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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 12 gennaio 2021

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    in seguito all'emanazione del decreto interministeriale del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 30 dicembre 2020, la So.G.I.N. S.p.A. (la società statale incaricata dello smantellamento degli impianti nucleari italiani e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi) ha provveduto alla pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) ai fini della realizzazione del deposito nazionale per il combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi;

    la Carta comprende 67 aree, con priorità differenti, dislocate nelle regioni Piemonte (8 zone), Toscana e Lazio (24 zone), Basilicata e Puglia (17 zone), Sardegna (14 aree), Sicilia (4 aree); risultano 12 aree in classe A1, 11 aree in classe A2, 15 aree in classe B e 29 aree in classe C; le aree in classe A1, ossia con la massima priorità, sono ubicate: 2 in provincia di Torino, 5 in provincia di Alessandria e 5 in provincia di Viterbo;

    tale passo intende anche rispondere all'infrazione comunitaria in atto sulla mancata trasmissione del Programma nazionale per la gestione del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi, verso la realizzazione del deposito per la conservazione dei rifiuti radioattivi italiani di bassa e media attività e del parco tecnologico;

    il decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, come da ultimo modificato dal decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 45, e dal decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2015, n. 11, disciplina i sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonché i benefici economici per i territori interessati, e prevede i criteri per la scelta dei siti idonei, successivamente sviluppati da Ispra (oggi organo di controllo Isin) e da So.G.I.N. S.p.A. e più volte revisionati nel corso degli anni; le ultime revisioni della Cnapi, elaborate dalla So.G.I.N. S.p.A., contenenti la distinzione delle aree ricadenti in zone definite a rischio sismico 2 dalle regioni (classe C) e l'esame dei dati e stime dei quantitativi dei rifiuti radioattivi dell'Amministrazione della difesa, sono state validate dall'organo di controllo Isin il 5 marzo e il 10 dicembre 2020;

    la pubblicazione della Cnapi, con l'elenco dei 67 luoghi potenzialmente idonei, che presentano differenti gradi di priorità a seconda delle caratteristiche, di fatto dà l'avvio alla fase di consultazione dei documenti per la durata di due mesi, all'esito della quale si terrà, nell'arco dei quattro mesi successivi alla pubblicazione della Cnapi, un seminario nazionale. Pertanto, si avvia ora il dibattito pubblico vero e proprio che vedrà la partecipazione di enti locali e regioni, associazioni di categoria, sindacati, università ed enti di ricerca, per approfondire tutti gli aspetti, inclusi i possibili benefici economici e di sviluppo territoriale connessi alla realizzazione delle opere;

    in base alle osservazioni pervenute e alla discussione nel seminario nazionale, la So.G.I.N. S.p.A. aggiornerà la Cnapi che verrà nuovamente sottoposta ai pareri del Ministero dello sviluppo economico, dell'ente di controllo Isin, del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. In base a tali pareri, il Ministero dello sviluppo economico convaliderà la versione definitiva della Carta nazionale delle aree idonee (Cnai). La Cnai, pertanto, sarà il risultato dell'aggiornamento della Cnapi sulla base dei contributi emersi durante la consultazione pubblica, che verrà comunicata agli enti territoriali interessati ai fini della presentazione delle proprie candidature per ospitare l'impianto; è prevista una apposita procedura per l'acquisizione dell'intesa della regione nel cui territorio ricadono aree idonee;

    nella guida tecnica n. 29 dell'Ispra del 2014, sono stati stabiliti i criteri di «esclusione» e di «approfondimento» per la localizzazione dell'impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media attività, basati anche sulle raccomandazioni elaborate da organismi internazionali ed in particolare dalla International Atomic Energy Agency (Iaea), utilizzati da So.G.I.N. S.p.A. per la redazione della Cnapi;

    sono state escluse: le aree vulcaniche attive o quiescenti e quelle sismiche e interessate da fenomeni di fagliazione; le aree caratterizzate da rischio e/o pericolosità geomorfologica e/o idraulica di qualsiasi grado e le fasce fluviali e quelle contraddistinte dalla presenza di depositi alluvionali di età olocenica; le aree ubicate ad altitudine maggiore di 700 metri s.l.m., o caratterizzate da versanti con pendenza media maggiore del 10 per cento o ubicate sino alla distanza di 5 chilometri dalla linea di costa attuale, oppure ubicate a distanza maggiore ma ad altitudine minore di 20 metri s.l.m.; le aree interessate dal processo morfogenetico carsico o con presenza di sprofondamenti catastrofici improvvisi (sinkholes) o caratterizzate da livelli piezometrici affioranti o che, comunque, possano interferire con le strutture di fondazione del deposito, nonché tutte le aree naturali protette identificate ai sensi della normativa vigente, quelle che non siano ad adeguata distanza dai centri abitati o che siano a distanza inferiore a 1 chilometro da autostrade e strade extraurbane principali e da linee ferroviarie fondamentali e complementari; le aree caratterizzate dalla presenza nota di importanti risorse del sottosuolo e quelle caratterizzate dalla presenza di attività industriali a rischio di incidente rilevante, di dighe e sbarramenti idraulici artificiali, aeroporti o poligoni di tiro militari operativi;

    i criteri di approfondimento valutano, inoltre, i seguenti aspetti: presenza di manifestazioni vulcaniche secondarie; presenza di movimenti verticali significativi del suolo in conseguenza di fenomeni di subsidenza e di sollevamento (tettonico e/o isostatico); assetto geologico-morfostrutturale e presenza di litotipi con eteropia verticale e laterale; presenza di bacini imbriferi di tipo endoreico; presenza di fenomeni di erosione accelerata; condizioni meteo-climatiche; parametri fisico-meccanici dei terreni; parametri idrogeologici; parametri chimici del terreno e delle acque di falda; presenza di habitat e specie animali e vegetali di rilievo conservazionistico, nonché di geositi; produzioni agricole di particolare qualità e tipicità e luoghi di interesse archeologico e storico; disponibilità di vie di comunicazione primarie e infrastrutture di trasporto; presenza di infrastrutture critiche rilevanti o strategiche;

    l'impianto, il cui finanziamento è previsto a carico della quota delle bollette elettriche destinata allo smantellamento degli impianti nucleari, interessa un'area di circa 150 ettari, di cui 40 sono destinati al Parco tecnologico. Il deposito consiste in 90 costruzioni in calcestruzzo armato, dette celle, ove verranno collocati grandi contenitori in calcestruzzo speciale, i moduli, che racchiuderanno a loro volta i contenitori metallici con all'interno i rifiuti radioattivi già condizionati; si tratta di circa 78 mila metri cubi di rifiuti a bassa e media attività provenienti dal mondo civile, dagli impianti nucleari in dismissione nel nostro Paese, da combustibili inviati in Francia e Gran Bretagna e in special modo dal settore medico e ospedaliero; sono previste misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale per i territori che ospiteranno il deposito, da definire con trattative bilaterali;

    le premesse del nulla osta del 30 dicembre 2020 specificano che la Cnapi, l'ordine di idoneità delle aree sulla base delle caratteristiche tecniche e socio-ambientali ed il progetto preliminare del Parco tecnologico sono definiti dalla So.G.I.N. S.p.A. a titolo di «proposta» e che, solo a seguito delle procedure di cui ai commi 3, 4, 5 e 6 dell'articolo 27 del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, e successive modificazioni, verrà approvata la Carta nazionale delle aree idonee con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti; in particolare, l'articolo 3 citato prevede la pubblicazione della Cnapi sul sito Internet della So.G.I.N. S.p.A. e il contestuale avviso della pubblicazione almeno su cinque quotidiani a diffusione nazionale, affinché, nei sessanta giorni successivi alla pubblicazione, le regioni, gli enti locali, nonché i soggetti portatori di interessi qualificati, possano formulare osservazioni e proposte tecniche in forma scritta e non anonima, trasmettendole ad un indirizzo di posta elettronica della Sogin SpA appositamente indicato;

    nonostante la realizzazione della Cnapi sia stata prevista già da 10 anni, e i criteri tecnici siano stati ben stabiliti da Ispra nel 2014, il modo, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo inquietante, adottato dal Governo per la presentazione di una questione di massima delicatezza, come quella della realizzazione di un deposito nucleare, ha creato tensioni sociali, divisioni conflittuali nella popolazione e rivolte da parte delle regioni e dei comuni coinvolti;

    «no» categorici sono apparsi sulla stampa da parte di presidenti di regioni e province e di sindaci dei comuni individuati sulla Cnapi, nonché critiche pesanti provenienti da associazioni di comuni, come l'Anci, e da associazioni ambientaliste come Italia Nostra, Greenpeace, Wwf;

    infatti, in seguito alla firma del nulla osta interministeriale del 30 dicembre 2020, sono state diffuse notizie sulla stampa e sui social, senza un minimo di ufficialità e senza alcun chiarimento sul valore effettivo della Cnapi, sulle procedure fino ad oggi attivate per giungere alla redazione di tale carta e sulle procedure che verranno attivate prossimamente per la scelta effettiva del sito;

    le regioni e i comuni interessati hanno visto il proprio nome sulla Cnapi senza un minimo di preavviso da parte del Governo, peraltro, in un momento particolare, laddove l'attenzione di tutti è posta sulla crisi pandemica da Covid-19 oltre che sulle tensioni nell'ambito della maggioranza di Governo;

    alcune proposte, come quelle dei siti ubicati nelle due isole della Sardegna e della Sicilia, contrastano chiaramente con il criterio dell'efficacia delle vie di comunicazione primarie e delle infrastrutture di trasporto e, inoltre, sembra discutibile la scelta della distanza di solo 1 chilometro da autostrade, ferrovie e infrastrutture di comunicazione principali e anche dai centri abitati molto piccoli e, in generale, non è assolutamente chiara la definizione di «adeguata» distanza dai centri abitati né la scala della cartografia permette calcoli esatti;

    alcune province presentano una massima concentrazione di siti idonei, come quella di Alessandria, che comprende 6 siti idonei, nei comuni di Alessandria, Castelletto Monferrato, Quargnento, Fubine, Oviglio, Bosco Marengo, Frugarolo, Novi Ligure, Castelnuovo Bormida, Sezzadio, con ben 5 siti classificati in categoria A1, ossia con il massimo grado di priorità; in analoga situazione si trova anche la provincia di Viterbo; eppure le amministrazioni comunali non sono state informate preventivamente delle prerogative del proprio territorio;

    solo il 5 gennaio 2021 è apparso un comunicato stampa sul sito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che ha annunciato ufficialmente la notizia della pubblicazione della Cnapi da parte della So.G.I.N. S.p.A. e dell'avvio della consultazione pubblica, riportando il nulla osta Mise-Mattm e i riferimenti per tutte le informazioni sul sito appositamente indicato da So.G.I.N. «www.depositonazionale.it»;

    tale comportamento dell'Esecutivo su un tema delicato e fortemente divisivo, come quello dei rifiuti nucleari, è stato giudicato sulla stampa pericoloso, arrogante e irresponsabile, da parte di molti esponenti della classe politica, volto a creare ulteriori inaccettabili conflitti nella società, tra i territori e le comunità locali e accrescere l'ansia sociale e la paura;

    inoltre, in piena pandemia sanitaria da Covid-19, ove le amministrazioni locali cercano con grande fatica di corrispondere agli impegni in corso tra le assenze di personale per malattia e lo smart working, un periodo di soli 60 giorni per esprimere osservazioni sulla mole di documentazione tecnica e complessa, pubblicata da So.G.I.N. sul sito www.depositonazionale.it, si presenta estremamente ridotto ed insufficiente e diventa impraticabile lo svolgimento del seminario nazionale in presenza,

impegna il Governo:

1) ad adottare tutte le opportune iniziative, nell'ambito della leale collaborazione tra enti istituzionali, per porre rimedio alle carenze di informazione ufficiale intervenute e alla mancanza di una preventiva informazione delle regioni e degli enti locali in merito alle caratteristiche tecniche del proprio territorio, che lo hanno reso idoneo ad ospitare il deposito nazionale per il combustibile irraggiato e i rifiuti radioattivi e ad inserirsi nella Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi);

2) ad attivare la massima condivisione con i territori interessati e una strategia di effettivo coinvolgimento delle regioni in tutto il processo successivo per la scelta dei siti definitivamente idonei, da inserire nella Carta nazionale delle aree idonee (Cnai), e ad escludere qualsiasi imposizione ai territori di scelte di livello governativo centrale;

3) ad informare preventivamente il Parlamento sugli esiti della consultazione pubblica e sulle scelte dei Ministri interessati per la definitiva approvazione della Carta nazionale delle aree idonee (Cnai);

4) ad adottare iniziative per informare i cittadini sulla procedura tecnica fino ad oggi attivata per giungere alla redazione della Cnapi e sulle procedure che verranno attivate prossimamente per l'approvazione della Cnai e la scelta effettiva del sito per il deposito nazionale;

5) a promuovere iniziative di carattere normativo per prorogare i tempi a disposizione degli enti territoriali e soggetti interessati per la consultazione pubblica e lo svolgimento del seminario nazionale in presenza, almeno per sei mesi dalla cessazione dello stato di emergenza dovuta alla pandemia sanitaria per Covid-19;

6) nell'ambito della consultazione pubblica, ad informare gli enti territoriali sulle effettive e congrue compensazioni economiche e di riequilibrio ambientale e territoriale che dovranno essere assegnate ai territori che ospiteranno il deposito nucleare per tutto il periodo di giacenza di rifiuti nucleari, in aggiunta alle compensazioni ambientali che verranno previste nell'ambito della procedura di valutazione di impatto ambientale (Via);

7) allo scopo di evitare tensioni sociali, nell'ambito della consultazione pubblica e in accordo con gli amministratori locali, a valutare l'opportunità di adottare maggiore attenzione nel coinvolgimento della popolazione per l'individuazione definitiva nella Cnai dei siti in territori con alta densità abitativa o particolare vocazione agricola;

8) anche in seguito alla consultazione pubblica, ad approfondire promuovendo l'eliminazione delle proposte che eventualmente presentano distanze di un solo chilometro da strade, ferrovie e centri abitati, come risulta da alcuni criteri Ispra-So.G.I.N. esposti nelle premesse, e ad esplicitare la definizione di «adeguata» distanza dai centri abitati;

9) ad approfondire nell'ambito del seminario nazionale promuovendo l'esclusione delle proposte relative all'ubicazione dei siti nelle due isole maggiori che inevitabilmente richiederebbero trasporto di rifiuti radioattivi per via marittima o aerea, con alti profili di rischio;

10) ad approfondire nell'ambito del seminario nazionale promuovendo l'esclusione delle proposte che interessano aree prossime a siti definiti dall'Unesco «Patrimonio dell'umanità», come quello de «I Sassi e Parco delle Chiese Rupestri di Matera» o quello de «I Paesaggi Vitivinicoli del Piemonte: Langhe-Roero e Monferrato», e alle relative «buffer zone».
(1-00414) «Molinari, Gava, Andreuzza, Badole, Basini, Bazzaro, Bellachioma, Belotti, Benvenuto, Bianchi, Billi, Binelli, Bisa, Bitonci, Boldi, Boniardi, Bordonali, Claudio Borghi, Bubisutti, Caffaratto, Cantalamessa, Caparvi, Capitanio, Carrara, Castiello, Vanessa Cattoi, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Cestari, Coin, Colla, Colmellere, Comaroli, Comencini, Covolo, Andrea Crippa, Dara, De Angelis, De Martini, D'Eramo, Di Muro, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Donina, Durigon, Fantuz, Ferrari, Fiorini, Fogliani, Lorenzo Fontana, Formentini, Foscolo, Frassini, Furgiuele, Galli, Garavaglia, Gastaldi, Gerardi, Giaccone, Giacometti, Giglio Vigna, Giorgetti, Gobbato, Golinelli, Grimoldi, Guidesi, Gusmeroli, Iezzi, Invernizzi, Lazzarini, Legnaioli, Liuni, Locatelli, Lolini, Eva Lorenzoni, Loss, Lucchini, Lucentini, Maccanti, Maggioni, Manzato, Marchetti, Maturi, Minardo, Molteni, Morelli, Morrone, Moschioni, Murelli, Alessandro Pagano, Panizzut, Paolin, Paolini, Parolo, Patassini, Patelli, Paternoster, Pettazzi, Piastra, Picchi, Piccolo, Potenti, Pretto, Racchella, Raffaelli, Ravetto, Ribolla, Rixi, Saltamartini, Sasso, Stefani, Sutto, Tarantino, Tateo, Tiramani, Toccalini, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Turri, Valbusa, Vallotto, Vinci, Viviani, Raffaele Volpi, Zanella, Zicchieri, Ziello, Zoffili, Zordan».


   La Camera,

   premesso che:

    la Sclerosi laterale amiotrofica, meglio conosciuta come SLA, è una patologia neurodegenerativa caratterizzata dalla progressiva paralisi muscolare e rappresenta la forma più conosciuta di malattia del motoneurone. Il termine amiotrofico sta a indicare l'atrofia delle fibre muscolari; sclerosi si riferisce alla sostituzione in tessuto gliotico a cui va incontro il tessuto nervoso; laterale si riferisce, invece, al coinvolgimento del tratto corticospinale anteriore e laterale;

   le malattie del motoneurone sono una famiglia eterogenea di patologie che interessano i neuroni motori: ad esse appartengono la SLA con le sue varianti, la SMA (atrofia muscolare spinale), la malattia di Kennedy, la Sindrome Post-Polio e numerose altre forme;

   la degenerazione dei motoneuroni, ossia le cellule nervose che controllano i movimenti della muscolatura volontaria, avviene a livello della corteccia cerebrale, del tronco encefalico e del midollo spinale. Esistono due tipi di motoneuroni: il motoneurone centrale o corticale (I motoneurone), che si trova nella corteccia cerebrale e trasporta il segnale nervoso che arriva dal cervello al midollo spinale, e il motoneurone periferico o spinale (II motoneurone) che trasporta il segnale dal midollo ai muscoli. Nel paziente affetto da sclerosi laterale amiotrofica, in alcune aree motorie, i motoneuroni degenerano e perdono progressivamente la loro funzionalità, fino a morire completamente nel corso di mesi o anni. Inizialmente, i motoneuroni superstiti riescono a sopperire a quelli atrofizzati, ma col passare del tempo la morte cellulare supera la capacità di compensazione e il malato va inevitabilmente incontro alla paralisi, senza che tuttavia le funzioni cognitive, sensoriali, sessuali e sfinteriali ne siano intaccate;

   la Sclerosi laterale amiotrofica colpisce in Italia più di 6 mila persone, con un'incidenza di 2 mila nuovi casi ogni anno (dati EURALS Consortium). La malattia insorge prevalentemente dopo i 50 anni e solo il 5 per cento ha un esordio prima dei 30 anni. Sono colpiti prevalentemente gli uomini, con un rapporto M/F pari a 1,5:1;

   le cause della SLA sono ancora ignote, anche se è ormai riconosciuto che è una malattia multifattoriale, determinata cioè dal concorso di più cause: accanto alle mutazioni genetiche, esistono fattori di tipo tossico-ambientale o di tipo carenziale che possono scatenare la malattia;

   sfortunatamente, la SLA è difficilmente diagnosticabile, specie nello stadio iniziale. La diagnosi richiede diverse indagini mediche, sia mirate alla malattia stessa, sia volte ad escludere altre malattie neuromuscolari, e in ogni paziente la progressione può essere valutata solo attraverso controlli neurologici periodici (ogni 2-3 mesi), poiché non esiste un test o una procedura specifica per stabilire definitivamente la diagnosi di sclerosi laterale amiotrofica con un'accuratezza diagnostica e prognostica elevata. Le difficoltà di avere una diagnosi corretta non sono dovute soltanto a numerosi accertamenti clinico-strumentali e ai tempi per ottenerli che talvolta possono essere lunghi, ma soprattutto alla difficoltà di essere tempestivi nel riconoscere i sintomi d'esordio della malattia, se non particolarmente gravi;

   non conoscere le cause precise della Sclerosi laterale amiotrofica impedisce ai ricercatori di focalizzare i propri sforzi e le proprie ricerche in direzione univoca per individuare una cura specifica contro la malattia. Nonostante questo, la ricerca ha attualmente grande impulso: gli studi sulla genetica stanno rivelando un numero sempre più importante di geni causativi e associati alla SLA; grande impulso hanno ricevuto recentemente i progetti volti all'identificazione dei marcatori diagnostici e prognostici, (dagli «staging systems» ai marcatori sierici e liquorali come i neurofilamenti, o le tecniche di «neuroimaging»). Accanto a tali filoni di ricerca, sono attivi numerosi «trials» terapeutici (sperimentazioni), con farmaci, tecniche innovative e approcci di terapie cellulari;

   durante il 2020, nonostante negli ultimi sei mesi anche il mondo della ricerca sia stato travolto dalla pandemia da Covid-19, la comunità scientifica nazionale e internazionale ha proseguito un importante lavoro di ricerca sulla Sclerosi laterale amiotrofica producendo rapidamente raccomandazioni per la gestione clinica e domiciliare dei pazienti affetti da SLA e pubblicando inoltre numerosi lavori scientifici su temi come la telemedicina e l'impatto della malattia in relazione alla pandemia;

   il 21 giugno, in occasione della Giornata mondiale sulla SLA, è stato avviato il Registro nazionale SLA, un progetto di ricerca unico in Italia, realizzato dall'Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica – il principale ente non profit che finanzia la ricerca sulla SLA in Italia – in collaborazione con l'Associazione del Registro dei pazienti neuromuscolari. Si tratta di una piattaforma informatica web based e patient driven in grado di raccogliere in «schede digitali» le informazioni demografiche e cliniche dei pazienti che in parte sono inserite direttamente dai pazienti o dai loro caregiver e in parte dai medici dei Centri di riferimenti indicati dagli stessi. Il progetto si inserisce a pieno titolo tra le azioni fondamentali dirette a sconfiggere la SLA, contribuendo non solo a censire in modo più preciso le persone colpite in Italia dalla malattia, ma anche ad aumentare la conoscenza della patologia e migliorare la presa in carico dei pazienti. Grazie alla raccolta e al confronto dei dati anagrafici, genetici e clinici, il Registro nazionale SLA rappresenta uno strumento fondamentale per capire i possibili fattori di rischio della malattia e accelerare lo sviluppo di nuovi trattamenti di cura;

   la Carta dei diritti delle persone affette da SLA, redatta dall'International Alliance of Amyotrophic Lateral Sclerosis (ALS)/Motor Neurone Disease (MND), un'organizzazione cui aderiscono da tutto il mondo diverse associazioni di pazienti affetti da queste patologie neurodegenerative, riassume in sette punti i principi rivendicati dai pazienti. In particolare, il diritto di accesso alle migliori cure messe a disposizione dai singoli sistemi sanitari nazionali; il diritto alla corretta informazione che consenta ai pazienti di prendere decisioni consapevoli sulle possibili terapie e il conseguente diritto di scelta di tali percorsi, incluso il diritto di accettare, rifiutare o interrompere la cura nel rispetto delle leggi vigenti; il diritto alla miglior qualità di vita, che comprende la tutela della propria dignità e la cura della persona, senza alcuna discriminazione; il diritto alla partecipazione attiva nei percorsi di ricerca e decisionali finalizzati alla individuazione e alla successiva regolamentazione dei trattamenti destinati ai malati di SLA; il diritto alla tutela della riservatezza dei dati confidenziali e personali e non da ultimo il giusto riconoscimento di quanto è dovuto in termini di assistenza e di supporto ai familiari o caregiver;

   per un malato di SLA e per i suoi familiari sapere di poter contare su una presa in carico globale della propria condizione ispirata ai principi dell'etica, dell'equità e dell'omogeneità sul territorio dei percorsi assistenziali ad esso dedicati è di fondamentale importanza;

   la legge di bilancio 2018 (commi 254-256 della legge n. 205 del 2017) definisce la figura del caregiver familiare e istituisce per la prima volta un fondo per interventi a favore dei caregiver familiari, con una dotazione di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018, 2019 e 2020, dotazione poi incrementata di 5 milioni, per anno, dalla legge di bilancio 2019 (articolo 1, commi 483-484, della legge n. 145 del 2018). Le risorse del Fondo grano originariamente destinate al sostegno «di interventi legislativi per il riconoscimento del valore sociale ed economico dell'attività di cura non professionale del prestatore di cure familiare»; è successivamente intervenuto il decreto-legge n. 86 del 2018 convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2018, n. 97, che, all'articolo 3, ha modificato le modalità di impiego del Fondo su citato, prevedendo che la sua dotazione sia destinata ad interventi in materia, adottati secondo criteri e modalità stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio, ovvero del Ministro delegato per la famiglia e le disabilità, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentita la Conferenza unificata;

   il 16 ottobre 2020 la Conferenza Unificata ha approvato lo schema di decreto di riparto tra tutte le regioni per la cui ufficialità bisognerà comunque attendere la pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale. Secondo quanto è emerso da informazioni preliminari sullo schema di decreto, il Fondo sarà ripartito tra le regioni che decideranno come impiegare le risorse nel rispetto degli obbiettivi o criteri previsti nel decreto stesso;

   con l'attuale legge di bilancio è prevista l'istituzione presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un nuovo Fondo caregiver con una dotazione nel triennio di programmazione 2021-2023 di 30 milioni di euro per ciascun anno volto alla copertura finanziaria di interventi legislativi finalizzati al riconoscimento del valore sociale ed economico delle attività di cura a carattere non professionale del cosiddetto caregiver (prestatore di cure) familiare come definita dall'articolo 1, comma 255, della legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205 del 2017);

   è tuttavia evidente che l'assenza di una legge organica sul caregiver familiare rischia di reiterare sperequazioni regionali già note nell'utilizzazione di risorse destinate alle politiche sociali; si rammenta al riguardo che sono all'esame del Senato – alla 11a Commissione lavoro pubblico e privato, previdenza sociale – diversi disegni di legge finalizzati al riconoscimento e alla tutela del lavoro svolto dal caregiver familiare, che rappresenta un valore sociale ed economico per il Paese;

   il fondo per la non autosufficienza, istituito con la legge finanziaria 2007 (articolo 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006, n. 296) ha raggiunto una dotazione per il triennio 2021-2023 pari a quasi circa 669 milioni l'anno con la finalità di rafforzare i servizi e i progetti di supporto alla domiciliarità per le persone disabili e non autosufficienti;

   il numero dei malati di Sclerosi laterale amiotrofica è significativo ma non sufficiente per produrre risultati attendibili alle iniziative scientifiche in questo campo della neurologia. Per questo motivo diventa fondamentale l'opportunità della cooperazione internazionale nei progetti di ricerca della cura e nel miglioramento del trattamento dei pazienti dopo la diagnosi. I «fronti» sui quali si concentra la ricerca e i cui risultati spesso si incrociano sono la terapia genica, l'utilizzo delle cellule staminali, l'individuazione di «virus vettori» che consentano in un futuro medio-lungo di agire direttamente sul corredo cromosomico della persona. Si tratta di un lavoro difficile, quotidiano, costoso sia in termini di risorse finanziarie che umane, con avanzamenti e arretramenti, che coinvolge centri di tutto il mondo, ma che induce a nutrire aspettative sempre più concrete rispetto a risultati significativi nella lotta per sconfiggere una dopo l'altra le malattie neuromuscolari come la SLA;

   l'abbassamento dell'età di insorgenza della Sla ci deve far porre l'attenzione non solo sui singoli pazienti, ma anche sugli altri membri della famiglia, specie quando si tratta di bambini;

   infatti, il deterioramento delle condizioni fisiche dei genitori può influire sullo sviluppo psicologico dei figli. È utile la valutazione dello stato psicologico dei ragazzi interessati, l'individuazione di possibili soggetti a rischio e l'attivazione di progetti di psicoterapia per aiutarli a superare un momento particolarmente critico della loro vita,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative volte a sostenere, sviluppare ed incrementare ulteriormente l'attività di ricerca pubblica e privata, anche potenziando, per quanto di competenza, la collaborazione con le università e avviando progetti di ricerca innovativi;

2) ad intensificare i rapporti con la comunità scientifica nazionale ed internazionale e ad agevolare l'attività di fund-raising finalizzata al sostegno della ricerca;

3) a favorire, per quanto di competenza, il rafforzamento della cooperazione tra i Centri specializzati nello sviluppo della ricerca per le malattie neuromuscolari, per ottimizzare i tempi per una corretta diagnosi, rendere più tempestiva la cura e il trattamento e migliorare l'aspettativa di vita agli ammalati di SLA;

4) a coinvolgere gli ammalati, i loro familiari e le associazioni che le rappresentano nel percorso di individuazione di protocolli clinici di cura della Sla e delle malattie neuromuscolari;

5) ad adottare iniziative volte ad estendere le linee guida per la gestione clinica e domiciliare dei pazienti affetti da SLA sull'intero territorio nazionale;

6) a predisporre iniziative volte a favorire l'utilizzo e lo sviluppo a livello nazionale del Registro nazionale sulla sclerosi laterale amiotrofica quale mappatura delle persone affette da SLA, al fine di migliorare la ricerca e accelerare lo sviluppo di nuovi trattamenti e di una più efficace presa in cura dei singoli pazienti;

7) a promuovere iniziative volte ad una presa in carico globale dei soggetti affetti da Sla o da altre malattie neuromuscolari e delle loro famiglie sulla base di linee guida multidisciplinari che prevedano la collaborazione di più figure professionali sia ospedaliere che territoriali;

8) ad aggiornare quanto prima il Nomenclatore tariffario degli ausili e delle protesi tenendo conto anche delle osservazioni proposte dalla Commissione XII in data 14 dicembre 2016 in sede di approvazione del parere sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (LEA) di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 anche in considerazione del fatto che l'aggiornamento diventa sempre più necessario se si considerano i progressi della tecnologia e l'apporto che questa può dare per una qualità migliore della vita alle persone malate di Sla o di altre malattie neuromuscolari;

9) a valutare, nel rispetto dei profili di competenza, la possibilità di promuovere iniziative volte ad identificare i requisiti dei pazienti idonei per trial clinici inerenti le malattie neuromuscolari anche con l'utilizzo di farmaci sperimentali;

10) a promuovere studi epidemiologici e di popolazione sulla Sla e sulle altre malattie neuromuscolari;

11) ad adottare iniziative per collocare la figura del caregiver familiare, attualmente definita dall'articolo 1, comma 255, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, nell'ambito di un quadro giuridico di riferimento, valutando la possibilità, insieme alle amministrazioni competenti, di predisporre una disciplina organica che ne tuteli i diritti in maniera piena ed effettiva, sotto il profilo economico, lavorativo e sociale;

12) a valutare, nel rispetto dei vincoli di bilancio, la possibilità di predisporre iniziative idonee volte a garantire una consulenza psicologica specializzata, integrata con le altre figure professionali che hanno in carico il paziente e gratuita per le famiglie con malati Sla e con altre patologie neuromuscolari, in particolare per quelle famiglie dove ci sono figli minori.
(1-00415) «Ianaro, De Filippo, Stumpo, Carnevali, Provenza».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni III e IX,

   premesso che:

    il 19 maggio 1956 venne sottoscritta a Ginevra da parte di 9 Stati la «Convention relative au contrat de transport international de Marchandises par Route (CMR)», ad oggi ratificata da 55 Stati;

    l'Italia ha ratificato la convenzione con la legge 1621 del 6 dicembre 1960;

    la suddetta convenzione si applica anche nei casi in cui la merce è trasportata per mare, per ferrovia, per via navigabile interna e per via aerea, qualora il veicolo sul quale si trova la merce venga trasportato senza che questa sia scaricata, e si concentra essenzialmente su due importanti aspetti quali le responsabilità in capo al mittente e al vettore, e il documento utilizzato durante il trasporto, denominato consignment note o lettere di vettura;

    il consignment note (lettera di vettura), meglio conosciuto come Cmr (Convention de Marchandises par Route), deve essere emesso in almeno 3 esemplari originali, firmati dal mittente e dal vettore, e dove il primo esemplare viene consegnato al mittente, il secondo accompagna la merce (da consegnare al destinatario se lo richiede), mentre il terzo è trattenuto dal vettore. Sono state definite le informazioni che il Cmr dovrà contenere, e oltre al nome e indirizzo del mittente, del vettore e del destinatario, dovrà riportare altre informazioni, quali il luogo e la data di compilazione, il numero dei colli, il peso lordo della merce, le spese relative al trasporto, le istruzioni per le formalità doganali, e le indicazioni che il trasporto è disciplinato dalla convenzione sul Cmr;

    tale documentazione è indispensabile per poter usufruire del regime della non imponibilità dell'Iva per le cessioni di beni effettuate verso Stati membri dell'Unione europea;

    ad oggi, la documentazione richiesta in Italia ai vettori del trasporto merci, come confermato dall'Agenzia delle entrate con risposte a diversi interpelli sul tema, di cui l'ultima fornita in data 8 aprile 2019 è la seguente: fattura di vendita, modelli Intra relativi alle cessioni Unione europea, rimessa bancaria dell'acquirente relativa al pagamento della merce e il documento di trasporto Cmr firmato dal trasportatore per presa in carico della merce e/o dal destinatario per ricevuta;

    è consentito l'utilizzo del cosiddetto documento Cmr elettronico in formato Pdf che, però, per produrre effetti giuridici deve comunque essere materializzato in formato cartaceo;

    in data 20 febbraio 2008 è stato sottoscritto un Protocollo aggiuntivo alla convenzione del 1956 che ha introdotto l'utilizzo del documento Cmr in formato esclusivamente digitale (e-Cmr);

    l'utilizzo dell'e-Cmr non è ad oggi possibile in Italia, poiché l'Italia non ha ancora ratificato il Protocollo addizionale del 20 febbraio 2008;

    la possibilità di utilizzare l'e-Cmr è fortemente richiesta dai soggetti operanti nel settore del trasporto merci in Italia per i molteplici benefici ad essa connessi, tra cui si annoverano, a titolo esemplificativo e non esaustivo: semplificazione amministrativa; implementazione della digitalizzazione; sostenibilità ambientale legata alla riduzione della stampa cartacea dei documenti; ottimizzazione dei flussi finanziari legata all'emissione delle fatture dei servizi di trasporto e del relativo pagamento; accessibilità in tempo reale delle informazioni sul trasporto a favore sia delle imprese, sia degli organi preposti ai controlli; riduzione dei costi di gestione. Sotto quest'ultimo aspetto la Commissione europea ha prodotto stime in base alle quali si prevede che la riduzione degli oneri amministrativi derivanti dall'utilizzo di moduli digitali consentirà agli operatori di risparmiare fino a 27 miliardi di euro nei prossimi 20 anni,

impegnano il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile, anche di carattere normativo, volta a consentire l'utilizzo in Italia del documento e-Cmr in formato totalmente digitale.
(7-00599) «Mulè, Valentini».


