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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 24 giugno 2020

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:


   GAVA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   in queste ore, a quanto consta all'interrogante, numerosi importatori di dispositivi di protezione individuale stanno segnalando dei disguidi nello sdoganamento di mascherine tipo FFP1 provenienti dalla Cina;

   i vettori richiedono, infatti, un'autocertificazione basata sull'apposito format online della Agenzia delle dogane e dei monopoli, la quale, a notizia dell'interrogante, non sembra contemplare la mascherina FFP1;

   nello specifico, trattasi di un dispositivo del tutto simile nell'aspetto alla mascherina chirurgica e che in Cina viene certificato come DPI/PPE (ovvero personal protective equipment);

   al momento, le mascherine FFP1 non possono essere indicate come dispositivo chirurgico, poiché servirebbe una reciproca ed apposita certificazione di entrambi i Paesi, ma neppure come dispositivo di protezione individuale generico; il rischio, infatti, sarebbe quello di immettere sul mercato un prodotto senza alcuna etichetta chiara, distintiva e garantita del tipo «mascherina non dispositivo medico, né dispositivo di protezione individuale»;

   ad oggi la situazione viene superata grazie ad una serie di autocertificazioni degli importatori, i quali, però, si espongono astrattamente al potenziale rischio di blocchi nello sdoganamento e nella successiva distribuzione della merce –:

   se intendano adottare iniziative per una rapida integrazione della normativa al fine di risolvere la questione meramente burocratica di cui in premessa, soprattutto per evitare carenze di sussidi di protezione in un momento così delicato per la salute pubblica e caratterizzato da una fortissima concorrenza straniera nell'approvvigionamento dei pochi materiali disponibili.
(4-06122)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BALDINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 18 giugno 2020 con comunicato l'Istituto superiore di sanità (Iss) rendeva noti gli esiti di uno studio condotto sulle acque di scarico di Milano e Torino nei cui campioni sarebbero stati rivenuti elementi di Sars-Cov-2 già a dicembre 2019, due mesi prima che si palesasse il primo caso di Codogno;

   lo studio di cui in premessa sarebbe in via di pubblicazione e sarebbe stato realizzato attraverso l'analisi di acque di scarico raccolte precedentemente all'emergenza COVID-19 in Italia e farebbe riferimento ai campioni prelevati nei depuratori di centri urbani del nord Italia;

   gli esiti della ricerca, in ragione della rilevazione di tracce di virus in un periodo antecedente alla constatazione del primo contagio, rappresentano un dato significativo, non solo, al fine di mappare empiricamente la circolazione reale del virus sul territorio, ma anche perché possono rappresentare la premessa per avviare uno studio clinico ed epidemiologico correlato alla persistenza e alla propagazione virale, multidisciplinare, segnatamente nelle aree particolarmente colpite come la Val Seriana e in particolare Nembro e Alzano, dunque uno studio con connotazioni territoriali che possa condurre alla definizione di un presumibile binomio tra le particolari condizioni ambientali e sopravvivenza e capacità propagativa del virus;

   solleva qualche riflessione il fatto che i suddetti dati, sebbene risalenti a oltre 6 mesi fa, siano stati resi pubblici a due mesi esatti dalla divulgazione della notizia del ritrovamento di «tracce del COVID-19» in campioni idrici «non potabili» del comune di Parigi, in riferimento al quale l'Iss non ritenne opportuno palesare le informazioni complete dello studio, limitandosi a riferire di appena 8 campionature relative al solo periodo febbraio-marzo 2020;

   nel comunicato dell'Iss è stato anche sottolineato che sebbene «il ritrovamento del virus non implica automaticamente che le catene di trasmissione principali che hanno portato poi allo sviluppo dell'epidemia nel nostro Paese si siano originate proprio da questi primi casi, ma, in prospettiva, una rete di sorveglianza sul territorio può rivelarsi preziosa per controllare l'epidemia»; pertanto, tra le varie ipotesi all'origine della propagazione massiva a livello territoriale sussiste anche quella correlata alla sopravvivenza idrica del virus; quindi un anticipo della pubblicità dei dati, anche di due mesi, avrebbe rappresentato un valore aggiunto sul fronte della ricerca e della sorveglianza territoriale;

   sulla base dei citati dati, l'Iss avrebbe formulato una proposta di azione al Ministero della salute per l'avvio di una rete di sorveglianza su SARS-CoV-2 nelle acque reflue, ma al fine di rendere maggiormente fattiva e multilivello l'analisi della capacità di sopravvivenza e adattamento del virus, in particolare in specifiche aree del territorio, sarebbe prioritario correlare tale indagine alle caratteristiche peculiari del territorio medesimo da cui la propagazione ha avuto origine, al fine di comprendere la sussistenza di condizioni agevolanti e favorevoli alla sua sopravvivenza, come le condizioni climatiche, i livelli di inquinamento e la percentuale di umidità;

   in questa prospettiva sarebbe auspicabile condurre uno studio sulla qualità dell'acqua in zone piccole e circoscritte, come Nembro e Codogno, attraverso il coinvolgimento inderogabile di un gruppo di lavoro multidisciplinare;

   quanto sopra evidenziato solleva una questione complessa e meritevole di approfondimento nelle competenti sedi, in ragione della sussistenza virale nella rete idrica e della promiscuità tra reti che potrebbe innescare una potenzialità della propagazione virale ma anche e soprattutto della correlazione tra specificità territoriale e ambiente favorevole alla propagazione virale –:

   se, alla luce delle suesposte evidenze, non si ritenga opportuno correlare alle indagini in itinere, uno studio territoriale, clinico ed epidemiologico a carattere multidisciplinare, segnatamente nelle aree con massiva incidenza virale, nella prospettiva di approfondire la presumibile correlazione tra specificità territoriale e ambiente favorevole alla propagazione virale, elementi di indagine finora lasciati a latere dell'approfondimento scientifico.
(5-04221)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VII Commissione:


   PICCOLI NARDELLI, CIAMPI, DI GIORGI, ORFINI, PRESTIPINO e ROSSI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   l'Archivio centrale dello Stato è l'istituto archivistico depositario della memoria documentale dello Stato unitario, dotato di autonomia speciale, del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo ed afferisce alla direzione generale per gli archivi;

   l'Archivio conserva documentazione di fondamentale importanza per gli studi di storta contemporanea, garantendone la più ampia consultabilità al pubblico; esercita la sorveglianza sugli archivi in formazione degli organi centrali dello Stato; costituisce repository degli archivi digitali degli organi centrali dello Stato e degli atti di stato civile per l'intero territorio nazionale; istituisce corsi di formazione, promuove e organizza convegni, organizza mostre e svolge attività editoriale;

   a causa dell'insufficienza di spazio nei suoi depositi, l'Archivio non è più in grado di accogliere i nuovi versamenti di documentazione, compito che l'istituto è espressamente tenuto a svolgere ai sensi dell'articolo 41 del codice dei beni culturali e del paesaggio;

   i 160 chilometri di documentazione sono conservati nella sede centrale presso il piazzale degli Archivi all'Eur, nel deposito di Pomezia e in parte nel deposito di Oriolo Romano, in locali ormai del tutto saturi;

   la conseguenza della mancanza di spazi adeguati ormai determina l'impossibilità di nuovi versamenti da parte dei Ministeri;

   questa situazione si rivela esiziale per la ricerca storica; la documentazione che ancora attende di essere messa a disposizione degli storici e della cittadinanza ammonta a diverse decine di chilometri lineari. Si tratta di fonti potenzialmente di straordinaria importanza per la conoscenza della storia d'Italia, che rischiano di rimanere sottratte alla disponibilità dei ricercatori;

   come denunciano gli addetti ai lavori, alcuni Ministeri premono invano affinché vengano effettuati i versamenti, mentre altri tendono a istituire propri archivi storici per rispondere alle esigenze di studio dei ricercatori;

   si tratta di un grave problema, ben noto all'amministrazione archivistica, la cui sottovalutazione rischia di snaturare il ruolo strategico che la legge assegna all'Archivio centrale dello Stato e agli altri archivi di Stato –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di individuare spazi adeguati per l'Archivio centrale dello Stato, di garantire la praticabilità di nuovi versamenti e, possibilmente, di riaccorpare negli immobili prossimi alla sede dell'Eur la documentazione oggi depositata altrove, garantendo in questo modo le migliori condizioni per la conservazione del patrimonio documentale.
(5-04225)


   TOCCAFONDI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   gli articoli 10 e 12 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, «Codice dei beni culturali e del paesaggio» unitamente alla dichiarazione di interesse culturale di cui all'articolo 13 del medesimo decreto legislativo, stabiliscono dei vincoli normativi alle possibilità di intervenire con trasformazioni, ricostruzioni o parziali demolizioni su impianti sportivi che abbiano almeno 70 anni e il cui autore non sia più in vita, dal momento che, in tale caso, sopraggiunge un interesse storico e culturale dell'opera con relativi vincoli;

   il caso di cui sopra è rappresentato dallo stadio Artemio Franchi di Firenze;

   in passato sono stati posti in essere interventi tesi a facilitare le possibilità e i tempi degli ammodernamenti degli impianti sportivi, come quelli di cui ai commi 304 e 305 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, nota anche come «legge stadi», o le misure per le attività commerciali introdotte con il decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 convertito dalla legge 21 giugno 2017, n. 96;

   attualmente l'impianto in questione genera costi di gestione altissimi sia per la comunità – in quanto la proprietà è comunale – sia per la società sportiva che lo utilizza;

   la società sportiva, che propone investimenti privati consistenti sullo stadio, chiede un impianto moderno ed efficiente, che coniughi la tutela del patrimonio culturale allo sviluppo del territorio e alla creazione di nuove possibilità occupazionali, creando un contrasto con alcuni dei vincoli di cui sopra, non consentendo alla proprietà della società la trasformazione, la ricostruzione o la demolizione di alcune parti dell'impianto stesso;

   va considerata la necessità di mantenere la destinazione funzionale dell'impianto derivante dal concreto rischio di lasciarlo in stato di abbandono qualora fosse slegato dall'attività sportiva della società calcistica e visti gli elevati costi di manutenzione che continuerebbero a gravare sull'ente pubblico –:

   se il Ministro interrogato intenda intervenire, per quanto di competenza, per risolvere la situazione descritta in premessa e, in caso affermativo quali iniziative intenda intraprendere o siano già allo studio del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, per promuovere una modifica della disciplina normativa e dei vincoli imposti dalla stessa.
(5-04226)


   BELOTTI, BASINI, COLMELLERE, FOGLIANI, FURGIUELE, LATINI, PATELLI, RACCHELLA e SASSO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   a causa della pandemia di Covid-19 il settore degli eventi live è quello che per primo ha chiuso i battenti, con tantissimi concerti che sono stati cancellati o rinviati, in attesa di capire quale sarebbe stata la situazione estiva;

   stando ai vari decreti emergenziali approvati dal Governo, chi ha acquistato i biglietti di un concerto cancellato a causa del Coronavirus non sarà rimborsato dell'importo del biglietto, ma gli verrà inviato un voucher, appunto, un buono del valore del tagliando da utilizzare, entro 18 mesi, per concerti organizzati dallo stesso promoter;

   in caso di rinvio dell'evento, l'utente non otterrà neppure il voucher, ma dovrà adattarsi alla nuova data prevista per l'evento per cui si è pagato il biglietto;

   molti concerti sono stati rimandati a data da destinarsi e chi non potrà più andare potrà semplicemente cambiare il nominativo e cercare di rivendere il ticket sulle apposite piattaforme;

   le associazioni dei consumatori hanno denunciato l'illegittimità di tale procedura, oltre che l'inopportunità e il danno economico per gli spettatori, considerando anche la crisi economica che ha colpito le famiglie, che ad oggi non sempre possono permettersi di spendere centinaia di euro per un concerto e hanno diritto ad avere il rimborso;

   anche Paul Mc Cartney, in una nota ha duramente criticato il rimborso tramite voucher, visto che per due sui concerti in Italia, che avevano tagliandi in vendita a partire da 150 euro, i suoi fans si trovano costretti ad assistere a uno spettacolo di un altro artista, evidenziando che solo l'Italia ha adottato questa modalità;

   negli altri Paesi europei, gli spettacoli annullati vedono il rimborso del biglietto al netto dei diritti di prevendita o in alternativa la sostituzione con un voucher di pari importo se non addirittura maggiorato –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare al fine di risolvere la questione di cui in premessa tenendo presente la tutela del consumatore.
(5-04227)


   APREA, CASCIELLO, MARIN, PALMIERI, SACCANI JOTTI e VIETINA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   la sospensione degli eventi e delle manifestazioni culturali, delle attività cinematografiche, dello spettacolo da vivo nonché la chiusura di tutti i luoghi della cultura in conseguenza dello stato di emergenza da Covid-19 hanno messo in seria difficoltà il settore della cultura la cui sopravvivenza dipende direttamente dall'affluenza di pubblico;

   il 18 maggio 2020 hanno potuto riaprire i luoghi della cultura, mentre dal 15 giugno hanno riaperto le attività dello spettacolo e del cinema, ma, ciò nonostante, non tutti gli enti hanno riaperto, in quanto il rispetto delle disposizioni in materia di distanziamento non permette di coprire i costi delle produzioni, soprattutto per le strutture private;

   alcune forme di spettacolo, quali i concerti dal vivo, difficilmente possono essere fruiti nel rispetto delle norme sul distanziamento con forte nocumento per tutto il settore della musica;

   il lockdown, per molti operatori e artisti, rischia di diventare permanente, considerato che gli effetti sul settore e sulla possibilità dei cittadini di frequentare i luoghi della cultura e di fruire di contenuti culturali si dispiegheranno ancora a lungo;

   il Fondo unico per lo spettacolo (Fus) rappresenta il principale strumento di sostegno pubblico alte attività dello spettacolo, ma non tutti i soggetti che operano nel settore ricevono sovvenzioni a valere sul Fus;

   si aggiunga a questo che, in base alla normativa vigente, l'assegnazione delle risorse avviene su base triennale e, in relazione al progetto e alla rilevanza culturale della produzione; nell'erogazione dei contributi si assiste, soprattutto nel settore dello spettacolo dal vivo, al finanziamento non tanto del progetto quanto dei soggetti che, di fatto, sono sempre gli stessi;

   tutto il settore culturale, compreso quello dell'editoria libraria, risulta fortemente in crisi, ma la tenuta culturale di un Paese è fondamentale anche alla luce delle ricadute che questa dispiega sull'occupazione, sulla crescita economica, sulla coesione sociale e sul benessere della popolazione –:

   quali iniziative concrete e urgenti intenda adottare a sostegno dello spettacolo dal vivo e di altre forme di espressione artistica e culturale e dei lavoratori del settore che sono tra i meno garantiti da forme contrattuali stabili, anche prevedendo il riconoscimento di detrazioni per le spese culturali sostenute dai cittadini e l'estensione dell'«art bonus» a tutte le forme di espressione dello spettacolo, così da costruire un progetto di lungo periodo a sostegno del settore e di promuovere l'alfabetizzazione culturale e la diffusione della cultura con interventi nelle scuole e tra i cittadini.
(5-04228)


   MOLLICONE e FRASSINETTI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   la stagione estiva del Teatro dell'Opera di Roma sarà spostata dal consueto cartellone dalle Terme di Caracalla al Circo Massimo;

   lo spostamento rischia di pregiudicare l'identità di un luogo storico della lirica e comportare numerosi oneri a carico della finanza pubblica –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle iniziative in corso riguardo al Teatro dell'Opera di Roma e, in particolare, dei costi dell'operazione legata allo spostamento della sede.
(5-04229)


   DEL SESTO, VACCA, BELLA, CARBONARO, TUZI, VALENTE, GALLO, TESTAMENTO, CASA, MARIANI e MELICCHIO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   a Torà e Piccilli (Caserta), in località Foresta, il 4 agosto 2001 furono scoperte 56 orme fossili riferibili ad esemplari del genere Homo, considerate dagli scienziati come le più antiche del pianeta, essendo state datate radiometricamente a circa 350.000 anni fa;

