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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 17 dicembre 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   L'VIII Commissione,

   premesso che:

    l'erosione delle coste italiane ha raggiunto in molti tratti livelli di grave dissesto e, considerata la rapida evoluzione dei fenomeni di arretramento delle spiagge degli ultimi anni, le prospettive future sono preoccupanti;

    il ridotto apporto dei sedimenti al mare e l'irrigidimento dei litorali hanno determinato, negli ultimi decenni, importanti e preoccupanti cambiamenti delle morfologie di spiaggia emersa e sommersa e la conseguente instabilità degli arenili, a cui consegue un progressivo arretramento delle spiagge fino a minacciare la sicurezza di abitati e infrastrutture;

    gli effetti più eclatanti si osservano soprattutto dopo il manifestarsi di mareggiate, che dimostrano anche come sia aumentata la vulnerabilità del sistema sedimentario costiero. Su molti tratti, ormai, basta un singolo evento per provocare decine di metri di arretramento della linea di riva;

    la causa di tali fenomeni è dovuta alla scomparsa delle difese naturali costiere in tutti i tratti che risultano a progressivo arretramento. Qui, il deficit sedimentario è giunto a livelli preoccupanti soprattutto dove sono state erose estese superfici di spiaggia sommersa, che è la prima difesa naturale e il principale sostegno degli arenili;

    le zone costiere, infatti, stanno diventando territori di crescente attenzione in quanto qui si concentrano sempre più gli interessi economici generali e risultano in aumento gli insediamenti antropici e produttivi per effetto dello spopolamento delle zone interne;

    lungo i litorali si assiste a un progressivo indebolimento dell'assetto geomorfologico del sistema costiero, causato essenzialmente dalle strategie di sviluppo territoriale adottate in passato che non sono risultate abbastanza prudenti e sostenibili dal punto di vista ambientale e che oggi ci portano a dover intervenire, spesso pesantemente, per cercare di tamponare gli squilibri generati;

    l'erosione costiera in Italia appare preoccupante, anche se aumentano le informazioni utili per contrastare il suo avanzare. In base ai dati raccolti dalla direzione generale per la salvaguardia del territorio e delle acque, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, le variazioni della linea costiera dal 1960 al 2012 hanno fatto registrare un arretramento di 92 chilometri quadrati (interessando 1534 chilometri di coste, il 23 per cento del totale) ed un avanzamento per 57 chilometri quadrati (su 1306 chilometri costieri, il 19 per cento del totale), da cui un bilancio negativo di 35 chilometri quadrati di litorali andati perduti;

    di 7.465 chilometri di costa italiana le spiagge rappresentano infatti il 50 per cento della lunghezza totale (3.950 chilometri), di queste ben il 42 per cento (1.661 chilometri) sono in erosione. In alcune regioni, in particolare, la situazione è ben più che preoccupante: in Molise, con 36 chilometri di costa di cui 25 difesi da scogliere, sono in erosione addirittura il 91 per cento delle spiagge; in Basilicata, lungo la fascia ionica metapontina, si raggiunge quota 78 per cento di spiaggia erosa. E non se la passano bene neppure la Puglia con il 65 per cento, l'Abruzzo con il 61 per cento e le Marche e il Lazio con il 54 per cento. Le altre regioni mediamente oscillano tra il 33 e il 43 per cento di spiagge erose, mentre i valori più bassi si registrano in Emilia Romagna (25 per cento) Veneto e Friuli (rispettivamente 18 per cento e 13 per cento);

    la subsidenza, ovvero il fenomeno di abbassamento del suolo, che si è manifestata in termini significativi a partire dagli anni 1930-40, è una delle principali cause dell'erosione della costa dell'Emilia-Romagna e del Veneto;

    chi viaggia lungo le nostre coste può facilmente verificare come queste risultino «stressate» da porti, abitazioni, strutture e infrastrutture. Basti pensare che il 30 per cento della popolazione degli italiani vive nei 646 comuni costieri, cioè in una fascia di territorio che è solo il 13 per cento di tutta la penisola, corrispondente a 43 mila chilometri quadri;

    nel contrastare il fenomeno erosivo c'è da fare i conti anche con i cambiamenti climatici in atto e con le previsioni di un ulteriore innalzamento del livello marino, con le conseguenze che avranno su tutta la linea di costa;

    la tutela delle coste è diventato quindi un impegno imprescindibile a cui tutte le istituzioni, centrali e periferiche, non possono più sottrarsi sia per l'aggravarsi delle condizioni di stabilità fisica, che per difendere quella parte di economia strettamente connessa ai territori rivieraschi;

    la strada da percorrere per fronteggiare gli effetti dei fenomeni di dissesto dei litorali deve necessariamente passare attraverso lo strumento della massima condivisione e della giusta conoscenza, del riutilizzo delle risorse naturali, della riduzione degli impatti antropici negativi al fine di aspirare al massimo riequilibrio dei processi naturali;

    occorre mettere in campo, analogamente a quanto fatto negli ultimi anni, contro il rischio idrogeologico, gli strumenti operativi perché si possa concretamente avviare ogni intervento possibile, normativo e fisico, sempre nello spirito di garantire omogenee azioni di tutela e di salvaguardia a scala nazionale;

    nel 2014 era stata istituita la «struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche», denominata «Italia Sicura» con il compito di svolgere un lavoro di integrazione di competenze e di coordinamento dei Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze e poi anche delle regioni e di altri 3.600 enti sparsi sul territorio sul tema delle opere di contrasto al dissesto idrogeologico. Una struttura che ha permesso di svolgere un lavoro di programmazione a lungo periodo e che ha portato risultati importanti: l'elaborazione del primo Piano di opere e interventi contro il dissesto del nostro Paese con l'attivazione, alla data di aprile 2017, di 1.337 cantieri su 1.781 (pari al 75,7 per cento del totale) che risultavano bloccati a giugno 2014 (circa 2.260 milioni di euro), per un importo di 1.409 milioni di euro (il 62,3 per cento del totale). Di questi interventi, n. 891 (per un valore di 740 milioni di euro) venivano dichiarati conclusi;

    è evidente che le sole opere di ingegneria strutturale e di difesa passiva non sono la risposta adeguata, ma bisogna intervenire con una gestione complessiva delle aree costiere e con piani di adattamento che consentano di rispondere in maniera efficace all'evoluzione futura di questo habitat così delicato;

    le competenze in materia di difesa dei litorali, con la legge n. 59 del 1997, il decreto legislativo n. 112 del 1998, sono passate dal Ministero dei lavori pubblici alle regioni;

    attualmente, 11 regioni costiere su 15 dispongono di strumenti di pianificazione estesi alla gestione e tutela del territorio costiero. Negli anni le regioni sono diventate sempre più operose e sempre più sensibili, grazie anche a tutta una serie di politiche, sia europee che nazionali, che hanno posto l'attenzione verso la tutela e la conservazione ambientale di quelle aree, per facilitarne la fruizione. Nonostante lo sforzo messo in campo dalle regioni, il problema dell'erosione appare ad oggi ancora di là dall'essere risolto;

    il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha comunque la competenza statale di definizione degli indirizzi e criteri generali per la difesa delle coste che rappresenteranno le norme di riferimento di tutti gli operatori del settore per regolare lo sviluppo territoriale e per fronteggiare in maniera efficace e omogenea i pericoli naturali intervenendo anche sulle cause che generano i dissesti lungo i litorali;

    il 6 aprile 2016 è stato firmato il Protocollo d'Intesa tra il Mattm e le regioni con il quale è stato istituto il Tavolo nazionale sull'erosione costiera, con il compito di definire le Linee guida nazionali per la difesa della costa dai fenomeni di erosione e dagli effetti dei cambiamenti climatici, e di formulare proposte per specifiche iniziative di approfondimento e di sviluppo di azioni a livello nazionale e internazionale, in materia di gestione sostenibile della fascia costiera;

    dopo una prima versione presentata nel 2016, l'attività del Tnec ha portato nel 2018 alla redazione delle «Linee Guida per la Difesa della Costa dai fenomeni di Erosione e dagli effetti dei Cambiamenti climatici. Versione 2018» che hanno fornito indicazioni su come sia possibile procedere in un percorso di allineamento, standardizzazione e completamento delle basi dati, per poter arrivare gradualmente ad una condivisione generalizzata dei dati e delle stime a livello nazionale pienamente attendibili ed aggiornati su base regionale;

    oltre a dare indicazioni su come operare ai fini di una gestione integrata dei litorali, sui metodi di valutazione dei fenomeni e dei fabbisogni e sull'utilizzo delle risorse di sedimenti, le Linee guida hanno focalizzato anche alcune proposte di integrazione della normativa volte a favorire una migliore gestione dei litorali e dell'erosione costiera;

    durante i lavori del Tavolo nazionale sono comunque emerse difficoltà di comparazione e di riconduzione in un quadro nazionale dei dati in possesso delle diverse regioni, in alcuni casi anche per carenza di dati, che non hanno consentito di pervenire a stime omogenee del fenomeno erosivo a scala nazionale su base regionale. Le stime nazionali esistenti, inoltre, hanno un livello di definizione ritenuto non sufficiente a rappresentare i fenomeni di interesse con la necessaria accuratezza,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative per ripristinare la «Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche» detta anche «Italia Sicura», che vada oltre l'obiettivo di una raccolta di richieste di progetti e di risorse e addivenga ad una vera e propria programmazione strategica del settore, attuando degli interventi in materia di dissesto idrogeologico, superando la logica delle emergenze per lavorare in un'ottica di prevenzione;

   a garantire il proseguimento delle attività del Tavolo nazionale di cui in premessa e ad istituire, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, una cabina di regia che traduca le linee guida sopra citate in un Piano nazionale sull'erosione costiera, inserendo l'azione in un unico quadro conoscitivo e assumendo iniziative per l'individuazione di un unico grande fondo cui afferiscono risorse regionali, statali e fondi europei;

   ad assumere iniziative di competenza per avviare, sulla base di regole nazionali condivise, una nuova fase di pianificazione per la difesa delle coste italiane che si dovrà integrare con la pianificazione di bacino per sviluppare finalmente una corretta ed efficace azione di protezione dei litorali;

   a dare, per quanto di competenza, continuità di sviluppo e aggiornamento, a livello nazionale e territoriale alle conoscenze sulla dinamica costiera e sui fenomeni erosivi, promuovendo e sostenendo la ricerca e l'innovazione nell'ambito della difesa e della gestione costiera;

   a promuovere un coordinamento con analoghi Tavoli e con organizzazioni operanti a livello di Mediterraneo sul tema specifico dell'erosione e dell'adattamento costiero o su temi connessi e con soggetti promotori di altre iniziative/progetti rilevanti per i suddetti temi;

   ad adottare iniziative di competenza per promuovere, attraverso i canali di cofinanziamento nazionali, forme di programmazione pluriennale di interventi e di attività di gestione dei litorali, anche attraverso le modalità del partenariato pubblico/privato;

   a promuovere azioni di comunicazione e sensibilizzazione sulle problematiche e sulla gestione delle coste;

   a promuovere progetti pilota nelle Aree marine protette per la difesa della costa e la gestione delle spiagge, privilegiando misure di adattamento sperimentali e azioni di tutela di habitat e specie, attraverso l'utilizzo di fonti di finanziamento comunitarie.
(7-00392) «Fregolent, Moretto, Rosato, De Filippo, Marco Di Maio, Paita, Migliore, D'Alessandro».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della salute, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   la notizia contenuta nell'articolo pubblicato il 27 novembre 2019 dalla testata online CN24TV è tale da allarmare la popolazione tutta della città di Crotone, sotto il profilo ambientale e della sicurezza sanitaria;

   secondo quanto riferito dall'autore dell'articolo il Porto di Crotone starebbe per diventare il sito di stoccaggio di rifiuti speciali industriali nucleari di seconda categoria provenienti dalla Centrale elettrica di Montalto di Castro;

   infatti, stando alla notizia di stampa, sarebbe stato autorizzato il transito e il temporaneo stoccaggio sulle banchine del Porto Nord di Crotone di containers contenenti scorie provenienti dalla dismessa centrale elettro-nucleare costruita a suo tempo nei pressi di Civitavecchia;

   si rileva che, a quanto consta agli interpellanti, da parte della Mg Srls sarebbe stata presentata una richiesta di autorizzazione allo stoccaggio e al transito di rifiuti ferrosi «contaminati»;

   i rifiuti radioattivi di seconda categoria contengono radionuclidi che impiegano da decine a centinaia di anni prima di decadere;

   la città di Crotone, a causa della politica, a giudizio degli interpellanti scellerata, degli ultimi anni è diventata la «pattumiera» della Calabria ed è già satura di veleni; rientrando, inoltre, nel Sin (Sito di interesse nazionale) Crotone-Cassano-Cerchiara, è in attesa da diverso tempo che parta la tanto sospirata bonifica dei siti dell'ex area industriale;

   a ciò si aggiunga che non è stata ancora ufficializzata la nomina del Commissario straordinario, nonostante sia stato già individuato nella persona del Generale Giuseppe Vadalà;

   l'ex area industriale da bonificare è adiacente al Porto Nord di Crotone, dove dovrebbero giungere, per essere stoccati, i rifiuti nucleari sopra citati;

   inoltre, la città di Crotone, a seguito dell'ennesima ordinanza contingibile e urgente, emanata del presidente della regione Calabria (n. 246 del 7 settembre 2019) riceve, nella discarica privata ubicata in località «Columbra», gli scarti di lavorazione dei rifiuti solidi urbani dell'intera Calabria, che crea seri problemi di carattere igienico-sanitario per le popolazioni che risiedono nelle immediate vicinanze;

   in merito alle due problematiche sopra descritte sono state presentate dalle firmatarie del presente atto interrogazioni risposta scritta al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il 30 settembre 2019 e il 31 ottobre 2019, alle quali, a tutt'oggi, non è pervenuta risposta;

   a ciò si aggiunga, in stridente contraddizione con quanto sopra esposto, che l'intera popolazione del comprensorio guarda, tra l'altro, alla vocazione turistica del porto, nel quale hanno cominciato ad approdare a partire dagli anni scorsi navi da crociera di importanti compagnie che fanno scalo nel capoluogo; non va inoltre sottovalutato l'interesse da ultimo manifestato da Costa Crociere e Msc Crociere, che a partire dal 2020 intendono farvi scalo, per far visitare ai viaggiatori il centro e i paesi limitrofi, nonché L'Area marina protetta di isola Capo Rizzuto, che è la più estesa d'Italia con i suoi 15.000 ettari;

   la paventata realizzazione di un sito di stoccaggio di rifiuti di qualsivoglia natura, anche non pericolosi, sul porto di Crotone rischia di far tramontare definitivamente ogni ipotesi di rilancio del turismo nella zona, dal momento che è ovvio che mai nessuno compagnia di crociera guarderebbe favorevolmente l'attracco di una nave da crociera a pochi metri da un sito di stoccaggio di rifiuti contaminati, anche contaminati –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato nel citato articolo di stampa e, nel caso la notizia fosse vera, quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per scongiurare questo ulteriore pericolo derivante dal transito e dallo stoccaggio sul porto Nord di Crotone di rifiuti radioattivi e non, trattandosi di sito, peraltro, adiacente all'aerea industriale da bonificare e quali ulteriori iniziative di competenza intenda assumere per porre fine alla grave emergenza ambientale in cui versa il territorio di Crotone e la Calabria intera.
(2-00603) «Barbuto, Villani, Grippa».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:

   come riportato ultimamente da organi di stampa nazionale, la discarica industriale di Falcognana-Divino Amore, sarebbe stata individuata come luogo di stoccaggio dei rifiuti della città di Roma;

   il tavolo tecnico tra regione Lazio, comune di Roma e città Metropolitana previsto a seguito dell'ordinanza n. Z00003 del 27 novembre 2019, ha elaborato un documento con la individuazione di sette possibili siti, ma è evidente che la regione Lazio punta su quello di Falcognana, già individuato fin dal 2013 dal presidente Zingaretti;