   La III Commissione,

   premesso che:

    in seguito al fallito golpe del 2016, il Governo turco ha imputato condotte o attività terroristiche o sovversive ad avvocati, giuristi, accademici, intellettuali, giornalisti, musicisti e artisti in genere, rei di svolgere in maniera indipendente la loro professione o di aver manifestato la loro contrarietà alla politica governativa e solo per questo minacciati, arrestati e condannati a lunghe pene detentive, al termine di processi svolti in violazione dei principi del contraddittorio e del giusto processo, come è stato denunciato da numerosi organismi internazionali;

    sino al febbraio 2020, più di 1.500 legali sono stati indagati, 605 sono stati arrestati e posti in custodia cautelare, e secondo l'ultimo aggiornamento del rapporto di Arrested Lawyers Initiative, finora 441 avvocati sono stati condannati alla pena complessiva di 2.728 anni di reclusione per presunta appartenenza ad un'organizzazione terroristica armata o per aver diffuso propaganda terroristica;

    inoltre, durante il periodo emergenziale, 34 delle 1.412 associazioni di avvocati operanti in 20 diverse province del Paese sono state soppresse definitivamente, ne sono stati confiscati i beni e la gran parte dei loro membri sono stati indagati sulla base delle leggi antiterrorismo;

    è dei giorni scorsi la notizia di ulteriori arresti di massa a Diyarbakir: la polizia ha fatto irruzione nelle case di avvocati e rappresentanti delle organizzazioni della società civile, a cui sono stati confiscati computer, libri e materiali digitali;

    per protestare contro le violazioni del diritto alla, difesa e dei diritti dei detenuti, numerosi avvocati turchi detenuti in ragione della loro attività professionale hanno effettuato un lungo sciopero della fame in forma controllata che, per due di loro – Ebru Timtik ed Aytac Unsal – si è trasformato in «sciopero fino alla morte», fino a quando le autorità turche non avessero liberato tutti gli avvocati e le avvocate e le detenute e i detenuti e fino a quando non avessero garantito il rispetto dello stato di diritto;

    Ebru Timtik, avvocata e attivista per i diritti umani nota per le sue battaglie in difesa delle donne vittime di violenza e soprattutto della minoranza curda, è morta in difesa della giustizia, del diritto alla difesa e della dignità della professione forense, dopo 238 giorni di sciopero della fame, mentre era detenuta, il 27 agosto 2020;

    Ebru ed Aytac erano stati arrestati insieme ad altri colleghi della medesima associazione degli avvocati progressisti nell'ottobre del 2018. A marzo 2019 erano stati condannati rispettivamente a 13 anni e mezzo e 10 anni e mezzo di reclusione. L'accusa era di affiliazione a organizzazione terroristica, nello specifico, il DHKP/C, considerato tale da Turchia, Europa e Stati Uniti. A ottobre 2020, la sentenza è stata confermata in appello e i due avvocati hanno allora avviato lo sciopero della fame, chiedendo di essere sottoposti ad un giusto processo;

    dopo la morte dell'avvocata e attivista e a seguito della mobilitazione internazionale dell'Avvocatura e dell'opinione pubblica, l'avvocato Aytac Unsal è tornato in libertà il 3 settembre 2020 dopo 213 giorni di sciopero della fame a seguito della pronuncia della Corte Suprema, che ha deciso la sua temporanea scarcerazione in attesa che le sue condizioni di salute migliorino sulla base della perizia medico legale che già a fine luglio aveva definito le sue condizioni incompatibili con la detenzione;

    il caso di Ebru Timtik è drammatico ma non è isolato. La sua morte ricorda quella dei tre componenti del Grup Yorum, un complesso musicale noto per i suoi testi di denuncia sociale e le loro critiche al regime di Erdogan. Condannati con lo stesso capo di accusa dell'avvocata, anche loro chiedevano solo di venire giudicati in modo neutrale e con le garanzie previste dalla legge;

    la mobilitazione a sostegno degli avvocati turchi è stata ed è trasversale: l'intera classe forense nazionale è in mobilitazione a supporto dei colleghi turchi almeno dal 2017. Nello specifico, i Giuristi Democratici e l'Osservatorio avvocati minacciati dell'Unione delle Camere Penali, hanno pubblicato tutti i report relativi all'osservazione internazionale ai processi, e numerosi comunicati;

    il Consiglio nazionale forense, con una delibera del 17 gennaio 2020, ha proclamato il 2020 l'Anno dell'avvocato in pericolo nel mondo e denuncia da anni, anche in sinergia con il Consiglio degli ordini forensi europei (Ccbe) e l'Osservatorio degli avvocati in pericolo (Oiad), le violazioni dei diritti umani in Turchia;

    800 avvocati di tutta Europa, e finanche dal Giappone, Stati Uniti e Brasile hanno firmato una petizione rivolta alla Cassazione turca per chiedere l'immediata liberazione dei colleghi;

    anche il Ccbe, organismo di rappresentanza dell'avvocatura dei Paesi del Consiglio d'Europa, è intervenuto più volte pubblicamente sollecitando le autorità turche a consentire ai colleghi cure mediche di fiducia e i diritti che spettano ad ogni detenuto;

    i Relatori Speciali dell'Onu hanno chiesto al Governo turco di intraprendere azioni immediate per rilasciare le persone detenute e condannate in violazione del diritto internazionale;

    i relatori dell'assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa (Pace) hanno espresso la loro preoccupazione per la nuova ondata di arresti di avvocati e per le perquisizioni dei loro uffici;

    anche il Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa è intervenuto affermando che «il sistema giudiziario turco si sta trasformando in uno strumento per zittire avvocati, difensori dei diritti umani e giornalisti, attraverso una negazione sistematica dei principi più basici dello stato di diritto». Per tali ragioni, «le autorità turche devono urgentemente rispettare i principi di equità processuale levando le restrizioni al diritto di difesa introdotte durante lo stato d'emergenza, e garantendo che nessuno sia incarcerato senza processo», condannando quindi l'attitudine crescente del sistema giudiziario turco di considerare gli avvocati colpevoli per associazione con i loro clienti;

    l'Unione europea ha sottolineato l'urgente necessità per le autorità turche di affrontare in modo credibile le preoccupazioni sulla situazione dei diritti umani nel Paese, così come affermato in una nota il portavoce del Servizio per l'azione esterna dell'Unione europea, secondo cui «la Turchia ha urgente bisogno di dimostrare progressi concreti in materia di Stato di diritto e libertà fondamentali»;

    ugualmente, sul piano interno, l'indignazione è stata trasversale e tutte le forze politiche condividono la necessità di una condanna formale e un appello al rispetto dello Stato di diritto;

    insieme a tali censure da parte degli organismi internazionali ed ai moniti espressi dal Presidente della Corte europea dei diritti dell'uomo, Robert Ragnar Spano, durante la sua visita istituzionale in Turchia, sono proseguite le operazioni antiterrorismo e gli arresti di avvocati ad Ankara ed in 7 altre province;

    tutto ciò premesso, si esprime la piena solidarietà nei confronti di chi lotta quotidianamente per il rispetto delle libertà democratiche e per il diritto ad un processo giusto ed imparziale, nonché preoccupazione per la tenuta dello Stato democratico ed il rispetto dei diritti umani in Turchia,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative di competenza per monitorare costantemente la situazione in Turchia in merito ad arresti da considerarsi arbitrari di avvocati, giuristi, professori, giudici, giornalisti, musicisti, politici e quanti siano ingiustamente detenuti e affinché sia garantito loro il diritto alla salute e ad un giusto processo, oltre che il rispetto dei diritti fondamentali;

   ad attivare la rappresentanza diplomatica italiana in Turchia affinché verifichi, in raccordo con gli altri partner europei e con la Delegazione dell'Unione europea, le condizioni detentive e di salute di quanti si ha motivo di credere che si trovino ingiustamente in stato di arresto o detenzione;

   ad invitare le autorità turche, congiuntamente con i partner europei, ad acconsentire all'ingresso nel Paese degli osservatori internazionali, anche revocando l'eventuale divieto di ingresso stabilito nei confronti di giornalisti ed avvocati in ragione del mero esercizio della loro attività professionale, garantendo loro la dovuta sicurezza;

   ad attivarsi presso l'Unione europea ed il Consiglio d'Europa affinché tali istituzioni:

    esortino la Turchia a favorire la distensione del clima politico e chiedano al Governo turco di osservare gli impegni assunti con la sottoscrizione dei trattati internazionali, per il rispetto dei principi dello Stato di diritto dell'indipendenza della giurisdizione e del diritto di difesa in un giusto processo;

    esortino la Turchia a dare esecuzione alle sentenze della Corte europea dei diritti umani, avuto riguardo in particolare a quelle relative al rispetto delle condizioni detentive ed all'ingiusta detenzione.
(7-00597) «Suriano, Perantoni, Quartapelle Procopio, Migliore, Palazzotto».


   La IV Commissione,

   premesso che:

    durante l'iter di approvazione del disegno di legge di bilancio pluriennale 2021, il Governo ha espresso parere favorevole sull'ordine del giorno presentato dal Gruppo parlamentare Lega-Salvini Premier – 9/2790-bis-AR/192 – che impegna l'attuale Esecutivo a valutare l'opportunità di adottare iniziative di carattere normativo, volte ad elevare il numero di ore di straordinario a favore del personale delle Forze armate impiegato nel contingente del dispositivo di sicurezza denominato «Strade Sicure», impegnato nell'attività di contrasto dell'emergenza epidemiologica da Covid-19;

    il dispositivo di sicurezza «Strade sicure» impegna un contingente di militari piuttosto numeroso e ampiamente utilizzato per le più disparate esigenze nell'assicurare controllo e fornire aiuto alla popolazione, tanto più in riferimento al periodo pandemico;

    il contingente è stato dispiegato a fini di contenimento della pandemia anche durante le festività natalizie e lo sarà per almeno tutto il mese di gennaio 2021;

    lo stato di emergenza epidemiologica da Covid-19 è stato, da ultimo, prorogato, fino al 31 gennaio 2021, con deliberazione del Consiglio dei ministri del 7 ottobre 2020;

    con il susseguirsi dei decreti-legge emanati per fronteggiare la pandemia, sono state di volta in volta prorogate le misure di contenimento dell'epidemia previste dall'articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 19 del 2020 e dall'articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 33 del 2020, nonché le misure previste dall'articolo 1, comma 3, del decreto-legge n. 83 del 2020, dettando ulteriori interventi per fronteggiare l'emergenza e garantire la continuità operativa del sistema di allerta Covid, permettendo, ogni volta, la corresponsione delle 40 ore di straordinario mensile a pagamento al personale militare impiegato nel contingente «Strade Sicure»;

    la Commissione difesa ha approvato, in sede consultiva, in relazione al decreto-legge n. 125 del 2020 un parere che impegnava il Governo, tramite una osservazione, a valutare l'opportunità di elevare, auspicabilmente fino a 70 ore, il numero di ore di straordinario a favore del personale delle Forze Armate impiegato nell'ambito del dispositivo di ordine pubblico «Strade sicure»;

    inoltre, in occasione della conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 ottobre 2020, n. 125, recante misure urgenti connesse con la proroga della dichiarazione dello stato di emergenza epidemiologica da Covid-19 e per la continuità operativa del sistema di allerta Covid, nonché per l'attuazione della direttiva (UE) 2020/739 del 3 giugno 2020, è stato presentato un ordine del giorno – che tuttavia non è stato accolto dal Governo – il n. 9/2779/36 Ferrari, con cui si chiedeva al Governo di impegnarsi a valutare l'opportunità di adottare iniziative di carattere normativo, volte ad elevare il numero di ore di straordinario a favore del personale delle Forze armate impiegato nell'attività di contrasto dell'emergenza epidemiologica da Covid-19;

    il contingente militare impiegato è infatti stato autorizzato a percepire al massimo 40 ore di straordinario mensile, ma solo in questo periodo di pandemia, mentre, come emerso dagli esiti delle numerose audizioni svolte dalla Commissione difesa della Camera, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul contingente militare di «Strade sicure», il monte ore di straordinari pagati al personale militare che ne fa parte, dovrebbe convergere fino ad arrivare ad un massimo di 70 ore mensili a regime, con valori e livelli paritetici a quelli delle altre forze di polizia,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative, anche a carattere normativo, per elevare, a regime, fino a 70 ore mensili pagate, il monte ore di straordinario a disposizione del personale delle Forze Armate impiegato nell'ambito del dispositivo di ordine pubblico «Strade sicure», al fine di parificare il trattamento economico dei militari impiegati nel contingente con i valori e livelli del personale ivi impiegato appartenente alle forze di polizia, oltre che al fine di porre una garanzia per sostenere l'impegno per la prosecuzione, in relazione agli accresciuti impegni causati dall'emergenza epidemiologica, dello svolgimento dei maggiori compiti connessi al contenimento della diffusione del Covid-19.
(7-00598) «Ferrari».


   La XII Commissione,

   premesso che:

    la morte cardiaca improvvisa (Mci), secondo la Società europea di cardiologia, è «una morte naturale dovuta a cause cardiache, preceduta dalla rapida perdita di coscienza, entro un'ora dall'insorgere della sintomatologia acuta, in soggetti con o senza cardiopatia nota preesistente, ma per i quali tempi e modalità del decesso sono inaspettati»;

    la Mci è la causa prevalente di morte improvvisa nei bambini, negli adolescenti e nei giovani adulti (fino ai 40 anni). È un evento raro ma drammatico, che si verifica spesso in soggetti apparentemente sani, prima manifestazione di una patologia sottostante fino ad allora ignorata;

    la Mci giovanile è un evento relativamente raro, intervenendo in solo l'1-2 per cento di tutte le morti cardiache. L'Istat riporta che i decessi per arresto cardiaco in Italia dal 2003 al 2017 nella fascia di età 0-39 anni siano stati 157; tuttavia questa risulta oggi essere una stima molto inaccurata del fenomeno, per i motivi anche di seguito discussi;

    si tratta di un fenomeno di una certa rilevanza sociale, sicché insorge in persone apparentemente sane e financo in atleti. Le sue caratteristiche principali sono legate alla genesi non traumatica e all'immediatezza della precipitazione degli eventi, che sono da ascriversi ad aritmie cardiache maggiori, che producono, in ultima analisi, l'arresto cardiaco e cardiocircolatorio;

    le principali cause di morte cardiaca improvvisa nei giovani sono: cardiomiopatie (12-52 per cento), miocarditi (3-12 per cento), malattie valvolari (1-11 per cento), malattia aterosclerotica coronarica precoce (2-25 per cento), anomalie delle coronarie (2-19 per cento), dissezione/anomalie dell'aorta (2-5 per cento) e altre cause strutturali (8-14 per cento);

    in una elevata percentuale di casi il cuore è strutturalmente normale, suggerendo che l'eziologia sia una sindrome aritmica su base genetica (i.e. la sindrome di Brugada, la sindrome del QT lungo e del QT corto, la catecolaminergica da sforzo, e altro). Nello specifico, in casistiche relative alla morte improvvisa giovanile è riportata una prevalenza di morte improvvisa sine materia variabile dal 3 fino anche al 40-50 per cento;

    rientrano nella casistica di Mci giovanile tutti i soggetti di età inferiore ai 40 anni circa, apparentemente sani (anamnesi patologica prossima e remota rigorosamente muta), deceduti improvvisamente entro un'ora dall'insorgenza dei sintomi (oppure entro 24 ore se il decesso non è testimoniato) in assenza di recente e pregressa dipendenza da droghe, alcool o psicofarmaci;

    lo screening elettrocardiografico neonatale si è dimostrato uno strumento utile nella diagnosi e prevenzione di alcune cardiopatie silenti a rischio di morte improvvisa;

    nel nostro Paese vige l'obbligatorietà del riscontro diagnostico nella morte improvvisa del lattante e del feto;

    la corretta identificazione delle cause della Mci giovanile è possibile solo attraverso un accurato esame post-mortem; tale esame di secondo livello è eseguito presso centri di riferimento ed è necessario per la prevenzione nei parenti di 1° grado; l'attuazione di un percorso di diagnosi post-mortem esaustivo permetterebbe di identificare eventuali patologie ereditarie e di attuare sui familiari viventi specifiche strategie diagnostiche-terapeutiche,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative affinché diventi obbligatoria l'autopsia per tutte le morti cardiache improvvise (Mci) giovanili;

   a sviluppare le iniziative di competenza per l'individuazione e la creazione di gruppi di lavoro multidisciplinari per l'implementazione del test genetico post-mortem come strumento fondamentale per la diagnosi certa delle cause di Mci giovanile nonché come dispositivo di screening e prevenzione del rischio nei familiari;

   a sostenere iniziative mediche e scientifiche per l'individuazione di una proposta di protocollo autoptico condiviso da una rete costituita da centri periferici con esperienza specifica («spoke») collegati con centri di riferimento nazionale («hub»);

   a promuovere tutte le iniziative di competenza per l'istituzione di un protocollo sanitario che preveda la costituzione di un team multidisciplinare con specifiche competenze cardiologiche e di anatomia patologica/patologia forense, nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, al fine di porre in essere un adeguato percorso di diagnosi post-mortem in caso di Mci giovanile;

   a promuovere, in collaborazione con l'Istituto superiore di sanità, l'istituzione di un Osservatorio epidemiologico, un Registro nazionale fondato sulla rete hub-spoke delle Mci giovanili, un tavolo di esperti per le iniziative di percorsi (Pdta) di formazione, d'informazione, di prevenzione;

   ad adottare iniziative per prevedere che tali esami post-mortem per la persona deceduta e per i suoi familiari siano sostenuti dal Servizio sanitario nazionale, sentita la Conferenza Stato-regioni, per potenziare le misure di prevenzione sanitaria per tutti i cittadini italiani.
(7-00596) «Sarli, Del Sesto, Martinciglio, D'Arrando, Zolezzi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   BRAGA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   le abbondanti nevicate iniziate nella notte del 31 dicembre 2020 e protrattesi fino al mattino del 2 gennaio 2021 hanno provocato gravissimi danni in Toscana, in particolare nei quindici comuni della Garfagnana e nei 5 comuni della Media Valle del Serchio in provincia di Lucca, nonché a quelli dell'Appennino pistoiese, a partire dal comune dell'Abetone; l'emergenza si è protratta anche nei giorni successivi a causa delle condizioni atmosferiche negative;

   le avverse condizioni meteorologiche hanno compromesso per molte ore la viabilità comunale, provinciale e statale, isolando intere comunità nei borghi posti al di sopra delle quote di 500 metri sul livello del mare e provocando la chiusura del transito ai passi appenninici e nella viabilità del Parco dell'Appennino Tosco-emiliano, versante toscano;

   il danno peggiore è quello che ha interessato la rete di distribuzione elettrica in larga parte della Garfagnana, pesantemente colpita dalla neve e dalla caduta degli alberi, privando della fornitura di energia interi paesi per periodi di 36/48 ore; i disagi provocati soprattutto alle famiglie con anziani, ammalati e disabili sono stati molto pesanti; significativi e gravi sono stati anche i disservizi ai servizi di telefonia mobile e fissa, oltre che alla connessione internet, fondamentale per l'operatività di enti pubblici e imprese private;

   a seguito delle abbondanti nevicate e delle quantità eccezionali di pioggia che le avevano precedute (il mese di dicembre del 2020 è stato il più piovoso degli ultimi 50 anni) si stanno manifestando in particolare nel territorio delle Garfagnana fenomeni di dissesto, smottamenti e aggravamenti di frane già note nelle aree interessate dal maltempo. Il reticolo delle acque superficiali, i fiumi minori e quelli principali sono al limite dell'equilibrio e si temono effetti negativi sulla tenuta del territorio già compromesso e ad alto rischio idraulico e idrogeologico;

   come è noto il territorio della Garfagnana assomma purtroppo a questi aspetti di fragilità idrogeologiche anche un alto grado di rischio sismico; proprio nel 2020 si è celebrato il centenario del sisma distruttivo che colpì la Garfagnana e la Lunigiana;

   i comuni della Garfagnana Lunigiana e dell'Alto Appennino Pistoiese interessati dal maltempo delle ultime settimane rientrano nella Strategia nazionale delle Aree interne; per le loro caratteristiche di comuni montani, periferici ed ultraperiferici richiedono misure adeguate e progetti di sviluppo che investano in particolare sulla cura e manutenzione del territorio, che valorizzino le risorse umane, le qualità ambientali e il patrimonio eccezionale di biodiversità e garantiscano servizi pubblici efficienti e funzionali alle loro peculiari caratteristiche;

   la regione Toscana, dopo gli immediati interventi del sistema della protezione civile regionale, ha provveduto a convocare l'Unità di crisi e ha comunicato la richiesta dello stato di emergenza nazionale per i forti danni causati dal maltempo –:

   se il Governo intenda procedere al riconoscimento dello stato di emergenza per i comuni della Garfagnana, della Media Valle del Serchio e dell'Alto Appennino Pistoiese pesantemente colpiti dagli eventi atmosferici delle scorse settimane, in particolare dalle forti nevicate iniziate nella notte del 31 dicembre 2020 e protrattesi fino al mattino del 2 gennaio 2021;

   se si intenda provvedere all'individuazione e allo stanziamento di risorse, anche nell'ambito delle risorse provenienti dal fondo di coesione per il ciclo 2021-2027, finalizzate alla prevenzione e alla messa in sicurezza del territorio rispetto all'impatto di eventi meteorologici estremi, alla manutenzione ordinaria della viabilità locale, dei boschi e dei versanti, nonché alla ridefinizione di servizi adeguati alle esigenze delle comunità locali, da erogare con continuità pluriennale e con procedure rapide di trasferimento ai comuni ricadenti nella Strategia nazionale delle Aree Interne.
(4-07959)


   MONTARULI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   è iniziata la campagna vaccinale contro il Covid-19;

   le forniture di siringhe e aghi propedeutiche alla campagna di cui sopra sarebbe a cura della struttura commissariale diretta da Domenico Arcuri;

   secondo quanto riportato da alcuni organi di stampa alcune regioni, tra cui Piemonte e Lombardia, avrebbero ricevuto una fornitura parzialmente errata, ovvero con siringhe non idonee a inoculare il vaccino;

   le regioni sono dovute dunque ricorrere alle proprie scorte o reperire nuove forniture in maniera autonoma –:

   se quanto sopra denunciato corrisponda al vero e quali siano i dettagli dei numeri delle forniture distribuite alle regioni in relazione rispettivamente sia alle dotazioni usufruibili, sia a quelle rivelatesi invece inidonee alla campagna vaccini;

   quali urgenti iniziative si intendano adottare per impedire nuovi ed ulteriori errori nelle forniture promesse dalla struttura commissariale verso le regioni e in che modo si intenda riparare il danno da queste registrato.
(4-07962)


   CENTEMERO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per le politiche giovanili e lo sport. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 16, comma 5-quater, del decreto legislativo del 14 settembre 2015, n. 147, inserito dall'articolo 5, comma 1, lettera d), del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, prevede l'applicazione del regime speciale per i lavoratori impatriati anche agli sportivi professionisti, i quali possono aderirvi su opzione mediante il versamento di un contributo pari allo 0,5 per cento della base imponibile;

   è indubbio, quindi, che tale disposizione risulta pienamente in vigore e da subito produttiva di effetti giuridici; soltanto la definizione dei criteri e delle modalità di attuazione del versamento del predetto contributo è rimessa ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dell'autorità di Governo delegata per lo sport e di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;

   tuttavia, con circolare del 28 dicembre 2020, n. 33, l'Agenzia delle entrate ha ritenuto che ai richiamati soggetti non possa essere riconosciuto tale regime agevolato, finché non sarà adottato il suddetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, ad oggi non ancora emanato;

   si evidenzia che la suddetta disapplicazione delle agevolazioni per gli sportivi professionisti impatriati – operata, peraltro, in via meramente interpretativa – contrasta, ad avviso dell'interrogante, con la norma cogente di rango primario, votata dal Parlamento, determinando una lesione del principio generale di certezza del diritto ed una grave ed ingiustificata compromissione dei rapporti giuridici in corso –:

   come intendano risolvere tempestivamente la problematica esposta in premessa, al fine di assicurare certezza in merito al riconoscimento di tale regime agevolato ai lavoratori che operano nel settore dello sport professionistico.
(4-07965)


   CUNIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   si richiama quanto già esposto nella precedente interrogazione parlamentare n. 4-07827 in merito all'utilizzo dei vaccini pluridose e al fatto che tutte le autorità competenti in materia, Ministeri, Istituto superiore di sanità e Aifa, erano al corrente della maggiore pericolosità dei pluridose, data la pubblicità dei lavori e dei risultati della commissione;

   il rischio relativo ai vaccini pluridose risiede nel fatto che i componenti più pesanti e pericolosi, disciolti in soluzione, tendono a depositarsi sul fondo della boccetta se non adeguatamente agitati, e raccolti nell'ultima dose iniettata;

   il vaccino attualmente in somministrazione Pfizer è dichiarato essere un pluridose;

   come avverte il Cdc americano nelle indicazioni su come preparare il vaccino prima dell'iniezione («how to prepare the vaccine», punto 4 e 10), nonché le indicazioni del foglietto illustrativo, il vaccino non può venire agitato;

   nella circolare dell'Aeronautica militare comando logistico, servizio sanitario, n. M_D ARM003-REG2020-0138864-28-12-2020 avente ad oggetto: «Emergenza epidemica CORONAVIRUS COVID-19.» si legge che: «L'eventuale rifiuto del militare di sottoporsi ad una vaccinazione “indispensabile”, ai sensi dell'art. 206-bis, comma 1 del COM, dovrà essere annotato e controfirmato sulla scheda vaccinale e notificato al Comandante di Corpo per i provvedimenti di Competenza (paragrafi 5.5 e 5.6. Direttiva tecnica IGESAN)»;

   la citata direttiva non rimanda ad un tassativo elenco di provvedimenti che possono essere disposti al militare dal Comandante di Corpo, lasciando indeterminata la disposizione;

   i provvedimenti consequenziali plausibili sono le sanzioni previste per la diserzione, rivolta, ammutinamento, procurata infermità o di abbandono di posto. In nessuna di queste fattispecie ricade la non vaccinazione, in quanto le obiezioni possono venire ricondotte a motivi ostativi previsti all'articolo 206-bis, comma 3, del codice dell'ordinamento militare e non ad una disobbedienza ad un ordine;

   il potere di cui all'articolo 206-bis, comma 1, deve essere necessariamente controbilanciato da valutazioni rischio-beneficio, auspicabilmente pubbliche, col decreto di cui al comma 2, al fine di rispettare la previsione costituzionale laddove «La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana» (articolo 32, secondo comma);

   leggendo il modulo di consenso informato per la vaccinazione con il vaccino Pfizer, allegato alla circolare n. 0042164-24/12/2020-DGPRE-DGPRE-P, al punto 10 delle note informative si riporta che: «Non è possibile al momento prevedere danni a lunga distanza»;

   la Commissione uranio e vaccini della passata legislatura ha appurato la correlazione statisticamente significativa tra le malattie occorse ai militari, nel lungo periodo, e la profilassi vaccinale, confermata anche dall'articolo scientifico: «Incidenza di tumori maligni (1996-2012) in giovani militari italiani inviati in missione all'estero. Analisi preliminare dei dati della Commissione parlamentare di inchiesta su uranio impoverito e vaccini (CUC)»;

   ciò, unitamente a quanto già evidenziato nella interrogazione n. 4-07842, costituisce documentato motivo sanitario di carattere generale ma valido per ogni essere umano, rientrante nelle specifiche di cui all'articolo 206-bis sopra richiamato;

   la Corte costituzionale, con la sentenza 120 del 2018, ha riconosciuto il diritto costituzionale di associazione sindacale, oggi ancora non regolamentato dalla legge, anche per i militari;

   la responsabilità penale del medico competente, che ha un ruolo attivo nel monitoraggio della profilassi vaccinale prevista dalla predetta circolare, in collaborazione con il datore di lavoro, è prevista dal combinato disposto degli articoli 25 comma 1, lettera a), e 58, comma 1), lettera e), del decreto legislativo n. 81 del 2008 –:

   se il Governo intenda coinvolgere le sigle sindacali oggi registrate presso il Ministero della difesa, nonché i medici competenti designati, al fine di determinare, in un confronto democratico, delle linee guida specifiche che tengano conto della possibilità per il militare di negare il consenso senza subire provvedimenti sanzionatori, prima dell'avvio della profilassi.
(4-07972)


   ZIELLO, GRIMOLDI, CAPITANIO, BOLDI, DE MARTINI, FOSCOLO, LAZZARINI, LOCATELLI, PANIZZUT, PAOLIN, SUTTO e TIRAMANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   regioni, strutture e personale sanitario, già duramente sotto pressione per le ragioni che conosciamo, hanno dovuto rimediare all'ennesima inadempienza del Commissario straordinario Domenico Arcuri, relativa questa volta alle siringhe fornite per la somministrazione del vaccino anti Covid-19 della Pfizer BioNTech;

   secondo le segnalazioni, le siringhe recapitate dalla struttura commissariale sarebbero «inadeguate» ai fini della vaccinazione in quanto avrebbero in dotazione aghi inadatti, possiederebbero una capienza superiore (5 ml) a quella indicata e, inoltre, sarebbero prive di una scala millimetrica tarata sulle quantità minime necessarie per la diluizione, l'estrazione e l'inoculazione del siero in esame (0,3 ml a persona);

   nella sola regione Toscana, a quanto consta, le falle nella fornitura di siringhe avrebbero potuto determinare uno spreco quantificabile nell'ordine delle 6 mila dosi di vaccino, impedendo l'estrazione del numero esatto di dosi dalla relativa fiala, ed è soltanto grazie al lavoro di precisione e all'infinita pazienza degli operatori deputati alla somministrazione che si è riusciti a ridurre, almeno in parte, gli sprechi stessi;

   il medesimo, grave, problema si è verificato nella regione Lombardia nella quale il numero delle siringhe «sbagliate» inviate dal Commissario ha toccato quota 46 mila unità, costringendo di conseguenza le strutture interessate ad utilizzare direttamente in sostituzione le proprie scorte di materiale sanitario, in modo da scongiurare sprechi e garantire contemporaneamente la sicurezza dei soggetti sottoposti alla vaccinazione;

   la questione relativa alle siringhe in esame aveva già fatto discutere nel mese di novembre 2020, allorquando numerosi articoli di stampa avevano dato conto dei ritardi accumulati dal Commissario straordinario nell'indizione della relativa procedura di approvvigionamento (al riguardo, si richiama l'interrogazione 4-07588, tuttora priva di riscontro);

   successivamente, sono state sollevate perplessità, da più parti, con riferimento alla tipologia di siringhe acquistate dal Commissario straordinario nell'ambito del predetto bando e della loro difficile reperibilità sul mercato;

   il Commissario straordinario aveva respinto le critiche al mittente, annunciando trionfalmente, nell'ambito di una conferenza stampa tenutasi in data 10 dicembre 2020, di avere reperito uno stock di siringhe addirittura «dieci volte superiore alle necessità»;

   anche questa volta, tuttavia, le rassicurazioni del Commissario hanno trovato smentita oggettiva sul piano fattuale, a fronte delle gravissime denunce e segnalazioni di cui si è dato conto poc'anzi:

   dopo le mascherine, i dispositivi di protezione individuale, le terapie intensive, i tamponi, i piani Covid e i banchi a rotelle (ma l'elenco potrebbe continuare), il «Commissario omnibus» ha quindi accumulato l'ennesimo fallimento, relativo questa volta alle siringhe, indispensabili, per la somministrazione del vaccino anti Covid-19 –:

   se il Governo non ritenga di adottare iniziative per rimuovere il Commissario straordinario Domenico Arcuri dall'incarico di responsabile dell'acquisto e della distribuzione dei vaccini anti Covid-19, alla luce delle criticità esposte in premessa;

   in quali tempi e modi sarà possibile risolvere i problemi relativi alla fornitura di siringhe e in quale misura gli stessi impatteranno sulla tabella di marcia del piano vaccinazione.
(4-07983)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta orale:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la Cina ha impedito di entrare nel Paese al team internazionale di ispettori dell'organizzazione mondiale della sanità (Oms) incaricati di indagare e capire come si è originato il virus Sars-CoV-2 che ha messo in ginocchio il Mondo intero da ormai un anno;

   la decisione è arrivata all'ultimo minuto, quando i dieci scienziati delle Nazioni Unite avevano già lasciato i propri Paesi per dirigersi verso Wuhan, la città cinese ad oggi identificata come luogo di origine del nuovo virus;

   l'ispezione condotta da un'autorità indipendente internazionale era stata ampiamente concordata;

   il direttore generale dell'Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus, generalmente molto amichevole ed incline ai desiderata di Pechino, ha spiegato, in conferenza stampa, che le autorità cinesi lo hanno avvisato che i permessi necessari all'ingresso nel Paese non erano stati approvati;

   le motivazioni di questo rifiuto del visto d'ingresso, ad oggi, non sono chiare, ma è evidentemente chiaro come questo rifiuto costituisca un grave colpo alla trasparenza e alla giustizia, un'azione che mortifica i circa due milioni di morti accertati a causa della pandemia originatasi proprio in Cina;

   una portavoce del Governo cinese ha minimizzato, spiegando che il team deve «sottoporsi alle procedure necessarie» e ha parlato di «discussioni in corso» con l'Oms. Il tutto lascia intuire che, alla base del divieto d'ingresso, vi siano motivazioni più profonde o, nella peggiore delle ipotesi, secondo l'interrogante, che la reticenza sia dovuta alla volontà di nascondere qualcosa;

   fin dall'inizio della pandemia il dibattito sulle origini del virus ha reso Pechino ostile a interferenze esterne. Già a luglio 2020 Wuhan ha chiuso le porte in faccia a due tecnici dell'Oms arrivati per una missione esplorativa. Molto dopo, l'Oms è riuscita ad ottenere da Pechino l'autorizzazione a visitare la città da dove tutto è iniziato, ma a condizione che fossero i cinesi a condurre le prime ricerche sul campo. A dicembre 2020 l'Oms ha annunciato che l'indagine sarebbe partita a gennaio 2021 ma, come si vede, è ancora in alto mare. Dopo l'atterraggio sul suolo cinese, il team si dovrà comunque sottoporre a due settimane di quarantena, ritardando ulteriormente l'inizio della missione;

   nel frattempo la Cina continua la sua campagna di disinformazione sulle origini del virus, cercando di sfruttare le incertezze scientifiche per accreditare l'ipotesi secondo cui il patogeno potrebbe essere arrivato a Wuhan dall'estero, tra cui dall'Italia –:

   se il Governo intenda adottare iniziative di competenza per protestare contro il Governo Cinese al fine di sollecitare l'ingresso immediato degli ispettori dell'Oms in Cina per condurre un'ispezione indipendente sulle cause che hanno portato allo scoppio della pandemia da Coronavirus.
(3-02001)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nella mattinata del 6 gennaio 2021, 53 attivisti del fronte democratico sono stati arrestati a Hong Kong con l'accusa di sovversione dei poteri dello Stato, in base all'articolo 22 della legge sulla sicurezza nazionale;

   l'accusa è quella di aver «organizzato e partecipato» a un voto non ufficiale, tenutosi l'11 e 12 luglio 2020, in cui, tramite primarie, erano stati scelti i candidati dell'opposizione alle elezioni legislative successivamente annullate;

   gli arresti sono avvenuti in seguito ad una serie di raid, iniziati la mattina presto, che hanno mobilitato un migliaio di agenti di polizia. Si tratta del più grande giro di vite attuato finora in base alla legge sulla sicurezza nazionale imposta da Pechino il 30 giugno 2020;

   in una conferenza stampa, la portavoce del Ministero degli esteri Hua Chunying ha dichiarato che la maxi retata è stata una misura necessaria per fronteggiare «alcune forze esterne e di individui in collusione tra loro nel tentativo di danneggiare la stabilità e la sicurezza della Cina»;

   il Partito democratico di Hong Kong ha affermato che, già in precedenza, la polizia aveva arrestato alcune persone per aver preso parte alle primarie del luglio 2020, alle quali si erano presentati oltre 610.000 elettori, superando le 170.000 presenze previste dagli organizzatori;

   tra gli individui arrestati ci sono ex legislatori e consiglieri distrettuali, oltre a studenti attivisti, per la maggior parte organizzatori delle marce di massa del 2020 contro il disegno di legge sull'estradizione;

   Hong Kong fa ufficialmente parte della Cina dal 1° luglio 1997, quando fu ultimato il passaggio della sua sovranità dal Regno Unito al Governo di Pechino, secondo una serie di condizioni stabilite nella Dichiarazione congiunta sino-inglese, siglata il 19 dicembre 1984 e registrata come un trattato dall'Onu. In base a tale documento, le relazioni di Hong Kong con il Governo centrale sono state regolate dal modello «un Paese, due sistemi», volto a garantire un certo grado di indipendenza all'isola, caratterizzata da un modello economico, politico e sociale molto distante dal comunismo cinese;

   tale modello di gestione sarebbe dovuto restare in vigore fino al 2047, ma per molti analisti la legge sulla sicurezza nazionale avrebbe già eroso le libertà previste per Hong Kong;

   ad Hong Kong gli arresti di attivisti e le condanne sono frequenti. Il 2 dicembre 2020, tre ex-membri dell'organizzazione Demosisto, sciolta il 30 giugno 2020, sono stati giudicati colpevoli da un tribunale di Hong Kong. I tre attivisti sono Hua Zhifeng, noto come Joshua Wong, Zhou Ting, anche conosciuta come Agnes Chow, e Lin Langyan, chiamato Ivan Lam. I giovani dovranno scontare pene che potranno prevedere dai 7 ai 13 mesi di carcere per aver incitato, organizzato e partecipato alle proteste non autorizzate del 21 giugno 2019;

   l'8 dicembre 2020, la polizia di Hong Kong ha arrestato altri 8 attivisti che avevano partecipato ad una protesta antigovernativa il 1° luglio 2020. La mossa era arrivata il giorno dopo che altre otto persone erano state arrestate, di cui tre con l'accusa di aver violato la legge sulla sicurezza nazionale, durante una manifestazione in un campus universitario –:

   se il Governo intenda adottare iniziative di competenza per protestare nei confronti delle autorità cinesi, richiamandole al rispetto dei diritti umani e al rispetto delle libertà previste dalla dichiarazione sino-inglese registrata all'Onu.
(5-05248)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   la Sogin, la società pubblica di gestione del nucleare, a seguito del nullaosta del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il 5 gennaio 2021, ha pubblicato sul sito web www.depositonazionale.it la documentazione non completa, tenuta dal 2015 sotto riservatezza assoluta, della Cnapi, la Carta nazionale delle 67 aree più idonee, nelle quali potrà essere costruito il deposito per lo stoccaggio nazionale del rifiuti radioattivi;

   con questa pubblicazione, attesa da anni per responsabilità dei Governi che si sono succeduti, si va verso la realizzazione del deposito dei rifiuti radioattivi che permetterà di conservare in via definitiva i rifiuti radioattivi italiani di bassa e media attività;

   l'elenco dei siti potenzialmente idonei era pronto dal 2015 ed i Governi Renzi, Gentiloni e Conte, a giudizio degli interpellanti, hanno perso anni di tempo prezioso per far partire la procedura per scegliere il luogo dove costruire il deposito nazionale nucleare;

   la pubblicazione della Cnapi, di fatto, dà l'avvio alla fase di consultazione dei documenti per la durata di due mesi, all'esito della quale si terrà, nell'arco dei quattro mesi successivi, il seminario nazionale;

   in base alle osservazioni e alla discussione nel seminario nazionale, Sogin aggiornerà quindi la Cnapi, che verrà nuovamente sottoposta ai pareri del Ministero dello sviluppo economico, dell'ente di controllo Isin, del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. In base a questi pareri, il Ministero dello sviluppo economico convaliderà quindi la versione definitiva della carta, ovvero la Cnai, la carta nazionale delle aree idonee;

   le 67 aree potenzialmente idonee, sono situate nelle regioni Piemonte, Toscana, Lazio, Puglia, Basilicata, Sardegna e Sicilia, e sono state individuate senza alcuna comunicazione e coinvolgimento delle amministrazioni locali interessate che hanno appreso tutto dalla stampa nazionale;

   il suddetto metodo di comunicazione produrrà nel futuro nei possibili 67 siti, difficoltà e complicazioni di carattere amministrativo e soprattutto di valorizzazione agricola e industriale/artigianale delle aree interessate. Fino alla data di scelta del sito più idoneo, tutti i 67 siti vivranno nell'oblio più completo, con perdite e dislocazione di attività produttive. Quindi, tale metodo ha condizionato e condizionerà queste località con danni che ad oggi non sono calcolabili;

   tra le sette regioni, una di quelle dove sono stati individuati il maggior numero di siti per il deposito nazionale delle scorie nucleari, è il Piemonte, che conta 8 siti di cui 7 definiti «molto buoni – A1» e 1 definito «buono – A2»: due in provincia di Torino e sei in provincia di Alessandria;

   si ricorda che il Piemonte, già oggi, ha sul suo territorio il deposito nazionale (quasi l'80 per cento) dei rifiuti nucleari, peraltro in una localizzazione molto precaria dal punto di vista idrogeologico e vicina ai pozzi dell'Acquedotto del Monferrato (che «serve» 107 comuni tra le province di Alessandria, Asti e Torino). È attualmente, quindi, la regione depositaria del maggior numero di scorie radioattive. In particolare, il maggior quantitativo di rifiuti radioattivi è costituito dai rifiuti liquidi ad alta attività stoccati presso l'impianto Eurex di Saluggia, in parte ancora da condizionare (vetrificare). Il combustibile nucleare irraggiato ancora in Piemonte è stoccato invece nel deposito Avogadro, sempre a Saluggia, e sempre in una zona a forte rischio di esondazioni per la vicinanza della Dora Baltea. Una situazione precaria e pericolosa che dura da anni, e simile, seppur in misura maggiore, a quelle tante strutture (circa 20) in cui si producono e/o si stoccano rifiuti radioattivi sul territorio nazionale, a cui solo il deposito nazionale può finalmente porre rimedio. Inoltre è da tenere conto che il nuovo deposito nazionale avrà funzione di deposito e non di trattamento, per cui oggi si hanno notevoli scorie radioattive ad alto livello di radioattività presso i depositi temporanei non trattate (soprattutto in Piemonte) –:

   se non ritengano necessario definire, prima della conclusione dell'iter che dovrà portare all'individuazione del deposito definitivo, criteri, tempi, modalità e risorse relativamente allo smantellamento, messa in sicurezza, bonifica completa e ripristino ambientale, di tutti i siti temporanei e strutture del territorio nazionale dove si stoccano rifiuti radioattivi;

   se non si intendano adottare iniziative per rivedere i benefici economici e i criteri vigenti in materia di compensazioni ambientali basati attualmente sui confini amministrativi comunali, al fine di includere anche il parametro della distanza chilometrica dal sito che ospita i rifiuti nucleari;

   se non si ritenga necessario adottare le opportune iniziative volte a garantire tempi più rapidi nell'erogazione delle compensazioni ai territori interessati, che attualmente risultano erogate con notevoli ritardi;

   se non si intendano adottare iniziative per modificare e facilitare le modalità di accesso agli atti, prevedendo che tutta la documentazione sia contenuta nel portale del «deposito nazionale», laddove invece attualmente si prevede che, per prendere visione degli atti che non sono disponibili o accessibili con le modalità telematiche, è necessario recarsi fisicamente presso le sedi di Sogin o altre sedi delle ex centrali nucleari.
(2-01069) «Giacometto, Porchietto».

