia a tutela delle legittime aspettative dei candidati, i quali hanno comunque superato un giudizio di idoneità e concludendo, pertanto per una «preferenza» a favore dello scorrimento;

   dello stesso avviso è il Consiglio di Stato, in Adunanza plenaria, con la sentenza n. 14 del 2011 richiamata, da ultimo della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. III, n. 4013/2020 (in senso conforme, Sez. V, sentenza n. 4119 del 1° agosto 2014);

   secondo il massimo organo di giurisdizione amministrativa, infatti, in presenza di graduatorie valide ed efficaci, l'amministrazione, qualora stabilisca di provvedere alla copertura dei posti vacanti, deve motivare la determinazione riguardante le modalità di reclutamento del personale, qualora scelga l'indizione di un nuovo concorso, in luogo dello scorrimento di graduatorie vigenti;

   non prevedendo la normativa, al momento dell'emanazione del bando, limiti di scorrimento e vigendo in materia di procedure concorsuali la regola del Tempus regit actum, non sembrano esservi cause ostative allo scorrimento della graduatoria;

   in alternativa al completo assorbimento presso l'Agenzia, è parimenti possibile lo scorrimento della graduatoria al fine di coprire le posizioni dirigenziali di altri enti analoghi all'Agenzia delle entrate come, ad esempio, l'Agenzia delle dogane e dei monopoli che presenta 130 posti vacanti per gli stessi profili e lo stesso Ministero dell'economia e delle finanze che necessita, invece, di 98 figure analoghe;

   tali enti, si ricorda, si trovano in grave deficit di posizioni dirigenziali e senza graduatorie disponibili e le professionalità del concorso dell'Agenzia delle entrate per 175 dirigenti di seconda fascia sono assolutamente compatibili;

   già in passato tanto il Ministero dell'economia e delle finanze, che l'Agenzia delle dogane e dei monopoli hanno attinto da graduatorie dell'Agenzia delle entrate –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere per gestire questa importante opportunità, in ossequio a principi di meritocrazia e trasparenza e, quindi, avvalendosi in toto degli esiti della procedura concorsuale di cui in premessa, e ovviare rapidamente alle carenze di organico dell'Agenzia delle entrate ed eventualmente degli altri enti citati.
(5-05899)


   COLLETTI e SPESSOTTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   in seguito ad una inchiesta pubblicata su Fanpage.it si è appreso che il deputato della Lega Claudio Durigon, attualmente Sottosegretario per l'economia e le finanze, in un video ripreso con telecamera nascosta, avrebbe confidato di non essere preoccupato delle indagini della magistratura riguardanti il suo partito, la Lega, con particolare riferimento all'inchiesta sui 49 milioni di euro che ha portato la procura di Genova a confiscarne i fondi;

   secondo le dichiarazioni dello stesso Durigon, il generale della Guardia di finanza che sta indagando sui fondi della Lega sarebbe stato «messo» dal loro partito, le sue inquietanti e gravissime parole vengono così riportate: «Quello che fa le indagini sulla Lega lo abbiamo messo noi»;

   allo stato non si sa se Durigon millantasse tale circostanza o dicesse il vero;

   da tali fonti emerge che sarebbe stato lo stesso Durigon a «correre in soccorso» della Lega, che si trovava in piena crisi economica in seguito proprio all'inchiesta sul caso dei 49 milioni di euro; mettendo a disposizione di quel partito la sede e lo staff del sindacato Ugl, dove lo stesso Durigon era arrivato a ricoprire la carica di vice segretario, prima di scendere in campo con la Lega diventando prima deputato e poi Sottosegretario per l'economia e le finanze;

   dalle stesse fonti si apprende anche di presunti legami, piuttosto discutibili, e di tutta una serie di rapporti, ad avviso degli interroganti, «opachi» riconducibili proprio a Durigon anche nella provincia di Latina, già investita da numerose inchieste dell'antimafia per infiltrazioni mafiose nella politica;

   l'inquietante «rivendicazione» di Durigon, che si accrediterebbe insieme al suo partito la nomina del generale della Guardia di finanza che indaga sul caso dei fondi della Lega, risulta di una eccezionale gravità tale da richiedere interventi e prese di posizioni decise –:

   se il Ministro interrogato, per quanto di competenza, sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda promuovere iniziative di competenza, nel pubblico interesse e della giustizia, in relazione a quanto esposto in premessa e, conseguentemente, valutare l'adozione delle necessarie iniziative conseguenti, con l'urgenza richiesta dalla straordinaria gravità della vicenda, per porvi rimedio.
(5-05903)

GIUSTIZIA

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   dal 19 dicembre 2020 è applicabile il nuovo regolamento (UE)2018/1805, relativo al riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento e di confisca in ambito europeo. Tale normativa è il risultato di una posizione consolidatasi nel tempo della Commissione europea che, già nella comunicazione del 28 aprile 2015, intitolata «Agenda europea sulla sicurezza», aveva avuto modo di sottolineare come «la cooperazione giudiziaria in materia penale si fonda anche su strumenti transfrontalieri efficaci e che il riconoscimento reciproco delle sentenze e delle decisioni giudiziarie è un elemento chiave del quadro di sicurezza»;

   la dimensione transfrontaliera della confisca diventa evidente, quindi, quando devono essere eseguiti provvedimenti in altri Stati membri. In questo caso, l'Unione europea interviene ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 3, del Trattato sull'Unione europea (TUE), ovvero quando gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri;

   i princìpi cardine su cui gli Stati membri dovranno adeguare il loro diritto interno sono in particolare: il generale riconoscimento reciproco, ovvero le decisioni giudiziarie in materia penale adottate in un Paese dell'Unione europea, dovranno essere di norma immediatamente riconosciute e applicate da un altro Paese dell'Unione europea l'adozione di certificati e procedure standard per consentire azioni di congelamento e di confisca più rapide ed efficienti; previsioni di termini celeri per il riconoscimento di un ordine di confisca e per il riconoscimento di esecuzione degli ordini di congelamento; emanazione di disposizioni tese a garantire che i diritti di indennizzo delle vittime e di restituzione siano rispettati nei casi transfrontalieri;

   dalla data in cui il citato regolamento europeo produce i suoi effetti, in Italia, un primo passo verso la sua materiale attuazione è rappresentato dalla circolare della direzione centrale anticrimine della polizia di Stato, diramata in data 12 gennaio 2021 ai questori, al fine di invitare i dipendenti delle divisioni anticrimine ad adottare le opportune disposizioni volte a rendere possibile, in collaborazione con le autorità giudiziarie, l'esecuzione di misure di congelamento e confisca di beni all'estero, secondo quanto previsto;

   inoltre l'articolo 24 del regolamento richiede ad ogni Stato di notificare alla Commissione europea le autorità nazionali competenti ad emanare i provvedimenti di congelamento e confisca, nonché quelle preposte a dare esecuzione ai medesimi provvedimenti provenienti dagli altri Paesi –:

   di quali elementi disponga circa le decisioni assunte in altri Paesi dell'Unione europea circa la designazione delle autorità centrali per la trasmissione e la ricezione dei certificati di congelamento e di confisca e quali autorità siano state notificate alla Commissione europea come preposte alle funzioni indicate dai commi 8 e 9 dell'articolo 2 del richiamato regolamento (UE)2018/1805;

   quanti casi di applicazione concreta del regolamento ci siano stati fino a questo momento;

   quali ulteriori iniziative di competenza si stiano assumendo in collaborazione con i Governi degli altri Paesi, per dare piena esecuzione alla normativa in questione, in particolare nella parte in cui si richiede agli Stati membri la previsione di disposizioni tese a garantire che i diritti di indennizzo delle vittime e di restituzione siano rispettati nei casi transfrontalieri.
(2-01203) «D'Uva».