   la suddetta ordinanza non ha caratteristiche giuridiche sostenibili, in quanto, oltre a mettere in difficoltà tutti i comuni della provincia di Roma che non potrebbero portare più i loro rifiuti al Tmb di Malagrotta e al tritovagliatore di Rocca Cencia, non contiene le motivazioni sulla emergenza che sarebbe provocata dalla imminente chiusura della discarica di Colleferro;

   la discarica di Colle Fagiolara nel comune di Colleferro è di proprietà comunale e la concessione a Lazioambiente Spa scade il 31 dicembre 2019, ma i conferimenti di Fos (Frazione organica secca stabilizzata, scarto assolutamente non riciclabile derivante dalla lavorazione/separazione/trattamento del rifiuto indifferenziato presso i Tmb – impianti di trattamento meccanico biologico) sono stati prorogati fino al 16 gennaio 2020;

   in realtà la capienza della discarica, così come prevista dall'autorizzazione integrata ambientale (AIA) e dalla documentazione nota a tutti gli addetti ai lavori in regione Lazio e Roma Capitale, consentirebbe di conferire la Fos sia del prodotto proveniente da Roma, sia dai comuni dell'Ato aventi diritto, secondo una stima prudenziale minima, approssimativa, almeno fino a tutto il mese di luglio 2020. La scelta quindi di altri siti, tipo quello del Divino Amore, appare all'interpellante quanto mai strumentale, fuori luogo e assurda;

   inoltre, la conformazione fisica di progetto della discarica di Colle Fagiolara prevede che la parte centrale debba essere per forza di cose colmata, per riprofilare le pendenze indispensabili per la successiva copertura con la geomembrana Hdpe di «capping» e per consentire il depluvio delle acque meteoriche e la cessazione di formazione del pericoloso percolato;

   se la discarica di Colle Fagiolara venisse chiusa il 16 gennaio 2020 causerebbe un danno ecologico di portata incalcolabile, perché al centro del sito si verrebbe a creare un vero e proprio lago (per avere una idea: simile come conformazione morfologica al lago di Castel Gandolfo) con la conseguente iperproduzione di percolato (codice Cer) 19 luglio 2003), a quel punto impossibile da smaltire anche per i costi esorbitanti;

   inoltre, oltre ai Tmb attuali utilizzati, è importante sottolineare che altri siti possono accogliere per il trattamento del rifiuto indifferenziato di Roma, si segnala la Saf di Colfelice (Frosinone) che utilizza la vicina discarica di servizio della Mad di Roccasecca e inoltre il gassificatore di Malagrotta. Quindi, il prolungamento dei tempi di conferimento nei predetti luoghi, attraverso un leale, assolutamente trasparente e onesto calcolo analitico delle capienze residue, consentirebbe maggior tempo per l'importante scelta/valutazione dei siti dove iniziare i lavori per gli impianti di trattamento di ultima generazione ed approdare a quell'economia circolare di cui tanto si parla in questi giorni anche nelle campagne pubblicitarie;

   in particolare l'Eni dispone di ampie aree a vocazione energetica e un suo autorevole coinvolgimento in questo processo urgente e ineludibile potrebbe apparire utile al pari del coinvolgimento dell'Enel, così come va rilevato che già nel 2014 la stessa LazioAmbiente Spa aveva presentato un progetto di ultima generazione del tipo di quello realizzato dal colosso tedesco Stadler;

   in definitiva, le soluzioni per Roma esistono, sono visibili e rapidamente attuabili e la cosa più grave e intollerabile è che questo dannoso estenuante «indecisionismo politico» nel Lazio, ad avviso dell'interpellante, favorisce gravemente l'illegalità già tanto diffusa nel settore;

   se il Governo a conoscenza delle osservazioni riportate in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per:

    a) chiarire finalmente che, per quanto riguarda la gestione dei rifiuti a Roma, non esiste la paventata emergenza;

    b) scongiurare quindi la nomina di un commissario di Governo, che, secondo l'interpellante, avrebbe solo il compito di operare fuori dal contesto normativo sia nazionale che europeo;

    c) modificare l'approccio alla tematica dei rifiuti e, pertanto, superare la logica emergenziale attraverso un'ampia e approfondita pianificazione del ciclo dei rifiuti fondato sui principi di trasparenza, pubblicità e inclusione, considerato che qualsiasi comportamento in contrasto con tali principi si porrebbe al di fuori delle norme europee e delle leggi nazionali.
(2-00604) «Brunetta».

Interrogazioni a risposta scritta:


   FORMENTINI, EVA LORENZONI, BORDONALI, LUCCHINI e DONINA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   le conseguenze dei cambiamenti climatici delle ultime stagioni sono sotto gli occhi di tutti: negli ultimi 40 anni le precipitazioni sono in costante diminuzione e con un andamento sempre più variabile: si alternano anni di piogge record (si vedano il 2010 o il 2014) ad anni siccitosi. Le conseguenze negative arrivano principalmente per il settore primario dell'agricoltura e visto che fa provincia di Brescia è tra le prime province agricole d'Italia il danno che l'intero settore può subire è ingente;

   per questo le associazioni di categoria Coldiretti, Confagricoltura, Copagri e Cia, ed i comuni della bassa provincia bresciana aderenti al Consorzio Chiese, lanciano l'ennesimo campanello d'allarme. In queste condizioni l'acqua è una risorsa destinata ad essere sempre meno disponibile e anche quest'anno – così come nel 2003, 2007 o il 2017 – sarà «contesa» tra i vari utilizzatori a partire dalle dighe idroelettriche montane;

   nonostante nei periodi di siccità venga meno la disponibilità di acqua per l'irrigazione delle colture, il suo uso per il settore agricolo nella provincia di Brescia è notevolmente aumentato e le aziende agricole hanno realizzato più pozzi privati per compensare la minor disponibilità di acqua dei fiumi, i quali restano comunque la principale fonte di approvvigionamento;

   regione Lombardia, per risolvere questo importante problema, ha preposto (anche approvando apposita legge n. 34 del 2017), la trasformazione di ex cave in bacini di riserva idrica, in grado di immagazzinare acqua piovana (ma anche fluviale) nei periodi invernali, consentendo e facilitando così l'uso e la conversione delle cave per fini di tutela agricola, ambientale e idrogeologica;

   il primo intervento è stato progettato a Calcinato e costerà 7,6 milioni di euro; tale intervento è ancora in attesa dei finanziamenti da parte dello Stato;

   l'intervento previsto si inserisce in un contesto più generale e complesso di gestione ed utilizzo delle acque del lago d'Idro, mediante la sua regolazione e la derivazione dell'acqua per fini irrigui dal fiume Chiese;

   la scelta del sito non è stata fatta a caso: nel Bresciano la zona più critica è quella lungo l'asta del Chiese, fiume già ostaggio a monte delle dighe idroelettriche e la cui portata è stata negli anni ridotta per salvaguardare l'equilibrio ecologico del lago d'Idro;

   l'area di intervento, della superficie planimetrica di circa 55.000 metri quadrati, è all'interno del comprensorio del Consorzio Chiese, distretto Calcinata, in comune di Calcinato (BS), a nord della frazione Vighizzolo di Montichiari e ricade interamente nell'ambito territoriale estrattivo G26; si caratterizza per essere senza interscambio con la falda sottostante (cava asciutta) e per il fatto che lungo tutto il lato nord, oltre alla presenza di una particella catastale di proprietà del Consorzio, vi scorre il canale consortile scaricatore, della Roggia Calcinatella;

   la progettazione, ora al livello esecutivo, è stata inoltrata al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali direttamente dal Consorzio di bonifica Chiese e segnalata al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per un'eventuale inserimento nel «piano invasi» ed è finalizzata al recupero della cava dismessa con finalità di bacino avente un volume d'invaso di oltre 900.000 metri cubi per la laminazione delle piene, e di serbatoio idrico esclusivo per un sotto-comprensorio agricolo di 166 ettari soggetto a riconversione dal metodo irriguo da scorrimento superficiale a metodi ad alta efficienza con servizio a richiesta di consegna dell'acqua in pressione –:

   se esistano fondi specifici per il finanziamento di simili opere e quali siano e, in caso contrario, se il Governo intenda adottare le iniziative di competenza per individuare le risorse opportune per la realizzazione dell'opera di cui in premessa.
(4-04351)


   CAPITANIO, MACCANTI, CECCHETTI, DONINA, GIACOMETTI, RIXI, TOMBOLATO e ZORDAN. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, comma 226, della legge n. 145 del 2018 recante disposizioni circa la «gestione del fondo per interventi per lo sviluppo delle tecnologie e delle applicazioni di intelligenza artificiale» prevedeva l'adozione ex articolo 17, comma 1, della legge n. 400 del 1988, di un regolamento attuativo volto a individuare l'organismo competente alla gestione delle risorse e alla definizione di un assetto organizzativo che consentisse l'uso efficiente delle risorse del fondo stesso;

   gli investimenti globali in intelligenza artificiale raggiungeranno, nel 2023, i 98 miliardi di dollari (oltre 2,5 volte di quanto stimato per il 2019) e i ricavi mondiali derivanti dall'implementazione di software oltre i 100 miliardi di dollari nel 2025 (dai soli 8 miliardi del 2018);

   tutto ciò porterà entro il 2022 alla soppressione di 75 milioni di posti di lavoro che potranno essere affidati a macchine, mentre, allo stesso tempo, altri 133 milioni verranno creati in ruoli più adatti alla divisione del lavoro tra umani, macchine e algoritmi, con un aumento netto di 58 milioni di nuove opportunità lavorative;

   alla luce dell'importanza sempre crescente delle tematiche connesse all'intelligenza artificiale, alla blockchain e all’internet of things, il precedente Governo credendo nello sviluppo di tali tecnologie, ha favorito gli investimenti e garantito il collegamento tra i diversi settori di ricerca interessati. Per farlo, come dianzi esposto, ha istituito nello stato di previsione del Mise un fondo ad hoc, con una dotazione di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021, con lo scopo di perseguire obiettivi di politica economica ed industriale, connessi anche al programma Industria 4.0, e di accrescere la competitività e la produttività del sistema economico;

   il provvedimento attuativo, però, non è mai stato adottato ed, a seguito di tale grave carenza, la dotazione prevista nel fondo non è da oggi più utilizzabile;

   i decreti previsti rappresentano il delicato passaggio successivo all'approvazione delle leggi e sono caratterizzati da una notevole tecnicalità;

   l'articolo 17 della legge n. 400 del 1988 in questo senso ha rappresentato una svolta decisiva nel difficile processo di razionalizzazione dell'assetto delle fonti secondarie, attraverso la tipizzazione dell'esercizio del potere regolamentare del Governo e dei singoli Ministri mediante procedimenti che mirano a tutelare esigenze di legalità;

   risulta evidente agli interroganti che il Governo, ormai stabilmente in carica da mesi, non ha tra le sue priorità lo sviluppo tecnologico, come dimostrano anche la mancata assegnazione delle deleghe in materia di telecomunicazioni da parte del Ministro dello sviluppo economico ed il totale fallimento del Ministro per l'innovazione e la digitalizzazione che ad oggi risulta essere ancora privo di fondi e di personale adeguati;

   a giudizio degli interroganti, i ritardi descritti (stante anche l'abitudine di interpretare i termini per l'adozione come non perentori, anche a prescindere dalla condizione politica dei contenuti) determinano gravi effetti sul sistema socioeconomico e produttivo del Paese, considerato che tali disposizioni applicative risultano fondamentali per l'attuazione concreta delle norme contenute nelle leggi o nei decreti-legge;

   quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere, al fine di velocizzare il meccanismo di emanazione dei decreti attuativi, i cui ritardi rischiano, ad avviso degli interroganti, di produrre l'effetto di una sostanziale abrogazione della norma legislativa.
(4-04353)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta immediata:


   QUARTAPELLE PROCOPIO, BOLDRINI, FASSINO, LA MARCA, ANDREA ROMANO, SCHIRÒ, PAGANI, ENRICO BORGHI, GRIBAUDO e FIANO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la crisi libica sta sempre più scivolando verso il conflitto armato, con le forze militari di Khalifa Haftar che, grazie anche all'arrivo di centinaia di contractor russi, sta stringendo l'assedio su Tripoli e guadagnando terreno. Sull'altro fronte, le numerose milizie che sostengono il Governo di accordo nazionale contano ormai sulle armi turche, trasformando il conflitto in una pericolosissima guerra per procura che marginalizza gli europei, mentre avvantaggia altri attori come Egitto, Emirati Arabi Uniti, Russia e Turchia;

   il leader turco ha dichiarato: «Proteggeremo i diritti della Libia e della Turchia nel Mediterraneo orientale. Siamo più che pronti a dare il supporto necessario alla Libia»;

   sull'altro fronte, il Qatar, unico Paese del Golfo a sostegno di Tripoli, si è detto pronto a inviare aiuti economici per la sicurezza e per «ripristinare la stabilità»;

   nelle ultime ore anche il Presidente egiziano ha minacciato un intervento diretto dei suoi soldati a fianco delle truppe di Haftar e pare che a Bengasi siano giunti alcuni elicotteri russi MI35, che con i loro 35 missili ad alta precisione possono rivelarsi particolarmente efficaci nelle battaglie urbane;

   in tale contesto, appaiono più che opportuni gli incontri del Ministro interrogato con Fayez al-Serraj, con il generale Khalifa Haftar e con il presidente della Camera dei rappresentanti Aghila Saleh;

   tale iniziativa si inserisce nel quadro delle intese scaturite dal recente vertice tra Conte, Macron e Merkel, durante il quale si è ribadito l'impegno di una politica comune europea, con il rilancio della conferenza di Berlino sotto l'egida dell'Onu, cui dovrebbe seguire quella di Ginevra tra i soli attori libici;

   in discontinuità rispetto ad iniziative unilaterali del passato, come in parte è stata la Conferenza di Palermo, appare indispensabile un approccio alla crisi libica che veda il pieno impegno di tutta l'Unione europea per scongiurare che il conflitto in corso possa sfociare nella riproposizione di un esito che ricalchi l'esito che si sta consolidando in Siria; è necessario fare sentire il peso economico e politico dell'Europa per ribadire il principio per cui «non c'è soluzione militare alla crisi libica» –:

   quali ulteriori passi il Governo italiano intenda intraprendere, coerentemente con l'esigenza di rafforzare l'impegno europeo per la soluzione della crisi libica, anche alla luce dell'esito dei recenti incontri avuti con i rappresentanti libici.
(3-01211)