Interrogazione a risposta orale:


   MONTARULI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   alcune sentenze della Corte costituzionale, già dal 1987, hanno definitivamente chiarito che l'ambiente è un «un bene giuridico riconosciuto e tutelato da norme» e la sua protezione rappresenta un «diritto fondamentale della persona umana», oltre che un valore costituzionale primario assieme a quello alla salute individuale e collettiva;

   il 30 dicembre 2020 la Sogin Spa, società pubblica che si occupa della gestione e del trattamento delle scorie nucleari, ha ricevuto il nullaosta da parte del Governo per dare avvio alle procedure per l'individuazione del sito idoneo allo stoccaggio definitivo dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività derivanti dallo smantellamento degli impianti nucleari italiani ed ha nella notte della vigilia dell'epifania pubblicato sul sito istituzionale del deposito nazionale, la carta contenente la mappatura delle aree italiane idonee ad ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi;

   la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) è stata definita da Sogin Spa in base a un mandato del Governo che risale al gennaio 2020, in ottemperanza alla direttiva europea che impone all'Italia di stoccare definitivamente i rifiuti radioattivi che attualmente giacciono in depositi provvisori e inadeguati;

   la pubblicazione della Carta nazionale, che individua sessantasette aree potenzialmente idonee comprese nei territori di sette regioni, tra cui il Piemonte e le isole, in cui dovrebbero essere stoccate scorie nucleari che si stima superino i 73.000 metri cubi di volume, è avvenuta dunque in piena pandemia;

   è consentito, giusto l'articolo 27, comma 3, del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, alle regioni, agli enti locali, nonché ai soggetti portatori di interessi qualificati, «formulare osservazioni e proposte tecniche in forma scritta e non anonima» nei sessanta giorni successivi alla pubblicazione della carta. Tale tempistica, così stringente e in periodo pandemico, mal si concilia con le attuali esigenze degli enti locali e regionali, impegnati in prima linea col fronteggiare l'emergenza Covid-19, dovendo gestire, solo a titolo esemplificativo e non esaustivo, la riapertura degli istituti scolastici e la consegna dei buoni alimentari;

   il Movimento cinque stelle, partito di Governo, per il tramite di autorevoli rappresentanti come Davide Crippa, ex Sottosegretario al Ministero dello sviluppo economico, e in particolare il senatore Gianni Girotto, presidente della Commissione industria del Senato, annunciava la ricerca di un sito europeo. Quest'ultimo il 20 dicembre 2019 dichiarava che è al vaglio l'ipotesi di un sito europeo e il deposito nazionale non è un dogma e che «I rifiuti ad alta attività si possono mandare all'estero. Inutile costruire un deposito in ogni Paese. Meglio farne uno europeo e non in Italia [...]»;

   diventa incomprensibile come si sia passati da un eccesso all'altro, ovvero dal sostenere la necessità di portare le scorie all'estero, alla pubblicazione della Carta in una notte tra Natale e l'Epifania, in piena pandemia, creando sconcerto tra le popolazioni già provate dalle restrizioni per il Covid-19 e sopratutto nelle amministrazioni, che sono la trincea istituzionale nel far fronte alla pandemia e alle sue conseguenze negative –:

   se non intenda pubblicare tutti gli atti con i quali il Governo ha sondato la disponibilità di siti europei o comunque stranieri e di tutti gli atti generalmente intercorsi per individuare un sito idoneo per le scorie nucleari tra il gennaio 2019 e il gennaio 2020;

   quali atti/studi siano stati effettuati nel corso del 2019 e 2020 che abbiano determinato il repentino e drastico cambio di posizione del Governo, perlomeno rispetto a quanto formalizzato a suo tempo nelle competenti Commissioni parlamentari nelle occasioni richiamate in premessa;

   come mai si sia decisa la pubblicazione della «Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee» nel pieno dell'emergenza Covid e nel periodo delle festività natalizie.
(3-02002)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   PEZZOPANE e LOTTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il novembre 2020 è stato il cinquantaquattresimo anniversario dell'alluvione di Firenze. Ricordare serve a non dimenticare le opere idrauliche necessarie, che ancora non sono state completate, per mettere in sicurezza Firenze e il suo immenso patrimonio artistico;

   in attesa dell'adeguamento della diga di Levane, in provincia di Arezzo, e delle casse di espansione di Figline Valdarno destinate a contenere la piena, il fiume Arno continua a rappresentare un grande pericolo;

   per il dissesto idrogeologico, attraverso accordi di programma Stato-regione, contenuti in quattro intese, dal 2010 a oggi risulterebbero stanziati 293 milioni di euro;

   come certificato dalla relazione della regione Toscana, i problemi sarebbero legati agli accordi del Mat del 2010 e del 2015, risulterebbero bloccati 54 milioni di euro, per la mancata convocazione da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Comitato di indirizzo e controllo, e altri 53 milioni di euro, inseriti negli accordi di programma del 2015, non sono ancora stati erogati;

   opere come il rifacimento delle spiagge in provincia di Massa-Carrara e la riduzione del rischio idraulico della parte valliva dell'Arno sono in attesa di essere completate e non per mancanza di fondi. La stessa regione afferma di aver chiesto, dal 2016 a oggi, la convocazione del Comitato ma senza alcun esito;

   l'assessore all'ambiente della regione, ha dichiarato che si impegnerà nei; prossimi anni a rafforzare la sicurezza idraulica, anticipando che sono stati proposti interventi al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare da finanziare con il Recovery Fund e da realizzare entro il 2026;

   il paradosso in questa vicenda è che le risorse sono state stanziate e mai spese. La regione Toscana ha 154 milioni di euro che non riesce a spendere, una somma importante, che fino ad oggi non ha permesso di attuare interventi fondamentali per diverse ragioni, che sono la mancata convocazione dei comitati, espropri e gare bloccate, difficoltà a procedere con la progettazione, mancate autorizzazioni e varie lungaggini burocratiche –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare, alla luce dei fatti esposti in premessa, per quanto di competenza, per chiarire come mai più della metà dei fondi, che risultano stanziati negli ultimi dieci anni, non siano stati ancora utilizzati per mettere in sicurezza il territorio.
(5-05250)


   BUTTI e FOTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'Italia è un Paese idrovoro: si prelevano 152,9 metri cubi di acqua potabile per abitante, a fronte di una media europea di 79 metri cubi; inoltre, il consumo di acqua minerale in bottiglia è superiore del 70 per cento alla media europea;

   in Italia, si registrano drammatiche e croniche criticità di tipo infrastrutturale che causano una elevata dispersione della risorsa idrica. Si pensi al riguardo non solo che il 60 per cento delle infrastrutture della rete idrica italiana ha più di 30 anni e il 25 per cento ha più di 50 anni, ma anche che quasi la metà dell'acqua prelevata viene dispersa lungo la rete;

   l'Italia è l'ultimo Stato in Europa per investimenti nel settore idrico con 40 euro per abitante, contro la media europea di 100 euro per abitante;

   il Next Generation EU dispone di una dotazione complessiva di 750 miliardi di euro. L'Italia beneficerà del 27 per cento del fondo e una parte sarà certamente destinata alla citata emergenza infrastrutturale idrica –:

   quali siano le priorità individuate dal Governo nella definizione dei progetti afferenti il presente atto di sindacato ispettivo in capo al Next Generation EU e quali iniziative, volte a porre rimedio ai punti di debolezza del settore idrico italiano, verranno maggiormente attenzionate.
(5-05251)


   RUFFINO, CORTELAZZO, CASINO, FERRAIOLI, GELMINI, LABRIOLA e MAZZETTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il 5 gennaio 2021 la Sogin, la società di Stato incaricata del decommissioning degli impianti nucleari e della messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, dopo aver ottenuto il via libera dal Ministero dello sviluppo economico e dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ha pubblicato la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) ad ospitare il deposito definitivo per lo stoccaggio nazionale dei rifiuti radioattivi;

   la suddetta Carta nazionale ha individuato 67 siti situati in diverse province delle regioni Piemonte, Toscana, Lazio, Puglia, Basilicata, Sardegna e Sicilia;

   vale la pena evidenziare che i siti potenzialmente idonei ad ospitare il deposito nazionale sono stati individuati senza alcuna comunicazione e coinvolgimento preventivo delle amministrazioni locali interessate;

   le 67 aree potenzialmente idonee individuate per ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi sono, come già evidenziato, situate in diverse province delle regioni Piemonte, Toscana, Lazio, Puglia, Basilicata, Sardegna e Sicilia;

   alla pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee, di fatto, segue la fase di consultazione dei documenti per la durata di due mesi, all'esito della quale si terrà, nell'arco dei quattro mesi successivi, il seminario nazionale;

   nella regione Piemonte, la Cnapi individua ben 8 siti potenzialmente idonei, sei in provincia di Alessandria e due in provincia di Torino. Si parla di una regione che, da anni, sta dando il contributo più elevato in termini di stoccaggio di scorie radioattive: oltre l'80 per cento di tutte quelle presenti sul territorio nazionale –:

   se non si ritenga necessario adottare iniziative al fine di prevedere, anche alla luce dello stato di emergenza sanitaria in atto, un tempo sensibilmente più ampio dei sessanta giorni attualmente previsti per il dibattito pubblico e la consultazione dei documenti di cui in premessa, al fine di garantire tempi congrui alle amministrazioni interessate per poter valutare attentamente i dossier e la loro correttezza e portare le proprie osservazioni in tempi congrui.
(5-05252)


   PATASSINI, LUCCHINI, BADOLE, BENVENUTO, D'ERAMO, PAROLO, RAFFAELLI, VALBUSA e VALLOTTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il sisma 2016-2017 del Centro Italia ha determinato, e determinerà in seguito alla ricostruzione, la produzione di un grande quantitativo di macerie (stimate 2.5 milioni di tonnellate pubbliche e 4.5 milioni di tonnellate private), la cui rimozione ha già richiesto appositi provvedimenti normativi. Tali macerie dopo i primi trattamenti previsti dagli specifici decreti legge, sono classificate come rifiuti inerti e come tali smaltiti in discariche per inerti ovvero assoggettati a trattamenti per recuperarli e utilizzarli in altre opere edili;

   i controlli Arpa sul test di cessione presso impianti di conferimento rifiuti, provenienti dalla selezione e cernita, ha evidenziato superamenti delle concentrazioni limite dei solfati, presumibilmente dovuti alla presenza di frammenti di inerti a base di gesso, rispetto al limite del decreto ministeriale 5 febbraio 1998, pari a 250 mg/l, fino a 1.000 mg/l, di una quota di oltre il 70 per cento di inerti, portando all'esclusione dal riutilizzo di tali aggregati e creando di fatto la paralisi dell'intero sistema di gestione dei rifiuti prodotti dagli eventi calamitosi;

   nella regione Marche non esistono discariche per inerti e ciò comporta maggiori costi di trasporto e inquinamento ambientale;

   uno studio commissionato dalla regione Emilia-Romagna all'università di Bologna, nell'ambito del sisma del 2012 e pubblicato con ordinanza commissariale n. 7, del 6 febbraio 2014, emerge che valori di TOC e solfati maggiori rispetto ai limiti di accettabilità prescritti possono indicare la presenza di elementi organici, muffe o elementi vegetali, non necessariamente inquinanti;

   il problema è noto da qualche anno e questo anche per effetto del decreto ministeriale 15 febbraio 1998, ormai ultraventennale rispetto all'evoluzione dei cicli produttivi, e poteva essere già risotto attraverso l'emanazione dello specifico decreto previsto dall'articolo 184-ter del decreto legislativo n. 152 del 2006 con il quale il rifiuto cessa di essere tale a determinate condizioni, cosiddetto decreto End of Waste, in linea con le indicazioni dell'Unione europea;

   purtroppo, il gruppo di lavoro che dovrebbe assicurare lo svolgimento delle attività istruttorie concernenti l'adozione dei decreti su End of Waste non è stato ancora istituito e anzi si prevede la proroga, nel decreto-legge n. 183 del 2020 –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare apposite iniziative al fine di definire la gestione e riutilizzo delle macerie conseguenti al sisma 2016-2017, nella logica dell'end of Waste e dell'economia circolare, rimettendo nel circolo produttivo il materiale, attraverso opportuni interventi regolamentari, oppure permettere all'autorità competente di derogare alle concentrazioni limite di solfati nell'analisi del test di cessione.
(5-05253)


   ILARIA FONTANA, DEIANA, FRUSONE, SEGNERI, DAGA, D'IPPOLITO, DI LAURO, FEDERICO, LICATINI, ALBERTO MANCA, MARAIA, MICILLO, TERZONI, VARRICA, VIANELLO, VIGNAROLI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'inceneritore di San Vittore del Lazio (Frosinone), gestito da Acea Ambiente Srl, venne autorizzato con decreto commissariale n. 72 del 25 luglio 2007;

   l'attuale capacità complessiva di incenerimento rifiuti, ammonta a circa 400 mila tonnellate di rifiuti all'anno, a fronte della precedente capacità fissata a 300 mila tonnellate complessive per tutte e tre le linee di incenerimento presenti nell'impianto;

   il 7 agosto 2020 il gestore ha inoltrato la richiesta di Valutazione di impatto ambientale (Via) per realizzare una quarta linea di incenerimento, asserendo che, secondo il nuovo Piano regionale rifiuti, l'inceneritore di San Vittore dovrà garantire, al 2025, 450 mila tonnellate di rifiuti in ingresso;

   in realtà il nuovo Prgr del Lazio prevede che «la capacità attuale dell'inceneritore risulta sufficiente a soddisfare il fabbisogno regionale» (pari a circa 300 mila tonnellate di rifiuti annui);

   la possibilità di una quarta linea di incenerimento a San Vittore era stata sollevata nella riunione del tavolo tecnico a supporto della cabina di regia istituita presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con il coinvolgimento degli enti locali interessati per il superamento della crisi impiantistica della regione Lazio del 3 ottobre 2018, non a fronte di una maggiore produzione di rifiuti, bensì del mancato revamping dell'impianto di Lazio Ambiente Spa (società della regione Lazio) situato a Colleferro;

   l'articolo 206-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006 dispone che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare svolge, in particolare, la funzione di vigilanza sulla gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio;

   il nuovo articolo 198-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006 istituisce il Pngr che fissa i macro-obiettivi, definisce i criteri e le linee strategiche cui le regioni e le province autonome si attengono nella elaborazione dei Prgr di cui all'articolo 199;

   risulta pertanto evidente l'improcedibilità della richiesta di ampliamento dell'inceneritore in base a quanto disposto nel nuovo Prgr. Qualora invece risultasse necessario incrementare la capacità dell'impianto, allora il piano stesso, approvato dal consiglio regionale il 5 agosto 2020, sarebbe già da considerarsi non più corretto –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative per definire, nell'ambito del Programma nazionale per la gestione dei rifiuti di prossima adozione, di cui all'articolo 198-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, criteri stringenti per l'ampliamento di impianti come quello di San Vittore, che già producono emissioni fortemente impattanti sull'ambiente e sulla salute della popolazione.
(5-05254)


   CUNIAL, TRANO e PLANGGER. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   in questi ultimi 10 anni i fenomeni alluvionali, attribuiti con ragionevole certezza dagli scienziati al surriscaldamento globale del pianeta ed, in Italia, aggravati dalla noncuranza verso un territorio reso fragile anche per mano dell'uomo, sono diventati ormai una costante, soprattutto nei periodi autunnali. I corsi d'acqua straripano con molta facilità, lasciando alle spalle morti e devastazioni. Il 28 novembre 2020 in Sardegna ed il 5 e 6 dicembre 2020 nel Lazio ed in altre parti d'Italia, molti italiani sono stati costretti per l'ennesima volta ad abbandonare la propria abitazione o a spalare fango;

   proprio in queste ore la discussione sull'utilizzo dei fondi del Recovery Fund, alla ricerca di quali siano le modalità più redditizie per lo sviluppo del Paese, ha individuato, negli interventi sul dissesto idrogeologico, gli interventi strutturali e di manutenzione attiva del territorio, nonché di riqualificazione, monitoraggio e prevenzione, selezionati in base al livello di rischio dell'area e al numero dei cittadini sottoposti al rischio al verificarsi di eventi calamitosi quali frane ed alluvioni. Per questi interventi sono previste risorse complementari per 160 milioni di euro, dagli stanziamenti della legge di bilancio. Altri interventi sono previsti e finanziati con le risorse del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (Feasr) per 1 miliardo di euro e si rivolgono, tra l'altro, alla gestione e manutenzione del territorio rurale, con la previsione specifica di interventi di manutenzione del territorio rurale, dei canali e della rete idrica minore –:

   se non ritenga opportuno di adottare iniziative per prevedere, all'interno dei suddetti strumenti finanziari, un piano per l'istallazione sul territorio nazionale di stazioni per il tele-monitoraggio del livello idrometrico e per l'allarme esondazione, ai fini di prevenire i danni a persone o cose generati dal dissesto idrogeologico, dando priorità a quei territori dove i fenomeni si sono ripetuti negli ultimi 10 anni.
(5-05255)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ROTELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il 2021 si apre con la notizia inquietante che la provincia di Viterbo risulta essere tra quelle individuate per ospitare il deposito nazionale delle scorie radioattive;

   attualmente, in Italia, ci sono settanta comuni che ottengono dei contributi dallo Stato proprio per stoccare, sul proprio territorio, tale tipo di rifiuto, Nessuno di questi è nella Tuscia;

   si è al cospetto del paradosso che vede, da una parte, l'impossibilità per la provincia di Viterbo di poter attuare interventi di crescita e sviluppo giustificati da un «presunto» interesse ambientale e, dall'altra, ad individuarla quale area per il deposito scorie radioattive;

   sul sito www.depositonazionale.it è indicata una fase di consultazione pubblica, della durata di 60 giorni, in cui le regioni, gli enti locali e tutti i soggetti portatori di interesse qualificati possono formulare osservazioni è proposte tecniche;

   si tratta di tempi non del tutto consoni per poter garantire lo svolgersi di un processo idoneo per l'individuazione del sito del deposito nazionale;

   la governance dei processi di localizzazione e realizzazione dei depositi per i rifiuti radioattivi, nel corso degli anni, è stata profondamente modificata a favore di un approccio basato sulla partecipazione e condivisione delle decisioni fra Istituzioni e comunità coinvolte;

   allo stato attuale, la possibilità di garantire un'adeguata partecipazione delle comunità locali per la provincia di Viterbo non è assicurata, inoltre non si comprendono le ragioni alla base della scelta –:

   quali siano i criteri e la logica alla base della scelta di individuare la provincia di Viterbo tra le aree preposte ad ospitare il deposito nazionale delle scorie radioattive.
(5-05235)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ASCARI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la società Fonderie Cooperative nasce a Modena nel 1950 per volontà di un gruppo di lavoratori di fonderia e svolge attività di seconda fusione di metalli ferrosi per la produzione di getti in ghisa ed è oggi leader nel segmento della produzione di applicazioni industriali e trasmissioni;

   l'attuale dislocazione dello stabilimento industriale, in prossimità del quartiere residenziale della Madonnina di Modena, è da molti anni motivo di proteste di alcuni residenti, che paventano problematiche di compatibilità ambientale legati agli odori emessi durante i processi produttivi;

   in relazione alle proprie prospettive di sviluppo e di riorganizzazione produttiva, la società Fonderie Cooperative di Modena ha dichiarato che delocalizzerà il proprio stabilimento produttivo altrove;

   la prossima delocalizzazione comporterà la necessità di bonifica e riconversione dell'attuale stabilimento produttivo nonché l'individuazione di un nuovo luogo dove destinare le attività;

   a ciò si aggiunge il problema relativo al mantenimento dei livelli occupazionali che rischiano di venire compromessi in caso di delocalizzazione al di fuori del Modenese o in caso di accorpamento e fusione con altri stabilimenti e società;

   sembrerebbe, infatti, che la parte più impattante della produzione verrà trasferita nel Veneto, in particolare nel padovano, a oltre 150 chilometri di distanza dall'attuale ubicazione, mentre una parte, più modesta, relativa a processi secondari e/o amministrativa rimarrà in città ma in un'altra struttura;

   i residenti, nonostante la situazione sopra descritta rimangono scettici sull'effettiva volontà di delocalizzare lo stabilimento produttivo, in quanto anche in passato erano state fatte promesse di tale portata che non si sono mai concretizzate;

   a prescindere dall'individuazione del nuovo sito produttivo, è dunque importante una riconversione dello stabilimento tramite nuove tecnologie meno inquinanti e meno impattanti sull'ambiente circostante, che possano garantire contestualmente un impatto zero sulla salute della popolazione;

   a livello europeo è stato proposto il Green Deal europeo che prevede una tabella di marcia con azioni volte a promuovere l'uso efficiente delle risorse passando a un'economia pulita e circolare e a ripristinare la biodiversità e ridurre l'inquinamento –:

   se il Governo disponga di informazioni in relazione all'attività sopra esposta, in particolare in relazione alle criticità ambientali;

   se non intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, anche di concerto con l'Arpa dell'Emilia Romagna, per procedere a verifiche e valutazioni dell'impatto ambientale e sulla salute dei cittadini, dell'attività della società Fonderie Cooperative di Modena, tenuto conto dei problemi riscontrati dai residenti;

   se non intenda attivarsi, per quanto di competenza, al fine di predisporre idonei strumenti o impiegare quelli già previsti dalla normativa vigente, anche nel solco del Green Deal europeo, volti a favorire la delocalizzazione degli stabilimenti produttivi della Fonderie Cooperative di Modena in zone non residenziali, anche tramite forme di incentivazione fiscale e contributiva, e contestualmente per assicurare, per quanto di competenza, i processi di messa in sicurezza e riconversione delle aree che verranno dismesse;

   quali iniziative di propria competenza intenda intraprendere al fine di assicurare il mantenimento dei livelli occupazionali della società Fonderie Cooperative di Modena Soc.Coop, attesa la grande importanza storica dell'attività svolta dalla medesima nel modenese e considerati i rischi collegati ad una delocalizzazione che si prospetta a svariate decine di chilometri dall'attuale sito produttivo;

   se intenda valutare la possibilità di adottare le iniziative di competenza volte a caratterizzare, una volta dismesso, l'attuale sito produttivo della Fonderie Cooperative di Modena Soc.Coop come Sito di interesse nazionale ai fini di una sua pronta bonifica.
(4-07958)


   RIPANI, MUGNAI e D'ETTORE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la Sogin, la società di Stato incaricata del decommissioning degli impianti nucleari e della messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, il 5 gennaio 2020 ha pubblicato la Cnapi, la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee ad ospitare il deposito per lo stoccaggio nazionale dei rifiuti radioattivi, avendo avuto il nulla osta dal Ministero dello sviluppo economico e dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;

   la suddetta Carta nazionale ha individuato 67 siti situati in diverse province delle regioni Piemonte, Toscana, Lazio, Puglia, Basilicata, Sardegna e Sicilia;

   il deposito nazionale e il parco tecnologico saranno costruiti in un'area di circa 150 ettari, di cui 110 dedicati al deposito e 40 al parco tecnologico; il deposito dovrà contenere 78.000 metri cubi di rifiuti a media e bassa radioattività e, successivamente, 17.000 metri cubi ad alta radioattività;

   con questa pubblicazione, si dà di fatto avvio all'iter che porterà alla realizzazione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi derivanti prevalentemente dall'industria e dalla medicina nucleare delle strutture sanitarie;

   i siti potenzialmente idonei ad ospitare il deposito nazionale sono stati individuati senza alcuna comunicazione e coinvolgimento preventivo delle amministrazioni locali interessate che hanno appreso tutto dalla stampa nazionale;

   in Toscana sono state individuate due aree idonee ad ospitare il deposito, e sono Pienza-Trequanda, nella Val d'Orcia in provincia di Siena, e Campagnatico in provincia di Grosseto, nel cuore della splendida Maremma, ossia territori di gran valore paesaggistico e naturalistico, che hanno puntato tutto sulla loro bellezza, sul turismo e sull'agricoltura di qualità, con produzioni contraddistinte dai marchi Dop, Docg, Doc;

   si ricorda peraltro che il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha riconosciuto il paesaggio rurale storico di Trequanda, Pienza e la Val d'Orcia, e tali luoghi sono stati inseriti dall'Unesco nel patrimonio mondiale dell'Umanità;

   i territori individuati nel comune di Campagnatico, oltre a presentare criticità sotto il profilo idrogeologico, data la collocazione nell'alveo del fiume Ombrone, ed una precarietà geo-strutturale delle aree collinari, costituiscono un'area a forte vocazione turistica e agricola, con una rilevante filiera olivicola-olearia, vitivinicola e filiere legate all'allevamento, soprattutto degli ovini per la produzione casearia. L'area ospita, inoltre, una importante pieve romanica riconosciuta sito di interesse storico e archeologico nazionale; lo stoccaggio di rifiuti radioattivi contrasta con la vocazione del territorio ed avrà effetti devastanti in termini ambientali, sociali ed economici. Il mondo istituzionale e politico locale e regionale, in modo trasversale, nonché il tessuto socio-economico e associativo della Maremma e della Val d'Orcia, si sono espressi in modo fermamente contrario alla possibile realizzazione del deposito nazionale in Toscana e annunciano una dura battaglia sulla vicenda –:

   se non si intendano escludere le aree toscane della Maremma e della Val d'Orcia dalla Cnapi;

   se non si ritenga di tenere aggiornato il Parlamento sulla evoluzione della fase di consultazione pubblica e del successivo seminario nazionale.
(4-07975)


   PRETTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il 15 dicembre 2020 il Parlamento europeo ha finalmente adottato la nuova direttiva europea sull'acqua potabile 2020/2184/UE;

   la direttiva è entrata in vigore 20 giorni dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea;

   entro due anni dall'entrata in vigore, gli Stati membri devono apportare le modifiche necessarie per conformarsi alla direttiva;

   le nuove regole mirano a offrire acqua di rubinetto di alta qualità in tutta l'Unione europea, attraverso l'aggiornamento degli standard qualitativi previsti per l'acqua potabile, prevedendo, tra l'altro, anche l'abrogazione della direttiva precedente, la 98/83/CE, legate al progresso scientifico, con l'inserimento di sostanze di nuova generazione da analizzare come le sostanze perfluoro-alchiliche (Pfas);

   si apprende da dichiarazioni a mezzo stampa che la direttiva fissa i nuovi limiti di Pfas, totale 0.5 µg/l e somma di Pfas 0.1 µg/l; si tratta di un miglioramento importante, rispetto al totale vuoto normativo che dominava sui Pfas a livello europeo;

   la regione Veneto, da lungo tempo chiede al Governo e, in particolare, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di fissare nuovi limiti dei Pfas e di altre sostanze inquinanti nelle acque potabili, in base agli ultimi studi scientifici, ai fini della tutela della salute dei cittadini;

   tuttavia, i limiti previsti dalla direttiva sono ben più alti rispetto a quelli già fissati dalla regione Veneto e chiesti con forza dai parlamentari del gruppo Lega in Consiglio europeo; peraltro, la nuova direttiva dell'Unione europea prevede la possibilità per ciascuno Stato membro di determinare livelli più rigorosi di tutela sul proprio territorio e, pertanto, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio potrebbe fissare limiti di Pfas più bassi e più stringenti rispetto a quelli indicati dalla direttiva dell'Unione europea, seguendo l'esperienza virtuosa della regione del Veneto;

   inoltre, il termine di due anni per conformarsi alla direttiva appare eccessivo per la regolamentazione dei limiti di sostanze pericolose come i Pfas su tutto il territorio italiano –:

   quali tempi il Ministro preveda per l'adozione delle iniziative volte a recepire la nuova direttiva europea che ha stabilito i quantitativi massimi di Pfas nelle acque potabili e se intenda assumere iniziative per fissare per tutto il territorio italiano limiti più restrittivi, anche prendendo in considerazione quanto già previsto dalla regione del Veneto.
(4-07978)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   il 2 gennaio 2021 il lungomare di via Partenope ha perso uno dei simboli più noti: il cosiddetto arco borbonico risalente al 1800, ritratto in decine di dipinti da tre secoli a questa parte, che ricordava il vecchio approdo per i pescatori del borgo Santa Lucia, è crollato nelle acque del lungomare di Napoli, sotto il peso del tempo e dell'incuria. Un'opera in pietra per la quale l'Autorità di sistema portuale del Mar Tirreno centrale (Adsp), in qualità di ente concessionario, nel maggio 2020 aveva ricevuto dalla soprintendenza di Napoli comunicazione attraverso la quale si imponeva «l'obbligo di eseguire i necessari interventi di messa in sicurezza e restauro», considerate le precarie condizioni statiche del bene «di eccezionale valore artistico e culturale» tali da rendere «urgenti e improcrastinabili interventi di consolidamento e restauro»;

   nel luglio 2020 l'Autorità portuale provvedeva soltanto a recintare l'approdo delimitandolo con tubi innocenti del tutto inefficaci, senza mai procedere con gli interventi di messa in sicurezza e restauro per i quali la soprintendenza imponeva all'Autorità portuale la presentazione di un progetto nel termine di 30 giorni;

   ai sensi dell'articolo 33 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, commi 5 e 6 «se il proprietario, possessore o detentore del bene non adempie all'obbligo di presentazione del progetto, ... si procede con l'esecuzione diretta» e ancora «in caso di urgenza, il soprintendente può adottare immediatamente le misure conservative necessarie»;

   nonostante la situazione di pericolo imminente, le autorità competenti non sono intervenute fino al crollo della struttura, per il quale sono in corso accertamenti da parte dell'autorità giudiziaria –:

   alla luce di quanto esposto in premessa, quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare al fine di consentire la ricostruzione di una testimonianza di grande valore storico, facendo chiarezza, per quanto di competenza, sulle responsabilità degli enti preposti alla tutela del patrimonio artistico-culturale italiano.
(2-01067) «De Lorenzo, Fornaro».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PELLICANI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   a Venezia il sindaco ha deciso di tenere i musei civici chiusi fino ad aprile 2021, non per ragioni legate alla diffusione dei contagi Covid-19, la cui evoluzione è difficilmente prevedibile, ma per questioni di budget, nonostante la Fondazione musei abbia beneficiato di un ristoro di circa 8 milioni di euro che le hanno consentito di mantenere i conti in ordine;

   la vicenda ha avuto ampio risalto sulla stampa nazionale ed è seguita da diversi giornali internazionali quali ad esempio Forbes e Le Figaro, che ha raccontato del clamore per la chiusura dei musei, descrivendo Venezia desertificata. A causa del Covid, incapace di reagire;

