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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 10 dicembre 2020

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:

   «Striscia la notizia», in un servizio andato in onda ieri sera su Canale 5, ha presentato i risultati di test tecnici, cui ha sottoposto le mascherine «chirurgiche» prodotte da FCA Italy, nello stabilimento di Mirafiori;

   queste mascherine, con il logo della Presidenza del Consiglio dei ministri, sono state distribuite nelle scuole italiane a partire del mese di settembre scorso, provocando le immediate proteste di genitori ed insegnanti, in quanto presentavano un forte odore di solvente;

   secondo quanto riferito dal tg satirico, i test hanno segnalato una filtrabilità di detti dispositivi di molto inferiore al 95 per cento prescritto dalla norma 14683;

   un primo lotto, infatti, presenterebbe una percentuale del 67 per cento e secondo lotto del 77 per cento, comunque, in entrambi i casi, valori di gran lunga inferiori ai limiti di legge;

   anche per quanto riguarda la respirabilità, le mascherine prodotte da Fca sarebbero non conformi ai parametri di legge, in quanto presenterebbero un valore di 52,6, contro un limite di 40;

   sorprende la circostanza che suddette mascherine sarebbero state validate dall'Istituto superiore di sanità, solo sulla base di documentazione prodotta dalla impresa produttrice;

   Fca avrebbe comunicato alla redazione di «Striscia la notizia» che le mascherine sarebbero comunque prodotte con macchinari e materie prime fornite e segnalate dal Commissario Arcuri –:

   quali iniziative di competenza la Presidenza del Consiglio dei ministri intenda assumere per verificare le caratteristiche tecniche delle mascherine prodotte da Fca Italy;

   se intenda ritirare dalla distribuzione nelle scuole dette mascherine, nelle eventualità che fosse effettivamente riscontrato il mancato rispetto dei parametri tecnici minimi, previsti dalla normativa vigente.
(2-01032) «Zanettin».

Interrogazioni a risposta scritta:


   PICCHI, BILLI, COIN, COMENCINI, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, FORMENTINI, RIBOLLA e ZOFFILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nel novembre 2020, il Corpo delle Guardie rivoluzionarie islamiche dell'Iran ha rivelato di aver acquisito una nave multifunzionale da 150 metri di lunghezza e 4 mila tonnellate di dislocamento, in grado di effettuare operazioni di navigazione oceanica;

   l'imbarcazione, battezzata Shahid Roudaki in onore di un comandante della componente navale dei Pasdaran, vanterebbe capacità significative, potendo trasportare elicotteri, droni, imbarcazioni veloci d'attacco e una gamma di sistemi missilistici antiaerei, incluso il Khordad, al quale è stato attribuito, a metà del 2019, l'abbattimento di un sofisticato drone statunitense che sorvolava lo Stretto di Hormuz;

   seppure gli analisti abbiano dei dubbi sulle concrete capacità della nuova unità, è diffuso il convincimento che la sua acquisizione segnali comunque l'ambizione dell'Iran a proiettare la forza di cui dispone ben oltre il limite delle acque costiere, con l'effetto di minacciare il traffico mercantile d'interesse anche in alto mare;

   secondo alcune fonti, lo Shahid Roudaki altro non sarebbe che l'ex mercantile italiano Altinia, noto anche come Galaxy F, varato nel 1992, che sarebbe stato venduto nel 2019 alla Giovanni Visentini Transporti Fluviomarittimi per due milioni di dollari e che, prima di raggiungere Bandar Abbas, avrebbe sventolato le bandiere delle Comore e di Panama;

   l'ex mercantile italiano sarebbe stato trasformato dalla Bandar Abbas Ship Reparing Company, società sorta nel 2006 da una partnership tra Iran Shipbuilding and Off-shore Industries Complex e la Islamic Republic of Iran Shipping Lines, che dall'8 giugno 2020, è tornata nella lista delle aziende interessate dalle sanzioni imposte dagli Stati Uniti in seguito all'uscita di Washington dal Jcpoa;

   tale circostanza solleva interrogativi sotto il profilo dell'aderenza italiana al meccanismo sanzionatorio adottato a livello internazionale per riportare l'Iran al tavolo negoziale, che andrebbe verificata alla luce della tempistica della vendita da parte della Giovanni Visentini Transporti Fluviomarittimi e dei successivi passaggi di titolarità dell'imbarcazione prima del suo arrivo in Iran –:

   di quali elementi disponga i| Governo relativamente alla tempistica e alle modalità dei trasferimenti che avrebbero portato un mercantile di fabbricazione italiana da una società del nostro Paese all'Iran.
(4-07755)


   CIRIELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   continua l'ondata di maltempo che in questi giorni si sta abbattendo sul Sud della penisola, con forti temporali e importanti accumuli pluviometrici, soprattutto in Campania e in Calabria; allagamenti, raffiche di vento e piogge torrenziali hanno interessato i territori a sud della provincia di Salerno; ad essere state maggiormente colpite sono le fasce costiere del Golfo di Policastro e del Cilento; i danni più rilevanti si sono registrati a Sapri nel centro cittadino con strade invase da acqua e detriti;

   anche nel territorio comunale di Camerota (Salerno) le perturbazioni hanno determinato notevoli criticità, soprattutto nelle frazioni Licusati e Lentiscosa, dove volontari e uomini della Protezione civile hanno lavorato ininterrottamente per ore al fine di liberare le strade invase dai massi e dal fango;

   a subire le conseguenze di queste devastanti perturbazioni è stata anche la città di Reggio Calabria, sul cui territorio nella giornata del 3 dicembre 2020 si sono abbattute in poche ore 60 millimetri di pioggia e grandine che hanno causato allagamenti di strade, scantinati, case private e attività commerciali, determinando finanche lo sradicamento di numerosi alberi;

   fenomeni di questo tipo, oltre a compromettere la sicurezza dei cittadini ed inficiare il regolare svolgimento della quotidianità, incidono negativamente anche sull'economia dei territori interessati, già fortemente compromessa dall'emergenza sanitaria ancora in atto;

   la ciclica ripetizione di questi eventi, le cui cause non sono di certo addebitabili esclusivamente alla furia degli elementi naturali, evidenzia ancora una volta l'irresponsabile inerzia di una certa politica che continua a non investire nella realizzazione e nella manutenzione di tutte le opere indispensabili per contrastare il dissesto idrogeologico, garantire la sicurezza del territorio e quindi della popolazione;

   appare pertanto doveroso, oltre che improcrastinabile un intervento concreto del Governo che, senza ulteriori attese, metta in atto tutte le azioni utili per sostenere le aree colpite dalle forti perturbazioni, garantendo le risorse necessarie sia per la messa in sicurezza dei territori danneggiati che per il sostegno economico –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, accertata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di mettere in sicurezza i territori colpiti dal maltempo;

   se non il Governo intenda adottare le iniziative di competenza per l'urgente deliberazione dello stato di emergenza per eventi calamitosi per le aree colpite dal maltempo, al fine di assicurare, con tempestività, interventi di natura economica a sostegno dei territori e delle popolazioni sopra citate.
(4-07764)


   BIGNAMI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   i consorzi di bonifica sono enti a cui si riconosce una funzione importante nella difesa del suolo e di sviluppo del territorio oltre alla tutela ed alla valorizzazione della produzione agricolo e dei beni naturali, con particolare riferimento alle risorse idriche;

   tra il 4 ed il 19 dicembre 2020 si terranno in Emilia-Romagna le elezioni per il rinnovo dei consigli di amministrazione dei consorzi di bonifica che coinvolgeranno circa 1,5 milioni di contribuenti;

   le modalità di elezione dei componenti dei consigli di amministrazione previste della legge regionale n. 42 del 2 agosto 1984 e successive modifiche ed integrazioni, con cui si dispone che gli amministratori siano eletti dall'assemblea dei consorziati «con voto diretto, uguale, libero e segreto, attribuito a liste di candidati concorrenti», presentate nei venti giorni antecedenti la data della consultazione, per ogni sezione e sottoscritte da ben specificati numeri di appartenenti alla sezione stessa;

   a seguito della diffusione della pandemia da Coronavirus Sars-Cov2, è stato proclamato lo «stato di emergenza per il rischio sanitario» fino al 31 gennaio 2021 e sono state predisposte, tra le altre, misure atte a limitare gli spostamenti dei cittadini al di fuori dei propri comuni di residenza;

   queste limitazioni rischiano di aumentare l'effetto di autoreferenzialità che già colpisce questi consorzi, limitando le possibilità di esercitare il proprio diritto di voto, libero ed informato, da parte della maggior parte degli aventi diritto;

   la circolare del Ministero dell'interno – Gabinetto del Ministro n. 15350/117/2(6) indirizzata alla prefettura di Bologna, con oggetto le elezioni degli organi amministrativi dei consorzi di bonifica emiliano-romagnoli invita ad utilizzare metodologie di voto a distanza e, se non fosse possibile, a valutare l'opportunità di rinviare le consultazioni;

   il decreto-legge 7 novembre 2020 n. 148, «Disposizioni urgenti per il differimento di consultazioni elettorali per l'anno 2020», tenuto conto della pandemia COVID-19 in corso e della necessità di assicurare lo svolgimento delle consultazioni elettorali previste nel 2020 in condizioni di sicurezza per i cittadini, dispone il rinvio al 2021 (entro il 31 marzo) delle elezioni indette comprese quelle per i presidenti delle province e dei consigli provinciali prorogando il mandato a quelli in carica;

   il sottosegretario alla presidenza della giunta regionale dell'Emilia-Romagna, Davide Baruffi, ha precisato che la regione non ha competenze dirette sui consorzi di bonifica e che qualsiasi valutazione circa la compatibilità con lo svolgimento delle elezioni per il rinnovo degli organi dei consorzi potrà essere svolta dal Governo e solo in subordine, dalla regione o dai comuni –:

   se intenda procedere con urgenza ad adottare iniziative per sospendere queste consultazioni, prorogando gli attuali mandati fino a quando non ci saranno le condizioni per svolgerle in modo sicuro, incondizionato e trasparente per tutti gli aventi diritto.
(4-07771)


   D'ORSO, GIARRIZZO e ALAIMO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   dalla lettura di un articolo del «Giornale di Sicilia» del 6 dicembre 2020, l'interrogante ha appreso la drammatica notizia della morte di un uomo di 77 anni, avvenuta nella mattina del 5 dicembre, al pronto soccorso dell'ospedale «Ingrassia» di Palermo;

   l'uomo, a seguito di un forte dolore al petto, è giunto nella notte al pronto soccorso dell'ospedale e, una volta arrivato, è stato portato nell'area di emergenza dai sanitari del 118. Le sue condizioni non sembravano gravi, raccontano dall'ospedale. Dopo l'esecuzione del tampone, il paziente è stato sistemato in una delle stanze del nosocomio in attesa dell'esito degli esami. Non appena si sono acquisiti i risultati della Tac e degli altri esami diagnostici, è emerso che doveva essere operato d'urgenza per una dissecazione aortica;

   i medici avrebbero cercato un posto letto in uno dei reparti di cardiochirurgia di qualche altro ospedale palermitano e della provincia, ma non hanno trovato nessun posto libero perché la maggior parte di essi è destinata ai pazienti affetti Coronavirus;

   il vice segretario generale del sindacato «Cimo», nel denunciare il fatto, ha aggiunto che all'Istituto «Ismett» – ospedale deputato per questo tipo di interventi – vengono ricoverati solo malati COVID, al «Policlinico» vengono effettuate solo le urgenze, e anche la clinica privata «Villa Maria Eleonora» non avrebbe avuto posti liberi in quel momento;

   e, nel frattempo, mentre si cercava di individuare ulteriori soluzioni, anche in altre regioni, le condizioni del paziente si sono aggravate fino al decesso: in questi casi, bisogna fare in fretta e, invece, pare essersi perso troppo tempo;

   sempre secondo quanto accertato dal sindacato, pochi giorni fa, un altro paziente palermitano di 61 anni, giunto nell'area emergenza dell'Ingrassia, anche lui con una grave patologia cardiaca, è stato salvato grazie al trasferimento disposto in elisoccorso a Catania. Anche in questa occasione non sarebbe stato trovato un posto letto negli ospedali palermitani;

   tali eventi drammatici dimostrano cometa molti cittadini (alcuni di questi affetti da patologie croniche gravi) sia, di fatto, impedito di accedere alle prestazioni sanitarie, anche quelle essenziali: un sacrificio che alcuni di questi pazienti ordinari stanno pagando con la perdita della loro stessa vita;

   è evidente che gli ospedali palermitani si trovino in evidenti e grosse difficoltà nel gestire tale emergenza epidemiologica se i pazienti ordinari non riescono a trovare un posto letto perché la maggior parte di essi sono destinati ai malati COVID. Tale stato di cose risulta grave e inaccettabile: i pazienti ordinari non possono aspettare la fine della pandemia da Coronavirus per essere assistiti e curati –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra esposti, e quali iniziative per quanto di competenza, ritenga opportuno adottare, anche in raccordo con la regione siciliana, per addivenire al più presto ed una soluzione finalizzata ad attivare, fin da subito, tutti gli strumenti per risolvere le gravi criticità presenti negli ospedali palermitani, affinché si possa garantire a tutti i cittadini della città di Palermo di fruire pienamente dei servizi e delle cure del servizio sanitario regionale in ossequio all'articolo 32 della Costituzione.
(4-07772)


   DONZELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   i diritti dei disabili sono sempre più a rischio e l'emergenza Coronavirus ha reso la situazione ancor più critica. Una questione rilanciata con forza in occasione della giornata della disabilità del 3 dicembre 2020. Secondo quanto ha riferito l'Onu: «Le persone con disabilità (circa un miliardo in tutto il mondo) sono uno dei gruppi più esclusi nella nostra società, tra i più colpiti in questa crisi in termini di vittime». Dati e situazioni che necessitano al più presto aggiornamenti normativi per fermare ciò che si sta verificando con una divaricazione insanabile nella nostra società. Le associazioni di volontariato sottolineano che risulta doppiamente rilevante il comportamento di chi ha un ruolo pubblico. In questo quadro, a parere dell'interrogante non giovano comportamenti quali quello di Andrea Scanzi, che il 16 ottobre 2020, secondo quanto riportato dal quotidiano online «Il Primato nazionale» il 21 ottobre 2020, avrebbe lasciato in sosta la propria auto su parcheggio destinato a disabili, ad Arezzo, occupando due posti. In consiglio comunale di Arezzo, il gruppo che fa capo alla lista «Ora Ghinelli» ha presentato un'interrogazione in cui si chiede «di far appurare se il noto personaggio aretino sia il reale intestatario o conducente dell'auto». Il giornalista Andrea Scanzi non ha mai fatto chiarezza sull'episodio –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere per garantire e ampliare i diritti dei disabili, ancora maggiormente messi a rischio da emergenze come quella che si sta vivendo, anche promuovendo iniziative di sensibilizzazione con il coinvolgimento di personaggi pubblici.
(4-07777)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE e DONZELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   in data 19 novembre 2020 il Ministro della giustizia, Alfonso Bonafede, inviava, per il tramite del vice capo di gabinetto, Leonardo Pucci, risposta alla interrogazione a risposta scritta n. 4-07096 dell'interrogante;

   la predetta risposta conteneva interi paragrafi copiati dall'articolo «Temporaneità dei magistrati onorari secondo la Costituzione» apparso su «La Magistratura» organo dell'Associazione nazionale magistrati (Anm);

   a tacere di altri passaggi, si cita, a mero titolo esemplificativo, ancorché non esaustivo di quella che appare all'interrogante come un'opera di «saccheggio complessivo» – e che quindi, ove non autorizzata, si configurerebbe come un caso di plagio –, la seguente frase contenuta nella risposta del Ministro: «inoltre dai lavori preparatori risulta che l'opzione favorevole alla previsione degli onorari è legata altresì alla finalità di contenere il numero dei togati, pena la perdita di prestigio e la riduzione delle retribuzioni della magistratura professionale»;

   la predetta frase, a prescindere dall'indicibile e per l'interrogante vergognoso significato della stessa, è stata interamente «saccheggiata» dal predetto articolo, senza nemmeno il pudore di utilizzare espressioni simili tratte dal dizionario dei sinonimi e dei contrari;

   l'intera risposta alla interrogazione è contrassegnata da interi pezzi tratti dal predetto articolo;

   tale operazione di «copia e incolla» risulterebbe per l'interrogante essere opera di plagio ad opera del Ministro della giustizia nell'esercizio delle sue funzioni e nello svolgimento del suo mandato;

   il Ministro dell'istruzione e della ricerca scientifica tedesca, Annette Schavan, accusata di aver copiato la tesi di dottorato nel 2013 rassegnò le dimissioni;

   tale operazione, per l'interrogante, squalifica il suo autore;

   nel caso di specie, il plagio non sarebbe avvenuto nell'ambito della vita professionale e/o privata del Ministro, ma proprio nell'esercizio delle funzioni e dello svolgimento del mandato e tale circostanza rende, l'intera operazione decisamente più inaccettabile sotto il profilo politico –:

   se risulti esservi stata una previa autorizzazione dell'autore dell'articolo sopra citato o dell'editore della rivista di cui in premessa alla riproduzione di ampi stralci del medesimo articolo nella risposta del Ministro della giustizia all'interrogazione parlamentare sopra richiamata o, in caso contrario, se il plagio risulti essere stata opera diretta del Ministro o di un suo collaboratore;

   se ritenga questo comportamento compatibile con il ruolo di Ministro o, se viceversa, non intenda assumere iniziative di competenza e, in caso affermativo, quali.
(4-07779)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

  nell'ambito delle indagini condotte dalla procura di Bergamo in ordine all'eventuale sussistenza di responsabilità nella gestione della pandemia da COVID-19, la medesima ha invitato a comparire, quali persone informate sui fatti, una pluralità di soggetti diversi, operanti in collaborazione o alle dipendenze dell'Oms;

   tra queste vi sarebbe anche il direttore vicario dell'Oms Ranieri Guerra sentito in procura a Bergamo in data 5 novembre 2020;

   tuttavia, ad altri soggetti parimenti convocati in procura e ugualmente legati da rapporti di collaborazione con l'Oms, la medesima Organizzazione mondiale della sanità avrebbe inviato una e-mail intimando loro di non presentarsi in procura, opponendo alle autorità giudiziali italiane l'operatività di una immunità risalente ad una convenzione del 1947;

   va rilevato che, in effetti, la convenzione di New York del 21 novembre 1947 disciplina «privilegi ed immunità delle istituzioni specializzate» tra cui l'Oms;

   tuttavia, l'allegato VII che disciplina specificamente l'applicazione della convenzione con riguardo all'Oms prevede, al paragrafo 2, punti III che l'Oms «deve revocare l'immunità concessa a un esperto in tutti i casi in cui ritenga che essa ostacoli l'azione della giustizia e qualora possa essere revocata senza pregiudicare gli interessi dell'organizzazione»;

   il divieto a testimoniare comunicato dall'Oms ai propri funzionari e collaboratori e opposto dall'Oms alle autorità giudiziali italiane costituisce un evidente ostacolo all'azione della giustizia;

   l'unico limite che l'Oms potrebbe opporre a questo punto è che la testimonianza dei collaboratori convocati dalla procura pregiudichi «gli interessi dell'organizzazione»;

   la procura di Bergamo avrebbe quindi avviato un'interlocuzione con il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale al fine di verificare l'effettiva sussistenza di questa immunità e le modalità mediante le quali acquisire la testimonianza di questi collaboratori che comunque, lo si ricorda, sono tutti cittadini italiani;

   è interesse del Governo garantire la massima trasparenza possibile rispetto alla gestione dell'emergenza e piena collaborazione tra l'Esecutivo e l'autorità giudiziaria –:

   se, come eccepito dall'Oms, sussista effettivamente una qualche forma di immunità nei confronti dell'autorità giudiziaria italiana di dipendenti e collaboratori dell'Oms anche se questi sono cittadini italiani.
(4-07758)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:


   VALLASCAS e LAPIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il 23 novembre 2020, il comune di San Vero Milis avrebbe avviato, nella località marina denominata «Su Pallosu», i lavori relativi agli «Interventi urgenti per la messa in sicurezza dei tratti a maggior rischio e alla mitigazione degli effetti delle dinamiche erosive nei punti di maggior intensità e incidenza della linea costiera» programmati dall'amministrazione comunale;

   secondo quanto è riportato nella delibera della giunta regionale n. 48/51 del 17 ottobre 2017, con la quale la regione aveva deliberato, con prescrizioni, la non assoggettabilità dell'intervento al procedimento di valutazione d'impatto ambientale (decreto legislativo n. 152 del 2006), «la proposta progettuale è finalizzata alla messa in sicurezza e alla mitigazione del processo di erosione costiera nel comune di San Vero Milis e riguarda due ambiti distinti di intervento: S'Arena Scoada e Su Pallosu, rispettivamente a sud e a nord di Capo Mannu»;

   è il caso di riferire che nei diversi procedimenti autorizzativi, nella citata verifica di assoggettabilità alla Via, e infine negli elaborati progettuali, non verrebbe menzionata la circostanza che l'area dei lavori in oggetto e la conseguente area cantiere già insediata, includerebbe al suo interno un vasto sito di nidificazione del gruccione (Merops apiaster Linnaeus, 1758);

   la specie sarebbe tutelata dalle normative nazionali vigenti, in base al recepimento delle direttive comunitarie, e sarebbe inserita nell'allegato 2 (specie faunistiche rigorosamente protette) della «Convenzione sulla conservazione della vita selvatica dell'ambiente naturale in Europa», adottata a Berna il 19 settembre 1979, nell'allegato della Direttiva Uccelli 79/409/CEE e nell'allegato 1 della Convenzione di Bonn (La Convenzione per la Conservazione delle Specie Migratrici - CMS);

   è il caso, inoltre, di ricordare che secondo il nostro ordinamento (legge n. 157 del 1992) i siti di nidificazione dovrebbero essere protetti e secondo l'articolo 635 del codice penale ne sarebbe vietata la distruzione, mentre l'uccisione di pulli costituirebbe una più grave violazione dell'articolo 544-bis del codice penale;

   la circostanza della presenza nell'area della specie protetta sarebbe stata segnalata al responsabile Suape del comune di San Vero Milis, il 17 dicembre 2017 (nell'ambito di un diverso procedimento nella medesima area) dal delegato della sezione provinciale della Lipu di Oristano responsabile della Lipu che ha inteso «segnalare che l'intervento in oggetto interferisce negativamente con una delle poche aree di nidificazione a parete del Sinis, sita nelle dune sabbiose di Punta Tonnara, del Gruccione (Merops apiaster)»;

   da quanto esposto, ne conseguirebbe che tutta la procedura autorizzativa e progettuale sarebbe stata avviata non tenendo conto di una circostanza – peraltro conosciuta dall'amministrazione comunale interessata – di straordinaria rilevanza per quanto attiene la tutela ambientale e la preservazione delle specie dell'avifauna;

   non aver tenuto conto di questa circostanza potrebbe aver già determinato, o potrebbe determinare nel prosieguo dei lavori, danni di inestimabile valore alla fauna e all'ecosistema, in un contesto nel quale si sarebbero dovute prendere precauzioni come l'esclusione dei siti di nidificazione dall'area cantiere per un raggio di almeno 30 metri lineari, ovvero, in subordine, l'esclusione di qualsiasi utilizzo di mezzi meccanici quali escavatori, ruspe, camion e altro, sempre nell'arco di almeno 30 metri dai siti di nidificazione –:

   se non ritenga opportuno, per quanto di competenza, assumere iniziative affinché si proceda quantomeno ad una sospensione dei lavori, e affinché si pervenga anche eventualmente al sequestro del cantiere, in attesa che il progetto e le modalità di esecuzione dei lavori siano integrati con una serie di correttivi a tutela della salvaguardia del sito di nidificazione del Gruccione presente nel territorio.
(3-01965)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PAITA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   è stata pubblicata recentemente su Il Secolo XIX di La Spezia una foto scattata da due videomaker inglesi a caccia di luoghi misteriosi ritraente i motori che si trovano all'interno del bunker tra Marola e Fabiano;

   oggi quel bunker è in disuso ed è fermo;

   secondo l'articolo di stampa si trattava di un macchinario perfetto, in condizioni ottimali, tanto da impressionare la commissione della Nato che lo venne a valutare: era una centrale elettrica nascosta facente parte delle cosiddette «opere protette»;

   furono installati quattro motori dello stesso tipo imbarcato sui sommergibili e su alcune navi durante la guerra, dei Fiat 407, a due tempi, da 1.700 cavalli, il cui compito era quello di produrre l'energia elettrica per l'Arsenale, la base navale e anche alcune strutture in città in caso vi fosse stato un attacco a La Spezia e non vi fosse più l'elettricità, mentre il resto degli spazi era destinato ad un'intera officina per tenerli in efficienza;

   attualmente si tratta di valutare l'eventuale pericolosità ad entrare nella struttura, dal momento che era tutto coibentato con l'amianto, oggi potenzialmente ridotto in polvere o sfogliato –:

   quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano predisporre, anche in sinergia con gli enti locali, per procedere ad una messa in sicurezza del sito.
(5-05150)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta scritta:


   TORTO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 2 dicembre 2019, n. 169, sono state istituite nuove soprintendenze tra cui la Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio dell'Abruzzo, operante nell'intero territorio regionale, con sede a Chieti, che è diventata competente per le province di Chieti e Pescara, mentre quella speciale per l'Aquila, creata inizialmente per i fini legati alla ricostruzione post sisma 2009 e quindi con la previsione di una durata limitata di tempo, è di fatto diventata la nuova Soprintendenza per le province de L'Aquila e Teramo;

   a questa operazione di divisione delle competenze, non solo in Abruzzo, ma in tutto il territorio nazionale, corrisponde una riorganizzazione della distribuzione dell'organico del Ministero, che deve attribuire il personale anche nelle istituzioni territoriali del Ministero stesso, quali soprintendenze, poli museali, archivi di Stato, segretariati regionali e biblioteche nazionali;

   da quanto appreso, la distribuzione del personale in corso di definizione dai vertici amministrativi del Ministero attribuiscono 134 dipendenti alla Soprintendenza L'Aquila-Teramo e 74 alla Soprintendenza di Chieti-Pescara;

   in particolare l'ipotesi in campo prevede, a quanto consta all'interrogante:

    20 funzionari architetti presso la Sabap L'Aquila-Teramo e 7 funzionari architetti presso la Sabap Chieti-Pescara;

    10 funzionari storici dell'Arte presso la Sabap L'Aquila-Teramo e 4 presso la Sabap Chieti-Pescara;

   5 funzionari restauratori presso la Sabap L'Aquila-Teramo contro i 2 previsti per la Sabap Chieti-Pescara;

   7 funzionari archeologi presso la Sabap L'Aquila-Teramo e 5 presso la Sabap Chieti-Pescara;

   16 funzionari per le tecnologie presso la Sabap L'Aquila-Teramo e 7 previsti per la Sabap Chieti-Pescara;

   10 funzionari amministrativi presso la Sabap L'Aquila-Teramo e 4 presso la Sabap Chieti-Pescara;

   questi criteri di distribuzione degli organici non sembrano tenere conto delle caratteristiche e della realtà delle province di competenza delle 2 Soprintendenze abruzzesi in quanto la Sabap di Teramo-L'Aquila ha competenza su un'area comprendente circa 600 mila abitanti e 155 comuni, mentre a quella di Chieti-Pescara corrisponde un'area di oltre 700 mila abitanti e 150 comuni;

   a sostanziale parità di comuni, appare un evidente squilibrio di organici tra le due Soprintendenze e una penalizzante distribuzione dei funzionari tecnici che ignora il numero di abitanti e la consistenza demografica degli stessi comuni, tenendo presente che la maggiore concentrazione della popolazione è nell'area Chieti-Pescara-Montesilvano-Francavilla al Mare, che produce il numero più consistente di richieste di autorizzazioni edilizie da soddisfare nei tempi previsti dalle norme vigenti; nemmeno il carico di lavoro indubbiamente maggiore delle istituzioni, tra le quali anche la Soprintendenza Teramo-L'Aquila, per via della ricostruzione del cratere sismico aquilano, può giustificare un'attribuzione di organico numericamente doppia rispetto alla Soprintendenza di Chieti-Pescara;

   i consiglieri comunali di maggioranza del comune di Chieti hanno presentato un ordine del giorno che si discuterà nel prossimo consiglio comunale per impegnare il sindaco a promuovere tutte le iniziative atte a riequilibrare la dotazione organica delle soprintendenze;

   se venissero confermati questi numeri, la Soprintendenza con sede a Chieti, già in forte sofferenza a causa dello scarso personale e dei numerosi pensionamenti previsti nel prossimo anno, avrebbe problemi a gestire le numerose richieste provenienti dal territorio e dagli enti locali;

   ad avviso dell'interrogante, occorre prevedere un adeguato incremento di figure tecniche e amministrative per la soprintendenza di Chieti-Pescara, al fine di garantire efficienza e celerità della Soprintendenza –:

   quali siano le motivazioni concrete che determinano uno squilibrio così accentuato di personale tra le due Soprintendenze abruzzesi;

   quali iniziative si intendano mettere in atto per riequilibrare la dotazione organica della Soprintendenza di Chieti-Pescara, in modo da renderla efficace e in grado di rispondere alle esigenze della cittadinanza e delle amministrazioni locali nelle procedure autorizzatorie in cui è coinvolta.
(4-07750)


   FIORINI, GOLINELLI e MURELLI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   tra i ponti dell'Appennino modenese che meritano rilevanza per le origini e la storia c'è il Ponte Cervaro di Gombola, nel comune di Polinago, divenuto icona del territorio;

   la zona in cui si trova è antica ed è denominata «Ospitaletto» poiché, durante i primi pellegrinaggi dal nord dell'Italia e dall'Europa verso Roma, era un luogo che ospitava sia i pellegrini che i cavalli con servizi di rifocillamento e di cure mediche;

   il ponte negli anni è divenuto un bene d'interesse storico ed è stato inserito nel patrimonio architettonico-culturale tutelato dal Ministero per i beni e le attività culturali con decreto del 1969;

   già nel 2011 l'amministrazione comunale aveva segnalato il crollo di alcune pietre dell'estradosso della spalla destra a cui seguì il posizionamento di una recinzione di protezione per salvaguardare l'incolumità pubblica;

   purtroppo, il danneggiamento del ponte è progredito, aprendo una profonda fenditura per quasi tutto lo sviluppo in altezza, oltre l'inizio di ulteriori criticità sul lato di valle con distacchi di altri blocchi di pietra;

   le alluvioni verificatesi nel primo weekend di dicembre 2020 non hanno risparmiato il ponte romanico, aggravando ulteriormente le condizioni di stabilità con un aggiuntivo crollo di una parte della spalla destra –:

   se e quali iniziative urgenti di competenza per la messa in sicurezza si intendano apportare per evitare il ripetersi di crolli e collassi che potrebbero pregiudicare la stabilità del ponte in questione;

   se e quali interventi strutturali e periodici di restauro si intendano attuare per ridare lustro a un bene di grande importanza storica e culturale.
(4-07766)


   FRASSINETTI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   il Quotidiano «il Mattino» ha pubblicato la notizia che su Amazon era possibile acquistare manuali inneggianti alla bestemmia anche pagando con i bonus per insegnanti e per i ragazzi di 18 anni e che, nonostante Amazon abbia subito eliminato il banner che consente di comprarli, ancora con il bonus è possibile farlo su altri portali o nelle librerie;

   il bonus cultura consiste in una carta elettronica del valore di 500 euro assegnata a tutti i giovani che compiono 18 anni residenti in Italia o in possesso di permesso di soggiorno dove richiesto, che si prefigge lo scopo di promuovere la cultura e la fruizione del patrimonio culturale, ed è promosso dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;

   grazie al predetto bonus culturale e al bonus «Carta del Docente», tra i libri che è possibile acquistare, ce ne sono alcuni dai titoli: «Raccolta delle migliori bestemmie di sempre» o «Il grande libro della Bestemmia»;

   in questi libri acquistabili con gli incentivi del Governo si inneggia alla bestemmia con frasi tipo «Aiutati che la Bestemmia ti aiuta» e pertanto, viene offesa la coscienza cattolica che sta alla base delle fondamenta culturali della nostra Nazione –:

   se il Governo intenda adottare iniziative di competenza, anche normative, affinché la tipologia di libri citati in premessa non possa essere più acquistabile utilizzando il «Bonus Cultura».
(4-07774)

DIFESA

Interrogazione a risposta orale:


   ZOFFILI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 21 novembre 2020, la stampa locale sarda ha ricordato come la caserma dei Carabinieri situata a Burcei, attiva per decenni e dipendente dalla compagnia di Quartu, sia stata chiusa nel febbraio 2018 a causa dell'inidoneità dell'impianto elettrico dell'immobile, di proprietà privata; tale circostanza ha privato gli abitanti di Burcei di un presidio di sicurezza al quale rivolgersi per presentare denunce o provvedere ad altre incombenze, costringendoli a spostarsi nel comune di Sinnai, situato a 35 chilometri di distanza, collegato da un'unica strada dal tracciato molto tortuoso, che attraversa zone impervie e, se bloccata per qualsiasi ragione, come le avversità meteorologiche, renderebbe impossibile garantire la sicurezza del territorio comunale in quanto né i cittadini potrebbero recarsi alla stazione dei carabinieri, né gli stessi carabinieri potrebbero, in caso di emergenza, raggiungere Burcei;

   nel frattempo, la giunta comunale di Burcei ha deliberato il recupero dei locali delle attuali scuole medie, attraverso un progetto già esistente che prevede un adeguamento di parte dello stabile, destinando provvisoriamente due aule a uffici a disposizione dell'Arma, mentre in un secondo momento le scuole medie verranno trasferite nel polo unico scolastico già finanziato, quindi l'intero stabile potrebbe essere destinato ad ospitare la nuova caserma dei carabinieri di Burcei –:

   se il Governo intenda assumere misure per ripristinare la presenza dei Carabinieri a Burcei e quali intenzioni abbia l'esecutivo in merito alla proposta che la Giunta comunale di Burcei intende formalizzare, relativa all'utilizzo dello stabile che attualmente ospita le scuole medie, per ospitarvi la nuova caserma.
(3-01964)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIANNONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la convenzione di Strasburgo stabilisce il diritto del minore ad essere informato e di esprimere la propria opinione nei procedimenti che lo riguardano, imponendo all'autorità giudiziaria di permettere al minore di esprimere la propria opinione e tenerla in debito conto.

   mettere al centro il superiore interesse del fanciullo in tutti i procedimenti che lo riguardano, così come chiesto dalla più recente giurisprudenza di Cassazione, non può non conseguire se non all'esito di un giudizio di cognizione piena, vista l'esigenza di uno sviluppo armonico dal punto di vista psicologico, affettivo, educativo e sociale del minore stesso;

   il 20 novembre 2020 il quotidiano La Repubblica ha pubblicato un articolo scritto dalla giornalista Silvia Ferreri, riguardante il caso dei quattro fratelli di Cuneo, vicenda più volte trattata dalla stampa e per la quale l'interrogante ha presentato nei mesi scorsi un'interrogazione al Ministro della giustizia;

   i minori in questione dopo aver denunciato il padre per presunti abusi sessuali, quest'estate sono stati allontanati sia da lui, che dalla madre, e collocati improvvisamente in casa famiglia e in una famiglia affidataria, contro la loro volontà;

   il più grande dei fratelli ha scritto numerose missive alle istituzioni coinvolte, chiedendo loro di essere ascoltato e di fare tornare lui e sui fratelli, la più piccola di soli 4 anni a casa dalla madre. Secondo quanto riportato da La Repubblica la corte d'appello il 21 ottobre 2020 ha rigettato il ricorso del legale della donna e ha confermato che i bambini debbano restare in comunità e, inoltre, che debbano riprendere a vedere il padre in incontri protetti. Cosa che i tre più grandi si rifiutano di fare, e si domandano perché debbano essere costretti a incontrarlo;

   il ragazzo più grande ha ricevuto, si legge, una risposta dal giudice onorario Raffaella Taricco che ha seguito il suo caso e che ha firmato il decreto per consentire al padre di incontrare i minori. «Ascoltare i minori, scrive il giudice, non significa poi fare tutte le cose che i ragazzi chiedono o desiderano. (...) Quando i giudici decidono per i ragazzi lo fanno sempre nella speranza e con l'obiettivo di farli stare meglio e risolvere le difficoltà che hanno: non sempre ci riescono e a volte si possono sbagliare come tutti, ma non c'è nessuna cattiva fede»;

   ma lui, che ha 16 anni, dice di sapere quello che è bene per lui e per i suoi fratelli. E domanda al giudice perché dopo aver subito quello che raccontano di aver subito, «i giudici, gli avvocati, gli assistenti sociali ci stanno infliggendo altro dolore? Lei dovrebbe prima vedere se è vero ciò che diciamo, e, in attesa, tenermelo lontano e consolarmi e sostenermi e proteggermi, da lui e dai brutti, ricordi»;

   «Mi ricorda — continua — che noi ragazzi abbiamo diritti e doveri come quello di andare a scuola. E i suoi doveri di tutelare i minori dove sono? Di tutelare mia madre che con coraggio ha denunciato?»;

   a giudizio dell'interrogante nel caso sopra descritto, si viola il diritto dei minori ad essere ascoltati e tutelati, imponendo l'allontanamento dei minori stessi da una genitrice che non si è macchiata di nessun reato, né si è mai dimostrata pericolosa verso terzi –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda assumere, anche di carattere normativo, affinché nei procedimenti di affido sia verificata con la massima attenzione la sussistenza di situazioni di violenza che coinvolgono i minori, in quanto dette situazioni possono essere all'origine del rifiuto di un minore nei confronti di un genitore.
(4-07752)


   GIACOMETTO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il tribunale di Ivrea (Torino), che ha una competenza su un territorio di circa 520.000 abitanti a seguito dell'accorpamento avvenuto nel 2013 delle ex sezioni distaccate di Chivasso e di Ciriè, soffre ancora oggi di una scopertura complessiva del personale amministrativo superiore al 50 per cento (superando il 75 per cento nell'area delle figure direttive), come evidenziato anche dalle Rappresentanze sindacali unitarie interne in occasione dello sciopero del 9 dicembre 2020;

   a distanza di 7 anni dalla riforma della geografia giudiziaria, infatti, ancora oggi sono presenti alcune criticità non risolte, sia appunto dal punto di vista dell'inadeguatezza della pianta organica, sia dal punto di vista degli spazi necessari per poter svolgere l'attività ordinaria;

   tale situazione è confermata anche dai dati del Consiglio giudiziario, da cui emerge come, presso il tribunale di Ivrea, il rapporto giudici/abitanti sia di un giudice ogni 22.347 abitanti (in una condizione in cui lo stesso numero dei giudici è in media decisamente superiore al numero del personale giudiziario amministrativo in servizio), contro un rapporto di 1 su 11.624, che è la media dei tribunali piemontesi;

   allo stesso tempo, pur essendo, per ampiezza territoriale, il secondo tribunale del Piemonte, la pianta organica teorica è di 66 unità di personale, cui però corrisponde un numero effettivo di sole 36 unità, mentre ad esempio ad Alessandria sono 105, a Cuneo 92 e ad Asti 72. In particolare, risulta assente la figura del direttore amministrativo (su 2 previsti in pianta organica), e i funzionari sarebbero 5 sui 14 previsti e i cancellieri 3 su 7. In una condizione del genere, che in questo periodo assume contorni ancora più critici a causa del contagio da Covid e dal percorso stabilito per il rientro in comunità dei lavoratori, la produttività potrebbe subire un drastico calo, in particolare per quanto riguarda l'evasione dei fascicoli relativi ai procedimenti civili, oggi 7.474 annui, a fronte di 7.621 in ingresso, un dato peraltro sensibilmente maggiore rispetto a tribunali del Piemonte comparabili in termini di abitanti;

   pare evidente, pertanto, che nonostante il Ministro interrogato abbia più volte parlato durante il proprio mandato di aumento «epocale» negli organici dei tribunali, sia per quanto riguarda il numero dei magistrati, sia per quanto riguarda il contingente di personale amministrativo, nella realtà dei fatti, tribunali importanti come quello di Ivrea si ritrovano tuttora in una condizione di estrema carenza di personale, cosa che mette in difficoltà anche la semplice gestione dell'ordinaria amministrazione –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere per consentire al tribunale di Ivrea di ottenere dotazioni di personale amministrativo e con quali tempistiche, per garantire la sua piena funzionalità.
(4-07770)


   GIACOMETTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa si apprende dell'allarme lanciato dai cittadini rodigini, dall'ordine degli avvocati di Rovigo e dal «Comitato per il Tribunale in centro città» per il progetto di trasferimento del tribunale medesimo dalla sede attuale ad un sito non ancora identificato;

   a Rovigo, anche in seguito alla richiesta del Ministero della giustizia, da tempo si cerca una nuova sede per il tribunale, in quanto quella attuale non risulta più adeguata a ospitare aule, uffici ed archivi all'interno della stessa struttura;

   in un primo tempo, l'amministrazione cittadina aveva proposto al Ministero della giustizia l'ex casa circondariale, dismessa nel 2016, perché trasferita fuori dal centro. Tale struttura si sarebbe rivelata adeguata sia per metratura, sia perché antistante al tribunale ed era inoltre fortemente sostenuta dall'ordine degli avvocati di Rovigo e dai commercianti del centro storico, giustamente preoccupati delle conseguenze economiche di un eventuale trasferimento;

   la successiva notizia della collocazione del carcere minorile regionale all'interno dell'attuale tribunale ha fatto tramontare definitivamente la sopra citata possibilità, riaccendendo di conseguenza il «toto-spazi» per stabilire dove poter collocare la futura cittadella. La notizia è supportata dal bando di gara indetto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (bando pari a 11,2 milioni di euro) per ristrutturare l'intero complesso e convertirlo appunto nel carcere minorile. Tale nuovo carcere andrà a sostituire quello di Treviso;

   in realtà, a detta degli interroganti, le alternative per ampliare l'attuale tribunale sono supportate da uno studio di fattibilità promosso dallo stesso ordine degli avvocati e messo a conoscenza dei Ministeri interrogati;

   non si comprendono le ragioni per le quali, di fronte ad uno studio di fattibilità, di fronte ad alternative concrete, si intenda continuare ad avallare l'idea di istituire il carcere minorile in centro città trasferendo un tribunale in un contesto non ben stabilito;

   si contesta una scelta avvenuta senza il parere delle amministrazioni locali e dei cittadini che hanno concetti e idee diversi di rigenerazione urbana e riqualificazione della città capoluogo di provincia;

   un ulteriore elemento di sconcerto sarebbe la notizia che risulta all'interrogante circa il mancato rinnovo di cinque dei sette contratti di affitto che il tribunale medesimo ha con soggetti privati per sedi staccate, uffici e depositi. Tali contratti sarebbero scaduti, ma risulterebbe all'interrogante che il Ministero della giustizia continui a pagare alle società locatrici la somma di 300 mila euro annui;

   trasferire la sede del tribunale di Rovigo, fuori dal centro città significa creare ancora una volta pesanti ricadute sulle comunità e sui lavoratori, in quanto non si tratta del futuro di un immobile, ma del futuro dell'intera città, e delle numerose attività commerciali che vivono grazie all'indotto economico creato proprio dal tribunale –:

   quali risposte, i Ministri interrogati, per quanto di competenza, intendano fornire sul futuro del tribunale rodigino, sulle tempistiche e sulle ragioni del mancato accoglimento delle istanze dei cittadini, dell'ordine degli avvocati e di quanti hanno un peso, anche economico, sull'attuale collocazione del tribunale medesimo.
(4-07775)


   POTENTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 105 della Costituzione assegna al Consiglio superiore della magistratura secondo le norme dell'ordinamento giudiziario le assunzioni, le assegnazioni, ed i trasferimenti, le promozioni ed i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati. Al Ministero della giustizia compete tuttavia, ai sensi dell'articolo 107, la facoltà promuovere l'azione disciplinare;

   successivamente alla apertura dell'inchiesta da parte della Procura della Repubblica presso il tribunale di Perugia sul caso cosiddetto «Palamara», si è fortemente posto all'attenzione del legislatore, del Governo e della stessa magistratura, il difficile problema del mantenimento negli incarichi a causa delle incompatibilità emergenti ed anche dei criteri in base ai quali è stata sino ad oggi gestita, da correnti cosiddette «interne alla magistratura», parte delle assegnazioni di magistrati ad incarichi fuori ruolo o extragiudiziari. Si è infatti discusso della stessa opportunità di concedere il fuori ruolo ai titolari di incarichi direttivi e semi direttivi prima di 4 anni alla guida di un ufficio, situazioni che, in alcuni casi, sono state additate da organi stampa e della critica politica quale prezzo, prodotto o profitto delle trattative interne alle correnti politicizzate della magistratura;

   il Ministro della giustizia od il Procuratore generale della Cassazione possono promuovere azione contro i singoli magistrati che vengono meno ai loro doveri o che tengono una condotta contraria al prestigio dell'ordine giudiziario, ponendo in essere un illecito disciplinare –:

   se e quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato, per quanto di competenza, per preservare e mantenere salvo il prestigio dell'ordine giudiziario italiano e per restituirgli quell'autorevolezza seriamente minata a seguito delle vicende richiamate in premessa.
(4-07778)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE e DONZELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in data 19 novembre 2020 il Ministro della giustizia, Alfonso Bonafede, inviava, per il tramite del vice capo di gabinetto, Leonardo Pucci, risposta alla interrogazione a risposta scritta n. 4-07096 dell'interrogante;

   la predetta risposta conteneva interi paragrafi copiati dall'articolo «Temporaneità dei magistrati onorari secondo la Costituzione», apparso su «La Magistratura», organo dell'Associazione nazionale magistrati (Anm);

   a tacere di altri passaggi, si cita, a mero titolo esemplificativo, ancorché non esaustivo di quella che appare all'interrogante come un'opera di «saccheggio complessivo», – e che quindi, ove non autorizzata, configurerebbe un caso di plagio –, la seguente frase contenuta nella risposta del Ministro: «inoltre dai lavori preparatori risulta che l'opzione favorevole alla previsione degli onorari è legata altresì alla finalità di contenere il numero dei togati, pena la perdita di prestigio e la riduzione delle retribuzioni della magistratura professionale»;

   la predetta frase, a prescindere dall'indicibile e per l'interrogante vergognoso significato della stessa, è stata interamente «saccheggiata» dal predetto articolo, senza nemmeno il pudore di utilizzare espressioni simili tratte dal dizionario dei sinonimi e dei contrari;

   l'intera risposta alla interrogazione è contrassegnata da interi pezzi tratti dal predetto articolo;

   tale operazione «di copia e incolla» risulterebbe per l'interrogante essere un'opera di plagio effettuata dal Ministro della giustizia nell'esercizio delle sue funzioni e nello svolgimento del suo mandato;

   tale operazione, peraltro, è tanto più indigesta, quanto più serve per l'interrogante per ribadire, a caratteri cubitali, che il Ministro sembra ritenere che la magistratura onoraria, priva di ogni diritto assistenziale e previdenziale, senza stabilizzazione e con trattamento economico vergognoso, servirebbe a garantire altrui privilegi e il mantenimento del prestigio della magistratura togata;

   per soverchia commiserazione si evita di indicare gli ulteriori passaggi tratti dal suddetto articolo e di quello che appare all'interrogante come un volgare «copia e incolla» che, comunque, rappresenterebbero secondo l'interrogante, circa il 50 per cento della risposta ed in ogni caso il nucleo essenziale della stessa –:

   se l'autore dell'articolo sopra citato o l'editore della rivista di cui in premessa, cioè l'Associazione nazionale magistrati, abbiano preventivamente autorizzato il Ministro interrogato a riprodurre ampi stralci dell'articolo stesso nella risposta all'interrogazione parlamentare succitata o, in caso contrario, se il plagio sia stata opera diretta del Ministro o di un suo collaboratore; in tale ultimo caso, se intenda assumere provvedimenti al riguardo e quali;

   se il Ministro interrogato, nelle questioni di organizzazione interna della magistratura e di riconoscimento dei diritti economici, previdenziali e contributivi della magistratura onoraria, intenda chiarire quale sia la sua visione o se ritenga di mutuare acriticamente quella della rivista «La Magistratura», organo dell'Associazione nazionale magistrati.
(4-07780)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   D'ATTIS, SISTO, ELVIRA SAVINO e LABRIOLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il nuovo amministratore delegato di Enav spa ha costituito qualche mese fa un apposito gruppo di lavoro, da lui stesso presieduto, al fine di effettuare uno studio di valutazione riguardo il piano industriale per il quinquennio 2018-2023;

   al centro dei lavori del comitato vi è la possibile chiusura del centro di controllo di Brindisi, come denunciato dalle rappresentanze sindacali;

   un'eventuale chiusura del centro di controllo di Brindisi creerebbe una crisi occupazionale con importanti ricadute sociali sul territorio di Brindisi, poiché un'eventuale riorganizzazione coinvolgerebbe circa 200 famiglie;

   essendo Enav spa partecipata al 53 per cento dallo Stato per il tramite del Ministero dell'economia e delle finanze, le ricadute sociali prodotte da interventi di riorganizzazione dell'agenda dovrebbero essere adeguatamente valutate da parte dell'azionista di maggioranza quanto le esigenze di natura amministrativa –:

   quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo per scongiurare la chiusura del centro di controllo Enav di Brindisi.
(5-05149)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BATTILOCCHIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la realizzazione dell'asse viario tra Livorno e Civitavecchia, fondamentale per lo sviluppo economico e la crescita del territorio interessato, da decenni attende questa opera riconosciuta strategica con numerosi atti formali delle regioni interessate, del Governo e delle istituzioni comunitarie;

   di recente, nel cosiddetto Decreto riguardante il «Piano Italia Veloce» è svanita la possibilità di realizzare un'autostrada ed è stato ridimensionato il progetto su una superstrada a quattro corsie; si cita comunque come prioritaria l'opera di cui sopra il cui nome è stato modificato in «Tarquinia-San Pietro in Palazzi» visto che i tratti a nord di San Pietro in Palazzi e a sud di Tarquinia sono già stati realizzati (in forma autostradale);

   nel cosiddetto decreto «Piano Italia Veloce» viene indicata la necessità di portare avanti l'opera attraverso la nomina urgente di un commissario straordinario per sbloccare la situazione di stallo più che decennale. Questo commissariamento risulta ancora incompiuto, poiché vi sono rallentamenti nel subentro della società Anas S.p.a. nella concessione e gestione dei tratti interessati –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative per accelerare le procedure per la realizzazione dell'opera, di cui in premessa, attraverso la nomina immediata di un commissario;

   se, viste le attuali condizioni non ottimali del tratto indicato, intenda adottare iniziative per garantire una manutenzione ordinaria soddisfacente in attesa della realizzazione complessiva dell'intervento.
(4-07756)


   DEIDDA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   alla fine di ottobre 2018, si è appreso da vari articoli di stampa l'avvio dei lavori di messa in sicurezza della strada statale 129, tristemente conosciuta come una delle arterie più pericolose d'Italia, in quanto luogo di molteplici incidenti mortali;

   gli articoli in questione notiziavano del sopralluogo di un parlamentare, intervenuto congiuntamente con gli amministratori locali ed alti dirigenti dell'Anas tra cui il suo vice amministratore delegato, i durante il quale venivano annunziati importanti stanziamenti, nonché rapidi tempi d'intervento per i lavori in questione, in particolare nel tratto compreso tra il chilometro 63,700 e il chilometro 64,700, ricadente nel territorio di Orotelli (Nuoro);

   nella stessa occasione è stata annunciata la fine dei lavori per l'estate 2019: lavori che però non sono mai iniziati, né finiti, come anche riconosciuto il 22 febbraio 2020, dal Sottosegretario ai trasporti, durante una sua visita in Sardegna, il quale ha confermato il rinvio degli stessi lavori a causa di vari e non meglio precisati problemi burocratici;

   il mancato avvio dei lavori in questione, a distanza di due anni e mezzo dall'annuncio, appare inaccettabile, tenuto conto del fatto che, nel recente passato, sono state raccolte oltre 15 mila firme per chiedere la messa in sicurezza della strada in esame –:

   se sia a conoscenza dei fatti sopra esposti, nonché delle motivazioni del ritardo in questione, e quali iniziative intenda assumere al fine di avviare immediatamente i lavori di messa in sicurezza della strada statale 129, con la definitiva cancellazione della cosiddetta «curva della morte».
(4-07757)


   DURIGON. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'intervento denominato «Corridoio Intermodale Roma-Latina e collegamento autostradale Cisterna-Valmontone» è costituito da un sistema autostradale, per una lunghezza di circa 100 chilometri, e dalle relative opere connesse di una lunghezza di circa 56 chilometri, suddiviso nelle seguenti opere principali: asse Roma-Latina, articolato tra collegamento autostradale interconnessione A12-Roma (Tor de' Cenci), e collegamento autostradale Roma (Tor de' Cenci)-Latina nord (Borgo Piave), cui si aggiunge il collegamento autostradale Cisterna-Valmontone;

   l'opera, di assoluta rilevanza strategica per lo sviluppo della rete viaria nazionale e della mobilità interna alla regione Lazio, prevede un costo pari a circa 2,7 miliardi di euro, 2 miliardi dei quali già stanziati e disponibili (in particolare: 468 milioni di euro provenienti dalle risorse della cosiddetta «legge obiettivo» del 2001 e 1,5 miliardi di euro da fondi privati);

   il progetto è attualmente oggetto di revisione per renderlo più conforme al tracciato dell'attuale strada statale 148 «Pontina», così rallentandone nuovamente l'iter di realizzazione;

   da fonti di stampa si apprende che il corridoio intermodale Roma-Latina sarebbe oggetto di stralcio dall'elenco delle infrastrutture strategiche che il Governo intende realizzare; una tale eventualità sarebbe assolutamente esiziale per tutto i territori interessati, oltreché inspiegabile date le risorse già disponibili

   se e quali iniziative intenda adottare affinché siano avviati rapidamente i lavori di realizzazione del «Corridoio Intermodale Roma-Latina e di collegamento autostradale Cisterna-Valmontone» quale infrastruttura strategica.
(4-07760)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   DI SARNO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 2 dicembre 2020 è iniziato, innanzi alla corte d'assise di Napoli, il processo a carico dei quattro rom responsabili dell'omicidio dell'agente scelto della polizia di Stato Pasquale Apicella, deceduto il 27 aprile 2020 mentre era in servizio;

   l'agente Apicella, in forza al commissariato di Secondigliano, rimase ucciso nel tentativo di fermare l'auto con a bordo una banda di rapinatori, in fuga dopo aver scassinato un bancomat, ad una velocità di oltre 150 chilometri orari, a fari spenti e contromano;

   l'impatto con la volante della polizia fu fatale per Pasquale Apicella, che lasciò la moglie Giuliana e due figli piccoli, di 6 anni e 10 mesi;

   gli imputati dovranno rispondere, a vario titolo, dei reati di omicidio volontario, furto, tentata rapina, riciclaggio, più altri reati minori;

   nel corso dell'udienza si sono costituiti parte civile la famiglia dell'agente Apicella, l'Associazione vittime del dovere e la Fondazione Polis;

   da alcuni organi di stampa si è appresa la notizia della mancata costituzione di parte civile del Ministero dell'interno e del comune di Napoli, nonostante Pasquale Apicella sia deceduto nell'adempimento del proprio dovere;

   la costituzione di parte civile rappresenta un obbligo morale e giuridico al fine di proteggere l'interesse della collettività, quando esso risulta danneggiato dalla condotta di terzi;

   l'agente scelto Apicella ha sacrificato la sua vita per gli ideali di giustizia e legalità, che contraddistinguono chi, con onore ogni giorno indossa la divisa –:

   se effettivamente il Ministro interrogato abbia intrapreso iniziative per la costituzione di parte civile nel procedimento giudiziario relativo all'omicidio dell'agente scelto Pasquale Apicella;

   se intenda adottare tutte le iniziative necessarie per avvalersi dello strumento della costituzione di parte civile nel suddetto processo penale.
(4-07749)


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   è nota la vicenda dell'esame di lingua italiana del calciatore uruguayano Luis Suarez volto, secondo gli inquirenti, a favorire l'acquisto della cittadinanza italiana e il suo tesseramento alla squadra della Juventus;

   il caso, che ha coinvolto i vertici dell'università per stranieri di Perugia, ha avuto ampia eco mediatica e, secondo quanto riportato dalla stampa, le indagini, tutt'ora in corso, sarebbero volte ora a verificare anche l'ipotesi del reato di corruzione;

   si legge, infatti, da alcune conversazioni intercettate dagli uomini della Guardia di finanza che «In diversi passaggi delle intercettazioni si parla di un possibile accordo che la Juventus sarebbe stata disposta a stipulare con l'UniStra (l'Università per gli stranieri) per future collaborazioni in termini di preparazione linguistica di giovani calciatori stranieri del club torinese e di rilascio di certificazioni linguistiche per le procedure di immigrazione e di tesseramento dei giocatori»;

   più recentemente, dalle indagini degli inquirenti, sarebbe emerso che il dirigente della squadra di calcio della Juventus, Fabio Paratici, avrebbe anche chiamato la Ministra delle infrastrutture e dei trasporti sua amica d'infanzia, in quanto, come riferito al Corriere della Sera, il manager sarebbe stato contattato «dall'avvocato Chiappero che voleva sapere a chi dovessero rivolgersi per attivare la procedura di cittadinanza»;

   nel corso dell'interrogatorio reso agli inquirenti dalla Ministra delle infrastrutture e dei trasporti quest'ultima avrebbe confermato la circostanza e avrebbe dichiarato di aver procurato a tal fine al manager il contatto diretto di Bruno Frattasi, capo di gabinetto del Ministero dell'interno;

   secondo le carte dell'inchiesta vi sarebbero state quindi successive interlocuzioni tra l'avvocato Chiappero e il vice prefetto Antonella Dinacci, capo dell'ufficio pianificazione generale e politiche della cittadinanza del Ministero dell'interno;

   da quanto riportato dalla stampa, non è noto il contenuto di tali conversazioni, né la loro finalità in quanto la procedura per l'ottenimento della cittadinanza italiana è chiaramente illustrato, a disposizione di chiunque vi abbia interesse, sul sito del Ministero dell'interno e la stessa si svolge in via telematica –:

   se il Ministro interrogato possa far luce, per quanto di competenza, sui fatti esposti in premessa, con particolare riguardo a quali siano stati i contatti diretti con gli uffici del Ministero dell'interno e la loro finalità e quale ruolo abbiano eventualmente avuto i medesimi uffici nella vicenda.
(4-07754)


   MURONI, FRATOIANNI, FIORAMONTI, QUARTAPELLE PROCOPIO, FUSACCHIA, STUMPO, DE LORENZO, PASTORINO e LATTANZIO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   ci si chiede se possa un tatuaggio determinare se una persona è una brava poliziotta. Viene da chiederselo quando si ascolta la storia di Arianna Virgolino, agente della polizia di Stato;

   nel 2017 esce il bando di concorso aperto ai civili e la Virgolino vi partecipa; è giovane e motivata, ha un lavoro a tempo indeterminato ma è decisa a rimettere in gioco la sua vita per amore della divisa. Un percorso complicato, non privo di sacrifici, tanto studio, prove fisiche e attitudinali che Arianna supera;

   dopo il superamento del concorso è chiamata a frequentare con riserva un corso di otto mesi presso la polizia di Stato;

   sa però che c'è un unico ostacolo nel percorso intrapreso per entrare in polizia: un tatuaggio sul polso che, in base alla normativa, non può esserci se resta visibile e non coperto dalla divisa. Inizia quindi l'iter per la rimozione del piccolo tatuaggio fatto a 18 anni;

   nonostante il tatuaggio fosse visibile durante la fase dei test preselettivi, successivamente, la Virgolino si sottopone a nove interventi laser riuscendo a rimuovere totalmente il tatuaggio in questione, prima dell'inizio delle selezioni;