   MIGLIORE, FREGOLENT, D'ALESSANDRO, UNGARO, LIBRANDI, MARCO DI MAIO e NOBILI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la situazione politica in Libia è gravemente precipitata: a partire dal 4 aprile 2019, le milizie del generale Haftar sono arrivate a minacciare l'offensiva contro Tripoli, sede del Governo di accordo nazionale presieduto da al Serraj;

   le truppe di Haftar potrebbero contare sull'appoggio di alcune potenze come l'Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, l'Egitto, la Russia e la Francia;

   strategica è l'alleanza che la Turchia ha stretto progressivamente con al Serraj e che ha portato nel mese di novembre 2019 ad un memorandum di intesa per la ridefinizione dei confini marittimi di fronte alle coste libiche e turche al fine di creare un'egemonia strategica sulla regione meridionale del Mediterraneo, realizzando al contempo un legame per lo sfruttamento energetico delle aree marine libiche ricche di gas, mettendo così a rischio gli interessi anche delle aziende energetiche italiane impegnate, tra l'altro, nelle esplorazioni di giacimenti off-shore;

   ormai da tempo è chiaro come l'Amministrazione Trump non intenda intervenire direttamente nella questione, ritenendo non prioritario il dossier libico;

   il ruolo dell'Italia all'interno dello scacchiere diplomatico del Mediterraneo si è via via marginalizzato: in questo senso, nessun esito concreto è emerso dalla conferenza di Palermo, organizzata dall'Italia e sostenuta dall'Onu, e in occasione della quale significative sono state le assenze da parte dei leader mondiali: Presidente americano, il Presidente Putin, la Cancelliera tedesca, il Presidente francese, nonché dello stesso generale Haftar;

   all'insuccesso della Conferenza di Palermo, si è aggiunta il 4 dicembre 2019 l'esclusione dell'Italia in occasione del vertice Nato a Londra dove si è tenuto un summit tra i Capi di Stato e di Governo di Francia, Germania, Gran Bretagna e Turchia sul dossier libico, al quale non ha partecipato alcun rappresentante del Governo italiano –:

   quale sia l'esito degli incontri appena conclusi con il Governo libico in relazione all'ulteriore acuirsi della crisi militare, al fine di scongiurare un'ulteriore escalation delle operazioni militari che costituiscono anche una minaccia per la sicurezza nazionale e per la tutela delle imprese italiane attive in terra libica, ed in tale contesto se siano da ritenersi validi gli accordi presi con al Serraj in materia di migrazioni, anche a fronte dell'acuirsi della crisi umanitaria in quell'area che sarà oggetto di discussione nella Conferenza di Berlino al fine di raggiungere una posizione comune tra i Paesi europei sulla questione libica.
(3-01212)

AFFARI REGIONALI E AUTONOMIE

Interrogazione a risposta immediata:


   ELISA TRIPODI, MACINA, DIENI, ALAIMO, PIERA AIELLO, BALDINO, BERTI, BILOTTI, BRESCIA, MAURIZIO CATTOI, CORNELI, D'AMBROSIO, SABRINA DE CARLO, FORCINITI, PARISSE, FRANCESCO SILVESTRI e SURIANO. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

  da diversi organi di stampa e di informazione nazionale si è recentemente appreso che in data 14 dicembre 2019 il presidente della regione Valle d'Aosta, Antonio Fosson, indagato per scambio elettorale politico-mafioso nell'ambito di un'inchiesta condotta dalla direzione distrettuale antimafia di Torino, denominata «Egomnia», sul condizionamento delle elezioni regionali 2018 in Valle d'Aosta da parte della ’ndrangheta, si è dimesso;

  oltre al presidente Fosson, ex senatore della Repubblica, sono indagati, per lo stesso reato, anche gli assessori regionali Laurent Viérin, con delega a turismo e ai beni culturali, già presidente della regione, Stefano Borrello, assessore alle opere pubbliche, e il consigliere regionale Luca Bianchi, i quali pure si sono dimessi;

  in base a quanto si apprende dalla stampa, secondo i magistrati, in occasione delle elezioni del maggio 2018, la cellula mafiosa locale avrebbe sostenuto i candidati di tutti i principali partiti autonomisti, creando un «debito di riconoscenza» e cercando di «avere un maggior numero di consiglieri fedeli nel consesso regionale»;

  secondo gli investigatori il sostegno al senatore Lanièce alle politiche del 4 marzo 2018 è quasi solo una dimostrazione di forza «preparatoria» per gli altri appuntamenti elettorali in Val d'Aosta: le regionali del maggio 2018 (che sono il centro dell'inchiesta che vede indagato l'ex presidente dimissionario Antonio Fosson per voto di scambio politico-mafioso) e le comunali di un piccolo paese della valle, Saint Pierre, dove vorrebbe diventare sindaca Monica Carcea, «fidata» di Raso, e che Raso punta a far eleggere non certo gratis. In cambio – sottolineano i carabinieri nell'informativa inviata ai pubblici ministeri – ci sono posti di lavoro o pratiche amministrative «facilitate» per affiliati al sodalizio o affini;

  alla luce di quanto esposto, appare evidente che si tratterebbe di fatti gravissimi –:

  se il Ministro interrogato ritenga ricorrenti i presupposti per l'avvio del procedimento di scioglimento del consiglio regionale della Valle d'Aosta e se intenda valutare l'opportunità di promuovere iniziative di carattere normativo volte alla separazione della figura elettiva del presidente della regione da quella del prefetto, quale rappresentante del Governo.
(3-01210)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MURONI e FRATOIANNI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   fin dal 1993 Legambiente ha denunciato i traffici illeciti di rifiuti radioattivi e tossici nelle acque del Mediterraneo, elaborando e presentando diversi dossier puntualmente messi anche a disposizione della magistratura e delle forze dell'ordine. In base ai dati raccolti dall'associazione ambientalista, l'elenco delle «navi dei veleni» comprende almeno una quarantina di casi, dalla motonave Nikos I sparita nel 1985 durante un viaggio iniziato a La Spezia per giungere a Lomé (Togo) (probabilmente affondata tra il Libano e Grecia), alla Mikigan, partita nel 1986 dal porto di Marina di Carrara e affondata nel Tirreno calabrese con tutto il suo carico sospetto; dalla Rigel, naufragata il 21 settembre del 1987 a 20 miglia da capo Spartivento (unico caso in cui, grazie alle denunce di Legambiente, è stata ricostruita almeno in parte la verità giudiziaria), alla motonave maltese Anni che nel 1989 affondò a largo di Ravenna in acque internazionali, per continuare con la motonave Rosso, che nel dicembre del 1990 si è spiaggiata ad Amantea, vicino a Cetraro; poi con la Marco Polo che sparì nel canale di Sicilia, e ancora con la nave tedesca Koraline, inabissata nel novembre 1985 a largo di Ustica;

   oggi si apprende che un'inchiesta pubblicata su Fanpage.it ha riacceso i riflettori sull'assassinio avvenuto 24 anni fa, del capitano di corvetta Natale De Grazia, che indagava sulle navi dei veleni e sul traffico dei rifiuti radioattivi e che resta ancora oggi senza verità e giustizia;

   Fanpage ripercorre le tappe dell'inchiesta del pool di Reggio Calabria «attraverso le fonti dirette del capitano e i suoi più stretti collaboratori. Testimonianze che non erano mai emerse prima e che disegnano un quadro inquietante. Il capitano, secondo queste fonti, sarebbe stato sequestrato, torturato e ucciso. Aveva scoperto un traffico illecito di materiali nucleari tra Stati che avrebbe visto una centrale nucleare italiana, che all'epoca dei fatti sarebbe dovuta già essere inattiva, come il luogo di scambio dei traffici»;

   l'approfondita inchiesta pubblicata da Fanpage conferma gli scenari peggiori che Legambiente ha costantemente denunciato a partire dal 1994, con esposti, dossier e un sito con i quali si chiede di conoscere la verità e di fare giustizia su uno dei casi più oscuri della storia italiana;

   partendo proprio da un esposto di Legambiente vennero avviate le indagini di cui diventò protagonista, per le sue capacità e competenze investigative, il capitano De Grazia. Dopo la sua morte, nella notte tra il 12 e il 13 dicembre del 1995, Legambiente ha continuato a pubblicare una lunga serie di dossier sulle cosiddette «navi a perdere», come la Rigel, affondate nel Mediterraneo e sui traffici di rifiuti radioattivi. Denunce ribadite nelle audizioni davanti alla Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e riprese da diverse relazioni della stessa Commissione, senza che si riuscisse mai ad arrivare all'accertamento puntuale dei fatti;

   occorre fare chiarezza perché innanzitutto lo si deve al coraggioso capitano De Grazia, premiato dal Presidente della Repubblica Ciampi con una medaglia d'oro alla memoria proprio per il valore e l'importanza delle sue indagini sulle navi a perdere e sugli affondamenti sospetti nel Mediterraneo –:

   di quali elementi dispongano sulla questione del traffico illecito di rifiuti e del traffico illegale di armi, anche alla luce dell'inchiesta giornalistica di cui in premessa;

   se non intendano adottare iniziative volte a prevedere lo stanziamento di adeguate risorse per avviare concretamente un monitoraggio degli eventuali rischi per le popolazioni e per l'ambiente marino e costiero, a partire dalle zone di Cetraro, capo Spartivento e Amantea, in modo da consentire successivamente l'eventuale bonifica delle aree inquinate.
(5-03300)


   MURONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   bambini che sguazzano in acque di scarto industriale e rubinetti dai quali fuoriesce acqua giallastra dal puzzo nauseabondo sono i segnali di un progressivo inquinamento della falda acquifera a Favignana, l'isola dell'arcipelago delle Egadi che, dagli anni Settanta, è alimentata da una centrale elettrica a gasolio, come riportato dal quotidiano «Il Fatto Quotidiano» del 26 ottobre 2018;

   a tal proposito, si ricorda che nel 2015 la Sea, l'azienda che gestisce la centrale, aveva chiesto lo spostamento dell'impianto in altro luogo sempre situato sull'isola di Favignana, ma l’iter è stato bloccato dal parere negativo della regione siciliana;

   all'epoca l'azienda presentò un piano di caratterizzazione che conteneva anche una relazione tecnica, datata settembre 2014, in cui si ricostruiva la genesi e lo sviluppo di uno sversamento di gasolio che ha penetrato le «rocce permeabili» fino alla falda acquifera. Negli anni Ottanta si era verificato un rilascio di prodotti petroliferi da un serbatoio interrato localizzato nella centrale elettrica;

   nel 1984 il serbatoio è stato rimosso e si è proceduto con la rimozione del terreno impattato. L'incidente sembrava risolto ma nel 2001 venne di nuovo rilevata la presenza di prodotto petrolifero all'interno di un pozzo industriale localizzato all'interno della centrale. I monitoraggi continuarono fino al 2014 e i tecnici fino all'ultimo test rilevarono una significativa presenza di surnatante (sostanza oleosa galleggiante);

   tale documento prodotto dalla stessa azienda che fornisce l'energia elettrica con fonti fossili alle utenze di Favignana, viene elaborato al fine di accedere all’iter autorizzativo per la delocalizzazione dell'impianto industriale; quindi, ne erano a conoscenza tutti gli attori, compresi la regione siciliana e il comune di Favignana; altresì viene denunciato da un consigliere comunale, Michele Rallo, attraverso un atto di sindacato ispettivo in aula. Tale azione ha portato all'avvio di una indagine da parte della magistratura di Trapani, che oggi ha determinato una richiesta di rinvio a giudizio da parte della magistratura trapanese, con fissata l'udienza preliminare al 26 febbraio 2020, data in cui il giudice si pronuncerà su tale richiesta;

   la centrale si trova in contrada Madonna a poche decine di metri dalla costa e da residenze che utilizzano i pozzi artesiani. L'intera area è stata perforata per estrarre i campioni di acqua e monitorare la presenza degli olii. Dalle notizie di stampa emerge che l'area oggetto di inquinamento è di 94 mila metri quadrati. Le attività dell'impianto però non si sono mai fermate, anche perché risulta essere l'unica fonte di energia elettrica dell'isola non essendo interconnessa a terra ferma. Sono presenti dei tubi che portano acqua industriale in mare. Qui, nonostante il cartello di divieto di balneazione, si tuffano turisti e famiglie. Le chiamano terme calde ma non sanno che potrebbero essere tossiche;

   su tale questione è stata già depositata dalla firmataria del presente atto una interrogazione, la n. 5-00997 a cui ancora non è stata data risposta –:

   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e se non si intenda avviare immediatamente, anche per il tramite del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, e in collaborazione con la regione Sicilia e l'ente gestore dell'Area marina protetta delle isole Egadi, una azione di monitoraggio delle acque e delle emissioni in atmosfera in modo da verificare se nel territorio di Favignana insistano ulteriori eventuali pericoli per la salute dei cittadini e dell'ambiente;

   se non si ritenga opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza, affinché sia dismessa la centrale a gasolio sopra citata e per interconnettere l'isola con la terraferma, considerato che la convenienza ambientale ed economica dell'operazione risulterebbe già dimostrata da studi elaborati sulla questione e che in tal modo si avvierebbe una vera conversione green del territorio.
(5-03301)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PICCOLO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   costituisce un grave fattore di rischio per l'insorgenza di patologie tumorali l'esposizione al gas radon, presente in varia concentrazione sul territorio nazionale;

   l'amministrazione della Difesa ha subìto una condanna in primo grado nella controversia che l'ha coinvolta in merito alle patologie gravissime che hanno colpito alcuni militari di stanza in caverna in una importante installazione militare di rilevanza internazionale;

   il personale è la prima risorsa delle Forze armate e merita di essere tutelato;

   sarebbe importante procedere innanzitutto a una valutazione dello stato del rischio gravante sui militari in relazione alla loro esposizione al radon –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere per contenere al massimo il rischio per la salute dei militari rappresentato dalla loro eventuale esposizione al radon;

   se, in particolare, il rischio legato al radon sia stato mappato e, qualora così sia stato, a quali conclusioni sia giunto il Ministero della difesa.
(5-03297)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   SIRAGUSA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 238 del 2010 aveva previsto diversi incentivi fiscali al fine di riuscire ad attrarre nel nostro Paese lavoratori altamente qualificati;

   per i cosiddetti lavoratori rimpatriati, infatti, era previsto un periodo di minor tassazione attraverso la riduzione della base imponibile sino all'80 per cento;

   attraverso tali incentivi, nel periodo dal 2011 al 2017, si stima che circa quattordicimila persone abbiano scelto di tornare a lavorare nel nostro Paese;

   il FattoQuotidiano.it del 21 novembre 2019 riporta uno studio condotto dal gruppo Controesodo attraverso l'analisi dei dati detenuti dall'Agenzia delle entrate e dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali dal quale sembrerebbe risultare che oltre settemila persone, dopo aver usufruito degli incentivi, siano già ripartite verso Paesi esteri;

   il gruppo Controesodo, peraltro, afferma che le norme sugli incentivi sono di difficile comprensione e ritiene che sarebbe opportuno creare uno strumento per aiutare i cittadini a conoscere tali incentivi –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;

   quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di limitare il fenomeno della ripartenza verso Paesi esteri dei cosiddetti lavoratori rimpatriati;

   se il Governo intenda valutare di assumere iniziative per la creazione di un portale per gli italiani all'estero, al fine di pubblicizzare maggiormente tutte le informazioni a loro utili in relazione a quanto esposto in premessa.
(4-04344)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta orale:


   BUSINAROLO e ASCARI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   recenti fonti giornalistiche (vedasi www.giustizianews.it del 16 luglio 2018) riportano all'attenzione dell'opinione pubblica le difficili condizioni in cui è costretto a lavorare il personale del tribunale di Vicenza, a causa della persistente carenza di cancellieri, con evidenti conseguenze, tra cui i gravi ritardi nelle notifiche dei decreti e lo smarrimento di fascicoli, rinvenuti dopo settimane o addirittura mesi, che hanno contribuito a un significativo rallentamento evidente dell'intero sistema processuale;

   la situazione, resa nota dal presidente degli avvocati vicentini, Anna Pase, e da Patrizia Corona, presidente dell'Unione Triveneta avvocati, con circa 16.500 iscritti, risulta alquanto critica: l'organico dei cancellieri, secondo i dati emersi nel corso di un'assemblea degli avvocati vicentini, è attualmente ridotto del 34 per cento dispetto al fabbisogno, quindi di oltre un terzo, con gravi ripercussioni soprattutto ai danni dei cittadini, penalizzati dalla forzata riduzione dell'orario di apertura degli sportelli loro riservati e l'inevitabile formazione di lunghe code di attesa;

   analoghe difficoltà sono state riscontrate anche in altri sedi giudiziarie venete, tra cui la corte d'appello di Venezia, in cui il problema maggiore è legato al lavoro dei magistrati, in servizio nel capoluogo della regione e collegato con le altre province venete, con notevoli lungaggini nello smaltimento dell'ingente mole di lavoro o a Rovigo, che presenta principalmente un problema di edilizia giudiziaria, legato alla mancanza di stanze e uffici per lo svolgimento dell'attività dei giudici;

