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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 24 novembre 2020

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   il giornale «La Verità», il 19 novembre 2020, ha pubblicato articolo che getta inquietanti ombre sul business delle mascherine;

   secondo la ricostruzione, due imprenditori avrebbero approfittato di contatti con il Commissario straordinario per l'emergenza Covid, Domenico Arcuri, e il suo vice Antonio Fabbrocini, per concludere contratti di fornitura con la promessa di farsi pagare 72 milioni di euro di provvigioni, parte dei quali già affluiti sui loro conti corrente;

   il flusso ha insospettito i risk manager di un istituto bancario che ha segnalato presunte anomalie a Banca d'Italia;

   i funzionari della banca evidenziano che la società SunSky srl, posseduta al 99 per cento da Andrea Vincenzo Tommasi, ha avuto un «fatturato inferiore al 1 milione di euro nel 2017 e 2018»;

   Tommasi, di fronte alla richiesta di chiarimenti, avrebbe dichiarato che «a seguito dell'emergenza Covid avrebbe deciso di sfruttare le sue relazioni in Cina, per mettere in contatto la presidenza del Consiglio con produttori di mascherine»;

   aggiunge Tommasi che, «conoscendo il commissario Arcuri e ancora meglio il suo vice preposto Fabbrocini, avrebbe avuto la possibilità di proporre società cinesi che potessero procurare i dispositivi anti Covid a prezzi ritenuti accessibili e nella tempistica richiesta dalla Protezione civile e dal Governo italiano»;

   l'imprenditore avrebbe fornito copia dei contratti da cui risulterebbero provvigioni dalle aziende cinesi direttamente a Sunsky del valore di poco meno di 60 milioni di euro di cui 19 «canalizzati verso un altro intermediario»;

   le commesse sarebbero state «sottoscritte da (...) Arcuri e da tre società cinesi» e «in tali documenti è indicato quale responsabile unico di procedimento Fabbrocini»;

   i funzionari segnalano alla Banca d'Italia una ulteriore anomalia: «Il totale delle mascherine da consegnare non pare coincidere con il quanto indicato nelle lettere di commessa»;

   «Appare sospetto» scrivono i risk manager, «che una società che ha sempre operato come procacciatrice d'affari di aziende esportatrici operanti soprattutto nel settore della difesa, incassando provvigioni dall'esportatore italiano e dall'importatore estero, con un fatturato che solo nel 2019 ha superato 1.000.000 di euro, improvvisamente riceva bonifici per circa 24.000.000 di euro e annunci provvigioni per quasi 60.000.000 solo per il contatto tra il Commissario per l'emergenza Covid e diversi produttori cinesi di mascherine»;

   nel business è stata coinvolta anche altra società, che è stata segnalata all'antiriciclaggio, al pari della Sunsky. Si legge: «Sospette appaiono anche le provvigioni (...) a Microproducts it Srl (...) per quasi 12.000.000 a fronte di ricavi nel 2019 di circa 72.000 euro: non è stata fornita infatti alcuna informazione sul ruolo di tale società. Da notare che tra gli amministratori di Microproducts sono presenti Mario Benotti (ex giornalista ed ex consigliere di vari ministri) e Daniela Rossana Guarnieri (per altro socia con il 20 per cento delle quote), entrambi collegati all'inchiesta Vatileaks»;

   il restante 80 per cento della società è controllato da Partecipazioni Spa, di proprietà di Guido Pugliesi, ex amministratore delegato di Enav e membro del consiglio di amministrazione di Holding Cinecittà, e della Cordusio società fiduciaria per azioni;

   Partecipazioni Spa ha come vicepresidente Benotti e come amministratore delegato la Guarnieri, compagna dello stesso Benotti;

   Benotti, peraltro, è stato titolare di incarichi fiduciari attribuiti da Ministri di rilievo e sottosegretari di Governi di centro-sinistra;

   dal conto di Sunsky sono partiti diversi bonifici verso quello personale di Tommasi «in genere a titolo di compenso». Il 25 giugno 2020 sono stati pagati da Sunsky a Tommasi 297.000 euro come «versamento dividendi socio». La somma sarebbe stata utilizzata in parte per un assegno circolare di 147.300 euro a favore di un'immobiliare;

   anomali risultano anche due bonifici della Sunsky verso la Francia: il primo di 20.000 euro a favore di una società di consulenza costituita il 15 giugno 2020 e il secondo di 363.571 euro a favore di una non identificata Marcan, con causale «saldo fattura 22 del 27 aprile 2020 imbarcazione». Tommasi avrebbe dichiarato che si trattava «dell'acquisto di uno yacht»;

   l'imprenditore conclude: «Un amico mi ha chiesto di aiutare il governo a trovare le mascherine e io mi sono adoperato grazie ai miei contatti»;

   in tutto sarebbero arrivati circa 800 milioni di mascherine e, per ognuna, Tommasi avrebbe preso quasi 8 centesimi di provvigione;

   con l'economia italiana in ginocchio, la speculazione sui dispositivi individuali è elemento indegno da eradicare –:

   se il Governo fosse a conoscenza delle commesse pagate sull'acquisizione delle mascherine, quale ruolo abbiano giocato nella vicenda i rapporti intercorrenti tra il Commissario Arcuri e l'imprenditore coinvolto, da questi più volte ribaditi, e se intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, per contribuire a fare luce sulle vicende di cui in premessa.
(2-01019) «Delmastro Delle Vedove, Donzelli».

Interrogazione a risposta orale:


   MURA e FRAILIS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   il presidente della regione autonoma della Sardegna, con ordinanza n. 38 dell'11 agosto 2020, differentemente da quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 agosto 2020, in ordine alla chiusura delle discoteche disponeva che le stesse continuassero a restare aperte fino al 31 agosto 2020;

   in occasione dell'ultima puntata di Report, andata in onda il 9 novembre 2020, Giovanni Satta e Angelo Cocciu, consiglieri regionali della Sardegna, dichiaravano che, nonostante la consapevolezza circa la risalita dei contagi da Covid, avrebbero «rischiato un po'» (testuali parole) e condiviso la proroga di apertura delle discoteche, poi disposta con la succitata ordinanza del presidente Solinas;

   su Repubblica.it dell'11 novembre 2020, viene riferito che il Comitato tecnico-scientifico sardo si sarebbe opposto alla decisione di continuare a tenere aperte le discoteche attraverso una e-mail datata 6 agosto. Come riportato su testata online «I quattro esperti del Comitato si espressero con risolutezza il 6 agosto. La decisione della Regione di aprire i locali venne giudicata confusa, con controlli impossibili da effettuare. Nonostante questo, il Governatore e la Giunta l'11 agosto decisero di mantenere aperta la movida»;

   a partire da metà agosto, in Sardegna, i numeri di positivi al Covid sono aumentati esponenzialmente;

   a parere dell'interrogante, ove la condotta del presidente della regione Sardegna corrispondesse alla ricostruzione emersa dall'inchiesta giornalistica, si configurerebbe una palese violazione del principio costituzionale di cui all'articolo 32 della Costituzione, nella parte in cui stabilisce che «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività» –:

   di quali elementi dispongano in ordine a quanto segnalato in premessa e in particolare se siano intercorsi contatti tra il Presidente della regione o altri componenti della Giunta e il Governo, anche alla luce di quella che sarebbe stata la contrarietà del Comitato tecnico-scientifico sardo, relativamente alla situazione epidemiologica della Sardegna proprio con riguardo alla settimana in questione (9-13 agosto), che abbiano portato ad una sorta di benestare o comunque di rassicurazione, circa la opportunità di continuare a tenere aperte le discoteche in deroga a quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 7 agosto 2020;

   se e quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda adottare in relazione a quanto segnalato in premessa, alla luce dell'articolo 32 della Costituzione.
(3-01932)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MARCHETTI, CAPARVI, MORRONE, VIVIANI, BUBISUTTI, CECCHETTI, GASTALDI, GOLINELLI, LIUNI, LOLINI, LOSS, MANZATO e PATASSINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con l'emanazione delle ordinanze del Ministro della salute del 4 novembre, 10 novembre e del 13 novembre 2020, adottate ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2020, si è prodotta una forte limitazione dell'esercizio venatorio nelle regioni caratterizzate come «rosse» e «arancioni», per i divieti relativi agli spostamenti che valgono ovviamente anche per i cacciatori;

   quella che appare all'interrogante come una totale chiusura del Governo nei confronti dell'attività venatoria non trova riscontri di natura scientifica, visto che la caccia è un'attività che si pratica in quasi totale isolamento e in spazi ampi e lontani dai centri abitati, risultando inoltre in assoluto contrasto con le decisioni assunte da gran parte degli Stati dell'Unione europea, fra cui Austria, Belgio e Germania;

   il mondo dell'associazionismo venatorio italiano rappresenta una realtà economica importante per il Paese, con 100 mila addetti che gravitano a vario titolo nel settore;

   l'interesse del mondo venatorio su temi che riguardano l'ambiente, la sostenibilità e la gestione della fauna selvatica, fanno di questa realtà un'indispensabile risorsa a favore di azioni di contenimento delle specie invasive, difesa dell'agricoltura, e più in generale di tutela del territorio;

   il cinghiale è l'ungulato più prolifico ed il suo periodo riproduttivo, a differenza delle altre specie, si distribuisce su vari mesi fino all'intero anno, con un picco delle nascite in primavera;

   già durante il lockdown della primavera scorsa, gli avvistamenti degli ungulati si sono moltiplicati portando ad oltre due milioni il numero dei cinghiali che hanno potuto circolare senza freni per campagne e città, causando ingenti danni ai raccolti e mettendo a rischio la sicurezza delle famiglie anche nelle poche occasioni in cui era permesso uscire di casa;

   un secondo stop alla caccia di contenimento agli ungulati porterà ad un sicuro incremento straordinario della popolazione di cinghiali, con conseguenti ingenti danni alle coltivazioni e alle persone: purtroppo i cinghiali si spingono ormai sempre di più a ridosso dei centri abitati, e sono uno dei fattori più pericolosi relativamente agli incidenti stradali;

   l'articolo 22 della legge n. 157 del 1992 stabilisce che la licenza di porto di fucile per uso di caccia è rilasciata in conformità delle leggi di pubblica sicurezza, ed ha una durata di cinque anni; l'articolo 5 della tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica del 26 ottobre 1972 n. 641, recante la «Disciplina delle tasse sulle concessioni governative», assoggetta al pagamento della tassa sulle concessioni governative la «Licenza di porto di fucile anche per uso di caccia» per la quale è dovuta una tassa di rilascio, di rinnovo e annuale, ciascuna pari a 168 euro, a cui deve aggiungersi un'addizionale di 5,16 euro, prevista dalla nota 4 a margine del citato articolo 5; i cacciatori hanno già pagato una tassa statale a inizio stagione ed è inaccettabile che non possano praticare l'attività, all'aria aperta e lontano da ogni possibilità di contagio, all'interno di tutto il territorio del proprio Ambito territoriale di caccia (Atc) –:

   se il Governo intenda adottare iniziative per prevedere, misure di natura economica per la riduzione della tassa di concessione governativa per la licenza di porto di fucile per uso di caccia e abilitazione all'esercizio venatorio, al fine di risarcire i cacciatori delle regioni classificate come zone a rischio medio-alto che, a causa delle misure stabilite nelle ordinanze ministeriali e nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in vigore sopracitati, non possono spostarsi dal comune di residenza;

   se il Governo non ritenga di dover riconsiderare l'opportunità di regolamentare il prelievo venatorio in maniera più organica e funzionale, quanto meno all'interno di ogni Atc di appartenenza, al fine di non penalizzare un'intera categoria di cittadini che vedono ingiustamente leso il proprio diritto ad esercitare un'attività per definizione svolta in solitudine e all'aria aperta, al pari delle altre consentite.
(4-07611)


   MAGI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   ad oggi il personale sanitario presente in Italia in possesso di cittadinanza straniera, secondo quanto riportato dall'Associazione medici stranieri in Italia (Amsi), è nel numero di 77.500. La normativa vigente richiede ai cittadini extracomunitari che intendano lavorare nel pubblico impiego, il rispetto di quanto stabilito all'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, che prevede il riconoscimento del titolo di studio e l'iscrizione in apposite liste compilate presso il Ministero della salute e, per ciò che concerne il personale sanitario, di quanto previsto dall'articolo 38 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che richiede il possesso del permesso di soggiorno permanente;

   considerata la particolare situazione di emergenza sanitaria in cui si trova il Paese, l'articolo 13 comma 1 e comma 1-bis, del decreto-legge n. 18 del 2020 (così detto «cura Italia»), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2020, stabilisce che in deroga a detti articoli (articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, e articolo 38 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165) e per tutto il tempo in cui lo stato di emergenza ha effetto, «le assunzioni alle dipendenze della pubblica amministrazione per l'esercizio di professioni sanitarie e per la qualifica di operatore socio-sanitario sono consentite, [...] a tutti i cittadini di Paesi non appartenenti all'Unione europea, titolari di un permesso di soggiorno che consente di lavorare, fermo ogni altro limite di legge»;

   ciò nonostante, numerosi bandi concorsuali richiedono per quanto concerne il personale medico il requisito della cittadinanza italiana o di Paesi dell'Unione europea e per quanto attiene al restante personale sanitario i già citati requisiti dell'articolo 38 del testo unico sul pubblico impiego, non tenendo in considerazione la novella legislativa prevista dal decreto-legge n. 18 del 2020 ed escludendo tutti i lavoratori extracomunitari che, anche se in possesso del permesso di lavoro, non posseggono il titolo di soggiorno di lungo periodo;

   tra le procedure concorsuali, ad avviso dell'interrogante, avviate in contrasto con la novella legislativa prevista dal decreto- legge n. 18 del 2020, ci sarebbe quella attivata dalla Protezione civile per il reclutamento di 1.500 unità da utilizzare in rinforzo della medicina territoriale, che inserisce tra i requisiti quelli previsti dall'articolo 38 del decreto legislativo n. 165 del 2001;

   le limitazioni poste in essere nei bandi di cui sopra, oltre ad essere contrarie ad una disposizione di legge, limitano il processo di reclutamento di personale già formato presente sul territorio nazionale che sarebbe indubbiamente utile nella attuale situazione di emergenza sanitaria in atto –:

   se il Governo sia a conoscenza delle criticità esposte in premessa e quali siano le iniziative che intenda intraprendere affinché i bandi già indetti vengano modificati.
(4-07613)


   BENIGNI, GAGLIARDI, PEDRAZZINI, SILLI e SORTE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

  sono oltremodo note le conseguenze negative sull'economia causate dalla pandemia di COVID-19 e le relative ricadute sull'occupazione;

   i soggetti che si trovano attualmente in stato di disoccupazione e che sono beneficiari della prestazione NASpI hanno oggettivamente scarse possibilità di trovare un, nuovo impiego, alla luce delle nuove misure restrittive adottate dal Governo;

   come è noto, la durata della prestazione NASpI non si estende sino al termine del periodo di disoccupazione, ma è limitata nel tempo;

   i soggetti per i quali la prestazione NASpI è in scadenza nei prossimi mesi rischiano con ogni probabilità di essere privati di mezzi di sostentamento;

   i nuovi decreti-legge «Ristori» e «Ristori-bis» non contengono alcuna previsione volta a tutelare i beneficiari di prestazioni NASpI in scadenza nei prossimi mesi;

   appare, di contro, necessario predisporre una adeguata tutela ai percettori di prestazioni NASpI che risultano in scadenza, tramite previsione di una proroga sino alla fine del mese di gennaio 2021 –:

   quanti siano i soggetti percettori di NASpI il cui diritto alla prestazione risulti in scadenza entro il 31 gennaio 2021;

   se sia intenzione del Governo predisporre iniziative di sostegno a favore di tali soggetti, con particolare riferimento alla previsione di una proroga della durate della prestazione NASpi in scadenza.
(4-07616)


   POTENTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri . — Per sapere – premesso che:

   il 13 novembre 2020 il Ministro della salute, Roberto Speranza, ha firmato l'ordinanza che ha determinato l'ingresso della regione Toscana nell'area «rossa» e quindi il divieto, a partire da domenica 15 novembre 2020, di ogni spostamento, anche all'interno del proprio comune, in qualsiasi orario, salvo che per motivi di lavoro, necessità e salute ed, inoltre, il divieto di spostarsi verso un'altra regione o da un comune all'altro;

   nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2020 del Presidente del Consiglio, all'articolo 1, comma 9, lettera c) si legge che «è consentito l'accesso di bambini e ragazzi a luoghi destinati allo svolgimento di attività ludiche, ricreative ed educative, anche non formali, al chiuso o all'aria aperta, con l'ausilio di operatori cui affidarli in custodia e con obbligo di adottare appositi protocolli di sicurezza predisposti in conformità alle linee guida del Dipartimento per le politiche della famiglia di cui all'allegato 8»;

   nel modello di autocertificazione per uscire di casa non si menzionano espressamente i «motivi di studio» ma genericamente vengono consentiti «altri motivi ammessi dalle vigenti normative ovvero dai predetti decreti, ordinanze e altri provvedimenti che definiscono le misure di prevenzione della diffusione del contagio»: mentre sulle Faq presenti su alcuni siti istituzionali, come quello della provincia di Livorno con aggiornamento al 16 novembre 2020, viene scritto che «sono vietati, 24 ore su 24, gli spostamenti verso altri comuni e verso altre regioni, ad eccezione di quelli motivati da comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità, motivi di studio o di salute o per svolgere attività o usufruire di servizi non disponibili nel proprio comune»;

   i licei musicali e le associazioni culturali che propongono corsi musicali, fornendo quelle attività ricreative ed educative consentite all'articolo 1, comma 9, lettera c), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2020, che nel frattempo, per adeguarsi alle misure di contenimento del virus adottate nel corso dei mesi precedenti, hanno investito ingenti risorse economiche per mettere in sicurezza l'attività e garantire il distanziamento (installazione pannelli in plexiglas, adeguamento aule, sanificazioni degli ambienti mediante impiego dell'ozono e altro), si trovano nella situazione di non conoscere con precisione se le lezioni individuali in presenza siano autorizzate o meno; nell'ordinanza del presidente della giunta regionale della Toscana n. 109 datata 13 novembre 2020 si trova scritto, all'articolo 4, che le «prove di laboratorio o tecnico pratiche possono essere svolte in presenza» –:

   se a licei musicali e scuole di musica sia consentito o meno fornire lezioni individuali in presenza – laddove sia impossibile fornirne online – in regioni comprese nella cosiddetta zona rossa;

   se i «motivi di studio» siano da annoverare o meno tra gli «altri motivi ammessi dalle vigenti normative ovvero dai predetti decreti, ordinanze e altri provvedimenti che definiscono le misure di prevenzione della diffusione del contagio» menzionati nel modello di autocertificazione da utilizzare per poter uscire di casa nelle «aree rosse»;

   quali iniziative il Governo intenda adottare – qualora i servizi forniti da licei musicali ed associazioni culturali che offrono lezioni individuali di strumento e di canto in presenza dovessero considerarsi vietati nelle aree «rosse» – a sostegno delle categorie coinvolte e duramente colpite dalle inevitabili conseguenze dell'introduzione delle misure restrittive necessarie per contenere il contagio.
(4-07617)


