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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 6 ottobre 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La VII Commissione,

   premesso che:

    con la legge 14 agosto 1967, n. 800, denominata «Nuovo ordinamento degli enti lirici e delle attività musicali», lo Stato considera l'attività lirica e concertistica di rilevante interesse generale, in quanto intesa a favorire la formazione musicale, culturale e sociale della collettività nazionale, ed è per la tutela e lo sviluppo di tali attività che lo Stato stesso interviene con idonee provvidenze per incoraggiare iniziative e progetti;

    in Italia ci sono 14 Ico (istituzioni concertistiche orchestrali) di cui solo 12 effettivamente attive: due operanti nella stessa città (Milano) e due operanti nella stessa regione (Puglia). Alcune orchestre hanno, inoltre, fatto richiesta di riconoscimento ministeriale e sono in attesa della valutazione da parte della Commissione consultiva per la musica;

    il riconoscimento è effettuato su istanza dell'organismo interessato che ritiene di essere in possesso dei requisiti previsti dall'articolo 28 della legge 14 agosto 1967, n. 800, e dall'articolo 19 del decreto ministeriale 27 luglio 2017, in cui vengono stabilite le condizioni necessarie affinché le Ico possano accedere al finanziamento statale a valere sul Fondo unico per lo spettacolo;

    nella risposta all'interrogazione n. 5-03466 Gallo e altri, discussa in data 25 giugno 2020, il Sottosegretario per i beni e le attività culturali e per il turismo delegato sottolinea che «ai sensi dell'articolo 21, comma 2 del decreto ministeriale 27 luglio 2017, la Direzione Spettacolo già finanzia con fondi FUS, sentita la competente Commissione Consultiva per la Musica, i complessi strumentali giovanili che abbiano presentato progetti triennali a valere sul triennio 2018-2020. Per il citato triennio risultano già finanziati sette organismi dislocati in sei regioni (Campania, Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Puglia e Toscana)»;

    dalla medesima risposta del Governo si evince che «l'avvio di un percorso virtuoso che inizi dai complessi strumentali giovanili ben potrebbe essere la fase iniziale per lo sviluppo di istituzioni concertistiche orchestrali che acquisiscano poi i requisiti necessari per l'accesso al contributo»;

    sempre dalla succitata risposta si apprende che il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo «conviene con l'onorevole interrogante sul disequilibrio a svantaggio delle regioni del Sud che scontano spesso, così come in altri settori, una minor fruizione delle iniziative culturali in generale e musicali in particolare»;

    le Ico si configurano come infrastrutture produttive di prossimità e quali veri e propri sistemi di produzione musicale, con ampio raggio di azione, spesso indipendente dai confini regionali, e capaci di veicolare la diffusione della cultura musicale su un territorio molto vasto che, ruotando su un asse baricentrico rispetto alla sede legale, copre circa 130-150 chilometri di superficie, contribuendo a vivificare il territorio con particolare riferimento ai piccoli borghi;

    dalla valutazione dell'operatività delle Ico storicamente radicate sul territorio nazionale integrata all'esame demografico si desume una copertura demografica con alcune zone da colmare, in particolare, in Campania, Calabria, Umbria, Piemonte e Sardegna; solo con la copertura di queste zone si arriverebbe alla copertura demografica di popolazione italiana raggiunta dall'azione di una Ico quasi pari al 100 per cento;

    la pratica musicale condivisa e l'esperienza orchestrale rappresentano elementi qualificanti per la formazione, per la crescita socio-culturale dei cittadini e per lo sviluppo delle dinamiche relazionali;

    a quarantacinque anni dalla sua nascita, il Sistema delle orchestre e dei cori giovanili del Maestro Abreu, musicista, economista, politico, accademico venezuelano, resta una delle esperienze mondiali più significative di una nuova concezione di educazione musicale, capace di oltrepassare i confini della disciplina per contribuire alla formazione dei singoli cittadini e della comunità;

    la musica, e in particolare quella praticata in gruppo, diviene nelle intenzioni di José Antonio Abreu lo strumento per edificare un nuovo modello di comunità, in cui la scoperta dei propri talenti e delle proprie potenzialità diventi occasione di crescita collettiva, luogo di formazione ai valori del vivere comune, facendosi essa stessa micro-società ideale;

    il sistema venezuelano ha formato in quarant'anni migliaia di bambini e ragazzi, consentendo a molti di essi di diventare professionisti della musica, e ad altri di trovare una realizzazione sociale in differenti settori professionali;

    grandi musicisti, come Claudio Abbado, hanno conosciuto e apprezzato di persona questa realtà, auspicando fortemente che fosse esportata in altre nazioni,

impegna il Governo:

   a mettere in atto tutte le iniziative che possano contribuire a dare stabilità e sostenibilità economica alle attuali Istituzioni concertistiche orchestrali (Ico), con particolare riguardo a quelle istituzioni che insistono su territori più svantaggiati sotto il profilo sociale ed economico;

   a potenziare le attività di promozione, specie a beneficio di quelle istituzioni che operano nelle regioni più svantaggiate, per favorire il sostegno di privati attraverso erogazioni liberali che danno diritto, all'erogante, di usufruire del credito d'imposta del 65 per cento, il cosiddetto «Art Bonus»;

   a favorire iniziative che, al fine di garantire una diffusione omogenea e capillare dell'attività orchestrale su tutto il territorio nazionale, attivino processi virtuosi in grado di approdare al riconoscimento ministeriale di nuove Ico (soprattutto a partire dai complessi strumentali giovanili), per ridurre il disequilibrio che danneggia quelle regioni che scontano una minore fruizione delle iniziative culturali e musicali;

   a valutare la possibilità di promuovere, attraverso le dovute interlocuzioni con l'Aran e previa analisi della sostenibilità per tutte le Ico in relazione ai differenti contesti territoriali, un apposito contratto collettivo nazionale volto a disciplinare i rapporti di lavoro del personale delle Ico;

   a valutare la possibilità di provvedere alla revisione dei meccanismi di conteggio delle attività liriche commissionate da enti esterni o prodotte/coprodotte dalle stesse Ico entro una percentuale massima del 10 per cento dell'attività complessiva annuale della istituzione concertistico orchestrale ai fini dell'ammissibilità ai contributi allo spettacolo dal vivo a valere sul fondo unico dello spettacolo (Fus), di cui alla legge 30 aprile 1985 n. 163;

   ad adottare iniziative per rafforzare le funzioni di vigilanza del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo nell'ottica di sanzionare i casi di aumento artificioso delle attività concertistiche delle istituzioni concertistico-orchestrali volti ad alterare i numeri a parametro per l'ottenimento dei contributi allo spettacolo dal vivo a valere sul fondo unico dello spettacolo (Fus), di cui alla citata legge 30 aprile 1985 n. 163;

   ad adottare ogni iniziativa di competenza affinché le città in cui hanno sede le Ico mettano a disposizione gratuita per prove e concerti o attraverso l'affidamento in gestione degli spazi teatrali, i teatri e le sale da concerto di proprietà comunale, dando più ampia e congrua attuazione alla previsione di cui all'articolo 23 della legge 14 agosto 1967, n. 800;

   ad adottare iniziative per favorire, anche attraverso un incremento delle risorse, la creazione di nuovi complessi strumentali giovanili come disciplinati dall'articolo 21 del decreto ministeriale 27 luglio 2017, specialmente attraverso progetti tesi alla valorizzazione dei piccoli borghi e alla riattivazione delle dinamiche sociali e turistiche delle realtà in cui questi sorgono;

   ad adottare iniziative per prevedere la creazione di un albo nazionale delle orchestre giovanili ed infantili, ed individuare specifici interventi a loro favore, con particolare riguardo:

    a) a quelle realtà che operano per l'inclusione sociale e il contrasto alla povertà educativa;

    b) alla creazione di orchestre giovanili ed infantili all'interno di istituzioni orchestrali già esistenti e di comprovata e riconosciuta esperienza quali le Ico, gli enti lirici, le fondazioni lirico-sinfoniche e teatri di tradizione, garantendo l'affiancamento formativo dei giovani musicisti e il tutoraggio a cura di professori d'orchestra professionisti e stabili provenienti dai medesimi enti riconosciuti, producendo nel tempo un bacino di professionalità emergenti utili al ricambio generazionale e garantendo la tutela delle condizioni dei giovani orchestrali che scongiurino modalità retributive non corrette o elusive;

    c) alla necessità di consentire la concessione in uso gratuito di adeguate strutture pubbliche, di spazi, locali e ove possibile di strumenti musicali per lo svolgimento delle attività, sostenendo un'adeguata diffusione comunicativa e la valorizzazione di queste realtà giovanili e delle loro performance e incentivandone la presenza nelle programmazioni culturali di comuni e città metropolitane.
(7-00547) «Nitti, Lattanzio, Carbonaro».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ROSSI, CENNI, CECCANTI, NARDI, BURATTI, CRITELLI, RIZZO NERVO, CIAMPI, INCERTI, PELLICANI, PEZZOPANE e SERRACCHIANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   dai principali organi di stampa si apprende la notizia di una trattativa in corso per la vendita dei giornali il Tirreno, la Gazzetta di Modena, la Gazzetta di Reggio e la Nuova Ferrara, appartenenti al gruppo Gedi;

   le suddette testate, giornali ex Finegil, rappresentano un patrimonio e un'esperienza unica nel panorama dell'informazione italiano, profondamente radicati nella società che garantiscono da più di quarant'anni un'informazione libera e indipendente e un punto di riferimento per le comunità locali;

   se confermata, seppure legittima da un punto di vista del libero mercato, la trattativa rischierebbe di compromettere il futuro dei tanti lavoratori che da anni contribuiscono, con passione, alla fruizione di un'informazione locale, strettamente legata al territorio del Nord e Centro Italia, che rappresenta un bacino importante di opinione pubblica; inoltre, la vendita delle quattro testate comprometterebbe l'integrità del gruppo ex Finegil, che costituisce da sempre uno dei suoi punti di forza e motivi di successo, caratterizzato da un modello informativo fondato sul radicamento nel territorio e nel continuo scambio sinergico di esperienze e conoscenze tra i vari giornali;

   sulla vicenda sono intervenute la Federazione nazionale della stampa italiana e le Associazioni regionali della stampa di Emilia-Romagna e Toscana, sottolineando che «Ferme restando le regole del libero mercato, la vendita di testate giornalistiche richiede sempre una particolare accortezza nella valutazione dei progetti industriali, della solidità imprenditoriale e dell'affidabilità dei compratori»;

   come prima azione dimostrativa, le assemblee dei quotidiani della Gazzetta di Modena, Gazzetta di Reggio, Il Mattino di Padova, Corriere delle Alpi, Il Piccolo, Il Tirreno, La Nuova Ferrara, La Nuova Venezia, La Provincia Pavese, La Sentinella del Canavese, La Tribuna di Treviso e Il Messaggero Veneto, hanno indetto uno sciopero di 24 ore con sospensione degli aggiornamenti web –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda adottare al fine di tutelare il lavoro e la professionalità dei giornalisti coinvolti e difendere i diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione, quali la libertà di stampa e di informazione.
(5-04705)


   PEZZOPANE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nel mese di agosto 2020 è stato presentato il rapporto sullo stato di avanzamento della ricostruzione privata e pubblica nel Centro Italia a quattro anni dal primo degli eventi sismici del 2016, quello che il 24 agosto ha colpito Amatrice, Accumoli, Arquata del Tronto;

   dopo i ripetuti terremoti del 2016 e del 2017 nel Centro Italia sono stati stimati oltre 80 mila immobili danneggiati, 50 mila dei quali, il 62 per cento del totale, con un danno ritenuto grave;

   i dati pubblicati parlano di 5.325 progetti approvati nei quattro anni passati, di cui 2.544 già realizzati e 2.758 cantieri in corso per la ricostruzione privata. Le opere pubbliche finanziate sono 1.405, delle quali concluse solo 86 ed i cantieri aperti attualmente sono 85;

   parlando nello specifico di ricostruzione privata, trapela un senso di sfiducia delle popolazioni terremotate; a fronte di 80 mila edifici che risultavano inagibili in base alle perizie per la valutazione del danno, di questi 30 mila hanno subito danni lievi e 50 mila danni gravi; dal momento del sisma al 30 giugno 2020 sono state presentate 13.948 richieste di contributo per la ricostruzione;

   anche lo stato di avanzamento della ricostruzione pubblica è ugualmente in forte ritardo, a causa dell'estrema complessità delle procedure, di molti interventi necessari soprattutto nei comuni più danneggiati dal sisma, ma anche della frammentazione delle stazioni appaltanti e delle difficoltà di molti comuni a dedicare alla ricostruzione professionalità adeguate;

   da maggio 2020, sono state adottate quattro ordinanze predisposte dal commissario straordinario alla ricostruzione, che hanno ottenuto il via libera dai presidenti delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, e di fatto hanno contribuito sia nel privato che nel pubblico a ridefinire la ricostruzione nel segno della semplificazione;

   con le misure a sostegno dell'economia messe in campo per fronteggiare l'emergenza Covid-19 si è deciso di fornire al sistema impegnato nella ricostruzione post sisma più liquidità attraverso il pagamento in anticipo del 50 per cento ai tecnici sui progetti presentati e il pagamento alle imprese sui lavori effettuati nei cantieri. Nello stesso tempo si è avviata la costituzione della cabina di regia a Palazzo Chigi, cui è demandata la finalizzazione di un fondo da 50 milioni di euro per il 2020, come era stato previsto dal decreto-legge 24 ottobre 2019, n. 123, a sostegno delle attività produttive –:

   quali iniziative il Governo, alla luce dei fatti sopra esposti, intenda intraprendere per velocizzare l'erogazione delle risorse del fondo, superare l'attuale fase di stallo e fornire risposte concrete alle comunità.
(5-04707)


   FOTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   in merito allo svolgimento delle elezioni dei consorzi di bonifica, la regione Emilia-Romagna prevede che lo statuto degli stessi recepisca alcuni principi tra cui quello indicato all'articolo 17, comma 3, lettera a), della legge regionale 2 agosto 1984, n. 42 e successive modificazioni e integrazioni, che testualmente recita «favorire la partecipazione al voto dei consorziati anche attraverso l'utilizzazione di nuovi sistemi di voto, ivi compresi quelli di tipo telematico attraverso modalità certificate che assicurino la provenienza del voto, la segretezza e la non modificabilità dello stesso»;

   detto principio risulta recepito dallo statuto del Consorzio di Bonifica di Piacenza che, all'articolo 18, comma 8, recita «Con specifico regolamento consortile approvato dalla Regione, da adottare entro due anni dall'entrata in vigore del presente statuto, sono disciplinate le modalità di esercizio del diritto di voto in forma telematica e le operazioni relative alle verifiche e allo scrutinio dei voti così espressi. L'esercizio del voto in forma telematica deve garantire l'unicità del voto, la sicurezza della provenienza, la segretezza e la non modificabilità dello stesso.»;

   ciò nonostante il Consorzio di bonifica di Piacenza già più volte ha svolto turni elettorali senza utilizzare il voto prescritto dalla legge e dallo statuto. Inoltre, contrariamente alla lettera della legge in materia, Assemblea regionale dell'Emilia-Romagna respingeva, nella seduta n. 228 del 30 gennaio 2019, la risoluzione n. 7822 (a firma del consigliere Giancarlo Tagliaferri) che impegnava la giunta a mettere a disposizione il sistema di voto telematico in occasione delle elezioni degli organi dei Consorzi di bonifica;

   con nota pervenuta al Consorzio di bonifica di Piacenza il 4 agosto 2020, l'assessore regionale all'agricoltura dell'Emilia-Romagna, in merito alla «eventuale utilizzazione delle modalità di voto telematico in forma non presidiata», informava che il 23 luglio si era tenuto «un incontro tecnico tra le strutture della Regione Emilia-Romagna competenti in materia e la società Lepida spa». La nota così proseguiva: «In esito alla riunione è stato valutato che, in assenza di una fase di test capillare a cui deve fare seguito necessariamente una validazione da parte di audit terzo a garanzia dei principi (...) richiesti dal punto a), comma 3, dell'articolo 17 della legge regionale 42 del 1984, la modalità del voto telematico non è tecnicamente applicabile in questa tornata elettorale»;

   la vicenda in questione appare significativa sia alla luce dell'esigenza di una più ampia riflessione sulla governance dei consorzi di bonifica, in rapporto alla rilevanza del ruolo che sono chiamati a svolgere, sia al fatto che, nonostante l'emergenza sanitaria in atto, la regione preclude il ricorso ad un sistema di votazione che garantirebbe ai consorziati — per il Consorzio di Unifica di Piacenza le elezioni risultano indette per il 13 dicembre 2020 — l'espressione di voto in sicurezza –:

   se intendano adottare le iniziative di competenza, anche di carattere normativo, per assicurare un'adeguata governance degli enti in questione ed il loro effettivo funzionamento, a partire dall'elezione dei relativi organi che, di certo, non può tenersi prescindendo dalla tutela della salute dei consorziati.
(5-04708)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BENIGNI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'ultimo rapporto dell'Ispra certifica che sono 385,2 i chilometri quadrati , (sui 2.746 del totale della provincia di Bergamo) considerati a rischio di frane: 244,9 a rischio «molto elevato», 91,4 «elevato» e 48,9 «medio». Trentasei i comuni maggiormente esposti, per un totale di 4.075 famiglie interessate (pari allo 0,9 per cento);

   parte del rischio idraulico è imputabile alla complessità del reticolo idrografico provinciale. Il territorio orobico è infatti solcato da numerosi torrenti montani e da cinque fiumi principali (Adda, Brembo, Serio, Oglio e Cherio) e ospita due laghi naturali (Iseo ed Elidine);

   conoscono bene gli effetti del dissesto idrogeologico gli abitanti della provincia di Bergamo, ormai rassegnati a sopportare, in seguito all'intensificarsi dei fenomeni meteorologici, gravi disagi e costosi danni;

   a causa del maltempo dei giorni scorsi, la strada provinciale 24 in località Foppacalda, nel territorio di Val Brembilla, è stata chiusa per una frana sul lato del torrente Brembilla;

   sono quattro le strade provinciali rimaste chiuse per frana; a Brembilla, Olmo al Brembo, Gassiglio e la Mezzoldo-San Marco; una frana ha colpito anche strade comunali in Valle di Scalve; è inoltre franata la strada comunale tra Averara e la frazione Valmoresca;

   la strada provinciale n. 61 è a rischio di chiusura in comune di Vilminore di Scalve, per un fronte franoso instabile sia a monte che a valle del tracciato;

   la mattina di sabato 3 ottobre 2020, a Camerata Cornello il maltempo ha causato l'interruzione della linea elettrica; in Alta Valle Brembana sono rimasti isolati i centri abitati di Ornica, Valtorta, Piazzolo, Piazzatorre e Mezzoldo; in Alta Valle Seriana, sono rimasti isolati per frana la località Dossi del comune di Valbondione ed il comune di Lizzola;

   a Cusio una frana si è verificata in località Monte Avaro;

   i vigili del fuoco sono inoltre entrati in azione per dissesti idrogeologici a Carobbio, Ardesio, Ponteranica, Calcio, Treviglio, Capriate, Canonica e Brembate;

   a destare preoccupazione sono ora i maggiori corsi d'acqua, ingrossati dalla tanta pioggia: a Villa d'Ogna, i vigili del fuoco e la protezione civile di Clusone monitorano costantemente la situazione del fiume Serio; a Parre, località Sant'Alberto, si segnala un'esondazione; a Schilpario osservato speciale è il torrente;

   i danni di un solo fine settimana di pioggia sono attualmente computati in oltre 7 milioni di euro;

   i comuni della bergamasca, già allo stremo delle forze, si trovano dunque a dover fronteggiare ulteriori situazioni di emergenza, con risorse insufficienti;

   la necessità di attuare imponenti interventi sul versante della risoluzione dei problemi del dissesto idro-geologico è sempre più evidente;

   è altrettanto evidente che il finanziamento di tali interventi debba essere considerato prioritario nella destinazione dei fondi straordinari messi in campo, anche a livello europeo, per consentire la ripresa economica –:

   se il Governo sia a conoscenza delle gravi problematiche verificatesi in provincia di Bergamo a seguito degli eventi meteorologici del 3 ottobre 2020;

   se, come ed in quale misura intendano intervenire, per quanto di competenza, a favore dei territori della bergamasca colpiti da tali eventi, al fine di consentire il tempestivo ripristino dei collegamenti;

   se non ritengano prioritario, nella destinazione dei fondi messi in campo anche a livello europeo (ad esempio il Recovery Fund), definire un piano straordinario di interventi finalizzati alla risoluzione delle problematiche di dissesto idrogeologico, con particolare riferimento alla provincia di Bergamo;

   quante, tra le risorse disponibili, il Governo intenda destinare alla risoluzione delle note problematiche di dissesto idrogeologico che affliggono la provincia di Bergamo.
(4-07005)


   CENNI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la tratta di esseri umani è espressamente punita nel nostro ordinamento dall'entrata in vigore della legge n. 228 del 2003 con la quale sono stati riscritti gli articoli del codice penale già relativi alla riduzione in schiavitù (articoli: 600, 601 e 602);

   nella XVII legislatura, il Governo pro tempore ha approvato il decreto legislativo n. 24 del 2014, con il quale ha dato attuazione nel nostro ordinamento alla direttiva 2011/36/UE concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime;

   il decreto legislativo n. 24 del 2014 ha previsto l'adozione del piano nazionale contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani, finalizzato a definire strategie di lungo periodo per la prevenzione e il contrasto del fenomeno mediante azioni di sensibilizzazione, promozione sociale emersione ed integrazione delle vittime della tratta;

   il piano è stato adottato dal Consiglio dei ministri il 26 febbraio 2016 ed è relativo al periodo 2016-2018. Tale documento è finalizzato a individuare strategie di intervento pluriennali attraverso l'attuazione di interventi volti a:

    a) adottare politiche di prevenzione attraverso il miglioramento della conoscenza del fenomeno e la diffusione di tale conoscenza, attraverso azioni mirate nei paesi origine e attraverso attività di comunicazione e sensibilizzazione;

    b) incrementare l'emersione del fenomeno e garantire una risposta efficace e coordinata;

    c) sviluppare meccanismi adeguati per la rapida identificazione delle vittime di tratta attraverso la redazione di linee guida specifiche sul tema;

    d) istituire un Meccanismo nazionale di Referral;

    e) aggiornare e potenziare le misure di accoglienza già esistenti;

    f) fornire formazione multi-agenzia;

    g) adottare specifiche linee guida relative all'adempimento dell'obbligo di informazione delle vittime circa il diritto al rilascio del permesso di soggiorno, a richiedere la protezione internazionale, l'assistenza affettiva e psicologica da parte di un'associazione, il gratuito patrocinio, l'udienza protetta, nonché la presenza obbligatoria di un esperto in psicologia o psichiatria infantile in sede di interrogatorio di minore;

   dal 2016 al 2018 i fondi messi a disposizione per l'attuazione dei progetti di protezione delle vittime sono andati via via aumentando. Erano otto milioni l'anno fino al 2015, sono passati a circa 15 milioni per 18 progetti della durata di 15 mesi, fino ad arrivare a 22,5 milioni stanziati nel 2017 e 24 nel 2018;

   sono circa 20 mila ogni anno le vittime di tratta che entrano nei sistemi di protezione e di assistenza in Europa. In Italia, a ottobre 2018, in occasione della giornata europea anti-tratta, risultavano 1.137 le vittime (il 90 per cento donne) assistite nell'ambito di progetti finanziati dal dipartimento per le pari opportunità;

   il piano nazionale di azione contro la tratta e lo sfruttamento degli esseri umani è attualmente scaduto da alcuni mesi;

   il mancato contrasto del piano di azione della tratta rappresenta un vulnus che lascia le vittime del tutto da sole, in balia dei trafficanti di esseri umani anche una volta sbarcati nel nostro Paese. Infatti, vengono meno le quattro direttrici del piano (prevention, prosecution, protection, partnership) e viene meno anche la cooperazione investigativa e giudiziaria internazionale con gli altri Paesi europei e Paesi di origine;

   è stato di fatto bloccato lo sviluppo di un sistema di strumenti efficaci in grado di rispondere alle esigenze del lavoro di rete e di contatto con i sistemi che si occupano delle altre vulnerabilità, nel panorama delle politiche in materia di immigrazione –:

   quali iniziative urgenti, intenda assumere il Governo per prevenire e contrastare la tratta e lo sfruttamento degli esseri umani, e con quali risorse, e quando, conseguentemente, verrà definito ed approvato il nuovo piano nazionale.
(4-07016)


   MURONI, BENEDETTI, SARLI, ELISA TRIPODI, DEIANA, PEZZOPANE, MARTINCIGLIO, GAGNARLI, BOLDRINI, CENNI, FITZGERALD NISSOLI, CASA, VILLANI, SCHIRÒ, CIAMPI, FRATE, DE LORENZO, SPORTIELLO, CANCELLERI, BRUNO BOSSIO, ASCARI, GRANDE, BOLOGNA e BARBUTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   una croce bianca, sopra una data e un nome di donna «ma questa non è la mia tomba, è quella di mio figlio». Una storia assurda quella raccontata da una donna su Facebook in un post a cui affida la sua rabbia e il suo sgomento nell'aver scoperto che, dopo un'interruzione terapeutica di gravidanza, pur avendo precisato di non volere né le esequie né la sepoltura del feto, questi invece ha avuto sepoltura nel cimitero Flaminio di Roma con una croce su cui è stato iscritto il nome della madre. Un post al quale la donna allega la foto, amara e macabra, della croce con sopra il suo nome e la data dell'interruzione di gravidanza;

   «Nel momento in cui firmai tutti i fogli relativi alla mia interruzione terapeutica di gravidanza, mi chiesero: “Vuole procedere lei con esequie e sepoltura?”. Risposi che non volevo procedere – ricorda la donna – Dopo circa sette mesi ritirai il referto istologico, e pensando ai vari articoli sulle assurdità su sepolture di prodotti del concepimento, ebbi un dubbio. Decisi di chiamare la struttura nella quale avevo abortito e di contattare la camera mortuaria»;

   dopo avere fornito il suo nome e cognome la donna scopre che pur non avendo dato nessun consenso il feto avrà sepoltura. «Mi dissero al telefono: “Stia tranquilla anche se lei non ha firmato per la sepoltura, il feto verrà comunque seppellito per beneficenza: avrà un suo posto con una sua croce e lo troverà con il suo nome”», racconta la donna ricostruendo il momento in cui scopre che sulla croce c'è il suo di nome, essendo il figlio «nato morto e dunque mai registrato»;

   «È tutto scandalosamente assurdo, la mia privacy è stata violata – conclude la donna – ... Il campo in questione del cimitero Flaminio di Roma è pieno di croci con nomi e cognomi femminili. Ci tengo a dire che, nonostante tutto, non dimenticherò mai l'umanità e la gentilezza del personale della camera mortuaria che ha seguito la mia vicenda per mesi». Tutto questo si legge in un articolo pubblicato sul sito online di «La Repubblica» – Roma il 29 settembre 2020;

   vedere il proprio nome stampato sulla croce di un feto è per gli interroganti una evidente violazione della privacy ed è il punto focale di questa drammatica vicenda –:

   se il Governo non ritenga di adottare iniziative normative alla luce delle criticità rilevate nel caso in questione in modo che venga sempre tutelata la privacy e la dignità personale della donna, assicurando altresì il pieno rispetto dello «spirito», oltre che della lettera della legge n. 194 del 1978.
(4-07017)


   GRILLO e CARBONARO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   è stato pubblicato un articolo sul sito internet ilMattino.it dal titolo «Roma, “ho scoperto la tomba di mio figlio sepolto senza il mio consenso”: nuovo caso al cimitero Flaminio» che racconta la storia di una donna che scopre la sepoltura del proprio feto abortito, con il proprio nome su una croce senza consenso;

   inoltre, l'articolo pubblicato sul quotidiano «Il Manifesto» del 1° ottobre 2020 dal titolo «Decine di feti sepolti a Roma coi nomi delle donne. Si muove il Garante Privacy», espone i fatti accaduti al cimitero Flaminio e riporta l'inizio di un'istruttoria da parte del Garante della privacy «per fare luce su quanto accaduto e sulla conformità dei comportamenti, adottati dai soggetti pubblici coinvolti, con la disciplina sulla privacy»;

   come si apprende da un articolo pubblicato su lapresse.it il direttore generale Fabrizio D'Alba dell'Ospedale San Camillo di Roma, dove la donna sopra menzionata avrebbe effettuato l'aborto, ha emanato una nota di chiarimento sulla questione dove specifica quanto segue:

    «Per quanto riguarda le azioni di norma che vengono effettuate negli ospedali e nelle aziende sanitarie in caso di feti con età gestionale compresa tra le 20/28 settimane – specifica la Direzione Generale – la norma prevede che questi siano identificati con il nome della madre solo ai fini della redazione dei permessi di trasporto e sepoltura ai sensi dell'articolo 7 del DPR 10 settembre 1990 n. 285, che unitamente al certificato medico legale della Asl vengono consegnati ad Ama all'atto della presa in carico dei feti», continua la nota dell'ospedale.

