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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 16 marzo 2021

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per le pari opportunità e la famiglia, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   si apprende da notizie di stampa (Corriere della Sera – sport del 9 marzo 2021 «Lara Lugli, la pallavolista incinta rimasta senza stipendio e citata per danni dal Volley Pordenone») che l'atleta pallavolista Lara Lugli, 38 anni, è stata citata per danni dalla società di volley per la quale lavorava in opposizione al decreto ingiuntivo da lei depositato per avere lo stipendio che le spettava di diritto e come da contratto;

   la sua storia, simile a quella di tante atlete che giocano in campionati dilettantistici ma che di dilettante hanno solo il nome della categoria, non di certo gli allenamenti, quotidiani, con giorni di doppia seduta, e la partita ogni sabato, è prima di tutto la storia di una donna lavoratrice e del suo diritto alla maternità;

   nel 2018/2019 l'atleta, rimasta incinta, comunica alla Società il suo stato, risolvendo il contratto, in quanto una clausola dello stesso prevedeva la risoluzione per giusta causa in caso di comprovata gravidanza. Pochi giorni dopo, purtroppo, perde il bambino. A due anni di distanza viene citata per danno da questa società a seguito di un decreto ingiuntivo fatto dalla stessa ragazza, per reclamare lo stipendio relativo all'ultimo mese durante il quale la giocatrice aveva lavorato interamente;

   l'associazione Assist (Associazione nazionale atlete), che ha denunciato la vicenda, si è fatta promotrice di un appello al Presidente del Consiglio e al presidente del Coni, Giovanni Malagò, per sensibilizzarli sul tema dei diritti delle donne e della loro non discriminazione nel mondo dello sport;

   in particolare, Assist fa presente come il caso in esame sia emblematico, perché l'iniquità della condizione femminile nel lavoro sportivo è talmente interiorizzata che non solo la si ritiene disciplinabile, nero su bianco, in clausole di un contratto visibilmente nulle, ma addirittura coercibile in un giudizio, sottoponendola a un magistrato, che secondo la visione del datore di lavoro sportivo, dovrebbe condividere tale iniquità come fosse cosa ovvia;

   questo caso – dichiara la presidente di Assist, Luisa Garribba Rizzitelli – non solo non è unico e non riguarda certo solo il volley, ma evidenzia una pratica abituale quanto esecrabile e indegna, denunciata da 21 anni dalla Associazione. In forza di questa consuetudine, le atlete degli sport di squadra o individuali, non appena incinte, si vedono stracciare i loro contratti, rimanendo senza alcun diritto e alcuna tutela. E ciò anche quando non vi sia la presenza di una esplicita clausola antimaternità che, prima delle denunce di Assist, era la norma nelle scritture private tra atlete e club;

   la legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205 del 2017, articolo 1, comma 369) ha introdotto una prima importante novità istituendo presso l'Ufficio per lo sport il Fondo unico a sostegno del potenziamento del movimento sportivo italiano, con lo scopo di destinare risorse al finanziamento, tra gli altri, di iniziative che sostengono la maternità delle atlete non professioniste (mille euro per 10 mesi);

   tuttavia, la realtà dei fatti dimostra quanto sia importante intraprendere un percorso che riconosca il lavoro sportivo e tuteli le atlete –:

   quali urgenti iniziative, anche normative, si intendano intraprendere per porre fine alla situazione per la quale le atlete italiane, non avendo di fatto accesso ai benefici della legge n. 91 del 1981 sul professionismo sportivo, vengono esposte a casi clamorosi come quello di Lara Lugli, citata per danni per essere rimasta incinta.
(2-01132) «Boldrini, Gribaudo, Quartapelle Procopio, Carbonaro, Pallini, D'Arrando, Bonomo, Ehm, Ascari, Elisa Tripodi, Berlinghieri, Bruno Bossio, Pezzopane, Serracchiani, Schirò, Frate, Martinciglio, Bologna, Casa, Cancelleri, Gagnarli, Muroni, Emanuela Rossini, Baldini, Cenni, Spadoni, Mura, Sarli, Sportiello, Papiro, Azzolina, De Lorenzo, Villani, Aprile, Ciampi, Deiana, Giordano, Suriano, Ianaro, Barbuto».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   la casa ha assunto un ruolo centrale per prevenire e contrastare la diffusione del Covid-19, in quanto luogo dove è possibile svolgere diverse attività, tipiche di altre sedi, oltre che mantenere in isolamento le persone. Ne consegue che le esigenze abitative sono fortemente cambiate a causa dell'emergenza Covid-19, richiedendo adattamenti degli spazi abitativi e dell'arredamento per contemperare le nuove esigenze. Nessuno di noi prima di questa esperienza aveva vissuto in contemporanea con tutti gli altri membri della famiglia, facendo simultaneamente, ciascuno attività diverse, per intere giornate e per più mesi. Da qui la necessità e l'urgenza, per molte fasce della popolazione, di rivedere il layout e di integrare o modificare gli arredi delle case per rispondere, in primis, alle esigenze della didattica a distanza dei familiari conviventi, ovvero per lo svolgimento dell'attività lavorativa in forma di lavoro agile, come pure ad altre necessità. Quanto sopra precisato ha fatto sì che i beni venduti dai negozi di arredamento abbiano assunto, in questa fase storica di emergenza, la connotazione di beni essenziali, dei quali deve essere garantito l'approvvigionamento e la fornitura anche in caso di lockdown parziale o totale. Si consideri, inoltre, che la vendita di mobili è anche un'attività in grado di garantire alti livelli di sicurezza sia per i lavoratori sia per i clienti, in quanto tali negozi hanno delle caratteristiche intrinseche, in gran parte legate alla natura stessa del bene e del processo di vendita, tali da garantire il distanziamento interpersonale e hanno la possibilità di accogliere i clienti anche solo su appuntamento. Tutto ciò rende evidente che la condizione degli esercizi deputati al commercio al dettaglio di mobili è sostanzialmente assimilabile a quella delle concessionarie d'auto –:

   se non ritengano di adottare le iniziative di competenza per sanare la disparità ingiustificata di trattamento prevista per gli esercizi di commercio al dettaglio di mobili rispetto alle concessionarie d'auto, che, come noto sono incluse nell'allegato 23 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 2 marzo 2021, consentendo che nelle «zone rosse» l'attività dei negozi di mobili sia permessa con la modalità di accesso del pubblico su appuntamento.
(2-01133) «Lupi, Pella, Colucci, Sangregorio, Sgarbi, Tondo, Germanà, Angelucci, Aprea, Baratto, Bartolozzi, Biancofiore, Calabria, Cannizzaro, Cappellacci, Casciello, Casino, Cassinelli, Cattaneo, Cortelazzo, Cristina, Fasano, Fascina, Fatuzzo, Gregorio Fontana, Giacomoni, Mandelli, Milanato, Fitzgerald Nissoli, Occhiuto».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   Abramo CC è una società del Gruppo Abramo, con sede legale a Roma, sede direzionale a Catanzaro e sedi operative a Roma, Cosenza, Catanzaro, Crotone, Catania e Palermo. Inoltre, tramite le sue controllate e collegate, opera in Germania, Albania e Brasile. Le attività della Abramo CC sono concentrate nei servizi di call center (78 per cento del fatturato) e nella gestione delle relative funzioni ancillari di back office;

   la presenza di rapporti consolidati con clientela storica (Telecom e Wind che nel 2019 rappresentavano rispettivamente il 47 per cento ed il 17 per cento), ha portato ad una sostanziale stabilità del livello di fatturato tra il 2017 ed il 2018. Nell'anno 2019 la società ha visto invece una significativa riduzione del fatturato delle Telco, Tim (-35 per cento), Wind e Vodafone, solo in parte compensato dall'acquisizione di nuovi clienti (Poste Italiane, Amex, Sky e altro);

   la Abramo CC direttamente e tramite le sue partecipate impiega 5.813 unità. Nel 2019, a fronte di una riduzione repentina dei ricavi – principalmente ascrivibile alla commessa Telecom – la società ha intensificato azioni di riduzione del costo del personale principalmente mediante il mancato rinnovo di contratti in scadenza e la riduzione di risorse «Co.Co.Co»;

   Abramo CC è sempre stata fortemente legata al suo principale cliente, il gruppo Telecom Italia: la società è stata costituita nel 1997 in compartecipazione con Tim (5 per cento) per garantire a quest'ultima un servizio di customer care esternalizzato con figure specificamente formate, strutturandosi negli anni per rispondere di volta in volta alle esigenze operative di Telecom, che, conseguentemente, ha sempre avuto una posizione preminente nel portafoglio clienti della Società con un fatturato medio fino al 2014, pari a circa l'80 per cento del totale ricavi. Nel 2019, a quanto consta agli interpellanti, la riduzione repentina del 35 per cento dei servizi richiesti da Telecom, corrispondenti a minori ricavi di 24 milioni di euro nel 2019, non ha permesso alla struttura «labour-intensive» della società di adeguare il costo del personale ed il risultato è stato il deterioramento immediato della situazione economica e finanziaria;

   l'attività di Abramo CC costituisce la principale attività del gruppo con ricavi pari a 96,1 milioni di euro e primo margine pari a 5,1 milioni di euro nell'esercizio 2019; la crisi finanziaria ed economica, per quanto risulta agli interpellanti, ha riguardato anche le altre società del Gruppo, tra cui la Abramo Printing & Logistics S.p.A., che ha prodotto in questi ultimi anni elevate perdite con conseguenti impatti finanziari negativi sull'andamento del Gruppo, la società brasiliana Abramo do Brasil, che ha registrato perdite per mancanza di redditività delle attività gestite e la controllata di diritto sloveno, Abramo Si, a causa della cessazione del contratto con l'unico cliente Tim Italia s.p.a.;

   al fine di gestire la crisi del gruppo, nei primi mesi del 2020, è stata accolta, da parte degli istituti di credito, la richiesta di «standstill» avanzata dalla holding. Alla scadenza del 30 settembre 2020, il ceto bancario non ha prorogato lo «standstill» e ha sospeso l'utilizzo delle linee autoliquidanti, ponendo ACC in seria difficoltà finanziaria. Va altresì segnalato che nel contesto del piano di risanamento del Gruppo, la controllante Abramo Holding, in data 13 ottobre 2020 ha depositato, presso il tribunale di Roma, un ricorso contenente la domanda di concordato «con riserva» ex articolo 161 della legge fallimentare, con l'obiettivo di formulare, nel termine concesso dal tribunale, una proposta di concordato preventivo dal contenuto liquidatorio. Si è, allo stato, in attesa del decreto di fissazione del termine da parte del tribunale;

   Abramo CC è oggi in attesa del pronunciamento, da parte della sezione fallimentare del Tribunale di Roma, in merito all'istanza con carattere di urgenza presentata in data 15 gennaio 2021, revisionata in data 20 febbraio, relativa ad una proposta di «fitto di ramo d'azienda» con opzione successiva all'acquisto da parte di Heritage Investment Ltd, attraverso il veicolo della società controllata 4UItalia. Detta istanza è stata presentata dall'organo amministrativo, avendo ritenuto congrua l'offerta formulata e avendo valutato il piano industriale come pienamente compatibile con la continuità aziendale, il pieno mantenimento dei livelli occupazionali ed il piano di risanamento in corso a tutela dei creditori. La revisione è stata effettuata a fronte di richiesta di maggiori garanzie di carattere finanziario e societario da parte dei commissari del tribunale. Richieste integralmente accettate da parte di Heritage. La scadenza dell'opzione di affitto/acquisizione è stata ripetutamente posticipata da parte di Heritage con ultima data il 10 marzo 2021;

   ad oggi la proposta può quindi dichiararsi scaduta visto che il tribunale di Roma non si è ancora pronunciato in merito. In data 5 febbraio è stata recapitata una seconda offerta, per il solo fitto di ramo e senza vincoli di acquisto, formulata da System House Srl, società concorrente operante nel settore del BPO. Detta offerta, ricevuta successivamente alla presentazione dell'istanza di cui sopra, indirizzata al tribunale e ad Abramo Customer Care, è stata attentamente valutata mediante osservazioni di merito opportunamente trasmesse al tribunale competente;

   all'avvicinarsi della data del 1° marzo, Abramo CC ha richiesto ed ottenuto la proroga di ulteriori 60 giorni per la presentazione del piano concordatario. La nuova scadenza è quindi il 1° maggio 2021. In data 4 febbraio l'Inps di Catanzaro ha rilasciato l'attestato di regolarità contributiva, con scadenza al 4 giugno 2021. Ciò in seguito a sentenza positiva da parte del Tribunale civile di Catanzaro a cui la Abramo CC si era rivolta con il deposito di un ricorso ex articolo 700 del codice di procedura civile. La permanenza in una situazione di concordato, l'assenza di Durc regolare da novembre 2020 a inizio febbraio 2021, la difficoltà di assicurare regolarità nel pagamento delle retribuzioni ai propri dipendenti, hanno generato un clima di estrema incertezza nel mercato ed in particolare nei clienti, che non stanno versando somme legate ad attività già svolte –:

   se il Governo non intenda adottare iniziative di competenza per la tutela occupazionale dei lavoratori interessati e per favorire la sollecita effettuazione dei pagamenti dovuti all'azienda da parte delle società a partecipazione statale.
(2-01134) «Torromino, Occhiuto».

Interrogazione a risposta orale:


   CAPPELLACCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la normativa volta a fronteggiare l'emergenza pandemica e, in particolare, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 2 marzo 2021, hanno disposto l'applicazione di misure restrittive per il contenimento del contagio da Covid-19;

   le risposte alle domande frequenti, pubblicate dal Ministero dell'interno, riportano un'interpretazione delle norme vigenti che consente gli spostamenti dalle «zone rosse» verso le seconde case anche al di fuori dalla regione di residenza;

   tale orientamento stride con la ratio del decreto, quella di limitare gli spostamenti per attenuare la diffusione dei contagi del virus Covid-19, in quanto da un lato dispone un blocco quasi totale delle attività dove l'indice di contagio è al di sopra del livello di guardia, ma al tempo stesso permette ai residenti di tali territori di recarsi laddove i contagi sono in calo;

   tale indirizzo rischia di provocare uno «sfollamento» dalle «zone rosse» verso la Sardegna, che allo stato attuale risulta essere «zona bianca», e pertanto il pericolo concreto che a causa dell'aumento dei flussi sui mezzi aerei e navali e delle presenze nell'isola la curva dei contagi ricominci a crescere;

   la regione autonoma della Sardegna ha adottato un'ordinanza che subordina l'ingresso nell'isola ad un controllo mediante tampone;

   tuttavia, tale esame avviene esclusivamente all'arrivo dei passeggeri e la regione non dispone attualmente dei mezzi necessari ad affrontare un incremento straordinario dei soggetti da sottoporre a controlli;

   è urgente un intervento del Governo per scongiurare che un trasferimento di massa verso le seconde case possa avere conseguenze drammatiche in termini di contagi, di vite umane, di ripercussioni sull'economia della Sardegna e, in ogni caso, occorre che l'ingresso e l'uscita dalla «zona bianca» della Sardegna siano subordinati ad un controllo mediante tampone prima della partenza –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda porre in essere al fine di evitare che l'interpretazione della normativa sopra richiamata e, in particolare, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 2 marzo 2021, circa la possibilità di raggiungere le seconde case ubicate al di fuori delle «zone rosse», possa determinare conseguenze gravissime nelle altre zone, dove la curva dei contagi è calata.
(3-02115)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PEZZOPANE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute, al Ministro del turismo. — Per sapere – premesso che:

   fonti giornalistiche riportano e denunciano la condizione ormai estrema degli agriturismi abruzzesi in conseguenza della pandemia: strutture desolatamente vuote, speranze per il futuro pressoché azzerate e perdite valutate per milioni di euro;

   purtroppo, gli aiuti contenuti nel «decreto Ristori» non sono stati finora sufficienti per far tirare un sospiro di sollievo a tanti imprenditori del territorio;

   il momento è estremamente critico e molte attività rischiano la chiusura. Gli agriturismi, si denuncia sugli organi d'informazione, non sono rientrati nel «decreto Ristori», destinato ai ristoratori, per un cavillo, una svista burocratica: gli agriturismi avrebbero diritto agli aiuti solo se l'attività di ristorazione risultasse prevalente;

   questo, però, in Italia, non è possibile: nel nostro Paese, infatti, l'attività di agriturismo deve essere correlata all'azienda agricola;

   per quel che concerne le attività delle fattorie didattiche, le scuole, per ovvi motivi, non hanno fatto alcuna uscita e anche per coloro che operano sotto la forma di fattoria sociale si pone la stessa problematica: tutto è fermo e l'intero comparto degli agriturismi abruzzesi è in ginocchio –:

   quali siano gli intendimenti del Governo per quanto di competenza, per consentire al settore degli agriturismi di ottenere il giusto sostegno e ristoro.
(5-05510)


   FERRI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   in data 3 dicembre 2020 la Commissione europea ha inviato al Governo italiano la lettera di messa in mora C(2020) 7826 final 2020/4118 in materia di concessioni di beni demaniali, marittimi, lacuali e fluviali;

   con tale atto, l'Unione europea ha chiesto chiarimenti circa la compatibilità della relativa normativa e, in particolare, dell'articolo 1 commi 682 e 683, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, rispetto al diritto dell'Unione europea;

   i contenuti di detta lettera sono stati resi pubblici ed hanno avuto una larga diffusione, non solo presso la stampa di settore, ma anche presso quella generalista;

   ad oggi, la predetta lettera di messa in mora sta dando fondamento giuridico a provvedimenti, sia amministrativi che giudiziari, che tendono all'applicazione di una normativa incerta, derivante dalla disordinata disapplicazione della relativa normativa italiana, con grave nocumento sia per i concessionari demaniali marittimi interessati, che per tutto il settore del turismo costiero;

   in particolare, si registra una profonda disparità di trattamento fra quei concessionari demaniali che hanno già ottenuto la formalizzazione della nuova durata del loro titolo di concessori, ai sensi della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (in forza di provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione anteriormente alla lettera di messa in mora), e i concessionari che si vedono rifiutata o inutilmente procrastinata tale formalizzazione proprio per il recente intervento della Commissione europea;

   tali circostanze, nonché i principi di trasparenza amministrativa, il principio di buon andamento, imparzialità, efficienza e affidamento, rendono opportuna e doverosa non solo la pubblicazione della risposta del Governo italiano, che risulta esser stata già inviata, ai rilievi mossi dalla Commissione europea, ma anche una sua decisa presa in considerazione da parte di tutta la pubblica amministrazione e degli enti territoriali;

   è di tutta evidenza, infatti, che, qualora il Governo italiano avesse evidenziato elementi di compatibilità della norma italiana con quella comunitaria, dette argomentazioni ben potrebbero essere utilizzate dagli enti locali e dalla giurisdizione amministrativa per una migliore ponderazione dei provvedimenti da adottare in riferimento alle situazioni interessate –:

   se il Governo, alla luce della problematica descritta, ritenga di rendere pubblico il testo della risposta del Governo medesimo alla lettera di messa in mora di cui premessa e, se del caso, se intenda adottare iniziative normative per assicurare la conformità dell'azione amministrativa a criteri di imparzialità e buon andamento, senza preclusione del principio di eguaglianza e l'applicazione di discipline o trattamenti differenziati per situazioni eguali.
(5-05522)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIABURRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della transizione ecologica, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, all'articolo 119 ha istituito il cosiddetto «superbonus 110 per cento», misura di detrazione fiscale nei confronti dei lavori di efficientamento energetico e prevenzione antisismica negli edifici;

   come riportato dalle associazioni di categoria, il 52,3 per cento ha segnalato il ritardato inizio delle attività a causa di problemi burocratici, mentre il 42,5 per cento indica la mancata risposta di uffici comunali e pubbliche amministrazioni;

   in linea generale, la quota di imprese che segnalano la mancata risposta degli uffici pubblici nei comuni con oltre 10.000 abitanti è del 71,6 per cento, il doppio rispetto al 36,9 per cento rilevato nei comuni al di sotto dei 10.000 abitanti;

   a fronte di un'ampia diffusione del lavoro a distanza della pubblica amministrazione nel corso dell'emergenza pandemica da Covid-19, una carente organizzazione dei flussi di comunicazioni telefoniche e di email può generare difficoltà difficilmente sostenibili nell'ottenere risposte dagli uffici pubblici, ancor più necessarie a fronte di interventi complessi, come quelli incentivati dal superbonus;

   tali difficoltà applicative sono ulteriormente esacerbate dalla grande mole di documentazioni necessarie per l'accesso e lo svolgimento dei procedimenti connessi alla misura del «superbonus 110 per cento»;

   in aggiunta, l'ampio numero di interlocutori istituzionali ai fini applicativi e interpretativi della normativa vigente, secondo l'interrogante, rende confusionario, per i cittadini, riscontrare linee guida applicative della misura che siano univoche e di facile interpretazione –:

   se il Governo sia conoscenza dei fatti esposti e se intenda assumere tutte le iniziative di competenza per istituire una cabina di regia pubblica per il coordinamento delle misure di implementazione e per l'interpretazione della normativa legata al «superbonus 110 per cento», che metta in stretta connessione Ministero dello sviluppo economico, Ministero dell'economia e delle finanze, Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, Ministero della transizione ecologica, Agenzia delle entrate, Enea e Consiglio superiore dei lavori pubblici, nonché ogni altro ente, comunque denominato, facente parte del processo di implementazione ed interpretazione della normativa legata al «superbonus 110 per cento».
(4-08576)


   FERRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   desta preoccupazione l'incremento esponenziale di casi di Covid-19 nella città di Lamezia Terme, dove sono stati recentemente registrati 46 nuovi casi, per un totale di 261 positivi;

   a destare maggiore apprensione, però, sono i nuovi possibili focolai, come, ad esempio, quello di «Ciampa Cavallo», noto quartiere popolare dove vivono numerose famiglie rom, ma non solo e dove gli ultimi casi di positività accertati sarebbero 30;

   la preoccupazione è alta, perché si tratterebbe di una zona caratterizzata da condizioni di sicurezza minime, con il rischio di un'esplosione incontrollata di focolai di Covid-19;

   situazione analoga si registra anche nel campo rom di «Scordovillo» dove sarebbero numerosi i casi di positività registrati in queste ultime ore, anche se i dati disponibili sono ancora imprecisati;

   già nel mese di novembre 2020, con atto di sindacato ispettivo n. 4-07436, rimasto senza risposta, l'interrogante denunciava la situazione allarmante nel campo rom di «Scordovillo» «per la situazione dei contagi da Covid-19, anche considerata la grave realtà igienico-sanitaria all'interno dell'accampamento: famiglie numerose stipate tra container e baracche, in barba alle norme sul distanziamento sociale»;

   altra situazione critica riguarda il corpo della polizia locale: il 9 marzo 2021, a seguito dell'accertamento di un caso di positività fra il personale, per gli agenti venuti a contatto con il collega positivo sono state disposte le «ferie d'ufficio», salvo però dover essere successivamente richiamati in servizio e nelle scorse ore sarebbe emerso un nuovo caso positivo al test rapido;

   un'altra situazione allarmante è quella dell'istituto scolastico «Borrello-Fiorentino», chiuso «con effetto immediato e sino al 16 marzo, per consentire un tempestivo isolamento del focolaio nonché il ripristino delle ordinarie condizioni di fruibilità igieniche della struttura» –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere in merito;

   quale sia, ad oggi, la situazione dei contagi da Covid-19 all'interno degli accampamenti rom presenti sul territorio nazionale e, in particolare, a «Ciampa Cavallo» e «Scordovillo» e quali specifici protocolli di contenimento dei contagi il Governo abbia deciso di applicare all'interno degli stessi, considerata la loro peculiarità.
(4-08577)


