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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 19 aprile 2021

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    la sovranità digitale è uno dei temi chiave per affrontare le sfide della contemporaneità ed assicurare tutela e protezione ai dati dei cittadini;

    ovunque si è affermata una compiuta consapevolezza sul ruolo e sul valore dei dati personali prodotti dalle pubbliche amministrazioni e fondati sui dati dei cittadini;

    l'Europa, in considerazione dell'assenza di grandi operatori di cloud continentali, ha adottato politiche di sviluppo e di rafforzamento del cloud europeo;

    in Stati come Francia e Germania le politiche del cloud relativamente ai dati dei cittadini sono non a caso nelle mani dei rispettivi Ministri dell'economia e delle finanze, Bruno La Maire e Peter Altmaier, a conferma della considerazione che nei due Paesi riscuote il settore dei dati personali dei cittadini come patrimonio della nazione;

    le legislazioni di alcuni Paesi prevedono l'obbligo per le loro società nazionali operanti in giro per il mondo di garantire l'accesso alle amministrazioni nazionali per ragioni di sicurezza o di interesse nazionale, come nel caso del «Cloud Act» approvato dal Congresso americano nel febbraio 2018;

    in considerazione di tali legislazioni invasive, alcuni Paesi hanno immediatamente aggiornato le proprie normative sul cloud, come nel caso della Francia, che nel maggio del 2018 ha appositamente modificato la propria legge nazionale sul cloud;

    l'Italia ha un enorme ritardo rispetto agli altri Paesi europei e ad altri Paesi avanzati esterni alla Unione europea, disponendo in modo limitato di infrastrutture cloud nazionali dedicate alla raccolta, custodia e trattamento dei dati;

    appaiono a tutt'oggi deboli le politiche pubbliche nazionali di supporto alla creazione di asset nazionali di cloud sin qui adottate dai precedenti governi;

    le azioni promosse dall'Agenzia per l'Italia digitale (Agid) in ambito di sviluppo del cloud non hanno risposto alle originarie aspettative, dal momento che hanno tradito gli stessi obiettivi previsti dal primo piano triennale 2017-2019 della stessa Agid, ed, in particolare, non sono riuscite a rendere operativi i poli strategici nazionali ideati per soddisfare la domanda pubblica di cloud da parte di strutture centrali e periferiche della pubblica amministrazione, purtroppo invece oggi obbligate, in conseguenza di tale grave manchevolezza, a rivolgersi necessariamente ai grandi player privati multinazionali che operano sul mercato;

    lo sviluppo di società italiane nel settore del cloud non è solo un fattore di sovranità e tutela dei dati, ma stimola e sostiene la crescita e la diffusione di competenze digitali nel Paese;

    i dati dei cittadini italiani, raccolti e custoditi da pubbliche amministrazioni centrali e locali, a differenza dei dati dei consumatori, devono poter essere affidati a strutture pubbliche e, in caso di insufficienza di queste, a strutture private di nazionalità italiana e con database su territorio italiano;

    la nostra Carta Costituzionale stabilisce, all'articolo 117 che: «… La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali …», e alla lettera r) del secondo comma specifica che lo Stato ha legislazione esclusiva sul «… coordinamento informativo e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale…»;

    l'articolo 117, lettera r), indica il contesto per la realizzazione di un cloud nelle mani dello Sfato che tuteli e protegga i dati prodotti dai cittadini, ma che li usi in modo intelligente come supporto alle decisioni assunte nell'interesse pubblico, con l'obiettivo di migliorare la qualità dei servizi e di istituirne di nuovi;

    per adottare tutte le misure, le procedure e le metodologie di uso dei dati come supporto intelligente alla assunzione di decisioni sui servizi destinati ai cittadini, che possono pertanto essere di maggior qualità e di minor costo, occorrono organismi centrali competenti e lungimiranti, attenti alle evoluzioni delle tecnologie e rispettosi delle prerogative di tutela e protezione dei dati personali;

    con l'avvio dei nuovi servizi di 5G e in seguito di 6G, al cloud si affiancherà sempre più l'Edge Computing, che sarà necessario sviluppare in modo decentrato e dislocato territorialmente in linea con l'architettura di rete del 5G e 6G;

    devono essere adottate con tempestività tutte le misure normative necessarie per assicurare una inversione di tendenza,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per istituire un organismo di vigilanza, controllo e gestione delle politiche pubbliche sul cloud e sulla custodia, tutela e protezione dei dati personali raccolti dalle pubbliche amministrazioni centrali e locali;

2) ad adottare iniziative volte a porre tale organismo in condizione di operare e cooperare in sintonia con il Garante per la protezione dei dati personali e con le università italiane che svolgono attività di ricerca in ambito di raccolta e trattamento dei dati in ambito tecnologico e giuridico;

3) a qualificare, nel più breve tempo possibile, la lista dei Poli strategici nazionali, da affiancare a Sogei, impartendo precise direttive ad Agid, al fine di recuperare le manchevolezze dell'agenzia sin qui registrate;

4) ad adottare iniziative, per quanto di competenza, volte a valorizzare le strutture pubbliche di cloud oggi gestite dalle locali società in-house pubbliche di molte regioni italiane, perché hanno grandi competenze e perché rappresentano l'interlocuzione naturale per le strutture di pubblica amministrazione che cercano fornitori di cloud nella stessa regione;

5) ad adottare iniziative di competenza volte a far sì che le aziende private italiane fornitrici di cloud e oggi qualificate come cloud Service Provider dalle direttive Agid, operino nelle loro regioni come riferimenti privilegiati di offerta cloud per le strutture di pubblica amministrazione territoriale, affiancando i poli strategici nazionali.
(1-00466) «Lollobrigida, Meloni, Butti, Mollicone, Albano, Bellucci, Bignami, Bucalo, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, De Toma, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Rachele Silvestri, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Vinci, Zucconi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta orale:


   DONZELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in data 23 marzo 2021 il Presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi, intervenendo al Senato, ha fatto un richiamo sulle vaccinazioni «alle priorità del piano nazionale». E si è riferito ad anziani trascurati nelle regioni, «in favore di gruppi che vantano priorità probabilmente in base a qualche loro forza contrattuale». Secondo quanto riporta il quotidiano «Domani» del 31 marzo 2021, un esposto ai carabinieri e alla procura di Firenze sarebbe stato presentato dal professor Stefano Sandri, negli anni ottanta presidente dell'Efim, ente di partecipazioni e finanziamento delle industrie manifatturiere. In particolare, secondo quanto riporta il quotidiano, l'esposto è concentrato sul numero di sanitari vaccinati. Il decreto ministeriale del 2 gennaio 2021 indicava infatti fra le «categorie prioritarie» per la vaccinazione gli over 80 e «gli operatori sanitari e sociosanitari». «Si parlava di operatori “in prima linea”, sia pubblici che privati accreditati», si specifica nell'esposto riportato da Domani. Il quotidiano rileva che risultavano «vaccinati, alla data del 23 marzo 2021, nella categoria professionale dei sanitari e sociosanitari 234.155 unità». «Anche considerando il numero di 234.155 come somministrazioni e calcolando due dosi per ogni sanitario si tratterebbe comunque di circa 117 mila soggetti. Troppi visto che “secondo i dati Istat 2019, comprensivi del personale dipendente dalle strutture sanitarie ‘non profit’ (aggiornato al 2017), il numero degli individui della regione Toscana facenti parte di questo insieme statistico è pari a 72.553 persone”. I sanitari fantasma sarebbero oltre 40 mila», scrive nell'articolo il giornalista Nello Trocchia. Nell'esposto si fa notare anche che alla data del 24 marzo «oltre il 59 per cento dei vaccini sono stati somministrati alle classi di età fino a 59 anni e la classe di età 70-79 anni ha ricevuto il primato negativo dei vaccini con una percentuale del 6,23 per cento contro il 9,60 per cento della classe dei ventenni». «Avendo la Toscana ricevuto 641.800 dosi, 428.000 delle quali Pfizer BioNTech (circa il 67 per cento del totale) in anticipo rispetto alle altre e del tutto compatibili con le indicazioni mediche preferenziali riservate ai più anziani. È dunque plausibile che a partire dalla fase iniziale della campagna vaccinale, la Regione Toscana abbia vaccinato oltre 160.000 individui soprattutto con il Pfizer persone in buona parte relativamente giovani e che probabilmente non appartenevano alla categoria degli operatori sanitari e sociosanitari». Va considerato che l'ordine dei medici di Firenze ha, nei giorni scorsi, diffuso un comunicato stampa nel quale si afferma che «tutto il personale non sanitario ospedaliero ha ricevuto dosi Pfizer e questo è un fatto discutibile, perché avrebbero potuto avere AstraZeneca al pari di altri coetanei, visto che è un vaccino altrettanto sicuro e affidabile, lasciando quelle dosi agli over 80» e che lo stesso mondo del volontariato, in particolare le Misericordie della Toscana, ha denunciato nei giorni scorsi la mancanza di vaccinazione per migliaia di operatori del soccorso toscano –:

   quante dosi di vaccino Pfizer, AstraZeneca e Moderna siano state consegnate alla regione Toscana;

   se ritenga in linea con i criteri stabiliti dal Governo aver somministrato dosi Pfizer a tutto il personale sanitario toscano;

   se i volontari del soccorso, in particolare coloro che operano su servizi 118 (anche di emergenza), siano da considerare fra gli operatori «sanitari e sociosanitari» inseriti nelle «categorie prioritarie», di cui al decreto ministeriale succitato.
(3-02201)


   DEIDDA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   il 16 aprile 2021 è stata annunciata l'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con cui ventinove Commissari straordinari sono stati nominati per gestire 57 opere pubbliche da tempo bloccate a causa di ritardi legati alle fasi progettuali ed esecutive e alla complessità delle procedure amministrative;

   a seguito del parere positivo espresso dalle commissioni competenti di Camera e Senato, parte ufficialmente l'iter previsto dal decreto-legge n. 76 di luglio 2020;

   si tratta di 16 infrastrutture ferroviarie, 14 stradali, 12 caserme per la pubblica sicurezza, 11 opere idriche, 3 infrastrutture portuali e una metropolitana, per un valore complessivo di 82,7 miliardi di euro (21,6 miliardi al Nord, 24,8 miliardi al Centro e 36,3 miliardi al Sud) finanziate, a legislazione vigente, per circa 33 miliardi di euro. Il finanziamento sarà completato con ulteriori risorse nazionali ed europee, comprese quelle previste dal Next Generation EU;

   è previsto che per l'esecuzione e l'accelerazione degli interventi infrastrutturali che comportano un rilevante impatto sul tessuto socio-economico, a livello regionale o locale, i commissari straordinari possano essere abilitati ad assumere direttamente le funzioni di stazione appaltante, operano in deroga alle disposizioni di legge in materia di contratti pubblici e provvedono ad esercitare le loro funzioni anche a mezzo di ordinanze;

   così come viene riportato dal sito istituzionale del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili è un passo fondamentale per avviare e portare a conclusione progetti di primaria importanza per l'economia italiana, ma anche per lo sviluppo territoriale e, inoltre, sono stati annunciati successivi provvedimenti di nomina di altri commissari per altrettante opere;

   in questo primo provvedimento non è stato incluso quello relativo alla strada statale 291 della Nurra, già in parte nuova strada ANAS 168 di Bancali (NSA 168) che collega Sassari ad Alghero;

   la realizzazione di questa opera infrastrutturale inizia il suo iter negli anni 80, ma solo negli ultimi anni, grazie ad un sostegno trasversale, ha visto una accelerazione, ma l'iter deve essere completato affinché non diventi una ennesima opera incompiuta del nord ovest della Sardegna;

   l'amministrazione comunale di Alghero, le associazioni di categoria, i sindacati e non ultime le varie forze politiche hanno sottolineato l'importanza della nomina di un commissario straordinario, ad esempio nella persona del presidente della regione autonoma della Sardegna o di un suo delegato –:

   se siano a conoscenza di quanto sopra esposto e quali iniziative si intendano adottare al fine di accelerare la realizzazione e la fine dei lavori della strada statale 291 o nuova Strada Anas 168 e se si intendano adottare iniziative per includerla nella opere strategiche prevedendo inoltre la nomina di un commissario straordinario per garantirne la realizzazione.
(3-02204)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CARDINALE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della transizione ecologica, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   il dipartimento della Protezione Civile della regione Sicilia, afferma che «la regione Sicilia ha una pericolosità sismica molto alta a causa della frequenza e intensità dei terremoti che si sono succeduti in epoca storica; una vulnerabilità altissima legata alla fragilità del patrimonio edilizio, infrastrutturale, industriale, produttivo e dei servizi e un'esposizione molto alta a causa della densità abitativa e per la presenza di un patrimonio storico, artistico e monumentale in zone interessate da faglie, molte delle quali attive e capaci»;

   l'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3274 del 2003, che stabilisce gli elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica, stabilisce, all'articolo 2, comma 1, che «le regioni provvedono, ai sensi dell'articolo 94, comma 2, lettera a) del decreto legislativo n. 112 del 1998, e sulla base dei criteri generali di cui all'allegato 1, all'individuazione, formazione ed aggiornamento dell'elenco delle zone sismiche»;

   la classificazione sismica, secondo la normativa citata in premessa, prevede l'esistenza di 4 zone:

    zona 1: area ad alto rischio sismico (ag maggiore di 0,25);

    zona 2: area con densità sismica media (ag compreso tra 0,15 e minore/uguale di 0,25);

    zona 3: area con densità sismica bassa (ag compreso tra 0,05 e minore/uguale di 0,15);

    zona 4: area con densità sismica decisamente bassa (ag minore/uguale di 0,05);

   dove con ag si indica tecnicamente l'indice di accelerazione sismica orizzontale, con probabilità di superamento pari al 10 per cento in 50 anni;

   in più occasioni l'ordine regionale dei geologi di Sicilia – ed altri enti come l'ordine degli ingegneri della provincia di Caltanissetta – ha richiesto alle istituzioni regionali una delibera di aggiornamento della pericolosità sismica, soprattutto per le aree ad oggi classificate ancora in «zona 4», anche alla luce dell'evoluzione nel tempo della normativa tecnica, oggi contenuta nel decreto ministeriale cosiddetto «Infrastrutture» del 17 gennaio 2018: stando infatti al ricalcolo del valore ag secondo la normativa oggi in vigore e i criteri dettati dall'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, in realtà molti comuni dovrebbero appartenere al livello sismico definito dalla «zona 3» anziché alla «zona 4»;

   un aggiornamento della delibera di giunta regionale n. 408 del 2003, con la quale la regione Sicilia ha stabilito la classificazione delle zone sismiche, si renderebbe opportuno non solo per mitigare il rischio rappresentato dalla vulnerabilità del territorio a possibili eventi sismici, ma anche per dare l'opportunità ai proprietari degli edifici di accedere alle agevolazioni previste dal cosiddetto Sismabonus;

   dal 1° gennaio 2017, infatti, sono state introdotte delle regole specifiche per usufruire della detrazione delle spese sostenute per gli interventi antisismici il cosiddetto «Sismabonus» di cui alla legge bilancio per il (2017): al bonus, tuttavia, non possono accedere coloro che intendano intervenire a quegli edifici situati in aree classificate come «zona 4». Inoltre, con la legge di bilancio per il 2021, è stata prevista l'introduzione del Sismabonus 110 per cento, ed anche in questo caso sono esclusi gli edifici situati in «zona 4»;

   nonostante svariate sollecitazioni, ad oggi la regione Sicilia non ha prodotto atti di aggiornamenti della succitata delibera di giunta regionale risalente al 2003, penalizzando di fatto quei comuni classificati in «zona 4» ed i cui residenti e proprietari di edifici non possono accedere alle agevolazioni previste e citate in premessa –:

   quali iniziative il Governo, per quanto di competenza, intenda adottare affinché si pervenga entro tempi brevi e certi, all'aggiornamento dell'elenco delle zone sismiche così come previsto dalle disposizioni dell'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 2003.
(4-08982)