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ SOSTENIBILI

Interrogazione a risposta scritta:


   FORNARO. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   la stazione di Acqui Terme è stata realizzata nel 1858 e, ogni anno, ha più di mezzo milione di passeggeri in transito;

   nel 2018 è stato annunciato un piano di rinnovo della stazione, rinviato nel 2019 e poi di nuovo confermato da Rfi nel 2020, ma i lavori non sono mai partiti;

   la progettazione da parte di Rfi è terminata, mancano i fondi. Nel 2019, le Ferrovie dello Stato italiane ipotizzavano un investimento di cinque milioni di euro allo scopo di alzare i marciapiedi alla quota di 55 centimetri, portandoli «a raso», agevolare salita e discesa dai treni e installare gli ascensori di accesso ai binari, le luci a led, i percorsi tattili che devono integrare quelli esistenti e nuovi sistemi di informazione per i passeggeri;

   ovviamente l'intervento di riqualificazione dello scalo di Acqui Terme è molto atteso dal territorio e dagli utenti –:

   quando verranno erogati i fondi per permettere la riqualificazione della stazione di Acqui Terme.
(4-09154)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GALLO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della transizione ecologica, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   il Consiglio di Stato, in adunanza plenaria, con la sentenza n. 5 del 2005, ha precisato che «la giurisprudenza è venuta chiarendo, sin dall'indomani della emanazione dell'articolo 23 della legge n. 241 del 1990, che le regole in tema di trasparenza si applicano, oltre che alle pubbliche amministrazioni, anche ai soggetti privati chiamati all'espletamento di compiti di interesse pubblico (concessionari di pubblici servizi, società ad azionariato pubblico e altro)». Tale pronuncia riprende quanto già affermato con la sentenza del Supremo giudice amministrativo, in sede plenaria n. 4 del 1999;

   detta linea interpretativa è stata seguita dal legislatore, con le modifiche apportate all'articolo 23 della citata legge n. 241 del 1990 dalla legge 3 agosto 1999 n. 265 e, più ancora, con la legge n. 15 del 2005 che ha stabilito di iscrivere – agli effetti dell'assoggettamento alla disciplina sulla trasparenza –, tra le pubbliche amministrazioni, anche i soggetti che svolgono attività di pubblico interesse;

   la Gori S.p.a., è il soggetto gestore del servizio idrico integrato dell'Ambito distrettuale sarnese-vesuviano della Campania, che comprende numerosi comuni sia della provincia di Napoli che quella di Salerno, per un totale di 74 comuni;

   con riferimento all'attività del suddetto gestore, sono state segnalate all'interrogante alcune inottemperanze degli obblighi di trasparenza di cui agli articoli 22 e seguenti della legge n. 241 del 1990;

   in particolare, il dirigente della città di Torre del Greco chiedeva con specifica nota alcuni atti e informazioni in possesso della Gori S.p.a., in risposta ai questionari del segretario generale dell'autorità di bacino distrettuale dell'Appennino Meridionale, dottoressa Vera Corbelli, impegnata nella raccolta di dati ed informazioni importantissimi e necessari alla definizione del progetto Master-Plan relativo al Bacino del fiume Sarno, promosso dal Ministero della transizione ecologica e volto al risanamento del bacino idrografico del fiume Sarno;

   ad oggi, nonostante l'ampio lasso di tempo trascorso, non risulta alcun riscontro alla richiesta documentale suindicata;

   inoltre, a seguito di un incontro informale svoltosi a Torre Annunziata tra il sindaco del comune e i residenti di via Fusco, strada interessata dai lavori di realizzazione del sistema per il collettamento e il trasporto reflui, a quanto consta all'interrogante permarrebbero criticità in merito alla conoscibilità della documentazione riguardante il progetto preliminare e definitivo nonostante le denunce e le preoccupazioni dei cittadini per l'invasività dell'opera e possibili connessi rischi dell'incolumità e sicurezza dei residenti;

   inoltre, il citato Master-Plan, importantissimo intervento di risanamento del fiume Sarno che vede coinvolti numerosi comuni sia della provincia di Napoli che di Salerno, necessita che la Gori svolga un ruolo collaborativo sul fronte della condivisione di tutte le informazioni necessarie che garantiscano agli enti locali la possibilità di agire e progettare opere che riguardano il bacino distrettuale dell'Appennino Meridionale, così come progetti per affrontare il dissesto idrogeologico dei comuni, rispettando gli obblighi di trasparenza e accesso agli atti, con proficua collaborazione e dialogo tra i comuni e il gestore –:

   di quali elementi disponga il Governo in ordine a quanto sopra esposto e se e quali iniziative di competenza intenda adottare, anche per il tramite della Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi, in relazione alle criticità segnalate in premessa circa gli obblighi di cui agli articoli 22 e seguenti della legge n. 241 del 1990 e più in generale agli obblighi di trasparenza gravanti in capo alla società Gori Spa, che per altro riguardano dati rilevanti per il Master Plan concernente il bacino del Fiume Sarno.
(5-05898)


   ANDREA ROMANO, GARIGLIO, BRUNO BOSSIO, PIZZETTI, DEL BASSO DE CARO, CANTINI, SENSI, FRAILIS, CENNI, PELLICANI, DE MARIA, PEZZOPANE, SANI, CIAMPI, CARLA CANTONE, QUARTAPELLE PROCOPIO, DE FILIPPO, POLLASTRINI, ROSSI, FRAGOMELI, GRIBAUDO, PINI, BOLDRINI e SIANI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   alla vigilia dell'udienza preliminare del processo per i quattro 007 egiziani accusati del sequestro, delle torture e dell'uccisione del giovane ricercatore italiano Giulio Regeni, spunta un vergognoso documentario, di produzione ignota, che infanga ancora una volta la memoria del ricercatore, a parere dell'interrogante l'ennesimo a parere degli interroganti inaccettabile tentativo di depistaggio;

   il documentario è comparso su YouTube in un canale che si chiama «The story of Giulio Regeni», al quale è associata anche una pagina Facebook. Il filmato, in tre parti, dura 50 minuti, si presenta come il primo documentario che ricostruisce i movimenti strani di Giulio Regeni al Cairo. Il video è in lingua araba con sottotitoli in italiano;

   nel filmato compaiono anche le interviste all'ex Ministra della difesa Elisabetta Trenta, al senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri e all'ex Capo di Stato maggiore dell'Aeronautica militare, Leonardo Tricarico. Tutti e tre hanno preso le distanze da quanto viene riportato nel docufilm;

   il documentario è costellato di errori anche grossolani come il nome dello stesso Regeni che viene storpiato e riporta fatti già noti, ma ricostruiti con l'intento di gettare discredito sul ricercatore e di sostenere la tesi egiziana che le autorità del Cairo siano estranee alla tortura a morte di Giulio;

   nel documentario, un avvocato egiziano parla di una presunta lettera che l'Interpol italiano inviò a quello egiziano il 1° febbraio 2016, ossia due giorni prima del ritrovamento al Cairo del corpo martoriato del ricercatore friulano, per dire che Regeni era scomparso nell'ottobre 2015 in Turchia;

   ciò significa che Regeni era entrato in Italia ed era uscito senza che le autorità italiane lo sapessero, come sostiene il legale Wesam Ismail, parlando di una realtà molto strana che la procura di Roma avrebbe trascurato;

   la circostanza, che la voce narrante presenta come il segreto della lettera che l'Interpol ha inviato al Cairo, è contenuta dell'ultima delle tre parti in cui è suddiviso il documentario;

   non è chiaro, al momento, chi abbia realizzato il video, non si esclude che questa operazione egiziana possa rientrare nell'attività di depistaggio messa in atto già in passato per delegittimare l'attività di indagine svolta dalla procura di Roma alla vigilia dell'iter giudiziario –:

   quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere, per quanto di competenza, per ricostruire le origini, i finanziamenti e i canali comunicativi che sono stati utilizzati per realizzare questo video.
(5-05902)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LUCASELLI e ROTELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   è di pochi giorni fa la notizia che un uomo senegalese, privo di documenti, fermato dalla squadra del reparto Sicurezza urbana della polizia locale di Genova, aveva a suo carico un recente ordine del questore della provincia di Venezia e una nota di rintraccio: il trentottenne, a cui era stato notificato un provvedimento di espulsione, contestualmente era stato sottoposto a tampone molecolare ed era risultato positivo e sottoposto a isolamento fiduciario presso l'abitazione del fratello dove era stato coattivamente trasportato su disposizione dell'autorità sanitaria veneta. Da lì, però, per sua stessa ammissione, il cittadino senegalese si è spostato prima a Vicenza e poi a Genova;

   secondo quanto si apprende da fonti di stampa, in Italia sarebbero 500 mila le persone che, pur vivendo sul territorio nazionale, da un punto di vista amministrativo risultano inesistenti: i senza fissa dimora, sprovvisti di documenti o di permesso di soggiorno, i cittadini comunitari in condizione di irregolarità, gli apolidi, una parte della popolazione Rom e Sinti;

   come denunciato dalle associazioni che aderiscono al Tavolo immigrazione e salute (Tis), ad oggi non esistono indicazioni nazionali che definiscano le modalità di inclusione nel Piano vaccinale nazionale di queste persone –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e di quali dati disponga in merito al numero delle persone che, pur vivendo sul territorio nazionale, non sono in possesso di un documento di riconoscimento e come intenda monitorare la loro presenza in Italia, soprattutto dal punto di vista di contenimento del rischio di diffusione dei contagi;

   quale politica il Governo intenda portare avanti in materia di vaccinazione delle persone che circolano sul territorio italiano, ma non hanno tessera sanitaria, carta di identità o codice fiscale.
(4-09149)


   PALAZZOTTO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la risposta europea alle sfide poste dalle migrazioni si è concretizzata con il passaggio dal concetto di «controllo delle frontiere» a quello di «gestione integrata della frontiera», delegando a Paesi terzi la gestione dei flussi migratori;

   la Libia, snodo centrale dei flussi migratori, è un Paese chiave nelle politiche migratorie europee;

   un articolo del 18 febbraio 2021 pubblicato sul sito «Asgi progetto Sciabaca&Oruka» ricorda che nel 2017 la Commissione europea ha approvato il programma di «Supporto alla gestione integrata dei confini e dei flussi migratori in Libia» (Ibm – Integrated Border Management), implementato dal Ministero dell'interno italiano e cofinanziato dall'Italia;

   si tratta di un finanziamento di 46 milioni di euro (42 provenienti dal Fondo fiduciario d'emergenza per l'Africa) per attività attuate dal Ministero dell'interno italiano e destinate a rafforzare le capacità operative delle autorità libiche nella gestione dei confini terrestri e marittimi finalizzata all'intercettazione di migranti e rifugiati nel Mediterraneo centrale da rinchiudere in condizioni di tortura e schiavitù nei centri di detenzione;

   numerose associazioni denunciano gli effetti nefasti del progetto Ibm sui diritti dei migranti e le responsabilità giuridiche che l'Unione europea e l'Italia avrebbero in tali estreme violazioni;

   grave mancanza di trasparenza e indisponibilità di informazioni sull'utilizzo di denaro pubblico non consentono di verificare come i fondi dell'Unione europea del programma Ibm vengano realmente utilizzati dagli attori libici;

   la giornalista Sara Creta ha scoperto che a fronte dei 46 milioni di euro stanziati nel 2017 per la fase uno, a settembre 2020 risulterebbero impiegati meno di 6 milioni;

   le attività implementate comprendono la fornitura di imbarcazioni alla polizia libica, di veicoli Land Cruiser Toyota e Minibus Iveco alle «autorità libiche», l'appalto per la fornitura di 14 ambulanze per il pronto soccorso da consegnare allo «stato Libico», servizi di «assistenza tecnica e consulenza specialistica per le esigenze della Direzione Centrale dell'immigrazione e della Polizia delle Frontiere» appaltati a società di consulenza esterne e le formazioni rivolte alla Polizia libica;

   si apprende inoltre che a dicembre 2020, a Gaeta, si è tenuto un corso per 24 agenti della forza navale libica, tenuto dalla Guardia di finanza. Uno degli ufficiali si è poi reso irreperibile ed è rimasto t sul territorio nazionale;

   sono tutte attività di finanziamento ad un Paese colpevole di gravi violazioni dei diritti umani dei rifugiati e dei migranti, soprattutto per mano della Guardia costiera libica, anch'essa destinataria di parte dei fondi;

   ciò pone in serio dubbio l'azione comunitaria e italiana soprattutto sul tema dell'impatto che alcune di queste attività, realizzate anche mediante i fondi Ibm, hanno sui diritti fondamentali di migranti, soggetti vulnerabili e/o meritevoli di protezione internazionale;

   una delle attività incluse nella prima fase di Ibm era la realizzazione del Mrcc libico. Non risultando all'interrogante bandi relativi a tali forniture, diventa necessario comprendere se sia stato realizzato o meno, anche al fine di escludere la possibilità che l'Italia possa di fatto fungere da coordinamento tramite le imbarcazioni italiane di stanza a Tripoli;

   l'Unione europea e i Paesi membri avrebbero il dovere di condizionare qualunque forma di finanziamento alla Libia subordinandolo a misure concrete e verificabili per garantire il rispetto dei diritti fondamentali delle persone in movimento –:

   se i Ministri interrogati intendano chiarire quali siano nel dettaglio i provvedimenti di spesa già adottati in relazione ai fondi del programma Ibm, quali siano esattamente le autorità libiche che ricevono tali fondi, se esista un piano per la spesa dei fondi stanziati rimanenti e se l'Mrcc libico, una delle attività incluse nella prima fase di Ibm sia stato realizzato e operi autonomamente, anche al fine di escludere l'eventualità che l'Italia possa di fatto fungere da coordinamento tramite le imbarcazioni italiane di stanza a Tripoli.
(4-09150)


   POTENTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come riportato in più edizioni, del 27 e 28 aprile 2021, del quotidiano Il Tirreno – cronaca di Livorno, nella notte tra il 24 ed il 25 aprile 2021, i sommozzatori dei vigili del fuoco di Livorno hanno recuperato nelle acque il corpo senza vita di un ragazzo di nazionalità tunisina, il 26enne Fares Shgater, che poco prima era scomparso in località Scali delle Cantine, lungo i fossi medicei di Livorno, dopo un inseguimento operato dalle forze di polizia;

   lunedì 26 aprile 2021, nei pressi del Fosso Reale, presso il luogo dove è stato ritrovato il cadavere del 26enne, si è svolto un sit-in organizzato dagli amici e dai connazionali della vittima caratterizzato r> da cori contro la polizia, accusata di essere in qualche modo responsabile della morte del giovane;

   la manifestazione, autorizzata dalla questura di Livorno, ha avuto momenti di tensione quando i partecipanti hanno deciso di forzare il cordone di agenti in antisommossa per dirigersi prima verso piazza del Municipio e poi verso la sede della questura, provocando disordini alla circolazione delle automobili con il lancio di fumogeni;

   una delegazione di manifestanti ha richiesto – ed ottenuto – di essere ricevuta dal questore che li ha rassicurati sull'imparzialità delle indagini in corso –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare a tutela del nome e del lavoro delle forze dell'ordine ingiustamente accusate e offese dai manifestanti di un sit-in organizzato;

   se il Ministro interrogato, relativamente a quanto illustrato in premessa, intenda fornire elementi, per quanto di competenza, sull'opportunità della concessione dell'autorizzazione per lo svolgimento della manifestazione in questione.
(4-09156)


