Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 14 febbraio 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    la legge n. 178 del 3 marzo 1951 istituisce l'Ordine «Al merito della Repubblica italiana» e disciplina il conferimento e l'uso delle onorificenze;

    il decreto del Presidente della Repubblica n. 458 del 13 maggio 1952 rubricato «Norme per l'attuazione della legge 3 marzo 1951, n. 178», concernente l'istituzione dell'Ordine «Al merito della Repubblica Italiana» e la disciplina del conferimento e dell'uso delle onorificenze, in particolare, all'articolo 10, stabilisce che «le onorificenze possono essere revocate solo per indegnità»;

    la legge n. 92 del 30 marzo 2004 ha istituito il «Giorno del Ricordo» al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale;

    Josip Broz, detto anche Tito, è stato insignito del titolo di Cavaliere di Gran Croce decorato di gran cordone dell’«Ordine al Merito della Repubblica Italiana», titolo onorifico più elevato della Repubblica Italiana, conferito dall'allora Capo dello Stato, Giuseppe Saragat, nel 1969;

    Josip Broz, detto anche Tito, è stato Presidente della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia dal 1953 al 1980, anno della sua morte, e si è macchiato di una serie di crimini tra i quali quelli perpetrati nelle terre giuliano-istriano-dalmate ove migliaia di italiani, tra cui oppositori al regime comunista, furono uccisi e gettati nella foibe; in sostanza si è trattato di una vera e propria pulizia etnica, attuata nel secondo dopoguerra, nei confronti delle popolazioni italiane e venete in Istria, Venezia Giulia e Dalmazia;

    analoga terribile sorte è toccata anche a sloveni e croati, perché oppositori del dittatore comunista Tito;

    il 3 ottobre 2011 la Corte Costituzionale della Slovenia ha dichiarato incostituzionale la dedica di una strada di Lubiana a Tito, avvenuta nel 2009, dichiarando che ciò avrebbe comportato la glorificazione del regime totalitario da questi costituito e una giustificazione delle gravi violazioni dei diritti dell'uomo e della dignità umane avvenute durante il regime del dittatore comunista;

    il Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, durante la recente celebrazione del Giorno del Ricordo ha sottolineato come ebbe luogo «una persecuzione contro gli italiani, mascherata talvolta da rappresaglia per le angherie fasciste, ma che si risolse in vera e propria pulizia etnica, che colpì in modo feroce e generalizzato una popolazione inerme e incolpevole»;

    emblematica di tale barbarie è la vicenda di Norma Cossetto, arrestata e condotta all'ex-caserma della Guardia di finanza di Parenzo insieme ad altri parenti, conoscenti e amici. Qui fu raggiunta dalla sorella Licia che tentò inutilmente di ottenerne il rilascio. Qualche giorno più tardi Visinada fu occupata dai tedeschi, cosa che spinse i partigiani a effettuare un trasporto notturno dei detenuti presso la scuola di Antignana, adattata a carcere. In tale luogo Norma Cossetto fu tenuta separata dagli altri prigionieri e sottoposta a sevizie e stupri dai suoi carcerieri, che abusarono di lei mentre veniva tenuta legata su di un tavolo. Infine, la povera Norma Cossetto fu gettata nella foiba di Villa Surani;

    si ritiene che la revoca dell'onorificenza data al dittatore comunista Josip Broz detto Tito sia un dovere per la Repubblica Italiana per rispetto verso tutti gli infoibati e tutti coloro che hanno dovuto subire i nefasti effetti del suo regime anche nella Venezia Giulia ed in particolare Trieste che ne ha subito l'occupazione per 40 giorni,

impegna il Governo

1) ad adottare ogni opportuna iniziativa di competenza volta a modificare la legge n. 178 del 1951 che disciplina la concessione e la revoca delle onorificenze, al fine di permettere la revoca delle stesse anche nei confronti di persone già decedute che in passato si sono macchiate di gravi crimini contro l'umanità, e, in particolare, la revoca di tutte le onorificenze dell'Ordine «Al merito della Repubblica Italiana» conferite a Josip Broz, detto Tito, per essersi lo stesso reso indegno per i crimini perpetrati contro le popolazioni italiane in Istria, Venezia Giulia e Dalmazia.
(1-00331) «Sandra Savino, Gelmini, Novelli, Pettarin, Bagnasco, Cannatelli, Cappellacci, Cassinelli, D'Attis, Fiorini, Fitzgerald Nissoli, Giacometto, Labriola, Mazzetti, Pittalis, Porchietto, Ripani, Rosso, Ruffino, Sarro, Elvira Savino, Maria Tripodi, Zanella, Zangrillo».

Risoluzione in Commissione:


   La X Commissione,

   premesso che:

    Airbnb Italia definisce sé stessa come «una piattaforma digitale turistica, di annunci di alloggi e strutture ricettive, disponibile in 191 Paesi, che permette a milioni di persone di viaggiare in maniera unica, offrendo agli italiani la possibilità di condividere i propri spazi, la propria cultura e di generare nuove forme di reddito, tanto nelle grandi città quanto nei piccoli borghi. Airbnb consente di mettere a reddito l'enorme patrimonio abitativo (oltre cinque milioni di abitazioni sfitte secondo il censimento Istat, del 2011), che altrimenti rischierebbe di rimanere inutilizzato o sottoutilizzato...»;

    l'Italia è il quinto mercato al mondo per Airbnb, con oltre 220 mila proprietari di casa che utilizzano il suo portale; nel 2019 ha ospitato in Italia 11,5 milioni di persone, il 22 per cento in più dell'anno precedente, di cui il 78 per cento stranieri. Il ritorno economico diretto sul territorio nazionale viene valutato da Airbnb Italia in 5,4 miliardi di euro nel 2018. Per lo stesso anno, dopo un serrato confronto con il fisco italiano, la società ha pagato 6,5 milioni di euro di tasse. A livello mondiale la società californiana, prossima alla capitalizzazione in borsa, è un gigante della web economy, con circa 4 miliardi di ricavi ogni anno, che muove 150 milioni di persone in 100 mila località in ogni angolo della terra;

    il settore della ospitalità turistica ha vissuto negli ultimi dieci anni un processo di profonda trasformazione, con il massiccio inserimento sul mercato delle piattaforme di prenotazione digitale. Secondo il Cnel, Airbnb capitalizza 31 miliardi di dollari, con 6 milioni di listings e controlla circa il 60 per cento del mercato delle locazioni private nelle capitali New York, Londra, Parigi, Roma, mentre la piattaforma Booking.com controlla il 60 per cento di tutte le prenotazioni alberghiere europee, e insieme ad Expedia il 90 per cento del mercato dell'Unione europea;

    per capire la dimensione che sta assumendo questo fenomeno, basta osservare i dati forniti per la Toscana (prima regione italiana come meta turistica) dall'Istituto regionale programmazione economica Toscana (Irpet) nel rapporto sul turismo regionale 2017, nel quale si rileva che se le presenze nelle strutture ufficiali censite sono state in Toscana nel 2017 pari a 46,3 milioni, quelle stimate in appartamenti prenotabili on line sono state per la prima volta di più, ovvero 48 milioni, cui vanno aggiunti circa 4 milioni stimati in strutture ricettive inadempienti agli obblighi di comunicazione dei dati;

    questa evoluzione non è stata priva di effetti per il settore alberghiero; tra il 2017 e il 2019 la quota degli arrivi che alloggia negli alberghi, pur essendo cresciuta in valore assoluto, è diminuita dal 77 per cento al 75 per cento. Nel settore si sta verificando un'elevazione rapida della qualità verso le fasce elevate dell'offerta. In dieci anni (2007-2017) gli alberghi a 5 stelle in Italia sono aumentati del 78,2 per cento, quelli a 4 stelle del 37,8 per cento, quelli a tre stelle del 4 per cento; parallelamente gli alberghi a due stelle sono scesi del 23,1 per cento quelli a una stella del 40,1 per cento;

    l'Assemblea costituente ha collocato la materia «turismo e industria alberghiera» tra quelle ricomprese nella competenza regionale demandando allo Stato il compito di dettare i principi della materia. Con la legge costituzionale n. 3 del 2001 la materia turismo è stata collocata tra le materie devolute alla competenza residuale delle regioni. In tale sistema si inseriscono le numerose leggi regionali in materia, dando luogo ad una ridda di interventi dai quali è oltremodo difficile individuare delle costanti;

    uno studio condotto nel 2018 dall'università Bocconi restituisce un quadro piuttosto caotico: fatta eccezione per gli agriturismi, per nessuna tipologia di struttura extralberghiera risulta una definizione condivisa su tutto il territorio nazionale. Lo studio ha identificato oltre 40 diverse definizioni regionali di strutture ricettive e altrettanti criteri per definire le medesime forme di ospitalità; una casa vacanza ha ben 15 definizioni diverse in tutta Italia, un B&B ben 21. Questo rende più difficile la comprensione della normativa applicabile alle strutture extralberghiere;

    il decreto legislativo n. 79 del 2011, recante il testo unico in materia di turismo, prevedeva: all'articolo 8 la possibilità di regolare la «classificazione delle strutture ricettive»; all'articolo 9, la «classificazione e disciplina delle strutture alberghiere e para alberghiere»; all'articolo 10, la «classificazione degli standard qualitativi delle imprese turistiche e ricettive»; all'articolo 11 «la disciplina della pubblicità dei prezzi»; all'articolo 12 la «classificazione e la disciplina delle strutture ricettive extralberghiere»; all'articolo 15 la «disciplina degli standard qualitativi dei servizi e delle dotazioni per la classificazione delle strutture alberghiere». Con sentenza n. 80 del 2012, la Corte costituzionale ha accolto il ricorso delle regioni Toscana, Puglia, Umbria, Veneto e ha dichiarato la illegittimità costituzionale di 19 disposizioni del decreto, tra cui quelle sopra citate;

    l'articolo 10, comma 2-ter, del decreto-legge n. 83 del 2014, introdotto dal comma 320 dell'articolo 1 della legge di stabilità per il 2016, conteneva l'autorizzazione per il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, previa intesa in sede di Conferenza unificata, per l'aggiornamento degli «...standard minimi, uniformi in tutto il territorio nazionale, dei servizi e delle dotazioni per la classificazione delle strutture ricettive, ivi compresi gli alberghi diffusi, tenendo conto delle specifiche esigenze connesse alla capacità ricettiva e di fruizione dei contesti territoriali e dei sistemi di classificazione alberghiera adottati a livello europeo e internazionali». Tale regolamento non è stato emanato;

    la delega sul turismo, approvata dalla Camera il 10 luglio 2019 e in corso di esame al Senato (S. 1413) prevede all'articolo 1, comma 2, lettera h), n. 2) «la revisione e l'aggiornamento della normativa relativa alla classificazione delle strutture alberghiere, tenendo anche conto degli standard qualitativi riconosciuti a livello europeo e internazionale, nonché delle nuove forme di ospitalità, con definizione degli ambiti di attività e della tassonomia delle strutture ricettive ed extra-alberghiere, rafforzando le misure di contrasto dell'abusivismo nel settore e assicurando la trasparenza dell'offerta e la tutela della concorrenza»;

    l'articolo 4 del decreto-legge n. 50 del 2017, nell'estendere a tutte le forme di affitto breve non professionali svolta da persone fisiche proprietarie di immobili l'applicazione della cedolare secca del 21 per cento, dà una importante definizione di locazioni brevi (sotto i 30 giorni, anche al di fuori dell'esercizio di impresa) e indirettamente della piattaforme digitali: come i soggetti che «...gestiscono portali telematici, mettendo in contatto persone che cercano un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da locare...»;

    il comma 3-bis dell'articolo 4 del decreto-legge n. 50 del 2017 demanda a un regolamento successivo la definizione dei «...criteri in base ai quali l'attività di locazione si presume svolta in forma imprenditoriale, anche riguardo al numero delle unità immobiliari locate e alla durata delle locazioni in un anno solare...». La mancata emanazione di tale regolamento ha creato una lacuna da colmare al più presto;

    il comma 5 dell'articolo 4 del decreto-legge n. 50 del 2017 prevede che le piattaforme digitali qualora incassino i proventi da parte degli utenti finali operino come sostituto d'imposta. Questa disposizione è stata oggetto di richiesta di sospensiva presso il Tar del Lazio da parte di Airbnb e ha dato origine a una controversia che il Consiglio di Stato, nel settembre 2018, ha rimandato alla Corte di giustizia europea. Airbnb nel frattempo si rifiuta di svolgere il ruolo di sostituto d'imposta, considerando la legge come «distorsiva della concorrenza»;

    infine l'articolo 13-quater del decreto-legge n. 34 del 2019 ha previsto ulteriori misure per il contrasto all'evasione nel settore delle locazioni brevi quali la costituzione di apposita banca dati delle strutture ricettive e degli immobili destinati alle locazioni brevi e l'attribuzione a ciascuna unità immobiliare di un codice alfanumerico. Nella banca dati Alloggiati.web della polizia di Stato su cui tutti coloro che affittano su piattaforme telematiche devono comunicare le generalità degli inquilini, risultavano a fine 2018 195 mila appartamenti registrati, a fronte dei quasi 400 mila disponibili sui soli annunci gestiti da Airbnb;

    con la crescita esponenziale degli operatori su piattaforma telematica (Booking, Airbnb, TripAdvisor, e altro) ci si trova oggi di fronte colossi per i quali forse la sola Unione europea ha dimensioni sufficienti per avviare una interlocuzione. Nel giugno 2019 dodici città europee, di cui due italiane (Firenze, Venezia Amsterdam, Parigi, Berlino, Barcellona, Bruxelles, Bordeaux, Monaco, Cracovia, Valencia e Vienna) hanno scritto al Parlamento europeo e alla Commissione europea per arginare l'invasione di Airbnb nei centri storici e per obbligarla a cooperare con le amministrazioni per il rispetto delle normative, innanzitutto fiscali;

    i milioni di turisti che si stanno riversando verso l'Europa (713 milioni di arrivi nel 2018 rispetto ai 370 del 2010 – dati Unwto) e che la generalità delle previsioni vede in aumento nei prossimi anni, favoriti dai voli low cost e dalla crescita abnorme del fenomeno degli affitti brevi a basso costo, tendono a concentrarsi nelle grandi aree urbane e nelle località turistiche più rinomate, iconizzate a livello internazionale, creando disagi in termini di vivibilità dei centri storici, di disponibilità e prezzi degli immobili originariamente destinati ad abitazione, di pressione sui servizi pubblici, quali i trasporti, la sanità o la raccolta dei rifiuti;

    la stampa racconta gli effetti degli affitti brevi su alcune città europee:

     a Roma ci sono 1.200 alberghi attivi e circa 12 mila tra strutture registrate tra b&b, affittacamere, ostelli e altre strutture per un totale di 100 mila posti letto. Soltanto sul portale Airbnb si trovano 33 mila offerte di sistemazione in città, di cui oltre la metà nel centro storico, con altri 100 mila posti liberi e un giro di affari di 216 milioni di euro nel 2019. I prezzi degli alberghi nella Capitale sono tra i più bassi d'Europa (121 euro di media rispetto ai 191 di Parigi), un dato dovuto in gran parte a questa offerta «selvaggia» che trascina sempre più in basso il target del turismo romano, un turismo low cost dove aumentano le presenze ma diminuiscono gli incassi, gravando sui servizi sempre più precari della città. Negli ultimi 10 anni tutti i quartieri centrali di Roma hanno perso percentuali significative di residenti: Trastevere il 24 per cento, Trevi-Campo Marzio addirittura il 30 per cento;

     a Firenze un appartamento su quattro del centro storico, secondo uno studio dell'università di Siena, è pubblicizzato come un affitto a breve termine, con una crescita del 60 per cento dal 2015. Gli annunci sono oltre 11 mila e il volume di affari è di 99 milioni di euro nel 2019. Sette annunci su dieci riguardano appartamenti interi e quindi sottratti agli affitti normali e solo il 26 per cento degli annunci è mono inserzionista. Ogni anno circa mille fiorentini lasciano il centro storico a causa dei rincari. Il Governo nel 2017 ha impugnato la legge Toscana sul turismo del dicembre 2016, nella parte in cui prevedeva la necessità di partita Iva per fitti di durata complessiva superiore ai quattro mesi;

     Venezia registra la più alta concentrazione di annunci su Airbnb, 580,6 ogni 10 mila unità abitative, pari a oltre 8 mila annunci, per un giro di affari di 107 milioni di euro l'anno. In soli due anni il numero di annunci di sistemazioni nella Laguna si è praticamente duplicato. La stessa Airbnb ha supportato una campagna di turismo responsabile come #EnjoyRespectVenezia che invitava chi visitava la città a rispettare sia il territorio, sia le esigenze dei suoi abitanti;

     negli ultimi dieci anni la città di Napoli ha registrato l'incremento maggiore di presenze turistiche in Italia (+91 per cento). Negli ultimi due anni gli annunci di alloggi su Airbnb a Napoli sono più che raddoppiati, superando le 7 mila unità, con un volume di affari di 32 milioni di euro nel 2019. Di questi, il 59 per cento sono appartamenti interi e circa 5 mila sono localizzati nei quartieri delle prime due municipalità e a San Lorenzo. In centro è impossibile trovare una casa in affitto, e bisogna considerare che il 50 per cento dei napoletani abita in affitto. Intere vie hanno perso i precedenti, tipici esercizi commerciali e di ristorazione;

     Milano, dopo l'Expo, si è trasformata in città turistica, oltre ad essere già una città d'affari. Gli annunci sono oltre 17 mila per un giro di affari di 94 milioni di euro nel 2019. Il mercato delle locazioni brevi, in assenza di residenza stanziale sta depauperando i quartieri di esercizi commerciali e di attività artigianali. I prezzi degli immobili stanno crescendo in misura decisamente superiore al costo della vita e una delle utenze più penalizzate è quella degli studenti;

     Parigi in 5 anni ha perso 50.000 abitanti complici il dilagare di Airbnb e i conseguenti prezzi alle stelle degli immobili. Secondo i dati diffusi dal comune, solo l'82 per cento degli appartamenti sono occupate da proprietari o inquilini, una quota diminuita del 3 per cento negli ultimi anni, perché sono aumentate le seconde case e gli appartamenti affittati per pochi giorni, i quali hanno rendimenti oltre due volte e mezzo superiori ai normali fitti annuali. La città è tra quelle più decise a mettere un freno al fenomeno dei fitti brevi;

     a Barcellona, il boom delle piattaforme per gli affitti brevi è arrivato prima che in altre città europee e ha portato disagi alla popolazione locale, a causa dei rincari e del «comportamento antisociale» dei turisti. Una recente ricerca della locale università imputa ad Airbnb un incremento del 5 per cento dei prezzi delle case in città;

     a Lisbona una serie di fattori ha portato all'esplosione degli affitti turistici a breve termine. La crisi economica ha fatto diminuire il valore degli immobili, che sono stati acquistati da investitori esteri. Al tempo stesso i turisti sono aumentati, mentre la riforma degli affitti ha permesso ai proprietari di sostituire contratti di lunga durata con quelli a breve termine. Il risultato è che la disponibilità di affitti per i residenti è diminuita del 70 per cento negli ultimi cinque anni, spingendone molti verso la periferia o fuori da Lisbona. Intanto i prezzi delle case sono cresciuti a dismisura;

     ad Atene gli investitori internazionali hanno iniziato a comprare appartamenti dai greci sovraindebitati. La maggior parte del mercato è in mano a investitori con 100 o addirittura 1.000 camere ad Atene (cifre che Airbnb contesta);

     l'effetto Airbnb si fa sentire anche nei piccoli comuni ad elevata vocazione turistica: a Positano ci sono 772 offerte, una ogni 5,4 abitanti; a Taormina oltre 1.000 offerte, una ogni 10 abitanti, a Vernazza, nelle 5 Terre, 852 abitanti e 300 appartamenti in offerta. A Cervinia 360 offerte ogni 1.000 appartamenti, pari a un'offerta ogni 4 abitanti; a Porto Cesareo in Puglia 512 offerte ogni 1.000 appartamenti, pari a un'offerta ogni 6 abitanti;

    al di là delle questioni economiche, il risultato che la maggiore disponibilità di alloggi (e voli) low cost rischia di realizzare è quello di far assomigliare tutte le mete turistiche: luoghi sovraffollati dal turismo mordi e fuggi, che si spopolano dei loro abitanti, in particolare i centri storici, dove gli unici esercizi commerciali che sopravvivono sono gli esercizi di ristorazione, altrettanto low cost, e i negozi di souvenir, mentre scompaiono i negozi, i locali tipici e gli artigiani. Le città così perdono il loro carattere originario;

    una ricerca condotta nel 2017 dal laboratorio Ladest del dipartimento di scienze politiche dell'università di Siena: «Airification delle città: studio sull'impatto degli affitti a breve termine in Italia», ha esaminato le dinamiche spaziali ed economiche della sharing economy mettendo in evidenza la «disneyficazione» dei centri storici italiani. Ma si parla anche di «gentrificazione», cioè della trasformazione di un quartiere popolare in zona abitativa di pregio, con effetti sulla composizione sociale e sui prezzi delle abitazioni. Ne consegue che nei centri storici delle aree urbane di maggior pregio turistico Airbnb si rivela alla prova dei fatti tutt'altro che uno strumento di condivisione e redistribuzione;

    da un'indagine di Federalberghi del settembre 2019 (Turismo e shadow economy), relativa delle inserzioni presenti sul portale Airbnb emerge che: 1) la maggior parte degli annunci pubblicati (oltre il 77 per cento) si riferisce all'affitto di appartamenti vuoti, quindi non si «condividono esperienze» coi titolari; 2) non è vero che si tratta di attività occasionali: la maggior parte degli annunci (oltre il 63 per cento) si riferisce ad appartamenti disponibili per oltre sei mesi all'anno; 3) non è vero che si tratta di forme integrative del reddito, sono attività economiche a tutti gli effetti: il 62,22 per cento degli annunci sono pubblicati da persone che amministrano più alloggi, con casi limite di soggetti che gestiscono più di 4.300 alloggi, probabilmente agenzie intermediarie che gestiscono immobili per conto terzi; 4) ad agosto 2019, erano disponibili su Airbnb quasi 458 mila alloggi italiani, cresciuti del 15,21 per cento rispetto allo stesso periodo del 2018, anno in cui erano 397 mila e del 75,09 per cento rispetto ad agosto 2017 (261 mila annunci);

    inoltre, secondo Federalberghi, fin dall'introduzione della cedolare secca nel giugno 2017, lo Stato sarebbe creditore di circa 600 milioni di tasse non versate da Airbnb. Peraltro con l'estensione del regime della cedolare ai fitti sotto i 30 giorni, lo Stato prevedeva di incassare 83 milioni l'anno e ne ha incassati solo 19. Sarebbe pagata forfettariamente e in modo difficile da controllare, anche l'imposta di soggiorno, per la quale la società ha stretto convenzioni solo con 20 comuni italiani, nonostante la legge preveda espressamente l'obbligo di riscuotere l'imposta di soggiorno, adempimento che non può essere subordinato all'esistenza di un accordo con le amministrazioni. Nell'audizione del 4 giugno 2019 presso la Commissione attività produttiva della Camera Airbnb Italia ha dichiarato di aver pagato 20 milioni di euro di imposta di soggiorno, riferita ad un periodo imprecisato;

    si ritiene indispensabile un intervento volto a regolamentare la materia delle locazioni brevi, che attualmente – ai sensi dell'articolo 53 del codice del turismo (decreto legislativo n. 79 del 2011) – è disciplinata unicamente da un rinvio generico alle disposizioni del codice civile, che si sono rivelate del tutto insufficienti ed inadeguate ad assicurare le necessarie tutele ai turisti, ai lavoratori, alle abitazioni limitrofe, ai centri storici, all'erario ed alle imprese che operano sullo stesso mercato;

    una questione da risolvere riguarda la fissazione della soglia (in giorni) oltre la quale l'attività ricettiva non è più considerabile occasionale ma rientra pienamente nella disciplina vigente per le strutture ricettive tradizionali. L'introduzione di tale limite era stata demandata al regolamento previsto dal citato articolo 4 del decreto-legge n. 50 del 2017, mai emanato;

    su tale aspetto il quadro europeo è fortemente differenziato: ad Amsterdam, gli appartamenti privati possono essere affittati per non più di 30 giorni all'anno; a Barcellona è possibile affittare al massimo due stanze per appartamento, per non più di 4 mesi all'anno, a condizione che il proprietario vi risieda; a Bruxelles si può affittare casa per meno di 90 giorni solo chi rispetta una serie di requisiti rigidissimi e solo con il consenso di tutti i condomini del palazzo; a New York, le locazioni brevi sono consentite solo se il proprietario risiede nell'appartamento; limitazioni di durata tra i 45 e i 90 giorni sono previste ad Atene, Berlino, Dublino, Ginevra, Londra, Valencia e San Francisco. Parigi, che prevede un limite di 120 giorni, non a caso è nella condizione peggiore in termini di spopolamento;