   CANTALAMESSA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 34 del 2020 stanziava un miliardo e 400 milioni di euro di fondi suddivisi regione per regione con tanto di schema in allegato allo stesso provvedimento;

   il Governo ha messo a disposizione, dall'inizio dell'emergenza Covid-19, 246 milioni di euro della regione Campania per potenziarne il sistema sanitario;

   stante i diversi decreti succedutisi, la Campania ha ricevuto, come conferma la stessa regione, circa 131 milioni di euro per l'assunzione di personale e di specializzandi, per il pagamento degli straordinari dei medici, per le prestazioni aggiuntive e l'integrazione del budget per le strutture private;

   la Campania ha incassato anche 115 milioni di euro per l'assistenza territoriale, quindi per strutture Usca (Unità speciali di continuità assistenziale), cure domiciliari, infermieri di comunità;

   con il decreto «Rilancio» del maggio 2020 il Governo ha destinato alla regione Campania anche 163 milioni e 800 mila euro per il potenziamento dei posti letto di terapia intensiva e sub intensiva e per la costruzione nei fatti di nuovi padiglioni destinati proprio alla cura dei casi più gravi;

   secondo quanto sostanzialmente dichiarato a «Non è l'Arena», in diretta televisiva, dal dottor Carlo Cottarelli, direttore dell'Osservatorio sui conti pubblici italiani, se la regione non ha ricevuto, come dichiara, i cospicui fondi stanziati dal Governo è perché o non è stato presentato, o è stato rigettato, il piano regionale che, dal 19 maggio 2020, la regione avrebbe dovuto presentare al Ministero della salute per esaminarlo nell'arco di un mese per poi attivare le procedure;

   l'Unità di crisi della regione Campania ha rilevato tutti i sopracitati dati completamente falsi, ha dichiarato di non aver mai ricevuto i 163 milioni di euro per il potenziamento dei posti letto stanziati dal Governo e ha dato mandato all'ufficio legale di sporgere denuncia alla trasmissione «Non è l'Arena»;

   l'Anac il 4 agosto 2020 ha comunicato che la spesa sostenuta dalla Campania per affrontare l'emergenza sanitaria del Covid-19 dal 1° marzo al 30 aprile è stata di 337 milioni di euro, e che la regione Campania ha registrato il record di spesa nazionale ad aprile 2020 per contagiato pari a 76 mila euro a fronte dei 5.178 euro in Lombardia per contagiato;

   la regione Campania sta pagando 1.000 euro al giorno alle aziende sanitarie private per tenere i posti di terapia intensivi liberi;

   gli enormi disagi dei cittadini campani, dalle file fuori ai pronto soccorso alle lunghissime attese per ricevere i tamponi, dalle denunce dei medici di mancanza di personale e di strumenti fino alla mancanza di posti letto, sono tutti documentati ed oggetto d'inchieste quotidiane della stampa;

   crea non poca indignazione, sconforto e preoccupazione nella popolazione tutta, in specie di coloro che a causa del Covid-19 hanno perso persone care, il balletto dei numeri e comunque la notizia che più di 400 milioni di euro siano stati stanziati e messi a disposizione della regione, ma il cui utilizzo non è ancora percepibile nella qualità dei servizi offerti –:

   se e quali iniziative, in relazione a quanto esposto in premessa, intenda assumere il Governo, per quanto di competenza, al fine di verificare i dati forniti dalla regione Campania;

   quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di ricostruire la reale cifra di denaro ricevuta dalla regione e chiarire quali iniziative avrebbe dovuto avanzare il governo regionale al fine di ottenere i 163 milioni di euro, che lamenta di non aver ricevuto;

   quali iniziative di competenza intenda adottare affinché siano attivati i nuovi posti di terapia intensiva e per verificare, nel caso, per quanto di competenza, le eventuali responsabilità, visto che centinaia di milioni di euro, stanziati più di sei mesi per risolvere l'emergenza sanitaria in Campania, non sono stati ancora utilizzati.
(4-07627)

AFFARI REGIONALI E AUTONOMIE

Interrogazioni a risposta immediata:


   GIARRIZZO, BALDINO, ALAIMO, LOREFICE, SPORTIELLO, SAITTA, SURIANO, CANCELLERI, SCERRA, LOMBARDO, D'ORSO, CASA, MARTINCIGLIO, DAVIDE AIELLO, PENNA, PAPIRO, RIZZO, PIGNATONE e SODANO. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   in data 21 novembre 2020, su alcuni quotidiani di stampa locale, venivano pubblicati i testi di diversi messaggi audio inviati dal dirigente generale del dipartimento pianificazione strategica della Regione siciliana, dottor Mario La Rocca, nei quali sembrerebbe rivolgersi ai manager ospedalieri e ai direttori delle aziende sanitarie provinciali siciliane, aventi ad oggetto i dati relativi al numero dei posti letto COVID disponibili nelle terapie intensive degli ospedali siciliani, come si evince dallo stesso audio;

   in particolare, il dirigente avrebbe sollecitato gli stessi a velocizzare il caricamento dei dati dei posti letto COVID e di terapia intensiva nelle piattaforme nazionali Cross e Gecos;

   la nota audio risalirebbe al 4 novembre 2020, giorno in cui il Ministero della salute avrebbe comunicato la classificazione delle regioni e, tra i 21 parametri di cui tener conto per definire una regione ad alto rischio o meno, vi era anche quello relativo ai posti letto disponibili nelle terapie intensive;

   con una seconda nota audio, il dirigente La Rocca inviterebbe i direttori delle aziende sanitarie provinciali siciliane e i manager ospedalieri a correggere eventuali errori di caricamento dei dati, come si evince dallo stesso audio;

   secondo alcuni sindacati, tra i numeri ufficiali comunicati dalla Regione siciliana sul numero dei letti in rianimazione e quelli realmente esistenti, ci sarebbe una differenza di posti letto di 210 in meno rispetto agli 815 inseriti nelle piattaforme;

   ad avviso degli interroganti, se i dati sul numero dei posti disponibili in terapia intensiva nelle strutture ospedaliere della Regione siciliana, trasmessi al Governo centrale, non corrispondessero alla realtà, tale situazione non solo sarebbe grave, ma metterebbe seriamente in pericolo la tutela del diritto alla salute, costituzionalmente garantito, inteso come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività;

   tale situazione denoterebbe una totale assenza di programmazione da parte dell'amministrazione regionale, con eventuali gravi conseguenze in caso di rilevante aumento del numero dei contagi –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere, per quanto di competenza e di concerto con la regione, al fine di fare luce sui fatti illustrati e, nel contempo, verificare la reale corrispondenza tra il numero di posti letto di terapia intensiva, realmente disponibili ed operativi negli ospedali siciliani, e quelli comunicati dalla Regione siciliana alla Protezione civile per l'inserimento nelle piattaforme nazionali.
(3-01936)


   NOBILI, DEL BARBA, PAITA, FREGOLENT e D'ALESSANDRO. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   il prossimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri atteso per il 3 dicembre 2020 potrebbe rappresentare l'occasione, sulla base della valutazione dei dati relativi alla situazione epidemiologica – in particolare l'indice RT, già significativamente sceso negli ultimi giorni – di favorire la riapertura delle scuole, che rimane una priorità espressa più volte anche da membri del Governo;

   la necessità di associare la sicurezza con la doverosa prudenza, legata all'ancora elevata circolazione del virus, deve potersi coniugare con le richieste provenienti dai territori circa: la possibilità di effettuare i ricongiungimenti familiari anche tra residenti in regioni diverse, soprattutto in vista delle prossime festività; l'esigenza per alcuni studenti fuorisede di tornare alle proprie università, laddove siano state mantenute alcune lezioni o esami in presenza; la riapertura degli impianti sciistici in totale sicurezza, per cercare di salvare la stagione ed il comparto ad essa collegato;

   in tal senso vanno anche gli auspici di alcuni presidenti di regione, che si augurano ci possa essere un allargamento delle maglie, anche sui trasferimenti tra le regioni per consentire i ricongiungimenti familiari e per permettere al settore turistico una breve ripresa in vista delle festività di fine anno;

   la stagione sciistica e la riapertura degli impianti coinvolge circa 400 aziende, con 2.000 impianti di risalita, e 15 mila addetti ed un fatturato di 1.100 milioni di euro annui, direttamente coinvolti nel comparto senza contare il settore turistico-alberghiero interessato;

   con senso di responsabilità ma anche facendosi portavoce delle categorie del settore, il 22 novembre 2020 in sede di Conferenza delle regioni e delle province autonome sono state approvate le linee guida per l'utilizzo degli impianti di risalita nelle stazioni e nei comprensori sciistici da parte degli sciatori amatoriali;

   anche le città d'arte soffrono ormai da mesi per la mancanza del turismo. Dall'inizio della pandemia il settore ha subito una perdita di 23 miliardi di euro di mancati introiti. La mancanza di turisti sta mettendo letteralmente in ginocchio l'economia di città come Roma, Venezia, Firenze, Torino e Milano, che, da sole, valgono oltre un terzo del turismo italiano –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare, anche in vista dell'emanazione del prossimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, con particolare riferimento alla mobilità interregionale, che consentano i ricongiungimenti familiari, la possibilità per gli studenti fuori sede di raggiungere la propria università, la possibilità di spostamento verso le città d'arte e l'opportunità di tutelare le aziende del settore alpino e prealpino salvaguardando la stagione invernale.
(3-01937)


   MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CARRARA, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, FIORINI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GARAVAGLIA, GASTALDI, GAVA, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GIORGETTI, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUIDESI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, LUCENTINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MATURI, MINARDO, MOLTENI, MORELLI, MORRONE, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLIN, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RAVETTO, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, SASSO, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZANELLA, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2020 e la conseguente suddivisione delle regioni per colore, ad avviso degli interroganti il Governo sembra abbia avviato una «partita a risiko», persistendo in una gestione casuale e avventata dell'emergenza epidemiologica, poco lungimirante e priva di alcun piano strategico di medio-lungo periodo;

   infatti, in base a ben 21 parametri, attraverso un misterioso «algoritmo» che combina tra loro gli indicatori, il Governo classifica ogni settimana le regioni italiane in gialle, arancioni e rosse, dove i colori corrispondono alle tre diverse intensità delle restrizioni introdotte per mitigare il rischio del contagio da COVID-19: alto nelle zone rosse, medio nelle zone arancioni e basso nelle zone gialle;

   ne consegue che il venerdì – finora è accaduto sempre così – il Ministro della salute, d'intesa con le regioni – le quali però lamentano che l'intesa è solo sulla carta, visto che la notizia arriva dalla stampa o dai canali social, invece che nelle sedi istituzionali – emette un'ordinanza che entra in vigore la domenica, con la quale prevede il cambiamento di colore delle regioni, senza ponderare le conseguenze di un siffatto cambiamento a stretto giro, come la chiusura delle scuole, delle attività commerciali, compresi bar e ristoranti, nonché la necessità di approntare tutti i controlli nelle strade e nelle piazze per accertare il rispetto del divieto di spostamenti;

   questo perdurante modo di procedere lede secondo gli interroganti ogni basilare principio costituzionale e va ben oltre la necessità di agire tempestivamente e con urgenza, in quanto i provvedimenti adottati nell'arco delle 48 ore, peraltro a ridosso del fine settimana, compromettono ulteriormente l'economia del Paese; si pensi, ad esempio, ai ristoratori che il venerdì prendono prenotazioni per la domenica e acquistano la merce necessaria che poi diventa inutilizzabile;

   i presidenti delle regioni, la scorsa settimana, hanno proposto di semplificare il sistema che fa scattare in automatico restrizioni e chiusure, riducendo i 21 parametri a 5: una proposta tecnica del gruppo di lavoro dei dipartimenti di prevenzione della Conferenza delle regioni, in modo che ci sia maggiore trasparenza nella definizione di quali regioni finiscano in zona rossa, piuttosto che in quella arancione o restino in quella gialla –:

   se, in vista dell'annunciato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 4 dicembre 2020, si intenda dar seguito alla proposta avanzata dalle regioni, volta a superare l'attuale sistema di automatismo nelle restrizioni e chiusure, in modo da rendere il meccanismo utilizzato maggiormente trasparente e più afferente alle realtà territoriali.
(3-01938)


   GARIGLIO, CANTINI, NAVARRA, ZARDINI, GRIBAUDO, ENRICO BORGHI e FIANO. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza causata dalla pandemia da COVID-19 – che nella prima fase ha colpito maggiormente alcune regioni italiane, per poi diffondersi su tutto il territorio nazionale – ha messo in luce diffuse criticità e asimmetrie che hanno inciso sull'azione del Governo e delle regioni, ma che oggi sembra faticosamente avviata nella direzione della proporzionalità, del coordinamento e anche della responsabilizzazione;

   la gravità della situazione richiede, infatti, un poderoso sforzo da parte di tutte le istituzioni che, pur nella diversità dei ruoli – così come delineati dal titolo V della Costituzione – e delle posizioni, resti teso alla tutela dell'interesse generale, che passa per la tenuta – su tutto il territorio nazionale – del sistema sanitario, certamente, ma anche di quello scolastico o di quello infrastrutturale in senso ampio;

   nei prossimi anni, anche grazie alle opportunità collegate all'utilizzo del Recovery fund, sarà essenziale colmare tutti quei gap che ancora affliggono parti, talvolta insospettabili, del Paese per assicurare a tutti i cittadini il pieno godimento dei loro diritti e l'accesso a un livello adeguato di servizi;

   nella prospettiva della ripresa del processo di attuazione dell'autonomia differenziata, ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, avviato prima della pandemia, non si potrà non tenere conto di quanto drammaticamente vissuto, ai fini del trasferimento di funzioni che toccano i servizi e le prestazioni essenziali –:

   quali problemi abbia riscontrato, nel corso della sua attività per garantire un'uniforme gestione della pandemia da COVID-19, nel quadro delle competenze e del rapporto Stato-regioni costituzionalmente definiti e nel funzionamento degli attuali strumenti di coordinamento dei livelli istituzionali e come intenda affrontarli nell'ambito del coordinamento istituzionale delle azioni di investimento e sviluppo previste dal piano Next generation Eu.
(3-01939)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FICARA e RAFFA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   dal quotidiano online «WL TV» del 16 novembre 2020 si apprende che, nei giorni scorsi, si è verificata una moría di pesci e granchi al largo dell'isola di Magnisi, nel tratto di mare antistante Augusta e Priolo Gargallo, le cui cause non risultano ancora certe;

   qualche giorno addietro, con nota del 12 novembre 2020, la Guardia Costiera di Siracusa ha comunicato l'avvenuta ricezione di una segnalazione relativa a presunti scarichi di idrocarburi nel canale Alpina, nei pressi del pontile A.S.I., all'interno della Baia di Santa Panagia, e l'attivazione delle procedure antinquinamento con l'impiego dei dispositivi previsti al fine di contenere eventuali effetti pregiudizievoli dell'ambiente marino e costiero;

   anche, il «Comitato Stop Veleni Augusta-Priolo-Melilli-Siracusa» ha denunciato prontamente la moría di pesci nel mare del siracusano, riferendo altresì il verificarsi di un evento simile nelle stesse ore nel tratto di mare antistante la zona «Isola» a Siracusa;

   la moría di pesci nel tratto di costa antistante Augusta e Priolo Gargallo non è, purtroppo, un fenomeno del tutto nuovo in questa zona della provincia di Siracusa. Già nel gennaio 2011 era stata riscontrata un'anomala moría di granchi nel mare di Priolo Gargallo (SR) nei pressi della centrale termoelettrica Enel;

   la costa antistante i comuni di Augusta e Priolo Gargallo rientra nel perimetro dell'area Sin (Sito di interesse nazionale) di Priolo Gargallo –:

   se il Governo non ritenga necessario, per quanto di competenza, adottare iniziative per accertare le cause dell'evento sopra descritto, onde escludere ogni possibile associazione tra la moría dei pesci sopra rappresentata e il presunto sversamento di idrocarburi segnalato alla Guardia costiera di Siracusa e in che termini e quali iniziative si intendano intraprendere per la salvaguardia del tratto di costa antistante i comuni di Augusta e Priolo Gargallo.
(5-05069)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   FORNARO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   la torre di Chia si trova nel territorio del comune di Soriano nel Cimino, provincia di Viterbo;

   l'antico nucleo risalente circa al 1100, anche se attualmente in avanzato stato di degrado, conserva ancora la sua pianta originale e ha notevole interesse storico ed i boschi che la circondano sono disseminati di antiche tombe rupestri, e furono abitati fin dal periodo pre-etrusco. Non lontana è la zona archeologica di Santa Cecilia, nel comune di Bomarzo;

   la torre rientra già tra i tra i beni tutelati da questo Ministero per il suo valore culturale ed è entrata a far parte della rete delle dimore storiche del Lazio dal 2017;

   il sito ha – inoltre – un valore che è anche memoria storica visto che lì Pasolini scrisse varie opere e vi trascorse anche il suo ultimo Capodanno. Inoltre, nel torrente che scorre nei pressi della Torre furono girate le scene del battesimo di Gesù de Il Vangelo secondo Matteo;

