Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 20 ottobre 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    Vivendi S. A. è una società francese attiva nel campo dei media e delle comunicazioni. In Italia è il primo azionista di Telecom Italia Mobile (Tim) (23,94 per cento), settimo gruppo economico operante in Italia per fatturato, e detiene una, partecipazione rilevante in Mediaset, (28,8 per cento), principale operatore radiotelevisivo privato italiano;

    l'articolo 43, comma 11, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 – Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici (Tusmar) stabilisce che «le imprese, anche attraverso società controllate o collegate, i cui ricavi del settore delle comunicazioni elettroniche, come definito ai sensi dell'articolo 18 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, sono superiori al 40 per cento dei ricavi complessivi di quel settore, non possono conseguire nel sistema integrato delle comunicazioni ricavi superiori al 10 per cento del sistema medesimo»;

    la delibera 178/17/CONS dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCom) del 18 aprile 2017 ha stabilito che la «posizione della società Vivendi S.A., in ragione delle partecipazioni azionarie detenute nella società Telecom Italia S.p.A. e nella società Mediaset S.p.A., integra una violazione del comma 11 dell'articolo 43» imponendo, a Vivendi «di rimuovere la posizione accertata... entro il termine di 12 mesi»;

    l'11 aprile 2018 l'AGCom ha preso atto che Vivendi, in ottemperanza alla delibera, ha trasferito alla società indipendente Simon Fiduciaria la titolarità di circa il 19,19 per cento delle azioni di Mediaset;

    la sentenza del 3 settembre 2020 C – 719/18 della Corte di giustizia dell'Unione europea, si è pronunciata su una serie di questioni pregiudiziali sollevate dal Tar del Lazio nell'ambito del giudizio proposto da Vivendi contro la citata delibera 178/17/CONS, dichiarando che l'articolo 49 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea che disciplina la libertà, di stabilimento nel mercato interno, osta a una normativa nazionale quale quella sottesa alla citata decisione dell'Agcom;

    con la sua sentenza, la Corte di giustizia ha potenzialmente smantellato l'intero impianto normativo nazionale a tutela del pluralismo informativo, così come concepito dal legislatore italiano e disciplinato dall'articolo 43 del Tusmar;

    gli effetti della pronuncia del Giudice europeo possono avere impatti sull'intero sistema delle comunicazioni prestandosi a possibili interventi strumentali da parte dei più importanti operatori, anche internazionali, sia nel settore delle telecomunicazioni, sia in quello dei servizi media audiovisivi, esponendo l'informazione e l'intera economia italiana a possibili scorrerie che potrebbero ricomprendere anche il settore dei giornali disciplinato per la tutela del pluralismo informativo dallo stesso articolo 43 del Tusmar. Un'alterazione delle strutture e del funzionamento dei diversi compatti della comunicazione che finirebbe per non essere sottoposta al sistema dei controlli e dei divieti previsti dalla vigente normativa a tutela di valori e di principi fondamentali per il nostro ordinamento;

    la stessa sentenza non ha però escluso la possibilità di una normativa nazionale a tutela del pluralismo, a condizione che detta influenza sia determinata in concreto, evidenziando che comunque possono realizzarsi situazioni suscettibili di dar luogo a «un'influenza tale da pregiudicare il pluralismo dei media»;

    sembra pertanto necessario ipotizzare un intervento normativo urgente volto a ripristinare lo status di certezza giuridica legato alla tutela del pluralismo informativo, assicurato, sino alla pronuncia in esame, dall'articolo 43 del Tusmar, tenendo altresì conto che in Italia vi è costante giurisprudenza costituzionale che ritiene necessario porre limiti a tutela del pluralismo considerato un valore fondamentale e primario del nostro ordinamento;

    l'improcrastinabile intervento del legislatore andrebbe considerato anche in virtù del fatto che in un futuro prossimo i principali soggetti regolati (TLC e Media) avranno l'occasione di concorrere per prendere parte a importanti scelte strategiche aventi un sicuro impatto sull'evoluzione tecnologica del Paese (su tutte, l'infrastruttura della rete unica in fibra ottica, attualmente in discussione). Senza tralasciare il tema del peso dei grandi Ott multinazionali sui contenuti, di informazione con le conseguenti ricadute sul pluralismo dei media, anche in termini di colonizzazione culturale e di marginalizzazione della produzione identitaria nazionale ed europea;

    nella riunione del 23 settembre 2020 il Consiglio dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha proseguito l'esame della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea nella causa C-719/18 al termine del quale, come detto nel comunicato stampa dell'Agcom, «alla luce degli approfondimenti giuridici svolti, ha espresso l'avviso che, allo stato, non vi siano condizioni per adottare decisioni di qualsivoglia natura in ordine alla delibera 178/18/CONS prima che sia intervenuta la pronuncia del Tar del Lazio. Infatti, il Consiglio ha rilevato che la sentenza pregiudiziale pronunciata dalla Corte di Giustizia definisce una fase incidentale del processo pendente dinanzi al TAR del Lazio e si rivolge al giudice nazionale e non direttamente alle parti, per cui essa non pone un problema di esecuzione in senso tecnico. Ciò che andrà eseguito è invece la sentenza del TAR del Lazio, cui spetta dare attuazione alla pronuncia della Corte di Giustizia. Peraltro, rimane incerto quale potrà essere l'effetto conformativo della sentenza del giudice amministrativo»;

    l'udienza al Tar del Lazio è fissata il 16 dicembre 2020 e pertanto la decisione dell'Agcom di non annullare e comunque di non sospendere la delibera 178/17/CONS lascerebbe il tempo per intervenire preventivamente con un intervento normativo tenendo peraltro in considerazione quanto rilevato dal Consiglio uscente dell'Agcom con riferimento all'incertezza dell'effetto conformativo della sentenza da parte del giudice amministrativo;

    va peraltro considerato che il recente decreto-legge 23 aprile 2020, n. 23, convertito dalla legge 5 giugno 2020, n. 40, è stata estesa l'operatività dei poteri speciali del Governo a tutti i settori strategici individuati dall'articolo 4 del regolamento n. 2019/452/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, che istituisce un quadro per il controllo degli investimenti esteri diretti nell'Unione europea ricomprendendovi anche il settore indicato in detto regolamento alla lettera «e) libertà e pluralismo dei media»,

impegna il Governo:

1) ad adottare con urgenza iniziative legislative, in una prima fase anche di carattere transitorio, per evitare un vuoto normativo su un principio cardine della democrazia che è quello del pluralismo delle fonti di informazione, costituzionalmente garantito;

2) a considerare in detta iniziativa legislativa le mutate condizioni di mercato con la presenza sempre più rilevante delle diverse piattaforme multinazionali.
(1-00391) «Meloni, Lollobrigida, Butti, Acquaroli, Bellucci, Bignami, Bucalo, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro per le pari opportunità e la famiglia, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   l'udienza preliminare dell'inchiesta sui presunti affidi illeciti, nota anche come «Caso di Bibbiano», è fissata per il 30 ottobre 2020 e in quell'occasione si deciderà se rinviare a giudizio le 24 persone indagate, ma, nel frattempo, nulla è cambiato e ciò che non deve continua ad accadere;

   sono i numeri, prima di tutto, a fotografare le opacità del sistema: in Italia non esiste una stima aggiornata dei minori allontanati dalle famiglie, si parla ad oggi di circa 40.000 casi, tra bambini collocati in case famiglia o presso famiglie affidatarie;

   come riconosciuto nel 2019 dalla stessa Garante per l'infanzia e l'adolescenza il «Sistema informativo nazionale sui bambini e gli adolescenti» (Sinba), a tutt'oggi, è ancora in fase di sperimentazione e non si tratta soltanto di conoscere il numero totale dei bambini in comunità, ma anche quanti sono quelli che, dopo essere stati allontanati per un provvedimento giudiziario, tornano alle loro famiglie o per quanti si apre la strada dell'adozione;

   secondo una ricerca dell'università di Padova, ogni giorno 63 minori vengono allontanati dalla famiglia di origine e, in alcuni casi, ciò avviene senza una sufficiente motivazione; né l'allontanamento coatto può essere la soluzione a un problema di conflittualità tra i genitori; ma succede e succede troppo spesso;

   all'origine di numerose storie, infatti, vi sarebbe una conflittualità di coppia sfociata in un contrasto sordo e quando la macchina del sistema di assistenza ai minori si mette in moto, è quasi impossibile fermarla: storie emblematiche di rigidità e di contraddizioni che attestano, ancora una volta, la necessità di riforme urgenti;

   osserva Vincenza Palmieri, docente di pedagogia familiare, che ha steso una relazione su uno dei tanti casi: «Come in tantissimi altri casi le relazioni parentali sono state giudicate senza aver visto mai i bambini insieme ai genitori. Valutare un bambino solo sulla base di considerazioni generiche senza vederla insieme ai familiari, è un giudizio parziale. Vuol dire ignorare quello che i bambini manifestano non solo con le parole, ma anche con il corpo. Questa bambina perde i capelli, ed è un fenomeno molto diffuso, perché avverte un malessere diffuso. Deve essere piegata alla volontà di qualcun altro. Nelle Ctu si parla di rischio psico-evolutivo per giustificare l'allontanamento dei bambini. Il rischio è solo un'ipotesi. Ma come si fa a decidere sulla base di un'ipotesi? Passiamo da un rischio ipotetico a un danno certo»;

   la scelta dell'allontanamento dei minori dai genitori non può essere giustificato nemmeno dalla semplice trascuratezza, incuria o mancanza di una rete familiare adeguata, come altrettanto spesso accade: si tratta certamente di casi di fragilità famigliari, ma queste famiglie devono essere aiutare diversamente, supportate a recuperare quella indipendenza economica per poterle permettere di proseguire nell'opera di educazione dei figli;

   nonostante il clamore sollevato da quanto accaduto in Val d'Enza, troppe situazioni continuano ad essere opache; centinaia sarebbero le famiglie che aspettano di riabbracciare i propri figli; padri e madri che per giorni non riescono a sentire né a vedere i propri piccoli, nonostante i decreti dei tribunali dispongano diversamente –:

   se e quali immediate iniziative di competenza il Governo intenda adottare per scardinare un «sistema» ormai inadeguato per strutture e per «cultura», anche attraverso l'istituzione di una banca dati nazionale che raccolga informazioni omogenee e aggiornate sul fenomeno dei minori collocati fuori famiglia e, in particolare, l'attuazione di un vero e proprio piano nazionale di sostegno reale e fattivo delle famiglie.
(2-00966) «Lucaselli, Lollobrigida, Bellucci».

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   l'8 ottobre 2020 l'Aifa (Agenzia italiana del farmaco), con una propria determina, ha autorizzato la «Modifica del regime di fornitura del medicinale per uso umano “Ellaone (ulipristal)”», cambiandone la destinazione: da «Medicinale soggetto a prescrizione medica da rinnovare volta per volta» per le pazienti di età inferiore ai 18 anni e «Medicinale non soggetto a prescrizione medica, ma non da banco per le pazienti maggiorenni» a «Medicinale non soggetto a prescrizione medica ma non da banco per ogni fascia di utenza»;

   il farmaco, è comunemente chiamato la «pillola dei 5 giorni dopo» in quanto viene utilizzato per la «contraccezione d'emergenza» entro 120 ore dopo un rapporto sessuale a rischio di gravidanza. La modifica del regime di dispensazione in ambito nazionale segue, peraltro, la modifica della autorizzazione della immissione in commercio rilasciata dalla Commissione europea con decisione n. 51 del 7 gennaio 2015. Provvedimento con il quale fu prevista la possibilità di vendita del farmaco senza la preventiva prescrizione medica a prescindere dalla fascia d'età dell'utenza;

   la recente determina dell'Aifa dell'8 ottobre n. 898 suscita delle perplessità dal punto di vista del merito tecnico della decisione. Non tanto per l'agevolazione introdotta in ordine all'accessibilità al farmaco da parte delle minori, quanto per il fatto che il mantenimento della dispensazione del farmaco senza ricetta medica anche per le donne di età superiore ai 18 anni avrebbe meritato una maggior attenzione e sarebbe comunque meritevole di riesame;

   infatti, il principio attivo della specialità EllaOne è dato dalla molecola denominata «ulipristal acetato» presente nella dose di 30 milligrammi per pastiglia monouso. La stessa molecola è altresì contenuta, nella misura di 5 milligrammi per pastiglia, nel diverso farmaco chiamato Esmya5, che viene utilizzato per la cura dei fibromi uterini;

   ma per questo diverso farmaco il 23 marzo 2020 l'Aifa, conformemente alle indicazioni dell'Ema (l'Agenzia europea del farmaco), ne ha vietato l'impiego affermando che il relativo principio attivo «ulipristal acetato» deve essere sottoposto a revisione, la quale, come si legge nel testo del comunicato, «è iniziata a seguito di un nuovo caso di grave danno epatico, che ha comportato trapianto epatico in una paziente trattata con Esmya5 milligrammi (ulipristal acetato)» segnalato nel 2019;

   in precedenza, in Italia già nel 2018 il Comitato di valutazione dei rischi per la farmacovigilanza (Prac) aveva già sollevato il problema della revisione di Esmya 5 milligrammi a seguito di vari casi di danno epatico grave, inclusi 4 casi che avevano richiesto il trapianto epatico;

   malgrado l'intervenuto divieto di commercializzazione della molecola, indiziata di danni epatici gravi ed irreversibili, e l'indagine in corso in regime di farmacovigilanza aperta da ormai due anni, pur tuttavia l'Aifa ha ritenuto di estendere l'impiego dell'EllaOne, che contiene in dose più rilevante la molecola (ulipristal acetato) incriminata, sottraendo in tal modo in forma completa il suo impiego al monitoraggio sanitario;

   nei giorni scorsi, interrogato al Senato su questa vicenda, il Ministro Speranza si è limitato a rispondere che la decisione di distribuire EllaOne senza ricetta anche alle minorenni è una determinazione autonoma dell'Aifa;

   nel comunicato stampa del 10 ottobre 2020, il dottor Nicola Magrini, direttore generale dell'Aifa, illustrando la suddetta determinazione, l'ha giudicata come «uno strumento altamente efficace per la contraccezione d'emergenza per le giovani che abbiano avuto un rapporto non protetto, entro i cinque giorni dal rapporto» e uno «strumento etico» perché rivolto ad evitare le problematiche delle adolescenti a fronte del rischio di una gravidanza;

   da quanto sopra esposto a parere dell'interpellante si apprende con sorpresa che le politiche demografiche e quelle pertinenti all'educazione sessuale finiscono per essere di competenza della farmacologia –:

   se l'autorizzazione all'impiego dell'EllaOne senza prescrizione medica sia coerente con i principi di tutela della salute e di precauzione e per quale ragione l'attuale impiego della molecola «ulipristal acetato» venga sottratto al controllo medico quando invece il suo impiego è sotto indagine perché, a minor dosaggio e per un diverso uso, viene ritenuta pericolosa per la salute umana;

   a fronte di una intervenuta situazione di rischio, non presente al momento del rilascio della autorizzazione della Commissione europea, se e in quale modo l'Aifa abbia adeguatamente e correttamente valutato tale situazione, o se non abbia preferito in sostanza aderire a delle valutazioni di ordine etico e politico, secondo l'interpellante mettendo gravemente a rischio non solo la salute delle donne ma anche, e in particolar modo, quella delle adolescenti.
(2-00965) «Bond».

