Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 10 dicembre 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La I e IV Commissione,

   premesso che:

    l'articolo 19 della legge 4 novembre 2010, n. 183 sancisce la specificità dello stato giuridico del personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, che, «in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti», è articolato in un complesso di doveri e diritti assolutamente singolare, differente, nella sostanza, rispetto a quello degli altri dipendenti pubblici;

    il decreto legislativo n. 165 del 2001, nel dettare le «norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche», all'articolo 3, stabilisce che il rapporto d'impiego del personale dei comparti difesa, sicurezza e soccorso resta regolamentato da norme speciali di diritto pubblico, sottraendolo al regime di lavoro subordinato «privatistico», proprio di altre amministrazioni pubbliche;

    l'articolo 17 della legge 28 luglio 1999, n. 266, riconosce al coniuge convivente del personale in servizio permanente delle Forze armate, delle Forze di polizia ad ordinamento militare e civile, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e degli ufficiali piloti di complemento in ferma dodecennale, trasferiti d'autorità ad altra sede di servizio, il diritto «ad essere impiegato presso l'amministrazione di appartenenza o, per comando o distacco, presso altre amministrazioni nella sede di servizio del coniuge o, in mancanza, nella sede più vicina», qualora lo stesso sia impiegato presso una delle amministrazioni pubbliche, espressamente indicate dal comma 2 dell'articolo 1 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29;

    il predetto articolo, tuttavia, dispone soltanto in relazione all'ipotesi del trasferimento del «coniuge convivente» che sia impiegato in un'amministrazione dello Stato allorquando il militare o l'appartenente alle Forze dell'ordine o al Corpo nazionale dei vigili del fuoco sia trasferito d'autorità, escludendo invece il caso in cui sia quest'ultimo a chiedere il trasferimento per congiungersi alla propria famiglia;

    l'articolo 29 della Carta costituzionale tutela, quale diritto fondamentale, la stabilità e la serenità della famiglia;

    la sentenza della Corte Costituzionale n. 183 del 2008, in relazione al diritto soggettivo, di cui al già citato articolo 17 della legge n. 266 del 1999, ha stabilito che è ammissibile comprimere per legge le esigenze e gli interessi della pubblica amministrazione per salvaguardare un diritto costituzionale, quale l'unità della famiglia;

    lo smembramento familiare del dipendente, privando lo stesso della giusta serenità, incide negativamente anche sul servizio, oltre che sulla famiglia;

    la maggior parte del personale dei citati comparti proviene dall'Italia meridionale e garantire a tutti di realizzare la pur legittima aspirazione di ritornare nel luogo d'origine, permettendo loro di scegliere la destinazione d'impiego, provocherebbe un eccesso di personale negli enti del sud, con corrispondente riduzione in quelli del nord, che porterebbe a rendere questi ultimi poco o per nulla efficienti, con grave pregiudizio della funzionalità e dell'operatività delle singole amministrazioni;

    risulta che nel caso di coniugi appartenenti alla stessa Forza armata/Corpo, ciascuna amministrazione ha adottato procedure volte a favorire il ricongiungimento famigliare a domanda. Al contrario, non è regolato il ricongiungimento di personale coniugato (o unito civilmente) in servizio presso amministrazioni diverse. Sicché, in assenza di una chiara procedura (quale delle due amministrazioni deve trasferire il proprio dipendente), ciascuna delle due amministrazioni coinvolte cerca di «scaricare» l'incombenza sull'altra, magari con l'intento di non nuocere alla propria attività istituzionale, ma certamente a discapito del personale e del nucleo familiare,

impegnano il Governo:

   nelle more di un intervento normativo, a valutare di assumere iniziative per l'emanazione di disposizioni interne cercando di rendere effettivo il diritto fondamentale, di cui all'articolo 29 della Costituzione, tutelando nel miglior modo possibile le esigenze familiari del personale dei comparti difesa, sicurezza e soccorso, coniugati o uniti civilmente con personale appartenente ad altre pubbliche amministrazioni;

   ad assumere iniziative volte a prevedere una procedura che assicuri un concreto dialogo tra le diverse amministrazioni al fine di determinare, in tempi certi, un luogo di servizio comune, anche non coincidente con la sede desiderata dai dipendenti.
(7-00390) «Macina, D'Uva».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per le pari opportunità e la famiglia, il Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   non può esserci nulla di più orribile e drammatico di bambini che si prostituiscono e adulti che abusano di loro e tutto questo non accade in un Paese sottosviluppato del terzo mondo che non riconosce i diritti umani, ma in Italia, anche di giorno e sotto gli occhi di tutti;

   è di pochi giorni fa la notizia che a Napoli, in una zona dove è dilagante la prostituzione su strada, i residenti hanno lanciato l'allarme di una realtà devastante: la prostituzione minorile;

   in particolare, secondo quanto riportato in una scioccante inchiesta de Il Giornale, nel quartiere partenopeo di Poggioreale, dove sono ampie le zone di degrado e disagio della popolazione, non sono solo le donne, principalmente originarie di Paesi dell'Est Europa, a vendere il proprio corpo, ma anche i bambini;

   nel quartiere c'è chi riferisce di ragazzine impegnate a consumare rapporti sessuali all'aperto, bambini di 10 o 11 anni, venduti anche ad anziani, e chi denuncia di aver assistito a una trattativa tra tre bambini e un presunto pedofilo;

   secondo i residenti a prostituirsi sarebbero alcuni dei bambini che vivono nel vicino campo rom;

   un orrore già descritto in alcuni recenti articoli del Corriere del Mezzogiorno che ha raccontato dello stesso dramma vissuto anche da bambine nigeriane e dell'est, in altri punti a rischio della città; ma anche Il Mattino ha, di recente, messo in evidenza lo scempio della prostituzione minorile nella centralissima piazza Garibaldi;

   secondo l'inchiesta de Il Mattino, le modalità con cui vengono gestiti questi fenomeni, ad esempio nella zona industriale della città, sono da vere turnazioni di lavoro. Nell'area orientale, dove spesso sono attive le ragazze nigeriane, gli agenti della polizia locale hanno riscontrato due fasce orarie che coprono l'intera giornata dalle 8 del mattino alle 16, dalle 17 alle 24 e poi per tutta la notte;

   c'è poi la testimonianza diretta di una Rom di 14 anni, costretta a prostituirsi per sua volontà, per mantenere due bambini, ma la maggior parte dei casi è chiaramente di sfruttamento di minori che dovrebbero essere liberi di studiare e vivere la loro infanzia e adolescenza, senza sofferenze, maltrattamenti e costrizioni;

   si tratta di un fenomeno che vede coinvolti sempre più minorenni di ogni età e nazionalità. Una realtà che ormai sembra non avere più confini e appartenenza etnica, sempre più strutturata e complessa e che si estende in gran parte della città sotto gli occhi di tutti;

   un dramma nel dramma, se fosse così, che decreterebbe il fallimento delle politiche di inclusione sbandierate dal sindaco e richiederebbe un intervento urgente per porre fine a quella che, come l'hanno definita i testimoni, sembra essere un'infanzia violata a cielo aperto;

   a conferma della drammatica realtà descritta, che, purtroppo, non è circoscritta alla sola città di Napoli, ma è una piaga diffusa su tutto il territorio nazionale, ci sono anche i dati del rapporto «Piccoli schiavi invisibili 2019», di Save the Children;

   secondo la fotografia scattata dal rapporto, le vittime dello sfruttamento sessuale in Italia sono giovanissime e il numero è in continuo aumento: 1.660 le vittime accertate, con sempre più minorenni coinvolti, cresciuti in un anno dal 9 per cento al 13 per cento;

   le ragazze maggiormente esposte al traffico delle organizzazioni e reti criminali che gestiscono in Italia il business della prostituzione provengono soprattutto dalla Nigeria o dai Paesi dell'est europeo e dai Balcani;

   è il riscontro diretto di un fenomeno che, se proiettato su tutte le regioni italiane, in virtù della sua trasversalità territoriale, indica realisticamente che i minori o neo-maggiorenni sfruttati sessualmente in Italia sarebbero diverse migliaia, vittime, altresì, di uno Stato distratto incapace di prendersene cura;

   peraltro, i recenti e drammatici fatti di cronaca di Bibbiano o del Forteto hanno confermato l'incapacità dell'Italia di tutelare pienamente i minori e proteggerli da adulti non idonei a garantire le giuste cure, anche quando queste sono delegate ai servizi sociali;

   la risposta del sistema italiano di tutela delle vittime di tratta, nello specifico, è ancora frammentaria, come rilevato anche dal Gruppo di esperti del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani (Greta) che nel 2018 ha condotto una missione di valutazione del quadro normativo e istituzionale nel nostro Paese rispetto all'applicazione della Convenzione europea in materia;

   il primo Piano nazionale d'azione adottato dal Governo nel 2016 per tracciare le linee guida del contrasto e della prevenzione ha rappresentato un passo positivo, ma è scaduto a dicembre 2018 e non è stato ancora definito un secondo piano;

   il fenomeno della tratta e del grave sfruttamento di esseri umani, in particolare di minori, rappresenta una sfida più che attuale per le autorità italiane e necessita, oggi più che mai, di un intervento nazionale coordinato tra tutti gli attori –:

   se il Governo sia a conoscenza dei gravi fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per arginare questa vera e propria piaga sociale, tutelare i diritti violati dei bambini coinvolti e proteggere la loro infanzia, nonché per potenziare la prevenzione e l'emersione del fenomeno attraverso una formazione specifica dei funzionari delle forze dell'ordine, dei giudici, degli assistenti sociali, degli psicologi, degli avvocati, degli esperti dell'infanzia e degli operatori sanitari;

   se non ritenga necessario definire un nuovo piano nazionale d'azione e aprire un tavolo permanente per il monitoraggio del fenomeno della prostituzione minorile e della tratta dei minori per sfruttamento sessuale, per comprenderne le proporzioni e gli interventi coordinati in grado di garantire una vera azione di prevenzione e fornire i mezzi più efficaci per favorire la fuoriuscita delle vittime e il loro percorso di integrazione, anche promuovendo la definizione e l'adozione di protocolli e convenzioni per l'individuazione precoce delle vittime di sfruttamento sessuale.
(2-00595) «Bellucci, Lollobrigida, Foti, Bucalo, Deidda, Montaruli, Rotelli, Acquaroli, Ciaburro, Maschio, Lucaselli, Varchi, Caretta, Trancassini, Mantovani, Galantino, Caiata, Butti, Zucconi».

Interrogazione a risposta orale:


   ASCARI e MARTINCIGLIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:

   il progetto «cuoche combattenti» nasce dall'elaborazione del percorso di fuoriuscita dalla violenza domestica presso il Centro antiviolenza «Le Onde» Onlus di Palermo: si tratta di un progetto di imprenditoria sociale, quale strumento per acquisire competenze personali, tecniche di lavoro, autonomia, capacità imprenditoriali, con l'obiettivo di fornire strumenti di emancipazione economica alle donne vittime di violenza di genere;

   progetti di imprenditorialità femminile di vittime di violenza di genere sono un importantissimo strumento per dare concrete possibilità alle vittime di ottenere un'indipendenza economica che spesso è uno dei principali ostacoli alla denuncia di partner violenti e misogini;

   il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri ha avviato uno strumento di sostegno all'imprenditorialità femminile;

   garantire forme di finanziamento all'imprenditorialità femminile può essere un valido strumento per supportare progetti simili a quello di «cuoche combattenti» e ridare speranza e dignità a molte vittime di violenza di genere, sottraendole al ricatto della dipendenza economica –:

   quali iniziative siano state attuate o si intendano attuare al fine di garantire forme di sostegno all'imprenditorialità femminile, con particolare riguardo alle vittime di violenza di genere.
(3-01186)

Interrogazione a risposta scritta:


   FERRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi, a seguito di una denuncia presentata da un cittadino, la polizia di Stato di Lamezia Terme, coordinata dalla direzione distrettuale antimafia di Catanzaro e della procura della Repubblica di Lamezia Terme, ha dato esecuzione a due distinte ordinanze di custodia cautelare emesse dai Gip dei rispettivi tribunali a carico di 20 persone ritenute responsabili, a vario titolo, dei reati di attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti ed inquinamento ambientale;

   con l'operazione cosiddetta «Quarta copia» la polizia di Stato ha accertato lo smaltimento illecito di circa 300 tonnellate di rifiuti smaltiti in due discariche a pochi passi dal centro abitato di Lamezia Terme e a pochi passi dal mare, come quelle in località San Sidero e Bagni;

   dalle prime informazioni acquisite, si tratta di rifiuti speciali provenienti dalla Campania, anche se prodotti in altre regioni, che avrebbero già causato gravi danni ambientali al territorio comprovati da analisi effettuate sia da parte dell'Arpacal, che dai consulenti nominati dalla procura della Repubblica di Lamezia Terme;

   il modus operandi accertato dalla polizia di Stato è identico a quello utilizzato dalla criminalità organizzata campana nella «Terra dei Fuochi» con camion che scaricavano di notte in grandi buche scavate e poi ricoperte –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare per il tramite del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, dell'Ispra e dell'Istituto superiore di sanità per verificare la contaminazione del suolo e della falda e per avviare le necessarie azioni di verifica del danno ambientale, messa in sicurezza e ripristino ambientale ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006;

   quali iniziative intenda adottare il Governo, per quanto di competenza, per garantire un maggior controllo del territorio ed evitare che fatti simili si possano ripetere.
(4-04297)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:

   come riportato dalle maggiori fonti di stampa, sembrerebbe che la giornalista Milena Gabanelli abbia avuto un colloquio con il capo politico, Luigi Di Maio, proprio nei giorni precedenti alle nomine dei direttori di rete e delle figure apicali in Rai;

   la giornalista, con estrema chiarezza, ha così commentato l'incontro citato: «Di Maio mi ha chiesto un incontro per conoscere la mia disponibilità ad un eventuale ritorno in Rai» aggiungendo «non mi ha proposto di candidarmi ad alcunché, né io sarei interessata»;

   le dichiarazioni rilasciate da una giornalista come Milena Gabanelli delineano una situazione allarmante e, ad avviso degli interpellanti, un clima da regime antidemocratico, che continua ad imperversare nella tv pubblica con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale che, senza legittimazione alcuna, svolge incontri al fine di procedere ad assunzioni all'interno dell'azienda pubblica di viale Mazzini;

   ad avviso degli interpellanti, con la vicenda appena riportata, a conferma di quanto già accaduto con il caso che ha coinvolto la giornalista Maria Giovanna Maglie, si ha l'ennesima riprova di una «lottizzazione» spregiudicata della Rai la quale, al contrario di quanto dichiarato a più riprese dagli esponenti del Governo, risulta dai fatti palesemente vincolata alle indicazioni provenienti dalla maggioranza;

   a ciò si aggiunga che sulla vicenda che ha coinvolto la giornalista Maria Giovanna Maglie, il Governo ha fornito una risposta del tutto inadeguata e insufficiente all'interpellanza urgente (n. 2-00414) presentata dal sottoscritto il 28 giugno 2019;

   la dichiarazione della Gabanelli, tra l'altro, è stata rilasciata in giorni piuttosto delicati per la Rai, bloccata, ad avviso degli interpellanti, da una situazione a dir poco assurda, nella quale le nomine dei nuovi direttori di rete e di altre figure apicali, previste per il 28 novembre 2019, sono state rinviate all'ultimo momento;

   la Rai sembrerebbe, dunque, paralizzata, da un lato, dalla situazione delle nomine dei nuovi direttori di rete e di altre figure apicali, determinata proprio da uno stallo politico, ovvero la mancata convergenza tra le forze politiche di maggioranza sui nomi e, dall'altro, dai plurimi annunci del Governo di tagli alle risorse dell'azienda pubblica che, ove attuati, non permetterebbero la realizzazione del piano industriale 2019-2021;

   la vicenda riportata è soltanto la punta dell’icerberg di una serie di eventi che continuano a perpetrarsi in Rai in palese violazione dei princìpi che devono guidare l'azione della tv pubblica che, ad avviso degli interpellanti, offre ai cittadini contribuenti un'informazione tutt'altro che obiettiva e imparziale;

   i canoni di equilibrio, pluralismo e imparzialità sono, ad avviso degli interpellanti, sistematicamente violati dalla Rai attraverso interviste degli esponenti del Governo senza alcun tipo di contraddittorio: in tal senso, non si può sottacere il caso più eclatante dell'intervista rilasciata – senza il benché minimo contraddittorio – dal Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, al quale, durante uno speciale del Tg1 sulla guerra di Erdogan, è stato consentito di trattare unilateralmente argomenti del tutto estranei a quelli oggetto del servizio –:

   se il Ministro interpellato non intenda smentire le dichiarazioni rilasciate dalla giornalista Milena Gabanelli al fine di escludere ingerenze di esponenti del Governo nel conferimento di incarichi nella Rai.
(2-00598) «Mulè, Gelmini».