   BENIGNI e SORTE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   le misure restrittive attualmente in vigore finalizzate al contenimento della diffusione del contagio da Covid-19 comportano l'obbligo di chiusura per molteplici attività;

   sono note talune difficoltà interpretative da parte di alcuni professionisti che prestano attività che non sono direttamente regolamentate;

   merita particolare attenzione il caso dell'attività svolta dagli insegnanti di pilates, che non è assimilabile alle professioni sanitarie e non è considerata attività sportiva;

   il pilates è un tipo di ginnastica di tipo rieducativo, preventivo ed ipoteticamente terapeutico (riabilitativo), che viene praticata, spesso in centri specializzati, con macchinari specifici e con l'ausilio di insegnanti qualificati;

   poiché non esiste un codice Ateco riferito specificamente a tale attività, gli insegnanti e gli studi di pilates usano codici riferiti ad altre categorie, principalmente «servizi alla persona» (960909) e «corsi sportivi e ricreativi» (855100);

   dalle Faq del Governo emerge che l'attività di pilates, malgrado le evidenti peculiarità, sia trattata al pari delle attività motorie e, pertanto, possa essere praticata esclusivamente all'aperto;

   la mancanza di una regolamentazione specifica, che valorizzi la particolarità del settore, ha dunque comportato la necessità di chiusura dei centri in cui il pilates viene praticato in modo professionale –:

   se sia intenzione del Governo adottare iniziative al fine di una specifica regolamentazione all'attività svolta in modo professionale dagli insegnanti e dagli studi di pilates, provvedendo nel frattempo ad escludere tali categorie, fermo il necessario rispetto dei protocolli di sicurezza, dalle attività soggette ad obbligo di chiusura per effetto dell'applicazione delle misure restrittive attualmente in vigore.
(4-08581)


   MORANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in data 9 marzo 2021 la giunta della regione Marche dichiarava pubblicamente di aver ricevuto 176.810 dosi di vaccino e di averne somministrate 155.014, raggiungendo una percentuale di somministrazione pari all'87,7 per cento, una tra le più alte tra le regioni;

   tali dati, però, non coincidevano con quelli avuti in seguito ad una specifica richiesta di accesso agli atti sul numero delle dosi di vaccino ricevute dalla regione Marche avanzata da due esponenti del gruppo consiliare del PD (Anna Casini e Antonio Mastrovincenzo) alla stessa giunta regionale;

   in seguito a tale richiesta, infatti, il servizio sanità della regione rispondeva che, alla data del 9 marzo 2021, alla regione erano state consegnate 156.980 dosi di vaccino Pfizer BioNTech, 13.440 dosi di vaccino Moderna e 41.360 dosi di AstraZeneca per un totale di 211.740 dosi;

   inoltre, sempre il servizio sanità della regione rispondeva che, al 9 marzo 2021, le somministrazioni erano state 146.317 corrispondenti ad una percentuale pari al 69,1 per cento così suddivise; 48.019 anziani over 80, 55.584 operatori sanitari e socio sanitari, 19.999 operatori non sanitari del Servizio sanitario regionale pubblico e privato, 8.730 anziani strutture residenziali, 1.207 soggetti vulnerabili per patologia, 1.076 volontari nel settore della sanità, 963 staff di strutture di lungodegenza, 6.138 operatori scolastici e 4.601 alle forze dell'ordine;

   stando quindi alla risposta fornita dal servizio sanità della regione Marche alla richiesta di accesso agli atti sul numero delle dosi di vaccino ricevute dalla stessa regione rispetto alle dichiarazioni pubbliche fornite dalla stessa giunta non solo mancano all'appello ben 35.000 dosi, ma la percentuale di somministrazioni scende vertiginosamente al 69,1 per cento ben al di sotto della media delle altre regioni –:

   alla luce dei fatti sopradescritti, quante siano effettivamente le dosi di vaccino contro il Covid-19 consegnate alla regione Marche e qualora dovesse corrispondere al vero che la percentuale di somministrazione sia inferiore alla media nazionale quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare, per quanto di competenza, affinché anche all'interno del territorio marchigiano, per altro in gran parte contraddistinto dalla presenza di zone rosse, sia garantita la somministrazione dei vaccini contro il Covid-19;

   se non ritenga doveroso adottare iniziative di competenza a tutela della salute del cittadino, affinché si abbia a tutti i livelli una maggiore trasparenza sui dati forniti relativi alla campagna vaccinale in atto.
(4-08587)


   FORNARO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della cultura, al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   gli storici dei principali atenei veneti, da Padova a Venezia, e di molti altri atenei italiani, oltre che gli Istituti storici della Resistenza di Venezia, Vicenza, Verona, Belluno e Padova, hanno firmato un appello contrario a un tentativo di limitare la ricerca, il dibattito scientifico e la libera discussione su un tema importante e dibattuto quale quello delle foibe e delle violenze nel confine orientale; in particolare, l'iniziativa nasce a seguito di una mozione approvata il 23 febbraio 2021 dal Consiglio regionale del Veneto volta a sospendere «ogni tipo di contributo a favore di tutte quelle associazioni che si macchiano di riduzionismo e/o di negazionismo nei confronti delle foibe e dell'esodo istriano fiumano e dalmata»; in questo modo, secondo l'interrogante, si finisce per finanziare le ricerche storiche in base a un sistema di discrezionalità e non sulla base della loro qualità scientifica;

   gli stessi storici hanno evidenziato come l'uso dei termini «riduzionismo» e «giustificazionismo» ha l'obiettivo «non di sanzionare chi nega la realtà di queste violenze, ma di limitare – su basi assai vaghe e di dubbia legittimità costituzionale – qualsiasi possibilità di discussione, ricerca e interpretazione dei fenomeni in oggetto»;

   l'articolo 9 della Costituzione sancisce che «la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e che la stessa, deve essere libera» (articolo 33);

   la legge istitutiva del Giorno del Ricordo (legge n. 92 del 30 marzo 2004) indica come obiettivo del provvedimento il «fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale» e, inoltre di promuovere «da parte di istituzioni ed enti, la realizzazione di studi, convegni, incontri e dibattiti in modo da conservare la memoria di quelle vicende»;

   al di là dello specifico caso sopra richiamato, è necessario, ad avviso dell'interrogante, promuovere la ricerca storica fondata su basi rigorose, scientifiche e documentate, che contribuirebbero effettivamente a diffondere la conoscenza sulle citate vicende –:

   se il Governo ritenga di adottare le iniziative di competenza, anche normative, per favorire una ricerca storica fondata su solide e documentate basi scientifiche e, in particolare, per destinare eventuali fondi statali ai sensi della legge istitutiva del Giorno del ricordo a studi che garantiscano una libera e oggettiva ricostruzione dei fatti.
(4-08589)


   MURONI, CECCONI, LOMBARDO, FIORAMONTI e FUSACCHIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   per la stesura del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) il Ministero dell'economia e delle finanze si avvale della consulenza di McKinsey, secondo quanto rivelato da Radio Popolare e altri media e confermato dallo stesso Ministero dell'economia e delle finanze con il comunicato stampa n. 44 del 6 marzo 2021;

   va considerato che il ruolo di McKinsey consiste nel dare «supporto tecnico-operativo di Project management per il monitoraggio dei diversi filoni di lavoro per la finalizzazione del piano» ed è quindi plausibile che possa contribuire e addirittura influenzare scelte decisive per il futuro del Paese, a partire da investimenti strategici per la ripresa della nostra economia;

   esiste una questione legata al compenso di 25 mila euro, dichiaratamente sotto soglia, ma soprattutto di potenziale conflitto di interessi, dal momento che McKinsey lavora per molte delle principali industries, dalla finanza alle telecomunicazioni, dalla sanità al turismo, dalla petrolchimica all'energia, dall'agroindustria ai beni di largo consumo, dalla logistica ai trasporti, sui cui mercati di riferimento il Pnrr interverrà in maniera significativa;

   McKinsey, come anche riportato dal Financial Times, ha una società di investimenti, «Mio Partners», che indirizza il fondo pensione degli attuali e passati partners della multinazionale (che in quasi trent'anni di vita ha registrato un solo anno in perdita); le informazioni a cui la società potrebbe accedere, grazie alla consulenza, potrebbero venire utilizzate direttamente o indirettamente per garantire rendimenti ai propri clienti anche attraverso questo strumento;

   non è chiaro dal comunicato del Ministero dell'economia e delle finanze già richiamato se il lavoro di project management significhi in concreto «gestione dei progetti» o comunque un lavoro di raccordo tra snodi strategici e intersettoriali e interministeriali del Pnrr, né si evince se McKinsey avrebbe accesso a tutte le informazioni rilevanti;

   non è chiaro in che modo la consulenza di McKinsey incoraggi o almeno sia compatibile con il coinvolgimento della società civile, nella fase di finalizzazione dei risultati attesi e degli obiettivi del Pnrr, chiave per garantire il successo anche della successiva di attuazione del Piano –:

   se il Governo intenda rendere immediatamente noti i criteri che hanno condotto alla scelta della società McKinsey, le modalità e la forma con cui la società si occuperà del Pnrr e a quali informazioni strategiche avranno accesso McKinsey e altre società di consulenza eventualmente coinvolte a vario titolo sul Pnrr.
(4-08595)


   FRATOIANNI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   un servizio andato in onda durante la trasmissione «Piazzapulita» giovedì 11 marzo 2021 e alcuni articoli pubblicati sui siti online «primonumero.it» e «isnews.it», hanno dimostrato che tutte le persone che orbitano intorno alla Neuromed e di Pozzilli, in provincia di Isernia, e alle altre società collegate e di proprietà dell'europarlamentare Aldo Patriciello, hanno già ricevuto il vaccino anti-Covid;

   dagli scienziati ai giardinieri, dai giornalisti della collegata Tele Venafro, alle donne delle pulizie, fino ai collaboratori esterni, sono state tutte vaccinate, così come lo stesso proprietario del polo Aldo Patriciello, anche lui già immunizzato;

   mentre solo un 80enne su tre, in Italia, ha ricevuto le dosi di vaccino contro il Covid;

   l'istituto di ricovero e cura a carattere scientifico Neuromed ha fatto richiesta per 900 dosi di vaccino anti Covid da somministrare ai propri dipendenti, anche al personale non ospedaliero e socio-sanitario e dipendenti di società collegate e che quindi, secondo il piano vaccinale nazionale, non avrebbero avuto diritto a ricevere il farmaco immunizzante;

   in particolare, la giornalista che ha condotto l'inchiesta per il programma «Piazzapulita» di La7, recatasi all'interno della struttura, ha chiesto ad ogni persona incontrata se si fosse sottoposta al vaccino, ricevendo da tutte una risposta affermativa;

   tra le persone intervistate ci sono persone poco più che trentenni, che non operano all'interno della clinica, uomini e donne di mezza età che lavorano nella redazione della testata Tele Venafro e anche lo stesso proprietario della struttura, l'europarlamentare Patriciello;

   uno dei componenti della cabina di regia che si occupa della programmazione vaccinale in Molise, interpellato dalla stessa trasmissione rispetto a chi avrebbe avuto il compito di verificare la lista delle persone da vaccinare inviata da Neuromed, ha risposto sostenendo che non poteva di certo controllare ogni singolo nome e verificare quale tipo di lavoro svolgesse ciascuno all'interno della struttura sanitaria;

   a parere dell'interrogante si è di fronte ad un'altra pagina vergognosa nella gestione sanitaria del Molise, una regione dove anziani con patologie come la bronchite cronica ostruttiva si sono prenotati da un mese e non hanno ancora ricevuto alcuna indicazione o somministrazione, che ha fatto registrare l'indice Rt puntuale più alto d'Italia come è emerso nelle ultime settimane dai monitoraggi effettuati dal Ministero della salute e dall'istituto superiore di sanità –:

   di quali ulteriori elementi sia a conoscenza il Governo rispetto ai fatti esposti in premessa e se non intenda adottare iniziative di competenza perché vengano svolte tutte le verifiche utili a chiarire se alla Neuromed di Campobasso siano stati somministrati dei vaccini anti Covid a soggetti che, secondo il piano vaccinale nazionale, non ne avevano diritto.
(4-08599)

DIFESA

Interrogazione a risposta immediata:


   FRAILIS, PAGANI, CARÈ, ENRICO BORGHI e FIANO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   nella seduta n. 461 di martedì 23 febbraio 2021, durante la conversione in legge del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, è stato accolto in Aula dal Governo l'ordine del giorno 9/2845-A/1, che estende agli alloggi militari una sospensione degli atti di recupero forzoso fino al 30 giugno 2021;

   l'ordine del giorno è stato accolto nella seguente riformulazione: «impegna il Governo, in deroga alle disposizioni in materia di alloggi di servizio del Ministero della difesa, contenute nel codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, a sospendere, fino al 30 giugno 2021, tutti gli atti di recupero forzoso di alloggi di servizio nei confronti dei conduttori ai sensi dell'articolo 307 del codice dell'ordinamento militare, ancorché conduttori in situazioni di concessione scaduta, ivi compresi gli utenti di alloggi caratterizzati da situazioni eccezionali certificate dall'amministrazione della difesa, per i quali può essere estesa l'applicazione dell'articolo 331 del decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010» –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per dare concreta attuazione all'impegno assunto in Assemblea alla Camera.
(3-02108)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FOTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   negli anni passati le autorità militari avevano espresso l'intenzione di utilizzare solo poche aree nella città di Piacenza per i fini d'istituto e, comunque, di supporto all'attività e alle necessità della Forza armata. In particolare, all'interno dell'area Artale, doveva essere trasferita la gran parte dell'attività svolta, come ancora oggi è, alla caserma Filippo Nicolai e, a tal fine, veniva avviata la realizzazione, nell'area compresa tra le vie Emilia Pavese, Cassina e Anguissola, di due stecche di palazzine nelle quali ospitare il personale militare in servizio presso la predetta caserma ed, eventualmente, altro che potesse risultare collocato altrove;

   da anni le due stecche di palazzine costruite sono abbandonate al rustico, la qual cosa appare particolarmente grave sia per l'evidente pericolo che le stesse subiscano gravissimi ammaloramenti, sia perché la mancata fruibilità delle stesse impedisce il trasferimento all'area Artale delle attività oggi svolte alla caserma Nicolai e del personale presso quest'ultima in servizio;

   rispondendo all'atto di sindacato ispettivo n. 4-00612 il Ministro della difesa pro-tempore rendeva noto che la costruzione di 2 palazzine alloggiative, per complessivi 384 posti letto, presso la caserma «Artale» di Piacenza, anche denominata «Ex Piazza d'Armi», aveva avuto avvio nel 2007 e che, nel 2014, a seguito di gravi e reiterate inadempienze da parte della ditta appaltatrice, la competente direzione tecnica aveva decretato la rescissione del contratto con l'appaltatore. Il Ministro precisava inoltre che «la direzione dei lavori e del demanio ha, quindi, disposto l'avvio alle previste attività tecnico-amministrative per il successivo riappalto delle opere incompiute che, nell'attualità, sono in corso di progettazione e afferiscono essenzialmente al completamento delle partizioni interne e degli impianti tecnologici» –:

   se e quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda assumere al riguardo di quanto sopra evidenziato, tenuto conto che, ad oggi, l'ultimazione dei lavori necessari a rendere agibili le dette palazzine non è ancora iniziata, e quali siano i tempi ipotizzati per la conclusione della detta attività.
(5-05520)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:


   GIACOMETTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   in considerazione della crisi pandemica in atto, con l'articolo 181 del decreto-legge «Rilancio» n. 34 del 2020, si era stabilito l'esonero a tutto il mese di dicembre 2020 delle imposte per le concessioni o di autorizzazioni ad occupare il suolo pubblico (Cosap e Tosap) in favore degli esercizi di somministrazione di pasti, bevande dolci o gelati, ivi compresi gli esercizi in cui tale attività viene effettuata congiuntamente ad attività di trattenimento e svago, in sale da ballo, sale da gioco, locali notturni, stabilimenti balneari ed esercizi similari. Con l'articolo 9-ter del decreto-legge «Ristori» n. 137 del 2020 tale esonero è stato prorogato al 31 marzo 2021;

   oltre alle categorie citate, anche i titolari di concessioni o autorizzazioni su suolo pubblico per l'esercizio del commercio su aree pubbliche sono stati esonerati, sempre dal 1° gennaio al 31 marzo 2021, dal pagamento del canone di concessione per l'occupazione delle aree degli spazi appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile, destinati a mercati realizzati anche in strutture attrezzate;

   si tratta di importanti misure di sostegno per il mondo del commercio, della somministrazione e per gli ambulanti. Da tempo, le associazioni di categoria avevano sollecitato questa misura nelle interlocuzioni con il Governo;

   il nuovo lockdown stabilito con le normative di inizio marzo 2021 ha ulteriormente frustrato le aspettative di ripresa di tali settori produttivi. Durante l'emergenza pandemica gli operatori economici sono stati duramente colpiti, da grandi perdite di fatturato e da forte incertezza che, ancora oggi, non permette loro di programmare il proprio futuro;

   negli ultimi mesi sono stati soprattutto i pubblici esercizi a vivere la situazione più difficile e ad avere le più significative riduzione di fatturato con continue chiusure ed aperture a singhiozzo;

   l'esonero dall'imposta per l'occupazione di suolo pubblico, una tassa comunale regolata però a livello nazionale, ha contribuito a dare ossigeno a questi settori –:

   se non ritenga opportuno adottare iniziative per prorogare, quanto meno a tutto il 2021, le previsioni dell'articolo 9-ter del decreto-legge n. 137 del 2020, in materia di esonero dalle imposte per le concessioni o autorizzazioni ad occupare il suolo pubblico (Cosap e Tosap) e di semplificazione delle norme che consentono di richiedere l'occupazione di nuovi spazi.
(3-02114)

GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   da un articolo apparso su Il quotidiano italiano del 4 giugno 2020 si apprende che «è iniziato al Tribunale di Bari il processo penale nei confronti di Marco e Gianluca Jacobini, rispettivamente ex presidente ed ex condirettore della Banca Popolare di Bari»;

   da un articolo apparso su Bariviva.it del 5 giugno 2020 si apprende che «nella prima udienza, su istanza della difesa, il tutto è stato preliminarmente rinviato al 16 luglio»;

   da un articolo apparso su Baritoday, in data 16 luglio 2020, si apprende che «la decisione di sospendere e rinviare la seduta, in programma questa mattina nel tribunale di Bari, è stata assunta per motivi di sicurezza per la presenza di numerosi avvocati che si sono ritrovati all'esterno dell'aula nell'impossibilità di mantenere il distanziamento sociale, in attesa di depositare gli atti di costituzione di parte civile dei propri assistiti»;

   in data 10 settembre 2020, dalla testata on line BariToday si apprende che «L'udienza preliminare proseguirà nell'aula bunker di Bitonto il 24, 25 e 26 settembre per poi trasferirsi, una volta accertato il numero delle parti, in una ulteriore sede più capiente con ipotesi nel teatro AncheCinema di via Quintino Sella e nel multisala Showville di Bari»;

   in data 28 settembre 2020, dal sito Tgr Puglia si apprende che «Sarà il padiglione Spazio 7 della Fiera del Levante lo spazio destinato a ospitare il processo sul crac della Banca popolare di Bari»;

   da un comunicato stampa apparso sul sito di Adusbef si apprende che «il Tribunale ha rinviato il processo all'udienza del 10 dicembre 2020 ore 14,30 sempre presso l'aula bunker di Bitonto»;

   da un comunicato stampa apparso sul sito di Ansa, in data 26 settembre 2020, «L'udienza è stata rinviata al 19 novembre, sempre a Bitonto, ma in quella occasione saranno solo comunicati la data e la sede definitiva dove si celebrerà il processo, probabilmente nella Fiera del Levante di Bari»;

   in data 10 dicembre 2020, si apprende dal sito Tgr Puglia che «Oggi l'udienza si sarebbe dovuta concludere con un rinvio alla sede definitiva dove celebrare il processo. Invece i giudici, presidente del collegio Marco Guida, hanno disposto un nuovo rinvio nella stessa aula tra un mese, in attesa che venga formalmente individuato il luogo»;

   in data 12 gennaio 2021, dalla testata online Il Quotidiano Italiano si apprende: «Rinviata al 15 febbraio l'udienza per concludere l'iter per l'individuazione del luogo dove celebrare il processo, dopo l'ok arrivato nei giorni scorsi dal Ministero per il multisala Showville, per il quale però mancano ancora alcuni passaggi burocratici»;

   in data 15 febbraio 2021, dal giornale online BariToday si apprende di «un nuovo rinvio, questa volta al 2 marzo»;

   in data 2 marzo 2021, dal sito Ansa Puglia si apprende che «Dalla prossima udienza il processo sul crac della Banca popolare di Bari, nel quale sono imputati gli ex amministratori Marco e Gianluca Jacobini, si celebrerà nella sala 8 del Centro Congressi della Fiera del Levante di Bari» –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare affinché sia comunque assicurata una sede appropriata per la celebrazione del processo, rispettando le misure di sicurezza, per garantire giustizia a migliaia di risparmiatori traditi, che sarebbero penalizzati da ulteriori rinvii.
(2-01138) «Ruggiero, Giuliano, Masi, Galizia, Martinciglio, Ascari, Bonafede, Cataldi, D'Orso, Di Sarno, Ferraresi, Saitta, Salafia, Sarti, Scutellà, Adelizzi, Alaimo, Aresta, Baldino, Bella, Berti, Bilotti, Buompane, Businarolo, Cancelleri, Carbonaro, Caso, Maurizio Cattoi, Cimino, Corneli, Currò, Daga, De Carlo, Iorio, Iovino».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VITIELLO e PENTANGELO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   con riferimento a quanto verificatosi presso alcuni ordini forensi territoriali, laddove gli uffici di presidenza sono stati destinatari di una mozione di sfiducia da parte dei consiglieri di opposizione, si sottolinea la fragilità dell'assetto legislativo, con specifico riferimento ai criteri di rappresentatività dell'avvocatura, alla valutazione sulla natura tecnico-giuridica dei vari ruoli ricoperti nel consiglio dell'ordine di appartenenza e, più in generale, ad un clima di destabilizzazione che sta coinvolgendo l'intera classe forense nazionale;