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'ultima procedura di promozione alla qualifica di viceprefetto del Ministero dell'interno appare all'interrogante viziata da numerose anomalie;

   con scheda illustrativa del 13 luglio 2020 il Ministero ha individuato 73 sedi di destinazione dei nuovi viceprefetti, in cui era stata registrata una percentuale di scopertura della medesima qualifica compresa tra il 67 per cento ed il 20 per cento dell'organico previsto, precisando di «dover colmare innanzitutto le carenze di organico delle Prefetture», tenendo anche conto del decremento del numero dei viceprefetti in servizio in relazione ai collocamenti a riposo che si sarebbero verificati entro il primo semestre dell'anno successivo nonché alle modifiche che avessero dovuto successivamente intervenire nella consistenza organica delle prefetture;

   a conclusione della procedura ed alla successiva formalizzazione delle 60 nomine hanno fatto seguito degli interpelli per le posizioni di vicario o di capo gabinetto in alcune sedi e, soprattutto, numerose assegnazioni fiduciarie presso la sede del Viminale, riducendo così il numero dei dirigenti non ancora assegnatari di sede ad appena 36;

   successivamente, nonostante la sofferenza registrata sul territorio da parte di tutte le prefetture a causa della gestione della pandemia (con l'ulteriore aggravio di oneri e competenze conseguenti anche alla riduzione dei posti di funzione determinata dal decreto ministeriale 5 novembre 2020, con scheda illustrativa, in data 20 aprile 2021) il Ministero dell'interno ha annunciato una netta inversione di rotta rispetto a quanto disposto con la nota del 13 luglio 2020, ed ha aggiornato a sole 37 sedi l'elenco di quelle disponibili per i neo viceprefetti, asseritamente «tenendo conto delle modifiche già intervenute nella relativa consistenza organica nonché di quelle che si verificheranno a seguito dei collocamenti a riposo entro il 31 dicembre 2021 e di prossimi trasferimenti»;

   al riguardo va segnalata, a mero titolo di esempio, la situazione rilevabile per la Puglia dove sono scomparse tutte le 4 sedi annunciate, compresa la prefettura di Bari di particolare rilevanza anche nella sua funzione di coordinamento delle altre Prefetture pugliesi;

   presso la prefettura di Bari, dalla data del 13 luglio 2020, non solo non si è registrato alcun incremento di organico nel ruolo dei viceprefetti, ma si è verificata un'ulteriore perdita di una unità, anch'essa destinataria di incarico speciale, riducendo così la dotazione organica a soli 5 viceprefetti dei 9 previsti in pianta organica;

   è emersa, quindi, una netta contravvenzione ai criteri individuati nel decreto ministeriale 20 maggio 2019 essendosi peraltro determinata – in seguito – una carenza di organico maggiore del 50 per cento che normalmente avrebbe dovuto comportare un'assegnazione prioritaria di nuovi viceprefetti;

   il gravissimo deficit così provocato, in virtù delle nuove «determinazioni ministeriali», non potrà quindi essere neppure in parte coperto dalle intervenute promozioni di due viceprefetti (già in servizio presso la prefettura di Bari come viceprefetti aggiunti) che lo stesso prefetto di Bari aveva recentemente assegnato a specifici posti di funzione nella nuova qualifica;

   la revoca di quest'ultima assegnazione configurerà, inoltre, una palese incoerenza con il vigente assetto normativo in materia di contabilità pubblica, riportando i due nuovi viceprefetti in aree che dirigevano precedentemente con la qualifica inferiore;

   il percorso intrapreso dal Ministero dell'interno si è rivelato in netto contrasto con l'indirizzo seguito nelle precedenti procedure di promozione, a seguito delle quali tutti i promossi hanno conservato nella nuova qualifica la sede di servizio ove disponibile;

   le distorsioni procedurali descritte risultano in netto contrasto con i principi di buon andamento ed efficienza della pubblica amministrazione e determinano una gravissima penalizzazione per il territorio regionale della Puglia e della città metropolitana di Bari –:

   se intenda verificare, in autotutela, la legittimità delle procedure rappresentate in premessa;

   quali iniziative intenda intraprendere per scongiurare il grave decremento di organico delle prefetture, in molti territori, tra cui la Puglia e la città metropolitana di Bari.
(4-09158)

ISTRUZIONE

Interrogazioni a risposta scritta:


   MURELLI e TATEO. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   il Ministero dell'istruzione, con decreto dipartimentale n. 510 del 23 aprile 2020, avviava una procedura straordinaria, per titoli ed esami, per l'immissione in ruolo di personale docente della scuola secondaria di primo e secondo grado su posto comune e di sostegno; il citato decreto all'articolo 5, comma 2, prevede che «La mancata presentazione nel giorno, luogo e ora stabiliti, ancorché dovuta a caso fortuito o a causa di forza maggiore, comporta l'esclusione dalla procedura»;

   nei giorni precedenti all'emanazione di detto provvedimento si è assistito ad un vivo dibattito politico che ha coinvolto anche i sindacati e l'opinione pubblica, in quanto, mentre il Paese stava vivendo la prima ondata della pandemia da Covid-19 ed era in lockdown e il Governo con decreto-legge n. 18 del 17 marzo 2020, al fine di ridurre i rischi di contagio dell'epidemia, aveva disposto la sospensione dello svolgimento delle procedure concorsuali per l'accesso al pubblico impiego, pareva assurdo che il Ministero intendesse bandire ed espletare questo concorso;

   aveva destato preoccupazione non solo il rischio per la salute cui erano chiamati a sottoporsi circa 64.000 candidati ma anche le sorti di quei docenti aspiranti al ruolo che avrebbero perso la possibilità di partecipare al concorso tanto atteso, perché il giorno previsto per le prove si sarebbero trovati in quarantena fiduciaria in quanto contatto di un positivo o perché essi stessi positivi al Covid-19, possibilità non così remota alla luce dei drammatici indici di contagio di quei giorni in tutta Italia;

   come era prevedibile moltissimi degli iscritti al concorso che non avevano potuto partecipare perché sottoposti alle vigenti misure sanitarie di prevenzione epidemiologica hanno presentato ricorso al competente Tribunale amministrativo regionale che ha dato loro ragione, intimando al Ministero dell'istruzione di indire una prova di valutazione suppletiva per permettere ai ricorrenti di partecipare al concorso cui erano iscritti (da ultimo, Tar Lazio, ordinanza n. 1535 dell'11 marzo 2021);

   con avviso del 23 aprile 2021, il Ministero dell'istruzione determina le modalità per la partecipazione a tale prova suppletiva riservandola però ai «candidati che sono in possesso di un titolo giurisdizionale» ed escludendo ancora una volta tutti quei candidati che non hanno potuto partecipare alle prove ordinarie per il medesimo motivo, ma non hanno presentato ricorso giurisdizionale;

   giova ricordare che il ricorso al Tar non ha un costo fisso, ma la spesa che il ricorrente deve sostenere oscilla tra i 3.500 e i 4.000 euro e può salire in riferimento all'onorario da corrispondere all'avvocato cui il cittadino si è dovuto rivolgere per presentare il ricorso ed è di tutta evidenza che i candidati a detto concorso sono degli insegnanti precari che non necessariamente stanno percependo uno stipendio al momento in cui presentano domanda per il concorso, che assai spesso sono impiegati in scuole lontane dal proprio domicilio e devono farsi carico anche delle spese di viaggio e alloggio e che dunque fanno certamente fatica a trovare le risorse economiche necessarie a vedere riconosciuto in via giurisdizionale un proprio diritto –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per mettere fine a questa incresciosa situazione che continua ad arrecare un pregiudizio irreparabile a moltissimi cittadini che vedono ancora una volta lesi i propri diritti.
(4-09146)


