Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 17 febbraio 2021

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    una riorganizzazione del sistema istituzionale appare ormai improcrastinabile;

    ad avviso dei presentatori del presente atto la modifica delle regole, non solo costituzionali, dovrebbe garantire la condivisione della maggioranza più ampia possibile;

    qualsiasi iniziativa non può che prendere le mosse dalla presa d'atto dell'intervenuta modifica costituzionale approvata in via definitiva con il referendum del 2020 che riduce i parlamentari da 915 a 600;

    a seguito di tale riforma si rende necessario il varo di un'adeguata riforma elettorale;

    a parere dei firmatari del presente atto ormai il procedimento parlamentare si è trasformato in un monocameralismo di fatto, se è vero come è vero che la seconda Camera si limita a ratificare quanto deliberato dalla Camera in cui è stato avviato l'iter legislativo;

    la riforma del sistema parlamentare da bicamerale a monocamerale e l'istituzione dell'istituto della sfiducia costruttiva sono tra le proposte prioritarie che hanno interessato la maggior parte dei progetti di riforma della Costituzione negli ultimi 40 anni;

   il tema del rapporto tra Stato centrale e regioni in materia legislativa, in particolare in occasione dell'epidemia da Covid-19, ha dimostrato di non garantire un'adeguata efficienza istituzionale anche a causa dei limiti della riforma del titolo V della parte II della Costituzione approvata nel 2001;

   appare ormai non rinviabile, ad avviso dei presentatori del presente atto, una revisione della distribuzione delle competenze tra Stato e Regioni e un maggior coinvolgimento e ruolo dei Comuni;

   occorre constatare una sostanziale degenerazione del processo legislativo che, da una parte ha reso sempre più fragile il ruolo primario del Parlamento a favore del Governo in relazione all'uso ripetuto del combinato disposto della emanazione di decreti-legge con apposizione della fiducia;

    l'abnorme proliferazione della decretazione d'urgenza pone l'esigenza di meglio definire i limiti, a tutela, oltre che delle prerogative del Parlamento, anche della chiarezza, dell'omogeneità e della qualità della legislazione, avendo cura di garantire tuttavia percorsi certi e tempi definiti alle iniziative legislative ordinarie del Governo,

delibera:

   ai termini dell'articolo 22, comma 2 del Regolamento della Camera, di costituire una Commissione speciale di venti deputati, nominati dal Presidente della Camera su designazione dei gruppi parlamentari, in modo da rispecchiare la proporzione tra essi, provvista dei poteri di cui agli articoli 143 e 144 del Regolamento, nonché di ogni altra facoltà di disporre dei mezzi conoscitivi e di indagine che saranno accordati dal Presidente della Camera, d'intesa con il Presidente del Senato;

   la Commissione costituisce, insieme con l'uguale Commissione che il Senato eventualmente intenda istituire o istituisca nella sua autonoma valutazione e deliberazione, una Commissione bicamerale;

   tale Commissione ha il compito di formulare proposte di riforme costituzionali e legislative, nel rispetto delle competenze istituzionali delle due Camere e tenendo conto delle iniziative legislative in corso, il cui iter non dovrà comunque subire interferenze;

   tale Commissione:

    a) è presieduta da un componente dell'opposizione eletto dalla Commissione stessa;

    b) elegge nel suo seno due vicepresidenti e due segretari che, insieme con il Presidente, formano l'Ufficio di Presidenza;

    c) esamina i problemi enunciati in premessa (e altri che interessi affrontare), formulando le opportune proposte alle Camere;

    d) rassegna le sue conclusioni al Presidente del Senato e al Presidente della Camera dei deputati entro 6 mesi dalla sua costituzione, salvo proroga;

   il Presidente della Commissione informa periodicamente i Presidenti delle due Camere sull'attività della Commissione stessa;

   le spese per il funzionamento della Commissione ricadranno in parti uguali sui bilanci del Senato e della Camera.
(1-00420) «Giachetti, Bendinelli, Marco Di Maio, Fregolent, Migliore, Nobili, Occhionero, Paita, Scalfarotto, Scoma, Ungaro».


   La Camera,

   premesso che:

    esattamente un anno fa, il 7 febbraio 2020, Patrick Zaki è stato arrestato all'aeroporto del Cairo, mentre stava tornando a casa per un breve periodo di pausa prima di iniziare il suo secondo semestre di studi all'università di Bologna;

    Patrick Zaki è un ragazzo egiziano che nell'agosto del 2019 si era trasferito in Italia per frequentare il master Gemma: un programma dell'università di Bologna sponsorizzato dalla Commissione europea, con il programma Erasmus Mundus, che si occupa di studi di genere. Patrick aveva ottenuto una borsa di studio, dopo un rigoroso processo di selezione che ha visto quasi seicento domande da parte di studentesse e studenti di tutto il mondo, con 29 borse assegnate in tutta Europa di cui 3 a Bologna;

    il 7 febbraio 2020, atterrato all'aeroporto del Cairo, è stato fermato dalla polizia e trattenuto. A denunciare la sua scomparsa è stata l'Egyptian initiative for personal rights (Eipr), un'organizzazione egiziana per i diritti umani nata nel 2002, di cui Zaki è un collaboratore. Secondo la ricostruzione degli avvocati, Patrick sarebbe stato sottoposto a interrogatorio, picchiato e torturato con scosse elettriche prima di essere trasferito in un ufficio dell'Agenzia di sicurezza nazionale, i servizi segreti egiziani, a Mansoura: la sua città natale che si trova a circa 120 chilometri dalla Capitale. Solo il giorno dopo, l'8 febbraio, è stato raggiunto dai legali e ha fatto la sua comparsa davanti al pubblico ministero;

    Patrick è stato spostato al Cairo nel mese di marzo 2020. A causa dell'emergenza Covid, non ha potuto incontrare familiari né avvocati fino a settembre 2020, quando ha potuto finalmente ricevere una visita della madre. Lo stato di carcerazione preventiva è stato prolungato con ripetuti rinvii di udienze e rinnovi, senza alcun processo. Difatti, ufficialmente le indagini proseguono ancora;

    le accuse formalizzate dalla procura sono diverse e includono «la diffusione di notizie false dirette a minare la pace sociale», «l'incitamento alla protesta senza permesso», «l'istigazione a commettere atti di violenza e terrorismo», «la gestione di un account social che indebolisce la sicurezza pubblica», nonché «l'appello al rovesciamento dello Stato». Sono i cinque reati con cui, negli ultimi anni, in Egitto, si colpiscono regolarmente attivisti, avvocati, giornalisti, dissidenti e difensori dei diritti umani;

    inoltre, in Egitto la detenzione preventiva è diventata un provvedimento molto diffuso: la persona rimane in prigione mentre la polizia ha il compito di indagare sul caso in base alle accuse formalizzate dalla procura. Spesso, però, dietro questo atto si nasconde una detenzione del tutto arbitraria: non viene fatta alcuna indagine e la custodia cautelare è rinnovata a ogni udienza, fino al tetto massimo, stabilito dalla legge egiziana, di due anni. Il tutto per punire senza un processo e sottrarre all'attenzione dell'opinione pubblica un prigioniero di coscienza;

    la detenzione arbitraria di Patrick Zaki preoccupa anche considerate le condizioni delle carceri egiziane, «piene di detenuti politici, persone imprigionate senza alcun motivo se non quello di aver espresso opinioni critiche nei confronti del governo di al-Sisi», come dichiarato da Mohamed Lotfy, cofondatore dell'organizzazione Egyptian commission for rights and freedoms, aggiungendo che il coronavirus ha reso la vita dei detenuti sempre più dura, privandoli anche di un supporto psicologico, in quanto «possono ricevere visite di parenti e familiari meno spesso di prima»;

    il numero di persone presenti nelle carceri d'Egitto non si conosce, è un dato che le autorità del Cairo si rifiutano di fornire. Secondo alcune stime, le presenze sarebbero 114 mila: oltre il doppio della capienza massima di 55 mila persone. Nelle 16 carceri esaminate da Amnesty, centinaia di detenuti sono ammassati in celle sovraffollate, con una superficie media stimata di 1,1 metri quadrati per detenuto. Il minimo raccomandato dagli esperti è di 3,4 metri. Non solo: nel 2020, a seguito di grazie presidenziali e rilasci condizionali, sono uscite dalle prigioni 4mila persone in meno rispetto al 2019;

    intanto, purtroppo, Patrick, come lui stesso ha fatto sapere attraverso i suoi familiari, è afflitto ed esausto. In una lettera inviata alla famiglia il 12 dicembre 2020, Zaki ha fatto sapere di essere molto provato dalla detenzione. «Ho ancora problemi alla schiena, ho bisogno di forti antidolorifici e di qualcosa per dormire meglio — ha scritto —. Il mio stato mentale non è un granché dall'ultima udienza. Voglio mandare il mio amore ai miei compagni di classe e agli amici a Bologna. Mi mancano molto la mia casa lì, le strade e l'università. Speravo di trascorrere le feste con la mia famiglia ma questo non accadrà per la seconda volta a causa della mia detenzione»;

    nonostante i tentativi della magistratura egiziana di far dimenticare Patrick attraverso gli estenuanti rinvii del suo processo, le campagne a sostegno della sua liberazione si moltiplicano: entrano nel secondo anno la campagna di Amnesty International, dell'Università e del Comune di Bologna, che hanno nominato Patrick Zaki cittadino onorario, e di tanti altri enti locali e istituti accademici e dell'informazione in tutta Italia;

    inoltre, sul web, sono state superate 100mila firme per la petizione online lanciata sulla piattaforma Change.org dalla community «Station to Station» — l'associazione che raggruppa cittadini e studenti per tenere viva la memoria sulla strage del 2 agosto 1980 a Bologna — e diretta al Presidente del Consiglio e alle più alte cariche istituzionali, per chiedere la cittadinanza italiana onoraria per Patrick Zaki;

    il conferimento della cittadinanza italiana, seppur preveda un lungo iter, rappresenterebbe un fortissimo segnale sia per l'Egitto che per gli alleati europei che sostengono la liberazione di Zaki e permetterebbe all'Italia e all'Europa di poter esercitare una maggiore pressione sul Cairo. La nostra legge prevede che il riconoscimento della cittadinanza a uno straniero sia possibile «quando questi abbia reso eminenti servizi al Paese, ovvero quando ricorra un eccezionale interesse dello Stato», che, i cittadini e le istituzioni italiane stanno a gran voce dimostrando,

impegna il Governo:

   1) ad adottare le iniziative di competenza per il conferimento della cittadinanza italiana a Patrick Zaki, in linea con la richiamata petizione;

   2) a continuare a monitorare, con la presenza in aula della rappresentanza diplomatica italiana al Cairo, lo svolgimento delle udienze processuali a carico di Zaki e le sue condizioni di detenzione;

   3) a continuare a sostenere, nei rapporti bilaterali con l'Egitto e in tutti i consessi europei ed internazionali, l'immediato rilascio di Patrick Zaki e di tutti i prigionieri di coscienza: difensori dei diritti umani, giornalisti, avvocati e attivisti politici finiti in carcere solo per aver esercitato in modo pacifico i loro diritti fondamentali;

   4) a continuare ad adottare iniziative affinché le autorità egiziane rispettino i diritti alla libertà d'espressione, di associazione e di manifestazione pacifica e spezzino il circolo dell'impunità per le gravi violazioni dei diritti umani in corso nel Paese.
(1-00421) «Quartapelle Procopio, Sensi, Pastorino, Campana, Lattanzio, Perantoni, Fragomeli, Buratti, Bologna, Fusacchia, Muroni, Napoli, Serracchiani, Fioramonti, Piccoli Nardelli, Tasso, Gagnarli, Nobili, Di Maio, Siani, Ferri, Paita, Carelli, De Luca, Verini, Palmisano, Boldrini, Pollastrini, Fiano, Sarli, Bonomo, Maurizio Cattoi, Rossi, Fassino, Viscomi, Incerti, Gribaudo, Mura, Migliore, Zardini, Ciampi, Ungaro, Magi, La Marca, Pezzopane, Giachetti, Berti, Frailis, Lombardo, Vito, Carnevali, Pettarin, Pellicani, Bordo, Schirò, Fitzgerald Nissoli, De Maria, Bruno Bossio».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni I e III,

   premesso che:

    la rete consolare onoraria usa postazioni mobili per l'acquisizione delle impronte digitali per i passaporti;

    tali postazioni mobili sono utilizzate dai consoli onorari per raccogliere i dati biometrici di coloro che richiedono il passaporto, in modo di evitare che gli utenti debbano recarsi personalmente al loro ufficio consolare di prima categoria, facilitando enormemente l'interazione tra i cittadini italiani ed il consolato poiché in questo modo si permette di ottenere il documento interfacciandosi solo con il console onorario;

    i dati raccolti con questo sistema di postazioni mobili non sono attualmente utilizzati per il rilascio delle carte di identità elettroniche (CIE);

    la pandemia da Covid-19 ostacola gli spostamenti e in molti casi impedisce agli utenti di recarsi personalmente al proprio consolato di prima categoria;

    la digitalizzazione della rete consolare è fondamentale per velocizzare e snellire il lavoro dei consolati, che hanno subito una diminuzione di risorse a fronte di un aumento esponenziale degli iscritti all'Anagrafe degli italiani all'estero (Aire) in questi ultimi dieci anni, ed è ancora più importante in questa situazione pandemica, poiché la rete consolare lavora a ranghi ridotti,

impegnano il Governo

a mettere in pratica tutte le iniziative necessarie per utilizzare le postazioni mobili al fine dell'acquisizione delle impronte digitali, ad oggi in uso solo per i passaporti, anche per istruire le pratiche per le carte d'identità elettroniche, in modo da evitare che l'utente debba recarsi personalmente al competente ufficio consolare di prima categoria, spesso lontano migliaia di chilometri nelle circoscrizioni molto estese.
(7-00601) «Billi, Vinci, Coin, Comencini, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Formentini, Picchi, Ribolla, Zoffili».


   Le Commissioni VI e IX,

   premesso che:

    la direttiva 2003/96/CE dell'Unione europea ha ristrutturato il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità, fissando livelli minimi di tassazione per la maggior parte dei prodotti energetici, compresi l'elettricità, il gas naturale e il carbone, per cercare di ridurre le differenze esistenti tra i livelli nazionali di tassazione;

    in talune circostanze o in determinate condizioni di natura strutturale, la direttiva ha consentito l'applicazione di aliquote differenziate nazionali di tassazione per uno stesso prodotto, purché siano rispettati i livelli minimi comunitari di tassazione e le norme in materia di mercato interno e di concorrenza;

    dette situazioni sono specificate dall'articolo 5 della direttiva, il quale definisce tra i casi di eccezione, ovvero la possibilità da parte del legislatore di adottare una differente imposizione, quelli connessi ai «trasporti pubblici locali di passeggeri (compresi i taxi), raccolta di rifiuti, forze armate e pubblica amministrazione, disabili, ambulanze»;

    inoltre, l'articolo 7 della direttiva 2003/96/CE stabilisce livelli minimi di tassazione da applicare ai carburanti per motori: secondo il paragrafo 2, gli Stati membri possano distinguere tra uso commerciale e non commerciale del gasolio utilizzato come propellente, purché siano rispettati i livelli minimi comunitari; quindi, definisce «commerciale» il gasolio utilizzato per il trasporto di merci effettuato con un autoveicolo con peso pari o superiore a 7,5 tonnellate e per il trasporto regolare o occasionale di passeggeri, effettuato con un autoveicolo delle categorie M2 o M3, quali definite dalla direttiva 70/156/CEE del Consiglio del 6 febbraio 1970;

    la direttiva 2003/96/CE è stata recepita nel sistema normativo italiano mediante l'adozione del decreto legislativo 2 febbraio 2007, n. 26, che ha significativamente modificato il Testo unico delle accise (decreto legislativo n. 504 del 1995);

    il citato decreto legislativo di attuazione ha previsto, all'articolo 6, comma 1, l'incremento dell'aliquota di accisa sul gasolio usato come carburante (a 423,00 euro per mille litri di prodotto) e contemporaneamente, al comma 2, il rimborso del maggior onere conseguente alla disposizione di cui al comma 1, solo per alcune categorie interessate (ovvero quelle di cui all'articolo 5 del decreto-legge 28 dicembre 2001, n. 452, Agevolazione sul gasolio per autotrazione impiegato dagli autotrasportatori) che hanno un ristoro pari da ultimo a 214,18 per mille litri di prodotto, escludendo di fatto il settore del noleggio autobus con conducente dal beneficio del rimborso delle accise;

    il comma 2 dell'articolo 24-ter del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 (Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative), introdotto dal decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2016, n. 225, ha stabilito che: «Per gasolio commerciale usato come carburante si intende il gasolio impiegato da veicoli, ad eccezione di quelli di categoria euro 3 o inferiore e, a decorrere dal 1° gennaio 2021, ad eccezione dei veicoli di categoria euro 4 o inferiore, utilizzati dal proprietario o in virtù di altro titolo che ne garantisca l'esclusiva disponibilità, per i seguenti scopi: a) attività di trasporto di merci con veicoli di massa massima complessiva pari o superiore a 7,5 tonnellate [...]; b) attività di trasporto di persone svolta da: 1) enti pubblici o imprese pubbliche locali esercenti l'attività di trasporto di cui al decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 , e alle relative leggi regionali di attuazione; 2) imprese esercenti autoservizi interregionali di competenza statale di cui al decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 285; 3) imprese esercenti autoservizi di competenza regionale e locale di cui al decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 ; 4) imprese esercenti autoservizi regolari in ambito comunitario di cui al regolamento (CE) n. 1073/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009»;

    la direzione fiscalità e unione doganale della Commissione europea ha fornito chiarimenti in merito ai criteri di applicazione dell'articolo 7 della direttiva 2003/96/CE, che non prevede la possibilità di una definizione nazionale diversa e più restrittiva del gasolio commerciale;

    parimenti, nel 2018, si è espresso l'allora commissario europeo per gli affari economici e monetari Pierre Moscovici, che rispondendo a un'interrogazione parlamentare, evidenziava come la «direttiva 2003/96/CE non preveda la possibilità per gli Stati membri dell'UE di adottare una definizione nazionale più restrittiva [...] di quella di cui all'articolo 7, paragrafo 3), lettere a) e b), della stessa»;

    la Commissione europea ha avviato, nel 2017, un procedimento di valutazione della direttiva sulla tassazione dei prodotti energetici, avendo riscontrato dei deficit, tra i quali: una diversa interpretazione nazionale di alcune disposizioni; la necessità di allineare il testo alla giurisprudenza della Corte di giustizia; discrepanze nell'interpretazione delle norme comuni da parte degli Stati membri;

    in seguito a ricorso, sulla questione è intervenuta la Corte di giustizia europea, sezione II, la quale attraverso la sentenza 30 gennaio 2020 n. C-513/18, pur avallando quanto previsto dal legislatore italiano con una interpretazione escludente di tale norma, così come specificato dai punti 24 e 25 della sentenza, ha affermato che «non osta a una normativa nazionale che prevede un'aliquota di accisa ridotta per il gasolio commerciale utilizzato come propellente per il trasporto regolare di passeggeri, senza tuttavia prevedere siffatta aliquota per quello utilizzato per il trasporto occasionale di passeggeri, a condizione che tale normativa rispetti il principio della parità di trattamento, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare»;

    tale richiamo al giudice del rinvio da parte della Corte di giustizia europea dovrebbe rappresentare per il legislatore un impegno per evitare che le risultanze di differenti istanze presentate al giudice del rinvio possano rischiare di determinare diverse tipologie di valutazione;

    il legislatore italiano – nell'avvalersi della facoltà attribuitagli dall'ordinamento comunitario – adottando una nozione di «gasolio commerciale» più stringente rispetto a quella prevista dalla richiamata direttiva limitatamente all'articolo 7 e fissando a 403,22 euro per ettolitro (+22 per cento iva) il costo complessivo del gasolio commerciale usato come propellente (posto il livello minimo di imposizione nel mercato dell'Unione europea fissato a 330 euro), sembra distaccarsi rispetto alle tariffe imposte dai principali Stati comunitari, come, ad esempio, la Germania, ove si applica l'imposta base stabilita dalla direttiva, la Spagna ove si prevede un importo di 379 euro (+21 per cento iva), la Francia, ove si è stabilito un importo di 376,80 euro (+20 per cento iva), arrivando altresì, questi ultimi Paesi europei, così come anche altri, a riconoscere rimborsi per i rifornimenti effettuati sul proprio territorio nazionale da parte di operatori avente sede legale in un diverso Stato membro;

    il costo del gasolio in Italia risulta molto più alto rispetto a quello dei principali Paesi dell'Unione europea, determinando quindi uno svantaggio competitivo per le imprese di autotrasporto di persone italiane, ovvero il noleggio autobus con conducente per viaggi occasionali e, di conseguenza, un ostacolo in più in settori chiave per l'economia italiana, in particolare il turismo, laddove la mobilità delle persone a un costo competitivo è elemento fondamentale per la presenza delle nostre imprese nel mercato comunitario;

    il settore del turismo è tra quelli più danneggiati dalla crisi economica prodotta dalla pandemia da Covid-19 avendo registrato nel corso dell'anno 2020 un crollo del fatturato generale pari al 75 per cento in valori percentuali e a 14 miliardi di euro in valori assoluti;

    il settore del noleggio autobus con conducente, coinvolgendo 6.000 imprese, 25.000 posti di lavoro, 2,5 miliardi di euro di fatturato annuo, è parte integrante e fondamentale dell'economia turistica italiana, ed è indispensabile garantirne la ripresa dell'attività in un quadro di pari condizioni rispetto agli altri attori operanti nel mercato europea,

impegnano il Governo

a promuovere tutte le opportune iniziative di competenza, anche di carattere normativo, volte a sostenere il settore dell'autotrasporto di persone e, in particolare, ad allineare l'imposizione delle accise sul gasolio commerciale usato come propellente per autoveicoli delle categorie M2 e M3 per il trasporto occasionale di passeggeri ai regimi di tassazione dei principali Stati europei, inferiori rispetto a quelli stabiliti dall'Italia, anche in ragione della crisi prodotta dal Covid-19.
(7-00605) «Bergamini, Giacomoni».


   Le Commissioni VII e XIII,

   premesso che:

    l'origine del pane di Altamura è legata alla tradizione contadina della tipica zona di produzione. Elemento base del regime alimentare delle popolazioni pugliesi dell'Alta Murgia, era prevalentemente impastato e lavorato tra le mura domestiche, quindi definitivamente confezionato e cotto in forni pubblici, con implicazioni sul piano sociale e culturale, conseguenti alla connessione del privato con il collettivo. Il primo riferimento al luogo di origine del prodotto è rintracciabile nel Libro I, V delle Satire del poeta latino Orazio che nella primavera del 37 a.C., nel rivisitare il paesaggio della sua infanzia, nota l'esistenza del «pane migliore del mondo, tanto che il viaggiatore diligente se ne porta una provvista per il prosieguo del viaggio»; un documento risalente al 1420, sanzionava l'esenzione del dazio del pane per il clero di Altamura; infine, la tradizionale attività di panificazione di Altamura trova conferma ne «Gli Statuti Municipali della Città fatti nell'anno 1527», i cui articoli relativi al dazio del forno sono stati trascritti, a cura di G. De Gemmis, nel Bollettino dell'Archivio-Biblioteca-Museo Civico, nell'anno 1954;

    il pane di Altamura, ormai conosciuto in tutto il mondo, ha ottenuto nel 2003 la certificazione europea D.o.p. (denominazione d'origine protetta) ed è l'unico prodotto della categoria merceologica «panetteria e prodotti da forno» a vantare questo bollino europeo di qualità. È prodotto solo all'interno della zona d'origine con grano raccolto esclusivamente nella Murgia. Ogni forma è garantita dal Consorzio di tutela (che riunisce agricoltori, molitori e panificatori) che è investito delle funzioni di controllo, promozione e valorizzazione della Dop, nonché di vigilanza contro qualsiasi forma di contraffazione e, monitorando tutte le fasi di produzione a partire dall'origine della materia prima, garantisce al consumatore la tracciabilità del prodotto;

    sulla base della Convenzione sulla protezione del patrimonio mondiale culturale e naturale e adottata nel 1972, l'Unesco riconosce che alcuni luoghi e alcune tradizioni sulla terra sono di «eccezionale valore universale» tanto da far parte del patrimonio comune dell'umanità, in quanto la loro perdita rappresenterebbe un danno irrecuperabile per tutta l'umanità. La Convenzione presta particolare attenzione agli aspetti relativi all'educazione e all'informazione, dal momento che è solo consolidando «il rispetto e l'attaccamento dei popoli al patrimonio culturale e naturale» che è possibile garantire la conservazione del nostro Patrimonio materiale e immateriale;

    l'Unesco annovera nel patrimonio immateriale le tradizioni, le espressioni orali, l'arte e l'artigianato locali che esprimono il genius loci di un determinato posto, e tutte quelle attività che ne favoriscono l'affermazione, la trasmissione e la conservazione. In altre parole, si tratta di azioni umane distintive di un luogo e di una cultura, a cominciare da quelle legate all'alimentazione;

    a partire dal 2005 molti Stati membri hanno avanzato la candidatura di alcune pietanze tipiche a patrimonio dell'umanità; infatti, ad oggi è stata riconosciuta la rilevanza di cucina messicana, keskek turco, cucina francese, washoku giapponese, kimchi della Corea del Sud e birra belga; dal 2013, è entrata a far parte del patrimonio dell'umanità anche la dieta mediterranea, modello alimentare sostenibile e vero simbolo della tradizione enogastronomica italiana e non solo;

    l'Italia, patria indiscussa di rinomate eccellenze culinarie, non vede purtroppo ancora nessuna di esse direttamente tutelate dall'Unesco, si pensi infatti che è l'arte del pizzaiuolo napoletano e non la pizza ad essere inserita nel patrimonio dell'umanità e che, analogamente, il tartufo bianco, le nocciole e la toma piemontese o il prosciutto, il culatello e il parmigiano trovano un riconoscimento solo per il tramite dell'inserimento di Alba e di Parma nella «Rete delle città creative dell'Unesco» fondata nel 2004 con l'obiettivo di incentivare la collaborazione tra i comuni più virtuosi per uno sviluppo urbano sostenibile e che è divisa in sette settori culturali tra cui la gastronomia;

    il pane è da sempre indicatore di civiltà come pochi altri prodotti, frutto del lavoro e dell'ingegno dell'uomo, possono vantare. È, altresì, l'alimento che sin dall'età antica presenta le maggiori implicazioni culturali, simbolico-religiose, tecnico-produttive e consumistico-commerciali tanto da essere ancora oggi al centro di un vivacissimo dibattito medico-dietetico, oltre che economico e produttivo a livello mondiale. Intorno al pane si è sviluppato un modello di civiltà che continua ad essere fattore di sviluppo, di nutrimento, di dialogo e di concordia fra i popoli,

impegnano il Governo:

   ad adottare le iniziative di competenza per includere il «pane di Altamura» nell'inventario del patrimonio culturale immateriale presente nel territorio dello Stato redatto ai sensi della Convenzione Unesco per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale;

   ad adottare le iniziative di competenza per l'inserimento del «pane di Altamura» nella lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell'Unesco, al fine di vedere adeguatamente riconosciuta e tutelata una tradizione millenaria vanto della regione murgiana, emblema della cultura contadina e agroalimentare del Paese.
(7-00602) «Sasso, Viviani».


   Le Commissioni XI e XII,

   premesso che:

    al giorno d'oggi, uno dei lavori più quotati ed ambiti è quello dello chef, divenuto ormai una vera e propria icona di successo anche a livello mediatico e soprattutto televisivo;

    essere chef non è un lavoro rilassante, è un impegno fatto di ricerca, tensione e grande responsabilità, come tutti i lavori apicali: si può affermare che fare lo chef è un lavoro stressante e usurante;

    un interessante studio condotto su 710 cuochi italiani ha confermato la natura stressante di tale lavoro: quelli che si vedono in televisione sono solo una minima parte dei cuochi che lavorano nel nostro Paese e nel mondo;

    dal su citato studio promosso da Federazione italiana cuochi e realizzato da Cnr-Irib e pubblicato su Frontiere public health è emerso che in particolare, i fattori principali che scatenano stress psicologico sono gli anni di servizio e il numero di ore settimanali effettuate;

    lo studio prevedeva la compilazione di un questionario, il cui modello di analisi comprendeva caratteristiche individuali (età, sesso o body-mass-index) e variabili legate al lavoro, come la categoria professionale oppure la durata della giornata lavorativa;

    il 47 per cento degli chef ha riportato più problemi di salute durante la propria carriera;

    il test è servito a valutare se il rischio di stress professionale sia davvero correlato al tipo di lavoro e come questo possa influire sulla salute;

    è emerso che i fattori di maggior rischio favoriscono l'insorgenza di malattie organiche a carico dell'apparato muscolo-scheletrico e cardiocircolatorio dovute per la maggior parte delle ore di lavoro in cui i cuochi mantengono una posizione eretta;

    all'uopo, il coordinatore della ricerca e ricercatore Cnr-Irib, dottor Antonio Cerasa, in una intervista ha chiarito: «Il lavoro dello chef è uno di quelli più esposto a rischi per la salute dovuto allo stress, ma mai nessuno ha fornito una valutazione scientifica quantitativa dei rischi e delle sue caratteristiche. Il nostro studio ha definito per la prima volta, in maniera quantitativa, il legame tra stress, lavoro e salute nella categoria dei cuochi italiani, utilizzando un approccio analitico ai dati statistici risultanti dall'elaborazione del materiale messo a disposizione dalla Fic. Infatti, per realizzare questa ricerca epidemiologica, è stata messa a punto un'app dove tutti gli iscritti alla Federazione, potevano collegarsi e, compilando dei moduli demografici e dei test psicologici, partecipare all'indagine scientifica»;

    gli chef hanno anche un ulteriore fattore di rischio per la salute legato all'ambiente di lavoro umido delle cucine, ovviamente responsabile di vasodilatazione e di peggioramento delle varici; nello specifico, uno studio scientifico danese, su quasi 40 mila lavoratori tra i 18 e i 65 anni, ha dimostrato con una percentuale notevole, del 60 per cento la necessità di tantissimi chef di ricorrere ad interventi chirurgici per varici degli arti inferiori;

    e ancora, Rocco Pozzulo, presidente della Federazione italiana cuochi, ha dichiarato che «Le malattie professionali sono uno dei temi all'attenzione della Fic. Lo stress in cucina è effettivamente altissimo, causato da tensioni e pressioni psicologiche dovute principalmente alla mole di lavoro, alle numerose ore trascorse in cucina in uno spazio spesso piccolo, affollato e troppo caldo, a un livello di concentrazione che deve essere sempre al massimo, al numero di dipendenti da gestire, ma soprattutto al giudizio costante del cliente a cui si è sottoposti»;

    il prolungato ortostatismo porterebbe, altresì, ad una maggiore frequenza di ricoveri ospedalieri per insufficienza venosa cronica e ad una maggiore incidenza di cardiopatia ischemica e di aterosclerosi delle carotidi;

    in buona sostanza lo studio corrotto dalla Federazione italiana cuochi rileva che le patologie connesse allo svolgimento di questa attività lavorativa debbano servire ad individuare il ricorso a terapie ed interventi medici specifici per questa importante categoria di lavoratori;

    allo stesso tempo è fondamentale che quanto emerso dallo studio e dalle testimonianze della Fic serva a supportare, per la categoria professionale degli chef, il riconoscimento di malattie professionali e di lavoro usurante;

    la relazione tra le variabili lavorative e lo stato di salute è mediata in una percentuale che va dal 13,8 per cento al 24,9 per cento: questo dato è estremamente rilevante, perché attesta gli effetti negativi delle eccessive ore di lavoro sulla salute, che sono peraltro già state riportate in altre svariate categorie lavorative e, grazie a questa ricerca, si conferma ulteriormente che superare le 60 ore di lavoro settimanale è una concausa importante nella possibile insorgenza di malattie organiche, anche negli chef, anche nel lavoro attualmente considerato tra i più «cool» del mondo,

impegnano il Governo:

   ad adottare tutte le opportune iniziative volte ad esaminare e valutare l'attendibilità di tutti gli studi scientifici sulle patologie che interessano la professione di chef ai fini del riconoscimento di malattie professionali;

   a valutare l'adozione di iniziative per l'inserimento di tale professione tra i lavori usuranti, al fine di favorire l'accesso anticipato al trattamento pensionistico;

   a valutare l'opportunità di adottare iniziative, di concerto con il Servizio sanitario nazionale, per agevolare, per tale categoria di professionisti, l'accesso ad idonee cure e trattamenti, rispetto alle patologie connesse alla attività lavorativa.
(7-00603) «Villani, Nappi, Manzo, Vianello».


   La IV Commissione,

   premesso che:

    il 29 ottobre 1921 partì da Aquileia il treno che doveva portare il Milite Ignoto fino a Roma, dove giunse, dopo aver attraversato 5 regioni e 120 stazioni di varie città d'Italia, il 2 novembre 1921;

    il Milite Ignoto, corpo senza nome, scelto da una madre che aveva perso un figlio durante la Grande Guerra, fra 11 salme sconosciute e rinvenute su vari campi di battaglia del fronte (Rovereto, Altopiano di Asiago, Monte Grappa, Dolomiti, Montello, Basso Piave, Cadore, Basso Isonzo, San Michele e il tratto da Castagnevizza al Mare Adriatico), simbolo del sacrificio per amore della Patria e «dell'unità nazionale sotto il segno del lutto collettivo», come ha scritto lo storico Antonio Gibelli, fu poi tumulato all'interno del Vittoriano il 4 novembre, data che segna anche la vittoria, nel 1918, del nostro Paese nella Prima guerra mondiale;

    il viaggio del Milite Ignoto fu salutato da centinaia di migliaia di italiani lungo i binari del tragitto percorso dal treno e la partecipazione della popolazione fu massiccia e sentita;

    nel 2021 ricorre il centenario del viaggio del Milite Ignoto e per tale motivo, il 20 novembre 2020, è stato firmato il protocollo d'intesa tra il Commissariato Generale per le Onoranze ai Caduti e il Gruppo delle Medaglie d'oro al valor militare d'Italia per la «Commemorazione del Centenario della traslazione del Milite Ignoto nel Sacello dell'Altare della Patria»;

    tale protocollo prevede di realizzare – in condivisione con le Forze armate, le Associazioni combattentistiche e d'Arma, gli enti e le istituzioni locali fino ai singoli cittadini – attività commemorative, storiche e socio-culturali indirizzate a mantenere alto e vivo il culto della memoria per il Milite ignoto;

    i due enti che hanno sottoscritto il protocollo hanno tra i loro principali compiti istituzionali quelli di tutelare e diffondere il culto della memoria, condividendo i simboli e i valori connessi ai caduti di tutte le guerre e delle missioni internazionali di pace;

    tra le iniziative vi è anche in previsione di chiedere a tutti i comuni d'Italia di conferire la cittadinanza onoraria al Milite Ignoto, con l'espressa intenzione di far sì che quel soldato, voluto come «di nessuno», possa in realtà essere percepito come «di tutti»,

impegna il Governo

ad organizzare un viaggio della memoria con un treno d'epoca, nella composizione più possibile fedele, che compia un identico percorso con le stesse tappe e gli stessi tempi del treno che portò il Milite Ignoto a Roma.
(7-00604) «Ferrari, Boniardi, Gobbato, Pretto, Fantuz, Piccolo, Lorenzo Fontana, Castiello, Zicchieri».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:

   il titolare della Fonderia Mestieri di Torino Marco Zangirolami ha eseguito delle verifiche di laboratorio, per conto della trasmissione di «Fuori dal coro», sulla qualità di due delle mascherine Ffp2 che facevano parte di un lotto della maxi commessa da 1,25 miliardi di euro e 801 milioni di pezzi acquistata in Cina dal commissario Domenico Arcuri;

   il risultato del test di laboratorio eseguito sui due campioni di Kn95 prodotti dalla Wenzhou huasai commodity co. Ltd e validate l'11 maggio 2020 come equivalenti alle Ffp2 dal Comitato tecnico-scientifico (Cts) è devastante: «Dal confronto dei risultati di prova con i valori limite richiesti dalla norma UNI EN, NON risultano rispettati i requisiti previsti dalla norma... per quanto attiene le semi-maschere filtranti per nessuna classe di prodotto»;

   per essere a norma, ossia assicurare un filtraggio del 95 per cento, i due campioni sottoposti a test avrebbero dovuto avere una penetrazione massima del 6 per cento, ma il primo è risultato avere il 73,99 per cento di penetrazione all'agente di prova, il secondo del 50,98 per cento. Le mascherine, in poche parole, lascerebbero passare rispettivamente 12,3 volte e 8,4 volte in più del massimo consentito nei test strumentali per le Kn95/Ffp2;

   le mascherine prodotte dalla Wenzhou huasai risultano essere parte della commessa da 100 milioni di Ffp2 affidata il 6 aprile 2021 dalla struttura commissariale alla società di import-export cinese Wenzhou light industrial products, costate 2,16 euro l'una;

   le aziende cinesi che hanno prodotto le mascherine vendute all'ufficio di Arcuri dalla Wenzhou light sono 8 e i loro prodotti sono stati tutti certificati dal Cts sulla base della documentazione cinese consegnata dai fornitori, come consentito dalla normativa sull'emergenza Covid;

   il giornale la Verità racconta che nella seduta numero 69 dell'11 maggio 2020 del Cts sono stati ratificati i pareri dell'Inail sui dispositivi di protezione individuale di tre produttori entrati nella fornitura Wenzhou light: la Anhui zhongnan air defence works protective co. ltd, la Wenzhou xilian electrical technology co. ltd e appunto la Wenzhou huasai commodity co. Ltd;

   nel verbale i nomi dei tre produttori sarebbero «omissati», ma per tutti la formula usata per l'approvazione, avvenuta «sulla base delle evidenze documentali» è la stessa: «i risultati di tali prove evidenziano valori di tenuta verso l'interno, capacità di filtrazione e resistenza respiratoria nei limiti previsti per un dispositivo Kn95. Pertanto, il Dpi proposto presenta efficacia protettiva analoga a quella prevista per i dispositivi di protezione individuale (Ffp2) previsti dalla normativa vigente»;

   evidentemente, stando alla controprova effettuata dalla trasmissione «Fuori dal coro», qualche controllo non deve aver funzionato se mascherine con un livello di protezione assolutamente inadeguato sono state promosse come Kn95 e destinate al personale ospedaliero;

   secondo quanto emerge dal servizio realizzato da Carmen La Gatta, un quantitativo di mascherine realizzate dalla Wenzhou huasai risulta essere stato consegnato a medici e infermieri degli ospedali del Friuli Venezia Giulia a partire dal 27 maggio 2020. Una notizia che solleva interrogativi inquietanti sui rischi per la salute che hanno corso medici, operatori e ospiti delle Rsa italiane;

   quelle mascherine sono state fatturate alla struttura commissariale in 8 tranche e arrivate in Italia con voli provenienti da Shanghai, atterrati all'aeroporto di Milano Malpensa tra il 30 aprile e l'8 maggio 2020;

   le mascherine che, in base al test svolto dalla Fonderia Mestieri, non rispetterebbero i requisiti previsti dalle norme europee «per nessuna classe di prodotto» sono costate alle casse dello Stato 6.343.920 euro;

   altri produttori che hanno partecipato alla maxi commessa, che complessivamente ha portato nelle casse della Wenzhou light 590 milioni di euro, hanno poi chiesto e ottenuto le certificazioni europee e si sono affacciate sul mercato online dei dispositivi di protezione individuale;

   tra queste anche la Anhui zhongnan air defence works, che ha ottenuto il via libera dal Cts l'11 maggio 2020. Le sue mascherine Ffp2 vengono commercializzate all'ingrosso con prezzi tra 0,28 centesimi di dollaro (al cambio 0,23 centesimi di euro) per quantità tra 1.000 e 99.999 e 0,18 centesimi di dollaro (pari a 0,15 centesimi di euro) per ordini superiore al milione di pezzi. La struttura commissariale ha ricevuto 14.107.000 di mascherine Kn95 prodotte dalla Anhui zhongnan pagandole 2,16 euro l'una, consegna compresa, ma prive di certificazione Ffp2. Prezzo totale della fornitura 30,4 milioni di euro. La stessa quantità, oggi, che sul mercato i prezzi si sono livellati verso il basso, costerebbe a un qualsiasi cliente 14 volte meno, 2,161 milioni di euro, ma con in più la certificazione europea –:

   quanti dei 2.937.000 pezzi di Kn95 prodotte dalla Wenzhou huasai sono finiti negli ospedali e nelle Rsa italiane;

   se il Governo intenda avviare opportune ispezioni per verificare gli standard qualitativi delle mascherine cinesi acquistate dal Commissario Arcuri;

   quanti operatori delle categorie di cui in premessa abbiano lavorato in assenza di adeguate protezioni.
(2-01099) «Delmastro Delle Vedove».

Interrogazioni a risposta orale:


   BELOTTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   il 20 gennaio 2021 il commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica Covid-19 ha emesso un «bando di gara con procedura aperta, di massima urgenza, per l'affidamento della progettazione di dettaglio, ingegnerizzazione, fornitura in opera, manutenzione, smontaggio e messa a dimora di padiglioni temporanei destinati alla somministrazione dei vaccini anti-Covid-19»;

   per la presentazione delle domande sono stati concessi solo pochi giorni fissando il termine al 27 gennaio 2021 alle ore 10;

   il 13 dicembre 2020 il commissario Arcuri annunciava con enfasi la realizzazione di 1.500 padiglioni temporanei per le vaccinazioni;

   dal bando emerge, invece, che sarebbero solo 21 i centri da realizzare con urgenza, che il numero complessivo «non sarà superiore a 1.200» e che i centri seguenti ai primi 21, ubicati nei capoluoghi di regione, è previsto che saranno «eretti successivamente»;

   per la realizzazione dei primi 21 padiglioni è prevista una spesa di 8.599.500 euro;

   nel bando sono indicate le caratteristiche delle tensostrutture, tra cui 315 metri quadrati di superficie, pianta circolare con 20 metri di diametro, altezza massima sotto-trave pari a circa 2,85 metri nel punto più alto (lungo il perimetro esterno) e circa 2,70 metri nel punto più basso in corrispondenza del nucleo centrale, impianti meccanici caldo/freddo con sistema di split ad aria alimentata da pompa di calore, tre servizi igienici, connessione internet, impianti elettrici con terminali a led;

   essendo indicato che il costo al metro quadro non deve essere superiore a 1.300 euro, si deduce che ciascuna di queste strutture verrà a costare 409.500 euro;

   la partecipazione alla gara è consentita solo alle aziende che hanno eseguito «forniture analoghe» nel triennio 2017-2019 del valore di almeno 154 milioni e 791 mila euro;

   i 21 padiglioni dovranno essere realizzati tutti entro 30 giorni dall'avvio dell'esecuzione del contratto;

   il settore fieristico e degli eventi è tra quelli più colpiti dai provvedimenti anti-Covid essendo completamente fermo da quasi un anno;

   il bando per la realizzazione dei centri di vaccinazione così come impostato è accessibile a pochi, dai criteri inarrivabili, come gli oltre 154 milioni di forniture analoghe nel triennio precedente e la pianta circolare delle strutture;

   le tensostrutture più diffuse sono a pianta rettangolare e quadrata e sarebbero disponibili, a costi più contenuti, nei magazzini delle aziende del settore;

   in base ai prezzi di mercato una tensostruttura rettangolare da 350/400/metri quadrati, completa delle finiture richieste dal bando, inclusi costi per il riscaldamento e il raffrescamento, ha un prezzo di noleggio per un anno di circa 140/150.000 euro –:

   cosa si intenda, con riferimento ai centri seguenti ai primi 21 previsti dal bando, per «eretti successivamente»;

   se la pianta circolare dipenda da un'organizzazione interna o, come pare, da una volontà stilistica evidenziata dal logo a primula, ideato dall'architetto Stefano Boeri, che il commissario ha presentato in conferenza stampa per annunciare i fantomatici 1.500 centri temporanei di vaccinazione;

   se non ritenga che il costo di oltre 400.000 euro per ogni tendone sia esageratamente alto rispetto ai valori di mercato per il noleggio di un simile struttura;

   perché non si sia valutato, anche per sostenere il settore degli allestitori fieristici, di prevedere bandi locali, abbassando il limite di ben 154 milioni di euro di fatturato nel triennio precedente che di fatto esclude la stragrande maggioranza delle aziende specializzate in Italia;

   perché non si sia valutato, come in numerosi altri Stati, di utilizzare palestre, palazzetti, teatri o altre strutture in questo periodo poco impiegate a causa del Covid-19, riducendo drasticamente i costi per la realizzazione dei centri per la vaccinazione.
(3-02049)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   in un articolo de La Repubblica del 27 gennaio 2020, viene riportato che la Corte dei conti ha aperto un fascicolo per fare chiarezza sulla fornitura di 157 milioni di siringhe di precisione «Luer lock» individuate da Domenico Arcuri come le uniche in grado di estrarre 6 dosi invece di 5 da ogni fiala del siero Pfizer;

   la procura contabile del Lazio vuole verificare se la spesa sostenuta, circa una decina di milioni, sia stata proporzionale ai benefici, o se invece, un risultato analogo poteva essere ottenuto con gli strumenti tradizionali, ossia aghi standard che costerebbero, stando ad alcune ricostruzioni, fino a 6 volte in meno rispetto ai prezzi pattuiti con i fornitori del materiale speciale;

   le siringhe acquistate dal Commissario straordinario per l'emergenza COVID-19 sono tra le meno reperibili e quelle che costano di più;

   l'Italia avrebbe acquistato all'estero le siringhe «più performanti», mentre tra quelle le aziende italiane già producevano milioni di quei prodotti standard che, paradossalmente, vengono commissionate dalla Francia per iniettare lo stesso vaccino anti-COVID;

   a fornire le luer lock da 1 ml è un'azienda italiana, la Dealfa srl, che non le produce, ma se le fa spedire dalla Cina;

   al bando urgente 23 novembre 2020 per l'affidamento della fornitura di 157 milioni di siringhe, come si legge nel decreto di aggiudicazione del 4 gennaio 2021, due sole aziende hanno dato disponibilità a consegnare già per il periodo dicembre 2020 e gennaio 2021. Una era la Redlotus di Hong Kong, che per le prime forniture al 31 dicembre 2020, 15 e 31 gennaio 2021, si dichiarava pronta ad assicurare 20 milioni di luer lock al costo astronomico di 0,44 euro l'una. L'altra era la Dealfa, con un'offerta di 3 milioni di pezzi entro il 31 dicembre 2020 al costo di 0,12 euro l'una, di altri 3 milioni entro il 15 gennaio 2021 alla stessa cifra e di 4,7 milioni di euro il 31 gennaio 2021, a un costo ribassato: 0,06 euro. L'offerta complessiva dell'azienda italiana era di 10,7 milioni di pezzi;

   un manager di Dealfa ha dichiarato che «in Italia non ci sono produttori», di luer lock e che il prodotto arriva finito, non da assemblare, dalla Cina. Secondo un esperto del settore, una luer lock da 0,06 euro è «roba di scarsa qualità»;

   non si tratterebbe dell'unica ipotesi di danno erariale su cui si intende procedere. Altri fascicoli aperti, sempre dai magistrati contabili di Roma, riguarderebbero le forniture di mascherine, e l'appalto dei banchi scolastici con le rotelle;

   sullo sfondo vi è la costituzionalità dello «scudo» garantito al Commissario straordinario attraverso il decreto Cura Italia. L'articolo 122, comma 8, del decreto n. 18 del 2020 recita infatti – riferendosi ai «contratti relativi all'acquisto di beni» ritenuti idonei «a far fronte all'emergenza» – che «tutti tali atti sono sottratti al controllo della Corte dei conti, fatti salvi gli obblighi di rendicontazione» e che «Per gli stessi atti la responsabilità contabile e amministrativa è comunque limitata ai soli casi in cui sia stato accertato il dolo del funzionario che li ha posti in essere»;

   a giudizio dell'interrogante si tratta di un «paracadute» clamoroso, in grado di riservare al Commissario un potere discrezionale pressoché assoluto, perseguibile solo nel caso di un illecito penale, anche con potenziali conflitti giurisdizione;

   il Commissario ha scaricato sull'Aifa la responsabilità sulla questione, dicendo che le luer lock sarebbero una scelta obbligata indotta dalle agenzie regolatorie del farmaco;

   nelle indicazioni dell'Ema non c'è alcun riferimento alle luer lock –:

   quali siano le ragioni della scelta di ricorrere alle «luer lock» in luogo delle siringhe come quelle del tipo «insuliniche», che costano 0,04 centesimi l'una e vengono prodotte in Italia.
(3-02052)


   ASCARI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   in questo periodo di grave emergenza derivante dall'epidemia tuttora in corso, una delle categorie economiche del tessuto imprenditoriale del nostro Paese maggiormente in difficoltà è quella dei ristoratori;

   il 29 gennaio 2021 l'interrogante ha incontrato l'Associazione ristoratori di Modena e Provincia che ha rappresentato i principali problemi che il loro settore sta affrontando durante questa emergenza da Covid-19;

   tra questi problemi vi sono quelli relativi ai costi fissi, che tali attività di ristorazione devono affrontare: ossia il pagamento della tassa sui rifiuti e delle utenze per la fornitura di energia elettrica e del gas, l'affitto dei locali commerciali, la gestione e il trattamento economico dei dipendenti;

   tali costi dovrebbero essere riparametrati rispetto al fatturato reale gravemente diminuito (con una perdita del fatturato che oscilla tra il 60 per cento e l'85 per cento) in conseguenza delle aperture ad intermittenza delle attività, così come stabilito dalle misure di restrizione contenute nei vari ultimi provvedimenti governativi;

   in particolare, hanno rappresentato che, a fronte del numero considerevole di giorni in cui sono stati costretti a rimanere totalmente/parzialmente chiusi durante questa emergenza (pari a circa l'81,5 per cento dei giorni nell'anno 2020) e durante i quali, in proporzione, non sono stati prodotti rifiuti, sono stati costretti comunque a pagare tasse sul servizio. Tutto ciò si può affermare anche per le utenze per la fornitura di energia elettrica, acqua e gas: i ristoratori si sono trovati ad affrontare costi per servizi mai o poco utilizzati (ad esempio, costi per utenze da 35 KW quando venivano usati 5 KW);

   a tutto ciò si aggiunge che gli stessi saranno costretti anche a pagare per i mesi futuri, canoni di affitto e le relative tasse, come l'Imu per i locali commerciali di proprietà, per l'assenza di agevolazioni fiscali che darebbero la possibilità alle aziende di affrontare un costo per la locazione riparametrato ai costi reali di un mercato colpito dalla crisi economica e bisognoso di ripartire quanto prima;

   un'ulteriore problematica riguarda il costo fisso della gestione e del trattamento economico del personale dipendente (risorsa fondamentale che deve essere protetta e tutelata) che, nonostante la fruizione della cassa integrazione, pare gravare ancora sui ristoratori per quanto riguarda i costi di ratei, di contributi e di gestione per l'emissione di buste paghe e pratiche per richiesta della cassa integrazione;

   alla luce delle gravi criticità sopra illustrate, è necessario intervenire immediatamente per risolvere concretamente i problemi che i ristoratori sono costretti ad affrontare tutti i giorni, attraverso misure idonee (come incremento di agevolazioni fiscali nazionali e locali; aumento dei cosiddetti ristori economici; interventi per la riduzione del costo del lavoro del personale dipendente) dirette ad immettere nuova linfa necessaria per far ripartire, a livello economico, un settore importante del nostro Paese come quello della ristorazione –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e se ritenga opportuno adoperarsi, per quanto di competenza, anche d'intesa con altri soggetti istituzionali competenti e attraverso opportune iniziative normative, per individuare e attuare interventi concreti per la tutela e per il rilancio economico del settore della ristorazione della provincia di Modena e dell'intero territorio nazionale.
(3-02056)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   in un'intervista apparsa sul giornale la Verità, l'imprenditore Pier Luigi Stefani ha dichiarato che il Governo, nel marzo 2020, ha rifiutato tre proposte dedicate al Governo italiano da Seul per tamponi molecolari, mascherine Ffp2 e linee di produzione a basso costo che avrebbero potuto portare l'Italia velocemente verso l'autosufficienza da sistemi di protezione individuali;

   le offerte sarebbero maturate nell'ambito delle amicizie che l'imprenditore aveva stretto in Corea del Sud, grazie alla sua attività, con aziende leader nel settore come la Kirin Ltd e Wii Tech corporation, che costruiscono ospedali in tutto il mondo e sono di primo piano anche nelle forniture medicali;

   Stefani ha inviato la stessa proposta ad Assolombarda, ad alcune regioni, al Governo, al Presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte, alla struttura del Commissario per l'emergenza Domenico Arcuri e alla Protezione civile;

   per le mascherine la struttura del Commissario non avrebbe ritenuto l'offerta vantaggiosa (70 centesimi a pezzo contro i 2 euro e 20 di quelle importate, per esempio, dalle tre società cinesi e intermediate da Mario Benotti, Andrea Tommasi e Jorge Solis, sotto inchiesta a Roma per il reato di traffico di influenze illecite);

   Assolombarda, che ne aveva necessità per associati e dipendenti, «ha risposto sostenendo che aveva avuto indicazione dalla Protezione civile di non poter procedere a nessun tipo di acquisto autonomamente perché era stato tutto centralizzato, caso contrario avrebbero sequestrato il materiale alla dogana»;

   le parole di Stefani fotografano ulteriormente la pasticciata gestione dell'approvvigionamento dei dispositivi di protezione;

   per il reperimento di questi prodotti certificati, Stefani dichiara che non avrebbe percepito alcuna commissione, a differenza di quanto accaduto nella vicenda che riguarda Mario Benotti;

   Stefani dichiara che si sarebbe potuto acquistare una linea di produzione per le mascherine Ffp2. Il tessuto viene prodotto a Lucca e poi esportato in tutto in mondo da dove, una volta confezionate, vengono acquistate dagli Stati a prezzi esorbitanti;

   Stefani dichiara che «in 45 giorni con una nave sarebbe arrivata in Italia al costo di 300.000 euro. Parliamo di uno strumento che produce 200 Ffp2 al minuto. Conti alla mano, con dieci linee di produzione, cioè con una spesa di 3 milioni di euro, l'Italia avrebbe potuto assorbire il fabbisogno di mascherine per il Paese, oltre 35 milioni di Ffp2 al mese, e ce n'era addirittura per poterle esportare. Bastava un capannone, una persona alla macchina e una all'impacchettamento. Mi chiedo quanto è stato speso per dare alle aziende la contribuzione per diversificare la produzione. Bastava montare le linee di produzione che esistevano e che erano state proposte dalla Corea per risolvere il problema. Peraltro, paradosso, il tessuto viene prodotto a Lucca ed esportato in Corea e in tutto il mondo. E invece compriamo roba da ogni dove, soprattutto dalla Cina, a prezzi esorbitanti, ma non pensiamo di diventare autosufficienti. I coreani erano anche pronti a creare una joint venture con aziende locali con lo Stato italiano» –:

   se quanto illustrato in premessa corrisponda al vero;

   quali siano le ragioni per aver rifiutato l'offerta di Stefani di cui in premessa e per aver, invece, accettato l'offerta che è attualmente oggetto di indagini della procura di Roma;

   quali siano le ragioni del mancato acquisto o della mancata creazione di una joint venture italo-coreana per la produzione nazionale di mascherine nella prospettiva dell'autosufficienza.
(3-02058)


   CABRAS, DE CARLO, COLLETTI, ASCARI, BERTI, GIULIODORI, SURIANO, ZANICHELLI, MENGA, LEDA VOLPI e DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   il 27 gennaio 2021 il quotidiano Domani ha riportato la notizia circa un ruolo del senatore Matteo Renzi nell'Advisory board (comitato di consulenza) del Future Investment Initiative (FII);

   l'Fii è stato istituito da Mohammad bin Salman, principe ereditario del Regno dell'Arabia, e risulta una ufficiale emanazione del Public Investment Fund (Pif), il fondo sovrano dell'Arabia saudita controllato direttamente dalla famiglia reale;

   per il suo ruolo di consulenza presso l'Fii il senatore Renzi riceverebbe un compenso di circa 80 mila dollari all'anno, oltre a tutta una serie di benefit, tra cui la disponibilità di jet privati nei suoi viaggi da e per l'Arabia saudita;

   secondo una ricostruzione del quotidiano La Verità del 29 gennaio 2021, per rientrare in Italia il 28 gennaio 2021 in occasione delle consultazioni presso il Presidente della Repubblica, il senatore Renzi avrebbe usufruito di un volo privato su un lussuoso jet Gulfstream G450 (immatricolato HZ-A23 dalla compagnia privata Alpha star, con sede a Riyad, e operato dalla Aviation Horizon, con sede a Jedda). Il solo costo di mercato del volo Riyad-Roma con tale velivolo sarebbe attorno ai 28.600 dollari (5.300 dollari l'ora per 5 ore e 40 minuti di volo);

   secondo il senatore Renzi non ci sarebbe nessuna incompatibilità tra il suo ruolo politico-istituzionale in Italia e il suo ruolo di consulente a pagamento presso un ente controllato dalla famiglia reale saudita;

   tuttavia, il senatore Renzi, oltre a essere membro della commissione affari esteri del Senato, è il leader del partito Italia Viva che, fino a pochi giorni fa, esprimeva alcuni Ministri e sottosegretari e il cui ruolo è stato talmente determinante e delicato da provocare una crisi di Governo;

   l'attuale crisi di Governo potrebbe portare a un interessamento da parte di Stati terzi per l'acquisto di asset strategici nazionali, a giudizio degli interroganti risulta quantomeno meritevole di una forte preoccupazione che una personalità dal ruolo politico-istituzionale di così alto livello e sensibilità nella Repubblica italiana possa al contempo ricevere compensi da uno Stato straniero –:

   se il Governo abbia ulteriori informazioni in merito a quanto esposto in premessa;

   quali siano gli intendimenti del Governo per prevenire possibili situazioni di conflitti d'interesse con Paesi stranieri.
(3-02061)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LA MARCA e SCHIRÒ. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   è in fase di iniziale realizzazione il piano di vaccinazioni contro il Covid-19, predisposto dal Governo in collaborazione con le regioni e con le strutture territoriali di gestione dei servizi sanitari, che si propone l'obiettivo di una estesa e quanto possibile veloce copertura preventiva della popolazione residente dall'ulteriore diffusione del virus;

   nelle ipotesi finora affacciate non si fa menzione dei cittadini italiani residenti all'estero che non sempre o non sempre in modo adeguato sono coperti dai piani di prevenzione sanitaria adottati nei Paesi di residenza, di cui in molti casi non sono formalmente cittadini pur essendo legalmente residenti;

   in particolare, sono abbastanza numerosi i casi di connazionali iscritti all'Aire che, nella fase della pandemia, si trovano in Italia o per una scelta personale di tutela della propria salute o per essere stati indotti a prestare aiuto e cura a parenti anziani e non autonomi;

   oltre a questi, i connazionali residenti nei Paesi dotati di sistemi sanitari meno avanzati e idonei e con persistenti ritardi di natura economico-sociale devono affrontare prospettive di accesso alla vaccinazione molto lontane nel tempo, tali in ogni caso da sollevare legittime preoccupazioni in ordine alla propria vita e alla propria salute –:

   se il Governo non ritenga di adottare iniziative, per quanto di competenza, per concordare con le regioni l'accesso alle operazioni di vaccinazione, secondo una tempistica da definire, anche per gli iscritti all'Aire residenti sul territorio nazionale, previa prenotazione degli stessi presso le Asl nelle quali ricadono i comuni di iscrizione all'Aire;

   se non intenda prendere in considerazione, e secondo quali modalità, la situazione dei connazionali residenti in Paesi meno avanzati o in evidente stato di crisi economica e sociale, al fine da garantire anche a questi cittadini italiani il diritto alla salute, che nel nostro ordinamento ha rilevanza costituzionale.
(5-05337)


   FOTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il 5 febbraio 2021 il presidente della provincia di Piacenza ha inviato una nota all'Unione delle province d'Italia – in ragione di un ordine del giorno approvato all'unanimità dal consiglio provinciale il 28 gennaio 2021 – in cui ha evidenziato la situazione di estrema criticità che si verifica nei comuni del piacentino confinanti con altre regioni;

   le gravissime conseguenze sul tessuto economico, dovute alle limitazioni negli spostamenti imposte per il contrasto della diffusione del Covid-19, in quei comuni (ben 17 in provincia di Piacenza) che fondano gran parte della propria economia sulla frequentazione delle persone provenienti dalle regioni prospicienti (Lombardia, Piemonte e Liguria), sono state evidenziate dall'interrogante anche in altra interrogazione del 17 novembre 2020;

   la collocazione del territorio piacentino in «zona gialla» e «zona arancio» in relazione al livello di rischio, ha escluso infatti le categorie economiche di cui al punto che precede dalla possibilità, concessa a quelle ubicate in «zona rossa», di accedere ai cosiddetti «ristori», e ciò nonostante il crollo di vendite e fatturato –:

   se il Governo sia a conoscenza della gravità della situazione che colpisce i comuni piacentini che confinano con il territorio di altre regioni e, similmente, tutti quei comuni che subiscono analoga drammatica sorte;

   se il Governo intenda adottare iniziative per prevedere, per i residenti dei comuni con determinate peculiarità, la possibilità di movimento all'interno di un raggio predeterminato e, dunque, indipendentemente dai confini regionali;

   se il Governo intenda adottare iniziative per riconoscere, come da più parti richiesto, ristori adeguati per le attività economiche che hanno sede nei territori dalle caratteristiche in premessa evidenziate.
(5-05365)


   SENSI, QUARTAPELLE PROCOPIO, FASSINO, BOLDRINI e BERLINGHIERI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la radio ungherese Klubradio, una delle ultime emittenti radiofoniche indipendenti in Ungheria, dovrà cessare le trasmissioni il 15 febbraio 2021. La revoca della licenza di trasmissione è stata decisa dal tribunale di Budapest, che ha confermato la decisione della autorità nazionale dei media, un organismo la cui indipendenza è stata messa in questione sin dalla sua nascita nel 2010, che più volte l'emittente aveva contestato. I programmi di Klubradio, un mix di notizie e talk show, raggiungono fino a 500 mila ascoltatori, ma dopo l'avvento di Orban nel 2010, le sue frequenze erano state già limitate alla sola area di Budapest;

   Klubradio è accusata di aver violato le leggi sulla registrazione delle emittenti, ma normalmente ciò dovrebbe comportare solo una multa. Difatti, parrebbe che l'infrazione sia stata commessa anche da altri, che però non sono stati sanzionati proprio perché, generalmente, allineati con l'esecutivo di Orban;

   il direttore e proprietario della radio ungherese ha definito, infatti, «un'esecuzione» la chiusura dell'emittente, attraverso cui «Orban fa tacere l'ultima radio libera del Paese». Si tratta di «un altro colpo contro il pluralismo dei media»;

   purtroppo, infatti, negli ultimi anni, i sostenitori del Primo ministro nazionalista e conservatore Viktor Orban hanno assunto gradualmente il controllo dei media ungheresi. Contemporaneamente, l'Ungheria è passata dal 23esimo all'89esimo posto su 180 Paesi nell'indice sulla libertà di stampa stilato da Reporter senza frontiere, con oltre 500 società di media raggruppate in una unica fondazione e il 90 per cento dei media controllati dal Governo. Dati molto preoccupanti e inaccettabili nel consesso europeo;

   tanto che, anche la Commissione europea segue la vicenda. Un portavoce ha dichiarato che la Commissione «sta esaminando le implicazioni della chiusura per le regole pertinenti dell'Unione e non esiteremo ad agire in caso di violazioni»;

   già nel 2018 il Parlamento europeo ha chiesto al Consiglio di adottare provvedimenti per evitare che l'Ungheria violasse i valori fondanti dell'Unione in materia di indipendenza giudiziaria, libertà di espressione, corruzione, diritti di minoranze, migranti e rifugiati. Contro Budapest è stata avviata la cosiddetta procedura per la tutela dello Stato di diritto, basata sull'articolo 7 del Trattato dell'Unione europea. A inizio 2020 però, una risoluzione del Parlamento europeo denunciava come «l'incapacità del Consiglio di applicare efficacemente l'articolo 7 continui a compromettere l'integrità dei valori comuni europei»;

   proprio nel rispetto e nella difesa di quei valori, la battaglia di KlubRadio non può restare solo una vicenda ungherese, ma deve rappresentare una nuova sfida di tutti gli europei per non segnare un precedente pericoloso per il futuro –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Governo nei rapporti bilaterali con l'Ungheria e nelle sedi europee e internazionali per evitare la chiusura di KlubRadio e, più in generale, per il rispetto del pluralismo e della libertà dei media in Ungheria.
(5-05367)


   CIAMPI, SIANI e DE FILIPPO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   in ragione dell'aggravarsi dell'epidemia da Sars-Cov-2, l'articolo 1, comma 10, lettera s), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 gennaio 2021, ha confermato l'uso obbligatorio delle mascherine a scuola, senza eccezioni correlate al distanziamento. Pertanto, a partire dalla scuola primaria, la mascherina deve essere indossata sempre, da chiunque sia presente a scuola, anche quando gli alunni sono seduti al banco e indipendentemente dalle condizioni di distanza (1 metro tra le rime buccali) previste dai precedenti protocolli, «salvo che per i bambini di età inferiore ai sei anni e per i soggetti con patologie o disabilità incompatibili con l'uso della mascherina», le cui specifiche situazioni sono dettagliate nella sezione 2.9 dell'allegato 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;

   nelle sezioni di scuola primaria a tempo pieno e di scuola secondaria di primo grado a tempo prolungato, è necessario prevedere la sostituzione della mascherina di tipo chirurgico a metà giornata, per garantirne l'efficienza;

   a partire dai giorni 27 e 28 agosto 2020, la struttura del commissario straordinario per l'emergenza Covid-19 ha avviato la distribuzione di mascherine monouso di tipo chirurgico e gel igienizzante presso le istituzioni scolastiche. Per quanto riguarda la distribuzione di mascherine e gel igienizzante la fornitura di mascherine viene effettuata, a cura della struttura commissariale, per tutto il personale scolastico e per tutti gli studenti e la distribuzione dovrebbe avvenire con cadenza settimanale o bisettimanale, in relazione al numero di alunni e di personale scolastico presenti in ciascuna istituzione scolastica;

   dal sito web della gestione commissariale si legge che alla data del 15 febbraio 2021 sono state distribuite 1.408.944.530 mascherine chirurgiche;

   è senza dubbio apprezzabile la distribuzione gratuita di mascherine e gel igienizzante a tutto il personale scolastico e agli studenti che consente a tutti di proteggersi a prescindere dalle condizioni economiche familiari;

   sono state tuttavia rilevate criticità sia nella distruzione delle mascherine, sia nella qualità e caratteristiche delle stesse;

   da riscontri diretti pervenuti da numerosi istituti su tutto il territorio nazionale e da notizie di stampa (Il flop delle mascherine di Stato per la scuola: «Sono troppo grandi persino per gli adulti», L'Espresso 26 gennaio 2021) si apprende che «alcuni modelli sono enormi rispetto ai volti degli alunni»; altri, «stretti e scomodi a causa dei legacci da fissare sulla nuca»; quasi tutti «emanano cattivo odore», sono «di qualità scadente». Non ci si sente sicuri, e chi può preferisce farne a meno e comprarle per conto proprio, Mentre quelle fornite dal Governo, che i bambini devono comunque prendere, finiscono sprecate;

   in alcuni casi virtuosi è partita la raccolta delle mascherine distribuite a scuola e non usate dai bambini da donare ai più bisognosi, come quanto organizzato a Roma attraverso la Comunità di Sant'Egidio;

   sempre dal citato articolo e da testimonianze dirette sembrerebbe che nelle ultime settimane lo Stato stia mettendo a disposizione mascherine «enormi», chiaramente indicate per gli adulti;

   tali mascherine sono inutilizzabili in quanto, troppo larghe per i visi dei bambini, non aderiscono e non proteggono visto che lasciano passare l'aria;

   in questo momento in cui circolano le varianti più contagiose del virus sarebbe assolutamente opportuno porre la massima attenzione all'adeguatezza dei dispositivi di protezione individuale che vengono destinati alle scuole –:

   se l'acquisto e la distribuzione delle mascherine presso gli istituti scolastici tengano pienamente conto delle caratteristiche e dell'età dei bambini cui sono destinate;

   se sia stata verificata l'idoneità di tali mascherine a fornire adeguata protezione in relazione all'età e alle caratteristiche delle mascherine stesse;

   se ritengano opportuno, data la probabile maggiore contagiosità delle varianti del virus, fornire le scuole di mascherine che assicurino maggiore protezione (Ffp2).
(5-05368)


   NITTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 2 della legge n. 508 del 1999 ha disposto che gli istituti musicali non statali e le accademie non statali di belle arti contribuiscono a costituire il sistema dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica (Afam);

   in questi anni si è perseguita la stabilità degli istituti superiori di studi musicali e delle accademie delle belle arti finanziati dagli enti locali, richiedendone la statizzazione e integrandoli nel sistema Afam;

   la disciplina dei processi di statizzazione è stata avviata con le leggi n. 96 del 2017 e n. 205 del 2017 e poi è stata definita con il decreto ministeriale n. 121 del 2019;

   il decreto n. 121 del 2019 prevedeva che il processo di statizzazione fosse avviato su domanda delle singole istituzioni da presentare al Ministero entro 90 giorni dalla presentazione delle istanze (30 settembre 2019). Le domande avrebbero poi dovuto essere valutate da una Commissione di 5 componenti che, sulla base dell'esito positivo della valutazione, avrebbe dovuto proporre entro il termine di 90 giorni: a) gli schemi di convenzione da sottoscrivere da parte dei rappresentanti legali delle istituzioni da statizzare, dagli enti locali coinvolti e dal Ministero dell'università e della ricerca; b) la dotazione organica delle istituzioni da statizzare;

   secondo quanto previsto dal decreto n. 121 del 2019 la statizzazione avrebbe dovuto essere disposta con decreto del Ministero dell'università e della ricerca non oltre il 31 luglio 2020 e decorrere dal 1° gennaio 2021;

   nonostante la procedura si sia chiusa il 30 settembre 2019 – pertanto la Commissione avrebbe dovuto terminare i propri lavori entro il 29 dicembre 2019 – la stessa non ha potuto intraprenderli prima della fine del mese di gennaio 2020;

   sul mancato rispetto del cronoprogramma, come rilevato dalla Conferenza dei direttori dei conservatori in una lettera del 22 giugno 2020, oltre al ritardo con cui sono iniziati i lavori hanno pesato le difficoltà generate dalla diffusione dell'epidemia di Covid-19, ma risulta anche che i lavori della Commissione siano stati bloccati per la mancata emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sugli organici, che ai sensi dell'articolo 2, comma 3 del decreto n. 121 del 2019 medesimo avrebbe dovuto definire i criteri con i quali strutturare le piante organiche delle istituzioni e che ad oggi non è ancora stato emanato;

   il termine del 31 luglio 2020 per la conclusione del processo di statizzazione è stato in un primo tempo differito quale termine perentorio al 31 dicembre 2021 dal decreto-legge n. 104 del 2020 all'articolo 33, commi 2-ter e 2-quinquies, che ha modificato l'articolo 22-bis, comma 2, del decreto-legge n. 50 del 2017;

   la disciplina del suddetto articolo 22-bis, comma 2, del decreto-legge n. 50 del 2017 è stata successivamente integrata e modificata con la legge 30 dicembre 2020, n. 178, articolo 1, comma 887;

   in un documento del direttivo del coordinamento dei presidenti degli istituti superiori di studi musicali, indirizzato al Ministro pro tempore Manfredi il 1° ottobre 2020, viene ribadita la preoccupazione per il protrarsi dei tempi di conclusione del processo di statizzazione e per la conseguente condizione di incertezza, soprattutto con riguardo alle ricadute sul piano didattico per gli studenti;

   la mancata tempestiva definizione degli organici delle singole istituzioni non consente alle stesse di programmare l'offerta formativa per l'anno accademico 2021-2022 –:

   quali urgenti iniziative il Governo intenda porre in essere al fine di recuperare i gravi ritardi che hanno portato a disattendere completamente il cronoprogramma originariamente previsto dalla citata normativa;

   quali siano le tempistiche di emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sugli organici atto a definire i criteri con cui strutturare le piante organiche delle istituzioni e necessario affinché la Commissione di cui in premessa possa proporre lo schema di convenzione e la pianta organica di ogni istituzione e, conseguentemente, il Ministro interrogato possa emanare il decreto di statizzazione, tenendo conto del fatto che il processo di statizzazione va comunque concluso prima dell'avvio del prossimo anno accademico.
(5-05369)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 16 gennaio 2021, il Ministro della salute pro tempore Roberto Speranza ha emanato un'ordinanza che ha interrotto, senza eccezione alcuna, i collegamenti con il Brasile;

   il blocco è stato rinnovato il 30 gennaio, fino al 15 febbraio 2021. Secondo le prime stime, vi sarebbero circa 1.500 persone bloccate, sorprese alla sprovvista da un'ordinanza che ha dato alcun tempo per organizzarsi;

   tra queste vi sono bambini che rischiano di perdere l'anno scolastico, persone affette da malattie che hanno bisogno di farmaci specifici e cure mediche, persone minacciate di essere licenziate se non tornano al lavoro;

   i cittadini chiedono di poter fare rientro presso il proprio domicilio, seguendo le misure di sicurezza adeguate per garantire la sicurezza agli altri, ma anche a sé stessi, le hanno lanciato una petizione online, rivolta al Governo;

   in una precedente interrogazione, tutt'ora rimasta senza risposta, si chiedeva al Governo se intendesse assumere un provvedimento ad hoc per far rientrare i cittadini residenti in Italia bloccati in Brasile che ne avessero fatto richiesta, una soluzione richiesta anche dall'ambasciatore d'Italia in Brasile, Francesco Azzarello, ma che il Governo non ha mai ascoltato;

   nel corso della gestione dei rimpatri degli italiani bloccati all'estero a causa della pandemia, l'interrogante ha sollecitato a più riprese il Governo facendosi promotore una serie di atti di sindacato ispettivo e di indirizzo affinché, in assenza di una chiara strategia politica da parte del Governo medesimo, si potesse progredire con speditezza al rimpatrio degli italiani;

   in primo luogo, è stato suggerito di ricorrere ai fondi messi a disposizione dall'Unione europea mediante il Meccanismo europeo di Protezione civile che permette di coprire fino al 75 per cento dei costi di rimpatrio e di abbassare il costo dei biglietti a carico dei cittadini italiani. Anche su questa soluzione, il Governo si è dimostrato per l'interrogante riottoso ed è ricorso solo in pochissime occasioni a questo prezioso contributo;

   in secondo luogo, è stato suggerito di ricorrere a voli charter da parte di Alitalia, compagnia che beneficia di ingenti aiuti di Stato che, ai sensi dei Trattati europei, andranno recuperati. La soluzione prevedeva di compensare il costo dei voli in sede di rimborso degli aiuti concessi ad Alitalia come «prestiti ponte», al fine di rendere Alitalia veramente una compagnia di Stato e di consentire ai cittadini di fruire di un servizio fondamentale come quello dei trasporti anche nei momenti di peggiore difficoltà;

   resta tuttora incomprensibile, a giudizio dell'interrogante, la scelta del Governo di mantenere le restrizioni per i Paesi in Lista E dell'allegato 20 decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 gennaio 2021 anche per i residenti in Italia che si trovano momentaneamente all'estero, in luogo di procedere ad un piano di rimpatri selezionati al fine di garantire il ritorno in sicurezza dei nostri concittadini e il rispetto dei termini e delle procedure della quarantena, utili a bloccare la diffusione delle varianti del coronavirus in Italia –:

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito alla predisposizione di un piano di rimpatri per i cittadini bloccati in Brasile per il quale, alternativamente, si utilizzino i fondi per i rimpatri del meccanismo europeo di protezione civile o voli charter messi a disposizione da Alitalia, da ripagare mediante compensazione in sede di rimborso dei «prestiti ponte» concessi alla stessa Alitalia;

   se il Governo intenda derogare alle restrizioni previste per i Paesi della Lista E dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 gennaio 2021 per i residenti in Italia attualmente bloccati in Brasile.
(5-05372)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RAMPELLI e BELLUCCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   le cosiddette mascherine «mutanda», distribuite nelle scuole italiane, stanno diventando un vero e proprio caso, l'ennesimo esempio di inaccettabile spreco di risorse pubbliche;

   la denuncia risale al mese di novembre 2020, quando in un post sul suo profilo facebook, il maestro Alex Corlazzoli, famoso per il libro «Tutti in classe», spiegava il motivo per cui le mascherine distribuite dalla struttura del commissario Arcuri sono le più odiate dai bambini e ragazzi di tutta Italia: «Perché? Perché son strette. Perché non riescono a respirare. Perché, chi ha i capelli lunghi non riesce a indossarle, o perché per qualcuno puzzano. E così ogni giorno migliaia (non so quanti perché l'ufficio di Arcuri non mi ha dato il dato) di euro vengono buttati. Certo ciascuno fa la sua parte: i presidi le fanno arrivare nei plessi e sono a posto. Gli insegnanti le distribuiscono e sono a posto! I genitori che possono permetterselo le comprano e i bambini sono a posto! Ma possibile che nessuno va oltre il suo naso chiedendosi: perché stiamo buttando soldi? Se non ci servono scriviamo ad Arcuri: noi non le vogliamo!»;

   il post, che pone davanti a riflessioni e domande che al momento non trovano una risposta, è diventato virale ed è stato ripostato da migliaia di genitori, esasperati perché devono ricomprare le mascherine ai figli, che ne portano pacchi inutilizzati a casa;

   la testimonianza del maestro Corlazzoli, condivisa anche dai genitori, è che le mascherine «mutanda» non soddisfano né gli insegnanti né gli studenti che non le usano, con numeri da capogiro, se si considera che ogni giorno verrebbero forniti circa 10 milioni di mascherine tra insegnanti e studenti;

   dallo staff di Arcuri hanno fatto sapere che probabilmente si tratta di «vecchie forniture» della Fca, ma, secondo quanto si apprende da fonti di stampa, tali mascherine sarebbero circolate nelle scuole fino a pochi giorni fa;

   anche il Ministero dell'istruzione è intervenuto sulla vicenda, confermando che, qualora i dirigenti dovessero riscontrare problemi, possono fare una segnalazione alla struttura del commissario straordinario e chiedere la sostituzione –:

   se i fatti di cui in premessa corrispondano al vero e quali immediate iniziative di competenza il Governo intenda assumere per sanare la grave situazione esposta e come intenda smaltire le mascherine inutilizzate;

   quali siano ad oggi i costi relativi all'acquisto e alla distribuzione delle mascherine «mutanda» presso le scuole italiane;

   per quali motivazioni si sia deciso di distribuire proprio le mascherine «mutanda» nelle scuole italiane e se continuino ad essere distribuite e perché, invece, non si sia deciso di ricorrere ad alternative più sostenibili come, per esempio, mascherine riutilizzabili e lavabili certificate e validate dallo stesso Ministero della salute, attraverso l'istituto superiore di sanità;

   se non si ritenga necessario lanciare una campagna di informazione e sensibilizzazione sul corretto smaltimento delle mascherine a partire dalle scuole primarie, proprio alla luce del fondamentale ruolo educativo che la scuola riveste anche in funzione della costruzione di un futuro sostenibile.
(4-08160)


   CUNIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il 29 dicembre 2020, sul blog di Cesare Sacchetti, è stato pubblicato un articolo riguardante il coinvolgimento del Governo italiano nelle vicende dei presunti brogli elettorali presidenziali statunitensi;

   secondo quanto ricostruito dal giornalista, dall'ambasciata americana a via Veneto in Roma, sarebbe partita un'operazione per ricalibrare l'attacco informatico già in corso a Francoforte, per il travasamento di voti da Trump a Biden;

   la ricostruzione del giornalista si basa su una dichiarazione di un ex agente Cia, Bradley Johnson, non più online;

   è comunque emerso da fonti di stampa che l'ex agente, oltre ad anticipare un probabile voto di sfiducia al presidente Conte, oggi alle cronache, in conseguenza del coinvolgimento italiano nella vicenda, afferma che la società Leonardo Spa, di cui il Ministero dell'economia e delle finanze è azionista al 30,2 per cento delle quote, sarebbe implicata nello scandalo della truffa delle elezioni americane;

   in una dichiarazione, secondo alcune ricostruzioni, Maria Zack, fondatrice di una organizzazione chiamata «Nations in Action», afferma che la notte del 3-4 novembre 2020 la società Leonardo avrebbe caricato l'istruzione per cambiare i voti da Trump a Biden utilizzando un satellite di sua proprietà, mediante server situati in Germania, per arrivare poi in America. Il procedimento sarebbe stato condotto da un dipendente, Arturo d'Elia, che avrebbe utilizzato una tecnologia di crittografia di livello militare, da guerra informatica, dalla sede di Pescara dell'azienda;

   queste circostanze emergerebbero anche dalla deposizione del gennaio 2021 che d'Elia, a seguito del suo arresto avvenuto dalla procura di Napoli il 5 dicembre 2020 per un altro attacco hacker diretto a Leonardo e da lui organizzato, avrebbe rilasciato e trasmesso tramite l'avvocato Alfio D'Urso con un video;

   Maria Zack segnalerebbe anche il coinvolgimento, nell'attacco hacker ai danni di Trump, del generale Claudio Graziano, Presidente dello European Union Military Committee ed ex Capo di Stato Maggiore della difesa;

   il Governo Conte è stato uno dei primi dei vari esecutivi internazionali ad affrettarsi a riconoscere la presunta vittoria di Joe Biden alle elezioni americane, quando ancora non c'era l'ufficialità della sua vittoria;

   l'interrogante reputa molto preoccupante il presunto coinvolgimento di Leonardo nell'attacco hacker avvenuto in occasione delle elezioni americane –:

   se il Governo disponga di informazioni al riguardo.
(4-08161)


   CUNIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 21 dicembre 2020 il Chmp con nota EMA/707383/2020, pubblica il rapporto di valutazione sul farmaco a mRNA di Pfizer denominato COMIRNATY (BNT162b2);

   nel rapporto viene evidenziato l'uso di due nuovi eccipienti: il lipide cationico ALC-0315 e il lipide PEGilato ALC-0159 (pagina 23), mai utilizzati in precedenza in un prodotto finito approvato all'interno dell'Unione europea (pagina 28);

   l'Ema conferma che il rischio potenzialmente correlato alla vaccinazione è quello dell'anafilassi;

   con l'interrogazione n. 4-080943 l'interrogante ha sollevato anche il rischio di Ade dopo la vaccinazione;

   il 23 dicembre 2020 Aifa pubblica la determina 154/2020 con la quale si rende nota la condizione imposta da Ema ai sensi dell'articolo 14-bis del Regolamento (EU) 726/2004, ovvero che BioNTech, per confermare l'efficacia e la sicurezza di «COMIRNATY», fornirà la relazione finale sullo studio clinico relativa allo studio C4591001 randomizzato, controllato verso placebo in cieco per l'osservatore, entro dicembre 2023, pena la revoca dell'Autorizzazione all'immissione in commercio;

   il 24 dicembre 2020, l'Ex procuratore Raffaele Guariniello dichiara che: «Chi rifiuta di vaccinarsi può essere licenziato» e il 29 dicembre 2020 gli fa eco il giurista, ex senatore, Pietro Ichino: «Il datore di lavoro può licenziare se un dipendente si rifiuta di farlo. Lo dice il codice civile»;

   la direttiva (UE) 2020/739 inserisce il SARS-CoV-2 nell'elenco degli agenti biologici. Tale direttiva è stata recepita con il decreto-legge 7 ottobre 2020, n. 125 (l'articolo 4, comma 1); ne consegue che il datore di lavoro, in sede di valutazione dei rischi, dovrà quindi prendere in considerazione ogni informazione disponibile sull'agente biologico e predisporre le misure più idonee a contenere il rischio secondo la normativa vigente, l'esperienza e la tecnica. Un ruolo centrale assume a tal riguardo la sorveglianza sanitaria, necessaria per i lavoratori esposti all'agente biologico. Compete al medico competente indicare al datore di lavoro le misure specifiche, da adottare. Tra queste compare anche la messa a disposizione di vaccini efficaci (articolo 279 T.U.), relativamente ai quali i lavoratori hanno peraltro diritto ad essere informati sui vantaggi ed inconvenienti della vaccinazione e della non vaccinazione;

   Peter Doshi, editore associato del British Medical Journal in un editoriale del 4 gennaio 2021, ha calcolato l'efficacia del vaccino Pfizer tra il 19 e il 29 per cento, la quale diverge dal dato pubblicato dalla stessa casa produttrice;

   il 19 gennaio 2021, il dipartimento delle politiche giovanili e il servizio civile universale della Presidenza del Consiglio dei ministri, ha pubblicato una comunicazione agli enti di servizio civile con informazioni sulla vaccinazione anti Covid-19 nei progetti inseriti nel bando di selezione per operatori volontari;

   in tale comunicazione si afferma che in relazione al bando del 21 dicembre 2020 per la selezione di 46.891 operatori volontari, il dipartimento dispone che, al fine di uniformare il comportamento che gli enti di servizio civile dovranno tenere in relazione alla questione delle vaccinazioni, gli operatori volontari in servizio civile ivi impegnati nelle case di riposo si sottopongano a vaccinazione anti Covid-19 per poter svolgere le attività previste in quello specifico progetto occorre necessariamente sottoporsi alla vaccinazione;

   senza il consenso coloro i quali hanno vinto il bando non potranno svolgere la mansione, esponendosi a rischi non considerati nel consenso informato, come illustrato nelle interrogazioni n. 4-0799011 e n. 4-0809412;

   a parere dell'interrogante tale comportamento qualifica il dipartimento come datore di lavoro ai sensi del decreto legislativo n. 81 del 2008, ma la condizionalità all'Aic rende il vaccino non ancora certificato nella sua efficacia –:

   se il Governo non intenda ritirare la comunicazione emessa per evitare inutili rischi ai volontari del servizio civile che hanno vinto il bando.
(4-08164)


   LUCASELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   desta sconcerto la notizia dell'ennesimo suicidio in un istituto penitenziario italiano: secondo quanto si apprende da un comunicato stampa del segretario generale del Sappe, che chiede di «comprendere e accertare quanto hanno eventualmente inciso l'attività lavorativa e le difficili condizioni lavorative nel tragico gesto estremo», un assistente capo coordinatore, in servizio nel carcere di Rebibbia, si è tolto la vita in casa per impiccagione;

   secondo quanto riportato sul suo profilo facebook dal garante dei detenuti di Roma Capitale, Gabriella Stramaccioni, il gesto estremo dell'agente sarebbe in qualche modo riconducibile alla situazione di emergenza sanitaria da Covid-19: «Si era ammalato di Covid ed anche per lui, probabilmente, l'isolamento ha inciso. Perché il carcere, alla fine, è difficile da vivere per tutti»;

   pur essendo, infatti, ancora tutte da accertare le cause del suicidio dell'assistente capo, l'emergenza sanitaria ha certamente messo a nudo, come si legge nell'ultima Relazione annuale al Parlamento del Garante nazionale dei detenuti e delle persone private della libertà personale, Mauro Palma, «le preesistenti carenze e criticità del sistema penitenziario, che enfatizzavano la sua inadeguatezza a far fronte al fenomeno che si stava presentando: sovraffollamento degli istituti, mancanza di spazi destinabili alle necessità sanitarie, diffuso degrado strutturale e igienico in molte aree detentive, debolezza del servizio sanitario»;

   quello di Rebibbia è, purtroppo, l'ultimo tragico evento di un grave fenomeno, sul quale è assordante il silenzio delle istituzioni, come denuncia il sindacalista Capece: «Negli ultimi due anni sono stati quindici i poliziotti penitenziari che si sono tolti la vita. Questo è il primo caso di quest'anno. Servono soluzioni concrete per il contrasto del disagio lavorativo del Personale di Polizia Penitenziaria. È necessario strutturare un'apposita direzione medica della Polizia Penitenziaria, composta da medici e da psicologi impegnati a tutelare e promuovere la salute di tutti i dipendenti dell'Amministrazione Penitenziaria. Non si perda altro prezioso tempo che potrebbe costare altre vite umane» –:

   se il Governo sia a conoscenza dei gravi fatti esposti in premessa e quali immediate iniziative di competenza intenda assumere per avviare capillari attività preventive e formative, atte a fronteggiare situazioni stressogene e individuare eventuali disagi correlati a diversi ed oggettivi fattori, dando seguito alla richiesta del Sappe;

   quali siano i dati aggiornati sulla situazione dei contagi da Covid-19 all'interno degli istituti penitenziari italiani e quali specifiche iniziative di competenza o protocolli siano stati adottati per garantire il diritto alla salute dei detenuti, con particolare riguardo ai soggetti a rischio, come gli over 65, e di tutto il personale che opera all'interno delle carceri;

   se il Governo non ritenga di rivedere il piano vaccinale nazionale, inserendo la popolazione carceraria tra le categorie a rischio da vaccinare prioritariamente, con particolare riguardo ai detenuti con patologie pregresse o in età avanzata, analogamente a quanto disposto per le Rsa;

   se e quale quota parte dei fondi del Recovery Fund sarà destinata alla giustizia, dalla modernizzazione delle strutture penitenziarie, alla previsione di un adeguato piano di assunzioni di agenti di polizia penitenziaria e di personale socio-sanitario addetto alle medesime strutture.
(4-08168)


   BENIGNI, SORTE, GAGLIARDI, PEDRAZZINI e SILLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   le vigenti disposizioni dettate per il contenimento del contagio da Covid-19 contemplano misure restrittive in materia di attività sportiva;

   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 gennaio 2021 sono state individuate le nuove misure per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da Covid-19 che entrano in vigore dal 16 gennaio e lo restano fino al 5 marzo 2021;

   tale provvedimento limita la possibilità di svolgere attività sportiva; in particolare, nelle cosiddette «zone rosse», l'attività sportiva può essere svolta solamente all'aperto ed in forma individuale;

   quanto allo sport agonistico, sono consentiti soltanto gli eventi e le competizioni riconosciuti di preminente interesse nazionale, organizzati all'interno di impianti sportivi utilizzati a porte chiuse ovvero all'aperto senza la presenza di pubblico;

   nelle cosiddette «zone rosse», peraltro, sono sospese le competizioni e gli eventi organizzati dagli enti di promozione sportiva;

   le sessioni di allenamento sono consentite solo nell'ambito delle competizioni autorizzate;

   solo nelle cosiddette «zone gialle», sono consentite l'attività sportiva di base e l'attività motoria, all'aperto presso centri e circoli sportivi;

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri reitera, inoltre, in tutte le zone, la sospensione delle attività di palestre, piscine e centri natatori;

   restano inoltre sospesi, in tutte le zone, lo svolgimento degli sport di contatto, l'attività sportiva dilettantistica di base, le scuole e l'attività formativa di avviamento relative agli sport di contatto nonché tutte le gare, le competizioni e le attività connesse, anche se aventi carattere ludico-amatoriale;

   le predette misure arrecano grave pregiudizio alle attività di associazioni e società sportive dilettantistiche;

   gli esercenti di palestre, piscine e centri natatori stanno subendo danni economici inimmaginabili, che i «ristori» approvati sono in grado di coprire solo in parte;

   si contano in oltre 35.000 le imprese che in Italia si occupano di sport;

   il comparto ha un fatturato che, considerato l'indotto, si stima in tutto il Paese in oltre 14 miliardi di euro;

   lo sport genera occupazione: sono 100.000 gli occupati del settore e dell'indotto;

   l'indotto è composto da tutte le attività che sono connesse alla pratica sportiva: si pensi in particolare al commercio di abbigliamento ed attrezzature sportive;

   nel 2019, il comparto degli articoli sportivi segnava un fatturato di 8 miliardi di euro con 22.000 addetti;

   in provincia di Bergamo, il fenomeno sportivo ha dimensioni rilevanti;

   in tale territorio, risultano censiti oltre 1.500 impianti sportivi, a cui si aggiunge l'articolato sistema dei percorsi pedonali e ciclopedonali. Sono 1.488 le associazioni sportive che risultano iscritte al registro del Coni;

   è evidentemente inestimabile, dunque, il pregiudizio, oltre che economico, alla salute psico-fisica dei cittadini e, in particolare, alla crescita psicologica e della personalità dei giovani;

   il protrarsi dell'attuale situazione rischia di determinare, per tantissimi operatori, un punto di non ritorno;

   si ritiene allora necessario un intervento coraggioso del Governo, che consenta una ripresa dell'attività sportiva a tutti i livelli, ovviamente condizionata al rispetto dei protocolli emanati da federazioni sportive nazionali, discipline sportive associate e di enti di promozione sportiva, nonché ad una efficiente vigilanza da parte degli organi preposti –:

   se sia intenzione del Governo, al fine di evitare un pregiudizio definitivo al settore dello sport, adottare iniziative al fine di consentire la ripresa dell'attività sportiva a tutti i livelli, ovviamente condizionata al rispetto dei protocolli emanati da federazioni sportive nazionali, discipline sportive associate ed enti di promozione sportiva, nonché ad una efficiente vigilanza da parte degli organi preposti.
(4-08169)


   PAROLO, BOLDI, CAVANDOLI, DE MARTINI, FOSCOLO, LAZZARINI, PANIZZUT, PAOLIN, SUTTO e TIRAMANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 22 gennaio 2021 il commissario straordinario per l'emergenza COVID-19, dottor Arcuri, ha pubblicato una procedura aperta di massima urgenza per l'affidamento della progettazione di dettaglio, ingegnerizzazione, fornitura in opera, manutenzione, smontaggio e messa a dimora di padiglioni temporanei, cosiddetti «Centri Primula», destinati alla somministrazione dei vaccini anti-COVID-19;

   i padiglioni avranno dimensione di circa 315 metri quadri, con pianta circolare di diametro 20 metri;

   nel disciplinare di gara sono indicati altezze, ambienti (accettazione, sale d'attesa, punti somministrazione e anamnesi, sale post vaccino, back office e altro), esigenze d'impianto elettrico o di sonde per il controllo delle condizioni igrometriche e impianti idrico-sanitari;

   le strutture, secondo il concept Invitalia, sono in gran parte realizzate con tendaggi e pannelli smontabili, con costo circa 1.300 euro al metro quadro più iva e devono essere completate entro 30 giorni dalla contrattualizzazione;

   la scadenza per la partecipazione al bando è fissata per le ore 10:00 del 3 febbraio 2021;

   sono previsti almeno 21 padiglioni, numero che potrà essere aumentato fino a 1.200, senza alcuna specificazione sulle modalità di distribuzione territoriale, e «la presentazione dell'offerta non vincola il commissario alla stipulazione di alcun contratto e ad affidare un numero minimo di padiglioni»;

   vengono assegnati 30 giorni per la messa in posa, richiedendo, altresì, eventuali interventi di riparazione delle strutture entro 30 minuti dalla chiamata;

   il punteggio di aggiudicazione è basato per 70 per cento sulla qualità tecnica e per 30 per cento su quella economica delle offerte;

   sono inserite penali «standard» per lavori, ovvero l'1 per mille al giorno, per mancata consegna nei termini, fino al massimo del 10 per cento per corrispondenti 100 giorni di ritardo, e penale dell'1,5 per cento del valore del contratto per la risoluzione dello stesso;

   viene prevista l'erogazione del 30 per cento dell'importo contrattuale alla stipula prevedendo una garanzia fideiussoria in caso di inadempimento pari al solo 10 per cento dei lavori appaltati;

   la procedura rileva elevate criticità sia di impostazione generale dell'attività vaccinale che tecniche, anche rispetto alla necessaria azione di trasparenza della procedura e, in particolare, si osserva:

    in caso di assenza di particolari intoppi, con contrattualizzazione immediata, i padiglioni dovrebbero essere pronti non prima di marzo, con una campagna vaccinale che, secondo le previsioni dello stesso commissario e del Governo, dovrebbe essere già in fase avanzata;

    rispetto alle caratteristiche tecniche e alla equazione tra dimensioni, costi di realizzazione, numero di abitanti per città e numero effettivo di vaccinazioni, ogni padiglione potrà avere un costo massimo di euro 400.000,00 (+/- 20 per cento) e sarà in grado di effettuare 6 vaccinazioni alla volta per la durata, compresa anamnesi, di 10/15 minuti a seconda dei soggetti. Quindi, ogni padiglione sarà in grado di vaccinare circa 9.000 persone/mese; ossia, per un centro da 50.000 abitanti, considerando il richiamo, il padiglione completerebbe la vaccinazione in circa un anno. Sulla base della conoscenza demografica delle città italiane, ad avviso degli interroganti, si dimostra facilmente l'incoerenza e insufficienza delle previsioni;

    inoltre, al termine della realizzazione dei primi 21 padiglioni previsti dalla gara, con una spesa stimata tra 8 e 9 milioni di euro il paventato aumento della fornitura a 1.200 porterebbe l'operazione a un costo di circa 1,5 miliardi –:

   se siano state prese in considerazione ulteriori ipotesi per l'attuazione della campagna vaccinale, tramite utilizzo di strutture pubbliche esistenti o affitto temporaneo di idonee strutture private, anche in raccordo con le regioni, al fine di evitare costi e rischi inutili e garantire immediata celerità alla campagna di vaccinazione COVID-19;

   se, in considerazione delle criticità programmatorie, tecniche ed economiche, si intenda valutare la revoca della procedura gestita da Invitalia, affinché non si dia corso all'assegnazione del contratto.
(4-08170)


   DEIDDA, ROTELLI e FERRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   a metà gennaio 2021 si è tenuta la conferenza socio-sanitaria territoriale del Sulcis-lglesiente, al fine di affrontare le criticità recentemente manifestatesi all'ospedale Sirai di Carbonia, dopo I’ individuazione di alcuni focolai Covid-19, e in particolare per apprendere notizie in ordine allo stato dell'arte del piano strategico di attivazione all'ospedale Santa Barbara o in quello Cto di Iglesias, di specifici reparti dedicati al Covid;

   al vertice hanno partecipato, oltre ai sindaci del territorio, anche la direttrice del «Presidio Ospedaliero Unico» di Carbonia e l'assessore regionale della Sanità, Mario Nieddu e in tale occasione, i sindaci hanno manifestato le loro perplessità in merito alla mancata attivazione del citato reparto, contestando l'inadeguatezza della risposta dell'ospedale Sirai all'emergenza, soprattutto nelle ultime settimane, nonché l'inconsistenza di qualsiasi attività di comunicazione ad opera della dirigenza sanitaria nei confronti dei rappresentanti delle comunità;

   durante la riunione, l'assessore regionale della sanità avrebbe attribuito le responsabilità operative e finanziarie del relativo al progetto al Commissario straordinario per l'emergenza, Arcuri e pertanto, il presidente dell'Opi (Ordine professioni infermieristiche) per la provincia di Carbonia Iglesias, Graziano Lebiu, ha dunque chiesto di conoscere, con apposita nota, se le responsabilità in questione siano effettivamente attribuibili alla struttura commissariale diretta da Arcuri: ciò anche perché il piano di riorganizzazione della rete ospedaliera non può non prevedere l'attivazione, nella zona, di un reparto dedicato all'emergenza, anche al fine di meglio garantire la gestione eventualmente riscontrati nel territorio, nonché preservare l'operatività dei presidi ospedalieri, Cto e Sirai garantendo a tutti il diritto alle cure;

   appare necessario chiarire la questione, con particolare riferimento alle procedure di attivazione dei reparti di terapia intensiva nel territorio in questione, unitamente all'approvazione e alla realizzazione dei reparti all'uopo dedicati: ciò anche perché dalla rimodulazione dei posti letto per pazienti Covid adottata dalla regione per Iglesias dovrebbero essere previsti 25 posti di degenza ordinaria, 4 di subintensiva e 4 di intensiva –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e, in particolare dello stato di avanzamento delle procedure per l'attivazione di un reparto Covid al Cto Santa Barbara di Iglesias, ed eventualmente quali iniziative di competenza intenda assumere al fine consentire la rapida conclusione delle citate procedure, con la definitiva apertura del reparto dedicato in questione.
(4-08176)


   VILLANI, NAPPI, BARBUTO e MARTINCIGLIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 gennaio 2021, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 11 del 15 gennaio 2021, ha introdotto ulteriori disposizioni urgenti in materia di contenimento e prevenzione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, applicabili fino al 5 marzo 2021;

   nel disciplinare le restrizioni in vigore in tale periodo, il provvedimento ha disposto, all'articolo 1, comma 10, lettera ff), la chiusura nelle giornate festive e prefestive degli esercizi commerciali presenti all'interno dei mercati e dei centri commerciali, gallerie commerciali, parchi commerciali ed altre strutture ad essi assimilabili;

   in virtù di quanto stabilito dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2020 e confermato nei successivi provvedimenti tuttora in vigore, i servizi dei saloni di barbiere e parrucchiere (codice Ateco 96.02.01) devono essere considerati attività di servizio per la persona, e dunque possono restare aperti, a condizione che vengano rispettati i protocolli e le linee guida idonee a prevenire o ridurre il rischio di contagio;

   le suddette disposizioni, purtroppo, non si applicano nei weekend (festivi e prefestivi) per i saloni di parrucchieri presenti all'interno di centri commerciali e gallerie commerciali;

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 gennaio 2021 dispone, infatti, la chiusura nei giorni festivi e prefestivi di tutti gli esercizi commerciali presenti all'interno dei centri commerciali, compresi i saloni da parrucchiere;

   si è dunque creato un notevole quanto grave discrimen: chi ha un salone da parrucchiere all'interno di un centro commerciale deve chiudere, mentre chi opera al di fuori, in una via o in una strada, può restare aperto;

   per un settore in grande difficoltà, come tutti gli altri, poter lavorare nei weekend è molto importante soprattutto se in sicurezza e rispettando tutti gli standard imposti per prevenire ed evitare il contagio del virus;

   chiudere rappresenta un'ingiustizia palese, peraltro confermata dall'amministrazione centrale dopo che la prefettura di Torino aveva sollevato dubbi circa l'interpretazione della norma, che sta creando il malcontento e la preoccupazione esasperata dei titolari dei saloni di parrucchieri e di tutti i loro dipendenti;

   sono tantissime le richieste di aiuto pervenute via mail all'interrogante, in cui gli esercenti chiedono un intervento immediato affinché, come già avviene ad esempio per le farmacie presenti all'interno dei centri commerciali, venga sanata questa incomprensibile disparità di trattamento che potrebbe causare perdite che possono raggiungere oltre il 50 per cento del fatturato;

   tali strutture, infatti, fin dall'inizio della pandemia, si sono organizzate e hanno investito notevoli risorse per adeguarsi ai vigenti protocolli di sicurezza e pulizia;

   la giornata di sabato risulta particolarmente importante per la tenuta economica di queste attività; è necessario tenere aperti questi esercizi così come previsto per le attività di tabaccherie, farmacie e generi alimentari che operano all'interno di centri commerciali;

   tale restrizione, pertanto, appare all'interrogante discriminatoria rispetto a quanto disposto per altre grandi realtà di vendita, per le quali non vi è alcuna restrizione all'interno del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri nonché in contrasto con la ratio del provvedimento, il cui scopo è quello di ridurre al minimo il rischio di contagio e non quello di limitare ingiustificatamente la libera iniziativa economica privata sancita dall'articolo 41 della Costituzione –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra esposto e quali iniziative intenda adottare per risolvere definitivamente il discrimen tra i saloni di parrucchieri su strada e quelli presenti nei centri e nelle gallerie commerciali;

   se si intenda chiarire la portata della summenzionata limitazione, con particolare riferimento alle realtà che operano a cielo aperto sempre in virtù delle misure anti-assembramento e della garanzia dei servizi di pulizia e sicurezza necessari a far ripartire la macchina economica del nostro Paese.
(4-08180)


   ROTONDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 9 marzo 2020, al fine di fronteggiare l'emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del virus Covid-19, sono state sospese – tra le altre – le attività delle scuole di danza;

   tale misura, più volte reiterata attraverso i decreti successivamente emanati, ha recato pregiudizio sia ai gestori delle scuole – che hanno sostenuto numerose spese per mettere in sicurezza le strutture – sia ai gestori delle attività di supporto al cosiddetto «sistema danza»;

   da mesi il comparto che coinvolge ballerini, insegnanti di danza, allievi e la filiera produttiva di supporto al «sistema» sta vivendo una grave crisi: sono migliaia i posti di lavoro sospesi e circa 300 le attività che rischiano di scomparire;

   tali attività, legate alla produzione manifatturiera di articoli specifici per il settore (come, ad esempio, le scarpe da ballo), sebbene siano annoverate tra le maggiori esportatrici del marchio «made in Italy» nel mondo, non godono di particolari tutele. Infatti, i codici Ateco ad esse associati le qualificano come «attività generiche»;

   sarebbero necessarie misure di sostegno economico, anche a fondo perduto, per colmare, almeno in parte, le ingenti perdite generate dalla sospensione delle attività connesse al «settore danza» che ha causato l'accumulo di impegni finanziari, come locazioni, utenze, corrispettivi ai collaboratori e relative scadenze fiscali e contributive –:

   se e quali iniziative intenda assumere il Governo al fine di tutelare il «settore danza», riparando in tal modo a una oggettiva disparità di trattamento con altri operatori economici cui sono stati garanti i «ristori».
(4-08181)


   LUCASELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   è diventato un vero e proprio caso di interesse nazionale la distribuzione nelle scuole italiane delle mascherine Fca non solo perché odiate da insegnanti e studenti per i noti problemi di vestibilità, ma perché ritenute addirittura pericolose, al punto che sarebbe stata avanzata l'ipotesi di «frode pubblica», come denunciato da Rete Iside onlus, USB-Unione Sindacale di Base e OSA alla procura della Repubblica di Roma e alla procura regionale del Lazio presso la Corte dei conti;

   in particolare, secondo i test condotti in laboratorio, tali mascherine non soddisferebbero i requisiti di norma e non garantirebbero adeguata protezione contro il COVID;

   le analisi di Archa srl, società accreditata da Accredia, ente designato dal Governo italiano proprio a, per attestare competenza, indipendenza e imparzialità dei laboratori che verificano la conformità di beni e servizi alle norme, sarebbero state eseguite per accertare il potere filtrante di due lotti di mascherine Fca Italy: uno pediatrico per le scuole, prodotto a settembre 2020, e uno per adulti, prodotto per i lavoratori Fca a novembre 2020;

   le analisi avrebbero attestato che le mascherine pediatriche hanno un potere filtrante, ossia un'efficacia di protezione da agenti esterni, di appena l'83,53-86, 39 per cento, ben al di sotto del valore minimo imposto dalla legge del 98 per cento, mentre le mascherine per adulti avrebbero un potere filtrante dell'89-90 per cento invece del 98 per cento;

   se tali risultati fossero accertati, significherebbe che i milioni di mascherine acquistate dalla struttura commissariale di Arcuri e fornite ogni giorno alle scuole per garantire l'incolumità di studenti e personale scolastico avrebbero una capacità di filtraggio inferiore a quella necessaria a proteggerli;

   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 marzo 2020, proprio per agevolare la riconversione industriale delle aziende e aiutare nella produzione dei dispositivi di protezione, era stata prevista una deroga rispetto al normale iter di accertamento dei requisiti di conformità per la produzione e la vendita di mascherine chirurgiche per la protezione delle vie respiratorie, delegando all'istituto superiore di sanità compito di validare che le mascherine fossero, in ogni, caso, a norma; nella denuncia presentata si legge che la società Fca Italy S.p.a. ha ottenuto la validazione di 5 tipologie di mascherine (4 per adulti e 1 pediatrico) di tipo 2R, il che comporta che il colosso dell'auto ha autocertificato, o comunque avrebbe dovuto autocertificare, che tutte le mascherine prodotte siano conformi ai parametri previsti dalla norma EN 14683, in particolare, per il parametro «potere filtrante (BFE)», per il quale il potere di protezione deve essere del 98 per cento rispetto agli agenti inquinanti, in questo caso il Sars-Cov-2;

   i sindacati hanno sporto denuncia chiedendo di verificare gli estremi del reato di frode in pubbliche forniture, ma anche ogni altra ipotesi di reato in relazione al pericolo cagionato all'incolumità pubblica, anche con riguardo agli eventuali omessi controlli dei dispositivi di protezione distribuiti in aula –:

   se il Governo sia a conoscenza dei gravissimi fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per ritirare immediatamente dal mercato le mascherine prodotte da Fca Italy S.p.a., al fine di garantire la salute di studenti e lavoratori;

   se e quali immediate iniziative di competenza il Governo intenda assumere in ordine alla sussistenza di un danno erariale per lo Stato, vista l'elevata produzione di tali mascherine, pari a 11 milioni al giorno, pari al 70 per cento del fabbisogno delle scuole italiane.
(4-08185)


   RIXI, PAROLO, COLLA, FIORINI e DARA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 gennaio 2021 reca misure per il contrasto e il C, contenimento dell'emergenza da COVID-19;

   in particolare, l'articolo 2, comma 4, lettera b) del predetto decreto prescrive che lo spostamento in un comune diverso da quello di residenza è consentito, oltre che «per comprovate esigenze lavorative, di studio, per motivi di salute», anche per «svolgere attività o usufruire di servizi non sospesi e non disponibili in tale comune»;

   attività quali il trekking, l'escursionismo, l'alpinismo, lo scialpinismo, lo sci di fondo, lo sci-escursionismo e le pratiche escursionistiche in ambiente innevato aperto e non attrezzato (impianti) rientrano tra le attività sportive (così come individuate dalla circolare del Ministero dell'interno n. 15350/117/2/1 del 16 ottobre 2020) e, quindi, come tali risultano consentite, purché esercitate in forma individuale e nel rispetto di almeno due metri di distanza tra i partecipanti –:

   se, al solo ed esclusivo fine di svolgere una di tali attività sportive «in montagna», sia consentito a quanti abitino in un comune che di montagne sia privo, spostarsi in altro comune «di montagna», facendo rientro immediato alla propria residenza al termine della stessa attività;

   se, al solo fine di svolgere l'attività sportiva di montagna, sia consentito recarsi presso le cosiddette «seconde case»;

   se, nell'esercizio dell'attività sportiva di montagna sia consentito uscire temporaneamente dai confini del comune di partenza e se ciò sia possibile anche quando il comune di partenza sia quello in cui è localizzata la cosiddetta «seconda casa».
(4-08198)


   VARCHI, RAMPELLI e MASCHIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il presidente dell'A.i.a., l'associazione italiana arbitri, ha indetto per il 14 febbraio 2021 l'assemblea generale per votare in presenza il rinnovo delle cariche;

   come riporta il Corriere dello Sport le votazioni si terranno presso l'hotel dell'aeroporto di Fiumicino, dove, nonostante l'emergenza sanitaria in corso e gli enormi sacrifici per il contenimento dei contagi, confluiranno più di 400 persone di tutte le età, anche nella fascia a rischio over 65, e provenienti da tutta Italia per partecipare all'assemblea;

   proprio in considerazione dell'eccezionale criticità del momento storico, alla luce, peraltro, delle comprovate difficoltà organizzative e logistiche derivanti dalla perdurante emergenza sanitaria e che impediscono lo svolgimento delle assemblee elettive con le consuete modalità, le assemblee elettive delle 207 sezioni Aia si sono svolte regolarmente nel periodo già da tempo deliberato dal 7 dicembre 2020 al 12 gennaio 2021, a distanza e con modalità di voto online, tramite una società specializzata individuata per assicurare la segretezza e genuinità dell'espressione di voto;

   la decisione del presidente Nicchi sta creando grande apprensione tra gli associati, preoccupati che un evento di tale portata possa essere terreno fertile di nuovi focolai e mettere, così, a rischio la salute propria e delle proprie famiglie –:

   di quali elementi disponga il Governo circa i fatti esposti in premessa e quali eventuali iniziative di competenza, anche normative, intenda intraprendere in relazione all'esigenza di assicurare, nell'attuale fase di emergenza pandemica, che procedure come quelle di cui in premessa abbiano luogo con modalità e precauzioni tali da evitare rischi sanitari, a tutela della salute pubblica e in ottemperanza alle disposizioni nazionali di contenimento dei contagi da Covid-19.
(4-08201)


   MANTOVANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'insieme dei fondi europei compresi nel quadro finanziario pluriennale 2021-2027 e nel «Next generation EU» mettono a disposizione, dell'Italia circa 309 miliardi di euro per il periodo 2021-2029;

   come riportato dai dossier prodotti dai servizi studi dei due rami del Parlamento la previsione complessiva di spesa considerata dal piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), comprensiva della quota React-Eu ammonta a 223,9 miliardi di euro ripartiti tra le sei Missioni;

   il valore dei saldi, nella proposta di Pnrr, ammontano a 210,91 miliardi di euro e sono superiori ai 196,5 miliardi di euro assegnati all'Italia, con una eccedenza di 14,45 miliardi;

   tale eccedenza viene giustificata secondo quanto emerge dalla richiamata documentazione, come l'opportunità di sottoporre al vaglio di ammissibilità della Commissione europea un portafoglio di progetti più ampio di quello finanziabile, per costituire un «margine di sicurezza»;

   l'eventuale giudizio di inammissibilità da parte della Commissione comporterebbe l'opzione di attingere alla finanza pubblica, generando deficit in misura proporzionale all'eccedenza oppure la rinuncia alla realizzazione di alcuni progetti in misura uguale all'esubero di risorse di cui sopra;

   l'attuazione di tutti i progetti implicherebbe la potenziale esposizione a un deficit aggiuntivo rispetto a quello incluso nel quadro programmatico della Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (Nadef);

   il piano in questione appare quindi sovradimensionato e con un ampio margine di indeterminatezza, la quale genera notevole incertezza in termini di capacità di valutarne la bontà da parte del Parlamento –:

   se l'eventuale esclusione da parte della Commissione europea degli interventi oggetto di sforamento implicherà anche la rinuncia alla loro realizzazione;

   quali criteri siano stati utilizzati nel definire il «margine di sicurezza» in merito alle risorse in eccesso rispetto a quanto effettivamente disponibile.
(4-08203)


   FERRO e CIRIELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   ci sono storie che nessuno vorrebbe mai leggere, storie così incredibili che non vorresti fossero vere, storie senza umanità, storie come quella di un bimbo di cinque anni, affetto da tetraparesi spastica distonica, che rischia di morire perché «non c'è budget»;

   Saverio G., il padre del bambino, che oggi si ritrova a combattere contro la burocrazia ha cominciato la sua battaglia personale da quando il figlio, a soli 20 giorni di vita, ha avuto un ictus che gli ha provocato un esteso danno cerebrale, costringendolo a cinque anni di cure e ricoveri, ovviamente fuori regione: «Nel suo primo anno di vita siamo stati per otto mesi al Bambin Gesù, da allora ogni anno mio figlio si deve sottoporre ad almeno quattro o cinque ricoveri di controllo. Tutto a nostre spese»;

   secondo quanto denunciato da Saverio, che ha presentato un esposto alla procura di Locri, il figlio ha bisogno della cannula tracheostomica salvavita, che deve essere cambiata ogni mese, ma l'ufficio protesico di Siderno (Reggio Calabria) ha fatto sapere che il presidio sanitario non è disponibile perché «Non c'è budget», nonostante tali presidi siano previsti, tra l'altro, dal programma operativo 2019-2021 redatto dalla stessa regione Calabria;

   secondo quanto riportato da fonti di stampa, l'episodio è avvenuto il 26 gennaio 2021 quando Saverio, con in mano tutta la documentazione redatta dal reparto di neuropsichiatria del policlinico «Agostino Gemelli» di Roma, si è presentato nell'ufficio dell'Asp che avrebbe dovuto fornirgli la cannula. Nella stessa assurda situazione di attesa, solo a Siderno, ci sarebbero oltre 200 persone;

   il bambino non ha bisogno solo della cannula, ma necessita di assistenza infermieristica specialistica, di riabilitazione logopedica e psicomotricità, ma anche prestazioni relative alle funzioni respiratoria e alimentare e prestazioni relative all'attività educativo-relazionale-ambientale;

   come si legge nell'esposto, «La sanità calabrese omette negligentemente di garantire detti servizi ed assistenza al bambino con la naturale conseguenza che il malato, rimane incurato mentre, i genitori patiscono un vero e proprio calvario ed umiliazioni, costretti a girovagare, senza meta, nei meandri della squallida burocrazia forse, ci chiediamo, creata ad arte per consentire la gestione clientelare del servizio pubblico e rendere impossibile l'accertamento di responsabilità penali ed amministrative»;

   tutto questo succede proprio mentre in questi giorni si è conclusa l'ennesima inchiesta giudiziaria a carico di sei dirigenti ed ex dirigenti dell'Asp di Cosenza che ha certificato bilanci falsi per milioni di euro e incarichi assegnati, sembrerebbe, con metodi clientelari;

   oltre alla denuncia all'autorità giudiziaria, in cui si chiede di individuare chi non abbia messo a bilancio i fondi necessari per fornire ai malati gravi terapie salvavita, Saverio ha chiesto un incontro sia al procuratore Luigi D'Alessio che al commissario ad acta della sanità calabrese, Guido Longo, e al direttore sanitario dell'Asp di Reggio Antonio Bray, al fine di chiarire «Chi è tenuto a controllare l'effettiva destinazione di questi fondi? Chi ha la responsabilità penale per il diritto di assistenza fin qui negato a mio figlio?»;

   una battaglia legale, ma soprattutto di civiltà in una regione, la Calabria, dove storie di questo genere dimostrano che in alcune aree della occidentalissima Italia il diritto alla salute esiste solo sulla carta –:

   se il Governo sia a conoscenza dei gravissimi fatti esposti in premessa e quali immediate iniziative di competenza intenda assumere al riguardo, al fine di garantire i necessari presidi salvavita e le terapie riabilitative di cui il piccolo, e quanti come lui, necessitano, assicurando il fondamentale diritto alla salute riconosciuto dall'articolo 32 della nostra Costituzione.
(4-08221)


   TURRI, ANDREUZZA, BADOLE, BAZZARO, BISA, BITONCI, COIN, COLMELLERE, COMENCINI, COVOLO, FANTUZ, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, GIACOMETTI, LAZZARINI, MANZATO, PAOLIN, PATERNOSTER, PRETTO, RACCHELLA, STEFANI, VALBUSA, VALLOTTO, ZORDAN, BELOTTI, DE ANGELIS, MATURI, PATELLI e SASSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   dopo un iniziale scetticismo che ha visto coinvolte istituzioni ed esponenti della comunità scientifica, oggi è unanime la considerazione che in tutti i luoghi chiusi e in quelli all'aperto in cui non si è certi di poter stare a un metro (due, se si fa sport) dalle altre persone, proteggersi con la mascherina è una delle strategie più efficaci per ridurre il rischio di entrare a contatto con il coronavirus. Da qui le disposizioni fornite dal Governo italiano, che ha reso obbligatorio indossarle in ogni contesto in cui non si è certi di mantenere la distanza dalle altre persone a partire dalle scuole;

   a tal proposito, il Ministro interrogato, al fine di assicurare adeguata protezione all'intera popolazione scolastica senza gravare le famiglie di questo onere economico, ha ritenuto di distribuire gratuitamente a tutta la popolazione scolastica i dispositivi di protezione individuale per il tramite della struttura del Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica Covid-19, dottor Arcuri e, ad avvio dell'anno scolastico, ha inviato ai dirigenti scolastici una nota riepilogativa sul tema della distribuzione delle mascherine che sarebbero state fornite in quantità necessaria a garantire la copertura del fabbisogno giornaliero di ciascun alunno e di tutto il personale scolastico con consegne effettuate presso la sede principale dell'istituzione scolastica in precise fasce orarie;

   gli studi scientifici più recenti concordano nell'evidenziare che la trasmissione avvenga prevalentemente tramite goccioline di saliva infette, emesse con starnuti, tosse, canto o semplicemente con il parlare, che possono essere trattenute dalle mascherine di tipo chirurgico soltanto se utilizzate in modo appropriato ovvero in modo tale che coprano la bocca e il naso aderendo bene al viso; sia piegata la barretta metallica intorno al naso in modo da chiudere possibili aperture laterali; vengano maneggiate dagli elastici, evitando di toccare la parte anteriore contaminata;

   orbene, le mascherine che la popolazione scolastica ha ricevuto e continua a ricevere si sono rivelate sempre non rispondenti a questi requisiti in quanto troppo piccole oppure troppo grandi, in molti casi prive del nasello metallico, dotate non di elastici da passare dietro le orecchie, bensì di lunghe fasce da tenere dietro la testa con il risultato che in più di otto casi su dieci non vengono utilizzate: spesso vengono buttate, oppure accantonate perché scomode;

   in questi giorni, infatti, un sondaggio commissionato dal coordinamento regionale dei presidenti dei consigli di istituto del Lazio rivela che l'84 per cento degli alunni indossa mascherine chirurgiche comprate autonomamente, mentre molti dirigenti scolastici del Veneto hanno già scritto al Commissario Arcuri chiedendo di sospendere la fornitura e liberarli dalle enormi quantità di mascherine stoccate nelle scuole dal momento che le famiglie sui rifiutano di ritirarle;

   anche la stampa locale e nazionale evidenzia con drammaticità l'urgenza di un confronto costruttivo sul tema, che è voce di ingente investimento economico per la collettività, ma che appare non tradursi in un effettivo beneficio per la popolazione delle studentesse e degli studenti –:

   come mai il Governo non abbia verificato ex ante la rispondenza dei dispositivi di protezione individuale forniti ai requisiti previsti dagli studi scientifici e alle reali esigenze della popolazione scolastica;

   se il Ministro dell'istruzione intenda avviare un monitoraggio su scala nazionale per verificare il reale impiego delle mascherine distribuite nelle scuole;

   quali iniziative il Governo intenda adottare qualora l'utilizzo dei dispositivi di protezione individuale dovesse risultare non appropriato per le finalità cui era destinata la commessa.
(4-08227)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, DEIDDA, ALBANO, ZUCCONI, PRISCO, ROTELLI, TRANCASSINI, FERRO, MELONI, LOLLOBRIGIDA, BUTTI, MASCHIO, FOTI, CAIATA, RIZZETTO e FRASSINETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 gennaio 2021 sono stati chiusi gli impianti nei comprensori sciistici, con la precisazione che sarebbero rimasti in funzione solo per le competizioni e per la preparazione alle competizioni;

   il predetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri precisava che gli impianti sciistici sarebbero stati riaperti anche agli sciatori amatoriali a far data dal 15 febbraio 2021, previa adozione, da parte dei gestori degli impianti, di protocolli di sicurezza predisposti dalle regioni e dalla Conferenza delle regioni;

   con provvedimento inaspettato ed inusitato, a poche ore dalla riapertura il riconfermato Ministro Speranza ha improvvidamente determinato il prolungamento della chiusura degli impianti sciistici sino al 5 marzo 2021;

   l'intempestiva comunicazione sarebbe stata assunta, secondo il riconfermato Ministro, sulla base della variante inglese del Covid-19;

   la laconica comunicazione del Ministro che ha «raggelato» gestori degli impianti, sciatori amatoriali e gestori di alberghi è la seguente: «Alla luce delle “mutate condizioni epidemiologiche” dovute “alla diffusa circolazione delle varianti virali”, allo stato attuale non appaiono sussistenti le condizioni per ulteriori rilasci delle misure contenitive attuali, incluse quelle previste per il settore sciistico amatoriale»;

   la settimana scorsa il Comitato tecnico scientifico ha approvato le linee guida delle regioni per le riaperture in sicurezza degli impianti sciistici;

   il prolungamento della chiusura costituisce un colpo mortale all'economia legata al mondo dello sci;

   la intempestiva e tardiva comunicazione aggiunge danni a danni, atteso che gestori di impianti e gestori di alberghi si sono attrezzati e hanno investito per la riapertura in sicurezza –:

   quali siano i dati scientifici a supporto del prolungamento della chiusura;

   quando siano emersi tali dati che sconsiglierebbero, a giudizio del Ministro interrogato, la riapertura degli impianti sciistici;

   quando siano stati comunicati i predetti dati al Ministro interrogato per una tempestiva decisione;

   quanto tempo sia trascorso dalla eventuale evidenza dei predetti dati scientifici alla comunicazione del prolungamento della chiusura da parte del Ministro;

   quali siano le misure di ristoro previste e con quali modalità e tempistiche verranno erogate.
(4-08233)


   BIGNAMI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:

   dal 29 gennaio 2021 era possibile inviare le domande per il bando «Educare insieme» promosso dalla Presidenza del Consiglio dei ministri – politiche per la famiglia per il finanziamento di progetti per il contrasto della povertà educativa e per il sostegno delle opportunità culturali ed educative di persone di minore età;

   l'alto numero di adesioni e di contestuali trasmissioni di messaggi per la partecipazione al suddetto avviso pubblico ha comportato soltanto la parziale accettazione delle istanze, da parte della casella di posta elettronica certificata dedicata, educareinsieme@pec.governo.it;

   a seguito di tale disservizio, dal sito istituzionale del Dipartimento per le politiche della famiglia si invitavano i partecipanti a inoltrare nuovamente, al medesimo indirizzo, il messaggio Pec inviato in origine e corredato di tutti gli allegati, ai fini di consentire una opportuna verifica da parte dell'amministrazione (http://famiglia.governo.it);

   data l'importanza del bando e della molteplicità dei soggetti ammessi, era facilmente prevedibile l'alto numero di partecipanti; in particolare per il fatto che trattavasi di avviso pubblico senza co-finanziamento. Peraltro, non è la prima volta che tali disservizi si verificano, in particolare nel corso dei famosi «click day», che sono ancora un punto molto critico relativo alla partecipazione a importanti bandi per intercettare risorse pubbliche destinate ai più svariati obiettivi –:

   per quale motivo tali disservizi continuano a verificarsi;

   quali iniziative urgenti e tempestive si intendano adottare per far sì che simili disagi non si ripetano più.
(4-08251)


   LAPIA e RIZZONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il Piano strategico nazionale per la vaccinazione anti-Sars-CoV-2 Covid-19 ha previsto che, nella fase iniziale di disponibilità dei vaccini (primo trimestre del 2021), al fine di sfruttare l'effetto protettivo diretto delle dosi, fossero individuate tre categorie da vaccinare in via prioritaria: operatori sanitari e sociosanitari, residenti e personale delle strutture residenziali per anziani, persone in età avanzata (con più di 80 anni);

   alla data odierna (10 febbraio 2021) la regione autonoma Sardegna risulta essere tra le ultime regioni nella classifica redatta in base alla percentuale di vaccini somministrati: il dato è calcolato sul totale dei vaccini ricevuti;

   mentre molte altre regioni d'Italia hanno già completato la prima parte della prima fase del piano, dunque la vaccinazione del personale sanitario e residenti delle Rsa, dando dunque avvio alla seconda parte della prima fase del medesimo piano vaccinale (ossia la vaccinazione delle persone in età avanzata con più di 80 anni), al momento l'Ats Sardegna non ha ancora predisposto neppure le linee guida e gli strumenti utili a dare avvio a quest'ultimo step;

   risulta, infatti, che circa settemila operatori sanitari che prestano servizio in tutto il territorio dell'isola non sarebbero stati sottoposti ancora a vaccinazione: ad affermarlo è stato lo stesso assessore alla sanità dottor Mario Nieddu, in un'intervista rilasciata ad una testata giornalistica locale. Questi comprendono altresì anche residenti e personale delle strutture residenziali per anziani;

   di conseguenza, dunque, la fase dedicata alle persone ultraottantenni (l'ultimo della prima fase), sarebbe slittata di almeno quattro settimane e dovrebbe partire, presumibilmente, a metà marzo 2021. È opportuno sottolineare che sono circa 140 mila gli ultraottantenni residenti in Sardegna e che dunque la vaccinazione di questa fascia di popolazione comporterà una ulteriore dilatazione dei tempi;

   a quanto sopra riportato si aggiunge, inoltre, l'odierna protesta dell'ordine nazionale degli psicologi che, per tramite del referente regionale, chiede che la categoria venga inserita tra quelle prioritarie nel piano di vaccinazione regionale;

   nonostante quanto sopra esposto, l'assessore Nieddu, nella medesima intervista di cui sopra asserisce che i rallentamenti che stanno caratterizzando l'avanzamento della campagna di vaccinazione in Sardegna siano imputabili esclusivamente al ritardo nella consegna delle dosi di vaccino previste –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e se ritenga che quanto sostenuto dalla regione autonoma della Sardegna, ossia che i rallentamenti siano imputabili al ritardo nella consegna delle dosi da parte della gestione commissariale, corrisponda al vero;

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato, di concerto con il Commissario straordinario per l'emergenza Covid-19, dottor Domenico Arcuri, intenda porre in essere qualora i ritardi causati in Sardegna risultino effettivamente imputabili alle modalità di consegna delle dosi di vaccino e, in caso contrario invece, quali iniziative di competenza si intenda intraprendere nei confronti della regione autonoma della Sardegna al fine di richiedere il rispetto dei tempi previsti per il piano di vaccinazione nazionale.
(4-08254)


   BIGNAMI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   di recente, nel corso di una nota trasmissione televisiva, è stata condotta un'inchiesta relativa alle mascherine FFP2 incluse in una commessa da 1,2 miliardi di euro e acquistate a marzo 2020 dalla Cina con il benestare del commissario Domenico Arcuri;

   per quella commessa risulta aperta un'indagine da parte della procura di Roma;

   nella citata inchiesta giornalistica, due mascherine a campione di quella commessa sono state fatte esaminare al fine di verificarne l'effettiva funzionalità. Ad analizzarle è stato il laboratorio Fonderia Mestieri SRL di Torino, unico in Italia ad essere qualificato da Eurofins, ente accreditato dal Ministero della salute;

   dalle analisi sarebbe emerso che le mascherine FFP2 avevano una capacità di penetrazione delle particelle tra il 50 e il 70 per cento. I test in questione sono stati effettuati con due sostanze: la prima prova è stata effettuata con l'olio di paraffina e la seconda con il cloruro di sodio. Per la prima si è evidenziata una capacità di penetrazione del 73,99 per cento per la seconda del 50,98 per cento. Inoltre, mancherebbe la possibilità di identificare il singolo produttore di ogni dispositivo, così come previsto dalla normativa. Le mascherine sono state assegnate agli operatori di alcuni ospedali del Friuli Venezia Giulia il 27 maggio 2020. La consegna è stata effettuata dalla Protezione civile. Risultano essere state prodotte dalla Wenzhou Husai e importate dalla Wenzhou Light, una delle società scelte dai tre italiani indagati;

   sul quotidiano «La Verità» inoltre è stato specificato che il Comitato tecnico-scientifico aveva adottato il protocollo d'urgenza, che consentiva di certificare le mascherine sulla base della sola documentazione cinese consegnata dai fornitori –:

   di quali informazioni si disponga circa i fatti esposti in premessa;

   quali iniziative di competenza si intendano adottare in relazione ai fatti di cui in premessa e se si sia valutata la rimozione dall'incarico del commissario Arcuri.
(4-08258)


   PRISCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 27 dicembre 2020, dopo l'approvazione da parte della European Medicines Agency (Ema), è partita in Italia e in Europa, la campagna di vaccinazione anti Covid-19;

   l'obiettivo della campagna di vaccinazione è raggiungere al più presto l'immunità di gregge per il SARS-CoV2; i vaccini sono somministrati secondo un ordine di priorità che tiene conto del rischio di malattia, dei tipi di vaccino e della disponibilità dello stesso;

   ad oggi, nella maggior parte delle regioni italiane, rimangono un'incognita la tempistica e le priorità di vaccinazione per i volontari della Protezione civile: ad eccezione del Veneto, infatti, che ha definito un cronoprogramma che comprendesse anche i volontari di protezione civile, e della Lombardia, che ha annunciato che da lunedì 15 febbraio 2021 saranno vaccinati tutti i volontari della Protezione civile, le regioni, seppure sollecitate, non si sono espresse sulle tempistiche, mentre i volontari che operano nel settore dell'emergenza-urgenza, come quelli della Croce rossa italiana, dell'Associazione nazionale pubbliche assistenze, delle Misericordie e del Corpo italiano di soccorso dell'Ordine di Malta hanno ricevuto la vaccinazione in quasi tutte le regioni già nella cosiddetta «fase 1»;

   il Friuli Venezia Giulia ha, peraltro, reso noto che non sono le regioni a definire le categorie dei servizi essenziali, e che tali tematiche sono oggetto di una specifica richiesta di chiarimento da parte delle regioni al Commissario per l'emergenza e al Governo;

   nel merito, si ritiene necessario, nella definizione delle priorità vaccinali, equiparare i volontari della Protezione civile alle forze dell'ordine, trattandosi di persone che sono impiegate in attività di prima linea, come davanti alle scuole, negli aeroporti e nelle stazioni, nonché per la consegna della spesa alle famiglie in isolamento e agli anziani in condizioni di fragilità;

   il volontariato della Protezione civile rappresenta, da sempre, la prima e più immediata risposta a qualunque emergenza, e rappresenta, quindi, una riserva strategica che deve essere sempre pronta ad intervenire, e come tale va preservata e non solo per l'emergenza sanitaria da Covid-19;

   vaccinare i volontari della Protezione civile è un'assicurazione sul futuro, seppure con l'auspicio di dovervi far sempre meno ricorso nei prossimi mesi –:

   se il Governo, nella definizione delle priorità vaccinali, non intenda adottare iniziative per equiparare i volontari della Protezione civile alle forze dell'ordine, dando alle regioni una indicazione chiara e urgente in tal senso.
(4-08259)


   MELONI e LOLLOBRIGIDA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con decreto del Consiglio dei ministri 18 marzo 2020 Domenico Arcuri è stato nominato «Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica Covid-19»;

   sin dal suo primo compito la gestione commissariale ha mostrato inefficienze e zone d'ombra, e già numerose sono le inchieste che stanno approfondendo le irregolarità;

   la prima inchiesta è correlata all'acquisto dei dispositivi di protezione individuale e, segnatamente, di mascherine, autorizzato da Arcuri per 1,2 miliardi di euro in favore di due società cinesi, una delle quali, alla firma del contratto, risultava costituita da appena cinque giorni e far parte di un gruppo specializzato in valvole per impianti petroliferi con una sede a Settimo Milanese, mentre altrettanto sospetto è apparso agli occhi degli inquirenti il pagamento di 72 milioni di euro di provvigioni a un giornalista e un imprenditore;

   la seconda inchiesta è stata aperta dalla procura bolognese sulla vicenda del materiale ospedaliero — tra cui i preziosissimi ricambi per respiratori, sequestrato dalla dogana sia a Bologna sia a Genova, fermando la Medtronic, azienda specializzata in tecnologia medica, dalla vendita all'estero di materiale preziosissimo in piena emergenza;

   il Commissario Arcuri, a parere dell'interrogante per nulla disturbato dal fatto che in tempi di pandemia esportare materiali per terapia intensiva di primaria necessità è un illecito, verosimilmente di rilevanza penale, all'epoca dei fatti addirittura scrisse al direttore dell'Agenzia delle dogane pregandolo di «non procedere ad alcuna requisizione pro futuro di merce importata ed esportata in nome e per conto della società Medtronic Italia SpA (...), nonché di provvedere a sbloccare, al più presto, eventuali operazioni attualmente in corso e non ancora comunicatemi»;

   altra inchiesta, questa volta giornalistica, riguarda le mascherine «istituzionali» prodotte da Fca su incarico di Arcuri e distribuite nelle scuole a partire dal mese di settembre 2020, non solo risultate inidonee e financo dannose per i ragazzi, ma che oltretutto hanno scatenato la protesta degli altri produttori che, dopo aver utilizzato i fondi pubblici appositamente stanziati per la produzione, si sono ritrovati con milioni di mascherine inutilizzate;

   anche la app immuni, propagandata come la soluzione perfetta per il tracciamento dei contagi, nella realtà si è risolta in un fallimento totale — come ammesso dallo stesso: Commissario — a causa della percentuale minima di cittadini che l'ha scaricata: fa riflettere l'aggiudicazione rapidissima effettuata in favore della società «Bending Spoons», mentre solo successivamente si è appreso che la task force incaricata aveva ritenuto necessario testare in parallelo sia «Immuni», che un'altra soluzione denominata CovidApp;

   nel luglio 2020 il decreto-legge semplificazioni ha esteso il campo d'azione del Commissario Arcuri a «l'ordinato avvio dell'anno scolastico 2020-2021», il cui primo atto è stata la scandalosa vicenda dei banchi scolastici monoposto, ennesima commessa da centinaia di milioni di euro risoltasi in un fallimento: all'apertura delle scuole per il nuovo anno scolastico ne erano stati forniti appena 200.000 su un totale di richieste pari a 4.400.000;

   sulla vicenda dei banchi a rotelle sono in corso un'indagine della guardia di finanza è una della Corte dei conti, e in Veneto i presidi degli istituiti scolastici hanno deciso di non utilizzarli per il rischio che non siano adatti per i ragazzi soprattutto nella fase di crescita;

   altre macchie indelebili sulla gestione del Commissario Arcuri sono le siringhe acquistate in grandi quantità e poi rivelatesi inadatte a inoculare i vaccini, e il bando per la progettazione e realizzazione dei padiglioni «primula» per effettuare le vaccinazioni al costo di oltre 400.000 euro l'una –:

   se e quali poteri di verifica e di controllo abbia il Governo rispetto all'operato del Commissario straordinario.
(4-08263)