    «Le successive attività relative al trasporto, alla gestione e seppellimento del feto sono di completa ed esclusiva competenza di Ama. Azienda ospedaliera ed Asl di competenza in alcun modo concorrono ad alcuna scelta in merito alle attività di seppellimento» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda intraprendere per tutelare la donna in un momento delicato come quello dell'aborto, promuovendo anche un aggiornamento della normativa in essere tesa a tutelare la donna durante l'aborto, senza tralasciare la fase post-operazione volta alla tutela della donna e dei soggetti interessati, anche in relazione alla privacy e alle conseguenze psicologiche che potrebbero derivare dalla non piena conoscenza dell'iter che oggi viene praticato.
(4-07018)


   GIANNONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285 (Regolamento polizia mortuaria), prevede, all'articolo 7, comma 2, 3 e 4, le procedure relative alla sepoltura di feti ed embrioni. Per la sepoltura dei prodotti abortivi di presunta età di gestazione dalle 20 alle 28 settimane complete e dei feti che abbiano presumibilmente compiuto 28 settimane di età intrauterina, e che all'ufficiale di stato civile non siano stati dichiarati come nati morti, i permessi di trasporto e di seppellimento sono rilasciati dall'unità sanitaria locale;

   a richiesta dei genitori, nel cimitero possono essere raccolti con la stessa procedura anche prodotti del concepimento di presunta età inferiore alle 20 settimane;

   nei casi previsti dai commi 2 e 3, i parenti o chi per essi sono tenuti a presentare, entro 24 ore dall'espulsione o estrazione del feto, domanda di seppellimento alla unità sanitaria locale accompagnata da certificato medico che indichi la presunta età di gestazione ed il peso del feto. La scorsa settimana, in un post circolato su Facebook, ripreso da molti giornali, una donna ha raccontato di aver abortito in un ospedale di Roma e di aver poi scoperto che senza il suo consenso il feto era stato seppellito al cimitero. Sulla lapide è stata apposta una croce in legno con il nome e cognome della donna. «Il campo in questione del cimitero Flaminio è pieno di croci con nomi e cognomi femminili» si legge. Con una grave violazione della privacy;

   sebbene, scrive ilpost.it, il regolamento affermi che la sepoltura è sempre possibile, nei fatti non sono tutelate la libertà e la volontà di chi la sepoltura non la vuole. In alcuni casi, regioni e amministrazioni comunali hanno approvato regolamenti che superano la norma nazionale. In altri casi, comuni o aziende ospedaliere consentono a terzi – spesso associazioni con posizionamento ideologico – di procedere con le sepolture e i relativi riti di accompagnamento, anche all'insaputa delle donne che hanno abortito;

   in caso dunque non venga fatta alcuna richiesta di seppellimento, i prodotti del concepimento vengono smaltiti direttamente dalla struttura ospedaliera tramite termodistruzione. Ed è proprio qui che si inseriscono le attività delle associazioni;

   secondo thevision.it «le aree cimiteriali in Italia dedicate all'inumazione dei feti e relativi comuni che hanno istituito registri sono circa 50. In alcuni comuni, si legge, come ad esempio a Cagliari, Torri di Quartesolo (in provincia di Vicenza) e Borgosesia, feti e “prodotti del concepimento” vengono seppelliti in ogni caso, anche senza che i genitori vengano informati»;

   la prima di queste aree cimiteriali, chiamate «Giardini degli angeli», è stata inaugurata nel 2000 a Novara, sede dell'associazione che spesso si occupa dell'inumazione dei feti, «Difendere la vita con Maria» (Advm). Anche il movimento religioso "Armata bianca" ha tra le sue missioni quella di seppellire i feti;

   l'associazione, infatti, stipula una convenzione con la struttura ospedaliera e con l'Asl e interviene per seppellire i feti sotto le 20 settimane di gestazione, qualora i parenti non facciano richiesta. I costi delle sepolture vengono sostenuti dalle donazioni dei volontari stessi. C'è anche un registro, viene apposto un numero in modo da poter risalire alla data dell'aborto, e viene assegnato il nome «Celeste», sia maschile che femminile. Si tratta di una sepoltura con una forte connotazione religiosa, non per forza condivisa da una persona che, in ogni caso, non la sceglie in maniera limpida e consapevole –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e se non intenda adottare le opportune iniziative normative volte a modificare il regolamento di cui in premessa.
(4-07019)


   LATTANZIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   poche settimane fa l'ambasciatore del Dipartimento di Stato Nathan Sales, capo degli Stati Uniti per l'antiterrorismo, durante un evento dell'American Jewish Committee denunciava la presenza in tutta Europa di attività di contrabbando e di depositi di esplosivo riconducibili ad Hezbollah, attiva in tal senso sin dal 2012. In particolare, l'ambasciatore evidenziava che importanti depositi di nitrato di ammonio sono stati scoperti o distrutti in Francia, Grecia e Italia, ipotizzando dunque che tale attività sia ancora in corso;

   ancora più grave, come riporta il sito di informazione Formiche.net, è l'ipotesi che nel nostro Paese esista una presunta connessione tra i traffici di Hezbollah e quelli della criminalità organizzata. Nel 2010 in un container di una nave attraccata nel porto di Gioia Tauro furono scoperte sette tonnellate di esplosivo T4 destinato a Hezbollah. In quell'occasione si ipotizzò un legame tra i terroristi libanesi e la 'ndrangheta – anche perché l'esplosivo T4 era stato utilizzato nelle stragi di mafia degli anni '90 – riemerso recentemente l'anno scorso dopo una maxi-retata a Reggio Calabria – sotto il nome di operazione Edera – con cui i Ros avevano smantellato un traffico internazionale di droga;

   con l'indagine Araba Fenice del 2015, invece, venne scoperta una attività di riciclaggio di denaro per Hezbollah in Piemonte, Liguria e Toscana –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra esposti – soprattutto delle possibili connessioni tra Hezbollah e la 'ndrangheta calabrese – e quali siano – eventualmente – le iniziative di approfondimento e di prevenzione che intende promuovere – per quanto di competenza – sui fatti esposti, anche nel quadro di una maggiore tutela della sicurezza del Paese.
(4-07022)


   BARTOLOZZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'organo esecutivo del Consiglio d'Europa, con sede a Strasburgo, che ha esaminato, nell'ambito della cosiddetta procedura d'esecuzione delle sentenze della Corte europea dei diritti umani, le informazioni fornite dal Governo italiano per rimediare alle carenze che hanno condotto alla condanna del Paese nel 2017 sul caso Talpis, si dice «preoccupato» per l'elevato tasso di procedure per violenza domestica che in Italia termina in un non «luogo a procedere» durante le indagini preliminari;

   nel caso appena citato, i giudici di Strasburgo stabilirono che, nonostante le ripetute denunce della signora Talpis, le autorità non avevano preso le misure necessarie a proteggerla dalla violenza del marito e che questo aveva favorito un aumento dell'aggressività sfociato nel tentato omicidio della donna e nell'omicidio del figlio adottivo;

   il Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa esprimendo «soddisfazione per gli sforzi continui delle autorità, che dimostrano la volontà di prevenire e combattere la violenza domestica e la discriminazione di genere», chiedono al Governo di attuare una serie di misure e di fornire entro il marzo 2021 informazioni su quanto fatto nonché dati statistici;

   in particolare Strasburgo chiede che l'Italia «crei rapidamente un sistema completo di raccolta dati sugli ordini di protezione e fornisca anche dati statistici sul numero di domande ricevute, i tempi medi di risposta delle autorità, il numero di ordini effettivamente attuati»;

   inoltre il Governo dovrà fornire informazioni sulle misure prese, o che intende prendere, per garantire che le autorità competenti attuino una valutazione e gestione adeguata ed effettiva dei rischi legati al ripetersi e aggravarsi degli atti di violenza domestica e quindi dei bisogni di protezione delle vittime;

   ad avviso dell'interrogante le richieste avanzate dal Comitato dei ministri di Strasburgo mostrano chiaramente come l'Italia, ancora oggi, ignori totalmente il fenomeno della violenza di genere;

   a ciò si aggiunga che le richieste citate sono in linea con l'attività condotta dal gruppo di «Forza Italia-Berlusconi Presidente» che attraverso atti di sindacato ispettivo e proposte di modifica dei provvedimenti sul tema all'esame della Commissione competente, sta conducendo a difesa delle troppe donne vittime di violenza –:

   se e con quali tempistiche il Governo intenda dare seguito alle richieste avanzate dal Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa esposte in premessa, segnatamente fornendo i dati relativi, dall'ultimo biennio ad oggi, al numero di domande ricevute, ai tempi medi di risposta delle autorità e al numero di ordini effettivamente attuati in relazione agli atti di violenza domestica.
(4-07024)


   MORELLI, CAPITANIO, VANESSA CATTOI, BINELLI, LOSS e SUTTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   nel luglio 2018, in Trentino-Alto Adige/Südtirol, il gruppo Athesia ha acquisito il 100 per cento di INIT Holding GmbH, che a sua volta detiene il 100 per cento della società Iniziative Editoriali Spa («L'Adige»), di Radio Dolomiti e l'agenzia pubblicitaria Media Alpi Pubblicità srl. Il gruppo editoriale si è anche assicurato il palazzo di Via Missioni Africane e l'imponente rotativa (che negli anni era stato il vero ostacolo alla vendita del quotidiano);

   Radio Dolomiti, è la più antica emittente privata trentina, che conta su 35.000 ascoltatori al giorno, mentre «L'Adige» è il quotidiano più letto del Trentino, con quasi 22.000 copie vendute;

   il gruppo Athesia è guidato da Michl Ebner (AD), deputato Svp per quattro legislature, eurodeputato e oggi presidente della camera di commercio di Bolzano. Gli Ebner sono la famiglia che, da tre generazioni, è l'azionista di riferimento del gruppo Athesia, mentre il fratello Toni dirige il «Dolomiten», il più prestigioso e importante pezzo della scuderia editoriale degli Ebner, ovvero il maggior quotidiano di lingua tedesca dell'Alto Adige;

   all'annuncio da parte del gruppo editoriale altoatesino di aver acquistato il quotidiano L'Adige e l'emittente radiofonica Radio Dolomit, l'operazione era stata contestata e denunciata da parte dei sindacati, dato che l'operazione ha determinato la formazione di un monopolio editoriale assoluto nel campo della carta stampata, visto che al gruppo appartengono anche il Dolomiten, il Trentino e l'Alto Adige;

   dopo le clamorose acquisizioni dei quotidiani «Alto Adige» e il «Trentino» (nel 2017) e «L'Adige» (nel 2018), con tutto il loro cospicuo patrimonio immobiliare (solo il palazzo de «L'Adige» sulla collina di Trento ha un enorme valore), Athesia controlla quindi l'informazione sia italiana che tedesca dell'intera regione Trentino-Alto Adige Südtirol;

   l'attuale sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, nel luglio 2018 Ministro pro tempore per i rapporti con il Parlamento, all'indomani dell'operazione di acquisizione della testata, aveva promesso di impegnarsi per promuovere una legge che impedisse la concentrazione esagerata di media nelle mani di un solo soggetto anche su base locale;

   il tema del pluralismo, soprattutto in relazione alla proprietà e alla gestione dei media, ha assunto rilevanza crescente nel nostro Paese, anche in considerazione delle particolari contingenze storico-politiche, arrivando a lambire perfino il tema epocale dell'essenza stessa del principio democratico;

   proprio da qui deriva «l'imperativo costituzionale» che «il diritto all'informazione», garantito dall'articolo 21 della Costituzione, venga qualificato e caratterizzato, tra l'altro, sia dal pluralismo delle fonti cui attingere conoscenze e notizie – così da porre il cittadino in condizione di compiere le proprie valutazioni, avendo presenti punti di vista e orientamenti culturali e politici differenti – sia dall'obiettività e dall'imparzialità dei dati forniti, sia infine dalla completezza, dalla correttezza e dalla continuità dell'attività di informazione erogata –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda porre in essere in merito al pluralismo dell'informazione ed alla concentrazione dei media in capo ad un unico soggetto.
(4-07026)


   BIGNAMI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi, anche da fonti internet, l'interrogante ha appreso che, presso il carcere di Reggio Emilia, il capo dell'ufficio stampa del Ministro della giustizia non ha voluto concedere il nulla osta per l'utilizzo di uno spazio interno all'istituto stesso finalizzato allo svolgimento di una conferenza stampa da parte di un sindacato, impedendo dunque l'accesso a giornalisti, fotografi e operatori televisivi;

   si è invece ritenuto, in virtù delle esigenze di informazione e comunicazione del sindacato, di mettere a disposizione la sala Minervini presso la sede di Roma del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria;

   ciò, a parere dell'interrogante, appare una decisione quantomeno discutibile. La conferenza stampa in questione verteva infatti su tematiche locali e inerenti al carcere di Reggio Emilia e, pertanto, erano stati invitati giornali e tv locali. I suddetti organi di informazione locali sarebbero di fatto impossibilitati, o comunque si troverebbero in grande difficoltà qualora tali conferenze stampa dovessero tenersi a Roma. Peraltro, anche in virtù del principio di trasparenza della pubblica amministrazione e in ossequio al diritto di informazione, le carceri dovrebbero essere aperte al pubblico qualora se ne faccia richiesta e comunque non dovrebbe essere negato l'utilizzo di una sala, soprattutto per finalità destinate alla comunicazione e all'informazione –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti;

   quali iniziative si intendano assumere per impedire che tali episodi possano ripetersi e al fine di garantire il pieno diritto all'informazione sulle problematiche che riguardano le carceri italiane.
(4-07028)


   LOLLOBRIGIDA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il presidente della giunta regionale del Lazio, Nicola Zingaretti, in data 17 aprile 2020 con propria ordinanza n. Z00030 ha inteso rendere obbligatoria, a decorrere dal 15 settembre 2020, la vaccinazione antinfluenzale per tutti i cittadini oltre i 65 anni di età e per tutto il personale sanitario, sociosanitario di assistenza, operatori di servizio di strutture di assistenza, anche se volontario;

   il provvedimento riporta anche le sanzioni per il mancato adempimento, e, in particolare, per i cittadini oltre i 65 anni di età l'impossibilità di prendere parte ad assembramenti presso centri sociali per anziani, case di riposo o altri luoghi di aggregazione, mentre per il personale sanitario è prevista l'inidoneità temporanea, a far data dal 1° febbraio 2021, allo svolgimento della mansione lavorativa;

   nell'elenco delle motivazioni del provvedimento adottato dal presidente della regione Lazio si fa riferimento alle «condizioni di eccezionalità ed urgenza», e pertanto allo stato di emergenza nazionale, e vi è riportato un «sentito per le vie brevi il Comitato tecnico scientifico»;

   avverso l'ordinanza n. Z00030 sono stati presentati presso il Tar diversi ricorsi, e in data 2 ottobre 2020 il provvedimento è stato annullato;

   tra le motivazioni del Tar spicca quella secondo la quale «La normativa emergenziale Covid non ammette simili interventi regionali in materia di vaccinazioni obbligatorie», chiarendo che non debbono essere alterati gli equilibri costituzionali tra Stato e regioni, e che la misura adottata dal presidente della regione Lazio non rientra nella sfera di attribuzioni regionale ma, semmai, soltanto in quella statale;

   appare piuttosto singolare che un provvedimento di tale portata possa essere stato assunto solo attraverso un «sentito per le vie brevi» del Comitato tecnico scientifico;

   il Tar censura il presupposto dello «stato di emergenza» utilizzato dalla regione Lazio nell'ordinanza di che trattasi e stabilisce che lo «stato di emergenza» di cui si avvale lo Stato in questo congiuntura non giustifica azioni disgiunte e slegate da parte delle regioni rispetto ad un contesto e rilievo di carattere nazionale;

   dette motivazioni del Tar, espresse nell'annullamento dell'ordinanza n. Z00030 del presidente Zingaretti sull'obbligatorietà dei vaccini antinfluenzali, inevitabilmente si riverberano anche sulla «mole» di atti presidenziali, determinazioni dirigenziali (ivi compresi quelli della Protezione civile del Lazio), e provvedimenti a qualsiasi titolo assunti dalla giunta regionale del Lazio motivate dallo stato di emergenza;

   appare all'interrogante piuttosto singolare, se non addirittura risibile, la giustificazione post sentenza di annullamento data dal presidente Zingaretti circa la volontà di «lanciare una provocazione» al Governo e quindi al Ministero della salute, stante la sua presenza politicamente rilevante nel Governo della Nazione in qualità di segretario nazionale di una delle due forze politiche che lo sorreggono;

   appaiono evidenti le ripercussioni dell'annullamento dell'ordinanza presidenziale sulla spesa pubblica sanitaria;

   il tema dell'obbligatorietà dei vaccini ha animato negli anni un dibattito in Italia, e quindi anche nella regione Lazio, che avrebbe meritato, soprattutto in questo momento storico, ben altra sensibilità istituzionale al fine di non produrre ulteriore divisione e fornire i giusti supporti scientifici –:

   se siano informati dei fatti esposti in premessa;

   se non ritengano adottare le iniziative di competenza, anche mediante più efficaci strumenti di coordinamento, al fine di scongiurare iniziative poste in essere nel contesto emergenziale da singoli presidenti di regione che possano risolversi in un danno per la collettività e per i bilanci del servizio sanitario nazionale.
(4-07030)


   BELLUCCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con ordinanza n. Z00062 del 2 ottobre, il presidente della Regione Lazio ha disposto «l'obbligo, su tutto il territorio regionale, di indossare la mascherina nei luoghi all'aperto, durante l'intera giornata», indipendentemente dal rischio di assembramenti;

   questa ulteriore restrizione delle libertà personali avrà un impatto pesante sulle persone e per l'interrogante non può essere semplicemente imposta con una ordinanza, ma dovrebbe avere un fondamento scientifico;

   come si legge nelle premesse dell'ordinanza regionale, «con decreto del Ministro della salute del 30 aprile 2020 sono stati adottati i criteri relativi alle attività di monitoraggio del rischio sanitario di cui all'allegato 10 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 aprile 2020; [...] in base ai tre set di indicatori relativi “alla capacità di monitoraggio”, alla “capacità di accertamento diagnostico, indagine e di gestione dei contatti”, infine alla “stabilità di trasmissione e alla tenuta dei servizi sanitari”, l'applicazione al contesto regionale del Lazio restituisce – alla data di adozione della presente ordinanza – una matrice di “rischio moderato”»;

   solo un mese fa, l'assessore regionale alla Sanità, Alessio D'Amato, dichiarava che «Il Lazio ha un rischio da moderato a basso dal monitoraggio del Ministero della Salute e una buona valutazione dell'attività di testing e del contact tracing»;

   secondo i dati forniti dal Ministero della salute nel consueto bollettino, al 2 ottobre 2020 il numero di nuovi positivi nella regione Lazio era sostanzialmente invariato, con 264 nuovi casi per un totale di 7547 casi totali, di cui 49 in terapia intensiva;

   l'obbligo della mascherina all'aperto non rientra, almeno esplicitamente, in nessuna delle 29 tipologie di misure di contenimento descritte nell'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, che prevede la possibilità di adottare ulteriori misure «secondo principi di adeguatezza e proporzionalità al rischio effettivamente presente su specifiche parti del territorio nazionale ovvero sulla totalità di esso»;

   secondo quanto si apprende da fonti di stampa, anche il Governo a breve firmerà un nuovo decreto del Presidente del consiglio dei ministri che prevede, tra l'altro, l'obbligo di indossare la mascherina anche all'aperto e a tutte le ore del giorno;

   la vaghezza della misura adottata dalla regione Lazio rischia di risultare secondo l'interrogante di assai dubbia legittimità per violazione del principio della riserva di legge che esige un elevato grado di precisione e specificazione delle misure che comprimono le libertà per ragioni di tutela della sanità pubblica, oltre che inefficace ai fini del contenimento del rischio sanitario;

   sul tema sono intervenuti anche Andrea Crisanti, virologo e docente di microbiologia all'università di Padova, secondo il quale «La mascherina protegge ma se io attraverso la strada e sono da solo e intorno a me non c'è nessuno diventa un provvedimento difficilmente comprensibile» e Massimo Galli, infettivologo dell'ospedale Sacco e dell'Università Statale di Milano: «La mascherina» deve essere indossata «anche all'aperto quando ci sono varie altre persone in vicinanza». Mentre «che uno debba metterla mentre passeggia da solo», o «sale in montagna in cordata singola», allora «questa è abbastanza un'assurdità» che «la gente percepisce come ridicola» e quindi «rifiuta», puntualizzato, «bisogna che anche le regole abbiano le loro definizioni che rispettino una logica» –:

   se il Governo sia a conoscenza, per quanto di competenza, di quali evidenze scientifiche e parametri di rischio siano alla base dell'ordinanza regionale di cui in premessa;

   se la misura dell'obbligo della mascherina adottata dalla regione Lazio rientri nell'elenco tassativo dell'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, secondo quanto richiesto dall'articolo 3 del medesimo testo normativo, anche in considerazione degli intendimenti annunciati dal Governo per l'intero territorio nazionale.
(4-07031)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta immediata:


   SIRACUSANO, GELMINI, PRESTIGIACOMO e BARTOLOZZI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   sono ancora bloccati in Libia i diciotto membri dell'equipaggio di due pescherecci di Mazara del Vallo, «Antartide» e «Medinea», sequestrati la sera del 1° settembre 2020 dalle autorità libiche a circa 35 miglia a nord di Bengasi;

   il 22 settembre 2020, il consigliere diplomatico di Palazzo Chigi, Pietro Benassi, ha ricevuto a Roma i familiari dei fermati, ma oltre alle solite rassicurazioni dal Governo non sono arrivate indicazioni precise;

   come riportato dal Libyab Addres Journal sembrerebbe che vi sia l'esistenza di una trattativa dietro quella ufficiale: i miliziani di Haftar hanno ribadito alla testata giornalistica libica che i pescatori «detenuti» non saranno liberati se prima non vi sarà da parte dell'Italia il rilascio di quattro «calciatori» libici detenuti in Italia condannati a Catania a 30 anni per traffico di esseri umani e per la morte in mare di 49 migranti;

   nel frattempo si susseguono manifestazioni sia da parte dei familiari dei pescatori sia della società civile per tentare di accendere i riflettori su un episodio inaccettabile aggravato dal silenzio assordante del Governo;

   ad avviso dell'interrogante, il nostro Paese non può in alcun modo permettere che propri concittadini restino nelle mani di autorità non riconosciute senza porre in essere alcuna iniziativa concreta per il loro rimpatrio –:

   se e quali iniziative di competenza il Governo stia assumendo per garantire l'immediato rilascio dei due pescherecci «Antartide» e «Medinea» oltre che dei diciotto membri dell'equipaggio tuttora trattenuti a Bengasi.
(3-01792)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   EHM, SIRAGUSA e PERANTONI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in Cina la situazione dei diritti umani è ancora caratterizzata da un sistematico giro di vite sul dissenso. La repressione condotta con il pretesto dell'«antiseparatismo» o dell'«antiterrorismo» è rimasta particolarmente dura nella regione autonoma dello Xinjiang uiguro e nella regione autonoma del Tibet;

   sono stati segnalati nuovi casi di detenzione di uiguri, kazaki e membri di altri gruppi etnici prevalentemente musulmani nella regione dello Xinjiang, nonostante l'annuncio del Governo di una possibile graduale eliminazione dei «centri di formazione professionale», conosciuti anche come centri di «trasformazione attraverso l'istruzione»;

   secondo Amnesty International, dagli inizi del 2017, dopo che il Governo dello Xinjiang aveva emanato un regolamento che introduceva la cosiddetta «de-estremizzazione», si è calcolato che almeno un milione di uiguri, kazaki e altri appartenenti a minoranze etniche siano stati internati in questi campi;

   un recente studio della Jamestown Foundation sostiene che 500.000 persone, soprattutto pastori e contadini, siano stati formati nei primi sette mesi del 2020 e Pechino abbia fissato delle quote per trasferimenti di massa all'interno del Tibet e in altri parti della Cina;

   la Cina sta reclutando lavoratori rurali tibetani, per portarli in centri di formazione militare di recente costruzione, dove vengono trasformati in operai seguendo un vero e proprio programma nella regione dello Xinjiang occidentale;

   un rapporto delle Nazioni Unite ha stimato che circa un milione di persone nello Xinjiang, per lo più di etnia uigura, sono state detenute nei campi e sottoposte a educazione ideologica. La Cina inizialmente ha negato l'esistenza dei campi, ma da allora ha affermato che sono centri professionali e di istruzione e che tutte le persone si sono diplomate;

   un avviso pubblicato il mese scorso sul sito web del Governo regionale del Tibet ha affermato che oltre mezzo milione di persone sono state formate nell'ambito del progetto nei primi sette mesi del 2020, circa il 15 per cento della popolazione della regione. Di questo totale, quasi 50.000 sono stati trasferiti in lavori all'interno del Tibet e diverse migliaia sono stati inviati in altre parti della Cina –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza del fenomeno di reclutamento ai danni della popolazione tibetana;

   quali iniziative di competenza si intendano intraprendere per verificare la situazione descritta;

   se vi siano in atto dialoghi con la Cina o con i rappresentanti della popolazione tibetana per chiarire la questione descritta.
(5-04706)


   QUARTAPELLE PROCOPIO, FASSINO, ANDREA ROMANO, LA MARCA e BOLDRINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   dal 1° settembre 2020, 18 pescatori di Mazara del Vallo, tra cui 8 di nazionalità italiana, sono bloccati a Bengasi, arrestati a bordo dei loro motopescherecci «Antartide» e «Medinea» in alto mare, e precisamente a 38 miglia dalle coste libiche, dalla guardia costiera del generale Khalifa Haftar;

   i pescatori sarebbero stati trasferiti nel carcere di El Kuefia, a 15 chilometri a sud est da Bengasi – anche se altre fonti hanno riferito che si troverebbero ancora «agli arresti domiciliari e non sono stati trasferiti in carcere, in attesa della formulazione dei capi di accusa e la definizione del procedimento penale»;

   al momento, i pescatori sono accusati di ingresso e pesca in acque libiche senza previa autorizzazione. La Libia, a partire dal 2005, ha dichiarato la sussistenza di diritti esclusivi su un'area di mare estesa fino a 74 miglia dalla propria costa e dalla linea che chiude idealmente il golfo della Sirte. Da allora le autorità libiche applicano in maniera rigida sanzioni nei confronti delle imbarcazioni straniere in quell'area di mare e spesso pescherecci stranieri vengono sequestrati;

   da notizie a mezzo stampa, parrebbe che la situazione dei capi di accusa pendenti nei confronti dei pescatori potrebbe complicarsi, poiché, secondo fonti libiche, nel corso di una perquisizione, gli ufficiali di Haftar avrebbero trovato dei panetti di sostanze stupefacenti, poi schierati sul molo e fotografati come una tradizionale operazione antidroga. Gli stessi pescatori, nonché i loro famigliari, ritengono che sia una «vergognosa montatura, un trucco di Haftar per alzare il tiro nel negoziato che si è aperto con il nostro governo». In effetti, i pescherecci sono rimasti incustoditi sin dai primi giorni e la contestazione sarebbe saltata fuori soltanto durante gli ulteriori accertamenti. La circostanza non sarebbe comunque stata confermata dalla Farnesina;

   ad aggravare il quadro della trattativa in corso per la liberazione dei nostri connazionali, ci sarebbe anche la richiesta che parrebbe essere arrivata dall'autorità dell'est della Libia che avrebbero fatto sapere che i pescatori non verranno rilasciati se non in cambio della liberazione di quattro calciatori libici, condannati in Italia a 30 anni di carcere e tuttora detenuti con l'accusa di essere tra gli scafisti della cosiddetta «Strage di Ferragosto» del 2005 in cui morirono 49 migranti, in asfissia nella stiva di un'imbarcazione. Di certo, uno scambio da considerare altamente improbabile, che vedrebbe contrapposti rei condannati da un sistema giudiziario «legale» e «legittimo» e pescatori bloccati da una milizia non riconosciuta dalla comunità internazionale –:

   quale sia lo stato della trattativa tra il nostro Governo e le autorità di Tobruk sulla vicenda.
(5-04712)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   mercoledì 30 settembre 2020, il consolato d'Italia a Belo Horizonte ha pubblicato un avviso per mettere all'asta una tra le proprietà più antiche e meglio conservate della città di Juiz de Fora, la Casa d'Italia in Avenida Rio Branco, e un locale commerciale in Rua Henrique Surerus;

   il documento è stato firmato dal console Dario Savarese e ha colto di sorpresa la comunità di discendenti degli immigrati italiani della città;

   secondo quanto dichiarato da Paulo José Monteiro de Barros, presidente della Casa d'Italia, la vendita della Casa d'Italia mette a rischio la conservazione della cultura italiana in città. Antica 80 anni ed estesa per 3.309 metri quadrati, è stata fondata da immigrati, appartiene allo Stato italiano ed è valutata 19,5 milioni di real, poco più di 2,9 milione di euro;

   il presidente racconta di aver ricevuto il 29 settembre una notifica di sfratto, della quale non è stato mai avvertito. L'associazione dovrà riconsegnare l'immobile entro 30 giorni;

   appare evidente come i centri culturali siano proprietà di tutta la comunità italiana che, qualora privata di un punto di aggregazione, rischierebbe di perdersi e di veder sopito il sentimento che li lega alla propria madrepatria;

   Paulo Monteiro ha ricordato la funzione sociale della casa e la missione di diffondere la cultura italiana sotto molteplici gli aspetti: la cappella di San Francesco di Paola; l'agenzia consolare collegata al consolato italiano a Belo Horizonte; il corso di lingua italiana «Cultura Italiana», gruppi di danze popolari italiane, corsi di pizza dell'Associazione verace pizza napoletana sono alcune tra le molteplici attività svolte;

   la storia della Casa d'Italia è altamente esemplificativa di questo legame. Il terreno su cui sorge fu acquistato nell'ottobre 1933 dagli italiani immigrati. La costruzione, iniziata nel 1936 e finanziata sempre con i loro fondi, serviva per costruire un luogo che rappresentasse un piccolo pezzo d'Italia a Juiz de Fora;

   il 3 dicembre 2020, all'apertura delle buste, questo spazio creato per preservare la cultura italiana potrebbe cessare di esistere. Paulo José Monteiro de Barros, però, ha parlato di una clausola che sancirebbe che «il luogo è ad uso esclusivo degli italiani e dei loro discendenti, per l'istruzione, la cultura, il tempo libero, la gastronomia, lo sport e anche la funzione di ospedale. La Casa è stata collocata a nome del Governo italiano in modo che, in futuro, nessun proprietario possa venderla»;

   in questo caso, la decisione di vendere l'immobile è stata presa dal consolato. In una nota, il console Dario Savarese ha informato che «non rilascerà interviste e non ha commenti da fare, trattandosi di questioni legali e amministrative, dove il Consolato sta seguendo istruzioni ministeriali»;

   il presidente della Casa d'Italia ha annunciato che prenderà misure legali, ma che «non sembra esserci trattativa» con il consolato;

   per quanto riguarda la permanenza e la continuazione delle attività promosse da Casa d'Italia, il consolato ha stabilito che la situazione sarà risolta dal nuovo proprietario, che può o meno accettare che il luogo funzioni così com'è;

   per il presidente il futuro della salvaguardia della cultura italiana in città è incerto. «Quando si cerca di vendere Casa d'Italia si sta schiacciando la cultura italiana. È come se fossimo stati cancellati dalla mappa. È tutto ciò che abbiamo in città, è tutto qui» –:

   se sia vera l'esistenza della clausola indicata da Paulo Monteiro che impedirebbe la vendita da parte dello Stato;

   quali siano le ragioni alla base della dismissione del patrimonio pubblico di Juiz de Fora;

   se il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale stia perseguendo un piano globale di dismissione del patrimonio italiano all'estero, quante operazioni siano in corso o siano previste, e per quali ragioni.
(4-07006)


   DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, BILLI, COIN, COMENCINI, FORMENTINI, PICCHI, RIBOLLA e ZOFFILI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 29 settembre 2020 l'associazione italo-brasiliana San Francesco di Paola ha ricevuto dalle autorità consolari italiane di Belo Horizonte una notifica extragiudiziale recante l'ingiunzione a sgomberare entro trenta giorni la «Casa d'Italia» di Juiz de Fora, nello Stato federato del Minas Gerais, costruita 81 anni fa dalla comunità italo-brasiliana locale;

   stando a quanto è stato reso noto attraverso il sito internet del consolato italiano di Belo Horizonte, la «Casa d'Italia» di Juiz de Fora, nel Minas Gerais, attualmente gestita e manutenuta proprio dall'associazione italo-brasiliana San Francesco di Paola, sarà messa all'asta;

   per scongiurare chiusura e vendita della Casa d'Italia, il presidente dell'associazione italo-brasiliana San Francesco di Paola, Paulo Monteiro de Barros, ha chiesto con lettera anche l'interessamento del Ministro degli affari esteri della Repubblica federale del Brasile, Ernesto Araujo;

   i motivi della decisione non sono chiari, mentre è certo l'effetto controproducente che avrà sullo stato d'animo degli italiani residenti nel Minas Gerais e in tutto il Brasile questa manifestazione di disinteresse del Governo per il mantenimento dei legami culturali tra gli italo-brasiliani e la loro antica madrepatria;

   costituisce una potenziale aggravante la circostanza che ai vertici del Minas Gerais si trovi attualmente proprio un italo-brasiliano;

   sarebbe invece stato possibile immaginare un progetto di valorizzazione dell'immobile, allo scopo di farne un centro di irradiazione della cultura italiana e di promozione del «Made in Italy»;

   la scelta appare ancor più sconcertante alla luce dell'entità dei contributi garantiti ad altre istituzioni, si pensi al Teatro Colosseo, situato in Argentina, percettore di stanziamenti cospicui –:

   quali ragioni abbiano indotto le autorità consolari italiane alla decisione di richiedere la restituzione dell'immobile in cui ha sede la «Casa d'Italia» di Juiz de Fora ed in particolare se siano o meno state valutate le conseguenze negative di questa scelta sul mantenimento dei legami culturali tra gli italo-brasiliani del Minas Gerais e la loro antica madrepatria;

   quali circostanze impediscano al Governo di immaginare una prospettiva differente, in particolare se intenda rinunciare alla procedura di sfratto e alla messa all'asta della Casa d'Italia, per disporne invece la valorizzazione e trasformazione in un polo di promozione del «made in Italy».
(4-07027)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata:


   MURONI e FORNARO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il 9 agosto 2020 ad Aprilia, in provincia di Latina, un incendio ha distrutto la LOAS srl, società di trattamento e recupero di rifiuti speciali non pericolosi (già coinvolta nell'operazione Dark Side condotta dalla polizia stradale per l'interramento di rifiuti in una cava di Via Corta sempre ad Aprilia nel 2017);

   il 20 agosto 2020 ad Ardea un vasto incendio si è propagato in un deposito di pneumatici; nel 2017 un incendio ha distrutto la EcoX di Pomezia;

   solo pochi giorni fa un incendio di notevoli dimensioni è divampato in contrada Belvedere (Trapani) presso l'impianto di riciclaggio usato per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani;

   il Ministro dell'ambiente, Sergio Costa, in audizione presso la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, ha parlato dei roghi di rifiuti definendo il fenomeno come «un rischio di emergenza nazionale». «Negli ultimi anni – rileva Costa – sono stati numerosi gli incendi avvenuti presso gli impianti di gestione del mondo dei rifiuti». «La frequenza degli incendi» di rifiuti, «soprattutto dagli ultimi mesi del 2017, è tale da rappresentare un rischio di emergenza nazionale – osserva Costa – in base ai dati del Ministero dell'interno», da giugno 2018 ad oggi, «sono stati 262» i roghi, con «una media di uno ogni tre giorni», di questi «165 in aree» dedicate agli «impianti dei rifiuti, depositi e zone di stoccaggio, gli altri in zone di lavorazione»;

   è evidente un problema di sistema circa il trattamento delle frazioni riciclabili;

   le polizze fideiussorie destinate alla rimessa in pristino del sito al termine dell'attività sono irrisorie e non contemplano il caso di incendio;

   la moltiplicazione delle competenze non aiuta nell'accertamento di eventuali responsabilità omissive, né rende efficaci le azioni di prevenzione e controllo;

   il sistema di autorizzazioni, così come definito dalle norme, lascia in capo a province «sospese» da una riforma incompiuta la concessione delle autorizzazioni, mentre l'opinione pubblica considera i comuni i principali avamposti di difesa del territorio, nonostante essi siano privi di efficaci strumenti –:

   quali iniziative urgenti intenda mettere in atto, anche sulla base dei risultati del piano di monitoraggio realizzato dalle prefetture, per superare con iniziative normative la moltiplicazione delle competenze tra gli enti, causa di deresponsabilizzazione degli stessi, affinché questi gravi fenomeni non si ripetano, destinando altresì adeguati fondi alle bonifiche dei siti i cui costi oggi ricadono totalmente sulle comunità locali.
(3-01795)


   GRIBAUDO, ROTTA, PEZZOPANE, BRAGA, VAZIO, BONOMO, ENRICO BORGHI, GARIGLIO, LEPRI, BURATTI, MORGONI, ORLANDO, PELLICANI e FIANO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la drammatica emergenza climatica e idrogeologica che ha prodotto nuovi disastri e vittime nel nord-ovest del Paese ripropone l'urgenza di superare la logica dell'intervento emergenziale. I danni più gravi si sono registrati in Piemonte e in Liguria, ma ci sono stati danni anche in Val D'Aosta e in Lombardia;

   fra venerdì 2 ottobre e sabato 3, 600 millimetri di pioggia in meno di 24 ore si sono abbattuti sul suolo: l'equivalente di 600 litri a metro quadro che dalla montagna sono scesi a valle con forza dirompente. Si tratta della metà della pioggia media di un anno caduta in un giorno. Di conseguenza, i fiumi Tanaro, Sesia, Vermegnana e numerosi torrenti in una piena improvvisa hanno portato a valle tonnellate di tronchi, rami, sassi e fango, esondando nelle strade e nei paesi, causando frane, ed edifici e strade portati via dall'acqua, causando danni che, ad una prima ricognizione, ammonterebbero a molte centinaia di milioni di euro;

   i presidenti delle regioni Piemonte e Liguria hanno chiesto lo stato di emergenza e l'attivazione di tutte le procedure e dei lavori connessi alla fase emergenziale;

   appare indispensabile intervenire rapidamente e con mezzi sulla ricostruzione delle infrastrutture e dei collegamenti fra i comuni colpiti, collegamenti senza i quali le attività economiche già messe a dura prova dall'emergenza Covid rischiano di scomparire;

   il recente rapporto, Analisi del rischio, del Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici, afferma che tali eventi non sono più definibili emergenze ma sono la nostra nuova normalità, una vulnerabilità che colpisce gli oltre 8000 corpi idrici, di cui 7644 fiumi;

   accanto ad interventi di ripristino, di sostegno alla ripresa delle attività economiche e di risarcimento dei danni nei luoghi colpiti, occorre una strategia nazionale per superare il «paradosso dell'acqua» (siccità in estate, esondazioni in autunno) mediante azioni per contrastare l'abbandono e mettere in sicurezza le aree interne e montuose, i ponti, le dighe e mettere in atto una efficace strategia forestale nazionale:

   risulta inoltre indispensabile far fronte centralmente alle difficoltà degli enti locali delle aree interne, spesso di dimensioni ridotte e scarsamente dotati di personale, nel progettare e mettere a gara le opere pubbliche necessarie a contrastare il rischio idrogeologico e idraulico, nonché nel verificare la manutenzione e le condizioni degli alvei di fiumi e torrenti di montagna –:

   quali iniziative intenda adottare per supportare con rapidità ed efficacia i territori colpiti e accelerare gli interventi di prevenzione e messa in sicurezza del territorio.
(3-01796)


   MOLINARI, RIXI, GAVA, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, FIORINI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GARAVAGLIA, GASTALDI, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GIORGETTI, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUIDESI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MATURI, MINARDO, MOLTENI, MORELLI, MORRONE, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLIN, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, SALTAMARTINI, SASSO, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN.— Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   le eccezionali precipitazioni che hanno colpito Liguria e Piemonte e anche parte del Bresciano nei giorni scorsi hanno creato ingenti danni a beni mobili e immobili e perdita di vite; interi paesi isolati, case e strade devastate, esondazioni, frane, allagamenti, danni a edifici e infrastrutture; il bilancio è pesantissimo in tutto il nord-ovest, si contano 8 vittime; corpi ritrovati in Liguria, due morti in Valle d'Aosta, due dispersi nel Vercellese; una vittima caduta nel Sesia dopo il crollo di un ponte;

   sono 108, un decimo del totale, i comuni piemontesi alluvionati, parte dei quali già colpiti e messi a dura prova dalla disastrosa alluvione del 1994;

   la situazione è stata particolarmente grave a Limone Piemonte (Cuneo), dopo l'esondazione del torrente Vermegnano e la chiusura della statale, in Val Sesia, dopo il crollo del ponte di Romagnano tra Novara e Vercelli, in Val d'Ossola e nelle valli Biellesi; ingenti danni nelle coltivazioni di riso in Vercelli e Novara e al settore florovivaismo;

   sono caduti oltre 550 millimetri di pioggia in 24 ore e un forte vento di scirocco ha abbattuto le coste liguri;

   il Roya ha rotto gli argini ed è esondato a Ventimiglia, provocando una disastrosa alluvione;

   il 3 ottobre il fiume Tanaro è esondato in più punti in Piemonte e il fango ha invaso la statale 28, con frane a monte e valle di Ormea;

   a Col di Tenda, la strada ha franato ed è stata inghiottita dal torrente sottostante;

   il Po è salito di 6 metri in 24 ore; sono crollati tre ponti, anche il ponte di origini medievali di Bagnasco che era il simbolo del paese;

   i Presidenti delle regioni Piemonte e Liguria hanno firmato la richiesta dello stato di emergenza;

   negli ultimi anni il nostro Paese è stato compromesso fortemente da eventi atmosferici eccezionali di particolare violenza e fenomeni alluvionali e di dissesto idrogeologico che richiedono l'attivazione urgente e inderogabile di misure di contrasto alla rottura degli equilibri naturali;

   occorre affrontare tali situazioni con strategie politiche rivolte maggiormente alla prevenzione, alla cura del territorio, alla manutenzione costante dei corsi d'acqua, con finanziamenti specifici e semplificazioni normative –:

   quali iniziative di competenza improcrastinabili il Ministro interrogato intenda adottare per incrementare i finanziamenti contro il dissesto idrogeologico e i contributi a regioni ed enti locali per la pulizia di fiumi e torrenti, nonché per semplificare le norme sulle procedure autorizzative per dragaggi e pulizia dei letti dei corsi d'acqua.
(3-01797)


   DEIANA, ILARIA FONTANA, DAGA, D'IPPOLITO, DI LAURO, FEDERICO, LICATINI, ALBERTO MANCA, MARAIA, MICILLO, TERZONI, VARRICA, VIANELLO, VIGNAROLI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   i devastanti effetti prodotti dai fenomeni alluvionali che si sono abbattuti su oltre 100 comuni del Piemonte e che hanno colpito anche la Liguria, facendo registrare vittime, oltre al crollo di ponti, centri sommersi e apertura di voragini nel suolo, confermano che il dissesto idrogeologico, connesso al cambiamento climatico, rimane una questione di primaria importanza e necessita di interventi organici finalizzati a consentire anche ai comuni più piccoli o situati in aree interne e marginali del Paese, come tali più esposti a gravi danni per eventi meteorologici di maggiore intensità, di procedere ad interventi per la messa in sicurezza del territorio;

   come noto, il cambiamento climatico in atto sta producendo eventi estremi e difficilmente prevedibili che stanno colpendo con forza un Paese come il nostro caratterizzato da una storica e colpevole gestione del proprio territorio, reso fragile da una edificazione eccessiva e senza regole;

   numerosi provvedimenti sono stati adottati nella presente legislatura per definire un quadro normativo e finanziario idoneo alla pianificazione e realizzazione di interventi per la mitigazione del dissesto idrogeologico, tra i quali il Piano nazionale per la mitigazione del rischio idrogeologico, che prevedeva lo stanziamento di 3 miliardi per opere immediatamente cantierabili già nell'ambito del Piano stralcio 2019. È stata altresì prevista nel decreto-legge «Clima» la definizione di un programma strategico nazionale, in coordinamento con il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) e con la pianificazione di bacino. Da ultimo, il decreto-legge «Semplificazioni» ha definito una procedura semplificata e accelerata per la pianificazione degli interventi volti alla mitigazione del dissesto idrogeologico;

   si tratta di interventi che hanno un alto grado di complessità tecnica e richiedono un quadro di competenze appropriato in fase di progettazione e realizzazione –:

   quali misure, non solo emergenziali ma soprattutto strutturali, intenda adottare per contrastare il fenomeno del dissesto idrogeologico che continua a causare danni e vittime su tutto il territorio nazionale, e quali ulteriori iniziative di competenza, di carattere semplificatorio, intenda assumere per consentire agli enti territoriali di intervenire tempestivamente.
(3-01798)


   LOLLOBRIGIDA, MELONI, ACQUAROLI, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Per sapere – premesso che:

   gli episodi di maltempo verificatisi in questo inizio di autunno riportano l'attenzione sulla questione del dissesto idrogeologico e delle sue drammatiche conseguenze per i territori e in termini di perdite di vite umane;

   dai rapporti dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) degli ultimi anni emerge in modo chiaro come oltre il 90 per cento dei comuni italiani sorga in un'area a elevato rischio di dissesto idrogeologico;

   il quadro tracciato dall'ISPRA è particolarmente drammatico, se si esaminano i dati dal punto di vista della popolazione: il 2,2 per cento della popolazione italiana, più di un milione di abitanti, risiede, infatti, nelle zone giudicate a rischio frane elevato e molto elevato, e questo dato si aggrava per le zone ad alto rischio per gli eventi alluvionali, cui sono esposte più di sette milioni di persone;

   le nostre regioni più vulnerabili sono la Toscana, l'Emilia-Romagna, la Lombardia, il Piemonte, il Veneto, la Valle d'Aosta, la Campania, l'Abruzzo e la Sardegna, ma i problemi dovuti ai cambiamenti climatici in atto si stanno estendendo rapidamente e con sempre maggiore violenza in tutto il territorio nazionale;

   negli ultimi settanta anni il dissesto idrogeologico è costato all'Italia più di 61 miliardi di euro, vale a dire in media un miliardo all'anno, e la risposta non possono essere sempre e solo gli stati di calamità naturale dichiarati ex post che, comunque, in media riescono a ristorare appena il dieci per cento dei danni subiti dai territori;

   in una recente intervista radiofonica il Ministro dell'ambiente ha confermato che «quasi l'80 per cento del territorio italiano è a rischio» ma che «I fondi ci sono. In questo momento in cassa, e quindi senza ricorrere al Recovery plan, ci sono circa sette miliardi di euro a disposizione. Il problema è che ci sono lacci e lacciuoli di natura amministrativo-burocratica che impediscono la spesa» –:

   quali iniziative intenda assumere per affrontare la questione del dissesto idrogeologico e se non ritenga di adottare le iniziative di competenza per rendere immediatamente utilizzabili le risorse finanziarie disponibili ed elaborare e mettere in atto un piano di politiche di prevenzione.
(3-01799)