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:

   come riportato ultimamente da organi di stampa nazionale, la discarica industriale di Falcognana sarebbe stata individuata come luogo di stoccaggio dei rifiuti della città di Roma;

   l'articolo 13 della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008, prevede che la gestione dei rifiuti sia effettuata senza danneggiare la salute umana, senza recare pregiudizio all'ambiente ed in particolare: senza creare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo, la flora o la fauna, né causare inconvenienti da rumori od odori, né danneggiare il passaggio o i siti di particolare interesse;

   l'articolo 178 del decreto legislativo n. 152 del 2006 stabilisce che la gestione dei rifiuti è effettuata conformemente ai princìpi di precauzione, di prevenzione, di sostenibilità, di proporzionalità, di responsabilizzazione e di cooperazione tra tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell'utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti, nonché del principio chi inquina paga. A tal fine, la gestione dei rifiuti è effettuata secondo criteri di efficacia, efficienza, economicità, trasparenza, fattibilità tecnica ed economica, nonché nel rispetto delle norme vigenti in materia di partecipazione e di accesso alle informazioni ambientali;

   la direttiva europea 2008/98/CE stabilisce un quadro giuridico per il trattamento dei rifiuti all'interno dell'Unione;

   la Commissione europea, con una nota indirizzata al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, alla regione Lazio e al comune di Roma, facendo riferimento ad un precedente carteggio con la regione Lazio le cui risposte sono state ritenute insufficienti, chiede nuove informazioni alla luce delle allarmanti notizie che sono apparse sui grandi quotidiani internazionali come il Financial Times del 9 luglio 2019;

   la Commissione europea critica la regione Lazio poiché il piano rifiuti del 2012, ancora in vigore, è in gran parte inattuato con impianti previsti non in esercizio o addirittura chiusi ed esprime forti perplessità in merito al mancato raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata, sulla mancanza di impianti di compostaggio e sulla insufficienza delle discariche esistenti;

   a ciò si aggiunga che la preoccupazione maggiore della Commissione è sulla termovalorizzazione, considerato che, dei quattro impianti previsti dal piano del 2012 è presente solo quello di S. Vittore, insufficiente a trattare la quantità di cdr-css prodotto dagli impianti di Tmb previsti;

   con l'ordinanza n. Z00003 del 27 novembre 2019 la regione Lazio del presidente Zingaretti ha emanato un atto, a giudizio dell'interrogante, tardivo, in quanto si specifica che la responsabilità dell'emergenza rifiuti è del comune di Roma, evidenziando solo la necessità di trovare in pochi giorni una discarica dove abbancare e stoccare i rifiuti, non considerando che la Commissione europea stessa con apposita direttiva stabilisce che il 65 per cento dei rifiuti deve andare a riciclo, il 25 per cento deve essere valorizzato e solo il 10 per cento deve andare in discarica;

   l'eventuale utilizzo del sito di Falcognana non è in nessun modo compatibile con i codici per i rifiuti solidi urbani e inoltre, l'urgenza è assolutamente non giustificabile ed è dovuta, ad avviso degli interpellanti, solamente al lassismo della regione Lazio e del comune di Roma, pertanto illegittima;

   la dichiarazione dello stato di emergenza, qualora si dovesse verificare ai fini della nomina del commissario, si configurerebbe secondo gli interpellanti come illegittima e suscettibile di impugnazione e denuncia;

   l'eventuale decisione commissariale di aprire la discarica di Falcognana comporterà inevitabilmente la chiusura dell'attività del gruppo Fiori Metalli attualmente operante nell'impianto, con il licenziamento di oltre 300 persone in tutta Italia;

   la regione Lazio non spiega perché la discarica di Colleferro sia ancora provvisoriamente chiusa, perché debba chiudere entro la fine dell'anno, visto che solo pochi mesi fa è stata autorizzata ad ampliare il proprio sito per quasi 1 milione di metri cubi;

   come riscontrato dalle maggiori agenzia di stampa, il rapporto Ispra 2020, in fase di pubblicazione, sui dati del 2018, evidenzia come la produzione dei rifiuti nel Lazio è in aumento rispetto al 2017: si tratta di circa tre milioni di tonnellate di rifiuti prodotti all'anno, con 1 milione 300 mila tonnellate di indifferenziato;

   i dati appena riportati rilevano una mancanza di impianti di compostaggio per circa 500 mila tonnellate all'anno e una insufficienza di termovalorizzazione pari a circa 450 mila tonnellate –:

   se il Ministro interpellato sia a conoscenza delle osservazioni riportate in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per:

    a) eliminare la confusione e l'opacità che avvolge tutta la gestione dei rifiuti della città di Roma;

    b) chiarire alle istituzioni europee quali siano le linee guida che lo Stato italiano vuole perseguire al fine di garantire il rispetto della normativa vigente;

    c) modificare l'approccio alla tematica dei rifiuti e, pertanto, superare la logica emergenziale attraverso un'ampia e approfondita pianificazione del ciclo dei rifiuti fondato sui princìpi di trasparenza, pubblicità e inclusione.
(2-00597) «Brunetta, Gelmini».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SCHIRÒ. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il sindaco di Santa Cristina Gela ha denunciato il 18 novembre 2019 la sofferenza e l'indignazione per la gestione dei rifiuti differenziati in Sicilia e, in particolare, per la mancanza di spazi per il conferimento della frazione organica derivante dalla raccolta differenziata, richiedendo di verificare quanto sta accadendo in Sicilia;

   a Santa Cristina Gela, piccolo comune della provincia di Palermo, si effettua con ottimi risultati la raccolta differenziata dei rifiuti dall'anno 2012. Negli ultimi dieci giorni però non è più possibile raccogliere la frazione organica in quanto impossibilitati al conferimento a causa dell'assenza di spazi nelle piattaforme autorizzate;

   la stessa crisi colpisce molti comuni del palermitano, tutti comuni che effettuano la raccolta differenziata con elevati livelli di percentuale, per le stesse cause;

   ai sindaci dei comuni, in vari incontri, la regione ha comunicato che in Sicilia non esistono spazi sufficienti nelle piattaforme autorizzate per il conferimento della frazione umida rinviando alla città metropolitana di Palermo e alla prefettura la competenza e l'autorità di ordinanza per scongiurare la crisi e la conseguente emergenza;

   i comuni e le rispettive Srr (società per la regolamentazione del servizio di gestione rifiuti) hanno richiesto più volte alle piattaforme l'autorizzazione a conferire senza ricevere riscontri;

   di conseguenza da più di 10 giorni i comuni non riescono a raccogliere la frazione organica, perché risulta impossibilitato il conferimento e in alcuni casi hanno raccolto l'organico che giace dentro cassoni a tenuta stagna;

   questa crisi rischia di mutarsi in emergenza igienico-sanitaria;

   in un incontro tenutosi presso l'assessorato regionale dell'energia e dei servizi di pubblica utilità – dipartimento dell'acqua e dei rifiuti, in data 20 novembre 2019, una delegazione dei sindaci dei comuni colpiti dalla crisi ha incontrato un funzionario del gabinetto dell'assessore Pierobon e il responsabile della ditta Raco srl di Belpasso (Catania). Dopo il confronto sulle quantità da conferire, la disponibilità di spazi in azienda e la capacità di puntualità nei pagamenti dei comuni, la ditta Raco ha dato disponibilità per la realizzazione di un programma di rientro dall'emergenza consentendo conferimenti settimanali e a scaglioni a partire dalla settimana prossima per un costo di 140 euro a tonnellata;

   tale soluzione sarà di certo causa di aumento dei costi del servizio per gli enti e di conseguente aumento delle tasse per i cittadini, dovendo i comuni trasportare i propri rifiuti organici presso la piattaforma di Belpasso (Catania) che, ad esempio, nel caso del comune di Santa Cristina Gela, dista 240 chilometri;

   va tenuto conto anche del caso di una eventuale chiusura del predetto impianto della Raco srl –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per contribuire a risolvere l'emergenza e per favorire l'incremento della raccolta differenziata in Sicilia, anche attivando un tavolo tecnico istituzionale, coinvolgendo il comune di Palermo.
(5-03256)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   MULÈ, APREA, MARIN e SACCANI JOTTI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 24 ottobre 2019 è stata inaugurata al Louvre di Parigi, in occasione della ricorrenza dei 500 anni dalla sua morte, la mostra sul Leonardo da Vinci in cui verranno esposte cento opere tra dipinti, codici e disegni che ne illustrano l'opera durante tutta la sua vita;

   per l'organizzazione di questo evento di rilevanza internazionale è stato siglato a Parigi un memorandum d'intesa tra il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo e il museo del Louvre per lo scambio di opere di Leonardo in cambio del prestito di opere di Raffaello di cui, nel 2020, ricorre il quinto centenario della morte;

   l'Italia ha contribuito in misura considerevole all'allestimento della mostra: sono stati inviati al Louvre, in prestito fino a febbraio 2020, numerose opere di Leonardo – oltre all'Uomo Vitruviano, saranno a Parigi il San Girolamo, il Ritratto di musico, La Scapigliata, e alcuni disegni provenienti da diversi musei italiani – e varie opere di altri illustri autori;

   la mostra di Leonardo al Louvre rappresenta un'occasione unica e straordinaria in quanto saranno esposti contemporaneamente, per la prima volta in assoluto, undici dei quindici dipinti attribuiti a Leonardo da Vinci;

   la mostra ha, infatti, attirato l'attenzione di tutto il mondo, è atteso quasi un milione di visitatori, si può accedere solo prenotando e acquistando i biglietti on line e già si è vicini al sold out;

   il principio dello scambio di opere culturali tra Paesi non è in discussione; si sottolinea la necessità che le procedure e gli accordi relativi ai prestiti di opere d'arte avvenga quanto meno sulla base di equità: alla vicenda del mancato prestito della Gioconda, che la Francia ha saputo evidentemente difendere a dovere, si aggiunge la beffa della distorsione del nome del genio tutto italico di Leonardo da Vinci che è diventato Léonard de Vinci sia nella titolazione della mostra che nelle pubblicazioni relative;

   la naturalizzazione del nome di Leonardo da Vinci nel francese Léonard de Vinci appare agli interroganti sia un «furto» morale ai danni del patrimonio culturale, storico, scientifico italiano che un «delitto» contro lo stesso Leonardo –:

   se i Ministri interrogati non intendano adottare iniziative presso le autorità francesi per esprimere il totale disappunto in merito a quello che gli interroganti considerano un vero e proprio «furto di identità» e di riconoscimento delle origini italiane di Leonardo da Vinci, compiuto storpiandone il nome, anche in considerazione del fatto che alla predisposizione della mostra l'Italia ha dato un contributo fondamentale e che, nel corso del periodo trascorso in Francia, nessun documento, opera, disegno o altro di paternità di Leonardo fu da lui firmato come Léonard de Vinci.
(4-04295)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:


   MELICCHIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   il 16 ottobre 2019 la sezione di controllo della Corte dei conti per la regione Calabria ha confermato la deliberazione n. 106 del 2019 di dissesto del comune di Cosenza emessa dalla sezione regionale della Calabria il 17 luglio 2019;

   la deliberazione n. 106 aveva accertato, in relazione al piano di riequilibrio finanziario pluriennale approvato dal comune di Cosenza (CS) con deliberazione del Consiglio comunale n. 44 del 2013, la sussistenza, per gli esercizi 2015, 2016, 2017 e 2018, del «...grave e reiterato mancato rispetto degli obiettivi intermedi fissati dal piano...», previsto dall'articolo 243-quater, comma 7, del Tuel (decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267) nonché delle condizioni di cui all'articolo 244 del predetto Tuel;

   è stata accertata quindi la sussistenza delle condizioni per l'applicazione dell'articolo 6, comma 2, del decreto legislativo n. 149 del 2011, che prevede la deliberazione del dissesto dell'ente comunale;

   la Corte dei Conti rileva come «il PRFP in oggetto si presenta peculiare in primis per l'assenza di indicazioni temporali in ordine al ritmo di recupero, del quale viene solo detto che si svolgerà nel periodo 2013-2022, senza però indicare il quantum del recupero annuale di ciascuna rata»;

   per quanto riguarda l'analisi delle entrate, secondo i giudici contabili «il PRFP appare disatteso in modo rilevante ed evidente» ed esiste un «evidente scostamento dai dati di riscossione preventivati nel PRFP». Per l'andamento della spesa corrente si rileva un «peggioramento della capacità di pagamento dell'Ente ed evidente scostamento rispetto alla pianificazione di risanamento». Ci sono gravi problemi anche sui debiti fuori bilancio e sulle passività potenziali «a causa del sorgere di nuove passività e delle difficoltà di onorare le passività pregresse» e «della sussistenza di debiti occulti potenzialmente molto elevati». Esiste inoltre un «grave squilibrio economico-finanziario della partecipata AMACO spa» («i Revisori ritengono che sia necessario, per la partecipata, ricorrere a istituti di composizione delle crisi»). Sulla situazione di cassa c'è una «grave carenza di liquidità, tradottasi in una crisi di portata strutturale e crescente nel tempo». Si evidenzia, inoltre, come «il Comune di Cosenza abbia utilizzato fondi vincolati per sostenere spesa corrente, omettendo di procedere a reintegrazione a fine esercizio» e che «è evidente che il Comune non ha le risorse per fronteggiare restituzioni così copiose: circa 25 milioni di euro di anticipazioni di tesoreria ancora non riversate, oltre a fondi vincolati non ancora del tutto ricostituiti, a cui si aggiungono circa 20 milioni di nuove anticipazioni di liquidità a breve termine da rimborsare entro fine 2019»;

   in sostanza «il Comune stesso ha confermato gli scostamenti dai target del PRFP e non ha saputo, a ben sei anni dall'inizio del percorso di risanamento, assumere concrete iniziative che potessero garantire il rispetto degli obiettivi da piano» e «l'anomala e irregolare prassi che ha contraddistinto la gestione delle spese nel corso degli ultimi esercizi ha prodotto quale conseguenza l'impossibilità di verificare gli effettivi deficit di bilancio alterando, quindi, la trasparenza dei documenti contabili: una parte significativa della spesa non è infatti inclusa in tali documenti, e ciò ha alterato in melius i risultati di amministrazione» –:

   se non ritengano necessario ed urgente predisporre un'adeguata visita ispettiva, a cura dei servizi ispettivi di finanza del Dipartimento della ragioneria generale dello Stato, nonché dell'ispettorato operante presso il Dipartimento della funzione pubblica, previsti dall'articolo 60, commi 5 e 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001, al fine di verificare la conformità dell'azione amministrativa del comune di Cosenza ai princìpi di imparzialità e buon andamento e l'osservanza delle disposizioni vigenti sul controllo dei costi, dei rendimenti e dei risultati, nonché per verificare il corretto conferimento degli incarichi e dei rapporti di collaborazione segnalando eventuali ipotesi di responsabilità alla competente magistratura contabile.
(3-01197)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   BITONCI, CAVANDOLI, CENTEMERO, COVOLO, GERARDI, GUSMEROLI, ALESSANDRO PAGANO, PATERNOSTER e TARANTINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la cosiddetta pace fiscale, introdotta per volontà della Lega con il decreto-legge n. 119 del 2018, comprende una serie di misure che consentono ai contribuenti di regolarizzare la propria posizione con il fisco, tramite la «rottamazione» delle cartelle, la definizione agevolata delle liti tributarie pendenti e lo stralcio totale delle mini-cartelle fino ad euro 1.000;

   in particolare, la «rottamazione-ter» prevede la definizione agevolata dei carichi affidati all'AdeR dal 1° gennaio al 31 dicembre 2017, consentendo al debitore di pagare in modo agevolato le somme esposte nelle cartelle esattoriali, senza sanzioni né interessi di mora né sanzioni civili, accessorie ai crediti di natura previdenziale;

   tuttavia, l'aver circoscritto l'adesione alla definizione agevolata alle sole cartelle consegnate entro il 2017, escludendo quelle che sono state notificate dall'AdeR successivamente alla data del 1° gennaio 2018, ha penalizzato molti cittadini intenzionati a far pace con il fisco ma oggettivamente impossibilitati per i tempi della burocrazia;

   successivamente, il cosiddetto decreto crescita (n. 34 del 2019) ha riaperto i termini per aderire alla «rottamazione-ter» e al saldo e stralcio, fissando la nuova scadenza al 31 luglio 2019;

   a seguito della riapertura dei termini, le nuove istanze di adesione si sono aggiunte a quelle già pervenute che, ai primi di luglio, ammontavano ad oltre 1,7 milioni, di cui 332 mila richieste per il saldo e stralcio e quasi 1,4 milioni per la «rottamazione-ter», per un totale di 12,9 milioni di cartelle «rottamate»;

   l'articolo 37 del decreto n. 124 del 2019 ha riaperto, ancora un'altra volta, i termini della prima rata della definizione agevolata 2019, prorogando al 30 novembre 2019, tra l'altro, anche il termine per il pagamento in un'unica soluzione, ovvero della prima rata, delle somme dovute per l'adesione alla cosiddetta rottamazione-ter –:

   quale sia il numero totale di adesioni a seguito della riapertura dei termini della «rottamazione-ter» e, considerato l'enorme successo per i contribuenti che hanno voluto chiudere pendenze con il fisco ma anche in termini di gettito per l'erario, se per il futuro non ritenga di valutare l'opportunità di estendere, attraverso ulteriori iniziative normative, la possibilità di una definizione agevolata anche per le cartelle relative al 2017 ma notificate tra gennaio e dicembre 2018.
(5-03264)


   MARTINO, GELMINI, PORCHIETTO, GIACOMONI, FIORINI, BARATTO, CATTANEO, ANGELUCCI e GIACOMETTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'Agenzia delle dogane gestisce le attività relative alla circolazione delle merci e alla fiscalità interna connessa agli scambi internazionali, riscuotendo circa 14 miliardi di euro (Iva e dazi);

   la metodologia utilizzata dalle dogane sui container e le merci in ingresso nel nostro Paese prevede un circuito doganale di controllo dotato di 5 canali e 6.000 profili di rischio. Oltre al controllo fisico, è previsto l'uso di scanner. Le imprese che movimentano le merci sia in entrata che in uscita possono ottenere la certificazione del grado di affidabilità, Authorized Economic Operator (Aeo);

   sono state più volte esposte, dall'Agenzia stessa e dagli operatori economici, le problematiche relative al controllo delle merci: ridotto numero di funzionari incaricati al controllo fisico e ridotto numero di scanner. Ciò allunga i tempi e i costi di sdoganamento, già più alti rispetto ad altri Paesi dell'Unione europea. Peraltro, sono controllati materialmente solo il 10 per cento dei container in arrivo sul territorio nazionale;

   il porto di Voltri-Pra, (1,7 milioni container/anno) è gestito dall'Autorità portuale di Singapore; il porto di Genova (2,5 milioni container/anno) fa parte delle infrastrutture interessate dal memorandum sulla «Via della Seta» firmato dal Governo nel marzo 2019. L'autorità portuale di Gioia Tauro (oltre 2 milioni container/anno) partecipa in questi giorni alla fiera China international logistics – CILF a Shenzhen (Cina);

   il 5 novembre il Porto di Trieste ha firmato a Shanghai un memorandum per sviluppare un canale logistico tra Italia e Cina. Il memorandum è stato firmato con la China Communication Construction Company – CCCC;

   il nuovo terminal container di Vado Ligure (210.000 metri quadrati sul mare), che sarà inaugurato il 12 dicembre 2019, è controllato per il 49,9 per cento dalle compagnie cinesi Cosco, controllata, come la CCCC, dal Governo Cinese, e Qingdao Port International e per il 50,1 per cento dall'olandese Apm Terminal;

   il 90 per cento della plastica che si trova nei mari italiani è di origine asiatica –:

   quali iniziative si intendano adottare per contrastare comportamenti elusivi e per assicurare il corretto pagamento della suddetta tassa su tutte le plastiche in ingresso tramite container sul territorio nazionale, anche al fine di evitare problemi di importazione di prodotti non conformi o dichiarati erroneamente e che le imprese nazionali di settore si trovino in svantaggio competitivo.
(5-03265)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta immediata:


   SCUTELLÀ, DORI, PIERA AIELLO, ASCARI, BARBUTO, CATALDI, DI SARNO, DI STASIO, D'ORSO, GIULIANO, PALMISANO, PERANTONI, SAITTA, SALAFIA e SARTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'indizione del concorso ad 800 posti per il profilo di assistente giudiziario, nel novembre 2016, ha rappresentato un fondamentale cambio di rotta rispetto ad una situazione precedente critica per la giustizia italiana, a causa di anni di spending review e conseguente mancanza di investimenti sul personale qualificato;

   dalla procedura concorsuale è scaturita una graduatoria composta da 4.915 persone, 3.386 delle quali già entrate in servizio tra gennaio 2018 e luglio 2019;

   il comitato idonei assistenti giudiziari si è costituito il 21 ottobre 2017 con l'obiettivo dello scorrimento totale della graduatoria, in considerazione dell'importanza di tale profilo professionale;

   la figura di assistente giudiziario, infatti, è assolutamente necessaria, dal momento che provvede a compiti di assistenza in udienza e di assistenza amministrativa burocratica, nonché a mansioni che implicano l'utilizzo delle moderne tecnologie;

   ad oggi, in graduatoria restano soltanto circa 1.300 idonei, al netto di rinunce e dimissioni;

   l'esaurimento della graduatoria risulta già finanziato e autorizzato dal piano triennale del fabbisogno del personale, sottoscritto dal Ministro interrogato il 13 giugno 2019;

   un percorso questo già segnato dall'articolo 1, comma 307, della legge di bilancio per l'anno 2019, che ha disposto l'assunzione di 903 unità;

   nello specifico, la disposizione citata autorizza, per il triennio 2019-2021, il Ministero della giustizia all'assunzione a tempo indeterminato, in aggiunta alle vigenti facoltà assunzionali e nell'ambito dell'attuale dotazione organica, fino a 3.000 unità di personale amministrativo non dirigenziale (nello specifico, 903 unità di area II per l'anno 2019, 1.000 unità di area III per l'anno 2020 e 1.000 unità di area II per l'anno 2021) da inquadrare nei ruoli dell'amministrazione giudiziaria;

   l'ultimo scorrimento risale a fine luglio 2019 quando, delle 903 unità suddette, 503, divenute poi 414 a seguito di rinunce e dimissioni, hanno preso servizio; resta dunque un secondo blocco da 400 unità che ancora attende indicazioni sulla tempistica;

   il Ministro interrogato si è sempre espresso in favore di una giustizia efficiente e tesa a garantire i diritti di tutti i cittadini, ribadendo più volte che il sistema giudiziario rappresenta uno dei pilastri più importanti per un ordinamento giuridico che ambisca a definirsi democratico –:

   se non ritenga di procedere allo scorrimento della suddetta graduatoria in tempi rapidi e certi, al fine di attuare quel ricambio generazionale del quale si avverte sempre più l'urgenza.
(3-01188)


   MOLINARI, CAVANDOLI, CESTARI, GOLINELLI, MORRONE, MURELLI, PIASTRA, RAFFAELLI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, VINCI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CECCHETTI, CENTEMERO, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GARAVAGLIA, GASTALDI, GAVA, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GIORGETTI, GOBBATO, GRIMOLDI, GUIDESI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MATURI, MINARDO, MOLTENI, MORELLI, MOSCHIONI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, SASSO, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il caso Bibbiano ha acceso i riflettori sulla vulnerabilità della rete dei servizi sociali e sulle numerose criticità che affliggono il sistema di affidamento dei minori; cittadini e associazioni hanno manifestato a tutela dei diritti delle famiglie e dei più vulnerabili, invocando la massima trasparenza e chiedendo una presa di posizione forte da parte delle istituzioni;

   a fronte della gravità degli accadimenti, nel mese di luglio 2019, è stata annunciata l'istituzione della «Squadra speciale di giustizia per la protezione dei minori», che avrebbe dovuto vigilare sul percorso dei bambini affidati e, successivamente, comunicare l'esito delle verifiche ai Ministeri competenti;

   secondo le dichiarazioni del Ministro interrogato, riprese da numerosi articoli di stampa, la «Squadra speciale» avrebbe dovuto garantire il monitoraggio «costante e serratissimo» di tutti gli allontanamenti, tenuto conto del caos registratosi negli affidamenti e dei potenziali conflitti di interesse;

   a quanto risulta, la «Squadra speciale» è stata inviata presso il tribunale di Bologna nel mese di novembre 2019 e l'attività da questa posta in essere, annunciata con toni molto determinati, sembra, a quanto consta agli interroganti, essersi trasformata da un controllo straordinario in una mera verifica di routine;

   la task force, per come annunciata, avrebbe dovuto analizzare a fondo l'operato dei vari attori coinvolti e gettare le basi per una solida riforma del sistema; al momento, invece, sono stati raccolti unicamente i numeri relativi agli allontanamenti, peraltro in maniera che appare agli interroganti fredda, acritica e senza alcuna valutazione di accompagnamento sul piano qualitativo;

   non si hanno inoltre aggiornamenti sul trasferimento in sede legislativa della proposta di legge sull'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività connesse alle comunità di tipo familiare, già approvata dal Senato della Repubblica in data 1° agosto 2019;

   è indispensabile monitorare il percorso degli affidamenti, nell'interesse dei minori e delle famiglie coinvolte, anche al fine di elaborare riforme efficaci in grado di risolvere le criticità riscontrate ed evitare che i fatti di Bibbiano possano ripetersi in futuro –:

   quali anomalie siano state riscontrate dalla «Squadra speciale di giustizia per la protezione dei minori», quanto tempo sarà ancora necessario attendere per avere un quadro chiaro sulla vicenda e se il Ministro interrogato non ritenga opportuna una relazione alle Camere in merito agli esiti delle verifiche condotte.
(3-01189)


   EMANUELA ROSSINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il primo comma dell'articolo 337-ter del codice civile stabilisce che il figlio minorenne ha diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale, ma, al contempo, stabilisce anche che il giudice adotta i provvedimenti relativi alla prole nell'interesse esclusivo del minore;

   il codice civile non prevede, però, che il giudice, il presidente del tribunale o il collegio giudicante possano prescrivere una sospensione dei contatti dei genitori molesti con i figli nell'eventualità di maltrattamenti contro familiari per i quali esistono denunce pendenti nei confronti dei genitori;

   qualora vi fosse una denuncia pendente in capo a uno dei due genitori per maltrattamenti contro familiari o conviventi, ex articolo 572 del codice penale, il giudice dovrebbe invece avere la possibilità di sospendere, anche in maniera temporanea, i contatti con il genitore molesto, per il fine ultimo della salvaguardia del benessere e dell'incolumità del minore;

   con la legge 19 luglio 2019, n. 69, conosciuta come «codice rosso», è stato introdotto un articolo importante, il 14, in cui si prevede la trasmissione obbligatoria di provvedimenti al giudice civile, che deve decidere dei procedimenti di separazione personale dei coniugi e delle cause relative ai figli minori o all'esercizio della potestà genitoriale, nonché di copia delle ordinanze emesse nei confronti di una delle parti nei casi di reati di maltrattamenti, violenza sessuale e atti persecutori. È stato un punto molto discusso in Commissione, un passo importante, proprio per dare ai giudici tutti gli elementi per decidere nell'interesse esclusivo del minore;

   si ritiene necessario un ulteriore passo in questa direzione che miri a menzionare espressamente nel codice civile la violenza intra-familiare come causa di esclusione dall'affidamento condiviso e come causa di decadenza o limitazione della responsabilità genitoriale;

   l'assenza di tali disposizioni viene sottolineata negativamente anche nel Rapporto ombra delle Associazioni di donne per il Grevio, il gruppo di esperte sulla violenza contro le donne del Consiglio d'Europa, incaricato di monitorare l'attuazione della Convenzione di Istanbul in Italia, presentato a febbraio 2019 –:

   se il Ministro interrogato non ritenga necessario prevedere un'iniziativa normativa, in considerazione della rilevanza della questione esposta in premessa, relativamente all'adozione di provvedimenti nell'interesse esclusivo dei minori.
(3-01190)


   COSTA, GELMINI, BARTOLOZZI, CASSINELLI, CRISTINA, FERRAIOLI, PITTALIS, SARRO e ZANETTIN. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 1° gennaio 2020 entrerà in vigore la riforma, introdotta dalla legge n. 3 del 2019, che sospende il corso della prescrizione dalla data di pronuncia della sentenza di primo grado;

   l'entrata in vigore «differita» della riforma trovava la propria ratio nella necessità di elaborare una più complessiva riforma della giustizia in grado di affrontare in maniera strutturale il problema dell'irragionevole durata dei processi; dall'approvazione della riforma della prescrizione ad oggi, non è stata però portata all'esame delle Camere alcuna proposta normativa in tal senso, nonostante, come il Ministro interrogato ha avuto modo di affermare durante lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata in Assemblea del 20 novembre 2019, ci sia una bozza di riforma «pronta da un mese», «su cui la maggioranza si sta ovviamente confrontando»: nessuna nuova disposizione in materia di riforma del processo potrà, quindi, certamente essere operativa prima del 1° gennaio 2020, termine dal quale dispiegherà la sua efficacia la soppressione – di fatto – della prescrizione;

   anche buona parte dei gruppi di maggioranza che formano l'attuale Esecutivo sostengono la necessità dell'approvazione di misure incisive a tutela della ragionevole durata del processo prima dell'entrata in vigore della riforma della prescrizione;

   allo stesso tempo, il Governo ha manifestato l'intenzione di rinviare l'entrata in vigore della riforma delle intercettazioni, promossa nel 2017 dall'allora Ministro della giustizia Orlando. Secondo fonti di stampa, si parla di proroga «effettuata in via meramente cautelativa, considerate le difficoltà tecniche che avrebbe comportato per le procure un'entrata in vigore dal 1° gennaio»; al di là delle motivazioni di facciata, emerge, però ad avviso degli interroganti un'ulteriore divisione nel Governo ed una trattativa sottotraccia non ancora conclusa tra Partito democratico e MoVimento 5 Stelle, che, oltre alla prescrizione, interessa anche le intercettazioni;

   anche sul tema delle intercettazioni sono in gioco principi costituzionali e l'esigenza di contemperare le necessità investigative con il diritto dei cittadini a vedere tutelata la loro riservatezza, soprattutto quando estranei al procedimento; è urgente avere una disciplina che eviti la pubblicazione delle intercettazioni irrilevanti, che sia comunque a tutela delle garanzie della difesa –:

   se il Governo sia compatto nel confermare l'entrata in vigore della riforma della prescrizione al 1° gennaio 2020, senza subordinare l'applicazione delle nuove disposizioni all'approvazione di una riforma organica del codice di procedura penale che assicuri la ragionevole durata dei processi, e se intenda confermare l'intenzione di adottare iniziative volte a disporre un ulteriore rinvio della riforma delle intercettazioni di cui al decreto legislativo n. 216 del 2017.
(3-01191)