   è intervenuta sulla vicenda anche l'International Council of Museums, il principale network di musei, con una lettera aperta al consiglio di amministrazione della Fondazione, richiamando l'importanza di riaprire non appena possibile, anche con riaperture parziali; prima di aprile. Nonché di svolgere comunque, in questa fase di chiusura forzata, attività utili alla futura ripresa;

   inoltre, la rivista online Ytali ha promosso una petizione che ha già raccolto migliaia di firme, a dimostrazione di quanto sia importante per una città d'arte internazionale valorizzare il patrimonio culturale;

   negli ultimi tempi, prima a causa dell'«aqua granda» del 12 novembre 2019, poi con la pandemia, Venezia è stata colpita più di ogni altra città, subendo un calo di visitatori superiore all'80 per cento. L'economia cittadina, basata su una monocultura turistica, è ferma con danni incalcolabili, che l'annuncio della proroga della chiusura dei musei, non farà che alimentare danneggiando l'immagine della città;

   la decisione di chiudere i musei cittadini in attesa del ritorno dei turisti, è la dimostrazione di un'amministrazione miope che intende la fruizione dei luoghi della cultura, legata esclusivamente al business turistico di massa, senza considerare che i musei civici, rappresentano una rete di undici luoghi esclusivi della cultura che contribuiscono a fare di Venezia, una città internazionale e sono fondamentali per attirare turismo di qualità;

   aprire il prima possibile i musei, significa rianimare Venezia e accelerare anche la ripartenza del turismo che è la principale economia cittadina. Nel frattempo sarebbe opportuno intensificare le attività online come avviene in tutto il mondo e come fanno importanti istituzioni culturali cittadine, a partire dalla Fenice;

   il sindaco con questa decisione ha di fatto commissariato la Fondazione che è un'istituzione autonoma, impedendole di svolgere funzioni scientifiche previste dallo statuto quali: ricerca, archiviazione, conservazione. La decisione di non riaprire i musei e bloccare tutte le attività connesse, significa chiudere un servizio pubblico essenziale, producendo un danno alla città;

   tale decisione dell'amministrazione ha suscitato la protesta dei sindacati, che si sono opposti ad un piano di cassa integrazione al 100 per cento per i 76 dipendenti della Fondazione e di conseguenza anche per i circa 400 lavoratori delle cooperative che si occupano delle sale e delle biglietterie, i più colpiti in questi mesi;

   appena possibile, riapriranno i musei statali, a Venezia riapriranno le Gallerie dell'Accademia, ma non Palazzo Ducale, nonostante sia un bene prezioso dello Stato, gestito dal comune in base a una convenzione che pone obblighi precisi che pare l'amministrazione non abbia rispettato;

   bisogna raccogliere gli appelli della comunità internazionale per riaprire anche i musei civici. Venezia va governata con una visione internazionale, non è accettabile diffondere un messaggio negativo secondo cui l'offerta di cultura è possibile solo se sostenuta da un turismo di massa –:

   se il Ministro interrogato, alla luce dei fatti sopra esposti, non intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, al fine di verificare la situazione nel complesso ed istituire un tavolo di confronto con l'amministrazione comunale, con l'obiettivo di giungere all'apertura contestuale dei musei civici e statali.
(5-05257)

DIFESA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MAURIZIO CATTOI, DE CARLO e ALAIMO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   secondo il Nuovo Sindacato Carabinieri (Nsc) sarebbe «Inaccettabile, ancorché discriminatorio quanto avvenuto a danno delle Colleghe in merito alla valutazione dei titoli nei concorsi interni per Marescialli e Sovrintendenti dell'Arma, nella fattispecie in merito all'attribuzione dei punteggi incrementali in tema di documentazione caratteristica», relativi rispettivamente all'ultimo quadriennio per i primi e all'ultimo biennio per i secondi. È da questo conteggio che sono stati esclusi i giorni di congedo obbligatorio di maternità, ovvero i 5 mesi a cavallo del parto, con l'effetto di considerare, per l'ennesima volta, la maternità alla stregua di una malattia;

   «Com'era prevedibile – sottolinea il Nsc in una nota stampa – ciò ha comportato, per molte giovani madri dell'Arma, il mancato raggiungimento del punteggio necessario per vincere il concorso. Come si evince dai bandi di concorso, per ogni giorno valutato eccellente (o giudizio equivalente) veniva attribuito uno specifico punteggio incrementale e per ogni giorno valutato superiore alla media (o giudizio equivalente) veniva analogamente attribuito un punteggio incrementale, di poco inferiore a quello previsto per l'eccellente. Per le restanti qualifiche non era previsto alcun punteggio incrementale». Inoltre, non sarebbero stati presi in considerazione i periodi non computabili ai fini della valutazione caratteristica ai sensi del decreto legislativo n. 66 del 2010 (e anche ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010 per il concorso sovrintendenti). Di conseguenza, non sarebbero stati conteggiati i giorni di assenza dal servizio menzionati nel modello;

   il conteggio dei giorni di astensione obbligatoria per congedo di maternità solo ai fini dell'anzianità di servizio ma esclusi dal conteggio dei punteggi incrementali, ben cinque mesi, possono determinare l'esito di un concorso. La gravidanza fisiologica nel 2020 non può essere considerata alla stregua di una malattia invalidante;

   la Corte di giustizia dell'Unione europea ha già stabilito che il principio di parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego esclude in via generale e in termini inequivocabili qualsiasi discriminazione basata sul sesso, mentre vieta qualsiasi tipo di trattamento meno favorevole per ragioni collegate alla gravidanza o al congedo per maternità come «l'accesso a tutti i tipi e a tutti i livelli di orientamento professionale, formazione, perfezionamento e riqualificazione professionali, nonché l'esperienza professionale, le condizioni di occupazione e di lavoro»;

   inoltre, si evidenzia che, in aderenza a quanto statuito dal decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, articolo 623, «Le forze armate si avvalgono, per l'espletamento dei propri compiti, in condizione di assoluta parità, di personale maschile e femminile, secondo le norme contenute nel presente codice». Pertanto, in linea generale nessuna discriminazione deve essere realizzata tra generi;

   si evidenzia quanto disciplinato dall'articolo 1495 del predetto provvedimento normativo, laddove statuisce che «le assenze dal servizio per motivi connessi allo stato di maternità, disciplinate dalla presente sezione non pregiudicano la posizione di stato giuridico del personale in servizio permanente...» aggiungendo poi al comma 2 che «i periodi di congedo di maternità, previsti dagli articoli 16 e 17 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 sono validi ai fini dell'anzianità di servizio. Gli stessi periodi sono computabili ai fini della progressione di carriera, salva la necessità dell'effettivo compimento nonché del completamento degli obblighi di comando, di attribuzioni specifiche...». Orbene, appare incomprensibile che le discriminazioni denunciate dal succitato Sindacato possano realizzarsi all'interno di un'attività concorsuale –:

   se il Ministro interrogato, laddove i fatti evidenziati trovassero conferma, non ritenga opportuno adottare iniziative, anche a livello normativo, per porre rimedio alla situazione di grave nocumento per il personale femminile dell'Arma ed estendere un'eventuale previsione normativa a tutto il personale delle Forze armate.
(5-05245)


   GALANTINO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il progetto «Caserme Verdi» è nato circa due anni fa e prevede la realizzazione di basi militari di nuova generazione efficienti, funzionali, pienamente rispondenti alle normative vigenti e ispirate a nuovi standard e criteri costruttivi innovativi di modularità, rapidità costruttiva, basso impatto ambientale e ridotti costi di manutenzione;

   il cronoprogramma prevede il rinnovo in venti anni del patrimonio immobiliare dell'Esercito con un investimento complessivo stimato in 1,5 miliardi di euro e, secondo quanto dichiarato dal Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, Generale Farina, rientra nelle priorità della Forza armata, in quanto lo sviluppo dell'area infrastrutturale dell'Esercito contribuisce, oltre che al benessere del personale, anche all'operatività stessa dei reparti militari: «Lo stato delle nostre infrastrutture non era, e non è ancora, adeguato a quelli che sono gli standard moderni. Alcune caserme sono state costruite un secolo fa, mentre quasi tutte hanno più di cinquant'anni. Per questo motivo abbiamo voluto avviare, iniziando da 28 basi dislocate in tutta Italia, il progetto Caserme Verdi con il quale ci siamo posti l'obiettivo di ammodernare le nostre infrastrutture, renderle più rispettose dell'ambiente ed efficaci dal punto di vista energetico, fare in modo che possano ospitare sia i soldati che le loro famiglie»;

   si tratta certamente di una sfida strategica, una delle più importanti per la forza armata, che parte dalla riconversione funzionale di 28 grandi complessi di edilizia militare per la realizzazione di basi militari di nuova generazione, che puntino al benessere del personale e in grado di moltiplicare le interazioni tra caserme e territori locali, fino a rendere disponibili al pubblico spazi, come asili e strutture sportive;

   lo stesso Esercito non nasconde l'urgenza di un intervento dettato da diverse criticità negli attuali assetti immobiliari, molti realizzati più di 70 anni fa, che, oltre a non essere più rispondenti alle esigenze di un Esercito moderno ed efficiente, presentano uno stato di degrado generalizzato che comporta un serio rischio per l'incolumità del personale militare;

   la nuova articolazione delle basi militari vede una maggiore concentrazione, in gergo militare «gravitazione», dal nord verso il centro e il sud d'Italia dove, in particolare, saranno interessate nove strutture: le caserme «Salomone» a Capua (Ce), «Libroia» di Nocera Inferiore (Sa), «Briscese» a Bari, «Floriani» a Torre Veneri (Le), «Sernia-Pedone» a Foggia, il comprensorio «Ronga-Gucci-Capone» di Persano (Sa); la «Crisafulli Zuccarello» di Messina, la «Mereu-Riva di Villasanta-Monfenera» di Cagliari, il poligono e la caserma «Pisano» di Capo Teulada (Ca);

   il 27 dicembre 2020, in occasione dell'esame della legge di bilancio 2021, il Governo ha accolto l'ordine del giorno n. 105, impegnandosi «a valutare l'opportunità di assumere iniziative per l'istituzione di un fondo dedicato al progetto “Caserme Verdi” anche al fine di inserire nello stesso, la caserma “Lolli Ghetti” sede del 9° Reggimento Fanteria a Trani e la caserma “Trizio” sede del 7° Reggimento Bersaglieri ad Altamura»;

   le caserme di Trani e di Altamura vivono, infatti, forti disagi in termini alloggiativi anche a causa dell'inagibilità di diverse palazzine –:

   quale sia ad oggi lo stato di avanzamento del progetto «Caserme Verdi» e se il Governo non ritenga di doverlo inserire nell'ambito del Recovery Plan, tra gli investimenti da realizzare con i fondi europei;

   quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere per dare seguito tempestivamente agli impegni assunti con l'ordine del giorno di cui in premessa;

   se non ritenga di estendere il progetto «Caserme Verdi» anche alla Marina e all'Aeronautica.
(5-05249)

Interrogazione a risposta scritta:


   TONDO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   appare grave e critica la situazione degli interpreti cittadini afghani che operano nelle aree di crisi e forniscono il loro attivo supporto ai militari italiani impegnati nelle missioni internazionali in quei territori;

   le motivazioni alla base del loro operato molto pericoloso sono oltre allo stipendio e che gli viene garantita anche la possibilità di poter espatriare dal Paese di origine verso gli Stati per i quali hanno svolto le loro funzioni ed il loro difficile servizio;

   in questi giorni molti interpreti sono «bloccati» in Afghanistan in attesa del rilascio di un visto e sono costantemente minacciati di morte dai talebani o dall'Isis o anche da altri gruppi terroristici presenti in quel Paese. Alcuni sono stati uccisi, altri rischiano la vita e quella delle loro famiglie per effettuare un servizio fondamentale nei confronti delle truppe impiegate nel territorio afghano. Si tratta tra l'altro di persone molto qualificate che potrebbero svolgere una funzione in Italia (ad esempio, essere impiegati nei centri di accoglienza);

   è pertanto necessario attivare da parte dello Stato italiano tutte le misure idonee per permettere agli interpreti afghani una protezione ovvero la possibilità di espatriare verso il nostro Paese, oppure per chi non volesse adottare tale ultima soluzione un congruo riconoscimento economico che possa aiutare i medesimi interpreti afghani e le loro famiglie;

   si tratta pertanto di intervenire urgentemente per «sanare» tale situazione in modo da riconoscere agli interpreti afghani un giusto riconoscimento per il lavoro svolto e tutelarli da possibili azioni che possano pregiudicarne la vita come è già avvenuto –:

   se non si ritenga necessario ed urgente attivare un programma di protezione, come quello evidenziato in premessa, nei confronti degli interpreti afghani che hanno rischiato e rischiano la loro vita e quella delle loro famiglie anche prevedendo adeguati supporti economici che li possano aiutare;

   quali siano le ragioni ed i motivi che fino ad oggi hanno impedito di attivare un programma di protezione che permetta agli interpreti afghani di potere espatriare o ricevere un congruo supporto economico, considerando che si tratta di pochi soggetti e con una preparazione professionale elevata;

   se si ritenga opportuno chiarire come si intende procedere di fronte a tale situazione e se siano allo studio misure che possano salvaguardare e tutelare gli interpreti afghani.
(4-07981)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   l'interrogante ha già denunciato con atti di sindacato ispettivo gli incarichi dirigenziali di dubbia legittimità che vengono assegnati presso l'Agenzia delle entrate;

   a ciò si aggiunge un ulteriore problema che coinvolge l'espletamento delle procedure selettive presso l'Agenzia che sono state oltremodo semplificate, per agevolare il personale interno. Ciò, secondo l'interrogante, a conferma di una modalità discrezionale, evidentemente distorta, nei metodi di reclutamento dell'Agenzia;

   nello specifico, l'ente fiscale, sotto la guida di Ernesto Maria Ruffini, contrariamente a quanto avveniva con il suo predecessore Antonello Maggiore, ha fatto venire meno una regola cardine delle procedure concorsuali, rispetto alla necessità essenziale di espletare e superare una prova scritta per poter accedere al colloquio finale;

   come si evince dalla pubblicazione delle procedure selettive di interpello per il conferimento di posizioni organizzative ex legge n. 205 del 2017, l'Agenzia ha fatto venir meno tale prova, subentrando: «un colloquio, integrato anche da una prova scritta di carattere tecnico-professionale... Tale prova sarà incentrata sulla simulazione di un caso pratico per verificare la capacità del candidato di risolvere problematiche operative e di applicare le conoscenze tecniche possedute al caso concreto». La prova scritta «potrà svolgersi il giorno stesso del colloquio ad integrazione dello stesso»;

   quindi, si ricorre ad una prova sminuita rispetto alla necessaria finalità di accertare specifiche competenze del candidato, per prevedere una valutazione globale tra colloquio ed esame scritto dove quest'ultimo «costituirà oggetto di approfondimento nel corso del colloquio e rientrerà nella valutazione complessiva del candidato», per tener conto «in un quadro d'insieme, sia dello spessore del percorso professionale e dei titoli di studio del candidato sia della consapevolezza delle responsabilità e delle criticità legate al ruolo anche riguardo all'orizzonte temporale ad esso correlato»;

   siffatte procedure concorsuali sono state ritenute inadeguate e connotate da un'eccessiva discrezionalità nella scelta dei candidati vincitori da parte della commissione giudicante, come si legge anche in articoli di stampa sul tema;

   tale criticità è aggravata dall'ulteriore iniziativa, ad avviso dell'interrogante ambigua e singolare, disposta dall'Agenzia delle entrate, che ha inteso privilegiare, al di là di ogni logica, il personale interno. Sul punto, infatti, mentre alla procedura selettiva «non possono partecipare i dipendenti di altre amministrazioni comandati presso l'agenzia», sono ammessi i dipendenti di ruolo dell'Agenzia, anche in comando presso altre amministrazioni, con almeno cinque anni di inquadramento nella terza area e in possesso della laurea; a questi ultimi, ai fini del requisito temporale «sono conteggiati anche i periodi di servizio svolti alle dipendenze di altre amministrazioni pubbliche in posizioni giuridiche corrispondenti alla terza area»;

   si ricorda che, l'articolo 97, quarto comma, della Costituzione stabilisce che «agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso», poiché si considera la fase selettiva come essenziale all'individuazione di adeguate professionalità da inserire nella macchina pubblica;

   è evidente che l'Agenzia delle entrate, ormai da tempo, segue una prassi per la quale, se addirittura non si scavalcano, si ricorre a selezioni sempre meno severe ed impegnative, fino a escludere il preliminare superamento della prova scritta – per poter svolgere il colloquio orale – da sempre considerata selettiva, perché consente di verificare come il candidato sia in grado di argomentare sulle specifiche materie oggetto di esame. Ciò, unito al privilegio di accesso alla procedura concorsuale riservato agli interni, fa ritenere inadeguato il regime di selezione del personale all'interno dell'Agenzia delle entrate –:

   se e quali iniziative intenda adottare il Governo, nell'esercizio del suo potere di vigilanza, affinché nelle Agenzie fiscali si assicuri lo svolgimento di adeguate procedure selettive, trasparenti e aperte a tutti coloro che hanno titolo per ricoprire le posizioni vacanti, e affinché le stesse siano articolate in modo da garantire la concreta verifica delle specifiche competenze dei candidati, per reclutare i profili più meritevoli e qualificati.
(5-05242)


   TARANTINO, BIANCHI, GUSMEROLI, BITONCI, CANTALAMESSA, CAVANDOLI, CENTEMERO, COVOLO, GERARDI e ALESSANDRO PAGANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   dopo la tripla vincita del 2020 per il secondo anno consecutivo Ferno rientra ancora tra i comuni vincitori della Lotteria Italia. Qui è, infatti, stato venduto uno dei cento tagliandi che si sono aggiudicati i premi di terza categoria, dal valore di 25 mila euro;

   proprio come accaduto nel 2020, è assai probabile che il tagliando fortunato (serie F, numero 245030) sia stato venduto all'interno dell'aeroporto, in una delle numerose edicole della società Hudson (Gruppo Dufry) che ricadono sotto il territorio comunale di Ferno;

   lo scorso anno, nelle edicole di Malpensa, furono venduti tre biglietti vincenti da 20 mila euro, diventati un caso nazionale per la pressoché consecutività dei numeri di serie: P474343, P474346, P474348;

   stante l'assoluta unicità dell'evento, con atto di sindacato ispettivo n. 5-03460, gli interroganti avevano già chiesto di verificare la regolarità dell'estrazione, e in sede di risposta l'Amministrazione aveva assicurato che «L'Agenzia delle dogane e dei monopoli ha confermato la regolarità delle operazioni escludendo ogni possibilità di malfunzionamento o alterazione». In particolare osservando che «una società di formazione e comunicazione scientifica – specializzata, in gioco d'azzardo – ... ha valutato la probabilità di un evento della specie pari a 1 su 650.000 circa», concludendo quindi che «l'evento, se pur caratterizzato da una bassa probabilità, non risulta “impossibile”»;

   la risposta, del tutto insufficiente, denota per gli interroganti una certa superficialità nell'affrontare un tema così delicato che potrebbe avere gravi ripercussioni sul territorio e trasformare Malpensa in ritrovo per giocatori delle lotterie;

   a parere degli interroganti, dunque, dovrebbe essere necessariamente condotta un'indagine approfondita da parte delle competenti articolazioni ministeriali, volta ad escludere che siano state commesse irregolarità e che effettivamente la circostanza sia frutto del solo caso –:

   quali valutazioni di competenza il Ministro interrogato intenda esprimere con riferimento a quanto esposto e se non convenga che le articolate criticità necessitino di rapide verifiche volte ad accertare eventuali alterazioni del gioco estrattivo.
(5-05256)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAVANDOLI e TOMBOLATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il 29 dicembre 2020 gli ufficiali di polizia giudiziaria del gruppo della Guardia di finanza di Parma hanno eseguito una ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari, emessa dal tribunale di Parma, nei confronti di Simone Strozzi, 45 anni, legale rappresentante della Associazione «Svoltare onlus», con sede in borgo Onorato n. 6 a Parma, codice fiscale: 92183950341, indagato per i reati di peculato, malversazione ai danni dello Stato, turbativa d'asta, falso e omessa dichiarazione ai fini Ires e Irap, commessi nel settore dei servizi di accoglienza di cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale;

   dalle notizie emerse sulla stampa locale si evince che la Associazione Svoltare, nata nell'estate 2015, pur avendo sempre utilizzato il termine «Onlus» nella sua denominazione anche per partecipare ai bandi della prefettura per l'accoglienza dei migranti, per partecipare a bandi e avvisi del comune di Parma e del parmense e per i relativi contratti, in realtà non ha mai avuto tale qualifica, come neanche ha mai ottenuto l'iscrizione ai registri e albi regionali del Terzo settore;

   sulla Gazzetta di Parma del 7 gennaio 2021 si legge che la richiesta di iscrizione alla Anagrafe unica delle onlus della Agenzia delle entrate è stata «bocciata» il 21 novembre 2017 –:

   quando sia stata trasmessa alla direzione regionale della Agenzia delle entrate la dichiarazione sostitutiva ai sensi dell'articolo 2, comma 1, del «Regolamento concernente le modalità di esercizio del controllo relativo alla sussistenza dei requisiti formali per l'uso della denominazione di ONLUS, in attuazione dell'articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460», adottato con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 18 luglio 2003, n. 266;

   quali siano le ragioni di diniego all'iscrizione nell'anagrafe onlus;

   come sia potuto accadere che un'associazione abbia potuto operare tranquillamente come Onlus senza averne titolo.
(4-07970)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   all'interrogante risultano doglianze provenienti da Asppi – Associazione sindacale piccoli proprietari immobiliari, con le quali vengono poste in rilievo delle questioni di sicuro interesse economico per le persone coinvolte;

   l'associazione informa di ricevere quotidianamente da piccoli proprietari immobiliari angosciate richieste di intervento sulla questione degli sfratti per morosità, convalidati dal giudice, la cui esecuzione è già bloccata da molti mesi e che tale dovrebbe rimanere fino al giugno 2021;

   molti di essi sono locatori che, spesso, traggono dal canone dell'unico immobile affittato un'integrazione a fronte di redditi modesti. Questi si trovano con l'immobile occupato a tempo indeterminato, senza percepire nessun canone e dovendo comunque sostenere imposte e costi vari, molto spesso anche le spese condominiali a carico dell'inquilino moroso;

   l'associazione evidenzia come grande parte dei rilasci ad oggi bloccati sono stati convalidati prima dell'emergenza da Covid e che, per venire incontro alle difficoltà di molti inquilini a fronte della pandemia, in moltissimi casi sono avvenute rinegoziazioni e abbassamento dei canoni;

   il blocco attualmente in vigore è generalizzato e non tiene conto dalle differenti condizioni reali degli inquilini e crea una forte discrepanza tra i diritti del conduttore e quelli del locatore;

   ferma restando la doverosità di un intervento di sostegno alle fasce più deboli e svantaggiate della popolazione, la cui condizione è stata sicuramente aggravata dall'emergenza sanitaria, sarebbe quantomeno opportuno prevedere anche un sostegno specifico a favore dei locatori privati, per un equo ristoro del danno che subiscono tramite un indennizzo diretto o tramite un intervento di detassazione;

   le misure finora adottate nulla hanno previsto per chi si trova con un immobile occupato senza percepire alcun reddito –:

   se il Governo intenda adottare iniziative specifiche a favore dei locatori privati al fine di riconoscere un indennizzo diretto o un credito d'imposta ai piccoli proprietari di immobili per cui vi è stata procedura di sfratto bloccata da provvedimenti legislativi emergenziali.
(4-07979)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   DONZELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto emerso da un'inchiesta pubblicata dal quotidiano Il Tirreno nelle date 6 e 7 gennaio 2021 Luca De Angeli, condannato per tentato omicidio, riesce a scrivere e a telefonare dal carcere alla moglie, che nel frattempo lo ha denunciato. Si tratta di un soggetto che, tra agosto 2018 e giugno 2019, la donna ha denunciato per aver ricevuto da lui «una cinquantina di lettere dal carcere di Massa e poi di Pisa, dove viene trasferito perché al centro di un'altra inchiesta sullo spaccio di droga proprio in prigione. Lettere di minacce di morte. Di insulti». Lettere minacciose pervenute anche «all'avvocata di Cristina, all'indirizzo di casa» oltre che ai vicini. E inoltre, «ai magistrati. A chiunque si opponga a De Angeli, che la sentenza per maltrattamenti in famiglia del 30 luglio 2020 definisce “soggetto socialmente pericoloso”». «Dopo più di venti anni di botte, fratture fatte passare in pronto soccorso come incidenti domestici o stradali, infatti, – sottolinea il quotidiano – De Angeli è stato condannato a tre anni e quattro mesi per maltrattamenti in famiglia». «Perfino la giudice Marta Baldasseroni del tribunale di Massa nella sentenza di condanna parla di “condotte vessatorie tenute da De Angeli anche dopo la carcerazione del 2018... Nelle innumerevoli lettere l'imputato minacciava di ritorsioni e prospettava in modo inequivoco gravi conseguenze per l'incolumità della ex moglie e, dei familiari non appena fosse terminata la reclusione”». «A settembre 2019 – prosegue l'inchiesta – la situazione è così grave che la pm Alessandra Conforti della procura di Massa (oggi alla procura di La Spezia) ottiene per sei mesi la “limitazione della corrispondenza” da parte di De Angeli verso Cristina e qualunque familiare». L'uomo, insomma, non può contattare la donna che ha maltrattato per anni e che continua a terrorizzare anche da dentro una cella. Le minacce, infatti, escono dal carcere – anzi dalle carceri colabrodo – da ogni canale: colloqui con familiari, amanti e con uno degli avvocati difensori. È anche per questo che nel 2018 viene autorizzata l'intercettazione dei colloqui nel parlatorio del carcere di Massa. In uno di questi (è il 20 ottobre 2018), De Angeli dice a un familiare: «...Se gli avessi dato uno schiaffo nel muso (a Cristina) stava lì e se lo pigliava... ora c'ha paura a pigliare uno schiaffo con tutto quello che ha passato... lo sai che se è normalità e se non c'è... io la piglio e la sbrano dentro al muro». Secondo quanto emerso l'uomo è riuscito anche a procurarsi cellulari clandestini per chiamare la donna. Un problema, quello del rispetto della legge nelle carceri, con particolare riguardo alle questioni qui in evidenza, che si protrae da lunghi anni e che appare legato strettamente a quello del sottodimensionamento e della totale insufficienza di dotazioni a disposizione degli agenti di polizia penitenziaria per poter garantire la sicurezza –:

   quali iniziative intenda assumere per ripristinare una situazione di legalità nelle carceri e se i penitenziari di Pisa e Massa in questi anni siano stati dotati di agenti e strumenti sufficienti per evitare situazioni come quelle descritte in premessa;

   se ci sia e cosa preveda il piano di reclutamento di agenti di polizia penitenziaria necessario a garantire la sicurezza nelle carceri;

   se abbia valutato la possibilità di procedere con operazioni di schermatura di rete nell'area delle carceri così da impedire contatti con l'esterno tramite i cellulari.
(3-01998)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GASTALDI e GIACCONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   dal comunicato del sindacato autonomo Osapp, il 27 dicembre 2020, un tentativo di rivolta nel carcere di Cuneo è stato sedato dalla polizia penitenziaria: due detenuti, un italiano (che già si era reso protagonista nel mese di marzo 2020 della rivolta nel carcere di Modena) e uno straniero, hanno dato vita a una protesta devastando una camera di pernottamento e invitando gli altri reclusi a fare lo stesso;

   preme ribadire, ancora una volta, che il problema del carcere di Cuneo è divenuto serio ed incontrollato tanto che il personale è stanco di subire invettive gratuite da parte di detenuti che sembrerebbero agire in tale modo perché certi di restare impuniti;

   la situazione è intollerabile, tanto da necessitare di un energico intervento da parte dei vertici dell'amministrazione penitenziaria, che a livello regionale è al corrente della grave situazione vigente in cui versa il personale di polizia penitenziaria ormai allo stremo delle forze –:

   se il Ministro interrogato non reputi necessario ed indifferibile farsi promotore, per quanto di competenza, delle iniziative necessarie, eventualmente anche sul piano disciplinare, volte a riaffermare il dovere di rispettare le regole interne a garanzia generale del mantenimento dell'ordine e della sicurezza.
(4-07960)


   ZIELLO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   lo storico edificio sede del Tribunale e degli uffici giudiziari di Pisa da anni non riceve i necessari interventi di manutenzione straordinaria tanto che oggi, è quasi del tutto inagibile a causa degli allagamenti e delle infiltrazioni di acqua piovana dal tetto che si verificano da anni: la stessa presidente del palazzo di giustizia è costretta a lavorare da casa, non per l'emergenza Covid, ma perché il suo ufficio è inagibile come molti altri;

   le infiltrazioni d'acqua dal tetto, che sta anche per cedere strutturalmente, negli ultimi anni hanno infatti reso inagibili e insalubri – con umidità e muffa – anche le stanze degli uffici dei magistrati, alcuni dei quali hanno dovuto spostarsi in altri luoghi ed anche l'archivio è ormai chiuso da anni a causa della muffa;

   risulta che il Demanio, responsabile dell'immobile di piazza della Repubblica, abbia stanziato fondi che però potrebbero non essere sufficienti a sanare i troppi anni di incuria che oggi potrebbero portare alla chiusura del palazzo per velocizzare il cantiere;

   diversi anni fa si era ventilata l'ipotesi del trasferimento del tribunale fuori dal centro, in zona periferica e meno problematica per la fruizione dei servizi: un progetto di ipotesi urbanistica, pagato dal comune, ma poi arenatosi davanti agli alti costi dell'operazione –:

   se il Ministro interrogato, per quanto di competenza, intenda con la dovuta sollecitudine, intervenire su questo problema che rischia di ostacolare la giustizia e, allo stesso tempo, pregiudica fortemente il decoro dell'istituzione e di chi vi lavora.
(4-07963)


   FERRO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il nuovo anno è cominciato con l'ennesima grave violenza ai danni della polizia penitenziaria nel carcere della Dogaia di Prato;

   come si apprende da fonti di stampa, il 2 gennaio 2021 due agenti sono stati trasportati all'ospedale Santo Stefano, riportando la frattura dell'avambraccio e della mano, dopo aver cercato di immobilizzare un detenuto di circa 40 anni, rinchiuso nel circuito di Alta sicurezza e sottoposto a sorveglianza speciale, che stava dando in escandescenze e si era barricato all'interno della cella;

   nel tentativo di riportare la calma, i due agenti hanno cercato di portare fuori il detenuto il quale, resistendo ad ogni tentativo, ha bloccato l'ingresso della cella con un'asta di metallo staccata dal letto, brandendo contro gli agenti uno sgabello di legno, usato come arma;

   il detenuto, noto per il suo comportamento violento, già nei giorni precedenti aveva manifestato atti di aggressione verso gli agenti della polizia penitenziaria;

   la situazione nel carcere della Dogaia resta critica, come duramente denunciato dai sindacati di categoria della polizia penitenziaria, che hanno chiesto alle istituzioni «di migliorare le condizioni di lavoro all'interno del carcere di Prato. Gli agenti sono intervenuti a mani nude, come sempre accaduto del resto. C'è bisogno di più tutele per i dipendenti e occorre prevedere pene giuste per chi si rende responsabile di aggressioni che spesso si concludono con lesioni anche serie»;

   nel carcere della Dogaia attualmente si trovano 610 detenuti su una capienza regolamentare di 581 e con un corpo di polizia penitenziaria che dovrebbe essere di 305 agenti, mentre adesso in forza sono 240. Ne mancherebbero, quindi, 60 per seguire le regole di sicurezza previste dalla pianta organica del carcere –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, accertata la fondatezza e la gravità degli stessi, quali immediate iniziative di competenza intenda assumere per sanare la situazione delle carceri italiane e, in particolare, la significativa carenza di organico, garantendo la necessaria tutela agli agenti di polizia penitenziaria e a tutta la popolazione carceraria.
(4-07968)