   COLMELLERE, TURRI, BELOTTI, PATELLI, RACCHELLA e SASSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   l'unica misura che il Governo pro tempore ha messo in atto per l'avvio dell'anno scolastico in corso in presenza e in sicurezza è stata l'acquisto di banchi monoposto utili a garantire il distanziamento di almeno un metro fra gli alunni di ciascuna classe. Si tratta di 2.013.656 banchi veri e propri e 435.118 sedute innovative (famigerati «banchi a rotelle») che sono stati consegnati ben oltre l'inizio dell'anno scolastico, fra ottobre e novembre 2020, ovvero quando la scuola secondaria di secondo grado è tornata a fare didattica a distanza;

   allo stato il Governo non ha fornito, secondo l'interrogante, dati esaustivi sul costo effettivo di queste forniture che si sono rivelate, nella maggior parte dei casi, di scarsa qualità e difficile impiego;

   l'assessore all'istruzione della regione Veneto Elena Donnazzan, sollecitata dai sindacati, dagli studenti e dalle loro famiglie, ha avviato una indagine su scala regionale da cui è emerso che le 9.000 «sedute innovative» ovvero sedie con rotelle e leggio, consegnate in Veneto sono state accantonate dai dirigenti scolastici, che ne hanno dovuto sospendere l'utilizzo per la didattica frontale, in seguito al manifestarsi di malessere negli alunni e pertanto si procederà a ritirarle;

   si tratta, infatti, di sedute scomode il cui piano d'appoggio di 28 centimetri per 50 non permette ai ragazzi di appoggiare più di un quaderno e un libro e che, pertanto, possono essere usate unicamente per laboratori e biblioteche, nelle fortunate scuole che ne hanno a disposizione;

   del resto, i banchi sono certificati ai sensi delle normative UNI ENV 1729-1 e UNI ENV 1729-2 che si occupano di sedie e tavoli per istituti scolastici, ma tali norme non sono sufficienti a garantire la sicurezza. Infatti, il decreto legislativo n. 81 del 2008 «Testo Unico della Sicurezza», all'allegato XXXIV, stabilisce alcune regole fondamentali tra cui «Il sedile di lavoro deve essere stabile e permettere all'utilizzatore libertà nei movimenti, nonché una posizione comoda. Il sedile deve avere altezza regolabile in maniera indipendente dallo schienale e dimensioni della seduta adeguate alle caratteristiche antropometriche dell'utilizzatore. Lo schienale deve fornire un adeguato supporto alla regione dorso-lombare dell'utente. Pertanto, deve essere adeguato alle caratteristiche antropometriche dell'utilizzatore e deve avere altezza e inclinazione regolabile. Nell'ambito di tali regolazioni, l'utilizzatore dovrà poter fissare lo schienale nella posizione selezionata. Lo schienale e la seduta devono avere i bordi smussati. I materiali devono presentare un livello di permeabilità tali da non compromettere il comfort dell'utente ed essere pulibili. Il sedile deve essere dotato di un meccanismo girevole per facilitare i cambi di posizione e deve poter essere spostato agevolmente secondo le necessità dell'utilizzatore»;

   i banchi con le rotelle non rispondono a tali criteri e il loro utilizzo può, dunque, accentuare il rischio di insorgenza delle seguenti patologie: mal di schiena e patologie della colonna vertebrale quali lordosi, scoliosi e cifosi (considerando che gli studenti adolescenti sono nella fase di sviluppo, una postura non ottimale è ancora più pericolosa che in un individuo adulto); mal di gambe, patologia variabile a seconda dell'altezza dell'utilizzatore; sindrome del tunnel carpale causata dall'uso continuativo, degli arti superiori in posizione non ergonomicamente corretta –:

   per quali motivi non sia stata verificata la rispondenza delle «sedute innovative» ai criteri all'uopo previsti dalla normativa vigente prima che venisse bandita una gara pubblica per la fornitura delle stesse;

   se il Ministro interrogato intenda avviare un monitoraggio su scala nazionale per verificare il reale impiego di queste sedute nelle scuole e valutare l'impatto dell'utilizzo delle stesse sulla salute degli alunni;

   se si intenda comunicare il costo finale della fornitura e quali iniziative si intenda adottare qualora l'utilizzo dovesse risultare non appropriato per le finalità cui era destinata la commessa.
(4-08264)


   FITZGERALD NISSOLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il Sistema pubblico di identità generale (Spid) permette ai cittadini italiani di accedere online ai servizi della pubblica amministrazione e dei soggetti privati aderenti al sistema con un'unica identità digitale;

   tale identità Spid viene rilasciata dai gestori di identità digitale (Identity Provider), i quali sono soggetti privati accreditati da AgID che forniscono le identità digitali e garantiscono la sicurezza e l'autenticazione degli utenti;

   molti connazionali all'estero hanno lamentato numerose difficoltà e l'impossibilità ad ottenere tale identità digitale, con conseguenti e rilevanti disagi per poter usufruire dei relativi servizi;

   alcuni identity provider abilitati e risultanti dal sito dell'Agenzia per l'Italia digitale (www.spid.gov.it) non offrono il servizio per i residenti all'estero, altri, invece, pur offrendolo, risultano a pagamento;

   inoltre, tutti i gestori di identità, come riferito da molti connazionali all'estero, prevedono procedure complesse e farraginose, con la richiesta di fornire ulteriori prerequisiti per l'identificazione (ad esempio via webcam, firma digitale, e altro) con la difficoltà e spesso l'impossibilità di concludere tali procedure di accesso – nient'affatto facili, semplici e veloci – soprattutto per la vasta platea di pensionati italiani anziani residenti all'estero;

   è interesse dello Stato garantire un accesso facilitato e gratuito ai servizi per tutti i suoi cittadini –:

   se il Governo non ritenga necessario adottare iniziative, per quanto di competenza, affinché sia garantito un più adeguato e semplificato accesso al Sistema pubblico d'identità digitale (Spid) per tutti i cittadini italiani iscritti all'Aire, e se, nel frattempo, non intenda adottare iniziative per un prolungamento della fase transitoria per l'accesso ai servizi Inps per gli iscritti all'Aire, consentendo loro di accedere con il tradizionale Pin, almeno fino alla fine dell'emergenza pandemica.
(4-08265)


   LOLLOBRIGIDA, MELONI, TRANCASSINI e CIABURRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 14 febbraio 2021, appena un giorno prima della prevista riapertura, il Ministro interrogato ha disposto il prolungamento della chiusura degli impianti sciistici su tutto il territorio nazionale, fino al 5 marzo 2021, decisione che sembra motivata dal parere contrario espresso il giorno precedente dal Comitato tecnico scientifico;

   la comunicazione dell'ennesimo rinvio della stagione sciistica è avvenuta a meno di 5 ore dalla data di riapertura, il 15 febbraio, e a 13 ore dalla reale messa in moto della «macchina montagna», con i primi cancelletti aperti e la ripresa di tutte le attività del comparto, ed è stata appresa dagli addetti del settore mediante una nota stampa diramata dal Ministero della salute;

   i confusi annunci sul destino del turismo invernale si susseguono da novembre 2020: dapprima la decisione della mancata apertura a inizio dicembre, ipotizzata per Natale ma poi rinviata al 7 gennaio, poi di nuovo al 18 gennaio, e poi, infine, al 15 febbraio, una data che avrebbe consentito agli operatori del settore di recuperare almeno il 20/30 per cento del fatturato;

   il 4 febbraio 2021 era arrivato il parere favorevole del Comitato tecnico scientifico (Cts) sulla riapertura dal 15, seppure limitata alle sole aree gialle;

   sulla base delle linee guida per la ripresa delle attività, i gestori dei comprensori avevano predisposto una nuova organizzazione degli impianti con un numero massimo di presenze giornaliere, oltre ad aver introdotto altre misure specifiche per evitare assembramenti e ridurre le occasioni di contatto, tra le quali la riduzione del 70 per cento della portata massima degli impianti come anche l'obbligo di utilizzare le mascherine Ffp2;

   l'ennesima mancata apertura, per di più comunicata con appena dodici ore di preavviso, sta determinando un danno davvero ingente a tutto il comparto del turismo invernale, ormai pronto a ripartire dopo aver assunto il personale necessario e investito migliaia di euro per riavviare le attività e mettere in atto tutte le misure di sicurezza prescritte;

   stando a quanto riportato da alcuni quotidiani, peraltro, nonostante il Cts avesse a disposizione i dati da martedì, ha deciso di riunirsi solo sabato, con ciò posticipando una decisione che, adottata all'ultimo momento, ha assunto una dimensione ancora più gravosa;

   la nuova data di apertura prevista — il 6 marzo 2021 — appare ormai del tutto inutile a contenere il danno riportato dal settore, posto che a partire dal mese di marzo, fatta forse eccezione per i primi giorni, per la montagna scatta la bassa stagione e sarà impossibile recuperare anche solo in minima parte gli incassi persi;

   alla luce della mancata riapertura dal 15 febbraio i danni stimati dagli operatori della filiera ammontano ormai a 4,5 miliardi di euro –:

   quali siano le evidenze scientifiche poste alla base della decisione di prolungare la chiusura degli impianti, quando siano emerse e quanto tempo sia trascorso tra il momento in cui il Cts ne è venuto a conoscenza e la comunicazione agli operatori del settore;

   quali siano le evidenze scientifiche che hanno imputato l'arrivo della «variante inglese» ad attività legate allo sci;

   quali immediate iniziative di ristoro e sostegno economico siano previste per tutti gli operatori del turismo invernale.
(4-08268)


   LACARRA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 32 della Costituzione riconosce la salute come un diritto fondamentale;

   il 2 dicembre 2020 il Ministro della salute ha presentato al Parlamento le linee guida del piano strategico per la vaccinazione anti-SARS-CoV-2/COVID-19, elaborato da Ministero della salute, Commissario straordinario per l'emergenza, Istituto Superiore di sanità, Agenas e Aifa e pubblicato con decreto ministeriale del 2 gennaio 2021;

   il piano ha individuato le categorie da vaccinare con priorità nella fase iniziale a limitata disponibilità dei vaccini: operatori sanitari e sociosanitari, residenti e personale delle Rsa per anziani, maggiori di 80 anni di età;

   ad oggi, sono tre i vaccini che hanno ricevuto un'autorizzazione all'immissione in commercio. In particolare, l'Unione europea, a seguito di raccomandazione da parte dell'European Medicines Agency (Ema), ha autorizzato il vaccino dell'azienda PfizerBioNTech in data 21 dicembre 2020, quello dell'azienda Moderna in data 6 gennaio 2021 e quello dell'azienda AstraZeneca in data 29 gennaio 2021;

   l'Agenzia italiana del farmaco (AIFA), con appositi provvedimenti, ha approvato tutti e tre i vaccini;

   il piano di approvvigionamento ha subìto modifiche e riduzioni delle quantità di vaccini disponibili;

   nella prima fase della campagna vaccinale si è reso necessario aggiornare le categorie target prioritarie e le fasi della campagna vaccinale;

   il Ministero della salute, in collaborazione con la struttura del commissario straordinario per l'emergenza COVID-19, Aifa, Iss e Agenas, ha elaborato un documento di aggiornamento delle categorie e dell'ordine di priorità dal titolo «Le priorità per l'attuazione della seconda fase del Piano nazionale vaccini COVID-19»;

   in particolare, il gruppo di lavoro permanente su SARS-CoV-2 del Consiglio superiore di sanità ha ritenuto largamente condivisibile l'impostazione adottata in tale documento, concordando che i vaccini a cui, sulla scorta delle informazioni attualmente disponibili, si attribuiscono maggiori capacità protettive da malattia (vaccini che impiegano la tipologia dell'Rna messaggero) vengano riservati alle categorie di soggetti connotate da maggior rischio di letalità correlata al COVID-19; alcune categorie di soggetti fragili (i malati oncologici, i pazienti sottoposti a dialisi a causa di patologie come, ad esempio, l'insufficienza renale e i soggetti paratetraplegici) sono stati inseriti nella categoria 1 della fase 2, sebbene molti di essi risultino maggiormente esposti alle conseguenze peggiori da contagio di COVID-19 rispetto ad altre categorie più protette che rientrano nella fase 1 –:

   se si intendano adottare le iniziative di competenza per rimodulare l'ordine di priorità individuato allo stato attuale, dando precedenza alle persone estremamente vulnerabili quali i malati oncologici (segnatamente i pazienti ricoverati), i pazienti sottoposti a dialisi, i soggetti con gravi patologie neurologiche e disabilità fisiche.
(4-08269)


   LUCASELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per il sud e la coesione territoriale, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   con un comunicato stampa dell'11 febbraio 2021, l'Inps ha reso noto che per l'attivazione dei benefici previsti dalla «decontribuzione Sud», resa strutturale dalla legge di bilancio 2021 (n. 178 del 2020), «l'istituto è in attesa dei necessari passaggi con la Commissione Europea»;

   nonostante le disposizioni di legge siano entrate in vigore dal 1° gennaio 2021, la possibilità per le aziende di accedere alla misura, che consente di ridurre del 30 per cento la quota a carico delle aziende, è subordinata al perfezionarsi dell'iter previsto dalla normativa europea;

   la medesima legge ha introdotto una serie di ulteriori incentivi all'occupazione come, ad esempio, l'esonero dei contributi previdenziali nel caso di assunzione da parte delle imprese di giovani e donne, ma tutte le agevolazioni sono concesse nell'ambito del «Temporary Framework» (quadro temporaneo per le misure di aiuti di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza della Covid-19) e, pertanto, affinché si concretizzi la loro operatività, è necessario attendere l'autorizzazione della Commissione europea;

   vi è assoluta incertezza anche sull'operatività degli incentivi alle assunzioni, in merito ai quali non è chiaro se il Ministero abbia adempiuto agli obblighi di comunicazione e, considerati i tempi ormai strettissimi, è molto improbabile che le imprese possano usufruire, sin dal mese di gennaio, degli incentivi;

   sul piano operativo, peraltro, l'accesso all'agevolazione è condizionato non solo dal perfezionamento dell'iter da parte della Commissione europea, ma anche dall'emanazione della circolare applicativa da parte dell'Inps, previo nulla osta ministeriale, che disciplinerà le specifiche operative necessarie per ottenere il beneficio;

   al momento, pertanto, le imprese saranno costrette a calcolare integralmente i contributi previdenziali e, solo dopo aver acquisito ufficialmente il «via libera» da Bruxelles, potranno recuperare retroattivamente la componente contributiva oggetto di agevolazione;

   pur ammettendo che la procedura si sblocchi e la «decontribuzione anticipata» venga recuperata con successivo conguaglio, rimane l'amara constatazione che, ancora una volta, l'imperante cultura «anti-semplificazione» graverà pesantemente sulle casse delle nostre imprese, in affanno per carenza di liquidità a causa di un'emergenza economica che persiste ormai da un anno;

   in questo già difficile contesto nazionale, troppe sono ancora le matasse da dipanare: dalla proroga del blocco dei licenziamenti, in merito alla quale si parla di un rinvio generalizzato fino al 30 giugno limitato, però, alle sole imprese con comprovate difficoltà; all'ipotesi di ulteriori 8 settimane di accesso alla cassa Covid-19 per il comparto dell'industria e 26 per chi utilizza la Cassa integrazione guadagni in deroga e l'assegno ordinario; dalle deroghe su proroghe e rinnovi al «decreto Dignità» le cui rigidità dovranno, stante il perdurare dell'emergenza epidemiologica, obbligatoriamente essere superate, considerato che nell'ultimo anno i dipendenti a termine sono precipitati di oltre 400 mila unità;

   secondo i recenti dati diffusi dall'Istat da inizio pandemia a dicembre 2020, sono andati perduti oltre 310 mila posti di lavoro, nonostante il supporto della Cassa integrazione guadagni generalizzata e il blocco ai licenziamenti;

   la grave crisi economica e sociale si è abbattuta soprattutto su donne, liberi professionisti (i meno tutelati e sostenuti dalle misure introdotte negli ultimi mesi) e i giovani, il cui tasso di disoccupazione, che a febbraio 2020 contava circa il 28 per cento, è cresciuto in pochi mesi fino a superare la drammatica soglia del 30 per cento –:

   se i fatti di cui in premessa corrispondano al vero e quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere presso le istituzioni europee affinché perfezionino immediatamente l'iter di accesso ai benefici previsti dalla «decontribuzione Sud»;

   se e quali immediate iniziative di competenza intenda assumere il Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali e attivazione di nuove e più incisive politiche attive del lavoro.
(4-08270)


   BENIGNI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per il coordinamento di iniziative nel settore del turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   il Ministro della salute, con ordinanza del 14 febbraio 2021, ha differito al 5 marzo 2021 il termine previsto per la riapertura agli sciatori amatoriali degli impianti nei comprensori sciistici, precedentemente stabilito al 15 febbraio 2021;

   l'ordinanza preclude ormai definitivamente l'avvio della stagione, dando un ulteriore colpo gravissimo ad un settore fortemente penalizzato dalle misure restrittive adottate per il contenimento della diffusione della pandemia;

   il provvedimento, peraltro, è intervenuto a poche ore di distanza dal termine precedentemente previsto per l'apertura, quando ormai i gestori avevano attuato tutte le misure propedeutiche con acquisti, assunzioni di personale, preparazione delle piste e dei rifugi;

   anche i turisti che avevano fatto affidamento sull'imminente riapertura prenotando alberghi, ristoranti e pass di accesso agli impianti si sono visti evidentemente spiazzati da tale provvedimento;

   l'attività sciistica non rappresenta solamente uno svago, ma una vera e propria industria che apporta un contributo considerevole al prodotto interno lordo;

   la sospensione dell'attività delle stazioni sciistiche rischia di aggravare la situazione economica di territori già in difficoltà, in cui il turismo invernale, con tutte le attività connesse, rappresenta la principale fonte di sostentamento;

   occorre del resto evitare il rischio di abbandono dei piccoli comuni montani, molti dei quali si reggono sul turismo invernale;

   è dunque necessario prevedere ristori adeguati alla gravità della situazione, che tengano altresì conto delle ingenti risorse spese dai gestori degli impianti e delle strutture ricettive per il riavvio dell'attività, reso impossibile dalla recente ordinanza –:

   se il Governo consideri prioritario, nell'attuale contesto, predisporre iniziative volte a prevedere efficaci misure di sostegno a favore delle attività economiche che operano nel particolare contesto delle località del turismo invernale, con particolare riferimento ai gestori degli impianti e delle strutture ricettive;

   quali iniziative il Governo intenda adottare per ristorare le predette attività, alla luce delle conseguenze economiche dell'ordinanza del 14 febbraio 2021, con cui il Ministro della salute ha differito al 5 marzo 2021 il termine previsto per la riapertura agli sciatori amatoriali degli impianti nei comprensori sciistici;

   se sia intenzione del Governo, nella definizione delle nuove misure di sostegno, aumentare l'entità dei ristori precedentemente previsti.
(4-08271)


   DALL'OSSO e PETTARIN. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per le disabilità. — Per sapere – premesso che:

   come sancito dall'articolo 4 della Costituzione, la Repubblica italiana «riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto». Ciononostante, in Italia il tasso di occupazione attuale dei cittadini disabili è pari al 30 per cento rispetto alla media europea, pari al 50 per cento;

   inoltre, gli iscritti alle liste speciali di collocamento, istituite con la legge n. 68 del 1999, sono circa 850.000: questi, in attesa di trovare una collocazione lavorativa e, in assenza di un adeguato sistema di welfare nazionale, gravano (economicamente) sulle rispettive famiglie;

   Next Generation EU strumento introdotto dalla Commissione europea per rispondere alla crisi pandemica provocata dal COVID-19, individua «l'inclusione e la coesione» tra le sei «missioni» o «aree d'investimento» ad essa il Recovery Plan italiano destina circa 27,6 miliardi di euro;

   tuttavia, nella bozza del Piano nazionale di ripresa e resilienza, il programma di investimenti) elaborato dal Governo Conte-II per l'attuazione del Next Generation EU, non vi erano riferimenti alla disabilità o alle politiche occupazionali per le persone disabili;

   invero, il Recovery Fund e la Next Generation EU garantiranno all'Italia ingenti risorse economiche che potrebbero essere impiegate per la definizione di politiche attive di inclusione e, di conseguenza, per risolvere una problematica che interessa oltre tre milioni di cittadini italiani esclusi dal mondo del lavoro;

   infatti, tale esclusione potrebbe essere superata procedendo con investimenti in formazione di personale qualificato – in vari ambiti disciplinari – che consentirebbero a molti di questi di svolgere le proprie mansioni in maniera efficiente –:

   se e quali iniziative di competenza il Governo, anche attraverso la gestione delle risorse provenienti dal Recovery Fund e dalla Next Generation EU, intenda assumere per garantire la parità sociale e favorire l'inclusione dei disabili nel mondo del lavoro.
(4-08277)


   FERRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'11 dicembre 2020, il Commissario straordinario all'emergenza Domenico Arcuri ha emanato un avviso pubblico per assumere con contratto a tempo determinato di 9 mesi (rinnovabili) fino a 3.000 medici e 12.000 infermieri e assistenti sanitari, per sostenere la campagna di somministrazione del vaccino nelle 1.500 strutture distribuite su tutto il territorio nazionale;

   l'avviso pubblico riguardava anche la selezione di 5 agenzie per il lavoro, cui è stato affidato il reclutamento e l'assunzione degli operatori, sulla base di specifiche aree territoriali;

   il valore dell'appalto è stato fissato in 534.284.100,00 euro al lordo di ogni spesa, onnicomprensivo e composto dal costo massimo stimato derivante dai contratti specifici per il personale, pari ad euro 508.842.000,00, e dal valore massimo stimato del margine di agenzia spettante alle agenzie per il lavoro aggiudicatarie pari ad euro 25.442.100,00;

   il costo del lavoro mensile calcolato per i due profili, medici da un lato e infermieri e assistenti sanitari dall'altro, è stato valutato rispettivamente in euro 6.538,00 e 3.077,00 euro lordi per 13 mensilità;

   secondo gli ultimi dati forniti dal Commissario Arcuri, mentre sono 14.808 i medici che si sono proposti, a fronte di una richiesta di 3.000, sono molti meno gli infermieri e gli assistenti sanitari ben 7.612 in meno rispetto alla domanda, che hanno partecipato al bando;

   se infermieri e assistenti sanitari continueranno a «disertare» il bando, bisognerà rifare i conti e riparametrare il budget perché, se è vero che la legge di bilancio autorizza a «modificare il numero massimo di medici nonché quello di infermieri e di assistenti sanitari che possono essere assunti dalle agenzie nel limite di spesa complessiva», tale possibilità può essere esercitata comunque nei limiti del budget assegnato;

   oltre a tale situazione, si aggiunge la richiesta di maggiori tutele per gli infermieri liberi professionisti, che, come denunciato dalla Fnopi, «non sono spesso considerate in analogia con il personale sanitario dipendente e quindi non hanno alcuna priorità per la vaccinazione, restando fortemente esposti – e con loro le persone assistite – al virus e al relativo contagio, pure essendo già da inizio pandemia in prima linea, soprattutto proprio nelle strutture territoriali che ospitano i più fragili e nel caso della somministrazione di vaccini a contatto con infinite eventuali fonti di contaminazione»;

   ma vi è di più, perché medici e infermieri hanno lamentato l'applicazione da parte delle agenzie del lavoro di compensi lordi nettamente inferiori rispetto alle cifre riportate nel bando e, a solo titolo esemplificativo, i 6.538,00 euro mensili previsti per un dirigente medico nel contratto specifico, diventano inspiegabilmente euro 4.768,24 –:

   se i fatti di cui in premessa corrispondano al vero e quali siano i numeri aggiornati delle adesioni al bando per il reclutamento di personale specializzato per sostenere la campagna di somministrazione del vaccino;

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per sanare le criticità esposte e, in particolare, quali siano le motivazioni alla base di una così netta differenza tra il costo del lavoro mensile riportato nel bando di gara e la retribuzione lorda offerta al personale sanitario dalle Agenzie per il lavoro.
(4-08282)


   SAPIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   dal 2010 la Calabria è commissariata per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario regionale;

   all'inizio di gennaio 2021 il Ministero della salute ha formalmente riconosciuto che in Calabria il soggetto attuatore per l'attività anti-Covid è il commissario governativo alla sanità regionale, il prefetto Guido Longo;

   il testo del decreto-legge n. 150 del 2020, come convertito dalla legge n. 181 del 2020, all'articolo 1 prevede che, per quanto riguarda la dotazione di personale per la Struttura commissariale, «la regione Calabria mette a disposizione del Commissario ad acta il personale, gli uffici e i mezzi necessari all'espletamento dell'incarico», con almeno 25 unità di personale di adeguata esperienza professionale, appartenente ai ruoli regionali in posizione di distacco obbligatorio o da acquisire tramite interpello, in posizione di comando, da enti pubblici regionali e da enti del Servizio sanitario regionale;

   il succitato articolo 1 dispone poi che «in caso di perdurante inadempienza, il Ministro della salute, previa delibera del Consiglio dei ministri, adotta, ai sensi dell'articolo 120 della Costituzione, le necessarie misure per il superamento degli ostacoli riscontrati, anche delegando il Commissario ad acta ad assumere gli atti amministrativi, organizzativi e gestionali necessari»;

   lo stesso articolo prevede che il Commissario ad acta «è coadiuvato da uno o più sub-commissari, in numero comunque non superiore a tre», ma non ne risulta attualmente nominato alcuno;

   l'Agenas può utilizzare 25 unità di personale per il sostegno tecnico e operativo in favore del commissario alla Sanità regionale;

   come riportato in un articolo del 9 febbraio 2021 pubblicato sulla testata web «LaC News24» a firma di Luana Costa, non si troverebbe personale per il team del commissario Longo, tant'è che sarebbero state «reperite solo 4 unità su 40»;

   ivi si legge che all'esito di specifica procedura della regione Calabria al commissario ad acta risultano assegnate «solo altre 4 unità in più di personale»;

   perciò, prosegue l'articolo, il commissario Guido Longo, si affida all'esterno e in particolare a Consip «per acquisire servizi idonei a garantire il supporto necessario alle azioni del mandato commissariale»;

   tale disposizione, prosegue l'articolo, è contenuta nel decreto adottato lo scorso venerdì, dove chiaramente si legge che «alla data odierna non sono ancora disponibili i mezzi necessari all'espletamento dell'incarico commissariale»;

   la testata «Corriere della Calabria», in un articolo del 15 febbraio 2021, spiega che il Dca n. 26 del 2021, potrebbe essere considerato «un'evidente “bacchettata” anche all'indirizzo del presidente facente funzioni della Regione, Spirlì, e alla sua Giunta, che il 13 gennaio hanno adottato una delibera che, più che, alleviare, avrebbe acuito le difficoltà operative del commissario»;

   infine – riporta ancora l'articolo – il decreto di Longo è da considerarsi «una nuova tegola sulla sanità calabrese, col commissario, che, addirittura – riferiscono fonti della Cittadella – nelle scorse settimane avrebbe persino ipotizzato l'idea di gettare la spugna e mollare l'incarico» –:

   quali siano gli orientamenti del Governo e le iniziative che intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di garantire il corretto funzionamento della struttura commissariale per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario della Calabria.
(4-08285)


   POTENTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   in data 10 febbraio 2021, l'organo Primato Nazionale pubblicava un servizio della giornalista Francesca D'Anna il quale riportava informazioni di ricerche effettuate nel territorio ligure, e più precisamente in provincia di La Spezia, ove si trova un enorme inghiottitoio di circa 75 metri di profondità nel quale, durante i giorni della fine della seconda guerra mondiale, all'esito di due episodi, avvennero due eccidi ben documentati che coinvolsero almeno un centinaio di vittime militari;

   l'autrice dell'articolo, in cui si susseguono precisi riferimenti storici e testimonianze fotografiche, oltre a un resoconto delle missioni esplorative, intervista, tra gli altri, l'avvocato Emilio Guidi — storico che da anni si occupa di restituire una memoria sepolta da decenni di oblio nella «foiba» di Campastrino, questo il nome della piccola frazione nei pressi di Ricco del Golfo;

   la cavità fu scoperta nel 1972 e perlustrata per iniziative private negli anni 1992 e 2007. In questa ultima operazione fu coinvolto anche il professor Matteo Borrini, antropologo forense, oggi insegnante presso la «John Moores University» di Liverpool. Le ricerche, interrotte per la presenza di ordigni esplosivi nel cono di scarico, hanno accertato la presenza di resti di militari tedeschi ed italiani e senza volontà di entrare nelle tragiche dinamiche dei giorni della liberazione, ma al solo al fine di vedere applicata l'humana pietas, costituirebbe grande prova di civiltà non lasciare ammassati nella cavità ligure quei resti ma identificarli ed attivarsi per tumularli coinvolgendo istituzioni statali di onoranze ai caduti oltre la Volksbund Deutches Kriegsgraberfürsorge (Associazione per le tombe di guerra tedesca) che si occupa della registrazione dei morti tedeschi all'estero –:

   se e di quali informazioni sia in possesso il Governo;

   se e quali iniziative intenda assumere per assistere le operazioni di recupero, anche coinvolgendo istituzioni a ciò addette.
(4-08287)


   BIGNAMI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nel 2004 è stato istituito il Giorno del ricordo, al fine di ricordare l'eccidio degli esuli fiumani e dalmati avvenuto nelle ultime fasi del secondo conflitto mondiale e nel periodo immediatamente successivo;

   la data prescelta per celebrare il giorno del ricordo è il 10 febbraio: in tale data nel 1947 vennero firmati gli accordi di Parigi mediante i quali le province di Pola, Zara, Fiume e parte di quelle di Trieste e di Gorizia venivano attribuite alla Jugoslavia. Conseguentemente, migliaia di italiani furono costretti ad abbandonare luoghi che abitavano da generazioni;

   le foibe rappresentano nella memoria storica ed identitaria della nostra Nazione una terribile tragedia: il numero degli italiani infoibati e massacrati dalle milizie titine ammonterebbe a ventimila. Almeno duecentocinquantamila gli italiani che furono costretti ad abbandonare le loro case;

   il 13 luglio 2020 il Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, ha concesso al professore e scrittore Boris Pahor l'onorificenza di Cavalier di Gran Croce dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana;

   l'onorificenza in questione costituisce l'ordine più alto della Repubblica italiana ed è stata istituita con la legge n. 178 del 3 marzo 1951, ideata con lo scopo di: ricompensare benemerenze acquisite verso la Nazione nel campo delle lettere, delle arti, dell'economia e dell'impegno di pubbliche cariche e di attività svolte a livello sociale, filantropico e umanitari, nonché per lunghi e segnalati servizi nelle carriere civili e militare;

   tuttavia, successivamente, nel luglio del 2020, Boris Pahor, ha dichiarato: «che le foibe sono tutte una balla» ed in seguito: «Non mi capacito come sia possibile che anche massime cariche dello Stato colte e intelligenti possano dire che gli Jugoslavi, ossia gli sloveni di sinistra, avrebbero sistematicamente mandato gente alle foibe, non è accettabile» (https://www.secoloditalia.it);

   quanto dichiarato da Boris Pahor, costituisce una grave offesa nei confronti di tutti gli italiani vittime del dramma delle foibe e delle loro famiglie, oltre a costituire una visione negazionista e riduttiva che offende la memoria storica di una grave tragedia che, per troppi anni, non ha avuto la degna attenzione sul piano politico e storico –:

   se si intendano adottare iniziative di competenza volte a proporre la revoca dell'onorificenza concessa a Boris Pahor, considerate le dichiarazioni di stampo negazionista da lui rilasciate;

   se si intendano adottare iniziative normative volte a sanzionare le forme di negazionismo intorno al dramma delle foibe.
(4-08289)


   BIGNAMI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   Sport e Salute Spa, già Coni servizi spa, è una azienda pubblica italiana che ha come finalità lo sviluppo dello sport in Italia, erogando servizi di carattere generale ed ha come azionista unico il Ministero dell'economia e delle finanze;

   con la legge di bilancio per il 2019 (legge 30 dicembre 2018, n. 145) vi è stato l'incremento delle competenze della società sopracitata ed è stato esplicitamente indicato che agisce per conto della autorità di Governo, competente in materia di sport;

   il 12 gennaio 2021 è avvenuta la rielezione di Francesco Ghirelli, con 49 voti a favore, alla carica di presidente della Lega Pro (ex Serie C), mentre lo sfidante, Andrea Borghini, ha riportato tre preferenze. Per Francesco Ghirelli è il secondo mandato; infatti, era stato nominato per la prima volta in data 6 novembre del 2018;

   sempre il 12 gennaio, in qualità di vicepresidente della Lega Pro è stato eletto Luigi Ludovici quest'ultimo è presente nei quadri dirigenziali della azienda sopracitata per l'area che fa riferimento a «sport e periferie e sviluppo infrastrutture sportive»;

   conseguentemente, Luigi Ludovici sarebbe allo stesso tempo dirigente della società Sport e Salute Spa e vicepresidente della Lega Pro; tuttavia, il codice etico prevede che i dipendenti della società medesima non possano ricoprire cariche negli organismi sportivi come, nel caso in esame, la Lega Pro;

   con la delibera del 5 giugno 2019, l'Anac ha approvato le linee guida n. 15 in materia di conflitto di interesse nelle procedure ad evidenza pubblica, nelle quali è stata sottolineata l'importanza di contrastare e prevenire ogni forma di conflitto di interesse nell'ambito della pubblica amministrazione;

   secondo l'interrogante tale situazione potrebbe potenzialmente condizionare l'autonomia dello sport: si ricorda, tra l'altro, che il Comitato internazionale olimpico ha ribadito che l'Italia rischia l'esclusione dalle Olimpiadi di Tokyo poiché è potenzialmente in pericolo l'indipendenza stessa dello sport dalla politica –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti;

   se si intendano assumere iniziative di competenza volte a fare chiarezza su quanto esposto in premessa, al fine di escludere ogni conflitto di interesse anche potenziale;

   se si disponga di informazioni circa le motivazioni per le quali sia stata consentita la candidatura di Ludovici malgrado il suo ruolo di dirigente della società Sport e Salute Spa.
(4-08290)


   UBALDO PAGANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   con la delibera del 1° maggio 2016 del Cipe è stato approvato il piano stralcio «Cultura e turismo» presentato dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo ed è stata disposta l'assegnazione al medesimo Ministero di un importo complessivo di 1.000 milioni di euro, a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, da destinare al sistema museale italiano, ai sistemi territoriali turistico-culturali (cammini, percorsi, aree vaste) nonché ad interventi di (completamento particolarmente significativi e a nuovi interventi da individuarsi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;

   in particolare, con il paragrafo 1.2, lettera c), della citata delibera Cipe, è stata disposta la destinazione all'insieme di interventi di completamento particolarmente significativi e di nuovi interventi di una riserva di importo pari a 170 milioni di euro, nell'ambito della quale, 150 milioni di euro sono assegnati a favore di interventi, ciascuno dei quali non superiore a 10 milioni di euro, afferenti al progetto di recupero di luoghi culturali dimenticati, denominato «Bellezz@ – Recuperiamo i luoghi culturali dimenticati»;

   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 giugno 2017, essendo pervenuto un numero di segnalazioni tale da richiedere una disponibilità superiore alle risorse assegnate, è stata istituita, in attuazione del paragrafo 2.2 della menzionata delibera Cipe, una Commissione per la selezione degli interventi;

   con il verbale n. 3 del 15 dicembre 2017 della Commissione per la selezione degli interventi, la nota prot. USG 1153 del 22 febbraio 2018 e la nota-mail prot. 3719 del 27 febbraio 2018, la Commissione, all'esito della selezione sulla base dei prescritti criteri, è pervenuta ad un elenco di 310 interventi conformi alla delibera Cipe del 1° maggio 2016 e al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 giugno 2017 e ad un elenco di 271 interventi selezionati fino a concorrenza delle risorse disponibili;

   con il decreto del segretario generale 8 marzo 2018 sono state stabilite le modalità di accesso alla fase di stipula della convenzione sopra citata con il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, e con nota del 10 dicembre 2018 ha comunicato l'avvenuta pubblicazione delle linee guida sulle Modalità di invio in via telematica della documentazione prescritta necessaria per l'accesso alla fase di stipula delle suddette convenzioni, differendo successivamente al 15 settembre 2019 la scadenza;

   il comune di Polignano a Mare, come verosimilmente molti altri enti proponenti dei progetti selezionati, ha provveduto a trasmettere la documentazione richiesta con note a mezzo pec prot. n. 17798 e n. 17799 del 13 maggio 2019;

   con successiva nota prot. n. 14917 del 20 maggio 2020, lo stesso comune ha chiesto notizie alla Presidenza del Consiglio dei ministri in ordine alla sottoscrizione della convenzione tra le parti, al fine di avviare con sollecitudine l'intervento programmato, senza ricevere alcun riscontro –:

   se il Governo intenda fornire chiarimenti sullo stato dell'arte del progetto «Bellezz@ – Recuperiamo i luoghi culturali dimenticati»;

   se si intenda provvedere a comunicare agli enti locali interessati le necessarie informazioni relative ai procedimenti prodromici alla sottoscrizione della convenzione con il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo ai fini della realizzazione dei progetti selezionati.
(4-08296)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta orale:


   DE MARIA, INCERTI, FASSINO, QUARTAPELLE PROCOPIO, BERLINGHIERI, LA MARCA, BOLDRINI e SCHIRÒ. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in queste ore ci giungono notizie drammatiche dal Myanmar. La macchina del colpo di Stato che si è messa in moto il 1o febbraio 2021, poche ore prima dell'insediamento del nuovo Parlamento, nato dalle elezioni politiche dell'8 novembre 2020, sta opprimendo il popolo birmano e lo Stato di diritto. Si registrano molti arresti, incarcerazioni di massa, ordine alle forze armate di sparare sui manifestanti, oscuramento di internet, interruzioni della telefonia;

   la pandemia rischia di precipitare fuori da ogni controllo;

   in quel Paese sta crescendo la disobbedienza civile: nei servizi, negli apparati ministeriali, nella vita quotidiana. Giunge inoltre notizia di atti di obiezione di coscienza all'interno della polizia e dell'esercito;

   confinati in questi giorni, adesso numerosi parlamentari vengono arrestati;

   se il Governo intenda mettere in atto ulteriori iniziative di competenza, di concerto con l'Unione europea e gli alleati internazionali dell'Italia, per richiedere il pieno ripristino delle libertà democratiche in Myammar e la liberazione di Aung San Suu Kyi e di tutti gli arrestati.
(3-02057)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il senatore Adriano Cario è stato eletto nella circoscrizione estero – ripartizione America meridionale – a seguito delle ultime elezioni del 2018;

   il suddetto senatore è iscritto all'Aire (Anagrafe degli italiani residenti all'estero) e residente nella circoscrizione elettorale di Buenos Aires;

   il senatore Adriano Cario, eletto con il partito Usei (Unione Sudamericana Emigrati Italiani), è passato subito dopo la nomina a senatore a integrare il gruppo parlamentare del Maie (Movimento Associativo Italiani all'Estero) al Senato;

   il consolato generale di Buenos Aires avrebbe contattato per un incarico temporaneo, la sorella del senatore, Fiorella Cario, che sarebbe stata collocata presso l'archivio della sede consolare;

   giova ricordare che, in virtù della particolare modalità di elezione degli italiani all'estero, la presenza di un familiare di un candidato eletto presso gli archivi della ripartizione comporta un grave rischio per la sicurezza del procedimento elettorale, nonché per la libertà e la segretezza del voto;

   a titolo esemplificativo giova ricordare quanto accaduto in occasione del referendum costituzionale del 2016, documentato tramite servizi televisivi di Striscia la Notizia, oppure alle politiche del 2018, dove Il Fatto Quotidiano e L'Espresso hanno documentato diversi plichi elettorali abbandonati in Argentina;

   i cittadini italiani residenti all'estero, iscritti nelle specifiche liste elettorali, votano ordinariamente per corrispondenza. Questo significa che il cartaceo della scheda e il tagliando della scheda elettorale, transitano dalla rete consolare prima di essere spedite a Roma;

   entro il giovedì precedente al voto nazionale, le ambasciate spediscono in Italia per via aerea e valigia diplomatica le buste ricevute dagli elettori. Le buste pervenute in ritardo e quelle avanzate devono essere immediatamente incenerite –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione rilevata in premessa presso l'Ambasciata di Buenos Aires e se, in vista delle prossime scadenze elettorali e in considerazione del delicato e complesso ruolo svolto proprio dai consolati nell'organizzazione delle operazioni elettorali, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale non intenda stabilire regole chiare in grado di impedire situazioni di tale genere, particolarmente inopportune.
(5-05342)


   UNGARO e MIGLIORE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   da una lettera inoltrata da Luciano Alban e Sergio Giacinti, presidenti rispettivamente del Comites Zurigo e del Comites San Gallo in Svizzera, al Ministro interrogato si evince che esiste ad oggi una penuria di personale in forza al consolato generale di Zurigo;

   è bene ricordare che l'utenza, a cui deve far fronte il consolato generale di Zurigo, è di oltre 227.000 connazionali, ed è in costante aumento. Ciò è dovuto alla chiusura del consolato di San Gallo avvenuta nel 2014, e dalla forte ripresa, che sta avvenendo negli ultimi anni, di italiani che si trasferiscono all'estero in cerca di lavoro, e tra questi un'alta percentuale di giovani. Da tempo si assiste ad una costante riduzione di personale nella sede di Zurigo;

   inoltre, a fronte dei previsti rientri di personale nei ruoli metropolitani non corrisponde l'assegnazione di nuovo personale, inviato da Roma, o appositamente assunto in loco;

   con il perdurare della pandemia Covid-19, e di conseguenza l'adozione di protocolli di sicurezza sanitaria per i dipendenti della pubblica amministrazione, si sono poi aggravati i problemi di carenza di personale, nonostante la buona volontà e dedizione del personale –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno adottare iniziative per rafforzare le unità di personale in forza al consolato italiano generale di Zurigo nella Confederazione elvetica, a cominciare dai funzionari a fine mandato.
(5-05346)


   PEZZOPANE, BOLDRINI, CENNI, SERRACCHIANI, CARNEVALI, BRUNO BOSSIO, LORENZIN, ROTTA, QUARTAPELLE PROCOPIO, BERLINGHIERI, NARDI, CARLA CANTONE, MURA, GRIBAUDO, BRAGA, CIAMPI, PICCOLI NARDELLI, SCHIRÒ, MADIA, POLLASTRINI e CANTINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   Sabrina Prioli è una cooperante italiana, vittima di una feroce aggressione in Sud Sudan, mentre lavorava per Usaid l'agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale;

   nel luglio del 2016, quando nel Paese scoppio la guerra civile, la cooperante era allocata in un compound di una compagnia inglese la cui sicurezza era stata certificata dalle Nazioni Unite; ma che tuttavia, è stato poi assaltato facilmente;

   allo scoppio del conflitto, non è stato assicurato alcun corridoio umanitario ai cooperanti presenti nel suddetto compound, che sono rimasti isolati fisicamente, seppur in contatto continuo con gli organi preposti alla loro sicurezza, l'ambasciata americana e la Farnesina, che li rassicuravano, ma non provvedevano a trasferirli altrove;

   al quarto giorno di isolamento, i soldati governativi sono entrati nel compound facendo razzia di ciò e di chi trovavano. Dal triste racconto di Sabrina, si sa che gli uomini sono stati liberati, mentre molte donne, invece, sono state vittima di violenza sessuale e percosse. La stessa Sabrina purtroppo, è stata violentata da 5 uomini e selvaggiamente percossa e tentata di soffocare con il Ddt;

   nonostante tutto, per fortuna, Sabrina si è salvata, e con coraggio ha denunciato quanto accadutole, collegandosi al processo civile in Sud Sudan intentato dalla società inglese proprietaria del compound per ottenere un risarcimento. Difatti, nessuna delle organizzazioni per cui lavoravano i cooperanti aveva denunciato i crimini di cui erano rimaste vittima. Ma Sabrina con tenacia ha preteso di poter testimoniare davanti la corte marziale per il caso della violenza sessuale, seppur in Sud Sudan, l'attenzione e la tutela ai diritti umani siano minimi;

   in questa circostanza, Sabrina ha ottenuto appoggio logistico dall'ambasciata italiana in Etiopia e protezione dell'ambasciata americana; nel frattempo, anche l'Fbi aveva aperto una inchiesta sui mandanti di quell'attacco al compound, diventando così la «testimone numero 1» del processo contro 12 soldati governativi, ma, non ha ricevuto comunque alcuna assistenza legale;

   il 6 settembre 2018, la corte marziale sudsudanese ha condannato due soldati all'ergastolo, altri otto a pene dai 7 ai 14 anni di carcere, mentre con sorpresa e rammarico, la società inglese proprietaria del compound ha ottenuto 2.5 milioni di dollari di risarcimento, e solo 4 mila dollari «forfettari» alle vittime tra i cooperanti. Inoltre, non è stato possibile fare appello alla sentenza, perché la Corte militare del Sud Sudan ha dichiarato che il file del processo è andato distrutto;

   Sabrina Prioli ha dichiarato di non aver ricevuto nessun supporto né dalle istituzioni americane per cui lavorava, né dalla Farnesina durante questi lunghi anni;

   il Sud Sudan è uno dei Paesi considerato dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione italiana «ad azione prioritaria». La cooperazione italiana è presente da diversi anni nel Paese con progetti nel settore sanitario ed educativo. Una tradizionale presenza è inoltre assicurata dal settore non governativo, particolarmente attivo nel sostegno agli ospedali. L'Italia ha svolto un ruolo di stabilizzazione importante nel processo di pace tra Sudan e Sud Sudan e la presenza della cooperazione italiana è particolarmente apprezzata, in considerazione della linea politica moderata e promotrice del dialogo che ha mantenuto negli anni –:

   quali informazioni abbia il Governo italiano in merito alla vicenda di cui sopra e quali iniziative di competenza intenda intraprendere nelle relazioni bilaterali con il Sud Sudan per garantire alla nostra concittadina italiana la tutela dei propri diritti, considerando che sarebbe auspicabile la celebrazione del processo di appello ed una più congrua azione risarcitoria;

   quali iniziative di competenza intenda perseguire, inoltre, il Governo per assicurare in generale in Sud Sudan un più stringente rispetto dei diritti umani, anche attraverso i progetti che vedono fortemente impegnata nel Paese la cooperazione italiana.
(5-05348)


   SIRAGUSA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   su iniziativa del Cgie (Consiglio generale degli italiani all'estero) dal 16 al 19 aprile 2019 si tenne il Seminario di Palermo: lo scopo, «creare una rete di giovani italiani nel mondo»;

   a seguito di questo evento nacquero diverse associazioni giovanili: tra queste, il gruppo Giovani italiani in Belgio, che si costituirà poi come associazione di fatto col nome di Rete giovani italiani in Belgio (Regib), supportata dal Comites di Bruxelles, riconosciuto tra i fondatori nello statuto dell'associazione. In una riunione del medesimo Comitato (verbale n. 6/2019 del 29 agosto 2019), tale gruppo presenterà due progetti: un portale sviluppato in modo da rappresentare il primo anello di congiunzione tra chi vive in Belgio e chi sta per trasferirsi, e il programma Job Fair. L'assemblea del Comites delibera quindi di presentare entrambi i progetti al Ministero, con richiesta di supporto finanziario pari a quindicimila euro totali;

   nel verbale n. 9/2019 della riunione del Comites di Bruxelles del 28 novembre 2019, vengono confermati l'approvazione da parte del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale dei due progetti presentati, e l'invio dei fondi;

   il 22 gennaio 2021 viene pubblicato un articolo de L'Espresso (La beffa contro i giovani italiani all'estero: progetti approvati, ma il Ministero non li paga), da cui emerge come il Comites di Bruxelles non abbia mai erogato a Regib i fondi devoluti dal Ministero per la realizzazione dei progetti approvati;

   secondo il Presidente del Comites di Bruxelles Napolitano, la mancata erogazione sarebbe dovuta a motivi legati allo sviluppo dei progetti, non in linea con i propositi del Seminario di Palermo (La replica del Comites sui finanziamenti alla Regib, L'Espresso, 26 gennaio 2021);

   tuttavia, nei verbali del Comites riferiti alle riunioni di febbraio e maggio 2020 non emergerebbe nessuna contestazione in merito da parte del Comitato; viceversa, dal testo sembrerebbe emergere una fattiva collaborazione tra i due attori;

   nella riunione del 27 febbraio 2020, infatti, la signora Scarapicchia, presidentessa della Regib, aggiorna il Comites sullo stato dei progetti, rendendo edotta l'assemblea dell'imminente sviluppo della piattaforma on line; successivamente, nella riunione del 4 maggio 2020, il presidente del Comites Napolitano informa l'assemblea dell'avvenuta emissione, da parte dello sviluppatore informatico, della fattura per il lavoro svolto. Il tesoriere del Comitato precisa dunque, al riguardo, che la parcella dovrà essere pagata direttamente dalla Regib, e che solo successivamente il Comites provvederà al suo rimborso. È da rilevare quindi come, anche durante quest'ultima riunione, nessuna questione sia stata sollevata sul merito del lavoro svolto dall'associazione. L'unico tema sembra essere quello delle modalità di pagamento della prima fattura;

   a questo proposito occorre precisare, inoltre, che nelle Linee guida per i contributi finanziari da parte del Comites di Bruxelles, Bramante e Fiandre alle associazioni, approvate il 22 settembre 2016, viene contemplata anche l'ipotesi di fatture intestate direttamente al Comites: «Dopo lo svolgimento dell'attività, è possibile richiedere al Comites il rimborso o intestare la/e fattura/e per le spese coperte dal Comites direttamente a quest'ultimo (le associazioni di fatto prive di conto corrente sono invitate a seguire questa seconda opzione)»;

   nel verbale n. 8/2020 della riunione del Comites di Bruxelles del 12 novembre 2020, viene dato atto di una riunione organizzata dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale al fine di chiarire i rapporti tra il Comites e la Regib –:

   se, visto quanto riportato in premessa, il Ministro non ritenga di adottare le iniziative di competenza per garantire che l'associazione Regib riceva i fondi per la parte di progetti, approvati dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e dal Comites, già realizzati, al fine di corrispondere poi tali somme ai fornitori.
(5-05349)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nel Mar Cinese Orientale, Cina e Giappone hanno una disputa territoriale aperta riguardante le isole chiamate dal Giappone Senkaku e dalla Cina Diaoyu. Tali territori sono, al momento, amministrati dal Giappone, ma intorno alle loro acque e sui loro cieli sta crescendo la presenza militare di entrambe le parti;

   anche Taipei rivendica la loro sovranità;

   il portavoce del governo del Giappone, Katsubonu Kato, ha dichiarato che Tokyo ha protestato formalmente contro la Cina a causa di incursioni nelle proprie acque territoriali, intorno alle isole Senkaku, da parte della Guardia costiera cinese;

   tra il 6 e il 7 gennaio 2021, dopo essere entrate nelle acque circostanti le Senkaku/Diaoyu, due navi della Guardia costiera cinese avrebbero avvicinato due pescherecci giapponesi scortati dalla Guardia costiera di Tokyo. Oltre a questo, il 7 febbraio 2021, sarebbe stato l'ottavo giorno consecutivo in cui navi cinesi, anche armate, sono state avvistate nei pressi delle Senkaku/Diaoyu;

   l'8 febbraio 2021, dopo l'incursione di due imbarcazioni della Guardia costiera cinese, il Giappone ha chiesto alla Cina di interrompere tale tipo di attività, di smettere di cercare di avvicinare imbarcazioni giapponesi in tali acque e di ritirare le proprie navi;

   le preoccupazioni di Tokyo sono aumentante dal primo febbraio 2021, quando è entrata in vigore la nuova legge cinese per la Guardia costiera, che autorizza il corpo marittimo ad aprire il fuoco contro imbarcazioni straniere e a distruggere strutture erette da altri Paesi su isole rivendicate da Pechino;

   le isole Senkaku/Diaoyu sono un gruppo di 5 isolotti disabitati e 3 scogli rocciosi e coprono un'area di 7 chilometri quadrati, nel Mar Cinese Orientale, tra le isole di Okinawa e Taiwan. Nel 1969, la Commissione economica e sociale per l'Asia e il Pacifico dell'Onu aveva rivelato che l'area tra Taiwan e Okinawa sarebbe potuta diventare una delle future regioni petrolifere del mondo;

   tali giacenze hanno grande rilevanza sia per la Cina, sia per il Giappone, che sono tra i maggiori importatori al mondo di combustibili fossili. Oltre a questo, le Senkaku/Diaoyu sono circondate da acque interessanti per il settore ittico e, per posizione, intercettano importanti rotte commerciali sfruttate da Cina, Giappone e Corea del Sud per le importazioni energetiche;

   il Ministro della difesa giapponese e il nuovo Segretario della difesa degli Usa hanno avuto una conversazione telefonica durante la quale gli Usa hanno ribadito che le isole contese tra Cina e Giappone nel Mar Cinese Orientale rientrano nel trattato di sicurezza che lega Giappone e Stati Uniti;

   i due hanno confermato che l'articolo 5 del Trattato di mutua cooperazione e sicurezza tra Tokyo e Washington, del 19 gennaio 1960, copre anche le isole Senkaku. Gli Usa hanno più volte affermato che aiuterebbero l'alleato giapponese a difendersi da qualsiasi tipo di attacco, proprio in base al Trattato di mutua cooperazione e sicurezza, il quale prevede che nel caso in cui uno dei due contraenti venisse attaccato all'interno dei territori amministrati dal Giappone, l'altro dovrebbe intervenire;

   il Segretario americano Austin ha ribadito tale posizione, sottolineando l'opposizione di Washington a qualsiasi tentativo di alterazione dello status quo nelle acque del Mar Cinese Orientale –:

   quali siano le linee di politica estera del Governo per la regione e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere il Governo per salvaguardare la pace e la stabilità dell'area.
(5-05359)


   LA MARCA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel 2017, dopo lunga trattativa, tra Italia e Canada veniva firmato il protocollo generale di intesa per il reciproco riconoscimento delle patenti di guida, da considerare come quadro di riferimento per i successivi protocolli da stipulare tra l'Italia e le singole province del Canada, titolari delle funzioni in materia di mobilità secondo l'ordinamento canadese;

   a pochi mesi di distanza sono iniziati i contatti tra il Governo italiano e quello della provincia del Québec, volti a definire un primo protocollo di intesa sulla materia, fortemente auspicato sia dai cittadini italiani residenti o presenti in quella provincia che dai cittadini quebecchesi residenti in Italia;

   a distanza di circa tre anni dall'inizio delle relazioni, nonostante gli svariati contatti tra le autorità delle due parti e le sollecitazioni avanzate a livello istituzionale, anche e ripetutamente dall'interrogante, non si è finora addivenuti ad alcuna conclusione né sono state formalmente prospettate ipotesi temporali relative alla conclusione delle trattative;

   l'esperienza acquisita in questa prima trattativa, rivelatasi più laboriosa e complessa di quanto ci si potesse attendere, induce a non rinviare ulteriormente l'avvio dei contatti con le altre province canadesi, in alcune delle quali la presenza di connazionali non è meno importante di quella esistente nel Québec e che, in ogni caso, hanno fattori di attrazione sul piano commerciale, culturale e turistico considerevoli –:

   entro quanto tempo i Ministri interrogati ritengano che si possa finalmente definire il protocollo di intesa con il Québec, la cui prolungata conclusione sta suscitando disagio e risentimento in una platea sempre più larga di cittadini dei due Paesi interessati all'accordo;

   se non ritengano di adottare al più presto iniziative per l'avvio dei contatti con le altre maggiori province del Canada, allo scopo di evitare che un eventuale impegno operativo di tipo lineare possa sommare ritardo a ritardo, comportando tempi incompatibili con le concrete esigenze di vita e di lavoro degli interessati e proiettando in tempi indefiniti l'attuazione dell'accordo quadro sul territorio canadese.
(5-05362)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   durante lo scorso fine settimana, la Cina ha aumentato la pressione su Taiwan attraverso due operazioni aeree che hanno violato lo spazio aereo dell'isola;

   nel primo episodio, la Cina aveva inviato otto bombardieri in grado di trasportare armi nucleari e quattro jet da combattimento nella stessa area a sud-ovest dell'isola, oltre a un aereo da ricognizione;

   nel secondo episodio, ha inviato una dozzina di cacciabombardieri insieme a un aereo da ricognizione e due aerei antisommergibile;

   in entrambe le occasioni, Taiwan ha inviato aerei, emesso allarmi radio agli aerei cinesi e dispiegato sistemi missilistici di difesa aerea per monitorarne l'attività;

   la Cina rivendica Taiwan come parte integrante del suo territorio. Il portavoce del Ministero degli esteri Zhao Lijian ha dichiarato «c'è solo una Cina al mondo e Taiwan è parte inalienabile del territorio cinese». «La Cina è ferma nell'opporsi risolutamente all'indipendenza di Taiwan e alle interferenze di forze esterne», ha aggiunto Zhao;

   negli ultimi mesi la Cina ha compiuto frequenti, a volte quotidiane, incursioni per costringere il presidente Tsai Ing-wen ad accettare la volontà di Pechino. Queste incursioni, però, sono consistite di solito in uno o due aerei da ricognizione nelle ultime settimane, piuttosto che da aerei da guerra simili a quelli intercettati durante il fine settimana;

   gli Stati Uniti hanno da sempre una vicinanza alle posizioni di Taiwan e la nuova amministrazione Biden, in continuità con quella Trump, ha affermato come il tentativo di intimidire l'isola da parte della Cina sia una minaccia alla pace regionale;

   Antony Blinken, scelto da Biden come nuovo Segretario di Stato, ha confermato al Senato di essere d'accordo con la valutazione di Mike Pompeo, aggiungendo che «senza dubbio» la Cina rappresenta la sfida più significativa per gli Stati Uniti;

   la nuova amministrazione americana ha formalmente invitato Hsiao Bi-khim, rappresentante di Taiwan a Washington, alla cerimonia di insediamento del nuovo presidente Biden;

   gli Stati Uniti si sono resi disponibili a sostenere una «pacifica risoluzione» della questione, in linea con «i desideri e i migliori interessi del popolo di Taiwan»;

   gli indirizzi di governo nell'ultima legislatura sono apparsi, invece, molto vicini alla Cina e alle sue politiche estere. Basti pensare alla sottoscrizione della Belt and Road Initiative e alle ingenti forniture di mascherine cinesi per l'emergenza da COVID-19. Alla luce dei nuovi sviluppi, occorre fare chiarezza sulla linea di politica estera che intenda seguire nella zona –:

   quali siano gli intendimenti del Governo per tutelare l'autonomia isola di Taiwan e scongiurare il ricorso unilaterale alla forza;

   quale sia la linea di politica estera del Governo in merito all'isola di Taiwan.
(5-05370)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 16 gennaio 2021 il Ministro della salute pro tempore Roberto Speranza ha emanato un'ordinanza che ne ha interrotto, senza eccezione alcuna, i collegamenti con il Brasile;

   il blocco è stato rinnovato il 30 gennaio, fino al 15 febbraio. Secondo le prime stime, vi sarebbero circa 1.500 persone bloccate, sorprese alla sprovvista da un'ordinanza che ha dato alcun tempo per organizzarsi;

   tra queste vi sono bambini che rischiano di perdere l'anno scolastico, persone affette da malattie che hanno bisogno di farmaci specifici e cure mediche, persone minacciate di essere licenziate se non tornano al lavoro;

   i cittadini chiedono di poter fare rientro presso il proprio domicilio, seguendo misure di sicurezza adeguate per garantire la sicurezza agli altri ma anche a se stessi e hanno lanciato una petizione online rivolta al Governo;

   «Il sentimento dominante fra i residenti in Italia bloccati in Brasile» è «di costernazione, frustrazione e crescente angoscia», commenta all'Agi l'ambasciatore d'Italia a Brasilia, Francesco Azzarello. La soluzione auspicata – spiega il diplomatico – è un «semplice provvedimento ad hoc, prima della scadenza, a favore dei soli residenti in Italia»;

   l'ambasciatore Azzarello ha sottolineato come bisogna fare attenzione a non confondere i 1.500 residenti in Italia bloccati in Brasile con i 640.000 italiani residenti in Brasile;

   «I residenti in Italia – ha spiegato l'ambasciatore – chiedono di poter rientrare alle proprie case, famiglie e lavoro, sottoponendosi ovviamente a quarantena, tamponi e controlli di rito. Abbiamo anche richieste di voli speciali. Più passa il tempo più difficile sarà il rientro con voli indiretti, giacché le misure restrittive di un numero crescente di Paesi rendono sempre più complesso il viaggio». Conclude Azzarello: «La soluzione al problema è quella invocata dai circa 1.500 bloccati, poter rientrare sottoponendosi a tutti i controlli ritenuti necessari dal ministero della salute»;

   lasciare queste persone, alcune in situazione di disagio, in un Paese ad alto rischio contagio è un abbandono crudele. In Brasile rischiano effettivamente di contagiarsi e poi di dover perire sotto la malasanità che aggrava le condizioni di questo Paese;

   continua a preoccupare l'andamento della pandemia in Brasile. Il bilancio totale delle vittime ha superato le 230.000 persone, mentre i contagi dall'inizio della pandemia sono quasi 9,5 milioni –:

   se il Governo intenda adottare un'iniziativa ad hoc per far rientrare i cittadini residenti in Italia bloccati in Brasile che ne facciano richiesta.
(4-08216)


   SIRAGUSA, RIZZONE e LAPIA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   sta destando sconcerto la luttuosa vicenda del nostro connazionale Luca Ventre, morto il 1o gennaio 2021 nell'ambasciata italiana di Montevideo, capitale dell'Uruguay. Le dinamiche e le ragioni dell'accaduto non sono state chiarite e sono emerse incongruenze tra la versione ufficiale rilasciata dalle autorità uruguaiane e le successive ricostruzioni giornalistiche, basate sui filmati delle telecamere dell'ambasciata e le testimonianze dei familiari. Tali dettagliate ricostruzioni, per ovvi motivi, non è possibile riportare qui per esteso; si accennerà dunque ai punti salienti della vicenda;

   Ventre, di origine lucane, si era trasferito nello stato uruguaiano otto anni fa, raggiungendo il ramo paterno della famiglia, radicatosi nel Paese già dagli anni Cinquanta, e avviando attività commerciali;

   secondo quanto riportato dagli organi di stampa, alle sette di mattina del primo dell'anno, dopo aver ripetutamente suonato al citofono dell'ambasciata italiana, e non avendo ricevuto risposta essendo giorno festivo, Ventre scavalca la cancellata all'ingresso; ha in mano una cartellina portadocumenti. Il suo intento, parlare immediatamente con un funzionario. Al riguardo, il fratello di Ventre — Fabrizio — dichiarerà che il giorno prima, il 31 dicembre, Luca gli aveva detto al telefono di sentirsi in pericolo di vita e di voler rientrare al più presto in Italia;

   nonostante prassi voglia che il territorio dell'ambasciata sia presidiato da sorveglianti italiani, una volta entrato in cortile, Luca trova una guardia privata e un agente di polizia locale, entrambi uruguaiani. Dopo un breve colloquio, Ventre prova a tornare su suoi passi, ma viene bloccato e scaraventato a terra. Malgrado i ripetuti segni di resa del nostro connazionale, il poliziotto gli mette un braccio attorno al collo, con una tecnica chiamata «chiave di judo». Per dieci minuti Luca tenta invano di liberarsi, per poi, alle 7:18 smettere di muoversi: ciononostante, il poliziotto non lascia la presa per altri tredici minuti. Infine, alle 7:40, e dopo alcune chiamate effettuate dalla guardia, giungono all'ambasciata, in automobile, tre persone, di cui due sono agenti: questi ammanettano Ventre che, ancora a terra, continua a non mostrare alcun cenno di reazione. Il vigilante consegna loro la cartellina porta documenti della vittima, la quale viene infine sollevata e trascinata di peso nell'automobile. Sono diretti al vicino ospedale, dove Ventre verrà dichiarato deceduto;

   in merito alle condizioni di Ventre al suo arrivo al nosocomio, le versioni dei due agenti sono discordanti, così come quelle dei medici e degli infermieri di turno all'ospedale. Nel primo referto dell'autopsia, in ogni caso, si legge che «il cervello presenta uno stato edematoso, compatibile con la morte da strangolamento»;

   la procura di Roma ha aperto un fascicolo per omicidio a carico di ignoti e ha chiesto, insieme ai genitori di Ventre, che il cadavere venga riesumato al fine di fare un'autopsia in Italia;

   la madre infine ha sostenuto che il telefono di Ventre fosse sotto controllo, e che il giorno prima di morire fosse stato «inseguito da due auto che hanno tentato di bloccarlo» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e se non ritenga, per quanto di competenza, di fornire ogni informazione utile al fine di chiarire le circostanze in cui è purtroppo avvenuto il decesso del connazionale Luca Ventre;

   se non intenda chiarire la presenza di personale di vigilanza non italiano a tutela della sicurezza delle sedi diplomatiche italiane all'estero.
(4-08219)


   AMITRANO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto-legge 14 gennaio 2021, n. 2, contenente le ulteriori disposizioni urgenti in materia di contenimento e prevenzione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, viene rinnovato fino al 15 febbraio 2021 il divieto di spostamento sull'intero territorio nazionale, in entrata e in uscita tra i territori di diverse regioni o province autonome, salvo per i motivi di lavoro, salute o necessità;

   le disposizioni emergenziali sono dirette a contenere la diffusione dell'epidemia, poiché, sia pur di fronte ad una riduzione della curva dei contagi, persiste ad oggi, una diffusione del virus che provoca decessi di dimensioni rilevanti; pertanto, le misure che possono essere assunte e che incidono, come noto, su molteplici aspetti della nostra vita lavorativa, sociale ed economica sono necessarie ai fini del contenimento della diffusione del Covid-19 e della riduzione del rischio di contagio, disposizioni necessarie che riguardano soprattutto la riduzione o il divieto degli spostamenti, mobilità e assembramenti di persone;

   il 30 gennaio 2021, il Ministero della salute ha emanato l'ordinanza di proroga del blocco dei voli (scattata il 16 gennaio) che vieta fino al 15 febbraio 2021 l'ingresso ed il transito nel territorio nazionale alle persone che nei 14 giorni antecedenti hanno soggiornato o transitato in Brasile;

   con la comparsa della variante brasiliana di Sars-Cov-2, sono state chiuse le frontiere con il Brasile, i voli per l'Italia sono stati cancellati senza alcuna eccezione e il blocco dei voli verrà valutato alla luce di un costante monitoraggio sull'andamento dell'emergenza sanitaria in Brasile;

   a seguito della comparsa di mutazioni del patogeno responsabile della pandemia di Covid-19, in particolar modo la cosiddetta variante brasiliana, isolata per la prima volta nel gennaio 2021 in Brasile, molti Paesi europei, tra questi anche l'Italia, hanno adottato ulteriori misure restrittive attraverso la chiusura in entrata ed uscita dei voli, al fine di bloccare la variante individuata come «brasiliana» prima che dilaghi, poiché, secondo gli scienziati, questa mutazione del virus risulta avere una trasmissibilità superiore, considerando altresì che il Brasile è attualmente una delle nazioni con il più alto numero di contagi da Covid-19 e che la variante individuata di recente ha sollevato molte preoccupazioni circa il potenziale impatto sull'infettività; per tale motivo le disposizioni adottate dal Governo sono volte a scongiurare ulteriori rischi di contagio, ma tale misura ha determinato altresì l'impossibilità per molti concittadini, che sono partiti per il Brasile durante le festività natalizie, di rientrare in Italia; essi angosciati da più di 20 giorni, pur avendo i biglietti aerei per il rientro, al momento restano nel limbo, bloccati a causa della pericolosa variante locale del virus –:

   se i Ministri interrogati intendano adottare iniziative al fine di consentire, con le dovute e necessarie condizioni previste dai rigidi protocolli di sicurezza, relativi al contenimento del Covid-19 e fermi restando l'obbligo di sorveglianza sanitaria e di isolamento fiduciario nonché gli altri obblighi e limitazioni vigenti, il rientro in sicurezza dei cittadini residenti in Italia che dal 16 gennaio 2021, a causa della variante del virus, sono bloccati in territorio brasiliano.
(4-08236)


   UNGARO, SCALFAROTTO e MIGLIORE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   un articolo del Corriere della Sera dell'11 febbraio 2021, a firma Virginia Piccolillo, descrive come sia allo stremo la situazione delle migliaia di connazionali bloccati in Brasile, per effetto dell'ultimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in materia di misure per fronteggiare l'emergenza sanitaria, del 14 gennaio 2021, e dell'ordinanza del Ministro della salute del 30 gennaio 2021, che ha disposto, proprio sino a lunedì 15 febbraio 2021 il divieto di ingresso ed il transito nel territorio nazionale alle persone che nei 14 giorni antecedenti al supposto arrivo in Italia abbiano soggiornato o transitato in Brasile;

   le citate norme hanno de facto creato una situazione insostenibile per cittadini italiani che sono in quel Paese latino-americano ormai da settimane senza risorse economiche, assistenza e in pericolo sanitario;

   un caso simile accadde qualche tempo fa a causa del blocco degli ingressi dal Regno Unito, ma il Governo italiano adottando protocolli di sicurezza sanitaria, come tamponi all'arrivo e quarantene fiduciarie, riuscì a risolvere e a permettere gli ingressi nel territorio nazionale, specie per i cittadini iscritti all'Aire o i cittadini residenti in Italia aventi comprovate esigenze urgenti –:

   se il Governo non intenda adottare iniziative per garantire i rientri di cittadini italiani da Paesi extra Unione europea, specie dal Brasile, secondo quanto già disposto in passato con i cittadini italiani provenienti dalla Gran Bretagna e se non intenda altresì promuovere al più presto voli «Covid-free» per permettere ai cittadini italiani bloccati in Sud America il rientro in Patria.
(4-08266)

AFFARI REGIONALI E AUTONOMIE

Interrogazione a risposta scritta:


   AMITRANO. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da notizie stampa, si apprende che ai medici convenzionati del 118 delle Asl Napoli 2 e Napoli 3, sarà sospesa l'indennità aggiuntiva oraria di euro 5,16 euro a seguito dell'intervento della Corte dei Conti, la quale ha rilevato alcune irregolarità nell'indennità che sarebbe stata indebitamente riconosciuta e percepita dal personale medico convenzionato del 118 in servizio presso i Saut (postazioni di emergenza della rete territoriale) negli ultimi 15 anni;

   con delibera n. 6872 del 3 novembre 1999 della regione Campania, era stata istituita l'indennità di 10 mila lire ai medici convenzionati dell'ex guardia medica, passati successivamente a svolgere le attività di medico di emergenza territoriale 118, indennità aggiuntiva al contratto allora vigente nonché in considerazione dell'attività lavorativa svolta, definita dalla stessa delibera come «usurante e ad alto rischio»;

   a quanto risulta all'interrogante, a breve arriverà ai medici del servizio emergenza-urgenza territoriale sopracitati, la notifica da parte delle amministrazioni di Asl Napoli 2 e Napoli 3 di sospendere l'indennità accessoria a seguito dell'indagine della polizia giudiziaria su mandato della Corte dei Conti nelle Asl campane, la quale ha individuato in quella indennità un compenso non dovuto in quanto compresa nelle altre voci contrattuali successivamente intervenute con la dicitura «onnicomprensive»;

   spesso il personale medico del servizio di emergenza e urgenza del 118 si trova a prestare servizio senza le adeguate tutele, esponendosi a diversi rischi se si pensa ai numerosi atti di aggressione verificatesi a Napoli quest'anno, nei confronti delle ambulanze e dei medici del 118 in servizio e che, ad oggi, non trovano soluzioni appropriate al fine di assicurare e tutelare l'incolumità fisica degli stessi;

   quella dei medici del 118 è una categoria che lavora con turni penalizzanti, grandi responsabilità, carichi di lavoro e compensi che si collocano nella fascia bassa della dirigenza medica e oltre ai tagli dello stipendio, per quasi un terzo della retribuzione mensile, i medici dovrebbero restituire ingenti cifre che oscillano tra i 50 e i 90 mila euro, una penalizzazione economica insostenibile per tale categoria di lavoratori; si tratta di una categoria utilizzata allo stremo delle forze per carenza di personale a causa dell'emergenza sanitaria epidemiologica in atto e va ritenuto altresì che quotidianamente, i medici hanno un esponenziale rischio al contagio da Covid-19 e a parere dell'interrogante, ciò potrebbe far collassare il servizio di emergenza-urgenza, producendo un esodo ingente di medici, impiegati nella rete dell'emergenza, già pochi rispetto al fabbisogno e, pertanto, con l'aggiunta della situazione economica penalizzante, ossia la restituzione delle indennità indebite, che è un tributo insostenibile da parte degli stessi; il sistema sanitario di emergenza e urgenza, già in notevole sofferenza, potrebbe quindi giungere al collasso, con gravi ripercussioni per i pazienti e i cittadini napoletani –:

   alla luce dei fatti esposti, quali opportune iniziative i Ministri interrogati intendano adottare, per quanto di competenza, e nel rispetto delle competenze regionali in materia sanitaria, al fine di individuare, anche alla luce dei rilievi sollevati dalla Corte dei Conti, un percorso, in raccordo con la regione interessata, per una soluzione possibile che non penalizzi ulteriormente i medici convenzionati del 118 in relazione alla procedura di recupero delle indennità corrisposte.
(4-08276)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GAGLIARDI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il Piano nazionale integrato per l'energia e il clima ha come obiettivo di accelerare il percorso di decarbonizzazione, recependo le novità contenute nel cosiddetto decreto-legge sul clima, nonché quelle sugli investimenti per il green new deal previste nella legge di bilancio per il 2020 e nel rispetto dell'accordo di Parigi sui cambiamenti climatici;

   il Governo, in sede di conversione del «decreto clima», si era così impegnato ad una graduale cessazione delle centrali a carbone sul territorio italiano entro il 31 dicembre 2025;

   in tale direzione veniva prevista la definitiva dismissione, entro il 2021, dell'impianto della centrale La Spezia-Vallegrande, come d'altronde stabilito anche nel decreto di approvazione del rinnovo dell'Autorizzazione integrata ambientale del 2019;

   La Spezia e la sua provincia hanno pagato per anni le pesanti conseguenze, in termini di ambiente e salute, della presenza della centrale a carbone nell'area urbana e tutta la cittadinanza si aspettava la chiusura dell'impianto. Purtroppo, a pochi giorni dalla scadenza della data prevista per la chiusura, con missiva del 18 dicembre 2020, il Ministero dello sviluppo economico comunicava ad Enel che, in base alle valutazioni di Terna S.p.a., la messa fuori servizio della centrale della Spezia potesse avvenire solo a seguito del raggiungimento nell'area nord del Paese (incluso lo stesso sito ligure) di un saldo netto tra aumenti di capacità e dismissioni pari ad almeno 500 MW, privilegiando invece la chiusura della centrale di Fusina;

   pertanto il Ministero, tenuto conto delle valutazioni di Terna ed in contrasto con i precedenti gli impegni governativi, riteneva che, allo stato attuale, la centrale della Spezia non potesse più essere messa definitivamente fuori servizio secondo le tempistiche prospettate inizialmente da Enel. Questo, almeno, fino a quando non si fossero verificate le condizioni idonee a rendere la chiusura dell'impianto compatibile con il mantenimento della sicurezza del sistema elettrico. Il Ministero dello sviluppo economico avrebbe contestualmente comunicato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la necessità della proroga dei termini stabiliti per la chiusura dell'impianto –:

   quale sia l'orientamento dei Ministri interrogati in merito alla mancata cessazione dell'uso di combustibile fossile nella centrale della Spezia, rispetto agli impegni assunti dal Governo che prevedevano la definitiva dismissione dell'impianto della centrale E. Montale di La Spezia-Vallegrande entro il 2021.
(5-05343)


   ZOLEZZI e ILARIA FONTANA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   i centri romani di rottamazione auto sono sorti, spesso abusivamente, in zone aventi una destinazione urbanistica incompatibile ovvero gravate da vincoli di natura ambientale (aree protette, vincoli idrogeologici), paesaggistica e archeologica (17 nel parco di Centocelle); e per decenni, non potendo ottenere le autorizzazioni di legge, hanno usufruito di anomale autorizzazioni provvisorie, resistendo a tutti i tentativi di delocalizzazione fuori del raccordo anulare;

   il PRGR regione Lazio del 2019 nella tabella 51, a pagina 70, riporta che nel 2017 in regione Lazio sono state recuperate 364,625 tonnellate di rifiuti da veicoli fuori uso (Vfu), a fronte di una produzione di Vfu totali di 175,192 tonnellate (pagina 67, tabella 47);

   negli ultimi anni, il comune di Roma ha iniziato a muoversi con decisione, ordinando controlli e facendo ingiunzioni per i 70 impianti situati sul suo territorio. Ma nel dicembre 2018, con l'approvazione della legge regionale del Lazio 28 dicembre 2018 n. 13, si stabiliva, all'articolo 21, comma 15, una disposizione transitoria del 2003 e si concedevano ai rottamatori non in regola con le prescrizioni urbanistiche altri due anni di tempo per attuare la delocalizzazione, prescrivendo che, «comunque l'individuazione della delocalizzazione dovrà essere effettuata entro sei mesi e attuata entro un periodo massimo di ventiquattro mesi». Cioè entro la fine del 2020;

   la legge, tuttavia, veniva impugnata dinanzi alla Corte costituzionale la quale, di recente, l'ha dichiarata valida e legittima purché venga interpretata nel senso che la proroga opera solo se chi la chiede è in regola con le altre prescrizioni dettate dalla legge a tutela dell'ambiente;

   a quanto consta agli interroganti, da recenti controlli, effettuati a tal fine, sarebbe emerso che la maggior parte dei rottamatori esistenti non garantisce, comunque, i presidi ambientali minimi necessari, secondo la legge, ad assicurare la tutela della salute e dell'ambiente. E, quindi, secondo la sentenza della Corte, per questi non potrebbe operare la proroga della regione;

   nel frattempo, sempre in ottemperanza alla suddetta legge, il comune di Roma ha emanato linee guida generali per ottenere le prescritte autorizzazioni e, quanto alla delocalizzazione degli impianti esistenti, ha individuato le aree potenzialmente idonee (Santa Palomba, Casal Bianco, via della Chiesuola e via di Torre Spaccata);

   tuttavia, con determinazione n. G00114 del 12 gennaio 2021 la direzione politiche ambientali e ciclo dei rifiuti della regione Lazio ha rilasciato alla società Station Service srl «l'autorizzazione alla prosecuzione delle attività, pure se non in continuità per quanto indicato in premessa per una durata massima di 24 mesi dalla emissione e per un quantitativo massimo in ingresso pari a 1250 tonnellate/anno, e stabilito contestualmente delle limitazioni sui codici EER in entrata [...]. Le operazioni autorizzate sono R12, R13 ed R4» –:

   se il Governo intenda promuovere, per quanto di competenza, verifiche da parte del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente in relazione ai rischi connessi alla significativa presenza di impianti per la demolizione di veicoli e per il trattamento di rifiuti derivanti da veicoli fuori uso nelle aree di cui in premessa;

   se il Governo intenda adottare le iniziative di competenza, anche in raccordo con la regione e gli enti locali, per tutelare le aree caratterizzate da vincoli di natura ambientale, paesaggistica e archeologica nelle quali insistono i suddetti impianti, favorendone una diversa e più idonea localizzazione.
(5-05374)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIABURRO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   come noto, in aggiunta ai danni causati dai gravi incidenti alluvionali di inizio ottobre 2020 alle infrastrutture nonché all'agricoltura ed agli allevamenti di tutto il Piemonte, l'ondata di maltempo ha devastato il parco «Alpha» situato nelle Alpi Marittime francesi, permettendo la fuga di ben sette lupi neri canadesi e di un lupo bianco artico, i quali erano allevati in condizioni di semi libertà a Saint-Martin-Vésubie, comune francese al confine con la provincia di Cuneo;

   in data 18 ottobre 2020 è stato catturato un esemplare del branco, a novembre altri due, mentre ai primi di dicembre è stata segnalata la notizia, a mezzo stampa, che un fuggitivo sarebbe stato abbattuto da ignoti;

   ad oggi non vi sono ancora notizie circa i quattro lupi rimanenti, vaganti in condizione di totale libertà, con il rischio non solo di incroci con i lupi stanziali e la nascita di ibridi ancora più feroci, ma anche di incentivare ulteriormente il fenomeno dell'abbandono di pascoli e terre, con un conseguente danno alla tutela dei territori –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative di competenza intenda adottare per:

    a) agevolare la definizione e la governance dei piani di gestione del lupo, anche tenendo conto di emergenze sopravvenute nei territori come nel caso di cui in premessa, anche in modo da monitorare e scongiurare la proliferazione di lupi neri canadesi in Italia ed altre specie non tipiche italiane ad alto tasso di aggressività;

    b) effettuare attività di supervisione e controllo sui centri di recupero, allevamento e tutela dei lupi, atte a garantire l'assenza di ibridazioni, proliferazioni fuori controllo e reintroduzioni in natura non programmate;

    c) garantire, anche con deroghe alla normativa vigente, la tutela degli allevatori e dei coltivatori del territorio della provincia di Cuneo e del Piemonte dai potenziali danni di cui in premessa, prevedendo, se del caso, attività di contenimento per i lupi fuggitivi.
(4-08208)


   CASCIELLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   un vero e proprio bollettino di guerra si registra in Costiera Amalfitana a causa dell'ondata di maltempo che si è abbattuta in questi giorni su molte regioni del nostro Paese, una spaventosa frana, infatti, si è abbattuta nella mattina del 2 febbraio 2021 alle porte di Amalfi dove, in seguito alle piogge torrenziali di questi giorni, e crollata un'intera parete rocciosa;

   alle porte della cittadina capofila della Costiera, esattamente a ridosso della galleria che dà sul centro urbano, è venuta giù una enorme quantità di massi e detriti che ha completamente ostruito la statale amalfitana finendo per tracimare, dopo aver distrutto il parapetto, sulla strada sottostante che conduce al porto, anche questa ostruita da un cumulo di terra e pietre;

   il traffico sulla statale Amalfitana è stato chiuso, la circolazione è stata interrotta in entrambe le direzioni, all'altezza del chilometro 29,800, e le auto sono state deviate verso altre zone della costiera; per consentire il rientro a casa degli studenti da Positano sono state predisposte imbarcazioni con il supporto della capitaneria di porto;

   sono state evacuate le case a ridosso del costone franato e alcune persone, con l'aiuto dei vigili del fuoco, sono state costrette ad uscire dalla finestra;

   sul posto sono intervenute le squadre Anas e dei vigili del fuoco per le prime verifiche tecniche, per avviare le prime operazioni di sgombero del materiale franato sulla sede stradale e per ripristinare, nel più breve tempo possibile, le condizioni di sicurezza del piano viabile e della circolazione;

   la strada statale 163 attraversa tutti i paesi della Costiera, da Vietri a Positano, è l'unica strada percorribile ed è la sola via di fuga in caso di pericolo ed è necessario, dunque, garantire il pronto intervento dei soccorsi, assicurare l'accesso al lavoro dei pendolari, ristabilire, insomma, le minime condizioni di vivibilità dal punto di vista del traffico e della sicurezza, in un territorio già devastato economicamente dalla crisi economica causata dall'emergenza sanitaria;

   i cittadini e tutte le forze sane della società civile chiedono a gran voce che sia verificato se i controlli e le azioni necessarie per prevenire e far fronte all'emergenza, già da tempo sollecitati, siano stati effettuati con rigore e competenza; l'area era stata, infatti, interessata nei primi mesi del 2020 da lavori di manutenzione e messa in sicurezza effettuati dal comune di Amalfi;

   tale disastrosa e ciclica situazione di emergenza, che è dovuta in parte alla morfologia del territorio che non può essere assolutamente modificata nella sua peculiare struttura, ma essere rispettata in quanto un unicum, deve essere urgentemente affrontata per individuare soluzioni tangibili per la risoluzione della insostenibile situazione;

   la Costiera amalfitana, che è rinomata in tutto il mondo per il suo interesse storico e paesaggistico ed è considerata patrimonio dell'umanità dall'Unesco, riveste un'importanza strategica nel settore del turismo e del suo indotto, costituendo una delle rare realtà occupazionali del Meridione;

   le politiche regionali e nazionali degli ultimi anni hanno bistrattato questo territorio, eccellenza del nostro Paese, dedicando ad esso scarsissima attenzione; è ormai improcrastinabile l'attuazione di un piano nazionale per la tutela e protezione della Costiera amalfitana che stanzi misure straordinarie per evitare il ripetersi di questi danni –:

   sulla base di quanto esposto in premessa, quali iniziative i Ministri interrogati, nell'ambito delle proprie competenze, intendano assumere per accelerare la soluzione di questo annoso problema, anche prevedendo l'istituzione di un tavolo permanente fra Ministeri, comuni, province, regioni;

   quali iniziative ritengano di assumere per aiutare le imprese del settore turistico, fustigate dagli eventi atmosferici di questi giorni e già messe in ginocchio dalla crisi economica causata dall'emergenza sanitaria.
(4-08210)


   VALBUSA, DARA, LUCCHINI, GAVA, BADOLE, BENVENUTO, D'ERAMO, PAROLO, PATASSINI, RAFFAELLI e VALLOTTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   con circolare ministeriale del 29 marzo 2018, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha disciplinato l'ammissione del car fluff (CER 191004) per la produzione di Css combustibile ai sensi dell'articolo 6, comma 1, del decreto 14 febbraio 2013, n. 22, che regolamenta la cessazione della qualifica di rifiuto di determinate tipologie di combustibili solidi secondari (Css);

   la circolare intende rispondere ad alcune richieste di chiarimento, da parte di Aira, Fca e Aitec, e indicare i riferimenti normativi alle pubbliche amministrazioni competenti a rilasciare le autorizzazioni per la produzione e l'utilizzo del car fluff (CER 191004) come Css combustibile, specificando che tali amministrazioni non dovranno fare riferimento né all'articolo 183, comma 1, lettera cc), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in quanto relativo al Css rifiuto nelle sue 125 classi, né al decreto ministeriale 5 febbraio 1998, che disciplinava 2 tipologie di combustibile derivato rifiuti (Cdr e Cdr-Q, ma dovranno fare riferimento al decreto ministeriale 14 febbraio 2013, n. 22, che disciplina nello specifico solo il Css combustibile nelle sue 18 classi, di cui all'articolo 8, comma 1, lettera b), del decreto stesso e relative combinazioni (come elencate nella tabella 1 dell'allegato 1 del decreto);

   l'obiettivo del Ministero è promuovere il recupero del car fluff utilizzandolo per la preparazione del Css combustibile da impiegare, a determinate condizioni, in sostituzione di combustibili convenzionali, visto l'alto contenuto energetico di tale materiale proveniente dalla frantumazione di materiale di scarto delle automobili, tra cui materiale plastico, schiume, tessuti, gommapiuma, vernici, anche mirando all'uniforme applicazione della normativa da parte delle regioni e province autonome;

   tuttavia, nonostante la citata circolare che classifica il car fluff come combustibile, conformemente alle normative europee, in Italia continuano le richieste per la costruzione di nuove discariche, come unica alternativa al trasferimento del materiale all'estero, invece di sfruttarne l'alto potere calorifico utilizzandolo come combustibile;

   infatti, la ditta Rottami Metalli Italia srl, in data 16 novembre 2020, ha presentato in regione Veneto la richiesta di realizzare a Sorgà in località De Morta una discarica per car fluff, che affiancherà altre due discariche della stessa ditta, a Castelnuovo del Garda e Lainate; lo stoccaggio previsto di rifiuti, che proverrebbero da tutta Italia, è di 1.463.000 tonnellate in 10 anni, circa 150.0000, tonnellate/anno, in una superficie di 450 mila metri quadrati con 22 camion/giorno movimentati;

   le amministrazioni comunali limitrofe e i cittadini si dichiarano tutti contrari alla discarica che comporterà danni all'economia agricola di eccellenza locale, sia in termini di valore dei terreni, che di reddito;

   in Italia, si producono 600.000 tonnellate annue di car fluff, quantità destinata ad aumentare in seguito agli incentivi previsti per il rinnovo del parco auto ai fini della riduzione delle emissioni inquinanti; il recupero di tale materiale costituisce uno tra i maggiori problemi dell'intera filiera dei veicoli fuori uso;

   la transizione ecologica del mercato automobilistico deve essere pianificata nei tempi, non solo sostenendo l'industria, anche in termini occupazionali, ma anche valutando le conseguenze per i comparti coinvolti nella catena dello smaltimento delle automobili fuori uso che, a loro volta, possono creare inquinamento e impatti socio-ambientali –:

   quali iniziative urgenti di competenza si intenda adottare affinché la transizione ecologica del parco auto sia pianificata e programmata nei tempi e negli investimenti, contemplando anche la corretta gestione del fine vita dei veicoli e soprattutto del car fluff, in applicazione delle direttive comunitarie, attraverso la radicale diminuzione del materiale smaltito in discarica e, quindi, l'esclusione della realizzazione di nuove discariche specialmente in zone di particolare importanza ambientale e agricola, come quella di Sorgà, in favore delle attività di recupero di tale materiale per la produzione di energia.
(4-08225)


   BENVENUTO, LUCCHINI, BADOLE, D'ERAMO, PAROLO, PATASSINI, RAFFAELLI, VALBUSA, VALLOTTO, GAVA e DURIGON. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   Romatoday, del 22 gennaio 2021, critica l'incremento delle attività della rimozione a Roma di rifiuti ingombranti abbandonati su strada, per 2000 camion nel 2020, costati 2,6 milioni in più rispetto al 2019; solo nell'ultimo quadrimestre 2020 Ama ha raccolto 1750 tonnellate di tali rifiuti, più 330 rispetto allo stesso periodo 2019;

   infatti, la crisi rifiuti a Roma è tuttora presente anche se l'assenza di turisti nel periodo di pandemia da Covid-19 ha reso meno allettante l'argomento per le pagine di cronaca; i romani lamentano ancora cassonetti straripanti e ratti e gabbiani che si cibano direttamente dai sacchi della spazzatura per strada;

   dopo la chiusura di Malagrotta nel 2013, che per 30 anni è stata la discarica della città, nessuna vera strategia è stata adottata per il recupero e smaltimento di oltre 1,7 milioni di tonnellate di rifiuti annui che produce Roma;

   a poco è servita la pubblicità del piano industriale Ama 2019-2024, per una nuova discarica di servizio, due impianti biogas, due nuovi tmb, potenziamento della termovalorizzazione, o il piano rifiuti 2019-2025, approvato dalla regione e contrapposto alle scelte comunali, che prevede riduzione della produzione dei rifiuti, raccolta differenziata al 70 per cento nel 2025, riciclo, obbligo all'autosufficienza impiantistica per ognuno dei 5 Ato e no alla costruzione di nuovi termovalorizzatori;

   dopo il disastroso incendio dell'impianto del Salario, nel dicembre 2018, che ha ricoperto di fumo tossico la città, il Ministro interrogato ha creato una task-force permanente per la costante crisi dei rifiuti a Roma, ma l'amministrazione comunale ha continuato la propria strategia ideologica a «rifiuti zero» per tredici nuove strutture di mini compostaggio diffuso, che dovrebbe risolvere i problemi basandosi quasi esclusivamente sul compostaggio e sul riciclaggio dei materiali organici, peraltro, mai resa effettivamente operativa;

   nel dicembre 2020, la giunta regionale ha approvato la proroga, al 31 dicembre 2021 del conferimento di 70 mila tonnellate di rifiuti indifferenziati di Roma negli impianti abruzzesi di tmb, restando ancora sulla carta la costruzione di impianti necessari a garantire la sostenibilità del sistema nel territorio Laziale;

   nel gennaio 2021, RomadailyNews informa dell'approvazione dalla commissione ambiente comunale del nuovo regolamento gestione rifiuti urbani, elaborato in collaborazione con Ispra che dovrebbe recepire le recenti direttive comunitarie sull'economia circolare e istituisce un Ispettore ambientale e prevede inasprimento sanzionatorio per i trasgressori, fino a 500 euro, divieto di conferimento a Roma di rifiuti di altri comuni e novità su spreco alimentare, «ecofeste» e auto compostaggio; nessuna notizia sulla costruzione di nuovi impianti;

   un'inchiesta di Panorama del 30 dicembre 2020 evidenzia carenze impiantistiche di trattamento sul territorio nazionale per 5,7 milioni tonnellate rifiuti/annue e una situazione disastrosa dal 2018, in seguito al blocco cinese dell'importazione incondizionata di circa 7,1 milioni di tonnellate rifiuti/annue e alla crisi di alcuni settori produttivi che hanno causato un crollo della richiesta di materie prime riciclate. Si tratta di un'emergenza, aggravatasi col Covid-19, che attualmente incoraggia profitti enormi, grazie a nuove rotte di smaltimento illecito verso Europa dell'Est e Africa; nel Sud-ovest della Bulgaria, la vecchia centrale a carbone di Bobov Dol sembra essere trasformata in un inceneritore di rifiuti dai più inquinanti d'Europa; nel febbraio 2020 sono stati rispediti in Campania, ad Avellino, 17 vagoni ferroviari, con 815 tonnellate di rifiuti pericolosi intercettati dai nostri investigatori nel porto di Varna;

   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda adottare, per quanto di competenza, anche in vista delle risorse in arrivo del Recovery fund, per dare risposte concrete alla crisi rifiuti sopra evidenziata e alle carenze di impianti di trattamento del territorio di Roma;

   quali siano le conclusioni della task-force a suo tempo istituita per l'emergenza rifiuti di Roma e come vengono gestiti e smaltiti i rifiuti di Lazio e Campania, in considerazione delle problematiche segnalate in premessa.
(4-08253)


   FICARA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   dal quotidiano on line «siracusanews.it» del 5 febbraio 2021 si apprende che una perdita di benzina semiraffinata da un serbatoio Lukoil avrebbe intaccato la falda in corrispondenza del parco serbatoi SG10 all'interno degli impianti nord della raffineria di Isab-Lukoil. Dallo stesso articolo 1 emerge che l'evento in questione, riconducibile all'ottobre 2020, sarebbe stato segnalato agli organi competenti soltanto a gennaio 2021;

   è sempre dello stesso giorno l'episodio relativo ad uno sversamento di idrocarburi nel porto di Augusta. Il fatto, così come riportato dal quotidiano on line «BlogSicilia.it», si sarebbe verificato durante le operazioni di discarica da una motocisterna ad una società terminalista industriale;

   l'8 febbraio 2021 il sito «siracusanews.it» ha riportato la notizia di una vistosa presenza di quelli che, a prima vista, potrebbero sembrare idrocarburi in un tratto del fiume Mulinello, poco distante dall'ingresso del porto commerciale e nei pressi delle omonime saline che costeggiano lo scalo megarese. Dalle foto postate sulla pagina Facebook del Comitato Stop Veleni emerge la diffusa presenza di grosse macchie oleose che galleggiano sulla superficie del fiume Mulinello che fanno sorgere il dubbio allo stesso Comitato che vi possa essere una possibile connessione con lo sversamento di gasolio avvenuto nel porto di Augusta nei giorni precedenti;

   è del 6 febbraio 2021 la notizia che alcuni residenti del quartiere «Pizzuta» a Siracusa avrebbero riscontrato la fuoriuscita dai rubinetti di un forte odore di benzina;

   nel novembre 2020 il sottoscritto ha presentato interrogazione a risposta in Commissione (n. 5-00569) a mezzo della quale, nel segnalare un'anomala moria di pesci e granchi nel tratto di mare antistante Augusta e Priolo Gargallo, si esortava il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ad avviare le necessarie attività di verifica e vigilanza sollecitando, altresì, un tempestivo intervento per la salvaguardia del tratto del suddetto tratto di costa;

   si apprende, inoltre, che nel primo pomeriggio del 12 febbraio 2021 un guasto all'impianto etilene di Versalis s.p.a. nella zona industriale siracusana, ha prodotto fiamme e fumosità da uno dei camini destando allarme nella popolazione locale;

   i sempre più frequenti episodi di inquinamento atmosferico e del tratto di mare antistante la zona industriale del siracusano, oltre al rischio, sempre maggiore, di una contaminazione della falda acquifera, alla luce della vetustà di un gran numero di serbatoi per lo stoccaggio di idrocarburi, destano non poca preoccupazione nella cittadinanza del comprensorio industriale –:

   se non ritengano necessario, per quanto di competenza, accertare le conseguenze sul territorio degli eventi sopra descritti, verificare il rispetto da parte delle aziende coinvolte delle procedure di comunicazione previste dal codice dell'ambiente e quali iniziative di competenza intendano intraprendere per la salvaguardia del tratto di costa e delle falde acquifere ricadenti nei comuni della zona industriale siracusana.
(4-08274)


   CIABURRO e CARETTA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   in una lettera aperta, il presidente dell'ente di gestione delle aree protette delle Alpi Cozie, Mauro Deidier, ha evidenziato numerose criticità ed opacità legate al progetto «Wolf Alps», atto a tutelare la presenza dei lupi sul territorio, ritirando il supporto al progetto da parte dell'ente da egli presieduto;

   come accuratamente documentato nella predetta lettera, il progetto Wolf Alps ha raccolto finanziamenti pubblici per 20 milioni di euro, a cui si aggiungono tutti i finanziamenti da parte di altri enti e partner più o meno istituzionali, con una serie di attività che sono andate quasi ad esautorare il Parco delle Alpi Cozie del personale necessario per svolgere tutte le sue altre funzioni;

   come desunto dai resoconti del progetto, nella sola prima fase del progetto Wolf Alps, il solo Parco Alpi Cozie aveva rendicontato il coinvolgimento nel progetto di 18 dipendenti su 50, con una spesa di 150.000 euro in consulenze professionali esterne, 453 giornate di lavoro del personale dedicate al lupo ed oltre 6.500 euro di missioni per la partecipazione a oltre 100 meeting differenti;

   osservando invece la rendicontazione generale del progetto, nella sua prima fase, si evincono numerose voci di spesa particolarmente gravose, come oltre due milioni di euro di spese per personale, oltre 130.000 euro spesi per meeting, hotel, rimborsi di carburante e pedaggi, oltre 170.000 euro di consulenze e servizi esterni, oltre 540.000 euro per espositori, fototrappole, videoproiettori ed attrezzature affini, nonché oltre 300.000 euro per altri prodotti di consumo, tutto questo limitatamente alla prima fase del progetto;

   nella distribuzione generale delle risorse, inoltre, figura un evidente sproporzione tra le risorse dedicate ai costi di progetto, studi e consulenze esterne, rispetto al sostegno effettivo alle attività pastorali, le quali sono chiaramente pregiudicate e messe a rischio da una proliferazione senza controllo ed a senso unico, con danni continui riversati sugli allevamenti;

   al netto della regolarità dei bandi e dei processi di selezione per le figure di project manager della comunicazione del progetto, è stato correttamente rilevato come tra i requisiti base per la posizione fosse richiesta una laurea generica, anziché lauree specifiche in ambiti legati alla comunicazione o esperienza ed attività legata al mondo giornalistico, con una serie di requisiti che vanno a restringere in modo particolare la rosa di candidati ammissibili;

   nella lettera in questione sono inoltre sollevate gravi evidenze circa la scarsa trasparenza e opacità della comunicazione legata al progetto Wolf Alps, sollevando numerose perplessità circa la tenuta del progetto;

   non solo la scarsità di controlli sulla proliferazione dei lupi incrementa i potenziali danni a carico delle popolazioni locali, ma gli stessi project manager del progetto Wolf Alps hanno più volte «scaricato» la gestione di eventuali ibridazioni, spesso risultato di scarsi controlli a monte, sulle amministrazioni locali;

   è ormai lapalissiano come, alla luce degli elementi delineati nella lettera e desumibili dalle prove empiriche, il lupo non sia più una specie strettamente a rischio di estinzione, come reso evidente anche dalle numerosi tensioni con il mondo rurale –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti;

   se si intenda promuovere, per quanto di competenza, una verifica dei servizi ispettivi di finanza pubblica circa l'impiego delle risorse nell'ambito del progetto Wolf Alps e la trasparenza dello stesso, anche alla luce delle evidenze di cui in premessa;

   se il Governo intenda adottare le iniziative di competenza per rielaborare i piani di gestione del lupo, anche mediante l'adozione delle deroghe previste dalla cosiddetta direttiva Habitat, per tutelare in modo più tempestivo le attività pastorali e le popolazioni rurali.
(4-08279)


   LOSACCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la direttiva 91/271/CEE, recepita dall'Italia con il decreto legislativo n. 152 del 2006 prevede che tutti gli agglomerati con carico generato maggiore di 2.000 abitanti equivalenti siano forniti di adeguati sistemi di reti fognarie e trattamento delle acque reflue, secondo precise scadenze temporali;

   le inadempienze nell'attuazione della direttiva da parte dell'Italia hanno provocato una procedura d'infrazione europea aperta dalla Comunità europea dal 2011, nei confronti dell'Italia per l'assenza di un'adeguata rete fognaria nel comune di Porto Cesareo;

   nel 1979 l'Acquedotto Pugliese redigeva il progetto generale n. 15495/DT del 15 giugno 1979 per la costruzione della fognatura nera a servizio dell'abitato di Porto Cesareo La Strea e Torre Lapillo; dal 1979 Porto Cesareo ha visto realizzare il primo depuratore, mai entrato in funzione e abbandonato all'incuria. A distanza di 42 anni, dopo il completamento del secondo depuratore, si ritrova ad affrontare gli stessi problemi, questa volta da ricondurre alla mancata condivisione del recapito finale con il comune di Nardò;

   il comune Porto Cesareo dal 2007, di concerto con la regione Puglia, ha avviato un'attività di collaborazione con il comune di Nardò, tesa a rendere possibile l'allaccio della rete fognaria al depuratore di questa cittadina, i verbali sottoscritti e i protocolli d'intesa tra i due enti, anche se non contestati, non hanno portato, fino a oggi, ad alcuna soluzione circa l'attivazione dello scarico condiviso;

   con nota, 7 agosto 2020, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare esprimeva il proprio diniego alle deroghe richieste dalla regione Puglia per la realizzazione del progetto di riuso delle acque depurate al 100 per cento in agricoltura relativamente agli scarichi di Nardò-Porto Cesareo e Manduria-Sava;

   durante l'audizione svolta presso la V Commissione «Ambiente ed Ecologia» della regione Puglia, in data 8 febbraio 2021, è emerso che il depuratore è stato ultimato, collettato con lo scarico del comune di Nardò e collaudato, così come è emerso, altresì, che la rete fognaria di Porto Cesareo è stata ultimata per circa il 25 per cento dei lavori appaltati e che, in parte, è immediatamente attivabile e collettabile al sistema fognario per circa 700 utenze. Nel corso dell'audizione, gli uffici regionali e acquedotto pugliese hanno espresso la possibilità, previa deliberazione di giunta regionale, del rilascio di una autorizzazione provvisoria allo scarico nello stesso sito in cui già scarica da anni il comune di Nardò, il tutto in attesa che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare conceda la «deroga» e si possano avviare i lavori di realizzazione del progetto del riuso al 100 per cento delle acque depurate in agricoltura;

   sindaci enti ed associazioni dell'intero Salento e di tutta la regione Puglia hanno espresso il proprio sostegno alla battaglia di civiltà e di buon senso intrapresa dal comune di Porto Cesareo, che non vuole più essere etichettato quale paese inquinato ed illegale, auspicando, l'avvio di un percorso virtuoso di riscatto economico e civile, non più rinviabile –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, nell'immediato, a tutela dell'ambiente, della salute e dell'igiene pubblica, al fine di evitare l'apertura di ulteriori procedure di infrazione, in raccordo con la regione Puglia, il Commissario Straordinario e l'Acquedotto Pugliese; se abbia previsto il rilascio di una autorizzazione provvisoria al recapito finale di cui in premessa, che consenta, da subito, gli allacci al [sistema fognario delle opere ultimate e collaudate; se intenda indicare i tempi per il rilascio della deroga, ove ritenuta conforme alla normativa vigente, che potrà consentire l'avvio del progetto alternativo di riuso delle acque in agricoltura al 100 per cento con uno scarico in battigia per solo utilizzo emergenziale delle acque depurate dei comuni di Nardò e Porto Cesareo.
(4-08298)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta orale:


   MURA e FRAILIS. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   i Giganti di Mont'e Prama ritrovati nel territorio del comune di Cabras devono essere preservati, attraverso adeguati interventi di restauro e conservazione ed esposti in spazi sicuri e appositamente organizzati, affinché ne sia garantita la fruizione in condizioni di assoluta sicurezza;

   il comune di Cabras, di concerto con il Ministero per i beni e le attività culturali, ha individuato già da tempo percorsi di intervento conservativo degli stessi e la realizzazione di un Museo del territorio all'interno del quale i Giganti vengano sistemati e resi disponibili alla fruizione. A riguardo il Ministero per i beni e le attività culturali ha già impegnato le risorse necessarie per fare i primi interventi;

   i Giganti, oltre a rappresentare un immenso e inestimabile patrimonio storico-culturale, rivestono il ruolo di ambasciatori del territorio in cui sono stati rinvenuti. Partendo da essi, può essere, come già si sta facendo, riorganizzata l'offerta turistico-culturale dell'ambito territoriale considerato;

   da notizie si stampa si apprende che la Soprintendenza competente avrebbe deciso di trasferire alcune delle statue, da Cabras a Cagliari, al fine di realizzare gli interventi di restauro e conservazione senza preventiva e necessaria condivisione con l'amministrazione locale;

   nello specifico il sindaco di Cabras lamenta mancanza di interlocuzione e chiarezza circa le motivazioni per cui le statue, oggetto di interesse, non possano essere restaurate in loco e sopratutto non ci sarebbe alcuna garanzia, una volta conclusi gli interventi di restauro, rispetto al rientro delle stesse a Cabras –:

   se sia a conoscenza della vicenda;

   se non ritenga di adottare iniziative per assicurare che gli interventi di restauro e conservazione avvengano, nel rispetto del principio di leale collaborazione, attraverso il coinvolgimento dell'amministrazione locale e nell'ambito di una intesa circa modalità, luoghi e tempi degli interventi stessi.
(3-02060)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GALLO, GRIPPA, SARLI, DEL SESTO, VILLANI, DEL MONACO e BARBUTO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la povertà educativa è la privazione per i bambini e gli adolescenti della possibilità di apprendere, studiare, approfondire, sviluppare liberamente e appieno le capacità, i talenti e le aspirazioni. Questa deprivazione incide fortemente sullo sviluppo delle competenze cognitive, relazionali e sociali, fondamentali per il benessere futuro, per il successo nel mondo del lavoro e per una partecipazione attiva nella società delle giovani generazioni;

   in Italia, l'accesso alla conoscenza e alla cultura rimane un problema che colpisce soprattutto bambini che nascono in contesti familiari svantaggiati ed è innegabile che la pandemia in atto ha creato nuove fasce di povertà e nuovi contesti disagiati; per questo, la lotta contro la povertà educativa e culturale impone allo Stato un impegno ancor più sinergico alla rimozione di qualsiasi ostacolo alla piena attuazione del diritto all'istruzione e allo sviluppo della personalità di ogni bambino e adolescente;

   con la legge n. 15 del 13 febbraio 2020, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 63 del 10 marzo 2020, in un'azione più ampia di contrasto alla povertà educativa, al fine promuovere la diffusione della lettura, si è istituita la «Carta della Cultura», una carta elettronica di importo pari a 100 euro, attraverso la quale cittadini italiani e stranieri residenti nel territorio nazionale appartenenti a nuclei familiari economicamente svantaggiati possono acquistare libri cartacei o e-book;

   ai sensi dell'articolo 6, comma 2, della legge n. 13 del 2020, entro novanta giorni dalla data di pubblicazione della citata legge, il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, si era impegnato, attraverso l'adozione di specifici decreti, ad individuare i requisiti per l'assegnazione della Carta e le modalità di rilascio e di utilizzo della stessa;

   per la realizzazione della Carta della cultura, il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo ha istituito il Fondo «Carta della cultura», con una dotazione di un milione di euro annui, a decorrere dall'anno 2020, da integrare con gli importi ad esso destinati provenienti anche da donazioni, lasciti o disposizioni testamentarie di soggetti privati e imprese, comunque destinati allo Stato per il conseguimento delle finalità del fondo;

   con il decreto n. 34 del 2020, cosiddetto decreto rilancio, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 17 luglio 2020, la dotazione del Fondo «Carta della cultura», istituito ai sensi dell'articolo 6, comma 2, della legge 13 febbraio 2020, n. 15, è stata incrementata di 15 milioni di euro per l'anno 2020 –:

   se siano stati adottati i decreti ministeriali volti all'individuazione dei criteri per l'assegnazione della Carta della cultura, come previsto dall'articolo 6, comma 2, della legge n. 15 del 2020;

   in caso contrario se intendano fornire elementi sullo stato dell'iter volto all'adozione dei suindicati decreti attuativi;

   quali iniziative si intendano adottare per la diffusione e la conoscenza della misura in esame.
(5-05338)


   PEZZOPANE. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   da fonti giornalistiche si apprende che dal 2012 al 2017 sono stati stanziati 225,922 milioni di euro per eseguire 247 interventi sul patrimonio culturale dell'Abruzzo. A settembre 2020, tutti i 50 interventi previsti dalla delibera Cipe 43/2012 per 41,28 milioni di euro erano stati conclusi. Ma l'urgenza vera resta la carenza di personale che questi interventi possa organizzarli, progettarli, coordinarli. Stefano D'Amico, per tre anni, fino al 31 dicembre 2020, segretario regionale ad interim del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo per l'Abruzzo – gli è subentrato con il nuovo anno Nicola Macrì – ha illustrato la complessa attività degli ultimi anni in un territorio che porta anfora evidenti i segni dei sismi 2009, 2016 e 2017. Dei 197 interventi previsti dalle altre delibere del Cipe sono 64 quelli conclusi, 73 sono in corso, 36 in fase di progettazione, 20 da avviare e 4 non più avviati;

   l'emergenza sanitaria ha comportato indubbiamente un brusco «stop» e una lenta ripresa dovuta soprattutto alla necessità di adeguare piani di sicurezza e coordinamento; tra questi, si pensi, per L'Aquila, a Palazzo Ardinghelli, al Castello e al Teatro comunale. Nuovi ne sono stati aperti, la chiesa di San Leucio a Pietracamela (Teramo) e Santa Maria di Roncisvalle a Sulmona;

   ogni cantiere necessita di almeno 4 figure: responsabile unico del procedimento (Rup), direttore dei lavori, coordinatore della sicurezza e direttore operativo. Quello che manca per far procedere i lavori di recupero e restauro dell'immenso patrimonio culturale abruzzese è soprattutto il personale tecnico; architetti, ingegneri, geometri, che possano, più che progettare gli interventi, seguirli e indirizzarli adeguatamente;

   l'organigramma del Ministero prevede 35 unità in capo al segretariato, ma ora sono solo 19, per scelte dettate dalla volontà di ridurre la spesa pubblica e pensionamenti precoci;

   investire nella pubblica amministrazione, a cominciare dal superamento del blocco delle assunzioni, è fondamentale per il buon utilizzo delle risorse finalizzate per questi interventi. Ci sono importanti opportunità di formare giovani tecnici esperti di conoscenze giuridiche e di gestione dei cantieri, così come di archivisti in grado di indirizzare le ricerche degli studiosi;

   attualmente a L'Aquila sono «attivi» i cantieri del Duomo e della chiesa di Santa Maria Paganica sui quali il Ministero ha stanziato rispettivamente 18 e 5 milioni di euro; sono solo i primi lotti e non sono sufficienti a far riaprire le chiese per la fruizione dei cittadini –:

   quali iniziative intenda assumere per superare le criticità evidenziate in premessa, in particolare per quanto concerne la carenza di personale specializzato per la realizzazione e la gestione dei progetti di recupero del patrimonio culturale abruzzese.
(5-05356)

Interrogazione a risposta scritta:


   SCANU. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   è di pochi giorni fa la conferma della notizia del trasferimento dal museo archeologico di Cabras di alcune statue dei Giganti di Mont'e Prama e di altri reperti che la Soprintendenza all'archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Cagliari e le province di Oristano e Sud Sardegna intende sottoporre a restauro in un laboratorio di Cagliari;

   il comune di Cabras, territorio di scoperta di tali reperti, ha già subito negli anni il trasferimento della maggior parte delle statue al museo archeologico nazionale di Cagliari. Per questo l'ulteriore paventato smembramento del complesso scultoreo è stato percepito dal comune e da tutta la comunità come l'ennesimo tentativo di spoglio di un bene identitario attorno al quale si è cercato di costruire un percorso di sviluppo, a danno di un'economia legata al turismo archeologico ormai consolidato nell'area;

   allontanare le statue dal territorio significherebbe ridurre fortemente l'offerta culturale proposta al visitatore ed accettare il rischio di vedere ancora una volta depauperato il territorio delle sue ricchezze. In altre parole, significherebbe mortificare non solo l'archeologia, ma con essa la storia, la cultura e l'identità dei sardi a detrimento dei beni archeologici, la cui attrattività funge anche da argine allo spopolamento del territorio;

   tra l'altro, la regione Sardegna non ha facilitato l'attuazione dell'accordo di valorizzazione del luglio 2017, che prevedeva l'istituzione della Fondazione Mont'e Prama per la gestione del piano di sviluppo di un percorso culturale incentrato sul complesso scultoreo e sul sito di Mont'e Prama. La Fondazione avrebbe dovuto incentivare e promuovere la collaborazione con università, accademie e centri di ricerca e restauro, nazionali e internazionali, e soprattutto, mantenere la potestà delle statue in seno al suo direttivo e, dunque, ai rappresentanti del territorio;

   il venir meno della sua istituzione ha contribuito ad ostacolare la possibilità per il museo comunale di operare come centro di restauro in loco del patrimonio archeologico in oggetto;

   neppure la proposta del sindaco di farsi carico delle spese di allestimento di un laboratorio nel Museo civico per evitare il trasferimento delle statue, ha scongiurato il pericolo per Cabras di restare anche solo temporaneamente orfana dei «suoi» Giganti;

   è necessario, quindi, attivarsi a livello ministeriale per consentire che i reperti in questione possano essere restaurati presso il Museo archeologico Giovanni Marongiu di Cabras, in un allestimento visitabile dal pubblico;

   il restauro in loco delle statue dei Giganti può certamente rappresentare un'ulteriore attrattiva turistica di rilancio per il polo museale di Cabras e del sito di Mont'e Prama;

   le fasi del recupero potrebbero così divenire un importante momento culturale e turistico in grado di rispondere all'effettivo valore che le sculture attestano nel loro insieme, tenuto conto che i beni archeologici de quibus costituiscono un corpo unico e indiviso con il sito di appartenenza;

   occorre comunque un impegno preventivo da parte della Soprintendenza incaricata a riportare a Cabras le antiche sculture, una volta terminate le operazioni di restauro –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare al fine di garantire che le programmate attività di restauro delle statue dei Giganti di Mont'e Prama vengano effettuate presso lo stesso Museo archeologico Giovanni Marongiu di Cabras in cui sono attualmente esposte in un allestimento visitabile dal pubblico, al fine di evitare l'ulteriore smembramento dell'inestimabile patrimonio archeologico di Mont'e Prama, e garantendo comunque e preventivamente, in caso di spostamento, il ricollocamento delle statue presso il museo di Cabras.
(4-08240)

DIFESA

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della difesa, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   Iveco – attualmente appartenente al gruppo industriale italo-statunitense Cnh Industrial N.V. – rappresenta un'azienda leader a livello internazionale nello sviluppo, nella produzione, nella vendita e nell'assistenza di una vasta gamma di veicoli industriali, leggeri, medi e pesanti, impiegando, in tale attività, 25.000 dipendenti, dislocati nei ventiquattro stabilimenti presenti in undici Paesi del mondo, compresa l'Italia;

   il 10 marzo 2020 è stata sottoscritta un'intesa tra Cnh industrial e le organizzazioni sindacali al fine di garantire la tenuta sociale, occupazionale e produttiva del ramo italiano, anche avuto riguardo alle società di Iveco e Fpt motori, mentre, di contro, recentissimamente, si è appreso dell'esistenza di una trattativa preliminare tra il citato gruppo industriale e il gruppo cinese Faw Jiefang, proprio con riferimento ad un'ipotetica cessione di Iveco, che, ovviamente, preoccupa per la tenuta dei livelli occupazionali, con, possibile, conseguente impoverimento del sistema produttivo italiano;

   da alcune fonti di stampa si è potuto apprendere che la trattativa con il citato gruppo cinese avrebbe ad oggetto: a) per un verso, la produzione degli autobus e dei camion di Iveco, in particolare, sia quelli prodotti nello stabilimento di Suzzara (Mantova), vale a dire, il Daily, sia quelli prodotti nello stabilimento di Brescia, vale a dire gli Eurocargo; b), per un altro verso, la possibile acquisizione di una quota di Fpt industrial, divisione motori, presente a Torino e a Foggia;

   i lavoratori interessati impegnati nelle suindicate produzioni superano le 8000 unità, secondo la seguente suddivisione: 1.680 a Suzzara; 2.250 a Brescia; 2.450 a Torino e 1.700 a Foggia;

   tale piano, ad avviso degli interpellanti, sarebbe in contrasto con l'intendimento del Governo di rafforzamento del cosiddetto golden power, quale strumento di tutela dei settori strategici per il Paese, tra i quali sono ricompresi certamente i trasporti;

   come anche riconosciuto dall'amministratore delegato di Iveco defence, in occasione della sua audizione in IV Commissione (Difesa) della Camera, la citata società fornisce, da ottant'anni, alle Forze armate italiane protezione, sicurezza e mobilità per tutti gli operatori impegnati quotidianamente in contesti complicati, nelle zone più inospitali e pericolose della terra: collaborazione che interviene con grande passione, dedizione e, soprattutto, senso di responsabilità da parte della stessa società, la quale ha sempre cercato di venire incontro alle necessità ed esigenze della Difesa;

   in particolare, Iveco defence occupa, in Italia, circa un migliaio di persone, altamente qualificate e specializzate, investendo in tecnologia per la difesa tra il 6 e l'8 per cento dei ricavi annui; attività alla quale deve essere aggiunta quella degli oltre 350 fornitori presenti sul territorio italiano, i quali, gradualmente, negli anni, hanno adattato la loro rispettiva produzione agli standard richiesti dalle esigenze militari;

   la società ha diverse sedi in Italia: a) la sede principale di Bolzano, dove, in particolare, vengono prodotti i veicoli blindati 8x8, i Lince 4x4 e la maggior parte dei gruppi meccanici dei veicoli in dotazione alle Forze armate; b) la sede di Vittorio Veneto, in provincia di Treviso, dove si procede al taglio e alla saldatura dell'acciaio balistico; c) gli stabilimenti di Piacenza e Brescia, dove vengono prodotti i camion militari, cabine blindate e non blindate, sfruttando la sinergia con le linee di produzione dei veicoli civili;

   la Iveco rappresenta un'importate realtà del sistema industriale italiano, e, in particolare, la Iveco defence per il settore strategico della difesa nazionale; pertanto, appare necessario un immediato intervento al fine di evitare la cessione di tali società a gruppi integralmente stranieri, anche in ragione dell'importanza strategica per il sistema della difesa nazionale che, tra l'altro, non può certo essere sottoposto a condizionamenti e/o depotenziamenti, tantomeno derivanti da scelte di soggetti esteri –:

   se siano a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative di competenza intendano assumere al fine di tutelare e difendere la produzione di Iveco in Italia, e, in particolare, quella di Iveco defence.
(2-01097) «Deidda, Galantino».