   FIORAMONTI, CECCONI e LOMBARDO. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   il direttore dei servizi generali e amministrativi (Dsga) sovrintende, con autonomia operativa, ai servizi generali ed amministrativo-contabili e ne cura l'organizzazione, svolgendo funzione di coordinamento, promozione delle attività e verifica dei risultati conseguiti rispetto agli obiettivi assegnati ed agli indirizzi impartiti al personale Ata posto alle sue dirette dipendenze; organizza autonomamente l'attività del personale Ata nell'ambito delle direttive del dirigente scolastico;

   attribuisce al personale Ata incarichi di natura organizzativa e le prestazioni di lavoro eccedenti l'orario d'obbligo, quando necessario; svolge attività di istruzione, predisposizione e formalizzazione degli atti amministrativi e contabili; è consegnatario dei beni mobili; può svolgere attività di studio e di elaborazione di piani e programmi richiedenti specifica specializzazione professionale, con autonoma determinazione dei processi formativi ed attuativi; può svolgere incarichi di attività di tutor, di aggiornamento e formazione nei confronti del personale;

   nel corso degli anni, per sopperire alla carenza di tali figure nel mondo della scuola per le mancate immissioni, tali funzioni sono state svolte in maniera temporanea dai Dsga facenti funzioni, ovvero personale interno all'istituzione scolastica «prestata» al ruolo, e che ora, dopo anni di maturato servizio, attende di poter essere stabilizzata;

   pertanto, l'antinomia che viene a realizzarsi emerge dalla mancata indizione di un concorso appositamente previsto dall'articolo 2, comma 6, del decreto-legge n. 126 del 29 ottobre 2019, ma non ancora bandito, sebbene il disposto normativo ne preveda espressamente l'espletamento –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare al fine di dare seguito a un disposto normativo riguardante il concorso di cui in premessa, per il quale sono già state stanziate le risorse necessarie alla sua realizzazione e per cui sarebbe necessario soltanto la sua predisposizione, affinché i direttori dei servizi generali e amministrativi facenti funzione con tre anni di servizio e in possesso degli adeguati titoli, possano trovare il giusto riconoscimento per il prezioso servizio offerto alla scuola, senza alcuna discriminazione di trattamento rispetto alle altre categorie dell'amministrazione pubblica.
(4-09155)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


   GOLINELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 222, comma 2, del decreto-legge n. 34 del 2020 ha riconosciuto per il primo semestre 2020 un esonero contributivo straordinario in favore dei datori di lavoro appartenenti alle filiere agrituristiche, apistiche, brassicole, cerealicole, florovivaistiche, vitivinicole nonché dell'allevamento, dell'ippicoltura, della pesca e dell'acquacoltura;

   il decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 15 settembre 2020 con il quale è stata data attuazione al predetto esonero contributivo, ha previsto, all'articolo 3, comma 2, che l'agevolazione contributiva è riconosciuta dall'Inps in base alla presentazione delle domande da parte delle imprese nei limiti delle risorse, e che nella domanda le imprese dichiarano gli aiuti concessi ovvero richiesti in attesa di esito, nel rispetto del «Quadro temporaneo» nell'anno 2020;

   la sezione 3.1 «Aiuti di importo limitato» del Quadro temporaneo, ai punti 22 e 23 considera gli aiuti di Stato compatibili con il mercato interno, purché siano soddisfatte alcune condizioni, tra cui il rispetto di valori massimi complessivi, fissati in 225.000 euro per ciascuna impresa operante nella produzione primaria di prodotti agricoli e in 1.800.000 euro per ciascuna impresa operante in altri settori;

   la circolare dell'Inps n. 57 del 12 aprile 2021 ha previsto che per accedere al beneficio è necessario presentare apposita domanda indicando tutti gli aiuti concessi ovvero richiesti in attesa di esito, rientranti nella sezione 3.1;

   l'obbligo di indicare nell'istanza da presentare all'Inps tali benefici sta mettendo in gravissima difficoltà le imprese interessate che sono costrette a reperire ed indicare nella domanda informazioni riguardo agli aiuti per Covid-19 percepiti o anche solamente richiesti, di difficile individuazione a causa di un quadro normativo nazionale e comunitario particolarmente complesso e di non univoca interpretazione, ed espone peraltro il dichiarante al rischio di responsabilità penali in caso di errore;

   le informazioni richieste dall'Inps sono tuttavia già a conoscenza della pubblica amministrazione, essendo annotate nei registri Rna, Sian e Sipa;

   l'articolo 18, comma 2, della legge n. 241 del 1990, prevede che i documenti attestanti atti, fatti, qualità e stati soggettivi, necessari per l'istruttoria del procedimento, sono acquisiti d'ufficio quando sono in possesso dell'amministrazione procedente o da altre pubbliche amministrazioni e agli interessati si possono richiedere i soli elementi necessari per la ricerca dei documenti;

   il decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, all'articolo 43, comma 1, prevede che le amministrazioni pubbliche sono tenute ad acquisire d'ufficio le informazioni oggetto delle dichiarazioni sostitutive nonché tutti i dati e i documenti che siano in possesso delle pubbliche amministrazioni, previa indicazione, da parte dell'interessato, degli elementi indispensabili per il reperimento delle stesse;

   la circolare n. 5531 del 18 giugno 2020 della Presidenza del Consiglio dei ministri, dipartimento delle politiche europee, recante chiarimenti ed indicazioni operative sull'applicazione degli aiuti di Stato Covid-19, al paragrafo 6.1 prevede che il controllo sul rispetto dei massimali deve essere effettuato dal soggetto concedente, che rimane comunque responsabile del rispetto della soglia, anche attraverso l'interrogazione dei registri Rna, Sian e Sipa;

   le amministrazioni pubbliche, al fine di effettuare controlli nella fase di concessione e verifiche sul cumulo dei benefici o sul superamento del massimale concedibile dall'Unione europea, possono consultare il registro nazionale aiuti di Stato, istituito dall'articolo 52 della legge n. 234 del 2012, e reso operativo dal 2017 –:

   se non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza affinché l'Inps, che dispone già di tutte le informazioni richieste, effettui d'ufficio le verifiche necessarie all'accesso all'esonero contributivo, senza richiedere la compilazione di un apposito modello d'istanza con l'indicazione di tutti gli aiuti concessi ovvero richiesti in attesa di esito, rientranti nella citata sezione 3.1.
(4-09151)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   CARETTA e VINCI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   dopo 15 anni di crescita ininterrotta, nel 2020, anche a causa della pandemia da COVID-19, le esportazioni italiane del settore vitivinicolo hanno visto una contrazione del -2,3 per cento;

   la crisi pandemica ha, inoltre, inciso fortemente sul mercato interno nazionale, in quanto la chiusura prolungata del settore «Ho.Re.Ca.», ed in particolar modo le continue chiusure dei pubblici esercizi hanno comportato, come indicato dall'Unione italiana vini, minori vendite per oltre 1,5 miliardi di euro e circa 500 milioni di euro di crediti incagliati;

   sul punto della vendita al dettaglio, varie associazioni di categoria indicano come, a causa delle chiusure disposte dal Governo, siano rimaste invendute circa 220 milioni di bottiglie;

   le mancate vendite e la situazione relativa ai crediti incagliati mettono a repentaglio la tenuta finanziaria di migliaia di aziende e produttori del comparto vitivinicolo;