   VARCHI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il nuovo anno è cominciato con le carceri al centro delle cronache dei quotidiani nazionali;

   l'ultimo episodio di violenza riportato da agenzie di stampa si è registrato nel carcere siciliano dell'Ucciardone, dove un assistente capo della polizia penitenziaria è stato colpito da un detenuto nella nona sezione;

   secondo una prima ricostruzione dei fatti, sui quali sta indagando la direzione del carcere che ha avviato un'indagine interna, l'agente penitenziario sarebbe intervenuto per sedare la lite tra due detenuti, finendo per essere colpito con ginocchiate nel basso ventre e ricevendo anche qualche morso; mentre secondo una diversa ipotesi l'obiettivo dell'aggressione sarebbe stato proprio l'assistente capo;

   l'ennesimo caso di aggressione ha messo nuovamente in allerta i sindacati di categoria, sempre più preoccupati per il clima di tensione che si respira negli istituti penitenziari italiani, attanagliati da insormontabili difficoltà, in particolare, in termini di sovraffollamento e carenza di organico della polizia penitenziaria che, nonostante le gravi criticità operative, si distingue per capacità professionale e senso del dovere;

   in particolare, gli episodi di violenza nei confronti degli agenti di polizia all'interno delle strutture penitenziarie sono continui su tutto il territorio nazionale, ma negli ultimi anni nulla sembra essere cambiato;

   anche Donato Capece, segretario generale del Sappe, ha recentemente sollecitato il Ministro interrogato e il Capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria a intervenire: «È grave che la recrudescenza degli eventi critici in carcere si è concretizzata proprio quando sempre più carceri hanno introdotto la vigilanza dinamica ed il regime penitenziario “aperto”, ossia con i detenuti più ore al giorno liberi di girare per le Sezioni detentive con controlli sporadici ed occasionali della Polizia Penitenziaria. La situazione nelle nostre carceri resta allarmante e la realtà è che i nostri poliziotti continuano ad essere aggrediti senza alcun motivo o ragione. È intollerabile ed inaccettabile!» –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali immediate iniziative di competenza intenda assumere per sanare le problematiche del carcere dell'Ucciardone, con particolare riguardo alla salvaguardia dell'incolumità del personale di polizia penitenziaria e della sicurezza stessa dell'istituto;

   se e quali iniziative di competenza intenda assumere per ripianare la situazione di grave carenza in cui versa ormai da tempo la pianta organica di polizia penitenziaria presso la casa di reclusione Ucciardone;

   se non ritenga necessario adottare iniziative per rivedere il regime aperto di detenzione e, in particolare, la vigilanza dinamica.
(4-07974)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   nella comunicazione dell'11 dicembre 2019, dal titolo «Il Green Deal europeo» («comunicazione sul Green Deal europeo»), la Commissione ha illustrato un Green Deal per l'Unione e i suoi cittadini. Il Green Deal europeo è una nuova strategia di crescita mirata a trasformare l'Unione in una società giusta e prospera, dotata di un'economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva che nel 2050 non genererà emissioni nette di gas a effetto serra e in cui la crescita economica sarà dissociata dall'uso delle risorse;

   in questo contesto i trasporti ed, in particolare, le ferrovie hanno un ruolo importante quale fattore di svolta trattandosi di uno dei modi di trasporto più rispettosi dell'ambiente ed efficienti dal punto di vista energetico. Sono in massima parte elettrificate ed emettono una quantità di CO2 molto inferiore rispetto al trasporto equivalente su strada o per via aerea. Sono inoltre l'unico modo di trasporto ad aver ridotto in maniera costante le proprie emissioni di gas a effetto serra e di CO2 dal 1990. Il settore ferroviario ha altresì ridotto il proprio consumo di energia tra il 1990 e il 2016 e utilizza una quantità crescente di fonti di energia rinnovabili;

   la rete italiana ha registrato un miglioramento netto delle proprie caratteristiche non solo in termini infrastrutturali ma anche di servizi all'utenza nell'ultimo decennio, tuttavia si rilevano alcuni contesti territoriali in cui permangono ancora chilometri di linee non elettrificate, a singolo binario, in particolar modo in molte regioni del sud Italia e nelle isole e nelle aree interne;

   l'elettrificazione della linea Martina Franca-Gagliano del Capo, compresa la Maglie-Otranto è finalizzata a promuovere l'integrazione della rete di Ferrovie del Sud Est con il sistema ferroviario regionale e nazionale attraverso l'adozione di standard relativi ad interoperabilità e l'aumento di standard di sicurezza a quelli nazionali, attraverso l'adozione del sistema Scmt, che consentiranno di aumentare la velocità commerciale e la capacità del servizio, cioè la frequenza, il numero e la velocità dei treni;

   la realizzazione del progetto permetterà a milioni di lavoratori pendolari, studenti e turisti, grazie alla circolazione di nuovi treni elettrici in sostituzione dei treni diesel, di usufruire di un sistema di trasporto più efficiente, rapido, confortevole e sostenibile da un punto di vista ambientale, economico e sociale;

   il progetto contempla anche la realizzazione di diversi chilometri di barriere antirumore nonché indispensabili e urgenti interventi sui passaggi a livello per aumentare l'affidabilità, i livelli di sicurezza e pertanto la velocità dei treni, la loro puntualità e la loro frequenza;

   l'opera è finalizzata a promuovere l'integrazione della rete di Ferrovie del Sud Est (Fse) con il sistema ferroviario regionale e nazionale e costituisce la naturale prosecuzione della linea Bari-Taranto di Fse già elettrificata e consentirà di connettere la provincia di Lecce, con i suoi 98 comuni e il Salento alla rete nazionale, e viene chiamata «metropolitana di superficie» proprio a causa del servizio che sarà possibile espletare in un territorio così diffusamente antropizzato;

   il valore dell'investimento è di 180 milioni di euro, di cui al momento 130 milioni di euro provenienti dai fondi regionali del Fondo sviluppo e coesione 2014-2020;

   la nuova gestione di Fse ha rivisto significativamente il progetto originario per adeguarlo agli standard tecnici di Rete ferroviaria italiana (gruppo Ferrovie dello Stato Italiane) e alle specifiche tecniche di interoperabilità. Il costo dell'opera è passato da 130 a 180 milioni di euro; ad oggi mancano risorse pari a 50 milioni di euro;

   il progetto, approvato nel 2015 dalla regione Puglia, è rimasto bloccato a causa delle vicende societarie fino al 2017;

   nel corso del 2016, Ferrovie del Sud Est è entrata a far parte del gruppo Fs, secondo quanto previsto dal decreto ministeriale del 4 agosto 2016 a seguito dell'autorizzazione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato diventando a tutti gli effetti una società controllata dal gruppo Fs;

   la società, che opera in qualità sia di gestore dell'infrastruttura sia di impresa ferroviaria, gestisce 474 chilometri di linee ferroviarie e oltre 500 passaggi a livello, con una media di uno ogni 900 chilometri di linea ferroviaria, nelle quattro province meridionali della Puglia, collegando fra loro le città di Bari, Taranto, Brindisi e Lecce e le rispettive province;

   parte del progetto è in corso di realizzazione e prevede già la elettrificazione dei binari per tutti i tracciati in 3 delle 4 province servite, in luogo dell'adozione di treni ad idrogeno;

   ad oggi si registra un avanzamento del 29 per cento circa sull'investimento finanziato e si prevede un'attivazione per fasi a partire dal 2023;

   a dicembre 2020, la giunta regionale pugliese ha adottato una delibera, quale atto che siglerà l'affidamento diretto del contratto di servizio a Ferrovie del Sud-Est per dieci anni, dal 2022 al 2031;

   nella ripartizione delle risorse del Next Generation EU è stata data particolare rilevanza alla rivoluzione verde e alla transizione ecologica, nonché alle infrastrutture per una mobilità sostenibile –:

   se vi siano le risorse necessarie al completamento dell'elettrificazione delle linee ferroviarie della società Fse per realizzare un servizio di trasporto rapido di massa per le province interessate dall'infrastruttura, e se tali risorse siano statali o europee;

   se siano stati valutati progetti alternativi, quali l'acquisto di nuovi treni alimentati a idrogeno e quali siano le determinazioni del Governo al riguardo;

   se non si intenda valutare l'opportunità di inserire tra i progetti da finanziare attraverso il Recovery Fund anche l'opera in questione, atteso che la progettazione è in stato avanzato e il completamento degli interventi è già al 29 per cento;

   se vi siano le risorse necessarie per la soppressione e l'automatizzazione dei passaggi a livello, nonché per il passaggio al sistema Ertms, standard europeo di segnalamento per garantire interoperabilità, affidabilità e sicurezza della rete;

   se non intenda valutare l'opportunità di adottare iniziative per stanziare risorse adeguate per il riammodernamento delle principali stazioni che permettano di rendere attrattivo il servizio consentendo di spostare milioni di passeggeri all'anno verso questa modalità di trasporto e realizzando una concreta intermodalità.
(2-01071) «De Lorenzis, Barbuto, Luciano Cantone, Carinelli, Ficara, Grippa, Marino, Raffa, Scagliusi, Serritella, Spessotto, Termini, Donno, Faro, Ruggiero, Troiano, Vianello, Adelizzi, Davide Aiello, Alaimo, Amitrano, Ascari, Baldino, Massimo Enrico Baroni, Buompane, Businarolo, Cabras, Cadeddu, Cancelleri, Bella».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BUSINAROLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi, come riportato da notizie di stampa (www.veronanews.net del 2 gennaio 2021, www.larena.it del 4 gennaio 2021) un'imponente frana, con un fronte di circa 60 metri, ha invaso la Gardesana, in territorio trentino e a circa 100 metri dall'abitato di Tempesta, al confine con Malcesine;

   lo smottamento ha trasportato circa 500 metri cubi di terra, polvere e detriti, riversandoli completamente sul tratto stradale, creando uno sbarramento alto circa 10 metri, mentre altro materiale è finito nel lago vicino;

   nei giorni scorsi si è svolto un vertice a cui hanno partecipato il sindaco di Malcesine, Giuseppe Lombardi, e il presidente della provincia di Trento, Maurizio Fugatti, per fare il punto della situazione al fine di ripristinare la regolare viabilità sul tratto stradale, che molto probabilmente dovrà restare chiuso per un mese;

   la chiusura della Gardesana, che rappresenta la principale via di comunicazione stradale tra Malcesine e il territorio trentino ed è percorsa quotidianamente anche da studenti e pendolari che da Malcesine e dintorni devono raggiungere Riva del Garda o altri comuni trentini limitrofi, nonché da mezzi di trasporto che dalle località trentine riforniscono molte attività commerciali locali, soprattutto di generi alimentari, provocherà inevitabilmente gravi disagi negli spostamenti;

   fino a che non sarà ripristinata la regolare circolazione nella zona interessata dalla frana gli automobilisti residenti nell'alto Garda veronese che dovranno raggiungere il Trentino saranno costretti a percorrere verso sud la Gardesana fino a Garda, per poi raggiungere Affi, imboccare l'autostrada A22 e la strada statale del Brennero, arrivare a Rovereto Sud e procedere verso Mori e quindi Torbole e Riva, impiegando circa un'ora e mezza;

   per fronteggiare l'emergenza e fino alla riapertura del tratto stradale, la Navigarda ha diramato un comunicato nel quale ha reso noto che, relativamente al prezzo dei biglietti del servizio di trasporto passeggeri sulla tratta Riva-Malcesine, oltre alle tariffe ordinarie, sono stati resi disponibili abbonamenti quindicinali e mensili da euro 53 e da euro 70,50, più la consueta promozione «Conosci il tuo lago»;

   c'è molta preoccupazione tra la popolazione perché non si tratta di un episodio isolato visto che il 7 dicembre 2020 si è verificato un caso analogo su un tratto di strada all'altezza del lago di Loppio, la strada statale trentina 240, che è stata interessata da una frana, meno imponente rispetto a quella attuale, a causa della quale era stata chiusa la strada che collega Torbole con Rovereto, poi riaperta il giorno successivo –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda porre in essere al fine di garantire lo stanziamento di risorse necessarie alla realizzazione di interventi strutturali di messa in sicurezza della strada statale 49 Gardesana, idonei a garantire una viabilità sicura e a consentire gli spostamenti degli automobilisti che quotidianamente attraversano tale tratto stradale, oltre a tutelare lo sviluppo economico delle attività commerciali ubicate sul territorio interessato.
(5-05241)


   QUARTAPELLE PROCOPIO e GARIGLIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   considerate le restrizioni imposte dalla pandemia, è necessario ripensare il modo di spostarsi. Per tornare a risollevare il traffico negli scali aeroportuali occorrerà molto tempo, secondo alcune stime per gli aeroporti di Malpensa e Linate bisognerà attendere il 2023 nella migliore delle ipotesi. Si devono immaginare strategie alternative per garantire la ripartenza dei voli, per il settore e per i cittadini. I modi ci sono, la quarantena fiduciaria all'arrivo da alcuni Paesi è una possibilità, ma bisogna concentrarsi anche sui cosiddetti voli «Covid free»: puntare su corridoi sanitari, voli su cui i passeggeri possono essere imbarcati solo attestando la loro negatività ai test Covid previsti;

   in data 23 novembre 2020 il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti con il Ministro della salute e degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha autorizzato con un'ordinanza l'adesione di Fiumicino alla sperimentazione di voli Covid-tested. La sperimentazione prevede l'imbarco di passeggeri solo a seguito di presentazione di attestato di esito negativo a test molecolare (RT PCR) o antigenico, risalente a non oltre 48 ore prima dell'imbarco. La nuova procedura coinvolge diversi voli internazionali (New York, Atlanta, Francoforte, Monaco di Baviera), con un'unica destinazione italiana: l'aeroporto Leonardo da Vinci di Fiumicino;

   i nuovi protocolli sperimentali coinvolgono esclusivamente l'aeroporto Leonardo da Vinci e lasciano, almeno per ora, escluso il secondo aeroporto italiano per traffico, Milano Malpensa. Tale restrizione ha effetti consistenti per la città e l'aeroporto. Sea, società che gestisce gli scali milanesi, già in data 7 settembre 2020 ha dato la sua disponibilità ai Ministeri interessati ad una piena collaborazione, al fine di coinvolgere altri scali rilevanti sul territorio italiano nella sperimentazione, e trovare soluzioni alternative e sicure per gli spostamenti. In particolare Sea suggeriva di allargare la sperimentazione (già prevista negli aeroporti di Roma per alcune origini dell'area Schengen) di corridoi sicuri (Covid free) dedicati al traffico extra UE;

   Sea, a Milano Malpensa, ha già dimostrato piena capacità di gestione di voli Covid-free e di applicazione dei protocolli annessi. Pur non rientrando, infatti, nella sperimentazione promossa dai Ministeri, in data 26 novembre 2020 da Malpensa è partito il primo volo verso la Cina (Nanchino) totalmente sicuro. In questo caso è stato il vettore, la compagnia Neos a prendere l'iniziativa, coinvolgendo Sea, Gruppo San Donato, Ats Insubria e regione Lombardia; a questo sono seguiti accordi analoghi con Qatar Airways e Turkish Airlines. Per imbarcare i passeggeri sono stati necessari in totale quattro test, tra tamponi e sierologici, nell'arco di tre giorni. L'operazione è attualmente solo una sperimentazione promossa da un privato, ma l'iniziativa ha successo e proseguirà fino al 31 gennaio 2021;

   per garantire questa sicurezza occorre però personale competente; gli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera (Usmaf) già impiegati in alcune realtà aeroportuali e con la regione Lazio per la digitalizzazione del certificato di negatività, potrebbero fornire un supporto valido per lo screening dei passeggeri –:

   se sia in programma di coinvolgere altri scali aeroportuali nazionali nelle sperimentazioni, e quali criteri saranno tenuti in considerazione per la scelta dello scalo.
(5-05243)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LEGNAIOLI, MACCANTI, POTENTI, ZIELLO, PICCHI, LOLINI, BILLI e CARRARA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   organi di stampa toscani di questi giorni relazionano sulla situazione del sistema ferroviario toscano, evidenziando soprattutto come le linee e le infrastrutture della parte costiera non siano adeguatamente valorizzate;

   nello specifico, si sottolinea come, nonostante la Tirrenica sia la seconda linea più moderna d'Italia dove si testano anche treni ad alta velocità, qui oggi vengano utilizzati solo i mezzi più lenti ed obsoleti, con pesanti conseguenze sui tempi di percorrenza a discapito di imprese, lavoratori e pendolari;

   restano peraltro ancora molto frequenti i disservizi su alcune importanti linee ferroviarie, come la Viareggio-Lucca-Pistoia, la Pisa-Lucca-Aulla e Pisa-Firenze;

   l'utilizzo di mezzi obsoleti lungo la Tirrenica, i mancati investimenti sulle linee più strategiche, i disservizi causati e i ritardi sui tempi di viaggio, non aiutano a sostenere il rilancio dell'economia toscana, già pesantemente colpita dai negativi effetti del Covid-19 –:

   se il Ministro non intenda valutare la necessità di adottare le iniziative di competenza per migliorare la rete ferroviaria toscana, in particolar modo per migliorare i tempi di collegamento lungo la Tirrenica e superare le annose criticità lungo le tratte elencate in premessa.
(4-07973)


   MACCANTI, BENVENUTO, CAFFARATTO, GIACCONE, GIGLIO VIGNA, LIUNI, GASTALDI, PETTAZZI, BOLDI, PATELLI e GUSMEROLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   ai sensi del decreto n. 194 del 5 maggio 2020 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero della salute, riguardante aggiornamenti sull'operatività del trasporto aereo in configurazione minima, l'aeroporto di Torino-Caselle rientra tra quelli aperti e operativi;

   al momento, vi sono soltanto due collegamenti giornalieri attivi, operati da Alitalia, da e per Roma-Fiumicino, rispettivamente alle ore 13,10 e 15,15;

   stante l'emergenza sanitaria tuttora in corso, il numero di collegamenti presenti è assai esiguo ed evidentemente inidoneo a soddisfare le esigenze di trasporto – conformi alle restrizioni vigenti – da e per Roma dell'ampia utenza di riferimento dell'aeroporto di Torino-Caselle, come dimostrato dalle difficoltà riscontrate dagli utenti nella ricerca di un posto libero sull'unico collegamento disponibile;

   gli operativi previsti non consentono agli utenti di compiere un viaggia di andata e ritorno in giornata, costringendoli al nightstop, peraltro in condizioni di oggettive difficoltà visto il perdurare dell'emergenza sanitaria e della chiusura delle strutture ricettive;

   i collegamenti ferroviari tra Torino e Roma, alternativi a quelli a mezzo aereo, sono altrettanto ridotti (soltanto due al giorno per direzione) ed, in ogni caso, rispondenti a esigenze di trasporto diverse da quelle del trasporto aereo –:

   se e quali iniziative di competenza intenda intraprendere affinché sia quanto prima aumentato il numero di collegamenti aerei tra Roma e Torino, anche in costanza dell'emergenza sanitaria.
(4-07976)

INTERNO

Interrogazioni a risposta immediata:


   PALAZZOTTO e FORNARO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   secondo i dati del Ministero dell'interno la polizia di frontiera di Trieste e Gorizia, nel periodo che va da gennaio a metà novembre del 2020, ha respinto 1.240 migranti e richiedenti asilo, più del 420 per cento in più rispetto al 2019, quando furono «solo» 237;

   diversi migranti della cosiddetta «rotta balcanica» sono stati respinti a catena fino in Bosnia e in migliaia sono oggi abbandonati al gelo, nei boschi, senza cibo e acqua;

   sui respingimenti condotti al confine sloveno con sempre maggior intensità dalla primavera 2020 emergerebbero delle violazioni delle norme europee ed internazionali sul diritto d'asilo;

   secondo Altraeconomia da metà maggio 2020 le autorità italiane hanno intensificato le «riammissioni» in forza di precise direttive contenute in una circolare del Ministero dell'interno, per quanto consta agli interroganti, mai resa nota;

   anche i richiedenti asilo sarebbero oggetto dei rintracci e delle riammissioni in Slovenia, senza che venga offerta loro la possibilità di formalizzare la domanda di protezione internazionale;

   la normativa italiana ed europea vieta i respingimenti verso uno Stato dove le persone possono subire violenze e abusi o quando esista tale rischio attraverso il meccanismo del respingimento «a catena». È ormai ampiamente documentato come i poliziotti sloveni consegnino i migranti ai colleghi croati che li riportano – spesso utilizzando violenza – in Bosnia, fuori dal perimetro dell'Unione europea;

   quanti dei respinti dall'Italia si ritrovino oggi nei boschi bosniaci al gelo, tra la vita e la morte, è un dato difficile da ricostruire. Secondo l'organizzazione non governativa Ipsia sarebbero uno su dieci;

   dalla Bosnia in questi giorni arrivano immagini drammatiche: sono circa 3.000 i migranti – in fuga da guerra, persecuzioni e trattamenti inumani e a cui l'Europa dovrebbe garantire accoglienza e protezione – intrappolati nei boschi e sotto la neve per l'evidente incapacità dell'Unione europea di governare i flussi migratori;

   i racconti delle violenze subite da coloro che hanno tentato di varcare il confine con la Croazia sono agghiaccianti: picchiati e abbandonati da forze di polizia comunque appartenenti all'Unione europea –:

   se il Governo non intenda adottare le iniziative di competenza per sospendere le cosiddette «riammissioni informali» con la Slovenia prevedendo che eventuali riammissioni avvengano solo previo esame delle situazioni individuali, in osservanza delle norme in materia, tenuto conto dei trattamenti inumani e degradanti che subiscono i migranti a seguito dei «respingimenti a catena» tra Slovenia, Croazia e Bosnia-Erzegovina.
(3-02003)


   LOLLOBRIGIDA, MELONI, ALBANO, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il decreto emanato dal Ministro dell'interno il 31 gennaio 2019, di modifica del decreto del 23 dicembre 2015, recante modalità tecniche di emissione della carta d'identità elettronica, ha sancito il ritorno sulla carta di identità elettronica della dicitura «padre» e «madre», in luogo di quella di «genitori»;

   la disposizione scaturisce da un dibattito più volte affrontato e culminato con la «scelta» normativa del ripristino delle vecchie diciture, anche considerando il fatto che i termini proposti avrebbero profondamente mortificato tutti quei genitori che vivono con normalità ma anche con orgoglio la propria genitorialità;

   è importante ribadire che definire un padre ed una madre semplicemente come «genitore 1» e «genitore 2» ad avviso degli interroganti significa svilire quel concetto di famiglia, i cui diritti sono espressamente riconosciuti dalla Costituzione;

   tuttavia, sembrerebbe in circolazione una bozza di decreto ministeriale che metterebbe in atto il meccanismo per ripristinare la parola «genitori» al posto di «padre» e «madre», iniziando dalle carte di identità elettroniche dei minori valide per l'espatrio;

   la volontà del ripristino dei termini «superati» dall'attuale normativa traspare anche dalle dichiarazioni della Ministra interrogata che, in risposta ad un atto di sindacato ispettivo in Senato, ha affermato che: «Il Garante per la protezione dei dati personali ha di recente comunicato di aver ricevuto segnalazioni in merito a delle criticità nell'applicazione del decreto del 2019», proseguendo che sarà possibile l'adeguamento delle carte di identità per le coppie omogenitoriali, previa la necessaria modifica normativa –:

   se sia vero quanto descritto in premessa e quale sia lo stato dell'iter dell'atto proposto con cui si intendono apportare delle modifiche che sanciscono un ulteriore cambio delle denominazioni sulle carte di identità dei minori.
(3-02004)

Interrogazione a risposta orale:


   ASCARI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   secondo alcuni articoli di stampa, in questi ultimi mesi è stato impossibile procedere ad espulsioni di alcuni di soggetti di cittadinanza marocchina dall'Italia verso il Marocco;

   la nostra legislazione, infatti, permette di procedere ad espulsione di soggetti, su loro richiesta, che risultano essere stati condannati e ai quali rimane da scontare non più di 24 mesi di pena;

   tuttavia, secondo quanto riportato, il Marocco starebbe rigettando le varie richieste di rimpatrio di questi condannati sostenendo che il Paese «è chiuso per COVID»;

   tale atteggiamento appare del tutto infondato, in quanto sono possibili continui trasferimenti aerei tra questi due Paesi, date che le rotte aree da e verso il Marocco non risultano al momento aver subito alcuna interruzione;

   per tali ragioni, appare del tutto pretestuosa la scusa avanzata dal Marocco al solo fine di respingere propri cittadini, condannati in Italia –:

   di quali informazioni disponga in merito alle notizie di cui in premessa e quali iniziative di propria competenza intenda attivare al fine di garantire che i cittadini di cittadinanza marocchina possano essere espulsi verso il proprio Paese, ovvero indagare per quali ragioni il Marocco, come quest'ultimo ha dichiarato, sarebbe chiuso per COVID ed eventualmente procedere all'adozione di limitazioni o sospensione dei trasferimenti di persone da e per tale Paese.
(3-01999)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TORTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il Fondo edifici di culto (Feg) è un organo dello Stato con personalità giuridica, il cui legale rappresentante è il Ministro dell'interno ed è amministrato per mezzo della direzione centrale per l'amministrazione del Fondo edifici di culto e dalle prefetture in sede periferica;

   il compito del Fondo è di conservare le chiese aperte al culto pubblico, affidandole in uso all'autorità religiosa, e di assicurare il restauro e la conservazione degli edifici stessi e delle opere d'arte in essi custodite;

   il patrimonio del Fondo edifici di culto è costituito da beni di varia natura, ma principalmente da edifici sacri, tra quali risulta anche la Chiesa dei Riformati denominata Santa Chiara di Bucchianico; allo stato attuale la chiesa di Santa Chiara presenta problemi di conservazione del tetto con travi cedute che hanno causato anche la lesione di alcune parti che fanno ipotizzare un possibile e imminente cedimento;

   attualmente l'accesso alla chiesa è vietato a causa delle problematiche esposte;

   si rende necessario quindi un intervento di restauro dell'edificio al fine di ripristinare l'edificio di culto –:

   quali iniziative di competenza il Governo abbia intrapreso o intenda intraprendere relativamente ai problemi strutturali rilevati, al fine di attivare le opportune procedure per la tutela, la conservazione e il restauro della chiesa di Santa Chiara e restituirla alla città di Bucchianico, anche con opportuni finanziamenti.
(4-07967)


   FOTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 20 dicembre 2020 si è svolto, giusta la convocazione e secondo quanto previsto dalla normativa vigente, il consiglio comunale di Sarmato (Pc) in video conferenza e per mezzo della piattaforma Lifesize;

   nella detta seduta, così come verificabile dalla registrazione della stessa, risulta essere stata formulata un'incalzante richiesta al consigliere Piero Sasso, da parte di vice-sindaco, sindaco e segretario comunale, volta a conoscere da quale luogo egli stesse collegandosi, contestando che in ragione dell'ora (circa le 24) il fatto di non trovarsi presso la propria abitazione costituiva violazione delle prescrizioni in vigore per il contrasto della diffusione del Covid-19, segnatamente quelle riguardanti il cosiddetto «coprifuoco» dalle 22.00 alle 5.00;

   risulta all'interrogante che, il giorno successivo, il predetto consigliere Sasso abbia notiziato dell'accaduto sia il Garante della privacy sia la locale stazione dei Carabinieri, avendo ravvisato nella insistenza dei quesiti postigli dalle sopra menzionate figure un arbitrario esercizio delle funzioni, oltre che la violazione del diritto alla di lui privacy, pur non avendo problemi ad illustrare agli stessi, con cristallina trasparenza, le ragioni per le quali il collegamento veniva effettuato al di fuori dell'immobile in cui ha eletto la propria residenza;

   il predetto consigliere, infatti, in ragione della precaria connessione alla rete internet, quando effettuata dal luogo di residenza, si era già trovato nella condizione, ampiamente nota al sindaco, di dover richiedere l'utilizzo di una postazione fissa all'interno della sede del comune di Sarmato al fine di tentare, invero senza successo, di partecipare alle adunanze del consiglio comunale di Sarmato, e ciò per potere espletare le proprie funzioni, così come dovrebbe essere a norma di legge garantito a tutti I componenti delle assemblee di carattere elettivo;

   va evidenziato che, stanti le vigenti normative, sia obbligo dell'ente locale garantire ai consiglieri il diritto di partecipare alle adunanze dei consigli comunali;

   al fine di non gravare eccessivamente sulla macchina comunale il consigliere Sasso ha provveduto, per la seduta del 20 dicembre 2020, ad organizzarsi autonomamente presso altro luogo in cui il segnale internet per la connessione dati risultasse adeguato;

   l'atteggiamento in sostanza inquisitorio di vice-sindaco, sindaco e segretario comunale, appare all'interrogante del tutto inopinato, vuoi con riferimento alla normativa vigente in materia di privacy, vuoi in ordine alla pretesa secondo cui il consigliere Sasso avrebbe dovuto collegarsi dalla propria residenza alla rete internet, circostanza quest'ultima che non trova legittimazione normativa e giuridica alcuna –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra rappresentati e quali iniziative per quanto di competenza, intenda assumere al fine del pieno rispetto delle norme vigenti in materia di svolgimento delle sedute dei consigli comunali in video conferenza, di cui in particolare all'articolo 73 del decreto-legge n. 18 del 2020, e per chiarire in maniera univoca le modalità legittime di collegamento, quando il consiglio comunale si svolga mediante piattaforme per le video conferenze, dal luogo che i consiglieri ritengano più idoneo, purché sia garantita la riconoscibilità dei consiglieri stessi.
(4-07987)


   FERRARI, CENTEMERO, MOLTENI e ZOFFILI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la situazione sicurezza nel comune di Merate, ed in particolare nelle località di Sartirana e Cassina, è oramai insostenibile; molteplici i furti e i tentativi di furto, anche in presenza dei legittimi inquilini negli appartamenti presi di mira;

   l'ultimo si è registrato il 30 dicembre 2020, culminato con l'inseguimento e le minacce al sindaco di Merate, Massimo Panzeri. Nello specifico, il sindaco, rientrando a casa dal municipio intorno alle 19.00, in via Monte Grappa, attirato dal fare sospetto di due individui appostati a bordo di un furgone, si è qualificato chiedendo loro cosa stessero facendo ed i due estranei hanno reagito bruscamente, insultandolo pesantemente, minacciandolo di morte se non se ne fosse andato e poi rincorrendolo con fare minaccioso; sul posto sono successivamente accorsi i militari dell'Arma e gli agenti di polizia locale, ma della coppia nessuna traccia;

   poco prima, alle 18.00 circa, lo stesso sindaco aveva già contattato i carabinieri per un altro furto in via Isonzo e poco dopo, intorno alle ore 21, un altro ancora è stato registrato in un appartamento in via Resegone;

   ad agire sembra sia una banda di ladri dell'Est europeo che, nell'ultimo mese, tra Sartirana e Cassina, ha colpito in via Volta, via Fontane, via Tagliamento, via Isonzo e poi ancora in via Falcò, via Marconi, via Righi, via Stoppani e via Madonna del Bosco;

   sindaco e residenti sono oramai esasperati ed il clima è incandescente, tra la rabbia dei cittadini e la spregiudicatezza dei ladri –:

   se e quali urgenti iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per garantire la dovuta sicurezza ed incolumità ai cittadini di Merate ed agli amministratori locali;

   se il Ministro interrogato non ritenga necessario rivedere la strategia d'impiego delle forze dell'ordine, utilizzandole maggiormente nel contrasto alla criminalità, invece che dispiegarle, come accaduto durante le festività natalizie, «a contrasto» dell'esercizio della libertà personale dei cittadini italiani, quasi che si trattasse di un popolo di sediziosi.
(4-07988)

ISTRUZIONE

Interrogazioni a risposta immediata:


   TOCCAFONDI, ANZALDI, NOBILI, FREGOLENT e D'ALESSANDRO. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   secondo il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 dicembre 2020, efficace fino al 15 gennaio 2021, l'attività didattica in presenza per seconda e terza media e per le superiori sarebbe dovuta riprendere il 7 gennaio 2021 sull'intero territorio nazionale per il 75 per cento degli studenti;

   il 4 gennaio 2021 il Consiglio dei ministri ha stabilito di rinviare dal 7 all'11 gennaio 2021 l'apertura delle scuole, con la riduzione della presenza al 50 per cento, decisione che in sostanza viene letteralmente travolta dalle ordinanze delle regioni: solo il Trentino-Alto Adige ha riaperto regolarmente il 7 gennaio 2021, mentre l'11 gennaio 2021 le lezioni sono ricominciate esclusivamente in Toscana e Valle D'Aosta. Nelle altre regioni si procederà ad una riapertura in ordine sparso: Lazio e Liguria il 18 gennaio 2021, Emilia-Romagna e Umbria il 25 gennaio 2021, Sicilia il 30 gennaio 2021, solo per citarne alcune;

   una decisione, quella del rinvio per le lezioni in presenza, seguita all'intesa tra Governo e gli enti locali del 23 dicembre 2020 che prevedeva la riapertura il 7 gennaio 2021, con l'aumento dei mezzi pubblici in ingresso ed uscita da scuola, lo scaglionamento degli orari, una corsia preferenziale per i tamponi e il tracciamento dei contagi anche attraverso l'ausilio dei militari. A tale decisione era seguita la convocazione dei tavoli provinciali da parte dei prefetti per fornire indicazioni compiute area per aerea;

   la presenza degli studenti nelle aule dall'inizio di settembre 2020 si è limitata a poche settimane, dopo la lunga chiusura dello scorso anno scolastico. Una situazione che incide ed inciderà gravemente sulla crescita delle nuove generazioni ed aumenta il gap educativo tra gli studenti, con particolare riguardo delle famiglie più svantaggiate. È una condizione che si ripercuote anche sul fenomeno dell'abbandono scolastico che, secondo una ricerca dell'Ipsos, interesserebbe 34 mila studenti che a fine anno, a causa della pandemia, potrebbero aggiungersi al numero dei ragazzi annualmente cronicamente dispersi;

   la decisione di rinviare l'apertura delle scuole avviene in assenza di dati scientifici certi, dato che il 30 dicembre 2020 l'Istituto superiore di sanità ha pubblicato uno studio secondo il quale solo il 2 per cento dei focolai documentabili sarebbe chiaramente riconducibile all'ambito scolastico;

   dall'inizio dello stato di emergenza ad oggi ben poco è stato fatto per predisporre la reperibilità di dati certi sull'andamento e sulle eventuali modalità del contagio negli edifici scolastici, condizione necessaria per garantire la didattica in presenza –:

   quali iniziative intenda adottare, in riferimento a quanto esposto in premessa, affinché sia garantita in maniera tempestiva ed in sicurezza la riapertura delle scuole, anche prevedendo una campagna vaccinale straordinaria ed urgente che interessi il personale scolastico.
(3-02005)


   SASSO, TOCCALINI, MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CARRARA, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, FIORINI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GARAVAGLIA, GASTALDI, GAVA, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GIORGETTI, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUIDESI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, LUCENTINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MATURI, MINARDO, MOLTENI, MORELLI, MORRONE, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLIN, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RAVETTO, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZANELLA, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   sulla ripresa in presenza delle lezioni è scontro all'interno della stessa compagine governativa e secondo gli interroganti l'assoluta incapacità di decisioni chiare e precise sta creando forti disagi psico-sociali sugli studenti e organizzativi sulle famiglie;

   nonostante la preannunciata riapertura delle scuole secondarie da parte del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro interrogato il 7 gennaio 2021, contro il parere dei Ministri della salute e per gli affari regionali e le autonomie, senza alcun debito preavviso per studenti, famiglie e dirigenti scolastici che si erano adoperati per questo, la stessa è stata rinviata prima all'11 gennaio 2021, poi si è prospettato il 18 gennaio 2021 e sembra vi siano attualmente in corso ulteriori variazioni;

   dinanzi all'evidente incapacità del Governo di adottare tutte le possibili misure per garantire la ripresa delle lezioni in sicurezza, supponendo fossero bastati dei banchi a rotelle monoposto, alcune regioni hanno dovuto – con il nuovo anno – decidere da sé sul rinvio della riapertura;

   è evidente quanto, dallo scoppio della pandemia ad oggi, la scuola non abbia rappresentato per il Governo in carica una priorità, disattendendo persino le indicazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità e del Centro europeo per il controllo delle malattie, che hanno raccomandato la chiusura delle scuole come ultima risorsa;

   l'Italia, infatti, è il Paese europeo che più a lungo ha tenuto le scuole chiuse ed i ragazzi in didattica a distanza, senza peraltro garantire una copertura capillare della medesima didattica a distanza;

   invero, ben altre iniziative il Governo avrebbe potuto intraprendere per dotare gli istituti scolastici delle giuste misure di sicurezza e di prevenzione dei contagi: non soltanto un potenziamento dei mezzi pubblici e di tracciamento del virus, ma anche interventi diretti sui plessi di installazione di termoscanner e nuovi sistemi di aerazione;

   al pari di uffici pubblici, aeroporti, stazioni, centri commerciali e altri, infatti, una priorità del Ministro interrogato avrebbe dovuto essere la dotazione di termoscanner per tutti gli istituti scolastici; parimenti, avrebbe dovuto, d'intesa con il Ministro della salute, adoperarsi perché potessero essere effettuati all'ingresso delle scuole, con cadenza quindicinale, test rapidi a tutta la popolazione scolastica, così da poter ridurre sensibilmente i rischi di contagio e diffusione del virus;

   si evidenzia, peraltro, che la comunità scientifica nazionale ed internazionale concorda sulla ventilazione meccanica controllata quale strumento capace di scongiurare la diffusione del virus nelle classi e assicurare la salubrità degli ambienti scolastici –:

   se il Governo abbia un piano concreto e realmente efficace sulla ripresa delle lezioni in sicurezza per centinaia di migliaia di studenti, ovvero intenda ancora tenerli sospesi, appesi a decisioni non prese e rinviate di settimana in settimana e se l'eventuale pianificazione contempli le misure illustrate in premessa.
(3-02006)


   VACCA, CASA, BELLA, CARBONARO, CIMINO, DEL SESTO, IORIO, MARIANI, MELICCHIO, RICCIARDI, TESTAMENTO, TUZI e VALENTE. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   il periodo emergenziale derivante dalla pandemia da COVID-19 ha comportato una pletora di scelte organizzative all'interno delle istituzioni scolastiche tali da assicurare elevati standard di sicurezza sanitaria, al fine di permettere la frequenza in presenza degli studenti e delle studentesse nonché quella dell'intero personale scolastico;

   molte regioni hanno imposto – nonostante la certosina organizzazione delle istituzioni scolastiche e le ingenti risorse umane ed economiche investite per la ripresa dell'attività didattica in presenza – la chiusura delle scuole e l'utilizzo della didattica a distanza;

   ancor di più, nonostante i molteplici decreti del Presidente del Consiglio dei ministri che si sono susseguiti nel periodo emergenziale avessero previsto almeno la frequenza in presenza degli alunni della scuola dell'infanzia e del primo ciclo, diversi presidenti di regione hanno deciso diversamente creando, a parere degli interroganti, un danno enorme nella formazione culturale degli alunni;

   molteplici e autorevoli studi scientifici, invece, hanno confermato che la scuola non è da annoverarsi tra i luoghi in cui si sviluppano focolai. In particolare, un recentissimo studio effettuato da un gruppo di ricercatori ha incrociato dati del Ministero dell'istruzione, banche dati, Istituto superiore di sanità e regionali dal 14 settembre al 7 novembre 2020 sul 97 per cento delle scuole italiane, ovvero 7,3 milioni studenti e 770 mila insegnanti. E il risultato emerso evidenzia un ruolo tutt'altro che decisivo della scuola ai fini del contagio della seconda ondata COVID-19;

   quindi, risulta difficilmente giustificabile per famiglie, alunni e personale scolastico il perdurare della chiusura delle aule scolastiche e il mancato ritorno degli alunni delle scuole secondarie di secondo grado in presenza, nonostante l'accordo sottoscritto tra il Governo e i presidenti di regione che il 23 dicembre 2020 all'unanimità avevano concordato di riaprire i cancelli il 7 gennaio 2021;

   autorevole letteratura scientifica segnala preoccupanti divari formativi che l'uso prolungato della didattica a distanza sta provocando agli studenti e gravissimi danni psicologici e relazionali correlati all'uso prolungato dell'isolamento derivante dalla didattica a distanza –:

   quali interventi il Ministro interrogato intenda adottare a tutela degli studenti per prevenire eventuali gap formativi e disagi derivanti dall'emergenza epidemiologica in corso.
(3-02007)