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'IPPOLITO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la direzione generale per il risanamento ambientale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con nota datata 11 settembre 2020 conseguente a specifica segnalazione da parte di A.N.CA.DI.C., aveva chiesto alla regione Calabria, alla città metropolitana di Reggio Calabria, al comune di Motta San Giovanni e all'Arpa Calabria, inserendo in copia il prefetto di Reggio Calabria, di «voler informare con urgenza» la medesima direzione generale «sui possibili profili di danno ambientale e di trasmettere elementi del dettaglio sul caso in questione nonché ogni utile informazione in merito alle iniziative intraprese da ciascuno a tutela dell'ambiente e della salute pubblica»;

   il caso in questione riguardava un grave incendio che il 2 agosto 2020 aveva interessato il territorio comunale di Motta San Giovanni (Rc), che aveva investito anche alcuni impianti di trattamento rifiuti e discariche, con particolare interessamento di un impianto di compostaggio, «sequestrato e sotto confisca (sentenza del tribunale di Reggio Calabria n. 1255/20218 Reg.sent.), situato in località Comunia» in cui bruciarono ingenti quantità di rifiuti –:

   se siano pervenute dalle istituzioni interessate le informazioni richieste dalla direzione generale del Ministero di cui in premessa e, in caso contrario, se sia stata sollecitata una risposta, mentre, in caso affermativo, quali sano le notizie acquisite e quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, all'occorrenza il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare intenda adottare al fine di scongiurare il paventato danno ambientale;

   di quali notizie disponga al riguardo il Ministro dell'interno e se non ritenga, per il tramite del prefetto territorialmente competente, di acquisire informazioni circa le iniziative nel merito adottate o adottande, per quanto di competenza, a tutela dell'ambiente e della salute pubblica.
(4-07008)


   D'IPPOLITO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nell'interrogazione a risposta scritta n. 4-05867, conseguente a una inchiesta giudiziaria su un'organizzazione dedita allo smaltimento illecito di tonnellate di rifiuti provenienti dal Nord e alla realizzazione di discariche abusive, l'interrogante ricordava d'aver già presentato analogo atto di sindacato ispettivo, il 28 novembre 2019, nel quale sottolineava l'inadeguatezza delle nuove norme in materia di Albo nazionale gestori ambientali per evitare le infiltrazioni mafiose tra le ditte iscritte nel medesimo;

   ancora, nell'interrogazione a risposta scritta n. 4-06135 l'interrogante — ricostruendo la vicenda di una ditta con problemi di potenziale infiltrazione mafiosa, la quale aveva trasferito la propria sede legale nella provincia di Catanzaro sicché la prefettura di Reggio Calabria non aveva più competenza territoriale all'emissione di certificazione antimafia malgrado nei confronti di società, a vario titolo riconducibili al titolare, la prefettura di Reggio Calabria avesse emesso informazione antimafia interdittiva e successivamente non era stata rilasciata alcuna certificazione liberatoria — chiedeva al Governo di valutare interventi, con urgenti iniziative di carattere normativo, al fine di impedire qualunque iscrizione all'Albo nazionale gestori ambientali di ditte con evidenze di potenziali collegamenti ad organizzazioni criminali, anche attraverso interposizione fittizia di società e cambi di sede legale;

   in un articolo pubblicato il 3 ottobre 2020 sulla testata giornalistica on line lametino.it, si riportano precise dichiarazioni della dottoressa Marica Brucci sostituto procuratore della Repubblica di Lamezia Terme rilasciate al Forum Internazionale Polieco sull'economia dei rifiuti a Napoli;

   per quanto riportato nell'articolo, secondo il suddetto magistrato «la Calabria è una nuova e importante Terra dei Fuochi con rifiuti tombati nei terreni ed il conseguente aumento dell'inquinamento ambientale (...), grazie alla mancanza di controlli da parte degli enti preposti con ispezioni sporadiche e interventi poco capillari, mentre la criminalità imprenditoriale lucra nella logica spietata del profitto»;

   tali considerazioni si riferiscono, per quanto ivi si legge, «ad un'intensa indagine condotta col Commissariato di Lamezia Terme, in coordinamento con la Procura Distrettuale di Milano», che ha permesso di dimostrare — ha spiegato Brucci — «il traffico di società iscritte all'Albo dei Gestori Ambientali, eppure scatole vuote prive di capacità economica in grado di falsificare sistematicamente i formulari di trasporto dei rifiuti»;

   nello specifico, si legge ancora, «i rifiuti sono stati sversati in due terreni di Gizzeria e di Lamezia Terme, vicino a coltivazioni di Ulivo», in sostanza «discariche a cielo aperto, che hanno consentito ai responsabili di lucrare il risparmio dei costi che il canale di smaltimento lecito avrebbe determinato»;

   le «analisi dei suoli hanno accertato — ha continuato Brucci — l'inquinamento delle falde, riscontrando la presenza continuativa di rifiuti pericolosi e non pericolosi, tra cui farmaci scaduti», cioè «vere bombe ecologiche, capaci di innescare un disastro ambientale»;

   infine, le indagini — ha riferito lo stesso magistrato — anche a carico di un'importante società lametina che si occupa in particolare della produzione di biodiesel, hanno dimostrato la presenza nei terreni antistanti allo stabilimento industriale di elevate soglie di concentrazione di idrocarburi pesanti, nonché di alluminio, ferro e manganese, nonché un pessimo saggio di tossicità delle acque dei canaloni che confluiscono nel Golfo di Sant'Eufemia, area sottoposta a vincolo paesaggistico –:

   quali iniziative di competenza il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare intenda assumere per scongiurare danni ambientali nei luoghi indicati dal magistrato Brucci;

   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare intenda adottare iniziative anche sul piano normativo, per modificare il regolamento di funzionamento dell'Albo gestori ambientali;

   se i Ministri interrogati non intendano adottare iniziative, per quanto di competenza, per potenziare il sistema dei controlli al fine di garantire lo smaltimento lecito dei rifiuti.
(4-07009)


   D'IPPOLITO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   da notizie stampa si apprende che il consiglio direttivo del reo nazionale del Pollino ha di recente deciso, su proposta del presidente Domenico Pappaterra, di erogare un finanziamento agli organizzatori del I-Fest International Film Festival, in programma a Castrovillari (Cosenza) dal 13 al 20 settembre 2020;

   secondo lo stesso presidente del parco nazionale del Pollino, per quanto riassunto da articoli giornalistici, la rilevanza dell'evento permetteva di derogare alla determina del direttore dell'ente medesimo, la n. 436 del 2 luglio 2020, in cui, a seguito di atto deliberativo del consiglio direttivo, si stabiliva di non concedere contributi per il 2020, non procedendo alle valutazioni delle istanze all'uopo pervenute per l'anno corrente e ritenendo decadute quelle già presentate;

   con l'interrogazione a risposta scritta n. 4-03132, del 20 giugno 2019, l'interrogante chiedeva gli orientamenti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare circa la posizione di conflitto, riassunta in premessa, dell'attuale presidente del parco nazionale del Pollino e, nel caso, di valutare l'adozione, anche innanzi all'eventuale presenza di confermate o emergenti criticità di rilievo relative ad aspetti gestionali, di iniziative per procedere al commissariamento dell'ente in parola;

   con l'interrogazione a risposta scritta n. 4-06214, del 2 luglio 2020, lo stesso interrogante chiedeva al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di valutare iniziative circa le infrazioni, prospettate in premessa, rispetto a quanto disposto dallo statuto del parco nazionale del Pollino in tema di pubblicità delle sedute del consiglio direttivo dell'ente medesimo, nonché, tra l'altro, di conoscere gli intendimenti del Ministro suddetto riguardo alla situazione di sostanziale conflitto di interessi che connota la posizione del presidente attuale Pappaterra, che ricopre, come ivi ricordato, anche l'onerosissimo incarico, in termini di impegno e di tempo, di direttore generale dell'Arpa Calabria;

   con l'interrogazione a risposta in Commissione n. 5-03745, del 4 marzo 2020, lo stesso interrogante, ritornando sulla vicenda della centrale a biomasse del Mercure, posta all'interno del parco nazionale del Pollino e già oggetto di specifica interpellanza urgente, n. 2-00045 del 10 luglio 2018, chiedeva al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di valutare, sulla scorta dei conflitti di interessi indicati in premessa, l'adozione delle iniziative di competenza per revocare l'incarico presidente dell'ente in predicato e procedere alla nomina del nuovo;

   l'articolo 11 della legge regionale della Calabria n. 20 del 1999 e successive modificazioni e integrazioni stabilisce che il rapporto di lavoro del direttore generale dell'Arpacal «è regolato dal contratto di diritto privato di durata triennale» ed «è incompatibile con le altre attività professionali», con il che si aggiunge un'ulteriore questione rispetto a quelle già poste dall'interrogante circa il doppio ruolo, per l'interrogante non assentirle, in capo al presidente del parco nazionale del Pollino –:

   quali iniziative il Ministro interrogato, nell'ambito delle proprie competenze, intenda assumere per garantire che il parco nazionale del Pollino sia gestito secondo le norme vigenti, per escludere o rimuovere possibili situazioni di conflitto di interessi e affinché lo stesso ente persegua le proprie finalità di tutela e valorizzazione ambientale, anche nel rispetto delle deliberazioni del proprio consiglio direttivo.
(4-07010)


   CORDA, SARLI, SIRAGUSA, DI LAURO e PERANTONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   è notizia apparsa nei giorni scorsi su numerosi organi di stampa che centinaia di migliaia di squali sarebbero a rischio uccisione. L'allarme è stato lanciato dall'associazione ambientalista Shark Allies secondo cui mezzo milione di squali potrebbero essere uccisi per ricavarne lo squalene, sostanza ritenuta indispensabile per produrre vaccini contro il Covid-19;

   lo squalene è un olio naturale prodotto nel fegato degli squali e che, attualmente, è anche utilizzato come adiuvante in medicina, in particolare dai produttori di vaccini antinfluenzale, per potenziare la risposta anticorpale contro il virus influenzale;

   è stato calcolato che per estrarre una tonnellata di squalene occorrerebbero circa 3.000 squali. Ora, se l'intera popolazione mondiale ricevesse una dose di un vaccino Covid-19 contenente tale sostanza, circa 250.000 squali sarebbero destinati alla macellazione. Per di più, se sono necessarie due dosi per immunizzare la popolazione globale, stando a quanto affermato dai ricercatori del vaccino anti-Covid, tale cifra aumenterebbe fino a mezzo milione;

   la corsa alla scoperta del vaccino contro il Coronavirus è già avviata e sono diverse le aziende farmaceutiche che già stanno utilizzando lo squalene in enormi quantità per produrlo e testarlo. Di questo passo si andrà incontro ad un inevitabile sterminio di squali a maggior ragione se la versione definitiva del vaccino dovesse essere quella per la cui realizzazione si impiega tale sostanza;

   questa eventuale tragedia potrebbe anche essere evitata, in quanto in natura esistono alternative vegetali e sostenibili che potrebbero essere utilizzate nella sperimentazione del vaccino e sostituire lo squalene –:

   se il Governo, appurata la veridicità dell'iniziativa, sia favorevole all'utilizzo dello squalene oppure si farà promotore di una campagna contro tale pratica, e se abbia già prenotato dosi di vaccino da case farmaceutiche che utilizzino tale procedimento per la realizzazione del vaccino anti-Covid;

   se sia consapevole del fatto che per produrre il vaccino anti-Covid potrebbero essere uccisi migliaia di squali e dunque se tale notizia abbia concrete prospettive di realizzazione.
(4-07013)

DIFESA

Interrogazione a risposta immediata:


   TONDO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   nel 2013 è stato sottoscritto un protocollo d'intesa tra la Presidenza del Consiglio dei ministri ed il Ministero della difesa per la riqualificazione e valorizzazione di alcuni tra i più importanti e significativi siti e musei militari, tra i quali è ricompreso il restauro conservativo del Sacrario Militare di Cima Grappa;

   in risposta ad una interrogazione a risposta immediata in Commissione Difesa (5-03175) a prima firma dell'interrogante il Governo ha risposto in modo insufficiente. In particolare, nella risposta all'interrogazione è scritto: «per le attività di competenza della Difesa, il Commissario Generale ha svolto e continuerà a svolgere tutte le azioni previste dalla firma dell'Accordo e rimane in attesa di conoscere dalla competente struttura di missione le indicazioni in merito alla ripresa dell'iter tecnico amministrativo per individuare l'operatore economico cui affidare il servizio di trasporto e conferimento a discarica dei detriti. Tale attività, di specifica competenza della struttura di missione, infatti risulta imprescindibile per il prosieguo delle attività, come previsto dall'Accordo e dalle norme di tutela ambientale»;

   è quindi fondamentale procedere al prosieguo delle attività di rimozione dei detriti e quindi giungere in tempi rapidi al restauro conservativo del Sacrario di Cima Grappa, in modo da valorizzare questo sito, tra i più importanti e significativi musei militari;

   tra l'altro, è necessario che la struttura di missione fornisca al più presto i chiarimenti relativi ai tempi necessari per la rimozione dei detriti;

   è da sottolineare che la permanenza dei detriti rappresenta un'immagine non decorosa e rispettosa dei caduti –:

   quali interventi urgenti il Governo intenda adottare per giungere in tempi rapidi alla rimozione dei detriti e successivamente alle opere di conservazione e di restauro del Sacrario di Cima Grappa.
(3-01793)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PRETTO, FERRARI, BONIARDI, CASTIELLO, PICCOLO, ZICCHIERI, LORENZO FONTANA, COIN, ANDREUZZA, BADOLE, BAZZARO, BISA, BITONCI, COLMELLERE, COMENCINI, COVOLO, FANTUZ, FOGLIANI, GIACOMETTI, LAZZARINI, MANZATO, PAOLIN, PATERNOSTER, RACCHELLA, STEFANI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO e ZORDAN. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il 20 luglio 1866 ebbe luogo in Adriatico nel contesto della Terza guerra d'indipendenza italiana uno scontro navale di grandi dimensioni tra le navi della Regia marina e la flotta dell'impero asburgico, passato alla storia come battaglia di Lissa, vinta dagli imperiali;

   le flotte che si scontrarono a Lissa il 20 luglio 1866 erano composte da navi di legno e corazzate, entrambe a vele e vapore. La squadra italiana era costituita da 12 corazzate e 17 vascelli lignei, mentre quella austriaca era composta da 7 navi corazzate e 11 in legno;

   a dispetto della sconfitta riportata tanto nelle acque di Lissa quanto sul fronte terrestre a Custoza, l'Italia si trovò comunque dalla parte dei vincitori in forza della sua alleanza con la Prussia, che aveva prevalso sull'esercito imperiale asburgico, con l'effetto di vedersi attribuire tramite la Francia la sovranità sul Veneto, sulla provincia di Mantova e parte del Friuli;

   gran parte della flotta e dell'organico della Marina da guerra dell'impero austriaco era stata acquisita con l'assorbimento dell'antica Marina veneta, cosicché la stragrande maggioranza dei marinai e degli ufficiali asburgici presenti a Lissa proveniva dai territori già appartenuti alla Serenissima Repubblica di Venezia;

   la Marina da guerra asburgica era talmente influenzata dalla componente veneta che di fatto la base navale di riferimento dell'Impero austriaco era Venezia, nel glorioso Arsenale, lo storico cantiere navale della città. I cadetti provenienti anche da altre zone dell'Impero austriaco venivano preparati alla carriera imparando il veneto, lingua di comando della Marina da guerra dell'impero austriaco;

   in memoria della battaglia di Lissa, l'impero austriaco commissionò la realizzazione di un monumento ai caduti di parte asburgica, realizzato dallo scultore triestino Leone Battinelli ed innalzato nel 1867 nel cimitero dell'isola;

   in seguito alla vittoria della Prima guerra mondiale, le truppe del Regno d'Italia occuparono le terre della Dalmazia promesse con il Patto di Londra, fra le quali anche l'isola di Lissa. Il monumento ai caduti della battaglia di Lissa venne allora modificato con l'aggiunta di due placche: «Italia vincitrice» e «Novembre 1918»;

   dal momento che il Regno d'Italia non riuscì ad annettere definitivamente quelle terre, poiché la Dalmazia venne alla fine ceduta al neonato Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni, con l'eccezione della città di Zara, il monumento di Lissa venne smontato e trasferito a Livorno presso l'Accademia navale, dove tuttora si trova, nel piazzale antistante il retro del Comando, in una posizione non accessibile ai civili;

   l'isola di Lissa, oggi Vis, come tutto il territorio costiero dell'Istria e della Dalmazia, è intimamente legata alla storia della Serenissima Repubblica di Venezia, di cui la città di Venezia e la regione del Veneto sono le principali eredi morali;

   fra i caduti di parte austriaca, per ricordare i quali il monumento fu originariamente commissionato, vi erano numerosi marinai di nazionalità italiana ed in particolare provenienti dalle aree costiere del Veneto e del Friuli, dell'Istria e della Dalmazia;

   non sembra conseguentemente adeguata l'attuale collocazione del monumento a Livorno, mentre sarebbe auspicabile il suo spostamento in un sito che si affacci sull'Adriatico, teatro della battaglia di Lissa –:

   se esistano motivi, ed eventualmente quali, che ostino al trasferimento del monumento ai caduti di Lissa oggi situato nell'Accademia navale di Livorno in altra sede più idonea dal punto di vista storico e culturale, come ad esempio il Collegio navale militare «Francesco Morosini» o l'Arsenale di Venezia.
(5-04704)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   MELICCHIO, D'IPPOLITO, PARENTELA, NESCI e TUCCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   a marzo 2018 il Dipartimento organizzazione, risorse umane della regione Calabria pubblica un avviso per la ricognizione dei contratti di lavoro flessibile per individuare chi potesse aver accesso alle procedure di stabilizzazione ai sensi del decreto legislativo n. 75 del 2017, cosiddetto «Madia», sulla scorta della presentazione di una semplice autocertificazione;

   con deliberazione n. 329 del 22 luglio 2019 la giunta regionale della Calabria approva il programma triennale del fabbisogno, di personale 2019/2021, prevedendo, la stabilizzazione di personale ai sensi del decreto Madia;

   nella deliberazione n. 90 del 15 maggio 2020 la giunta regionale della Calabria determinava il contingente di personale dell'ufficio stampa della giunta regionale nel numero di 8 professionisti o pubblicisti, il cui costo, fino al 31 dicembre 2020 è pari a 373.000 euro. Gli stipendi annui risultano essere di 65.000 euro per il coordinatore dell'ufficio stampa, di 56.000 euro per l'incarico di vice coordinatore e di 42.000 euro per ciascun restante componente dell'ufficio stampa;

   il 16 giugno 2020 il dipartimento organizzazione, risorse umane della regione Calabria pubblica la manifestazione d'interesse per la formazione di un elenco di professionisti esterni da cui attingere per il conferimento di n. 6 incarichi di componente dell'ufficio stampa della giunta regionale;

   a seguito della pubblicazione, il Sindacato giornalisti della Calabria e l'ufficio Inpgi della Calabria chiedono il ritiro della stessa manifestazione d'interesse per una palese violazione di una legge dello Stato e l'avvio delle procedure per un concorso pubblico serio e trasparente, come da articolo reperibile sul sito: www.giornalistitalia.it;

   due giornalisti sugli otto totali di cui è composto l'ufficio stampa della giunta regionale, risultano già in servizio, in virtù di un contratto fiduciario con l'organo politico, prorogato dal 21 settembre 2019 al 21 settembre 2020, quindi stipulati dalla precedente giunta. I due giornalisti non sono decaduti alla scadenza della legislatura, a seguito delle elezioni regionali in Calabria, svolte il 26 gennaio 2020, come prevede la legge in caso di rapporti di questo tipo;

   la circolare n. 3 del 2017 del Ministro per la pubblica amministrazione specifica l'esclusione dal percorso di stabilizzazione previsto dal «decreto Madia» per il servizio prestato negli uffici di diretta collaborazione o degli organi politici delle regioni. I giornalisti esterni non possono quindi essere considerati precari e rientrare nel processo di stabilizzazione, perché in possesso di un contratto fiduciario;

   con la sentenza 6 luglio 2020, n. 133 la Corte costituzionale ha dichiarato illegittima la legge della regione Calabria 31 maggio 2019, n. 14, interpretativa di una precedente legge regionale del 2005, ma in realtà volta alla stabilizzazione con effetto retroattivo dei rapporti di lavoro di giornalisti professionisti e pubblicisti che già prestavano servizio, giusta la stipula di contratti individuali non preceduti da un pubblico concorso o da altra selezione comparativa, all'ufficio stampa del consiglio regionale. Secondo i giudici sono stati violati gli articoli 3 e 97 della Costituzione;

   con deliberazione n. 142 del 18 giugno 2020 la giunta regionale della Calabria approva il piano triennale dei fabbisogni di personale per il triennio 2020-2022. Nell'allegato A) sono previste le stabilizzazioni di 4 capi servizio categoria d, 2 in quota interna e 2 in quota esterna, pur non essendoci nessuno in possesso dei requisiti richiesti dalla legge nell'Ufficio stampa della Giunta regionale (2 giornalisti hanno un contratto fiduciario prorogato e altri 6 saranno presi all'esterno, tramite la manifestazione d'interesse, sempre con un contratto di tipo fiduciario che li esclude dalla stabilizzazione prevista dal «decreto Madia»);

   come denunciato dall'interrogante a mezzo stampa ad inizio agosto 2020, come da articolo reperibile su www.corrieredellacalabria.it la regione Calabria inoltre, ha escluso la partecipazione di giornalisti interni, già disponibili nella pubblica amministrazione regionale, attraverso i mancati nulla osta a partecipare alla manifestazione d'interesse per il conferimento degli incarichi di componente dell'ufficio stampa della giunta regionale –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda assumere, per il tramite dei servizi ispettivi di finanza pubblica e dell'ispettorato per la funzione pubblica, al fine di verificare le criticità esposte in premessa in relazione alla gestione amministrativa e finanziaria della regione Calabria, con particolare riguardo all'affidamento degli incarichi di componente dell'ufficio stampa della giunta regionale.
(4-07023)

GIUSTIZIA

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   secondo un'inchiesta pubblicata da L'Espresso, che ha raccolto dei recenti dati dell'Eures, in Italia negli ultimi 20 anni sono oltre 500 i bambini uccisi in famiglia. Uno ogni 10 giorni con una media annuale crescente. Nel 2018 si è oltrepassata la media, con 31 casi ed una nuova impennata del 55 per cento rispetto all'anno precedente;

   di questi, oltre un terzo sono bambini uccisi da un genitore violento o in concomitanza con la separazione, le cui storie hanno tristemente riempito le pagine di cronaca. Il 51,5 per cento dei figlicidi è stato commesso con armi da fuoco legalmente detenute;

   recentemente diversi media hanno riportato la storia di un uomo di 47 anni della provincia di Torino, che ha ucciso con un colpo di pistola il figlio di 11 anni e poi con la stessa arma, si è tolto la vita. Su Facebook aveva scritto un lungo post raccontando la sua depressione rivolgendosi alla ex compagna;

   un rapporto del Global Study on Homicide (2019) dell'Undoc ha evidenziato che il numero dei figlicidi in continua crescita è dovuto principalmente a situazioni di violenza domestica e divorzio. Lo studio ha analizzato la storia delle famiglie coinvolte, rilevando che in quasi tutti i casi vi erano condizioni di abuso — fisico, sessuale o emotivo — precedenti. L'analisi ha concluso che la violenza pregressa è uno dei maggiori fattori di rischio nel figlicidio;

   l'Italia è oggi uno dei Paesi del mondo con il minore tasso di mortalità infantile (3,6 per cento inferiore alla media europea e a quella degli Stati Uniti (dati Istat - Unicef): un eccellente risultato, si legge su L'Espresso, raggiunto grazie all'imponente opera di prevenzione messa in atto dal sistema sanitario nazionale con vaccinazioni, screening prenatale, formazione specializzata e informazioni pediatriche diffuse. Laddove la prevenzione non fosse di tipo medico, si è intervenuti con appositi disegni di legge, come nel caso dei seggiolini antiabbandono;

   il numero dei bambini uccisi dai propri genitori è nettamente superiore a quello dei bambini dimenticati nell'auto, ma non ha destato da parte delle istituzioni la stessa celere e particolare attenzione;

   «Uno dei problemi principali in materia di tutela dei minori riguarda i tempi della giustizia», ha dichiarato l'avvocata Francesca Romana Baldacci, esperta di diritto minorile e di famiglia intervistata nell'inchiesta. «Escludendo i casi in cui si può fare ricorso all'articolo 403 del codice civile, con l'intervento della pubblica autorità e l'immediato collocamento del minore in luogo sicuro (articolo a tutela dei minori di cui peraltro è stata ripetutamente chiesta l'abrogazione) in molti altri casi i tempi dei tribunali non sono compatibili con le esigenze dei minori»;

   in tempi già lunghi sono anche peggiorati con l'emergenza da Covid-19: al tribunale ordinario di Roma una richiesta di separazione presentata a febbraio 2020 vedrà la sua prima udienza solo a gennaio 2021, quasi un anno dopo;

   «Nel tempo che intercorre tra il ricorso per chiedere la separazione e l'udienza presidenziale, continua il legale, possono avvenire episodi anche gravi che coinvolgono i minori»;

   così può accadere che un bambino rimanga con il genitore violento o pericoloso. «Il nostro sistema è piuttosto disarticolato — prosegue Baldacci — i tribunali (minorile, civile e penale) non parlano tra loro, nonostante l'informatizzazione, e hanno tempi differenti. Non è raro che un genitore venga condannato per violenze sui minori dal tribunale penale solo dopo anni di affido disposto dal tribunale ordinario. Nel frattempo il bambino ha continuato a subire danni» –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare per rendere più celeri i procedimenti minorili sia civili che penali; se non intenda adottare, per quanto di competenza, iniziative normative volte a riformare il sistema dell'affido.
(2-00952) «Giannone».