Interrogazione a risposta orale:


   MARTINCIGLIO, SODANO, D'ORSO e PIGNATONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   è noto che la Sicilia sudoccidentale è interessata dal fenomeno dell'immigrazione clandestina proveniente dall'Africa settentrionale attraverso imbarcazioni che, una volta sbarcate, vengono abbandonate sulla riva;

   tra le zone interessate, vi sono anche le coste della riserva naturale orientata di Torre Salsa — un'area di 762 ettari, compresa tra Siculiana Manna ed Eraclea Minoa (AG) sito d'importanza comunitaria (SIC ITA040003) e anche oasi (Wwf) — la cui costa mediterranea di 6 chilometri, un tempo incontaminata, negli ultimi anni è invasa da relitti di barche utilizzate per il trasporto dei clandestini che, poste sotto sequestro dalle competenti autorità nell'immediatezza dello sbarco, marciscono sulla spiaggia, venendo distrutte dal mare;

   lo stato di abbandono dei numerosi natanti, oltre a danneggiare il valore paesaggistico dell'area (ormai appellata «cimitero di barche») e a provocare un notevole inquinamento del mare e del suo ecosistema per la fuoriuscita di carburante e di olii, nonché per la presenza di batterie esauste, plastica e ferro, grava pesantemente sulle finanze pubbliche, stanti gli elevatissimi costi sostenuti dallo Stato per la loro rottamazione;

   la materia è regolata dall'articolo 12, comma 8, del decreto legislativo 286 del 1998, «Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero» in relazione al quale la Presidenza del Consiglio dei ministri ha emanato la circolare 13 febbraio 2003 riguardante la «Distruzione di imbarcazioni utilizzate per reati di immigrazione clandestina», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale serie generale, n. 41 del 19 febbraio 2003;

   nella maggioranza dei casi i natanti al momento del sequestro si presentano in buone condizioni e funzionanti; l'associazione ambientalista MareAmico di Agrigento, già nell'agosto 2018, si era fatta promotrice di un'iniziativa volta al loro reimpiego presentando alla Presidenza del Consiglio dei ministri una proposta di modifica della suddetta circolare che al momento ne impedisce l'affidamento a soggetti diversi da quelli elencati nel citato articolo 12;

   in particolare, l'associazione chiedeva di allargare la platea dei richiedenti l'affidamento dei beni sequestrati anche alle associazioni no profit riconosciute dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, cooperative di pescatori o privati cittadini disposti a riutilizzarle per finalità sociali o turistiche, oppure di promozione di attività lavorative a vantaggio delle stesse aree interessate dal fenomeno dell'immigrazione clandestina;

   a parere dell'interrogante, l'accoglimento di tale proposta — trasmessa dalla Presidenza del Consiglio al Ministro dell'interno con nota del 10 agosto 2018 — oltre a scongiurare il rischio di disastro ambientale e a sgravare le finanze pubbliche dall'ingente costo per la rottamazione delle imbarcazioni, sarebbe un importante segnale di civiltà e una preziosa occasione per promuovere sul territorio siciliano iniziative sociali e turistiche, creando nuove opportunità di lavoro per la comunità locale e sviluppando l'indotto artigianale collegato al loro recupero –:

   se siano a conoscenza della situazione descritta in premessa;

   quali iniziative intendano adottare, per quanto di competenza, anche di carattere normativo, al fine di scongiurare il rischio di danno ambientale e paesaggistico, nonché per ridurre i costi di rottamazione, dando anche un segnale contro lo spreco;

   se, in particolare, si intenda valutare l'ipotesi del recupero delle suddette imbarcazioni estendendo i requisiti per la loro assegnazione e comprendendo fra gli affidatari anche privati e aziende, inclusi i cantieri siciliani, anche per aumentare le opportunità lavorative dei cittadini dei territori su cui proseguono costantemente operazioni di soccorso ai migranti, prestando particolare attenzione ai pescatori;

   se e quali siano i motivi ostativi che fino a ora hanno impedito l'integrazione della circolare citata in premessa che consentirebbe l'affidamento delle imbarcazioni a terzi disposti a riutilizzarle per finalità sociali o turistiche, oppure di promozione di attività lavorative a vantaggio delle aree interessate dal fenomeno dell'immigrazione clandestina.
(3-01821)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FERRI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la legge di bilancio 2020, entrata in vigore il 1° gennaio 2020, ha previsto la costituzione del Fondo investimenti delle amministrazioni centrali dello Stato;

   tale fondo ha una dotazione complessiva pari a circa 20,8 miliardi di euro suddivisi in un arco temporale di 15 anni, ma anticipabili attraverso la stipula di contratti di mutuo con il meccanismo Bei oppure con Cassa depositi e prestiti o istituti bancari;

   trascorsi quasi 11 mesi dall'entrata in vigore della legge di bilancio, ad oggi, le amministrazioni centrali non hanno potuto neppure iscrivere a bilancio gli importi stanziati, in quanto le relative risorse devono essere attivate e ripartite attraverso un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che ha seguito un lungo iter di approvazione e che la legge di bilancio voleva approvato entro il 15 febbraio 2020;

   in particolare, il Ministero dell'economia e delle finanze ha interpellato i singoli Ministeri per conoscere le rispettive esigenze e le proposte da candidare al fondo. A questo punto, il Ministero dell'economia e delle finanze ha operato una selezione delle medesime e predisposto lo schema di decreto Presidente del Consiglio dei ministri inviato a fine luglio 2020, alle Camere per il necessario parere da rendere entro 30 giorni;

   attualmente il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è alla firma del Presidente del Consiglio dei ministri e dovrà poi essere registrato da parte della Corte dei conti;

   infine, dopo la pubblicazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e la registrazione saranno poi le singole amministrazioni destinatarie ad assegnare le risorse con un decreto ministeriale anch'esso oggetto di registrazione da parte della Corte dei conti;

   pertanto, da dieci mesi più di 20 miliardi di euro previsti dalla legge di bilancio 2020 che ha costituito il fondo sono di fatto bloccati e inutilizzabili;

   soprattutto in tempi di emergenza da Covid-19 queste procedure marcano, ancora una volta, la distanza tra i reali bisogni e i tempi economici del Paese e la burocrazia –:

   quali siano i tempi per l'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui in premessa;

   se si intendano adottare iniziative affinché le procedure di programmazione previste nel cosiddetto Decreto semplificazioni, attraverso ad esempio i contratti di programma, possano trovare applicazione per i futuri stanziamenti per i trienni successivi al 2020-2022 con riferimento al quale sono erogabili 1,73 miliardi di euro.
(5-04813)

Interrogazioni a risposta scritta:


   UBALDO PAGANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 2 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, reca disposizioni per il riordino della rete ospedaliera in relazione all'emergenza da COVID-19;

   il comma 1 prevede che, al fine di rafforzare strutturalmente il servizio sanitario nazionale in ambito ospedaliero per fronteggiare l'emergenza pandemica in corso, le regioni e le province autonome debbano garantire l'incremento strutturale di attività in regime di ricovero in terapia intensiva, fino a un totale complessivo di 3.500 nuovi posti su base nazionale;

   il comma 8 dispone che le regioni devono presentare entro trenta giorni dall'entrata in vigore del decreto il piano di riorganizzazione che viene approvato entro ulteriori trenta giorni dalla ricezione dal Ministero della salute;

   allo stesso comma 8, inoltre, è specificato che «è ammessa per una sola volta la richiesta di chiarimenti o integrazioni da parte del Ministero, cui la regione o la provincia autonoma dà riscontro entro i successivi dieci giorni, durante i quali il termine di approvazione è sospeso. Decorso il termine di cui al primo periodo, senza l'adozione di un provvedimento negativo espresso da parte del Ministero, il piano si intende approvato. Nel caso di mancata presentazione del piano da parte della regione o della provincia autonoma oppure nel caso di adozione di un provvedimento negativo espresso da parte del Ministero, il piano è adottato dal Ministero della salute nel successivo termine di trenta giorni, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome»;

   il comma 11 dispone che, considerata l'urgenza del contesto epidemiologico, «a seguito dell'approvazione da parte del Ministero della salute di ciascun piano di riorganizzazione [...] gli importi di cui al comma 9 relativi all'anno 2020, pari a complessivi 1.467.491.667 euro, sono trasferiti alla contabilità speciale intestata al Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e il contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID-19»;

   il comma 12, infine, prevede la possibilità per il commissario di delegare l'esercizio dei poteri a lui attribuiti a ciascun presidente di regione o di provincia autonoma che agisce conseguentemente in qualità di commissario delegato;

   in data 16 ottobre 2020 diversi organi di stampa hanno riportato le «accuse» del commissario Arcuri nei confronti dei presidenti di regione, responsabili, a suo dire, di aver tardato nella realizzazione dei piani di incremento delle terapie intensive e di aver agito in modo non efficace in materia di organizzazione dei test diagnostici per l'individuazione e tracciamento dei contagi;

   sebbene il termine per la presentazione del piano di riorganizzazione fosse stabilito alla data del 19 luglio 2020, molte regioni hanno adempiuto in anticipo;

   a norma delle disposizioni riportate, senza l'approvazione del commissario, individuato come soggetto attuatore, gli interventi non possono prendere avvio;

   la conferma definitiva dei piani, però, è avvenuta tra agosto e la fine del mese di settembre 2020 e il bando per il potenziamento delle terapie intensive è stato pubblicato solo il 2 ottobre 2020. In contemporanea alla pubblicazione del bando è avvenuta anche l'assegnazione delle deleghe in favore di 11 presidenti di regione –:

   se trovino conferma i fatti riportati in premessa, ossia il grave ritardo che sarebbe stato causato dal Ministero della salute e dal commissario nell'approvazione dei piani di riorganizzazione;

   se e quali iniziative di competenza intenda intraprendere per garantire la celere attuazione degli interventi previsti e necessari a fronteggiare l'evoluzione del fenomeno epidemiologico da Covid-19.
(4-07176)


   CECCHETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in questi giorni si assiste all'ennesima produzione normativa con il susseguirsi di provvedimenti, atti amministrativi, comunicati legati alla pandemia da Covid-19;

   a detta degli operatori, dei giuristi, di chiunque debba leggere e attuare i vari decreti-legge e decreti ministeriali, vi è la necessità di disciplinare in maniera organica la materia dei poteri emergenziali; rimane, infatti, il quesito di fondo circa il tema della «durata» dello stato di emergenza e della costante deroga alle regole del nostro ordinamento;

   occorre che il Governo faccia chiarezza circa la durata temporale dell'emergenza; infatti, diversamente lo stato di emergenza rischierebbe (e così pare) di trasformarsi in regime ordinario con tutte le conseguenze del caso;

   la giurisprudenza della Corte costituzionale ha messo in evidenza la fondamentale caratteristica dello stato di emergenza: la temporaneità delle deroghe; la Corte ha evidenziato, in passato, come «l'emergenza, nella sua accezione più propria, è una condizione certamente anomala e grave, ma anche essenzialmente temporanea»;

   occorre dunque domandarsi se il contrasto alla pandemia possa essere ancora affrontato con reiterati provvedimenti emergenziali, oppure, invece, non sia più opportuna l'adozione di un nuovo sistema di regole anche speciali, ma ordinarie;

   quello a cui si sta assistendo è la trasformazione dell'emergenza in condizione ordinaria;

   quello che dovrebbe fare un Governo saggio e competente è sviluppare una nuova legislazione ordinaria finalizzata a fronteggiare la pandemia, con misure anche rigide, ma condivise e maturate con il coinvolgimento dell'organo legislativo per eccellenza e quindi il Parlamento — prevedendo un reale rapporto tra centro e periferia con la distribuzione di competenze, poiché la pandemia in corso ha dimostrato la necessità, in uno Stato costituzionalmente regionale, di un rapporto tra Governo e regioni nella gestione delle emergenze, così come previsto anche dall'articolo 5 della Costituzione;

   proprio sull'ultimo aspetto, il professor Luca Buscema dell'Università degli studi di Messina, ha affermato che «... nel corso dello “stato di necessità” ... per garantire effettività (non solo) della “tutela della salute” non può che affermarsi, quindi, un modello di regionalismo di tipo cooperativo ... che sappia valorizzare le attitudini particolari sviluppate in seno a specifici ambiti territoriali ... per permettere di coordinare efficacemente le azioni congiunte in vista della salvaguardia della salus rei publicae ...»;

   il modus operandi del Governo ad avviso dell'interrogante in contrasto con le più basilari regole costituzionali trova conferma nel varo dell'ultimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 18 ottobre 2020 –:

   se il Governo non ritenga necessario agire nel rispetto della Costituzione e delle norme vigenti in modo da dare reali risposte ai cittadini, agli operatori, all'intero sistema economico-sociale-sanitario del Paese mediante regole e norme, chiare, certe e trasparenti, tutelando i bisogni di tutti i cittadini nonché rispettando il principio della collaborazione fra Stato e regioni con l'effettivo coinvolgimento del Parlamento, affinché la reiterazione di provvedimenti emergenziali non si trasformi in una costante deroga, immotivata, al sistema vigente di norme.
(4-07192)


   DONZELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato dal quotidiano Il Foglio, fondi stranieri sarebbero giunti al Partito democratico, in particolare alcuni candidati alle elezioni regionali del settembre 2020, attraverso «Social Changes», una «organizzazione diretta da Arun Chaudhary, già filmmaker della Casa Bianca ai tempi di Barack Obama». Il Foglio scrive che «Social Changes» interviene dando sostegno economico per sponsorizzare anche post su Facebook. E, soprattutto, nelle ultime settimane di campagna elettorale. «In questo modo sono state finanziate le campagne elettorali dei singoli candidati ai vari consigli regionali, – scrive nell'articolo il giornalista David Allegranti – che hanno prodotto risultati sorprendenti. Prendiamo il caso di Federica Benifei, candidata a Livorno. Ostetrica, 26 anni, sconosciuta ai più (e nota soprattutto per essere la nipote del partigiano Garibaldo), militante dei Giovani democratici. Benifei è arrivata terza nel suo collegio prendendo 6.332 voti, a poca distanza da un professionista della politica come Francesco Gazzetti, arrivato secondo con 7.028 e candidato designato dal partito per entrare in consiglio attraverso accordi interni finalizzati a spingerlo (roba di caminetti, insomma). Per adesso la giovane Benifei è fuori dal consiglio, ma entrerebbe se Gianni Anselmi diventasse assessore della giunta regionale Giani (di voti lui, che pure è stato sindaco di Piombino, ne ha presi 8.299). L'aspetto più interessante della candidatura Benifei sono le risorse economiche impiegate nella campagna elettorale: tra il 28 luglio e il 23 settembre sono stati spesi 11 mila e 267 euro di sponsorizzazioni (140 in totale) su Facebook. Prima di fine luglio 2020, il registro pubblico delle inserzioni su Facebook non aveva alcun contenuto sponsorizzato». L'utilizzo di fondi stranieri (americani come di chiunque altro) per la politica è illecito;

   il cosiddetto decreto crescita (decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34), ultimo approvato e in vigore in materia vieta i finanziamenti diretti. I finanziamenti dall'estero (pubblici o privati) possono andare solo alle fondazioni e associazioni. A patto che questi soldi non vengano poi rigirati nelle casse dei partiti e dei movimenti politici –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa;

   se sia a conoscenza di altri candidati beneficiari di suddetti finanziamenti;

   se e quali iniziative di competenza il Governo ritenga di adottare, affinché sia fatta chiarezza in ordine ai fatti sopra riportati, considerato che questi finanziamenti esteri a candidati di un partito che è forza di governo potrebbero influenzare le scelte politiche estere ed economiche della nostra nazione.
(4-07194)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   BELLUCCI, RAMPELLI, MOLLICONE e FRASSINETTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   è una vicenda che ha dell'incomprensibile, misto a crudeltà fine a se stessa, l'uccisione in un parco a Roma di una mamma cinghiale e dei suoi 6 cuccioli;

   la polizia provinciale, in una operazione congiunta con il comune di Roma, ha abbattuto gli animali che da qualche giorno girovagavano indisturbati nelle strade del quartiere Aurelio; incurante delle proteste degli abitanti e degli animalisti, ha ignorato soluzioni e alternative concrete per una loro presa in carico e per il trasferimento, come denunciato dall'Enpa Roma;

   nel tentativo di giustificare, solo in parte, l'operazione, l'assessore capitolino al benessere degli animali, Laura Fiorini, ha dichiarato: «La Regione non aveva gabbie per la cattura. Ieri sera al Parco Mario Moderni, in zona Gregorio VII, sono stati teleanestetizzati sei cinghiali. La decisione è stata presa dal Tavolo Tecnico composto da Asl, Regione Lazio, Roma Natura e nel quale Roma Capitale ha solo il compito di convocazione, coordinamento e supporto logistico negli interventi. Voglio chiarire che la scelta privilegiata è la cattura con apposite gabbie, ma poiché Regione Lazio e Roma Natura non le hanno predisposte, il tavolo tecnico ha ritenuto che, essendo impossibile ricorrere alla prima modalità, fosse necessario procedere con la teleanestesia. Ma è chiaro che la necessità deve essere oggettiva e non può consistere nella semplice indisponibilità delle gabbie o altre semplici difficoltà superabili. Prendiamo atto, infine, del fatto che il Protocollo sui Cinghiali, da noi sottoscritto insieme alla Regione, non è stato attuato dall'Ente competente, Regione Lazio. Ne trarremo le conseguenze poiché l'irresponsabilità dei comportamenti non può ricadere su chi li subisce ma su chi ne è artefice»;

   l'organizzazione internazionale protezione animali (Oipa) ha chiesto a Roma Capitale e alla regione Lazio spiegazioni in merito alla decisione di uccidere sbrigativamente una mamma cinghiale e i suoi sei cuccioli: «Questo scempio è la conseguenza del protocollo d'intesa Roma Capitale-Regione Lazio-Città Metropolitana approvato dalla Giunta capitolina il 27 settembre 2019. Questo scempio va contro il sentire della stragrande maggioranza dei cittadini che volevano la famiglia salva in una riserva protetta in cui gli animali avrebbero potuto essere trasferiti una volta anestetizzati. Invece le istituzioni hanno preferito la soluzione più crudele»;

   se esiste «un'emergenza cinghiali» nella Capitale d'Italia, questa non può essere affrontata con crudeltà e mattanze, ma con responsabilità e soluzioni condivise che consentano di allontanare gli animali dai centri abitati, garantendo la sicurezza dei cittadini e la salvaguardia degli animali –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa considerata la gravità degli stessi, quali immediate iniziative di competenza intenda adottare per fare luce sulla vicenda;

   se e quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intenda assumere per arginare, nel pieno rispetto dell'incolumità dell'animale, il fenomeno degli ungulati metropolitani, collegato inevitabilmente all'annosa emergenza rifiuti che incombe sulle nostre città e, in particolare, su Roma Capitale.
(4-07178)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta immediata:


   PICCOLI NARDELLI, CIAMPI, DI GIORGI, ORFINI, PRESTIPINO, ROSSI, GRIBAUDO, ENRICO BORGHI e FIANO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   il turismo e la cultura sono tra i settori maggiormente colpiti dalla diffusione del Coronavirus e dai provvedimenti adottati per contenere il contagio;

   non è facile quantificare le ricadute della pandemia sull'economia della cultura. Bastano, però, alcune cifre: sono stati almeno 30 mila i lavoratori che ruotano intorno al sistema di gestione e visita del patrimonio museale che hanno usufruito degli ammortizzatori sociali; 18.600 i titoli di libri che nel 2020 non sono stati pubblicati e quasi 40 milioni di copie non stampate; mercato discografico in calo del 60 per cento, circa 110 milioni di euro di incassi al botteghino delle sale cinematografiche in meno; sono 250 mila i lavoratori dei concerti dal vivo ad essere fermi e circa la metà degli oltre 300 mila addetti nei teatri;

   nel settore turistico, malgrado alcuni segnali di ripresa nei mesi estivi, si sono registrati circa 51 milioni di turisti in meno. In un confronto europeo tra singole destinazioni turistiche, il forte tasso di internazionalizzazione delle nostre città d'arte ha determinato nel 2020 tassi negativi (Firenze –63,9 per cento di arrivi internazionali, Napoli –61,5 per cento, Venezia –60,7 per cento, Roma –60,5 per cento, Milano –58,5 per cento, Genova –57,2 per cento, Torino –53,2 per cento);

   a seguito dell'emergenza l'Esecutivo ha previsto diversi interventi volti a sostenere il settore, in relazione alle difficoltà derivanti dalla chiusura: istituiti due fondi per sostenere l'emergenza del settore dello spettacolo, del cinema e dell'audiovisivo, un fondo emergenze imprese e istituzioni culturali, sono stati individuati criteri specifici per l'attribuzione delle risorse del Fondo unico per lo spettacolo, introdotta la possibilità di prevedere una maggiore flessibilità nella ripartizione delle risorse destinate ai crediti di imposta per il cinema e l'audiovisivo, è stato ulteriormente esteso «l'Art-bonus», sono state riconosciute diverse forme di sostegno ai lavoratori e per gli utenti, è stato riconosciuto il diritto all'emissione di un voucher;

   a sostegno del settore turistico il Governo è, inoltre, intervenuto con la creazione di fondi di emergenza, con l'estensione e il rafforzamento degli ammortizzatori sociali e con ulteriori strumenti di sostegno dedicati, quali «bonus vacanze» per famiglie e rimborsi con voucher di titoli di viaggio –:

   quali ulteriori misure intenda mettere in atto per il sostegno ai settori della cultura e del turismo, gravemente colpiti sin dagli inizi dell'emergenza Coronavirus a causa della significativa riduzione di presenze e per le chiusure dovute alle misure di contenimento del contagio.
(3-01825)


   FREGOLENT, NOBILI, ANZALDI, TOCCAFONDI e D'ALESSANDRO. – Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. – Per sapere – premesso che:

   sabato 10 ottobre 2020 500 bauli erano in piazza Duomo a Milano per denunciare la crisi del mondo dello spettacolo: migliaia di operatori del settore, vestiti di nero, in rappresentanza dei circa 570 mila lavoratori;

   il settore dello spettacolo, del teatro e della musica dal vivo è stato duramente colpito dal lockdown e dalle restrizioni per contrastare la pandemia e, nonostante le Linee Guida, anche lo spettacolo itinerante è stato duramente colpito con l'annullamento di numerosi eventi autunnali che hanno messo in ginocchio oltre 5 mila imprese;

   secondo i dati Inps, sono circa 142 mila i lavoratori del settore dello spettacolo: attori, registi, musicisti e danzatori, oltre a tutti coloro che operano dietro le quinte, come tecnici, distributori, assistenti, sarti, imprese, scenografi, truccatori, facchini;

   le misure per sostenere il reddito di tali lavoratori sono state utili nel primo periodo ma adesso risultano insufficienti;

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 agosto 2020 ha disposto che sull'intero territorio nazionale gli spettacoli in sale teatrali, da concerto, cinematografiche e in altri spazi, anche all'aperto, debbano essere svolti con posti a sedere preassegnati e a condizione che sia comunque assicurato il rispetto della distanza interpersonale di 1 metro con il numero massimo di 1000 spettatori per spettacoli all'aperto e di 200 spettatori per spettacoli in ogni singola sala;

   il Teatro alla Scala ha già cancellato la campagna abbonamenti per la prossima stagione, cosa che non accadeva dal 1920, ma la realtà culturale è composta anche da diverse situazioni quali piccoli teatri, centri culturali, cineforum che oggi faticano a mantenere in vita la propria attività. Per il cinema lo slittamento del tax credit di un mese mette a rischio la tenuta del sistema cinematografico;

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 18 ottobre non ha modificato le disposizioni contenute negli ultimi decreti con la conferma della possibilità per le regioni di derogare lasciando loro anche la scelta di ridurre la capienza delle sale;

   l'introduzione della capienza dei locali pari alla metà dei posti disponibili, al fine di dare maggiore slancio, nel pieno rispetto della sicurezza e della salute pubblica, all'intero comparto, sarebbe un'iniziativa opportuna –:

   se non ritenga che le attuali restrizioni, introdotte dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 agosto, e confermate in quelli del 13 e del 18 ottobre 2020, per gli spettacoli aperti al pubblico, possano essere modificate nel senso indicato in premessa nel primo provvedimento utile, e quali misure urgenti intenda conseguentemente adottare a sostegno della tenuta economica ed occupazionale dell'intero comparto.
(3-01826)


   TASSO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   la normativa prevista nel nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 18 ottobre 2020 potrebbe aggravare la situazione di bar, locali e attività commerciali, e questo, secondo la Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi), potrebbe costare 1,3 miliardi di euro al mese;

   mentre altri settori erano sulla via della ripresa, le attività commerciali e della ristorazione ne erano ancora ben lontani, e le nuove regole che prevedono chiusure anticipate rendono critico un momento già difficoltoso;

   il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, ha denunciato come «Questa nuova emergenza sanitaria (...) aumenta l'incertezza e mette a rischio decine di migliaia di imprese»;

   alcuni settori come quello del turismo, ma anche ristorazione e spettacolo, e in genere le attività commerciali, rischiano davvero una profonda incertezza. I recuperi che si sono visti durante i mesi estivi legati a turismo, trasporti, tempo libero hanno solo attenuato le riduzioni del lavoro e degli utili;

   secondo Confesercenti almeno 90 mila imprese piegate dalla crisi, tra bar, ristoranti, alberghi, B&b rischiano la chiusura a fine anno;

   secondo l'Istat a rischiare saranno il 40,65 per cento delle microimprese, in particolare quelle legate ai servizi ricettivi e alla ristorazione, seguite da attività sportive e intrattenimento. Si rischiano così almeno 1 milione di posti di lavoro;

   nelle grandi città la crisi è ancora più evidente a causa della mancanza di turisti, dello smart working che svuota i centri e dei costi troppo alti per gli affitti;

   sono prioritarie misure efficaci anti Covid e con una economia già in ginocchio va assolutamente evitato un secondo lockdown –:

   quali iniziative di competenza, oltre a quelle già adottate, intenda attivare per le imprese e gli operatori del turismo al fine di superare la crisi di un settore fondamentale per l'economia italiana e per rilanciarlo.
(3-01827)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CENTEMERO, ANDREUZZA, BINELLI, DARA, FIORINI, GALLI, PETTAZZI, PIASTRA, BITONCI, CAVANDOLI, GUSMEROLI e COLLA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con la risposta all'interrogazione n. 3-01842 del 15 ottobre 2020 in merito alla ulteriore proroga – prevista dall'articolo 51-bis del decreto-legge n. 34 del 2020 – del termine entro il quale le società devono procedere alla nomina degli organi di controllo ai sensi dell'articolo 379, comma 1, del codice della crisi e dell'insolvenza, il Governo ha chiarito che «chi non avesse provveduto ad adeguarsi all'obbligo di cui all'articolo 2477 del codice civile entro la data di approvazione del bilancio 2019 è da considerarsi rimesso in termini a tali fini. Per chi avesse già provveduto non pare intervenire alcun elemento innovativo. La norma indica infatti un termine finale entro il quale adempiere all'obbligo, (“entro la data di approvazione dei bilanci relativi all'esercizio 2021”, recita testualmente l'articolo 379), ma aver provveduto anticipatamente pare perfettamente compatibile con la disposizione normativa, che non sembra possa interpretarsi come idonea a far venir meno l'obbligo medio tempore.»;

   la posizione assunta dal Ministero dell'economia e delle finanze crea oggi nuove, ulteriori difficoltà in quanto già a seguito dell'entrata in vigore del «decreto Milleproroghe» gli addetti ai lavori si sono interrogati sulle possibili conseguenze di tale slittamento del termine per le società che avevano già provveduto alla nomina dei revisori e hanno optato per la risoluzione consensuale dell'incarico del revisore o per la revoca ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera i), del decreto ministeriale n. 216 del 2012 (che prevede come giusta causa «la sopravvenuta insussistenza dell'obbligo di revisione legale per l'intervenuta carenza dei requisiti previsti dalla legge»);

   il mutato scenario già allora ha imposto un adeguato scambio di corrispondenza tra organo di controllo e società al fine di dare sostanza alla risoluzione consensuale, la celebrazione di un'assemblea che ratificasse la risoluzione e la comunicazione al Ministero dell'economia e delle finanze dell'avvenuta decadenza. Successivamente, le società, all'approvazione del bilancio 2019, verificata la sussistenza dei parametri, hanno rinominato il revisore, e quest'ultimo ha poi dovuto darne nuovamente comunicazione al Ministero dell'economia e delle finanze. Si devono inoltre considerare tutte le società – circa 50.000 imprese, rappresentative dell'80 per cento del totale tenuto alla nomina – che non avevano nominato il revisore nel 2019, ma che hanno provveduto nel 2020;

   appare inoltre evidente che con la crisi economica dovuta all'emergenza epidemiologica da Covid-19 la rispondenza ai parametri richiesti per l'obbligo di nomina dei revisori risulta del tutto falsata per numerosissime società e la prospettiva di mantenere gli organi di controllo con i medesimi obblighi previsti per il 2019 in un quadro contabile completamente modificato pone problematiche di ogni tipo;

   da ultimo, si aggiunga che, ove sia intervenuta una risoluzione contrattuale ai sensi del decreto ministeriale n. 261 del 2012 nelle more della proroga, appare assolutamente ingiusto riconoscere una qualche responsabilità alle società che tempestivamente avevano adempiuto all'obbligo di nomina ma che, in vista di uno slittamento del termine, avevano optato per una revoca del rapporto. Questo d'altronde consentiva nell'immediato almeno un risparmio per quelle società diligenti che altrimenti, proprio in un preoccupante contesto economico, avrebbero dovuto far fronte ad un costo in più rispetto alle concorrenti che non si erano adeguate al prescritto obbligo entro i termini stabiliti –:

   se intenda adottare iniziative per chiarire:

    a) che non vi saranno conseguenze per quelle società che nelle more delle due proroghe intercorse hanno optato per una risoluzione o una revoca del rapporto con i revisori già nominati;

    b) che, in caso di formale risoluzione del rapporto a seguito della proroga, la società possa attendere il 2022 prima di nominare, ove ancora tenuta a farlo, il nuovo organo di controllo.
(5-04815)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GUSMEROLI, BITONCI, CANTALAMESSA, CAVANDOLI, COVOLO, GERARDI e TARANTINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il 15 ottobre 2020 il commissario europeo all'economia, Paolo Gentiloni, ha risposto ad una interrogazione dell'europarlamentare, onorevole Silvia Sardone (ID), circa le raccomandazioni dell'Unione europea pubblicate a seguito della riunione dell'Ecofin di luglio 2020 (rif. E-004440/2020 alla Commissione, articolo 138 del regolamento);

   in particolare, è stato chiesto un chiarimento su quanto contenuto nell'allegato «Documento di lavoro dei servizi della Commissione – Relazione per Paese relativa all'Italia 2020» (cfr. SWD (2020) 511 final) che comprende un'analisi del sistema fiscale italiano, nonché le possibili azioni da essa derivanti;

   nel predetto documento è dichiarato: «Vi è margine per aumentare il gettito delle imposte patrimoniali ricorrenti e aggiornare la corrispondente base imponibile. La riduzione delle imposte ricorrenti sull'abitazione principale nel 2014 ha portato a un calo considerevole delle entrate. L'esenzione non è giustificata da motivi di efficienza, in quanto le imposte patrimoniali ricorrenti sono una fonte di entrate più favorevole alla crescita rispetto alle imposte sul lavoro» (cfr. § - 4.1.3. Fiscalità);

   il commissario Gentiloni ha quindi confermato le intenzioni comunitarie: «L'analisi dimostra che, abolendo l'esenzione dell'Imu sull'abitazione principale (con diversi gradi di progressività) e utilizzando le entrate supplementari per ridurre la tassazione sul lavoro, si fornirebbero maggiori incentivi a lavorare, determinando ripercussioni positive sulla crescita economica»;

   a parere degli interroganti, è incomprensibile – ancorché ingiustificata – una eventuale misura che disponga l'imposizione fiscale sugli immobili, sì da determinare effetti devastanti sull'economia del Paese –:

   se non ritenga urgente e necessario, al fine di fugare ogni dubbio ed ambiguità, chiarire quali iniziative intenda intraprendere per scongiurare il ripristino dell'Imu sull'abitazione principale (già abolita nel 2014), oltre che confermare la non tassazione Irpef sempre sull'abitazione principale, nonché quale sia l'orientamento circa la suggerita riforma catastale, così come indicata nelle raccomandazioni dell'Esecutivo europeo.
(4-07181)


   MAGGIONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la direzione regionale dell'Agenzia delle entrate-riscossione ha disposto sine die la chiusura dell'ufficio territorialmente competente dell'Agenzia delle entrate-riscossione di Mortara (ex Equitalia), la cui funzione è utile non solo per la città ma per tutta la Lomellina, compresa la zona di Vigevano;

   dalla chiusura del suddetto ufficio le prestazioni sono fruibili solamente contattando le sedi di Pavia e Voghera, le uniche rimaste operative in provincia di Pavia con la conseguenza, purtroppo inevitabile, di una riduzione della fruibilità dei servizi per i cittadini;

   in ottemperanza alle misure di contenimento disposte dall'autorità statale, a partire dal 15 giugno 2020 gli uffici di suddetta Agenzia hanno garantito il servizio al pubblico previo appuntamento e contingentamento in entrata, a tutela della salute pubblica di tutti i cittadini coinvolti e del personale dell'Agenzia delle entrate stessa, nonché a garanzia di un efficiente servizio pubblico;

   la chiusura dell'ufficio dell'Agenzia delle entrate-riscossione di Mortara è un grave danno anche per tutti i professionisti del territorio lomellino, poiché lo stesso è strategico da raggiungere e dirimente, considerando la particolarità dei servizi offerti nell'ottica di un fisco non coercitivo ma vicino alle esigenze di imprese e cittadini, in una fase particolarmente complessa della congiuntura economica dovuta alla pandemia da Covid-19;

   eventuali economie all'interno dell'Agenzia delle entrate-riscossione andrebbero ricercate negli uffici direttivi centrali e non tagliando le strutture periferiche che offrono servizi diretti al contribuente;

   il mantenimento della predetta sede territoriale si traduce, quindi, in notevoli benefici per l'utenza, per cui considerando il rapporto costi/benefici, maggiori sarebbero i secondi rispetto ai primi;

   pertanto, a parere dell'interrogante sarebbe paradossale perpetrare la chiusura di tale ufficio, la cui funzione rappresenta un presidio importantissimo per il territorio, considerando soprattutto che l'Agenzia delle entrate-riscossione di Pavia dista da Mortara e Vigevano più di 40 chilometri e quella di Voghera circa 50 chilometri –:

   se e quali iniziative di competenza, alla luce dei fatti esposti in premessa, il Ministro interrogato intenda urgentemente adottare a salvaguardia di cittadini e professionisti, così da garantire l'immediata riapertura dell'ufficio dell'Agenzia delle entrate-riscossione di Mortara.
(4-07186)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la mancanza di regolamentazione delle attività di recupero da parte di soggetti privati, ed in particolare da parte delle società cessionarie dei crediti in sofferenza, permette loro di operare in una posizione di supremazia rispetto a debitori troppo spesso privi di difese e sostanzialmente vessati;

   l'assenza di un'interpretazione precisa favorisce l'insorgere del fenomeno del contrasto di orientamenti in ordine ai contratti bancari, alla legittimità delle relative clausole in materia di interessi e, comunque, in ordine alla legittimità degli istituti contrattuali in genere da essi applicata tra i pronunciamenti della Corte di Cassazione e quelli dei giudici del merito;

   i giudizi di merito sembrerebbero troppo spesso appiattiti sulla difesa degli interessi forti portati dalle aziende di credito e si dimostrerebbero poco sensibili alle istanze di aiuto provenienti dalla massa dei debitori travolti dalle difficoltà economiche che, nella maggior parte dei casi, non sono frutto di loro responsabilità;

   tale conflitto è certamente disorientante e contrastante con il principio di certezza del diritto, atteso che in moltissimi casi esso non interviene su questioni sostanziali e di fatto, bensì su questioni di principio. Accade spesso che le sentenze di merito applichino in maniera difforme i principi indicati dalla Corte di Cassazione. Per questi motivi si ritiene necessario un intervento normativo che individui per tali condotte specifici profili di responsabilità ed adeguate sanzioni a carico di chi abbia in tal modo operato;

   secondo un'analisi effettuata da Plus – Il Sole 24 Ore di Federica Pezzatti del 14 dicembre 2019, dal tribunale di Napoli si sarebbe sviluppato un orientamento pro-sistema bancario. In particolare, commentando una sentenza favorevole agli istituti di credito del tribunale civile Napoli, l'autrice evidenziava come il giudice in questione avesse addirittura ribaltato una sentenza della Corte di giustizia europea emessa in data 11 settembre 2019 (caso Lexitor) che preoccupava non poco gli istituti di credito;

   qualora si creasse sul punto una barriera tra i soggetti esecutati e i principi di giustizia enunciati dalla Corte di Cassazione, negandone ad essi l'applicazione, le ricadute sul piano sociale sarebbero gravissime e tali da generare problemi di difficile gestione;

   tra questi sicuramente sono da annoverare i problemi relativi alle abitazioni delle quali in quasi tutti i casi i debitori vengono espropriati, ma non è da trascurare neanche la situazione di chi, verrebbe a trovarsi non solo privo di abitazione ma anche senza i mezzi di sussistenza necessari per la sopravvivenza –:

   se intenda adottare iniziative normative per impedire il verificarsi del conflitto di giudicati senza, tuttavia, coartare il principio della libera determinazione del giudice, ma in guisa tale da stabilire che l'eventuale dissenso dai principi enunciati dalla Corte di Cassazione sia motivato in maniera congrua, logica, coerente e comprensibile, eventualmente prevedendo anche specifica sanzione per l'ipotesi di violazione di tale norma;

   se ritenga opportuno adottare iniziative per la definizione di una norma che regoli la condotta delle società cessionarie, imponendo ad esse l'obbligo di interloquire con il debitore esecutato e quello di conservare la titolarità del pacchetto di crediti ad essa ceduto, prevedendo il divieto di operazioni che consentano la violazione di tale obbligo in modo surrettizio, come per il caso della fusione per incorporazione, e la relativa adeguata sanzione.
(4-07191)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   una direttiva dell'Unione europea emanata in pieno lockdown, impone agli istituti bancari di liberarsi dei crediti deteriorati entro il 2026;

   un grande sforzo è già stato fatto. Negli ultimi quattro anni l'Italia ha fatto passi da gigante. La mole dei crediti «marci» era infatti di ben 341 miliardi di euro alla fine del 2015, mentre oggi il livello è sceso intorno ai 200 miliardi;

   l'Italia ha un livello di non performing loan (Npl) lordi sugli impieghi totali, secondo i dati Eba, vicino alla media dell'Unione europea;

   il continuo intervento sulle banche rischia di alterare il mercato delle sofferenze. Con questa direttiva si profila una colossale occasione speculativa per i fondi specializzati che, per i prossimi 6 anni, possono contare su un mercato certo delle cessioni;

   il regolatore europeo dimentica che dietro questi prestiti in sofferenza ci sono famiglie e imprese in difficoltà, preoccupandosi solo di massimizzare il profitto per i professionisti dei crediti deteriorati; secondo il Centro studi di Unimpresa «Oltre 10 milioni di soggetti, imprese e famiglie, sono coinvolti, con rilevanti rischi, nel fenomeno della cessione dei crediti deteriorati da parte delle banche a fondi specializzati. Si tratta di circa 360 miliardi di euro di prestiti non rimborsati da più di 2,2 milioni di clienti degli istituti di credito a cui si aggiungono gli obbligati e i co-obbligati, i garanti e i dipendenti delle imprese debitrici in crisi, per un totale di oltre 10 milioni di soggetti che potrebbero diventare molti di più con le conseguenze economiche della pandemia. Le norme europee e italiane hanno indotto le banche italiane a continue cessioni massive dei loro crediti deteriorati senza mai considerare l'impatto sull'economia reale, sulle imprese, sull'occupazione, sulle famiglie, sulla società in generale»;

   ancora, «gli unici che ottengono benefici sono i fondi cessionari che hanno comprato al 10 o al 30 per cento pacchetti di crediti inesigibili spesso sottovalutati, con una conseguenza: le banche puliscono i bilanci con la svendita di npl (non performing loan), regalandoli, di fatto, a società specializzate nel recupero crediti che comunque hanno assicurati importanti margini di guadagno»; la condotta delle società cessionarie è tale da generare in moltissimi casi situazioni di gravissimo disagio, apparentemente provocate dalla attività di recupero dei crediti che pecca in modo inequivocabile di mancanza di etica;

   le società cessionarie generalmente negano ai debitori ogni contatto personale e ignorano sistematicamente qualsiasi proposta di definizione transattiva, ad avviso dell'interrogante, con il chiaro obiettivo dell'espropriazione dell'immobile;

   tale fenomeno è certamente aggravato dall'assenza di norme limitative delle azioni poste in essere dai suddetti soggetti i quali, quindi, si ritengono liberi di agire incuranti degli effetti che sul piano sociale le loro azioni producono;

   l'assenza di regole nell'ambito privatistico nel quale operano le suddette società cessionarie si pone in chiaro contrasto con l'intervento, opportuno e salvifico, effettuato dal legislatore con riguardo alle azioni di recupero poste in essere dall'Agenzia delle entrate. Le limitazioni hanno comportato, ad esempio, l'impossibilità per l'Agenzia di aggredire le case di abitazione dei debitori –:

   se il Governo intenda adottare iniziative per regolamentare in maniera più puntuale il meccanismo della cartolarizzazione, in particolare riguardo alle successive operazioni «nascoste» di trasferimento del medesimo pacchetto di crediti, vietandole o comunque subordinandole alla previa restituzione alla banca cedente dei crediti in precedenza trasferiti;

   se intenda adottare iniziative per estendere i limiti imposti all'Agenzia delle entrate anche alle società cessionarie dei crediti bancari in sofferenza, vietando, ad esempio, la possibilità di aggredire la casa di abitazione dei debitori.
(4-07195)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   GIANNONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 19 della Convenzione sui diritti del fanciullo (New York 1989, ratificata in Italia con la legge 27 maggio 1991, n. 176) prevede che le autorità nazionali hanno l'obbligo di adottare «ogni misura legislativa, amministrativa, sociale ed educativa per tutelare il fanciullo contro ogni forma di violenza, di oltraggio o di brutalità fisiche o mentali, di abbandono o di negligenza, di maltrattamenti o di sfruttamento, compresa la violenza sessuale, per tutto il tempo in cui è affidato all'uno o all'altro, o a entrambi, i genitori, al suo tutore legale, oppure a ogni altra persona che abbia il suo affidamento»;

   il decreto n. 2/2020 della corte d'appello di Roma, che ricalca i principi stabiliti dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 13274 del 16 maggio 2019, stabilisce che la bigenitorialità, desunta dalla legge sull'affido condiviso, n. 54 del 2006, non è un principio astratto e normativo, ma è un valore posto nell'interesse del minore, che deve essere adeguato al benessere del minore stesso;

   la redazione DireDonne ha portato all'attenzione del pubblico la storia di C., una mamma di una bambina di tre anni alla quale il tribunale ordinario di Treviso ha improvvisamente deciso di cambiare il collocamento della figlia, disponendolo presso il padre, con il monitoraggio dei servizi sociali;

   «Il capovolgimento della situazione — ha spiegato la donna alla Dire — è avvenuto con la richiesta di opposizione all'archiviazione chiesta dal mio legale all'interno del procedimento penale aperto dai Servizi sul padre per presunti abusi sessuali sulla bambina. Era da più di un anno che chiedevo in CTU che la situazione fosse valutata dai Servizi Sociali, insieme ad una visita neuropsichiatrica infantile, ma sono sempre rimasta inascoltata»;

   «La CTU è iniziata a febbraio 2019 ma nulla di ciò che riferivo — ha ribadito C. alla Dire — sembrava preso sul serio (...). La bambina dopo un incontro in piscina con il padre ha riferito “papà mi ha fatto male qui” indicando le sue parti intime. (...) La bambina ha poi iniziato ad avere atteggiamenti sessualizzati e che mimavano atti sessuali in modo esplicito»;

   «La CTU, nonostante quanto detto dalla bambina, l'ipersessualizzazione, la paura e i pianti inconsolabili prima di incontrare il padre — ha dichiarato C. — ha continuato ad ignorare le richieste. La CTU si è conclusa a settembre 2019 disponendo un collocamento presso di me, affidamento condiviso, con tre incontri con il padre alla settimana, senza pernotti. Iniziato questo regime di incontri la bambina — si legge ancora — ha iniziato a presentare encopresi ed enuresi quando tornava dal padre e continuava ad avere comportamenti riconducibili ad ipersessualizzazioni. Parlava di “segreti con il papà”. La bambina è stata visitata il 13 maggio da una ginecologa specializzata che ha riscontrato una lesione nelle parti intime compatibile con l'ipotesi di abuso sessuale. Diagnosi confermata da un medico legale e psichiatra forense che ha potuto analizzare le fotografie. A fine giugno la bambina è tornata dopo un incontro con il padre con un'evidente lesione a livello vulvare, documentata anche da una visita eseguita in pronto soccorso pediatrico. (...) Alla ripresa dell'anno scolastico la piccola piangeva disperata dicendo che non voleva andare dal padre. (...) La CTU, dopo due incontri su zoom tra noi genitori e Ctp ed altri due in cui ha visto la sofferenza della bambina prima di andare o restare dal padre, ha consigliato il collocamento proprio presso il padre. Da qui l'ordinanza del Giudice» che ha cambiato il collocamento ai primi di ottobre –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non intenda avviare iniziative ispettive presso la prima sezione civile del tribunale di Treviso.
(4-07193)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta immediata:


   LOLLOBRIGIDA, MELONI, ACQUAROLI, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. – Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere – premesso che:

   l'accordo tra Governo, regioni ed enti locali sulla capienza dei mezzi pubblici del trasporto locale e del trasporto ferroviario regionale all'80 per cento dei posti, estensibile al 100 per cento ove vi siano spostamenti al di sotto dei 15 minuti, rimane in essere anche con gli ultimi provvedimenti del Governo;

   dal confronto Stato-regioni per i cittadini pendolari è emerso che ad oggi il sistema non è in grado di assicurare il distanziamento a bordo e il carico al 100 per cento sotto i 15 minuti rischia di rivelarsi una bomba sanitaria e sociale;

   la riapertura delle scuole ha fatto emergere il preoccupante livello di inadeguatezza nella gestione del trasporto pubblico, e adesso che la seconda ondata di contagi è arrivata, si intensificano le denunce di casi di bus stracolmi;

   per coprire il rimanente 20 per cento di posti, secondo le stime di AssTra, servirebbero circa 19.400 autobus aggiuntivi e 31.000 conducenti, per un costo complessivo di 1,6 miliardi di euro, e per soddisfare una domanda attesa di mobilità pari all'85 per cento, rispetto al periodo pre-Covid, sarebbe necessario un incremento del 70 per cento in urbano e del 42 per cento in extraurbano delle percorrenze chilometriche e, pertanto, «un fabbisogno di autobus e personale di guida insostenibile»;

   le misure di contenimento del contagio non consentono all'attuale sistema dei trasporti pubblici locali, a parità di dotazione di lavoro e mezzi, di soddisfare l'inevitabile incremento della domanda;

   il bus rischia di diventare uno dei maggiori «veicoli» del Covid-19: ne circolano pochissimi, sono sovraffollati e nessuno vigila, e situazione analoga si registra anche sulle linee metropolitane;

   gli esperti hanno lanciato l'allarme: secondo una tabella elaborata dalla Fondazione Gimbe, in ambienti chiusi e affollati con poca aerazione, come i bus appunto, il rischio contagio è alto anche se si indossa la mascherina –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per garantire un servizio efficiente e, al contempo, in grado di assicurare il rispetto delle misure di contenimento del contagio, anche istituendo un tavolo tecnico con gli operatori privati del trasporto al fine di ricorrere anche a taxi, autobus da noleggio e car sharing per integrare l'offerta di trasporto a tariffe agevolate accessibili a tutta la popolazione, rispondendo alle esigenze di mobilità collettiva e sostenendo migliaia di imprese.
(3-01824)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SILVESTRONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il decreto del Presidente della Repubblica n. 474 del 2001 disciplina il rilascio, l'uso e il rinnovo dell'autorizzazione alla targa prova e inizialmente la ratio di detta norma era quella di consentire l'effettuazione di collaudi su strada a veicoli non ancora pronti per l'omologazione e vendita. Nel tempo si è consolidata la prassi di estendere la targa prova anche ai veicoli già immatricolati per collaudare mezzi posti in riparazione, manutenzione e vendita usato;

   ad avvalorare tale prassi, la circolare della Motorizzazione civile n. 4699/M363/2004, ribadita nel successivo parere del 2006, precisava che per le officine era possibile circolare con veicoli con targa prova al fine di effettuare prove tecniche necessarie per individuare malfunzionamenti o per verificare l'efficienza delle riparazioni effettuate. La targa prova, quindi, si poteva utilizzare per veicoli già immatricolati a patto e condizione che fossero dotati di assicurazione e revisione;

   negli anni a seguire, diverse sentenze della Corte di Cassazione avevano cercato di limitare l'uso fatto fino a quel momento della targa prova (Cass. Civ. 16310/2016 – Cass. Civ. 10868/2018);

   meritevole di rilevo è la circolare n. 300/A/4341/18/105/20/3 del 30 maggio 2018, emanata dal Ministero dell'interno, mediante la quale si dichiarava che la prassi di utilizzare la targa prova su veicoli immatricolati non corrispondesse alla finalità del dettato normativo dell'articolo 98 del codice della strada, come modificato dal decreto del Presidente della Repubblica n. 474 del 2001;

   a tale presa di posizione del Ministero dell'interno, si contrapponeva altra circolare adottata dalla direzione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che sostanzialmente ed in maniera diametralmente opposta, riteneva legittima la prassi delle attività di distribuzione e della riparazione automobilistica, di far circolare con la targa prova veicoli regolarmente immatricolati ma privi di assicurazione propria, come quelli usati presenti negli autosaloni di vendita;

   tale contrasto sarà risolto dalla pronuncia del Consiglio di Stato, pronuncia attesa da due anni, a cui le direzioni dei prima citati Ministeri hanno formalmente sottoposto la questione;

   in data 25 agosto 2020 è intervenuta la Corte di Cassazione che con la sentenza n. 17665 ha sancito e ribadito il principio che non si può usare la targa prova sulle auto immatricolate, pronuncia che crea notevoli problemi a migliaia di riparatori e rivenditori di auto usate –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto in premessa rappresentato e se ritenga necessario ed urgente adottare iniziative volte a un intervento chiarificatore che possa definitivamente legittimare l'utilizzo della targa prova su veicoli già immatricolati specificandone e limitandone l'uso agli interventi degli autoriparatori nella fase della prova dei veicoli e negli spostamenti necessari ai rivenditori di auto usate.
(5-04814)


   FICARA, DEL SESTO, MARTINCIGLIO, GRIPPA, GIARRIZZO e BARBUTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1 commi 613-615, della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017), ha previsto la predisposizione di un piano strategico nazionale della mobilità sostenibile, da adottare mediante un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, il Ministero dello sviluppo economico e Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;

   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 1360 del 24 aprile del 2019 è stato approvato il suddetto piano che, in particolare, punta al rinnovo del parco mezzi su gomma adibiti al trasporto pubblico locale con mezzi meno inquinanti e più moderni. Per questa finalità è stato previsto uno stanziamento complessivo di 3,7 miliardi di euro su un arco temporale di 15 anni nel periodo dal 2019 al 2033;

   sulla base di quanto stabilito dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 1360 del 24 aprile 2019 le risorse del piano verranno erogate in 3 periodi quinquennali a partire dal 2019, in base a criteri prefissati su tre graduatorie distinte:

    a) comuni capoluogo di città metropolitane e comuni capoluogo di provincia ad alto inquinamento di PM10 e biossido di azoto: a cui verranno assegnati limitatamente al primo quinquennio di applicazione 398 milioni di euro;

    b) comuni e città metropolitane con più di 100.000 abitanti: a cui andranno 1,1 miliardi di euro;

    c) regioni: a cui verranno ripartiti 2,2 miliardi di euro;

   per semplificare le procedure di attuazione e ridurre i tempi istruttori, è stato ritenuto opportuno predisporre distinti decreti di riparto per gli articoli 3, 4 e 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri relativamente ai comuni capoluogo di città metropolitane e comuni capoluogo di provincia ad alto inquinamento PM10 e biossido di azoto, ai comuni e alle città metropolitane con più di 100.000 abitanti e alle regioni;

   l'8 gennaio 2020 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico e dal Ministero dell'economia e delle finanze, ha reso noto di aver firmato il decreto con il quale vengono ripartite alle regioni, in attuazione del piano strategico nazionale della mobilità sostenibile le risorse, finalizzate a rinnovare il parco autobus destinato ai servizi di trasporto pubblico locale;

   in data 1o aprile 2020, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dopo aver acquisito il parere favorevole dalla Conferenza Stato-regioni, ha reso noto di avere firmato il decreto interministeriale che prevede l'erogazione, nel quinquennio 2019-2023, di 398 milioni di euro a favore di 38 comuni che nel biennio 2018-2019 hanno registrato i più alti livelli di inquinamento PM10 e biossido di azoto;

   ad oggi, tuttavia, non è stato emanato il decreto di riparto di fondi relativamente alle graduatorie di comuni e città metropolitane con più di 100.000 abitanti –:

   se il Ministro sia a conoscenza della suddetta situazione e quali elementi intenda fornire circa l'effettiva tempistica dell'emanazione del decreto di riparto dei fondi relativamente alle graduatorie di comuni e città metropolitane con più di 100.000 abitanti;

   quali urgenti iniziative intenda intraprendere per accelerarne l'iter di emanazione, al fine di promuovere in modo pieno ed efficace il miglioramento della qualità dell'aria, ricorrendo a tecnologie innovative in linea con gli accordi internazionali e con le disposizioni normative della Unione europea, nonché di rilanciare la filiera industriale di produzione di autobus.
(5-04816)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la Ministra De Micheli, facendo il punto sulla situazione del trasporto pubblico locale durante l'emergenza Coronavirus in occasione del question time alla Camera, ha spiegato che «attualmente rispetto ai 16 milioni di viaggi effettuati giornalmente durante il periodo pre-Covid, il monitoraggio eseguito, alla fine del mese di settembre a seguito della riapertura delle scuole, ha rilevato che l'utilizzo dei mezzi di trasporto si attesta a -50 per cento rispetto allo stesso periodo del 2019 e che generalmente viene rispettata, anche durante le ore di punta mattutine e pomeridiane, la percentuale di riempimento dell'80 per cento, che consente di soddisfare l'intera domanda di trasporto»;

   in particolare, il Ministro ha specificato che l'autorizzazione all'occupazione dell'80 per cento dei mezzi pubblici è stata «oggetto di un lungo approfondimento anche scientifico e si fonda su solide basi, anche rispetto ai tempi di percorrenza degli utenti sul trasporto pubblico locale» e che, secondo diversi studi, con l'obbligo della mascherina e un'aerazione efficiente, il trasporto pubblico locale non è un mezzo di contagio;

   da giorni, però, gli esperti hanno lanciato l'allarme, contraddicendo, nei fatti, quegli studi che, probabilmente, non hanno tenuto conto della specificità delle nostre città: secondo una tabella elaborata dalla Fondazione Gimbe, in ambienti chiusi e affollati con poca aerazione, come i bus appunto, il rischio contagio è alto anche se si indossa la mascherina;

   lo stesso direttore sanitario dello Spallanzani, Francesco Vaia, ha denunciato: «Lo sostengo da maggio: il sistema dei trasporti pubblici con la capienza all'80 per cento non può andare. È sbagliato. È un grave errore. E la ragione è molto semplice: in questo modo non si consente il rispetto della regola più importante per prevenire il contagio da coronavirus che è, e resta, quella del distanziamento sociale»;

   la vera sfida oggi è adeguare i sistemi di trasporto pubblico per garantire una mobilità sicura alle persone, spesso pendolari, senza perdere la relativa efficienza; eppure, i fondi per il potenziamento del trasporto pubblico locale sarebbero stanziati nel prossimo disegno di legge di bilancio e, pertanto, verranno assegnati alle regioni non prima del 2021 –:

   se i fatti di cui in premessa corrispondano al vero e sulla base di quali evidenze scientifiche sia stata autorizzata, uniformemente su tutto il territorio nazionale, l'occupazione dei mezzi di trasporto all'80 per cento, senza considerare, ad esempio, le specificità delle città metropolitane o ad alta densità di popolazione;

   se non si ritenga di dover approvare immediatamente, per quanto di competenza, un piano di potenziamento del trasporto pubblico locale, anche attraverso l'adozione di un'iniziativa normativa d'urgenza.
(4-07177)


   LEGNAIOLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   gli hub infrastrutturali, come gli aeroporti, sono fondamentali, al giorno d'oggi, per poter sostenere il flusso economico e turistico;

   organi di stampa locali di Pisa di questi ultimi giorni riportano la notizia secondo la quale il sindaco della città Toscana chiederebbe al Governo di porre maggiore attenzione allo scalo cittadino «Galileo Galilei»; l'aeroporto di Pisa è un centro nevralgico per l'economia locale pisana e toscana, convogliando su di sé un ingente flusso turistico, oltre a garantire un proficuo interscambio commerciale; la richiesta trova il riscontro favorevole dell'intero comparto economico pisano, profondamente e gravemente colpito dalle conseguenze dei provvedimenti adottati per il contrasto al coronavirus –:

   se non si ritenga opportuno precisare se e quali iniziative il Governo intenda assumere per sostenere l'aeroporto di Pisa.
(4-07183)


   MURELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 3 ottobre 2020 alle ore 15 durante una forte ondata di maltempo e di piena del Fiume Trebbia è avvenuto il crollo delle due campate centrali del ponte Lenzino, sulla strada statale 45, che collegava il comune di Corte Brugnatella a quello di Cerignale, a circa 80 chilometri da Piacenza;

   il viadotto era stato oggetto di lavori di revisione alcuni anni fa e il cedimento dell'opera, le cui cause sono ancora oggetto di indagine da parte della magistratura, non ha provocato feriti ma ha isolato le due zone dell'Alta val Trebbia, causando la chiusura della strada statale 45 che collega Piacenza a Genova;

   per collegare i comuni di Corte Brugnatella, Cerignale, Ottone e Zerba sull'alta val Trebbia serviranno circa sei mesi, il tempo richiesto per costruire un nuovo ponte provvisorio;

   è stato infatti predisposto un percorso alternativo che prevede il passaggio sulla strada provinciale 73 di Lago per i mezzi che devono attraversare il tratto interrotto dal cedimento del ponte, e un piccolo tratto della strada provinciale 186 del Brallo, in provincia di Pavia;

   lo scorso anno il viadotto è stato anche sottoposto a prove di carico finalizzate a verificare la possibilità di innalzare a 44 tonnellate l'attuale divieto di transito a 5 tonnellate sul viadotto nel comune di Corte Brugnatella;

   è attualmente in atto da parte della Protezione civile regionale una raccolta di tutti gli elementi per richiedere la dichiarazione dello stato di emergenza nazionale al Governo;

   tale situazione crea un grave danno all'economia locale, dato che vi sono aziende che utilizzano di consueto la strada statale 45 ed ora si trovano costrette a fare percorsi alternativi molto più lunghi;

   l'Anas, inoltre, ha stanziato 41 milioni e 560mila euro per sistemare l'importante arteria su cui da decenni si inseguono diversi progetti e ritardi senza l'avvio concreto del cantiere; i relativi lavori sarebbero dovuti iniziare nel giugno 2019; gli ammodernamenti per la strada statale 45 riguardano principalmente: messa in sicurezza, pavimentazione, allargamento della sede stradale — su tutto il tratto — da 6 a 9,5 metri;

   nella giornata di venerdì 9 ottobre 2020 il Ministro interrogato ha effettuato un sopralluogo in Alta Valtrebbia sul luogo del crollo del ponte, e in seguito ha proseguito gli incontri con le autorità locali in prefettura a Piacenza;

   in questa occasione il Ministro ha annunciato la proposta di nominare un commissario per la strada statale 45 e per la ricostruzione del Ponte Lenzino, opera che richiederà comunque 6 mesi di tempo e 2 milioni di euro di investimento per poi procedere con la ricostruzione definitiva del ponte prevista in 14 mesi circa;

   il restyling della strada statale 45 porterà benefici a diversi settori: agricoltura, economia e turismo, che potrà finalmente avere una spinta e far aumentare il numero di coloro che provengono dalle province limitrofe e dalla Lombardia nei territori della provincia di Piacenza –:

   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda mettere in atto, per quanto di competenza, in riferimento all'incontro del 9 ottobre 2020 in prefettura, affinché nei tempi più brevi possibili sia nominato il commissario per realizzare la riapertura totale e in sicurezza del Ponte Lenzino sul Trebbia e siano sbloccati i lavori di ammodernamento previsti per tutta la strada statale 45, garantendo soluzioni di transito alternative per la fase del cantiere che evitino di sovraccaricare la strada provinciale 73.
(4-07184)


   DEIDDA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'A.n.a.s. ha da tempo avviato la procedura per l'esecuzione dei lavori di completamento della nuova strada statale n. 554 – in parte insistente sulla sede stradale dell'ex strada statale 125, nel territorio del comune di Maracalagonis – ipotizzando tre tracciati alternativi, tutti rappresentati nello studio di fattibilità, vale a dire «soluzione 1» (tracciato a sud della zona industriale e ad essa adiacente – come da prima ipotesi originaria); «soluzione 2» (tracciato a nord, interferente con la zona industriale); «soluzione 3» (tracciato sviluppato lungo il percorso della attuale strada statale 125);

   da quel che risulta, delle tre citate ipotesi solamente quelle contraddistinte dai nn. 1 e 3 non stravolgono la pianificazione urbanistica comunale relativamente allo sviluppo della zona industriale, la quale, peraltro, a suo tempo, era stata pianifica ed adeguata al tracciato proposto dall'Anas, coincidente con l'alternativa contraddistinta con il n. 1;

   attualmente, pare che l'A.n.a.s. abbia optato per la realizzazione del tracciato contraddistinto col n. 2, per il quale avrebbe pure avviato lo studio di fattibilità: soluzione, quest'ultima, che causerebbe però un forte impatto sociale ed economico sul territorio interessato dall'opera, in particolare con l'eliminazione di diverse attività produttive agricole interessate da coltivazione di prodotti di particolare pregio;

   la suindicata soluzione, peraltro, prevede la realizzazione di un tracciato più oneroso e meno ecosostenibile rispetto a quello che sarebbe stato condiviso a suo tempo con l'amministrazione comunale;

   appare opportuno coinvolgere ulteriormente le comunità locali, se del caso con l'istituzione di un tavolo con la partecipazione dei rappresentanti dello Stato, della regione, dell'amministrazione comunale e delle maestranze locali interessate dall'intervento, al fine di individuare definitivamente l'insediamento dell'opera infrastrutturale in questione, nel pieno rispetto dell'economia locale e della pianificazione urbanistica comunale –:

   se sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di individuare il tracciato in esame, tenuto conto degli insediamenti produttivi esistenti, oltre che della pianificazione urbanistica comunale, se del caso con l'istituzione di un tavolo di discussione che preveda la partecipazione, oltre che dei rappresentanti dello Stato, della regione e dell'amministrazione comunale, anche delle maestranze locali interessate dall'intervento.
(4-07188)


   BITONCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il Gazzettino.it del 14 ottobre 2020 riporta l'inizio delle procedure di esproprio per la realizzazione della nuova linea tramviaria SIR3, progettata per il collegamento tra la stazione ferroviaria di Padova e il capolinea di Voltabarozzo;

   nei giorni scorsi circa 50 proprietari hanno ricevuto una raccomandata dal comune di Padova con cui si comunica l'avvio della procedura espropriativa di alcuni terreni di loro proprietà, di cui al protocollo generale n. 405017 del 12 ottobre 2020 del comune di Padova, pubblicato all'albo pretorio comunale; le aree interessate dalla linea tramviaria hanno un'estensione complessiva di 58.412 metri quadrati, di cui 35.250 metri quadrati in area privata;

   la convenzione tra il comune di Padova e Aps Holding spa, che regola i rapporti tra il comune e il soggetto attuatore per l'erogazione del finanziamento statale destinato alla realizzazione della linea SIR3, è stata sottoscritta il 16 marzo 2019; il progetto definitivo, realizzato da un gruppo temporaneo d'impresa, con mandataria Italfer spa, è stato depositato al comune recentemente, il 22 luglio 2020;

   un comunicato stampa del Comitato «No Rotaie di Voltabarozzo» stigmatizza il comportamento del comune che ha avviato le procedure espropriative delle aree di tracciato, per un importo di 2 milioni di euro, senza ancora disporre di tutte le autorizzazioni necessarie per l'approvazione del progetto, senza la valutazione ambientale dell'opera e senza un progetto esecutivo;

   infatti, sul sito della provincia di Padova non risulta ancora conclusa la procedura di assoggettabilità del progetto a valutazione di impatto ambientale, relativamente alla progettazione definitiva della nuova linea tramviaria nella città di Padova; inoltre, nell'ambito del procedimento, il parere sul progetto della competente Soprintendenza archeologica belle arti e paesaggio, a seguito ad una serie di osservazioni, conclude con la richiesta di sottoporre le opere ad una vera e propria procedura di Via che ovviamente comporterebbe tempi molto più lunghi per l'estensione dello studio ambientale e la valutazione del progetto;

   secondo il comitato cittadino «No Rotaie di Voltabarozzo», appare plausibile ipotizzare che, forse, le enunciate azioni espropriative sono mere esternazioni dell'amministrazione comunale, «espresse al solo scopo di far credere che vi sia un costante avanzamento del progetto SIR3, il quale in verità è fermo e potrebbe non trovare compimento»; il comportamento del comune potrebbe comportare azioni legali con una serie di ricorsi presentati dai privati a tutela dei propri diritti lesi, con conseguente spreco di risorse pubbliche, anche in considerazione che la tramvia è fortemente contestata dai cittadini, soprattutto per le incerte condizioni di sicurezza del tracciato che insiste quasi interamente all'interno di un delicato tessuto urbano residenziale, con spazi insufficienti per marciapiedi e accessi alle abitazioni, composto da case monofamiliari e bifamiliari con giardino degli anni '50 e '60, pensate su strade strette pedonali e cedute successivamente al limitato traffico a servizio dei soli residenti –:

   se il Ministro sia al corrente dei fatti esposti in premessa e se non intenda verificare, per quanto di competenza, lo stato di avanzamento del progetto, sopra richiamato, finanziato con fondi statali, con particolare riguardo all'avvio delle procedure espropriative, avvenuto senza ancora disporre di tutte le autorizzazioni necessarie per l'approvazione del progetto realizzato dal gruppo temporaneo d'impresa con mandataria Italfer spa, senza la valutazione ambientale dell'opera e senza un progetto esecutivo, allo scopo di prevenire uno spreco di denaro pubblico a carico dei cittadini.
(4-07190)

INTERNO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro per la pubblica amministrazione, per sapere – premesso che:

   il Giornale di Vicenza, in edicola il 15 ottobre 2020, informa che martedì 13 ottobre 2020 hanno avuto luogo a Posina, minuscolo comune della provincia di Vicenza (VI), la convalida degli eletti, il giuramento del sindaco e la nomina degli assessori;

   il tutto è avvenuto quasi fuori tempo massimo, a causa dei problemi sorti con la lista «L'Altra Italia», guidata dal candidato sindaco Maria Galasso, foggiana di San Licandro Garganico e interamente formata da componenti pugliesi, residenti a San Paolo di Civitate;

   la compagine aveva inaspettatamente ottenuto 17 voti alla recente consultazione elettorale, guadagnandosi di diritto un seggio di minoranza;

   però, la stessa Galasso, appresa la nomina, si è subito dimessa «per motivi personali»;

   anche Pompeo Minchillo, l'unico dei candidati consiglieri con una sola preferenza, successivamente si è dimesso, mettendo in moto una singolare reazione a catena;

   il consiglio comunale, convocato per il 30 settembre 2020, all'ultimo minuto, è stato annullato;

   per motivi giuridici formali e sostanziali, si doveva prima procedere a convalidare l'elezione di uno degli altri 7 consiglieri, pure se avevano ottenuto zero preferenze;

   alla fine hanno rinunciato anche Antonio Alessandrino, Raffaella Pia Alessandrino, Nazario D'Orsi, Antonietta Franco e Gerardo Mastromauro;

   silenzio assoluto, invece, per gli ultimi due della lista: Elisabetta Papagna e Maria Pilolli, che nonostante i solleciti, non hanno fatto conoscere la loro decisione;

   quanto accaduto a Posina, un'inedita situazione per la provincia berica, presenta per l'interpellante tuttavia singolari analogie con la vicenda, riportato dalla stampa nazionale, dei poliziotti calabresi che, alle ultime elezioni, si sono candidati nel piccolo comune lucano di Carbone, solo per usufruire di trenta giorni di aspettativa elettorale retribuita;

   con riferimento a tale episodio la stampa nazionale parla di una verifica disciplinare avviata nei loro confronti dal Ministero dell'interno –:

   se i candidati della lista «L'altra Italia» di Posina (VI) siano dipendenti del ministero dell'interno o di altre amministrazioni pubbliche, e quali;

   in caso di conferma se si intenda sottoporre il citato comportamento ad una verifica sul piano disciplinare.
(2-00968) «Zanettin».

Interrogazioni a risposta immediata:


   PALAZZOTTO e FORNARO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da un'inchiesta di «Redattore Sociale» sarebbe emerso che alcuni migranti con regolare permesso di soggiorno, provvisti di domicilio e richiedenti asilo, risultati positivi al Covid-19 e ospitati nei centri di accoglienza straordinaria, sarebbero stati trasferiti, senza alcun preavviso, in Sicilia e Puglia per essere posti in isolamento fiduciario sulle navi quarantena;

   durante la permanenza sulle navi, i richiedenti asilo non sarebbero più stati visitati da un medico, avrebbero utilizzato la stessa mascherina e le stesse lenzuola per giorni, trovandosi quindi paradossalmente più in pericolo su una nave con altri positivi, che altrove;

   secondo le segnalazioni di Arci e Asgi, i ragazzi trasferiti sulle navi quarantena sarebbero stati ufficialmente dimessi dai centri di provenienza risultando quindi fuori accoglienza;

   tale situazione avrebbe arrecato anche danni materiali ai migranti trasferiti. Alcuni di loro sono anche vittime di tortura, hanno subito abusi in Libia, sono in attesa di interventi chirurgici e avevano già fissato appuntamenti al Samifo (struttura sanitaria che si occupa di vittime di tortura) per accertare le violenze subite;

   a parere degli interroganti, privare dei liberi cittadini della libertà personale in mancanza di un provvedimento individuale che giustifichi tale privazione e trasferirli in maniera coatta su una nave con una procedura non prevista in nessuna delle misure di prevenzione del contagio adottate dal Governo e valide per tutti i cittadini, sia italiani che stranieri, è un atto illegittimo, contrario ai principi costituzionali;

   a parere degli interroganti, la soluzione delle navi quarantena dovrebbe essere una misura eccezionale destinata alle sole persone soccorse in mare e che comunque andrebbe ripensata, anche alla luce della drammatica vicenda che avrebbe riguardato Abou, un ragazzo quindicenne deceduto per assenza di cure sulla nave quarantena «Allegra», individuando strutture adeguate sulla terra ferma dove far trascorrere il periodo di quarantena ai migranti una volta sbarcati;

   è comunque evidente che persistano gravi problemi nella gestione sia dei centri che dei casi di migranti richiedenti asilo Covid-19 positivi, fin qui chiaramente trattati in maniera difforme rispetto al resto della popolazione –:

   sulla base di quali disposizioni normative sarebbero stati effettuati i trasferimenti di cui in premessa e se siano stati adottati un piano strutturato e un coordinamento sulla gestione dell'emergenza sanitaria nei centri di accoglienza che individuino soluzioni alternative per la gestione della quarantena dei migranti e richiedenti asilo risultati positivi al Covid-19, così da non dover ricorrere a soluzioni improvvisate, a parere dell'interrogante illegittime e fortemente lesive dei diritti fondamentali della persona, come quelle dei trasferimenti coatti sulle navi quarantena.
(3-01828)


   MOLINARI, STEFANI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, FIORINI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GARAVAGLIA, GASTALDI, GAVA, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GIORGETTI, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUIDESI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MATURI, MINARDO, MOLTENI, MORELLI, MORRONE, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLIN, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, SASSO, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 18 ottobre 2020, l'undicesimo dall'inizio dell'emergenza sanitaria da Covid-19, che ha modificato e integrato il precedente decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 13 ottobre, ha stabilito che si possano istituire «coprifuoco», dalle ore 21 in poi, nelle strade o nelle piazze nei centri urbani, dove si possono creare situazioni di assembramento, fatta salva la possibilità di accesso, e deflusso, agli esercizi commerciali legittimamente aperti fino alle ore 24 e alle abitazioni private;

   rispetto alla bozza precedentemente diffusa è stata espunta la parola «sindaci» con l'intento, per espressa ammissione del Ministro degli affari regionali, Francesco Boccia, di «smussare» il testo dopo le accuse del Presidente dell'Anci, Antonio Decaro;

   nella serata di domenica, infatti, Decaro era insorto a nome dei sindaci d'Italia, accusando il Governo di voler scaricare su di loro la responsabilità di istituire dei veri e propri «coprifuoco», sui quali peraltro non è chiaro – al momento – chi debba effettuare i controlli, dovendosi predisporre, di fatto, delle zone rosse nei centri cittadini dove vietare l'ingresso ai non residenti e identificare, invece, i residenti che potranno accedere alle loro abitazioni e gli avventori dei ristoranti all'interno della zona rossa che potranno invece restare aperti fino alle 24;

   se, da un lato, è chiaro spetti ai sindaci la competenza per istituire dei «coprifuoco» cittadini, in quanto titolati ad emettere ordinanze contingibili e urgenti di ordine pubblico e per motivi sanitari locali, dall'altro, è meno chiaro, invece, a chi spetti la competenza ad effettuare i controlli dei cittadini in transito nelle eventuali istituende zone rosse cittadine;

   il Governo ha assicurato che non abbandonerà i sindaci e che saranno i prefetti a supportarli 24 ore su 24, negli appositi Comitati provinciali di ordine pubblico, avvalendosi delle Forze dell'ordine e coinvolgendo i competenti comandi territoriali –:

   se ed in che termini il Governo intenda assumersi la responsabilità in merito ai controlli da effettuare nel caso in cui venissero istituite zone rosse cittadine dopo le ore 21 nelle strade e nelle piazze della cosiddetta movida, in ottemperanza al nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 18 ottobre 2020, nei confronti dei sindaci, atteso che l'istituzione di «coprifuoco» nei centri cittadini potranno essere efficaci, ai fini del contenimento del contagio da Covid-19, solo con un massiccio intervento delle Forze dell'ordine a presidio delle zone interessate.
(3-01829)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZIELLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   le immagini delle 2 di notte di piazza dei Cavalieri, a Pisa, dello scorso fine settimana, dopo l'entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 13 ottobre 2020 che impone la chiusura dei locali alle 24, ha fatto indignare i residenti del centro storico;

   ci sono stati, infatti, assembramenti di giovani quasi ovunque nel centro di Pisa, molti dei quali senza mascherina, soprattutto a piazza dei Cavalieri che rappresenta lo spazio più preoccupante, peraltro documentati dalle foto e dai video a tarda notte che hanno diffuso i residenti, in cui i ragazzi peraltro continuavano a consumare, seduti ai tavolini dei locali ancora aperti dopo le 24, contravvenendo al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri già in vigore venerdì sera;

   nonostante la questura abbia diffuso una nota per dare conto delle multe elevate a chi non indossasse i dispositivi di sicurezza individuale oppure ai gestori di locali che esercitavano senza mascherina, i cittadini di Pisa chiedono maggiori controlli delle forze dell'ordine almeno nei punti nevralgici del centro della città, come, del resto, l'interrogante ha già chiesto con precedenti atti di sindacato ispettivo l'estate appena trascorsa (interrogazioni n. 4-06445 del 23 luglio 2020 e n. 4-06129 del 24 giugno 2020);

   i multati del fine settimana, infatti, sono tutti cittadini stranieri ed extracomunitari, ad accezione dei due inglesi multati perché privi della mascherina, come il tunisino irregolare di 21 anni per il quale è previsto anche un decreto di espulsione, oppure i tre bengalesi che gestivano i rispettivi locali sempre senza indossare la mascherina;

   il tema dei controlli torna peraltro con maggior vigore alla luce del nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 18 ottobre 2020 che consente ora la chiusura al pubblico, dopo le ore 21 di strade o piazze nei centri urbani, dove si possono creare situazioni di assembramento, fatta salva la possibilità di accesso, e deflusso, agli esercizi commerciali legittimamente aperti e alle abitazioni private;

   tutti i sindaci d'Italia, infatti, stanno chiedendo al Governo come pensa di supportarli per far rispettare quelli che saranno, di fatto, dei coprifuoco in alcune zone a maggior rischio di assembramento dalle 21 in poi nei centri cittadini, dovendosi predisporre controlli da stato di polizia per poter, contestualmente, vietare l'ingresso ai non residenti e riconoscere, invece, i residenti che potranno accedere alle loro abitazioni e gli avventori dei ristoranti che potranno restare aperti fino alle 24 –:

   se, alla luce dei fatti illustrati in premessa, intenda adottare iniziative per garantire adeguati controlli nelle piazze del centro della città di Pisa, a piazza dei Cavalieri in particolare, al fine di tranquillizzare i residenti e di non vanificare tutti i sacrifici che i cittadini stanno facendo per contenere i rischi di contagio da Covid-19, a maggior ragione con l'entrata in vigore del nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 18 ottobre 2020 che consentirà, di fatto, dei coprifuoco nei centri cittadini che potranno essere efficaci solo con il massiccio intervento delle forze dell'ordine a presidiare le zone interessate.
(4-07180)