   D'ORSO, NAPPI, SCERRA, SAITTA e MARTINCIGLIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   secondo i dati emergenti dal monitoraggio dell'evoluzione della pandemia realizzato dalla «Fondazione Gimbe», in Sicilia, negli ultimi giorni, si registra un ulteriore peggioramento della situazione dei contagi da COVID-19;

   allo stato attuale, in tutta la Sicilia, pare siano circa 40 i comuni in zona rossa: il 7 aprile 2021, il presidente della regione, su richiesta dei sindaci e sentito il parere delle competenti Asp territoriali, ha istituito altre sei nuove «zone rosse», oltre alla città di Palermo;

   al contempo, dalla lettura di questo articolo di giornale (v. https://www.palermotoday.it) emerge come la campagna di vaccinazione, che rappresenta l'unica via di uscita dalla pandemia, nell'isola stia subendo ritardi, e che sussistano disfunzioni nell'organizzazione e anomalie nei dati di chi ha beneficiato delle dosi: alla data dell'8 aprile 2021 erano 294.449, secondo i dati aggiornati del Ministero della salute, le dosi di vaccino somministrate nell'isola ad una categoria denominata sotto la generica dicitura «altro». Si tratta di circa il 19,5 per cento dei vaccinati contro, ad esempio, le 210.354 dosi che risultano essere state destinate agli over 80;

   a fronte di questa forbice notevole tra le varie categorie e la categoria genericamente denominata «altro», sarebbe opportuno, per garantire la massima trasparenza, che il Report sulla campagna vaccinale quotidianamente aggiornato e pubblicato dal Ministero della salute scorporasse il dato riferibile ai soggetti «estremamente vulnerabili» che godono della priorità nella somministrazione dei vaccini attualmente compresi nella categoria «altro», dal dato riferibile ad altri soggetti rientrati nella categoria «altro» in forza di scelte discrezionali, e talvolta discutibili, delle singole regioni;

   tornando alla Sicilia, inoltre, resta bassa la percentuale di popolazione che ha completato il ciclo di vaccini: solo il 4,8 per cento e, negli ultimi giorni, si legge sui giornali (https://www.blogsicilia.it) della situazione di alcuni anziani, come il caso di una signora palermitana di 102 anni, che non è più in grado di camminare e di vedere che attende, invano, da settimane la vaccinazione a domicilio, nonostante i familiari che si prendono cura di lei abbiano fatto la richiesta di vaccinazione, all'apposito numero verde 800 00 99 66, già tre settimane fa. La famiglia della signora ha contattato il numero verde diverse volte, ma le è stato sempre risposto che devono aspettare;

   secondo l'Associazione italiana di psicogeriatria, la vaccinazione anti Covid negli anziani è fondamentale in quanto la mediana dell'età delle persone scomparse a causa del COVID-19 è di 83 anni. Per questo serve una campagna vaccinale efficiente ed efficace che possa, concretamente, funzionare, anche a domicilio, per i soggetti più anziani come la signora palermitana di 102 anni;

   in Sicilia, paiono sussistere delle gravi criticità nel funzionamento della macchina organizzativa della vaccinazione a domicilio per gli over 80, dovuti anche alla carenza dei team mobili vaccinali nonostante l'accordo concluso, a livello regionale, nei primi giorni del mese di marzo 2021, coi medici di famiglia per le inoculazioni nelle abitazioni dei pazienti impossibilitati a raggiungere autonomamente i centri vaccinali;

   non si comprende chi siano, realmente, i soggetti della categoria «altro» (che tanto sta beneficiando della tempestiva somministrazione dei vaccini in Sicilia) poiché quest'ultima categoria non rientra tra quelle indicate nel documento recante «Raccomandazioni ad interim sui gruppi target della vaccinazione anti SARS-CoV-2/COVID-19 del 10, marzo, 2021» approvate dal Ministero della salute di concerto con la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Commissario straordinario per l'emergenza, l'Istituto superiore di sanità, l'Agenas e l'Aifa, con le quali sono state aggiornate le categorie di popolazione da vaccinare e le priorità da rispettare nella campagna di somministrazione –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative di competenza ritenga opportuno adottare, anche in raccordo con le autorità regionali competenti, per addivenire al più presto ad una soluzione finalizzata ad attivare, fin da subito, tutti gli strumenti per risolvere le gravi criticità della campagna vaccinale siciliana, con particolare riguardo a quella da effettuare a domicilio nei confronti dei soggetti over 80 o vulnerabili;

   se il Governo intenda fornire i chiarimenti più opportuni per comprendere quali soggetti siano rientrati e possano legittimamente rientrare nella cosiddetta categoria «altro» (che tanto sta beneficiando della tempestiva somministrazione dei vaccini in Sicilia), provvedendo ad indicare separatamente rispetto alla categoria «altro», per ogni regione, il dato relativo al numero delle dosi somministrate ai soggetti «estremamente vulnerabili», in modo che sia possibile verificare se ai cittadini venga garantito l'accesso alla vaccinazione secondo l'ordine di priorità e di rischio indicati nel piano strategico vaccinale adottato, a livello nazionale, con decreto del 12 marzo 2021.
(4-08987)


   PAOLIN, PANIZZUT, BOLDI, DE MARTINI, FOSCOLO, LAZZARINI, SUTTO, TIRAMANI e ZANELLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   a fronte del mancato rispetto degli impegni presi dalle aziende farmaceutiche per la fornitura dei vaccini anti covid nei confronti della Comunità europea, alla regione Veneto era stato proposto l'acquisto di 27 milioni di dosi suddivisi in due lotti: uno da 12 milioni e l'altro da 15 milioni di dosi;

   in un'ottica di massima collaborazione, cooperazione istituzionale e trasparenza, il 4 febbraio 2021 la regione Veneto aveva prontamente scritto all'Agenzia italiana del farmaco per informarla di questa opportunità, ma la stessa Agenzia aveva risposto che, trattandosi di questioni logistiche e contrattuali, non scientifiche e farmaceutiche, non risultava competente in materia;

   in seguito alla risposta ricevuta dall'Aifa, il presidente della giunta regionale del Veneto, Luca Zaia, si è subito confrontato con l'allora Commissario straordinario per il contrasto all'emergenza Covid-19, Domenico Arcuri, rappresentando la necessità di effettuare una doverosa verifica delle offerte pervenute, nel preminente interesse alla salute pubblica e alla rapida attuazione della campagna vaccinale, fondamentale ai fini della ripartenza del Paese;

   in accordo con l'allora Commissario straordinario, il direttore generale della sanità della regione Veneto, dottor Luciano Flor, ha richiesto i codici relativi ai lotti dei vaccini in oggetto, al fine di verificare le basi concrete dell'offerta;

   alcuni degli intermediari contattati, peraltro, hanno risposto che i codici dei lotti sarebbero stati comunicati in seguito alla firma del contratto, in quanto gli stessi continuavano a cambiare in rapporto alle vendite che venivano nel frattempo effettuate;

   sulla verifica in corso è stata successivamente aperta un'inchiesta da parte dei Nas, nell'ambito della quale il direttore generale della sanità della regione Veneto ha fornito il massimo supporto, consegnando tutta la documentazione in suo possesso –:

   di quali ulteriori elementi disponga il Governo, per quanto di competenza, circa i fatti illustrati in premessa;

   se risulti al Governo che le offerte di acquisto di vaccini anti Covid, da parte di intermediari, si siano verificate anche in altre regioni e, nel caso in cui ciò sia accaduto, di quali elementi disponga circa le verifiche in ordine all'attendibilità degli intermediari, anche alla luce dei primi sequestri di falsi vaccini Pfizer, oggetto di recenti articoli di stampa.
(4-08988)


   BENEDETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   l'associazione «Diplomatia» si definisce «unica nel suo genere» e dichiara di avere «finalità di carattere istituzionale e di rilevanza internazionale. Essa ha tra i propri aderenti ambasciatori presso il Quirinale, alti esponenti istituzionali, rappresentanti di vertice del mondo finanziario ed imprenditoriale.»;

   fondatore di Diplomatia è Stefano Balsamo, dirigente di JP Morgan, multinazionale americana di servizi finanziari. Come lui stesso dichiara in un'intervista: «Per la verità ci sono altri miei network distinti dal Canova Club. (...) Poi ho creato il Club “Diplomatia” per creare un collegamento informale e continuo tra ambasciate, istituzioni e imprese italiane»;

   tra i «Soci e Invitati» di Diplomatia vengono indicati, sino a fine 2020 come «Soci» e poi come «Permanent Guests», diversi Ministeri: degli affari esteri e della cooperazione internazionale, della transizione ecologica, della cultura, della difesa, dell'economia e delle finanze, dello sviluppo economico, delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. In particolare, gli stessi Ministri attualmente in carica, Daniele Franco al Ministero dell'economia e delle finanze, ed Enrico Giovannini al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, sono stati nell'Advisory Board di Diplomatia fino a pochi mesi fa;

   nell'elenco delle imprese che partecipano all'associazione figurano sia imprese pubbliche che private, che spaziano dalle telecomunicazioni (ad esempio Poste Italiane) alla finanza (ad esempio JP Morgan); inoltre, vi figurano con vari ruoli da dirigenti di banche come Carlo Messina, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo S.p.a., a presidenti di società private concessionarie di servizi essenziali, come Fabio Cerchiai, presidente di Atlantia, da vertici di Cassa depositi e prestiti, come il vicepresidente Luigi Paganetto, ad ambasciatori, rappresentanti di studi legali, consiglieri della Corte dei conti, consulenti di Ministeri e vertici di società pubbliche o partecipate (Tim, Fincantieri, Leonardo, e altro);

   altresì l'associazione Diplomatia dichiara come scopo «soprattutto quello di favorire incontri diretti e informali al massimo livello per stabilire un dialogo costruttivo su temi di rilevante attualità. La peculiarità di Diplomatia sta, infatti, nel confronto e negli apporti qualificati di esperienze nell'ambito di periodici incontri riservati che, al fine di garantire la completa libertà di espressione e la sincera valutazione critica delle opinioni coinvolte, si svolgono informalmente e in assenza di qualsiasi comunicazione esterna»;

   la comune appartenenza ad associazioni private da parte di alti funzionari di Stato e rappresentanti di soggetti economico-finanziari privati può generare potenziali conflitti di interessi o eventuali traffici di influenze. La legge 25 gennaio 1982, n. 17, cosiddetta legge Anselmi, vieta perciò associazioni che occultano attività e soci che possono interferire nell'esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche di interesse nazionale;

   attualmente alla Camera dei Deputati è avviato l'esame della proposta di legge recante proposte di modifica della legge 20 luglio 2004, n. 215 «Norme in materia di risoluzione dei conflitti di interessi» –:

   se il Governo non intenda chiarire se i suoi membri facciano parte di associazioni come Diplomatia, in possibile conflitto di interesse con l'attività di Governo e se e quali iniziative intenda adottare al riguardo;

   se non ritenga necessario pubblicare nei siti informatici dei Ministeri gli statuti delle associazioni, e di tutti i membri aderenti alle medesime, che hanno rapporti diretti con i dicasteri, al fine di garantire la trasparenza dell'attività del Governo;

   se non sia necessario, nelle more dell'approvazione della normativa sul conflitto di interessi e sull'attività dei portatori di interessi (lobby), adottare iniziative di competenza volte a disciplinare i rapporti tra Ministri, Viceministri e Sottosegretari e le diverse associazioni di cui questi eventualmente facciano parte, al fine di rendere trasparente l'attività del Governo ed introdurre, ad esempio, disposizioni dirette a vietare che chi ha un incarico di Governo possa far parte di un'associazione riconosciuta o non riconosciuta che abbia un eventuale interesse economico o di altra specie che ne possa influenzare l'attività.
(4-08990)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro della transizione ecologica, per sapere – premesso che:

   risulta che il parlamentare tunisino Majdi Karbai abbia pubblicato sui social, notizie di un presunto traffico illecito di rifiuti proveniente dalla Campania e diretto in Tunisia;

   risulta che, da nove mesi, 282 container pieni di rifiuti provenienti dal porto di Salerno sono bloccati a Sousse, in Tunisia, dove sono stati inviati dall'azienda Sviluppo Risorse Ambientali (S.r.a.) in virtù di un'autorizzazione della regione Campania;

   precisamente, si tratterebbe di 282 container di rifiuti dichiarati come materiale plastico, appartenenti invece alla categoria Y46 destinato allo smaltimento, come scrive anche il sito d'informazione Irpimedia;

   tali rifiuti sarebbero stati bloccati all'arrivo al porto di Sousse dall'agenzia delle dogane della Tunisia, con l'avvio di un'indagine da parte della magistratura tunisina;

   l'ex Ministro dell'ambiente Mustapha Laroui, insieme ad altri funzionari del Ministero, sono stati indagati;

   il Ministro dell'ambiente, Mustapha Laroui, prima costretto alle dimissioni dal capo del Governo tunisino, Hichem Mechichi, è stato arrestato nell'ambito dell'inchiesta, legata al traffico illecito di rifiuti provenienti dall'Italia;

   l'Unione europea è parte della convenzione di Basilea, approvata con decisione 93/98/ CEE sul controllo, dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e del loro smaltimento;

   tale convenzione impegna le parti a garantire la gestione e lo smaltimento di tali rifiuti con modalità «sane» dal punto di vista ambientale;

   il regolamento (CE) n. 1013/2006 proibisce le esportazioni di rifiuti tossici o pericolosi verso Paesi del Sud del mondo e prevede il principio di prossimità per i rifiuti, oggetti e smaltimento;