Interrogazioni a risposta orale:


   ASCARI, MARTINCIGLIO, GRIPPA e FRATE. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nella relazione sull'attività svolta nel 2018/2019, il Garante per i diritti delle persone private della libertà personale del comune di Bologna ha trattato dei problemi di ordine psicologico di cui soffrono sia i detenuti che la polizia penitenziaria, ritenendo «necessario programmare interventi in favore delle persone detenute che possano disinnescare le criticità legate all'avvento della stagione estiva; allo stesso modo si crede che non siano più differibili analoghi interventi nelle postazioni di lavoro degli operatori penitenziari nelle sezioni detentive. In questo anno di attività si sono registrati 2 suicidi di operatori penitenziari assegnati al locale carcere [...] vista l'alta incidenza su scala nazionale del tasso di suicidi degli operatori penitenziari, bisognerebbe prendere in seria considerazione, trattandosi di un importante segnale di attenzione alla questione, l'attivazione di punti di ascolto psicologico, nelle forme che si riterranno più opportune (in questo senso sono anche giunte indicazioni operative da parte del livello centrale dell'amministrazione agli organi periferici chiedendo di provvedere alla stipulazione di protocolli d'intesa con gli ordini degli psicologi), così come già avvenuto in alcuni territori e così come da tempo richiesto da alcune sigle sindacali»;

   il Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria con nota del 3 maggio 2019, esprime la finalità di confrontarsi in tale sede su tutte le tematiche che possano incidere sugli eventi in questione anche al fine di definire accordi per l'implementazione dell'assistenza psichiatrica o psicologica in carcere;

   secondo i dati di Ristretti Orizzonti, tra il 1997 e il 2018, 143 agenti della polizia penitenziaria si sono suicidati; in alcuni casi, coinvolgendo anche familiari, come il caso del poliziotto penitenziario che a Foggia nell'ottobre 2019 ha prima ucciso la moglie e le due figlie e poi si è tolto la vita;

   il problema è dovuto anche alla carenza di organico, sia degli agenti della polizia penitenziaria, che degli educatori;

   all'interno del carcere di Parma, ad esempio, secondo dati dell'associazione Antigone, al luglio 2019, erano presenti solo 5 educatori a fronte di 631 detenuti;

   da tempo i sindacati di polizia penitenziaria chiedono l'attivazione di punti di ascolto psicologico per gli agenti, con scarsi successi e «a macchia di leopardo» sul territorio nazionale, in particolare prediligendo punti di ascolto esterni che possano facilitare la fruizione del servizio senza timori di essere stigmatizzati da colleghi o superiori;

   la funzione psicologica è fondamentale in quanto nel carcere si vive una profonda situazione di disagio sociale che riguarda i detenuti e che, inevitabilmente, ha ricadute anche sugli operatori i quali, tuttavia, sono sprovvisti degli strumenti per affrontare questa sfida;

   nel carcere di Parma era stato discusso l'avvio di un progetto sul burn-out penitenziario di circa 3 anni fa che, tuttavia, non ha più avuto seguito;

   con lettera circolare del 16 agosto 2018, il capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, «in attesa dell'istituzione del ruolo tecnico degli psicologi del Corpo», ha invitato i provveditorati regionali a «prendere contatti con le sedi regionali degli ordini degli psicologi [...] per la realizzazione di protocolli d'intesa e convenzioni. Il Direttore generale del personale e delle risorse [...] vorrà provvedere nei sensi indicati con il Consiglio nazionale dell'Ordine degli Psicologi» –:

   quali iniziative di competenza siano state attivate o si intendano attivare al fine di garantire la creazione di centri di ascolto psicologico per gli appartenenti alla polizia penitenziaria e, in generale, per prevenire atti di autolesionismo e suicidi, anche di detenuti;

   quali iniziative siano state messe in atto dall'amministrazione penitenziaria con riguardo al tema di cui premessa all'interno degli istituti penitenziari di Parma.
(3-01187)


   PAOLO RUSSO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   come noto, la legge n. 3 del 2019, recante «Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici», ha modificato gli articoli 158, 159 e 160 del codice penale;

   in via di estrema sintesi, la riforma introdotta — inserita in fase emendativa nel corso dell'esame in sede referente alla Camera dei deputati, con un'operazione di «ampliamento del perimetro del provvedimento» del tutto discutibile e rocambolesca sospende il corso della prescrizione dalla data di pronuncia della sentenza di primo grado (sia di condanna che di assoluzione) o dal decreto di condanna, fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o alla data di irrevocabilità del citato decreto;

   la legge n. 3 del 2019, all'articolo 1, comma 2, fissa l'entrata in vigore della riforma della prescrizione al 1° gennaio 2020. Lo stesso Governo pro tempore aveva infatti preannunciato in maniera chiara la volontà di realizzare entro tale termine un intervento riformatore del codice di procedura penale volto alla drastica riduzione dell'irragionevole durata dei processi in Italia, intendendo così marginalizzare l'impatto concreto dell'eliminazione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado. In buona sostanza, ad avviso dell'interrogante le forze di Governo dell'epoca, consapevoli che l'intervento così operato era «una bomba nucleare sul processo» (per usare le parole dell'allora Ministro per la pubblica amministrazione Giulia Bongiorno), da un lato hanno collocato l'ordigno, dall'altro hanno spostato il tempo dell'esplosione;

   lo stesso Ministro della giustizia, Bonafede, aveva parlato di un «accordo politico» che «prevede che approfittiamo di questo anno anche per scrivere la riforma del processo penale. Il Governo avrà la delega dal Parlamento con scadenza 2019»;

   ebbene: dall'approvazione della riforma della prescrizione ad oggi, non è stata però esaminata dalle Camere alcuna proposta normativa concreta in tal senso. Solo a fine luglio 2019 è stato approvato dal Consiglio dei ministri «salvo intese» un disegno di legge delega che avrebbe dovuto stabilire i princìpi e criteri direttivi per riformare il processo civile, il processo penale, l'ordinamento giudiziario, la disciplina sull'eleggibilità e il ricollocamento in ruolo dei magistrati, il funzionamento e l'elezione del Consiglio superiore della magistratura e la flessibilità dell'organico dei magistrati. L'avvicendamento di maggioranza, il cambio di Governo, l'evoluzione in atto del quadro politico, lasciano facilmente immaginare che non si riuscirà ad approvare alcun testo prima della fine dell'anno. Senza dunque entrare nel dettaglio della riforma del processo penale è evidente che questa non potrà certamente essere operativa prima del 1° gennaio 2020, termine dal quale dispiegherà la sua efficacia la soppressione — di fatto — della prescrizione;

   ad ogni evidenza, ciò travolge e fa venire meno il presupposto — a giudizio dell'interrogante debolissimo e risibile — che aveva in qualche modo giustificato la sostanziale soppressione della prescrizione, altrimenti del tutto inaccettabile sia dal punto di vista politico che, prima ancora, giuridico. Inaccettabilità che, preme segnalare, è stata rilevata dagli operatori del diritto ad ogni livello — avvocati, magistrati, esponenti del mondo universitario — con una lunga serie di interventi, manifestazioni e scioperi;

   il 20 novembre 2019 si è svolta un'interrogazione a risposta immediata in Assemblea sul tema (n. 3-01129), in relazione alla quale il Governo ha dato una risposta, ad avviso dell'interrogante non soddisfacente;

   mancano ormai 21 giorni: un intervento è ormai indifferibile e urgente –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative normative urgenti per evitare l'ormai imminente entrata in vigore della riforma, o meglio dell'abolizione de facto, della prescrizione.
(3-01196)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

II Commissione:


   ANNIBALI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il procuratore della Repubblica di Ancona, all'atto del suo insediamento, ha pubblicamente riscontrato la gravissima situazione in cui versa l'ufficio quanto alla copertura della pianta organica del personale amministrativo, sotto dimensionato in relazione alle rilevanti competenze dello stesso;

   la procura di Ancona è stata interessata nel corso del presente anno da attività investigative di grande impatto mediatico;

   dal 1° giugno 2019 l'ufficio di cui sopra è anche privo del dirigente amministrativo che aveva garantito sino a quella data la sua presenza a titolo di reggenza;

   più nel dettaglio, segnala che, a quanto risulta all'interrogante, su una dotazione organica del personale amministrativo pari a 52 unità di diversa qualifica, si registra una media di 14 vacanze pari al 26,9 per cento rispetto alla dotazione organica e 5 assenze dovute a distacchi o congedi; inoltre, a fine anno un operatore andrà in pensione, un assistente è in attesa di trasferimento e un secondo andrà in congedo per quiescenza nei primi mesi del 2020;

   si rileva altresì una carenza nella pianta organica della sezione di polizia giudiziaria, in considerazione dell'aumento del personale di magistratura a seguito della istituzione del ruolo di procuratore aggiunto e della relativa immissione in possesso;

   le carenze rappresentate non possono che ripercuotersi sulla funzionalità dell'apparato, non sempre in grado di fornire soddisfacenti risposte alla domanda di giustizia e alle esigenze dell'utenza –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare relativamente all'assegnazione di personale amministrativo da destinare ai settori maggiormente in sofferenza e se non ritenga necessaria una modifica urgente delle piante organiche del personale amministrativo e della polizia giudiziaria, non più rispondenti alle esigenze della procura distrettuale di Ancona.
(5-03257)


   BAZOLI, BORDO, VAZIO, VERINI, MICELI e ZAN. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 25 novembre 2019 ricorre la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. L'Istat dice che delle 133 donne uccise nel 2018, l'81,2 per cento è stata uccisa da una persona conosciuta, numeri drammatici che impongono che la lotta alla violenza di genere debba rimanere al centro dell'azione politica;

   oltre la necessaria, piena e omogenea applicazione su tutto il territorio nazionale degli importanti strumenti preventivi, repressivi e di sostegno alle vittime di violenza introdotti negli ultimi anni, occorre un cambio di passo culturale che permetta di prevenire e contrastare la violenza contro le donne in modo profondo e definitivo;

   nella presente legislatura è stata approvata la legge n. 69 del 2019, il cosiddetto «Codice Rosso», che, tra le altre cose, prevede l'obbligo per il pubblico ministero di sentire entro 3 giorni le vittime di maltrattamenti in famiglia, violenze sessuali, atti persecutori e reati collegati e specifici corsi di formazione per il personale della polizia, dei carabinieri e della polizia penitenziaria e reca la previsione di subordinare la sospensione condizionale della pena per alcuni reati alla partecipazione a specifici corsi e percorsi di recupero con oneri, però, a carico del condannato;

   nel corso dell'esame parlamentare numerose audizioni di magistrati specializzati nelle indagini sulle violenze su donne e minori hanno sottolineato la possibilità che emergessero criticità legate, da un lato, al rischio di vittimizzazione secondaria, poiché aumenta il numero di volte in cui viene sentita la denunciante, dall'altro al rischio che un obbligo così generalizzato di sentire la vittima entro 3 giorni potesse paralizzare gli uffici di procura, perché l'obbligo riguarda tutte le notizie astrattamente inquadrabili nelle categorie indicate, in assenza di un vaglio sulla fondatezza e sulla gravità della denuncia;

   le misure contenute nel provvedimento cosiddetto «codice rosso» sono principalmente misure di natura processual-penalistica, mentre, quelle volte alla formazione delle forze di polizia, o quella su rieducazione e trattamento dei condannati (fondamentale per evitare il rischio di recidiva quando escono dal carcere) senza lo stanziamento di risorse, rischiano di non essere attuabili nei loro aspetti più importanti –:

   se disponga di dati sull'efficacia della legge, con particolare riguardo all'obbligo di sentire la vittima entro 3 giorni, se siano state segnalate situazioni di criticità presso gli uffici di procura, e, in caso contrario, se intenda stanziare risorse adeguate per la rieducazione e il trattamento dei condannati.
(5-03258)


   ZANETTIN. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il concorso per magistratura è notoriamente assai impegnativo e defatigante;

   i 251 vincitori del concorso indetto con decreto ministeriale del 31 maggio 2017 hanno completato le prove scritte ed orali nel maggio 2019;

   il Consiglio superiore della magistratura (Csm) in data 24 luglio 2019, ha pubblicato, con riserva, una prima graduatoria dei vincitori;

   lo stesso Csm ha pubblicato in data 16 ottobre 2019 la graduatoria definitiva;

   a tutt'oggi però manca il decreto di nomina firmato dal Ministro interrogato;

   a quanto consta all'interrogante, mai in passato dalla pubblicazione definita della graduatoria al decreto di nomina ministeriale è passato, un periodo così lungo;

   il Ministro della giustizia non perde occasione per sottolineare le carenze degli organici e la sua politica tesa al loro ampliamento;

   questo ritardo appare quindi inspiegabile;

   i vincitori del concorso in queste settimane avrebbero potuto iniziare il loro tirocinio negli uffici e iniziare a lavorare;

   invece restano impossibilitati a entrare in servizio –:

   quali siano i motivi di un così lungo ritardo nell'adozione del decreto ministeriale di nomina dei magistrati vincitori del concorso indetto con decreto ministeriale 31 maggio 2017.
(5-03259)


   VARCHI e MASCHIO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nel corso dell'esame di un provvedimento recante misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, il Governo pro tempore ha ampliato il perimetro originario del disegno di legge alla prescrizione del reato, un istituto, troppo spesso trattato alla stregua di un semplice principio di diritto, fondamentale per il nostro sistema penale, perché sulla prescrizione si gioca il delicato equilibrio tra la pretesa punitiva dello Stato e il diritto dei cittadini di non essere eternamente processati;

   la modifica approvata altera pericolosamente questo equilibrio a favore dello Stato e rischia di condannare a processi eterni qualunque cittadino sottoposto alla pretesa punitiva dello Stato, scaricando sull'imputato tutto il peso delle inefficienze del sistema giudiziario;

   le premesse da cui parte tale riforma, peraltro, sono ampiamente smentite dai numeri, confermati dallo stesso Ministero e avvalorati dal presidente emerito della Corte di Cassazione, Giovanni Canzio, che ha evidenziato come circa il 60 per cento delle prescrizioni si verifichi nel corso delle indagini preliminari, fase processuale in cui la signoria assoluta sul fascicolo è dell'ufficio della Procura che non viene toccata dalla riforma;

   sorprende, pertanto, che questa riforma «epocale» non sia passata, ad esempio, dall'introduzione di termini perentori per tutti quegli atti di esclusiva competenza dell'ufficio della procura o dalla volontà di aumentare l'organico della magistratura e delle cancellerie;

   il vero nodo della questione prescrizione non risiede in un atteggiamento ostruzionistico da parte dell'Avvocatura, ma in un sistema giustizia che non riesce a giungere a una sentenza in tempi ragionevoli;

   la legge n. 3 del 2019, peraltro, ha previsto il differimento dell'entrata in vigore della nuova disciplina della prescrizione a gennaio 2020, al fine di procedere all'approvazione di una riforma del processo penale che avrebbe dovuto comportare una drastica riduzione dell'irragionevole durata dei processi, intendendo così marginalizzare l'impatto concreto dell'eliminazione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado;

   dall'approvazione della riforma della prescrizione ad oggi, però, non è stata esaminata dalle Camere alcuna proposta normativa in tal senso e l'evoluzione del quadro politico lascia facilmente immaginare che non si riuscirà ad approvare alcun testo prima della fine dell'anno –:

   quali urgenti iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intenda adottare il Ministro interrogato per modificare il codice di procedura penale al fine di rendere certe le scansioni temporali delle varie fasi del processo, tali da contenerlo entro una durata ragionevole.
(5-03260)