   PICCOLI NARDELLI, DI GIORGI, LATTANZIO, NITTI, ORFINI, PRESTIPINO, ROSSI, GRIBAUDO, ENRICO BORGHI e FIANO. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   a causa dell'emergenza sanitaria dallo scorso anno scolastico si assiste ad una forzata sospensione, anche per periodi prolungati, delle attività didattiche in presenza;

   per tutelare comunque il diritto allo studio degli studenti sono state messe a disposizione delle scuole e degli studenti iniziative e strumenti per favorire l'apprendimento a distanza, attraverso la modalità della didattica a distanza/didattica digitale integrata che ha permesso, al mondo della scuola, di non interrompere l'attività didattica;

   per garantire la fornitura di dispositivi e di connessioni internet per la didattica a distanza e per la didattica digitale integrata, sono stati assegnati alle scuole oltre 170 milioni di euro, 115 milioni di fondi del Programma operativo nazionale per smart classes e devices e inoltre assegnati 1.000 assistenti tecnici per le scuole del primo ciclo;

   considerata l'attuale situazione emerge la necessità di conoscere l'effettivo impatto della «perdita di apprendimento» prodotta dalla pandemia;

   un recente report di Ipsos-Save the children, basato sulle dichiarazioni di un campione di studenti, rileva che circa il 35 per cento si sente più impreparato di quando frequentava in presenza e circa il 37 per cento lamenta un peggioramento nelle capacità di concentrazione e studio;

   altri Paesi già da settembre 2020 hanno condotto studi di approfondimento sulla preparazione degli studenti e sugli effetti della didattica a distanza; in Olanda e in Francia, ad esempio, il sistema dei test ha permesso di accertare un ritardo negli apprendimenti dei bambini della primaria pari al 20 per cento e meno del 33 per cento degli apprendimenti risultato, invece, negli studenti americani;

   lo scorso anno scolastico, a causa dell'emergenza sanitaria, le prove standardizzate Invalsi relative all'anno scolastico 2019/20 non sono state svolte;

   oggi, più che mai, si ha quindi bisogno di una descrizione analitica degli esiti di apprendimento per realizzare iniziative di recupero e/o integrazione efficaci –:

   come il Ministro interrogato intenda rilevare e misurare eventuali perdite di apprendimento e, in tal caso, se non intenda considerare un recupero formativo e didattico o un eventuale prolungamento dell'anno scolastico in corso.
(3-02008)


   APREA, CASCIELLO, GELMINI, MARIN, PALMIERI, SACCANI JOTTI e VIETINA. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   nell'emergenza COVID, lo svolgimento della didattica in presenza o a distanza ha occupato il dibattito politico evidenziando forti contrasti all'interno della stessa maggioranza e un conflitto tra istituzioni, che ha visto le regioni assumere decisioni in ordine sparso dando vita a una scuola «arlecchino» quale segno che molto non ha funzionato nel leale rapporto tra Governo e regioni;

   il destino scolastico degli studenti è apparso legato esclusivamente all'andamento dei contagi in un panorama in cui la Ministra interrogata a giudizio degli interroganti ha colpevolmente trascurato i fattori che concorrono alla prevenzione e alla cura sanitaria dei giovani e degli insegnanti;

   sono mancati interventi sui mezzi di trasporto correlati all'articolazione delle lezioni, la necessità di presidi sanitari ed équipe psicopedagogiche per sostenere gli studenti e i docenti – e le famiglie – nella prevenzione, tamponi rapidi, tracciamento ed eventuali tamponi molecolari;

   è mancata la stabilità delle e nelle decisioni in presenza di variabili che mutano e la mancanza di un orizzonte temporale in grado di dare indicazioni per intervalli di tempo maggiori di qualche giorno;

   la Ministra interrogata non può dichiarare che la didattica a distanza non ha funzionato quando ciò che non ha funzionato sono stati, soprattutto, l'indicazione e il sostegno ministeriale a una nuova didattica, quando ancora oggi non si conoscono quanti studenti delle superiori hanno usufruito agevolmente della didattica a distanza per le condizioni di rete e che qualità e tipologia di didattica a distanza è stata proposta;

   secondo un rapporto di Save the children, in seguito all'adozione della didattica a distanza riproduttiva delle lezioni in presenza, con difficoltà reali di connessioni e assenza di dispositivi adeguati, si prevedono «34 mila nuovi dispersi»;

   in Campania, in cui la scuola non ha praticamente aperto, il piano predisposto dai prefetti non ha coinvolto i dirigenti scolastici, non ha tenuto conto dell'organizzazione dei trasporti e delle difficoltà organizzative legate al piano di riapertura rappresentate dai dirigenti; in alcuni casi è stata prevista la distribuzione delle classi anche dove mancano le aule ed è stato vietato il rientro in presenza per l'utilizzo dei laboratori;

   è mancata la considerazione del potenziale delle scuole paritarie e la sottoscrizione di patti educativi territoriali tra queste e le scuole statali –:

   considerato che il primo quadrimestre è compromesso, se siano allo studio modalità compensative della didattica a distanza, con progetti personalizzati come percorsi di recupero, lavori per piccoli gruppi e soprattutto se non sia il caso, già ora, di prevedere la prosecuzione fino a luglio dell'anno scolastico quando il rischio di contagio sarà minore.
(3-02009)


   ROSPI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   a causa della pandemia globale da Coronavirus che ha colpito il Paese, dal mese di marzo 2020 il Governo ha optato quale misura per limitare il diffondersi del virus la chiusura totale delle scuole di ogni ordine e grado e l'adozione della didattica a distanza, provocando danni altissimi alla crescita socio-pedagogica degli studenti italiani, soprattutto nei confronti degli alunni più piccoli che frequentano le scuole elementari e medie;

   con l'avvio del nuovo anno scolastico molti dei problemi già vissuti durante il primo lockdown, quali la mancanza di spazi adeguati, l'adeguamento degli istituti alla normativa anti-COVID, le difficoltà nel gestire i momenti più concitati (quali entrata e uscita da scuola), la mancata consegna dei banchi monoposto e dei dispositivi di protezione individuali sono rimasti irrisolti e hanno portato nuovamente alla chiusura degli istituti e all'utilizzo della didattica a distanza;

   il Ministro interrogato nei mesi scorsi per mezzo stampa ha più volte annunciato che avrebbe risolto entro il mese di ottobre 2020 tutti i problemi sopra citati al fine di permettere il giusto distanziamento sociale previsto dalle direttive anti-COVID. Purtroppo molti di quei problemi permangono ancora oggi;

   con la seconda ondata molti istituti sono stati nuovamente chiusi e in vista dell'imminente terza ondata una nuova chiusura totale delle scuole porterebbe serie ripercussioni sociali, come dimostrato dalle manifestazioni di piazza di questi giorni, oltre ad incentivare l'abbandono scolastico e l'impoverimento culturale, soprattutto per i bambini e gli adolescenti che più di altri hanno bisogno di socializzare con i propri coetanei per formare il proprio carattere e la propria personalità;

   la didattica a distanza non può essere considerata come la trasposizione della lezione in presenza sul formato digitale e non è possibile immaginare che si possano tenere gli studenti inchiodati davanti allo schermo di un personal computer per ore a seguire le lezioni come fossero in presenza;

   risulta inaccettabile che dopo quasi un anno dalla chiusura delle scuole non sia stata ancora trovata una soluzione per il definitivo rientro in aula degli studenti, né nessuna azione concreta sia stata messa in atto per garantire una riapertura definitiva e in sicurezza –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere per riaprire in totale sicurezza tutti gli istituti scolastici di ogni ordine e grado al fine di far tornare i ragazzi nelle aule o, in alternativa, per implementare la didattica a distanza in modo da evitare che nessun ragazzo rimanga indietro nel proprio percorso di studio.
(3-02010)

Interrogazione a risposta scritta:


   TOCCALINI, COLMELLERE, DE ANGELIS, MATURI, PATELLI, RACCHELLA e SASSO. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   nel mese di marzo 2020, con l'esplosione della pandemia da Covid-19, la scuola italiana ha dovuto chiudere improvvisamente ed è stata chiamata a reinventarsi per assicurare agli studenti di ogni ordine e grado la continuità dell'istruzione;

   nei primi mesi, il Ministro interrogato non ha emanato alcuna direttiva lasciando a ciascun istituto l'onere di scegliere se e con quali strumenti mantenere il rapporto con gli studenti con il triste risultato di generare un enorme divario fra le scuole del Paese a seconda delle infrastrutture disponibili, delle capacità economiche delle singole famiglie e delle attitudini degli insegnanti, che solo in pochissimi casi si erano già misurati con la digitalizzazione dell'insegnamento;

   solo con il protrarsi dell'emergenza, il Ministero è intervenuto per normare la didattica a distanza, ma lo ha fatto, secondo gli interroganti, in modo blando continuando a lasciare gli oneri maggiori sui dirigenti scolastici chiamati a scegliere quale piattaforma utilizzare per le lezioni e senza definire le modalità con cui gli insegnanti fossero tenuti ad assicurare una congrua presenza in modalità sincrona con il risultato di generare ulteriore frammentazione e lasciare indietro gli studenti che hanno difficoltà di connessione o che vivono in condizioni di marginalità;

   si è giunti così al paradosso per cui i più fortunati riuscivano a seguire lezioni su zoom di 40 minuti (perché le scuole non avevano la possibilità di mettere a disposizione degli insegnanti un'utenza premium per assicurare connessioni più lunghe) e ricevevano spiegazioni con messaggi audio su Whatsapp;

   il Ministero dell'istruzione ad oggi si è quindi limitato a suggerire alle scuole di scegliere una delle piattaforme che le principali major tecnologiche hanno messo a disposizione gratuitamente per il 2020;

   a distanza di 10 mesi, il Ministero dell'istruzione non ha ritenuto opportuno stringere un accordo con gli stessi per assicurare la continuità dell'offerta dei servizi;

   il Ministero dell'istruzione, ad avviso degli interroganti, non ha tenuto in adeguata considerazione la natura commerciale e finanziaria di questi grandi colossi ed i rischi in termini di acquisizione di dati sensibili e vantaggi competitivi, pur in applicazione del regolamento europeo per il trattamento dei dati personali (Gdpr) attuato con decreto n. 101 del 2018;

   al rientro a scuola oggi gli insegnanti hanno tristemente dovuto constatare che per il 2021 non hanno più a disposizione gratuitamente la versione avanzata delle piattaforme bensì quella base, che non permette il collegamento dell'intera classe o la gestione di file pesanti;

   ad oggi il Ministero dell'istruzione non ha informato i dirigenti scolastici sulla questione e non ha stanziato fondi per il pagamento dei canoni richiesti che rappresentano per le scuole una voce di costo ingente, assolutamente non preventivata e che certamente non tutti gli istituti sono capaci di affrontare –:

   se il Ministro interrogato intenda realizzare una piattaforma pubblica nazionale per la didattica a distanza e la didattica digitale integrata al fine di garantire uniformità di accesso gratuito a tutte le scuole, un sistema standard e, come tale, inclusivo per aiutare gli insegnanti a svolgere il proprio lavoro secondo forme complementari ed aggiuntive di apprendimento e una modalità trasparente per garantire in modo ancora più stringente la privacy degli utenti, moltissimi dei quali sono minori;

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda attuare per accelerare la nascita di una piattaforma progettata ed elaborata da soggetti pubblici;

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per gestire la didattica a distanza nel tempo necessario per attivare una piattaforma ad hoc, laddove l'unica alternativa è rappresentata dal servizio di base gratuitamente messo a disposizione dai soggetti privati che si è già rivelato inadeguato rispetto alle esigenze della didattica.
(4-07966)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XI Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'interrogante già con l'interrogazione n. 5-05184, del 17 dicembre 2020, metteva in evidenza gli ingiustificati ritardi dell'Inps, a quasi due anni dall'istituzione del reddito di cittadinanza, nel completare l'iter che consente di poter effettuare tutti i controlli previsti dalla legge, per poter respingere le istanze di chi non possiede i requisiti per ottenere il beneficio, al fine di evitare frodi. A tale scopo, sono stati chiesti chiarimenti sui tempi entro i quali il regime dei controlli in questione sarebbe stato adeguatamente operativo;

   in risposta all'atto summenzionato, il Ministro interrogato non ha dato alcun riscontro sugli inadempimenti dell'Inps e, in sostanza, ha difeso e ritenuto valida l'attività di verifica espletata, allo scopo di attribuire il reddito di cittadinanza;

   il Ministero continua ad ignorare l'inefficienza e le inammissibili carenze che continuano a caratterizzare le procedure di controllo sull'erogazione del reddito di cittadinanza, soprattutto rispetto alla verifica dei precedenti penali dei richiedenti, per escludere dai beneficiari coloro che si sono macchiati di gravi reati legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Sul punto, infatti, non esiste ancora la convenzione che riguarda lo scambio di dati tra Inps e Ministero della giustizia;

   si tratta di un flusso di dati fondamentale, che, a quanto è dato sapere, non sarà operativo ancora per alcuni mesi;

   risulta che il Dipartimento per gli affari di giustizia ha trasmesso all'Inps una bozza di convenzione con le modalità di accesso che l'Inps dovrà usare per entrare nel casellario giudiziale e consultare le informazioni necessarie. Tuttavia, dall'Inps non è arrivato alcun riscontro o osservazione sul testo, che adesso sarà sottoposto al Garante per la privacy;

   a causa dei ritardi e delle mancanze di Inps e Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sono molteplici i casi emersi in questi mesi di persone condannate per mafia e altri gravi reati, che percepivano in maniera illecita il reddito di cittadinanza e non si può certo escludere che vi siano molte altre situazioni illecite, non ancora individuate in assenza dello scambio di dati necessario con il Ministero della giustizia;

   oltre ai ritardi sulla definizione della convenzione, si aggiunge l'incertezza sull'adeguatezza dei sistemi informatici interessati di Inps e Ministero della giustizia nel sostenere il flusso di dati in questione –:

   entro quali tempi sarà garantito lo scambio di dati tra l'Inps e il Ministero della giustizia, per evitare che tra i beneficiari del reddito di cittadinanza ci siano anche persone che hanno commesso gravi reati come esposto in premessa.
(5-05236)
(Presentata l'11 gennaio 2021)


   ZANGRILLO, POLVERINI, CANNATELLI e MUSELLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nella legge di bilancio per il 2021, recentemente approvata, all'articolo 1, comma 324, il Governo ha istituito un fondo con una dotazione di 500 milioni di euro per l'anno in corso, finalizzato al potenziamento delle politiche attive per il lavoro;

   in un'intervista rilasciata a Repubblica, in data 4 gennaio 2021, la Ministra del lavoro e delle politiche sociali ha dichiarato che la riforma delle politiche attive per il lavoro, insieme a quella degli ammortizzatori sociali, dovrebbe essere approntata nei primi mesi dell'anno;

   sempre nella legge di bilancio, da un lato, è stata introdotta una nuova misura, denominata garanzia occupabilità lavoratori (Gol) quale programma nazionale di presa in carico finalizzata all'inserimento occupazionale, mediante l'erogazione di servizi specifici di politica attiva del lavoro, nell'ambito del patto di servizio di cui all'articolo 20 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150, la cui concreta portata non allo stato di immediata chiarezza, essendone stata demandata l'attuazione ad un decreto della Ministra del lavoro e delle politiche sociali;

   dall'altro, viene recuperato per l'anno 2021 l'assegno di ricollocazione rifinanziandolo per 267 milioni di euro a valere sui fondi europei React EU ed estendendone l'accesso anche ai percettori di Naspi;

   in entrambi i casi appare indispensabile, per la riuscita delle misure messe in campo, una seria e profonda riforma dei centri per l'impiego, che preveda investimenti adeguati in termini di personale altamente qualificato, in infrastrutture informatiche, nonché un efficace coinvolgimento nel sistema delle politiche attive delle agenzie per il lavoro private –:

   quali iniziative concrete di competenza il Governo intenda assumere ai fini della riforma dei centri per l'impiego e con quali tempistiche preveda di realizzarla.
(5-05237)
(Presentata l'11 gennaio 2021)


   DURIGON, GIACCONE, CAFFARATTO, CAPARVI, LEGNAIOLI, EVA LORENZONI, MINARDO, MOSCHIONI e MURELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   le notizie in merito alla crisi di Governo, che appare agli interroganti tutta interna alla maggioranza per questioni «di poltrone» e ruoli, non tranquillizzano affatto per quel che concerne la crisi occupazionale quale conseguenza diretta dell'emergenza epidemiologia da Covid-19;

   secondo l'articolo di stampa del 9 gennaio 2021 su Domani, il Ministro interrogato è in bilico per quanto concerne la riconferma, ma pare che, nel gioco dei tasselli, non importi a nessuno la guida del Dicastero;

   invero, preoccupa molto gli interroganti, specie alla luce di quel che potrà accadere allorquando scadrà il divieto di licenziare;

   sarebbe opportuno piuttosto programmare, sin d'ora, un piano di rilancio dell'occupazione, anche attuando una sostanziosa e strutturale riduzione del costo del lavoro e magari pensando ad una estensione a tutto il territorio nazionale della misura di cui al comma 161 della legge di bilancio 2021, cosiddetto «Decontribuzione Sud» –:

   quali iniziative il Governo stia approntando per salvaguardare i livelli occupazionali nella fase post pandemica e se intenda procedere come suggerito in premessa.
(5-05238)
(Presentata l'11 gennaio 2021)


   BARZOTTI e INVIDIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in Italia, quasi 40 milioni di persone, tra cui la quasi totalità della popolazione più giovane, trascorrono sui social una media di 4 ore e 18 minuti al giorno, visualizzando contenuti, video e dirette social (fonte Audiweb powered by Nielsen) e rendendo internet strumento ormai imprescindibile nella quotidianità di tantissimi italiani, di diverse fasce di età;

   i creatori di contenuti o streamer sono persone fisiche che lavorano con le piattaforme web, che fanno di questo mestiere il loro principale, se non esclusivo, sostentamento e che, secondo alcuni dati aggregati, sono ormai molte decine di migliaia di lavoratori. Durante il lockdown dal 9 marzo al 18 maggio 2020 a causa dell'emergenza sanitaria da Coronavirus Sars-CoV-2, su alcune piattaforme, si è toccata una media giornaliera di ben 26,5 milioni di visitatori negli Stati Uniti e di circa 4 milioni di italiani al mese;

   nel mese di dicembre 2020, alcuni streamer hanno iniziato una mobilitazione on line per chiedere più tutele in quanto, per gli stessi, la piattaforma digitale è diventata un vero e proprio luogo di lavoro. Infatti, i creatori di contenuti risultano essere in posizione di dipendenza sia funzionale che economica rispetto alla piattaforma da cui trasmettono. Inoltre, la loro stessa presenza digitale è condizionata dall'eventuale irrogazione di veri e propri provvedimenti sanzionatori da parte della piattaforma come il cosiddetto «Permaban» (ossia l'espulsione a vita del creatore dalla piattaforma di riferimento a fronte di violazioni di codici di condotta stabiliti dalla piattaforma stessa, con conseguente perdita di storico di lavoro, video, materiali, contenuti e interazioni effettuate sulla piattaforma nel corso degli anni);

   gli streamer non hanno un contatto diretto e limpido con i propri datori di lavoro, né margine di contrattazione sulle modifiche dell'algoritmo che determina la diffusione dei loro contenuti; tale categoria professionale non è riconosciuta dallo Stato, ma si è imponentemente imposta sul mercato soprattutto durante la pandemia e i lavoratori sono totalmente sprovvisti di tutele –:

   se il Ministro interrogato intenda intraprendere iniziative per regolamentare questo tipo di professione che ha caratteristiche inedite rispetto ad altre figure lavorative ed, al momento, risulta in posizione di estrema dipendenza funzionale ed economica da poche piattaforme di lavoro private.
(5-05239)
(Presentata l'11 gennaio 2021)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BUCALO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   i centri autorizzati di assistenza fiscale (C.a.f.) sono stati introdotti nel nostro ordinamento dall'articolo 78 della legge n. 413 del 1991, poi modificata dagli articoli 32 e seguenti del decreto legislativo n. 241 del 1997, al fine di agevolare lavoratori, pensionati e piccole aziende, nell'adempimento degli obblighi fiscali e, migliorare la collaborazione tra contribuenti e fisco, nella fase di predisposizione e presentazione delle dichiarazioni fiscali;

   per le attività indicate nel comma 4 dell'articolo 34 del decreto legislativo n. 241 del 1997 i Caf ricevono un compenso a carico dello Stato; questo è stato, in seguito, riformulato sia con la legge n. 296 del 2006, che con la legge n. 183 del 2011 (cosiddetta «legge di stabilità»), e per finire anche con la legge di bilancio 2016. Proprio con questa, il Governo Renzi ha ridotto nuovamente gli stanziamenti;

   negli anni, il lavoro ai Caf non è affatto diminuito, anzi, la mole di lavoro è diventata sempre più importante. Oggi con il contributo pubblico «tagliato», i centri di assistenza fiscale non riescono a coprire le spese;

   con l'avvento della pandemia (anno 2020), la situazione è diventata ingestibile. In un quadro di già grave crisi economica del Paese, l'aggiunta di nuove norme, come la proroga del «tax credit vacanze», o l'assegno unico alla famiglia, hanno notevolmente caricato il lavoro dei Caf. I dati ufficiali parlano di circa 18 milioni di contribuenti che si sono avvalsi dei servizi assicurativi dei Centri per l'invio dei modelli 730/20 e 8 milioni di nuclei familiari, che qui si sono rivolti, per ottenere la certificazione Isee necessaria all'ottenimento di misure di natura sociale, molte delle quali legate proprio all'emergenza da Covid-19. Ma non è tutto, poiché, in questo mese di gennaio 2021, è prevista una richiesta altissima di rinnovi Isee soprattutto legati al reddito di cittadinanza;

   nell'ultima legge di bilancio (2021), è stato completamente omesso il tema delle risorse ai Caf. Pertanto, questi, resteranno sprovvisti di sufficienti coperture finanziarie per erogare i servizi fondamentali per l'assistenza fiscale ai cittadini –:

   quali iniziative urgenti di competenza il Governo intenda adottare per evitare che i Caf, senza sufficienti coperture, si trovino nell'impossibilità di svolgere l'attività e quindi di continuare a garantire ai cittadini un servizio completamente gratuito.
(5-05240)


   BUCALO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'attività dei patronati è stata riconosciuta nel nostro ordinamento dal decreto legislativo Cps n. 804 del 1947, poi ampliata dall'articolo 12 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori), e dalla legge n. 112 del 1980 (che, tra l'altro, ne sancisce la personalità giuridica di diritto privato);

   successivamente, con la legge 30 marzo 2001, n. 152, si è attuata una vera e propria riforma rivalutando i ruoli e i compiti dei patronati, al fine di tutelare i diritti individuali di qualsiasi cittadino presente sul territorio nazionale o estero per il conseguimento di prestazioni previdenziali, sanitarie e di carattere socio-assistenziale;

   per le attività svolte, i patronati ricevono un finanziamento pubblico attraverso un fondo specifico, accantonato presso gli istituti di previdenza (Fondo patronati), e alimentato da una percentuale dei contributi versati ogni anno dai lavoratori dipendenti. Aliquota che è stata notevolmente ridotta con la legge di stabilità del 2016, assegnata in maniera proporzionale all'attività svolta, su verifica del Ministero del lavoro e delle politiche sociali attraverso i propri ispettori;

   la normativa prevede che, alla fine di ogni anno, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, proceda all'erogazione di acconti e/o saldi del finanziamento pubblico, a fronte della rendicontata attività svolta dai patronati;

   questi, pur avendo prodotto negli anni la necessaria documentazione prevista dalla citata legge n. 152 del 2001, sono ancora in attesa dei saldi relativi al: 2017, 2018 e 2019. Risulta quindi che ad oggi, hanno solo ricevuto acconti sul valore delle attività dichiarate per le indicate annualità;

   il decreto direttoriale n. 36 del 18 marzo 2020 relativo al pagamento della 1a anticipazione per l'anno 2019, peraltro, riporta che «Vista la necessità di dover procedere al pagamento della 1a anticipazione per l'anno 2019, come previsto dal comma 5, articolo 13 della legge n. 152 del 2001, per la quale in mancanza di dati definitivi dell'attività di vigilanza svolta dagli Uffici dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro e dei dati comunicati dall'INPS e dall'INAIL per la predetta annualità, si provvede sulla base della percentuale presuntiva dell'organizzazione e dell'attività svolta nell'anno 2015 dagli Istituti di patronato come da tabella di seguito indicata (...)». Tutto ciò è inaccettabile, poiché le comunicazioni risultano realmente effettuate;

   da evidenziare che nella relazione al Parlamento sui patronati per l'anno 2018 da parte del Ministro del lavoro e delle politiche sociali (prevista dall'articolo 19 della legge n. 152 del 2001), si sottolinea in maniera critica il notevole ritardo con cui gli ispettori territoriali del lavoro trasmettono gli esiti degli accertamenti svolti. Ritardo che quindi dipende esclusivamente dal corretto svolgimento della vigilanza ministeriale ed è funzionale all'erogazione del finanziamento spettante ai patronati –:

   quali iniziative urgenti di competenza intenda adottare per evitare che i continui differimenti dei saldi e dei relativi conguagli dal 2017 al 2019 del «Fondo patronati» (cioè l'unica fonte di finanziamento) mettano a rischio la corretta gestione amministrativa dei patronati, ovvero, la continuità dei servizi ai cittadini.
(5-05247)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CONTE e EPIFANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza economica legata alla pandemia, per il comparto del lavoro autonomo, ha determinato gravissimi contraccolpi; a fronte, infatti, di spese di esercizio della professione invariate, si è determinato spesso un crollo dei fatturati;

   in molti casi si è arrivati alla chiusura delle partite Iva, con un inevitabile aumento della disoccupazione o del lavoro nero;

   non sono esclusi da questa gravissima situazione i lavoratori iscritti agli ordini professionali e in particolare quelli che già prima della pandemia avevano grosse difficoltà e si collocavano nelle fasce reddituali più basse;

   per questi lavoratori non esistono ammortizzatori sociali e, dove non vi siano basi personali solide o sostegno familiare, lo scivolamento verso l'indigenza appare inevitabile;

   il Parlamento con la legge di bilancio 2021 ha istituito l'Iscro ovvero l'indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa, una sorta di cassa integrazione dedicata ai lavoratori autonomi che si vengano a trovare in particolari situazioni di difficoltà;

   la misura è nata dalla considerazione che i lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata sono tra i soggetti meno tutelati;

   l'Iscro viene istituita solo per il triennio 2021-2023, in forma sperimentale, e si rivolge esclusivamente ai professionisti e lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata Inps che esercitano attività diverse dall'esercizio di imprese commerciali;

   vengono esclusi da tale misura i lavoratori autonomi ordinisti, cioè quelli iscritti agli ordini professionali, pari a 1.649.263 soggetti titolari di partite Iva;

   l'indennità di continuità reddituale prevista per gli autonomi non ordinisti presenta molti limiti, ma può essere considerata come un primo passo per la tutela di una categoria senza alcuna assistenza;

   anziché creare, però, un meccanismo universale, si è scelto di escludere dall'integrazione al reddito una categoria intera di lavoratori, quelli ordinistici, che non vivono una situazione migliore;

   è insediata presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali una commissione di studio che dovrà elaborare una proposta complessiva di riforma complessiva del sistema degli ammortizzatori sociali –:

   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per includere anche i lavoratori autonomi iscritti agli ordini professionali in forme di sostegno al reddito in caso di difficoltà economica e se non intenda assumere iniziative specifiche per l'assistenza economica e lo sgravio contributivo per una categoria di lavoratori che è attualmente esclusa da ogni beneficio.
(4-07969)


   MURONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nelle immagini diffuse dai mezzi di comunicazione si vede un uomo, un fattorino, circondato dai rapinatori, che, a Napoli, tenta più volte di scappare. Tentativo vano perché il branco lo ha picchiato e quindi derubato. I cronisti hanno poi scoperto che il fattorino che si opponeva così tenacemente al furto era un signore di 50 anni, con due figli e che dopo le botte si è messo in macchina per terminare il lavoro;

   «Sono arrabbiato ma mi dispiace per quei ragazzi che hanno messo a segno la rapina. Sono dei ragazzini – ha poi detto Gianni Lanciano – Quando mi hanno intimato di consegnare il motorino, ho provato a resistere urlando ma non ho avuto paura perché ho solo provato a difendere qualcosa di mio, utile alla mia famiglia». Dopo aver visto il video della rapina diffusa Lanciano ha riflettuto a lungo: «Quanta crudeltà. Sono ragazzini ma non dovrebbero agire così»;

   «Ringrazio tutti per la solidarietà che mi è stata espressa: c'è tanta gente di buon cuore. Ma io vorrei solo un lavoro stabile, pagare le tasse come ho sempre fatto e vivere tranquillamente – ha detto prima della notizia del fermo – Mi sono commosso, io ringrazio tutti coloro che mi sono vicini, lo non vorrei approfittare della bontà dei cittadini napoletani. Fino al 2015 ho fatto il macellaio in un grande supermercato – dice ancora – poi ci sono stati degli esuberi e da allora faccio qualcosa per portare avanti la famiglia» (come riporta un articolo pubblicato dal Il Fatto Quotidiano);

   si evidenzia che i rider, come denunciato da Green Italia Campania, durante questo drammatico periodo di pandemia si sono rivelati essenziali, ma che più di altri si sono visti non riconosciuti neanche il diritto di essere dotati dei dispositivi di protezione individuale (mascherine e guanti), in quantità idonea a svolgere il proprio lavoro in sicurezza, mettendo a rischio di contagio le loro famiglie per poter continuare a lavorare e guadagnare il minimo per la sopravvivenza –:

   se il Governo non intenda adottare iniziative per definire un pacchetto di norme, tra le quali quelle volte all'istituzione di un Fondo destinato alla copertura assicurativa, comprensiva di indennizzo per il periodo di inabilità al lavoro nonché in caso di aggressioni e atti criminali ai quali spesso i rider sono sottoposti, al fine di introdurre maggiori tutele per una categoria di lavoratori che svolge un'attività lavorativa in condizioni e con retribuzioni spesso inadeguate.
(4-07971)


   SCANU e CADEDDU. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   A.r.a.s., l'Associazione regionale allevatori della Sardegna era una struttura privata formata da personale specializzato al fine di esercitare funzioni tecniche ed economiche nel settore zootecnico. Fin dalla sua nascita, 38 anni orsono, la regione ha finanziato integralmente le sue attività al fine di garantire assistenza tecnica alle aziende zootecniche sarde. Il servizio di maggiore importanza fornito da Aras era quello del laboratorio di Oristano, unico in Sardegna accreditato a svolgere le analisi certificate sul latte ed alimenti, consentendo di verificare l'elevato livello qualitativo dei prodotti, ed inoltre l'espletamento delle pratiche del benessere animale necessarie per l'accesso ai fondi PSR. Gli operatori hanno cominciato a vivere una situazione di grave incertezza dal momento dell'attivazione della procedura fallimentare, dichiarata dal tribunale di Cagliari il 24 settembre 2018. Nel presunto tentativo da parte della regione di tutelare i lavoratori, attraverso la modifica della legge regionale n. 47 del 2018, la situazione è peggiorata drammaticamente, prevedendo, in via temporanea, soltanto la loro assunzione a tempo determinato per il tempo strettamente necessario ad espletare i concorsi pubblici finalizzati alle assunzioni e, di conseguenza, andando ad eludere il principio di «concorsualità attenuata», inizialmente previsto per garantire al personale Aras la continuità lavorativa. Il 31 dicembre 2020 terminava la procedura liquidatoria con la conseguenza che i circa 250 agronomi, veterinari e tecnici agricoli ex Aras sono rimasti privi di occupazione. Oltre alle drammatiche conseguenze in tema di lavoro, si sono inoltre paralizzate tutte le attività beneficiarie dei servizi della Aras, ovvero quelle legate alle analisi dei prodotti lattiero caseario e le attività legate alla misura del benessere animale. Questo ha causato potenziali incalcolabili danni per il comparto, non più in grado di certificare i propri prodotti, poiché quello di Aras era l'unico laboratorio di analisi in tutta la regione attrezzato allo scopo. Il venire meno della continuità dei servizi garantiti fino ad oggi dall'Aras ha messo in discussione il rispetto delle obbligazioni previste dalla misura 14 «Benessere animale» del Programma di sviluppo rurale 2014-2020, e conseguentemente la corresponsione dei relativi premi agli allevatori che aderiscono alla misura. Si rischia pertanto che gli organi europei possano chiedere la restituzione delle somme legate ai PSR percepiti. Si è di fronte ad una situazione critica anche sotto il profilo della tenuta del comparto sul mercato estero. L'impossibilità di esportare i prodotti lattiero caseari sardi rinomati per le loro eccezionali qualità organolettiche, potrebbe determinare la perdita di posizioni nelle nicchie di mercato consolidate con sacrificio. Con delibera n. 67/24 del 31 dicembre 2020 veniva impartito un atto di indirizzo in base al quale dovrebbe spettare al nuovo commissario straordinario di Laore il compito di acquisire locali, attrezzature e apparecchiature del laboratorio, ed eventualmente assegnare il personale necessario, mentre la gestione tecnica e operativa del laboratorio dovrebbe essere affidata ad Agris. Un laboratorio unico in Sardegna, con personale tecnico di altissimo livello e 38 anni di esperienza, dovrebbe dunque essere riassegnato con una semplice delibera ad Agris. Allo stesso modo, il personale di Laore, oltre a dover espletare i propri incarichi, si trova gravato da una ulteriore incombenza in una materia complessa, in cui gli unici specialisti erano i tecnici Aras; di conseguenza le posizioni tecniche rischiano di essere assegnate in modo inefficace, creando un danno senza precedenti al comparto zootecnico. Allo stato attuale, dunque, permane una situazione di profonda incertezza –:

   quali iniziative si intendano adottare, per quanto di competenza, per ripristinare i servizi necessari a garantire la prosecuzione delle attività zootecniche e per rispettare i diritti occupazionali dei lavoratori ex Aras.
(4-07985)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   CARETTA e CIABURRO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   come riportato a mezzo stampa, un giovane cacciatore messinese di 31 anni è stato ritrovato morto a seguito di una caduta da un dirupo nei pressi del Monte Kaifa, a Roccafiorita, in provincia di Messina;

   a seguito di una caduta di 30 metri a cui ne è seguita un'altra di 60 metri, il ragazzo sarebbe morto sul colpo;

   il giovane si trovava sul posto assieme al proprio cane per il regolare esercizio dell'attività venatoria;

   alla comunicazione dell'evento sui social network, sono contestualmente seguiti numerosi commenti di odio ed incitamento all'odio verso il ragazzo, i suoi coetanei e tutta la categoria venatoria, ad opera di estremisti animalisti, nella più totale mancanza di rispetto e dignità nei confronti di un giovane morto per una tragica fatalità –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, anche di carattere normativo, intendano intraprendere per tutelare tutti i cittadini esercitanti l'attività venatoria da ogni forma persecutoria di odio, a mezzo online e non, anche previo accordo con i gestori dei social network stessi.
(4-07982)

SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   in vista della disponibilità, nel breve periodo, di vaccini anti-SARS-CoV-2/Covid-19, presso il Ministero della salute è stato istituito un gruppo di lavoro intersettoriale per fornire al Paese un piano nazionale per la vaccinazione anti-SARS-CoV-2 ad interim, con l'intento di definire le strategie vaccinali, i possibili modelli organizzativi, compresa la formazione del personale, la logistica, le caratteristiche del sistema informativo di supporto a tutte le attività connesse con la vaccinazione, gli aspetti relativi alla comunicazione, alla vaccinovigilanza e sorveglianza, e ai modelli di impatto e di analisi economica;

   il Ministro interpellato ha presentato il 2 dicembre 2020 le linee guida del Piano strategico per la vaccinazione anti-SARS-CoV-2/COVID-19, elaborato congiuntamente da: Ministero della salute, commissario straordinario per l'emergenza, Istituto superiore di sanità, Agenas e Aifa;

   il citato piano reca le linee di indirizzo relative alle azioni che sarà necessario implementare al fine di garantire la vaccinazione secondo standard uniformi nonché il monitoraggio e la valutazione tempestiva delle vaccinazioni durante la campagna vaccinale;

   in riferimento alla identificazione delle categorie da vaccinare, il capitolo 2 del piano precisa che lo sviluppo di raccomandazioni su gruppi target a cui offrire la vaccinazione è ispirato dai valori e principi di equità, reciprocità, legittimità, protezione, promozione della salute e del benessere e che a tal fine è necessario identificare gli obiettivi della vaccinazione, identificare e definire i gruppi prioritari, stimare le dimensioni dei gruppi target e le dosi di vaccino necessarie e, in base alle dosi disponibili (che all'inizio del programma potrebbero essere molto limitate), identificare i sottogruppi a cui dare estrema priorità;

   il piano precisa che le raccomandazioni sono soggette a modifiche e verranno aggiornate in base all'evoluzione delle conoscenze e alle informazioni su efficacia vaccinale e/o immunogenicità in diversi gruppi di età e fattori di rischio, sulla sicurezza della vaccinazione in diversi gruppi di età e gruppi a rischio, sull'effetto del vaccino, sull'acquisizione dell'infezione, sulla trasmissione o sulla protezione da forme gravi di malattia, sulle dinamiche di trasmissione del virus SARS-CoV-2 nella popolazione nazionale e sulle caratteristiche epidemiologiche, microbiologiche e cliniche di COVID-19; il piano, al riguardo, evidenzia che è attivo anche un confronto con il Comitato nazionale di bioetica;

   tenuto conto della disponibilità limitata di vaccini contro COVID-19, il piano evidenzia la necessità di definire delle priorità in modo chiaro e trasparente, tenendo conto delle raccomandazioni internazionali ed europee;

   poiché il Paese si trova nella fase di trasmissione sostenuta in comunità, la strategia di sanità pubblica per questa fase iniziale, secondo quanto si evince dal piano si focalizza sulla riduzione diretta della morbilità e della mortalità, nonché sul mantenimento dei servizi essenziali più critici. Successivamente, qualora uno o più vaccini si mostrino in grado di prevenire l'infezione, si focalizzerà l'attenzione anche sulla riduzione della trasmissione, al fine di ridurre ulteriormente il carico di malattia e le conseguenze sociali ed economiche;

   al fine di sfruttare l'effetto protettivo diretto dei vaccini, il piano ha identificato le seguenti categorie da vaccinare in via prioritaria nelle fasi iniziali:

    operatori sanitari e sociosanitari;

    residenti e personale dei presidi residenziali per anziani;

    persone di età avanzata –:

   quali siano le raccomandazioni internazionali ed europee che hanno indotto alla identificazione delle categorie da vaccinare in via prioritaria nelle fasi iniziali e sulla base di quali evidenze scientifiche;

   se sia stata valutata l'opportunità di inserire, tra le categorie da vaccinare in via prioritaria, altre categorie come i soggetti con disabilità e il personale docente ed educativo.
(2-01070) «Ruggiero, Sarli, Sapia, Lorefice, Sportiello, Menga, Massimo Enrico Baroni, D'Arrando, Ianaro, Mammì, Nappi, Nesci, Provenza».