   la Tunisia non è appartenente alla Unione europea, non vi si applicano le decisioni dell'Ocse – Organizzazione, cooperazione, sviluppo economico. I rapporti transfrontalieri dei rifiuti con la Tunisia sono regolati dalla convenzione di Basilea;

   la convenzione di Bamako del 1991 vieta l'importazione in Africa di scarti pericolosi, mentre quella di Basilea del 1989 per la regolamentazione dei movimenti transfrontalieri di rifiuti e il regolamento europeo n. 1013 del 2006 ne autorizzano l'esportazione verso un Paese terzo solo se e in grado di riceverli e procedere al loro riciclaggio. Secondo queste normative, i container non sarebbero mai dovuti partire, sia perché i rifiuti classificati con il codice Y46 della convenzione di Basilea sono considerati «pericolosi», sia perché la Soreplast, una ditta tunisina del campo dei rifiuti, non dispone di impianti di riciclaggio;

   la convenzione di Basilea impone che ogni invio di rifiuti tra Paesi debba essere approvato mediante un contatto tra i focal point (i rappresentanti dell'accordo internazionale) istituiti presso i Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare dei due Stati. Questo contatto però non sarebbe mai avvenuto. Secondo il giornale l'Internazionale del 6 aprile 2021 Hédi Chebili, direttore generale del Ministero dell'ambiente tunisino, afferma che il focal point in Tunisia avrebbe saputo dell'invio solo dopo l'arrivo dei container;

   con decreto dirigenziale 76 del 14 aprile 2020, la regione Campania autorizzava la spedizione transfrontaliera in Tunisia di 12.000 TN di rifiuti speciali non pericolosi classificati col codice Cer 1912 12 da spedire mediante complessive 460 movimentazioni;

   in base ai fatti sopra descritti, è stata presentata altresì, una interrogazione alla Commissione europea competente in materia di lavoro, dal parlamentare Piernicola Pedicini (NI), avente ad oggetto «azioni per monitorare e impedire il traffico illecito di rifiuti tossici tra l'Unione europea e la Tunisia», e due interrogazioni presso il Consiglio regionale della regione Campania da parte della consigliera regionale Maria Muscarà (M5S), aventi ad oggetto «Traffico di rifiuti dalla Campania verso la Tunisia» e «traffico di rifiuti dalla campagna verso la Tunisia, natura dei rifiuti, rimpatrio e smaltimento»;

   quanto emerso nelle denunce del parlamentare tunisino, riportate dalla stampa e dalla televisione estera, qualora confermato, rappresenterebbe un atto di una gravità inaudita ad opera di un'azienda campana, su autorizzazione della regione –:

   se sia il Governo a conoscenza dei fatti riportati in premessa;

   se abbia avuto modo di adottare iniziative di competenza volte ad accertare che i rifiuti attualmente bloccati nel porto di Sousse, in Tunisia, siano quelli autorizzati dalla regione Campania con decreto dirigenziale n. 76 del 14 aprile 2020;

   se vi siano in corso interlocuzioni con le autorità tunisine in merito ai fatti descritti in premessa;

   se sia a conoscenza, per quanto di competenza, di quali controlli siano stati effettuati dalla regione Campania prima di autorizzare tali spedizioni transfrontaliere;

   se corrisponda al vero che l'invio di rifiuti tra i Paesi non sia stato approvato mediante un contatto tra i focal point (i rappresentanti dell'accordo internazionale) istituiti presso i Ministeri dell'ambiente dei due Stati e, se ciò fosse confermato, per quale motivo;

   se sia a conoscenza, per quanto di competenza, di quali controlli siano stati effettuati nel corso degli anni 2020 e 2021 sull'azienda autorizzata alle spedizioni di rifiuti in Tunisia, Sra sviluppo risorse ambientali Srl con sede nella zona industriale G. Ritorto, Polla - Salerno.
(2-01180) «Sarli, Termini, Ehm, Fratoianni, Cunial, Vallascas, Suriano, Siragusa, Colletti, Menga, Raduzzi, Costanzo, Benedetti, Paxia, Forciniti, Sapia, Testamento».

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   BARBUTO, GRIPPA, ORRICO e VILLANI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nel lontano 1998, presso il Ministero della difesa, venne sottoscritto un protocollo d'intesa, successivamente integrato nel 2000 da un accordo di programma, per la realizzazione di un insediamento militare, costituito da una caserma, che avrebbe dovuto ospitare un reggimento di fanteria dell'esercito, con annesso centro sportivo e area addestrativa, il tutto da realizzarsi in Calabria, in località appositamente individuata, e, precisamente, a Cutro in provincia di Crotone;

   da oltre dieci anni sono stati ultimati i 96 alloggi previsti, che tuttavia non sono stati mai utilizzati ed attualmente sono sorvegliati da personale militare, mentre non si diede seguito all'appalto dei lavori relativi al secondo lotto, che riguardava la costruzione della caserma, del centro sportivo e la realizzazione dell'area addestrativa, per cui erano stati messi a disposizione ben 140 miliardi di vecchie lire;

   nel frattempo il comune di Cutro ha provveduto ad espropriare un'area di 80 ettari e ha eseguito una variante al spendendo oltre 4 milioni di euro per le opere di urbanizzazione;

   tuttavia, venuto meno l'obbligo di leva ed avendo ormai mutato la Difesa il modello di reclutamento dei militari, ormai di tipo professionale, il progetto è stato abbandonato, lasciandosi alle spalle una cattedrale nel deserto per cui sono stati già spesi circa 20 milioni di euro;

   è di questi giorni la notizia, apparsa sul Quotidiano del Sud dei giorni 3 e 6 aprile 2021, che il generale Gambardella, direttore del Geniodife, nel corso di un incontro tenutosi con il commissario straordinario del comune di Cutro, prefetto in quiescenza Domenico Mannino e il presidente della provincia di Crotone, Simone Saporito, ha chiesto di modificare l'accordo di programma del 2000, nel senso di considerarlo chiuso, atteso che «è ormai cessato l'interesse dell'esercito in considerazione del fatto che non realizzerà più una caserma»;

   il direttore del Geniodife, nel corso dell'incontro, avrebbe affermato, altresì, che la Difesa non sarebbe più competente a individuare le modalità di utilizzazione degli immobili, tanto che nel collegio di vigilanza è stato inserito il Demanio, sebbene abbia condiviso l'ipotesi di utilizzare gli alloggi per i contingenti militari attualmente ospitati negli alberghi convenzionati;

   il commissario straordinario Mannino, nell'evidenziare che il collegio di vigilanza, appositamente costituito per l'adempimento degli accordi, non ha il potere di chiudere l'accordo di programma, né, tantomeno, che sia possibile un recesso unilaterale da parte del Ministero della difesa, ha evidenziato le ingenti spese sostenute per le opere di urbanizzazione, oltre 4 milioni di euro e paventato azioni risarcitorie, chiedendo l'impegno a realizzare opere equivalenti in termini di benefìci per la comunità, che la realizzazione della cittadella militare avrebbe comportato e avanzato la proposta di trasferire a Cutro la Scuola per allievi agenti della Polizia di Stato di Vibo Valentia, attualmente ubicata in una sede per cui lo Stato paga un fitto oneroso, presso l'incompiuta caserma dell'esercito che doveva essere realizzata;

   è innegabile, infatti, a parere dell'interrogante, che l'insediamento di militari o forze dell'ordine, in un territorio ad alta densità criminale di stampo mafioso, per come attestato dalle numerose sentenze di condanna inflitte dai tribunali di tutta Italia, comporterebbe non solo il rilancio dell'economia dell'intero comprensorio, mediante l'utilizzazione di risorse già spese e che altrimenti andrebbero sprecate, ma infonderebbe anche nella popolazione maggiore serenità, attraverso la massiccia e costante presenza dello Stato;

   occorre, pertanto, che venga ricercata la soluzione più consona, che contemperi, da una parte, le richieste degli amministratori locali e dall'altra quelle dei Ministeri interessati, che spendono mensilmente ingenti somme per l'alloggio del personale dislocato in Calabria e, in particolare, in provincia di Crotone –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza delle vicende relative alla costruzione della caserma dell'Esercito di Cutro e del definitivo abbandono del progetto per la sua realizzazione e quali iniziative intendano adottare per valorizzare gli immobili già ultimati, da oltre un decennio in stato di abbandono, anche considerando l'ipotesi di trasferirvi la Scuola per allievi agenti della Polizia di Stato di Vibo Valentia ovvero la loro destinazione ad alloggi per l'esercito e le forze dell'ordine impegnate sul territorio.
(4-08975)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   APRILE, ERMELLINO, MANIERO e TRANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con provvedimento dell'Agenzia delle entrate (prot. 92558) nell'intento «di proseguire l'opera di semplificazione e razionalizzazione dei rapporti con i contribuenti e gli intermediari implementando e migliorando i servizi già esistenti» è stato stilato il regolamento che disciplina le modalità di adesione e le condizioni di utilizzo dei servizi attraverso il quale gli incaricati della trasmissione delle dichiarazioni, di cui all'articolo 3, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998, utenti del servizio telematico Entratel, possono consultare le informazioni contenute nel cassetto fiscale dei contribuenti cui prestano consulenza (vedi articolo 2);

   all'articolo 5 del suddetto regolamento (delega del contribuente) è previsto che: «(...) il contribuente delega l'intermediario ai fini dell'accesso al Cassetto Fiscale e che (...) ciascuna delega ha una validità di quattro anni a decorrere dalla data della sua sottoscrizione e possono essere delegati fino a due intermediari»;

   detto articolo prevede, inoltre, che la delega sia revocabile in qualsiasi momento dal delegante e dal delegato;

   è evidente, quindi, come la previsione della validità temporale della delega, fissata in anni quattro, si risolva in un inutile e gravoso incombente, dal momento che, come è espressamente previsto, la stessa può essere sempre revocata;

   tale incongruenza è stata già portata all'attenzione del Governo alla Camera con ordine del giorno dell'interrogante accolto in data 14 maggio 2019, in sede di esame dell'A.C. 01074-A –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare per prevedere che la delega di cui al citato articolo 5 delle condizioni generali di adesione al servizio di consultazione del «cassetto fiscale» delegato sia valida dalla data della sua sottoscrizione sino alla revoca.
(4-08974)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il segretario regionale Sappe della Basilicata Saverio Brienza ha inviato una missiva alle autorità competenti per segnalare lo stato di criticità in cui versa il carcere di Melfi a seguito dello scoppio di un focolaio di COVID-19;

   il focolaio vede contagiati 57 detenuti, tre dei quali ricoverati in ospedale, e 4 appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria, con il rischio che il personale dell'amministrazione penitenziaria possa diventare portatore del virus soprattutto all'esterno dell'ambiente di lavoro;

   il segretario Brienza ha spiegato che si tratta di una situazione particolarmente allarmante anche perché si tratta di detenuti del circuito detentivo ad alta sicurezza;

   è stata evidenziata la necessità di porre in essere ogni forma di attività di prevenzione, sia contro l'eventuale ulteriore diffondersi dell'evento epidemiologico, sia affinché i detenuti presenti nella struttura melfitana non arrivino a cogliere tale occasione per porre in essere nuovi disordini, così come avvenuto il 9 marzo 2020, utilizzando le pretestuose argomentazioni che riguardano il focolaio in atto, in pregiudizio all'ordine e alla sicurezza dell'Istituto;

   secondo quanto evidenziato da Brienza, il personale di polizia penitenziaria è impiegato al piantonamento dei detenuti interessati ai ricoveri con turni da otto ore, anche in maniera difforme alle disposizioni vigenti, tenendo conto delle condizioni operative estreme a cui gli stessi sono sottoposti e in reparti ad alto rischio di contagiosità, senza una vera e propria formazione sanitaria specifica;

   il Sappe ha chiesto al provveditore regionale penitenziario di Bari di prevedere un cospicuo supporto organico di personale al reparto di Melfi, considerato che per le criticità in atto il personale in servizio è costretto a svolgere turnazioni incredibilmente massacranti, anche di 15/16 ore di servizio operativo continuativo al fine di fronteggiare l'emergenza;

   le criticità di natura sanitaria all'interno del carcere di Melfi hanno origini lontane e sono state più volte rappresentate dal sindacato senza mai avuto dei riscontri soddisfacenti che risolvessero definitivamente le problematiche rappresentate;

   la segreteria regionale del sindacato auspica un tavolo tecnico con la partecipazione di tutte le autorità in indirizzo, finalizzato a trovare soluzioni che ristabiliscano i necessari livelli di sicurezza –:

   quali iniziative intenda intraprendere il Governo per risolvere le criticità nel carcere di Melfi indicate in premessa.
(4-08976)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il Sindacato di polizia penitenziaria Sinappe ha inviato una missiva alle autorità competenti per segnalare l'ennesima aggressione avvenuta presso il carcere di Vasto;

   l'episodio di violenza ha coinvolto due agenti. Non meno di due settimane prima era stato aggredito un altro operatore di polizia penitenziaria;

   il Sindacato racconta che, durante il giro di controllo notturno, il personale di reparto ha trovato un detenuto di origini sarde intento a «sniffare» gas da una bomboletta del gas di tipo consentito. Appena accertato quanto stava accadendo, il personale si precipitava prontamente all'interno della stanza di pernottamento per evitare danni permanenti o estreme conseguenze per la salute del ristretto, il quale, a sua volta, si scagliava loro contro con l'ausilio di uno sgabello, provocando ai malcapitati lesioni di varia natura e gravità. Ad uno dei due è stata diagnosticata la rottura del femore;

   il soggetto aggressore è ben noto all'Amministrazione penitenziaria per episodi simili e risulta essere affetto da disturbi psichiatrici, come altri soggetti che sono in carico presso l'istituto di Vasto;

   il Sinappe lamenta come la situazione sia diventata di difficile gestione, poiché gli agenti sono impotenti di fronte a tale tipologia di elementi ed il personale ne sta risentendo a livello di mantenimento dell'ordine e della sicurezza;

   il Sindacato ha chiesto l'allocazione di questa tipologia di detenuti in strutture specializzate a carattere sanitario, per evitare il ripetersi di episodi di tale gravità –:

   quali siano gli intendimenti del Governo, per quanto di competenza, in merito alla proposta avanzata dal Sinappe;

   quali iniziative di competenza intenda adottare il Governo per ripristinare la sicurezza presso il carcere di Vasto.
(4-08980)