   ASCARI, DORI, PIERA AIELLO, BARBUTO, CATALDI, DI SARNO, DI STASIO, D'ORSO, GIULIANO, PALMISANO, PERANTONI, SAITTA, SALAFIA, SARTI e SCUTELLÀ. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   Giuseppe Gallo, detto «Peppe o pazzo» è detenuto nel carcere di Parma in regime detentivo speciale del 41-bis ordinamento penitenziario, cosiddetto carcere duro;

   secondo quanto si apprende da fonti di stampa, gli agenti del Gom (gruppo operativo mobile) e del Nic (nucleo investigativo centrale) della polizia penitenziaria hanno rinvenuto nella cella del suddetto detenuto tre telefoni cellulari (un Iphone e due apparecchi Android) e ne hanno informato la procura nazionale antimafia;

   dagli articoli si evince che il detenuto avrebbe utilizzato quasi quotidianamente i telefoni cellulari e sarebbero in corso indagini per accertare con chi parlasse e se tali telefoni fossero messi a disposizione anche di altri detenuti;

   si tratterebbe del primo caso di un detenuto in regime 41-bis che può disporre e utilizzare telefoni cellulari;

   al fine di prevenire tali allarmanti e gravissimi casi, potrebbe essere utile l'impiego di sensori per rilevare onde elettromagnetiche e rafforzare la sicurezza interna;

   inoltre, una continua e specifica formazione degli appartenenti alla polizia penitenziaria potrebbe migliorare le condizioni di sicurezza generali delle strutture carcerarie e rendere più efficienti le procedure di controllo;

   gli agenti del Gom della polizia penitenziaria svolgono un prezioso e insostituibile compito, operando, tra l'altro, nell'ambito dei detenuti sottoposti al regime del 41-bis; tuttavia, sembrerebbe che il loro reparto, anno dopo anno, sia ridimensionato per numero di agenti, mentre il numero di detenuti sottoposti a tale speciale regime non accenni a diminuire;

   a ciò, si aggiunge un generale sottodimensionamento del personale della polizia penitenziaria in servizio che rende comunque complicata l'attività quotidiana degli agenti e la vita all'interno delle strutture di detenzione –:

   quali iniziative intenda intraprendere, al fine di verificare le circostanze che hanno consentito al detenuto Giuseppe Gallo di poter disporre di tre telefoni cellulari, e quindi per garantire l'efficacia e il rispetto del regime detentivo del 41-bis, come ad esempio il rafforzamento del reparto del Gom della polizia penitenziaria e l'impiego di sensori per rilevare onde elettromagnetiche.
(5-03261)


   LO MONTE e SILLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   sono critiche le condizioni degli uffici giudiziari del circondario di Prato. In particolare, alcuni giorni fa l'unico ascensore funzionante dei quattro installati ha ceduto provocando ferite ad un cittadino;

   inoltre, un altro cittadino ha lamentato gravi disservizi perché non vengono affissi fuori dalle aule di udienza i ruoli dei processi del giorno come prevede la normativa vigente. Pare, tra l'altro,che alcuni dei nuovi operatori di giustizia, che però non sono sufficienti a colmare l'organico che risulta insufficiente per affrontare i numerosi procedimenti in corso, abbiano ottenuto il trasferimento presso altra sede. Tra l'altro, proprio la mancanza di personale amministrativo rende di fatto inevasa amministrazione della giustizia. Infatti, il presidente del tribunale ha adottato un ordine di servizio secondo cui tutte le udienze dovranno terminare entro le ore 14.00 a causa della carenza di personale amministrativo;

   da anni la situazione del tribunale di Prato è grave ed è stata denunciata più volte da avvocati, magistrati e sindacati senza trovare adeguate e certe risposte da parte del Ministero della giustizia;

   ciò produce gravi conseguenze che si ripercuotono sull'amministrazione della giustizia con inevitabili ed innegabili danni per i cittadini e non permettono a tutti gli operatori della giustizia di garantire lo svolgimento dei procedimenti in corso che risultano pertanto inevasi;

   è necessario pertanto un intervento del Ministro che possa attraverso un aumento dell'organico, soprattutto di personale amministrativo, rendere più efficiente ed efficace l'azione giudiziaria. Ma è innegabile, come detto, che servono anche investimenti che possano superare le gravi criticità degli uffici del Tribunale di Prato. I cittadini, infatti, sono sconcertati da tale situazione e richiedono insistentemente un effettivo miglioramento dei servizi che deve erogare il tribunale di Prato –:

   quali iniziative urgenti di competenza intenda adottare per potenziare l'organico del tribunale di Prato e per effettuare gli investimenti necessari al miglioramento delle strutture del medesimo Tribunale per rendere più efficiente l'amministrazione della giustizia sia per tutti gli operatori sia per l'utenza.
(5-03262)


   CANTALAMESSA, TURRI, PAOLINI, POTENTI, MORRONE, BISA, TATEO, DI MURO e MARCHETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   sul territorio nazionale operano, oltre al Garante nazionale delle persone detenute o private della libertà personale, anche garanti regionali, provinciali e comunali, le funzioni dei quali sono definite dai relativi atti istitutivi;

   il sindaco di Napoli ha firmato un decreto sindacale per nominare Pietro Ioia, garante dei diritti delle persone detenute per il comune di Napoli;

   in diverse note i sindacati della polizia penitenziaria a commento della suddetta tale nomina dichiarano: «insostenibile la scelta di un ex detenuto nel carcere di Poggioreale per reati quali spaccio di stupefacenti, a garante dei detenuti per la città di Napoli». Molti lo ricordano per le denunce contro la Polizia Penitenziaria e la cosiddetta «cella zero», altri lo riconoscono come «sindacalista» dei parcheggiatori abusivi di Napoli che si sono costituiti come associazione dei «Ex DON» («ex detenuti organizzati di Napoli»);

   quello che agli interroganti appare il carattere di manifesta illogicità e provocatorietà nella scelta del comune di Napoli è ulteriormente dimostrato dal fatto che lo stesso regolamento del comune che disciplina la materia, prevede, all'articolo 4, che il Garante dei detenuti abbia «una comprovata formazione e competenza nel campo della tutela dei diritti umani e delle scienze giuridiche, esperienza nell'ambito delle attività sociali negli istituti di prevenzione e pena, riconosciuta integrità (è omessa la parola “morale” presente invece in altri bandi n.d.r.), obiettività ed indipendenza»;

   appare assolutamente inverosimile che a Napoli si ritenga un ex detenuto per spaccio di stupefacenti, che, tra l'altro, risulterebbe aver proposto diverse denunce contro la polizia penitenziaria, e si sarebbe distinto anche come tutore dei «diritti» dei parcheggiatori abusivi della città, un soggetto idoneo a ricoprire il ruolo di garante dei detenuti, in una città notoriamente afflitta dalla presenza e pervasività di una delle più potenti mafie nazionali ed internazionali, la cui capacità di infiltrazione nelle carceri è notoria –:

   di quali elementi disponga e se non intenda adottare iniziative di competenza, in particolare di carattere normativo, al fine di definire in maniera più stringente i requisiti per la nomina dei garanti dei diritti dei detenuti in ambito territoriale, al fine di evitare situazioni quali quella segnalata in premessa.
(5-03263)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   DEIDDA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la continuità territoriale marittima da e per la Sardegna – attualmente disciplinata da una convenzione per l'esercizio del collegamento marittimo in regime di pubblico servizio tra l'Italia continentale e le isole maggiori e minori – riveste un'importanza primaria sia dal punto di vista sociale sia da quello economiche e necessario garantire un sistema equo, non solo per i sardi, ma per tutti gli italiani;

   l'incertezza e il costante caro dei biglietti per i citati collegamenti marittimi generano preoccupazione, allarme e rabbia tra gli operatori economici per l'impossibilità di programmare le rispettive attività e, in particolare, tra quelli del settore turistico e dell'autotrasporto, mettendo a serio rischio anche gli attuali livelli occupazionali;

   da notizie recentemente apprese dalla stampa, il citato settore subirà, a partire da gennaio 2020, un nuovo aumento dei prezzi: e ciò in ragione della scelta unanime operata dai principali armatori presenti in Sardegna in ordine all'utilizzo di un costoso carburante per la riduzione delle emissioni di zolfo, il cui maggior costo verrà, però, verosimilmente ribaltato per l'intero sull'utenza del settore;

   l'utilizzo dei traghetti «green», a partire da gennaio 2020, determinerà, dunque, un aumento medio tariffario del 25 per cento, assolutamente insostenibile per le locali aziende artigiane di autotrasporto – che, come è noto, rappresentano ben il 73 per cento del totale delle imprese del settore presenti nel territorio regionale sardo – con conseguente, necessario aumento del divario tra gli operatori locali, già notevolmente penalizzati dalla condizione d'insularità della Sardegna, e le altre aziende concorrenti della penisola;

   appare assolutamente necessario prevedere un piano per la continuità territoriale dedicato al trasporto delle merci da e per la Sardegna che garantisca le necessarie agevolazioni sui costi di trasporto, tenuto conto della citata condizione di insularità della Sardegna, consentendo anche alle aziende locali di essere competitive nel mercato nazionale ed europeo –:

   se sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative di competenza intenda assumere, al fine di assicurare la continuità territoriale marittima per il trasporto delle merci tra la Sardegna e la Penisola, con la previsione, altresì, di adeguate agevolazioni sui costi, tali da garantire anche alle aziende sarde del settore di poter competere con gli operatori presenti nella Penisola.
(3-01185)

INTERNO

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:

   il 3 dicembre 2019 due pericolose associazioni mafiose nigeriane con ramificazioni in tutta Italia sono state arrestate dalla squadra mobile di Bari, al termine di un'indagine della direzione distrettuale antimafia;

   gli indagati, trentadue tra capi e gregari, devono rispondere di associazione per delinquere, tratta, riduzione in schiavitù, estorsione, rapina, lesioni, violenza sessuale e sfruttamento della prostituzione. Le misure cautelari sono state eseguite anche in altre città della Puglia, in Sicilia, Campania, Calabria, Lazio, Abruzzo, Marche, Emilia-Romagna, Veneto e all'estero, in Germania, Francia, Olanda e Malta;

   le indagini sono state avviate dopo che il pastore della comunità religiosa presente nel CARA di Bari ha inviato una lettera alla polizia, spiegando che il centro di accoglienza era il luogo in cui le gang avevano il loro centro operativo;

   oltre al Cara, capi e gregari abitavano soprattutto nel quartiere Libertà di Bari;

   due sono i clan individuati, «Supreme vikings confraternity – Arobaga» e «Supreme Eyie Confraternity», ognuno con i propri capi, colonnelli e un esercito di soldati, che controllavano le varie attività criminali, dallo sfruttamento della prostituzione al traffico di droga;

   secondo la procura antimafia, il modello organizzativo dei due gruppi era ispirato alle «3 D»: donne, denaro e droga, ovvero sfruttamento della prostituzione, che costituiva la base per raccogliere il denaro da reinvestire nel traffico di droga;

   un altro ambito di arricchimento per i due gruppi era rappresentato dall'accattonaggio, con il controllo di decine di connazionali, che stazionavano davanti ai supermercati e centri commerciali di Bari e della provincia, suddivisi in tre turni giornalieri e obbligati a versare parte del guadagno ai capi clan;

   nel corso dei due anni di indagini, la polizia ha calcolato che in un anno i sodalizi erano capaci di rimandare in Nigeria circa 74 milioni di euro, documentando lo svolgimento di riti di affiliazione tribali (molti all'interno del Cara ma anche in appartamenti privati), con gli aspiranti affiliati costretti a bere sangue umano e le donne ad avere rapporti sessuali con i capi: diciassette le donne identificate come vittime di violenze sessuali e di sfruttamento della prostituzione, alcune delle quali hanno cercato di ribellarsi e sono state vittime di ulteriori atrocità;

   gli inquirenti hanno documentato che proprio la violenza fisica caratterizzava tutte le attività delle due gang, che usavano in particolare armi bianche;

   allo stato le indagini non hanno portato alla luce rapporti d'affari con la criminalità barese ma «una sorta di tolleranza da parte della mafia locale»;

   la presenza di gang nigeriane in forma associativa costituisce una realtà sempre più diffusa sul territorio nazionale, se solo si considera la crescita esponenziale dei flussi di denaro dall'Italia verso la Nigeria rilevata nel corso degli ultimi anni: soltanto nell'anno 2018, le rimesse di denaro dall'Italia alla Nigeria sono state pari a 74,79 milioni di euro, come rilevato dalla Banca d'Italia;

   al 30 giugno 2019 il dato della popolazione nigeriana presente in Italia è stato stimato in circa 105 mila presenza, in prevalenza uomini e con il più alto tasso di disoccupazione;

   la direzione investigativa antimafia (Dia) nella relazione antimafia del primo semestre del 2018 ha confermato che le cosche nere comandano in almeno sette regioni (Lazio, Campania, Calabria, Piemonte, Puglia, Sicilia e Veneto) dove trattano da pari a pari con la malavita italiana e ci sono otto città che sono i loro capisaldi: Torino, Verona, Bologna, Roma, Napoli, Palermo, Bari, Caserta;

   le numerose attività investigative e processuali hanno rivelato che anche Padova, Macerata e Ferrara sono entrate a far parte di questo elenco e che in Sardegna, a Cagliari in particolare, c'è un forte radicamento dei Supreme Eye, mentre in Lombardia cominciano a emergere i «colletti bianchi» della mafia nera nel bresciano, nell’hinterland milanese e nella bergamasca;

   nonostante la preoccupante dimensione del fenomeno, l'attenzione dedicata dalle istituzioni alla criminalità organizzata nigeriana si è dimostrata sinora del tutto insufficiente, consentendone la crescita e la strutturazione operativa –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intenda adottare per contrastare il fenomeno della mafia nigeriana, anche attraverso l'impiego dell'Esercito a supporto delle forze di polizia impiegate;

   quali siano i dati ad oggi disponibili sulla portata del fenomeno della mafia nigeriana e se non si ritenga opportuno un monitoraggio dello stesso, ai fini di un intervento mirato ed efficace, anche in termini di prevenzione.
(2-00596) «Galantino, Ciaburro, Prisco, Baldini, Deidda, Caiata, Rizzetto, Delmastro Delle Vedove, Bignami, Donzelli, Luca De Carlo, Osnato, Trancassini, Mantovani, Butti, Maschio, Mollicone, Foti, Rotelli, Zucconi, Silvestroni, Varchi, Caretta, Acquaroli, Montaruli, Frassinetti, Bucalo, Bellucci, Lucaselli, Ferro».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   l'articolo 215-bis, comma 1, del codice di procedura penale ha introdotto l'utilizzo di mezzi elettronici o altri strumenti (nella fattispecie, il cosiddetto «braccialetto elettronico»), previa verifica di disponibilità da parte del giudice presso la polizia giudiziaria;

   la ratio con cui tale norma venne introdotta corrispondeva alla necessità di sostituire la detenzione carceraria con arresti domiciliari «controllati» per tutti quei delitti considerati a bassa pericolosità sociale;

   da ultimo, durante l'esame del cosiddetto codice rosso (legge n. 69 del 2019) è stato approvato un emendamento presentato dal gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente che modifica l'applicazione di procedure di controllo mediante braccialetto elettronico nei casi di divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa;

   durante l'esame del cosiddetto decreto sicurezza-bis (legge n. 77 del 2019) è stato respinto un emendamento del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente volto ad aumentare della metà la somma attualmente impiegata dei braccialetti elettronici;

   nel tempo, l'incremento dell'uso del dispositivo del braccialetto elettronico ha comportato nell'arco di pochi anni il suo pressoché totale esaurimento;