   sta diventando prassi il ricorso all'autorità giurisdizionale amministrativa per sciogliere i nodi interpretativi che il nuovo sistema elettorale ha introdotto con la legge n. 113 del 2017, prassi discutibile considerato che, sul tema della competenza giurisdizionale in materia, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza n. 2603 del 2021, ha affermato che, al Consiglio nazionale forense, devono ritenersi devolute tutte le controversie relative alle elezioni dei consigli dell'ordine, senza operare alcuna distinzione in relazione all'oggetto specifico della controversia, dovendosi valorizzare l'autonomia degli ordini professionali;

   con decreto del Ministero della giustizia n. 170 del 10 novembre 2014 è stato approvato il «Regolamento sulle modalità di elezione dei componenti dei consigli degli ordini circondariali forensi, a norma dell'articolo 28 della legge 31 dicembre 2012 n. 247», prevedendo che i componenti del Consiglio dell'ordine di appartenenza sono eletti dagli iscritti con voto segreto. Il consiglio, nella composizione scelta dal corpo elettorale, elegge poi il presidente, il segretario, il tesoriere e, nei consigli con almeno quindici componenti, anche un vice presidente;

   il Consiglio nazionale forense sembra avere rinunziato al ruolo di garanzia dell'autonomia dell'ordine professionale, non rivendicando la funzione giurisdizionale speciale riconosciutagli dalla legge, anche rispetto ai continui ricorsi di taluni componenti del consiglio dell'ordine degli avvocati che stanno invocando l'intervento del giudice amministrativo anche nella materia elettorale riservata al giudice speciale;

   le istanze presentate da alcune maggioranze consiliari, tese a chiedere, per intervenuta sfiducia, le dimissioni dei presidenti e delle cariche apicali, sono quasi sempre del tutto infondate visto che né la legge né, in genere, i regolamenti del consiglio dell'ordine degli avvocati prevedono l'istituto della cosiddetta sfiducia –:

   di quali elementi disponga il Governo in relazione alla vicenda di cui in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo, anche promuovendo una revisione della disciplina vigente, al fine di garantire un migliore funzionamento degli ordini forensi.
(5-05515)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LOLLOBRIGIDA e FERRO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in data 6 marzo 2021 «La Repubblica» ha pubblicato un articolo con le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Agostino Riccardo, che avrebbe riferito agli inquirenti che l'ex parlamentare Pasquale Maietta, durante la campagna elettorale del 2013, avrebbe rappresentato verbalmente alla Presidente di «Fratelli d'Italia», Giorgia Meloni, la necessità di pagare le persone che si erano occupate delle affissioni di manifesti in Latina;

   sempre stando alle dichiarazioni di Riccardo, il giorno successivo un non meglio precisato «segretario» avrebbe consegnato allo stesso pentito 35.000 euro in una «busta di carta del pane», presso un distributore di benzina in zona Eur;

   il racconto prosegue illustrando altre circostanze, quali presunte minacce rivolte dal clan all'onorevole Fabio Rampelli, al fine di far optare questo per un collegio che consentisse al Maietta di accedere alla Camera dei deputati, nonché, ancora, il ruolo rivestito dal medesimo clan, oltre che nelle affissioni, anche per la «compravendita» di voti su Latina per alcuni politici del territorio pontino: oltre al Maietta, Di Giorgi, Adinolfi, Cetrone, Tripodi e Calandrini;

   queste dichiarazioni sarebbero state raccolte dai magistrati della direzione distrettuale antimafia di Roma Fasanelli e Spinelli, e in data 7 marzo 2021 un articolo della testata «Latina Oggi» avrebbe evidenziato come le dichiarazioni sarebbero state raccolte in verbali del lontano settembre 2018, e che, solo due mesi dopo, lo stesso pentito le avrebbe rettificate dinanzi al pubblico ministero Barbara Zuin;

   l'interrogante, alla luce delle ricostruzioni tendenziose diffuse, considera necessario rimarcare l'unico fatto concreto, verificato e verificabile, cioè che la presidente di «Fratelli d'Italia», Giorgia Meloni, non è mai stata attinta da alcuna notifica per il procedimento penale di cui si tratta, e che, nessun inquirente ha mai ritenuto di chiederle conto delle vicende suddette, evidentemente ascritte ad un piano di insufficiente attendibilità;

   l'attendibilità delle dichiarazioni dei pentiti, come tra l'altro affermato chiaramente dalla Corte di Cassazione (Sentenza n. 41347 del 6 ottobre 2014), è e deve essere oggetto di un approfondito, preventivo, generale e indefettibile esame;

   verifiche prudenziali, doverose e necessarie, che il quotidiano nazionale «La Repubblica», pur in considerazione della poderosa portata lesiva per il decoro e la reputazione della presidente di «Fratelli d'Italia» e del partito tutto, non sembra agli interroganti aver minimamente inteso effettuare;

   a tutela della riservatezza delle indagini, il nostro ordinamento prevede precisi principi, astringendo il pubblico ministero all'osservanza dell'articolo 111 della Costituzione, nonché dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 106 del 20 febbraio 2006, a mente del quale il procuratore della Repubblica è tenuto ad assicurare il corretto, puntuale ed uniforme esercizio dell'azione penale, nonché il rispetto delle norme sul giusto processo da parte del suo ufficio;

   appare agli interroganti necessario approfondire gli aspetti relativi alla divulgazione di notizie non solo secretate, ma anche prive di riscontri oggettivi e di seguito giudiziario, effettuata ai danni dell'unico partito che oggi siede all'opposizione, per il tramite di una testata giornalistica nazionale, ciò nell'ottica di tutelare il sereno svolgimento della dialettica democratica e affinché la giustizia non sia usata come arma di lotta politica contro l'opposizione –:

   se – alla luce della vicenda della divulgazione di notizie rese alla testata giornalistica contenute in verbali secretati e oggetto di indagini svolte dalla procura della Repubblica di Latina – non ritenga di promuovere iniziative ispettive presso i richiamati uffici giudiziari.
(4-08591)


   DORI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il 22 settembre 2020 è stata presentata l'interrogazione a risposta scritta n. 4-06872, a firma dell'interrogante, rivolta al Ministro della giustizia e al Ministro dell'economia e delle finanze;

   la predetta interrogazione aveva ad oggetto l'organizzazione degli uffici giudiziari del tribunale di Bergamo, che ha «più volte evidenziato la necessità di incrementare gli spazi attualmente in uso, rivolgendo all'amministrazione comunale la richiesta di poter entrare in possesso dei locali dell'ex Maddalena in via Borfuro»;

   i locali dell'ex convento della Maddalena furono già oggetto di un protocollo d'intesa del 19 dicembre 2017 «tra il comune di Bergamo, l'Agenzia del Demanio – direzione regionale Lombardia e l'ufficio interdistrettuale di esecuzione penale esterna della Lombardia – Ministero della giustizia, che prevedeva il trasferimento dell'ufficio dell'esecuzione penale esterna (Uepe) in un immobile di proprietà del comune di Bergamo denominato “ex Convento della Maddalena”, sito in via Borfuro angolo via Sant'Alessandro in Bergamo e la contestuale concessione gratuita da parte dell'Agenzia del Demanio al comune di Bergamo degli spazi posti al piano terra dell'immobile denominato “Casa della Libertà”, sito in Piazza della Libertà n. 7 in Bergamo, utilizzati dall'Uepe e per la restante parte della prefettura di Bergamo»;

   col predetto atto parlamentare si chiedeva di valutare la possibilità di «promuovere tra il comune di Bergamo, l'Agenzia del Demanio, la provincia di Bergamo e la prefettura di Bergamo, un confronto finalizzato a individuare le condizioni per la sottoscrizione di un nuovo protocollo d'intesa, che preveda lo spostamento dell'Unep del tribunale di Bergamo e del giudice di pace di Bergamo all'interno dell'immobile di proprietà del comune di Bergamo denominato “ex Convento della Maddalena” sito in via Borfuro»; contestualmente si domandava di «adottare iniziative per la concessione gratuita da parte dell'Agenzia del Demanio al comune di Bergamo dei locali del piano terra dell'edificio denominato “Casa della Libertà”, con contestuale spostamento degli uffici dell'Uepe all'interno di un immobile di proprietà della provincia di Bergamo sito in via Borgo Palazzo in Bergamo»;

   il Ministro della giustizia, in risposta ad un'altra interrogazione parlamentare, il 4 febbraio 2021 affermava che «Nell'ambito delle linee guida del piano per la ripresa dell'Europa (recovery plan for Europe) e del dispositivo per la ripresa e la resilienza (RFF), questa Direzione generale ha incluso il complesso negli elenchi delle opere ipotizzando un fabbisogno finanziario pari a 4.800.000 euro, prevedendo, altresì, una riformulazione del richiamato protocollo, ovvero la delocalizzazione dell'ufficio del giudice di pace e UNEP presso il complesso dell'ex convento della Maddalena ed il trasferimento dell'ufficio interdistrettuale di esecuzione penale esterna presso l'immobile di proprietà della Provincia, in via Borgo Palazzo. Su tali presupposti, il dipartimento dell'organizzazione giudiziaria del personale e dei servizi – direzione generale delle risorse materiali e delle tecnologie – ha inserito la riqualificazione del complesso denominato “Ex Convento della Maddalena” tra le opere prioritarie, non solo per la richiamata finalità di provvedere al reperimento di idonei spazi per la funzione giudiziaria (1.686 metri quadrati) ma anche perché l'intervento concorre a restituire evidenza pubblica ad un immobile di valore storico» –:

   se il Governo intenda promuovere la sottoscrizione di un nuovo protocollo d'intesa che preveda la delocalizzazione dell'ufficio del giudice di pace e di Unep presso il complesso dell'Ex convento della Maddalena e se intenda confermare, nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), l'inclusione del predetto complesso negli elenchi delle opere da realizzare, con un fabbisogno finanziario pari o superiore a 4.800.000 euro, e l'inserimento della riqualificazione dello stesso complesso tra le opere prioritarie.
(4-08592)

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ SOSTENIBILI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BALDELLI, ROSSO, PENTANGELO, SPENA, CALABRIA e BARELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   tra le misure adottate a seguito dell'esplosione della pandemia da Covid-19 per limitare la diffusione dei contagi vi sono state anche disposizioni che hanno imposto restrizioni alla mobilità delle persone;

   si sono verificati diversi casi, come ad esempio accaduto a Roma e in altre città di diversa dimensione, in cui non sono stati prorogati i permessi di accesso alle zone a traffico limitato, acquistati a titolo oneroso, per un periodo equivalente a quello nel quale la circolazione è stata interdetta o limitata –:

   se il Governo non intenda adottare iniziative di carattere normativo, in raccordo con gli enti locali, volte a garantire la proroga della validità di tali permessi acquistati a titolo oneroso e non utilizzati a seguito delle misure di contenimento della diffusione dell'epidemia da Covid-19.
(5-05518)

Interrogazione a risposta scritta:


   EHM, MENGA, SIRAGUSA, SAPIA e TERMINI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la «Toscana aeroporti handling» (Tah), nata nel 2018, con sede a Firenze, dalla fusione per incorporazione di Aeroporto di Firenze s.p.a. e società aeroporto toscano Galileo Galilei, società legata alla gestione delle operazioni di terra presso gli aeroporti di Pisa e Firenze sembrerebbe avere avviato la sua cessione;

   durante lo svolgimento di una videoconferenza il 12 marzo 2021, l'amministratore delegato della società indicata, da notizie apprese per mezzo di un comunicato lanciato dalle sigle sindacali Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uil Trasporti, Trasporti Ugl, informa della proposta di offerta di una società privata per la vendita della Toscana aeroporti handling, comunicando altresì l'intenzione di valutare entro tre mesi la vendita della stessa che, da quanto si apprende, manterrebbe per 24 mesi i posti di lavori dei 450 impiegati e del salario loro corrisposto;

   la Toscana aeroporti handling conta attualmente 450 impiegati inseriti nel regime previdenziale della cassa integrazione a zero ore dallo scoppio della pandemia da Covid-19;

   considerata l'attuale condizione epidemiologica e tenuto conto che il settore aeroportuale è fermo a fasi alterne da circa un anno, tali circostanze hanno comportato un blocco totale del lavoro aeroportuale con piccoli slot di reinserimento di lavoratori per il mantenimento del servizio minimo;

   a pagare il prezzo più alto della emergenza epidemiologica saranno i lavoratori del settore «servizi» e delle varie società in appalto, come per esempio le società in appalto addette alle operazioni di carico e scarico dei bagagli, appalto scaduto il 31 dicembre e prorogato al 31 marzo 2021;

   ad essere coinvolte in questa cessione rientrano dunque non solo la società Toscana aeroporti ma anche i lavoratori impiegati presso società in appalto, le fasce più deboli impossibilitate ad avviare, tramite gli organi di rappresentanza competenti, un tavolo di confronto diretto con l'azienda;

   si ricordano a tale proposito le mobilitazioni nate nel 2018 a seguito proprio di quella che i sindacati definirono la «esternalizzazione delle lavorazioni via terra», manovra ritenuta indispensabile per la Tah a seguito dell'emanazione di una direttiva europea che impone agli aeroporti con traffico superiore ai 2 milioni di passeggeri di disporre il «libero accesso al mercato delle prestazioni di servizi di assistenza a terra a terzi»;

   la regione Toscana, considerata l'emergenza in corso, ha deliberato un finanziamento a fondo perduto, stanziando 10 milioni di euro in favore della società Toscana Aeroporti –:

   quali iniziative di competenza il Governo abbia intenzione di assumere e se intenda avviare un tavolo di confronto con la regione Toscana e la Toscana aeroporti handling, prevedendo una soluzione volta al mantenimento dei posti di lavoro per il personale della stessa società e di quelle in appalto.
(4-08584)

INTERNO

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   a seguito delle dimissioni dalla carica di 14 consiglieri su 16 assegnati a Brusciano, il prefetto di Napoli ha avviato la procedura di scioglimento e nominato un commissario prefettizio per la provvisoria amministrazione dell'Ente;

   la fine della sindacatura di Giuseppe Montanile è avvenuta a ridosso di alcune vicende che hanno visto protagonista il primo cittadino, ex carabiniere, avvocato penalista e padre di tre figli e da martedì 3 marzo 2021 destinatario di una misura di vigilanza disposta dal prefetto dopo l'esito della riunione del Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica per le pesanti minacce ricevute per aver contribuito all'arresto di due persone accusate anche di aver sequestrato un giovane del posto;

   da tempo il sindaco Montanile denuncia un clima pesante in comune e, in particolare, indica il rione di edilizia popolare 219 un luogo dove sono attive famiglie malavitose impegnate nel traffico e nella vendita di sostanze stupefacenti. Addirittura già in campagna elettorale Montanile subì pesanti minacce. Due individui gli promisero: «Tu il sindaco non lo fai, farai la fine dei topi». Gli stessi nel febbraio 2019 presero a sassate Montanile nel corso di una iniziativa pubblica. Per nulla intimorito Montanile convocò un consiglio comunale straordinario proprio nel rione 219 dicendo che «voleva un comune decamorrizzato». In quell'occasione un consigliere comunale, oggi tra i firmatari della sfiducia, ritenne opportuno lasciare l'assemblea pubblica. Le minacce continuano via «social», anche da parte di parenti di malavitosi;

   all'insediamento dell'amministrazione Montanile, il comune era paralizzato e il buon andamento dell'amministrazione era compromesso da risalenti problematiche frutto di una cattiva amministrazione. Come evidenziato dagli organi di stampa, nel suo pur breve mandato, il sindaco Montanile ha posto al primo posto della sua azione amministrativa i temi della legalità, dell'efficienza, dell'imparzialità e della trasparenza: lotta ai parcheggiatori abusivi, controlli delle licenze degli ambulanti, installazione delle telecamere vere al posto di quelle finte, lotta all'occupazione di suolo illegale, «stop» ai buoni spesa per chi ha commesso gravi crimini, lotta all'evasione, proceduralizzazione delle pratiche edilizie, degli affidamenti, degli incarichi tecnici e legali, approvazione del regolamento per l'assunzione di personale dalle graduatorie di altri enti pubblici per garantire efficienza e lotta alle clientele, approvazione degli atti di indirizzo alla variante del Puc per la realizzazione di infrastrutture e impianti produttivi e artigianali, e per la salvaguardia del territorio dalle mire di speculatori;

   in generale – come risulta da notizie riportate dagli organi di stampa – c'è una rilevante escalation criminale in molti comuni della provincia di Napoli: esplosione di bombe carta a Somma Vesuviano, Pollena Trocchia, Pomigliano d'Arco, Volla e nella stessa Brusciano, minacce di morte ad amministratori e rappresentanti dello Stato come è accaduto ad Arzano con il commissario prefettizio, il segretario e il capo della polizia locale del comune;

   si rappresenta che, all'estromissione del sindaco Montanile, è corrisposta una forte reazione da parte della società civile, associazioni, sindacati, fondazioni, comitati, gruppi politici e personalità che si sono fatti promotori di un manifesto-appello, «Brusciano libera dalle camorre», già sottoscritto da tantissime realtà non solo di Brusciano;

   per tutte le considerazioni illustrate e in attesa che gli organi inquirenti completino le proprie indagini, appare opportuno verificare quanto prima se i fatti esposti autorizzino a ritenere che nel comune di Brusciano i gravi episodi di minacce, aggressioni anche via social e boicottaggio emersi in questi mesi, e una serie di episodi di intimidazione, attività illegali e ipotesi di compravendita di voti che sarebbero avvenuti nel rione 219 e denunciati già in campagna elettorale da Montanile, siano tali da aver alterato, influito, condizionato su una parte del consiglio comunale e contrastato con gli atti compiuti dall'amministrazione;

   occorrerebbe chiarire altresì se, conformemente a quanto stabilito dall'articolo 143 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento delle autonomie locali emergano, elementi univoci, rilevanti e coerenti su collegamenti, diretti o indiretti, con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare degli amministratori di cui all'articolo 77, comma 2, del citato testo unico ovvero su forme di condizionamento degli stessi, tali da determinare un'alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l'imparzialità delle amministrazioni comunali –:

   se il Ministro interrogato, sulla scorta di quanto esposto, intenda assumere le iniziative di competenza per rafforzare l'attività di contrasto alla criminalità organizzata a Brusciano e, in particolare, alle piazze di spaccio e alla sua filiera criminale del rione 219 e se, pur essendo già stata avviata la procedura di scioglimento ai sensi dell'articolo 141 del Tuel, non ritenga di valutare se sussistono i presupposti per l'istituzione di una commissione d'indagine per l'esercizio dei poteri di accesso e di accertamento di cui all'articolo 143 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, alla luce degli elementi evidenziati in premessa che interessano il comune di Brusciano e dell'estesa ingerenza della criminalità organizzata in quest'area.
(2-01137) «Migliore, Sani, Giordano, Topo, Sportiello, Vitiello, Di Stasio, Villani, Nappi, Amitrano, Provenza, Del Basso De Caro, Frate, Adelizzi, Gallo, Manzo, Pallini, Di Sarno, Ianaro».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GEMMATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto si evince dagli organi di stampa, in data 11 febbraio 2021, il direttore centrale per le specialità della polizia di Stato Armando Forgione, il direttore del servizio per la polizia stradale Giuseppe Busacca e il prefetto Luigi Savina hanno presentato il piano di razionalizzazione delle specialità del territorio predisposto dal dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno;

   secondo la stampa, pare che «(...) a fronte di un incremento del personale che consenta di passare da 10.693 unità a 12.890 unità, il Piano prevede la chiusura di undici distaccamenti tra cui quelli di Ruvo di Puglia e di Spinazzola per l'istituzione della Sezione nella Barletta-Andria-Trani». I due distaccamenti sono stati individuati «in ragione della loro forza effettiva in termini di risorse umane (...)». La ragione sarebbe da ascrivere al fatto «(...) che si tratta di un atto dovuto in quanto si tratta di una nuova provincia e la sezione sarà istituita recuperando il personale dei due distaccamenti (...)»;

   gli organi di stampa riferiscono della perplessità manifestata dai Sindacati di polizia, tra cui il Siulp, rispetto al piano presentato e alle chiusure dei 2 distaccamenti ed in particolare rispetto al «(...) mancato coinvolgimento nella fase di studio dei Questori delle realtà interessate dalle chiusure. Non tanto per un mero rispetto di galateo istituzionale, quanto per assai più articolate implicazioni che, in generale, potenzialmente potrebbero interessare il personale delle Volanti, la loro sicurezza e il controllo del territorio (...)». Il Coisp avrebbe anche chiesto un incontro con il prefetto della provincia Barletta-Andria-Trani, Maurizio Valiante, per discutere sulla soppressione dei due distaccamenti di polizia stradale;

   contrariamente alle determinazioni di chiusura le cui motivazioni non risultano ancora chiare, i due distaccamenti, in virtù dei loro posizionamenti, risultano invece strategici per il controllo del territorio e per gli interventi di sicurezza. Ad esempio, il distaccamento di PS di Spinazzola risulta strategico, poiché si trova in un comune che funge da cerniera tra la regione Puglia e la Basilicata ed è attraversato da due importanti arterie stradali come la strada statale 655 Bradanica e la strada provinciale 3 e dunque si trova sul crocevia tra la provincia di Barletta-Andria-Trani l'area metropolitana di Bari e la provincia di Potenza. Quindi, proprio in virtù della sua posizione, il distaccamento risulta di fondamentale importanza per la vigilanza del territorio e per la celerità di tutti gli interventi di gestione della sicurezza stradale determinati dall'altissimo carico di traffico, di merci e di automobilisti su questa grandi arterie;

   così come per Spinazzola, anche la chiusura del distaccamento di PS di Ruvo di Puglia sarebbe causa di riduzione del necessario controllo del territorio e della sicurezza stradale. Nel chiudere la sezione distaccata di Ruvo di Puglia verrebbe compromesso un efficace ed efficiente controllo e presidio non solo del comune di Ruvo di Puglia ma anche del territorio della città Metropolitana di Bari e di tutti i comuni dell'area nord barese. È necessario sottolineare, inoltre, che la chiusura del distaccamento di Ruvo di Puglia causerebbe una riduzione di possibilità di controllo dei crimini messi in atto dai gruppi criminali presenti sul territorio, così come evidenziati dalla relazione del Ministro dell'interno al Parlamento sull'attività svolta dalla Direzione investigativa antimafia – gennaio-giugno 2020 –:

   se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e, in caso affermativo, se non intenda chiarire le ragioni del provvedimento di chiusura dei due distaccamenti citati in premessa e adottare le iniziative di competenza affinché sia rivalutata la determinazione assunta, al fine di non privare Ruvo di Puglia e Spinazzola di due importanti presìdi di pubblica sicurezza necessari più che mai a garantire il controllo del territorio e la tutela della sicurezza.
(5-05516)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VARCHI e MASCHIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la giunta dell'Unione delle camere penali ha proclamato l'astensione dei penalisti dalle udienze per i giorni 29, 30 e 31 marzo 2021, per protesta contro il malfunzionamento del portale del processo penale telematico;

   l'articolo 24 del decreto-legge n. 137 del 2020 ha previsto, infatti, che, fino alla scadenza del termine dello stato di emergenza, «il deposito di memorie, documenti, richieste ed istanze indicate dall'articolo 415-bis, comma 3, del codice di procedura penale presso gli uffici delle procure della repubblica presso i tribunali avviene, esclusivamente, mediante deposito dal portale del processo penale telematico»;

   con il successivo decreto del Ministro della giustizia del 13 gennaio 2021 l'obbligo di deposito in forma esclusivamente telematica è stato esteso all'istanza di opposizione all'archiviazione, alla denuncia, alla querela e alla relativa procura speciale, alla nomina del difensore e alla rinuncia o revoca del mandato;

   in particolare, le Camere penali denunciano la farraginosità del sistema del «portale del penale», che altro non è che il «portale delle Procure della Repubblica», un sistema che «nasce già obsoleto, ma soprattutto presenta continui guasti e inconvenienti tecnici, che ne impediscono il funzionamento», mettendo così a rischio il rispetto dei termini processuali e, in definitiva, l'esercizio stesso del diritto di difesa;

   come si legge nella nota, a livello locale, i singoli difensori e le Camere penali territoriali hanno assunto iniziative di protesta segnalando ai capi degli uffici di procura l'impossibilità di esercitare le prerogative difensive collegate alla fase del procedimento, ma le procure hanno agito a macchia di leopardo: «in alcuni casi si è negata l'esistenza del problema, in altri si è attribuito il cattivo funzionamento del meccanismo alla incapacità tecnica degli avvocati. In alcune sedi si è giunti ad autorizzare anche le forme di deposito tradizionale, salvo paventare il concreto rischio di future declaratorie di inammissibilità»;

   la protesta contro le disfunzioni del portale telematico si accompagna ad una critica radicale che le Camere penali rivolgono al sistema della giustizia penale, dalle strutture fatiscenti alla inadeguatezza dei provvedimenti assunti per l'operatività dei singoli uffici giudiziari, fino alla grave crisi di autorevolezza che sta attraversando la magistratura e di cui il «caso Palamara» è solo la punta dell'iceberg;

   tale situazione dovrebbe concludersi il 30 aprile 2021, termine ultimo ad oggi per le misure di emergenza di contrasto alla pandemia, ma inequivocabili sono gli annunci di provvedimenti di proroga di tutte queste misure e, in generale, di una volontà di digitalizzazione del processo penale –:

   se il Governo sia a conoscenza dei gravi fatti esposti in premessa e quali immediate iniziative di competenza anche normative, intenda assumere per sanare le disfunzionalità del processo penale telematico, introducendo, almeno fino al raggiungimento della completa efficienza del sistema in tutto il territorio nazionale, un doppio regime che consenta l'accesso anche alle modalità tradizionali di deposito e accesso ai fascicoli, in presenza di un malfunzionamento dei portali.
(4-08575)


   RIBOLLA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la fase di lockdown ha danneggiato in maniera particolarmente grave il comparto della ristorazione e tutti gli altri esercizi commerciali che somministrano cibo e deve essere vista con favore ogni iniziativa utile a consentirne la ripresa della loro attività, nel rispetto delle linee guida anti-contagio;

   notizie apparse anche sugli organi di stampa riferiscono che sempre più ristoranti, obbligati a restare chiusi al pubblico perché situati in zona rossa o arancione, accettano di svolgere servizi di mensa ai dipendenti di una o più imprese;

   la possibilità è prevista dalle disposizioni contenute nel Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 dicembre 2020, e trasfuse nel Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 2 marzo 2021, che, in parziale deroga all'ordinaria disciplina in tema di attività produttive, ma in ottemperanza degli oneri di comunicazione ai comuni, consente ai pubblici esercizi di instaurare un rapporto contrattuale con le imprese per la somministrazione di bevande e alimenti ai loro dipendenti;

   anche il Ministero dell'interno, con nota prot. n. 4779 del 22 gennaio 2021, ha stabilito che deve ritenersi consentito lo svolgimento, nel rispetto delle misure di contenimento del contagio, dell'attività di ristorazione all'interno dei pubblici esercizi in favore di lavoratori di aziende, con le quali l'esercizio abbia instaurato un rapporto contrattuale avente ad oggetto la somministrazione di alimenti e bevande; tuttavia, la stessa nota esclude dai potenziali beneficiari i titolari di partita Iva, non ravvisandovi l'elemento della collettività;

   tale interpretazione appare però irragionevole all'interrogante e produttiva, alla luce dei fatti, di una palese discriminazione; se la ratio della previsione consiste nel contemperamento tra l'interesse del lavoratore ad un ristoro e l'interesse della società ad una disciplinata e controllata somministrazione di alimenti e bevande nel rispetto delle norme anti-contagio, non c'è alcuna ragione, nel caso di specie, per escludere un'assimilazione del lavoro autonomo al lavoro subordinato;

   anche per questa ragione, il requisito della collettività non dovrebbe costituire un impedimento e comunque potrebbe considerarsi integrato da specifiche convenzioni tra i pubblici esercizi e le cosiddette reti di professionisti, quali i consorzi stabili professionali o le associazioni temporanee professionali –:

   alla luce dei fatti e delle valutazioni riportate in premessa, quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare per permettere che le medesime attività possano esser svolte – sempre sulla base di un contratto di somministrazione – anche a beneficio di un libero professionista o di un titolare di partita Iva.
(4-08580)


   GIANNONE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'inchiesta sulla gestione dell'accoglienza dei minori e delle famiglie disagiate nella provincia di Massa Carrara, chiamata dai media «l'altra Bibbiano», ha fatto emergere un collaudato «sistema» posto in essere dai dirigenti della cooperativa Serinper, società che gestisce un elevato numero di strutture protette, ben 11, per l'accoglienza di minori e nuclei familiari disagiati, basato «sulla metodica assunzione di parenti e amici di funzionari pubblici, tra cui quelli addetti al controllo del settore, e di coloro che, per qualche ragione, erano reputati “utili alla causa”»;

   queste condotte «oltre a creare una commistione tra controllore e controllato», avrebbero permesso «ai dirigenti della Serinper di ottenere numerosi vantaggi, come l'accumulo di ingenti profitti economici attraverso l'inserimento di utenti all'interno delle strutture in numero notevolmente superiore a quello consentito per legge», nonché «dalla sistematica elusione dell'osservanza degli obblighi contrattuali stipulati con i vari enti della pubblica amministrazione»;

   l'indagine ha portato all'arresto di otto persone, fra cui il sindaco di Villafranca in Lunigiana, Filippo Bellesi; l'ex giudice onorario presso il tribunale per i minori di Firenze, Rosa Russo; Marino Petracci, consigliere comunale di Montignoso; Alessio Zoppi, Enrico Benassi e Tamara Pucciarelli, gestori della cooperativa Serinper, società che gestisce le strutture protette per l'accoglienza di minori e nuclei familiari disagiati;

   in base al meccanismo accertato, le società controllate dagli investigatori hanno visto «negli anni moltiplicarsi il proprio volume di affari ed i relativi introiti costituiti integralmente dal pagamento di rette direttamente da parte di Enti pubblici. Più in particolare, la cooperativa Serinper, che nell'anno 2011 aveva dichiarato redditi per circa 200 mila euro ha, nell'anno 2017, portato i propri ricavi a 2.740.000,00, aumentandoli così di circa tredici volte»;

   dall'inchiesta emergerebbero poi anche abusi, violenze fisiche e psicologiche sui bambini e le giovani mamme, come raccontato qualche giorno fa nel programma Mediaset «Fuori dal Coro». Alcune ex ospiti di alcune delle strutture gestite dalla Serinper – che per altro risultano prive di adeguate condizioni igienico-sanitarie e di personale qualificato – dichiarano di non aver avuto cibo, per loro e per i bambini, anche per giorni, e che si usavano farmaci per ridurre pianti, lamenti e stress, sia dei piccoli che delle mamme, attraverso la somministrazione di «tisane». Le donne testimoniano anche di essere state costrette a firmare un foglio bianco dove veniva chiesto loro di rinunciare ai propri figli, una sorta di lavaggio del cervello. Il tutto, approfittando, da un lato, del fatto che i soggetti preposti al controllo erano stati corrotti dai gestori con assunzioni «di comodo» e, dall'altro, della situazione di debolezza degli utenti, impossibilitati a ribellarsi ed esplicitamente minacciati, nel caso avessero denunciato queste gravissime condotte, di ritorsioni;

   in chiusura nella trasmissione «Fuori dal Coro», si afferma che, ad oggi, nonostante le indagini e gli arresti, ci sono ancora mamme e minori ospitati proprio in due delle strutture al centro dell'inchiesta –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, anche valutando se sussistano i presupposti per assumere iniziative a carattere ispettivo, relativamente ai fatti in questione;

   se il Governo intenda assumere le opportune iniziative normative per realizzare un controllo più stringente delle case famiglia, e dei metodi spesso poco chiari che ledono i diritti dei minori ospitati nelle strutture che dovrebbero tutelarli.
(4-08583)


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   i lavoratori dell'azienda tessile di Prato Texprint, di proprietà cinese, sono in presidio ormai da due mesi per chiedere turni di lavoro da otto ore per cinque giorni a settimana, a differenza degli attuali turni da dodici ore, soggiorni su sette, senza il rispetto dei più basilari diritti dei lavoratori;

   da venerdì 5 marzo 2021 le attività produttive sono state sospese dall'azienda per quella che appare una vera e propria «serrata» in risposta alle rivendicazioni degli operai;

   nel pomeriggio del 10 marzo 2021 decine di operatori delle forze dell'ordine, in servizio di ordine pubblico, sono intervenuti con violenza per sgomberare il picchetto davanti ai cancelli della Texprint al fine di consentire il transito di mezzi di autotrasporto;

   durante lo sgombero, sei operai sono rimasti feriti a causa dei contatti con le forze dell'ordine avvenuti in più fasi, cinque uomini, di età fra i 20 e i 29 anni, e una ragazza di 18 anni sono stati trasportati in ospedale e alcuni di loro sono stati dimessi dal pronto soccorso con prognosi fino a trenta giorni per i colpi ricevuti dalle forze dell'ordine in tenuta antisommossa;

   i dipendenti della Texprint che stanno protestando da 50 giorni, per lo più pakistani e indiani sono stanchi di essere sfruttati come schiavi e chiedono la fine di turni massacranti e il rispetto del contratto nazionale e delle leggi in materia di lavoro;

   ciò che appare paradossale all'interrogante è che, nelle stesse ore in cui i lavoratori e le lavoratrici di Texprint subivano lo sgombero dal presidio da parte delle forze dell'ordine, la locale prefettura emetteva un'interdittiva antimafia nei confronti dei proprietari della stamperia tessile;

   esigere il rispetto di elementari diritti e il ripristino della legalità, come stanno facendo i lavoratori di Texprint, non può essere considerato un problema di ordine pubblico e sicuramente i momenti di tensione che si sono venuti a creare potevano e dovevano essere gestiti diversamente da parte delle forze dell'ordine;

   l'auspicio dell'interrogante è che il Ministro dell'interno fornisca indicazioni e direttive agli operatori delle forze dell'ordine per evitare in futuro comportamenti del genere, mentre il Ministro del lavoro e delle politiche sociali si attivi per risolvere positivamente questa vertenza garantendo che, all'interno dell'azienda tessile di Prato Texprint, venga ripristinata la legalità e garantito il rispetto dei contratti e dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori –:

   di quali ulteriori elementi siano a conoscenza i Ministri interrogati rispetto ai fatti esposti di cui in premessa;

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro dell'interno al fine di acquisire ogni elemento utile a ricostruire l'esatta dinamica degli incidenti richiamati in premessa e verificare se poteva esservi una differente condotta da parte degli operatori in servizio di ordine pubblico davanti ai cancelli della Texprint di Prato, per evitare cariche indiscriminate e un indiscriminato uso della forza;

   se, alla luce di quanto accaduto alla Texprint di Prato, non intenda fornire indicazioni e direttive precise alle prefetture per evitare in futuro incidenti come quello esposto in premessa;

   se il Ministro del lavoro e delle politiche sociali non intenda adottare iniziative di competenza per compiere ogni sforzo per riportare al tavolo della trattativa l'azienda e far sì che la stessa proceda immediatamente alla regolarizzazione dei contratti e delle condizioni di lavoro e al rispetto dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori.
(4-08597)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta orale:


   BARBUTO, GRIPPA, VILLANI e MARAIA. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi, l'inchiesta denominata «Diacono» condotta dalla procura della Repubblica di Vibo Valentia ha portato alla scoperta di una serie di attività illecite nell'ambito della pubblica istruzione, che ha coinvolto l'Accademia di Belle Arti «Fidia» di Stefanaconi e l'associazione «Iconea»;

   le indagini, scattate nel mese di luglio 2020 a seguito del rinvenimento di un arsenale di armi da guerra e clandestine e di un'ingente somma di denaro nell'abitazione di uno degli indagati, hanno coinvolto 23 persone accusate a vario titolo di corruzione e falso, tra cui la direttrice dell'ufficio scolastico regionale della Calabria;

   gli approfondimenti investigativi hanno consentito di ricostruire una rete di istituti formativi (paritari e artistici/musicali) che, in cambio di denaro e/o altre utilità, illecitamente avrebbero prodotto titoli e attestati che sarebbero stati «comprati» per poi partecipare a concorsi pubblici per l'assunzione di personale docente e Ata;

   i suddetti illeciti sarebbero stati agevolati e resi possibili, altresì, grazie alla corruzione di un alto funzionario del Ministero dell'istruzione incaricato delle attività ispettive e di controllo degli istituti accreditati dal Ministero;

   da quanto si apprende dalla stampa locale negli ultimi sette anni sarebbero stati «venduti» dall'Istituto di alta formazione di Stefanaconi (VV) circa trentamila diplomi, Cfu (Crediti formativi universitari) e altre certificazioni ritenute farlocche, tra cui trecento attestazioni per master mai frequentati, successivamente utilizzati dagli «acquirenti» per la partecipazione e il superamento di concorsi pubblici;

   simili deprecabili condotte, oltre al rilievo penale, costituiscono un attentato al diritto dei discenti ad avere un docente preparato ed una formazione adeguata nell'alveo del diritto allo studio che deve essere garantito a ciascun cittadino;

   non sarebbe poi altrettanto improbabile che, allo stato, vi siano in cattedra persone che non ne hanno assolutamente titolo e che proprio grazie a questi titoli hanno superato in graduatoria altri docenti realmente meritevoli e si rende necessario, a parere dell'interrogante, effettuare debiti controlli così come si rende necessario mettere in atto tutte le iniziative ed i controlli affinché tali situazioni non abbiano più a verificarsi –:

   se il Ministro interrogato sia al corrente di quanto sopra descritto e quali iniziative intenda mettere in campo, per quanto di competenza, anche sul piano normativo, per garantire la correttezza delle procedure per il rilascio di diplomi e crediti formativi universitari, nonché per assicurare la qualità dell'insegnamento nelle scuole.
(3-02105)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata:


   D'ALESSANDRO, LIBRANDI e FREGOLENT. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'Istat ha recentemente fotografato un calo dell'occupazione senza precedenti nel mercato del lavoro nel 2020, con 456 mila posti di lavoro andati persi, associato alla diminuzione della disoccupazione e alla forte crescita del numero di inattivi;

   il simultaneo calo di occupazione e disoccupazione pone di fronte a una situazione molto complessa che, con la fine del blocco dei licenziamenti, potrebbe diventare drammatica;

   un pericolo è che non si tratti solo di un effetto congiunturale della crisi, ma la spia di ciò che potrebbe accadere se non si attuano interventi strutturali di riforma del mercato del lavoro e degli ammortizzatori sociali, ovvero delle distorsioni generate da sussidi e assistenzialismo all'infinito;

   la «riforma Fornero» aveva modificato la disciplina del lavoro a progetto per evitarne un utilizzo improprio; tuttavia, in una situazione in cui i mutamenti del lavoro spingono sempre di più la prestazione lavorativa verso un «progetto di lavoro», si ritiene utile una reintroduzione di questa forma contrattuale fino a 24 mesi, recuperando le maggiori garanzie e tutele di cui si disponeva rispetto ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa, in particolare in materia di gravidanza, malattia e infortuni;

   i contratti a progetto dovrebbero caratterizzarsi nella flessibilità ricca e di qualità in grado di intercettare una nuova offerta di lavoro che deve intrecciare una domanda sempre più qualificata di competenze, a cui bisogna corrispondere giuste tutele, retribuzione e normative;

   le disposizioni previste dal cosiddetto «decreto dignità» non sono sufficienti a tutelare centinaia di migliaia di ragazze e ragazzi con contratto a termine, i quali nella pandemia hanno perso il posto di lavoro per via di una normativa che non ha garantito le promesse di stabilizzazione verso il contratto a tempo indeterminato;

   in questa situazione di crisi e incertezza, offrire alle aziende la possibilità di assumere a progetto risulta di fatto l'unica possibilità per stimolare il lavoro senza gravare in maniera eccessiva sulle esigenze di bilancio delle imprese e per sostenere la produzione –:

   quali iniziative intenda adottare, relativamente a quanto espresso in premessa, per un'urgente revisione del cosiddetto «decreto dignità» o per una riforma complessiva della disciplina dei contratti di lavoro al fine di reintrodurre forme contrattuali a progetto improntate a correggere le lacune del decreto-legge medesimo e di assicurare maggiori garanzie e tutele, in particolare ai giovani lavoratori.
(3-02109)


   LOLLOBRIGIDA, MELONI, RIZZETTO, ALBANO, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI, VINCI e ZUCCONI. – Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. – Per sapere – premesso che:

   l'Italia nei prossimi mesi sarà devastata da un'ondata di chiusure di aziende, che attualmente versano in grave crisi a causa del blocco delle loro attività dovuto all'emergenza sanitaria;

   stando alle previsioni, tra le 40 mila e le 70 mila aziende metteranno fine alle proprie attività, per l'irrimediabile abbattimento che si è determinato sulla produzione e sulla domanda a causa della pandemia;

   al contempo, i dati Istat riferiscono che il tasso di disoccupazione è salito al 9,7 per cento, con un aumento di 0,5 punti, e che tra i giovani raggiunge il 31,1 per cento, con un aumento di 1,5 punti;

   sinora sono andati persi tanti posti di lavoro nonostante l'adozione del blocco dei licenziamenti e si è destinati ad assistere ad un ulteriore crollo quando sarà eliminata questa misura eccezionale;

   al riguardo, il Governo non ha ancora pianificato le iniziative e i provvedimenti di tutela sociale necessari e tempestivi per scongiurare l'ondata di licenziamenti che si preannuncia quando non sarà prorogato il blocco dei licenziamenti;

   in questo scenario, la situazione occupazionale è peggiorata per gli effetti causati dal cosiddetto «decreto dignità», laddove questo ha modificato e aggravato le condizioni per stipulare contratti a tempo determinato e, infatti, in questa fase emergenziale il Governo si è visto costretto ad introdurre alcune deroghe a questa disciplina per le storture che determina;

  è ad avviso degli interroganti palesemente fallito l'intento annunciato dall'allora Governo Conte e, in particolare, dal gruppo del MoVimento 5 Stelle di aumentare le stabilizzazioni con la sopra menzionata riforma, un fallimento, in realtà, che era stato largamente previsto da autorevoli giuslavoristi, imprese e associazioni di categoria;

   con le norme in questione, anzi, si è ottenuto l'effetto inverso, poiché i datori di lavoro, a fronte della normativa prevista nel cosiddetto «decreto dignità», sono spinti a stipulare contratti che non vanno oltre i dodici mesi, aumentando il turn over tra i lavoratori, soprattutto meno specializzati;

   anche i dati dell'Osservatorio sulla precarietà dell'Inps riferiscono che con l'applicazione del cosiddetto «decreto dignità» vi è stata un'evidente decelerazione dell'andamento occupazionale guardando alla differenza tra assunzioni e cessazioni;

   è stato, ad avviso degli interroganti, irragionevole ed insensato ritenere di poter contrastare il precariato irrigidendo oltremodo il ricorso ad un contratto, che comunque garantisce importanti tutele per il lavoratore –:

   quali iniziative intenda adottare per modificare le norme sul contratto a tempo determinato previste nel cosiddetto «decreto dignità», considerati gli effetti dannosi che determina sull'occupazione.
(3-02110)


   FORNARO e EPIFANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   Officine meccaniche Cerutti spa è una società per azioni, con sedi produttive a Casale Monferrato, in provincia di Alessandria, e a Vercelli, che ha storicamente operato nel settore della progettazione e della costruzione di macchine e attrezzature per la stampa. Era diventata leader nel mondo per la costruzione di rotative per rotocalchi e giornali, arrivando a un fatturato di 260 milioni e a 1.100 dipendenti solo nella sede di Casale Monferrato. Poi la crisi del settore e la riconversione, con la produzione di macchine per imballaggi e anche per la stampa di banconote in polimeri;

   il 31 agosto 2020 il tribunale di Vercelli, a seguito delle istanze depositate dalle due società in concordato preventivo, Officine meccaniche Cerutti e Cerutti packaging equipment, ha autorizzato la costituzione di una newco, denominata Gruppo Cerutti srl;

   da quattro settimane i lavoratori sono in presidio permanente all'interno dell'azienda: il 18 marzo 2021 scadrà la cassa integrazione per cessazione di azienda per i 160 dipendenti che non sono passati nella nuova società e il 27 marzo 2021 scadrà la cassa integrazione per i 130 dipendenti che sono nella newco, la quale ha attivato l'articolo 47 della legge n. 428 del 1990 per recedere dall'affitto del ramo d'azienda e ha bloccato il completamento di una macchina già ordinata;

   il 2 marzo 2021 si è tenuto, a livello regionale, il tavolo di crisi, con la partecipazione di istituzioni, sindacati e curatela, nel corso del quale la curatela ha confermato la volontà di procedere alla retrocessione d'azienda e di aver proceduto all'apertura di una data room al fine di procedere alla definizione di una procedura per la cessazione delle aziende fallite. Nella stessa sede la curatela ha esposto l'impossibilità a richiedere ulteriori ammortizzatori sociali;

   ad oggi non c'è una proposta per un'eventuale acquisizione della Gruppo Cerutti srl e a fine marzo 2021 terminerà il periodo tecnico per discutere in merito alla procedura avviata che porterà al fallimento. 290 persone rischiano di perdere il lavoro e restare senza alcun ammortizzatore sociale, nonostante ci siano concrete possibilità per una prosecuzione dell'attività nel settore degli imballaggi, che non è stato colpito dalla crisi economica –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere per permettere l'accesso alla cassa integrazione per COVID-19 o a qualunque ammortizzatore sociale che consenta ai 290 lavoratori di attendere eventuali manifestazioni di interesse nei confronti di un'azienda specializzata che rappresenta un patrimonio da salvaguardare per le province di Alessandria e Vercelli e per il sistema produttivo italiano.
(3-02111)


   MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CARRARA, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, FANTUZ, FERRARI, FIORINI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GASTALDI, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, LUCENTINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MATURI, MICHELI, MINARDO, MORRONE, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLIN, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RAVETTO, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, SNIDER, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZANELLA, ZENNARO, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'azienda Officine meccaniche Giovanni Cerutti spa, storica azienda operante nel settore della progettazione e della costruzione di macchine ed attrezzature per la stampa, dopo una lunga e travagliata crisi finanziaria, sembrava ad una svolta con la chiusura dello stabilimento di Vercelli e del provvedimento, da parte del tribunale di Vercelli, a seguito delle istanze depositate dalle società Officine meccaniche G. Cerutti s.p.a. in c.p. e Cerutti packaging equipment s.p.a. in c.p., di autorizzazione alla costituzione di una newco, denominata Gruppo Cerutti s.r.l. e posseduta pariteticamente dalle predette due società, nella quale sono confluite le relative attività e asset;

   dei quasi 300 dipendenti, 134 avrebbero dovuto operare nella nuova società, mentre i restanti, dichiarati in esubero, sono stati collocati in cassa integrazione straordinaria;

   il 15 febbraio 2021, come un fulmine a ciel sereno, è giunta la comunicazione alle organizzazioni sindacali, per conto del nuovo Gruppo Cerutti e dei curatori fallimentari, che di fatto l'avventura della newco Gruppo Cerutti srl era finita e, a far data dal giorno successivo, tutti i lavoratori della nuova società sarebbero stati posti in cassa integrazione, con relativo blocco della produzione e cessazione dell'affitto di ramo d'azienda;

   le sorti dei dipendenti della newco, dunque, sono incerte, essendo confluiti nel fallimento dove già sono coinvolti gli altri lavoratori in esubero e per i quali gli ammortizzatori sociali scadranno nel mese di marzo 2021 –:

   se e quali iniziative di competenza intenda adottare con riguardo alla salvaguardia dei livelli occupazionali ed alla tutela reddituale da ammortizzatore sociale dei lavoratori di cui in premessa.
(3-02112)


   EMANUELA ROSSINI. – Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. – Per sapere – premesso che:

   l'articolo 106, comma 1, del decreto-legge n. 18 del 2020 («Cura Italia»), come modificato dal recente «decreto milleproroghe», ha previsto la possibilità per le società di convocare l'assemblea di approvazione del bilancio al 31 dicembre 2020 entro 180 giorni dalla chiusura dell'esercizio;

   il comma 8-bis dell'articolo 106 ha esteso tale facoltà anche alle associazioni e alle fondazioni in generale, escludendo le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale e le onlus;

   tale disposizione, che, secondo l'interrogante, non appare basarsi su alcun fondamento di ragionevolezza, priva gli enti in possesso delle qualifiche di organizzazione di volontariato, associazione di promozione sociale o onlus (che sono anch'essi costituiti in forma di associazione o fondazione) della possibilità di posticipare l'approvazione del bilancio, oltre che di utilizzare più a lungo le modalità di svolgimento dell'assemblea a distanza (qualora ciò non sia previsto dai rispettivi statuti);

   tutto ciò determina, ad avviso dell'interrogante, un'evidente disparità di trattamento all'interno degli enti non profit;

   l'interrogante ritiene che tale situazione debba essere risolta estendendo quello che vale per le associazioni e fondazioni anche a organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale e onlus, che sono tra l'altro già oggi considerati enti del terzo settore;

   sarebbe necessaria e urgente una modifica normativa del citato comma 8-bis, eliminando il riferimento agli enti di cui all'articolo 104, comma 1, del codice del terzo settore e lasciando il solo riferimento ad associazioni e fondazioni, nelle quali sono ricomprese anche gli enti in possesso delle qualifiche di organizzazione di volontariato, associazione di promozione sociale e onlus, oppure richiamare nel comma, oltre alle associazioni e alle fondazioni, gli enti di cui all'articolo 73, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, ossia la categoria fiscale degli «enti non commerciali», nella quale possono essere ricompresi anche altri enti non lucrativi costituiti in forma diversa da quella associativa o fondazionale, quali, ad esempio, i comitati, gli enti delle confessioni religiose e i trust –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di dover adottare tempestivamente iniziative normative volte ad eliminare questa disparità di trattamento determinata dalla disciplina di cui in premessa a danno degli enti non profit.
(3-02113)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ROTTA e SERRACCHIANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   sin da subito, lo strumento del reddito di cittadinanza si è dimostrato una misura di grande portata sociale che coglieva un'esigenza evidente, ancor più accentuata dalla crisi economico-sociale conseguente la pandemia da Covid-19, tuttavia caratterizzato da una serie di criticità tecniche e concettuali che ne hanno fortemente condizionato l'efficacia;

   tra queste criticità, si segnala la condizione di quei nuclei familiari composti da una madre con minori o minori a carico, che per accedere al reddito di cittadinanza devono dimostrare di possedere un «Isee minori» inferiore ai 9.360 euro, calcolato ai sensi dell'articolo 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013;

   in molti casi, tali unioni familiari solo formalmente vedono la partecipazione economica dell'altro genitore e, stante una condizione di estrema precarietà socio-economica, di fatto, spesso è precluso alla madre di ricorrere alle vie legali qualora il padre non si faccia carico del mantenimento del figlio;

   la versione originaria dell'articolo 2 del decreto-legge n. 4 del 2019 non prevedeva la richiamata specificazione all'articolo 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013, per quanto concerne i nuclei familiari con minori, previsione che è stata introdotta in sede di conversione in legge;

   come è di tutta evidenza si è trattato di una scelta che ha finito per penalizzare proprio quelle situazioni di maggior fragilità che vivono le donne sole e con figli minori;

   come è stato opportunamente annunciato, è intenzione dell'attuale Governo adottare misure di «manutenzione» e «adattamento» della disciplina del reddito di cittadinanza, anche alla luce della nuova fase socio-economica, sulla base dell'esperienza maturata, nonché della verifica delle criticità emerse nel corso del primo periodo di sperimentazione –:

   se non si ritenga di dover prevedere, nell'ambito dell'auspicata iniziativa normativa di aggiornamento della disciplina del reddito di cittadinanza, anche una soluzione per le problematiche esposte in premessa, così superando una irragionevole penalizzazione per quelle donne con figli minori che non possono accedere al previsto sostegno economico, per responsabilità dell'altro genitore inadempiente agli obblighi di mantenimento.
(5-05514)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   com'è noto, il settore degli enti del terzo settore è stato interessato da una profonda riforma ad opera del decreto legislativo n. 117 del 2017 (codice del terzo settore) con il quale sono stati ridisciplinati complessivamente gli aspetti che riguardano gli enti in questione, incluso, per quanto qui rileva, il regime fiscale applicabile;

   in particolare, l'articolo 79, comma 2, del citato decreto legislativo ha previsto che le attività di interesse generale esercitate dagli enti del Terzo settore, «ivi incluse quelle accreditate o contrattualizzate o convenzionate con le amministrazioni pubbliche», si considerano di natura non commerciale «quando sono svolte a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi che non superano i costi effettivi, tenuto anche conto degli apporti economici degli enti di cui sopra e salvo eventuali importi di partecipazione alla spesa previsti dall'ordinamento»;

   il successivo comma 2-bis dell'articolo 79 del codice, inserito dall'articolo 24-ter, comma 3, del decreto-legge n. 119 del 2018, ha introdotto un requisito ulteriore ai fini della qualificazione fiscale delle suddette attività, precisando che esse «si considerano non commerciali qualora i ricavi non superino di oltre il 5 per cento i relativi costi per ciascun periodo d'imposta e per non oltre due periodi d'imposta consecutivi»;

   a parere dell'interrogante, il margine del 5 per cento fissato dalla norma sopra citata risulta eccessivamente rigido e stringente, finendo ingiustamente per penalizzare una gran parte di enti e organizzazioni che magari superano l'irrisoria forbice sopra indicata, ma reinvestono comunque interamente le somme percepite per il conseguimento delle finalità istituzionali solidaristiche proprie dell'ente;

   l'irragionevolezza del criterio in esame appare evidente, in particolare, per gli enti e le organizzazioni che svolgono attività di carattere sanitario o socio-sanitario di cui all'articolo 5, comma 1, lettere a), b) e c) del codice del terzo settore. Si pensi, tra queste, alle organizzazioni che svolgono servizi di centri diurno e centro residenziale per persone con disabilità, in convenzione con le aziende sanitarie locali di riferimento;

   l'articolo 79, comma 3, del codice del terzo settore, infatti, prevede che le attività sopra citate siano considerate «non commerciali», con applicazione del regime fiscale più favorevole, «se svolte da fondazioni delle ex istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza [ex IPAB, ndr], a condizione che gli utili siano interamente reinvestiti nelle attività di natura sanitaria o socio-sanitaria e che non sia deliberato alcun compenso a favore degli organi amministrativi»;

   non si comprende, invero, per quale ragione il medesimo principio e la medesima presunzione di non commercialità non debbano trovare applicazione anche nei confronti degli enti differenti dalle ex Ipab, quali ad esempio le ex Onlus, che svolgono le medesime attività e che naturalmente reinvestano interamente gli utili nelle attività di natura sanitaria o socio-sanitaria, senza deliberare compensi a favore degli organi amministrativi;

   tale differente trattamento, in mancanza di una valida ragione giustificatrice, integra a parere dell'interrogante una palese disparità ed è foriero di pesanti conseguenze in termini di tassazione per gli enti in questione che ne mettono potenzialmente a rischio la sopravvivenza, così come i servizi essenziali da essi gestiti, in un momento peraltro estremamente delicato qual è quello attuale, caratterizzato dalla pandemia da Covid-19 –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno adottare iniziative normative al fine di rimuovere la disparità descritta in premessa ed estendere l'ambito operativo della presunzione di non commercialità prevista dall'articolo 79, comma 3, del codice del terzo settore anche a favore degli enti e delle organizzazioni diversi dalle ex Ipab.
(4-08578)


   MURONI, CECCONI e FIORAMONTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   GSK Vaccines è la società del gruppo GSK in Italia interamente dedicata ai vaccini, a Siena e nella vicina Rosia, dove sono impegnati circa 2.000 collaboratori;

   il sito GSK di Siena e Rosia è un solido punto di riferimento. GSK è tra i promotori di TLS Siena, ente di ricerca del settore farmaceutico, finanziato anche dal Ministero dello sviluppo economico e dalla regione Toscana;

   negli stabilimenti di Siena e Rosia, in seguito ad una serie di accordi sindacali stipulati a partire dal 2011, un numero consistente di collaboratori, principalmente operatori, sono assunti attraverso la modalità di somministrazione, meglio nota come «staff leasing». Assunti a tempo indeterminato dalle agenzie di lavoro, con somministrazione a tempo indeterminato;

   per la seconda volta consecutiva, l'azienda ha deciso arbitrariamente di sospendere la missione di somministrazione per sette lavoratori, che si aggiungono ai cinque che avevano subito analoga scelta aziendale a luglio del 2019;

   l'azienda ha comunicato di aver provveduto alla sospensione della somministrazione a tempo indeterminato appellandosi alla natura commerciale del contratto di somministrazione del lavoro, che sarebbe prevalente rispetto al diritto del lavoro;

   i lavoratori interessati da questo provvedimento, erano in forza all'azienda da oltre cinque anni (contratti sottoscritti tra il 2011 e 2013). In questi anni, l'azienda ha più volte cambiato fornitore per la somministrazione, passando dalla Manpower ed Adecco, alla Randstand all'attuale G-group. I circa trecento collaboratori assunti in staff leasing, hanno cambiato agenzia, senza mai vedere messa in discussione la loro somministrazione a tempo indeterminato;

   tutte le sigle sindacali hanno più volte ricordato, che il lavoratore «staff leasing» viene assunto con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, e partecipa alle stesse garanzie e tutele riconosciute ad ogni altro lavoratore assunto a tempo indeterminato dall'azienda;

   i lavoratori sono stati allontanati dal luogo di lavoro senza alcun preavviso, in un caso in seguito alla comunicazione ricevuta mentre si trovava a lavoro, un operatore, a quanto consta all'interrogante, avrebbe subìto un malore e un crollo psicologico, per il quale sarebbe stato necessario l'intervento dei sanitari –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e quale sia l'orientamento del Governo, per quanto di competenza, rispetto alla proliferazione di casi di sospensione delle somministrazioni a tempo indeterminato di lavoratori assunti in «staff leasing», soprattutto nel sito farmaceutico di Siena e Rosia e quali iniziative intenda adottare per tutelare i livelli occupazionali.
(4-08579)


   LOMBARDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'ente «Innovazione Apprendimento Lavoro» (Ial), nato come ente per la formazione, qualificazione e aggiornamento professionale, culturale e sociale dei lavoratori, a partire dal novembre 2011 assume la forma di società a responsabilità limitata con la qualifica di impresa sociale, dando vita ai sensi del decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 1 allo Ial Nazionale;

   lo Ial – Innovazione Apprendimento Lavoro Nazionale S.r.l. impresa sociale che rappresenta oggi la più grande rete di Srl con la qualifica di impresa sociale operante in Italia nel campo della formazione professionale e continua – iscritta al Registro delle Imprese della Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Roma – ha sede legale a Roma ed è presente con sedi locali anche in molte regioni d'Italia;

   come appreso da articoli di stampa, lo Ial è un ente/associazione fino al 2013 accreditato presso la Regione siciliana: è proprio a partire dal 2013 che l'ente subisce la revoca delle procedure di accreditamento, requisito essenziale per lo svolgimento delle attività di formazione professionale ai sensi della legge regionale 6 marzo 1976, n. 24. La mancata erogazione, da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, delle risorse finanziarie – delle quali lo Ial fino al 2013 era stato assegnatario in quanto vincitore di bando/avviso emanato dall'assessorato regionale – veniva giustificata da una serie di gravi inadempienze perpetrate ai danni dei suoi 900 dipendenti;

   nel periodo ricompreso fra il 2010 e il 2012, come risulta da una indagine condotta dal Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Palermo, lo Ial-Cisl Sicilia – oggi sottoposta a procedura fallimentare – riceveva a valere sui fondi della programmazione europea, un importo complessivo di 118.243.634,71 euro e, nel medesimo periodo, procedeva alle operazioni di attivazione della Cassa integrazione guadagni in deroga: in particolare, dal mese di luglio del 2011 sino al mese di ottobre del 2012, l'ente avrebbe attivato per tutto il personale che non riteneva indispensabile la Cassa integrazione guadagni in deroga (Cigd) e nell'anno 2013 solo per il personale del settore servizi multifunzionali; dal 27 gennaio 2014 al 21 dicembre 2014, a quanto consta all'interrogante, sarebbe stata attivata la Cigd per i docenti, per una parte del personale amministrativo e per la maggioranza dei tutor; dal 1° gennaio 2015 al 31 maggio 2015, l'ente avrebbe provveduto a porre tutto il personale in Cigd ad accezione di una trentina di unità necessarie per chiudere le diverse posizioni lavorative rimaste aperte; dal primo giugno 2015, l'ente, senza alcuna previa consultazione/accordo di sospensione con le rappresentanze sindacali, metteva in sospensione tutto il personale, senza retribuzione e senza ottemperare agli adempimenti fiscali e contributivi;

   nel mese di dicembre del 2015 veniva dichiarato il fallimento dell'ente: a seguito della sentenza di fallimento Ial-Cisl Sicilia n. 175 del 21 dicembre 2015, veniva nominato un curatore fallimentare dal Tribunale di Palermo;

   in data 22 aprile 2016, a seguito di accordo siglato presso l'ufficio del lavoro di Palermo, con procedura ex legge n. 223 del 1991, venivano risolti tutti i rapporti di lavoro con i restanti 500 dipendenti ad eccezione di poche unità lavorative che avevano ricoperto un ruolo dirigenziale all'interno dei sindacati Cisl: lo stesso giorno in cui si procedeva al licenziamento, gli stessi transitavano dallo Ial ad Anfe provinciale di Messina, ove non venivano immessi in servizio effettivo ma, fin da subito, posti in aspettativa ai sensi della legge n. 300 del 1970 con contributi a carico dell'Inps;

   si rileva per altro che quando l'ente «Innovazione Apprendimento Lavoro» (Ial) operava in Sicilia, aveva sede a Palermo presso un immobile edificato con fondi pubblici statali erogati nel 1971 dal Ministero del Tesoro e dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale. All'epoca sarebbe stato anche stabilito che, qualora lo Ial non avesse più svolto attività formativa, avrebbe avuto l'obbligo di conferire l'immobile – che si trova nel territorio comunale di Termini Imerese – alla regione Siciliana –:

   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e quali verifiche intenda svolgere, per quanto di competenza, in relazione alla fruizione dell'istituto della cassa integrazione guadagni in deroga nel caso di specie, considerato che l'ente ha già beneficiato di risorse del Fondo sociale europeo;

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare in relazione alle criticità concernenti i profili occupazionali di cui in premessa.
(4-08582)


   MENGA e NAPPI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il 16 gennaio 2021 si perfezionava l'accordo di fusione tra i gruppi Fiat Chrysler e Psa decretando la nascita ufficiale del nuovo colosso automobilistico «Stellantis»;

   i vertici del neonato gruppo automobilistico hanno però disatteso le aspettative di incremento di posti di lavoro, annunciando un taglio strutturale ai costi di produzione a danno delle società di servizi esterne che costituiscono l'indotto che gravita intorno agli stabilimenti del gruppo;

   infatti, lo scenario delineatosi a seguito dell'incontro sindacale tra Confindustria, Iscot s.p.a. e le organizzazioni sindacali di categoria ha fatto emergere conseguenze nefaste sui posti di lavoro all'interno degli stabilimenti collocati nelle regioni di Puglia e Basilicata;

   ad oggi, già per 25 lavoratori del sito produttivo di San Nicola di Melfi non si è proceduto alla proroga dei contratti di somministrazione, mentre per altri 19 in staff leasing si procederà con il licenziamento; infine per i 183 lavoratori a tempo indeterminato si prefigura l'apertura della cassa integrazione al 50 per cento dell'orario di lavoro in godimento;

   a destare preoccupazione vi è l'imminente rischio di mancata proroga della cassa integrazione per Covid-19 e del blocco dei licenziamenti, entrambi previsti in ragione dello stato di emergenza sanitaria e disposti dal decreto-legge «Cura Italia» del 17 marzo 2020, n. 18, con scadenza al 31 marzo 2021, che condurrebbe al licenziamento per almeno il 50 per cento di questi lavoratori;

   i segretari di Filcams Cgil di Potenza e la Uiltucs Basilicata tuonano sui mass media, biasimando l'operazione messa in campo dal gruppo Stellantis, reo di non aver coinvolto adeguatamente le rappresentanze sindacali. Le stesse segnalano che tali decisioni, inoltre, condurrebbero ad un inevitabile calo della qualità dei prodotti che nascono dagli impianti della Fca in danno del «World Class Manufacturing», metodologia di produzione strutturata, rigorosa ed integrata, sviluppata dal gruppo Fiat e che fa leva su di un forte coinvolgimento dei dipendenti;

   le organizzazioni sindacali hanno formulato richiesta di apertura di un tavolo tecnico regionale, nonché di un tavolo di crisi aziendale presso il Ministero dello sviluppo economico, nel tentativo di arginare questa spirale di licenziamenti e di ricorso agli ammortizzatori sociali –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto rappresentato in premessa e, conseguentemente, quali iniziative di taso competenza intendano adottare per scongiurare il rischio di licenziamenti dei lavoratori della società Iscot s.p.a., compresa l'istituzione di un tavolo di crisi aziendale, così come richiesto dalle organizzazioni sindacali.
(4-08586)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PRISCO, ALBANO, CARETTA e CIABURRO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il settore della pesca italiana, più di tutti, ha subito gli effetti collaterali dell'emergenza pandemica, effetti sotto gli occhi di tutti, armatori e pescatori, che di fatto determinano l'insostenibilità della sola sopravvivenza della maggior parte delle imprese;

   con l'entrata in vigore del regolamento europeo n. 2019/1022 (cosiddetto West Med) che istituisce un piano pluriennale per le attività di pesca che sfruttano gli stock demersali nel Mar Mediterraneo occidentale (Gsa 9-10 e 11) la Commissione ha previsto che per l'anno 2021 la riduzione dello sforzo di pesca per le Gsa interessate è quantificabile al 10 per cento. Per gli anni successivi potrà raggiungere un ulteriore 30 per cento. Stesso discorso vale per le altre zone di pesca (Gsa 16, 17, 18, 19) ricadute nel limbo del regolamento europeo n. 2021/90 che ne modifica le percentuali di riduzione dello sforzo di pesca con varianti del 3,8 e 8 per cento per il 2021. Anche qui la percentuale di riduzione dello sforzo di pesca nel quadriennio 2019-2023 raggiungerà il 36 per cento;

   traducendo le citate percentuali in giornate di pesca, per l'intera flotta italiana si registrerà una riduzione totale di giorni di attività nel 2021 che oscillerà tra le 20 giornate per imbarcazioni inferiori ai 12 metri (fuori tutto) e le 39 giornate di inattività per imbarcazioni superiori ai 24 metri; un danno stimabile in circa 2500,00 euro giornaliere ad imbarcazione, senza considerare l'effetto domino che ne scaturirà in termini economici e sociali in riferimento ai marittimi imbarcati, ai collaboratori, ai mercati ittici, alla cantieristica ed a tutta la filiera ittica. Solo nel medio-Adriatico si concentra il 60 per cento della flotta industriale con quasi 3.000 unità e nel 2018 i battelli da pesca attivi in Italia erano 12.137;

   la necessità di perseguire politiche europee mirate alla salvaguardia degli ecosistemi marini e della nursery nei nostri mari è consolidata e condivisibile. La stessa attenzione, tuttavia, non è riservata all'indice di crescita registrato nelle importazioni dai Paesi terzi di prodotti pescati o allevati che è passato da 1 milione di tonnellate del 2009 a quasi 1,2 milioni di tonnellate del 2017 (+16 per cento), per un valore economico passato dai circa 3,5 miliardi del 2009 ai quasi 6 miliardi del 2017 (+59 per cento);

   questi dati indicano quale fosse la profonda sofferenza delle nostre imprese di pesca ancor prima della catastrofe pandemica che le ha investite. L'intervento comunitario ha dato il colpo di grazia ad un settore che ha sempre garantito continuità, investimenti e altissima qualità del prodotto –:

   se il Governo non intenda, per quanto di competenza, promuovere un'azione di raccordo con le istituzioni europee per addivenire ad una programmazione congiunta di interventi mirati che possano preservare la sopravvivenza di uno dei settori trainanti della nostra economia, quale quello della pesca.
(5-05513)

SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   a oltre un anno dall'inizio della pandemia da Sars-Cov-2, la curva del contagio non accenna a diminuire, anche a causa dell'alta diffusione delle varianti del virus, così come purtroppo non accennano a diminuire i decessi giornalieri;

   il piano vaccinazioni anti Covid-19 è ancora lontano dall'entrare a pieno regime. Attualmente le somministrazioni del vaccino sono circa sette milioni di dosi, e poco più di 2 milioni sono gli italiani vaccinati con il richiamo delle due dosi. Chiaramente ancora molto c'è da fare prima di riuscire a vaccinare la gran parte dei cittadini del nostro Paese;

   la pandemia ha indebolito e messo sotto stress il nostro Servizio sanitario nazionale, trasformando in pochissimo tempo gli ospedali nel quasi unico luogo di cura per il virus. Questo ha però impedito agli altri malati di potersi curare adeguatamente;

   già durante la prima fase della pandemia e l'aumento esponenziale dei casi gravi, era emersa con forza la necessità di creare delle strutture dedicate e dei Covid Hospital;

   il decreto-legge n. 18 del 2020, all'articolo 4, prevedeva la possibilità per le regioni di attivare aree sanitarie anche temporanee sia all'interno che all'esterno di strutture di ricovero, o di altri luoghi idonei, per la gestione dell'emergenza pandemica;

   la realizzazione dei Covid Hospital era stata una delle priorità indicate dallo stesso ex commissario all'emergenza, Domenico Arcuri. Le regioni avrebbero dovuto individuare prioritariamente una o più strutture/stabilimenti da dedicare alla gestione esclusiva del paziente affetto da Covid-19 (Covid Hospital) in relazione alle dinamiche epidemiologiche. Strutture nuove e/o da riconvertire interamente o in parte. Troppo poco è stato fatto;

   è ancora più che mai necessaria la conversione di presìdi ospedalieri in Covid Hospital per riuscire a destinare ai tantissimi pazienti affetti da Covid-19 strutture dedicate alla luce della necessità crescente di posti di ricovero. Ciò consentirebbe di alleggerire gli ospedali dai malati di Covid-19, ancora troppo sotto pressione, garantire la sicurezza sanitaria di tutti, ridurre sensibilmente i rischi di diffusione del virus nelle strutture sanitarie e razionalizzare il lavoro dei pronto soccorso che saprebbero fin da subito dove far ricoverare i pazienti con Covid-19. Gli ospedali misti infatti, facilmente moltiplicano il contagio, che risulta obiettivamente difficile da bloccare laddove si hanno nella stessa struttura pazienti Covid-19 e non Covid-19;

   è necessario recuperare presìdi sanitari e ospedalieri che siano stati dismessi totalmente o parzialmente, al fine di rendere disponibili strutture necessarie a fronteggiare la perdurante emergenza Covid-19;

   gli enti territoriali, anche a causa dell'emergenza sanitaria in atto, si stanno trovando a dover rivedere l'offerta sanitaria in funzione anti-Covid e, nello stesso tempo, a dover rispettare i parametri imposti dal decreto ministeriale n. 70 del 2015, che ha comportato un ridimensionamento e una razionalizzazione dell'assistenza ospedaliera delle regioni, e ha finito per comportare troppo spesso un pesante ridimensionamento dei servizi sanitari offerti nei territori del nostro Paese, e la chiusura di molti presìdi sanitari;

   va detto che l'applicazione del decreto ministeriale n. 70 del 2015 sta da tempo portando fortunatamente a qualche ripensamento;

   va altresì sottolineato che la trasformazione delle strutture sanitarie in strutture Covid Hospital, consente di liberare e rendere disponibili posti letti per la gestione e la cura di altre patologie. A causa del virus, troppe sono le prestazioni ordinarie procrastinate e che devono essere riprogrammate;

   secondo i numeri forniti da Nomisma nel maggio 2020, nei mesi precedenti erano sono stati circa 410 mila gli interventi chirurgici rimandati in Italia a causa del dirottamento di anestesisti e infermieri verso i reparti Covid-19 e della necessità di ridurre il rischio di esposizione al virus;

   Nomisma aveva stimato come, nel periodo di sospensione dei ricoveri differibili e non urgenti, erano stati rimandati il 75 per cento dei ricoveri per interventi chirurgici in regime ordinario (tralasciando i day hospital), con quote più o meno elevate a seconda delle categorie diagnostiche. Benché la situazione sia leggermente migliorata, ancora molto deve essere fatto per garantire la salute dei pazienti no-Covid;

   le problematiche non affliggono solo i pazienti che vedono slittata l'entrata in sala operatoria, ma anche chi non riesce a ottenere appuntamenti per visite specialistiche o di controllo. A questi dati vanno infatti aggiunti le grandi quantità di screening, compresi quelli tumorali, rimandati sine die, laddove invece il fattore tempo è determinante e decisivo, così come le lunghe liste di attesa da smaltire –:

   se il Governo non intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, per riattivare parte dei presìdi sanitari e ospedali inattivi o fortemente sottoutilizzati, così da poterli riconvertire per la gestione dell'emergenza da Covid-19;

   se non ritenga di adottare, di concerto con le regioni, iniziative per la revisione del decreto ministeriale n. 70 del 2015 di cui in premessa, che in questi anni ha finito per penalizzare e indebolire eccessivamente l'offerta ospedaliera e sanitaria in molte aree del nostro Paese.
(2-01136) «Baldini, Bagnasco, Pentangelo, Novelli, Valentini, Versace, Bond, Mugnai, Brambilla, Battilocchio, Siracusano, D'Ettore, Giannone, Labriola, Casino, Rosso, Cannatelli, Mazzetti, Tartaglione, Dall'Osso, Ripani, Paolo Russo, Giacometto, Anna Lisa Baroni, Marrocco, Polidori, Barelli, Nevi, Musella, Caon, Pettarin, Orsini».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BOLOGNA, ROSPI, RUFFINO e VIZZINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   le difficoltà di accesso alle strutture ospedaliere, in particolare nelle fasi acute dell'emergenza, hanno portato a un ritardo nell'erogazione delle prestazioni ritenute differibili, provocando un notevole rallentamento delle attività relative alle patologie non acute;

   il presidente dell'Istat in audizione in Commissione Bilancio alla Camera il 29 gennaio 2021, segnalava che nel 2020 un cittadino su 10 ha dichiarato di aver rinunciato negli ultimi 12 mesi, pur avendone bisogno, a visite mediche o accertamenti specialistici a causa delle liste di attesa, della scomodità delle strutture o per ragioni economiche e motivi legati al Covid-19;

   i malati cronici sono stati tra i più coinvolti dagli stravolgimenti delle attività ospedaliere, mettendo in luce la necessità di rivedere le modalità di presa in carico di questi pazienti, favorendo un approccio di gestione territoriale;

   tra le molteplici cronicità si segnala che una patologia che necessita di particolare attenzione è il diabete: in Italia si stimano circa 3 milioni di pazienti con diabete di tipo II ai quali vanno aggiunti circa 360 mila nuovi casi/anno, con una spesa stimata per il Servizio sanitario nazionale di circa 10 miliardi/anno (49 per cento per ricoveri, 17 per cento per visite specialistiche, 7 per cento per l'acquisto di farmaci e 4 per cento per dispositivi);

   in Italia, diversamente dal resto d'Europa, alcune classi di farmaci (cosiddetti innovativi) per il trattamento di questa patologia, sono state limitate ad un uso legato alla prescrizione dello specialista. A questa scelta è associata una difficoltà di accesso alle cure che produce diseguaglianze tra i cittadini, in quanto solo alcuni dei pazienti diabetici sono in grado di gestire il peso della complessità che comporta la ripetuta visita specialistica necessaria per il rinnovo periodico del piano terapeutico (per tutta la vita, trattandosi di patologie croniche);

   l'ampliamento dell'opportunità prescrittiva di questi farmaci al medico di medicina generale, non solo, rifletterebbe quanto previsto dal piano delle cronicità, ma è invocato dagli stessi medici di medicina generale e dagli specialisti. Ciò consentirebbe di ridurre gli accessi agli ospedali e le liste di attesa degli specialisti, che potrebbero liberare risorse per i pazienti più complessi, garantendo continuità terapeutica ai pazienti con i migliori farmaci disponibili e semplificandone l'accesso;

   a oggi, tale opportunità resta ancora incompleta, nonostante vi siano accordi tra l'Aifa e le aziende firmati nel 2017 e mai resi attivi, anche se pubblicati in Gazzetta ufficiale, nei quali si effettuava la modifica della rimborsabilità per una delle classi (le incretine) e veniva discussa quella delle glifozine. Quest'ultima classe di farmaci ha, nel frattempo, dimostrato di avere effetti positivi sulla riduzione del rischio cardiovascolare, delle ospedalizzazioni e della mortalità con conseguente impatto sulla vita dei pazienti e sulla spesa sanitaria –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno adottare iniziative per garantire il diritto alla cura per i pazienti cronici diabetici secondo parametrici di appropriatezza, consentendo quindi la prescrizione dei farmaci antidiabetici innovativi ai medici di medicina generale e introducendo l'utilizzo di una «nota» Aifa in alternativa al piano terapeutico, al fine di assicurare un adeguato controllo dell'appropriatezza prescrittiva per tali classi di farmaci semplificando i processi;

   se non si ritenga di adottare le iniziative di competenza affinché la Commissione nazionale per l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza effettui un monitoraggio che produca analisi sulle diseguaglianze che si verificano a causa di limitazioni imposte con obiettivi burocratici e non clinici al trattamento dei pazienti e che svantaggiano i soggetti più fragili, geograficamente o socialmente, i quali non possono permettersi la gestione di una malattia cronica che preveda frequenti spostamenti e visite specialistiche, nonché in molti casi il ritiro di farmaci per la cronicità presso le farmacie ospedaliere.
(5-05512)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MICELI. — Al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   è ormai opinione unanime che l'Italia si trova a fronteggiare la terza ondata dell'epidemia da SarsCov2;

   ciò desta ovvie preoccupazioni per la salute e la sicurezza dei cittadini e sta portando all'adozione di imminenti ulteriori provvedimenti restrittivi per contenere il contagio;

   tra le misure adottate sono comprese anche quelle che riguardano le limitazioni alla libertà di movimento e le regole che disciplinano la tutela in termini di sicurezza sanitaria di chi si trova costretto a viaggiare per motivi di salute, lavoro e necessità;

   tali regole impongono, soprattutto nel caso di trasporto pubblico, ai responsabili del servizio di adottare misure organizzative che assicurino in tutti i momenti del viaggio un adeguato distanziamento interpersonale tra i passeggeri trasportati e, in caso di trasporto aereo, l'uso da parte dell'equipaggio e dei passeggeri dei mezzi di protezione individuali;

   nonostante l'inderogabilità delle suddette prescrizioni, a tutt'oggi, a quanto consta all'interrogante, si continuano a registrare gravi inadempienze da parte della compagnia aerea Alitalia, soprattutto con riferimento alla mancata osservanza delle misure di distanziamento sociale sui voli da e per la Sicilia;

   in particolare, come riscontrato personalmente dall'interrogante, sul volo Roma-Palermo di giovedì 11 marzo 2021 non è stato mantenuto il distanziamento interpersonale nella seduta tra i passeggeri –:

   se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intendano adottare iniziative di competenza per verificare, con la massima tempestività, se e quali standard di sicurezza sanitaria la compagnia Alitalia stia applicando sui suoi voli e se gli stessi siano conformi alle prescrizioni in materia di disposizioni di contenimento del contagio da Covid-19.
(4-08574)


   LABRIOLA, BAGNASCO, NOVELLI, D'ATTIS, MARIN, SACCANI JOTTI, PALMIERI, VERSACE, DALL'OSSO, MILANATO, PITTALIS, PENTANGELO, ROSSELLO, GIACOMETTO, CASSINELLI, SANDRA SAVINO, CATTANEO, ZANGRILLO, ROSSO, ANNA LISA BARONI, MAZZETTI, CASCIELLO, VIETINA, CAPPELLACCI, TORROMINO, BRAMBILLA, ORSINI, CORTELAZZO, PETTARIN, BARATTO e FERRAIOLI. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   da tempo è stata evidenziata la necessità che per i medici e gli operatori sanitari infettati dal Sars-Cov-2, venga attivata la procedura per il riconoscimento di malattia professionale, trattandosi di una patologia collegata all'attività lavorativa, in cui l'esposizione al rischio biologico è di indubbia natura occupazionale e non occasionale o extra lavorativa;

   come sottolineato in un'intervista a quotidianosanità.it del 13 marzo 2020, dal presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (FNOMCeO), Filippo Anelli, il lavoro dei medici e degli operatori sanitari non solo dipendenti del Servizio sanitario nazionale, ma anche i cosiddetti medici convenzionati, quali medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, specialisti ambulatoriali, medici di continuità assistenziale, dovrebbe essere assimilato al «parasubordinato» e quindi meritevole della considerazione di prestatori d'opera esposti professionalmente al rischio lavorativo biologico;

   attualmente, se la patologia è riportata nella Tabella delle malattie professionali Inail e il lavoratore è adibito a quella mansione indicata in tabella o lavori a contatto con quegli agenti (nello specifico, lavoratori del comparto sanità), la legge presume che la malattia è causata dalla mansione. Se invece la malattia non rientra nelle tabelle, come nel caso dell'agente Coronavirus, la procedura per farla riconoscere come malattia professionale è più complessa, ma non impossibile: occorre dimostrare che il lavoro l'ha causata (Corte Costituzionale sentenza n. 179/1988). Tuttavia, una sentenza del 21 aprile 2017 del giudice del lavoro di Ivrea ha sancito che il lavoratore non deve provare lo stretto nesso di causalità tra lavoro e patologia, ma è sufficiente la mera probabilità che possa esservi un rapporto di causa-effetto;

   va peraltro evidenziato che detto riconoscimento di malattia professionale, andrebbe previsto per tutti quegli operatori sanitari infettati dal Sars-Cov-2, escludendo eventualmente da detto riconoscimento quegli operatori che hanno optato per non farsi somministrare il vaccino anti Covid –:

   se il Governo non ritenga di avviare tutte le iniziative di competenza utili ai fini del riconoscimento della malattia professionale per i medici e gli operatori sanitari di cui in premessa infettati dal Sars-Cov-2 in quanto esposti professionalmente al rischio lavorativo biologico, valutando l'esclusione da detto riconoscimento di quegli operatori sanitari che hanno optato per non farsi somministrare il vaccino anti Covid-19.
(4-08585)


   BELLUCCI, RAMPELLI e MOLLICONE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 15 marzo 2021 la regione Lazio è passata inaspettatamente da regione virtuosa in «fascia gialla» direttamente alla «fascia rossa»;

   l'ordinanza del Ministro interrogato sarebbe stata adottata sulla base di dati epidemiologici risalenti a ben due settimane fa, scontrandosi con le dichiarazioni dell'assessore regionale alla sanità secondo il quale i dati regionali sono in miglioramento e il passaggio in «zona rossa» non fotografa la realtà;

   in particolare, come lamentato dallo stesso assessore, l'indice Rt di 1,3 che avrebbe fatto balzare la regione nella fascia più alta di rischio sarebbe smentito da indicatori più recenti, come l'incidenza dei positivi sulla popolazione e i tassi di occupazione dei posti letto, buoni a Roma e nel resto delle province della regione Lazio;

   stando all'ultimo report settimanale dell'Istituto superiore di sanità (1°-7 marzo 2021), infatti, il Lazio ha un Rt pari a 1,18, quindi al di sotto dell'1,25 che fa scattare la fascia di colore più restrittiva, e un'incidenza del virus pari a 173 contagi ogni 100 mila abitanti, inferiore al limite di 250;

   il passaggio in zona rossa della regione Lazio ha lasciato tutti interdetti, poiché non si comprende come mai, se l'indice Rt era così preoccupante già da settimane, non siano stati presi provvedimenti più stringenti a livello regionale, istituendo, ad esempio, «zone rosse circoscritte», o non sia stato disposto tempestivamente in passaggio in «fascia arancione», evitando di chiudere tutto;

   l'impatto di tale scelta, ovviamente, si farà sentire pesantemente, non solo dal punto di vista degli ennesimi sacrifici chiesti ai cittadini e degli enormi disagi per le famiglie, con scuole di ogni ordine e grado chiuse per almeno tre settimane, dopo un anno dal lockdown nazionale, ma avrà pesanti ripercussioni economiche per imprese, ristoratori, bar e negozi –:

   se quanto riportato in premessa trovi conferma e quali siano i dati epidemiologici della regione Lazio sulla base dei quali sono state disposte le misure più restrittive, nonché gli ultimi dati aggiornati;

   se e per quali motivazioni le ordinanze che dispongono le fasce di rischio sanitario delle regioni vengano assunte sulla base di indici RT risalenti a due settimane precedenti, nonostante i report dell'Istituto superiore di sanità vengano redatti settimanalmente, senza, peraltro, la valutazione di parametri aggiornati;

   per quali motivazioni, se l'indice RT della regione Lazio era in peggioramento da settimane, non si sia deciso di adottare tempestivamente le iniziative di competenza.
(4-08588)


   ROTELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   al fine di contenere la pandemia in atto, dal giorno 15 marzo 2021 è stata disposta la zona rossa per l'intera regione Lazio;

   la situazione epidemiologica della provincia di Viterbo, tuttavia, non è così grave da giustificare una scelta così drastica;

   l'applicazione delle misure di contenimento da «zona rossa» anche alla provincia di Viterbo appare sproporzionata e rischia di aggravare in modo permanente una situazione sociale ed economica, già di grande difficoltà;

   appare evidente, che alla luce di quanto sopra esposto, sarebbe necessario rivedere, con maggiore capillarità, la scelta di rendere anche la suddetta provincia «zona rossa», provocando danni di proporzione enorme ai nostri studenti, relegati alla didattica a distanza, alle nostre attività economiche, costrette a chiudere, e più in generale a tutti i nostri cittadini –:

   se non ritenga di adottare iniziative affinché si proceda a una valutazione più particolareggiata degli indici di contagio di ciascun comune dell'area in questione dell'intera provincia di Viterbo, per non penalizzare inutilmente i cittadini, gli studenti e tutte le attività economiche dell'area;

   se non ritenga di valutare l'inserimento della provincia di Viterbo in «zona arancione».
(4-08593)

SUD E COESIONE TERRITORIALE

Interrogazioni a risposta immediata:


   CANNIZZARO, OCCHIUTO, BARTOLOZZI, CASCIELLO, D'ATTIS, FASANO, FASCINA, FERRAIOLI, GIANNONE, LABRIOLA, PENTANGELO, PRESTIGIACOMO, PAOLO RUSSO, SARRO, ELVIRA SAVINO, COSIMO SIBILIA, SIRACUSANO, MARIA TRIPODI e TORROMINO. — Al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 91 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 123 del 2017, nell'ambito degli interventi urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno, ha previsto e disciplinato la possibilità di istituzione delle zone economiche speciali all'interno delle quali le imprese già operative o di nuovo insediamento possono beneficiare di agevolazioni fiscali e di semplificazioni amministrative;

   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 25 gennaio 2018 è stato adottato il regolamento recante l'istituzione di zone economiche speciali;

   con il decreto del direttore generale dell'Agenzia per la coesione territoriale n. 11 del 2021 è stata istituita la segreteria di supporto ai commissari delle zone economiche speciali;

   ad oggi risulta essere stato nominato solo il commissario della zona economica speciale della regione Calabria, con decreto del Presidente della Repubblica dell'8 ottobre 2020;

   il 10 dicembre 2020 il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per il Sud e la coesione territoriale, ha deliberato la nomina del commissario per la zona economica speciale jonica, ma non risulta ancora concluso il relativo iter;

   il legislatore ha previsto forme di semplificazione amministrativa e agevolazioni fiscali per le aree delle zone economiche speciali, creando, nelle intenzioni, speciali condizioni per gli investimenti e per lo sviluppo; di fatto, a distanza di tre anni e mezzo dalla loro istituzione, esse non sono ancora diventate quei laboratori per l'attrazione degli investimenti e quegli incubatori di innovazione, capaci di promuovere lo sviluppo produttivo e occupazionale di aree svantaggiate che avrebbero dovuto essere, come è avvenuto in modo esemplare in Paesi come la Polonia;

   da più parti, i presidenti delle regioni coinvolte stanno manifestando preoccupazione per la partenza lenta di questo istituto e per il sostanziale immobilismo sulla nomina dei commissari da parte dei Governi succedutisi, nonché sulla ancora non sufficiente solidità, in termini di risorse umane, strumentali e finanziarie, su cui i nominati e nominandi commissari possono e potranno contare;

   avviare le zone economiche speciali e renderle davvero operative, in questa fase di gravissima crisi economica, occupazionale e sociale, costituisce un'azione indispensabile e improcrastinabile e si porrebbe, in piena coerenza con la strategia che emerge nel testo del Piano nazionale di ripresa e resilienza, tra le iniziative di stretta competenza del Ministro interrogato –:

   se il Governo intenda e, in caso affermativo, con quali tempi adottare le iniziative di competenza per procedere alla nomina dei commissari e se e quali iniziative urgenti intenda adottare per assicurare il rilancio di questo istituto, da anni rimasto sulla carta.
(3-02106)