    è essenziale evitare situazioni di evasione e di sfruttamento e persino di alterazione della qualità della vita delle aree turistiche interessate, favorite dalla confusione dalla molteplicità degli ambiti di regolamentazione. In tal senso, si è espressa anche la risoluzione del Parlamento europeo del 29 ottobre 2015 su nuove sfide e strategie per promuovere il turismo in Europa, che «invita la Commissione e gli Stati membri a collaborare con le associazioni turistiche e a definire congiuntamente un sistema comune europeo per la classificazione delle infrastrutture turistiche»;

    a fronte del caos normativo generato dalle regioni, gli operatori alberghieri italiani hanno chiesto, in sede di esame della citata delega turismo, la possibilità di aderire al sistema Hotel Stars Union (HSU), una sorta di classificazione unica delle strutture turistiche cui aderiscono diciassette Paesi europei. Ogni anno negli alberghi italiani si registrano più di 60 milioni di presenze di turisti provenienti da quei Paesi, cittadini europei abituati a «leggere» il mercato turistico parlando il linguaggio della classificazione unica europea,

impegna il Governo:

   1) ad adottare sollecitamente, le iniziative normative opportune per la definizione dei criteri in base ai quali l'attività di locazione breve si presume svolta in forma imprenditoriale e dei limiti oltre i quali si determina l'insorgere di una prestazione alberghiera;

   2) ad adottare iniziative volte a introdurre disposizioni che regolamentino la diffusione e la durata delle locazioni brevi, con particolare riferimento ai comuni con forte vocazione turistica, nonché a quelli con alta tensione abitativa, recependo le esperienze già in corso presso altre città europee, al fine di impedire la riduzione della disponibilità di immobili abitativi in fitto di lunga durata e i conseguenti rischi di desertificazione dei centri storici;

   3) ad adottare iniziative in sede comunitaria affinché l'Unione europea valuti l'introduzione di regolamentazioni che prevedano che i siti di intermediazione immobiliare dispongano di una licenza professionale di agente immobiliare in ciascuno degli Stati in cui operano;

   4) in materia di locazioni per uso turistico, ad adottare iniziative per introdurre modifiche al codice del turismo di cui al decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79, nonché al codice civile, prevedendo la possibilità per i comuni di adottare misure che consentano di tutelare la qualità della vita dei cittadini, la sicurezza e il decoro urbano, la fruibilità dei centri storici, la compatibilità dei flussi turistici con i servizi pubblici, in un quadro di corretta applicazione delle regole della concorrenza tra i soggetti che offrono la stessa tipologia di servizi;

   5) ad adottare iniziative per introdurre modifiche al codice civile, nella parte relativa al condominio degli edifici, al fine di consentire alle assemblee condominiali la possibilità di impedire cambi di destinazione d'uso degli immobili abitativi o di limitare la presenza di strutture turistiche o di abitazioni affittate in locazione breve o di caricare su tali strutture gli oneri derivanti dai disagi che comporta la loro presenza nell'edificio;

   6) a valutare di adottare iniziative per l'introduzione di disposizioni nelle quali si preveda che le attività tenute all'acquisizione del codice identificativo di cui all'articolo 13-quater del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, debbano rispettare specifici requisiti in materia igienico-sanitaria, di prevenzione antincendio, di assicurazione per rischi e danni;

   7) a valutare la possibilità di procedere all'attuazione di quanto previsto dall'articolo 10, comma 2-ter, del decreto-legge n. 83 del 2014, introdotto dal comma 320 dell'articolo 1 della legge di stabilità per il 2016, in merito all'emanazione di un decreto, previa intesa in sede di Conferenza unificata, contenente la classificazione delle strutture ricettive, da adottare sulla base «dei sistemi di classificazione alberghiera adottati a livello europeo e internazionale» e «tenendo conto delle specifiche esigente connesse alla capacità ricettiva e di fruizione dei contesti territoriali».
(7-00411) «Squeri, Barelli, Fiorini, Polidori, Carrara, Porchietto, Della Frera».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   l'11 febbraio 2020 la compagnia Air Italy ha diramato un comunicato stampa in cui si dichiara che «l'Assemblea degli azionisti ha deliberato la liquidazione in bonis della società»;

   gli azionisti sono la Qatar Airways (che detiene il 49 per cento del capitale) e Alisarda (che ha il 51 per cento delle azioni);

   risulta che la scelta aziendale sia determinata da una situazione di perdita stimata di 230 milioni di euro nel 2019 a fronte di un aumento del fatturato, stimato intorno a 330 milioni di euro;

   tale decisione liquida in un solo colpo 57 anni di storia dei trasporti aerei ed elimina 1.200 posti di lavoro, di cui 570 nella zona di Olbia;

   la compagnia ha altresì comunicato che dall'11 al 25 febbraio 2020 incluso tutti i voli Air Italy saranno operati da altri vettori agli orari e nei giorni già previsti; tutti i passeggeri che hanno prenotato voli in partenza o in arrivo in date successive al 25 febbraio saranno riprotetti o rimborsati integralmente;

   in altre parole, significa che tutti gli aerei non decolleranno e che i passeggeri saranno costretti a volare con altre compagnie;

   secondo le prime stime, i viaggiatori attualmente coinvolti dallo stop del servizio di trasporto sono circa 35000;

   la crisi di Air Italy rappresenta una vera «bomba sociale» in una regione già duramente provata dal dramma della disoccupazione;

   i numeri, se considerati in proporzione rispetto alla popolazione residente nell'isola, evidenziano ancora di più la gravità delle conseguenze sul piano economico della messa in stato di liquidazione e dell'impatto sui territori interessati;

   la cessazione del servizio di trasporto aereo rende ancora più drammatica la situazione dei collegamenti da e per la Sardegna, configurando il rischio concreto di un isolamento di una porzione significativa del territorio nazionale;

   la continuità territoriale aerea, infatti, già drasticamente ridotta dallo scellerato taglio nel 2014 delle cosiddette «rotte minori» (Bologna, Napoli, Torino e Verona), rischia di essere cancellata del tutto anche per le rotte di Roma e Milano;

   per tali destinazioni il regime varato a ottobre 2013, scaduto nel 2017 e più volte prorogato, scadrà ad aprile 2020, ma al momento l'Unione europea non ha dato ancora il «via libera» all'avvio di una nuova disciplina dell'imposizione di oneri di servizio pubblico né ad un'ulteriore proroga;

   tale condizione sfavorevole rischia di moltiplicare gli effetti devastanti della crisi della compagnia aerea e di aggravare le inevitabili ripercussioni su altri settori, in particolare sul comparto turistico;

   nonostante la catastrofe fosse annunciata, il Governo è rimasto, ad avviso degli interpellanti, colpevolmente spettatore passivo e ha sottovalutato la situazione fino a quando la crisi non è culminata con la decisione estrema assunta dalla compagnia –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda porre in essere al fine di affrontare la gravissima crisi aziendale determinata dalla decisione di mettere in stato di liquidazione la compagnia aerea Air Italy;

   se il Governo intenda avviare con la massima urgenza un confronto con l'azienda al fine di scongiurare o limitare gli effetti disastrosi di tale scelta aziendale;

   quali azioni intenda porre in essere al fine di assicurare il necessario sostegno economico ai 1.200 lavoratori che hanno ricevuto via e-mail la comunicazione con cui il presidente di Air Italy annunciava la decisione degli azionisti e che di colpo hanno visto svanire il loro futuro occupazionale;

   se il Governo abbia già avviato le interlocuzioni necessarie a garantire i diritti dei passeggeri che hanno acquistato i biglietti per i voli operati da Air Italy;

   se il Governo intenda adottare iniziative, con la dovuta determinazione, nelle competenti sedi dell'Unione europea per sbloccare il varo della nuova continuità territoriale aerea, al fine di garantire, oltre al diritto alla mobilità dei sardi, anche uno scenario in cui i vettori aerei possano operare in maniera efficiente e a pari condizioni rispetto ad altre aree d'Europa.
(2-00645) «Cappellacci, Gelmini, Occhiuto, Barelli, Carrara, Della Frera, Fiorini, Polidori, Porchietto, Squeri, Sozzani, Bergamini, Mulè, Pentangelo, Rosso, Zanella, Zangrillo, Cannatelli, Fatuzzo, Musella, Rotondi, Scoma, Rossello, Battilocchio, Pettarin, Martino, Cattaneo, Giacomoni, Baratto, Giacometto, D'Ettore».

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   la Borsa valori ha funzioni pubbliche fondamentali di rilevante impatto: formazione del prezzo delle azioni e dei titoli in essa quotati, tra i quali quelli di debito come i titoli di Stato e le obbligazioni di vari emittenti, distribuzione delle informazioni che derivano dalla formazione del prezzo negli scambi, quotazione, anche, dei «diritti d'opzione» e, non da ultima, protezione degli investitori e dei partecipanti al mercato;

   la Borsa valori italiana, privatizzata nel 1998, con passaggio delle azioni da mano pubblica alle banche e agli intermediari, nel 2007 è stata fusa nel London Stock Exchange (Lseg); le azioni in possesso a soggetti italiani – essenzialmente banche – inizialmente pari al 20 per cento sono state progressivamente liquidate: oggi gli azionisti italiani valgono, circa lo 0,1 per cento del totale;

   Borsa italiana opera in regime di sostanziale monopolio nella maggior parte delle sue attività e, secondo i report di Mediobanca, fattura quasi 470 milioni di euro e ha utili ante imposte di circa 220 milioni di euro; con la privatizzazione, la rendita che deriva dalle funzioni pubbliche, principalmente, «prezzi di mercato» e «indici di borsa» è passata in mano privata;

   l'assemblea degli azionisti di Lseg ha approvato, nel novembre 2019 l'acquisizione di Refinitiv, l'ex divisione dati di Thomson-Reuters con oltre il 99 per cento dei voti a favore; l'operazione, come si legge nel comunicato stampa ufficiale, sarà fatta con uno scambio azionario sulla base di un valore d'impresa di circa 27 miliardi di dollari e agli azionisti di Refinitiv andranno azioni pari al 37 per cento del capitale dell'Lseg e meno del 30 per cento dei diritti al voto; per portare a termine il processo, nella seconda metà del 2020, l'operazione dovrà passare al vaglio delle autorità regolamentari e antitrust e in questo frangente, secondo alcuni osservatori, la cessione parziale o totale di Borsa italiana, che è valutata fino a 4 miliardi di euro, potrebbe aiutare a finanziare l'operazione;

   a questo si aggiunge il fatto che, essendo in corso la negoziazione tra Unione europea e Regno Unito per la Brexit, non è chiaro se il gruppo Lseg avrà limitazioni o meno ad operare nei Paesi dell'Unione; occorre, inoltre, considerare l'interesse degli altri player del mercato delle borse, a partire dall'offerta considerata ostile della Borsa di Hong Kong per l'intera Lseg di 32 miliardi di sterline di ottobre 2019, rifiutata all'unanimità, o la precedente di Intercontinental Exchange, fino all'interessamento da parte dei diversi mercati come Euronext, con sede a Parigi, per acquisire, anche partecipando ad aste, Borsa italiana o una sua parte;

   il peso di Lseg con l'acquisizione di Refinitiv sarà notevolmente spostato negli Usa in seguito all'ingresso di questa società nel gruppo attualmente in mano per il 55 per cento agli americani di Blackstone e per il 45 per cento ai canadesi di Thomson Reuters;

   Borsa Italiana, nel 2020, sta perdendo diversi top manager italiani: Luca Peyrano, amministratore delegato di Elite, lascia la piattaforma di borsa nata nel 2012 che supporta nei progetti di crescita 1400 piccole e medie imprese non quotate in 45 Paesi diversi del mondo; Raffaele Jerusalmi, pur restando amministratore delegato di Borsa italiana, dal primo aprile lascerà la responsabilità globale del capital markets di Lseg senza che ci sia un altro italiano ad avere un ruolo simile per importanza nel gruppo;

   le attività di vigilanza su Borsa italiana e le sue controllate sono esercitate nelle rispettive funzioni da Banca d'Italia, Ministero dell'economia e delle finanze e Consob;

   secondo indiscrezioni riportate da Reuters, Milano Finanza e Sole 24 ore, Lseg potrebbe valutare la cessione totale o parziale di Borsa italiana per rispondere alle richieste dei regolatori e anche per ridurre l'indebitamento che, dopo l'affare Refinitiv, potrebbe schizzare al 350 per cento dell'Ebitda;

   l'eventuale cessione preoccupa anche per le possibili ricadute sul progetto di sistema Elite di Borsa Italiana, con la partecipazione di Cassa depositi e prestiti, che dovrebbe favorire lo sviluppo delle imprese italiane verso strumenti di finanza alternativa; un progetto che ad oggi ha dato importanti risultati per la crescita della media imprenditoria italiana;

   Mts ricopre un ruolo strategico per l'Italia per il mercato del debito pubblico; Aim Italia in questi anni è cresciuta e ha portato sul mercato oltre 130 aziende di piccola e media dimensione;

   il board italiano guidato dagli attuali vertici, secondo Il Sole 24 ore, ha prodotto in questi anni importanti risultati per l'economia italiana e, secondo autorevoli osservatori, anche per il gruppo Lseg;

   nel contesto internazionale, le recenti conseguenze della Brexit stanno compromettendo anche l'operatività finanziaria tra gli istituti operanti nel Regno Unito e nell'Unione europea (reut.rs/31LL1z4) –:

   quali iniziative o interlocuzioni, per quanto di competenza, il Governo stia mettendo in atto in questo scenario in merito a Borsa italiana;

   quali strumenti il Governo ritenga di adottare, per quanto di competenza, qualora Borsa Italiana entri in un contesto societario ostile agli interessi del Paese;

   quali siano gli orientamenti del Governo, per quanto di competenza, circa un impegno di istituzioni nazionali pubbliche (o in sinergia con realtà private) volto a preservare il carattere italiano dell'operatore gestore delle contrattazioni finanziarie d'interesse del Paese.
(2-00644) «Zanichelli».

Interrogazioni a risposta orale:


   PAITA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare — Per sapere – premesso che:

   nel 2005 Governo, istituzioni locali e forze sociali, firmarono un accordo di programma per la chiusura del ciclo a caldo delle acciaierie di Cornigliano;

   tale accordo di programma prevedeva misure di sostegno al reddito per i lavoratori, nonché risorse per bonificare il sito produttivo parzialmente dismesso e per infrastrutturare e riqualificare il quartiere;

   la bonifica è stata quasi completamente realizzata (manca solo un intervento nell'area cosiddetta Sot);

   è stato realizzato, grazie a queste risorse, un importante sistema viario, la cosiddetta strada a mare, che ha consentito a Genova di alleviare molto il difficilissimo impatto dovuto al crollo del ponte Morandi;

   sono imminenti i lavori stradali, sempre finanziati dall'accordo di programma, per collegare questo nuovo asse a mare con le viabilità di sponda destra e sinistra del torrente Polcevera;

   sempre con queste risorse sono stati effettuati anche importanti interventi di riqualificazione, quali il rifacimento delle facciate della via principale e l'acquisto della storica villa Bombrini;

   immediatamente in prossimità di detta villa, dove prima c'erano i gasometri, l'accordo di programma prevede la realizzazione di un parco urbano di oltre ventimila metri quadrati, opera simbolica per restituire qualità urbana a una comunità, prima affacciata sul mare, che ha convissuto per oltre mezzo secolo con un ciclo fusorio integrale;

   si è appreso dalla stampa che gli azionisti locali (regione, città metropolitana e Comune di Genova) di Società per Cornigliano, realtà partecipata anche dal Governo, hanno deciso di realizzare un parcheggio «provvisorio» per mezzi pesanti operanti al ponte di Genova;

   gli abitanti sono giustamente insorti contro questa decisione, anche perché non credono affatto che tale insediamento avrà carattere «provvisorio»;

   è del tutto evidente che una scelta di un autoparco (non era possibile immaginare un nome più beffardo per un parcheggio di tir da realizzare al posto di un parco urbano), collocato a pochi metri dalle abitazioni, rappresenti una scelta ambientale inaccettabile e un pericolo per la salute dei cittadini;

   la presidente di Società per Cornigliano, nominata dalla regione, si è dimessa in aperta polemica con la decisione delle istituzioni locali, dopo un durissimo scontro con il sindaco di Genova, secondo quanto viene riportato dalla stampa locale;

   si condividono totalmente queste posizioni di contrarietà a una scelta del tutto immotivata e offensiva verso gli abitanti del quartiere –:

   se non intendano adottare immediatamente le iniziative di competenza per esprimere una posizione di contrarietà allo stravolgimento dell'accordo di programma, che fu firmato a Palazzo Chigi nell'ottobre del 2005 e di cui il Governo pro tempore si rese solennemente garante.
(3-01311)


   TRANCASSINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   il nostro ordinamento, a garanzia di un corretto svolgimento delle competizioni elettorali e di un esercizio imparziale del conseguente mandato, riconosce specifiche cause di incandidabilità, incompatibilità e ineleggibilità;

   in particolare, la normativa vigente stabilisce che, per essere eleggibili, i sindaci dei comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti, i capi di gabinetto dei ministri, i commissari del Governo e tutti gli altri soggetti ineleggibili ai sensi dell'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 debbano cessare dalle loro funzioni almeno 180 giorni prima della data di scadenza del quinquennio della legislatura; a ciò si aggiungano le disposizioni che sanciscono il divieto di cumulo del mandato parlamentare con altre cariche;

   benché si tratti di istituti giuridici sostanzialmente differenti, la ratio complessiva delle disposizioni in materia è, in generale, quella di evitare eccessive concentrazioni di potere, assicurare parità di condizioni nello svolgimento delle competizioni elettorali e, in definitiva, quella di garantire una efficace «rappresentanza» e una maggiore «rappresentatività»;

   in sostanza, il fondamento della disciplina sulle incompatibilità e ineleggibilità risiede in motivazioni di carattere funzionale, morale o più propriamente tecnico, che rendono per il legislatore inconciliabile l'esercizio contemporaneo di una determinata carica e del mandato parlamentare nonché nel timore dell'influenza che determinate posizioni individuali hanno (o anche solo potrebbero avere) sul corpo elettorale;

   in tale prospettiva desta particolare attenzione la candidatura del Ministro dell'economia e delle finanze in carica, per il PD, partito di maggioranza di Governo, nel collegio uninominale Roma 1 per le elezioni suppletive della Camera dei deputati in programma per il prossimo 1° marzo;

   la sussistenza di una duplice configurazione del suddetto profilo, quale candidato politico ad una consultazione elettorale e detentore di incarico istituzionale quale ministro della Repubblica, rappresenta, ad avviso dell'interrogante, un grave limite al legittimo confronto democratico in ragione della preminenza in termini di comunicazione e immagine, che lo stesso detiene, tale da compromettere il dovuto equilibrio in termini di competizione elettorale, e tale da attuare una sorta di deroga di dubbia legittimità alla disciplina della par condicio elettorale;

   si evidenzia, infatti, che il 3 febbraio 2020, già ufficialmente candidato alle elezioni suppletive a Roma, egli ha partecipato, per oltre un'ora e 30 minuti, ad un importanti talk show televisivo su una rete nazionale;

   peraltro, nelle prossime settimane il Governo dovrà procedere ad oltre 400 nomine e proprio il Ministero dell'economia e delle finanze si troverà a dover svolgere un ruolo delicato e cruciale in questa fase di riassetto della complessa governance economico-produttiva del nostro Paese;

   si evidenzia nell'ambito dell’iter del decreto cosiddetto milleproroghe è stato depositato dai relatori di maggioranza Pd-M5s un emendamento che riconosceva un contributo di 900 mila euro alla Casa internazionale delle donne di Roma ricadente nell'area del collegio Roma 1 della Camera dove il Ministro Gualtieri è candidato: pertanto, l'emendamento, dichiarato poi inammissibile, si configura, ad avviso dell'interrogante, come un vero e proprio strumento di propaganda elettorale che destina ingenti risorse del Ministero dell'economia e delle finanze ad una struttura notoriamente legata all'ambiente politico di sinistra –:

   se non ritenga che la candidatura del Ministro Gualtieri alle imminenti elezioni suppletive di cui in premessa contrasti con i principi che ispirano l'assetto normativo-istituzionale vigente o sia comunque inopportuna, attesi i rischi di alterazione delle condizioni di par condicio, anche alla luce del possibile accesso privilegiato agli spazi di comunicazione e informazione derivanti dal suo incarico di governo e se non ritenga pertanto di assumere iniziative di competenza.
(3-01312)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SIRAGUSA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il Consiglio generale degli italiani all'estero (Cgie), istituito con la legge n. 368 del 6 novembre 1989, è l'organismo di rappresentanza delle comunità italiane all'estero presso tutti gli organismi che pongono in essere politiche che interessano le comunità italiane all'estero. Tra i compiti del Cgie emerge una funzione consultiva sulle politiche concernenti le comunità italiane all'estero, in quanto provvede a «formulare, su richiesta del Governo o dei Presidenti dei due rami dal Parlamento, pareri e, di propria iniziativa, proposte e raccomandazioni, in materie di iniziative legislative o amministrative dello Stato o delle regioni, accordi internazionali e normative comunitarie concernenti le comunità italiane all'estero»;

   il Cgie è costituito da novantaquattro membri, dei quali sessantacinque in rappresentanza delle comunità italiane all'estero e ventinove nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;

   esso si articola in 5 organi: l'assemblea plenaria, il comitato di presidenza, le commissioni per le aree continentali, le commissioni di lavoro per tematiche, eventuali gruppi di lavoro costituiti. Il Cgie elegge il segretario generale che convoca l'Assemblea plenaria e il Comitato di presidenza, ne dirige i lavori e da esecuzione alle decisioni assunte;

   l'8 ottobre 2019 la Camera dei deputati ha approvato quasi all'unanimità la riforma del taglio dei parlamentari. Questa riforma ridurrà il numero dei parlamentari della circoscrizione estera da 18 a 12;

   durante la discussione della riforma in Parlamento, il Cgie è stato chiamato in audizione. Nel pieno delle proprie prerogative consultive, il Cgie ha espresso il proprio parere contrario alla riforma;

   in data 18 dicembre 2019, il segretario generale del Cgie, in seguito all'indizione del referendum che si terrà il 29 marzo 2020, diffonde una nota in cui dichiara che si sarebbe impegnato in prima linea per l'abolizione di questa legge, «A titolo personale e con profonda considerazione del mondo degli italiani, che mi onoro di rappresentare, mi batterò in prima linea affinché la nuova legge sia abrogata»;

   il 4 febbraio 2020, il Cgie ha pubblicato una nota stampa, pubblicata sul proprio sito ripresa dalla stampa, e pubblicata sulla pagina social, dal titolo «Cgie: Votare NO al referendum per una rappresentanza politica sostanziale!»;

   l'interrogante considera grave questa nota del Cgie e in particolar modo l'appello finale di questa nota, dalla quale si legge «Il CGIE chiama i Comites, le Associazioni e i connazionali ad una grande mobilitazione per la democrazia e per i diritti civili e politici, contro il taglio del numero dei parlamentari che riduce di un terzo i già pochi deputati e i senatori eletti nella Circoscrizione estero. Il Cgie, forte della sua autorevole rappresentatività delle comunità italiane sparse nei cinque continenti, chiede alle comunità italiane all'estero un impegno straordinario per votare e far votare NO»;

   con questa nota, il Cgie si schiera apertamente contro il referendum, diventando promotore politico della campagna per il «NO» durante la campagna elettorale, ed invitando i Comites a fare lo stesso, andando oltre i ruoli definiti dalla legge da questi stessi organismi;

   si ritiene che l'eventuale decisione di schierarsi politicamente nella campagna per il «NO» come Cgie, dovesse essere oggetto di un'assemblea plenaria, che tuttavia non risulta convocata dal mese di luglio 2019 –:

   se risulti al Governo quali siano state le modalità con cui si è pervenuti a tale decisione, quale eventuale ruolo abbia svolto il Governo medesimo e quali eventuali iniziative di competenza si intendano assumere in relazione al ruolo svolto da tale organismo.
(5-03602)