   BIGNAMI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in relazione a richieste di appuntamento presso la cancelleria delle successioni del tribunale di Bologna, dovendo le persone recarsi personalmente allo sportello (si pensi alla rinuncia all'eredità per conto di minori), questi, non riuscendo a mettersi in contatto con il centralino telefonico del tribunale (che pure dovrebbe fornire ogni genere di indicazione, essendo stato istituito proprio per queste circostanze), tramite anche legali, procedono con una e-mail di richiesta appuntamenti, ricevendo come prime date di appuntamento il mese di settembre 2021;

   in relazione alla richiesta di copie conformi di decreti ingiuntivi e sentenze presso il giudice di pace di Bologna, è necessario richiedere appuntamento tramite piattaforma Fallco come servizio di prenotazione online – presso lo sportello civile del suddetto ufficio al fine di procedere al ritiro delle copie necessarie alla notifica. Ebbene, nella maggior parte dei casi, a quanto consta all'interrogante, ai legali viene indicata come prima data disponibile, una data tra il 30°/40° giorno dalla data di emissione del titolo, di fatto risultando già preclusa oltre la metà del termine di validità (60 giorni) utile per la notificazione, con ogni connesso rischio di perenzione in caso di insuccesso della notifica –:

   se sia a conoscenza del fatto che lo smart working, soprattutto nelle cancellerie, determini una impossibilità oggettiva all'esercizio corretto, da parte dei cittadini e dei legali, dei loro diritti, determinando in alcuni casi il rischio di perenzione di atti;

   se il Ministro interrogato abbia condotto verifiche utili a comprendere le ragioni e le modalità attuate nei tribunali italiani circa il reale utilizzo dello smart working, soprattutto negli uffici giudiziari aperti al pubblico quali le cancellerie e, in caso affermativo, con quale esito; o viceversa, se tali verifiche non siano state condotte, se intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, per svolgere opportune verifiche per chiarire in termini di organico come sono gestite le singole cancellerie rispetto ai funzionari ivi ubicati, e quali tempi dell'orario di lavoro siano dedicati ai servizi di sportello e quali allo smart working;

   per quale motivo ogni ufficio di un medesimo tribunale (in questo caso Bologna) attui modalità di prenotazione in maniera differente, e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare per evitare che – di fatto – il comparto giustizia sia sostanzialmente sospeso in un limbo;

   se non ritenga di valutare se sussistano i presupposti per adottare iniziative ispettive presso il tribunale di Bologna per verificare i motivi dei predetti disservizi, anche in relazione al concreto utilizzo dello smart working.
(4-08993)

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ SOSTENIBILI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PAITA. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   sono state scattate e messe sulla rete alcune fotografie dei piloni ammalorati del ponte di Traso in val Bisagno, lungo la strada statale 45 Genova-Piacenza, con evidenti tracce di distacco di intonaco, ruggine, infiltrazioni, movimenti franosi e tavole di legno inchiodate nel punto di congiunzione con la soletta del viadotto;

   nelle immagini diffuse si vedono segni di profondo degrado dalle quali non è possibile valutare la stabilità dell'opera;

   la popolazione chiede lavori urgenti di ripristino ed esige garanzie che nel frattempo il transito sul ponte possa avvenire in sicurezza;

   l'Anas, che gestisce l'infrastruttura, ha comunicato di aver attivato le verifiche necessarie e, alcune delle segnalazioni sullo stato di deterioramento dei piloni del ponte da parte dei cittadini sono state presentate alla regione Liguria e al comune di Bargagli (Città metropolitana di Genova);

   a tale situazione si sono aggiunte le condizioni di un altro tratto stradale, lo svincolo di Laccio nel comune di Torriglia;

   tale tratto di strada, formato da ponti e diramazioni, costituisce parte della strada statale 45, denominata «della Val Trebbia e del Caffaro» e collega le città di Genova e Piacenza e la costa del mar Ligure con la pianura Padana –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda intraprendere al fine di promuovere gli interventi urgenti da parte dell'Anas diretti a garantire la sicurezza del transito dei tratti stradali di cui in premessa.
(5-05786)

INNOVAZIONE TECNOLOGICA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SANI. — Al Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro della transizione ecologica, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'installazione di due stazioni radio base da parte della società di telefonia Wind 3 nel comune di Castell'Azzara (provincia di Grosseto) sta suscitando da tempo numerose polemiche, soprattutto sulle possibili ricadute negative che avrebbero tali ripetitori per l'ambiente, la salute pubblica e l'ecosistema locale. Una stazione radio (l'antenna dovrebbe essere alta circa 28 metri con 700 watt di potenza) sarebbe infatti posta in prossimità del centro abitato;

   il rilascio delle autorizzazioni per gli interventi di installazione di antenne per la telefonia mobile è affidato all'Unione di comuni Amiata Grossetana che, nell'ambito della delega conferitale, si occupa anche delle valutazioni di conformità dei progetti al regolamento urbanistico e ai vincoli idrogeologici e paesaggistici;

   secondo quando comunicato ufficialmente dall'attuale sindaco:

    il regolamento urbanistico attualmente vigente non pone alcun limite o divieto all'installazione di stazioni radio base sulle aree individuate;

    con nota del 29 ottobre 2018 (protocollo 4610 del 31 ottobre 2018 del comune) la Wind 3 avrebbe comunicato l'intenzione di potenziare la propria rete attraverso l'installazione di due stazioni radio base, una nel capoluogo e una nella frazione di Selvena;

    il 26 febbraio 2019 la Wind 3 avrebbe chiesto al comune «la possibilità di ricercare ed installare su area di proprietà comunale una stazione radio base», evidenziando che sarebbe rimasta in attesa di riscontro per i successivi venti giorni e che, in mancanza, avrebbe proceduto «all'acquisizione di candidati privati»;

    non avendo ricevuto nessuna comunicazione da parte del comune nel maggio 2020 Wind 3 avrebbe iniziato i lavori preliminari alla posa della stazione radio base presso un'area privata di via Petrarca del capoluogo dopo aver ricevuto il nulla osta da parte dell'ufficio competente dell'Unione dei comuni sopracitata. I lavori sarebbero stati subito interrotti a seguito dell'intervento della Usl per semplici irregolarità di cantiere;

    il 25 maggio 2020 il comune, in seguito alle sollecitazioni di alcuni cittadini allarmati dall'impatto ambientale e per la salute pubblica causati da tale opera, avrebbe chiesto un incontro urgente a Wind 3 per «trovare una soluzione che permetta la realizzazione del progetto in un luogo più idoneo e soprattutto fuori dal centro abitato»;

    il 29 gennaio 2021 Wind 3 avrebbe inviato una relazione tecnica di valutazione negativa dei siti alternativi evidenziando, peraltro, che «l'esigenza di realizzare il sito nella posizione indicata nasce dalla necessità di dare copertura radiomobile all'intero territorio comunale»;

    il 30 gennaio 2021 il comune ha quindi chiesto ad Arpat «un sopralluogo urgente ed un successivo parere tecnico al fine di valutare i limiti Cem e, comunque, ogni altro parametro atto a non mettere a repentaglio la salute della cittadinanza»;

   secondo quanto reso noto dai gruppi consiliari di opposizione (che contestano la ricostruzione resa pubblica dal sindaco) e dal comitato cittadino che si oppone alla realizzazione delle antenne (e che ha raccolto con una petizione oltre 700 firme su una popolazione complessiva del paese di Castell'Azzara di circa 1.000 abitanti):

    la procedura di installazione dell'antenna posta nel centro abitato non sarebbe stata adeguatamente monitorata da parte dell'amministrazione comunale: la grandezza dell'antenna e la potenza dei ripetitori non sarebbero giustificati rispetto alle necessità dei clienti residenti ma potrebbero essere utilizzati a beneficio (e senza ricadute negative) di altri territori limitrofi;

    l'attuale amministrazione avrebbe avuto tutto il tempo e tutti gli strumenti normativi utili per bloccare il nullaosta, avanzare obiezioni e osservazioni, proponendo eventualmente e celermente soluzioni alternative per evitare l'installazione, e soprattutto l'installazione in quella zona;

    la popolazione non sarebbe stata adeguatamente informata circa l'installazione di tali antenne;

    l'Unione dei comuni, in particolare, non avrebbe dovuto concedere il nulla osta all'installazione dell'antenna di via Petrarca, in quanto tale zona è prossima all'Area naturale protetta di cui alla Rete Natura 2000 Monte Penna e la legislazione vigente vieta di fatto la presenza di ripetitori che possano danneggiare l'ecosistema territoriale;

    il vigente regolamento urbanistico comunale, volendo dettare norme di cautela per limitare la proliferazione delle antenne, riporta, all'articolo 41, che «Sono sempre vietati: nuove infrastrutture... ivi compresi impianti della telefonia mobile (se non in forme, dimensioni, tecnologie tali da permetterne l'inserimento senza impatti)» –:

   se sia a conoscenza della vicenda esposta in premessa;

   se risulti che le autorizzazioni per la realizzazione delle stazioni radio siano state rilasciate in conformità con la normativa vigente;

   quali iniziative urgenti intenda assumere, per quanto di competenza, affinché l'installazione delle stazioni radio Wind 3 sia effettivamente compatibile con la salvaguardia della salute pubblica dei cittadini di Castell'Azzara e con la tutela dell'ecosistema e del patrimonio ambientale, paesaggistico territoriale.
(5-05789)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   BORGHESE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   con la legge n. 379 del 14 dicembre 2000 è stato introdotto il sistema di «Disposizioni per il riconoscimento della cittadinanza italiana alle persone nate e già residenti nei territori appartenuti all'impero austro-ungarico e ai loro discendenti», ossia le persone di lingua e cultura italiana nate in territori previamente appartenenti all'impero Austro-Ungarico ed emigrate tra il 25 dicembre 1867 (costituzione dell'Impero) e il 16 luglio 1920 (entrata in vigore del Trattato di Saint Germaine) e i loro discendenti;

   nello specifico, la legge n. 379 del 2000: si rivolge a cittadini nati e residenti nei territori dei comuni delle attuali province di Trento, Bolzano, Trieste, Gorizia, alcuni Comuni della provincia di Udine e Belluno e gli ex territori italiani delle province di Trieste, Gorizia, Pola, Fiume e Zara;

   la legge n. 379 del 2000 riconosce la possibilità dell'ottenimento della cittadinanza italiana anche ai discendenti delle persone nate e/o residenti in detti territori, con il termine ultimo del 19 dicembre 2010 per l'accoglimento delle domande degli interessati;

   oltre questa data, non è più stata offerta la possibilità ai discendenti di quegli emigrati di richiedere riconoscimento della cittadinanza italiana;

   gli aventi diritto alla cittadinanza italiani ai sensi della legge n. 379 del 2000, e che hanno presentato domanda di cittadinanza nei termini, oltre alla «normale» documentazione che dimostra la discendenza dall'emigrante, hanno presentato ulteriore documentazione attestante l'appartenenza dell'emigrante al gruppo etnico-linguistico italiano (generalmente certificazioni rilasciate da riconosciuti associazioni/circoli degli italiani residenti all'estero di appartenenza a quella particolare comunità, certificati di corsi di lingua italiana e altro);

   ai sensi della suddetta legge n. 379, tutta la documentazione a corredo della richiesta di cittadinanza, avrebbe dovuto essere analizzata da un'apposita commissione interministeriale istituita con decreto del Ministro dell'interno del 2 marzo 2001 e composta da rappresentanti del Ministero dell'interno, degli affari esteri e della cooperazione internazionale, della giustizia, dell'università degli studi di Roma «La Sapienza»;

   tale commissione interministeriale, dopo aver verificato la sussistenza dei requisiti di legge, avrebbe dovuto formulare un proprio parere, da trasmettere ai consolati e ai comuni d'Italia per l'espletamento delle iscrizioni di loro competenza;

   a distanza di più di 10 anni dalla scadenza del termine ultimo per la presentazione delle domande di cittadinanza ai sensi della legge n. 379/ del 2000, la maggior parte dei richiedenti sta ancora aspettando il completamento del processo;

   da quanto risulta all'interrogante, alla richiesta di informazioni da parte degli interessati, i consolati rispondono di aver inviato regolarmente tutte le istanze alla commissione interministeriale e di essere in attesa di una risposta –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti di cui in premessa e intendano fornire chiarimenti su come la commissione interministeriale stia portando avanti il suo lavoro e sul tempo stimato necessario per completare l'analisi di tutte le richieste presentate;

   se il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale intenda comunicare il numero di tutte le domande di cittadinanza ai sensi della legge n. 379 del 2000 ricevute dai consolati e il numero di quelle inviate alla commissione interministeriale;

   se il Ministero dell'interno intenda rendere noto il numero di richieste ricevute dalla commissione interministeriale, il numero di domande respinte, il numero di procedure risolte favorevolmente e il numero di procedure ancora in attesa di risoluzione.
(4-08985)


   MAGLIONE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nel quadro degli investimenti infrastrutturali strategici che interesseranno la provincia di Benevento nel prossimo quinquennio si annoverano diverse opere sul medesimo territorio;

   è prevista la realizzazione dell'itinerario Av/Ac Napoli-Bari con un costo complessivo stimato dell'opera, che rappresenta una grande opportunità per il rilancio per il Sud, di circa 6,2 miliardi di euro, di cui circa 2,5 miliardi insisteranno sulla medesima provincia;

   è previsto il raddoppio della Benevento-Caianello con un ammontare economico impegnato di 460 milioni di euro che risulta totalmente finanziato;