   GALIZIA, PIGNATONE, VARRICA, BERTI, BUSINAROLO, BRUNO, IANARO, GRILLO, PAPIRO, RICCIARDI, SCERRA, VIGNAROLI, ADELIZZI, BUOMPANE, DONNO, FARO, FLATI, GALLO, GUBITOSA, LOVECCHIO, MANZO, MISITI, TORTO, TRIZZINO, ALAIMO, AZZOLINA, BALDINO, BRESCIA, MAURIZIO CATTOI, CORNELI, DE CARLO, DIENI, GIORDANO, PARISSE, FRANCESCO SILVESTRI e ELISA TRIPODI. — Al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:

   il Piano nazionale di ripresa e resilienza, in coerenza strategica con il Piano Sud 2030, persegue il riequilibrio territoriale e il rilancio dello sviluppo del Sud come priorità trasversale a tutta la programmazione del Piano;

   in ragione del perdurante divario infrastrutturale che rallenta la crescita nel Mezzogiorno, obiettivo prioritario resta quello di incrementare gli investimenti pubblici, inclusi quelli destinati alla trasformazione della Strategia nazionale per le aree interne (Snai), in una politica stabile e strutturale, uscendo definitivamente dalla logica sperimentale;

   va tenuto in considerazione che la spesa di investimento effettuata al Sud è caratterizzata da un più alto moltiplicatore;

   in tale contesto appare essenziale che anche per le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza trovi applicazione la clausola del 34 per cento, che impone alle amministrazioni centrali di destinare alle regioni meridionali una quota di spesa ordinaria in conto capitale pari almeno alla percentuale di popolazione residente, nonché la necessità di applicare, con eventuali aggiustamenti, il criterio di riparto tra i Paesi previsto per le sovvenzioni dal Dispositivo di ripresa e resilienza (popolazione, prodotto interno lordo pro capite e tasso di disoccupazione) anche all'interno del Paese (tra le regioni e le macro-aree), in modo da sostenere le aree economicamente svantaggiate –:

   in considerazione dell'indiscusso impatto delle politiche di coesione sull'inclusione sociale e sulla riduzione dei divari territoriali, nonché dell'effetto moltiplicatore a livello economico, quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per garantire al Mezzogiorno la destinazione di una quota superiore al 34 per cento delle risorse complessive del Piano nazionale di ripresa e resilienza e coerente con i criteri di riparto tra i Paesi, previsti per le sovvenzioni dello stesso Dispositivo di ripresa e resilienza.
(3-02107)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   COSTANZO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 12 novembre 2020 si è tenuto l'incontro, in video conference, convocato dal Ministero dello sviluppo economico, in cui è stato esposto alle parti sociali il progetto per la costituzione di una Newco «ItalComp», finalizzata alla produzione integrata di compressori per la refrigerazione domestica e commerciale attraverso l'integrazione in una medesima filiera produttiva dello stabilimento ex Embraco e dello stabilimento Acc di Borgo Valbelluna (BL). Se il polo nel Bellunese gestito dal commissario straordinario Maurizio astro, risulta in piena espansione e ha ordini in crescita per tutto il 2021, appare altrettanto evidente la sua condizione di precarietà finanziaria a causa della mancata erogazione di finanziamenti previsti dalla legge «Prodi-bis» che ad esso sarebbero dovuti pervenire, e vede avvicinarsi l'esaurimento della sua liquidità. Lo stabilimento di Riva di Chieri è fermo e i suoi addetti risultano in cassa integrazione guadagni straordinaria e destinatari di un licenziamento collettivo a opera della curatela fallimentare di Ventures s.p.a. La società italo-israelo-cinese Ventures, che era stata selezionata dal Ministero dello sviluppo economico per reindustrializzare il sito di Riva presso Chieri producendo robot pulitori di pannelli fotovoltaici, biciclette elettriche, distributori di bevande e giocattoli, è stata dichiarata fallita dal tribunale di Torino il 24 luglio 2020 dopo due anni di sostanziale inattività e i vertici aziendali sono stati accusati di aver distratto diversi milioni di euro destinati al rilancio del sito produttivo. Il 9 febbraio 2021 il curatore fallimentare di Ventures Production, Maurizio Gili, ha comunicato l'avvio delle procedure di licenziamento collettivo per 398 lavoratori su 406 dello stabilimento di Riva di Chieri. La realizzazione del progetto Italcomp necessita di finanziamenti come ha riferito al Sole 24 Ore il 21 gennaio 2021 il commissario straordinario di Acc Maurizio Castro. Le segreterie nazionali di Fim, Fiom e Uilm hanno dichiarato congiuntamente il 10 marzo 2021 che «la mancanza di un sostegno finanziario da parte delle banche mette a serio rischio il pagamento della retribuzione di marzo dei 350 dipendenti ACC e la realizzazione del progetto del polo italiano dei compressori che coinvolgerebbe anche i 400 lavoratori dell'Ex Embraco di Riva di Chieri» –:

   quali iniziative intenda adottare perché il nuovo polo Italcomp sia nelle condizioni di avviare il nuovo piano industriale con la salvaguardia dei livelli occupazionali dei due siti, piemontese e veneto, convocando anche con urgenza un tavolo di confronto con le regioni interessate, le parti sociali, gli istituti di credito e tutti i soggetti coinvolti.
(5-05511)


   PELLICANI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   Eni ha deciso di fermare definitivamente entro la primavera del 2022 gli impianti del cracking e degli aromatici (CR 20-23) di Porto Marghera;

   l'annuncio della chiusura ha provocato la reazione dei sindacati contrari al blocco degli impianti che occupano circa 400 dipendenti diretti che diventano, oltre un migliaio con gli indiretti;

   secondo quanto riferito dalla stampa, Eni avrebbe affermato che la chiusura non comporterà alcun licenziamento, in quanto una parte di dipendenti verrebbe impiegata in Eni Rewind e nello Steam Reforming, l'impianto all'idrogeno, annunciato da tempo dopo la riconversione della raffineria nel 2012, ma sempre di là da venire. Altri ancora potrebbero beneficiare di prepensionamenti. Non esiste però alcun impegno formale in tal senso;

   la notizia della chiusura del cracking, unico impianto di produzione di etilene nel nord Italia, ha già provocato anche l'immediata reazione del sindacato e della regione Emilia-Romagna per il rischio dell'effetto domino, in quanto senza etilene e propilene, prodotte a Porto Marghera, andrebbero in crisi le produzioni del petrolchimici di Ferrara e Mantova con migliaia di lavoratori coinvolti;

   si era già parlato della chiusura del cracking (non dell'impianto degli aromatici) nel 2014. Ma il processo di dismissione venne improvvisamente fermato, a fronte delle opportunità derivate dal dimezzamento del prezzo del petrolio e dalla necessità di rifornire la Royal Dutch Shell. Tant'è che nell'estate del 2019 Versalis annunciò una ristrutturazione, confermando la centralità del cracking con un investimento di 168 milioni di euro in quattro anni. In poco tempo, Eni ha cambiato idea senza chiarire quale futuro industriale intende assegnare a Porto Marghera, dove Eni svolge un ruolo centrale da decenni;

   da molti anni Eni annuncia investimenti nella chimica verde, alimentata da fonti vegetali e non fossili, come il petrolio. Finora ha però solo riconvertito in bio-raffineria, la tradizionale raffineria, che ora produce bio-diesel e occupa circa 200 dipendenti;

   a fronte della chiusura del cracking, Eni propone ora una serie di interventi, molti dei quali frutto di precedenti accordi di ristrutturazione, ma non ancora realizzati, sebbene l'amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, abbia definito Porto Marghera «un sito strategico nell'ottica dell'economia circolare». In precedenza, erano stati annunciati in particolare i seguenti progetti: potenziamento del parco serbatoi e logistico; lo sviluppo del progetto green refining per produzione di idrogeno (già presentato nel 2012); il progetto fuel gassoso deposito criogenico (già presentato nel 2012); il progetto waste to fuel, presentato da Eni Rewind, in collaborazione con Veritas, per la costruzione di un impianto con un investimento di 80 milioni, che produrrà bio-carburanti; il progetto bio-olio (a basso tenore di zolfo) e idrogeno dalla frazione organica dei rifiuti solidi urbani (Forsu), impianto per la produzione di alcool isopropilico; lo studio per una piattaforma sul riciclo delle plastiche. Parte di questi investimenti è ancora in fase di studio e non si prevede la messa in funzione prima del 2024;

   Porto Marghera rappresenta una zona industriale di oltre duemila ettari, dove nel corso del Novecento si è sviluppato un polo petrolchimico tra i più grandi d'Europa. Molte delle produzioni sono state dismesse lasciando terreni inquinati che ora devono essere bonificati; è il luogo ideale dove investire nella green economy e compiere la transizione ecologica che è al centro del Next Generation Eu –:

   alla luce dei fatti esposti in premessa, quali iniziative i Ministri interrogati intendano assumere, per quanto di competenza, per la tutela dell'impianto, che riveste un ruolo strategico in Italia, la salvaguardia dei numerosi posti di lavoro e la bonifica delle aree inquinate di Porto Marghera per far spazio a tecnologie innovative nel rispetto dell'ambiente.
(5-05517)


   BENAMATI, SOVERINI, BONOMO, NARDI, ZARDINI e GAVINO MANCA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   le fiere rappresentano una filiera internazionale di grande importanza, grazie alla capacità di creare sviluppo e lavoro agendo da moltiplicatore di valore attraverso le relazioni con il mondo e la promozione delle eccellenze delle nostre filiere;

   il settore fieristico nazionale è composto da circa 500 imprese che lavorano in Italia e che danno lavoro a 120 mila persone: secondo Aefi – Associazione esposizioni e fiere italiane –, il settore fieristico nazionale nel 2020 ha perso circa l'80 per cento del fatturato previsto a causa dell'epidemia da Covid-19 in corso, con perdite di circa 800 milioni, il 30 per cento dei quali risultano essere perdite di bilancio secche, senza contare le perdite significative per l'indotto sul territorio che, tra diretto e indiretto, vale 12 miliardi di euro;

   il sistema fieristico ha quindi perso delle cifre davvero molto importanti per la cancellazione, l'annullamento o il rinvio, a causa dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, di almeno un evento fieristico o congressuale in Italia o all'estero, perdite che Governo e Parlamento hanno affrontato nel corso del 2020 prevedendo una serie di misure di sostegno e ristoro, tra cui l'attivazione di 408 milioni di euro di contributi a fondo perduto che però sono praticamente inutilizzabili per i grandi player di fiere internazionali (in primis i poli di Milano, Verona, Bologna, Rimini, Firenze) essendo tali contributi soggetti al limite di 800.000 euro previsto dal regime «de minimis», la norma comunitaria sugli aiuti di stato, e che non hanno raggiunto nemmeno la platea dei beneficiari prevista visto che finora ne è stato erogato solo circa il 4 per cento;

   risulta all'interrogante che in Germania, i nostri principali concorrenti del settore riceveranno invece 642 milioni di euro a fondo perduto entro il 31 giugno 2021; superando il «de minimis», in ragione di quanto contenuto nel trattato stesso relativamente agli «eventi eccezionali» riconoscendo la pandemia da Covid-19 come calamità naturale;

   nel giugno 2021 nel Patto per l'export, le fiere italiane sono state identificate tra i 6 pilastri del made in Italy, in considerazione del ruolo strategico che svolgono a favore dell'internazionalizzazione e della promozione del prodotto Italia –:

   quali iniziative urgenti intenda porre in essere il Governo per sbloccare i 408 milioni di euro già stanziati per il sistema fieristico e se intenda adottare iniziative in deroga al vincolo del «de minimis» per erogare i sostegni necessari ed assicurare adeguate risorse alle nostre fiere internazionali.
(5-05521)

Interrogazione a risposta scritta:


   FORNARO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'ufficio postale di Prasco, in provincia di Alessandria, è aperto solo tre giorni alla settimana. La riduzione del servizio comporta inevitabilmente il formarsi di code fuori dall'ufficio da parte delle persone in attesa;

   gli utenti serviti dall'ufficio postale sono in larga parte anziani che, pur appartenendo ad una categoria fragile e bisognosa di protezione in questa fase emergenziale, sono costretti a lunghe attese in piedi, sotto il sole o la pioggia;

   il sindaco di Prasco, Claudio Pastorino, già lo scorso anno, a quanto consta all'interrogante, avrebbe inviato alla direzione generale di Poste Italiane una richiesta di installazione di un Atm. In data 26 novembre 2020 avrebbe ricevuto risposta dal condirettore generale, in cui si dice che la richiesta sarebbe stata presa in carico, ma a cui non sarebbe seguita nessuna azione;

   è necessario intervenire, incrementando l'orario di apertura o, perlomeno, installando un Atm per agevolare alcune operazioni –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della grave situazione generata dal protrarsi della riduzione di orario e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per superare questa situazione che sta arrecando notevoli disagi alla comunità di Prasco.
(4-08598)

TRANSIZIONE ECOLOGICA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della transizione ecologica, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   la crisi sanitaria e quella economica che è conseguita all'emergenza epidemiologica da Covid-19 hanno impattato ulteriormente sulle condizioni di vulnerabilità e di disuguaglianza preesistenti e aumentato il numero delle famiglie che si trovano impossibilitate a far fronte al pagamento delle spese relative alle utenze di elettricità, gas e acqua;

   i bonus sociali per la fornitura dell'energia elettrica e del gas naturale, di cui all'articolo 1, comma 375, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e all'articolo 3, commi 9 e 9-bis, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e le agevolazioni relative al servizio idrico integrato, di cui all'articolo 60, comma 1, della legge 28 dicembre 2015, n. 221, consistono in una compensazione della spesa tesa a fornire sostegno alle famiglie disagiate, garantendo loro un risparmio in bolletta, e al contempo assicurare a tali nuclei familiari l'accesso ai servizi essenziali;

   il decreto interministeriale 28 dicembre 2007 ha dato attuazione all'articolo 1, comma 375, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 e adottato misure di tutela a favore di clienti vulnerabili, istituendo un regime di compensazione della spesa per la fornitura di energia elettrica sostenuta dai clienti domestici economicamente svantaggiati (cosiddetto bonus sociale elettrico) e in gravi condizioni di salute (cosiddetto bonus sociale elettrico per disagio fisico);

   il decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, ha esteso, poi, la previsione della compensazione della spesa per le famiglie in stato di disagio economico anche alle forniture di gas naturale, incluse quelle condominiali, e ha introdotto un trattamento differenziato per le famiglie con almeno quattro figli fiscalmente a carico (cosiddetto bonus sociale gas);

   tanto il decreto interministeriale 28 dicembre 2007 che, successivamente, il decreto-legge 29 novembre, 2008, n. 185, hanno individuato nell'Indicatore della situazione economica equivalente (Isee) con valore entro la soglia massima prevista di 8.265 euro per la generalità delle famiglie e a 20.000 euro per le famiglie con oltre quattro figli a carico, lo strumento per individuare i nuclei familiari in situazione di effettiva vulnerabilità economica che, in quanto tali, hanno diritto di accedere al bonus sociale elettrico e al bonus sociale gas;

   la relazione dell'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera) al Ministro dello sviluppo economico sullo stato di attuazione del bonus sociale elettrico e gas nell'anno 2019 già evidenziava come il rapporto fra nuclei familiari potenzialmente destinatari del bonus elettrico e gas così come individuati sulla base dell'indicatore Isee e i nuclei familiari effettivamente agevolati si attestava fra il 30 per cento e il 35 per cento dei potenziali destinatari, nonostante le misure poste in campo per diffondere l'informazione anche con il rilancio delle campagne informative;

   proprio al fine di tutelare e supportare al meglio le famiglie meno abbienti, colmando il gap tra aventi diritto ai bonus e i richiedenti effettivi, il legislatore, con il decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157, ha provveduto ad innovare la disciplina in materia di bonus sociali statuendo, a partire dal 1° gennaio 2021, il passaggio dall'attuale meccanismo di riconoscimento «a domanda» a un meccanismo di riconoscimento «automatico» delle pratiche e del relativo sconto in bolletta;

   l'automatismo nell'erogazione dei bonus trova la sua ratio nel semplificare e velocizzare la relativa procedura nonché nell'assicurare queste prestazioni sociali alle oltre 2,6 milioni di famiglie aventi diritto, grazie al superamento del su citato meccanismo di bonus «a domanda» che, negli anni, aveva di fatto limitato gli sconti solo a un terzo dei potenziali beneficiari;

   i bonus dovevano essere erogati in modo automatico sin dall'inizio del 2021, ma a causa di diverse problematiche connesse alla sua implementazione, il processo è stato momentaneamente sospeso;

   il 17 dicembre 2020, il Garante per la protezione dei dati personali, nell'ambito del parere sullo schema di deliberazione di Arera recante Modalità di trasmissione dall'istituto nazionale per la previdenza sociale alla Società Acquirente Unico s.p.a., in qualità di Gestore del sistema informativo integrato, dei dati necessari al processo di riconoscimento automatico dei bonus nazionali per disagio economico, ha espresso una serie di rilievi critici chiedendo che siano adottate «misure in grado di assicurare l'individuazione certa delle utenze agevolabili in caso di spettanza dei bonus» attraverso «l'utilizzo di dati esatti già in sede di acquisizione al momento della presentazione della DSU da parte degli interessati» e, inoltre, che vengano trasmessi solo i dati personali strettamente indispensabili per l'erogazione dei bonus;

   i comuni e i centri di assistenza fiscale (Caf) non possono più accettare le domande specifiche per l'ottenimento del bonus sociale e quelle eventualmente inoltrate non saranno considerate valide ai fini del riconoscimento;

   sono tuttora in corso di definizione le modalità applicative di gestione del flusso informativo tra l'Inps, che detiene i dati relativi agli Isee ed il Sistema informativo integrato (Sii) di acquirente unico che invece detiene i dati dei punti di fornitura –:

   quali iniziative di competenza, e con quali tempistiche e modalità, il Governo intenda adottare, anche sul piano normativo, per risolvere le problematiche rappresentate in premessa e rendere operativo il meccanismo di assegnazione automatica in bolletta dei bonus sociali per disagio economico, al fine di porre rimedio alla crescente difficoltà per le famiglie indigenti di far fronte al pagamento delle utenze, soprattutto in questa fase di grave crisi economica causata dalla pandemia.
(2-01135) «Sut, Davide Crippa, Alemanno, Carabetta, Chiazzese, Fraccaro, Giarrizzo, Masi, Orrico, Palmisano, Perconti, Scanu, Deiana, Del Grosso, Del Monaco, Di Lauro, Di Stasio, Dieni, D'Ippolito, Donno, Dori, D'Uva, Emiliozzi, Fantinati, Faro, Federico, Flati, Frusone, Gallo, Grande, Grimaldi, Gubitosa, Licatini, Gabriele Lorenzoni, Lovecchio, Manzo, Maraia, Mariani, Melicchio, Micillo, Migliorino».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CORTELAZZO e MARIA TRIPODI. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il parco nazionale dell'Aspromonte è stato istituito con decreto del Presidente della Repubblica del 14 gennaio 1994, e con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 7 dicembre 2016, è stato approvato il relativo regolamento;

   il parco dell'Aspromonte è inserito nel territorio di 37 comuni, tutti in provincia di Reggio Calabria. Tra i suddetti comuni è ricompreso anche quello di San Lorenzo, il cui territorio nel luglio del 2012 è stato interessato da un incendio di vaste dimensioni che ha distrutto diversi ettari di pino laricio, i cui resti giacciono ancora ammucchiati tra le sterpaglie, dopo quasi nove anni, col pericolo che un altro incendio possa distruggere completamente il rimanente bosco, con un disastro ambientale di incalcolabili proporzioni;

   lo stato attuale di parte del patrimonio boschivo del comune di San Lorenzo, dopo nove anni, risulta sostanzialmente ancora abbandonato, laddove l'Ente Parco Aspromonte, come stabilito dal citato decreto ministeriale del 7 dicembre 2016, dovrebbe salvaguardare, garantire e promuovere in forma coordinata, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale nelle aree di sua competenza;

   è incomprensibile che un patrimonio boschivo di oltre 900 ettari, che tra l'altro ha sempre costituito una consistente risorsa economica per il comune di San Lorenzo, venga distrutto per la mancata pulizia del sottobosco e per la non applicazione del taglio programmato con successiva riforestazione;

   a quanto consta agli interroganti, molte sono le manifestazioni di protesta verso l'Ente Parco Aspromonte e il commissario prefettizio del comune di San Lorenzo per i danni provocati dall'incuria e dall'abbandono –:

   se il Governo non ritenga di adottare tutte le opportune iniziative di competenza volte a porre termine all'inaccettabile situazione di degrado e di incuria in cui versa parte del patrimonio boschivo ricadente nel comune di San Lorenzo, all'interno del Parco nazionale dell'Aspromonte.
(5-05519)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LUCCHINI, BENVENUTO, BADOLE, D'ERAMO, PAROLO, PATASSINI, RAFFAELLI, VALBUSA, VALLOTTO e GIGLIO VIGNA. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il Sole24ore del 12 marzo 2021 lancia l'allarme dei produttori di materiali plastici, in grave difficoltà per carenza delle forniture e scarsità del mercato dei polimeri, con incrementi anomali dei prezzi;

   dopo 4-5 anni di stabilità, si è verificata una anomala esplosione dei prezzi, dell'ordine del 30-40 per cento annuo per alcuni tipi di polimeri, arrivando al record storico di 1.903 euro/tonnellata nel caso del polietilene a bassa densità (Ldpe), una delle resine più utilizzate soprattutto nel packaging alimentare, rincarato del 10 per cento solo nell'ultima settimana e di oltre il 50 per cento da ottobre 2020;

   tuttavia, il problema più grande e una mancanza di materia prima, in particolare a partire da novembre 2020, anche per chi è disposto a pagare;

   i produttori di polimeri sono pochi e regolano il mercato nel proprio interesse, annullando contratti di acquisto o ritardando consegne e facendo impropriamente ricorso alle cosiddette cause di forza maggiore;

   il mercato è letteralmente impazzito; i media riportano una serie di concause come il rialzo del prezzo del petrolio del 30 per cento all'inizio anno, il gelo di metà febbraio che ha bloccato decine di stabilimenti petrolchimici in Texas, la riduzione estrema delle scorte europee per l'incertezza legata al Covid-19 che ha scoraggiato gli acquisti e incoraggiato l'esportazione, con Cina, Corea del Sud e altri Paesi asiatici che hanno importato enormi quantità di materia prima;

   in seguito alla chiusura dei colossi petrolchimici come Montedison e Sir, l'Italia, persa la produzione di polimeri, ha mantenuto una grande tradizione industriale nella lavorazione delle materie plastiche, essendo tra i Paesi «top» a livello mondiale per qualità, con tante aziende di piccole e medie dimensioni, che hanno investito in tecnologia, macchinari e stampi e, nonostante le rigide normative europee, reggono la concorrenza dei prodotti cinesi e dell'Est Europa;

   nonostante la demonizzazione della plastica negli ultimi anni, è corretto dire che l'inquinamento da plastica è dovuto esclusivamente alla mancata gestione con corretto e generalizzato riciclo dei rifiuti di plastica, trattandosi di materiale che permette il riciclo e riutilizzo continuo; infatti, contrariamente all'Italia, che dal 1° luglio 2021, con la «plastic tax», tasserà il consumo di manufatti di plastica, la decisione 2020/2053 del Consiglio dell'Unione europea tassa, giustamente, i rifiuti di imballaggio di plastica non riciclati, generati in ciascuno Stato membro, sostenendo una strategia di economia circolare, in cui la progettazione e la produzione di prodotti di plastica rispondano pienamente alle esigenze di riutilizzo, riparazione e riciclaggio;

   in Italia, anche per la carenza di impianti e la limitata raccolta differenziata di rifiuti nella maggior parte del nostro territorio, la plastica riciclata, cui fortunatamente si ricorre sempre di più, non è sufficiente a sopperire alla scarsità della materia «vergine»;

   a causa dell'attuale crisi del mercato dei polimeri, circa l'80 per cento delle imprese, anche quelle più strutturate, sono ora costrette a fermare linee di produzione, con gravi rischi di blocco per una serie di catene industriali, come gli imballaggi per il settore alimentare e per quello farmaceutico, compresa la produzione urgente dei milioni di siringhe occorrenti per i vaccini contro il Covid-19, nonché la filiera dell'automotive;

   l'allarme è condiviso anche dalle associazioni europee per il rischio di impatti sull'occupazione, in un settore che in Europa dà lavoro a 1,5 milioni di persone in oltre 53 mila imprese –:

   di quali elementi disponga il Governo circa i motivi dell'anomalo rialzo dei prezzi dei polimeri che mette in crisi le nostre imprese produttrici di materiali plastici, identificando la percentuale di plastica riciclata e raccolta in differenziata utilizzata come materia prima, quali iniziative si intendano adottare nell'immediato e quali siano gli obiettivi del Governo nel medio e lungo termine.
(4-08590)