Interrogazioni a risposta scritta:


   COVOLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'esodo istriano, a margine della seconda guerra mondiale, ha coinvolto circa 350 mila persone, per la maggior parte di origine italiana, che abitavano tra l'Istria e la Dalmazia;

   durante tale esodo, perpetrato dalle forze militari e paramilitari slave, migliaia di persone innocenti vennero massacrate nelle tristemente note foibe per volontà del dittatore Broz Josip, detto Tito;

   l'Italia con la legge 30 marzo 2004, n. 92, celebra ogni 10 febbraio il «Giorno del Ricordo», dedicando così una giornata alle celebrazioni di tale sterminio:

   il maresciallo Tito è stato insignito, nonostante i crimini commessi, dell'onorificenza dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana, secondo quanto disposto dalla legge n. 178 del 1951;

   tale onorificenza è motivo di offesa tanto nei confronti delle vittime delle foibe, quanto di evidente imbarazzo nei confronti delle popolazioni scappate contro la loro volontà dalla ex Jugoslavia;

   la risoluzione 2019/2819 «importanza della memoria europea per il futuro dell'Europa», condanna con fermezza gli atti di aggressione ed i crimini contro l'umanità perpetrati dai regimi totalitari, compreso quello comunista;

   anche nel consiglio comunale di Thiene è stata presentata una mozione per invitare il Governo a revocare urgentemente l'onorificenza al dittatore Tito –:

   se e quali iniziative di competenza, anche normative, il Governo intenda adottare in merito a quanto esposto in premessa, per porre fine a iniziative negazioniste e riconoscere le atrocità compiute allora da Tito.
(4-04721)


   GOBBATO, BORDONALI e COMAROLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:

   fare meno figli è una delle «azioni individuali più efficaci per mitigare i cambiamenti climatici»: è quanto si legge su un opuscolo distribuito nel punto informativo Spazio comune di Cremona e realizzato dall'associazione Filiera corta solidale in collaborazione con l'amministrazione municipale;

   l'invito a non procreare – che appare accanto a quelli «a consumare meno carne rossa» e «a non usare auto e aereo» – ha prevedibilmente suscitato numerose polemiche;

   la pubblicazione dell'opuscolo con questo tipo di contenuti mostra, ad avviso degli interroganti, una grande superficialità nel trattare l'argomento demografico e ambientale;

   mettere al mondo un bambino è un atto di grande responsabilità. Certamente ogni genitore o adulto responsabile si preoccupa per la qualità della vita delle future generazioni. Tuttavia, considerare proprio i bambini una delle principali cause d'inquinamento e ritenere che le nuove nascite vadano evitate per salvaguardare l'ambiente è segno tangibile di totale assenza di cultura e di decadimento della nostra civiltà;

   è ormai chiaro che il calo delle nascite, in Italia, ha ormai assunto dimensioni così drammatiche che si ha la sensazione che si stia andando incontro a una sorta di «suicidio» demografico pianificato. Ci si chiede a cosa giovi diffondere un'idea a giudizio degli interroganti così irrazionale che da una parte predica la salvaguardia del pianeta, ma dall'altra promuove l'estinzione della razza umana, una contraddizione concettuale che non trova spiegazioni logiche;

   il sindaco di Cremona ha successivamente ritirato l'opuscolo in questione; tuttavia, tale opuscolo ha già creato lo sconcerto dei presenti e ha influenzato l'opinione pubblica –:

   se il Governo, a fronte di un fatto increscioso contro la natalità che confonde l'opinione pubblica sulle reali cause dei cambiamenti climatici, intenda adottare iniziative volte ad assicurare un'informazione chiara e appropriata in materia di tutela dell'ambiente e di natalità, in tal modo discostando la politica del Governo, su tali materie, da quella a dir poco discutibile dell'amministrazione comunale di Cremona di centro-sinistra.
(4-04726)


   TORTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   Bruno Bonfà è titolare di un'azienda agricola di oltre 50 ettari, nella Vallata del La Verde, tra S. Luca ed Africo, in provincia di Reggio Calabria, la prima esistente in Italia con colture di bergamotto, ereditata dal padre Stefano Bonfà, ucciso il 3 ottobre 1991 in un agguato probabilmente di stampo mafioso;

   l'azienda del Bonfà, fin dalla morte del padre, continua a subire ingenti danni, soprattutto a causa della presenza delle cosiddette «vacche sacre» che, distruggendo letteralmente le colture, le cosche calabresi utilizzano come strumento di pressione, per finalità estorsiva e intimidatoria: un fenomeno che in Calabria va avanti da diversi decenni, simbolo del controllo del territorio da parte della ’ndrangheta;

   ravvedendo seri motivi per la sua incolumità, a Bruno Bonfà viene assegnata una scorta e per i danni subiti e reiterati in questi anni, in base alla legge n. 44 del 1999, l'imprenditore ha ricevuto come indennizzo appena 270 mila euro in più tranche, nonostante una perizia del 2005 certifichi un danno per oltre 10 milioni di euro e nonostante lo Stato possa risarcire fino a un massimo di 3 milioni di euro a richiesta;

   il 18 settembre 2018, l'azienda di Bruno Bonfà subisce l'ennesima devastazione ad opera delle «vacche sacre», con una perdita di ben 230 alberi di ulivo, sotto gli occhi dei carabinieri e degli uomini della scorta;

   come riportato dalla stampa nel febbraio 2019, in seguito a un ulteriore raid della «mafia dei pascoli», costato all'azienda di Bonfà la perdita di 1.500 alberi, per un danno stimato intorno al milione di euro, «le sue denunce sono state accolte dalla procura nazionale antimafia»;

   in seguito all'archiviazione dell'ennesimo procedimento, Bruno Bonfà ha chiesto l'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sulla vicenda mafiosa-criminale che ha colpito la sua famiglia e l'azienda;

   secondo il Bonfà, la presenza delle «vacche sacre» metterebbe in pericolo un sito archeologico, riconducibile al periodo greco, scoperto dallo stesso imprenditore, poiché le mucche calpesterebbero il suolo del sito compromettendolo inesorabilmente;

   il fenomeno delle «vacche sacre» è strettamente collegato alla macellazione clandestina, che vede l'immissione sul mercato di carne animale allevata senza alcuna forma di controllo sanitario e di registrazione degli animali stessi –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per dare il giusto riconoscimento dei danni subìti e sostenere la ripresa dell'attività produttiva ex legge n. 44 del 1999, anche alla luce degli ultimi eventi del 18 settembre 2018 e del mese di febbraio 2019;

   se si intenda continuare a garantire a Bonfà il servizio di scorta, date le continue vessazioni a danno dell'imprenditore stesso, e rafforzare, nella vallata de «La Verde», la presenza delle forze dell'ordine, in modo adeguato alle problematiche richiamate;

   se il Governo sia a conoscenza dei rischi per il sito archeologico sopra richiamato, a causa del calpestio delle «vacche sacre», e quali iniziative di competenza si intendano adottare nel merito;

   quali iniziative di competenza si intendano adottare con riferimento alla macellazione clandestina delle «vacche sacre», che, se immesse sul mercato, potrebbero comportare un serio rischio per la salute dei consumatori.
(4-04730)


   ANGIOLA e ROSPI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:

   il prodotto interno lordo italiano del 4° trimestre 2019 ha fatto registrare un calo dello 0,3 per cento rispetto al trimestre precedente. La produzione industriale ha fatto registrare a dicembre una contrazione del 2,7 per cento rispetto al precedente mese di novembre. Si tratta del calo più forte dal gennaio 2018. Su base tendenziale la produzione registra una contrazione del 4,3 per cento. È, pertanto, importante che l'Italia utilizzi al meglio risorse economiche come i fondi strutturali per le politiche di coesione. La politica dell'Unione europea è, infatti, fondamentale per il rafforzamento di politiche idonee a ridurre le disparità di sviluppo tra le Regioni degli Stati membri, rafforzando la coesione economica, sociale e territoriale delle aree più svantaggiate;

   secondo la Commissione europea il nostro Paese deve continuare ad attivare investimenti pubblici nel Mezzogiorno, altrimenti rischia una riduzione complessiva dei fondi strutturali. Tale riduzione sarebbe oltremodo deleteria per le regioni del Sud del nostro Paese;

   la problematica dell'efficacia degli investimenti pubblici al Sud si riconnette, tra l'altro, a quella della burocrazia e della capacità amministrativa delle regioni meridionali. La Commissione europea ha però obiettato che gli investimenti al Sud sono in calo e non rispettano i livelli previsti per non violare la regola dell'Unione europea della cosiddetta addizionalità;

   il principio di addizionalità esige che i fondi strutturali non sostituiscano la spesa pubblica, ma che rappresentino un «valore aggiunto» e ciò per assicurare un effettivo impatto economico positivo;

   l'impegno contenuto nell'accordo di partenariato siglato dall'Italia e da Bruxelles per il 2014-2016 era d'investire al Sud risorse pubbliche pari allo 0,47 per cento del prodotto interno lordo del Mezzogiorno, mentre – indica la lettera della Commissione del mese di ottobre 2019 – i dati parlano dello 0,40 per cento. Pur sembrando minima, la differenza di 0,07 punti percentuali equivale a circa il 20 per cento in meno di risorse pubbliche spese sul territorio. E la tendenza per gli anni successivi non fa ben sperare. Se si guarda al periodo 2014-2017, il tasso d'investimento scende allo 0,38 per cento. L'impegno italiano è stato invece quello di garantire un livello di spesa pubblica al Sud pari allo 0,43 per cento per il 2014-2020;

   il direttore generale per la politica regionale della Commissione europea, Marc Lemaitre, aprendo i lavori della Settimana europea delle città e delle regioni, ha affermato: «Non conosco nessun altro Paese che ha una situazione così debole per quanto riguarda gli investimenti pubblici. Gli sforzi europei fatti attraverso il bilancio comunitario sono stati neutralizzati dai tagli agli investimenti pubblici nel Mezzogiorno (...) questo è legato anche alla capacità amministrativa, ma siamo certi che con un'attenzione adeguata dedicata a questo campo potrebbero esserci molti investimenti pubblici in più al Sud. E allora, forse, cominceremmo a fare la differenza»;

   considerato che nel caso in cui non fossero rispettati gli impegni presi con la Commissione europea, la Commissione stessa potrebbe anche imporre una «rettifica finanziaria», che significa un taglio dei fondi strutturali, troppo importanti per il rilancio socio-economico del nostro Mezzogiorno –:

   quale sia attualmente la cifra degli investimenti programmati per il Sud del Paese e quali siano le risorse economiche effettivamente spese;

   quali iniziative di competenza, il Governo intenda adottare per migliorare la capacità di spesa dei suddetti fondi strutturali;

   se sia reale, come riportato dalla stampa, il rischio di vedere diminuiti i fondi strutturali da parte della Commissione europea che produrrebbe ripercussioni negative sullo sviluppo del Mezzogiorno;

   a distanza di oltre 4 mesi dalla lettera della Commissione europea, quali iniziative il Governo intenda adottare per rispettare l'impegno italiano che è stato quello di garantire un livello di spesa pubblica al Sud pari allo 0,43 per cento del prodotto interno lordo per il 2014-2020;

   se non sia indispensabile adottare iniziative per una maggiore flessibilità nell'applicazione del patto di stabilità e di crescita per gli investimenti effettuati con fondi strutturali.
(4-04731)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BILLI, FORMENTINI, ZOFFILI, GRIMOLDI, PICCHI e RIBOLLA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la risoluzione n. 7-00134, presentata dal primo firmatario del presente atto, per impegnare il Governo pro tempore alla realizzazione della carta di identità elettronica (Cie) per gli italiani all'estero, è stata approvata dalle Commissioni riunite esteri e affari costituzionali in data 18 giugno 2019, sbloccando una situazione ferma da anni, durante i quali i Governi della scorsa legislatura non erano riusciti ad ottenere nessun risultato concreto;

   nel mese di luglio 2019 l'allora Ministro dell'interno Matteo Salvini ha firmato il decreto per approvare la Cie per gli italiani all'estero, dimostrando interesse e attenzione alle problematiche degli italiani all'estero;

   pertanto, a settembre 2019 è partita la fase sperimentale di emissione della Cie per gli italiani all'estero nelle tre sedi pilota di Vienna, Atene e Nizza;

   entro il 2020 la Cie dovrebbe poter essere richiesta ed emessa direttamente dai consolati italiani nei Paesi dell'Unione europea ed in quelli nei quali la Cie garantisce libertà di circolazione, come ad esempio Svizzera, Monaco Principato, San Marino, Norvegia, Città del Vaticano, Liechtenstein, Andorra, Islanda;

   in diversi Paesi europei, quali ad esempio Germania, Francia e Regno Unito, la carta di identità cartacea risulta superata: i maggiori istituti nazionali, tra i quali le banche, gli agenti di cambio, la polizia di frontiera e le amministrazioni locali accettano con sempre più difficoltà la carta cartacea a causa della facilità di contraffazione, richiedendo la Cie per compiere una qualsiasi operazione;

   il primo firmatario del presente atto aveva depositato l'interrogazione n. 4-03358 alla fine del mese di luglio 2019 per chiedere che una fase pilota fosse avviata anche nella circoscrizione di Lugano senza ricevere risposta dal Governo –:

   quali siano gli esiti di questa sperimentazione, quali siano le criticità identificate e quali iniziative intenda assumere il Governo per superare tali criticità.
(5-03590)


   BILLI e FORMENTINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il Tribunale unificato dei brevetti (Tub) rappresenterà il foro competente per la risoluzione delle dispute sulla contraffazione e per le cause di revoca/annullamento dei brevetti industriali europei;

   la struttura sarà costituita dal registro, dalla Corte di prima istanza, a sua volta suddivisa in divisioni centrali, locali e regionali, e dalla Corte d'appello;

   le divisioni centrali dovrebbero aver sede a Parigi, Londra e Monaco di Baviera; la Corte d'appello avrà invece sede in Lussemburgo;

   tale Tribunale avrà lo scopo principale di ridurre i costi dei contenziosi e assicurare che il sistema brevettuale europeo funzioni più efficacemente;

   la rappresentanza davanti al Tub sarà garantita agli avvocati abilitati a rappresentare davanti ai tribunali nazionali degli Stati aderenti ed ai mandatari in brevetti abilitati a rappresentare davanti all'Ufficio brevetti europeo in possesso di una certificazione aggiuntiva;

   la legge non pone nessun limite in relazione alla cittadinanza o residenza del mandatario abilitato a rappresentare di fronte al Tub;

   i mandatari abilitati a rappresentare di fronte allo European Patent Office (EPO) degli Stati non aderenti al Tub saranno abilitati davanti al Tribunale stesso;

   gli avvocati degli Stati non aderenti al Tub non saranno invece, abilitati a rappresentare di fronte al citato Tribunale –:

   se il Governo abbia intenzione, per quanto di competenza, di raggiungere un accordo con gli altri Stati aderenti al Tribunale unificato dei brevetti per limitare la rappresentanza, di fronte al citato Tribunale, solo ai consulenti in brevetti europei o avvocati che abbiano la cittadinanza di uno Stato aderente al Tub, in modo da difendere i diritti dei professionisti degli Stati che hanno deciso di aderire al Trattato istitutivo del Tub.
(5-03591)


   BILLI e FORMENTINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il Tribunale unificato dei brevetti (Tub) rappresenterà il foro competente per la risoluzione delle dispute sulla contraffazione e per le cause di revoca/annullamento dei brevetti industriali europei;

   la struttura sarà costituita dal registro, dalla Corte di prima istanza, a sua volta suddivisa in divisioni centrali, locali e regionali, e dalla Corte d'appello;

   le divisioni centrali dovrebbero aver sede a Parigi, Londra e Monaco di Baviera; la Corte d'appello avrà invece sede in Lussemburgo;

   tale Tribunale avrà lo scopo principale di ridurre i costi dei contenziosi e assicurare che il sistema brevettuale europeo funzioni più efficacemente;

   il Tribunale diventerà operativo soltanto previa ratifica da parte della Francia, del Regno Unito e della Germania, ossia dei tre Stati membri che nell'anno successivo alla ratifica hanno depositato il maggior numero di brevetti europei;

   ad oggi sono 16 i Paesi che hanno ratificato l'accordo e, dei tre la cui adesione è vincolante, la Francia ha ratificato l'accordo poco dopo la firma, mentre la ratifica da parte del Regno Unito è avvenuta il 26 aprile 2018; la legge di ratifica tedesca è tuttora sospesa a causa di un ricorso costituzionale;

   la conformità con la Costituzione tedesca del Tub verrà giudicata dalla Corte costituzionale federale tedesca nel mese di gennaio 2020 –:

   se il Governo abbia intrapreso trattative, o intenda farlo, o abbia concluso accordi con altri Stati aderenti, anche in base ad atti di indirizzo parlamentari approvati recentemente dalla Camera e accolti con favore dal precedente Governo, che possano avere conseguenze sull'eventuale spostamento della sede del Tribunale unificato dei brevetti da Londra ad una città italiana, possibilmente a Milano dove già esistono strutture atte ad ospitarlo;

   nel caso tali accordi o trattative siano in corso, quali siano i dettagli e le tempistiche correlate.
(5-03592)

Interrogazione a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   come si apprende da fonti di stampa, un giovane danzatore italiano, primo solista della compagnia della città di Kunming, Gabriele De Fazio, in Cina da un anno e mezzo, non riesce a rientrare in Italia, perché chi lo dovrebbe pagare si è reso irreperibile e, complice l'epidemia di coronavirus, il costo dei voli per rientrare in Europa è lievitato;

   attualmente il ragazzo è bloccato nel suo quartiere di Kunming, un compound con grattacieli collegati tra loro e circondati da cancelli presidiati dai militari e non può muoversi autonomamente perché se prende un aereo locale per raggiungere l'aeroporto di Canton rischia di essere prelevato dalla polizia e messo in quarantena;

   nonostante ciò, in una nota ufficiale, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, rassicurando di essere a conoscenza della situazione di De Fazio, ha fatto sapere che la sua situazione «è totalmente diversa da quelli degli italiani che sono stati rimpatriati da Wuhan, epicentro della diffusione del Coronavirus»;

   la Farnesina, avendo circoscritto il problema al mero aspetto economico, si sarebbe limitata a precisare che il consolato italiano in Cina potrebbe erogare un prestito in suo favore, che poi dovrebbe essere restituito all'erario;

   il problema, però, non è di natura esclusivamente economica, perché il ragazzo rischia di venire bloccato al controllo passaporti e messo in quarantena;

   il caso di Gabriele De Fazio, che non sarebbe isolato, come confermato dalla stessa nota della Farnesina, che parla di migliaia di cittadini italiani rimasti in Cina, conferma la totale inadeguatezza del sistema nazionale e internazionale al recupero degli stranieri al di fuori della zona rossa, Wuhan;

   ci si trova di fronte a una situazione drammatica nella quale tutti gli sforzi si concentrano sul problema sanitario, trascurando colpevolmente l'assistenza dei nostri connazionali che vogliono rientrare –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato per garantire che tutti gli italiani in queste oggettive condizioni di difficoltà e desiderosi di fare rientro in patria, anche residenti al di fuori della zona rossa, possano essere soccorsi da aerei di Stato.
(4-04729)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:


   MOLINARI, BENVENUTO, BOLDI, CAFFARATTO, GASTALDI, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI, LIUNI, MACCANTI, PATELLI, PETTAZZI, TIRAMANI, BADOLE, D'ERAMO, GOBBATO, LUCCHINI, PAROLO, RAFFAELLI, VALBUSA e VALLOTTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il 20 gennaio 2020, con un video su Facebook il Ministro interrogato annunciava il decreto di assegnazione di 385 milioni di euro alle regioni per i progetti di rimozione dell'amianto da scuole e ospedali, con un appello alle regioni di «fare presto» e di «velocizzare la spesa»;

   lo stanziamento si riferisce al «Piano di bonifica da amianto», previsto nel secondo Addendum al Piano operativo «Ambiente» approvato dal Cipe nel 2016 e adottato adesso con un provvedimento dalla direzione generale competente del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;

   nel piano, sono individuati i soggetti beneficiari delle risorse (regioni e province autonome di Trento e di Bolzano) e le modalità di trasferimento. I soggetti beneficiari individuano, a loro volta, gli interventi da finanziare e ne curano la gestione, il controllo e il monitoraggio sulla realizzazione. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si impegna a garantire che le regioni e le province autonome ricevano tutte le informazioni pertinenti per l'attuazione degli interventi, in particolare le istruzioni sulle modalità per la corretta gestione, verifica e rendicontazione delle spese, attraverso anche la condivisione di quanto previsto dal Sistema di gestione e controllo del Piano operativo «Ambiente». Tutti gli interventi dovranno essere realizzati entro il 31 dicembre 2025;

   il paradosso, a parere degli interroganti, è nel criterio di assegnazione di tali risorse, che sembra non tener conto della mappa dei siti sul territorio nazionale;

   gli interventi del Piano operativo «Ambiente», infatti, interessano in prevalenza le regioni del Mezzogiorno, ritenute meno sviluppate e in transizione secondo la denominazione dell'Unione europea;

   di conseguenza, i 385 milioni di euro sono stati ripartiti secondo i coefficienti di assegnazione regionale utilizzati per le risorse del Fondo sviluppo e coesione: alla regione Sicilia sono stati assegnati i finanziamenti più corposi: 107.791.473,34 milioni di euro; in seconda posizione la Puglia, con 74.799.223,33 milioni di euro, seguita dalla Calabria, con 43.276.093,85 milioni di euro. Al Piemonte, appena 1.161.800,00 milioni di euro, nonostante la regione, tra le più attive a livello nazionale in materia di amianto, disponga, tra l'altro, di un piano regionale amianto trasmesso nel 2016 al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nel quale sono stimati 50 milioni di metri quadri di coperture in cemento-amianto da smaltire, con oneri dell'ordine di grandezza delle centinaia di milioni di euro;

   trattasi, a giudizio degli interroganti, di una sproporzione illogica –:

   se il Governo non ritenga urgente reperire nuove e ulteriori risorse da assegnare alle regioni in base alla distribuzione dell'amianto sul territorio nazionale e della sussistenza dei relativi siti inquinati d'amianto, al fine di compensare le penalizzazioni subite da talune regioni, come in specie dal Piemonte, per quanto esposto in premessa.
(3-01310)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, per sapere – premesso che:

   dall'8 al 20 gennaio 2020 si sono tenute presso la Fiera di Roma le prove preselettive per l'ultimo concorso del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, volto all'assunzione di 1.052 assistenti alla fruizione, accoglienza e vigilanza;

   le prove erano distribuite su nove giorni lavorativi, tre settimane intervallate da due fine settimana: soluzione organizzativa resa necessaria dal fatto che gli iscritti al concorso fossero oltre 200 mila, e si fosse deciso di convogliarli tutti in uno stesso luogo;

   il concorso in questione è stato bersaglio di critiche reiterate e feroci, oltre ad avere suscitato un malcontento diffuso tra i partecipanti per quanto riguarda la strutturazione e le modalità di svolgimento delle prove; le problematiche qui evidenziate, oltre ad affliggere il concorso in questione, sollevano problemi di carattere più generale, che investono l'intero sistema delle selezioni pubbliche, richiedendo una riflessione indifferibile e urgente, in vista dello svolgimento dei concorsi futuri;

   l'assistente alla fruizione, accoglienza e vigilanza (Afav) è una figura che non corrisponde a nessuna figura professionale del panorama del settore;

   dal 2006 la Carta nazionale delle professioni museali redatta dall'Icom, associazione che peraltro collabora con il Ministero, e il Manuale europeo delle professioni museali, creato nel 2008 sulla base della Carta nazionale, evidenziano come nelle istituzioni culturali ci sia bisogno di operatori qualificati suddivisi per competenze in aree funzionali, fra loro interconnesse e interagenti: bibliotecari, guide, educatori museali, curatori, necessariamente muniti di qualificazione specifica, e poi di custodi o addetti all'accoglienza, che possono anche essere meno qualificati in rapporto all'ambito materiale di operatività;

   ad oggi tutto ciò nella struttura del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo non esiste; diversamente esiste l'Afav che ingloba diverse figure professionali in una sola, un vero e proprio «tuttofare» pronto a svolgere, secondo quanto riportato nel mansionario, oltre alle attività di vigilanza e custodia, nonché gestione del front office, le quali intrinsecamente non esigono specifiche competenze tecniche, pure «attività di organizzazione e svolgimento di visite guidate anche in lingua straniera; operazioni di prelievo, partecipando, se necessario, alla distribuzione e ricollocazione di materiale bibliografico e archivistico; erogazione di informazioni sulle modalità di consultazione, prestito e riproduzione di materiale documentario, bibliografico, audiovisivo; fornitura di strumenti di mediazione, volti ad agevolare la fruizione dei beni culturali di pertinenza della struttura di appartenenza anche mediante l'utilizzo di strumenti di ricerca/conoscenza (cataloghi, repertori ed inventari) anche informatizzati». Attività, queste, che a ben guardare, chiamando necessariamente in causa specifiche cognizioni, dovrebbero spettare al personale qualificato delle altre categorie, selezionato su basi differenti;

   questa situazione, ad avviso degli interpellanti, quantomeno comporta un irragionevole paradosso: e cioè, che da un lato, il personale qualificato, per raggiungere le proprie posizioni, deve superare delle prove rigidamente (e giustamente) selettive tarate sulle competenze specifiche, a tacere dei funzionari, che nel Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo devono avere alle spalle almeno 7 anni di studi; dall'altro lato, esiste un canale di accesso facilitato, quello per gli Afav, i quali vengono assunti con concorsi che richiedono solo il diploma di scuola superiore, che consente poi una volta entrati di esercitare, in via di fatto, mansioni spettanti al personale qualificato;

   proprio da questa situazione, legata alla dilatazione a 360 gradi della figura degli Afav, crea caos, frustrazione e concorsi in cui si iscrivono in 210 mila per un ruolo che è di fatto quello del custode multifunzione;

   a questo punto sorge spontanea una domanda: perché non si sono ancora adeguati i profili ministeriali ai titoli di studio esistenti, costringendo laureati a partecipare a concorsi che richiedono il diploma, per una figura che non è quella per cui hanno studiato; domanda, questa, che purtroppo potrebbe essere generalizzata ed estesa a moltissimi altri concorsi pubblici;

   il secondo aspetto, assai critico, sul quale è necessario porre l'attenzione – e si tratta, anche qui, di osservazione suscettibile di ampia estensione alla generalità dei concorsi pubblici – sono le prove preselettive dei concorsi pubblici per beni culturali, in relazione alle quali una voce autorevole che bene conosce il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, l'archeologo professor Giuliano Volpe (già rettore dell'università di Foggia e ordinario di metodologie della ricerca archeologica presso l'università di Bari) in un articolo sul sito del Fai – Fondo Ambiente Italiano, rileva «autentiche assurdità»: «un rapido sguardo al tipo di quiz previsti evidenzia una palese incongruenza: 40 di tipo attitudinale per la verifica della capacità logico-deduttiva, di ragionamento logico-matematico, di carattere critico verbale e 20 su elementi generali di diritto del patrimonio culturale, di storia dell'arte italiana e di sicurezza dei luoghi di lavoro. Mentre come titolo di accesso è previsto un qualsiasi diploma di scuola media superiore, per superare i quiz sembra che serva un mix di competenze di laureati in matematica, diritto, economia e beni culturali!»;

   dato per pacifico che nei siti culturali servono persone che anzitutto conoscano il patrimonio culturale che sono chiamate a custodire, conservare e a valorizzare, ma anche il codice dei beni culturali (in maniera più o meno approfondita in base a quelle che sono le mansioni che devono svolgere), non può non concordarsi con il professor Volpe quando afferma che attraverso concorsi del genere non si selezionano affatto «i più meritevoli e adatti a svolgere quella determinata funzione»; anzi, non si fa altro che alimentare uno stato di frustrazione in coloro che dopo anni di studi e magari dopo avere acquisito anche uno o più titoli post-lauream si vedono negare l'accesso alle prove concorsuali solo perché non hanno avuto la prontezza per rispondere a domande che non sono attinenti al loro percorso di studi, a vantaggio di chi invece pur non avendo competenze specifiche nella materia oggetto del concorso riesce a superare le prove, grazie anche al peso numerico che certe domande hanno rispetto ad altre che invece dovrebbero essere preminenti –:

   quali iniziative il Ministro interpellato intenda assumere per valutare una seria rimeditazione dei criteri di articolazione e strutturazione dei quiz, in maniera tale da calibrare la selezione su competenze e requisiti effettivamente pertinenti alla materia nel cui ambito rientra il posto a concorso.
(2-00646) «Pettarin, Occhiuto».

DIFESA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DEIDDA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   da notizie apparse sulla stampa, il Ministero della difesa avrebbe recentemente comunicato a tutto il personale militare impiegato nelle missioni di lungo corso all'estero, addetto alle ambasciate o impegnato in corsi fuori dal territorio nazionale, che, dal 24 gennaio 2020, le indennità di missione non saranno corrisposte a causa di onerosi vincoli pignoratizi imposti sui conti del Ministero, per un totale complessivo pari a circa 22,6 milioni di euro;

   tali pignoramenti sarebbero conseguenti al mancato pagamento ad opera del Ministero della difesa degli oneri dovuti per la luce, l'acqua e il gas: in particolare, tale situazione sarebbe stata determinata da stanziamenti insufficienti e, comunque, dai continui tagli subiti dal comparto Difesa negli ultimi anni;

   da quel che risulta, a causa di tali pignoramenti, non potrà essere assicurata alcuna attività d'istituto, vale a dire, a titolo esemplificativo e non esaustivo: erogazione degli emolumenti al personale in servizio all'estero presso gli uffici degli addetti della Difesa, somministrazione di fondi ai distaccamenti di dipendenti, spese connesse ai periodi all'estero, anticipi e liquidazioni missioni;

   il lavoro diplomatico, strategico, militare e politico del personale all'estero è di fondamentale importanza per la tutela degli interessi nazionali e tale paralisi, più volte denunciata anche dalle rappresentanze militari, riflette la deleteria politica portata avanti dagli ultimi Governi nell'ambito della Difesa;

   tale situazione causerà un grave danno anche agli operatori interessati e alle rispettive famiglie, che, infatti, si vedranno negare il pagamento di significativi importi mensili, ricompresi, in media, tra i 2.000 e i 3.500 euro –:

   se sia a conoscenza dei fatti sopraesposti, se corrisponda al vero quanto riportato e, in caso affermativo, quali iniziative intenda assumere al fine di consentire l'immediato e regolare pagamento delle spettanze in questione, garantendo, per il futuro, adeguata copertura per le spese relative alle utenze di pertinenza del Ministero della difesa.
(5-03586)


   DEIDDA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   in data 31 luglio 2019 è stata approvata dalla Commissione difesa della Camera dei deputati la risoluzione n. 8-00038 a firma Iorio sul cosiddetto trascinamento delle indennità supplementari;

   tale risoluzione è nata dall'esigenza non più rinviabile di legiferare in merito all'indennità supplementare per subacquei, disciplinata dall'articolo 9 della legge n. 78 del 1983;

   è un'indennità che, a dispetto della sua veste giuridico-formale di cosiddetta indennità supplementare, in realtà delinea decisamente meglio di quelle fondamentali la funzione operativa specifica svolta dal personale incursore e subacqueo;

   l'indennità supplementare per gli incursori e gli operatori subacquei è, infatti, tutt'altro che episodica, ma fissa e continuativa, visto che il legislatore ha riconosciuto che l'incursore e il palombaro/sommozzatore sono considerati, alla stregua del pilota, meritevoli di una specifica retribuzione indipendentemente dal singolo episodio (di volo o, nel caso di specie, di immersione);

   la risoluzione prevedeva l'istituzione di un tavolo tecnico volto ad approfondire i principi fondamentali ispiratori del trattamento economico del personale militare e, in particolare, delle indennità operative, al fine anche di determinare la fattibilità concreta dell'introduzione di possibili maggiori benefici economici, sia per il personale indicato nell'atto, sia per il personale appartenente al gruppo delle FS/FOS, quantificandone gli oneri e senza alterare gli equilibri della legge 23 marzo 1983, n. 78;

   inoltre, essa era finalizzata a riconsiderare, conseguentemente, all'interno di una revisione generale della materia, l'intero impianto delle indennità esistenti, anche al fine di intraprendere possibili iniziative di tutela assistenziale e previdenziale;

   il personale in questione non ha mai beneficiato del riconoscimento della «trascinabilità», nonostante il fatto che la stessa problematica sia stata più volte evidenziata attraverso gli organismi di rappresentanza militare (consiglio intermedio di rappresentanza – Coir e consiglio centrale di rappresentanza militare – Cocer) in seno alle varie concertazioni e che siano stati previsti interventi normativi per il riconoscimento in favore di altre categorie del personale militare (per chi presta servizio di pronto intervento aereo e per chi presta servizio presso gli istituti militari di pena);

   tale personale non ha mai beneficiato di alcun aumento in percentuale del brevetto, a differenza di tutte le altre categorie del personale militare impiegate in particolari attività operative, a seguito dei vari provvedimenti di concertazione approvati con decreti del Presidente della Repubblica dal 1996 ad oggi;

   esso non ha mai beneficiato di alcuna indennità supplementare mensile del brevetto, al contrario di chi è in possesso del brevetto militare di incursore (di cui allo stesso articolo relativo alla specificità operativa, cioè l'articolo 9, secondo comma, della legge n. 78 del 1983 sulle indennità operative) con l'indennità supplementare mensile nella misura lorda di euro 120 (articolo 6, commi 5 e 6, del decreto del Presidente della Repubblica 11 settembre 2007, n. 171);

   dunque, non può farsi a meno di rilevare che la mancata «trascinabilità» dell'indennità supplementare prevista per il personale incursore, subacqueo e aerosoccorritore determina un'evidente disparità di trattamento tra gli operatori, con conseguente violazione dell'articolo 3 della Costituzione: disparità che, appunto, si intende superare;

   è depositata da inizio legislatura una proposta di legge dell'interrogante per dare finalmente risposte alle aspettative del personale –:

   se sia a conoscenza di quanto sopra esposto e quali iniziative intenda adottare al fine di mettere fine alla disparità che subiscono gli ufficiali e i sottufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica in possesso di brevetto militare di incursore od operatore subacqueo e in servizio presso reparti incursori e subacquei nonché presso centri e nuclei aerosoccorritori, nel rispetto di quanto indicato nella citata risoluzione approvata dalla Commissione difesa della Camera.
(5-03589)


   DEIDDA e GALANTINO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il Centro di selezione e reclutamento nazionale dell'Esercito è stato costituito a Foligno (Perugia) il 1° ottobre 1996, nella caserma «Generale Ferrante Gonzaga del Vodice», già sede del disciolto 92° Reggimento «Basilicata», e presso il centro si svolgono tutte le prove di selezione – scritta, orale, psico fisica e attitudinale – per la quasi totalità dei concorsi banditi per l'accesso nell'Esercito italiano;

   l'Ente in questione è stato costituito al fine di razionalizzare e centralizzare le operazioni di concorso per l'accesso nelle Forze armate e ai concorrenti che decidono di alloggiare in caserma viene assegnato un posto letto (completo di lenzuola, coperte ed un armadietto), mentre non è previsto l'alloggiamento dei concorrenti al concorso per l'ammissione alle scuole militari dell'Esercito in quanto minorenni, né di quelli che debbono sostenere le prove di carattere culturale;

   nella caserma in esame trovano anche ospitalità: a) i militari impegnati nell'operazione «Strade sicure», destinati alle zone del centro Italia e delle regioni adriatiche colpite da eventi sismici, anche avuto riguardo alle attività di addestramento per la medesima missione; b) alcune classi delle scuole locali per lo svolgimento delle ordinarie lezioni scolastiche, in conseguenza degli eventi sismici che hanno interessato l'Umbria, causando l'inagibilità di diversi edifici scolastici;

   la Commissione difesa, in una recente missione, ha potuto constatare la gestione impeccabile del centro ad opera del personale militare dedicato, ma anche la presenza di alcuni edifici che necessitano di interventi di ristrutturazione al fine di sanare i danni causati dagli eventi sismici;

   la sistemazione dei suddetti locali permetterebbe un'ulteriore crescita del centro in questione, nonché una maggiore ospitalità dello stesso per tutte le attività già in essere –:

   se sia a conoscenza di fatti sopra esposti e quali iniziative intenda adottare al fine di recuperare gli edifici presenti nel medesimo centro, oggi inagibili, permettendo, conseguentemente, un'ulteriore crescita del centro in questione, se del caso, anche con la creazione di un fondo ordinario per il progetto «Caserme verdi» con l'inclusione, nel prossimo futuro, anche della caserma «Generale Ferrante Gonzaga del Vodice».
(5-03598)


   DEIDDA e GALANTINO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il comando raggruppamento subacquei e incursori «Teseo Tesei», comunemente conosciuto con l'acronimo Comsubin, è un reparto d’élite della Marina militare, costituito nel 1952, comprendente anche il «Gruppo operativo incursori» (G.o.I.) e avente sede in località Le Grazie (La Spezia) nel comprensorio del Varignano;

   a partire dalla metà dell'800, la storia d'Italia può vantare svariate imprese eroiche compiute dai palombari, i quali hanno servito la Patria con abnegazione e coraggio e che, ancora oggi, costituiscono una vera élite, sia in teatri di guerra, che in ambito nazionale, in supporto alle forze dell'ordine o alle altre istituzioni civili;

   per lo svolgimento dei compiti loro assegnati – tra i quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, vanno ricompresi, l'azione diretta, la ricognizione speciale e l'assistenza militare – necessitano di dotazioni adeguate e all'avanguardia;

   appare necessario garantire al Goi il massimo supporto e la piena efficienza, anche con adeguate risorse per finalità addestrative, in ragione dell'impiego del medesimo nell'area del Mediterraneo dove, negli ultimi tempi, si assiste a una rapida evoluzione, in senso peggiorativo, del quadro geopolitico, determinata dalla crescente tensione tra le nazioni che si affacciano nella medesima area;

   l'alta professionalità e l'altissimo valore delle risorse umane assegnate al gruppo in questione, non possono supplire, in tutte le occasioni, a quella che l'interrogante giudica l'assoluta carenza di investimenti di carattere economico, anche al fine di garantire l'adeguata manutenzione della stessa struttura del Varignano, prezioso e strategico sito, oltre che luogo di altissimo valore storico e culturale –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative intenda adottare al fine di garantire al Comando raggruppamento subacquei e incursori (Comsubin) un adeguato sostegno economico per il prossimo triennio, se del caso, in ragione del fondamentale ruolo svolto dall'Italia nella difesa comune europea, adoperandosi nelle competenti sedi dell'Unione europea per lo scomputo dal patto di stabilità degli stanziamenti previsti in favore delle Forze armate.
(5-03599)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dell'interno, il Ministro per la pubblica amministrazione, per sapere – premesso che:

   il comune è l'ente territoriale di base che la Costituzione, all'articolo 114, pone come primo elemento a fondamento della Repubblica;

   il comune è l'organo a più diretto contatto con la comunità locale, di cui rappresenta gli interessi e promuove lo sviluppo, godendo dei diversi livelli di autonomia stabiliti dalla Costituzione e dal Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali;

   al comune spettano servizi fondamentali, in rappresentanza del Governo centrale, come il servizio di stato e anagrafe, la pubblica sicurezza e la polizia urbana (attraverso il corpo della polizia locale). Al fine di poter esercitare pienamente tale funzione in tutto il territorio nazionale, la Costituzione prevede, all'articolo 119, l'attribuzione ai comuni di risorse proprie, nonché l'istituzione di un «fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante» e tale fondo consente, insieme alle entrate fiscali proprie di ciascun ente locale, di «finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite»;

   l'articolo 1, comma 449, lettera c), della legge n. 232 del 2016 prevede che il fondo di solidarietà comunale sia destinato ai comuni delle regioni a statuto ordinario, «di cui il 40 per cento per l'anno 2017 e il 45 per cento per gli anni 2018 e 2019, da distribuire sulla base della differenza tra le capacità fiscali e i fabbisogni standard approvati dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard entro il 30 settembre dell'anno precedente a quello di riferimento; la quota di cui al periodo precedente è incrementata del 5 per cento annuo dall'anno 2020 fino a raggiungere il valore del 100 per cento a decorrere dall'anno 2030»;

   l'articolo 1, comma 449, lettera c), della legge n. 232 del 2016 dispone che l'ammontare complessivo della capacità fiscale perequabile dei comuni delle regioni a statuto ordinario è determinata in misura pari al 50 per cento dell'ammontare complessivo della capacità fiscale da perequare sino all'anno 2019;

   il superamento del criterio della spesa storica a favore dei fabbisogni standard, completamente condivisibile, perché premiava quasi esclusivamente i comuni meno virtuosi e che doveva essere abbandonato entro il 2021, sembra essere stato di fatto posticipato al 2030;

   questa attuazione parziale delle norme sta creando situazioni paradossali in alcuni comuni del nostro Paese che vengono penalizzati da ripartizioni non supportate da alcune elemento di equità e giustizia perequativa;

   rientra in questa casistica il comune di Calci (provincia di Pisa). È stato infatti riscontrato, dai dati ufficiali del Ministero dell'economia e delle finanze, che la penalizzazione storica del comune di Calci, per effetto dell'utilizzo del criterio della spesa storica ammonta ad euro 235.717,00 ogni anno. Inoltre, per effetto di tale fattore, il comune negli anni ha dovuto introdurre l'Irpef allo 0,8x1000 e l'Imu al 10,6x1000, cioè ai massimi livelli, per garantire le risorse per servizi ed investimenti e vedersi sottrarre centinaia di migliaia di euro ogni anno dal «fondo di solidarietà». L'esborso totale per il fondo di solidarietà sostenuto dal comune di Calci supera negativamente, fra quota di alimentazione e quota di riparto, i 375.000 euro;

   tali riduzioni di risorse stanno causando, inoltre, gravi problemi all'amministrazione comunale di Calci rispetto ad alcuni interventi necessari per la comunità: la situazione economica del comune ha, ad esempio, compromesso la possibilità di ristrutturazione e adeguamento sismico della locale scuola media;

   questa situazione risulta incomprensibile anche rispetto alle realtà territoriali contigue: tutti i comuni confinanti con Calci (e con i quali vengono condivisi molti servizi associati) vedono infatti saldi in entrata del fondo di solidarietà molto più elevati per effetto del criterio della spesa storica;

   le risorse attribuite per effetto dei provvedimenti su menzionati non sono per l'interpellante rispettose del dettato costituzionale e non garantiscono al comune di finanziare integralmente le funzioni pubbliche attribuite, impedendo così il soddisfacimento dei livelli di prestazione essenziali;

   l'amministrazione comunale di Calci ha deliberato di conferire «incarico per l'avvio dell'azione legale innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale competente, alla rideterminazione delle somme effettivamente spettanti al Comune a titolo di fondo di solidarietà comunale, secondo i principi dettati dalla Carta costituzionale, sollevando, altresì, se necessario, questione di costituzionalità sia del Decreto che della normativa richiamata in premessa e ad essa connessa; e rivolgendo altresì espressa segnalazione anche alla Corte Europea di Giustizia» –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti espressi in premessa;

   quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere al fine di garantire la corretta redistribuzione del fondo di solidarietà comunale secondo i parametri legislativi vigenti e i principali della Costituzione;

   se il Governo non ritenga necessario adottare iniziative normative d'urgenza al fine di risarcire i comuni italiani, come quello di Calci, che, a giudizio dell'interpellante, sono stati oggettivamente penalizzati negli ultimi anni dalla incompleta applicazione delle norme relative alla redistribuzione del fondo di solidarietà comunale.
(2-00643) «Ciampi».