   «Nature» – la più prestigiosa rivista scientifica del mondo – comunicò la scoperta il 13 marzo 2003; tale annuncio fece il giro del mondo in poche ore, facendo giungere sul sito, denominato «Ciampate del diavolo» (orme del diavolo), schiere di giornalisti, network televisivi e agenzie di stampa internazionali; nel corso delle numerose campagne di pulizia, nuove scoperte hanno arricchito la già enorme dotazione scientifica del sito paleontologico, con la consequenziale produzione di numerose pubblicazioni scientifiche nazionali e internazionali; difatti, ad oggi, si contano almeno 81 impronte umane di piedi, alternate ed allineate in almeno 4 piste, affiancate da orme fossili di paleofauna (orsi, elefanti, cavallini, ungulati); alle impronte dei piedi vanno aggiunte anche quelle fossili di altre parti anatomiche umane (mani, polpacci, caviglie, glutei);

   inoltre, è stato dimostrato che un sentiero che domina il pendio risulta essere il più antico in assoluto fra quelli finora noti nel mondo;

   tale contesto possiede, fino ad oggi, il carattere dell'unicità planetaria; inoltre, ha un enorme potenziale paleontologico legato alla possibilità di descrivere non solo la struttura di questi nostri antenati antichissimi, ma anche di fornire precise indicazioni sul loro comportamento;

   la più importante caratteristica, anch'essa un «unicum» mondiale, è l'ubicazione delle successioni di orme umane fossili su di una superficie fortemente inclinata, che rende possibili una serie di studi di carattere più propriamente paleontologico, paleoantropologico e biomeccanico, che non possono essere condotti in nessun altro geosito e sono, quindi, di sicuro interesse globale;

   tuttavia, tali orme fossili non presentano alcuna forma di protezione, con gravi rischi di conservazione connessi sia alla natura stessa del suolo, sia alla frequentazione incontrollabile dei visitatori;

   tali rischi estremi sono stati più volte evidenziati e segnalati dall'équipe scientifica internazionale che studia il sito, ma, finora, non sono state prodotte azioni concrete per la loro salvaguardia e conservazione –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare al fine di agevolare un intervento immediato per la salvaguardia del sito paleontologico denominato «Ciampate del diavolo» di Torà e Piccilli (Caserta), sostenendo un progetto più ampio di riqualificazione e valorizzazione dell'intero geosito.
(5-04230)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   MATURI, PICCOLO e FERRARI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1 della legge 23 ottobre 1961 ha previsto la corresponsione di un'indennità speciale di seconda lingua anche al personale militare od appartenente alle forze di polizia ad ordinamento militare in servizio nella provincia autonoma di Bolzano o presso uffici situati a Trento ed aventi competenza regionale;

   la predetta indennità è stata incrementata nel tempo con provvedimenti ad hoc come, ad esempio, il decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 2001, n. 139, recante «recepimento del provvedimento di concertazione per le Forze armate relativo al biennio economico 2000-2001», o il decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2009, n. 52, recante «recepimento del provvedimento di concertazione per le Forze armate, integrativo del decreto del Presidente della Repubblica 11 settembre 2007, n. 171, relativo al quadriennio normativo 2006-2009 e al biennio economico 2006-2007»;

   nel decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2018, n. 40, recante recepimento del provvedimento di concertazione per il personale non dirigente delle Forze armate nel triennio normativo ed economico 2016-2018, non erano invece presenti disposizioni che concernessero l'adeguamento dell'indennità di bilinguismo;

   non è noto quando il personale militare o appartenente alle forze di polizia ad ordinamento militare percepirà una maggiorazione dell'indennità speciale di seconda lingua –:

   se e quando il Governo ritenga possibile procedere all'adeguamento dell'indennità speciale di seconda lingua spettante al personale militare o appartenente alle forze di polizia ad ordinamento militare in servizio nella provincia autonoma di Bolzano o presso uffici situati a Trento ed aventi competenza regionale.
(4-06126)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   TOPO, FRAGOMELI, BURATTI, MANCINI, MURA e ROTTA. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   dal 1° luglio, grazie all'azione dell'attuale Governo, ci saranno meno tasse per circa 16 milioni di lavoratori dipendenti; infatti, il decreto-legge, 5 febbraio 2020, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 21 del 2020, attuando una norma della legge di bilancio per il 2020 che ha stanziato 3 miliardi di euro per il 2020 e 5 miliardi di euro per il 2021 per la riduzione del carico fiscale, estende la platea dei percettori dell'attuale «bonus Irpef» da 11,7 milioni a 16 milioni e ne incrementa l'importo;

   in sostanza, per i lavoratori dipendenti con redditi compresi tra 8.174 e 28.000 euro, viene riconosciuto direttamente in busta paga un nuovo bonus di 100 euro al mese, mentre per i redditi superiori fino a 40.000 euro è invece prevista una detrazione fiscale;

   la riduzione del cuneo fiscale è un primo passo verso la complessiva riforma del sistema impositivo, ormai necessaria e improrogabile, a giudizio degli interroganti, anche alla luce della pesante crisi economica determinata dal Covid-19, al fine di restituire equità e progressività al sistema di tassazione e rilanciare produttività e sviluppo;

   il Ministro avrebbe dichiarato in una intervista, la presentazione entro l'anno di un disegno di legge delega per una complessiva riforma del sistema fiscale;

   il direttore dell'Agenzia delle entrate, in un'intervista ha dichiarato la necessità della riforma per recuperare circa 100 miliardi di euro annui di evasione, sottolineando che «l'emergenza Covid ha aperto la strada a margini fiscali impensabili»; «le sovrapposizioni di norme hanno reso il sistema iniquo perdendo la progressività che gli imporrebbe la Costituzione»;

   in un intervento agli Stati generali, il Governatore della Banca d'Italia, citando Keynes, ha affermato che «la migliore strategia per il breve termine è quella di mettere a punto un buon piano per il medio-lungo periodo», aggiungendo che «le prospettive per l'economia sono molto incerte, ma questo non deve essere una scusa per non agire, bensì una ragione per rafforzare l'economia e per avviare le riforme» –:

   quali siano i tempi per la presentazione del citato disegno di legge volto a rimettere al centro dell'agenda politica la riforma con l'obiettivo di ricomporre il carico fiscale a beneficio dei fattori produttivi, contrastando seriamente l'evasione, che produce effetti distorsivi tali da scoraggiare innovazione e nuovi investimenti, anche attraverso l'incentivo alla diffusione di mezzi di pagamento tracciabili e l'utilizzo delle nuove tecnologie.
(5-04237)


   MARTINO, CASSINELLI, GIACOMONI, CATTANEO, BARATTO, GIACOMETTO, PORCHIETTO, BERGAMINI e ANGELUCCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   lo split payment è il sistema di liquidazione Iva applicata nei rapporti di vendita o acquisto tra imprese e pubblica amministrazione;

   tale strumento – introdotto con la legge di stabilità 2015 con finalità antievasione – consente di fatto allo Stato di ottenere un'anticipazione dell'imposizione fiscale e ha sempre sollevato numerose critiche da parte delle imprese in quanto gli effetti del suo utilizzo si sono riverberati sulla liquidità dei fornitori della pubblica amministrazione. Non potendo più compensare l'Iva a credito con l'Iva non più percepita a valle dagli enti pubblici, molti di essi sono venuti a trovarsi in posizione strutturalmente creditoria verso l'Erario, nei cui confronti hanno quindi dovuto chiedere il rimborso dell'Iva o la sua compensazione con altri tributi;

   l'autorizzazione della Unione europea all'Italia per l'applicazione dello split payment scade il 30 giugno 2020. Nel 2017, al momento di deliberare una prima proroga dello strumento, il Consiglio dell'Unione europea aveva preso atto dell'introduzione generalizzata della fatturazione elettronica, con l'obiettivo di consentire la verifica incrociata delle operazioni effettuate e il controllo dei versamenti;

   proprio facendo leva sull'efficacia della fatturazione elettronica quale strumento antievasione, l'Italia aveva formalmente assicurato il Consiglio che, alla scadenza del 30 giugno 2020, non avrebbe chiesto un'ulteriore proroga;

   viceversa, si apprende che l'amministrazione fiscale avrebbe già richiesto una seconda proroga e sembra aver praticamente già concordato con Bruxelles un rinnovo triennale del meccanismo, in considerazione del fatto che il suo utilizzo ha molto giovato alle casse dello Stato: l'Iva direttamente – e immediatamente – incassata è rimborsata a distanza di diversi mesi, quando non anni. Già nei 2015 le entrate dello Stato italiano sono aumentate, dal momento che le corrispondenti uscite per rimborsi sono avvenute per lo più nel 2016;

   tuttavia, questa situazione di vantaggio è destinata a capovolgersi se, entro il 30 giugno 2020 lo split payment non venisse rinnovato: l'erario dovrebbe rimborsare ai fornitori i maggiori crediti Iva maturati in precedenza, senza tuttavia poterla più incassare direttamente e immediatamente;

   di questo si gioverebbero le imprese, che, in particolare in questa fase, sono in grave crisi di liquidità –:

   se non ritenga opportuno, utilizzando le risorse in campo per il contrasto della crisi economica generata dal Covid-19, evitare iniziative volte a prorogare lo split payment, in considerazione del fatto che tale strumento ha ormai esaurito, a seguito della introduzione della fatturazione elettronica, la sua funzione di contrasto all'evasione e si configura, al momento, come una mera sottrazione di risorse alle imprese complicando la loro gestione di cassa.
(5-04238)


   OSNATO, MONTARULI, BUTTI e BIGNAMI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con la legge 23 dicembre 2014, n. 190, legge di bilancio 2015, è stato introdotto nel Testo unico Iva, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, «Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto», l'articolo 17-ter, istitutivo del meccanismo della scissione dei pagamenti (split-payment), con cui la pubblica amministrazione che acquista beni e servizi versa direttamente all'erario l'imposta sul valore aggiunto addebitata in fattura dai fornitori;

   esso impone la liquidazione dell'Iva sugli acquisti effettuati in capo alle pubbliche amministrazioni, senza che debbano provvedervi i fornitori, al fine di evitare frodi in ambito Iva e quale misura di contrasto dell'evasione fiscale;

   al momento dell'adozione veniva evidenziato come tale misura, autorizzata dal Consiglio dell'Unione europea con decisione 2017/784/UE del 25 aprile 2017, sarebbe stata temporanea con scadenza il 30 giugno 2020;

   dal 2019 l'obbligo di fattura elettronica consente di individuare celermente eventuali frodi Iva o altre forme di abusi o evasione fiscale, e, di conseguenza, viene meno la necessità di un istituto come quello della scissione dei pagamenti;

   lo split-payment, sin dalla sua introduzione, ha compromesso l'equilibrio finanziario delle imprese che operano quali fornitrici di beni e/o servizi nei confronti della pubblica amministrazione, specie quelle di più ridotte dimensioni che non si vedono più corrispondere l'Iva dalle loro stazioni appaltanti, pur dovendo continuare a pagarla ai loro fornitori;

   questo ha determinato una crescita esponenziale del credito Iva in capo alle imprese, con una pesante perdita di liquidità;

   si devono tenere presenti i ritardi con cui la pubblica amministrazione procede alla liquidazione delle fatture nonché le farraginosità con cui lo Stato eroga i rimborsi dei crediti Iva, che compromettono la possibilità di ottenere in modo tempestivo la liquidità utile ad esercitare l'attività d'impresa;

   il Sottosegretario per l'economia e le finanze ha annunciato la volontà del Governo di richiedere alla Commissione europea l'autorizzazione a mantenere valide le disposizioni in materia di scissione dei pagamenti fino al 30 giugno 2023;

   tale scelta si porrebbe in contrasto con la necessità di immettere liquidità e sostenere le imprese danneggiate dall'emergenza Covid-19 –:

   se non intenda escludere un'ulteriore proroga dell'applicazione del meccanismo dello split payment.
(5-04239)


   BITONCI, CENTEMERO, CAVANDOLI, COVOLO, GERARDI, GUSMEROLI, ALESSANDRO PAGANO, PATERNOSTER e TARANTINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere - premesso che:

   con l'articolo 4 del decreto-legge 119 del 2018 è stato disposto l'annullamento automatico dei debiti tributari fino a mille euro, comprensivo di capitali, interessi e sanzioni, risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010;

   con ordinanza 11187/2020 la Corte di cassazione ha confermato la volontà del legislatore di allora, ovvero che lo stralcio delle cosiddette minicartelle opera per singola partita e non con riferimento all'ammontare della cartella;

   il provvedimento ha – ad oggi – riguardato circa 13 milioni di contribuenti per un valore di 32 miliardi di euro;

   la norma, insieme alle disposizioni in materia di «rottamazione-ter», chiusura di liti pendenti, definizione agevolata dei processi verbali di constatazione e degli atti di accertamento, si inserisce nel programma di Governo della Lega di una vera e propria pacificazione fiscale, volta a ridurre il contenzioso tributario in essere, andare incontro ai contribuenti che, a causa della pesante recessione economica degli anni addietro, non avevano potuto pagare in tutto o in parte le imposte dovute, nonché acquisire per le casse dello Stato un extragettito diversamente irrecuperabile;

   l'attuale fase di forte crisi economica e di rischio di impoverimento delle famiglie e di chiusura di molte attività, in conseguenza dei provvedimenti di lockdown per emergenza epidemiologica da Covid-19, impone, a parere degli interroganti, una seria riflessione sull'opportunità di procedere con una sorta di «pace fiscale due»;

   a destare preoccupazioni sono anche le dichiarazioni rese dal direttore dell'Agenzia delle entrate nel corso dell'audizione del 22 aprile 2020, che ha chiarito che dal 1° giugno, salvo nuove disposizioni del Governo, la ripresa degli accertamenti fiscali prevede il recapito di ben 8,5 milioni di cartelle fiscali (partendo dai 3,7 milioni di atti messi in stand by nei tre mesi di emergenza per poi proseguire con tutti gli altri casi che emergeranno nel corso dell'anno) per un magazzino dei ruoli che ammonta, dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2019, per la parte residua a 954 miliardi di euro –:

   se ed entro quali termini il Governo intenda dare attuazione all'ordinanza della Corte di Cassazione, provvedendo alla cancellazione delle cartelle di importo complessivo superiore ai mille euro ma contenenti singole partite inferiore, ed a quanto ammonti tale stralcio in termini di gettito e di contribuenti coinvolti, nonché quali intendimenti il Governo abbia in merito alla previsione di una seconda «pacificazione fiscale» ad iniziare dallo stralcio delle minicartelle 2011/2015.
(5-04240)


   CURRÒ. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il decreto 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 4 del 2019, recante «Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni», ha introdotto all'articolo 20, commi da 1 a 5, in via sperimentale, per il triennio 2019-2021, per gli iscritti all'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti e alle forme sostitutive ed esclusive della medesima, nonché alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, e alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, privi di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 e non già titolari di pensione, un nuovo istituto di riscatto riferito ai periodi non coperti da contribuzione e ha previsto la facoltà di riscattare, in tutto o in parte, i periodi antecedenti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, compresi tra l'anno del primo e quello dell'ultimo contributo, parificandoli a periodi di lavoro, non soggetti a obbligo contributivo e che non siano già coperti da contribuzione;

   si prevede, inoltre, che detti periodi possano essere riscattati nella misura massima di cinque anni, anche non continuativi, e che l'onere è detraibile dall'imposta lorda nella misura del 50 per cento con una ripartizione in cinque quote annuali costanti e di pari importo nell'anno di sostenimento e in quelli successivi;

   nel citato articolo 20, al comma 6, si dispone: 6. All'articolo 2 del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 184, dopo il comma 5-ter, è aggiunto, in fine, il seguente: «5-quater. È consentita la facoltà di riscatto di cui al presente articolo dei periodi da valutare con il sistema contributivo. In tal caso, l'onere dei periodi di riscatto è costituito dal versamento di un contributo, per ogni anno da riscattare, pari al livello minimo imponibile annuo di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 2 agosto 1990, n. 233, moltiplicato per l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche dell'assicurazione generale obbligatoria per i lavoratori dipendenti, vigenti alla data di presentazione della domanda» –:

   se ritenga di chiarire in quali casi di accoglimento di una domanda di riscatto per gli iscritti all'assicurazione generale obbligatoria sia applicabile la deducibilità dell'onere corrisposto per il riscatto del corso legale di laurea di cui all'articolo 2 del decreto legislativo n. 184 del 1997, determinato ai sensi del suindicato comma 5-quater.
(5-04241)


   UNGARO e FERRI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'Italia è leader a livello europeo nel settore della distribuzione automatica, con 822 mila distributori di alimenti e prodotti installati nel nostro Paese: all'interno di questo comparto produttivo sono presenti più di 3.000 imprese e sono occupati più di 33.000 lavoratori;

   i distributori nel 97 per cento dei casi sono presenti in luoghi chiusi come scuole, università, uffici;

   le imprese pagano canoni demaniali e concessori alle pubbliche amministrazioni per la presenza delle macchine in tali luoghi;

   a causa dell'emergenza epidemiologica in corso, gli istituti scolastici e le università sono chiusi da due mesi;

   molte pubbliche amministrazioni hanno cessato lo svolgimento dell'attività ordinaria, vedendo fortemente ridotto il personale presente sul luogo di lavoro;

   la chiusura di questi luoghi ha comportato lo spegnimento di oltre 150 mila distributori automatici di cibi e bevande ivi installati;

   le imprese del comparto, tutto italiano, sono in grave difficoltà economica e subiscono una perdita media del 71,5 per cento del fatturato;

   nonostante ciò, molte pubbliche amministrazioni continuano a pretendere il pagamento dei canoni concessori e demaniali per i distributori, ormai spenti da mesi;

   l'articolo 165 del codice degli appalti (decreto legislativo n. 50 del 2016) prevede che il verificarsi di fatti non riconducibili al concessionario che incidono sull'equilibrio del piano economico-finanziario può comportare la sua revisione da attuare mediante la rideterminazione delle condizioni di equilibrio;

   alla luce del citato articolo si può pacificamente affermare come il verificarsi di un evento come l'epidemia COVID-19 possa comportare la revisione del canone concessorio; la pubblica amministrazione si oppone alla richiesta delle aziende di sospendere i canoni;

   occorre, ad avviso degli interroganti, un provvedimento ministeriale che, a livello nazionale, disponga la sospensione dell'obbligo di versamento dei canoni concessori da parte degli operatori del settore del vending; tale sospensione dovrebbe essere disposta con decorrenza 15 febbraio 2020, per tutto il periodo di efficacia delle misure di contenimento dell'emergenza epidemiologica; il suddetto intervento normativo farebbe cessare innumerevoli contenziosi tra operatori del settore e stazioni concedenti –:

   se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda porre in essere per trovare una soluzione ai problemi prospettati ed evitare il danneggiamento economico del settore del vending, e se intenda adottare iniziative per sospendere l'obbligo di versamento dei canoni concessori da parte degli operatori di tale comparto in favore delle pubbliche amministrazioni.
(5-04242)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ANGIOLA e VIZZINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze — Per sapere – premesso che:

   nella giornata del 23 giugno 2020 si è appreso che il giorno precedente si è svolta la quarta asta di rifinanziamento a lungo termine Tltro-3, la più grande operazione nella storia dell'Eurotower. Il precedente record risaliva a marzo 2012;

   la Bce ha assegnato a 742 istituti di credito dell'area Euro 1.308 miliardi di euro. Questi prestiti, particolarmente convenienti per le banche, sono destinati all'economia reale, sotto forma di prestiti alle imprese e alle famiglie, per contrastare la violentissima recessione causata dalla pandemia;

   la particolare convenienza è dovuta al fatto che le banche, anziché pagare un interesse per il prestito ricevuto, riceveranno un compenso (tasso negativo dell'1 per cento, inferiore cioè di 50 punti base a quello sui depositi, che già è negativo per lo 0,50 per cento), soggiacendo all'unica condizione di non ridurre l'importo complessivo dei prestiti concessi alla clientela;

   una buona porzione di tale liquidità, si parla di circa 200 miliardi di euro sta confluendo nelle casse delle banche italiane –:

   se il Ministro interrogato non intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, per istituire un sistema di monitoraggio in stretto coordinamento con la Bce, affinché l'enorme quantità di denaro di cui si discute sia effettivamente impiegata per sostenere l'economia reale, ossia incrementando l'ammontare dei prestiti in essere a favore di famiglie e imprese, o quantomeno al fine di scongiurare una potenziale dannosa loro contrazione, al di sotto del valore attuale, contrastando speculazioni finanziarie sui tassi di interesse (carry trade) che non sono certamente da escludere a priori, esistendo il vincolo alla concessione di credito.
(5-04236)