Interrogazione a risposta orale:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'Avvocatura è uno dei principali corpi intermedi della società per il suo insostituibile ruolo di tutela dei diritti individuali e collettivi;

   l'Avvocatura è da tempo al centro di contestazioni da parte di autorevoli esponenti della maggioranza che, ad avviso dell'interrogante, sembrano dubitare, quasi per ragioni «ontologiche», della «moralità» degli appartenenti a tale categoria;

   ciò nel contesto di una a dir poco singolare e irrispettosa proposta, sempre proveniente da tale parte politica, di introduzione di una sorta di «bollino blu» per gli appartenenti agli ordini professionali, dunque avvocati e tutti gli altri liberi professionisti, che dovrebbe «certificarne» la moralità, per contrastare ogni possibile commistione illecita tra professionisti e criminalità organizzata, e in sostanza agevolare il riconoscimento dei professionisti «con moralità» da quelli «amorali»;

   di recente un autorevole esponente, appunto, di maggioranza, appartenente al medesimo partito del Ministro interrogato, ha scritto sui social: «Nel 1996 in Italia avevamo 87 mila quasi iscritti all'albo degli avvocati. Nel 2019 erano 245 mila, quasi tre volte quelli di 23 anni prima. Con una popolazione italiana che è aumentata nel frattempo di poco più del 5 per cento. Facciamoci qualche domanda. Forse capiremo perché abbiamo qualche problema nell'amministrazione della giustizia».

   questo ennesimo attacco a gamba tesa contro l'avvocatura a parere dell'interrogante è inaccettabile e sembra collegare, in un nesso di causa-effetto, i problemi dei tribunali con il ruolo e la funzione svolta dagli avvocati;

   è ben noto a tutti che la crisi della giustizia in Italia sia dovuta ai mancati investimenti in personale di cancelleria e in magistrati e le scelte revisionistiche sull'organizzazione geografica dei tribunali non hanno fatto altro che aumentare esponenzialmente gli atavici problemi;

   anche alla luce delle richiamate dichiarazioni, appare necessario fare chiarezza sulla visione del Governo sul ruolo dell'avvocatura –:

   se il Ministro non ritenga di dover chiarire quali siano i reali problemi della giustizia italiana e se ritenga che effettivamente siano dovuti, anche solo in parte, alla crescita del numero di avvocati negli ultimi anni.
(3-01802)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TONELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   si ha notizia da un comunicato del Sappe (Sindacato autonomo di polizia penitenziaria) che il responsabile dell'ufficio stampa del Ministro interrogato abbia negato l'autorizzazione a tenere una conferenza stampa presso l'istituto penitenziario di Reggio Emilia, rifiutando dunque l'accesso sia alla stampa che ai sindacati;

   quanto accaduto rappresenta una gravissima e ingiustificata compressione delle libertà e prerogative sindacali, sancite dalla Costituzione e tutelate nel nostro ordinamento da diverse disposizioni normative, che, stando alle parole del responsabile del Sappe, non era mai accaduta in passato ed in oltre trenta anni di attività sindacale e di informazione alla cittadinanza;

   parimenti lesiva appare la decisione dell'ufficio stampa del Ministro di concedere in alternativa una sala presso il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, rappresentando ciò, ad avviso dell'interrogante, un indebito aggravio per le organizzazioni sindacali locali che si sarebbero dovute spostare a Roma per poter tenere la conferenza –:

   se il Ministro sia a conoscenza di quanto riportato in premessa, quale sia il motivo per cui sia stata negata l'autorizzazione a tenere la conferenza stampa presso l'istituto penitenziario di Reggio Emilia e se non reputi quanto accaduto lesivo delle libertà sindacali delle organizzazioni rappresentative della polizia penitenziaria.
(4-07012)


   GIANNONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   le linee guida del Cnoas, Consiglio nazionale dell'Ordine degli assistenti sociali, all'articolo 11, prevedono che in tema di allontanamento dei minori «si consiglia di evitare quanto più possibile l'utilizzo della Forza Pubblica durante le procedure di allontanamento. L'utilizzo della Forza pubblica, nei casi in cui si renda necessario, non deve avvenire in uniforme, e devono essere scelti modi e luoghi che rendano l'evento il meno traumatico possibile per il minore e per i suoi familiari»;

   secondo il Vademecum delle forze di polizia, pubblicato sul sito del Garante nazionale dell'infanzia, in ogni operazione che riguardi i minori le procedure adottate devono sempre perseguire il superiore interesse e rispettare i diritti dei minorenni; ciascun operatore dovrà utilizzare un approccio che tuteli le vittime; su disposizione dell'autorità giudiziaria, le forze di polizia possono avvalersi della collaborazione di operatori esperti per gestire al meglio la relazione con il minorenne coinvolto, creare fiducia e limitare al massimo l'impatto negativo di breve e lungo termine degli interventi;

   il 9 settembre 2020 la trasmissione «Fuori dal Coro» ha mandato in onda il video del prelevamento di Lorenzo (nome di fantasia), un bambino orfano di soli sei anni, dallo zio. Le immagini, che arrivano dalla provincia di Pavia, mostrano un bambino che piange disperato cercando di opporsi a carabinieri e assistenti sociali che lo vogliono portare via dallo zio con il quale è cresciuto, il minore urla più volte: «Non toccatemi, non toccate lo zio»;

   il 29 luglio 2020, si legge su diversi articoli di stampa, i carabinieri della stazione di Bressana e gli assistenti sociali si sono presentati nell'abitazione della famiglia per notificare il provvedimento del tribunale dei minori di Milano che aveva revocato l'affido del bimbo allo zio;

   nel video all'inizio si vedono 3 pattuglie dei carabinieri, un'autoambulanza ed anche i vigili del fuoco che presidiano la palazzina. Successivamente viene staccata la corrente. Le forze dell'ordine convincono poi lo zio ad aprire la porta. Entrano 5 carabinieri in divisa, armati e con giubbotto antiproiettile. Insieme ad un assistente sociale. Il bimbo è terrorizzato;

   si sentono poi le parole dello zio: «Non si fa così con un bambino piccolo: questo è abuso di potere».

   L. piange ancora non volendo essere portato via. «Entrate in un luogo e lo portate in un altro», si lamenta ancora lo zio, mentre l'assistente sociale prova a consolare il bimbo dicendo che non gli faranno niente di male e che lo porteranno via in ambulanza per portarlo in comune. A quel punto il carabiniere si rivolge alla zia che riprende tutto con il telefonino («così abbiamo le prove con l'avvocato», commenta la donna in sottofondo) dicendo di essere autorizzato a parlare solo con l'uomo zio del bambino. Il bimbo continua a piangere e a gridare «Non toccatemi, non toccate lo zio», e così dura per l'intero video;

   la trasmissione «Fuori dal Coro» ha successivamente mandato in onda un filmato intitolato «Il dramma dei bambini strappati alle famiglie» dove viene intervistato lo zio di L. che mostra la cameretta vuota di L., i suoi giochi, i vestiti. Lo zio dichiara di non aver più saputo nulla del nipote dal giorno dell'allontanamento e di non averlo più visto. Il video raccoglie anche testimonianze di persone che conoscevano entrambi. Tutti si fanno la stessa domanda, ossia se sia necessario strappare dai suoi affetti un bambino di soli 6 anni con queste modalità; un bambino che ha già subìto il lutto della madre morta di cancro –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non intenda avviare iniziative ispettive presso il tribunale di cui in premessa.
(4-07020)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   PLANGGER, GAGLIARDI, BENIGNI, PEDRAZZINI, SILLI e SORTE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   da sei mesi è crollato il viadotto che collega Albiano Magra, provincia di Massa-Carrara, con la provincia della Spezia, infrastruttura strategica per la Lunigiana e l'intera provincia ligure;

   in risposta all'interrogazione n. 3-01499 presentata il 29 aprile 2020, il Ministro interrogato garantiva che Anas avrebbe completato entro maggio un ponte provvisorio sostitutivo. Il 9 giugno 2020 il Sottosegretario Traversi comunicava che non sarebbe stato realizzato un ponte sostitutivo, ma due rampe di accesso diretto alle autostrade A12 ed A15 ed, un mese dopo, Anas comunicava che entro 15 giorni avrebbe iniziato i lavori ed entro 90 giorni, li avrebbe utilmente terminati;

   il 5 agosto 2020, in risposta a una nuova interrogazione a risposta immediata presentata in Commissione, il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti ha dichiarato che il commissario Rossi aveva individuato Anas come soggetto attuatore dell'intervento, che avrebbe presentato un cronoprogramma entro il 7 agosto 2020. Sarebbe stato poi il commissario ad occuparsi della realizzazione del nuovo ponte e della rimozione dei detriti;

   ad oggi, come noto, a tutti questi impegni nulla è seguito. Il Governo e il commissario straordinario per la ricostruzione del ponte non hanno ancora aperto nessun cantiere, così come non hanno ancora ordinato la rimozione dei detriti;

   l'ondata di maltempo che ha colpito nei giorni scorsi il territorio dove insiste il ponte crollato ha evidenziato la gravità della situazione, già più volte denunciata dai cittadini e dai rappresentanti delle istituzioni del territorio, ma fino ad oggi, a parere degli interroganti, sottovalutata dal Ministro, dal commissario e dal sub commissario che non hanno ancora intrapreso alcuna azione per rimuovere le macerie dall'alveo del fiume;

   drammatica si preannuncia la problematica idrogeologica causata dal permanere dei resti del ponte nel fiume Magra. È irresponsabile e scriteriato pensare di affrontare le prossime settimane con questa «diga» venutasi a formare su uno dei maggiori corsi d'acqua di quel territorio, che, durante le piene, potrebbe esondare o trasportare i detriti verso la foce del fiume dove ci sono centri abitati e insediamenti produttivi. I detriti devono essere rimossi immediatamente, potendo la prossima ondata di maltempo causare un disastro con gravi danni alle persone e alle cose –:

   quali iniziative urgenti di competenza il Ministro interrogato intenda assumere per il sollecito ripristino delle infrastrutture atte a garantire la viabilità interrotta tra le due regioni, previa immediata rimozione dei detriti dall'alveo del fiume Magra.
(5-04717)


   FOTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   con interrogazione 5-03542 del 6 ottobre 2010 l'interrogante, come già in precedenza, evidenziava lo stato di grave trascuratezza della strada statale n. 45 di Val Trebbia, nel tratto compreso tra Bobbio e Gorreto, chiedendo di dare esecuzione al progetto redatto dall'Anas relativo a Ponte Lenzino, che prevedeva una spesa di 450.000,00 euro;

   il 17 dicembre 2010 l'Anas dava comunicazione dell'avvenuta aggiudicazione dei lavori alla «Romei srl» di Castelnuovo ne' Monti per un importo di 280.000,00 euro;

   il 1° agosto 2011 Anas comunicava la conclusione dei lavori sul Ponte Lenzino e, il giorno seguente, venivano eseguite alcune verifiche tecniche sull'opera, volte a verificare la possibilità di innalzare a 44 tonnellate il divieto di transito a 5 tonnellate sul ponte Lenzino;

   il 13 febbraio 2019 Anas comunicava che, per la finalità di cui al punto precedente, il giorno seguente si sarebbero svolte delle prove di carico sul ponte Lenzino;

   alle ore 15,30 del 3 ottobre 2020 il ponte Lenzino, in comune di Cortebrugnatella (Piacenza) crollava in una sua parte, fortunatamente in un momento in cui nessuno lo stava attraversando, di fatto tagliando in due la strada statale 45 di Val Trebbia, la qual cosa obbliga ora all'utilizzo di una rete di strade comunali e provinciali di dimensioni ristrette e trascurate nella manutenzione –:

   se Anas abbia predisposto un'indagine in ordine al crollo del suddetto ponte – in ragione dei risultati delle prove di carico di cui in premessa e tenuto conto che la prefettura di Piacenza ha escluso comunicazioni di pericolo da parte di Anas – e quali urgenti iniziative intenda assumere per un'immediata ricostruzione dell'infrastruttura, di vitale importanza per l'Alta Val Trebbia.
(5-04718)


   PEZZOPANE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel quadro delle strategie di valorizzazione e sviluppo delle aree appenniniche e della rete infrastrutturale lungo la dorsale montuosa e tra i versanti tirreno-adriatici, da anni è stata individuata ed è in avanzato stato di realizzazione il completamento della dorsale appenninica Rieti-L'Aquila-Navelli della strada statale 260 Picente dorsale l'Aquila-Montereale-Amatrice;

   l'intervento è frutto di anni di iniziative istituzionali tra Anas e amministrazioni locali, di azioni finalizzate non solo alla ricerca di finanziamenti, ma anche di adeguamenti progettuali per la sostenibilità ambientale dell'opera;

   la strada statale 260 Picente è stata per secoli l'arteria di riferimento dell'Alto Aterno e la principale alternativa alla Via Cecilia per collegare la città di Amiternum con la Via Salaria verso la capitale e con il mare Adriatico attraverso la valle del Tronto;

   nel secondo dopoguerra la strada statale è stata oggetto di un lungo progetto d'ammodernamento. Negli anni novanta è stato realizzato il 1° Lotto di collegamento fino a Pizzoli. completato nel 2005, prolungato poi fino a Cagnano Amiterno, Tra il 2018 e il 2019 sono stati avviati i cantieri del 3° e 4° Lotto, fino a Montereale, che si stima verranno completati entro maggio 2022;

   nel 2002 la gestione del tratto laziale con il decreto legislativo 112 del 1998 è passata da Anas a regione Lazio, che ha devoluto le competenze alla provincia di Rieti. Nel 2007 la società Astral è diventata concessionaria di tale tratto e a ottobre 2016, la strada è tornata ad Anas per essere nuovamente classificata come strada statale;

   per la sua funzione strategica, nel tempo la regione Abruzzo ha sempre inserito il completamento della suddetta dorsale appenninica nei suoi atti di programmazione. Nella recente delibera di giunta regionale 337 del 2020, che individua le infrastrutture regionali ritenute strategiche per un importo complessivo di circa 6 miliardi di euro, quest'opera non è stata prevista –:

   quali iniziative il Ministro interrogato, alla luce dei fatti sopra esposti, intenda intraprendere, per quanto di competenza, considerata l'importanza strategica dell'infrastruttura, attraverso un impegno condiviso con Anas per far sì che tale opera sia inserita nella programmazione nazionale e per favorirne il completamento attraverso la progettazione dei lotti successivi.
(5-04719)


   ZOLEZZI, DEIANA, ILARIA FONTANA, ALBERTO MANCA, DAGA, D'IPPOLITO, DI LAURO, FEDERICO, LICATINI, MARAIA, MICILLO, TERZONI, VARRICA, VIANELLO e VIGNAROLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'autostrada A22 da Brennero-Modena ha visto la scadenza della concessione a Società Autostrada del Brennero s.p.a il 30 aprile 2014 e, dal 2019, ha preso rilancio un percorso di rinnovo della concessione verso una pubblicizzazione della stessa autostrada e una società in house interamente pubblica. Nel luglio 2019 era stata data notizia di un accordo per liquidare tutti i soci privati che avrebbe portato al territorio della provincia di Mantova 160 milioni di euro che potevano essere destinati al piano intermodale navigazione-ferrovia-strada di Valdaro e alla chiusura dell'asse tangenziale sud di Mantova, per opere stradali nel comune di San Giorgio e Bigarello;

   il 1° ottobre 2019 la direzione generale per le strade e le autostrade e per la vigilanza del Ministero dell'interno, a seguito di riunione convocata dalla regione Trentino Alto Adige, ha preso atto che non risulta ancora perfezionata la liquidazione dei soci privati dell'attuale compagine societaria della Società autostrada del Brennero s.p.a;

   la presenza dei soci privati nella compagine del concessionario risulta in contrasto sia con quanto disposto dal decreto-legge 16 ottobre 2017 n. 148, sia con il parere rilasciato dalla Dg Grow della Commissione europea in data 20 novembre 2018;

   l'articolo 1, comma 719, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, ha differito al 30 giugno 2020 il termine per la sottoscrizione dell'accordo di cooperazione e, successivamente, il decreto-legge n. 18 del 2020 ha differito al 30 settembre 2020 il termine per la sottoscrizione dell'accordo; con nota del 25 maggio 2020 l'Autorità di regolazione dei trasporti, nel far seguito alla richiesta formulata dalla suddetta direzione con la nota del 6 aprile 2020, ha richiesto alla stessa direzione un nuovo pronunciamento in merito all'avvio della procedura di gara sul presupposto del definitivo abbandono dell'attuale procedimento di affidamento in house;

   con nota n. 5227 del 29 maggio 2020 la direzione ha comunicato di aver avviato le procedure finalizzate alla pubblicazione del bando di gara per l'individuazione del nuovo concessionario, richiedendo all'Autorità di regolazione dei trasporti il parere di competenza sulla documentazione da porre a base di gara –:

   se il Ministro interrogato abbia aggiornamenti in merito allo stato della procedura di ripubblicizzazione e nuova gara per l'autostrada A22 e se intenda contestualmente fornire compiute informazioni in merito ai fondi destinati agli enti locali dei territori interessati in base all'accordo di cooperazione.
(5-04720)


   MAZZETTI, RUFFINO, CORTELAZZO, GELMINI, LABRIOLA e CASINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la drammatica cronaca di questi giorni legata ai fenomeni meteorologici che hanno colpito diverse regioni del centro-nord e soprattutto la Liguria e il Piemonte, con morti e crolli, ha ancora una volta messo in evidenza non solo l'estrema fragilità del nostro territorio, ma anche lo stato di estremo degrado e conseguente gravissimo rischio per l'incolumità pubblica, riguardo le condizioni in cui versano troppe infrastrutture viarie quali strade, ponti, viadotti, gallerie;

   l'ondata di maltempo ha prodotto danni alle strade e, tra l'altro, il crollo di due ponti: il viadotto di Romagnano, sul Sesia (Novara) di competenza provinciale e il ponte Lenzino di Marsaglia, sul fiume Trebbia lungo la strada statale 45 tra i comuni di Corte Brugnatella e Cerignale;

   il cedimento di questi viadotti è solo l'ultimo di una lunga interminabile serie di crolli e cedimenti di ponti e infrastrutture. Basti ricordare, tra i più recenti, il crollo dei ponte di Albiano sul fiume Magra al confine tra Liguria e Toscana, in località Albiano Magra (Massa Carrara);

   ad aggravare la situazione contribuisce la presenza di ben 1.425 viadotti che sono senza un proprietario, e conseguentemente nessuno fa la manutenzione;

   l'ex amministratore delegato di Anas, Armani, prima delle sue dimissioni informava il Ministero delle infrastrutture e trasporti, che sugli oltre 27 mila chilometri di strade statali a gestione Anas nel 2017, insistono 2.994 ponti, e se 983 sono di proprietà e gestione Anas, e 586 di altri enti, ben 1.425 viadotti sono risultati senza un proprietario e gestore identificato;

   le misure finora avviate dal Governo, sia in termini di risorse stanziate per la manutenzione e la messa in sicurezza delle nostre infrastrutture, sia in termini di semplificazione delle procedure burocratiche al fine di consentire in tempi più rapidi l'avvio dei cantieri, sono del tutto insufficienti;

   peraltro, le risorse assegnate agli enti locali dovrebbero coprire, ad oggi così non è, tutti gli oneri da detti soggetti sostenuti relativamente alla progettazione degli interventi di messa in sicurezza o di realizzazione per la sostituzione delle infrastrutture –:

   quali ulteriori iniziative non più procrastinabili si intendano adottare per velocizzare e semplificare le procedure volte alla messa in sicurezza delle nostre infrastrutture e quale quota del Recovery Fund si intenda utilizzare per un serio e completo piano di manutenzione del nostro patrimonio infrastrutturale.
(5-04721)


   LUCCHINI, CESTARI, MORRONE, BADOLE, D'ERAMO, PATASSINI, PAROLO, RAFFAELLI, VALBUSA e VALLOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'autostrada regionale Cispadana dovrebbe collegare la rete viaria dalla barriera Ferrara-sud sull'A13 al casello Reggiolo-Rolo dell'A22. Il progetto, ipotizzato per rispondere alla richiesta di mobilità dell'area nord orientale della regione, attraverserebbe le province di Ferrara, Modena e Reggio Emilia e dovrebbe diventare un'alternativa al corridoio della via Emilia (A1-A14), intercettando le direttrici A1-A15 (Autocisa), dell'A22 e dell'A13, portando benefìci ai viaggiatori in termini di percorrenza, costi e viabilità;

   lo scopo è quello di alleggerire il traffico sulla via Emilia e sull'Autostrada del Sole, quotidianamente congestionate, evitando il passaggio da Bologna;

   l'infrastruttura, lunga 67 chilometri e a due corsie per senso di marcia più una di emergenza, interessa 13 comuni, Reggiolo, Rolo, Novi, Concordia, San Possidonio, Mirandola, Medolla, San Felice sul Panaro, Finale Emilia, Ferrara, Cento, Sant'Agostino e Poggio Renatico, e coinvolge, con la viabilità complementare Parma, Torrite, Sorbolo, Mezzani, Luzzara, Brescello e Bondeno; sono previste 4 autostazioni e 2 aree di servizio;

   l'uso del condizionale è d'obbligo considerando che il progetto risale al lontano 1986, ma solo nel 2010 si concluse l'iter di gara con l'aggiudicazione della concessione al promotore. La procedura stabilì, a quanto consta all'interrogante, la concessione per 49 anni, di una partecipazione finanziaria pubblica della regione di 179.700.000 euro e l'esecuzione dei lavori in 44 mesi per un investimento complessivo di 1.158.720.00 euro; inoltre, venne costituita la società di progetto Autostrada regionale cispadana spa che subentrò all'associazione temporanea di imprese aggiudicataria della gara;

   oggi, la Cispadana dovrebbe essere una realtà se annunci, impegni e promesse fossero stati onorati in questi anni, considerando che la società ha un consiglio di amministrazione in carica;

   l'articolo 5-bis del decreto-legge cosiddetto «sblocca-Italia», decreto-legge n. 133 del 2014, ha previsto la possibilità del subentro dello Stato alla regione nei rapporti col concessionario della Cispadana, previa verifica da parte del Cipe del piano finanziario dell'opera;

   l'autostrada Cispadana, sottoposta da tempo all'attenzione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dalla regione, come priorità infrastrutturale, è diventata fondamentale nell'attuale fase emergenziale per un concreto rilancio all'attività industriale ed economica dell'Emilia Romagna e del Paese –:

   se il Cipe abbia effettuato le verifiche ipotizzate dalla legge e se il Ministro interrogato intenda chiarire se il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti subentrerà alla regione nelle funzioni di concedente, chiarendo altresì se a causa di inerzie dello Stato sia stato bloccato il prosieguo dell'iter della realizzazione dell'opera.
(5-04722)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PITTALIS e LAPIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   con l'inizio della stagione autunnale, a causa della drastica riduzione di voli decisa da Alitalia in partenza e in arrivo in Sardegna, la continuità territoriale non è di fatto più garantita;

   nel quadro di disagio generale provocato agli abitanti dell'isola, gli aeroporti che subiscono disagi maggiori sono quelli di Alghero e Olbia;

   i voli da Alghero per Roma, ad oggi sono solamente due, e gli orari di partenza sono previsti alle 6,45 e alle ore 11,00, escludendo qualsiasi volo nella fascia pomeridiana e serale. Anche i collegamenti da e per Milano sono soltanto due. In particolare, le partenze da Milano, previste rispettivamente alle 16,45 e alle 21,15 non prevedono alcun volo nella fascia mattutina, mentre da Alghero a Milano non è previsto alcun volo serale;

   risultano ridotti anche i voli Olbia-Roma a soli due voli. Da Olbia è possibile partire solo fino a metà mattina, mentre da Roma è stato eliminato il collegamento pomeridiano. Per quanto riguarda invece i collegamenti con Milano, le criticità sono le stesse che si verificano ad Alghero;

   un drastico calo dei collegamenti aerei con il continente si è verificato anche a Cagliari dove sono stati tagliati tre voli per Roma e due per Milano, sempre a seguito di una decisione assunta da Alitalia;

   le decisioni unilaterali assunte da Alitalia hanno fortemente ristretto il diritto alla mobilità degli abitanti della Sardegna e tali scelte, a giudizio degli interroganti, sono incomprensibili alla luce degli 1,3 miliardi di euro di finanziamenti pubblici erogati ad Alitalia dal 2017 ad oggi e alla luce della imminente nazionalizzazione della compagnia per la quale il Governo ha stanziato ulteriori tre miliardi di euro –:

   quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, il Ministro interrogato in ordine alle criticità rappresentate in premessa al fine di garantire il pieno diritto alla mobilità agli abitanti della regione Sardegna.
(5-04713)