   è opportuno sottolineare che l'Unione europea, nell'ultimo «Quadro di valutazione Ue della giustizia», monitorando attentamente il nostro Paese a causa della farraginosità dei tribunali italiani, ha evidenziato che: «(...) Giustizia tardiva equivale a giustizia negata», attestandosi l'Italia nelle posizioni più basse dell'eurozona e confermando il suo primato nella lunghezza dei processi civili con oltre 500 giorni per ottenere un giudizio di primo grado, rispetto ai parametri presi in considerazione dall'Unione europea nelle proprie valutazioni, tra cui l'efficienza, che ha come indicatori la durata dei procedimenti, il tasso di ricambio e il numero di cause pendenti –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non ritenga opportuno adottare, per quanto di competenza, un'iniziativa di carattere normativo, diretta a risolvere l'annosa problematica legata alla carenza di personale di cancelleria nelle sedi giudiziarie e, nello specifico, in quelle del Veneto, che si aggiunge alle altre criticità, tra cui l'indisponibilità di adeguati uffici per l'espletamento delle attività lavorative degli operatori e l'insufficienza di risorse economico-finanziarie necessarie al miglioramento dell'intero sistema giudiziario.
(3-01207)


   CASINO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   come noto, la legge n. 3 del 2019, recante «Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici», ha modificato gli articoli 158, 159 e 160 del codice penale;

   in via di estrema sintesi, la riforma introdotta — inserita in fase emendativa nel corso dell'esame in sede referente alla Camera dei deputati, con un'operazione di «ampliamento del perimetro del provvedimento» del tutto discutibile e rocambolesca — sospende il corso della prescrizione dalla data di pronuncia della sentenza di primo grado (sia di condanna che di assoluzione) o dal decreto di condanna, fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o alla data di irrevocabilità del citato decreto;

   la legge n. 3 del 2019, all'articolo 1, comma 2, fissa l'entrata in vigore della riforma della prescrizione al 1o gennaio 2020. Lo stesso Governo pro tempore aveva infatti preannunciato in maniera chiara la volontà di realizzare entro tale termine un intervento riformatore del codice di procedura penale volto alla drastica riduzione dell'irragionevole durata dei processi in Italia, intendendo così marginalizzare l'impatto concreto dell'eliminazione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado. In buona sostanza, ad avviso dell'interrogante le forze di Governo dell'epoca, consapevoli che l'intervento così operato era «una bomba nucleare sul processo» (per usare le parole dell'allora Ministro per la pubblica amministrazione Giulia Bongiorno), da un lato hanno collocato l'ordigno, dall'altro hanno spostato il tempo dell'esplosione;

   lo stesso Ministro della giustizia, Bonafede, aveva parlato di un «accordo politico» che «prevede che approfittiamo di questo anno anche per scrivere la riforma del processo penale. Il Governo avrà la delega dal Parlamento con scadenza 2019»;

   ebbene: dall'approvazione della riforma della prescrizione ad oggi, non è stata però esaminata dalle Camere alcuna proposta normativa concreta in tal senso. Solo a fine luglio 2019 è stato approvato dal Consiglio dei ministri «salvo intese» un disegno di legge delega che avrebbe dovuto stabilire i princìpi e criteri direttivi per riformare il processo civile, il processo penale, l'ordinamento giudiziario, la disciplina sull'eleggibilità e il ricollocamento in ruolo dei magistrati, il funzionamento e l'elezione del Consiglio superiore della magistratura e la flessibilità dell'organico dei magistrati. L'avvicendamento di maggioranza, il cambio di Governo, l'evoluzione in atto del quadro politico, lasciano facilmente immaginare che non si riuscirà ad approvare alcun testo prima della fine dell'anno. Senza dunque entrare nel dettaglio della riforma del processo penale è evidente che questa non potrà certamente essere operativa prima del 1o gennaio 2020, termine dal quale dispiegherà la sua efficacia la soppressione — di fatto — della prescrizione;

   ad ogni evidenza, ciò travolge e fa venire meno il presupposto — a giudizio dell'interrogante debolissimo e risibile — che aveva in qualche modo giustificato la sostanziale, soppressione della prescrizione, altrimenti del tutto inaccettabile sia dal punto di vista politico che, prima ancora, giuridico. Inaccettabilità che, preme segnalare, è stata rilevata dagli operatori del diritto ad ogni livello — avvocati, magistrati, esponenti del mondo universitario — con una lunga serie di interventi, manifestazioni e scioperi;

   il 20 novembre e l'11 dicembre 2019 si sono svolte due interrogazioni a risposta immediata in Assemblea sul tema, in relazione alle quali il Governo ha dato risposte, ad avviso dell'interrogante, non soddisfacenti;

   mancano ormai 14 giorni: un intervento è ormai indifferibile e urgente –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative normative urgenti per evitare l'ormai imminente entrata in vigore della riforma, o meglio dell'abolizione de facto, della prescrizione.
(3-01209)

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:

II Commissione:


   TURRI, DI MURO, MORRONE, BISA, CANTALAMESSA, TATEO, POTENTI, MARCHETTI e PAOLINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la riforma della geografia giudiziaria, prevista dalla legge n. 148 del 2011 ed attuata dai decreti legislativi nn. 155 e 156 del 2012, è stata oggetto di un lungo dibattito, tuttora in corso;

   sono ampiamente noti i disagi arrecati ai cittadini per la perdita del giudice di prossimità: con la riforma sono stati chiusi circa 1.000 uffici di piccole dimensioni (31 tribunali minori, 37 procure, 220 sezioni distaccate e 667 uffici del giudice di pace poi recuperati a carico dei comuni), al fine, dichiarato, di rendere i tribunali più efficienti e di ottimizzarne le risorse;

   la decisione di riduzione del numero dei tribunali ha omesso di considerare alcune «specificità territoriali» quali: la conformazione orografica e la situazione dei collegamenti infrastrutturali fra territori; la diversa dimensione della «domanda di giustizia» espressa dal territorio, sia sul versante civile (tasso di litigiosità) che sul versante penale (tasso di criminosità);

   nel rispetto della dicitura «giustizia rapida ed efficiente», occorre una rivisitazione della geografia giudiziaria modificando la riforma del 2012 che ha accentrato sedi e funzioni, con l'obiettivo di riportare tribunali, procure ed uffici del giudice di pace vicino ai cittadini e alle imprese;

   nulla è stato fatto finora in tal senso; vanno in direzione contraria le dichiarazioni rese dal Ministro nel corso di interventi e in risposta alle interrogazioni alla Camera dei deputati circa l'intenzione di non riaprire i tribunali dei minori soppressi, ma di surrogarli con «uffici di prossimità» di nessuna utilità per i cittadini, come ha dimostrato anche la fallimentare sperimentazione di Tolmezzo;

   nessuna risposta è finora arrivata dal Ministro interrogato alle richieste di soluzioni alternative e ragionevoli proposte dal settore: come quelle elaborate per salvaguardare i tribunali abruzzesi (tuttora attivi solo in virtù di una deroga fino al 2020 a causa dei terremoti che si sono succeduti), o i tribunali siciliani (per i quali la Regione siciliana ha adottato la legge regionale 8 maggio 2018, n. 8, e si è offerta di stipulare una convenzione con il Ministero, accollandosi i costi);

   alcune notizie di stampa riportano, in data 21 ottobre 2019; «Alcuni tribunali soppressi riaprono, Bonafede valuterà caso per caso. Via alle ispezioni» –:

   quali siano le intenzioni del Ministro interrogato riguardo alla rivisitazione della geografia giudiziaria definita nel 2012 e se quindi, al fine di tenere conto di quanto emerge dal confronto con le esigenze dei territori, intenda sottoscrivere le convenzioni con le regioni e gli enti locali proponenti o assumere ulteriori iniziative.
(5-03299)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ASCARI, DE GIROLAMO, VILLANI, BOLOGNA, BRUNO e TROIANO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in Italia, accade che, i detenuti, una volta scontata la propria pena, continuino la permanenza negli istituti penitenziari ovvero vengano trasferiti in case lavoro o in colonie agricole, ove sono costretti a rimanere anni o anche decenni in virtù della pericolosità sociale che questi soggetti avrebbero;

   la misura di sicurezza detentiva nelle case lavoro costituisce una pena aggiuntiva, che dovrebbe servire, soprattutto per i delinquenti abituali, come forma di rieducazione e reinserimento nella società e come periodo di prova in cui il magistrato di sorveglianza dovrebbe valutare l'attualità della pericolosità sociale degli individui;

   tuttavia, questa forma di misura detentiva, spesso non consente una vera e propria rieducazione, in quanto molto spesso mancano le opportunità di lavoro e i soggetti continuano a permanere in carcere, come i detenuti che devono ancora scontare la propria pena: in altre parole, tali misure sembrerebbero delle forme di prolungamento delle pene detentive, in assenza, però, di una sentenza di condanna giustificativa;

   inoltre, non sempre la valutazione della pericolosità sociale dei soggetti è attuale, per cui, anche a seguito di lunghe condanne detentive, in cui la pericolosità sociale potrebbe essere già venuta meno, questi soggetti sono comunque sottoposti a queste misure di sicurezza detentiva;

   si ritiene che il reinserimento nella società e la rieducazione dei detenuti e degli internati debba essere la priorità assoluta del sistema penitenziario italiano e l'utilizzo di case lavoro o colonie agricole debba essere efficace ed utile innanzitutto per gli stessi soggetti ospitati –:

   quante siano le persone attualmente sottoposte a misure di sicurezza detentiva, con particolare riguardo alle case lavoro e alle colonie agricole;

   se il Governo intenda intraprendere iniziative normative al fine di rendere più efficiente e tempestiva la valutazione della pericolosità sociale dei soggetti sottoposti a misure di sicurezza detentiva, inclusa la possibilità di prevedere che si possa anticipare tale valutazione anche prima del termine della pena detentiva;

   quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere al fine di rendere utili ed efficaci le case lavoro e le colonie agricole al fine della rieducazione e del reinserimento nella società delle persone ivi ospitate.
(4-04342)


   ASCARI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato nel rapporto Eures sono state 106 le vittime di femminicidio nei primi 10 mesi del 2018, una donna ogni 3 giorni, mentre dal 2000 al 2018 le donne uccise sono state 3.100 e in quasi 3 casi su 4 si è trattato di donne uccise per mano di un parente, di un partner o di un ex-partner;

   questi dati mostrano, dunque, che l'ambito della coppia e della relazione sentimentale è quello più a rischio per l'incolumità delle donne;

   nel 2018 sono state più di 2.000 le sentenze definitive per stupro e 1.827 quelle per stalking;

   questi dati mostrano che il fenomeno del femminicidio e della violenza sulle donne è particolarmente rilevante e attuale;

   risulta all'interpellante che molto spesso i soggetti condannati per reati cosiddetti di genere o contro i minori, quali, ad esempio, i reati di cui agli 572, 577, 600-bis, 600-ter, 600-quater.1, 600-quinquies, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies, 609-undecies e 612-bis del codice penale, non pagano il risarcimento danni dovuto alle vittime dei reati determinato in sede di giurisdizione civile;

   tuttavia, possono accedere, similmente ad altri detenuti nelle carceri italiane, a forme di lavoro retribuito, così come disciplinato dagli articoli 20 e seguenti dell'ordinamento penitenziario, legge 26 luglio 1975, n. 354;

   la destinazione coattiva di una parte dei compensi per il lavoro svolto dai detenuti o dagli internati alle vittime, fino al raggiungimento dell'importo del risarcimento stabilito dal giudice, potrebbe costituire un'efficace modalità per i condannati di adempiere ai propri obblighi e per garantire quanto dovuto alle vittime, così come stabilito, tra l'altro, dall'articolo 24 dell'ordinamento penitenziario –:

   se trovi conferma quanto riportato in premessa sul mancato risarcimento dei danni, da parte di carcerati e internati che lavorano, verso le vittime di violenza di genere e di quali dati disponga il Ministro interpellato in merito;

   se il Ministro interpellato non intenda intraprendere, per quanto di competenza, tutte le iniziative di competenza, anche di tipo normativo, volte ad assicurare che carcerati e internati risarciscano coattivamente le vittime.
(4-04343)


   CANTALAMESSA, TURRI, PAOLINI, POTENTI, MORRONE, BISA, TATEO, DI MURO e MARCHETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   sul territorio nazionale operano, oltre al Garante nazionale delle persone detenute o private della libertà personale, anche garanti regionali, provinciali e comunali, le funzioni dei quali sono definite dai relativi atti istitutivi;

   il sindaco di Napoli ha firmato un decreto sindacale per nominare Pietro Ioia, garante dei diritti delle persone detenute;

   in diverse note i sindacati della polizia penitenziaria a commento della suddetta nomina dichiarano: «insostenibile la scelta di un ex detenuto nel carcere di Poggioreale per reati quali spaccio di stupefacenti, a garante dei detenuti per la città di Napoli. Molti lo ricordano per le denunce contro la polizia penitenziaria e la cosiddetta “cella zero”, altri lo riconoscono come “sindacalista” dei parcheggiatori abusivi di Napoli che si sono costituiti come associazione dei “Ex DON” (ex detenuti organizzati di Napoli)»;

   quello che agli interroganti appare il carattere di manifesta illogicità e provocatorietà nella scelta del comune di Napoli è ulteriormente dimostrato dal fatto che lo stesso regolamento del comune che disciplina la materia, preveda, all'articolo 4, che il Garante dei detenuti abbia «una comprovata formazione e competenza in materia di scienze giuridiche e tutela dei diritti umani, esperienza nell'ambito delle attività sociali negli istituti di prevenzione e pena, riconosciuta integrità (è omessa la parola “morale” presente invece in altri bandi n.d.r.), obiettività ed indipendenza»;

   appare assolutamente inverosimile che a Napoli, si ritenga un ex detenuto per spaccio di stupefacenti, che, tra l'altro, risulterebbe aver proposto diverse denunce contro la polizia penitenziaria, e si sarebbe distinto anche come tutore dei «diritti» dei parcheggiatori abusivi della città, un soggetto idoneo a ricoprire il ruolo di garante dei detenuti, in una città notoriamente afflitta dalla presenza e pervasività di una delle più potenti mafie nazionali ed internazionali, la cui capacità di infiltrazione nelle carceri è notoria –:

   di quali elementi disponga e se non intenda adottare iniziative di competenza, in particolare di carattere normativo, al fine di definire in maniera più stringente i requisiti per la nomina dei garanti dei diritti dei detenuti in ambito territoriale, allo scopo di evitare situazioni quali quella segnalata in premessa.
(4-04346)


   GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   è imminente l'entrata in vigore, prevista per il 1° gennaio 2020, della riforma della disciplina della prescrizione del reato contenuta nell'articolo 1, lettera d), e), f) della legge n. 3 del 2019;

   in data odierna il Presidente dell'Unione Camere Penali Gian Domenico Caiazza ha pubblicato sulla sua pagina Facebook e su quella dell'Unione delle camere penali una lettera indirizzata al Ministro interrogato in cui, tra l'altro, si evidenzia come in tema di prescrizione siano noti i dati complessivi diffusi annualmente dall'ufficio di statistica del Ministero di giustizia;

   tali dati rilevano che ogni anno si prescrive il 10 per cento del totale complessivo dei procedimenti penali (60 per cento) di prescrizioni maturano prima dell'udienza preliminare, l'altro 15 per cento matura prima della sentenza di primo grado), ma non è nota una disaggregazione di questi dati che renda più precisa l'informazione per tutti i cittadini sul tipo di reati che vengono prescritti e in quale fase;

   questa riforma viene ripetutamente identificata dal Ministro interrogato – lo sottolinea anche il presidente dell'Unione delle camere penali nella lettera – come una svolta di civiltà, perché abolirebbe quello che è ritenuto un odioso strumento di privilegio di ricchi e potenti per evitare la pena relativa a reati di grave allarme sociale da loro commessi –:

   se non intenda, attraverso l'ufficio di statistica del Ministero della giustizia rendere disponibili con la massima chiarezza i dati sui reati prescritti negli ultimi dieci anni e su quale fase del processo ciò sia avvenuto, a vantaggio di quali soggetti o categorie sociali e a danno di chi sia stato applicato tale strumento.
(4-04349)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRIPPA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa del 30 novembre 2019, si apprende che, a seguito dell'inchiesta-bis sulle barriere dei viadotti autostradali, numerosi altri viadotti sarebbero a rischio di interdizione al traffico dei mezzi pesanti;

   in particolare, si legge che i tecnici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti avrebbero effettuato di recente un sopralluogo sul viadotto «Cerrano», lungo l'A14 nel tratto compreso tra i caselli di Pineto e Pescara Nord, già interessato dal sequestro preventivo nell'ambito dell'inchiesta avviata dopo la tragedia di Acqualonga, dal cui viadotto nel luglio del 2013 precipitò un bus turistico che sfondò le barriere e portò 40 persone alla morte;

   l'A14 già in crisi per gallerie non a norma, lavori in corso e ponti sequestrati, rischierebbe la paralisi anche se una sua eventuale chiusura sarebbe rinviata al 12 dicembre 2019 con le giuste perplessità delle prefetture di Marche e Abruzzo per gli esodi natalizi che potrebbero mandare in tilt il sistema del traffico;

   la realtà del degrado e delle manutenzioni sospette sarebbe destinata a diventare sempre più grave e sulla possibile chiusura ai mezzi pesanti del viadotto Cerrano sarebbe in corso un braccio di ferro tra l'ufficio ispettivo territoriale (Uit) del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (Mit) e Autostrade per l'Italia (Aspi);

   la chiusura ai mezzi pesanti di un viadotto su un tratto importante come quello a nord di Pescara potrebbe anticipare seri problemi al traffico nazionale, ma è oltremodo fondamentale, considerati gli ultimi avvenimenti di cronaca riguardanti mancate manutenzioni e crolli di ponti e viadotti, adottare interventi urgenti e responsabili per la tutela dell'incolumità dell'utenza –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di mettere in sicurezza l'A14 per l'incolumità dei cittadini;

   quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di predisporre un documento aggiornato contenente la reale situazione dei viadotti del territorio nazionale che necessitano interventi prioritari per la loro definitiva messa in sicurezza.
(5-03298)

Interrogazione a risposta scritta:


   ROTONDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   a seguito dell'annuncio da parte di Trenitalia dello svolgimento del servizio ferroviario nella tratta adriatica per collegare Pescara a Milano, tramite l'utilizzo di 14 Frecce d'Argento ETR 700, il Comitato della regione Abruzzo di Federconsumatori ha risposto con una lettera aperta indirizzata «ai politici abruzzesi»;

   nel documento si denunciano una serie di problematiche ed un generale peggioramento del servizio ferroviario che si produrrà proprio a seguito dell'utilizzo esclusivo dei treni ETR 700;

   questi treni, in primo luogo, sono più piccoli rispetto a quelli attualmente in uso con la conseguenza che gli utenti dovranno viaggiare in spazi decisamente più limitati, se, infatti, ad oggi, ogni vettura dispone di almeno due bagni, nell'ETR 700 vi saranno 5 bagni disponibili per 7 vagoni;

   sempre a causa degli spazi più limitati dei nuovi treni sarà impossibile per i viaggiatori collocare, come avviene su altri modelli di treni, i bagagli a terra negli interspazi disponibili tra i sedili;

   altre problematiche denunciate riguardano un aumento dei costi di viaggio, dovuto al fatto che nella tratta adriatica vi è una sorta di monopolio di fatto da parte di Trenitalia, nonché un aumento dei tempi di percorrenza. Ad oggi, le Frecce che collegano Pescara a Milano coprono il tragitto in 4 ore e 6 minuti, con il passaggio alle sole Frecce D'Argento, Federconsumatori denuncia che il tempo di viaggio salirà a 4 ore e 39 minuti;

   come riportato da un articolo del 3 giugno 2019, pubblicato sul sito del quotidiano Il Messaggero, «per diverso tempo, nonostante lo stretto riserbo del Gruppo FS e di Trenitalia, era sembrato certo che gli ex Fyra, rinominati ETR 700, avrebbero viaggiato in livrea Frecciarossa, cominciando dalla trasversale Torino-Milano-Brescia-Verona-Padova-Venezia. Ma l'AD e DG del Gruppo FS, Gianfranco Battisti, proprio in virtù della velocità massima di 250 Km/h ha deciso per la classificazione Frecciargento, riservando al brand Frecciarossa i convogi da 300 all'ora e più»;

   alla luce di quanto denunciato da Federconsumatori e da quanto riportato da notizie di stampa, desta perplessità il fatto che treni oggettivamente meno performanti di quelli impiegati nella flotta Freccia Rossa, siano stati destinati in blocco alla tratta adriatica –:

   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato, per quanto di competenza, in relazione a quanto sopra esposto, anche al fine di garantire il diritto degli utenti abruzzesi e di tutti quelli della tratta adriatica all'accesso ad un servizio ferroviario di pari qualità rispetto a quello garantito nel resto del Paese.
(4-04347)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:

   mercoledì 11 dicembre 2019 una cinquantina di persone riconducibili ad alcuni collettivi studenteschi di sinistra hanno aggredito un banchetto di Azione Universitaria con otto militanti, regolarmente posizionato all'interno dell'Università Statale di via Festa del Perdono a Milano;

   gli studenti aggrediti stavano svolgendo attività informativa sulle attività di rappresentanza studentesca;

   a quanto consta agli interpellanti i cinquanta aggressori si sarebbero riuniti ed organizzati nelle due ore precedenti presso un'aula dell'università – che sarebbe occupata abusivamente da diversi anni – nei pressi dello spazio dove era situato il banchetto, per poi uscire in gruppo, percorrendo i corridoi dell'università, e dirigersi contro il banchetto;

   l'aggressione avveniva alla presenza delle forze dell'ordine poste a presidio del banchetto di Azione Universitaria;

   gli studenti di Azione Universitaria, a seguito dell'aggressione, venivano costretti ad abbandonare l'ateneo;

   il professor Luca Bernardini, ordinario presso l'Università Statale di Milano, come si evince dal suo profilo su Facebook, ha commentato l'accaduto in questo modo: «avvertite appena lo sapete: come docente sarò felice di venire a portarvi la mia solidarietà antifascista»;

   è preoccupante il clima di violenza e sopraffazione che si sta creando all'interno degli atenei;

   ormai gli episodi violenti sono sempre più frequenti e riguardano università importanti su tutto il territorio nazionale; dalla Sapienza di Roma alla Statale di Milano, da Trento a Bologna, e il fatto grave è che i gesti di intolleranza dei collettivi di estrema sinistra solitamente mirano ad impedire a studenti di formazioni politiche opposte la divulgazione di idee diverse dalle loro, oppure, come nel caso di Trento, cercano di impedire ad un giornalista, invitato da altri studenti, di intervenire ad una conferenza organizzata all'interno dell'università;

   è anche molto grave che i docenti che dovrebbero insegnare le regole della tolleranza si trasformino in «cattivi maestri», solidarizzando con gli studenti violenti;

   se non si pone freno a questa deriva violenta si rischia di far rinascere le vecchie metodologie che negli anni ‘70 hanno determinato il clima di tensione e di terrore che ha insanguinato l'Italia –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda intraprendere, d'intesa con il Rettore dell'Università, per contrastare iniziative violente di gruppi studenteschi all'interno dell'università;

   quali iniziative si intendano assumere, per quanto di competenza, al fine di tutelare il diritto degli studenti dell'università Statale di Milano di manifestare liberamente il proprio pensiero, esercitando l'attività di rappresentanza studentesca;

   di quali elementi disponga circa iniziative, anche di carattere disciplinare, dei vertici dell'Ateneo in relazioni alle dichiarazioni del docente universitario che ha pubblicamente manifestato l'intenzione di solidarizzare, anche personalmente e concretamente, con gli aggressori.
(2-00605) «Frassinetti, Lollobrigida, Osnato».

Interrogazioni a risposta immediata:


   TASSO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la legge di bilancio per il 2019, al comma 889 dell'articolo 1, stabilisce l'entità e i criteri di attribuzione del contributo annuo per il periodo 2019-2033 da destinare al finanziamento dei piani di sicurezza a valenza pluriennale per la manutenzione di strade e scuole delle province;

   la Conferenza Stato-città ed autonomie locali ha definito l'intesa sullo schema di decreto del Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che ripartisce il contributo complessivo di 250 milioni di euro annui, per gli anni dal 2019 al 2033;

   in base a tale intesa, la provincia di Foggia è destinataria di 1.249.737,84 euro, cifra che la pone agli ultimissimi posti della graduatoria relativa all'entità del contributo: si evidenzia che Foggia è la terza provincia in Italia per estensione territoriale, con circa 3.000 chilometri di strade, 172 scuole, 550 ponti realizzati oltre 60 anni fa;

   appare evidente che la somma stanziata è assolutamente inadeguata per attuare qualsiasi tipo di intervento, perché tradotta significa: 432 euro per ogni chilometro di strada oppure 2.356 euro per ogni ponte o 7.534 euro per ogni scuola;

   province con un quarto di estensione territoriale rispetto a quella di Foggia, aventi un patrimonio demaniale di consistenza molto minore, sono assegnatarie di somme quadruple e addirittura ottuple;

   ad avviso dell'interrogante, tra i criteri di ripartizione previsti dalla legge di bilancio per il 2019 non ve n'è alcuno parametrato sulla reale entità della rete stradale e sulla quantità di ponti e di strutture scolastiche gestite da ciascuna provincia;

   il Ministro dell'economia e delle finanze del precedente Governo, professor Giovanni Tria, in risposta ad una analoga interrogazione (3-00587), svolta il 6 marzo 2019, affermò la disponibilità del Governo ad affrontare le problematiche segnalate;

   la provincia di Foggia ha impugnato dinanzi al tribunale amministrativo regionale il decreto del Ministero dell'interno del 4 marzo 2019, con eventuale rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimità dell'articolo 1, comma 889, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, legge di bilancio per il 2019 –:

   se il Governo non ritenga necessario adottare iniziative normative al fine di integrare i criteri di ripartizione del contributo di cui al comma 889 dell'articolo 1 della legge n. 145 del 2018, garantendo una più equa distribuzione agli enti locali delle risorse disponibili, al fine di porre rimedio alla grave sperequazione in atto.
(3-01213)


   PASTORINO e FORNARO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   dagli anni ’90 è in vigore una convenzione fra il Corpo nazionale dei vigili del fuoco e la regione Liguria, avente ad oggetto il servizio di elisoccorso svolto con personale tecnico (piloti, specialisti, aerosoccorritori) dei vigili del fuoco e personale sanitario (medico e infermieristico) del servizio 118 ligure;

   tale integrazione ha dato importanti e riconosciuti risultati, assicurando elevati standard di capacità, efficienza e tempestività, offrendo una combinazione di addestramento di alta specializzazione e di elevati livelli di sicurezza del personale, risultati che non sarebbe possibile ottenere da alcun provider del soccorso all'infuori dei vigili del fuoco;

   infatti, i vigili del fuoco hanno la possibilità di volare su tutto il territorio, comprese le aree interdette al volo civile. Inoltre, il servizio si è sempre mostrato di particolare efficacia operativa, date le capacità del Corpo dei vigili del fuoco, nonostante le peculiari caratteristiche orografiche della regione e a tal riguardo ha assunto particolare rilievo l'impiego di personale specificatamente addestrato al soccorso tecnico speleologico, alpino e fluviale, nonché di personale sommozzatore;

   i costi di tale convenzione sono stimati intorno ai 1.800.000/2.000.000 euro annui. Nonostante ciò, la regione Liguria, affidandosi alla centrale di committenza Arca Lombardia, ha indetto una gara per il solo svolgimento di attività Hems (trasporti intraospedalieri) da parte di un soggetto privato, per un valore complessivo superiore a 33 milioni di euro in nove anni;

   a maggio 2019 suddetta gara è stata sospesa dal tribunale amministrativo regionale, essendo emersi criticità e limiti con riguardo ai principi di concorrenza e trasparenza. Attualmente si è in attesa che si esprima il Consiglio di Stato; fino ad allora il servizio non può essere svolto dai privati e non può essere indetta una nuova gara. Pertanto, il 6 settembre 2019 la convenzione, di fatto scaduta il 31 dicembre 2018, è stata rinnovata fino alla fine del 2019;

   in virtù della qualità del servizio e preso atto che non vi sono ostacoli all'affidamento diretto del servizio al Corpo dei vigili del fuoco (Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, sezione III, 22 febbraio 2018, n. 1132), appare quantomeno inopportuno che questo venga in parte delegato a un privato con un aggravio sui costi della sanità regionale già provata –:

   se intenda adoperarsi affinché il fondamentale servizio di elisoccorso ligure continui ad essere gestito unicamente dalle efficienti forze del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, incrementandone, se necessario, mezzi e personale.
(3-01214)


   MOLINARI, CAVANDOLI, CESTARI, GOLINELLI, MORRONE, MURELLI, PIASTRA, RAFFAELLI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, VINCI, ZOFFILI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CECCHETTI, CENTEMERO, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GARAVAGLIA, GASTALDI, GAVA, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GIORGETTI, GOBBATO, GRIMOLDI, GUIDESI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MATURI, MINARDO, MOLTENI, MORELLI, MOSCHIONI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, SASSO, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZICCHIERI, ZIELLO e ZORDAN. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella mattinata del 15 dicembre 2019, alcuni anarchici hanno accerchiato un banchetto allestito dalla Lega nella centralissima via Marconi di Bologna a sostegno della candidatura dell'onorevole Lucia Borgonzoni alla presidenza della regione Emilia-Romagna;

   i facinorosi hanno altresì intimidito coloro che cercavano di avvicinarsi al banchetto, distribuendo volantini dal contenuto aggressivo;

   già cinque anni fa, nella stessa città di Bologna, in occasione di un'altra campagna elettorale, l'autovettura di Matteo Salvini venne circondata e danneggiata da gruppi di dimostranti provenienti dai centri sociali;

   il copione sembra essersi ripetuto domenica scorsa, con gli anarchici che impedivano ai cittadini bolognesi di avvicinarsi ai banchetti della Lega;

   è inaccettabile, per gli interroganti, che il primo partito in Italia per consensi non possa democraticamente esporre le proprie idee, stare tra la gente e fare campagna elettorale;

   piuttosto, le circostanze appena descritte attestano un clima di forte intolleranza nei confronti della Lega e generano crescenti preoccupazioni in vista del prosieguo della campagna elettorale che sfocerà nelle elezioni regionali del 26 gennaio 2020, ormai imminenti –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per consentire il regolare svolgimento della campagna elettorale a tutti i partiti e movimenti politici in maniera equa, in vista del voto regionale che si svolgerà in Emilia-Romagna il 26 gennaio 2020, proteggendone le iniziative dalle intimidazioni degli estremisti.
(3-01215)