Interrogazione a risposta scritta:


   MINARDO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in ragione della delicata situazione economica, aggravata dall'emergenza sanitaria in seguito a COVID-19, numerosi sono i settori produttivi e professionali che hanno necessità di incentivi al lavoro, di liquidità immediata, nonché di sostegno al reddito;

   ad oggi, nei decreti emergenziali emanati dal Governo, diverse categorie sono state penalizzate, non tutelate, o addirittura estromesse dagli aiuti statali previsti; in particolare, la categoria dei professionisti iscritti agli ordini di competenza e alle casse previdenziali professionali che nel mese di marzo, aprile e maggio 2020 hanno avuto un notevole calo di fatturato rispetto allo stesso mese del 2019, sono stati incomprensibilmente discriminati;

   i liberi professionisti, gli associati degli studi professionali e gli esperti di categoria sono tutt'oggi considerati in maniera marginale, pur rappresentando una categoria di quasi due milioni di lavoratori; invero, gli studi professionali sono attività essenziali e, in quanto tali, sono spesso rimasti operativi, affrontando i costi connessi a sanificazione dei locali professionali e dispositivi di protezione personale;

   a parere dell'interrogante, le scelte del Governo rappresentano un ingiustificato pregiudizio nei confronti dei succitati liberi professionisti, di fatto esclusi da incentivi di sostegno alla liquidità e al reddito, di cui invece molte altre categorie di lavoratori usufruiscono –:

   se il Governo non intenda rivedere le proprie valutazioni nei confronti di questa significativa categoria del mondo del lavoro e se non ritenga di adottare tempestivamente iniziative al fine di colmare questa differenziazione, ad esempio garantendo un'equiparazione tra le misure per le imprese e quelle per i professionisti per l'accesso al credito a fondo perduto.
(4-06125)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   ASCARI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   secondo l'ultimo rapporto Agromafia di Eurispes, le agromafie svilupperebbero 24,5 miliardi di euro di profitti illeciti l'anno;

   da anni alcuni giornalisti, tra cui Marco Omizzolo, sociologo Eurispes, nominato «Cavaliere della Repubblica» per meriti di studio e contrasto alle agromafie, denunciano il radicamento delle mafie in provincia di Latina, subendo gravi intimidazioni;

   nel marzo 2020 un bracciante agricolo indiano è stato malmenato e ricoverato con lesioni riscontrate dall'ospedale locale su varie parti del corpo per aver chiesto la mascherina al suo datore di lavoro, titolare di un'impresa agricola di Terracina; due mesi più tardi i titolari dell'azienda agricola venivano arrestati, mentre su impugnazione del difensore, alcuni giorni dopo, sono cadute le esigenze della misura restrittiva;

   l'europarlamentare di Fratelli d'Italia, Nicola Procaccini, ha indicato Marco Omizzolo quale responsabile di una campagna stampa denigratoria nei confronti del comune di Terracina e di tutta l'imprenditoria locale, esponendolo a numerose minacce;

   il Mercato ortofrutticolo di Fondi-Mof tra i più grandi d'Europa, è stato oggetto di interessi mafiosi;

   gli interessi delle mafie nel Sud Pontino sono accertati a partire dalle numerose richieste di scioglimento del comune di Fondi per infiltrazioni mafiose depositate in Parlamento e dalla richiesta di scioglimento formulata dal prefetto di Latina, Bruno Frattasi, nel 2009, di fatto rigettata dal Governo pro tempore e che ha visto l'opposizione, tra gli altri, come emerso da fonti di stampa, del senatore Claudio Fazzone di Forza Italia e dell'allora presidente della provincia di Latina, Armando Cusani;

   già nel 2007 la direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria indagò su Carmelo e Venanzio Tripodo i quali controllavano l'accesso al Mof, costringendo commercianti calabresi e siciliani ad avvalersi della loro mediazione;

   l'operazione GEA, della direzione distrettuale antimafia di Napoli nel 2015 accertò le infiltrazioni del clan dei Casalesi nel Mof;

   con l'operazione La Paganese nel novembre 2011 la direzione distrettuale antimafia di Roma, Napoli, Palermo e Trapani, eseguirono un'ordinanza di custodia cautelare per nove persone, tra cui Nicola Schiavone, figlio di «Sandokan», accusato di avere imposto il monopolio della società La Paganese nel trasporto su gomma da e per i mercati ortofrutticoli di Sicilia, Calabria, Campania e Lazio;

   con l'inchiesta Aleppo nel settembre 2018 la direzione distrettuale antimafia di Roma e i carabinieri di Latina sequestrano La Suprema srl e arrestano 6 persone della famiglia D'Alterio, accusati di controllare l'indotto del Mof grazie a «radicati collegamenti con i clan camorristici casertani» ed esercitato «un potere intimidatorio di tipo mafioso»;

   il 2 marzo 2020, come scritto da Marco Omizzolo su Il Manifesto del 02 giugno 2020, esponenti della famiglia D'Alterio sono stati arrestati ed è stata sequestrata parte delle società Anna Trasporti srl e D'Alterio trasporti srl, con l'accusa di estorsione, illecita concorrenza e minaccia aggravata dal metodo mafioso nell'ambito dell'inchiesta Aleppo 2, per aver cercato di monopolizzare i trasporti del Mof per la Sardegna e per Torino;

   infatti, dopo soli 4 mesi di attività, l'amministratore giudiziario Giordano nominato alla guida de La Suprema srl ha rassegnato l'incarico per l'impossibilità di portare avanti l'attività a causa dei rifiuti da parte di tutte le aziende di collaborare per via di «compiuti atti di concorrenza con minaccia in modo da estromettere dal mercato la società Suprema srl in amministrazione giudiziaria. Gli indagati hanno impedito, con metodo mafioso, agli altri autotrasportatori di entrare in rapporti commerciali con la Suprema» –:

   quali iniziative di competenza intenda, intraprendere al fine di prevenire e contrastare il fenomeno del caporalato, della mafia e dell'agromafia nel territorio del Sud Pontino, nonché garantire maggiore sicurezza per i giornalisti impegnati su questi temi, che si sentono quotidianamente minacciati;

   se intenda adottare iniziative, per quanto di competenza in ordine alla corretta gestione del Mof società a maggioranza pubblica.
(3-01637)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FORNARO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   dai primi di maggio del 2020 è detenuto nella casa circondariale di Asti Saber Hmidi reclutatore del gruppo terroristico Ansar Al Sharia, affiliato ad Al Quaeda. Hmidi dovrebbe essere recluso, in base alla classificazione di pericolosità, in una struttura carceraria «AS 2», mentre la struttura di Asti risulta omologata per «AS 3 ed arrestati», ovvero per detenuti di minore pericolosità;

   da tempo il personale della casa circondariale lamenta i gravi problemi che comporta per il personale la gestione di questo detenuto. Servono, infatti, sei persone per ogni suo spostamento interno e fino a diciotto nel caso di un suo spostamento fuori dal carcere; tutto ciò in una struttura che presenta una cronica situazione di carenza di personale e gravemente sovraffollata, avendo circa 285 detenuti a fronte dei 150 che dovrebbe contenere;

   il detenuto dovrebbe rispettare il regime speciale di sorveglianza (14-bis) ma spesso, per le carenze della struttura, viene inevitabilmente a contatto con altri detenuti, venendo così meno alle condizioni di sorveglianza stabilite. In una situazione del genere, è presente, in tutta evidenza, il rischio che Hmidi possa cercare di reclutare altri detenuti per il suo movimento terroristico;

   Hmidi si era radicalizzato e avvicinato al terrorismo islamico nel 2011 durante la detenzione nel carcere di Velletri per spaccio. In seguito, nei numerosi trasferimenti in altri istituti, come Civitavecchia, Frosinone, Napoli-Secondigliano, Salerno e Viterbo, si era reso protagonista di aggressioni nei confronti di altri detenuti, minacce agli agenti della polizia penitenziaria e attività di proselitismo per la causa del terrorismo islamista –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione e se intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, affinché il detenuto, in considerazione della sua pericolosità e del regime di sorveglianza speciale che gli deve essere applicato, sia trasferito, al più presto, dalla casa circondariale di Asti a una struttura adeguata alla sua condizione.
(4-06128)


   GIANNONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la rubrica «mamme coraggio» dell'agenzia Dire, dedicata ai figli tolti a genitori definiti «alienanti», racconta questa volta la storia di un padre. Quest'uomo, D., «è oggetto di persecuzione, afferma alla stampa il suo legale, anche in ambito penale, ed è stato messo ai domiciliari per quasi un anno». Sono all'ordine del giorno querele e denunce strumentali, da parte della madre di suo figlio, che lo accusa di stalking a mezzo social network;

   «Il calvario inizia nel 2013 – racconta D. – quando mio figlio aveva 2 anni. Viene depositata una richiesta di decadenza della patria potestà nei miei confronti dal Tribunale per i minorenni di Sassari. La motivazione era pazzesca: “pretendevo di allattare mio figlio dal mio seno” e “gli insegnavo e parlavo in inglese e per questo venivo accusato di isolarlo socialmente”»;

   «A gennaio 2015, poi – continua il racconto – il Tribunale dei minori mi restituisce la patria potestà ma poi la madre va in Svizzera». «Per mesi di lei non si sa niente»;

   è allora che D. si dice costretto a un ricorso al tribunale ordinario per l'affido esclusivo. Affrontiamo il percorso di CTU dove l'esito è che viene diagnosticata «l'alienazione del bambino o simbiosi», «troppo amore», fino a «comportamenti al limite di pericolosità per il bambino e l'ex compagna». La Consulenza tecnica d'ufficio (Ctu) dichiara esplicitamente: Emerge simbiosi e assertività al pensiero paterno, con elementi tipici della alienazione genitoriale di Gardner (PAS, dall'acronimo di Parental Alienation Syndrome, 1984);

   il piccolo finisce in casa famiglia per nove mesi e io – racconta D. – lo vedo 45 giorni dopo, mentre prima lo sentivo solo al telefono: le prime due settimane solo cinque minuti al telefono. Questo era il percorso prescritto dalla CTU: ero da annullare – ribadisce D. e il bimbo da resettare. La stessa comunità diceva che il bambino stava male e che il papà era l'unica figura di riferimento. Non ho mai parlato male della madre, non ho mai osteggiato quel rapporto ripete D. che dice di avere tutto documentato, tabulati telefonici, irreperibilità della madre nei suoi trasferimenti, quei video in cui il bambino non vuole staccarsi da lui: In nome della Pas o alienazione parentale secondo una Ctu. Dopo la casa famiglia – continua – viene dato in affido esclusivo alla madre;

   il penultimo atto di questa storia arriva ad «aprile 2018 – prosegue D. – quando ristabiliscono un affido congiunto confuso. In Corte d'appello ristabiliscono poi l'esclusivo, ma da un anno e mezzo non vedo mio figlio perché considero gli incontri protetti non più produttivi»;

   parallelamente nel penale, arrivano gli arresti domiciliari per D., «per alcuni commenti su facebook, assolutamente inoffensivi – sostiene il suo legale – e rientranti nei canoni del sacrosanto diritto manifestazione del pensiero. Grazie al supporto dell'avvocato la misura è stata revocata dal Tribunale del Riesame Sassari, perché totalmente illogica»;

   l'ultimo atto della storia è ancora da scrivere. «D. arriva a Roma – ricorda il legale – e affida ad un avvocato esperto, l'istanza di revisione dell'affidamento di L. al Tribunale di Tempio Pausania, per poter tornare a vedere il proprio bambino. A distanza di meno di un mese, i Carabinieri sono di nuovo alla sua porta. Il computer ed il telefono, con i quali D. lavora, vengono sequestrati» –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda adottare iniziative normative affinché sia escluso il riconoscimento dell'alienazione parentale che è priva di validità ed affidabilità scientifica; se non intenda promuovere iniziative ispettive in relazione al caso di questo padre, allontanato dal figlio solo perché definito «simbiotico» o «troppo amorevole».
(4-06131)


   GIANNONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'agenzia di stampa «Dire» riporta il caso di un bambino, Marco (nome di fantasia) che, dopo aver chiesto alla madre di non vedere più il padre perché «gli ha fatto del male», riferendo ai nonni, e in altro momento allo zio materno, che «in macchina lo toccava nelle parti intime», viene affidato dal tribunale ai servizi sociali con collocamento presso la madre, con contestuale autorizzazione agli incontri protetti con il padre;

   in questa vicenda, si legge nell'articolo, si intreccia la triste storia di Alice, 12 anni, sorella di Marco, figlia dell'ex marito della mamma, che rivela alla donna di essere stata spiata, fin da piccolissima, dal patrigno mentre si trovava nel bagno: «Quello stesso uomo che il piccolo Marco dice di non volere più vedere e a cui il Tribunale concede incontri protetti»;

   a raccontare i fatti accaduti in questa famiglia all'agenzia Dire, è Marta, insegnante di 47 anni, che non rivela la sua identità per paura di ritorsioni, «visto che l'ex è una persona molto influente». Il timore più grande è che possano allontanare da lei suo figlio Marco, che oggi ha 12 anni, «un ragazzo sereno, socievole, che ha molti amici e ama lo sport, soprattutto il calcio»;

   tornando al racconto della donna, dopo la confessione di Alice, l'uomo, affetto da disturbo voyeuristico (come si legge nella consulenza tecnica d'ufficio (Ctu) ammette il suo problema;

   seguendo così i consigli degli psicologi che avevano in cura l'uomo, Marta gli concede di vedere Marco per quattro ore a settimana: «la mia paura come mamma, era che potesse fare atti di voyeurismo a cui il bambino fosse costretto ad assistere»;

   successivamente, continua, «mi vengono mostrati dei certificati che attestano il voyeurismo associato anche ad altri disturbi. Spaventata non accetto di lasciare il bambino sola con lui che diceva di esser guarito». «Nel febbraio del 2017 Marco parte con i miei genitori e riferisce loro che il padre in macchina lo toccava nelle parti intime. A quel punto lo denuncio alla Tutela Minori»;

   la perizia inizia nel dicembre 2017. «Il Ctu, minimizza il problema, e dopo quattro incontri scrive nella relazione che io condiziono il bambino con idee prevalenti»;

   Marco non vuole vedere il padre. Le relazioni dei servizi sociali fino al 2018 «parlano di me sempre in modo negativo». Marta nel corso del tempo è «accusata di essere induttiva» e di «non favorire l'incontro con il padre»;

   nella relazione consegnata nell'aprile del 2019 il Ctu afferma che in Dario «non è ravvisabile l'esistenza di un "disturbo" parafiliaco strutturato», bensì «tendenze voyeuristiche», mentre descrive Marta come «ferreamente e rigidamente ancorata alla propria posizione, convinta le quest'ultimo abbia compiuto abusi sessuali sul figlio». Il Ctu ribadisce nel corso della relazione che ci tiene a «tenere separati il voyeurismo e la questione degli abusi» e prospetta per Marco «la continuazione dei rapporti con l'ambiente paterno», in attesa degli esiti del penale;

   «Oggi, conclude, per tutte le decisioni da prendere devo far riferimento alla Tutela Minori che deve sentire il padre, che per lui ha chiesto la casa famiglia». Nel frattempo nel penale, il pm nomina un curatore speciale per Marco –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non intenda adottare tutte le iniziative di competenza per garantire che l'interesse del minore sia effettivamente realizzato anche alla luce della vicenda illustrata;

   se non intenda promuovere iniziative ispettive in relazione al caso di cui in premessa, alla luce delle contestazioni mosse dalla madre del minore definita «induttiva». '
(4-06132)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanze:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   in data 19 marzo 2020 è stato emanato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il decreto recante «Finanziamento degli interventi relativi a programmi straordinari di manutenzione della rete viaria di province e città metropolitane. Integrazione al programma previsto dal decreto ministeriale del 16 febbraio 2018»;

   l'articolo 1, comma 1077, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, stabilisce che, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da emanare entro il 31 gennaio 2018, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, siano definiti i criteri e le modalità per l'assegnazione e l'eventuale revoca delle risorse di cui al comma 1076 della citata legge, anche sulla base della consistenza della rete viaria, del tasso di incidentalità e della vulnerabilità rispetto a fenomeni di dissesto idrogeologico, stabilendo che l'indicatore unico finale da utilizzare, per una migliore ripartizione delle risorse, debba essere il risultato della combinazione lineare dei tre criteri indicati all'articolo 1, comma 1077, della medesima legge, ognuno rapportato al totale;

   relativamente ai decreti sopracitati, è stata acquisita l'intesa in Conferenza Stato-città ed autonomie locali nelle sedute del 7 febbraio 2018 e del 27 febbraio 2020;

   la concreta attuazione ed interpretazione dei sopraddetti criteri, come quello della «consistenza della rete viaria», ha determinato un oggettivo vantaggio nell'assegnazione dei fondi in favore di quei territori che già in passato avevano beneficiato di maggiori finanziamenti, sfavorendo quelle aree che necessitavano di un effettivo ammodernamento e un'urgente manutenzione della rete viaria;

   si rileva che nel decreto ministeriale del 19 marzo 2020 non viene specificato che le reti viarie presenti all'interno di una provincia montana confinante con uno Stato estero, debbano ricevere un peso nella distribuzione delle risorse doppio rispetto alle reti viarie di province con territorio interamente montano che non confinano con Stati esteri;

   alle provincie di Verbano-Cusio-Ossola, Sondrio e Belluno, sulla base di tale criterio, viene attribuito un coefficiente doppio di 0,4, rispetto al coefficiente 0,2 assegnato alle altre strade montane poiché, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 7 aprile 2014, n. 56, esse, oltre che essere province con territorio interamente montano, sono anche confinanti con Paesi stranieri;

   tuttavia si rileva che alcune leggi regionali hanno sinteticamente definito le province che presentano tali caratteristiche solo come «territorio interamente montano» e non come «territorio interamente montano e confinanti con Paesi stranieri»;

   ne consegue che tale criterio di assegnazione delle risorse non viene applicato in modo uniforme sul territorio nazionale;

   risulta altresì che nel citato decreto ministeriale, il criterio della vulnerabilità rispetto a fenomeni di dissesto idrogeologico non viene applicato in relazione all'ubicazione della rete viaria, ma in relazione alla popolazione residente in aree a pericolosità da frana o idraulica; in alcune province, come Caltanissetta, Enna e Ragusa, che presentano tratti stradali difficilmente percorribili e rischiosi in caso di pioggia, non vengono attribuiti finanziamenti; viene così attribuito un parametro della ripartizione dei fondi pari a zero in relazione al dissesto idrogeologico in aree a pericolosità idraulica, nonostante che la regione Siciliana abbia chiesto, in data 3 gennaio 2019, lo stato di emergenza sulla viabilità a causa di notevoli dissesti anche a seguito di gravissimi eventi meteorologici alluvionali –:

   quali iniziative, anche di carattere normativo, il Ministro interpellato intenda assumere al fine di ridefinire i criteri stabiliti dal decreto ministeriale del 19 marzo 2020 e le relative modalità applicative affinché i finanziamenti siano distribuiti in modo equo ed efficace sul territorio nazionale.
(2-00839) «Raffa, Barbuto».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   il 30 aprile 2016 il Presidente del Consiglio dei ministri e il sindaco di Palermo hanno stipulato il Patto per lo sviluppo della città di Palermo; al suo interno sono previsti gli interventi sulla circonvallazione di Palermo con codice PAPA01 e PAPA02 relativi rispettivamente alla costruzione dei ponti laterali sul fiume Oreto e ai lavori di realizzazione dello svincolo Perpignano;

   entrambi gli interventi, attesi da anni, rivestono carattere di straordinaria e prioritaria urgenza, come testimoniato dallo stato di salute del Ponte Corleone e da incidenti stradali, anche mortali, causati dall'attraversamento pedonale di viale Regione Siciliana;

   sulla base delle informazioni presenti ad oggi sul portale del comune di Palermo, per l'intervento PAPA01 risulta in aggiudicazione la gara per la revisione del progetto (con scadenza per la presentazione delle offerte il 17 maggio 2019), mentre per l'intervento PAPA02 risulta in aggiudicazione la gara per la redazione del progetto definitivo ed esecutivo (con scadenza per la presentazione delle offerte il 5 aprile 2019);

   per l'intervento PAPA01 è previsto dal Patto per Palermo un finanziamento di 17 milioni di euro di cui 5,34 con risorse Fsc 14-20 e 11,66 con risorse ex Agensud, mentre per il PAPA02 il finanziamento previsto è di circa 34,1 milioni di euro di cui 4,66 con risorse Fsc 14-20, 28,7 con risorse ex Agensud e poco meno di 800.000 euro con risorse proprie del comune;

   sin dal momento della stipula del Patto è stata manifestata profonda incertezza sulla disponibilità delle risorse ex Agensud (oltre 40 milioni di euro sui 51 complessivi), come testimoniato da diversi atti, tra cui la delibera di giunta comunale n. 196 del 19 ottobre 2017 (e la nota del comune di Palermo al Ministero del 31 ottobre 2016) e in linea con quanto emerso dalle interlocuzioni dell'interpellante con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e con l'agenzia per la coesione –:

   se intenda adottare le iniziative di competenza per reperire gli oltre 40 milioni di euro ad oggi necessari per la realizzazione degli interventi di realizzazione dei ponti laterali del ponte Corleone (propedeutici al suo recupero strutturale) e dello svincolo Perpignano sulla circonvallazione di Palermo, valutando una possibile rimodulazione del piano operativo fondo sviluppo e coesione infrastrutture 2014-2020 o l'utilizzo di altri strumenti nelle disponibilità del Ministero;

   se intenda promuovere una interlocuzione con il comune di Palermo, anche per il tramite del Provveditorato per le opere pubbliche Sicilia e Calabria, al fine di valutare forme di supporto e monitoraggio sulla realizzazione di tali opere e la possibilità di una convenzione tra Anas e il comune stesso.
(2-00841) «Varrica».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MULÈ. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in occasione degli Stati generali il Governo ha annunciato, tra i 9 punti del così detto piano rilancio, la trasformazione della tratta ferroviaria Roma-Foligno-Ancona in una linea ad alta velocità che toccherebbe anche le città di Terni e Spoleto;

   tale opera, ove realizzata sarebbe sicuramente opportuna e di grande importanza per il territorio umbro ed in particolare per quello di Spoleto, della Valnerina e Foligno. Ciò premesso, è doveroso rilevare come in merito alla mobilità ferroviaria insistente sul medesimo territorio si registrino criticità di durata pluriennale, la cui soluzione non può essere ulteriormente rinviata;

   come segnalato da appositi comitati di cittadini-utenti, quali i Comitati viaggiatori di Spoleto-Vlanerina e Foligno, dopo 20 anni di attesa ancora non è stato completato il raddoppio della ferrovia Spoleto-Campello sul Clitunno, di circa 8 chilometri di lunghezza, e altresì ancora si attende un miglioramento del collegamento ferroviario di Perugia, Assisi, Foligno, Spoleto e Terni, con Roma, procedendo alla sostituzione dell'Intercity IC 531 che parte da Perugia alle 6,40, con un Frecciabianca o con un Frecciargento, anticipando l'arrivo a Roma Termini di almeno 15 minuti, affinché il treno possa essere utilizzato per esigenze lavorative o per prendere coincidenze con altri treni, nonché un intervento sui collegamenti regionali, migliorando orari e treni e prendendo in considerazione l'estensione alla regione Umbria dei servizi freccia;

   l'isolamento del territorio che comprende in particolare la città di Spoleto e la Valnerina ma riguarda anche l'intera regione è ancora più grave se si considera che tale territorio è situato nel cratere del sisma del 2016, con la conseguente necessità di rilanciare la crescita del territorio e per la quale è, tra le altre cose, indispensabile un collegamento ferroviario veloce ed efficiente lungo le direttrici nord e sud –:

   quali iniziative urgenti intenda assumere al fine di risolvere le criticità relative alle tratte ferroviarie segnalate in premessa.
(5-04224)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SANDRA SAVINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la scelta della Slovenia di applicare norme stringenti alla navigazione nelle proprie acque territoriali di natanti privi di targa ha causato grave preoccupazione tra gli appassionati di nautica italiani e tra quelli triestini in particolare;

   la violazione delle disposizioni slovene comporterebbe una sanzione variabile tra i 160 ed i 500 euro;

   solo nella città di Trieste i natanti coinvolti sarebbero oltre tremila;

   il costo dell'immatricolazione, interamente a carico dei proprietari, ammonterebbe ad oltre mille euro;

   immatricolare il natante farebbe scattare l'obbligo di revisione obbligatoria ogni 5 anni, con un costo pari ad altri 500/600 euro;

   anche in Croazia, come in Slovenia, esiste l'obbligo di immatricolazione, ma fino ad oggi le autorità di quel Paese hanno sempre manifestato un atteggiamento tollerante verso i diportisti italiani;

   sembrerebbe applicarsi il criterio «Paese che vai, regole che trovi»: non vi sono, infatti, norme europee dirette a regolare la questione dell'obbligo di immatricolazione dei natanti;

   le disposizioni adottate dalla Slovenia rendono impossibile per molti diportisti recarsi anche in Croazia, perché farlo da Trieste facendo rotta su Lignano e poi su Punta Salvatore farebbe raggiungere le 23 miglia di percorso, oltre il limite di 6 da cui scatta l'obbligo di patente nautica;

   una soluzione alla problematica costituita dall'obbligo di immatricolazione potrebbe essere quella di prevedere procedure e costi ridotti per i natanti di piccole dimensioni –:

   se il Governo sia al corrente dei fatti riportati in premessa;

   quali iniziative il Governo ritenga di poter adottare per risolvere il problema causato dalle regole slovene ai diportisti italiani e triestini in particolare;

   se il Governo ritenga di adottare iniziative per varare norme semplificate per l'immatricolazione di natanti di ridotte dimensioni.
(4-06116)


   BILOTTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il Conto nazionale delle infrastrutture e dei trasporti relativo agli anni 2017-2018 redatto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti riporta al 31 dicembre 2017 una rete stradale di chilometri 171.481 così ripartiti: autostrade chilometri 6.943, altre strade di interesse nazionale chilometri 22.399, strade regionali e provinciali chilometri 142.139. Di queste ultime il 42 per cento si sviluppa per lo più nelle regioni del Mezzogiorno, a fronte però di una spesa manutentiva inferiore al 30 per cento del totale nazionale. I risultati di questa asimmetria territoriale sono sotto gli occhi di tutti, alla luce dello stato di abbandono, di incuria e quindi di pericolo in cui versano queste infrastrutture. Il trasferimento di 20.000 chilometri di strade dall'Anas agli enti territoriali del 2000 con risibili risorse finanziarie, seguito dalla successiva e incompleta riforma delle province, ha determinato negli anni l'acuirsi delle esigenze manutentive e di sicurezza. Ne è un esempio in Campania la strada regionale 164 (ex strada statale 164 «Delle croci di Acerno») che si snoda tra le province di Salerno e Avellino per 76 chilometri e che collega la Valle del Sele con l'alta valle del Calore Irpino. Ad oggi frane, smottamenti e mancanza di manutenzione ne condizionano per lunghi tratti l'agibilità nonostante il valore funzionale e la valenza paesaggistica. Recentemente proprio per far fronte alla difficoltà degli enti locali nel garantire una viabilità sicura e decorosa è stato approntato il piano «Rientro strade», di concerto tra Anas e Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per la riorganizzazione e l'ottimizzazione della gestione della rete viaria locale, con l'obiettivo esplicito di indirizzare più investimenti in termini di manutenzione. Da quanto però si evince dagli atti ministeriali conseguenti solo una percentuale minima della rete viaria soggetta a riclassificazione avrebbe coinvolto le strade delle regioni meridionali, basti pensare ai 1.000 chilometri della regione Lombardia contro i 200 della regione Campania –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere per ridurre lo squilibrio infrastrutturale tra Nord e Sud del Paese alla luce dell'impossibilità degli enti provinciali e regionali di garantire la necessaria manutenzione ordinaria e straordinaria delle reti viarie di competenza.
(4-06117)


   SERRITELLA e D'ARRANDO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la tratta Torino-Lione è un collegamento ad alta velocità la cui costruzione è cominciata all'inizio degli anni 2000 e che dal 2005 rientra nel programma di reti trans-europee denominato Trans-European Networks – Transport (Ten-T);

   nell'analisi costi-benefici sulla suddetta tratta, pubblicata in data 12 febbraio 2019 sul sito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, si legge nelle conclusioni che «considerato che i costi attualizzati di investimento “a finire” e gestione dell'opera assommano a 7,9 miliardi, il “valore attuale netto economico” ossia la perdita di benessere – differenza tra costi sostenuti e benefici conseguiti – conseguente alla realizzazione dell'opera, risulta pari a 7 miliardi»;

   in data 13 febbraio 2019, il Presidente del Consiglio, a commento dell'analisi costi-benefici, aveva dichiarato, che «l'analisi non può essere definita di parte perché non se ne condividono i risultati»;

   nel marzo del 2019, tramite una nota inviata alla T.e.l.t., il Presidente del Consiglio affermava che «l'analisi tecnica effettuata dagli esperti nominati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e le conseguenti considerazioni politiche sin qui effettuate ci impongono di rivalutare la realizzazione dell'opera, la cui corrispondenza all'interesse pubblico non appare affatto scontata»;

   il mutamento dell'opinione da parte del Presidente del Consiglio risulterebbe giustificato da un aumento dei contributi per l'opera da parte della Commissione europea, che successivamente è stato confermato in data 4 giugno 2019 da Iveta Radicova, coordinatrice del Corridoio mediterraneo europeo;

   mentre negli ultimi bandi pubblicati da T.e.l.t. ci si riferisce ancora al contributo già stanziato nel 2015 e mai modificato;

   il «Piano delle infrastrutture e dei trasporti per un'Italia ad alta velocità ferroviaria, aerea e marittima» del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, denominato #ItaliaVeloce, prevede investimenti per 200 miliardi di euro, con un focus sull'aumento dei collegamenti ad alta velocità ferroviaria;

   la tratta Tav Torino-Lione è inserita all'interno delle priorità del suddetto Piano;

   la Corte dei conti europea, nella sua pronuncia in merito alla tratta Tav Torino-Lione, ha affermato come sia improbabile che l'opera sia pronta per la scadenza fissata. Inoltre, quindici anni di ritardi, costi cresciuti e soprattutto un quadro di sostenibilità incrinato dalle previsioni di traffico dei prossimi anni, mostrano, secondo la Corte, come l'opera sia economicamente insostenibile –:

   se il Ministro interrogato, alla luce della pronuncia della Corte dei conti europea richiamata in premessa, reputi di riconsiderare le priorità del «Piano delle infrastrutture e dei trasporti per un'Italia ad alta velocità ferroviaria, aerea e marittima», escludendo la tratta Tav Torino-Lione dalle opere prioritarie.
(4-06119)


   DEIDDA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la regione Sardegna è caratterizzata da un rilevante deficit infrastrutturale che potrebbe essere superato esclusivamente a fronte di importanti investimenti per l'adeguamento della rete viaria statale, la quale, nonostante gli interventi più volte annunciati, risulta tuttora gravemente carente, con serie ripercussioni anche per la normale circolazione;

   la realizzazione della maggior parte delle opere in questione è affidata all'Anas a fronte di finanziamenti provenienti sia dallo Stato che dalla stessa regione sarda e il ritardo, oltre che, in alcuni casi, la mancata programmazione di interventi adeguati, rischia di compromettere definitivamente l'intero sistema viario regionale;

   i residenti della regione Sardegna sono costretti a ricorrere al trasporto privato, a causa, soprattutto, dell'inadeguatezza del trasporto collettivo ed in particolare di quello su rotaia e, tenuto conto delle caratteristiche morfologiche dell'isola, nonché dell'esistenza di numerosi, piccoli comuni montani, la rete viaria avrebbe necessità di molteplici interventi di ripristino e adeguamento, anche al fine di migliorare la sicurezza della stessa rete;

   la strada statale 198 Seui e Lanusei – che collega il sud del Sarcidano alla costa orientale dell'isola, attraversando il cuore della Barbagia – si snoda su un percorso spesso curvilineo e a tratti disagevole, collegando i territori comunali di Nurri, Villanova Tulo, Esterzili e Sadali, Seui, Ussassai e Gairo, fino ad arrivare a Lanusei;

   dal 2016, la strada statale in questione, nel tratto in uscita dal comune di Seui verso Lanusei, è interessata da una riduzione della carreggiata a causa del rischio di cedimento del muro di contenimento e, allo stato, nonostante i numerosi appelli provenienti dalla comunità locale, l'Anas non ha dato avvio ai necessari lavori di ripristino, assolutamente necessari, tenuto conto anche del fatto che la stessa arteria è pure interessata dal traffico dei mezzi pesanti;

   appare necessario intervenire urgentemente nel tratto in questione, facendo ricorso alla vigente normativa che consente, per la realizzazione di opere ritenute strategiche e prioritarie, da individuarsi con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri l'utilizzo di procedure snelle, se del caso, con la nomina di uno o più commissari straordinari –:

   se sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di avviare immediatamente i lavori di ripristino del tratto in questione, se del caso, facendo ricorso alle procedure d'urgenza previste al riguardo per le opere definite strategiche.
(4-06123)


   MARAIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la stazione ferroviaria di Ariano Irpino è la più importante sul tratto Benevento-Foggia, per quanto riguarda la ferrovia Napoli-Foggia, gestita dalla Rete ferroviaria italiana - gruppo delle Ferrovie dello Stato italiane. Essa è situata lungo la linea Foggia-Caserta, in un punto nevralgico dell'Appennino meridionale, equidistante dal Tirreno e dall'Adriatico. Si trova in località Cerreto e dista alcuni chilometri (circa cinque) dal centro cittadino. Storicamente, la sua edificazione risale all'epoca post-risorgimentale e la sua inaugurazione avvenne il 13 luglio 1869 alla presenza del deputato irpino Pasquale Stanislao Mancini;

   la stazione, in precedenza, era dotata di quattro binari passanti (di cui due serviti dal servizio passeggeri e serviti da marciapiede) e due tronchini in direzione Foggia al servizio dello scalo merci: attualmente è utilizzato il primo binario, quello di corretto tracciato, mentre il secondo binario viene utilizzato per eventuali incroci, mentre i binari passanti terzo e quarto sono stati resi tronchi ed accessibili soltanto dal lato Benevento (dal dicembre 2013), a seguito di un ridimensionamento infrastrutturale;

   il tratto fra Benevento e Foggia non beneficia più di collegamenti ferroviari locali dal dicembre 2010 e sulla stazione di Ariano Irpino le uniche fermate sono quelle della coppia di treni Intercity Roma-Bari e quelle della coppia dell'Intercity periodico Roma-Taranto, per un totale di quattro fermate quotidiane;

   altro problema riscontrato è la mancata apertura, durante le soste, delle porte dei treni Intercity in arrivo da Roma e Bari, con conseguente impossibilità per gli utenti di sfruttare le coincidenze per la tratta Foggia-Benevento. Di fatto, si determinano, in tal modo, disagi e sottoutilizzazione dello scalo;

   il rilancio dell'intero percorso Napoli-Foggia non può prescindere da un potenziamento della stazione di Ariano Irpino e da un correlato sviluppo del servizio di trasporto pubblico. Attualmente, inoltre, la stazione di Ariano è sprovvista di vari servizi, ed il numero di fermate quotidiane è assolutamente inadeguato rispetto alle esigenze degli utenti;

   è da porre in evidenza l'assoluta importanza dello scalo ferroviario di Ariano Irpino nel quadro della rete ferroviaria campana e meridionale, con la consapevolezza di quanto possa ancora contribuire allo sviluppo sociale ed economico della città di Ariano Irpino, oltre che degli altri comuni del comprensorio, sia della Valle del Cervaro che della Valle dell'Ufita –:

   se si intenda valutare il potenziamento di tale stazione, incrementando il numero di fermate dei treni a lunga percorrenza sulla tratta Roma Termini-Bari e rendendo accessibili il terzo ed il quarto binario da entrambi i lati (come erano precedentemente al depotenziamento messo in atto nel 2013);

   se si intenda valutare la possibilità di raddoppio sul tratto San Felice a Cancello-Bovino, con l'adeguamento tecnico per l'alta velocità sulla rete B1;

   se si intenda valutare, in collaborazione con la regione Campania, l'introduzione di un elettrotreno del tipo «Jazz» sulla tratta Foggia-Benevento, con relativa fermata sempre ad Ariano, nonché la possibilità di garantire adeguatamente anche l'apertura delle porte dei treni Frecciargento che percorrono la tratta Roma/Bari, in sosta per le coincidenze.
(4-06124)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   durante l'emergenza sanitaria, legata alla diffusione del virus Covid-19, molte imprese hanno dovuto sospendere le proprie attività con conseguenti riduzioni degli introiti;

   si è calcolato che anche quelle che hanno mantenuto la produzione hanno registrato comunque diminuzioni di commesse e guadagni per quello che probabilmente è «il più importante shock che ha colpito il nostro sistema economico nel Dopoguerra» e quindi c'è il rischio di riduzioni del personale impiegato o degli stipendi;

   si è registrato un aumento considerevole delle richieste di aiuto economico e alimentare presso le strutture di volontariato e assistenza;

   in alcune zone del Paese di fronte alla grave crisi, gli aiuti ai più indigenti sono venuti da ambienti malavitosi per cui la stampa ha parlato di «welfare mafioso»;

   in una situazione generale di difficoltà, mafie e organizzazioni criminali possono decidere di sviluppare commerci illeciti, organizzare sistemi di usura, alterare mercati e intervenire per interessi su appalti e commesse pubbliche;

   il sistema del malaffare può essere interessato a favorire, anche attraverso l'uso di moderni mezzi di comunicazione, episodi di ribellione e caos;

   il Governo ha promosso un insieme di importanti iniziative di sostegno ai redditi e alle imprese, ma comunque la stagione che ci aspetta resta molto critica;

   il Ministero dell'interno ha previsto interventi a tutela della legalità –:

   quali siano i risultati del lavoro di monitoraggio sull'inquinamento economico mafioso e i riscontri giunti alla cabina di regia istituita presso il Ministero dell'interno e quali eventuali ulteriori iniziative si intendano assumere.
(2-00840) «De Maria, Enrico Borghi».