Interrogazione a risposta orale:


   SILVESTRONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la Costituzione della nostra Repubblica riconosce i comuni come millenario patrimonio nazionale e come luogo precipuo in cui i cittadini vivono, sviluppano la propria personalità, il proprio lavoro, formano la propria famiglia e crescono i propri figli;

   l'articolo 5 della Costituzione recita: «La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento»;

   i borghi e i paesi italiani rappresentano oltre il 70 per cento dei comuni, con una superficie territoriale amministrata che supera il 54 per cento di quella nazionale e una popolazione di oltre dieci milioni di abitanti, incidendo soltanto per l'1 per cento della spesa pubblica; essi costituiscono, nella gran parte dei casi, l'unica presenza dello Stato sui territori e il presidio essenziale per il cittadino nel rapporto con le istituzioni;

   in tali comuni i sindaci interpretano le necessità, le aspettative e le emergenze delle proprie comunità e si applicano nell'assolvimento delle loro funzioni con capacità, competenza e spirito di sacrificio, sottoponendosi costantemente al giudizio quotidiano delle popolazioni amministrate;

   i sindaci svolgono le attività con una penuria di mezzi finanziari derivante dai tagli indiscriminati susseguiti alla crisi del 2007, con una scarsità di risorse umane derivante da anni di blocco del turn over delle dotazioni organiche e con una responsabilità pressoché totale su tutti gli atti assunti e gli eventi susseguentesi nel proprio territorio;

   i sindaci dei comuni devono poter svolgere il fondamentale ruolo di prima e ultima istanza civica con dignità, professionalità e sicurezza alla pari di chi ricopre analoghe funzioni istituzionali pubbliche;

   in questi ultimi anni si è constatato un processo di progressiva riduzione dell'autonomia comunale attraverso spinte centralistiche statali e regionali, cui bisogna porre mano in ogni occasione contingibile, in attesa di un riordino complessivo della normativa;

   nella recente legge di bilancio si è provveduto ad equiparare le indennità di carica dei sindaci dei piccoli comuni a quelle dei sindaci dei comuni con popolazione superiore a cinquemila abitanti;

   tale indennità è sottoposta alle norme fiscali di calcolo in cumulo con altri redditi e, pertanto, essa spesso invece di tramutarsi in un beneficio economico si trasforma piuttosto in un danno derivante dall'applicazione di un'aliquota fiscale più elevata –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di risolvere la problematica di cui in premessa, eventualmente prevedendo una specifica eccezione al regime di cumulo dei redditi, così valorizzando la professionalità e l'impegno dei sindaci.
(3-01309)

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 124 del 2019, convertito dalla legge n. 157 del 2019, all'articolo 4, contiene novità sui versamenti Irpef negli appalti endoaziendali;

   l'Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 108 del 2019 ha fornito alcuni chiarimenti;

   all'articolo 17-bis del decreto legislativo n. 241 del 1997, si afferma che le pubbliche amministrazioni, imprese ed aziende commerciali, persone fisiche che esercitano atti e professioni, che affidano il compimento di una o più opere o servizi di importo complessivo annuo superiore a 200.000 euro, attraverso contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati caratterizzati da un uso prevalente di manodopera presso le sedi di attività del committente, con l'utilizzo di beni strumentali di proprietà di quest'ultimo o ad esso riconducibili in qualunque forma, sono tenuti a richiedere alle imprese della filiera copia delle deleghe di versamento dell'Irpef relative ai lavoratori direttamente impiegati nella esecuzione dell'opera e del servizio. Il versamento viene operato dalle imprese della filiera con deleghe distinte per ciascun committente, senza alcuna possibilità di compensazione;

   a parere dell'interrogante sussistono numerose criticità interpretative:

    a) si ritiene che il valore dell'opera o dei servizi debba riguardare l'appalto committente-appaltatore, con la conseguenza che il successivo frazionamento in subappalto o in più subappalti non ha alcuna influenza sul citato valore. Pertanto, anche i subappalti di valore esiguo verrebbero attratti dalla norma in questione;

    b) la norma parla di «sedi», ma spesso le attività avvengono presso terzi o comunque luoghi non considerati «sedi»;

    c) per quanto attiene ai beni strumentali, il legislatore non ha utilizzato il termine «prevalente», pertanto anche il parziale utilizzo dei beni strumentali potrebbe far sorgere nuovi obblighi;

    d) il comma 8 del citato articolo 17-bis stabilisce che è esclusa la facoltà di avvalersi dell'istituto della compensazione quale modalità di estinzione delle obbligazioni relative a contributi previdenziali e assistenziali e premi assicurativi obbligatori maturati, o in relazione alle retribuzioni erogate ai dipendenti direttamente impiegati nell'esecuzione delle opere o dei servizi affidati, o nel corso di durata del contratto. Pertanto, l'impresa appaltatrice o affidataria o subappaltatrice dovrà versare, senza poter effettuare alcuna compensazione nel modello F24, i contributi relativi all'Inps o ad altro ente previdenziale obbligatorio, nonché i premi Inail;

    e) stante la risoluzione dell'Agenzia delle entrate, l'appaltatore (o il subappaltatore o l'affidatario) dovrebbe prima calcolare le ritenute Irpef secondo le regole generali e, poi, suddividerle tra i vari committenti, imputando le somme in relazione alle ore prestate. Tale sistema, però, non risolve alcune questioni come la sospensione del rapporto di lavoro per malattia o ferie, oppure l'erogazione di arretrati a seguito di stipula di rinnovo di un Contratto collettivo nazionale di lavoro;

    f) l'Agenzia delle entrate chiede inoltre un elenco nominativo di tutti i lavoratori impiegati nel mese precedente nell'esecuzione dell'opera o del servizio, chiedendo inoltre tutta una serie di informazioni. Si ravvisano due possibili problemi: il primo riguarda la normativa sulla privacy che andrà gestita da entrambi i soggetti, con un aggravio di adempimenti e costi; il secondo è legato alla realtà economica in cui si opera. Il committente con questa norma viene investito di una serie di informazioni commerciali strettamente legate all'attività svolta dall'appaltatore. Il committente con le informazioni riguardo le ore, il numero dei lavoratori impiegati e le retribuzioni corrisposte dall'appaltatore o subappaltatore potrebbe trovarsi così in una posizione di forza negoziale importante;

    g) stanti tali obblighi, particolarmente gravosi da adempiere, anche il conseguente regime sanzionatorio appare a parere dell'interrogante eccessivo e sovradimensionato, con la conseguenza che le imprese potrebbero applicare la norma indistintamente e con ulteriori aggravi –:

   se si intendano assumere iniziative normative per superare le criticità di cui in premessa;

   se si intendano adottare iniziative affinché l'Agenzia delle entrate fornisca interpretazioni di carattere definitivo alla questione.
(4-04709)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   ZANETTIN. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 12 febbraio 2020 la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale la retroattività della cosiddetta «legge Spazzacorrotti»;

   nel 2019 tale illegittimità era stata denunciata dal gruppo Forza Italia, già in sede di approvazione della legge, nel corso del dibattito parlamentare;

   le conseguenze della pronuncia appaiono dirompenti;

   molti cittadini italiani, noti e meno noti, in questi primi mesi di applicazione della legge non hanno potuto usufruire delle misure alternative alla detenzione e sono stati costretti al carcere, nonostante i fatti da loro commessi fossero antecedenti l'entrata in vigore della norma;

   ora qualcuno dovrebbe chiedere scusa a questi nostri concittadini, che hanno subìto una ingiusta detenzione;

   il Governo a giudizio dell'interrogante è sempre «rimasto sordo» ad ogni richiesta di modifica di quella normativa, palesemente illegittima;

   nella seduta del 7 marzo 2019 il Governo pro tempore espresse parere contrario alla risoluzione in Commissione n. 7-00166 a prima firma dell'on. Enrico Costa, che lo impegnava a disporre affinché la nuova formulazione dell'articolo 4-bis della legge n. 354 del 1975, recante norme sull'ordinamento penitenziario si applicasse solo ai fatti successivi alla sua entrata in vigore;

   la maggioranza quindi nella stessa seduta di commissione respinse detta risoluzione;

   ora i cittadini che non hanno potuto usufruire dei benefici della «legge Gozzini» hanno certamente diritto al risarcimento del danno per l'ingiusta detenzione subita –:

   se il Governo intenda assumere iniziative normative in relazione a quanto esposto in premessa, considerata l'ingiusta detenzione di cittadini causata da provvedimenti poco avveduti promossi dal Governo precedente.
(3-01308)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PATELLI, BOLDI, CAFFARATTO, GASTALDI, GIACCONE, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI, LIUNI, MACCANTI, MOLINARI, PETTAZZI e TIRAMANI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il decreto ministeriale 1° dicembre 2016, recante «rideterminazione delle piante organiche del personale di magistratura dei Tribunali ordinari e delle relative Procure della Repubblica» stabilisce le piante organiche della magistratura degli uffici di I° grado;

   secondo l'allegato E al succitato decreto ministeriale, la pianta organica del personale di magistratura della procura della Repubblica di Biella prevede la presenza del procuratore della Repubblica e di tre sostituti procuratori;

   le risorse umane con funzioni giudiziarie si completano con 5 vice procuratori onorari;

   il decreto ministeriale 1° dicembre 2016 ha rideterminato la pianta organica dell'ufficio giudiziario, portando il personale da 18 unità a 16;

   le cifre sopra citate appaiono sottodimensionate rispetto all'aumentato carico del lavoro sia sotto il profilo quantitativo, che qualitativo del tribunale, fattispecie provata da numerose segnalazioni;

   negli ultimi due anni, a partire dal maggio del 2018, la procura di Biella si trova in grave difficoltà di organico a seguito di una serie di trasferimenti dal lato del personale di magistratura, e per una serie di permessi o pensionamenti dai lato del personale amministrativo;

   il personale amministrativo, in particolare, risulta ammontare a sole 21 unità di personale, a fronte delle 39 unità previste dalla pianta organica;

   con nota del 2019, il procuratore della Repubblica, a quanto consta all'interrogante, avrebbe indirizzato al Ministero della giustizia una lettera che sottopone alla valutazione del destinatario la situazione della procura di Biella con riferimento alla necessità di aumentare l'organico dei magistrati in particolare di un'unità, nonché del personale amministrativo in servizio, in particolare di tre unità;

   alla comunicazione richiamata al capo precedente, il procuratore della Repubblica di Biella ha fatto seguire nuove comunicazioni – la nota protocollata n. 533/19 del 9 luglio 2019, la nota protocollata n. 638/19 del 27 agosto 2019 e la nota protocollata n. 684/19 del 23 settembre 2019 – indirizzate al procuratore generale di Torino che specificano le necessità in merito all'organico degli uffici della procura della Repubblica di Biella che si trovano in gravissimo disagio anche in seguito all'entrata in vigore della nuova legge sul cosiddetto «codice rosso» che impegna i magistrati in turno permanente;

   l'ufficio che fa capo alla procura della Repubblica di Biella ha in cantiere, oltre allo svolgimento dei propri compiti precipui, interessanti progetti sia nelle materie specialistiche (infortuni sul lavoro, violenza sui minori) sia nel welfare, che coinvolgono non solo i colleghi, le forze dell'ordine e gli avvocati, ma l'intera collettività, che devono essere portati a compimento –:

   quali siano gli elementi ostativi che determinano la perdurante mancanza del personale presso il tribunale di Biella;

   quali siano in particolare gli ostacoli che impediscono l'aumento della pianta organica del personale di magistratura e quali siano gli ostacoli che impediscono l'aumento della pianta organica del personale amministrativo;

   se il Ministro non reputi necessario assumere le iniziative di competenza affinché la perdurante mancanza di personale presso la procura della Repubblica di Biella sia, dopo tanta attesa, sanata.
(4-04712)


   CARETTA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 3 febbraio 2020 un agente di polizia penitenziaria è stato colpito a colpi di caffettiera nel carcere di Alessandria e, sempre nella stessa giornata, un altro detenuto ha tentato di aggredire altri agenti con una lametta da barba;

   quattro giorni dopo, nel carcere di Bergamo, un agente scelto di polizia penitenziaria è stato aggredito da un detenuto di origini brasiliane, subendo traumi e contusioni per svariati giorni di prognosi;

   il 10 febbraio 2020, nel carcere di Matera, tre agenti sono stati feriti dopo essere intervenuti per fermare una colluttazione tra detenuti i quali, dopo aver appiccato un incendio all'interno della loro cella, avrebbero aggredito gli agenti mentre questi erano impegnati a far evacuare la cella e mettere in sicurezza gli altri detenuti;

   lo stesso 10 febbraio, due agenti della struttura «Filippo del Papa» di Vicenza sono stati aggrediti da un detenuto di origine maliana impegnato in una colluttazione con altri detenuti, il quale ha causato ferite per svariati giorni di prognosi;

   le aggressioni di cui sopra, in particolar modo l'episodio avvenuto nel carcere di Vicenza, si sarebbero verificate in un contesto di «sorveglianza dinamica», che prevede di tenere «aperte» le celle di determinate sezioni della struttura detentiva per almeno 8 ore al giorno;

   secondo i dati disponibili sul sito del Ministero della giustizia e dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, aggiornati in data febbraio 2020, il carcere di Vicenza ospiterebbe 404 detenuti, quando i posti regolamentari, in base a quanto previsto dal Ministero, sarebbero 286;

   tale situazione sarebbe stata denunciata anche dall'osservatorio «Antigone» che, nella scheda web dedicata alla casa circondariale di Vicenza parla di un istituto caratterizzato da un «sovraffollamento cronico» e di come «Alcune sezioni restano inabitate a causa della carenza di personale»;

   le difficoltà che coinvolgono questa casa circondariale sono numerose: sovraffollamento, sorveglianza insufficiente, personale insufficiente, la mancanza di un direttore reggente, in quanto l'attuale responsabile si trova occupato sia con il carcere di Padova che con quello di Vicenza, dove, a quanto consta all'interrogante, non riesce a essere adeguatamente presente;

   come riportato dall'osservatorio «Antigone», tali difficoltà sarebbero state riportate sia dagli agenti di polizia penitenziaria che da terzi, come il responsabile dell'area educativa, i quali hanno evidenziato come il crescente invio da parte di altre strutture detentive di numerosi soggetti «problematici dal punto di vista psichiatrico e sanitario», con conseguenti difficoltà per il personale della struttura;

   si tratta di una situazione critica, poiché le tendenze indicano un incremento dei detenuti nella struttura senza che vi corrisponda un eguale incremento di uomini e rinnovamento di mezzi, i quali sono in gran parte vecchi ed usurati, a detrimento degli agenti presenti, dei detenuti stessi e dell'intera comunità –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti, specie in relazione agli atti posti in essere a danno della polizia penitenziaria di Vicenza e quali iniziative intenda adottare:

    a) per garantire negli istituti penitenziari italiani un'adeguata e rinnovata dotazione di mezzi e agenti al fine di invertire la tendenza di cui in premessa, con particolare riguardo alla struttura detentiva di Vicenza;

    b) per dotare gli agenti di polizia penitenziaria di taser e altri strumenti idonei a mantenere l'ordine nelle carceri e a garantire l'incolumità del personale di polizia durante l'esercizio delle proprie funzioni;

    c) per ridurre il sovraffollamento di detenuti nella struttura detentiva di Vicenza, fonte di disagi sia per gli agenti che per i detenuti stessi;

    d) per rivedere le pratiche di «sorveglianza dinamica» in contesti di forte sovraffollamento e carenza di organico come quelle di cui in premessa;

    e) per tamponare, nell'immediato, il problema legato alla carenza di agenti di polizia penitenziaria e prevenire il verificarsi di eventi tragici.
(4-04723)


   GIANNONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il quotidiano on lineimolaoggi.it riporta la triste storia di un bambino di soli 4 anni seguito dai servizi sociali, in coma e semiparalizzato per incuria;

   come denunciato dall'avvocato che assiste la madre del piccolo, il bambino si trova «in coma, all'ospedale di Bergamo, il corpo semiparalizzato, nessuna capacità di esprimersi se non con versi»;

   i medici non sanno se riprenderà a parlare e a camminare e se riporterà danni neurologici permanenti;

   il giudice lo aveva tolto alla madre perché «lo curava troppo», affidandolo al padre che non se ne è mai occupato. L'ha lasciato sporco e malnutrito per mesi e nei giorni scorsi, pur avendo il piccolo 40 di febbre e la madre, disperata, lo scongiurasse di portarlo da un medico, non se n'è curato affatto;

   «era da mesi – racconta l'avvocato – che segnalavamo lo stato di pericolo in cui si trovava, la nostra consulente di parte sosteneva che il bambino corresse dei rischi per la sua salute, a causa dell'incuria e della decisione assunta dal giudice di allontanarlo dalla mamma per affidarlo al padre che vive in un paesino di montagna del bergamasco, abitato da meno di 300 persone e la scuola dell'infanzia più vicina a venti chilometri»;

   comunque, tanto si è disinteressato il padre al bambino che non vivrebbero nemmeno insieme: lo avrebbe affidato alla sorella;

   l'ultima richiesta di intervento da parte della mamma, si legge nell'articolo, risale a pochi gironi fa, dopo che il tribunale di Monza aveva lasciata inascoltata l'istanza urgente presentata ad ottobre. Con numerose prove fotografiche era stato chiesto nuovamente al giudice di riaffidare il bimbo alla madre: il piccolo versava in un grave stato di incuria e malnutrizione da fare pena. Per la sporcizia aveva le croste sul collo e aveva sviluppato delle infezioni da funghi alle mani e ai piedini. Un vistoso eritema ai glutei era dovuto invece all'assenza di igiene e di pulizia della biancheria, continuava, poi, a perdere peso a causa della perdurante malnutrizione;

   qualche giorno fa la mamma si era accorta che aveva la febbre a 40° e aveva chiesto al padre – unico deputato dal tribunale ad occuparsi della salute del bambino – di portarlo da un medico, ma lui non si era nemmeno degnato di rispondere;

   adesso il bambino è in ospedale privo della capacità di parlare e di muoversi, con possibile lesione al cervello che potrebbe anche lasciargli pesanti strascichi permanenti;

   «il giudice sapeva – prosegue nel testo l'avvocato — sapeva dell'incuria, della malnutrizione, dei veri e propri maltrattamenti»;

   infine, sottolinea l'avvocato, la consulente del tribunale, che aveva relazionato sul cambio di collocamento del bambino, risulterebbe molto vicina ad una associazione onlus che viene spesso presentata come ausiliaria del giudice;

   l'alienazione parentale Ap, chiamata in origine Pas, non è riconosciuta come un disturbo mentale dalla maggioranza della comunità scientifica, ma spesso viene utilizzata nelle consulenze tecniche d'ufficio come pretesto, talvolta unico, per allontanare minori dalle madri, definendole alienanti, simbiotiche, malevole, manipolatrici, troppo amorevoli –:

   se il Ministro interessato sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere affinché vengano evitate ed eventualmente sanzionate, tutte le situazioni di incompatibilità o conflitto di interesse che riguardino i giudici e consulenti tecnici d'ufficio all'interno dei tribunali minorili, nonché al fine di escludere il riconoscimento dell'alienazione parentale, che come noto è priva di qualsiasi validità ed affidabilità scientifica;

   se non ritenga di promuovere con estrema urgenza iniziative ispettive in relazione all'operato del tribunale del caso di cui in premessa, anche in considerazione del grave stato di salute in cui versa il minore.
(4-04733)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   GAGLIARDI, PEDRAZZINI, BENIGNI, SILLI e SORTE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   anche Air Italy, il sogno aereo dell'Aga Khan, nata dalle ceneri di Meridiana, va in liquidazione: l'assemblea dei soci della Aqa Holding (l'Aga Khan al 51 per cento e Qatar Airways al 49 per cento) ha deciso all'unanimità di mettere gli aerei a terra a causa delle persistenti e strutturali condizioni di difficoltà;

   la notizia è arrivata ai 1.200 dipendenti con una lettera del presidente Spada; il loro futuro è tutto da capire;

   i voli sino al 25 febbraio 2020 saranno operati agli orari e nei giorni previsti da altri vettori, mentre i passeggeri che hanno prenotato voli in partenza in date successive al 25 febbraio saranno riprotetti o rimborsati integralmente;

   creditori e fornitori dovrebbero essere rimborsati: la pratica della gestione della liquidazione in bonis, che prevede il pagamento di tutti i dipendenti e creditori, è stata affidata ad Enrico Laghi e Franco Lagro;

   sul tavolo dei soci era arrivata una proposta di ricapitalizzazione suggerita dai consulenti, per rilanciare il business nel 2020. Ma la richiesta di nuove risorse, però, non è andata a buon fine. La stessa compagnia emiratina, che avrebbe risorse finanziarie per intervenire, ha le mani legate e non può superare la soglia del 49 per cento per le leggi europee;

   segnali allarmanti per il futuro di Air Italy erano emersi a cominciare dal bilancio del 2018, che aveva registrato una perdita di 164 milioni di euro e al 30 novembre 2019 ha toccato 356,7 milioni di euro e oggi, per la gloriosa ex-Alisarda, è arrivata l'ora di alzare bandiera bianca e avviare la liquidazione, poiché per garantire la continuità aziendale nel 2020 sarebbero stati necessari almeno altri 200 milioni di euro;

   per la Sardegna è un vero terremoto, con 1.200 posti di lavoro in bilico, una stagione turistica in fase di programmazione e la questione della continuità territoriale, ovvero la convenzione che consente l'emissione di biglietti a tariffa calmierata in cambio di compensazioni economiche. Si tratta di una partita che vale circa 90 milioni di euro ma che deve essere ancora definita con la predisposizione e pubblicazione di un bando;

   Air Italy dopo Arcelor Mittal, Alitalia e Whirlpool rappresenta in maniera plastica le difficoltà del nostro sistema Paese certificato dai dati dell'Istat che, a dicembre 2019, registra un preoccupante indice di -2,7 per cento su novembre e del -4,3 per cento su base annua. Il 2019 è stato un anno orribile per l'industria italiana: si chiude a -1,3 per cento, il peggior dato dal 2013 –:

   quali iniziative urgenti i Ministri interrogati, per quanto di competenza, intendano adottare al fine di scongiurare le gravissime ripercussioni che la liquidazione di Air Italy produrrebbe sia sull'economia della Sardegna, in particolare per la Gallura, sia per la copertura dei collegamenti per la cosiddetta continuità territoriale con i mezzi aerei, sia per i 1.200 lavoratori.
(4-04708)


   GAGLIARDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la variante alla strada statale 1 Aurelia, nell'abitato dell'area di La Spezia, rappresenta un percorso alternativo di attraversamento dell'area e di accesso alla zona portuale, volta a decongestionare la viabilità costiera dai flussi d'attraversamento e restituisce gran parte della rete viaria cittadina al traffico locale. La variante si configura come un asse tangenziale alla città di La Spezia, di circa 10 chilometri, dalla zona di san Benedetto, a nord-ovest della città, fino alla zona Stagnoni, a est, ove si collega al raccordo autostradale, aggirando l'agglomerato urbano;

   l'opera è stata divisa in 3 lotti funzionali, di cui i primi due sono in fase di avanzata costruzione, mentre il terzo lotto, che si sviluppa prevalentemente in galleria, Completa la tratta urbana della variante, conferendole compiutezza funzionale tramite il collegamento con il raccordo autostradale e con la nuova penetrazione al porto commerciale, e ha un'estensione di 4.230 metri con 5 svincoli di collegamento con la viabilità ordinaria;

   negli ultimi mesi è inspiegabilmente fermo l'iter burocratico amministrativo per la riassegnazione dei lavori che dovrebbero completare l'asse stradale capace di collegare in pochi minuti la parte nord della città e la bassa Val di Vara con il raccordo autostradale;

   sulla gara, gestita da Anas, da oltre 46 milioni di euro per assegnare il primo lotto funzionale, ovvero il completamento del tratto tra i nuovi svincoli di via Del Forno e via Buonviaggio, si sa poco o nulla;

   un primo da cronoprogramma aveva indicato la ripresa dei lavori addirittura nel mese di maggio 2019;

   ora sembra che le offerte giunte all'azienda appaltatrice siano ben 13; sugli altri due lotti non si sa proprio nulla, non si sa nemmeno quando saranno messi a gara;

   una situazione di disagio che si riverbera anche sui circa 86 lavoratori impegnati nell'opera;

   purtroppo, i costi sociali di quest'opera stanno diventando enormi e sono destinati a pesare sulla comunità spezzina –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative urgenti di competenza intenda adottare al fine di accelerare le procedure di assegnazione dei lavori e dare anche sollievo al traffico cittadino di La Spezia e ai tanti lavoratori impegnati nella realizzazione dell'opera che, a causa dei ritardi, vivono in uno stato di precarietà economica.
(4-04725)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   si vive in un'epoca storica in cui sovente si assiste alla degenerazione dei valori morali e culturali che informano e sorreggono la Nostra Nazione, in cui il «politicamente corretto» non tiene in debita considerazione o finge di dimenticare, tra le tante cose, l'importanza del ruolo degli appartenenti delle forze dell'ordine per assicurare la tutela del territorio e dei suoi cittadini e per garantire la legalità;

   negli ultimi anni, infatti, la frantumazione morale che ha invaso la società e in particolar modo i giovani, vittime inconsapevoli di errati «esempi di vita», ha comportato un rapido e incontrollato aumento di vili condotte tese, principalmente, a deridere, disprezzare, oltraggiare e mortificare l'operato delle forze dell'ordine e dei suoi uomini in divisa;

   ciò che desta maggiore preoccupazione è la circostanza che tali condotte oltraggiose vengano per lo più commesse tramite pubblicazioni su Facebook, che, come noto, rappresenta il principale social network utilizzato dai giovani, con conseguente rapido dilagare non solo delle offese in esse contenute, bensì anche di princìpi scorretti che rischiano di essere pedissequamente seguiti;

   da ultimo, va segnalato il caso portato alla ribalta dalla stampa nazionale relativo a un video che il cantante Achille Lauro, partecipante alla 70a edizione del Festival di Sanremo, avrebbe pubblicato sul suo profilo social di Facebook nel 2018, in occasione di un evento al quale avrebbe dovuto partecipare nei pressi di Montalto di Castro e cancellato a causa di una alluvione;

   al fine di comprendere la grave portata oltraggiosa e lesiva dell'onore e del decoro dell'Arma dei Carabinieri, si ritiene opportuno riportare testualmente alcune parti delle dichiarazioni contenute nel video: «ieri al Festival di Vulci, vicino Montalto di Castro, è successo qualcosa di veramente raccapricciante, imbarazzante e disgustoso, al limite dell'umanità [...] ho assistito personalmente a perquisizioni ... a dei bambini che avevano semplicemente delle cartine in tasca. Perquisizioni fatte da quarantenni e cinquantenni, carabinieri frustrati e falliti che se la prendono con dei bambini che vanno a vedere tranquillamente un concerto, terrorizzandoli e calpestando la cultura, l'arte e l'espressione artistica»;

   il cantante, ritenendo secondo l'interrogante normale, quasi fosse lodevole, per dei bambini (come dallo stesso definiti) detenere delle cartine che per consuetudine si associano all'uso di sigarette o, peggio, di cannabis, giungerebbe a denigrare l'operato correttamente e legittimamente svolto dai carabinieri, usando parole di spregio che sviliscono e umiliano la reputazione delle Forze Armate;

   a parere dell'interrogante, se quanto riportato dalla stampa nazionale dovesse corrispondere al vero, ci si troverebbe di fronte ad una grave condotta di vilipendio ai sensi dell'articolo 290 cpv cod. pen., atteso che Achille Lauro, abusando del diritto di libera opinione avrebbe infangato la reputazione della Arma dei Carabinieri, disprezzando e umiliando pubblicamente l'importante e, sovente, pericoloso compito che i nostri uomini in divisa sono chiamati ad assolvere quotidianamente per tutelare la nostra Nazione e garantire la legalità;

   stante la portata offensiva delle dichiarazioni pubblicate, sarebbe lecito, quindi, ritenere che non si è in presenza di mere critiche nei confronti delle Forze Armate, nell'ambito di una civile e rispettosa dialettica, bensì di critiche del cantante che trascenderebbero nel disprezzo e nel dileggio e come tali penalmente punibili;

   le azioni poste in essere dal cantante hanno, inevitabilmente, sollevato le reazioni della maggior parte delle organizzazioni sindacali rappresentative dei Corpi delle Forze Armate che valuteranno l'eventualità di tutelare i propri diritti nelle opportune sedi giudiziarie –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intenda porre in essere per garantire il massimo e doveroso rispetto del decoro e del prestigio delle forze dell'ordine e delle Forze Armate al fine di evitare o limitare per quanto possibile il ripetersi di fatti come quelli descritti in premessa.
(4-04717)


   TONELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   durante la campagna elettorale per il rinnovo del consiglio regionale dell'Emilia-Romagna è scoppiata la polemica con riguardo alla chiusura del distaccamento della polizia stradale di Casalecchio di Reno in provincia di Bologna;

   è utile ricordare che tale chiusura è, ad avviso dell'interrogante, il colpo di coda di una politica di tagli sulla sicurezza ad opera della legge cosiddetta Madia che ha previsto il taglio di 45.000 uomini delle forze dell'ordine, mandando al collasso operativo il sistema e costringendo le varie forze di polizia a programmare la chiusura di una infinità di uffici che per la polizia di Stato ammontavano ad oltre 260, scongiurato unicamente ad opera dell'ex Ministro dell'interno Matteo Salvini con uno stanziamento di oltre tre miliardi di euro per il settore di cui due per una assunzione straordinaria di oltre ottomila unità per le forze di polizia e i vigili del fuoco;

   il candidato presidente di regione Bonaccini, poi eletto presidente, a giudizio dell'interrogante, ha subito utilizzato la problematica per finalità elettorali, ottenendo una risposta dal dipartimento di pubblica sicurezza in cui si sottolineava che: «la questione è inserita da tempo nel piano di razionalizzazione ed ottimizzazione dei presidi di polizia. Tuttavia, è in atto una rivisitazione complessiva del piano, avendo ottenuto, grazie all'impegno del Ministro dell'interno, l'implementazione di 1600 unità da destinare agli organici della Polizia di Stato», e con la precisazione che al momento il provvedimento di soppressione del distaccamento della polizia stradale di Casalecchio di Reno non fosse da considerarsi operativo;

   per l'interrogante, il dipartimento della pubblica sicurezza di fatto, e in maniera totalmente scorretta e inopportuna, si è prestato a prendere parte alla competizione elettorale, alla stregua di quanto accadde nel maggio del 2017 allorché il prefetto Gambacurta, direttore dell'ufficio per l'amministrazione generale del dipartimento di pubblica sicurezza, prestò la propria immagine in un filmato di un partito con il quale veniva presentato ufficialmente il proprio programma elettorale e di governo;

   pertanto è risultata strana e strumentale, all'interrogante, la nota con cui, in piena campagna elettorale, il dipartimento si è sbrigato a precisare che la decisione non fosse da considerare operativa e che ci sarebbe stata una rivisitazione complessiva del piano nell'ambito della quale si sarebbe fatto rientrare il presidio di Casalecchio di Reno quando, per contro, il decreto del capo della polizia datato 20 dicembre 2019 era già stato inviato agli uffici periferici dopo la registrazione alla Corte dei conti –:

   se intenda chiarire gli effettivi intendimenti sul distaccamento della polizia stradale di Casalecchio di Reno e se intenda vigilare affinché, in futuro, non accada più che il dipartimento di pubblica sicurezza si presti a quello che l'interrogante giudica un uso strumentale delle relative note a fini elettorali e sia così garantito il pieno rispetto del principio di buon andamento e imparzialità dell'amministrazione, ai sensi dell'articolo 97 della Costituzione.
(4-04720)


   TARTAGLIONE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nell'ambito delle procedure di riorganizzazione della pubblica amministrazione in atto, è interessata la polizia ferroviaria (Polfer), con riduzioni della vigilanza nelle stazioni presidiate da uffici Polfer;

   a seguito di questa riduzione, all'interrogante risulta che dovrebbe essere chiuso il presidio Polfer di Campobasso;

   tale misura, se confermata, precluderebbe a Campobasso la fondamentale presenza di un necessario presidio di sicurezza della rete ferroviaria, che oggi svolge un importante ruolo di prevenzione, vista anche la già attuata chiusura della postazione Polfer di Isernia;

   peraltro, attualmente il presidio di Campobasso è l'unico nella regione Molise e, con la sua attività di controllo e prevenzione, ha il compito di coprire l'intera tratta Campobasso-Isernia-Venafro-Cassino; infatti, il presidio più prossimo è proprio quello di Cassino che dista 100 chilometri dal capoluogo di regione;

   è evidente che tale chiusura comporterebbe gravi rischi in termini di sicurezza e controllo a danno dell'intera popolazione nonché dei viaggiatori pendolari, favorendo la già crescente microcriminalità che il territorio inizia a subire in modo sempre più preoccupante. È da considerare, infatti, che sono proprio le stazioni ferroviarie a divenire spesso scenario di forme di delinquenza e centro di aggregazione di malviventi provenienti da fuori regione, che si servono proprio del trasporto pubblico ferroviario per i loro spostamenti;

   va considerato anche che la chiusura del presidio comporterebbe la ricollocazione del personale qualificato e altamente specializzato per le attività di controllo su treni e binari, in altri uffici di polizia del capoluogo –:

   se sia prevista la chiusura del presidio di polizia ferroviaria di Campobasso e, in caso affermativo, se non si intenda riconsiderare detta chiusura alla luce delle evidenti e forti criticità esposte in premessa.
(4-04724)


   TONELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel mese di dicembre 2019, grazie a una massiccia operazione della squadra mobile della questura di Rimini, ribattezzata «Clean Park», condotta nell'area verde dei parchi Forlani e XXV Aprile, una delle principali piazze dello spaccio in città, è stata sgominata un'importante rete di traffico e vendita di sostanze stupefacenti;

   da tempo i residenti denunciavano la situazione di degrado e diffusa illegalità della zona, tanto che l'operazione Clean Park, con l'impiego di telecamere e anche di agenti sotto copertura, in un solo mese ha documentato ben oltre 130 episodi di vendita di sostanze stupefacenti (marijuana, hashish ma anche eroina e psicofarmaci) a ogni ora e soprattutto a giovani, molti minorenni;

   a seguito dell'operazione della squadra mobile, grazie alla quale l'area è stata finalmente restituita alla cittadinanza, sono stati effettuati una decina di arresti ed emesse sette misure cautelari nei confronti di «stranieri quasi tutti irregolari sul territorio dello Stato, entrati in Italia come richiedenti asilo politico e inizialmente domiciliati/residenti presso strutture di prima accoglienza (Caritas, associazione San Gallo, ecc.)», come emerge dall'ordinanza notificata ai diciassette indagati e riportata dai quotidiani locali;

   sempre secondo quanto pubblicato, sarebbero gli stessi inquirenti ad aver indicato per cinque immigrati indagati come domicilio emerso dagli accertamenti «l'indirizzo sostanziale» riconducibile all'associazione «San Gallo-Casa Madiba», in via De Warthema 26, in prossimità della zona in cui è stata condotta l'operazione Clean Park;

   nonostante quanto emerso dalle indagini degli inquirenti, sia la Caritas che l'associazione San Gallo-Casa Madiba hanno smentito di ospitare alcuno degli immigrati arrestati, sebbene in una nota dell'associazione, riportata dal CorriereRomagna del 22 dicembre 2019, si precisa che «sarebbero tre le persone coinvolte nell'operazione Clean Park che in passato sono state accolte»;

   successivamente, secondo quanto riferito in un articolo del Corriere Romagna del 24 dicembre 2019, la portavoce dell'associazione San Gallo-Casa Madiba ha riferito che l'associazione stessa rilascerebbe «domiciliazioni fittizie ai migranti» e che «gli spacciatori arrestati nell'operazione Clean Park non vivevano» nella struttura di via De Warthema «ma, in alcuni casi, cinque, hanno solo avuto la domiciliazione fittizia», con ciò confermando quanto emerso dalle indagini degli inquirenti, sebbene in un primo momento smentito dall'associazione;

   sempre secondo quanto riportato dalla stampa nel medesimo articolo, per Casa Madiba e Casa don Andrea Gallo quella delle «residenze fittizie» sarebbe «una pratica di lotta» e l'idea per il futuro sarebbe di occupare «gli spazi abbandonati per farne dei luoghi di accoglienza vissuti»;

   è di tutta evidenza che quanto dichiarato alla stampa dall'associazione per mezzo dei suoi rappresentanti e sopra riportato è di assoluta gravità sia perché ad avviso dell'interrogante palesemente illegale e in contrasto con la normativa in vigore, in particolare in materia di accoglienza e protezione internazionale ove la residenza o il domicilio sono necessari per formalizzare la domanda di asilo, sia per i profili di sicurezza e ordine pubblico, viste le evidenti risultanze delle indagini condotte dagli inquirenti nell'ambito dell'operazione Clean Park;

   a rendere ancora più grave la vicenda, considerata anche la dichiarata intenzione dell'associazione di annoverare tra le proprie attività anche quella di occupare di fatto abusivamente spazi per creare centri di accoglienza «vissuti», risulta all'interrogante che quest'ultima riceverebbe sovvenzioni pubbliche per finanziare le proprie attività –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere, per quanto di competenza, alla luce dei fatti esposti in premessa e anche delle dichiarazioni rilasciate dall'associazione San Gallo-Casa Madiba, per contrastare il fenomeno delle domiciliazioni fittizie e non vanificare l'operato delle forze dell'ordine impegnate quotidianamente nel contrasto al degrado e alla criminalità nella città di Rimini.
(4-04732)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   COLMELLERE. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   l'ufficio scolastico regionale (Ust) per il Veneto di Venezia con il decreto prot. n. 28 del 10 gennaio 2020, pubblicato sul proprio sito, ha disposto la distribuzione dei nuovi funzionari assunti nell'ultima procedura concorsuale, n. 253 a livello nazionale e n. 21 per il Veneto (solo 12 candidati hanno accettato) nel territorio della regione: 8 unità distribuiti negli uffici della direzione generale (scopertura sull'organico 55 per cento), 2 unità all'Ust di Treviso (scopertura sull'organico 66 per cento), 1 unità all'Ust di Venezia (scopertura sull'organico 55 per cento) ed 1 unità all'Ust di Verona (scopertura sull'organico 50 per cento);

   nel documento viene espressamente citato: «Valutata altresì, l'opportunità di procedere ad una razionale distribuzione delle risorse umane, potenziando alcuni uffici in grave carenza organica»;

   trattasi, a parere dell'interrogante, dell'ennesimo provvedimento che non considera in maniera approfondita la situazione drammatica in cui versa l'ufficio scolastico territoriale di Belluno;

   l'organico di diritto del personale ministeriale dell'Ust di Belluno, infatti, dovrebbe essere composto da 20 unità (8 funzionari – area III, 11 assistenti area II ed 1 commesso area I); allo stato dell'arte sono presenti 4 funzionari – area III (scopertura 50 per cento), 3 assistenti – area II (1 unità in part-time), 1 operatore/centralinista area II (scopertura 64 per cento) e 0 area I (scopertura 100 per cento) per una scopertura media totale del 60 per cento;

   l'età media dei dipendenti è di oltre 50 anni, con il rischio, in assenza di tempestive misure assunzionali di ricambio, di perdere professionalità ed esperienza, interni all'amministrazione, senza possibilità di realizzare l'ordinario e auspicabile passaggio di conoscenza a favore dei nuovi assunti;

   in considerazione delle peculiarità di Belluno, si sconta una bassa capacità attrattiva, rispetto ad altri territori, non riuscendo perciò a realizzare una compensazione positiva tra le mobilità di personale in uscita e in entrata;

   sono state già rappresentate al direttore generale dell'Usr Veneto e al Ministero dell'istruzione le condizioni in cui l'Ust di Belluno si vede costretto a lavorare, non permettendo quella garanzia di operato necessaria per il buon esito delle procedure;

   il precedente Governo stava valutando l'ipotesi di un piano di mobilità tra amministrazioni e, comunque, un piano assunzionale straordinario che, ad oggi, non vede ancora luce;

   per comprendere l'entità del fenomeno di sottorganico degli Ust, basti pensare che su tutto il territorio nazionale la scopertura degli uffici amministrativi si aggira intorno al 60 per cento –:

   se e quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, il Ministro interrogato intenda adottare per porre l'Ust di Belluno nelle condizioni di fronteggiare l'oneroso carico di lavoro che si prospetta e di garantire lo svolgimento delle procedure per un regolare avvio del prossimo anno scolastico, con meno della metà degli organici previsti e con le esigue risorse economiche a disposizione per sostenere i costi delle ore di straordinario che necessariamente i dipendenti dell'ufficio scolastico territoriale di Belluno dovranno svolgere;

   quali siano le intenzioni in merito alla operatività dell'Uts di Belluno ovvero se si prefiguri una ipotesi di accentrare sulla direzione regionale, potenziandone la dotazione organica, alcune competenze così da sgravare gli uffici territoriali.
(5-03593)

Interrogazione a risposta scritta:


   DE LORENZO, VIZZINI, AMITRANO, TRIPIEDI, CUBEDDU, DAVIDE AIELLO, SEGNERI, PALLINI, COMINARDI, COSTANZO, BARZOTTI, TUCCI, INVIDIA e VILLANI. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in data 28 gennaio 2020 veniva presentata dal sindacato Snals-Confsal Scuola, presso Montecitorio, in conferenza stampa, l'indagine nazionale sui presunti maltrattamenti degli alunni a scuola (Pms) nel periodo 2014-2019;

   l'indomani (29 gennaio 2020), l'emittente nazionale pubblica Isoradio metteva in onda la trasmissione «Strada facendo», condotta da Maurizio Costanzo e Carlotta Quadri, riprendendo l'argomento succitato (secondo la programmazione dal lunedì al venerdì dalle ore 11 alle 12);

   il conduttore proferiva reiteratamente invettive sessiste e oscenità nei confronti delle maestre indagate per presunti maltrattamenti, ritenendo di possedere la giusta «cura per quelle frustrate e le chiamo quelle perché mi rifiuto di chiamarle maestre». La soluzione secondo Costanzo sarebbe consistita «nell'andare con un maschio di bocca buona», «andare a pulire i c...», o «si divertiranno le guardie carcerarie a torturare queste maestre insoddisfatte» o «nel dare le dimissioni se si sentono stressate e andare a fare la calza»;

   il conduttore ha quindi insistito nel proferire le suddette volgarità sessiste nonostante la collega Carlotta Quadri cercasse di farlo desistere dalla condotta richiamandolo ripetutamente senza successo: «sei volgarissimo», «non si può sentire», «aiutatemi!», «aiuto, aiuto!»;

   il conduttore, oltre a voler mandare direttamente in galera senza giusto processo le maestre, affronta in modo errato e demagogico la duplice questione dell'assunzione delle maestre («c'è sicuramente qualcuno pagato per selezionarle: in galera anche loro», quando l'assunzione avviene grazie al superamento di un concorso) e della tutela della salute del lavoratore («Se si tratta di lavoro usurante?», chiede la collega e Costanzo replica: «Una bella dimissione e stanno a casa a fare la calza»);

   l'indagine Pms 2014-2019 succitata riporta almeno tre passaggi che dovrebbero consigliare cautela nell'affrontare il fenomeno dei presunti maltrattamenti a scuola: 1) le indagini giudiziarie sono aumentate di 14 volte in soli sei anni nonostante, o proprio in virtù, l'intervento dell'autorità giudiziaria con i suoi peculiari metodi d'indagine (utilizzo di telecamere nascoste, decontestualizzazione e drammatizzazione episodi, inquirenti non-addetti-ai-lavori e altro); 2) il fenomeno è esclusivamente italiano e non riguarda gli altri Paesi occidentali; 3) nel solo 2019 ci sono stati decessi precoci (56 e 58 anni) di due maestre indagate e altrettanti tentati suicidi;

   numerose sigle sindacali (Gilda, Snals, Cobas, Unicobas) hanno protestato per l'accaduto chiedendo un tempestivo intervento riparatore del Ministro dell'istruzione –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto evidenziato in premessa e se non ritengano doveroso, nei limiti delle proprie competenze, intervenire a tutela della dignità e dei diritti della categoria professionale delle docenti della scuola primaria e dell'infanzia, intraprendendo tempestivamente le seguenti iniziative:

    a) promuovere specifiche campagne di informazione attraverso radio e televisione sul tema dei presunti maltrattamenti a scuola, stimolando confronti volti ad approfondire con esperti la tematica troppo spesso sottaciuta;

    b) promuovere l'istituzione di un tavolo interistituzionale volto a definire protocolli per l'intervento, approfondendo anche il fenomeno del burn-out e dello stress lavoro-correlato, con particolare riferimento ai presunti maltrattamenti, analizzando studi già effettuati o disponendone di nuovi.
(4-04713)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FORMENTINI, EVA LORENZONI, BORDONALI e DONINA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   già con precedente atto di sindacato ispettivo, tuttora privo di risposta (n. 5-03252), la Lega Sp richiamava l'attenzione del Governo sulla crisi degli ex supermercati Auchan e l'incertezza del futuro occupazionale dei tanti lavoratori coinvolti e con gli ordini del giorno n. 9/02203/099 e n. 9/02203/136 impegnava il Governo ad adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale e dei trattamenti retributivi penalizzati dal piano di acquisizione del gruppo Conad;

   nessun seguito, nonostante l'accoglimento dei citati ordini del giorno, risulta agli interroganti sia stato ad oggi dato in merito;

   Brescia è una delle realtà territoriali maggiormente coinvolte nella vertenza; ad oggi solo 19 punti vendita su 32 hanno avuto la certezza del passaggio a Conad: Roncadelle, Pontevico, Bovezzo, Brescia Via Tirandi, Brescia S. Polo, Rodengo Saiano, Botticino, Brescia Via S.Bartolomeo, Boario Terme, Gussago, Brescia Via S. Zeno, Toscolano, Salò, Padenghe, Desenzano d/G, Palazzolo s/O, Rovato e Maclodio, mentre il punto vendita di Rezzato è uno dei 28 negozi per i quali è previsto il passaggio a Carrefour;

   a Brescia circa 700 lavoratori ad oggi non sanno ancora se e quando passeranno all'interno di Conad o di qualche altro competitor;

   tale incertezza riguarda sia gli addetti dei 2 ipermercati Auchan di Concesio e Mazzano, presso i quali lavorano, rispettivamente, 150 e 180 dipendenti, sia per gli oltre 400 lavoratori dei 12 negozi ex SMA (Brescia Via Apollonio, Via Vallecamonica; Castenedolo; Gavardo; Gardone VT; Leno; Lumezzane 2 e Lumezzane 3; Orzinuovi) nonché, per l'appunto, i circa 47 lavoratori e lavoratrici della sede amministrativa di Roncadelle;

   peraltro, la decisione della società Bdc Italia (Business Development Corporation — società di sviluppo aziendale, costituitasi dopo la finalizzazione del closing tra la rete Auchan — Sma e Conad) di aprire una procedura di mobilità per 47 lavoratori nel punto vendita di Roncadelle preoccupa non poco le istituzioni locali, che la temono come l'anticamera di un processo di ristrutturazione che sfocerebbe nel taglio di una grossa parte del personale –:

   se e quali concrete iniziative di competenza il Governo intenda tempestivamente assumere con riguardo a quanto esposto in premessa.
(5-03587)


   MURA, SERRACCHIANI, CARLA CANTONE, GRIBAUDO, LEPRI, SOVERINI e VISCOMI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   con una comunicazione inviata a sindacati e Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il gruppo Margherita Distribuzione ha formulato la richiesta di cassa integrazione per il 60 per cento della forza lavoro, 5.323 dipendenti su un totale nazionale di 8.873, impiegata nella rete di vendita Auchan e Conad;

   solo in Sardegna sono coinvolti i 435 dipendenti dei 725 totali delle Città mercato di Cagliari, di Olbia e di Sassari;

   tali richieste non appaiono accompagnate da chiare indicazioni sul piano industriale di rilancio di un'azienda che continua a perdere fatturato e senza che venga realizzato alcun serio investimento;

   nelle scorse settimane Margherita Distribuzione ha già avviato la messa in mobilità di 817 lavoratori impiegati in tutte le strutture di sede;

   secondo l'azienda, la richiesta di cassa integrazione sarebbe funzionale alla individuazione «dei negozi che passeranno dalla rete Auchan a Conad o ad altri» e all'esigenza di dare continuità di reddito nei periodi di ristrutturazione dei negozi, ovvero di cambio insegne e di layout interno, anche in vista della pronuncia definitiva dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato sull'operazione di acquisizione di Auchan da parte di Conad;

   la preoccupazione unitariamente espressa dalle organizzazioni sindacali è che, oltre alla perdita di reddito per i lavoratori interessati, la cassa integrazione per tutto il 2020 possa essere il preludio di ulteriori licenziamenti nel 2021;

   in realtà come la Sardegna, il numero dei lavoratori collocati in cassa integrazione appare inaccettabile e, a parere delle organizzazioni sindacali, minerebbe la stessa operatività e il buon andamento dei quattro ipermercati presenti sull'isola, che già ora registrano riduzioni di clientela e di fatturato con il personale che vede costantemente peggiorare le condizioni di lavoro e le prospettive future;

   già con precedente atto di sindacato ispettivo, l'interrogazione 5-03287, del 12 dicembre 2019, si era richiamata l'attenzione del Governo sugli effetti occupazionali derivanti dall'acquisizione della rete dei supermercati Auchan da parte di Conad, stante l'annunciato piano di riorganizzazione che prevedrebbe addirittura 6.000 esuberi su tutto il territorio nazionale –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare al fine di verificare le effettive intenzioni del gruppo Margherita circa il futuro lavorativo dei dipendenti impiegati nei punti vendita, negli ipermercati, nelle sedi amministrative e nella logistica;

   quali iniziative si ritenga di dover attivare per imprimere un'accelerazione alla trattativa tra le organizzazioni sindacali e i rappresentanti del gruppo Margherita Distribuzione, anche alla luce della recente richiesta di cassa integrazione per circa il 60 per cento della forza lavoro, affinché si scongiuri che il processo di riorganizzazione della rete Auchan e Sma si tramuti in un ulteriore drammatico taglio dell'occupazione.
(5-03595)