   è in fase di realizzazione la variante intorno al comune di San Marco dei Cavoti legata al completamento della strada statale 369 cosiddetta «Fortorina» per un totale di 33 milioni di euro;

   dai dati riportati si prevede che nel prossimo quinquennio, e oltre, sul territorio della provincia di Benevento, per grandi opere dovrebbero esserci investimenti per circa 3 miliardi di euro;

   tuttavia, è noto che a livello europeo si sta già registrando un incremento delle infiltrazioni nell'economia da parte delle organizzazioni criminali; anche dal quarto report dell'Organismo permanente di monitoraggio ed analisi sul rischio di infiltrazione nell'economia da parte della criminalità organizzata di tipo mafioso, emerge che nell'attuale fase pandemica la criminalità sembra aver orientato i propri interessi sull'indebita percezione delle rilevanti e diversificate misure economiche di sostegno disposte dal Governo e, prevedibilmente, sulle future risorse che saranno garantite nell'ambito del Recovery Fund –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione descritta in premessa;

   quali iniziative di competenza si siano adottate o si intendano adottare per rafforzare l'organico delle forze dell'ordine e le risorse e gli strumenti a loro disposizione, al fine di garantire un adeguato lavoro di prevenzione e controllo da parte delle autorità preposte nella provincia di Benevento a fronte di tale eccezionale impegno di spesa, dei cantieri che si apriranno e della manodopera che verrà impiegata.
(4-08986)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VIZZINI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   l'insegnamento delle scienze motorie e sportive è inserito nei programmi scolastici delle scuole secondarie. Nella scuola primaria, invece, è prevista un'ora di educazione fisica settimanale;

   attualmente è in discussione in Senato il disegno di legge n. 992 «Delega al Governo in materia di insegnamento curricolare dell'educazione motoria nella scuola primaria», già approvato dalla Camera dei deputati, che introdurrebbe gli insegnanti di scienze motorie anche in questo ciclo di studi;

   nella scuola primaria, gli obiettivi sviluppati dai singoli istituti per la ginnastica comprendono – tra gli altri – la coordinazione dei movimenti, l'adozione di gesti e comportamenti atti a prevenire infortuni, la corretta esecuzione di sequenze motorie, il riconoscimento del rapporto tra movimento, alimentazione e stile di vita, la conoscenza di espressioni corporee e il loro legame con stati d'animo, l'autocontrollo e la gestione dell'impulsività;

   nella scuola secondaria di primo e secondo grado, l'insegnamento delle scienze motorie e sportive, denominazione introdotta per la prima volta nel 2009, comprende anch'essa obiettivi simili a quelli presenti nella scuola primaria. Evolvendo le capacità motorie, i ragazzi devono al contempo lavorare su concentrazione, coordinamento dei movimenti, gestione dell'emotività, conoscenza di sé anche in rapporto con gli altri, sviluppo delle capacità percettive;

   la pratica dello yoga sta trovando un sempre più ampio favore nel nostro Paese. Attualmente sono 2,5 milioni gli italiani che ne traggono benefici e gli istituti in cui si insegna yoga, nelle sue varie declinazioni e stili, sono circa 2000;

   in tutto il mondo sono centinaia le scuole che hanno inserito la pratica dello yoga nel loro calendario. In Italia la scuola secondaria di primo grado Don Milani di Montirone (BS) ha avviato negli anni dei corsi sperimentali di yoga per gli alunni, nonché dei corsi di aggiornamento per tutti i docenti dell'istituto che hanno manifestato il proprio interesse;

   lo yoga condivide con l'insegnamento delle scienze motorie e sportive tutti gli obiettivi e le finalità presenti nei piani scolastici attuali. In particolare, aiuta a migliorare la postura attraverso esercizi che accrescono la consapevolezza corporea nei bambini, migliora la visione naturale grazie ad esercizi specifici per gli occhi, migliora equilibrio, flessibilità, agilità e coordinazione motoria, allevia i problemi osteo-muscolari legati alla crescita, migliora le prestazioni atletiche e previene lesioni legate alle attività sportive con esercizi che allungano muscoli, tendini e legamenti, allena ad una corretta postura, aiuta i bambini a riconoscere le loro emozioni e i loro pensieri e a gestirli in modo appropriato e costruttivo, aiuta a sviluppare l'autocontrollo, riduce l'ansia e lo stress attraverso esercizi di respirazione e di meditazione, contribuisce a sviluppare l'autostima, insegna ai bambini a lavorare da soli, in coppia ed in gruppo, sviluppando l'ascolto, l'empatia, la gioia della condivisione, la generosità, il rispetto e l'accettazione dell'altro, infine sviluppa e migliora la concentrazione e l'attenzione –:

   se il Ministro interrogato ritenga utile adottare iniziative volte ad introdurre un progetto sperimentale per l'avviamento alla pratica dello yoga all'interno del piano triennale dell'offerta formativa degli istituti primari e secondari, valutando nel caso il suo inserimento all'interno della formazione degli insegnanti di educazione fisica con corsi di aggiornamento specifici o facendolo svolgere ad insegnanti qualificati e certificati selezionati dai dirigenti scolastici dei singoli istituti.
(5-05787)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   DONZELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il reddito di emergenza è una misura di sostegno economico in favore dei nuclei familiari in difficoltà a causa dell'emergenza epidemiologica da COVID-19;

   i requisiti per riceverlo sono :

    1. residenza in Italia al momento della domanda;

    2. un valore di reddito familiare inferiore alla cifra erogata dal reddito di emergenza;

    3. un valore del patrimonio mobiliare familiare inferiore a 10 mila euro;

    4. un Isee inferiore di 15 mila euro;

   per i primi 3 requisiti basta l'autocertificazione;

   gli studenti stranieri che sono in Italia con permesso studio, per accedere all'assistenza sanitaria e ad altri servizi essenziali, richiedono codice fiscale e producono un Isee basato su autocertificazione; quindi tutti e 4 i requisiti sarebbero autodichiarati –:

   se il Governo sia a conoscenza della possibilità che studenti stranieri abbiano ricevuto il reddito di emergenza;

   se siano state fatte verifiche sulle autocertificazioni fornite;

   se non reputi di adottare iniziative affinché non sia più possibile per chi ha il permesso di soggiorno per studio richiedere il reddito di emergenza.
(3-02200)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   COSTANZO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

  come riportato da «FanPage» in data 16 marzo 2021, la procura di Ivrea ha aperto una indagine per caporalato, estorsione e maltrattamenti, oltre all'aggravante di discriminazione razziale, per fare luce sulle condizioni di lavoro di facchini e falegnami dipendenti di una società cooperativa che si occupa dell'installazione dei mobili del punto vendita Mondo Convenienza di Settimo Torinese, colosso specializzato nell'arredamento;

   l'inchiesta è scaturita dalle denunce di un gruppo di lavoratori della società Tsl Service, cooperativa di Settimo Torinese, i quali hanno riferito di aver dovuto sottostare a turni massacranti, spesso senza neppure la possibilità di fare pranzo e senza ferie e permessi;

   facchini e montatori nella denuncia avevano riferito di aver dovuto lavorare spesso dall'alba fino a tarda sera, in alcuni periodi per sette giorni alla settimana;

   i lavoratori, quasi tutti di nazionalità romena, avevano raccontato di aver resistito solo per la paura di perdere la loro unica fonte di reddito, riferendo anche delle minacce di licenziamento per chi provava a protestare;

   come riferisce «La Repubblica» dopo la denuncia dei lavoratori di Settimo Torinese era stata aperta una pagina Facebook chiamata «Mondo Sofferenza» nella quale erano state raccolte testimonianze di colleghi da tutta Italia: «Il lavoro iniziava all'alba con la consegna del denaro preso dai clienti il giorno prima poi ci venivano date le indicazioni per le consegne da fare a cui non potevamo sottrarci nemmeno se era tardi e avevamo la schiena a pezzi». Facchini e montatori dovevano caricare i pesanti mobili sui camion e poi scaricarli e montarli nelle case, rispettando gli orari fissati;

   come ricordato da «La Voce» il 30 marzo 2021, le prime denunce e scioperi dei lavoratori degli appalti di Mondo Convenienza risalgono al 2017 e le motivazioni sono le stesse di oggi: orari di lavoro insostenibili, mancato rispetto delle norme di sicurezza, mancanza di strumenti di ausilio per il carico e scarico;

   alle condizioni di lavoro vessatorie si somma il problema dei frequenti cambi di cooperativa, con contratti spesso peggiorativi e in particolare il passaggio dal contratto «logistica e merci» al contratto «multiservizi», con conseguente drastica riduzione della paga oraria –:

   se il Ministro interrogato non intenda convocare per quanto di competenza, un tavolo di confronto con i vertici della cooperativa Tsl Service, al fine di ottenere i chiarimenti necessari in merito al modus operandi della società;

   se non ritenga necessario adottare iniziative, per quanto di competenza, per imprimere una netta accelerazione politica al percorso di riforma del sistema delle cooperative, degli appalti e della somministrazione volto a tutelare i lavoratori e a impedire che possano ripetersi le storture di questi ultimi anni.
(5-05788)

Interrogazione a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da organi di stampa si apprende la notizia della tragica morte, avvenuta l'8 marzo 2021, di Vincenzo Arborea di soli 15 anni che si è tolto la vita impiccandosi con la cintura del suo accappatoio nel bagno della comunità «I Cento Passi» di Villa di Briano, in provincia di Caserta;

   l'adolescente si trovava nella comunità di recupero dal 27 novembre 2020 a seguito di provvedimento penale di affidamento disposto dal tribunale per minorenni competente in quanto accusato di rapina aggravata di un telefonino in concorso con altri ragazzi e sospettato di un altro reato avvenuto a Pompei;

   la privazione della libertà e l'allontanamento dalla famiglia di origine avrebbe fatto emergere, sin da subito, la fragilità dello stato psico-fisico del minore che, secondo quanto riportato dagli organi di stampa, avrebbe in più occasioni mostrato la propria riluttanza al programma di recupero tanto da arrivare a quel fatidico giorno in cui ha deciso di suicidarsi;

   secondo fonti giornalistiche, pochi giorni prima del suicidio, l'adolescente non aveva accettato il diniego all'autorizzazione per uscire dalla comunità in occasioni dell'anniversario della scomparsa della sorella e per tale ragione il 7 marzo 2021 sarebbe scappato dalla comunità per tornare nella casa familiare a Boscoreale, portando con sé dei fiori per la sorella e tanta insofferenza; la madre l'avrebbe riaccompagnato in comunità, convinta che fosse la cosa giusta da fare; a distanza di pochi giorni il gesto estremo di Vincenzo che ha lasciato una breve lettera per la madre in cui ribadiva il proprio disagio;

   Vincenzo, come accade per tanti altri minori, era stato sottoposto alla custodia dello Stato, attuata per il tramite di una comunità che avrebbe dovuto operare in sostituzione della famiglia, garantendo la massima cura e sorveglianza dello stato psico-fisico del minore e segnalando prontamente eventuali fattori di rischio di possibili atti autolesivi al fine di predisporre un piano di intervento idoneo ai bisogni specifici dell'adolescente;

   la procura della Repubblica di Napoli Nord ha aperto un fascicolo di indagine per istigazione al suicidio per stabilire le cause della morte di Vincenzo ed eventuali omissioni o responsabilità;

   la tragica morte di Vincenzo, che si sarebbe potuta evitare, deve indurre necessariamente tutte le istituzioni e le parti sociali, private e pubbliche, ad una riflessione su un tema molto importante relativo alla prevenzione dei suicidi delle persone detenute, soprattutto se minori e in particolare sulle criticità esistenti nel sistema di affidamento dei minori alle comunità;

   l'attuale sistema soffre, infatti, per l'interrogante di un'ampia discrezionalità attribuita ai servizi sociali, di forti differenze nelle regioni italiane, di una carenza di adeguati ed efficienti strumenti di controllo sulle attività e sull'affidabilità dei soggetti affidatari, di fragilità del lavoro di rete e progettuale tra i soggetti coinvolti e l'assenza di una banca dati nazionale che raccolga con sistematicità i dati certi ed univoci dei minori fuori famiglia;

   il sistema della giustizia minorile pone al centro della sua azione la promozione del benessere degli adolescenti anche quando siano autori di reato al fine di garantire servizi di recupero finalizzati al reinserimento sociale dei minori e partendo da tale presupposto lo Stato e chi per esso agisce è tenuto doverosamente ad interrogarsi su quali siano state le mancanze che hanno condotto un minore a suicidarsi piuttosto che a preferire la via del recupero e del reinserimento sociale –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative per quanto di competenza, intendano adottare per monitorare le criticità esistenti nel sistema di affidamento dei minori alle comunità al fine di evitare il ripetersi di ulteriori gravi eventi come quello descritto in premessa.
(4-08992)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   SPENA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   le eccezionali condizioni meteorologiche registratesi nei giorni scorsi nel Lazio, hanno fatto scendere sotto lo zero termico le temperature atmosferiche, causando disastrose gelate che hanno danneggiato le produzioni agricole, con perdite particolarmente ingenti e danni pari al 50 per cento per i produttori di frutta e verdura;

   sono le piantagioni di kiwi e i vigneti a registrare i danni maggiori, ma anche asparagi, fragole, mandorli, nocciole e pomodori;

   in particolare, nella Capitale e nella provincia sono state danneggiate piantagioni di kiwi a Colonna e Velletri, dove ad essere colpiti dal freddo sono stati anche i vigneti, così come nei Castelli Romani. Risultano danneggiate anche le orticole ad Ariccia e le produzioni di zucchine, patate, melanzane, pomodori, meloni, cocomeri e fragole. Vigneti e orticole sono compromessi anche a Tivoli e Castel Madama. Piante da frutto danneggiate tra Mentana, Marcellina, Palombara Sabina e Montelibretti;

   in provincia di Viterbo, nella zona compresa tra Canino, Vulci e Montalto di Castro, i danni hanno riguardato le colture arboree, mandorlo, vite, nocciolo. Danni agli asparagi a Montefiascone, Canino e Vulci ed anche ai kiwi, nonostante i trattamenti antigelo. Gli asparagi risultano compromessi anche a Montalto di Castro e Tuscania, insieme a orticole e vigneti danneggiati anche a Valentano. A Tarquinia sono stati danneggiati asparagi, carciofi, peschi e patate precoci. Decine di ettari di pomodori sono da ripiantare;

   compromesse anche le piante ornamentali che hanno sofferto per le gelate notturne. Le alte temperature dei giorni precedenti avevano favorito il risveglio della vegetazione. Le piante sono state sottoposte ad un terribile shock termico con effetti sulle produzioni. Oltre a frutta e verdura sono a rischio anche la vite e l'ulivo;

   la quantificazione esatta dei danni, comunque ingenti, non è stata ancora effettuata. Solo nei prossimi giorni, infatti, sarà possibile fare una stima più precisa. Per farsi una idea si consideri che le temperature sono scese sino a 6 gradi sotto lo zero a Montelibretti e Vetralla, e a 10,5 gradi sotto lo zero a Cinelli in provincia di Viterbo –:

   se il Governo intenda adottare tutte le necessarie e opportune iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di assicurare interventi di natura economica a favore delle aziende agricole coinvolte, riconoscendo sostegni economici alle aree interessate dall'eccezionale ondata di maltempo e valutando la possibilità di consentire la sospensione del pagamento delle imposte e dei contributi per assicurare la ripresa produttiva delle imprese e il ripristino delle colture danneggiate.
(4-08984)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   MONTARULI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   al fine di limitare e contenere i danni diretti e indiretti che il COVID-19 e la sua gestione stanno arrecando al sistema economico e sanitario del nostro Paese, urge procedere con immediata celerità nella campagna vaccinale, soprattutto per le cosiddette fasce deboli, garantendo, quanto prima, dosi utili a vaccinare buona parte della popolazione;

   negli scorsi giorni, sul quotidiano nazionale «Libero», è emersa la notizia secondo cui l'Italia, per il primo semestre del corrente anno, avrebbe rinunciato ad oltre mezzo milione di dosi di vaccino;

   in particolare, in base alla ripartizione delle dosi per numero di abitanti decisa dall'Unione europea, il Governo italiano avrebbe potuto richiedere 34,5 milioni di fiale del vaccino americano Pfizer Biontech, ma si è limitato a presentare richiesta soltanto per 33,9 milioni circa;