Interrogazione a risposta scritta:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il 20 gennaio 2021, nella prima pagina dell'edizione del New York Times (NYT) International, viene riportata la notizia dell'uccisione di due giudici donne della Corte Suprema Afghana, nel centro di Kabul mentre si trovavano in macchina;

   allo stato, il Governo afghano è ancora in trattativa per la firma di un Trattato pace con i Talebani e non vi sono sviluppi decisivi rispetto al raggiungimento di un compromesso definitivo;

   il Governo italiano ha, sotto l'egida dell'Onu, avuto un ruolo attivo nelle operazioni in Afghanistan, in forza dell'alleanza strategica con gli Stati Uniti d'America;

   il 20 dicembre 2001 lo stesso Consiglio di sicurezza, con la risoluzione n. 1386, autorizza la costituzione di una International Security Assistance Force (Isaf), con il compito di assistere l'Autorità interinale afghana nel mantenere la sicurezza nella città di Kabul e nelle aree limitrofe, affinché i pubblici impiegati del Governo afghano non siano esposti a rischi di vita;

   va tenuto conto di quanto sostenuto dal reportage del New York Times International del 20 gennaio 2021 di Adam Nossiter, cui hanno contribuito anche due donne afghane Fatima Faizi e Najim Rahim, dal titolo «Fear hunts them every hour», dove si legge che «gli afghani vivono in uno stato di paura costante»;

   nella situazione descritta, che è di forte instabilità, si succedono episodi di violenza;

   secondo quanto riportato da Adam Nossiter, grazie alle testimonianze da lui raccolte, la tensione e la violenza sono aumentate esponenzialmente negli ultimi anni, nonostante si siano svolte le elezioni e siano in corso i negoziati di pace;

   come sottolineato dallo stesso reportage, la vita delle donne nel Paese è fortemente segnata dai continui attacchi terroristici kamikaze;

   l'operazione Isaf che era nata nel 2001 e a cui aveva partecipato anche l'Italia con l'obiettivo di sostenere il Governo afghano e proteggere funzionari pubblici, a fronte del duplice omicidio delle due giudici resta allo stato decisamente compromessa;

   il 31 dicembre 2014 la missione Isaf è terminata il 1° gennaio successivo è stata avviata la nuova missione a guida Nato «Resolute Support» (RS), incentrata sull'addestramento, sulla consulenza e sull'assistenza in favore delle Forze armate (Afghan National Security Forces – Ansf) e delle istituzioni afgane. La nuova missione, operando ai più alti livelli della catena gerarchica, è finalizza a migliorarne la funzionalità e la capacità di autosostenersi –:

   se, nell'ambito della missione Nato «Resolute Support», il Governo intenda promuovere il rafforzamento delle attività di addestramento con l'obiettivo specifico di proteggere le donne con incarichi governativi di vertice in Afghanistan.
(4-08158)

DISABILITÀ

Interrogazione a risposta scritta:


   LEPRI. — Al Ministro per le disabilità, al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 381 del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992 n. 495 (regolamento di esecuzione ed attuazione del codice della strada), come aggiornato e modificato con decreto del Presidente della Repubblica 30 luglio 2012, n. 151, indica che i beneficiari del «contrassegno di parcheggio per disabili» siano le persone con capacità di deambulazione impedita o sensibilmente ridotta;

   la persona con disabilità può richiedere il «contrassegno di parcheggio per disabili» al proprio comune di residenza (in base alle modalità esplicitate dall'articolo 381 del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992 n. 495), solo se dispone di una certificazione medica dell'Azienda sanitaria locale di appartenenza, che attesti condizioni fisiche tali da comportare una impedita o sensibile riduzione della capacità di deambulazione;

   con parere n. 1567 dell'11 marzo 2016 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha sostenuto che il contrassegno può essere rilasciato non solo a persone aventi disabilità agli arti inferiori, ma anche a persone con disabilità psichica e/o aventi una condizione d'invalidità agli arti superiori;

   con il medesimo parere si rileva però come «il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti non possa entrare nel merito di un'attività resa in ambito sanitario»;

   presso l'Azienda sanitaria locale di Collegno e Pinerolo (Asl TO3), nella regione Piemonte, è stato negato tale permesso ad una persona avente disabilità agli arti superiori –:

   quali iniziative di competenza intendano mettere in campo, tenuto conto del parere n. 1567 dell'11 marzo 2016 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, al fine di agevolare il rilascio del «contrassegno di parcheggio per disabili» anche alle persone non soggette a disabilità agli arti inferiori.
(4-08272)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   prima della riforma del contenzioso tributario spettava alle Commissioni tributarie la scelta di condannare la parte soccombente al pagamento delle spese di giudizio oppure di prevedere la compensazione delle spese anche in caso di rigetto del ricorso del contribuente. Le Commissioni applicavano ampiamente tale ultima possibilità;

   con la riforma del contenzioso tributario (decreto legislativo n. 156 del 2015, in vigore dal 1° gennaio 2016, di modifica al decreto legislativo n. 546 del 1992) è stato imposto al giudice tributario il dovere di condannare la parte soccombente al pagamento delle spese sostenute (articolo 15, comma 1, decreto legislativo n. 546 del 1992), salvo casi di compensazione adeguatamente motivati (Cassazione sentenza n. 592 del gennaio 2017);

   in pratica se il contribuente perde in giudizio, si trova a sostenere sia le spese per la propria difesa sia quelle per la difesa del fisco, oltre a dover pagare le imposte, le sanzioni e gli interessi relativi all'atto impugnato. Le spese legali sostenute dal fisco sono calcolate in base alle tariffe relative ai compensi degli avvocati, previste dal decreto ministeriale n. 55 del 2014, ridotte del 20 per cento (articolo 15, comma 2-sexies, del decreto legislativo n. 546 del 1992);

   per le controversie di valore non superiore a cinquantamila euro, il ricorso produce anche gli effetti di un reclamo, per cui le spese di giudizio sono maggiorate del 50 per cento a titolo di rimborso delle maggiori spese del procedimento (articolo 15 comma 2-septies, e articolo 17-bis del decreto legislativo n. 546 del 1992);

   l'Agenzia delle entrate può inoltre chiedere al giudice di condannare il contribuente a un pagamento supplementare per lite temeraria, qualora si accerti che egli ha agito in giudizio con mala fede o colpa grave. Tuttavia, il legislatore, in sede di riforma, ha escluso la previsione opposta e, cioè, la responsabilità aggravata del fisco e, quindi, la sua condanna al risarcimento dei danni per i casi in cui, sulla base di una pretesa dichiarata inesistente, questi abbia eseguito un provvedimento cautelare o iniziato o compiuto una esecuzione forzata, senza adoperare la normale prudenza;

   dalla relazione sul monitoraggio dello stato del contenzioso tributario e sull'attività delle commissioni tributarie diffusa nel giugno 2020 (dati 2019) si apprende (pag. 25) che il numero dei, ricorsi favorevoli al contribuente in cui le spese vengono compensate è decisamente più alto rispetto ai casi in cui l'Agenzia delle entrate è vincente. Molto spesso quando è l'Agenzia a essere soccombente, viene adottata la compensazione delle spese, motivando la decisione con l'incertezza del diritto. Ciò rappresenta una ulteriore stortura, in quanto per il contribuente le spese giudiziali sono un costo vivo, mentre per l'Ade praticamente un costo fisso;

   il decreto legislativo n. 156 del 2015, con cui sono state introdotte tutte le modifiche sopra descritte, è stato adottato ai sensi della legge 11 marzo 2014, n. 23, con la quale è stata conferita una delega al Governo per un sistema fiscale più equo, trasparente; in particolare, l'articolo 10 sulla revisione del contenzioso tributario prevedeva (comma 1, lettera e)) il «contemperamento delle esigenze di efficacia della riscossione con i diritti del contribuente»;

   viceversa il decreto legislativo n. 156 ha spostato la bilancia in favore dell'Ade, in particolare, a scopo deflattivo, per le controversie di minore importo. Le prassi adottate dall'Ade stanno ulteriormente aggravando questa impostazione. Può capitare al contribuente che abbia vinto il ricorso in commissione di primo grado (rispetto al quale l'Ade propone in automatico appello), di vedersi recapitare una nota spese legali in caso di soccombenza in appello, spesso di gran lunga superiore al valore della lite, di fatto inducendolo a pagare la contestazione e chiudere –:

   quale sia il fondamento della prassi posta in essere dall'Ade, basata su ipotetiche spese future in caso di soccombenza, chiaramente ostile al contribuente, come quella descritta in premessa;

   se non ritenga opportuno adottare iniziative normative volte a garantire una maggiore aderenza delle disposizioni sul contenzioso tributario allo spirito della riforma fiscale e dello Statuto del contribuente, in particolare prevedendo:

   a) che gli oneri delle spese legali siano commisurati, per le controversie al di sotto di una certa soglia, al valore della lite, anche in considerazione del fatto che i legali dell'Ade sono dipendenti dell'Agenzia medesima;

   b) che in caso di esito favorevole per il contribuente, gli siano in ogni caso rimborsate le spese legali;

   c) che il concetto di «temerarietà» sia introdotto anche a carico dell'Ade con riferimento all'emissione degli avvisi di accertamento, nei casi in cui, per una pretesa rivelatesi inesistente, la stessa abbia adottato provvedimenti con i quali si crei un danno emergente o un lucro cessante al contribuente, come segnalato anche in occasione dell'esame dello schema di decreto legislativo applicativo dell'articolo 10 della suddetta legge di riforma fiscale;

   d) che sia esclusa dal computo delle spese legali l'automatica applicazione degli effetti del reclamo che comporta una maggiorazione del 50 per cento delle spese legali, non sempre giustificata.
(2-01102) «Porchietto, Giacometto, Baratto».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TOCCAFONDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   all'Università degli Studi di Firenze fu concesso «l'uso perpetuo degli immobili, la proprietà del materiale mobile e tutti i diritti e gli oneri patrimoniali pertinenti all'“Istituto Agrario e Forestale” del complesso comunale delle Cascine tramite regio decreto 26 marzo 1936, n. 657, nelle cui strutture trova tutt'ora sede la Facoltà, adesso Scuola, di Agraria»;

   dal 1999, sono state avviate una serie di procedure a fronte di problematiche dei limiti quantitativi e qualitativi del complesso, confluite in un protocollo d'intesa dell'11 maggio 2001 fra università di Firenze, provincia di Firenze, comune di Sesto Fiorentino e Ministero della difesa. Il protocollo disponeva anche il trasferimento della facoltà di Agraria presso il Polo Scientifico di Sesto Fiorentino nell'area demaniale individuata nella dismessa Caserma Quarleri;

   in data 2 agosto 2007 Ministero dell'economia e delle finanze, Agenzia del Demanio, regione Toscana, provincia di Firenze e comune di Firenze hanno stipulato un protocollo di intesa che prevedeva permuta fra beni statali e comunali, e definiva gli impegni di carattere finanziario conseguenti al cambio di sede della facoltà di agraria;

   il 15 ottobre 2008, l'università si è impegnata a liberare le strutture nell'area delle Cascine entro e non oltre il 31 dicembre 2015. Se la permuta non fosse stata perfezionata o se il Ministero non avesse messo a disposizione la Caserma Quarleri in tempo utile, il protocollo sarebbe decaduto;

   il 30 novembre 2009 è stato siglato tra Agenzia del Demanio, regione, provincia e comune di Firenze l'atto di permuta di immobili tra tutti i soggetti citati, con il quale venne anche posticipata al 31 dicembre 2016 la cessione del compendio delle Cascine da parte dell'università allo Stato;

   successivamente, tra le criticità sottolineate dal rettore agli enti territoriali e al Demanio, vi è la realizzazione della nuova pista dell'aeroporto di Firenze;

   a seguito dell'individuazione della nuova pista dell'aeroporto, l'area della Caserma Quarleri e le rispettive pertinenze sono state comprese nella relativa fascia di rispetto, rendendo impossibile la realizzazione della nuova sede della facoltà di Agraria nell'area demaniale, facendo decadere il protocollo del 15 ottobre 2008;

   l'università ha stabilito di riprogrammare il trasferimento della scuola di agraria sempre presso il polo scientifico di Sesto Fiorentino, ma in un'altra area non interessata dal vincolo di inedificabilità dovuta dalla nuova pista aeroportuale;

   con la delibera n. 136 del 12 ottobre 2017, il consiglio comunale di Sesto Fiorentino ha approvato la variante al piano particolareggiato in cui veniva prevista la realizzazione della nuova sede di agraria nel lotto 11 nel Polo Scientifico;

   la legge 16 aprile 2019, n. 19, approvata da consiglio regionale della Toscana prevedeva che la regione, insieme al comune e alla città metropolitana di Firenze, concorresse finanziariamente per la realizzazione della nuova sede del dipartimento di scienze e tecnologie agrarie, alimentari ambientali e forestali. L'università, invece, si impegnava a liberare il complesso immobiliare delle Cascine entro il 31 dicembre 2027 e realizzare entro il 31 dicembre 2028 la nuova sede di agraria;

   il 27 luglio del 2020, su di un settimanale online di informazione e approfondimento dedicato al settore immobiliare, è stata pubblicata la notizia che lo studio di progettazione ATIproject, incaricato dall'università, ha consegnato il progetto definitivo della nuova sede della scuola di agraria. Il costo dei lavori sempre nell'articolo, veniva quantificato in 81,5 milioni di euro –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa, quale sia, al momento, l'iter per la costruzione della nuova Scuola di agraria e quali siano le tempistiche previste per il trasferimento della scuola medesima, anche in ragione della necessità di liberare il complesso delle Cascine e di dare così attuazione agli accordi conseguenti all'atto di permuta di cui in premessa.
(5-05347)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CARETTA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   come noto, la Comunicazione della Commissione europea sul quadro temporaneo per gli aiuti di Stato a sostegno dell'economia nell'emergenza, COVID-19, aggiornate nell'ultima versione C(2020) 7127 del 13 ottobre 2020, al paragrafo 3.12 consente l'erogazione di forme di sostegno economico equivalenti al 90 per cento dei costi fissi non coperti delle piccole e micro-imprese che abbiano avuto in un determinato periodo un calo di fatturato pari ad almeno il 30 per cento rispetto al fatturato del 2019, entro il limite dei 3 milioni di euro per impresa;

   con costi fissi, intesi ai sensi della predetta comunicazione, si intendono quelli che non variano in conseguenza dei ricavi, tale per cui chi non ha fatturato alcunché e continua a sostenere i costi legati ad affitti, utenze, personale, leasing, può ricevere un indennizzo equivalente fino al 90 per cento delle perdite, permettendo di chiudere i bilanci in lieve perdita, opportunità che non è stata, nelle varie misure indennitarie, messa a disposizione delle imprese italiane nella sua interezza;

   le autorità della Commissione europea hanno poi ulteriormente modificato il quadro temporaneo per gli aiuti di Stato in data 28 gennaio 2021, prorogando la misura fino al 31 dicembre 2021, aumentando – tra le altre – il tetto dei sussidi erogabili alle aziende da 800.000 euro a 1.800.000 euro per azienda e il tetto per la copertura dei costi fissi da 3.000.000 di euro a 10.000.000 di euro e prevedendo la possibilità di convertire strumenti rimborsabili in contributi a fondo perduto;

   a dicembre 2020, nel corso delle interlocuzioni tra Commissione europea e Stati membri, per l'ampliamento del quadro temporaneo, il Governo tedesco ha notificato in data 4 dicembre 2020, un aiuto di Stato equivalente a 642 milioni di euro per le perdite subite dal comparto fieristico da marzo a dicembre 2020, rimborsate nella loro totalità, ed il 23 dicembre 2020 ha pre-notificato provvedimento da 12 miliardi di euro di sussidi a copertura dei danni diretti subiti a causa dei provvedimenti restrittivi;

   quest'ultimo aiuto è stato autorizzato dalla Commissione europea in data 21 gennaio 2021 e concesso ai sensi dell'articolo 107(2b) del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, anziché ai sensi dell'articolo 107(3b), permettendo quindi l'allocazione di aiuti di Stato senza alcun tetto di spesa, poiché legati ad un «grave turbamento dell'economia» mediante la dimostrazione di apposito nesso di causalità;

   ne consegue che le autorità tedesche siano riuscite a dimostrare che le chiusure disposte nei mesi di novembre e dicembre 2020 sono stati eventi eccezionali per soggetti come bar, ristoranti, alberghi, fiere, eventi sportivi, centri estetici, e quindi meritevoli di un contributo a fondo perduto equivalente al 100 per cento dei danni subiti, oppure equivalente al 75 per cento della differenza del fatturato rispetto ai mesi di novembre/dicembre 2019;

   ad oggi non figurano notifiche o pre-notifiche da parte dell'Italia nei confronti della Commissione europea di aiuti in alcun modo comparabili a quelli forniti dalle autorità tedesche per qualità e quantità, nonostante la normativa europea lo permetta;

   il 20 gennaio 2021 è stato autorizzato dal Parlamento italiano uno scostamento di bilancio da 32 miliardi di euro –:

   se i Ministri interrogati siamo a conoscenza dei fatti di cui in premessa, se intendano spiegare le ragioni dietro la mancata adozione di iniziative per l'emanazione di normative indennitarie di più ampio respiro, e quali iniziative intendano intraprendere, alla luce di quanto esposto in premessa, per disporre misure indennitarie per le imprese italiane facendo pieno ricorso al quadro normativo di cui in premessa, con particolare attenzione per piccole e medie imprese e comparti fieristici.
(4-08187)


   D'ATTIS, MULÈ, RUGGIERI e D'ETTORE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la filiera della raccolta del gioco legale di Stato mediante apparecchi per il gioco lecito con vincita in denaro, di cui all'articolo 110, comma 6, lettere a) e b) del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, le cosiddette slot machine o newslot e le cosiddette Vlt (Videolotteries), ha una regolamentazione fondata su una normativa molto articolata che si sostanzia nel Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, nei decreti attuativi dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e nelle norme contenute nella convenzione di concessione stipulata dai concessionari di rete;

   la convenzione di concessione prevede che, per tutti i contratti stipulati, le piccole e medie imprese che operano la raccolta del gioco di Stato prestino garanzia bancaria o assicurativa;

   a questo si aggiunge l'obbligo di tracciabilità dei flussi (articolo 12, comma 6, dello schema di convenzione di concessione) che obbliga all'utilizzo di strumenti di pagamento tracciabili e, quindi, ad avere a disposizione un conto corrente;

   a tal proposito si segnala che le imprese in questione si vedono attualmente destinatarie di pratiche discriminatorie da parte della maggior parte degli istituti bancari (come riportato nell'interrogazione D'Attis, n. 4/04526) che, non di rado, procedono a chiudere conti correnti o a non aprirne, anche ai dipendenti delle aziende, per non meglio precisate motivazioni etiche;

   nelle ultime settimane quasi tutti gli istituti bancari e le compagnie assicurative stanno richiedendo la prestazione di garanzie collaterali del 100 per cento per il rilascio o per il rinnovo delle fidejussioni. Tale onere, mai stato richiesto prima, viene sollecitato in un momento così delicato a tutte le aziende anche in assenza di ritardi di pagamento da parte delle stesse;

   le imprese di gestione all'interno di detta filiera operano la raccolta, trasferiscono in banca le somme per poi versarle sul conto dal quale partono i bonifici per gli esercenti e vengono prelevate mediante Rid le somme di spettanza del concessionario e dell'Erario (il compenso del concessionario, il canone dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, ed il Preu, attualmente pari al 24 per cento delle somme giocate);

   le piccole e medie imprese di gestione hanno quindi necessità di disporre di un conto corrente bancario, anche in ossequio all'obbligo di tracciabilità dei flussi dell'atto di convenzione di concessione, pena il blocco degli apparecchi, la successiva segnalazione dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli e la risoluzione contrattuale da parte del concessionario;

   per ciò che concerne la richiesta di garanzie collaterali (del 100 per cento) per il rilascio o il rinnovo delle fidejussioni, tale richiesta rappresenta secondo l'interrogante una vera e propria vessazione in quanto non è prevista da alcuna normativa e, soprattutto, in questo momento è un onere a cui le piccole e medie imprese del gioco pubblico non possono far fronte andando incontro al mancato rilascio della garanzia e conseguentemente al rischio di risoluzione contrattuale da parte del concessionario;

   le imprese interessate dalle pratiche descritte sono insostituibili per il funzionamento della filiera del gioco pubblico, cosicché la loro messa a rischio rappresenta la messa a rischio di un presidio di legalità e di un introito erariale di quasi sette miliardi di euro (dati da Libro blu 2019 dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli) –:

   posto che il comportamento delle banche o delle compagnie assicurative pare discriminare i clienti in relazione all'attività commerciale da loro svolta, quali iniziative di competenza, anche normative, intenda mettere in atto affinché tale discriminazione non sia più perpetrata;

   quali iniziative di competenza si intendano adottare per evitare che, per i motivi descritti, possa essere messa a rischio l'esistenza di un settore che per l'anno 2019 ha garantito quasi 7 miliardi di euro di gettito erariale (dati tratti dal «Libro blu 2019» dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli);

   quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di evitare il proliferare dei fenomeni descritti che stanno mettendo a rischio la complessiva tenuta della filiera del gioco legale di Stato.
(4-08191)


   SCANU e PERANTONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

  come rilevato dalle sigle sindacali di categoria, una parte del personale scolastico, assunto per l'emergenza Covid-19 si trova da diversi mesi in una incresciosa situazione;

  si sta parlando delle retribuzioni stipendiali che da ottobre 2020 non vengono versate a queste persone;

  si tratta di oltre la metà del personale assunto dal Ministero, ossia circa cento tra operatori, docenti ed amministrativi;

  con ordinanza del 5 agosto 2020 il Ministero dell'istruzione, infatti, interveniva per la ripresa dell'attività didattica in presenza nell'anno scolastico 2020/2021 nel rispetto delle misure di contenimento dell'emergenza epidemiologica da Covid-19;

  questo provvedimento ha quindi consentito ai dirigenti preposti agli uffici scolastici regionali di utilizzare risorse finanziarie aggiuntive per far fronte all'emergenza, consentendo l'attivazione di incarichi aggiuntivi sia di personale docente sia di personale Ata;

  l'implementazione occupazionale temporanea è stata consentita grazie ai fondi previsti dall'articolo 231-bis del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, come convertito e dalle altre disponibilità finanziarie aggiuntive occorse ed occorrendi;

  sulla base di questo affidamento, migliaia di persone sono state mobilitate mettendosi a disposizione della scuola per garantire la continuità delle lezioni in questo difficile momento. Da tutta Italia tanti idonei si sono messi a disposizione, spostandosi in aree anche molto lontane dalla propria residenza;

  purtroppo, i ritardi nei pagamenti registrati in diverse parti del Paese hanno ormai reso al limite del sostenibile le condizioni di vita anche di questa parte del personale;

  risulta infatti del tutto precaria la vita di chi da quattro mesi lavora senza alcuna retribuzione, nonostante le rassicurazioni del Ministero dell'economia e delle finanze sulle tempistiche che dovrebbero portare ad uno sblocco dei pagamenti entro febbraio 2021 le preoccupazioni dei lavoratori continuano ad aumentare –:

  quali iniziative intendano adottare per risolvere la questione.
(4-08215)


   FICARA e MARTINCIGLIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi anni l'organico dell'Agenzia delle entrate della sede di Siracusa, così come quello di altre sedi territoriali siciliane, ha subìto una forte riduzione di personale;

   al 31 dicembre 2020 i dipendenti in servizio presso le diverse articolazioni della direzione provinciale di Siracusa sono 129. Dai dati comunicati all'interrogante dall'Agenzia delle entrate – direzione regionale della Sicilia, emerge, tuttavia, che rispetto al febbraio 2018 si è avuto un decremento di 52 unità che ha colpito gli uffici controlli, l'ufficio provinciale territorio, l'ufficio legale e gli uffici territoriali di Siracusa e Noto;

   da quanto comunicato all'interrogante dall'Agenzia delle entrate – direzione regionale della Sicilia, si evince, altresì, come negli ultimi sette anni la dotazione organica degli uffici dell'Agenzia delle entrate di Siracusa ha subìto un progressivo impoverimento passando dai 218 dipendenti del 2013 agli attuali 129 al 31 dicembre 2020;

   la situazione, così come sopra esposta, rischia tra l'altro di peggiorare ulteriormente alla luce dei pensionamenti previsti per il 2021;

   è di alcune settimane fa la notizia della proclamazione dello stato di agitazione dei lavoratori dell'Agenzia delle entrate di Siracusa indetto da UilPa che con nota sindacale ha denunciato come «nelle sedi di Siracusa e Ragusa vi è una grave carenza di personale rispetto ad altre sedi della Sicilia che si attesta al 35 per cento in quanto i funzionari sono andati in pensione e fino ad oggi non c'è stato un turn over o la programmazione di qualche concorso. Con tale carenza le sedi di Siracusa e Ragusa hanno grande difficoltà ad erogare i servizi essenziali»;

   soprattutto l'area legale e quella relativa ai controlli rivestono, senza dubbio, un ruolo fondamentale nel garantire il buon funzionamento e il buon andamento dell'attività dell'Agenzia delle entrate, tra le cui funzioni istituzionali rientrano anche il contrasto dei fenomeni evasivi ed elusivi e le attività volte a favorire l'adempimento spontaneo del contribuente;

   le criticità derivanti dall'ormai annosa carenza di personale che vede coinvolta l'Agenzia delle entrate di Siracusa risultano inoltre acuite dall'ingente carico di lavoro che da anni interessa l'Agenzia nella gestione delle pratiche relative ai rimborsi «sisma '90» relativamente alla gestione delle pratiche e al contenzioso;

   ad oggi, alla luce dei dati sopra citati, l'Agenzia delle entrate di Siracusa presenta una carenza di organico che va urgentemente colmata –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti rappresentati in premessa e quali siano gli orientamenti in merito;

   quali iniziative di competenza intenda assumere per sopperire alla carenza di organico dell'Agenzia delle entrate di Siracusa in modo da assicurare il rispetto dei princìpi di efficienza ed efficacia nell'azione dell'Agenzia.
(4-08222)


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 20130 del 24 settembre 2020 si è pronunciata sul tema della disciplina riguardante l'esenzione Imu in situazioni di nucleo famigliare scisso;

   l'articolo 13, comma 2, del decreto-legge n. 201 del 2011 (così come l'articolo 1, commi 739 e seguenti, della legge n. 160 del 2019 che disciplina la «nuova Imu») è sempre stato interpretato, anche dalla maggior parte dei comuni, nel senso che, se i coniugi risiedevano anagraficamente in comuni diversi, l'agevolazione spettava solo sulla dimora principale, a meno che non si potesse applicare ad entrambe le unità immobiliari, laddove fosse dimostrata la necessità per i coniugi di risiedere anagraficamente in comuni diversi;

   con l'ordinanza n. 20130 del 24 settembre 2020, la Corte di Cassazione ha invece ritenuto che, perché possa operare l'esenzione, il possessore e il suo nucleo famigliare debbano, non solo dimorare, ma anche risiedere anagraficamente nella unità immobiliare adibita ad abitazione principale, mentre nell'ipotesi di diversa residenza anagrafica dei coniugi e, quindi, «scissione» del nucleo famigliare, nessun immobile può beneficiare dell'agevolazione;

   da notizie apparse sulla stampa locale, si apprende che il comune di Bologna sta procedendo all'invio di centinaia di richieste di pagamento anche con riguardo al quinquennio precedente, relativi all'Imu;

   tale situazione determina il paradosso tra l'altro che numerose persone si trovino a dover versare l'Imu per due «seconde case» senza avere alcuna «prima casa», con una evidente illogicità che vanifica il beneficio fiscale previsto dalla normativa nazionale sulla cosiddetta «prima casa» –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative normative che permettano di usufruire dell'agevolazione anche nel caso di «scissione» del nucleo famigliare.
(4-08223)


   ALBANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il «Cashback» previsto dalla legge di bilancio 2020 offre ai cittadini la possibilità di ottenere un rimborso in denaro, in base agli acquisti che effettuano entro un certo periodo e a titolo privato, con strumenti di pagamento elettronici;

   esso si applica solo agli acquisti realizzati tramite dispositivi fisici presso i negozi che partecipano al programma sul territorio nazionale;

   dopo il cosiddetto «Cashback di Natale» e «l'Extra Cashback di Natale» dal 1° gennaio 2021 è stato introdotto anche il cosiddetto «Super Cashback», che, in aggiunta al definito rimborso percentuale del 10 per cento prevede, per i primi centomila aderenti, un rimborso speciale pari a 1.500 euro. Rientrando quindi nei primi centomila cittadini che in un semestre hanno totalizzato il maggior numero di transazioni con carte di credito, carte di debito e prepagate, bancomat e app di pagamento, si ha diritto a tale rimborso;

   sono considerati validi gli stessi acquisti del cashback e non esiste limite per gli importi spesi, ma viene invece contato il numero di transazioni effettuate. Come riportato da alcune testate giornalistiche, appare significativo il caso di Caraglio (Cuneo), dove un cliente ha effettuato presso un distributore di benzina self-service circa 60 transazioni con bancomat in meno di un'ora, per una spesa totale di 6,51 euro, e il gestore del centro, penalizzato dalle commissioni subite, ha allertato le autorità, le quali, evidenziata la legalità del comportamento, non sono potute intervenire;

   il fatto sopracitato non è che un esempio tra i molti accaduti sul suolo nazionale e l'iniziativa del «cashback» già risulta, oltre che enormemente dispendiosa, inutile e penalizzante per gli esercenti a causa delle onerose ed aumentate commissioni –:

   quali iniziative intenda intraprendere, in particolare al fine di normare la sopracitata situazione per tutelare i numerosi esercenti che si ritrovano, loro malgrado, vittime di questa iniziativa.
(4-08235)


   VALLASCAS. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   secondo le associazioni di categoria del settore delle costruzioni, l'ordinamento fiscale in materia di compravendita immobiliare presenterebbe alcune anomalie che, determinando un'apprezzabile disparità di trattamento, a seconda del venditore, tra immobili nuovi o ristrutturati e immobili «usati», introdurrebbe un elemento di convenienza economica nell'acquisto di questi ultimi e, viceversa, penalizzerebbe e renderebbe meno conveniente l'acquisto di edifici nuovi o ristrutturati ed efficientati;

   la citata anomalia sarebbe determinata dal differente regime fiscale che verrebbe applicato a seconda che il venditore sia un privato oppure un'impresa di costruzioni: in pratica chi compra l'usato dal privato, oltre ad essere esente da Iva pagherebbe una tassa di registro al 2 per cento o al 9 per cento sul valore catastale dell'abitazione, mentre chi acquista invece un immobile nuovo o riqualificato dall'impresa, pagherebbe l'Iva al 4' per cento o al 10 per cento sull'intero corrispettivo di vendita;

   questo stato di cose, secondo molti analisti del settore delle costruzioni, con particolare riguardo alla realizzazione di immobili ad uso abitativo, non stimolerebbe il mercato a orientarsi su prodotti immobiliari altamente performanti sotto il profilo energetico e strutturale;

   nel contempo, si ritarderebbe la ripresa di un comparto già gravemente colpito dalla crisi delle economie occidentali che, tra il 2008-2012, ha prodotto in Italia una contrazione degli investimenti in costruzioni (-25,8) per cento e in edilizia abitativa (-44,4 per cento);

   questa circostanza ridurrebbe, inoltre, gli effetti delle misure adottate nel nostro Paese per promuovere l'efficientamento energetico e la riqualificazione del patrimonio edilizio: misure urgenti in considerazione degli elevati indici di dispersione energetica e di emissioni clima-alteranti degli edifici di vecchia costruzione;

   a questo proposito è il caso di riferire che, secondo la Commissione europea, le case, gli uffici, i negozi e gli edifici in generale assorbono circa il 40 per cento del consumo energetico finale e sono causa del 36 per cento delle emissioni di gas serra;

   l'esigenza di stimolare il mercato su prodotti di nuova concezione ovvero riqualificare il già costruito dovrebbe essere maggiormente sentita nel nostro Paese che si caratterizza per la vetustà del patrimonio edilizio;

   secondo il 15o censimento Istat della popolazione e delle abitazioni del 2011 emergerebbe che il 53,7 per cento delle abitazioni avrebbe più di 40 anni: sarebbe stato costruito prima dell'entrata in vigore della legge n. 373 del 1976 per il contenimento del consumo energetico per usi termici degli edifici;

   un ulteriore 31 per cento del patrimonio abitativo sarebbe stato edificato nel ventennio successivo e il 7,4 per cento nel periodo 1991-2000; soltanto il restante 7,69 per cento sarebbe stato edificato dopo il 2001;

   anche per riattivare il mercato abitativo, in considerazione delle implicazioni e delle ricadute significative che l'edilizia potrebbe avere sull'intera economia, nella legge di stabilità 2016 è stata introdotta, limitatamente al biennio 2016-2017, una detrazione Irpef del 50 per cento dell'Iva corrisposta per l'acquisto di case in classe energetica A o B, cedute dalle imprese costruttrici delle stesse –:

   se il Governo non ritenga opportuno, per quanto di competenza, adottare iniziative di natura normativa per stimolare, attraverso misure fiscali, il mercato degli immobili ad uso abitativo a orientarsi su prodotti altamente performanti sotto il profilo energetico e strutturale, rimuovendo l'attuale disparità di trattamento fiscale tra immobili di nuova costruzione o ristrutturati venduti direttamente dal costruttore o da chi ha realizzazione la ristrutturazione.
(4-08237)


   ZIELLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   a seguito dei numerosi provvedimenti governativi in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, che hanno imposto una prolungata sospensione delle attività culturali e ricreative, migliaia di circoli e associazioni di promozione culturale e sociale – già fortemente penalizzati dal primo lockdown – si trovano, oggi, in una situazione di estrema difficoltà e incertezza riguardo alla possibilità di ricominciare a svolgere la propria attività;

   si evidenzia che la sopravvenuta mancanza di entrate ha indubbiamente messo in pericolo la tenuta economica di queste attività;

   in particolare, per numerose realtà dei circoli la chiusura dei relativi bar implica la perdita della principale fonte di guadagno su cui si reggono la maggior parte delle attività e delle spese necessarie per mantenere aperte le strutture; per altri circoli, invece, significa non poter garantire il lavoro dei dipendenti o dei gestori;

   la pandemia da Covid-19 ha avuto un impatto sociale tale da determinare un aumento della povertà e delle disuguaglianze per i settori sociali più vulnerabili: l'esistenza dei circoli ricreativi e culturali risulta, dunque, ancor più necessaria per la salvaguardia dei diritti delle fasce popolari e per la coesione sociale delle comunità che vi appartengono –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare al fine di garantire alle attività del mondo dell'associazionismo di promozione sociale e culturale del terzo settore l'adeguato sostegno economico per la sopravvivenza delle medesime, considerate punti di riferimento di inclusione e di solidarietà per tutto il Paese.
(4-08246)


   CAVANDOLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il cashback è una delle iniziative del Piano Italia Cashless previste dalla legge di bilancio 2020 (articolo 1, commi da 288 a 290, della legge del 27 dicembre 2019, n. 160) e dal decreto 24 novembre 2020, n. 156 emesso dal Ministro dell'economia e delle finanze; in particolare, essa offre la possibilità di ottenere un rimborso in denaro in base agli acquisti effettuati, entro un certo periodo e a titolo privato, con strumenti di pagamento elettronici;

   in aggiunta al rimborso percentuale medesimo, i primi 100.000 aderenti che – nel singolo periodo del programma – abbiano totalizzato il maggior numero di transazioni regolate con strumenti di pagamento elettronico hanno diritto ad un rimborso speciale di tipo forfettario (il cosiddetto «Super Cashback») pari a 1.500,00 euro. In questo caso, come del resto anche nel tradizionale cashback, non conterà il valore della spesa eseguita, bensì quante transazioni digitali saranno compiute;

   la norma, fortemente voluta dal Governo «giallorosso», è stata rifinanziata dal «decreto agosto» con una dotazione di 2,2 milioni di euro per l'anno 2020 e di 1 miliardo e 750 milioni di euro per l'anno 2021;

   tuttavia, è stato registrato un metodo elusivo per rientrare nell'ordine di assegnazione tra i potenziali beneficiari, ovvero quello di fare tante micro transazioni per l'acquisto di un solo bene o servizio: una pratica utilizzata spesso alle casse veloci del supermercato, per esempio, o dal benzinaio (cfr. ilmessaggero.it 9 febbraio 2021);

   uno dei casi più eclatanti si è verificato a Caraglio, lungo la strada provinciale 422, al distributore di benzina Ip-Total Erg di Aldo Bergia in via Divisione Cuneense, dove un automobilista ha eseguito ben 65 transazioni bancomat da 8, 9 centesimi l'una, per 6.51 euro totali, così da avere più transazioni possibili da poter conteggiare (cfr. primacuneo.it 4 febbraio 2021);

   lo strumento, nato con l'intento di contrastare l'evasione fiscale attraverso l'incentivo all'utilizzo della moneta elettronica, si sta rivelando inefficace nel merito e soprattutto nella sua gestione operativa; ad esempio, alcuni benzinai sono stati costretti a disattivare i pagamenti elettronici onde evitare queste mini-transazioni penalizzando, ingiustamente, chi vuole fare rifornimento senza contanti (cfr. ilgiornale.it 11 febbraio 2021);

   ne conviene, a parere dell'interrogante, anche una doverosa riflessione sul dispositivo stesso, così da scongiurare – come ad esempio è avvenuto per l'accesso alla procedura per richiedere i contributi a fondo perduto previsti dal cosiddetto decreto Rilancio, il noto «click day», riferito al buono mobilità – questo tipo di comportamenti, nonché i malfunzionamenti dei sistemi operativi di controllo all'uopo previsti –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare in riferimento a quanto esposto in premessa, risolvendo indifferibilmente la problematica delle microtransazioni per ricevere il «super cashback» e valutando al contempo il superamento dello stesso cashback sì da risolvere definitivamente le criticità ad esso correlate.
(4-08267)


   CECCHETTI, MORELLI e BONIARDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   dalla cronaca dei quotidiani locali, nonché da documenti ufficiali del comune di Trezzano sul Naviglio (Milano), sono emerse una serie criticità circa il deposito e la custodia di autoveicoli presso le depositerie del territorio, che hanno determinato l'insorgere di ingenti debiti a carico dell'ente locale (e conseguentemente dell'intera collettività);

   nello specifico, in un arco temporale dal 2009 al 2020, il comune ha maturato ingenti debiti circa la gestione dei veicoli sequestrati, fermati o rimossi e lasciati (anzi dimenticati) nei depositi, pari a circa 600.000 euro, determinando un debito fuori bilancio;

   la commissione trasparenza e controllo del comune di Trezzano avrebbe individuato una serie di «...negligenze e dimenticanze...» nei pagamenti, fino ad arrivare alla somma citata con l'individuazione di «...responsabilità tecniche e politiche...» in capo all'attuale e alle passate giunte comunali (in tal senso la commissione e la cronaca giornalistica);

   l'intera vicenda è peraltro ricostruita anche in un documento ufficiale del comune, a firma del segretario generale del 26 ottobre 2020, depositato anche presso la procura regionale per la Lombardia della Corte dei conti in data 25 gennaio 2021;

   nel documento si legge che, in generale, è «...stato riscontrato un certo numero di autoveicoli depositati da anni...» e questo «...trova la sua più probabile spiegazione nella non efficace gestione ... della procedura ... nelle fasi successive all'avvenuto deposito...»;

   peraltro, tale situazione è stata periodicamente accertata con verifiche, note all'amministrazione, alle quali non sono seguite specifiche azioni volte ad evitare l'incremento del debito del comune; in particolare, nel documento del segretario generale si legge: «...fino ad oggi non sono stati compiuti atti od operazioni diretti a limitare la progressione del debito ... né nei periodi iniziali ... né in quelli successivi e nemmeno in occasione delle richieste di pagamento...» e tale situazione permane, poiché «...non risultano provvedimenti organizzativi, già sollecitati, formali che definiscano chiaramente l'intero processo e individuino responsabili di procedimento...»;

   la situazione e poi aggravata dalla circostanza che il comune non sarebbe stato trasparente nelle gestione delle pratiche e dei documenti; infatti «...a proposito della documentazione stanno emergendo ... frammentarietà ... [e] una confusa gestione delle pratiche cartacee...»;

   dal quadro descritto emergerebbe una «...responsabilità per danno erariale ...», determinata dal ritardo delle azioni e degli interventi, aggravata dall'assenza di una «...negoziazione con operatori economici del contratto per il deposito ... "con" ... liquidazioni effettuate in assenza di provvedimenti autoritativi...» che hanno – come ricordato – cagionato un debito fuori bilancio –:

   se il Governo non ritenga di promuovere una verifica da parte dei servizi ispettivi di finanza pubblica della Ragioneria generale dello Stato in ordine ai fatti illustrati, anche in considerazione dell'impatto economico che il debito fuori bilancio avrà necessariamente nei confronti della cittadinanza del comune interessato.
(4-08283)


   CUNIAL. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con la sentenza della Corte d'appello di Palermo del 3 aprile 2019, si è confermata la condanna alle pene ritenute di giustizia pronunciate dal Tribunale di Palermo in data 22 settembre; nei confronti di due dipendenti di Poste Italiane spa, per il delitto di appropriazione indebita continuata e aggravata commessa dagli imputati, prelevando abusivamente in più occasioni somme di denaro da un libretto postale intestato ad un cliente della società;

   la difesa ha proposto ricorso presso la Corte di Cassazione la quale, in data 3 dicembre 2020, ha proceduto ai sensi di legge a riesaminare il caso, giudicandolo inammissibile;

   risulta all'interrogante, da fonte certa, che tale attività contro i due dipendenti fu oggetto di una azione investigativa interna a Poste Italiane, condotta in modo riservato su delega dell'autorità giudiziaria, in quanto l'allora dirigente, poi «esodato» con compenso in denaro, sospese gli accertamenti per motivi di natura sindacale. La Corte d'appello aveva «apprezzato la specificità degli accertamenti ispettivi»;

   risulta all'interrogante, infatti, che uno dei due ricoprisse un rilevante incarico all'interno di una organizzazione sindacale e che il Comitato whisteblowing aziendale fosse a conoscenza di tutta l'attività ispettiva condotti;

   l'interrogante ha già denunciato al Ministro, con diverse interrogazioni, tra cui la n. 4/06471, i problemi all'interno dell'azienda e i gravi pregiudizi a carico dei clienti di Poste Italiane, nonché cittadini italiani, che si avvalgono della tutela del risparmio gestita dalla società e di cui lo Stato si fa garante, così come previsto dalla Costituzione all'articolo 47;

   si ricorda che la Cdp (Cassa depositi e prestiti) ha in essere un accordo che si rinnova ogni 3 anni con Poste Italiane per la gestione del risparmio postatele e che Cdp è l'emittente dei buoni fruttiferi e dei libretti di risparmio postali, garantiti dallo Stato. Sul sito di Cdp si può leggere che: «Al valore economico di un investimento garantito dallo Stato, si aggiunge un importante valore etico. Con i propri risparmi, infatti, il risparmiatore è partecipe della crescita del proprio territorio. Le risorse raccolte da CDP con il Risparmio postale finanziano le infrastrutture, i servizi pubblici locali e supportano il sistema imprenditoriale nazionale. Sono risorse raccolte dal territorio che tornano al territorio sotto forma di servizi ai cittadini e posti di lavoro»;

   si ricorda che circa il 65 per cento delle azioni di Poste Italiane è ripartito tra Ministero dell'economia e delle finanze, che ne detiene una quota del 29,26 per cento, e da Cdp che possiede una quota del 35 per cento e che a sua volta Cdp è posseduta dal Ministero dell'economia e delle finanze per un 82,77 per cento;

   a parere dell'interrogante Poste Italiane non da seguito alle segnalazioni interne da parte dei suoi ispettori, talvolta perseguitandoli, come più volte affrontato nella vicenda dell'ispettore Carollo con le interrogazioni nn. 4/06471, 4/06901, 4/07392, 4/07658, 4/07654, 4/07897, e così facendo compromette, in modo grave e pervasivo, la sua credibilità aziendale nella gestione del risparmio. Se l'azienda non è in grado di risolvere i problemi interni aziendali e le frodi interne, non può tutelare nemmeno il risparmio del cittadino di cui lo Stato si fa costituzionalmente garante –:

   se il Governo non intenda adottare iniziative di competenza per rivedere la gestione del risparmio afferente ai libretti di risparmio postale, volte ad escludere la garanzia dello Stato per tale gestione, dati i rilevanti problemi interni all'azienda che si tramutano in pregiudizi al risparmiatore, o volte a trasferire tale gestione ad altro ente più tutelante.
(4-08293)


   CIABURRO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   come noto, con provvedimento congiunto dell'Agenzia delle entrate e dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli 29 gennaio 2021 è stata fissata all'11 marzo 2021 la data della prima estrazione della cosiddetta Lotteria degli scontrini per le spese effettuate a partire dal 1° febbraio 2021;

   come noto, tuttavia, l'introduzione della lotteria degli scontrini richiede un adeguamento di natura non gratuita dei registratori di cassa attualmente in uso, anche quelli già abilitati alla trasmissione dei corrispettivi telematici;

   l'obbligo di fatturazione elettronica ha già comportato per gli esercenti, con particolare impatto sui piccoli commercianti, o come nel caso dei panificatori, la necessità di dotarsi di registratori di cassa abilitati alla trasmissione dei corrispettivi telematici, con costi oscillanti tra i 300 ed i 1.000 euro;

   in questo senso, la lotteria degli scontrini si configura come un ulteriore costo in capo agli esercenti, costringendoli ad una spesa fino a 350 euro nel caso di adeguamento software del proprio registratore e fino a 500-600 euro nel caso di necessità di acquistare un registratore di cassa con meccanismo di scansione di ultima generazione;

   come attestato da Confcommercio, oltre la metà dei registratori di cassa, ad oggi, non sono aggiornati, anche per via del costo medio di adeguamento sui 300-350 euro, che rappresenta un costo non indifferente data l'attuale situazione di crisi pandemico-economica, e non essendo previsti sgravi contributivi per l'adeguamento dei registratori di cassa;

   il predetto costo assume un connotato particolarmente gravoso se si considera che numerosi esercenti hanno dovuto subire la chiusura per almeno 160 giorni nel corso del 2020, con inevitabili e drammatiche ripercussioni sugli incassi, al netto della mancata cancellazione dei costi fissi, rendendo economicamente insostenibile una cifra seppur apparentemente modesta come 350 euro –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intendano attuare per: prorogare il termine di adeguamento dei registratori di cassa all'iniziativa in premessa al termine dell'emergenza pandemica;

   prevedere incentivi e sgravi contributivi che coprano almeno il 50 per cento del costo totale per incentivare l'ammodernamento dei registratori di cassa per la lotteria degli scontrini.
(4-08297)

GIUSTIZIA

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   sono sconcertanti i dati del report realizzato dal ministero della giustizia all'indomani del caso Bibbiano: tra gennaio 2018 e giugno 2019 sono stati allontanati dalle famiglie 12.338 minori (23 ogni giorno) per ordine dell'autorità giudiziaria, dei quali 1.540 (12 per cento hanno fatto rientro a casa, mentre dei restante 88 per cento «non è dato sapere con certezza la destinazione»;

   emblematico dei troppi allontanamenti considerati di dubbia opportunità, il caso controverso dei quattro fratelli di Cuneo, allontanati dalla famiglia e collocati in comunità diverse per spezzare «il legame patologico» che esisterebbe tra loro;

   la vicenda nasce nell'ambito di una separazione consensuale, in cui il giudice aveva stabilito l'affido congiunto dei quattro figli della coppia tra i 6 e i 14 anni, con collocazione presso la madre nella casa coniugale;

   a novembre, a seguito della denuncia da parte della madre nei confronti dell'ex marito per presunti abusi sessuali sui minori, il tribunale emette un provvedimento di allontanamento dei figli dalla madre e collocamento prima presso i nonni patemi e poi, a fronte della difficoltà avanzata dai nonni nel proseguire l'affido, ognuno in una comunità differente;

   il tribunale civile di Cuneo, al quale la madre si era rivolta chiedendo l'affido esclusivo dei figli, infatti, aveva nominato una Consulenza Tecnica d'ufficio per valutare la capacità genitoriale di entrambi e l'indagine si era conclusa con una diagnosi di alienazione parentale per la mamma, esclusa, però, da una successiva valutazione medica della Asl di Bologna;

   secondo quanto riportato da organi di stampa, i ragazzi hanno chiesto ripetutamente di tornare dalla mamma: i due maggiori hanno cominciato lo sciopero della fame, il terzogenito ha tentato la fuga dalla struttura perché voleva tornare a casa dalla madre e rivedere i fratelli; il piccolo ha raccontato in una lettera la sofferenza per «l'inspiegabile crudeltà della separazione dalla madre»;

   come denunciato dalla madre, che sta conducendo una battaglia per poter riabbracciare i propri figli: «A fine marzo una relazione della neuropsichiatra rilevava il malessere dei bambini e vagliava un progetto per riportarli a casa. [...] Sembrava stessero tornando a casa da un momento all'altro. Il PM aveva anche firmato questo progetto della neuropsichiatra e dell'assistente sociale che diceva che i bambini sarebbero dovuti tornare da me e che le case famiglia non andavano bene. [...] Poi il giudice è cambiato e ha firmato questo decreto»;

   secondo la madre, che ha sporto formale querela nei confronti del giudice per le indagini preliminari presso il tribunale ordinario di Cuneo, tutti i magistrati che, sino ad oggi, si sono occupati della vicenda hanno rigettato la richiesta di audizione dei minori, anche dei più grandi, oggi di 16 e 14 anni, sulla base peraltro, della perizia del consulente d'ufficio, della quale nel corso dell'incidente probatorio sarebbe stata dimostrata l'assoluta inaffidabilità;

   il giudice Onorario del tribunale dei minori di Torino è intervenuto pubblicamente sulla vicenda, dichiarando che «ascoltare i minori, non significa poi fare tutte le cose che i ragazzi chiedono o desiderano»;

   la Convenzione dei diritti del fanciullo di New York del 1989 (ratificata in Italia con la legge n. 176 del 1991) ha profondamente modificato la visione del minore, che è passato da soggetto da tutelare a soggetto di diritti e, in particolare, l'articolo 12 ha richiesto agli Stati di garantire al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la propria opinione su ogni questione che lo riguardi e che la sua opinione sia presa in seria considerazione, tenendo, ovviamente, conto del suo grado di maturità;

   in linea con tale orientamento, il combinato disposto degli articoli 336-bis e 337-octies del codice civile riconosce il diritto del fanciullo che abbia compiuto i dodici anni, o anche di età inferiore se capace di discernimento, ad essere ascoltato in tutte le questioni che lo riguardano; l'ascolto del minore è un obbligo, non una facoltà lasciata alla discrezionalità del giudice e, pur non essendo il giudice un mero esecutore dei desideri espressi dal minore, una decisione contraria alla volontà espressa dovrebbe essere puntualmente motivata;

   l'articolo 9 della Convenzione Onu sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza impegna, altresì, gli Stati a vigilare affinché il fanciullo non sia separato dai genitori contro la propria volontà, se non in presenza di gravi criticità –:

   quali immediate iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere, anche di carattere normativo in relazione al caso esposto in premessa, al fine di garantire pienamente l'effettivo diritto dei minori ad essere ascoltati in tutti i procedimenti che li riguardano e, in particolare, affinché sia prioritariamente salvaguardato il preminente interesse dei minori e la loro volontà.
(2-01100) «Bellucci».

Interrogazione a risposta orale:


   BILOTTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   il 16 gennaio 2021, i quotidiani locali salernitani hanno pubblicato la notizia secondo la quale, l'ex tribunale di Salerno, in corso Garibaldi, sarebbe stato oggetto di una manifestazione di interesse all'acquisto da parte di privati, per un'offerta di circa 7 milioni di euro;

   la modifica riguarderebbe solo una parte dell'ex tribunale, perché sul resto sono stati posti i vincoli dalla Soprintendenza alle belle arti, per il valore storico-artistico di uno degli edifici simbolo della città;

   il tribunale, inaugurato nel 1934, rappresenta un simbolo della storia italiana: anche se per un periodo brevissimo, nel 1944, gli alleati decisero di trasferire a Salerno la nuova capitale del Regno del Sud, e l'allora Ministero della giustizia fu ospitato nel palazzo del tribunale;

   a conferma del suo valore storico per la storia democratica del nostro Paese, dinanzi alla facciata principale del tribunale è stata collocata la statua di Giovanni Amendola, giornalista, filosofo, politico antifascista, scolpita e fusa in bronzo da Gaetano Chiaromonte nel 1949;

   a pieno titolo, l'intero Palazzo dell'ex tribunale di Salerno riveste un valore testimoniale e rappresenta un collegamento identitario e civico di «significato distintivo eccezionale», sia per la città di Salerno, sia per l'Italia intera, così come recita l'articolo 10, comma 3, lettera d), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 «Codice dei beni culturali e del paesaggio», che indica come beni culturali dello Stato, tra l'altro, «le cose immobili che rivestono un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell'arte e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell'identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose» –:

   se trovi conferma la notizia della suddetta manifestazione d'interesse all'acquisto e, nel caso, quali iniziative di competenza il Ministro della giustizia intenda adottare al riguardo;

   se il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza volte a considerare l'intero Palazzo dell'ex tribunale di Salerno, a pieno titolo, immobile da tutelare quale bene culturale dello Stato.
(3-02059)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   COLLETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in seguito a notizie pubblicate sugli organi di stampa si è appresa la vicenda relativa alla scarcerazione dell'ex senatore Denis Verdini, avvenuta qualche giorno fa dall'istituto penitenziario di Rebibbia, dove era stato recluso il 3 novembre 2020 per scontare una condanna definitiva a sei anni e mezzo per bancarotta fraudolenta, ottenendo ora la misura meno afflittiva della detenzione domiciliare provvisoria;

   alla base di tale provvedimento ci sarebbe la drammatica situazione in cui versa il carcere di Rebibbia, dove alcune sezioni sono state chiuse per la diffusione dei contagi registrata nelle ultime settimane, e dove ci sarebbero oltre 90 casi di detenuti positivi al Covid-19, di cui alcuni ricoverati in ospedale, e decine di detenuti affetti da gravi malattie;

   i giudici avrebbero ritenuto «incompatibile» tale situazione con le condizioni di salute dell'ex senatore, che ora sta trascorrendo il periodo di detenzione presso la propria abitazione di Firenze;

   dagli organi di stampa emerge una situazione di evidente e grave disparità di trattamento nei confronti di decine di malati «ristretti» nelle carceri, in condizioni anche più gravi di quelle di Verdini, come testimoniato sugli stessi organi di informazione, che non riescono nemmeno ad ottenere la visita necessaria per poter dimostrare l'incompatibilità con la detenzione carceraria, a fronte delle tante richieste inascoltate dei loro familiari;

   Verdini, peraltro coinvolto in numerose inchieste e processi e già condannato in passato prima della condanna definitiva che sta ora scontando, sarebbe riuscito, invece, ad ottenere, con una tempistica ad avviso dell'interrogante «sorprendente», prima la visita del medico che ha accertato l'incompatibilità con la detenzione carceraria, e poi l'approvazione della misura differita da parte del magistrato di sorveglianza, decisa il 29 gennaio 2021 e fino al prossimo 4 marzo, in quanto definito «un soggetto particolarmente vulnerabile al contagio da Covid-19»;

   suscitano grande preoccupazione la situazione delle carceri italiane e i ritardi nelle vaccinazioni di detenuti e operatori carcerari, nell'ottica di tutelare i principi costituzionali della salute e della dignità umana e anche di evitare nuove incomprensibili scarcerazioni;

   lo stesso Garante dei detenuti di Roma Capitale ha sollevato pesanti dubbi sulla disparità di trattamento nei confronti delle pratiche relative al «caso Verdini», «espletate con una velocità che normalmente non è consuetudine all'interno del carcere», rispetto alle tante richieste analoghe, rimaste inascoltate o addirittura precedentemente respinte negando la presenza del Covid-19, e che comunque prevedono normalmente «tempi molto molto più lunghi»;

   nell'ultimo mese sarebbero state presentate decine di istanze di sollecito, per potenziare la presenza di medici all'interno del carcere di Rebibbia, e per effettuare le visite mediche ad altrettanti detenuti che lamentano patologie incompatibili con l'emergenza pandemica –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e/o di situazioni analoghe, se intenda promuovere iniziative di competenza, nel pubblico interesse e della giustizia, a tutela dei principi costituzionali di uguaglianza sostanziale e parità di trattamento, per verificare se quanto evidenziato corrisponda al vero e, conseguentemente, valutare l'adozione delle necessarie iniziative, con l'urgenza richiesta dalla straordinaria gravità della situazione.
(5-05380)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIANNONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 69 del 2019, sul cosiddetto Codice Rosso, aggiunge un ulteriore comma all'articolo 165 c.p., in materia di sospensione condizionale della pena, prevedendo che, con riguardo ai reati di violenza domestica e di genere, la sospensione condizionale della pena è subordinata alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero dei soggetti condannati per i medesimi reati;

   secondo quanto pubblicato dall'Agenzia Dire qualche mese fa, da quando è in vigore il Codice rosso sono «esplose le richieste da parte degli avvocati difensori (degli uomini che commettono violenze, ndr) per accedere al Centro per uomini maltrattanti (Cam)» di Bologna. Questo accade, non tanto per morale o senso di colpa da parte degli uomini, ma perché il Codice rosso permette a coloro che hanno un procedimento penale, una sentenza o un processo in corso, di ottenere agevolazioni, come sconti della pena o la sospensione condizionale della pena (quindi di evitare il carcere), se decidono di intraprendere un percorso di recupero psicologico. A dirlo è Gerardo Lupi, dirigente sociologo dell'Azienda sanitaria di Bologna, che fa il punto della situazione in occasione dell'udienza conoscitiva per aggiornamenti sull'attività del Centro per uomini maltrattanti e sul presidio antiviolenza della Casa della salute al Navile, chiesta dalla consigliera dem Simona Lembi. Come spiega Lupi, proprio per questo è «alto il tasso di abbandono» del percorso di recupero;

   «Stiamo vedendo che il tasso di abbandono dopo i primi tre incontri, che noi facciamo per valutare la situazione e per capire se la persona si rende conto che ha compiuto violenza, è alto»;

   stando ai dati, la maggior parte dei soggetti che si rivolge al Centro per uomini maltrattanti sono uomini con una compagna e un procedimento penale o giudiziario alle spalle o in corso. Il 70 per cento di questi uomini è italiano e l'età media è sui 40 anni;

   non stupisce che molti avvocati stiano facendo richiesta ai centri per uomini maltrattanti (Cam) per tentare di ottenere per i loro assistiti attenuanti alla pena da scontare perché «il mondo giuridico è immerso nel patriarcato e nella mentalità maschilista». A dirlo è Maria Chiara Risoldi, presidente della Casa delle donne per non subire violenza, onlus di Bologna, commentando «l'esplosione di richieste da parte degli avvocati difensori (degli uomini che commettono violenze, ndr)» per accedere a percorsi di recupero psicologico nei vari Centri per uomini maltrattanti, come emerso nella commissione comunale sul tema, a Bologna;

   recentemente, Repubblica ha pubblicato un articolo in cui emerge che «un uomo ha picchiato la compagna anche quando era incinta, l'ha isolata da amici e familiari, l'ha minacciata con frasi terribili e l'ha quasi soffocata. Ma sta seguendo un corso di recupero per uomini violenti. Ed è mostrando questa volontà di cambiare che ha potuto patteggiare un anno e quattro mesi di carcere e ottenere la sospensione condizionale della pena». Lo prevede la legge che ha introdotto il codice rosso. Ottenere benefici nel procedimento penale è possibile con la clausola che i maltrattanti frequentino un'associazione che si occupa di percorsi di sostegno per emanciparsi da comportamenti violenti e prevaricatori –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo, sia in relazione agli esiti dell'applicazione delle leggi già vigenti, sia sul piano dell'aggiornamento della normativa, in particolare penale, per disporre di misure più stringenti in materia di violenza domestica o di genere.
(4-08177)


   BARTOLOZZI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 30, comma 1, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prevede, fino al 31 gennaio 2021, che la pena detentiva non superiore a diciotto mesi, anche se parte residua di maggior pena, possa essere eseguita presso il domicilio, salve eccezioni per alcune categorie di reati o di condannati, con l'applicazione di procedure di controllo mediante i braccialetti elettronici;

   con provvedimento del Capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia, d'intesa con il Capo della Polizia-direttore generale della pubblica sicurezza, è individuato il numero dei mezzi elettronici e degli altri strumenti tecnici da rendere disponibili, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, che possono essere utilizzati per l'esecuzione della pena con le modalità citate, tenuto conto anche delle emergenze sanitarie rappresentate dalle autorità competenti;

   in data 5 novembre 2020 è stato firmato il provvedimento del Capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, d'intesa con il Capo della Polizia - direttore generale della pubblica sicurezza. Tale provvedimento prevede che il dipartimento della pubblica sicurezza renda disponibili n. 1.200 apparecchi mensili per il controllo dei detenuti ammessi alla detenzione domiciliare;

   è importante precisare che il contratto in essere tra il Ministero dell'interno e Fastweb spa, ha per oggetto l'affidamento di un servizio di monitoraggio di soggetti con l'utilizzo di strumenti di sorveglianza elettronici, con correlata installazione ed attivazione mensile, di un numero di 1.000 braccialetti elettronici, fino ad un surplus pari al 20 per cento, per un massimo di 1.200 mensili, per un arco temporale di trentasei mesi a decorrere dalla data del 18 dicembre 2018;

   il 15 gennaio 2021, il Vice Ministro dell'interno, Vito Claudio Crimi, in risposta ad una interpellanza urgente (n. 2-01022) ha specificato che dall'11 settembre 2019 e fino al 31 dicembre 2020, risultano attivati 10.155 dispositivi con un residuo di braccialetti attivi pari a 4.215 anziché 24.000 (mille al mese per 24 mesi);

   se ci si attiene agli atti pubblicati del contratto tra Ministero dell'interno e Fastweb spa si ricava che la prestazione alla quale Fastweb appare tenuta non è fornire 1.000/1.200 braccialetti al mese ma «consentire l'attivazione media di 1.000 dispositivi al mese, con la capacità di attivarne anche il 20 per cento in più» se richiesti;

   risulta, dunque, evidente che le richieste di attivazione sono state molte meno rispetto a quanto previsto: ecco perché sui primi due dei tre anni di contratto, quando cioè potevano essere attivati fino a 24.000 braccialetti, il Viminale conteggia in tutto 10.1565 attivazioni e 5.940 disattivazioni; peraltro, per quel che pare ricavarsi dal contratto — considerato che l'azienda dice di essere vincolata a riservatezza e il Ministero sinora non ha fornito alcuna spiegazione — oltre a due quote fisse (75.000 per il piano di lavoro e 400.000 per le postazioni di polizia), Fastweb sembrerebbe essere pagata a consuntivo bimestrale sul numero di attivazioni e di monitoraggi relativi ai braccialetti elettronici –:

   se il Governo intenda rendere noto, tempestivamente, il contenuto del contratto stipulato tra Ministero dell'interno e Fastweb spa in merito alla fornitura di braccialetti elettronici;

   se, sulla base del contratto stipulato tra Ministero dell'interno e Fastweb spa, l'azienda di telecomunicazioni sia retribuita in relazione al numero di attivazioni effettive di braccialetti elettronici o, in alternativa, se vi siano altri criteri retributivi alla base del contratto citato;

   quale sia il numero dei detenuti ad oggi, suddivisi per tipologia di reati commessi, che possano astrattamente usufruire della detenzione domiciliare.
(4-08194)


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge n. 176 del 2020, ha apportato significative modifiche anche al sistema della giustizia;

   in particolare, l'articolo 23 introduce disposizioni volte a regolare lo svolgimento dei procedimenti giurisdizionali, sia nel settore penale che nel settore civile, nel periodo decorrente dall'entrata in vigore del decreto-legge e per tutta la durata dell'emergenza sanitaria da Covid-19;

   il comma 9-bis del suddetto articolo, infatti, consente al cancelliere il rilascio, in forma di documento informatico, della formula esecutiva dei titoli giudiziali, previa istanza da depositarsi da parte del difensore sempre in modalità telematica, e permette al difensore la possibilità di estrarre dal fascicolo informatico il duplicato e la copia analogica o informatica della copia esecutiva in forma di documento informatico;

   inoltre, la direzione generale degli affari interni del dipartimento per gli affari di giustizia del Ministero della giustizia (con nota DAG. n. 24494.U del 4 febbraio 2021), rispondendo ai quesiti sollevati da diversi uffici giudiziari e interpellando l'ufficio legislativo del Ministero stesso, ha chiarito l'efficacia della norma, aggiungendo che, per tutta la durata di applicazione della stessa, «gli uffici giudiziari dovranno [...] rilasciare le copie esecutive con modalità telematica senza richiedere il versamento dei diritti di copia dal decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002»;

   malgrado quanto rappresentato, alcune cancellerie, a quanto risulta all'interrogante, si rifiutano di applicare le disposizioni richiamate, asserendo di non disporre delle relative istruzioni in merito –:

   se e quali iniziative di competenza intenda intraprendere affinché si dia piena e integrale applicazione alle disposizioni richiamate in premessa.
(4-08226)


   ASCARI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il carcere di Modena, sotto pressione per le restrizioni imposte per l'emergenza Covid-19, alla vigilia del lockdown totale, ossia l'8 marzo 2020, fu devastato e incendiato dalle azioni di protesta e di distruzione. I ribelli riuscirono a impossessarsi di metadone e psicofarmaci, presenti in gran quantità e finiti nelle mani di un numero imprecisato di compagni e in particolare dei più fragili. Il bilancio fu di nove vittime: cinque stranieri furono trovati senza vita all'interno della struttura, gli altri vennero trasferiti a decine in altri istituti, forse senza nemmeno essere visitati o visitati in modo, probabilmente, veloce e superficiale. Altri tre immigrati e Sasà Piscitelli morirono anche loro prima di arrivare a destinazione o qualche ora dopo (v. http://www.ristretti.org);

   a seguito di ciò, la procura di Modena ha aperto due procedimenti penali, a carico di ignoti, sulle nove morti per omicidio colposo e morte come conseguenza di altro delitto;

   questa tragica vicenda è, tutt'oggi, all'attenzione costante del Garante nazionale dei diritti dei detenuti (dichiaratosi persona offesa nei procedimenti in corso), tanto che il 27 gennaio 2021 uno dei suoi rappresentanti ha visitato il carcere di Sant'Anna e ha incontrato le autorità istituzionali competenti della città di Modena per testimoniare non solo l'attenzione dell'Autorità Garante sulla questione ma per individuare come prioritaria la necessità di ricostruire la struttura, le relazioni e il dialogo con la città e per fare in modo che il carcere sia in relazione con la città e non sia considerato come un corpo estraneo e marginale, oltre che per riportare un po' di serenità anche tra il personale della polizia penitenziaria (vedi https://www.modenatoday.it);

   dalla visione della puntata della trasmissione della Rai, «Report» del 18 gennaio 2021 e dalla lettura di vari articoli di giornale che si sono occupati della vicenda, si è appreso che, secondo le testimonianze di detenuti e di familiari che ricostruiscono quei momenti tragici, ci sarebbero stati pestaggi (probabilmente da parte di agenti della polizia penitenziaria) dopo la rivolta, e anche durante i trasferimenti, all'arrivo nei vari istituti, e nei giorni seguenti, e si racconta anche di soccorsi presumibilmente negati ai detenuti che stavano male per avere ingerito farmaci. Tutto ciò verrebbe confermato anche da alcuni detenuti nei loro racconti (alcuni dei quali avrebbero presentato, in merito, degli esposti alla magistratura);

   è nato, spontaneamente, un Comitato cosiddetto «Verità e Giustizia» che sta lavorando alla raccolta di informazioni sulle vicende verificatesi in quei giorni nelle carceri italiane, tra cui quella di Modena;

   l'interrogante aveva posto la questione, sopra rappresentata, all'attenzione del Ministro interrogato con la presentazione di un'interrogazione a risposta scritta per chiedere se il Ministro interrogato non intendeva attivarsi, per quanto di competenza, al fine di assicurare un corretto ripristino dei livelli di sicurezza strutturale e personale all'interno della casa circondariale di Modena, a seguito delle rivolte che sono ivi avvenute nel marzo del 2020;

   questa drammatica vicenda e lo stato generalizzato di profondo disagio e di sofferenza che si vive nelle carceri, acuita dal coronavirus e dal sovraffollamento (quest'ultima questione ancora insoluta), ha manifestato, con ulteriore evidenza, che gli istituti penitenziari non possono più apparire come deposito di corpi, di disagio, di vite considerate «a perdere»: la vita e l'incolumità di chi è recluso deve essere tutelata e garantita, anche in coerenza con quanto stabilito dall'articolo 27, terzo comma, della Costituzione, per cui «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato»;

   i fatti sopra rappresentati non possono non attirare l'attenzione delle massime istituzioni per far luce su quello che effettivamente è avvenuto nel carcere di Modena, ed accertare laddove opportuno le eventuali responsabilità che hanno portato a questi tragici eventi –:

   se il Ministro interrogato, per quanto di competenza, sia a conoscenza dei fatti sopra esposti, e se ritenga opportuno adoperarsi, anche d'intesa con altri soggetti istituzionali competenti nonché attraverso un'eventuale inchiesta amministrativa per accertare, per quanto di competenza, le eventuali responsabilità in relazione a questa rivolta di massa e a questi tragici esenti, ed evitare che tutto ciò possa nuovamente ripetersi, a tutela dei diritti dei detenuti e della loro incolumità fisica e psichica.
(4-08249)


   ASCARI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nella data del 19 gennaio 2021, l'interrogante ha effettuato una visita presso la casa circondariale di Roma «Raffaele Cinotti» N.C.1. - Rebibbia Maschile, ed ha avuto una interlocuzione con la stessa direttrice dell'istituto penitenziario sulle problematiche inerenti alla gestione dei detenuti sottoposti al regime di detenzione speciale di cui all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario;

   in tale istituto penitenziario, da un lato, si ha un solo detenuto al 41-bis che effettua due ore d'aria più un'ora ora di saletta socialità, a seguito dell'accoglimento di un reclamo giurisdizionale – circa il limite delle due ore di permanenza all'aria aperta – richiesto dallo stesso e di cui ha ottenuto l'ottemperanza, e, dall'altro, vi sono ulteriori sei detenuti che; pur vedendosi accolto il reclamo giurisdizionale, non sono stati ancora autorizzati poiché non ne hanno richiesto ed ottenuto l'ottemperanza. Sul punto, si sottolinea che la direzione di questo Istituto penitenziario autorizza l'effettuazione di due ore di aria, più un'ora di saletta ai soli detenuti che hanno ottenuto l'ottemperanza, così come disposto dalla nota del Ministero della giustizia – Dap n. 0139637 del 25 aprile 2018;

   dalla lettura di quest'ultima circolare emerge, infatti, che una parte della giurisprudenza di sorveglianza ha tendenzialmente accolto i reclami avanzati da detenuti 41-bis ristretti negli istituti penitenziari, riconoscendo il diritto incondizionato del detenuto a fruire stabilmente di due ore all'aria aperta, lasciando impregiudicata l'ulteriore ora di socialità riconosciuta dalla prassi amministrativa;

   a tutto ciò, si aggiunge che, in tale istituto penitenziario, vi sono altri due detenuti al 41-bis che si sono visti accogliere un reclamo per poter fruire delle videochiamate con i familiari, come già accaduto ad altri detenuti ristretti presso altri istituti. Queste ultime due ordinanze sono state emesse sulla base dei principi enunciati nella recente sentenza della Corte di Cassazione, sezione I penale, n. 23819/2020. A seguito dell'interlocuzione avuta con la direttrice del carcere è emersa l'ulteriore criticità relativa all'esiguo numero di educatori a disposizione della direzione carceraria, non solo per i detenuti 41-bis, ma per l'intera popolazione detenuta presso la casa circondariale di Rebibbia: la mancanza di tali figure professionali si ripercuote sulla possibilità di garantire adeguate attività trattamentali;

   contrariamente a quanto avviene nella prassi e nella realtà, la prescrizione legislativa risultante dal combinato disposto di cui all'articolo 41-bis, comma 2-quater, lettere c) e f) ordinamento penitenziario prevede non solo la limitazione dei colloqui sottoposti a controllo auditivo ed a registrazione ma anche la limitazione della permanenza all'aperto, che non può svolgersi in gruppi superiori a quattro persone, ad una durata non superiore a due ore al giorno;

   alla luce di quanto finora esposto, evidenti sarebbero le problematiche e le criticità riguardo alla gestione e all'applicazione effettiva del regime carcerario di cui all'articolo 41-bis citato all'interno degli istituti penitenziari italiani, ove pare essere seguita una prassi regolamentare diversa rispetto a quanto prescritto dalla normativa vigente in materia, in ragione di quanto deciso dalla giurisprudenza, negli ultimi anni, e da quanto indicato nelle circolari ministeriali;

   queste ultime considerazioni e le problematiche rappresentate sembrano così confermare le osservazioni dei diversi magistrati antimafia italiani per cui il regime di detenzione speciale di cui all'articolo 41-bis ordinamento penitenziario non sarebbe mai stato applicato così come previsto dall'ordinamento penitenziario;

   a tutto ciò si aggiunge l'ulteriore difficoltà rappresentata dal numero insufficiente delle carceri idonee ad accogliere questi detenuti, e dalla carenza di organico del gruppo operativo mobile, ossia il reparto di eccellenza della polizia penitenziaria che si occupa solo dei detenuti sottoposti al 41-bis;

   è indubbio, quindi, che l'intero sistema di detenzione speciale di cui all'articolo 41-bis ordinamento penitenziario dovrebbe essere riorganizzato intervenendo, quanto prima, su alcune criticità che dovrebbero essere risolte al più presto, e programmando ulteriori interventi diretti all'implementazione di nuove risorse materiali ed umane, necessarie a garantire la funzionalità e l'efficacia del suddetto regime carcerario –:

   se il Ministro interrogato per quanto di competenza, sia a conoscenza dei fatti sopra esposti, e quali iniziative di competenza ritenga opportuno adottare per risolvere le criticità riguardanti il sistema di applicazione di detenzione speciale di cui all'articolo 41-bis ordinamento penitenziario, anche attraverso opportune iniziative normative dirette a dettare una disciplina uniforme e chiara in materia, e favorendo, altresì, l'implementazione di nuove risorse materiali ed umane necessari a garantire e rafforzare la funzionalità e l'efficacia del suddetto regime carcerario.
(4-08280)


   VARCHI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   desta particolare preoccupazione la notizia, riportata dagli organi di stampa, che la criminalità organizzata aveva messo in piedi un articolato sistema di comunicazione sfruttando le inquietanti lacune del regime carcerario del cosiddetto «carcere duro»;

   un avvocato di Canicattì organizzava nel suo studio «legale» summit di mafia e, con la presunta complicità di un ispettore della polizia penitenziaria e un assistente capo della polizia di Stato, entrambi in servizio ad Agrigento, si prestava per fare uscire dal carcere i messaggi dei padrini in regime di 41-bis;

   il legale è stato arrestato, insieme, tra gli altri, ad Antonio Gallea, uno dei mandanti del delitto del giudice Livatino, e Santo Rinallo, che, sfruttando la disciplina premiale, erano tornati «ad agire sul territorio con i metodi già collaudati in passato e così rivitalizzare una frangia criminale-mafiosa, quella della Stidda, condannata da tempo all'estinzione, e proiettarla con spregiudicatezza e violenza nel territorio agrigentino»;

   in particolare, secondo la ricostruzione dei magistrati, l'avvocato, «aveva deciso di dismettere la toga e indossare i panni della sodale mafiosa, assurgendo pian piano addirittura al ruolo di vera e propria organizzatrice del mandamento mafioso di Canicattì. Il suo studio legale era stato selezionato ed individuato quale base logistica da un gruppo di capi famiglia»,tranquilli di non essere intercettati;

   agli incontri partecipavano l'anziano capo del mandamento di Canicattì, incurante degli arresti domiciliari, i capi delle famiglie di Ravanusa, Favara, Licata, un mafioso di Villabate (Palermo) fedelissimo di Bernardo Provenzano, Simone Castello, e un esponente della rinata «Stidda»;

   secondo gli inquirenti, i padrini agrigentini «Avevano un'attuale e segretissima rete di comunicazione con il latitante Messina Denaro e lo riconoscevano unanimemente come l'unico a cui spetta l'ultima parola nelle decisioni importanti. [...] Messina Denaro è, a tutt'oggi, in grado di assumere decisioni delicatissime per gli equilibri di potere di Cosa nostra, nonostante la sua eccezionale capacità di eclissamento ed invisibilità che lo rendono ancora imprendibile»;

   quello contenuto nei documenti della procura di Palermo è un vero e proprio atto di accusa che non si può ignorare: «Nel corso della presente indagine sono stati registrati, in diverse occasioni e su più livelli, preoccupanti spazi di gravissima interazione fra detenuti, fra detenuti e l'esterno nonché fra detenuti e appartenenti alla polizia penitenziaria; interazione che l'attuale sistema penitenziario non è riuscito, in tali momenti, a evitare», come nella casa circondariale di Novara, dove tre autorevoli boss, di Agrigento, Trapani e Gela, «riuscivano ad entrare in contatto, a dialogare tra loro, in alcune occasioni financo a scambiarsi informazioni finalizzate ad assicurarsi un canale di comunicazione con l'esterno. Hanno sfruttato le inefficienze dei controlli da parte del personale della polizia penitenziaria. [...] quanto è accaduto potrebbe ripetersi con progetti e strategie di altra natura, magari addirittura tali da mettere in pericolo, come purtroppo la storia insegna, anche la sicurezza dello Stato»;

   l'amaro paradosso di tale vicenda, parafrasando le parole del pubblico ministero, è che «L'essere sottoposti al regime del 41-bis piuttosto che costituire per i mafiosi un argine comunicativo insuperabile è stata addirittura un'occasione di incontro e di scambi di informazioni, altrimenti rischiosissimo se non addirittura inimmaginabile laddove gli stessi capimafia fossero stati liberi» –:

   se il Governo sia a conoscenza dei gravissimi fatti di cui in premessa e quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere per garantire una corretta ed effettiva applicazione del regime penitenziario di cui all'articolo 41-bis, evitando che pericolosi esponenti della criminalità organizzata possano comunicare tra loro e con l'esterno;

   se non ritenga necessario adottare iniziative normative volte a ripensare le misure di controllo sull'esecuzione delle misure premiali, soprattutto qualora concesse a soggetti di elevata pericolosità sociale.
(4-08281)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   l'interrogante ha ricevuto l'accorato appello di un padre e cittadino italiano, I. M., costretto a non vedere e a non mantenere rapporti significativi con il proprio figlio nato nel 2014 a seguito del mancato rientro in Italia della moglie;

   è stato coniugato con L. M., armena, che ha acquisito la cittadinanza italiana per matrimonio;

   la donna, a seguito di un suo viaggio in Armenia, non ha fatto ritorno a Siena e ha trattenuto con sé il figlio minore;

  I. M. ha denunciato sin da subito, dal 20 settembre 2018, la sottrazione del figlio A. M. cittadino italiano;

   I. M. ha immediatamente adito le vie legali, richiedendo il rispetto e l'applicazione della convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980 sulla sottrazione internazionale di minori;

   la convenzione dell'Aja è stata firmata anche dall'Armenia. Ai sensi della Convenzione, in assenza di cause gravi ostative e nel suo esclusivo interesse, il diritto pattizio impone l'immediato ritorno del minore presso l'abituale residenza;

   dalla sottrazione nasce un contenzioso sia in Italia che in Armenia. Nella giurisdizione armena sono stati esperiti inutilmente tutti i gradi del giudizio dall'ordinamento e il cittadino italiano lamenta forti lesioni del suo diritto alla difesa;

   alla conclusione del processo resta, a giudizio dell'interrogante, una profonda e sproporzionata ingiustizia nei confronti di I. M., in quanto la madre impedisce costantemente al minore di mantenere significativi rapporti con il padre e con la famiglia paterna, in violazione totale dei più elementari diritti paterni;

   I. M. lamenta che la giustizia armena abbia operato senza alcun coordinamento con la giustizia italiana, ritenuta giurisdizione competente sia nell'ambito del giudizio di affidamento del minore, sia in quello di separazione e divorzio;

   la madre, infine, a quanto consta all'interrogante avrebbe fatto acquisire la cittadinanza armena al minore senza il consenso del padre e avrebbe chiesto il divieto di espatrio fino al raggiungimento della maggiore età;

   a giudizio dell'interrogante, data la delicatezza della situazione, occorre un ulteriore sforzo diplomatico e ogni tentativo utile per implementare quanto stabilito dalla Convenzione dell'Aja al fine di poter consentire al minore, nel suo esclusivo interesse, di mantenere i dovuti rapporti con il padre e con la famiglia paterna –:

   quali iniziative di competenza intendano assumere i Ministri interrogati in merito a quanto indicato in premessa.
(4-08284)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   DEIDDA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'aeroporto di Cagliari, nel 2019, prima del lockdown, ha fatto registrare numeri positivi, con il transito di 4.739.077 passeggeri, tra arrivi e partenze, corrispondente ad un incremento dell'8,8 per cento nei volumi di traffico rispetto all'anno precedente: vale a dire un incremento di 383.726 viaggiatori, col picco massimo raggiunto nella giornata del 10 agosto 2020 per complessive 24.425 unità;

   il medesimo scalo aveva altresì fatto registrare un importante incremento del traffico internazionale, pari a 1.377.454 passeggeri totali sulle rotte estere, con un incremento quindi del 25,5 per cento;

   con l'attuale crisi epidemiologica in atto, nell'anno 2020, è stimata una perdita pari a circa il 60 per cento, corrispondente al transito di soli 2 milioni di passeggeri: calo che deve essere valutato in modo più grave, tenuto conto del fatto che l'aeroporto di Cagliari-Elmas, è stato individuato dal Governo per la Sardegna come l'unico scalo a dover garantire l'operatività durante il lockdown, con una perdita economica netta pari a 1,6 milioni di euro, mai rimborsata dal Governo, né dalla regione; il mondo imprenditoriale, i sindacati di categoria, i cittadini hanno rimarcato l'esigenza del pieno funzionamento degli aeroporti isolani, anche al fine di non subire ulteriormente i disagi conseguenti allo stato d'insularità e le stesse organizzazioni hanno più volte rimarcato, anche recentemente, il rischio di chiusura del principale scalo isolano, senza la previsione di opportune compensazioni in relazione alla grave diminuzione di traffico;

   circa 600 dipendenti vengono messi, dal mese di marzo 2020, in cassa integrazione a rotazione, e nel momento in cui verrà rimosso il blocco dei licenziamenti, gli stessi dipendenti rischiano la risoluzione del rapporto, così come tutti i lavoratori e lavoratrici appartenenti alla vasta filiera dell'economia turistica, operanti in particolare nell'area metropolitana di Cagliari;

   precedentemente, sono stati proposti ulteriori atti di sindacato ispettivo, al fine di sottolineare il dramma dei lavoratori stagionali aeroportuali, anche in ragione dei dati europei, non certo confortanti, sul calo dei voli previsto per la prossima primavera;

   Aci Europe ha più volte ribadito la necessità della prosecuzione dell'azione di sostegno della Commissione europea per il settore del trasporto aereo, almeno fino alla fine del 2021 e che appare necessario integrare le predette azioni con alcune misure che includano: a) il mantenimento delle compensazioni per gli aeroporti, almeno finché resteranno in vigore le restrizioni agli spostamenti adottate da parte degli Stati membri; b) la predisposizione di un quadro comune che consenta agli Stati di stabilire schemi di riavvio della connettività aerea, con programmi mirati e limitati nel tempo, anche con la previsione di un contributo decrescente per passeggero, su base non discriminatoria; c) adeguamenti immediati, con termini più lunghi, degli orientamenti sugli aiuti di Stato per il trasporto aereo, al fine di consentire agli aeroporti di ricevere finanziamenti sia operativi che per investimenti, con particolare attenzione al finanziamento di progetti di azione per il clima e la sostenibilità ambientale –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative di competenza intendano adottare per la tutela del comparto aereo nazionale e in particolare per scongiurare la chiusura dello scalo aeroportuale di Cagliari-Elmas, assicurandone la ripartenza.
(3-02053)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PIZZETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'ultima edizione della «Analisi del parco veicolare della provincia di Cremona» riferita all'anno 2019, indica che il numero di veicoli nella provincia è pari a 80,9 per 100 abitanti (nel 2018 era del 79,9), mentre il dato relativo alla regione Lombardia è dell'81,02 per cento (80,26 nel 2018) e quello totale nazionale è dell'86,82 (nel 2018 era pari all'85,45);

   i dati riportati nella pubblicazione annuale a cura dell'Area professionale statistica Aci e presentata nel mese di maggio 2020 con il titolo di «Autoritratto 2019», indicano per le città capoluogo, Cremona con il 78,72 per 100 abitanti, come una delle prime città per densità di veicoli della regione Lombardia dove la media è del 74,61 per cento;

   il numero complessivo di veicoli registrati al 31 dicembre 2019 nella provincia di Cremona è di 290.362 ed equivale al 3,5 per cento dello «stock» veicoli della regione Lombardia;

   la sezione di Cremona della Motorizzazione civile di Brescia, in questo contesto, diversamente dalle altre sezioni della Motorizzazione civile presenti sul territorio nazionale, dispone di una sola unità di personale nel ruolo di funzionario tecnico, che svolge tutte le varie funzioni, con un solo giorno a disposizione per il backoffice anche in questo periodo di emergenza determinata dal Covid-19;

   secondo quanto riportato dalla stampa locale (La Provincia, 27 gennaio 2021), «La malattia dell'unico addetto manda a monte una quindicina di test prenotati. Le associazioni insorgono», in questi giorni l'ufficio della Motorizzazione ha bloccato tutte le procedure in corso, con gravi disservizi per la cittadinanza;

   le «Linee guida per l'accesso ai servizi (sportello)» della direzione generale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti hanno previsto che i protocolli e le circolari adottate in materia di mitigazione del contagio da Covid-19 per i lavoratori incaricati delle operazioni tecniche all'interno degli uffici della Motorizzazione civile, è influenzato dalle variabili dell'esposizione, della prossimità e dell'aggregazione;

   tra le varie «Misure preliminari», che sono indicate nel documento del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, l'Amministrazione intende mettere in atto tutte le azioni necessarie al contenimento del contagio, con particolare riferimento alla necessità di assicurare un piano di turnazione, da parte del responsabile ufficio turni, dei dipendenti dedicati alle operazioni tecniche con l'obiettivo di distribuire i contatti con la massima omogeneità fra i tecnici abilitati –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della grave situazione in cui versa ormai da mesi l'ufficio della Motorizzazione civile di Cremona e quali iniziative intenda adottare per evitare che le carenze di organico producano disagio nel personale dell'ufficio e tra gli operatori del settore e i cittadini che accedono ai servizi della Motorizzazione civile.
(5-05339)


   SPESSOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   Argos (Automatic & Remote Gran Canal Observation System) è un sistema costituito da un impianto tecnologico informatico prodotto dalle imprese Ecotema S.r.l. e Archimedes Logica S.r.l. e introdotto dal comune di Venezia nel 2007, per la gestione, il controllo e la supervisione del traffico acqueo e la riduzione del moto ondoso nei canali lagunari;

   la gestione del sistema suddetto è stata affidata alla Venis S.p.a., l'azienda di servizi Ict e operatore locale di comunicazioni elettroniche del comune di Venezia; inseguito a delibere comunali, dal 2015 al 2018, Venis S.p.a. ha svolto procedure di affidamento di servizi di manutenzione e di potenziamento del sistema Argos, invitando un solo operatore commerciale, Ecotema S.r.l. o la società madre Archimedes Logica S.r.l., con le seguenti modalità;

   con procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, ai sensi del decreto legislativo n. 163 del 2006 (codice dei contratti pubblici), articolo 57, comma 2, lettera b); con affidamento diretto in economia ai sensi del decreto legislativo n. 163 del 2006, ex articolo 125, comma 8, ultimo periodo; con procedura negoziata ai sensi del decreto legislativo n. 50 del 2016, ex articolo 63, comma 2, lettera b), punto 2;

   le telecamere del sistema di rilevamento Argos di sorveglianza del moto ondoso, sono state utilizzate dal comune di Venezia anche per rilevare eccessi di velocità nella Laguna e per comminare sanzioni;

   proprio su questo aspetto si è espressa recentemente la Suprema Corte di cassazione con l'ordinanza n. 17454 del 20 agosto 2020, che ha respinto il ricorso del Comune di Venezia dopo il precedente pronunciamento negativo del tribunale d'appello e ha confermato l'illegittimità delle sanzioni irrogate ai natanti circolanti in laguna mediante Argos: il sistema, non risultando sottoposto a preventiva omologazione e periodica taratura, non garantisce il corretto accertamento delle infrazioni;

   a giudizio dell'interrogante tali motivazioni compromettono inevitabilmente anche la validità e la veridicità del sistema Argos nella sua attività prioritaria di contrasto al moto ondoso, necessaria per garantire la sicurezza della navigazione e la salvaguardia della città;

   il decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito con modificazioni dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, all'articolo 95, interviene con misure per la salvaguardia di Venezia e della sua laguna e istituisce l'Autorità per la Laguna di Venezia che, tra i numerosi compiti:

    svolge attività di progettazione e gestione degli interventi di salvaguardia in ambito lagunare in amministrazione diretta, su base convenzionale, tramite società da essa controllate o mediante affidamenti all'esito di procedure di gara espletate secondo le modalità di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50;

    provvede al coordinamento e all'alta sorveglianza su tutti gli interventi di salvaguardia dell'ambito lagunare;

    svolge funzioni di polizia lagunare, con attività di repressione di reati relativi alla navigazione in laguna e provvede alla riscossione delle sanzioni derivanti dalle infrazioni in ambito lagunare;

    esercita le funzioni di regolazione della navigazione della Lacuna di Venezia –:

   se intenda fornire elementi sulla mancata omologazione del sistema Argos e sui motivi che ne hanno impedito l'autorizzazione tramite decreto dirigenziale;

   se e quali iniziative di competenza intenda adottare per garantire il pieno funzionamento dell'Autorità per la laguna di Venezia, anche con riferimento alla necessità di assicurare un efficace svolgimento delle funzioni connesse alla gestione, al controllo e alla supervisione del traffico acqueo e della riduzione del moto ondoso nei canali lagunari.
(5-05351)


   SPESSOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   con delibera n. 69/2005 il Cipe ha approvato il progetto preliminare di Rfi, «Collegamento ferroviario con l'aeroporto Marco Polo di Venezia», i cui obiettivi erano di collegare, «con un raccordo ferroviario rapido ed efficace, il centro storico della città di Venezia all'aeroporto Marco Polo» e «integrare il nuovo collegamento nell'ambito del Sistema ferroviario metropolitano regionale, per consentire l'accesso al principale scalo aereo del Veneto, attraverso la modalità ferroviaria, da tutti i bacini di traffico serviti dal S.F.M.R.»;

   il progetto prevedeva un collegamento regionale «navetta» Tessera-Dese-Carpenedo-Mestre-P. Marghera-Venezia S.L., ogni 15 minuti, con interscambio a Mestre con tutte le altre linee regionali. Era prevista una stazione di testa all'aeroporto per l'inversione di marcia e un collegamento anche con Portogruaro, attraverso i treni regionali e interregionali della linea Venezia-Trieste;

   ma l'intervento suddetto, già finanziato con 220 milioni di euro non sarà realizzato, perché il progetto definitivo è completamente cambiato rispetto a quello approvato dal Cipe nel 2005;

   a giudizio dell'interrogante, nel nuovo progetto definitivo, sviluppato conseguentemente alla sottoscrizione del protocollo d'intesa tra Rfi, Enac e Save, e per precisa volontà di quest'ultima, sono state modificate le finalità del servizio regionale stabilite dal piano regionale trasporti del 1990, stravolgendo il disegno e la funzionalità del raccordo ferroviario e della stazione che, da terminale, è diventata passante, pensando di poter attrarre i treni A.V. e di promuovere l'aeroporto a polo ferroviario;

   la scelta di aprire questo collegamento al traffico AV, comporterà una inevitabile riduzione della frequenza dei treni regionali, rendendoli non più attrattivi, in contrasto con la loro elevata utenza potenziale prevista (e impedendo anche il transito a Tessera dei treni Venezia-Portogruaro);

   è di questi giorni la notizia che l'università di New Castle ha inserito l'aeroporto di Venezia tra i 20 scali più a rischio inondazione a causa dei cambiamenti climatici (https://www.greenandblue);

   oltre alle incertezze tecniche e ai costi raddoppiati, l'intervento comporterà pesanti interferenze con le falde acquifere per la realizzazione della galleria artificiale e della stazione sotterranee e una lunga cantierizzazione con problemi idraulici e idrogeologici, in un territorio di gronda lagunare intriso d'acqua, con rischi di dissesto e salinizzazione dei suoli circostanti –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza, per quanto di competenza, delle ragioni che hanno portato Rfi ad abbandonare il progetto approvato dal Cipe nel 2005 in favore di un progetto che, per l'interrogante, impedirà la realizzazione di un servizio regionale di collegamento con l'aeroporto di Tessera sempre più urgente e fondamentale per la riduzione del traffico, dell'incidentalità e dell'inquinamento.
(5-05353)


   CENNI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il primo lotto della strada statale n. 2 «Cassia» va da Siena allo svincolo di Monteroni d'Arabia. Si tratta di un'infrastruttura significativa per la viabilità e la sicurezza stradale di vasti territori della Toscana del Sud e delle regioni limitrofe approvata da Anas addirittura nel 1989, ma realizzato solo in parte a causa di ritardi causati dall'individuazione del tracciato e fallimenti delle imprese appaltatrici;

   la nuova strada, di cui è stato realizzato soltanto il secondo lotto di 3,2 chilometri, eviterebbe il transito all'interno di alcuni centri abitati e creerebbe un collegamento diretto a quattro corsie tra l'attuale Cassia e la E78 Grosseto-Fano;

   tale intervento, il cui costo è stimato in circa 100 milioni di euro, è compreso nell'allegato 1.1 dell'aggiornamento del contratto di programma Anas-Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 2016-2020;

   nell'ambito del Fondo investimenti, previsto dall'articolo 1, comma 14, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, per tale intervento, sono previsti finanziamenti per 90 milioni di euro. Il fondo dovrà comunque essere ripartito con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri interessati, sulla base di programmi settoriali presentati dalle amministrazioni centrali dello Stato per le materie di competenza;

   il Governo precedente, rispondendo su tale tematica all'interpellanza urgente numero 2/00770 il 7 maggio 2020, ha dichiarato testualmente: «Pur non essendo le risorse di cui alla citata legge di bilancio finalizzate “ope legis” al finanziamento dell'intervento in parola, gli uffici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti hanno già predisposto, per quanto di competenza, la documentazione necessaria per poter assegnare allo stesso la somma di 90 milioni di euro, che si andrebbe ad aggiungere agli importi autorizzati per lo sviluppo della progettazione»;

   l'imminente appaltabilità della Cassia è stata ribadita dal Ministro De Micheli in visita a Siena nel mese di settembre 2020;

   nonostante queste rassicurazioni e, sebbene siano trascorsi numerosi mesi da tali dichiarazioni, ad oggi non è stato ancora emanato il citato decreto ministeriale per la ripartizione dei fondi stanziati dalla legge di bilancio 2020 –:

   quando verrà emanato il decreto citato in premessa e relativo al fondo di cui all'articolo 1, comma 14, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, che stanzia le risorse relative alla realizzazione del primo lotto della strada statale n. 2 Cassia;

   se tali risorse saranno comunque sufficienti a completare l'opera;

   quale sarà la tempistica prevista per la realizzazione del lotto in questione, anche in relazione ai ritardi del sopracitato decreto ministeriale.
(5-05354)


   FICARA e GRIPPA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), all'articolo 1, comma 647, ha istituito il cosiddetto «marebonus» avente ad oggetto la concessione di contributi per l'attuazione di progetti per migliorare la catena intermodale e decongestionare la rete viaria, riguardanti l'istituzione, l'avvio e la realizzazione di nuovi servizi marittimi per il trasporto combinato delle merci o il miglioramento dei servizi su rotte esistenti, in arrivo e in partenza da porti situati in Italia, che collegano porti situati in Italia o negli Stati membri dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo. A tal fine, era stata autorizzata la spesa annua di 45,4 milioni di euro per l'anno 2016, di 44,1 milioni di euro per l'anno 2017 e di 48,9 milioni di euro per l'anno 2018;

   la legge di bilancio 2020 e la legge di bilancio 2021 hanno rifinanziato il cosiddetto «marebonus». In particolare, la legge di bilancio 2020 ha autorizzato la spesa di 20 milioni di euro per l'anno 2021 e la legge di bilancio 2021 ha provveduto ad un ulteriore rifinanziamento con l'attribuzione di ulteriori 25 milioni di euro per l'anno 2021, di 19,5 milioni di euro per l'anno 2022 e di 21,5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2026;

   il decreto-legge n. 34 del 2020 (cosiddetto decreto Rilancio), convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, ha poi previsto risorse per l'anno 2020 per finanziare il «marebonus», per 30 milioni di euro;

   l'individuazione dei beneficiari, la commisurazione degli aiuti, le modalità e le procedure per l'attuazione degli interventi attinenti al «marebonus» sono state disciplinate dal decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti n. 176 del 2017 che, in particolare, ha previsto a carico delle imprese beneficiarie l'obbligo di destinare annualmente a favore delle imprese clienti parte dei contributi ricevuti (in misura non inferiore al 70 per cento in favore delle imprese clienti che abbiano effettuato almeno centocinquanta imbarchi di unità di trasporto ammesse al contributo, mentre per i servizi eserciti in convenzione con una pubblica amministrazione i contributi devono interamente essere riversati a beneficio della clientela);

   dal quotidiano «Milano Finanza» del 29 gennaio 2021 si apprende che «F.i.a.p. (Federazione italiana autotrasportatori professionali) ha lanciato l'allarme sul marebonus (l'incentivo statale al trasporto intermodale mare-strada) che molti autotrasportatori rischiano di non vedersi riconoscere per gli anni 2019 e 2020 a causa delle vicende finanziarie (concordato preventivo in attesa di approvazione) riguardanti la Tirrenia Cin». Sempre dallo stesso articolo emerge il timore degli autotrasportatori che «i contributi versati dal MIT vengano subito aggrediti dai creditori privilegiati e che quindi non possano essere riconosciuti (o solo in parte) a chi ha imbarcato i semirimorchi confidando nell'incentivo» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti rappresentati in premessa, quali iniziative intenda intraprendere per garantire una corretta utilizzazione dei contributi e se non ritenga opportuno valutare la possibilità di adottare iniziative per prevedere un meccanismo di erogazione diretta dei contributi suddetti alle imprese di autotrasporto che optano per il percorso intermodale.
(5-05358)


   SANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   all'interno del tracciato complessivo della E78 riveste particolare interesse il completamento del tratto che collega Siena a Grosseto; tale infrastruttura ha una fondamentale rilevanza per la mobilità e lo sviluppo economico, produttivo e sociale dell'intero centro Italia;

   nel mese di maggio del 2017 l'allora presidente della Regione Toscana Enrico Rossi annunciò che l'opera era stata completamente finanziata;

   attualmente l'infrastruttura è stata completata solo in parte: sono in fase di realizzazione i lotti 4 e 9 e devono inoltre essere effettuati alcuni lavori all'interno della galleria di Casal di Pari;

   secondo quanto riportato dal precedente Governo il 3 marzo 2020, rispondendo alla interrogazione n. 5-03736, la situazione dell'opera è la seguente:

    in merito allo stato dei lavori del lotto 4 la gara è stata riaggiudicata al secondo classificato, ATI Itinera – Monaco. Le verifiche per procedere alla stipula del contratto sono tuttora in corso e i tempi di esecuzione previsti dal progetto sono di circa 1.190 giorni;

    quanto al lotto 9, a seguito della delibera del Cipe del 24 luglio 2019 di approvazione con prescrizioni del progetto definitivo, il provvedimento è divenuto efficace con la pubblicazione della delibera nella Gazzetta Ufficiale del 3 gennaio 2020;

    nell'ambito della rimodulazione del contratto di programma 2016-2020, è inoltre previsto un intervento di miglioramento dell'esistente galleria Casal di Pari con un investimento di circa 30 milioni di euro (già comunque finanziate). La redazione del progetto esecutivo è in fase di ultimazione e l'approvazione è prevista entro il mese di novembre 2020, una volta acquisiti i pareri del competente provveditorato alle opere pubbliche e della Commissione permanente gallerie;

   nello scorso mese di gennaio è stato nominato il commissario di Governo per il completamento della Due Mari: si tratta di Massimo Simonini, l'attuale amministratore delegato e direttore generale di Anas;

   Massimo Simonini, intervenendo in audizione presso la Commissione ambiente della Camera dei deputati il 3 febbraio 2021, ha ribadito che dei 12 lotti della Siena – Grosseto 9 sono già in esercizio, 1 in esecuzione (lotto 4) e 2 in progettazione (lotto 9 e galleria Casal di Pari);

   dalla documentazione depositata da Anas si evince però che:

    per gli interventi di miglioramento della galleria Casal di Pari sono necessari ulteriori 3,4 milioni di euro;

    per il completamento del lotto n. 9 sono necessari ulteriori 18.583.140 euro;

   appare quindi evidente che per il completamento dell'opera siano necessari ulteriori 22 milioni di euro non ancora finanziati –:

   quando e con quale modalità verranno finanziati i circa 22 milioni di euro mancanti per completare il tratto Siena-Grosseto citato in premessa e se l'attuale mancanza di risorse causerà ulteriori ritardi rispetto all'attuale tempistica prevista per terminare l'opera.
(5-05363)


   FICARA, GRIPPA e MARTINCIGLIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 19 gennaio 2017 è stato definito tra Trenitalia, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Ministero dell'economia e della finanze il nuovo contratto di servizio 2017-2026, di durata quindi decennale, per il trasporto passeggeri di interesse nazionale. L'affidamento diretto a Trenitalia è avvenuto ai sensi del regolamento (UE) 1370/2007;

   in particolare l'articolo 5, comma 1, lettera o), ha previsto a carico di Trenitalia s.p.a. l'obbligo di destinare annualmente, in caso di mutamento del quadro regolatorio che lo consenta, la quota dello 0,15 per cento dell'ammontare dello stanziamento di bilancio alla finalità di consentire studi di monitoraggio sui servizi prestati e valutazione del bacino di traffico soggetto a obblighi di servizio pubblico, nonché all'espletamento e all'effettuazione di ispezioni e controllo a bordo treno anche mediante ricorso a terzi e all'utilizzo di applicazioni innovative;

   la legge di bilancio per il 2020 (articolo 1, comma 159) ha assegnato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la somma di 500.000 euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2026 per il potenziamento delle attività di monitoraggio e vigilanza relative all'esecuzione del contratto di servizio di media e lunga percorrenza in essere con Trenitalia spa, per la verifica della qualità dei servizi erogati all'utenza e per il miglioramento degli stessi;

   ad oggi, tuttavia, le somme destinate per gli anni 2017, 2018, 2019 ex articolo 5, comma 1, lettera o), del contratto di servizio 2017-2026 da Trenitalia s.p.a. all'espletamento e alle effettuazioni di ispezioni e controlli a bordo treno pare non siano state utilizzate, perché subordinate all'adozione di un provvedimento normativo che ne autorizzasse l'effettiva disponibilità, modifica poi avvenuta nella legge di bilancio 2020, come detto;

   sempre il contratto di servizio 2017-2026 ha previsto, al comma 1 dell'articolo 14, che la violazione degli obblighi contrattuali, anche se relativa a inadempimenti dovuti ai soggetti terzi di cui la società si avvale, comporta l'applicazione a carico di Trenitalia s.p.a. di penali di importo variabile, a seconda della gravità della violazione. In ogni caso, così come stabilito dal successivo comma 19, l'importo delle penali e delle riduzioni di corrispettivo, al netto degli incentivi, nei limiti del 50 per cento sarà destinato ad iniziative di comunicazione o promozionali per l'utilizzo del mezzo ferroviario, con preferenza nelle aree dove i disagi sono stati prevalenti;

   il comma 25 dello stesso articolo ha specificato, inoltre, che gli importi derivanti dalle penali e/o dalle riduzioni di corrispettivo per violazione degli obblighi contrattuali da parte di Trenitalia s.p.a. potranno essere destinati, su indicazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nella misura massima del 50 per cento all'introduzione di obblighi di servizio di natura tariffaria, ivi incluso il recupero da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti degli importi già versati da Trenitalia al Ministero dell'economia e delle finanze negli ultimi tre anni del contratto di servizio pre-vigente –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti rappresentati in premessa, se e quale utilizzo sia stato fatto delle somme di cui all'articolo 5, comma 1, lettera o), e all'articolo 14, comma 1, del contratto di servizio 2017-2026 e quali iniziative intenda intraprendere per garantire un pronto ed efficace impiego delle suddette somme.
(5-05373)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BIGNAMI e DONZELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   da notizie apparse di recente sugli organi di stampa si apprende che i fondi mancanti e necessari per l'appalto delle opere di ripristino nel tratto della strada provinciale 632 Porrettana, utilizzata soprattutto da chi deve muoversi tra Bologna e Pistoia, sono stati reperiti in via alternativa dalla città metropolitana di Bologna;

   al momento, non è dato sapere, quando è fissata la data di inizio di esecuzione delle opere, visto che il termine riferito è stato «a breve», locuzione che rende impossibile l'esatta collocazione temporale del principio e del termine dell'intervento;

   va ricordato che anche sull'altro tratto di collegamento con la Toscana, la strada statale 64, vi è un cantiere aperto causa la frana risalente ad ormai due anni fa, con circolazione a senso unico alternato e limitazione al transito di mezzi pesanti;

   a tali già evidenti criticità pare si aggiungeranno i lavori di sistemazione del traforo presente sul medesimo tratto, come annunciati da Anas ed in previsione per il prossimo mese di aprile;

   in entrambi i tratti i lavori avranno presumibilmente lunga durata ed è verosimile presupporre il divieto di circolazione dei mezzi pesanti anche nel tratto della strada provinciale 632, ove, in prossimità della frana, dovrà essere ricostruita parte della carreggiata stradale, lasciando così ben poche alternative a coloro che devono trasportare merci e persone, da e per Pistoia;

   in tal caso, l'unica possibilità sarebbe o percorrere un tratto della strada provinciale 55, per poi discendere e ricollegarsi al tratto sottostante, oppure transitare da Sasso Marconi ed imboccare l'autostrada per Firenze, per poi raggiungere Pistoia e salire nuovamente, con un aggravio di costi del tutto evidente;

   notoriamente nel periodo estivo, la tratta ferroviaria Porretta-Pistoia viene sospesa per lavori di manutenzione ed il servizio sostitutivo viene effettuato con il trasporto su gomma;

   è necessario che tra le due regioni interessate vi sia una costante interlocuzione atta ad evitare questi potenziali disagi, che si tradurrebbero pure in ulteriori costi, evitando tra l'altro che i cronoprogrammi si sovrappongano l'un l'altro;

   una ulteriore perplessità riguarda la stagione turistica: auspicando infatti che il contenimento del Covid-19 possa permettere la ripresa degli spostamenti e la organizzazione dei calendari di eventi, è necessario che l'indotto e i flussi turistici non siano penalizzati dalla impossibilità di raggiungere agevolmente l'Appennino –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti e se si abbiano notizie in merito al cronoprogramma dei lavori citati in premessa;

   in particolare, di quali informazioni si disponga in merito ai lavori di competenza di Anas sul tratto toscano;

   se si intenda avviare, per quanto di competenza, una necessaria interlocuzione con gli enti preposti, in primis regione Toscana e regione Emilia-Romagna, per stabilire cronoprogrammi coerenti e che non si sovrappongano l'un l'altro;

   quali iniziative di competenza si intendano adottare per il ripristino dei tratti stradali citati in premessa, evitando cantieri eccessivamente lunghi che possano penalizzare i trasporti di merci nonché la stagione turistica estiva.
(4-08172)


   ZIELLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il cavalcavia n. 31 lungo la superstrada Firenze-Pisa-Livorno a Gello di Pontedera è chiuso al traffico da febbraio 2020 a causa di un pericoloso avvallamento del fondo stradale sui giunti del ponte e dello stato di abbandono in cui versa per la prolungata mancanza di manutenzione;

   le prime segnalazioni dell'ammaloramento dell'infrastruttura (tra via dei Panieracci e via delle Idi di Marzo) risalgono all'estate 2016;

   come si apprende dalla stampa locale la risoluzione dei problemi di manutenzione di molti cavalcavia tra Pontedera e Cascina è bloccata da anni dalla burocrazia e dai continui rimpalli di responsabilità tra il comune di Pontedera, la città metropolitana di Firenze e la società di gestione Avr della superstrada Firenze-Pisa-Livorno;

   a febbraio 2020, dopo un sopralluogo dei vigili del fuoco, il comune di Pontedera è intervenuto e ha posizionato le transenne per impedire il transito a seguito di diversi incidenti dovuti all'avvallamento del fondo stradale in corrispondenza dei giunti sul cavalcavia;

   la strada su cui il viadotto è stato realizzato è privata e nel programma delle opere pubbliche o dei nuovi asfalti da realizzare nel comune di Pontedera non compare ancora il rifacimento e la manutenzione del cavalcavia 31;

   da quando sono stati costruiti, i sovrappassi lungo la Firenze-Pisa-Livorno sono rimasti abbandonati senza una precisa procedura che ne stabilisse le competenze comunali per il loro monitoraggio;

   problemi simili ci sono anche per un altro viadotto che si trova vicino alla discarica di Pontedera, al confine con Latignano di Cascina e per un viadotto in via di Lupo Parra Sud –:

   se il Ministro interrogato non intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, per verificare il problema della manutenzione del cavalcavia 31 sopra la superstrada Firenze-Pisa-Livorno, nonché disponendo un sopralluogo sulla stabilità delle strutture da parte di tecnici specializzati del Ministero, affinché sia garantita la sicurezza delle opere di attraversamento e degli automobilisti.
(4-08174)


   BIGNAMI e DONZELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'inizio dei lavori sulla tratta ferroviaria fra Prato e Bologna, avvenuto il 13 dicembre 2020, ha comportato il blocco dei treni dalle 9 alle 16 nei giorni feriali sulla tratta Prato-Vernio, che sono stati sostituiti con autobus fra Prato e San Benedetto Val di Sambro ed altre interruzioni diurne anche nella restante tratta tra San Benedetto Val di Sambro e Bologna per consentire altri interventi manutentivi sulla linea;

   ciò ha comportato i gravi disagi preannunciati, causa l'allungamento dei tempi di percorrenza, aggravati dalla necessità di avvalersi di mezzi di trasporto sostitutivi che devono transitare lungo il tratto autostradale che collega Sasso Marconi a Firenze, anch'esso oggetto di opere di manutenzione;

   durante questi lavori il tratto viene chiuso ed il traffico dirottato, costringendo ad effettuare un percorso più lungo, tanto che alcuni pendolari hanno segnalato di aver impiegato più di due ore e mezza per spostarsi da Bologna a Firenze;

   pare anche che i mezzi sostitutivi, costituiti da pullman, abbiano un carico che va oltre quello previsto per il rispetto delle normative anti-covid;

   a ciò si aggiunge il fatto che, nello stesso territorio, il tratto autostradale risulta spesso chiuso al traffico, anche per motivi banali quali una semplice nevicata;

   in località Sasso Marconi sono iniziati i lavori di messa in sicurezza del ponte di accesso al raccordo autostradale ed il transito è solamente in una direzione;

   la strada provinciale 325 risulta interrotta ormai da quasi due anni a causa di una frana e l'unica soluzione è percorrere la Gardelletta, strada oggi anch'essa a senso unico alternato, di piccola ampiezza dove due mezzi di grandi dimensioni fanno fatica ad incontrarsi senza danni;

   la viabilità provvisoria non può comunque reggere altri tre anni, perché il passaggio di mezzi pesanti nelle strette strade di Gardeletta e Vado, oltre a creare disagi, mette a dura prova le strade comunali;

   è notizia recente che i sindaci dei comuni interessati (San Benedetto Val di Sambro, Castiglione dei Pepoli, Grizzana Morandi) hanno deciso addirittura di scrivere al prefetto e di coinvolgere anche i Ministeri interessati, lamentando peraltro scarsa attenzione da parte dei concessionari che agiscono senza rendere conto a nessuno, mentre le istituzioni si limitano ad organizzare incontri cui poi non segue alcuna soluzione;

   nessuna soluzione concreta si è infatti realizzata tanto che, relativamente alla cabina di regia che avrebbe dovuto raccogliere le richieste del comitato dei pendolari, catalogarle, darvi priorità ed inserire una data di possibile implementazione, nessuna risposta si è avuta; altrettanto dicasi per quelle piuttosto semplici, quali ad esempio la possibilità per i viaggiatori di utilizzare l'abbonamento regionale per usufruire del servizio alta velocità, che hanno subito la stessa sorte;

   vi è forte preoccupazione anche per il futuro economico di questo comprensorio territoriale e più in generale di quello dell'intera valle del Reno e del Setta;

   la città metropolitana di Bologna e la regione Emilia Romagna hanno posto il trasporto su ferro quale principale mezzo di spostamento per gli anni futuri, così come si può evincere dal Pums e dal Ptm- :

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e della perdurante situazione di disagio legata alla inadeguatezza dei trasporti nella valle del Reno e del Setta;

   quali iniziative di competenza si intendano adottare al fine di superare le evidenti criticità descritte in premessa, accogliendo le accorate richieste dei sindaci e coinvolgendo i comitati di pendolari nel processo decisionale;

   di quali elementi disponga in merito alle modalità di organizzazione della cabina di regia;

   se intenda adottare iniziative di competenza affinché Rete Ferroviaria Italiana risponda almeno a richieste semplici avanzate dai comitati dei pendolari, quali la possibilità di utilizzare un abbonamento regionale per fruire dell'alta velocità.
(4-08175)


   CIRIELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   in data 2 febbraio 2021, alle 9.30 circa, una frana di grosse dimensioni ha invaso la strada statale 163, nel comune di Amalfi (Sa) invadendo finanche il sottostante Lungomare di Cavalieri in località La Marinella;

   a crollare è stata una porzione del costone roccioso che sostiene una stradina pedonale e sovrasta la strada statale, all'ingresso del tunnel «Matteo Camera» che porta al centro abitato;

   tre famiglie rimaste bloccate nelle abitazioni situate proprio nei pressi del luogo della frana sono state evacuate e tratte in salvo dai vigili del fuoco con l'ausilio di un elicottero della protezione civile;

   il tratto di strada in questione è al momento impraticabile, completamente sommerso da una grossa quantità di detriti, con conseguente interruzione del traffico veicolare in entrambe le direzioni, all'altezza del chilometro 29,800;

   tale chiusura ha determinato ingenti disagi per la popolazione residente e per gli automobilisti, costretti a percorsi obbligati attraverso Positano e Sorrento o Furore e Agerola;

   il problema delle frane lungo la statale Amalfitana si ripresenta costantemente nel tempo, solo tredici mesi fa la stessa statale venne interrotta per una frana alle porte di Maiori, un pericolo evidentemente ancora attuale nonostante le ingenti risorse stanziate dallo Stato;

   nel 2018, infatti, con decreto direttoriale 417/2018, sono state finanziate nella regione Campania per la messa in sicurezza del territorio dal dissesto idrogeologico progettazioni fino al livello A esecutivo di n. 54 interventi, per un importo complessivo di euro 12.529.047,67, secondo i criteri del fondo progettazione di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 luglio 2016;

   tra gli interventi finanziati risulta anche il progetto per la messa in sicurezza idrogeologica del territorio di Amalfi, patrimonio Unesco, di quasi 600.000 euro e circa 14,9 milioni per lavori; tuttavia, come emerso dalla relazione sul «Fondo per la progettazione degli interventi contro il dissesto idrogeologico (2016-2018)» approvata dalla Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato della Corte dei conti con deliberazione n. 17/2019/G del 31 ottobre 2019, alla regione Campania sono stati erogati solo 3.257.552,39 nel 2018, solo la prima tranche pari al 26 per cento;

   ai fini dell'erogazione della seconda quota sembrerebbe, a quanto consta all'interrogante, non sarebbe stata presentata ancora alcuna richiesta dalla regione Campania che, parrebbe non aver ancora inserito nel sistema di monitoraggio i dati necessari per sbloccare la restante tranche;

   tale inerzia unitamente all'inefficacia delle misure sinora adottate, di natura prevalentemente emergenziale e non strutturale, continua a compromettere gravemente la sicurezza e l'incolumità dei residenti e dei turisti da sempre frequentatori della Costiera Amalfitana, incidendo negativamente sulla viabilità e sul commercio già fortemente compromesso dalla crisi sanitaria, ancora in atto;

   appare, pertanto, doveroso oltre che necessario, anche in vista della prossima stagione estiva, un immediato intervento delle autorità competenti finalizzato ad impedire l'isolamento della Costiera Amalfitana, e a ripristinare, con celerità, la viabilità della zona interessata, garantendo la messa in sicurezza del territorio e a porre in essere ogni azione utile per accedere in maniera celere ai fondi stanziati dal Governo –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di ripristinare, nel più breve tempo possibile, le condizioni di sicurezza del piano viabile e della circolazione della zona interessata dalla frana in parola e se, non intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, in ordine alla gestione e utilizzo dei fondi stanziati dal Governo per gli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico.
(4-08200)


   COLLETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il tribunale de L'Aquila è stato impegnato, in questi giorni, con la celebrazione dell'udienza preliminare a carico dei vertici della società Strada dei Parchi S.p.a., la quale ha in concessione la costruzione e l'esercizio dei tratti autostradali A24 e A25, rispettivamente Roma-Teramo e Torano-Pescara;

   i fatti contestati dalla procura aquilana, ai soggetti apicali della società innanzi detta, attengono alla sicurezza strutturale e sismica di ponti e viadotti, discorrendo finanche di crollo totale o parziale delle pile e degli impalchi di nove dei venticinque viadotti che interessano il territorio;

   le imputazioni spaziano dal reato di attentato alla sicurezza dei trasporti e crollo di costruzioni o altri disastri dolosi, all'inadempienza e frode nelle pubbliche forniture;

   durante la scorsa udienza di costituzione delle parti sono intervenute quali costituende parti civili sia l'Associazione italiana familiari e vittime della strada sia Anas con rinvio di udienza del giudicante al 26 febbraio 2021, durante la quale sarà sciolta la riserva sulla loro ammissione nel giudizio;

   non è passata inosservata l'assenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il quale, in altri tempi, ha rimarcato, per il tramite dei propri funzionari, le gravissime inadempienze poste in essere da parte della società concessionaria –:

   se il Ministro interrogato intenda prendere parte al giudizio, in via formale, mediante atto di costituzione di parte civile.
(4-08207)


   SERRITELLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   «Azienda Nazionale Autonoma delle Strade» (ANAS), in precedenza «Ente nazionale per le strade», è una società per azioni italiana, che nel gennaio del 2018 è entrata a far parte di Ferrovie dello Stato Italiane;

   la società è qualificata quale organismo di diritto pubblico;

   inoltre, nell'ambito del sistema europeo dei conti nazionali e regionali, rientra fra le unità istituzionali appartenenti al settore delle pubbliche amministrazioni e, in particolar modo, figura fra le società del conto economico consolidato dello Stato italiano;

   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 novembre 2019, previa intesa con la Conferenza unificata, è stato adottato il Piano nazionale per la non autosufficienza, relativo al triennio 2019-2021, quale atto di programmazione nazionale per lo sviluppo degli interventi e dei servizi necessari per la progressiva definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali da garantire su tutto il territorio nazionale, in confronto con le autonomie locali e consultazione delle parti sociali e del Terzo settore. Il fondo viene così ripartito: 573,2 milioni di euro nel 2019, 571 milioni di euro nel 2020 e 568,9 milioni di euro nel 2021;

   il suddetto decreto prevede una serie di importanti investimenti per il Piemonte, per un totale dell'8 per cento del fondo, ed in particolare in ambito di infrastrutture autostradali;

   da quel momento è cominciata una fitta interlocuzione fra il Governo, la regione Piemonte ed Anas (direzione Piemonte) con l'effettuazione di molteplici sopralluoghi da parte di Anas, in particolare presso le strade provinciali (SP) 10, 11 228, 338, 460, 565 e 589;

   dopo i suddetti sopralluoghi, si sta attualmente provvedendo a chiudere la mole documentale richiesta da Anas dalla città metropolitana di Torino, che dovrebbe essere completata entro la fine del mese corrente –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle suddette interlocuzioni e quale sia lo stato dei lavori e delle procedure, nonché, per quanto di competenza, quali iniziative intenda porre in essere al fine di concludere gli adempimenti burocratici in tempi certi e rendere fruibili il prima possibile tali strategiche infrastrutture per i cittadini e l'economia del Paese.
(4-08224)


   BINELLI, VANESSA CATTOI, SUTTO, LOSS, VALBUSA, TURRI, COMENCINI, PATERNOSTER e LORENZO FONTANA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 2 gennaio 2021, nel comune di Nago-Torbole (TN), dopo l'abitato Tempesta in direzione Malcesine (VR), si è verificato un evento franoso che ha invaso la carreggiata della SS249 (strada Gardesana orientale), determinando la chiusura nel tratto tra Malcesine e Torbole;

   per sopperire ai disagi per l'interruzione della viabilità, a partire dal 13 gennaio 2021 — dopo le istanze avanzate dalle amministrazioni territoriali competenti — sono stati modificati gli orari dei collegamenti via lago tramite motonave traghetto, così da renderli più funzionali alle esigenze di trasporto interregionale (in particolare, quelle degli studenti);

   la Gestione governativa navigazione laghi Maggiore, di Garda e di Como, con propria nota del 12 gennaio 2021, ha comunicato l'attivazione dei predetti servizi di trasporto, specificando che essi sono effettuati senza nuovi o maggiori oneri per l'ente, dovendosi pertanto procedere alla compensazione (tra costi e ricavi da bigliettazione) a consuntivo;

   il 14 gennaio 2021, il presidente della provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, ha inoltrato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti una richiesta di riscontro in ordine all'inserimento dei servizi attivati nell'ambito della ordinaria provvista statale rispetto all'esercizio della navigazione lacuale con la gestione governativa; analoga richiesta, a guisa di sollecito, è stata inoltrata dal presidente della provincia di Verona, Manuel Scalzotto, in data 4 febbraio 2021;

   ad oggi, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, a quanto risulta agli interroganti, non ha tuttavia fornito alcun riscontro alle province interessate –:

   se intenda adottare iniziative affinché i nuovi servizi di trasporto lacuale tra i comuni di Riva del Garda (TN) e Malcesine (VR), attivati a seguito dell'evento franoso del 2 gennaio 2021 siano inseriti nell'ambito della ordinaria provvista statale, così da non determinare nuovi o maggiori oneri per la Gestione governativa navigazione laghi Maggiore, di Garda e di Como.
(4-08229)


   RIXI, MACCANTI, CAPITANIO, DONINA, FURGIUELE, GIACOMETTI, MORELLI, TOMBOLATO, ZANELLA e ZORDAN. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, comma 102, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, ha introdotto la possibilità di autorizzare la sperimentazione della circolazione su strada di veicoli per la mobilità personale a propulsione prevalentemente elettrica, quali monopattini, demandando la definizione delle modalità attuative e operative di tale sperimentazione ad un apposito decreto ministeriale;

   il 4 giugno 2019 il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha firmato il decreto ministeriale sulla micromobilità elettrica, in attuazione della citata disposizione legislativa; con il medesimo decreto sono state indicate le disposizioni del codice della strada (articoli 182 – circolazione dei velocipedi – e 190 – comportamento dei pedoni) applicabili in caso di violazione da parte degli utilizzatori dei veicoli sopra richiamati delle norme di comportamento da tenere nell'ambito della sperimentazione, anche in considerazione del fatto che il decreto non si applica ai veicoli della categoria L1 e ai veicoli a motore leggero a due ruote come classificati ai sensi del regolamento europeo (UE) 168/2013;

   l'articolo 1, comma 75, della legge 30 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio 2020), ha disposto l'equiparazione ai velocipedi dei «monopattini a propulsione prevalentemente elettrica non dotati di posti a sedere, aventi motore elettrico di potenza nominale continua non superiore a 0,50 KW, rispondenti agli altri requisiti tecnici e costruttivi indicati nel decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 4 giugno 2019»;

   il decreto-legge del 19 maggio 2020, n. 34 (cosiddetto «decreto rilancio»), ha stanziato 120 milioni di euro per la mobilità sostenibile (successivamente incrementati a 215 milioni), destinati all'erogazione del cosiddetto «bonus mobilità», cioè il voucher o il rimborso per l'acquisto di biciclette o monopattini elettrici;

   il decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 (cosiddetto «decreto semplificazioni»), ha introdotto diverse modifiche al codice della strada (ad esempio la possibilità di circolare contromano), volte a facilitare la circolazione dei mezzi, come biciclette e monopattini, a scapito però della sicurezza stradale;

   alla luce delle modifiche normative e dei benefìci introdotti, in molte città italiane sono aumentati sia il numero di tali mezzi che le postazioni per il noleggio di monopattini senza mettere nelle piene condizioni la polizia locale e le forze di polizia di verbalizzare e sanzionare le infrazioni degli utilizzatori dei monopattini, troppo spesso privi di dispositivi di riconoscimento dell'utilizzatore;

   da notizie di stampa si apprende che il numero di incidenti e infrazioni che vede coinvolti gli utilizzatori dei monopattini è in costante crescita; da ultimo, a Genova, in un solo giorno (8 febbraio 2021) si sono verificati due incidenti gravissimi – di cui uno mortale – che hanno visto coinvolti utilizzatori di monopattini elettrici; in particolare, una giovane madre è stata travolta da un camion e un 29enne è caduto da solo ed è finito in ospedale con un serio trauma cranico –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere per definire regole certe e più stringenti per l'utilizzo e la circolazione dei monopattini sulle strade italiane, così da garantire la sicurezza di tutti gli utenti della strada.
(4-08232)


   BIGNAMI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il ponte Leonardo Da Vinci, nel comune di Sasso Marconi (Bologna) è stato chiuso al traffico con ordinanza della città metropolitana, il 10 febbraio 2021 «a causa del repentino aggravarsi dello stato di deterioramento dell'infrastruttura». È stata infatti disposta la chiusura al transito, ad eccezione dei mezzi di soccorso, del tratto compreso tra il chilometro 0+000 e il chilometro 0+170, fino al ripristino delle condizioni di sicurezza;

   il ponte di Sasso Marconi è una infrastruttura strategica per la viabilità della zona ed è assolutamente necessario che i lavori procedano nel più breve tempo possibile. Peraltro, il diffuso stato di ammaloramento era noto da tempo, tant'è che il ponte era sottoposto a costanti ispezioni. L'intervento di messa in sicurezza risulta nella programmazione pluriennale dei lavori in base ai finanziamenti previsti dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per il quinquennio 2018-2023;

   la città metropolitana di Bologna ha fatto sapere che i lavori termineranno il 13 marzo 2021. Successivamente, è previsto il passaggio della struttura ad Anas con la quale si valuterà la riapertura almeno parziale della struttura –:

   di quali informazioni disponga, per quanto di competenza, in merito alle condizioni del ponte di cui in premessa e in relazione al cronoprogramma per la sua messa in sicurezza definitiva;

   a quanto ammontino i finanziamenti per la suddetta opera e quali siano le tempistiche per l'ultimazione dei lavori.
(4-08243)


   GAGLIARDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 100 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, ha disposto che, in luogo dei canoni Omi (quelli dei cosiddetti «balneari pertinenziali»), alle concessioni relative alla realizzazione e alla gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto, inclusi i punti di ormeggio, si applicano le misure dei canoni determinati secondo i valori tabellari previsti per le concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreative;

   la normativa citata ha contestualmente aumentato, dall'inizio del 2021, la soglia minima dell'importo dovuto per i canoni demaniali ad euro 2.500,00 annui. L'indicato rialzo, che incide paritariamente su ogni concessione, avrà effetti devastanti sull'economia di tutte quelle micro concessioni demaniali (ormeggi, gavitelli, cartelloni pubblicitari, e altro) che, sino ad oggi, resistevano pagando un importo di euro 862,90 annui;

   l'aumento della soglia minima, ricadrà in prima battuta sulle realtà connesse alla piccola nautica da diporto, produttive di utili spesso molto limitati. Ma non solo: questo aumento andrà ad incidere gravemente anche sulle attività più strutturate, che dovranno pagare oneri rilevanti per quelle piccole concessioni che sono pertinenzialmente collegate alla propria attività;

   a titolo di esempio, si possono evidenziare casi di consorzi marittimi, eccellenze nel trasporto nautico con diverse imbarcazioni e numerosi addetti, i quali per svolgere la loro attività usufruiscono di una moltitudine di concessioni «satellite» connesse a pontili, boe, gavitelli, biglietterie e cartelli. Con gli aumenti previsti recentemente introdotti si andrebbe ad incidere sull'attività per importi di decine di migliaia di euro;

   pare quasi superfluo, poi, rilevare come il citato provvedimento vada a gravare sui concessionari in un momento di estrema criticità, in cui, tra sospensione legale delle attività e contrazione dei movimenti turistici, hanno avuto un crollo degli incassi e non possono effettuare alcuna prognosi favorevole per la ripresa delle attività nell'anno corrente –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di tutelare i soggetti e le attività titolari di concessioni demaniali, settore già segnato gravemente dalle conseguenze economiche dell'emergenza sanitaria, anche attraverso una riduzione degli importi recentemente ritoccati al rialzo.
(4-08244)


   GASTALDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il traforo del Fréjus collega Torino, Piemonte meridionale e flussi di traffico della pianura padana con Lione e il nord della Francia; entrato in esercizio il 12 luglio 1980, in seguito alla convenzione Italia-Francia del 1972, è lungo 12,870 chilometri, di cui 6,8 chilometri lato italiano sull'autostrada A32 Torino-Bardonecchia; il 2022 entra in esercizio la seconda galleria che lo rende un'infrastruttura a due canne monodirezionali;

   il traforo del Monte Bianco collega il Piemonte settentrionale, Milano e flussi di traffico della pianura padana con Lione, Svizzera francese e nord della Francia; entrato in esercizio il 19 luglio 1965, in seguito alla convenzione Italia-Francia, del 1953, è lungo 11,6 chilometri, di cui 3,96 chilometri in Italia; prossimamente, si renderanno necessari lavori di manutenzione straordinaria di consolidamento e si discute anche del raddoppio della galleria;

   i concessionari, con scadenza 2050, sono per il Fréjus Sitaf per l'Italia, gestore anche dei 94 chilometri della A32 (azionariato 66 per cento Astm e 31,74 Anas e Sftrf per la Francia, e per il Monte Bianco Sitmb, gestore anche dei 32 chilometri di Rav (azionariato ASPI 51 per cento, Anas 32 per cento, regione Valle d'Aosta 10,6 per cento, cantone e città di Ginevra 6,25 per cento e Atmb per la Francia; Geie-Gep e Geie-Tmb, soggetti giuridici di diritto comunitario, si occupano reciprocamente della manutenzione ordinaria e straordinaria, assumendo direttamente la spesa e dividendola in parti uguali tra le società concessionarie indipendentemente dal territorio in cui sono eseguiti i lavori; gli utili 2019 sono 32,8 milioni per Sitaf e 11,1 milioni per Sitmb;

   il numero di passaggi è, per il Fréjus, di 1.011.526 veicoli leggeri, 26.591 bus, 771.706 veicoli pesanti e, per il Monte Bianco, di 1.315.528 veicoli leggeri, 20.566 bus, 628.011 pesanti; nel 2019 c'è stato un aumento della tariffa pari a 2,73 per cento per i due trafori, 6,71 per cento per la A32 6,32 per cento per il Rav; ultimamente, è stata registrata una diminuzione dei passaggi a nord ovest con incremento dei passaggi per Brennero;

   al 1° gennaio 2021 è stato verificato un incremento del pedaggio dei trafori Fréjus e Monte Bianco, con tariffa agevolata per i mezzi pesanti, che, per ogni singolo passaggio a/r, da 117,45 euro (Iva inclusa) nel 1° gennaio 1999 è passata a 271,55 euro (Iva inclusa), con un aumento del 131,20 per cento nello stesso arco temporale l'inflazione è stata del 39 per cento;

   tali aumenti tariffari dei trafori Fréjus e Monte Bianco sono visti dagli autotrasportatori come veri e propri dazi «occulti» che si scaricano sulle imprese e sui consumatori finali; nell'attuale momento di crisi economica dovuta al Covid-19, in cui occorre fare di tutto per far ripartire l'economia, i trafori alpini sono fondamentali per il libero mercato europeo; tariffe più sostenibili del Fréjus e Monte Bianco verrebbero a sgravare il traffico sugli altri valichi alpini;

   le associazioni di categoria Astra e Confetra Piemonte denunciano l'insostenibilità del «caro trafori» alpini e le storture del sistema che ostacola la libertà di mercato e di impresa;

   occorre accendere un faro su questa problematica, poco conosciuta dalla pubblica opinione, riconoscendo che i trafori sono un patrimonio pubblico ormai ampiamente ammortizzato, sono fondamentali per la nostra economia e per i traffici di merci e persone con l'Europa centrale e non possono continuare ad essere visti come una mera fonte di guadagno di gruppi privati o pubblici –:

   se il Ministro interrogato, sulla base di studi e dati statistici intenda adottare le iniziative di competenza per riesaminare le tariffe di pedaggio dei trafori alpini e gli aumenti esorbitanti sopra esposti, riconoscendo l'importanza dei suddetti trafori per l'economia italiana, con particolare riferimento ai trafori del Fréjus e del Monte Bianco.
(4-08255)


   MAZZETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   diversi tratti della strada statale 12 dell'Abetone e del Brennero, da troppo tempo sono interessati da forti criticità per le quali sarebbero necessari interventi strutturali;

   la viabilità nel fondovalle del Serchio presenta, da anni, gravi criticità, dovute sia alla situazione idraulica che a quella idrogeologica, in particolare, la suddetta statale 12 del Brennero è stata numerose volte interessata da eventi franosi ed allagamenti per straripamenti del Serchio, nei tratti ricadenti nei comuni di Borgo a Mozzano e Bagni di Lucca, nonché da forti criticità che vedono interessato in particolare il tratto dalla frazione Ponte a Moriano nel comune di Lucca fino alla località Cutigliano nel comune di Abetone Cutigliano;

   come riportato anche da «La Nazione» di Lucca del 31 gennaio 2021, i sindaci di Borgo a Mozzano e Bagni di Lucca hanno concordato di convocare urgentemente un tavolo a cui invitare regione e Anas Spa per arrivare a prendere impegni precisi riguardo il contenuto del progetto di messa in sicurezza di diverse tratte della strada statale 12 del Brennero e i tempi di attuazione;

   a fronte delle tante tante criticità, l'Anas ha comunicato, nei mesi scorsi, di aver previsto un investimento di alcuni milioni di euro, a cui finora non sono però seguiti i fatti;

   i sindaci dei comuni interessati hanno sottolineato la necessità di mettere in atto un piano complessivo per la viabilità che preveda la realizzazione di due ponti sul Serchio, l'uno tra Borgo e Socciglia, l'altro tra Piano della Rocca e Fornoli, come previsto dal piano strutturale intercomunale di recente approvazione, i quali contribuirebbero a sgravare il traffico sia dal Ponte di Calavorno che dal Ponte Pari ed anche al rilancio di una importante zona industriale come quella della Socciglia –:

   se non ritenga di adottare iniziative di competenza per avviare quanto prima, e in tempi certi, un piano di messa in sicurezza dei tanti tratti della strada statale 12 del Brennero di cui in premessa, per garantire la piena viabilità, escludere rischi per l'incolumità delle persone e ridurre i forti disagi per i cittadini, anche prevedendo a tal fine la realizzazione di due ponti sul Serchio, come peraltro chiesto anche dagli stessi sindaci interessati.
(4-08273)


   DE LUCA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la rete di trasporto ferroviario presente sul territorio nazionale rappresenta uno dei principali assi infrastrutturali del Paese;

   l'attuale bozza del Piano nazionale di ripresa e resilienza, all'interno della terza missione, denominata «Infrastrutture per una mobilità sostenibile», prevede lo stanziamento di 31,98 miliardi di euro per realizzare un sistema di mobilità più moderno e sostenibile sul piano ambientale;

   il cosiddetto decreto Rilancio, prevedendo lo stanziamento di circa 40 milioni di euro per la realizzazione del progetto di fattibilità tecnico-economica degli interventi di potenziamento con caratteristiche di Alta Velocità/Alta Capacità delle direttrici ferroviarie Salerno-Reggio Calabria, Taranto-Metaponto-Potenza-Battipaglia e Genova-Ventimiglia, ha impresso una forte accelerazione per la realizzazione di infrastrutture di grande rilievo strategico;

   il 3 febbraio 2021 in seno alle Commissioni riunite ambiente e trasporti della Camera, si è svolta un'audizione dei soggetti designati commissari straordinari ai sensi dell'articolo 2 dello schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante l'individuazione degli interventi infrastrutturali ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32;

   in tale contesto, veniva esposta, dai vertici della Rete Ferroviaria Italiana Rfi, l'ipotesi progettuale per l'Alta Velocità per il Sud;

   alla luce dell'ipotesi presentata in Parlamento, risulta tuttavia che la stazione centrale della città di Salerno, nonché una parte consistente del territorio della Campania, in particolare della provincia di Salerno, sarebbero prive di fermate restando di fatto escluse dal progetto di direttrice ferroviaria;

   una simile ipotesi progettuale priverebbe inopinatamente intere aree della regione Campania di interventi di potenziamento tecnologico e di conseguenti opportunità di sviluppo economico-sociale, legate a tutti gli interventi ad esso connessi;

   il citato progetto di realizzazione dell'Alta Velocità Salerno-Reggio Calabria, in considerazione dell'elaborazione del piano e del nuovo tracciato, non risulterebbe esser stato concordato con le amministrazioni locali ed appare all'interrogante, allo stato, immotivato ed insoddisfacente da un punto di vista tecnico ed economico;

   l'ideazione e la realizzazione di interventi infrastrutturali di tale portata rivestono, per tutte le aree interessate, un ruolo decisivo in termini di crescita, sviluppo e rafforzamento della coesione sociale e territoriale –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se, al fine di scongiurare un forte pregiudizio per alcune aree strategiche della Campania derivanti dall'ipotesi progettuale della nuova tratta di Alta Velocità Salerno-Reggio Calabria, presentata in Parlamento dai vertici di Rfi, non ritenga opportuno convocare, con la massima urgenza, un tavolo di confronto tra il commissario straordinario designato, la regione Campania e le amministrazioni locali interessate.
(4-08299)

INTERNO

Interrogazioni a risposta orale:


   DI LAURO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   come ampiamente riportato nell'interrogazione a risposta scritta a prima firma dell'interrogante n. 4-06664, indirizzata anche al Ministro per la pubblica amministrazione, la Guardia di finanza di Napoli, nell'ambito dell'inchiesta «Concorsopoli» al Comune di Sant'Anastasia, eseguiva il 6 dicembre 2019 misure cautelari nei confronti del sindaco, Raffaele Abete, del segretario generale, Egizio Lombardi, e del consigliere comunale, Pasquale Iorio, all'epoca tutti in carica, con l'accusa di alterare i risultati delle prove dei concorsi pubblici in cambio di mazzette tra 30 mila e 50 mila euro, avvalendosi di Alessandro Montuori, legale rappresentante della Cooperativa Agenzia Selezioni Concorsi, a cui erano state affidate le procedure concorsuali;

   gli imputati hanno confermato le accuse nel corso dei successivi interrogatori, facendo ipotizzare che lo stesso modus operandi sarebbe stato adottato anche in altri comuni del napoletano e del salernitano;

   nello specifico risulta che, tra il 2018 e il 2019 sono state espletate procedure concorsuali affidate alla Agenzia Selezioni e Concorsi nei Comuni di Sarno, Cardito, Lettere, Cercola, San Giuseppe Vesuviano, Cercola e Pimonte dove Egizio Lombardi ricopriva il ruolo di Segretario generale;

   in alcuni di questi comuni emergono palesi anomalie in merito alle procedure per l'individuazione del soggetto affidatario sulla gestione dei concorsi e relativamente ai criteri di nomina dei componenti delle commissioni valutatrici, laddove nelle stesse si ripetono diversi nominativi come commissari di concorso;

   le dichiarazioni rese dai comuni interessati dalle predette procedure concorsuali ai servizi ispettivi dell'ispettorato per la funzione pubblica, ampiamente riportate nella risposta alla citata interrogazione 4-06664, sembrerebbero essere superate dai recenti sviluppi giudiziari della vicenda;

   infatti, il 15 gennaio 2021 è stata emessa la sentenza di condanna in primo grado per l'ex Sindaco del comune di Sant'Anastasia Abete (10 anni), per l'ex consigliere del comune di Sant'Anastasia Iorio (8 anni), per l'ex segretario generale del comune di Sant'Anastasia Lombardi (8 anni) e per il titolare della Agenzia Selezioni e Concorsi Montuori (6 anni) per reati vari contro la Pubblica Amministrazione;

   le procedure presso il comune di Sant'Anastasia sono tutte state annullate conseguentemente agli sviluppi giudiziari mentre, incomprensibilmente, nessuna delle altre procedure concorsuali affidate alla Agenzia Concorsi e Selezioni (all'epoca in cui il titolare è stato il condannato Alessandro Montuori) è stata invalidata, nonostante le acclarate illegittimità e violazioni di legge, mentre alcuni dei vincitori e degli idonei sarebbero già stati assunti tramite scorrimento delle graduatorie presso altri Enti;

   ciò desterebbe non poche perplessità anche alla luce delle gravi dichiarazioni rese da persone coinvolte nel corso degli interrogatori resi alle autorità giudiziarie, in base alle quali sarebbe stato esplicitato che situazioni analoghe a quelle del comune di Sant'Anastasia si sarebbero concretizzate anche in altri Comuni;

   alla luce degli avvenimenti sopra descritti, successivi alla risposta, seppure esaustiva, fornita dall'allora Ministro della pubblica amministrazione, sembrerebbe evidente la necessità di un ulteriore e soprattutto più incisivo intervento da parte dei servizi ispettivi, che possano verificare quanto dichiarato dagli enti comunali coinvolti, senza limitarsi alla mera raccolta di informazioni in assenza di contraddittorio –:

   se i Ministri interrogati intendano adottare iniziative, per quanto di competenza, per attivare i servizi ispettivi dell'ispettorato per la funzione pubblica, al fine di verificare la regolarità delle procedure concorsuali avvenute nei comuni citati in premessa, e degli atti e fatti ad esse correlati, anche alla luce degli ultimi sviluppi giudiziari esposti in premessa;

   se non intenda avviare, anche per il tramite delle prefetture, iniziative presso i sopra citati comuni, ai fini della procedura di cui all'articolo 141 del T.u.e.l., in particolare con riguardo al caso di cui al comma 1, lettera a).
(3-02051)


   ASCARI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con il coordinamento della prefettura di Catania, il 14 gennaio 2021, è stato siglato un importante accordo tra i vari soggetti istituzionali e sociali competenti, e le diocesi di Catania, Acireale e Caltagirone, con il quale si è provveduto a costituire presso la stessa prefettura della città un Osservatorio metropolitano per il monitoraggio del fenomeno della devianza giovanile nell'area cittadina per favorire la cura delle esigenze educative e di inserimento sociale dei ragazzi con l'obiettivo di assicurare la piena attuazione delle funzioni di tutela dei minorenni o dei giovani adulti destinatari di provvedimenti giudiziari;

   l'accordo trae origine dalla pregressa collaborazione avviata in Calabria tra il prefetto della città e il presidente del tribunale per i minorenni, Di Bella, culminata nella preparazione del progetto «Liberi di scegliere»;

   l'accordo si propone di favorire progettualità condivise e modalità operative integrate tra gli attori istituzionali per il perseguimento dei seguenti obiettivi: il recupero culturale dei quartieri della città di Catania e dei comuni dell'area metropolitana, afflitti da povertà educativa e criticità sociali, substrato della devianza giovanile; la programmazione di strategie di contrasto della dispersione scolastica e l'elaborazione di interventi di inclusione sociale, culturale e lavorativa in favore dei minorenni o dei giovani adulti provenienti da contesti familiari e ambientali degradati della città metropolitana; il coinvolgimento operativo delle forze dell'ordine nelle attività di recupero dei minorenni e dei giovani adulti destinatari di provvedimenti giudiziari; la pianificazione di interventi volti a favorire il cosiddetto tempo pieno nelle scuole delle aree degradate della città metropolitana e l'istituzione di centri di aggregazione culturale anche con l'intervento e l'importante contributo delle diocesi e delle associazioni del terzo settore; la rilevazione dell'andamento dell'anno scolastico negli istituti di formazione professionale per i giovani in età scolare in ragione dell'esigenza di assicurare che ragazzi esposti al rischio del «reclutamento» della criminalità siano invece impegnati in attività educative e professionalizzanti. L'accordo prevede anche un circuito comunicativo fra la procura distrettuale di Catania, il tribunale e la procura per i minorenni e le forze di polizia con l'obiettivo di realizzare interventi giudiziari coordinati a tutela degli stessi minorenni disagiati, autori o vittime di reati, della città metropolitana, territorio caratterizzato dalla capillare presenza di organizzazioni criminali e da condizioni di fragilità e criticità sociale e culturale che sostanziano fattori gravemente turbativi della crescita dei giovani;

   questo è un accordo di rilevante importanza, in quanto, grazie al circuito comunicativo che si instaurerà tra i vari soggetti istituzionali firmatari dell'accordo, sarà più facile intervenire, tempestivamente, in quelle aree della città individuate come maggiormente esposte e critiche, ossia laddove si ravviseranno situazioni di pregiudizio e di criticità per i ragazzi coinvolti in attività criminali o che possono trovarsi soli o in condizione di devianza o per i figli dei collaboratori di giustizia che si trovano a vivere con un familiare che non ha condiviso la scelta di rompere con il passato;

   questo accordo interistituzionale vuole segnare un deciso cambio di passo nelle strategie di prevenzione e recupero degli stessi giovani, specie in questo periodo in cui l'attuale emergenza sanitaria pare aver accentuato le criticità sociali e le situazioni di devianza tra i giovani;

   l'attenzione dedicata alla questione minorile è cruciale per prosciugare quel bacino che alimenta il modello mafioso, nella speranza di un rinnovamento culturale e sociale dei giovani soprattutto di quelli meno fortunati;

   in attuazione di quanto disposto dagli articoli 2 e 3 della Costituzione, occorre assicurare la piena tutela dei diritti dei soggetti minorenni dei territori delle varie città caratterizzate da rilevanti criticità sotto il profilo economico e socio-culturale, oltre che dalla capillare presenza di organizzazioni criminali a struttura familiare o che comunque si avvalgono di soggetti minorenni per la perpetrazione di delitti;

   appare, dunque, necessaria e indifferibile la realizzazione di una strategia condivisa e permanente, attraverso l'istituzione di un Osservatorio simile a quello citato, presso ogni prefettura, fra i vari soggetti istituzionali e sociali competenti, volta a favorire dei percorsi di inclusione sociale, culturale e lavorativa nonché a preservare l'integrità morale, fisica e psichica dei minori dei quartieri a rischio delle città con conseguente riqualificazione culturale dei territori –:

   se il Ministro interrogato, nell'ambito delle proprie competenze, sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e se ritenga opportuno adoperarsi – anche attraverso opportune iniziative normative e d'intesa con altri soggetti istituzionali competenti – per addivenire all'istituzione di un Osservatorio permanente e analogo a quello descritto in premessa presso ogni prefettura del territorio nazionale.
(3-02055)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   TUZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 15 maggio 2020 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana 4a Serie speciale «Concorsi ed esami» il concorso pubblico per l'assunzione di 1.350 allievi agenti della polizia di Stato riservato ai volontari in ferma prefissata di un anno o quadriennale ovvero in rafferma annuale in servizio o in congedo, indetto con decreto del Capo della polizia-direttore generale della pubblica sicurezza del 13 maggio 2020;

   il concorso in questione ha subìto cinque rinvii nella pubblicazione del diario della prova scritta motivati da comprovate esigenze organizzative e di servizio, anche in relazione alla persistenza dell'emergenza sanitaria COVID-19;

   il 26 gennaio 2021 è stato deciso che la prova scritta del concorso sopracitato si svolgerà a Roma dal 15 al 19 febbraio 2021;

   i costanti rinvii sono stati motivati dalla persistenza dell'emergenza sanitaria COVID-19 e dal fatto che in Italia l'attuale situazione pandemica (2 febbraio 2021, rispetto al giorno precedente) ha registrato: 9.660 (+0,38 per cento); 499 decessi (+0,56 per cento); 38 dimessi dalle terapia intensive (-1,69 per cento; 57 nuovi ricoveri (+0,28 per cento);

   per il concorso in esame sono state presentate circa 10.000 domande e quindi si prevede una mobilitazione di circa 10.000 aspiranti provenienti da ogni regione italiana;

   il 26 gennaio 2021, in relazione alla persistenza dell'emergenza sanitaria COVID-19, si è deciso di rinviare al 2 aprile 2021 la pubblicazione del diario della prova scritta del concorso pubblico per l'assunzione di 1.650 allievi agenti della polizia di Stato indetto con decreto del Capo della polizia-direttore generale della pubblica sicurezza del 29 gennaio 2020 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 31 gennaio 2020;

   in previsione di Expo 2015, con decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, e successive modificazioni, articolo 3, commi, 3; 3-bis; 3-ter; 3-quater, si sono verificati scorrimenti di graduatoria di concorsi riservati ai volontari in ferma prefissata di un anno o quadriennale ovvero in rafferma annuale in servizio o in congedo motivati da stato di necessità e/o straordinarietà;

   l'utilizzo dello strumento degli scorrimenti comporta una riduzione massiccia dei tempi e dei costi assunzionali avendo, gli aspiranti, già sostenuto i test di cultura generale e dovendo unicamente concludere l'iter fisico-psico-attitudinale –:

   se si intenda procedere a un ulteriore rinvio del concorso pubblicato in Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana 4a Serie speciale «Concorsi ed esami» del 15 maggio 2020 per l'assunzione di 1.350 allievi agenti della polizia di Stato riservato ai volontari in ferma prefissata di un anno o quadriennale ovvero in rafferma annuale in servizio o in congedo, indetto con decreto del Capo della polizia, a causa delle difficoltà relative all'emergenza sanitaria e dei rischi che si correrebbero per la salute degli aspiranti;

   se sia stata presa in considerazione l'ipotesi di prevedere uno scorrimento delle graduatorie del concorso pubblicato in Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana – 4a Serie speciale «Concorsi ed Esami» – del 26 maggio 2017 per l'assunzione di 1.148 allievi agenti della polizia di Stato, con riferimento al personale di cui alla lettera b), 179 posti, per esame e titoli, per coloro che sono in servizio, da almeno sei mesi alla data di scadenza della domanda di partecipazione al concorso, come volontari in ferma prefissata di un anno (VFP1) o in rafferma annuale, purché in possesso dei requisiti prescritti per l'assunzione nella polizia e, alla lettera c), 76 posti, per esame e titoli, per i volontari in ferma prefissata di un anno (VFP1) collocati in congedo, al termine della ferma annuale, alla data di scadenza della domanda di partecipazione al concorso, nonché ai volontari in ferma quadriennale (VFP4), in servizio o in congedo, purché in possesso dei requisiti prescritti per l'assunzione nella polizia di Stato.
(5-05355)