   Virgolino non desiste e fa ricorso al Tar: con una sentenza favorevole, il tribunale amministrativo riconosce il percorso di rimozione del tatuaggio e le dà ragione. Successivamente viene assegnata alla sottosezione autostradale di Guardamiglio, in provincia di Lodi;

   solo 4 mesi di servizio, perché nel frattempo l'Amministrazione ha fatto appello al Consiglio di Stato che sospende definitivamente la poliziotta per quel tatuaggio che, di fatto, non esiste più, essendo stato completamente cancellato;

   in quei pochi mesi di servizio, Arianna Virgolino ha dimostrato di essere una brava agente conquistandosi il rispetto e la stima di colleghi e superiori che le restano accanto anche in questi momenti difficili;

   una coincidenza assurda rende tutto ancora più inaccettabile: il 7 novembre 2019, quando l'ordinanza del Consiglio di Stato accoglie la richiesta dell'amministrazione di sospenderla, «togliendole» la divisa di dosso, Arianna Virgolino riceveva un premio dal questore per aver sedato, con coraggio e professionalità, una rissa mentre trascorreva con alcuni colleghi una serata in un locale, fuori dall'orario di servizio;

   la Virgolino ha tentato una revocazione della sentenza che la sospende dal servizio, ma senza successo ed è stata condannata anche al pagamento delle spese processuali. Nonostante tutto Arianna Virgolino nutre ancora la speranza di tornare ad indossare la divisa: è forte la passione per il suo lavoro e parla di un errore che potrebbe essere sanato;

   Virgolino ha reso pubblica la sua vicenda su quotidiani, social, oltre che intervenendo in vari programmi televisivi: sono molte le attestazioni di stima da parte di chi pensa che la presenza di un tatuaggio (fra l'altro rimosso) non dovrebbe prevalere sulla valutazione di merito e delle qualità morali di un appartenente alle forze dell'ordine e stanno venendo alla luce molte altre storie simili alla sua, qualcuna conclusasi in modo diametralmente opposto. È importante sottolineare che ad essere colpite sono maggiormente le donne –:

   quali siano i motivi per cui si sia consentito a una persona di frequentare con riserva un corso di otto mesi (coi relativi costi per l'Erario) presso la polizia di Stato, e quali siano i motivi che hanno condotto, dopo la sentenza del Tar, a non riammettere la ragazza in via definitiva al suddetto corso;

   se il Governo non intenda avviare una immediata riflessione che porti ad adottare iniziative per rivedere una norma che appare obsoleta e punitiva, rischiando di lasciare a casa, per un tatuaggio, uomini e donne di valore che potrebbero servire con onestà e rispetto il nostro Paese, e al fine di evitare in futuro casi come quello segnalato che vede agenti ingiustamente penalizzati.
(4-07762)


   VARCHI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza Coronavirus, oltre al devastante impatto sanitario, sta moltiplicando i livelli di povertà, in particolare nelle grandi città e nelle città del Sud Italia: famiglie in difficoltà economiche, ma anche piccole e medie imprese sull'orlo del fallimento;

   la crisi sanitaria, economica e sociale legata al Covid-19 rappresenta terreno fertile per le mafie e la criminalità, in generale, come denunciato dal Cerved, uno dei principali gruppi italiani per le informazioni commerciali sulle condizioni economiche delle imprese, secondo cui sarebbero un migliaio i locali a rischio solo in Sicilia, con una percentuale di aziende finanziariamente fragili che si attesta a quota 38 per cento, al secondo posto dopo i ristoratori calabresi;

   in particolare, l'allarme riguarderebbe il riciclaggio di denaro sporco, ma anche l'usura: «La percentuale di mancati pagamenti nel comparto ha raggiunto il 73 per cento, contro il 45 per cento di media (nel picco di maggio 2020) del resto delle piccole e medie imprese, e secondo le stime i ricavi subiranno quest'anno un crollo del 56 per cento. L'emergenza da Covid-19 ha introdotto nuovi rischi di riciclaggio e ne ha accentuati altri già presenti, la crisi economica seguita alla pandemia rappresenta infatti un terreno fertile per la criminalità, che grazie all'ampia disponibilità di denaro contante derivato da attività illegali può acquisire facilmente la proprietà o il controllo di società in difficoltà finanziaria»;

   l'allarme era già stato lanciato in primavera dal procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho, chiedendo che fossero snellite le procedure di accesso al credito, proprio per evitare alla criminalità di arrivare dove lo Stato tarda ad arrivare;

   la questione era stata approfondita e rilanciata anche da Claudio Fava, presidente della Commissione antimafia dell'Assemblea regionale siciliana, secondo il quale «Le periferie del Sud, soprattutto delle aree più depresse stanno diventando autentiche polveriere sociali. I sindaci, troppe volte lasciati soli, non possono fronteggiare questa emergenza senza strumenti adeguati e senza l'aiuto concreto della regione e dello Stato. Sempre più evidente è il rischio che le mafie approfittino della situazione utilizzando la loro liquidità per costruire un vero e proprio welfare criminale tra usura (non a caso l'unico reato in aumento in questi giorni di quarantena collettiva) e corruzione. Anche gettando benzina sul fuoco della disperazione» –:

   se e quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare il Governo per censire le criticità specifiche di ogni singolo territorio, al fine di intercettare tempestivamente le principali situazioni a rischio infiltrazione da parte della criminalità;

   se e quali iniziative intenda assumere per sostenere le attività in difficoltà e, in particolare, per colmare la drammatica mancanza di liquidità, che può aprire margini incontrollati alle organizzazioni criminali;

   se e quali iniziative il Governo intenda adottare per snellire le procedure di accesso al credito e a ogni altra misura di sostegno economico delle attività produttive maggiormente colpite dai provvedimenti di contenimento dei contagi da Covid-19.
(4-07763)


   BONIARDI e CECCHETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con atti di sindacato ispettivo n. 4-03892 del 23 ottobre 2019 e n. 4-06538 del 3 agosto 2020, ancora senza risposta, purtroppo, gli interroganti già avevano portato all'attenzione la grave situazione di degrado in cui versa la zona del Parco delle Groane, che comprende diversi comuni a nord di Milano, piazza di spaccio di stupefacenti e di tossicodipendenti; in quelle circostanza, la prima risalente a ormai più di un anno fa gli interroganti chiesero quali iniziative di competenza intendesse assumere tempestivamente il Governo per il ripristino della legalità nella zona del Parco delle Groane, nonché per incrementare i presidi delle forze dell'ordine e nulla è stato fatto; a distanza di un anno, la situazione si è ora aggravata, con grave pregiudizio per la sicurezza dei cittadini che non sono affatto tutelati;

   l'aggravarsi della situazione, dovuta anche secondo l'interrogante all'inerzia del Ministero dell'interno sugli adeguati livelli di sicurezza da garantire sul territorio con contingenti di forze di polizia consoni, è emersa in tutta la sua evidenza, poi, con un recente servizio giornalistico di pochi giorni fa della trasmissione «Striscia la notizia», che ha denunciato l'esistenza di uno stabile a Bollate, nella zona interessata appunto, dove la mafia calabrese ha affondato le sue radici anni fa, creando una vera e propria «fortezza» dello spaccio;

   le telecamere nascoste hanno documentato un commercio senza sosta di stupefacenti a tutte le ore del giorno e, al termine del servizio, sono intervenuti i Carabinieri arrestando uno degli spacciatori e sequestrando molte dosi già pronte per la vendita;

   il Parco delle Groane è ormai stato ribattezzato la «nuova Rogoredo», la cui chiusura per i noti problemi legati allo spaccio di stupefacenti ha comportato semplicemente lo spostamento dello spaccio sulla piazza delle Groane, per le dimensioni e la gravità della situazione in quella zona dove i cittadini e le famiglie con bambini e ragazzi adolescenti sono esasperati dalla drammaticità dei fatti che accadono quotidianamente e che sono sotto gli occhi di tutti;

   quando ritenga di intervenire, data ormai l'urgenza della situazione illustrata in premessa, per incrementare i presidi delle forze dell'ordine in una vasta area della Lombardia come il Parco delle Groane, dove la criminalità sta cercando di mettere radici profonde, come gli interroganti hanno del resto già avuto modo di sollecitare in più di una occasione, visto l'aggravarsi dei fatti che accadono ormai quotidianamente.
(4-07765)


   ROSSELLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   a Milano, nel municipio IV, il 26 novembre 2020 si è riunita la commissione territorio-mobilità e ambiente con all'ordine del giorno: Problematiche relative all'area di via Medici del Vascello/via Dei Pestagalli/via Zama;

   i comitati dei residenti e imprenditori presenti sul territorio, di tutte le appartenenze politiche, hanno unanimemente e trasversalmente denunciato la presenza di un problema di carattere politico in quanto tutte le periferie di Milano sono abbandonate dall'amministrazione comunale e più di tutte quella del municipio IV;

   per anni si è assistito a proclami da parte delle ultime giunte cittadine, senza che poi siano seguite azioni concrete; l'area oggetto della presente interrogazione, di oltre 160.000 metri quadrati, edificata all'inizio degli anni '80 per ospitare edifici direzionali, è da tempo in evidente stato di abbandono;

   nell'area resistono ancora importanti imprese del settore farmaceutico, della moda, dell'estetica e del florovivaistico costretti a lavorare in una situazione di insicurezza e di degrado;

   sulla stessa area, insiste da anni un insediamento nomade regolarizzato dall'amministrazione comunale, ma completamente privo di controlli e che rappresenta forti corresponsabilità per il degrado attuale;

   l'intera area è oggetto di enormi discariche abusive che vengono rimosse periodicamente da Amsa a spese della collettività; tale situazione è stata denunciata ripetutamente dai cittadini, comitati e istituzioni locali – anche depositando esposti presso la procura della Repubblica – dunque è ben conosciuta sia a Palazzo Marino, che in prefettura;

   si disserta sui cambiamenti che le future Olimpiadi porteranno in città e nell'area oggetto di questa interrogazione, ma si parla di un'emergenza attualmente in atto, e si dovrebbero attuare protocolli d'intervento con tempestività, poiché i cittadini hanno diritto di vivere serenamente;

   non bisogna dimenticare i costi delle quotidiane emergenze – interventi di vigili del fuoco, Amsa, forze dell'ordine, cui fa fronte l'Amministrazione, comunque caricati sui contribuenti;

   i numerosi edifici in stato di abbandono – anche di proprietà di enti pubblici – diventano rifugio per «persone invisibili», tra cui purtroppo numerosi minori, che spesso sono costretti a vivere in ambienti freddi, senza acqua corrente, elettricità, riscaldamento, in luoghi spesso pericolosi e fatiscenti;

   la stagione rigida, già iniziata, costituisce grave rischio per la vita di questi minori e di tutte le persone fragili che vivono in queste situazioni, spesso vengono accesi fuochi all'interno di questi scheletrati urbani per scaldarsi, con gli evidenti pericoli che ne possono conseguire, come ad esempio numerosi princìpi di incendio che hanno richiesto più volte l'intervento dei vigili del fuoco;

   gli occupanti abusivi mettono in atto furti di elettricità, con allacci alla rete elettrica del vicinato, causando l'interruzione di erogazione che provoca danni alle attrezzature e agli impianti tecnologici delle imprese presenti nelle immediate vicinanze;

   in un periodo come questo, in piena emergenza COVID-19, la presenza dei cosiddetti «invisibili» liberi di circolare costituisce rischio di insorgenza di nuovi focolai non controllabili;

   e, ancora, la mancanza di illuminazione pubblica, marciapiedi, telecamere, l'incuria del verde pubblico e la presenza di spaccio rendono insicuro il tragitto dei residenti e di chi lavora nelle aziende della zona –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano intraprendere nell'immediato per affrontare la situazione qui menzionata e in particolare per la messa in sicurezza dell'area in questione, comprendendo lo sgombero degli occupanti abusivi e per favorire, in raccordo con il comune di Milano, la loro protezione in idonee strutture;

   di quali ulteriori elementi disponga il Governo, per quanto di competenza, circa la situazione descritta in premessa.
(4-07776)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SASSO. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   la scorsa settimana, la rivista Wired pubblicava un documento contenente i dati sui contagi all'interno delle scuole, ottenuto dal Ministero dell'istruzione con una richiesta ufficiale di accesso agli atti;

   il numero fornito era di 64.980 contagiati fra studenti e personale scolastico alla data del 31 ottobre 2020; il documento, però, precisava che i dati erano stati raccolti dal Ministero elaborando i questionari inviati volontariamente dai presidi man mano che venivano scoperti contagi nei loro istituti e, poiché avevano risposto le scuole di poco più di un terzo dei comuni italiani, la cifra fornita era dunque in grande difetto rispetto ai numeri reali di tutto il territorio;

   l'assurdo secondo l'interrogante è che quei numeri il Ministro interrogato non li ha divulgati e anzi, nel mentre che ne era a conoscenza, tuonava contro il presidente della regione Campania per aver chiuso le scuole e convintamente sosteneva pubblicamente e all'interno della compagine governativa che le scuole dovevano rimanere aperte;

   come riportato anche dalla stampa, un duro scontro si è tenuto in Commissione cultura, scienza e istruzione della Camera dei deputati il 2 dicembre 2020 tra l'interrogante ed il coordinatore del Comitato tecnico-scientifico, Agostino Miozzo, proprio in merito al numero dei contagi all'interno delle scuole e alla paventata riapertura delle medesime il 7 gennaio 2021 «senza dati e senza misure serie»;

   in particolare, l'interrogante chiedeva lumi sulle ragioni per cui a maggio 2020, con indice RT 0,67, si voleva tenere le scuole chiuse e ora, con indice RT 1,08, le si vuole riaprire ad ogni costo, lamentando l'assoluta follia di prendere decisioni «sulla pelle di decine di migliaia di ragazzi»;

   fa specie che, a fronte di un'esplicita richiesta a Miozzo, sempre in Commissione di un giudizio su tali dati, con grande candore il coordinatore ammetteva di averli letti frettolosamente sulla rivista e di non saperli spiegare perché al Comitato tecnico-scientifico il Ministero dell'istruzione non li aveva mai forniti;

   a parere dell'interrogante l'atteggiamento del Ministro interrogato, oltre che denotare un'assoluta incapacità decisionale e di gestione, palesa una totale e gravissima irresponsabilità, oltre che una scelta dolosa nell'occultare i dati –:

   quali spiegazioni intenda fornire in merito a quanto esposto in premessa e, in particolare, se intenda chiarire le ragioni per cui, pur consapevole perfettamente della situazione relativa ai contagi nelle scuole, non abbia inviato i dati al Comitato tecnico-scientifico, ma piuttosto abbia scelto di tacerli.
(5-05152)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PIZZETTI e SERRACCHIANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   come molti altri settori della nostra economia, il settore del catering dal marzo 2020 è praticamente fermo, tranne un breve tregua nei mesi di luglio e di agosto 2020, a seguito delle restrizioni imposte dalle misure di prevenzione della pandemia;

   l'unico intervento di parziale indennizzo per le imprese del settore è arrivato con il cosiddetto decreto ristori che, all'articolo 1, ha disposto un contributo a fondo perduto da destinare agli operatori Iva dei settori economici interessati dalle nuove misure restrittive, identificati nel corrispondente allegato dei codici Ateco, tra i quali figura anche il codice 5621, ovvero quello riferito al servizio di catering per gli eventi;

   tuttavia, quelli che ancora rimangono senza alcuna forma di sostegno del reddito risultano essere i lavoratori impiegati in tale settore, i quali sinora non hanno recepito alcun ammortizzatore sociale, nonostante siano ormai fermi e senza retribuzione da quasi 10 mesi;

   come denunciano alcuni lavoratori operanti nel Cremasco, il problema che li esclude dall'accesso agli ammortizzatori finora erogati risiede nel fatto che, pur ricevendo una regolare busta paga, il loro rapporto di lavoro non sia inquadrato come un contratto di lavoro dipendente a tempo determinato o indeterminato, ma di tipo a chiamata o a prestazione;

   a parere degli interroganti di tutta evidenza che si tratta di una condizione che li espone a una doppia ingiustizia che non può essere protratta e che deve trovare un'immediata soluzione, a maggior ragione, stante il protrarsi delle misure restrittive che penalizzano anche questo settore e, quindi, la preoccupante prospettiva di rimanere ancora per diversi mesi senza retribuzione e senza alcuna forma di sostegno reddito –:

   quali urgenti iniziative intenda adottare per rimuovere gli ostacoli, anche di carattere ordinamentale, che attualmente escludono la gran parte dei lavoratori operanti nel settore di catering dalla possibilità di beneficiare dagli strumenti straordinari di sostegno del reddito adottati a seguito della pandemia da Covid-19.
(5-05148)

Interrogazioni a risposta scritta:


   POTENTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la circolare n. 129/2020 del 13 novembre 2020, l'Inps – a proposito dei versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali in scadenza nel mese di novembre 2020 – affermava che i datori di lavoro privati potessero usufruire delle «sospensioni dei versamenti contributivi in relazione ai dipendenti che operano nelle sedi ubicate nelle zone colpite dall'emergenza in trattazione», aggiungendo che suddette sospensioni dovessero valere negli «ambiti territoriali (...) individuati dall'ordinanza del Ministro della Salute del 4 novembre e del 10 novembre 2020, come segue: zona rossa: Calabria, Lombardia, Piemonte e Valle d'Aosta e Provincia Autonoma di Bolzano» e specificando che «l'eventuale variazione, nel corso del mese di novembre, della collocazione delle Regioni e delle Province autonome, rispetto alle cosiddette zone gialle, arancione e rosse, non ha effetti per l'applicazione della sospensione contributiva di cui alla presente circolare»;

   per effetto dell'ordinanza del Ministero della salute del 13 novembre 2020, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. 284 del 14 novembre 2020, anche la Toscana e la Campania sono state dichiarate zona rossa;

   dal momento che l'ordinanza del Ministro della salute è stata firmata il 13 novembre 2020 e quindi tre giorni prima il termine ultimo per il versamento dei contributi fissato a lunedì 16 novembre 2020, l'Inps ha cambiato il suo orientamento – concordandolo con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali – e con messaggio n. 4361 del 20 novembre 2020 ha ammesso tra i destinatari della sospensione contributiva anche i datori di lavoro operanti in Toscana e Campania;

   dal momento che il termine di scadenza per i versamenti era fissato al 16 novembre 2020 e che l'Inps ha comunicato il cambio di orientamento soltanto quattro giorni più tardi, i consulenti del lavoro toscani e campani non hanno potuto far altro che consigliare ai loro clienti di versare i contributi previdenziali ed assistenziali per non incorrere in sanzioni;

   nel Messaggio del 20 novembre 2020, riconoscendo il dietrofront, l'Inps ha chiarito che non rimborserà immediatamente quanto percepito, ma consentirà ai «datori di lavoro, laddove abbiano provveduto al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per la competenza del mese di ottobre 2020» di «utilizzare un credito equivalente alla maggior somma versata rispetto al saldo della denuncia trasmessa, in compensazione legale con altre partite o nelle denunce successive, previa presentazione dell'apposita istanza telematizzata “Dichiarazione Compensazione”» –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e se intenda effettuare le necessarie verifiche di competenza per accertare eventuali responsabilità o superficialità nella condotta adottata dall'Inps nel caso specifico.
(4-07753)