   DARA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la sofferenza occupazionale che la provincia di Mantova continua a registrare è oltremodo allarmante;

   nei primi mesi di autunno, tra settembre e ottobre 2019, il ricorso alla cassa integrazione (specialmente quella ordinaria) è aumentato del 146 per cento e, tra novembre e dicembre, del +713 per cento;

   trattasi di un incremento vertiginoso, un vero e proprio boom esplosivo che preoccupa e allarma non poco, in quanto evidenzia non soltanto lo stato di crisi in cui vertono molte aziende del territorio, ma anche l'assoluta mancanza di politiche di sviluppo e competitività;

   a seguire Mantova, in questo triste primato di aumento delle richieste di Cassa integrazione guadagni, è Livorno con un incremento del +646 per cento, ma la criticità riguarda in tutto ben cinquanta province;

   nell'area nord della Toscana, addirittura, dalle 900 ore di Cassa integrazione guadagni ordinaria di settembre 2019, si è passati nel mese successivo (ottobre) alle quasi 5.000;

   il problema, inoltre, riguarda anche gli importi dei trattamenti; in valori assoluti le buste paga delle lavoratrici e dei lavoratori in cassa integrazione a zero ore si sono «alleggerite» di oltre 301 milioni di euro, corrispondente a 2.365 euro medi netti annui pro-capite (pari al 14,4 per cento della retribuzione totale) e a una perdita complessiva media, per operai e operaie, di 217,7 milioni di euro in un anno –:

   se e quali tempestive e rapide iniziative di competenza, anche di carattere normativo, il Governo intenda adottare con riguardo a quanto esposto in premessa, sia in termini di politiche di sviluppo che possano comportare una forte frenata delle richieste di Cassa integrazione guadagni sia in termini di salvaguardia del potere d'acquisto dei lavoratori destinatari del trattamento di integrazione salariale.
(5-03597)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SPORTIELLO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 21 gennaio 2020, presso la regione Campania, si è svolto un incontro tra le principali organizzazioni sindacali, l'azienda Unilever e la parte pubblica, per esaminare congiuntamente le norme previste dall'articolo 4, commi 6 e 7, della legge n. 223 del 1991 in merito alla vertenza Unilever;

   la Unilever ha richiesto di avviare la procedura di riduzione del personale (articoli 4 e 24 della legge n. 223 del 1991), nell'ambito dello stabilimento di Caivano (Napoli) nei confronti di 53 lavoratori a tempo indeterminato su una forza complessiva di 707 unità lavorative in forza all'azienda;

   le motivazioni adottate dall'azienda sono legate all'esistenza di un'eccedenza strutturale di personale, nonché ad interventi aziendali per ridurre il costo del lavoro;

   la società ha dichiarato di adottare la misura di riduzione del personale per l'impossibilità di trovare soluzioni alternative;

   gli esuberi nel corso della trattativa sono stati ridotti a 29 unità di cui 9 impiegati/operai del reparto servizi amministrazione generale e 20 impiegati/operai di altri reparti;

   la risoluzione del rapporto di lavoro dovrà avvenire non oltre il 31 agosto 2020;

   nell'accordo si conferma di bandire un appalto per una società esterna a cui affidare i servizi di portineria;

   da notizie stampa si apprende che gli addetti alla portineria sono quasi tutti appartenenti a categorie protette, poiché persone con delle disabilità (tra di loro c'è un lavoratore ipovedente e un lavoratore gravemente infortunato sul lavoro);

   in pratica i lavoratori interessati dalla misura dovrebbero essere licenziati, perdendo le tutele del vecchio contratto e assunti dalla ditta che si aggiudicherà l'appalto;

   la Unilever è una società presente in Italia dagli anni 60, leader nella produzione alimentare dolciaria e seconda, per importanza, solo alla Ferrero. Ha operato, tra l'altro, in cooperazione con i principali marchi di produttori internazionali, nella commercializzazione di prodotti alimentari. Nel corso degli anni ha sviluppato joint venture con aziende quali Nestlé, Findus; a metà anni 60 ha rilevato l'Algida che diventerà un marchio leader nella produzione di gelati;

   lo stabilimento di Unilever Caivano è passato da quasi 1.200 occupati a tempo indeterminato (1.000 full time, circa 180 part time) a 700 oggi, di cui 230 part time e 470 full time, pur avendo avuto negli ultimi anni diverse decine di milioni di euro di finanziamento pubblico; i licenziamenti e le esternalizzazioni annunciati dalla Unilever a gennaio 2020 andrebbero a gravare sulla Campania, una regione che già sta soffrendo per altre crisi aziendali;

   questa continua emorragia occupazionale non ha mai fine, nonostante i finanziamenti ricevuti da Invitalia e non solo. In aggiunta a tutto questo, lo stabilimento di Caivano ha usufruito di 3 anni di contratti di solidarietà dal 2016 al 2019 –:

   se nell'ambito della procedura prevista dalla legge n. 223 del 1991, nell'accordo per la vertenza Unilever, si sia tenuto conto del fatto che i lavoratori interessati alla misura di esubero siano appartenenti alle categorie protette;

   se sia a conoscenza di quali tutele saranno adottate per garantire il futuro occupazionale dei lavoratori esternalizzati dei servizi di portineria della Unilever.
(4-04711)


   FASSINA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 1° ottobre 2017, Federico Maruca, autista dell'Autoservizi Troiani (azienda del consorzio Roma Tpl) è stato aggredito mentre guidava un autobus della linea 055 in zona Rocca Cencia. Maruca è stato colpito alla testa violentemente mentre cercava di convincere un passeggero ubriaco, che brandiva una bottiglia di vetro urlando, a calmarsi e ha riportato gravi danni all'occhio;

   il 10 gennaio 2020, con una comunicazione ufficiale, attraverso raccomandata, l'Autoservizi Troiani ha annunciato a Federico Maruca la risoluzione del rapporto di lavoro per giustificato motivo, in quanto considerato inabile al lavoro da due visite specialistiche, che hanno constatato l'inidoneità alla guida. Federico Maruca, rimasto in ospedale per mesi, poi messo in aspettativa per sei mesi a metà stipendio e, successivamente, in ferie obbligate, ora non può tornare a guidare un autobus del Tpl come «operatore di esercizio» e, quindi, essendo stato assunto per questo nel maggio 2013, secondo l'azienda, deve essere licenziato;

   ovviamente il lavoratore, avendo subito un grave danno fisico durante il servizio di lavoro, sperava di poter tornare a lavorare ricoprendo altra mansione. Invece ora non ha più un lavoro;

   la decisione dell'Autoservizi Troiani è, a giudizio dell'interrogante, inaccettabile e, se confermata, costituirebbe un pericoloso precedente, avvenuto, tra l'altro, nel silenzio assordante del comune di Roma –:

   se sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa e se non intenda adottare iniziative normative per tutelare i lavoratori divenuti inabili per circostanze connesse all'espletamento del servizio ed evitare che si ripetano situazioni come quella sopra richiamata.
(4-04714)


   FITZGERALD NISSOLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il regolamento (Ce) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale ha novellato la disciplina previgente a livello europeo prediligendo il principio della lex loci laboris, ai sensi del quale, in ragione dell'articolo 11, il cittadino che esercita un'attività subordinata in uno Stato membro è soggetto alla legislazione in materia di sicurezza sociale di tale Stato, abrogando in tal modo il diritto di opzione per il sistema di sicurezza sociale precedentemente previsto;

   la nuova disposizione, con il suo strascico di riverberi in termini di oneri e vincoli in capo ai lavoratori decorre dal 1° maggio 2020, si configura come una evidente riforma peggiorativa segnatamente per la categoria degli impiegati della rete estera del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale di cui all'articolo 152 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, in ragione dell'obbligo di transito dal sistema previdenziale retributivo italiano, originariamente optato in ragione della previgente norma, a quello del Paese di residenza;

   l'attuazione del suindicato articolo 11 comporterà inevitabilmente una contrazione delle retribuzioni a causa del gravame dei contributi previdenziali locali che sono maggiori rispetto a quelli versati finora in Italia all'Inps, tale da identificarsi in una riduzione che può arrivare anche a 600 euro mensili; a ciò si aggiunge la conseguente riduzione dell'ammontare pensionistico pari ad una quota media di 700 euro mensili;

   il transito verso il sistema di sicurezza sociale locale creerebbe notevoli disagi ai lavoratori a parità di oneri in capo agli stessi, rispetto a quanto previsto dal sistema italiano finora vigente e per il quale il personale aveva originariamente optato;

   l'articolo 16 del regolamento citato prevede la possibilità in capo a due o più Stati membri, di definire, delle specifiche deroghe, nell'interesse di una determinata categoria, ma al momento risulta che tale procedura non sia stata attuata per tutti i Paesi in cui sono operativi impiegati a contratto; pertanto, non risulterebbe essere stata delineata una univoca e comune formula di tutela del personale;

   nello specifico, al momento risulterebbero in corso ancora trattative con i 5 Stati membri dove maggiore è il numero di impiegati a contratto, per un totale di circa 100 lavoratori;

   la deroga, qualora attuata ai sensi del citato articolo 16, prevede un duplice livello, quello politico che afferisce al versante diplomatico-bilaterale dell'accordo e quello tecnico attraverso la sottoposizione mediante l'Inps, della copertura previdenziale dei lavoratori agli enti assicuratori locali;

   la mancanza di tutele in alcuni Paesi legittima una sperequazione di trattamento che viola il principio della parità di condizioni in termini assicurativi-contributivi a tutti i dipendenti: ciò potrebbe essere oggetto di ricorso in sede amministrativa esponendo l'amministrazione ad oneri significativi sul medio e lungo periodo;

   si ritiene opportuno evidenziare che, ai sensi dell'articolo 11, paragrafo 3, lettera b), del regolamento, un pubblico dipendente è soggetto alla legislazione dello Stato dell'amministrazione da cui egli dipende; pertanto, il lavoratore a contratto, caratterizzato da una specificità contrattuale che lo qualifica comunque come dipendente statale presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, rientrerebbe per inevitabile analogia nella categoria destinataria di deroga diretta –:

   se il Governo non ritenga opportuno adottare iniziative, nella prospettiva di tutelare i lavoratori di cui in premessa, per riconoscere agli stessi la deroga diretta di cui all'articolo 11, paragrafo 3, lettera b), del regolamento (Ce) n. 883/2004, attraverso il relativo rilascio del modello A1, recante il certificato di distacco del lavoratore in Paesi dell'Unione europea, anche al fine di garantirne la prosecuzione del rapporto previdenziale con l'Inps in assenza di penalizzazioni retributive e pensionistiche, nella prospettiva di evitare ricorsi in sede amministrativa sul medio e lungo periodo.
(4-04718)


   DI SARNO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   dal 1° gennaio 2012 – per effetto del decreto-legge n. 201 del 6 dicembre 2011 («decreto salva Italia»), poi convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 27 dicembre 2011 – l'Inpdap è confluito nell'Inps;

   da fonte sindacale della polizia di Stato, si apprende che molteplici donne e uomini che sono o stanno andando in quiescenza, rimarrebbero per 3/4 mesi senza percepire alcun emolumento dopo 35/40 anni di servizio;

   molte donne e uomini prossimi alla pensione devono, loro malgrado, subire tali ritardi. Poliziotti che per una intera vita lavorativa hanno vissuto con il frutto del loro sacrificio quotidiano si trovano alla fine della loro carriera a subire l'umiliazione di chiedere in prestito, magari ad amici e parenti, le risorse per poter vivere nei mesi in cui non si ha ancora avuto l'accredito della sacrosanta pensione;

   la questione è davvero così grave e si è talmente incancrenita che, recentemente, come viene riportato dai riferimenti territoriali, alla questura di Napoli alcuni appartenenti prossimi alla pensione sono stati informati dagli uffici preposti che prenderanno il primo accredito della pensione anche con tre/quattro mesi di ritardo. Sentire una cosa del genere è inaccettabile;

   non è normale che l'Amministrazione possa riferire una cosa del genere ai propri dipendenti;

   evidentemente, c'è qualcosa di serio che non va in questo meccanismo;

   l'Amministrazione ha il dovere di agire in tempo per fare in modo che al poliziotto, prossimo alla quiescenza, venga riconosciuto sin da subito il frutto di anni di lavoro –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare in relazione alle criticità concernenti l'erogazione dei trattamenti pensionistici di cui in premessa.
(4-04722)


   EVA LORENZONI, BORDONALI, FORMENTINI, DONINA, MURELLI, GUIDESI, DURIGON, CAFFARATTO, LEGNAIOLI e MOSCHIONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   notizie sempre più allarmanti si susseguono in merito alla vicenda Auchan-Conad e all'incertezza occupazionale dei lavoratori coinvolti;

   le ultime riferiscono che dal gruppo Margherita è arrivata al Ministero del lavoro e delle politiche sociali la richiesta di cassa integrazione per il 60 per cento della forza lavoro, vale a dire per 5.323 dipendenti su un totale nazionale di 8.873, distribuiti nelle regioni di Abruzzo, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sardegna e Veneto;

   nella sola provincia di Brescia sono coinvolti 737 lavoratori dipendenti di 13 supermercati; in Sardegna sono coinvolti 435 dipendenti dei 725 totali delle Città mercato di Cagliari, Olbia e Sassari;

   quel che più preoccupa è la mancanza, a tutt'oggi, di un piano industriale di rilancio di un'azienda che continua a perdere fatturato senza alcun investimento, il che lascia presumere che tale richiesta di cassa integrazione guadagni sia il preludio di futuri licenziamenti;

   tutto ciò, peraltro, sembra contrastare con le dichiarazioni dei vertici aziendali di Conad in sede di audizione sul piano di acquisizione del gruppo Auchan in Commissione attività produttive della Camera nel dicembre 2019;

   con gli ordini del giorno n. 9/02203/099 e n. 9/02203/136 – si ricorda – il gruppo LegaSP impegnava il Governo ad adottare ogni utile iniziativa a tutela delle centinaia di posti di lavoro interessati dalla crisi aziendale e dei trattamenti retributivi penalizzati dal piano di acquisizione del gruppo Conad –:

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda tempestivamente porre in essere con riguardo a quanto esposto in premessa e, in particolare, se intenda attivarsi perché sia fatta chiarezza sui punti vendita interessati dalle richieste di Cassa integrazione guadagni del gruppo Margherita e sul futuro occupazionale dei lavoratori coinvolti.
(4-04727)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FOTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   sia una legge della regione Emilia-Romagna che lo statuto del Consorzio di bonifica di Piacenza prevedono il voto elettronico per il rinnovo degli organi consortili;

   il Consorzio di bonifica di Piacenza già più volte ha svolto turni elettorali senza utilizzare il voto prescritto dalla legge e dallo statuto;

   in argomento, a quanto consta all'interrogante, esiste un contenzioso proprio per invalidare le elezioni siccome non svolte come prescritto;

   invitata – da una presa di posizione della Lega e del Movimento 5 stelle in consiglio regionale – ad intervenire, la giunta regionale, e in ogni caso i consiglieri Pd, hanno respinto l'invito ad attivarsi presso il Consorzio precitato, affinché si svolgesse con il voto elettronico il prossimo (e vicinissimo) turno elettorale;

   la vicenda in questione appare significativa anche alla luce dell'esigenza di una più ampia riflessione sulla governance dei consorzi di bonifica, in rapporto alla rilevanza del ruolo che sono chiamati a svolgere –:

   se non si intendano adottare le iniziative di competenza, anche di carattere normativo, per assicurare un'adeguata governance degli enti in questione ed il loro effettivo funzionamento, a partire dall'elezione dei relativi organi.
(5-03585)


   CENNI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la produzione di tabacco «Kentucky» per il sigaro Toscano rappresenta un settore di nicchia molto prestigioso: 235 aziende in Italia con una superficie di 1.362 ettari e un raccolto di prodotto secco di 2.339 quintali;

   il Kentucky è la varietà di tabacco a più alto valore unitario nella tabacchicoltura italiana e l'Italia è tra i primi produttori di tale varietà in Europa;

   il 65 per cento delle aziende che producono tabacco «Kentucky» sono concentrate in Toscana, e in particolare nella zona della Valtiberina e nei comuni di Anghiari, Sansepolcro e Monterchi. Si tratta di 117 imprese che coltivano circa 889 ettari, dedicati quasi interamente la produzione di «fascia», la qualità pregiata che costituisce la parte esterna del sigaro Toscano;

   questo settore, nonostante rappresenti un fiore all'occhiello dell'agricoltura italiana, sta comunque vivendo da tempo una situazione critica. Le aziende, infatti, stanno producendo sottocosto: a fronte di un costo minimo a quintale di prodotto secco (cioè pronto per l'uso) di 800 euro, il prezzo medio di vendita per l'agricoltore è spesso inferiore a 600 euro;

   negli ultimi 10 anni si è verificato un aumento dei prezzi per i produttori e, contemporaneamente, un irrigidimento delle perizie alla consegna del prodotto che ha conseguentemente favorito una diminuzione del tabacco raccolto a ettaro di circa il 25 per cento per avere una qualità migliore. La Plv - Sau (produzione lorda vendibile per ettaro) è diminuita di oltre 3.000 euro, scendendo a circa 8.000 euro;

   dal 2015 sono diminuite, del 35 per cento circa, anche le risorse comunitarie a sostegno della filiera tabacchicola senza che ci sia stato un adeguato aumento della Plv, che, al contrario, sta progressivamente calando;

   è quindi palese come questa situazione complessiva stia danneggiando i coltivatori di tabacco «Kentucky», che hanno spesso operato investimenti molto consistenti, mettendo a repentaglio la stessa sopravvivenza delle imprese e dei livelli occupazionali coinvolti;

   va segnalato, in questo contesto, che l'uso di prodotti chimici nel tabacco Kentucky è molto inferiore, per quantità e tossicità, a quelli usati in molte altre colture, come gli ortaggi e la frutta. A questo proposito, sono stati effettuati dei controlli approfonditi in Valtiberina toscana da parte della Asl locale e dell'università di Siena su un campione di agricoltori e loro dipendenti che hanno evidenziato una situazione ampiamente al di sotto dei limiti di legge, confutando così il forte allarmismo che era stato creato su questo tema;

   l'azienda che produce il sigaro Toscano è la Manifatture Sigaro Toscano spa, un'impresa fortemente in attivo e che ha registrato un utile nel 2018 di 18,91 milioni di euro (nel 2017 era 17,3 milioni di euro);

   Manifatture sigaro toscano assorbe oltre il 90 per cento a valore dell'intero raccolto nazionale di Kentucky e arriva quasi al 100 per cento nel caso della foglia da «fascia»;

   nel mese di febbraio del 2019 è stato firmato un protocollo di intesa tra Manifatture sigaro toscano e il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali per l'acquisto di tabacco Kentucky destinato alla produzione dei sigari a marchio Toscano. L'accordo durerà dal 2019 a tutto il 2024 e dovrebbe garantire ogni anno l'acquisto di un minimo di 2.200 tonnellate di tabacco prodotto in Italia, per un valore di circa 15 milioni di euro annui. Il protocollo prevede, inoltre, l'aggiornamento del disciplinare del tabacco e recepisce tutte le innovazioni tecnologiche e fitosanitarie intervenute negli ultimi anni –:

   se il protocollo di intesa, citato in premessa, tra Manifatture sigaro toscano e il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali stia producendo reali effetti benefici per le imprese agricole coinvolte e quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere al fine di sostenere la redditività delle aziende italiane che producono tabacco «Kentucky».
(5-03594)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ROSTAN. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nel contesto europeo e globale il consenso della comunità medica e la diffusione di terapie a base di cannabis per il trattamento di patologie croniche sono in costante crescita;

   i prodotti fitocannabinoidi hanno dato prova di offrire notevoli benefici in termini di miglioramento della qualità della vita dei pazienti affetti da patologie gravi e croniche;

   l'Italia è stato uno dei primi Paesi ad avviare una sperimentazione nella produzione della cannabis a uso medico nel 2015 e a dotarsi di una regolamentazione in materia con l'articolo 18-quater della legge 4 dicembre 2017, n. 172;

   nonostante queste circostanze favorevoli, pazienti, medici, farmacisti e le stesse regioni hanno in più occasioni denunciato carenze nella disponibilità dei prodotti fitocannabinoidi e difficoltà nell'accedere a queste cure o nel continuare le terapie;

   l'offerta nazionale di cannabis terapeutica non è in grado di soddisfare la domanda. Il sistema di approvvigionamento italiano è sorretto dallo Stabilimento chimico farmaceutico militare (Scfm), che rappresenta l'unico ente autorizzato alla produzione e deve essere supportato attraverso un accordo d'importazione con il Ministero della salute olandese e tramite bandi periodici per l'importazione di ulteriori quote allo Scfm;

   secondo i dati dell’International Narcotics Control Board (Incb) il fabbisogno nazionale di cannabis per uso medico e di ricerca stimato nel 2019 è stato di 1.650 chilogrammi, a fronte di una produzione dello Scfm di circa 150 chilogrammi come emerge dall'audizione del direttore dello Stabilimento Col. Medica presso la Camera dei deputati nel febbraio 2019;

   il decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 390, stabilisce che il Ministero della salute possa autorizzare enti o imprese alla coltivazione, produzione, importazione, fabbricazione di sostanze stupefacenti o psicotrope; lo Scfm è al momento l'unico ente autorizzato;

   l'articolo 18-quater della legge 4 dicembre 2017, n. 172, prevede che qualora risulti necessaria la coltivazione di ulteriori quote di cannabis, oltre a quelle coltivate dallo Scfm, possono essere individuati, con decreto del Ministero della salute, uno o più enti o imprese da autorizzare alla coltivazione, nonché alla trasformazione della cannabis a uso medico;

   se intenda, per le ragioni sopra esposte, adottare le iniziative di competenza per autorizzare altri enti o imprese alla distribuzione e alla produzione della cannabis medicale e per quali ragioni tali autorizzazioni non siano state emesse, nonostante il sistema di approvvigionamento nazionale mostri forti limiti.
(5-03588)