Interrogazioni a risposta orale:


   CARNEVALI e RIZZO NERVO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 21-ter del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2016, n. 160, è diretto, in primo luogo, a estendere le categorie dei soggetti beneficiari di indennizzo per i danni da sindrome da talidomide, riconoscendolo — a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto — ai soggetti affetti da tale sindrome nella forma dell'amelia, dell'emimelia, della focomelia e della micromelia, nati nella fascia temporale compresa tra il 1958 e il 1966, invece che tra il 1959 e il 1965, come previsto dalla precedente normativa;

   l'accertamento del nesso causale per i nati dal 1959 al 1965 viene effettuato ai sensi del decreto ministeriale 2 ottobre 2009, n. 163, della circolare 13 novembre 2009, n. 31, e delle linee guida emanate il 24 settembre 2010;

   lo stesso articolo 21-ter, al comma 2, prevede, sempre a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, che l'indennizzo venga riconosciuto anche ai soggetti che, ancorché nati fuori dal periodo sopra indicato (1958-1966), presentino malformazioni compatibili con la sindrome da talidomide;

   il successivo comma 4 prevede che, entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione, il Ministro della salute apporti con proprio regolamento le necessarie modifiche al decreto ministeriale n. 163 del 2009, facendo salvi gli indennizzi già erogati e le procedure in corso e provvedendo altresì a definire i criteri di inclusione ed esclusione delle malformazioni ai fini dell'accertamento del diritto all'indennizzo dei soggetti nati al di fuori del periodo 1958-1966, determinando una netta separazione dei percorsi;

   in attuazione delle disposizioni richiamate, il Ministro della salute ha emanato il decreto ministeriale 17 ottobre 2017, n. 166, entrato in vigore il 6 dicembre 2017, il cui l'articolo 5 — recante norme transitorie e finali — prevede che «le disposizioni del decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali 2 ottobre 2009, n. 163, anteriori alle modifiche apportate con il presente decreto continuano ad applicarsi agli indennizzi erogati e alle procedure relative ai nati dall'anno 1958 all'anno 1966 in corso alla data di entrata in vigore del presente regolamento»;

   nonostante le norme di legge e regolamentari stabiliscano due percorsi differenti per il riconoscimento del nesso causale tra i soggetti nati dal 1958 al 1966 e i soggetti nati al di fuori di questo periodo, il Ministero della salute sta applicando anche ai primi i criteri di inclusione ed esclusione previsti dal decreto ministeriale 17 ottobre 2017, n. 166, causando enormi difficoltà a soggetti gravemente disabili –:

   quali iniziative intenda assumere per assicurare che ai soggetti affetti da sindrome da talidomide nati negli anni 1958 e 1966, che hanno presentato istanza al Ministero della salute per ottenere l'indennizzo previsto prima della data di entrata in vigore del decreto ministeriale 17 ottobre 2017, n. 166, vengano integralmente applicate le stesse norme e disposizioni già applicate ai soggetti nati dal 1959 al 1965 al fine di stabilire il nesso causale.
(3-01996)


   CARNEVALI e RIZZO NERVO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il farmaco talidomide produce un effetto teratogeno scientificamente accertato;

   tra la fine degli anni Cinquanta e l'inizio degli anni Sessanta del secolo scorso, tale farmaco fu venduto anche in Italia;

   l'assunzione di talidomide in gravidanza causò centinaia di casi di focomelia, amelie, anomalie agli arti superiori di vario grado, anomalie agli arti inferiori, altri danni alle orecchie, agli occhi, agli organi interni, ai genitali, e al cuore, nonché altri molteplici danni a vari distretti senza esclusione dei singoli tessuti e degli organi;

   il diritto alla salute è protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana;

   nel 2007 lo Stato italiano, con grave ritardo rispetto agli altri Paesi europei, ha ammesso la propria responsabilità per non aver esercitato la funzione di controllo su medicinali prodotti con talidomide;

   l'articolo 2, comma 363, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, riconosce l'indennizzo disciplinato dall'articolo 1 della legge n. 229 del 2005 «ai soggetti affetti da sindrome da talidomide, determinata dalla somministrazione dell'omonimo farmaco», nelle forme dell'amelia, dell'emimelia, della focomelia e della micromelia;

   l'articolo 31, comma 1-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, attribuisce l'indennizzo ai soli soggetti, affetti dalle patologie sopra indicate, nati negli anni dal 1959 al 1965;

   in attuazione di tale precetto, l'articolo 1 del decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali 2 ottobre 2009, n. 163, prevede la decorrenza dell'indennizzo dalla data di entrata in vigore della legge 24 dicembre 2007, n. 244, ovvero dal 1° gennaio 2008;

   l'articolo 21-ter, comma 1, del decreto-legge n. 113 del 2016, come convertito, ha riconosciuto la spettanza dell'indennizzo anche ai soggetti nati nell'anno 1958 e nell'anno 1966;

   per effetto di tale previsione, per i soli soggetti nati negli anni 1958 e 1966, la decorrenza dell'indennizzo viene fissata alla data di entrata in vigore della legge di conversione, ovvero a partire dal 21 agosto 2016;

   la Corte Costituzionale è intervenuta con sentenza n. 55/2019, nel giudizio di legittimità costituzionale dell'articolo 21-ter, comma 1, del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113, convertito dalla legge 7 agosto 2016, n. 160;

   secondo il giudice costituzionale, il legislatore avrebbe tutelato diversamente due situazioni identiche nei loro presupposti di fatto, creando tra le stesse una differenza di trattamento ingiustificata e irrazionale, contrastante con il principio di eguaglianza sancito dall'articolo 3 della Costituzione;

   la Consulta sottolinea la necessità che i due gruppi di destinatari del medesimo indennizzo, sia pur identificati in diversi atti normativi, siano trattati in modo eguale, anche quanto alla decorrenza del beneficio;

   al momento, nessun'azione risulta intrapresa in merito all'adeguamento della normativa vigente alla pronuncia della Corte, che ha riconosciuto alle vittime della somministrazione di tale farmaco nate nel 1958 e nel 1966 il diritto alla percezione degli arretrati dal 1° gennaio 2008 anziché dal 21 agosto 2016 –:

   se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere alla luce della sentenza n. 55/2019 della Corte Costituzionale, al fine di assicurare ai destinatari sopra indicati l'indennizzo cui hanno diritto.
(3-01997)


   MONTARULI. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   numerosi psichiatri ed esperti hanno evidenziato il rischio di un aumento del numero di suicidi correlato alla pandemia e alle conseguenze negative della stessa sia in termini economici che sociali;

   l'ultimo rapporto Istat circa il numero dei suicidi in Italia è stato pubblicato nel 2017. Successivamente, nessun rapporto reperito dall'interrogante ha dato un quadro complessivo di rilevazione del numero dei suicidi;

   numerose sono le notizie di cronaca apprese circa italiani che si sono tolti la vita a causa dell'incertezza successiva alla pandemia –:

   quale sia il numero dei suicidi in Italia, negli anni 2018, 2019, 2020 e nel 2021 fino alla data in cui il Governo fornirà una risposta alla presente interrogazione, suddivisi altresì per sesso, età, regione e professione svolta;

   quali urgenti iniziative intenda adottare per arginare questa piaga sia in termini di prevenzione che di supporto alle famiglie.
(3-02000)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ROSTAN. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la Sma (atrofia muscolare spinale) è una malattia rara, una patologia neuromuscolare caratterizzata dalla progressiva morte dei motoneuroni, le cellule nervose del midollo spinale che impartiscono ai muscoli il comando di movimento;

   la Sma colpisce circa 1 neonato ogni 10 mila e costituisce la più comune causa genetica di morte infantile;

   ne esistono tre forme, di cui la I è la più grave e interessa circa la metà dei pazienti; in questi caso, i bambini mostrano segni della malattia già alla nascita o nei primi mesi;

   a Melito, in provincia di Napoli, si parla molto di un caso di Sma in una bambina di 15 mesi, di nome Rosanna, a cui presso l'Ospedale Santobono di Napoli è stata diagnosticata la malattia di tipo 1, quella più aggressiva, che nel 90 per cento dei casi porta alla morte o alla ventilazione permanente entro i primi due anni di vita;

   alla bambina, dopo un ricovero di 50 giorni, è stato applicato un calendario di terapie preciso caratterizzato soprattutto da iniezioni di un farmaco denominato Spinraza; tali iniezioni, fatte direttamente al midollo, vengono somministrate a distanza di 4 mesi l'una dall'altra e, al momento, è l'unica terapia praticabile in Italia alla bambina;

   nel 2019, negli Stati Uniti, ha ricevuto il via libera dalla Food and Drug Administration (Fda) la prima terapia genica in grado di arrestare la progressione dell'atrofia muscolare spinale attraverso una sola infusione; la nuova terapia, prodotta da Novartis, utilizza un virus per fornire una copia normale del gene SMN1 ai nati con un gene difettoso;

   il trattamento, destinato a curare i bimbi sotto i due anni affetti dalla forma più grave della malattia, costa ben 2,1 milioni di dollari ed è il più costoso della storia; si tratta, però, di un intervento una tantum, cioè curativo, oltre che salvavita;

   l'Agenzia italiana del farmaco, nel novembre 2020, ha inserito Zolgensma (onasemnogene abeparvovec), la prima terapia genica per l'atrofia muscolare spinale, nell'elenco dei medicinali erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale, ai sensi della legge del 23 dicembre 1996, n. 648, per il trattamento entro i primi sei mesi di vita di pazienti con diagnosi genetica (mutazione bi-allelica nel gene SMN1 e fino a 2 copie del gene SMN2) o diagnosi clinica di SMA di tipo 1;

   la piccola Rosanna, come detto, ha 15 mesi e viene per questo esclusa dall'accesso gratuito a un trattamento che per lei sarebbe salvavita, benché i protocolli terapeutici americani attestino che il farmaco è efficace entro i primi due anni di vita;

   per garantire comunque alla bambina tale terapia la famiglia ha prima inviato due richieste ufficiali all'Aifa, entrambe rifiutate, e poi ha lanciato un appello pubblico e una raccolta di fondi al fine di garantire privatamente alla piccola un medicinale che rappresenta una speranza di vita;

   il caso di Rosanna evidenzia una drammatica discriminazione; in Italia ci sono circa 200 bimbi con la Sma; si segnalano casi di bambini a cui è stato negato l'accesso gratuito al farmaco perché avevano superato i sei mesi di vita da pochi giorni, circostanze che gettano ovviamente i genitori, già provati da una malattia molto impegnativa e che non hanno la possibilità di sostenere una spesa così alta privatamente, nello sconforto –:

   se non intenda assumere, nell'ambito delle proprie competenze, una iniziativa per consentire un più ampio accesso alla terapia genica di cui sopra, superando per i bambini affetti da Sma di età superiore ai sei mesi questa odiosa discriminazione.
(5-05244)


   GEMMATO, CARETTA e PRISCO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto si evince dal Piano strategico per la vaccinazione anti-Sars-CoV-2/Covid-19 elaborato dal Ministero della salute, dall'Istituto superiore di sanità e dall'Aifa, sembrerebbero sussistere alcune categorie alle quali somministrare con priorità il vaccino;

   tra le predette categorie, definite appunto come prioritarie, la prima è quella che il piano evidenzia così come segue: «Operatori sanitari e sociosanitari: Gli operatori sanitari e sociosanitari “in prima linea”, sia pubblici che privati accreditati...»;

   sembrerebbe, dunque, che dalla citata categoria, così come dal resto dell'elenco, siano stati esclusi i medici specialisti, gli odontoiatri e i farmacisti che operano in ambito privato ovvero coloro che sono privi di rapporti contrattuali con il Servizio sanitario nazionale benché, di fatto, contribuiscano quotidianamente e senza alcun timore a tenere saldamente operativa l'intera architettura sanitaria del Paese e continuino, senza alcun timore e sottoponendosi al rischio di contagio da Covid-19, a curare i propri pazienti e a prestare servizi sanitari fondamentali in un momento complesso e delicato come quello dell'emergenza sanitaria in atto;

   secondo fonti di stampa, pare che la predetta esclusione sia prevista anche «dal decreto ministeriale inoltrato alle regioni per avviare la campagna vaccinale, in cui si riconosce un accesso prioritario al vaccino per gli operatori sanitari con studi pubblici e privati “accreditati con il Servizio sanitario nazionale”»;

   la Fnomceo e la Commissione albo odontoiatri (Cao) hanno evidenziato questa mancanza nel testo di una comunicazione inviata al Ministro della salute nel mese di dicembre 2020. Al riguardo, il presidente di Fnomceo specificava alla stampa quanto segue: «...abbiamo sostenuto le ragioni di tutti gli iscritti ad accedere al vaccino perché tutti fanno parte di un'unica filiera sanitaria e sono, per questo, maggiormente esposti al contagio e a loro volta in grado di contagiare. Quindi andrebbero inseriti nelle categorie con accesso prioritario»;

   alla richiesta di Fnomceo e Cao si aggiunga quella rivolta già a novembre 2020 dall'Ordine dei farmacisti italiani (Fofi): «I farmacisti sono sempre stati in primissima linea durante la pandemia. Hanno continuato a garantire il loro servizio sul territorio anche durante il lockdown e, come i medici e gli infermieri, hanno pagato un pesante tributo anche in termini di vite. Un sacrificio ben compreso anche dal Ministro della salute Roberto Speranza che ci ha assicurato che anche noi farmacisti dovremmo essere ricompresi tra gli altri operatori sanitari...»;

   al riguardo, fonti di stampa riportano anche le dichiarazioni del viceministro della salute che, riferendosi alle categorie prioritarie, ha affermato quanto segue: «credo che dovrà essere fatta qualche modifica, come già anticipato autonomamente da qualche regione: io ad esempio inserirei anche i farmacisti, che hanno avuto dei morti durante la prima ondata, e gli odontoiatri, che operano a contatto diretto con tutti i pazienti»;

   appare, dunque, conclamata la necessità di includere, all'interno della categoria prioritaria degli operatori sanitari definita dal piano, anche i medici specialisti, gli odontoiatri e i farmacisti che operano in ambito privato e che al pari dei colleghi che prestano servizio nell'ambito del Servizio sanitario nazionale sono da mesi impegnati costantemente nelle cure dei pazienti e si sottopongono, con coraggio e abnegazione, al rischio di contagio da Sars-CoV-2;

   a tutt'oggi, però, non sembra sia stato determinato alcun provvedimento in merito –:

   se il Governo intenda adottare iniziative urgenti di competenza volte ad includere nella categoria degli operatori sanitari e sociosanitari che hanno diritto all'accesso prioritario alla somministrazione del vaccino anche i medici specialisti, gli odontoiatri e i farmacisti che operano in ambito privato.
(5-05246)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LEGNAIOLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   organi di stampa nazionali di queste ultime settimane hanno denunciato come Ranieri Guerra, il vicepresidente europeo dell'Oms, avrebbe ordinato di modificare uno studio che sarebbe dovuto servire a evidenziare le criticità nella gestione italiana dell'emergenza sanitaria del coronavirus;

   secondo quanto noto, poco prima della pubblicazione del rapporto, Ranieri Guerra scriveva a uno degli autori di indicare come data del piano 2016 invece di 2006, così da tentare di nascondere che il piano dell'Italia per rispondere ad una eventuale pandemia era superato e vetusto, e che il 14 maggio 2020, un giorno dopo la pubblicazione online del report, il piano stesso venne fatto sparire;

   in questi ultimi giorni, la notizia è stata nuovamente rilanciata da alcuni quotidiani italiani, alla luce del fatto che, secondo i medesimi quotidiani, il direttore regionale dell'Europa dell'Oms, Hans Kluge, avrebbe affermato come il report venne ritirato in quanto non era stato precedentemente condiviso con il Ministero della salute italiano –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno chiarire la vicenda, precisando in particolar modo se la ricostruzione riportata dagli organi di stampa corrisponda al vero;

   se il Ministro non intenda precisare le ragioni per le quali il report avrebbe dovuto essere preventivamente concordato con il Ministero della salute, stante che l'Oms è un organo indipendente e terzo, la cui funzione e la cui autorevolezza si basano anche e soprattutto sull'indipendenza del medesimo organo.
(4-07977)


   CUNIAL. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   gli Ordini e le relative Federazioni nazionali sono enti pubblici e agiscono quali organi sussidiari dello Stato, al fine di tutelare gli interessi pubblici, garantiti dall'ordinamento, connessi all'esercizio professionale. Sono sottoposti alla vigilanza del Ministero della salute;

   il Ministero della salute esercita la vigilanza sugli Ordini provinciali e regionali e sulle relative Federazioni nazionali delle professioni sanitarie;

   l'articolo 33 della Costituzione afferma che «l'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento»;

   il 28 dicembre 2020 sono apparse sulle cronache nazionali notizie riguardante l'avviamento di un procedimento disciplinare nei confronti di 13 medici iscritti all'Ordine dei medici di Roma, rei di aver espresso le loro convinzioni in merito alla pandemia e al coronavirus, sui social media e in televisione;

   Mariano Amici, medico di Ardea è uno dei tredici sanitari finiti sotto inchiesta per le affermazioni contro la vaccinazione anti Covid;

   a Firenze anche il professor Filippo Festini, docente associato di scienze infermieristiche all'Università di Firenze, ha manifestato pubblicamente i suoi dubbi riguardo alla vaccinazione Covid-19, tanto che il sindaco Dario Nardella ha affermato: «È inaccettabile che medici e infermieri possano affermare pubblicamente che non intendono vaccinarsi, potrebbe essere devastante per il Paese», parole che l'interrogante sostiene non trovino fondamento costituzionale;

   l'interrogante condivide l'opinione della Rete Sostenibilità e Salute, la quale in una nota del 26 ottobre 2020, afferma che: «non può dunque esserci un vincolo a una scienza unica e di Stato e dell'ordine di appartenenza» e ancora «L'indipendenza e l'autonomia dei medici sono beni preziosi da preservare, in un ambiente antidogmatico [...] Nessun ricercatore e nessun operatore sanitario dovrebbe essere messo in condizione di aver timore di esporre i propri convincimenti su temi attinenti alla medicina e alla pratica medica»;

   l'articolo 21 della Costituzione recita: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione»;

   al momento del giuramento professionale, il medico giura di esercitare la medicina in autonomia di giudizio e responsabilità, contrastando ogni indebito condizionamento che limiti la libertà e l'indipendenza della professione;

   gli articoli 4 e 79 del codice deontologico disciplinano la libertà, l'indipendenza della professione, l'autonomia e la responsabilità del medico durante l'esercizio dell'attività professionale;

   secondo l'articolo 41 del decreto del Presidente della Repubblica n. 221 del 1950 la radiazione è pronunciata contro l'iscritto che con la sua condotta abbia compromesso gravemente la sua reputazione e la dignità della classe sanitaria. L'articolo 42 correla la radiazione obbligatoriamente solo a condotte aventi rilevanza penale o assimilabili, secondo il canone di proporzionalità tra fatto e sanzione;

   Vincenzo Baldini, docente di diritto costituzionale, ha recentemente affermato che: «L'efficacia della tutela costituzionale non può non estendersi anche agli ordinamenti professionali, benché autonomi, impedendo a questi l'irrogazione di misure sanzionatore per condotte che ricadono nella sfera materiale di libertà e diritti fondamentali. Il personale sanitario, al pari di ogni individuo, è libero perciò di esprimere il proprio dissenso verso trattamenti o cure mediche purché non si vada così a ledere il decoro e il prestigio dell'Ordine professionale a cui appartiene o, comunque, non si integrino più in generale fattispecie di reato previste dal nostro Codice Penale»;

   anche l'interrogante non ravvisa nei comportamenti dei medici inquisiti le fattispecie previste dal decreto del Presidente della Repubblica, anzi vede nella espressione dei propri convincimenti scientifici un arricchimento culturale, censurando fortemente invece il fatto di ricevere sostegni economici dalle industrie farmaceutiche e tenere in pubblico atteggiamenti allenati alle loro politiche industriali, in quanto rappresentano condizionamenti economici alla professione medica –:

   quali iniziative di competenza, anche normative, il Ministro intenda adottare per assicurare, anche per i medici, la possibilità di esprimere le proprie opinioni libere da condizionamenti di qualsiasi natura, nel rispetto del giuramento professionale.
(4-07980)


   PAOLIN, PANIZZUT, BOLDI, DE MARTINI, FOSCOLO, LAZZARINI, LOCATELLI, SUTTO e TIRAMANI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con decreto in data 8 settembre 2020, il Ministro della salute ha istituito la Commissione per la riforma dell'assistenza sanitaria e sociosanitaria della popolazione anziana;

   nelle premesse al decreto, si afferma che: «è necessario ripensare in toto un nuovo modello assistenziale in grado di articolare un cuntinuum di servizi di setting diversi, primariamente presso le dimore degli assistiti, nel loro habitat, nel tessuto familiare e sociale attraverso interventi e tecnologie innovative rappresenta un obiettivo di primaria importanza per il Paese»;

   per «ripensare in toto» il modello assistenziale, occorre necessariamente e logicamente partire da un'analisi delle funzioni svolte fino ad oggi dalle Rsa, dall'età media in cui gli anziani non autosufficienti accedono alle predette strutture, dalla rete familiare cui fanno riferimento questi anziani e dal perché delle lunghe liste di attesa per l'accesso alle strutture medesime;

   per dare un contributo in questa direzione, in data 4 dicembre 2020, l'associazione Uripa Veneto ha inviato, a firma del presidente dottor Roberto Volpe, una richiesta di audizione presso la suddetta Commissione, in qualità di rappresentante di oltre 320 Centri di servizio (Rsa) sui 346 presenti in regione, nei quali trovano accoglienza 32.000 anziani non autosufficienti;

   ad oggi, la suddetta richiesta, a quanto risulta agli interroganti, è rimasta priva di riscontro –:

   se vi siano motivi particolari per i quali non sia stata riscontrata la richiesta di audizione presso la Commissione presieduta da Mons. Vincenzo Paglia, inviata dal presidente dell'associazione Uripa Veneto in data 4 dicembre 2020.
(4-07984)


   BIGNAMI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in data 11 gennaio 2020 su diversi quotidiani nazionali è apparsa una bozza di Piano strategico-operativo nazionale di preparazione e risposta a una pandemia influenzale (panflu 2021-2023);

   tale bozza di piano risponde alle indicazioni prescrittive impartite dall'Oms sia nel 2009, che nel 2013 e nel 2017, oltre che alle ulteriori linee di azione rilasciate dalla stessa organizzazione;

   come riferito dalla stessa Avvocatura dello Stato in seno al procedimento pendente innanzi al Tar del Lazio RG 7682/20, l'ultimo piano pandemico risale al 2006, dunque ben prima degli aggiornamenti rilasciati dall'Oms e della decisione 1082/2013 del Parlamento europeo con cui si impartiva una diversa disciplina rispetto a quella recepita nel Piano del 2006 conseguente all'assemblea generale dell'Oms del maggio 2005, ormai vetusta;

   pertanto l'Italia era sprovvista di un piano pandemico aggiornato al gennaio 2020, ovvero al momento della comparsa ufficiale, a livello globale, dei primi casi di Covid-19;

   oggi il Ministero della salute ha rilasciato detta bozza, la quale, come riferito nella medesima, ha come obiettivo generale «rafforzare la preparedness nella risposta ad una futura pandemia influenzale a livello nazionale e locale in modo da proteggere la popolazione... tutelare la salute degli operatori sanitari... ridurre l'impatto della pandemia influenzale... preservare il funzionamento della società... Pianificare le attività...»;

   va rilevato come, pertanto, l'assenza di un piano pandemico aggiornato al 2020, ed anzi addirittura risalente a circa tre lustri addietro, dimostri come l'Italia non avesse un piano adeguato rispetto alla situazione anche solo risalente al 2019, nonostante la decisione 1082/2013 della Unione europea prescrivesse un aggiornamento triennale di questi piani;

   pertanto, l'Italia non aveva neanche valorizzato nei propri strumenti di contrasto, alla diffusione pandemica influenzale esperienze come il virus H1N1 di origine suina (2009), così come altre pure successive, in aperto contrasto, per l'interrogante, sia con le normative comunitarie, sia con la regolamentazione sanitaria internazionale;

   l'importanza di un Piano strategico operativo è attestata dal fatto stesso che, oggi, finalmente, e con un anno di ritardo, si è avviata la procedura di adozione di un piano aggiornato;

   pertanto è conclamato che l'Italia ha fronteggiato la pandemia da Covid-19 senza alcuno strumento efficace, derivandone le drammatiche conseguenze in termini di vite umane, danni economici e sociali, educativi, come d'altronde prefigurato dalla stessa Oms che, in più documenti, avvertiva sull'importanza di questi strumenti –:

   per quali ragioni l'Italia non avesse un piano strategico operativo nazionale aggiornato allo scoppio della pandemia, ai sensi della regolamentazione sanitaria internazionale e della decisione 1082/2013 dell'Unione europea;

   chi dovesse predisporlo;

   quando il Ministero della salute intenda avviare le iniziative di competenza volte a far valere le responsabilità di tutti i soggetti, sia di livello politico che tecnico, responsabili di questa grave omissione;

   quando il Ministero intenda adottare iniziative, verificata la sussistenza dei presupposti e per quanto di competenza, volte alla cessazione dei rapporti in essere con tutti coloro che dovevano procedere alla redazione e all'aggiornamento del Piano e non lo hanno fatto.
(4-07989)


   CUNIAL. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la legge 22 dicembre 2017, n. 219 disciplina il Consenso informato in ambito terapeutico nel rispetto dei principi degli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione e 1, 2 e 3 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che tutelano il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all'autodeterminazione della persona e stabilisce che nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata;

   con l'articolo 1, comma 3, della predetta legge, ogni persona ha il diritto di conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informata in modo completo, aggiornato e a lei comprensibile riguardo alla diagnosi, alla prognosi, ai benefici e ai rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati, nonché riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze dell'eventuale rifiuto del trattamento sanitario e dell'accertamento diagnostico o della rinuncia ai medesimi;

   il farmaco a mRNA di Pfizer contro il Covid-19, Comirnaty, ha ottenuto l'autorizzazione all'immissione in commercio da Ema, subordinata a condizioni, in quanto ai sensi dell'articolo 14-a(4) del regolamento 726/2004/CE e successive modifiche, il titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio dovrà completare, entro dicembre 2023, la relazione finale sullo studio clinico C4591001, a seguito della quale l'Ema può anche revocare l'autorizzazione;

   l'Aifa, con la determina 154/2020, lo ha collocato nella apposita sezione di cui all'articolo 12, comma 5, della legge 8 novembre 2012 n. 189, Classe C (nn), dedicata ai farmaci non ancora valutati ai fini della rimborsabilità;

   il libretto illustrativo su Comirnaty pubblicato sul sito di Ema, illustra la controindicazione alla somministrazione se vi sono ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1;

   nel rapporto di Ema del 21 dicembre 2020, si evidenzia che due nuovi eccipienti sono inclusi nel prodotto finito, il lipide cationico ALC-0315 e il lipide PEGilato ALC-0159, per i quali vengono fornite informazioni limitate in quanto non utilizzati in precedenza in un prodotto finito approvato all'interno dell'UE;

   nel modulo sul consenso informato, pubblicato dal Ministero della salute, non si fa riferimento al farmaco dal nome Comirnaty, ma bensì al più generico vaccino «Pfizer-BioNTech COVID-19»;

   nel modulo è presente il quesito relativo alle ipersensibilità ai componenti del farmaco, ma a parere dell'interrogante, nessuno può dare tale dichiarazione in modo veritiero e corretto a tale quesito, poiché dato il poco tempo tra l'approvazione e l'utilizzo del farmaco, non sono stati messi a disposizione del Servizio sanitario nazionale e del privato convenzionato, strumenti diagnostici disponibili gratuitamente al pubblica, per la valutazione della ipersensibilità al principio attivo e ai componenti di Comirnaty;

   il consenso pertanto risulta viziato da una dichiarazione che non potrà essere che mendace;

   il farmaco è stato autorizzato nell'ultima settimana di dicembre 2020 e già somministrato ad oltre 100.000 persone senza aver accertato eventuali ipersensibilità, diversamente da quanto richiesto, a quanto consta all'interrogante dalla casa produttrice Pfitzer e rimarcato da Ema con conseguente esposizione dei vaccinati a rischi per la salute;

   a parere dell'interrogante la somministrazione di Comirnaty non può venire effettuata se prima non si dà alle persone la possibilità di poter rispondere in modo veritiero e corretto al consenso informato previsto dalla legge;

   inoltre, nel consenso informato non è presente l'elenco delle possibili alternative terapeutiche esistenti. Risulta che l'idrossiclorochina è una alternativa terapeutica come già affrontato con l'interrogazione n. 4-07886 –:

   se il Ministro interrogato non intenda adottare iniziative per interrompere la somministrazione di Comirnaty fino a quando non riesca a garantire il diritto e la possibilità di dichiarare in modo veritiero e corretto, ai sensi di legge, una eventuale ipersensibilità ai componenti del farmaco, dando anche le indicazioni terapeutiche corrette a chi si presenta alla somministrazione.
(4-07990)

SUD E COESIONE TERRITORIALE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per il sud e la coesione territoriale, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   la zona economica speciale (Zes) «Interregionale Adriatica» è stata istituita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 settembre 2019 ai sensi dell'articolo 4, comma 5, del decreto-legge n. 91 del 20 giugno 2017, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 123 del 2017;

   il piano di sviluppo strategico della Zes interregionale Adriatica è stato formalizzato dalla regione Molise con delibera di giunta n. 130 del 19 aprile 2019 e dalla regione Puglia con delibera di giunta n. 839 del 7 maggio 2019, poi aggiornato nell'agosto del 2019;

   nel citato piano di sviluppo si è anche tenuto conto delle osservazioni sul piano strategico della Zes Interregionale Ionica (Puglia-Basilicata);

   il soggetto per l'amministrazione dell'area Zes è identificato, ai sensi dell'articolo 4, comma 6, del citato decreto-legge n. 91 del 2017, in un Comitato di indirizzo composto dal presidente dell'Autorità portuale, che lo presiede, da un rappresentante della regione o delle regioni nel caso di Zes interregionale, da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei ministri e da un rappresentante del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

   entrambe le regioni della Zes Adriatica hanno indicato i rispettivi rappresentanti all'interno del citato Comitato di indirizzo, mentre non sono stati ancora designati i membri di nomina governativa –:

   quali urgenti iniziative di competenza intendano adottare per permettere alla Zes Interregionale Adriatica di essere pienamente operativa, con particolare riferimento alla indicazione dei membri di nomina governativa del citato Comitato di indirizzo.
(2-01068) «Masi, Alemanno, Sarli, Carabetta, Chiazzese, Giarrizzo, Papiro, Paxia, Perconti, Scanu, Sut, Vallascas, Bruno, Berti, Ianaro, Galizia, Giordano, Grillo, Palmisano, Penna, Scerra, Spadoni, Vignaroli, Leda Volpi, Aresta, Cassese, D'Ambrosio, Giuliano, Lovecchio, Macina».