   FRATOIANNI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nel 2015 la famiglia Pesenti annuncia la vendita alla multinazionale tedesca Heidelberg Cement, seconda azienda al mondo in termini di fatturato nel settore di attività, del gruppo Italcementi spa, quinta azienda mondiale nello stesso settore;

   il 3 dicembre 2015 tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, le rappresentanze sindacali unitarie (Rsu) e le organizzazioni sindacali nazionali e Italcementi viene sottoscritto un accordo di ricorso alla cassa integrazione straordinaria per 430 lavoratori, prevedendo la permanenza del Centro di ricerca innovazione di prodotto a Bergamo e lo spostamento dell'headquarter da Bergamo alla città di Heidelberg in Germania;

   il 20 maggio 2016 le Rsu, le organizzazioni sindacali Feneal, Filca, Fillea e Italcementi spa sottoscrivono un accordo sulla gestione degli esuberi relativi alla sede di Bergamo pari a 415 unità lavorative tra impiegati e operai;

   nel mese di maggio 2016 il presidente della regione Lombardia pro tempore Roberto Maroni presenta presso il Ministero dello sviluppo economico, alla presenza del Ministro dello sviluppo economico pro tempore Carlo Calenda, il «dossier Cemento» della regione Lombardia, frutto del confronto tra la regione stessa, le Rsu e le organizzazioni sindacali, il politecnico di Milano, la facoltà di ingegneria e la scuola edile di Bergamo. Nel documento si delineavano le potenzialità della ricerca e dell'innovazione di prodotto dei materiali da costruzione che la regione Lombardia metteva a disposizione per interagire con la ricerca e innovazione dei gruppi operanti nel settore;

   in data 23 giugno 2017, a seguito di una richiesta congiunta delle Rsu organizzazioni sindacali e Italcementi, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali delibera la prosecuzione degli ammortizzatori sociali per 430 lavoratori fino al 31 dicembre 2018, considerata la complessità del processo di riorganizzazione;

   in questi ultimi anni, nei laboratori di Bergamo, sono stati scoperti diversi prodotti innovativi relativi alle malte cementizie, agli aggregati e ai cementi che sono stati utilizzati nelle opere più complesse e anche innovative: Palazzo Italia in Expo a Milano, Ponte san Giorgio di Genova, e altro;

   in data 20 novembre 2020, il gruppo Heidelberg ha comunicato lo spostamento anche del Centro di ricerca innovazione di prodotto di Bergamo nella città di Heidelberg per motivi di «centralizzazione delle attività di ricerca», venendo meno all'accordo del 3 dicembre 2015, sottoscritto in sede ministeriale;

   a parere dell'interrogante il trasferimento del centro mondiale di ricerca da Bergamo verso la Germania determinerà per l'Italia la perdita delle migliori competenze professionali mondiali del settore in termini di ricerca e innovazione di prodotto e la conseguente dispersione di professionalità elevatissime dei 32 lavoratori che operano oggi nei laboratori di Bergamo –:

   alla luce dei fatti esposti in premessa, di quali ulteriori elementi siano a conoscenza i Ministri interrogati e quali iniziative intendano assumere affinché la multinazionale tedesca Heidelberg venga richiamata al rispetto dell'accordo siglato il 3 dicembre 2015 tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, le Rsu e le organizzazioni sindacali nazionali e Italcementi che prevedeva, tra gli altri impegni, la permanenza del Centro di ricerca innovazione di prodotto a Bergamo.
(4-07759)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   SERRITELLA e D'ARRANDO. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   le Cinque Terre sono un frastagliato tratto di costa della Riviera ligure di levante situato nel territorio della provincia di La Spezia tra Punta Mesco e Punta di Montenero;

   dal 2015, secondo fonti di stampa locale, comitati, associazioni ed imprese del territorio sono impegnate in una vertenza con la regione Liguria;

   la vertenza risulta essere scaturita da un problema di trasporto pubblico locale che si è trasformata in una questione sulla trasparenza della pubblica amministrazione;

   la normativa Freedom of Information Act (Foia) è stata introdotta con il decreto legislativo 25 maggio 2016 n. 97;

   quest'ultima consente a chiunque di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli per i quali già vige un obbligo di pubblicazione, senza dover dimostrare l'esistenza di un interesse attuale e concreto, né di motivare la richiesta, al solo fine di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico;

   a seguito di formali richieste, ai suddetti comitati, associazioni ed imprese è stata negata la possibilità di accedere ad atti di Trenitalia s.p.a.;

   la richiesta era volta ad accertare la corretta applicazione delle tariffe per il trasporto pubblico locale;

   in particolare, l'ultima istanza si riferiva gli allegati 3 e 5 del contratto di servizio del trasporto pubblico ferroviario regionale e locale, concluso tra la regione Liguria e Trenitalia s.p.a. nel gennaio 2018;

   la regione Liguria, con nota regionale prot. N. PG/2019/136176 ha successivamente trasmesso le richieste provenienti dal territorio a Trenitalia s.p.a;

   Trenitalia s.p.a ha tuttavia comunicato che «gli allegati in parola, rappresentano la sintesi della offerta economica-finanziaria consegnata nel contratto di servizio vigente, espressione della congruità e sostenibilità economica reale espressa da questa Società, nonché rappresentazione dell'impegno industriale presupposto all'offerta commerciale di cui all'obbligazione contrattuale assunta con codesta Amministrazione [...] la cui diffusione potrebbe comportare per questa Società grave nocumento non solo per l'uso improprio che ne potrebbero fare gli astanti, ma tutti i terzi potenzialmente interessati» –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti suddetti, nonché quali iniziative, per quanto di competenza, intendano adottare al fine di favorire la trasparenza di tutti gli atti prodotti dalle aziende a proprietà pubblica o aziende private concessionarie di servizi pubblici e favorire così la loro conoscibilità da parte di coloro che ne fanno richiesta, come nel caso di cui in premessa.
(4-07773)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PAITA. — Al Ministro della salute, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:

   il manifesto «pro-vita» recentemente affisso in corso Saffi a Genova, raffigurante una Biancaneve svenuta, in quanto si paragona l'utilizzo della pillola abortiva RU486 al veleno, è stato imbrattato dalle attiviste dell'associazione «Non una di meno» che chiedono al comune di rimuoverlo;

   nel corso dell'estate 2020 il Ministro interrogato ha emanato nuove linee guida sull'accesso all'aborto farmacologico basate su evidenze scientifiche, che prevedono la somministrazione della RU486 in day hospital fino alla nona settimana di gravidanza;

   la pillola abortiva è attualmente utilizzata nella maggior parte degli ospedali italiani, anche per le interruzioni di gravidanza terapeutiche, senza dimenticare che è legale in Italia in base alla legge n. 194 del 1978, norma fortemente voluta dalle donne e confermata da un referendum popolare per mettere fine alle tragiche conseguenze degli aborti clandestini;

   ci si ritrova ancora una volta di fronte all'affissione di una campagna di disinformazione medico-scientifica e di attacco ai diritti delle donne che rende vano quanto ottenuto fino ad oggi in ambito sanitario –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e, in caso positivo, quali iniziative di competenza intenda intraprendere per assicurare una corretta informazione circa la normativa concernente l'aborto farmacologico, previsto dalla legge n. 194 del 1978, al fine di evitare che iniziative come quelle di cui in premessa possano trasmettere messaggi fuorvianti per le donne, e al fine di tutelare la loro libertà di scelta nell'esercizio di un diritto riconosciuto dall'ordinamento e la protezione della loro salute.
(5-05151)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TATEO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'orrore consumatosi all'ospedale Moscati di Taranto – secondo quanto si apprende dalla stampa – ha dell'incredibile, del disumano e dell'inaccettabile in un Paese in cui la tutela della salute è un diritto costituzionalmente garantito;

   secondo le accuse dei parenti, 7 morti – ora oggetto anche di indagine da parte degli inquirenti – sarebbero sospette per condizioni di ricovero inadeguate e maltrattamenti dei pazienti; inoltre, sarebbero spariti fedi, collane e altri preziosi dei malati ed il personale sanitario si sarebbe adoperato per far sparire i telefonini dei degenti con immagini e video compromettenti;

   le testimonianze riportate a mezzo stampa sono – a dir poco – sconcertanti: «Mia madre è stata ricoverata in quei giorni per una crisi respiratoria. È stata maltrattata da alcuni addetti che le rispondevano in malo modo. Non è stata cambiata per ore. È rimasta anche senza cibo e dopo due giorni dalla sua morte ci siamo accorti che nella borsa mancavano la fede e un altro anello, che indossava al momento dell'ingresso in ospedale», ha spiegato la signora Tina Abanese a Repubblica. Il padre di Donato Ricci invece prima di morire avrebbe gridato «chiamate la Polizia, portatemi via da qui». Sconvolgente il caso di Francesco Cortese, che avrebbe chiamato la figlia implorando: «Venitemi a prendere, qui muoio». Al telefono con un medico, la donna si sarebbe sentita rivolgere queste parole: «Suo padre non collabora, non vuole mettersi la maschera Cpap, fra dieci minuti morirà, preparatevi!». «Ci sentiamo piombare addosso d'improvviso queste parole terribili – spiega la figlia a Repubblica –. Quel medico sembrava una bestia inferocita, contro di noi e mio padre. Ho avuto solo la forza di chiedere della saturazione, e per tutta risposta ho ricevuto altre urla. “Non c'è saturazione, vedrete che fra poco muore! È qui, mi sta ascoltando, fra poco morirà!”»;

   quanto all'accusa di furto e sparizione di oggetti personali, l'Asl avrebbe risposto definendolo «un evento spiacevole ma possibile, soprattutto durante le procedure di emergenza o di radiodiagnostica, in quanto è necessario rimuovere qualunque oggetto metallico indossato dai pazienti» –:

   se e quali iniziative di competenza, nel rispetto delle indagini degli organi inquirenti, intenda urgentemente adottare per far luce su quanto denunciato in premessa e, nello specifico, se non ritenga doveroso inviare presso la struttura propri ispettori per accertamenti sull'accaduto.
(4-07751)


   SAPIA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   dall'anno 2010 la Calabria è commissariata per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario regionale;

   nel comune di Corigliano-Rossano c'è un ospedale spoke dell'Asp di Cosenza organizzato in due presìdi, ubicati uno nell'ex città di Corigliano e l'altro nell'ex città di Rossano;

   in un articolo pubblicato il giorno 5 dicembre 2020 sulla testata giornalistica online «l'Eco dello Jonio» intitolato «Rossano, Pronto soccorso al collasso: ambulanze in fila e pazienti ammassati in sala d'aspetto», si riassume la vicenda della pesante criticità del reparto di Pronto soccorso afferente all'ospedale civile «Nicola Giannettasio» a causa di carenza di personale (gran parte degli operatori sanitari parrebbe contagiata dal COVID) e assenza di sicurezza;

   ivi si legge che «In questo momento nel pronto soccorso del "Giannettasio" sta succedendo di tutto. Una situazione al limite che ha portato gli operatori sanitari ad avvisare le forze dell'ordine per chiedere aiuto poiché è diventato un imbuto dove tutti si affollano all'ingresso del Ps ma gli accessi all'interno dell'ospedale, per i ricoveri, sono praticamente centellinati»;

   la ragione di tale criticità si è creata poiché – continua l'articolo – «tutti i reparti non accettano più i degenti se prima non arrivano con il referto di un tampone negativo (per cui occorrono giorni). Ed è così che l'unità operativa diretta dal dottore Natale Straface è diventata un lazzaretto, un ospedale nell'ospedale dove si ammassano malati bisognosi di cure e che aspettano il tampone»;

   tra i casi limite che vengono segnalati – sempre nel citato articolo – c'è quello di un paziente «che è arrivato nel nosocomio rossanese con un arresto cardiaco in corso e che sarebbe stato rianimato dai sanitari addirittura nell'atrio interno del pronto soccorso perché dentro tutti i posti erano occupati ed il personale centellinato»;

   la situazione sarebbe resa ulteriormente insostenibile dalla scelta della centrale operativa del 118 di «smistare tutto per necessità sull'ospedale di Rossano, quindi anche tutti i soccorsi di area medica, che potrebbero essere destinati al presidio "Compagna" di Corigliano», che forma col suddetto presidio ospedaliero lo spoke in oggetto;

   anche se non ufficialmente confermato, risulterebbero casi di medici e infermieri positivi in diversi reparti all'interno del «Giannettasio» –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario della regione Calabria e del commissario straordinario dell'Asp di Cosenza, intenda assumere il Governo per meglio tutelare il diritto alla salute nell'ospedale spoke in questione anche promuovendo una riorganizzazione, nella fase attuale dell'emergenza COVID, dei servizi e del personale nei due stabilimenti ospedalieri di Corigliano e di Rossano.
(4-07768)


   SAPIA. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   in un articolo pubblicato il giorno 8 dicembre 2020 sulla testata giornalistica on line lacchitè, intitolato «Covid Cosenza. Asp nel caos, dati “truccati” e straordinari d'oro», si riassume una vicenda di compensi straordinari, per l'emergenza Covid, a favore di unità di personale correlate al dipartimento Prevenzione dell'Asp di Cosenza;

   ivi si legge che «proprio a marzo, in pieno caos pandemico, all'Asp ricordano perfettamente che ci fu una mezza rivolta capeggiata proprio» dal direttore del dipartimento aziendale prevenzione «contro il direttore amministrativo lasciato da Zuccatelli, tale Grippa, che non voleva pagare gli “straordinari” che chiedeva il capo della task force con la pazzesca tariffa di 60 euro ad ora»;

   all'epoca, prosegue l'articolo suddetto, era Grippa «il direttore pro tempore dell'Asp dopo le dimissioni di Zuccatelli» e, aggiunge l'articolo, il responsabile del dipartimento aziendale Prevenzione «minacciò di bloccare tutto il personale»;

   nello stesso articolo si riferisce che nella sede dell'Asp in parola «giravano voci incontrollate sull'entità di quegli importi, che si dice fossero molto superiori a quelli messi in pagamento da giugno a ottobre», pubblicati nell'articolo in predicato con i relativi destinatari;

   a «marzo – si ricorda su lacchitè – Grippa si era opposto per quegli importi e per quella tariffa pazzesca di 60 euro ad ora»;

   lo stesso Grippa – racconta l'articolo citato – «non voleva dare quelle cifre pazzesche, ma alla fine Marino ebbe la meglio perché minacciò un vero e proprio ammutinamento del personale in servizio»; «l'unica cosa che Grippa riuscì ad ottenere – ivi si precisa – fu che ognuno dovesse fare una specie di autocertificazione per gli importi che prendeva»;

   «le tabelle relative a marzo, aprile e maggio sono sparite – sottolinea la fonte giornalistica – ma in compenso sono spuntate quelle dei mesi successivi»;

   «per i mesi di giugno, luglio e agosto (quando l'ospedale era vuoto e c'era un solo paziente in assistenza domiciliare!)» – si racconta su lacchitè – il responsabile aziendale della prevenzione «ha chiesto 219 mila euro», in «attesa che qualcuno bloccasse l'iter di pagamento», e «questo “qualcuno”» è – aggiunge la fonte giornalistica – il «direttore del Personale, (...) che proprio in questi giorni è stato promosso dalla commissaria che viene dal Nord a direttore degli Affari Generali e addirittura a capo dipartimento amministrativo»;

   secondo quanto riportato nell'articolo gli straordinari ammontano nel complesso a «427 mila euro»: «208 mila settembre e ottobre, 219 mila giugno luglio e agosto»;

   l'articolista commenta, con riferimento ai destinatari dei suddetti compensi: «In effetti hanno lavorato tantissimo a giugno, luglio e agosto», «piegati a fare straordinari per applicare il piano Covid regionale (...), per preparare gli ospedali, fare i concorsi, assumere medici e infermieri specializzati che mancano, posti letto, ospedali Covid (in tutta la provincia), hotel Covid per i pazienti che usciti dalla terapia intensiva non possono tornare a casa e stare in isolamento, allestire centri tamponi, attrezzare le Usca (...). Vedo che uno ha fatto 200 e un altro 218 (...). Se si fanno 25 giornate di lavoro straordinario in più in tre mesi qualcosa di grave succede. Delle due l'una: o è un dato falso, e allora siamo dinanzi ad un reato, o il dato è drammaticamente vero e allora siamo davanti al disastro organizzativo» –:

   se, per il tramite del Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario della regione Calabria, non ritengano di adottare iniziative di competenza per verificare la correttezza amministrativa in merito alla vicenda riassunta in premessa, a garanzia del corretto andamento dello stesso piano di rientro.
(4-07769)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:


   MORRONE, RAFFAELLI e FIORINI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   dopo la chiusura a gennaio 2019 del viadotto Puleto, sito tra Valsavignone e Canili, in provincia di Arezzo, in seguito al sequestro disposto dalla procura di Arezzo per gravi danni strutturali ai piloni di cemento armato del ponte, il primo Governo Conte ha stanziato, con l'articolo 40 del cosiddetto «decreto crescita» del 30 aprile 2019, 10 milioni di euro (di cui 5,6 milioni di euro da destinare all'Emilia-Romagna; 1,2 milioni di euro alla Toscana; 3,2 milioni di euro all'Umbria) in favore dei lavoratori e dell'intero tessuto produttivo del territorio che, oltre agli inevitabili disagi per la circolazione, ha subìto ingenti danni economici a causa della chiusura della strada statale 3bis Tiberina E45;

   si trattava di una indennità pari al trattamento massimo di integrazione salariale, con la relativa contribuzione figurativa, a decorrere dal 16 gennaio 2019 per un massimo di sei mesi, in favore dei lavoratori del settore privato, compreso quello agricolo, impossibilitati a prestare, in tutto o in parte, l'attività lavorativa, dei dipendenti di aziende o di soggetti diversi dalle imprese, coinvolti dalla chiusura dell'arteria, che hanno subìto un impatto economico negativo e per i quali non trovano applicazione le vigenti disposizioni in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro o che hanno esaurito le tutele previste dalla normativa vigente. Veniva, altresì, riconosciuta un'indennità una tantum pari a 15.000 euro in favore dei titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, di agenzia e di rappresentanza commerciale, dei lavoratori autonomi, compresi i titolari di attività di impresa e professionali, iscritti a qualsiasi forma obbligatoria di previdenza e assistenza, che abbiano dovuto sospendere l'attività a causa dell'interruzione del viadotto;

   ad oggi, le aziende che ne avrebbero diritto non hanno ancora ricevuto gli attesi contributi anche perché il decreto attuativo non prevedeva espressamente la destinazione delle risorse stanziate anche alle imprese che, seppur danneggiate, avevano continuato ad esercitare la propria attività come possibile;

   la previsione contenuta nel citato decreto per cui il contributo spetta alle sole imprese che sono state costrette a sospendere l'attività precluderebbe l'accesso ai fondi a moltissime aziende che nonostante i gravissimi danni subìti continuano ad aprire le loro sedi e a dare lavoro ai dipendenti nonostante la forte riduzione della produzione –:

   quali iniziative intendano adottare i Ministeri interrogati per assegnare in tempi rapidi i 10 milioni di euro in favore delle attività danneggiate dalla chiusura del viadotto Puleto e della viabilità sulla E45, indipendentemente dall'effettiva sospensione lavorativa ed in ragione delle sole perdite subite, garantendo finalmente a quelle realtà produttive ed economiche, fortemente danneggiate da tale situazione, un sostegno economico stanziato più di un anno fa e ancora non disponibile.
(4-07767)

UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SPENA, SACCANI JOTTI, SIRACUSANO e MARROCCO. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il 22 settembre 2020 si sono svolte le prove del concorso per l'ammissione alle scuole di specializzazione di area sanitaria;

   sulla base del cronoprogramma di cui agli articoli 9 e 10 del bando di concorso, entro il 30 dicembre 2020 dovrebbero concludersi le procedure concorsuali e dovrebbero avviarsi le attività didattiche, mantenendo aperta la sessione straordinaria di recupero per i soli candidati che non si sono immatricolati in nessuna scuola e non hanno quindi iniziato l'attività didattica;

   in seguito ai numerosi ricorsi presentati in merito alle possibilità di partecipazione al concorso e alle modalità di svolgimento delle prove il Ministero dell'università e della ricerca ha rimandato la pubblicazione della graduatoria, inizialmente prevista per il 5 ottobre 2020;

   nonostante i numerosi ricorsi non ancora giunti ad un giudizio definitivo, la graduatoria unica nazionale di merito è stata finalmente pubblicata il 26 ottobre 2020 in versione non definitiva, mentre la fase di scelta da parte dei candidati della tipologia e della sede di scuola, inizialmente prevista dal 5 al 9 ottobre 2020, si è svolta dal 23 novembre al 1° dicembre 2020;

   con decreto presidenziale n. 6948 del 2020, pubblicato il 2 dicembre 2020, il Consiglio di Stato, nell'accogliere l'appello cautelare proposto dal Ministero dell'università e della ricerca avverso i ricorsi presentati da alcuni candidati in relazione al quesito n. 87, ha inoltre aggiunto che le ulteriori operazioni concorsuali previste dal citato cronoprogramma per l'assegnazione delle sedi andranno svolte successivamente alla decisione cautelare collegiale, prevista per il 15 dicembre 2020;

   in conseguenza di tale dilazione la fase di assegnazione dei candidati alle scuole prevista per il 3 dicembre 2020 è rinviata a data successiva alla decisione del Consiglio di Stato quando saranno avviate anche le successive fasi della procedura concorsuale;

   i candidati che alla fine saranno ammessi alle scuole di specializzazione dovranno prendere servizio il 30 dicembre 2020, qualunque sarà la sede assegnata, ma dovranno prima esperire le procedure di immatricolazione, venendo esclusi di fatto dalla sessione straordinaria di recupero (cosiddetti «ripescaggi»), nella quale, secondo il primo decreto, avrebbero potuto essere inseriti per circa due mesi, mentre i loro colleghi che si collocano in posizioni inferiori della graduatoria e non verranno perciò assegnati, mantengono tale possibilità;

   appare inoltre evidente che i tempi per poter assolvere agli aspetti organizzativi per programmare gli spostamenti, tanto più in un periodo come questo, reso ancora più complesso per via delle limitazioni agli spostamenti derivanti dall'emergenza da COVID-19, si presentano estremamente compressi e insufficienti –:

   se il Ministro interrogato non ritenga, tenuto conto delle difficoltà derivanti dai ricorsi e quindi non dipendenti dal Ministero dell'università e della ricerca, di dover adottare iniziative affinché ai giovani specializzandi che hanno partecipato al concorso di cui in premessa siano assicurate le stesse opportunità e i tempi riconosciuti ai loro colleghi negli anni passati, e ai giovani che si immatricolano ad una scuola di specializzazione vengano consentite le stesse opportunità di cui usufruiranno i colleghi che non si immatricolano ad una scuola, prevedendo una dilazione nei tempi di inizio delle attività didattiche rispetto alla prevista data del 30 dicembre 2020, o adottando iniziative per superare la norma in base alla quale si escludono dai cosiddetti «ripescaggi» gli specializzandi che hanno iniziato l'attività didattica.
(5-05153)

Interrogazione a risposta scritta:


   ALESSANDRO PAGANO, TOCCALINI, LOCATELLI, BOLDI, DE MARTINI, FOSCOLO, LAZZARINI, PANIZZUT, PAOLIN, SUTTO, TIRAMANI e CAVANDOLI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il Paese vive un momento drammatico. Siamo in piena emergenza sanitaria e negli ospedali mancano i medici: sono stati richiamati quelli in pensione e reclutati 10.000 neolaureati senza esame di abilitazione;

   la mancanza di medici specializzati in Italia è causata dal così detto «imbuto formativo», ovvero la differenza tra il totale dei laureati ed i posti disponibili nei corsi di formazione post-laurea. Solo negli ultimi dieci anni sono rimasti esclusi 11.652 neolaureati;

   con un ritardo di oltre tre mesi, con decreto ministeriale del 15 settembre 2020, il Ministero interrogato ha bandito un concorso per 13.400 posti di specializzazione per l'anno 2019/2020 le cui prove sono state espletate nel mese di settembre;

   il test somministrato ai candidati includeva un quesito errato:

   il Ministero dell'università e della ricerca ha provveduto alla pubblicazione di graduatorie non definitive soltanto in data 26 ottobre addebitando tale ritardo all'elevato numero di ricorsi presentati dai candidati;

   si attendeva la pubblicazione delle graduatorie definitive il 3 dicembre 2020;

   un comunicato sul sito del ministero ha informato i candidati di un ulteriore rinvio in attesa della pronuncia del Consiglio di Stato che nell'accogliere l'appello cautelare del Ministero ha sospeso la sentenza impugnata e ha subordinato l'assegnazione dei contratti alla propria pronuncia, parrebbe senza tenere in considerazione che l'inizio dei corsi di specializzazione è fissato al 30 dicembre 2020;

   si tratta di un concorso nazionale e in base al punteggio ottenuto e alla disponibilità delle sedi, esiste la concreta possibilità per molti di doversi trasferire in altra regione con pochi giorni di preavviso. Con lo stesso scarso preavviso moltissimi giovani medici dovranno lasciare l'incarico presso le Asl che li vede impiegati soprattutto nelle Usca per le prestazioni di cura a domicilio dei positivi al virus con evidenti ripercussioni negative anche sulla gestione emergenziale dei servizi medici di prossimità;

   la condotta del Ministero dell'università e della ricerca ha di fatto ritardato di oltre 6 mesi il reclutamento di moltissimi nuovi medici che sarebbero stati linfa vitale nella gestione dell'emergenza direttamente negli ospedali –:

   per quale motivo il Ministero interrogato non abbia intrapreso alcuna iniziativa di competenza atta a tutelare ex ante l'efficacia del concorso stesso e la necessaria rapidità del suo espletamento e quali iniziative intenda attuare, per quanto di competenza, a tutela del percorso formativo che gli specializzandi intraprenderanno per poter essere inseriti negli ospedali nel più breve tempo possibile.
(4-07761)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Currò n. 5-05133, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 dicembre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Martinciglio.

Modifica dell'ordine dei firmatari ad una mozione.

  L'ordine delle firme della mozione Licatini e altri n. 1-00406, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 dicembre 2020, deve intendersi così modificato: «Licatini, Magi, Sarli, Andrea Romano, Giachetti, Fratoianni, Polverini, Acunzo, Davide Aiello, Alaimo, Aprile, Baldino, Barzotti, Benedetti, Berardini, Bilotti, Boldrini, Braga, Bruno Bossio, Buratti, Cadeddu, Cancelleri, Cappellani, Carabetta, Casa, Caso, Cassese, Chiazzese, Cillis, Cimino, Colletti, Corneli, Critelli, Cunial, De Giorgi, De Girolamo, De Lorenzis, Deiana, Del Monaco, Del Sesto, D'Ippolito, Donno, Ehm, Ermellino, Ficara, Forciniti, Fregolent, Galizia, Giuliodori, Gribaudo, Grippa, Gubitosa, Invidia, Lombardo, Lotti, Lovecchio, Maglione, Mammì, Alberto Manca, Maraia, Martinciglio, Marzana, Masi, Migliore, Migliorino, Misiti, Mor, Occhionero, Papiro, Parentela, Paxia, Perconti, Piera Aiello, Pignatone, Pini, Raciti, Raffa, Rizzo, Rizzone, Romaniello, Ruggiero, Scagliusi, Scanu, Serritella, Siani, Sodano, Suriano, Sut, Terzoni, Elisa Tripodi, Ungaro, Vazio, Vianello».

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta scritta Bignami n. 4-07735 del 9 dicembre 2020.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   ALAIMO, GIARRIZZO, D'ORSO, MARTINCIGLIO e CASA. — Al Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   l'obbligo per la pubblica amministrazione di formare i propri documenti in formato digitale deriva dall'articolo 40, comma 1, del codice dell'amministrazione digitale (Cad) di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005;

   il documento nativo digitale è quel documento informatico che nasce digitale ovvero ottenuto attraverso software di videoscrittura (Word, Pages, OpenOffice e altro) e trasformato direttamente in formato Pdf o altra tipologia di formato prevista dal Cad, senza effettuare la scansione del documento cartaceo;

   l'obbligo di formazione nativa dei documenti amministrativi in formato digitale è in grado di assicurare una riduzione se non l'eliminazione dei documenti cartacei associati ai procedimenti amministrativi, con conseguenti vantaggi in termini di risparmio di tempo rispetto allo svolgimento delle procedure di stampa, scansione e trasmissione del documento ma anche di costi per l'acquisto di carta, toner/cartucce inchiostro e per la manutenzione delle stampanti;

   al fine di realizzare il processo di trasformazione digitale della pubblica amministrazione è necessario procedere all'adeguamento dei procedimenti amministrativi attraverso una revisione dei processi in chiave digitale, volti alla semplificazione, all'efficienza e alla trasparenza dell'azione amministrativa, a partire dalla formazione nativa del documento amministrativo in formato digitale;

   la creazione dei documenti amministrativi avviene di fatto attraverso l'utilizzo di strumenti informatici, software ed hardware;

   la gestione del documento informatico in formato nativo digitale velocizzerebbe la durata dei procedimenti amministrativi, semplificherebbe il lavoro dei dipendenti e faciliterebbe il controllo e l'analisi da parte dei cittadini delle informazioni contenute nei documenti amministrativi, soprattutto in quelli composti da numerose pagine (si pensi, ad esempio, a bandi, contratti, decreti, bilanci economici, rendiconti di gestione);

   tale obbligo di formazione nativa dei documenti amministrativi in formato digitale, a cui le pubbliche amministrazioni avrebbero dovuto ottemperare entro il 12 agosto 2016, secondo l'articolo 17 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 novembre 2014, viene spesso eluso dalle pubbliche amministrazioni senza particolari conseguenze per le stesse vista l'assenza di una norma sanzionatoria in caso di inadempimento, comportando, al contrario, forti limitazioni alla fruibilità e disponibilità delle informazioni a danno dei cittadini e delle imprese, nonché degli enti preposti alla vigilanza e al controllo –:

   se e quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di consolidare l'obbligo di formazione nativa del documento amministrativo in formato digitale e realizzare definitivamente lo switch-off dal cartaceo al digitale nelle pubbliche amministrazioni italiane.
(4-06891)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante chiede di conoscere quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di consolidare l'obbligo di formazione nativa del documento amministrativo in formato digitale e realizzare definitivamente lo switch-off dal cartaceo al digitale nelle pubbliche amministrazioni italiane.
  Al riguardo, sentito il dipartimento per la trasformazione digitale, rappresento quanto segue.
  La trasformazione digitale della pubblica amministrazione è stata, fin dall'inizio del mio mandato, l'attività alla quale, con il supporto del dipartimento per la trasformazione digitale e l'intensa collaborazione con gli altri Ministri competenti, ho attribuito massima priorità. Sono fermamente convinta, infatti, che, in coerenza con il programma di Governo, l'innovazione tecnologica, anche nel settore pubblico, costituisca vettore di crescita economica da realizzare tramite l'integrazione delle tecnologie digitali nei processi decisionali, una maggiore interoperabilità delle soluzioni tecnologiche, un migliore utilizzo dei dati pubblici e una crescente diffusione di standard comuni.
  In questa direzione, richiamo di seguito i principali interventi normativi e i risultati delle iniziative previste nella «Strategia per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione» del Paese, volta alla creazione del «sistema operativo» necessario a far sì che le pubbliche amministrazioni accelerino la propria trasformazione digitale e mettano a disposizione di cittadini e imprese servizi on line più semplici, accessibili ed efficaci.
  Nell'ambito del decreto-legge n. 18 del 2020, cosiddetto «Cura Italia», sono state semplificate, sino al 31 dicembre 2020, le procedure di acquisto, da parte delle pubbliche amministrazioni, di beni e servizi informatici, selezionando l'affidatario tra almeno quattro operatori economici, di cui almeno una «start-up PMI innovativa». Questa misura consente una rapida modernizzazione delle dotazioni delle amministrazioni.
  Con il decreto-legge n. 34 del 2020 cosiddetto «Rilancio» è stato istituito il fondo per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione con dotazione pari a 50 milioni di euro per migliorare la qualità dei servizi digitali già esistenti e promuoverne di nuovi nell'ottica di un efficace e sostenibile processo di digitalizzazione del Paese, a cui ha già fatto seguito l'adozione del decreto di riparto.
  Da ultimo con le norme proposte nell'ambito del decreto-legge n. 76 del 2020 cosiddetto «Semplificazioni» ho inteso imprimere una forte accelerazione alla trasformazione digitale del Paese e, più in particolare, alla diffusione di servizi in rete, al fine di assicurare ai cittadini l'effettivo esercizio del diritto all'uso delle tecnologie digitali, nonché di rafforzare l'utilizzo dei dati e di strumenti digitali, quali ulteriori misure urgenti ed essenziali di contrasto agli effetti dell'imprevedibile emergenza epidemiologica da Covid-19.
  Con particolare riferimento all'ambito specifico richiamato dall'interrogante, ho promosso la semplificazione per la partecipazione al procedimento amministrativo telematico: in tal senso, il domicilio digitale, la Pec e l'AppIO costituiscono modalità ordinarie di svolgimento dei procedimenti amministrativi e di comunicazione con la pubblica amministrazione, per la presentazione di istanze, la trasmissione di documenti, l'accesso agli atti e l'avvio di un procedimento amministrativo.
  Premessa ineludibile è la modernizzazione dei sistemi informativi della pubblica amministrazione: sono state pertanto previste misure di semplificazione dei sistemi informativi delle pubbliche amministrazioni e dell'attività di coordinamento nell'attuazione della strategia digitale. È stato introdotto l'obbligo per la pubblica amministrazione di sviluppare i propri sistemi con modalità idonee a consentire l'accesso da remoto ai propri dipendenti e favorire così il lavoro agile nel rispetto dello Statuto dei lavoratori e delle disposizioni in materia di sicurezza delle reti e dei dati. Aggiungo che le pubbliche amministrazioni sono tenute a progettare, realizzare e sviluppare i propri sistemi e servizi informatici e digitali sulla base di un codice di condotta che contiene regole omogenee e valide su tutto il territorio nazionale, potendosi avvalere anche di esperti di comprovata competenza in processi complessi di trasformazione digitale.
  Il richiamato insieme di misure, interventi ed iniziative costituisce il contesto nel quale l'esigenza di passaggio dal cartaceo al digitale, rappresentata dall'interrogante, trova soddisfazione in quanto sono state introdotte misure volte ad accelerare il percorso di trasformazione delle pubbliche amministrazioni.
  Tengo a precisare che le amministrazioni hanno obbligo di «avviare» i progetti di trasformazione digitale, onde attuare la fruibilità dei loro servizi su dispositivi mobili, entro il 28 febbraio 2021. La violazione delle disposizioni così dettate comporta una valutazione negativa della performance dirigenziale (non già responsabilità dirigenziale e disciplinare ai sensi degli articoli 21 e 55 del decreto legislativo n. 165 del 2001), con la conseguente «sanzione» di una riduzione non inferiore al 30 per cento della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio collegato alla performance individuale. Si aggiunge il divieto di attribuire premi o incentivi nelle medesime strutture.
  Si tratta di previsione «sanzionatoria», analoga a quella che si avrà modo di reperire in altre disposizioni del decreto-legge miranti a dare impulso alla digitalizzazione della pubblica amministrazione.
  Con specifico riferimento l'obbligo di formazione nativa del documento amministrativo, affermato all'articolo 40 del decreto legislativo 7 marzo 2015, n. 82 (codice dell'amministrazione digitale), tengo a riferire che, dopo numerosi interventi normativi che hanno inciso sull'efficacia delle regole tecniche necessarie ad assolvere l'obbligo per le pubbliche amministrazioni di adeguare i propri sistemi di gestione informatica dei documenti, il 9 settembre 2020 sono state adottate dall'Agenzia per l'Italia digitale le «Linee Guida sulla formazione, gestione e conservazione dei documenti informatici», indispensabili per assolvere detto obbligo.
  Le Linee guida sono articolate in un documento principale e in sei allegati che ne costituiscono parte integrante. Gli allegati sono i seguenti:

   Allegato 1 - Glossario dei termini e degli acronimi;

   Allegato 2 - Formati di file e riversamento;

   Allegato 3 - Certificazione di processo;

   Allegato 4 - Standard e specifiche tecniche;

   Allegato 5 - Metadati;

   Allegato 6 - Comunicazione tra AOO di documenti amministrativi protocollati.

  Dette Linee guida costituiscono la nuova versione aggiornata delle regole tecniche in materia di formazione, protocollazione, gestione e conservazione del documento. Obiettivo generale del documento è che la gestione complessiva del documento informatico risulti semplificata attraverso una visione d'insieme che aggrega in un «corpo unico» materie prima disciplinate separatamente.
  L'adozione delle Linee guida favorirà la diffusione del documento amministrativo digitale, con conseguenze positive sui tempi di svolgimento dei procedimenti amministrativi, sulla semplificazione del lavoro dei dipendenti ed, infine, anche sulle esigenze di trasparenza condivisibilmente sollecitate dall'interrogante.
  In ultimo aggiungo che, nell'ambito della «Strategia per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione del Paese», da me promossa lo scorso dicembre, ho richiamato la necessità di introdurre e di promuovere l'utilizzo di applicazioni di intelligenza artificiale nella gestione di procedimenti amministrativi.
  Attesa l'attenzione dell'interrogante per il tema della trasformazione digitale della pubblica amministrazione, tengo a precisare che il primo passo sarà proprio quello di identificare i «procedimenti», particolarmente adatti per l'utilizzo di sistemi di AI (rapporti tra le amministrazioni, servizi verso le imprese e i cittadini). Successivamente, insieme ai Ministeri competenti, definiremo le soluzioni di intelligenza artificiale idonee a governare i procedimenti nel rispetto dei principi etici e giuridici destinati a confluire nello Statuto etico giuridico dell'intelligenza artificiale, al quale sarà chiamato a lavorare l'AI
Ethical Lab-el (di cui all'azione n. 16 della richiamata Strategia): un comitato con il compito di elaborare, sulla base dei risultati dei diversi gruppi di esperti nazionali ed europei che hanno già affrontato il tema, uno statuto etico-giuridico dell'intelligenza artificiale che, oltre a fissare un set minimo di principi-guida, stabilisca un insieme di regole minime per la qualificazione di soluzioni di intelligenza artificiale destinate al settore pubblico come a quello privato, una sorta di certificazione di sostenibilità etico-giuridica della soluzione che potrebbe poi tradursi in un certificato di superata valutazione di impatto etico sulla società.
La Ministra per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione: Paola Pisano.


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da organi di stampa si apprende che qualche giorno fa un noto imprenditore della città di Pagani (Salerno), Vincenzo Calce, sarebbe stato aggredito intorno alle 8 del mattino in via Trento, nei pressi dell'abitazione della madre;

   il prefato Calce, oltre ad essere un imprenditore dell'hinterland salernitano è anche direttore tecnico della «Aspa», azienda speciale Pagani ambiente (società pubblica il cui socio unico è il comune di Pagani), e un esponente politico;

   secondo le prime ricostruzioni, l'imprenditore sarebbe stato avvicinato da un uomo con un berretto e il volto coperto da una mascherina che, prima di fuggire a bordo di un'auto scura, lo avrebbe colpito alla testa con un oggetto contundente, probabilmente il calcio di una pistola;

   dopo l'aggressione, l'imprenditore si sarebbe recato dapprima presso l'ospedale Umberto I di Nocera Inferiore, dove i sanitari gli avrebbero suturato la profonda ferita con ben dieci punti, e poi avrebbe denunciato l'accaduto presso la tenenza dei carabinieri di Pagani, che tutt'ora sta indagando;

   se le indagini confermassero l'episodio appena descritto, si tratterebbe di una vicenda che merita la massima attenzione, in quanto sarebbe non solo rappresentativa di uno spregevole atto criminale da perseguire e punire con decisione, ma, potrebbe anche disvelare un inaccettabile atto ritorsivo e intimidatorio nei confronti di un cittadino impegnato sia come amministratore pubblico sia come esponente politico nell'interesse della collettività –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda porre in essere per fronteggiare questi episodi di criminalità, al fine di garantire la sicurezza del territorio, dei cittadini e di tutti coloro che sono impegnati nell'interesse della collettività.
(4-05716)

  Risposta. — L'atto di sindacato ispettivo indicato in esame fa riferimento all'aggressione avvenuta in un parcheggio, la mattina del 15 maggio 2020, ai danni di un consigliere in carica del comune di Pagani.
  Sull'episodio sono tuttora in corso le indagini, condotte dalla tenenza Carabinieri di Pagani e coordinate dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Nocera Inferiore, che, al fine di acquisire le fonti di prova necessarie, ha iscritto un procedimento penale, allo stato non ancora ostensibile quanto agli esiti.
  Per quanto attiene, in generale, la problematica degli atti intimidatori nei confronti di amministratori locali, si ricorda che, presso questa Amministrazione, è stato istituito l'«Osservatorio sul fenomeno degli atti intimidatori nei confronti degli amministratori locali» allo scopo di monitorare il fenomeno sul territorio, individuare utili strumenti di contrasto e indicare le strategie di prevenzione.
  L'osservatorio, coadiuvato da un «Organismo Tecnico» presente presso la direzione centrale della polizia criminale, è stato costituito in attuazione dell'articolo 6 della legge n. 105 del 2017 per favorire e potenziare lo scambio di informazioni e il raccordo tra lo Stato e gli enti locali ed è composto da rappresentanti dei Ministeri dell'interno, della giustizia e del istruzione, oltre che da quelli dell'Anci e dell'Upi, con la possibilità di estendere la partecipazione ad altre Amministrazioni interessate, in relazione agli argomenti trattati.
  L'organismo ha anche la funzione di individuare iniziative di supporto agli amministratori vittime di episodi intimidatori, tenendo conto delle caratteristiche delle realtà nelle quali svolgono il loro mandato. A questo scopo, sono stati creati presso le prefetture capoluogo di regione gli osservatori regionali.
  Da un riepilogo complessivo dei dati nazionali e regionali, peraltro pubblicati sul sito
web istituzionale del Ministero dell'interno, risulta che nel primo semestre del 2020 sono stati 319 gli atti intimidatori commessi nei confronti degli amministratori locati, a fronte dei 336 corrispondenti allo stesso periodo dell'anno precedente.
  Giova, infine, rappresentare che il Ministero dell'interno continuerà a dedicare la massima attenzione a qualsiasi forma di intimidazione rivolta alle istituzioni democratiche, al fine di porre in essere tutte le misure necessarie a garantire il regolare e sereno svolgimento dell'azione amministrativa degli enti locali.
  