   Pasolini acquistò la torre nel 1970 ed attualmente essa è di proprietà dei suoi eredi che avevano annunciato di volere mettere in vendita il piccolo gioiello nella Tuscia, del quale lo stesso scrittore si innamorò mentre girava Il Vangelo secondo Matteo;

   gli attuali proprietari, eredi Pasolini, non riescono più a sostenere i costi della Torre medioevale. Ci hanno provato, hanno raccontato la vicenda al quotidiano La Repubblica, hanno coinvolto le scuole e organizzato altri progetti, ma gli sforzi non sono bastati, da qui è scaturita la decisione di venderla;

   una serie di realtà associative e singoli cittadini – appresa la notizia – si sono attivati con raccolte di firme on line, per sollecitare una soluzione al Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo e alla regione Lazio;

   questi fatti sono riportati da varie testate giornalistiche che si stanno interessando della vicenda, come, ad esempio, l'articolo «“Salviamo la casa di Pasolini”; la regione Lazio con il Mibact per Torre di Chia», dell'edizione romana del Corriere della sera del 19 novembre 2020 –:

   quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato – per quanto di competenza – affinché la Torre di Chia resti un bene comune accessibile e fruibile dai cittadini e se non ritenga che questo bene debba rientrare nel patrimonio statale in modo da darne la massima valorizzazione e non aprire la strada alla vendita a privati, che potrebbe comportare un utilizzo con scopo differente dal fine culturale.
(4-07606)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DEIDDA, GALANTINO e FERRO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il piano d'intervento denominato Igea – posto in essere dal Ministero della difesa per incrementare la capacità quotidiana di esecuzione di tamponi in Italia, al fine di individuare il maggior numero possibile di positivi al COVID-19 – impiega circa 1.400 unità di personale, è organizzato in 200 gruppi di lavoro, in grado di eseguire fino a 30.000 tamponi giornalieri;

   il piano in questione costituisce un contributo importante delle nostre Forze Armate nella lotta al COVID-19, che conferma, ancora una volta, l'importanza delle stesse e la loro piena efficienza, anche nella tutela della salute pubblica;

   come anche è emerso dalle recenti audizioni dei Capi di Stato Maggiore delle diverse Forze armate presso la Commissione difesa della Camera, gli operatori in servizio sono chiamati, sempre più spesso, ad un notevole dispendio di energia per i molteplici compiti, appunto straordinari, a cui vengono chiamati;

   le nostre Forze Armate, in particolare l'Esercito, oltre all'operazione suindicata, si trova spesso impegnato in altre iniziative, come quella avviata in Sardegna conseguente ad un progetto nato dalla collaborazione tra la regione Sardegna, il Ministero della difesa e la rete di solidarietà Ad Adiuvandum, a fronte del quale è prevista l'esecuzione di test nell'ex ospedale militare di Cagliari;

   da quel che risulta all'interrogante, buona parte del personale delle Forze Armate, a fronte degli impieghi suindicati e dei contesti di lavoro in presenza di un numero consistente di appartenenti, non verrebbe sottoposto a test periodici di controllo, nonostante tale soluzione possa rappresentare anche un importante elemento di valutazione della diffusione del virus in Italia;

   le operazioni suindicate potrebbero svolgersi, senza difficoltà, all'interno delle caserme e/o delle basi: spazi assolutamente idonei a garantire la massima sicurezza anche in caso di positività –:

   se sia a conoscenza dei fatti sopraesposti, quanti componenti del personale in questione vengano sottoposti a test e in quali casi, e quali iniziative si intendano assumere al fine di avviare una campagna di monitoraggio, a campione, attraverso i test, tra tutti gli appartenenti delle forze armata e di polizia militare.
(5-05064)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   PANIZZUT. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   conseguentemente alle ripetute chiusure dei confini da parte della Slovenia per la crisi pandemica da COVID-19, è ritornata a farsi preponderante la necessità di prevedere degli strumenti per armonizzare l'economia di confine nella fascia confinaria del Friuli Venezia Giulia;

   il blocco dei confini ha reso possibile quantificare, con dati aggiornati al 2020, ciò che riguarda l'ingente mole di risorse che annualmente abbandonano il territorio italiano a causa della mancanza di misure atte a fermare l'emorragia di liquidità oltreconfine;

   secondo quanto riportato nel servizio andato in onda sul Tgr del Friuli Venezia Giulia il 17 giugno 2020 e afferente ai dati forniti dalla Federazioni gestori impianti stradali carburanti, ogni anno la perdita erariale per lo Stato italiano, fra Iva e accise, a causa del pendolarismo oltreconfine nella sola fascia confinaria del Friuli Venezia Giulia, ammonta a 100 milioni di euro, a cui si sommano ulteriori 12 milioni di euro annui persi a causa della mancata vendita di tabacchi, come ha sottolineato il presidente della Confcommercio Trieste;

   in tal senso, è emblematico anche il dato fornito dalla Cciaa Venezia Giulia, dove si evince che dal 20 ottobre al 3 novembre del 2020, ovvero in seguito alla seconda chiusura dei confini da parte della Slovenia con l'Italia, sono state rilasciate 1.304 tessere regionali per i carburanti agevolati a Gorizia e 495 a Monfalcone (Gorizia), a cui vanno aggiunte altre 180 richieste con la modalità online;

   è evidente che questo ammanco di risorse colpisce sia il sistema Paese che, soprattutto, quei territori più svantaggiati che risentono maggiormente della vicinanza di uno Stato estero dove vengono praticate tasse, tariffe e burocrazia meno pensanti rispetto all'Italia;

   nella città di Gorizia, che assieme alle città slovene di Nova Gorica e Šempeter-Vrtojba formano un'unica conurbazione transfrontaliera europea, le imprese e le attività economiche italiane sono soccombenti a causa della concorrenza d'oltreconfine, con altissimi costi in termini sociali, di occupazione e lavoro;

   si ricorda, inoltre, che il consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia ha approvato trasversalmente e all'unanimità, nella seduta del 2 luglio 2020, la mozione «Zona Franca di emergenza e Zona logistica semplificata per il Friuli Venezia Giulia. Il presidente e la giunta regionale rafforzino il pressing istituzionale con Roma per urgenti misure di armonizzazione economica per evitare tracollo economico e sociale», con primi firmatari i consiglieri regionali Diego Bernardis (Lega) e Diego Moretti (Partito Democratico);

   va rilevato che l'obiettivo è favorire una reciproca e leale collaborazione fra popoli e Stati europei, per consentire una crescita armonica e basata su reali valori di solidarietà, rispetto e amicizia –:

   se e quali iniziative, anche di carattere normativo, i Ministri interrogati intendano adottare in merito alle criticità esposte in premessa, con l'obiettivo di arrivare ad armonizzazione l'economia di confine nelle zone frontaliere del Friuli Venezia Giulia al fine di evitare l'emorragia di liquidità che penalizza in modo devastante le attività italiane e compromette lo sviluppo e la prosperità soprattutto di quei territori dove un vero confine fra Stati non esiste.
(4-07604)


   QUARTAPELLE PROCOPIO, BERLINGHIERI, BOLDRINI, BONOMO, BRUNO BOSSIO, CARNEVALI, CENNI, CIAMPI, DI GIORGI, GRIBAUDO, PEZZOPANE, SCHIRÒ, SERRACCHIANI, CANCELLERI, ASCARI, ELISA TRIPODI e MARTINCIGLIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la direttiva 2006/112/CE, che disciplina il sistema comune sul valore aggiunto, all'articolo 98 consente agli Stati membri di applicare una aliquota ridotta sulla cessione dei beni elencati nell'allegato III; quest'ultimo, in particolare, al punto 3 fa riferimento ai «prodotti utilizzati per fine di protezione dell'igiene femminile»;

   il testo unico Iva (decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972), così come emendato dall'articolo 32-ter del decreto-legge n. 124 del 2019 (legge n. 157 del 2019), prevede un'aliquota ridotta al 5 per cento applicabile solo ai «prodotti per la protezione dell'igiene femminile compostabili secondo la norma UNI EN 13432: 2002 o lavabili» e alle «coppette mestruali», inseriti nella tabella A, Parte II-bis allegata al testo unico Iva. Tuttavia, secondo un'analisi svolta da «DatiNielse», in Italia, tali prodotti rappresentano meno dell'1 per cento del totale degli assorbenti venduti e rientrano in una fascia di prezzo elevata rispetto alla media di mercato. Ne risulta che la maggior parte delle donne italiane – oltre 15 milioni – preferisce acquistare assorbenti monouso e dunque continua a pagare una tassazione piena;

   tale tassazione continua a rappresentare una grave discriminazione di genere, che impone alle donne italiane il pagamento di una imposta elevata per la sola ragione di essere donne. In un periodo quale quello che si sta vivendo, segnato dalla crisi pandemica causata dal Covid-19 – che da un punto di vista economico ha colpito particolarmente le donne – tale discriminazione diventa ancor più inaccettabile;

   l'ostacolo per cui l'aliquota ridotta del 5 per cento non è applicabile a tutti i prodotti di igiene femminile resta la copertura finanziaria necessaria per attuare tale riduzione. Difatti, secondo la Ragioneria generale dello Stato (Ministero dell'economia e delle finanze), la riduzione di gettito derivante dalla diminuzione dal 22 per cento al 5 per cento dell'aliquota applicabile a tutti i prodotti di protezione dell'igiene femminile ammonterebbe a 300 milioni di euro. A questo punto è da sottolineare che la stima effettuata dalla Ragioneria generale dello Stato si discostava di molto da quella individuata dai promotori dell'emendamento, con cui è stato introdotto l'articolo 32-ter, al suddetto decreto-legge, in sede di conversione in legge, presentato nel 2019, secondo i quali sarebbe stata sufficiente una copertura finanziaria di circa 60 milioni di euro;

   ad oggi, tale significativa discrepanza nei numeri ritorna a farci interrogare sull'argomento, in quanto l'associazione «We World» ha pubblicato una nuova stima basata sui dati della società di ricerca e analisi Nielsen e confermati in sostanza anche dall'Istat. Secondo questi dati, la copertura finanziaria necessaria a permettere una riduzione dal 22 per cento al 5 per cento dell'aliquota applicabile a tutti i prodotti di protezione dell'igiene femminile ammonterebbe a circa 72 milioni di euro –:

   se il Ministro interrogato intenda fornire al Parlamento una documentazione più dettagliata riguardante le analisi svolte dalla Ragioneria generale dello Stato e che hanno prodotto come risultato una stima della copertura finanziaria di 300 milioni di euro, così da renderne possibile la verifica alla luce delle più recenti ricerche, e rispettando il principio di leale cooperazione tra i poteri dello Stato.
(4-07619)


   POTENTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nei provvedimenti economici emanati da questo Governo per ristorare attività colpite dalle misure restrittive di contenimento contagio da Covid-19, tra gli operatori Iva dei settori economici interessati dalle nuove misure restrittive ai quali è destinato un contributo a fondo perduto, non sono presenti i fornitori di servizi di vigilanza privata (codice 80.10.00) e quelli di servizi di investigazione privata (codice 80.30.00);

   dall'inizio della situazione di emergenza sanitaria internazionale a febbraio 2020 le attività legate ad eventi, fiere, sagre, concerti, manifestazioni locali, congressi e discoteche sono praticamente ferme senza prospettiva di poter ricominciare a lavorare a breve termine, lasciando senza mercato – per effetto domino – anche chi opera nel settore nei servizi di vigilanza e di controllo nei locali di pubblico intrattenimento;

   gli unici addetti alla sicurezza che in questo momento stanno lavorando sono quelli impiegati nei servizi di controllo presso ospedali e banche, ma le associazioni di categoria stanno sollevando più appelli per chiedere agli enti locali di prendere in considerazione l'impiego delle imprese di vigilanza e sicurezza in contesti attualmente affidati ad associazioni di volontariato, anche alla luce del delicato momento che si sta vivendo e delle necessità di professionalità per gestire situazioni talvolta rischiose –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare il Governo per non escludere dai ristori le categorie dei fornitori di servizi di vigilanza privata e dei servizi di investigazione privata;

   se il Governo intenda adottare le iniziative di competenza, in raccordo con gli enti locali, per favorire il ricorso a professionisti al posto di volontari nell'ambito di particolari situazioni che richiedono una pregressa preparazione per garantire che tutto sia svolto in piena sicurezza.
(4-07625)


   PEZZOPANE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per le politiche giovanili e lo sport, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   da fonti giornalistiche ed istituzionali si apprende che la regione Abruzzo avrebbe concesso 6 milioni di euro al Napoli Calcio affinché la squadra partenopea passi i prossimi ritiri a Castel di Sangro, con la motivazione di rilanciare il turismo;

   i 6 milioni di euro sono lo stralcio di un finanziamento complessivo di 14 milioni e 400.000 euro da assegnare al Napoli Calcio in undici anni;

   il Napoli calcio, come si apprende, si sarebbe impegnato a passare anche i prossimi ritiri, dopo quello dell'estate 2020, nel complesso sportivo di Castel di Sangro;

   «Una grande possibilità per rilanciare il nostro turismo, un ritorno di immagine molto forte per la Regione», spiega con entusiasmo il presidente della regione Marco Marsilio, il quale ha voluto sistemare l'accordo con il Napoli in questi giorni molto difficili per l'Abruzzo, con la provincia dell'Aquila (dove è il comune di Castel di Sangro) paragonata dallo stesso presidente Marsilio a Bergamo nel mese di marzo 2020; la decisione è stata complessa sul piano tecnico procedurale: il collegio dei revisori aveva sollevato una serie di perplessità sulle modalità della spesa, poi improvvisamente superate;

   il 15 novembre 2020 il consiglio regionale dell'Abruzzo ha approvato la spesa nell'ambito del «pacchetto urgente Covid», come fosse una misura collegata all'emergenza Covid-19, scatenando, però, un putiferio politico;

   gli atti sono stati inviati, da consiglieri regionali di opposizione, all'Anac e alla procura dell'Aquila; i consiglieri hanno posto sia una questione tecnica, legata alla scelta della squadra cui assegnare i predetti fondi, avvenuta senza alcun bando, che una questione più politica legata all'emergenza Covid-19 e all'utilizzo del capitolo di spesa da cui la regione sembrerebbe aver attinto, visto che si tratterebbe di fondi riservati alle imprese locali ed al microcredito oggi indispensabile per reggere la grande crisi economica conseguente alla pandemia;

   la convenzione con il Napoli Calcio prevede che alla regione Abruzzo, a fronte di una spesa enorme, spettino 80 biglietti gratuiti per le partite, shooting fotografici e quattro palloni autografati e questo, in questi giorni, all'interrogante sembra una beffa –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti suesposti, in ogni caso, quali iniziative intendano assumere, per quanto di competenza, anche tramite i servizi ispettivi di finanza pubblica, al fine di verificare se siano state utilizzate risorse da spendere effettivamente per la ripresa economica o per l'emergenza sanitaria.
(4-07628)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta immediata:


   LUPI e TONDO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nelle carceri italiane, a fronte di una capienza di 50.931 posti, sono recluse 53.785 persone. In questa situazione di sovraffollamento e di promiscuità – come ha scritto in un appello al Parlamento la Conferenza dei garanti territoriali delle persone private della libertà – «il carcere è una realtà in cui il rischio della diffusione del COVID-19 è molto alto: il fisiologico assembramento di un numero considerevole di persone in uno spazio angusto non permette, infatti, di rispettare le regole minime di distanziamento fisico e di igiene funzionali alla prevenzione del virus. La patologica situazione di sovraffollamento che caratterizza le nostre carceri contribuisce inoltre fatalmente ad accrescere il rischio di diffusione del contagio»;

   secondo i dati diffusi dal Garante nazionale dei diritti delle persone detenute, al 22 novembre 2020 risultavano 732 persone positive tra i detenuti, con aumenti significativi nell'ultima settimana, aumenti che si registrano anche tra il personale penitenziario (+ 156);

   l'unica strategia sinora adottata, anche a fronte di richieste in senso inverso da parte di molti direttori degli istituti di pena, è quella di un'ulteriore chiusura delle condizioni di vita dei detenuti, con il rischio di esasperare nuovamente il clima che nel giugno 2020 portò alle violente e tragiche rivolte in molti penitenziari;

   una chiusura, incomprensibile per i detenuti, è quella che riguarda la scuola in carcere, che rappresenta un elemento positivo del dettato costituzionale che parla di percorso di «rieducazione». I 129 centri provinciali di istruzione per gli adulti (scuole che si occupano di educazione degli adulti) e, in particolare, le 449 sezioni carcerarie si occupano proprio di questo percorso educativo. La didattica a distanza ha complicato questo percorso; sul tema è intervenuta la nota del Capo dipartimento istruzione del Ministero dell'istruzione del 5 novembre 2020, che dice: «Per le attività presso le scuole con sedi carcerarie, in particolare con riferimento alle sezioni minorili, va garantito il diritto all'istruzione, secondo le modalità da concordare con i direttori degli istituti penitenziari, tenendo conto della peculiarità dell'utenza e del più generale compito rieducativo affidato dal nostro ordinamento all'istituzione carceraria»;

   altra situazione di sofferenza è quella dello screening epidemiologico, per cui, in assenza di tamponi forniti dall'amministrazione, molti direttori hanno dovuto ingegnarsi personalmente ponendo in essere rapporti con istituzioni ospedaliere locali –:

   se prosegua l'attività scolastica nelle carceri (in presenza o a distanza) e quali iniziative intenda mettere in atto per ovviare al problema del sovraffollamento ed al rischio focolaio che ne consegue.
(3-01933)