Interrogazione a risposta orale:


   DI LAURO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   il 6 dicembre 2019 scoppiava il caso «concorsopoli» presso il Comune di Sant'Anastasia (Napoli): la Guardia di finanza di Napoli ha eseguito misure cautelari nei confronti del sindaco, Raffaele Abete, del segretario generale, Egizio Lombardi, e del consigliere comunale, Pasquale Iorio, con l'accusa di alterare per via informatica i risultati delle prove dei concorsi pubblici in cambio di mazzette che variavano tra 30 mila e 50 mila euro, avvalendosi delle competenze tecniche dell'imprenditore Alessandro Montuori, legale rappresentante della cooperativa Agenzia Selezioni e Concorsi, a cui erano state affidate le procedure concorsuali;

   dalle indagini è emerso un sistema criminale volto ad assicurare l'assunzione di determinate figure, segnalate da rappresentanti politici locali, da inserire nella dotazione organica del comune;

   a seguito della vicenda, il sindaco di Sant'Anastasia, nel dicembre del 2019, ha rassegnato, in carcere, le proprie dimissioni, con la conseguente nomina di un commissario prefettizio;

   quanto accaduto a Sant'Anastasia non sarebbe un caso isolato ma parte di un sistema ramificato volto ad alterare i risultati dei concorsi in molti comuni campani, tra i quali quelli di Cercola, Lettere, Pimonte, Somma Vesuviana, Cardito, Sarno, San Giuseppe Vesuviano;

   al comune di Pimonte, Lombardi figurava come segretario generale dell'ente per due procedure concorsuali (una per istruttore tecnico direttivo e l'altra per funzionario amministrativo), indette nel 2018, nelle quali, per quanto consta all'interrogante, comparivano alcuni commissari esterni delle commissioni valutatrici poi risultati coinvolti anche nell'ambito delle procedure di Sant'Anastasia;

   durante l'interrogatorio reso dinnanzi ai magistrati, lo stesso Lombardi avrebbe dichiarato che il sindaco (di Pimonte) gli disse che il concorso lo doveva vincere il nipote (risultato poi primo in graduatoria) e lo stesso primo cittadino doveva avere l'ultima parola su chi fosse idoneo e su chi no;

   con riguardo al comune di Lettere, l'imprenditore Montuori, avrebbe raccontato ai giudici di aver ricevuto una commessa diretta «propiziata» da due politici che, nei rispettivi comuni, sono attualmente in carica: un assessore di Cercola e uno di Somma Vesuviana;

   vistose e gravissime irregolarità si sono registrate con riguardo al comune di Cercola, ove si segnalano 3 diverse procedure, anch'esse al vaglio degli inquirenti, in cui è coinvolta la «Agenzia Selezioni e Concorsi» di Montuori;

   il comune, infatti, come da norma avrebbe consultato Formez e Mepa ai fini dell'individuazione di un soggetto per l'espletamento delle procedure concorsuali: tuttavia, a giudizio dell'interrogante le consultazioni sarebbero state effettuate in maniera del tutto impropria e non avrebbero restituito risultati idonei;

   per tali ragioni, il comune ha proceduto ad un affidamento diretto alla società di Montuori;

   inoltre, i commissari di concorso, nominati in maniera anomala, erano pressoché i medesimi coinvolti nelle altre procedure finite sotto inchiesta;

   nel corso degli interrogatori, Montuori ha dichiarato: «i concorsi banditi dal comune di Cercola venivano alterati da me nell'esito, tra essi, anche quello della nomina di Istruttore Direttivo di Vigilanza, categoria D. Ricordo che in quella sede fui avvicinato da un assessore del comune di Cercola, che mi chiedeva di agevolare alcuni soggetti direttamente segnalati dal Sindaco del Comune di Cercola»;

   le procedure presso il comune di Sant'Anastasia sono tutte state annullate conseguentemente agli sviluppi giudiziari, mentre sembrerebbe che, a quanto consta all'interrogante, nessuna delle altre procedure concorsuali sopra riportate sia stata invalidata, nonostante quelle che appaiono evidenti illegittimità e violazioni di legge, mentre alcuni dei vincitori sarebbero già stati assunti nella pubblica amministrazione –:

   se i Ministri interrogati intendano adottare iniziative, per quanto di competenza, per attivare i servizi ispettivi dell'Ispettorato per la funzione pubblica e della Ragioneria generale dello Stato, al fine di verificare la regolarità delle procedure concorsuali avvenute nei comuni citati in premessa, e degli atti e fatti ad esse correlati.
(3-01636)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DEIDDA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il comune di Quartu Sant'Elena, situato nell'ambito territoriale della città metropolitana di Cagliari, è il terzo comune della Sardegna per numero di abitanti e possiede un vastissimo territorio che si estende per oltre 96 chilometri quadrati, lungo 26 chilometri di coste;

   in particolare, al di fuori dell'agglomerato urbano, lungo la costa orientale, si sviluppa la frazione denominata «Flumini», costituita da un notevole numero di lottizzazioni, nonché di case sparse, inserite in un vastissimo territorio, con oltre 15.000 residenti, il cui numero, durante la stagione estiva, aumenta notevolmente, in ragione del rilevante flusso turistico che interessa la zona in esame;

   da diversi anni, nell'ambito della medesima frazione, l'Arma dei carabinieri prevede l'apertura di un presidio estivo, dipendente dalla compagnia dei carabinieri della medesima città, assolutamente necessario per la prevenzione degli episodi criminosi della zona, nonché per il disbrigo di pratiche e istanze provenienti dalla cittadinanza;

   da quel che si è potuto apprendere, per l'ormai avviata stagione estiva 2020, non è stata confermata l'apertura del medesimo presidio, nonostante che, negli anni, l'Arma dei carabinieri non abbia dovuto neppure affrontare i costi di locazione dell'immobile che, infatti, veniva regolarmente messo a disposizione dall'amministrazione comunale;

   la pubblica sicurezza deve essere garantita alle stesse condizioni e livelli su tutto il territorio nazionale, costituendo, del resto, un diritto fondamentale di ciascun cittadino, senza alcuna distinzione, prevalente su qualsivoglia ragione di contenimento della spesa pubblica e, peraltro, il numero di residenti della zona in questione, nonché la particolare estensione della medesima, richiederebbero l'apertura di un presidio stabile e non solo limitatamente alla sola stagione estiva –:

   se siano a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative intendano assumere al fine di consentire l'immediata conferma del presidio in questione, se del caso, valutando l'apertura per l'intera annualità e non solo limitatamente alla stagione estiva.
(4-06114)


   ZENNARO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   le ripetute operazioni delle forze dell'ordine hanno portato alla luce il grave fenomeno della microcriminalità e della criminalità organizzata di alcuni quartieri del comune di Pescara, un problema che sta causando un crescente inquinamento della realtà sociale ed economica di queste aree, con particolare riferimento all'esistenza di veri e propri clan che gestiscono e controllano lo spaccio della droga e l'usura nelle piazze abruzzesi e non solo, insieme alla concentrazione di centri scommesse che, per la maggior parte dei casi, fungono da punti di riciclaggio di denaro sporco;

   secondo un bilancio diffuso dalla prefettura di Pescara relativo alle attività svolte in particolare da polizia, carabinieri e guardia di finanza nel 2019, sono stati oltre cento gli arresti, altrettante le denunce e quasi mille le perquisizioni solo nel quartiere di Rancitelli, dove si stima un giro di affari per droga di oltre un milione di euro. Oltre a Rancitelli, sono diversi i quartieri e le zone problematiche della città, tra cui Fontanelle, San Donato, Via Rigopiano, Zanni, Borgo Marino e Piazza Grue;

   oltre a numerosi arresti e blitz, sono state emesse negli ultimi anni alcune misure interdittive ed è stata approvata la legge regionale 96 del 1996 sugli alloggi popolari che prevede lo sfratto per gli abusivi, per chi compie reati o utilizza l'alloggio per atti criminosi, legge che pone in capo al sindaco la possibilità di emanare i così detti provvedimenti di decadenza nei confronti degli occupanti. Ad oggi sono più di cento le case gestite dall'Ater di Pescara occupate abusivamente o senza titolo, che aumentano i rischi strutturali di sicurezza, rendendo impossibile la vita per gli abitanti onesti, con i conseguenti problemi di convivenza sociale e degrado –:

   se il Ministro interrogato ritenga necessario rafforzare le attività di competenza della prefettura di Pescara attraverso l'apporto di ulteriore personale che abbia esperienze e conoscenze specifiche nell'ambito di attività criminali, in modo da proseguire la «battaglia» per arginare e controllare quanto più possibile il fenomeno, garantendo ai pescaresi maggiore sicurezza e tranquillità nello svolgimento della vita quotidiana e continuando a lavorare sulle importantissime attività di prevenzione.
(4-06115)


   PRETTO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   nelle ultime settimane il territorio del Basso Vicentino è stato oggetto di numerosi episodi di criminalità, fra i quali si annoverano l'assalto ad un bancomat, il cui bottino è ancora in fase di quantificazione, furti in aziende e, infine, un furto in villa con l'avvelenamento di un cane;

   ha destato scalpore il furto di circa 500 capi di abbigliamento di alta moda pronti per le consegne del valore di circa 300 mila euro alla Pony Confezioni, di proprietà del presidente del mandamento di Noventa Vicentina di Confartigianato, Riccardo Antonio Barbato, furto avvenuto con un furgone, precedentemente rubato, della ditta Brunello Arredamenti che ha sede lì vicino;

   fatti cruenti che certamente devono far riflettere le istituzioni sul tema della sicurezza nel Basso Vicentino, più volte sollevato dai sindaci, con particolare riferimento all'insufficienza di personale e mezzi in dotazione alle forze dell'ordine, dal momento che le modalità con cui avvengono denotano la scarsità sul territorio delle attività di pattugliamento soprattutto di notte;

   da tempo, infatti, le amministrazioni locali dei comuni della provincia di Vicenza chiedono un aumento dell'organico dei carabinieri soprattutto per le caserme di Lonigo e di Noventa Vicentina, maggiori risorse per tutelare l'ordine pubblico di questo territorio e, soprattutto in questa fase dopo l'emergenza sanitaria da COVID-19, per sostenere la tanto auspicata ripresa economica della provincia con il suo imponente tessuto industriale e produttivo, che sembra essere diventato proprio il bersaglio preferito dai malviventi;

   servono uomini e mezzi sulle strade dei paesi e nelle aree industriali della zona e, in attesa dell'arrivo di nuovo personale, si potrebbe utilizzare il reparto prevenzione crimini della polizia di Stato, con sede a Padova, e la compagnia di intervento operativo dei carabinieri, con sede a Mestre, in supporto alla prefettura e alla questura di Vicenza in modo da avere immediatamente un maggior presidio sul territorio –:

   come si intenda procedere per garantire adeguati livelli di ordine e di sicurezza pubblica nel territorio del Basso Vicentino alla luce dell'acutizzarsi degli episodi criminali che si sono intensificati nelle ultime settimane, anche al fine di favorire la ripresa economica della zona, caratterizzata da un importante tessuto industriale e produttivo, eventualmente valutando la possibilità di far intervenire il reparto prevenzione crimini della polizia di Stato di Padova e la compagnia di intervento operativo dei carabinieri di Mestre come illustrato in premessa.
(4-06127)


   ZIELLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il sindaco di Pisa ha emesso una nuova ordinanza contingibile ed urgente, in vigore da lunedì 22 giugno 2020 con la quale ha prorogato le precedenti disposizioni già adottate nell'ordinanza dell'11 giugno 2020, che dispongono il divieto, fino al 31 luglio, di vendita da asporto di bevande alcoliche a partire dalle ore 21 in qualsiasi pubblico esercizio di somministrazione di alimenti e bevande, esercizio di vicinato, medie e grandi strutture di vendita di sostanze alimentari ed esercizio di artigianato alimentare all'interno della zona A, prevista dal «Regolamento per le attività economiche nel centro storico», nonché il previsto posticipo dell'orario di chiusura di tutte le attività all'interno della zona A, che dovrà avvenire entro le ore 1.00, nei giorni compresi dalla domenica al giovedì, ed entro le ore 1.30, il venerdì ed il sabato con il conseguente obbligo per le attività di sgomberare completamente e tempestivamente le pertinenze dei locali da tavolini e sedie;

   si tratta di misure condivisibili, volte a consentire alle attività commerciali di lavorare un po' di più dopo il lungo periodo di chiusura dovuto all'emergenza sanitaria da Covid-19, ma che andrebbero poi supportate da un pattugliamento serale e notturno del territorio cittadino da parte delle forze dell'ordine per evitare che i giovani, una volta chiusi i locali, comincino a girare indisturbati per il centro storico in stato di alterazione e procurandosi bevande alcoliche oltre l'orario consentito dai venditori abusivi;

   da notizie di stampa è emerso, infatti, che nella notte tra il 23 e il 24 giugno 2020 un cittadino senegalese è stato ferito alla testa in Piazza dei Cavalieri da un cittadino tunisino con una bottiglia e sono dovute intervenire le forze dell'ordine, allertate dall'ambulanza del 118 che ha soccorso il senegalese;

   sempre nella stessa notte, un gruppo di vandali aveva messo a soqquadro Piazza Cairoli; gli stessi sono stati poi identificati dalla polizia in quattro ragazzi pisani che hanno confessato –:

   se possa adottare iniziative di competenza tramite le autorità di pubblica sicurezza locali al fine di garantire una maggiore sicurezza urbana per non vanificare gli sforzi che faticosamente l'amministrazione comunale di Pisa sta facendo per garantire l'ordine e la sicurezza pubblica.
(4-06129)


   FORNARO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   in occasione della Festa della Repubblica del 2 giugno 2020 il prefetto di Venezia ha inviato, in data 26 maggio 2020, una missiva a tutti i sindaci della città metropolitana di Venezia, nella quale si affermava che le celebrazioni, a causa dell'emergenza da Covid-19, avrebbero dovuto tenersi in forma ristretta, «senza le Associazioni partigiane e combattentistiche»;

   tale circostanza ha impedito all'Anpi di essere presente in forma ufficiale nelle piazze dei comuni della città metropolitana di Venezia dove si sono tenute le celebrazioni per il 2 giugno;

   nel corso della stessa giornata sono state, però, autorizzate delle manifestazioni pubbliche di partiti dell'opposizione, come, per altro, la stessa piazza Ferretto a Mestre il 30 maggio 2020 è stata luogo di una contestazione dei «gilet arancioni»;

   risulta che altri prefetti della regione del Veneto (e d'Italia, escluso il prefetto di Monza, sulla base di quanto riporta l'Anpi), nell'inviare la nota in cui si raccomandava la stretta osservanza delle misure di sicurezza sanitaria per l'emergenza da Covid-19, non abbiano altresì previsto divieto esplicito alle associazioni partigiane e combattentistiche che, effettivamente, sono state regolarmente presenti in molte celebrazioni ufficiali in Veneto;

   non è comprensibile il perché di tale esplicito divieto, tanto più che in occasione del 25 aprile 2020 erano state autorizzate, nel rigido e doveroso rispetto dei protocolli di sicurezza, delegazioni ristrette a partecipare alle commemorazioni;

   dal sito web del Ministero della difesa era stato annunciato che: «Alla cerimonia in Piazza Venezia saranno presenti anche rappresentanze delle Associazioni Combattentistiche e d'Arma e del mondo della sanità»;

   come fatto in occasione del 25 aprile, si sarebbe potuta restringere la delegazione dell'Anpi ad un numero limitato di partecipanti, assicurando il rispetto dei protocolli di sicurezza per l'emergenza epidemiologica;

   non risulta che la nota del Ministero della difesa, richiamata dal signor prefetto di Venezia come fonte del divieto, prevedesse l'esclusione delle associazioni partigiane come riportato nella missiva del 26 maggio;

   il 2 giugno si celebra la festa della Repubblica, costruita grazie all'esperienza della Resistenza, di cui l'Anpi è erede e mai, fino ad ora, tale associazione è mancata nel riaffermare, con la sua presenza, le libertà democratiche e i valori costituzionali –:

   se sia stato previsto, da parte del Governo, un divieto esplicito all'Anpi e alle associazioni combattentistiche di partecipare in forma ufficiale alle celebrazioni della Festa della Repubblica del 2 giugno 2020;

   se la missiva del signor prefetto di Venezia sia coerente con le disposizioni del Governo nella parte in cui vieta esplicitamente la partecipazione delle associazioni partigiane e combattentistiche alla manifestazione.
(4-06130)