   BALDELLI, GELMINI, ZANELLA, BERGAMINI, MULÈ e ROSSO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 25, comma 2, della legge n. 120 del 2010 prevede che, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'interno, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, siano disciplinate due materie: 1) la relazione telematica con la quale le amministrazioni locali indicano l'ammontare complessivo derivante dalle sanzioni per violazione del codice della strada e gli interventi attuati con le medesime; 2) le modalità di collocazione e di uso degli autovelox;

   l'articolo 4-ter, comma 16, del decreto-legge n. 16 del 2012 dispone chiaramente che: «in caso di mancata emanazione del decreto (...) trovano comunque applicazione le disposizioni di cui ai commi 12-bis, 12-ter e 12-quater dell'articolo 142» del codice della strada, che dettano norme sull'utilizzo dei proventi delle sanzioni e prevedono la trasmissione annuale di una relazione telematica ai Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'interno;

   ad oggi, a nove anni dall'entrata in vigore della disposizione citata, il decreto ministeriale non risulta ancora adottato, con la conseguenza che si continua ad assistere all'utilizzo sovente distorto e vessatorio degli autovelox, mentre sulla richiamata relazione telematica e sull'uso delle risorse si rileva che meno di 300 comuni su 8.000 adempiono all'obbligo di legge;

   in data 30 aprile 2019 la Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera dei deputati ha approvato all'unanimità la risoluzione n. 7-00223, a prima firma del deputato Baldelli, che impegnava il Governo ad inviare entro 31 maggio 2019 il nuovo schema di decreto alla Conferenza Stato-città ed autonomie locali al fine di addivenire ad una celere emanazione del provvedimento attuativo;

   rispondendo ad un'interrogazione a risposta immediata in Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera dei deputati il 26 settembre 2019, il Governo informava che il decreto è stato trasmesso alla Conferenza Stato-città ed autonomie locali solo in data 30 agosto 2019 e assicurava l'impegno per una celere conclusione dell’iter;

   il 16 ottobre 2019 il Ministro dei trasporti e delle infrastrutture, nel corso di un'audizione programmatica in Commissione presso la Camera dei deputati, ha dichiarato di condividere la parte del provvedimento relativa alla trasparenza, ma di avere perplessità sulla parte che riguarda le modalità di utilizzo degli autovelox, alla luce di un allarme lanciato sul punto dagli enti locali –:

   quali iniziative intenda assumere, per le parti di competenza ai fini del concerto interministeriale, il Ministro interrogato al fine di una celere e non più rinviabile adozione del decreto attuativo.
(3-01216)


   LOLLOBRIGIDA, MELONI, FERRO, ACQUAROLI, BALDINI, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   desta enorme preoccupazione e profondo biasimo quanto recentemente accaduto nel Catanzarese, davanti al municipio di Guardavalle, dove spicca una statua di Sant'Agazio donata dalla famiglia Gallace, una delle cosche più potenti della Calabria e con ramificazioni in altre regioni, soprattutto nel Lazio;

   la nota trasmissione televisiva «Striscia la notizia», mossa a seguito delle segnalazioni da parte di cittadini del comune calabrese, è giunta sul posto per intervistare il sindaco. Come emerge nella nota della trasmissione, davanti ai microfoni dell'inviato, il sindaco del Pd di Guardavalle dal 2013, Giuseppe Ussia, ha dichiarato: «Per me non è un problema, la famiglia Gallace ha pagato il suo conto con la giustizia (il boss è in carcere con una condanna all'ergastolo per omicidio), ma se dei cittadini chiedessero di rimuoverla lo farei, basterebbe una lettera con le firme, nessuno deve avere paura»;

   tuttavia, subito dopo, il sindaco, senza sapere di essere ripreso, avrebbe detto «se tolgo la statua mi sparano», facendo emergere, insieme alla paura, un brutto spaccato di realtà locale;

   a conferma della gravità della situazione, anche Nicola Gratteri, dal 2016 procuratore della Repubblica di Catanzaro, sotto scorta dal 1989, ai microfoni del Tg satirico di Antonio Ricci ha dichiarato: «La statua va tolta perché rappresenta proprio una forma di esternazione del potere da parte della famiglia mafiosa»;

   inoltre, il Codacons chiede che il «prefetto rimuova la statua, la mafia vive di simboli» e «utilizza soprattutto quelli religiosi per dimostrare a tutti il proprio potere» –:

   se non intenda assicurare, con ogni iniziativa di propria competenza, la tempestiva rimozione della statua e quali urgenti misure intenda porre in essere a garanzia dell'impegno concreto delle istituzioni contro ogni forma di criminalità organizzata e per impedire che eventi quali quelli descritti in premessa possano verificarsi in futuro.
(3-01217)

Interrogazione a risposta scritta:


   ANDREUZZA, FOGLIANI e TURRI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel litorale del Veneto Orientale sono emerse infiltrazioni con radicamenti della camorra presenti da tempo nei comuni di Eraclea e di Caorle;

   il clan dei Casalesi del boss Luciano Donadio, con base ad Eraclea, sembrerebbe aver condizionato le elezioni 2016 intervenendo per favorire il candidato sindaco (poi eletto);

   il 18 febbraio 2019 le forze dell'ordine hanno arrestato 50 persone, 47 in carcere e 3 ai domiciliari, indagato 82 persone, scese a 76, per reati riconducibili a usura, estorsioni, rapine, truffa, illeciti fiscali droga e armi, voto di scambio;

   agli arresti domiciliari è finito anche il sindaco di Eraclea, Mirco Mestre, dimessosi dalla carica con lo scioglimento del consiglio comunale; è stato interrogato l'ex vicesindaco, già sindaco di Eraclea, Graziano Teso, entrambi accusati di voto di scambio;

   l'8 novembre 2019 si sono concluse le indagini preliminari del sostituto procuratore di Venezia, che ha confermato l'esistenza di un'organizzazione criminale di stampo mafioso, e il commissario straordinario del comune di Eraclea, Giuseppe Vivola, ha consegnato la relazione su Eraclea al prefetto di Venezia, Vittorio Zappalorto, cui spetterà ora l'eventuale decisione di proporre al Ministro interrogato lo scioglimento del comune per mafia, primo caso in Veneto;

   nella relazione della procura viene rilevato che, anche nel comune di Caorle, le elezioni amministrative del 2016 sarebbero state pilotate e condizionate dal clan dei Casalesi al fine di favorire, tramite il coinvolgimento di Luciano Donadio e dell'ex carabiniere dei Ros Claudio Casella, divenuto imprenditore a Caorle, il candidato sindaco Luciano Striuli, poi eletto, e il candidato consigliere comunale Giuseppe Boatto, eletto e attuale assessore comunale;

   a luglio 2019 la Commissione parlamentare antimafia ha audito il prefetto Zappalorto proprio sulle vicende di Eraclea e di Caorle; dalle audizioni svolte dalle suddette Commissioni sono emersi elementi circa la realizzazione, a Caorle, del progetto delle terme e circa i colloqui intercettati tra Luciano Donadio e l'imprenditore Claudio Casella;

   la Commissione ha deciso di audire anche il procuratore di Trieste, Carlo Mastelloni, sempre sulla stessa opera e sulle vicende giudiziarie che, tra fine 2014 e inizio 2015, interessarono il sindaco di Caorle, Luciano Striuli, che si sono concluse all'epoca, per quanto noto agli interroganti, senza accuse precise;

   il clan, peraltro, si muoveva anche con atti intimidatori e minacce, tanto che gli inquirenti presumono che possa essere riconducibile ad esso la busta contenente ritagli di giornale e la foto di una pallottola con evidenti minacce, recapitata presso l'abitazione dell'eurodeputata Rosanna Conte, nonché consigliere comunale a Caorle, la quale ha sporto denuncia e, sulla vicenda, la prima firmataria del presente atto è intervenuta anche in Aula alla Camera per esprimere le preoccupazioni sia sull'accaduto sia, in generale, sulla vicenda delle infiltrazioni mafiose sul litorale veneto;

   sarebbe emerso, inoltre, che, sempre secondo le indagini svolte dalla procura di Venezia, Luciano Donadio avrebbe indotto diversi cittadini stranieri a votare per l'elezione del sindaco di Caorle, Luciano Striuli, e per l'attuale assessore allo sport, Giuseppe Boatto;

   dalle indagini esistenti su Eraclea e Caorle si sta delineando un preoccupante quadro di infiltrazioni mafiose di stampo camorristico che potrebbero avere anche risvolti più ampi –:

   se ritenga di assumere iniziative, per quanto di competenza, per approfondire ulteriormente la questione delle infiltrazioni mafiose con riferimento ai comuni di Eraclea e Caorle, alla luce di quanto sta emergendo dalle indagini svolte dalla procura di Venezia, nonché, più in generale, se ritenga di avviare le verifiche di competenza circa il radicamento delle varie mafie nel territorio del Veneto, tenuto conto anche delle altre inchieste sulle province di Padova e di Verona, e quali iniziative di competenza intenda adottare per contrastare il fenomeno mafioso, soprattutto con riguardo all'incremento dell'usura in Veneto.
(4-04354)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   BRUNO BOSSIO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   i genitori degli alunni della primaria di Careri paesino dell'Aspromonte calabrese hanno promosso una mobilitazione per difendere il diritto alla scuola per i propri figli;

   si oppongono alla chiusura della scuola e al trasferimento dei 35 alunni a distanza di 11 chilometri con una viabilità complessa piena di tornanti che farebbe giungere a scuola i bambini già provati dal viaggio;

   purtroppo il calo demografico e lo spopolamento dei paesi dell'Aspromonte sta determinando situazioni di estrema criticità;

   a Roccaforte del greco, paese dell'area grecanica, così come a Canolo, le scuole sono state già chiuse infliggendo un duro colpo alle comunità locali;

   alcuni intellettuali a partire dallo scrittore Gioacchino Criaco hanno promosso un appello per chiedere che le scuole nei piccoli comuni in particolare, dell'Aspromonte, possano rimanere aperte come presidio dello Stato;

   la legge 158 del 2016 comunemente conosciuta come legge dei piccoli comuni ha anche nella digitalizzazione l'opportunità di scongiurare trasferimenti e disagi ai bambini assicurando il diritto all'istruzione –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere per rispondere alla mobilitazione dei genitori di Careri scongiurando la soppressione della scuola dell'obbligo ed evitando di infliggere disagi a bambini e famiglie.
(3-01206)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BARBUTO, VILLANI e GRIPPA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con nota n. 114173 del 26 settembre 2019 ha informato tutti gli atenei che l'esecuzione del disposto giudiziale delle ordinanze del Consiglio di Stato, basate sul sottodimensionamento dei posti resi disponibili per l'anno accademico 2018/2019 per i corsi di laurea in medicina e chirurgia, con le quali i ricorrenti sono stati ammessi nel rispetto del punteggio conseguito e dell'ordine di graduatoria acquisito dal ricorrente, di fatto sono di esclusiva competenza del Dicastero e non dei singoli atenei;

   nonostante ciò, a tutt'oggi, a quanto risulta agli interroganti, alcuni atenei, presso i quali si sono rivolti i ricorrenti, nei confronti dei quali il Consiglio di Stato ha emesso la sentenza favorevole, negano l'iscrizione richiamando la suddetta nota;

   il ritardo nell'iscrizione agli atenei, considerato l'imminente inizio dei corsi, rischia di vanificare la pronuncia favorevole dell'organo giudiziario, che ha ammesso i ricorrenti con riserva ai corsi di laurea in medicina e chirurgia e di deludere così le legittime aspettative dei ricorrenti –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere il Ministro interrogato per assicurare l'esecuzione della nota n. 114173 del 26 settembre 2019 e così consentire l'iscrizione dei ricorrenti ai corsi di laurea in medicina e chirurgia.
(5-03296)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VIZZINI, GIANNONE, BENEDETTI e CUNIAL. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   come si evince da organi di stampa, nei giorni scorsi uno studente disabile, affetto da iperattività regressa con ritardo cognitivo e sospetto autismo, per il quale sono in corso gli accertamenti dei medici, è stato escluso dalla rappresentazione natalizia della sua classe e l'insegnante sembra si sia riservata di reinserirlo solo dopo un colloquio con la famiglia, la quale ha scoperto dell'esclusione solo attraverso una chat di Whatsapp;

   la classe fa parte di una scuola privata nel comune di Afragola, di cui gli organi di stampa non riportano la denominazione, ed è composta da 16 bimbi: 15 coinvolti nella rappresentazione e uno, lui, escluso. L'insegnante sembra si sia giustificata adducendo come motivazione dell'esclusione preventiva il carattere del bambino che non parla, non sta in fila e non partecipa;

   interpellata dai genitori, la dirigente scolastica avrebbe addotto come ulteriore giustificazione il fatto che il bambino non sia ancora stato inserito fra i destinatari delle misure della legge n. 104 del 1992 e per questo l'istituto ha il dovere di trattarlo come un bambino normale. Questo appare in contrasto con tutte le certificazioni e la diagnosi funzionale, che attestano la sua non autosufficienza, già in possesso dell'istituto;

   questo è l'ennesimo caso che pone l'accento sulla difficoltà degli istituti scolastici nel rapportarsi con famiglie di studenti disabili e sulla capacità di strutturare l'attività scolastica basandola sull'integrazione di questi bambini –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopracitati e quali iniziative di competenza intenda assumere per promuovere e favorire maggiore tutela e integrazione degli studenti disabili, al fine di evitare casi come quello di cui in premessa.
(4-04348)


   MOLLICONE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   «La Consulta Provinciale degli Studenti» è l'organismo istituzionale di rappresentanza studentesca su base provinciale, istituito nel 1996 con il decreto del Presidente della Repubblica n. 567 del 1996, così come modificato ed integrato dai decreti del Presidente della Repubblica n. 156 del 1999, n. 105 del 2001, n. 301 del 2005, n. 268 del 2007. Ogni consulta è tenuta a dotarsi di un regolamento interno provinciale che rispetti i principi delle linee guida nazionali e delle eventuali linee integrative regionali. La Cps, in base all'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 567 del 1996 e successive integrazioni ha il compito di: «assicurare il più ampio confronto fra gli studenti»;

   come citato nell'articolo 3 delle linee guida nazionali per i regolamenti delle consulte provinciali degli studenti «La CPS è indipendente da qualsiasi corrente partitica. Nel corso delle riunioni, i membri della CPS, nell'esprimere pareri o fare riferimenti relativi a coalizioni politiche e a uomini o partiti politici, non devono fare propaganda per movimenti partitici. A garantire l'autonomia e l'apartiticità della CPS è il Presidente che, moderando le riunioni, è garante del rispetto di suddetto principio»;

   la consulta provinciale degli studenti di Roma, nello scorso mandato, non è stata adeguatamente convocata per rispettare le finalità e gli obiettivi dell'istituzione stessa, in quanto il presidente ne ha limitato la convocazione, appellandosi all'impossibilità di trovare adeguate strutture ospitanti;

   inoltre, il regolamento della Cps di Roma per l'interrogante non rispetta i principi democratici e rappresentativi all'articolo 1, comma 1, nonostante essi siano sanciti nel regolamento stesso in quanto scritto, sempre secondo l'interrogante, in maniera superficiale e contrastante nei suoi punti come ad esempio nell'articolo 9 concernente l'istituzione dei gruppi consiliari, partecipati secondo le affinità politiche e culturali degli studenti iscritti, nonostante la natura apartitica della consulta, in aperto contrasto con l'articolo 3 delle suddette linee guida che cita «l'indipendenza dalle coalizioni politiche»;

   considerata la difficoltà di accesso e la non disponibilità in formato digitale su piattaforme specificamente dedicate (https://www.spazioconsulte.it/webi/it/home-page/) del regolamento stesso, appare chiaro che la gestione risulterebbe poco trasparente e ciò sarebbe imputabile per l'interrogante, al presidente e agli eletti del suo movimento nel consiglio di presidenza uscente, cioè quello riferito al biennio 2017-2019; ciò si sarebbe rilevato, a quanto consta all'interrogante soprattutto nelle operazioni di voto delle elezioni del 9 e 12 dicembre 2019, ove si è riscontrata di fatto una scarsa rappresentanza di componenti non allineate alle presidenze uscenti e a quella eletta il 12 dicembre 2019, nonostante la natura apartitica dell'istituzione –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione descritta in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, anche sul piano normativo, al fine di rendere accessibile ad ogni realtà studentesca la documentazione della citata consulta provinciale, assicurando i principi di trasparenza ed equità definiti dagli articoli 2 e 3 delle linee guida sopra citate, vigilando sulla conformità alla normativa dei regolamenti di ogni Consulta provinciale studentesca.
(4-04350)