   RIZZETTO, FOTI, ALBANO, CIABURRO, DEIDDA, FERRO, FRASSINETTI, LUCASELLI e OSNATO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'esodo degli istriani, fiumani e dalmati, protrattosi dal 1943 al 1970, ha avuto nel tempo delle dannose ripercussioni anche burocratiche, poiché molti cittadini italiani – costretti ad emigrare – successivamente, si ritrovati con dati personali pubblici errati, dalla carta d'identità all'attribuzione del codice fiscale, poiché, in particolare, gli veniva attribuito, quale territorio di nascita, anziché quello italiano, un diverso Stato: ex Jugoslavia, Serbia-Montenegro, Croazia, Slovenia;

   come noto, per risolvere tale situazione è stata approvata nel 1989, la legge n. 54, che contiene «Norme sulla compilazione di documenti rilasciati a cittadini italiani nati in comuni ceduti dall'Italia ad altri Stati in base al Trattato di pace», che all'articolo 1 prevede che le pubbliche amministrazioni «nel rilasciare attestazioni, dichiarazioni, documenti in genere a cittadini italiani nati in Comuni già sotto la sovranità italiana ed oggi compresi nei territori ceduti ad altri Stati, ai sensi del trattato di pace con le potenze alleate ed associate, (...) hanno l'obbligo di riportare unicamente il nome italiano del comune di nascita, senza alcun riferimento allo Stato cui attualmente appartiene»;

   tuttavia, la predetta norma non è stata applicata correttamente da parte di tutte le amministrazioni. Ciò è stato più volte denunciato dalle associazioni degli esuli che lamentavano l'erroneità dei dati identificativi che gli venivano attribuiti, connessi alla mancata applicazione della legge in questione;

   nel 2007, infatti, il Ministero dell'interno emanava una circolare per agevolare la concreta applicazione della legge del 1989 e, a tal fine, venivano comunicati alle pubbliche amministrazioni gli elenchi dei comuni appartenenti ai territori ceduti alla ex Jugoslavia, suddivisi in un allegato A, che riportava l'elenco dei comuni che dal 15 settembre 1947 sono andati a far parte del territorio dell'ex Jugoslavia, in conseguenza del Trattato di Parigi, ed in un allegato B, contenente l'elenco dei comuni ceduti all'ex Jugoslavia sulla base del Trattato di Osimo, entrato in vigore il 3 aprile 1977;

   sicché, le persone nate prima del 15 settembre 1947 in un comune incluso nell'allegato A, devono risultare nei documenti come nate in quel comune e non già come nate nello Stato, al quale il comune è stato ceduto. Allo stesso modo, è stato disposto per coloro che sono nati prima del 3 aprile 1977, nei comuni inclusi nell'allegato B;

   tra l'altro, nella summenzionata circolare si chiedeva anche ai sindaci di adoperarsi per quanto di competenza, per assicurarne la corretta applicazione e di sensibilizzare al rispetto della legge n. 54 del 1989 tutti gli enti pubblici interessati alla compilazione dei dati: Inail, Inps, uffici della Motorizzazione civile, aziende sanitarie locali e altri;

   ed ancora, anche successivamente e sempre per garantire un'adeguata applicazione delle norme citate, è stata emessa una direttiva dall'allora Presidente del Consiglio dei ministri, Mario Monti, volta a chiarire i principi di applicazione della legge n. 54 del 1989;

   nonostante i predetti interventi, ancora oggi, accade che ci siano degli esuli che lamentino l'inesattezza dei dati relativi allo Stato di nascita, sui documenti personali, poiché non tutte le pubbliche amministrazioni si sono conformate alle norme e direttive emesse in materia, nel tempo –:

   quali siano gli orientamenti del Governo sui fatti esposti in premessa e, in particolare, quali siano i dati in suo possesso ai fini di un monitoraggio sull'andamento dell'applicazione della legge n. 54 del 1989;

   se e quali iniziative si intendano adottare affinché non continuino a riproporsi le problematiche esposte in premessa e sia garantita una definitiva e agevole applicazione della legge n. 59 del 1989 da parte di tutte le pubbliche amministrazioni interessate.
(5-05376)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GAVA, PANIZZUT, BUBISUTTI, MOSCHIONI, MOLTENI e ZOFFILI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   secondo una recente ordinanza del tribunale ordinario di Roma - sezione diritti della persona e immigrazione, resa il 18 gennaio 2021, la procedura delle riammissioni informali sul confine italo-sloveno, secondo la prassi adottata dal Ministero dell'interno in attuazione dell'accordo bilaterale, con la Slovenia, sarebbe illegittima;

   l'ordinanza è stata emessa all'esito di un procedimento cautelare d'urgenza presentato a ottobre 2020 da un immigrato pakistano contro il Ministero dell'interno;

   nel ricorso, l'immigrato sosteneva di aver fatto ingresso illegalmente in Italia dalla rotta balcanica insieme ad altri nel luglio 2020, di essere stato rintracciato a Trieste dagli agenti di frontiera e di essere stato costretto, nonostante l'intenzione di voler presentare domanda di asilo nel nostro Paese, a rientrare in territorio sloveno;

   il tribunale di Roma ha accolto il ricorso, consentendo all'immigrato pakistano l'immediato ingresso in Italia quale Stato competente a prendere in esame la sua domanda di asilo, nonostante il regolamento «Dublino» vigente e nonostante Slovenia e Croazia possano essere considerati Paesi sicuri;

   il Ministero dell'interno, contumace in giudizio, è stato condannato anche al pagamento di tutte le spese legali;

   per la prima volta dal 1996, anno in cui fu sottoscritto l'accordo bilaterale tra i due Paesi, un giudice ha stabilito che le riammissioni informali sul confine italo-sloveno sarebbero illegittime e che il Governo italiano starebbe violando così contemporaneamente la legge italiana e le convenzioni internazionali;

   questa ordinanza ha avuto ampia eco sulla stampa ed è già stata definita «pilota» per i prossimi e futuri ricorsi che migliaia di immigrati, compresi quelli in attesa di fare ingresso illegalmente in Italia, potrebbero presentare avverso le riammissioni informali in Slovenia;

   tale orientamento rischia di avere importanti e gravissime conseguenze sulle politiche di controllo e difesa dei confini interni ed esterni dell'Europa e di trasformare il Friuli Venezia Giulia meta privilegiata dei flussi migratori irregolari e del traffico di esseri umani;

   la decisione presa dal tribunale di Roma si pone altresì in palese contrasto con la posizione ufficiale del Viminale, espressa anche dal sottosegretario Achille Variati in occasione della risposta ad un'interpellanza urgente (n. 2-00861), in cui è stata affermata la legittimità delle riammissioni in Slovenia, anche di chi vuol presentare domanda di asilo, in virtù dell'accordo bilaterale vigente con tale Stato –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere nell'immediato, a fronte della decisione del tribunale di Roma di cui in premessa, che a parere degli interroganti potrebbe costituire un evidente fattore di attrazione dei flussi migratori irregolari verso in nostro Paese, e se non ritenga opportuno adottare specifiche e tempestive iniziative di competenza al confine con la Slovenia per contrastare il traffico illecito di esseri umani e l'immigrazione clandestina verso il nostro Paese.
(4-08157)


   VARCHI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 18 dicembre 2020, in un'operazione della Dia e dei Carabinieri del reparto operativo provinciale di Trapani, è stato catturato con l'accusa di associazione mafiosa il boss di Custonaci, Giuseppe Costa;

   nome pesante nella storia della mafia più sanguinosa, Costa, libero da tre anni, aveva già scontato 20 anni di carcere per essere stato uno dei sequestratori del piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio del pentito Santino, rapito da Cosa nostra nel novembre del 1993 per indurre il padre a ritrattare le accuse e le rivelazioni che stava facendo su Riina e sulle stragi del 1992. I mafiosi lo tennero prigioniero in una casa di Costa, nella frazione di Purgatorio, sino all'11 gennaio del 1996, quando fu ucciso e il suo corpo sciolto nell'acido, con un atto di grande disumanità;

   per gli investigatori, Costa è una sorta di manager per conto del boss latitante Messina Denaro ed è stato indicato come uno dei principali soggetti del Trapanese in grado di mobilitare consenso e sostegno verso Cosa nostra: tornato libero non ha avuto difficoltà a reinserirsi nel tessuto sociale di Custonaci, riprendendo, secondo le indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, i rapporti con i vertici dei mandamenti mafiosi di Trapani e Mazara del Vallo;

   secondo gli inquirenti, avrebbe anche partecipato alla raccolta dei voti per le elezioni regionali dell'autunno del 2017 e assunto il ruolo di controllore e tutore degli interessi di Cosa Nostra su un impianto di calcestruzzi della provincia trapanese;

   in una recente lettera di denuncia, il Gruppo consiliare di minoranza «SiAmo Custonaci», ha portato all'attenzione del presidente della commissione regionale antimafia alcune vicende dai contorni poco chiari sulla gestione dell'amministrazione comunale: «È notorio che Giuseppe Costa alle scorse elezioni amministrative del 2018 abbia sostenuto la candidatura dell'attuale Sindaco di Custonaci Giuseppe Morfino assieme a Mario Mazzara, altra figura nota e più volte indagata per questioni di mafia (operazioni Eris e Scrigno) così come è noto che sia il Costa che il Mazzara intrattenessero buoni rapporti con Morfino. Inoltre, la presenza di Costa e di altri suoi sodali, nel tempo è stata notata dagli investigatori e comprovata da vario materiale fotografico, ad eventi di natura privata e conviviali, dove erano presenti esponenti politici di Custonaci che rivestono attualmente cariche amministrative. [...] Da quel momento si susseguono svariate iniziative amministrative alquanto insolite, alcune delle quali si ritiene siano anche illegittime. Per prima cosa amici e parenti assumono immediatamente posizioni apicali nell'organigramma del personale comunale [...]. Argomenti che questo Gruppo Consiliare ha formalmente contestato coinvolgendo anche gli Uffici Ispettivi Regionali e la Corte dei Conti [...]. Con spregio delle regole vengono assunti diversi atti amministrativi} con impegni di spesa postumi e stranamente vincono gare d'appalto amici e parenti come il padre di un candidato della lista di Morfino [...] o come l'irregolare assegnazione dei buoni spesa per il Covid, sui quali è in corso un'indagine della Guardia di Finanza; o come l'indizione di pubblici concorsi con i pareri negativi degli uffici competenti e dei revisori dei conti [...].»;

   a Custonaci, il 19 luglio 2020 l'amministrazione comunale ha intitolato una piazza al piccolo Di Matteo, ma, nel corso della cerimonia, il sindaco si sarebbe inspiegabilmente «dimenticato» di ricordare che Di Matteo era stato tenuto sequestrato a pochi chilometri da quel luogo –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e se non ritenga sussistano i presupposti per attivare la procedura di cui agli articoli 141 e seguenti del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, al fine di chiarire se siano da escludere elementi di condizionamento dell'amministrazione comunale di Custonaci da parte di Cosa Nostra.
(4-08163)


   CUNIAL. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno, in data 5 gennaio 2021, ha emanato le direttive finalizzate ad acquisire, preventivamente e per tempo, delle adesioni volontarie (successivamente revocabili) degli operatori della Polizia di Stato al piano vaccinale anti Covid-19;

   nella direttiva il direttore generale Ciprani fa alcune osservazioni, di cui si assume responsabilità, tra cui che:

    il medico competente sarà in grado di valutare l'ipersensibilità, del vaccinando, al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti, prima della vaccinazione;

    l'inoculazione non è controindicata per le persone che abbiano avuto un'infezione, sintomatica o meno, da Sars-Cov-2;

    le informazioni sulla pericolosità derivanti dalla nuova tecnologia a mRNA sono false ed inattendibili dal punto di vista sostanziale;

    che non vi sarà alcuna azione del farmaco che possa in alcun modo portare alla modificazione del genoma umano delle cellule del corpo del vaccinando;

    che le reazioni avverse osservate con Comirnaty sono lievi;

    che perché la pandemia diventi un ricordo, è necessario raggiungere una percentuale altissima di soggetti vaccinati nella popolazione intera, al fine di raggiungere «l'immunità di gregge»;

   in merito alla prima affermazione, la si è contestata già con l'interrogazione n. 4-07990 del 12 gennaio 2021, con la quale si è chiesto di interrompere la somministrazione di Comirnaty fino a quando il Governo non fosse riuscito a garantire al cittadino il diritto e la possibilità di dichiarare in modo veritiero e corretto le ipersensibilità ai componenti del farmaco, in quanto assenti strumenti diagnostici e valutativi per le stesse;

   in merito alla seconda affermazione, essa è smentita dalle condizioni di esclusività del Trial NCT04368728, che escludeva dallo studio coloro che avevano una diagnosi clinica precedente o microbiologica di Covid-19. Pertanto, non si può affermare che non vi sia controindicazione, perché tale evenienza non è stata dimostrata sperimentalmente;

   in merito alla terza affermazione, con l'interrogazione n. 4-07541, del 17 novembre 2020, si sono esposti i rischi legati alla pericolosità del vaccino a mRNA;

   in merito alla quarta affermazione, risulta all'interrogante che vi sia evidenza nemmeno del contrario, data la velocità di sperimentazione, approvazione e produzione del vaccino a mRNA Pfizer, in quanto l'unico studio in corso è quello di fase 3 della casa produttrice;

   in merito alla quinta affermazione, nel rapporto dell'Ema EMA/707383/2020 del 21 dicembre 2020, la stessa Pfizer ammette la correlazione del rischio non lieve di anafilassi e nel libretto di istruzioni all'uso dichiara di non aver condotto studi di genotossicità o sul potenziale cancerogeno. Inoltre non sono stati condotti studi sull'interazione con altri vaccini, tanto che è previsto solo uno studio, che si dovrà concludere entro il 31 dicembre 2022, per verificare il rischio correlato all'interazione con il vaccino contro l'influenza stagionale quadrivalente quando somministrato separatamente o in concomitanza. Questo rischio non è da sottovalutare date le risultanze della Commissione di inchiesta uranio impoverito e vaccini, della precedente legislatura, che aveva affermato esserci una correlazione statisticamente significative tra le patologie, anche tumorali, incorse ai militari e la profilassi vaccinale obbligatoria;

   in merito alla sesta affermazione, Peter Doshi, editore associato del British Medical Journal, il 21 ottobre 2020 ha illustrato come lo studio di fase 3 di Comirnaty non sia stato pensato per verificare se il vaccino possa interrompere la trasmissione del virus;

   l'articolo scientifico «Robusta immunità ai linfociti T in soggetti convalescenti con COVID-19 asintomatico o lieve» del 29 giugno 2020, inoltre, ha suggerito come l'esposizione naturale o l'infezione possono prevenire episodi ricorrenti di Covid-19> grave anche in individui sieronegativi –:

   se il Ministro non ritenga di dare una informazione completa al personale che dovrà sottoporsi alla vaccinazione.
(4-08165)


   SPESSOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   venerdì 15 gennaio 2021, il social network Facebook ha oscurato, senza alcuna motivazione o preavviso, la pagina della federazione del Partito di Rifondazione Comunista di Venezia;

   in una nota alcuni rappresentati del Prc intenzionati a sporgere una denuncia alle autorità di polizia perché sia fatta chiarezza, hanno definito l'atto «illiberale e una censura intollerabile», reso ancora più grave dal fatto che l'oscuramento della pagina è avvenuto alla vigilia della conferenza web «Le mani sul Litorale», organizzata dalla stessa federazione, per discutere e denunciare le infiltrazioni della criminalità organizzata nel Veneto Orientale;

   la conferenza si è tenuta comunque, ospitata nella pagina della federazione di Padova di Rifondazione Comunista con la partecipazione di persone che, negli ultimi anni, si sono spese per denunciare la grave situazione presente nel litorale del Veneto Orientale, nel quale, ormai, le organizzazioni criminali si sono profondamente radicate;

   la videoconferenza, in particolare, ha riacceso il dibattito sullo sviluppo edilizio lungo la costa e nelle località balneari. Allertando in particolar modo la situazione degli appalti a Jesolo, uno dei relatori ha portato come esempio un'operazione immobiliare nella cittadina, nella quale sarebbe coinvolta la famiglia dell'ex assessore all'urbanistica e riportata, in seguito alla videoconferenza, anche dai quotidiani locali;

   la vicenda è stata descritta il 19 gennaio 2021 dal quotidiano La Nuova Venezia che ha pubblicato l'articolo «L'affare di Bergamo, da villetta a torre di 8 piani» e riprende quanto emerso nel corso della videoconferenza «Le mani sul litorale»;

   la storia in questione è iniziata a febbraio 2019, con l'acquisto, da parte della mamma dell'assessore all'epoca in carica, di una vecchia e fatiscente villetta di 5 appartamenti, ognuno con metratura inferiore a 40 metri quadrati — a Jesolo, in via Campana 12 — al prezzo di circa 430 mila euro;

   il quotidiano riporta che, dopo pochi mesi (a settembre dello stesso anno), la villetta è stata rivenduta «con progetto approvato, con diversi vani tecnici molto ampi per garantire più metri quadrati di superficie». La vendita, effettuata ad un prezzo ovviamente più alto, probabilmente ottenuto grazie al progetto approvato con l'aumento della metratura, ha permesso alla società acquirente di costruire la «Green Tower», una torre di 8 piani con un devastante impatto visivo e paesaggistico sul litorale –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti illustrati in premessa e se abbia elementi da fornire riguardo alle motivazione che ha consentito al social network Facebook di oscurare la videoconferenza «Le mani sul litorale»;

   se il Governo, per quanto di competenza, non ritenga opportuno acquisire elementi sulla vicenda relativa alla costruzione della Green Tower di Jesolo.
(4-08189)


   TERZONI, GIULIODORI e EMILIOZZI. — Al Ministro dell'interno, Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il 21 dicembre 2020 si verificava un'esplosione presso la Sabino Esplodenti, Casalbordino (CH), in cui perivano tre operai;

   l'incidente ripropone il tema della sicurezza delle aziende sottoposte agli obblighi del decreto legislativo n. 105 del 2015 per la prevenzione del rischio di incidenti rilevanti;

   in tali impianti sono obbligatori il rapporto di sicurezza (aggiornato almeno ogni 5 anni e approvato dal comitato tecnico regionale), il piano di emergenza interno (aggiornato almeno ogni tre anni) e il piano di emergenza interno (aggiornato almeno ogni tre anni e approvato dalla prefettura). Gli ultimi due devono essere elaborati in collaborazione, rispettivamente, del personale e dei cittadini; il piano d'emergenza esterno deve essere reso pubblico attraverso il sito web del comune;

   nelle Marche sono presenti 14 impianti a rischio di incidente rilevante;

   da una prima verifica sui siti web istituzionali dei comuni interessati svolta attraverso la attraverso la ricerca con parole chiave — come avrebbe fatto un normale cittadino — questa, a quanto consta all'interrogante, appare la situazione: in due non risulta consultabile alcun piano di emergenza esterno; in due, solo le bozze; in tre solo semplici volantini risalenti nel tempo (2008; 2011; altro senza data); in uno la versione non aggiornata (2013), nonostante nel frattempo fosse stato approvato l'aggiornamento dalla prefettura; in un altro, una versione aggiornata al 2013, quindi scaduta. Solo in tre comuni su dodici è stata, più o meno agevolmente, rintracciata una versione aggiornata del piano;

   da una verifica sui siti delle prefetture, risulta che quattro piani su dodici non sono stati aggiornati negli ultimi tre anni (due risalenti al 2013, uno al 2015 e uno al 2017) –:

   quale sia per ciascuno dei 14 impianti marchigiani l'effettivo stato di approvazione e lo stato di aggiornamento, al 31 dicembre 2020, di rispettivamente:

    a) rapporto di sicurezza;

    b) piano di emergenza interno;

    c) piano di emergenza esterno;

   quanti e quali incidenti o quasi incidenti siano stati notificati negli ultimi 20 anni nelle Marche e per quali impianti;

   quante ispezioni ordinarie, straordinarie e supplementari siano state condotte negli impianti marchigiani negli ultimi 5 anni e, nel caso, quali e quante non conformità siano emerse e per quali impianti;

   quante esercitazioni siano state condotte con i cittadini nel biennio 2019-2020 nella regione e su quali impianti.
(4-08192)


   FIANO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da notizie di stampa che il giorno 27 gennaio 2021, Giornata della Memoria, tre consiglieri comunali di centrodestra del comune di Cogoleto, nel corso della seduta consiliare, hanno votato l'approvazione del bilancio con il braccio teso del saluto romano, gesto appartenente alla simbologia fascista, che evoca valori politici di intolleranza, odio e discriminazione razziale, dietro precisa indicazione del loro capogruppo;

   si tratta di un episodio che non può e non deve passare inosservato anche per rispetto a tutte le vittime che hanno vissuto gli orrori del regime fascista perdendo la vita e vedendosi private di ogni forma di libertà e dignità;

   tale episodio è tanto più grave in quanto commesso da rappresentanti delle istituzioni, nelle sedi istituzionali, per di più in giornate, come quella della Memoria, durante le quali il mondo intero ricorda l'Olocausto e i crimini nazifascisti;

   il sindaco di Cogoleto ha fatto sapere che, di fronte alla gravità di quanto accaduto, non ha esitato insieme al resto dell'Amministrazione, a mettersi a disposizione delle forze dell'ordine per rilasciare le deposizioni e, parallelamente alle indagini d'ufficio, ha inoltre provveduto, in qualità di sindaco, a procedere con la denuncia dei fatti alle autorità competenti;

   lo stesso sindaco si recherà il 2 febbraio 2021 dal prefetto territorialmente competente per relazionare sull'accaduto al fine di valutare eventuali cause di decadenza dei consiglieri interessati –:

   se, nel pieno rispetto dell'indipendenza e dell'autonomia della magistratura che sta svolgendo le indagini sul caso, si intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, in relazione al comportamento dei consiglieri comunali sopra citati e se in particolare si intenda adottare iniziative normative per prevedere il divieto di propaganda del regime fascista e nazifascista mediante il richiamo pubblico della relativa simbologia o gestualità.
(4-08193)


   ZIELLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nell'area di Vettovaglie, nella sera di sabato 30 gennaio 2021, è scoppiata una rissa che, secondo le testimonianze dei residenti riportate sulla stampa locale, ha coinvolto una quindicina di ragazzi, molti dei quali minorenni, sulla falsa riga del filone inaugurato con la rissa del Pincio e replicato in diverse parti d'Italia, organizzata dagli adolescenti sui social media;

   si è trattato di uno scontro, repentino e violento, che si è consumato tra vicolo del Vigna e piazza Sant'Omobono intorno alle 20,25, ma quando le pattuglie sono giunte sul posto i contendenti si erano già dileguati;

   i residenti lamentano ormai già da settimane che nel centro storico sono frequenti scene di adolescenti ubriachi e molesti e si tratta di una situazione che è andata peggiorando a causa della situazione di emergenza sanitaria che si sta affrontando, dove gli episodi di giovani e giovanissimi ubriachi che stazionano in vicoli e piazze aumentano in assenza di un adeguato supporto alla polizia municipale da parte della prefettura nelle attività di controllo del territorio cittadino;

   le modalità della rissa, appunto, sono parse analoghe a quelle viste in televisione o in rete dopo gli episodi analoghi verificatisi nelle scorse settimane in altre parti d'Italia (Ercolano, Piacenza, Roma) e in molti sospettano che anche questo fenomeno sia comunque un effetto delle misure restrittive determinate dalla pandemia, che hanno cambiato radicalmente le abitudini degli adolescenti;

   il fenomeno è ormai attenzionato anche dagli psichiatri e il dottor Francesco Lamanna, psichiatra della Asl e responsabile del Serd di Pisa, ha affermato che «con le restrizioni e l'obbligo di restare a casa si sta sviluppando l'abuso di “social media”» e quindi, il maggior tempo trascorso sui social porta poi «a queste derive con gli appuntamenti che si danno proprio con lo scopo di fare confusione come ad esempio era successo a Roma al Pincio e in altre città italiane e che ora potrebbe capitare anche a Pisa»;

   il fenomeno, spesso pericoloso, delle cosiddette challenge, ovvero le sfide, è stato studiato anche da una ricercatrice del Cnr che ha coordinato uno studio sull'uso dei social media da parte dei giovanissimi, Sabrina Molinaro, la quale è giunta alle stesse conclusioni dello psichiatra, ovvero che tali eventi vadano letti come una conseguenza delle restrizioni delle libertà determinate a causa dell'emergenza sanitaria;

   a Pisa già esisteva un problema di «malamovida», soprattutto il sabato sera, che l'interrogante ha denunciato con precedenti atti di sindacato ispettivo e che, ora più che mai, necessita di un intervento urgente da parte della prefettura per pianificare un maggiore controllo del territorio in termini di sicurezza urbana –:

   se intenda adottare iniziative per provvedere quanto prima ad incrementare la sicurezza urbana attraverso un maggior controllo del territorio nella città di Pisa, tenendo in debito conto le ripetute segnalazioni di episodi similari denunciati dall'interrogante con precedenti atti di sindacato ispettivo, al fine di evitare che la gravità dei fatti continui ad aumentare.
(4-08195)


   VARCHI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   da tempo viene paventato il rischio che la gestione inconsistente dei flussi migratori, con ondate di sbarchi lungo le coste siciliane intensificatesi nell'ultimo anno, si possa trasformare in una emergenza sociale;

   l'allarme, caduto nel vuoto, era stato lanciato dal procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, secondo il quale «La rotta tunisina ha delle peculiarità. Che la differenziano da quella libica. È un tipo di immigrazione che probabilmente potrebbe essere arginata. O regolamentata con successo da accordi politici internazionali. Non è complesso, infatti, identificare gli organizzatori di questi traffici. E le loro basi logistiche. E predisporre servizi di prevenzione e controllo»;

   nel tracciare il drammatico bilancio di tale preoccupante situazione, Patronaggio confermava quanto denunciato da tempo: «I tunisini, a differenza di altri migranti provenienti dall'Africa subsahariana, non fuggono da persecuzioni politiche. O razziali. Ma cercano in Italia solamente migliori condizioni di vita»;

   a distanza di pochi mesi, senza che nulla sia cambiato in termini di politiche migratorie, l'allarme è stato lanciato anche dal presidente della corte d'appello di Palermo, Matteo Frasca, che ha confermato come in Sicilia «gli sbarchi fantasma provenienti dalla rotta tunisina, sebbene possano apparire frutto dell'autonoma iniziativa di pochi migranti, sono invece, nella gran parte dei casi, episodi riconducibili a un preciso disegno della criminalità organizzata, radicata in Tunisia ma, stavolta, in stretto contatto con quella italiana»;

   Frasca ha ricordato come solo a luglio 2020 nelle acque territoriali di Linosa e Lampedusa si sono registrati sbarchi di oltre 2.000 migranti e altrettanti sbarchi sono avvenuti sulle coste agrigentine e trapanesi di piccole imbarcazioni: «Si tratta di fenomeni che, proprio perché molto recenti, meritano un particolare approfondimento. Tuttavia, sin da ora, può affermarsi che non solo è possibile ipotizzare la sussistenza, a monte, di un'organizzazione tunisina dedita al favoreggiamento dell'immigrazione ma si può anche ritenere che essa abbia iniziato a operare in stretto contatto con i trafficanti libici, così come dimostrano le rotte intraprese e la creazione, in alcune località tunisine, di centri di detenzione che riproducono quelli libici»;

   a tali parole fanno eco le dichiarazioni del procuratore generale della Corte di Cassazione, Giovanni Salvi, secondo il quale, in particolare, l'Italia rappresenta il tunnel del terrorismo jihadista, che sbarca sul territorio nazionale attraverso i barconi dei migranti; non lasciano, infatti, spazio a interpretazioni le parole riportate nella sua relazione in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario: «l'Italia è Paese di approdo e transito clandestino di soggetti, in alcuni casi già espulsi anche più volte o ricercati all'estero per reati di terrorismo o segnalati per sospetti legami con ambienti dell'estremismo islamista»;

   Salvi ha ricordato anche la necessità di un controllo serrato dei centri studi islamisti e delle moschee con imam radicalizzati «ove con maggiore frequenza avviene l'estremizzazione e radicalizzazione delle ideologie religiose»; così come l'importanza del contrasto al finanziamento del terrorismo, proprio come si proponeva di fare l'imposta sull'invio di denaro all'estero, soppressa dall'ultimo Governo con la legge di bilancio 2021;

   di fronte a tale emergenza, invece di bloccare l'ingresso agli stranieri irregolari, i Ministri Lamorgese e Di Maio hanno affrontato una trasferta a Tunisi impegnando 11 milioni di euro in favore di quel Governo perché controllasse le proprie coste senza tuttavia ottenere, ad avviso dell'interrogante, alcun risultato, sommando così al danno anche la beffa –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per impedire l'approdo e il ramificarsi sul territorio nazionale di criminalità straniere, dando seguito in sostanza alle parole di magistrati del calibro di Patronaggio, Salvi o Frasca, anche attraverso l'adozione del blocco navale a difesa legittima delle coste italiane e della sicurezza nazionale;

   se il Governo non ritenga necessario stipulare immediati accordi internazionali bilaterali con la Tunisia per arginare gli intensificati flussi migratori.
(4-08196)


   PASTORINO e FORNARO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 27 gennaio si celebra la Giornata della Memoria, in cui si ricordano le vittime dell'Olocausto, del nazismo e del fascismo. La scelta è ricaduta su tale data poiché in questo giorno nel 1945, quando la 60esima armata dell'esercito sovietico abbatté i cancelli di Auschwitz, finì ufficialmente il più grande omicidio di massa della storia avvenuto in un unico luogo;

   il Giorno della Memoria, istituito in Italia con la legge 20 luglio 2000, n. 211, è stato riconosciuto ufficialmente da una risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 1o novembre 2005, in occasione dei 60 anni dalla liberazione dei campi di concentramento. Un riconoscimento pubblico e collettivo di un fatto particolarmente grave di cui l'Europa è stata capace e a cui il regime fascista italiano ha attivamente collaborato;

   proprio il 27 gennaio 2021, tre consiglieri comunali della minoranza di centrodestra, del comune di Cogoleto, hanno votano mostrando il saluto romano anziché la semplice alzata di mano. L'episodio, documentato da un video girato dallo streaming del consiglio comunale stesso, è stato denunciato dal sindaco del comune ligure, Paolo Bruzzone, il quale afferma: «Rivedendo il video ci siamo accorti che un consigliere rivolgendosi alla sua vicina di banco ha detto “Votiamo con il saluto romano?”, oltre a questo nel video quando gli è stato fatto notare il gesto e alla richiesta di scuse queste non ci sono state»;

   il gesto proprio della simbologia fascista viene ripetuto più volte, nel corso della votazione, da parte dei tre consiglieri. Tale atteggiamento indigna sempre, ancor più se tenuto da consiglieri comunali, rappresentanti delle istituzioni, ad aggravare la vicenda è la scelta di farlo nel Giorno della Memoria; tuttavia, non si tratta unicamente di indignazione, in quanto il saluto romano è reato. La legge Scelba, legge del 20 giugno 1952, n. 645, all'articolo 4 sancisce il reato commesso da chiunque «faccia propaganda per la costituzione di un'associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità di riorganizzazione del disciolto partito fascista», oppure da chiunque «pubblicamente esalti esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche»;

   dunque, il diritto alla libera manifestazione del pensiero finisce dove inizia l'istigazione al razzismo. Secondo quanto affermato dalla sentenza Cass. pen., Sez. I, 2 marzo 2016, n. 11038, il saluto romano costituisce una manifestazione gestuale che rimanda all'ideologia fascista e ai valori politici di discriminazione razziale e di intolleranza sanzionati dall'articolo 2 del decreto-legge n. 122 del 1993, e non richiede che le manifestazioni siano caratterizzate da elementi di violenza, svolgendo una funzione di tutela preventiva, che è propria dei reati di pericolo astratto. Principio ulteriormente confermato da Cass. pen., Sez. I, 4 marzo 2009, n. 25184, secondo la quale «Il cosiddetto saluto romano o saluto fascista è una manifestazione esteriore propria o usuale di organizzazioni o gruppi indicati nel decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 1993, n. 205, e inequivocabilmente diretti a favorire la diffusione di idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico: ne consegue che il relativo gesto integra il reato previsto dall'articolo 2 del citato decreto legge» –:

   alla luce dei gravi fatti esposti in premessa, quali iniziative di competenza, anche normative, intenda assumere in linea con la legge n. 645 del 1952, al fine di prevenire episodi come quello sopra citato in cui appaiono lesi, nel contesto generale della vita istituzionale degli enti locali i valori antifascisti della nostra Costituzione.
(4-08202)


   DEIDDA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da tempo, come anche ripetutamente riportato dai mass-media, si assiste ad un notevole incremento degli episodi di criminalità nella città di Sassari, in modo particolare nella parte bassa del centro storico, vale a dire nell'area compresa tra la zona San Donato, il corso Vittorio Emanuele e la parte bassa di via La Marmora;

   appare ipotizzabile che i vari reati riscontrati — spaccio di droga, sfruttamento della prostituzione, business dell'immigrazione clandestina, risse, pestaggi, accattonaggio — oltre che riconducibili ai singoli, siano da ascrivere ad una vera e propria organizzazione criminale;

   il 22 gennaio 2021, la questione è stata anche sollevata dal consigliere comunale di Sassari, Daniele Deiana, con la trasmissione di una lettera al prefetto di Sassari, nella quale si ribadiva la richiesta di una maggiore presenza delle forze dell'ordine nell'area in questione;

   in ragione di una probabile, forte presenza di immigrati irregolari nello stesso centro storico, come anche più volte richiesto con altri atti ispettivi, appare necessaria l'attivazione di maggiori forme di controllo sulla legittimazione dei soggetti interessati a permanere nel territorio nazionale, anche al fine di non vanificare gli sforzi di chi sceglie la via dell'immigrazione regolare;

   grazie al prezioso lavoro delle forze dell'ordine, negli anni passati, sia nel 2017 che nel 2018, sono state smantellate alcune vere e proprie organizzazioni criminali, finalizzate alla tratta degli esseri umani, allo sfruttamento della prostituzione e al racket: ciò nonostante, tali interventi non sono comunque stati sufficienti per fermare l'accrescimento degli episodi di violenza e degrado sociale; recentissimamente, dal focus realizzato sulla mafia nigeriana in Italia — a cura del Servizio analisi criminale della direzione centrale della polizia criminale, pubblicato sul sito del Viminale — si è appreso che l'Italia, per la posizione strategica che riveste nel bacino del Mediterraneo, con la presenza di importanti porti ed aeroporti collegati alle rotte internazionali, è considerata dalla criminalità nigeriana una terra dove poter espandere i propri interessi illegali;

   appare necessario intervenire tempestivamente per colpire tali organizzazioni criminali, anche con l'aumento degli operatori delle forze dell'ordine nelle varie città, al fine di rendere maggiormente sicuri i centri in questione e, in particolare, le suindicate zone della città di Sassari, appunto caratterizzate da un'alta presenza di immigrazione irregolare –:

   se sia a conoscenza di quanto sopra esposto e quali iniziative intenda assumere al fine di garantire una maggiore sicurezza nella città di Sassari, in particolare nel centro storico, nonché per supportare l'azione delle forze dell'ordine contro la criminalità, con specifico riferimento a quella organizzata.
(4-08206)


   FIORINI, CESTARI, GOLINELLI, MURELLI, PIASTRA, TOMASI, TOMBOLATO e TONELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia, al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato da vari organi di stampa, in piena emergenza sanitaria, circa un centinaio di ragazzi si sono ritrovati in un'area tra il parco Campo di Marte e il Villaggio Stranieri di Reggio Emilia per girare un videoclip musicale in cui si inneggia alla criminalità;

   il raduno sembrerebbe essere stato organizzato dal trapper Gani attraverso i suoi canali social per cercare comparse per il brano «Homie» (in inglese e albanese significa amico) che è stato pubblicato il 10 gennaio 2021 su YouTube;

   sebbene il 21 gennaio nella descrizione del video sia stata aggiunta la didascalia «Riprese girate in periodo senza restrizioni sulle norme Covid. La salute prima di tutto», sembrerebbe, invece, che il video sia stato girato il 18 dicembre con alcune anticipazioni pubblicate su Instagram il giorno successivo;

   la partecipazione è stata veicolata dagli oltre 3 mila follower di Gani ed a ritrovarsi sono stati tantissimi adolescenti o poco più, quasi tutti di origine straniera o italiani di seconda generazione, senza mascherina e senza rispetto per le misure anti Covid-19;

   all'interno della clip, di quasi tre minuti, si vedono scene di assembramenti, abbracci di gruppo, inseguimenti, spinelli, pistole (ancora non si sa se vere o giocattolo), preparazione di una spedizione, passaggi di borsoni dal contenuto misterioso, insulti alle forze dell'ordine e altre immagini tipiche dei video trap;

   sul luogo è intervenuta prima la polizia locale, allertata dai residenti, e poi anche le volanti che hanno identificato 14 ragazzi, avviato le indagini per verificare la regolarità dei fatti e acquisito le immagini;

   è inaccettabile che le forze dell'ordine vengano derise da ragazzini che senza alcuna vergogna mostrano l'uso di droghe in spregio a qualsiasi legge e ancora più grave è la disinvoltura con la quale vengono mostrate delle armi;

   non sono più tollerabili fenomeni di questo genere, perché la situazione a Reggio Emilia è ormai insostenibile e i cittadini vivono costantemente nella paura, nella violenza, nel degrado, come già evidenziato dalla prima firmataria del presente atto in precedenti atti di sindacato ispettivo;

   il crescente allarme sociale che coinvolge sempre più i giovani sta dilagando, purtroppo, in tutta Italia. Molti sono gli episodi nelle città italiane di avvenimenti di assembramenti e risse, alcune poi degenerano in furti, rapine, sparatorie, spaccio di droga e altro da parte delle baby-gang;

   è parere degli interroganti intervenire tempestivamente su tale fenomeno, ritenendo debba essere contrastato in modo preventivo ancor prima che repressivo –:

   se non si ritenga di provvedere sollecitamente a un potenziamento delle forze dell'ordine a Reggio Emilia per garantire maggiori livelli di sicurezza;

   se si intenda promuovere un tavolo di confronto sulla sicurezza con tutti gli attori politici e sociali che ponga all'attenzione anche la tematica delle baby-gang ed il degrado cittadino, per trovare concrete soluzioni di ordine pubblico;

   se e quali iniziative di competenza si intendano intraprendere, su tutto il territorio nazionale, per cercare di vigilare in relazione a quanto esposto ma soprattutto di recuperare questi ragazzi espressione del forte disagio sociale ed economico legato al fallimento educativo e scolastico, amplificato anche dalle restrizioni anti Covid-19;

   se e quali iniziative specifiche per i giovani si intendano adottare all'interno dei percorsi didattici e extra-didattici, affinché agli stessi siano forniti modelli positivi e legali.
(4-08234)


   FIORINI, CESTARI, GOLINELLI, MURELLI, PIASTRA, TOMASI, TOMBOLATO e TONELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per le politiche giovanili. — Per sapere – premesso che:

   come riportano quasi quotidianamente le cronache locali, da tempo Modena è colpita da un escalation di microcriminalità e di imbarbarimento, non più tollerabile per i cittadini, che hanno assistito, nel corso degli anni, ad un cambiamento in peius della loro qualità di vita, a causa anche di una minor tranquillità e sicurezza dettata dalla sbagliata gestione dei flussi migratori;

   oltre ai cosiddetti punti sensibili (Parco Novi Sad, Via Attiraglio, Viale Gramsci, Giardini Ducali Estensi) anche il centro storico (con epicentri in Piazza Matteotti e Piazzale Roma) è sempre più invaso e dominato dalle baby-gang formate da giovani, sia italiani che stranieri, che colpiscono commercianti e residenti, i quali si vedono costretti a presidiare le proprie attività e abitazioni per scongiurare nel XXI secolo il sacco medioevale;

   solo per citare alcuni avvenimenti, la sera di sabato 23 gennaio 2021 le forze dell'ordine sono state chiamate per sedare una rissa tra adolescenti, ma al loro arrivo hanno trovato solamente un senegalese a terra che è stato arrestato per resistenza a pubblico ufficiale, lesioni personali aggravate a pubblico ufficiale, danneggiamento aggravato e porto ingiustificato di strumento atto a offendere;

   la stessa sera è stata presa d'assalto anche via Coltellini, angolo via Taglio, vicino la Sinagoga, nota zona di ristoranti;

   un ristoratore si è imbattuto in una banda proprio all'interno del cortile privato dove sono le dispense e durante la fuga, presumibilmente, i teppisti hanno preso a sassate le finestre del locale;

   tutto ciò non fa altro che aggravare la già desolante condizione del centro storico di Modena, con le attività commerciali chiuse a causa della pandemia;

   Modena, infatti, risulta sempre più abbandonata al degrado e sottomessa alla violenza delle baby-gang, giovanissimi griffati e con telefonini di ultima generazione;

   purtroppo, spiace sottolineare che questi fenomeni, dovuti anche ad una dispersione scolastica e ad una errata gestione dell'adolescenza in periodo Covid-19 da parte del Governo «giallorosso», dilagano su tutto il territorio nazionale, basti ricordare gli episodi di Roma e Gallarate ed il video shock del trapper di Reggio Emilia;

   a Modena, peraltro, risulta al momento vacante la sede del Governo, poiché il prefetto Faloni ha lasciato l'incarico il 15 gennaio 2021 per raggiunta quiescenza –:

   se, anche alla luce dell'aggravarsi della situazione relativa alla sicurezza, il Governo non ritenga di assumere le iniziative di competenza volte a rimodulare l'organigramma della questura di Modena, elevandola alla fascia superiore (A), nonché a procedere con celerità alla nomina del nuovo Prefetto;

   se non si ritenga opportuno e necessario promuovere un tavolo urgente per la sicurezza che coinvolga tutti gli attori politici e sociali per affrontare le questioni legate alle baby-gang e alla violenza in generale che affligge sempre più la città –:

   se e quali politiche sociali si intendano adottare affinché i ragazzi possano essere esortati e indirizzati verso modelli legali e propositivi per agire in maniera preventiva e non repressiva nei loro confronti.
(4-08239)


   MICELI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con decreti del Presidente della Repubblica dell'agosto 2018 sono stati sciolti il consiglio comunale di Vittoria (Ragusa) ed il comune di San Biagio Platani (Agrigento) a causa di «forme di ingerenza della criminalità organizzata» che hanno esposto la gestione della cosa pubblica a «pressanti condizionamenti, compromettendo il buon andamento e l'imparzialità dell'attività comunale» e che, con analoghi atti del dicembre 2019, tali scioglimenti sono stati prorogati avendo «constatato che non risulta esaurita l'azione di recupero e risanamento complessivo dell'istituzione locale e della realtà sociale, ancora segnate dalla criminalità organizzata»;

   la giunta regionale siciliana, con propri atti dell'agosto e del settembre 2020, aveva calendarizzato la data delle elezioni nei predetti comuni nelle giornate del 22 e 23 novembre 2020 (con eventuale ballottaggio nei giorni del 6 e 7 dicembre 2020), e tali date sono state rimandate dalla stessa giunta ai giorni 14 e 15 marzo 2021 (con eventuale ballottaggio il 28 e 29 marzo 2021) alla luce del perdurante stato di emergenza pandemica, del diffondersi del contagio da Covid-19 ed in virtù delle disposizioni dei decreti-legge 7 ottobre 2020, n. 125, e 7 novembre 2020, n. 148, che prevedevano il rinvio delle elezioni ed il loro svolgimento «entro» il 31 marzo 2021;

   a seguito dell'emanazione del decreto-legge 14 gennaio 2021, n. 2, e degli atti connessi, ai sensi dei quali il citato termine del 31 marzo entro cui tenere le elezioni è stato trasposto al 20 maggio 2021, da quanto si apprende dalla stampa, la giunta regionale avrebbe espresso l'intenzione – non corroborata da alcuna deliberazione – di rimandare ulteriormente le date del turno elettorale straordinario per entrambi i comuni sciolti per mafia, nonostante lo svolgimento nel corso di quelle già fissate (marzo 2021) fosse per l'interrogante pienamente compatibile con la normativa vigente ed – almeno allo stato attuale – con le misure previste dallo stato di emergenza da Coronavirus;

   secondo fonti di stampa, per quanto riguarderebbe il comune di Vittoria, tale fuga di notizie non supportata da alcun atto ufficiale della giunta avrebbe innescato una «reazione a catena» di incertezza nelle procedure antecedenti le elezioni, per le quali la legge prevede termini specifici, anche a seguito dell'invio, da parte della prefettura – ufficio territoriale del Governo di Ragusa, di una nota con la quale si sarebbe disposto il rinvio della convocazione dei comizi elettorali;

   ad avviso dell'interrogante, la consultazione elettorale rappresenta uno dei momenti più alti di partecipazione democratica di una comunità – specie per quei comuni che hanno vissuto una fase buia della loro storia a causa delle infiltrazioni mafiose –, e il diritto di voto deve trovare il giusto bilanciamento con il diritto alla salute, e – qualora ne sussistano le condizioni logistico-sanitarie – le popolazioni di Vittoria e San Biagio Platani hanno diritto ad esprimere la propria preferenza per l'amministrazione del proprio territorio;

   lo stato di incertezza determinato da fughe di notizie non confermate si riverbera inevitabilmente sulla regolarità delle procedure pre-elettorali e, dunque, è concreto il rischio che tale situazione possa arrecare gravi pregiudizi al corretto e trasparente svolgimento delle elezioni –:

   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione ai fatti esposti in premessa;

   se e quali iniziative di competenza intenda intraprendere nell'immediato affinché siano stabiliti tempi certi – per quanto possibile in tale situazione emergenziale – per lo svolgimento delle elezioni amministrative comunali nei territori oggetto della presente interrogazione
(4-08247)


   VARCHI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   è recente la notizia della richiesta di rinvio a giudizio per il sindaco di Castellammare del Golfo (Trapani), Nicolò Rizzo, accusato di favoreggiamento aggravato dall'aver agevolato Cosa Nostra e coinvolto nell'operazione «Cutrara» del giugno 2020 insieme ad altre ventuno persone per estorsione, furto, favoreggiamento, violazione della sorveglianza speciale e altri reati, aggravati dal metodo mafioso;

   tra gli indagati, anche i boss Francesco Domingo, soprannominato «Tempesta», vicinissimo a Matteo Messina Denaro e già condannato a 19 anni di carcere per associazione di tipo mafioso, e Francesco Virga del mandamento mafioso di Trapani, arrestato nel 2019 nell'ambito dell'operazione «Scrigno», e raggiunto da una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere per associazione mafiosa ed estorsione, per aver costretto un imprenditore agricolo di Castellammare del Golfo a cedere un vasto appezzamento di terreno che conduceva nelle contrade di Marsala; ma anche l'ex presidente del consiglio comunale di Trapani, Francesco Di Bono, indagato per estorsione con l'aggravante del favoreggiamento alla mafia;

   tra le circostanze contestate al sindaco Rizzo c'è un incontro del 18 giugno 2019 con il capo mafia Domingo, durante il quale, secondo i magistrati della Dda di Palermo, «aiutava Francesco Domingo, nonché Lilla e Nicola Di Bartolo, titolari della Comunità alloggio Madre Teresa (nella quale era socio di fatto anche Domingo) a ottenere un nuovo immobile ove esercitare detta attività economica, perché potessero proseguire e incrementare l'attività economica»;

   secondo le indagini, Rizzo si sarebbe adoperato per cercare tra i beni del comune un edificio da svincolare dal patrimonio e inserire tra i beni da dismettere, per poi assegnarlo alla società Di Bartolo, dietro la quale ci sarebbe anche il boss Ciccio Tempesta;

   in particolare, in un colloquio intercettato con Lilla Di Bartolo del 18 gennaio, il sindaco aveva promesso che si sarebbe rivolto al funzionario comunale per individuare un immobile comunale da dismettere: immobile poi individuato nella frazione di Balata di Baida;

   a distanza di un mese, infatti, il 25 febbraio 2020, la giunta approvò il piano delle alienazioni, aggiornando quello precedente risalente al 2019, e nel nuovo piano si trova l'immobile comunale di Balata di Baida;

   sempre secondo i documenti raccolti dagli investigatori, il consiglio comunale approvò definitivamente il nuovo piano delle alienazioni nella seduta di agosto, proprio mentre venivano eseguiti gli arresti dell'operazione «Cutrara» e notificato l'avviso di garanzia per concorso esterno in associazione mafiosa al sindaco Rizzo;

   di tale procedura sarebbe stato a conoscenza anche il vice-sindaco Giuseppe Cruciata, come emergerebbe da una intercettazione tra Nicola Di Bartolo, fratello di Lilla, e Cruciata;

   la vicenda riporta alla memoria le ombre del passato, quando nel 2006, il comune di Castellammare fu sciolto per infiltrazioni mafiose, anche in quell'occasione per le pressioni pesanti di Domingo sull'ufficio tecnico –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare in merito e, in particolare, se non ritenga sussistano i presupposti per attivare la procedura di cui agli articoli 141 e seguenti del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267), in relazione alla possibile sussistenza di gravi e persistenti violazioni di legge, nonché di fenomeni di infiltrazione mafiosa o elementi di condizionamento dell'amministrazione comunale di Castellammare del Golfo da parte di Cosa Nostra.
(4-08248)


   FERRO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   i sindacati di categoria hanno denunciato le problematiche legate ai concorsi interni per l'accesso alla qualifica di vice-ispettore della polizia di Stato e, in particolare, la grave ingiustizia perpetrata nei confronti dei frequentatori del 9° e 10° corso di formazione;

   per effetto del decreto legislativo n. 95 del 2017 in materia di «riordino delle carriere», in data 27 giugno 2018 veniva bandito un concorso interno per soli titoli per la copertura di 307 posti da vice ispettore tecnico della polizia di Stato, i cui vincitori sono stati avviati al relativo corso di formazione;

   secondo le previsioni di cui all'articolo 25-ter n. 6 del decreto del Presidente della Repubblica 337 del 1982, i frequentatori del corso avrebbero decorrenza giuridica quali vice ispettori tecnici dal 1° gennaio 2018, andando paradossalmente ad acquisire un'anzianità di servizio maggiore rispetto ai vice ispettori del ruolo ordinario, già frequentatori del 9° e 10° corso, che hanno avuto immissione nel ruolo rispettivamente il 12 marzo 2018 ed il 27 luglio 2019;

   la questione solo apparentemente interessa personale appartenente a ruoli diversi, posto che l'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 782 del 1985 dispone che, fra personale tecnico e personale ordinario, impiegato nello stesso ufficio e appartenente alla medesima qualifica, prevale esclusivamente il criterio dell'anzianità di servizio nella qualifica;

   secondo le vigenti disposizioni di legge, pertanto, i vice ispettori tecnici, aventi anzianità nella qualifica a decorrere dal 1° gennaio 2018, in tutti gli uffici, reparti o istituti in cui si trovino in rapporti di dipendenza funzionale con appartenenti al ruolo dei vice ispettori, già frequentatori del 9° e 10° corso, ne diverrebbero, secondo l'interrogante ingiustamente, superiori funzionali e gerarchici; tale situazione apre un vulnus sotto due profili: da un lato di equità, poiché personale che con sacrificio e rinunce ha affrontato una lunga selezione, fatta di ben 4 prove d'esame, e ha frequentato un corso di formazione residenziale e che ha maturato, come nel caso del 9° corso, ben due anni di servizio attivo nella qualifica, accumulando esperienze professionali e umane, improvvisamente, si vede scavalcato da altro personale al quale la qualifica è stata assegnata attraverso una procedura concorsuale «per soli titoli»; dall'altro, di violazione della normativa, posto che l'articolo 45, comma 24, del decreto legislativo n. 95 del 2017 ha previsto una specifica clausola di salvaguardia, per cui «i concorsi già banditi alla data di entrata in vigore del presente decreto per il reclutamento di personale nei ruoli delle amministrazioni di cui al presente decreto sono espletati secondo le procedure vigenti in data anteriore a quella di entrata in vigore del presente decreto ed i vincitori conseguono la nomina secondo le disposizioni vigenti prima di quest'ultima data. Gli stessi precedono in ruolo i vincitori dei concorsi previsti dal presente decreto e sono iscritti in ruolo con decorrenza giuridica almeno dal giorno precedente»;

   l'articolo 8, lettera a), n. 1) della legge 7 agosto 2015 n. 124, peraltro, nel conferire la delega al Governo in materia di «reclutamento, di stato giuridico e di progressione in carriera», ha riconosciuto ampio spazio di manovra, fissando i principi del «merito e delle professionalità»;

   secondo quanto denunciato dai sindacati, personale ritenuto non idoneo alla selezione attitudinale del 9° corso, è poi stato immesso nel ruolo degli ispettori attraverso le procedure semplificate che, invece, escludevano quella prova –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, accertatane la fondatezza, quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intenda assumere al fine di garantire la corretta applicazione della clausola di salvaguardia di cui all'articolo 45, comma 24, del decreto legislativo n. 95 del 2017 a tutela del personale già immesso in ruolo.
(4-08260)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 4 febbraio 2021, il dipartimento di P.S. del Ministero dell'interno, con una nuova bozza di decreto a firma del Capo della Polizia Prefetto Gabrielli, ha informato le segreterie nazionali dei sindacati di Polizia dell'intenzione di portare avanti il progetto presentato con analogo decreto del 6 febbraio 2020, in riferimento alle già proposte chiusure di vari uffici delle specialità della Polizia di Stato (stradale, ferroviaria, di frontiera) dislocate sul territorio nazionale;

   tra questi rientrano anche il distaccamento della polizia stradale di Domodossola e le sedi distaccate di Borgomanero e Ceva;

   tale riorganizzazione era stata bloccata dal Ministro dell'interno pro tempore Lamorgese che, preso atto delle rimostranze degli amministratori locali e del presidente della regione, sospendeva di fatto tutto il progetto di riorganizzazione;

   la decisione del Capo della Polizia Gabrielli avviene nel corso di una crisi di Governo e appare essere una grave scortesia istituzionale, in quanto riprende una strategia di riorganizzazione sostanzialmente «bocciata» dal Governo;

   in passato il sindaco di Domodossola ha fatto sapere che «appare infondata ogni argomentazione a sostegno della chiusura del distaccamento della Polizia Stradale di Domodossola. Neppure è una questione di costi poiché la caserma continuerebbe comunque ad essere utilizzata dalla Polizia di frontiera»;

   il distaccamento di Domodossola è al servizio delle numerose valli vicine e di due valichi di frontiera con la Svizzera. Invece di essere chiuso, andrebbe potenziato in termini di personale;

   la chiusura della caserma di via Romita non sembrerebbe essere neanche compensata da un eventuale potenziamento del comando di Verbania. Il territorio di Ossola rischia di essere privato di un'azione di sicurezza preventiva –:

   se il Governo intenda adottare le opportune iniziative affinché venga revocata la chiusura del distaccamento della polizia stradale di Domodossola.
(4-08261)


   CUNIAL. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 27 luglio 2020 l'interrogante ha presentato l'interrogazione a risposta scritta n. 4-06471, con la quale si chiedeva se il Ministro non ritenesse di adottare le iniziative di competenza per riassegnare il dispositivo di vigilanza e garanzia, anche in chiave superiore, all'ispettore del Fraud di Poste Italiane Spa, Alessandro Carollo, in seguito alle aggressioni subite, a causa del suo lavoro ispettivo in Sicilia;

   con interrogazioni successive si sono prese in considerazione le attività dell'ispettore Carollo volte a tutelare la dignità della società per cui svolge il lavoro, verso le continue truffe e verso i continui comportamenti illeciti portati avanti da alcuni dipendenti dell'azienda, contro risparmiatori e contro l'azienda stessa;

   con l'interrogazione n. 4-06901 del 23 settembre 2020, si è rimarcata ancora la richiesta dell'attivazione del dispositivo di protezione per l'ispettore e la famiglia per garantire il ripristino anche di quella serenità personale e professionale dell'ispettore lesa oltre ogni misura;

   nelle interrogazioni n. 4-07654 del 27 novembre 2020 e n. 4-07658 del 30 novembre 2020, è stato fatto presente al Ministro dell'economia e delle finanze e al Ministro dello sviluppo economico che l'ispettore Carollo il 29 e 30 ottobre 2020, è stato sentito dagli inquirenti su vicende illecite, in relazione ad una denuncia per intimidazione al medesimo praticata dai suoi superiori, tramite invio di lettera di contestazioni cui fornire riscontro, esposta con più dettagli nell'interrogazione n. 4-07897 del 23 dicembre 2020;

   risulta all'interrogante che l'ispettore Carollo abbia condotto attività ispettiva riguardante due dipendenti di Poste Italiane che sarebbero stati condannati per il loro operato nell'azienda, e ignorata dall'azienda sin dal 2011, i quali nel territorio sono soggetti pericolosi. L'interrogante teme per l'incolumità dell'ispettore e della famiglia;

   risulta altresì all'interrogante che l'arma dei Carabinieri sarebbe stata informata di tale attività e che la richiesta di un incontro tra l'ispettore e il presidente del Comitato Whisteblowing aziendale, per parlare degli illeciti interni, non avrebbe generato ad oggi alcuna risposta –:

   se il Ministro non intenda adottare le iniziative di competenza per attivare il dispositivo di protezione con urgenza, al fine di consentire all'ispettore Carollo una serena attività ispettiva che ad oggi ha ottenuto evidenti successi.
(4-08292)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CIAMPI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto interministeriale 29 dicembre 2020, n. 182, emanato dal Ministero dell'istruzione di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, sono state definite le nuove modalità per l'assegnazione delle misure di sostegno, previste dal decreto legislativo n. 66 del 2017, e i modelli di piano educativo individualizzato (Pei) da adottare da parte delle istituzioni scolastiche;

   secondo quanto comunicato dal Ministero dell'istruzione sul proprio sito istituzionale: «l'adozione del nuovo strumento e delle correlate linee guida implica di tornare a riflettere sulle pratiche di inclusione e costituisce una guida per la loro eventuale revisione e miglioramento»;

   va però rimarcato come tali linee guida abbiano suscitato, anche precedentemente alla loro ufficializzazione con il citato decreto, numerose preoccupazioni tra le famiglie degli studenti con disabilità e tra le associazioni che tutelano i loro diritti;

   il Consiglio superiore della pubblica istruzione (Cspi) il 7 settembre 2020 ha espresso, nel corso della elaborazione dello schema di tale decreto, un parere profondamente critico, in cui si evidenziano molteplici problematiche ed, in particolare, l'eccessiva rigidità dei modelli di piano proposti;

   ancor più gravi sono i commenti sui Pei riportati nei giorni scorsi dal Coordinamento italiano insegnanti di sostegno e quindi dall'associazione professionale direttamente interessata: «il nuovo provvedimento introduce, per la prima volta nella storia dell'inclusione scolastica, la possibilità di esonerare gli alunni con disabilità dall'insegnamento di alcune discipline o di ridurre l'orario di frequenza, senza valutare le ricadute anche culturali di tale scelta, senza analizzare la portata discriminante insita in tale decisione, senza considerare il diritto allo studio garantito a tutti dalla Costituzione»;

   le nuove linee guida, introducendo la progettazione personalizzata, non annullano infatti l'esonero, che comporta l'allontanamento fisico dalla classe per alunno con la conseguente possibile introduzione di classi «speciali»;

   l'esonero potrebbe comportare, infatti, l'allontanamento dell'alunno da tutte le seguenti attività:

    dai suoi compagni di classe, impedendo la socializzazione, la relazione e la comunicazione, dalle opportunità di crescita e di apprendimento che si realizzano grazie all'interazione con i compagni;

    da un percorso ancorato a quello dei compagni, adottato con gli accorgimenti che, grazie alla presenza del docente specializzato, si possono realizzare;

    dagli insegnanti della classe, che non potranno più essere annoverati come «suoi» docenti, in quanto l'alunno non frequenterebbe più le loro lezioni;

   appare evidente, segnala il Coordinamento italiano insegnanti di sostegno, che i Pei potrebbero introdurre una impostazione culturale che mostra di non tollerare neppure la presenza delle persone con disabilità nei contesti comuni e che ha prodotto un'inversione di tendenza, in netto contrasto con il modello di integrazione proposto «fino ad oggi»; l'esonero anticipa, attraverso la microespulsione oggi limitata ad alcuni soggetti con particolari problematiche, la macroespulsione degli alunni con disabilità dal percorso comune, che saranno, molto probabilmente, relegati in contesti chiusi, insieme ai soli docenti di sostegno –:

   se non ritenga necessario, in relazione a quanto espresso in premessa, monitorare l'applicazione delle nuove linee guida relative ai Pei (di cui al decreto interministeriale 29 dicembre 2020, n. 182) per verificare che i modelli di piano educativo individualizzato non risultino addirittura controproducenti rispetto alla corretta e virtuosa integrazione scolastica, sociale e didattica degli alunni con disabilità.
(5-05361)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FASSINA. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   il giorno 29 gennaio 2021 150 studenti hanno occupato pacificamente a Roma il liceo classico Pilo Albertelli per esprimere la loro richiesta del pieno rispetto del diritto allo studio, di fronte alle condizioni di scarsa agibilità per la didattica in sicurezza nella scuola e alla perdurante emergenza Covid-19;

   gli studenti si sono organizzati per tenere corsi autogestiti fino alla giornata del 3 febbraio 2021, garantendo il rispetto di tutte le norme previste: distanziamento, uso delle mascherine, misurazione della temperatura con il termoscanner agli studenti all'entrata e uscita, aerazione dei locali, utilizzare il più possibile il cortile esterno per lo svolgimento dei corsi;

   di fronte a questa iniziativa il dirigente scolastico del liceo Albertelli, Antonio Volpe, a quanto consta all'interrogante senza la ratifica formale di alcun organismo scolastico, ha deciso di sospendere le lezioni in presenza per almeno il 50 per cento degli studenti – come previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 gennaio 2021 – e di prevedere la didattica digitale integrata per la totalità degli studenti;

   di fronte a questa scelta, oltre alla protesta degli studenti, i genitori dei ragazzi che frequentano la scuola Pilo Albertelli hanno scritto al dirigente scolastico stigmatizzando come illegittima la scelta del dirigente scolastico di passare alla didattica digitale integrata al 100 per cento. Solidarizzando con gli studenti, i genitori affermano che la didattica a distanza non è dunque più lo strumento d'emergenza per contenere la diffusione del virus, motivo per cui è stata introdotta, ma diventa uno strumento per svalutare l'incontro e la discussione su come risolvere la contestazione;

   il sindacato Flc-Cgil ha espresso la propria preoccupazione per la decisione del dirigente scolastico non consona con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 gennaio 2021, chiedendo al dirigente scolastico di recedere dalla decisione assunta e di ripristinare la didattica in presenza per il 50 per cento degli studenti;

   analogamente il sindacato Snals in una nota del 30 gennaio 2021 evidenzia la non legittimità della decisione assunta dal dirigente scolastico di introdurre la didattica digitale integrata al 100 per cento, chiedendo il ritiro del provvedimento –:

   se sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e accaduto presso il liceo classico Pilo Albertelli di Roma e se, per quanto di competenza, possa ritenersi legittima la decisione del dirigente scolastico di introdurre la didattica digitale integrata al 100 per cento durante l'autogestione organizzata dagli studenti.
(4-08186)


   GRIBAUDO. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con l'ordinanza del Ministro dell'istruzione pubblicata in data 5 agosto 2020, concernente le misure per la ripresa dell'attività didattica in presenza nell'anno scolastico 2020/2021, nel rispetto delle misure di contenimento dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, è stata data la possibilità di attivare ulteriori incarichi temporanei di personale docente e Ata (di seguito «personale Covid») per far fronte alle specifiche esigenze delle istituzioni scolastiche;

   successivamente, è stato chiarito che il personale Covid è collocato a tutti gli effetti nell'organico del personale scolastico; inoltre, il decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito con modificazioni dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, ha affermato la possibilità per il «personale Covid» di assicurare le proprie prestazioni lavorative con le modalità del lavoro agile, in caso di sospensione delle attività didattiche, anziché vedere risolto il relativo contratto senza indennizzo, come previsto dalla norma previgente, al fine di garantire, in qualunque caso, il principio di continuità didattica;

   sulla base della suddetta normativa, migliaia di docenti e personale Ata sono stati assunti nei mesi di settembre e ottobre 2020, comportando tale iniziativa, per molti, anche un trasferimento dalla propria residenza alla sede di lavoro, per far fronte alle carenze di organico degli istituti scolastici; questo personale ha garantito fino ad oggi la continuità didattica per gli studenti italiani, sia con lezioni in presenza che attraverso la didattica a distanza;

   il «personale Covid», a partire dal mese di ottobre 2020, ha subito ritardi e omissioni nel pagamento degli stipendi; secondo fonti sindacali, ciò è avvenuto a causa di errori di attribuzione dei contratti ai capitoli di spesa specifici e di incapienza finanziaria di tali capitoli; sulla piattaforma Noipa, dove è possibile consultare le situazioni stipendiali, tali contratti risultano «in pagamento»;

   nonostante le varie emissioni speciali concordate dai Ministeri dell'istruzione e dell'economia, migliaia di docenti e personale Ata non hanno ancora ricevuto gli stipendi di ottobre, novembre dicembre 2020 e di gennaio 2021, situazione che li sta portando ad una gravissima situazione economica e finanziaria, tanto che alcuni di questi stanno procedendo a dare le dimissioni per poter trovare un nuovo lavoro o per poter tornare nei loro comuni di residenza;

   il mondo della scuola ha subito duramente le restrizioni causate dall'emergenza Covid-19; la chiusura delle scuole e l'obbligo di didattica a distanza hanno creato danni formativi ancora incalcolabili agli studenti, in particolare per coloro con carenze formative preesistenti e provenienti da situazioni di disagio sociale, che secondo vari istituti di ricerca – quali ad esempio la Fondazione Agnelli – possono essere intanto stimati fra i 3 e gli 11 mesi di ritardo, nonché in 900 euro di minor reddito mensile futuro;

   la perdita del personale di riferimento a metà dell'anno scolastico rappresenterebbe l'ennesimo duro colpo al percorso di formazione di questi studenti; è inoltre intollerabile che lo Stato italiano non riesca a garantire il regolare pagamento degli stipendi al personale impegnato nelle istituzioni scolastiche, dunque nella preparazione al futuro delle giovani generazioni –:

   quali iniziative si intendano adottare, per garantire l'immediato pagamento degli stipendi arretrati per il personale docente e Ata cosiddetto «personale Covid», nonché il pagamento regolare degli stipendi fino al termine dell'anno scolastico.
(4-08188)


   FIORAMONTI. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   ad oggi sono numerosi i docenti che non hanno ancora percepito alcuno stipendio sebbene assunti per fronteggiare l'emergenza da Covid-19 presso i vari istituti, a tempo determinato e con clausola di licenziamento, il tutto ascrivibile limitatamente al periodo emergenziale;

   i ratei – per essere esigibili secondo procedura – devono essere autorizzati prima dalla segreteria scolastica e poi dal sistema NoiPa. L'ultima data più recente per l'esigibilità del contributo è quella del 27 gennaio 2021, data in cui e stata effettuata una emissione speciale per supplenti Covid-19, nella quale tanti docenti avevano riposto le proprie speranze, successivamente naufragate nel non vedere il proprio capitolo di bilancio liquidato;

   tali ritardi sono ascrivibili esclusivamente a tutti gli stipendi Covid-19 non ancora pagati da settembre/ottobre 2020. Si apprende, poi, da organi di stampa che il Ministero non ha ancora autorizzato i fondi sui sopraccitati capitoli di spesa, tanto da generare un'impasse nella liquidazione degli stipendi per cui non è stata prevista – come da consulto su NoiPA nella sezione cedolini – alcuna esigibilità immediata per le migliaia di operatori che insistono contrattualmente su quel determinato capitolo di spesa;

   inoltre, secondo la diversa natura delle segnalazioni provenienti da regioni differenti, ciò lascerebbe intendere una differenza di trattamento, nonché di destinazione dei fondi utilizzati per la docenza Covid-19 da parte degli uffici regionali scolastici –:

   se Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di garantire a pieno quel diritto sancito dalla nostra Costituzione che all'articolo 36 prevede che «ogni lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro ed in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa», e che ad oggi tarda ad essere rispettato nei confronti dei docenti assunti in relazione all'emergenza da Covid-19.
(4-08218)


   BERGAMINI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   la pubblica istruzione è uno dei fondamenti della nostra società, e come tale riconosciuto nella Carta Costituzionale, per la formazione della persona, per la crescita della convivenza civile;

   a seguito del ritorno in presenza, seppure al 50 per cento delle attività scolastiche, il Ministero dell'istruzione ha annunciato l'acquisto di sedie «Steelcase Node», i cosiddetti «banchi a rotelle». L'azienda fornitrice C2 Group sostiene che «rispetto al concetto tradizionale di una scuola fatta di banchi e sedie, la sedia Node crea un ambiente versatile e poliedrico»;

   secondo alcuni medici ed esperti il design dei «banchi a rotelle» fa venire il mal di schiena agli alunni in quanto indurrebbe a una errata postura, e che sarebbe di dimensioni troppo esigue per scrivere, disegnare e disporre libri, quaderni e dizionari;

   le regioni non hanno alcuna competenza su forniture e approvvigionamento di banchi e arredi scolastici, che è in capo alla struttura commissariale nazionale;

   a quanto riferito da notizie stampa, in alcuni plessi scolastici situati in Toscana sono stati rinvenuti a «banchi a rotelle» ancora non utilizzati e tenuti nei magazzini o nelle cantine degli istituti –:

   quanti banchi/sedie, acquistati dal Ministero dell'istruzione, per le scuole italiane, siano stati destinati alle scuole della regione Toscana;

   quali siano le aziende vincitrici della gara d'appalto europea e se le aziende vincitrici abbiano sede in Italia;

   quale tipo di programmazione abbia seguito la consegna dei banchi nelle regioni d'Italia;

   a quanto ammonti il costo totale dei banchi acquistati;

   se sia conoscenza dei motivi in base ai quali si sia verificato un mancato utilizzo in molte scuole della Toscana dei banchi acquistati;

   se corrispondano al vero le tesi di chi considera i «banchi a rotelle» nocivi per la salute, in quanto indurrebbero negli alunni una errata postura.
(4-08228)


   CAVANDOLI. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il «Giorno del Ricordo» ricorre ogni anno il 10 febbraio come statuito dalla legge 92 del 30 marzo 2004 per commemorare le vittime delle foibe e l'esodo di Istriani, Fiumani e Dalmati;

   la legge 92 del 2004 prevede, in particolare, all'articolo 1 che «La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale “Giorno del Ricordo” al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe»; e all'articolo 2 che «Nella giornata di cui al comma 1 sono previste iniziative per diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado (...) Tali iniziative sono, inoltre, volte a valorizzare il patrimonio culturale, storico, letterario e artistico degli italiani dell'Istria, di Fiume e delle coste dalmate, in particolare ponendo in rilievo il contributo degli stessi, negli anni trascorsi e negli anni presenti, allo sviluppo sociale e culturale del territorio della costa nord-orientale adriatica»;

   il comune di Parma, in occasione della ricorrenza di quest'anno, ha organizzato 2 webinar in collaborazione con il Centro Studi Movimenti, cui hanno aderito 30 classi e 700 studenti delle scuole medie e superiori della città;

   il secondo dei due webinar, programmato per il 13 febbraio 2021, ha avuto come relatore lo storico Eric Gobetti che ha presentato agli studenti il suo ultimo libro dal titolo provocatorio «E allora le foibe?»;

   l'autore non ha mai nascosto, né ha mai rinnegato, le sue simpatie per i partigiani titini e per Tito stesso; si è fatto più volte ritrarre, esibendole pubblicamente, con foto di Tito, o con il pugno chiuso di fronte a bandiere della ex Jugoslavia, o vicino a monumenti che celebrano il sanguinario tiranno jugoslavo; le sue opere «storiche» sono notoriamente tutte rivolte a minimizzare la realtà del dramma degli italiani infoibati e le violenze titine;

   il libro che l'autore ha presentato a Parma rappresenta il tentativo di negare la sistematicità e la drammaticità di un fenomeno storico accertato e incarna l'inaccettabile uso politico e fazioso della storia che è tanto più grave quanto più tocca una pagina così tragica e sanguinosa del nostro passato;

   ma l'invito di Gobetti appare all'interrogante anche come una operazione di strumentalizzazione del «Giorno del Ricordo» per permettere all'autore revisionista di promuovere e commercializzare il suo nuovo libro appena uscito nelle librerie; in tal modo, un evento che dovrebbe essere istituzionalmente rivolto a diffondere la storia per molti versi dimenticata o trascurata negli studi scolastici «degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati», finisce per essere piegato a strette logiche di mercato;

   pare evidente all'interrogante che la scelta di coinvolgere Eric Gobetti in un webinar organizzato dal comune per diffondere la storia del confine orientale secondo la previsione della legge n. 92 del 2004 fuoriesce dallo spirito che anima il «Giorno del Ricordo» ed affidare la ricostruzione storica di quegli avvenimenti ad un simpatizzante titino sia per l'interrogante preordinato a svilire la portata della tragedia, così come la presenza italiana in Istria e Dalmazia;

   le foibe sono state una grande tragedia nazionale che si ha l'obbligo di ricordare, sempre. E il ricordo di quegli avvenimenti non può prescindere dalla chiarezza e dalla serietà storiografica, in particolare se le iniziative sono rivolte a studenti – per lo più minorenni – delle scuole medie e superiori e dunque più facilmente influenzabili di un pubblico adulto –:

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda mettere in atto per fare sì che le celebrazioni del «Giorno del Ricordo», in particolare quelle cui prenderà parte la scuola, non si trasformino in un'occasione per negare i fatti storici di cui in premessa, ma siano invece un'opportunità per rinnovare la memoria di una grande tragedia italiana.
(4-08286)


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   da alcuni articoli pubblicati su Repubblica.it il 9 e il 10 febbraio 2021 — si apprende che al liceo classico Giulio Cesare di Roma la dirigente scolastica avrebbe censurato alcuni corsi proposti dagli studenti e da tenersi durante la «Settimana dello studente», una sorta di autogestione «istituzionalizzata» che prevede l'organizzazione di corsi, dibattiti e momenti di approfondimento durante la settimana dedicata alla formazione orizzontale e trasversale;

   in particolare la dirigente scolastica avrebbe vietato i corsi dedicati alla legge n. 194 del 1978, all'identità di genere e all'occupazione del regime fascista dei Balcani;

   così come denunciato dagli studenti del collettivo «Zero Alibi» la dirigente scolastica del liceo Giulio Cesare avrebbe ritenuto che fare un corso di informazione sull'interruzione volontaria di gravidanza, potrebbe «istigare le persone ad abortire», per quanto riguarda il corso sull'identità di genere, secondo la preside sarebbe irrealizzabile, perché l'«identità di genere non esiste» e rispetto al corso di storia dell'occupazione fascista dei Balcani la stessa preside avrebbe risposto che «non sarebbe stato svolto secondo un punto di vista oggettivo»;

   gli studenti avevano garantito di aver contattato, per ognuno dei tre corsi «bocciati», persone preparate ed esperte nei rispettivi campi, che sarebbero intervenuti ai corsi, con l'unico scopo di fare informazione;

   secondo la dirigente scolastica il programma sarebbe stato approvato dal collegio dei docenti dopo ampia discussione, anche se gli stessi docenti sostengono di aver ricevuto l'elenco delle lezioni alternative solo a ridosso dell'inizio della settimana dello studente e, peraltro, già modificato e privo dei tre corsi cancellati dalla dirigente;

   dopo un confronto tra studenti e insegnanti, è stata redatta una lettera firmata da quaranta professori del liceo che definiscono inaccettabile il richiamo ad un loro assenso in un atto da loro, stessi ritenuto grave, quando invece la preside avrebbe agito in autonomia, eliminando preventivamente i corsi da lei ritenuti «scomodi», esautorando di fatto il collegio dei docenti;

   secondo gli stessi docenti, le tematiche proposte dagli studenti e censurate dalla dirigente scolastica sono, e sono state anche in passato, oggetto di progetti e approfondimenti;

   per gli studenti si tratta di temi fondamentali, spesso non affrontanti a scuola, luogo che più di altri dovrebbe formarli come cittadini e cittadine consapevoli;

   la scuola dovrebbe essere un luogo di confronto, dibattito, riflessione e censurare la volontà degli studenti non rappresenta un corretto metodo educativo;

   a parere dell'interrogante è inammissibile che una dirigente scolastica censuri nell'ambito della settimana di autogestione studentesca le proposte avanzate dai ragazzi di fare un seminario di informazione sulla legge n. 194, sull'identità di genere e sull'occupazione fascista dei Balcani adducendo le motivazioni sopra riportate;

   sempre a parere dell'interrogante, la circostanza più sgradevole è il fatto che la dirigente scolastica abbia cercato di giustificarsi facendosi forte della decisione collegiale sul programma delle iniziative da parte del collegio dei docenti, mentre gli stessi docenti sostengono di essere stati informati solo successivamente all'azione censoria –:

   se risulti che l'ufficio scolastico regionale competente abbia promosso verifiche circa il comportamento della dirigente e la correttezza di tutti i passaggi compiuti, al fine di chiarire fino in fondo quanto accaduto al liceo Giulio Cesare, e se in ogni caso il Ministro interrogato intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, affinché sia salvaguardata la libera iniziativa degli studenti, specie laddove siano promosse attività di formazione.
(4-08291)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   ASCARI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   dalla lettura di una richiesta di verifica ispettiva del 16 gennaio 2021 dell'Unione sindacale di base (Lavoro privato – settore trasporti) indirizzata anche al Ministero del lavoro e delle politiche sociali è emerso che il personale viaggiante dell'azienda di trasporto pubblico locale, Seta spa (bacino di Modena), svolge a rotazione una notevole quantità di turni «misti», ovvero turni che nella stessa giornata lavorativa prevedono che venga svolto servizio sia urbano che extraurbano, caratterizzati da normative diverse;

   in data 16 maggio 2008, veniva sottoscritto un accordo integrativo aziendale secondo cui «i turni misti, ai fini della normativa di guida e di lavoro applicabile, sono trattati in proporzione della composizione del turno, mentre seguono la normativa extraurbana per il nastro»;

   secondo la normativa vigente, l'orario massimo di lavoro per il servizio urbano è fissato in 7,15 ore, mentre il nastro è di 8 ore; per il servizio extraurbano l'orario massimo di lavoro è di 8 ore e il nastro massimo di 13,5 ore;

   la direzione generale per l'attività ispettiva del Ministero del lavoro, con nota del 20 marzo 2009 – rispondendo a una istanza di interpello n. 27 del 2009 del consiglio nazionale dell'ordine dei consulenti del lavoro sulla disciplina applicabile all'organizzazione dell'orario di lavoro dei dipendenti di imprese di trasporto di persone che svolgono attività differenti nell'arco della stessa giornata o della settimana, che rientrano nel campo di applicazioni normative differenti – si era espressa affermando che: «in tali ipotesi la scelta sul regime della durata massima dell'orario di lavoro da applicare dovrà seguire un criterio di prevalenza rispetto all'attività normalmente svolta dal lavoratore interessato»; precisando che: «nelle ipotesi in cui risulti particolarmente difficile individuare le “attività prevalenti” si ritiene, secondo un principio di cautela, che vada applicata la disciplina di maggior tutela per il lavoratore»;

   nella maggior parte dei turni misti elaborati da Seta spa, nonostante la prevalenza sia (in diversi casi anche di ampia misura) di durata urbana, verrebbe applicata la normativa extraurbana per il nastro lavorativo, ovvero quella sfavorevole per il lavoratore, mentre per l'orario di lavoro si seguirebbe un principio di proporzionalità di difficile comprensione;

   alla luce di quanto stabilito dallo stesso accordo aziendale citato, la metodologia di composizione dei turni misti da parte dell'azienda, a giudizio dell'interrogante, potrebbe essere considerata gravosa e illegittima in quanto pare provocare del disagio al personale viaggiante determinato dalle condizioni di «stress da lavoro correlato» e dalla difficoltà nel permettere la conciliazione tra tempi di vita e di lavoro;

   i turni misti così organizzati avrebbero, infatti, solamente lo scopo di ridurre al minimo i costi aziendali per l'impiego di personale a detrimento delle condizioni di lavoro e di sicurezza del personale;

   a tutto ciò si aggiunge che da tempo, molti mezzi della società Seta spa, vanno spesso a fuoco o in avaria per cause diverse mettendo a repentaglio l'incolumità fisica dei passeggeri, del personale della società, nonché dei passanti che si trovavano nelle vicinanze dei suddetti mezzi;

   quanto sopra esposto contrasterebbe, pertanto, con quanto disposto dalla normativa vigente e con i principi previsti dal nostro ordinamento giuridico (articolo 2087 c.c., articolo 32 della Costituzione) per cui il datore di lavoro ha il dovere di assicurare ai lavoratori condizioni di lavoro adeguate atte a preservare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro quali beni di rilevanza costituzionale –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative di competenza ritengano opportuno adottare (anche attraverso la convocazione di un tavolo con le parti aziendali e sindacali interessate) per addivenire al più presto ad una soluzione affinché vengano applicati e garantiti livelli di maggior tutela e sicurezza per il personale del trasporto pubblico locale gestito dall'azienda interessata, in conformità a quanto previsto dalla normativa vigente e ai principi previsti dall'ordinamento giuridico in materia.
(3-02050)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   NOJA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 151, emanato in attuazione della legge n. 183 del 2014 (Jobs Act) ed entrato in vigore il 24 settembre 2015, ha previsto disposizioni in materia di collocamento dei lavoratori con disabilità, introducendo alcuni cambiamenti rispetto alla legge n. 68 del 1999;

   in particolare, l'articolo 1, comma 1, del citato decreto legislativo ha previsto la definizione, per mezzo di uno o più decreti del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previa intesa in sede di Conferenza unificata, delle linee guida in materia di collocamento mirato delle persone con disabilità;

   tra i punti oggetto delle linee-guida indicati all'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo n. 151, alla lettera e), è menzionata «la promozione dell'istituzione di un responsabile dell'inserimento lavorativo nei luoghi di lavoro, con compiti di predisposizione di progetti personalizzati per le persone con disabilità e di risoluzione dei problemi legati alle condizioni di lavoro dei lavoratori con disabilità, in raccordo con l'Inail per le persone con disabilità da lavoro» e, alla lettera f), «l'individuazione di buone pratiche di inclusione lavorativa dei disabili»;

   l'adozione dei decreti ministeriali di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 151, era prevista entro il termine di centottanta giorni, dall'entrata in vigore del decreto legislativo;

   tale termine è ampiamente scaduto senza che risultino emanati i decreti attuativi del Jobs Act, inclusa la disciplina prevista alle lettere e) ed f) delle linee-guida di cui all'articolo 1, comma 1 del decreto legislativo n. 151 del 2015;

   l'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 151 del 2015 precisa che all'attuazione delle disposizioni previste al comma 1 si provvede con le risorse umane, strumentali, e finanziarie già disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica;

   quali siano le ragioni che hanno ad oggi impedito l'emanazione dei decreti attuativi di cui in premessa, considerando anche le disposizioni previste all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 151 del 2015, e quali iniziative intenda assumere il Governo per assicurare che i decreti in questione siano emanati rapidamente.
(5-05340)


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   un'inchiesta giornalistica di Milena Gabanelli, del 25 gennaio 2021, conferma quanto già rilevato in più sedi dall'interrogante, ossia il fallimento dell'impiego da parte di Anpal dei cosiddetti navigator: 2.700 persone costate 180 milioni di euro, senza aver apportato apprezzabili risultati nella ricollocazione dei disoccupati, percettori del reddito di cittadinanza;

   per le poche migliaia di persone dei beneficiari del reddito di cittadinanza che hanno trovato lavoro, molti lo hanno perso dopo pochi mesi poiché si trattava di contratti a breve termine. Di questi, non è neanche possibile stabilire quale contributo abbiano apportato i navigator, infatti, non sono state messe in piedi delle procedure finalizzate alla valutazione dei risultati delle loro prestazioni;

   il paradosso è che, adesso, sono i navigator che rischiano di restare disoccupati. È prossima la scadenza dei loro contratti di lavoro, prevista il 30 aprile 2021 e si pone il problema di quale sarà il loro destino;

   si ribadisce che, tra formazione e stipendi, i navigator sono costati decine di milioni di euro e, non per colpa loro, ma a causa dell'incompetenza di chi ha predisposto il loro inserimento, non sono stati utili al sistema delle politiche attive del reddito di cittadinanza, che non ha mai funzionato. Ciò anche perché non è mai stato risolto il rapporto tra Anpal, di cui sono dipendenti, e regioni, per cui lavorano;

   è un grave fallimento, che vede secondo l'interrogante in primis l'inadeguatezza del Ministro del lavoro e delle politiche sociali che non è intervenuto per riparare l'inefficienza dell'apparato delle politiche attive del lavoro, che sta determinando solo dei costi. Tra l'altro, non vi è alcun coordinamento neanche tra Inps che eroga i sussidi e Anpal che dovrebbe trovare lavoro ai beneficiari;

   nella comprensione della disperazione di queste persone, che reclamano la prosecuzione dei loro contratti anche dopo la scadenza, per non perdere il posto di lavoro, si vuole evitare però che si proceda ad un rinnovo dei rapporti, senza apportare alcun valido cambiamento per rendere efficiente il sistema delle politiche attive in cui operano –:

   se e quali iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato per porre rimedio alle gravi criticità del sistema in cui sono stati inseriti i navigator.
(5-05345)


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nella legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020), è stata introdotta la nona salvaguardia per i cosiddetti esodati della «riforma Fornero». Questa manovra a tutela di coloro che erano rimasti esclusi dalle precedenti salvaguardie è prevista ai commi 346-348 dell'articolo 1 della suddetta legge;

   il comma 346 individua le categorie di lavoratori alle quali continuano ad applicarsi i requisiti di accesso e il regime delle decorrenze vigenti prima dell'entrata in vigore del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, per una platea di 2.400 soggetti;

   con il messaggio Inps, n. 195 del 18 gennaio 2021, l'istituto ha fornito le prime istruzioni in merito alla presentazione delle domande di verifica del diritto a pensione e delle domande di pensione ai sensi delle norme in questione, precisando che i lavoratori interessati alla salvaguardia devono presentare, a pena di decadenza, la domanda di verifica del diritto alla pensione entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge n. 178 del 2020, ossia entro il 2 marzo 2021;

   tuttavia, alcune categorie dei predetti soggetti per accedere alla salvaguardia devono presentare domanda all'Ispettorato territoriale del lavoro (ex Dtl). Al riguardo, il comma 347 della disposizione normativa in esame prevede che, ai fini della presentazione delle domande di accesso al beneficio, si applicano per ciascuna categoria di lavoratori salvaguardati le specifiche procedure previste nei precedenti provvedimenti in materia di salvaguardia, da ultimo stabilite con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 14 febbraio 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 89 del 16 aprile 2014;

   in occasione della precedente salvaguardia (8° salvaguardia), visto il rinvio operato dalla norma di riferimento al medesimo decreto ministeriale 14 febbraio 2014, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha emesso la circolare n. 41 del 29 dicembre 2016, con la quale ha reso note le modalità di presentazione delle domande all'ispettorato territoriale del lavoro da parte delle seguenti categorie di soggetti: cessati per accordi e risoluzione unilaterale, in congedo ai sensi dell'articolo 42, comma 5, del decreto legislativo n. 151 del 2001, con contratto a tempo determinato e in somministrazione;

   ne consegue che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è tenuto a emettere la circolare di competenza per definire le modalità di presentazione delle domande all'Itl (ex Dtl);

   dopo l'emissione della circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, l'Inps dovrà fornire le istruzioni operative per l'accesso al pensionamento previsto dalla nona salvaguardia, che resta subordinato all'espletamento delle attività di monitoraggio di cui all'articolo 1, comma 347, della legge n. 178 del 2020;

   ebbene, ad oggi, 1° febbraio 2021, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è in grave ritardo, poiché non ha ancora emesso la circolare di competenza, impedendo agli aventi diritto di presentare domanda per la salvaguardia all'ispettorato territoriale del lavoro;

   ciò sta recando un grave danno ai potenziali beneficiari del diritto alla pensione previsto dalla legge predetta, che da anni attendevano la manovra di salvaguardia, ma che attualmente sono impossibilitati a procedere all'istanza, in assenza della circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Intanto, si avvicina il termine di decadenza previsto dall'Inps per proporre domanda e fissato il 2 marzo 2021 –:

   se e quali immediate iniziative di competenza intenda adottare per emettere urgentemente i dovuti atti propedeutici, per consentire a tutti gli aventi diritto di presentare l'istanza per accedere alla nona salvaguardia, come esposto in premessa;

   se e quali immediate iniziative di competenza intenda adottare, affinché venga prevista una congrua proroga del termine di decadenza per presentare le istanze alla nona salvaguardia, considerando che quello che l'interrogante giudica il colpevole ritardo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali sta impedendo la presentazione delle istanze, nonostante sia già fissato il termine di decadenza al 2 marzo 2021.
(5-05350)


   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la crisi pandemica da Covid-19 ha costretto interi settori a contrarre drasticamente le loro attività o nei casi più gravi, e nei settori più esposti, a chiudere completamente. Da marzo 2020, a ormai un anno dall'inizio della crisi, per molti settori mancano le prospettive, e l'incertezza nella programmazione causa ulteriori difficoltà per l'anno corrente;

   la wedding industry è uno dei settori più colpiti, come tutti i settori legati all'organizzazione di eventi e ristorazione. L'industria dei matrimoni è un business che nel 2019 ha fatturato in Italia 15 miliardi di euro, nel 2020 siamo scesi a 2 miliardi. Senza contare il business dei matrimoni di chi sceglie l'Italia come destinazione dall'estero, il cosiddetto destination wedding, che a causa delle limitazioni negli spostamenti si è praticamente azzerato;

   nel 2019 il settore si è quasi fermato: si stima che i matrimoni programmati siano stati 85 mila, rispetto ai 170 mila del 2019. Il settore per esteso (quindi contando fornitori, viaggi, ristorazione, sartoria, non solo organizzazione) genera un volume di affari di 65,5 miliardi di euro, per un impatto diretto sul prodotto interno lordo di 36,2 miliardi e impiega 570 mila addetti. Un'industria che l'epidemia causata dal Covid-19 ha bloccato con perdite pesantissime di fatturato;

   i lavoratori del settore, pur comprendendo le difficoltà organizzative date dalla natura del settore stesso, necessitano di tempi certi. Nell'industria in questione, infatti, la programmazione e la gestione con larghissimo anticipo dei fornitori è un elemento essenziale. Al momento, manca la possibilità di programmazione; fermando il settore ora è difficile garantire cerimonie e ricevimenti per i prossimi mesi. Quindi, anche si dovessero ammorbidire le misure e diminuire i casi per i prossimi mesi, il settore rimarrebbe fermo, essendo mancata una programmazione nei mesi precedenti. È essenziale dare indicazioni entro il mese di marzo 2021;

   in molti settori sono state introdotte soluzioni e misure mirate a contenere i rischi di contagio. È necessario introdurre linee guida che consentano la ripresa del settore, le possibilità sono diverse: tamponi antigenici, limite di ospiti, distanziamento. Inoltre, il settore si presta particolarmente in caso di necessità di tracciamento. Gli organizzatori sono infatti in possesso di puntuali liste di invitati, con informazioni dettagliate sul luogo e gli spostamenti degli ospiti. I rischi sarebbero quindi minimizzati. Le soluzioni ci sono e il settore è flessibile, disponibile a trovare alternative di diverse forme, come si sono trovate per altri settori –:

   se il Governo fornirà delle linee guida e indicazioni necessarie tali da consentire all'industria dei matrimoni di riprendere e programmare le proprie attività, per ripartire anche economicamente.
(5-05375)

Interrogazioni a risposta scritta:


   AMITRANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza epidemiologica da Covid-19 ha colpito diversi settori economici e in particolar modo quello della ristorazione collettiva che, per quanto concerne le sole mense scolastiche, ha visto diminuire considerevolmente il proprio fatturato rispetto all'anno 2019;

   tale settore, con il prolungarsi della situazione emergenziale sanitaria, rischia di collassare, poiché dai dati dell'Osservatorio ristorazione collettiva e nutrizione (Oricon) risulta un quadro preoccupante del comparto, rispetto ai segnali di ripresa registrati nell'autunno del 2020;

   dal secondo rapporto dell'Oricon è emerso un calo del 51 per cento di fatturato a fine 2020, un dato nel quale pesa la ristorazione scolastica a causa della continua sospensione anticipata delle lezioni e a ciò si aggiunge anche un calo nella parte aziendale, perché con il prolungamento dello smart working fino alla fine dello stato di emergenza pandemica, il settore ha subito un calo del 40 per cento dei ricavi;

   il calo dei ricavi nella ristorazione collettiva, che in Italia conta circa 1.000 aziende e un totale di 96 mila operatori, con circa l'80 per cento dei posti occupati da donne, potrebbe determinare una pericolosa ricaduta occupazionale, poiché già a settembre 2020 il settore aveva circa 39 mila persone in cassa integrazione o in assegno ordinario; se dovesse crollare ulteriormente la ristorazione aziendale si rischierebbe di perdere circa 20 mila posti di lavoro per la maggior parte occupati da lavoratrici;

   dai dati emersi dal secondo rapporto dell'Oricon, la situazione in cui versano i lavoratori e in particolar modo le lavoratrici delle mense, a parere dell'interrogante, risulta alquanto critica, poiché una grande percentuale degli occupati nei settori della ristorazione collettiva è destinatario di cassa integrazione o fondo di integrazione salariale, ma, con un'ulteriore crisi del settore, essi rischiano la perdita del posto di lavoro;

   con la pandemia in corso, gli istituti scolastici e le università sono state chiuse per molti mesi del 2020 e tuttora, ad inizio del nuovo anno, si discute nuovamente della didattica a distanza; inoltre molte pubbliche amministrazioni hanno fortemente ridotto il personale presente sul luogo di lavoro, attraverso l'utilizzo dello smart working e molti servizi di mensa rischiano di continuare ad essere sospesi o di subire pesanti limitazioni, derivanti dalle misure necessarie ed urgenti al fine del contenimento del contagio;

   si tratta di un settore nevralgico per funzione, numeri e impatto sociale, considerato inoltre che le imprese che si occupano di ristorazione collettiva rappresentano delle valide alleate nella definizione delle food policy che guardano a salute, lotta agli sprechi alimentari, solidarietà verso i meno abbienti, sostenibilità, valorizzazione delle filiere;

   uno degli obiettivi del Recovery Plan, così come disposto dall'Unione europea, è quello di aumentare del 10 per cento l'occupazione in Italia, oltre a promuovere la filiera agroalimentare e ridurre lo spreco di cibo e la ristorazione dà lavoro ogni anno a circa 1,3 milioni di persone, il 52 per cento delle quali donne, un patrimonio da non disperdere ma, appunto, da valorizzare; tuttavia con l'emergenza sanitaria da Covid-19 è tra i settori più colpiti e attualmente rischia il collasso con conseguenze in termini occupazionali –:

   se il Governo intenda adottare le iniziative di competenza a sostegno del settore di cui in premessa, al fine di tutelare i posti di lavoro occupati maggiormente da donne impiegate nell'ambito della ristorazione collettiva e, in particolar modo, in quella scolastica e nei servizi di mensa aziendali.
(4-08167)


   DORI, ASCARI e GIULIANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, ha istituito il «reddito di cittadinanza», quale misura fondamentale di politica attiva del lavoro a garanzia del diritto al lavoro, di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all'esclusione sociale, nonché diretta a favorire il diritto all'informazione, all'istruzione, alla formazione e alla cultura attraverso politiche volte al sostegno economico e all'inserimento sociale dei soggetti a rischio di emarginazione nella società e nel mondo del lavoro;

   l'articolo 4, comma 15, del decreto-legge n. 4 del 2019 stabilisce che i beneficiari di reddito di cittadinanza sono tenuti ad offrire, nell'ambito dei patti per il lavoro e per l'inclusione sociale, la propria disponibilità a partecipare «a progetti a titolarità dei comuni, utili alla collettività, in ambito culturale, sociale, artistico, ambientale, formativo e di tutela dei beni comuni, da svolgere presso il medesimo comune di residenza, mettendo a disposizione un numero di ore compatibile con le altre attività e comunque non inferiore al numero di otto ore settimanali, aumentabili fino ad un numero massimo di sedici ore complessive settimanali con il consenso di entrambe le parti»;

   il principio cardine dei «progetti utili alla collettività» è che le attività previste nell'ambito dei progetti non siano in alcun modo assimilabili ad attività di lavoro subordinato o parasubordinato o autonomo, trattandosi di attività che il beneficiario del reddito di cittadinanza è tenuto a prestare e che non danno luogo ad alcun ulteriore diritto;

   i «progetti utili alla collettività» comportano l'organizzazione di attività non sostitutive di quelle ordinarie, legate alla individuazione di uno specifico obiettivo da raggiungere in un intervallo di tempo definito, attraverso la messa in campo di risorse umane e finanziarie. Il progetto può riguardare sia una nuova attività sia il potenziamento di un'attività esistente;

   come risulta sulla piattaforma Gepi (Gestione patti per l'inclusione sociale), il comune di Imperia ha attivato un «Progetto utile alla collettività» in ambito «sociale» dal titolo «La cittadinanza collabora attivamente ad affrontare le difficoltà della giustizia» con decorrenza dal 2 novembre 2020, che prevede il coinvolgimento di beneficiari del reddito di cittadinanza per supportare le attività del personale amministrativo degli uffici giudiziari del tribunale di Imperia. Le attività previste sono, ad esempio, l'inserimento di dati nei sistemi informativi, il supporto nell'acquisizione degli atti attraverso lo scanner, l'aiuto nella sistemazione degli archivi, le attività di fotocopiatura degli atti;

   anche il comune di Bergamo ha manifestato la volontà di elaborare un «progetto utile alla collettività» che preveda l'impiego di percettori di reddito di cittadinanza in mansioni a supporto delle attività del tribunale e della procura della Repubblica di Bergamo;

   i «progetti utili alla collettività» rappresentano un'importante occasione di inclusione e crescita sia per i beneficiari sia per la collettività –:

   se i Ministri interrogati intendano promuovere la sottoscrizione di un protocollo d'intesa con Anci – Associazione nazionale comuni italiani – al fine incentivare l'impiego di percettori di reddito di cittadinanza a supporto delle attività degli uffici giudiziari, individuando in modo uniforme a livello nazionale le possibili mansioni che possono essere oggetto dei «progetti utili alla collettività».
(4-08171)


   TONDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la comunità Piergiorgio Onlus di Udine è un'organizzazione che riunisce disabili fisici nel proposito di autogestirsi e di favorire lo sviluppo integrale della persona attraverso il recupero del maggior grado di autonomia possibile. È riconosciuta come centro di recupero medico sociale ed è sia una struttura sanitaria privata che un centro di riabilitazione di cui all'articolo 26 della legge n. 833 del 1978. Inoltre è convenzionata con il Servizio sanitario nazionale per i trattamenti di tipo ambulatoriale, diurno e residenziale ed è un'associazione giuridicamente riconosciuta;

   la suddetta Onlus beneficia di agevolazioni fiscali previste per le Onlus dall'articolo 148 del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, essendo iscritta all'anagrafe Onlus presso il Ministero dell'economia e delle finanze. Ha usufruito delle contribuzioni previste dal Fondo di integrazione salariale per alcuni dipendenti a seguito dell'emergenza Covid-19;

   il bilancio della comunità è finanziato per circa l'80 per cento da risorse pubbliche;

   l'attività viene svolta nella sede principale di Udine ed in quella secondaria di Caneva di Tolmezzo, accogliendo circa 100 persone disabili tra soggetti residenziali e semiresidenziali coinvolgendo tra le due sedi circa 105 operatori;

   la comunità Piergiorgio ha istituito l'Organismo di vigilanza ai sensi del decreto legislativo n. 231 del 2001, a quanto consta all'interrogante affidando tale funzione al collegio dei revisori;

   nella sede di Caneva di Tolmezzo, si sono registrati soggetti positivi al Covid-19 tra i disabili ivi ospitati e fra alcuni operatori –:

   se il Governo intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, per chiarire se siano stati approvati i bilanci consuntivo del 2019 e preventivo del 2020 e del 2021, della comunità Piergiorgio onlus di Udine e se la loro eventuale mancata approvazione possa determinare la perdita dei benefici fiscali mettendo a rischio la continuità delle attività istituzionali a sostegno dei disabili;

   se risulti che i vertici responsabili della comunità abbiano adottato tempestivamente tutti i provvedimenti necessari ed adeguati a contrastare la diffusione del Covid-19, in particolare presso la sede di Caneva di Tolmezzo;

   se risulti che l'organismo di vigilanza abbia svolto effettivamente l'attività di competenza rilasciando le relazioni previste dalla legge per gli anni 2018 e 2019 e se siano stati approvati, per tempo, dal consiglio di amministrazione i dovuti aggiornamenti del modello di organizzazione e gestione.
(4-08184)


   MORRONE, RAFFAELLI, CAVANDOLI, CESTARI, FIORINI, GOLINELLI, MURELLI, TONELLI, TOMBOLATO, TOMASI e PIASTRA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi si è svolto un presidio delle lavoratrici e dei lavoratori delle ex Officine grandi riparazioni (Ogr), ora Officina manutenzione ciclica locomotive e Carrozze (Omc) Trenitalia di Bologna, in occasione dello sciopero indetto a livello regionale dalla Filt-Cgil;

   nonostante Trenitalia, negli anni scorsi, avesse concordato con le parti sociali, sia a livello nazionale sia a livello locale, una serie di piani di investimento, secondo il sindacato dei trasporti si sta realizzando un percorso di dispersione professionale e produttiva che investe moltissimi lavoratori; sembra, infatti, che i piani di investimento siano passati in secondo piano a causa dell'emergenza pandemica;

   il rischio, paventato dai lavoratori interessati, è che l'assenza di investimenti porti pian piano alla dismissione dell'intero sito industriale, con la conseguente perdita del posto di lavoro per 125 dipendenti della sede di Bologna e 250 di quella di Rimini;

   il ridimensionamento in atto, dovuto alla mancata riconversione e ammodernamento dello stabilimento, porterebbe infatti a compromettere la capacità produttiva dell'officina stessa, con la deviazione in altri siti delle attività lavorative –:

   quali iniziative intendano assumere i Ministri interrogati, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di evitare che l'area industriale sia colpita da una grave ed irreversibile crisi che porti alla dismissione dell'intero sito;

   quali iniziative intendano assumere al fine, in particolare, di garantire il rispetto degli accordi che prevedevano un preciso piano di investimenti volto a riconvertire e ammodernare gli stabilimenti richiamati in premessa;

   quali iniziative intendano assumere, più in generale, per tutelare i lavoratori coinvolti ed evitare il loro licenziamento.
(4-08197)


   ADELIZZI, DEL SESTO, ASCARI, DE CARLO, VILLANI e NAPPI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   ad oggi, quello sulle morti sul lavoro è purtroppo ancora un bollettino drammatico; una ferita ancora più profonda in questo periodo di pandemia che ha indubbiamente avuto ripercussioni ancora più dolorose sulla salute dei lavoratori;

   in provincia di Salerno si sta assistendo assistendo ad una vera e propria strage; sono già quattro le vite spezzate da incidenti sul lavoro in soli ventidue giorni dall'inizio del nuovo anno;

   cantieri fatiscenti, norme di sicurezza non rispettate, e pochi controlli. Queste potrebbero essere le cause;

   tragedie indicate con la locuzione «morti bianche» per via del fatto che non c'è una mano direttamente responsabile, ma la verità rischia di essere ben altra;

   una strage senza fine che non può essere archiviata in fretta: le mancanze e le responsabilità non possono più essere nascoste da una coltre di indifferenza;

   Eboli, Siano, Omignano e Bellizzi oggi sono infaustamente accomunate da lutti inspiegabili e inconcepibili per una società civile. Si sono persi quattro lavoratori, quattro padri, quattro uomini strappati alle loro famiglie mentre erano sul luogo di lavoro per guadagnarsi da vivere; ogni volta che accade una tragedia simile si registra un fallimento delle istituzioni direttamente coinvolte;

   la Costituzione, all'articolo 1, sancisce che «L'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro.», all'articolo 4 che «La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto», all'articolo 32 stabilisce che «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo...»;

   il lavoro, è, quindi, nella nostra Costituzione, espressione della personalità umana e non può prescindere dalla sicurezza, dalla salute e dal rispetto della persona, quali prerogative del diritto al lavoro;

   il delicato tema della prevenzione degli infortuni sul lavoro non può che essere una priorità assoluta per il nostro Paese –:

   quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare, per quanto di competenza, al fine di garantire la rigorosa applicazione della legge vigente, soprattutto riguardo alla prevenzione e ai controlli sui posti di lavoro; migliorare l'attività di controllo sui luoghi di lavoro e potenziare le risorse umane a ciò deputate, anche prevedendo apposite intese con le regioni finalizzate a coordinare l'attività di vigilanza sia degli ispettorati territoriali del lavoro, che hanno il compito di vigilare sull'applicazione della legislazione in materia di tutela della salute e sicurezza del lavoro nel settore dell'edilizia, sia delle aziende sanitarie locali, così come in tutti gli altri settori di attività lavorative;

   quali iniziative, per quanto di competenza, ritengano opportuno porre in essere, in ordine alle verifiche sull'esatta dinamica dei fatti e responsabilità alle eventuali responsabilità riconducibili a chi riveste posizioni di garanzia della tutela e della salute dei lavoratori, affinché si possano trovare risposte e soluzioni adeguate nel rispetto delle vittime e delle loro famiglie.
(4-08199)


   LUCASELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza sanitaria da Covid-19 ha messo a dura prova il sistema sanitario nazionale e sconvolto drasticamente le abitudini di vita delle persone, ma, adesso, a distanza di un anno, a preoccupare è anche la grave recessione economica che si sta vivendo;

   il 26 marzo 2020 l'allora Presidente del Consiglio Conte, intervenendo sul tema della cassa integrazione di marzo, annunciava: «Ho chiesto (...) di mettere in campo uno sforzo straordinario affinché i pagamenti siano attivati entro il 15 aprile e, se possibile, anche prima»;

   tali dichiarazioni, però, stridono fortemente con i numeri che, se accertati, certificano un ritardo spropositato tra la catena di comando e le esigenze reali dei lavoratori, per i quali la cassa integrazione è il solo strumento di sostegno al reddito su cui possono contare;

   è di questi giorni, infatti, la notizia che i pagamenti sono in forte ritardo, come denunciato dal presidente della vigilanza dell'Inps, Guglielmo Loy: «Due mesi per ricevere la Cassa integrazione sono troppi, dovremmo scendere a uno e rafforzare gli assegni molto bassi. Vorrei anche dire che c'è un buco di quasi 16 miliardi nel bilancio Inps, creato proprio dalla Cig Covid. [...] Bisognerebbe autorizzare subito la domanda, erogare il 60-70 per cento dell'importo e posticipare i controlli». «Di questi 20 miliardi di disavanzo, ben 15,7 miliardi sono un buco creato dalla Cig Covid, una misura straordinaria introdotta dal Governo quando ha chiuso il Paese. E che però è stata anticipata da Inps attingendo ai suoi fondi. Se non viene ripianato, quando si tornerà all'ordinario l'Inps rischia di non avere le risorse, che ricordo sono frutto di contributi di imprese e lavoratori, per erogare le prestazioni. O doverle ridurre, “pensioni comprese”. È un'ipotesi estrema, non certo peregrina. Se l'anticipazione di Inps sulla Cig Covid è strutturale, allora si trasforma in credito dello Stato»;

   il presidente dell'Inps Tridico ha negato il rischio che l'Istituto di previdenza non riesca a pagare le prestazioni, rassicurando sul fatto che questo genere di deficit si è già registrato ogni qual volta si è andati incontro a una crisi e che il buco sarà ripianato presto;

   i numeri riportati nella delibera con cui il Consiglio di indirizzo e vigilanza ha approvato il bilancio preventivo 2021 dell'Inps attestano che le pratiche di cassa integrazione Covid ancora da lavorare sono 198.941, di cui un terzo è riferito a marzo, aprile e maggio 2020 e il restante 68 per cento riguarda domande più recenti, trasmesse a novembre 2020;

   l'Inps, invece, fornisce altri numeri: le domande di cassa autorizzate pagate sono state il 98,3 per cento; le domande ricevute 3,56 milioni, quelle accettate 3,20 milioni, pari al 97,3 per cento e quelle in lavorazione non sarebbero 198.941, ma 88 mila, delle quali quasi il 70 per cento (60 mila) sono state presentate tra dicembre 2020 e gennaio 2021;

   l'Inps ha spiegato che un pagamento di cassa integrazione richiede «normalmente» 8-10 settimane di lavorazione, pertanto se il periodo di cassa Covid autorizzata è novembre-dicembre 2020, i pagamenti arriveranno a febbraio-marzo 2021, ma l'Italia non sta attraversando un periodo «normale» e gli sforzi straordinari promessi dal premier non sono mai stati attivati –:

   quale sia l'effettiva situazione in merito al pagamento delle richieste di cassa integrazione Covid e, in particolare, se corrisponda al vero che circa 1,2 milioni stimati di lavoratori siano ancora in attesa di ricevere i soldi spettanti: nonché per quali motivazioni vi sia una divergenza importante tra i dati forniti da Loy e quelli comunicati da Tridico;

   se e quali immediate iniziative di competenza intenda assumere il Governo per garantire la sostenibilità e, dunque, le prestazioni di Inps.
(4-08230)


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 27 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, ha previsto, per il periodo 1° ottobre 2020-31 dicembre 2020, un esonero contributivo parziale in favore dei datori di lavoro del settore privato operanti in alcune regioni, recando anche una norma procedurale relativa al riconoscimento di sgravi contributivi in alcune aree territoriali nel periodo 2021-2029;

   in particolare, l'esonero relativo ai suddetti mesi del 2020 si riconosceva con riferimento alla contribuzione a carico del datore relativa a rapporti di lavoro dipendente aventi sede in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia – con esclusione del settore agricolo e dei contratti di lavoro domestico – nella misura del 30 per cento dei contributi medesimi (con esclusione dei premi e contributi dovuti all'Inail);

   l'applicazione del medesimo beneficio, subordinata all'autorizzazione della Commissione europea nel rispetto delle condizioni del «Quadro Temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19» (Comunicazione (CE) 19 marzo 2020 C (2020) 1863), è stata approvata dalla stessa Commissione con decisione del 6 ottobre 2020;

   la legge di bilancio 2021 (legge 30 dicembre 2020, n. 178) ha previsto, al comma 161 dell'articolo 1, l'estensione del suddetto esonero contributivo nelle medesime aree, prorogando l'applicazione della disposizione fino al 31 dicembre 2029, modulata come segue: a) in misura pari al 30 per cento dei complessivi contributi previdenziali da versare fino al 31 dicembre 2025; b) in misura pari al 20 per cento dei complessivi contributi previdenziali da versare per gli anni 2026 e 2027; c) in misura pari al 10 per cento dei complessivi contributi previdenziali da versare per gli anni 2028 e 2029;

   l'agevolazione oggetto dell'estensione è concessa, per il periodo 1° gennaio 2021-30 giugno 2021 e nel rispetto delle condizioni della comunicazione della Commissione europea recante un «Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19» (C/2020/1863 del 19 marzo 2020), e successive modificazioni, in maniera automatica, mentre per il periodo 1° luglio 2021-31 dicembre 2029, l'agevolazione è subordinata a un'ulteriore autorizzazione della Commissione europea;

   l'Inps con la circolare n. 122 del 22 ottobre 2020, ha fornito le indicazioni e le istruzioni per la gestione degli adempimenti previdenziali connessi alla suddetta agevolazione contributiva;

   in seguito all'estensione prevista dalla legge di bilancio, l'istituto, con il messaggio n. 72 dell'11 gennaio 2021, ha fornito «in considerazione delle richieste pervenute all'istituto, in adesione agli orientamenti espressi dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali» una serie di chiarimenti;

   nelle ultime settimane, diversi consulenti e intermediari abilitati, nonché molte imprese, hanno segnalato gravi difficoltà nel procedere al calcolo della contribuzione a carico della parte datoriale con l'applicazione dell'agevolazione suddetta, tali da rendere di fatto le aziende impossibilitate a beneficiare della misura per il mese di gennaio 2021 –:

   se intenda, per quanto di competenza e di concerto con l'Inps, verificare quanto prima l'esistenza di criticità relativamente alla possibilità di adempiere correttamente alle procedure, segnatamente per via telematica, di attivazione dell'esonero contributivo di cui in premessa da parte delle imprese e degli altri soggetti abilitati;

   quali iniziative intenda intraprendere, nel caso siano accertate criticità tali da inibire alle imprese la fruizione dell'agevolazione, per ripristinare le procedure e consentire a tali imprese di applicare l'esonero contributivo parziale, così come determinato dalla legge.
(4-08238)


   PRESTIPINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in data 6 febbraio 2021 è stata riportata da noti quotidiani la scoperta da parte dei carabinieri della stazione di Vitinia e della Stazione forestale di Ostia di un cosiddetto «campo di lavoro» durante un controllo nella riserva statale del Litorale;

   si tratta di baracche costruite con materiali di risulta ospitanti sei braccianti extracomunitari nei pressi di alcune serre di un'impresa agricola dove gli stessi erano impiegati;

   condizioni igieniche precarie, lavoro in nero, paga inferiore ai minimi salariali, assenza di tutele lavorative: questa era la situazione in cui vivevano i sei irregolari privati di ogni dignità;

   nella stessa area è stata anche rinvenuta una discarica di rifiuti urbani e materiali di risulta;

   due imprenditori, titolari dell'impresa agricola, e un loro collaboratore che aveva reclutato i sei braccianti sono stati identificati e denunciati;

   i 6 operai, privi di documenti di identificazione, sono stati portati presso l'ufficio immigrazione della questura;

   desta, quindi, preoccupazione, non solo la presenza di rifiuti pericolosi nel territorio urbano, ma anche il continuo e silenzioso sfruttamento di extracomunitari –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti;

   quali iniziative di competenza intendano adottare per una più efficace gestione dell'immigrazione al fine di arginare il fenomeno dello sfruttamento dei braccianti agricoli.
(4-08245)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la questione dell'applicazione o meno dei benefici previsti dell'articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1973 per i militari e posizioni equiparate con meno di 18 anni di contribuzione al 31 dicembre 1995 assume risvolti ormai grotteschi che rendono necessario, a giudizio dell'interrogante, un intervento di riordino normativo al fine di porre la parola «fine» su una questione di incertezza che attanaglia centinaia di migliaia di cittadini italiani;

   la Corte dei conti a Sezioni Unite ha pronunciato la sentenza n. 1/2021, con la quale ha fornito una nuova interpretazione, ad avviso dell'interrogante aggiungendo ancora ulteriori elementi rispetto al quadro già complicato dalla stratificazione delle norme succedutesi nel tempo e che, verosimilmente, genererà una valanga di sentenze di appello;

   alle Sezioni Unite era stato chiesto di chiarire la corretta interpretazione dell'articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1973 concernente i criteri di calcolo della quota retributiva della pensione per il personale militare ed equiparato che al 31 dicembre 1995 vanta un'anzianità inferiore a 18 anni;

   la Corte ha enunciato i seguenti principi di diritto: «La “quota retributiva” della pensione da liquidarsi con il sistema “misto”, ai sensi dell'articolo 1, comma 12, della legge n. 335/1995, in favore del personale militare cessato dal servizio con oltre 20 anni di anzianità utile ai fini previdenziali e che al 31 dicembre 1995 vantava un'anzianità ricompresa tra i 15 ed i 18 anni, va calcolato tenendo conto dell'effettivo numero di anni di anzianità maturati al 31 dicembre 1995, con applicazione del relativo coefficiente per ogni anno utile determinato nel 2,44 per cento»;

   conseguentemente: «L'aliquota del 44 per cento non è applicabile per la quota retributiva della pensione in favore di quei militari che, alla data del 31 dicembre 1995, vantavano un'anzianità utile inferiore a 15 anni»;

   il predetto articolo 54 recita: «la pensione spettante al militare che abbia maturato almeno 15 anni e non più di 20 anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile». Nelle corti territoriali della magistratura contabile erano emersi almeno tre orientamenti contrastanti;

   le sezioni unite della Corte dei conti respingono i tre predetti orientamenti individuando un quarto criterio, a giudizio dell'interrogante artatamente innovativo. In estrema sintesi i giudici partono dall'affermazione della Corte d'Appello siciliana (sentenza n. 43/2020) secondo cui l'articolo 54 va interpretato ponendo a raffronto l'aliquota del 44 per cento con l'anzianità di 20 anni (44/20) ricavando, pertanto, un coefficiente di rendimento del 2,2 per cento per ogni anno di anzianità;

   se si tiene conto della legge n. (335 del 1995, il coefficiente del 44 per cento non può essere raggiunto da chi, alla fine del 1995, aveva un'anzianità tra 18 e 20 anni perché ricadenti nel sistema retributivo. Il criterio sopra esposto viene corretto mettendo, secondo l'interrogante, artificiosamente a raffronto l'aliquota del 44 per cento con la soglia contributiva di 18 anni, ricavando una quota del 2,445 per cento per ogni anno di anzianità;

   tale criterio secondo i giudici appare, «oltre che giuridicamente coerente con il rapporto intercorrente fra le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 1092/1973 e quelle della legge n. 335/1995, anche rispettoso degli equilibri introdotti dalla normativa del 1973 – e non messi in discussione dalle disposizioni sopravvenute – nell'ambito dei principi generali che regolano il trattamento di quiescenza per le pensioni civili e militari» –:

   quali iniziative intenda adottare il Governo per adeguare fin d'ora il sistema pensionistico ai principi di diritto sanciti nella sentenza n. 1/2021 della Corte dei conti;

   se il Governo intenda adottare apposite iniziative normative al fine di risolvere, in maniera definitiva, le questioni relative dell'applicazione dell'articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1973 per i militari e posizioni equiparate con meno di 18 anni di contribuzione al 31 dicembre 1995.
(4-08262)

PARI OPPORTUNITÀ E FAMIGLIA

Interrogazione a risposta scritta:


   BELLUCCI. — Al Ministro per le pari opportunità e la famiglia, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   si è rivelato un autentico calvario l'esperienza vissuta da una coppia di genitori affidatari, i signori C., che hanno assistito impotenti alle sofferenze ripetute di una bimba bisognosa di cure e stabilità;

   la minore veniva da una situazione familiare difficile, come accertato dal Tribunale per i minorenni di Cagliari: il padre «mostrava scarso interesse per la figlia» e la madre «manifestava disagio psichico e instabilità»;

   a seguito della sospensione dalla responsabilità genitoriale, la bimba entrava in una casa-famiglia insieme alla madre naturale che, poco dopo, lasciava la struttura «riconoscendo, anche per i suoi disturbi psichiatrici, la sua incapacità di occuparsi della bambina», pur continuando a vederla periodicamente in presenza dei servizi sociali;

   disposta l'interruzione degli incontri anche con il padre, ritenuto inaffidabile e non in grado di occuparsi della figlia, la minore inizia il percorso di affidamento, affiancata dai servizi sociali di Cagliari, paese di origine della famiglia adottiva, e di Dolianova, paese di origine della madre naturale, con una decina di professionisti, ognuno con il suo modo di lavorare;

   la minore entra nella vita dei signori C. il 5 settembre 2019, ma il percorso si è mostrato critico sin dall'inizio: nonostante le sue accorate e insistenti richieste, la bambina viene immotivatamente allontanata dalla psicologa che la seguiva da circa due anni e mezzo e con la quale aveva instaurato un fondamentale rapporto di fiducia per affidarla a una nuova professionista;

   a distanza di un mese, mentre la bimba sta ancora cercando di metabolizzare la sua nuova vita e l'inizio dell'anno scolastico in una nuova scuola, le viene comunicato che dovrà riprendere gli incontri con la madre naturale, alla quale la minore si oppone si dispera al punto che comincia a grattarsi ovunque fino a provocarsi sanguinamenti;

   avvertiti i servizi sociali e solo a seguito di ripetute e insistenti richieste, i signori C. riescono ad ottenere una visita medica dopo ben 14 mesi;

   nonostante lo stesso Tribunale per i minorenni di Cagliari avesse dichiarato la mamma naturale non idonea, i servizi sociali decidono di tentare nuovamente di riavvicinare la bambina alla mamma fino a quando, nel mese di agosto, la stessa si rende irreperibile;

   la consulenza tecnica d'ufficio conferma per la seconda volta l'inadeguatezza della mamma naturale, non lasciando alcun dubbio anche con riguardo ai rapporti con la piccola: «è ormai sufficientemente chiaro che la signora, come lei stessa afferma, può esercitare nei confronti della figlia solo quel ruolo che normalmente viene attribuito ai parenti: nessuna responsabilità diretta, incontri saltuari, interazioni basate su scambi affettivi e giochi», concludendo con la necessità per la bambina di «vivere stabilmente in una famiglia affidataria/adottiva»;

   alla luce di tali considerazioni, la minore viene dichiarata adottabile e il Tribunale dispone di «mantenere la collocazione della piccola presso di loro famiglia C. al reperimento della famiglia adottiva», ma, inaspettatamente e senza preavviso alcuno, dopo 17 giorni la bambina viene prelevata dalla casa dei signori C. e collocata in una nuova struttura;

   da allora la famiglia C. non ha più avuto notizie della bambina;

   quella dei signori C. è la punta dell'iceberg di una emergenza rimossa, sulla quale le istituzioni latitano da tempo: in Italia solo una coppia su dieci riesce ad adottare, tra tribunali in affanno, genitori affidatari scoraggiati e servizi sociali non sempre in grado di rispondere al superiore interesse del minore –:

   se e quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo al riguardo, anche al fine di evitare che altri bambini e altre famiglie affidatarie o disposte ad adottare vivano il calvario di cui in premessa.
(4-08250)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   INCERTI, CENNI, CRITELLI, CAPPELLANI e FRAILIS. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto-legge 14 agosto 2020 n. 104, convertito dalla legge n. 126 del 13 ottobre 2020, si sono introdotte misure per specifici settori, particolarmente colpiti dalla crisi conseguente all'emergenza sanitaria e, più nello specifico, all'articolo 58 si è previsto un «contributo a fondo perduto» a favore delle imprese che effettuano la ristorazione, al fine di sostenere tali imprese alla riapertura e alla continuità ed evitare quindi sprechi alimentari dei prodotti del territorio;

   con l'istituzione del fondo per la ristorazione – 450 milioni di euro, di cui 250 milioni di euro per l'anno 2020 e gli ulteriori 200 milioni di euro per l'anno 2021 – finalizzato all'erogazione di un contributo a fondo perduto a favore delle imprese che effettuano la ristorazione – per un minimo di 1.000 ed un massimo di 10.000 euro per azienda della ristorazione – si sono volute sostenere le imprese del settore nell'acquisto – a partire dal 14 agosto 2020 e con relativa documentazione fiscale – di prodotti di filiere agricole ed alimentari (anche Dop e Igp, inclusi quelli vitivinicoli), valorizzando la materia prima del territorio;

   secondo quanto riportato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali sono 46.692 le domande inoltrate ai fini del bonus ristorazione di cui 31.086 presentate via web e 15.606 attraverso gli uffici postali. L'importo totale dei contributi richiesti via web è di oltre 221 milioni di euro per una media di 7.139,40 euro a domanda;

   Poste Italiane è impegnata nella fase di completamento della lavorazione delle domande pervenute attraverso gli uffici postali. Presumendo che queste abbiano mediamente lo stesso importo di quelle pervenute via web, si può ragionevolmente prevedere che gli importi richiesti si aggireranno complessivamente intorno ai 345 milioni di euro;

   numeri significativi che confermano la validità di uno strumento di intervento a sostegno dell'intera filiera agroalimentare dal campo fino al ristoratore, alla mensa, ai catering e agli agriturismi;

   da comunicazione ministeriale, era previsto per i primi mesi del 2021 l'erogazione di un primo acconto pari al 90 per cento del contributo. Secondo quanto si apprende dalla associazioni di categoria nelle prossime settimane dovrebbero essere pagate le oltre 15.000 domande presentate sulla piattaforma dedicata, mentre vi sarebbero problemi, per finalità di controlli ad esse connesse, per le ulteriori decine di migliaia che hanno presentato la documentazione in forma cartacea –:

   alla luce delle fortissime criticità cui continua ad essere esposta la ristorazione insieme alla filiera agroalimentare, quali iniziative urgenti intenda intraprendere per concludere la fase istruttoria e favorire lo sblocco immediato, delle risorse del fondo di cui all'articolo 58 del decreto-legge n. 104 del 2020.
(5-05364)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MICELI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   nel dicembre 2020 il Parlamento europeo ha approvato un regolamento con il quale è stata prevista, per il periodo transitorio 2021-2022, l'applicazione delle norme dell'attuale quadro comunitario della Politica agricola comunitaria (Pac) 2014/2020, prorogando le attuali norme fino al 31 dicembre 2022 e confermando la dotazione aggiuntiva totale di oltre 8 miliardi di euro;

   tale quadro normativo assicura la continuità dei pagamenti agli agricoltori e ad altri soggetti aventi diritto, garantendo loro prevedibilità e stabilità, fino alla data di applicazione del nuovo quadro giuridico e che gli interventi prorogati del Programma di sviluppo rurale (Psr), per il periodo transitorio, oltre a garantire la stessa quota complessiva di contributo del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (Feasr) vengano anche riservati alle misure di cui all'articolo 59, paragrafo 6, del regolamento (UE) n. 1305 del 2013 (investimenti in materia di clima e ambiente);

   le risorse aggiuntive del (Psr) deriverebbero, in parte, dalle risorse del cosiddetto Recovery Fund assegnate all'Italia e tali cospicue assegnazioni sarebbero state quantificate ed aumentate in termini rilevanti, tenendo conto della crisi economica determinata dalla pandemia e della debolezza socio-economica del meridione italiano;

   nonostante il Programma di sviluppo rurale sia strumento di coesione, avente lo scopo precipuo di rafforzare il sostegno alle regioni meno sviluppate al fine di contenere e contrastare spopolamento e debolezza strutturale, in Commissione paritetica dell'agricoltura della Conferenza Stato-regioni sarebbe stato proposto, da alcune regioni del nord Italia, tra cui Veneto ed Emilia Romagna, l'azzeramento dei criteri storici utilizzati nel Psr 2014-2020, ritenuti iniqui e ad ingiusto vantaggio delle regioni meridionali, a favore di criteri considerati «oggettivi» a beneficio essenzialmente di Toscana, Lazio, Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna con un incremento delle risorse a loro favore di oltre 200 milioni di euro;

   se tale richiesta di revisione dei criteri dovesse essere approvata, le regioni del sud Italia, – tra cui Puglia, Basilicata, Umbria e Calabria – con in testa Campania e Sicilia, subirebbero una riduzione di oltre 400 milioni di euro, con evidenti pesanti ricadute e drammatiche conseguenze per il settore agroalimentare del meridione –:

   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione ai fatti esposti in premessa;

   se e quali iniziative di competenza intenda intraprendere nell'immediato al fine di evitare la revisione dei criteri storici di ripartizione del Psr in peius, specie per le regioni del sud Italia, e il conseguente aggravamento della posizione socio-economica di tali territori.
(4-08159)


   FERRO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il mercato italiano del peperoncino rischia di soccombere sotto il peso della concorrenza cinese, come denunciato dagli agricoltori della Confederazione italiana agricoltori, preoccupati dal dumping ma anche dagli standard igienico-sanitari che il prodotto extra-europeo non sempre rispetta;

   la richiesta non manca, ma la scarsa produzione nazionale, che copre appena il 30 per cento del fabbisogno, determina la sudditanza da mercati stranieri, Cina, Egitto e Turchia in primis, schiacciando il Made in Italy con un prodotto dai bassi standard qualitativi e importato a prezzi cinque volte più bassi;

   in Italia, infatti, il peperoncino trova un ambiente ideale di coltivazione, grazie al microclima e alle caratteristiche orografiche del terreno, ma sconta costi di produzione troppo elevati per l'alta incidenza della manodopera se in Italia da 10 chilogrammi di peperoncino fresco si ottiene 1 chilogrammo di prodotto essiccato, macinato in polvere pura al 100 per cento e commerciabile a 15 euro, l'analogo prodotto cinese ha un costo di soli 3 euro, ed è il risultato di tecniche di raccolta e trasformazione molto grossolane, con poche garanzie di qualità e requisiti fitosanitari diversi da quelli conformi ai regolamenti europei; sempre secondo la Cia, anche quando il peperoncino viene importato fresco o semi-lavorato da Turchia o Egitto, la sua qualità viene compromessa dall'utilizzo dei conservanti;

   oggi la produzione nostrana di peperoncino si concentra soprattutto in Calabria, dove viene coltivato un quarto di tutto il peperoncino nazionale (100 ettari, con il 25 per cento della produzione), seguita da Basilicata, Campania, Lazio e Abruzzo;

   condividendo l'appello della Cia, «occorre una maggiore valorizzazione e tutela del prodotto, per esempio, la creazione di denominazioni di origine territoriale darebbe al consumatore garanzia di qualità, tracciabilità e salubrità e un valore aggiunto adeguato alla parte produttiva, incentivata ad aumentarne la coltivazione estensiva. Si verrebbe così incontro alla domanda sempre crescente dell'industria alimentare, che produce sughi e salami piccanti, senza dimenticare l'export, con la richiesta per salse e condimenti delle grandi aziende del food, fra le quali spiccano quelle dei Paesi Bassi, che rappresentano attualmente la destinazione del 50 per cento della produzione di peperoncino della Calabria»;

   come rilevato dagli agricoltori, peraltro, il sistema produttivo italiano, oltre a certificazioni di qualità, avrebbe bisogno anche di un ammodernamento delle tecniche di lavorazione per abbattere i costi produttivi;

   solo pochi mesi fa, sempre la Cia aveva lanciato l'allarme sul «miele senza api», sempre proveniente dalla Cina, un prodotto contraffatto, adulterato e miscelato con il miele naturale e, ovviamente importato al costo bassissimo di un euro al chilogrammo contro i quasi 4 euro di quello italiano;

   le esportazioni di miele cinese in Europa sono di circa 80 mila tonnellate, con ripercussioni gravi su tutta la filiera, che conta 63 mila apicoltori italiani, un comparto di 1,5 milioni di alveari, 220 mila sciami, 23 mila tonnellate di prodotto e oltre 60 varietà;

   le pesanti ricadute della concorrenza del falso miele riguardano, peraltro, tutta l'agricoltura italiana, che dipende al 70 per cento dalle api nella loro funzione di impollinatori –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda intraprendere per garantire una maggiore valorizzazione e tutela dei prodotti del made in Italy, dal peperoncino al miele, solo per fare alcuni esempi, con la creazione di denominazioni di origine territoriale.
(4-08212)


   CARETTA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in data 3 febbraio 2021 la Commissione europea ha presentato il nuovo piano di lotta al cancro, redatto dalla direzione generale Sante, sotto la guida della Commissaria per la salute e sicurezza alimentare Stella Kyriakides, di cui alla comunicazione COM(2021) 44 final;

   scopo del piano è di migliorare la salute dei cittadini europei, mediante iniziative orientate alla prevenzione, alla promozione di stili di vita salutari e alla sensibilizzazione verso i fattori di rischio, con misure articolate in quattro aree d'intervento fondamentali, con uno stanziamento complessivo di risorse per 4 miliardi di euro a partire dal 2022;

   come evidenziato dalle associazioni di categoria dei produttori alimentari, anche a mezzo stampa, con il piano di prevenzione la Commissione intende quindi introdurre un meccanismo di «etichettatura nutrizionale obbligatoria e armonizzata nella parte anteriore della confezione per consentire ai consumatori di fare scelte alimentari informate, sane e sostenibili», evidenziando poi come vi sia l'intenzione di eliminare dai programmi di promozione i prodotti agroalimentari associati ai rischi di tumore, come le carni rosse e trasformate;

   i prodotti che verrebbero colpiti da questa nuova serie di regolamentazioni, sono quindi anche carni che costituiscono un'eccellenza nel caso delle produzioni italiane, le quali, invece, sono state premiate proprio nel 2011 con il riconoscimento da parte dell'Unesco dell'importanza della dieta mediterranea, fondata su un'alimentazione profondamente diversificata, basata anche su carni rosse e trasformate, come i prodotti tipici delle norcinerie;

   come indicato da numerose evidenze scientifiche, ma anche nell'ambito del riconoscimento del valore della dieta mediterranea stessa, è fatto notorio che nel caso di prodotti come carni rosse e trasformate, così come qualsiasi altro prodotto alimentare, non è il prodotto in sé ad essere pericoloso, ma la quantità che se ne assume, se sproporzionata;

   l'applicazione delle misure contenute nel predetto piano di prevenzione, se pienamente implementate, implicherebbe una demonizzazione di eccellenze alimentari italiane, che verrebbero marchiate come «dannose per la salute» –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intendano adottare per:

    a) tutelare le produzioni agroalimentari italiane prevenendo l'applicazione di meccanismi di etichettatura quale quello di cui in premessa e di ogni altro meccanismo di etichettatura ingiustamente discriminatorio e demonizzante nei confronti dei prodotti alimentari nazionali;

    b) scongiurare, anche mediante appositi tavoli europei, l'applicazione di misure economiche discriminatorie nei confronti dei prodotti agroalimentari italiani.
(4-08241)


   SPENA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nel pomeriggio di domenica 14 febbraio 2021 a Castel Gandolfo è stata sfiorata una tragedia sulle spiagge del lago;

   un bambino di 10 anni, mentre passeggiava in bicicletta in compagnia dei genitori e della sorellina di 7 anni in prossimità del lago, è stato aggredito da un grosso cinghiale, uscito improvvisamente da un cespuglio, sulla spiaggia, affollata di gente;

   l'animale ha colpito con la testa il bambino, mordendolo sulla gamba e facendolo cadere in terra;

   il bambino è stato prontamente soccorso dai genitori e dagli agenti della polizia locale del corpo consorziato di Albano – Castel Gandolfo, che hanno chiamato il 118 e la polizia di Stato;

   i sanitari sono riusciti a calmare e medicare le ferite del piccolo sul posto dentro ad un locale della zona che ha dato ospitalità;

   i problemi causati dai cinghiali nel territorio dei Castelli Romani, soprattutto nelle aree piene di vegetazione, sono molto seri, creando spesso notevoli problemi ai cittadini, agli automobilisti e ai motociclisti;

   è noto che i cinghiali si riproducono molto velocemente e nella zona del lago di Castel Gandolfo, di Nemi e nelle zone boschive dei Castelli Romani è divenuto frequente l'avvistamento di cinghiali bradi in prossimità di abitazioni;

   le conseguenze sono note. Sono numerosi sono gli incidenti stradali causati dai cinghiali, come le aggressioni a passanti ed altri animali –:

   quali urgenti iniziative i Ministri interrogati intendano adottare al fine di individuare specifici strumenti per contrastare il fenomeno crescente dello sviluppo incontrollato dei cinghiali, sia per tutelare la salute dell'uomo, sia per tutelare le attività agricole danneggiate, e se intendano assumere idonee iniziative per prevedere nuove risorse finanziarie necessarie ad arginare il fenomeno.
(4-08257)

POLITICHE GIOVANILI

Interrogazione a risposta scritta:


   AMITRANO. — Al Ministro per le politiche giovanili, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 4 dicembre 2020 è stato pubblicato il 54° rapporto del Censis dal quale si evince come la pandemia abbia avuto un ruolo devastante in tutti i settori economici e sociali, con ripercussioni sul mondo giovanile in particolare sugli adolescenti e sui bambini, privati improvvisamente della possibilità di avere relazioni sociali e di fare sport;

   nel nostro Paese, questa situazione è deflagrata anche in occasioni di pericolo per l'ordine pubblico;

   nel mese di dicembre 2020 in varie città italiane si sono verificati scontri tra bande di ragazzini che, incuranti delle misure anti assembramento, hanno dato vita a vere e proprie risse tra bande contrapposte con disordini e rischio di ulteriore trasmissione del virus;

   la comunità scientifica internazionale da tempo denuncia la situazione di disagio psicologico in cui versano gli adolescenti dall'inizio della pandemia; da un'indagine sulla salute mentale condotta a giugno 2020 dai Centers for Disease Control and Prevention di Atlanta (Usa) è emerso che sintomi di disagio mentale, quali ansia e depressione, sono aumentati nell'ultimo anno a causa dell'isolamento degli adolescenti e dell'interruzione della routine scolastica, fattori che hanno contribuito a far crollare la sensazione di stabilità percepita solitamente; inoltre, numerose ricerche segnalano che il consumo di psicofarmaci tra adolescenti ha registrato un notevole incremento rispetto al periodo precedente;

   nelle stime evidenziate dalle ricerche scientifiche di cui sopra si ritiene che l'impatto della pandemia sui giovani sarà a lungo termine e che si misurerà anche in termini di danno legato al fenomeno delle dipendenze patologiche, nel campo dell'alcol e delle sostanze stupefacenti; a conferma di tale dato, da una indagine scientifica pubblicata a mezzo stampa nel mese di dicembre 2020 si evince che ansia e stress da confinamento porterebbero i giovani a ricorrere a forme di automedicazione surrettizia ed autogestita, ad esempio attraverso il consumo di alcol e sostanze stupefacenti;

   da quanto si apprende sempre a mezzo stampa, in una intervista del mese di gennaio 2021, il responsabile dell'Osservatorio di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza dell'Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma denuncia che, nella capitale, i tentativi di suicidio e autolesionismo sono aumentati del 3 per cento, con un notevole rialzo degli accessi al pronto soccorso con disturbo psichiatrico;

   nel 90 per cento dei casi si è trattato di giovani tra i 12 e i 18 anni che hanno cercato di togliersi la vita;

   inoltre al pronto soccorso si è registrato un ricovero al giorno per attività autolesionistiche;

   questa situazione gravissima è stata denunciata anche in altre strutture ospedaliere del nostro Paese quale, ad esempio, il reparto di neuropsichiatria infantile dell'Ospedale Regina Margherita di Torino che registra la crescita di tentativi di suicidio e di suicidi portati a compimento tra i minori nella fascia di età «10-17 anni»;

   sotto il profilo medico-sanitario si pone anche un problema di mezzi di soccorso e cura per questi giovani, dal momento che nei presidi di pronto soccorso di neuropsichiatria infantile mancano posti letto sufficienti e, a quanto risulta all'interrogante, sebbene il 20 per cento degli adolescenti soffra di un disturbo mentale, i posti letto complessivi in Italia sono soltanto 92 e, laddove non ci siano posti, i giovani vengono ricoverati in pediatria o in strutture dedicate agli adulti, dove i disturbi psichiatrici rischiano di non ricevere adeguata cura e attenzione –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione, quali iniziative di competenza intendano adottare per migliorare l'accesso degli adolescenti ai servizi di supporto per la salute mentale, anche attraverso il potenziamento delle strutture di neuro-psichiatria infantile sul territorio, e quali iniziative intendano adottare per la prevenzione e il contrasto al disagio giovanile.
(4-08179)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta orale:


   DI LAURO. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 24 dicembre 2020 veniva pubblicato un avviso pubblico, per soli titoli, sul sito istituzionale dell'Azienda sanitaria locale Napoli 3 Sud per il reclutamento di personale a tempo determinato, di 6 mesi, da impiegare nelle attività connesse al COVID-19 e da inserire nelle varie articolazioni dell'azienda;

   tra i requisiti previsti dall'avviso, oltre a quelli generali, vi era il possesso di un diploma di perito informatico o in alternativa il possesso di Eipass o Ecdl. La scadenza per l'invio delle candidature, da trasmettersi attraverso un apposito modulo on line era prevista entro 5 giorni dalla pubblicazione ossia il 29 dicembre 2020;

   nell'avviso pubblico veniva omessa l'indicazione dell'atto di indirizzo, ossia la delibera di approvazione da parte del direttore generale, su cui poggiasse, dal punto di vista amministrativo, il codesto reclutamento;

   a causa di questa omissione, con deliberazione n. 0993 del 29 dicembre 2020 veniva ratificata a posteriori, da parte del direttore generale, la volontà di procedere, a causa di carenze del personale amministrativo, alle assunzioni in parola per organizzare nell'immediato i servizi connessi alla emergenza COVID-19. Inoltre, con lo stesso atto, veniva rettificato il bando precedente, contenente «da una più attenta lettura», come espressamente dichiarato nella narrativa in premessa, «dei refusi». Nello specifico, veniva modificato, a procedura in corso, il requisito di ammissione relativo al titolo di studio in possesso del candidato, aggiungendo anche il diploma di scuola secondaria di primo grado con attestato Eipass o Ecdl. Inoltre, risulterebbe anche modificato il profilo della figura professionale ricercata, la quale si sarebbe tramutata da perito informatico a coadiutore amministrativo. Per effetto di tali modifiche si stabiliva nella stessa delibera di prorogare i termini per la presentazione delle domande fino al 2 gennaio 2021;

   con deliberazione del direttore generale n. 0008 del 7 gennaio 2021 venivano così approvati la graduatoria di merito e i relativi atti della Commissione valutatrice, all'uopo costituitasi in pari data. Quest'ultima, con proprio verbale, dichiarava di aver optato di avvalersi di una «Valutazione massiva» attraverso dei parametri valutativi elaborati dalla piattaforma informatica Ison con cui sono state recepite le domande di partecipazione da parte dei candidati. Ciò, a detta della Commissione, per velocizzare la procedura visto che sono pervenute in totale 497 candidature e demandando, inoltre, l'accertamento dei requisiti in capo a ciascun partecipante «al momento della convocazione per il conferimento dell'incarico»;

   a seguito di alcune notizie riportate dalla stampa, si è venuti a conoscenza del fatto che «alcune contraddizioni emergono nel bando pubblicato, visto che l'articolo 4 statuiva che la commissione risultava deputata all'accertamento del possesso dei requisiti necessari prima di redigere la graduatoria finale. Di contro, nella delibera numero 8/2021 invece, si demanda l'accertamento dei requisiti al momento della convocazione, pertanto ad una sola persona dell'ufficio del personale, e non ad un organo collegiale come la commissione. [...] Inoltre, in palese e chiara contraddizione con il presupposto previsto nella stessa delibera, si evidenzia in maniera netta ed inequivocabile che l'ufficio del personale può produrre solo osservazioni ma, in sintesi, è destinato solo a prendere atto di quanto decide la commissione». Inoltre, parrebbe che diversi nominativi presenti in graduatoria siano riconducibili a esponenti politici e sindacali e al personale dell'amministrazione sanitaria;

   ad opinione dell'interrogante, in una fase delicata che il Paese sta attraversando per fronteggiare l'emergenza pandemica e socio-economica, è inaccettabile che vengano espletate soluzioni poco trasparenti, sebbene urgenti –:

   se il Governo intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, volte a verificare il corretto svolgimento della procedura concorsuale in questione a tutela della regolarità della stessa, attivando i servizi ispettivi dell'ispettorato della funzione pubblica.
(3-02054)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   QUARTAPELLE PROCOPIO, BERLINGHIERI, BOLDRINI, BRUNO BOSSIO, FRAILIS, CARNEVALI, DE LUCA, GRIBAUDO, LATTANZIO, PEZZOPANE, PINI, SENSI, SERRACCHIANI, VERINI, PALAZZOTTO, MURONI e FUSACCHIA. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   la direttiva europea (UE) 2019/1158 relativa all'equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza si pone l'obiettivo di conseguire la parità tra uomini e donne per quanto riguarda le opportunità sul mercato del lavoro e il trattamento sul lavoro, per agevolare la conciliazione tra lavoro e vita familiare per i lavoratori che sono genitori o i prestatori di assistenza. A tal proposito, l'articolo 4 obbliga gli Stati membri ad adottare misure necessarie per garantire al padre il diritto a un congedo di paternità di dieci giorni lavorativi, senza distinzioni tra i lavoratori;

   l'articolo 4 della legge n. 92 del 2012 istituisce un congedo obbligatorio e un congedo facoltativo per il padre, fruibili dal padre lavoratore dipendente. Con la legge di bilancio per il 2017 (legge n. 232 del 2016). Il congedo obbligatorio è stato prorogato per i padri lavoratori dipendenti ed esteso a 10 giorni per l'anno 2021, allineandosi con quanto previsto dalla direttiva europea (UE) 2019 n. 1158;

   tuttavia l'articolo 1, comma 8, della legge n. 92 del 2012, subordina l'attuazione delle misure per i dipendenti pubblici all'adozione di un provvedimento attuativo del Ministero della pubblica amministrazione, a cui spetta il compito di individuare e definire ambiti, modalità e tempi per armonizzare la disciplina relativa ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, anche mediante iniziative normative. Nel febbraio 2013 il Dipartimento della funzione pubblica ha ribadito con una nota (8629/2013) che tale disciplina non è direttamente applicabile ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, perché è necessario un intervento dello stesso Ministero della pubblica amministrazione;

   la mancata adozione del provvedimento attuativo da parte del Ministero della pubblica amministrazione crea un elemento discriminatorio ai danni del padre dipendente pubblico. In particolare, è un trattamento sfavorevole del dipendente pubblico rispetto agli altri lavoratori dipendenti, oltre a costituire una mancata garanzia di un diritto previsto dalla direttiva 2019 n. 1158 e dalla legge n. 92 del 2012 –:

   quando il Ministro interrogato adotterà le iniziative necessarie per estendere il congedo di paternità ai dipendenti pubblici, così da adeguare il trattamento per loro previsto a quello degli altri lavoratori dipendenti e dare piena attuazione alla legge e alla direttiva citate.
(5-05352)

Interrogazione a risposta scritta:


   CIABURRO e CARETTA. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   secondo stime di Asstel, riportate dal Sole 24 Ore, occorrono in media oltre otto mesi e permessi da sei enti diversi per far partire un cantiere di realizzazione di un'infrastruttura di telecomunicazioni a banda ultralarga (Bul) in Italia e sette mesi con permessi da sette enti differenti per la realizzazione di reti mobile;

   come evidenziato da Asstel stessa, il problema dietro la mancata realizzazione della rete Bul sul territorio nazionale non è stato risolto né con il cosiddetto decreto Scavi né col cosiddetto decreto-legge Semplificazioni, in quanto nessun provvedimento normativo ha veramente toccato le modalità e gli ambiti applicativi delle normative vigenti;

   per la realizzazione di un progetto di infrastruttura di telecomunicazioni in un'area rurale occorrono, infatti, circa 250 giorni, con mediamente permessi da 6 enti diversi e con 50-80 giorni legati all'autorizzazione allo scavo e l'ordinanza per il traffico dei comuni, periodo sovrapposto a 90 giorni di autorizzazioni per gli scavi da parte delle province e 100 giorni per le autorizzazioni paesaggistiche, a cui si aggiungono circa 125 giorni per l'autorizzazione allo scavo e/o posa Pcn da parte del Genio civile ed eventuali autorizzazioni da parte di Anas, Rfi o Autostrade, per 180 giorni medi di attesa, a cui infine si possono aggiungere ulteriori 50-80 giorni circa qualora uno degli enti coinvolti chieda modifiche al progetto in corso d'opera;

   tra le cause scatenanti di queste immense lungaggini processuali figurano anche la mancata applicazione del principio del silenzio-assenso quando l'amministrazione procedente avvia la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria su iniziativa di un privato, nonché il funzionamento della conferenza di servizi;

   data ormai la prassi consolidata, è ragionevole affermare che il tempo massimo di attesa non dovrebbe superare i 60 giorni complessivi, anche quando si tratta di molteplici autorizzazioni che dovrebbero essere gestite in parallelo dall'ente procedente con la conferenza di servizi –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intendano adottare per effettuare una semplificazione normativa, anche in termini di procedimento amministrativo come enucleato in premessa, con il fine di velocizzare la costruzione della rete Bul sul territorio nazionale, con particolare riguardo alle aree interne, montane e rurali.
(4-08209)

SALUTE

Interpellanze:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017, si è provveduto all'aggiornamento e alla definizione dei nuovi livelli essenziali di assistenza (Lea), includendo, oltre alle prestazioni ambulatoriali e specialistiche, anche la fornitura di ausili e protesi, precedentemente regolamentati dal decreto del Ministro della sanità 27 agosto 1999, n. 332, ridefinendo (allegato 5) l'elenco delle protesi e ortesi «su misura» (elenco 1) e l'elenco degli ausili «di serie» (elenco 2A e 2B) e aggiornando la nomenclatura in relazione alle innovazioni cliniche e tecnologiche intervenute negli anni, rendendo inoltre «di serie» alcuni ausili sino ad oggi erogati «su misura» (carrozzine, protesi acustiche e altro);

   tale aggiornamento, tuttavia, non è ancora pienamente operativo, in quanto, pur in presenza dei due elenchi, non sono stati ancora emanati i decreti ministeriali di determinazione delle tariffe dei dispositivi sia su misura (elenco 1) che di serie tramite l'istituzione di un repertorio di cui all'articolo 1, comma 292, della legge 266 del 2005, rendendo così non fruibili le nuove prestazioni;

   la legge di bilancio 2018 (articolo 1, comma 420, della legge 205 del 2017) ha posto il 28 febbraio 2018 come termine ultimo per l'emanazione dei decreti sulle tariffe massime, ma alla data odierna questo termine non risulta ancora soddisfatto; si evidenzia, a tal proposito, che dette tariffe massime, qualora fossero state definite nel 2016, non sarebbero più attuali in quanto nei 4 anni ormai trascorsi hanno subito incrementi sia i costi di manodopera che quelli dei materiali e della componentistica; analogo ragionamento deve essere evidenziato per la tecnologia proposta che richiederebbe già una sostanziale revisione;

   mentre tutte le regioni e, quindi, le aziende sanitarie locali, continuano ad applicare l'elenco 1 allegato al decreto ministeriale n. 332 del 1999, molte; se non tutte, utilizzano gli elenchi 2a e 2b contenenti i dispositivi di serie per la cui fornitura, in base all'allegato 12 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 (articolo 3, comma 2), nelle more dell'istituzione del repertorio tariffario, «le regioni e le aziende sanitarie locali stipulano contratti con i fornitori aggiudicatari di procedure pubbliche d'acquisto»;

   nelle aree del Paese dove si è proceduto alla fornitura tramite gara d'appalto, ciò si è sempre accompagnato a vibranti proteste da parte di associazioni per la tutela delle persone con disabilità, com'è avvenuto di recente anche a Bari, nel mese di settembre 2020, ribadendo quanto sia inaccettabile procedere a gara d'appalto, escludendo dalla scelta dell'ausilio, della protesi o ortesi la persona cui questi sono destinati;

   del resto, già la Commissione XII della Camera nella XVII legislatura aveva condizionato il proprio parere favorevole sullo schema di decreto di aggiornamento di Lea allo stralcio delle modalità di acquisto a mezzo gara e l'assoggettamento al regime tariffario per alcuni dispositivi di serie che «per le loro caratteristiche e per le specifiche necessità funzionali dell'utenza cui sono destinati necessitano di un percorso prescrittivo individualizzato e di un appropriato percorso valutativo [...] obiettivi difficilmente raggiungibili mediante procedure di gara»;

   il Governo ha però deciso per la conferma delle procedure di gara in luogo del regime tariffario e questa decisione è stata ribadita anche successivamente, in risposta ad alcune interrogazioni presentate dalla sottoscritta interrogante (n. 4/00577 e n. 3/00050);

   la richiesta di molte associazioni e persone con una condizione di una disabilità fisico-motoria è che tutti gli ausili che si caratterizzano per la necessità di personalizzazione, attualmente riportati negli elenchi 2A e 2B, vengano spostati nell'elenco 1 e che quindi per essi si mantenga un sistema a tariffa e non per pubblica procedura; finora tale richiesta non è stata presa in considerazione né dal Governo, né dalla Commissione nazionale per l'aggiornamento dei Lea preposta, ai sensi dell'articolo 30-bis, comma 2, del decreto-legge n. 50 del 2017 convertito dalla legge n. 96 del 2017, alla revisione degli elenchi –:

   se la commissione nazionale per l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza abbia valutato lo spostamento di alcuni ausili caratterizzati dalla necessità di personalizzazione dagli elenchi 2A e 2B all'elenco 1 e quale sia stato l'esito di tale valutazione;

   se il Governo non ritenga opportuno adottare iniziative affinché tutti gli ausili caratterizzati dalla necessità di personalizzazione vengano ricondotti ad un sistema tariffario o vengano acquistati tramite gare, su base nazionale, che escludano il criterio del massimo ribasso e tengano conto del rapporto qualità-prezzo dei prodotti e delle competenze delle aziende nella personalizzazione;

   quando verranno adottati i decreti sulle tariffe massime di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017 che dovevano essere emanati entro il 28 febbraio 2018.
(2-01098) «Versace».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   dall'aggiornamento del 21 gennaio dell'Organizzazione mondiale della sanità, gli Stati Uniti risultano primi al mondo per numero totale di casi e vittime, oltre che per numero di nuove infezioni di coronavirus in 24 ore: 152.937;

   nel continente europeo è il Regno Unito ad avere questo triste primato: qui sono state superate le 100 mila vittime. Il Paese ha dovuto affrontare un rapido aumento dei casi di Covid-19 a partire da settembre 2020 quando si è diffusa la prima variante del Coronavirus, la VOC-202012/01 (letteralmente «variante oggetto di attenzione n. 1 del dicembre 2020») o B.1.1.7;

   ad oggi, a livello mondiale, le varianti che preoccupano maggiormente in un'ottica di contenimento della pandemia sono tre. Oltre a quella inglese, sono emerse una variante «sudafricana», la B.1.351 o 501.V2 e la variante «brasiliana», la B.1.1.28.1 o P.1. Tutte le varianti sono caratterizzate da maggiore contagiosità;

   nella pubblicazione dell'8 gennaio 2021 «Genomic sequencing of SARS-CoV-2: a guide to implementation for maximum impact on public health», l'Organizzazione mondiale della sanità sottolinea l'importanza del sequenziamento che ha consentito al mondo di identificare rapidamente Sars-CoV-2 e sviluppare test diagnostici e altri strumenti per la gestione dell'epidemia. Il sequenziamento continuo del genoma supporta il monitoraggio della diffusione della malattia e dell'evoluzione del virus. Se si vuole essere meglio preparati per le minacce future, e necessaria un'integrazione accelerata del sequenziamento del genoma nelle pratiche della comunità sanitaria globale;

   nel rapporto del 21 gennaio, «Risk related to the spread of new SARS-CoV-2 variants of concern in the EU/EEA» l'European Centre for disease control (Ecdc) ha innalzato il rischio di diffusione a «alto/molto alto», considerando preoccupanti le varianti più note VOC 202012/01, 501Y.V2 e P.1, a causa delle mutazioni che hanno portato a una maggiore trasmissibilità e al deterioramento delle situazioni epidemiologiche, con incremento delle ospedalizzazioni e conseguente aumento della mortalità, specie nelle categorie maggiormente esposte. Sono quindi necessarie misure più severe per ridurre la trasmissione e alleviare la pressione sui sistemi sanitari. L'Ecdc, in particolare, sollecita gli Stati membri a rendere disponibili le risorse, necessarie ad aumentare il livello di sorveglianza e la capacità di sequenziamento nei territori, utilizzando ogni possibile mezzo e coinvolgendo ogni settore sanitario e scientifico. Nel primo aggiornamento della Guida tecnica dell'Ecdc «Sequencing of SARS-CoV-2» viene affermato che è consigliabile una capacità minima di quantificare approssimativamente la proporzione di una variante presente con una prevalenza del 2,5 per cento sul totale delle varianti circolanti. Ciò richiede che ciascun Paese sequenzi almeno 500 campioni ogni settimana;

   le raccomandazioni da parte del Centro europeo nascono dalla consapevolezza che in Europa, finora, poco sia stato fatto sul fronte del sequenziamento, che dovrebbe arrivare almeno al 5 per cento. Su 1,5 milioni di nuovi casi diagnosticati ogni settimana, la media europea è di 150 campioni, ma alcuni Paesi ne fanno meno di 20;

   ad eccezione della Danimarca che sequenzia il 15,09 per cento, quasi tutti gli Stati membri non arrivano all'1 per cento dei test positivi;

   l'Italia è in netto ritardo con lo 0,034 per cento di sequenziamenti, svolti finora su base volontaristica, senza alcun progetto né finanziamento;

   il 27 gennaio 2021 è stata annunciata la nascita del Consorzio Italiano per la genotipizzazione e fenotipizzazione di Sars-CoV-2 e per il monitoraggio della risposta immunitaria alla vaccinazione, promosso e sostenuto dal Ministero della salute e coordinato dall'Istituto superiore di sanità, che avrà il compito di supervisionare gli aspetti relativi ai controlli di qualità, alle elaborazioni dei dati epidemiologici-clinici, alla banca biologica, con il patrocinio della Società italiana di virologia. L'organismo avrà il compito di monitorare e valutare, dal punto di vista viro-immunologico, l'efficacia e la durata delle vaccinazioni, oltreché sorvegliare sulle varianti di Sars- CoV-2 circolanti. Contestualmente, sull'intero territorio nazionale, sarà costituita una rete di laboratori che provvederà a fornire su larga scala e rapidamente le sequenze del genoma Sars-CoV-2 circolanti in Italia, inviando i dati ottenuti all'Istituto superiore di sanità e permettendo di monitorare l'evoluzione genetica del virus e la durata dell'immunità indotta dai vaccini –:

   come il Governo intenda rispondere alle sollecitazioni provenienti dall'Organizzazione mondiale della sanità e dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) di intensificare, sull'intero territorio nazionale, i programmi di sequenziamento dei test positivi al Sars-CoV-2, al fine di raggiungere tempestivamente il 5 per cento raccomandato;

   se non si ritenga opportuno adottare iniziative per rendere disponibili risorse specifiche destinate ad aumentare il livello di sorveglianza e la capacità di sequenziamento dei campioni sui casi di Covid-19 sul territorio;

   se intenda chiarire se il Consorzio, di cui in premessa, risponda anche alle richieste dell'Organizzazione mondiale della sanità e del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie sull'urgenza di intensificare l'attività di sequenziamento dei test positivi, con quali modalità e in che misura.
(2-01101) «Ianaro, Massimo Enrico Baroni, Mammì, Nappi, Sapia».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   organi di stampa locali raccontano la storia di un bambino di 6 anni di Milazzo, affetto da atrofia muscolare spinale di tipo 1, purtroppo la forma più aggressiva di questa malattia, giacché nel tempo comporta le progressiva perdita di funzioni fondamentali per la vita;

   l'unica speranza di sopravvivenza per questo bambino e di altri con lo stesso problema è l'assunzione di un farmaco molto costoso (circa 2.100.000 dollari), di terapia genica, lo Zolgensma, prodotto da AveXis, società del gruppo Novartis e approvato nel 2019 dalla Food and drug administration statunitense (FDA). La terapia prevede una sola dose in grado di curare in maniera definitiva questa patologia letale;

   lo Zolgensma, in Italia, è concesso gratuitamente solo a bambini fino ai 6 mesi, nonostante il 19 maggio 2020 la sua somministrazione sia stata autorizzata dalla Commissione europea per bambini fino al secondo anno di età ed entro i 21 chilogrammi. In alcuni Stati europei, quali la Germania, già si prevede tale fornitura gratuita fino al suddetto range di età;

   alcuni colleghi del Movimento 5 stelle già da tempo si sono impegnati con la presentazione di interrogazioni al Ministero della salute e attraverso interlocuzioni con l'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) per ottenere in tempi brevi l'estensione alla fornitura gratuita ai bambini fino a 21 chilogrammi di peso, di questo farmaco, evidenziamo, unica cura genica al mondo per fronteggiare la Sma di tipo 1;

   si sa che il Ministero della salute e l'Aifa stanno lavorando per mettersi alla pari con gli altri Paesi europei, ma è necessario arrivare a questo traguardo con maggiore velocità, considerando che questo bambino di Milazzo, Luca, si sta avvicinando al peso massimo e rischia a breve di non rientrare più nei criteri previsti per l'efficacia del farmaco;

   nel frattempo la famiglia ha lanciato una raccolta fondi presso la società civile per l'acquisto in forma privata dello Zolgensma, ma sarebbe giusto in uno Stato di diritto, in cui la salute è un bene tutelato a livello costituzionale, che fosse il servizio sanitario nazionale a salvare la vita di questo giovane cittadino e di tanti altri bambini nelle sue medesime condizioni –:

   se il Ministro interpellato, ritenga di attivare tutte le iniziative di competenza al fine di pervenire rapidamente alla somministrazione gratuita del farmaco per la cura della Sma di tipo 1, a bambini fino a 21 chilogrammi di peso, allineando così la disciplina italiana a quanto già previsto da altri Paesi europei, autorevoli in campo medico e scientifico.
(2-01103) «D'Uva».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DE MENECH. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'Azienda Zero ha bandito un concorso per reclutare 141 medici anestesisti a tempo indeterminato da assegnare agli ospedali di tutto il territorio della regione Veneto, a esclusione della provincia di Belluno, dove sarebbero previsti soltanto incarichi a tempo determinato;

   da quanto si apprende l'azienda Ulss 1 Dolomiti non avrebbe richiesto alla regione medici rianimatori a tempo indeterminato;

   l'azienda Ulss 1 Dolomiti ha successivamente diffuso il seguente comunicato: «Per sopperire alla carenza di medici anestesisti e rianimatori in Ulss Dolomiti, il 9 dicembre 2020 sono state avviate le procedure per l'assunzione di 15 medici complessivi nella disciplina di anestesia e rianimazione. Il 17 dicembre è stata indetto, con deliberazione del direttore generale, un avviso pubblico di mobilità di medici rianimatori da altre aziende. Al bando, con scadenza 18 gennaio 2021, ha risposto un medico. Una volta esaurite queste procedure, è ora possibile procedere con l'indizione del concorso. L'Ulss Dolomiti attiverà ora ed espleterà con sollecitudine un concorso specifico per le esigenze di copertura del proprio organico di anestesisti»;

   nel bellunese la notizia ha destato stupore e preoccupazione, tanto che sia i sindacati che il presidente dell'Ordine dei medici della provincia di Belluno sono intervenuti e hanno rimarcato come sia fondamentale fare chiarezza sull'accaduto;

   l'articolo 15, comma 1, della legge regionale n. 19 del 2016 stabilisce che «la Giunta regionale provvede ad una riorganizzazione strutturale e funzionale dei servizi sanitari e socio-sanitari, al fine di: a) continuare a garantire un'erogazione uniforme dei LEA su tutto il territorio regionale, salvaguardando la specificità dei territori bellunese e del Polesine, delle aree montane e lagunari, nonché delle aree a bassa densità abitativa»;

   il gruppo consigliare del Partito democratico veneto ha presentato un'interrogazione alla giunta regionale per sapere come intendano assicurare e incentivare la presenza stabile di un adeguato numero di medici anestesisti e rianimatori negli ospedali della provincia di Belluno;

   la provincia di Belluno, in quanto zona disagiata totalmente montana, soffre di una cronica mancanza di medici (ospedalieri e non); data la difficoltà di reperimento di queste figure, ci si aspetterebbe dalla giunta regionale, da Azienda Zero e dall'Ulss 1 «Dolomiti» una seria e costruttiva politica di incentivi, anche economici, per sopperire ai disagi della montagna;

   in provincia di Belluno il nodo del personale è particolarmente delicato, perché alle sofferenze di tutto il sistema per la mancanza di specializzandi, si aggiunge il differenziale «montagna». Come altre zone disagiate e distanti dai grandi centri urbani, il Bellunese ha bisogno di investimenti e di incentivi per attrarre medici, infermieri e tecnici –:

   quali iniziative di competenza intenda mettere in atto il Ministro per verificare che siano garantiti i livelli essenziali di assistenza, così da assicurare a tutti i cittadini bellunesi il diritto alla salute, e per incentivare e assicurare la presenza stabile di un adeguato numero di medici negli ospedali della provincia di Belluno, interamente montana.
(5-05335)


   NOJA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 25 novembre 2020, il sito dell'Ansa Sardegna rendeva nota la grave vicenda relativa alla morte di un uomo con una disabilità intellettiva, ricoverato per infezione da Sars-CoV-2 presso il reparto di terapia intensiva dell'ospedale San Francesco di Nuoro;

   nonostante le condizioni dell'uomo richiedessero l'assistenza continuativa delle sorelle, una delle quali infermiera e sua caregiver, a queste non sarebbe stato mai consentito di accedere, se non per i primi due giorni, presso la struttura ospedaliera ove era ricoverato il fratello, a causa degli stringenti protocolli di prevenzione anti-Covid che vietano, nella maggior parte dei presidi ospedalieri e Covid-hospital, l'accesso anche ai caregiver dei pazienti con disabilità intellettive gravi;

   casi analoghi, da mesi vengono denunciati sulla stampa locale, così come sulle piattaforme web e social network, anche perché, allo stato attuale, in assenza di un protocollo nazionale, ciascuna azienda sanitaria locale o provinciale, così come ciascuna azienda ospedaliera, opera in assoluta autonomia;

   con lettera inviata al Ministero della salute in data 24 marzo 2020 dall'interrogante, era stata sottoposta la problematica in questione, richiedendo l'adozione di protocolli specifici per i casi di contagio e relativo ricovero di persone con disabilità mentale non collaboranti, ovvero non autosufficienti con comorbidità respiratorie o altro rischio specifico legato alla patologia pregressa;

   inoltre, negli ultimi mesi, su sollecitazione di comitati e associazioni per i diritti delle persone con disabilità, si sono registrate alcune positive esperienze in questo senso, tuttavia sporadiche e distribuite a macchia di leopardo, che hanno consentito, nel pieno rispetto delle norme anti-Covid, ai caregiver e congiunti di persone con disabilità, ricoverate presso strutture ospedaliere, o presso le residenze sanitarie per disabili (Rsd), di incontrare e accudire i propri cari;

   tuttavia la situazione complessiva nel Paese resta quella di un isolamento forzato di pazienti con disabilità specialmente mentale, ossia i soggetti più fragili per i quali è impossibile comprendere le motivazioni dell'assenza, da un momento all'altro, delle figure familiari più prossime e stabili –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo per l'introduzione di protocolli nazionali volti a consentire ai caregiver familiari di persone con disabilità che abbiano intrapreso un percorso terapeutico e ospedaliero per Covid-19, di assistere i propri congiunti, nel rispetto delle necessarie misure di sicurezza sanitarie.
(5-05341)


   DE MENECH. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la grave crisi pandemica ha senza dubbio radicalmente cambiato il nostro sistema sanitario, accelerando un processo che ha portato al comparto ingenti investimenti sia di carattere strumentale che nell'insieme dell'organizzazione compreso il fondamentale tema delle risorse umane;

   nel campo delle risorse umane, il Governo per fronteggiare l'emergenza Coronavirus ha stimolato e finanziato (giustamente) un grande piano di assunzioni;

   la pandemia da Covid-19 ha provocato il più grande investimento sul personale sanitario che si sia mai visto, i sistemi sanitari regionali stanno così procedendo all'assunzione di migliaia di medici, infermieri e operatori socio-sanitari;

   tutto questo ha consentito e consentirà una reazione più efficace alla pandemia del nostro sistema sanitario pubblico, impegnato oggi non solo nel contrasto al Covid-19 ma anche nella mastodontica impresa che si chiama piano vaccinale;

   questa grande richiesta di personale sanitario sta però, di fatto, svuotando di professionalità tutto il comparto dei servizi socio-sanitari, in particolar modo il servizio delle residenze sanitarie assistenziali (Rsa) strutture sociosanitarie dedicata alle persone anziane, che necessitano di una continua assistenza sanitaria, infermieristica o riabilitativa;

   ad oggi, non ci sono numericamente le professionalità sufficienti per sostenere questa nuova richiesta di figure professionali specializzate e che necessitano di un periodo di formazione medio-lungo;

   si deve considerare che la tipologia del servizio, i parametri da rispettare, il contratto tra centri servizi e la Ulss non permettono scappatoie facili o dilazioni nel tempo: senza infermieri e senza operatori qualificati l'unica soluzione possibile è la riduzione o la chiusura del servizio;

   il problema della carenza di infermieri è dovuto al fatto che, a fronte di un numero elevato di domande di iscrizione ai corsi triennali universitari, i posti disponibili sono limitati e quindi non risolvibile nel breve tempo;

   tutte queste considerazioni valgono per l'intero territorio italiano, ma sicuramente nelle aree interne e nelle zone di montagna la situazione è ancor più difficile, in quanto questi territori sono, attualmente, meno appetibili per queste professionalità;

   in questo senso, la provincia interamente montana di Belluno sta soffrendo particolarmente di queste carenze di operatori, in particolare nel comparto infermieristico;

   è nota e reale, nel territorio bellunese, l'impossibilità di trovare sostituti già formati nel territorio o comunque disponibili a trasferirsi da altre regioni; anche coloro che inizialmente hanno aderito ai bandi regionali e provinciali indetti a favore dei centri servizi durante l'emergenza sanitaria in corso, di fatto hanno ampiamente negato la propria fattiva disponibilità;

   si segnala che molti centri servizi della provincia di Belluno si troveranno già a partire dai prossimi mesi nella condizione di non poter erogare l'assistenza sanitaria a tutti i propri assistiti, con ovvie ricadute anche sul sistema sanitario ospedaliero;

   in questa situazione di difficoltà è necessario dare avvio alla formazione complementare degli operatori socio-sanitari per creare e regolarizzare quella figura di supporto agli infermieri, alla quale possono essere trasferite specifiche funzioni ora svolte dall'infermiere;

   è fondamentale aumentare le possibilità formative nel campo infermieristico; per risolvere in maniera definitiva il problema bisogna quindi ampliare l'offerta di corsi universitari, tutto questo in base alle pianificazioni che sono di competenza regionale –:

  quali iniziative, per quanto di competenza, intenda mettere in atto il Ministro interrogato, di concerto con le regioni, affinché si intervenga con azioni concrete per risolvere il problema evidenziato, garantendo i livelli essenziali di assistenza, così da assicurare a tutti i cittadini il diritto alla salute;

  quali iniziative di competenza si intendano adottare per incentivare e assicurare la presenza stabile di un adeguato numero di infermieri e operatori socio-sanitari nella provincia interamente montana di Belluno.
(5-05344)


   SIRACUSANO e VERSACE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017 ha provveduto all'aggiornamento dei nuovi livelli essenziali di assistenza (Lea) con modifiche al nomenclatore della specialistica ambulatoriale, come l'inclusione di nuove prestazioni e l'eliminazione di quelle più obsolete, e al nomenclatore dell'assistenza protesica;

   la legge 27 dicembre 2017, n. 205, stabiliva al 28 febbraio 2018, ovvero tre anni fa, la data entro la quale il Governo avrebbe dovuto adottare i decreti di fissazione delle tariffe massime delle prestazioni di assistenza protesica e dell'assistenza specialistica ambulatoriale;

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, allegato 12, articolo 3, comma 2, ha stabilito, nelle more dell'istituzione del repertorio dei dispositivi di serie di cui all'articolo 1, comma 292, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, per l'erogazione dei dispositivi di serie inclusi negli elenchi 2A e 2B di cui al nomenclatore allegato 5 allo stesso decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, e per la determinazione dei relativi prezzi di acquisto, che le regioni e le aziende sanitarie locali possono stipulare contratti con i fornitori aggiudicatari delle procedure pubbliche di acquisto espletate secondo la normativa vigente;

   la maggioranza delle regioni, in attesa dei decreti di fissazione delle tariffe massime, continua ad applicare il nomenclatore del 1999, mentre nelle aree del Paese in cui, per volontà delle giunte regionali e delle Asl si è scelto di applicare il «nuovo nomenclatore» del 2017 si è proceduto, ai sensi del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, allegato 12, articolo 3, comma 2, tramite procedure pubbliche d'acquisto che non hanno ben ponderato le esigenze e le necessità dei destinatari, trattandosi di ausili e protesi prodotti in serie e, soprattutto per i dispositivi dell'elenco 2B, impossibili da personalizzare; una delle criticità sollevate è che gli ausili per disabilità gravi e complesse, innovativi per il paziente, sono stati inseriti in elenchi di ausili considerati di serie, e sono oggetto di acquisizione tramite gara d'appalto, con il risultato di avere forniture non rispondenti alle necessità delle persone con disabilità, con conseguente allungamento dei tempi di erogazione e ulteriori inefficienze;

   se il dispositivo, infatti, è inserito in uno degli elenchi 2A e 2B di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, allegato 5), ai già dilatati tempi di espletamento della gara si aggiungono quelli necessari per l'adattamento dell'ausilio da parte di un tecnico abilitato;

   si parla di ausili ad alto contenuto tecnologico, indispensabili per la cura e la riabilitazione di molti disabili gravi, come gli esoscheletri;

   l'aver spostato negli elenchi di ausili di serie, molti ausili ad alto contenuto tecnologico per disabilità gravi, impedisce di fatto di «cucire su misura» l'ausilio rispetto alle reali esigenze del paziente –:

   se non ritenga di avviare tutte le iniziative di competenza volte al trasferimento in elenco 1 di alcuni dispositivi e ausili, anche ad alta tecnologia per disabilità gravi e complesse, quali per esempio l'esoscheletro, attualmente ricompresi negli elenchi degli ausili di serie (elenchi 2A e 2B) e oggetto di acquisizione tramite gara d'appalto, al fine di garantire finalmente forniture più rispondenti alle necessità delle persone con disabilità grave, e un'individuazione ad personam dell'ausilio effettuata sulla base delle reali necessità del paziente.
(5-05357)


   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro della salute, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   l'ordinanza del Ministero della salute del 16 gennaio 2021, con l'intento di contenere la diffusione della variante cosiddetta brasiliana del virus Covid-19, ha interdetto i collegamenti aerei con il Brasile e ha vietato l'ingresso ed il transito in Italia a coloro che hanno soggiornato o transitato nel Paese nei 14 giorni antecedenti, con effetti inizialmente previsti fino al 31 gennaio 2021, ma poi prorogati, con successiva ordinanza, fino al 15 febbraio 2021;

   attualmente, secondo quanto comunicato dall'Ambasciata italiana in Brasilia, sono circa 1.500 i cittadini italiani residenti in Italia che sono rimasti, in maniera del tutto improvvisa, bloccati in Brasile, tra cui, molti connazionali con urgente bisogno di cure mediche, medicinali o di rientrare al proprio luogo di lavoro;

   inoltre, in Brasile, la crisi pandemica si è particolarmente aggravata e il rischio di contagio è elevatissimo, senza contare che l'assistenza sanitaria, invece, non è sempre garantita a livelli accettabili;

   i connazionali si sono già rivolti all'ambasciata per chiedere assistenza in loco e garanzie sul rientro, ma lo stesso ambasciatore d'Italia a Brasilia, Francesco Azzarello, ha dichiarato che «la pandemia in Brasile si è fortemente aggravata. Il sentimento dominante fra i residenti in Italia bloccati in Brasile è di costernazione, frustrazione e crescente angoscia». La soluzione al problema potrebbe, dunque, essere quella di «poter rientrare sottoponendosi a tutti i controlli ritenuti necessari dal Ministero della salute. La proroga dell'ordinanza del 16 gennaio scade il 15 febbraio. Viene auspicato un semplice provvedimento ad hoc, prima della scadenza, a favore dei soli residenti in Italia», come, tra l'altro, sarebbe stato previsto da altri Paesi europei per garantire il rientro dei propri cittadini –:

   quali siano le iniziative che il Governo intenda adottare, considerata la richiamata scadenza del 15 febbraio 2021, per permettere ai cittadini italiani residenti in Italia di fare rientro in patria, in totale sicurezza e, nel frattempo, assicurargli tutto il supporto necessario sul territorio brasiliano.
(5-05371)


   OCCHIONERO e NOJA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la sanità molisana è al collasso e i paesi come Campomarino e il basso Molise sono stati abbandonati alla loro sorte con un forte incremento dei contagi, nonostante l'ingresso in zona rossa; alcuni dei suddetti paesi molisani, tra cui Campomarino, si trovano ad affrontare giorni drammatici a causa di un'accelerazione dell'epidemia che poteva senza dubbio essere evitata;

   la situazione vissuta da Campomarino non era certo inevitabile in quanto frutto di una serie di scelte non oculate sia della giunta regionale del governatore Toma che del commissario ad acta Giustini;

   la gestione dell'emergenza pandemica aveva manifestato sin da subito la fragilità del sistema sanitario molisano. Ci sono due strutture moderne e funzionali che continuano ad essere inutilizzate, dal momento che il Cardarelli di Campobasso è saturo: l'ospedale santissimo Rosario di Venafro e il Vietri di Larino. Il Vietri era stato individuato da un atto del consiglio regionale del Molise come COVID Hospital. Purtroppo, invece, si è poi iniziato un progetto di un nuovo ospedale a Monteroduni che comporterebbe una spesa superiore ai 100 milioni di euro;

   è stata posta in evidenza anche la problematica legata al decreto ministeriale n. 70 del 2015, più conosciuto come «decreto Balduzzi» del quale si chiede la revisione e l'aggiornamento dei contenuti, sulla base delle evidenze e delle criticità di implementazione individuate nelle diverse regioni, nonché l'istituzione di almeno una Degenza ad elevata assistenza di secondo livello che consentirebbe, ad esempio, all'ospedale Cardarelli di Campobasso, di riappropriarsi di servizi e reparti di cui, negli anni, è stato privato;

   è stato pubblicato sul sito di Palazzo Vitale il decreto con cui il governatore Toma puntava ad un coordinamento più efficace con il commissario Giustini che, dopo un sopralluogo al Cardarelli, aveva inviato a Roma una relazione su percorsi e separazioni fra reparti che, a suo parere, non garantiscono dal rischio contagio nell'ospedale misto di Tappino;

   tra i poteri del commissario ad acta ci sono i necessari interventi diretti a garantire, in maniera uniforme sul territorio, l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza e, riproducendo i verbali del Nas (al poliambulatorio di Termoli, a quello di Agnone, al Cardarelli, al San Timoteo e al Veneziale) il commissario evidenzia che sono stati segnalati, fra le altre cose, il malfunzionamento dei campanelli installati nei posti letto del reparto COVID al quinto piano (Campobasso), ma anche percorsi non separati adeguatamente (a Termoli), e denuncia la «palese inosservanza delle leggi e degli atti di settore riguardanti in particolare l'emergenza epidemiologica legata al COVID-19»;

   bisogna ora guidare questa regione verso una soluzione compatibile con i tempi moderni, eliminando il sovraccarico insopportabile sui medici del Cardarelli e mettendo gli ospedali molisani in condizione di far fronte all'emergenza pandemica –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della grave situazione della sanità molisana esposta in premessa e quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, per promuovere, anche a livello locale, un intervento più mirato e immediato per far fronte al collasso sanitario dei paesi del basso Molise.
(5-05377)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CUNIAL. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 10 dicembre 2020 su Reuters.com è apparsa la notizia di un attacco hacker al sistema informativo dell'Ema;

   BioNTech ha dichiarato di non aver subìto attacchi e che i dati consultati riguardavano alcuni documenti relativi al vaccino COVID-19 BNT162b2 tra cui il protocollo dello studio clinico C4591001, citato nella AIC condizionata;

   leggendo il documento, reso pubblico tramite internet, possiamo evidenziare alcune considerazioni:

    1) la valutazione dei rischi/benefici di Pfizer considera tra i rischi: le potenziali reazioni avverse locali e gli eventi sistemici dopo la vaccinazione; gli eventi avversi sconosciuti e le anomalie di laboratorio e il potenziale aumento della malattia a causa della vaccinazione se il soggetto risultasse affetto da Covid-19. Mentre tra i benefici: la ricezione di un vaccino «potenzialmente» efficace durante una pandemia, l'accesso ai test diagnostici e la contribuzione alla ricerca scientifica. Sulla base di queste indicazione esprime che: «Tenendo conto delle misure adottate per ridurre al minimo il rischio per i partecipanti che partecipano a questo studio, i potenziali rischi identificati in associazione con BNT162 RNA-based COVID-19 vaccino sono giustificati dai benefìci previsti che possono essere offerti ai partecipanti sani» (pagine 27-28);

    2) la farmacocinetica e la farmacodinamica, ovvero lo studio quantitativo l'assorbimento, la distribuzione, il metabolismo e l'eliminazione del farmaco e lo studio sugli effetti biochimici e fisiologici sull'organismo, non sono stati presi in considerazione (pagina 64);

    3) nei criteri di esclusione dallo studio, 5.2 pagina 36, si trova, al numero 11, Donne in gravidanza o in allattamento. Inoltre, per la donna, lo studio si interromperà immediatamente in caso di gravidanza, e se vaccinata verrà comunque tenuta in osservazione ma non proseguirà nella sperimentazione (pagine 48 e 58). La sperimentazione si interrompe altresì se un uomo partecipante espone la partner femminile in un concepimento (pagina 61);

   a parere dell'interrogante, la valutazione del rischio è superficiale e le considerazioni, che valgono per i soggetti partecipanti allo studio, valgono anche per i soggetti sottoposti alla somministrazione dopo l'Aic condizionata, in quanto non vi è stato nessun cambiamento sostanziale del farmaco e una sovrapposizione tra la Fase 3 della sperimentazione e l'inizio della somministrazione;

   risulta che la valutazione di rischio/beneficio di Ema e Aifa, sia stata basata su quella presentata da Pfizer;

   i soggetti a cui sarà somministrato il vaccino partecipano alla «sorveglianza post marketing», (che a seguito della AIC condizionata si configura come Fase 4 di una sperimentazione clinica) monitorata da Aifa, e, come dichiarato dal Ministro Speranza il 2 dicembre 2020 al Senato, avranno la stessa valutazione di rischio/beneficio;

   questo pare confermare l'orientamento espresso con l'interrogazione n. 4-08055, vale a dire che il vaccino Pfizer, così come gli altri, trova la sua cornice normativa nella legislazione sui farmaci sperimentali;

   l'interrogante con l'interrogazione n. 4-08094, ha evidenziato l'alto rischio di Ade post vaccinazione, non evidenziato nel consenso informato proposto al cittadino;

   il 22 dicembre 2020, sotto sua responsabilità, il direttore generale Magrini di Aifa, ha dichiarato che: «Non esistono controindicazioni neppure per le donne in gravidanza e in allattamento»;

   il 28 dicembre 2020, il Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) americano dichiara che: «sulla base di ciò che sappiamo in questo momento, le persone incinte corrono un rischio maggiore di malattie gravi da Covid-19 e morte, rispetto alle persone non gravide»;

   il Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) americano al 31 gennaio 2021 riporta su un 9.794 eventi avversi: 2 casi di aborti, 1 caso di frequenza cardiaca del feto anomala e 1 caso di ipocinesia fetale –:

   se disponga di ulteriori elementi circa eventuali analisi indipendenti in ordine ai rischi/benefici e a quanto affermato da Aifa sulla gravidanza.
(4-08162)


   TERZONI, GIULIODORI, PAPIRO, SARLI, MAURIZIO CATTOI, FLATI, DI LAURO, GRIPPA e EMILIOZZI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi i Carabinieri-Forestali del nucleo di polizia ambientale, agroalimentare e forestale del gruppo Carabinieri forestale di Ancona, insieme alle guardie zoofile del Wwf e di Legambiente e in collaborazione con l'associazione Amici Animali di Osimo, hanno proceduto, su ordine della procura della Repubblica di Ancona, a sequestrare un grande allevamento di cani nel comune di Trecastelli;

   dalle notizie di stampa si apprende che tale allevamento era stato sottoposto a sequestro amministrativo dei Nas dei Carabinieri nel 2018 e a numerose ordinanze del comune di Trecastelli (AN) nel recente passato che sono rimaste inattuate;

   sono stati sequestrati circa 850 cani di piccola taglia, stabulati in condizioni del tutto inappropriate e detenuti in maniera incompatibile, con grave pregiudizio per la salute pubblica;

   centinaia di questi cani sono risultati positivi alla Brucella canis, un patogeno che può essere anche trasmesso all'uomo, costituendo una pericolosa zoonosi e l'unico focolaio conosciuto in Europa;

   risulta che tale zoonosi fosse conosciuta almeno dal mese di aprile 2020, come ampiamente divulgato dai mezzi di informazione e dalla stampa locale;

   i servizi veterinari locali del dipartimento di prevenzione hanno il compito di assicurare un controllo accurato del territorio con particolare riferimento alle condizioni degli allevamenti di animali d'affezione, sia per assicurare il rispetto dei diritti degli animali sia per attuare una adeguata sorveglianza epidemiologica per scongiurare zoonosi che possono avere un grave impatto sulla salute umana;

   la gestione degli animali sottoposti a sequestro, in considerazione del loro numero e delle loro condizioni di salute, costituisce una importante criticità dal punto di vista della logistica, del benessere degli animali e della prevenzione dell'eventuale ulteriore diffusione della malattia –:

   se il Ministero della salute fosse a conoscenza della zoonosi di Brucella canis in corso e quali iniziative di competenza abbia messo in atto per scongiurare il pericolo della diffusione della malattia;

   se il Ministero della salute abbia adottato iniziative di competenza e quali in rapporto al servizio veterinario dell'Asur Marche e/o con la P.F. Prevenzione veterinaria della regione Marche;

   se risulti che l'allevamento fosse autorizzato alla detenzione di un così alto numero di cani e di quali elementi disponga, per quanto di competenza, circa i controlli che siano stati effettuati dal competente servizio veterinario dell'Asur Marche, almeno negli ultimi 5 anni e di particolari rilievi riscontrati;

   se intenda fornire elementi, per quanto di competenza, circa l'esatta cronistoria degli interventi delle amministrazioni pubbliche a vario titolo interessate nei confronti dell'allevamento, dalle procedure autorizzative alle attività di sorveglianza o ispezione compiute negli anni;

   quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di gestire gli animali sequestrati e garantire l'esatta collocazione degli animali oggetto del sequestro, inoltre quali iniziative di competenza siano state intraprese per impedire ulteriori accoppiamenti e quindi l'aumento degli animali in particolare quelli affetti da brucellosi canis o sospetti, assicurare il rispetto dei diritti degli animali, nonché impedire la diffusione della malattia;

   quali siano i dati relativi ai controlli e alle ispezioni effettuati in Italia sugli allevamenti di cani, gatti e altri animali familiari nel biennio 2018-2019, sia in relazione al benessere degli animali, sia per quanto riguarda la sorveglianza epidemiologica, i relativi risultati, anche in riferimento alle zoonosi rilevate e ai casi di inosservanza delle norme sul benessere animale;

   se non ritenga di promuovere, mantenendo gli animali positivi in adeguati spazi, progetti di ricerca scientifica con il coinvolgimento degli Istituti zooprofilattici sperimentali e delle università anche per monitorare l'andamento della malattia essendo caso unico in Europa.
(4-08173)


   FITZGERALD NISSOLI. — Al Ministro della salute, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   i cittadini italiani residenti all'estero, in quanto iscritti nell'apposito Registro dell'Aire, perdono automaticamente l'iscrizione al Servizio sanitario nazionale e, conseguentemente, quando tornano nella terra di origine, seppure cittadini italiani, hanno diritto alle sole cure di urgenza per un massimo di 90 giorni;

   in questo periodo di pandemia, ci sono cittadini italiani residenti all'estero che già si trovavano sul territorio nazionale, oppure che sono tornati per motivi familiari, spesso per stare vicino ai propri familiari, che hanno problemi di salute;

   si tratta di cittadini che, trovandosi sul territorio nazionale in un momento in cui è ancora in corso la pandemia da Covid-19, hanno bisogno di poter contare sull'assistenza sanitaria;

   secondo il parere dell'interrogante sarebbe importante assicurare le cure del Sistema sanitario nazionale agli iscritti dell'Aire quando tornano nei luoghi di origine –:

   se il Governo intenda adottare iniziative normative al fine di riconoscere il diritto ad accedere alle prestazioni sanitarie del Servizio sanitario nazionale per i cittadini italiani residenti all'estero che si trovano temporaneamente in Italia ed istituire la figura del medico di riferimento per gli iscritti Aire in ogni Asl del territorio nazionale, anche al fine di accedere al programma di vaccinazione anti covid.
(4-08178)


   BELLA, VIANELLO, MELICCHIO, ZOLEZZI, LEDA VOLPI, COLLETTI, TESTAMENTO, TRIZZINO, BOLOGNA e SAITTA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in data 17 dicembre 2020 è stato pubblicato sul il Fatto Quotidiano un articolo a firma di Thomas Mackinson dal titolo «L'anticorpo monoclonale fatto in Italia che noi non usiamo. Prodotto a Latina, poteva curare (gratis) 10.000 malati. I burocrati lo lasciano agli Usa»;

   nel citato articolo si riferisce che nell'ottobre 2020 al Governo italiano sarebbero state offerte 10.000 dosi gratuite di un farmaco basato su anticorpi monoclonali: il Bamlanivimab o Cov555, sviluppato dalla multinazionale americana Eli Lilly con sede a Sesto Fiorentino (Firenze) e prodotto a Latina;

   secondo uno studio riportato dal New England Journal of Medicine, se somministrato alla prima comparsa dei sintomi a persone anziane, obese e a rischio, tale farmaco riduce il rischio di ricovero in percentuali comprese tra il 72 e il 90 per cento, a fronte di una tossicità irrilevante, equiparabile al placebo; tali evidenze derivano da uno studio di fase 2 randomizzato condotto negli USA;

   sempre secondo il Fatto Quotidiano, il costo totale del trattamento sarebbe dell'ordine di mille euro, mentre il costo di un ricovero sarebbe di 850 euro giornalieri;

   secondo la ricostruzione, solamente il 29 ottobre 2020 si è svolta una riunione tra l'Agenzia italiana del Farmaco (Aifa), Gianni Rezza per il Ministero della salute, Giuseppe Ippolito del Comitato tecnico scientifico (Cts) è direttore dello «Spallanzani» di Roma, il professor Guido Silvestri, virologo alla Emory University di Atlanta, il cui oggetto è stato la possibilità di avvio in Italia di un trial clinico con almeno 10.000 dosi gratuite del farmaco Bamlanivimab;

   tale opzione sarebbe stata declinata in ossequio alla competenza autorizzativa, spettante all'European Medicines Agency (Ema), che non autorizza medicinali in fase di sviluppo. Il suddetto quotidiano tuttavia osserva che, a quadro autorizzativo invariato, il nostro Paese avrebbe lasciato scadere l'offerta di fornitura gratuita per i trial clinici, salvo chiederne l'acquisto subito dopo, né risultano sollecitazioni ad Ema per una rapida approvazione dell'utilizzo del farmaco in una fase espansiva dei contagi e decessi;

   vi sarebbe un'ulteriore ipotesi, che a determinare la rinuncia da parte del Governo vi sarebbe un parere negativo sul farmaco espresso dal dottor Ippolito, direttore dell'ospedale «Spallanzani», potenzialmente in conflitto di interessi, in quanto tale ospedale collaborerebbe allo sviluppo di un farmaco concorrente, basato sull'anticorpo MAD0004J08, e prodotto dalla Fondazione Toscana Life Sciences (Tls) con sede a Siena;

   il 16 novembre 2020 si sarebbe svolto un secondo incontro, presenti il commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica Covid-19, Domenico Arcuri, il direttore generale di Aifa, Nicola Magrini, il Ministro interrogato che non avrebbe risolto lo stallo;

   per oltre un mese Aifa, nonostante i ripetuti appelli della comunità scientifica non ha sollecitato Ema ad accelerare l'iter autorizzativo;

   il 26 gennaio 2021 sono resi noti i risultati della sperimentazione di fase clinica III: secondo gli studi della compagnia americana Eli Lilly i farmaci Bamlanivimab e Etesevimab avrebbero ridotto la mortalità nei contagiati del 70 per cento rispetto al gruppo di controllo;

   lo stesso giorno, il governo tedesco ha annunciato l'acquisto di 200 mila dosi di diversi anticorpi monoclonali per 400 milioni di euro;

   il 25 gennaio 2021, Luca Pani, direttore generale di Aifa, ha dichiarato che l'uso degli anticorpi monoclonali si sarebbe potuto autorizzare in Italia nel giro di 48 ore;

   come riportato dalla stampa, solo il 4 febbraio 2021 l'Aifa ha espresso parere favorevole all'uso degli anticorpi monoclonali di Eli Lilly e Regeneron, per l'impiego in fase precoce in pazienti ad alto rischio –:

   se intenda chiarire per quale motivo l'Aifa abbia espresso il citato parere favorevole all'uso di emergenza degli anticorpi monoclonali solo il 4 febbraio 2021.
(4-08183)


   CUNIAL. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 25 settembre 2020 scienziati dell'Università di Oxford dichiaravano che: «È improbabile che il primo vaccino contro il Covid-19 impedisca alle persone di contrarre il virus, ma potrebbe solo alleviare i sintomi della malattia». Stando a quanto riportato dal Times, gli esperti ritengono che la prima generazione di vaccini – sebbene possa dimezzare della metà i casi asintomatici e permettere ai vari governi di allentare le misure di sicurezza – sia solo parzialmente efficace e potrebbe non consentire un completo ritorno alla vita normale;

   il 21 ottobre 2020, Peter Doshi, editore associato di The BMJs, in un articolo dal titolo: «I vaccini Covid-19 salveranno vite? Le prove attuali non sono progettate per dircelo», ha scritto che Ma Tal Zaks, chief medical officer di Moderna, ha dichiarato che uno studio di 30.000 persone (quello attuale) non dà differenze statisticamente significative, e che ne occorre almeno uno di almeno 10 volte superiore. Ma Tal Zaks ha dichiarato inoltre che: «Il nostro studio non dimostrerà la prevenzione della trasmissione perché per fare ciò è necessario fare i tamponi alle persone due volte a settimana per periodi molto lunghi, e questo diventa operativamente insostenibile». Per elaborare uno studio staticamente significativo il costo sarebbe lievitato fino a 10 volte, attestandosi a circa 10 miliardi di dollari;

   come ripreso già nell'interrogazione n. 4-08055, Peter Doshi ha riesaminato i dati ufficiali in merito alla sperimentazione Pfizer attribuendo una riduzione del rischio tra il 19 per cento e il 29 per cento;

   il 24 gennaio 2021, il professor Jonathan Van Tarn, consulente del governo britannico e vice capo della sanità inglese, ha affermato che: «Le persone che sono state vaccinate contro il coronavirus potrebbero comunque trasmetterlo a chi non ha ancora ricevuto il farmaco»;

   il 25 gennaio 2021 anche il professor Emanuele Cozzi, responsabile dell'unità di immunologia dei trapianti nell'Azienda ospedaliera Università di Padova, condivideva l'allarme degli scienziati britannici;

   con l'avvio in Italia delle vaccinazioni con il farmaco di Pfizer, sono emersi alla cronaca numerosi casi di contagiosità dopo la prima dose, ad esempio:

    Sondalo (Sondrio), 20 gennaio 2021 – il dottor Demetrio V., è risultato positivo al Covid, dopo la prima dose di vaccino che gli era stata somministrata a Sondrio, in occasione del «Vax Day»;

    Forlivese, 20 gennaio 2021, i due grossi focolai di Coronavirus nelle case di riposo alla «Orsi Mangelli» di Vecchiazzano e alla «Davide Drudi» di Meldola dopo che ci sono state le vaccinazioni in massa di anziani e operatori sanitari;

    Napoli, 21 gennaio 2021, positivi al coronavirus dopo la prima dose di vaccino sette persone, tra il personale degli ospedali di frontiera: due medici, quattro infermieri e un operatore socio-sanitario si sono ammalati;

    Palermo, 22 gennaio 2021, al civico in medicina d'urgenza e cardiologia decine di pazienti non vaccinati e una ventina tra medici e infermieri, che avevano ricevuto la prima dose del vaccino Pfizer fra il 31 dicembre 2020 e il 7 gennaio 2021 ed erano in attesa della seconda dose, sono risultati positivi;

    Macerata, 28 gennaio 2021, a Montecosaro possibili contagi alla casa di riposo Opera Pia Antonio Gatti, struttura dove recentemente era stata somministrata la prima dose del vaccino;

   a parere dell'interrogante chi oggi si vaccina con Pfizer o Moderna non si immunizza e può infettare gli altri, mettendo a rischio la propria salute a causa degli effetti avversi alla vaccinazione. Dalle statistiche europee sulle reazioni avverse risulta che l'Italia abbia il primato in Europa –:

   se non ritenga il Governo di interrompere subito la vaccinazione per non rischiare di esporre ad inutili rischi i cittadini italiani.
(4-08190)


   SAPIA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   dal 2010 la Calabria è commissariata per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario regionale;

   all'inizio di gennaio 2020 il Ministero della salute ha formalmente riconosciuto che in Calabria il soggetto attuatore per l'attività anti-Covid è il commissario governativo alla sanità regionale;

   in un articolo del 1° febbraio 2021, pubblicato da «Il Fatto di Calabria» e intitolato «Antigenici “spazzatura” per abbassare la febbre del Covid di Calabria», si riporta che «crescono alcuni test rapidi nel report quotidiano che la Regione invia al ministero ma la loro affidabilità nel rintracciare positivi è pari a zero (lo 0,15 per cento)»;

   ivi si critica tale prassi, che, secondo l'autore dell'articolo, avrebbe contribuito a far diventare la Calabria, che era «zona arancione», «zona gialla»;

   secondo il Ministero della salute, bisognerebbe utilizzare soltanto tamponi rapidi di ultima generazione, considerati affidabili come i tamponi molecolari, per il conteggio nel report quotidiano che la regione deve trasmettere;

   nello specifico, osserva l'articolista, «ogni Regione ci mette dentro quello che vuole e poi chi dovrebbe controllare l'affidabilità di questi test, magari la struttura di Arcuri che è la stessa che ha acquistato kit sudcoreani ormai considerati “spazzatura” e sottocosto? Oppure il dipartimento regionale o la task force anti Covid?»;

   questa situazione è degenerata – sempre secondo il citato articolo – nel «far west dei report regionali con sempre meno tamponi molecolari dentro e sempre più quelli antigenici o rapidi che non rintracciano un positivo manco con il cannocchiale»;

   nell'articolo si fa poi riferimento ai tamponi, «da screening preventivo, che finanche l'Asp di Reggio e (pare) quella di Cosenza ormai si rifiutano sulla carta di prendere minimamente in considerazione», eppure «finiscono nel report quotidiano che la regione invia al Ministero con inevitabile conseguenza di far figurare più tamponi e meno positivi reali ogni giorno»;

   «dalle strutture private di Calabria – continua l'articolo – dopo un timidissimo avvio (nei primi 4 giorni solo 100 test rapidi comunicati) ora è un fiorire di dati antigenici quotidiani che finiscono nel “database” di Tonino Belcastro», cioè il dirigente regionale preposto, che, prosegue il pezzo, «porta a casa settimanalmente più o meno lo stesso numero medio complessivo di tamponi da spedire a Roma, tra 12 e 15 mila con la differenza però che nelle ultime due settimane lievitano come “pizze” i tamponi antigenici rapidi nel conteggio (ora sono in tutto 4.196) e frenano bruscamente invece quelli molecolari, la “bibbia” del Covid»;

   nell'articolo poi è scritto: «Il risultato è freddo come la “morte”. Su 4.196 test antigenici inseriti nel report quotidiano di Calabria si rintracciano solo 6 positivi. Dicasi 6. Pari allo 0,15 per cento. Praticamente un porto franco, il test antigenico di Calabria comunicato a Roma. Più ne metti meno positivi trovi e più si abbassa la percentuale complessiva di positivi su tamponi (e più la Regione fa un figurone in termini di “guarigione”). Sconsolante invece il raffronto con i tamponi molecolari comunicati. Su 516.157 test sono risultate positive 32.936 persone, pari al 6,4 per cento»;

   ciò inficerebbe, quindi, la corretta comunicazione dei dati in base ai quali si stabilisce il «colore» delle varie regioni, con serie ripercussioni, in caso di errata valutazione, sulla salute pubblica e sul contenimento della pandemia –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere, anche per il tramite del Commissario per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario regionale, per garantire l'affidabilità dei dati epidemiologici relativi all'effettiva circolazione, in Calabria, del Sars-CoV-2.
(4-08204)


   MANTOVANI, CIABURRO e CARETTA. — Al Ministro della salute, al Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale. — Per sapere – premesso che:

   numerosi professionisti operanti nel Ssn lamentano la discontinuità di funzionamento delle piattaforme telematiche indispensabili al lavoro dei medici di medicina generale, dei pediatri, dei farmacisti rende le attività ambulatoriali e la generale erogazione delle prestazioni più farraginosa e complicata;

   i malfunzionamenti dei siti web Inps/Inail utili per le certificazioni di malattia, infortuni e invalidità civile, nonché quelli del Nsis rischiano di pregiudicare la qualità delle prestazioni incidendo negativamente sulla capacità operativa dei sanitari;

   l'emergenza pandemica in corso da ormai 10 mesi suggerisce di favorire, anche con l'ausilio di un più efficiente sistema informatico, una più rapida e incisiva disintermediazione tra cittadino e Ssn in modo tale da ridurre al minimo l'interazione interpersonale tra utente, sanitario e medico di medicina generale mediante procedure telematiche più efficienti e capaci di erogare tutti quei servizi che altrimenti necessitano la produzione di materiale cartaceo;

   i rallentamenti di sistema sopra descritti conducono, spesso e volentieri, al decadimento della qualità dell'interazione tra medico e utente con conseguente rallentamento delle procedure;

   tra i pilastri del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) vi è quello della trasformazione digitale con almeno il 20 per cento di risorse da dedicare a tale scopo;

   come si evince dall'indice Desi il potenziamento dei sistemi informatici e la digitalizzazione della pubblica amministrazione devono essere una priorità assoluta per il nostro Paese;

   i sistemi informatici, in particolare quelli connessi a materie sensibili come la sanità, necessitano un grado di affidabilità ed efficienza eccellente vista la delicatezza e la tipologia di dati che elaborano –:

   se il Governo sia a conoscenza dei frequenti malfunzionamenti dei sistemi informatici di cui in premessa;

   se i Ministri interrogati intendano coordinarsi al fine di sopperire alle lacune dell'apparato digitale con il quale devono interfacciarsi i medici di medicina generale, i pediatri e i farmacisti;

   se ad oggi esiste, un sistema di recovery utile a garantire continuità operativa quando il servizio principale soffre di malfunzionamenti tali da rendere difficoltosa l'erogazione della prestazione.
(4-08211)


   VALLASCAS. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la trasmissione televisiva di Rai 3 «Report», nel corso della puntata del 25 gennaio 2021, avrebbe sollevato il problema della mancata o inadeguata verifica, in fase di sperimentazione dei vaccini Pfizer e Moderna, della trasmissibilità del virus da parte di soggetti vaccinati;

   in particolare, secondo il servizio giornalistico, durante il trial-clinico sui vaccini non sarebbero stati rilevati i casi di Covid asintomatici, ma avrebbe rilevato unicamente i soggetti con sintomi;

   ad esempio, su un campione di 40 mila volontari, la Pfizer avrebbe testato il vaccino su 20 mila persone, mentre all'altra metà sarebbe stato somministrato il placebo;

   nel corso della sperimentazione, otto su 20 mila soggetti vaccinati sarebbero risultati positivi, mentre ai 20 mila a cui era stato iniettato il placebo, ci sarebbero stati 162 casi di Covid-19: in entrambi i casi si sarebbe trattato di sintomatici, mentre nessuna misura sarebbe stata prevista per verificare la presenza di asintomatici;

   un'analoga procedura sarebbe stata seguita dalla casa farmaceutica Moderna che avrebbe testato il vaccino su 30 mila volontari, su metà dei quali sarebbe stato testato il vaccino, mentre all'altra metà sarebbe stato somministrato il placebo;

   nel corso della sperimentazione, sui 15 mila volontari effettivamente vaccinati sarebbero stati rilevati cinque positivi, anche in questo caso perché sintomatici, mentre coloro «che sono stati trattati con il placebo in 90 hanno contratto il virus con sintomi»;

   da quanto esposto, ne conseguirebbe che gli esisti della sperimentazione clinica sarebbero mancanti di un dato – come la capacità dei soggetti vaccinati di trasmettere il virus pur non ammalandosi – che risulterebbe fondamentale nelle azioni di prevenzione e contrasto della pandemia;

   la trasmissione televisiva avrebbe anche mostrato come sarebbero stati condotti i trial in Germania, l'unico Paese europeo autorizzato a collaborare agli studi;

   in particolare, sarebbero stati intervistati un medico che farebbe «ricerca clinica per il vaccino Pfizer BionTech» e alcuni volontari e dalle interviste sarebbe emerso che verrebbero sottoposti a tampone solo i casi sintomatici;

   il medico avrebbe confermato che «I pazienti hanno ricevuto l'indicazione di contattarci solo qualora si presentasse un sintomo di Covid-19. Non viene fatto un tampone di routine, e quindi non possiamo stabilire se le persone vaccinate trasmettano o meno il virus, pur senza ammalarsi»; la mancata rilevazione dei dati relativi agli asintomatici dipenderebbe, secondo il medico tedesco, dall'azienda farmaceutica Pfizer che «ha dettato i parametri di questo studio»;

   analoga circostanza, sarebbe accaduto nei trial per il vaccino Moderna, la cui sperimentazione si sarebbe svolta negli Usa;

   a questo proposito sarebbe stato intervistato uno tra i massimi esperti mondiali di trial clinici, Peter Doshi, che avrebbe «studiato quelli dei vaccini Pfizer e Moderna e su questi ha sollevato quesiti importanti come quello sugli asintomatici, che non sono inclusi tra i casi su cui è stata calcolata l'efficacia»;

   nello specifico «I vaccini hanno il 95 per cento di efficacia, ma questo si riferisce a un aspetto molto specifico: è la riduzione dei casi sintomatici, che hanno avuto un tampone positivo. Non è una riduzione del 95 per cento delle infezioni. I test non sono stati concepiti per rilevare questo»;

   ne conseguirebbe, come avrebbero confermato alcuni studiosi intervistati, che «i vaccinati sono immuni dalla malattia, ma potrebbero essere portatori di virus e a loro volta trasmetterlo» –:

   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per promuovere, anche in ambito europeo, l'applicazione di un protocollo che renda obbligatorio il rilevamento e la verifica degli indici di trasmissibilità del Covid-19 anche tra soggetti asintomatici;

   se non intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a rendere pubblici i dati relativi all'efficacia dei vaccini in merito alla trasmissibilità del virus da parte di soggetti asintomatici.
(4-08213)


   VALLASCAS. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nelle scorse settimane, alcuni organi di stampa nazionali hanno dato la notizia secondo la quale l'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) non avrebbe autorizzato il Grande ospedale metropolitano (Gom) di Reggio Calabria a proseguire lo studio sull'impiego dell'adenosina, somministrata per via aerosolica, nella cura del danno polmonare acuto legato al Covid-19;

   secondo gli organi d'informazione, l'Aifa avrebbe motivato il provvedimento sostenendo che «in considerazione di un rapporto rischio/beneficio non definibile, si ritiene che a fronte dell'attuale disponibilità di alcune opzioni terapeutiche di provata efficacia lo studio proposto non possa essere autorizzato»;

   il progetto relativo all'impiego dell'adenosina per via aerosolica sarebbe stato brevettato e avviato nel mese di aprile 2020, dopo la prima ondata di contagi e sarebbe stato sviluppato da Sebastiano Macheda, primario del reparto di terapia intensiva del Gom, e da Pierpaolo Correale, direttore del reparto di oncologia;

   all'interno del Gom sarebbe stata costituita una task force scientifica multidisciplinare in collaborazione con l'Università di Tor Vergata: lo studio sperimentale e di dati raccolti avrebbero portato alla creazione di un protocollo terapeutico per la somministrazione di adenosina via aerosol;

   il citato «protocollo e il suo relativo brevetto sono il compimento di una fruttuosa collaborazione in compartecipazione con il dott. Michail Sitkovsky della Notheastem University di Boston»;

   secondo quanto riferito dal direttore del reparto di oncologia, Pierpaolo Correale, in merito all'impiego dell'adenosina, «Utilizziamo una sostanza che produce il nostro organismo che ha il compito di bloccare l'infiammazione acuta e di indurre la riparazione dei danni. Attraverso dei recettori l'adenosina ferma completamente l'infiammazione, mette a riposo il tessuto, comincia il processo di riparazione e avverte il sistema immunitario. Questo processo funziona sempre, solo nel polmone ci possono essere dei problemi, perché l'ossigeno è un inibitore del processo di trasformazione dell'Atp in adenosina. Il problema è che se somministrata per via endovena l'adenosina ha più di un effetto collaterale»;

   secondo il medico, però, i problemi che deriverebbero dalla somministrazione per via endovena sarebbero stati superati grazie a un'idea del direttore del reparto di terapia intensiva: «L'intuizione del dottore Macheda è stata geniale, basta somministrarla [l'adenosina] via aerosol utilizzando un apparecchio particolare»;

   la terapia, secondo alcuni organi di informazioni, «starebbe dando buoni risultati [...] Una donna di 30 anni è stata dimessa dal reparto di terapia intensiva recentemente grazie al trattamento»;

   il 13 novembre 2020, nel corso di un'intervista a Sky Tg24, il dottore Sebastiano Macheda avrebbe dichiarato: «Abbiamo trattato 14 pazienti con esiti positivi. Adesso sono già quasi 10 pazienti che stiamo trattando e da ieri abbiamo iniziato a fare un trattamento su 5 pazienti ricoverati in malattie infettive»;

   i risultati clinici sarebbero stati inviati puntualmente all'Aifa, che però non sarebbe stata disponibile ad avviare un dialogo con i medici in merito alla ricerca che, come detto, nelle scorse settimane «È stata bloccata senza delle motivazioni comprensibili e senza la possibilità di un confronto per il quale eravamo a disposizione. In un momento storico critico per la salute nulla dovrebbe essere lasciato al caso» –:

   se non intenda assumere, per quanto di competenza, iniziative volte promuovere le ricerche e gli studi sull'impiego dell'adenosina per via aerosolica nella cura del danno polmonare acuto legato al Covid-19, anche al fine di garantire terapie efficaci a tutti quei soggetti che non possono vaccinarsi.
(4-08214)


   UNGARO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   i cittadini Italiani che trasferiscono o hanno trasferito la residenza in uno Stato con il quale non è in vigore alcuna convenzione con l'Italia perdono il diritto all'assistenza sanitaria, sia in Italia che all'estero, all'atto della cancellazione dall'anagrafe comunale e della iscrizione all'Aire. Fanno eccezione i lavoratori di diritto italiano in distacco, che mantengono l'assistenza sanitaria in Italia e all'estero;

   inoltre, in presenza di un cittadino con lo stato di emigrato colui che ha acquisito la cittadinanza italiana sul territorio nazionale ed è nato in Italia o un titolare di pensione corrisposta da enti previdenziali italiani, che rientri temporaneamente in Italia senza avere una copertura assicurativa pubblica o privata ha diritto, a titolo gratuito, alle prestazioni ospedaliere urgenti per un periodo massimo di 90 giorni in un anno solare secondo il decreto ministeriale 1o febbraio 1996;

   è evidente che la somministrazione di un vaccino contro il Covid-19 rappresenta una prestazione sanitaria urgente;

   i gravi effetti della pandemia da Covid-19 a livello globale sono indubbi dal punto di vista economico, sociale e sanitario. E hanno peraltro impedito una piena libertà di movimento anche dei connazionali iscritti all'Aire ma rimasti in territorio italiano –:

   se il Ministro interrogato non intenda adottare, per quanto di competenza, ogni atto utile affinché anche gli italiani residenti all'estero e iscritti all'Aire, temporaneamente in Italia, possano rientrare nella campagna vaccinale Covid-19 in corso.
(4-08217)


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'atrofia muscolare spinale (Sma) è una malattia neuromuscolare rara, caratterizzata dalla perdita dei motoneuroni che provoca debolezza e atrofia muscolare progressiva, e che interessa, in particolar modo, gli arti inferiori e i muscoli respiratori;

   sono state distinte quattro diverse varianti di atrofia muscolare spinale e la Sma di tipo 1 ne è la forma più grave. Essa esordisce prima dei 6 mesi d'età, compromette l'acquisizione delle capacità motorie, la respirazione e la deglutizione, e, nella maggior parte dei casi, porta al decesso dei bambini che ne sono affetti entro i 2 anni di vita;

   nel 2019, l'agenzia statunitense Food and Drug Administration (Fda) ha approvato la prima terapia genica (Zolgensma) in grado di arrestare la progressione dell'atrofia muscolare spinale attraverso una sola infusione;

   nel marzo 2020, l'Ema ha dato parere positivo alla terapia, raccomandando l'autorizzazione all'immissione in commercio condizionata di Zolgensma per il trattamento di alcuni tipi di pazienti affetti da atrofia muscolare spinale (prevalentemente rientranti nella variante di tipo 1) fino a 21 chilogrammi di peso;

   il 12 novembre 2020, in seguito alla fase di sperimentazione svolta nel nostro Paese sin dall'agosto del 2018 e in attesa di autorizzarne l'uso, l'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha approvato l'accesso anticipato per i pazienti affetti da Sma di tipo 1 fino ai 6 mesi di età, inserendo Zolgensma nell'elenco dei medicinali erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale, ai sensi della legge del 23 dicembre 1996, n. 648;

   ad oggi, malgrado le dichiarazioni pubbliche dei vertici dell'Agenzia, l'Aifa non ha ancora posto in essere i necessari adempimenti affinché, anche nel nostro Paese, in ossequio alle determinazioni adottate in sede europea e come già avviene in Germania, Francia, Portogallo e Grecia, sia consentito il trattamento con Zolgensma per soggetti fino a 21 chilogrammi;

   tra gli Stati che hanno dato il via libera al farmaco, nessuno ha quindi limitato l'accesso come in Italia;

   tale ingiustificata disparità ha portato diverse famiglie di bambini maggiori di 6 mesi di età, affetti da Sma di tipo 1, a lanciare appelli pubblici e raccolte fondi per l'acquisto del farmaco e assicurare il trattamento mediante altre vie;

   malgrado siano state presentate 9 interrogazioni parlamentari sul tema negli ultimi due mesi (di cui, alla Camera le interrogazioni n. 4/07698, n. 4/08018, n. 4/08089, n. 5/05244; al Senato l'interrogazione n. 3/02229), nessuna delle quali ha ricevuto risposte dal Ministero interrogato, duole costatare la perdurante inerzia dell'Aifa;

   secondo quanto appreso dall'interrogante, il Comitato tecnico-scientifico dell'Aifa si sarebbe riunito in diverse occasioni, a cavallo tra dicembre 2020 e gennaio 2021, per discutere del rilascio dell'autorizzazione all'accesso anticipato alla terapia per i pazienti fino a 21 chilogrammi senza tuttavia pervenire ad alcuna determinazione in merito –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, affinché siano estesi i criteri di accesso alla terapia in linea con gli altri Paesi in Europa;

   se intenda, per quanto di competenza, acquisire da Aifa delucidazioni con riguardo ai ritardi nell'adeguamento alle raccomandazioni europee di cui in premessa in merito all'accesso al farmaco per i pazienti oltre i 6 mesi di età;

   se intenda, per quanto di competenza, acquisire e divulgare informazioni circa i rilievi emersi durante le suddette riunioni del Cts dell'Aifa che, al momento sembrano impedire la presa di una posizione chiara da parte dell'Agenzia in merito all'accesso anticipato al farmaco per i pazienti affetti da Sma di tipo 1, con più di 6 mesi di età, ma rientranti nel limite, determinato dall'Ema dei 21 chilogrammi.
(4-08231)


   SAPIA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   dal 2010 la Calabria è commissariata per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario regionale;

   all'inizio del mese di gennaio 2021 il Ministero della salute ha formalmente riconosciuto che in Calabria il soggetto attuatore per l'attività anti-Covid è il commissario governativo alla sanità regionale;

   come riportato in un articolo pubblicato il 9 febbraio 2021 sulla testata web «L'Eco dello Jonio» a firma Marco Le Fosse, nell'emergenza Covid-19 persisterebbero criticità nello stabilimento ospedaliero «Nicola Giannettasio» dello spoke di Corigliano-Rossano;

   ivi si legge che «a distanza di quasi un anno, ormai, dalla loro installazione le tende pre-triage dell'ospedale "Giannettasio" di Rossano continuano a rimanere chiuse. Chiuse e nel degrado, considerato che sono lasciate al loro destino ed in preda alle intemperie»;

   la Protezione civile nazionale ha provvisto tutti i nosocomi d'Italia di tensostrutture per consentire al personale sanitario di fare un check-in a tutti gli ingressi nelle strutture ospedaliere, in modo da indirizzare subito i pazienti con sospetto di Covid-19 verso i percorsi a loro dedicati, evitando di fatto il contagio in zone grigie come possono essere, appunto, i reparti di primo intervento;

   tuttavia al «Nicola Giannettasio» questo filtro in ingresso non esisterebbe, tant'è che «si entra e si esce – sempre secondo l'articolo suddetto – come se nulla fosse»;

   ciò comporta, secondo l'articolo in parola, che «molti cittadini non chiedono più di curarsi nell'unica struttura ospedaliera operativa sulla costa ionica da Policoro a Cirò marina perché hanno paura di beccarsi il Covid» e addirittura «non vanno più in ospedale e attendono il loro destino chiusi in casa», «molti si aggravano», «altri muoiono quando magari potevano essere salvati»;

   nell'articolo in predicato si legge che «il paziente Covid (o sospetto Covid) che arriva al Pronto soccorso passa nello stesso locale in cui sono in attesa i pazienti non Covid da visitare»;

   addirittura, riporta l'articolo, «a dividere l'area pulita da quella sporca, udite udite, c'è solo un filo di garza»;

   alla criticità in argomento bisogna ancora aggiungere che i pazienti positivi al Covid-19 sarebbero costretti, per quanto scritto nell'articolo menzionato, «ad aspettare in ambulanza anche 5/6 ore perché devono fare una tac», poiché «prima bisogna refertare un tampone che molto spesso va ri-processato» –:

   quali iniziative di competenza, per il tramite del commissario per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario calabrese, intenda assumere per assicurare che nell'ospedale di Rossano vi siano percorsi separati e per scongiurare, nella stessa struttura, la diffusione di contagi da nuovo Coronavirus.
(4-08242)


   ZAN. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in data 11 febbraio 2021 organi di stampa nazionali denunciano che il modulo predisposto da Asl5 di regione Liguria per accedere alle vaccinazioni anti-Covid riporta tra i «comportamenti a rischio» anche la parola «omosessuale», inserire «tossicodipendente» e «soggetto dedito alla prostituzione»;

   nella medesima giornata, il presidente della regione Liguria Giovanni Toti, stigmatizzando l'accaduto tramite i suoi canali social, ha rilevato come il modulo tragga direttamente i contenuti da linee guida del Ministero della salute;

   nello specifico, nell'ottobre 2020 il Ministero della salute ha pubblicato la «Versione 1.9» delle specifiche funzionali dell'Anagrafe nazionale vaccini (Anv), in cui al numero 10 del punto 5.3 «Allegato 3: categorie a rischio» (pagina 94) ricorre il termine «omosessuale», dopo «tossicodipendente» e «soggetto dedito alla prostituzione», esattamente come nel modulo di Asl5 di regione Liguria;

   a parere dell'interrogante, quanto fin qui esposto configura un errore estremamente grave, discriminatorio verso le persone omosessuali, basato su un dato anacronistico e scientificamente superato e reso ancor più preoccupante perché proveniente dall'amministrazione pubblica titolare della salvaguardia della salute delle cittadine e dei cittadini, ovvero il Ministero della salute –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative intenda porre in essere per appurare quali siano state le circostanze che hanno determinato tale errore e per scongiurare che possa nuovamente verificarsi.
(4-08256)


   GALANTINO, CIABURRO e CARETTA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 27 gennaio 2021 la regione Lazio ha pubblicato, sul suo sito istituzionale, un comunicato sul tema «corsi irregolari OSS», in cui si specifica che «gli unici enti autorizzati ad erogare corsi OSS, nel territorio della Regione Lazio, sono quelli presenti nella banca dati dell'offerta formativa pubblicata sul sito istituzionale», specificando, a fronte di diverse segnalazioni pervenute, che «gli enti CS UNIFORMA e P.D.R. SRL UNIPERSONALE, non sono autorizzati dalla Regione Lazio e quindi non possono realizzare neanche parzialmente questi corsi, che non rivestono perciò alcun valore legale»;

   in un precedente comunicato del 21 ottobre 2021, sempre con riferimento a diverse segnalazioni pervenute alla regione, si legge che «l'ente CENTRO STUDI SCUOLA DOMANI, con sede in Tivoli, è stato diffidato a rimuovere dal proprio sito la pubblicità dei corsi formativi per OSS in quanto – essendo privo di autorizzazione regionale – non può realizzare neanche parzialmente questi corsi nel territorio laziale»;

   l'operatore socio-sanitario è una figura che opera nelle aziende sanitarie, pubbliche e private, particolarmente importante in un periodo di emergenza pandemica come quella che si sta vivendo: sebbene si occupi principalmente di assistenza di base alla persona non autosufficiente (igiene personale e degli ambienti, mobilizzazione, rilevazione dei parametri vitali, dispensazione pasti, disbrigo pratiche, e altro), l'Oss, soprattutto in ambito ospedaliero, è tenuto anche a coadiuvare l'infermiere nell'esecuzione di particolari procedure sanitarie;

   si diventa operatori dopo aver seguito una formazione dalla durata di 1.000 ore circa, effettuato un tirocinio, e superata una prova finale di fronte ad una commissione nominata dalla regione in cui si è svolto il corso;

   anche in Campania, sta suscitando polemiche la presunta non validità di attestati per operatori socio sanitari (Oss) e Operatori socio-sanitari-specializzati (Osss), come denunciato dalla Federazione Migep, che ha invitato l'assessorato competente «a vigilare su tutti gli Istituti di formazione presenti nel territorio di competenza e a garantire il rispetto dei princìpi di trasparenza e pubblicità dell'azione amministrativa Regionale ed evitare inoltre che si dia luogo a pratiche commerciali scorrette, oltremodo odiose in quanto instillanti false aspettative in soggetti alla ricerca di lavoro»;

   pur non essendo ad oggi a conoscenza della reale portata del problema, chiunque avesse conseguito la qualifica di Oss, seguendo uno di questi corsi irregolari, e potrebbero anche essere molti, si ritrova, suo malgrado, in possesso di un titolo nullo –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, accertata la fondatezza degli stessi quali iniziative di competenza intenda assumere, anche per il tramite del Comando carabinieri per la tutela della salute (Nas), per accertare l'eventuale sussistenza di altri casi analoghi sul territorio nazionale, portando le eventuali questioni rilevate all'attenzione delle competenti procure della Repubblica.
(4-08275)


   FRATOIANNI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   dal quotidiano «Il Tirreno» del 7 febbraio 2021 si apprende che una farmacista in provincia di Lucca si sarebbe rifiutata di fornire la cosiddetta «pillola del giorno dopo» a una donna che ne aveva fatto richiesta;

   esponenti dell'associazione «non una di meno» hanno denunciato tale episodio sostenendo che non essendo di fronte ad una pratica abortiva le farmacie sono obbligate a fornire il prodotto e se non disponibile immediatamente, a reperirlo nel più breve tempo possibile;

   la farmacista, invece, contravvenendo alle indicazioni dell'Aifa (Agenzia del farmaco) e ritenendole menzognere, si sarebbe rifiutata di vendere tale farmaco, sostenendo si tratti di un farmaco abortivo da non assumere con leggerezza;

   secondo l'Aifa, la cosiddetta «pillola del giorno dopo», è un contraccettivo di emergenza e non un abortivo e quindi non può essere esercitata l'obiezione di coscienza prevista dalla legge in altri casi. Peraltro, non è necessaria nemmeno la prescrizione medica;

   a parere dell'interrogante si è di fronte ad un episodio inaccettabile e le argomentazioni, secondo l'interrogante, moralistiche, addotte dalla farmacista che ha negato la vendita della «pillola ElleOne», nota anche come «pillola del giorno dopo», nulla hanno a che fare con la salute della donna e con il rispetto della attuale normativa in materia di interruzione della gravidanza, così come sorprende l'argomentazione della farmacista che sarebbe arrivata a paragonare alle legge razziali, le regole dell'Aifa;

   l'unico dato reale che emerge da questa vicenda è che si è contravvenuto alla legge e al codice deontologico, utilizzando argomenti non veritieri –:

   di quali ulteriori elementi sia in possesso il Ministro interrogato e quali iniziative di competenza intenda intraprendere affinché vengano effettuate tutte le verifiche necessarie in relazione ai fatti esposti in premessa e affinché episodi come quello citato in premessa non si abbiano più a ripetere e venga effettivamente affermato il diritto all'acquisto e al reperimento, nel più breve tempo possibile, della cosiddetta «pillola del giorno dopo» in tutte le farmacie del territorio nazionale nei termini previsti dalle attuali normative, che non prevedono elementi di discrezionalità da parte delle farmacie, dei suoi titolari e di chi vi lavora.
(4-08278)


   BIGNAMI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   qualsiasi crisi o situazione di emergenza determina, al suo esito anche parziale, un'azione di valutazione delle criticità affrontate, al fine di esaminare l'adeguatezza delle soluzioni proposte e delle procedure seguite;

   anche con riguardo alla emergenza determinata dall'epidemia per Covid-19 si è posta simile esigenza, atteso che il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, anche in vista di una seconda ondata, ha pubblicato 218 interrogativi distribuiti in 14 aree al fine di condurre una analisi post emergenza (cosiddette Action After Review - ECDC Technical Report - Conducting inaction and after action reviews of the pubblico Health response to Covid-19, June 2020);

   anche ai più alti livelli istituzionali in occasione della commemorazione delle vittime della pandemia di Bergamo, è stato sottolineata l'importanza di ritrovarsi per ricordare, «per fare memoria dei tanti che non ci sono più». Ricordare significa anche assumere la piena consapevolezza di quello che è accaduto. «Ricordare significa riflettere seriamente, con rigorosa precisione, su ciò che non ha funzionato, sulle carenze di sistema, sugli errori da evitare di ripetere». «Significa anche rammentare il valore di quanto di positivo si è manifestato». È stata evidenziata così l'importanza di questa analisi;

   tale analisi post emergenza si è resa ancor più centrale a seguito della seconda ondata, annunciata da più parti, e ancor oggi attuale, vista la paventata comparsa di una terza ondata –:

   se sia stata realizzata un'analisi post emergenza secondo gli schemi predisposti dall'Ecdc;

   quando sia stata realizzata;

   da chi sia stata realizzata;

   quale ne sia l'esito.
(4-08288)


   CUNIAL. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   in data 9 ottobre 2020 è stato pubblicato un articolo sulla rivista Scienza e Conoscenza, dal titolo «CEM: come incidono sul sistema immunitario?» a firma del Professor Dottor Piergiorgio Spaggiari e dell'Ingegner Marcello Allegretti;

   nell'articolo si affronta la correlazione tra il campo elettromagnetico (Cem) e l'aumento delle infezioni virali, specialmente sul ruolo della calcineurina, che è una proteina controllata dal calcio intracellulare, ampiamente presente in una varietà di funzioni vitali, come la crescita dei neuriti, la morfogenesi delle valvole cardiache, lo sviluppo muscolare/scheletrico, sopratutto, l'attivazione dei linfociti. Pertanto, essa è capace di migliorare le nostre difese perché è in grado di attivare il nostro sistema immunitario. Nell'articolo si afferma che i Cem ad alta frequenza hanno un effetto inibitorio. La ricerca sembra dunque suggerire che a frequenze specifiche e con densità basse di potenza, ma con esposizioni molto lunghe, provocano un effetto inibitorio del sistema immunitario, molto probabilmente a causa dell'aumento dei radicali liberi dell'ossigeno (ROS) intracellulare e dell'ossigeno singoletto. Nei ratti ad una frequenza di 1,8 GHz, si è riscontrata una riduzione delle attività della calcineurina. La ricerca scientifica immunologica ha dimostrato che l'esposizione prolungata a Cem ha lo stesso effetto sul sistema immunitario, provocando le medesime infezioni opportunistiche, che hanno gli immunosoppressori inibitori della calcineurina per prevenire il rigetto dell'organo;

   ciò trova anche conferma nello studio del 30 giugno 2017, dal titolo: «I campi elettromagnetici possono agire tramite l'inibizione della calcineurina per sopprimere l'immunità, aumentando così il rischio di infezioni opportunistiche: meccanismi d'azione concepibili»3, a cura dello scienziato americano Paul Doyon e di O. Johansson, membro della svedese The Experimental Dermatology Unit, Department of Neuroscience, Karolinska Institute, dove si «ipotizza che le esposizioni ai campi elettromagnetici abbiano il potenziale di inibire la risposta del sistema immunitario mediante un eventuale aumento patologico nell'afflusso di calcio nel citoplasma della cellula, che induce una produzione patologica di specie reattive dell'ossigeno, che in turno può avere un effetto inibitorio sulla calcineurina. L'inibizione della calcineurina porta all'immunosoppressione, che a sua volta porta a un sistema immunitario indebolito e ad un aumento dell'infezione opportunistica. (...) cioè fungine, virali, batteriche atipiche e infezioni parassitarie»;

   la nuova tecnologia 5G usa tre fasce di frequenze (bassa, media e alta): 694-790 Mhz, 3,6-3,8 GHz e 26,5-27,5 GHz. Una frequenza alta (dell'ordine dei giga hertz o GHz) ha una portata molto inferiore, ma ha la capacità di trasportare moltissimi dati per unità di tempo. La banda di frequenze media è chiamata anche «Sub-6», perché è composta da frequenze comprese tra 1 GHz e 6 GHz. È probabilmente la banda che verrà utilizzata maggiormente dagli smartphone nel primo periodo di diffusione del 5G;

   l'asta italiana per il 5G, ha raccolto 6,5 miliardi di euro ed è stata trainata dalla banda «pioniere» dei 3.7 GHz: Telecom Italia S.p.a., Vodafone Italia S.p.a., Wind Tre S.p.a., Iliad Italia S.p.a. si sono aggiudicati i lotti per questa frequenza. Tutti questi, oltre a Fastweb S.p.a, si sono anche aggiudicati lotti per le frequenze dei 26 GHz;

   ad oggi, secondo Wired, sono circa 1660 le domande presentate per l'installazione nelle frequenze a 3,7 GHz e 27 per quelle a 26 GHz;

   da notare inoltre che la cartina pubblicata da Wired ha delle sovrapposizioni se raffrontata con quella del contagio da Covid-19 –:

   quali indagini epidemiologiche siano state poste in essere o si intendano promuover, alla luce di quanto esposto in premessa, per valutare l'impatto dei campi elettromagnetici, alla luce degli investimenti del Governo nella tecnologia 5G.
(4-08294)


   CUNIAL. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con l'interrogazione n. 4/06548, si è trattato il ruolo della vitamina D nel ridurre il rischio di Covid-19;

   il 5 agosto 2020, lo studio «Il legame tra vitamina D e COVID-19: distinguere i fatti dalla finzione» evidenzia che dai dati si può dire che la vitamina D a basse dosi è sicura, non dannosa e potenzialmente preventiva;

   al 28 agosto 2020 i trial aperti sulla vitamina D sono i numeri: NCT04385940, NCT04386044, NCT04482673, NCT04435119, NCT04449718, NCT04407286, NCT04370808, NCT04334005, NCT04403932, NCT04351490, NCT04394390, NCT04407572, NCT04335084, NCT04344041, NCT04386850;

   il 7 settembre 2020, lo studio «Vitamina D per prevenire COVID-19: raccomandazioni per la progettazione di studi clinici» dimostra che un basso livello di vitamina D è associato a un aumento del rischio sia di infezione da Covid-19 che di ospedalizzazione, come confermato anche dallo studio «Tassi di positività SARS-CoV-2 associati ai livelli circolanti di 25-idrossivitamina D»;

   ad oggi sul sito del Ministero della salute risulta che: «Non ci sono attualmente evidenze scientifiche che la vitamina D giochi un ruolo nella protezione dall'infezione da nuovo coronavirus. [...] non esistono, ad oggi, evidenze solide e incontrovertibili (ovvero derivanti da studi clinici controllati) di efficacia di supplementi vitaminici e integratori alimentari (ad esempio vitamine, inclusa vitamina D, lattoferrina, quercitina), il cui utilizzo per questa indicazione non è, quindi, raccomandato»;

   il 1° dicembre 2020, l'articolo scientifico «Vitamina D e COVID-19: prove e raccomandazioni per l'integrazione» conclude che le prove che collegano la carenza di vitamina D alla gravità del Covid-19 sono circostanziali ma considerevoli e c'è potenzialmente molto da guadagnare raccomandando l'integrazione di vitamina D per tutti;

   il 3 dicembre 2020, nobufale.it smentisce il debunking svolto dalla testata open.it, già oggetto dell'interrogazione n. 4-05350, volto a screditare il ruolo della vitamina D nel contrastare l'infezione da coronavirus;

   il 9 dicembre 2020, lo studio «Un'analisi basata sulla rete rivela il meccanismo alla base della vitamina D nel sopprimere la tempesta di citochine e il virus nell'infezione da SARS-CoV-2» evidenzia come la vitamina D potrebbe essere promettente nel sopprimere la tempesta di citochine nei pazienti Covid-19 gravi;

   il 17 dicembre 2020, la review di studi sulla vitamina D «Malattia COVID-19 e vitamina D: una mini-revisione» definiva ragionevole suggerire un'integrazione regolare di vitamina D3 a coloro che sono ad alto rischio di Covid-19;

   il 21 gennaio 2021 tre autori membri del National Institute of Integrative Medicine, di Melbourne, in Australia, hanno scritto il testo «Vitamina-D e COVID-19: tempo per la professione di prendere posizione» per chiedere un'azione urgente da parte della professione medica per promuovere l'integrazione di vitamina D;

   al 25 di gennaio 2021, sul sito vitamindforall.org sono pubblicati oltre 215 studi nei quali si richiede un maggiore utilizzo della vitamina D per combattere il Covid-19;

   nello studio scientifico del 27 gennaio 2021, «L'integrazione di vitamina D previene l'infezione da SARS-CoV-2 nel personale militare? Revisione delle prove» si afferma come nelle coorti militari essere ricchi di vitamina D riduce la gravità del Covid-19. Si segnala che, con la nota del 1° Reggimento carabinieri paracadutisti – Tuscania del 18 marzo 2020, si suggeriva l'assunzione per via orale di vitamine C e D, per «stimolare l'azione immunitaria naturale» e per «mitigare il processo infiammatorio alla base della malattia» –:

   se non si intenda aggiornare la nota sul sito internet del Ministero della salute, allineandosi alla letteratura scientifica e modificando la circolare del 30 novembre 2020 sulla «Gestione domiciliare dei pazienti con infezione da Sars-CoV-2» per integrare l'assunzione di vitamina D tra le cure preventive e protettive per le persone a rischio.
(4-08295)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   DEIDDA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Poste Italiane, fin dal 12 marzo 2020, vale a dire in corrispondenza con l'inizio dell'emergenza epidemiologica in atto, da quel che si apprende, avrebbe ridotto l'orario di apertura dei propri sportelli nel comune di Olzai, prevedendo, in particolare, l'apertura per solo tre giorni a settimana, con la presenza di unico impiegato a servizio del pubblico;

   recentemente si è potuto apprendere dagli organi di stampa che il sindaco del medesimo comune ha annunciato di aver diffidato la società al fine di ottenere la riapertura del medesimo sportello per tutti i giorni della settimana;

   appare necessario procedere con il ripristino immediato dell'ordinario orario di apertura dell'unico presidio postale del comune, nonché adottare provvedimenti per il superamento di tutte le ulteriori criticità riscontrate, tra le quali, la mancanza di continuità del personale preposto all'ufficio e l'assenza di uno sportello automatico Atm del circuito Postamat;

   la società Poste italiane ha inteso ricomprendere tra i propri obiettivi primari quello della lotta contro lo spopolamento e il taglio dei servizi nei piccoli comuni, riscuotendo, per questo motivo, un notevole apprezzamento tra tutta la popolazione;

   tali obiettivi sono stati anche sottolineati nell'incontro annuale che Poste Italiane organizza con i sindaci e che, nella medesima occasione, per il 2019, la società prevedeva di: avviare programmi di educazione finanziaria e digitale; dotare i comuni di POS gratuiti per i servizi di pagamento digitale; utilizzare mezzi «green» per il recapito della posta; di installare dei locker nei comuni privi di ufficio postale, al fine di semplificare le operazioni di consegna dei pacchi e il pagamento dei bollettini, nonché di cassette postali smart a tecnologia digitale; attivare servizi di informazione per i cittadini; realizzare nuovi eventi filatelici per meglio valorizzare le tradizioni e le varie realtà del territorio nazionale;

   appare innegabile l'essenzialità ed indispensabilità del servizio offerto da Poste Italiane e che, in particolare, nel periodo attuale, la contrazione degli orari di apertura, determinando una concentrazione del flusso dell'utenza, risulta assolutamente incompatibile con le norme atte ad evitare gli assembramenti –:

   se sia a conoscenza di quanto sopra esposto e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare affinché sia assicurato un adeguato servizio, in condizioni di sicurezza, e sia dato seguito alle legittime richieste della comunità di Olzai, come anche recentemente ribadite nella nota trasmessa dall'amministrazione comunale.
(3-02062)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PIZZETTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   in questi giorni i sindaci dei comuni di Casale Cremasco Vidolasco, di Ripalta Guerina, di Ricengo, di Camisano e di Castel Gabbiano hanno denunciato con una lettera rivolta alle istituzioni regionali lombarde e nazionali, la grave situazione di malfunzionamento dei collegamenti telefonici;

   a partire dalle festività natalizie, in questi comuni, le linee telefoniche hanno smesso di funzionare correttamente e, nonostante le pressanti richieste dei cittadini alle compagnie telefoniche, il problema persiste e non è chiaro se e quando verrà risolto;

   i disservizi, che riguardano la telefonia fissa e i collegamenti internet, stanno colpendo complessivamente le famiglie e le imprese del territorio dei comuni coinvolti, e in particolare i cittadini più anziani, sprovvisti spesso di sistemi alternativi per i collegamenti telefonici, cellulari e smartphone, isolando ancora di più la popolazione anziana, in questo momento di emergenza sanitaria provocata dal Covid-19;

   questa situazione di disagio, provocata dal malfunzionamento dei servizi di telefonia fissa, assume pertanto anche un carattere sociale che non può essere trascurato –:

   se il Ministro sia a conoscenza della grave situazione descritta e quali iniziative di competenza intenda assumere per risolvere gli attuali disservizi nei collegamenti telefonici e internet che stanno interessando la popolazione dei comuni della provincia di Cremona (Casale Cremasco Vidolasco, Ripalta Guerina, Ricengo, Camisano e Castel Gabbiano.
(5-05336)


   PAITA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Poste italiane ha ridotto gli orari dei piccoli uffici postali, spinta dalla necessità di razionalizzare da marzo 2020 la presenza fisica di dipendenti agli sportelli;

   a distanza di un anno, Poste Italiane non è riuscita a trovare una soluzione per riaprire gli uffici postali secondo l'orario precedente all'emergenza sanitaria, né ad apprestare le misure di sicurezza necessarie;

   gli abitanti di alcuni comuni con 3.000 abitanti, dove, in alcuni casi, non sono presenti neanche istituti bancari e dove l'ufficio postale rimane l'unico luogo, non solo di invio missive, ma anche e soprattutto di deposito denaro e di ritiro pensioni, hanno a disposizione una sola mattinata di apertura a settimana dell'ufficio postale, anche per quanto concerne il ritiro delle raccomandate e delle notifiche giudiziali;

   si tratta solitamente di uffici piccoli che affacciano sulla strada, davanti ai quali si formano lunghe code di attesa che lasciano gli utenti al disagio delle intemperie invernali –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione esposta in premessa e, in caso affermativo, quali iniziative di competenza intenda intraprendere per promuovere una rapida messa in sicurezza per conferire maggiore efficienza agli uffici postali anche nei piccoli comuni.
(5-05360)


   RIZZETTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   ad oggi nonostante gli annunci e le promesse dei Ministri dello sviluppo economico che si sono succeduti nel tempo, è ancora incerto il destino dei lavoratori dell'ex Embraco;

   presso il Ministero dello sviluppo economico è attivo da anni un tavolo su questa vertenza che ha visto vari incontri per porre in essere un percorso di reindustrializzazione avviato dalla società Ventures rispetto al sito ex Embraco di Riva di Chieri;

   in particolare, nell'incontro ministeriale del 28 luglio 2020, successivo alla dichiarazione di fallimento del summenzionato soggetto industriale, il Ministero dello sviluppo economico affermava che vi era la disponibilità della Whirlpool, insieme ad Invitalia, ad individuare con il Governo, una soluzione alla crisi della Ventures;

   il 15 settembre 2020 si è tenuto un successivo incontro che si è svolto presso la prefettura di Torino e, in quella sede, fu affermato che il progetto di reindustrializzazione del sito di Riva di Chieri si basava sull'obiettivo di creare un polo italiano integrato per la produzione di compressori di cui farebbe parte anche lo stabilimento di Riva di Chieri i cui volumi di produzione potrebbero essere garantiti anche da Whirlpool, che ha una elevata domanda di compressori da soddisfare. Il progetto è denominato «Italcomp», le cui linee guida sono state individuate nell'incremento dei volumi di produzione, nell'ampliamento della gamma dei prodotti offerti e nell'espansione dell'attività su nuove regioni;

   il Ministero dello sviluppo economico ha comunicato che i tempi stimati, sempre avendo riguardo al sito di Chieri, sono: gennaio 2022 per l'avvio della nuova linea motori; gennaio 2023 per il trasferimento motori linea K;

   per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali, da ultimo con il decreto direttoriale del 25 settembre 2020 è stato approvato poi il programma di Cigs per crisi per cessazione di attività relativamente al periodo dal 23 luglio 2020 al 22 luglio 2021 ed è stata autorizzata, per il medesimo periodo, la corresponsione del trattamento straordinario di integrazione salariale in favore dei 400 lavoratori impiegati presso l'unità di Riva di Chieri (TO);

   c'è grande preoccupazione sulla realizzazione del progetto «ItalComp» che vede coinvolti i 400 lavoratori di ex Embraco di Riva presso Chieri, già provati da tre anni di ammortizzatori sociali e già vittime di una mancata reindustrializzazione da parte di Ventures, ora in stato fallimentare;

   i lavoratori hanno appreso solo da dichiarazioni del Governo pro tempore della sindaca di Torino Chiara Appendino, con clamore mediatico, che sarebbe stato creato il primo polo italiano del compressore e che esso avrebbe salvato i posti di lavoro ex Embraco coinvolti, senza dimostrare con fatti certi che il progetto andrà concretamente a buon fine; infatti, a mesi di distanza, sembra sia ancora in alto mare la realizzazione del piano e non ci sono risposte certe sul piano finanziario che avrebbe dovuto poggiare sugli aiuti di cassa depositi e prestiti;

   ad oggi, quindi, non vi sono certezze e secondo l'interrogante si illudono i lavoratori con dichiarazioni vaghe, senza alcun aggiornamento sullo stato del progetto «Italcomp», nonostante si avvicini sempre di più il rischio dei licenziamenti collettivi –:

   se e quali siano gli orientamenti del Governo per quanto esposto in premessa e quando sarà indetto il prossimo tavolo sulla vertenza in questione, con la presenza di tutte le parti sociali;

   quale sia il reale stato del progetto «Italcomp» per creare un polo italiano integrato per la produzione di compressori che, stando agli annunci del Governo pro tempore, salverà i posti di lavoro della ex Embraco di Riva di Chieri.
(5-05366)


   PAITA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   come risulta da notizie di stampa, a seguito della prematura e tragica scomparsa del figlio in un incidente stradale, due genitori si sono rivolti alla Apple per recuperare i dati presenti nel sistema di sincronizzazione on line (iCloud) che il giovane utilizzava, trattandosi di dati di inestimabile valore affettivo, quali foto, video e le ricette di cucina create dal giovane stesso, che aveva intrapreso la carriera di chef;

   il procedimento per il recupero delle credenziali di accesso al servizio si è peraltro rivelato particolarmente difficoltoso, in quanto la società Apple pretendeva un ordine del tribunale contenente determinati elementi, alcuni dei quali estranei all'ordinamento italiano;

   i genitori hanno allora presentato un ricorso in via d'urgenza al tribunale civile di Milano che, applicando la normativa italiana che riconosce il diritto di accesso ai dati personali di persona deceduta a chi ha un interesse proprio o agisce per ragioni familiari meritevoli di protezione (articolo 2-terdecies del codice in materia di protezione dei dati personali), ha riconosciuto la fondatezza delle ragioni dei ricorrenti, condannando la Apple Italia S.r.l a fornire assistenza nel recupero dei dati degli account del figlio (tribunale di Milano, sez. I civ., ordinanza del 10 febbraio 2021);

   la decisione del tribunale di Milano apre un nuovo filone giurisprudenziale sul tema della cosiddetta «eredità digitale», ma ciò potrebbe non essere sufficiente ad assicurare una piena tutela delle ragioni dei parenti dei defunti, costretti a defatiganti iter giudiziari per recuperare i dati personali dei loro cari –:

   se corrisponda al vero quanto riportato dagli organi di stampa e quali iniziative intenda adottare il Governo, per quanto di competenza, anche normative, per assicurare che le società fornitrici dei servizi dell'informazione garantiscano il rispetto del diritto di accesso ai dati personali per interessi familiari meritevoli di protezione in caso di perdita improvvisa di un familiare.
(5-05379)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CUNIAL. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il 15 agosto 2020, su notiziescientifiche.it, è apparso un articolo su come Starlink, rete di satelliti di SpaceX, il cui Ceo è Elon Musk, abbia effettuato i primi test di velocità, dopo aver investito 10 miliardi di dollari, dei suoi 600 satelliti, su 12.000 previsti. La velocità risulta essere variabile tra 11 Mbps e 60 Mbps;

   il 12 gennaio 2021, su hdblog.it, viene pubblicato che Elon Musk vuole portare il progetto Starlink in tutto il continente europeo. Ofcom, nel Regno Unito, ha dato l'«ok» a Starlink, aprendo le porte al lancio nel Regno Unito del servizio a banda larga satellitare, con una velocità di download di circa 85 Mbps;

   il 21 gennaio 2021, l'Ansa ha dato la notizia del superamento della quota di 1.000 satelliti lanciati in orbita da SpaceX;

   anche Amazon ha chiesto alla Fcc il permesso di lanciare migliaia di satelliti per l'orbita terrestre bassa, nell'ambito del progetto Kuiper investendo 10 miliardi di dollari per realizzare una costellazione di 3.236 satelliti. La costellazione fornirà «servizi a banda larga affidabili ed economici» alle comunità che non hanno accesso a internet;

   il 25 agosto 2020, Bill Gates ha condotto una raccolta fondi da 85 milioni di dollari a favore della società che produce satelliti: Kymeta, la quale ha accordi riservati con il Dipartimento della difesa. Il direttore strategico di Kymeta Bill Marks ha affermato che la società spera di essere ben posizionata per fornire l'infrastruttura per la connettività alle aziende che sviluppano programmi satellitari in orbita terrestre bassa, tra cui Amazon, SpaceX;

   il 17 dicembre 2020, hdblog.it da la notizia che Thierry Breton, commissario europeo per il mercato interno, sarà a capo di un progetto per la costituzione di una costellazione europea di 600 satelliti, per rafforzare la connettività dei cittadini europei e per dare all'Europa l'accesso al livello di sicurezza offerto dalla crittografia quantistica spaziale. Tra i partecipanti al progetto figurano Airbus, l'italo-francese Thales Alenia Space, la tedesca OHB SE, gli operatori satellitari Eutelsat Communications SA e SES SA e le aziende aerospaziali Telespazio e Arianespace. Il costo di tale progetto ammonterebbe a circa 6 miliardi di euro;

   tra il 2019 e 2020 i comuni di Roma, L'Aquila e Torino hanno siglato il Memorandum of Intent con l'Agenzia spaziale europea «con l'obiettivo di promuovere processi innovativi basati su applicazioni spaziali, sfruttando la tecnologia 5G»;

   è notizia che nel Recovery Fund, il Ministero della difesa, prevede la tecnologia 5G in orbita con una costellazione modulare di 36 satelliti;

   il 18 novembre 2020, Luigi Gubitosi, Ceo di Telecom Italia, durante l'assemblea annuale dell'Anci, ha annunciato che Tim ha siglato un accordo con Eutelsat, da 150 milioni di euro, per portare la connettività nelle zone più remote del Paese attraverso la tecnologia satellitare da gennaio 2021;

   il servizio europeo a banda larga di Eutelsat offre, tramite il satellite Eutelsat Konnect, internet a velocità fino a 100 Mbps in download e 3 Mbps in upload –:

   quali iniziative i Ministri interrogati abbiano in atto per il monitoraggio dell'inquinamento elettromagnetico derivante da una costellazione di satelliti messi in orbita e che illuminano il territorio italiano, per proteggere fasce della popolazione sensibile all'inquinamento elettromagnetico connesso al wireless dallo spazio;

   se l'industria abbia svolto ricerca sugli effetti per l'ambiente, la salute delle persone e gli animali;

   quanti satelliti complessivamente saranno lanciati dall'Italia, quale sia la tempistica di lancio, quali siano le loro caratteristiche tecniche e il fascio di onde propagate e quali saranno le prime zone di copertura.
(4-08166)


   SUT. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   gli impianti idroelettrici, conosciuti nella regione Friuli Venezia Giulia come «di Ampezzo» e «di Somplago», sorgono negli omonimi comuni della provincia di Udine;

   l'impianto di Ampezzo è alimentato dal torrente Lumiei che forma il lago artificiale di Sauris, mentre quello di Somplago dal rio Ambiesta, il cui sbarramento origina il bacino di Verzegnis;

   i suddetti impianti sono gestiti direttamente dalla multiutility energetica A2A S.p.a., a seguito della fusione per incorporazione della stessa con le sue controllate A2A Trading S.r.l. ed Edipower S.p.a. che, precedentemente, deteneva la titolarità degli impianti e delle opere ad essi inerenti;

   nell'ottica di tutela della sicurezza degli impianti idroelettrici – e in considerazione della sua importanza per l'incolumità della popolazione e dei territori in cui sono collocati – riconoscimento è dato al servizio di guardiania, identificabile nelle funzioni espletate dal guardiano delle dighe, altrimenti detto «guardiadighe»;

   nonostante i vantaggi apportati dal progresso tecnologico e delle telecomunicazioni alle mansioni proprie del guardiadighe, la figura mantiene ancora la sua centralità, rimanendo investita di responsabilità legate a un'imprescindibile conoscenza del contesto e delle attività ad esso connesse;

   la vigilanza e la sicurezza degli impianti di Ampezzo e Somplago, in quanto grandi derivazioni d'acqua, sono di competenza dello Stato, come previsto dal decreto-legge n. 507 del 1994 – convertito dalla legge n. 584 del 1994 – che, all'articolo 1, comma 3, la affidava in via esclusiva al Servizio nazionale dighe, poi divenuto direzione generale per le dighe e le infrastrutture idriche ed elettriche del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, istituita ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 254 del 2007;

   in tempi più recenti, il decreto-legge n. 135 del 2018 ha previsto la possibilità di regionalizzare la proprietà delle opere idroelettriche, «alla scadenza delle concessioni e nei casi di decadenza o rinuncia alle stesse», demandando alle regioni la disciplina delle modalità e delle procedure di assegnazione;

   il consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia ha approvato il disegno di legge n. 107 del 2020 convertito dalla legge regionale 6 novembre 2020 n. 21 che disciplina nuovamente la procedura di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni d'acqua a uso idroelettrico;

   il decreto del Presidente della Repubblica n. 1363 del 1959, cosiddetto «Regolamento dighe» all'articolo 15, stabilisce che queste siano «costantemente presidiate con personale adatto che risieda nelle immediate vicinanze in apposita casa di guardia», al fine di garantire tempestivo intervento laddove necessario;

   la circolare del Ministero dei lavori pubblici, n. 352 del 1987 ha previsto la predisposizione del «foglio di condizioni per l'esercizio e la manutenzione» (Fcem), disponendo che vi fossero esplicitate «le modalità della guardiania che dovrà essere svolta da personale adeguatamente qualificato ed affidabile»;

   il Fcem della centrale di Ampezzo, all'articolo 6, stabilisce che «il Gestore provvede alla vigilanza sulle opere ed al controllo del loro stato di manutenzione ed esercizio secondo quanto prescritto dalla vigente normativa ai fini della tutela dell'incolumità delle popolazioni e dei territori», analogamente a quanto riportato, sempre all'articolo 6, nel Fcem della centrale di Somplago;

   si è appreso recentemente da fonti locali che il concessionario A2A S.p.a. intende subappaltare il servizio notturno di guardiania degli impianti di Ampezzo e Somplago, attualmente svolto da personale interno, assunto a seguito di concorso;

   l'interrogante al momento non dispone di informazioni utili a chiarire l'effettiva competenza che personale esterno, specializzato in generici servizi di vigilanza, potrebbe avere nella rilevazione di eventuali situazioni di pericolo, in assenza di guardiadighe in servizio –:

   se il Governo sia a conoscenza del proposito, illustrato in premessa, del concessionario A2A, e se intenda adottare iniziative di competenza anche normative, alla luce di quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 1363 del 1959 e dalla circolare del Ministero dei lavori pubblici n. 352 del 1987, per evitare che personale esterno di vigilanza presìdi gli impianti idroelettrici in orario notturno e al fine di assicurare, in tale ambito, un servizio di guardiania specializzato.
(4-08182)


   SPESSOTTO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito con modificazioni dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, «Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell'economia», all'articolo 95, interviene con misure per la salvaguardia di Venezia e della sua laguna e istituisce l'Autorità per la Laguna di Venezia;

   in particolare, al comma 24 del suddetto articolo, vengono introdotte misure di tutela dell'ambiente, del patrimonio culturale e paesaggistico e della pubblica, sicurezza per i siti italiani inseriti nella «lista del patrimonio mondiale» e posti sotto la tutela dell'Unesco, vietando:

    il rilascio di autorizzazioni e di ogni altro atto di assenso, comprese le autorizzazioni paesaggistiche, i provvedimenti di valutazione di impatto ambientale e le concessioni demaniali per ogni attività avente ad oggetto la costruzione e l'esercizio di nuovi impianti di stoccaggio di Gpl nei siti riconosciuti dall'Unesco;

    l'avvio dell'esercizio degli impianti di stoccaggio Gpl già autorizzati alla data di entrata in vigore della legge e non ancora in esercizio;

   al comma 25 del medesimo articolo 95 viene stabilito che, con decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, sono individuate le autorizzazioni e gli ulteriori atti di assenso, già adottati alla data di entrata in vigore della legge e dichiarati inefficaci, oltreché stabiliti i criteri e le modalità degli eventuali indennizzi, nei casi in cui questi fossero dovuti. A questo scopo è stato istituito uno specifico fondo nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico per il triennio 2020-2022, da utilizzare fino ad esaurimento delle risorse;

   al comma 25 non è precisato il termine entro il quale il suddetto decreto dovrà essere emanato –:

   se il Governo intenda fornire elementi sullo stato di avanzamento dei controlli riguardo all'individuazione delle autorizzazioni e degli ulteriori atti di assenso di cui in premessa;

   se non ritenga opportuno definire tempi certi per l'emanazione del decreto di cui in premessa, al fine di stabilire i criteri e le modalità degli indennizzi in tempi brevi, così da avere certezza della loro entità e tempo sufficiente per la verifica delle condizioni degli aventi diritto entro il triennio 2020-2022.
(4-08205)


   ALEMANNO, DEL SESTO e MARTINCIGLIO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 138 del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, così come modificato dall'articolo 1, comma 17, delle legge 4 agosto 2017, n. 124 (legge annuale per mercato e la concorrenza) prevede, al fine di garantire il diritto delle vittime dei sinistri a un pieno risarcimento del danno subito, la predisposizione di una specifica tabella unica su tutto il territorio nazionale, riguardante i danni biologici subiti al fine di poter calcolare, in maniera omogenea, i danni provocati da un sinistro e di razionalizzare i costi gravanti sul sistema assicurativo e sui consumatori;

   il citato articolo 138 dispone, in particolare, che la tabella debba contenere: a) le menomazioni all'integrità psico-fisica comprese tra dieci e cento punti; b) il valore pecuniario da attribuire a ogni singolo punto di invalidità comprensivo dei coefficienti di variazione corrispondenti all'età del soggetto leso;

   lo stesso articolo 138 dispone inoltre che gli importi stabiliti nella tabella unica nazionale siano aggiornati annualmente, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, in misura corrispondente alla variazione dell'indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati accertata dall'Istat. Nella realtà sono 15 anni che detta tabella non viene aggiornata;

   da quanto si apprende a mezzo stampa, in un articolo de Il Sole 24 Ore del 15 gennaio 2021, il 13 gennaio 2021 il Ministero dello sviluppo economico ha avviato la pubblica consultazione sullo schema di decreto del Presidente della Repubblica e la relazione che definisce i valori economici dei danni non patrimoniali derivanti da macrolesioni;

   il citato schema di decreto del Presidente della Repubblica persegue dunque, dopo ben 15 anni di attesa, l'ambizioso obiettivo di uniformare e di conferire certezza alla vigente normativa in materia di risarcimento del danno non patrimoniale delle lesioni derivanti da sinistri conseguenti alla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, nonché del danno conseguente all'attività dell'esercente la professione sanitaria e del danno conseguente all'attività della struttura sanitaria o sociosanitaria, pubblica e privata –:

   se il Ministro interrogato confermi i fatti esposti e quale sia la tempistica per l'adozione degli atti di cui in premessa, posto che attraverso l'aggiornamento della citata tabella unica nazionale, si ridurrebbero notevolmente i margini di discrezionalità e, di conseguenza, l'incertezza sui valori dei risarcimenti in un'ottica di piena tutela del consumatore.
(4-08220)


   BENVENUTO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   da fonti di stampa si apprende che, negli scorsi giorni, la compagnia aerea low cost Ryanair avrebbe inviato una missiva al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e — per conoscenza — anche al commissario alla concorrenza, Margareth Vestager, e al commissario straordinario di Alitalia, avvocato Giuseppe Leogrande, chiedendo la dismissione — mediante gara aperta — degli slot (cioè i diritti di decollo e atterraggio) detenuti da Alitalia negli aeroporti di Milano-Linate e Roma-Fiumicino, così da non inficiare la concorrenza nel trasporto aereo;

   vale la pena di ricordare che la Commissione europea ha chiesto al Governo italiano — tra le condizioni per non incappare in una condanna per aiuto di Stato con riferimento alla newco Italia Trasporto Aereo Spa — di allestire una gara pubblica di vendita degli asset di Alitalia;

   tecnicamente gli slot non sono oggetto di compravendita, ma sono legati al codice di volo dell'aviolinea tricolore (Alitalia) e costituiscono parte integrante dell'asset aviation della medesima, oggetto di cessione nell'ambito della procedura concorsuale –:

   come intendano procedere rispetto alla richiesta di Ryanair per la cessione degli slot detenuti da Alitalia negli aeroporti di Milano-Linate e Roma-Fiumicino.
(4-08252)

UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FRASSINETTI e ALBANO. — Al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo n. 42 del 2004 ha inteso tutelare il nostro patrimonio artistico e regolamentare la figura professionale del restauratore, creando percorsi universitari ad hoc (laurea magistrale LMR02) e percorsi in scuole di alta formazione, salvaguardando, nello stesso tempo, coloro che già svolgevano la professione di restauratore e consentendo a questi ultimi l'iscrizione in un apposito elenco tenuto presso il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo a seguito del superamento di una selezione per titoli e competenze;

   l'articolo 182 del decreto legislativo n. 42 del 2004 detta le modalità di acquisizione della qualifica di restauratore in regime transitorio per coloro che, avendo effettuato un percorso formativo ante riforma, abbiano acquisito le necessarie competenze;

   nel 2009 il decreto ministeriale n. 87 ha definito i criteri per l'insegnamento del restauro, le modalità di accreditamento, i requisiti minimi organizzativi e di funzionamento dei soggetti che impartiscono tale insegnamento, le modalità della vigilanza sullo svolgimento delle attività didattiche e dell'esame finale e il titolo accademico rilasciato;

   oggi la formazione del restauratore si struttura in un corso a ciclo unico, articolato, in 300 crediti formativi universitari. Al termine del corso, le università rilasciano il titolo di laurea magistrale, le accademie di belle arti il diploma accademico di secondo livello, le altre istituzioni formative accreditate rilasciano un diploma, equiparato alla predetta laurea magistrale;

   anteriormente alla regolamentazione del 2009, la formazione nel settore del restauro poteva aver luogo in queste diverse modalità:

    1) frequentando le scuole del Ministero per i beni e le attività culturali con corsi biennali (in seguito triennali e poi quadriennali) aperti a meno di 10 persone per corso, con titolo di accesso anche a coloro che hanno frequentato la sola scuola dell'obbligo;

    2) frequentando le scuole di restauro regionali biennali o triennali cui si accedeva con diploma di maturità;

    3) imparando il lavoro «a bottega» per almeno 8 anni;

   tutte le modalità consentivano l'acquisizione della qualifica di restauratore per l'esercizio della professione;

   in data 22 giugno 2015 veniva pubblicato il bando per l'acquisizione della qualifica di restauratore ex articolo 182 del decreto legislativo n. 42 del 2004; detto bando prevedeva valutazioni differenti per coloro che risultavano provenire da scuole statali, valutati con punteggio pieno di 300 punti (anche se facenti parte di un ciclo di studi inferiore) e coloro che risultavano provenire da scuole regionali ed accademie, con attribuzione di 75 punti per ogni anno, cui aggiungere il doppio degli anni mancanti al raggiungimento dei 4 anni di studio in attività certificata con buon esito dalle soprintendenze, per chi aveva appreso il lavoro «a bottega» era prevista la dimostrazione di 8 anni di attività certificata dalle soprintendenze;

   dimostrate le suddette credenziali, tutti i restauratori in ottemperanza a quanto stabilito dall'articolo 182 del decreto legislativo n. 42 del 2004 sarebbero dovuti risultare qualificati tali a pari titolo ed inseriti nell'elenco;

   con il decreto del Ministero dell'istruzione e della ricerca del 21 dicembre 2017 si è proceduto all'equiparazione dei diplomi rilasciati dalle scuole di alta formazione, anteriormente al decreto del 2009, al diploma di laurea magistrale a ciclo unico in conservazione e restauro dei beni culturali, classe LMR02. Ciò anche a fronte di bandi pubblici per corsi di soli due/tre anni, con ammissione anche dopo la terza media a discapito di altri restauratori in possesso di diplomi quinquennali, anche post diploma di scuola superiore, ma non di provenienza da scuole di alta formazione –:

   se il Governo intenda adottare iniziative per estendere l'equiparazione dei diplomi rilasciati ai restauratori qualificati ex articolo 182 del decreto legislativo n. 42 del 2004 in possesso di diplomi quinquennali in arte applicata sezione restauro o conservazione, arte del legno, beni culturali ed affini, rilasciati nel periodo ante 2009 dagli istituti di istruzione secondaria di secondo grado riconosciuti dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca alle lauree triennali in restauro, conservazione, arti applicate, beni culturali ed affini, rilasciate nel periodo ante 2009 dalle università riconosciute dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
(5-05378)

Apposizione di firme ad una interpellanza urgente e indicazione dell'ordine dei firmatari.

  L'interpellanza urgente Nappi e altri n. 2-01092, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 gennaio 2021, deve intendersi sottoscritta anche dalle deputate: Grippa e Villani la quale, con il consenso degli altri sottoscrittori, ne diventa la seconda firmataria.

Apposizione di firme ad interpellanze.

  L'interpellanza Delmastro Delle Vedove n. 2-01074, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 gennaio 2021, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Donzelli.

  L'interpellanza urgente Nappi e altri n. 2-01092, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 gennaio 2021, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Paxia.

Apposizione di una firma ad una interrogazione a risposta scritta e cambio del presentatore.

  Interrogazione a risposta scritta Rampelli n. 4-08146, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 gennaio 2021, è da intendersi sottoscritta dalla deputata Meloni che ne diventa la prima firmataria.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta orale Delmastro Delle Vedove n. 3-02001, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 gennaio 2021, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Donzelli.

  L'interrogazione a risposta orale Delmastro Delle Vedove n. 3-02022, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 gennaio 2021, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Donzelli.

  L'interrogazione a risposta orale Delmastro Delle Vedove n. 3-02025, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 gennaio 2021, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Donzelli.

  L'interrogazione a risposta orale Delmastro Delle Vedove n. 3-02038, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 gennaio 2021, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Donzelli.

  L'interrogazione a risposta orale Delmastro Delle Vedove n. 3-02042, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 gennaio 2021, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Donzelli.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Delmastro Delle Vedove n. 5-05324, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 gennaio 2021, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Osnato, Zucconi, Caiata, Trancassini, Varchi, Ciaburro, Rizzetto, Deidda, Galantino, Ferro, Donzelli.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Foti n. 5-05325, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 gennaio 2021, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bignami.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   ALAIMO, D'ORSO, MARTINCIGLIO e GIARRIZZO. — Al Ministro per le politiche giovanili e lo sport. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 216, comma 4, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 consente il rimborso per gli abbonamenti relativi all'accesso a impianti sportivi a causa della sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta alla sospensione delle attività sportive disposta dalle misure di contenimento del virus COVID-19;

   in particolare, secondo quanto stabilito dalla disposizione sopra richiamata, i soggetti acquirenti possono presentare, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, istanza di rimborso del corrispettivo già versato per tali periodi di sospensione dell'attività sportiva, allegando il relativo titolo di acquisto o la prova del versamento effettuato. Il gestore dell'impianto sportivo, entro trenta giorni dalla presentazione dell'istanza, in alternativa al rimborso del corrispettivo, può rilasciare un voucher di pari valore incondizionatamente utilizzabile presso la stessa struttura entro un anno dalla cessazione delle predette misure di sospensione dell'attività sportiva;

   fermo restando che occorre attendere la conversione del provvedimento in legge per la decorrenza dei trenta giorni ai fini della presentazione della richiesta di rimborso, nel corso delle ultime settimane, si sono registrate molte segnalazioni e reclami che hanno investito il mondo delle palestre, centri fitness e centri sportivi;

   in particolare, l'interrogante è venuta a conoscenza di una serie di atteggiamenti vessatori da parte di note palestre nei confronti dei propri abbonati: nello specifico, sembrerebbe che le palestre, nonostante la loro riapertura preveda numerosi limiti che di fatto rendono la nuova prestazione offerta ben diversa da quella sottoscritta, non permettano in alcun modo non solo di rescindere dal contratto firmato in epoca pre-covid-19, ma anche di modificare eventualmente il prezzo delle restanti quote dell'abbonamento;

   per effetto delle restrizioni disposte, c'è stata una radicale difformità dei servizi resi dalle palestre rispetto a quelli originariamente acquistati dagli abbonati; come ad esempio il vincolo per il cliente di trattenersi al massimo 90 minuti all'interno dei centri sportivi o la chiusura di piscine, saune e altri servizi accessori che hanno senz'altro comportato una limitazione delle attività offerte;

   pur in presenza di tali difformità e dunque di riduzione dei servizi resi con la sottoscrizione dell'abbonamento, la maggior parte delle palestre rifiutano il legittimo diritto del consumatore di recedere dal contratto di abbonamento per la parte residua e per di più pretendono che il cliente prosegua nella fruizione ovvero nel pagamento dei mesi mancanti allo spirare dell'abbonamento;

   a ciò si aggiunge anche che alcune palestre hanno comunicato ai propri clienti che la spendibilità del voucher, così come previsto dal «decreto Rilancio», sarà condizionata eventualmente all'attivazione di un nuovo abbonamento;

   ad avviso dell'interrogante, è del tutto evidente che tali pratiche adottate sono da considerarsi scorrette in quanto il consumatore potrebbe non essere interessato a proseguire nella fruizione dell'abbonamento sia per ragioni di tutela della propria salute che per la riduzione dei servizi offerti dalla palestra;

   al contrario, sembrerebbe che nessun operatore consenta al consumatore di considerare le mutate condizioni di fruizione del servizio come giusta causa di recesso dall'abbonamento o come ragione valida per ottenere una riduzione del prezzo dell'abbonamento;

   va considerato che le pratiche segnalate rischierebbero di frustare anche la tutela prevista dall'articolo 216, comma 4, del suddetto decreto con conseguente danno per i clienti abbonati, i quali stanno subendo una evidente riduzione della tutela dei loro diritti –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di tutelare i diritti e gli interessi dei consumatori ed evitare che i danni e disagi dell'emergenza sanitaria ricadano sui privati cittadini.
(4-05999)

  Risposta. — Con riferimento alle circostanze richiamate tra le premesse dell'atto in esame, ritengo di poter affermare che le stesse abbiano riguardato una minoranza di situazioni che evidentemente violano le previsioni dell'articolo 216, comma 4, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, la cui ratio è di consentire al consumatore di poter scegliere, oltre alla possibilità del rimborso, l'emissione di un voucher di pari importo.
  Nel condannare con fermezza tali comportamenti, resto convinto che la misura abbia comunque contribuito a sostenere i gestori di palestre e centri sportivi, così duramente provati dall'emergenza epidemiologica da Covid-19. In tal senso, ho provato anche a raccogliere personalmente i favorevoli giudizi degli interessati.

Il Ministro per le politiche giovanili e lo sport: Vincenzo Spadafora.


   BARTOLOZZI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in Italia, la ratifica dei trattati internazionali interviene prevalentemente a seguito di un iter parlamentare;

   essa è in ogni caso, formalmente, un atto del Presidente della Repubblica, controfirmato dal Ministro proponente, di regola il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, ma a seguito di un'autorizzazione con legge da parte del Parlamento in tutti i casi previsti dall'articolo 80 della Costituzione;

   è di tutta evidenza come il ruolo attribuito alle Camere dall'articolo 80 della Costituzione sia finalizzato a garantire un controllo democratico sulla politica estera del Paese, di fatto affidata – come di regola avviene anche negli altri Paesi – al potere esecutivo;

   tuttavia, di fatto, il passaggio parlamentare ad avviso dell'interrogante si risolve nella gran parte dei casi in un mero momento «dell'iter burocratico», poiché di rado si rivela un'occasione per discutere nel merito l'opportunità del vincolo internazionale che si assume, anche in ragione del fatto che la gran parte dei trattati hanno un contenuto settoriale, tecnico e comunque non modificabile;

   ciò che dilata i tempi dell'entrata in vigore del trattato non è il numero di mesi che intercorrono tra la presentazione del progetto di legge di ratifica alla Camera e la sua approvazione, ma, principalmente, il tempo che normalmente intercorre tra la firma del trattato e la presentazione del disegno di legge per la ratifica dello stesso all'uno o all'altro ramo del Parlamento;

   nei cinque anni per i quali sono disponibili dati on-line, infatti, questo arco temporale dura normalmente anni – raramente meno di due – potendo giungere a dilatarsi fino a 4, 5, 6, persino 10 anni;

   non è dato sapere se questo dipenda dalla necessità di far accompagnare il trattato da un'approfondita istruttoria relativa al disegno di legge da presentare alle Camere (già in sede di Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale) o dalla necessità di raccogliere il parere favorevole di più Ministeri interessati o ancora da scarsa attenzione o lentezza del Governo nel suo insieme o infine – più probabilmente – dall'avvicendamento di Governi diversi, che potrebbe portare alla ripetizione di tali iter;

   il tema, dunque, ad avviso dell'interrogante, merita un'indagine approfondita;

   appare opportuno, dunque, un potenziamento della funzione di indirizzo e controllo del Parlamento che potrebbe sì passare per un più accorto esercizio della funzione di approvazione delle leggi di ratifica, ma sarebbe più opportuno gestire mediante strumenti ad hoc come quelli previsti nell'ambito del rapporto tra ordinamento italiano ed ordinamento europeo –:

   se il Governo intenda, per quanto di competenza, fornire gli opportuni chiarimenti in merito a quanto esposto in premessa ed in particolare indicando, in relazione ai disegni di legge di ratifica pendenti ad oggi, se si tratti di accordi bilaterali o multilaterali, quando i singoli accordi siano stati firmati, quando i singoli trattati siano entrati in vigore;

   quali siano gli specifici settori di competenza e, segnatamente, per il Dicastero della Giustizia, quanti in materia di: estradizione, riammissione, sicurezza sociale, assistenza giudiziaria penale e civile, stato civile, cooperazione contro la criminalità ed il terrorismo e diritti umani.
(4-07142)

  Risposta. — L'istituto giuridico della ratifica dei trattati internazionali, disciplinato dalla Costituzione, in particolare agli articoli 80 e 87, attribuisce al Parlamento un ruolo di garante del controllo democratico sull'attività di politica estera portata avanti dal Governo.
  Con particolare riferimento agli accordi bilaterali in materia di cooperazione giudiziaria, il Ministero della giustizia cura i lavori preparatori alla negoziazione e dunque la complessa attività di studio che precede il negoziato. All'esito del negoziato, in coordinamento con il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (Maeci), si forma l'accordo con la controparte su un dato testo. Seguono parafatura e firma.
  Quanto alla tempistica intercorrente tra la firma di un trattato e la presentazione del relativo disegno di legge di ratifica alle Camere, questa si dilata in alcuni casi per le ragioni indicate dalla stessa interrogante: necessità di far accompagnare il trattato da un'approfondita istruttoria relativa al disegno di legge; necessità di raccogliere il parere favorevole di più Ministeri interessati; necessità di riavviare l'
iter nel caso di formazione di un nuovo Governo o all'avvio di una nuova legislatura.
  Ciò premesso, anche grazie all'azione costante del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, negli ultimi anni è stato notevolmente ridotto l'arretrato precedentemente accumulatosi. Soltanto in questa legislatura il Parlamento ha approvato 57 disegni di legge di iniziativa governativa che hanno autorizzato la ratifica in totale di 72 tra accordi, convenzioni, scambi di note e protocolli, 27 dei quali riguardanti la materia della cooperazione giudiziaria. A ciò vanno aggiunti 10 disegni di legge di autorizzazione alla ratifica di iniziativa parlamentare, relativi ad ulteriori 12 trattati di diversa tipologia.
  In ambito giudiziario sono attualmente all'esame del Parlamento i seguenti disegni di legge di ratifica:

   disegno di legge di ratifica ed esecuzione del trattato di estradizione e del trattato di assistenza giudiziaria reciproca tra la Repubblica italiana e la Repubblica dominicana, fatti a Roma il 13 febbraio 2019 – AC 2577 (già AS 1588);

   disegno di legge di ratifica ed esecuzione del trattato di assistenza, giudiziaria in materia penale tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica del Senegal, fatto a Dakar il 4 gennaio 2018 – AS 1987;

   disegno di legge di ratifica ed esecuzione del protocollo addizionale alla Convenzione sul trasferimento delle persone condannate, fatto a Strasburgo il 18 dicembre 1997, e del protocollo di emendamento al protocollo addizionale alla Convenzione sul trasferimento delle persone condannate, fatto a Strasburgo il 22 novembre 2017 – AC 2522 (già AS 1239);

   disegno di legge di ratifica ed esecuzione dell'accordo fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Kosovo sul trasferimento delle persone condannate, fatto a Roma l'11 aprile 2019 – AS 1955 (già AC 2314);

   disegno di legge di ratifica ed esecuzione del protocollo addizionale alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla criminalità informatica, riguardante la criminalizzazione degli atti di razzismo e xenofobia commessi a mezzo di sistemi informativi, fatto a Strasburgo il 28 gennaio 2003 – AS 1764;

   disegno di legge di ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa contro il traffico di organi umani, fatta a Santiago de Compostela il 25 marzo 2015, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno – AC 1122;

   disegno di legge di ratifica ed esecuzione del protocollo di emendamento alla Convenzione sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato di dati a carattere personale, fatto a Strasburgo il 10 ottobre 2018 – AC 2579.

  Sono invece solamente due i trattati bilaterali di cooperazione giudiziaria che risultano, alla data del 7 dicembre 2020, firmati dall'Italia e in attesa di essere presentati al Parlamento per la ratifica: quelli in materia penale e sul trasferimento delle persone condannate tra la Repubblica italiana e la Repubblica orientale dell'Uruguay, firmati entrambi nel marzo 2019 e per i quali è tuttora in corso l'istruttoria interministeriale tempestivamente avviata da questo Ministero già nel settembre 2019.
  Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale continuerà a collaborare attivamente con il Ministero della giustizia per la rapida finalizzazione dei negoziati e la successiva ratifica degli accordi futuri. Tenuto conto della specificità della materia delle relazioni internazionali e nel pieno rispetto del dettato costituzionale, questo Ministero continuerà altresì a lavorare con il Parlamento per individuare modalità di raccordo che accelerino, laddove possibile, i tempi di esame dei disegni di legge di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali.

La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Emanuela Claudia Del Re.


   BATTILOCCHIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nel febbraio 2020 la Repubblica di Bielorussia ha sospeso i programmi solidaristici di accoglienza di minori stranieri quale misura di contrasto all'emergenza pandemica COVID-19;

   il 21 luglio 2020, anche in Italia, per il medesimo motivo, in seguito alla riunione di un gruppo di lavoro interministeriale ad hoc, composto dai rappresentanti delle amministrazioni a diverso titolo interessate (Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e Ministero della salute) è stata disposta una sospensione temporanea dei programmi di accoglienza;

   da mesi le famiglie italiane ospitanti i minori non hanno avuto notizie riguardo ai progetti solidaristici e non sanno se, e quando, sarà possibile per loro ospitare nuovamente i minori partecipanti all'iniziativa;

   in Italia sono migliaia le famiglie che da anni portano avanti questi progetti e che hanno creato un legame affettivo con i minori in questione fondamentale per la crescita, l'integrazione e lo sviluppo psico-sociale dei ragazzi –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti e se ritengano opportuno porre in essere iniziative per giungere a un accordo con le autorità bielorusse per agevolare il riavvio dei progetti solidaristici di accoglienza alla luce delle evidenze di cui in premessa.
(4-07366)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo indicato in esame, si rappresenta quanto segue.
  I programmi solidaristici di accoglienza temporanea di minori stranieri, contemplati dall'articolo 33 del decreto legislativo n. 286 del 1998 e disciplinati dagli articoli 2, 8 e 9 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 535 del 1999, prevedono l'accoglienza in Italia, per un tempo massimo di 120 giorni nell'arco dell'anno solare e generalmente nel periodo estivo e natalizio, di minori stranieri che versano in situazioni di difficoltà. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è competente per l'approvazione dei suddetti programmi, su richiesta degli enti proponenti o di singole famiglie, nei rispetto di criteri predeterminati e previo rilascio di un apposito nulla osta da parte della questura e conseguente visto di ingresso per motivi turistici da parte delle autorità diplomatico-consolari. I minori che prendono parte a tali programmi sono accolti principalmente presso famiglie, che agiscono su base volontaria e che sono valutate e selezionate dagli enti promotori.
  Tali soggiorni, nati ai tempi di Chernobyl per accoglienze temporanee di bambini provenienti dalle aree colpite dal noto disastro nucleare, sono rivolti ai bambini provenienti soprattutto da Bielorussia, Ucraina, Federazione Russa e Bosnia. Per fornire un quadro complessivo del fenomeno, la direzione generale competente del Ministero del lavoro e delle politiche sociali elabora annualmente dei
report in cui vengono diffusamente illustrati i dati relativi alle nazionalità di provenienza dei minori e alle modalità di svolgimento dei programmi di accoglienza temporanea, previamente approvati. In particolare, con riferimento alla Bielorussia, sono stati ospitati 6.485 bambini nel 2018 e 5.898 nel 2019.
  A causa della diffusione del Sars-CoV-2, però, le autorità della Repubblica di Bielorussia, con nota trasmessa in data 27 febbraio 2020, hanno ufficialmente e unilateralmente disposto la sospensione dell'ingresso dei minori di nazionalità bielorussa in Italia nell'ambito dei progetti solidaristici «fino alla stabilizzazione della situazione epidemiologica». Alla luce di tale decisione da parte delle autorità della Repubblica di Bielorussia, nonché in conseguenza delle misure volte al contenimento della diffusione del Sars-CoV-2 adottate a livello nazionale e internazionale, e in particolare di quelle che limitano gli spostamenti delle persone fisiche da e verso l'Italia, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali in data 15 giugno 2020 ha comunicato, attraverso apposito avviso pubblicato sul sito istituzionale, la temporanea sospensione dei programmi solidaristici di accoglienza dei minori stranieri, di cui all'articolo 33 del decreto legislativo n. 286 del 1998 e agli articoli 8 e 9 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 535 del 1999.
  Al fine di monitorare l'evoluzione della situazione epidemiologica e del quadro normativo di riferimento per l'eventuale riavvio di tali programmi, nel mese di giugno è stato costituito un gruppo di lavoro interministeriale, composto dalle amministrazioni a diverso titolo competenti sul tema (Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Ministero della salute e Ministero del lavoro e delle politiche sociali).

  Il citato gruppo interministeriale si è riunito in data 25 giugno, 7 e 16 luglio, 28 settembre, 18 novembre e 4 dicembre 2020, confermando ogni volta all'unanimità la proroga della sospensione dei programmi solidaristici, in considerazione del perdurare della gravità della situazione epidemiologica in corso e della mancata variazione del quadro normativo con specifico riferimento ai Paesi coinvolti in tali programmi.
  Si fa presente, inoltre, che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, inoltre, sempre previa consultazione delle altre amministrazioni coinvolte, ha costantemente provveduto ad aggiornare sul sito istituzionale l'avviso inerente alla sospensione dei programmi
de quibus, per dar conto degli atti normativi intervenuti medio tempore e dei lavori del gruppo interministeriale (in particolare in data 21 luglio, 19 ottobre e da ultimo 4 dicembre 2020).
  A ciò si aggiunga che da parte delle autorità bielorusse non risultano pervenuti avvisi di segno contrario rispetto alla decisione comunicata in data 27 febbraio 2020 di sospendere i programmi solidaristici dei minori bielorussi in Italia.
  L'opportunità di protrarre la sospensione dei programmi solidaristici è stata valutata anche in considerazione degli orientamenti espressi con la raccomandazione della Commissione europea del 30 giugno 2020, aggiornata in data 17 luglio e 22 ottobre 2020, relativa alle restrizioni temporanee dei viaggi verso l'Unione europea dei cittadini dei Paesi terzi non inclusi nell'elenco allegato alla raccomandazione citata, alla quale si è ritenuto opportuno allinearsi ai fini di una maggiore tutela della salute della comunità, oltre che dei minori e delle famiglie ospitanti.
  Con riferimento alla parte dell'interrogazione in cui si afferma che «da mesi le famiglie italiane ospitanti i minori non hanno avuto notizie riguardo ai progetti solidaristici e non sanno se, e quando, sarà possibile per loro ospitare nuovamente i minori partecipanti all'iniziativa», si fa presente che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali si è da subito adoperato con ogni mezzo al fine di assicurare il dialogo con gli enti proponenti e con le famiglie ospitanti: è stato, infatti, sempre attivo un servizio di assistenza telefonica
mail appositamente dedicato. Si è, inoltre, sempre provveduto a rispondere alle molteplici richieste di informazioni pervenute dalle associazioni e dalle famiglie attraverso comunicazioni esplicative con le quali si dava atto dell'impossibilità di procedere all'approvazione dei programmi solidaristici, alla luce delle disposizioni normative vigenti.
  Da ultimo, si evidenzia che su iniziativa del gruppo interministeriale, è stato elaborato dal Ministero della salute un protocollo, condiviso con le altre amministrazioni coinvolte, contenente le «Indicazioni operative per i programmi solidaristici di accoglienza di minori stranieri» da utilizzare quando sarà possibile riprendere i citati programmi. Il protocollo, in attesa della validazione del CTS, è stato trasmesso alle associazioni interessate, proprio al fine di garantire la massima trasparenza e conoscibilità di tutte le iniziative poste in essere dalle amministrazioni competenti volte a favorire la tempestiva ripresa in sicurezza dei programmi solidaristici qualora gli attuali divieti di spostamento dovessero modificarsi in relazione al normalizzarsi della situazione epidemiologica in corso, tenendo sempre in considerazione il superiore interesse dei minori beneficiari.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Stanislao Di Piazza.


   BELOTTI. — Al Ministro per le politiche giovanili e lo sport. — Per sapere – premesso che:

   la stampa nazionale riporta la notizia che la Lega Calcio ha approntato un dettagliato protocollo per consentire ai tifosi di tornare seppur parzialmente allo stadio già durante questo finale di stagione;

   in particolare, secondo quanto riportato da un comunicato della Lega di Serie A, con il suddetto protocollo «È stata ribadita la necessità di favorire al più presto, nel pieno rispetto delle condizioni di sicurezza, la riapertura parziale degli stadi al pubblico. A tal proposito è in fase di finalizzazione un articolato protocollo che sarà inviato nelle prossime ore al Presidente della Figc Gabriele Gravina affinché possa utilizzarlo nelle interlocuzioni con le istituzioni governative competenti. La Lega Serie A, già nelle ultime gare di questa stagione, auspica che venga consentita a ciascuna Società, secondo le specificità di ogni realtà e impianto, la possibilità di riaprire i propri stadi ad un numero limitato di tifosi»;

   la proposta che verrà presentata prima al presidente della Figc e poi al Comitato tecnico scientifico è di destinare al pubblico una percentuale tra il 25 per cento e il 40 per cento della capienza di ogni impianto, a seconda degli standard che la struttura è in grado di offrire. Lo studio prevede come soglia massima una presenza di 34 mila persone a San Siro, 30 mila all'Olimpico di Roma e 17 mila all'Allianz Stadium;

   lo studio fa seguito alla richiesta del comune di Genova, che ha chiesto la possibilità di aprire i cancelli dello stadio Luigi Ferraris ad una rappresentanza di tifosi in occasione del derby della Lanterna, in programma il 22 luglio alle 21,45;

   in Puglia il presidente Emiliano ha confermato che Lecce e Bari hanno chiesto in modo congiunto la riapertura parziale degli stadi a breve, rispettando le norme di sicurezza;

   a sostegno della richiesta dei presidenti di Serie A, vengono però anche gli altri sport che hanno proposto protocolli del genere, come riportato dal quotidiano la Gazzetta dello Sport. Il tennis, per esempio, chiede un'apertura del 50 per cento per gli Internazionali d'Italia che dovrebbero svolgersi alla fine di settembre;

   nel mese di giugno 2020 sono ripresi i lavori di ristrutturazione dello stadio di Bergamo che dovrebbero essere ultimati all'inizio del prossimo campionato di calcio. La richiesta di riapertura parziale degli impianti calcistici deve necessariamente tener presente tutte le realtà sportive non pregiudicando quelle che hanno stadi a capienza ridotta ma un elevato numero di tifosi con il rischio di discriminazioni tra gli abbonati di settori diversi dello stesso stadio;

   alcune squadre di calcio, inoltre, hanno già contattato i propri tifosi titolari di un abbonamento per la corrente stagione sportiva al fine di proporre agli stessi un voucher che, qualora esercitato, comporterebbe l'impossibilità di utilizzo dell'abbonamento stesso per le ultime partite qualora venissero effettivamente riaperti gli stadi;

   il totale immobilismo della Figc nella tenuta della regolarità del campionato, determinato probabilmente dalle prossime elezioni presidenziali, non è ulteriormente tollerabile –:

   quali iniziative di competenza il Ministro intenda porre in essere al fine di una ordinata riapertura degli impianti sportivi per le ultime giornate della corrente stagione, ma soprattutto per il prossimo campionato, che non pregiudichi i diritti dei tifosi delle squadre con stadi a capienza ridotta, tenendo inoltre presente che, per non falsare il regolare svolgimento delle gare, deve essere data pari opportunità a tutte le società, senza quindi escluderne qualcuna per motivi sanitari in base all'indice Rt di una regione.
(4-06434)

  Risposta. — Come noto, l'articolo 1, comma 6, lettera f), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 7 agosto 2020 ha confermato la disposizione per la quale «eventi e competizioni sportive – riconosciuti di interesse nazionale e regionale dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano (Coni), dal Comitato Italiano Paralimpico (Cip) e dalle rispettive federazioni ovvero organizzati da organismi sportivi internazionali – sono consentiti a porte chiuse ovvero all'aperto senza la presenza di pubblico nel rispetto dei protocolli emanati dalle rispettive Federazioni sportive nazionali, Discipline Sportive Associate ed Enti di Promozione Sportiva».
  Tale misura è stata poi confermata con successivo provvedimento del 7 settembre 2020 che ne ha esteso il corso di validità sino al 7 ottobre 2020.
  Con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 ottobre 2020, in un'ottica di graduale e prudente riapertura al pubblico degli stadi, è stata consentita la presenza di pubblico con una percentuale massima del 15 per cento rispetto alla capienza totale degli impianti e comunque non oltre il numero massimo di 1.000 spettatori per manifestazioni sportive all'aperto e 200 spettatori per manifestazioni sportive in luoghi chiusi, esclusivamente negli impianti sportivi nei quali sia possibile assicurare la prenotazione e l'assegnazione preventiva del posto a sedere.
  Per fronteggiare il preoccupante aumento dei contagi registrati dopo la metà di ottobre, un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ha introdotto misure contenitive più stringenti, tra cui lo svolgimento di eventi e manifestazioni sportive a porte chiuse.
  In relazione a quanto precede e alla luce dell'attuale situazione, non posso che confermare la correttezza della linea seguita dal Governo, ispirata ai principi di massima precauzione, proporzionalità e adeguatezza sin dall'inizio dell'emergenza da Sars-Cov-2, sempre oggetto di dialogo e concertazione con le regioni.

Il Ministro per le politiche giovanili e lo sport: Vincenzo Spadafora.


   BIGNAMI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   il progetto per la riqualificazione di piazza Malatesta, a Rimini, interessa un'area di oltre 11.000 metri quadri e prevede numerosi interventi, tra nuove pavimentazioni, nuova illuminazione e arredi fissi. Si prevede inoltre uno spazio urbano, per installazioni a tema felliniano;

   l'impianto urbano della nuova piazza dovrebbe essere basato su tre distinte aree. La prima, nell'ingresso del centro antico, attraverso l'asse di via Marecchiese e dai Bastioni occidentali, dove saranno ambientate le scene rurali della campagna e che richiamano le scene di «Amarcord». La seconda, è lo spazio che unisce Castello e Teatro Galli, dove saranno realizzate fontane con una lama d'acqua di circa 1000 metri quadri per evocare il passaggio del Rex. La terza, a fianco del Teatro che confluisce dalla piazza Cavour e da via Verdi, via D'Azeglio e via Agostino di Duccio, ospiterà le ambientazioni del teatro e del set cinematografico del film capolavoro «8 e 1/2»;

   nel corso dei lavori, si sono verificati numerosi ritrovamenti archeologici tra cui l'antemurale o «controscarpa» del fossato (ovvero la prima linea difensiva del Castello). In consiglio comunale il capogruppo di Fratelli d'Italia, Gioenzo Renzi, ha chiesto infatti la revisione totale del progetto esecutivo «Museo Fellini» di piazza Malatesta;

   in consiglio comunale la giunta ha ribadito che il progetto ha il «via libera» della Soprintendenza. Tuttavia, nei rilievi della Soprintendenza si legge:

    «in corrispondenza del vano tecnico della fontana nel fossato della Rocca sarà necessario verificare la presenza di strutture archeologiche, in quanto si ritiene possibile che le attività in progetto intercettino i “battiponte” di accesso alla Rocca»;

    «Il sondaggio eseguito ha evidenziato la presenza di strutture archeologiche, in corrispondenza della predisposizione del vano tecnico della fontana nel fossato. Di conseguenza, sarà necessario ampliare e approfondire l'indagine archeologica in modo da individuare congiuntamente una soluzione progettuale che possa tutelare e conservare le strutture archeologiche individuate, sia relativamente alla predisposizione del vano, sia per le relative condutture» –:

   come si giustifichi un parere favorevole della Soprintendenza sul progetto esecutivo di cui in premessa sulla base dei suddetti rilievi e su un'area interamente tutelata da vincolo archeologico;

   quali iniziative di competenza si intendano attuare per fare piena luce sulle presenze archeologiche diffuse su tutta piazza Malatesta, sottoposta al vincolo di inedificabilità assoluta e alla norme condizionanti del piano strutturale comunale (Psc);

   se, alla luce di quanto esposto, si intendano adottare le iniziative di competenza affinché la Soprintendenza riveda complessivamente il parere favorevole espresso sul suddetto progetto.
(4-06746)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo indicato in oggetto, con il quale l'onorevole interrogante ha chiesto informazioni sul progetto di riqualificazione di piazza Malatesta a Rimini.
  Sulla base degli elementi acquisiti per il tramite della direzione archeologia, belle arti e paesaggio, si rappresenta quanto segue.
  Il progetto di riqualificazione di piazza Malatesta è all'interno di una progettazione più ampia, denominata «Museo Fellini», riguardante il recupero identitario e la valorizzazione del quadrante urbano del centro storico di Rimini.
  Il progetto è suddiviso in 3 Lotti distinti, di cui il Lotto 2 prevede la riproposizione del fossato di Castel Sismondo nell'antico sedime, mediante la predisposizione di una fontana in forma di piazza allagabile con una profondità di 10 centimetri (il velo d'acqua dovrà ricordare la presenza dell'antico sistema difensivo).
  Per tale fontana è necessaria la realizzazione di un vano tecnico interrato, con scavi di limitata estensione ma oltre i 4 metri di profondità.
  La realizzazione del citato vano tecnico è prevista all'interno del fossato del Castello che, sulla base di documenti d'archivio e di passate indagini archeologiche, fu riempito nel 1826, poi asfaltato e in parte adibito a parcheggio, in parte posto al l'interno dell'attuale viabilità.
  Le attività indicate nel progetto ricadono all'interno del vincolo apposto sull'area della Rocca Malatestiana (Castel Sismondo) dal Ministero dei beni culturali e ambientali con decreto ministeriale del 29 ottobre 1991.
  Sulla base di tali elementi, a seguito di alcuni incontri tecnici e della trasmissione del progetto nelle sue varie elaborazioni, sono state attivate le procedure previste dal comma 4, articolo 28 del decreto legislativo n. 42 del 2014 e dell'articolo 25 del decreto legislativo n. 50 del 2016.
  In particolare, in riferimento al progetto preliminare e alla relazione sull'inquadramento archeologico dell'area, la soprintendenza competente, in data 23 maggio 2019, ha segnalato di ravvisare l'interesse archeologico dell'intera area sottoposta a riqualificazione e la conseguente necessità di attivare la procedura prevista dal comma 8, articolo 25 del decreto legislativo n. 50 del 2016, specificando che le caratteristiche progettuali, con previsione di ripavimentazione delle aree, richiedevano la realizzazione di uno splateamento preventivo con eventuale successiva impostazione di uno scavo archeologico delle evidenze emerse.
  Nel successivo progetto definitivo, oltre alla ripavimentazione dell'area sono stati previsti scavi in profondità, parte dei quali per la predisposizione di un vano tecnico interrato da collocarsi in corrispondenza del fossato della Rocca (Lotto 2).
  Su tale progetto la soprintendenza, in data 18 febbraio 2020, quanto alla competenza archeologica, ha espresso un parere di massima favorevole, confermando la necessità di predisporre lo splateamento preventivo prima dell'inizio dei lavori in progetto, ma richiedendo altresì l'esecuzione di una serie di verifiche archeologiche, in quanto è stata riscontrata una possibile interferenza con le strutture interrate del battiponte e di accesso al Castello (in parte individuate nel 1992 con sondaggi mirati a solo scopo conoscitivo).
  Nella succitata nota del 18 febbraio 2020, l'ufficio competente ha, di conseguenza, specificato: «in corrispondenza del vano tecnico della fontana del fossato della Rocca, sarà necessaria l'esecuzione di sondaggi/trincee a carattere preventivo per verificare la presenza di evidenze e/o strutture archeologiche, in quanto si ritiene possibile che le attività in progetto intercettino il battiponte di accesso alla Rocca. Contemporaneamente si segnala che durante l'incontro congiunto avvenuto il 23 gennaio 2020, si è concordato di ridurre al minimo gli impatti del vano tecnico, modifica progettuale che si chiede venga inserita all'interno del progetto esecutivo».
  Nei giorni 25-29 maggio 2020 sono state effettuate le prime verifiche archeologiche, in corrispondenza del fossato, che hanno permesso di confermare la presenza di un riempimento costituito da riporti di terreno e macerie, risalente al 1826, e la localizzazione di una parte delle strutture poste in corrispondenza del ponte di accesso, con una minima interferenza, come documentato dalla relazione archeologica del 12 giugno 2020.
  In riferimento al progetto esecutivo, relativo al Lotto 2 (trasmesso alla soprintendenza competente in data 20 aprile 2020), tenuto conto dell'interferenza minima attestata nelle verifiche preventive e della possibilità di ridurre le dimensioni del vano e di collocarlo all'interno del riempimento del fossato, in data 19 giugno 2020 la stessa soprintendenza per le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini ha rilasciato parere favorevole specificando: «il sondaggio eseguito ha evidenziato la presenza di elementi strutturali che, sulla base del progetto, vengono in parte intercettati dalla predisposizione del vano. Di conseguenza, al momento dell'avvio dei lavori sarà necessario ampliare e approfondire l'indagine archeologica in modo da individuare congiuntamente ma soluzione progettuale che possa tutelare e conservare le strutture archeologiche individuate, sia relativamente alla predisposizione del vano, sia per le relative condutture».
  Sulla base di tale parere, sono stati effettuati vari incontri con gli esecutori dell'opera (Hera S.p.A.) in modo da organizzare l'approfondimento dell'indagine.
  Tenuto conto dei lavori del Lotto 1, in corso di realizzazione, si è stabilito di anticipare una parte delle verifiche, effettuate nei giorni 11 settembre 2020 e 22 settembre 2020.
  Tali verifiche hanno permesso di confermare l'assenza di ulteriori strutture.
  Ulteriori indagini verranno predisposte al momento dell'avvio dei lavori, quando sarà possibile mettere in sicurezza l'intera area, in modo da tutelare e conservare le strutture archeologiche individuate.

La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Anna Laura Orrico.


   BIGNAMI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 62 del decreto legislativo n. 82 del 2005 (codice dell'amministrazione digitale), comma 3, prevede che: l'Associazione nazionale popolazione residente assicura ai comuni la disponibilità dei dati, degli atti e degli strumenti per lo svolgimento delle funzioni di competenza statale attribuite al sindaco ai sensi dell'articolo 54, comma 3, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e mette a disposizione dei comuni un sistema di controllo, gestione e interscambio, puntuale e massivo, di dati, servizi e transazioni necessario ai sistemi locali per lo svolgimento delle funzioni istituzionali di competenza comunale. Al fine dello svolgimento delle proprie funzioni, il comune può utilizzare i dati anagrafici eventualmente detenuti localmente e costantemente allineati con l'Anpr al fine esclusivo di erogare o usufruire di servizi o funzionalità non fornite dall'Anpr. L'Anpr consente ai comuni la certificazione dei dati anagrafici nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 33 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, anche in modalità telematica. La certificazione dei dati anagrafici in modalità telematica è assicurata dal Ministero dell'interno tramite l'Anpr mediante l'emissione di documenti digitali muniti di sigillo elettronico qualificato, ai sensi del regolamento (UE) n. 910/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014. I comuni, inoltre, possono consentire, anche mediante apposite convenzioni, la fruizione dei dati anagrafici da parte dei soggetti aventi diritto. L'Anpr assicura ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, lettere a) e b), l'accesso ai dati contenuti nell'Anpr. L'Anpr attribuisce a ciascun cittadino un codice identificativo univoco per garantire la circolarità dei dati anagrafici e l'interoperabilità con le altre banche dati delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di servizi pubblici di cui all'articolo 2, comma 2, lettere a) e b);

   la suddetta «circolarità dei dati anagrafici e l'interoperabilità con le altre banche dati delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di servizi pubblici» non risulta ad oggi affatto compiuta, posto che, a mero titolo esemplificativo:

    i comuni non subentrati non possono visualizzare i dati relativi alle residenze per fini di notificazione degli atti, con evidente dispendio di tempo e risorse per la pubblica amministrazione;

   le forze dell'ordine non accedono ai dati delle residenze contenuti in Anpr –:

   con quali tempistiche si intenda giungere al completamento di tali circolarità ed interoperabilità dei dati, affinché tutti i soggetti della pubblica amministrazione possano accedervi compiutamente, ai fini di garantire maggiore celerità e soprattutto efficacia dell'azione amministrativa.
(4-07300)

  Risposta. — Rispondo all'interrogazione in esame con la quale si chiede di conoscere le tempistiche per giungere al completamento della circolarità ed interoperabilità dei dati contenuti nell'Anagrafe nazionale della popolazione residente (Anpr) affinché tutti i soggetti della pubblica amministrazione possano accedervi.
  Sulla base dell'istruttoria avviata al fine di rispondere all'interrogante, per quanto di competenza, e degli elementi che mi sono stati forniti rappresento quanto segue: con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 novembre 2014 n. 194, di attuazione dell'articolo 62, comma 6, del decreto legislativo n. 82 del 2005 (Codice dell'amministrazione digitale - CAD), sono state regolate le modalità di realizzazione e di funzionamento di Anpr e definiti i servizi destinati ai comuni e alle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
  In particolare, l'articolo 5 del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri descrive i servizi di cui le amministrazioni pubbliche possono fruire per l'espletamento dei loro compiti istituzionali (allegato D del decreto) e affida alla direzione centrale per i servizi demografici del dipartimento degli affari interni e territoriali del Ministero dell'interno la competenza di verificare i presupposti e le condizioni di legittimità per l'accesso alla banca dati demografica.
  Attualmente, l'accesso ad Anpr è consentito alle seguenti amministrazioni: Istat, Agenzia delle entrate, Inps, Ministero degli esteri e della cooperazione internazionale e motorizzazione civile.
  Con circolare n. 4 del 2 maggio 2019, il dipartimento degli affari interni e territoriali del Ministero dell'interno ha sollecitato le attività di subentro da parte dei comuni e diramato le istruzioni operative per consentire, nel rispetto dei requisiti di sicurezza, anche agli enti non ancora transitati di accedere ai servizi di interrogazione dell'Anpr per l'espletamento delle funzioni anagrafiche.
  Alla data del 2 maggio 2019, risultavano transitati in Anpr circa 2.000 comuni, attualmente sono 6.644 su 7.903.
  Al fine di completare le attività di subentro da parte della totalità degli enti, la direzione centrale per i servizi demografici sta realizzando uno specifico progetto, in collaborazione con il dipartimento per la Trasformazione digitale e con l'agenzia per l'Italia digitale, finalizzato a procedimentalizzare e semplificare le modalità di accesso alla Banca dati, secondo le previsioni dell'articolo 50 del decreto legislativo n. 82/2005, nella cornice di sicurezza delineata dal citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 194/2014.
  Tale progettualità prevede che il servizio sia reso disponibile previa sottoscrizione di uno schema di «Accordo per la fruizione dei dati Anpr da parte delle pubbliche amministrazioni», già sottoposto ad una preventiva valutazione dell'Autorità Garante per la protezione dei dati personali che ha espresso parere il 24 giugno 2020 (Registro dei provvedimenti n. 110), e in fase di adeguamento alle prescrizioni espresse dalla stessa Autorità.

La Ministra per la pubblica amministrazione: Fabiana Dadone.


   BIGNAMI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   con comunicazione del 13 novembre 2020, il direttore generale della direzione generale per i servizi di comunicazione elettronica, di radiodiffusione e postali — divisione V — del Ministero dello sviluppo economico ha chiarito le modalità di erogazione dei contributi di cui al decreto-legge n. 34 del 2020 convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, pubblicata nella Gazzetta ufficiale del 18 luglio 2020, n. 180, recante «Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19», con particolare riferimento all'articolo 195 relativo al «Fondo per emergenze relative alle emittenti locali»;

   l'articolo 195 prevede: «Al fine di consentire alle emittenti radiotelevisive locali di continuare a svolgere il servizio di interesse generale informativo sui territori, attraverso la quotidiana produzione e trasmissione di approfondita informazione locale a beneficio dei cittadini, è stanziato nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico l'importo di 50 milioni di euro per l'anno 2020, che costituisce tetto di spesa, per l'erogazione di un contributo straordinario per i servizi informativi connessi alla diffusione del contagio da COVID-19. Le emittenti radiotelevisive locali beneficiarie si impegnano a trasmettere i messaggi di comunicazione istituzionale relativi all'emergenza sanitaria all'interno dei propri spazi informativi. Il contributo è erogato secondo i criteri previsti con decreti del Ministro dello sviluppo economico, contenenti le modalità di verifica dell'effettivo adempimento degli oneri informativi, in base alle graduatorie per l'anno 2019 approvate ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 2017, n. 146»;

   nella suddetta comunicazione inoltre si specifica che «possono presentare la domanda di ammissione al beneficio solo le emittenti radiotelevisive elencate nell'Allegato A (emittenti televisive commerciali), nell'Allegato B (emittenti televisive comunitarie), nell'Allegato C (emittenti radiofoniche commerciali) e nell'Allegato D (emittenti radiofoniche comunitarie) secondo le avvertenze riportate nelle medesime graduatorie»; .

   pertanto, è da intendersi che solo le emittenti già inserite in graduatoria per l'anno 2019 possano accedere ai menzionati benefici, con esclusione dunque di quelle che non erano state inserite precedentemente in graduatoria per non aver fatto richiesta di contribuzione. Ciò potrebbe apparire discriminatorio in quanto le emittenti che non avevano presentato domanda per l'inserimento in graduatoria nel 2019, e che dunque non hanno gravato in alcun modo sulle casse pubbliche per l'esercizio della loro attività, potrebbero comunque essersi ritrovate in difficoltà a causa dell'emergenza sanitaria da COVID-19 –:

   se intenda adottare iniziative, dal punto di vista normativo, per consentire l'accesso ai contributi per le emittenti radiotelevisive di cui al decreto-legge n. 34 del 2020 convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 18 luglio 2020, n. 180, anche a quelle emittenti che non sono inserite nella graduatoria per l'anno 2019.
(4-07725)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  L'interrogante fa riferimento all'erogazione di contributi alle emittenti radiotelevisive locali che si impegnano a trasmettere messaggi di comunicazione istituzionale relativi all'emergenza epidemiologica in corso.
  In particolare, l'interrogante fa riferimento al decreto del Ministero dello sviluppo economico 12 ottobre 2020 recante «Definizione dei criteri di verifica e delle modalità di erogazione degli stanziamenti previsti a favore delle emittenti locali televisive e radiofoniche», a cui ha fatto seguito il decreto direttoriale del 13 novembre 2020 che disciplina le modalità di presentazione della domanda di accesso al contributo straordinario in parola.
  Si tratta del decreto attuativo dell'articolo 195 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 («decreto Rilancio»), convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, che ha previsto il «Fondo per emergenze relative alle emittenti locali».
  Infatti, l'articolo 195 del «decreto Rilancio» ha previsto l'erogazione di un contributo straordinario per i servizi informativi connessi alla diffusione del contagio da Sars-Cov-2 a favore delle emittenti radiotelevisive locali che si impegnano a trasmettere i messaggi di comunicazione istituzionale relativi all'emergenza sanitaria all'interno dei propri spazi informativi. La disposizione prevede lo stanziamento, nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, di un importo di 50 milioni di euro da erogare a favore delle emittenti locali radiotelevisive commerciali e comunitarie, in base alle graduatorie per l'anno 2019, approvate ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 2017, n. 146, recante «Regolamento concernente i criteri di riparto tra i soggetti beneficiari e le procedure di erogazione delle risorse del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione in favore delle emittenti televisive e radiofoniche locali».
  E dunque, in applicazione del disposto dell'articolo 195 del decreto Rilancio, il decreto 12 ottobre 2020 del Ministero dello sviluppo economico ha disposto l'emanazione del successivo «decreto direttoriale di concessione del contributo straordinario alle emittenti locali in base alle graduatorie per l'anno 2019, approvate ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 2007, n. 146, con l'elenco degli importi spettanti».
  Infatti, le emittenti radiotelevisive locali hanno ricevuto per il 2019 le risorse del «Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione» di cui all'articolo 1 della legge 26 ottobre 2016, n. 198 – inteso quale contributo ordinario – istituito per la realizzazione di obiettivi di pubblico interesse, quali la promozione del pluralismo dell'informazione, il sostegno dell'occupazione nel settore, il miglioramento dei livelli qualitativi dei contenuti forniti e l'incentivazione dell'uso di tecnologie innovative.
  In seguito alla istituzione di tale Fondo, è stato emanato il decreto del Presidente della Repubblica n. 146 del 2017, sopra richiamato, il quale fissa specifici requisiti di ammissione e di valutazione ai fini del calcolo dei contributi che vengono poi ripartiti sulla base di quattro graduatorie nazionali dei soggetti ammessi al contributo.
  I requisiti previsti dal decreto del Presidente della Repubblica n. 146 del 2017 – diversi per le emittenti TV e Radio, commerciali e comunitarie – sono stati oggetto di contestazione presso le sedi giudiziarie. In particolare, hanno presentato ricorso contro la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'economia e delle finanze per l'annullamento, tra l'altro, del decreto del Presidente della Repubblica n. 146 del 2017, le società Tvp Italy s.r.l., Mediasix s.r.l., European Broadcasting Company s.r.l., Radio Tele Molise s.r.l. e GPR Media s.r.l.
  Ebbene, con sentenze, rispettivamente, del 9 gennaio 2020, n. 194, e del 3 marzo 2020 nn. 2803, 2804, 2805 e 2814, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (sezione terza) ha respinto i sopra citati ricorsi.
  L'articolo 195 del «decreto Rilancio», nel riconoscere il contributo straordinario del «Fondo per emergenze relative alle emittenti locali», ha considerato le graduatorie relative alla annualità 2019, ovvero le ultime approvate, ai sensi del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 146 del 2017, con i decreti direttoriali prot. 19545 del 9 aprile 2020, prot. 18873 del 3 aprile 2020, prot. 19559 del 9 aprile 2020, così come modificato con decreto prot. 31946 del 22 giugno 2020 e prot. 18875 del 3 aprile 2020 rispettivamente per le emittenti locali radiotelevisive, commerciali e comunitarie, e per le emittenti radiofoniche, commerciali e comunitarie.
  È stato dunque riconosciuto un contributo «straordinario» alle emittenti radiotelevisive locali che hanno presentato domanda per il contributo ordinario derivante dal «Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione» e che, in base alle predette graduatorie definitive, sono state collocate utilmente nelle graduatorie 2019, le ultime approvate nel corso dell'anno 2020 ai sensi del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 146 del 2017.
  Come sottolineato dalle stesse sentenze del Tar Lazio, con il decreto del Presidente della Repubblica n. 146 del 2017 si è voluto definitivamente superare il meccanismo di finanziamento a pioggia, il quale non consentiva l'attribuzione di contributi in base a criteri di merito, determinando, tra l'altro, una eccessiva parcellizzazione del beneficio economico.
  A questo scopo, sono stati dunque individuati specifici requisiti di ammissione e particolareggiati criteri di valutazione per stabilire chi potesse avere accesso al contributo, oltre che meccanismi di riparto dello stanziamento tra i soggetti ammessi.
  I criteri previsti dal nuovo regolamento sono stati così fissati con una logica proconcorrenziale al fine di incoraggiare le emittenti a sostenere e incentivare l'occupazione nel settore, migliorare la qualità dei contenuti e investire nelle innovazioni tecnologiche per poter accedere ai contributi del «Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione», sia con riferimento ai requisiti di ammissione che di valutazione. Ciò nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 12, «Provvedimenti attributivi di vantaggi economici» della legge 7 agosto 1990, n. 241, recante «Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi»: «La concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari e l'attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati sono subordinate alla predeterminazione da parte delle amministrazioni procedenti, nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, dei criteri e delle modalità cui le amministrazioni stesse devono attenersi» (articolo 12, comma 1).
  Con il «Fondo per emergenze relative alle emittenti locali» è stato riconosciuto un contributo «straordinario» alle emittenti radiotelevisive locali presenti nelle graduatorie 2019 volto a sostenere, in un periodo di grave crisi economica, le emittenti radiotelevisive locali che, in base a istruttorie già definite, apparivano adeguatamente strutturate, con capacità di investimento e con una certa stabilità occupazionale.
  In conclusione si ritiene opportuno ricordare che il criterio di assegnazione delle risorse del «Fondo per emergenze relative alle emittenti locali» è stato oggetto di discussione in sede di esame parlamentare della legge di conversione del decreto-legge «Rilancio» e che in tale sede le principali associazioni di categoria delle emittenti locali ne hanno condiviso la
ratio, evidenziando che l'approvazione di proposte emendative tendenti a una distribuzione non basata su una graduatoria del fondo di cui all'articolo 195 avrebbe vanificato «il percorso faticosamente costruito negli anni al fine di riconoscere una volta per tutte il reale valore dell'emittenza locale di qualità, penalizzando in modo ingiustificato le imprese che effettuano ed hanno effettuato, anche durante tutto il periodo di lockdown, un vero servizio di pubblico interesse».
La Sottosegretaria di Stato per lo sviluppo economico: Mirella Liuzzi.


   CASCIELLO. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   il corso-concorso Ripam regione Campania, è ripartito a giugno scorso dopo una sospensione dovuta all'emergenza Covid-19, sedici i profili previsti, divisi in due categorie (diplomati e laureati), per l'assunzione di 2.285 posti in regione e in 166 enti locali;

   il corso-concorso, gestito dal Formez-Ripam prevede una prova preselettiva, una prova scritta, una fase di formazione e rafforzamento della durata di dieci mesi e, solo a seguito del superamento del percorso formativo, ulteriori due prove, una seconda prova scritta e una orale. Il positivo esito delle predette prove consentirà ai vincitori di essere inseriti in apposite graduatorie valide per un periodo di due anni;

   alla fase di formazione e rafforzamento, propedeutica alla conclusione del concorso, accedono i candidati «che abbiano riportato una votazione minima di 21/30 (ventuno/trentesimi), nel numero massimo pari al numero dei posti da ricoprire, maggiorato del venti per cento o superiore in caso di candidati collocatisi ex aequo all'ultimo posto utile in ordine di graduatoria, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili» (articolo 7);

   è precisato, inoltre, all'articolo 8 che le graduatorie infra-concorsuali, dalle quali attingere, dopo l'avvio dell'attività di formazione, per eventuali subentri, avranno validità per soli due mesi dall'avvio della predetta attività (prossime, dunque, alla scadenza considerato che le attività sono partite a fine luglio);

   all'esito delle prove scritte sono risultate idonee circa 2.500 persone, delle quali circa 500 non proseguiranno l'iter concorsuale;

   considerato che il piano lavoro della regione Campania prevede l'assunzione di 10.000 unità, attraverso una serie di bandi, i 500 idonei ad oggi esclusi, chiedono di riconsiderare la loro posizione poiché si sprecherebbe un'opportunità essendo stati selezionati a seguito di due impegnative prove concorsuali su oltre 100.000 partecipanti e considerato altresì che erano state previste dal bando circa 2.700 posizioni;

   sono stati spesi 6 milioni e mezzo di euro per questa procedura, senza aver coperto i posti banditi;

   sono molteplici i ricorsi pendenti dinnanzi al Tar, le cui pronunce interverranno in data successiva alla scadenza della validità della graduatoria provvisoria di merito, pregiudicando dunque, qualora queste ultime fossero sfavorevoli per i ricorrenti, la possibilità di subentro ad altri idonei;

   vi sono risorse finanziarie sufficienti a consentire l'assorbimento di tutti gli idonei momentaneamente esclusi che, se non utilizzate, dovranno essere restituite all'Unione europea;

   è di tutta evidenza che il rispetto dei criteri di economicità ed efficienza a cui deve assolutamente ispirarsi la pubblica amministrazione, debba portare ad esaurire una corposa graduatoria già disponibile prima di procedere ad indire nuovi concorsi;

   agire diversamente sarebbe paradossale a fronte del crescente fabbisogno di personale nelle pubbliche amministrazioni campane, come si evince dalle richieste di assunzioni di nuove professionalità sollecitate da Anci Campania ed a cui difficilmente si potrà rispondere con efficacia, soprattutto nel contesto dell'emergenza epidemiologica che sicuramente ostacolerà l'organizzazione delle nuove procedure concorsuali;

   procedere a nuovi concorsi senza esaurire la presente graduatoria, comporterebbe un aggravio di risorse pubbliche –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, per tutelare la posizione dei circa 500 idonei selezionati che hanno già superato ben due prove, attraverso l'adozione di provvedimenti d'urgenza, data l'imminente scadenza della graduatoria provvisoria di merito, per evitare che gli stessi vengano ingiustamente penalizzati.
(4-06840)

  Risposta. — Rispondo all'interrogazione concernente i bandi di corso-concorso pubblico Ripam Campania per il reclutamento di personale da inquadrare in diversi profili professionali di categoria C e D, pubblicati in Gazzetta ufficiale n. 54 del 9 luglio 2019 e, in particolare, la mancata ammissione di circa 500 candidati idonei alla fase di formazione e rafforzamento prevista dall'articolo 8 dei predetti bandi di concorso. Sulla base degli elementi che mi sono stati forniti, per quanto di competenza, rappresento quanto segue.
  A partire dal 29 luglio 2020 — come riportato sul sito riqualificazione.formez.it — a seguito dello svolgimento delle prove scritte, si è dato avvio alla fase di formazione e rafforzamento delle competenze del concorso Ripam Campania. Alla predetta fase, della durata di dieci mesi, articolata in un percorso di formazione
online (300 ore) e training on the job (800 ore) da realizzare nei 158 enti che hanno aderito al piano lavoro della regione Campania, sono stati ammessi — ai sensi dell'articolo 7 dei bandi di concorso — «i candidati idonei che abbiano riportato (nella prova scritta) una votazione minima di 21/30, nel numero massimo pari al numero dei posti da ricoprire, maggiorato del venti per cento o superiore in caso di candidati collocatisi ex aequo all'ultimo posto utile in ordine di graduatoria, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili».
  Gli idonei in esubero rispetto alla maggiorazione del venti per cento sono stati collocati in una graduatoria provvisoria di merito, utile ai fini dell'eventuale sostituzione dei candidati ammessi alla fase di formazione e rafforzamento nei casi previsti dai relativi bandi di concorso (articolo 7, ultimo comma, e articolo 8 dei bandi di concorso).
  In merito all'adozione di eventuali iniziative «per tutelare la posizione dei circa 500 idonei selezionati che hanno già superato ben due prove, (...), per evitare che gli stessi vengono ingiustamente penalizzati» e che, secondo quanto riportato dall'interrogante «chiedono di riconsiderare la loro posizione poiché si sprecherebbe un'opportunità essendo stati selezionati a seguito di due impegnative prove concorsuali su oltre 100.000 partecipanti» considerato «che erano state previste circa 2700 posizioni», segnalo che, come riportato nel sopra citato sito riqualificazione.formez.it, a seguito delle rinunce intervenute da parte dei soggetti collocati nelle graduatorie utili per la fase di formazione e rafforzamento, sono stati posti in essere diversi scorrimenti finalizzati al subentro dei candidati rinunciatari ed i criteri utili per l'ammissione alla predetta fase sono individuati dai bandi di concorso in esame che, come noto, si qualificano con
lex specialis.
  Pertanto, ammettere alla fase di formazione e rafforzamento un numero di candidati superiore a quello previsto dall'articolo 7 dei bandi di concorso potrebbe comportare potenziali ricadute sul piano del contenzioso con impatti pregiudizievoli sul buon esito delle procedure di reclutamento.
  Infine, evidenzio che il percorso auspicato dall'interrogante potrebbe esporsi a censure in quanto non si garantirebbe il canone di imparzialità dell'azione amministrativa essendo individuabile la platea dei candidati allo stato non ammessi alla fase di formazione e rafforzamento.

La Ministra per la pubblica amministrazione: Fabiana Dadone.


   CASSINELLI, BAGNASCO, MULÈ. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   gli uffici postali svolgono un'importante funzione sociale e di servizio nei quartieri delle città, in particolare nelle zone periferiche;

   il piano di riorganizzazione territoriale di Poste Italiane prevede, per la città di Genova, la chiusura di sette uffici: Genova 40 in via Rigola ad Angeli, Genova 51 in via Negrone a Sestri Ponente, Genova Campi 1 in via Bianchi, Genova 21 in via al Lagaccio, Genova 9 nel centro storico in Piazzetta Jacopo da Varagine, l'ufficio multietnico presso l'ufficio Genova Dante in via Dante, Genova 65 in via Olivieri ad Apparizione;

   la chiusura di queste sedi comporterebbe gravi disagi per i residenti dei quartieri interessati, che si troverebbero privati di un servizio di prossimità fondamentale;

   la soppressione dei suddetti uffici creerebbe pesanti disagi, in particolare, alle persone anziane che si recano alle Poste per riscuotere la pensione e che si vedrebbero costrette a dover affrontare spostamenti in alcuni casi gravosi e a dover sopportare maggiori code;

   i tagli programmati non tengono conto delle specificità orografiche del territorio genovese e della particolare situazione di criticità della mobilità cittadina in esito al crollo del viadotto Morandi;

   Poste Italiane s.p.a., partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze, non può venir meno alla sua missione di soggetto erogatore di servizi di pubblico interesse;

   in data 12 novembre 2019 si è svolta in conferenza dei capigruppo del consiglio regionale della Liguria l'audizione dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali relativamente al suddetto piano di riorganizzazione territoriale di Poste Italiane;

   in data 3 dicembre 2019 si è svolta, a quanto consta all'interrogante, presso il comune di Genova, in conferenza dei capigruppo, l'audizione del responsabile relazioni istituzionali area Italia nord-ovest di Poste Italiane, e di altri dirigenti locali di Poste Italiane;

   in data 21 gennaio 2020 il consiglio regionale della Liguria e il consiglio comunale di Genova hanno approvato all'unanimità, nelle rispettive sedi, un ordine del giorno finalizzato a scongiurare la prevista soppressione degli uffici postali sopra menzionati –:

   se i Ministri interrogati intendano attivarsi, per quanto di competenza, presso Poste Italiane affinché sia rivisto il piano di riorganizzazione territoriale che prevede, per la città di Genova, la chiusura di 7 uffici postali.
(4-04754)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  L'interrogante fa riferimento alla chiusura programmata di sette uffici postali nella città di Genova.
  In via preliminare, si ricorda che il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha disposto il trasferimento all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) delle funzioni in materia di regolazione e vigilanza del settore postale, svolte precedentemente dal Ministero dello sviluppo economico. Spetta dunque all'Agcom l'«adozione di provvedimenti regolatori in materia di qualità e caratteristiche del servizio postale universale» prevista dall'articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261.
  Si segnala dunque che la suddetta Autorità, con la delibera n. 342/14/CONS, che ha integrato le disposizioni del decreto ministeriale del 7 ottobre 2008, ha regolamentato espressamente la presenza degli uffici di Poste Italiane sul territorio nazionale.
  Si segnala altresì che Poste Italiane, in più occasioni, ha ribadito l'impegno verso i piccoli comuni a mantenere la presenza dei propri uffici. Da ultimo, tale impegno è stato ribadito durante l'evento «Sindaci d'Italia», tenutosi a Roma il 28 ottobre 2019.
  In primo luogo, in tale occasione, Poste italiane ha rimarcato la scelta di non procedere alla chiusura degli uffici postali nei comuni con meno di 5.000 abitanti, in discontinuità con il precedente orientamento.
  In secondo luogo, si è sottolineata la realizzazione di interventi infrastrutturali e di accordi per la fornitura di servizi in modo capillare. Poste ha sottolineato, infatti, che in molti piccoli comuni sono state abbattute le barriere architettoniche, è stato esteso il servizio di
wi-fi gratuito, sono stati installati nuovi sportelli automatici ATM Postamat (anche in alcuni comuni storicamente privi di uffici postali) e sono stati attivati accordi con i tabaccai per la fornitura di alcuni servizi.
  Ciò premesso, Poste, con riferimento all'interrogazione in parola, ha evidenziato di essere tenuta ad adottare interventi di adeguamento dell'offerta all'effettiva domanda di servizio postale universale da parte della clientela, nel rispetto dei criteri di distribuzione degli uffici postali sul territorio per la fornitura del servizio postale universale, di cui al citato decreto 7 ottobre 2008 e alle delibere Agcom in materia (tra cui, la sopra citata delibera Agcom n. 342/14/CONS).
  A tal proposito, si sottolinea che il piano di rimodulazioni di Poste Italiane investe solo alcuni uffici postali collocati nelle grandi aree urbane. I criteri di chiusura degli uffici postali sono molto stringenti: riguardano solo città con numero di abitanti superiore a centomila, uffici postali con esiguo numero di operazioni giornaliere, adeguamento ai processi di trasformazione urbana e prevedono il confronto preventivo con le autorità comunali competenti.
  Tale ultimo aspetto è di fondamentale importanza, posto che nessun ufficio postale potrà essere chiuso senza una preventiva condivisione con le competenti autorità comunali, al fine di garantire la capillarità della rete, da un lato, e l'efficienza degli investimenti territoriali effettuati, dall'altro.
  Orbene, anche con riferimento alla città di Genova, Poste Italiane ha portato avanti un confronto con le istituzioni locali atto a delineare la presenza degli uffici postali sul territorio.
  In particolare, in data 17 febbraio 2020 i rappresentanti di Poste Italiane hanno incontrato esponenti del comune di Genova, della regione Liguria, di associazioni rappresentative quali l'Anci Liguria, oltre che alcuni comitati cittadini e il prefetto di Genova.
  A seguito di tale incontro, l'azienda ha riferito che, raccogliendo le richieste avanzate, ha deciso di escludere dal piano di efficientamento della rete l'ufficio postale di Genova 65, sito in Via Olivieri, nel quartiere Apparizione, procedendo – di conseguenza – alla chiusura di sei uffici postali in luogo dei sette inizialmente previsti.
  La citata decisione scaturirebbe, invero, dalla valutazione dell'esiguità dei flussi di traffico e del ridotto numero di operazioni effettuate, nonché dalla presenza, in posizione limitrofa, di uffici in grado di assorbirne l'operatività, senza aggravio.
  Nel comune di Genova si passa così a 64 uffici postali: 46 con orario mono-turno e 18 con orario a doppio turno. Inoltre, 49 sono dotati di strumenti di gestione delle attese, 61 sono dotati di ATM e 44 di servizio
wi-fi.
  Nel rispetto della delibera Agcom n. 342/14/CONS, in data 11 dicembre 2019, Poste italiane informa di aver inviato alle autorità locali comunicazione formale di chiusura degli uffici postali in parola, con il preavviso richiesto di 60 giorni. Inoltre, in data 17 gennaio 2020, ai sensi della delibera Agcom n. 385/13/CONS, sono stati affissi gli avvisi al pubblico con il preavviso di 30 giorni, riportanti l'indicazione della data del 17 febbraio 2020 quale data di chiusura e la contestuale indicazione degli uffici postali limitrofi ai quali rivolgersi. Per ogni ufficio postale chiuso, infatti, la clientela ha a disposizione almeno altri due uffici postali limitrofi, aperti 6 giorni alla settimana e dotati di ATM.
  In conclusione, dunque, quello in corso rappresenterebbe un articolato progetto di razionalizzazione organizzativa, innovazione tecnologica ed ammodernamento dei servizi, volto ad adeguare i livelli di servizio alle mutate esigenze degli utenti nonché a garantire un servizio postale maggiormente efficiente.

Il Ministro dello sviluppo economico: Stefano Patuanelli.


   CAVANDOLI, TOMBOLATO, MURELLI e VINCI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 18 ottobre 2020 ha previsto il divieto di sagre, fiere di comunità e congressi con enormi danni per l'intero indotto che conta un giro d'affari di 60 miliardi di euro e rappresenta il 50 per cento dell'export Made in Italy;

   tale decreto, tuttavia, consentiva le manifestazioni fieristiche di carattere nazionale e internazionale, previa adozione dei prescritti protocolli nel rispetto delle misure organizzative adeguate alle dimensioni ed alle caratteristiche dei luoghi, tali da garantire la possibilità di rispettare la distanza interpersonale;

   è bene ricordare che, dopo il lockdown totale della scorsa primavera, il comparto fieristico ha ripreso con molta fatica l'attività, organizzando eventi nel rispetto di rigidissimi protocolli di sicurezza anti Covid ed utilizzando aree molto ampie e controllabili;

   Fiere di Parma s.p.a., dopo aver annullato tutte le fiere da marzo 2020 in poi, compresa la fiera biennale «Cibus», che nell'edizione 2018 ha visto oltre 3 mila espositori e oltre 80 mila visitatori, ha organizzato e realizzato «Cibus forum» il 2 e 3 settembre 2020 in un padiglione appositamente modulato e strutturato per accogliere, in maniera sicura e nel rispetto dei più avanzati standard «safe & security», un numero ristretto di ospiti e key speaker. Un momento di confronto a più voci con l'obiettivo di definire lo stato dell'arte del sistema agroalimentare nel post-Covid e riprogrammare il futuro. Successivamente dal 12 al 20 settembre 2020 è stato allestito il «Salone del Camper» che è la manifestazione di riferimento per tutti gli appassionati del settore e dal 3 all'11 ottobre 2020 si è svolto il tradizionale «Mercanteinfiera Autunno 2020» con oltre mille operatori che proponevano le proprie opere di modernariato, antichità e collezionismo;

   dal 29 ottobre 2020 era prevista la fiera internazionale «Mecspe», il più grande appuntamento dedicato alle innovazioni per l'industria manifatturiera, grazie alla sinergia dei 12 saloni tematici che offrono al visitatore una panoramica completa su materiali, macchine e tecnologie innovative e alle iniziative uniche come «Fabbrica digitale 4.0.», la manifestazione che rappresenta la via italiana per l'industria 4.0: un evento che prevedeva il coinvolgimento di oltre mille operatori;

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 ottobre 2020, in vigore da lunedì 26 ottobre 2020, a sorpresa, ha vietato «le fiere di qualunque genere e gli altri analoghi eventi», determinando, quindi, tout court anche l'annullamento di «Mecspe», senza considerare le conseguenze per le prenotazioni, i macchinari assemblati in fiera, le merci e gli operatori già arrivati in città o in viaggio;

   tutto ciò nonostante il Governo avesse garantito che una eventuale «stretta» sarebbe stata programmata e concordata con i rappresentanti degli addetti ai lavori; invero, la scelta di procedere unilateralmente e repentinamente, senza alcun confronto, causerà in questo settore e anche alle fiere di Parma ingenti danni ulteriori a un comparto già messo in ginocchio dalla chiusura forzata durante il lockdown. Le fiere vivono di programmazione, investimenti e attività che richiedono tempi per chi le realizza, per gli espositori e per le società che contribuiscono alla loro preparazione;

   il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo ha stanziato 20 milioni di euro per ristoro agli eventi fieristici annullati previsti fino al 30 settembre 2020, utilizzando le risorse del «Fondo emergenze imprese e istituzioni culturali» istituito dal «decreto Rilancio», fondo che non può minimamente bastare per soddisfare le domande presentate –:

   se i Ministri interrogati intendano adottare iniziative per riconoscere agli operatori del settore fieristico indennizzi immediati e ulteriori per le ingenti perdite causate dagli ultimi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, con riferimento anche agli eventi e ai danni successivi al 30 settembre 2020, onde non mettere a rischio la sopravvivenza di un comparto fondamentale per il Paese, sia sul piano produttivo che su quello occupazionale.
(4-07317)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in oggetto, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  Gli interroganti fanno riferimento alla crisi del comparto delle sagre, delle fiere di comunità e dei congressi, conseguente alle misure di contenimento della pandemia da Sars-Cov-2 adottate dal Governo, e chiedono indennizzi immediati per gli operatori del settore.
  Infatti, oltre alle limitazioni imposte dal
lockdown, il settore ha sofferto, preliminarmente, le limitazioni imposte dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 maggio 2020, secondo il quale: «restano comunque sospese le attività che abbiano luogo in sale da ballo e discoteche e locali assimilati, all'aperto o al chiuso, le fiere e i congressi».
  Con successivo Presidente del Consiglio dei ministri 7 agosto 2020, eventi e attività fieristiche erano potute ripartire, ma poi sono state nuovamente chiuse con Presidente del Consiglio dei ministri 24 ottobre 2020, il quale ha espressamente stabilito quanto segue: «Sono vietate le sagre, le fiere di qualunque genere e gli altri analoghi eventi» (articolo 1 comma 9, lettera n).
  Orbene, al momento della ripartenza, il Ministero dello sviluppo economico sarà pronto, per quanto di competenza e così come si è verificato in occasione della precedente riapertura, a fornire tutto il supporto necessario nella predisposizione dei protocolli per garantire l'apertura in sicurezza delle manifestazioni fieristiche.
  In questa direzione si dovranno muovere, come già accaduto a seguito della prima ondata, anche le linee guida della Conferenza delle Regioni, contenenti le regole da rispettare per il contenimento dei rischi legati alla diffusione del contagio da Sars-Cov-2 nelle varie attività, ivi comprese le attività connesse a fiere e congressi.
  A tal ultimo riguardo, infatti, si ricorda che il Presidente del Consiglio dei ministri 7 agosto 2020, ha demandato l'attuazione e la normazione secondaria agli enti territoriali i quali, nel rispetto dei principi e della disciplina generale, devono declinare la stessa in base alla situazione specifica del territorio amministrato.
  Per quello che attiene ai contributi di natura finanziaria, si rinvia a quanto disciplinato dal decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 recante «Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19» (cosiddetto decreto «Rilancio»), convertito con legge 17 luglio 2020, n. 77. In particolare, l'articolo 82 del citato decreto ha previsto il riconoscimento di un reddito di emergenza in favore dei nuclei familiari in possesso degli specifici requisiti ivi elencati.
  In materia di esenzione dagli oneri fiscali si richiama l'articolo 181, comma 1-bis, dello stesso decreto «Rilancio» introdotto in fase di conversione, il quale, proprio in considerazione dell'emergenza epidemiologica, esonera — dal 1° marzo 2020 al 30 aprile 2020 — «i titolari di concessioni o di autorizzazioni concernenti l'utilizzazione del suolo pubblico per l'esercizio del commercio su aree pubbliche, di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 [...] dal pagamento della tassa per l'occupazione temporanea di spazi ed aree pubbliche (Tosap), di cui all'articolo 45 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, e del canone per l'occupazione temporanea di spazi ed aree pubbliche (Cosap), di cui all'articolo 63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446». Dunque, il settore delle attività di commercio ambulante su area pubblica è stato destinatario di una specifica misura di esonero dal versamento della Tosap e del Cosap, in considerazione della circostanza che, nel periodo considerato dalla norma, vi era l'impossibilità oggettiva di svolgere tali attività nelle strade e nelle piazze in conseguenza dell'adozione delle rigorose misure di contenimento della pandemia.
  Da ultimo, si richiamano le novità introdotte con l'articolo 1, comma 599 della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (legge di bilancio 2021). In considerazione degli effetti connessi all'emergenza epidemiologica da Sars-CoV-2, è previsto che per l'anno 2021 non sia dovuta la prima rata dell'imposta municipale propria relativa ad immobili impiegati per attività turistico-ricettive nonché ad «immobili rientranti nella categoria catastale D in uso da parte di imprese esercenti attività di allestimenti di strutture espositive nell'ambito di eventi fieristici o manifestazioni» (lettera c).
  Più in generale, si ricordano poi le numerose misure adottate a sostegno del settore fieristico.
  Fondamentale è la misura del «credito di imposta per la partecipazione di piccola e media impresa a fiere internazionali», introdotta dall'articolo 49 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 recante «Misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi» («decreto Crescita»), convertito con modificazioni dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, che prevedeva inizialmente uno stanziamento di 5 milioni di euro. Successivamente, la legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio 2020) ha incrementato lo stanziamento del 2020 da 5 a 10 milioni di euro, estendendo la misura all'anno 2021 con ulteriori 5 milioni di euro.
  Per offrire un ulteriore ausilio al settore fieristico, è stato rifinanziato il Fondo rotativo Simest di cui al decreto-legge 28 maggio 1981, n. 251 recante «Provvedimenti per il sostegno delle esportazioni italiane», convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 1981, n. 394.
  Si ricorda, peraltro, che l'operatività del Fondo in parola è stata recentemente estesa dall'articolo 18-bis del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 recante «Misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi» («decreto Crescita»), convertito con modificazioni dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, il quale ha previsto che le iniziative delle imprese italiane dirette alla loro promozione, sviluppo e consolidamento sui mercati possano fruire di specifiche agevolazioni finanziarie, in conformità con la normativa europea in materia di aiuti di Stato.
  L'articolo 72 del «decreto Cura Italia» ha istituito il «Fondo per la promozione integrata», con una dotazione iniziale di 400 milioni di euro per l'anno 2020. Tra le altre cose, tale Fondo è finalizzato anche alla concessione di cofinanziamenti a fondo perduto fino al cinquanta per cento dei finanziamenti concessi ai sensi del Fondo rotativo Simest di cui si è detto in precedenza.
  Si segnala inoltre che, in sede di conversione del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 recante «Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali» («decreto Liquidità»), è stato garantito un rimborso per mancata partecipazione a fiere in forma di credito d'imposta, con particolare riferimento a quelle all'estero (articolo 12-
bis).
  Infine, meritano di essere ricordate le misure finanziarie urgenti di ristoro connesse all'emergenza epidemiologica da Sars-Cov-2 promosse dal Governo con i decreti-legge 9 novembre 2020, n. 149 (cosiddetto «decreto Ristori bis») novembre 2020, n. 149 (cosiddetto «decreto Ristori ter») e 30 novembre 2020, n. 157 cosiddetto «decreto Ristori
quater»), che hanno interessato tutti i settori produttivi, ivi compresa la categoria del commercio ambulante. Nel complesso, i «decreti Ristori» — convertiti unitamente con legge 18 dicembre 2020, n. 176 — destinano al settore fieristico e internazionalizzazione 1 miliardo e 250 milioni di euro con cui vengono rifinanziati i seguenti fondi: il fondo Simest, che eroga finanziamenti agevolati; il fondo per la promozione, integrata; il fondo del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo destinato agli eventi fieristici cancellati a causa della pandemia.
  Inoltre, per far fronte al quadro emergenziale che ha costretto il sistema fieristico a riprogrammare quasi tutti gli eventi, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha previsto, in seno al «Patto per l'Export», recentemente firmato dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale onorevole Luigi Di Maio, ulteriori strumenti promozionali finalizzati a sostenere la ripartenza del settore fieristico e del relativo indotto, quali:
  la creazione della piattaforma digitale «Fiera Smart» a disposizione di tutte le fiere, associazioni, consorzi e aziende per l'organizzazione di manifestazioni fieristiche, missioni e incontri virtuali;
  un programma straordinario di
incoming alle manifestazioni fieristiche italiane;
  una campagna di comunicazione dedicata ai calendari fieristici italiani su tutti i principali mercati esteri, privilegiando canali di comunicazione
on-line e supporti audiovisivi 3D;
  eventi promozionali di filiera in collaborazione con i principali organizzatori italiani di fiere specializzate;
  finanziamenti agevolati per la partecipazione ad eventi fieristici in Italia.
  Infine, l'«Ice-Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane» ha previsto un pacchetto di misure per gli eventi all'estero, con l'obiettivo di rafforzare il processo di l'internazionalizzazione delle piccole e medie imprese (Pmi). Esso prevede:
  servizi gratuiti di assistenza e consulenza per imprese sino a 100 dipendenti;
  rimborso forfettario delle spese già sostenute per la partecipazione a fiere, seminari,
workshop realizzati dall'Ice-Agenzia a partire da febbraio 2020;
  partecipazione a titolo gratuito e fornitura di un modulo espositivo per tutte le manifestazioni organizzate dall'Ice-Agenzia che si svolgeranno nel periodo marzo 2020-marzo 2021.
  In conclusione, ferme restando le misure attuate dal Governo, alla luce della grande attenzione al settore fieristico e del commerci, ivi compreso quello ambulante, ci si rimette al dibattito parlamentare per la presentazione di ulteriori proposte anche tenuto conto delle valutazioni di natura finanziaria che verranno fornite dal competente Ministero dell'economia e delle finanze.
  

Il Viceministro dello sviluppo economico: Stefano Buffagni.


   COSTA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   è essenziale che la magistratura ogni singolo magistrato eserciti la giurisdizione con competenza e conoscenza degli istituti e dei principi fondamentali del diritto, nonché possedendo un'adeguata cultura giuridica generale;

   è, altresì, essenziale che i provvedimenti giudiziari che ciascun magistrato adotta devono presentare una forma corretta sotto il profilo terminologico, sintattico e grammaticale e adeguata terminologia giuridica, nonché chiarezza espositiva affinché il cittadino possa essere reso edotto in ordine alle motivazioni del provvedimento;

   risulta all'interrogante che è stata presentata al Ministero della giustizia e al Consiglio superiore della magistratura, per quanto di competenza, un'istanza da parte di due candidati al concorso i quali hanno individuato negli elaborati di alcuni candidati ritenuti idonei al concorso di magistratura indetto con decreto ministeriale 10 ottobre 2018 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 91 del 16 novembre 2018 – IV serie speciale – concorsi ed esami) errori grossolani di diritto, strafalcioni grammaticali, elaborati palesemente «fuori tema», segni di riconoscimento, pagine saltate, brocardi latini riportati in modo non corretto, schemini con freccette in luogo di ragionamenti giuridici;

   il Ministro della giustizia, ai sensi dell'articolo 19 del regio decreto 15 ottobre 1925 n. 1860, «esercita l'alta sorveglianza sugli esami» e «può intervenire in seno alla commissione o alle sottocommissioni ogni qualvolta lo ritenga opportuno ed ha facoltà di annullare gli esami nei quali siano avvenute irregolarità», compatibilmente con le competenze e i poteri esercitati in materia del consiglio superiore della magistratura;

   quali iniziative di competenza il Ministero della giustizia intenda intraprendere in merito all'istanza segnalata in premessa in relazione alle irregolarità emerse negli elaborati del concorso indetto con decreto ministeriale 10 ottobre 2018 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 91 del 16 novembre 2018 – IV serie speciale – concorsi ed esami).
(4-07209)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame il deputato Costa, sulla premessa che: «con decreto ministeriale in data 10 ottobre 2018» veniva indetto un concorso per esami a 330 posti di magistrato ordinario, segnalava che «è stata presentata al Ministero della giustizia... un'istanza da parte di due candidati al concorso i quali hanno individuato negli elaborati di alcuni candidati ritenuti idonei... errori grossolani di diritto, strafalcioni grammaticali, elaborati palesemente fuori tema, segni di riconoscimento, pagine saltate, brocardi latini riportati in modo non corretto, schemini con freccette in luogo di ragionamenti giuridici» e chiedeva pertanto al Ministro della giustizia «quali iniziative di competenza... intenda intraprendere in merito all'istanza segnalata in premessa in relazione alle irregolarità emerse negli elaborati».
  In merito ai quesiti posti dall'interrogante si rappresenta quanto segue.
  Quanto alle asserite anomalie negli elaborati redatti dai candidati giudicati idonei riscontrate dai candidati ritenuti non idonei, a seguito di accesso agli atti, si osserva che nel vigente assetto ordinamentale la nomina a magistrato ordinario si consegue mediante un concorso per esami, regolato dal decreto legislativo n. 160 del 2006, recante «Nuova disciplina dell'accesso in magistratura». Segnatamente, la complessiva disciplina del concorso per l'accesso alla magistratura ordinaria è costituita sia dalle disposizioni dettate dal regio decreto 15 ottobre 1925, n. 1860, sia dalle previsioni introdotte dal decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, come modificate dall'articolo 1 della legge 30 luglio 2007, n. 111. Queste ultime hanno stabilito, in particolare, una nuova regolamentazione concernente l'oggetto delle prove scritte e orali, i punteggi minimi per l'ammissione agli orali e il superamento del concorso, nonché la nomina e la composizione della commissione esaminatrice e la disciplina dei suoi lavori. In particolare, la commissione del concorso è nominata nei quindici giorni antecedenti l'inizio della prova scritta con decreto del Ministro della giustizia, adottato a seguito di conforme delibera del Consiglio superiore della magistratura. È l'organo di autogoverno, infatti, che delibera in merito ai componenti della commissione esaminatrice, in conformità ai criteri indicati dalla legge, secondo una procedura regolata da specifica normazione secondaria. La legge disciplina l'attività di correzione degli elaborati scritti, prevedendo che la commissione definisca i criteri per la valutazione omogenea degli elaborati e consentendo la formazione di sottocommissioni e l'ulteriore suddivisione in collegi. La commissione o sottocommissione, effettuata la lettura dei temi di ciascun candidato, delibera per ciascuna prova se il candidato meriti di ottenere il minimo richiesto per l'approvazione e in caso affermativo ciascun commissario dichiara quanti punti intende assegnare al candidato. Il Ministro della giustizia, in adempimento dei compiti assegnatigli dalla Carta Costituzionale in tema di organizzazione e funzionamento dei servizi relativi alla giustizia e in osservanza delle specifiche disposizioni di fonte primaria che regolano la procedura concorsuale di cui si tratta, garantisce il supporto tecnico alla commissione e cura le relative attività di segreteria, mettendo a disposizione proprio personale amministrativo. L'articolo 19 del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 1860, recante Modificazioni al regolamento per il concorso di ammissione in magistratura contenuto nel regio decreto 19 luglio 1924, n. 1218, disposizione tuttora vigente, prevede in particolare che il Ministro per la giustizia eserciti l'alta sorveglianza sugli esami.
  Al fine di individuare il contenuto sostanziale della citata previsione, occorre soffermarsi sul vigente sistema di giustiziabilità degli atti amministrativi.
  Invero, le deliberazioni adottate dalla commissione e dalle sottocommissioni, in sede di scrutinio dei temi, costituiscono provvedimenti amministrativi, sindacabili dagli organi della giurisdizione amministrativa. Al riguardo, la giurisprudenza amministrativa risulta consolidata nell'affermare che l'attività della Commissione esaminatrice del concorso per l'accesso in magistratura è espressione di discrezionalità tecnica. La discrezionalità tecnica ricorre quando l'esame di fatti o situazioni rilevanti per l'azione amministrativa necessiti del ricorso a cognizioni tecniche e scientifiche di carattere specialistico la cui applicazione non garantisce un risultato univoco e obiettivo, connotandosi, al contrario, per l'inevitabile soggettività dell'esito. In particolare, secondo l'orientamento della consolidata giurisprudenza amministrativa, le valutazioni della commissione esaminatrice del concorso in magistratura sono preordinate all'accertamento di un certo tipo di idoneità e del possesso, in capo al candidato, di una complessiva, completa ed equilibrata cultura e preparazione giuridica, anche in virtù del delicato e prestigioso percorso professionale che consegue alla positiva valutazione. Gli atti espressione di discrezionalità tecnica sono sindacabili dal giudice amministrativo, in quanto tali valutazioni sono costitutive del fatto oggetto del giudizio. Ne deriva che l'annullamento in sede giurisdizionale delle relative determinazioni può discendere o dall'accertamento di una violazione di legge, ovvero dall'integrazione di una figura sintomatica di eccesso di potere. Ciò comporta che la valutazione demandata alle commissioni di esame per il concorso in magistratura ordinaria è soggetta al sindacato di legittimità del giudice amministrativo. Il sindacato di legittimità presuppone che le valutazioni espresse da una commissione di concorso nelle prove scritte e orali dei candidati, espressione di una elevata discrezionalità tecnica, siano inficiate
ictu oculi da eccesso di potere, sub specie delle figure sintomatiche dell'arbitrarietà, irragionevolezza, irrazionalità e travisamento dei fatti (Consiglio di Stato, V, 27 febbraio 2020, n. 5743). All'illegittimo esercizio del potere consegue l'annullamento del provvedimento. La riconosciuta possibilità dei giudice di sostituirsi all'Amministrazione nell'apprezzamento tecnico non gli consente di sostituire con una propria determinazione il provvedimento frutto di quell'apprezzamento: la sentenza del giudice amministrativo nell'ambito della giurisdizione di legittimità non può che limitarsi ad annullare il provvedimento. Il processo amministrativo nel caso in esame è un processo di tipo impugnatorio o caducatorio. È, dunque, evidente che, a fronte dell'esercizio di un potere discrezionale, ovvero dell'elevata discrezionalità dei provvedimenti della commissione esaminatrice del concorso, la posizione del privato ha consistenza di interesse legittimo e non di diritto soggettivo.
  A riprova dell'elevata discrezionalità tecnica della commissione, va segnalata l'adeguatezza della motivazione riferita a quella peculiare categoria di atti amministrativi rappresentati dai giudizi valutativi delle prove del concorso che, sulla base di un orientamento giurisprudenziale consolidato, può esprimersi mediante la mera assegnazione di un punteggio numerico o in una mera declaratoria di non idoneità, quando l'elaborato non raggiunga la soglia della sufficienza. Tale indirizzo interpretativo è stato, proprio con riferimento al concorso in magistratura, positivamente recepito dal legislatore. Invero, ai sensi dell'articolo 1, comma 5, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160 (come sostituito dall'articolo 1, legge 30 luglio 2007, n. 111) è previsto che: «sono ammessi alla prova orale i candidati che ottengono non meno di dodici ventesimi di punto in ciascuna delle materie della prova scritta»; e che, «agli effetti di cui all'articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni, il giudizio in ciascuna delle prove scritte e orali è motivato con l'indicazione del solo punteggio numerico, mentre l'insufficienza è motivata con la sola formula non idoneo».
  Giova ribadire che il giudizio proprio delle commissioni esaminatrici è dunque caratterizzato da elevata discrezionalità tecnica, discendente dal fatto che le prove di esame in parola si collocano nell'ambito di un procedimento preordinato all'accertamento di una specifica idoneità, che richiede che il candidato dimostri il possesso di una completa, complessiva ed equilibrata cultura e preparazione giuridica nell'ambito delineato dalla pertinente normativa e che, pertanto, formano oggetto di un giudizio che è frutto della valutazione, da parte della commissione, di una serie di elementi complessi, suscettibili di vario apprezzamento. Ebbene, il delineato ambito funzionale del sindacato giurisdizionale sulle deliberazioni della commissione, nell'esercizio dei suoi poteri riconducibili all'ampia sfera di discrezionalità tecnica che le compete, insindacabile, salvo che per i profili di manifesta e intrinseca illogicità e irrazionalità, induce di riflesso a rilevare che, nel vigente assetto istituzionale, la funzione di alta vigilanza assegnata al Ministro della giustizia sulla regolarità degli esami si concretizza nella costante verifica della regolarità delle operazioni svolte dalla commissione esaminatrice e dalle sottocommissioni, rispetto alle richiamate modalità procedurali indicate dalla legge, senza potere altrimenti involgere il sindacato sul merito delle singole deliberazioni, relative alle valutazioni dei candidati, soggette come detto al solo sindacato di legittimità del giudice amministrativo, nel ristretto ambito sopra delimitato.
  Quanto lamentato dall'interrogante, sullo specifico punto dei presunti errori riscontrati negli elaborati dei candidati ammessi, con evidenza attiene al merito delle valutazioni espresse dalla commissione esaminatrice del concorso in magistratura. Ne consegue che l'unica strada percorribile è quella di adire la giustizia amministrativa.
  Con specifico riferimento all'asserita presenza di segni di riconoscimento negli elaborati di candidati ritenuti idonei va affermato quanto segue:

   è noto che ogni fase della procedura concorsuale deve essere espletata dalla commissione esaminatrice in modo da garantirne la più completa e assoluta trasparenza, allo scopo di soddisfare l'interesse pubblico all'individuazione del candidato più meritevole;

   durante le fasi concorsuali deve dunque essere garantito il rispetto del principio dell'anonimato, anche al fine di soddisfare il criterio generale di imparzialità che deve sottendere l'azione amministrativa, a salvaguardia della par condicio tra i partecipanti;

   occorre però tenere conto anche di un altro principio, alla stregua del quale la valutazione dell'esistenza o meno di segni di riconoscimento attiene all'esercizio di potestà tecnico discrezionale della commissione esaminatrice;

   logico corollario è che spetta solo alla commissione esaminatrice di accertare la sussistenza di segni di riconoscimento negli elaborati;

   ciò posto, secondo la costante giurisprudenza del Consiglio di Stato, «gli elementi da cui eventualmente evincere la violazione della regola dell'anonimato delle prove d'esame sono l'idoneità del segno di riconoscimento e il suo utilizzo intenzionale: quanto alla prima, ciò che rileva non è tanto l'identificabilità dell'autore dell'elaborato attraverso un segno a lui personalmente riferibile, quanto piuttosto l'astratta idoneità del segno a fungere da elemento di identificazione, e ciò ricorre quando la particolarità riscontrata assuma un carattere oggettivamente e incontestabilmente anomalo rispetto alle ordinarie modalità di estrinsecazione del pensiero e di elaborazione dello stesso in forma scritta, in tal caso a nulla rilevando che in concreto la commissione o singoli componenti di essa siano stati o meno in condizione di riconoscere effettivamente l'autore dell'elaborato; quanto al secondo, invece, è da escludere un automatismo tra astratta possibilità di riconoscimento e violazione della regola dell'anonimato, dovendo emergere elementi atti a provare in modo inequivoco l'intenzionalità del concorrente di rendere riconoscibile il proprio elaborato»;

   tornando al caso in esame, in base ai consolidati orientamenti giurisprudenziali sinora esposti deve necessariamente concludersi che le particolarità poste in evidenza negli elaborati dei candidati ritenuti idonei non presentano quei caratteri di anomalia sufficienti a comprovare «in modo inequivoco» l'intenzione degli autori di rendere conoscibili i propri elaborati alla commissione o a un suo componente;

   a questo proposito va segnalato che durante la fase delle prove scritte la commissione non aveva mai dato indicazioni di sorta ai candidati, richiamando unicamente il rispetto delle norme regolamentari;

   del resto è noto che nei concorsi moltissimi candidati, non riuscendo a terminare la prova nel tempo prefissato, inseriscono ad un certo punto del lavoro dei rinvii alla brutta copia, ove sono presenti specchietti, schemi, annotazioni, frecce ecc.; piuttosto, diversamente opinando, si dovrebbero allora annullare centinaia e centinaia di prove, con grave pregiudizio del principio di massima partecipazione al concorso. Ed infatti, come ha ripetutamente sottolineato la giurisprudenza di legittimità, il principio di anonimato (espressione del valore dell'imparzialità) va applicato con intelligenza, proporzionalità e correlazione con l'altro fondamentale principio di massima partecipazione possibile, a sua volta correlato con due valori anch'essi di rango costituzionale: quello del lavoro e quello del buon andamento, sotto l'altro profilo dell'ampliamento della platea dei partecipanti per innalzare la possibilità statistica di scegliere i migliori, sicché non ogni «segno» astrattamente idoneo al riconoscimento può assurgere a causa escludente.

  A ciò si aggiunga che questioni del tutto assimilabili a quelle che formano oggetto della presente interrogazione sono state esaminate anche dal Tar Lazio e ritenute infondate in sede cautelare, come da ordinanze di rigetto delle istanze sospensive preposte da due candidati. Si tratta in particolare delle seguenti ordinanze Tar Lazio, sezione Prima quater ordinanza 11 novembre 2020 n. 6883 del 2020 Reg. Prov. Cau e n. 7542 del 2020 Reg. Ric.; ordinanza n. 7 dicembre 2020 n. 7520 del 2020 Reg. Prov. Cau e n. 8855 del 2020 Reg. Ric. In definitiva, il Tar Lazio ha respinto il 100 per cento delle istanze cautelari avanzate dai candidati non ammessi alle prove orali che hanno proposto ricorso giurisdizionale.
  Da tutto quanto sinora esposto nel dettaglio appare possibile al momento fugare ogni dubbio in ordine alla piena trasparenza delle modalità di correzione degli elaborati e alla sussistenza di irregolarità di carattere procedurale ad opera della commissione esaminatrice. In tale quadro, le iniziative genericamente invocate dall'interrogante appaiono del tutto esulare dai poteri di alta vigilanza attribuiti al Ministro della giustizia.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   CUNIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro per le politiche giovanili e lo sport. — Per sapere – premesso che:

   in data 19 luglio 2020 si sono tenute le partite di calcio del campionato di serie A. Durante tutte le partite che si sono svolte, i calciatori, dopo avere siglato delle reti, si sono accalcati in prodigiosi e prolungati abbracci, in assenza di mascherine ed ovviamente della distanza fisica prevista dalla legge;

   le attuali norme non sembrano consentire a nessuna classe sociale o lavorativa rapporti fisici di tale intensità e natura, ma al contrario sembrano severamente vietarli, obbligando le forze dell'ordine a vigilare su tali divieti normativi, infliggendo agli inottemperanti salate sanzioni pecuniarie;

   anche i bambini che rientreranno a scuola il prossimo settembre hanno l'obbligo di indossare mascherine e adempiere al distanziamento sociale, benché questa sia la fascia che meno è stata toccata dalla problematica inerente al Covid-19;

   alla data odierna i mass media non hanno dato alcuna notizia dell'applicazione di tali sanzioni da parte della questura di Roma, presente allo stadio con numerosissimi propri uomini e dirigenti della stessa;

   nel contempo, sono state poste in essere dalle forze dell'ordine numerosissime azioni sanzionatorie sulle spiagge di tutta Italia per chi non manteneva le distanze previste ed era privo di mascherine;

   numerosi scienziati (tra questi Alberto Zangrillo, Massimo Clementi, Donato Greco, Matteo Bassetti, Giuseppe Remuzzi) affermano che le attuali regole di contrasto al Covid-19 non sono proporzionate al rischio reale e andrebbero aggiornate –:

   quali siano le ragioni di questa disparità di trattamento;

   qualora il Governo ritenesse i dispositivi e le misure necessarie, come affermato fino ad oggi, come si giustifichino i mancati controlli o i mancati interventi sanzionatori per i soggetti di cui in premessa;

   quali immediate iniziative intenda adottare al fine di porre fine alla palese disparità di trattamento tra cittadini.
(4-06460)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante chiede chiarimenti in ordine al rispetto della normativa di contrasto al Covid-19 da parte dei calciatori di serie A, segnalando alcuni episodi in cui, in segno di esultanza dopo aver segnato delle reti, si sono profusi in prolungati abbracci senza adottare il dovuto distanziamento e senza usare le mascherine.
  A tal proposito, per il tramite del Ministero dell'interno, sono stati acquisiti elementi dalla questura di Roma la quale ha rappresentato che, dalla data di entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 9 marzo 2020 in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica in corso, sono stati predisposti idonei servizi di vigilanza e controllo del territorio finalizzati alla verifica dei rispetto dei divieti di spostamento sul territorio e di ogni forma di assembramento. Analoghi servizi di prevenzione, controllo e vigilanza sono stati predisposti in occasione del riavvio del campionato di calcio.
  La suddetta autorità di Polizia di Stato ha altresì rappresentato che la ripresa degli allenamenti e delle attività agonistiche si è svolta secondo le indicazioni generali per la pianificazione, organizzazione e gestione delle gare di calcio professionistico, in modalità «a porte chiuse», fornite dalla Figc al fine di tutelare la salute e la sicurezza dei calciatori, del personale di
staff, degli arbitri e degli addetti ai lavori. Tale documento, che recepisce le indicazioni del Comitato tecnico scientifico è stato, peraltro, aggiornato da ultimo il 30 ottobre 2020 sulla base delle ultime evidenze medico-scientifiche.
  Per quanto attiene al comportamento dei giocatori in campo, richiamato nelle premesse dell'atto in esame, in disparte altre considerazioni, ho più volte sottolineato l'importanza di osservare i protocolli sanitari, approvati dal Cts, in modo scrupoloso. Vale comunque la pena di ricordare che i giocatori professionisti di calcio, in particolare della serie A, sono sottoposti a continui accertamenti e a misure cautelative, dentro e fuori dal campo di gioco.
  A tale riguardo, segnalo inoltre l'ulteriore revisione del suddetto protocollo, messo a punto dalla Figc con la Federazione medico sportiva italiana proprio al fine di implementare gli
standard di sicurezza che, come ho avuto già modo di dichiarare pubblicamente, avranno effetti positivi solo se osservati scrupolosamente da tutti.
Il Ministro per le politiche giovanili e lo sport: Vincenzo Spadafora.


   CUNIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   Julian Paul Assange, cittadino australiano, giornalista, è detenuto nel Regno Unito arbitrariamente, come dichiarato dalla Commissione Onu sulla detenzione arbitraria, dal 7 dicembre 2010 (inclusi 10 giorni nella prigione di Wandsworth a Londra; 550 giorni in arresto domiciliare; 2487 giorni nell'ambasciata della Repubblica dell'Ecuador, dall'11 aprile è in isolamento nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh) per aver esercitato la sua professione, rivelando fatti ed illeciti avvenuti, in particolare nei teatri di guerra in Iraq ed Afghanistan;

   ha subito e continua a subire trattamenti inumani e degradanti oltre che torture fisiche e psicologiche, come riportato dall'inviato della Commissione Onu sulla tortura Niels Melzer, come confermato dall'Alto Commissariato per i diritti umani dell'Onu, nonché dal Consiglio d'Europa;

   egli rischia l'estradizione negli USA e una condanna a 175 anni in carcere di massima sicurezza, accusato secondo l'Espionage Act della legislazione Usa, che dovrebbe quindi applicarsi ai soli cittadini statunitensi;

   le accuse rivolte al Signor Assange sono di tipo politico e nel caso di un'estradizione negli Usa non gli sarà garantita la salvaguardia della vita e dei suoi basilari diritti;

   il procedimento giudiziario nei suoi confronti non è stato equo in nessuna delle sue fasi, essendo stati violati tutti i diritti al giusto processo, all'accesso agli atti, alla preparazione della difesa, in particolar modo in seguito allo spionaggio subito di tutte le conversazioni, che egli ha tenuto negli ultimi 10 anni con i suoi avvocati, da parte di un'agenzia di sicurezza spagnola;

   l'estradizione di Assange creerebbe un precedente, mettendo a rischio la vita e le libertà di parola, espressione e stampa di tutti i giornalisti che verrebbero perseguiti nell'esercizio della loro funzione, come denunciato anche dalla Federazione, europea dei giornalisti;

   un precedente del genere rischierebbe di rendere arbitraria l'individuazione tra ciò che è valutazione politica e ciò che è violazione di legge;

   ad avviso dell'interrogante, si configurano violazioni degli articoli 1, 3, 5, 7, 9, 10, 11, 14 e 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo nonché violazioni degli articoli 1, 3, 4, 19, 20, 47, 48 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea –:

   se il Governo intenda adottare iniziative di carattere diplomatico nei confronti delle competenti autorità britanniche affinché sia assicurata la salvaguardia dei suddetti diritti inviolabili e fondamentali della persona di Julian Assange;

   se il Governo, a fronte delle suddette violazioni dei diritti fondamentali e, del diritto alla libertà di parola, di stampa e di equo processo, intenda adottare con urgenza ogni utile iniziativa, nelle competenti sedi, volte alla liberazione di Julian Assange.
(4-07653)

  Risposta. — Le vicende giudiziarie di Julian Assange nel Regno Unito si compongono di tre procedimenti giudiziari distinti, che è utile considerare separatamente.
  Il primo procedimento è scaturito da un mandato di cattura europeo, emesso dalla Svezia durante un soggiorno di Assange nel Regno Unito nel novembre 2010.
  Dal novembre 2010 al maggio 2012, Assange ha promosso due ricorsi per opporsi all'esecuzione del mandato: presso il Tribunale di seconda istanza (
High Court) di Londra e presso la Corte Suprema britannica. Quest'ultima si è pronunciata sul caso senza successo per il ricorrente. Nel maggio 2012, a seguito dell'esaurimento dei ricorsi, anziché presentarsi dinanzi alla polizia britannica come previsto dalle misure cautelari (libertà su cauzione) di cui beneficiava, Assange è divenuto latitante. Nel giugno 2012 ha cercato rifugio presso l'ambasciata della Repubblica dell'Ecuador a Londra, ottenendo il riconoscimento della protezione internazionale dall'Ecuador.
  Questa prima vicenda giudiziaria, è giunta a termine nel maggio 2017, quando i procedimenti svedesi sono stati sospesi ed il mandato di cattura è stato revocato.
  La decisione di Assange di violare i termini della libertà su cauzione nel maggio 2012 ha portato all'attivazione di un secondo procedimento penale nei suoi confronti, questa volta da parte delle Autorità britanniche.
  La permanenza presso l'ambasciata ecuadoriana si è conclusa nell'aprile 2019, quando l'asilo politico precedentemente accordatogli dall'Ecuador è stato revocato e l'ambasciatore ecuadoriano ha invitato la polizia londinese a fare ingresso nella sede diplomatica per eseguire l'arresto.
  Nel maggio 2019, a distanza di un mese dall'arresto, Assange è stato condannato a una pena detentiva di 50 settimane per la violazione della libertà su cauzione, Il magistrato preposto a giudicare il caso ha raccomandato una pena detentiva «Vicina al massimo possibile» per il reato, rimettendo la quantificazione precisa ad un giudice di maggior esperienza, il quale ha confermato «l'eccezionale gravità» del comportamento dell'imputato.
  Nel corso di questo procedimento giudiziario, il tribunale britannico ha tenuto conto del lavoro svolto dal gruppo di lavoro sulla detenzione arbitraria delle Nazioni Unite a cui l'interrogante fa riferimento. I giudici britannici hanno esaminato dettagliatamente la relazione del gruppo di lavoro, ritenendo di respingerne le raccomandazioni perché «fondate su errori fattuali e legali».
  Durante quel procedimento Assange non ha presentato ricorso contro la condanna e ha espresso «rincrescimento» per il proprio comportamento in occasione dell'ultima udienza, in un'apparente ammissione di colpa.
  In parallelo alla detenzione per violazione della libertà su cauzione, le autorità statunitensi hanno avviato una richiesta di estradizione di Assange dal Regno Unito, dapprima in esito a un rinvio a giudizio per un suo presunto ruolo nelle intrusioni informatiche dei cosiddetti «
Wikileaks» e successivamente in relazione ad una più grave accusa di spionaggio e cessione di informazioni classificate, instaurando così il terzo procedimento nei suoi confronti.
  Fino al 22 settembre 2019, Julian Assange ha scontato presso la prigione di alta sicurezza di Belmarsh la condanna comminatagli dal tribunale britannico. Dal 22 settembre 2019 ad oggi è rimasto in custodia cautelare presso la medesima prigione su ordine del giudice responsabile per il procedimento di estradizione verso gli Stati Uniti, come misura cautelare in relazione a un ravvisato rischio di fuga.
  La questione della «natura politica» delle accuse è stata sollevata dal collegio difensivo di Assange e sarà oggetto di una determinazione da parte del giudice preposto. Le norme britanniche (
Extradition Act 2003) esplicitamente contemplano la possibilità per i tribunali britannici di non dar corso a richieste d'estradizione in esito a «considerazioni estranee» quali «intenti persecutori» o «opinioni politiche».
  Il trattamento ricevuto da Assange durante la custodia cautelare, oggetto di due segnalazioni del relatore speciale sulla tortura della commissione delle Nazioni Unite sui diritti umani, Nils Merzer, del maggio e del novembre 2019, è stato sollevato nel corso delle udienze dalla difesa di Assange.
  L'interrogante segnala inoltre che «in caso di estradizione negli USA non gli sarà garantita la salvaguardia della vita e dei suoi basilari diritti». Per quanto riguarda il diritto alla vita, una prassi consolidata prevede che il Regno Unito proceda all'esecuzione di un'estradizione verso un Paese che attua la pena capitale solo dopo aver ricevuto rassicurazioni diplomatiche riguardo l'esclusione di tale pena dalle autorità di quel Paese.
  Per quanto riguarda il diritto ad un equo processo, senza entrare nella sostanza del procedimento, la durata di quest'ultimo – dall'arresto nell'aprile 2019 ad oggi – non appare inverosimilmente eccessiva, anche alla luce dell'aggiornamento delle udienze e di innovazioni procedurali rese necessarie dalla situazione sanitaria.
  Nel dicembre 2019, il giudice monocratico a cui erano state affidate le udienze preliminari del caso, Emma Arbuthnot, ha rinunciato al proprio ruolo in favore di un altro giudice, Vanessa Baraitser, per evitare «l'impressione di parzialità» a seguito di articoli stampa che suggerivano un possibile pregiudizio derivante da pubblici pronunciamenti di familiari del giudice in relazione al caso. Questa decisione è stata interpretata come un intervento precauzionale della giustizia britannica per evitare possibili errori giudiziari.
  La richiesta di estradizione statunitense nei confronti di Assange continua a suscitare intenso interesse da parte della stampa e di organizzazioni della società civile, che hanno garantito presenza fisica a tutte le udienze svoltesi negli scorsi mesi producendo dei resoconti pubblici nell'interesse di una giustizia trasparente.
  Il 4 gennaio 2021 la giustizia britannica ha respinto la richiesta di estradizione verso gli Stati Uniti. La precaria salute psico-fìsica di Julian Assange è stata ritenuta incompatibile con il regime di carcerazione preventiva. Le condizioni di detenzione che lo avrebbero visto in attesa di processo negli Stati Uniti sono state valutate «oppressive» e tali da «poter causare un rischio di suicidio» pressoché «impossibile da sventare». Questa valutazione si è basata sulla diagnosi di disturbo dello spettro autistico formulata dai consulenti psichiatrici del tribunale britannico.
  Le altre sei motivazioni addotte dalla difesa contro l'estradizione negli Stati Uniti, sono invece state respinte. Facevano riferimento a proibizione di estradizione per reati, politici, assenza di corrispettivo britannico dei reati contestati negli Stati Uniti, eccessivo lasso di tempo tra fatti e loro contestazione, presenza di «valutazioni estranee» nella richiesta di estradizione, violazione della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, azione penale con finalità persecutorie da parte delle autorità statunitensi.
  Ritenuto a rischio di fuga dal tribunale britannico, Julian Assange rimane al momento in custodia cautelare presso il carcere di Belmarsh, in attesa del ricorso presentato dagli Stati Uniti. La decisione dovrebbe essere presa nelle prossime settimane. Pur preferendo una sentenza che riconoscesse il valore giornalistico delle rivelazioni, la decisione che ha negato l'estradizione appare favorevole ad Assange sotto il profilo tecnico-legale. Essa è infatti basata su ragioni mediche e su una giurisprudenza consolidata. In questi casi le possibilità di accoglimento del ricorso presentato dalle autorità statunitensi sono ridotte all'improbabile individuazione di errori di fatto o di diritto da parte dei tribunale.

La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Emanuela Claudia Del Re.


   D'ORSO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   a causa della grave emergenza epidemiologica che sta vivendo il nostro Paese, gli uffici postali consentono l'ingresso di un flusso ridotto di persone come prescritto dalle misure di contenimento del contagio da Covid-19;

   nei mesi scorsi, viste le lunghe attese davanti agli uffici postali, la gestione dell'ingresso ordinato degli utenti in alcune filiali della città di Palermo e della provincia è stata affidata a degli istituti di vigilanza che ha messo il proprio personale di vigilanti a disposizione delle Poste, al fine di contenere le lamentele dei cittadini e ridurre il rischio per l'incolumità degli stessi e di quella dei lavoratori, quest'ultimi spesso anche oggetto di improperi da parte degli utenti innervositi dalle code;

   da recenti notizie di stampa (https://www.palermotoday.it); (https://livesicilia.it), si apprende che Poste Italiane avrebbe deciso di sopprimere tale servizio di vigilanza (non rinnovando il relativo contratto) negli uffici postali della città di Palermo e della sua provincia, nonostante tale servizio pare avesse garantito risultati positivi nella gestione ordinata delle lunghe code a cui sono costretti i cittadini;

   in un momento di gravi tensioni sociali, tale decisione dell'azienda rischia di aggravare la situazione di disagio in cui versano gli utenti, nonché lo stato di agitazione e di preoccupazione in cui si trova il personale degli uffici postali, già in sofferenza a causa della riduzione del numero dei dipendenti addetti agli sportelli al pubblico per i tagli al personale e l'aumento graduale, giorno dopo giorno, del numero dei contagi tra gli stessi lavoratori;

   tutto ciò potrebbe aumentare il malcontento dell'utenza siciliana che potrebbe riversarsi, giocoforza, sulla responsabilità dei direttori delle varie filiali degli uffici postali, nonché dei singoli lavoratori con possibili rischi anche per la loro incolumità personale;

   da qui l'esigenza non solo di mantenere, ma anzi di rafforzare, il servizio di vigilanza per evitare che l'esasperazione per le lunghe attese della clientela, la chiusura di uffici postali per i contagi da Covid-19 e la carenza di operatori, possa sfociare in un ulteriore problema sociale e di ordine pubblico viste le continue tensioni tra gli utenti e tra i lavoratori;

   la questione è oggetto di attenzione anche da parte dei sindacati siciliani di categoria Slp Cisl, Failp e Confsal che, in un comunicato indirizzato a Poste italiane, auspicano in tempi rapidi un incontro con le istituzioni interessate e l'azienda, al fine di attivare tutti gli strumenti utili per garantire lo svolgimento del servizio e dell'attività lavorativa in piena serenità e sicurezza, attraverso il ripristino del servizio di vigilanza e l'immissione di nuove risorse;

   Poste Italiane è una società partecipata per il 29,3 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze, per il 35 per cento da Cassa depositi e prestiti, a sua volta controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze;

   la gestione finanziaria di Poste Italiane è sottoposta al controllo della Corte dei conti, ai sensi della legge 21 marzo 1958 n. 259;

   il fornitore del servizio postale universale è individuato attraverso una designazione operata dal Ministero dello sviluppo economico, i cui rapporti sono disciplinati dal contratto programma 2020-2024 del 15 maggio 2020 con il quale la società assicura la fornitura su tutto il territorio nazionale delle prestazioni comprese nel servizio universale, come definite ai sensi del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, nel rispetto degli obiettivi di qualità e di efficienza della gestione;

   il rispetto dell'esecuzione del contratto di programma è sottoposto alla vigilanza dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni che, ai sensi dell'articolo 12, comma 4, del decreto legislativo n. 261 del 1999, effettua verifiche periodiche su base campionaria sulle prestazioni rese dalla società –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopra esposti, e quali iniziative, ciascuno nel rispettivo ambito di propria competenza, ritengano opportuno adottare per addivenire al più presto ad una soluzione che possa comportare il ripristino del servizio di vigilanza di cui in premessa laddove è stato soppresso e garantire uno svolgimento del servizio postale universale da parte di Poste italiane e dell'attività lavorativa in piena serenità e sicurezza.
(4-07340)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  L'interrogante fa riferimento a criticità conseguenti alla frequentazione degli uffici postali di Palermo e provincia e, in particolare, all'eventualità della soppressione da parte di Poste Italiane del servizio di vigilanza previsto in tali uffici per evitare gli assembramenti.
  In via preliminare, si ricorda che il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha disposto il trasferimento all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) delle funzioni in materia di regolazione e vigilanza del settore postale, svolte precedentemente dal Ministero dello sviluppo economico. Spetta dunque all'Agcom la «adozione di provvedimenti regolatori in materia di qualità e caratteristiche del servizio postale universale» prevista dall'articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261.
  Pertanto, il servizio postale richiamato dall'interrogante rientrerebbe nel perimetro del «servizio universale» che Poste Italiane è tenuta ad assicurare, ai sensi del citato decreto legislativo n. 261 del 1999. In particolare, Poste Italiane S.p.a. è tenuta al rispetto di specifici obiettivi di qualità del servizio universale, il cui conseguimento è oggetto di verifica annuale da parte dell'Agcom, che svolge anche attività di vigilanza sulla corretta erogazione dei servizi effettuati da Poste Italiane.
  Sull'affidamento a Poste Italiane del servizio universale, il Ministero dello sviluppo economico effettua, ogni cinque anni, un controllo che viene svolto sulla base di un'analisi predisposta dall'Autorità garante.
  Ciò premesso, interpellata sulle problematiche sollevate dall'interrogante, Poste Italiane ha riferito di aver intrapreso, nell'ambito dell'emergenza epidemiologica, in piena trasparenza e collaborazione con le istituzioni interessate, tutte le azioni opportune ai fini della tutela dei propri lavoratori e degli utenti, con l'obiettivo di assicurare i propri servizi coerentemente con le disposizioni normative vigenti in materia di salute pubblica e, quindi, anche quelle relative al distanziamento interpersonale.
  In particolare, l'azienda riferisce di consentire l'accesso negli uffici postali ad un numero contingentato di persone, nel rispetto delle disposizioni sanitarie per il contenimento del contagio da Covid-19 e che, al fine di evitare assembramenti, è stata da tempo curata un'ampia campagna informativa per invitare la clientela a privilegiare quanto più possibile l'accesso ai servizi postali tramite i canali digitali.
  Poste Italiane comunica che da aprile 2020, in accordo con Inps e Protezione civile, è stato anticipato il pagamento delle pensioni articolando il calendario su più giornate, al fine di diluire l'afflusso della clientela e che, grazie alla collaborazione con l'Arma dei Carabinieri, è stata offerta agli
over 75 la possibilità di ricevere a domicilio il pagamento in contanti della propria pensione.
  Poste Italiane informa, altresì, di collaborare da mesi con le prefetture per concordare opportune azioni da parte delle forze dell'ordine, nonché della Protezione civile per la gestione di eventuali assembramenti al di fuori degli uffici nei giorni di pagamento delle pensioni e che, inoltre, negli uffici postali è stata riattivata parzialmente la possibilità di prenotare il
ticket tramite sito, app o Whatsapp.
  In particolare, per quanto attiene agli uffici postali di Palermo e provincia, la società comunica che sono state attivate le seguenti misure:

   servizi di vigilanza armata fissa per gli uffici postali con rischio di assembramento molto alto;

   servizi di vigilanza armata dinamica, con passaggi e soste con cadenza variabile per gli uffici postali che presentano un rischio di assembramento alto;

   richiesta alla locale prefettura di sensibilizzare le forze dell'ordine operanti sul territorio ad effettuare servizi, di vigilanza e passaggi negli uffici postali, soprattutto nei giorni di pagamento delle pensioni per gestire eventuali assembramenti;

   servizi di video ronda remota da parte delle Security Room di Poste Italiane per verificare preventivamente la presenza di eventuali assembramenti al di fuori degli uffici postali, così da indirizzare l'intervento delle pattuglie di vigilanza privata ovvero le forze dell'ordine già preallertate.

  In ordine alla notizia riguardante la soppressione del servizio di vigilanza presso gli uffici postali della città di Palermo e della sua provincia, Poste tiene a precisare che la stessa «risulta priva di fondamento». La società rende infatti noto che per la provincia di Palermo era vigente un contratto, stipulato il 24 settembre 2018 tra Poste Italiane e l'istituto di vigilanza privata Mondial Security S.p.a., con scadenza il 30 settembre 2020 che è stato rinnovato anzitempo, con decorrenza dal 21 luglio 2020 fino al 3 giugno 2023, proprio al fine di garantire continuità nei servizi erogati e che, dal 1° gennaio al 31 ottobre 2020, per gli uffici postali della provincia di Palermo, Poste Italiane ha erogato 28.340 ore di servizio di vigilanza armata, pari al 10,3 per cento delle ore erogate dall'azienda sull'intero territorio nazionale.
  In merito al proprio personale, Poste Italiane riferisce che, ad oggi, il territorio di interesse non presenta carenze di risorse rispetto al
budget assegnato, grazie anche agli accordi sulle politiche attive del lavoro che hanno consentito di gestire il turn over per esodo e che, inoltre, non risultano squilibri di personale tra le diverse province della Sicilia le quali, anche in considerazione del calo dei flussi di clientela registrati, risultano adeguate ai fabbisogni.
  Infine, la società rappresenta di aver fornito riscontro al comunicato citato nell'atto, inviato il 31 ottobre 2020 dai sindacati siciliani, assicurando che le attività aziendali negli uffici postali sarebbero state garantite in condizioni di massima sicurezza.
  In conclusione, dunque, il Ministero dello sviluppo economico, nei limiti delle proprie specifiche competenze in materia, monitorerà affinché gli obiettivi del servizio postale universale assicurato da Poste Italiane rientrino nei
target di qualità previsti, al fine di adeguarne i livelli alle esigenze di tutti i cittadini, garantendone lo svolgimento in assoluta sicurezza.
Il Viceministro dello sviluppo economico: Stefano Buffagni.


   LUCA DE CARLO e OSNATO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nel 2014 il gruppo cinese Wanbao ha acquisito Acc Compressors, storica azienda produttrice di compressori per frigoriferi fiore all'occhiello della metalmeccanica bellunese, dando vita al sito produttivo italiano di «Italia Wanbao-Acc»;

   a ottobre 2019 la proprietà ha comunicato in sede del Ministero dello sviluppo economico la condizione di crisi dello stabilimento bellunese e la conseguente volontà di disimpegno della multinazionale cinese dalla produzione di compressori in Italia;

   a fronte di tale decisione irrevocabile il Ministero ha attivato un apposito tavolo di crisi con l'azienda, le parti sociali e la regione del Veneto, finalizzato alla verifica di soluzioni che potessero garantire la continuità produttiva del sito bellunese e la conseguente salvaguardia occupazionale dei circa trecento lavoratori coinvolti;

   in considerazione delle peculiarità della crisi e degli obiettivi del tavolo ministeriale, il gruppo cinese Wanbao ha ritenuto di verificare la possibilità di richiesta di attivazione della procedura di amministrazione straordinaria. In prospettiva di tale ipotesi, il Ministero dello sviluppo economico ha chiesto al dottor Maurizio Castro, quale profondo conoscitore del sito zumellese e del suo mercato di riferimento, di supportare il tavolo di crisi nelle relazioni con i clienti e i fornitori circa l'affidabilità dell'azienda in relazione al possibile scenario di continuità produttiva;

   con sentenza del 27 marzo 2020 il Tribunale di Venezia ha ammesso l'azienda Italia Wanbao-Acc alla fase propedeutica dell'amministrazione straordinaria, confermando di fatto la bontà del percorso di salvataggio dell'azienda intrapreso, al quale il Ministero, la regione e le parti sociali tutte hanno lavorato per mesi;

   in tale occasione, si è appreso che il Ministro Patuanelli, disattendendo un percorso di gestione della crisi concertato tra tutti i componenti del tavolo ministeriale e durato vari mesi, ha indicato con procedura diretta, quale commissario giudiziale, il nominativo di un professionista diverso da quello del dottor Castro, che, come sopra richiamato, su richiesta ministeriale ha svolto il fondamentale ruolo di «rassicuratore» del mercato circa la possibile «tenuta» e affidabilità dello stabilimento di Wanbao; questa decisione, ad avviso dell'interrogante, rischia di creare un forte disorientamento tra i clienti e i fornitori dell'azienda con possibili gravi ricadute sulla continuità produttiva;

   il Ministro interrogato, a quanto consta all'interrogante, non ha mai presenziato ad alcuna riunione del tavolo di crisi riferito alla situazione di Italia Wanbao-Acc –:

   quali siano state le ragioni che hanno portato il Ministro interrogato, di fatto, a disconoscere il lavoro di gestione della crisi coordinato dalle strutture tecniche ministeriali e quali valutazioni abbiano condotto all'individuazione del professionista indicato quale commissario giudiziale.
(4-05092)

  Risposta. — Si riscontra all'atto in oggetto rappresentando quanto segue.
  Preliminarmente, si vuole ricordare che a seguito della presentazione del ricorso per la dichiarazione di insolvenza, ai sensi del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, depositato dalla società Wambao, lo scorso 25 marzo si è svolta l'udienza presso il tribunale di Venezia riguardante il citato gruppo cinese.
  All'esito di tale udienza, tenutasi in modalità telematica (a causa dell'emergenza Covid-19), è stato deliberato lo stato di insolvenza di Italia Wanbao-ACC s.r.l., e com'è noto è stato nominato il commissario giudiziale. In particolare, in data 27 marzo 2020 il tribunale di Venezia nominava, quale commissario giudiziale, l'avvocato Anna Di Pasquale.
  In data 19 maggio scorso, infine, si è svolto un nuovo incontro del tavolo, convocato dal Ministero dello sviluppo economico e riguardante il sito produttivo di Mel (Belluno) della società Wanbao ACC. In detto incontro è stato preso atto dell'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria della predetta società e della nomina a commissario straordinario del dottor Maurizio Castro.
  Relativamente, invece, alle vicende della vertenza si informa che sulla stessa si sono tenute diverse riunioni ministeriali (19 maggio, 30 giugno, 15 settembre, 2 ottobre, 12 novembre 2020).
  In particolare, tali riunioni hanno visto un'ampia partecipazione delle parti sociali, delle istituzioni regionali e locali, del Ministero dello sviluppo economico, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministro per i rapporti con il Parlamento e di Invitalia e in tali sedi sono stati rappresentati lo stato dell'arte della procedura commissariale e le possibili prospettive di rilancio.
  Il Ministero dello sviluppo economico sta ponendo la massima attenzione alla vicenda nella consapevolezza della sua rilevanza sia con riferimento al tessuto produttivo della provincia di Belluno sia a livello nazionale.
  In questa ottica, si può anzitutto sottolineare che – in base a una recente informativa del commissario straordinario – il programma di risanamento, fondato, tra l'altro, su nuovi prodotti a velocità variabile e su volumi crescenti, è stato accolto molto favorevolmente dai grandi clienti europei. Inoltre, dalla stessa informativa emerge che il piano industriale è in corso di esecuzione con successo, tanto che in questo avvio 2021 è stato riportato un
record di ordinativi rispetto agli ultimi anni.
  I dati forniti fanno ben sperare anche con riferimento al futuro e alle concrete e ambiziose possibilità di rilancio. A tal riguardo, sarà assicurata la più attenta attività di vigilanza affinché la procedura commissariale possa avere gli esiti più proficui nell'interesse della prosecuzione dell'attività di impresa e della tutela dei livelli occupazionali.
  Inoltre, si guarda fiduciosi anche alle recenti misure normative che potrebbero condurre alla concreta realizzazione di un progetto di rilancio del sito produttivo incentivando l'interesse di investitori privati e pubblici. A tal riguardo, si può fare riferimento al Fondo per la salvaguardia dei livelli occupazionali e la prosecuzione dell'attività di impresa
ex articolo 43 del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito in legge n. 77 del 2020 (cosiddetto decreto rilancio) la cui potenziale utilità nel caso di specie è stata sottolineata e approfondita nel corso delle riunioni sopra richiamate.
  Si ritiene, in definitiva, che la situazione complessiva offra buone prospettive di stabilità produttiva di lungo periodo al sito di Val Belluna, restituendogli centralità e competitività nel mercato internazionale tra i produttori di eccellenza del settore, valorizzandone le professionalità qualificate e le vocazioni produttive.

La Sottosegretaria di Stato per lo sviluppo economico: Alessandra Todde.


   SABRINA DE CARLO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la pandemia mondiale da COVID-19 che ha colpito il nostro Paese ha evidenziato chiaramente aspetti migliorabili e criticità delle nostre regioni;

   come paradosso derivato dal lungo lockdown, diverse città del Friuli Venezia Giulia hanno incrementato gli introiti mensili, subendo, come conseguenza della chiusura delle frontiere con la vicina Slovenia, una positiva impennata di acquisti in alcuni comparti economici: benzinai e tabaccai hanno visto, infatti, raddoppiare i loro guadagni;

   la chiusura delle frontiere ha portato sollievo all'economia della regione in due settori fortemente colpiti dalla fiscalità di svantaggio, creando una nuova economia territoriale;

   l'introduzione dell'area «Freeeste» è stata accolta come un'opportunità di sviluppo e lavoro e l'entrata nel 2004 della Slovenia nell'Unione europea, da un lato, ha comportato un'apertura positiva delle frontiere e, dall'altro, ha creato una totale disparità fiscale con la regione, che negli anni ha subito perdite economiche sostanziali;

   il Friuli Venezia Giulia sta portando avanti ambiziosi progetti di rilancio economico e le Zes, (regioni geografiche dotate di una legislazione economica differente dalla legislazione in atto nella stessa nazionale di appartenenza), potrebbero in futuro essere un incentivo occupazionale e lavorativo di consistente importanza;

   la reintroduzione di una zona franca, con particolari sgravi fiscali, dovrebbe essere ritenuta necessaria in regioni di confine con Paesi con un costo della vita inferiore, poiché a giovarne sarebbe l'economia italiana tutta, con un giro d'affari ipotetico, interregionale e di confine –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e se abbia intenzione di adottare le iniziative di competenza per rilanciare, attraverso un percorso concreto e condiviso, la reintroduzione di una «zona franca» in Friuli Venezia Giulia che dia l'opportunità ai cittadini italiani e di confine, di acquistare prodotti, rispettando criteri quantitativi di merce massimi esportabili, creando così una sponda di contrasto alla fuga di aziende all'estero.
(4-06043)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  L'interrogante fa riferimento alle Zone economiche speciali (Zes) e chiede la reintroduzione di una «zona franca» in Friuli Venezia Giulia, regione che sconta la disparità fiscale con la vicina Slovenia.
  In premessa, si ricorda che la competenza per le Zes principalmente è del Ministero per il sud e per la coesione territoriale, mentre per quello che attiene alle zone franche doganali, si ricorda che la competenza in materia è del Ministero dell'economia e delle finanze e in particolare dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, cui ci si rimette per ulteriori richieste di approfondimento.
  Infatti, le Zone economiche speciali (Zes) sono state introdotte in Italia con il decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, recante «Disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno» (decreto Mezzogiorno), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, e successivamente modificato, tra gli altri, dal decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135 (decreto-legge Semplificazione), convertito, con modificazioni, dalla legge 12 febbraio 2019, n. 12. Nell'ambito degli interventi urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno, il citato decreto-legge n. 91 del 2017 ha previsto e disciplinato la possibilità di istituzione delle Zone economiche speciali all'interno delle quali le imprese possono beneficiare di agevolazioni fiscali e di semplificazioni amministrative.
  In attuazione del citato decreto-legge, è stato poi emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 gennaio 2018, n. 12, con il quale è stato adottato il regolamento recante istituzione delle Zes, comprese le Zes interregionali, le modalità per la loro istituzione, i criteri per l'identificazione e la delimitazione dell'area della Zes e i criteri che disciplinano l'accesso delle aziende.
  Nel novellare il decreto Mezzogiorno istitutivo delle Zes, il citato decreto-legge n. 135 del 2018 (decreto-legge Semplificazione) introduce la possibilità che «nelle Zes [possano] essere istituite zone franche doganali intercluse ai sensi del regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013, che istituisce il codice doganale dell'Unione» (articolo 3-
ter).
  Per Zona franca doganale (Zfd) deve intendersi un'area, appartenente al territorio doganale, interclusa e separata dal resto del territorio doganale stesso, i cui punti di entrata e di uscita devono essere sempre stabiliti e sottoposti a vigilanza doganale.
  Le Zone franche urbane (Zfu) sono invece ambiti territoriali, di dimensione prestabilita, dove si concentrano programmi di defiscalizzazione e decontribuzione rivolti alle imprese, per favorire la ripresa e lo sviluppo di territori colpiti da calamità naturali.
  Istituite ai sensi dell'articolo 1, comma 340 e seguenti, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) e oggetto di successivo intervento ai sensi dell'articolo 2, comma 561 e seguenti, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008), le Zfu trovano la loro definizione particolareggiata all'interno del decreto interministeriale 10 aprile 2013, come modificato dal decreto interministeriale 5 giugno 2017. Le modalità di funzionamento dell'intervento alla luce delle novità introdotte dal decreto interministeriale 5 giugno 2017 sono chiarite dalla circolare 9 aprile 2018 n. 172230.
  L'istituzione delle Zone franche urbane è finalizzata all'obiettivo di «contrastare i fenomeni di esclusione sociale negli spazi urbani e favorire l'integrazione sociale e culturale delle popolazioni abitanti in circoscrizioni o quartieri delle città caratterizzati da degrado urbano e sociale» (articolo 1, comma 340, della legge n. 296 del 2006, come sostituito dall'articolo 2, comma 561, della legge n. 244 del 2007).
  Ebbene, per quello che attiene specificamente alle Zone franche urbane, si sottolinea che il compito di individuare e di selezionare i criteri di ricerca dei quartieri destinanti a Zfu è stato affidato al Comitato interministeriale della programmazione economica (Cipe), che ne ha tracciato le procedure con la delibera Cipe 30 gennaio 2008, n. 5, delineando i criteri e gli indicatori per l'individuazione e la delimitazione delle Zfu; in seguito, con la delibera Cipe 8 maggio 2009, n. 14, sono stati selezionati e perimetrati i confini nonché i criteri che hanno rilevato le risorse spettanti a ciascuna Zfu.
  Si rammenta altresì che la possibilità di realizzare una Zona franca in nuovi territori, prevede la messa a punto di specifiche norme di legge a livello nazionale, non essendo sufficiente procedere in tal senso in via meramente amministrativa.
  Con riferimento all'introduzione di una Zona economica speciale nei comuni confinanti con la Slovenia e l'Austria, a scopo collaborativo, è stato interpellato il Ministero dell'economia e delle finanze, il quale, nel fornire risposta, fa riferimento alla disciplina europea in materia di aiuti di Stato, recata alla Sezione 2 «Aiuti concessi dagli Stati» del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue), specificamente al suo articolo 107, paragrafo 3, secondo il quale «Possono considerarsi compatibili con il mercato interno:

   a) gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione, nonché [...];

   c) gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse [...]».

  Sulla base dei suddetti criteri, il Ministero dell'economia e delle finanze ritiene che la regione Friuli Venezia Giulia possa avvalersi soltanto della deroga prevista dall'articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del Tfue.
  In particolare, la Carta degli aiuti a finalità regionale 2014-2020, approvata con decisione della Commissione C (2014) 6424 final del 16 settembre 2014, come modificata dalla decisione C (2016) 5938 final del 23 settembre 2016, comprende, tra le zone di cui alla lettera
c) del Tfue «non predefinite» ammissibili agli aiuti di Stato a finalità regionale, solo alcuni comuni delle province di Pordenone, Udine e Gorizia.
  Con riferimento all'applicabilità della disciplina agevolativa prevista per le Zone economiche speciali (Zes), il Ministero dell'economia e delle finanze richiama il già citato decreto-legge n. 91 del 2017, il quale, nell'ambito degli interventi urgenti per la crescita economica delle regioni del Mezzogiorno (zone a) ai sensi del citato articolo 107, paragrafo 3, del Tfue, ha previsto e disciplinato la possibilità di istituzione delle Zes all'interno delle quali le imprese già operative o di nuovo insediamento possono beneficiare di agevolazioni fiscali oltre che di semplificazioni amministrative. In particolare, il suo articolo 5, comma 2 – da ultimo modificato con legge 27 dicembre 2019, n. 160 – prevede che, in relazione agli investimenti effettuati nelle ZES, il credito d'imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno di cui all'articolo 1, commi da 98 a 108, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, «è commisurato alla quota del costo complessivo dei beni acquisiti entro il 31 dicembre 2022 nel limite massimo, per ciascun progetto di investimento, di 50 milioni di euro».
  L'applicabilità della disciplina Zes al territorio del Friuli Venezia Giulia richiederebbe dunque una modifica normativa al citato decreto-legge n. 91 del 2017, allo scopo di consentire l'istituzione di Zes anche nelle zone di cui all'articolo 107, paragrafo 3, lettera
c), del Tfue, che allo stato sarebbe possibile solo per alcuni comuni delle province di Pordenone, Udine e Gorizia.
  Secondo il Mef, pertanto, l'istituzione di Zes sui territori di altri comuni della regione Friuli Venezia Giulia richiederebbe anche una integrazione della Carta italiana degli aiuti a finalità regionale, a seguito di negoziato con la Commissione europea, seguito dal Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri.
  Per quello che attiene, invece, alla specifica richiesta dell'interrogante afferente alla reintroduzione di una zona franca, si ricorda che la competenza in materia è dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, cui ci si rimette per ulteriori richieste di approfondimento.

La Sottosegretaria di Stato per lo sviluppo economico: Alessia Morani.


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   mercoledì 30 settembre 2020, il consolato d'Italia a Belo Horizonte ha pubblicato un avviso per mettere all'asta una tra le proprietà più antiche e meglio conservate della città di Juiz de Fora, la Casa d'Italia in Avenida Rio Branco, e un locale commerciale in Rua Henrique Surerus;

   il documento è stato firmato dal console Dario Savarese e ha colto di sorpresa la comunità di discendenti degli immigrati italiani della città;

   secondo quanto dichiarato da Paulo José Monteiro de Barros, presidente della Casa d'Italia, la vendita della Casa d'Italia mette a rischio la conservazione della cultura italiana in città. Antica 80 anni ed estesa per 3.309 metri quadrati, è stata fondata da immigrati, appartiene allo Stato italiano ed è valutata 19,5 milioni di real, poco più di 2,9 milione di euro;

   il presidente racconta di aver ricevuto il 29 settembre una notifica di sfratto, della quale non è stato mai avvertito. L'associazione dovrà riconsegnare l'immobile entro 30 giorni;

   appare evidente come i centri culturali siano proprietà di tutta la comunità italiana che, qualora privata di un punto di aggregazione, rischierebbe di perdersi e di veder sopito il sentimento che li lega alla propria madrepatria;

   Paulo Monteiro ha ricordato la funzione sociale della casa e la missione di diffondere la cultura italiana sotto molteplici gli aspetti: la cappella di San Francesco di Paola; l'agenzia consolare collegata al consolato italiano a Belo Horizonte; il corso di lingua italiana «Cultura Italiana», gruppi di danze popolari italiane, corsi di pizza dell'Associazione verace pizza napoletana sono alcune tra le molteplici attività svolte;

   la storia della Casa d'Italia è altamente esemplificativa di questo legame. Il terreno su cui sorge fu acquistato nell'ottobre 1933 dagli italiani immigrati. La costruzione, iniziata nel 1936 e finanziata sempre con i loro fondi, serviva per costruire un luogo che rappresentasse un piccolo pezzo d'Italia a Juiz de Fora;

   il 3 dicembre 2020, all'apertura delle buste, questo spazio creato per preservare la cultura italiana potrebbe cessare di esistere. Paulo José Monteiro de Barros, però, ha parlato di una clausola che sancirebbe che «il luogo è ad uso esclusivo degli italiani e dei loro discendenti, per l'istruzione, la cultura, il tempo libero, la gastronomia, lo sport e anche la funzione di ospedale. La Casa è stata collocata a nome del Governo italiano in modo che, in futuro, nessun proprietario possa venderla»;

   in questo caso, la decisione di vendere l'immobile è stata presa dal consolato. In una nota, il console Dario Savarese ha informato che «non rilascerà interviste e non ha commenti da fare, trattandosi di questioni legali e amministrative, dove il Consolato sta seguendo istruzioni ministeriali»;

   il presidente della Casa d'Italia ha annunciato che prenderà misure legali, ma che «non sembra esserci trattativa» con il consolato;

   per quanto riguarda la permanenza e la continuazione delle attività promosse da Casa d'Italia, il consolato ha stabilito che la situazione sarà risolta dal nuovo proprietario, che può o meno accettare che il luogo funzioni così com'è;

   per il presidente il futuro della salvaguardia della cultura italiana in città è incerto. «Quando si cerca di vendere Casa d'Italia si sta schiacciando la cultura italiana. È come se fossimo stati cancellati dalla mappa. È tutto ciò che abbiamo in città, è tutto qui» –:

   se sia vera l'esistenza della clausola indicata da Paulo Monteiro che impedirebbe la vendita da parte dello Stato;

   quali siano le ragioni alla base della dismissione del patrimonio pubblico di Juiz de Fora;

   se il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale stia perseguendo un piano globale di dismissione del patrimonio italiano all'estero, quante operazioni siano in corso o siano previste, e per quali ragioni.
(4-07006)

  Risposta. — In questi anni l'immobile Casa d'Italia, sito nel Comune di Juiz de Fora, nello stato brasiliano di Minas Gerais, è stato utilizzato dalla locale Associazione dei connazionali per meritorie attività di promozione della lingua e cultura italiana, ma — secondo quanto indicato dagli uffici amministrativi di questo Ministero — in parte anche per attività di carattere commerciale per le quali non risulta essere stato corrisposto alcun canone concessorio o di locazione al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
  Alla decisione di mettere l'edificio all'asta si era arrivati anche per altre considerazioni, quali il possibile, elevato introito per lo Stato ed anche il timore che l'edificio, in quanto non più utilizzato a fini istituzionali, potesse essere escluso dall'esenzione fiscale prevista ai sensi della Convenzione di Vienna del 1963 sulle relazioni consolari, e quindi tassato dalle autorità brasiliane, con un aggravio di costi per l'erario italiano.
  In definitiva, se da un punto di vista strettamente amministrativo la decisione di avviare la procedura di asta era conforme alle disposizioni normative, ho ritenuto che la preliminare interlocuzione con la collettività residente potesse essere meglio sviluppata, anche con riferimento ad alcuni aspetti su titoli di proprietà e criteri di utilizzo. Tanto che, quando ho ricevuto numerose ed allarmate segnalazioni da parte di connazionali dopo la pubblicazione del bando di gara, ho promosso un approfondimento della questione alla Farnesina, in esito al quale la competente direzione generale il 14 ottobre 2020 ha deciso di sospendere la procedura di asta pubblica per la vendita dell'immobile per procedere ad ulteriori e definitivi approfondimenti, nella consapevolezza del significato storico, umano e culturale che la Casa d'Italia di Juiz de Fora riveste per l'importante comunità residente nello Stato di Minas Gerais.
  Quanto alla prospettiva più ampia, menzionata dall'interrogante, le segnalo che le dismissioni del patrimonio immobiliare da parte della Farnesina sono correlate all'espletamento delle attività istituzionali da parte di Ambasciate e Consolati. Se le attività istituzionali presso questi immobili vengono meno, decadono anche le esenzioni tributarie previste dalle convenzioni internazionali, con possibile aggravio di costi per l'erario. La razionalizzazione del patrimonio immobiliare mira quindi a dismettere immobili non più funzionali, in modo da allocare in modo più efficiente le risorse finanziarie a disposizione. In questo quadro viene promossa l'eliminazione delle locazioni, i cui canoni sono attualmente pari a 30 milioni ogni anno, a vantaggio dell'acquisto di immobili di proprietà. La ristrutturazione e l'adeguamento delle sedi di rappresentanze diplomatiche e consolari di proprietà demaniale completano questa linea d'azione.
  