   ALESSANDRO PAGANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   diversi anni fa, a Roccamena, in un piccolo paese in provincia di Palermo, una donna ha presentato alla prefettura un esposto per un presunto caso di parentopoli allo Sprar, il centro d'accoglienza che da qualche anno accoglie una trentina di migranti tra i quali ci sono giovani donne e bambini;

   la donna, che abita nel paesino del palermitano, è vedova ed ha un figlio disoccupato che, in base ai titoli, è uno dei pochi nel paese a poter lavorare nello Sprar in quanto, a quanto consta dell'interrogante, è un mediatore interculturale;

   la signora D.P., esasperata, ha denunciato che all'interno dello Sprar venivano assunti soltanto parenti degli allora amministratori comunali, assessori e consiglieri, oltreché la moglie dell'ex comandante della stazione locale dei Carabinieri, chiedendo chiarimenti alle autorità locali di pubblica sicurezza sui criteri di assunzione in questo Sprar e segnalando alle istituzioni la situazione del figlio perché potessero dare qualche sostegno;

   per tutta risposta l'allora sindaco di Roccamena ha denunciato la signora D.P. per calunnia;

   è notizia di questi giorni che il pubblico ministero, Felice De Benedittis, ha chiesto l'archiviazione del caso spiegando puntualmente, con parole che non hanno nascosto anche un qualche imbarazzo, che non ci fossero gli estremi per l'accusa di calunnia –:

   se sia a conoscenza dei fatti illustrati in premessa e se possa chiarire, per quanto di competenza, cosa sia accaduto nella gestione dello Sprar in provincia di Palermo, anche con riferimento alla stazione locale dei Carabinieri e alla prefettura di Palermo, in relazione ai fatti denunciati in premessa.
(4-06134)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XI Commissione:


   GIANNONE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   sono migliaia i lavoratori che aspettano, oramai da più di due mesi, l'erogazione della cassa integrazione richiesta dalle aziende per contrastare la crisi economica causata dal Covid-19;

   tra questi vi sono dipendenti degli appalti ferroviari del Salento, che lavorano in società di pulizie a terra e a bordo treno, ristorazione, accompagnamento notte, logistica, pulizia stazioni e assistenza ai disabili, in particolare i dipendenti di Dussmann Service e Boni spa, che hanno diritto alla cassa integrazione ministeriale in deroga, e i lavoratori ferrotranvieri della ditta Tundo, che aspettano i versamenti del Fondo integrazione salariale (Fis). Senza ammortizzatori sociali l'occupazione di questo settore rischia un vero e proprio collasso;

   già la scorsa settimana istituzioni, rappresentanti delle forze dell'ordine, sindacati e organizzazioni datoriali del territorio, come riportano diversi articoli di stampa, si sono dati appuntamento per discutere delle conseguenze del mancato pagamento degli ammortizzatori dei prestiti alle imprese, con l'obiettivo di scongiurare il ricorso a canali di finanziamento illegali, evitando che si creino condizioni di disagio che possano favorire organizzazioni criminali e usurai. Sulle spalle di queste centinaia di lavoratori pugliesi gravano infatti impegni finanziari, mutui e il sostentamento delle rispettive famiglie;

   da notizie riportate dalla stampa sembra sia stato richiesto un intervento del prefetto di Lecce per sbloccare l'erogazione della cassa integrazione ai suddetti dipendenti –:

   se il Ministro interrogato sia stato informato dei fatti esposti in premessa al fine di adottare iniziative per garantire gli ammortizzatori sociali ai lavoratori.
(5-04243)


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'interrogante ritiene che il Ministro interrogato abbia delle gravi responsabilità rispetto alla gestione fallimentare di Anpal, ossia l'ente che dovrebbe svolgere interventi a sostegno delle fasce più deboli del mercato del lavoro, per favorire l'inserimento di lavoratori in cerca di prima occupazione e per ricollocare i disoccupati;

   l'Agenzia, ad oggi, si è rivelata un cosiddetto «carrozzone» pubblico dove si assegnano incarichi fiduciari lautamente retribuiti senza offrire i servizi dovuti;

   la situazione è addirittura peggiorata da quando Domenico Parisi ha assunto la presidenza di Anpal e, conseguentemente, il ruolo di amministratore unico di Anpal Servizi spa, su decisione dell'allora Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Luigi Di Maio;

   in un momento drammatico per l'Italia dal punto di vista dell'occupazione, l'Anpal non solo non offre i servizi che dovrebbe, ma sta subendo un danno all'immagine ed economico per l'ampio dossier su Parisi che comprova la sua disastrosa gestione e le esorbitanti spese non rendicontate. A ciò si aggiunge che il presidente dell'Anpal, a fronte delle accuse avanzate dai gruppi politici che ne hanno chiesto le dimissioni, si è difeso con una serie di dichiarazioni non veritiere sulla sua attività di gestione. Solo per citare un esempio, sui mega rimborsi spese, mai rendicontati, per almeno 160.000 euro, Parisi ha dichiarato di aver fornito tutta la documentazione utile alla direzione generale di Anpal. Invece, la direttrice generale di Anpal, Paola Nicastro, che da mesi gli chiede un resoconto delle spese, ha pubblicamente smentito queste dichiarazioni con una lettera inviata, anche a collegio dei revisori, Ministero del lavoro e delle politiche sociali e Ministero dell'economia e delle finanze, dove si legge: «Non è mai stata fornita la richiesta documentazione attinente i rimborsi sostenuti da Anpal. La invito, per il futuro, a volersi astenere dal diffondere notizie infondate e contrarie agli atti ufficiali dell'Amministrazione»;

   Parisi, tra l'altro, si è riconosciuto la possibilità di accedere agli importanti rimborsi scese con un regolamento redatto dallo stesso, che risulta essere sostanzialmente illegittimo anche per lo stesso Ministero del lavoro e delle politiche sociali, a quanto è dato sapere;

   al Ministro interrogato, in materia di politiche attive, spetta, tra l'altro, il potere di indirizzo e vigilanza sull'Anpal. Appare assurdo che in questi mesi il Ministro non abbia assunto alcun provvedimento utile finalizzato a rimuovere il presidente Parisi –:

   considerato il cattivo operato e la mancata vigilanza del Ministero rispetto ad Anpal, con le relative gravi conseguenze, se intenda, adottare iniziative per accorpare i servizi di Anpal al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
(5-04244)


   GRIBAUDO, SERRACCHIANI, CARLA CANTONE, LEPRI, MURA e VISCOMI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la Gkn è una multinazionale britannica che realizza componentistica per i settori automobilistico e aerospaziale; nel 2018 presentava un fatturato di 4,8 miliardi di sterline con 29.000 dipendenti e 54 stabilimenti nel mondo; nello stesso anno l'azienda è stata acquisita dal fondo finanziario Melrose, con l'obiettivo dichiarato di una ristrutturazione aziendale su scala internazionale;

   in Italia lo stabilimento Gkn Driveline spa di Campi Bisenzio (Firenze), produce semiassi per diverse case automobilistiche e occupa circa quattrocentoventi dipendenti fissi, più venti dipendenti in contratto di staff leasing;

   nel 2019 l'azienda è stata interessata da una vertenza sindacale a causa dell'intenzione di procedere a decine di esuberi; il 14 febbraio 2020, un incontro fra i vertici aziendali, la Rsu aziendale, i rappresentati del comune di Campi Bisenzio, della Fiom e di Confindustria Firenze, si è concluso con la sottoscrizione di un accordo che impegnava l'azienda a: garantire i livelli occupazionali; utilizzare lo staff leasing solo dopo un accordo con le Rsu, assorbire la manodopera in staff leasing presso l'azienda a tempo indeterminato con diritto di precedenza;

   con l'emergenza Covid-19, l'azienda ha sospeso le attività dal 16 marzo 2020 e ha attivato la cassa integrazione guadagni ordinaria e il trattamento di integrazione salariale per i lavoratori; per i venti dipendenti in staff leasing invece, l'azienda ha inviato il 26 marzo 2020 la disdetta del contratto commerciale con Apl Umana Spa, dandone convocazione tramite mail, senza aggiornare il tavolo regionale né convocando la Rsu; in questo modo i venti lavoratori il 26 maggio 2020 torneranno nella disponibilità dell'agenzia interinale, poiché le norme emanate dal Governo sulla sospensione dei licenziamenti non valgono per l'interruzione dei rapporti di staff leasing;

   il mantenimento del posto di lavoro presso l'agenzia interinale è soltanto formale e temporaneo, poiché data la crisi dovuta all'emergenza si troveranno nella concreta impossibilità di ritrovare un impiego nel settore dal quale sono stati espulsi;

   la decisione di Gkn risulta in contrasto con quanto stabilito dall'accordo sopra citato e desta preoccupazione sulle prospettive dello stabilimento e sul destino di tutti gli oltre 400 lavoratori, anche in vista della ripresa delle attività dopo la chiusura –:

   quali iniziative intenda adottare per estendere la disciplina relativa alla sospensione dei licenziamenti alla disdetta dei contratti di staff leasing, nonché per salvaguardare la tenuta occupazionale dello stabilimento Gkn di Campi Bisenzio e di tutto il comparto automotive dell'industria italiana, duramente colpito dall'emergenza Covid-19.
(5-04245)


   MURELLI, DURIGON, CAFFARATTO, CAPARVI, LEGNAIOLI, EVA LORENZONI, MINARDO e MOSCHIONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 17 giugno 2020 il Ministro Gualtieri ha dichiarato che non si può prorogare il blocco dei licenziamenti per tutti e prolungare la cassa integrazione per sempre;

   nel mentre il Governo, per sanare quello che appare agli interroganti un pasticcio in merito all'utilizzo delle settimane di cassa integrazione guadagni, creato con i due decreti economici, il cosiddetto Cura Italia ed il cosiddetto Rilancio e con la previsione delle 5+4 settimane, ha dovuto varare un provvedimento ad hoc, nonostante gli alert lanciati a più riprese dalla Lega in merito al rischio di esaurimento delle settimane previste per molte aziende;

   a parere degli interroganti, invece, sarebbe stato dovere del Governo garantire la copertura da ammortizzatore per tutto il 2020, prevedendo una procedura semplificata di attribuzione della cassa integrazione guadagni con causale COVID-19 che contempi:

    a) la presentazione di domanda telematica all'Inps con silenzio/assenso entro 48 ore;

    b) l'accordo sindacale nel mese successivo a quello di presentazione della domanda;

    c) retribuzioni anticipate dall'azienda ed erogate a normale scadenza, tramite anticipo bancario con copertura statale;

   la predetta ipotesi, si evidenzia, è stata adottata con successo in Francia, che riconosce la cosiddetta «chomage partiel», con diritto a ricevere il 70 per cento del salario netto – l'84 per cento al lordo delle tasse – pagato per due terzi dallo Stato e per un terzo dall'Unedic, Union nationale interprofessionnelle pour l'emploi dans l'industrie et le commerce, con riduzione dei termini per l'accettazione della pratica sulla base del silenzio-assenso 82 giorni invece di 15) ed una procedura semplificata di consultazione del Cse (Comité social économique);

   il non aver dato ascolto alle proposte della Lega ha comportato la situazione che più di 2 milioni di cittadini non hanno ancora ricevuto la cassa integrazione: i lavoratori beneficiari in totale sono stati 7 milioni e 700 mila e a 4 milioni i fondi sono stati anticipati dalle aziende, quindi l'Inps finora ha dato ristoro a poco più di 1 milione di cittadini –:

   se il Governo intenda adottare iniziative per semplificare e snellire ulteriormente le procedure per il riconoscimento della cassa integrazione a causa del Covid-19 come suggerito in premessa e quali misure siano allo studio a tutela dei livelli occupazionali, stanti le dichiarazioni di non voler proseguire con gli ammortizzatori sociali né prorogare il divieto di licenziamento.
(5-04246)


   BARZOTTI e INVIDIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nel corso della pandemia da COVID-19 milioni di italiani si sono trovati improvvisamente a lavorare in modalità agile;

   nello specifico, si stima che i lavoratori coinvolti siano stati circa 2 milioni nell'amministrazione pubblica e altrettanti nel privato;

   si tratta di una rivoluzione avvenuta senza preparazione, con i tempi stretti dettati dall'emergenza sanitaria;

   per favorire una modalità di lavoro finalizzata a limitare gli spostamenti e il rischio contagio, il governo ha previsto nei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri delle deroghe a quanto prevede la legge n. 81 del 2017 sul lavoro agile, confermate nel «decreto rilancio» fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19;

   è evidente che il lavoro agile rappresenta una leva strategica per l'innovazione sia nel settore privato sia nella pubblica amministrazione, valorizzando le opportunità offerte dagli strumenti tecnologici e dai nuovi processi di digitalizzazione per conseguire risultati di maggiore benessere organizzativo e di pari opportunità;

   tuttavia, questa modalità di lavoro porta con sé tutta una serie di rischi e vulnerabilità che attengono alla dimensione della persona e, in particolare, alla dignità sul luogo di lavoro;

   se è vero che lavorare in parte all'interno e in parte all'esterno dei locali aziendali permette ai soggetti interessati di godere di una maggiore flessibilità e di instaurare una dimensione lavorativa informata alla responsabilizzazione e alla fiducia, i rischi legati all'estrema pervasività delle nuove tecnologie non debbono essere sottovalutati, se si vuole evitare che l'innovazione tecnologica possa tradursi in un fattore di regressione della tutela dei diritti della persona;

   è ormai imprescindibile un intervento definitorio sul concetto generale del diritto di disconnessione che costituisce presupposto di fatto del diritto alla salute e del diritto alla privacy sul luogo di lavoro;

   contestualmente, non è più procrastinabile l'adozione di soluzioni condivise sulla prevenzione dei rischi relativi alla connettività del lavoratore e agli eccessi di essa, tenendo altresì conto del fatto che l'incessante evoluzione tecnologica preclude una netta distinzione tra strumenti di controllo e strumenti di lavoro;

   infine, è necessario che in questa fase di rilancio vengano incentivate strutture dove sia effettivamente possibile lavorare in mobilità e, più in generale, in modalità smart –:

   quali siano le iniziative in corso nonché quelle di medio e lungo periodo per promuovere una modalità di lavoro smart e, al contempo, per affrontare i rischi che il lavoro da remoto porta con sé.
(5-04247)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la Corte dei conti continua a pronunciarsi sulla corretta applicazione dell'articolo 54 in luogo dell'articolo 44 del testo unico n. 1092 del 1973 per il personale militare dello Stato;

   la questione riguarda la definizione dell'aliquota di rendimento per la determinazione della quota di pensione calcolata con le regole retributive, per gli assicurati che al 31 dicembre 1995 avevano meno di 18 anni di contributi e che, pertanto, risultano destinatari di un sistema di calcolo di tipo misto. Segnatamente, la questione coinvolge principalmente gli arruolati tra il 1981 e il 1983;

   un discorso a parte meritano gli appartenenti alle forze di polizia arruolati quali guardie di Ps fino al 25 giugno 1982;

   sono almeno tre gli orientamenti nei giudizi innanzi alla Corte dei conti;

   nonostante non sia ancora pacifico, sembrerebbe affermarsi sempre più un orientamento sfavorevole rispetto all'interpretazione data dall'Inps e più aderente al tenore letterale dell'articolo 54 per cui «la pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile»;

   il primo, meno favorevole per gli assicurati e da sempre seguito dall'Inps, sostiene che il militare che cessa il servizio con più di 20 anni di servizio utile abbia diritto ad una aliquota di rendimento del 2,33 per cento per ogni anno di servizio sino al 15° e dell'1,8 per cento dal 15° al 20°, come per il personale civile dello Stato (articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1973). Tale orientamento è condiviso solo da una parte della giurisprudenza della Corte dei conti;

   il secondo, prevalente e più volte confermato a partire dalla celebre sentenza n. 422 del 2018 della sezione giurisdizionale centrale d'appello della Corte dei conti, sostiene l'applicazione dell'aliquota del 44 per cento in corrispondenza dei 15 e 20 anni di servizio a prescindere dal servizio maturato al momento del congedo. Tale orientamento consentirebbe anche al personale cessato con 35 o 40 anni di servizio di ottenere l'aliquota di rendimento del 44 per cento se al 31 dicembre 1995 abbia raggiunto almeno 15 anni di servizio, con un evidente e significativo incremento della parte retributiva della pensione;

   c'è infine un terzo orientamento, minoritario e ancora più favorevole agli interessati, per cui il coefficiente di rendimento deve essere del 2,93 per cento l'anno e non del 2,33 per cento per ogni anno di servizio utile per i primi 15 anni, per poi calare tra il 15° ed il 20° anno. In tal caso i benefici sulla pensione si estenderebbero anche a coloro che al 31 dicembre 1995 avevano meno di 15 anni di servizio, dunque a tutti gli arruolati sino al '95, che possono cioè, vantare anzianità da valorizzare con il sistema retributivo;

   nei giudizi pensionistici l'Inps continua a perorare un orientamento favorevole all'istituto, ma molto spesso soccombente. Oltre agli oneri derivanti dal ricalcolo della pensione imposto dal giudice, con la conseguente liquidazione degli arretrati, l'Inps è tenuta a pagare anche le spese processuali derivanti dalla condanna;

   tale atteggiamento appare irragionevole a fronte di un orientamento sempre più prevalente e sarebbe altrettanto utile che l'istituto ripensasse il proprio orientamento al fine di non incorrere in eventuali responsabilità amministrative per danno all'erario –:

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito all'applicazione dell'articolo 54 in luogo dell'articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1973 per il personale militare dello Stato che al 31 dicembre 1995 aveva meno di 18 anni di contributi;

   se il Governo intenda fornire precise indicazioni all'Inps per l'abbandono dei giudizi in materia al fine di conseguire risparmi per le casse dello Stato, almeno in merito al pagamento delle spese processuali.
(4-06121)