   MONTARULI, FRASSINETTI e DONZELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il rapper «Bello Figo» ha girato un videoclip presso l'università di Pisa, nelle aule del dipartimento di economia, senza alcuna autorizzazione dell'ateneo, che ha avviato un'indagine interna per verificare le modalità di accesso e l'uso improprio degli spazi universitari;

   il videoclip riporta immagini esplicite, simulando scene sessuali, con ragazze sdraiate sulle cattedre e sui banchi di studio;

   la canzone di cui al suddetto videoclip, è, infatti, intitolata «trombo a facoltà» a riprova di come l'atteggiamento del rapper e di chi in ogni forma ha con lui collaborato rappresenti un'offesa nei confronti degli studenti, dei docenti e dell'università tutta;

   quanto avvenuto risulta grave non solo per la violazione degli spazi, ma soprattutto per la denigrazione del lavoro e dell'impegno di chi guarda agli atenei come luogo di cultura, studio, approfondimento, impegno, ricerca, confronto e pluralismo, e non, invece, come a un locale ove sfoggiare a scopi commerciali e di notorietà frustrazioni e pulsioni di ogni genere;

   nonostante il ritiro del videoclip rimane il danno a tutta l'università italiana e non solo all'ateneo di Pisa, che, comunque, ha già presentato denuncia –:

   se non intenda adottare le opportune iniziative in sede giudiziale ai fini del risarcimento del danno da parte del rapper «Bello Figo» e di tutti coloro che hanno partecipato alla redazione del videoclip di cui in premessa.
(4-04352)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazioni a risposta orale:


   BUSINAROLO e ASCARI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da recenti fonti di stampa (vedasi www.pozzuoli21.it) si apprende di un caso di whistleblowing, che ha avuto come protagonista un dipendente del comune di Pozzuoli, Andrea Omboni, che da circa un anno, dopo aver svolto il lavoro di guardia giurata nella sede principale del comune, era stato trasferito presso il parcheggio multipiano di San Francesco ai Girolamini;

   lo stesso aveva presentato un esposto-querela presso la procura della Repubblica di Napoli, protocollato il 4 gennaio 2018, in cui elencava una serie di gravi irregolarità che sarebbero avvenute proprio all'interno della struttura multipiano;

   il 17 marzo 2018 allo stesso veniva notificato, da parte del segretario generale del comune di Pozzuoli, Matteo Sperandeo, il trasferimento in altro ufficio giustificato da «esigenze di servizio»;

   si tratta del secondo trasferimento «anomalo» per Omboni che, da circa un anno, era stato trasferito, dalla sede principale del municipio al multipiano, dopo la presentazione di un altro esposto, in cui denunciava comportamenti irregolari tenuti da alcuni dirigenti comunali, suoi superiori;

   sempre dalla stessa fonte di stampa si apprende che nei giorni scorsi sono stati arrestati dieci dipendenti comunali, che svolgevano il proprio lavoro presso il parcheggio del multipiano, accusati di gravi irregolarità, a danno della pubblica amministrazione;

   la vicenda sopra descritta costituisce, ad avviso dell'interrogante, uno dei tanti casi in cui l'autore della segnalazione di un comportamento anomalo o di un fatto grave riscontrato nel luogo di lavoro, il cosiddetto «whistleblower», a causa della denuncia è costretto a subire gravi discriminazioni e minacce, con ripercussioni sulla propria vita personale e in ambito lavorativo –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, alla luce di quanto descritto in premessa, il Governo intenda assumere al fine di garantire la piena tutela dei cosiddetti «whistleblower», in applicazione di quanto previsto in materia dalla recente legge n. 179 del 30 novembre 2017.
(3-01204)


   BALDINO. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 4 del Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 settembre 2014 prevede che «Al fine di realizzare un censimento permanente delle autovetture di servizio, le pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'ISTAT ai sensi dell'art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, incluse le autorità indipendenti, le regioni e gli enti locali, comunicano, ogni anno, in via telematica al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, sulla base dell'apposito questionario, e pubblicano sui propri siti istituzionali ... il numero e l'elenco delle autovetture di servizio a qualunque titolo utilizzate, distinte tra quelle di proprietà è quelle oggetto di contratto di locazione o di noleggio, con l'indicazione della cilindrata e dell'anno di immatricolazione»;

   dal censimento delle autovetture di servizio delle pubbliche amministrazioni, emergente dal rapporto auto blu 2017 del 16 marzo 2018, si evince che solo il 67,7 per cento degli enti coinvolti abbia risposto ai questionari;

   nonostante il numero delle vetture di servizio sia in diminuzione di 774 unità rispetto al 2016, dal medesimo rapporto si apprende che il numero di auto blu risulti oggi ancora molto elevato, ammontando a ben 29.195 autovetture;

   alcune amministrazioni hanno addirittura aumentato il parco auto anche di decine e decine di unità (come per le Agenzie fiscali, le università pubbliche, altri enti);

   interventi di questo tipo, volti a contenere la spesa pubblica, si ritengono indifferibili sia per ragioni di equità sia al fine di poter destinare altrove le risorse pubbliche –:

   se e con quali modalità il Governo intenda assicurare che le amministrazioni pubbliche forniscano dati aggiornati sull'utilizzo di vetture di servizio, al fine di completare il censimento delle medesime e di poter intervenire con processi di razionalizzazione e contenimento.
(3-01205)

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XII Commissione:


   BAGNASCO, NEVI, VERSACE, BOND, BRAMBILLA, MUGNAI e NOVELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il linfedema è una malattia invalidante che finalmente l'Inps riconosce come cronica disabilitante, di non facile controllo e con tendenza evolutiva. La prevalenza del linfedema in Italia è di circa 350.000 casi;

   la classificazione eziopatogenetica lo suddivide in linfedema primario e secondario: le forme primarie (42 per cento) sono localizzate prevalentemente agli arti inferiori; le forme secondarie sono le più frequenti (58 per cento) correlate al trattamento di patologie oncologiche (carcinoma della mammella, utero e ovaie, intestino, testicolo, melanomi, sarcomi);

   l'incidenza del linfedema secondario dell'arto superiore è veramente alta (25 per cento) nelle donne sottoposte a chirurgia mammaria con dissezione ascellare (circa 45.000/anno), con un aumento della percentuale (35 per cento) dopo radioterapia associata. In Italia è possibile stimare in circa 9.000 casi;

   la terapia prevede la presa in carico del paziente da parte di un team riabilitativo, con specifica preparazione linfologica, che, dopo il trattamento fisico-decongestivo, effettua la prescrizione e il collaudo di un tutore elastico;

   per il mantenimento e l'ottimizzazione dei risultati ottenuti con una terapia combinata, le linee guida evidenziano l'importanza della terapia compressiva con tutore elastico, standard o su misura, a seconda del caso clinico e a discrezione dello specialista che ha preso in carico il paziente;

   il tutore standard, che permette di ridurre i costi, può essere prescritto solo nel linfedema iniziale, ma nei successivi stadi clinici, a causa dell'arto dismorfico, è necessario prescrivere il tutore su misura che deve essere sostituito almeno ogni 6 mesi per garantire la necessaria compressione;

   nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 2017, che definisce i nuovi livelli essenziali di assistenza (Lea) nell'allegato 5, elenco 1, alla voce ausili su misura, sono elencati gli ausili per terapie individuali prescrivibili esclusivamente ad assistiti affetti sia da linfedema primario cronico che per assistiti affetti da linfedema secondario stabilizzato dopo la chirurgia oncologica;

   per la mancata emanazione dei provvedimenti attuativi dei nuovi Lea, questi malati sono costretti a provvedere personalmente a questa spesa, non indifferente, almeno due volte l'anno e la stessa spesa li accompagnerà tutta la vita;

   peraltro, se qualche regione ha provveduto autonomamente a dare contributi ai pazienti a fronte di spese comprovate di tutori elastocompressivi su misura, nella maggior parte delle regioni i pazienti non usufruiscono di alcun aiuto –:

   se non intenda adottare le iniziative di competenza per provvedere, quanto prima, all'adozione dei decreti attuativi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sui nuovi Lea, stabilendo le nuove tariffe per i tutori elastocompressivi su misura.
(5-03303)


   DE FILIPPO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'orticaria cronica spontanea (Csu) è una malattia autoimmune i cui effetti possono assumere una severità tale da interferire con la qualità di vita del paziente, essendo passibili in determinati casi – secondo studi scientifici internazionali – di comportarne un deterioramento comparabile a quello indotto da un infarto miocardico;

   i pazienti che dal 2015 sono trattati con Xolair (Omalizumab), farmaco in grado di determinare la regressione completa della manifestazione clinica nel 70 per cento dei casi, hanno recuperato lo svolgimento di normali mansioni private e lavorative;

   la determina dell'Aifa 1060/2015 relativa al regime di rimborsabilità del farmaco prevede un piano terapeutico con sole 11 infusioni, ma studi nazionali e internazionali affermano che i pazienti recidivano all'interruzione del trattamento per oltre il 60 per cento. Tale determina non esplicita di fatto la non ripetibilità del trattamento;

   gli effetti collaterali dei trattamenti alternativi allo Xolair sono tutti off label e di fatto portano alla persistenza di una forma severa di orticaria cronica spontanea, non essendo altresì connotati da un pari livello di sicurezza. Inoltre, tali trattamenti alternativi comportano un costo per il servizio sanitario nazionale superiore al prolungamento della terapia con il biologico;

   in data 5 giugno 2019, in risposta all'interrogazione 5-02229, l'allora Sottosegretario Bartolazzi ha sottolineato che la Commissione tecnico scientifica (Cts) di Aifa, ad aprile e maggio 2019, ha valutato negativamente la richiesta di rimborsabilità di Xolair oltre le 11 infusioni, poiché «le evidenze scientifiche disponibili sono costituite da studi clinici non randomizzati, non controllati e condotti su campioni di piccole dimensioni o su singoli pazienti». Peraltro, l'Agenzia «si è impegnata a verificare se, sulla base di nuovi e solidi dati scientifici, possa essere superata l'attuale condizione»;

   la Arco, Associazione per la ricerca e la cura dell'Orticaria, assieme a due società scientifiche, ha incontrato a luglio la Cts, con dati aggiornati sulla safety di Xolair, fornendo su richiesta una proposta di piano terapeutico ripetibile. In tale sede è stata denunciata l'iniquità territoriale del blocco nelle regioni Lombardia, Liguria e Sicilia oltre l'undicesima infusione –:

   quali iniziative il Ministro interrogato, per quanto di competenza intenda porre in essere affinché siano assicurate ai pazienti, sotto prescrizione medica, le infusioni di Xolair anche oltre le 11 somministrazioni previste dalla determina in premessa, assicurando un trattamento uniforme su tutto il territorio nazionale.
(5-03304)


   NAPPI, NESCI, PROVENZA, SAPIA, SARLI, SPORTIELLO, TROIANO, MASSIMO ENRICO BARONI, BOLOGNA, IANARO, LAPIA, LOREFICE, MAMMÌ e MENGA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi anni si è assistito ad una crescente convergenza d'interessi in materia di fondi sanitari e assicurazioni;

   la sanità integrativa è progressivamente diventata sostitutiva permettendo all'intermediazione finanziaria e assicurativa di utilizzare detrazioni fiscali per incrementare i profitti, aumentando iniquità e diseguaglianze;

   i fondi sanitari integrativi, formalmente enti «no-profit», per problemi di solvibilità possono ricorrere a compagnie assicuratrici esterne per assicurare i propri clienti, andando di fatto ad alimentare un meccanismo perverso con la conseguenza che la gestione dei fondi predetti diventa di natura commerciale, perdendo dunque la connotazione «no-profit»;

   nell'attuale quadro normativo, i fondi sanitari integrativi, perdendo la caratteristica della integrazione a favore della prevalente sostituzione risultano: poco trasparenti, fuori controllo, sovraesposti mediaticamente;

   la scarsa trasparenza si manifesta allorquando l'anagrafe dei fondi integrativi istituita presso il Ministero della salute non è pubblicamente accessibile;

   la mancanza di alcuni decreti attuativi ha reso inefficace il comma 8 dell'articolo 9 della legge n. 502 del 1992 che prevede tutto il sistema di controlli, relativi ai fondi, quali modalità di costituzione e di scioglimento, composizione degli organi di amministrazione e controllo, soggetti destinatari dell'assistenza, forme e modalità di contribuzione, soggetti destinati all'assistenza, trattamento e garanzie riservate al sottoscrittore e al suo nucleo familiare; inoltre, non esiste una efficace vigilanza dei fondi, eventualmente anche attraverso un organismo indipendente presso il Ministero della salute che possa esercitare verifiche e certificazioni;

   l'intermediazione assicurativa porta avanti campagne mediatiche basate sulla difficoltà nell'accedere ai servizi sanitari, facendo leva sulla preoccupazione dei cittadini che rinunziano alle prestazioni sanitarie o alle cure stesse –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per assicurare il principio trasparenza in materia di sanità integrativa, riportando i fondi sanitari integrativi nell'alveo degli enti «no-profit».
(5-03305)


   BELLUCCI e FERRO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   desta preoccupazione la notizia del rischio di chiusura del Centro calabrese di solidarietà che si occupa del recupero di persone con diverse forme di dipendenza patologica;

   in particolare, secondo quanto riportato dalla stampa, i ritardi nei pagamenti da parte dell'Asp di Catanzaro rischiano di provocare la chiusura per «asfissia» finanziaria della struttura, fondata da don Mimmo Battaglia, che da oltre trent'anni opera nel settore del recupero di tossicodipendenti e persone affette da altre dipendenze patologiche;

   il Centro ha raggiunto il budget, massimo assegnato dalla regione, circa 560 mila euro già insufficienti a coprire l'attività fino a fine anno, ma non riceve i relativi pagamenti da oltre sei mesi;

   altri ritardi riguarderebbero i rimborsi per gli utenti che scontano in comunità una misura cautelare;

   tale situazione rende impossibile accogliere nuovi pazienti e garantire l'ospitalità ai 60 ospiti attualmente presenti nelle strutture, che rischiano la dimissione forzata; inoltre vi sono trenta operatori per cui è a rischio il posto di lavoro;

   come denunciato da Vittoria Scarpino, direttore amministrativo del Centro, «Stiamo vivendo da mesi grandi difficoltà non solo a gestire le due strutture nelle attività che svolgiamo, ma soprattutto per il pagamento dei fornitori e degli stipendi dei lavoratori. Diversi i nostri appelli e richieste inviate ad Asp e Regione, ma abbiamo ricevuto come risposta un silenzio assordante»;

   i ritardi nei pagamenti delle rette annuali sono inaccettabili se rapportati all'opera fondamentale di contrasto alle dipendenze patologiche, all'emarginazione e al degrado sociale che quotidianamente, e da più di 30 anni, svolgono dipendenti e volontari della struttura calabrese, che dovrebbe essere considerata una risorsa per il territorio –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, in particolare, delle ragioni alla base dei ritardi nei pagamenti da parte dell'Asp di Catanzaro, chiarendo quindi quali urgenti iniziative di competenza, intenda adottare, anche per il tramite del commissario ad acta, per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari regionali, al fine di scongiurare il rischio di chiusura del Centro di solidarietà di Catanzaro.
(5-03306)