   stante una stimata ripresa del mercato interno per l'anno 2021, le gelate che si sono abbattute in Italia e Francia lasciano prevedere una vendemmia 2021 in calo –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e quali immediate iniziative di competenza intenda adottare, anche di carattere normativo per ristorare ed indennizzare i produttori del comparto vitivinicolo delle quantità di prodotto invenduto, con riguardo all'intera filiera, prevedendo anche misure di accesso agevolato e garantito al credito.
(4-09148)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   MAGI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   come riportato nel Piano strategico vaccinale approvato a dicembre 2020 «la Costituzione italiana riconosce la salute come un diritto fondamentale dell'individuo e delle comunità. Lo sviluppo di raccomandazioni su gruppi target a cui offrire la vaccinazione sarà ispirato dai valori e principi di equità, reciprocità, legittimità, protezione, promozione della salute e del benessere, su cui basare la strategia di vaccinazione»;

   il documento dell'Ecdc «COVID-19 vaccination and prioritisation strategies in the EU/EEA» del 22 dicembre 2020 consiglia di prendere in considerazione, nelle priorità di somministrazione del vaccino, le strutture con scarsa capacità di distanza fisica, compresi i centri per i migranti, alloggi affollati e rifugi per senza tetto; già a ottobre 2020 l'Ecdc aveva sottolineato l'importanza di includere «migranti e rifugiati» e senza dimora tra i gruppi target beneficiari dei vaccini;

   in particolare modo, le condizioni abitative ad alta criticità in cui spesso vivono le persone negli insediamenti informali, i senza fissa dimora, gli stranieri irregolari o fuori dal sistema di accoglienza per migranti, richiedenti asilo e rifugiati, rappresentano di per sé un fattore di rischio socio-sanitario;

   nelle Faq pubblicate dall'Aifa «Procedure di vaccinazione dei vaccini Pfizer e Moderna» aggiornate al 3 febbraio 2021, alla n. 14, si specifica che per effettuare la vaccinazione alle persone (italiane e straniere) in condizioni di fragilità sociali «sulla base di quanto sancito dall'articolo 32 della Costituzione italiana e di quanto previsto dall'articolo 35 del Testo Unico sull'immigrazione, può essere accettato un qualsiasi documento (non necessariamente in corso di validità) che riporti l'identità della persona da vaccinare e/o Tessera sanitaria – Tessera TEAM (Tessera Europea Assistenza Malattia) – Codice STP (Straniero Temporaneamente Presente) – Codice ENI (Europeo Non Iscritto). In mancanza di un qualsiasi documento verranno registrati i dati anagrafici dichiarati dalla persona e l'indicazione di una eventuale ente/struttura/associazione di riferimento»;

   anche l'impostazione esclusiva di iscrizione tramite piattaforma nazionale/regionale per la prenotazione del vaccino presso il proprio medico di medicina generale o in altro luogo, potrebbe essere un ostacolo discriminante per la popolazione socialmente più fragile, come è già successo in alcune regioni con l'obbligatorietà di ricetta dematerializzata e prenotazione on line –:

   quali iniziative si intendano adottare per garantire l'inclusione, nel Piano vaccinale nazionale nella fase attuale (T2), dei soggetti socialmente fragili, delle persone che vivono in insediamenti informali, dei senza fissa dimora, compresa la popolazione straniera, dei richiedenti asilo, rifugiati e apolidi a prescindere dal relativo status giuridico e delle persone accolte in strutture collettive emergenziali o particolarmente affollate, eventualmente anche ricorrendo alla mediazione di enti locali e/o da organizzazioni dell'associazionismo e del terzo settore;

   quali indicazioni siano state date a livello nazionale per consentire la vaccinazione a chi si trova sul territorio italiano, ma non è in possesso di documenti quali tessera sanitaria, documento di identità o codice fiscale.
(4-09145)


   BAZZARO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il casinò di Venezia, in ottemperanza al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 dicembre 2020, ha provveduto alla chiusura delle proprie sedi di Ca' Vendramin Calergi e Ca' Noghera;

   la casa da gioco ha perso circa 51 milioni di incassi nel 2020 per le chiusure imposte dal virus e chiuderà il bilancio 2020 con un passivo fra i 3 e i 4 milioni di euro. Il comune ha rinunciato nel 2020 a 15 milioni di euro, lasciando il 90 per cento degli incassi alla casa da gioco e tenendo per sé solo il 10 per cento per pagare le tasse che competono al comune. Quest'anno ha previsto di lasciare al Casinò l'80 per cento degli incassi;

   a fronte di mancati incassi per un ammontare di 94 milioni, la struttura, ha ricevuto ristori per circa 150 mila euro;

   secondo quanto riportato dalla stampa, il Comitato tecnico scientifico, si sarebbe opposto alla riapertura delle case da gioco in quanto «tali esercizi che si svolgono quasi esclusivamente in spazi confinati per connotazione intrinseca dell'organizzazione delle attività di gioco, presentano notevoli complessità nella prevenzione del contagio, anche per le numerose evidenze di utilizzo di superfici di contatto promiscuo. Un ulteriore elemento di complessità è legato alle attività statico dinamiche dei lavoratori e dei clienti senza la possibilità di previsione dell'utilizzo delle mascherine da parte di tutti i presenti negli ambienti, anche in relazione al consumo di alimenti e bevande e del fumo di tabacco che avviene nei locali da gioco»;

   come osservato dall'assessore al bilancio e società partecipate del comune di Venezia, nel casinò sono anni che non è più possibile fumare;

   nei mesi scorsi, prima della chiusura, il casinò aveva adottato un rigido protocollo gestionale, ritenuto da più parti ancor più restrittivo rispetto alle norme generali, che ha consentito di mantenere aperte le proprie sedi in condizioni ritenute da tutti di piena sicurezza, sia per i lavoratori impiegati, sia per la clientela;

   la direzione della struttura, a fronte delle enormi difficoltà economiche e finanziarie determinate dalla chiusura e dal protrarsi delle misure restrittive giustificate dall'emergenza sanitaria, si è resa disponibile a rafforzare ulteriormente i rispettivi protocolli gestionali, tanto da prospettare, da un lato, una forte riduzione del numero dei possibili ingressi nelle sedi da gioco e, dall'altro, un ulteriore innalzamento dei livelli di controllo e sicurezza per il personale addetto e la clientela;

   l'obiettivo è quello di una rapida riapertura delle proprie sedi, necessaria e indispensabile a mantenere, per quanto possibile, l'equilibrio economico e finanziario aziendale e a preservare centinaia di posti di lavoro, a cui si aggiunge tutto l'indotto, anch'esso in grave difficoltà a seguito della chiusura del casinò;

   in assenza della riapertura, il casinò di Venezia sarebbe a forte rischio di definitiva chiusura, per l'insostenibilità economica, determinata dal protrarsi della situazione, con conseguente licenziamento del personale impiegato –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di favorire la rapida ripresa delle attività del casinò di Venezia in condizioni di piena sicurezza per i lavoratori impiegati e per la clientela, nonché quali iniziative di competenza specifiche intenda adottare per superare, in prospettiva futura, la difficile situazione in cui si trova ad operare il casinò di Venezia.
(4-09157)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ZARDINI, BENAMATI, BONOMO, GAVINO MANCA e SOVERINI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 159 del 2007, ha affidato ai Ministri dello sviluppo economico e al Ministro per gli affari regionali e le autonomie il compito di definire gli ambiti territoriali minimi (Atem) per lo svolgimento delle gare per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas e i criteri di gara e di valutazione delle offerte;

   successivamente, sulle gare per la distribuzione del gas naturale sono stati emanati i seguenti decreti:

    il cosiddetto «Decreto Ambiti», il «Decreto Tutela», il «Decreto Comuni», che definiscono i confini territoriali dei 177 ambiti per lo svolgimento delle gare per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas; il «Regolamento Criteri» e il suo correttivo (decreto ministeriale 20 maggio 2015, n. 106);