   l'inchiesta giornalistica da cui si apprende tale notizia fa riferimento ad un documento che da qualche giorno pare circolare tra i diplomatici dell'Unione europea e, se tale notizia fosse confermata, risulterebbero ancora dubbie le motivazioni per le quali il Governo italiano avrebbe rinunciato a circa il 2 per cento di dosi rispetto a quante ad esso ne sarebbero spettate che corrispondono, nello specifico, a 574 mila dosi –:

   se la notizia di cui in premessa corrisponda al vero e, qualora fosse confermata, quali siano le motivazioni che hanno portato ad effettuare tale scelta.
(3-02203)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DE CARLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la pandemia da COVID-19, sia nelle sue fasi iniziali, sia nelle sue fasi odierne, che perdurano ancora critiche, a causa di decenni di tagli alla sanità, ha posto il Governo, le amministrazioni regionali, ospedaliere e tutti i professionisti coinvolti, sin dal periodo pre-pandemico, in condizione di dover affrontare l'emergenza con risorse ridotte;

   il personale sanitario che sin dall'inizio ha retto senza tentennamenti l'impatto della pandemia ha dimostrato in modo continuativo di saper organizzare il proprio insostituibile lavoro in modo tale da garantire la tenuta dell'intero sistema sanitario ospedaliero;

   vanno considerate le criticità denunciate dall'Aaroi-Emac, relative ai criteri di disponibilità dei posti letto di terapia intensiva, ai loro tassi di occupazione, e, infine, per le dotazioni di personale medico e infermieristico;

   alcuni criteri annoverano tra i posti letto di terapia intensiva (rectius: posti letto di rianimazione) anche quei posti letto che sono definiti dalle corrispettive amministrazioni regionali come «convertibili», vale a dire – a quanto si apprende – ricavabili addirittura anche da lettini operatori;

   inoltre vi sarebbero talune esclusioni, dal computo dei pazienti degenti in rianimazione, vale a dire di quei pazienti che pur ricoverati in reparti classificati «ad intermedia intensità di cura» (rectius: unità di terapia sub-intensiva) sono in realtà sottoposti a trattamenti terapeutici anche ma non solo respiratori di tipo intensivo, vale a dire che, per esempio, vengono ricoverati per essere intubati e ventilati meccanicamente, trattamento riservato alle sole rianimazioni;

   infine, secondo quanto riportato dall'Aaroi-Emac, alcune organizzazioni del lavoro e del personale medico ed infermieristico, in primis secondo le rispettive dotazioni numeriche, parrebbero non completamente rispondenti ai criteri di corretto dimensionamento di tali dotazioni organiche per le rianimazioni;

   i criteri di corretta definizione sono sempre definiti per legge ed è necessario intervenire affinché tutti i decisori politici ed amministrativi del Servizio sanitario nazionale e tutti gli operatori sanitari vengano messi nella condizione di prendere le più opportune iniziative di contenimento della pandemia;

   elencare come posti letto di rianimazione quelli che non ne hanno effettivamente le giuste caratteristiche o non inserire tra i malati di terapia intensiva i pazienti ricoverati con insufficienza respiratoria da COVID-19 risulterebbe fuorviante al fine di un concreto ed efficiente piano di emergenza sanitaria nazionale –:

   quali siano i criteri utilizzati per calcolare i posti letto di «terapia intensiva» disponibili, se l'attuale conteggio pubblicato sul portale dell'Agenas comprenda tutti gli spazi utilizzati o utilizzabili in estrema emergenza come «terapia intensiva» ma non realmente tali – come ad esempio i lettini operatori – e se quindi nel conteggio giornaliero dei posti letto di rianimazione per ciascuna regione siano da considerare solo quelli «attivati».
(4-08973)


   GEMMATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nel 2011 l'americana Food and Drug Administration (FDA) ha lanciato un allarme sulla possibilità che le pazienti portatrici di alcune particolari tipologie di impianti mammari potessero essere soggette ad una aumentata incidenza di un raro tipo di linfoma;

   in Italia, nel 2014, dopo le segnalazioni di alcuni medici su esperienze dirette con le proprie pazienti, la direzione generale dispositivi medici e farmaceutici (Dgdmf) del Ministero della salute ha istituito un tavolo di lavoro che, qualche mese dopo, ha emanato la circolare n. 0011758 dell'11 marzo 2015 per sensibilizzare gli operatori sanitari verso una corretta diagnosi di questo nuovo linfoma poi classificato dall'Oms, nel 2016, in via provvisoria, come Breast Implant Associate Anaplastic Large Cell Lymphoma (Bia-Alcl);

   il 2 aprile 2019, la francese Agence nationale de sécurité du médicament et des produits de santé (Ansm) vieta la commercializzazione in Francia delle protesi macro-testurizzate e quelle ricoperte di poliuretano, considerate responsabili dell'insorgenza del linfoma in alcune pazienti;

   nel 2019, il Ministero della salute italiano ha annunciato l'apertura di un registro delle protesi mammarie, già istituito con legge del 2012 ma mai attuato, ma nonostante la pubblicazione su internet di un sito chiamato «Registro nazionale protesi mammarie», da allora fino ad oggi risulta avviato solo uno «studio pilota» che raccoglie i dati di un esiguo numero non dichiarato di chirurghi partecipanti;

   sempre nel 2019, per definire meglio i rischi cui andavano incontro le pazienti, la suddetta direzione del Ministero chiese un parere al Consiglio superiore di sanità, il quale istituì a tal fine un gruppo di esperti che, in esito al proprio lavoro, sostenne l'assenza di evidenze scientifiche ed espresse parere negativo al ritiro dal commercio delle protesi testurizzate, salvo quelle per le quali era stato ritirato il marchio CE;

   nel 2019, però, la Commissione europea sulla salute chiese allo Scientific Committee on Health Environment and Emerging Risks (Scheer) di formulare un'opinione sul rischio del Bia-Alcl, in pazienti portatori di protesi mammarie, e il Comitato indicò chiaramente la presenza di evidenze scientifiche e di un nesso di causalità tra superficie testurizzata delle protesi e il linfoma Bia-Alcl, e come misura da adottare per evitarlo, quella di non impiantare le protesi testurizzate;

   per capire la eziopatogenesi del linfoma e di altri eventuali fenomeni, gli studiosi hanno bisogno di due fattori: il numero di casi (numeratore) e la popolazione attiva portatrice di impianti mammari (denominatore); in merito al numeratore, il Ministero ha istituito il registro italiano dei casi di Bia-Alcl, giungendo a diagnosticare ad oggi 65 casi con due decessi a causa delle protesi testurizzate;

   in merito al denominatore invece, la Dgdmf del Ministero ha assolto, ad avviso dell'interrogante, solo in maniera fittizia al mandato istituzionale di attivare il registro delle protesi mammarie: i dati raccolti, infatti, non sono disponibili sul sito e nulla di più si sa sull'esito del progetto-pilota, se esso sia ancora attivo o concluso;

   nel febbraio di quest'anno in Francia è stato sospeso l'utilizzo delle protesi mammarie B-Lite della Polythec, per la presenza di corpi estranei (microsfere di borosilicato) sulla superficie, potenzialmente dannose –:

   quali iniziative di competenza intenda porre in essere per proteggere l'incolumità delle cittadine, riportando con trasparenza le attività sul tema della direzione generale dispositivi medici e farmaceutici, e in particolare, rendendo note le fasi di attuazione dello studio-pilota, i tempi per il suo completamento e la reale attivazione del «Registro delle protesi mammarie», nonché le tempistiche entro cui i dati, raccolti nell'ambito sia del suddetto studio-pilota sia del «Registro nazionale del Bia-Alcl», saranno pubblicati a beneficio degli studiosi.
(4-08979)


   VILLAROSA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'atrofia muscolare spinale (Sma) è la principale causa genetica di morte infantile. Se non trattata, la Sma di tipo 1 porta alla morte o alla necessità di ventilazione permanente all'età di due anni in oltre il 90 per cento dei casi;

   la Sma è una malattia neuromuscolare genetica rara, causata dalla mancanza di un gene SMN1 funzionale, con conseguente perdita rapida e irreversibile dei motoneuroni, che influisce sulle funzioni muscolari, tra cui la respirazione, la deglutizione e il movimento di base;

   in particolare, nella Sma di tipo 1, la degenerazione dei motoneuroni inizia prima della nascita e si intensifica rapidamente. La perdita dei motoneuroni non può essere invertita, quindi i pazienti con Sma con sintomi al momento del trattamento richiederanno probabilmente alcune cure respiratorie, nutrizionali e/o muscolo-scheletriche di supporto per massimizzare le capacità funzionali;

   ad oggi, Zolgensma (onasemnogene abeparvovec), prodotto dall'azienda Novartis, è l'unica terapia genica per l'atrofia muscolare spinale (Sma) e l'unico trattamento Sma progettato per affrontare direttamente la causa genetica alla radice della malattia, sostituendo la funzione del gene Smn mancante o non funzionante per arrestare la progressione della malattia attraverso espressione della proteina Smn sostenuta con una singola infusione endovenosa una tantum;

   Zolgensma è stato approvato negli Stati Uniti a maggio 2019 dall'agenzia statunitense Food and Drug Administration (Fda);

   il 19 maggio 2020 la Commissione europea ha concesso a tutti i 27 Stati membri dell'Unione europea, oltre ad Islanda, Norvegia, Liechtenstein e Regno Unito l'approvazione condizionale per Zolgensma, fino a 21 chili di peso, parametro massimo in cui è assicurata l'efficacia stessa del farmaco;

   l'Aifa, con determina n. 126266/2020 approvata il 12 novembre 2020, aveva inizialmente previsto l'inserimento del medicinale Zolgensma nell'elenco dei medicinali erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale ai sensi della legge 23 dicembre 1996, n. 648, per il trattamento solo entro i primi sei mesi di vita di pazienti con diagnosi genetica;

   successivamente, il 9 marzo 2021, il consiglio di amministrazione di Aifa ha approvato la rimborsabilità della terapia genica Zolgensma a carico del Ssn per tutti i bambini affetti da Sma1 sotto i 13,5 chilogrammi di peso e un accordo con l'azienda Novartis che includeva l'impegno della società a mettere a disposizione il farmaco a titolo gratuito all'interno di studi clinici per i bambini con un peso compreso tra i 13,5 e i 21 chilogrammi, allo scopo di acquisire su questi pazienti, in un setting controllato, dati ulteriori di efficacia e sicurezza;

   in numerosi Stati europei sono stati approvati programmi di accesso anticipato sempre fino ai 21 chilogrammi e nessuno ne ha «limitato» l'accesso come in Italia;

   per alcuni di loro, come Luca o Melissa, però, l'accordo con l'azienda potrebbe essere raggiunto troppo tardi, visto che, alcuni hanno già oggi un peso intorno ai 18 chilogrammi e rischiano così di non poter usufruire di un farmaco vitale, per cui sono state attivate delle raccolte fondi spontanee per acquistare privatamente e direttamente il farmaco e recarsi in Germania per la somministrazione –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, affinché sia accellerata la definizione e l'attuazione del protocollo di autorizzazione con l'azienda, con particolare riferimento ai bambini con peso corporeo fino a 21 chilogrammi.
(4-08983)


   SAPIA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la Calabria è commissariata dal 2010 per l'attuazione del Piano di rientro dal disavanzo sanitario regionale e il suo Servizio sanitario regionale ha risaputi problemi nella garanzia dei livelli essenziali di assistenza;

   la pandemia ha reso ancora più evidenti le falle del sistema sanitario calabrese;

   un articolo apparso il 9 aprile 2021 sulla testata giornalistica on line «Il Fatto di Calabria» riporta, per quanto riguarda la Calabria: «La percentuale di positività non è mai scesa sotto il 13 per cento mentre la Fondazione Gimbe continua a registrare un incremento medio del contagio su numero di abitanti. Gli ospedali sono in affanno con l'hub di Cosenza assediato dal Covid dentro e fuori. Interi centri, anche molto grossi, sono bersagliati dal virus»;

   lo stesso articolo dettaglia che «negli ultimi 5 giorni, (...) ci sono stati poco meno di 2 mila casi di positività al Covid-19 in Calabria. Una media di 400 al giorno»;

   l'articolo prosegue: «Sempre negli ultimi 5 giorni ci sono stati in Calabria poco meno di 40 morti per Covid-19. Un numero che impressiona solo se ci metti la carta carbone di sotto. Nel corso della famigerata prima ondata, (...) una quarantina di morti non si sono mai raggiunti nemmeno da inizio marzo a fine aprile» dell'anno scorso;

   l'articolo in parola continua: «E non è tutto, anche se potrebbe bastare. La percentuale di occupazione Covid nelle terapie intensive dei principali ospedali e hub calabresi è al 24 per cento ma in crescita, la soglia limite è del 30 per cento, con l'Annunziata di Cosenza letteralmente assediata dal virus dentro e fuori. Nei pressi del pronto soccorso più di 30 i malati in attesa vana di un letto, tutti i reparti che si potevano occupare sono stati occupati. Fuori ambulanze che sperano di sbarellare. Dentro l'ospedale un cluster di positività tra medici e infermieri, almeno una decina, peraltro vaccinati e con seconda dose»;

   l'articolo evidenzia: «Secondo la Fondazione Gimbe, in Calabria nell'ultima settimana il dato è ulteriormente peggiorato. Ci si riferisce ai “casi attualmente positivi per 100.000 abitanti” che si è fermato a 607. Per Gimbe siamo oltre la soglia di saturazione. Nello stesso periodo di tempo, i posti letto in area medica sono occupati al 47 per cento della capacità, da pazienti affetti da Covid-19»;

   l'articolo compendia: «La Fondazione Gimbe, nel suo messaggio di “allert” destinato alla Calabria, cita anche i pochi vaccini somministrati fin qui ma in questo caso il virus c'entra poco, potrebbero essere più le procure le vere destinatarie del rapporto. Di sicuro, e qui non c'è bisogno di Gimbe, il tracciamento è andato a farsi benedire e da parecchio. Ci sono ancora tamponi del 30 marzo da processare e che giacciono nei frigo di Asp e ospedali, sempre potendo contare sulla “salute” di alcuni laboratori (Rossano, per esempio) che un giorno sì e l'altro pure vanno in default»;

   «la Calabria, che con la metà dei casi in 5 giorni era finita in zona rossa, ora passa in zona arancione con 40 morti e 2 mila casi, il doppio» mentre – ancora per come riportato nell'articolo citato, «lo sconcerto tra sindaci e operatori sanitari è dilagante»;

   inoltre, in comuni del Cosentino i rispettivi sindaci hanno prorogato la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado –:

   se nell'ordinanza ministeriale che ha disposto la zona «arancione» per la Calabria si sia tenuto conto dei livelli di pressione sulle strutture sanitarie e delle poche vaccinazioni somministrate;

   se il Ministro della salute non intenda rivalutare la situazione della Calabria e decidere di conseguenza, a scopo di precauzione;

   quali iniziative intenda intraprendere, alla luce dei dati citati, per valutare se sia corretto, in ordine alla salute pubblica, mantenere in zona «arancione» la Calabria o se non sia il caso di intervenire con misure più restrittive.
(4-08989)


   SARLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo n. 26 del 2014 stabilisce misure relative alla protezione degli animali utilizzati ai fini scientifici o educativi, e, a tal fine, sono disciplinati anche aspetti come la sostituzione, la riduzione dell'uso di animali nelle procedure e il perfezionamento delle tecniche di allevamento, di cura e di impiego degli animali;

   il decreto citato stabilisce di effettuare la valutazione retrospettiva dei progetti scientifici con gli animali; la valutazione retrospettiva viene effettuata sulla base della documentazione presentata dal responsabile del progetto con i risultati riguardo il raggiungimento degli obiettivi del progetto; le specie e il numero di animali utilizzati, il danno inflitto e la gravità delle procedure impiegate;

   sulla base del decreto legislativo n. 26 del 2014 sono stati previsti, tra l'altro, fondi pari a 500 mila euro per le ricerche con metodi alternativi per il triennio 2014-2016 –:

   come siano stati ripartiti i fondi sopra citati, quali ne siano stati i beneficiari e con quali risultati;

   quale sia stato l'esito delle ispezioni, per quanto di competenza, rispetto all'applicazione del «principio delle 3R», considerato in particolare il principio del perfezionare (refinement), visto che il decreto legislativo citato prevede, con cadenza regolare, le ispezioni in tutti gli stabulari (di allevamento, fornitura e utilizzo) presenti in Italia;

   quante di queste ispezioni siano state effettuate senza preavviso (ai sensi dell'articolo 30, comma 5, del suddetto decreto) e con quale esito;

   quali iniziative, per quanto di competenza, siano state intraprese volte a risolvere le non conformità e a tutelare il benessere degli animali;

   quale sia il soggetto incaricato alle valutazioni retrospettive dei progetti autorizzati del Ministero della salute, previste dall'articolo 32 del decreto legislativo citato, e quali ne siano gli esiti, tenuto conto che sono passati già 7 anni dall'approvazione del suddetto decreto e le autorizzazioni hanno durata massima di 5 anni;

   quale sia il risultato dell'individuazione delle aree di intervento per destinare i finanziamenti pubblici per lo sviluppo e l'utilizzo di metodi di ricerca senza animali in sostituzione dei metodi che li utilizzano, come previsto dal decreto legislativo citato;

   quali siano i laboratori di ricerca che utilizzano metodi alternativi;

   se e in quali tempi il Ministro interrogato intenda adottare il decreto ministeriale di cui all'articolo 19 del decreto legislativo n. 26 del 2014 relativo alla liberazione degli animali e al loro reinserimento in un habitat adeguato, nonché il decreto ministeriale di cui all'articolo 23 del medesimo decreto legislativo, relativo alle modalità di formazione del personale abilitato del settore;

   quali siano le motivazioni per le quali non sia stato rinnovato il «Gruppo di lavoro per lo sviluppo e la promozione dei metodi alternativi alla sperimentazione sugli animali», i cui componenti sono rimasti in carica fino al giugno 2020 e quali siano i risultati dell'anno di lavoro che dovrebbero essere stati presentati nelle previste due relazioni del gruppo di lavoro.
(4-08991)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   MONTARULI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nell'ambito della procedura prevista da decreto-legge «Liquidità», lo scorso anno, il Ministero dell'economia e delle finanze ha dato via libera alla garanzia statale sottoscritta da Sace sul prestito da 6,3 miliardi di euro di Intesa Sanpaolo a Fca, con l'obiettivo di preservare e rafforzare la filiera automotive italiana e a rilanciare gli investimenti, l'innovazione e l'occupazione in un settore strategico per il futuro economico e industriale del Paese;

   Fca, pur avendo sede legale in Olanda e quella fiscale a Londra, sosteneva che il prestito fosse indispensabile per la ripartenza delle produzioni in Italia e la prosecuzione dei principali progetti di investimento negli impianti italiani del gruppo;

   in data 16 gennaio 2021 nasce Stellantis, il quarto costruttore automobilistico al mondo in termini di volumi e fatturato, frutto della fusione tra in gruppi automobilistici Fca e Psa;

   la nuova realtà produttiva, come si può apprendere navigando su una nota piattaforma che mette in correlazione domande e offerte di lavoro, è alla ricerca di numerosi profili professionali, per un totale di circa settecento nuove assunzioni. Tuttavia, tali nuove posizioni, escluse una manciata che riguardano gli stabilimenti di Modena e Torino, sono tutte rivolte all'estero;

   a parere all'interrogante, è inaccettabile che un gruppo produttivo che dall'Italia ha ricevuto molto, delocalizzi quasi interamente all'estero la propria produzione ed avvii un piano strategico per le assunzioni senza alcuna reazione da parte dei rappresentanti del Governo, compromettendo il futuro degli impianti produttivi italiani;

   è necessario che i rappresentanti del Governo riconoscano quanto prima la strategicità del settore automotive per lo sviluppo dell'industria del nostro Paese;

   tuttavia, al momento della fusione il Governo non ha provveduto a richiedere le giuste garanzie occupazionali per l'Italia;

   il sindaco di Torino tardivamente avrebbe scritto al Governo, per chiedere risorse destinate all'automotive, e a Stellantis, benché da parte del gruppo non ci sia nessuna garanzia su investimenti concreti e piani occupazionali per l'Italia –:

   quali urgenti iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere per evitare che il nostro Paese venga ripetutamente ignorato nei piani di sviluppo dell'ex Fca e del gruppo Stellantis.
(3-02202)

TRANSIZIONE ECOLOGICA

Interrogazione a risposta orale:


   DONZELLI. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   di recente si sono avuti una raffica di arresti in Toscana; secondo quanto si è appreso da notizie di stampa, un'inchiesta pesantissima svela un radicato sistema di appalti e smaltimento illecito di rifiuti gestito dalla 'ndrangheta. E fa tremare lo stesso palazzo della regione. Fra gli indagati infatti c'è Ledo Gori, il numero uno dello staff del presidente della regione, Eugenio Giani. L'operazione della direzione distrettuale antimafia è partita dalla scoperta di un traffico di droga e ha portato poi a sgominare una vera e propria organizzazione per lo smaltimento illecito di rifiuti che coinvolge alcuni imprenditori delle concerie della Valdera: avrebbero collaborato con le cosche calabresi. La 'ndrangheta, attraverso il controllo di alcune aziende del territorio, avrebbe messo le mani sulle gare per l'affidamento di appalti. Come quello per la realizzazione della strada 429 della Valdelsa: almeno 8.000 tonnellate scarti tossici provenienti delle concerie sarebbero state utilizzate nella realizzazione dell'infrastruttura. Il ruolo della regione Toscana sarebbe stato determinante: Ledo Gori è da molti anni il braccio destro di Enrico Rossi, presidente della regione Toscana nell'ultimo decennio e in carica fino a pochi mesi fa. È stato suo assessore negli anni '90, quando era sindaco a Pontedera, capo segreteria dal 2000 quando era assessore alla salute e dal 2010 era diventato capo di gabinetto del governatore. Secondo i magistrati sono gli imprenditori conciari arrestati per i rapporti con la 'ndrangheta, ma anche il sindaco di Santa Croce sull'Arno Giulia Deidda (del Pd), ad aver chiesto ed ottenuto la riconferma di Ledo Gori con Eugenio Giani. Gori è identificato nelle carte dell'inchiesta come l'uomo garanzia per l'associazione a delinquere per la sua disponibilità ad assecondare le richieste dei vertici del sodalizio criminoso. Ci si chiede se Giani sapesse. Due imprenditori dell'associazione conciatori finiti ai domiciliari lo hanno incontrato durante una cena nel marzo 2020 e in successive visite elettorali: gli hanno fatto capire che la nomina di Gori a capo segreteria era una condizione essenziale per avere il sostegno dell'associazione conciatori. Gori è già a processo per corruzione nella sanità toscana e, nonostante ciò, è stato riconfermato nel suo ruolo dal neo presidente della regione. Ma non è tutto, perché il capogruppo di Fratelli d'Italia in consiglio regionale, Francesco Torselli, ha scoperto che Giani ha ricevuto dagli imprenditori delle concerie anche dei finanziamenti. Soldi per finanziare la sua campagna elettorale –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere per la messa in sicurezza delle aree contaminate e per garantire la salute pubblica.
(3-02205)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIABURRO. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il «Superbonus 110 per cento» istituito dall'articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, cosiddetto «Decreto Rilancio», pone come limite massimo di spesa a immobile, per interventi sismici, il tetto di 96.000 euro;

   per gli interventi di isolamento termico di cui al predetto articolo, si prevede un limite di spesa massimo di 50.000 euro, nel caso dei cappotti termici; tale cifra è chiamata a coprire anche il costo del 10 per cento di Iva sull'intervento e le spese di progettazione corrispondenti al 15 per cento dell'intervento, lasciando, di fatto, circa 37.000 euro effettivi di spesa per l'effettivo intervento di isolamento;

   nel caso di immobili beneficiari della misura, di grandi dimensioni, con facciate di ampia metratura, il predetto massimale di 50.000 euro, di cui all'articolo 119, primo comma, lettera a), del citato decreto-legge n. 34 del 2020, è del tutto insufficiente a coprire la spesa dell'intervento, in quanto sottoposta ad una riduzione implicita di circa 23.000 euro;

   data l'intenzione del Governo di effettuare un ulteriore scostamento di bilancio nella misura di 40 miliardi di euro nel mese di aprile 2021 e la progettazione di un potenziamento della misura del «Superbonus 110 per cento» nel contesto del Piano nazionale di ripresa e resilienza, attuativo del programma Next Generation EU e della Recovery and Resilience Facility dell'Unione europea, si ravvisano tutte le condizioni sufficienti e necessarie per poter incrementare l'efficacia della misura;

   come indicato da un'indagine il 75 per cento delle imprese ricorrenti al «Superbonus» si aspetta una crescita di fatturato del 30 per cento, aspettativa basata anche su una prospettiva di gestione della misura «amica» delle imprese e del mercato; di conseguenza, un incremento dei massimali per gli interventi, giustificato dalla scarsa efficacia della misura su immobili di grande metratura, genericamente superiore ai 250- 300 metri quadrati, riuscirebbe ad incrementare il ritorno per i contribuenti e per l'intero mercato –:

   se i Ministri interrogati siano conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative di competenza intendano intraprendere per incrementare i massimali del «Superbonus 110 per cento» anche sulla base delle evidenze di cui in premessa, in particolar modo per gli interventi di isolamento termico, fornendo una copertura effettiva (depurata di Iva e costi gestionali) di almeno 50.000 euro effettivi.
(4-08977)


   CIABURRO. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'Agenzia delle entrate, direzione regionale della Lombardia, con la risposta n. 254/2021 all'interpello n. 904-334/2021 ha evidenziato che si devono ritenere agevolabili soltanto le voci di spesa strettamente relative agli interventi eseguiti e ammissibili al «Superbonus 110 per cento» di cui agli articoli 119 e 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, cosiddetto «Decreto Rilancio»;

   nella risposta, in breve, l'Agenzia delle entrate ha indicato come la spesa relativa al compenso per il servizio reso da parte del general contractor a titolo di costi organizzativi e di coordinamento delle attività che sono state ad essa affidate dal condominio non possono essere oggetto della detrazione del 110 per cento;

   nella prassi più recente, il general contractor si è posto come quella figura risolutrice dei problemi organizzativi e gestionali legati al «Superbonus 110 per cento», diventando il vero epicentro di tutti i lavori e le progettualità messe in atto finora, data la natura estremamente complessa e composita del corpus normativo legato all'incentivo;

   l'impostazione fornita dall'Agenzia delle entrate, se confermata, renderebbe inutile lo schema seguito in centinaia di casi in tutto il Paese, ed in particolar modo da soggetti, come le grandi utility dell'energia, che fornendo la loro capacità organizzativa e di coordinamento per rendere fattibile ed accessibile l'utilizzo di una misura complessa come quella del «Superbonus 110 per cento»;

   stante la natura di per sé complessa ed articolata del «Superbonus», è essenziale che soggetti come i general contractor svolgano un ruolo di garanzia e monitoraggio degli interventi, rendendo il loro compito funzionale all'intervento, e dunque suscettibile di detrazioni, come invece negato dall'Agenzia delle entrate medesima;

   come indicato anche da esponenti di importanti utility dell'energia come Eni ed Enel X, scoraggiare chi svolge un ruolo di facilitatore non è, in generale, un approccio corretto per sfruttare il «Superbonus»;

   secondo un'indagine svolta dall'Ance con le aziende attive nell'utilizzo del «Superbonus 110 per cento», solo l'8,2 per cento delle imprese non ha riscontrato problemi di natura burocratica nello svolgimento dei lavori, rendendo ancora più evidente la necessità di interventi che vadano nella direzione delle imprese coinvolte –:

   se i Ministri interrogati siano conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative di competenza intendano intraprendere per:

    a) sancire e chiarire in modo definitivo l'inclusione dei costi relativi al general contractor tra quelli relativi agli interventi detraibili dal credito del «Superbonus 110 per cento», stante l'evidente importanza acquisita dalla figura nella preparazione degli interventi;

    b) coordinare gli interventi interpretativi della misura del «Superbonus 110 per cento» tra tutte le amministrazioni di competenza, onde evitare cambi radicali di regole e strutture applicative della misura medesima in pieno corso d'opera, causando enorme pregiudizio a tutti i progetti in essere o in fase di messa a terra.
(4-08978)