Interrogazione a risposta orale:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   appare all'interrogante necessario chiarire quali siano gli effettivi intendimenti del Governo in ordine alle prospettive e allo status della magistratura onoraria;

   in un post comparso su Facebook e poi prontamente cancellato, la senatrice Elvira Lucia Evangelista, relatrice (e appartenente al Movimento 5 Stelle) della riforma organica della magistratura onoraria, ha lanciato dure accuse alla categoria, «colpevole» – sembrerebbe – di essersi fatta volutamente sfruttare dallo Stato e «colpevole» di non essere, in alcuni casi, neanche iscritta all'Avvocatura;

   prescindendo dalle accuse lanciate alla categoria, per l'interrogante assolutamente deprecabili e incondivisibili, la senatrice ha aggiunto che le modifiche sistematiche richieste dalla magistratura onoraria non avrebbero a che fare con il provvedimento attualmente all'esame del Senato ma «dovranno essere oggetto di altre valutazioni, se il Ministero e la magistratura togata vorrà»;

   dopo quanto emerso a seguito della scarcerazione dei boss mafiosi, dove la linea politica del Governo è apparsa all'interrogante ampiamente condizionata dalle volontà dell'apparato amministrativo di vertice e financo da pressioni provenienti dall'interno delle carceri stesse, si verrebbe così a delineare una nuova subalternità politica, in tema di organizzazione della giustizia, del Ministero della giustizia alla magistratura togata;

   vale la pena ricordare che l'articolo 108 della Costituzione dispone che le norme sull'ordinamento giudiziario e su ogni magistratura sono stabilite con legge. A parere dell'interrogante, quanto emerge dalle espressioni poc'anzi riportate sembrerebbe profilare, invece, una sorta di competenza della magistratura togata a decidere sul destino della magistratura onoraria;

   se così realmente fosse, si tratterebbe una palese violazione del principio di separazione dei poteri costituzionalmente garantito. A giudizio dell'interrogante, occorre che il Ministro Bonafede faccia immediatamente chiarezza su eventuali condizionamenti del Governo da parte della magistratura togata in senso avverso alla stabilizzazione dei magistrati onorari;

   il 16 luglio 2020, la Corte di Giustizia Europea ha pronunciato una importante sentenza nella causa C-658/18 contro il Governo italiano, con la quale in sostanza vengono riconosciuti ai giudici onorari i diritti previsti per i lavoratori dal vincolo di subordinazione –:

   quali siano le intenzioni del Governo in merito a una riforma organica della magistratura onoraria che vada nel senso di una definitiva stabilizzazione dei relativi componenti come lavoratori subordinati, in linea con la sentenza del 16 luglio 2020 della Corte di Giustizia UE;

   se il Ministro interrogato intenda fare chiarezza su presunte pressioni ricevute dal Governo avverso tale riforma.
(3-01941)

Interrogazione a risposta scritta:


   MORRONE, MOLINARI, BISA, DI MURO, MARCHETTI, PAOLINI, POTENTI, TATEO, TOMASI e TURRI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nelle carceri del Piemonte e della Valle d'Aosta mancano i direttori e i comandanti dei reparti e vi sono carenze di organico ad ogni livello;

   la denuncia arriva dal segretario generale del sindacato della polizia penitenziaria Osapp: «Mai come in questo periodo viviamo un drammatico momento di completo stato di abbandono e la Polizia Penitenziaria si trova sempre più sola e in condizioni disumane mai registratesi prima d'ora a risolvere le criticità che si presentano nel quotidiano con grave penuria di personale senza strumenti e mezzi, non si può rimanere silenti di fronte ad una così drammatica situazione che vedono gli istituti penitenziaria alla deriva»;

   l'Osapp stila un elenco completo della condizione nei penitenziari delle due regioni;

   molte carceri del Piemonte e della Valle d'Aosta sono prive di continuità atteso che direttori e comandanti dei reparti si recano in alcune sedi solo una volta o due a settimana in servizio di missione ovvero a spese dello Stato. Gli istituti si reggono solo grazie all'alto senso di responsabilità delle donne e degli uomini della polizia penitenziaria anch'essi in gravissima penuria di organico che svolgono turni massacranti che talvolta superano anche le tredici ore al giorno. Più in particolare: il carcere di Aosta Brissogne è senza direttore e senza comandante titolari oramai da circa 6 anni; il carcere di Ivrea è anch'esso senza direttore e comandante titolari; il carcere di Cuneo a giorni rimarrà senza direttore titolare; il carcere di Novara è senza direttore titolare; il carcere di Saluzzo è senza comandante titolare; il carcere minorile F. Aporti di Torino è senza direttore titolare e il servizio viene assicurato per due volte a settimana da poco più di un anno da un funzionario proveniente dalla Puglia. La situazione, anche a fronte del grave sovraffollamento e del Covid-19, è davvero preoccupante se si considera anche che sono ingenti le spese economiche per fronteggiare questo disastro determinato dall'assenza di figure quali direttori e funzionari/dirigenti della polizia penitenziaria –:

   se non reputi indifferibile adottare le iniziative di competenza per dichiarare lo stato di emergenza e convocare, nell'immediato, un tavolo di confronto per poter affrontare concretamente il problema dell'organizzazione e del funzionamento di un sistema penitenziario la cui precarietà danneggia in particolar modo gli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria sulle cui spalle gravano i disagi e l'insicurezza attuali.
(4-07614)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   in relazione all'annosa questione di Autostrade per l'Italia (ASPI) è da rilevare che gli atti aggiuntivi alla Convenzione unica sottoscritta tra l'Anas s.p.a., (allora concedente) e Autostrade per l'Italia il 12 ottobre 2007, approvata con la legge n. 101 del 2008 – atti che si sono succeduti nel tempo – non hanno modificato in modo sostanziale le «asimmetrie convenzionali» in favore del concessionario, essendo stati finalizzati esclusivamente all'aggiornamento quinquennale del piano economico-finanziario (da qui in poi Pef) allegato alla convenzione stessa;

   nella convenzione unica sottoscritta il 12 ottobre 2007, vi erano privilegi contrattuali in favore di Aspi, in particolare, si ricorda che l'articolo 11 della Convenzione, recante la disciplina sul piano economico-finanziario, al comma 2 prevede che solo il concessionario ha facoltà di richiedere una revisione del Pef in presenza di un nuovo piano di investimenti, consentendo, così, solo allo stesso concessionario di decidere quali nuove opere realizzare, sottraendo, di conseguenza, al concedente – che è il titolare dell'interesse pubblico – ogni determinazione al riguardo, con il conseguente rischio che il concessionario si adoperi (e si sia adoperato in passato) per la realizzazione delle opere per lui più convenienti, piuttosto che per le opere utili per la collettività;

   l'articolo 11 della convenzione unica riconosce altresì la possibilità di prorogare la durata della Convenzione per consentire il completamento dell'ammortamento finanziario delle eventuali opere assentite in concessione (proroga, oggi espressamente vietata dal codice dei contratti pubblici); inoltre, «annullando» ogni forma di rischio d'impresa, la Convenzione stabilisce che il valore dei ricavi debba essere attualizzato rispetto al valore attualizzato dei maggiori costi ed oneri degli investimenti: ciò significa che i maggiori costi per la realizzazione degli interventi rispetto a quelli inizialmente ipotizzati finiscono per gravare sempre sugli utenti sotto forma di incrementi tariffari, anche quando l'incremento di tali costi sia riconducibile a fatti o a responsabilità del concessionario;

   l'articolo 21 della stessa convenzione disciplina gli incrementi tariffari conseguenti ai nuovi investimenti programmati senza, tuttavia, ricollegarli alla effettiva realizzazione di nuovi interventi: ciò ha consentito, in passato, ad Aspi di incrementare le tariffe per ripianare costi mai sostenuti per la realizzazione di interventi programmati, con il risultato di aver aumentato a dismisura i profitti, senza alcun vantaggio per gli utenti e per la parte pubblica del rapporto concessorio;

   a seguito del crollo del ponte Morandi, nonché dei recenti fatti di cronaca concernenti la caduta delle barriere antirumore sui viadotti Rezza e Castagna A12, sono emerse da fonti di stampa, come dalle intercettazioni pubblicate, gravissime condotte da parte dei massimi vertici di Autostrade per l'Italia s.p.a., tese a massimizzare i profitti a scapito della sicurezza della rete autostradale e della vita degli utenti che la percorrono;

   il Governo, anziché concludere la procedura di revoca già avviata per grave inadempimento di Autostrade per l'Italia, ha deciso di sospendere tale procedura nel mese di luglio 2019, a seguito della richiesta di Aspi stessa di avviare una fase finalizzata ad un accordo transattivo e ad una modifica della convenzione;

   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha affermato che tale eventuale transazione sarà volta a garantire la piena realizzazione degli interessi pubblici connessi alle esigenze dell'utenza. Il Pef così come predisposto da Aspi prevede una variazione tariffaria media annua dell'1,75 per cento (per il periodo 2020-2038) ottenuta attraverso l'inclusione in tariffa di costi impropri, derivanti dalla previsione in tariffa dei costi relativi alle «manutenzioni incrementali», in realtà dovute dal concessionario a compensazione delle inadempienze gestionali degli anni precedenti, sopra evidenziate, per un addebito agli utenti di 1,2 miliardi di euro, con l'aberrante effetto di riconoscere in tariffa alla concessionaria costi per i quali la concessionaria, almeno in parte, è già stata remunerata in passato per opere programmate e mai realizzate;

   ne consegue quindi che, il Pef predisposto da Aspi per periodo 2020-2038 non risponde affatto né agli interessi pubblici né tanto meno tutela gli interessi degli utenti;

   l'operazione che si vuole mettere in campo è quella di una ricapitalizzazione di Autostrade mediante un aumento di capitale di quest'ultima, al quale gli azionisti di riferimento di Aspi hanno già dichiarato che non parteciperanno. L'aumento di capitale verrà sottoscritto quindi da Cassa depositi e prestiti con iniezione di denaro pubblico; ciò provocherà un effetto favorevole per gli azionisti che, pur vedendo la propria quota sociale post aumento ridotta dall'attuale 88,06 per cento di Aspi al 37 per cento (a fronte di un 33 per cento in favore di Cassa depositi e prestiti), beneficeranno della patrimonializzazione di Autostrade per l'Italia grazie all'aumento di capitale sottoscritto da Cassa depositi e prestiti e all'aumento di valore della società ove, per ipotesi, il Pef venisse approvato nella versione proposta da Aspi;

   inoltre, la proposta transattiva prevede che la restante parte del capitale sociale – pari a circa il 22 per cento del totale – verrà sottoscritta da investitori istituzionali, che non sono altro che fondi privati di investimento che raccolgono risparmio privato –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare per l'espunzione, dall'articolato della convenzione nonché dalla proposta transattiva presentata da Aspi, di tutte quelle clausole che finiscono per determinare ingiustificabili favori ed indebiti profitti in favore di Autostrade per l'Italia e soprattutto dei suoi azionisti;

   quali iniziative di competenza intenda adottare affinché sia modificato il Piano economico-finanziario presentato da Aspi in modo che esso rappresenti e persegua effettivamente gli interessi pubblici sottesi e dal Ministro interpellato più volte richiamati;

   quali iniziative intenda assumere per disciplinare l'aspetto delle conseguenze economiche derivanti dalle azioni risarcitorie avviate a seguito del crollo del ponte Morandi che non potranno che essere accollate agli azionisti di Autostrade per l'Italia.
(2-01020) «Lollobrigida, Meloni, Foti, Butti, Rotelli, Silvestroni».

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   per garantire la copertura delle varie reti mobili, il territorio nazionale è stato disseminato di antenne, ripetitori e stazioni radio, spesso posizionati a ridosso di case private o nei pressi di edifici pubblici (scuole, ospedali) con evidenti preoccupazione per cittadini e utenti;

   uno degli allarmi più rilevanti riguarda il nodo della salute, ovvero quanto incide l'installazione di un ripetitore telefonico sulla salute dei cittadini esposti alle sue emissioni;

   non è possibile conoscere la distanza minima di sicurezza a cui installare un ripetitore telefonico per non correre rischi, poiché bisognerebbe conoscere le potenze trasmesse dai singoli apparati emittenti, nonché la loro conformazione;

   per la materia si deve fare riferimento al decreto legislativo n. 198 del 2002, «decreto Gasparri», che ha concesso maggiori libertà nel posizionamento di ripetitori per la telefonia mobile;

   tale norma dispone che i ripetitori devono considerarsi opere di urbanizzazione primaria, compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica, quindi possono essere realizzati in ogni parte del territorio comunale (escluse zone con vincoli ambientali e paesaggistici);

   il decreto ha altresì stabilito la distanza minima di 70 metri dei ripetitori dalle abitazioni e che l'installazione deve essere preceduta dal parere favorevole dell'Arpa, oggi però non sussiste più l'iniziale vincolo e non c'è nessuna indicazione sulle distanze se non intervengono regolamento comunale e piano antenne;

   l'assimilazione alle opere di urbanizzazione primaria è stata anche confermata dalla giurisprudenza (Tar Campania, sentenza 1146/2016) secondo cui i ripetitori devono considerarsi alla stregua di impianti di pubblica utilità e, in quanto tali, agli stessi non va applicata la normativa circa le distanze previste per i «comuni» manufatti edilizi, per cui (Tar Campania, sentenza 2461/2013) ne discende che gli stessi non sarebbero soggetti alle regole previste dai regolamenti comunali in riferimento alla distanza tra le costruzioni;

   i comuni non hanno alcun potere di interferire nella scelta del luogo di installazione di ripetitori telefonici (perché violerebbe, altrimenti, il «decreto Gasparri») né hanno il potere di stabilire limiti di distanza, sicurezza, altezza e altro, ciò in quanto tali limitazioni, ai sensi dell'articolo 8 della legge n. 36 del 2001, sono di esclusiva competenza dello Stato;

   studi finalizzati a verificare i potenziali effetti dei campi elettromagnetici sulla salute umana hanno evidenziato che l'interazione tra la materia costituente i sistemi biologici che compongono gli organismi viventi nel loro complesso e i campi elettrici e magnetici variabili nel tempo può comportare modificazioni della materia stessa (effetti biologici) e che tali modificazioni, se non compensate dall'organismo umano, possono dar luogo a un vero e proprio danno per la salute;

   l'Oms, l'Ircc e la Icnirp stanno indagando gli eventuali rischi sanitari che potrebbero essere associati alle diverse forme di radiazioni non ionizzanti (per le radiazioni ionizzanti tali rischi sono già scientificamente provati);

   uno studio dell'Istituto Ramazzini di Bologna, eseguito sui ratti, ha esaminato esposizioni alle radiofrequenze mille volte inferiori rispetto a quelle utilizzate in un'analisi precedente del National Toxicologic Program, e sono stati individuati gli stessi tipi di cancro, scoprendo aumenti statisticamente significativi;

   spesso la struttura delle antenne si compone di una parte mobile che permette di variare l'inclinazione della stessa, anche a distanza, e, una volta installato l'impianto e ottenuto il parere dell'Arpa, difficilmente è verificabile l'esatta inclinazione;

   anche se, ai sensi dell'articolo 41 della Costituzione, l'iniziativa economica è libera, la stessa non può comunque svolgersi in modo da provocare danno alla salute e alla sicurezza, oltre che alla libertà e dignità umana; si dovrebbe dedurre che la libertà delle compagnie telefoniche di installare i ripetitori non può essere incontrollata e soprattutto in contrasto con il diritto alla salute, anch'esso tutelato costituzionalmente dall'articolo 32;

   deve altresì evidenziarsi che l'immobile o il terreno che ospita un'antenna o un ripetitore vede ridursi il proprio valore economico, ma questa è una scelta del proprietario, che ristora tale perdita con il ricavo derivante dalle aziende telefoniche, altrettanto non può dirsi per il vicino, che vede perdere di valore il proprio immobile e viene sottoposto a rischi per la propria salute e per quella dei propri familiari –:

   se il Governo sia a conoscenza delle problematiche rappresentate e quindi non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza a tutela dei cittadini con misure che tutelino la salute pubblica e, al contempo, stabiliscano limiti chiari e inequivocabili;

   quali iniziative intendano adottare i Ministri interpellati per tutelare i cittadini nel godimento dei loro diritti, costituzionalmente garantiti, di proprietà e di salute, possibilmente vincolando la scelta del singolo proprietario, per le installazioni di cui in premessa, al consenso espresso dei vicini;

   se il Governo non ritenga necessario adottare iniziative normative che prevedano la costituzione di apposite aree intercomunali, lontane dai centri abitati, da adibire all'installazione di antenne, ripetitori e stazioni radio, ipotizzando canali di trasmissioni unici per le varie aziende;

   se il Governo non ritenga opportuno adottare iniziative per affrontare, in maniera chiara e definitiva, la citata problematica delle telecomunicazioni, rivedendo la normativa vigente e tutelando la salute degli italiani.
(2-01017) «Papiro, D'Orso, Del Sesto, Martinciglio, Lombardo, Sarli».