   PAITA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   sull'autostrada A26 si sono staccati alcuni pezzi di calcestruzzo dal viadotto Cerusa 1 e sono precipitati in via Bruxinetti a Voltri;

   la strada è stata chiusa al traffico immediatamente dalla polizia locale per consentire l'intervento dei vigili del fuoco e la messa in sicurezza da parte dei rocciatori di Autostrade;

   lo scorso inverno il viadotto Cerusa 1 è stato già oggetto di ispezione nell'ambito dell'inchiesta sull'inefficienza dei controlli su alcuni viadotti;

   la direzione del Tronco di Genova di Autostrade per l'Italia ha sottoposto il viadotto in questione ai controlli trimestrali previsti che sono stati messi in atto da tecnici di società terze di ingegneria specializzate i quali hanno dato conferma sulla stabilità del viadotto;

   gli interventi messi in atto dopo il cedimento del viadotto Cerusa 1 non sembrerebbero riconducibili a problemi di stabilità dello stesso;

   a seguito della rimozione e della ripulitura di alcune parti di calcestruzzo, la società Autostrade per l'Italia ha dedotto che il distacco fosse stato causato dalle forti piogge della settimana scorsa e che il cedimento riguardasse una parte superficiale di una pila –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, in caso affermativo, quali iniziative intenda intraprendere per sollecitare la messa in sicurezza del viadotto in questione.
(5-04731)

Interrogazione a risposta scritta:


   MORELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato da alcune sigle sindacali la società Alitalia ha comunicato che dal 1° settembre 2020 avrebbe gestito in proprio tutte le attività di check-in, imbarchi e rampa, affidando ad Airport Handling Spa il solo carico e scarico dei bagagli. La compagnia ha sottolineato che si tratta di una scelta temporanea, ma cresce la preoccupazione tra i lavoratori ancora in cassa integrazione;

   Airport Handling spa (ex Sea Handling), partecipata del comune di Milano (attraverso Dnata che detiene il 70 per cento, fornisce servizi di terra per i clienti negli scali aeroportuali di Milano Malpensa e Milano Linate. Nel 2017 ha chiuso il fatturato a euro 113.983.244 (+2.986.317 rispetto al 2016). I dipendenti a fine 2017 erano 1668 (+18 per cento rispetto al 2016);

   il sindacato (di base e confederale) contesta il fatto che Alitalia assicurerà i servizi di terra non solo utilizzando il proprio personale già in forza a Linate, ma anche assumendo personale precario e sottopagato, e, come se non bastasse, impiegando a Linate anche staff con base a Roma Fiumicino;

   di fatto oggi Alitalia - secondo i sindacati - gestisce in proprio il 70-75 per cento delle attività e senza un cambiamento il personale di Airport Handling finirebbe inevitabilmente in esubero. In tutta Europa non c'è più una singola compagnia che gestisca in proprio i servizi di terra nei vari aeroporti, perché è più economico esternalizzare queste attività a società attrezzate e specializzate;

   oltre a una questione di qualità del lavoro si ravvisa anche una questione di contraccolpo su Airport Handling, che oggi opera sia a Linate che a Malpensa e con il diminuire del lavoro sarà costretta – secondo i sindacati – a tenere parte della sua forza lavoro (soprattutto quella in servizio all'aeroporto di Milano Linate) in cassa integrazione fino al marzo 2021, con danno per i lavoratori e anche aggravio per le uscite erariali, per poi dover procedere al licenziamento di almeno 550 dipendenti ritenuti in esubero;

   anche le imprese che erogano servizi di handling aeroportuale sono state fortemente colpite dalla crisi economica conseguente all'epidemia da Covid-19, e pertanto rischiano di dover ricorrere a numerosi licenziamenti di personale con gravi ricadute in ambito sociale qualora non siano adottate misure specifiche a sostegno del settore –:

   se e quali iniziative di competenza intendano attivare per la tutela dei lavoratori di Airport Handling Spa che rischiano il licenziamento a seguito della decisione di Alitalia di gestire direttamente le attività di check-in, imbarchi e rampa negli aeroporti di Milano Linate e Milano Malpensa.
(4-07015)

INNOVAZIONE TECNOLOGICA E DIGITALIZZAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   CECCHETTI. — Al Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   a partire dal 1o ottobre 2020 l'Inps non rilascerà più il Pin, come credenziale di accesso ai servizi dell'Istituto (sono escluse determinate categorie di utenti come i minori di diciotto anni; le persone che non hanno documenti di identità italiana e le persone soggette a tutela, curatela o amministrazione di sostegno), in quanto l'istituto di previdenza ha iniziato la transizione completa verso il sistema pubblico di identità digitale (Spid)

   per tutte le altre categorie di utenti durante la fase transitoria (tuttavia non precisata dall'Inps) rimarrà attivo il servizio di Pin temporaneo, ma, fin da ora e in ogni caso a breve, molti utenti dovranno attivare l'identità digitale;

   tuttavia, lo Spid potrà essere attivato necessariamente online sul sito di uno degli operatori abilitati (al momento Aruba, Infocert, Intesa, Namirial, Poste, Register, Sielte, Tim o Lepida);

   appare evidente che questa fase creerà difficoltà ai più anziani e a tutti i cittadini meno abituati all'uso di computer o cellulare;

   vi sono poi difficoltà di carattere tecnico, non tutti gli anziani (e non solo) sono dotati di indirizzo e-mail e soprattutto di cellulare smartphone necessario per attivare la nuova procedura;

   tutti questi cittadini andranno incontro a difficoltà oggettive, a nuovi costi (l'acquisto di un nuovo cellulare) nonché dovranno sostenere altre spese, in alcuni casi, come quelle dettate dall'attivazione della nuova identità digitale a secondo dell'operatore con cui si farà l'attivazione;

   occorre, poi, valutare anche possibili rischi sanitari, infatti tra le modalità di riconoscimento consentite c'è quella online (con la web camera), ma anche quella fisica (occorre recarsi negli uffici dell'operatore) o a domicilio (solo con Poste, a pagamento);

   in sostanza, ci saranno nuovi e maggiori costi, difficoltà oggettive, obbligo di spostarsi (con tutti i rischi noti) di intere fasce di cittadini anche particolarmente fragili come gli anziani –:

   se il Governo non ritenga necessario promuovere ogni utile iniziativa di competenza per facilitare questo percorso verso il sistema pubblico di identità digitale, adoperandosi nei confronti dell'Inps, tutelando la popolazione più fragile (gli anziani) ed evitando, per tutti i cittadini, inutili e ulteriori spese in questo periodo particolarmente critico per le famiglie e per l'economia.
(4-07007)

INTERNO

Interrogazioni a risposta orale:


   ASCARI e CARBONARO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come denunciato dal sindacato di polizia SIULP di Modena, nel mese di maggio del 2019 il Ministero dell'interno, ha inviato il piano di potenziamento, per il biennio 2019-2020, suddiviso tra i vari uffici della polizia di Stato (questure e commissariati, polizia stradale, polizia ferroviaria e altro) delle varie province;

   secondo questo schema, alla provincia di Modena sono stati assegnati soltanto 16 agenti in incremento, suddivisi in 12 unità per la questura e i commissariati di Sassuolo e di Carpi (escludendo Mirandola), 3 per la polizia stradale e 1 per la polizia postale;

   nel «Completamento del piano dei potenziamenti» del Ministero dell'interno inviato il 30 luglio 2020, per tutta la provincia di Modena, da qui al 31 dicembre 2020, sono previsti soltanto 5 agenti per questura e commissariati, 2 agenti per la polizia stradale e zero agenti per la polizia ferroviaria e la polizia postale;

   la provincia di Modena è la seconda provincia per estensione, popolazione e numero di imprese dell'Emilia Romagna che è la quarta tra le regioni italiane per il numero di interdittive antimafia nel periodo 2019-2020;

   il numero di stranieri presenti sul territorio della provincia è cresciuto in maniera esponenziale dai poco più dei 30.000 del 2003 agli oltre 95.000 del 2020, ponendo sotto forte pressione innanzitutto l'ufficio immigrazione della questura, nonché in generale le forze dell'ordine del territorio per la parte di incremento della criminalità ad essi collegata;

   l'articolo 103, «Emersione di rapporti di lavoro», del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, contenente «Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19», ha previsto una «sanatoria» per alcune specifiche categorie di lavoratori;

   una parte considerevole dell'ulteriore carico di lavoro necessario per sostenere le procedure di cui al suddetto articolo, è stata posta in capo alle questure: in quelle aree, come a Modena, dove vi è già una considerevole carenza di organico, la situazione potrebbe rischiare di non essere sostenibile, con gravi ricadute sul complesso dei servizi resi dalla polizia di Stato sul territorio;

   al fine di velocizzare le immissioni in ruolo e stante la fisiologica durata delle procedure concorsuali, anche in ragione delle problematiche che potrebbero sorgere in relazione alla gestione dell'attuale crisi epidemiologica, per rispondere in maniera rapida alle esigenze di carenza di organico e immettere rapidamente in servizio nuovo personale, si potrebbe procedere allo scorrimento delle graduatorie dei concorsi in atto e di quelli per i quali residuano idonei non vincitori;

   un'altra soluzione, alternativa o complementare a quella sopra citata, sarebbe la possibilità concessa su base volontaria al personale di continuare a prestare servizio per ulteriori due anni, garantendo in questo modo una maggiore diluizione nel tempo delle uscite dal servizio e consentendo un più efficace travaso di esperienze e competenze –:

   quali iniziative di propria competenza, intenda intraprendere il Ministro interrogato al fine di assicurare un congruo numero di agenti della polizia di Stato in provincia di Modena, inclusi quelli per l'ufficio immigrazione della competente questura;

   se intenda attivarsi al fine di garantire lo scorrimento dei concorsi in atto e di quelli per i quali residuano idonei non vincitori, nonché al fine di proporre tutti gli interventi normativi volti a concedere la possibilità al personale delle forze dell'ordine di rimanere in servizio per ulteriori 2 anni, una volta raggiunto il limite per l'età pensionabile.
(3-01800)


   ASCARI e MARTINCIGLIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la signora Valeria Grasso è una testimone di giustizia che, con la sua testimonianza, ha contribuito in maniera fondamentale all'arresto, e successiva condanna, di alcuni importanti esponenti del potente clan di Cosa Nostra palermitano dei Madonia;

   come lei stessa ha raccontato, aveva aperto una palestra a San Lorenzo, a Palermo in affitto dalla signora Mariangela Di Trapani, moglie di Salvino Madonia; un giorno si presenta un custode giudiziario per comunicare la confisca dell'immobile, «Ma un esattore della famiglia Madonia pretendeva che continuassi a pagare l'affitto anche a loro. Così davo i soldi allo Stato e ai mafiosi [...] E ho dato l'attività in gestione. Quelli si sono presentati chiedendomi come mi ero permessa di fare questo senza il loro consenso. O paghi per sempre, mi dissero, oppure chiedi i soldi all'affittuario e li dai a noi. Da vittima dunque sarei dovuta diventare esattore. Se non lo fai, mi hanno minacciata, chi ha la palestra non avrà una vita serena. Ho preso 48 ore di tempo e mi sono presentata alla caserma dei carabinieri per raccontare tutto»;

   dopo l'arresto dei mafiosi, sono iniziate le continue minacce: croci nere per lei e per i figli sul muro di casa, cavi della luce tranciati, infrazioni in casa, fino a quando, a seguito di alcune intercettazioni in cui i mafiosi parlavano di ucciderla, viene prelevata dalle forze dell'ordine e posta in una località protetta;

   già nel novembre 2019 le era stato revocato il dispositivo di tutela per poi vederselo nuovamente riassegnare poche settimane dopo;

   pochi giorni fa ha subito un'altra inequivocabile e tremenda minaccia di morte rivolta a lei e alla sua famiglia: quattro croci disegnate con il pennarello nero su un muro della sua abitazione romana, una per lei e una per ognuno dei suoi tre figli, identiche a quelle fatte trovare sulla vetrata della palestra a Palermo;

   come ha riferito la stessa testimone, «l'anno scorso [...] mi fecero trovare un sacchetto appeso al ramo di un albero con dentro un piccione morto. L'albero si trova fuori dal ristorante del mio compagno. E sta accanto al tavolo dove di solito siedo quando mangio lì»; «Due settimane fa, sono scesa in Sicilia, e davanti casa non ho trovato alcun servizio di vigilanza. Ho chiesto, mi è stato spiegato che era stato sospeso a seguito dell'emergenza Covid. Ma a me, e a mio figlio, a Palermo capita ancora di andare»;

   attualmente, la signora Grasso è titolare di un dispositivo di tutela di quarto livello che comprende l'impiego di un'auto non blindata e di un agente delle forze dell'ordine;

   vista le nuove minacce di morte, potrebbe essere necessario rivalutare il livello di tutela verso un più rafforzato 3° livello, che comprende l'impiego di un'auto blindata e due agenti delle forze dell'ordine –:

   se non ritenga opportuno, per le parti di propria competenza, procedere a una rivalutazione del livello di tutela della signora Valeria Grasso alla luce di quanto espresso in premessa, in particolare valutando la possibilità di adottare il 3° livello di tutela, in luogo dell'attuale 4°.
(3-01803)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAOLO RUSSO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   si apprende, dalla recente ordinanza n. 1756 del 2020, resa in fase cautelare dal Tar: Campania, sezione prima, che il consiglio comunale di Camposano, con la deliberazione n. 2 del 23 giugno 2020, ha stabilito la decadenza dell'avvocato Cerqua Laura dalla carica di consigliere del comune

   da quanto riportato nella pronuncia, emerge come il consiglio comunale abbia assunto la propria determinazione ai sensi dell'articolo 14 del vigente statuto, per assenza da tre sedute consecutive di consiglio comunale, datate 9 luglio 2019, 31 luglio 2019 e 31 dicembre 2019;

   tali assenze, ad avviso del consiglio, non sarebbero giustificate: più in particolare, la ricorrente, per una delle assenze (31 luglio 2020) non avrebbe fornito alcuna documentazione, mentre per le altre due (9 luglio e 31 dicembre 2020), pur avendo esibito documentazione medica, non risulta avere corredato quest'ultima dei relativi documenti fiscali; la mancata produzione dei documenti fiscali è stata ritenuta, dal consiglio, una carenza tale da privare di valenza giustificativa la restante documentazione medica;

   pur con la limitatezza di esame e di scrutinio che caratterizza la fase cautelare, fisiologicamente a cognizione sommaria, il Tar ha ritenuto a prima vista del tutto ragionevole la decisione discrezionale del consiglio, in ordine a tale ultimo profilo;

   esula ovviamente dalle intenzioni dell'interrogante la volontà d'interferire su un procedimento giurisdizionale in corso, che deve seguire il suo fisiologico corso secondo i principi costituzionali di terzietà e imparzialità. La pronuncia — anche alla luce della sua attitudine a creare un precedente — costituisce tuttavia l'occasione per acquisire la posizione del Governo, in ordine alla idoneità giustificativa, rispetto all'assenza dalle sedute consiliari, di documentazione medica non corredata dalla relativa documentazione fiscale. Un eventuale orientamento in linea con quello tenuto dal consiglio comunale di Camposano porrebbe una serie di difficoltà: la più evidente è quella che sorge nel caso in cui il medico abbia effettuato — come spesso può accadere per le più variegate ragioni — la prestazione a titolo gratuito, affectionis vel benevolentiae causa. In ipotesi siffatte, la limitazione dei diritti costituzionali di elettorato attivo e passivo che consegue alla decadenza apparirebbe priva di fondamento;

   se non intenda valutare, alla luce dei fatti esposti in premessa, l'adesione di iniziative normative volte a chiarire l'idoneità giustificativa, rispetto all'assenza dalle sedute consiliari, di documentazione medica non corredata dalla relativa documentazione fiscale.
(4-07004)


   VARCHI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   gli immensi sacrifici, anche in termini di privazione della libertà personale, che gli italiani hanno affrontato per scongiurare il rischio di una catastrofe sanitaria da Covid-19 rischiano di essere vanificati da quella che appare all'interrogante una scellerata politica nazionale in materia di immigrazione;

   una situazione sempre più grave, determinata dai continui arrivi di migranti e dagli altrettanto continui tentativi di fuga dai centri di accoglienza ad essi dedicati, anche di soggetti in isolamento fiduciario;

   particolarmente tesa è la situazione in Valderice, nel trapanese, dove in questi mesi si sono registrati diversi tentativi di fuga di migranti in quarantena dal centro di prima accoglienza «Villa Sant'Andrea» e che hanno fatto perdere le proprie tracce: episodi sempre più frequenti che contribuiscono ad alimentare ansia e preoccupazione tra i residenti della zona;

   solo pochi giorni fa, alcuni tunisini hanno appiccato le fiamme a materassi e suppellettili e il fumo ha rapidamente invaso i locali della struttura; e ancora, un gruppo di ospiti ha tentato la fuga, lanciandosi nel vuoto dalle finestre poste al secondo e al terzo piano dello stabile;

   già nel mese di agosto alcuni ospiti della struttura avevano dato vita a un momento di vera e propria guerriglia urbana presso la piazza centrale del paese, con lanci di bottiglie e una colluttazione tra concittadini e migranti;

   secondo quanto denunciato dai cittadini «Quello che stiamo vivendo è un vero e proprio mostro d'interessi. Se non fermiamo la mangiatoia, la mangiatoia stessa mangerà noi. [...] Ho scelto questo paese per la bellezza del posto, ma adesso vogliono farci scappare da qui. Subiamo insulti, danni alle automobili e intimidazioni. Che piaccia o no, li ospiteremo ma quello a cui assistiamo quotidianamente è un vero e proprio abuso di carità»;

   la struttura di Valderice, oggi adibita all'accoglienza dei migranti in quarantena, è stata, peraltro, originariamente concepita come una colonia per bambini, poi un alloggio per anziani e successivamente come un hotel –:

   se e quali immediate iniziative di competenza il Governo intenda assumere per gestire l'emergenza dei continui sbarchi di immigrati lungo le coste siciliane e, in particolare, per la città di Valderice, anche attraverso l'invio di contingenti militari da affiancare alle poche e stremate unità delle forze dell'ordine.
(4-07014)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FERRI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   l'istituto Alberghiero «G. Minuto» di Marina di Massa, nel comune di Massa, è la realtà scolastica più grande e complessa della provincia di Massa-Carrara (accoglie più di mille persone tra studenti, corpo docente e personale tecnico e ATA);

   tale istituto rappresenta un elemento di valorizzazione della cultura dell'ospitalità alberghiera ed enogastronomica; è un punto di riferimento anche per la ripresa turistica ed economica del nostro territorio;

   negli ultimi anni, le strutture scolastiche hanno subìto un crescente degrado e manifestano seri problemi strutturali;

   oggi, un ulteriore problema è però rappresentato dalla mancata nomina di un dirigente scolastico titolare che possa gestire in maniera stabile e continuativa l'istituto;

   negli anni, si sono susseguite diverse reggenze che hanno impedito un efficace funzionamento organizzativo e didattico;

   nel mese di settembre 2020 un dirigente scolastico titolare ha accettato l'incarico, per poi dimettersi dopo sole due settimane e tornare a fare l'insegnante; la scuola si è trovata in seria difficoltà, non ha potuto gestire tempestivamente una serie di criticità, con ricadute negative sull'inizio dell'anno scolastico;

   è poi stato nominato un dirigente scolastico reggente che già presiede un Iis (istituto di istruzione superiore), formato da 4 istituti professionali diversi, due corsi serali e una sede carceraria;

   le problematiche della scuola sono tali che non possono essere gestite da un dirigente che, per quanto competente, presiede un totale di cinque istituti dislocati nell'intera provincia;

   occorre nominare un dirigente titolare che possa occuparsi in via esclusiva dell'istituto «G.Minuto» e dei suoi problemi;

   tale nomina è necessaria per gestire la complessità della scuola, dotata di diversi indirizzi con relativi laboratori e tre sedi operative dislocate nel comune di Massa, tra cui un convitto (la cui sede a causa del Covid-19 deve essere spostata e quella individuata non potrà accogliere tutti gli studenti che ne hanno fatto richiesta);

   l'istituto ha bisogno di un dirigente titolare e competente che possa, con stabilità, dedicarsi alle sue problematiche;

   la scuola, inoltre, ha in previsione una ristrutturazione edilizia totale, fase delicata per studenti e per l'intero personale scolastico che andrà gestita con tempestività e dedizione;

   i docenti e l'intero personale scolastico, che stanno lavorando con grande impegno e professionalità, hanno bisogno di un punto di riferimento che sia in grado di gestire e organizzare la complessità della scuola con competenza;

   i genitori chiedono di avere la garanzia di mandare i propri figli a studiare, crescere e formarsi in un luogo sicuro, che non sia in balìa di continui cambiamenti didattici e trascuratezza;

   gli studenti hanno bisogno di un punto di riferimento che sappia garantire la loro piena ed effettiva formazione e la continuità didattica; peraltro, il fatto che il dirigente scolastico titolare sia tornato a fare l'insegnante facilita la copertura finanziaria e non richiede alcuna variazione –:

   se il Ministro interrogato, sia al corrente dei fatti e conseguentemente se intenda adottare iniziative per provvedere nell'immediato alla nomina di un dirigente scolastico titolare che si occupi in maniera stabile e continuativa dell'istituto «G. Minuto» di Marina di Massa.
(5-04711)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE MARIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il comma 1-bis dell'articolo 80 del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito, con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, ha modificato i termini delle procedure previste dall'articolo 47, comma 2, della legge n. 428 del 1990 prevedendo che la durata dei termini previsti per la procedura di comunicazione degli obblighi d'informazione alle rappresentanze sindacali, a carico delle parti private che trattano il trasferimento d'azienda, e di esame congiunto delle informazioni trasmesse, in caso di mancato accordo, non possa avere durata inferiore ai 45 giorni. Tale norma, nel corso dell'esame alla Camera, è stata modificata ed è stato fissato al 17 agosto 2020 il termine entro il quale tale modifica potrà essere applicata;

   una disciplina transitoria collegata all'emergenza epidemiologica che ha avuto il merito di raccogliere le indicazioni dei sindacati e dei lavoratori preoccupati in molti casi dal rischio di veder aggirate le regole sul licenziamento;

   il protrarsi dell'emergenza Coronavirus rischia di produrre ulteriori effetti negativi sull'insieme delle attività e del tessuto economico produttivo –:

   se si intenda porre rimedio alla eccezionalità della disposizione di cui al comma 1-bis dell'articolo 80 della legge 17 luglio 2020, n. 77, adottando iniziative per definire una norma specifica nel prossimo provvedimento utile al fine di prorogare i termini delle procedure in caso di trasferimento d'azienda al 31 dicembre 2020, data allo stato coincidente con quella del blocco dei licenziamenti.
(5-04730)

PARI OPPORTUNITÀ E FAMIGLIA

Interrogazione a risposta scritta:


   CIABURRO. — Al Ministro per le pari opportunità e la famiglia, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   come emerso a mezzo stampa, un ragazzo napoletano di 11 anni si sarebbe tolto la vita lasciando un biglietto, riportante le scuse nei confronti dei genitori e recante come la scelta compiuta fosse legata ad una non ben definita necessità di seguire «l'uomo con il cappuccio nero»;

   tutti i contenuti del biglietto lasciato ai genitori hanno condotto la procura di Napoli ad indagare con l'ipotesi di istigazione al suicidio;

   le modalità con cui il fatto ha avuto luogo riconducono a «catene del suicidio», come il già noto fenomeno Blue Whale, che, tramite messaggi anonimi su svariati social network (Facebook, Instagram, TikTok, Twitter ed altri), così come su forum e altri siti online, «sfidano» le inconsapevoli vittime, quasi sempre giovanissime di età compresa tra i 10 ed i 16 anni, a compiere una crescente sequenza di atti di autolesionismo, culminanti con il suicidio;

   al momento del fatto, molte vittime di questa pratica non paiono peraltro riportare alcun segno di disagio, impedendo a molte famiglie di scorgere il pericolo;

   sempre in base a quanto riportato a mezzo stampa, la polizia postale aveva messo in guardia sulla possibilità che adolescenti e bambini potessero venire coinvolti in questo genere di catene «social» eppure – data la pervasività del fenomeno – è richiesto un intervento più incisivo a tutela delle famiglie e dei giovani, bersaglio di queste pratiche –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative di competenza intendano intraprendere per:

    a) riformare la polizia postale, incrementandone le risorse umane e strumentali e permettendo alla stessa di intervenire in modo tempestivo ed idoneo;

    b) prevedere nuove iniziative volte a sensibilizzare i giovani e le famiglie rispetto al fenomeno di cui in premessa.
(4-07011)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta immediata:


   GADDA, SCOMA, MORETTO, MARCO DI MAIO, PAITA, FREGOLENT e D'ALESSANDRO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   con l'accordo raggiunto dal Vertice europeo del 21 luglio 2020 e le ingenti risorse che verranno stanziate si pongono le basi per il rilancio economico del Paese e il sostegno alle condizioni di fragilità che l'emergenza sanitaria ha acuito. In questo processo, il comparto agricolo, della pesca e della filiera agroalimentare rivestono un ruolo strategico dal punto di vista occupazionale, della coesione territoriale, della continuità degli approvvigionamenti e nel processo di transizione sostenibile e di innovazione digitale dell'intera economia;

   il contributo che il Ministero delle politiche agricole può determinare ha la potenzialità per diventare un modello di sviluppo coerente con le indicazioni che l'Europa ha stabilito per l'utilizzo delle risorse del Recovery Fund, la nuova politica agricola comune, la strategia «farm to fork» e il «green new deal» europeo;

   la sfida non più prorogabile riguarda la rigenerazione del sistema agricolo e alimentare attraverso il potenziamento delle politiche di filiera; il contrasto ai cambiamenti climatici e ai loro drammatici effetti, resi evidenti anche dagli ultimi accadimenti in Piemonte, Liguria e Lombardia; la strategia per le aree interne del Paese; il ricambio generazionale; l'innovazione tecnologica, di processo e nella ricerca; la tutela delle risorse non rinnovabili; gli investimenti in opere infrastrutturali materiali e immateriali;

   il settore primario, per il suo pieno sviluppo, ha necessità di investimenti sul fronte dell'ammodernamento dei mezzi di produzione, sulle reti e piattaforme logistiche, sul sistema della qualità e della tracciabilità;

   in questo quadro l'agricoltura ha quindi tutte le potenzialità per diventare volano di sviluppo economico, sociale e ambientale, con una strategia fortemente coerente con gli obiettivi posti a livello comunitario –:

   quali iniziative intenda adottare prioritariamente e quali interventi di programmazione siano allo studio per utilizzare al meglio le risorse che, nel settore dell'agricoltura, della pesca e della filiera agroalimentare, verranno messe a disposizione con il Recovery Fund.
(3-01794)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GALLINELLA, DEL SESTO, MAGLIONE e GALIZIA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   a breve il Parlamento sarà chiamato ad esprimere un parerete sul Recovery Fund e valutare lo schema di relazione all'Assemblea «Sull'individuazione delle priorità nell'utilizzo del Recovery Fund», trasmesso dalla commissione Bilancio;

   tale schema di relazione si sofferma, preliminarmente, sulle iniziative dell'Unione europea per far fronte alla crisi economica e sociale determinata dalla pandemia provocata dal COVID-19; un pacchetto di proposte che associ il futuro Quadro finanziario pluriennale (QFP) con uno specifico impegno per la ripresa nell'ambito dello strumento Next Generation EU (NGEU);

   nel corso dell'audizione in commissione agricoltura, il Ministro interrogato ha elencato alcuni progetti elaborati dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, tra i quali la realizzazione del parco AgriSolare, l'ammodernamento degli impianti di molitura delle olive, il rafforzamento dei contratti di filiera e di distretto del settore agricolo e della pesca, il rafforzamento dei contratti di filiera per i prodotti ittici, la digitalizzazione del Sian, il miglioramento irriguo;

   il potenziamento del Servizio fitosanitario nazionale, la realizzazione di un progetto per la gestione forestale sostenibile, lo sviluppo di un efficiente sistema logistico per la filiera ittica, l'ammodernamento del parco macchine agricolo, la digitalizzazione delle imprese agricole insieme allo sviluppo dell'agricoltura di precisione;

   altri Ministeri hanno già individuato alcune delle priorità specifiche da inserire nella relazione in rapporto a ciascun settore, presentandole a Palazzo Chigi;

   lunedì 28 settembre 2020, durante la cerimonia del centenario di Confagricoltura, il Presidente del Consiglio dei ministri è intervenuto proprio su questo tema, sottolineando come il settore agricolo sia l'unico che continua a crescere, sia uno dei settori più dinamici, e ha dimostrato la sua importanza anche durante l'emergenza che si sta affrontando;

   nella stessa occasione, il Presidente Conte, ha anticipato il contenuto di un piano agricolo nazionale che avrà come obiettivo generale quello della crescita e del potenziamento del settore attraverso alcune direttrici: prevenzione e contrasto al dissesto idrogeologico e al consumo del suolo, funzionalità e resistenza delle foreste, utilizzo delle nuove tecnologie in agricoltura, incentivo per tecniche di agricoltura di precisione, creazione di poli tematici di ricerca nel settore agritech, promozione dell'efficienza energetica in agricoltura, garanzia di connettività digitale in tutto il territorio, sostegno alle esportazioni, lotta alla contraffazione e all'italian sounding, sostegno ad un sistema di etichettatura che valorizzi e non penalizzi i nostri prodotti –:

   alla luce di quanto esposto in premessa, se intenda chiarire quali siano, con maggiore dettaglio, i progetti del Governo per il sostegno e lo sviluppo del settore agricolo e della pesca da inserire nel piano di Recovery Fund, in modo da avere un confronto più efficace con il Parlamento, le parti sociali e come intenda portarlo avanti.
(5-04710)


   GASTALDI, VIVIANI, BUBISUTTI, CECCHETTI, GOLINELLI, LIUNI, LOLINI, LOSS, MANZATO e PATASSINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da organi di stampa che nei giorni scorsi il gruppo lattiero-caseario Italatte, leader a livello italiano, del gruppo Lactalis, uno dei principali attori sul mercato internazionale, ha inviato una comunicazione ai propri conferenti contenente le condizioni per la somministrazione del latte per l'anno 2021 e le modifiche da apportare alle clausole sancite per l'annata 2020;

   la comunicazione si è rivelata un brutto «colpo» per gli allevatori italiani, perché contiene condizioni che potrebbero interrompere il percorso di ripresa e la competitività del settore lattiero-caseario, avviato dopo l'abolizione del regime delle quote latte;

   a preoccupare maggiormente gli allevatori è la clausola in virtù della quale, dal 2021, si tiene conto dei volumi mensili di consegna da parte di ciascun produttore e, qualora si riscontri uno scostamento in aumento, sulla parte eccedente, l'azienda acquirente pratica una penalità di 6 centesimi di euro al litro;

   a settembre 2020 il benchmark è fissato a 36,5 centesimi per litro fino ad arrivare a 35 centesimi in dicembre, mentre a gennaio 2021 si parte da una base di 35,5 centesimi che vale per l'intera annualità. Applicando la clausola contenuta nella comunicazione di Italatte la parte di produzione eccedente rispetto al riferimento mensile 2020, sarà remunerata sotto la soglia dei 30 centesimi di euro per litro; un prezzo inaccettabile, perché non riesce a coprire neanche i costi di produzione e oltretutto in Italia da decenni non si era mai scesi sotto tale soglia;

   questo genere di clausola è diverso tempo in uso in Francia; per comprendere come questa comporti effetti negativi sulla produzione di latte, in base ai dati Eurostat, la Francia dal 2015, anno in cui è cessato il regime delle quote latte, ad oggi, ha avuto una riduzione della produzione di circa il 3 per cento di contro il nostro Paese, non applicandola, ha ottenuto un aumento del 7 per cento;

   la suddetta condizione, che prevede il confronto mensile tra il quantitativo di base relativo all'anno 2020 e il volume effettivamente consegnato, scarica sulle spalle dell'allevatore l'onere degli interventi di regolazione del mercato e porta alla singolare situazione che il produttore subisce la penalità, anche quando nel 2021 produca meno del 2020, perché non conta il dato annuale complessivo, ma quello riferito alla singola mensilità;

   Italatte intende applicare il dispositivo della correzione rispetto al 2020 solo nei mesi di gennaio, febbraio, marzo, aprile, novembre e dicembre che, evidentemente, sono quelli a maggiore rischio di eccesso produttivo, tenendo conto del duplice fenomeno della stagionalità dei consumi e della produzione di materia prima;

   ulteriore preoccupazione che affligge gli allevatori è che la clausola di correzione del prezzo potrebbe presto essere attuata anche da altre imprese di trasformazione che operano in Italia, mortificando lo spirito imprenditoriale e la crescita della zootecnia da latte italiana;

   il produttore agricolo è l'anello debole della filiera, nonostante sia a livello europeo che nazionale si stia cercando di riequilibrare il potere contrattuale di queste multinazionali che hanno un forte potere di mercato. La singolare clausola, se applicata, è una ulteriore lampante dimostrazione di questo sbilanciamento contrattuale;

   il contratto di somministrazione proposto agli allevatori da Italatte prevede una seconda condizione che va anch'essa ad influire pesantemente sul prezzo conferito agli allevatori, ovvero l'allevamento deve essere conforme alle regole sul benessere degli animali, in mancanza delle quali vengono applicate ulteriori penalità sul prezzo del latte, fino ad arrivare addirittura alla risoluzione contrattuale –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda mettere in atto per tutelare i produttori italiani di latte dalle condizioni di Italatte che si possono definire, ad avviso degli interroganti, oltremodo vessatorie.
(5-04715)


   VIVIANI, BUBISUTTI, CECCHETTI, GASTALDI, GOLINELLI, LIUNI, LOLINI, LOSS, MANZATO e PATASSINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:

   Mazara del Vallo vanta la marineria più grande d'Italia, la seconda in Europa; è il fiore all'occhiello per la pesca nel Mediterraneo del crostaceo più ricercato e pregiato del Mediterraneo, il gambero rosso;

   ad oggi, sono rimasti solamente circa 80 pescherecci, dotati di tecnologia avanzata e specializzati nella pesca di altura di questo crostaceo; la flotta impiega circa 600 addetti cui se ne aggiungono 2.500 nell'indotto;

   questo prezioso crostaceo viene pescato nella zona a sud di Mazara, nei pressi di Lampedusa, Malta, a sud di Pantelleria, o ad est tra Cipro e la Turchia e sono poche le imbarcazioni che riescono a spingersi verso la Tunisia e la Libia;

   a portare le barche italiane sempre più al largo per pescare è il crollo del prezzo del gambero rosso per le difficoltà di mercato, con i prezzi bassi e la forte riduzione della domanda nei canali della distribuzione tradizionale;

   dopo tutte le difficoltà che la Marineria di Mazara ha dovuto affrontare per l'emergenza sanitaria, si vanno ad aggiungere quelle del rischio dei tentativi di sequestro da parte delle motovedette libiche;

   è quanto è accaduto circa un mese fa a due pescherecci italiani intercettati e fermati dalle autorità marittime libiche; sequestro scaturito dalla presunta violazione della zona di pesca protetta (Zpp) che la Libia rivendica unilateralmente come proprie acque territoriali ma che – da sempre – rappresenta territorio di pesca ineludibile per le imbarcazioni provenienti da Mazara del Vallo;

   questa vicenda arreca oltre ad una forte preoccupazione alle famiglie, per l'assenza di una adeguata comunicazione con i sequestrati e notizie sulle loro condizioni, anche un pesante danno economico per gli armatori siciliani;

   è inaccettabile che i nostri pescatori che conoscono bene il mare e non lo temono, debbano invece temere per la propria incolumità per altri motivi che non siano quelli prettamente legati al proprio lavoro; la vicenda preoccupa i pescatori e ostacola le attività in mare di tante famiglie in un momento in cui le uscite sono, peraltro, molto contenute dal fermo pesca scattato in Sicilia dal 1° settembre 2020 –:

   alla luce dei fatti esposti in premessa, quali iniziative intenda adottare il Governo, anche a livello europeo, per stipulare accordi con i Paesi terzi a tutela degli operatori del settore ittico, in particolare di Mazara del Vallo, per garantire loro l'incolumità e la redditività delle loro attività e per porre fine alle ripetute aggressioni subite dai pescatori italiani.
(5-04729)

SALUTE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:

   nel corso del mese di settembre 2020 in Germania è stato riscontrato un focolaio di peste suina africana; in particolare, il 23 settembre 2020 il Governo tedesco ha annunciato ulteriori 20 casi di peste suina (Psa) che seguono al primo caso rilevato su un cinghiale nel Brandeburgo. Stando a quanto dichiarato dagli scienziati del Friedrich-Loeffler-Institut questo sarebbe solo l'inizio di un'epidemia in corso, tenuto conto che negli ultimi giorni sono stati trovati altri 8 casi, uno dei quali è stato un cinghiale ucciso da un cacciatore nei pressi del comune di Neuzelle, nel distretto di Oder-Spree. Questi ritrovamenti evidenziano come questa epidemia si sta spostando pericolosamente. Da venerdì 11 settembre 2020 la Corea del Sud ha deciso di vietare le importazioni di carne suina tedesca e successivamente i divieti si sono allargati alla Cina, Giappone, Corea del Sud, Filippine e Brasile. Nonostante la Germania abbia immediatamente attivato un team di gestione della crisi, 20 campioni hanno confermato l'infezione, e ad oggi è impossibile stimare quanti animali infetti ci siano e quanto sia estesa la malattia. Se il virus raggiungesse gli allevamenti industriali del Paese, l'intero mercato europeo potrebbe essere colpito. Il morbo della Psa è presente in Europa da diversi decenni e in Italia dal 1978, con interessamento esclusivo della regione Sardegna che da oltre 40 anni è sottoposta ad una significativa restrizione relativa alla commercializzazione delle carni suine. Infatti, già da tempo la regione Sardegna è impegnata alacremente nell'eradicazione del morbo della Psa e in particolare negli ultimi anni, grazie anche all'istituzione di una unità di progetto, si è riusciti, con azioni mirate, a ridurre sensibilmente i casi di Psa tanto che si potrebbe anche affermare che oggi la Psa in Sardegna è stata debellata. Ma con riguardo ai casi riscontrati ultimamente in nord Europa, giova evidenziare che la Sardegna attualmente importa sia animali vivi che carni dalla Germania e l'arrivo di una nuova contaminazione veicolata anche attraverso questi suini sarebbe un colpo letale per la suinicoltura sarda, già alle prese con difficoltà economiche e che proprio in questi giorni chiedeva a gran voce lo sblocco della movimentazione e la revoca delle restrizioni commerciali. Dopo decenni di contrasto finalmente gli allevatori vedono uno spiraglio sulla fine delle restrizioni alla commercializzazione. Pertanto, dovrebbe essere prioritario attivare tutti i protocolli necessari affinché l'introduzione di materiale infetto possa riportare la Sardegna alle stesse condizioni del 1978. La recente pandemia di Covid-19 ha mostrato come la Sardegna sia particolarmente sensibile rispetto ad altre ai contagi esterni, visto il suo isolamento geografico –:

   quali iniziative il Governo abbia intenzione di adottare in ordine all'importazione in Italia e, in particolare, in Sardegna di carni suine provenienti dalla Germania, ovvero se sia in programma l'adozione di misure restrittive contro l'importazione delle carni vive e/o morte di suini prevenienti dalla Germania; se sia intenzione del Governo, attesi gli effetti che i nuovi focolai di Psa in Germania hanno avuto sul mercato internazionale delle carni suinicole, nonché i conseguenti blocchi commerciali imposti dai Paesi terzi, di adottare iniziative per la eliminazione delle restrizioni commerciali imposte alla Sardegna, considerata la completa eradicazione del morbo dall'isola, a fine di coprire il vuoto creatosi nel mercato suinicolo europeo a causa dei focolai tedeschi di Psa.
(2-00953) «Alberto Manca, Cillis, Cadeddu, Del Sesto, Scanu, Perantoni, Deiana, Maglione».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CARNEVALI, MARTINA, QUARTAPELLE PROCOPIO, FIANO e FRAGOMELI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   secondo la circolare del Ministero della salute «Prevenzione e controllo dell'influenza: raccomandazioni per la stagione 2020-2021» durante i mesi autunnali e invernali «non è esclusa una co-circolazione di virus influenzali e SARS-CoV-2, pertanto, si rende necessario ribadire l'importanza della vaccinazione antinfluenzale, in particolare nei soggetti ad alto rischio di tutte le età, per semplificare la diagnosi e la gestione dei casi sospetti, dati i sintomi simili tra COVID-19 e influenza»;

   inoltre, vista l'attuale situazione epidemiologica relativa alla circolazione di SARS-CoV-2, il documento raccomanda non solo di «anticipare la conduzione delle campagne di vaccinazione antinfluenzale a partire dall'inizio di ottobre e offrire la vaccinazione ai soggetti eleggibili in qualsiasi momento della stagione influenzale, anche se si presentano in ritardo per la vaccinazione», ma oltre alla popolazione con patologie croniche e agli over 65, il vaccino antinfluenzale è raccomandato ai bambini di età da 6 mesi a 6 anni e a tutti i soggetti a partire dai 60 anni;

   in particolare, quindi, seguendo le indicazioni del Ministero della salute riguardo al target della popolazione fortemente raccomandata, si stima che in Lombardia sia quasi di 3,450 milioni il totale della popolazione compresa tra i 6 mesi e 6 anni e la popolazione over 60enne, alla quale va aggiunta quella riferibile al personale sanitario e coloro che garantiscono i servizi essenziali;

   a fronte di tale numero di persone da vaccinare, la regione Lombardia, secondo la fondazione Gimbe che ha condotto un'analisi indipendente con l'obiettivo di mappare le scorte regionali di vaccino antinfluenzale valutando la potenziale copertura per le categorie a rischio e la disponibilità di dosi per la popolazione generale, ha attualmente a disposizioni solo poco meno 2,3 milioni di dosi (precisamente 2.282.465 di dosi);

   anche ultima gara d'appalto indetta il 7 settembre 2020, rettificata l'11 settembre e chiusa il 25 settembre per circa 1,5 milioni di dosi di vaccino, come riporta il quotidiano il «Corriere della Sera» lunedì 5 ottobre 2020, secondo l'esame dei documenti forniti da Aria, l'Azienda regionale per l'innovazione e gli acquisti, non è stata aggiudicata per inappropriatezza dell'offerta;

   la Lombardia, quindi, attualmente dispone di solo 2,3 milioni di dosi di vaccino che risultano ampiamente insufficienti per rispondere alle esigenze di tutta la popolazione «fortemente raccomandata» al vaccino;

   inoltre, attualmente non è ancora stato formalizzato l'inizio della campagna vaccinale e da notizie di stampa l'assessore Gallera afferma che il 15 ottobre 2020 potrebbe essere la data di inizio per la popolazione «fragile», senza indicare se questa ipotetica data comprenda anche gli over 60 anni, né la data di consegna ai medici di medicina generale delle dosi per questo target con il rischio di posticipare di quasi un mese rispetto alle indicazioni ministeriali;

   lo scorso anno, regione Lombardia (dai dati Epicentro, Influnet Ministero della salute), ha ottenuto una copertura del 49,9 per cento, con un target di popolazione inferiore a quella prevista attualmente;

   non si fa menzione della vaccinazione antipneumococcica, consigliata ai più anziani per prevenire malattie respiratorie –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e se non ritenga alla luce di questi, dato anche l'aumento del numero dei contagi e considerati gli ulteriori rischi di co-circolazione del virus Sars-coV-2 e degli altri virus menzionati, di adottare urgentemente iniziative, per quanto di competenza e in sinergia con la regione affinché anche all'interno del territorio lombardo la campagna vaccinale possa partire al più presto, garantendo la copertura di tutta la popolazione target prevista dalla circolare ministeriale.
(5-04709)


   ZIELLO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   indubbiamente l'attuale gestione dell'emergenza dovuta al Covid con riferimento alla Scuola necessita, secondo l'interrogante, di una urgente rivisitazione: la scelta di molti istituti, dinanzi ad un caso di alunno contagiato, di imporre ai compagni, oltre alla quarantena, anche il doppio tampone prima del rientro in classe aumenta il rischio di svuotamento delle scuole e crea difficoltà a genitori lavoratori e lavoratrici, nonché a fratelli e sorelle a loro volta alunni di altri istituti, in una interminabile catena condotta in maniera arbitraria da istituto ad istituto;

   una valida alternativa all'isolamento di massa e ai tempi lunghi per effettuare e ricevere i risultati sembrano essere i test rapidi che il presidente della regione Zaia ha già previsto in Veneto:

   una tale richiesta anche per la Toscana arriva da un gruppo Facebook di genitori, oltre 1.000 iscritti, formatosi subito dopo la chiusura della primaria Biagi e della materna Beltrami a Pisa, con l'intento «di sollecitare l'introduzione nelle scuole dei test cosiddetti rapidi, ossia i test antigenici in grado di assicurare una diagnosi accelerata di casi Covid-19»;

   a parere dell'interrogante, quella dei test antigenici rapidi, che sono meno invasivi, dovrebbe essere una strategia da attuare in tutte le scuole d'Italia;

   trattasi di test «point on care»: i test si eseguono sul posto e vengono processati da un piccolo macchinario portatile in pochi minuti: in Toscana, invece, gli antigenici si processano in laboratorio, il che, per quanto velocemente, impiega circa tre ore dal momento del prelievo a quello del referto –:

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per estendere in tutte le regioni i test rapidi sul modello veneto, al fine di evitare un probabile inutile isolamento fiduciario di intere classi e consentire, con l'esito negativo del test, la permanenza a scuola (a garanzia del diritto allo studio) e la prosecuzione delle lezioni.
(5-04714)


   GEMMATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   secondo fonti di stampa, sembrerebbe che un cittadino residente a Bari abbia riscontrato gravi disfunzioni nel meccanismo della distribuzione diretta dei farmaci per il tramite delle strutture sanitarie pubbliche;

   il cittadino avrebbe comunicato alla stampa di essersi recato, in data 29 settembre 2020, così come previsto da prenotazione rilasciata dalla struttura sanitaria, presso la struttura sanitaria della Asl di Bari per il ritiro del farmaco antitumorale Tagrisso 80 mg, urgentemente necessario ad una congiunta per le relative cure. Al suo arrivo avrebbe trovato la struttura sanitaria «chiusa per inventario» dal 29 settembre al 1° ottobre 2020 e senza aver mai ricevuto alcun preavviso;

   in data 2 ottobre 2020, il cittadino sarebbe ritornato alla struttura sanitaria della Asl per prendere il farmaco. Dopo aver sostenuto una fila di 4 ore il farmacista gli avrebbe riferito che il farmaco non era ancora disponibile;

   appare evidente, ancora una volta, che il meccanismo della cosiddetta «distribuzione diretta» del farmaco per il tramite delle strutture sanitarie pubbliche comporta, da un lato, un presunto vantaggio riferito al minor costo a carico del bilancio dello Stato per l'approvvigionamento e per la distribuzione del farmaco agli assistiti, e dall'altro una serie di svantaggi economici sia per gli assistiti che per il bilancio dello Stato, e svantaggi per i cittadini sia sotto il profilo sanitario che sociale;

   sotto il profilo economico, infatti, le strutture pubbliche sostengono notevoli costi sommersi, che sostanzialmente annullano il presunto risparmio, come quelli afferenti alla gestione delle gare e del magazzino, ai farmaci scaduti, ai continui furti milionari di medicinali e agli sprechi di medicinali dovuti a dispensazione eccessiva (infatti, a volte, i pazienti muoiono o cambiano terapia), al personale dedicato nonché costi fissi di varia natura;

   dal punto di vista sociale ed economico le cronache evidenziano da anni continui e pesanti disagi per i malati e i loro familiari, costretti ad affrontare lunghe file e molto spesso gravosi e onerosi spostamenti per ottenere medicinali che potrebbero più facilmente ritirare in una farmacia poco distante dalla propria abitazione senza sostenere lunghe attese e senza correre il rischio di non trovare il farmaco richiesto così come accaduto nel caso citato in premessa;

   sotto il profilo sanitario, invece, l'impossibilità da parte delle strutture pubbliche di seguire adeguatamente i pazienti nel corso delle loro terapie farmacologiche determina, tra le tante, problematiche di compliance che causano l'aggravamento della patologia, la necessità di costosi ricoveri ospedalieri e cure più invasive e onerose rispetto all'assunzione di farmaci. Tutto ciò provoca aumenti di costi a carico dei pazienti ma soprattutto dello Stato;

   appare evidente, invece, che la distribuzione dei farmaci per il tramite delle farmacie private convenzionate con il servizio sanitario nazionale in regime di «distribuzione per conto», così come disposto dall'articolo 27-bis del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, che prevede nel corso dell'emergenza sanitaria in atto la facoltà per le regioni di adottare questo sistema, sia in molti casi più funzionale a dare risposte efficaci alle esigenze dei pazienti;

   la validità della «distribuzione per conto», peraltro, risulta anche da elementi contenuti nel recente studio condotto dal centro di ricerca in Economia sanitaria e farmacoeconomia S.a.v.e. pubblicato su un articolo scientifico su Clinico Economics –:

   se i fatti esposti in premessa e relativi alla mancanza di farmaci antitumorali nella struttura sanitaria della Asl di Bari corrispondano al vero;

   quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di garantire il servizio di assistenza farmaceutica nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza, ovvero la puntuale erogazione dei medicinali attraverso tutte le strutture sanitarie pubbliche, scongiurando eventuali e future disfunzioni e conseguenti gravi problemi ai pazienti;

   se intenda fornire dati utili a valutare lo stato di attuazione della legge 16 novembre 2001, n. 405, con particolare riferimento ai meccanismi della «distribuzione diretta e della distribuzione per conto» del farmaco, e tali da poter verificare l'efficacia, l'efficienza e l'economicità di questi processi e quindi dell'azione della pubblica amministrazione.
(5-04716)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CUNIAL. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   di recente è stato dato risalto, anche in sede parlamentare, al fatto che di fronte anche alle nuove tecniche di vaccinazione, il National Health Service vaccina i bambini da 2 a 8 anni con un sistema spray, e che questo vaccino spray, in Italia sarà comprato da regione Lombardia;

   il 28 agosto 2020, l'assessore al welfare della regione Lombardia aveva dichiarato di aver acquistato «2,4 milioni di vaccini, ovvero l'80 per cento in più dello scorso anno» e che «per i bambini fino ai 6 anni somministrano un nuovissimo vaccino spray che, a suo dire, in altre parti del mondo viene utilizzato con ottimi risultati»;

   il vaccino spray si replica localmente nel tratto respiratorio superiore, dando luogo a una lieve infezione subclinica auto-limitante che non si estende al tratto respiratorio inferiore;

   il farmaco in questione è quello commercializzato da AstraZeneca e prodotto da MedImmune, società del gruppo, dal nome: Flumist-quadrivalent in America e Fluenz-tetra in Europa;

   il Center for Disease Control and Prevention (Cdc) aveva sconsigliato la raccomandazione d'uso del suddetto vaccino, per le stagioni 2016-17 e 2017-18, a causa della sua ridotta efficacia, scesa fino al 3 per cento nella stagione 2015-16. Dalla stagione 2017-2018, il Cdc ha di nuovo raccomandato il farmaco, ma a causa dell'uso limitato, non ha stime di efficacia per la stagione influenzale 2018-2019. Per il Cdc gli effetti collaterali noti del vaccino sono gli stessi sintomi para-influenzali. Alcune persone sono svenute durante la vaccinazione, altre, raramente, hanno avuto casi di reazioni allergiche. Il Cdc suggerisce a «le persone che pensano di essere state ferite da un vaccino antinfluenzale possono presentare un reclamo al National Vaccine Injury Compensation Program (VICP)»;

   lo studio, finanziato da AstraZeneca, sul tema «Sicurezza del vaccino antinfluenzale intranasale quadrivalente vivo attenuato (QLAIV) nei bambini e negli adolescenti: uno studio di coorte prospettico pilota in Inghilterra» ha documentato 650 reazioni avverse in 237 partecipanti, su una corte di 385 bambini di diversa età, tra cui: alta temperatura (cioè >38,0° C), sensazione generale di malessere (malessere), mal di testa, dolore muscolare o dolore alle articolazioni, tosse;

   lo studio: «Differenze nelle risposte dell'immunoglobulina nasale A ai ceppi del vaccino influenzale dopo l'immunizzazione del vaccino influenzale attenuato vivo (LAIV) nei bambini» (17), condotto durante la stagione influenzale 2015-2016 in America, ha dimostrato come il vaccino non abbia portato cambiamenti nella risposta a H1N1, avendo una efficacia del 41,5 per cento;

   lo studio del progetto della Unione europea Drive: «Efficacia del vaccino contro l'influenza confermata in laboratorio in Europa – Risultati della rete Drive durante la stagione 2018/19» rileva come l'efficacia del vaccino per Fluenz Tetra è del 36 per cento e che la stagione influenzale 2018/19 in Europa sia stata caratterizzata da una co-circolazione variabile di A (H1N1) pdm09 e A (H3N2) e da poca o nessuna circolazione dei virus dell'influenza B;

   lo studio finanziato dall'università di Warwick: «Il vaccino antinfluenzale attenuato vivo contiene quantità sostanziali e inaspettate di RNA genomico virale difettoso» ha dimostrato che le preparazioni Fluenz Tetra contengono quantità sostanziali di putativi RNA virali con interferenze difettose che abbassano l'efficacia di Fluenz/FluMist attraverso la riduzione del carico di virus prodotto nel tratto respiratorio superiore e quindi la sua capacità immunizzante –:

   di quali informazioni disponga il Governo in merito al farmaco di cui in premessa;

   se non ritenga che le reazioni avverse del vaccino possano creare ulteriore confusione nei medici nel diagnosticare il Covid-19, e che questi siano maggiori dei benefici;

   se non ritenga di dover adottare iniziative, per quanto di competenza, al fine di chiarire con la regione Lombardia, il fondamento dell'orientamento assunto, considerata in particolare, per quanto consta all'interrogante, l'assenza di dati indipendenti sulla sicurezza del vaccino.
(4-07021)