   in particolare, i 177 Atem individuati sono, ciascuno, oggetto di gara unica e nel singolo ambito le reti sono gestite da un unico operatore a cui verrà trasferita la proprietà degli impianti, previa corresponsione ai gestori uscenti del loro valore di rimborso, da determinarsi ai sensi del decreto legislativo n. 164 del 2000 e del decreto ministeriale n. 12 n. 226 del 2011;

   il decreto-legge n. 69 del 2013 è poi intervenuto per stabilire un termine perentorio per la selezione della stazione appaltante attribuendo alle regioni un potere sostitutivo sugli enti locali, qualora questi non provvedessero a nominare la stazione appaltante o a indire il bando di gara entro i termini previsti e fissando una penalizzazione economica per gli enti locali nei casi di mancato rispetto dei termini per la scelta della stazione appaltante;

   il decreto-legge n. 210 del 2015 ha disposto una ulteriore proroga dei termini perentori per la pubblicazione dei bandi di gara in aggiunta alle proroghe per i diversi raggruppamenti vigenti al 28 febbraio 2016 e ha inoltre introdotto una previsione secondo la quale, scaduti i termini, la regione competente sull'ambito territoriale assegna alle stazioni appaltanti ulteriori sei mesi, decorsi i quali avvia la procedura di gara attraverso la nomina di un commissario ad acta: trascorsi due mesi dalla scadenza di tale termine senza che la regione abbia proceduto alla nomina, il Ministero dello sviluppo economico dà avvio alla gara, nominando il commissario;

   il decreto-legge n. 244 del 2016 ha poi disposto la proroga di 24 mesi dei termini di pubblicazione dei bandi delle gare per l'affidamento del servizio di distribuzione di gas naturale negli ambiti territoriali in cui sono presenti comuni terremotati;

   al 30 aprile 2021 le gare d'ambito concluse sui 177 Atem risultano essere solamente 3;

   la Nota emessa dal Ministero dello sviluppo economico il 10 agosto 2016 ha dato la possibilità di effettuare espansioni di metanizzazione, laddove e soltanto quando l'intervento non sia stato inserito nelle gare d'ambito;

   l'istituzione delle gare d'ambito, dal 2012 ad oggi, ha bloccato l'espansione delle reti di metanizzazione di una buona parte dei comuni inseriti nelle gare d'ambito e dislocati in aree interne del nostro Paese, spesso coincidenti con aree pedemontane e montane, che risultano ancora privi di metanizzazione: tale blocco ha causato una riduzione degli investimenti e dello sviluppo economico, impedendo ad aree spesso soggette al fenomeno dello spopolamento di avere delle forme di energia più economiche e meno inquinanti di quelle oggi utilizzate –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intendano adottare per avviare immediatamente le procedure per consentire ai comuni non metanizzati, o parzialmente metanizzati, inseriti nelle gare d'ambito, di poter effettuare, nel prorogarsi delle gare d'ambito, delle espansioni attraverso project financing oppure gare «ponte» a cui affidare la metanizzazione di dette aree in attesa che le gare d'ambito si concludano ed il vincitore della gara d'ambito possa subentrare al gestore temporaneo.
(5-05900)

Interrogazione a risposta scritta:


   FIORINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   con decreto n. 161 del 7 aprile 2017, su istanza dell'associazione di categoria Lega nazionale delle cooperative e mutue, veniva ammessa alla procedura della liquidazione coatta amministrativa Unieco s.c.r.l., corrente in Reggio Emilia, via Meuccio Ruini 10, di cui veniva nominato Commissario, sempre su designazione della suddetta associazione, il dottor Corrado Baldini;

   la suddetta cooperativa, rientrante tra quelle di produzione e lavoro, svolgeva attività di impresa di costruzioni e di general contractor ed aveva raggiunto, negli esercizi precedenti, fatturati annui consolidati anche superiori a euro 400.000.000,00;

   la stessa si avvaleva della collaborazione di un numero elevato di artigiani e di subappaltatori in genere, tutti piccole e medie imprese, rimaste coinvolte dalla crisi della cooperativa e già «provate» dalla liquidazione coatta di altre importanti realtà industriali del settore in zona (Cmr, Coopsette, Orion, e altro);

   dalle relazioni semestrali, depositate ex articolo 209 della legge fallimentare si può apprendere che la procedura, dopo un primo riparto parziale dell'attivo a favore dei creditori prededucibili e privilegiati, ammontante ad euro 3.917.000,00, a gennaio 2020, non sono stati eseguiti altri riparti a ristoro del ceto creditorio;

   sempre dalle suddette relazioni, in particolare dall'ultima nota, raffigurante la situazione al 30 giugno 2020, si apprende che le disponibilità liquide di cassa a tale data ammontavano ad euro 71.416.000,00;

   ad ottobre 2020 è stato ceduto l'intero «Gruppo Ambiente» di Unieco s.c.r.l. l.c.a., al gruppo Iren spa, per un controvalore di euro 121.073.000,00, di talché le disponibilità liquide della liquidazione, alla data odierna, sarebbero a quanto consta all'interrogante prudenzialmente, stimabili in circa euro 200.000.000,00;

   la crisi Covid ha colpito particolarmente le piccole e medie imprese, come da analisi della stampa tecnica (confrontare Sole 24 ore 4 aprile 2021) e dunque, segnatamente, proprio la tipologia del ceto creditorio della Unieco s.c.r.l. l.c.a., tenuto conto, appunto, del fatto che la maggior parte del ceto è costituita da un considerevole numero di artigiani e piccole e medie imprese, operanti nel settore edile, in particolari difficoltà economiche e finanziarie in questo periodo di Covid –:

   se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare, anche per il tramite del Commissario liquidatore di Unieco s.c.r.l., affinché sia tempestivamente ripartito, tra il ceto creditorio, l'ingente disponibilità liquida di cui sopra.
(4-09159)

TRANSIZIONE ECOLOGICA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ANDREA ROMANO e BENAMATI. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   lo stabilimento Solvay di Rosignano (LI), sito nell'omonimo «Parco Industriale», è tra i principali siti industriali italiani dell'azienda chimica belga Solvay SA, inquadrato nell'ambito di Solvay Chimica Italia S.p.a.

   lo stabilimento è specializzato nella produzione di bicarbonato e carbonato di sodio, cloruro di calcio, acqua ossigenata std e di «grado Purissimo»;

   il Parco industriale Solvay, totalmente integrato, ospita anche produzioni di polietilene, cloro e derivati, centrali elettriche Cogen e un'azienda metalmeccanica di avanguardia e occupa più di 1.100 dipendenti, in una zona della costa toscana che, da anni, è gravata da processi di deindustrializzazione particolarmente negativi per le conseguenze occupazionali sul territorio;