Interrogazioni a risposta immediata:


   PASTORINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 100 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, al comma 3, stabilisce che, in luogo dei canoni Omi, alle concessioni relative alla realizzazione e alla gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto, inclusi i punti di ormeggio, si applicano le misure dei canoni determinati secondo i valori tabellari previsti per le concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreative, di cui al comma 2 dello stesso articolo;

   tuttavia, al comma 4 si precisa che dal 1° gennaio 2021 l'importo annuo del canone dovuto, quale corrispettivo dell'utilizzazione di aree e pertinenze demaniali marittime con qualunque finalità, non può, in ogni caso, essere inferiore a 2.500 euro;

   in pratica, il mancato gettito dovuto alla nuova quantificazione dei canoni viene compensato dal nuovo gettito previsto dall'aumento della soglia minima. In tal modo, però, si determina, dall'oggi al domani, una vera e propria stangata per i titolari, circa 20.000 in tutta Italia, di concessioni per piccole aree demaniali, a terra o in mare, i quali pagavano un canone annuo di 362,90 euro e dovranno ora moltiplicare la cifra per sette. Inoltre, tale aumento graverà anche sulle casse delle amministrazioni comunali, titolari di concessioni;

   sebbene sia opportuno il superamento dei canoni Omi per determinate concessioni demaniali, risulta inaccettabile che questa riforma sia pagata dalla fascia più debole dei concessionari. Infatti, trattandosi di un aumento della soglia minima, rappresenta perlopiù un colpo inferto alla piccola nautica da diporto, che comprende un'importante fetta del parco nautico italiano, e alle tradizioni marinare, producendo la rinuncia di molte concessioni divenute spese di rilievo in taluni casi insostenibili, specie se si pensa alle concessioni conservate per consuetudine e tramandate di generazione in generazione nonostante lo scarso utilizzo;

   infine, si rileva che sul territorio nazionale, caratterizzato da un'elevata estensione costiera, sono numerose le piccole realtà dove, in mancanza di un porto vero e proprio, si contano molte concessioni singole di superficie limitata; la norma che, come specificato, aumenta il canone minimo va a colpire anche queste realtà –:

   alla luce di quanto premesso e valutato il grave impatto determinato sul settore della piccola nautica da diporto dalla disposizione sopra richiamata, quali iniziative di competenza intenda adottare, anche al fine di custodire la tradizione marinara italiana, per preservare il settore già colpito dall'emergenza epidemiologica insieme ai relativi comparti imprenditoriali e artigianali.
(3-01934)


   LOLLOBRIGIDA, MELONI, ALBANO, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, recante «Misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale», ha novellato il cosiddetto «decreto sblocca cantieri» al fine di accelerare il completamento delle opere infrastrutturali;

   ad oggi, tuttavia, non sono ancora stati «individuati gli interventi infrastrutturali caratterizzati da un elevato grado di complessità progettuale, da una particolare difficoltà esecutiva o attuativa, da complessità delle procedure tecnico-amministrative ovvero che comportano un rilevante impatto sul tessuto socio-economico a livello nazionale, regionale o locale» per i quali la norma prevede l'emanazione di uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri che dovrebbero anche contenere la nomina dei commissari straordinari incaricati della realizzazione;

   la mancata nomina dei commissari si aggiunge al fatto che, dei ben 38 provvedimenti attuativi previsti dal decreto-legge, allo stato ne risulta approvato soltanto uno;

   secondo le più recenti rilevazioni, le opere pubbliche che in Italia sono ancora in attesa di essere avviate e quelle iniziate ma mai concluse sono circa settecentocinquanta e l'elenco predisposto in esecuzione delle norme del «decreto sblocca-cantieri», stando alle notizie di stampa, ne comprenderebbe per ora circa quaranta, di diversa entità e rilevanza;

   il ritardo infrastrutturale danneggia lo sviluppo economico e produttivo e pone l'Italia in una posizione di arretratezza rispetto ai maggiori concorrenti europei e internazionali; secondo la Cgia di Mestre «il nostro sistema di strade, porti, vie di comunicazioni soffre di un “deficit di competitività” che costa 40 miliardi di euro l'anno e comporta una perdita di export che ne vale altri 70» –:

   quando sarà pronto l'elenco delle opere e saranno nominati i commissari.
(3-01935)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CENNI, DE GIORGI, CIAMPI e CECCANTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la pandemia sta causando gravissime perdite economiche del settore aeroportuale nazionale, con una riduzione dei passeggeri stimata tra il mese di settembre 2019 e il mese di settembre 2020 di circa il 70 per cento (corrispondente a circa 13 milioni di persone) e con circa 10.000 lavoratori aeroportuali in cassa integrazione in tutta Italia;

   il sistema aeroportuale toscano non fa purtroppo eccezione. Gli scali di Firenze e Pisa hanno infatti registrato nel primo semestre dell'anno, secondo quanto comunicato da Roberto Naldi, amministratore delegato di Toscana Aeroporti, nel primo semestre dell'anno un calo di 9 milioni di fatturato e del 70 per cento di passeggeri rispetto all'esercizio precedente;

   ad oggi, i circa 900 dipendenti di Toscana Aeroporti sono attualmente in cassa integrazione, senza considerare che lo sono anche i dipendenti dei subconcessionari (come ad esempio bar, negozi, ristoranti, autonoleggi) e delle numerose imprese che operano in aeroporto (compagnie aeree, cooperative di servizi);

   lo stesso Roberto Naldi non ha escluso una prossima riduzione degli attuali livelli occupazionali ed ha recentemente dichiarato che «se a fine marzo, quando finisce la cassa integrazione, non verrà ampiamente prorogata, saremmo costretti a ridurre i posti di lavoro»;

   le aspettative per i prossimi mesi non sono purtroppo incoraggianti: in tutta Europa si prevede, fino al febbraio 2021, il 55 per cento in meno di voli rispetto al 2019, ovvero 6 milioni di voli eliminati (dati Eurocontrol). In Italia, la situazione è ancora peggiore e secondo Assoaeroporti il 2020 rischia di chiudersi con un traffico tra i 50 e i 60 milioni di passeggeri contro i 193 milioni del 2019 e i 200 previsti prima del Covid;

   in questo contesto va inoltre rimarcato come l'impatto economico derivante dalla pandemia sia stato inoltre aggravato dalle ingenti risorse che i gestori aeroportuali hanno dovuto investire per prevenire, contrastare e contenere la diffusione del virus presso i rispettivi siti;

   altre nazioni europee hanno già predisposto ingenti risorse per sostenere i loro aeroporti: la Germania ha stanziato ad esempio 1,3 miliardi di euro per ristorare le perdite nel settore causate dal lockdown;

   la crisi del settore aeroportuale, oltre ad avere conseguenze occupazionali gravissime su tutte le realtà nazionali ed in particolare su quelle di minore dimensione, causerà perdite ingenti sull'intero sistema turistico e ricettivo del Paese, oltre a rappresentare un impedimento significativo per l'efficace rilancio di Alitalia su cui sono già state investite ingenti risorse pubbliche;

   nei giorni scorsi, in base a quanto previsto nel decreto-legge n. 23 del 2020 (cosiddetto «Decreto Liquidità»), nell'ambito del programma «Garanzia Italia», destinato al sostegno delle imprese italiane colpite dall'emergenza Covid-19, Sace ha concesso a Toscana Aeroporti un importo pari a 85 milioni di euro. Il finanziamento, ha una durata di 6 anni e consente alla società di rafforzare i livelli di liquidità necessari per le attività aziendali e sostenere gli investimenti previsti nei siti aeroportuali di Firenze e Pisa;

   si tratta di risorse significative ma sicuramente non sufficienti per sostenere la piena operatività degli scali di Firenze e Pisa e sostenere gli attuali livelli occupazionali;

   «senza un fondo di compensazione, come quello adottato dalla Germania, gli aeroporti hanno un'autonomia molto limitata: reggiamo solo fino alla fine dell'anno»: ha affermato Fabrizio Palenzona, presidente di Assoaeroporti chiedendo un miliardo di euro al Governo per sostenere le società di gestione degli scali –:

   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato al fine di sostenere e rilanciare il settore aeroportuale nazionale ed in particolare gli scali di Firenze e Pisa, durante e dopo l'attuale momento di crisi, garantendo il ritorno alla piena operatività degli aeroporti e tutelando in tal modo gli attuali livelli occupazionali, diretti ed indiretti, del comparto.
(5-05065)


   MULÈ. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32 (cosiddetto «Sblocca Cantieri»), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55, ha esteso la portata applicativa del cosiddetto «modello Genova» a tutto il territorio nazionale;

   il «modello Genova» prevede la sospensione della vigente disciplina prevista dal codice degli appalti in favore dell'affidamento rapido e diretto dei lavori alle aziende già prescelte, senza gara pubblica e senza nessun tipo di controllo – se non a posteriori – da parte degli organismi preposti;

   lo stesso decreto, inoltre, prevede la possibilità di affidare a un commissario straordinario (previa presentazione di una lista delle opere da commissariare e di una lista dei nomi dei commissari, nonché del relativo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, proposto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e controfirmato dal Ministro dell'economia e delle finanze) la facoltà di operare in deroga ad ogni disposizione diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché dei vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea;

   tale modello ha trovato piena riconferma nel decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 (cosiddetto «Semplificazioni»), varato dal Governo attualmente in carica e convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120;

   a quanto riportato da notizie di stampa di fine ottobre 2020, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha inviato al Ministero dell'economia e delle finanze la lista delle opere da commissariare: si tratta di ben 50 infrastrutture di cui 13 stradali, 16 ferroviarie, una di «trasporto rapido di massa», 7 idriche, 2 portuali e 12 di «edilizia statale»;

   il 9 novembre 2020 il Ministro dell'economia e delle finanze, Roberto Gualtieri, ha risposto allegando il giudizio del Ragioniere generale dello Stato. Tale giudizio, sempre a quanto riportato da notizie di stampa, sarebbe stato negativo in quanto l'elenco era troppo lungo e privo di indicazioni circa il livello progettuale e gli aspetti finanziari dei singoli interventi, non forniva elementi informativi atti a giustificare la necessità di nominare un commissario straordinario e non individuava i codici unici di progetto (Cup) degli interventi come espressamente previsto dalla normativa vigente –:

   se quanto riportato in premessa corrisponda al vero;

   quali iniziative di competenza intenda assumere affinché si proceda al più presto alla nomina dei commissari straordinari, da lungo tempo annunciati, prevista dal decreto-legge cosiddetto «Semplificazioni».
(5-05072)

Interrogazione a risposta scritta:


   CANTINI, CECCANTI, CENNI, CIAMPI e DI GIORGI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   tra i tanti effetti che la pandemia sta causando si registrano gravissime perdite economiche in tutto il comparto del trasporto aeroportuale con pesantissime ripercussioni sull'indotto. Infatti, il settore aeroportuale nazionale ha registrato tra settembre 2019 e settembre 2020 un crollo del numero di passeggeri pari al 70 per 100. Ciò ha comportato un aumento del numero di lavoratori aeroportuali messi in cassa integrazione che ad oggi risultano essere più di 10.000 in tutta Italia;

   in particolare, la regione Toscana, con gli scali di Firenze e Pisa ha registrato nel primo semestre 2020, secondo quanto descritto dall'amministratore delegato di Toscana Aeroporti, un calo di oltre 9 milioni di fatturato e un calo del 70 per cento di passeggeri rispetto all'esercizio precedente;

   i dati drammatici degli scali Toscani hanno obbligato l'azienda a mettere in cassa integrazione circa 900 dipendenti di Toscana Aeroporti al netto dei dipendenti che fanno riferimento alle aziende subconcessionarie, come bar, negozi e ristoranti;

   in una dichiarazione lo stesso Roberto Naldi non ha escluso una prossima riduzione degli attuali livelli occupazionali e ha recentemente dichiarato che «se a fine marzo, quando finisce la cassa integrazione, non verrà ampiamente prorogata, saremmo costretti a ridurre i posti di lavoro»;

   il settore aeroportuale a causa del Covid-19 registrerà pesantissime perdite anche in termini di traffico turistico, oltre che commerciale; infatti, a soffrire di questa situazione non saranno solo le realtà minori ma anche quelle che con il traffico turistico fanno i maggiori volumi di trasporto passeggeri. Il protrarsi di questa situazione genererà conseguenze occupazionali gravissime che avranno ripercussioni in tutta Europa, oltre che in Italia;

   per alleggerire la situazione «nell'ambito del programma Garanzia Italia destinato al sostegno delle imprese italiane colpite dall'emergenza Covid-19», misura ricompresa nel «Decreto liquidità», la Sace ha concesso a Toscana Aeroporti un finanziamento pari a 85 milioni di euro. Il finanziamento consentirà alla società di rafforzare i livelli di liquidità necessari per le attività aziendali e sostenere gli investimenti previsti nei siti aeroportuali di Firenze e Pisa;

   si tratta di risorse significative ma sicuramente non sufficienti per sostenere la piena operatività degli scali di Firenze e Pisa e sostenere gli attuali livelli occupazionali –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere al fine di sostenere e rilanciare il settore aeroportuale nazionale ed in particolare gli aeroporti toscani, durante la crisi generata da questa pandemia e quali iniziative intenda predisporre affinché gli stessi possano tornare alla piena operatività garantendo quindi i livelli occupazionali, diretti ed indiretti, del comparto.
(4-07618)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PELLICANI e DE MENECH. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da organi di stampa, pochi giorni fa, che la ditta Garda srl è stata colpita da interdittiva antimafia da parte della prefettura di Mantova;

   la misura amministrativa esclude l'azienda dai lavori e dalla possibilità di collaborare con la pubblica amministrazione; inoltre, prevede la cancellazione automatica dalla «white list», un elenco istituito presso le prefetture provinciali, che ha lo scopo di rendere più efficaci i controlli antimafia nei confronti dei soggetti economici operanti nei settori maggiormente esposti a rischi di infiltrazione mafiosa, attraverso un'azione preventiva di contrasto alla criminalità organizzata;

   la Garda Costruzioni non compariva tra le ditte impegnate nei lavori in vista dei Mondiali di Cortina del 2021, si era limitata a distaccare una parte degli operai presso un raggruppamento temporaneo di imprese che comprendeva, la Site di Bologna, la Valtellina di Gorle e la Milani Giovanni & C di Osnago, tutte ditte con esperienza nel settore delle telecomunicazioni e dell'impiantistica elettrica;

   la su citata ditta era subappaltatrice per dei lavori d'impiantistica elettrica e telefonica in alcuni lotti della strada statale 51 d'Alemagna tra Belluno e Cortina d'Ampezzo e questo le aveva permesso di entrare nel giro degli appalti;

   nel corso dei controlli settimanali al cantiere della ditta mantovana, da parte dei carabinieri del comando provinciale di Belluno, erano emersi alcuni elementi che avevano fatto scattare indagini più approfondite;

   in particolare, risultava che tra le maestranze distaccate vi erano numerosi soggetti con precedenti o pregiudizi penali rilevanti sotto il profilo della normativa antimafia, non presenti nel data base dell'Inps, perciò lavoratori senza un regolare contratto. Inoltre, i mezzi d'opera utilizzati nel cantiere, spesso non erano censiti correttamente dalla banca dati ed i macchinari risultavano intestati ad altre società, spesso molto distanti territorialmente da Belluno, tutto in contrasto con quanto previsto dal piano per la legalità sottoscritto dalla prefettura con Anas spa;

   tutti i dati raccolti avrebbero sostanzialmente fornito un quadro chiaro sull'esistenza di un vero e proprio sistema di rete, organizzato con il fine di eludere la vigilanza antimafia e mantenere il controllo dei cantieri mediante il ricorso ad altri strumenti solo apparentemente corretti –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza, anche per il tramite degli uffici territoriali del Governo, intenda adottare per prevenire e contrastare il fenomeno della criminalità organizzata sempre più diffuso nella regione Veneto.
(5-05067)


   PRISCO e DONZELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da mesi i sindacati di polizia denunciano la gravità della situazione in cui versa l'ufficio immigrazione della questura di Napoli, di fronte al quale si verificano ormai quotidiani assembramenti in palese violazione di ogni norma sul contenimento dell'emergenza sanitaria in corso;

   la vera e propria ressa di utenti stranieri che quotidianamente si affolla all'esterno dell'edificio costringe ad un cospicuo impiego di agenti, che vengono anch'essi esposti ad un maggior rischio di contagio;

   le istituzioni locali sembrerebbero del tutto incapaci di contenere l'emergenza descritta, non riuscendo a regolamentare la fruizione dello spazio esterno e lasciando che si creino assembramenti che pongono un grave problema di ordine pubblico e sicurezza –:

   quali iniziative intenda assumere per scongiurare il rischio sanitario cui utenti e agenti si espongono quotidianamente presso la sede dell'ufficio immigrazione della questura di Napoli.
(5-05070)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRAGOMELI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   secondo l'orientamento indicativo dettato dall'Aran, la disciplina dei concorsi e dei relativi requisiti culturali nel comparto enti locali spetta ai singoli enti, che vi provvedono con l'adozione di uno specifico regolamento degli accessi;

   in sede di predisposizione di tale regolamento, l'ente, ai fini della determinazione del titolo di studio necessario per l'accesso ad un determinato profilo, non può non attenersi alla disciplina contrattuale in materia di sistema di classificazione e in particolare ai contenuti della declaratoria professionale del profilo stesso e della categoria in cui esso è collocato. Questi, infatti, comprendono anche i requisiti culturali che lo caratterizzano, dato che esiste una stretta, e inscindibile, correlazione tra il contenuto del profilo e la preparazione culturale, professionale e l'esperienza dei candidati che possono accedervi;

   l'allegato A al Contratto collettivo nazionale di lavoro del 31 marzo 1999, relativamente alla Categoria D, prevede una base teorica di conoscenza acquisibile sia con la laurea breve (corrispondente ai titoli di primo livello denominati di «laurea» (L)) sia con il diploma di laurea (corrispondente ai titoli di secondo livello denominati «laurea specialistica» (LS);

   l'articolo 90, «Uffici di supporto agli organi di direzione politica», del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (decreto legislativo n. 267 del 2000) dispone che il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi può prevedere la costituzione di uffici posti alle dirette dipendenze del sindaco, del presidente della provincia, della giunta o degli assessori, per l'esercizio delle funzioni di indirizzo e di controllo loro attribuite dalla legge, costituiti da dipendenti dell'ente;

   ovvero, salvo che per gli enti dissestati o strutturalmente deficitari, da collaboratori assunti con contratto a tempo determinato, i quali, se dipendenti da una pubblica amministrazione, sono collocati in aspettativa senza assegni. Al personale assunto con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato si applica il contratto collettivo nazionale di lavoro del personale degli enti locali –:

   se, nei casi di assunzione ex articolo 90 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, riguardanti gli uffici di supporto agli organi di direzione politica, il bando debba prevedere i medesimi requisiti previsti dal contratto collettivo nazionale comparto funzioni locali per la categoria in cui viene inquadrato il collaboratore esterno.
(4-07602)


   ZIELLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   martedì 17 novembre 2020, alle ore 21,30 circa, nel comune di Pisa, precisamente nella strada che porta da piazza delle Vettovaglie a Borgo, è avvenuta una brutale aggressione da parte di due giovani immigrati di nazionalità tunisina ai danni di un uomo originario del Bangladesh;

   secondo la ricostruzione dei fatti riportata dalla stampa, i due tunisini avrebbero assalito e preso a calci l'uomo all'esterno del locale in cui lavorava a scopo di rapina e sarebbero successivamente scappati con una refurtiva di 150 euro;

   nonostante gli aggressori avessero gettato a terra il cellulare della vittima per impedirgli di chiedere aiuto, l'uomo è riuscito comunque a chiamare il 113 e la centrale di polizia ha inviato immediatamente delle volanti sul posto;

   grazie al tempestivo intervento degli agenti di polizia, i due tunisini sono stati rintracciati poco dopo nelle vicinanze del luogo dell'aggressione e immediatamente accompagnati in questura;

   nel corso delle operazioni di identificazione è emerso che entrambi, in Italia ormai da tempo, avevano precedenti penali e condanne per reati in materia di stupefacenti e contro il patrimonio e su di loro erano già pendenti ben due decreti di espulsione con ordine di esecuzione, da Livorno e da Pisa, tuttavia mai eseguiti per mancanza di posti;

   successivamente, i due immigrati irregolari sono stati accompagnati in un centro per i rimpatri a Torino dove dovrebbero essere trattenuti fino all'effettivo rimpatrio;

   a seguito di questo ennesimo episodio di violenza, il nuovo questore di Pisa ha chiesto al personale di concentrarsi nelle operazioni di rintraccio di altri immigrati considerati pericolosi, ritenendo questo «un progetto» vero e proprio, con «l'obiettivo di finalizzare le attività di controllo del territorio con risultati concreti che attenuino il senso di disagio che i cittadini avvertono in particolare in alcune zone della città e rendere quindi più efficace l'azione di contrasto alle diverse tipologie di reato che minano il quieto vivere della comunità»;

   anche dalle stesse parole del questore emerge dunque una situazione in città di assoluta gravità, a causa delle pochissime espulsioni effettuate di immigrati irregolari presenti a Pisa, che da questa estate risultano essere state solo 7 –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere, nell'immediato, al fine di assicurare il trattenimento e il tempestivo ed effettivo rimpatrio degli stranieri irregolari presenti nella provincia di Pisa.
(4-07612)