   MUGNAI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   come apparso sulla stampa locale, l'azienda Usl Toscana centro ha deciso il licenziamento di un operatore sociosanitario, delegato Fp-Cisl di Firenze Prato, accusato di aver rilasciato un'intervista al Tg2. Nell'intervista andata in onda il 17 aprile 2020, una persona, in forma anonima, critica la gestione dell'emergenza Covid-19 nel nosocomio fiorentino, con affermazioni a giudizio della Ausl lesive del decoro e del prestigio aziendale;

   il segretario generale della Cisl Fp, Maurizio Petriccioli, in una nota stampa, riferendosi al licenziamento di un dirigente sindacale nell'Ausl Toscana centro, ha dichiarato: «Per l'Ausl Toscana centro è sufficiente un'intervista al TG2 per decidere di licenziare in tronco un sindacalista scomodo, dopo un'intervista anonima che aveva per oggetto la gestione dell'emergenza coronavirus all'ospedale San Giovanni di Dio di Torregalli. Un'azione vergognosa, antisindacale ed arbitraria, fondata esclusivamente sul sospetto, nonostante l'operatore socio-sanitario abbia più volte ribadito di non essere lui il soggetto intervistato»;

   la Cisl Toscana ha dichiarato in merito ai fatti sopracitati «Un atto di una gravità inaudita per il quale la Cisl non solo supporterà il lavoratore con tutti i mezzi possibili nella vertenza individuale per ottenere l'immediato reintegro, ma ha già presentato un ricorso davanti al Tribunale di Firenze per comportamento antisindacale ai sensi della legge 300/70. (...) La violazione della legge 300/70 appare lampante dalla frequenza e dalla natura delle reiterate contestazioni avanzate nei confronti del delegato Fp-Cisl e dai conseguenti procedimenti disciplinari avviati a stretto giro l'uno dall'altro. Una condotta antisindacale, lesiva anche dell'immagine del sindacato e tale da farlo apparire sostanzialmente privo di peso all'interno dell'Azienda, da ridurne l'autorevolezza e la credibilità e, di conseguenza, da compromettere la possibilità per lo stesso di svolgere materialmente e serenamente l'attività sindacale»;

   la segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan, ha dichiarato alla stampa che è «inaccettabile il licenziamento da parte della Asl Toscana di un nostro delegato sindacale della Fp Cisl di Firenze Prato, cui va la nostra solidarietà. L'azienda ritiri questo provvedimento immotivato nei confronti di chi rappresenta e difende i propri colleghi in prima linea in queste settimane contro il Covid» –:

   se il Governo fosse a conoscenza dei fatti sopradescritti e della decisione presa dalla Ausl Toscana centro;

   se si intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, per l'invio di ispettori del lavoro per verificare il rispetto delle norme in materia di diritti sindacali all'interno dell'azienda in questione, alla luce delle criticità evidenziate in premessa.
(4-06133)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta orale:


   VALLASCAS. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto dirigenziale del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali n. 7398 del 20 aprile 2020 «Campagna di pesca del tonno rosso – Anno 2020 – Disposizioni urgenti e specifiche per i settori circuizione (PS) e palangaro (LL)», all'articolo 2, è stata prevista la possibilità per gli armatori di imbarcazioni a palangaro, già autorizzate alla pesca del tonno rosso, di accedere a un ulteriore permesso da cedere ad altra imbarcazione previa rinunzia di parte del proprio contingente assegnato;

   il citato provvedimento assegna, per l'annualità 2020, cinque ulteriori permessi, di cui due per il settore circuizione e tre per il settore palangaro;

   secondo quanto è stato segnalato dalle associazioni di categoria, alla scadenza dei termini per la presentazione delle istanze, fissata per il 19 maggio 2020, sarebbero state inoltrate solo due richieste di accesso agli ulteriori permessi;

   sempre secondo quanto riferiscono le associazioni, il numero esiguo di istanze pervenute sarebbe da attribuire alla scarsa disponibilità da parte dei possessori di cedere, anche in parte, le proprie quote ad altri operatori, anche per effetto del ragguardevole valore di mercato raggiunto dalle stesse, nonostante negli ultimi sei anni il valore sia lievitato senza alcun costo da parte dei possessori «storici» di quote;

   è il caso di rilevare che non sarebbe la prima volta che le istruttorie per l'assegnazione di ulteriori permessi di pesca del tonno rosso abbiano avuto bisogno di un lungo iter – spesso oltre la scadenza dei termini previsti che sarebbero stati più volte prorogati – per completare le procedure con l'assegnazione di tutte i permessi previsti dal bando;

   a questo proposito è il caso di segnalare che l'anno scorso l'iter istruttorio per far accedere cinque nuovi palangari non avrebbe prodotto l'adesione di nessun armatore, nonostante la procedura fosse iniziata già nel 2018, con il decreto n. 19130 del 24 settembre 2018, con proroga al 31 dicembre 2018 (solo con il decreto di proroga n. 9204 del 3 giugno 2019, si è riusciti ad assegnare cinque nuovi permessi di pesca a palangaro);

   anche in considerazione del fatto che alla scadenza del 19 maggio 2020 sono pervenute appena due istante di assegnazione, è presumibile che le medesime criticità degli anni precedenti si possano ripresentare anche quest'anno;

   in questo senso, e coerentemente con quanto già disposto per le annualità precedenti, sarebbe necessario autorizzare una proroga dei termini per la presentazione delle istanze, con alcuni eventuali correttivi, anche per rendere efficaci i benefici del provvedimento, in parte vanificati, dai ritardi degli anni scorsi;

   in particolare, le novità introdotte dal Ministero, che prevedono il «travaso» di quota tra i tre diversi sistemi di pesca, circuizione (PS), tonnara fissa (TRAP) e palangari (LL), renderebbero plausibile e coerente con le disposizioni in materia la cessione di quote anche da sistemi di pesca differenti dal palangaro, come la circuizione e la tonnara fissa;

   questa previsione consentirebbe alle tonnare fisse, ad esempio, di realizzare una filiera di qualità che coinvolgerebbe operatori della pesca, della ristorazione, dell'industria conserviera, valorizzando il prodotto fresco e le tradizioni locali ed estendendo l'orizzonte temporale delle produzioni a tutto l'anno, ben oltre, quindi, il canonico periodo di pesca delle tonnare, limitato al mese di maggio;

   secondo le organizzazioni di categoria, questo risultato si potrebbe ottenere con la cessione di una quota minima (ad esempio, dieci su 340 tonnellate a disposizione delle tonnare fisse, suddivise su non più di due imbarcazioni) –:

   se non ritenga opportuno, nell'ambito delle proprie competenze, valutare iniziative volte a prorogare la scadenza dei termini di presentazione delle istanze, di cui al decreto dirigenziale del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali n. 7398 del 20 aprile 2020, estendendo l'accesso ai permessi, con successiva cessione di quote, anche agli operatori dei sistemi di pesca differenti dal palangaro, come la circuizione e la tonnara fissa.
(3-01635)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da un articolo pubblicato su Il Corriere delle Alpi del 22 giugno 2020 si apprende che, nella serata di sabato 20 giugno 2020, una donna di 28 anni, all'ottavo mese di gravidanza stata trasferita in ambulanza da un comune del Comelico all'Ospedale San Martino di Belluno, in seguito ad un distacco della placenta;

   a causa dell'impossibilità di una presa in carico da parte del più vicino ospedale di Pieve di Cadore che, da diversi anni, di fatto, non ha più un punto nascite della contestuale indisponibilità dell'elisoccorso perché impegnato in altra missione, la donna è stata costretta ad affrontare un viaggio in ambulanza della durata di un'ora, lungo un tragitto impegnativo e rischioso per la salute, sia della donna che del nascituro;

   giunta all'ospedale di San Martino di Belluno, la donna è stata sottoposta ad un taglio cesareo d'urgenza e il neonato, Sebastian, è stato trasferito alla terapia intensiva dell'ospedale di Padova;

   a parere dell'interrogante tale vicenda dimostra come il diritto alla salute non venga pienamente garantito e tutelato a causa di una evidente insufficienza nell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza nel territorio del Cadore;

   in particolare, a Pieve di Cadore, il punto nascite è sospeso e sprovvisto della reperibilità ginecologica dalle ore 15.00 del venerdì alle ore 8.00 del lunedì e manca la chirurgia h 24, indispensabile per qualsiasi emergenza;

   a parere dell'interrogante, dopo anni di tagli ai servizi nella sanità pubblica, non è più rinviabile un intervento che garantisca quantomeno il pieno adempimento dei livelli essenziali di assistenza a favore dei comuni più periferici, i cui cittadini sono costretti a lunghi spostamenti per poter accedere alle cure e che, in situazioni di emergenza, può determinare seri pericoli per la salute, specialmente quando il fattore tempo diventa una variabile determinante come nella chirurgia d'urgenza;

   quella che in chirurgia d'urgenza viene chiamata «golden hour», ovvero quel periodo di tempo durante il quale vi è la più alta probabilità che un pronto trattamento medico possa evitare la morte, non viene rispettata –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare, anche alla luce di quanto esposto in premessa, al fine di monitorare il rispetto dei livelli essenziali di assistenza, favorendo il potenziamento delle strutture ospedaliere presenti nei comuni del Comelico così da poter evitare situazioni di emergenza e disagio come quella descritta in premessa.
(4-06120)

SUD E COESIONE TERRITORIALE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro per il sud e la coesione territoriale, per sapere – premesso che:

   il 30 aprile 2016 il Presidente del Consiglio dei ministri e il sindaco di Palermo hanno stipulato il Patto per lo sviluppo della città di Palermo; al suo interno sono previsti gli interventi sulla circonvallazione di Palermo con codice PAPA01 e PAPA02 relativi rispettivamente alla costruzione dei ponti laterali sul fiume Oreto e ai lavori di realizzazione dello svincolo Perpignano;

   entrambi gli interventi, attesi da anni, rivestono carattere di straordinaria e prioritaria urgenza, come testimoniato dallo stato di salute del Ponte Corleone e da incidenti stradali, anche mortali, causati dall'attraversamento pedonale di viale Regione Siciliana;

   sulla base delle informazioni presenti ad oggi sul portale del comune di Palermo, per l'intervento PAPA01 risulta in aggiudicazione la gara per la revisione del progetto (con scadenza per la presentazione delle offerte il 17 maggio 2019), mentre per l'intervento PAPA02 risulta in aggiudicazione la gara per la redazione del progetto definitivo ed esecutivo (con scadenza per la presentazione delle offerte il 5 aprile 2019);

   per l'intervento PAPA01 è previsto dal Patto per Palermo un finanziamento di 17 milioni di euro di cui 5,34 con risorse FSC 14-20 e 11,66 con risorse ex Agensud, mentre per il PAPA02 il finanziamento previsto è di circa 34,1 milioni di euro di cui 4,66 con risorse FSC 14-20, 28,7 con risorse ex Agensud e poco meno di 800.000 euro con risorse proprie del comune;

   sin dal momento della stipula del Patto è stata manifestata profonda incertezza sulla disponibilità delle risorse ex Agensud (oltre 40 milioni di euro sui 51 complessivi), come testimoniato da diversi atti tra cui la delibera di giunta comunale n. 196 del 19 ottobre 2017 – e la nota del comune di Palermo al Ministero del 31 ottobre 2016 – e in linea con quanto emerso dalle interlocuzioni dell'interpellante con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e con l'Agenzia per la coesione –:

   se intenda adottare le iniziative di competenza per reperire, mediante risorse del fondo sviluppo e coesione, gli oltre 40 milioni di euro ad oggi necessari per la realizzazione degli interventi di realizzazione dei ponti laterali del ponte Corleone (propedeutici al suo recupero strutturale) e dello svincolo Perpignano sulla circonvallazione di Palermo.
(2-00842) «Varrica».

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

X Commissione:


   ALEMANNO, SUT, MASI, GAGNARLI, BERARDINI, CARABETTA, FANTINATI, GIARRIZZO, PAPIRO, PAXIA, PERCONTI, RIZZONE, SCANU e VALLASCAS. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il comparto della ristorazione collettiva, commerciale e delle mense e dei pubblici esercizi è fra i più colpiti dalla crisi economica connessa all'applicazione delle necessarie misure per contenere la diffusione del Covid-19;

   l'emergenza sanitaria che ha investito il Paese richiede un collettivo atto di responsabilità per tutelare la salute pubblica e, al contempo, assistere lavoratori e aziende in difficoltà del comparto citato, strategico per l'economia del Paese;

   sulle modalità per dare tempestiva risposta alle istanze provenienti dal settore è stato convocato il 29 maggio 2020 un tavolo in videoconferenza con il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, e le rappresentanze imprenditoriali di settore e dei sindacati di categoria Cgil Cisl Uil;

   è stata registrata, in tale sede, una convergenza tra i soggetti presenti al tavolo sulla necessità di ricondurre – anche in un'ottica post-emergenza Covid-19 – il comparto strategico della ristorazione e dei pubblici esercizi (che conta 400 mila imprese e circa 2 milioni di addetti) nella filiera turistica, con riferimento all'accesso al credito nonché ad altre misure di sostegno –:

   se il Ministro interrogato intenda illustrare le iniziative di competenza in merito alla situazione emergenziale e post emergenziale in cui si trovano i settori della ristorazione collettiva, commerciale e delle mense e dei pubblici esercizi e fornire i tempi di realizzazione delle stesse.
(5-04231)


   BENAMATI, NARDI, BONOMO, LACARRA, GAVINO MANCA e ZARDINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   con l'emergenza Coronavirus si sono fermate diverse aziende produttrici, soprattutto nel Nord, e molte delle grandi filiere di consumo dell'acciaio, dall'automotive alle costruzioni;

   oggi più che mai è necessario rilanciare il comparto dell'acciaio, anche per difendere questo settore strategico per la manifattura nazionale da quei Paesi che hanno continuato a lavorare durante il nostro arresto e che potrebbero sfruttare il vantaggio ottenuto;

   quella italiana è la seconda siderurgia europea, prima nell'uso del forno elettrico e nel recupero del rottame, con 200.000 dipendenti diretti e indiretti, 40 miliardi di fatturato di cui oltre un terzo diretto alle esportazioni, con imprese, tantissime italiane, che sostengono prodotto interno lordo e occupazione;

   è evidente che per l'Italia, l'impianto Ilva di Taranto, il più grande stabilimento siderurgico d'Europa, rimane strategico; sin dal commissariamento ci si è battuti per far sì che la produzione rimanesse in loco, convinti che si può produrre rispettando l'ambiente e la salute delle persone;

   lo sforzo che Governo e Parlamento hanno posto in essere, sia prima dell'epidemia da Covid-19 sia adesso, con l'impegno di forti risorse per assicurare continuità a occupazione e produzione, e con una serie di provvedimenti, dalla disciplina sugli energivori (per la quale si auspica che venga presto portata a termine la procedura per l'attuazione delle misure per il gas), agli interconnettori, all'interrompibilità, senza dimenticarsi di tutto il tema degli ammortizzatori sociali, è risultato determinante ma ancora non risolutivo per il sostegno e rilancio del settore dell'acciaio;

   la nuova proposta inerente ad un ulteriore rallentamento della ripresa della produzione nello stabilimento di Taranto presentata da ArcelorMittal nei giorni scorsi ha messo in dubbio il rispetto degli accordi e si accompagna inoltre all'assenza di impegni concreti e misurabili, sia nella tempistica che nella disponibilità di risorse, relativamente agli investimenti per l'ammodernamento impiantistico e l'ambientalizzazione dello stabilimento;

   la produzione di acciaio sarà nei prossimi mesi uno dei settori che contribuirà maggiormente al rilancio della capacità produttiva nazionale, dopo la violenta crisi, un asset fondamentale a cui il sistema Italia non può rinunciare –:

   quale sia lo stato della situazione e quali siano le iniziative che il Ministro interrogato intende adottare per lo stabilimento ex-Ilva di Taranto, anche alla luce dei rapporti con ArcelorMittal, e come intenda nel dettaglio delineare una strategia complessiva per la siderurgia italiana, elemento portante della futura ripresa di questo Paese.
(5-04232)


   DARA, ANDREUZZA, BINELLI, COLLA, GALLI, GUIDESI, PETTAZZI, PIASTRA e SALTAMARTINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la Corneliani, azienda del settore della moda e dell'abbigliamento maschile di lusso con sedi a Mantova e Milano e filiali negli Usa e in Cina, controllata al 51 per cento dal fondo londinese Investcorp e per il resto dalla famiglia Corneliani, il 3 maggio 2020 ha deliberato l'aumento di capitale di 5,5 milioni di euro sottoscritto solo da Investcorp tramite Sarti Holdings. In quell'occasione, su richiesta del Fondo, l'assemblea dei soci ha conferito un mandato all'organo amministrativo per la collocazione dell'aumento di capitale eventualmente inoptato presso eventuali terzi che ne facessero richiesta aprendo così all'ingresso di nuovi soci;

   il 16 giugno 2020 l'Azienda ha depositato in tribunale la domanda di ammissione alla procedura di concordato in bianco per il quale è prevista l'adozione di un piano di ristrutturazione entro 120 giorni, tempo insufficiente a detta delle rappresentanze sindacali della Corneliani per riavviare la produzione, soprattutto ove non fossero previsti ulteriori ammortizzatori sociali necessari a garantire liquidità all'azienda;

   sarebbe sufficiente in questo delicato momento di crisi permettere all'azienda di ultimare la collezione autunno-inverno, per assicurarne la presenza sul mercato nei prossimi mesi, e predisporre in questo ulteriore intervallo di tempo un efficace piano di rilancio del brand Corneliani favorendone la competitività attraverso un processo di modernizzazione e trasformando la storica sede produttiva di Mantova in un polo di eccellenza della manifattura tessile d'alta gamma;

   in un momento di grave emergenza economica come quello che si sta vivendo non si può neppure pensare di rinunciare ad un marchio come quello della Corneliani, da sempre strategico non solo per la produzione manifatturiera mantovana ma per l'intera filiera tessile made in Italy;

   occorre pertanto individuare al più presto delle misure che consentano nell'immediato la ripresa della produzione e che accompagnino l'azienda Corneliani in un percorso di innovazione che la renda più vicina alle esigenze della clientela, anticipando le nuove necessità determinate dall'evoluzione del mercato e proteggendo al tempo stesso le competenze artigianali e sartoriali specializzate del territorio mantovano –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare per supportare la Corneliani in questa delicata fase, al fine di ritirare la domanda di concordato e riavviare la produzione per tutelare un brand prestigioso, da sempre sinonimo di altissima qualità sartoriale ed eccellenza del made in Italy e quelle professionalità artigianali specializzate che rappresentano una ricchezza per tutto il territorio mantovano.
(5-04233)