   Bluebell Capital Partners Limited è un fondo d'investimento britannico che, nel 2020, è entrato nella compagine azionaria della Solvay SA, con un portafoglio estremamente esiguo. Successivamente, e in qualità di azionista della Solvay S.A., la stessa Bluebell CP ha indicato disfunzioni ambientali nel predetto stabilimento di Rosignano;

   nello specifico, si tratterebbe del non rispetto delle norme sullo scarico in mare di sostanze inquinanti e pericolose;

   la funzionalità relativa agli scarichi idrici dello stabilimento di Rosignano, nell'ambito delle vigenti norme di legge sui limiti di emissione, è regolata da specifica Autorizzazione integrata ambientale (A.I.A.) rilasciata nel 2015 dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in linea con le Best Available Technologies europee, e con la quale si prevede che l'azienda realizzi esami specifici e periodici sulla qualità delle acque marine nella zona di pertinenza dell'impianto industriale di Rosignano;

   in aggiunta, secondo informazioni degli interroganti sui controlli di legge, risulta che in località Lillatro, e dunque nell'immediata prossimità degli scarichi idrici dello stabilimento industriale di Rosignano, è attivo un punto di campionamento Arpat sulla qualità dell'acqua e dei sedimenti. I dati forniti da Arpat nel 2020, sulla base di questo monitoraggio, mostrerebbero che la qualità dell'acqua marina nel tratto prospiciente Rosignano è allineata alla media dei territori costieri contigui senza che si registrino irregolarità;

   la singolarità di un azionista, per di più nelle forme di fondo di investimento, che pone dubbi sulla regolarità delle operazioni dell'azienda di cui è parte nell'ambito della compagine sociale pone più di una questione. Le dimensioni delle attività sul territorio nazionale, che fanno della Solvay Chimica Italia, e delle altre società totalmente integrate nel «Polo Industriale» una delle principali aziende chimiche del Paese, in termini di fatturato e di dipendenti, e la strategicità delle produzioni condotte, fanno sì che appaia urgente chiarire il contesto di questa strana vicenda;

   le summenzionate affermazioni pubbliche del fondo d'investimento Bluebell CP sono poi utilizzate da esponenti locali di forze politiche e vengono regolarmente rilanciate dalla stampa economica e finanziaria italiana e internazionale, con il rischio di manovre speculative che andrebbero a discapito di Solvay in Italia: uno scenario, questo, che potrebbe avere come conseguenza una riconsiderazione dei livelli produttivi, con conseguenti tagli occupazionali nello stabilimento di Rosignano in questa fase già delicatissima per l'economia e l'occupazione in un territorio già particolarmente depresso –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti summenzionati, se emergano evidenze di irregolarità nel «Polo Chimico» Solvay di Rosignano e in caso negativo quali iniziative intenda assumere a tutela dei livelli occupazionali dello stabilimento.
(5-05901)

TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   MANZO. — Al Ministro del turismo, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   la zona libera della spiaggia del comune di Sant'Agnello, città Metropolitana di Napoli, denominata «la Marinella», ha un unico accesso pubblico pedonale costituito da un antico e bellissimo sentiero che giunge sull'arenile attraversando la tipica falesia tufacea della penisola sorrentina, con gallerie e costeggiandola a tratti. Esiste un altro accesso alla spiaggia, un ascensore, affidato al concessionario dell'omonimo lido privato, però di uso esclusivo dei clienti dello stabilimento balneare, il cui utilizzo è vietato ad altri cittadini, anche se con problemi di deambulazione e/o disabilità. Inoltre, lo stabilimento balneare chiude alle ore 19:00, così come l'utilizzo dell'ascensore. Il sentiero, unico accesso pubblico all'arenile, rappresenta quindi anche l'unica eventuale via di fuga in caso di blocco dell'ascensore. Dopo il terremoto degli anni '80, l'amministrazione comunale chiuse l'accesso all'arenile con un cancello posto all'imbocco della strada pubblica, adducendo la cosa a motivi di sicurezza. Ad oggi quel cancello, riaperto solo nel 1992, è ancora al suo posto ed è alternativamente aperto o chiuso da incaricati dell'ente comunale, senza rispetto né di giorni né di orari, senza che siano emessi dispositivi ordinativi, quindi con motivazioni ignote ai più, con la conseguenza che di fatto si impedisce la libera fruizione da parte dei cittadini della spiaggia pubblica. La giurisprudenza sembra concordare nel ritenere che il mare territoriale non costituisca un bene demaniale o patrimoniale dello Stato, ma sia una res communis omnium, che tutti possono utilizzare e, di conseguenza, non può essere impedito o fortemente ostacolato l'accesso da altri soggetti siano essi pubblici o privati. Infatti, la legge finanziaria n. 296 del 2006 all'articolo 1, comma 251, stabilisce che è fatto obbligo per il titolare delle concessioni «di consentire il libero e gratuito accesso di transito, per il raggiungimento della battigia antistante l'area ricompresa nella concessione, anche al fine di balneazione». Analoga previsione è riscontrabile al comma 254, dove si legge che: «Le regioni, nel predisporre i piani di utilizzazione delle aree del demanio marittimo, sentiti i comuni interessati, devono individuare le modalità e la collocazione dei varchi necessari al fine di consentire il libero e gratuito accesso di transito, per il raggiungimento della battigia antistante l'area ricompresa nella concessione, anche al fine di balneazione». Anche la III sezione penale della Corte di Cassazione ha stabilito il 16 febbraio 2001 che: «Nessuna proprietà privata, e per nessun motivo, può impedire l'accesso al mare alla collettività, se la proprietà stessa è l'unica via per raggiungere una determinata spiaggia». Infine, il Consiglio di Stato, con l'ordinanza n. 2543/2015, ha precisato che «il demanio marittimo è direttamente ed inscindibilmente connesso con il carattere pubblico della sua fruizione collettiva, cui è naturalmente destinato». In conclusione, la destinazione all'uso pubblico della zona libera della spiaggia, a prescindere dalla proprietà, è strettamente collegata alla realizzazione degli interessi di tutti i cittadini –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti di cui in premessa che determinano una privazione dei diritti di accesso al mare, sia dei cittadini di Sant'Agnello, sia dei numerosi turisti e se intendano adottare iniziative, per quanto di competenza, in particolare di carattere normativo, al fine di garantire il libero accesso al mare e la libera fruizione della spiaggia in relazione a situazioni come quelle sopra evidenziate.
(4-09162)

UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   LUCENTINI. — Al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   le scuole di specializzazione della tipologia farmacia ospedaliera sono disciplinate espressamente dal decreto interministeriale n. 68 del 4 febbraio 2015, recante «riordino delle scuole di specializzazione di area sanitaria», unitamente a quelle di area medica, chirurgica e dei servizi clinici, con le quali condividono i medesimi obiettivi professionali;

   nonostante gli specializzandi in farmacia ospedaliera frequentino a tempo pieno le strutture della rete formativa ed abbiano gli stessi doveri dei colleghi specializzandi medici, per loro non è previsto un contratto di formazione specialistica. Le scuole di specializzazione divengono dunque un lusso, il cui peso economico grava sugli stessi specializzandi e sulle relative famiglie;

   è evidente la necessità di adottare iniziative che possano portare al superamento di questa situazione di precariato, che investe moltissimi giovani laureati, appassionati e competenti, la cui posizione dovrebbe essere più tutelata a fronte dell'impegno profuso quotidianamente per il Servizio sanitario nazionale, peraltro risultato decisivo anche nell'ambito delle azioni di contrasto alla pandemia da COVID-19 –:

   se non ritengano di adottare iniziative di competenza al fine di promuovere, a livello nazionale, l'equiparazione dal punto di vista economico della specializzazione in farmacia ospedaliera alle altre specializzazioni mediche.
(4-09152)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Di Giorgi n. 5-05849, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 aprile 2021, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Gariglio.

  L'interrogazione a risposta scritta Racchella n. 4-09139, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 aprile 2021, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Andreuzza, Badole, Bazzaro, Bisa, Bitonci, Coin, Colmellere, Comencini, Covolo, Fantuz, Fogliani, Lorenzo Fontana, Giacometti, Lazzarini, Manzato, Paolin, Paternoster, Pretto, Stefani, Turri, Valbusa, Vallotto, Zordan.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: Interrogazione a risposta orale Baldelli n. 3-02232 del 29 aprile 2021.

Ritiro di una firma da un'interrogazione a risposta in Commissione.

  Interrogazione a risposta in Commissione Di Giorgi e Carnevali n. 5-05849, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 aprile 2021: è stata ritirata la firma del deputato Carnevali.