   FERRO e ROTELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   desta preoccupazione la situazione della tendopoli di San Ferdinando, dove vivono circa 260 immigrati di origine africana che lavorano nei campi della Piana di Gioia Tauro e dove si sono registrati nuovamente momenti di forte tensione sociale e una fitta sassaiola contro le forze di polizia;

   dopo la protesta scatenata dall'ordinanza della regione Calabria, che blindava l'area industriale che ospita i migranti, a causa di 14 casi risultati positivi al Covid-19, è di poche ore fa la notizia di un altro episodio di violenza contro gli agenti del reparto mobile di Reggio Calabria;

   secondo la denuncia di Vincenzo Chianese, segretario generale di ES Polizia «è intollerabile che nessuno abbia fatto nulla di idoneo a placare gli animi scaricando così ancora una volta problematiche sociali sulla pelle dei poliziotti, stavolta quelli del Reparto mobile di Reggio Calabria, che stamattina sono stati di nuovo fatto oggetto di una fitta sassaiola, che non solo era prevedibile ma dirittura ovvia, visto il contesto e la situazione»;

   sono durissime anche le parole di Valter Mazzetti, segretario generale Fsp Polizia di Stato, che ha denunciato lo stato di pericolo: «Non abbiamo più parole per commentare lo sfacelo assoluto che la totale incapacità politica in tema di gestione dell'immigrazione sta causando in questo momento di emergenza sanitaria. Non ci sono più parole adatte, neppure, per esprimere la solidarietà ai colleghi che puntualmente subiscono sulla propria pelle gli effetti nefasti di una finta accoglienza, le cui problematiche vengono lasciate sulle loro spalle come meri problemi di ordine pubblico. Oggi solidarietà agli appartenenti alle forze dell'ordine vittime della sassaiola avvenuta alla tendopoli di San Ferdinando, nel Reggino, durante la solita, ennesima rivolta contro le restrizioni imposte dalle norme anticovid. Risultato? Agenti feriti e soggetti che dovrebbero essere ristretti potenzialmente in grado di fare come gli pare e piace. Ai cittadini viene chiesto di continuare a fare sacrifici pesantissimi per colpa del virus, ai poliziotti di continuare a rischiare la pelle per tutelare la salute pubblica, ma in certi posti tutto va a rotoli e l'emergenza sanitaria svela una volta di più le lacune di un sistema politico che chiacchiera tanto e fa pochissimo»;

   i funzionari di polizia hanno tentato una mediazione con i migranti, che chiedono di uscire per andare a lavorare nei campi, nonostante la positività al virus, ma la situazione rimane di estrema tensione, mentre poliziotti e carabinieri restano schierati in assetto antisommossa;

   la gestione incontrollata dei flussi migratori alimenta tensione ed esasperazione tra la cittadinanza e nei territori; micce di una bomba ad orologeria pronta ad esplodere in qualunque momento –:

   per quali motivazioni non siano state adottate iniziative d'urgenza subito dopo i primi episodi di violenza all'interno della tendopoli di San Ferdinando e quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere il Ministro interrogato per risolvere la delicata situazione esposta in premessa, anche a tutela dell'incolumità degli agenti di polizia.
(4-07187)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   APREA e D'ATTIS. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   il 17 ottobre 2020, Paola Castellaro, professoressa e attivista del M5S, docente del liceo statale Sandro Pertini di Genova avrebbe espresso sul suo profilo facebook, commenti denigratori e offensivi — arrivando ad esultare per l'accaduto — in merito alla scomparsa della presidente della giunta regionale della Calabria, Jole Santelli, già deputato della Repubblica;

   il tono e i contenuti di tali commenti hanno suscitato le rimostranze di molti cittadini e degli stessi lavoratori del liceo Pertini e la direzione ha ritenuto opportuno prendere le distanze dall'operato della professoressa pubblicando sul sito web della scuola un comunicato in tal senso, censurandola duramente e comunicando di aver già avviato tutte le procedure disciplinari previste dalla normativa;

   la direzione del Liceo Pertini ha tenuto a ribadire che tale comportamento appare lesivo dell'immagine di un istituto che nel corso degli anni, grazie al lavoro, all'impegno e alla professionalità del personale docente e Ata, costituisce una istituzione scolastica di prim'ordine nel panorama cittadino e regionale;

   la funzione pedagogica del docente dovrebbe indurre a mantenere un alto profilo morale e a contenere esternazioni che travalicano anche i limiti del rispetto e, a volte, della legalità, senza negare il diritto di ciascuno, anche dei docenti, di poter esprimere in maniera adeguata le proprie opinioni personali –:

   se risulti effettivamente avviato un procedimento disciplinare nei confronti della docente e se intenda adottare iniziative di competenza volte a sanzionare con severità comportamenti di bassa levatura morale che contrastano con il ruolo di educatore.
(5-04817)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI, BUCALO e FRASSINETTI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   il comparto scolastico soffre, da anni, di una grave carenza di organico acuitasi ulteriormente in questo periodo;

   per garantire la continuità didattica e il diritto allo studio, le dirigenze scolastiche provvederanno ad assegnare gli incarichi di supplenza anche a coloro che si sono candidati presentando domanda di messa a disposizione (Mad);

   al riguardo, sono state introdotte rilevanti e discutibili novità dalla nota per le supplenze del Ministero dell'istruzione n. 26841 del 5 settembre 2020, in cui si legge: «le domande di messa a disposizione devono essere presentate esclusivamente dai docenti che non risultino iscritti in alcuna graduatoria provinciale e di istituto e possono essere presentate per una provincia da dichiarare espressamente nell'istanza»;

   tale disposizione precluderebbe agli aspiranti docenti inclusi nelle graduatorie ad esaurimento (Gae), provinciali supplenze (Gps) e d'istituto (G.i.) di una determinata provincia di presentare domanda di messa a disposizione in altro luogo;

   la prefata circolare sembrerebbe destituita di ogni fondamento normativo, in quanto la Mad è espressione, nel panorama dell'ordinamento scolastico italiano, di una mera prassi, seppur consolidata, nella misura in cui non vi è alcuna disposizione di legge che preveda espressamente la possibilità di presentarla o meno né, conseguentemente, che disponga sanzioni e divieti;

   la preclusione de qua, ad avviso dell'interrogante, colliderebbe con il principio di legalità sancito dall'articolo 1 della legge n. 241 del 1990 e con il principio di buon andamento dell'amministrazione consacrato nell'articolo 97 della costituzione;

   su tale lacuna normativa, già una decina di anni fa, si pronunciò l'allora direttore generale del personale, Luciano Chiappetta che, in una nota trasmessa al direttore regionale della Puglia, prendeva atto dell'inesistenza di norme di legge, legittimando, in caso di esaurimento delle graduatorie, il ricorso a soluzioni extra-procedurali, tra le quali può ammettersi la presa in considerazione, ove ricevute dalla scuola, di istanze informali di messa a disposizione da parte di candidati in possesso dei requisiti allo specifico insegnamento richiesto, spiegando altresì che la presentazione di tali istanze informali da parte di aspiranti, sia presenti in graduatorie di altra provincia che del tutto assenti, non essendo esplicitamente vietata dalle disposizioni vigenti né sanzionata, costituisce un semplice segnale di disponibilità;

   a distanza di tempo, continua ad esserci una grave lacuna normativa in materia e la circolare in questione non può sostituirsi ad una legge, atteso che le circolari possono dar vita ad una prassi, ma non producono alcun «diritto vivente» che vincoli il giudice (Corte Costituzionale, sentenza n. 86 del 1982) e le circolari amministrative sono atti diretti agli organi e uffici periferici ovvero sottordinati che non hanno di per sé valore normativo o provvedimentale (Consiglio di Stato sez. V. sentenza n. 7521 del 15 ottobre 2010);

   pertanto tali atti non rivestono una rilevanza determinante nella genesi dei provvedimenti che ne fanno applicazione e non sono vincolanti per i soggetti estranei all'Amministrazione;

   la preclusione di cui alla richiamata circolare non è vincolante per gli aspiranti docenti, in quanto soggetti estranei all'amministrazione e non assume alcun rilievo nemmeno nei confronti dei dirigenti scolastici, proprio perché rivolta solo agli aspiranti docenti;

   il divieto di presentare Mad da parte dei docenti già inseriti in altre graduatorie sarebbe infondato sia in diritto, in quanto non previsto da alcuna norma, sia in fatto in virtù della grave carenza di organico scolastico in cui versano molte regioni –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare per risolvere la presunta questione di incompatibilità tra la Mad (messa a disposizione) e l'iscrizione in altre forme di graduatoria al fine di garantire il diritto al lavoro e alla formazione per tutti i docenti e una corretta continuità didattica per gli studenti.
(4-07179)


   SASSO e COLMELLERE. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   grande scalpore e indignazione ha provocato il post su Facebook di Paola Castellaro, attivista del Movimento 5 Stelle ed insegnante presso il liceo statale Sandro Pertini di Genova, la quale, gioendo dell'improvvisa scomparsa della presidente della regione Calabria, Jole Santelli, ha commentato con un «Evvai!!! Una MAFIOSA di meno!!!! Speriamo chiami Silvio, Giorgio, Sergio, ecc. ecc.»;

   l'Istituto, con un comunicato stampa, informava di aver ricevuto «decine di telefonate e di e-mail di sdegno e di protesta nei confronti della docente» per aver «commentato in maniera a dir poco offensiva e denigratoria la scomparsa del Presidente della Giunta Regionale della Calabria» e prendeva «le distanze da tale esternazione della docente, censurandola duramente e comunicando che ha già avviato tutte le procedure disciplinari previste dalla normativa nei confronti della docente interessata»;

   in conseguenza, anche il suo profilo Facebook è stato oscurato ed il Movimento 5 Stelle, per il quale era stata candidata sia alle comunali che alle pre-selezioni per le europee a Genova, sembra abbia condannato il gesto;

   nonostante tali provvedimenti, permane tuttavia la criticità più rilevante e cioè il mancato rispetto dei doveri minimi di diligenza, imparzialità, neutralità cui un docente, per il ruolo fondamentale di educatore che ricopre nella nostra società, dovrebbe attenersi per etica comportamentale;

   è, infatti, oltremodo importante assicurare alla scuola docenti non soltanto bravi nella conoscenza delle materie e capaci di superare prove e quiz con il massimo dei voti, bensì che sappiano essere di esempio di buona condotta ed esercizio di virtù;

   si evidenzia, in proposito, che ai sensi dell'articolo 3, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 62 del 2013, un insegnante è chiamato al rispetto dei principi di integrità, correttezza, buona fede, proporzionalità, obiettività, trasparenza, equità e ragionevolezza; a tal fine, il docente ai sensi del successivo comma 3 del citato articolo 3, evita situazioni e comportamenti che possano ostacolare il corretto adempimento dei compiti o nuocere agli interessi o all'immagine della pubblica amministrazione;

   per gli interroganti, dunque, in virtù dei doveri deontologici di condotta professionale sussistenti per gli insegnanti, la vicenda della Castellaro dovrebbe concludersi con un licenziamento in tronco –:

   se e quali iniziative tempestive di competenza intenda adottare per garantire nelle scuole un corpo docente, oltre che preparato, anche attento al rispetto delle istituzioni ed ai valori della legalità e dell'imparzialità;

   se non convenga sull'opportunità di adottare iniziative per prevedere, a tal fine, un test psico-attitudinale quale prova aggiuntiva al concorso per docenti;

   se, considerato l'attuale contesto emergenziale da pandemia e l'escalation dei contagi, non ritenga opportuno adottare iniziative per rinviare il concorso straordinario indetto per il 22 ottobre 2020 e procedere alla stabilizzazione del personale precario già attivo da anni nelle nostre scuole, previa valutazione psicoattitudinale.
(4-07189)

SALUTE

Interpellanza:


   La sottoscritta chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   il farmaco Veklury® (Remdesivir) è un medicinale usato per curare l'epidemia di virus Ebola negli anni 2013/2016;

   il Veklury® è il primo farmaco autorizzato dall'Agenzia Europea per i Medicinali, il 25 giugno 2020, per il trattamento del Covid-19;

   dall'interrogazione del parlamentare europeo (E-004458/2020) Marc Botenga si legge che:

    il 29 luglio la Commissione ha comunicato di aver firmato un contratto con la società farmaceutica Gilead Sciences per garantire le dosi di trattamento di Veklury®;

    il contratto da 63 milioni di euro garantirà il trattamento di circa 30.000 pazienti (2.100 euro per trattamento);

    le stime mostrano che il costo di produzione reale di Veklury® è inferiore a cinque euro per un ciclo di trattamento di cinque giorni;

   il 22 settembre 2020 l'Aifa dichiara che il Veklury®:

    può essere fornito, al momento, esclusivamente nell'ambito dell'Emergency Support Instrument (Esi);

    in considerazione delle scorte estremamente ridotte, l'accesso al farmaco sarà gestito in fase iniziale fino a fine ottobre mediante richiesta nominale per singolo paziente;

   sul sito dell'Aifa è pubblicata la scheda del farmaco Veklury® per fornire ai clinici elementi utili ad orientare la prescrizione e definire un rapporto fra benefici e rischi sul singolo paziente Covid-19;

   nella stessa sono presenti le prove di efficacia e di sicurezza a disposizione che individuano, per alcune categorie di pazienti, una differenza nei tempi di recupero rispetto all'utilizzo del placebo senza evidenziare differenze statisticamente significative – rispetto al placebo – in termini di mortalità;

   l'8 ottobre 2020 è stato raggiunto un accordo tra l'Unione europea e la ditta Gilead che detiene la proprietà del brevetto del medicinale Veklury®;

   l'accordo sembrerebbe prevedere:

    il costo per ogni ciclo di trattamento pari a circa 2.100 euro;

    la fornitura fino a 500.000 trattamenti per un periodo pari a mesi sei;

   il 16 ottobre 2020 l'Organizzazione mondiale della sanità ha reso noti i primi risultati ad interim dello studio Solidarity per individuare l'efficacia del Veklury® e altri tre medicinali esistenti – lopinavir/ ritonavir, l'idrossiclorochina e l'interferone – su 11.000 pazienti in 30 Paesi, evidenziando che questi medicinali «sembrano avere, poco o nessun effetto» sulla sopravvivenza e sulla progressione della malattia Covid-19 tra i pazienti ospedalizzati;

   nel corso della 72° World Health Assembly (Wha), del 28 maggio 2019, l'Italia si è resa protagonista dell'adozione della risoluzione «Improving the transparency of markets for medicines, vaccines, and other health products»;

   l'Ufficio Parlamentare di Bilancio nel Focus n. 5 «Il governo della spesa farmaceutica tra massimali e pay-back» riporta che:

    distorsioni del mercato sanitario e il notevole potere di mercato di industria e distribuzione farmaceutica confermano l'opportunità di adottare misure di programmazione della spesa mediante la predefinizione di budget e meccanismi di rientro dagli sforamenti;

    il costo dei farmaci innovativi sta assumendo una rilevanza crescente nel dibattito internazionale, ponendo una sfida per il decisore politico: in assenza di una disponibilità da parte delle case produttrici a contenere i prezzi, e stato sottolineato che il sistema dei brevetti potrebbe anche essere ripensato, con uno spostamento a favore del pubblico della linea di confine tra compiti dello Stato (tutela della salute e in particolare emergenza sanitaria) e funzionamento del mercato;

   la risoluzione approvata dal Parlamento europeo del 17 settembre 2020 sulla «penuria di medicinali - come affrontare un problema emergente», considerando che gli Stati membri sono liberi di stabilire ulteriori motivazioni per il rilascio delle licenze obbligatorie e determinare cosa costituisce un'emergenza nazionale, ricorda l'importanza che la concessione di licenze non esclusive può avere nel mitigare le carenze e stabilizzare i prezzi dei medicinali, in particolare in un contesto di emergenza sanitaria;

   la stessa risoluzione sopra indicata invita la Commissione a proporre una revisione del suddetto regolamento che prevedere la possibilità di autorizzare temporaneamente la concessione di licenze obbligatorie in caso di crisi sanitaria;

   la delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020 ha previsto, per sei mesi lo stato emergenza sul territorio nazionale relativo al rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili e con delibera del Consiglio dei ministri del 7 ottobre 2020, è stato prorogato il medesimo stato di emergenza al 31 gennaio 2021 –:

   quali iniziative si intenda adottare per stabilire il rilascio di licenza obbligatoria riguardo al Veklury® per mitigare le carenze e stabilizzare i prezzi dei medicinali;

   se e come il Governo intenda adoperarsi per presentare in sede europea richiesta di rendere trasparente il metodo di calcolo del prezzo negoziato con Gilead per il farmaco Veklury®;

   se e come il Governo intenda adoperarsi per presentare in sede europea richiesta di rinegoziazione dell'accordo per la disponibilità del Veklury®, in considerazione dei risultati di tutti gli studi clinici disponibili.
(2-00967) «Grillo».