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   l'interrogante ha ricevuto alcune doglianze in merito a disservizi legati allo svolgimento in smart working di alcune attività dei servizi consolari, in particolare in merito alle attività svolte dal Consolato di Zurigo;

   secondo quanto illustrato da cittadini italiani all'estero, i funzionari in smart working non avrebbero accesso ai server della rete consolare e, pertanto, non potrebbero operare al 100 per cento per l'erogazione e i servizi. A tal proposito, lamentano di ricevere solo informazioni generali e non risposte puntuali;

   inoltre lamentano delle lunghe attese dovute alla turnazione del personale in ufficio. In particolare di 34 addetti, si alternerebbero al lavoro due gruppi da 17;

   in una lettera indirizzata a un giornale online di lingua italiana datata 11 maggio 2020, il Console generale Giulio Alaimo informava la comunità italiana delle nuove modalità di organizzazione del lavoro e di ricezione dell'utenza che interessano il Consolato generale in Zurigo;

   nella lettera si legge: «Sull'immediato, al pari degli altri Uffici della Rete diplomatica, anche l'Ufficio di Zurigo deve continuare ad osservare le misure prudenziali introdotte all'inizio dell'emergenza sanitaria COVID-19, a tutela del pubblico che accede al Consolato e del personale in servizio; misure che consistono anche nella turnazione in Ufficio dei nostri addetti, alternando “lavoro agile” da casa e “lavoro in presenza”. Conseguentemente, in ogni Reparto del Consolato lavorano giornalmente in Ufficio non più di due funzionari, mediamente un terzo rispetto a quelli del periodo pre-crisi. È evidente che in questa situazione oggi è possibile processare un numero di pratiche giornaliere inferiore a quello del periodo pre-emergenziale»;

   continua: «Faremo infine sempre maggior ricorso alla digitalizzazione delle pratiche, sia per sollevare l'utenza dal doversi recare in Consolato (e quindi prevenire affollamenti), sia per rendere possibile al nostro personale di svolgere lavoro “da remoto” (e quindi implementare il “lavoro agile”). Questo sforzo di digitalizzazione dei servizi deve poter contare anche sulla fattiva collaborazione della stessa utenza, chiamata a trasmettere al Consolato documenti già in formato digitale (ad esempio utilizzando solo l'applicativo FAST-IT, e non di persona o per posta, per gli aggiornamenti anagrafici)»;

   poiché il Console afferma che «saranno le nostre Autorità centrali a disporre quando potrà essere ristabilito il normale assetto dell'organico», appare evidente che spetti al Ministero anche l'assicurarsi che la rete consolare mantenga gli stessi livelli di servizio, anche in presenza di turnazione e smart working –:

   se il personale in smart working disponga di tutti gli accessi informatici necessari per operare al 100 per cento della propria capacità produttiva;

   se il Governo intenda estendere gli orari di apertura dei servizi consolari e aumentare il personale in presenza, adottando gli opportuni accorgimenti per la sicurezza di utenti e lavoratori.
(4-07693)

  Risposta. — Rispondo all'interrogazione in esame, che mi permette di fornire anche un aggiornamento sugli sforzi della Farnesina verso una crescente digitalizzazione nell'erogazione dei servizi consolari.
  Da aprile è stato avviato presso questo Ministero e presso la rete diplomatico-consolare un progetto sperimentale che consente al personale in servizio di accedere ai principali portali consolari da remoto. L'iniziativa si è resa necessaria alla luce del periodo di pandemia e delle conseguenti limitazioni al movimento delle persone, dell'obbligo di contingentamento della presenza fisica sul luogo di lavoro e della necessità di assicurare il distanziamento sociale interpersonale in ufficio. Tutto ciò per garantire la massima tutela sanitaria del personale. Il progetto è stato curato dalla direzione generale per gli Italiani all'estero, in collaborazione con la direzione generale per l'amministrazione, l'informatica e le comunicazioni e rappresenta una assoluta novità per quanto riguarda l'organizzazione dei metodi di lavoro alla Farnesina. Il bilancio del progetto è fin qui senz'altro positivo in termini di tutela della salute del personale e di mantenimento della produttività nell'erogazione dei servizi consolari.
  Naturalmente, è nell'interesse di questo Ministero mantenere costante il livello di erogazione dei servizi, Nonostante l'epidemia da Covid-19 abbia provocato un inevitabile aumento della domanda dei servizi consolari, tutte le sedi hanno offerto, nella misura possibile e compatibilmente con le misure sanitarie vigenti, ogni utile servizio essenziale e informazione all'utenza.
  Nella scorsa primavera sono state acquistate da questo Ministero 220 licenze per abilitare i computer portatili all'accesso dei principali portali informatici consolari da remoto, attraverso un sistema in VPN. L'operatore consolare è stato quindi messo in condizioni ottimali di lavoro in modalità flessibile, con accesso alle banche dati anagrafiche consolari, al portale dei servizi consolari Fast It (accessibile da casa anche all'utenza) e alla Intranet (MAEnet).
  Le licenze acquistate sono state divise tra circa 25 sedi della rete, per una copertura di circa 2,3 milioni di residenti. Le sedi sono state selezionate in ragione della presenza di un tecnico informatico, per la configurazione dei computer portatili, della consistenza della comunità residente nonché delle condizioni sanitarie locali. Con l'arrivo della seconda ondata della pandemia, in autunno, il progetto è stato ulteriormente ampliato con un secondo contratto per l'acquisto di ulteriori 220 licenze: ciò ha permesso di coinvolgere altre 28 sedi e coprire un bacino di utenza di ulteriori 2 milioni di residenti. È peraltro allo studio da parte di questo Ministero la costituzione di una «bolla protetta» che consentirà l'accesso alle banche dati in sicurezza a tutte le sedi e potrà essere realizzata una volta esperite, le necessarie verifiche tecniche.
  In generale, vorrei evidenziare che la Farnesina attribuisce una grande importanza alla digitalizzazione dei servizi consolari. La rete è infatti impegnata a potenziare l'utilizzo del portale Fast It quale strumento di lavoro essenziale, stanti gli evidenti benefici in termini di riduzione nell'afflusso del pubblico in Consolato e di velocizzazione nel trattamento delle pratiche. Grande attenzione è riservata ai progetti di digitalizzazione degli archivi consolari delle rappresentanze diplomatico-consolari. Sarà inoltre conclusa, per il mese di gennaio 2021, l'estensione dell'erogazione della Cie (Carta d'identità elettronica) in tutti i Paesi europei.
  Con riferimento al consolato generale citato nell'interrogazione, si fa presente che Zurigo è stata una delle prime sedi coinvolte nel progetto di abilitazioni da remoto, in ragione della comunità residente, assai numerosa. La sede è stata infatti dotata, dall'avvio della sperimentazione, di 10 postazioni mobili abilitate, che hanno permesso ad altrettanti funzionari di lavorare da casa in condizioni di massima sicurezza. Anche durante la pandemia, gli orari di apertura del consolato generale non sono mai stati ridotti. È stata naturalmente contingentata la presenza fisica in sede, attraverso un sistema di turnazione a squadre, sono state rispettate tutte le necessarie misure di stanziamento sociale tra gli addetti, sono stati effettuati gli investimenti infrastrutturali di sicurezza. La sede, tuttavia, compatibilmente con la situazione sanitaria locale, sta al momento adottando tutti gli accorgimenti idonei a incrementare, sempre nella misura permessa dalla capienza della sede e dalla conformazione spaziale interna, la presenza quotidiana di addetti e di utenti. Al momento attuale, la sede riceve in media 120 persone la settimana per i passaporti e 50 persone per le Cie.
  Quanto all'organizzazione interna dei consolati, con particolare riferimento agli orari d'apertura, preme far presente che ogni rappresentanza potrà autonomamente stabilire gli orari di apertura, alla luce delle condizioni sanitarie locali nonché delle caratteristiche del consolato e dell'utenza, e definire le modalità di accesso del pubblico ai locali del consolato ritenute consone.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in questi mesi di pandemia sono state molteplici le difficoltà incontrate dagli italiani all'estero nell'usufruire dei servizi della rete consolare;

   di recente, l'interrogante ha avuto modo di raccogliere le doglianze di una famiglia di italiani all'estero in merito alle difficoltà incontrate per fissare un appuntamento presso le autorità consolari a Brasilia in merito alla richiesta di rinnovo dei passaporti per 6 cittadini italiani;

   la famiglia, dopo un anno di tentativi, ha dovuto ricorrere ad uno studio legale per fissare un appuntamento;

   le difficoltà hanno riguardato il sistema PrenotaOnLine messo a disposizione dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, che permette agli utenti di prenotare tramite internet un appuntamento con l'ufficio consolare di riferimento, per richiedere uno o vari servizi consolari; si tratta di un sistema completamente automatizzato dove l'utente stesso può gestire il proprio account ed i propri appuntamenti;

   gli orari utili per la registrazione telematica della richiesta di appuntamento sono indicati al fuso orario di Roma e generano difficoltà nella scelta delle opzioni disponibili;

   inoltre, gli appuntamenti possono essere fissati per 2 o 4 persone, mettendo in difficoltà le famiglie più numerose –:

   se il Governo intenda semplificare le modalità di prenotazione dei servizi consolari per il rinnovo e il rilascio dei passaporti, con particolare riguardo all'indicazione degli orari effettivi in relazione al fuso orario del luogo estero, all'arco temporale di riferimento per la finestra di prenotazione, nonché alle esigenze delle famiglie numerose.
(4-07911)

  Risposta. — La Farnesina è costantemente impegnata per rafforzare l'efficacia dei servizi consolari erogati ai connazionali residenti all'estero, anche in un'ottica di progressiva digitalizzazione dei metodi di lavoro. Un esempio è il portale «Prenota Online» che consente di fissare per via telematica un appuntamento. Il sistema è ampiamente utilizzato presso la rete diplomatico-consolare e risulta regolarmente funzionante. È uno strumento non certo obbligatorio ma che offre un canale di comunicazione in più con l'utenza nel rispetto delle politiche di riservatezza dei dati e delle regole di sicurezza cibernetica dell'Amministrazione. Gli orari prenotabili sono programmati autonomamente dalle sedi, nel modo ritenuto più opportuno in base al contesto locale e alle rispettive dotazioni di organico e informatiche. Presso alcune sedi consolari, quale quella di Brasilia, particolarmente soggetta a una crescente domanda di servizi, gli appuntamenti sono purtroppo suscettibili di esaurirsi rapidamente. Le famiglie numerose possono incontrare maggiore difficoltà a trovare più appuntamenti temporalmente ravvicinati per i propri figli minori e hanno comunque sempre la possibilità di concordare direttamente con il Consolato di riferimento un piano di appuntamenti adeguato.
  Il portale è stato negli ultimi due anni innovato e adeguato per contrastare il fenomeno delle cosiddette «agenzie di intermediazione»: nuovi campi di compilazione obbligatoria da parte dell'utente (come l'estremo del documento di identità), sistemi di sicurezza migliorati, meccanismi di criptazione delle
password, obbligo di confermare l'appuntamento entro i tre giorni antecedenti la data fissata, pena il suo annullamento, e riduzione ad un solo «IP» al giorno per la prenotazione degli appuntamenti (le agenzie prenotavano spesso da alcuni specifici IP un gran numero di appuntamenti).
  Il sistema informatico apre alla mezzanotte (ora italiana) la prima data utile per la prenotazione con l'obiettivo di venire incontro alle esigenze dell'utenza, particolarmente numerosa, costituita dagli italiani residenti in America Latina. In questo modo, i connazionali possono trovare il primo appuntamento disponibile accedendo al portale in orario diurno. All'utente è data poi la possibilità di prenotare l'appuntamento allo sportello consolare per fasce orarie, indicate al fuso locale. Il «Prenota
Online» consente inoltre alla sede consolare di decidere l'impostazione relativa al numero di utenti che possono associarsi ad un unico appuntamento. Ciò compatibilmente con le proprie modalità organizzative e con l'obiettivo di favorire le famiglie numerose, e allo stesso tempo, scoraggiare l'affluenza presso gli uffici, di utenti privi di legami con la persona che prenota l'appuntamento. Con le prossime innovazioni al portale verrà valutata la possibilità che sia il singolo ufficio consolare a decidere l'orario giornaliero di apertura della prima data utile per la prenotazione degli appuntamenti.
  La richiesta di informazioni dettagliate sul richiedente al momento della registrazione dell'appuntamento, se da un lato può talvolta costituire un appesantimento della procedura di prenotazione, dall'altro, risponde a esigenze di sicurezza e appare pertanto opportuna. Il sistema fornisce inoltre utili elementi informativi sia per l'ambasciata o il consolato, che possono trarne vantaggio in sede di istruzione della pratica, sia per l'utente al momento di recarsi all'ufficio consolare.
  Al termine del collaudo in corso nei primi mesi dell'anno, una nuova versione di «Prenota
Online» sarà adottata per fare uso di sistemi di autenticazione che incrementano la sicurezza degli accessi (utilizzo dell'OTP tramite SMS o e-mail), nuovo sistema di gestione delle code e delle liste d'attesa, (comunicazione all'utente non appena si liberano appuntamenti), e nuova interfaccia grafica più moderna e fruibile.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, BILLI, COIN, COMENCINI, FORMENTINI, PICCHI, RIBOLLA e ZOFFILI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la pandemia da Covid-19, originata in Cina, sta affliggendo tutti i Paesi del mondo e in particolare, dopo aver aggredito l'Italia e l'Europa, ora sta colpendo i Paesi delle Americhe, in special modo il Venezuela, dove si trovano molti connazionali;

   tale Paese presenta una grave crisi sanitaria che si sovrappone ad una situazione economica, politica e umanitaria compromessa; mentre il regime di Maduro cancella i diritti democratici del popolo venezuelano, si assiste alla grave mancanza di medicinali e attrezzature mediche;

   in Venezuela vive la terza comunità italiana dell'America Latina, una comunità molto attiva e che ora chiede aiuto all'Italia, in quanto alla crisi economica e politica si è aggiunta la crisi sanitaria per il Covid-19;

   è importante che il nostro Paese garantisca, nel rispetto dell'articolo 16 della Costituzione, la possibilità di un rientro in Patria a quegli italiani che si trovano all'estero, in particolar modo quelli che si trovano in condizioni di estrema difficoltà come nel caso dei concittadini in Venezuela;

   attualmente non sono previsti voli di rimpatrio dal Venezuela e circa 200 cittadini italiani, che vivono in situazioni di rischio per la propria salute, non riescono a rientrare in Italia;

   l'ultimo volo per l'Italia risale al 20 maggio 2020 e, ad oggi, è possibile inserire solo 10 o 15 persone nei voli organizzati da altri Paesi, come Spagna, Portogallo o Francia –:

   se i Ministri interrogati non intendano, nell'ambito delle proprie competenze, attivarsi per garantire il diritto al rimpatrio dei connazionali che si trovano attualmente in Venezuela e che vivono una crisi senza precedenti, sia sanitaria che politico-economica, il cui rientro andrebbe considerato anche sotto il profilo umanitario, pur nel rispetto delle norme sanitarie precauzionali prescritte.
(4-06578)

  Risposta. — Rispondo all'interrogazione in esame sul rientro in Italia dei connazionali rimasti in Venezuela e le iniziative per garantirne il rimpatrio, considerata la situazione di crisi sanitaria e politico-economica in cui si trova il Venezuela.
  Il Venezuela attraversa da lungo tempo (ben prima della pandemia causata dal Covid-19) una profonda crisi istituzionale ed umanitaria, che si caratterizza per la mancanza o la fornitura di servizi fondamentali quali luce, gas, acqua, telefono e Internet, carburante, generi di prima necessità e medicine, nonché per una situazione di gravissima insicurezza in tutto il Paese (rapine, sequestri, eccetera).
  Per queste ragioni, sul portale istituzionale Viaggiare sicuri, sin dal 2016, si raccomanda a tutti i connazionali di posticipare tutti i viaggi non necessari. Le persone che, nonostante questa indicazione, si recano in Venezuela, lo fanno generalmente perché hanno un legame con il Paese che conoscono abbastanza bene (ad esempio visita a familiari, parenti ed amici, gestione di proprietà immobiliari, turismo di lunga data).
  Dall'inizio dell'emergenza sanitaria causata da Covid-19, l'unità di crisi e l'ambasciata d'Italia a Caracas hanno utilizzato tutti i canali a disposizione (ViaggiareSicuri,
social media, sito web dell'ambasciata, rete consolare, Comites e Cgie) per informare ed invitare i connazionali temporaneamente presenti nel Paese a lasciarlo in tempi rapidi, con i voli commerciali ancora disponibili. Su ViaggiareSicuri, già dal 14 marzo 2020, si raccomandava ai connazionali a verificare tempestivamente con la propria compagnia aerea la sussistenza dei voli di rientro già prenotati e, qualora questi non fossero disponibili, a partire immediatamente avvalendosi di rotte alternative.
  Dall'inizio della pandemia, in stretto coordinamento con la Farnesina e le altre rappresentanze dell'Unione europea, l'ambasciata d'Italia a Caracas ha curato l'organizzazione di 20 voli commerciali speciali per l'Europa (di cui due diretti per l'Italia) e di 8 voli interni in coincidenza che hanno consentito ad oltre 1.100 di connazionali di lasciare il Paese in tutta sicurezza. Si è trattato di operazioni complesse, autorizzate eccezionalmente dalle autorità locali, dato il regime di quarantena che prevedeva la chiusura dello spazio aereo nazionale, e che si sono dovute realizzare in un contesto estremamente difficile, vista l'emergenza sanitaria che ha colpito il Venezuela.
  Dal Venezuela, contestualmente, sono state coordinate anche 36 operazioni di rimpatrio (con voli e navi) dai Paesi di secondario accreditamento (Barbados, Dominica, Grenada, Guyana, St. Lucia, St. Vincent e le Grenadine, Trinidad e Tobago) al fine di consentire la partenza di altri 150 connazionali che, a seguito dello scoppio della pandemia, erano rimasti «bloccati» presso tali località.
  Appare opportuno segnalare come l'Italia sia stata il primo Paese ad organizzare autonomamente, il 20 maggio 2020, un volo speciale per il rientro dei connazionali dal Venezuela. Purtroppo, nonostante la costante attività di sensibilizzazione svolta, molti connazionali, probabilmente puntando su una rapida ripresa dei voli commerciali, hanno deciso di non cogliere tale opportunità. Il volo commerciale speciale Caracas-Roma, operato Conviasa, è infatti partito solo con 190 passeggeri sugli oltre 270 posti disponibili.
  L'ambasciata italiana in Venezuela è stata, inoltre, l'unica europea ad organizzare ben 8 voli interni (da Maracaibo e dall'isola di Margarita), per agevolare l'arrivo a Caracas in coincidenza con i voli commerciali speciali del maggior numero di connazionali che si trovavano bloccati nelle località più remote del Paese. A ciascuno di loro i funzionari dell'ambasciata hanno richiesto ed ottenuto dalle autorità venezuelane con provvedimenti
ad hoc, dei lasciapassare nominativi che gli hanno permesso di spostarsi nonostante il regime di rigida quarantena che era in vigore.
  Va notato che moltissimi italo-venezuelani che si sono rivolti all'ambasciata o presso le principali istituzioni italiane in realtà non dovevano lasciare il Venezuela per raggiungere l'Italia, ma altre destinazioni fra cui la Spagna, il Regno Unito, il Portogallo e gli Stati Uniti. I connazionali effettivamente residenti in Italia erano una minoranza rispetto a tutti coloro che contattavano l'ambasciata chiedendo assistenza.
  A questo riguardo e a titolo di esempio dell'assistenza fornita da altre ambasciate, l'ambasciata di Spagna, la più attiva in materia di rimpatri in questi mesi, vista anche la presenza di diverse linee aeree spagnole che per ragioni commerciali desideravano continuare ad operare durante la pandemia, si è dedicata principalmente al rimpatrio dei propri cittadini residenti in Spagna. Le altre richieste (ad esempio quelle di doppi cittadini, spagnoli e venezuelani, residenti a Miami, non sono state prese in considerazione se non marginalmente). Al contrario, Stati Uniti e Regno Unito hanno semplicemente deciso di non effettuare operazioni di rimpatrio in virtù dell'indicazione, pubblicata da vari anni sui rispettivi portali istituzionali analoghi a ViaggiareSicuri, con la quale si sconsigliava ai propri connazionali di recarsi in Venezuela.
  Ad oggi, complessivamente grazie al coordinamento assicurato dal Ministero degli affari esteri dal Venezuela sono rientrati in Europa oltre 1.198 connazionali in 55 operazioni di rimpatrio svoltesi in piena di sicurezza; l'ultima, il 15 ottobre 2020, con un altro volo diretto Caracas-Roma, organizzato dall'ambasciata d'Italia a Caracas, che ha permesso il rimpatrio di ulteriori 275 tra connazionali e cittadini venezuelani legalmente residenti in Italia.
  L'11 novembre 2020, l'Istituto nazionale di aeronautica civile venezuelano ha annunciato il prolungamento della chiusura dello spazio aereo nazionale fino al prossimo 11 febbraio 2021. Contestualmente, è stata però annunciata la ripresa dei voli commerciali verso i «Paesi fratelli» che hanno ricevuto delle autorizzazioni speciali da parte delle autorità venezuelane. Entro novembre riprenderanno a pieno regime i voli per la Turchia (vettore Turkish Airlines e Conviasa), la Repubblica Domenicana (Conviasa), il Messico (Conviasa), l'Iran (Conviasa), Panama (Copa), a cui gradualmente, forse già a dicembre, si aggiungeranno anche quelli per la Bolivia (Conviasa) e la Russia (Conviasa).
  Attualmente è quindi possibile lasciare il Venezuela e rientrare in Europa per mezzo di diversi voli commerciali. Anche le numerose limitazioni introdotte delle autorità locali (come ad esempio l'impossibilità dei cittadini residenti nel lasciare il Paese) sono venute gradualmente meno. Dal 30 novembre riprenderanno anche i collegamenti aerei interni, con le principali città venezuelane e con l'isola Margarita.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, BILLI, COIN, COMENCINI, FORMENTINI, PICCHI, RIBOLLA, ZOFFILI, IEZZI, BORDONALI, FOGLIANI, INVERNIZZI, MATURI, STEFANI, TONELLI, VINCI e ZIELLO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in Brasile, per la continua diffusione della pandemia da Covid-19, originata in Cina, i sindacati dei servizi postali hanno indetto uno sciopero che sta mettendo in serio pericolo la possibilità per i cittadini italiani di votare per il referendum del 20 settembre 2020;

   in alcune circoscrizioni elettorali dell'America latina, il plico contenente il materiale elettorale risulterebbe arrivato il 21 agosto 2020, con largo anticipo rispetto alle scadenze ordinarie;

   in concreto, però, la partecipazione di centinaia di migliaia di cittadini italiani all'estero è seriamente compromessa dall'acuirsi della pandemia e dalla conseguente indizione dello sciopero a tempo indeterminato dei servizi postali in Paesi come il Brasile –:

   se il Governo abbia avviato tutte le procedure necessarie affinché la consultazione referendaria possa essere svolta regolarmente e affinché ogni nostro connazionale, anche all'estero, sia messo nella condizione di esprimere il proprio voto;

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza delle forti difficoltà di alcuni Paesi, tra i quali il Brasile, nel quale i nostri 500 mila connazionali potrebbero non esercitare il diritto di voto a causa della pandemia da Covid-19 e del conseguente sciopero a tempo indeterminato del servizio postale del Paese.
(4-06745)

  Risposta. — Rispondo all'interrogazione n. 4-06745 sulle iniziative di competenza volte a garantire il diritto di voto di cittadini residenti all'estero, in particolare in Brasile.
  Nonostante l'emergenza sanitaria determinata dalla crescita dei contagi da Covid-19, è stato possibile organizzare con successo il
referendum confermativo, tenutosi il 20 e 21 settembre 2020, sulla riduzione del numero dei parlamentari.
  Come previsto dalla legge sul voto all'estero (legge n. 459 del 2001 e dal relativo decreto n. 104 del 2003 contenente Regolamento di attuazione della legge 27 dicembre 2001, n. 459, recante disciplina per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero), le sedi diplomatico-consolari hanno provveduto entro il 2 settembre 2020 alla spedizione dei plichi elettorali ai circa 4,6 milioni di elettori all'estero, mentre questi ultimi hanno avuto almeno due settimane di tempo per votare e rinviare la scheda nei consolati.
  Non si sono registrate problematiche rilevanti nella spedizione dei plichi. Gli elettori, a partire dal 6 settembre 2020 hanno avuto la possibilità di chiedere al consolato un duplicato del plico elettorale qualora non l'avessero ricevuto. I consolati e le ambasciate si sono organizzati, ove ritenuto opportuno, con aperture straordinarie anche il sabato e la domenica, per la distribuzione dei duplicati.
  Le modalità dell'invio delle schede (posta ordinaria, raccomandata, corriere privato) sono invece state valutate dalle singole sedi tenendo conto della particolarità delle condizioni locali nonché dei vincoli di bilancio (a fronte di richieste complessive da parte delle sedi all'estero per l'organizzazione del voto per corrispondenza pari a circa 28,8 milioni di euro, il Ministero dell'economia ha consentito uno stanziamento pari a 24,4 milioni di euro).
  La campagna informativa per il
referendum costituzionale è stata portata avanti, sin dall'indizione della consultazione referendaria, con regolarità e tempestività. L'azione informativa di questo Ministero, orientata alla terzietà e all'imparzialità, ha avuto come scopo quello di illustrare le modalità di partecipazione al voto e le scadenze del calendario elettorale. La Farnesina ha inteso utilizzare il proprio sito web istituzionale e i social network per raggiungere l'ampia platea degli elettori all'estero veicolando le informative. Fondamentale si è rivelata anche la possibilità di contare sulle rappresentanze diplomatico-consolari: ogni sede ha infatti curato la campagna informativa sui propri siti istituzionali, canali social e attraverso tutti i mezzi di informazione ritenuti localmente più opportuni, quali i giornali o i programmi televisivi e radiofonici.
  Nello specifico, l'ambasciata a Brasilia e i consolati brasiliani hanno veicolato le informazioni relative alle modalità di voto sul sito istituzionale in italiano e anche in portoghese, dando massima evidenza alle informazioni sul
referendum sia sul sito istituzionale che sui social network.
  Il materiale informativo predisposto dal servizio stampa della Farnesina è stato condiviso con la Segreteria del Consiglio Generale degli Italiani all'estero (CGIE) affinché ne fosse data diffusione anche tra i Comites.
  Uno dei momenti più delicati dello svolgimento delle operazioni elettorali all'estero ha riguardato il rientro in tempo utile a Roma, entro il termine fissato dalla legge, delle schede votate per essere scrutinate da parte della corte d'appello. Consapevole delle difficoltà in alcuni Paesi dell'America latina a causa del persistente
lockdown, la Farnesina e la rete consolare si sono impegnati a trovare soluzioni per l'arrivo dei plichi anche dove la situazione pandemica ha provocato estreme difficoltà. Le soluzioni di emergenza adottate sono state previste dall'articolo 16 del decreto-legge cosiddetto «Semplificazione», in base al quale, esclusivamente per questo referendum, i plichi votati hanno potuto giungere a Roma Fiumicino anche attraverso corriere non accompagnato (soluzione adottata da circa dieci sedi), e dalla pianificazione di un volo militare.
  Quest'ultimo, organizzato dalla Farnesina d'intesa con la Presidenza del Consiglio e il Ministero della difesa nei giorni 16-20 settembre 2020, ha consentito il recupero delle schede elettorali votate in Brasile, Venezuela, Argentina e Paraguay. Il volo militare ha permesso di cautelarsi da improvvise cancellazioni di voli, molto frequenti, e altri imprevisti, mettendo in sicurezza il voto di 1,3 milioni di potenziali elettori in zone tuttora molto colpite dalla pandemia, equivalenti a quasi un terzo del corpo elettorale estero.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, BILLI, COIN, COMENCINI, FORMENTINI, PICCHI, RIBOLLA e ZOFFILI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 29 settembre 2020 l'associazione italo-brasiliana San Francesco di Paola ha ricevuto dalle autorità consolari italiane di Belo Horizonte una notifica extragiudiziale recante l'ingiunzione a sgomberare entro trenta giorni la «Casa d'Italia» di Juiz de Fora, nello Stato federato del Minas Gerais, costruita 81 anni fa dalla comunità italo-brasiliana locale;

   stando a quanto è stato reso noto attraverso il sito internet del consolato italiano di Belo Horizonte, la «Casa d'Italia» di Juiz de Fora, nel Minas Gerais, attualmente gestita e manutenuta proprio dall'associazione italo-brasiliana San Francesco di Paola, sarà messa all'asta;

   per scongiurare chiusura e vendita della Casa d'Italia, il presidente dell'associazione italo-brasiliana San Francesco di Paola, Paulo Monteiro de Barros, ha chiesto con lettera anche l'interessamento del Ministro degli affari esteri della Repubblica federale del Brasile, Ernesto Araujo;

   i motivi della decisione non sono chiari, mentre è certo l'effetto controproducente che avrà sullo stato d'animo degli italiani residenti nel Minas Gerais e in tutto il Brasile questa manifestazione di disinteresse del Governo per il mantenimento dei legami culturali tra gli italo-brasiliani e la loro antica madrepatria;

   costituisce una potenziale aggravante la circostanza che ai vertici del Minas Gerais si trovi attualmente proprio un italo-brasiliano;

   sarebbe invece stato possibile immaginare un progetto di valorizzazione dell'immobile, allo scopo di farne un centro di irradiazione della cultura italiana e di promozione del «Made in Italy»;

   la scelta appare ancor più sconcertante alla luce dell'entità dei contributi garantiti ad altre istituzioni, si pensi al Teatro Colosseo, situato in Argentina, percettore di stanziamenti cospicui –:

   quali ragioni abbiano indotto le autorità consolari italiane alla decisione di richiedere la restituzione dell'immobile in cui ha sede la «Casa d'Italia» di Juiz de Fora ed in particolare se siano o meno state valutate le conseguenze negative di questa scelta sul mantenimento dei legami culturali tra gli italo-brasiliani del Minas Gerais e la loro antica madrepatria;

   quali circostanze impediscano al Governo di immaginare una prospettiva differente, in particolare se intenda rinunciare alla procedura di sfratto e alla messa all'asta della Casa d'Italia, per disporne invece la valorizzazione e trasformazione in un polo di promozione del «made in Italy».
(4-07027)

  Risposta. — In questi anni l'immobile Casa d'Italia, sito nel Comune di Juiz de Fora, nello stato brasiliano di Minas Gerais, è stato utilizzato dalla locale Associazione dei connazionali per meritorie attività di promozione della lingua e cultura italiana, ma – secondo quanto indicato dagli uffici amministrativi di questo Ministero – in parte anche per attività di carattere commerciale per le quali non risulta essere stato corrisposto alcun canone concessorio o di locazione al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
  Alla decisione di mettere l'edificio all'asta si era arrivati anche per altre considerazioni, quali il possibile, elevato introito per lo Stato ed anche il timore che l'edificio, in quanto non più utilizzato a fini istituzionali, potesse essere escluso dall'esenzione fiscale prevista ai sensi della Convenzione di Vienna del 1963 sulle relazioni consolari, e quindi tassato dalle autorità brasiliane, con un aggravio di costi per l'erario italiano.
  In definitiva, se da un punto di vista strettamente amministrativo la decisione di avviare la procedura di asta era conforme alle disposizioni normative, ho ritenuto che la preliminare interlocuzione con la collettività residente potesse essere meglio sviluppata, anche con riferimento ad alcuni aspetti su titoli di proprietà e criteri di utilizzo. Tanto che, quando ho ricevuto numerose ed allarmate segnalazioni da parte di connazionali dopo la pubblicazione del bando di gara, ho promosso un approfondimento della questione alla Farnesina, in esito al quale la competente direzione generale il 14 ottobre 2020 ha deciso di sospendere la procedura di asta pubblica per la vendita dell'immobile per procedere ad ulteriori e definitivi approfondimenti, nella consapevolezza del significato storico, umano e culturale che la Casa d'Italia di Juiz de Fora riveste per l'importante comunità residente nello Stato di Minas Gerais.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   FERRO, DELMASTRO DELLE VEDOVE, GALANTINO, VARCHI, MASCHIO e LUCASELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   dal carteggio tra il Ministero della giustizia e il presidente della corte di appello di Catanzaro sembrerebbe saltata l'ipotesi di celebrare l'udienza preliminare del maxi-processo contro la 'ndrangheta «Rinascita Scott» nel Palamaiata di Vibo Valentia e il processo rischia di dover essere celebrato fuori dalla Calabria;

   risale al 29 marzo 2019 la prima comunicazione del presidente della corte di appello, Domenico Introcaso, al capo gabinetto e al capo dipartimento per il reperimento di un complesso adeguato allo svolgimento del processo, a cui è seguito il primo vertice presso il Ministero della giustizia; la convocazione, il 16 gennaio 2020, per l'istruttoria sull'individuazione di un'aula bunker e, ancora, il 28 gennaio, la comunicazione del presidente al capo gabinetto e al direttore generale per il reperimento di strutture idonee;

   il 10 febbraio 2020 si è tenuta la conferenza permanente straordinaria per l'individuazione di spazi adeguati, a cui è seguito il vertice del 28 febbraio alla corte di appello, nel corso del quale era stato dato un primo via libera al PalaMaiata, individuato, dopo i sopralluoghi dei tecnici ministeriali, come la struttura più idonea in Calabria per la realizzazione dell'aula bunker: il via libera del Guardasigilli doveva essere l'ultimo passaggio per procedere all'acquisto dell'immobile della provincia per circa 4,5 milioni di euro;

   il 15 maggio 2020 il Ministero ha individuato per la celebrazione del processo Rinascita-Scott l'aula di Rebibbia a Roma, fino ad arrivare al 4 giugno 2020 con due possibili opzioni: il processo fuori dalla Calabria o la sala polivalente della cassa circondariale di Vibo con capienza ipotizzata di 500 persone;

   tale opzione ha suscitato le perplessità del procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri e di Introcaso, per il rischio di non poter garantire il giusto processo, poiché la struttura non rende possibile la contestuale presenza di tutte le parti processuali, come si evince nella relazione dello stesso presidente, secondo cui il numero degli indagati è di 487 soggetti;

   si prevede ottimisticamente un'esigenza di capienza di 547 persone, di cui 170 imputati in carcere, 317 liberi e 230 avvocati;

   il 5 giugno 2020 si è riunita la commissione permanente presieduta da Introcaso, alla quale hanno partecipato anche il procuratore capo, il procuratore generale, il presidente del Consiglio dell'ordine degli avvocati e il rappresentante del Ministero della giustizia, dalla quale è emerso che a gennaio si era discusso al Ministero delle problematiche riguardanti gli uffici giudiziari del distretto, ed era stata avanzata la proposta di una tensostruttura, come avvenuto per il processo Aemilia, che a quanto risulta agli interroganti sarebbe stata però bocciata dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria;

   sono in corso altri procedimenti contro la 'ndrangheta, come quello scaturito dall'indagine «Malapianta», in cui ci sono 96 indagati, e per il quale appare necessario disporre di un'aula bunker adeguata ad ospitare gli imputati, almeno 75 avvocati e le parti offese;

   come denunciato da Gratteri «il presidente della Corte ha scritto al ministero già nel marzo 2019 [...] sostanzialmente il presidente della Corte ha messo in mora il ministero un anno e tre mesi fa, – quindi – se qualcuno non ha provveduto non è un problema mio [...]». Complessivamente, nella stessa stanza, ha aggiunto Gratteri, «dovremmo essere minimo 600 persone, e questo tipo di spazi non ci sono in Calabria» –:

   per quali motivazioni non si dato seguito al progetto di celebrare il maxi-processo «Rinascita Scott» nell'aula bunker Palamaiata di Vibo;

   quali intendimenti siano stati assunti in merito alla scelta del complesso adeguato per la celebrazione dell'udienza preliminare e per garantire la celebrazione del processo «Rinascita-Scott» in Calabria;

   quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per rendere disponibile in Calabria un'aula bunker in cui celebrare i processi per 'ndrangheta con numerosi imputati.
(4-05956)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, gli interroganti domandano al Ministro della giustizia «...quali intendimenti siano stati assunti in merito alla scelta del complesso adeguato per la celebrazione dell'udienza preliminare e per garantirei la celebrazione del processo Rinascita - Scott in Calabria...».
  In proposito deve essere posto in risalto che distretto di Catanzaro, soprattutto nell'ultimo quadriennio, è stato caratterizzato dalla celebrazione di numerosi maxiprocessi di criminalità organizzata (articolati sui vari segmenti processuali: riesame, udienza preliminare, dibattimento di primo e di secondo grado) per centinaia di imputati e migliaia di capi di imputazione.
  Il riflesso logistico immediato sul piano processuale è stato il numero straordinario di udienze delle quali i giudicanti e i pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia si sono fatti carico: secondo la relazione di inaugurazione dell'anno giudiziario nell'ultimo anno sono state celebrate nel distretto 1.187 udienze con processi della Direzione distrettuale antimafia, trattate nei sette tribunali del distretto.
  L'espressione spaziale delle criticità è costituita dalla necessità di disporre di aule di udienza adeguate per superficie, in relazione al numero spesso elevatissimo di difensori e di imputati gravati da misure diverse dalla custodia intramuraria e con la pericolosità immanente in ragione delle imputazioni.
  In tale contesto, l'impegno profuso da questo Dicastero è stato notevolissimo, come testimonia la frequenza delle riunioni anche da remoto tenutesi tra la fine del mese di marzo dell'anno 2019 e la fine del mese di giugno dell'anno 2020 tra il presidente della corte di appello di Catanzaro, il procuratore distrettuale e i vertici del Ministero.
  Questa Amministrazione ha inoltre dato seguito alle indicazioni della competente conferenza permanente appositamente convocata nella seduta del 16 giugno 2020, rispondendo al fabbisogno di posti quantificati con specifico riferimento alla celebrazione del maxiprocesso «Rinascita - Scott» in 1.000 unità tra imputati, difensori e parti civili.
  A seguito dell'indagine avviata con il coinvolgimento degli uffici giudiziari territorialmente competenti, dell'Agenzia del demanio e della regione Calabria, considerate le esigenze relative alla celebrazione del maxiprocesso «Rinascita - Scott» nonché il perdurante stato di emergenza Covid-19, si è addivenuti all'individuazione dell'immobile ubicato in Lamezia Terme, nell'area industriale Papa Benedetto XVI (trattandosi di immobile di proprietà pubblica e di dimensioni idonee in ragione dell'esigenza di distanziamento imposta dalle prescrizioni correlate al rischio epidemiologico da Covid-19, distanziamento che imponeva l'impiego di una struttura delle dimensioni pari ad almeno 3.000 metri quadrati, motivo per il quale «...non si è dato seguito al progetto di celebrare il maxiprocesso Rinascita - Scott nell'aula bunker Palamaiata di Vibo...»).
  Il sito individuato ricade nel più ampio ambito edilizio di proprietà della regione Calabria e attualmente in uso alla Fondazione Mediterranea Terina Onlus, costituita ai sensi dell'articolo 2500 del codice civile, in attuazione della legge regionale n. 9 del 2007.
  L'edificio in oggetto, identificato al fg. 39, part. 259, sub. 1116 e 1117, avente forma rettangolare, di larghezza pari a 33 metri e lunghezza di 100 metri, si sviluppa per una superficie complessiva di 3.300 metri quadrati.
  Per destinare ad aula bunker l'immobile individuato sono risultati necessari interventi coordinati di adeguamento funzionale e tecnologico, da realizzarsi attraverso un cronoprogramma ridotto al fine di assolvere alle necessità rappresentate dagli uffici giudiziari procedenti, con particolare riguardo al rispetto dei termini di durata delle misure cautelari adottate nell'ambito del già richiamato procedimento penale.
  Al fine di rispettare le tempistiche dell'
iter giudiziario e garantire la celebrazione della fase dell'udienza preliminare, in conformità ai protocolli di sicurezza sanitaria Covid-19, questa Amministrazione, in data 17 luglio 2020, ha sottoscritto il protocollo d'intesa con l'Agenzia del demanio, la regione Calabria e gli uffici giudiziari territorialmente competenti.
  Con nota del 17 luglio 2020 dell'ufficio di gabinetto, è stato indicato, quale soggetto attuatore degli interventi necessari, il Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto all'emergenza epidemiologica Covid-19.
  In ragione della natura di tali interventi, con nota del 17 luglio 2020 il Capo Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi ha individuato la Direzione generale per i sistemi informativi automatizzati e la Direzione generale delle risorse materiali e delle tecnologie quali articolazioni ministeriali competenti per la sottoscrizione della relativa convenzione attuativa.
  In data 21 luglio 2020 è stata sottoscritta tra il Ministero della giustizia e il Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto all'emergenza epidemiologica Covid-19, la «Convenzione per gli interventi relativi alla realizzazione di una aula bunker temporanea sita in Lamezia Terme (CZ)».
  Le opere di adeguamento necessarie alla rifunzionalizzazione e all'utilizzo come aula bunker temporanea oggetto della summenzionata convenzione riguardavano la viabilità, i percorsi di accesso e le protezioni passive del sito, la demolizione di ambienti interni per il recupero funzionale degli spazi e il relativo adeguamento impiantistico, la modifica e l'integrazione degli impianti tecnologici, la realizzazione di impianti di
multiconference e gli arredi.
  Con nota del 30 agosto 2020, questa Amministrazione ha emanato un provvedimento di delega in favore del presidente della corte di appello di Catanzaro a prendere in consegna l'immobile, in nome e per conto della competente direzione generale delle risorse materiali e delle tecnologie, in previsione dell'avvio dei lavori successivamente iniziati in data 17 agosto 2020.
  Con nota del 4 agosto 2020 il Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto all'emergenza epidemiologica Covid-19 ha fornito a questa Amministrazione una stima prudenziale delle tempistiche necessarie all'ultimazione dei lavori preventivati, quantificata in cinquantacinque giorni dall'inizio dei medesimi; in pari data, la regione Calabria ha consegnato l'immobile sito in Lamezia Terme nell'area industriale Papa Benedetto XVI destinato ad aula bunker al delegato del Ministero della giustizia.
  In data 18 agosto 2020 è stato redatto il verbale di consegna dell'area per la realizzazione dei lavori al raggruppamento temporaneo di imprese affidatario dell'appalto.
  Il Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto all'emergenza epidemiologica Covid-19 nella nota redatta in data 20 novembre 2020 evidenziava che «...i lavori di predisposizione della nuova aula bunker temporanea...», sita in Lamezia Terme nell'area industriale Papa Benedetto XVI, «...sono in avanzato stato di realizzazione. Al fine di consegnare l'aula nei tempi previsti è stato anche avviato il servizio di predisposizione della stessa per le attività di videoconferenza. Sono altresì avviate le fasi collaudo in corso d'opera a partire dalla verifica degli impianti antincendio...». Relativamente ai tempi di consegna, il Commissario straordinario ha ipotizzato «...la disponibilità dell'aula per l'uso dalla seconda quindicina di dicembre...», ferma restando la possibilità di imprevisti derivanti dalle misure restrittive, o eventuali
lockdown, in atto a livello nazionale. In data 5 gennaio 2021 il responsabile unico del procedimento per la progettazione esecutiva, la realizzazione e la manutenzione dell'aula bunker in questione chiedeva l'autorizzazione alla redazione del verbale di consegna anticipata, verbale firmato dal presidente della corte di appello di Catanzaro l'8 gennaio 2021.
  Da tutto quanto sinora esposto emerge con solare evidenza l'assiduo e indefesso impegno profuso dal Ministro allo scopo di individuare in tempi notevolmente ristretti un immobile che garantisse la celebrazione in territorio calabrese del maxiprocesso «Rinascita - Scott» rispettando le esigenze di sicurezza discendenti dalla gravità delle imputazioni elevate e dalle caratura criminale dei personaggi coinvolti nonché le concorrenti esigenze di tutela della salute collettiva derivanti dalla perdurante emergenza epidemiologica.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   FIANO, SERRACCHIANI, GRIBAUDO, FASSINO, BONOMO, QUARTAPELLE PROCOPIO, RACITI, BAZOLI, VISCOMI, CARNEVALI, BOLDRINI e FRAILIS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi è scoppiata una rivolta presso l'ex caserma Cavarzerani di Udine che ospita oltre 400 migranti;

   ad innescare le violente proteste è stata la decisione, adottata dal sindaco, di prolungare il periodo di quarantena;

   il provvedimento è stato giustificato dal fatto che, nella caserma – che avrebbe una capienza massima di 300 persone – sono stati sistemati (in una roulotte, per evitare il contagio) tre persone positive al Covid-19 e ciò ha reso necessario sottoporre tutti gli altri ospiti a 15 giorni di isolamento;

   alla scadenza del primo periodo di quarantena, il sindaco ha deciso di prorogarla fino al 16 agosto, decisione che ha condotto alle violente proteste;

   si apprende da notizie di stampa che il responsabile della Protezione civile di Grado, Giuliano Felluga, per sedare la rivolta scoppiata all'interno dell'ex caserma Cavarzerani di Udine, avrebbe suggerito, con un post su un social network, l'organizzazione di «squadroni della morte» grazie ai quali «nel giro di due giorni riportiamo la normalità...», «Quattro taniche di benzina e si accende il forno crematorio, così non rompono più»;

   si tratta di frasi deliranti, gravissime, e inaccettabili, soprattutto se a pronunciarle è un rappresentante delle istituzioni;

   tali frasi sembrerebbero violare la cosiddetta «legge Mancino», adesso ricondotta nel codice penale, che prevede il delitto di propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa (articolo 604-bis) e la relativa aggravante (articolo 604-ter), che aumenta la pena fino alla metà per i reati punibili con pena diversa da quella dell'ergastolo commessi per finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso, ovvero al fine di agevolare l'attività di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i loro scopi le medesime finalità;

   pare in ogni caso evidente, a parere degli interroganti, l'inidoneità a ricoprire il ruolo di responsabile della protezione civile, di un soggetto che istiga alla violenza e diffonde odio –:

   di quali elementi informativi dispongano in relazione a quanto esposto e se intendano assumere iniziative di competenza volte a implementare il sistema sanzionatorio nei riguardi di pubblici funzionari e amministratori che si rendano responsabili di esternazioni apertamente xenofobe, razziste e istigatrici all'odio e alla violenza.
(4-08115)

  Risposta. — Rispondo all'interrogazione in esame con la quale si chiedono elementi informativi in relazione alle notizie apparse in data 4 agosto 2020 su articoli di stampa, secondo cui «il responsabile della Protezione Civile di Grado, Giuliano Felluga, per sedare la rivolta scoppiata all'interno dell'ex caserma Cavarzerani di Udine» che ospita 400 migranti «avrebbe suggerito, con un post su un social network, l'organizzazione di “squadroni della morte” grazie ai quali “nel giro di due giorni riportiamo la normalità...”, “Quattro taniche di benzina e si accende il forno crematorio, così non rompono più”».
  L'istruttoria avviata dall'ispettorato per la funzione pubblica presso il comune di Grado e la Protezione civile della regione Friuli Venezia Giulia ha dato conferma dell'accaduto e della grave esternazione razzista e xenofoba.
  Dalle informazioni ricevute dal segretario generale del comune di Grado, è stato appurato che il signor Giuliano Felluga è dipendente a tempo pieno e indeterminato del Comune di Grado (inquadrato nella categoria B, con profilo professionale di operaio/manutentore) e, in veste privata, quale volontario, e non nell'ambito delle mansioni attribuite in virtù del suo rapporto di pubblico impiego – è altresì componente del «Gruppo comunale dei volontari di protezione civile» del quale svolgeva, dall'anno 2009, la funzione di «Coordinatore comunale» del gruppo.
  Il segretario generale ha tenuto a precisare che il ruolo di «Coordinatore comunale» è diverso da quello di «Responsabile»: è quest'ultimo, infatti, ad essere attribuito ad un dipendente comunale, mentre il primo è assegnato ad uno dei volontari del gruppo stesso.
  Il 5 agosto 2020 la giunta comunale (con deliberazione n. 98/2020) ha revocato al signor Felluga il suddetto incarico di coordinatore, il suo comportamento è stato segnalato all'ufficio per il contenzioso e i procedimenti disciplinari presso la direzione centrale funzione pubblica della regione Friuli Venezia Giulia e alla procura della Repubblica di Gorizia per le eventuali implicazioni di rilevanza penale.
  Il comune di Grado è stato invitato a tenere costantemente informato l'ispettorato per la funzione pubblica sugli esiti dei provvedimenti avviati in sede disciplinare, nonché delle eventuali implicazioni di rilevanza penale.
  In assenza di riscontri, il 20 gennaio 2021 l'ispettorato stesso ha richiesto un aggiornamento sugli esiti dei provvedimenti avviati nei confronti del signor Felluga, al quale, secondo quanto comunicato dal segretario generale, è stata irrogata la sanzione disciplinare della multa con trattenuta sullo stipendio di un importo pari al valore di due ore lavorative.
  Personalmente, non posso non esprimere la mia profonda amarezza per la virulenza del pensiero razzista che ha spinto all'esternazione di quelle parole, che hanno l'aggravante di aver rievocato, esaltandolo, un genocidio. Mi impegnerò affinché, al riguardo, nelle sedi competenti si rifletta sui contenuti del codice di comportamento e sul connesso sistema sanzionatorio dei dipendenti pubblici.

La Ministra per la pubblica amministrazione: Fabiana Dadone.


   FORMENTINI, CAPITANIO, ZOFFILI e GIGLIO VIGNA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   stando a quanto reso noto dall'autorevole quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung, il servizio di informazioni della Repubblica federale tedesca, noto con la sigla Bnd, avrebbe manifestato la propria preoccupazione per il rischio che rappresenterebbe affidare a Huawei lo sviluppo di un'infrastruttura strategica come il 5G;

   sarebbe stato Bruno Kahl, Direttore del Bnd, ad esprimere questi timori nel corso di una sua audizione svoltasi il 29 ottobre 2019 presso il Comitato di controllo su servizi d'informazione e sicurezza del Bundestag;

   la prossimità delle imprese cinesi al proprio Governo, in particolare, richiederebbe massima cautela e approfondite verifiche prima di appaltare ad aziende come Huawei l'allestimento di infrastrutture nei servizi che toccano fondamentali interessi di sicurezza;

   sarebbe temuta soprattutto la possibilità di attività di spionaggio attraverso le nuove infrastrutture digitali;

   il rischio tuttavia investirebbe anche la creazione di una pericolosa dipendenza esterna per tutto quanto in prospettiva attiene allo sviluppo e al funzionamento del cosiddetto Internet of Things –:

   se il Governo ritenga realistiche le preoccupazioni manifestate dal direttore del Bnd in merito all'affidamento di commesse relative alla costruzione e alla gestione di infrastrutture strategiche come il 5G e quali iniziative di competenza intenda assumere per circoscrivere il rischio generalizzato in premessa.
(4-03988)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  Gli interroganti fanno riferimento al rischio di affidare a Huawei commesse relative alla costruzione e alla gestione di infrastrutture strategiche come il 5G.
  A riguardo si rappresenta che le reti di comunicazione in tecnologia 5G costituiscono l'evoluzione delle reti mobili tradizionali e rappresentano una delle basi su cui potrà poggiare gran parte delle attività socioeconomiche nei prossimi anni.
  Le reti mobili tradizionali, infatti, presentano chiare divisioni funzionali tra la cosiddetta «rete
core», dove hanno luogo le funzioni più sensibili, e la cosiddetta «rete di accesso», costituita dagli elementi radio utilizzati per collegare i dispositivi d'utente – come telefoni, laptop e tablet – alla rete principale.
  A differenza delle reti mobili tradizionali, il 5G è progettato in modo che le funzioni sensibili attualmente eseguite nella «rete
core», isolata fisicamente e logicamente, si avvicinino gradualmente alla periferia della rete. In altri termini, nel 5G la distinzione tra «rete core» e «rete di accesso» tende a sfumare.
  Indubbiamente, questo cambiamento può introdurre nuovi rischi nella gestione della sicurezza informatica delle reti, poiché alcune funzioni sensibili si muovono al di fuori dell'ambiente «
core», caratterizzato tipicamente da un'elevata protezione.
  Pertanto, la sicurezza delle reti e la sua gestione assume una rilevanza fondamentale. Le architetture delle reti 5G saranno composte infatti da una pluralità di segmenti che vanno dall'accesso radio alla «rete
core», con una vastità di terminali che svolgono funzioni sempre più complesse: si avrà dunque un insieme ampio di elementi che presenteranno diversi aspetti di vulnerabilità. Inoltre, la stessa gestione delle risorse – pensata per essere attuata in maniera virtuale e dinamica, con procedure sia centralizzate che distribuite – potrebbe essere oggetto di attacchi diversi rispetto a quelli affrontati nelle attuali reti cellulari.
  A tali rischi si aggiungono anche quelli legati al crescente ricorso a tecnologie provenienti da aziende non europee.
  A riguardo, va osservato che il progressivo inserimento nel mercato italiano, così come in gran parte del mercato unionale, di apparati prodotti da costruttori esterni all'Unione europea ha condotto alla situazione attuale, in cui le reti fisse e mobili sono poggiate anche su tecnologie di derivazione extra-Unione europea.
  A fronte dei potenziali rischi sopra evidenziati, si è imposta la necessità di individuare soluzioni, ivi comprese strategie per il controllo della filiera delle forniture di prodotti e sistemi che gli operatori di comunicazione elettronica utilizzano.
  In questa direzione si sono mossi sia il Governo che il Parlamento.
  Infatti, il decreto-legge 25 marzo 2019, n. 22, convertito con modificazioni dalla legge 20 maggio 2019, n. 41, ha novellato il decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21 recante «Norme in materia di poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni», introducendovi l'articolo 1-
bis dedicato ai «Poteri speciali inerenti le reti di telecomunicazione elettronica a banda larga con tecnologia 5G», poi successivamente modificato con decreto-legge 11 luglio 2019, n. 64.
  Il citato articolo 1-
bis qualifica i servizi di comunicazione elettronica a banda larga basati sulla tecnologia 5G quali attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale, ai fini dell'esercizio dei poteri speciali.
  Il citato decreto-legge dispone che le imprese notifichino, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, contratti o accordi sottoscritti con soggetti esterni all'Unione europea aventi ad oggetto l'acquisizione, a qualsiasi titolo, di beni o servizi relativi alla progettazione, alla realizzazione, alla manutenzione e alla gestione delle reti inerenti ai servizi di comunicazione elettronica a banda larga basati sulla tecnologia 5G; sono soggetti a obbligo di notifica anche contratti o accordi inerenti alle acquisizioni di componenti ad alta intensità tecnologica funzionali alla realizzazione o gestione delle reti in parola.
  Alla Presidenza del Consiglio dei ministri è conferito il potere speciale (
Golden Power) di esercizio eventuale del potere di veto o di imposizione di specifiche prescrizioni o condizioni. L'autorità può svolgere approfondimenti riguardanti aspetti tecnici relativi alla valutazione di possibili fattori di vulnerabilità che potrebbero compromettere l'integrità e la sicurezza delle reti e dei dati che vi transitano. I poteri speciali sono esercitati nella forma dell'imposizione di specifiche prescrizioni o condizioni ogniqualvolta ciò sia sufficiente ad assicurare la tutela degli interessi essenziali della difesa e della sicurezza nazionale.
  Il Consiglio dei ministri ha deliberato l'esercizio dei poteri speciali in materia di reti 5G, in coerenza con le prescrizioni del menzionato decreto-legge e con riferimento ad alcune operazioni in corso: si tratta di operazioni relative, tra l'altro, alla progettazione, alla realizzazione, alla manutenzione e alla gestione delle reti inerenti i servizi di comunicazione elettronica a banda larga su tecnologia 5G.
  Al momento è stato esercitato in un solo caso il potere di veto con riferimento alla fornitura di apparati della società Huawei per la realizzazione della parte
«core» della rete 5G dell'operatore Fastweb, a causa della mancanza, da parte dell'operatore, di un adeguato piano di diversificazione dei fornitori.
  Con decreto 15 febbraio 2019 del Ministro dello sviluppo economico e successivo decreto direttoriale 19 aprile 2019, è stato istituito il Centro di valutazione e certificazione nazionale (Cvcn) per la verifica delle condizioni di sicurezza e dell'assenza di vulnerabilità di prodotti, apparati e sistemi destinati ad essere utilizzati per il funzionamento di reti, servizi e infrastrutture strategiche, nonché di ogni operatore per cui sussista un interesse nazionale. Con ciò si sono concretizzati gli orientamenti contenuti già nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 17 febbraio 2017 recante «Direttiva recante indirizzi per la protezione cibernetica e la sicurezza informatica nazionali», con il quale veniva definita l'architettura per la sicurezza cibernetica.
  Il decreto-legge 21 settembre 2019, n. 105, convertito con modificazioni dalla legge del 18 novembre 2019, n. 133 e recante «Disposizioni urgenti in materia di perimetro di sicurezza nazionale cibernetica e di disciplina dei poteri speciali nei settori di rilevanza strategica», definisce gli aspetti generali per garantire un livello elevato di sicurezza delle infrastrutture ritenute fondamentali per le esigenze dello Stato, quali le reti di telecomunicazione a banda larga con tecnologia 5G e collega l'esercizio dei poteri speciali all'esito delle verifiche effettuate dal Cvcn per le attività di valutazione tecnica di sicurezza informatica. In particolare, il Cvcn può effettuare verifiche preliminari ed imporre condizioni è test di
hardware e software da compiere secondo un approccio gradualmente crescente nelle verifiche di sicurezza. In questi casi, i relativi bandi di gara e contratti sono integrati con clausole che condizionano, sospensivamente ovvero risolutivamente, il contratto al rispetto delle condizioni e all'esito favorevole dei test disposti dal Cvcn.
  In relazione alla specificità delle forniture di beni, sistemi e servizi Ict da impiegare su reti, sistemi informativi e servizi informatici del Ministero dell'interno e del Ministero della difesa, il decreto-legge prevede che i Ministeri in questione possano fare ricorso ad un proprio centro di valutazione abilitato ad effettuare e imporre verifiche, impiegando metodologie e test definiti dal Cvcn.
  Il citato decreto-legge n. 105 del 2019 prevede anche che le condizioni e le prescrizioni relative ai beni e servizi acquistati con contratti già autorizzati, qualora attinenti alle reti, ai sistemi informativi e ai servizi informatici in parola, possano essere modificate o integrate se, a seguito dell'operato dei centri di valutazione, emergano fattori di vulnerabilità che potrebbero compromettere l'integrità e la sicurezza delle reti e dei dati che vi transitano. A tale scopo, possono essere adottate misure aggiuntive necessarie alla tutela dei livelli di sicurezza, ivi compresa la sostituzione di apparati o prodotti.
  Il Ministero della difesa, interpellato sull'argomento in parola, riferisce che, nelle more della configurazione del proprio centro di valutazione, non ha effettuato in via cautelativa alcuna attività progettuale relativa alla realizzazione di infrastrutture e servizi in 5G, né ha autorizzato l'utilizzo delle proprie frequenze per la sperimentazione di prodotti Huawei sulla specifica tecnologia.
  Sulla disciplina dei poteri speciali è intervenuto successivamente il decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137 («decreto Ristori») convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, il quale ha esteso al 30 giugno 2021 l'ambito di applicazione di alcuni poteri speciali e dei relativi obblighi – in particolare, l'obbligo di notifica dell'acquisto di partecipazioni e il potere di imposizione di impegni e condizioni e opposizione all'acquisto – sia con riferimento agli attivi strategici, sia con riferimento alle operazioni di acquisto di partecipazioni.
  In conclusione, si ritiene opportuno ricordare che il «
Memorandum of Understanding» firmato nel marzo 2019 tra Italia e Cina non comprende alcun accordo inerente alla tecnologia del 5G.
  

La Sottosegretaria di Stato per lo sviluppo economico: Mirella Liuzzi.


   FORMENTINI, GIGLIO VIGNA, ZOFFILI, BILLI, COIN, COMENCINI, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, PICCHI, RIBOLLA, RIXI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la delimitazione del confine di Stato tra l'Italia e la Francia è oggetto di controversia dai tempi dell'unificazione nazionale del nostro Paese e non è stata risolta neanche al termine del secondo conflitto mondiale;

   l'Italia si considera in effetti erede del trattato con il quale il Regno di Sardegna cedette nel 1860 la Savoia all'allora impero francese;

   il nostro Paese ritiene che la frontiera con la Francia corra lungo lo spartiacque del Monte Bianco, mentre i transalpini affermano che il vertice del massiccio ricade nel loro territorio, così come il Gouter e il Colle del Duomo;

   la questione è tornata nuovamente alla ribalta per effetto della decisione presa lo scorso anno dai comuni frontalieri francesi di Chamonix e Saint Gervais, che hanno formalizzato la modifica a loro favore dei confini dei territori da loro amministrati, con l'effetto di sottrarre alla sovranità del nostro Paese il Rifugio Torino ed incamerare i ricavi derivanti dall'esercizio del locale impianto che collega Punta Helbronner a Chamonix;

   la circostanza è già stata oggetto di un atto di sindacato ispettivo (n. 4-03541) al quale il 12 ottobre 2020 ha dato risposta il Sottosegretario agli affari esteri e alla cooperazione internazionale Ivan Scalfarotto, comunicando che la Farnesina «tramite l'ambasciata a Parigi ha subito proceduto a rappresentare formalmente e con fermezza alle autorità francesi la tradizionale posizione italiana riguardo ai confini»;

   esiste il dubbio ragionevole di ritenere infruttuoso il passo;

   a dispetto dei vantati progressi del processo d'integrazione europea e della presunta perdita di valenza giuridica, economica e politica del concetto di frontiera, il controllo dei confini si conferma una questione della massima importanza pratica e simbolica per i territori che si trovano a loro ridosso, anche tra Stati membri dell'Unione europea –:

   se il Governo non ritenga di dover assumere iniziative ulteriori per comporre definitivamente il contenzioso frontaliero italo-francese in un modo che sia accettabile per entrambe le parti, anche ricorrendo alla giurisdizione dei fori internazionali competenti.
(4-07239)

  Risposta. — Il Governo italiano segue con la massima attenzione gli sviluppi connessi alla disputa tra Italia e Francia sulla linea di confine dei Monte Bianco, tornata di attualità a seguito dell'adozione, a fine giugno 2019, di un provvedimento locale da parte dei comuni francesi di Chamonix e St. Gervaix per interdire temporaneamente le attività di parapendio nella zona dei Monte Bianco ancora oggi oggetto di contestazione.
  Il provvedimento era stato adottato senza la previa consultazione o informazione delle autorità locali italiane, contrariamente a quanto concordato a livello tecnico in sede di Commissione mista italo-francese per la manutenzione del tracciato dei confini, in cui le Parti avevano convenuto sull'interesse reciproco a evitare qualsiasi iniziativa unilaterale da parte delle autorità locali nella zona di confine del Monte Bianco. In occasione di quell'episodio, la Farnesina, tramite la nostra ambasciata a Parigi, aveva rappresentato formalmente, alle autorità, francesi il disappunto dell'Italia. A seguito dei ripetuti solleciti per il tramite dell'ambasciata a Parigi, Parigi si era dichiarata disponibile ad affrontare la questione nell'ambito della commissione mista.
  L'ambasciata d'Italia a Parigi è tornata a esprimere formalmente il forte disappunto italiano a seguito dell'adozione il 1° ottobre 2020, da parte della prefettura dell'Alta Savoia, di misure di protezione del sito naturale del Monte Bianco. Nella nota ufficiale trasmessa alle autorità francesi il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha ricordato che Italia e Francia, avevano concordato sulla necessità di evitare qualsiasi iniziativa unilaterale delle autorità locali su queste zone. Da parte del Quai d'Orsay è pervenuta una nota verbale con cui le autorità, francesi hanno preso atto che il decreto emanato il 1° ottobre 2020 dalla prefettura dell'Alta Savoia si riferisce a un'area oggetto da decenni di un contenzioso tra Francia e Italia e hanno rinnovato la loro disponibilità a risolvere la questione all'interno della commissione mista per la manutenzione del tracciato dei confini.
  L'avvenuta comunicazione al Ministero degli affari esteri francese del forte disappunto italiano, dall'angolo visuale del diritto internazionale risulta idonea ad evitare la formazione dell'acquiescenza, da parte italiana, a fronte di qualsiasi ipotetica pretesa di mutamento
de facto del confine di Stato ascrivibile alle misure unilaterali adottate dalla prefettura dell'Alta Savoia.
  La questione delle misure unilaterali, sulle aree contese è stata da ultimo affrontata, il 19 novembre 2020, nei corso della riunione annuale della commissione mista sopra citata. Da parte francese, nei riconoscere la vigenza della convenzione del 1861 e del materiale cartografico a essa allegato, è stato fatto presente che il problema deriverebbe da un'interpretazione divergente tra i due Stati. Da parte italiana è stata tuttavia ribadita l'importanza di evitare malintesi su una questione di alta sensibilità per il nostro Governo attraverso l'adozione di misure unilaterali che attengono alla sovranità del Paese in attesa che vengano definiti gli approfondimenti sul materiale cartografico e appianate per quanto possibile a livello tecnico le divergenze sul tracciato del confine.
  Tutto ciò premesso, si assicura che il Governo italiano continuerà a monitorare con particolare attenzione l'evoluzione della situazione e a vegliare affinché siano tutelati gli interessi, nazionali, anche economici, nella zona del Monte Bianco, operando affinché la questione sia definita in seno alla sopra citata commissione mista.

La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Emanuela Claudia Del Re.


   FOTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel corso dei lavori, da parte di Rete ferroviaria italiana, per la realizzazione di un sottopassaggio volto a collegare il parcheggio e il secondo binario, risulta all'interrogante essere stata compromessa la stabilità dell'edificio che ospita la stazione di Sarmato (in provincia di Piacenza), tant'è che lo stesso è stato dichiarato inagibile e transennato;

   in seguito allo scavo in profondità, infatti, alcune crepe già presenti nell'edificio hanno iniziato ad allargarsi rapidamente e in maniera preoccupante, con piccole cadute di intonaco su quasi tutti i lati: subito è stata interrotta la circolazione ferroviaria della linea Piacenza-Alessandria e sono intervenute squadre di operai per prevenire possibili crolli;

   l'edificio, che risulta sottoposto a vincolo da parte della competente Soprintendenza, risulta ora puntellato su tutti i lati. In ogni caso, prima di ogni intervento al riguardo, dovrà essere alleggerito il carico che sullo stesso insiste (probabilmente togliendo in parte il tetto) –:

   se intenda appurare quali iniziative intenda assumere Rete ferroviaria italiana per consentire, e in quali tempi, la piena e sicura fruibilità dell'immobile che ospita la stazione di Sarmato.
(4-06287)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sulla base delle informazioni della direzione generale per il trasporto e le infrastrutture ferroviarie e del gruppo Ferrovie dello Stato italiane (FS), si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Come è noto, nell'ambito dei lavori di potenziamento tecnologico della linea Alessandria-Piacenza è stata prevista la realizzazione di un sottopasso a servizio dei viaggiatori tra il primo e il secondo marciapiede nella stazione di Sarmato.
  Durante le prime fasi di scavo per la realizzazione del sottopasso si sono accentuate alcune criticità preesistenti del fabbricato viaggiatori, risalente all'epoca dell'apertura della linea (circa 1858-60).
  È stato attivato conseguentemente un ulteriore monitoraggio, a cura della direzione lavori di Rete ferroviaria italiana e della ditta appaltatrice, con l'installazione di specifica strumentazione automatica finalizzata alla verifica in continuo del fabbricato.
  Inoltre, Ferrovie dello Stato italiane ha comunicato che sono stati realizzati interventi di prima fase riguardanti l'installazione di elementi metallici (verticali ed orizzontali) a supporto della struttura che sono stati tempestivamente segnalati alla soprintendenza per i beni archeologici belle arti e paesaggio per le provincie di Parma e Piacenza.
  A seguito dell'analisi dell'evento e dei dati analizzati in fase di monitoraggio, Rfi ha predisposto il progetto di riqualificazione complessiva dell'edificio, che prevede interventi di miglioramento strutturale e
restyling del piano inferiore del fabbricato. Per il primo piano, non utilizzato e realizzato all'epoca con materiali meno performanti, è prevista la demolizione. Tale soluzione è stata condivisa dalla società ferroviaria con il comune di Sarmato e presentata alla soprintendenza per i beni archeologici belle arti e paesaggio per le provincie di Parma e Piacenza.
  Sono attualmente in corso le attività di indagine storica e di studio sui materiali per la progettazione esecutiva di dettaglio.
  Inoltre, Ferrovie dello Stato italiane ha riferito che l'ultimazione della fase progettuale è prevista entro la fine del corrente anno. Successivamente la società ferroviaria avvierà l'
iter autorizzativo e procederà poi alla realizzazione degli interventi.
La Ministra delle infrastrutture e dei trasporti: Paola De Micheli.


   FRASSINETTI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   il Quotidiano «il Mattino» ha pubblicato la notizia che su Amazon era possibile acquistare manuali inneggianti alla bestemmia anche pagando con i bonus per insegnanti e per i ragazzi di 18 anni e che, nonostante Amazon abbia subito eliminato il banner che consente di comprarli, ancora con il bonus è possibile farlo su altri portali o nelle librerie;

   il bonus cultura consiste in una carta elettronica del valore di 500 euro assegnata a tutti i giovani che compiono 18 anni residenti in Italia o in possesso di permesso di soggiorno dove richiesto, che si prefigge lo scopo di promuovere la cultura e la fruizione del patrimonio culturale, ed è promosso dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;

   grazie al predetto bonus culturale e al bonus «Carta del Docente», tra i libri che è possibile acquistare, ce ne sono alcuni dai titoli: «Raccolta delle migliori bestemmie di sempre» o «Il grande libro della Bestemmia»;

   in questi libri acquistabili con gli incentivi del Governo si inneggia alla bestemmia con frasi tipo «Aiutati che la Bestemmia ti aiuta» e pertanto, viene offesa la coscienza cattolica che sta alla base delle fondamenta culturali della nostra Nazione –:

   se il Governo intenda adottare iniziative di competenza, anche normative, affinché la tipologia di libri citati in premessa non possa essere più acquistabile utilizzando il «Bonus Cultura».
(4-07774)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto notizie riguardo all'utilizzo del bonus cultura.
  Sulla base degli elementi forniti dal segretariato generale, si rappresenta quanto segue.
  L'uso della carta elettronica, cosiddetto «
Bonus Cultura», per l'edizione nati nel 2001 in corso, è disciplinato dall'articolo 1, comma 604, della legge 30 dicembre 2018, n. 1451; dal decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, 24 dicembre 2019, n. 177, recante «Regolamento recante i criteri e le modalità di attribuzione e di utilizzo della Carta elettronica, prevista dall'articolo 1, comma 604, della legge 30 dicembre 2018, n. 145» e nonché dalle relative condizioni d'uso.
  Per i soggetti nati nel 2002, il beneficio è previsto l'articolo 1, comma 357, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, come modificato dall'articolo 183, comma 11-
ter, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77; il relativo decreto attuativo, recante modifiche al predetto Regolamento, è in corso di adozione.
  Il
bonus cultura ha lo scopo di fornire un impulso all'autonoma scelta da parte dei neo-diciottenni dei percorsi culturali più vicini alle proprie propensioni.
  In conformità alle finalità dell'iniziativa e alla disciplina soprarichiamata, i buoni generabili attraverso il servizio possono essere utilizzati per l'acquisto di «libri (inclusi audiolibri e libri elettronici, esclusi supporti
hardware di qualsiasi natura atti alla relativa riproduzione)», senza alcuna limitazione per tipologia.
  Oltre che a livello normativo, eventuali limitazioni e restrizioni alle tipologie di libri acquistabili con il
bonus possono essere previste nelle condizioni d'uso al servizio che già per la categoria «prodotti dell'editoria audiovisiva», escludono la possibilità di utilizzo del beneficio per «le opere a carattere videoludico, pornografico o che incitano alla violenza, all'odio razziale o alla discriminazione di genere».
  Pertanto si provvederà, per la categoria in esame, a definire meglio cosa può essere considerato un prodotto utile all'apprendimento o all'educazione integrando le condizioni d'uso del servizio.
  Si rappresenta, comunque, che ai sensi dell'articolo 9 del decreto n. 177 del 2019, questo Ministero «vigila sul corretto funzionamento della Carta e può provvedere, in caso di usi difformi o violazioni delle norme del [...] decreto, alla disattivazione della Carta di uno dei beneficiari o alla cancellazione dall'elenco di una struttura, di un'impresa o di un esercizio commerciali ammessi, nonché al diniego di accredito o al recupero delle somme non rendicontate correttamente o eventualmente utilizzate per spese inammissibili, fatte salve le ulteriori sanzioni previste dalla normativa vigente. Nei casi di cui al primo periodo, il MIBACT può disporre in via cautelare, con provvedimento motivato, la sospensione dell'erogazione degli accrediti ovvero, in presenza di condotte più gravi o reiterate, la sospensione dall'elenco di cui all'articolo 7, comma 1».
  Trattasi, quindi, di una disposizione che consente a questa Amministrazione di intervenire, in ogni caso, qualora l'uso della «
bonus card» sia difforme dalle finalità per cui è stata creata.
  La scelta del «
bonus cultura» sottolinea l'importanza dei consumi culturali e dell'educazione permanente come motore dello sviluppo del capitale cognitivo del paese, ovvero del sapere sociale diffuso, fattori cruciali per competere nel mercato globale, dove le parole chiave sono innovazione, brand e flessibilità.
  Il sussidio, inoltre, è stato ideato per aiutare nella didattica docenti e insegnanti, non certo per comprare libri che con l'educazione sembrano avere davvero poco in comune.
  Si rassicura l'interrogante, come già rilevato, che si provvederà a meglio definire la categoria dei beni in questione.

La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Anna Laura Orrico.


   GASTALDI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Poste italiane continua a mantenere una ferma posizione di chiusura in merito alla consegna – a giorni alterni – della corrispondenza nella cittadina di Verzuolo che ha 6.437 abitanti ed è parzialmente montana;

   al disagio condiviso da micro e piccole imprese, anziani e famiglie si aggiunge la preoccupazione evidenziata nelle scorse settimane dal sindacato Uil Poste. Il servizio di sportelleria in provincia potrebbe, infatti, molto presto incontrare gravi difficoltà legate alla mancanza di personale e al pensionamento, alla fine del 2019, di 60 dei 550 addetti impegnati in 272 uffici postali delle macroaree di Cuneo e Alba;

   il comune di Verzuolo ha proposto tre soluzioni alternative per ovviare al problema. L'assunzione di un operatore polifunzionale – in grado di svolgere anche mansioni di sportello oltre al recapito – per migliorare il servizio e la sperimentazione, per 12 mesi, di un sistema di consegna 5 giorni su 7, escludendo il sabato;

   i contenuti del servizio postale universale sono definiti a livello europeo dalla direttiva 97/67/UE del 15 dicembre 1997 (cosiddetta «prima direttiva postale»), come successivamente modificata dalle direttive 2002/39/UE del 10 giugno 2002 (cosiddetta «seconda direttiva postale») e della direttiva 2008/6/UE del 20 febbraio 2008 (cosiddetta «terza direttiva postale»). La direttiva stabilisce che il servizio universale corrisponde ad un'offerta di servizi postali di qualità determinata forniti permanentemente in tutti i punti del territorio a prezzi accessibili a tutti gli utenti. Il servizio postale universale deve essere assicurato per almeno cinque giorni a settimana e garantire almeno una raccolta e una distribuzione al domicilio degli utenti degli invii postali;

   il decreto legislativo n. 261 del 1999 rappresenta a tutt'oggi il testo di riferimento per la disciplina generale del servizio postale, con specifico riferimento alla fornitura del servizio universale. Tale decreto ha recepito i contenuti della direttiva 97/67/CE ed è stato successivamente modificato dal decreto legislativo n. 384 del 2003, che ha recepito la «seconda direttiva postale», 2002/39/CE, e dal decreto legislativo n. 58 del 2011, che ha recepito la «terza direttiva postale», la direttiva 2008/6/UE del 20 febbraio 2008. Fornitore del servizio universale è riconosciuta ex lege la società Poste italiane Spa per un periodo di quindici anni a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 58 del 2011 (e quindi fino al 30 aprile 2026);

   il servizio postale universale è affidato a Poste Italiane s.p.a. fino al 30 aprile 2026, sulla base del contratto di programma 2020-2024 che «regola i rapporti tra lo Stato e la società per la fornitura del servizio postale universale, Poste Italiane S.p.A., nel perseguimento di obiettivi di coesione sociale ed economica, che prevedono la fornitura di servizi utili al cittadino, alle imprese e alle pubbliche amministrazioni mediante l'utilizzo della rete postale della Società»;

   a fronte del contributo che la società riceve per l'onere pubblico, pari a 262,4 milioni di euro all'anno, non sembra corrispondere un servizio di qualità, nonostante sulla «Carta dei servizi postali», pubblicata il 10 ottobre 2017, si legga che «grazie alla presenza capillare su tutto il territorio nazionale, ai forti investimenti in ambito tecnologico e al patrimonio di conoscenze rappresentato dai suoi oltre 140 mila dipendenti, Poste Italiane ha assunto un ruolo centrale nel processo di crescita e modernizzazione del Paese» –:

   quali iniziative il Ministro intenda adottare, per quanto di competenza, in modo da garantire anche agli utenti della città di Verzuolo un corretto esercizio del servizio postale.
(4-04479)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame; sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  L'interrogante fa riferimento alla consegna della corrispondenza a giorni alterni nella cittadina di Verzuolo (Cuneo) nonché alla carenza di personale allo sportello nelle macro-aree di Cuneo e Alba.
  In via preliminare, si ricorda che il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha disposto il, trasferimento all'autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) delle funzioni in materia di regolazione e vigilanza del settore postale, svolte precedentemente dal Ministero dello sviluppo economico. Spetta dunque all'Agcom l'«adozione di provvedimenti regolatori in materia di qualità e caratteristiche del servizio postale universale» prevista dall'articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261.
  Per quello che attiene al funzionamento del recapito a giorni alterni, richiamato dall'interrogante, si ricorda che questa modalità di recapito rientra tra «le misure di razionalizzazione del servizio e di rimodulazione della frequenza settimanale di raccolta e recapito» prevista dall'articolo 1, commi 277 e seguenti della legge 23 dicembre 2014, n. 190, ed è disciplinato dalla delibera Agcom n. 395/15/CONS.
  L'articolo 3 della direttiva 2008/6/CE, inoltre, prevede a riguardo, che gli Stati membri si attivino «per assicurare che il servizio universale sia garantito come minimo cinque giorni lavorativi a settimana, salvo circostanze o condizioni geografiche eccezionali». L'articolo 3, comma 7, del sopra richiamato decreto legislativo n. 261 del 1999, prescrive inoltre che «è fatta salva la fornitura a giorni alterni, che è autorizzata dall'Autorità di regolamentazione, in presenza di particolari situazioni di natura infrastrutturale o geografica in ambiti territoriali con una densità inferiore a 200 abitanti/kmq e comunque fino ad un massimo di un quarto della popolazione nazionale».
  Ebbene, il comune di Verzuolo rientrerebbe tra i comuni autorizzati al modello di recapito a giorni alterni di cui alla richiamata delibera dell'Agcom n. 395/15/CONS.
  Sentita sul punto, Poste Italiane ha riferito che nel comune di Verzuolo, a seguito dell'introduzione del modello di recapito a giorni alterni, sono state attivate numerose iniziative volte a migliorare il servizio postale. A tal ultimo proposito, in particolare, si osserva che è stato accorpato il presidio decentrato distribuzione di Verzuolo sul centro di distribuzione di Saluzzo per garantire maggiore flessibilità nello svolgimento delle attività di recapito.
  L'azienda, inoltre, ha evidenziato che il dentro di distribuzione di Saluzzo (già riorganizzato nel 2016 secondo il progetto di recapito a giorni alterni e — da marzo 2019 — secondo il modello
Joint Delivery) serve, ad oggi, anche il comune di Verzuolo e non presenta alcuna giacenza di corrispondenza né particolari criticità.
  Poste Italiane ha riferito, altresì, che l'ulteriore modello di recapito
Joint Delivery riguarda le aree cosiddette non regolate e che continua a perseguire un efficiente utilizzo dei processi, in conformità con i nuovi obiettivi di qualità fissati dalla delibera dell'Agcom n. 395/15/CONS.
  Inoltre, è stato sottolineato che sono stati svolti numerosi incontri tra i rappresentanti territoriali dell'Azienda e il sindaco del comune di Verzuolo, nel corso dei quali è stato evidenziato come l'attuazione del modello di recapito a giorni alterni e del modello
Joint Delivery faccia parte di un processo di ampia riforma del servizio postale universale, in linea con le mutate esigenze della clientela, sia in termini di velocità che di frequenza del recapito. Sono state così fornite delucidazioni in merito ai contenuti della delibera dell'Agcom ed assicurazioni circa il corretto svolgimento del servizio postale.
  L'interrogante richiama, inoltre, la proposta avanzata dal comune di Verzuolo di assumere un operatore polifunzionale che svolga mansioni di sportello e di recapito. Sul punto, Poste Italiane ha risposto che questa soluzione non è perseguibile dal momento che tale profilo non è più previsto nell'attuale organizzazione aziendale. Inoltre, le risorse applicate presso l'ufficio postale di Verzuolo risultano in linea con le esigenze della clientela, come confermato anche dalle recenti analisi svolte a livello territoriale dall'Azienda.
  Tuttavia, si osserva — in generale — che, per quanto riguarda il servizio di sportelleria nella provincia di Cuneo, Poste Italiane ha pianificato azioni di rafforzamento che prevedono l'inserimento di oltre 20 risorse
Full Time Equivalent (Fte) nella prima parte del 2020 in relazione al fabbisogno di personale riconducibile alle recenti dinamiche di turnover.
  Infine, l'azienda ha precisato che, nel nuovo contratto di programma 2020-2024, all'interno del perimetro e del tetto al contributo pubblico fissato per legge, sono stati definiti percorsi evolutivi del servizio universale postale, all'insegna dell'innovazione tecnologica, della digitalizzazione dei servizi e della flessibilità, necessaria per un servizio sempre più orientato alle reali esigenze di comunicazione dei cittadini.
  Prosegue, altresì, l'impegno di Poste per migliorare i servizi nei confronti dell'utenza, anche nelle realtà più piccole del Paese, con l'attivazione di sportelli ATM, reti wi-fi, impianti di videosorveglianza e abbattimento di barriere architettoniche. Il potenziamento delle infrastrutture riguarderà anche lo sviluppo dei
locker e delle cassette di impostazione, con l'istallazione di apparati di ultima generazione al fine di far evolvere i servizi in linea con le esigenze dell'utenza.
  In conclusione, dunque, quello in corso rappresenterebbe un articolato progetto di razionalizzazione organizzativa, innovazione tecnologica ed ammodernamento dei servizi, volto ad adeguare i livelli di servizio alle mutate esigenze degli utenti, nonché a garantire un servizio postale maggiormente efficiente.

Il Ministro dello sviluppo economico: Stefano Patuanelli.


   GIACOMETTO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la Martor di Brandizzo (comune della città metropolitana di Torino) opera da circa 40 anni nel settore della componentistica auto. Il principale committente è la Fca. Da alcuni anni attraversa un'importante crisi industriale e finanziaria e attualmente i lavoratori sono in contratto di solidarietà; l'azienda occupa 117 dipendenti in prevalenza donne, di età media tra i 45 e i 55 anni;

   il 18 dicembre 2019 si è tenuta una riunione presso l'Unione industriale di Torino per affrontare la situazione di crisi. Nel corso dell'incontro, l'azienda ha dichiarato di aver depositato presso il tribunale di Ivrea domanda di concordato in continuità ma con l'intenzione di cessare l'attività entro 12 mesi. La conseguenza immediata è stata il congelamento dello stipendio (già falcidiato dalla «solidarietà» che incide in media per un 50 per cento sull'importo) e della tredicesima;

   dal 20 dicembre 2019 i lavoratori stanno scioperando contro il licenziamento collettivo annunciato dall'azienda e presidiano in permanenza i cancelli, sostenuti concretamente dalla cittadinanza. Il 30 dicembre 2019 si è svolto il consiglio comunale aperto, cui hanno preso parte i lavoratori della Martor, numerosi sindaci del circondario, esponenti politici regionali e nazionali, semplici cittadini e molte associazioni locali, nel corso del quale è stato approvato un ordine del giorno in sostegno dei lavoratori;

   per l'8 gennaio 2020 è prevista la visita dell'arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia;

   il 10 gennaio 2020 si terrà un nuovo incontro presso l'Unione industriale di Torino. Al momento, una società concorrente, la Terre del gruppo Borghi, con sede nel modenese, si è detta disponibile ad affittare un ramo d'azienda Martor garantendo la prosecuzione dell'attività solo per 45 lavoratori. La proposta è stata ritenuta inaccettabile dai sindacati, che hanno chiesto «uno sforzo importante e necessario per garantire una continuità a tutti gli attuali dipendenti»;

   il tracollo industriale dell'area torinese sembra essere inarrestabile: alle crisi già in corso, quali quelle di Embraco, Cnh, Mahle, Alpitel, Comital, Lear, ora si aggiunge quella della Martor, che intende avviare rapidamente la procedura di licenziamento –:

   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno convocare uno specifico tavolo di crisi aziendale con riferimento al caso Martor;

   se non si ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza per avviare la procedura per il riconoscimento della cassa integrazione in deroga in favore dei lavoratori della Martor.
(4-07957)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  L'interrogante richiama l'attenzione sulle vicende della Martor, azienda situata nel comune di Brandizzo (Torino) che opera da molti anni nel settore della componentistica auto (ossia alla cosiddetta idro-formatura e lavorazione dell'alluminio). Com'è noto allo stesso interrogante, da alcuni anni l'azienda in parola sta attraversando un'importante crisi industriale.
  Preliminarmente, si informa che la vertenza è stata seguita sino ad oggi in sede territoriale dall'Unione industriale di Torino, dal comune e dalla regione Piemonte, in quanto nessuna richiesta «di apertura di un tavolo di confronto» è pervenuta al Ministero dello sviluppo economico.
  Tuttavia, anche al fine di riscontrare all'atto presentato, è stata sentita la direzione generale del Ministero dello sviluppo economico riguardo le questioni evidenziate, la quale ha riferito quanto segue. La proprietà lo scorso gennaio aveva annunciato il licenziamento collettivo dopo aver adito il tribunale di Ivrea con l'istanza di concordato in continuità.
  Nel contesto della procedura una società concorrente, facente parte del gruppo Borghi, ha affittato un ramo d'azienda della Martor garantendo l'occupazione di una parte dei dipendenti, in attesa degli esiti dello svolgimento della gara competitiva per la vendita del ramo d'azienda stesso, stabilita dal tribunale di Ivrea.
  A seguito dell'espletamento della gara competitiva, la stessa società affittuaria, T. Erre Europe s.r.l., società soggetta a direzione e coordinamento del gruppo Borghi s.p.a., è risultata aggiudicataria del complesso aziendale e ha pertanto sottoscritto, in data 30 giugno 2020, il relativo atto di cessione.
  Come emerge dallo stesso atto di cessione, in data 15 giugno 2020 è stato sottoscritto il verbale di accordo sindacale
ex articolo 47, legge n. 428 del 1990 e sono stati sottoscritti singoli accordi individuali con i dipendenti trasferiti.
  Riferisce, infine, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali che in data 20 luglio 2020 si è tenuto – in modalità
call conference, stante l'attuale situazione emergenziale – un incontro tra i rappresentanti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, i vertici aziendali della società e le rappresentanze sindacali dei lavoratori per l'espletamento dell'esame congiunto della situazione aziendale, ai sensi dell'articolo 24 del decreto legislativo n. 148 del 2015.
  All'esito dell'incontro, le parti hanno sottoscritto un accordo avente ad oggetto il ricorso, da parte della Martor, al trattamento straordinario di integrazione salariale (Cigs) per crisi aziendale per cessazione di attività.
  Nello specifico, il trattamento di Cigs – avente una durata pari a 12 mesi a decorrere dal 27 luglio 2020 sino al 26 luglio 2021 – interesserà un numero massimo di 38 lavoratori impiegati presso la sede di Brandizzo (Torino).
  Contestualmente, le parti hanno sottoscritto un accordo di ricollocazione per il ricorso all'assegno di ricollocazione in favore dei lavoratori rientranti negli ambiti aziendali e nei profili professionali a rischio di esubero.
  Per quanto, dunque, si ritenga la vicenda ormai contrattualmente definita, resta ferma la piena disponibilità ad un confronto con tutte le parti coinvolte, al fine di tutelare i nostri imprenditori e il tessuto produttivo del nostro Paese.

La Sottosegretaria di Stato per lo sviluppo economico: Alessandra Todde.


   LA MARCA e SCHIRÒ. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   i tempi necessari per arrivare alla definizione di una pratica di richiesta di cittadinanza nei consolati italiani in America latina sono diventati drammaticamente lunghi, al punto da vanificare, di fatto, il diritto del cittadino ad ottenere risposte a domande certe da parte della pubblica amministrazione;

   in particolare, nel consolato di Rosario, in Argentina, dove risiedono circa centomila iscritti all'Aire, i turni relativi a tale tipo di richiesta superano ormai i quattro anni e notizie attendibili riportano che, per l'anno in corso, complici anche le restrizioni imposte dalla pandemia, sia stato definito un numero di pratiche ridottissimo;

   il solo fatto di avere notizie sullo stato di avanzamento delle richieste da parte degli interessati è diventato un esercizio impervio, che spesso induce a desistere per l'impossibilità di ottenere aggiornamenti attendibili;

   su tali esiti pesa sicuramente, la limitata disponibilità di personale, a seguito della decennale riduzione dell'organico del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e del contenimento della spesa destinata all'assunzione di personale a contratto locale –:

   quale sia la reale dotazione di personale del Consolato di Rosario e se si preveda, con l'entrata in servizio dei vincitori degli ultimi concorsi, un rafforzamento di tale dotazione nel breve-medio periodo;

   se il Governo non intenda adottare iniziative, nel primo strumento normativo idoneo, per alzare la percentuale di trattenuta delle percezioni derivanti dal versamento del contributo dovuto per le pratiche di cittadinanza da destinare agli stessi consolati, allo scopo di assumere personale a diritto locale da adibire all'istruttoria delle pratiche di cittadinanza;

   se non intenda disporre l'istituzione, presso i consolati, di un servizio di informazione per dare notizie sull'avanzamento delle pratiche, superando il sistema della segreteria telefonica automatica, eventualmente inserendo un link sul sito del consolato capace di dare notizie aggiornate e attendibili sullo stato dell'esame delle richieste di cittadinanza.
(4-07639)

  Risposta. — Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale presta grande attenzione alle necessità della rete consolare. In particolare quella a servizio della folta collettività di connazionali in Sud America. Anche durante la pandemia è stata data priorità alla copertura di personale su queste Sedi, a tutela dei servizi consolari offerti agli italiani residenti in queste regioni.
  Il Consolato generale d'Italia a Rosario può contare su un organico di personale di ruolo e a contratto, per un totale di 19 unità. Due di queste sono state assunte quest'anno, mentre una aggiuntiva prenderà servizio a inizio 2021.
  Per quanto riguarda il personale di ruolo, il Console generale è un diplomatico di provata esperienza con il grado di Consigliere d'Ambasciata. Il capo della struttura è coadiuvato da personale delle Aree funzionali; cinque unità sono attualmente in servizio e una sesta è prevista assumere nel marzo del 2021. Nel dettaglio si tratta di:

   1 commissario aggiunto (vicario e capo Ufficio amministrativo);

   2 cancellieri amministrativi;

   2 coadiutori;

   1 assistente amministrativo (l'unità di personale in arrivo).

  Inoltre, sulla lista di pubblicità attualmente in fase di preparazione sono previsti due posti: quello di contabile, vacante da molto tempo anche se ripetutamente pubblicato, e uno di Seconda area.
  Negli ultimi anni anche il Consolato generale di Rosario – come buona parte della rete – ha sofferto di una carenza di candidature tale da mettere a rischio la funzionalità dell'ufficio, comunque sempre assicurata. L'oramai prossimo ingresso di 265 funzionari amministrativo-contabili dovrebbe contribuire alla progressiva soluzione del problema.
  Oltre al personale di ruolo prestano servizio a Rosario 12 unità di personale a contratto. Come accennato, la dotazione di personale a contratto è stata rafforzata quest'anno con l'aggiunta di 2 unità a tempo indeterminato, finanziate con la legge di bilancio 2019. Tutto il personale cessato è stato inoltre sostituito, senza lasciare posizioni in organico scoperte.
  Circa la percentuale di trattenuta delle percezioni derivanti dal versamento del contributo dovuto per le pratiche di cittadinanza da destinare ai consolati, essa è attualmente fissata nella misura del 30 per cento dall'articolo 1, comma 429, della legge di bilancio 2017-2019. Nel contesto delle più ampie considerazioni di finanza pubblica, la Farnesina guarda positivamente alla possibilità che la percentuale possa essere aumentata. Questa misura avrebbe infatti sicuri effetti positivi sulla rete consolare. Le spese connesse a nuove assunzioni di personale a contratto quali retribuzioni e oneri sociali, potrebbero comunque essere sostenute soltanto a fronte di un pari incremento degli specifici capitoli di bilancio.
  Per quanto concerne la verifica dello stato di avanzamento delle pratiche, il Ministero rimette alla valutazione delle Sedi la possibilità di avvalersi di servizi, anche in «
outsourcing», che permettono ai consolati di organizzare il proprio lavoro e tenere informata l'utenza sullo stato delle pratiche avanzate nella modalità ritenuta più opportuna. Le Rappresentanze diplomatico-consolari sono naturalmente sempre disponibili a informare l'utenza sullo stato di avanzamento delle pratiche via mail, telefonicamente, o tramite altri canali di comunicazione con l'Ambasciata indicati nel sito web istituzionale.
  Con riferimento specifico alla situazione del Consolato di Rosario, sebbene la Sede stia valutando con attenzione una serie di opzioni, l'introduzione di un sistema
ad hoc appare al momento di difficile realizzazione a causa della mancanza del personale necessario ad attivare tale servizio. Al momento, il Consolato generale a Rosario mantiene un canale d'informazione sull'andamento delle pratiche di cittadinanza, i turni di volta in volta convocati e le loro scadenze, attraverso i seguenti mezzi:

   a) sito web del Consolato generale, newsletter inviata via mail a cadenza mensile seguita da circa 6.000 utenti, profili Facebook, Instagram, Twitter;

   b) video riunioni con i rappresentanti di alcuni gruppi social media attenti al tema della cittadinanza, per illustrare l'andamento dell'attività dell'Ufficio ricostruzioni cittadinanza. Con alcuni di essi è stato organizzato in questi giorni un incontro in Consolato generale per riaffermare il pieno impegno da parte della Sede;

   c) video illustrativi sull'utilizzo di alcuni servizi consolari.

  Una parte considerevole dell'attività del Consolato generale è rappresentata dalle iscrizioni all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (Aire). Durante la pandemia, la sede di Rosario ha mantenuto un ritmo di iscrizioni all'Aire piuttosto elevato se comparato con gli altri consolati in America latina, in un contesto emergenziale caratterizzato da chiusure di uffici pubblici e limitazioni alla libertà di circolazione delle persone. Il naturale calo delle iscrizioni all'Aire rilevato nel primo semestre di quest'anno e comparato con lo stesso periodo dell'anno scorso è stato contenuto, pari al -22 per cento, mentre nel trimestre successivo, da luglio a settembre, si è attestato al -29 per cento. A ottobre il calo nel settore Aire è stato limitato al -16 per cento. Questo dimostra come, nonostante l'epidemia da Covid-19, il Consolato sia rimasto sempre attivo e presente. Per iscriversi all'Aire è disponibile anche il portale «Fast It». L'utente registrato può vedere puntualmente lo stato di avanzamento della sua pratica direttamente sul portale, che risulta assai diffuso tra i connazionali residenti nella circoscrizione di Rosario. Nel primo semestre 2020 il 73 per cento delle nuove iscrizioni Aire è stato infatti trasmesso tramite il predetto portale, mentre soltanto il 27 per cento in modalità tradizionale (per esempio per posta, per mail o a mano).
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   LONGO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   con decreto ministeriale in data 10 ottobre 2018 veniva indetto un concorso, per esami, a 330 posti di magistrato ordinario;

   in ossequio al suddetto bando, le tre prove scritte venivano tenute il 4-5-7 giugno 2019;

   alla seconda prova del sopracitato concorso prendevano parte 6.322 candidati provenienti da tutta Italia;

   il giorno 12 marzo 2020, nel rispetto delle misure di contenimento emanate dal Governo per fronteggiare l'epidemia «Covid-19», il presidente della commissione esaminatrice disponeva la sospensione delle correzioni degli elaborati, sospensione che, in data di 18 marzo, veniva determinata in giorni 60;

   tale determinazione non sembra sia stata comunicata ai concorsisti, che rimanevano per più di due mesi nella totale incertezza;

   in data 8 maggio 2020 veniva disposta la ripresa delle correzioni a far data dal giorno 25 maggio;

   il 25 giugno 2020, esattamente un mese dopo, venivano pubblicati i risultati, che vedevano l'ammissione alle prove orali di soli 301 candidati, a fronte di 3.091 buste corrette, per un totale di 9.237 temi;

   a seguito di formale accesso agli atti, i candidati ritenuti «non idonei» che avevano richiesto la possibilità di visionare gli elaborati notavano tra quelli ammessi evidenti anomalie: errori concettuali-giuridici, grafie di diverso carattere (minuscolo e maiuscolo), asterischi, righi lasciati in bianco, incredibili errori nella ricostruzione della traccia assegnata, financo uno «schema» che poteva essere senza dubbio considerato quale segno di riconoscimento;

   risulterebbe altresì che i verbali di correzione siano stati caratterizzati da estrema brevità e carenti di motivazione, e che non in nessun modo quali fossero i criteri con cui erano stati valutati gli elaborati;

   le suindicate circostanze gettano profondi dubbi sulle modalità di correzione adottate, considerando che i ventotto componenti della commissione esaminatrice, nonostante l'ampio ritardo accumulato, portavano a termine le correzioni di una copiosa mole di elaborati in un lasso di tempo decisamente breve;

   le perplessità evidenziate recano inevitabilmente grave nocumento all'istituzione stessa della magistratura, già provata da recenti vicende giudiziarie; per la delicatezza del compito che ricopre, non si può fare a meno di assicurare la necessaria trasparenza nella selezione dei futuri magistrati –:

   se il Ministro interrogato non ritenga, alla luce di quanto in premessa, di avviare iniziative, per quanto di competenza, anche di carattere ispettivo, affinché venga fatta chiarezza sulle criticità evidenziate, con particolare attenzione alle metodologie assunte dai commissari nella correzione degli elaborati.
(4-07103)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame l'interrogante, sulla premessa che «con decreto ministeriale in data 10 ottobre 2018 veniva indetto un concorso per esami a 330 posti di magistrato ordinario», segnalava che «il giorno 12 marzo 2020, nel rispetto delle misure di contenimento emanate dal Governo per fronteggiare l'epidemia Covid-19, il presidente della commissione esaminatrice disponeva la sospensione delle correzioni degli elaborati, sospensione che, in data 18 marzo, veniva determinata in giorni 60; tale determinazione non sembra sia stata comunicata ai concorsisti, che rimanevano per più di due mesi nella totale incertezza; in data 8 maggio 2020 veniva disposta la ripresa delle correzioni a far data dal giorno 25 maggio; il 25 giugno 2020, esattamente un mese dopo, venivano pubblicati i risultati che vedevano l'ammissione alle prove orali di soli 301 candidati a fronte di 3.091 buste corrette, per un totale di 9.237 temi; a seguito di formale accesso agli atti i candidati ritenuti non idonei ... notavano evidenti anomalie: errori concettuali giuridici, grafie di diverso carattere, asterischi, righi lasciati in bianco, incredibili errori nella ricostruzione della traccia assegnata, segni di riconoscimento; risulterebbe altresì che i verbali di correzione siano stati caratterizzati da estrema brevità e carenti di motivazione e che non fossero indicati i criteri con cui erano stati valutati gli elaborati»; chiedeva pertanto al Ministro della giustizia se «non ritenga alla luce di quanto in premessa di avviare iniziative per quanto di competenza anche di carattere ispettivo, affinché venga fatta chiarezza sulle criticità evidenziate, con particolare attenzione alle metodologie assunte dai commissari nella correzione degli elaborati».
  In merito ai quesiti posti dall'interrogante si rappresenta quanto segue.
  In relazione alla asserita mancata comunicazione ai candidati del provvedimento del 12 marzo 2020, con cui veniva disposta la sospensione della correzione delle prove, si rappresenta che essa è stata adottata nel rispetto delle misure di contenimento anti Covid-19. Inoltre, il presidente della commissione esaminatrice ha chiarito che «il provvedimento di sospensione è stato tempestivamente pubblicato nella pagina dedicata al Concorso sul sito
web del Ministero della Giustizia, accessibile a tutti; tale pubblicazione è stata seguita da ulteriore avviso del 18.3.2020 anch'esso inserito sul sito ministeriale. La ripresa dei lavori è stata infine pubblicizzata con le stesse modalità in data 25.5.2020, come da precedente provvedimento dell'8.5.2020». L'ufficio ha risposto a tutti i candidati che hanno richiesto informazioni via e-mail.
  Quanto alle asserite anomalie negli elaborati redatti dai candidati giudicati idonei riscontrate dai candidati ritenuti non idonei, a seguito di accesso agli atti, si osserva quanto segue.
  Nel vigente assetto ordinamentale la nomina a magistrato ordinario si consegue mediante un concorso per esami, regolato dal decreto legislativo n. 160 del 2006, recante Nuova disciplina dell'accesso in magistratura. Segnatamente, la complessiva disciplina del concorso per l'accesso alla magistratura ordinaria è costituita sia dalle disposizioni dettate dal regio decreto 15 ottobre 1925, n. 1860, sia dalle previsioni introdotte dal decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, come modificate dall'articolo 1 della legge 30 luglio 2007, n. 111. Queste ultime hanno stabilito, in particolare, una nuova regolamentazione concernente l'oggetto delle prove scritte e orali, i punteggi minimi per l'ammissione agli orali e il superamento del concorso, nonché la nomina e la composizione della commissione esaminatrice e la disciplina dei suoi lavori. In particolare, la commissione del concorso è nominata nei quindici giorni antecedenti l'inizio della prova scritta con decreto del Ministro della giustizia, adottato a seguito di conforme delibera del Consiglio superiore della magistratura. È l'organo di autogoverno, infatti, che delibera in merito ai componenti della commissione esaminatrice, in conformità ai criteri indicati dalla legge, secondo una procedura regolata da specifica normazione secondaria. La legge disciplina l'attività di correzione degli elaborati scritti, prevedendo che la commissione definisca i criteri per la valutazione omogenea degli elaborati e consentendo la formazione di sottocommissioni e l'ulteriore suddivisione in collegi. La commissione o sottocommissione, effettuata la lettura dei temi di ciascun candidato, delibera per ciascuna prova se il candidato meriti di ottenere il minimo richiesto per l'approvazione e in caso affermativo ciascun commissario dichiara quanti punti intende assegnare al candidato. Il Ministro della giustizia, in adempimento dei compiti assegnatigli dalla Carta costituzionale in tema di organizzazione e funzionamento dei servizi relativi alla giustizia e in osservanza delle specifiche disposizioni di fonte primaria che regolano la procedura concorsuale di cui si tratta, garantisce il supporto tecnico alla commissione e cura le relative attività di segreteria, mettendo a disposizione proprio personale amministrativo. L'articolo 19 del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 1860, recante Modificazioni al regolamento per il concorso di ammissione in magistratura contenuto nel regio decreto 19 luglio 1924, n. 1218, disposizione tuttora vigente, prevede in particolare che il Ministro per la giustizia eserciti l'alta sorveglianza sugli esami.
  Al fine di individuare il contenuto sostanziale della citata previsione, occorre soffermarsi sul vigente sistema di giustiziabilità degli atti amministrativi.
  Invero, le deliberazioni adottate dalla commissione e dalle sottocommissioni, in sede di scrutinio dei temi, costituiscono provvedimenti amministrativi, sindacabili dagli organi della giurisdizione amministrativa. Al riguardo, la giurisprudenza amministrativa risulta consolidata nell'affermare che l'attività della commissione esaminatrice del concorso per l'accesso in magistratura è espressione di discrezionalità tecnica. La discrezionalità tecnica ricorre quando l'esame di fatti o situazioni rilevanti per l'azione amministrativa necessiti del ricorso a cognizioni tecniche e scientifiche di carattere specialistico la cui applicazione non garantisce un risultato univoco e obiettivo, connotandosi, al contrario, per l'inevitabile soggettività dell'esito. In particolare, secondo l'orientamento della consolidata giurisprudenza amministrativa, le valutazioni della commissione esaminatrice del concorso in magistratura sono preordinate all'accertamento di un certo tipo di idoneità e del possesso, in capo al candidato, di una complessiva, completa ed equilibrata cultura e preparazione giuridica, anche in virtù del delicato e prestigioso percorso professionale che consegue alla positiva valutazione. Gli atti espressione di discrezionalità tecnica sono sindacabili dal giudice amministrativo, in quanto tali valutazioni sono costitutive del fatto oggetto del giudizio. Ne deriva che l'annullamento in sede giurisdizionale delle relative determinazioni può discendere o dall'accertamento di una violazione di legge, ovvero dall'integrazione di una figura sintomatica di eccesso di potere. Ciò comporta che la valutazione demandata alle commissioni di esame per il concorso in magistratura ordinaria è soggetta al sindacato di legittimità del giudice amministrativo. Il sindacato di legittimità presuppone che le valutazioni espresse da una commissione di concorso nelle prove scritte e orali dei candidati, espressione di una elevata discrezionalità tecnica, siano inficiate
ictu oculi da eccesso di potere, sub specie delle figure sintomatiche dell'arbitrarietà, irragionevolezza, irrazionalità e travisamento dei fatti (Consiglio di Stato, V, 27 febbraio 2020 n. 5743). All'illegittimo esercizio del potere consegue l'annullamento del provvedimento. La riconosciuta possibilità dei giudice di sostituirsi all'Amministrazione nell'apprezzamento tecnico non gli consente di sostituire con una propria determinazione il provvedimento frutto di quell'apprezzamento: la sentenza del giudice amministrativo nell'ambito della giurisdizione di legittimità non può che limitarsi ad annullare il provvedimento. Il processo amministrativo nel caso in esame è un processo di tipo impugnatorio o caducatorio. È, dunque, evidente che a fronte dell'esercizio di un potere discrezionale ovvero dell'elevata discrezionalità dei provvedimenti della commissione esaminatrice del concorso, la posizione del privato ha consistenza di interesse legittimo e non di diritto soggettivo.
  A riprova dell'elevata discrezionalità tecnica della commissione va segnalata l'adeguatezza della motivazione riferita a quella peculiare categoria di atti amministrativi rappresentati dai giudizi valutativi delle prove del concorso che, sulla base di un orientamento giurisprudenziale consolidato, può esprimersi mediante la mera assegnazione di un punteggio numerico o in una mera declaratoria di non idoneità, quando l'elaborato non raggiunga la soglia della sufficienza. Tale indirizzo interpretativo è stato, proprio con riferimento al concorso in magistratura, positivamente recepito dal legislatore. Invero, ai sensi dell'articolo 1, comma 5, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160 (come sostituito dall'articolo 1, legge 30 luglio 2007, n. 111) è previsto che: «sono ammessi alla prova orale i candidati che ottengono non meno di dodici ventesimi di punto in ciascuna delle materie della prova scritta»; e che «agli effetti di cui all'articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni, il giudizio in ciascuna delle prove scritte e orali è motivato con l'indicazione del solo punteggio numerico, mentre l'insufficienza è motivata con la sola formula non idoneo».
  Giova ribadire che il giudizio proprio delle commissioni esaminatrici è dunque caratterizzato da elevata discrezionalità tecnica, discendente dal fatto che le prove di esame in parola si collocano nell'ambito di un procedimento preordinato all'accertamento di una specifica idoneità, che richiede che il candidato dimostri il possesso di una completa, complessiva ed equilibrata cultura e preparazione giuridica nell'ambito delineato dalla pertinente normativa e che, pertanto, formano oggetto di un giudizio che è frutto della valutazione, da parte della commissione, di una serie di elementi complessi, suscettibili di vario apprezzamento. Ebbene, il delineato ambito funzionale del sindacato giurisdizionale sulle deliberazioni della commissione, nell'esercizio dei suoi poteri riconducibili all'ampia sfera di discrezionalità tecnica che le compete, insindacabile, salvo che per i profili di manifesta e intrinseca illogicità e irrazionalità, induce di riflesso a rilevare che, nel vigente assetto istituzionale, la funzione di alta vigilanza assegnata al Ministro della giustizia sulla regolarità degli esami si concretizza nella costante verifica della regolarità delle operazioni svolte dalla commissione esaminatrice e dalle sottocommissioni, rispetto alle richiamate modalità procedurali indicate dalla legge, senza potere altrimenti involgere il sindacato sul merito delle singole deliberazioni, relative alle valutazioni dei candidati, soggette come detto al solo sindacato di legittimità del giudice amministrativo, nel ristretto ambito sopra delimitato.
  Quanto lamentato dall'interrogante, sullo specifico punto dei presunti errori riscontrati negli elaborati dei candidati ammessi, con evidenza attiene al merito delle valutazioni espresse dalla commissione esaminatrice del concorso in magistratura. Ne consegue che l'unica strada percorribile è quella di adire la giustizia amministrativa.
  Con specifico riferimento all'asserita presenza di segni di riconoscimento negli elaborati di candidati ritenuti idonei va affermato, anche alla stregua delle valutazioni espresse dal presidente della commissione esaminatrice del concorso nella relazione a sua firma del 6 ottobre 2020, quanto segue:

   è noto che ogni fase della procedura concorsuale deve essere espletata dalla commissione esaminatrice in modo da garantirne la più completa e assoluta trasparenza, allo scopo di soddisfare l'interesse pubblico all'individuazione del candidato più meritevole;

   durante le fasi concorsuali deve dunque essere garantito il rispetto del principio dell'anonimato, anche al fine di soddisfare il criterio generale di imparzialità che deve sottendere l'azione amministrativa, a salvaguardia della par condicio tra i partecipanti;

   occorre però tenere conto anche di un altro principio, alla stregua del quale la valutazione dell'esistenza o meno di segni di riconoscimento attiene all'esercizio di potestà tecnico discrezionale della commissione esaminatrice;

   logico corollario è che spetta solo alla commissione esaminatrice di accertare la sussistenza di segni di riconoscimento negli elaborati;

   ciò posto, secondo la costante giurisprudenza del Consiglio di Stato, «gli elementi da cui eventualmente evincere la violazione della regola dell'anonimato delle prove d'esame sono l'idoneità del segno di riconoscimento e il suo utilizzo intenzionale: quanto alla prima, ciò che rileva non è tanto l'identificabilità dell'autore dell'elaborato attraverso un segno a lui personalmente riferibile, quanto piuttosto l'astratta idoneità del segno a fungere da elemento di identificazione, e ciò ricorre quando la particolarità riscontrata assuma un carattere oggettivamente e incontestabilmente anomalo rispetto alle ordinarie modalità di estrinsecazione del pensiero e di elaborazione dello stesso in forma scritta, in tal caso a nulla rilevando che in concreto la commissione o singoli componenti di essa siano stati o meno in condizione di riconoscere effettivamente l'autore dell'elaborato; quanto al secondo, invece, è da escludere un automatismo tra astratta possibilità di riconoscimento e violazione della regola dell'anonimato, dovendo emergere elementi atti a provare in modo inequivoco l'intenzionalità del concorrente di rendere riconoscibile il proprio elaborato»;

   tornando al caso in esame, in base ai consolidati orientamenti giurisprudenziali sinora esposti deve necessariamente concludersi che le particolarità poste in evidenza negli elaborati dei candidati ritenuti idonei non presentano quei caratteri di anomalia sufficienti a comprovare «in modo inequivoco» l'intenzione degli autori di rendere conoscibili i propri elaborati alla commissione o a un suo componente;

   a questo proposito va segnalato che durante la fase delle prove scritte la commissione non aveva mai dato indicazioni di sorta ai candidati, richiamando unicamente il rispetto delle norme regolamentari;

   del resto è noto che nei concorsi moltissimi candidati, non riuscendo a terminare la prova nel tempo prefissato, inseriscono ad un certo punto del lavoro dei rinvii alla brutta copia, ove sono presenti specchietti, schemi, annotazioni, frecce eccetera;

   piuttosto, diversamente opinando, si dovrebbero allora annullare centinaia e centinaia di prove, con grave pregiudizio del principio di massima partecipazione al concorso. Ed infatti, come ha ripetutamente sottolineato la giurisprudenza di legittimità, il principio di anonimato (espressione del valore dell'imparzialità) va applicato con intelligenza, proporzionalità e correlazione con l'altro fondamentale principio di massima partecipazione possibile, a sua volta correlato con due valori anch'essi di rango costituzionale: quello del lavoro e quello del buon andamento, sotto l'altro profilo dell'ampliamento della platea dei partecipanti per innalzare la possibilità statistica di scegliere i migliori, sicché non ogni «segno» astrattamente idoneo al riconoscimento può assurgere a causa escludente.

  Quanto alla asserita estrema brevità che avrebbe caratterizzato i verbali di correzione, va segnalato che per la pacifica giurisprudenza amministrativa non è sindacabile la congruità del tempo dedicato dalla commissione esaminatrice alla valutazione delle prove d'esame di candidati:

   in primo luogo, infatti, manca una predeterminazione, sia pure di massima, ad opera della legge o dei regolamenti, dei tempi da dedicare alla correzione degli scritti;

   in secondo luogo non è possibile, di norma, stabilire quali concorrenti abbiano fruito di maggiore o minore considerazione e se, quindi, il vizio dedotto infici in concreto il giudizio contestato;

   inoltre, i calcoli risultano scarsamente significativi laddove siano stati effettuati in base ad un computo meramente presuntivo, derivante dalla suddivisione della durata di ciascuna seduta per il numero dei concorrenti o degli elaborati esaminati;

   in ogni caso, dai verbali risulta che le sedute per le correzioni delle prove scritte di regola avevano inizio tra le 9,15 e le 9,30 e si concludevano tra le 16,40 e le 17, con una pausa pranzo di circa un'ora e mezza;

   ciascuna delle due sottocommissioni ha mediamente valutato ogni giorno 13 buste (contenenti ciascuna tre elaborati). Va detto però che nei giorni di lunedì e venerdì le sottocommissioni, per motivi logistici e secondo consolidata prassi, operavano per mezza giornata e precisamente il lunedì solo nella fase pomeridiana e il venerdì solo in quella antimeridiana;

   quindi, considerando una media di sette buste aperte nella seduta antimeridiana e gli orari risultanti dai verbali, ciascuno dei tre collegi delle due sottocommissioni – che si badi bene, operava in contemporanea con gli altri due – mediamente ha impiegato circa 15-20 minuti per la lettura e la valutazione preliminare dell'elaborato di competenza (lunghezza media 6 facciate) mentre la sottocommissione, rispettivamente, circa 10-15 minuti per la valutazione finale del candidato;

   i tempi di valutazione di ciascun candidato variavano quindi in media tra i 25 e i 30 minuti;

   trattasi ovviamente solo di una media perché i tempi di valutazione di ciascun candidato spesso si riducono in presenza di elaborati palesemente errati o brevi (spesso si sono registrati lavori di appena 3-4 facciate) o al contrario si dilatano in presenza di lavori più lunghi, redatti in grafia poco leggibile o dal contenuto tale da determinare approfondimento da parte della sottocommissione;

   lo stesso vale anche per la seduta pomeridiana dedicata alla valutazione, di regola, di 5 o 6 candidati.

  A ciò si aggiunga che questioni del tutto assimilabili a quelle che formano oggetto della presente interrogazione sono state esaminate anche dal Tar Lazio e ritenute infondate in sede cautelare, come da ordinanze di rigetto delle istanze sospensive proposte da due candidati. Si tratta in particolare delle seguenti ordinanze Tar Lazio, sezione Prima Quater, ordinanza 11 novembre 2020 n. 6883/2020 Reg. Prov. Cau e n. 7542/2020 Reg. Ric.; ordinanza 7 dicembre 2020 n. 7520/2020 Reg. Prov. Cau e n. 8855/2020 Reg. Ric. In definitiva, il Tar Lazio ha respinto il 100 per cento delle istanze cautelari avanzate dai candidati non ammessi alle prove orali che hanno proposto ricorso giurisdizionale.
  Da tutto quanto sinora esposto nel dettaglio appare possibile al momento fugare ogni dubbio in ordine alla piena trasparenza delle modalità di correzione degli elaborati e alla sussistenza di irregolarità di carattere procedurale ad opera della commissione esaminatrice. In tale quadro, le «...iniziative... di carattere ispettivo...» invocate dall'interrogante appaiono del tutto esulare dai poteri di alta vigilanza attribuiti al Ministro della giustizia.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   LONGO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi 13 anni il numero di coloro che vanno via dall'Italia è aumentato del 70,2 per cento e gli iscritti all'Aire, cioè l'anagrafe degli italiani residenti all'estero, sono passati da poco più di 3,1 milioni a quasi 5,3 milioni;

   la ripresa delle emigrazioni di cittadini italiani è da attribuire in parte alle difficoltà del mercato nazionale del lavoro, soprattutto per i giovani e le donne e, presumibilmente, anche al mutato atteggiamento nei confronti del vivere in un altro Paese che induce i giovani più qualificati a investire con maggiore facilità il proprio talento in Paesi esteri;

   sussiste, e si sta assistendo, ad una nuova evoluzione positiva e produttiva tra le istituzioni italiane e l'associazionismo italiano all'estero, in linea con le nuove esigenze e i fabbisogni che emergono dalle comunità italiane nel mondo;

   purtroppo, alcune volte le esigenze delle comunità italiane non sono tenute in debita considerazione, l'ultimo caso è quello dell'associazione italo-brasiliana San Francesco di Paola che il 29 settembre 2020 ha ricevuto dalle autorità consolari di Belo Horizonte una notifica recante l'ingiunzione a sgomberare, entro trenta giorni, la «Casa Italia» di Juiz de Fora, nello Stato federato del Minas Gerais, costruita oltre 80 anni fa dalla comunità italo-brasiliana locale;

   sono state immediate le rimostranze della comunità italiana avverso la procedura di messa all'asta della «Casa Italia»; il presidente dell'associazione, Paulo Monteiro de Barros, ha chiesto formalmente l'interessamento del Ministro degli affari esteri della Repubblica del Brasile;

   è evidente lo scoramento di tutta la comunità italiana avverso tale decisione che rischia di creare una crepa profonda nei saldi legami culturali tra gli italo-brasiliani e l'Italia. Tra l'altro, ai vertici del Minas Gerais e del Governo del Brasile si trovano due italo-brasiliani –:

   quali siano state le effettive ragioni che hanno indotto le autorità consolari italiane ad avviare la procedura di messa all'asta della Casa Italia;

   se il Ministro interrogato non ritenga, proprio alla luce dei dati esposti in premessa, avviare un nuovo progetto di valorizzazione della comunità italo-brasiliana, facendone un centro di promozione del «Made in Italy» in senso lato, coinvolgendo in tal modo anche i nuovi talenti italiani che per varie ragioni vivono e lavorano all'estero.
(4-07240)

  Risposta. — In questi anni l'immobile Casa d'Italia, sito nel Comune di Juiz de Fora, nello stato brasiliano di Minas Gerais, è stato utilizzato dalla locale Associazione dei connazionali per meritorie attività di promozione della lingua e cultura italiana, ma — secondo quanto indicato dagli uffici amministrativi di questo Ministero — in parte anche per attività di carattere commerciale per le quali risulta essere stato corrisposto alcun canone concessorio o di locazione al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
  Alla decisione di mettere l'edificio all'asta si era arrivati anche per altre considerazioni, quali il possibile, elevato introito per lo Stato ed anche il timore che l'edificio, in quanto non più utilizzato a fini istituzionali, potesse essere escluso dall'esenzione fiscale prevista ai sensi della Convenzione di Vienna del 1963 sulle Relazioni consolari, e quindi tassato dalle autorità brasiliane, con un aggravio di costi per l'erario italiano.
  In definitiva, se da un punto di vista strettamente amministrativo la decisione di avviare la procedura di asta era conforme alle disposizioni normative, ho ritenuto che la preliminare interlocuzione con la collettività residente potesse essere meglio sviluppata, anche con riferimento ad alcuni aspetti su titoli di proprietà e criteri di utilizzo. Tanto che, quando ho ricevuto numerose ed allarmate segnalazioni da parte di connazionali dopo la pubblicazione del bando di gara, ho promosso un approfondimento della questione alla Farnesina, in esito al quale la competente direzione generale il 14 ottobre 2020 ha deciso di sospendere la procedura di asta pubblica per la vendita dell'immobile per procedere ad ulteriori e definitivi approfondimenti, nella consapevolezza del significato storico, umano e culturale che la Casa d'Italia di Juiz de Fora riveste per l'importante comunità residente nello Stato di Minas Gerais.
  

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   MAGGIONI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   con determinazione dirigenziale n. 587 del 1° luglio 2020, la provincia di Pavia ha autorizzato la società Iliad Italia s.p.a. ad installare impianti di radiotelecomunicazioni per telefonia cellulare di ultima generazione 5G nel comune di Castelnovetto (Pavia);

   con la sigla 5G si indica l'insieme delle tecnologie e degli standard di quinta generazione relativi alla telefonia mobile;

   l'Italia si pone come uno dei Paesi più avanzati al mondo nell'adozione di tale nuova tecnologia che, per le sue caratteristiche, nei prossimi anni consentirà la digitalizzazione di ampi settori economici: dai trasporti all'industria, all'agricoltura, alla cultura, alla scuola, alla sanità, al turismo, all'ambiente;

   il 5G, a differenza delle precedenti architetture di rete mobile, non sarà messo in funzione su bande specifiche, ma dovrà supportare la connettività sull'intero spettro di frequenze, per abilitare servizi con requisiti molto diversi tra loro;

   più della metà delle infrastrutture di rete mobile in Europa è ancora 4G, mentre una quota rilevante (il 14 per cento) è ancora rappresentata dalla connettività 2G. Un dato che dovrebbe alimentare la riflessione su almeno due urgenze: da una parte, incoraggiare gli investimenti degli operatori e, dall'altra, ridurre al minimo gli impedimenti burocratici che rallentano il roll-out delle nuove reti;

   al contempo la nuova tecnologia deve essere vagliata anche sotto il profilo della sicurezza nazionale. Il 5G è un tema politico, prima ancora che tecnico. Sulla rete di ultima generazione si regge buona parte della «guerra fredda tecnologica» fra Stati Uniti e Cina con rilevanti ripercussioni anche per l'Europa;

   a parere dell'interrogante il necessario sviluppo tecnologico deve procedere contestualmente a quello di sicurezza; in particolare, l'ingresso delle aziende cinesi nella rete 5G italiana deve essere attentamente soppesato dal Governo, potendo rappresentare un pericolo per la sicurezza nazionale, come già rilevato dal Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, che nel rapporto finale dell'indagine conoscitiva sulla sicurezza delle telecomunicazioni giunge alla conclusione che, oltre a «un innalzamento degli standard di sicurezza idonei per accedere all'implementazione di tali infrastrutture», sia opportuno valutare la possibilità di «escludere le predette aziende dalla attività di fornitura di tecnologia per le reti 5G» –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda porre in essere al fine di assicurare che le installazioni infrastrutturali di cui in premessa non siano di fabbricazione cinese o comunque sotto il controllo diretto o indiretto di società cinesi.
(4-07846)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  L'interrogante fa riferimento al rischio di affidare a imprese «sotto il controllo diretto o indiretto di società cinesi» commesse relative alla costruzione e alla gestione di infrastrutture strategiche come il 5G.
  A riguardo si rappresenta che le reti di comunicazione in tecnologia 5G costituiscono l'evoluzione delle reti mobili tradizionali e rappresentano una delle basi su cui potranno poggiare gran parte delle attività socio-economiche nei prossimi anni.
  Le reti mobili tradizionali, infatti, presentano chiare divisioni funzionali tra la cosiddetta «rete
core», dove hanno luogo le funzioni più sensibili, e la cosiddetta «rete di accesso», costituita dagli elementi radio utilizzati per collegare i dispositivi d'utente – come telefoni, laptop e tablet – alla rete principale.
  A differenza delle reti mobili tradizionali, il 5G è progettato in modo che le funzioni sensibili attualmente eseguite nella «rete
core», isolata fisicamente e logicamente, si avvicinino gradualmente alla periferia della rete. In altri termini, nel 5G la distinzione tra «rete core» e «rete di accesso» tende a sfumare.
  Indubbiamente, questo cambiamento può introdurre nuovi rischi nella gestione della sicurezza informatica delle reti, poiché alcune funzioni sensibili si muovono al di fuori dell'ambiente «
core», caratterizzato tipicamente da un'elevata protezione.
  Pertanto, la sicurezza delle reti diventa un tema complesso da gestire. Le architetture delle reti 5G saranno composte infatti da una pluralità di segmenti che vanno dall'accesso radio alla «rete
core», con una vastità di terminali che svolgono funzioni sempre più complesse: si avrà dunque un insieme ampio di elementi che presenteranno diversi aspetti di vulnerabilità. Inoltre, la stessa gestione delle risorse – pensata per essere attuata in maniera virtuale e dinamica, con procedure sia centralizzate che distribuite – potrebbe essere oggetto di attacchi diversi rispetto a quelli affrontati nelle attuali reti cellulari.
  A tali rischi si aggiungono anche quelli legati al crescente ricorso a tecnologie provenienti da aziende non europee.
  A riguardo, va osservato che il progressivo inserimento nel mercato italiano, così come in gran parte del mercato unionale, di apparati prodotti da costruttori esterni all'Unione europea ha condotto alla situazione attuale, in cui le reti fisse e mobili sono poggiate anche su tecnologie di derivazione extra-Unione europea.
  A fronte dei potenziali rischi sopra evidenziati, si è imposta la necessità di individuare soluzioni, ivi comprese strategie per il controllo della filiera delle forniture di prodotti e sistemi che gli operatori di comunicazione elettronica utilizzano.
  In questa direzione si sono mossi sia il Governo che il Parlamento.
  Infatti, il decreto-legge 25 marzo 2019, n. 22, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 2019, n. 41, ha novellato il decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, recante «Norme in materia di poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni», introducendovi l'articolo 1-
bis dedicato ai «Poteri speciali inerenti le reti di telecomunicazione elettronica a banda larga con tecnologia 5G», poi successivamente modificato con decreto-legge 11 luglio 2019, n. 64.
  Il citato articolo 1-
bis qualifica i servizi di comunicazione elettronica a banda larga basati sulla tecnologia 5G quali attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale, ai fini dell'esercizio dei poteri speciali.
  Il citato decreto-legge dispone che le imprese notifichino, alla Presidenza del Consiglio dei ministri, contratti o accordi sottoscritti con soggetti esterni all'Unione europea aventi ad oggetto l'acquisizione, a qualsiasi titolo, di beni o servizi relativi alla progettazione, alla realizzazione, alla manutenzione e alla gestione delle reti inerenti ai servizi di comunicazione elettronica a banda larga basati sulla tecnologia 5G; sono soggetti a obbligo di notifica anche contratti o accordi inerenti alle acquisizioni di componenti ad alta intensità tecnologica funzionali alla realizzazione o gestione delle reti in parola.
  Alla Presidenza del Consiglio dei ministri è conferito il potere speciale (
Golden Power) di esercizio eventuale del potere di veto o di imposizione di specifiche prescrizioni o condizioni. L'autorità può svolgere approfondimenti riguardanti aspetti tecnici relativi alla valutazione di possibili fattori di vulnerabilità che potrebbero compromettere l'integrità e la sicurezza delle reti e dei dati che vi transitano. I poteri speciali sono esercitati nella forma dell'imposizione di specifiche prescrizioni o condizioni ogniqualvolta ciò sia sufficiente ad assicurare la tutela degli interessi essenziali della difesa e della sicurezza nazionale.
  Il Consiglio dei ministri ha deliberato l'esercizio dei poteri speciali in materia di reti 5G, in coerenza con le prescrizioni del menzionato decreto-legge e con riferimento ad alcune operazioni in corso: si tratta di operazioni relative, tra l'altro, alla progettazione, alla realizzazione, alla manutenzione e alla gestione delle reti inerenti i servizi di comunicazione elettronica a banda larga su tecnologia 5G.
  Al momento è stato esercitato in un solo caso il potere di veto con riferimento alla fornitura di apparati della società Huawei per la realizzazione della parte «
Core» della rete 5G dell'operatore Fastweb, a causa della mancanza, da parte dell'operatore, di un adeguato piano di diversificazione dei fornitori.
  Con decreto 15 febbraio 2019 del Ministro dello sviluppo economico e successivo decreto direttoriale 19 aprile 2019, è stato istituito il Centro di valutazione e certificazione nazionale (Cvcn) per la verifica delle condizioni di sicurezza e dell'assenza di vulnerabilità di prodotti, apparati e sistemi destinati ad essere utilizzati per il funzionamento di reti, servizi e infrastrutture strategiche, nonché di ogni operatore per cui sussista un interesse nazionale. Con ciò si sono concretizzati gli orientamenti contenuti già nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 17 febbraio 2017 recante «Direttiva recante indirizzi per la protezione cibernetica e la sicurezza informatica nazionali», con il quale veniva definita l'architettura per la sicurezza cibernetica.
  Il decreto-legge 21 settembre 2019, n. 105, convertito, con modificazioni, dalla legge del 18 novembre 2019, n. 133, e recante «Disposizioni urgenti in materia di perimetro di sicurezza nazionale cibernetica e di disciplina dei poteri speciali nei settori di rilevanza strategica», definisce gli aspetti generali per garantire un livello elevato di sicurezza delle infrastrutture ritenute fondamentali per le esigenze dello Stato, quali le reti di telecomunicazione a banda larga con tecnologia 5G e collega l'esercizio dei poteri speciali all'esito delle verifiche effettuate dal Cvcn per le attività di valutazione tecnica di sicurezza informatica. In particolare, il Cvcn può effettuare verifiche preliminari ed imporre condizioni e
test di hardware e software da compiere secondo un approccio gradualmente crescente nelle verifiche di sicurezza. In questi casi, i relativi bandi di gara e contratti sono integrati con clausole che condizionano, sospensivamente ovvero risolutivamente, il contratto al rispetto delle condizioni e all'esito favorevole dei test disposti dal Cvcn.
  In relazione alla specificità delle forniture di beni, sistemi e servizi ICT da impiegare su reti, sistemi informativi e servizi informatici del Ministero dell'interno e del Ministero della difesa, il decreto-legge prevede che i Ministeri in questione possano fare ricorso ad un proprio centro di valutazione abilitato ad effettuare e imporre verifiche, impiegando metodologie e
test definiti dal Cvcn.
  Il citato decreto-legge n. 105 del 2019 prevede anche che le condizioni e le prescrizioni relative ai beni e servizi acquistati con contratti già autorizzati, qualora attinenti alle reti, ai sistemi informativi e ai servizi informatici in parola, possano essere modificate o integrate se, a seguito dell'operato dei centri di valutazione, emergano fattori di vulnerabilità che potrebbero compromettere l'integrità e la sicurezza delle reti e dei dati che vi transitano. A tale scopo, possono essere adottate misure aggiuntive necessarie alla tutela dei livelli di sicurezza, ivi compresa la sostituzione di apparati o prodotti.
  Il Ministero della difesa, interpellato sull'argomento in parola, riferisce che, nelle more della configurazione del proprio Centro di valutazione, non ha effettuato in via cautelativa alcuna attività progettuale relativa alla realizzazione di infrastrutture e servizi in 5G, né ha autorizzato l'utilizzo delle proprie frequenze per la sperimentazione di prodotti Huawei sulla specifica tecnologia.
  Sulla disciplina dei poteri speciali è intervenuto successivamente il decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, «decreto Ristori», convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, il quale ha esteso al 30 giugno 2021 l'ambito di applicazione di alcuni poteri speciali e dei relativi obblighi – in particolare, l'obbligo di notifica dell'acquisto di partecipazioni e il potere di imposizione di impegni e condizioni e opposizione all'acquisto – sia con riferimento agli attivi strategici, sia con riferimento alle operazioni di acquisto di partecipazioni.
  In conclusione, si ritiene opportuno ricordare che il «
Memorandum of Understanding» firmato nel marzo 2019 tra Italia e Cina non comprende alcun accordo inerente alla tecnologia del 5G.
La Sottosegretaria di Stato per lo sviluppo economico: Mirella Liuzzi.


   MOLTENI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   come riportato dalla stampa locale, da oltre otto mesi, i tre uffici postali tra le località di Domaso e Sorico sono aperti negli stessi tre giorni della settimana e chiusi nei rimanenti giorni;

   in particolare, gli abitanti di Albonico o Montemezzo per usufruire dei servizi postali sono costretti a percorrere oltre trenta chilometri e recarsi, nell'unico aperto, nel comune di Gravedona dove si creano inevitabili code e assembramenti;

   successivamente al contagio di alcuni dipendenti, durante la prima ondata pandemica, l'azienda era stata costretta a rivedere la gestione del personale, riducendo le aperture, ma perfino in quel frangente gli uffici di Domaso e Sorico, sempre operativi durante l'intero arco settimanale, sono rimasti aperti a giorni alterni;

   con l'entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2020, che ha imposto un nuovo lockdown alla Lombardia, gli spostamenti da un comune all'altro sono diventati più complicati, aumentando il disagio della popolazione;

   il sindaco di Sorico ha espresso le proprie doglianze rappresentando che i cittadini, dopo la prima fase di interruzione dell'attività, confidavano nella riapertura definitiva degli uffici postali;

   per venire incontro alle esigenze della popolazione, sarebbe stato utile almeno diversificare i giorni di apertura, per un deflusso più ordinato degli utenti. Poste ha installato in diverse località i postamat che però non possono supplire integralmente agli uffici postali. In particolare, quello installato nel comune di Sorico è fuori uso già da tempo, creando ancora ulteriore disagio;

   i contenuti del servizio postale universale sono definiti a livello europeo dalla direttiva 97/67/UE del 15 dicembre 1997 (cosiddetto «prima direttiva postale»), come successivamente modificata dalle direttive 2002/39/UE del 10 giugno 2002 (cosiddetta «seconda direttiva postale») e 2008/6/UE del 20 febbraio 2008 (cosiddetta «terza direttiva postale»). La direttiva stabilisce che il servizio universale corrisponde ad un'offerta di servizi postali di qualità determinata forniti permanentemente in tutti i punti del territorio a prezzi accessibili a tutti gli utenti. Il servizio postale universale deve essere assicurato per almeno cinque giorni a settimana e garantire almeno una raccolta e una distribuzione al domicilio degli utenti degli invii postali;

   fornitore del servizio universale è riconosciuta ex lege la società Poste Italiane Spa per un periodo di quindici anni a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 58 del 2011 (e quindi fino al 30 aprile 2026);

   il servizio postale universale è affidato a Poste Italiane s.p.a. fino al 30 aprile 2026, sulla base del contratto di programma 2020-2024 firmato il 30 dicembre 2019 che «regola i rapporti tra lo Stato e la società per la fornitura del servizio postale universale, Poste Italiane S.p.a., nel perseguimento di obiettivi di coesione sociale ed economica, che prevedono la fornitura di servizi utili al cittadino, alle imprese e alle pubbliche amministrazioni mediante l'utilizzo della rete postale della Società»;

   a fronte del contributo che la società riceve per l'onere pubblico, pari a 262,4 milioni di euro all'anno, non sembra corrispondere un servizio di qualità, nonostante sulla «Carta dei servizi postali», pubblicata il 10 ottobre 2017, si legga che «grazie alla presenza capillare su tutto il territorio nazionale, ai forti investimenti in ambito tecnologico e al patrimonio di conoscenze rappresentato dai suoi oltre 140 mila dipendenti, Poste Italiane ha assunto un ruolo centrale nel processo di crescita e modernizzazione del Paese» –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda adottare affinché venga disposta nel più breve tempo possibile l'immediata riapertura degli uffici postali di Domaso e Sorico.
(4-07438)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  L'interrogante fa riferimento a talune criticità e disagi in ordine al servizio postale erogato nei comuni di Domaso e di Sorico in provincia di Como a seguito dell'emergenza sanitaria Covid-19.
  In via preliminare, si ricorda che il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha disposto il trasferimento all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) delle funzioni in materia di regolazione e vigilanza del settore postale, svolte precedentemente dal Ministero dello sviluppo economico. Spetta dunque all'Agcom la «adozione di provvedimenti regolatori in materia di qualità e caratteristiche del servizio postale universale» prevista dall'articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261.
  Pertanto, il servizio postale richiamato dall'interrogante rientrerebbe nel perimetro del «servizio universale» che Poste Italiane è tenuta ad assicurare, ai sensi del citato decreto legislativo n. 261 del 1999. In particolare, Poste Italiane s.p.a. è tenuta al rispetto di specifici obiettivi di qualità del servizio universale, il cui conseguimento è oggetto di verifica annuale da parte dell'Agcom, che svolge anche attività di vigilanza sulla corretta erogazione dei servizi effettuati da Poste Italiane.
  Sull'affidamento a Poste Italiane del servizio universale, il Ministero dello sviluppo economico effettua, ogni cinque anni, un controllo che viene svolto sulla base di un'analisi predisposta dall'Autorità garante.
  Ciò premesso, interpellata sulle problematiche sollevate dall'interrogante, Poste Italiane ha riferito di aver intrapreso, sin da subito, tutte le azioni opportune ai fini della tutela dei propri lavoratori e degli utenti, con l'obiettivo di assicurare i propri servizi coerentemente con le disposizioni normative vigenti in materia di salute pubblica e, quindi, anche quelle relative al distanziamento sociale.
  Inoltre, l'azienda evidenzia che già dal 24 giugno 2020 è impegnata nel progressivo ripristino della consueta operatività degli uffici postali interessati da modifiche operative quale conseguenza dell'epidemia da Covid-19, dandone preventiva informativa ai sindaci dei comuni interessati e che tali iniziative hanno riguardato anche gli uffici postali presenti nei comuni di Domaso e Sorico.
  Nello specifico, Poste ha fatto presente che:

   l'ufficio postale di Domaso, dal 13 marzo 2020, è sottoposto a razionalizzazione con apertura su tre giorni settimanali (martedì e giovedì dalle ore 8:20 alle 13:45 ed il sabato dalle ore 8:20 alle 12:45);

   l'ufficio postale Sorico Domaso, dal 13 marzo 2020, è sottoposto a razionalizzazione con apertura su tre giorni settimanali (martedì e giovedì dalle ore 8:20 alle 13:45 ed il sabato dalle ore 8:20 alle 12:45). L'ufficio postale è dotato di ATM fruibile H24.

  Poste informa, altresì, che nei comuni limitrofi di Trezzone e Montemezzo sono operativi due ATM di ultima generazione cosiddetti Stand Alone. Si tratta di sportelli automatici disponibili sette giorni su sette, in funzione 24 ore su 24, che consentono di effettuare operazioni di prelievo di denaro contante, interrogazioni sul saldo e lista dei movimenti, ricariche telefoniche e di carte Postepay, pagamento delle principali utenze e dei bollettini di conto corrente postale.
  La società comunica, tra l'altro, che, nell'ottobre 2020, il sindaco di Damaso ha inviato una nota all'azienda chiedendo il ripristino della normale operatività dell'ufficio postale locale e che quest'ultima, nel rispondere, ha confermato il provvedimento di razionalizzazione, stante il progressivo, aggravarsi della situazione epidemiologica, garantendo, tuttavia, l'impegno di Poste Italiane nell'assicurare l'erogazione dei propri servizi, nel rispetto delle disposizioni normative in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica.
  Contestualmente, Poste ha assicurato che in merito agli uffici postali di interesse dell'interrogante, tale modalità operativa non riveste carattere definitivo e che proseguirà con il costante monitoraggio al fine di valutare la data di ripristino della consueta operatività, anche in considerazione dell'evoluzione della situazione epidemiologica e del rinnovato carattere diffusivo dell'epidemia.
  Poste evidenzia, infine, che sono stati realizzati, nel tempo, numerosi interventi per garantire il rispetto delle prescrizioni sanitarie determinate dall'emergenza sanitaria, che è stato disposto il pagamento delle pensioni in più giornate, al fine di agevolare l'erogazione dei servizi alla clientela e sono stati predisposti, ove necessari, servizi di vigilanza per contenere gli assembramenti nelle aree esterne degli uffici postali.
  In conclusione, dunque, il Ministero dello sviluppo economico, nei limiti delle proprie specifiche competenze in materia, monitorerà affinché gli obiettivi del servizio postale universale assicurato da Poste Italiane rientrino nei
target di qualità previsti, al fine di adeguarne i livelli alle esigenze di tutti i cittadini, garantendone lo svolgimento in assoluta sicurezza.
Il Viceministro dello sviluppo economico: Stefano Buffagni.


   MURA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in data 25 dicembre 2019 ha terminato di produrre i suoi effetti l'accordo di reciprocità Italia-Albania in materia di conversione di patenti di guida;

   da informazioni acquisite dalla sottoscritta risulta che fossero già in corso le procedure necessarie a valutare la possibilità di predisporre un nuovo accordo in materia fra Italia e Albania –:

   se il Governo intenda adottare iniziative per un nuovo accordo di reciprocità tra Italia e Albania in materia di conversione patenti di guida;

   se siano già state avviate le relative procedure.
(4-07489)

  Risposta. — Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, competente per materia, ha fatto sapere di aver messo in atto le iniziative volte a definire un nuovo Accordo tra Italia e Albania per la conversione delle patenti di guida, dopo la scadenza della precedente intesa nel dicembre 2019. Negli ultimi giorni è pervenuta da parte albanese la documentazione tecnica richiesta da parte italiana, necessaria al proseguimento dell'iter in corso, insieme al parere favorevole delle autorità albanesi sulle proposte relative alla formulazione del testo dell'accordo. Una volta concluse le valutazioni tecniche delle informazioni prodotte da Tirana, il testo nel suo complesso, comprensivo degli allegati tecnici necessari alla sua applicazione, sarà esaminato per valutare se è possibile passare alla fase conclusiva delle trattative. Quando verrà terminato positivamente il negoziato tecnico, la Farnesina rimane pronta a collaborare con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per definire insieme alla controparte albanese la firma dell'accordo e le modalità della sua entrata in vigore.
  A seguito dell'entrata in vigore dell'accordo, la regolare conversione reciproca delle patenti di guida nei due Paesi potrà essere ripresa. Un obiettivo per il quale l'Italia continuerà a compiere ogni sforzo nell'interlocuzione con il Governo di Tirana.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   PERCONTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo n. 219 del 2016, attuativo della delega di cui all'articolo 10 della legge n. 124 del 2015, ha previsto la riforma dell'organizzazione, delle funzioni e del finanziamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, di seguito <>. In particolare, l'obiettivo del citato articolo 10 era di rafforzare la funzione di sostegno alle imprese svolta dalle Cciaa, mediante la ridefinizione delle circoscrizioni territoriali, con riduzione del numero delle Camere a non più di sessanta, e l'accorpamento di due o più di esse;

   il processo di riordino delle Cciaa, così come previsto dal citato disposto normativo, ha subito in questi anni non pochi arresti e rallentamenti, che hanno determinato la mancata costituzione per esempio della Cciaa di Agrigento, Caltanissetta e Trapani;

   il Governo, al fine di far fronte a tale speciosa problematica, ha disposto all'articolo 61 del decreto-legge n. 104 del 2020, così come convertito dalla legge n. 126 del 2020 (cosiddetto decreto Agosto), che i procedimenti di accorpamento delle Camere di commercio pendenti, si concludano, con l'insediamento degli organi della nuova camera di commercio, entro il 30 novembre 2020, termine oltre il quale gli organi delle camere che non hanno completato il processo decadranno e al loro posto il Ministro dello sviluppo economico, sentita la regione interessata, nominerà un commissario straordinario;

   le associazioni di Confagricoltura, Confcooperative e Confesercenti delle province di Agrigento, Caltanissetta e Trapani hanno più volte manifestato preoccupazione per il mancato rispetto delle disposizioni previste dal suddetto articolo 61 del «Decreto Agosto», e in particolare sul fatto che attualmente la regione Siciliana non avrebbe provveduto, a quanto consta all'interrogante, agli adempimenti necessari alla nomina del commissario della Cciaa di Trapani. Atto, quest'ultimo che risulta dovuto e non più rinviabile, data la condizione di criticità in cui versa l'economia dei territori interessati, che necessitano, ora più che mai di una forte rappresentanza di settore. Infatti, tale atto di nomina consentirebbe di rimuovere un'anomalia che, per troppo tempo, ha creato delle difformità gestionali tra gli enti camerali che andranno a costituire la nuova camera di commercio di Agrigento, Trapani e Caltanissetta;

   gli organismi gestori della Cciaa di Trapani, oltre ad aver esaurito il proprio mandato da più di tre anni – come rappresentato dalle associazioni di categoria – non risultano più aderenti alle reali consistenze associative, rilevando in giunta la presenza di rappresentanti di un'associazione coinvolta in indagini giudiziarie, a seguito delle quali, il Ministero dello sviluppo economico ne ha disposto l'estromissione, prima della nomina del nuovo consiglio. Tale situazione di disallineamento tra gli organi della Cciaa di Trapani rispetto all'organizzazione delle camere «consorelle», che risultano invece già governate da commissari, sta causando difatti criticità sull'utilizzo delle risorse finanziarie di un ente destinato ad accorparsi e di conseguenza destinato ad unificare i suoi bilanci con quelli delle altre camere;

   grazie all'attuazione in tempi brevi del disposto dell'articolo 61 del «Decreto Agosto» e all'insediamento di una nuova Cciaa, si potrebbe addivenire, finalmente, alla conclusione di un lungo processo, che, in Sicilia, ha avuto inizio nel lontano 2015, con l'emanazione del primo decreto di accorpamento, così da garantire alle imprese delle tre province interessate la presenza organi capaci di supportare, in una fase di conclamata difficoltà per la contingente situazione economica, il territorio di riferimento –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda adottare al fine di consentire una rapida conclusione del processo di accorpamento sopra citato.
(4-07494)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in oggetto, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  L'interrogante chiede di conoscere quali iniziative si intendano adottare al fine di consentire una rapida conclusione del processo di accorpamento delle camere di commercio di Agrigento, Caltanissetta e Trapani.
  A riguardo, è opportuno ripercorrere preliminarmente il breve
excursus normativo che ha condotto ad una significativa innovazione della governance e del sistema camerale, a partire dalla riforma della pubblica amministrazione statuita dell'accertamento in ordine a due associazioni che hanno perso la legittimazione a partecipare alla procedura di assegnazione dei seggi del consiglio della costituenda Camera – che la competente direzione generale del Ministero dello sviluppo economico, con nota n. 37286 del 14 settembre 2020, ha comunicato alla Regione Siciliana la necessità di procedere al nuovo calcolo dei seggi, graduando la rappresentatività delle organizzazioni concorrenti dopo aver sottratto dai calcoli i dati concernenti le due associazioni estromesse dal procedimento. A fronte di ciò, ai sensi dell'articolo 9 del sopracitato decreto ministeriale n. 156/2011, si è proceduto alla nuova individuazione delle organizzazioni imprenditoriali legittimate a designare i componenti, come indicate in dettaglio negli allegati al citato decreto assessoriale del 30 ottobre 2020 della regione siciliana.
  Infine, in relazione alla richiesta dell'Interrogante sullo stato dell'arte degli adempimenti per la nomina del commissario della Camera di Trapani, si rappresenta che con il decreto del Ministro dello sviluppo economico dell'11 novembre 2020 è stato già nominato, e che lo stesso si è insediato con delibera del commissario straordinario n. 1 del 12 novembre 2020.

La Sottosegretaria di Stato dello sviluppo economico: Alessia Morani.


   PERCONTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la concessione dei contributi di sostegno alle emittenti locali è regolata dal decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 2017, n. 146, il quale disciplina i criteri di riparto e le procedure di erogazione delle risorse finanziarie del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione assegnate al Ministero dello sviluppo economico;

   i citati contributi vengono assegnati sulla base di criteri e requisiti di ammissione che tengono conto del sostegno all'occupazione, dell'innovazione tecnologica e della qualità dei programmi e dell'informazione nonché sulla base dei dati di ascolto;

   i requisiti di ammissione – oltre a richiedere agli operatori di rete la regolarità contributiva e l'aver trasmesso nei marchi e palinsesti per cui presentano domanda – prevedono, anche, un numero minimo di personale alle dipendenze dell'emittente, dedicato alla fornitura di servizi media audiovisivi, la cui parte sia poi composta da giornalisti. Il numero del suddetto personale, inoltre, è fissato in base al numero di abitanti presenti nel territorio in cui sono diffuse le trasmissioni nell'ambito della regione per cui è stata presentata la domanda;

   il sopracitato decreto, nel definire i criteri di ripartizione delle risorse presenti sul capitolo di bilancio del Ministero al sostegno finanziario all'emittenza radio e televisiva operante in ambito locale, prevede che l'85 per cento sia «riservato ai contributi spettanti alle emittenti televisive, di cui il 5 per cento deve essere riservato ai contributi destinati alle emittenti televisive aventi carattere comunitario...»; ed inoltre precisa, all'articolo 6, nell'ambito dell'istruttoria per la predisposizione delle graduatorie con specifico riferimento alle emittenti televisive commerciali, che «alle prime cento emittenti è destinato il 95 per cento delle risorse disponibili. Alle emittenti che si collocano dal centunesimo posto in poi è destinato il 5 per cento delle medesime risorse»;

   l'attuale regolamento per la concessione dei contributi di sostegno alle emittenti locali, benché abbia certamente superato le precedenti modalità di erogazione «a pioggia», ha anche introdotto criteri selettivi eccessivamente penalizzanti soprattutto riguardo ad alcune regioni, che rischiano di veder ridotta la contribuzione complessiva in modo del tutto squilibrato rispetto al passato, con il rischio della chiusura di molte piccole emittenti, a scapito del principio del pluralismo informativo; tra i settori colpiti dalla grave crisi economica, generatasi nel Paese in seguito all'emergenza da Covid-19, vi è anche quello radiotelevisivo che, a fronte del crollo della raccolta pubblicitaria e dei relativi fatturati, oggi ha bisogno di nuove prospettive di sviluppo economico che consentano di mantenere alto il livello del pluralismo informativo, garantendo al contempo i numerosi posti di lavoro attualmente a rischio –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa, e quali iniziative intenda intraprendere, al fine di revisionare gli elementi che rendono penalizzanti i criteri di calcolo dei contributi finanziari alle TV locali.
(4-07802)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  L'interrogante fa riferimento al decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 2017 n. 146, recante «Regolamento concernente i criteri di riparto tra i soggetti beneficiari e le procedure di erogazione delle risorse del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione in favore delle emittenti televisive e radiofoniche locali», adottato in attuazione dell'articolo 1, comma 163, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato».
  In particolare, la citata disposizione ha previsto che il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, definisca i criteri di riparto e le procedure di erogazione delle risorse del fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione costituito ai sensi dell'articolo 1, comma 160 della citata legge n. 208 del 2015, da assegnare in favore delle emittenti televisive e radiofoniche in ambito locale.
  A riguardo, si osserva che l'articolo 1, comma 160, della legge n. 208 del 2015 ha disciplinato i contributi pubblici a sostegno delle emittenti radiofoniche e televisive in ambito locale, prevedendo la costituzione di un fondo unico per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico da destinare alle emittenti televisive e radiofoniche locali per la realizzazione di obiettivi di pubblico interesse, quali la promozione del pluralismo dell'informazione, il sostegno dell'occupazione nel settore, il miglioramento dei livelli qualitativi dei contenuti forniti e l'incentivazione dell'uso di tecnologie innovative.
  Il nuovo regolamento ha sostituito la disciplina legislativa e regolamentare previgente – costituita dall'articolo 45, commi 3 e 4 della legge 23 dicembre 1998, n. 448 e relativo Regolamento attuativo – e ha dettato una disciplina in linea con il nuovo quadro regolatorio del settore televisivo, che con il passaggio dall'analogico al digitale, si caratterizza per la separazione tra l'attività di operatore di rete e quella di fornitore di contenuti e/o servizi di media audiovisivi, basandosi su criteri di assegnazione dei contributi selettivi e meritocratici, superando la logica della precedente disciplina regolamentare, come rilevato criticamente anche dalla Corte dei conti, nonché prevedendo una nuova procedura amministrativa di concessione più semplice e celere.
  Secondo la precedente normativa, legge n. 448 del 1998, per il settore televisivo si applicavano le disposizioni del Regolamento adottato con decreto ministeriale 5 novembre 2004, n. 292 che, all'articolo 5, distribuiva le competenze tra il Ministero dello sviluppo economico e il Comitato regionale per le comunicazioni (CoReCom), nell'ambito di una più complessa procedura di concessione dei contributi ai soggetti beneficiari ammessi che non differenziava l'attribuzione dei contributi in base a criteri di merito, determinando un'eccessiva parcellizzazione del beneficio economico, spesso poco efficace rispetto a finalità di miglioramento qualitativo dei contributi editoriali.
  Il regolamento di cui al citato decreto del Presidente della Repubblica n. 146 del 2017 persegue invece obiettivi di semplificazione ed efficientamento.
  In un'ottica di massimo coinvolgimento e trasparenza, il nuovo regolamento è stato oggetto di ampia consultazione pubblica, cui hanno preso parte associazioni di categoria, sindacati e singole emittenti: ciò al fine di adottare un testo condiviso da chi opera nel settore radiofonico e televisivo. Il regolamento è stato preceduto dall'emanazione di linee guida, pubblicate il 9 maggio 2016, al fine di raccogliere le valutazioni di tutti i soggetti interessati, dalle quali sono stati tratti gli elementi maggiormente rilevanti di riforma della disciplina di sostegno alle emittenti radiofoniche e televisive in ambito locale, oggetto dello schema di regolamento che il Ministero dello sviluppo economico avrebbe poi proposto all'approvazione del Consiglio dei Ministri.
  In coerenza con la citata legge n. 208 del 2015, i nuovi criteri di determinazione dei contributi da corrispondere attuano gli obiettivi fissati dal legislatore, volti a promuovere il pluralismo dell'informazione, il sostegno dell'occupazione del settore, il miglioramento dei livelli qualitativi dei contenuti forniti e l'incentivazione dell'uso di tecnologie innovative.
  I contributi vengono ripartiti sulla base di quattro graduatorie nazionali dei soggetti ammessi al contributo, distinguendo tra emittenti televisive ed emittenti radiofoniche, nonché tra quelle nazionali e quelle a carattere comunitario.
  L'interrogante si sofferma sui requisiti di ammissione previsti dal nuovo regolamento. Ebbene, sono legittimate a presentare domanda ai fini dell'erogazione dei contributi le emittenti rientranti nelle seguenti categorie:

   emittenti titolari di autorizzazioni per fornitura di servizi media audiovisivi in ambito locale ai sensi della delibera Agcom n. 353/11/Cons per marchi/palinsesti diffusi con numerazione automatica (Lcn);

   emittenti radiofoniche locali legittimamente operanti in tecnica analogica in possesso dei requisiti indicati dall'articolo 24 del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 recante «Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici»;

   emittenti televisive e radiofoniche aventi carattere comunitario in ambito locale, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera n) e lettera bb), numero 1), del citato decreto legislativo n. 177 del 2005.

  A queste ultime categorie si applicano esclusivamente i requisiti, i criteri e i punteggi previsti dall'articolo 7 del regolamento «Emittenti a carattere comunitario».
  Ai sensi del citato articolo 7, le emittenti televisive comunitarie sono ammesse ad usufruire dei contributi qualora si impegnino a trasmettere programmi di televendite per una durata giornaliera non superiore a novanta minuti.
  Per le emittenti televisive locali a carattere commerciale, i requisiti di accesso ai benefici sono fissati invece dall'articolo 4 «Requisiti di ammissione» del Regolamento: per ogni marchio/palinsesto e per ogni Regione per cui viene richiesto il contributo, è previsto un numero minimo di dipendenti, compresi i giornalisti, in regola con il versamento dei contributi previdenziali, sulla base di apposite attestazioni rilasciate dagli enti previdenziali interessati, nei trenta giorni antecedenti alla data di presentazione della domanda. Il numero minimo dei dipendenti, a tempo indeterminato e determinato, deve essere rapportato alla popolazione residente del territorio in cui avvengono le trasmissioni, secondo i seguenti scaglioni:

   1. almeno 8 dipendenti, di cui almeno 2 giornalisti, se il territorio nell'ambito di ciascuna regione per cui è stata presentata la domanda abbia fino a 1,5 milioni di abitanti;

   2. almeno 11 dipendenti, di cui almeno 3 giornalisti, se il territorio nell'ambito di ciascuna regione per cui è stata presentata la domanda abbia tra 1,5 e 5 milioni di abitanti;

   3. almeno 14 dipendenti, di cui almeno 4 giornalisti, se il territorio nell'ambito di ciascuna regione per cui è stata presentata la domanda abbia più di 5 milioni di abitanti.

  Ai fini del calcolo, si prende in considerazione il numero medio di dipendenti occupati nei due esercizi precedenti, fermo restando la sussistenza del requisito anche all'atto della presentazione della domanda.
  Per le emittenti radiofoniche commerciali, il numero minimo dei dipendenti deve essere pari a due, con almeno un giornalista al momento della presentazione della domanda e come media nei due anni precedenti.
  Il regolamento richiede inoltre un numero maggiore di dipendenti alle emittenti che operino in una regione più popolosa e un numero minore di dipendenti alle emittenti che operino in una ragione meno popolosa; questo criterio soddisfa il principio di proporzionalità e di non discriminazione tra tutti i soggetti partecipanti che siano attivi in Regioni diverse, con diversi livelli di popolazione.
  Oltre ai suddetti requisiti, riferiti al numero minimo di dipendenti e/o giornalisti, l'articolo 4 del regolamento prevede, a regime, i seguenti ulteriori requisiti:

   impegno a non trasmettere programmi di televendita nella fascia oraria 7-24, in quantità superiore al 20 per cento (comma 1, lettera b);

   adesione al «codice di autoregolamentazione in materia di televendite, approvato dalla commissione per l'assetto del sistema radiotelevisivo il 14 maggio 2002 e sottoscritto dalle emittenti e dalle associazioni firmatarie il 4 giugno 2002, al codice di autoregolamentazione sulla tutela dei minori in TV, approvato dalla Commissione per rassetto del sistema radiotelevisivo il 5 novembre 2002 e sottoscritto dalle emittenti e dalle associazioni firmatarie il 29 novembre 2002 e al Codice di autoregolamentazione delle trasmissioni di commento degli avvenimenti sportivi di cui al decreto del Ministro delle comunicazioni 21 gennaio 2008, n. 36» (comma 1, lettera c);

   trasmissione nell'anno solare precedente a quello della presentazione della domanda di almeno due edizioni giornaliere di telegiornali con valenza locale nella fascia oraria 7-23 (comma 1, lettera d).

  Come ricorda l'interrogante, gli stanziamenti previsti per le emittenti radiofoniche e televisive locali sono ripartiti, ogni anno, come segue:

   85 per cento destinato alle emittenti televisive locali commerciali, di cui il 5 per cento riservato alle tv comunitarie;

   15 per cento destinato alle radio commerciali, di cui il 25 per cento riservato alle radio comunitarie.

  Tale criterio di ripartizione è stato condiviso con le associazioni di categoria al momento della consultazione pubblica sul nuovo regolamento, come rappresentato al Consiglio di Stato-sezione consultiva, ai fini dell'acquisizione del parere sullo schema di decreto recante il regolamento in parola.
  Per quanto riguarda i criteri di valutazione, sono stati fissati meccanismi di riparto che premiano in modo particolare le emittenti che occupino una forza lavoro maggiore. Obiettivo di tali criteri è quello della tutela dei livelli occupazionali del settore.
  In particolare, per l'attribuzione dei punteggi alle emittenti radiotelevisive commerciali, alle quali viene destinata gran parte delle risorse finanziarie, viene stabilito quanto segue.
  Concorrono a determinare il punteggio finale anche maggiorazioni percentuali volte a premiare le emittenti che promuovono il livello occupazionale e le società che operano in via esclusiva in territori più complessi.
  Per quanto concerne la graduatoria delle emittenti televisive commerciali, viene inoltre previsto che il 95 per cento dei fondi sia destinato alle emittenti che occupano le prime 100 posizioni in graduatoria, mentre il restante 5 per cento deve essere suddiviso fra tutte le emittenti che occupano le restanti posizioni in graduatoria.
  Per le emittenti radiotelevisive comunitarie, soggetti che operano senza scopo di lucro, il regolamento prevede che venga attribuito il 50 per cento delle risorse in parti uguali a tutte le emittenti ammesse al contributo e il restante 50 per cento in ragione del punteggio relativo al criterio A, l'unico peraltro applicabile a tali tipologie di soggetti.
  La differenza di posizione in graduatoria dipende dunque dalla struttura organizzativa dell'emittente e dalla qualità dei contenuti offerti agli utenti anche mediante l'utilizzo di tecnologie innovative, principi su cui si basa il regolamento e che contribuiscono alla realizzazione degli obiettivi di pubblico interesse perseguiti dal fondo del pluralismo.
  I criteri previsti dal regolamento, dunque, sono stati fissati con una logica pro-concorrenziale al fine di incoraggiare le emittenti a sostenere e incentivare l'occupazione nel settore, migliorare la qualità dei contenuti e investire nelle innovazioni tecnologiche per poter accedere ai contributi del «Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione», sia con riferimento ai requisiti di ammissione che di valutazione.
  Con il regolamento si è infatti voluto definitivamente superare il meccanismo di finanziamento che con la precedente normativa non differenziava l'attribuzione di contributi in base a criteri di merito determinando una eccessiva parcellizzazione del beneficio economico.
  Si rappresenta, tuttavia, che i requisiti previsti dal decreto del Presidente della Repubblica n. 146 del 2017 sono stati oggetto di contestazione presso le sedi giudiziarie. In particolare, hanno presentato ricorso contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'economia e delle finanze per l'annullamento, tra l'altro, del decreto del Presidente della Repubblica n. 146 del 2017, le società Tvp Italy s.r.l., Mediasix s.r.l., European Broadcasting Company s.r.l., Radio Tele Molise s.r.l. e GPR Media s.r.l.
  Ebbene, con sentenze, rispettivamente, del 9 gennaio 2020, n. 194 e del 3 marzo 2020 nn. 2803, 2804, 2805 e 2814, il tribunale amministrativo regionale per il Lazio (sezione terza) ha respinto tutti i ricorsi.
  Come sottolineato dalle stesse sentenze del Tar Lazio, con il decreto del Presidente della Repubblica n. 146 del 2017 – infatti – si è voluto definitivamente superare il meccanismo di finanziamento precedente, il quale non consentiva l'attribuzione di contributi in base a criteri di merito, determinando, tra l'altro, una eccessiva parcellizzazione del beneficio economico.
  In conclusione, in risposta alla richiesta dell'interrogante di revisionare taluni criteri selettivi per l'erogazione di contributi alle emittenti televisive locali, si rappresenta, pertanto, che eventuali modifiche al regolamento potranno essere prese in considerazione ad iniziativa del Ministero dello sviluppo economico solo ad esito dell'ultimo grado di giudizio del processo amministrativo in corso.

La Sottosegretaria di Stato per lo sviluppo economico: Mirella Liuzzi.


   PETTARIN, PANIZZUT, MOSCHIONI e BUBISUTTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nonostante i ripetuti solleciti, dal dipartimento per gli affari territoriali, direzione centrale per i servizi demografici, non è pervenuto nessun riscontro alla comunicazione datata 25 febbraio 2020 avente per oggetto «Arlef-Agjenzie Regjonâl pe Lenghe Furlane – Richiesta di carta di identità plurilingue per cittadini appartenenti alle minoranze linguistiche storiche legalmente riconosciute. Minoranza linguistica friulana»;

   il decreto del Ministro dell'interno 12 dicembre 2011, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 2 febbraio 2012 n. 27, riguarda l'approvazione della modulistica anagrafica per l'emissione di carte di identità plurilingui a beneficio dei cittadini appartenenti solamente ad alcune tra le minoranze linguistiche storiche legalmente riconosciute (inizialmente, dal 1994, solamente francofoni, germanofoni, slovenofoni, successivamente, solo a partire dal 2009, anche cittadini di lingua ladino-dolomitica);

   gli interroganti intendono insistere ed affiancarsi alla richiesta di cui sopra tendente al superamento della ancora attuale disparità di trattamento che pregiudica la comunità linguistica autoctona friulanofona (lingua ladino-friulana; legalmente riconosciuta ex articolo 2 della legge n. 482 del 1999 e decreto legislativo n. 223 del 2002 recante «norme di attuazione dello Statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia per il trasferimento di funzioni in materia di tutela della lingua e della cultura delle minoranze linguistiche storiche nella regione»; legalmente zonizzata ex articolo 3 della legge n. 482 del 1999 sia nella regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, sia in minima parte nella regione Veneto, Mandamento di Portogruaro in provincia di Venezia) al fine di ottenere, in favore dei cittadini plurilingui residenti su tale territorio, a richiesta degli interessati, l'emissione di carte di identità plurilingue anche in lingua friulana;

   a tal fine, successivamente rispetto all'adozione della normativa ministeriale sopra citata, la Corte Costituzionale della Repubblica italiana, nella sentenza costituzionale meritale interpretativa n. 215 del 2013, anche in considerazione dell'efficacia costituzionale e trasversale dell'ordinamento speciale di tutela linguistica, ha affermato, anche in relazione ai cittadini friulanofoni, la fondamentale regola, ex articolo 3 dello Statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia, (legge costituzionale n. 1 del 1963), relativa alla effettiva parità di trattamento tra tutti i gruppi linguistici legalmente riconosciuti, friulanofoni compresi, indipendentemente da uno Stato straniero di riferimento;

   quindi è necessario per gli interroganti un adeguamento della modulistica ministeriale, anche in favore dei cittadini friulanofoni, in attuazione di tale fondamentale e trasversale regola di parità di trattamento tra tutti i gruppi linguistici regionali legalmente riconosciuti (non solamente slovenofoni, ma anche friulanofoni e germanofoni), come già applicata dalla giurisprudenza costituzionale, non necessitando peraltro la questione di alcuna modifica di rango legislativo, rispetto all'ordinamento già vigente; risulta pertanto necessario che il Ministero dell'interno adegui la propria modulistica e le relative prassi anche periferiche e locali alle esigenze di tutela anche della lingua friulana;

   la presente interrogazione pertanto non vuole essere solamente la segnalazione di una disparità di trattamento sempre più grave e sempre meno giustificabile, dal carattere sostanzialmente discriminatorio, ma anche un sentito sollecito all'adeguamento dello stato di fatto e anche di diritto anzitutto rispetto ai principi fondamentali sia costituzionali che statutari –:

   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato in relazione a quanto esposto in premessa.
(4-07626)

  Risposta. — In relazione alla questione posta con l'atto di sindacato ispettivo in esame, per quanto di competenza del Ministero dell'interno e fatte salve le attribuzioni in materia del dipartimento degli affari regionali e le autonomie, si rappresenta quanto segue.
  Attualmente, la carta d'identità è emessa, anche in formato elettronico, in modalità bilingue italo-slovena, italo-francese, italo-tedesca e sono in corso di predisposizione anche i documenti in lingua italo-ladina.
  Il riconoscimento del diritto al rilascio di una carta d'identità plurilingue nei casi suindicati è basato sulle seguenti specifiche previsioni normative:
  la legge 23 febbraio 2001, n. 38, recante «Norme per la tutela della minoranza linguistica slovena della Regione Friuli e Venezia Giulia», la quale prevede all'articolo 8, comma 3, che: «Nei comuni di cui all'articolo 4 gli atti e i provvedimenti di qualunque natura destinati ad uso pubblico e redatti su moduli predisposti, compresi i documenti di carattere personale quali la carta di identità e i certificati anagrafici, sono rilasciati, a richiesta dei cittadini interessati, sia in lingua italiana e slovena sia nella sola lingua italiana»;
  il decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 178, recante «Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Trentino Alto Adige/Südtirol, concernenti modifiche al decreto legislativo 16 dicembre 1993, n. 592, in materia di tutela della popolazione di lingua ladina in provincia di Trento» il quale prevede all'articolo 1: «Nelle località ladine gli atti pubblici destinati alla generalità dei cittadini, gli atti pubblici destinati a pluralità di uffici di cui al comma 1 e gli atti pubblici individuali destinati ad uso pubblico, tra cui quelli per i quali è prescritto l'obbligo dell'esposizione al pubblico o dell'affissione e le carte di identità sono redatti in lingua italiana seguita dal testo in lingua ladina»;
  il decreto del Presidente della Repubblica del 15 luglio 1988, n. 574 «Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino Alto Adige in materia di uso della lingua tedesca e della lingua ladina nei rapporti dei cittadini con la pubblica amministrazione e nei procedimenti giudiziari» che all'articolo 4 disciplina l'uso congiunto della lingua italiana e di quella tedesca in alcune tipologie di atti tra i quali le carte di identità e documenti equipollenti;
  la legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4, «Statuto speciale per la Valle d'Aosta» la quale prevede all'articolo 38 che «Nella Valle d'Aosta la lingua francese è parificata a quella italiana. Gli atti pubblici possono essere redatti nell'una o nell'altra lingua, eccettuati i provvedimenti dell'autorità giudiziaria, i quali sono redatti in lingua italiana.».
  La tutela della minoranza linguistica friulana si fonda sulla legge 15 dicembre 1999, n. 482 recante «Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche», che ha previsto la tutela della lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo, in un'ottica di valorizzazione delle stesse.
  Il decreto legislativo 12 settembre 2002, n. 223 recante «Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia per il trasferimento di funzioni in materia di tutela della lingua e della cultura delle minoranze linguistiche storiche nella Regione» ha poi demandato alla regione l'esercizio delle funzioni di coordinamento in materia di utilizzo pubblico della lingua minoritaria nell'ambito scolastico, nella pubblica amministrazione, nei cartelli stradali, circoscritto ai soli comuni di insediamento del relativo gruppo linguistico.
  Al fine di esercitare le nuove competenze, la regione Friuli Venezia Giulia ha approvato la legge regionale n. 29 del 2007 «Norme per la tutela e la valorizzazione e promozione della lingua friulana» che ha ampliato l'uso della lingua friulana nelle sue diverse espressioni come parte del patrimonio storico, culturale della comunità regionale.
  Le norme sopracitate, che racchiudono l'attuale assetto normativo in materia, pur delineando un'ampia tutela della minoranza linguistica friulana, non prevedono una specifica disposizione normativa sull'utilizzo di tale lingua nei documenti d'identità e, pertanto, allo stato, non è possibile procedere all'emissione di documenti d'identità in tale lingua.
  

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   POTENTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel corso di un'intervista concessa a Roberta Paolini per un'edizione speciale del quotidiano «La Stampa», il Ministro interrogato – in riferimento al porto di Livorno – ha dichiarato che «i progetti che potenzieranno lo scalo toscano procedono» e ha annunciato che «i lavori per il microtunnel sono in ripresa nell'arco dell'estate»;

   il «via libera» alla costruzione del microtunnel in c.a. orizzontale, lungo circa 234 m. e di diametro calcolato non inferiormente a 2.600 mm., è stato dato con il provvedimento di autorizzazione alla gara n. 30 del 6 marzo 2013;

   il progetto – di cui si parla da ormai sedici anni – consentendo l'attraversamento del Canale industriale del porto di Livorno puntava a garantire maggiore accessibilità e margini di manovra alle navi di oltre 300 metri per 48 metri di larghezza e a rendere più competitivo a livello internazionale il polo toscano;

   il completamento dei lavori, inizialmente previsto entro maggio 2015, è stato ulteriormente ostacolato dai problemi emersi nella realizzazione di una delle due postazioni di trivellazione, quella consistente nel pozzo cosiddetto lato Magnale, che hanno portato allo «stop» a causa di una procedura di precontenzioso attivata ed ora destinata – presumibilmente – alla conclusione –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno approfondire il reale stato dell'iter burocratico per la ripresa dei lavori sul pozzo di recupero lato Magnale bloccati da mesi;

   quali siano i tempi certi per la ripresa ed il completamento dei lavori il Ministro interrogato ha individuato genericamente «nell'arco dell'estate» durante l'intervista concessa in data 30 giugno 2020 al quotidiano «La Stampa».
(4-06185)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sulla base delle informazioni della direzione generale per la vigilanza sulle autorità portuali si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Come è noto i lavori di attraversamento microtunnel del canale industriale del porto di Livorno si sono arrestati nel maggio 2018 a seguito dell'imprevisto allagamento del pozzo di recupero.
  I maggiori oneri necessari a risolvere la criticità e l'incertezza sulle cause dell'evento hanno dato avvio ad una procedura di precontenzioso tra la stazione appaltante e l'impresa esecutrice, per la cui risoluzione l'autorità di sistema portuale del Mar Tirreno settentrionale (di seguito autorità di sistema portuale) ha deliberato di ricorrere dinnanzi al tribunale delle imprese per l'espletamento di un accertamento tecnico-preventivo.
  Nel giugno 2020 il consulente tecnico d'ufficio nominato dal tribunale ha concluso il procedimento dell'accertamento tecnico preventivo evidenziando che le difficoltà riscontrate in fase di esecuzione sono da ricondurre all'imprevista e particolare geologia dell'area.
  La procedura è stata definita con l'accordo transattivo sottoscritto in data 26 agosto 2020.
  Con successivo provvedimento n. 104 del 24 settembre 2020, il presidente dell'autorità di sistema portuale ha approvato la perizia di variante e suppletiva riguardante i lavori aggiuntivi necessari per il completamento dell'opera e si è quindi provveduto a sottoscrivere il relativo atto aggiuntivo in data 1° ottobre 2020.
  Nel frattempo, l'impresa nel mese di settembre 2020 ha avviato le operazioni propedeutiche alla ripresa dei lavori, quali il ripristino delle aree di cantiere e delle utenze e l'aggiornamento delle autorizzazioni ambientali.
  Per quanto riguarda i tempi di realizzazione dell'opera, l'autorità di sistema portuale ha comunicato che, con verbale del 5 ottobre 2020, è stato constatato l'effettivo riavvio delle lavorazioni, la cui ultimazione è prevista per il 20 settembre 2021.

La Ministra delle infrastrutture e dei trasporti: Paola De Micheli.


   RIBOLLA. — Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:

   sono note le carenze di organico del personale amministrativo in cui da troppo tempo versa il tribunale di Bergamo, tanto che nel 2019 è stato persino dichiarato sede disagiata;

   in particolare, attualmente sono coperti solo 96 dei 140 posti previsti in pianta organica, con una scopertura reale media superiore al 47 per cento, con massime del 61 per cento relativamente ai funzionari e dell'83 per cento relativamente ai direttori;

   anche per quanto riguarda il personale di magistratura mancano 9 giudici su una pianta organica di 43 e parimenti critica è la situazione del giudice di pace, che presenta 17 posti vacanti su una previsione di organico di 21 giudici, nonché del giudice di pace di Grumello del Monte, ove mancano tutti e 2 i giudici previsti dalla pianta organica e del giudice di Pace di Treviglio, dove non ci sono 2 dei 4 giudici previsti;

   in più sedi ed in più occasioni si è rappresentata detta criticità. A ciò si aggiunga il fatto che la pianta organica prevista è persino sottostimata rispetto alle necessità di questo Tribunale, che in Italia è al decimo posto per bacino di utenza ed al 13° per affari sopravvenuti;

   al fine di rappresentare la situazione di disagio del tribunale di Bergamo, la presidente dell'Ordine, unitamente al presidente del tribunale ed al procuratore facente funzioni in data 28 gennaio 2020 è stata ricevuta dal Sottosegretario per la giustizia Onorevole Vittorio Ferraresi, il quale assicurava che si sarebbe adoperato con concorsi e scorrimenti di graduatorie finalizzati, quanto meno a ricostituire la pianta organica prevista;

   la situazione ad oggi si è ulteriormente aggravata in seguito al fisiologico pensionamento di personale amministrativo non sostituito;

   gli effetti della pandemia, che si è abbattuta in modo preponderante sul circondario del tribunale di Bergamo rendono ancor più evidenti i limiti di questo sistema, tenuto anche conto che il carico giudiziario di questo tribunale è prevedibilmente destinato ad aumentare. Per di più le risorse umane attualmente in servizio, seppure animate da grande abnegazione, ma già ora provate dalla cronica carenza di organico, non saranno in grado di far fronte all'aumento del carico di lavoro, così che sarà inevitabile il prolungarsi dei tempi per la definizione dei procedimenti, con grave pregiudizio per i cittadini colpiti dalla denegata giustizia –:

   se intenda adottare con urgenza le iniziative di competenza per colmare i vuoti organici, sia di magistrati che di amministrativi e dotare gli uffici di nuova strumentazione, che consenta anche il pieno svolgimento del lavoro in maniera efficiente e moderna;

   se intenda adoperarsi, per quanto di competenza, per l'assegnazione dell'edificio della Maddalena al tribunale di Bergamo per garantire l'esecuzione dei lavori di ristrutturazione del medesimo edificio e per stanziare i fondi necessari, anche tramite ricorso al Recovery fund.
(4-07228)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame l'interrogante chiede al Ministro della giustizia «...se intenda adottare con urgenza le iniziative di competenza per colmare...» al tribunale di Bergamo «...i vuoti di organico, sia di magistrati sia di amministrativi...» e «...se intenda adoperarsi, per quanto di competenza, per l'assegnazione dell'edificio della Maddalena al Tribunale di Bergamo per garantire l'esecuzione dei lavori di ristrutturazione del medesimo edificio e per stanziare i fondi necessari, anche tramite ricorso al Recovery Fund...».

  Personale di Magistratura.
  In proposito deve essere immediatamente posto in risalto che fino alla rideterminazione delle piante organiche del personale di magistratura assunta con decreto ministeriale del 14 settembre 2020, l'organico magistratuale togato del tribunale di Bergamo era composto da 53 magistrati, comprensivi – oltre al dirigente – di quattro presidenti di sezione e 48 giudici, cinque dei quali componenti l'aliquota dei magistrati con funzioni di giudice del lavoro. La citata rideterminazione ha, in particolare, istituito al tribunale di Bergamo tre nuovi posti di giudice, innalzandone così il numero complessivo a 51 (ivi comprese le cinque unità costituenti l'aliquota dei giudici con funzioni di giudice del lavoro). Deve quindi rilevarsi come l'organico del tribunale di Bergamo – ora composto dal capo dell'ufficio, da quattro presidenti di sezione e da 51 giudici, cinque dei quali con funzioni di giudice dei lavoro – presenta l'attuale vacanza di 6 unità di giudice (nessuna delle quali afferente la predetta aliquota dei giudici del lavoro), dando luogo ad una scopertura complessiva del corpo togato pari al 13 per cento.
  Tenuto conto che tre delle citate sei vacanze sono da ascrivere ai tre nuovi posti di giudice recentemente istituiti (la cui copertura necessita dell'adozione degli opportuni provvedimenti riservati alla competenza dell'organo di autogoverno), si deve chiarire che solo tre delle predette vacanze attendono pubblicazione a cura del Consiglio superiore della magistratura.
  Le ulteriori sei vacanze in precedenza esistenti hanno trovato copertura mediante la destinazione all'ufficio
de quo di altrettante unità di magistrati ordinari in tirocinio (MOT) reclutate con il concorso indetto con decreto ministeriale 19 ottobre 2016, le quali hanno assunto possesso delle funzioni giudiziarie loro assegnate in data 18 novembre 2020.
  Lo schema di seguito riportato – dal quale si evince la presenza in servizio presso l'ufficio
de quo anche di 19 figure onorarie a supporto del corpo togato – può validamente riassumere la situazione sopra descritta.

PIANTA ORGANICA NUMERICA PER IL TRIBUNALE DI BERGAMO

Tribunale di BERGAMO

Funzione

Organico

Vacanti

Presenza Giuridica

Uomini P. Giuridica

Donne P. Giuridica

Effettivi

%Sc. Giuridica

%Sc. Effettiva

  Presidente di Tribunale

1

0

1

1

0

1

0

0

  Presidente Sezione di Tribunale

4

0

4

2

2

4

0

0

  Giudice

46

6

40

13

27

40

13

13

  Giudice Sezione Lavoro

5

0

5

2

3

5

0

0

  Giudice onorario di tribunale

24

5

19

4

15

19

20

20

  Personale amministrativo.
  Preliminarmente, e al fine di consentire una visione d'insieme del contesto nel quale si colloca l'attività del tribunale di Bergamo, si ritiene utile richiamare l'attenzione sulla circostanza che la corte di appello di Brescia comprende 24 uffici giudiziari ripartiti tra la città capoluogo (sede di 9 uffici) e altri 3 circondari (Bergamo, Cremona e Mantova), come risultanti a seguito della definizione della nuova geografia giudiziaria per effetto dei decreti legislativi nn. 155 e 156 del 7 settembre 2012 e successive modifiche ed integrazioni.
  Rispetto ad una pianta organica di 1.050 unità sono coperti 756,5 posti, tenuto conto anche delle posizioni di distacco e comando, con una percentuale di scopertura media del 27,95 per cento.
  La scopertura media nazionale del personale amministrativo è del 25,10 per cento tenuto conto delle posizioni di distacco e comando da e verso altre amministrazioni, e del 26,19 per cento sulla base dei posti scoperti (pianta organica di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 giugno 2019, n. 99).
  Le assunzioni che sono state realizzate nel distretto di Brescia, nel periodo che va dal 2014 al 2020, sono state 240 e segnatamente:

   21 posti coperti per mobilità volontaria;

   10 posti coperti per mobilità obbligatoria riservata al personale di area vasta e croce rossa;

   41 posti coperti per scorrimento graduatorie;

   5 posti coperti con altre modalità di assunzione;

   163 posti di assistente giudiziario coperti con vincitori e idonei del concorso ad 800 posti bandito nel 2016 e conclusosi nel 2017.

  I suddetti reclutamenti, sono comprensivi delle 6 assunzioni degli idonei assistenti giudiziari che, nei giorni tra il 15 e 21 ottobre, hanno provveduto a scegliere la sede di prima destinazione sulla base di quanto disposto dal provvedimento del direttore generale del 29 settembre 2020. I neo assistenti sottoscriveranno il contratto individuale di lavoro l'11 gennaio 2021.
  Con riferimento alla procedura di riqualificazione del personale in servizio (cancellieri e ufficiali giudiziari), di cui ai bandi del 19 settembre 2016, i vincitori in servizio negli uffici dell'intero distretto, stante l'ultimo scorrimento della graduatoria stabilito con provvedimento del direttore generale del personale e della formazione in data 4 agosto per la copertura di 739 posti, sono stati complessivamente 41 dipendenti (32 cancellieri e 9 ufficiali giudiziari), inquadrati rispettivamente in funzionari giudiziari e funzionari Unep, mantenendo le medesime sedi di servizio, i quali hanno sottoscritto il contratto individuale di lavoro presso le rispettive sedi di competenza il giorno 1° ottobre 2020.

  PROCURA REPUBBLICA c/o TRIBUNALE

3

3

  BERGAMO

  TRIBUNALE

3

3

  UFFICIO NOTIFICHE E PROTESTI c/o TRIBUNALE

1

1

  CORTE D'APPELLO

2

2

  PROCURA GENERALE

1

1

  PROCURA REPUBBLICA c/o TRIBUNALE

5

5

  PROCURA REPUBBLICA c/o TRIBUNALE PER I MINORENNI

1

1

  TRIBUNALE

8

8

  TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA

1

1

  UFFICIO NOTIFICHE E PROTESTI c/o CORTE D'APPELLO

6

6

  PROCURA REPUBBLICA c/o TRIBUNALE

1

1

  TRIBUNALE

2

2

  UFFICIO NOTIFICHE E PROTESTI c/o TRIBUNALE

1

1

  PROCURA REPUBBLICA c/o TRIBUNALE

1

1

  TRIBUNALE

3

3

  UFFICIO DI SORVEGLIANZA

1

1

  UFFICIO NOTIFICHE E PROTESTI c/o TRIBUNALE

1

1

  Totale complessivo

32

9

41

  Per quanto riguarda l'incremento della pianta organica, al fine di consentire la prosecuzione delle procedure assunzionali relative al concorso ad 800 posti di assistente giudiziario, l'Amministrazione ha provveduto ad ampliare la dotazione organica del profilo di assistente giudiziario in due momenti successivi:

   con decreto ministeriale 13 febbraio 2018 la dotazione organica del profilo di assistente giudiziario è stata incrementata di 750 unità e gli uffici giudiziari del distretto di Brescia ne hanno beneficiato con l'aumento di 57 unità, di cui 12 destinate alla città di Bergamo;

   con decreto ministeriale 20 luglio 2020, la dotazione organica del profilo di assistente giudiziario è stata incrementata di 194 unità, riequilibrando le varie qualifiche professionali rispetto ai flussi di lavoro di molti uffici, con l'obiettivo precipuo di consentire l'esaurimento integrale della graduatoria del concorso per il profilo di assistente giudiziario;

   nell'intero distretto bresciano vi è stato un incremento di 12 unità di assistente giudiziario.

  Si evidenzia, come dinanzi accennato, che con il provvedimento del direttore generale del 16 luglio 2020 è stata disposta l'assunzione a tempo indeterminato, mediante ultimo scorrimento, dei residui 837 candidati risultati idonei al concorso ad 800 posti di assistente giudiziario. Di questi, i primi 500 hanno già firmato il contratto individuale di lavoro presso l'ufficio di destinazione il 28 settembre 2020.
  Sono stati messi nella disponibilità di scelta degli idonei assistenti giudiziari ben 24 posti nell'intero distretto e sono stati coperti, all'atto della presa di possesso, 18 posti. I restanti 333 idonei, sulla base di quanto disposto dall'ultimo provvedimento del direttore generale del 29 settembre 2020 che segna il definitivo e totale scorrimento della graduatoria del concorso per assistenti giudiziari, prenderanno possesso della sede scelta l'11 gennaio 2021. Per il distretto in esame sono stati messi nella disponibilità di scelta degli idonei ben 9 posti, distribuiti nei vari uffici giudiziari, e ne sono stati assegnati 6.
  Con provvedimento del 18 febbraio 2019 è stato avviato l'interpello straordinario per il profilo di assistente giudiziario rivolto al personale in servizio, secondo quanto previsto dall'accordo sindacale del 27 marzo 2007. Nel distretto di Brescia sono stati individuati e coperti 4 posti.
  In relazione alle posizioni dirigenziali, si evidenzia che a fronte di 8 posti previsti ne sono coperti 5. Le posizioni vacanti sono state pubblicate con interpello del 7 ottobre 2020 e la procedura è in corso.
  Passando alla specifica disamina della situazione del tribunale di Bergamo si evidenzia quanto segue.
  Il tribunale ha un organico di 142 unità e 99,5 posti coperti, con una percentuale di scopertura del 29,93 per cento, considerando la presenza di 5 unità effettivamente ivi distaccate da altri uffici (1 funzionario giudiziario, 1 assistente informatico, 2 assistenti giudiziari e 1 ausiliario) a fronte di 4 unità assenti perché distaccate in altre strutture amministrative (1 funzionario giudiziario e 3 assistenti giudiziari).
  I profili che evidenziano carenza sono quelli di direttore amministrativo (4 su 6), funzionario giudiziario (14 vacanze su 30), cancelliere (12 vacanze su 23), assistente giudiziario (1,5 su 50), operatore giudiziario (7 vacanze su 15), conducente di automezzi (1 su 4) e ausiliario (4 su 12).
  A fronte della scopertura nel profilo di contabile si registra la presenza di 1 assistente informatico e di 1 centralinista telefonico non previsti in organico.
  Le assunzioni sono state 32:

   mobilità obbligatoria: 4 (2 assistenti giudiziari, 1 cancelliere e 1 operatore giudiziario);

   scorrimento graduatorie: 6 (5 funzionari giudiziari e 1 assistente giudiziario);

   concorso ad 800 posti di assistente giudiziario: 22 assistenti giudiziari.

  L'ufficio di cui trattasi ha potuto giovare altresì, in base alla procedura di riqualificazione, di 3 cancellieri riqualificati funzionari giudiziari.
  Grazie alla rimodulazione della pianta organica attuata sulla base del disposto del decreto ministeriale 20 luglio 2020, l'organico del profilo dell'assistente giudiziario del tribunale di Bergamo è aumentato di 2 unità a fronte del ridimensionamento del profilo di conducente di automezzi di l'unità.
  Si segnala, altresì, che al tribunale di Bergamo è stato coperto 1 posto di assistente giudiziario in seguito alla procedura dell'interpello.
  Va aggiunto, a completamento, che è stato assegnato 1 posto di assistente giudiziario, derivante dallo scorrimento della graduatoria del concorso ad 800 posti, disposto con provvedimento del direttore generale del 29 settembre 2020, La presa di possesso del neo assistente è prevista per l'11 gennaio 2021.
  Il distretto di Brescia si è finora giovato dell'apporto di nuove – e valide – risorse ed energie, compreso il rilevante apporto di professionalità assicurato dagli assistenti giudiziari recentemente assunti: tuttavia potrà beneficiare di ulteriori unità di personale in via temporanea e strettamente connessa con esigenze contingenti mediante il ricorso, da parte degli organi di vertice distrettuale, all'applicazione temporanea di personale ai sensi dell'articolo 14 dell'accordo sulla mobilità interna del 27 marzo 2007. Tale istituto rappresenta il più rapido strumento di redistribuzione delle risorse umane disponibili nell'ambito del distretto.
  Resta alta e costante l'attenzione del Ministro della giustizia alle problematiche relative al personale amministrativo: attenzione che, si sottolinea, non è mai venuta meno e che ha determinato la quanto mai auspicata inversione di tendenza in materia di concorsi pubblici, non più banditi per almeno un ventennio.
  Per la copertura delle vacanze venute a determinarsi su tutto il territorio e per fare fronte alle previste cessazioni per raggiunti limiti di età, sarà completato il vasto programma assunzionale tuttora in corso mediante il definitivo scorrimento delle graduatorie e si implementeranno le numerose procedure concorsuali previste dai piani assunzionali che, per il prossimo triennio, prevedono un imponente programma di reclutamento, pari – ad oggi e al netto degli ingressi già avvenuti (nonché delle ulteriori 800 unità a tempo determinato previste dal decreto-legge n. 53 del 2019) – a 8.286 unità.
  Per il periodo 2019-2021 le previsioni di investimento sulle assunzioni di personale amministrativo hanno tenuto conto della situazione delle vacanze attuali e delle cessazioni che si stimano nei prossimi anni.
  Il programma assunzionale nel periodo indicato prevede 8.756 nuovi ingressi ed è stato formalizzato nel piano triennale approvato dal Ministro della giustizia con provvedimento del 13 giugno 2019.
  In base ai diversi strumenti normativi a disposizione, è prevista dunque l'assunzione:

   per l'anno 2019: di 97 unità di area I (ausiliari); di 1.754 unità di area II (105 conducenti, 616 operatori, 1033 assistenti giudiziari); di 266 unità di area III (161 funzionari giudiziari, 105 funzionari tecnici/informatici/contabili); di 12 dirigenti;

   per l'anno 2020: di 237 unità di area II (237 assistenti tecnici); di 1.645 unità di area III (1.400 funzionari giudiziari, 245 funzionari tecnici); di 14 dirigenti;

   per l'anno 2021: di 2.997 unità di area II (297 assistenti giudiziari, 2.700 cancellieri esperti); di 1.250 unità di area III (850 funzionari giudiziari, 400 direttori); di 14 dirigenti.

  Lo stato di emergenza epidemiologica da Covid-19 e le conseguenti forme di contenimento del virus hanno rallentato le procedure già avviate e da avviarsi, in ottemperanza al disposto dell'articolo 87 del decreto-legge n. 18 del 17 marzo 2020 relativo alla sospensione delle procedure concorsuali per l'accesso al pubblico impiego (cfr., anche, l'articolo 1, comma nono, lettera z), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2020, con il quale sono state sospese le procedure preselettive e scritte dei concorsi pubblici fino alla data del 3 dicembre 2020).
  Tuttavia, come previsto dal decreto-legge 19 maggio 2020 n. 34, per assicurare il regolare svolgimento dell'attività giudiziaria questa Amministrazione potrà avviare le procedure già autorizzate, in modalità semplificata, per il reclutamento delle seguenti unità di personale: 400 unità di personale amministrativo non dirigenziale da inquadrare nei ruoli dell'amministrazione giudiziaria, con la qualifica di direttore – Area III/F3, di cui all'articolo 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 20 giugno 2019; 150 unità di personale amministrativo non dirigenziale di Area III/F1 residue rispetto a quanto previsto ai sensi degli articoli 3-
bis, comma 1, lettera b), e 3-ter, comma 1, lettera b), del decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, 20 ottobre 2016, in deroga alle modalità ivi previste, per l'urgente necessità di fare fronte alle gravi scoperture di organico degli uffici giudiziari che hanno sede nei distretti di Torino, Milano, Brescia, Venezia e Bologna; 2.700 unità di personale amministrativo non dirigenziale da inquadrare nei ruoli dell'Amministrazione giudiziaria, con la qualifica di cancelliere esperto – Area II/F3, già autorizzata dall'articolo 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 20 giugno 2019. Nell'immediato è possibile procedere ai seguenti reclutamenti: il 26 luglio 2019 è stato pubblicato il bando di concorso per il reclutamento di 2.329 unità di personale non dirigenziale a tempo indeterminato per il profilo di funzionario da inquadrare nell'area funzionale terza, fascia economica F1, nei ruoli del personale del Ministero della giustizia. Si è conclusa la prima prova (preselettiva) di tale concorso. La graduatoria è stata pubblicata il 20 novembre 2019 con l'elenco dei 7.021 candidati ammessi alle prove successive del concorso; con avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 15 settembre 2020 è stata avviata la procedura di reclutamento per 1.000 unità di personale amministrativo non dirigenziale di area II/F1 (profilo operatore giudiziario), con contratto a tempo determinato, della durata massima di ventiquattro mesi; in base all'avviso del 27 agosto 2019 è stata indetta una procedura di 97 assunzioni nella figura professionale di ausiliario, Area I, fascia economica F1, mediante richiesta numerica di avviamento ai competenti servizi delle amministrazioni provinciali ai sensi della legge n. 68 del 1999. Per il distretto di Brescia gli uffici presso i quali sono avviate le assunzioni, come da comunicazione agli organi di vertice distrettuali, sono i seguenti:

DISTRETTO

SEDE

UFFICIO

N. POSTI

BRESCIA

BRESCIA

CORTE D'APPELLO

1

BRESCIA

BERGAMO

TRIBUNALE

1

BRESCIA

CREMONA

PROCURA DELLA REPUBBLICA C/O TRIBUNALE

1

TOTALE DISTRETTO

3

  Infine, il dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi – direzione generale del personale e della formazione – ha indetto una procedura di assunzione per il reclutamento, mediante avviamento degli iscritti ai centri per l'impiego (liste di cui all'articolo 16 della legge 28 febbraio 1987, n. 56), di 616 operatori giudiziari da inquadrare nell'area funzionale seconda, posizione retributiva F1. Il provvedimento è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana – 4a Serie speciale concorsi ed esami – in data 8 ottobre 2019. Per il distretto di Brescia sono stati riservati 36 posti di operatore giudiziario nelle seguenti sedi come da bando pubblicato:

Distretto di Brescia

Sede

N. posti

Brescia

23

Bergamo

12

Cremona

1

Totale

36

  Edificio della Maddalena.
  Per quanto concerne il complesso dell'ex Convento della Maddalena sito tra la via Borfuro e la via Sant'Alessandro del comune di Bergamo oggetto dell'interrogazione che ci occupa, trattasi di immobile in avanzato stato di degrado, non utilizzabile nell'immediatezza per le finalità proposte.
  In relazione al recupero del citato complesso, il comune di Bergamo ha commissionato nel 2014 uno studio di fattibilità finalizzato al recupero e alla rifunzionalizzazione a fini culturali e istituzionali. Nel merito, il computo estimativo ipotizza una somma complessiva pari ad euro 3.900.000,00, di cui euro 3.200.000,00 relativi ai soli lavori di carattere edilizio ed ulteriori euro 700.000.000 per spese tecniche e di istruttoria.
  In data 18 dicembre 2017 il comune di Bergamo, l'Agenzia del demanio e l'ufficio interdistrettuale di esecuzione penale esterna per la Lombardia (Ministero della giustizia) hanno sottoscritto un protocollo di intesa per l'utilizzo dell'immobile denominato «Casa della Libertà» e del complesso denominato «Ex Convento della Maddalena».
  Il richiamato protocollo, avente valore biennale e quindi decaduto nel novembre 2019, prevedeva l'utilizzo con finalità istituzionali e culturali del piano terreno dell'immobile denominato «Casa della Libertà», sito nella piazza della Libertà n. 7, di proprietà del demanio dello Stato e la delocalizzazione dell'ufficio interdistrettuale di esecuzione penale esterna (Uepe) presso il primo e il secondo livello dell'ex Convento della Maddalena.
  Nell'ambito delle linee guida del Piano per la ripresa dell'Europa (
Recovery Plan for Europe) e del dispositivo per la ripresa e la resilienza (Rff), il dipartimento dell'organizzazione giudiziaria del personale e dei servizi – direzione generale delle risorse materiali e delle tecnologie – ha incluso detto complesso negli elenchi delle opere ipotizzando un fabbisogno finanziario pari ad euro 4.800.000,00 prevedendo, altresì, una riformulazione del richiamato protocollo ovvero la delocalizzazione dell'ufficio del giudice di pace e Unep presso il complesso dell'ex Convento della Maddalena e il trasferimento dell'ufficio interdistrettuale di esecuzione penale esterna presso l'immobile di proprietà della provincia, sito nella via Borgo Palazzo.
  Su tali presupposti, il dipartimento dell'organizzazione giudiziaria del personale e dei servizi – direzione generale delle risorse materiali e delle tecnologie – ha inserito la riqualificazione del complesso denominato «Ex Convento della Maddalena» tra le opere prioritarie, non solo per la richiamata finalità di provvedere al reperimento di idonei spazi per la funzione giudiziaria (1.686 metri quadrati) ma anche perché l'intervento concorre a restituire evidenza pubblica ad un immobile di valore storico.
  Da tutto quanto sinora esposto emerge con solare evidenza il costante e assiduo impegno profuso dal Ministro della giustizia al fine di superare «...la situazione di disagio...» esistente nel tribunale di Bergamo con riferimento alle carenze sia del personale di magistratura sia di quello amministrativo.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   PAOLO RUSSO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nel periodo che va dalla fine del 2016 all'inizio del 2018 le maggiori compagnie telefoniche cominciano ad inviare le bollette ai clienti ogni 28 giorni al posto di ogni mese;

   il risultato è che le fatture arrivano 13 volte in un anno facendo registrare un aumento a carico degli utenti che si attesta intorno all'8 per cento in più all'anno;

   sulla vicenda si è pronunciata l'Agcom che, una delibera datata 24 marzo 2017, ha stabilito che la periodicità relativa all'emissione della bolletta deve coincidere con il mese almeno sulla telefonia fissa;

   è intervenuto anche il Parlamento che a seguito dell'approvazione di un emendamento presentato presso la Commissione bilancio del Senato, ha stabilito la periodicità mensile per compagnie telefoniche oltre che per reti televisive e servizi di comunicazione elettronica;

   la circostanza ha comportato l'apertura di una vertenza giudiziaria che si è conclusa con la pronuncia favorevole, da parte del Consiglio di Stato, nei confronti dei clienti ed a danno delle compagnie telefoniche le quali sono tenute a rimborsare in automatico gli utenti;

   nonostante la pronuncia del Consiglio di Stato le compagnie telefoniche tergiversano, chiedendo la compilazione di un modulo per ottenere il rimborso –:

   quali iniziative di competenza si intenda adottare, considerato anche il fatto che sulla telefonia mobile la pratica dei 28 giorni non è ancora tramontata.
(4-03545)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  L'interrogante fa riferimento alla questione della scansione cronologica delle bollette telefoniche. Specificamente, nel periodo che va dalla fine del 2016 all'inizio del 2018, le maggiori compagnie telefoniche hanno inviato ai clienti le bollette ogni 28 giorni invece che ogni mese, con l'effetto di determinare aumenti a carico dei consumatori.
  L'interrogante correttamente ricorda che sulla vicenda si è pronunciata l'autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM). Interpellata sulla questione in parola, l'Agcom rappresenta quanto segue.
  In data 15 marzo 2017 l'autorità ha emanato la delibera n. 121/17/Cons di modifica alla delibera n. 252/16/Cons recante «Misure a tutela degli utenti per favorire la trasparenza e la comparazione delle condizioni economiche dell'offerta dei servizi di comunicazione elettronica», la quale stabilisce: «Per la telefonia fissa la cadenza di rinnovo delle offerte e della fatturazione deve essere su base mensile o suoi multipli. Per la telefonia mobile la cadenza non può essere inferiore a quattro settimane. In caso di offerte convergenti con la telefonia fissa, prevale la cadenza relativa a quest'ultima» (articolo 3, comma 10 della delibera n. 252/16/Cons, – inserito all'articolo 1 della delibera n. 121/17/Cons).
  Con ciò, si stabilisce che l'unità temporale per la cadenza di rinnovo e fatturazione dei contratti di rete fissa debba essere il mese, affinché l'utente possa avere la corretta percezione del prezzo offerto da ciascun operatore e la corretta informazione sul costo indicato in bolletta per l'uso dei servizi.
  Gli operatori si sarebbero dovuti adeguare a tali disposizioni entro il 22 giugno 2017. Tuttavia, questi non si sono adeguati e hanno invece impugnato la delibera Agcom dinanzi al giudice amministrativo.
  Sulla problematica del mancato adeguamento, da parte degli operatori telefonici, agli obblighi imposti dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, si sono attivati sia il Governo che il Parlamento.
  In particolare il Ministero dello sviluppo economico ha avviato nel 2017 un'interlocuzione direttamente con gli operatori e con l'associazione Asstel.
  Il 16 ottobre 2017 è stato emanato il decreto-legge n. 148, al quale, in fase di conversione con legge 4 dicembre 2017, n. 172, è stato introdotto l'articolo 19-
quinquiesdecies recante «Misure urgenti per la tutela degli utenti dei servizi di telefonia, reti televisive e comunicazioni elettroniche in materia di cadenza di rinnovo delle offerte e fatturazione dei servizi». In particolare, tale decreto ha novellato il decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7 recante «Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività' economiche, la nascita di nuove imprese, la valorizzazione dell'istruzione tecnico-professionale e la rottamazione di autoveicoli», introducendo l'obbligo per i fornitori di servizi di comunicazione elettronica di prevedere una cadenza di rinnovo delle offerte e della fatturazione dei servizi su base mensile o di multipli del mese.
  La verifica della corretta informativa ai clienti è demandata all'Agcom, la quale, in data 20 dicembre 2017, ha adottato le «Linee Guida sull'attività di vigilanza da parte dell'autorità per le garanzie nelle comunicazioni a seguito dell'entrata in vigore dell'articolo 19-
quinquiesdecies del D.L. 16 ottobre 2017 n. 148, convertito con modificazioni dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172».
  L'Agcom ha posto in essere verifiche in ordine all'adempimento della delibera n. 121/17/Cons. A valle di tali verifiche, l'Agcom ha avviato quattro procedimenti sanzionatori nei confronti delle società TIM S.p.A., Wind Tre S.p.A., Vodafone Italia S.p.A. e Fastweb S.p.A., tutti conclusi con un provvedimento di ordinanza ingiunzione, di cui alle delibere nn. 497/17/Cons, 498/17/Cons, 499/17/Cons e 500/17/Cons del 19 dicembre 2017, per un totale di oltre 2,3 milioni di euro di sanzioni irrogate.
  Con successive delibere – n. 112/18/Cons indirizzata a Tim, n. 113/18/Cons indirizzata a Fastweb, n. 114/18/Cons indirizzata a Vodafone e n. 115/18/Cons indirizzata a Wind Tre – l'Autorità ha diffidato gli operatori in parola «a far venir meno in sede di ripristino del ciclo di fatturazione con cadenza mensile o di multipli del mese gli effetti dell'illegittima anticipazione della decorrenza delle fatture emesse successivamente alla data del 23 giugno 2017», prevedendo, invece, che le fatture venissero posticipate «per un numero di giorni pari a quelli erosi in violazione della delibera n. 121/17/Cons in modo da non gravare gli utenti dei costi derivanti dalla abbreviazione del ciclo di fatturazione».
  Il termine entro il quale ottemperare alle diffide sopra richiamate è stato inizialmente fissato al 31 dicembre 2018 (delibera n. 269/18/Cons), successivamente slittato per effetto delle pronunce dei giudici amministrativi nel frattempo intervenute.
  L'autorità ha dunque individuato una modalità precisa di restituzione dei giorni erosi, mediante la posticipazione della fatturazione di un numero di giorni pari a quelli erosi, senza la necessità di alcuna richiesta di risarcimento da parte dei clienti.
  I ricorsi proposti dagli operatori telefonici sono stati decisi dal Consiglio di Stato con pronunce rese in data 4 luglio 2019. Il Consiglio di Stato ha confermato la correttezza del percorso logico-giuridico seguito dall'autorità e ha ribadito l'obbligo di provvedere al riconoscimento automatico, in favore degli utenti interessati, dei giorni erosi dalla illegittima anticipazione del rinnovo delle offerte di rete fissa, anche convergente, e della periodicità della fatturazione su base quadri-settimanale.
  Ciononostante, è risultato un nuovo mancato adeguamento da parte degli operatori, i quali hanno invece previsto che il ristoro agli utenti fosse condizionato ad una esplicita richiesta.
  Pertanto, l'autorità è dovuta nuovamente intervenire con ulteriori procedimenti sanzionatori che si sono conclusi con i provvedimenti di ordinanza ingiunzione, di cui alle delibere nn. 75/20/Cons, 76/20/Cons, 77/20/Cons e 78/20/Cons del 27 febbraio 2020, per un totale di 9 milioni di euro di sanzioni irrogate.
  A questo punto è intervenuta l'ordinanza n. 5588 del Consiglio di Stato sez. VI, depositata il 24 settembre 2020, di rinvio pregiudiziale innanzi ai competenti organi dell'Unione europea,
ex articolo 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE). Trattandosi di fattispecie in cui rilevano alcune questioni di interpretazione e di corretta applicazione di disposizioni e princìpi unionali, il Consiglio di Stato, in particolare, ha deciso di rimettere alla Corte di giustizia dell'Unione europea le questioni pregiudiziali, non potendo «dimostrare con certezza che l'interpretazione da dare alle pertinenti disposizioni si affermi soggettivamente, con evidenza, anche presso i giudici nazionali degli altri Stati membri e presso la stessa Corte di giustizia», benché lo stesso «Consiglio di Stato escluda la ricorrenza di ragionevoli dubbi interpretativi nella soluzione da fornire alle questioni pregiudiziali rilevanti nel caso di specie» (ordinanza n. 5588 del 2020, punto 66).
  Parallelamente, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM o
Antitrust) in data 7 febbraio 2018 ha avviato un procedimento istruttorio nei confronti di Assotelecomunicazioni-Asstel, Telecom Italia S.p.A., Vodafone Italia S.p.A., Fastweb S.p.A. e Wind Tre S.p.A. al fine di accertare la sussistenza di un'intesa restrittiva della concorrenza, nella forma di pratica concordata e/o di accordo, posta in essere a far data dall'adozione della citata delibera AGCOM 121/17/Cons.
  Il procedimento si è concluso con la pubblicazione, su bollettino AGCM n. 5 del 3 febbraio 2020, del provvedimento n. 28102 recante «I820-Fatturazione mensile con rimodulazione tariffaria», con il quale l'Agcm ha irrogato una sanzione per complessivi 228 milioni di euro a Fastweb, TIM, Vodafone e Wind Tre, accertando un'intesa anticoncorrenziale relativa al
repricing effettuato nel ritorno alla fatturazione mensile.
  L'AGCM ha infatti accertato che i quattro operatori telefonici hanno coordinato le proprie strategie commerciali relative al passaggio dalla fatturazione quadri-settimanale a quella mensile, con il mantenimento dell'aumento percentuale dell'8,6; ciò al fine di mantenere il prezzo incrementato, vanificando il confronto commerciale e la mobilità dei clienti.
  La vicenda in parola ha coinvolto circa 12 milioni di utenti di linea fissa.
  Il Ministero dello sviluppo economico continuerà a monitorare, nell'ambito delle proprie competenze, l'evolversi della situazione descritta e manterrà costante il raccordo con le autorità regolatorie in materia, anche al fine di tutelare gli utenti coinvolti.
  

La Sottosegretaria di Stato per lo sviluppo economico: Mirella Liuzzi.


   SAITTA e PERANTONI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da quanto si apprende dagli organi di stampa, alcuni candidati hanno presentato denuncia per presunte irregolarità nella correzione degli elaborati del concorso per 330 posti di magistrato ordinario, indetto il 10 ottobre del 2018 dal Ministero della giustizia;

   le tre prove scritte del concorso in oggetto sono state sostenute il 4, 5 e 7 giugno del 2019, mentre i risultati sono stati pubblicati il 25 giugno 2020, ad oltre un anno di distanza dallo svolgimento delle prove scritte, con 301 concorsisti risultati idonei su 3.091 candidati che avevano consegnato i relativi elaborati;

   in riferimento a quanto riportato dagli articoli de Il Riformista pubblicati il 25 e il 30 settembre 2020, alcuni candidati risultati «non idonei», dopo aver ottenuto l'accesso agli atti, anche al fine di poter procedere ad un ricorso dinnanzi al T.a.r. del Lazio e aver esaminato i temi dei 301 «idonei» a sostenere la prova orale, hanno segnalato una serie di problematiche ed anomalie attinenti correzione di alcuni temi, valutati positivamente, che presentavano evidenti errori grammaticali giuridici;

   il 21 giugno del 2018 la commissione d'esame, composta da venti magistrati e otto tra docenti e avvocati fissava, tra i criteri di valutazione, quelli di una «forma italiana corretta» e della conoscenza degli istituti giuridici affrontati;

   dal quadro descritto dagli organi di stampa e derivante dall'accesso agli atti e dall'esposto dei candidati, emergerebbero ulteriori presunte anomalie inerenti alla procedura e al metodo di correzione degli elaborati da parte della commissione esaminatrice;

   in particolare, non sarebbe stata rispettata la regola del rigoroso ordine numerico delle buste in quanto le correzioni sarebbero state effettuate in maniera non ordinata, con alcuni compiti lasciati «indietro» e corretti in un momento successivo, oltre alla mancata indicazione nei verbali delle tempistiche delle correzioni;

   dall'accesso agli atti non è stato possibile altresì reperire il calendario dei lavori a cui le sottocommissioni dovevano attenersi;

   dalle segnalazioni rese dai candidati si apprende inoltre che, oltre agli errori sopra menzionati, alcuni compiti presenterebbero dei segni grafici che potrebbero aver reso riconoscibili gli autori da parte della commissione, compromettendo, pertanto, il criterio dell'anonimato nelle prove scritte della procedura di concorso;

   sulle denunce presentate dai candidati, la terza commissione del Consiglio superiore della magistratura ha aperto una pratica per presunte irregolarità;

   tale notizia ha destato preoccupazione nell'opinione pubblica e, in particolare, negli aspiranti futuri magistrati che, dopo anni di studio, sacrifici e spese sostenute per la preparazione, rischiano di vedere compromesso il loro futuro e i loro sogni da procedure anomale e da irregolarità che finirebbero per penalizzare alcuni concorsisti a favore di altri;

   una preoccupazione che, inevitabilmente, si riflette nella serietà delle procedure concorsuali per la selezione dei magistrati e, pertanto, nel sistema giustizia –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti;

   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di fare chiarezza sulla questione sopra prospettata ed evitare che si ripropongano situazioni similari in relazione alle procedure di selezione del personale del sistema giustizia.
(4-07196)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame il deputato Saitta e il deputato Perantoni chiedono al Ministro della giustizia «...se sia a conoscenza dei fatti descritti...» concernenti gravi irregolarità asseritamente verificatesi nella fase di correzione delle prove scritte del concorso per 330 posti di magistrato ordinario indetto il 10 ottobre 2018, e «...quali iniziative intenda adottare... al fine di fare chiarezza... ed evitare che si ripropongano situazioni similari in relazione alle procedure di selezione del personale del sistema giustizia...».
  In proposito deve essere evidenziato quanto segue.
  Quanto alle affermate anomalie negli elaborati redatti dai candidati giudicati idonei riscontrate dai candidati ritenuti non idonei, a seguito di accesso agli atti, si osserva che nel vigente assetto ordinamentale la nomina a magistrato ordinario si consegue mediante un concorso per esami, regolato dal decreto legislativo n. 160 del 2006, recante «Nuova disciplina dell'accesso in magistratura». Segnatamente, la complessiva disciplina del concorso per l'accesso alla magistratura ordinaria è costituita sia dalle disposizioni dettate dal regio decreto n. 1860 del 1925 sia dalle previsioni introdotte dal decreto legislativo n. 160 del 2006, come modificate dall'articolo 1 della legge n. 111 del 2007. Queste ultime hanno stabilito, in particolare, una nuova regolamentazione concernente l'oggetto delle prove scritte e orali, i punteggi minimi per l'ammissione agli orali e il superamento del concorso, nonché la nomina e la composizione della commissione esaminatrice e la disciplina dei suoi lavori. In particolare, la commissione del concorso è nominata nei quindici giorni antecedenti l'inizio della prova scritta con decreto del Ministro della giustizia, adottato a seguito di conforme delibera del Consiglio superiore della magistratura. È l'organo di autogoverno, infatti, che delibera in merito ai componenti della commissione esaminatrice, in conformità ai criteri indicati dalla legge, secondo una procedura regolata da specifica normazione secondaria.
  La legge disciplina l'attività di correzione degli elaborati scritti, prevedendo che la commissione definisca i criteri per la valutazione omogenea degli elaborati e consentendo la formazione di sottocommissioni e l'ulteriore suddivisione in collegi. La commissione o sottocommissione, effettuata la lettura dei temi di ciascun candidato, delibera per ciascuna prova se il candidato meriti di ottenere il minimo richiesto per l'approvazione e in caso affermativo ciascun commissario dichiara quanti punti intende assegnare al candidato. Il Ministro della giustizia, in adempimento dei compiti assegnatigli dalla Carta Costituzionale in tema di organizzazione e funzionamento dei servizi relativi alla giustizia e in osservanza delle specifiche disposizioni di fonte primaria che regolano la procedura concorsuale di cui si tratta, garantisce il supporto tecnico alla commissione e cura le relative attività di segreteria, mettendo a disposizione proprio personale amministrativo. L'articolo 19 del regio decreto n. 1860 del 1925, recante Modificazioni al regolamento per il concorso di ammissione in magistratura contenuto nel regio decreto n. 1218 del 1924 – disposizione tuttora vigente –, prevede in particolare che il Ministro per la giustizia eserciti l'alta sorveglianza sugli esami.
  Al fine di individuare il contenuto sostanziale della citata previsione, occorre soffermarsi sul vigente sistema di giustiziabilità degli atti amministrativi della commissione e delle sottocommissioni.
  Invero le deliberazioni adottate dalla commissione e dalle sottocommissioni, in sede di scrutinio dei temi, costituiscono provvedimenti amministrativi, sindacabili dagli organi della giurisdizione amministrativa. Al riguardo, la giurisprudenza amministrativa risulta consolidata nell'affermare che l'attività della commissione esaminatrice del concorso per l'accesso in magistratura è espressione di discrezionalità tecnica. La discrezionalità tecnica ricorre quando l'esame di fatti o situazioni rilevanti per l'azione amministrativa necessiti del ricorso a cognizioni tecniche e scientifiche di carattere specialistico la cui applicazione non garantisce un risultato univoco e obiettivo connotandosi, al contrario, per l'inevitabile soggettività dell'esito. In particolare, secondo l'orientamento della consolidata giurisprudenza amministrativa, le valutazioni della commissione esaminatrice del concorso in magistratura sono preordinate all'accertamento di un certo tipo di idoneità e del possesso, in capo al candidato, di una complessiva, completa ed equilibrata cultura e preparazione giuridica, anche in virtù del delicato e prestigioso percorso professionale che consegue alla positiva valutazione. Gli atti espressione di discrezionalità tecnica sono sindacabili dal giudice amministrativo, in quanto tali valutazioni sono costitutive del fatto oggetto del giudizio. Ne deriva che l'annullamento in sede giurisdizionale delle relative determinazioni può discendere o dall'accertamento di una violazione di legge, ovvero dall'integrazione di una figura sintomatica di eccesso di potere. Ciò comporta che la valutazione demandata alle commissioni di esame per il concorso in magistratura ordinaria è soggetta al sindacato di legittimità del giudice amministrativo. Il sindacato di legittimità presuppone che le valutazioni effettuate da una commissione di concorso nelle prove scritte e orali dei candidati, espressione di una elevata discrezionalità tecnica, siano inficiate
ictu oculi da eccesso di potere, sub specie delle figure sintomatiche dell'arbitrarietà, irragionevolezza, irrazionalità e travisamento dei fatti (Consiglio di Stato, sez. V, sent. 27 febbraio 2020, n. 5743). All'illegittimo esercizio del potere consegue l'annullamento del provvedimento. La riconosciuta possibilità del giudice di sostituirsi all'Amministrazione nell'apprezzamento tecnico non gli consente di sostituire con una propria determinazione il provvedimento frutto di quell'apprezzamento: la sentenza del giudice amministrativo nell'ambito della giurisdizione di legittimità non può che limitarsi ad annullare il provvedimento.
  Il processo amministrativo nel caso in esame è un processo di tipo impugnatorio o caducatorio. È, dunque, evidente che a fronte dell'esercizio di un potere discrezionale ovvero dell'elevata discrezionalità dei provvedimenti della commissione esaminatrice dei concorso, la posizione del privato ha consistenza di interesse legittimo e non di diritto soggettivo.
  A riprova dell'elevata discrezionalità tecnica della commissione va segnalata l'adeguatezza della motivazione riferita a quella peculiare categoria di atti amministrativi rappresentati dai giudizi valutativi delle prove del concorso che, sulla base di un orientamento giurisprudenziale consolidato, può esprimersi mediante la mera assegnazione di un punteggio numerico o in una mera declaratoria di non idoneità, quando l'elaborato non raggiunga la soglia della sufficienza. Tale indirizzo interpretativo è stato, proprio con riferimento al concorso in magistratura, positivamente recepito dal legislatore. Invero, ai sensi dell'articolo 1, comma 5, del decreto legislativo n. 160 del 2006 (come sostituito dall'articolo 1 della legge n. 111 del 2007) è previsto che: «...sono ammessi alla prova orale i candidati che ottengono non meno di dodici ventesimi di punto in ciascuna delle materie della prova scritta...»; e che «...agli effetti di cui all'articolo 3 della legge n. 241 del 1990 e successive modificazioni, il giudizio in ciascuna delle prove scritte e orali è motivato con l'indicazione del solo punteggio numerico, mentre l'insufficienza è motivata con la sola formula non idoneo...».
  Giova ribadire che il giudizio proprio delle commissioni esaminatrici è dunque caratterizzato da elevata discrezionalità tecnica, discendente dal fatto che le prove di esame in parola si collocano nell'ambito di un procedimento preordinato al l'accertamento di una specifica idoneità, che richiede che il candidato dimostri il possesso di una completa, complessiva ed equilibrata cultura e preparazione giuridica nell'ambito delineato dalla pertinente normativa e che, pertanto, formano oggetto di un giudizio che è frutto della valutazione, da parte della commissione, di una serie di elementi complessi, suscettibili di vario apprezzamento. Ebbene, il delineato ambito funzionale del sindacato giurisdizionale sulle deliberazioni della commissione, nell'esercizio dei suoi poteri riconducibili all'ampia sfera di discrezionalità tecnica che le compete – insindacabile, salvo che per i profili di manifesta e intrinseca illogicità e irrazionalità –, induce di riflesso a rilevare che, nel vigente assetto istituzionale, la funzione di alta vigilanza assegnata al Ministro della giustizia sulla regolarità degli esami si concretizza nella costante verifica della regolarità delle operazioni svolte dalla commissione esaminatrice e dalle sottocommissioni, rispetto alle richiamate modalità procedurali indicate dalla legge, senza potere altrimenti involgere il sindacato sul merito delle singole deliberazioni, relative alle valutazioni dei candidati, soggette come detto al solo sindacato di legittimità del giudice amministrativo, nel ristretto ambito sopra delimitato.
  Quanto lamentato dagli interroganti, sullo specifico punto dei presunti errori riscontrati negli elaborati dei candidati ammessi, con evidenza attiene al merito delle valutazioni espresse dalla commissione esaminatrice del concorso in magistratura. Ne consegue che l'unica strada percorribile è quella di adire la giustizia amministrativa.
  Con specifico riferimento all'asserita presenza di segni di riconoscimento negli elaborati di candidati ritenuti idonei va poi affermato:

   è noto che ogni fase della procedura concorsuale deve essere espletata dalla commissione esaminatrice in modo da garantirne la più completa e assoluta trasparenza, allo scopo di soddisfare l'interesse pubblico all'individuazione del candidato più meritevole;

   durante le fasi concorsuali deve dunque essere garantito il rispetto del principio dell'anonimato, anche al fine di soddisfare il criterio generale di imparzialità che deve sottendere l'azione amministrativa, a salvaguardia della par condicio tra i partecipanti;

   occorre però tenere conto anche di un altro principio, alla stregua del quale la valutazione dell'esistenza o meno di segni di riconoscimento attiene all'esercizio di potestà tecnico discrezionale della commissione esaminatrice;

   logico corollario è che spetta solo alla commissione esaminatrice di accertare la sussistenza di segni di riconoscimento negli elaborati;

   ciò posto, secondo la costante giurisprudenza del Consiglio di Stato, «...gli elementi da cui eventualmente evincere la violazione della regola dell'anonimato delle prove d'esame sono l'idoneità del segno di riconoscimento e il suo utilizzo intenzionale: quanto alla prima, ciò che rileva non è tanto l'identificabilità dell'autore dell'elaborato attraverso un segno a lui personalmente riferibile, quanto piuttosto l'astratta idoneità del segno a fungere da elemento di identificazione, e ciò ricorre quando la particolarità riscontrata assuma un carattere oggettivamente e incontestabilmente anomalo rispetto alle ordinarie modalità di estrinsecazione del pensiero e di elaborazione dello stesso in forma scritta, in tal caso a nulla rilevando che in concreto la commissione o singoli componenti di essa siano stati o meno in condizione di riconoscere effettivamente l'autore dell'elaborato; quanto al secondo, invece, è da escludere un automatismo tra astratta possibilità di riconoscimento e violazione della regola dell'anonimato, dovendo emergere elementi atti a provare in modo inequivoco l'intenzionalità del concorrente di rendere riconoscibile il proprio elaborato...»;

   tornando al caso in esame, in base ai consolidati orientamenti giurisprudenziali sinora esposti deve necessariamente concludersi che le particolarità poste in evidenza negli elaborati dei candidati ritenuti idonei non presentano quei caratteri di anomalia sufficienti a comprovare in modo inequivoco l'intenzione degli autori di rendere conoscibili i propri elaborati alla commissione o a un suo componente;

   a questo proposito va segnalato che durante la fase delle prove scritte la commissione non aveva mai dato indicazioni di sorta ai candidati, richiamando unicamente il rispetto delle norme regolamentari;

   del resto è noto che nei concorsi moltissimi candidati, non riuscendo a terminare la prova nel tempo prefissato, inseriscono ad un certo punto del lavoro dei rinvii alla brutta copia, ove sono presenti specchietti, schemi, annotazioni, frecce eccetera;

   piuttosto, diversamente opinando, si dovrebbero allora annullare centinaia e centinaia di prove, con grave pregiudizio del principio di massima partecipazione al concorso. E infatti, come ha ripetutamente sottolineato la giurisprudenza di legittimità, il principio di anonimato (espressione del valore dell'imparzialità) va applicato con intelligenza, proporzionalità e correlazione con l'altro fondamentale principio di massima partecipazione possibile, a sua volta correlato con due valori anch'essi di rango costituzionale: quello del lavoro e quello del buon andamento, sotto l'altro profilo dell'ampliamento della platea dei partecipanti per innalzare la possibilità statistica di scegliere i migliori, sicché non ogni «segno» astrattamente idoneo al riconoscimento può assurgere a causa escludente.

  Quanto alle doglianze attinenti alla fase di correzione delle prove scritte, con particolare riferimento al rispetto della «...regola del rigoroso ordine numerico delle buste...» e «...alla mancata indicazione nei verbali delle tempistiche delle correzioni...», bisogna sottolineare che:

   nessuna norma di legge prescrive che si debbano correggere gli elaborati di 12 candidati al giorno per ogni sottocommissione, a pena di annullamento del concorso (si pensi al caso, tutt'altro che infrequente, di pluralità di elaborati corposi o di complessità della valutazione e conseguente ampliamento della durata della discussione nell'ambito di una stessa seduta);

   nella pratica può accadere che, fermo restando il rispetto dell'ordine numerico, una sottocommissione proceda alla correzione di alcune buste non necessariamente in sequenza e ciò per motivi di ordine oggettivo che nulla hanno a che vedere con la regolarità delle operazioni di correzione. Può accadere infatti che una sottocommissione proceda con maggiore celerità dell'altra perché, ad esempio, qualche elaborato è più breve o, viceversa, qualche elaborato assegnato all'altra sottocommissione si riveli prolisso o presenti una grafia di difficile comprensione che porta un inevitabile allungamento dei tempi di lettura. Ed è evidente che in tali casi, in base al generale principio di efficienza dell'azione amministrativa, la sottocommissione «più veloce» ben può portarsi avanti con le correzioni di altre buste originariamente assegnate all'altra sottocommissione. Del resto, le due sottocommissioni sono assolutamente indipendenti nell'organizzazione del lavoro, tanto è vero che in caso di difformità di giudizi o in caso di annullamento di qualche prova, viene convocata la seduta plenaria con la partecipazione di tutti i componenti delle due sottocommissioni. Ciò rispecchia una regola di organizzazione del lavoro delle sottocommissioni improntata all'efficienza, costantemente seguita anche nei concorsi precedenti;

   anche in relazione ai tempi di correzione, la censura si rivela infondata. È infatti pacifico in giurisprudenza che non è sindacabile in sede di legittimità la congruità del tempo dedicato dalla commissione esaminatrice alla valutazione delle prove d'esame dei candidati: in primo luogo manca una predeterminazione sia pure di massima, ad opera di legge o di regolamento, dei tempi da dedicare alla correzione degli scritti; in secondo luogo, non è possibile, di regola, stabilire quali concorrenti abbiano fruito di maggiore o minore considerazione e se, quindi, il vizio dedotto infici in concreto il giudizio contestato. In ogni caso, dai verbali risulta che le sedute per le correzioni delle prove scritte di regola avevano inizio tra le 9,15 e le 9,30 e si concludevano tra le 16,40 e le 17, con una pausa pranzo di circa un'ora e mezza; inoltre, ciascuna delle due sottocommissioni ha mediamente valutato ogni giorno 13 buste (contenenti ciascuna tre elaborati). Va detto però che nei giorni di lunedì e venerdì le sottocommissioni, per motivi logistici e secondo consolidata prassi, operavano per mezza giornata e precisamente il lunedì solo nella fase pomeridiana e il venerdì solo in quella antimeridiana. Ora, considerando una media di sette buste aperte nella seduta antimeridiana e gli orari risultanti dai verbali, ciascuno dei tre collegi delle due sottocommissioni – che si badi bene, operava in contemporanea con gli altri due – mediamente ha impiegato circa 15-20 minuti per la lettura e la valutazione preliminare dell'elaborato di competenza (lunghezza media 6 facciate) mentre la sottocommissione circa 10-15 minuti per la valutazione finale del candidato. I tempi di valutazione di ciascun candidato variavano quindi in media tra i 25 e i 35 minuti. Trattasi ovviamente solo di una media perché, come già evidenziato, i tempi di valutazione di ciascun candidato spesso si riducono in presenza di elaborati palesemente errati o brevi (spesso si sono registrati lavori di appena 3-4 facciate) o al contrario si dilatano in presenza di lavori più lunghi, redatti con grafia poco leggibile o dal contenuto tale da determinare approfondimento da parte della sottocommissione. Lo stesso vale anche per la seduta pomeridiana dedicata alla valutazione, di regola, di 5 o 6 candidati.

  Quanto poi alla doglianza relativa all'impossibilità di reperire il calendario dei lavori a cui le sottocommissioni dovevano attenersi, va sottolineato che il calendario dei turni dei componenti ha una valenza organizzativa e contabile che non rileva ai fini delle correzioni e dei giudizi espressi.
  A ciò si aggiunga che questioni del tutto assimilabili a quelle che formano oggetto della presente interrogazione sono state esaminate anche dal Tar Lazio e ritenute infondate in sede cautelare, come da ordinanze di rigetto delle istanze sospensive proposte da due candidati. Si tratta in particolare delle seguenti ordinanze Tar Lazio, sezione Prima
quater, ordinanza 11 novembre 2020 n. 6883/2020 Reg. Prov. Cau e n. 7542/2020 Reg. Ric.; ordinanza 7 dicembre 2020 n. 7520/2020 Reg. Prov. Cau e n. 8855/2020 Reg. Ric. In definitiva, il Tar Lazio ha respinto il 100 per cento delle istanze cautelari avanzate dai candidati non ammessi alle prove orali che hanno proposto ricorso giurisdizionale.
  Da tutto quanto sinora esposto nel dettaglio appare possibile al momento fugare ogni dubbio in ordine alla piena trasparenza delle modalità di correzione degli elaborati e alla sussistenza di irregolarità di carattere procedurale ad opera della commissione esaminatrice. In tale quadro, le iniziative genericamente invocate dall'interrogante appaiono del tutto esulare dai poteri di alta vigilanza attribuiti al Ministro della giustizia.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   SANDRA SAVINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   è degli ultimi giorni la notizia che nella grotta di Jazovka, nella regione di Zagabria, non lontana dal confine sloveno sono stati recuperati i resti di 814 vittime dei partigiani titini;

   gli speleologi hanno riconosciuto fra i resti i corpi di ustascia, domobranci, civili, medici, infermieri e suore di diversi ospedali di Zagabria, gettati nella cavità alla fine e dopo la seconda guerra mondiale dai partigiani comunisti;

   le operazioni di recupero si sono concluse il 20 luglio 2020;

   secondo quanto riportato dall'Unione degli istriani «la prima indagine sui cadaveri era stata condotta nel settembre 2019 mentre l'esumazione è iniziata il 13 luglio di quest'anno, a seguito dell'autorizzazione rilasciata il 22 giugno dal viceministro croato che dirige anche il Dipartimento per i detenuti e le persone scomparse, Stjepan Sučić, ed è durata una settimana circa»;

   nei pressi della foiba ne sarebbe stata individuata un'altra ed il progetto sarebbe quello di condurre una nuova ricerca in questa cavità, che gli speleologi hanno già denominato «Jazovka 2»;

   molti italiani sono stati vittime delle foibe, le stime dicono che potrebbero essere fino a 11 mila;

   la Repubblica italiana ha istituito il giorno del ricordo per ricordare le vittime delle foibe e l'esodo dei tanti italiani costretti a fuggire dalle terre d'Istria, Dalmazia e Friuli-Venezia Giulia con legge 30 marzo 2004, n. 92;

   è necessario reperire più informazioni possibile per sapere se anche nella foiba di Jazovka siano presenti caduti italiani –:

   se sia intenzione del Governo attivarsi presso le autorità croate al fine di reperire informazioni sulla presenza di vittime italiane nella foiba di Jazovka.
(4-06590)

  Risposta. — In un comunicato pubblicato il 21 luglio 2020, il Ministero dei veterani croati ha reso nota l'estrazione dei resti di almeno 814 persone dalla grotta di Jazovka. Secondo le autorità croate, sulla base delle testimonianze raccolte, si tratterebbe di vittime gettate nella fossa in più occasioni, dopo la battaglia di Krašić del 1943 e dopo la fine della guerra nel 1945. I resti delle vittime saranno oggetto di un «trattamento antropologico» presso l'Istituto di medicina legale e criminologia di Zagabria.
  La fossa, che si trova all'interno del Parco naturale «Žumberak – la montagna di Samobor», è un luogo simbolo di uccisioni di massa di croati durante e dopo la Seconda guerra mondiale da parte dei partigiani. Le vittime di tali crimini sarebbero state principalmente feriti, personale medico e suore che gli appartenenti all'Esercito jugoslavo hanno portato via con la forza dagli ospedali di Zagabria nel 1945.
  In merito al quesito oggetto dell'interrogazione, parallelamente alle ricerche succitate, le autorità croate hanno provveduto ad ispezionare anche il terreno nelle vicinanze di Jazovka con scavi di prova in quattro «micro-siti». Pur non avendo ottenuto alcun esito, i croati hanno ribadito l'impegno a proseguire le attività di raccolta informazioni, al fine di avviare eventuali ulteriori ricerche sul campo.
  La Farnesina continuerà a seguire, anche tramite l'ambasciata a Zagabria, gli sviluppi delle attività che la Croazia ha programmato sui resti esumati a Jazovka. Se dagli esiti del «trattamento antropologico» dovesse profilarsi la possibilità di procedere all'identificazione delle vittime, verrà dato seguito all'interlocuzione con le autorità croate.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ivan Scalfarotto.

(Risposta pervenuta entro il 13 gennaio 2021)


   TONELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   sabato 24 ottobre 2020 a Bologna un banchetto della Lega Salvini Emilia-Romagna, regolarmente autorizzato, è stato oggetto di una vile aggressione da parte di alcuni giovani, pare appartenenti ad alcuni centri sociali della città, con l'intento di impedirne lo svolgimento e di ostacolare fisicamente i cittadini che volevano avvicinarsi;

   l'episodio è avvenuto nel quartiere Bolognina e, solo grazie alla presenza degli uomini della Digos, i medesimi disturbatori si sono astenuti dal compiere ulteriori azioni violente ai danni dei militanti del partito e dei cittadini presenti;

   purtroppo, si tratta dell'ennesimo episodio di violenza gratuita ai danni di un banchetto della Lega poiché anche il sabato precedente, questa volta nel quartiere bolognese di San Vitale, si era verificata analoga aggressione con insulti e spintoni ai militanti del partito ivi presenti;

   è di tutta evidenza che quanto sta accadendo a Bologna, ormai sistematicamente, è di assoluta gravità, del tutto inaccettabile e non oltremodo tollerabile;

   è, dunque, necessario, anche in vista delle prossime elezioni amministrative, ristabilire a Bologna, quanto prima, un clima di libero e civile scambio democratico, che sia rispettoso del diritto di espressione delle idee e del pensiero politico di ciascun cittadino, a partire dall'immediata presa di posizione da parte delle istituzioni contro tali atti di inciviltà e successivamente con l'adozione di idonee misure volte a prevenire e reprimere il verificarsi di ulteriori episodi di violenza –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa, quali iniziative di competenza intenda avviare nell'immediato per prevenire il verificarsi di episodi analoghi a quelli accaduti nelle ultime settimane a Bologna e sopra richiamati e per ristabilire un clima di legalità e di confronto democratico nella città.
(4-07268)

  Risposta. — In relazione a quanto evidenziato nell'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
  Nella mattinata del 17 ottobre 2020 a Bologna, due persone appartenenti al locale circolo anarchico «Il Tribolo» hanno svolto un'azione di disturbo nei confronti di alcuni militanti della «Lega-Salvini Premier» che stavano facendo propaganda elettorale presso un banchetto collocato in via Massarenti.
  L'intervento di una pattuglia dei carabinieri ha permesso la identificazione degli autori, che sono stati deferiti in stato di libertà all'autorità giudiziaria per violenza privata, minaccia e danneggiamento aggravato.
  Qualche giorno dopo, il 24 ottobre, un episodio simile si è verificato in via Albani, dove era stato allestito un altro banchetto di propaganda politica promosso da esponenti di «Fratelli d'Italia». Per circa un'ora, a pochi metri dal banchetto, cinque aderenti alla locale area anarchica e all'ex centro sociale «XM24» hanno distribuito ai passanti dei volantini a firma «Antirazzisti e antirazziste», manifestando il loro disappunto per la presenza dei banchetti di centro-destra nella zona della Bolognina, senza tuttavia causare particolari problemi per lo svolgimento dell'iniziativa dei militanti del partito «Fratelli d'Italia».
  Risulta, inoltre, che lo stesso gruppo di persone si sia successivamente spostato nella vicina via di Corticella, dove si è unito ad altri 8 attivisti anarchici e del predetto centro sociale, per raggiungere insieme un banchetto della Lega, allestito per le attività politiche di volantinaggio e raccolte firme.
  In tale circostanza, operatori della polizia di Stato hanno allontanato il gruppo di contestatori provvedendo a mantenerlo a distanza dal banchetto, allo scopo di garantire il sereno svolgimento dell'iniziativa politica in atto. Il costante monitoraggio effettuato dal personale della polizia di Stato ha consentito di prevenire qualsiasi turbativa per l'ordine pubblico, garantendo il regolare svolgimento dell'iniziativa politica della Lega sino al suo termine, verso le ore 12.20.
  Su un piano più in generale, ferma restando la condanna di ogni azione volta ad impedire il legittimo esercizio dei diritti di riunione e di libera manifestazione del pensiero e di riunione garantiti dalla nostra Costituzione, va rilevato come il pluralismo delle idee e il rispetto delle posizioni di ciascuno costituiscano i principi fondanti di ogni democrazia. Per questo il Ministero dell'interno è costantemente impegnato a garantire l'esercizio dei predetti diritti fondamentali attraverso le molteplici attività che impegnano le sue articolazioni nei servizi a tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica.

Il Viceministro dell'interno: Matteo Mauri.


   TORTO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 2 dicembre 2019, n. 169, sono state istituite nuove soprintendenze tra cui la Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio dell'Abruzzo, operante nell'intero territorio regionale, con sede a Chieti, che è diventata competente per le province di Chieti e Pescara, mentre quella speciale per l'Aquila, creata inizialmente per i fini legati alla ricostruzione post sisma 2009 e quindi con la previsione di una durata limitata di tempo, è di fatto diventata la nuova Soprintendenza per le province de L'Aquila e Teramo;

   a questa operazione di divisione delle competenze, non solo in Abruzzo, ma in tutto il territorio nazionale, corrisponde una riorganizzazione della distribuzione dell'organico del Ministero, che deve attribuire il personale anche nelle istituzioni territoriali del Ministero stesso, quali soprintendenze, poli museali, archivi di Stato, segretariati regionali e biblioteche nazionali;

   da quanto appreso, la distribuzione del personale in corso di definizione dai vertici amministrativi del Ministero attribuiscono 134 dipendenti alla Soprintendenza L'Aquila-Teramo e 74 alla Soprintendenza di Chieti-Pescara;

   in particolare l'ipotesi in campo prevede, a quanto consta all'interrogante:

    20 funzionari architetti presso la Sabap L'Aquila-Teramo e 7 funzionari architetti presso la Sabap Chieti-Pescara;

    10 funzionari storici dell'Arte presso la Sabap L'Aquila-Teramo e 4 presso la Sabap Chieti-Pescara;

   5 funzionari restauratori presso la Sabap L'Aquila-Teramo contro i 2 previsti per la Sabap Chieti-Pescara;

   7 funzionari archeologi presso la Sabap L'Aquila-Teramo e 5 presso la Sabap Chieti-Pescara;

   16 funzionari per le tecnologie presso la Sabap L'Aquila-Teramo e 7 previsti per la Sabap Chieti-Pescara;

   10 funzionari amministrativi presso la Sabap L'Aquila-Teramo e 4 presso la Sabap Chieti-Pescara;

   questi criteri di distribuzione degli organici non sembrano tenere conto delle caratteristiche e della realtà delle province di competenza delle 2 Soprintendenze abruzzesi in quanto la Sabap di Teramo-L'Aquila ha competenza su un'area comprendente circa 600 mila abitanti e 155 comuni, mentre a quella di Chieti-Pescara corrisponde un'area di oltre 700 mila abitanti e 150 comuni;

   a sostanziale parità di comuni, appare un evidente squilibrio di organici tra le due Soprintendenze e una penalizzante distribuzione dei funzionari tecnici che ignora il numero di abitanti e la consistenza demografica degli stessi comuni, tenendo presente che la maggiore concentrazione della popolazione è nell'area Chieti-Pescara-Montesilvano-Francavilla al Mare, che produce il numero più consistente di richieste di autorizzazioni edilizie da soddisfare nei tempi previsti dalle norme vigenti; nemmeno il carico di lavoro indubbiamente maggiore delle istituzioni, tra le quali anche la Soprintendenza Teramo-L'Aquila, per via della ricostruzione del cratere sismico aquilano, può giustificare un'attribuzione di organico numericamente doppia rispetto alla Soprintendenza di Chieti-Pescara;

   i consiglieri comunali di maggioranza del comune di Chieti hanno presentato un ordine del giorno che si discuterà nel prossimo consiglio comunale per impegnare il sindaco a promuovere tutte le iniziative atte a riequilibrare la dotazione organica delle soprintendenze;

   se venissero confermati questi numeri, la Soprintendenza con sede a Chieti, già in forte sofferenza a causa dello scarso personale e dei numerosi pensionamenti previsti nel prossimo anno, avrebbe problemi a gestire le numerose richieste provenienti dal territorio e dagli enti locali;

   ad avviso dell'interrogante, occorre prevedere un adeguato incremento di figure tecniche e amministrative per la soprintendenza di Chieti-Pescara, al fine di garantire efficienza e celerità della Soprintendenza –:

   quali siano le motivazioni concrete che determinano uno squilibrio così accentuato di personale tra le due Soprintendenze abruzzesi;

   quali iniziative si intendano mettere in atto per riequilibrare la dotazione organica della Soprintendenza di Chieti-Pescara, in modo da renderla efficace e in grado di rispondere alle esigenze della cittadinanza e delle amministrazioni locali nelle procedure autorizzatorie in cui è coinvolta.
(4-07750)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto chiarimenti in merito agli organici delle soprintendenze presenti in Abruzzo.
  Sulla base degli elementi acquisiti per il tramite della direzione generale archeologia, belle arti e paesaggio e della direzione generale organizzazione, si rappresenta quanto segue.
  Con l'approvazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 169 del 2019 recante «Regolamento di organizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo» si è operato un intervento normativo che ha tra i suoi punti qualificanti l'incremento delle soprintendenze sul territorio.
  Si tratta di ben 15 nuove soprintendenze archeologia, belle arti e paesaggio.
  Tale massiccio potenziamento dell'intera rete di tutela del patrimonio culturale sul territorio nazionale, avente come obiettivo finale proprio quello di garantire un servizio efficace ed efficiente, incide, nel breve periodo, sulla riorganizzazione interna degli uffici e del personale ministeriale.
  Per quanto concerne nello specifico la ripartizione della dotazione organica nelle soprintendenze di nuova creazione, il gruppo di lavoro competente alla definizione delle risorse e dei profili professionali necessari allo svolgimento dei compiti dei singoli uffici, ha elaborato apposite griglie analitiche recanti la ripartizione del personale per aree e profili professionali, che sono state oggetto di interlocuzione con le organizzazioni sindacali.
  Si fa presente, a tal riguardo, che rispetto a quanto riportato dall'interrogante, alla dotazione di diritto della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province dell'Aquila e Teramo sono state apportate le seguenti modifiche di riduzione del personale: per l'Area III, profilo di funzionario amministrativo, da 10 a 8 unità, e profilo di funzionario architetto, da 20 a 15 unità, con contestuale incremento nelle medesime professionalità del segretariato regionale Abruzzo.
  Da ultimo, si evidenzia che vi è la piena disponibilità da parte degli organi competenti di questo Ministero, entro 6 mesi dall'emanazione del nuovo decreto sugli organici, di rimodulare l'organico e di apportare modifiche sostanziali, qualora se ne ravvisi la necessità, previa attivazione di un tavolo tecnico con le organizzazioni sindacali ed un confronto con gli uffici periferici.

La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Anna Laura Orrico.


   TURRI, COMENCINI, LORENZO FONTANA, PATERNOSTER e VALBUSA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   dal sistema giudiziario proviene un accorato appello finalizzato a dotare la regione Veneto di nuove risorse, mezzi, strutture e uomini in un momento di grandi difficoltà per l'apparato; si tratta oramai di un'emergenza cronica nella quale la corte d'appello di Venezia e la sua procura generale, sono ultimi in classifica, o quasi, in Italia per dotazione di magistrati rispetto agli indicatori più rilevanti che determinano il bisogno di giustizia di un territorio;

   i giudizi pendenti a fine 2017 erano 26.964 (529 per ogni magistrato in attività contro una media nazionale di 439) e che, se anche non ne arrivasse nemmeno uno di nuovo, per smaltire il volume di pendenze occorrerebbero più di due anni e mezzo di lavoro dei 51 magistrati oggi in servizio;

   il dossier informativo di uno studio scientifico statistico realizzato dalla Cgia di Mestre, non si è limitato a mettere in fila i dati organici e giudizi pendenti e sopravvenuti, ma li ha messi a confronto con le necessità di giustizia espressa dalla realtà sociale ed economica del Veneto; ne emerge una situazione preoccupante: in termini di magistrati della corte d'appello, il Veneto può contare solo sul 4 per cento del totale in Italia, che diventa il 4,2 per cento per quanto riguarda la procura generale, ma questi devono occuparsi del 7,9 per cento della popolazione italiana, dell'8,3 per cento delle imprese, del 9,2 per cento degli occupati, del 9,3 per cento del valore aggiunto, del 13,7 per cento dell'export, del 16,4 per cento di presenze turistiche;

   la richiesta di istituire una sede di corte d'appello a Verona, quanto mai urgente e indispensabile, ha motivazioni fondamentali nell'ambito dell'esercizio della funzione giudiziaria nel Nordest;

   ancora, dai dati dello studio della Cgia emerge che l'aumento dei giudizi sopravvenuti in Veneto tra il 2015 e il 2017 è stato del 28,3 per cento rispetto alla media nazionale del 15,2 per cento; che la Corte d'Appello di Venezia è ultima rispetto alla media nazionale del 15,2 per cento; che la corte d'appello di Venezia è ultima in Italia nel rapporto tra numero di magistrati e abitanti (1,1 magistrato ogni centomila abitanti contro una media nazionale del 2,1); penultima nel rapporto tra dipendenti, amministrativi e cittadini (i 113 addetti sono 2,4 ogni centomila contro il 4,9 nazionale); ultima per quanto riguarda i magistrati della procura generale (che sono 11 pari allo 0,2 per centomila abitanti, metà della media nazionale); penultima per i casi sopravvenuti (214 per ognuno dei 51 magistrati contro una media nazionale di 190);

   inoltre, si registra una scopertura del 45,13 per cento del personale amministrativo del tribunale per i minorenni di Venezia: l'ufficio non è in grado di assicurare lo svolgimento di tutte le attività dovute, sia con riguardo alle cancellerie, sia con riguardo al lavoro strettamente giurisdizionale svolto dai giudici –:

   quali siano, i dati aggiornati e le previsioni relative ai flussi e alla «qualità» del lavoro del tribunale di Verona;

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere, per quanto di competenza, affinché si possa riportare l'amministrazione della giustizia in Veneto entro canoni di efficienza e celerità, anche attraverso l'incremento dell'organico del personale, in modo da contribuire a risolvere i problemi rilevati e poter assicurare un servizio efficiente, tenendo anche conto dei disagi derivanti ai cittadini e agli operatori dalla situazione descritta al limite del collasso;

   se il Ministero abbia proceduto alla valutazione dell'esistenza dei presupposti per l'istituzione della corte d'appello a Verona e quali iniziative di competenza si intendano adottare per sostenere l'apertura della sede distaccata della corte d'appello a Verona.
(4-06278)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame gli interroganti chiedono al Ministro della giustizia «... quali iniziative... intenda assumere... affinché si possa riportare l'amministrazione della giustizia in Veneto entro canoni di efficienza e celerità, anche attraverso l'incremento dell'organico del personale, in modo da... potere assicurare un servizio efficiente...» e «...se... abbia proceduto alla valutazione della esistenza dei presupposti per l'istituzione della Corte di Appello a Verona...».
  In proposito deve essere posto in risalto, con specifico riferimento al personale di magistratura nel distretto in esame, che con la nota del 16 dicembre 2019 il Ministro della giustizia ha trasmesso al Consiglio superiore della magistratura lo schema di decreto ministeriale concernente la rideterminazione delle piante organiche del personale di magistratura di merito e la relazione tecnica accompagnatoria, prevedendo la ripartizione tra gli uffici giudiziari di complessive 402 unità di magistrato, di cui 23 riservate al potenziamento delle piante organiche del distretto di Venezia. All'esito del complessivo esame del parere reso dal Consiglio superiore della magistratura in data 30 luglio 2020 e del supplemento di analisi condotto dal tavolo tecnico, con il decreto ministeriale del 14 settembre 2020 pubblicato nel Bollettino ufficiale del Ministero della giustizia n. 20 del 31 ottobre 2020 sono state rideterminate le piante organiche degli uffici giudiziari di merito, distribuendo tra i singoli presidi 422 delle 600 unità di magistrato recate in aumento dall'articolo 1 comma 379 della legge n. 145 del 2018. Il citato decreto ministeriale ha previsto, in particolare, l'incremento complessivo di 24 unità delle piante organiche del personale di magistratura degli uffici del distretto di Venezia, di cui 11 nella corte di appello, 2 nella procura generale e uno ciascuno nel tribunale per i minorenni, nella Procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, nel tribunale di Padova, nel tribunale di Treviso, nel tribunale di Venezia, nel tribunale di Verona, nel tribunale di Vicenza, nella Procura della Repubblica presso il tribunale di Treviso, nella Procura della Repubblica presso il tribunale di Venezia, nella Procura della Repubblica presso il tribunale di Verona e nella Procura della Repubblica presso il tribunale di Vicenza. Da quanto precede, la Corte di appello di Venezia ha quindi beneficiato di una ulteriore unità aggiuntiva rispetto alla originaria proposta di incremento (11 in luogo di 10), essendo state parzialmente recepite le osservazioni dell'organo di autogoverno di realizzare un aumento idoneo a diminuire il valore delle iscrizioni
pro capite. Appare opportuno evidenziare, inoltre, che l'incremento di 11 unità disposto per la corte di appello di Venezia non solo costituisce il più incisivo aumento della pianta organica operato su di un singolo ufficio giudiziario (rappresentando il 9,3 per cento della quota complessiva assegnata alle corti di appello) ma interviene a poco più di tre anni dal decreto ministeriale 2 agosto 2017, con il quale alla corte erano state già attribuite 5 unità. In relazione all'attuazione delle disposizioni approvate nel mese di dicembre dell'anno 2019 – articolo 1, comma 432, della legge n. 160 del 2019 recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020/2022 – che, modificando la legge n. 48 del 2001, prevedono l'istituzione di piante organiche flessibili distrettuali da destinare alla sostituzione dei magistrati assenti ovvero all'assegnazione agli uffici giudiziari del distretto che versino in situazioni critiche si rappresenta che la proposta di determinazione piante organiche flessibili distrettuali è stata trasmessa in data 30 ottobre 2020 al Consiglio superiore della magistratura per il prescritto parere. Tale proposta prevede, in conformità al quadro normativo di riferimento, la determinazione sia del contingente complessivo nazionale – individuato in 176 unità, di cui 122 con funzioni giudicanti e 54 con funzioni requirenti – sia dei contingenti destinati ai singoli distretti. In tale ambito, al distretto di Venezia è stata proposta l'attribuzione di 8 magistrati che esercitano funzioni giudicanti e di 2 unità con funzioni requirenti. Più in generale, le unità necessarie per la dotazione flessibile sono state recuperate in parte, per un totale di 54 con posti, dagli organici assegnati alla soppressa figura del magistrato distrettuale (le cui funzioni sono state integralmente assorbite dalle piante organiche flessibili distrettuali) e, quanto all'ulteriore fabbisogno, attingendo alle residue unità disponibili in seguito all'incremento del ruolo organico del personale di magistratura disposto dalla legge n. 145 del 2018. In riferimento, infine, al tribunale per i minorenni di Venezia si deve parimenti rilevare che con il richiamato decreto ministeriale del 14 settembre 2020 la pianta organica di tale ufficio risulta incrementata di 1 posto di giudice e che risulta anche potenziato l'organico del corrispondente ufficio requirente la cui pianta organica è stata aumentata di 1 posto di sostituto procuratore. La pianta organica del personale di magistratura del tribunale per i minorenni di Venezia è pertanto attualmente composta da un presidente e da 7 giudici mentre quella della procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni di Venezia è formata da un procuratore e da 4 sostituti.
  Per quanto concerne, poi, il personale amministrativo si ritiene utile richiamare l'attenzione sulla circostanza che il distretto di Venezia comprende ben 38 uffici giudiziari ripartiti in 8 circondari (Bassano del Grappa, Belluno, Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Verona e Vicenza), come risultanti a seguito della definizione della nuova geografia giudiziaria per effetto dei decreti legislativi nn. 155 e 156 del 7 settembre 2012 e successive modifiche ed integrazioni. Nell'intero distretto, rispetto ad una pianta organica di 1.918 unità, sono presenti 1.365,5 dipendenti, tenuto conto anche delle posizioni di distacco e comando, con una percentuale di scopertura media del 28,81 per cento. Tale dato si attesta di poco superiore alla scopertura media nazionale del personale amministrativo che è attualmente del 24,88 per cento tenuto conto del personale in comando da e verso altre amministrazioni, e del 25,39 per cento sulla base dei posti coperti (pianta organica di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 giugno 2019 n. 99). Grazie al quadro normativo più recente è stato possibile predisporre una serie di misure indirizzate a migliorare la funzionalità degli uffici giudiziari mediante l'utilizzo di tutte le soluzioni possibili per incrementare le risorse umane: mobilità volontaria, mobilità obbligatoria, scorrimento di graduatorie di altre amministrazioni, riqualificazione del personale già in servizio e assunzione mediante concorso. Sulla base delle normative intervenute le assunzioni realizzate nell'intero distretto di Venezia nell'arco temporale che va dal 2014 al 2020 risultano in numero di 326 e, segnatamente:

   12 posti coperti per mobilità obbligatoria riservata al personale di area vasta e croce rossa;

   37 posti coperti per mobilità volontaria;

   18 posti coperti per scorrimento graduatorie;

   15 posti, coperti con altre modalità di assunzione;

   244 posti di assistente giudiziario coperti con vincitori e idonei del concorso ad 800 posti.

  Per quanto riguarda l'incremento della pianta organica, al fine di consentire la prosecuzione delle procedure assunzionali relative al concorso ad 800 posti di assistente giudiziario, si è provveduto ad ampliare la dotazione organica del profilo di assistente giudiziario in due momenti successivi: con il decreto ministeriale 13 febbraio 2018 la dotazione organica del profilo di assistente giudiziario è stata incrementata di 750 unità e gli uffici giudiziari del distretto di Venezia ne hanno beneficiato con l'aumento di 38 unità; con il decreto ministeriale 20 luglio 2020 la dotazione organica del profilo di assistente giudiziario è stata incrementata di 194 unità, riequilibrando le varie qualifiche professionali rispetto ai flussi di lavoro di molti uffici con l'obiettivo precipuo di consentire l'esaurimento integrale della graduatoria del concorso per il profilo di assistente giudiziario. Nell'intero distretto veneziano vi è stato un incremento di 18 unità a fronte di un ridimensionamento della pianta organica di conducente di automezzi per 5 unità e degli uffici Nep (notificazione esecuzioni e protesti) i quali hanno visto ridursi l'organico di 6 unità per il profilo degli ufficiali giudiziari e di 7 unità per gli assistenti giudiziari. Si evidenzia che con il provvedimento del direttore generale del 16 luglio 2020 e con il provvedimento del direttore generale del 29 settembre 2020 è stata disposta l'assunzione a tempo indeterminato, mediante ultimo scorrimento, dei residui 833 candidati risultati idonei nel concorso ad 800 posti di assistente giudiziario. Di questi i primi 500 hanno già firmato il contratto individuale di lavoro presso l'ufficio di destinazione in data 28 settembre 2020. I restanti 333 idonei prenderanno possesso della sede scelta in data 11 gennaio 2021. Per il distretto in esame sono stati messi nella disponibilità di scelta degli idonei ben 41 posti distribuiti nei vari uffici giudiziari, posti di cui ne sono stati assegnati 19.
  Con riferimento alla procedura di riqualificazione del personale in servizio (cancellieri e ufficiali giudiziari), di cui ai bandi del 19 settembre 2016, i vincitori in servizio negli uffici dell'intero distretto veneziano sono stati 79 (56 cancellieri e 23 ufficiali giudiziari), inquadrati rispettivamente in funzionari giudiziari e funzionari Unep, mantenendo le medesime sedi di servizio.
  Con provvedimento del 18 febbraio 2019 è stato avviato l'interpello straordinario per il profilo di assistente giudiziario rivolto al personale in servizio, secondo quanto previsto dall'accordo sindacale del 27 marzo 2007. Nel distretto di Venezia sono stati individuati 4 posti e coperti 3. Per quanto concerne le posizioni dirigenziali, su 15 posizioni previste nell'intero distretto sono coperte 10 posizioni con incarico di titolarità. Le posizioni vacanti sono state pubblicate nel bando dell'interpello del 7 ottobre 2020 e la procedura è in corso.
  Passando alla disamina della situazione degli uffici della corte di appello, della procura generale e del tribunale per i minorenni si rappresenta quanto segue.
  L'organico della corte d'appello prevede 133 unità e risultano in servizio 79 dipendenti tenendo presente il personale distaccato e comandato, con una percentuale di scopertura del 40,60 per cento. I profili che evidenziano carenza sono quelli del direttore amministrativo (3 vacanze su 7 posti previsti in organico), di funzionario giudiziario (17 vacanze su 31), di funzionario contabile (2 vacanze su 4), di cancelliere (4 vacanze su 13), di assistente giudiziario (9 vacanze su 37), di operatore giudiziario (5 vacanze su 18), di conducente di automezzi (2 vacanze su 4) e di ausiliario (5 vacanze su 9).
  Risultano 2 unità di funzionari informatici non previste in organico, 6 unità di assistente informatico non previste in dotazione e 1 centralinista telefonico anch'esso non previsto in organico. Risulta completamente soddisfatta la figura di funzionario bibliotecario e di contabile mentre risulta, di contro, scoperta la figura di funzionario e assistente tecnici. Si rappresenta che col menzionato scorrimento della graduatoria degli assistenti giudiziari, come dal provvedimento del direttore generale del 16 luglio 2020, la corte d'appello di Venezia partecipa alla distribuzione di nuove risorse con ben 9 unità messe nella disponibilità scelta dei candidati, con un incremento della pianta organica di 4 unità (come da decreto ministeriale 20 luglio 2020), passando da 33 a 37 assistenti giudiziari. L'ufficio della corte d'appello ha beneficiato, altresì, della riqualificazione di 2 cancellieri in funzionari giudiziari. La posizione dirigenziale è coperta.
  Passando all'esame della situazione del personale della procura generale del capoluogo veneto, detto ufficio prevede 42 unità e risultano in servizio 20 dipendenti tenendo presente il personale distaccato e comandato, con una percentuale di scopertura del 52,38 per cento. Risulta 1 cancelliere distaccato da altro ufficio, mentre risultano distaccati in altri uffici 3 unità di personale (1 funzionario giudiziario e 2 assistenti giudiziari). I profili che evidenziano carenza sono quelli di funzionario giudiziario (4 vacanze su 7), di cancelliere (3 vacanze su 4), di assistente informatico (1 vacanza su 2), di assistente giudiziario (3 vacanze su 10), di conducente di automezzi (1 vacanza su 3) e di ausiliario (4 vacanze su 6). Risulta completamente soddisfatta la figura di funzionario contabile, di funzionario tecnico, di contabile e di operatore giudiziario mentre risulta, di contro, scoperta la figura di direttore amministrativo e di assistente tecnico. Si rappresenta che col menzionato scorrimento della graduatoria degli assistenti giudiziari, come da provvedimento del direttore generale del 16 luglio 2020, la procura generale presso la corte d'appello di Venezia partecipa alla distribuzione di nuove risorse con ben 2 unità messe nella disponibilità di scelta dei candidati, con un incremento della pianta organica di 1 unità (come da decreto ministeriale 20 luglio 2020), passando da 9 a 10 assistenti giudiziari.
  Da ultimo si porta a conoscenza la situazione del personale amministrativo del tribunale per i minorenni di Venezia, il cui ufficio prevede un organico di 29 unità mentre risultano in servizio 19 dipendenti, tenendo presente il personale distaccato e comandato, con una percentuale di scopertura del 34,48 per cento. Risulta 1 operatore giudiziario distaccato da altro ufficio, mentre risulta distaccato in altro ufficio 1 assistente giudiziario. I profili che evidenziano carenza sono quelli di funzionario giudiziario (4 vacanze su 8), di cancelliere (3 vacanze su 5) e di operatore giudiziario (1 vacanza su 3). Risulta completamente soddisfatta la figura di contabile, di assistente giudiziario e di conducente di automezzi mentre risulta, di contro, scoperta la figura di direttore amministrativo e di ausiliario. Inoltre risulta 1 centralinista telefonico non previsto in pianta organica. Si rappresenta che presso l'ufficio in esame sono state avviate 5 assunzioni dallo scorrimento della graduatoria del concorso ad 800 posti di assistente giudiziario.
  Non va sottaciuto che il dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi – direzione generale del personale e della formazione –, su impulso del Ministro già da tempo ha focalizzato la propria attività sull'incremento delle risorse umane presso gli uffici giudiziari. A tale proposito, gli uffici giudiziari dell'intero distretto di Venezia si sono giovati di nuove – e valide – risorse ed energie, compreso il rilevante apporto di professionalità assicurato dagli assistenti giudiziari recentemente assunti: tuttavia potrà beneficiare di ulteriori unità di personale in via temporanea e strettamente connessa con esigenze contingenti mediante il ricorso, da parte degli organi di vertice distrettuale, all'applicazione temporanea di personale ai sensi dell'art. 20 dell'accordo sulla mobilità interna del 15 luglio 2020.
  Per il periodo 2019-2021 le previsioni di investimento sulle assunzioni di personale amministrativo hanno tenuto conto della situazione delle vacanze attuali e delle cessazioni che si stimano nei prossimi anni. Il programma assunzionale nel periodo indicato prevede 8.756 nuovi ingressi ripartiti tra le tre aree e i dirigenti di II fascia ed è stato formalizzato nel piano triennale approvato con provvedimento del 13 giugno 2019.
  In base ai diversi strumenti normativi è stato previsto l'avvio delle procedure assunzionali che seguono:

   per l'anno 2019: 2.599 unità

    97 unità di area I (ausiliari);

    2.224 unità di area II (105 conducenti, 616 operatori, 1.503 assistenti giudiziari);

    266 unità di area III (161 funzionari giudiziari, 105 funzionari tecnici/informatici/contabili);

    12 dirigenti;

   per l'anno 2020: 1.896 unità

    237 unità di area II (237 assistenti tecnici);

    1.645 unità di area III (1.400 funzionari giudiziari, 245 funzionari tecnici/informatici/contabili);

    14 dirigenti;

   per l'anno 2021: 4.261 unità

    2.997 unità di area II (297 assistenti giudiziari, 2.700 cancellieri esperti);

    1.250 unità di area III (850 funzionari giudiziari, 400 direttori);

    14 dirigenti.

  Lo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 e le relative forme di contenimento del virus hanno rallentato le procedure già avviate e da avviarsi, in ottemperanza al disposto dell'articolo 87 del decreto legislativo n. 18 del 17 marzo 2020 relativo alla sospensione delle procedure concorsuali per l'accesso al pubblico impiego.
  Tuttavia, come previsto dal decreto-legge 19 maggio 2020 n. 34, per assicurare il regolare svolgimento dell'attività giudiziaria si possono avviare le procedure già autorizzate, in modalità semplificata, per il reclutamento delle seguenti unità di personale:

   400 unità di personale amministrativo non dirigenziale da inquadrare nei ruoli dell'amministrazione giudiziaria, con la qualifica di direttore – Area III/F3, di cui all'articolo 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 20 giugno 2019;

   150 unità di personale amministrativo non dirigenziale di Area III/F1 residue rispetto a quanto previsto ai sensi degli articoli 3-bis, comma 1, lettera b), e 3-ter, comma 1, lettera b), del decreto del Ministro della giustizia di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione 20 ottobre 2016, in deroga alle modalità ivi previste, per l'urgente necessità di fare fronte alle gravi scoperture di organico degli uffici giudiziari che hanno sede nei distretti di Torino, Milano, Brescia, Venezia e Bologna;

   2.700 unità di personale amministrativo non dirigenziale da inquadrare nei ruoli dell'Amministrazione giudiziaria, con la qualifica di cancelliere esperto – Area II/F3, già autorizzata dall'articolo 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 20 giugno 2019.

  A ciò si aggiunga che:

   in data 26 luglio 2019 è stato pubblicato il bando di concorso per il reclutamento di 2.329 unità di personale non dirigenziale a tempo indeterminato per il profilo di funzionario da inquadrare nell'area funzionale terza, fascia economica F1, nei ruoli del personale del Ministero della giustizia;

   con avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 15 settembre 2020 è stata avviata la procedura di reclutamento per 1.000 unità di personale amministrativo non dirigenziale di area II/F1 (profilo operatore giudiziario), con contratto a tempo determinato della durata massima di 24 mesi;

   inoltre, in riferimento all'avviso di selezione del 4 ottobre 2019, finalizzato all'assunzione di 616 operatori giudiziari (area II, fascia economica I) mediante avviamento degli iscritti ai centri per l'impiego, è disposto, per l'intero distretto di Venezia, il reclutamento di 27 unità di personale, secondo la seguente tabella:
   

Distretto di Venezia

Sede

N. posti

Venezia

13

Belluno

1

Padova

6

Treviso

1

Verona

3

Vicenza

3

Totale

27

   con provvedimento del direttore generale del 16 luglio 2020 è stato disposto lo scorrimento della graduatoria del concorso ad 800 posti di assistente giudiziario bandito il 18 novembre 2016, scorrimento nell'ambito del quale al distretto di Venezia sono state messe a disposizione 41 unità – di cui ne sono entrate in servizio 19 – in relazione ad un primo contingente di 500 idonei;

   infine con provvedimento del direttore generale del 29 settembre 2020 si è disposto il definitivo e totale scorrimento della graduatoria del concorso ad 800 posti di assistente giudiziario bandito il 18 novembre 2016, all'esito del quale i restanti 333 candidati dichiarati idonei firmeranno il contratto individuale di lavoro presso la sede di destinazione in data 11 gennaio 2021.

  Da ultimo va rilevato, in riferimento alla possibilità di prevedere l'istituzione di una corte di appello in Verona, che ciò non può essere disposto con un atto amministrativo, essendo la materia oggetto di riserva di legge. Ciò posto, deve essere osservato che l'istituzione di una corte di appello in Verona comporta la necessità, secondo le vigenti disposizioni dell'ordinamento giudiziario, di prevedere 5 nuovi uffici giudiziari. Infatti, oltre all'ufficio giudicante di secondo grado, dovrebbero essere contestualmente istituite la procura generale presso la corte di appello, il tribunale per i minorenni e la relativa procura, nonché il tribunale di sorveglianza. Per tali nuovi uffici si renderebbe necessario reperire le risorse idonee a garantirne il funzionamento nell'ambito delle dotazioni organiche vigenti attraverso riduzioni di organico compensative – sia per il personale di magistratura sia per quello amministrativo – presso gli uffici giudiziari esistenti.
  Da tutto quanto sinora esposto emerge il costante ed assiduo impegno del Ministro (segnatamente mediante una estesa campagna di nuove assunzioni, in tal guisa invertendo una opposta tendenza quasi ventennale) volto ad assicurare – nell'ambito delle risorse disponibili e tenuto conto delle situazioni di difficoltà (anche maggiori) in cui versano altri uffici giudiziari – che la giustizia sia amministrata «...in Veneto... entro canoni di efficienza e celerità...».

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   VARCHI e DONZELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 27 maggio 2020 si è celebrata l'udienza del processo per il fallimento del Creaf, il Centro di ricerca e alta formazione mai entrato in attività, nonostante gli oltre 22 milioni di euro di fondi pubblici ricevuti per una decina d'anni a partire dal 2005;

   il controesame del commercialista Leonardo Castoldi, testimone chiave del pubblico ministero nel processo a otto tra politici ed ex amministratori della società, chiamati a rispondere di bancarotta semplice per il fallimento dichiarato dal tribunale nel 2017, è stato però interrotto dal giudice e rinviato a causa del caldo soffocante che ha reso impraticabile l'aula Galli e Alessandrini al secondo piano del Palazzo di giustizia di Prato;

   dopo mesi di interruzione della celebrazione delle udienze civili e penali, a causa delle misure di contenimento del contagio da Covid-19, è bastato l'arrivo dell'estate per rendere inagibili numerose aule dei processi ed uffici;

   la giustizia, insieme soltanto all'istruzione, è l'unica attività ancora oggi bloccata per effetto dell'emergenza sanitaria, con migliaia di processi non celebrati e rinviati ai prossimi anni, perfino all'estate 2023 e quei pochi processi, anche i più complessi e impegnativi, di cui era stata fissata l'udienza prima della sospensione feriale rischiano di essere rinviati per le condizioni disastrose in cui versano i locali dei palazzi di giustizia, stante l'assenza di una qualsiasi climatizzazione nonostante le elevate temperature;

   tale situazione comporta la dismissione di una funzione essenziale dello Stato democratico che mette in pericolo la nostra economia e le basi della pace sociale, ancor più in un momento in cui la crisi economica e occupazionale ha colpito tantissimi settori del tessuto produttivo nazionale;

   quale sia la situazione attuale della celebrazione delle udienze nei tribunali italiani e se e quali iniziative, anche di carattere ispettivo, intenda adottare per verificare le condizioni delle aule giudiziarie.
(4-06595)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame gli interroganti chiedono al Ministro della giustizia «...quale sia la situazione attuale della celebrazione delle udienze nei tribunali italiani e se e quali iniziative, anche di carattere ispettivo, intenda adottare per verificare le condizioni delle aule giudiziarie...» con riferimento sia all'emergenza Covid-19 sia alle «...condizioni disastrose in cui versano i locali dei palazzi di giustizia, stante l'assenza di una qualsiasi climatizzazione nonostante le elevate temperature...» nei mesi estivi, con peculiare riguardo agli uffici giudiziari ricompresi nel distretto della corte di appello di Firenze.
  In proposito si è accertato che negli uffici giudiziari del distretto della corte di appello di Firenze le udienze (scaglionate e articolate in modo tale da evitare assembramenti) vengono celebrate in modo regolare, nel rispetto delle norme in tema di distanziamento sociale, di adeguata aerazione delle aule, di sanificazione periodica degli ambienti e di utilizzo dei dispositivi di protezione individuale a fini di prevenzione del contagio da Covid-19.
  Non risultano d'altra parte segnalate interruzioni o rinvii delle udienze a causa di impraticabilità delle aule dovuta al caldo (ad eccezione della sola udienza inerente al processo per il fallimento Creaf tenutasi in data 3 luglio 2020 innanzi al tribunale di Prato).
  In relazione a tale udienza si è verificato che la stessa veniva interrotta per il caldo soffocante, tenuto conto del mancato funzionamento dell'impianto di climatizzazione che è stato riattivato alla fine del mese di luglio dell'anno 2020 grazie al noleggio di un gruppo frigo. Ciò ha consentito il regolare svolgimento di tutte le udienze all'esito della sospensione feriale.
  Più approfonditamente, sulla situazione dell'impianto di condizionamento del tribunale di Prato si rappresenta quanto segue.
  Con nota protocollare n. 1040/19 del 7 giugno 2019, il tribunale di Prato trasmetteva il verbale della Conferenza permanente tenutasi il 4 giugno 2019 alla presenza di rappresentanti del Provveditorato alle opere pubbliche e del comune, da cui emergeva che i due gruppi frigo facenti capo all'impianto di condizionamento centralizzato risultavano non adeguati allo scopo e che uno solo di essi era funzionante al 50 per cento e pertanto del tutto insufficiente ad assicurare la funzione.
  Nell'ambito delle attività proposte dal provveditorato alle opere pubbliche con riguardo al problema della climatizzazione estiva è stata evidenziata la necessità di intervenire con lavori di rifacimento generale degli impianti e di sostituzione dei gruppi frigo per un importo complessivo di euro 1.140.000,00.
  Atteso che, in ogni caso, i predetti lavori non avrebbero potuto essere realizzati prima della successiva stagione estiva, nell'immediatezza è stato proposto dall'impresa affidataria della manutenzione ordinaria degli impianti il noleggio di un gruppo frigo ausiliario in grado di ripristinare il funzionamento del sistema di raffrescamento centralizzato.
  Con nota 108498.U dell'8 luglio 2020 la direzione generale delle risorse materiali e delle tecnologie ha concesso l'autorizzazione alla spesa per il noleggio del gruppo frigo e per le attività correlate di trasporto, trasferimento, montaggio e smontaggio delle apparecchiature in questione. Inoltre, per fare fronte all'esigenza contingente di raffrescare gli ambienti destinati alle postazioni di lavoro dei magistrati e del personale amministrativo e/o per sopperire ad un'eventuale carenza di raffrescamento da parte dell'impianto centralizzato, è stato autorizzato con le note protocollari 92209.U e 92225.U del 10 giugno 2020 l'acquisto di venti condizionatori portatili per le esigenze del tribunale di Prato e di venticinque condizionatori per quelle della procura della Repubblica presso lo stesso tribunale.
  Per quanto riguarda gli interventi definitivi sull'impianto di condizionamento da eseguirsi ad opera del provveditorato alle opere pubbliche, questi sono stati individuati nel punto E della nota del 16 giugno 2020 n. 11515 alla voce: Sostituzione dei gruppi frigo e rifacimento parte impianto distribuzione e
fancoils così suddivisi:

   1) impianto di condizionamento 1: sostituzione dei gruppi frigo - euro 540.000,00 comprensivi di IVA;

   2) impianto di condizionamento 2: rifacimento parte impianto di distribuzione e fancoils, manutenzione unità di trattamento aria (UTA) - euro 600.000,00 comprensivi di IVA.

  La direzione generale delle risorse materiali e delle tecnologie, con nota protocollare n. 108810.U dell'8 luglio 2020, ha richiesto al competente provveditorato per le opere pubbliche la conferma della presa in carico dell'intervento di cui al numero 1) nonché la predisposizione del quadro economico e la relativa stima dei tempi dell'attività al fine di potere consentire la verifica della copertura finanziaria e la corretta allocazione delle risorse attraverso impegni pluriennali ad esigibilità (IPE).
  Quanto agli interventi di cui al numero 2), la richiesta di finanziamento è al vaglio della direzione generale delle risorse materiali e delle tecnologie nell'ambito della programmazione annuale in corso di definizione.
  Da tutto quanto sinora esposto emerge l'assiduo e costante impegno di questa amministrazione finalizzato ad assicurare la regolare celebrazione delle udienze nei tribunali italiani, segnatamente ricompresi nel distretto della corte di appello di Firenze, anche in costanza della crisi epidemiologica e nonostante il carattere ormai vetusto e obsoleto degli impianti in questi installati.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   ZOFFILI, BILLI, COIN, COMENCINI, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, FORMENTINI, PICCHI e RIBOLLA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:

   il quotidiano britannico The Telegraph ha recentemente reso noto che almeno sette alti membri di Hamas hanno già ricevuto la cittadinanza turca, incluso passaporto e documento di identità, mentre altri cinque sarebbero in procinto di completare lo stesso iter;

   in diversi casi, i membri dell'organizzazione terroristica sono stati registrati con nominativi turchi, per nasconderne la reale identità;

   la Turchia sta cercando da anni di entrare nell'Unione europea e questo significherebbe per i membri di Hamas, riparati in Turchia sotto la protezione del presidente Erdogan, la possibilità di muoversi liberamente anche sul territorio europeo e nella zona Schengen;

   il Governo italiano ha recentemente incontrato più volte esponenti del Governo turco, da ultimo il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, che, nel giugno 2020, si è recato ad Istanbul per rinnovare la cooperazione con l'esecutivo di Erdogan –:

   come il Governo intenda scongiurare il pericolo di una infiltrazione dei più alti dirigenti di Hamas sul territorio nazionale italiano, eventualmente anche rivedendo la politica dei visti con la Turchia, e se abbia rafforzato i controlli alle nostre frontiere per bloccarne l'ingresso.
(4-06691)

  Risposta. — In relazione a quanto evidenziato nell'atto di sindacato ispettivo indicato in esame, si rappresenta quanto segue.
  L'attraversamento delle frontiere esterne e le condizioni di ingresso sono disciplinate dal regolamento (UE) 2016/399 del Parlamento europeo che istituisce un codice unionale relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen).
  In merito ai controlli, si evidenzia che le verifiche di frontiera sulle persone sono espletate dalle guardie di frontiera a norma del capo II del richiamato regolamento che prevede, per i cittadini di Paesi terzi, una verifica approfondita per l'attraversamento delle frontiere esterne.
  Tali controlli sono rivolti all'accertamento delle condizioni di ingresso, positive e negative quali: possesso di un documento di viaggio valido, possesso di un visto valido qualora richiesto, possesso di sufficienti mezzi finanziari in relazione alla durata del soggiorno previsto, non essere segnalato nel Sis — sistema informativo Schengen — ai fini della non ammissione, non essere considerato una minaccia per l'ordine pubblico, la sicurezza interna, la salute pubblica o le relazioni internazionali di uno degli Stati membri.
  Inoltre, i controlli consistono anche in un'analisi dettagliata finalizzata a rilevare eventuali falsificazioni e/o contraffazioni del documento di viaggio, alla disamina dei timbri d'ingresso e uscita apposti sullo stesso, nonché alla verifica del visto di ingresso, qualora presente, anche tramite riscontro dell'identità del titolare e dell'autenticità di tale titolo autorizzatorio attraverso le consultazioni del sistema di informazione visti (VIS), in conformità del regolamento (CE) 767/2008.
  Con riguardo ai cittadini di nazionalità turca, le attività di controllo e verifica poste in essere dagli uffici della polizia di frontiera hanno permesso, nel corso del 2019, di attuare 254 provvedimenti di respingimento e di procedere all'arresto di 48 persone di nazionalità turca, nonché alla denuncia in stato di libertà di 224 cittadini turchi.
  I sistematici e approfonditi controlli espletati sulla linea di frontiera hanno consentito, altresì, di individuare e sequestrare 120 documenti falsi e/o contraffatti turchi.
  Per il, corrente anno le rilevanze statistiche risentono delle restrizioni ai viaggi dovute all'epidemia in atto da Covid-19. In particolare, sempre con riferimento ai cittadini di nazionalità turca, alla data dell'11 ottobre i respingimenti sono stati 78, le persone arrestate 20 e quelle denunciate in stato di libertà 116 e i documenti falsi/contraffatti sono stati 33.
  Infine, in merito alla concessione da parte delle autorità turche della cittadinanza ad alcuni esponenti di Hamas, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha rappresentato che, pur appartenendo alla sfera di competenza dello Stato turco, la materia è all'attenzione del Governo, che ne segue gli sviluppi anzitutto al fine di prevenire la possibile infiltrazione di individui pericolosi per la sicurezza nazionale.
  Inoltre, lo stesso Dicastero ha precisato che la materia della liberazione dei visti ricade nell'ambito dei rapporti tra Unione europea e Turchia. Infatti nel 2013 l'Unione europea ha avviato un dialogo sulla liberalizzazione dei visti di entrata per i cittadini turchi, basato su alcuni requisiti che la Turchia deve soddisfare per consentire ai propri cittadini di viaggiare senza visto per soggiorni brevi.
  I negoziati si sono intensificati in seguito all'accordo sulla cooperazione migratoria tra Unione europea e Turchia del 18 marzo 2016. Ad oggi, tuttavia, il dialogo sulla liberalizzazione dei visti ha subito un rallentamento e resta condizionato al rispetto da parte turca di tutti i parametri su adeguamento normativo e corretta applicazione delle procedure.
  Per quanto attiene al processo di adesione della Turchia all'Unione europea, allo stato attuale, come noto, i negoziati sono fermi.
  Si assicura infine che la protezione delle frontiere italiane da potenziali infiltrazioni di individui che potrebbero rappresentare un rischio per la sicurezza nazionale riveste carattere prioritario per il Governo. Sotto questo profilo i Ministeri interessati agiscono in costante raccordo.

Il Viceministro dell'interno: Matteo Mauri.


   ZOFFILI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nonostante il recente incontro avvenuto tra il Ministro interrogato e l'omologo Ministro algerino Kamel Beldjoud e le dichiarazioni circa la collaborazione in corso con le autorità algerine per contrastare l'immigrazione irregolare verso il nostro Paese, le cronache di questi giorni testimoniano invece che i flussi migratori illegali dall'Algeria verso le coste meridionali della Sardegna stanno ancora continuando senza sosta;

   difatti, tra il 21 e il 22 settembre 2020, nel giro di poche ore, sono sbarcati sulle coste del Sulcis complessivamente ben trentanove immigrati clandestini;

   in particolare, secondo quanto riportato dalla stampa, dopo un primo barchino, con a bordo sei immigrati irregolari, approdato il 21 settembre 2020 direttamente sulla spiaggia di Tuerredda, a Teulada, gli sbarchi sono poi proseguiti ininterrottamente nel corso del pomeriggio e della notte;

   dapprima dieci immigrati di nazionalità algerina sono stati fermati dalla polizia a Sant'Antioco mentre cercavano di allontanarsi poco dopo lo sbarco, successivamente un'altra piccola imbarcazione, con a bordo altri sei immigrati, è stata intercettata dalla Guardia di finanza e poi scortata fino al porto di Teulada;

   infine, la mattina del 22 settembre altri diciassette algerini sono stati fermati dai carabinieri di Tratalias e Narcao, sempre nel Sulcis, mentre si allontanavano dalla spiaggia di Porto Pino, nel comune di Sant'Anna Arresi, dove erano appena approdati a bordo di una piccola imbarcazione; sempre a quanto riferito dalla stampa, tutti i trentanove immigrati sarebbero stati trasferiti nel centro di prima accoglienza di Monastir, nonostante lo stesso già versi in condizione di gravissime criticità per il sovraffollamento e la mancanza di adeguate misure di sicurezza al suo interno, dove, dopo visite mediche e identificazioni, dovrebbero rimanere in quarantena;

   quanto sopra, oltre a testimoniare il protrarsi dell'emergenza degli arrivi di immigrati irregolari sulle coste del Sud della Sardegna, nonostante le ripetute segnalazioni delle amministrazioni locali già negli scorsi mesi e dell'interrogante con precedenti atti di sindacato ispettivo (nn. 4/06178, 4/06030, 4-06373, n. 4-06442, 4-06475, 3-01751), attesta la mancata adozione di adeguate misure volte a contrastare efficacemente i flussi migratori dall'Algeria ancora oggi, a dispetto delle ultime dichiarazioni rilasciate dal Ministro interrogato circa le intese con le autorità algerine –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative abbia adottato o intenda adottare nell'immediato, anche a seguito dell'incontro tenutosi ad Algeri il 15 settembre 2020 per fermare i flussi migratori illegali verso le coste della Sardegna nonché per procedere all'immediato rimpatrio degli immigrati irregolari finora giunti illegalmente sull'isola.
(4-06969)

  Risposta. — In relazione a quanto evidenziato nell'atto di sindacato ispettivo indicato in oggetto si rappresenta quanto segue.
  Come noto gli sbarchi di migranti irregolari in Sardegna si verifica da diversi anni, a fasi alterne, sulle coste sud-occidentali, nel territorio del Sulcis iglesiente.
  Gli stranieri giungono attraverso la rotta dell'Algeria in gruppi di pochi individui, impiegando piccole imbarcazioni, che sono difficilmente rilevabili anche dalle moderne strumentazioni radar.
  I migranti vengono intercettati per lo più in mare, da veicoli o da unità navali in assetto Frontex ovvero a terra, dopo essere sbarcati, a seguito di segnalazioni di cittadini o direttamente con l'intervento di pattuglie delle forze di polizia impegnate nelle attività di controllo del territorio.
  Come evidenziato nell'atto di sindacato ispettivo, anche nelle giornate del 21 e 22 settembre 2020, sono giunti sulle coste della Sardegna 47 migranti di presumibile nazionalità algerina, dei quali 44 maschi adulti, 2 donne, delle quali una in stato di gravidanza e un minore.
  Tutti gli stranieri sono stati accompagnati presso il compendio dell'ex scuola di polizia penitenziaria di Monastir, ove sono stati sottoposti al prescritto protocollo sanitario per il Covid-19 nonché alla procedure di identificazione. Per tutti i migranti è stata disposta la messa in quarantena nel predetto Centro, con costante osservazione sanitaria.
  Quanto alle azioni di contrasto al flusso migratorio via mare verso la Sardegna, si informa che è stata rafforzata l'attività di sorveglianza aerea delle acque internazionali a sud della Sardegna.
  Inoltre, da tempo, il Ministero dell'interno intrattiene rapporti con le autorità diplomatico-consolari dell'Algeria per il rafforzamento delle procedure di identificazione dei presunti cittadini algerini in posizione irregolare sul territorio, finalizzate al loro rimpatrio, attualmente rallentato a causa della pandemia.
  A tale proposito, il 14 febbraio 2020, si è svolto un incontro con l'ambasciatore d'Algeria in Italia, durante il quale è stata ribadita la necessità del rafforzamento della collaborazione fra i due Paesi sulle tematiche migratorie.
  Nel corso della citata visita è stato, altresì, rappresentato l'interesse del dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno ad un incontro con gli omologhi organi algerini per la possibile definizione di meccanismi di cooperazione nei diversi settori della sicurezza, incluse la lotta al traffico di migranti e le procedure di rimpatrio.
  Come ricordato nell'interrogazione, lo scorso 15 settembre 2020 il Ministro dell'interno si è recato ad Algeri per rivitalizzare il partenariato bilaterale e migliorare la cooperazione sul tema dei rimpatri attraverso l'individuazione di nuovi modelli di collaborazione.
  Nel corso dell'incontro la parte algerina si è mostrata disponibile a studiare, con la propria rete diplomatico-consolare in Italia, meccanismi più spediti per il riconoscimento degli immigrati algerini.
  In occasione di tale visita è stata auspicata la finalizzazione di un nuovo accordo bilaterale in materia di sicurezza e la proposta di nuovi modelli operativi di cooperazione sulle procedure di rimpatrio attraverso anche la possibile convocazione del «Comitato di Monitoraggio» previsto dall'accordo di riammissione stipulato nel 2000 con l'Algeria.
  Si informa, infine che sono state avviate interlocuzioni, a livello tecnico, con le autorità algerine per dare attuazione a quanto previsto nei citati colloqui ministeriali.

Il Viceministro dell'interno: Matteo Mauri.