   LOMBARDO, CECCONI, FIORAMONTI e MURONI. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   il tratto di costa ricompreso tra la rinomata Riserva naturale orientale dello Zingaro e il territorio di Castellammare del Golfo, fino al suo entroterra, ove si trova il borgo di Scopello, affondano da anni nell'incuria e nel degrado: in ampie zone non è garantito l'accesso al mare, le sue bellezze naturali e paesaggistiche sono mortificate dal troppo cemento e gli antichi sentieri sono ormai dimenticati e stravolti;

   la suddetta area, oltre ad essere attigua ai confini della Rete naturale orientata, rientra pienamente all'interno dei Siti Natura 2000 ZSC ITA010017 Capo San Vito, Monte Monaco, Zingaro, Faraglioni Scopello, Monte Sparacio, della ZPS 010029 Monte Cofano, Capo San Vito e Monte Sparagio ed è prospiciente il SIC marino ITA 010032 Fondali dello Zingaro;

   l'esplosione del turismo, decisivo nello sviluppo di un'intensa urbanizzazione che non ha risparmiato neppure le adiacenti aree montane all'interno dei siti «pluriprotetti», nel periodo estivo provoca una significativa crescita delle presenze: anche i comuni limitrofi hanno registrato un aumento rilevante dell'attività turistica, con il conseguente moltiplicarsi degli interventi edilizi che hanno impoverito drasticamente le qualità ambientali e paesaggistiche del territorio;

   al fine di contrastare questa situazione di degrado, nel mese di ottobre 2020, un comitato spontaneo locale – in accordo con Legambiente Sicilia, Wwf, Cai Sicilia, Federescursionismo e altre associazioni ambientaliste – ha trasmesso alle autorità provinciali e regionali uno studio dettagliato sulla costa, evidenziandone le innumerevoli criticità;

   la finalità dello scritto è quella di sollecitare la pubblica amministrazione a proteggere e preservare il delicato equilibrio di quel territorio, la cui straordinaria bellezza, da anni, viene messa a rischio da chi vuole sfruttarlo per interessi personali. Dopo una descrizione delle numerose località e una articolata schedatura che ricomprende l'inquadramento geografico, il quadro normativo, le criticità riscontrate e un corredo fotografico, vengono analizzate quelle situazioni che concorrono alla riduzione della qualità del paesaggio e della fruizione pubblica dei beni comuni: interventi edilizi di dubbia regolarità, piantumazione di piante alloctone con espianto di quelle endemiche, privatizzazione di consolidati accessi al mare con recinzione di terreni costieri che, di fatto, escludono la fruizione del demanio costiero, impropria trasformazione di fronti edilizi, inquinamenti luminosi, movimentazione di terre in zone vincolate dal piano di assetto idrogeologico, scavi in aree di interesse archeologico. Tutto ciò si verifica anche in questi giorni in spregio alle misure minime di conservazione degli habitat e dei siti pluriprotetti;

   nonostante le molteplici criticità evidenziate nella citata relazione sia alle autorità locali sia a quelle regionali, con un dettaglio cartografico che rimanda alla stringente normativa regionale, nazionale ed europea, le violazioni lungo tutta l'area costiera continuano a perpetrarsi in modo assiduo e sistematico –:

   quali chiarimenti il Governo per quanto di competenza, intenda fornire in ordine alla tutela dei siti Natura 2000 e, più in generale, alla tutela dell'ambiente e del paesaggio, delle aree di cui in premessa e, al contempo, se intenda avviare iniziative di competenza di concerto con le autorità locali, volte al contrasto e alla definitiva eliminazione delle innumerevoli criticità della zona costiera della provincia trapanese, affinché abitanti e turisti possano godere della sua bellezza nel rispetto delle norme di salvaguardia del territorio da anni ormai disattese.
(4-08594)


   GASTALDI. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la specie lupo, che dal 1994 ha iniziato a ricolonizzare le Alpi, ha raggiunto oggi una consistente presenza; in particolare, nella regione Piemonte, la popolazione del selvatico è prossima al raggiungimento di un buon stato di conservazione;

   nella regione Piemonte, nonostante in questi ultimi mesi si siano messe in atto importanti misure di prevenzione, si registra un forte disappunto da parte dei pastori e delle loro associazioni di categoria che chiedono una gestione della specie che ha occupato lo spazio alpino e che ha colonizzato le aree di collina e pianura, interagendo sempre più frequentemente con quelle urbane;

   il Mattm nel 2015 ha presentato il Piano nazionale per la conservazione del lupo che non risulta ancora approvato, generando forte disagio e disorientamento nella gestione della specie;

   nelle Alpi ed in particolare nelle regioni Liguria, Piemonte e Friuli, oltre la presenza di lupi in purezza di razza, è stata accerta anche quella di esemplari ibridi (cane-lupo), con fenotipi altamente alterati (lupi neri e lupi biondi), i quali stanno creando problemi in quanto sembrano avere una particolare indole e possano rappresentare un reale pericolo per l'uomo;

   l'area faunistica di Saint Martine Vesubie (Francia), a pochi chilometri dal confine italiano, a causa della tempesta Alex, è stata distrutta e lupi canadesi (neri) e lupi artici (chiari) sono fuggiti; solo una parte è stata recuperata rimanendo in libertà 2 lupi canadesi;

   vista la prossimità dal confine italiano, vi è la concreta possibilità che questi animali (di taglia maggiore rispetto a lupo italiano), entrino in Italia, rappresentando un rischio di ibridazione, oltre a un pericolo per l'uomo in relazione al loro precedente stato di cattivazione;

   in Italia non risulta totalmente chiarito lo status degli ibridi e vi è un vuoto legislativo, non essendo considerati né lupi e né cani domestici; questi rappresentano inoltre un enorme problema per la conservazione della specie selvatica nelle Alpi;

   a livello italiano, non risulta una mappatura delle aree che mantengono in cattività lupi e non esiste nessuna linea guida per la gestione delle stesse aree e della popolazione in cattività;

   sono necessari immediati provvedimenti al fine di garantire che le attività della pastorizia trovino una tranquilla coesistenza con la specie lupo e siano adottate normative al fine di evitare problematiche legate alla presenza di ibridi che potrebbero rappresentare un reale pericolo per l'uomo –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intendano assumere, per quanto di competenza, anche normative, per:

    a) arrivare, nel più breve tempo possibile, all'approvazione del Piano di conservazione e gestione del lupo, in corso di definizione dal 2015 e mai approvato e, nelle more della sua approvazione, definire linee guida immediatamente applicabili per gli interventi previsti dal decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997;

    b) definire, nel più breve tempo possibile, la situazione degli ibridi cane-lupo, fornendo precisi indirizzi per la loro gestione, in particolare per i fenotipi altamente alterati, stante l'enorme difficoltà nella cattura connessa ad insostenibili costi, a tutela delle attività pastorali, nonché per la diminuzione delle problematiche connesse alla loro presenza in natura, nonché per la conservazione della specie lupo in purezza;

    c) mettere in atto un monitoraggio delle aree faunistiche, in cui, a livello italiano, sono mantenuti in cattività dei lupi, costituendo uno specifico gruppo di lavoro, guidato dal Ministro della transizione ecologica, e nel quale siano presenti i responsabili delle aree al fine di un coordinamento e un controllo della gestione della popolazione presente in cattività, onde evitare rilasci in natura, anche accidentali;

    d) interloquire con le competenti autorità francesi affinché siano migliorate le condizioni di sicurezza per le riserve destinate al contenimento di animali particolarmente aggressivi al fine di scongiurare, in futuro, il ripetersi di episodi simili.
(4-08596)


   MOSCHIONI. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   mai come in questo momento storico si guarda all'importanza delle fonti rinnovabili e all'attenzione e al rispetto per il nostro pianeta. Le biomasse, si collocano tra le energie rinnovabili, che da secoli sono le più utilizzate dall'uomo;

   i moderni impianti e la continua ricerca risultano tra i più performanti e a basso impatto inquinante, purché manutenuti e installati correttamente. Ne consegue, quindi, la necessità di avere personale qualificato e abilitato;

   gli operatori già abilitati sono già soggetti alla frequentazione di corsi di aggiornamento; rimane esclusa una parte di essi che non sono riusciti a qualificarsi, senza contare un buon numero di giovani che potrebbero iniziare un'attività di installatore o di manutentore, in quanto mancando un percorso formativo adeguato, non prendono in considerazione questo mestiere;

   si può stimare che, in Italia, possono servire per manutenere il parco attuale di generatori, ben 15/20.000 operatori qualificati in più oltre agli attuali;

   l'articolo 15 del decreto legislativo n. 28 del 2011 (come modificato dal decreto-legge n. 63 del 2013, convertito dalla legge n. 90 del 2013) prevede che la qualifica professionale per l'attività di installazione e manutenzione di caldaie, caminetti e stufe a biomassa, di sistemi solari fotovoltaici e termici sugli edifici, di sistemi geotermici a bassa entalpia e di pompe di calore, sia conseguita con il possesso dei requisiti tecnico professionali indicati, alternativamente, alle lettere a), b), c) o d) dell'articolo 4, comma 1, del decreto del Ministro dello sviluppo economico 22 gennaio 2008, n. 37;

   anche gli installatori di impianti che hanno ottenuto il riconoscimento delle abilitazioni ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettere a), b) o d) del decreto ministeriale n. 37 del 2008 e che hanno avviato l'attività dopo il 4 agosto 2013, sono regolarmente qualificati a svolgere l'attività di installazione e manutenzione straordinaria di impianti a fonti rinnovabili (Fer);

   solo gli installatori di impianti che hanno avviato l'attività di installazione e manutenzione di impianti a fonti rinnovabili (Fer) dopo il 4 agosto 2013 e hanno conseguito la qualifica ai sensi di quanto previsto dall'articolo 4, comma 1, lettera c) del decreto ministeriale n. 37 del 2008 (ovvero tramite un attestato in materia di formazione professionale congiuntamente ad un periodo di lavoro presso imprese del settore), a condizione che frequentino, con esito positivo, un apposito corso di formazione professionale di 80 ore, possono svolgere l'attività; tale corso è quindi obbligatorio dopo l'entrata in vigore della normativa, dal 4 agosto 2013;

   ad oggi, purtroppo, c'è la mancanza delle figure professionali del fumista e dello spazzacamino all'interno della legislazione italiana. Figure riconosciute e alle quali sono stati attribuiti compiti ben precisi nel resto dell'Europa;

   anche in camera di commercio, non esiste un codice Atecori specifico ad esempio, per l'attività di Spazzacamino;

   in molti Paesi europei alla figura professionale del fumista e dello spazzacamino sono state imputate anche le responsabilità del controllo e della verifica della funzionalità, della idoneità, dell'efficienza e della sicurezza dei camini, impianti fumari o sistemi di evacuazione dei fumi, fin dalla fase della loro progettazione e costruzione;

   è stata anche prevista la funzione di controllo dei fumi per monitorare, contenere e ridurre l'inquinamento atmosferico e poi quella della verifica dell'efficienza energetica sia degli impianti termici, sia degli edifici, per ridurre/risparmiare il consumo di combustibile e migliorarne il consumo –:

   se i Ministri interrogati intendano adottare iniziative normative per il riconoscimento delle figure professionali del fumista e dello spazzacamino, che operano in questo settore, prevedendo una iniziale e periodica formazione in tale ambito.
(4-08600)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in commissione Sozzani e altri n. 7-00605, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 febbraio 2021, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cattaneo.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Licatini e altri n. 4-08572, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 marzo 2021, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Penna.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta orale Billi n. 3-02103 del 12 marzo 2021;

   interrogazione a risposta in Commissione Boldrini n. 5-05509 del 12 marzo 2021.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   FORMENTINI, BILLI, COIN, COMENCINI, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, PICCHI, RIBOLLA e ZOFFILI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 17 dicembre 2020 ha avuto luogo un webinar italo-iraniano nel contesto delle manifestazioni promosse in occasione della Settimana iraniana della ricerca e tecnologia (Iranian Research and Technology Week);

   al panel on line italo-iraniano, moderato dal dottor Malekpour, ed aperto dagli interventi del Viceministro iraniano Hossein Salar Amoli, dell'ambasciatore iraniano in Italia, Hamid Bayat, e dell'ambasciatore d'Italia a Teheran, Giuseppe Perrone, hanno preso parte, per il nostro Paese, il professor Carlo Cereti, il dottor Vincenzo Lipardi e il professor Giorgio Ventre;

   l'evento è stato organizzato per promuovere iniziative congiunte, coinvolgendo università e realtà attive nella ricerca e nell'innovazione tecnologica;

   l'Iran concentra le proprie eccellenze intellettuali in settori strategici come quelli legati alla manutenzione aeronautica, alla produzione dell'acciaio, alla farmaceutica, agli equipaggiamenti medici ed all'energia, in cui non sono rari i beni di natura duale, ovvero pensati per impieghi civili ma suscettibili di applicazioni anche in campo militare;

   è opportuno distinguere la collaborazione culturale – per esempio nel campo della valorizzazione del patrimonio archeologico reciproco – o medica, da quella che può dischiudere le porte a vere e proprie forme di cooperazione in settori di natura intrinsecamente duale, come la manutenzione aeronautica e la siderurgia;

   occorre soprattutto scongiurare il rischio che l'Italia possa apparire dedita ad attività propedeutiche all'aggiramento delle sanzioni imposte contro la Repubblica islamica dell'Iran, proprio nel momento in cui sembra accentuarsi con esecuzioni capitali la repressione attuata dal regime che la governa –:

   quali obiettivi, contenuti e risultati abbia avuto il webinar italo-iraniano descritto in premessa.
(4-07902)

  Risposta. — Il 17 dicembre 2020 si è svolto, nell'ambito della Settimana iraniana dedicata alla ricerca e alla tecnologia, un panel virtuale sulla promozione della cooperazione tra Italia e Iran nel settore scientifico-tecnologico. Il webinar ha costituito un'occasione di confronto e scambio in ambito accademico, settore tradizionalmente sviluppato delle relazioni bilaterali, che assicura un'interlocuzione positiva, anche a beneficio della società civile iraniana.
  La cooperazione accademica tra Italia e Iran ha già all'attivo numerose intese e programmi bilaterali di scambio di ricercatori e studenti. Altrettanto sviluppata è la collaborazione nel settore artistico-culturale e, nello specifico, nel settore archeologico, in quello della conservazione dei beni culturali e della promozione del turismo ecosostenibile.
  Nel corso dell'evento, da parte iraniana è stato espresso apprezzamento per l'accoglienza riservata dall'Italia agli studenti iraniani, che sono circa 2.000 ogni anno. Il panel ha rappresentato inoltre un'occasione utile – sia pur all'interno del perimetro segnato dalle sanzioni e dalle limitazioni che ne derivano – per discutere in merito a possibili collaborazioni nel quadro dell'internazionalizzazione delle imprese iraniane.
  Per parte italiana, gli interventi hanno illustrato in modo particolare il sistema italiano dell'innovazione e i programmi europei di sostegno alla ricerca, quali «Horizon Europe», «Digital Europe Programme» e «EU4Health».
  Non sono stati toccati, nell'ambito dei lavori, concreti profili di collaborazione industriale.
  L'Italia continuerà a conformarsi pienamente e a partecipare alla definizione dei regimi sanzionatori delle Nazioni Unite e dell'Unione Europea nei confronti dell'Iran, in materia di embargo di armi, importazione di alcune tecnologie e beni dual-use, diritti umani e contrasto al terrorismo.

La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Marina Sereni.

(Risposta pervenuta entro il 13 febbraio 2021)


   GIGLIO VIGNA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   i dati economici rappresentano come il 2020 sarà un anno pessimo nel settore del turismo che verrà riportato ai livelli di metà anni '60. Un'annata compromessa anche qualora l'emergenza sanitaria da coronavirus si risolvesse in maniera «veloce» con una perdita stimata di presenze nell'ordine del 60 per cento e danni per 29,1 miliardi di euro si minore spesa turistica;

   sono previsti per tutto il 2020, 172 milioni di turisti complessivi in Italia, numeri fatti registrare in piena guerra fredda e quando i viaggi in aereo erano lusso per pochi, dati che si basano su di un graduale ripristino della «normalità» per il mese di maggio. Per il settore una reale ripresa si prospetterebbe solo per i primi mesi del 2021;

   l'impatto, sottolinea la previsione, non sarebbe limitato solo alle imprese del settore della ricettività, ma coinvolgerebbe anche altri comparti direttamente correlati: quasi la metà dei mancati introiti, infatti, sarebbero relativi al settore ristorazione e servizio bar (-6,4 miliardi), alle vendite della rete commerciale (-5,1 miliardi) e ai fatturati delle imprese di trasporti collegate alla mobilità territoriale;

   notizie di stampa riportano delle trattative tra lo stato della Croazia ed i Governi austriaco e tedesco per la creazione di corridoi turistici che permettano di aggirare l'Italia, aggravando maggiormente la situazione, ove vi fossero state possibilità di presenze straniere;

   la mobilità italiana dal 2006 ad oggi è aumentata del 70,2 per cento. Si tratta, in termini assoluti, di essere passati da circa 3,1 milioni di iscritti all'Anagrafe italiani residenti all'estero a quasi 5,3 milioni. Quasi la metà degli italiani iscritti all'Aire è originaria del Meridione d'Italia (48,9 per cento, di cui il 32 per cento Sud e il 16,9 per cento Isole); il 35,5 per cento proviene dal Nord (il 18,0 per cento dal Nord-ovest e il 17.5 per cento dal Nord-est) e il 15,6 per cento Centro –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione e ove risultassero perduranti le difficoltà di spostamento dagli stati esteri, se ritenga di predisporre «corridoi turistici» per permettere agli iscritti all'Aire e alle loro famiglie di raggiungere i loro territori di origine ove risultino proprietari di un immobile, nel rispetto delle regole sanitarie vigenti.
(4-05631)

  Risposta. — Rispondo all'interrogazione relativa alla eventuale predisposizione di «corridoi turistici» per permettere agli iscritti Aire e alle loro famiglie di raggiungere i loro territori di origine.
  Come noto, a partire dall'inizio dell'epidemia sono stati disposti, con successivi interventi normativi, alcuni provvedimenti di restrizione alla libertà di circolazione sul territorio nazionale nonché agli spostamenti da e per l'estero, indispensabili per controllare l'andamento dei contagi.
  Queste restrizioni, in una prima fase, hanno riguardato in alcuni casi anche i connazionali residenti all'estero. Alla luce dell'evoluzione del quadro epidemiologico in Italia e in altri Paesi, alcune di queste restrizioni sono state progressivamente revocate, consentendo il rientro dei connazionali e ristabilendo la mobilità internazionale nel pieno rispetto delle precauzioni imposte per la prevenzione dei contagi, tra le quali – a seconda dei casi – l'obbligo di effettuare il tampone e/o la quarantena obbligatoria al rientro. Sul punto ho promosso un approfondimento all'interno del Governo, sottolineando l'opportunità di verificare possibili margini per consentire il rientro – sottoposto alle usuali norme di sicurezza – dei connazionali iscritti all'Aire nei Paesi inclusi fino al 2 dicembre 2020 nell'elenco F.
  La disciplina relativa agli spostamenti da e per l'estero è attualmente contenuta nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 dicembre 2020, che prevede limitazioni diverse per ciascun Paese. Fatte salve le restrizioni mirate, confermate anche dai decreti adottati a inizio gennaio 2021, in particolare per quanto riguarda il Regno Unito, sono liberamente consentiti gli spostamenti verso l'Italia, anche per motivi di turismo, da tutti gli Stati appartenenti all'Unione europea e all'area Schengen (con obbligo di tampone o in mancanza di isolamento fiduciario) nonché da Australia, Nuova Zelanda, Giappone, Repubblica di Corea, Ruanda, Singapore, Tailandia, Uruguay (con obbligo di isolamento fiduciario).
  Dal resto del mondo gli spostamenti verso il nostro Paese sono attualmente consentiti – subordinati all'obbligo di isolamento fiduciario – in presenza di specifiche motivazioni (lavoro, urgenza, salute, studio, rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza) e sono in ogni caso consentiti i rientri in Italia di cittadini italiani e loro familiari – così come di altri Stati membri dell'Unione europea o Stati parte dell'accordo di Schengen. Appare pertanto superata, ad oggi, la necessità di predisporre «corridoi» ad hoc per il rientro dei connazionali iscritti all'Aire.
  Con riferimento alle difficoltà del comparto turistico, si fa presente che il sostegno al comparto turistico rappresenta una priorità per il Governo italiano, tanto più nel contesto della futura allocazione delle risorse del
Next Generation EU, con una parte dedicata anche alla promozione del «Turismo delle Radici» cui la legge di bilancio per il 2021 dedica fondi e attenzione. In quest'ottica l'Italia continua ad adoperarsi affinché siano adottate misure di sostegno europee per una rapida ed efficace ripresa del settore, anche per il suo stretto collegamento con molte altre filiere economiche.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.

(Risposta pervenuta entro il 13 febbraio 2021)