   TORROMINO, BARELLI e SQUERI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   per le imprese ad alta intensità energetica operanti in Italia l'incidenza del costo di elettricità e gas sul prodotto finale è elevatissima, in quanto i relativi prezzi sono tra i più elevati in Europa. In Italia la generazione elettrica avviene principalmente utilizzando gas naturale, meno inquinante, ma più costoso rispetto ad altri combustibili. La Germania ha una generazione per il 35 per cento da carbone e l'11 per cento da nucleare, la Francia, per l'85 per cento dal nucleare. È il motivo per cui in Italia sono state adottate politiche mirate a ridurre il prezzo dell'energia;

   l'articolo 32 della legge n. 99 del 2009 ha introdotto uno sgravio sui costi di approvvigionamento di energia elettrica per i grandi consumatori di energia, mediante la disciplina dei cosiddetti «interconnector virtuali». Gli sgravi vengono collegati alla realizzazione del mercato elettrico unico; i soggetti che ne beneficiano si sono impegnati al finanziamento di nuove linee di interconnessione elettrica con altri Paesi europei. Fermo restando l'obbligo di completare le linee, il vantaggio dato all'interconnector è previsto che termini al 31 dicembre 2021;

   il servizio di interrompibilità dei carichi elettrici è da oltre vent'anni uno strumento essenziale per la sicurezza del sistema elettrico. Le aziende che forniscono questo servizio vengono remunerate per la disponibilità ad interrompere le proprie produzioni, rendendo disponibile l'energia non prelevata per la salvaguardia del sistema elettrico nazionale. L'attuale contratto triennale con Terna terminerà al 31 dicembre 2020;

   quanto agli «energivori», il decreto attuativo dell'articolo 39 del decreto-legge n. 83 del 2012, prevede una favorevole attribuzione degli oneri generali di sistema elettrico ai soggetti energy intensive. Il nuovo concetto di impresa energivora non è più correlato alla quantità di energia consumata, ma all'incidenza del costo energetico sul fatturato. Si tratta di un elenco al momento chiuso. Da più parti si richiede che i termini per l'accesso siano riaperti;

   la direttiva n. 2009/29/CE, prevede l'adozione di un meccanismo di compensazione dei costi CO2 indiretti per i comparti ad alta intensità energetica, la cui adozione è a discrezione degli Stati. Solo con il decreto-legge n. 101 del 2019, è stato istituito il «Fondo per la transizione energetica nel settore industriale». Non è seguita alcuna misura attuativa e, diversamente dagli altri Stati, l'accesso al Fondo è subordinato ad investimenti in ambito di efficienza energetica –:

   quali siano gli intendimenti del Ministro interrogato in merito all'implementazione delle misure individuate in premessa.
(5-04234)


   BALDINI e ZUCCONI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   attualmente sussiste uno scenario di criticità per circa 300 imprese che detengono concessioni di pertinenza demaniali marittime, condizionate dalla rideterminazione dei canoni pertinenziali, a decorrere dal 1° gennaio 2007 basata sull'applicazione dei valori Omi (Osservatorio mobiliare italiano);

   negli ultimi mesi a tal riguardo è intervenuto anche il cosiddetto decreto milleproroghe, che ha previsto la sospensione fino al 30 settembre 2020 del pagamento dei canoni non ancora corrisposti alla data del 1° gennaio 2020 per le concessioni di pertinenze demaniali marittime con finalità turistico-ricreative e per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto; al momento, l'urgenza è quella di contenere il contenzioso in sede amministrativa e giudiziaria correlato al pagamento dei relativi canoni a seguito dell'applicazione dei nuovi canoni introdotti dalla legge n. 296 del 2006 il cui incremento in taluni casi, di oltre il 350 per cento, ha contribuito a maturare un notevole debito in capo alle citate imprese, spesso insostenibile tanto da condurre le amministrazioni concedenti ad avviare procedure di decadenza e revoca delle concessioni;

   sebbene il legislatore abbia inteso procedere con la sterilizzazione temporanea del debito, nei fatti le difficoltà afferenti al comparto continuano a sussistere considerando che l'elemento di maggiore criticità del comparto si colloca nell'insostenibilità dei canoni demaniali e nell'impossibilità di prosieguo delle attività economiche delle imprese, segnatamente alla vigilia della stagione turistica;

   si evidenzia che lo scenario testé descritto rischia seriamente di minare la tenuta economica delle imprese, in ragione dell'insostenibilità dei costi, maturati alla luce dell'incremento dei debiti;

   pertanto il rischio di chiusura o fallimento delle stesse appare verosimile con gli inevitabili riverberi in termini occupazionali e di compromissione delle potenzialità turistico-ricreative del territorio nazionale;

   nell'ambito dell'esame del suindicato decreto milleproroghe il Governo ha accolto un ordine del giorno della prima firmataria del presente atto con il quale si impegna a riaprire i termini della definizione agevolata dei debiti delle imprese in questione, nelle more del riordino complessivo della materia afferente alla configurazione dei canoni delle concessioni demaniali –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di salvaguardare il prosieguo delle attività del comparto produttivo, anche con riguardo alla tenuta dei livelli occupazionali delle centinaia di imprese del settore, segnatamente in un periodo complesso come quello in atto.
(5-04235)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CENNI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   moltissime attività commerciali hanno interrotto la loro attività a causa dell'emergenza sanitaria nei mesi di marzo, aprile e maggio 2020;

   nonostante il lockdown sia terminato, molti esercenti, oltre al danno subito a causa dei mancati introiti registrati durante la pandemia, hanno ancora oggi gravissime difficoltà dovute in particolar modo alla mancanza di clientela ed alle necessarie misure precauzionali per il contenimento del contagio;

   per prassi diffusa, le attività commerciali riforniscono i magazzini con la merce della stagione primavera-estate entro il mese di febbraio, rilasciando ai fornitori titoli di credito con scadenza nei mesi successivi (da marzo a ottobre). Tali titoli normalmente, con gli incassi della stagione, vengono onorati alle rispettive scadenze;

   a causa della difficile situazione determinata dall'emergenza sanitaria moltissime attività commerciali in questa stagione non saranno in grado di far fronte ai propri impegni al 100 per cento ed alle scadenze prestabilite ed, in particolare, al pagamento dei titoli di credito a suo tempo rilasciati ai fornitori;

   l'articolo 11 del cosiddetto decreto Liquidità (decreto-legge n. 23 del 2020 convertito dalla legge n. 40 del 2020) prevede la sospensione dei protesti di titoli di credito fino al 31 agosto 2020;

   l'articolo 11 sopracitato prevede comunque la sospensione dei termini e non invece la non protestabilità «tout court» dei titoli di credito;

   tale disposizione, pur utile e necessaria quale misura temporanea, consente solo una proroga ed un allontanamento nel tempo della elevazione del protesto, ma non lo scongiura e non lo evita;

   potrebbero essere quindi molte le attività economiche commerciali, se non ci saranno ulteriori ed efficaci provvedimenti, che non potranno evitare il protesto dei titoli di credito per i motivi sopra evidenziati, con la conseguenza inevitabile di chiusure forzate e massive;

   in ogni caso, l'auspicabile non protestabilità dei titoli di credito nulla toglie al diritto di credito dei beneficiari, restando gli stessi titolari del relativo diritto, derivante dalla consegna delle merci e dalle fatture emesse –:

   se il Governo non ritenga opportuno adottare iniziative per prorogare, almeno per alcune categorie di esercizi commerciali che rientrino in determinati parametri di evidente insolvenza e nel pieno rispetto dei diritti dei beneficiari, la non protestabilità dei titoli di credito prevista ad oggi dall'articolo 11 del decreto-legge «Liquidità» fino al 31 agosto 2020.
(5-04222)


   PATASSINI, COLLA e DARA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   con decreto del Ministro dello sviluppo economico del 12 febbraio 2019 sono state approvate le «Nuove modalità di valutazione delle imprese ai fini dell'accesso al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese e articolazione delle misure di garanzia» di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662;

   in particolare, la Parte II del citato provvedimento, nell'individuare le «Modalità d'intervento del fondo e requisiti di ammissibilità», ha previsto al paragrafo B.1.4, lettera f) che per accedere al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese i soggetti beneficiari finali non devono aver usufruito della garanzia su altre operazioni finanziarie per le quali è già stato concesso il prolungamento della durata dell'operazione a causa del loro stato di temporanea difficoltà (Parte VI, paragrafo D);

   il cosiddetto decreto liquidità prevede numerose deroghe – fino al 31 dicembre 2020 – alla vigente disciplina di accesso al Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese, ma tra queste nulla è previsto per le imprese che, a causa di una temporanea carenza di liquidità, hanno ottenuto il prolungamento di un precedente finanziamento;

   a riprova di quanto esposto sono stati segnalati molti casi di diniego della domanda di accesso al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese ai sensi della Parte II, paragrafo B.1.4, lettera f), delle disposizioni operative e tale orientamento, confermato anche dal team di assistenza del Fondo di garanzia presso il Ministero dello sviluppo economico, appare per molti versi in contrasto con la ratio delle norme da poco approvate: risulta infatti quantomeno contraddittorio che, nei casi di accertata crisi di liquidità dell'impresa richiedente la garanzia del Fondo Pmi, si preveda una deroga alla normativa generale che viene invece negata ove, per una difficoltà giudicata temporanea dallo stesso soggetto finanziatore, sia stato accordato un prolungamento della garanzia concessa;

   occorre pertanto rafforzare la disciplina al fine di ricomprendere nel perimetro delle agevolazioni anche le imprese che hanno già ottenuto il prolungamento della garanzia, così da sostenere finanziariamente importanti tasselli del tessuto produttivo in temporanea crisi di liquidità ed evitare asimmetrie pericolose per la tutela del lavoro e dell'economia –:

   se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non intenda adottare iniziative per chiarire in via interpretativa che l'articolo 13 del «decreto liquidità» può applicarsi anche ai casi previsti dalla Parte VI, paragrafo D, delle disposizioni operative sull'accesso al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese.
(5-04223)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   a causa dell'emergenza sanitaria epidemiologica la società Poste Italiane spa aveva riorganizzato e limitato l'apertura degli uffici postali su tutto il territorio nazionale, al fine di evitare l'assembramento all'interno delle sedi e garantire la massima sicurezza dei propri dipendenti;

   la società, superata la «fase uno», avrebbe provveduto a riaprire in regione Campania i propri uffici e, nel dettaglio, le sedi operative sarebbero pari al 91 per cento in provincia di Napoli, al 99 per cento ad Avellino e Benevento e al 93 per cento a Caserta e Salerno;

   si apprende da organi di stampa che, nonostante la rimodulazione avviata di recente, alcune filiali sarebbero rimaste chiuse e tra queste vi sarebbe quella ubicata nella frazione di Pregiato a Cava de' Tirreni, in provincia di Salerno, in relazione alla quale rappresentanti politici locali avrebbero sollecitato la riapertura;

   siffatta circostanza avrebbe determinato un grande disagio non solo per i cittadini della frazione ma per l'intera cittadina metelliana, in quanto la chiusura di una filiale importante, sebbene periferica, avrebbe comportato maggiore affluenza presso la sede principale di Poste Italiane, sita nel cuore del centro storico della città, in via Andrea Sorrentino, dove usualmente già confluisce la maggior parte dell'utenza;

   tali evenienze avrebbero, sin da subito, suscitato la protesta dei cittadini residenti nella zona preoccupati anche della possibilità, paventata da tempo, che l'ufficio sia spostato in altra sede fuori dalla frazione di Pregiato, creando ulteriori disagi per i residenti, molti dei quali anziani;

   siffatte ragioni sarebbero alla base di una raccolta firme avviata dal consigliere provinciale e comunale Clelia Ferrara che da diverso tempo solleverebbe rimostranze in ordine alla chiusura della filiale sita nella frazione di Pregiato, in relazione alle quali non avrebbe ricevuto alcuna risposta concreta;

   non vi è dubbio che la perpetrata chiusura dell'ufficio de quo e l'eventuale dislocazione del medesimo provocherebbero, come di fatto sta accadendo, un effettivo disservizio con molti disagi per i residenti della zona, in particolare per le persone più anziane che avrebbero certamente difficoltà a raggiungere le altre filiali;

   il servizio postale universale, come noto, rappresenta un servizio di pubblica utilità ed in quanto tale, la società affidataria Poste Italiane spa, sottoposta al controllo del Ministero dell'economia e delle finanze e la cui attività è regolata da un contratto di programma sottoscritto con il Ministero dello sviluppo economico, dovrebbe garantirne la fruizione in maniera omogenea su tutto il territorio interessato evitando chiusure che limitano gravemente l'efficienza del servizio –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare affinché la società Poste Italiane spa riapra la filiale sita nella frazione di Pregiato di Cava de' Tirreni e per evitare che la stessa possa essere definitivamente chiusa per l'eventuale spostamento della sede, al fine di garantire un servizio omogeneo ed efficiente su tutto il territorio di interesse.
(4-06113)


   GOLINELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il quotidiano Il Sole 24 Ore, il 16 maggio 2020, ha pubblicato un articolo nel quale si evidenzia l'incessante dibattito alimentato negli ultimi tempi dalle verifiche operate dall'Agenzia delle entrate circa la possibilità di usufruire del credito d'imposta per ricerca e sviluppo di cui all'articolo 3 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9;

   la sopracitata disposizione ha, infatti, introdotto un incentivo fiscale rivolto alle imprese che svolgono attività di ricerca fondamentale, di ricerca industriale e sviluppo sperimentale in campo scientifico o tecnologico, come definite, rispettivamente, alle lettere m), q) e j), punto 15, paragrafo 1.3 della comunicazione della Commissione europea (2014/C 198/01) del 27 giugno 2014, concernente la disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione; a seguito della rigida interpretazione fornita dalla circolare dell'Agenzia delle entrate del 16 marzo 2016, n. 5, a parere dell'interrogante, emerge la problematica attinente alla restituzione delle somme fruite in contestazione;

   si considera, infatti, che la maggioranza delle contestazioni ha riguardato l'eleggibilità dei costi sostenuti per carenza del carattere innovativo dell'attività di ricerca e sviluppo e degli ulteriori requisiti previsti e che la suddetta interpretazione restrittiva sulle tipologie di attività di ricerca e sviluppo agevolabili sia stata operata da un ente tecnicamente inidoneo ad una siffatta valutazione di merito;

   si evidenzia, pertanto, la possibilità di importanti ricadute sanzionatorie per i contribuenti, dal momento che l'amministrazione finanziaria ha ritenuto di dover elevare la sanzione per indebita compensazione di crediti d'imposta considerati inesistenti e che tale circostanza potrebbe avere effetti ancor più negativi proprio nell'attuale situazione di crisi economica determinata dal COVID-19; in particolare, se la sanzione per utilizzo del credito d'imposta non spettante è pari al 30 per cento del credito medesimo, per il credito inesistente la sanzione comporta il pagamento di un importo dal 100 per cento al 200 per cento del credito indebitamente compensato, con impossibilità di accedere alla definizione agevolata, contrariamente alla ratio dell'articolo 13, comma 5, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, in base al quale l'indebita compensazione di crediti inesistenti dovrebbe riferirsi esclusivamente alle fattispecie in cui ricorra un comportamento fraudolento da parte del contribuente, come nel caso in cui venga allestito un apparato contabile ed extracontabile per documentare attività di ricerca e sviluppo che, in realtà, non sono mai state svolte –:

   se i Ministri interrogati intendano chiarire gli aspetti di cui in premessa, in considerazione delle incertezze interpretative che hanno caratterizzato la disciplina fino al periodo d'imposta 2018, e se non ritengano opportuno optare per un «fisco amico» in questo particolare periodo di grave carenza di liquidità per le imprese, anche adottando iniziative per prevedere la possibilità di restituzione rateizzata del credito, senza sanzioni e/o interessi, annullando avvisi o accertamenti in corso e chiudendo così ogni contenzioso pendente.
(4-06118)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta orale Melicchio e altri n. 3-01633, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 giugno 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Tucci.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Ciaburro e altri n. 5-04207, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 giugno 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Caretta.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato dell'interrogazione a risposta scritta Pezzopane n. 4-06059, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 358 del 17 giugno 2020.

   PEZZOPANE. – Al Ministro della salute. – Per sapere – premesso che:

   ad ogni «nuovo» focolaio c'è una immediata caccia all'«untore» e, ultimamente, più volte i giovani medici sono stati additati di trasmettere il virus, salvo poi essere smentiti da indagini epidemiologiche adeguate;

   i medici in formazione specialistica e i corsisti di medicina generale fin da subito sono rimasti a disposizione nel rispetto delle direttive adottate e hanno fornito in prima linea, parimenti al personale di ruolo, la propria opera per garantire la salute nel nostro territorio;

   nella Asl 1 della regione Abruzzo, esclusivamente gli operatori sanitari che sono entrati in diretto contatto con pazienti accertati Covid-19 positivi hanno beneficiato di un approfondimento sul proprio stato di salute e, sono stati sottoposti ad esami strumentali;

   nella Asl 1 della regione Abruzzo tutti i pazienti che ad oggi entrano negli ospedali per cure differibili o interventi chirurgici in elezione sono sottoposti ad esami strumentali di approfondimento per escludere l'esposizione al COVID-19, mentre gli operatori sanitari invece, a tutt'oggi, non sono sottoposti ad alcuna indagine;

   a Federspecializzandi e Fimmg Formazione hanno denunciato tale gestione superficiale della Fase 2 e si sono messi a disposizione per effettuare in autonomia, con l'ausilio dei colleghi in servizio, presso le Usca, tamponi ed esami sierologici, proposta avanzata a favore dei giovani medici e di tutto il personale sanitario;

   purtroppo, ad oggi, non hanno ricevuto nessun feedback da parte della Asl 1 Abruzzo e, non solo i lavoratori non hanno garantito il proprio diritto alla salute, ma addirittura i pazienti rischiano una potenziale esposizione alla SARS-CoV-2 proprio all'interno degli ambienti ospedalieri –:

   se il Ministro interrogato non ritenga doveroso, adottare iniziative, per quanto di competenza, in raccordo con la regione Abruzzo per chiarire la vicenda e trattare adeguatamente tutti gli operatori sanitari con tutti i sistemi di prevenzione necessari.
(4-06059)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta immediata in Commissione Baldini n. 5-03689 del 26 febbraio 2020;

  interrogazione a risposta in Commissione Ferri n. 5-03940 dell'11 maggio 2020;

  interrogazione a risposta scritta Cassinelli n. 4-06091 del 23 giugno 2020.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Cunial n. 4-06098 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 360 del 23 giugno 2020. Alla pagina 13453, prima colonna, alla riga ventiquattresima, deve leggersi: «Covid-19 di Moderna non faccia uso del «gene», e non come stampato.