   AMITRANO, IANARO e DEL SESTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nel 2019, i vaccini anti-influenzali distribuiti dalle farmacie erano ben 900 mila e quest'anno, con l'emergenza sanitaria da COVID-19, la richiesta sarà maggiore poiché se i casi da Coronavirus e le normali patologie stagionali si accavalleranno, la pressione sul sistema sanitario potrebbe diventare insostenibile;

   l'emergenza COVID-19 in corso, ha spinto le regioni a lanciare una massiccia campagna anticipata di un mese e con numeri mai raggiunti in passato, di fatto però sottraendo le dosi dal libero mercato col rischio fondato che chi non ha diritto all'immunizzazione gratuita, abbia difficoltà a trovare il vaccino in farmacia;

   la dose gratis sarà assicurata a tutti gli over 60 e ai bambini sotto i 6 anni, alle persone a rischio immunodepressi, pazienti con altre patologie gravi, malati oncologici, ai sanitari, alle forze dell'ordine e a tutte le categorie essenziali;

   da notizie stampa si apprende che, sul fronte delle farmacie, c'è una forte preoccupazione sulla scarsità delle dosi per chi non rientra nelle fasce protette; in tutte le farmacie d'Italia arrivano migliaia di richieste per prenotare i vaccini a pagamento e i farmacisti non hanno la certezza di essere riforniti di dosi necessarie per la popolazione attiva, ossia qualunque cittadino non avente diritto;

   il Ministero della salute ha promosso la vaccinazione anti-influenzale come mezzo più efficace e sicuro per prevenire l'influenza e ridurne le complicanze;

   l'intera produzione è stata assorbita dalle regioni e molte di esse hanno aumentato le proprie scorte, ordinando un maggior numero di dosi in vista di una eventuale seconda ondata di epidemia da COVID-19, ma, a quanto si apprende, risulta che, a poche settimane dal via alla campagna vaccinale, potrebbero non esserci dosi a sufficienza per coloro che non rientrano nelle categorie a rischio ma che volessero vaccinarsi, acquistando il vaccino privatamente;

   la penalizzazione della distribuzione di adeguate quantità di vaccino nelle farmacie, renderebbe impossibile la vaccinazione dei cittadini che non rientrano nelle fasce a rischio e che provvedono privatamente, ogni anno ad acquistarlo in farmacia;

   recentemente, si è tenuta la Conferenza Stato-regioni e l'intesa raggiunta (14 settembre 2020), prevede per le regioni di aumentare la dotazione per le farmacie, una percentuale minima dell'1,5 per cento di vaccini, ossia circa 250.000 dosi, insufficienti a coprire la platea dei privati e pertanto, a fronte dell'emergenza pandemica in atto e, quindi, dell'esigenza di adottare le opportune e precauzionali misure, i cittadini non rientranti nelle categorie a cui spetta la vaccinazione gratuita, non avranno nessuna possibilità di reperire pur pagando, il vaccino antinfluenzale –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare ulteriori iniziative, per quanto di competenza, volte a favorire il reperimento nelle farmacie di dosi di vaccino anti-influenzale, al fine di garantire la vaccinazione ai cittadini non rientranti nelle fasce protette ma che ne fanno richiesta privatamente.
(4-07029)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   ZOFFILI, MACCANTI, TOMBOLATO, GIACOMETTI, CAPITANIO, MORELLI, FURGIUELE, ZORDAN e DONINA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come già segnalato nella interrogazione a risposta scritta n. 4-01338 del 10 ottobre 2018, nella interrogazione a risposta orale n. 3-00428 del 15 gennaio 2019, e nell'interrogazione a risposta orale n. 3-00618 del 19 marzo 2019, i cittadini della Sardegna continuano a lamentare dei gravi disservizi relativi al funzionamento delle reti telefoniche con particolare riferimento alla copertura della telefonia mobile, con alcune aree del tutto prive di segnale dove, peraltro, risulta impossibile contattare i numeri di emergenza come il primo firmatario del presente atto ha potuto verificare personalmente;

   in molte aree, soprattutto quelle interne, il segnale di telefonia mobile è presente, ma solo apparentemente oppure è completamente assente, persistendo di fatto l'impossibilità di stabilire un qualunque collegamento (voce o dati), financo con i servizi di emergenza –:

   se i Ministri interrogati intendano fornire una risposta urgente rispetto a quanto richiamato in premessa e quali iniziative intendano adottare, per quanto di competenza, per garantire il corretto funzionamento del segnale telefonico (voce e dati) in tutto il territorio sardo, anche per consentire il pieno accesso dei cittadini sardi ai numeri telefonici di emergenza.
(3-01801)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

X Commissione:


   BENAMATI, BONOMO, GAVINO MANCA, NARDI, SOVERINI e ZARDINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il comparto dell'auto nel 2019 ha fatturato circa 93 miliardi di euro, pari al 5,6 per cento del prodotto interno lordo, con 5.700 imprese e 250 mila occupati, il 7 per cento dell'intera forza lavoro dell'industria manifatturiera italiana;

   nei primi 8 mesi del 2020, a causa dell'emergenza sanitaria in corso, il crollo del mercato dell'auto è stato pesantissimo con un calo del 38,9 per cento delle immatricolazioni (809.655 unità contro 1.325.704), registrando un consuntivo di 516.000 unità in meno;

   per far fronte alla crisi in atto Governo e Parlamento, con un'azione di politica industriale per il settore, hanno introdotto, con il decreto «Rilancio» una serie di incentivi per l'acquisto di auto nuove, riuscendo a coniugare i benefici risultanti dall'eliminazione di vetture circolanti altamente inquinanti, con il forte impulso all'acquisto di autovetture meno inquinanti;

   ad agosto 2020 in Italia sono state immatricolate 88.801 autovetture, con una variazione di -0,43 per cento rispetto al 2019, durante il quale ne furono immatricolate 89.184, mentre a settembre si registra il primo segno positivo del 2020: sono state 156.132 le immatricolazioni, il 9,5 per cento in più dello stesso mese del 2019;

   il risultato avrebbe potuto essere molto più rilevante se il rifinanziamento di ulteriori 400 milioni di euro effettuato con il decreto «Agosto» non fosse stato rigidamente contingentato in funzione delle emissioni di CO2 al chilometro raggruppate in 4 classi, con il risultato che i fondi risultano esauriti per alcune categorie di auto e in sovrabbondanza per altre: ad oggi risulta dal sito del Ministero dello sviluppo economico che, mentre le risorse per il 2020 sono di nuovo esaurite per la fascia da 91 a 110 g/km CO2, restano ancora disponibili per il 2020 quasi 300 milioni di euro, di cui probabilmente tanti in esubero, rientranti nelle altre fasce emissive incentivate;

   stante quanto esposto finora sarebbe opportuno prevedere la possibilità di travaso di risorse da una fascia emissiva all'altra o di prevedere un fondo unico, per evitare il rischio di rimanere a fine anno con parte dei fondi inutilizzati e che il plafond della fascia emissiva 91-110 g/km venga assolutamente rifinanziato –:

   quali iniziative intenda adottare con urgenza il Governo per continuare la politica di sostegno del settore e non rendere vani gli sforzi economici che lo Stato e le stesse case automobilistiche hanno fatto finora per sostenere il mercato.
(5-04723)


   SUT, ALEMANNO, BERARDINI, CARABETTA, CHIAZZESE, GIARRIZZO, MASI, PAPIRO, PAXIA, PERCONTI, SCANU e VALLASCAS. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'Unione europea è impegnata a raggiungere zero emissioni nette di CO2 entro il 2050 e con il Just Transition Fund, parte del Recovery Fund, ha stanziato risorse per favorire la decarbonizzazione del sistema produttivo e supportare nei prossimi anni la riconversione dei settori industriali a maggiori emissioni di anidride carbonica delle regioni Ue che più dipendono dai combustibili fossili;

   nel dettaglio, il Just Transition Fund concede sovvenzioni per sostenere i lavoratori, le piccole e medie imprese, le start-up impegnate a creare nuove opportunità economiche e gli investimenti in tecnologie verdi quali ad esempio l'idrogeno;

   il 25 settembre 2020 è stato firmato a Trieste, alla presenza del Ministro interrogato, un protocollo di intesa tra Snam, regione e società A2A per lo studio di progetti finalizzati all'utilizzo dell'idrogeno all'interno della strategia di transizione energetica;

   in particolare, in un'intervista rilasciata il 26 settembre 2020 a Il Piccolo dall'amministratore delegato della A2A – Renato Mazzoncini – l'intento è quello di sostituire le attuali produzioni di alcune centrali termoelettriche con idrogeno miscelato al metano (H2NG);

   per quanto invece riguarda la centrale di Monfalcone si prevede, già dal 2024, di partire con una centrale a ciclo combinato a gas della potenza 850 megawatt già pronta per funzionare a idrogeno con impianti a corollario (fotovoltaici o «compensatori sincroni») e la connessione alla rete del gas con un tubo lungo meno di 2 chilometri;

   le reti esistenti del gas, tuttavia, sono in grado di accogliere percentuali limitate di idrogeno: la tollerabilità nei gasdotti senza che vi siano upgrading o sostituzioni di sottosistemi è del 10 per cento e di 1/3, a pari pressione, dell'attuale capacità energetica di trasporto;

   la combustione combinata di idrogeno e metano (cosiddetto idrogeno grigio) avviene attraverso un processo di conversione termochimica chi produce meno emissioni di CO2, ma non le azzera;

   l'unico impianto al mondo di dimensioni industriali alimentato interamente a idrogeno è quello di Fusina (VE) di potenza pari a 16 megawatt (non paragonabile alla centrale di Monfalcone), un rendimento elettrico complessivo pari al 41,6 per cento e la mancata emissione di 17 mila tonnellate di CO2 –:

   cosa preveda il protocollo d'intesa citato in premessa ed, in particolare, quali siano fonti da cui viene prodotto l'idrogeno che verrebbe utilizzato nel relativo impianto.
(5-04724)


   FIORINI, ANDREUZZA, BINELLI, COLLA, GALLI, GUIDESI, PETTAZZI, PIASTRA e SALTAMARTINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il 18 settembre 2020 si è svolta al Ministero dello sviluppo economico la riunione plenaria della Goldoni di Migliarina di Carpi (Modena), azienda produttrice di macchine agricole che dal 2015 è controllata dalla multinazionale cinese Lovol e che a febbraio ha depositato al tribunale di Modena una domanda di concordato;

   durante l'incontro la società ha dichiarato che, nonostante abbiano investito per il rilancio dell'azienda, non sono stati conseguiti i risultati sperati e, quindi, si è optato per un concordato in bianco. I vertici hanno dichiarato, in particolare, che l'azienda ha cercato una soluzione di rilancio attraverso la ricerca di un investitore, ma non sono arrivate proposte adeguate;

   purtroppo, queste risposte non danno alcuna certezza sul destino della Goldoni e la scelta del concordato in bianco potrebbe comunque determinarne la futura chiusura; anche per questo motivo i 220 dipendenti Goldoni, i 70 della Arbos e molti dei 400 lavoratori dell'indotto sono in presidio permanente davanti ai cancelli dell'azienda;

   le istituzioni locali avevano anche invitato la società a non procedere con atti unilaterali prima della convocazione del tavolo ministeriale, ma tale richiesta è stata disattesa;

   in tribunale a Modena si è tenuto un incontro interlocutorio e tecnico ed è previsto un nuovo aggiornamento in base ai documenti che sono stati presentati per riconvocare le parti o valutare il piano concordatario sugli elementi acquisiti;

   l'intento della proprietà pare, dunque, quello di disinvestire e svuotare gli asset aziendali di capacità produttive e di rapporti commerciali con un'inevitabile dispersione di maestranze qualificate. In questi ultimi anni, infatti, la multinazionale cinese Lovol ha chiuso la rete commerciale sia in Italia che in Europa, spostandola in Cina, ha fermato la produzione da un anno e ha bloccato 130 trattori in linea di produzione; il 30 settembre 2020 era stata peraltro fissata, a quanto consta agli interroganti, la nuova riunione plenaria al Ministero dello sviluppo economico, ma, senza renderne note le cause, tale riunione veniva sconvocata –:

   se e quali iniziative urgenti di competenza si intendano assumere per verificare e valutare quella che sembra una delocalizzazione della Goldoni, con la conseguente perdita di un know how importantissimo a livello non solo locale ma anche nazionale e soprattutto di un marchio storico che da sempre rappresenta una eccellenza del made in Italy.
(5-04725)


   MORETTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   è di un mese fa la notizia, inattesa per molti, dell'avvio della procedura di concordato preventivo da parte dell'azienda veneziana Slim Rolling (ex Alcoa) di Fusina che produce laminati in alluminio e occupa 280 lavoratori;

   il principale azionista, il Fondo tedesco Quantum partners, dopo due incontri con il Ministro dello sviluppo economico e uno con la regione del Veneto, non ha ancora presentato un piano industriale che espliciti come intende intervenire per ricapitalizzare l'ex Alcoa e rilanciare la produzione;

   l'accesso al concordato pare l'unica opzione disponibile per mettere in sicurezza il patrimonio della società e tutelare tutti i portatori di interessi ma il problema più immediato da risolvere è quello della mancanza di una liquidità di cassa che permetta, non solo di pagare lo stipendio arretrato ai lavoratori, ma anche i fornitori che rischiano altrimenti di essere coinvolti in una crisi territoriale ampia;

   ad oggi non è chiaro quale sia l'impegno finanziario che la proprietà intende mettere in campo per l'attuazione del rilancio dell'azienda, mentre ai lavoratori è stato richiesto un taglio dello stipendio e al Governo lo stanziamento di risorse pubbliche;

   nell'incontro del 3 settembre 2020, il Ministero ha palesato la propria disponibilità ad intervenire riconoscendo la strategicità dell'azienda in questione, impegnando il Governo ad elaborare forme di garanzia per l'accesso al credito senza escludere l'accesso al capitale di società operative del Ministero dello sviluppo economico, al fine di capitalizzare e riavviare l'impresa –:

   se il Ministro interrogato stia elaborando, per quanto di competenza, un piano di intervento finalizzato a risollevare l'azienda in questione, vista la strategicità della stessa e, in caso positivo, se intenda fornire una quantificazione e una tempistica degli aiuti finanziari che intende assicurare.
(5-04726)


   SQUERI, BARELLI, BALDINI e DELLA FRERA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'onda d'urto causata dall'emergenza sanitaria è stata enorme in particolare per le città turistiche e molte imprese si sono viste costrette a chiudere per sempre;

   a Roma un sondaggio realizzato per Confesercenti da Swg segnala che nel commercio-ristorazione, ci sono circa 90 mila imprese a rischio di chiusura già da questo autunno, anche al netto di nuovi lockdown. Secondo la Cna, a Roma sono a rischio 35 mila negozi e 100 mila posti di lavoro, dei quali 50 mila sarebbero già persi;

   a Firenze, il centro studi della Cgil stima una perdita di posti di lavoro tra i 70 mila e i 100 mila nel 2020, con conseguenze particolarmente dure per il commercio. L'associazione Ristoratori toscani afferma che, dei propri associati, entro marzo 2021 il 70 per cento sarà a casa:

   a Milano un'indagine di Confcommercio ha rivelato che il 30 per cento dei negozianti associati pensa che la propria attività potrebbe chiudere entro la fine del 2020;

   Confesercenti Campania parla di 20 mila saracinesche già chiuse. Altre 47 mila si avviano alla chiusura nei prossimi mesi;

   secondo l'Associazione Piazza San Marco, a Venezia, un'attività su 4, tra quelle associate, ha chiuso;

   in particolare, nelle tre città d'arte, Roma, Firenze e Venezia, le associazioni di settore puntano il dito contro i fitti commerciali, rimasti a livello pre-lockdown;

   il credito d'imposta per gli affitti non abitativi (mesi di marzo-giugno 2020, decreto-legge n. 34 del 2020, articolo 28) è riferito alle somme pagate e dev'essere utilizzato entro la dichiarazione dei redditi dell'anno in cui è maturato. Tali condizioni, assieme alla difficoltà di cessione al locatore o alle banche, ne rendono assai complesso l'utilizzo;

   anche i sostegni a fondo perduto (articolo 25 del decreto-legge n. 34 del 2020 e articolo 59 del decreto-legge n. 104 del 2020 per le sole attività commerciali nei centri storici) appaiono insufficienti a superare la crisi, in particolare a fronte dei rischi di un nuovo lockdown;

   non è ancora stata data attuazione al comma 2-bis dell'articolo 182 del decreto-legge n. 34 del 2020, sull'attribuzione di un codice Ateco alle attività commerciali nelle aree ad alta valenza turistica, che consentirebbe alle stesse di accedere ai sostegni specifici per il turismo –:

   quali ulteriori iniziative si intendano adottare a favore delle attività commerciali nelle aree ad alta valenza turistica e, in particolare, se non si ritenga opportuno adottare iniziative volte a favorire la ricontrattazione dei fitti commerciali, sulla falsariga di quanto previsto dall'articolo 216, commi 2 e 3, del decreto-legge n. 34 del 2020.
(5-04727)


   ZUCCONI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   per promuovere ed espandere l'accesso alla banda ultra larga in Italia, il Governo ha previsto l'introduzione di un sistema di voucher al fine di aiutare le famiglie a basso reddito e le aziende italiane a superare l'attuale divario digitale;

   la misura, che potrebbe interessare fino a 2,2 milioni di famiglie e 450 mila imprese in tutta Italia, è stata concepita come uno schema di voucher in due fasi: la prima volta a disciplinare gli incentivi per scuole e famiglie con Isee sotto i 20.000 euro annui; la seconda per imprese e famiglie con redditi Isee fino a 50.000 euro all'anno;

   ad esempio, le imprese che richiedono una connettività con banda ultra larga ad almeno 30 Mbps avranno diritto ad un voucher di 500 euro da usare per acquisti legati a tutte le tecnologie necessarie per implementare la rete, incluso il satellitare, mentre per quelle che richiederanno una connettività a 1 Gbps o più è previsto un contributo di 2000 euro;

   nella Gazzetta Ufficiale n. 243 del 1° ottobre 2020 è stato pubblicato il decreto del Ministero dello sviluppo economico, attuativo della cosiddetta fase 1, recante il piano voucher sulle famiglie a basso reddito il quale stabilisce che alle famiglie a basso reddito (Isee <20.000 euro) sia destinato un voucher di 500 euro che, oltre che per servizi di connettività, possa essere destinato anche ad elementi hardware, ossia i tablet o pc, purché forniti dal medesimo operatore che ha offerto il servizio;

   secondo quanto stabilito nel decreto, il Governo ha quindi ritenuto opportuno riservare il voucher per gli strumenti hardware unicamente agli operatori di telecomunicazioni, limitando la libera scelta del consumatore ed escludendo indebitamente la gran parte degli operatori economici attivi sul mercato della produzione, dell'importazione e della distribuzione di tali prodotti –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per revisionare questa scelta che potrebbe comportare gravi effetti in relazione alla concorrenza tra operatori e alla tutela del consumatore che verrebbe indebitamente limitato nella scelta, oltre ad essere potenzialmente posto, una volta cessato il voucher, in una potenziale condizione di sudditanza economica verso gli operatori fornitori di servizio e hardware.
(5-04728)

Interrogazione a risposta scritta:


   DEIDDA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   recentissimamente, la Società Eni Rewind – avuto riguardo alla sua controllata società, Società Ingegner Luigi Conti Vecchi, sita in Macchiareddu, comune di Assemini – ha comunicato, attraverso gli organi di stampa che, nonostante i significativi investimenti fatti nel recente passato per rilanciare le attività relative alla produzione del cloro soda, queste continuano a essere strutturalmente in perdita da molti anni. Di conseguenza, la società ha avviato un confronto preliminare con alcuni qualificati operatori del settore del cloro soda che hanno manifestato interesse a dare continuità alle produzioni del sito industriale di Assemini e presenteranno un valido piano industriale di sviluppo;

   la Ugl Chimici, prima sigla sindacale a segnalare la problematica, ha sottolineato la mancanza di garanzie in ordine al mantenimento dell'attuale livello occupazionale, sottolineando l'incertezza dei maggiori investimenti, peraltro auspicabili, tenuto conto del fatto che le produzioni del sito in esame, attraverso la rete di distributori locali, costituiscono un elemento fondamentale per l'attività di potabilizzazione delle acque pubbliche, garantendo sul medesimo territorio la disponibilità di prodotti certificati;

   nel biennio 2018/2019, l'Eni – pur avendo avviato, nel corso dell'anno, interlocuzioni con diversi operatori privati del settore, per discutere la cessione del ramo d'azienda «cloro soda» e «asset pontile» – ha realizzato un polo di produzione energetica fotovoltaica, autorizzato dalla regione, al fine di rendere sostenibile, nonché consolidare, le stesse produzioni;

   le sigle sindacali, Cgil, Cisl e Uil, hanno proclamato uno sciopero generale del polo petrolchimico di Porto Torres per il 22 ottobre 2020, chiedendo, contestualmente, la ripresa degli investimenti annunciati sulla chimica verde, in particolare, anche alla luce della sentenza del Tar Sardegna del 27 maggio 2020, con la quale l'Eni – con le sue società, prima Syndial e poi Eni Rewindil – è stata indicata quale soggetto responsabile del disastro ambientale dell'area industriale di Porto Torres;

   l'Eni, nel recente passato, ha assunto analoghe decisioni in merito ad altri poli industriali dislocati in Sardegna, salvaguardando, di contro, le produzioni esistenti nel resto della penisola italiana, manifestando, platealmente, di voler abbandonare il territorio regionale sardo, in un momento storico già di per sé complicato, per la tenuta generale dei livelli occupazionali;

   appare opportuno conoscere le reali intenzioni di Eni avuto riguardo degli impegni precedentemente assunti nell'ambito della regione Sardegna, anche al fine di pretenderne il rispetto –:

   se sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative intenda assumere al fine di salvaguardare gli attuali livelli occupazionali in Sardegna, scongiurando, conseguentemente, la chiusura di un'ulteriore stabilimento che è parte del tessuto industriale che, peraltro, potrebbe anche compromettere le opere di bonifica, connesse al progetto della chimica verde ed istituendo un tavolo di confronto con l'Eni per la verifica dei progetti produttivi in Sardegna, con la partecipazione della stessa regione, nonché delle maestranze locali.
(4-07025)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta orale Deidda e altri n. 3-01790, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 ottobre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Ciaburro.

  L'interrogazione a risposta scritta Varchi e altri n. 4-06977, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 ottobre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Maschio, Lucaselli, Ciaburro.

Ritiro di un documento
del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in commissione Zolezzi n. 5-04703 del 2 ottobre 2020.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in commissione Cenni n. 5-03031 del 31 ottobre 2019 in interrogazione a risposta scritta n. 4-07016.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Sut n. 4-06999 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 402 del 2 ottobre 2020. Alla pagina 15039, seconda colonna, alla riga ventiquattresima, deve leggersi «adempimento» e non «ampliamento», come stampato.