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   CUNIAL. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in data 26 luglio 2011 l'azienda OMS Fittings di Oggiona Santo Stefano (Varese) arriva al termine del giudizio di primo grado in merito ad una questione di servitù di passaggio;

   il tribunale di Busto Arsizio – sezione distaccata di Gallarate – emette la sentenza di accertamento n. 345/11, con la quale accerta l'esistenza di una servitù di passaggio a favore dell'azienda OMS Fittings, per il solo transito di pedoni e di autovetture;

   il 12 settembre 2011, sulla copia della sentenza, è stato apposto il timbro «rilasciata copia esecutiva»;

   in data 8 febbraio 2012 l'azienda OMS presenta esposto al tribunale di Busto Arsizio – sezione distaccata di Gallarate –, in merito all'apposizione del timbro «rilasciata copia esecutiva»;

   in data 11 maggio 2012 il presidente del tribunale di Busto Arsizio, dottor Antonino Mazzeo Rinaldi, risponde all'esposto, confermando che tale sentenza non conteneva statuizione di condanna e quindi non poteva avere efficacia esecutiva, e quindi, di fatto, il transito di «veicoli pesanti» dell'azienda OMS, che con la suddetta sentenza è stato riconosciuto non valido, non sarebbe configurabile come un abuso, non essendo prospettabile l'esecuzione della sentenza, e considerando che il timbro sopra citato era stato richiesto dall'avvocato di controparte al solo scopo di recuperare le spese della consulenza tecnica d'ufficio;

   la sentenza di primo grado viene impugnata davanti alla corte di appello di Milano dall'azienda OMS, la quale perde in giudizio, con sentenza n. 3229/14 del 20 maggio 2014, venendo condannata al pagamento delle spese legali;

   in data 26 giugno 2015, l'avvocato di controparte presenta atto di precetto nel quale indica che la sentenza di primo grado, confermata in appello, era munita di formula esecutiva in data 12 settembre 2011, e che in caso di inadempienza si sarebbe proceduto con l'esecuzione forzata dell'obbligo posto di divieto di transito nella porzione di terreno in questione di «mezzi pesanti» in capo all'azienda OMS;

   in data 3 settembre 2015, il giudice dell'esecuzione Citterio Maria Antonietta, dopo aver avviato la procedura esecutiva RGE n. 1521/2015, a seguito di atto di precetto dell'avvocato di controparte, convocava le parti in udienza il 13 novembre 2015;

   con ordinanza ex articolo 612 codice di procedura civile del 21 febbraio 2017, il giudice esecutivo assumeva che per assicurare il transito nell'area in questione alle sole automobili e persone la cui altezza fosse di media non superiore a 2 metri, fosse necessario far ricorso al posizionamento di un limitatore di altezza, a portale fisso, anziché apribile, con la disposizione di cordoli;

   a fronte di tale procedura esecutiva, l'azienda OMS è stata obbligata al pagamento di oltre 30.000 euro in esecuzione della sentenza d'appello sopra richiamata, che di fatto saranno utilizzati, a quanto consta all'interrogante, per le spese di installazione di una sbarra fissa che impedisce l'accesso alla proprietà ai titolari dell'azienda;

   l'azienda OMS presenta opposizione all'atto di precetto suddetto, per le ragioni sopra esposte, ovvero che la sentenza n. 345/11 non poteva dare luogo ad una procedura esecutiva;

   il 24 maggio 2018, con sentenza n. 948/2018 del tribunale di Busto Arsizio (RGN 3697/2017), il giudice unico dottor Limongelli, rigetta l'opposizione all'atto di precetto;

   in data 28 giugno 2018 l'azienda OMS ricorre in appello;

   in data 9 luglio 2018 l'azienda OMS presenta un esposto per chiedere chiarimenti in merito alla procedura esecutiva in questione;

   dalle informazioni a disposizione dell'interrogante l'apposizione del timbro «rilasciata copia esecutiva» genera questo tipo di fraintendimenti, causando a sua volta procedimenti esecutivi basati su sentenze che risulterebbero prive dell'obbligo del fare –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, al fine di chiarire le procedure circa l'apposizione del timbro «rilasciata copia esecutiva» sulle sentenze, anche non contenenti obblighi del fare, anche al fine di evitare i possibili fraintendimenti di cui in premessa.
(4-06174)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame si chiede di sapere se il Ministro della giustizia intenda adottare iniziative «al fine di chiarire le procedure circa l'apposizione del timbro “rilasciata copia esecutiva” sulle sentenze, anche non contenenti obblighi del fare, anche al fine di evitare i possibili fraintendimenti di cui in premessa».
  L'interrogazione prende le mosse da una causa, le cui vicende sono evidenziate nel corpo del testo, che si sarebbe conclusa con una sentenza di accertamento, accompagnata dalla condanna alle spese della parte rimasta soccombente, per la quale sarebbe stata rilasciata la copia esecutiva e dalla quale sarebbero sorti, nella fase esecutiva e nei gradi successivi al primo, fraintendimenti tali da portare alla messa in esecuzione di capi di sentenza non aventi ad oggetto obblighi di fare.
  Acquisiti gli elementi conoscitivi presso l'ufficio giudiziario competente, deve rilevarsi come la sentenza di cognizione di primo grado, confermata in appello (n. 345 del 2011), recasse statuizioni di mero accertamento circa l'esistenza (o meno) dei diritti reali oggetto di controversia, disponendo poi la compensazione delle spese e ponendo gli oneri di consulenza tecnica d'ufficio a carico di entrambe le parti processuali (attrice e convenuta), ciascuna in egual misura del 50 per cento. Sulla base di informazioni apprese dalla Cancelleria, è stato riferito come la «copia esecutiva» fosse stata richiesta dal difensore della controparte dell'autore dell'esposto «al solo scopo di recuperare le spese di consulenza tecnica d'ufficio che sono state in parte compensate come da capo 7 del dispositivo», unica finalità per la quale sarebbe stata dunque rilasciata la formula esecutiva.
  Anche il presidente del tribunale ha osservato come non fosse prospettabile un'esecuzione della sentenza di primo grado, priva di statuizioni di condanna nei capi di mero accertamento, non configurandosi dunque alcun «abuso» nel rilascio della formula esecutiva, volta al solo recupero delle spese di consulenza tecnica d'ufficio, fermo restando che eventuali azioni esecutive sarebbero paralizzabili coi rimedi previsti dal codice di rito (opposizione agli atti esecutivi).
  Come noto, ai sensi dell'articolo 474 del codice di procedura civile l'esecuzione forzata può avere luogo soltanto in forza di un titolo esecutivo. La sentenza è, naturalmente, tra gli atti ai quali la legge può attribuire efficacia esecutiva.
  L'articolo 475 del codice di procedura civile «Spedizione in forma esecutiva» prevede che la sentenza, per valere come titolo per l'esecuzione forzata, deve essere munita della formula esecutiva che, in base a quanto dispone l'articolo 476 del codice di procedura civile, può essere apposta di regola solo su una sola copia rilasciata alla stessa parte (la parte che ne ha diritto è quella a favore della quale fu pronunciato il provvedimento, come recita il secondo comma dell'articolo 475 del codice di procedura civile).
  Quanto al procedimento per il rilascio, l'articolo 153 disposizioni di attuazione del codice di procedura civile prevede l'obbligo del cancelliere di rilasciare una copia in forma esecutiva «quando la sentenza o altro provvedimento del giudice è formalmente perfetto», munita di sigillo della cancelleria.
  Ove sorgano contestazioni in ordine all'apposizione della formula esecutiva, è esperibile, alternativamente, il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi tutte le volte che non sia in contestazione l'esistenza del titolo esecutivo, oppure il rimedio dell'opposizione all'esecuzione, tutte le volte che sia in contestazione la stessa esistenza del titolo esecutivo (si veda, ad esempio, Cassazione civile sezione III, n. 25638 del 2013).
  Si deve inoltre precisare che non è infrequente che la sentenza abbia carattere «misto», quando contiene contemporaneamente statuizioni di mero accertamento, per i quali non può essere chiesta l'esecuzione forzata, e statuizioni di condanna, come avviene per il capo di decisione avente ad oggetto la condanna al rimborso delle spese di lite, sempre esecutivo di per sé.
  In tal caso, infatti, la giurisprudenza ritiene che:

   «Il capo della sentenza contenente la condanna alle spese è immediatamente esecutivo ex articolo 282 del codice di procedura civile senza che rilevi la natura (di accertamento, costitutiva, di condanna) della pronuncia cui accede» (vedi Cassazione civile sezione III, 5 giugno 2020, n. 10826).

  Il codice di procedura civile disciplina inoltre il procedimento che deve essere attivato quando si intenda ottenere l'esecuzione forzata di una sentenza di condanna per violazione di un obbligo di fare o di non fare.
  In tal caso l'articolo 612 del codice di procedura civile è necessario che la parte legittimata, dopo la notifica del precetto, richieda al giudice dell'esecuzione, con apposito ricordo, che siano determinate le modalità dell'esecuzione.
  Si rammenta infine come le attività di cancelleria inerenti il rilascio di copia esecutiva siano soggette a puntuale regolamentazione nelle norme attuative del codice di rito, segnatamente nell'articolo 153 disposizioni di attuazione codice di procedura civile, secondo cui «Il cancelliere rilascia la copia in forma esecutiva a norma dell'articolo 475 del codice quando la sentenza o il provvedimento del giudice è formalmente perfetto (131-135 codice procedura civile)» e nell'articolo 154 disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, in base al quale, sostanzialmente, il cancelliere risponde del «rilancio indebito di copie in forma esecutiva». In tal senso, già l'ufficio legislativo di questo Ministero (con nota prot. Leg. 1116.U del 3 febbraio 2015) ha rilevato che «l'attività di apposizione della formula esecutiva comporta, di per sé, il rilascio di una nuova e autonoma copia autentica (l'originale “della spedizione”), che è quella, diversa da tutte le altre, idonea a fondare l'azione esecutiva» e per tale motivo «l'apposizione della formula è attività intrinsecamente connessa con quella di certificazione dell'esistenza del titolo esecutivo (spedizione), che dà luogo al rilascio, esclusivamente ad opera del cancelliere, di un'autonoma copia autentica dello stesso (per uso esecutivo) che, come tale, integra il presupposto per l'applicazione della disposizione fiscale di cui all'articolo 268 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002»; sicché il rilascio di tutte le copie esecutive non può che considerarsi attività demandata dalla legge al solo cancelliere.
  Tanto esposto con riferimento all'assetto normativo vigente sul tema oggetto dell'interrogazione, si deve dare atto che non sono attualmente allo studio di questo ufficio ulteriori atti di iniziativa legislativa nella materia indicata.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   DARA, ANDREUZZA, BINELLI, COLLA, GALLI, PATASSINI, PETTAZZI e PIASTRA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la Corneliani, azienda del settore della moda e dell'abbigliamento maschile di lusso con sedi a Mantova e Milano e filiali negli Usa e in Cina, il 6 novembre 2019 ha comunicato che il piano industriale predisposto dal management dell'azienda, controllata al 51 per cento dal fondo londinese Investcorp e per il resto dalla famiglia Corneliani, attuerà una revisione profonda del modello organizzativo per «adattare la struttura ad anni di flessione della domanda, con un impatto equivalente a 130 risorse sul territorio mantovano», di cui 72 operai e 58 impiegati, ossia il 28 per cento circa dell'intera forza lavoro della sede mantovana;

   nelle intenzioni dell'azienda il piano «è stato costruito per affrontare le avverse condizioni di mercato e i cambiamenti irreversibili nel settore che richiedono inderogabilmente nuovi modelli organizzativi e di business. I trend sono confermati anche dagli ultimi dati di Camera di Commercio e da Euromonitor e vedono sotto pressione specialmente la manifattura italiana di alta gamma, in competizione con i brand internazionali favoriti dall'ampio utilizzo di manifattura a basso costo proveniente da Paesi emergenti. In questo contesto il segmento più colpito appare proprio quello dell'abbigliamento formale maschile, di cui Corneliani è una delle massime espressioni. Le stime evidenziano un calo delle vendite dei principali concorrenti tra il 2012 e il 2017 fino a oltre il 10 per cento»;

   il processo di modernizzazione dell'azienda prevede, pertanto, investimenti per 18,5 milioni di euro in tre anni, finalizzati a garantire la crescita dell'azienda e a riaffermare i valori e il Dna del brand Corneliani, trasformando la storica sede produttiva di Mantova in un polo di eccellenza della manifattura tessile d'alta gamma. A detta dell'azienda tale riorganizzazione permetterà di essere «più agile e pronta a rispondere rapidamente alle esigenze dei clienti, anticipando le nuove necessità determinate dall'evoluzione del mercato, proteggendo al tempo stesso le competenze artigianali e sartoriali specializzate che esprime il territorio mantovano e una tradizione che si rinnova da oltre 60 anni» –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare per supportare l'azienda Corneliani in questa delicata ristrutturazione al fine di rilanciare un marchio da sempre sinonimo di altissima qualità sartoriale ed eccellenza del made in Italy collaborando con l'azienda medesima per la definizione di un nuovo piano che la renda più competitiva proprio grazie a quelle professionalità artigianali e sartoriali specializzate, di cui oggi si priverebbe e che rappresentano una ricchezza per tutto il territorio mantovano.
(4-04094)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la struttura competente del Ministero dello sviluppo economico, si informa per quel che segue.
  A luglio 2020, presso il Ministero dello sviluppo economico è stato attivato un tavolo di crisi concernente la società Corneliani, a seguito della decisione aziendale di richiedere l'ammissione al concordato preventivo e il contemporaneo blocco dell'attività produttiva. Il Ministero, dunque, si è immediatamente attivato per promuovere il rilancio dell'azienda.
  In particolare, il 3 luglio 2020 si è tenuto un primo incontro in cui, dopo un'attenta analisi della situazione di crisi e delle ragioni che l'hanno determinata, è stata palesata la disponibilità del Governo ad intervenire a supporto della ripresa delle attività con tutti gli strumenti disponibili nonché a valutare, a tal fine, la fattibilità di un eventuale intervento di finanza ponte con il contributo di Cassa depositi e prestiti (Cdp). Tuttavia, si è altresì precisato che il citato intervento dovrà essere finalizzato alla definizione di un percorso condiviso, che raccolga il contributo di tutte le parti coinvolte e che presenti soluzioni per tutte le criticità che hanno bloccato i precedenti tentativi di rilancio.
  Il 22 luglio 2020, nel corso del tavolo riunitosi presso la prefettura di Mantova, che ha visto la partecipazione oltre che dei predetti vertici politici del Ministero dello sviluppo economico, anche quello delle istituzioni locali, dell'azienda, del commissario giudiziale e delle organizzazioni sindacali, è stata trovata una soluzione per la ripartenza delle attività produttive per la salvaguardia occupazionale della storica azienda tessile Corneliani. Nel corso dell'incontro, è stato ribadito l'impegno del Ministero dello sviluppo economico ad intervenire attraverso il Fondo per la gestione delle crisi di impresa previsto nel «decreto rilancio» (articolo 43). A fronte di questa fondamentale garanzia rappresentata dalle risorse del citato Fondo, i soci di riferimento della società dovranno procedere ad immettere risorse, mediante un aumento di capitale, per garantire sostegno e concretezza di lungo termine al nuovo piano produttivo della storica azienda tessile italiana. In tal modo, si è voluto garantire il rilancio immediato della Corneliani ed il rientro in fabbrica di tutte le lavoratrici e i lavoratori.
  Il Ministero dello sviluppo economico, pertanto, manterrà alta l'attenzione sull'evoluzione della vicenda, non soltanto per prevenire e ostacolare l'eventuale chiusura di un marchio prestigioso della moda italiana, ma anche e soprattutto per salvaguardare i lavoratori coinvolti, continuando a confrontarsi con l'azienda in un dialogo costruttivo.
  

La Sottosegretaria di Stato per lo sviluppo economico: Alessandra Todde.