   VILLAROSA. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   l'Etna, con i suoi 3350 metri di altitudine e 35 chilometri di diametro alla base, è il vulcano ad attività persistente più grande d'Europa;

   si definiscono ad attività persistente quei vulcani che danno eruzioni continue o separate da brevi periodi di riposo, dell'ordine di mesi o di pochissimi anni. Sono vulcani che eruttano frequentemente e che, per le condizioni di attività a condotto aperto, presentano una pericolosità ridotta ed a breve termine;

   negli anni l'Etna, ma anche lo Stromboli, alternano attività effusive ed esplosive, con colate di lava e depositi piroclastici, che hanno portato alla stratificazione di prodotti vulcanici;

   dal risveglio dell'Etna, avvenuto il 16 febbraio 2021, si contano già 16 episodi parossistici con intense e prolungate attività e numerose emissioni di nubi eruttive che hanno creato grossi disagi ai cittadini dei comuni colpiti;

   come si apprende dalla stampa (https://www.lasicilia.it): «La cenere dell'Etna: sta diventando un problema molto grosso. Anche stavolta dal cielo è piovuta una grande massa di sabbia, lapilli e pulviscolo vario che ha travolto i paesi della fascia meridionale del vulcano: da Trecastagni a Pedara fino a Belpasso, Misterbianco e naturalmente Catania. Ma l'areale di distribuzione della pioggia di cenere, rilevato dall'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia – Osservatorio Etneo, sarebbe assai più ampio: sono giunte alla sede di piazza Roma segnalazioni di ricaduta di cenere da Carlentini e da Augusta»;

   in uno studio del dipartimento di ingegneria civile ed architettura dell'università di Catania, finanziato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, chiamato progetto Reucet, «Recupero e utilizzo delle ceneri vulcaniche etnee» si evince come le ceneri prodotte durante un'eruzione vulcanica siano ancora oggi considerate come «rifiuto che spesso è gestito in deroga alla normativa vigente»;

   come evidenziato anche dal professor Paolo Roccaro, responsabile scientifico del progetto, «l'uso delle ceneri vulcaniche in sostituzione di materiali naturali consentirebbe di ridurre il consumo di risorse naturali e di evitare lo smaltimento della cenere come rifiuto, promuovendo la transizione verso un'economia circolare... Ad oggi, le ceneri vulcaniche etnee vengono classificate come rifiuto da conferire in discarica o negli impianti di recupero di inerti con notevole risparmio. Costi che si aggiungono a quelli della raccolta con l'impiego di risorse pubbliche per sostenere le amministrazioni locali» –:

   se il Ministro interrogato fosse a conoscenza della problematica di cui in premessa e se non si ritenga necessario, nell'ottica della transizione ecologica che il nostro Paese vuole perseguire, adottare iniziative per valutare una corretta classificazione delle ceneri vulcaniche prodotte durante le numerose eruzioni avvenute negli ultimi anni e soprattutto se intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, volte a sviluppare o incentivare filiere sostenibili nel recupero delle ceneri vulcaniche in modo tale che siano utilizzate nei vari settori produttivi industriali, favorendo in tal modo anche una riduzione dei costi per la raccolta e lo smaltimento che gli enti locali interessati dalla problematica devono sostenere.
(4-08981)


   ZIELLO e LOLINI. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   si apprende dai media che, secondo le indagini in corso della procura antimafia di Firenze, ingenti quantità di Keu, un materiale derivante dal trattamento dei fanghi prodotti dagli scarti della concia delle pelli dell'impianto (ex Ecoespanso) del Consorzio Aquarno Spa, è stato mescolato con materiali da costruzione e demolizione ed utilizzato come aggregato per sottofondi stradali e bonifiche;

   scegliendo la via del riciclo, sembra che Aquarno, fra il 2012 e 2018, abbia pagato alla ditta Lerose 58 euro/tonn per lo smaltimento delle ceneri da fanghi (Keu) a fronte di un costo effettivo pari a 220 euro/tonn che richiederebbe lo smaltimento in discarica, con un profitto illecito complessivo pari a 7.194.582,00 euro;

   sembra che i residui dell'impianto, da almeno 20 anni, inquinano il territorio con superamenti dei limiti tabellari di cromo, nichel, arsenico, idrocarburi e solfati, nel suolo e nelle acque; si tratta di metalli pesanti che non dovrebbero esserci, invece sono stati trovati, da verifiche di ArpaT e Carabinieri, sia nelle ceneri dell'impianto ex Ecoespanso, sia nei prodotti in uscita dagli impianti di trattamento di Pontedera e Bucina di Lerose; si tratta di un imprenditore che, secondo la Direzione distrettuale antimafia di Firenze, sarebbe vicino alla ‘ndrangheta;

   i controlli hanno riguardato un cantiere a Massarosa, uno nell'area Galazzo, sull'Aurelia, nonché Castelfalfi di Montarone, Empoli, il cantiere della strada regionale 429 di Valdesia per il completamento della variante, ma anche le aziende agricole di Lecci di Peccioli e Crespina Lorenzana; nel cantiere Green park di Pontedera, in seguito sottoposto a bonifica, secondo gli inquirenti sono state riciclate da Lerose 5.472 tonnellate di Keu per sottofondi stradali;

   in un'altra inchiesta, la «Blu Mais», sempre collegata alle concerie di Santa Croce, i magistrati accusano lo sversamento illecito di 24 mila tonnellate di fertilizzanti, in realtà inquinanti, su 150 ettari delle campagne fiorentine e pisane, con due prodotti di scarto di lavorazione: il Natifer e il Carbocal; peraltro, in seguito all'incendio di 600 ettari di bosco, nel 2018, sembra che la direzione dell'Associazione Conciatori di Santa Croce ha cercato, per fortuna senza riuscirci, di smaltire i rifiuti conciari di natura animale come fertilizzanti proprio nei territori percorsi dal fuoco, con una operazione di «greenwashing» di impianto di ulivi;

   le sostanze inquinate di Keu sarebbero finite anche ad una serie di cantieri sul territorio di Pisa, infrastrutture e centri commerciali e anche nel sottosuolo dell'aeroporto militare, per alcune migliaia di tonnellate in area destinata alla movimentazione di veicoli e aeromobili, e in quello dell'area ex Vacis, la zona della darsena pisana, dove un maxi progetto di riqualificazione ambientale e di rigenerazione urbana punta ad inaugurare tra pochi mesi un nuovo polo commerciale; i cittadini temono un inquinamento anche delle acque dell'Arno, nonostante alcune analisi di ArpaT su alcuni materiali stoccati per essere utilizzati per coprire scavi per il passaggio di tubature, non abbiano evidenziato superamenti tabellari;

   nel comune di Pisa, maggioranza e opposizione hanno presentato interrogazioni, chiedendo una relazione dell'ArpaT in consiglio comunale, con i dati precisi della situazione attuale;

   occorre fare luce su una serie di episodi che, secondo gli inquirenti, avrebbero contribuito a scaricare nel sottosuolo del territorio comunale migliaia di tonnellate di materiali altamente inquinanti –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda intraprendere, anche per il tramite del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, per appurare la situazione ambientale del suolo e delle acque del territorio toscano ed in particolare di quello di Pisa, garantendo la salute dei cittadini e anche valutando di adottare iniziative per la messa in sicurezza delle aree inquinate, soprattutto con riferimento all'area ex Vacis e all'aeroporto militare, nonché per assicurare il controllo e il monitoraggio delle acque dell'Arno.
(4-08994)

Apposizione di firme ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Viviani e altri n. 4-08956, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 aprile 2021, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Lolini, Patassini, Tarantino, Manzato.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Lollobrigida n. 1-00466, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 489 del 19 aprile 2021.

   La Camera,

   premesso che:

    la sovranità digitale è uno dei temi chiave per affrontare le sfide della contemporaneità ed assicurare tutela e protezione ai dati dei cittadini;

    ovunque si è affermata una compiuta consapevolezza sul ruolo e sul valore dei dati personali prodotti dalle pubbliche amministrazioni e fondati sui dati dei cittadini;

    l'Europa, in considerazione dell'assenza di grandi operatori di cloud continentali, ha adottato politiche di sviluppo e di rafforzamento del cloud europeo;

    in Stati come Francia e Germania le politiche del cloud relativamente ai dati dei cittadini sono non a caso nelle mani dei rispettivi Ministri dell'economia e delle finanze, Bruno La Maire e Peter Altmaier, a conferma della considerazione che nei due Paesi riscuote il settore dei dati personali dei cittadini come patrimonio della nazione;

    le legislazioni di alcuni Paesi prevedono l'obbligo per le loro società nazionali operanti in giro per il mondo di garantire l'accesso alle amministrazioni nazionali per ragioni di sicurezza o di interesse nazionale, come nel caso del «Cloud Act» approvato dal Congresso americano nel febbraio 2018;

    in considerazione di tali legislazioni invasive, alcuni Paesi hanno immediatamente aggiornato le proprie normative sul cloud, come nel caso della Francia, che nel maggio del 2018 ha appositamente modificato la propria legge nazionale sul cloud;

    l'Italia ha un enorme ritardo rispetto agli altri Paesi europei e ad altri Paesi avanzati esterni all'Unione europea, disponendo in modo limitato di infrastrutture cloud nazionali dedicate alla raccolta, custodia e trattamento dei dati;

    appaiono a tutt'oggi deboli le politiche pubbliche nazionali di supporto alla creazione di asset nazionali di cloud sin qui adottate dai precedenti Governi;

    le azioni promosse dall'Agenzia per l'Italia digitale in ambito di sviluppo del cloud non hanno risposto alle originarie aspettative, dal momento che hanno tradito gli stessi obiettivi previsti dal primo piano triennale 2017-2019 della stessa Agenzia per l'Italia digitale e, in particolare, non sono riuscite a rendere operativi i poli strategici nazionali ideati per soddisfare la domanda pubblica di cloud da parte di strutture centrali e periferiche della pubblica amministrazione, purtroppo invece oggi obbligate, in conseguenza di tale grave manchevolezza, a rivolgersi necessariamente ai grandi player privati multinazionali che operano sul mercato;

    lo sviluppo di società italiane nel settore del cloud non è solo un fattore di sovranità e tutela dei dati, ma stimola e sostiene la crescita e la diffusione di competenze digitali nel Paese;

    i dati dei cittadini italiani, raccolti e custoditi da pubbliche amministrazioni centrali e locali, a differenza dei dati dei consumatori, devono poter essere affidati a strutture pubbliche e, in caso di insufficienza di queste, a strutture private di nazionalità italiana e con database su territorio italiano;

    la Costituzione stabilisce, all'articolo 117, che «la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali (...)» e, alla lettera r) del secondo comma, specifica che lo Stato ha legislazione esclusiva sul «(...) coordinamento informativo e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale (...)»;

    l'articolo 117, secondo comma, lettera r), indica il contesto per la realizzazione di un cloud nelle mani dello Stato che tuteli e protegga i dati prodotti dai cittadini, ma che li usi in modo intelligente come supporto alle decisioni assunte nell'interesse pubblico, con l'obiettivo di migliorare la qualità dei servizi e di istituirne di nuovi;

    per adottare tutte le misure, le procedure e le metodologie di uso dei dati come supporto intelligente all'assunzione di decisioni sui servizi destinati ai cittadini, che possono pertanto essere di maggior qualità e di minor costo, occorrono organismi centrali competenti e lungimiranti, attenti alle evoluzioni delle tecnologie e rispettosi delle prerogative di tutela e protezione dei dati personali;

    con l'avvio dei nuovi servizi di 5G e in seguito di 6G, al cloud si affiancherà sempre più l'edge computing, che sarà necessario sviluppare in modo decentrato e dislocato territorialmente in linea con l'architettura di rete del 5G e 6G;

    devono essere adottate con tempestività tutte le misure normative necessarie per assicurare una inversione di tendenza;

    nell'ultima Relazione annuale presentata al Parlamento, il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza ha rilevato come l'anno della pandemia da COVID-19 sia stato caratterizzato da una minaccia cibernetica sempre più crescente e sofisticata;

    in merito, il Rapporto Clusit sulla sicurezza Ict in Italia e nel mondo ha rilevato come il 2020 abbia registrato il record negativo degli attacchi informatici: a livello globale: sono stati infatti 1.871 gli attacchi gravi di dominio pubblico rilevati nel corso del 2020, ovvero con un impatto sistemico in ogni aspetto della società, della politica, dell'economia e della geopolitica;

    i dati evidenziano, quindi, un'intensificazione degli attacchi sia in termini qualitativi che quantitativi, complice il contesto della pandemia che ha spinto organizzazioni e professionisti a un rapido ricorso alla digitalizzazione,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per istituire un organismo di vigilanza, controllo e gestione delle politiche pubbliche sul cloud e sulla custodia, tutela e protezione dei dati personali raccolti dalle pubbliche amministrazioni centrali e locali;

2) ad adottare iniziative volte a porre tale organismo in condizione di operare e cooperare in sintonia con il Garante per la protezione dei dati personali e con le università italiane che svolgono attività di ricerca in ambito di raccolta e trattamento dei dati in ambito tecnologico e giuridico;

3) a qualificare, nel più breve tempo possibile, la lista dei poli strategici nazionali, da affiancare a Sogei, impartendo precise direttive all'Agenzia per l'Italia digitale, al fine di recuperare le manchevolezze dell'Agenzia sin qui registrate;

4) ad adottare iniziative, per quanto di competenza, volte a valorizzare le strutture pubbliche di cloud oggi gestite dalle locali società in-house pubbliche di molte regioni italiane, perché hanno grandi competenze e perché rappresentano l'interlocuzione naturale per le strutture di pubblica amministrazione che cercano fornitori di cloud nella stessa regione;

5) ad adottare iniziative di competenza volte a far sì che le aziende private italiane fornitrici di cloud e oggi qualificate come cloud service provider dalle direttive dell'Agenzia per l'Italia digitale operino nelle loro regioni come riferimenti privilegiati di offerta cloud per le strutture di pubblica amministrazione territoriale, affiancando i poli strategici nazionali;

6) nell'ottica di evitare la concentrazione dell'intero patrimonio informativo pubblico in un'unica infrastruttura, con i conseguenti rischi in termini di sicurezza dei dati e dell'infrastruttura stessa, ad assicurare che i dati oggetto di migrazione verso l'infrastruttura unica siano esclusivamente quelli che vengono classificati come critici e strategici, predisponendo a tal fine un'adeguata politica di catalogazione delle informazioni, che consenta di effettuare valutazioni di impatto, di introdurre un'adeguata etichettatura dei dati in possesso delle pubbliche amministrazioni, di operare decisioni sulla dislocazione dei dati sul territorio nazionale e di predisporre un monitoraggio continuo dei dati delle pubbliche amministrazioni;

7) ad adottare iniziative, anche di carattere normativo, volte a tutelare la sovranità digitale e la sicurezza cibernetica, anche attraverso l'istituzione di un'apposita Agenzia, e a migliorare la qualità dell'architettura di sicurezza della nazione, nonché a costituire un'Agenzia per la competitività, al fine di garantire la sicurezza nazionale e incentivare la promozione di tecnologia nazionale, che possa sostenere l'industria nazionale nei processi di produzione di tecnologia avanzata, evitando la dipendenza tecnologica da nazioni ostili;

8) ad adottare tutte le iniziative di competenza nelle sedi europee affinché sia dato seguito agli intendimenti di cui alla dichiarazione congiunta «Building the next generation cloud for businesses and the public sector in the EU», firmata il 15 ottobre 2020 dal Governo italiano e dai Governi di altri 26 Stati europei, assicurando che il progetto per la creazione di un cloud federato europeo (Gaia-X) non sia vanificato attraverso il coinvolgimento di soggetti extra-europei, quali Huawei e Alibaba.
(1-00466) (Nuova formulazione) «Lollobrigida, Meloni, Butti, Mollicone, Albano, Bellucci, Bignami, Bucalo, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, De Toma, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Rachele Silvestri, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Vinci, Zucconi».