Interrogazione a risposta immediata:


   SPORTIELLO, LAPIA, PROVENZA, MASSIMO ENRICO BARONI, D'ARRANDO, IANARO, LOREFICE, MAMMÌ, MENGA, NAPPI, NESCI, RUGGIERO, SAPIA e SARLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nel nostro Paese, al 31 dicembre 2019, prima dell'emergenza Covid-19, i posti di terapia intensiva erano 5.179 e, successivamente, a seguito della conclamata pandemia, con il cosiddetto «decreto rilancio», sono stati programmati 3.553 nuovi posti aggiuntivi, fino ad un totale di circa 9.000 posti di terapia intensiva;

   nel «decreto rilancio» è previsto che le regioni, tramite apposito piano di riorganizzazione volto a fronteggiare le emergenze pandemiche, come quella in corso, garantiscano l'incremento di attività di ricovero in terapia intensiva, rendendo strutturale la risposta all'aumento della domanda di assistenza, anche in relazione ad accrescimenti improvvisi della curva pandemica;

   le regioni, pertanto, entro trenta giorni dall'entrata in vigore del decreto, dovevano presentare un piano di riorganizzazione al Ministero della salute; a seguito dell'approvazione del piano, considerata l'urgenza, le risorse necessarie sono trasferite al commissario straordinario e ripartite a livello regionale. Per l'attuazione del piano il commissario può delegare ciascun presidente di regione che agisce come commissario delegato;

   secondo gli ultimi dati disponibili, relativi al 9 ottobre 2020, i posti letto effettivi disponibili sembrano essere sensibilmente inferiori ai posti programmati con il citato «decreto rilancio»; più in particolare, secondo quanto emerge dall'ultimo monitoraggio settimanale dell'Istituto superiore di sanità, l'indisponibilità o l'elevata criticità delle terapie intensive sembra riguardare numerose regioni del nostro Paese;

   nei giorni scorsi il commissario per l'emergenza ha rappresentato che «in questi mesi alle regioni sono stati inviati 3.059 ventilatori polmonari per le terapie intensive e 1.429 per le subintensive e che altri 1.500 ventilatori sono disponibili, ma che per essere distribuiti necessitano dell'attivazione di ulteriori 1.600 posti di terapia intensiva»;

   l'evolversi della situazione epidemiologica determina il rischio di superare la soglia di sicurezza, per la tenuta del Servizio sanitario nazionale, nell'occupazione delle terapie intensive da parte di pazienti Covid-19, corrispondente a 14 per 100 mila abitanti, mentre attualmente i posti di terapia intensiva sembra che siano 10,6 per 100 mila abitanti –:

   quale sia esattamente la situazione dell'attivazione dei posti aggiuntivi di terapia intensiva e il tasso di saturazione, alla luce dei piani di riorganizzazione descritti in premessa e delle risorse eventualmente trasferite alle regioni, tenuto conto anche del diffuso aggravamento, correlato alle liste di attesa, per altre patologie che richiedono, sempre più spesso e proprio a causa del rinvio operato nei mesi del cosiddetto «lockdown», l'occupazione di ulteriori posti letto in terapia intensiva.
(3-01823)

Interrogazione a risposta orale:


   LEDA VOLPI, NAPPI e VILLANI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in Liguria l'organizzazione delle cure ai malati oncologici è al centro di indagini per gravi disservizi dovuti a guasti ai macchinari tutt'altro che improvvisi: emerge dagli organi di stampa (Il Secolo XIX del 24 settembre 2020 e altre testate) che l'informativa che il Nas dei carabinieri ha depositato in procura evidenzia che da almeno sei anni la direzione sanitaria e generale del Policlinico San Martino di Genova e gli assessorati alla sanità della giunta Claudio Burlando prima e Giovanni Toti poi conoscessero le criticità riguardo agli acceleratori per la radioterapia dei pazienti oncologici;

   in una lettera della primavera 2014, sequestrata dai militari dell'Arma, il primario del reparto dottor Renzo Corvò segnalava la criticità delle strumentazioni e la necessità di intervento per la sostituzione dei macchinari;

   dal 2015 il San Martino dispone di quattro acceleratori: uno del 2015, uno del 2000, uno per tomoterapia del 2008 e un acceleratore lort del 2008, anche se quest'ultimo macchinario ha un utilizzo destinato alla chirurgia e perciò è utilizzabile in limitate occasioni;

   il periodo dello scorso inverno – prima ancora dell'emergenza Covid – fu costellato da gravissimi disservizi a discapito dei ricalati oncologici: dopo che a marzo 2019 si ruppe l'acceleratore del 2000 e a novembre dello stesso anno si fermò anche il macchinario del 2008 (dopo ripetuti guasti) decine di malati di tumore sono stati costretti a rivolgersi agli ospedali del Piemonte o della Lombardia per le sedute, oppure a trasferirsi con l'ambulanza o in pullman all'ospedale San Paolo di Savona per sottoporsi alle cure;

   riguardo all'inchiesta avviata dalla procura che ipotizzava i reati di omissione di atti d'ufficio e interruzione di pubblico servizio è stata richiesta l'archiviazione; pende poi un'altra inchiesta presso la procura regionale della Corte dei Conti per verificare un danno erariale connesso ai ritardi nelle prestazioni sanitarie –:

   se il Ministro sia a conoscenza della situazione e quali iniziative di competenza intenda adottare per tutelare il diritto alle cure dei pazienti compromesso da questa inaccettabile pessima gestione organizzativa, al fine di assicurare pienamente il rispetto dei livelli essenziali di assistenza per tali pazienti.
(3-01822)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GEMMATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto si evince da dichiarazioni rese alla stampa dal capo dell'unità operativa di terapia intensiva del Policlinico Riuniti di Foggia, sembrerebbe che, a seguito dell'aumento dei contagi da Covid-19, il reparto di rianimazione abbia esaurito i posti letto disponibili e abbia dovuto indirizzare alcuni pazienti verso altre strutture ospedaliere della provincia per le relative cure. Pare che il medico abbia rilevato anche «...difficoltà nelle terapie intensive per i pazienti No Covid...» e abbia evidenziato che «...Bisognava muoversi prima per attivare i posti aggiuntivi...»;

   in particolare, il medico avrebbe rilevato che i posti aggiuntivi che avrebbero dovuto rendersi disponibili a seguito dei provvedimenti del Governo volti al potenziamento delle strutture sanitarie non sarebbero mai stati attivati. Il motivo sarebbe da ascriversi al fatto che «...a giugno, quando abbiamo dimesso gli ultimi pazienti Covid della prima ondata, le rianimazioni Covid aperte in più per affrontare l'emergenza sono state di nuovo riconvertite in reparti ordinari, per cui da luglio siamo tornati ad avere esattamente lo stesso numero di posti letto che avevamo prima dell'emergenza Covid, con le uniche differenze del Policlinico di Bari, dove sono rimasti dieci posti letto in più allestiti e dell'ospedale Perrino di Brindisi. Quanto a infettivi e pneumologia, mi risulta che in gran parte siano stati trasformati in reparti normali e non sarebbero state avviate unità sub-intensive pneumologiche...»;

   a seguito della problematica descritta, pare che la soluzione immediatamente adottata sia stata quella di «...riconvertire di nuovo i posti letto di terapia intensiva normali, assegnandone alcuni ai pazienti Covid...» con il risultato che «...adesso i posti letto di terapia intensiva totali sono rimasti gli stessi, ma sono stati divisi: metà ai pazienti Covid e l'altra metà ai No Covid...»;

   il medico avrebbe poi affermato che «...a Foggia avremo una nuova rianimazione di 14 posti letto, ma solo fra due mesi...», aggiungendo che due mesi non sarebbero accettabili, poiché «...nel frattempo la gente muore...». Avrebbe poi rilevato la grave situazione attuale evidenziando che «...In tutta l'Asl Bari non c'era un posto Covid fino a poche ore fa. È ovvio che in una situazione del genere il Policlinico di Bari dovrà ridurre altri tipi di attività...»;

   il primario avrebbe poi evidenziato un problema afferente alla mancanza di formazione, di medici specialisti e di regole univoche di trattamento dei pazienti affetti da Covid-19. In particolare, il medico avrebbe affermato che: «...Non tutti i colleghi hanno la formazione sufficiente per affrontare pazienti di questo tipo. Per questo mi sarei aspettata che ci fosse uno sforzo formativo da parte della regione. A differenza di altre regioni, in Puglia non è mai stato stilato un documento unico per stabilire come trattare questi pazienti. Ognuno di noi specialisti si è dovuto arrangiare attraverso il passaparola...»;

   considerato che la Puglia ora è fra le dieci regioni più preoccupanti per tasso di riempimento delle terapie intensive, in merito alle tempistiche di occupazione totale dei posti disponibili in Puglia il medico avrebbe evidenziato che «...Ci siamo molto vicini. In questo momento la Puglia non è coinvolta allo stesso modo. Mentre nelle terapie intensive di Brindisi, Lecce e Taranto ci sono ancora posti disponibili, a Foggia e Bari la pressione è altissima» –:

   se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e, in caso affermativo, quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, affinché, nel corso dell'emergenza sanitaria in atto, siano garantiti sufficienti posti letto in tutti i reparti di terapia intensiva delle strutture sanitarie pubbliche della regione Puglia nonché un numero sufficiente di medici specialisti e di operatori sanitari formati adeguatamente per le cure dei pazienti affetti da Covid-19.
(5-04812)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RUGGIERI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   come risulta da molte testimonianze dirette, di soggetti che si sono sottoposti più volte ai tamponi presso le Asl perché ancora non immunizzati rispetto al virus, emerge che ad ogni tampone effettuato viene richiesto all'interessato di compilare un modulo con le proprie generalità ma non con il numero dei tamponi sino ad allora effettuato;

   sostanzialmente un certo soggetto, ad esempio al quinto tampone, è tenuto a specificare le sue generalità ma non la circostanza che si trova al quinto tampone;

   si presume che sia la Asl di competenza ad annotare questa fondamentale circostanza per evitare che — nell'esempio citato — il quinto tampone del medesimo soggetto sia calcolato nei numero dei tamponi complessivi effettuati quel giorno e quindi sommato a quelli che effettuano il primo tampone e che, in caso di positività, vengono a costituire la categoria dei «nuovi contagiati»;

   a rafforzare quanto suesposto circa i tamponi multipli sulle medesime persone, nella puntata di Porta a Porta del 15 ottobre 2020, è stato chiesto al sottosegretario alla salute, Sandra Zampa, proprio un chiarimento sulle modalità con cui vengono registrati i tamponi effettuati, ma senza ottenere alcuna delucidazione;

   in realtà il quesito è semplice: si tratta di sapere se, qualora una stessa persona abbia più tamponi positivi, tutti i tamponi positivi sono conteggiati nelle statistiche come nuovi casi; quando una persona risulta positiva, viene contata, giustamente, come un nuovo positivo. Essendo positiva, a quella stessa persona sarà rifatto un tampone per constatare che sia guarita. Se il secondo tampone risultasse nuovamente positivo, la stessa persona verrebbe nuovamente contata come un altro nuovo positivo;

   è evidente che se così fosse ci si troverebbe di fronte a dati fortemente falsati;

   se risponda al vero quanto esposto in premessa e quali siano le modalità con le quali viene effettuata la ricognizione dei nuovi casi e quindi dei nuovi tamponi;

   se non si ritenga più corretto diversificare la modulistica per non inserire nella statistica i risultati di tamponi multipli della stessa persona, al fine di evitare che questi numeri siano inquinati dai «vecchi contagiati» che effettuino i tamponi di controllo.
(4-07182)


   ANNA LISA BARONI e SACCANI JOTTI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza epidemiologica in atto, conseguente alla diffusione del virus Sars-Cov-2, ha evidenziato ancora di più le fragilità del sistema sanitario nazionale e la necessità ormai improcrastinabile di dover incrementare il personale medico e sanitario;

   in questa giusta direzione, seppure con misure insufficienti, si è intervenuti con i provvedimenti di urgenza di questi mesi per cercare di rafforzare la nostra sanità pubblica, sia territoriale che ospedaliera, anche attraverso l'assunzione di personale e l'aumento dei contratti di specializzazione medica;

   da tempo si assiste a un «arruolamento» di personale medico non specializzato nei reparti ospedalieri, e in questi mesi ancora di più nei reparti che hanno trattato i malati di Sars-Cov-2, dimostrandosi una risorsa fondamentale per il superamento della crisi;

   la situazione occupazionale attuale, stante la dimostrata carenza di personale medico specializzato formato dalle scuole di specializzazione, in misura insufficiente a garantire il ricambio necessario al funzionamento del servizio sanitario nazionale, mostra la necessità di una correzione in tempi rapidi di tale oggettiva crisi;

   la normativa in Paesi europei di comparabile dimensione all'Italia, come per esempio la Germania, prevede percorsi alternativi alla specializzazione. In questo Paese si consegue la specializzazione medica con un percorso professionale gestito interamente dagli Ordini dei medici regionali e nazionali tedeschi, il programma è concepito come un training inserito all'interno di una normale attività medica quotidiana e, pertanto, il conseguimento della specializzazione è inteso come il riconoscimento di un'esperienza professionale acquisita in quello specifico ambito professionale;

   anche in Italia sarebbe auspicabile individuare delle modalità di riconoscimento del lavoro del medico non specializzato ai fini del conseguimento della specializzazione –:

   se non ritengano di adottare le opportune iniziative normative al fine di prevedere che il medico non specializzato, assunto a tempo determinato in reparti del servizio sanitario nazionale interessati dall'emergenza epidemiologica, e che abbia maturato esperienza diretta nella gestione dei pazienti ammalati di Sars-Cov-2 durante l'emergenza sanitaria, possa accedere ai concorsi inerenti a posti in organico per strutture di medicina interna, medicina d'emergenza/urgenza, malattie infettive, una volta maturato un periodo di cinque anni di servizio effettivo e certificato dall'azienda sanitaria dove ha svolto l'attività, con valore equipollente alla specializzazione ed il titolo di specialista equiparato.
(4-07185)

SUD E COESIONE TERRITORIALE

Interrogazione a risposta immediata:


   D'ATTIS, SISTO, ELVIRA SAVINO, LABRIOLA e TARTAGLIONE. – Al Ministro per il sud e la coesione territoriale. – Per sapere – premesso che:

   su proposta del Ministro per il sud pro tempore le città di Lecce e Brindisi hanno avviato nel corso del 2019 un lavoro congiunto di scrittura e messa a punto di un Contratto istituzionale di sviluppo (CIS), ovvero di uno strumento che dovrebbe consentire alle amministrazioni di realizzare progetti strategici di sviluppo legate alla specificità dei territori, mettendo assieme risorse nazionali, europee e del Fondo per lo sviluppo e la coesione;

   già un anno fa le città di Lecce e Brindisi avevano avanzato una prima proposta di lavoro per avviare la fase di negoziazione con il Ministero, articolando una serie di proposte progettuali che dovrebbero trovare copertura economica all'interno del Contratto istituzionale di sviluppo;

   le proposte di lavoro avanzate dalle due città erano state armonizzate in coerenza con le politiche di investimento di cui al Fondo sociale di coesione, in linea con quanto concordato in una riunione del tavolo istituzionale tenutosi a Palazzo Chigi il 3 luglio 2019 alla presenza del Ministro per il sud pro tempore e dei rappresentanti dei Ministeri, dei sindaci delle città di Lecce e Brindisi, del Presidente della regione Puglia e dell'amministratore delegato di Invitalia e nei successivi incontri tecnici in regione Puglia;

   da allora però tutto sembra fermo, e solo nei giorni scorsi il tema è stato nuovamente sollevato dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Mario Turco, che, in visita istituzionale in Puglia, ha parlato di richiedere risorse per il Cis di Brindisi e Lecce, da aprire a fine anno –:

   quali siano le risorse eventualmente già stanziate e quali quelle richieste – e a valere su quali programmi – per l'implementazione del Contratto istituzionale di sviluppo che interessa le città di Brindisi e Lecce, quali siano lo stato di avanzamento della fase di negoziazione dello stesso e i tempi per l'effettivo avvio del progetto.
(3-01830)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Suriano e altri n. 5-04609, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 settembre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Martinciglio.

  L'interrogazione a risposta scritta Alaimo e altri n. 4-06998, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 ottobre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Martinciglio.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

  Interrogazione a risposta in Commissione Fregolent n. 5-04773 del 13 ottobre 2020.

  Interrogazione a risposta in Commissione Testamento n. 5-04807 del 19 ottobre 2020.