   a ciò si aggiunga che, come riportato da fonti di stampa, numerosi detenuti sono in lista di attesa per uscire dalle strutture penitenziarie, ma sono impossibilitati a farlo a causa della mancata esecuzione delle ordinanze di concessione di misure alternative alla detenzione dovuta alla indisponibilità dei nuovi braccialetti;

   l'Amministrazione dell'interno, nel dicembre 2016, avviava una procedura ad evidenza pubblica «aperta» ai sensi dell'articolo 60, commi 1 e 3, del decreto legislativo n. 50 del 2016 per la fornitura di braccialetti elettronici a cui prendevano parte Tim spa, Rti Fastweb e Rti Engineering;

   nel giugno 2017, risultava aggiudicataria secondo la graduatoria provvisoria Rti Fastweb, ma, rilevato tuttavia un anomalo ribasso dell'offerta, si è proceduto alla richiesta di documentazione ulteriore probatoria attestante il possesso dei requisiti economici-finanziari della società aggiudicataria;

   ultimata con esito positivo tale verifica documentale, con decreto direttoriale del 2 agosto 2018 è stato definitivamente aggiudicato l'appalto a Rti Fastweb: il servizio erogato dalla società aggiudicataria prevede, per un periodo minimo di 27 mesi, l’«utilizzo» di un numero medio mensile di 1.000 dispositivi con la capacità di utilizzarne anche il 20 per cento in più;

   a distanza di un anno dall'aggiudicazione della suddetta gara, sembrerebbe che ancora oggi il contratto sia bloccato;

   la commissione di collaudo è stata nominata dal Ministero dell'interno solo a fine novembre 2018, ma non si conoscono né gli esiti né i tempi di arrivo dei nuovi dispositivi;

   considerando inoltre le attuali criticità in cui versano alcune strutture penitenziarie, il braccialetto elettronico rappresenta uno strumento indispensabile per ridurre il sovraffollamento carcerario, in favore di una esecuzione della detenzione domiciliare meno onerosa –:

   se il Governo non intenda fornire chiarimenti e indicazioni precise in merito alle modalità e ai tempi con cui i nuovi braccialetti elettronici saranno messi a disposizione, in modo da consentire l'esecuzione delle misure di detenzione domiciliare già disposte e ridurre il sovraffollamento carcerario.
(2-00599) «Bartolozzi, Gelmini, Occhiuto, Calabria, Cannizzaro, Carrara, Casciello, Cassinelli, Costa, Cristina, D'Ettore, Dall'Osso, Della Frera, Fiorini, Ferraioli, Giacometto, Labriola, Marrocco, Mazzetti, Milanato, Novelli, Palmieri, Pittalis, Polidori, Ripani, Ruffino, Siracusano, Spena, Versace, Zanettin».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PELLICANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   è di qualche giorno fa il caso a Venezia che ha coinvolto uno spacciatore tunisino, fermato più volte dagli agenti della polizia locale, l'ultima dopo aver ferito e minacciato di morte alcuni vigili, che dopo il processo è stato condannato all'espulsione dal Paese;

   la mancata della presenza di un medico legale che potesse produrre in tempi brevissimi la documentazione idonea al trasferimento al Centro di identificazione ed espulsione (Cie) di Torino, ovvero la certificazione delle condizioni che eventualmente rendano impossibile il trasferimento, come la presenza di malattie infettive, ha fatto sì che il pusher potesse tornare in libertà;

   il fatto accade in un momento in cui in città l'emergenza droga è diventato un caso nazionale, con molti casi di overdose gli ultimi due si sono verificati il 5 dicembre 2019 e hanno provocato la morte di un ragazzo di 24 anni in stazione a Mestre, a mezzogiorno, dopo l'acquisto di una dose, e il salvataggio in extremis di un altro, sempre nella zona adiacente alla stazione;

   inoltre, è emerso da tempo come nella zona tra la fazione ferroviaria, il sottopasso di via Dante e la zona a via Ulloa a Marghera, la situazione sia molto preoccupante, con le bande di spacciatori nigeriani e tunisini che si affrontano per il controllo delle zone di spaccio;

   il questore di Venezia, Maurizio Masciopinto, ha disposto subito un'indagine per fare chiarezza sui vari passaggi della mancata espulsione, se vi siano stati errori, vizi di forma o anomalie procedurali che hanno portato alla messa in libertà dello spacciatore condannato;

   dalla vicenda emerge come vi sia una sorta di zona grigia nelle procedure, che rende inefficaci le procedure di espulsione immediata e non consente di trattenere i condannati in carcere in attesa dell'espletamento delle pratiche burocratiche –:

   se il Ministro interrogato sia informato della vicenda e quali iniziative di competenza intenda adottare per fare chiarezza su questo episodio e più in generale, per verificare che la normativa in vigore sia idonea a prevenire il ripetersi di questi casi; se il Ministro interrogato sia informato sulla grave situazione di spaccio e diffusione di droga a Mestre, che sta generando molti casi di overdose.
(5-03255)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIACOMONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il diffuso e crescente fenomeno delle occupazioni abusive di immobili ha raggiunto livelli preoccupanti su tutto il territorio nazionale ed, in particolar modo, nella città di Roma Capitale;

   la Capitale d'Italia, nella insufficienza di politiche abitative adeguate, versa in uno stato di degrado tra immobili occupati abusivamente, il completo abbandono dei commercianti, i mezzi di trasporto sempre più problematici e la gestione dei rifiuti pressoché inesistente;

   tra gli immobili occupati, il caso più eclatante, è quello del palazzo dell'ex Inpdap di circa 17 mila metri quadrati, nella zona dell'Esquilino, occupato dal 12 ottobre 2013 dall'associazione «Action-diritti in movimento» a scopo abitativo;

   il palazzo è balzato alle cronache nel mese di maggio 2019 quando è rimasto per giorni senza energia a causa di una morosità di oltre 300 mila euro, finché l'elemosiniere pontificio, il cardinale Konrad Krajewki, non ha provveduto personalmente e illegalmente alla riattivazione del servizio;

   tra il 2015 e il 2016 non sono mancati episodi di cronaca nera: un occupante nigeriano venne trovato morto e un inquilino marocchino si tolse la vita;

   lo Spin Time Labs, questo il nome dato all'occupazione, oltre ad essere utilizzato a scopo abitativo per circa 450 persone, italiani e stranieri, tra cui un centinaio di minori, è anche la sede di un laboratorio di birra artigianale, di una falegnameria, di una sala prove nonché punto di ritrovo per molti giovani, considerato che al piano seminterrato è ubicata una discoteca abusiva che ha ripreso a funzionare da un mese;

   le serate organizzate nello stabile prevedono un ticket di ingresso da un minimo di tre euro senza alcuna ricevuta, vendita di alcolici a prezzi ribassati e senza alcuna licenza, nessun pagamento alla Siae, nessun servizio di sicurezza e mancato rispetto delle norme relative alle uscite di emergenza nonché musica ad alto volume fino alle 5 di mattina, con annessi disagi ai residenti che sono costretti a fare i conti con gli schiamazzi notturni;

   a ciò si aggiunga che i ticket degli eventi e dei concerti organizzati allo «Spin Time Labs», a quanto consta all'interrogante, sarebbero venduti abusivamente negli istituti scolastici della Capitale e che alle serate possono accedere anche i minorenni, come documentato dai video pubblicati sui social network, considerato che all'ingresso non è richiesto alcun documento;

   da ultimo, come riportato dalle maggiori fonti di stampa, gli alunni del Collettivo del liceo Virgilio di Roma avrebbero organizzato una serata allo Spin Time Labs accordandosi con gli occupanti dello stabile per una divisione degli incassi relativi agli ingressi e alla somministrazione degli alcolici;

   durante l'evento appena citato, come testimoniato dai social, sembrerebbe che oltre alla vendita di alcolici, senza alcuna autorizzazione, vi sia stata anche quella delle droghe: un gruppo di ragazze si sono filmate su Instragram mentre si preparavano uno «spinello» aggirandosi per il locale sotto effetto di stupefacenti –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, al fine di ristabilire le opportune condizioni di legalità e sicurezza, assumere ogni iniziativa di competenza per procedere all'immediato sgombero dell'immobile citato in premessa.
(4-04292)


   DI SARNO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nelle ultime settimane si sta registrando un aumento di furti e rapine nel territorio campano, soprattutto con riguardo ai comuni siti alle falde del Vesuvio, interessati da violenti episodi di reati contro il patrimonio, con gravi implicazioni per l'incolumità e la sicurezza dei cittadini ed abitanti delle zone interessate;

   in particolare, nel comune di San Giorgio a Cremano, il 16 novembre 2019, veniva perpetrato un furto ai danni di un'abitazione da parte di due malviventi che, per sfuggire alla cattura, non hanno esitato ad instaurare un conflitto a fuoco contro gli agenti della polizia di Stato, esplodendo vari colpi d'arma da sparo;

   il gravissimo accadimento, avvenuto in un centro abitato e di notevoli dimensioni, ha provocato un grande allarmismo tra la popolazione residente, in quanto non solo è stata sfiorata una tragedia, ma non è stato neppure possibile assicurare i responsabili alla giustizia;

   le attività delinquenziali sfociano in danneggiamenti ed estorsioni ai danni di vittime di furti di veicoli che spesso sono costrette ad elargire somme di denaro per riappropriarsi delle auto, come di recente avvenuto a Sant'Anastasia, ove è stata smembrata una vera e propria organizzazione criminale, dedita alla commissione di reati del tipo di quelli descritti;

   l’escalation di violenza ha coinvolto, altresì, il comune di Somma Vesuviana, laddove accanto alle decine di furti in appartamento, in più occasioni si sono registrati episodi di danneggiamento e sottrazione di beni all'interno del cimitero cittadino, con appropriazione da parte di ignoti degli arredi funebri, in particolare in rame ed ottone che, come è noto, rappresentano metalli facilmente rivendibili da parte di ricettatori;

   il fatto più disdicevole si è verificato in questi ultimi giorni sempre nel territorio Sommese, poiché è stata trafugata un'urna cineraria, contenente i resti di un defunto, a seguito dell'ennesimo furto realizzato in un'abitazione. L'episodio ha suscitato lo sdegno e la condanna dei cittadini, soprattutto perché ci si trova dinnanzi a delinquenti che agiscono senza alcuno scrupolo –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei gravi episodi delinquenziali che stanno interessando i comuni della zona del Vesuviano in provincia di Napoli;

   quali iniziative di competenza il Ministro intenda intraprendere per far fronte alla descritta situazione.
(4-04294)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:

   a più di un mese dall'inizio dell'anno accademico le Istituzioni di Alta formazione artistica, musicale e coreutica-Afam (conservatori, accademie di belle arti, istituti superiori per le industrie artistiche, accademia nazionale di danza, Accademia nazionale di arte drammatica) di tutt'Italia si trovano in una situazione di grande difficoltà, sia per quanto riguarda i servizi all'utenza che per quanto concerne il personale docente precario;

   come evidenziato da diversi organi di stampa, tra cui Agcult e le edizioni regionali dei telegiornali Rai di Piemonte, Emilia-Romagna e Sicilia, oltre il 40 per cento dei docenti è assunto contratti di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.) e molti istituti Afam si trovano nell'impossibilità di usufruire delle loro prestazioni per il blocco dei contratti divenuto operativo il 1° luglio 2019 oltre 18 anni dopo l'ordinanza che lo aveva istituito;

   a bloccare i contratti «co.co.co.» del personale è infatti il divieto previsto dall'articolo 7, comma 5-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, divenuto operativo il 1° luglio 2019 dopo una lunga serie di rinvii;

   come evidenziato da un articolo de La Repubblica in data 12 novembre 2019, dall'anno accademico 2010-11 gli iscritti alle istituzioni Afam sono cresciuti mediamente del 7 per cento a stagione fino al 2018-19, quando gli studenti contati sono stati 76.072 e i diplomati oltre 16 mila, con un aumento del 60 per cento rispetto al 2011;

   ad oggi, dopo la chiusura della procedura di scelta delle sedi il 21 ottobre 2019, non risultano ancora pervenute le assegnazioni per le assunzioni a tempo indeterminato relativamente ai docenti inseriti nelle graduatorie nazionali Get, Gne e di cui alla legge n. 143 del 2004;

   parimenti non è ancora stata avviata la procedura di «scelta delle sedi» per le assunzioni a tempo indeterminato e determinato relativamente ai docenti inseriti nelle graduatorie nazionali di cui alla legge n. 128 del 2013 e alla legge n. 205 del 2017;

   i docenti che hanno ottenuto la proroga della supplenza dello scorso anno accademico stanno lavorando attualmente senza percepire uno stipendio, data l'interruzione da parte di tantissime ragionerie territoriali dello Stato della corresponsione degli emolumenti allo scadere dell'incarico a tempo determinato del 31 ottobre 2019;

   manca inoltre la nomina del direttore generale, dirigente fondamentale per l'avvio delle procedure di assunzione;

   come denunciato dal sito Artribune in data 20 novembre 2019, tali ritardi porteranno ad un cambio di insegnante per moltissimi allievi a primo semestre concluso, hanno già portato all'interruzione dell'offerta didattica e impediranno a molti allievi di fruire dell'insegnamento fino alle nuove nomine nelle cattedre il cui docente titolare abbia ottenuto trasferimento, minando fortemente il diritto allo studio –:

   se tali nomine dovessero arrivare a gennaio o addirittura a febbraio 2020, tanti studenti potrebbero non avere un docente per un intero semestre, perdendo il 50 per cento dell'attività formativa e il diritto a partecipare ai bandi per le borse di studio e rischiando di non poter sostenere gli esami nei tempi previsti e di non poter conseguire i crediti formativi necessari al mantenimento delle borse di studio e alla normale continuità dei loro piani di studio;

   quali urgenti ed improrogabili iniziative il Ministro interpellato intenda promuovere al fine di affrontare le gravi criticità esposte in premessa nonché di superare i notevoli disagi causati ai docenti e a migliaia di studenti del comparto Afam.
(2-00593) «Nitti, Lattanzio, Acunzo, Villani, Bella, Carbonaro, Casa, Frate, Gallo, Mariani, Melicchio, Testamento, Tuzi, Vacca, Valente, Adelizzi, Davide Aiello, Piera Aiello, Alaimo, Alemanno, Amitrano, Angiola, Aprile, Aresta, Ascari, Baldino, Barbuto, Battelli, Berardini, Berti».