   CARNEVALI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nonostante in Italia si sia raggiunta la soglia dei 200.00 pazienti con epatite C avviati a trattamento e curati dall'infezione nel 98-100 per cento dei casi, l'Istituto superiore di sanità ha stimato a gennaio 2018 che, in Italia, vi siano ancora 469.932 soggetti Hcv positivi non ancora trattati;

   per ovviare a tale situazione non solo è necessario prevedere uno screening nazionale e gratuito per quelle fasce di età maggiormente a rischio, ma è necessario prevedere l'estensione dell'innovatività per i farmaci anti Hcv nei fondi dedicati, vista la loro utilità sociosanitaria e considerati i possibili risparmi di costi diretti ed indiretti;

   secondo la determina dell'Aifa del 12 settembre 2017, «Criteri per la classificazione dei farmaci innovativi, e dei farmaci oncologici innovativi, ai sensi dell'articolo 1, comma 402, della legge 11 dicembre 2016, n. 232» (Determina n. 1535/2017), «il riconoscimento dell'innovatività ed i benefici conseguenti hanno una durata massima di trentasei mesi» che per i farmaci in questione scade tra la fine 2019 e i primi mesi del 2020;

   la stessa determina prevede anche che la permanenza del carattere di innovatività attribuito ad un farmaco possa essere riconsiderata nel caso emergano evidenze che ne giustifichino la rivalutazione, anche se il comma 403 dell'articolo 1 della legge n. 232 del 2016 è perentorio nello stabilire che «Il requisito di innovatività possa permanere per un periodo massimo di 36 mesi»;

   tutto questo porta ad una mancanza di chiarezza, visto anche il fatto che la stessa determina prevede che «le modalità operative del disposto normativo sopra citato verranno esplicitate dal decreto attuativo del Ministero della salute in corso di definizione»;

   l'uscita dei farmaci dai fondi innovativi di cui alla legge n. 232 del 2016 comporta che questi siano poi rimborsati tramite i fondi regionali di spesa corrente con la diretta conseguenza di una possibile battuta di arresto sulle attività poste in essere per la rapida eliminazione dell'epatite C nel nostro Paese –:

   se il Ministro interrogato, alla luce di quanto esposto in premessa, non ritenga doveroso ed urgente adottare iniziative affinché si faccia chiarezza circa la permanenza del carattere di innovatività dei farmaci, in particolare per quelli relativi all'eliminazione del virus dell'epatite C, anche in relazione alla determina dell'Aifa del 12 settembre 2019.
(5-03307)


   BOLDI, PANIZZUT, DE MARTINI, FOSCOLO, LAZZARINI, LOCATELLI, SUTTO, TIRAMANI e ZIELLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) è un ente pubblico non economico istituito nel 1993 con la missione di supportare il Ministero della salute e le regioni, per rendere il sistema sanitario sostenibile e capace di gestire situazioni di elevata complessità clinica e organizzativa;

   con nota in data 10 dicembre 2019, il Ministero della salute ha comunicato al direttore generale della suddetta Agenzia la decadenza dall'incarico, applicando nei suoi confronti il meccanismo dello spoils system e, segnatamente, la disposizione di cui all'articolo 2, comma 160, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286;

   la norma in esame risulta attualmente al vaglio della Corte costituzionale. Con ordinanza in data 19 novembre 2019, infatti, il Tribunale del lavoro di Roma ha sollevato la questione di costituzionalità della suddetta disposizione, richiamando il consolidato orientamento della Consulta secondo cui, per il personale dirigenziale, i meccanismi di decadenza automatica o meramente discrezionale devono ritenersi «incompatibili con l'articolo 97 della Costituzione» (ex plurimis, Corte costituzionale, sentenze n. 124 e n. 228 del 2011);

   anche il Consiglio di Stato, nel parere reso in data 21 novembre 2019, n. 2925, appositamente richiesto dal Ministero della salute, ha evidenziato i profili di incostituzionalità della disposizione sopra citata, rimarcando altresì «la differente posizione del direttore generale di AGENAS rispetto a tutte quelle figure cui fisiologicamente deve applicarsi il meccanismo dello spoils system, con conseguente dubbio di compatibilità della norma tuttora in vigore con gli articoli 95, 97 e 98 Cost.»;

   sull'avvicendamento al vertice di Agenas avevano manifestato le proprie perplessità anche le regioni, rilevando la necessità di un confronto con il Governo alla luce della funzione propria dell'Agenzia, istituita al fine di svolgere il ruolo di cerniera tra il Ministero e le realtà regionali –:

   sulla base di quali presupposti e motivazioni il Ministro interrogato sia pervenuto alla decisione di rimuovere dall'incarico il direttore generale dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali.
(5-03308)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   ZOFFILI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   dal mese di settembre 2019 l'ufficio postale del comune di Coriano, frazione Ospedaletto è ancora chiuso dopo un tentativo notturno di furto;

   i rapinatori, in particolare, hanno riempito lo sportello automatico con una miscela di gas esplosivi e, intorno alle 3,30 del mattino, hanno acceso l'innesco provocando la distruzione dello sportello automatico e danneggiando gravemente tutta la facciata dell'edificio, il solaio e le cassette di sicurezza sistemate a fianco del bancomat;

   a distanza di oltre tre mesi la frazione di Coriano è ancora priva di una sede postale ed i residenti sono costretti a recarsi presso altri sportelli nelle frazioni limitrofe. Nel comune sono residenti innumerevoli persone anziane per le quali lo spostamento verso un altro ufficio postale rappresenta un notevole disagio, così come il pagamento delle utenze presso i tabaccai che comporta maggiori oneri di spesa;

   la presenza di un bancomat, inoltre, aumenta gli introiti dell'intera zona, aumentando la circolazione del denaro e degli acquisti;

   ad Ospedaletto, oltre allo sportello dell'ufficio postale, è presente un solo istituto di credito dotato di bancomat e nel caso di un malfunzionamento di quest'ultimo la popolazione rimarrebbe priva della possibilità di prelevare contanti;

   ad oggi Poste Italiane ancora non ha reso noti i tempi di riapertura dell'ufficio postale né ha provveduto a un potenziamento dei servizi nelle frazioni di Coriano e Cerasolo. Tale inerzia ha ingenerato nella cittadinanza il timore di un possibile spostamento dell'ufficio postale;

   come noto, al fine di garantire la coesione sociale, senza discriminazioni tra gli utenti, Poste Italiane è obbligata a erogare su tutto il territorio nazionale il servizio postale base (universale). Tale servizio è affidato a Poste Italiane spa fino al 30 aprile 2026 ed è soggetto a verifiche quinquiennali da parte del Ministero sul livello di efficienza nella fornitura del servizio;

   ai sensi del primo comma dell'articolo 5 del contratto di programma 2015-2019 sottoscritto tra il Ministero dello sviluppo economico e Poste Italiane spa, le parti, nel perseguimento di obiettivi di coesione sociale ed economica che prevedano la fornitura di servizi utili al cittadino, si impegnano reciprocamente a valorizzare la rete capillare degli uffici postali, ed in particolare le potenzialità e le caratteristiche degli stessi quali uffici di prossimità al servizio degli utenti, specialmente negli ambiti territoriali con scarsa densità abitativa;

   occorre dunque ripristinare quanto prima nel territorio di Ospedaletto la piena funzionalità dell'ufficio postale –:

   quali urgenti iniziative di competenza, intenda porre in essere per garantire l'esatto adempimento del contratto di servizio da parte di Poste Italiane e l'immediato ripristino dell'ufficio postale nel comune di Coriano.
(3-01208)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DONNO, NAPPI e MISITI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   in data 30 luglio 2019 il Ministero dello sviluppo economico, in risposta all'interrogazione n. 5-02211 del 3 giugno 2019 presentata dal sottoscritto, comunicava che, nel rispetto dell'attività di accertamento che l'Autorità della concorrenza e del mercato stava svolgendo nell'ambito del procedimento istruttorio relativamente alla pratica commerciale denominata «formula My Car/No-Cost» della Vantage Group srl, strutturata attraverso la possibilità dell'acquisto di un'auto con un cospicuo rimborso, parziale o totale, del costo della vettura, acconsentendo all'uso della propria automobile per veicolare messaggi pubblicitari anche attraverso i propri profili «social» da parte di determinate società, evidenziando segnalazioni di condotte potenzialmente ingannevoli, quali la falsa prospettazione del completo rimborso di tutte le rate di finanziamento, l'addebito di costi a fronte di servizi destinati a non essere erogati e il carattere piramidale e le condotte potenzialmente aggressive, della stessa Vantage Group srl, afferenti alla fase esecutiva del rapporto, quali l'ingiustificato inadempimento delle proprie obbligazioni da parte della società, che avrebbe poi ostacolato l'esercizio dei conseguenti diritti e rimedi da parte dei consumatori, avrebbe valutato l'opportunità di adottare eventuali misure tecnicamente percorribili volte a garantire la correttezza delle pratiche commerciali e la massima tutela dei diritti dei consumatori;

   è notizia di questi giorni l'operazione messa in atto dalla Guardia di finanza che ha portato, al sequestro preventivo di capitali, dal valore di ben 3 milioni di euro, dello stesso amministratore unico della Vantage Group srl, signor Casazza Massimo, scomparso negli ultimi tempi dalle attività di My Car/No Cost sul suolo italiano, ma molto attivo all'estero, tanto da essere contemporaneamente, amministratore dell'azienda spagnola «No Cost International» e della britannica «Avalon Venture Capital Limited», accusato, tra l'altro, dei reati di evasione fiscale, truffa e autoriciclaggio, il tutto per un giro di affari di circa 15 milioni di euro;

   al contempo, nella provincia di Lecce, continuano ad arrivare segnalazioni che mettono sotto accusa altre aziende di Caradvertising. Tra i 2100 malcapitati automobilisti, abbagliati dalla possibilità di acquistare un'auto quasi a costo zero, in cambio dell'apposizione sulle proprie autovetture di adesivi di sponsor, dopo un tempo variabile che va da pochi mesi a qualche anno, in molti hanno visto i propri contratti, siglati dalla Spot&Go, marchio riconducibile alla «Pubblicamente srl», con sede legale in via Mazzini 134 in Racale (LE), non più eseguiti e annullati per inadempienza. I contraenti infatti, hanno versato nelle casse della suddetta società, una somma di 1370 euro come fideiussione, salvo poi trovarsi un piano mutualistico che non solo non copre nulla, ma presenta seri dubbi di legalità;

   in data 22 novembre 2019, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha comminato una sanzione di 200.000 euro alla società «Pubblicamente srl» di Racale, titolare dell'iniziativa «Spot&Go» rilevando che «la condotta posta in essere da Pubblicamente, concernente la promozione sul proprio sito web dell'offerta commerciale “Spot&Go”, integra una pratica commerciale scorretta e ingannevole in violazione degli articoli 20, 21 e 22 del Codice del Consumo per via del mancato assolvimento dell'onere di chiarezza e completezza informativa, nonché idonea a indurre in errore i consumatori sotto il profilo dell'effettiva natura e convenienza dell'offerta reclamizzata»;

   in tutta risposta, la società Pubblicamente srl, titolare del marchio Spot&Go, ha fatto sapere dalle pagine del Quotidiano di Puglia, che presenterà ricorso al Tar avverso il provvedimento con cui l'Authority ha disposto il pagamento di 200mila euro per condotta commerciale scorretta: «La sanzione pecuniaria irrogata dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato è motivata da profili di ingannevolezza pubblicitaria, collegati con una valutazione del piano di sviluppo imprenditoriale non pertinente». La stessa, infine, ha ribadito che quanto disposto dall'Antitrust non impedisce al programma promozionale Spot&Go di continuare la propria operatività, né sotto il profilo amministrativo né sotto quello imprenditoriale –:

   se non ritenga di assumere iniziative urgenti di carattere normativo per garantire, in tempi brevi, una soluzione per i «drivers» coinvolti nelle operazioni di dubbia legittimità messe in atto dalla Vantage Group srl e da tutti gli altri operatori che utilizzano tali pratiche commerciali, limitando, con ogni misura possibile, suddette pratiche scorrette e garantendo la massima tutela dei consumatori.
(5-03302)

Interrogazione a risposta scritta:


   SABRINA DE CARLO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   Safilo Group S.p.A., Società azionaria fabbrica italiana lavorazione occhiali, è un'azienda italiana attiva nel campo della produzione e distribuzione di occhiali da vista, da sole e sportivi, maschere da sci e caschi da sci e bici, con sede amministrativa a Padova. Gli stabilimenti produttivi si trovano a Santa Maria di Sala, Longarone, Martignacco, Ormoz, Salt Lake City e Suzhou;

   l'azienda, con l'approvazione del nuovo piano quinquennale, ha annunciato la chiusura dello stabilimento di Martignacco e 700 esuberi, 400 dei quali previsti nello stabilimento di Longarone. I dipendenti dello stabilimento di Martignacco hanno ricevuto la notizia attraverso un messaggio sul cellulare che riportava il testo di un comunicato stampa di un sindacato;

   la crisi aziendale è dovuta alle perdite di diverse licenze negli ultimi anni. I mancati rinnovi di alcuni contratti, subiti negli anni passati, come con Armani e Gucci, hanno certamente contribuito alla crisi dell'azienda e l'uscita delle licenze del lusso Lvmh potrebbe creare problemi rilevanti nei prossimi anni;

   secondo il Consiglio di amministrazione è necessario un piano di trasformazione, riorganizzazione e ristrutturazione industriale capace di rispondere prontamente al nuovo scenario produttivo. Per tali ragioni è stato aperto un tavolo negoziale con i sindacati al fine di individuare gli ammortizzatori sociali disponibili per limitare gli impatti coinvolti;

   la trasformazione digitale prevista comporta però un enorme ridimensionamento delle attività italiane. Sembrerebbe infatti che il centro di produzione di Santa Maria di Sala sia l'unico con tecnologie all'avanguardia, mentre quello di Longarone sia il più forte nel settore metallico (sottoposto anch'esso a un grande ridimensionamento);

   in provincia di Udine, inoltre, era già stato chiuso il centro di produzione di Precenicco e la sede di Martignacco aveva assorbito molti dei lavoratori licenziati nelle crisi del 2009 che, però, sono fortemente diminuiti in questi anni passando da 700 a 250;

   nella giornata di venerdì 13 dicembre 2019 è stato indetto uno sciopero in tutte le sedi dell'azienda. Il personale licenziato nella sede di Martignacco, con un alto livello di know how e competenze tecniche si ritrova, dopo anni di lavoro nell'azienda, senza alcun futuro. Il timore è che Safilo voglia spostare gradualmente tutta la produzione all'estero –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non intenda istituire un tavolo istituzionale presso il Ministero dello sviluppo economico al fine di poter intervenire tempestivamente e tutelare i lavoratori che si sono ritrovati senza alcun preavviso in situazioni fortemente critiche, nonché per salvaguardare le produzioni degli stabilimenti presenti nel Paese.
(4-04345)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Lupi e altri n. 1-00190, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 maggio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Pella.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interpellanza Ascari n. 2-00429 del 20 giugno 2019;

   interrogazione a risposta scritta Nevi n. 4-03265 dell'8 luglio 2019;

   interrogazione a risposta in Commissione De Filippo n. 5-03251 del 6 dicembre 2019;

   interrogazione a risposta immediata in Commissione Cantalamessa n. 5-03263 del 10 dicembre 2019;

   interrogazione a risposta in Commissione Carnevali n. 5-03269 dell'11 dicembre 2019.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta orale Ascari e altri n. 3-00884 del 17 luglio 2019 in interrogazione a risposta scritta n. 4-04342;

   interrogazione a risposta scritta Piccolo n. 4-04073 del 12 novembre 2019 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-03297;

   interrogazione a risposta in Commissione Businarolo n. 5-00017 dell'11 maggio 2018 in interrogazione a risposta orale n. 3-01204;

   interrogazione a risposta in Commissione Baldino n. 5-00437 del 13 settembre 2018 in interrogazione a risposta orale n. 3-01205;

   interrogazione a risposta in Commissione Bruno Bossio n. 5-00592 del 2 ottobre 2018 in interrogazione a risposta orale n. 3-01206;

   interrogazione a risposta in Commissione Businarolo n. 5-00446 del 17 settembre 2018 in interrogazione a risposta orale n. 3-01207.