   PETTARIN, PANIZZUT, MOSCHIONI e BUBISUTTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nonostante i ripetuti solleciti, dal dipartimento per gli affari territoriali, direzione centrale per i servizi demografici, non è pervenuto nessun riscontro alla comunicazione datata 25 febbraio 2020 avente per oggetto «Arlef-Agjenzie Regjonâl pe Lenghe Furlane – Richiesta di carta di identità plurilingue per cittadini appartenenti alle minoranze linguistiche storiche legalmente riconosciute. Minoranza linguistica friulana»;

   il decreto del Ministro dell'interno 12 dicembre 2011, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 2 febbraio 2012 n. 27, riguarda l'approvazione della modulistica anagrafica per l'emissione di carte di identità plurilingui a beneficio dei cittadini appartenenti solamente ad alcune tra le minoranze linguistiche storiche legalmente riconosciute (inizialmente, dal 1994, solamente francofoni, germanofoni, slovenofoni, successivamente, solo a partire dal 2009, anche cittadini di lingua ladino-dolomitica);

   gli interroganti intendono insistere ed affiancarsi alla richiesta di cui sopra tendente al superamento della ancora attuale disparità di trattamento che pregiudica la comunità linguistica autoctona friulanofona (lingua ladino-friulana; legalmente riconosciuta ex articolo 2 della legge n. 482 del 1999 e decreto legislativo n. 223 del 2002 recante «norme di attuazione dello Statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia per il trasferimento di funzioni in materia di tutela della lingua e della cultura delle minoranze linguistiche storiche nella regione»; legalmente zonizzata ex articolo 3 della legge n. 482 del 1999 sia nella regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, sia in minima parte nella regione Veneto, Mandamento di Portogruaro in provincia di Venezia) al fine di ottenere, in favore dei cittadini plurilingui residenti su tale territorio, a richiesta degli interessati, l'emissione di carte di identità plurilingue anche in lingua friulana;

   a tal fine, successivamente rispetto all'adozione della normativa ministeriale sopra citata, la Corte Costituzionale della Repubblica italiana, nella sentenza costituzionale meritale interpretativa n. 215 del 2013, anche in considerazione dell'efficacia costituzionale e trasversale dell'ordinamento speciale di tutela linguistica, ha affermato, anche in relazione ai cittadini friulanofoni, la fondamentale regola, ex articolo 3 dello Statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia, (legge costituzionale n. 1 del 1963), relativa alla effettiva parità di trattamento tra tutti i gruppi linguistici legalmente riconosciuti, friulanofoni compresi, indipendentemente da uno Stato straniero di riferimento;

   quindi è necessario per gli interroganti un adeguamento della modulistica ministeriale, anche in favore dei cittadini friulanofoni, in attuazione di tale fondamentale e trasversale regola di parità di trattamento tra tutti i gruppi linguistici regionali legalmente riconosciuti (non solamente slovenofoni, ma anche friulanofoni e germanofoni), come già applicata dalla giurisprudenza costituzionale, non necessitando peraltro la questione di alcuna modifica di rango legislativo, rispetto all'ordinamento già vigente; risulta pertanto necessario che il Ministero dell'interno adegui la propria modulistica e le relative prassi anche periferiche e locali alle esigenze di tutela anche della lingua friulana;

   la presente interrogazione pertanto non vuole essere solamente la segnalazione di una disparità di trattamento sempre più grave e sempre meno giustificabile, dal carattere sostanzialmente discriminatorio, ma anche un sentito sollecito all'adeguamento dello stato di fatto e anche di diritto anzitutto rispetto ai principi fondamentali sia costituzionali che statutari –:

   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato in relazione a quanto esposto in premessa.
(4-07626)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   GRILLO. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro per le politiche giovanili e lo sport, al Ministro per il sud e la coesione territoriale, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   Save the Children ha pubblicato nei giorni scorsi l'XI Atlante dell'infanzia a rischio «Con gli occhi delle bambine: atlante dell'infanzia a rischio 2020»;

   come si legge sul sito www.savethechildren.it, l'Atlante approfondisce il tema della condizione dell'infanzia nel nostro Paese, restituendo una fotografia fatta di povertà minorile e disuguaglianze educative, da Nord a Sud e propone un focus sulla condizione di bambine e ragazze in Italia, evidenziando per loro un futuro post pandemia a rischio;

   nel focus si legge che circa 1 milione e 140 mila ragazze tra i 15 e i 29 anni rischiano, entro la fine dell'anno, di ritrovarsi nella condizione di non studiare, non lavorare e non essere inserite in alcun percorso di formazione, rinunciando così ad aspirazioni e a progetti per il proprio futuro;

   nell'articolo «Save the children, le bambine dimenticate dalla Sicilia: il 40 per cento escluse dagli studi» pubblicato il 17 novembre 2020 sul sito larepubblica.it, si analizza il rapporto di Save the children e si legge che in Sicilia, già prima della crisi legata alla pandemia, il 40 per cento dei minori viveva in povertà relativa: oltre il 39 per cento non praticava attività sportiva, gli asili nido erano solo per il 6,4 per cento dei bambini e si registrava una dispersione scolastica oltre il 22 per cento, la più alta in Italia. La Sicilia si conferma una regione non «a misura di bambino», ma ancor meno «a misura di bambine». La situazione è peggiorata con l'emergenza da Covid-19: quasi il 40 per cento delle giovani, contro il 36,3 dei coetanei maschi, rischia di ritrovarsi entro la fine dell'anno nella condizione di non studiare, né lavorare, mettendo a rischio il proprio futuro;

   inoltre, nell'articolo su citato si legge che «Frequentare un asilo nido in Sicilia rimane una possibilità per pochi: nell'anno scolastico 2018/2019 solo il 6,4 per cento dei bambini ha avuto accesso a servizi pubblici offerti dai Comuni, tra le percentuali più basse in Italia, seguita solo da Calabria (3 per cento) e Campania (4,3 per cento), ma anche nel percorso di crescita, gli indicatori di povertà educativa confermano una situazione difficile già prima dell'emergenza: in Sicilia più di 1 giovane su 5 (22,4 per cento) abbandona la scuola prima del tempo, ben lontano dalla media nazionale che segna un tasso di dispersione scolastica del 13,5 per cento, inoltre, in Sicilia, il 38 per cento dei giovani rientra nell'esercito dei Neet, cioè di coloro che non studiano, non lavorano e non investono nella formazione professionale, anche in questo caso percentuale più alta tra le regioni italiane.»;

   Save the children nelle conclusioni scrive che «occorre invertire la rotta, per non doverci svegliare dalla pandemia in un mondo del lavoro tutto al maschile, con l'effetto di scoraggiare le ragazze che sono oggi impegnate in un percorso educativo già ricco di ostacoli» e che «è necessario ripartire dalle donne – e dalle bambine – non solo a parole, ma con investimenti e obiettivi precisi che riguardino il mondo del lavoro così come i servizi per la prima infanzia, i percorsi educativi all'interno delle scuole così come il contrasto ad ogni forma di violenza di genere e il sostegno al protagonismo delle stesse ragazze.» –:

   quali iniziative intenda intraprendere il Governo per far sì che tali dislivelli vengano colmati e venga portata avanti una politica di aiuto alle giovani donne, con particolare attenzione al Sud Italia.
(4-07605)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRIBAUDO, SERRACCHIANI, VISCOMI, CARLA CANTONE, LACARRA, LEPRI, MURA e SOVERINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il gruppo Miraglio è una multinazionale dei tessuti e del fashion nata ad Alba, in provincia di Cuneo nel 1947, oggi presente in 22 Paesi nel mondo;

   il 6 luglio 2020, è stata sospesa la produzione della Stamperia di Govone, stabilimento del gruppo attivo a partire dagli anni ’80, la più grande stamperia in Europa con 64.000 metri quadri di superficie, più di 3.500 disegni elaborati ogni anno e una capacità produttiva di circa 10 milioni di metri di tessuto; il 7 luglio il consiglio di amministrazione della Stamperia di Govone Srl ha annunciato la volontà di sciogliere e mettere in liquidazione la società, scelta che comporta l'esubero di 151 lavoratori, alcuni dei quali occupati da decenni nello storico stabilimento;

   la chiusura della Stamperia di Govone ha rappresentato una ferita profonda per lo storico tessuto produttivo della città di Alba e aveva subito destato preoccupazione per la tenuta dei livelli occupazionali dell'intero gruppo in Italia e per le possibili delocalizzazioni;

   preoccupazione rivelatasi purtroppo giusta con l'annuncio, il 3 novembre 2020, di voler chiudere anche la «business unit Tessuti» di Miraglio Textile, anima industriale del gruppo albese, che porterà al licenziamento di altri 84 dipendenti, dei quali al momento soltanto una ventina appaiono riassorbibili fra pre-pensionamenti e altre società del gruppo;

   il gruppo Miraglio ha giustificato in vari modi le due chiusure, addebitando la crisi aziendale a cambiamenti del mercato del tessuto che negli ultimi 10 anni hanno comportato un continuo calo del fatturato e della produzione aziendale, accompagnato dalla costante e continua riduzione del personale; l'intenzione dichiarata, oggi è di concentrare sforzi e investimenti in altre società del gruppo che appaiono maggiormente solide nel lungo periodo;

   desta comunque preoccupazione l'addotta giustificazione di una «aggressiva concorrenza di Paesi con costi della produzione irrisori», dato che il gruppo Miraglio è stato fra i primi in Italia ad investire, negli scorsi decenni, nell'apertura di stabilimenti in tutti i Paesi del bacino mediterraneo, ad esempio in Marocco e in Tunisia, e prosegue una politica aziendale di questo tipo nel continente asiatico, tanto da portare a chiedersi se la concorrenza dei costi di produzione non avvenga fra realtà diverse all'interno dello stesso gruppo;

   attualmente, nonostante gli annunci rilasciati, è totalmente assente una pianificazione industriale per le unità ancora non colpite da esuberi e chiusure; da parte sindacale è stato richiesto l'intervento del Governo per verificare l'impegno dell'azienda al mantenimento dei livelli occupazionali –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare per il rilancio delle attività del gruppo Miraglio nelle sedi della provincia di Cuneo e per salvaguardare i livelli occupazionali del gruppo Miraglio in Italia.
(5-05068)

Interrogazione a risposta scritta:


   SCANU e DEL SESTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la pandemia ed il lockdown hanno piegato l'economia italiana colpendo trasversalmente quasi tutti i settori mettendo in ginocchio in particolar modo il turismo;

   lo scenario appare molto preoccupante tenuto conto che questo indotto coinvolge il 14 per cento del mercato del lavoro;

   con il decreto «Cura Italia» sono state introdotte misure a sostegno del lavoro volte a fronteggiare gli effetti dell'emergenza epidemiologica da COVID-19;

   il citato decreto-legge e il decreto-legge n. 34 del 2020 hanno riconosciuto un'indennità di 600 euro, su base mensile, non tassabile, per gli stagionali dei settori del turismo per i mesi marzo, aprile e maggio 2020 che hanno perso involontariamente il lavoro tra il 1° gennaio 2019 ed il 17 marzo 2020;

   con il decreto «Agosto» poi, per questi lavoratori danneggiati dall'epidemia, e stata prevista una proroga anche per i mesi di giugno e luglio;

   purtroppo, con l'attuale tempistica, legata anche ai termini delle domande, risulta che molti dipendenti stagionali siano privi di qualunque forma di sostentamento oramai da quasi sei mesi –:

   quali iniziative si intendano adottare per accelerare i tempi di ristoro di questa categoria.
(4-07615)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   MAGGIONI, VIVIANI, BUBISUTTI, CECCHETTI, GASTALDI, GOLINELLI, LIUNI e LOLINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'aumento della fauna selvatica rappresenta una vera e propria emergenza nazionale: nutrie, cinghiali, caprioli ed altre specie sono sempre più frequentemente causa di disagi per le aziende agricole;

   basti pensare che soltanto i cinghiali, ad esempio, nel nostro Paese sono passati da 900 mila capi nel 2010 a quasi 2 milioni di oggi (+111 per cento), con un trend in continuo aumento. La situazione ormai è fuori controllo e provoca giorno dopo giorno danni ingenti mettendo a repentaglio la vita delle persone, nelle campagne e nelle strade;

   gli orientamenti della Commissione europea stabiliscono che sono da considerarsi compatibili con il mercato interno gli aiuti destinati a indennizzare i danni causati da animali protetti, se tali aiuti rispettano i principi di valutazione comuni e le condizioni indicate negli orientamenti stessi. L'intensità dell'aiuto ammesso è pari al 100 per cento sia dei danni diretti subiti dall'azione della specie protetta sia, alla luce delle recenti modifiche, dei costi indiretti sostenuti;

   il 6 giugno 2018 lo Stato italiano ha notificato alla Commissione europea uno schema di decreto, del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare da utilizzare come base giuridica per la notifica, da parte degli enti concedenti, del regime nazionale sui danni da fauna selvatica protetta;

   con decisione C(2019) 772 del 29 gennaio 2019, la Commissione europea ha informato il Governo italiano di non sollevare obiezioni nei confronti del regime di aiuti notificato e, conseguentemente, con nota 9791 del 26 febbraio 2019 il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo ha comunicato di aver attivato la procedura per la trasmissione alla Conferenza unificata dello schema di decreto interministeriale, che costituisce la base giuridica del regime di aiuto;

   nel corso del 2019, in esito alla successiva discussione emersa in sede di Conferenza unificata, è stata avviata un'ulteriore interlocuzione con la Commissione europea concernente alcune modifiche non sostanziali allo schema di aiuto già notificato, interlocuzione infine positivamente riscontrata dalla Commissione europea con nota C(2019)8522 del 21 novembre 2019 avente ad oggetto «Aiuti di Stato/Italia SA 55614 (2019/N) Modifica del regime di aiuti SA 51285 (2018/N) recante modalità di concessione degli aiuti per gli indennizzi dei danni provocati da animali protetti»;

   detto regime di aiuto, concernente sia l'indennizzo dei danni da fauna selvatica protetta sia gli investimenti per la prevenzione degli stessi danni, costituisce uno schema «quadro» nazionale che, una volta approvato definitivamente con l'emanazione del decreto interministeriale del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, potrà quindi essere attivato e declinato dalle regioni, dalle province autonome e dagli enti gestori delle aree protette nazionali in alternativa al regime de minimis, applicato finora ai fini della corresponsione degli indennizzi di tali danni e dei contributi per la relativa prevenzione;

   le aziende agricole presenti nelle aree dei parchi regionali, soprattutto lombardi, hanno implementato sistemi agronomici e di coltivazione rispettosi dell'ambiente, finalizzati anche al miglioramento del paesaggio agrario e dell'agrosistema;

   in attesa della formalizzazione del decreto, condizione necessaria affinché le regioni possano attuare la decisione della Commissione sull'aiuto di Stato e risarcire interamente i danni causati dalla fauna protetta alle imprese agricole, queste sono obbligate al rispetto del massimale de minimis agricolo;

   gli agricoltori che operano nelle aree protette da tempo, troppo tempo, stanno aspettando i risarcimenti per i danni causati dalla fauna selvatica; per la sola regione Lombardia si tratta di una somma di almeno 350.000 euro –:

   se non ritengano quanto mai necessaria ed urgente l'emanazione del citato decreto interministeriale affinché le regioni possano avviare la procedura di concessione degli aiuti per gli indennizzi dei danni provocati da animali protetti o viventi in aree protette.
(4-07609)


   CIABURRO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   la misura 17.1 del Programma di sviluppo rurale nazionale (Psrn) 2014-2020 prevede la possibilità, per le imprese agricole, di stipulare polizze assicurative agevolate per la gestione dei rischi collegati a calamità naturali, fitopatie ed infestazioni parassitarie, con un rimborso al beneficiario pari fino al 70 per cento del costo della polizza (purché il contratto assicurativo preveda un rimborso per danni superiore al 20 per cento della produzione);

   se nel 2018 e nel 2019 si è assistito ad un sostanziale riallineamento delle tempistiche dei rimborsi, lo stesso non si può dire per il 2020, anche in ragione della crisi pandemica da Covid-19;

   dal decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali del 19 ottobre 2020 si apprende infatti che, entro il termine del 2020, verrà erogato alle aziende beneficiarie solamente il 30 per cento (e non il 70 per cento) del costo dell'assicurazione stipulata, in quanto le risorse del Psrn sono in esaurimento (essendo il 2020 l'ultimo anno della programmazione settennale 2014-2020);

   nonostante il rimanente 40 per cento potrà essere finanziato da economie relative alle campagne vegetali delle annualità precedenti e/o da altre misure rinvenienti da altre sottomisure del Psrn 2014-2020, le aziende agricole, al mese di novembre 2020, stanno attraversando una situazione di immensa necessità a causa della mancanza di liquidità;

   nella sola provincia di Cuneo, nel 2020, hanno stipulato una polizza da avversità atmosferiche 2.325 aziende, per un valore assicurato totale di 269 milioni di euro, a fronte di un pagamento di premi di 29,5 milioni di euro;

   nel mese di dicembre 2020 arriveranno nelle casse delle aziende cuneesi contributi per 6.491.000 euro, a fronte di un rimborso dovuto di 15.145.000 euro –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intenda intraprendere, se del caso, per garantire l'erogazione della restante parte del rimborso nel più breve tempo possibile ed in ogni caso prima della nuova campagna assicurativa per il 2021.
(4-07610)