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   a mezzo stampa si apprende di un evento, organizzato da alcuni collettivi nei locali universitari di via Filippo Re Bologna per la giornata del 6 dicembre 2019;

   l'evento, denominato «Immacolata con(trac)cezione», era stato promosso attraverso l'icona della Madonna attorniata da confezioni di preservativi;

   a seguito delle rimostranze sollevate in modo trasversale, in quanto il «party» era stato ritenuto altamente offensivo delle sensibilità di tutti i cattolici, l'evento è stato successivamente annullato;

   sul tema era intervenuta anche l'Arcidiocesi di Bologna che aveva affermato: «La provocazione diffusa in queste ore dalla promozione di un evento e di una immagine irriguardose nei confronti della Madonna è stata tale da determinare, a quanto pare, l'annullamento per l'offesa al sentimento comune. Infatti il buon senso vuole che vi siano libertà di pensiero, libera circolazione di idee e di pubblica manifestazione senza ledere e offendere la sensibilità popolare. Questo è quanto garantito anche dall'ordinamento italiano che riconosce i diritti purché non offendano e ledano quelli altrui, compreso il vilipendio alla religione»;

   a parere dell'interrogante, comunque, il fatto che l'evento sia stato annullato non esime le istituzioni dal chiedersi se sia legittimo che tali manifestazioni, che presentano anche evidenti profili di illegittimità, siano continuamente riproposte da certi collettivi, in particolare all'interno di locali universitari;

   si rammenta infatti che nel nostro Paese sono in vigore i «Patti lateranensi» sottoscritti nel 1929 tra la Chiesa cattolica e lo Stato italiano, riconosciuti in Costituzione nell'articolo 7;

   è indubbio che la libertà religiosa, diritto sancito costituzionalmente, debba essere inteso anche come diritto a non veder denigrata o derisa la propria fede, tanto più se ciò avviene in locali di enti pubblici quali le università, che hanno il preciso scopo di promuovere la ricerca e l'istruzione –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti;

   se intenda acquisire elementi conoscitivi per quanto esposto in premessa, adottando eventuali iniziative, per quanto di competenza;

   se intenda assumere iniziative normative, nel rispetto dell'autonomia universitaria, al fine di chiarire in maniera netta i limiti di utilizzo delle sedi universitarie in relazione ad eventi come quelli di cui in premessa che, a parere dell'interrogante, palesemente, denigrano la fede religiosa o comunque il sentimento comune.
(4-04298)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata:


   LEPRI, SERRACCHIANI, GRIBAUDO, CARLA CANTONE, MURA, SOVERINI, VISCOMI, CARNEVALI, CAMPANA, PINI, RIZZO NERVO, SCHIRÒ, SIANI, FIANO e ENRICO BORGHI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la riforma del terzo settore approvata con legge n. 106 del 2016 e i successivi decreti applicativi rappresentano uno dei punti di maggior rilievo nell'azione di riforma della XVII legislatura;

   tali norme richiedono però, come è noto, successivi atti applicativi per essere completamente operative, in particolare:

    a) il codice del terzo settore (decreto legislativo n. 117 del 2017) richiede ben 24 ulteriori decreti, ma solo 9 risultano essere stati effettivamente adottati e si ha notizia di 4 in fase di elaborazione;

    b) circa l'impresa sociale (decreto legislativo n. 112 del 2017), dei 12 atti applicativi attesi ne sono stati effettivamente adottati solo 3 ed uno risulta in fase di elaborazione;

    c) mancano ancora, inoltre, alcuni decreti applicativi sul 5 per mille e sul servizio civile nazionale;

   in tutto risultano ancora da approvare una trentina di atti applicativi dei 43 previsti e solo 7 risultano in fase di elaborazione;

   alcune di queste mancanze sono di particolare rilievo: prima tra tutte la mancata istituzione del registro unico del terzo settore, indispensabile per tracciare in modo coerente con la riforma il perimetro degli enti di terzo settore, con la conseguente attribuzione di misure di sostegno e di corrispondenti obblighi. Inoltre, molti aspetti relativi alla disciplina dei controlli e delle funzioni di vigilanza e monitoraggio restano da ancora da definire;

   non risulta che il Governo italiano abbia ancora intrapreso, ad oltre due anni dall'approvazione delle norme qui richiamate, le procedure nei confronti della Commissione europea necessarie per attestare la compatibilità delle previsioni fiscali con le normative comunitarie; questo significa, nella pratica, che tutti gli incentivi fiscali previsti non sono oggi applicabili, così depotenziando in modo decisivo i meccanismi di sostegno che la riforma aveva previsto;

   il consiglio del terzo settore – organo chiamato ad esprimersi su atti che riguardino il terzo settore – non è mai stato convocato durante tutto il primo anno di vigenza e nei 21 mesi che vanno dal marzo 2018 ad oggi si è riunito solo 2 volte;

   a tre mesi dall'istituzione dell'attuale Governo, non è ancora stata attribuita a un Sottosegretario la delega sul terzo settore, cosa che rende più faticosa l'interlocuzione su questi temi –:

   in quali tempi il Governo intenda procedere alla piena implementazione della riforma del terzo settore, dando attuazione ai punti indicati in premessa.
(3-01193)


   EPIFANI e FORNARO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 3 dicembre 2019 il gruppo UniCredit, che in Italia conta 38 mila lavoratori su 85 mila totali, ha presentato il piano strategico, denominato «Team 23». Il piano prevede per gli investitori 16 miliardi di euro da qui al 2023. Nel dettaglio, 6 miliardi di euro di dividendi in contanti e 2 miliardi di euro sotto forma di riacquisto di azioni proprie. Mentre gli altri 8 miliardi di euro saranno impiegati nell'aumento del capitale netto tangibile. Gli utili saliranno dai 3 miliardi di euro del 2018 a 4,7 miliardi di euro nel 2019, si assesteranno a 4,3 miliardi di euro nel 2020 e toccheranno quota 5 miliardi di euro a fine piano;

   un ambizioso progetto che per ora porta a smentire ogni possibile operazione di fusione e acquisizione e che tende a rafforzare la solidità del gruppo, che completa una complessa operazione di derisking sulle posizioni difficilmente esigibili derivate da precedenti acquisizioni;

   tra i punti qualificanti del piano c'è, però, una forte riduzione del personale: l'amministratore delegato Jean Pierre Mustier ha annunciato, infatti, tagli per 8 mila lavoratori, tra Germania, Austria e Italia. Oltre alla chiusura di 500 filiali;

   quindi, ad un aumento dei profitti si risponde con la riduzione del personale. Questa automaticità è inaccettabile e pericolosa. Il nostro Paese, inoltre, sembra sia quello destinato a sostenere la parte più consistente degli esuberi: degli 1,4 miliardi di euro di costi di integrazione stimati per la loro gestione, infatti, 1,1 miliardi riguarderanno l'Italia (pari al 78 per cento del totale) e solo 0,3 miliardi l'Austria e la Germania. Secondo fonti sindacali, questo significa che i tagli da gestire in Italia saranno 5.500/6000, mentre le filiali chiuse 450. A fine piano nel 2023 i costi totali ammonteranno a 10,2 miliardi di euro, con un calo aggregato del –0,2 per cento dal 2018 al 2023;

   gli ottomila esuberi prospettati si andrebbero ad aggiungere alle 26.650 posizioni tagliate a partire dal 2007, mentre i 450 sportelli si sommerebbero ai 1.381 chiusi a partire dallo stesso anno. Negli ultimi anni, insomma, l'organico della seconda banca italiana per capitalizzazione (e quinto gruppo di credito europeo) si è ridotto notevolissimamente;

   Mustier ha assicurato che i tagli saranno gestiti in modo «socialmente responsabile», ma è indubbio che, qualora i preannunciati numeri trovassero riscontro effettivo, si profilerebbe, a parere degli interroganti, uno stato di emergenza occupazionale da cui deriva grande preoccupazione –:

   quali iniziative urgenti intenda assumere per salvaguardare i livelli occupazionali del gruppo UniCredit.
(3-01194)


   LOLLOBRIGIDA, MELONI, BIGNAMI, ACQUAROLI, BALDINI, BELLUCCI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   è degli ultimi giorni l'annuncio di un vero e proprio «piano choc» di tagli di personale e di filiali da parte di UniCredit;

   tale piano industriale, relativo al periodo 2020-2023, prevedrebbe infatti il taglio di ben ottomila dipendenti tra Germania, Austria e Italia, oltre alla chiusura di 500 filiali;

   il nostro Paese, tra l'altro, sembra destinato a sostenere la parte più importante di questi esuberi: si stima, infatti, che degli 1,4 miliardi di euro per la gestione degli stessi, 1,1 riguarderanno l'Italia (il 78 per cento del totale) e solo 0,3 miliardi riguarderanno l'Austria e la Germania;

   in Italia si tratterebbe, dunque, di ridurre il personale per 5.500/6.000 unità e le filiali chiuse saranno 450;

   gli ottomila esuberi si andrebbero così a sommare ai 26.650 posti di lavoro tagliati a partire dal 2007, esattamente come per gli sportelli: dal 2007 ne sono stati chiusi ben 1.381;

   non è difficile supporre, inoltre, che la chiusura delle filiali riguarderà verosimilmente piccoli territori, frazioni o aree marginali, dove verrà a mancare un servizio spesso importantissimo per le popolazioni locali;

   UniCredit, tuttavia, ha chiuso i primi nove mesi del 2019 con un utile di 4,3 miliardi di euro: non si è, dunque, di fronte a un'azienda in crisi, ma a scelte che, a parere degli interroganti, appaiono illogiche, non giustificate e irrispettose del lavoro, con ripercussioni che sarebbero evidentissime –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere a tutela dei posti di lavoro e per scongiurare la chiusura delle filiali che, probabilmente, avverrà in aree svantaggiate e marginali, privando le stesse di ulteriori servizi.
(3-01195)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO e ZUCCONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nel 2013, a Marina di Massa, Marco Loiola ha assassinato l'ex moglie Cristina Biagi e, prima di togliersi la vita, ha sparato ad una terza persona che credeva, erroneamente, essere l'amante della moglie. Quest'uomo è rimasto gravemente ferito, riportando un'invalidità permanente;

   la legge prevede che l'Inps chieda il rimborso delle spese sanitarie e dell'assegno riconosciuto alla vittima a chi ha procurato il danno o, in mancanza, ai suoi eredi; in questo caso gli eredi a cui l'Inps ha richiesto il pagamento dei danni, per un importo di ben 124 mila euro, sono le due sorelle rimaste orfane, di 12 e 14 anni, che vivono con i nonni e non sono in grado di pagare una cifra così onerosa;

   in mancanza dell'adempimento, ci potrebbe essere un processo per l'esecuzione forzata del pagamento che, tra l'altro, comporterebbe un aumento della cifra richiesta dall'ente previdenziale;

   nella vicenda è intervenuto a tutela delle due sorelle il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che rivolgendosi al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Nunzia Catalfo, l'ha esortato a individuare una soluzione. Quest'ultima e il presidente dell'Inps Tridico hanno assicurato che ci sarà la rinuncia al rimborso;

   ebbene, desta sconcerto che due ragazzine, vittime di femminicidio, possano essere ulteriormente colpite e danneggiate da una richiesta di risarcimento come quella avanzata dall'Inps nel caso in questione. Al riguardo, si tratta di un'istanza legittima, sotto il profilo giuridico, ma eticamente da respingere;

   pertanto, si ritiene necessario adottare iniziative normative affinché non si verifichino, più vicende del genere considerato che gli eredi sono stati destinatari di una richiesta di risarcimento «disumana» che, anche se verrà annullata, ha comunque cagionato un ennesimo dolore alle due sorelle rimaste orfane e ai loro nonni, genitori della donna assassinata –:

   se sia vero che la richiesta di risarcimento alle vittime di femminicidio, nel caso esposto in premessa, sia stata annullata e in quali termini procedurali;

   se e quali iniziative intendano adottare i Ministri interrogati per quanto di competenza, per escludere richieste di risarcimento contrarie ad ogni principio etico come quella relativa alla vicenda in questione.
(5-03266)

Interrogazione a risposta scritta:


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in seguito al fallimento della Tua Industries, è stato incardinato, presso la task force per l'occupazione della regione Puglia, il tavolo di crisi «Tua Industries Ex OM Carrelli» per coordinare le attività volte alla nuova industrializzazione del sito produttivo di Modugno e alla ricollocazione al lavoro degli ex dipendenti;

   il 24 ottobre 2018, l'azienda Selectika srl ha sottoscritto un protocollo per la reindustrializzazione degli stabilimenti ex OM Carrelli. In attuazione di quegli impegni, l'azienda Selectika srl ha presentato, nell'ambito della suddetta task force del 13 novembre 2019, presso la presidenza della regione Puglia il progetto industriale per la realizzazione di un impianto di riciclo dei rifiuti e la contestuale occupazione a regime di 128 unità lavorative, ex dipendenti della OM Carrelli;

   inoltre, in seguito alla cessazione della prestazione di cassa integrazione guadagni in deroga (Cigd) fruita dal 24 dicembre 2017 al 23 dicembre 2018, i lavoratori ex OM Carrelli sono stati licenziati dalla curatela fallimentare della Tua Industries in data 31 maggio 2019 e risultano esclusi da qualsiasi forma di protezione sociale nelle more dell'attuazione del nuovo piano industriale Selectika;

   con decreto-legge n. 101 del 2019, è stato permesso alle regioni di concedere il trattamento di mobilità in deroga utilizzando le risorse residue, non utilizzate, e relative agli acconti di cassa integrazione guadagni straordinaria, consentendo di avviare le procedure di mobilità per gli ex dipendenti della OM Carrelli;

   in occasione della task force del 13 novembre 2019, le parti istituzionali, le organizzazioni sindacali, i rappresentanti della Selectika hanno concordato unanimemente sulla necessità di offrire un adeguato sostegno al percorso di reindustrializzazione in atto, consentendo ai 154 lavoratori ex OM Carrelli, di beneficiare, ai sensi del modificato quadro normativo, del trattamento di mobilità in deroga relativamente al periodo dal 10 giugno 2019 al 9 giugno 2020, nel limite delle risorse già assegnate alla regione Puglia e ancora disponibili per la gestione degli ammortizzatori sociali in deroga;

   ad oggi, però, a quanto consta all'interrogante, la mancata emissione da parte dell'Inps di una circolare che indichi le modalità di gestione della procedura di concessione impedisce l'espletamento delle procedure di attivazione della mobilità per i suddetti lavoratori;

   nel verbale d'accordo della suddetta task force si stabilisce una nuova convocazione del tavolo tecnico entro il 13 dicembre 2019 –:

   se intenda, per quanto di competenza, intraprendere iniziative affinché gli uffici dell'Inps sblocchino sollecitamente le procedure di attivazione della mobilità in deroga.
(4-04291)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta orale:


   VALLASCAS e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi, alcuni organi di stampa hanno dato la notizia secondo la quale, a seguito di una procedura avviata nel mese di marzo 2019, in merito a presunte condotte commerciali in possibile violazione dell'articolo 62, commi 1 e 2, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato avrebbe comminato una sanzione dell'importo di 150 mila euro alla S.i.s. s.p.a. – società sementiera titolare, su licenza del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (Crea), dell'esclusiva legale sulla varietà di grano duro «Cappelli» – per «tre pratiche scorrette [nella vendita di sementi grano Senatore Cappelli] verificate dal Garante e sanzionate con 50 mila euro ciascuna in quanto contrarie alla disciplina delle relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli e agroalimentari» (Sole 24 ore, ed. online, del 27 novembre 2019);

   l'edizione del 29 novembre 2019 del quotidiano economico Italia Oggi, nel riportare i «tre vulnus alla concorrenza sanzionati dalla delibera Antitrust», specificava che la S.i.s. avrebbe, in primo luogo, «subordinato la fornitura delle sementi alla riconsegna delle stesse da parte dei coltivatori del grano prodotto, imponendo alle controparti un rapporto di filiera», avrebbe anche «ritardato o addirittura rifiutato in maniera ingiustificatamente selettiva la fornitura delle sementi ai coltivatori» e, infine, avrebbe «aumentato in maniera significativa e ingiustificata i prezzi delle sementi»;

   se le notizie di stampa risultassero vere, si sarebbe verificata la circostanza secondo la quale lo squilibrio tra le posizioni negoziali delle parti sarebbe stata usata da un operatore del mercato per imporre al contraente debole condizioni inique;

   la circostanza – citata in via del tutto ipotetica – potrebbe avere avuto, come ha rilevato l'Antitrust nella relazione di chiusura della procedura, «effetti pregiudizievoli di ampia portata sull'assetto generale delle attività d'impresa [...] avendo tra l'altro condizionato gli equilibri operativi, se non la stessa sussistenza, della pluralità di filiere autonomamente costituitesi prima dell'esclusiva sulle sementi ottenuta da SIS»;

   a questo proposito, è utile ricordare che la coltura della varietà di grano «Cappelli», ormai quasi del tutto abbandonata negli anni ’80, è stata riavviata negli ultimi vent'anni ad opera di agricoltori di alcune regioni italiane che hanno dato vita a una filiera nazionale di considerevoli dimensioni con importanti prospettive di redditività nel biologico;

   la S.i.s. ha ottenuto l'esclusiva dei diritti sul grano «Cappelli», al termine di un procedimento di evidenza pubblica avviato nel 2016 dal Centro di ricerca per la cerealicoltura (Crea) a seguito della scadenza del precedente contratto di esclusiva con le società Scaraia (Basilicata) e Select (Sardegna), anche in una prospettiva di ulteriore sviluppo della filiera valorizzando e consolidando il lavoro già avviato –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare alla luce delle risultanze del procedimento di cui in premessa e dei provvedimenti sanzionatori adottati dall'Autorità Garante della concorrenza e del mercato nei confronti della società S.i.s. Spa, che detiene l'esclusiva dei diritti sul grano «Cappelli» su licenza del Crea.
(3-01184)