   D'ARRANDO, BOLOGNA, VILLANI e NAPPI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   secondo l'ultimo rapporto Eurostat risulta che in Italia la vaccinazione antinfluenzale negli over 65 è scesa al 52 per cento, il 10 per cento in meno rispetto al 2012. Dal terzo posto del 2012, gli italiani scendono addirittura al settimo. La copertura vaccinale è al di sotto della soglia stabilita dal Ministero della salute;

   secondo un'indagine della Sigg (Società italiana di gerontologia e geriatria), condotta su 500 medici, poco più di un anziano su due si vaccina per l'influenzale e solo in poche regioni per il vaccino contro lo pneumococco si arriva al 50 per cento; il vaccino contro lo pneumococco protegge da polmoniti molto pericolose e talvolta letali per gli over 65;

   dalla stessa ricerca, emerge che pochi anziani chiedono informazioni sulle vaccinazioni: appena uno su tre lo fa, in due casi su tre per timore degli effetti collaterali e in un caso su cinque per scetticismo nei confronti dei vaccini;

   ci sono alcuni vaccini antinfluenzali che coprono un numero consistente di ceppi patogeni che sono in circolazione, però ve ne sono altri che ne coprono soltanto un numero limitato: pertanto, se una regione o un'asl compra un vaccino di quelli che ha meno copertura, potrebbe esporre la persona vaccinata a ceppi che non sono presenti nel vaccino;

   si potrebbe porre quindi la questione di scegliere se privilegiare la copertura vaccinale o i costi, tenendo conto di opportune valutazioni tra costi e benefici, ma anche di compiere scelte scientificamente motivate sulla preparazione dei vaccini stessi rispetto alla popolazione di riferimento, alla sua epidemiologia e al rischio di ammalarsi e agli effetti collaterali;

   le regioni dovrebbero fare le scelte più adeguate rispetto all'approvvigionamento dei vaccini e al coinvolgimento dei cittadini in campagne di comunicazione e informazione;

   per ridurre significativamente morbosità, complicanze e mortalità per influenza è necessario raggiungere coperture vaccinali elevate nei gruppi di popolazione target, in particolare negli anziani con più di 65 anni e nei soggetti ad alto rischio di tutte le età –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda assumere per aumentare il livello di copertura vaccinale tra gli over 65 e i pazienti a rischio e per impedire che l'eventuale risparmio sulla tipologia dei vaccini acquistati su base regionale non garantisca la corretta copertura e prevenzione di patologia per gli stessi.
(5-03596)


   DALL'OSSO. — Al Ministro della salute, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   l'obbligatorietà di iscrizione all'albo è rivolta a tutte le categorie che hanno un Ordine o un Collegio professionale non rientrando nella fattispecie le professioni per il cui esercizio il legislatore non ha previsto tale vincolo nonché le professioni per le quali l'albo non è ancora stato istituito in attuazione della legge 11 gennaio 2018, n. 3, inerente al riordino della disciplina degli Ordini delle professioni sanitarie;

   l'articolo 1737 del decreto legislativo n. 66 del 2010, reca: «Il diploma è accompagnato dal distintivo e dalla tessera di cui agli articoli 1011 e 1022 del regolamento e importa il versamento della tassa di cui all'articolo 1744; il personale in possesso del diploma, equivalente all'attestato di qualifica di operatore socio-sanitario specializzato, esclusivamente nell'ambito dei servizi resi, nell'assolvimento dei compiti propri delle Forze armate e della Croce rossa italiana, è abilitato a prestare servizio di emergenza e assistenza sanitaria con le funzioni e attività proprie della professione infermieristica»;

   per effetto della modifica intervenuta con la legge n. 3 del 2018, l'operatore socio sanitario non è più una figura tecnica, ma una professione sanitaria e quindi soggetta a maggior obblighi di legge previsti per le altre figure professionali;

   la sentenza del Consiglio di Stato (sezione terza) R.G. n. 1991, del 17 maggio 2016, chiarisce che «Le infermiere volontarie della Croce Rossa, per poter acquisire la qualifica di operatore socio sanitario che le abilita alla partecipazione ai concorsi per il reclutamento della relativa professionalità, devono frequentare un corso di formazione complementare non essendo esse in possesso di tutte le necessarie competenze»;

   a quanto consta all'interrogante, la loro attività nei teatri operativi all'estero è supportata da personale che in molti casi è proveniente da altre amministrazioni, dove svolgono funzioni non appartenenti alla sfera sanitaria, o da personale richiamato in servizio dalla quiescenza, di cui non se ne comprende l'utilità, vista la grande abbondanza di personale militare e civile in servizio nelle Forze armate e Forze di polizia, che possono svolgere le stesse attività –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere, con urgenza, per il controllo delle abilitazioni professionali a svolgere le funzioni sanitarie, di idoneità psico-fisica e vaccinale, delle infermiere volontarie di Croce Rossa Italiana a supporto delle Forze armate e delle Forze di polizia.
(5-03600)


   PEZZOPANE. — Al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da articoli di stampa si apprende che la Rems di Barete, la residenza per l'esecuzione delle misure di sicurezza, in provincia di L'Aquila, «ha assunto ormai un aspetto sempre più detentivo e sempre meno una definizione sanitaria riabilitativa. Il clima che si è instaurato di paura diffuso sta sempre più determinando chiusure preoccupanti e separazioni tra curanti e curandi»;

   questo è uno dei passaggi chiave della relazione rimessa dopo la visita nella struttura del 15 ottobre 2019 da parte di una delegazione dell'Osservatorio sul superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg) e sulle Rems. Un sopralluogo che ha confermato le criticità che sono via via emerse negli ultimi tempi alla luce dei gravi episodi che si sono verificati negli ultimi tempi;

   alla visita hanno partecipato il direttore generale dell'Asl, il direttore del dipartimento di salute mentale, un magistrato di sorveglianza, il responsabile del Tribunale del Malato, il referente di «Stop Opg Abruzzo»;

   il documento di sintesi sottolinea gli «eventi critici che hanno modificato il buon andamento della Rems constatato nei precedenti report di ottobre 2016 e dicembre 2018». In primis è stato rilevato uno status di degrado della struttura che oggi ospita 20 persone, di cui 3 donne: cicche di sigaretta sul pavimento, mancato rispetto del divieto di fumo negli spazi comuni, rimozione di una parte dell'arredamento in seguito a episodi di aggressività. In più per ragioni di sicurezza è stata installata una porta blindata per separare gli spazi clinici dal resto della struttura;

   dall'apertura, a maggio 2017, fino al 25 ottobre 2019, ci sono stati 20 Tso (trattamenti sanitari obbligatori), 8 aggressioni tra pazienti, 21 a operatori, 6 allontanamenti (o tentati). «L'équipe – si legge nella relazione – ha espresso una grande sofferenza e difficoltà operative nella gestione»;

   i problemi principali risiedono nella precarietà del personale, nella mancanza di progetti terapeutici e riabilitativi da parte dei centri per la salute mentale, nell'aumento di misure provvisorie spesso conseguenza di invii impropri;

   nel tempo, la risposta repressiva ha subordinato la possibilità di un «contenimento relazionale»: «In generale è presente negli operatori un profondo malessere che si associa a una gestione che andrebbe rivista, per lo più improntata all'intervento in emergenza»;

   è necessario un intervento coordinato che parta da un'adeguata formazione degli operatori e passi per il necessario coinvolgimento delle associazioni in progetti personalizzati di recupero e riabilitazione, mancando quasi completamente, ora, le attività associative –:

   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e se non ritenga di adottare iniziative normative, previo coinvolgimento delle regioni, a partire dall'Abruzzo, al fine di garantire sia la sicurezza del personale sia cure adeguate ai pazienti.
(5-03601)

Interrogazioni a risposta scritta:


   COVOLO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   desta preoccupazione per gli allevatori la presenza del lupo sull'altopiano di Asiago, non solo per le predazioni, ma per la probabile diffusione sul territorio italiano dell’echinococcus multilocularis, un parassita del gruppo delle tenie, riscontrato nei lupi e trasmissibile ai canidi, agli erbivori e anche all'uomo;

   è quanto emerge dai risultati di uno studio pubblicato sul prestigioso «International journal for parasitology: parasites and wildlife», in seguito a un'analisi effettuata da un pool di ricercatori universitari, italiani ed europei, che per studiare il parassita hanno raccolto 120 tracce fecali di lupo e 32 di cane. La presenza del parassita è stata riscontrata in quasi il 12 per cento dei campioni di lupo e in oltre il 15 per cento in quelli dei cani da guardiania;

   i risultati delle indagini indicano un'espansione del parassita, solitamente presente in Europa centrale, Alaska, Canada e Siberia, anche nelle Alpi liguri, con il rischio che si vengano a creare nuove aree endemiche che partendo da questo territorio, e sfruttando il corridoio di collegamento ecologico con gli Appennini, potrebbero interessare tutte le zone italiane che contano la presenza del lupo;

   è necessario che gli enti preposti al controllo si attivino prontamente per intensificare i programmi di monitoraggio, sia sulle specie selvatiche che sui cani domestici, al fine di prevenire il rischio di un'eventuale diffusione del parassita;

   è evidente che se dovesse essere confermata la presenza del parassita nel territorio asiaghese, sarebbe necessario ed urgente conoscere informazioni sullo stato sanitario delle popolazioni selvatiche, al fine di poter valutare i possibili rischi di trasmissione agli altri animali e, di conseguenza, informare gli allevatori sulle azioni eventualmente da intraprendere per contenere i danni –:

   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno adottare iniziative, per quanto di competenza, per fornire indicazioni agli organi preposti al controllo e al monitoraggio della fauna selvatica per l'adozione, alla luce del particolare stato emergenziale descritto in premessa, di interventi volti ad incrementare i programmi di controllo e monitoraggio sul territorio asiaghese, sulle specie selvatiche e sui cani domestici, al fine di scongiurare il rischio di una eventuale diffusione incontrollata del parassita echinococcus multilocularis.
(4-04710)


   D'IPPOLITO. — Al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   con nota del 6 febbraio 2020, la direzione generale della prevenzione sanitaria ha inviato a tutti gli Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera (Usmaf), e per conoscenza al comando generale del Corpo delle capitanerie di porto, nonché alle Guardie costiere, le disposizioni sull'adozione di misure urgenti relative all'infezione da nuovo Coronavirus, contenenti gli obblighi per ciascuna nave che comunichi l'accesso a un porto italiano, la quale, indipendentemente dalla provenienza nazionale o internazionale, è tenuta a richiedere il rilascio della libera pratica sanitaria (Lps) all'Usmaf territorialmente competente, pratica che dovrà essere corredata dalla dichiarazione marittima di sanità, da copia del certificato di esenzione dalla sanificazione, dalla lista dei passeggeri e dei membri dell'equipaggio, nonché dall'elenco dei porti toccati negli ultimi 14 giorni;

   le suddette disposizioni prevedono l'obbligo, in capo al comandante della nave, di comunicare qualsiasi variazione della situazione sanitaria a bordo avvenuta dopo il rilascio della Lps anche durante tutto il periodo di permanenza nel porto e fino all'uscita dello stesso;

   secondo le stesse disposizioni, all'esito del riassunto procedimento l'Usmaf stabilirà se richiedere eventuali integrazioni rispetto alla documentazione inviata;

   inoltre, le disposizioni in parola contemplano l'esclusione dalle riferite misure delle imbarcazioni che rientrano dallo stesso porto da cui sono ripartite, per esempio i pescherecci, che usualmente possono anche spostarsi da un porto all'altro per motivi di carenaggio –:

   se e quali iniziative si intendano adottare per evitare che per i pescherecci italiani le misure in questione possano comportare, ferme restando le esigenze di tutela della salute pubblica, complicazioni burocratiche, balzelli inutili e/o relativi esborsi evitabili a carico dei pescatori;

   se, ferme restando le esigenze di tutela della salute pubblica, non ritengano urgente, nel caso in cui i pescatori a bordo di pescherecci siano stati o possano essere penalizzati nella loro attività lavorativa dalle suddette disposizioni, adottare le iniziative di competenza al fine di agevolare la medesima attività, in modo che non ne abbia pregiudizio alcuno.
(4-04715)


   SERRACCHIANI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in data 4 febbraio 2020 l'interrogante sottoponeva all'attenzione del Ministro con l'interrogazione n. 4-04635 il caso della morte di un 92enne all'interno dell'azienda sanitaria universitaria integrata di Udine che, a detta della figlia, avrebbe contratto una polmonite in ospedale in quanto rimasta per diverse ore «sulla barella in mutande e canottiera e con addosso solo un lenzuolo»;

   in data odierna, sempre dalle pagine de Il Gazzettino sezione Friuli, viene pubblicata la notizia di un'altra persona di 86 anni, malata di Alzheimer dal 2014, ricoverata per ostruzione intestinale il 18 gennaio sempre all'Ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine e dimessa il 28 gennaio con addosso «solo la camiciola con i lacci sul retro neppure legati» come afferma la figlia e con i vestiti da lei preparati «nella borsa chiusa appoggiata sopra di lei assieme alla lettera di dimissioni» e di fronte alla mamma che batteva i denti, in un gesto istintivo subito avrebbe preso un berretto dalla borsa «perché aveva il volto freddo come un ghiacciolo». Una condizione durata a lungo; arrivata in casa «non apriva gli occhi, irrigidita dal freddo, per quattro giorni ha avuto mal di gola, febbre e dolori, tanto che ho dovuto chiamare il medico di famiglia e un'infermiera»;

   l'articolo prosegue facendo riferimento a un identico episodio, accaduto sempre alla sopracitata paziente, ad agosto 2019 dopo un altro ricovero «sempre in Medicina; l'ambulanza dalle 14:00 era stata spostata e alla fine era arrivata a casa alle 21:30 ed i vestiti, anche allora da me preparati e lasciati sul letto, erano rimasti dentro la borsa. Allora avevo lasciato correre quando mi avevano consegnato la mamma praticamente nuda, con indosso solo la camiciola, perché era agosto, ma già allora mi era molto dispiaciuto vedere così poco rispetto per la dignità di una persona»;

   la figlia afferma, inoltre, che alle rimostranze presentate il giorno dopo le dimissioni le sarebbe stato risposto che «il personale non aveva trovato gli indumenti e non erano riuscita a vestirla per problemi alle braccia, che però mia madre non ha»;

   di tanto è stata informata l'Associazione di tutela dei diritti del malato di Udine, che aveva già preso in carico il precedente caso del 92enne deceduto a fine gennaio;

   l'azienda, sempre secondo l'articolo in questione, afferma che «prenderemo sicuramente in considerazione l'esposto della signora», «come facciamo ogni volta che riceviamo una segnalazione, apriremo con procedura immediata un'indagine interna con il reparto per comprendere meglio come siano andati i fatti narrati» –:

   quali siano le linee guida, a livello nazionale, relativamente al percorso di dimissioni di un paziente, con particolare riguardo per le condizioni di particolare fragilità, come nel caso di un paziente anziano e con malattia neurodegenerativa;

   se il Ministro, in relazione a questa seconda vicenda sanitaria di cui in premessa, intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, per verificare se vi sia stata una carenza nei livelli essenziali di assistenza da parte dell'Asu-Fc di Udine che, seppur di competenza primaria della regione autonoma Friuli Venezia Giulia, devono essere monitorati a livello statale e rispettati;

   se sia intenzione del Ministro interrogato adottare le iniziative di competenza per approfondire la situazione, anche in collaborazione con la giunta regionale del Friuli Venezia Giulia, al fine di chiarire se siano necessari correttivi volti a garantire il rispetto dei livelli essenziali di assistenza e se la paziente sia stata trattata adeguatamente rispetto alle condizioni di salute, all'età e alla situazione ambientale in cui si trovava quando è stata accolta.
(4-04716)


   MAGI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 4, comma 8, della legge 22 dicembre 2017, n. 219, dispone che «Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministero della salute, le regioni e le aziende sanitarie provvedono a informare della possibilità di redigere le DAT in base alla presente legge, anche attraverso i rispettivi siti internet»;

   i sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge n. 219 terminavano il 1° aprile 2018;

   il Ministero della salute ha adempiuto alla previsione contenuta all'articolo 4, comma 8, della legge n. 219 del 2017, con la semplice pubblicazione delle informazioni sul proprio sito internet;

   al momento, non risulta essere stata attivata alcuna campagna di informazione della cittadinanza;

   il resoconto stenografico della 49a seduta del Senato della Repubblica (18 ottobre 2018) riporta la risposta del Sottosegretario di Stato per la salute pro tempore Bartolazzi all'interrogazione n. 3-00035, il quale dichiara: «Per quel che riguarda le attività di informazione, [...] desidero tuttavia assicurare i senatori interroganti che l'attività di informazione istituzionale sarà certamente riproposta e rafforzata in seguito alla definitiva approvazione del citato decreto del Ministero della salute»;

   il Ministero della salute ha provveduto con decreto n. 168 del 10 dicembre 2019, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 13 del 17 gennaio 2020, a stabilire le modalità di registrazione delle Dat nella Banca dati;

   stando alle parole del Sottosegretario per la salute pro tempore sopra richiamate dovrebbe ora vedere avvio la campagna informativa sulle Dat –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda avviare per informare i cittadini italiani della possibilità di redigere le disposizioni anticipate di trattamento;

   quali tempistiche il Ministro interrogato preveda per l'avvio delle campagne informative previste dalla legge n. 219 del 2017.
(4-04719)


   ZIELLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   non si arresta la diffusione del nuovo coronavirus (SARS-CoV-2); nonostante le misure adottate a livello internazionale per arginare l'epidemia, il numero delle persone morte e contagiate continua inesorabilmente a salire;

   gli ultimi bilanci parlano di 1.369 vittime e 15.152 nuovi contagi che portano a un totale di 60.362 casi solo in Cina. L'impennata delle ultime ore è dovuta, tra l'altro, alla correzione del sistema di classificazione delle diagnosi utilizzato dalle autorità cinesi che adesso dovrebbe ricomprendere anche i pazienti asintomatici, fino a qualche giorno fa inspiegabilmente esclusi dal computo dei contagiati;

   in Italia sono attualmente tre i casi confermati: i primi due sono una coppia di turisti cinesi, tuttora ricoverati all'ospedale Spallanzani; il terzo è uno dei 56 italiani rimpatriati dalla zona di Wuhan e trasferiti in isolamento nella città militare della Cecchignola;

   a quanto si è appreso dagli organi di stampa, inoltre, vi sono quattro turisti provenienti da Taiwan, una coppia di cinquantenni ed entrambi i loro figli, che sono risultati positivi al test una volta rientrati in patria, al termine di un tour in Italia che si è concluso con un volo da Fiumicino il 1° febbraio 2020 e che ha previsto varie tappe, in particolare nella regione Toscana, nelle città di Firenze, Siena e Pisa;

   proprio in questi giorni si è in prossimità della scadenza del periodo di incubazione del virus a partire dalla quale eventuali soggetti contagiati dovrebbero iniziare a mostrare i primi sintomi della malattia;

   per il momento non si hanno notizie di nuovi casi di contagio e ci si auspica naturalmente che la situazione rimanga immutata anche nei prossimi giorni. Risulta, tuttavia, che la coppia taiwanese con i figli al seguito abbia effettuato numerosi spostamenti nel nostro Paese prima di fare rientro in patria, frequentando locali, alberghi e musei e prendendo oltre al volo di ritorno anche mezzi pubblici (treni e autobus) per gli spostamenti da una città all'altra;

   si ritiene, quindi, indispensabile il massimo livello di attenzione da parte delle autorità, in particolare nella ricostruzione degli spostamenti della coppia e nella valutazione di ogni potenziale caso sospetto, per evidenti ragioni di tutela della salute pubblica –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato abbia predisposto, ovvero intenda predisporre, con riferimento alla vicenda di cui in premessa, relativa al soggiorno nel nostro Paese, con varie tappe in particolare nella regione Toscana, dei quattro turisti di origine taiwanese risultati positivi al test del coronavirus una volta rientrati in patria.
(4-04728)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:


   MURONI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   non era pensabile che nella versione definitiva del Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (Pniec) gli obiettivi al 2030 differissero in misura rilevante da quelli indicati nella proposta avanzata a fine 2018. Tuttavia, ci si poteva attendere alcune rettifiche, che recepissero i suggerimenti di diversi partecipanti alla consultazione pubblica online, definita dal Pniec il canale consultivo che è stato maggiormente impiegato, ma soprattutto una più puntuale definizione delle misure necessarie alla sua attuazione; a partire, ovviamente, dalla governance. Il modello scelto sarà decisivo per il successo di un piano complesso anche sotto il profilo organizzativo. Ebbene, il documento si limita ad affermare che si intende costituire una struttura tecnico-politica di stimolo all'attuazione del piano energia e clima che coinvolga attivamente i Ministeri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle infrastrutture e dei trasporti e le regioni e le province autonome;

   il permitting è l'ostacolo principale all'installazione di nuovi impianti a fonte rinnovabile. Il Pniec dedica spazio all'analisi di modifiche alle norme vigenti per renderne più spedito l’iter, in particolare per il repowering di quelli già in esercizio, ma non vi associa altri strumenti che potrebbero facilitarne l'accettazione a livello territoriale: innanzi tutto, l'autoproduzione e l'autoconsumo collettivi, realizzabili su scala significativa con la diffusione delle comunità energetiche locali, cui il documento presta la dovuta attenzione, ma senza coglierne questo valore aggiunto;

   per quanto riguarda gli obiettivi, inoltre, viene confermata al 55 per cento dei relativi consumi la produzione elettrica da Fer (fonti energetiche rinnovabili), malgrado da più parti si sia documentato che una regola empirica, convalidata dall'esperienza, suggerisce di innalzarla al 59 per cento, scelta che, rispetto alla versione preliminare, obbliga a maggiorare i già sfidanti consumi finali «Fer» nel riscaldamento/raffrescamento;

   il Pniec definitivo aumenta lievemente il contributo delle bioenergie, della geotermia e del solare termico, ma continua a sottovalutare l'apporto delle prime due, e il documento preliminare è costretto a puntare soprattutto sulle pompe di calore, cui spetterebbe l'onere di coprire l'80 per cento della domanda;

   l'unica rilevante modifica rispetto agli obiettivi del documento preliminare riguarda il ribaltamento del contributo ai circa 6 milioni di veicoli elettrici in circolazione nel 2030, con una ragionevole ripartizione tra due terzi BEV (battery electric vehicle) e un terzo ibridi plug-in. Resta, viceversa, inalterato il contributo del biometano, fermo a 1 miliardo di metri cubi, in netta contraddizione con le previsioni di Confagricoltura, Snam, Consorzio italiano biogas;

   mancano anche impegni sulla stabilizzazione degli «ecobonus», mentre per gli edifici nuovi o ristrutturati non è prevista una quota crescente di energia elettrica e termica prodotta con rinnovabili, fino a trasformarli prima del 2030 in «quasi zero energy building», come peraltro auspicato dallo stesso Pniec;

   per l'efficientamento energetico, l'assenza di una più puntuale indicazione dei percorsi da qui al 2030 e delle misure per realizzarli è particolarmente critica, visto l'obiettivo, davvero sfidante, di ridurre i consumi primari di energia da 142 Mtep nel 2020 a 125 Mtep nel 2030 e quelli finali da 116 a 104 Mtep;

   inoltre, si evidenzia che dovrebbero, entro breve tempo, diventare operative le misure di incentivazione di tecnologie innovative (bioenergia, geotermia, solare termodinamico) per le quali esistono in Italia importanti filiere industriali e che, nel caso delle bioenergie, avranno impatti positivi anche sul sistema agroforestale, ma purtroppo manca ancora il decreto «Fer 2»;

   il «Fer 2» è anche uno dei tasselli fondamentali, perché il «sistema Italia» sia pronto ad affrontare, realizzandoli, gli obiettivi del Pniec; le suddette osservazioni sono riportate in un documento del «Coordinamento Free» –:

   quale sia lo stato attuale di elaborazione del testo del decreto «Fer 2», in quali tempi sarà adottato e se non si intenda valutare l'adozione di iniziative per accogliere le proposte del coordinamento Free in merito al piano nazionale integrato per l'energia e il clima.
(4-04707)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Mura e altri n. 5-03560, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 febbraio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Gavino Manca.

  L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Currò n. 5-03577, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 febbraio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Grimaldi.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2 del Regolamento).

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Foti n. 4-03507 del 1° agosto 2019 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-03585.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta scritta Billi e altri n. 4-04259 del 5 dicembre 2019 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-03590;

   interrogazione a risposta scritta Billi e Formentini n. 4-04506 del 17 gennaio 2020 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-03592;

   interrogazione a risposta scritta Billi e Formentini n. 4-04514 del 20 gennaio 2020 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-03591.