SALUTE

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   fin dall'inizio dell'emergenza pandemica, il servizio sanitario italiano ha dovuto affrontare i problemi attuali dopo anni in cui lo stesso ha subito un progressivo disimpegno in termini di investimenti pubblici;

   le ultime notizie danno come vicino il momento in cui una prima consistente tranche di vaccini anti-Covid sarà disponibile nel nostro Paese ed inoltre è in fase di predisposizione il piano nazionale per la vaccinazione contro il Coronavirus;

   la rapidità dispensativa del farmaco è certamente auspicabile, in quanto verrebbe quanto prima tutelata la salute dei cittadini in condizione di maggior rischio e si eviterebbero eventuali difficoltà di accedere ad una cura esistente ma non reperibile. Attualmente la legislazione italiana limita la pratica vaccinale ai soli medici e infermieri. Una disposizione certamente corretta, dal momento che altri professionisti della salute non sono stati formati al riguardo;

   la recente esperienza della vaccinazione antinfluenzale sta però dimostrando come la rete nazionale dei medici di medicina generale e i centri di vaccinazione delle strutture sanitarie non sono, da soli, in grado di rispondere alla sfida di una vaccinazione massiva da effettuarsi in tempi strettissima;

   di fronte a tale situazione, le farmacie territoriali italiane possono costituire una grande opportunità per tutto il sistema sanitario nazionale, trattandosi di una rete di presidi sanitari uniformemente presente su tutto il territorio italiano, e le indagini statistiche confermano da anni l'elevato gradimento ed una solida fiducia da parte dei concittadini;

   l'estensione della dispensazione vaccinale anche ai farmacisti richiede senza dubbio una loro preventiva e adeguata formazione tecnica, oltre ad una organizzazione degli spazi dedicati dalla farmacia in grado di assicurare la totale sicurezza delle procedure. Ciò è già avvenuto in altri 36 Paesi del mondo e tra essi figurano sistemi sanitari avanzati come quelli del Portogallo, Francia, Svizzera, Norvegia, Gran Bretagna e Svezia;

   nelle ultime settimane anche il contesto italiano ha registrato un fermento degno di nota. Dopo il parere negativo del Comitato tecnico-scientifico rispetto all'ipotesi avanzata dalla regione Lazio di praticare il vaccino antinfluenzale presso circa 400 farmacie locali, le rappresentanze dei medici di medicina generale hanno espresso il loro favore ad un coinvolgimento dei farmacisti, a condizione che ciò sia preceduto da adeguate riforme legislative;

   vi sono tutte le condizioni per creare un sistema distributivo in grado di vincere la più importante sfida sanitaria della nostra storia. Le quasi 1.700 farmacie comunali italiane, in tempi rapidissimi, possono organizzare ed avviare percorsi formativi per i loro professionisti, farmacisti e amministratori possono vantare competenze organizzative maturate nelle recenti collaborazioni con il Servizio sanitario nazionale in tema di test sierologici e tamponi rapidi;

   a fronte di tale impegno, facendo eco a quanto recentemente affermato dai medici di medicina generale e dall'interpellante condiviso, sarebbe opportuno un rinnovato inquadramento normativo che chiarisca ruoli e competenze, che riduca intoppi burocratici, che permetta a tutti i professionisti impegnati sul campo di lavorare serenamente senza timori di natura legale –:

   se il Ministro interpellato, alla luce dei fatti sopraesposti, non ritenga necessario avviare un confronto finalizzato ad attivare rapidamente questa opportunità.
(2-01018) «Pezzopane».

Interrogazione a risposta immediata:


   MARIN, GELMINI, OCCHIUTO, BAGNASCO, BOND, BRAMBILLA, MUGNAI, NOVELLI e VERSACE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nell'affrontare la seconda ondata della pandemia da Sars-Cov-2 il Governo secondo gli interroganti non si è dimostrato preparato, nonostante la «tregua estiva» in cui il virus sembrava aver allentato la presa. Purtroppo il Governo ha accumulato gravi ritardi, per esempio sul fronte della sanità, dei trasporti, della scuola e di altri settori in cui invece occorreva programmare e quindi essere pronti ad intervenire tempestivamente. E tutto questo nonostante lo sforzo immane e l'immensa professionalità di medici, infermieri, operatori sanitari a cui va il nostro più grande e riconoscente grazie;

   il 3 novembre 2020 la Fondazione David Hume e il think tank Lettera150 hanno presentato una petizione indirizzata al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro interrogato rubricata: «COVID-19: il Governo faccia ora quel che non si è fatto prima», che prende avvio dalla cosiddetta «operazione verità» finalizzata alla disamina degli errori commessi nella lotta alla pandemia, dossier pubblicato il 29 ottobre 2020 sempre da Fondazione Hume e Lettera150;

   la petizione, primi firmatari Luca Ricolfi per la Fondazione Hume, Giuseppe Valditara per l'associazione Lettera150 e personalità del mondo della scienza, come Andrea Crisanti, Massimo Galli, Paolo Gasparini ed altri, ha superato le 35 mila firme, raccogliendo adesioni della società civile e del mondo politico, all'insegna di un'ampia trasversalità. Ad oggi, però, non è giunta alcuna risposta;

   è necessario un impegno del Governo per fare quel che non è stato fatto fra maggio e ottobre 2020, senza i tentennamenti e le distrazioni del passato perché non basterà domare la seconda ondata, ma sarà necessaria una svolta radicale per contrastare la diffusione del Sars-Cov-2 all'insegna di una più efficiente organizzazione e di maggiore trasparenza –:

   per quale ragione il Governo non abbia ancora ricevuto né ascoltato i promotori dell'appello richiamato in premessa, perché non abbia mai preso in considerazione le proposte pervenute ispirate ad esempi virtuosi e cosa si stia facendo per affrontare al meglio le prossime fasi, per una più efficiente attività di coordinamento, programmazione degli interventi e un maggiore controllo dell'esecuzione delle misure adottate, per evitare di dover fronteggiare una terza ondata che implicherebbe ennesimi sacrifici per gli italiani.
(3-01940)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FERRI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   data l'attuale emergenza sanitaria dovuta al COVID-19, molti ospedali sul territorio nazionale sono stati convertiti in Covid Hospital;

   l'ospedale «Cutroni Zodda» di Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina, è stato riconvertito in Covid Hospital dal 30 ottobre 2020;

   il territorio di Barcellona Pozzo di Gotto si trova adesso, però, privo di un ospedale per patologie non Covid;

   l'intero bacino d'utenza dell'ospedale copre oltre centomila abitanti e tredici diversi comuni, che si trovano adesso privi di una struttura ospedaliera non Covid cui fare riferimento;

   inoltre, l'ospedale si trova attualmente privo del reparto di terapia intensiva e di quello di cardiologia;

   Barcellona Pozzo di Gotto è la città più popolata della provincia di Messina e ha un hinterland molto vasto;

   occorre tutelare la salute di centinaia di migliaia di cittadini che vivono a Barcellona Pozzo di Gotto e zone limitrofe;

   la tutela della salute è un diritto fondamentale dell'individuo e della collettività, così come riconosciuto dall'articolo 32 della Costituzione;

   l'importanza di garantire ai cittadini le adeguate cure contro il COVID-19 non può pregiudicare il diritto dei cittadini ad avere cure nel caso di altre patologie;

   all'interno dell'ospedale, occorre quindi attuare la separazione tra percorso Covid e percorso non Covid;

   occorre, inoltre, dotare l'ospedale di attrezzature e reparti tali che lo possano rendere un ospedale di primo livello;

   è necessario che le istituzioni pianifichino strumenti e mezzi che diano serenità agli utenti ed evitino rischi per la salute –:

   se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda porre in essere in ordine alla situazione dell'ospedale «Cutroni Zodda» di Barcellona Pozzo di Gotto, in modo tale che venga attuata una separazione tra percorso Covid e percorso non Covid e, in generale, che l'ospedale venga dotato di strumenti e mezzi che lo rendano una struttura di primo livello.
(5-05071)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BILOTTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 4-bis del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 istituisce le unità speciali di continuità assistenziale (Usca). Le regioni e le province autonome istituiscono entro dieci giorni dalla data del 10 marzo 2020 presso una sede di continuità assistenziale già esistente, una Usca ogni 50.000 abitanti per la gestione domiciliare dei pazienti Covid-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero;

   l'Usca è costituita da un numero di medici pari a quelli già presenti nella sede di continuità assistenziale prescelta e possono farne parte i medici titolari o supplenti di continuità assistenziale, i medici che frequentano il corso di formazione specifica in medicina generale, in via residuale, i laureati in medicina e chirurgia abilitati e iscritti all'ordine di competenza. L'Usca è attiva sette giorni su sette, dalle ore 8,00 alle 20,00. Il citato decreto, inoltre, contiene misure a carattere straordinario per l'assunzione del personale sanitario necessario per far fronte all'emergenza Covid-19 come reclutamento di personale sanitario e socio-sanitario, medici specializzandi, anche con incarichi di lavoro autonomo e di collaborazione coordinata e continuativa;

   il decreto-legge n. 34 del 2020, cosiddetto «decreto Rilancio», ha inoltre introdotto l'infermiere di famiglia o di comunità, al fine di rafforzare i servizi infermieristici, per potenziare la presa in carico sul territorio dei soggetti affetti da Covid-19, anche coadiuvando le unità speciali di continuità assistenziale;

   in regione Campania, in data 20 novembre 2020, i sindaci del comprensorio dei Monti Picentini, ascrivibile al distretto sanitario 68 della Asl di Salerno, denunciano una situazione di forte emergenza relativa all'operatività dell'Usca territoriale istituita per far fronte all'emergenza Covid-19 in termini di mancanza di tamponi, mancanza di personale, impossibilità di far fronte al numero di richieste di assistenza domiciliare. L'ambito di riferimento raccoglie un bacino di 80.000 abitanti, numero che va ben oltre le prescrizioni governative in merito al dimensionamento previsto delle Usca (massimo 50.000 abitanti) –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno adottare iniziative di competenza per verificare l'effettiva attivazione e l'adeguato dimensionamento delle unità speciali di continuità assistenziale in relazione all'evoluzione dell'emergenza in corso e alla luce del trasferimento di notevoli risorse alle regioni, nonché di importanti deleghe gestionali relative alle assunzioni di nuovo personale.
(4-07603)


   CASSINELLI e BAGNASCO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nel rapporto 2020 «I numeri del cancro» l'Aiom e l'Airtum evidenziano che in Italia vivono oggi 3.600.000 con una diagnosi di cancro;

   l'attenzione sul cancro è alta, visti i progressi terapeutici in atto nel segno della medicina personalizzata. La terapia genica, l'immunoterapia, le Car-t in ematologia e la Radio Ligand Therapy (Rlt) nei tumori rari neuroendocrini e in futuro nella prostata, cambiano giorno per giorno la storia della malattia, ottenendo risultati insperati anche sulle forme metastatiche;

   recentemente è stata istituita – per il giorno 13 ottobre – la giornata nazionale dedicata al tumore al seno metastatico;

   si registrano ancora però molti ostacoli nel dare attenzione ai tumori metastatici, che necessitano di una governance più attenta ai bisogni dei pazienti;

   c'è scarsa attenzione sui tumori gastro-intestinali – dove è stato negato l'accesso a terapie consentite nei Paesi dell'Unione europea – malgrado le iniziative di sensibilizzazione delle associazioni pazienti;

   non mancano peraltro problemi nella presa in carico all'interno dei centri di senologia delle pazienti metastatiche con tumore al seno a causa dell'assenza di percorsi specifici;

   grazie ai team multidisciplinari i pazienti metastatici possono oggi sopravvivere più a lungo, ma manca un'uniformità di trattamento a livello regionale;

   occorre dunque tracciare percorsi – inclusivi di Pdta (Percorsi diagnostico terapeutici assistenziali) – e strategie per i pazienti metastatici, che devono avere la stessa dignità degli altri pazienti;

   il tema della presa in carico dei pazienti metastatici attiene alla giustizia sociale, considerata la sofferenza dei pazienti e delle loro famiglie;

   il progetto «La salute un bene da difendere, un diritto da promuovere» coordinato da Salute Donna onlus, annovera fra i punti del suo «Accordo di legislatura» con le forze politiche anche una migliore presa in carico dei pazienti metastatici –:

   se una strategia dedicata ai percorsi per i tumori metastatici farà parte del prossimo piano nazionale oncologico, posto che l'ultimo piano è scaduto nel 2016;

   se per il tumore al seno metastatico saranno disegnati dei percorsi diagnostico terapeutici assistenziali specifici da inserire nei centri di senologia.
(4-07608)


   BIGNAMI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) scrive nel manuale di gestione delle pandemie pubblicato nel 2017 «Pandemic Influenza Risk Management» che un piano pandemico aggiornato non serve solo a contenere la pandemia per salvare delle vite, ma anche per contenere quelle che possono essere conseguenze sociali ed economiche nel lungo termine: «In assenza di una pianificazione efficace, gli effetti di una pandemia a livello nazionale potrebbero eventualmente portare a delle perturbazioni sociali ed economiche, minacce alla continuità dei servizi essenziali, minore produttività, difficoltà nella distribuzione e carenza di forniture e di risorse umane. È quindi essenziale che tutte le organizzazioni – privato e pubblico – pianificare le potenziali interruzioni che una pandemia può causare»;

   compito del piano pandemico nazionale è tra gli altri quello di «rendere minimo il disagio sociale; rendere minimo l'impatto economico della pandemia» fissando tale obiettivo come «tassativo»;

   gli scenari prefigurati nel documento così citato dell'Oms confermano la cogenza e l'inerenza delle linee elaborate dall'Organizzazione;

   come noto, l'Italia era priva di un piano pandemico aggiornato, esponendo così la Nazione a ripercussioni estremamente gravi, come riferito anche dal matematico Stefano Merler il cui lavoro di programmazione è stato adottato dal Comitato tecnico-scientifico come base di lavoro in assenza del piano pandemico stesso; lo stesso Merler, infatti, evidenziò come l'assenza di un piano pandemico abbia comportato gravi conseguenze in termini di decessi e di conseguenze economiche, arrivando a dire che «abbiamo pagato un prezzo altissimo per non aver aggiornato il piano pandemico per dodici anni»;

   di recente, la procura di Bergamo ha convocato, tra l'altro, l'ex direttore generale del Ministero della salute, Ranieri Guerra, direttore vicario dell'Oms, chiamato a rispondere anche del piano pandemico italiano del 2017, avrebbe gli stessi contenuti di quello del 2006 –:

   se ritenga il piano pandemico prescritto dall'Oms un documento importante e necessario per fronteggiare una pandemia e, in caso affermativo, per quale motivo l'Italia non fosse provvista di un piano pandemico aggiornato;

   chi sia il responsabile del mancato aggiornamento del piano;

   per quale motivo diversi dei soggetti che si ritiene fossero deputati all'aggiornamento del piano siano stati coinvolti nel Comitato tecnico-scientifico invece che estromessi dal Ministero e dalla connessa gestione della cosa pubblica.
(4-07620)


   BIGNAMI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   le linee guida dell'Organizzazione mondiale della sanità (aggiornate nel 2018) sulla comunicazione del rischio, sviluppate sulla base della regolamentazione sanitaria internazionale, prevedono che «Durante le emergenze sanitarie, le persone devono sapere quali sono i rischi per la salute e quali azioni possono prendere per proteggere la loro salute e la loro vita. Informazioni accurate fornite tempestivamente, spesso e in lingue e canali che le persone comprendono, di cui si fidano e che utilizzano, permettono alle persone di fare delle scelte e intraprendere azioni per proteggere sé stessi, le loro famiglie e le comunità dai pericoli per la salute... Nel caso di epidemie e pandemie, crisi umanitarie e disastri naturali, una efficace comunicazione del rischio permette alle persone di comprendere i rischi ed adottare comportamenti protettivi»;

   nel 2008, l'Oms aveva pubblicato una guida sulla comunicazione del rischio in caso di una influenza epidemica in cui si scrive: «Per mantenere la fiducia del pubblico durante un'epidemia è necessaria una trasparenza costante, tra cui informazioni tempestive e complete su un rischio reale o potenziale e sulla sua gestione». Quindi, l'Oms chiede esplicitamente trasparenza non solo sui rischi reali e potenziali ma anche sulla gestione stessa della potenziale o reale pandemia;

   secondo le linee guida dell'Oms, «L'esperienza ha dimostrato che la trasparenza nella comunicazione è essenziale se si vuole che il pubblico si fidi delle autorità incaricate di gestire un'epidemia. Senza questa fiducia, sarà difficile, se non impossibile convincere le persone ad adottare i comportamenti necessari per tenere sotto controllo un'epidemia... La mancata trasparenza può condurre a gravi conseguenze sia per la salute pubblica che per l'economia»;

   tuttavia, come noto, diversi sindaci delle zone più colpite dalla pandemia hanno avviato o appoggiato campagne come «Bergamo non si ferma», «Milano non si ferma», «Brescia non si ferma», suscitando anche il sostegno di importanti esponenti di partito;

   appare evidente che né le istituzioni territoriali né la popolazione erano state in effetti adeguatamente informate, secondo quanto invece prescritto dall'Oms, sulla situazione che si stava delineando e neppure sono state assunte le iniziative indicate dall'Oms per una corretta informazione alla popolazione;

   difatti, lo stesso documento dell'Oms «An Unprecedented challengeItaly first response to COVID-19» di cui hanno dato notizia importanti testate del servizio pubblico riferisce che, nonostante la dichiarazione dello stato di emergenza deliberata in data 31 gennaio 2020 «Lo stato di emergenza non ha influenzato la vita quotidiana della maggior parte delle persone [...] cominciavano i festeggiamenti del carnevale. Le città pullulavano di turisti, così come le stazioni sciistiche e le partite di calcio, e i bambini andavano a scuola»;

   ancor oggi i verbali del Cts su cui si fondano i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri emanati dal Governo sono consultabili dopo 45 giorni dallo svolgimento della seduta e questo benché i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri abbiano una durata massima di 30 giorni; sembra all'interrogante che la trasparenza sia un problema serio nella gestione dell'emergenza –:

   per quale motivo non si sia ritenuto di uniformarsi alle linee guida sulla comunicazione del rischio dell'Oms attivando tempestivamente tutte le forme di informazione e trasparenza da questo indicate;

   se vi sia consapevolezza degli effetti di amplificazione che condotte non consone hanno avuto sulla diffusione del rischio;

   perché si sia deciso di agire in questo modo;

   chi abbia assunto questa decisione;

   se il Governo fosse a conoscenza della situazione di rischio verso cui si andava incontro;

   per quale motivo non si sia ritenuto di informare sul modo in cui l'Italia si stava approcciando alla pandemia, diversamente da quanto prescritto dall'Oms.
(4-07621)