   DELMASTRO DELLE VEDOVE e VARCHI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   presso il tribunale di Messina, sezione lavoro, è in corso un contenzioso tra sei giudici onorari e il Ministero della giustizia guidato da Alfonso Bonafede;

   i sei magistrati onorari chiedono al Ministero il riconoscimento, anche alla luce della recente sentenza della Corte di giustizia europea del 16 luglio 2020, della qualifica di lavoratore subordinato a tempo determinato, con tutti i diritti che ne conseguono;

   nella prima udienza del processo summenzionato, il collegio difensivo ha sottolineato la semplicità della questione in argomento ossia l'applicazione di un principio di diritto sancito dalla Corte di giustizia europea. Il momento è evidentemente epocale, perché sugella anni di battaglie condotte per il riconoscimento di tale qualifica;

   nello stesso giorno, un giudice del tribunale di Napoli ha condannato il Ministero della giustizia a risarcire ad un giudice di pace il danno da lui subìto nella misura di 21 mensilità;

   questi timidi segnali di svolta avvengono alla vigilia dell'astensione dalle udienze civili e penali e dalle altre attività d'istituto, indetta dai magistrati onorari giudici di pace, giudici onorari di tribunale e vice procuratori onorari dal 12 al 16 ottobre 2020, proclamata dalla Consulta della magistratura onoraria, che riunisce le principali associazioni di categoria;

   lo sciopero è stato indetto dopo aver atteso «inutilmente l'emersione dall'attuale stato d'illegittimità della categoria, come più volte denunciato a livello nazionale e sovranazionale, nonché ribadito prima dalla Commissione europea e poi dalla Corte di Giustizia, impone di dare corso all'estremo strumento di protesta dell'astensione collettiva dal lavoro»;

   la magistratura onoraria da tempo chiede un trattamento dignitoso e richiama la sentenza 16 luglio 2020 della Corte di giustizia europea (causa C-658/18) che ha riconosciuto ai magistrati onorari italiani lo status di «lavoratore» secondo i principi europei, con il conseguente riconoscimento delle tutele giuslavoristiche ed economiche;

   sotto il profilo delle funzioni, i magistrati onorari, quanto a doveri e lavoro svolto, sono comparabili ai magistrati professionali, in particolare sotto il profilo del loro diritto inviolabile ad un trattamento previdenziale ed assistenziale corrispondente, anche per quanto riguarda la tutela della maternità, della paternità e della salute;

   la Consulta della magistratura onoraria ha denunciato numerose criticità del disegno di legge cosiddetto «Bonafede» di modifica del decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116. La Consulta sostiene che esso disconosce la necessaria applicazione dei princìpi europei al caso dei magistrati onorari; nega il diritto alla previdenza (il versamento dei contributi previdenziali è posto a esclusivo carico dei magistrati onorari) e il diritto ad un trattamento economico proporzionato a qualità e quantità del lavoro svolto, ferie retribuite, assistenza per malattia, indennità di maternità; disconosce i diritti del magistrato onorario;

   la raccomandazione della Commissione europea del 20 maggio 2020 ha subordinato il riconoscimento dei fondi del Recovery Fund per l'Italia al miglioramento dell'efficienza del sistema giudiziario e dell'efficacia della pubblica amministrazione. La Consulta della magistratura onoraria denuncia il «disinteresse pressoché assoluto verso la magistratura onoraria, mai menzionata nei confronti tra Istituzioni nazionali e dell'Unione» auspicandone una rivalutazione in sede di riconoscimento dei fondi economici subordinati a interventi strutturali e a sostegno dell'economia, data anche l'importanza dell'incidenza del ritardo della giustizia civile sul prodotto interno lordo dell'Italia;

   l'adeguamento ai princìpi sanciti dalla Corte di giustizia europea e il rispetto del vincolo dei fondi del Recovery Fund indicato dalla Commissione europea sarebbero sufficienti a valorizzare le professionalità dei magistrati onorari, garantendo, al tempo stesso, l'indipendenza e l'imparzialità di metà della giurisdizione italiana e prevenendo anche future cause collettive di natura giuslavorista che andrebbero ad appesantire ulteriormente il sistema italiano della giustizia, provocandone ulteriori ritardi –:

   se il Governo intenda adottare iniziative per usare le risorse del Recovery Fund per dare attuazione alla sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 16 luglio 2020, e per assumere stabilmente il personale della magistratura onoraria.
(4-07096)

  Risposta. — Con l'atto parlamentare in esame gli interroganti hanno riproposto la questione del regime giuridico e retributivo da applicare ai magistrati onorari, con specifico riferimento all'estensibilità dei princìpi sul lavoro subordinato alla luce dell'intervento della Corte di giustizia dell'Unione europea del 16 luglio 2020 (causa C-658/18) sul tema dell'inquadramento giuridico dell'attività del giudice di pace e del relativo trattamento economico; hanno poi evidenziato che la raccomandazione della Commissione europea del 20 maggio 2020 ha subordinato il riconoscimento dei fondi del Recovery Fund per l'Italia al miglioramento dell'efficienza del sistema giudiziario e dell'efficacia della pubblica amministrazione, mentre la Consulta della magistratura onoraria denuncia da tempo il disinteresse assoluto delle istituzioni e dell'Unione verso la magistratura onoraria ed ha auspicato un intervento a sostegno della categoria in sede di riconoscimento dei fondi economici subordinati a interventi strutturali e a sostegno dell'economia, data l'importanza dell'incidenza del ritardo della giustizia civile sul prodotto interno lordo dell'Italia.
  Gli interroganti hanno dunque chiesto al Ministro della giustizia di sapere «se il Governo intenda adottare iniziative per usare le risorse del
Recovery Fund per dare attuazione alla sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 16 luglio 2020, e per assumere stabilmente il personale della magistratura onoraria.».
  Si osserva che in data 16 luglio 2020 la Corte di giustizia europea ha pronunciato la sentenza nella causa C-658/18, tra UX e Governo della Repubblica italiana, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla corte, ai sensi dell'articolo 267 Tfue, dal giudice di pace di Bologna, con ordinanza del 16 ottobre 2018.
  In una fattispecie relativa all'azione di risarcimento dei danni nella misura delle indennità corrisposte al magistrato professionale con pari anzianità di servizio per il periodo di ferie non retribuito nel mese di agosto 2018, azione proposta per la mancata attuazione, da parte dello Stato italiano delle direttive 1999/70/CE sul lavoro a tempo determinato e 2003/88/CE sull'orario di lavoro, con il rinvio pregiudiziale in oggetto, il giudice di pace di Bologna ha chiesto alla Corte di giustizia dell'Unione europea di risolvere la questione della tutela giuridica, economica e previdenziale della magistratura onoraria.
  Ha chiesto in particolare alla Corte di giustizia se possa essere considerato giudice comune europeo un giudice di pace, come il giudice del rinvio non indipendente, né imparziale ed inamovibile, in quanto precario e sprovvisto sul piano economico di una retribuzione corrispondente alle responsabilità legate all'esercizio di funzioni giudiziarie e della tutela previdenziale.
  Con decisione del 22 ottobre 2019 la Corte di giustizia ha rinviato la causa per la trattazione orale davanti alla 2a Sezione, indicando alle parti il quesito su cui concentrare le difese, riguardante esclusivamente la seconda questione pregiudiziale sollevata, ossia se i giudici di pace rientrino nella nozione di «lavoratori» ai sensi della direttiva 2003/88. come interpretata dal punto 27 della sentenza Fenoli della Corte di giustizia (sentenza 26 marzo 2015, causa C-316/13; «...deve essere qualificata come lavoratore una persona che svolga attività reali ed effettive, restando escluse quelle attività talmente ridotte da poter essere definite puramente marginali e accessorie. La caratteristica del rapporto di lavoro è la circostanza che una persona fornisca, per un certo periodo, a favore di un'altra e sotto la direzione di quest'ultima, prestazioni in contropartita delle quali riceva una retribuzione»); ha chiesto inoltre quale sia la pertinenza della sentenza King (Corte di giustizia dell'Unione europea, sentenza 29 novembre 2017, causa C-214/16; «deve essere qualificato come lavoratore ai sensi della direttiva 2003/88 e ha diritto di beneficiare dell'indennità per ferie annuali retribuite chi ha lavorato in base ad un contratto di lavoro autonomo con retribuzione basata sulle sole commissioni») e della sentenza O'Brien.
  Quanto alla ricevibilità dei rinvio pregiudiziale, nella sentenza pronunciata in data 16 luglio 2020 la Corte di giustizia dell'Unione europea ha respinto i dubbi espressi dalla Commissione europea e dalla Repubblica italiana, ritenendo che «il giudice di pace soddisfa i criteri per essere considerato una giurisdizione di uno degli Stati membri, ai sensi dell'articolo 267 TFUE».
  Riguardo alla prima questione, la Corte ha dichiarato che «l'articolo 267 TFUE deve essere interpretato nel senso che il Giudice di pace (Italia) rientra nella nozione di giurisdizione di uno degli Stati membri, ai sensi di tale articolo».
  In ordine alla seconda questione, la Corte ha evidenziato tre aspetti distinti e riguardanti l'interpretazione della nozione di «lavoratore» ai sensi della direttiva 2003/88 (al fine di determinare se un giudice di pace possa rientrare in tale nozione, dal momento che l'articolo 7, paragrafo 1, di tale direttiva dispone che gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane), nonché la nozione di «lavoratore a tempo determinato», ai sensi dell'accordo quadro e qualora quest'ultima nozione comprendesse il giudice di pace la possibilità di paragonarlo, ai fini dell'applicazione del principio di non discriminazione sancito dalla clausola 4 di tale accordo quadro, ai magistrati ordinari, i quali beneficiano di ferie annuali retribuite supplementari, per un totale di 30 giorni.
  La Corte ha poi affermato i seguenti principi e criteri, di cui il giudice del rinvio dovrà tenere conto nell'ambito del suo esame, valutando nel loro complesso tutte le circostanze del caso di cui è investito, riguardanti la natura sia delle attività interessate, sia del rapporto tra le parti in causa:

   l'articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro, e l'articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea devono essere interpretati nel senso che un giudice di pace che, nell'ambito delle sue funzioni, svolge prestazioni reali ed effettive, che non sono né puramente marginali né accessorie, e per le quali percepisce indennità aventi carattere remunerativo, può rientrare nella nozione di «lavoratore», ai sensi di tali disposizioni, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare;

   la clausola 2, punto 1, dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso il 18 marzo 1999, che figura nell'allegato della direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all'accordo quadro Ces, Unice e Ceep sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che la nozione di «lavoratore a tempo determinato», contenuta in tale disposizione, può includere un giudice di pace, nominato per un periodo limitato, il quale, nell'ambito delle sue funzioni, svolge prestazioni reali ed effettive, che non sono né puramente marginali né accessorie, e per le quali percepisce indennità aventi carattere remunerativo, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare;

   la clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso il 18 marzo 1999, che figura nell'allegato della direttiva 1999/70, deve essere interpretata nel senso che osta ad una normativa nazionale che non prevede il diritto per un giudice di pace di beneficiare di ferie annuali retribuite di 30 giorni, come quello previsto per i magistrati ordinari, nell'ipotesi in cui tale giudice di pace rientri nella nozione di «lavoratore a tempo determinato», ai sensi della clausola 2, punto 1, di tale accordo quadro, e in cui si trovi in una situazione comparabile a quella di un magistrato ordinario, a meno che tale differenza di trattamento sia giustificata dalle diverse qualifiche richieste e dalla natura delle mansioni di cui detti magistrati devono assumere la responsabilità, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

  Dalla globale impostazione della decisione della Corte di giustizia non emerge dunque un'equiparazione automatica o comunque l'assimilabilità delle dinamiche lavorative e dello status della magistratura ordinaria con quella onoraria: al contrario la Cgue ha più volte ribadito che spetta al giudice del rinvio e, quindi, al giudice nazionale, determinare se un giudice di pace si trovi o meno in una situazione comparabile a quella di un magistrato ordinario, alla luce di una serie di elementi da valutare, quali l'esistenza di un concorso iniziale specificamente concepito per i magistrati ordinari ai fini dell'accesso alla magistratura (concorso che invece non è previsto per la nomina dei giudici di pace), la competenza dei giudici di pace, limitata a controversie il cui livello di complessità ed il cui volume non corrispondono a quelli delle cause dei magistrati ordinari e la circostanza che i giudici di pace possono svolgere soltanto le funzioni attribuite a giudici singoli e non possono quindi far parte di organi collegiali.
  Secondo la Cgue proprio la peculiarità del ruolo rivestito dalla magistratura ordinaria nel sistema costituzionale italiano e le modalità di accesso alla medesima possono integrare una «ragione oggettiva» idonea a giustificare una differenza nel trattamento delle due categorie professionali nel rispetto dei principi comunitari ed ove rispondenti ad una reale necessità.
  Riguardo invece all'adombrata previsione di stabilizzazione della magistratura onoraria, preme evidenziare che il Consiglio di Stato, già chiamato in via consultiva a pronunciarsi con il parere n. 854, reso dalla Commissione speciale in data 7 aprile 2017, sulla possibilità di un'assunzione stabile e senza concorso dei giudici onorari, ha escluso la legittimità costituzionale di una simile opzione, rimettendo al Governo di «prudentemente verificare se la prospettata deroga al principio del pubblico concorso possa rientrare nell'area delle eccezioni consentite dall'articolo 97 Cost.».
  Secondo il supremo consesso della giustizia amministrativa «la massima cautela s'impone a maggior ragione nel caso in esame, in cui la prospettata stabilizzazione sembra muovere – non dalle peculiari necessità funzionali al buon andamento dell'amministrazione richieste dalla giurisprudenza della Corte costituzionale – bensì dalla preoccupazione di tutelare le aspettative alla continuità del reddito dei “giudici onorari prorogati”» aggiungendo che «In un modello costituzionale ispirato al principio di stretta legalità – dove il magistrato è estraneo al circuito della formazione dell'indirizzo politico – l'accertamento della capacità tecnica del magistrato (articolo 106, comma 1, della Costituzione) è il presupposto indefettibile per attuare la soggezione del giudice soltanto alla legge (articolo 101, comma 2, della Costituzione), la quale a sua volta si realizza attraverso l'autonomia e l'indipendenza dell'ordine giudiziario (articolo 104, comma 1, della Costituzione). In altri termini il giudice è e deve essere prevalentemente un tecnico della legge, in quanto nell'esercizio della giurisdizione la sovranità popolare si esprime attraverso la mediazione della legge in cui tipicamente quella sovranità si esplica».

  L'articolo 106, primo comma, della Costituzione prevede infatti che «le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso»; il secondo comma della medesima disposizione prevede altresì che la legge sull'ordinamento giudiziario possa ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli; il terzo comma dispone infine che per meriti insigni e su designazione del Consiglio superiore della magistratura, possano essere chiamati a ricoprire l'ufficio di consigliere di Cassazione, professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che abbiano 15 anni di esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori.
  L'articolo 102 della Costituzione demanda l'esercizio della funzione giurisdizionale ai magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull'ordinamento giudiziario, stabilendo che non possano essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali; possono soltanto istituirsi, presso gli organi giudiziari ordinari, sezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura.
  La legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo all'amministrazione della giustizia.
  L'articolo 108 della Costituzione introduce una riserva di legge relativamente alle norme sull'ordinamento giudiziario e su ogni altra magistratura, prevedendo al secondo comma che la legge assicuri l'indipendenza, oltre che dei giudici delle giurisdizioni speciali e del pubblico ministero presso di esse, anche degli estranei al l'amministrazione della giustizia.
  Da questo quadro delle norme costituzionali si ricava che l'esercizio del cosiddetto «potere giudiziario» compete ai magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull'ordinamento giudiziario, il cui ingresso non può che avvenire tramite concorso pubblico; solo in via accessoria e residuale la Costituzione attribuisce una valenza integrativa (e non costitutiva) alla magistratura onoraria, nettamente differenziata dal ruolo organico della magistratura ordinaria.
  Lo stesso riferimento alla natura «onoraria» dell'incarico è peraltro significativo dello svolgimento delle relative funzioni in modo non professionale, per un lasso di tempo determinato, senza una retribuzione, ma con un'indennità per l'attività svolta.
  La distinzione tra magistrati professionali o togati e magistrati onorari è infatti basata sui seguenti indici:
a) spontaneità dell'adesione di soggetti impegnati in altre occupazioni; b) precarietà e temporaneità delle funzioni esercitate. La previsione costituzionale della collaborazione degli onorari nell'esercizio delle funzioni giurisdizionali è ricondotta all'esigenza di garantire il funzionamento dei tribunali e di armonizzare con il mondo esterno il sistema giudiziario. Inoltre, dai lavori preparatori risulta che l'opzione favorevole alla previsione degli onorari è legata altresì alla finalità di contenere il numero dei togati, pena la perdita di prestigio e la riduzione delle retribuzioni della magistratura professionale. L'accesso alla magistratura esclusivamente tramite concorso risponde, d'altro canto, ad un duplice scopo: da un lato, la finalità di assicurare la par condicio tra candidati; dall'altro, l'esigenza indefettibile di garantire uno standard qualitativo minimo per l'esercizio delle funzioni giurisdizionali. Tali requisiti non possono essere chiaramente soddisfatti mediante la stabilizzazione della magistratura onoraria.
  Secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, la natura onoraria della magistratura deve essere ravvisata proprio nei requisiti della precarietà e dell'occasionalità dell'assegnazione, che la distingue nettamente dalla nomina, riservata ai magistrati di carriera.
  La giurisprudenza costituzionale ha inoltre costantemente affermato l'impossibilità di assimilare le posizioni dei giudici onorari e dei magistrati che svolgono professionalmente ed in via esclusiva funzioni giudiziarie, nonché l'impossibilità di comparare tali posizioni ai fini della valutazione del rispetto del principio di uguaglianza, a causa dello svolgimento a diverso titolo delle funzioni giurisdizionali, connotate dall'esclusività solo nel caso dei magistrati ordinari di ruolo che svolgono professionalmente le loro funzioni (Corte costituzionale, ord. 8 novembre 2000, n. 479; Corte costituzionale, sentenza 16 febbraio 2006, n. 60; Corte costituzionale, ord. 6 luglio 2012, n. 174).
  L'orientamento della giurisprudenza di legittimità è peraltro conforme a tali principi: Cassazione Sezioni Unite 9 novembre 1998, n. 11272 ha infatti evidenziato che i giudici di pace sono funzionari onorari e godono di un trattamento economico avente natura indennitaria e non corrispettiva, in assenza di un rapporto professionale di servizio; ha rilevato che le caratteristiche proprie della figura del funzionario onorario devono essere individuate non in positivo, ma in negativo, dal momento che, in carenza di un'organica disciplina (non dettata dal legislatore), la figura in questione necessariamente assume una connotazione residuale rispetto a quella del pubblico impiegato. Avuto riguardo a questo rilievo, è stato quindi asserito che la figura di cui si discute ricorre quando esiste un rapporto di servizio volontario, con attribuzione di funzioni pubbliche, ma senza la presenza degli elementi che caratterizzano l'impiego pubblico (confrontare Cassazione Sezioni Unite 8 gennaio 1975, n. 27; Cassazione Sezioni Unite 7 ottobre 1982, n. 5129; Cassazione Sezioni Unite 20 marzo 1985, n. 2033; Cassazione Sezioni Unite 14 gennaio 1992, n. 363; Cassazione Sezioni Unite 17 febbraio 1994, n. 1556; Cassazione Sezioni Unite 15 marzo 1985, n. 2016); è stato osservato, in particolare, che i due rapporti si distinguono in base ai seguenti elementi:

   la scelta del funzionario, che nell'impiego pubblico viene effettuata mediante procedure concorsuali ed è, quindi, di carattere tecnico-amministrativo, mentre per le funzioni onorarie è di natura politico-discrezionale;

   l'inserimento nell'apparato organizzativo della pubblica amministrazione, che è strutturale e professionale per il pubblico impiegato e meramente funzionale per il funzionario onorario;

   lo svolgimento del rapporto, che nel pubblico impiego è regolato da un apposito statuto, mentre nell'esercizio di funzioni onorarie è privo di una specifica disciplina, quest'ultima potendo essere individuata unicamente nell'atto di conferimento dell'incarico e nella natura di tale incarico;

   il compenso, che consiste in una vera e propria retribuzione, inerente al rapporto sinallagmatico costituito fra le parti, con riferimento al pubblico impiegato e che invece, riguardo al funzionario onorario, ha carattere meramente indennitario e, in senso lato, di ristoro degli oneri sostenuti;

   la durata del rapporto che, di norma, è a tempo indeterminato nel pubblico impiego e a termine (anche se vi è la possibilità del rinnovo dell'incarico) quanto al funzionario onorario.

  Alla luce del quadro delineato, deve essere pertanto escluso che i magistrati onorari in servizio possano essere stabilizzati e per tale via assimilati ai giudici togati.
  Del resto, le funzioni affidate alla magistratura onoraria mediante designazione hanno una portata meramente integrativa della tutela giurisdizionale riservata ai magistrati professionali, sicché non possono mai sfociare nell'equiparazione ai compiti istituzionali demandati alla magistratura ordinaria. La pronuncia della Corte di giustizia invocata dall'interrogante non è dunque pertinente per sostenere la necessità dell'invocata stabilizzazione, posto che, come sopra evidenziato, l'eventuale riconoscimento dello
status di lavoratore subordinato non comporta il diritto alla stabilizzazione, ma in ipotesi il riconoscimento di alcune prerogative che competono ai lavoratori subordinati. Tale riconoscimento, peraltro, alla luce della decisione della Corte di giustizia non è affatto scontato, perché come osserva la stessa Corte «il giudice del rinvio dovrà verificare se la differenza di trattamento rispetto ai magistrati ordinari sia giustificata dalle diverse qualifiche richieste e dalla natura delle mansioni di cui detti magistrati devono assumere la responsabilità» (requisiti entrambi indubbiamente esistenti).
  Da ultimo, infine, merita segnalare che, alla luce del nuovo quadro normativo, i principi di temporaneità, non esclusività ed occasionalità dell'esercizio delle funzioni sono stati definitivamente consacrati dal legislatore, con conseguente superamento per i magistrati onorari di futuro reclutamento delle problematiche qui evidenziate.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.