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIACOMETTO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la Martor di Brandizzo (comune della città metropolitana di Torino) opera da circa 40 anni nel settore della componentistica auto. Il principale committente è la Fca. Da alcuni anni attraversa un'importante crisi industriale e finanziaria e attualmente i lavoratori sono in contratto di solidarietà; l'azienda occupa 117 dipendenti in prevalenza donne, di età media tra i 45 e i 55 anni;

   il 18 dicembre 2019 si è tenuta una riunione presso l'Unione industriale di Torino per affrontare la situazione di crisi. Nel corso dell'incontro, l'azienda ha dichiarato di aver depositato presso il tribunale di Ivrea domanda di concordato in continuità ma con l'intenzione di cessare l'attività entro 12 mesi. La conseguenza immediata è stata il congelamento dello stipendio (già falcidiato dalla «solidarietà» che incide in media per un 50 per cento sull'importo) e della tredicesima;

   dal 20 dicembre 2019 i lavoratori stanno scioperando contro il licenziamento collettivo annunciato dall'azienda e presidiano in permanenza i cancelli, sostenuti concretamente dalla cittadinanza. Il 30 dicembre 2019 si è svolto il consiglio comunale aperto, cui hanno preso parte i lavoratori della Martor, numerosi sindaci del circondario, esponenti politici regionali e nazionali, semplici cittadini e molte associazioni locali, nel corso del quale è stato approvato un ordine del giorno in sostegno dei lavoratori;

   per l'8 gennaio 2020 è prevista la visita dell'arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia;

   il 10 gennaio 2020 si terrà un nuovo incontro presso l'Unione industriale di Torino. Al momento, una società concorrente, la Terre del gruppo Borghi, con sede nel modenese, si è detta disponibile ad affittare un ramo d'azienda Martor garantendo la prosecuzione dell'attività solo per 45 lavoratori. La proposta è stata ritenuta inaccettabile dai sindacati, che hanno chiesto «uno sforzo importante e necessario per garantire una continuità a tutti gli attuali dipendenti»;

   il tracollo industriale dell'area torinese sembra essere inarrestabile: alle crisi già in corso, quali quelle di Embraco, Cnh, Mahle, Alpitel, Comital, Lear, ora si aggiunge quella della Martor, che intende avviare rapidamente la procedura di licenziamento –:

   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno convocare uno specifico tavolo di crisi aziendale con riferimento al caso Martor;

   se non si ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza per avviare la procedura per il riconoscimento della cassa integrazione in deroga in favore dei lavoratori della Martor.
(4-07957)


   SORTE e BENIGNI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il territorio della provincia di Bergamo, nella notte tra domenica 27 e lunedì 28 dicembre 2020, è stato colpito da una intensa nevicata;

   già dalle prime ore del mattino di lunedì 28 dicembre 2020, in diversi paesi della provincia, si sono verificati black out elettrici;

   si contano in circa 20.000 gli utenti del servizio elettrico che hanno subìto disservizi ed interruzioni della fornitura di energia elettrica;

   l'energia elettrica è necessaria altresì per il funzionamento del riscaldamento domestico;

   nei comuni della bassa pianura bergamasca centinaia di utenti sono rimasti senza energia elettrica dalle ore 09.00 di lunedì 28 dicembre fino alle ore 19.00 di martedì 29 dicembre 2020;

   tra questi, si segnalano diversi anziani e persone disabili che hanno passato più di 24 ore senza corrente elettrica e, conseguentemente, senza riscaldamento;

   ogniqualvolta si verificano fenomeni atmosferici di intensità superiore alla media, le disfunzioni della rete elettrica determinano disagi in tutta la provincia di Bergamo;

   i sindaci dei comuni della provincia, primi referenti dei propri cittadini, si trovano costantemente costretti ad affrontare situazioni di emergenza, con difficoltà sempre maggiori;

   nella bozza del Piano nazionale per la ripresa è previsto uno specifico intervento finalizzato al potenziamento e alla digitalizzazione della rete elettrica nazionale, con investimenti previsti per la transizione energetica per 8,5 miliardi di euro –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle problematiche relative alla rete elettrica verificatesi in provincia di Bergamo nei giorni di lunedì 28 e martedì 29 dicembre 2020;

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere, anche nell'ambito degli interventi parte del Piano nazionale per la ripresa, per evitare il ripetersi di tali problematiche e se non ritenga opportuno che i sindaci della provincia di Bergamo vengano coinvolti nella definizione dei necessari investimenti sulla rete a servizio di tale territorio.
(4-07961)


   CAVANDOLI e TOMBOLATO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il 29 dicembre 2020, in seguito a una indagine giudiziaria a Parma, sono stati posti sotto sequestro giudiziario i conti correnti bancari e gli immobili della «Svoltare società cooperativa sociale», con sede in Borgo Onorato, 6 – 43121 Parma (PR), codice fiscale/partita IVA 02876790342, costituita con atto notarile del giorno 11 luglio 2018 ed iscritta nel registro regionale delle Cooperative sociali con provvedimento del giorno 8 aprile 2019;

   al Ministro interrogato, si ricorda, spetta la vigilanza sugli enti cooperativi che si concretizza anche nella attività ispettiva svolta in sede di revisione periodica, a cadenza annuale o biennale, a seconda delle caratteristiche e delle dimensioni degli enti cooperativi, anche tramite le Associazioni nazionali di rappresentanza giuridicamente riconosciute;

   la «Svoltare società cooperativa sociale», secondo quanto dichiarato dal suo presidente «ha in carico circa 530 persone (uomini, donne, nuclei familiari, minori stranieri non accompagnati, persone in situazione di disagio sociale) per i quali tutto il personale e i volontari stanno spendendo ogni energia per dare loro quanto necessario e quanto previsto dagli obiettivi dei lavori a noi affidati dagli enti pubblici. La decisione degli inquirenti di bloccare i conti correnti della cooperativa sociale Svoltare è stata accolta con grave preoccupazione»;

   il 4 gennaio 2021 la procura di Parma ha accolto la richiesta di «sblocco dei conti correnti» che si asserisce essere necessaria «per affrontare le spese più urgenti» –:

   se ed in quale data sia stata effettuata l'attività ispettiva e di revisione periodica o straordinaria sulla «Svoltare società cooperativa sociale» ad opera del Ministero o di quale associazione di categoria;

   se, alla luce dell'accaduto e pur nel rispetto dell'indagine in corso, si intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, per procedere a una verifica straordinaria;

   se sia intenzione di codesto Esecutivo procedere alla nomina di un commissario ai sensi dell'articolo 2545-sexiesdecies del codice civile.
(4-07964)


   DI MURO, RIXI, CAPITANIO e MORELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la direzione generale per i servizi di comunicazione elettronica, radiodiffusione e postali, in attuazione dell'articolo 1, comma 1033, della legge di bilancio 2018, ha indetto una procedura per l'assegnazione ad operatori di rete dei diritti d'uso di frequenze, per l'esercizio del servizio televisivo digitale terrestre in ambito locale, relative alle reti di primo e di secondo livello, di cui alla delibera AgCom 39/19/CONS (PNAF), modificata con delibera AgCom 162/20/CONS;

   in particolare, il Piano nazionale di assegnazione delle frequenze da destinare al servizio televisivo digitale terrestre ha suddiviso il territorio nazionale in 18 aree tecniche, in gran parte coincidenti con i limiti amministrativi regionali, in ciascuna delle quali la pianificazione dell'Autorità ha previsto reti locali di 1° livello, con vincolo di copertura al 90 per cento e reti locali di 2° livello che, pur senza essere soggetta a vincoli di copertura, sono state pianificate in modo da consentire una copertura superiore al 50 per cento della popolazione provinciale;

   le frequenze di primo livello avrebbero dovuto, quindi, consentire la copertura di tutto il territorio regionale ed in particolare agli operatori televisivi nazionali in Liguria sono state assegnate frequenze prive di limitazioni in quanto coordinate con quelle in uso presso gli Stati esteri confinanti, mentre, in realtà, solamente a seguito della pubblicazione del bando è emersa la circostanza che la frequenza 27, assegnata per la trasmissione delle emittenti locali, non potrà essere accesa su parte della provincia di Imperia e, in altra parte, il segnale dovrà essere tenuto a potenza talmente bassa da inficiare gravemente la ricezione dello stesso;

   su 13 frequenze riservate al sistema televisivo in totale (12 alle reti nazionali, 1 a tutte le locali) proprio quella delle Tv regionali liguri avrà seri problemi di ricezione. A Ospedaletti e Bordighera il segnale potrebbe risultare del tutto assente in quanto, il rispetto dei limiti interferenziali imposti dalla normativa di settore, non consentiranno nemmeno di accendere i ripetitori delle emittenti locali collocati nelle attuali postazioni, in quanto implicherebbe la necessità di ri-orientare tutte le antenne degli utenti finali;

   in altre zone dell'imperiese, per analogo motivo, il problema sarà la potenza degli impianti talmente limitata da creare una totale discriminazione con le potenze che utilizzeranno le reti nazionali, sempre per il rischio di arrivare col segnale nel Principato di Monaco, ne deriva che tutti i cittadini dell'imperiese, in particolare in alcune zone, non vedranno più le emittenti regionali, o le vedranno molto male;

   la situazione è molto preoccupante e profondamente ingiusta per l'emittenza regionale che è totalmente discriminata, come ricezione, rispetto a tutte le reti nazionali, ma costituirà anche un grave problema per tutti i cittadini che hanno diritto di ricevere tutti i canali e specialmente quelli che si occupano del territorio –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, anche di carattere normativo, il Ministro interrogato intenda adottare al fine di porre rimedio alle criticità evidenziate in premessa che penalizzano i cittadini di Imperia e della provincia, nonché discriminano il sistema dell'emittenza locale ligure a fronte delle reti nazionali, valutando anche l'ipotesi di una modifica del Piano nazionale di assegnazione delle frequenze.
(4-07986)

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Baldelli e altri n. 2-01063, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 gennaio 2021, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Giacomoni.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Gelmini e altri n. 5-04778, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 ottobre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Mazzetti.

  L'interrogazione a risposta orale Zoffili e altri n. 3-01976, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 dicembre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Murelli, Pretto.

  L'interrogazione a risposta scritta Prestipino e altri n. 4-07930, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 gennaio 2021, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Serracchiani.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta in Commissione Quartapelle Procopio n. 5-05221, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 446 del 27 dicembre 2020.

   QUARTAPELLE PROCOPIO e MICELI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'attuale esame di abilitazione all'esercizio della professione forense, che è composto da 3 prove scritte della durata di 8 ore da svolgersi con carta e penna con il solo ausilio dei codici annotati con la giurisprudenza, e da una prova orale, e che è bandito una volta all'anno, è stato più volte e da molti considerato anacronistico. Difatti, le modalità d'esame non rispecchiano la realtà e l'attività effettivamente svolta negli studi legali, in cui le ricerche legali sono condotte attraverso la consultazione di banche dati e l'utilizzo di un personal computer;

   l'emergenza pandemica causata dal Covid-19 ha avuto un impatto sugli esami di abilitazione alle professioni che, per motivi di sicurezza, sono stati sospesi. Per evitare il blocco totale dell'accesso alle professioni regolamentate si è provveduto a cercare delle vie alternative per permettere lo svolgimento dell'esame delle prove concorsuali in totale sicurezza, quali ad esempio lo svolgimento delle prove in via telematica o di un'unica prova orale, o, in taluni casi, si è proceduto a rendere il titolo di laurea abilitante alla professione;

   tuttavia, nonostante le altre professioni per cui le modalità alternative sono state ritenute adeguate ricoprano una funzione sociale di pari importanza rispetto alla professione forense, tali soluzioni non sono state adottate anche per l'abilitazione alla professione forense, riservando a quest'ultima categoria una ingiusta disparità di trattamento;

   di conseguenza, non potendo svolgere le prove d'esame concorsuali nelle modalità attualmente previste a causa della crisi pandemica, l'esame programmato per l'anno 2020 (che si sarebbe dovuto svolgere nei giorni del 15, 16 e 17 dicembre 2020, è stato inizialmente rinviato sine die, costringendo i praticanti che attendono di sostenere l'esame da un anno in uno stato di incertezza e bloccando ogni possibilità di accesso alla professione. Solo in un secondo momento le date sono state fissate nei giorni del 13, 14 e 15 aprile 2021 –:

   se il Ministro interrogato possa chiarire le iniziative che saranno adottate nel caso in cui l'emergenza pandemica dovesse persistere, in particolare nel rispetto di quali protocolli di sicurezza saranno svolte le prove d'esame nelle giornate del 13, 14 e 15 aprile 2021 e con quali mezzi e tempi il Ministro intenda dare adeguata comunicazione di tali protocolli;

   se l'esame sarà nuovamente rinviato oppure se si valuteranno differenti modalità per permettere ai praticanti di sostenere le prove d'esame in totale sicurezza;

   se saranno assicurati brevi tempi di correzione delle prove scritte e se le prove orali saranno organizzate in tempi utili tali da consentire agli aspiranti avvocati di valutare se partecipare o meno all'esame di abilitazione previsto per il 2021, che altrimenti dovrà essere preso in considerazione in via cautelativa.
(5-05221)

Pubblicazione di un testo ulteriormente riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Gelmini n. 1-00404, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 430 del 20 novembre 2020.

   La Camera,

   premesso che:

    il nostro Paese si trova a dover gestire l'attuale seconda ondata di contagi da COVID-19 con troppe armi spuntate, nonostante questi ultimi mesi di sostanziale tregua pandemica avrebbero dovuto imporre una migliore organizzazione per attrezzarsi al meglio al temuto ritorno e alla recrudescenza dei contagi;

    così come a primavera 2020, anche ora ci si ritrova purtroppo di fronte alle tende dell'Esercito dinanzi ai pronto soccorso. Gli ospedali sono prossimi al collasso per carenza di personale e mancanza di posti letto, a fronte dell'imponente afflusso di malati conseguente alla rapida e vertiginosa diffusione dell'infezione da COVID-19;

    ad avviso dei firmatari del presente atto, la colpevole superficialità del Governo ha fatto trascorrere invano questi mesi di apparente tregua dopo la prima ondata pandemica. Un rilassamento ancora più intollerabile alla luce del fatto che la comunità scientifica aveva messo in guardia fin da subito su un certo ritorno del picco dei contagi e dei morti da COVID-19;

    da tempo in Italia sono stati prodotti diversi studi che indicavano ciò che stava effettivamente accadendo e la strada da intraprendere per evitare di ritornare in una situazione tragica, quale quella sperimentata nella primavera 2020;

    è del tutto evidente che al Governo spetti l'attività legislativa, nonché di coordinamento, di programmazione degli interventi e di controllo;

    la Carta costituzionale, in particolare l'articolo 117, attribuisce allo Stato la competenza concorrente in materia di tutela della salute. Ciò significa che allo Stato spetta la definizione delle norme generali e, quindi, il coordinamento dell'azione delle regioni a tutela della salute;

    la realtà è che da tempo andava avviato un serio piano di potenziamento per prepararsi alla prevedibile seconda ondata. Questo potenziamento non è avvenuto. Come per il piano di potenziamento delle terapie intensive, che poi ha accumulato più di un ritardo e per il quale sono stati stanziati 1,2 miliardi di euro;

    le risorse dovevano servire, come previsto dal «decreto rilancio», anche a consolidare la separazione dei percorsi rendendola strutturale, ristrutturando i locali «con l'individuazione di distinte aree di permanenza per i pazienti sospetti COVID-19 o potenzialmente contagiosi, in attesa di diagnosi». La realtà, come dichiarato anche dal presidente della Simeu, la Società italiana della medicina di emergenza-urgenza, è che «quei soldi sono stati usati troppo poco o meglio quasi per nulla». Oggi invece la gran parte dei pronto soccorso ha riorganizzato le strutture che già aveva, ma gli spazi si stanno dimostrando del tutto insufficienti;

    c'era l'impegno di creare 3.500 nuovi posti di terapia intensiva. Ad oggi si è a meno della metà dei posti aggiuntivi e operativi di terapia intensiva, previsti dal Governo a maggio 2020. Solo il 12 ottobre 2020 si è chiuso il bando di gara per le nuove postazioni; come ha ricordato il professor Crisanti, in un documento consegnato in occasione di una sua recente audizione alla Camera dei deputati, «durante la terza settimana di agosto 2020 è stato presentato a esponenti del Governo un documento che prefigurava come la ripresa delle attività lavorative, l'inizio delle scuole e alcuni appuntamenti elettorali inevitabilmente avrebbero creato le condizioni ottimali per innescare un'esplosione della trasmissione. Lo stesso documento proponeva quindi di arrivare a questo appuntamento preparati per bloccare l'inevitabile aumento della trasmissione virale attraverso la creazione di un sistema di sorveglianza nazionale basato su una rete di laboratori in grado di processare centinaia di migliaia di tamponi molecolari al giorno in sinergia con gli strumenti di tracciamento informatico tipo app Immuni e capacità logistica di rendere il test disponibile in tutte le zone del Paese (...). Questo segnale di allarme è stato trascurato e, invece di investire risorse, strumenti informatici e logistica in un sistema sorveglianza attiva in grado di interrompere le catene di trasmissione e consolidare i risultati ottenuti con sacrifici umani ed economici senza precedenti nella storia della Repubblica, abbiamo affrontato con spensierata leggerezza la riapertura delle scuole, la ripresa delle attività produttive senza un piano di prevenzione»;

    le carenze organizzative e il troppo tempo trascorso in questi ultimi mesi senza la necessaria programmazione stanno mostrando tutti i loro effetti, a cominciare dalle misure messe in campo per consentire il tracciamento e ricostruire la catena dei contagi;

    è necessario incrementare il numero di tamponi, dando soluzione ai troppi cittadini che per farli sono costretti spesso a file interminabili e i risultati arrivano dopo diversi giorni;

    a ciò si aggiunga che, inspiegabilmente, i centri diagnostici privati sono stati coinvolti tardi, in modo parziale e ancora non in tutte le regioni;

    nonostante le promesse di rafforzare la medicina territoriale, i medici di base non sono in condizione di visitare a domicilio i loro pazienti sintomatici; attualmente ogni giorno si ricoverano quasi mille persone in più ed è ormai quasi impossibile proteggere tutti i medici di famiglia con gli stessi dispositivi di protezione che hanno i medici delle terapie intensive;

    queste carenze organizzative fanno sì che sempre più persone si presentino in ospedale e ai pronto soccorso dove poi i medici spesso sono obbligati a ricoverare i pazienti in osservazione;

    per dare una risposta a queste esigenze che vengono dal territorio, sempre nell'ambito del potenziamento dell'assistenza territoriale, sarebbe necessario supportare le regioni nell'implementazione delle unità speciali di continuità assistenziale (Usca), previste dall'articolo 4-bis del decreto-legge n. 18 del 2020 indispensabili per la gestione domiciliare dei pazienti affetti da COVID-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero, anche al fine di alleggerire i medici di famiglia e i pediatri di libera scelta, consentendo loro di svolgere al meglio e in maggiore sicurezza l'attività assistenziale ordinaria;

    le notizie di questi giorni fanno ben sperare nella possibilità di cominciare a somministrare uno o più vaccini anti COVID già dai primi mesi del 2021;

    vanno assolutamente scongiurati la totale approssimazione, la disorganizzazione e i troppi ritardi con i quali si sta procedendo in queste settimane alla campagna di vaccinazione antinfluenzale, peraltro particolarmente necessaria in questa fase di pandemia per agevolare la diagnosi differenziata e ridurre la pressione sul servizio sanitario nazionale;

    le quantità disponibili di vaccini sono insufficienti anche per una parte della popolazione anziana. Non si trovano nelle farmacie. Molti cittadini, dopo mille raccomandazioni a vaccinarsi, faticano a farlo. Per fronteggiare l'emergenza si dovevano centralizzare le procedure di acquisto a livello nazionale;

    in attesa dei prossimi vaccini anti COVID, è decisivo che i piani vengano formulati subito. Per arrivare a distribuire il vaccino fin dai primi mesi del 2021, è necessario che l'Italia, così come gli altri Paesi, cominci a programmare fin da subito per prepararsi per tempo;

    il piano del Governo, ancora tutto da costruire, servirà ad elaborare una strategia necessaria ad affrontare al meglio la distribuzione e la somministrazione del vaccino senza impatti negativi sulla catena di distribuzione, che peraltro ha bisogno di temperature particolarmente basse;

    sarà decisivo individuare già da adesso le categorie di persone a cui somministrare per primi il futuro vaccino anti COVID;

    si è perso del tempo prezioso per prepararsi al meglio alla prevista seconda ondata pandemica. Non solo riguardo al potenziamento e alla dotazione delle strutture sanitarie, ma anche riguardo al fondamentale lavoro di raccolta ed elaborazione dei dati, indispensabile per monitorare e conoscere in dettaglio dove avviene il contagio. Per fare questo ci sarebbe bisogno dei dati individuali, ossia i cosiddetti «microdati»;

    in Italia la comunità scientifica li invoca da inizio pandemia, ma senza risultati. Per ora si dispone di informazioni «aggregate» sulla distribuzione di età e comorbidità negli infetti. Ma alla comunità scientifica non è dato accedere alle caratteristiche demografiche, economiche, sociali e sanitarie di ognuno, che sarebbero fondamentali per dedurre quali categorie sono più vulnerabili, in modo più raffinato di quanto si può fare ora. I dati probabilmente esistono, ma non sono raccolti in un dataset centralizzato condiviso con la comunità scientifica. Quando si somministrano i tamponi, e ancora di più nel tracciare i contatti dei pazienti positivi, si ha una grande occasione per raccogliere informazioni, che, se condivise con la comunità scientifica, consentirebbe di elaborare strategie mirate per contrastare la diffusione del virus e preservare quanto più possibile l'economia e la vita produttiva e sociale del Paese;

    nella strategia di contrasto alla pandemia in atto, un ruolo centrale avrebbe dovuto essere quello di mettere in atto un efficace sistema di tracciamento dei contatti. Sotto questo aspetto dal 15 giugno 2020 è stata resa operativa, su base volontaria, l'app Immuni, che consente di avvertire gli utenti che hanno avuto un'esposizione a rischio o un contatto con un utente risultato positivo al Sars-Cov2. La realtà è che questo strumento di tracciamento si è rivelato sostanzialmente fallimentare. Un insuccesso che non può essere solamente addebitato ai cittadini e ad un loro rilassamento in termini di percezione del pericolo, ma è evidente una responsabilità di chi ancora una volta non ha saputo organizzare al meglio queste iniziative di tracciamento e di individuazione dei soggetti positivi;

    riguardo all'app Immuni, ad avviso dei firmatari del presente atto, tutto è stato fatto tardi e male. La tecnologia può servire a rendere più efficiente un sistema oppure paradossalmente può avere l'effetto di evidenziare l'inefficienza del medesimo sistema. L'esperienza della app ha mostrato l'inefficienza di questo sistema;

    la lotta contro l'epidemia si vince partendo dalla conoscenza dei dati epidemiologici indispensabili per capire, per esempio, i canali di trasmissione del virus oppure per organizzare una rete efficiente di tracciamento dei contatti. Da giugno 2020 l'Accademia dei Lincei, fra i tanti, aveva chiesto al Governo che fossero raccolti e messi a disposizione della comunità scientifica i dati epidemiologici. Ciò non è avvenuto e molti dati essenziali per la lotta al virus sono sconosciuti;

    la giusta attenzione alla pandemia in atto fa troppo spesso dimenticare che il COVID-19 provoca anche numerose vittime indirette, in quanto aumenta la mortalità per altre patologie a causa dei rinvii delle procedure di screening, delle diagnosi e degli interventi. Molti malati si trovano, infatti, in una condizione drammatica, in quanto i ritardi accumulati provocano in molti casi la cronicizzazione della patologia o un incremento dei decessi;

    secondo i dati diffusi da Nomisma, durante il periodo di lockdown, in Italia sono stati 410 mila gli interventi chirurgici rimandati e quindi da riprogrammare. Nomisma ha stimato come, nel periodo di sospensione dei ricoveri differibili e non urgenti, siano stati rimandati il 75 per cento dei ricoveri per interventi chirurgici in regime ordinario, con esclusione di quelli oncologici;

    nel dettaglio, sarebbero stati rimandati il 56 per cento dei ricoveri per interventi legati a malattie e disturbi dell'apparato cardiocircolatorio, mentre un terzo degli interventi da riprogrammare, stimati in 135 mila, riguarderebbero l'area ortopedica;

    secondo l'Associazione italiana di oncologia medica, invece, nei primi 5 mesi del 2020 in Italia sono stati eseguiti circa un milione e quattrocentomila esami di screening per i tumori in meno rispetto allo stesso periodo del 2019;

    quello che in questi mesi è mancato, come ha sottolineato anche la Fondazione Gimbe, è stata una strategia a medio-lungo termine condivisa tra Governo e regioni, in grado di potenziare adeguatamente i servizi sanitari;

    la realtà è che la terribile pandemia in atto ha messo a nudo l'estrema fragilità della sanità pubblica italiana;

    l'emergenza Coronavirus sta rappresentando una sorta di tragico «stress test» per il servizio sanitario italiano e per la sua capacità di far fronte a scenari avversi;

    la pandemia in atto sta dimostrando ancora una volta che l'offerta sanitaria del nostro Paese deve essere ripensata e rafforzata;

    sempre maggiori sono infatti le difficoltà per il Servizio sanitario nazionale a garantire il fondamentale diritto alla salute che ha sempre caratterizzato il nostro servizio sanitario fin dalla sua istituzione (legge n. 833 del 1978);

    la fotografia attuale è che le risorse assegnate al fondo sanitario nazionale sono del tutto insufficienti e a questo sottofinanziamento si aggiunge il grave e costante invecchiamento della popolazione, l'aumento delle malattie croniche e l'aumento dei costi;

    nonostante le criticità sopra esposte, la bozza del 6 dicembre 2020 del Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano per l'accesso ai fondi del Next generation Eu, all'esame del Consiglio dei ministri, assegnava alla missione «Salute» solamente 9 miliardi di euro (il 4,6 per cento delle risorse previste) per il rinnovamento dell'assistenza territoriale, la telemedicina e la digitalizzazione dei servizi. Delle sei missioni previste, la missione «Salute» è quella con una dotazione più bassa;

    questo nonostante nell'estate 2020 il Ministro della salute avesse inizialmente presentato a Palazzo Chigi alcune proposte per accedere alle risorse messe in campo dall'Unione europea con il Recovery fund e per finanziare un piano di rilancio del sistema sanitario. In totale oltre 20 progetti per un ammontare complessivo di circa 68 miliardi di euro da realizzarsi nei prossimi 5 anni;

    nell'ultima bozza del suddetto documento predisposta dal Governo, questo importo è stato sensibilmente aumentato, seppur in misura decisamente inferiore alle iniziali richieste dello stesso Ministro della salute;

    l'Italia è il Paese più anziano d'Europa, con circa 24 milioni di malati cronici e con differenze fortissime tra il Nord e il Sud del Paese. Si ha, inoltre, il più basso numero di posti letto in Europa;

    ma quello che da molto tempo è emerso e che si è acuito inevitabilmente con questa pandemia è la scarsità del personale medico e di quello sanitario. Questa sta diventando sempre di più una delle principali emergenze;

    a far funzionare il servizio sanitario nazionale non sono infatti solamente le infrastrutture sanitarie e la dotazione di attrezzature mediche, ma sono i professionisti della sanità. Nei reparti degli ospedali mancano i medici specialisti e i colleghi sono sottoposti a orari e privazioni che li riportano indietro alla prima ondata di marzo 2020;

    secondo le stime sul fabbisogno nelle corsie di rianimazione servono almeno 9 mila operatori per poter attivare i 3 mila letti in terapia intensiva che si punta ad aggiungere; il blocco del turnover (per fortuna recentemente in parte ridimensionato) per troppi anni ha impedito la sostituzione degli specialisti in uscita da parte di medici giovani, causando un progressivo invecchiamento del personale;

    la Commissione europea indica una necessità di 230 mila medici entro il 2023; a ciò si aggiunge una decennale, cronica e patologica carenza di infermieri;

    ad oggi, dopo ben 6-7 anni di studi, solo 1 medico su 3 ha la possibilità di continuare la carriera post laurea in conseguenza della fallimentare programmazione del numero di specialisti per regione e disciplina. Il numero di contratti di formazione post lauream è insufficiente a coprire la richiesta di specialisti e di percorsi formativi rispetto al numero di laureati. Questo ha prodotto un «imbuto formativo» che nel tempo ha ingabbiato in un limbo migliaia di giovani medici;

    l'imbuto formativo obbliga annualmente giovani medici neolaureati a congelare il loro percorso formativo, non avendo a disposizione contratti di formazione specialistica;

    in Italia la sola carenza calcolata della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi) è di almeno 53 mila infermieri, di cui la maggior parte (almeno 30 mila) sono quelli mancanti sul territorio;

    nel nostro Paese ci sono molto meno infermieri della media Ocse (5,4 per mille abitanti contro la media di 9), in particolare se rapportato al numero dei medici. Ogni infermiere dovrebbe assistere al massimo 6 pazienti per ridurre del 20 per cento la mortalità, mentre attualmente ne assiste in media 11;

    nei mesi scorsi è stata lanciata una petizione da «Lettera 150» e dalla Fondazione David Hume, con un decalogo per «salvare l'Italia». La petizione prende avvio da «l'operazione verità» sugli errori commessi nei mesi scorsi per combattere l'epidemia. Un'operazione lanciata da dieci studiosi, tra i quali Luca Ricolti, Giuseppe Valditara, Andrea Crisanti e Giovanni Orsina;

    nella petizione si legge: «Noi pensiamo che quello che non è stato fatto fra maggio e ottobre 2020 debba assolutamente essere fatto ora che l'epidemia è riesplosa e stiamo per vivere un nuovo lockdown. Per evitare che anche questa volta i sacrifici degli italiani siano dispersi al vento vengono quindi proposte dieci cose non fatte finora e che vanno fatte subito». I firmatari del presente atto di indirizzo le fanno convintamente proprie e anche su queste chiedono un impegno serio al Governo ad attuarle,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per prevedere un sensibile incremento delle risorse assegnate alla missione «Salute» dalla bozza del Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano predisposta in queste ore dal Governo;

2) ad adottare iniziative per prevedere che specifiche risorse vengano destinate al potenziamento del Servizio sanitario nazionale, finanziando i programmi sanitari regionali redatti secondo il fabbisogno specifico al fine di garantire i livelli essenziali di assistenza, nonché all'ammodernamento e al potenziamento della rete ospedaliera e dei servizi di assistenza territoriale;

3) ad adottare iniziative per incrementare gli investimenti nella ricerca pubblica e privata;

4) ad adottare iniziative per avviare un piano di assunzioni di medici, infermieri, farmacisti, psicologi e operatori sanitari, procedendo, tra l'altro, alla stabilizzazione a tempo indeterminato del gran numero dei suddetti specialisti sanitari attualmente ancora precari;

5) ad adottare iniziative per riorganizzare, di concerto con le regioni, il servizio territoriale, potenziando il ruolo dei medici, farmacisti e infermieri anche attraverso l'utilizzo diffuso della telemedicina;

6) ad adottare le opportune iniziative normative al fine di superare il vincolo di esclusività per gli infermieri pubblici, consentendo loro un'intramoenia infermieristica che permetta agli stessi di prestare attività professionale a favore di strutture sociosanitarie (residenze sanitarie assistenziali, case di riposo, strutture residenziali, riabilitative), anche per far fronte alla gravissima carenza di personale infermieristico di queste strutture;

7) ad adottare tutte le iniziative volte a rendere, di concerto con gli ordini professionali, la formazione di tutti i professionisti sanitari maggiormente legata al fabbisogno e alla programmazione del servizio sanitario nazionale, dove comunque l'università svolga un ruolo di coordinamento delle attività didattiche e di ricerca e di collaborazione con le strutture ospedaliere diffuse sul territorio;

8) ad adottare iniziative per finanziare ulteriori borse di specializzazione di medici, farmacisti e biologi, minimizzando il più possibile il rapporto neolaureati/borse e dando soluzione all'imbuto formativo;

9) ad avviare le opportune iniziative normative volte a prevedere il coinvolgimento professionale di medici e farmacisti specializzandi dal terzo o quarto anno affinché, a seconda della branca sanitaria, possano continuare la formazione specialistica svolgendo la loro professione sul campo, prevedendo altresì anche il coinvolgimento degli infermieri già dal terzo anno di studio;

10) a mettere in atto tutte le iniziative volte a recuperare gli interventi e gli screening anti-tumorali e di altre patologie sospesi durante i mesi più duri della pandemia e a ridurre le liste di attesa per patologie diverse dal COVID-19;

11) a prevedere opportune iniziative volte a velocizzare il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni in ambito sanitario;

12) ad avviare tutte le iniziative di competenza volte a potenziare sensibilmente le misure di contrasto alla diffusione della pandemia, per fronteggiare la seconda ondata in atto e le possibili nuove recrudescenze del virus, al fine di:

   a) rafforzare la «sorveglianza attiva» attraverso test sierologici e l'uso di massa dei tamponi con il supporto in tutte le regioni dei laboratori, delle strutture diagnostiche private e delle farmacie in possesso di tutti i requisiti necessari, al fine di consentire che i tamponi siano effettuati nel maggior numero e minor tempo possibile, a garanzia di un'effettiva tempestività nel monitoraggio e controllo della diffusione della Sars-Cov2;

   b) attivare in tutte le regioni il fascicolo sanitario elettronico e il dossier farmaceutico al fine di creare un database con tutti i dati necessari per gestire al meglio la diffusione pandemica;

   c) realizzare 20 mila posti di terapia intensiva prevedendo 1 posto letto ogni 3 mila abitanti;

   d) garantire realmente il distanziamento su tutti i mezzi pubblici, in quanto importante luogo di diffusione del contagio, prevedendo finanziamenti per incrementare il trasporto pubblico locale, il coinvolgimento di soggetti privati a supporto della mobilità locale ed efficaci modalità di controllo – finora inesistenti – del rispetto del distanziamento e della capienza massima a bordo, nonché prevedendo la misurazione della temperatura all'ingresso del mezzo;

   e) sanare, nell'immediato, le gravi carenze e le inefficienze riscontrate finora nell'organizzazione della campagna vaccinale antinfluenzale, implementando a tal fine il ruolo centrale e troppo sottovalutato che può e deve essere svolto dalle farmacie, assicurando un'adeguata e tempestiva disponibilità di vaccini anti-influenzali e prevedendo la somministrazione dei vaccini all'interno delle medesime farmacie, anche attraverso infermieri specializzati o medici specializzandi;

   f) predisporre e sottoporre alla valutazione preventiva del Parlamento un piano volto ad affrontare al meglio la distribuzione e la somministrazione del vaccino anti-COVID che tenga conto della logistica della distribuzione stessa e che individui puntualmente le categorie di persone a cui somministrare il vaccino con priorità nelle fasi iniziali, includendo tra queste il personale e gli operatori sanitari e sociosanitari, i residenti e il personale dei presidi residenziali per anziani, le persone di età avanzata e le persone con disabilità;

   g) presentare al Parlamento un cronoprogramma dettagliato su tutti gli aspetti relativi alla campagna di vaccinazione anti-COVID al fine di consentire alle Camere un monitoraggio costante di tutte le fasi del piano vaccinale;

   h) predisporre un'efficace programma di informazione e sensibilizzazione ai cittadini sulla campagna vaccinale anti-COVID;

   i) considerato che la legge 30 dicembre 2020, n. 178, ha autorizzato la somministrazione di vaccini nelle farmacie aperte al pubblico sotto la supervisione di medici, garantire che le vaccinazioni possano essere effettuate nel più breve tempo possibile, anche prevedendo quanto prima la necessaria formazione del personale sanitario;

   l) fornire ogni utile elemento al Parlamento sui criteri di affidamento della gestione della campagna vaccinale attraverso una piattaforma informatica sviluppata da Poste Italiane ed Eni, nonché sui tempi di realizzazione e sulle garanzie di protezione dei dati sensibili da parte dei suddetti soggetti, con riguardo alla gestione delle prenotazioni, delle somministrazioni, dei richiami e alla trasmissione dei dati all'anagrafe del Ministero della salute;

   m) prevedere specifiche risorse da investire, in caso di validazione delle autorità regolatorie italiana ed europea, nell'acquisto e nella somministrazione delle cure a base di anticorpi monoclonali, anche utilizzando quota delle risorse previste dal comma 447 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2020, n. 178, per l'acquisto dei farmaci per la cura dei pazienti con l'infezione da COVID-19;

   n) rafforzare l'assistenza territoriale e, in particolare, quella domiciliare soprattutto per i soggetti in isolamento, anche attraverso un potenziamento sul territorio delle unità speciali di continuità assistenziale, le unità speciali di continuità assistenziale, per la gestione domiciliare dei pazienti affetti da COVID-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero, anche al fine di alleggerire i medici di famiglia e i pediatri di libera scelta, consentendo agli stessi di svolgere al meglio e in maggiore sicurezza l'attività assistenziale ordinaria;

   o) implementare le cure domiciliari anche attraverso la creazione di una rete di telesorveglianza che metta in contatto il paziente con medici, farmacisti e infermieri;

   p) valutare la possibilità di utilizzare i medici specializzandi in anestesia sin dal terzo anno nelle terapie intensive per colmare le carenze e i vuoti attuali;

   q) istituire presidi territoriali sanitari nelle scuole o reti di scuola (medici scolastici e/o infermieri), al fine di monitorare la prevenzione del contagio attraverso la somministrazione di tamponi al personale insegnante e scolastico;

   r) riattivare i presidi sanitari e ospedalieri, anche delle zone di montagna, dismessi totalmente o che siano solo parzialmente utilizzati a causa della riorganizzazione territoriale imposta dalla normativa vigente, anche per trasformarli in strutture COVID;

   s) potenziare e diffondere l'utilizzo dei COVID-hotel e altre strutture dove poter trascorrere la quarantena senza rischio di contagiare famigliari conviventi;

   t) dotare gli uffici, le strutture pubbliche e i mezzi di trasporto pubblico locale di strumenti idonei di protezione dal contagio, quali misuratori di temperatura, dispositivi di protezione individuale, gel disinfettante e altro;

   u) avviare una costante interlocuzione tra il Comitato tecnico-scientifico, il Ministero della salute, la Società italiana Sistema 118 e rappresentanti di medici e personale sanitario, al fine di individuare le misure più efficaci per implementare le attività di contrasto alla diffusione del Coronavirus;

   v) rafforzare la rete delle strutture residenziali e semiresidenziali che erogano prestazioni in favore di anziani, persone con disabilità e altri soggetti in condizione di fragilità (residenze sanitarie assistenziali, centri diurni e altre strutture analoghe, comunque denominate dalla normativa regionale), stanziando risorse al fine di potenziarne la relativa offerta, supportarne l'operatività e assicurare presso di esse la disponibilità di personale sanitario e sociosanitario, nonché dei dispositivi utili al contenimento e alla gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, inclusi i tamponi rapidi.
(1-00404) (Ulteriore nuova formulazione) «Gelmini, Panizzut, Lollobrigida, Mandelli, Bagnasco, Novelli, Bond, Mugnai, Versace, Baldelli, Paolo Russo, Pella, Brambilla, Labriola, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Locatelli, Paolin, Sutto, Tiramani, Bellucci, Gemmato».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interpellanza Fassina n. 2-00624 del 31 gennaio 2020;

   interrogazione a risposta scritta Masi n. 4-07112 del 14 ottobre 2020;

   interrogazione a risposta in Commissione Lotti n. 5-04986 del 10 novembre 2020.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta scritta Carnevali n. 4-01570 del 7 novembre 2018 in interrogazione a risposta orale n. 3-01996;

   interrogazione a risposta orale Giacometto n. 3-01231 dell'8 gennaio 2020 in interrogazione a risposta scritta n. 4-07957;

   interrogazione a risposta in Commissione Maccanti e altri n. 5-03929 del 7 maggio 2020 in interrogazione a risposta scritta n. 4-07976;

   interrogazione a risposta scritta Carnevali n. 4-06036 del 17 giugno 2020 in interrogazione a risposta orale n. 3-01997;

   interrogazione a risposta orale Ascari n. 3-01709 del 30 luglio 2020 in interrogazione a risposta scritta n. 4-07958.