   BIGNAMI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in una intervista rilasciata al Corriere della Sera, Andrea Urbani dirigente del Ministero della salute posto a capo della task force avviata dal Ministero stesso ha rivelato l'esistenza di un piano segreto per il quale il Ministro Speranza è stato chiamato a riferire al Copasir, così come lo stesso piano, i verbali della task force ed i verbali del Comitato tecnico-scientifico (quest'ultimi desecretati a settembre 2020);

   il quotidiano britannico The Guardian, in un articolo del 13 agosto 2020, ha diffuso la notizia di uno studio indipendente sulla cattiva gestione italiana della pandemia apparso sul sito dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) il 13 maggio e scomparso nell'arco di 24 ore, per il quale lo stesso direttore aggiunto dell'Oms ed ex direttore della prevenzione presso il Ministero della salute, Ranieri Guerra, è stato recentemente sentito dalla procura di Bergamo;

   in una nota trasmissione televisiva del servizio pubblico è stato dato ampio risalto alla vicenda: nel servizio in questione si afferma che il dossier dell'Oms, particolarmente critico riguardo la gestione della pandemia in Italia, sarebbe stato fatto «sparire»;

   risulterebbe, sempre dall'articolo del The Guardian, che quel documento fu tolto proprio a seguito di pressioni provenienti dall'Italia. Nell'articolo si legge: «Il 13 maggio, l'OMS ha pubblicato un rapporto narrativo indipendente, esaminando ciò che è accaduto all'inizio della pandemia in Italia. L'obiettivo era quello di aiutare altri paesi a evitare il tipo di disastro che si è verificato in Lombardia. Si chiamava: “Una sfida senza precedenti; la prima risposta dell'Italia al Covid-19”. Ma il giorno seguente, la relazione è stata tolta dal sito dell'Oms e i riferimenti ad essa sono stati cancellati, su richiesta, il Guardian deduce, del dottor Ranieri Guerra, vicedirettore generale dell'OMS per le iniziative strategiche»;

   nel medesimo articolo si legge altresì: «Il rapporto, preparato dal Team di Emergenza Covid-19 presso l'Ufficio Europeo per gli Investimenti per la Salute e lo Sviluppo dell'OMS a Venezia, ha dichiarato che il piano pandemico dell'Italia risale al 2006, all'indomani della Sars, ed è stato successivamente “riconfermato”»;

   la regolamentazione sanitaria internazionale sostiene che gli Stati membri devono avere la capacità di rispondere in maniera immediata ed efficace ai rischi di salute pubblica ed alle emergenze di salute pubblica che destano preoccupazione internazionale preso atto che lo scopo della stessa regolamentazione internazionale sia quello di prevenire, proteggere, controllare e contenere attraverso una risposta alla diffusione internazionale del virus in modi che sono commisurati ai rischi della salute pubblica in modo tale da evitare che essi interferiscano con il commercio ed il traffico internazionale –:

   se risulti che siano state esercitate delle pressioni al fine di rimuovere dal sito dell'Oms il rapporto narrativo indipendente di cui in premessa e, in caso affermativo, da chi;

   in caso affermativo, per quale motivo, per quanto di competenza, si sia ritenuto di agire in questo modo;

   considerata l'importanza del piano pandemico così come affermato da Oms e Unione europea, per quale motivo non sia stato aggiornato, visto che si parla semplicemente di riconferma del piano pandemico del 2006;

   su chi gravi la responsabilità del mancato aggiornamento.
(4-07622)


   PALAZZOTTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da quanto si apprende da un'inchiesta pubblicata il 21 novembre 2020 sul quotidiano La Sicilia, Mario La Rocca, dirigente generale del dipartimento pianificazione strategica dell'assessorato regionale siciliano alla salute, la mattina del 4 novembre 2020 avrebbe inviato alcuni messaggi vocali in una chat composta da tutti i manager di Asp e ospedali dell'isola attraverso i quali invitava, con tono che appare perentorio, a caricare su Cross (la piattaforma nazionale della Protezione civile) «tutto il primo step al 15 novembre» riguardante i posti di rianimazione Covid previsti dal piano dell'assessore siciliano alla sanità Ruggero Razza;

   occorre ricordare come il 4 novembre 2020 fosse la giornata in cui il Ministro interrogato avrebbe emanato, proprio sulla base dei dati forniti dalle regioni, l'ordinanza con la mappa delle regioni così come previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri adottato per arginare la seconda ondata del Covid ed emanato il giorno antecedente;

   in uno dei messaggi vocali, La Rocca avrebbe comunicato ai dirigenti di Asp e ospedali di ritenerli personalmente responsabili nel caso in cui la Sicilia avesse subito delle restrizioni dal Governo nazionale, sottolineando che l'assessore avrebbe verificato chi avrebbe inserito i dati e chi no;

   secondo l'inchiesta del quotidiano La Sicilia in quel momento la Sicilia è in ritardo: al 28 ottobre 2020 sarebbero attivi appena 177 posti di rianimazione Covid, quasi cento in meno dei 272 previsti dal piano anticovid siciliano;

   ciò che non si comprende dai file audio inviati da La Rocca è se i numeri del piano del 15 novembre 2020 che chiede di inserire nel database corrispondano all'effettiva disponibilità di posti in terapia intensiva in quel momento o se si tratti come apparirebbe all'interrogante di una indebita pressione sui dirigenti;

   ciò che è certo è che, da quel momento in poi, i numeri sui posti attivati, quantomeno sulla carta, crescono, e dai 177 posti in rianimazione e 998 in reparto censiti a fine ottobre 2020, si passa rispettivamente a 340 e 1.899 dell'11 novembre 2020. Una crescita non indifferente per cui il tasso di saturazione dei reparti Covid, nonostante il moltiplicarsi dei ricoverati, regge sotto la soglia d'allerta. Tanto che la Sicilia rimarrà collocata in «zona Arancione»;

   gli ultimi dati della regione Siciliana comunicati al Governo nazionale certificano 817 posti complessivi di rianimazione, fino ad arrivare al report di Agenas, del 20 novembre 2020 pomeriggio, in cui i posti sono addirittura di più: 1.031;

   il Cimo, sindacato dei medici ospedalieri, dopo un monitoraggio reputa «non rispondenti alla realtà» i dati relativi ai posti, forniti dall'assessorato e sostiene che i posti in rianimazione siano 210 in meno degli 817 ufficiali;

   analoghe perplessità emergono da un report curato dal comparto Medici della Fp-Cgil regionale. Il caso limite sembra essere quello del Covid-hospital di Petralia Sottana quando, fino a qualche giorno fa, c'erano soltanto 10 dei 50 posti di degenza ufficializzati. E nessuno dei dieci di terapia intensiva che risultano attivi;

   a parere dell'interrogante, alla luce di quanto esposto, occorre scongiurare che scelte di natura politica mettano a repentaglio la vita delle persone e la vicenda esposta, come altre simili, dimostrano l'urgenza di una riflessione che porti a riconsiderare l'autonomia delle regioni su materie che incidono su diritti fondamentali come quello alla salute –:

   se il Governo non intenda, per quanto di competenza, disporre immediati accertamenti al fine di verificare la reale corrispondenza tra i posti di terapia intensiva dichiarati e quelli realmente operativi in Sicilia e se vi siano state incongruenze riscontrabili in concomitanza con l'entrata in vigore delle norme contenute nell'ultimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2020.
(4-07623)


   LOLLOBRIGIDA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   desta enorme preoccupazione quanto emerso dagli organi di stampa in merito al presunto reparto Covid, in cui sono morte 4 persone, allestito nel reparto chirurgia dell'ospedale di Subiaco, nei fatti mai indicato nell'ordinanza regionale del Lazio sulla rete-Covid;

   si tratta di quattro persone, una 75enne, un 87enne e un uomo e una donna, rispettivamente di 83 e 92 anni, decedute in una struttura priva di pneumologi e di infettivologi, dopo essere rimasti per 10 giorni, senza mai essere stati trasferiti in un Covid-Hospital, né trattati in un reparto di terapia intensiva, reparto peraltro chiuso nell'ospedale di Subiaco nel maggio 2015;

   a peggiorare la situazione già di per sé grave, vi è il fatto che i pazienti morti non trovano riscontro nei dati anagrafici dei defunti-Covid citati nei bollettini quotidiani della regione, anche se nelle comunicazioni ufficiali, a Subiaco, si dà notizia delle «prime morti, causa Covid»;

   del paziente morto di 87 anni si è detto che era ricoverato da una decina di giorni nell'ex chirurgia, chiusa e riconvertita dal 1° novembre 2020 in un reparto Covid, come annunciato dal sindaco sublacense che dichiara: «In tutti gli Ospedali dell'Asl Roma 5 è stato allestito un reparto Covid (non più una semplice area di isolamento prima del trasferimento in ospedali specializzati ma un vero e proprio reparto di cura) trasformando temporaneamente altri reparti. Nell'ospedale di Subiaco il reparto Covid, affidato alla Medicina, avrà 10 posti letto, in luogo del reparto di chirurgia»;

   nonostante i comunicati ufficiali, i 10 posti letto non figurano nell'ordinanza regionale sulla «rete ospedaliera Covid-19» che, per l'ospedale di Subiaco, indica soltanto «2 posti letto». Però, non nel reparto di chirurgia, ma a ridosso del pronto soccorso, in «un'area specifica da destinare al ricovero di pazienti da Covid al fine del confinamento degli stessi», come ha scritto la stessa Asl Roma 5 nella delibera del 1° ottobre 2020, con la quale ha autorizzato i lavori d'adeguamento per 46 mila euro;

   sembrerebbe, a quanto consta all'interrogante, che, all'insaputa della regione Lazio, la chirurgia dell'ospedale di Subiaco sia stata trasformata in reparto Covid, con 10 posti letto che non figurano nell'ordinanza regionale sulla «rete ospedaliera Covid-19». Al momento non si capisce chi abbia ordinato lo stravolgimento della chirurgia e autorizzato la realizzazione del reparto stesso;

   si è al cospetto di un fatto gravissimo, soprattutto alla luce dei pazienti deceduti i cui dati anagrafici non trovano riscontro nei citati bollettini quotidiani della regione –:

   se corrisponda a verità che nell'ospedale di Subiaco il reparto Covid, affidato alla Medicina, preveda 10 posti letto, in luogo del reparto di chirurgia;

   chi abbia autorizzato i dieci posti letto destinati all'emergenza Covid presso l'ospedale di Subiaco e di quali elementi disponga circa le cause a monte della mancata segnalazione nel bollettino quotidiano della regione Lazio delle persone decedute per Covid.
(4-07624)

SUD E COESIONE TERRITORIALE

Interrogazione a risposta scritta:


   GAVA. — Al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:

   gran parte del territorio italiano è interessato da piccoli comuni, che spesso soffrono della lontananza o dell'accessibilità limitata a servizi essenziali quali scuole, strutture ospedaliere e trasporto pubblico;

   con l'obiettivo di consentire un adeguato sviluppo a questi territori è stata definita una Strategia per lo sviluppo delle aree interne con il supporto di un Comitato tecnico per l'interlocuzione con le regioni, e in base alla quale i comuni sono chiamati a definire appositi accordi di programma quadro;

   la Strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne si pone, quale «obiettivo per la cittadinanza», l'adeguamento della quantità e della qualità dei servizi di istruzione, salute, mobilità e, come «obiettivo per il mercato», la promozione di progetti di sviluppo per valorizzarne il patrimonio naturale e culturale;

   la pandemia da Covid-19 ha rinnovato ulteriormente l'esigenza di questi territori di poter contare su un elevato livello dei servizi e sulle opportunità di crescita per l'auspicata fase di rilancio ed è quindi ancora più forte l'esigenza dei sindaci di poter contare, nell'ambito della Strategia, sulla rapida assegnazione delle risorse, consentendo l'avvio dei progetti;

   la Strategia rappresenta, pertanto, un documento strategico di particolare rilevanza non solo per lo sviluppo dei territori interessati ma per tutto il Paese; ciononostante, risulta essere in una fase di stallo;

   con la delibera del Cipe 72/2019 i termini di scadenza per la sottoscrizione degli accordi di programma quadro da parte dei comuni nell'ambito della Strategia, su richiesta del Ministro interrogato, sono stati prorogati al 31 dicembre 2020, sulla base di quanto riportato nella relazione del competente Dipartimento per le politiche di coesione ovvero che «il lavoro istruttorio, basato su di un metodo operativo innovativo con una governance complessa, è stato molto intenso, comportando ritardi che non consentono di rispettare i termini di sottoscrizione degli APQ a suo tempo fissati dalle delibere di questo Comitato»;

   si apprende da fonti di stampa che il Ministro interrogato risulta spingere per l'adozione della Strategia, ma nel contempo sembra essere pronta una nuova delibera del Cipe per rimandare ulteriormente l'adozione della Strategia al prossimo anno, adducendo quale motivazione le problematiche derivanti dalla diffusione della pandemia;

   appare evidente che i ritardi non siano dovuti alla pandemia quanto alle complesse procedure burocratiche e ai passaggi amministrativi, come già riportato nella relazione del Dipartimento per le politiche di coesione di ottobre 2019, che rendono la definizione degli accordi di programma particolarmente lunga e complessa;

   l'attuale Governo, a giudizio dell'interrogante, si è prodigato a parole per la necessità di «semplificare» gli iter amministrativi e burocratici senza dimostrare nei fatti la volontà di snellire le procedure farraginose e complesse per l'adozione e l'operatività di strumenti strategici per il nostro Paese, come la Strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne –:

   quali siano i motivi per i quali il Ministro interrogato non sia intervenuto per risolvere le criticità già evidenziate nella relazione di cui in premessa, al fine di consentire una rapida operatività alla Strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne e ai relativi accordi di programma quadro;

   se il Ministro intenda adottare iniziative per trovare una rapida soluzione all'attuale stallo della Strategia, senza procrastinare ulteriormente i termini, in considerazione dell'esigenza urgente dei sindaci di poter contare sull'assegnazione delle risorse e sull'avvio dei progetti a garanzia di una ripresa del territorio.
(4-07607)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SURIANO, MARTINCIGLIO, PENNA, DEL SESTO, SCERRA e RAFFA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione. — Per sapere – premesso che:

   il Governo, con il Programma nazionale di riforma, ha stanziato, attraverso il Recovery Fund, fondi per il bonus internet e pc, ossia un incentivo all'acquisto di pc o tablet, oltre che per l'acquisizione di servizi e strumenti per la navigazione in rete;

   la commissaria alla concorrenza dell'Unione europea, Margrethe Vestager, si è espressa favorevolmente e ha volutamente specificato che tale bonus è stato ideato per ridurre il divario digitale in Italia, che, a causa dell'emergenza sanitaria, è addirittura aumentato;

   l'Italia, infatti, occupa una posizione non confortante nelle classifiche mondiali per l'innovazione digitale, in netta contraddizione con i livelli di industrializzazione. Secondo il rapporto 2020 della Commissione europea sui livelli di digitalizzazione dell'economia e della società, l'Italia, tra i 28 Stati membri, occupa il 25° posto in classifica e il dato è in netto peggioramento. Secondo le statistiche, solo il 32,3 per cento degli italiani si interfaccia con l'amministrazione digitale e solo il 42 per cento degli italiani, tra i 16 e i 74 anni, possiede delle competenze digitali di base (contro il 58 per cento della media dell'Unione europea). Tali dati sono profondamente sconcertanti e prospettano scenari futuri di crescita poco edificanti;

   il Ministero dello sviluppo economico, con decreti attuativi, ha allocato tali risorse nel Piano Scuola e nel Piano Voucher per le Famiglie, all'interno di quella che è definita come strategia della banda larga;

   dal 9 novembre 2020 è possibile inoltrare richiesta agli operatori per ottenere il voucher di 500 euro massimo per l'acquisto di computer e per assicurarsi la connettività a banda ultralarga, a condizione che il reddito Isee sia inferiore a 20.000 euro;

   la società pubblica Infratel Italia, responsabile per l'attuazione della «Strategia Italiana per la Banda Ultralarga», ha previsto requisiti di qualità standard minimi e ben precise caratteristiche tecniche che devono essere presenti sui device offerti per l'acquisto di pc e tablet con il bonus di 300 euro;

   sono però diverse le segnalazioni, sia di singoli acquirenti, che di associazioni di consumatori, che evidenziano scorrettezze da parte dei venditori, in quanto risulterebbe che sul mercato sia impossibile reperire prodotti con le caratteristiche minime e sembrerebbe che si stia cercando di vendere soprattutto pc scadenti. Infatti, tra le caratteristiche tecniche obbligatorie uno dei requisiti è ad esempio la webcam da almeno 8 megapixel, ma gli operatori starebbero vendendo computer a basso costo che non rispettano tale requisito, ma con una webcam esterna conforme alla normativa. In taluni casi si segnala invece che sarebbero disponibili esclusivamente tablet ma non pc;

   secondo la Dashboard Voucher presente sul sito del piano strategico Banda Ultralarga, alla data del 19 novembre 2020 dei 200 milioni di euro stanziati per il bonus pc ne sono stati richiesti soltanto l'8 per cento –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della problematica di cui in premessa e quali iniziative intendano mettere in campo affinché i consumatori vengano tutelati e il bonus sia effettivamente funzionale rispetto alle linee strategiche indicate dall'Unione europea;

   se ritengano di potenziare le attività di comunicazione per pubblicizzare tale fondo.
(5-05066)

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza Lapia e altri n. 2-01014, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 novembre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Sarli.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Ficara e altri n. 4-07470, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 novembre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Papiro.

  L'interrogazione a risposta orale Zoffili n. 3-01903, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 novembre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Tonelli.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Capitanio n. 5-04908 del 29 ottobre 2020;

   interrogazione a risposta scritta Caretta n. 4-07345 del 30 ottobre 2020.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Vizzini n. 4-07595 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 430 del 20 novembre 2020. Alla pagina 16256, prima colonna, alla riga sesta, deve leggersi: «quale sono morte 140 persone, è stata», e non come stampato.