Interrogazione a risposta scritta:


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali — Per sapere – premesso che:

   dopo la terribile annata 2018, il comparto olivicolo e oleario pugliese ha mostrato segni di decisa ripresa sotto il profilo della produzione: le stime per il 2019 dovrebbero attestarsi sulle 200 mila tonnellate, una quantità equivalente al 60 per cento della produzione nazionale;

   da inizio anno, però, si registra un preoccupante crollo dei prezzi dell'olio extravergine d'oliva, di quasi il 40 per cento del suo valore, soprattutto a causa di fattori esogeni alla produzione interna;

   mentre il prezzo dell'olio Evo registra ulteriori ribassi (minimo euro 3,30 – massimo euro 3,70 al 31 dicembre 2019) e le giacenze in Italia seguitano ad aumentare, la Commissione europea ha disposto:

    con il regolamento di esecuzione 2019/1882 dell'8 novembre 2019, l'apertura di gare per l'importo dell'aiuto all'ammasso privato di olio di oliva, con contratti valevoli 180 giorni di ritiro dal mercato e su lotti minimi di prodotto sfuso da 50 tonnellate per olio Evo;

    con il regolamento di esecuzione 2019/1984 del 28 novembre 2019, la fissazione dell'importo massimo dell'aiuto all'ammasso privato di olio di oliva nell'ambito della procedura di gara indetta dal regolamento di esecuzione (UE) 2019/1882;

   il citato regolamento 2019/1984 non prevede aiuti per lo stoccaggio dell'olio Evo ma solo per l'olio vergine di oliva e per l'olio di oliva lampante;

   intanto crescono ancora le giacenze in Italia: 146.712 tonnellate secondo Frantoio Italia del 1° dicembre 2019, ovvero +18,38 per cento rispetto a quanto rilevato solo il 15 novembre 2019. In particolare, le giacenze di olio extravergine italiano aumentano di 21.099 tonnellate, passando dalle 62.727 tonnellate del 15 novembre 2019 alle 83.826 tonnellate del 1° dicembre 2019, confermando così un trend in ascesa ormai dal 15 ottobre. In particolare, in Puglia, le giacenze di olio extravergine sono cresciute tra il 15 novembre e il 1° dicembre di 12.868 tonnellate, raggiungendo le 43.852 tonnellate;

   in data 4 dicembre 2019, al tavolo nazionale della filiera olivicolo-olearia tenutosi al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, la Ministra Bellanova ha dichiarato di aver chiesto alla Commissione europea il potenziamento dell'organizzazione comune di mercato per l'olio con contributi diretti agli agricoltori per ristrutturazione, la riconversione e l'impianto di nuovi oliveti e l'ammodernamento dei frantoi oleari, nonché interventi volti alla conservazione del paesaggio, al miglioramento della sostenibilità ambientale, alla formazione e al trasferimento delle innovazioni, ipotizzando l'incremento della dotazione finanziaria di 34,59 milioni di euro attraverso un trasferimento di fondi dallo sviluppo rurale;

   inoltre, la Ministra delle politiche agricole alimentari e forestali ha proposto l'attivazione entro il 14 dicembre 2019 di un tavolo tecnico per l'individuazione trasparente del prezzo unico indicativo di riferimento a livello italiano e nuove iniziative di repressione delle frodi per tutelare il prodotto italiano e di contrasto dell'arrivo incontrollato di oli comunitari ed extracomunitari, che spesso viene trasformato in prodotto italiano –:

   mediante quali iniziativa il Governo intenda rispettare gli impegni assunti al suddetto tavolo della filiera olivicolo-olearia tenutosi al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali il 4 dicembre 2019 e, in ogni caso, come intenda tutelare l'olio Evo nazionale e il relativo settore produttivo italiano e, in particolare, quello pugliese, già gravemente danneggiato dagli eventi calamitosi del 2018 e dalla diffusione della fitopatologia Xylella.
(4-04290)

POLITICHE GIOVANILI E SPORT

Interrogazione a risposta scritta:


   LUCIANO CANTONE. — Al Ministro per le politiche giovanili e lo sport. — Per sapere – premesso che:

   il Cus Catania, con delibera del Consiglio federale del Cusi (Centro universitario sportivo italiano) del 18 novembre 2017, è stato sottoposto a commissariamento ai sensi dell'articolo 35-bis dello statuto del Cusi, ovvero in seguito alle dimissioni del presidente del Cus Catania;

   la delibera prevedeva che il commissariamento dovesse avere la durata di tre mesi dalla notifica del relativo provvedimento. L'articolo 40, comma 4, del regolamento di attuazione dello statuto del Cusi fissa in non oltre sei mesi il termine massimo di durata della gestione commissariale, la quale è tenuta ad attivarsi per il ripristino degli organi ordinari, indicendo, ai sensi del comma 4, tempestivamente, le elezioni per il rinnovo degli organi statutari ordinari;

   nonostante il comma 2 dell'articolo 12 dello Statuto preveda che l'Assemblea in seduta ordinaria è convocata almeno una volta l'anno, nel 2018 non è stata convocata alcuna assemblea dei soci e durante i due anni di commissariamento la componente studentesca è stata tenuta fuori dall'attività svolta dal Cus;

   è stato nominato commissario Luigi Mazzone che ha guidato il Cus Catania sino a nuove elezioni. Il commissariamento ha avuto una durata di 2 anni e l'8 novembre 2019 si è proceduto all'elezione del nuovo presidente nella persona dello stesso commissario;

   in vista delle elezioni, il commissario ha ammesso circa 60 nuovi membri facendo sorgere perplessità circa le procedure adottate non solo per l'ammissione di un così alto numero di nuovi soci ma anche per l'esclusione di altri. Infatti, per prassi adottata dal Cus e per una rigorosa e costante interpretazione dei canoni di ammissione previsti dallo statuto al fine di garantire prestigio e dignità all'associazione sono stati per un decennio ammessi soci in numero esiguo ogni anno (circa tre). A ciò si aggiunge che non vi è la presenza tra i soci aventi diritto di voto di soggetti in regola con i pagamenti che immotivatamente ne vengono esclusi. Tali circostanze hanno indotto alcuni soci ad effettuare istanze di accesso agli atti per verificare la regolarità della sussistenza dei requisiti per i nuovi soci ammessi;

   in data 5 novembre 2019 il Cusi viene informato delle elezioni degli organi sociali del Cus Catania e gli viene formalmente richiesto, quale organo di vigilanza e controllo sulla corretta e conforme applicazione degli statuti e regolamenti Cus, di verificare il rispetto delle procedure e dei requisiti per ammissione di nuovi soci;

   l'articolo 7 dello statuto del Cus Catania dispone che per i nuovi soci «l'ammissione è deliberata dal Consiglio Direttivo a maggioranza, previo esame della richiesta e dell'eventuale documentazione comprovante l'attività sportiva svolta nell'ambito del Cus Catania» e, ai sensi dell'articolo 16, comma 9, dello statuto del Cus, il consiglio direttivo decade in seguito alla cessazione della carica del presidente per qualunque motivo. Dunque, da ciò si potrebbe desumere che i nuovi soci sono stati ammessi in base a disposizione commissariale;

   infine, è da non sottovalutare che lo stesso commissario si è candidato alla carica di presidente ed è stato eletto grazie ai voti dei neo associati –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative di competenza, in particolare normative, si intendano adottare in ordine a profili di sostanziale incompatibilità o conflitto di interessi nell'assunzione di incarichi quali quelli segnalati in premessa.
(4-04299)

SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   il melanoma cutaneo è un tumore maligno la cui incidenza, negli ultimi venti anni, è aumentata del 4 per cento all'anno in entrambi i sessi, tanto da registrare nel 2016, in Italia, 2.028 decessi, pari all'1 per cento dei decessi per tumori in entrambi i sessi;

   secondo i dati contenuti nel volume «I numeri del cancro in Italia», pubblicato nel 2019 grazie alla collaborazione tra Aiom e Airtum, nel 2019 sono attesi, nel nostro Paese, 12.300 nuovi casi di melanoma della cute, 6.700 tra gli uomini e 5.699 tra le donne, inoltre, il melanoma rappresenterebbe il 9 per cento dei tumori giovanili negli uomini (seconda neoplasia più frequente) e il 7 per cento dei tumori giovanili nelle donne (terza neoplasia più frequente);

   tra i fattori di rischio ambientale, responsabili della sua insorgenza, il più importante si rinviene nell'esposizione ai raggi UV, tanto relativamente alle dosi assorbite e al tipo di esposizione, quanto in rapporto all'età, essendo a maggior rischio l'età infantile e adolescenziale. Tra le fonti di raggi UV rientrano anche le lampade abbronzanti e, dai numerosi studi condotti, si evince un significativo aumento del rischio di melanoma nei soggetti che fanno uso di lampade/lettini solari per l'abbronzatura, laddove il rischio è marcatamente più alto nei soggetti di età inferiore ai 30 anni. Conferma questo assunto anche l'Iarc, l'Agenzia Internazionale per la ricerca sul cancro, che ha classificato l'uso di queste apparecchiature come cancerogeno per l'uomo e responsabile di un aumento del 75 per cento del rischio di melanoma tra coloro che ne fanno uso se in età inferiore ai 35 anni. L'intensità degli ultravioletti artificiali è di 12-15 volte superiore all'esposizione solare naturale;

   in Italia, l'uso di apparecchiature abbronzanti a raggi UV è disciplinato dal decreto 12 maggio 2011, n. 110 (Regolamento di attuazione dell'articolo 10, comma 1, della legge 4 gennaio 1990, n. 1, relativo agli apparecchi elettromeccanici utilizzati per l'attività di estetista). Tale regolamento determina le caratteristiche tecnico-dinamiche, le modalità di esercizio e di applicazione e le cautele d'uso degli apparecchi richiamati dalla legge. In particolare, la scheda tecnico-informativa n. 7 (allegato 2 del regolamento), nel disciplinare le apparecchiature abbronzanti, ossia le lampade abbronzanti UV-A e lampade di quarzo con applicazioni combinate o indipendenti di raggi Ultravioletti (UV) ed infrarossi (IR), ne indica espressamente il relativo divieto di utilizzo ai minori di 18 anni, alle donne incinte, ai soggetti che soffrono o hanno sofferto di neoplasie della cute, nonché a coloro che non si abbronzano o che si scottano facilmente all'esposizione al sole. Tuttavia, la normativa citata non determina una sanzione specifica per i centri che, contrariamente a quanto stabilito, violano la disposizione sul divieto di utilizzo delle lampade abbronzanti da parte dei soggetti di età inferiore ai 18 anni, demandando l'effettiva portata della sanzione amministrativa alla normativa locale. Il controllo sulle disposizioni dei centri estetici è, infatti, in seno agli enti locali, nello specifico alle Asl;

   la legislazione italiana si discosta, in questo, dalle normative vigenti negli altri Paesi europei. In Francia, il legislatore, con la legge n. 41 del 2016, ha previsto apposite sanzioni, tanto in caso di inosservanza del divieto dell'utilizzo delle apparecchiature citate da parte dei minori, per il quale la sanzione consiste in un'ammenda di euro 7.500,00, tanto nei casi di recidiva entro 5 anni per il medesimo reato (ammenda di euro 15.000 e un anno e mezzo di reclusione) e di mancato rispetto dei divieti relativi alle pratiche commerciali (ammenda di euro 100.000). La legislazione francese vieta qualunque pratica commerciale volta a promuovere tariffe promozionali relativamente all'uso delle apparecchiature abbronzanti, nonché la pubblicizzazione di prodotti afferenti;

   la pericolosità per la salute insita nell'utilizzo delle lampade abbronzanti dovrebbe indurre a migliorare il livello di consapevolezza dei cittadini sui rischi che ne derivano, specie tra le fasce di popolazione più giovani, e sulla correlazione tra l'utilizzo degli ultravioletti artificiali e l'insorgere di una delle neoplasie che ha fatto registrare i più alti tassi di crescita negli ultimi anni –:

   se si intendano adottare iniziative per promuovere campagne di informazione, di prevenzione e di sensibilizzazione dei giovani sui rischi connessi all'utilizzo delle apparecchiature abbronzanti, introducendo l'obbligo di pubblicità dei suddetti rischi;

   se non ritenga opportuno intraprendere iniziative finalizzate a dotare l'ordinamento nazionale di un sistema di controlli accurati sul rispetto dei divieti sanciti nella legislazione vigente, insieme alla previsione di un regime sanzionatorio in caso di violazione del divieto di utilizzo da parte dei soggetti minorenni.
(2-00594) «Ianaro, Massimo Enrico Baroni, Bologna, D'Arrando, Lapia, Lorefice, Mammì, Menga, Nappi, Nesci, Sapia, Sarli, Provenza, Sportiello, Troiano, Bilotti, Brescia, Bruno, Buompane, Businarolo, Cabras, Cadeddu, Cancelleri, Luciano Cantone, Cappellani, Carabetta, Carelli, Carinelli, Caso, Cassese».

Interrogazione a risposta scritta:


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), istituita con decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 266, è un ente pubblico non economico nazionale, che svolge una funzione di supporto tecnico e operativo alle politiche di governo dei servizi sanitari di Stato e regioni, attraverso attività di ricerca, monitoraggio, valutazione, formazione e innovazione;

   essa, ai sensi del suo nuovo statuto, approvato il 18 maggio 2018, si configura come organo tecnico-scientifico del servizio sanitario nazionale e rappresenta uno strumento di raccordo tra il livello centrale, regionale e aziendale, garantendo supporto tecnico-operativo in ambito organizzativo, gestionale, economico, finanziario e contabile;

   il ruolo di Agenas è fondamentale per rendere il sistema sanitario sostenibile e capace di gestire situazioni di elevata complessità clinica e organizzativa, assicurando il rispetto degli standard di qualità, quantità, sicurezza, efficacia, efficienza, appropriatezza ed equità dei servizi erogati dalle strutture sanitarie su tutto il territorio nazionale;

   la realizzazione di questi obiettivi avviene principalmente tramite una sistematica attività di misurazione, analisi, valutazione e monitoraggio che consente di individuare, prima che si verifichino anomalie nell'erogazione dei servizi assistenziali, eventuali punti di debolezza delle organizzazioni sanitarie e di adottare tempestivi interventi correttivi, anche favorendo la diffusione e l'implementazione delle migliori pratiche;

   il personale dell'Agenas è attualmente formato solo per 48 unità da dipendenti a tempo indeterminato, mentre al 2017 risultano in essere ben 316 contratti «co.co.co» e 62 incarichi di ricerca, studio e consulenza;

   la situazione di tale precarietà, per compiti di alta e sperimentata professionalità, non rappresenta di sicuro la cornice ideale per condurre l'azione che l'Agenzia deve svolgere;

   la medesima questione è stata già sottoposta all'attenzione del Ministro protempore con l'interrogazione a risposta scritta n. 4/03116 del 19 giugno –:

   se il Ministro interrogato intenda, per quanto di competenza, intraprendere iniziative volte alla stabilizzazione dei rapporti di lavoro di cui in premessa.
(4-04296)

SUD E COESIONE TERRITORIALE

Interrogazione a risposta immediata:


   D'ALESSANDRO, MORETTO e FREGOLENT. — Al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:

   le zone economiche speciali rappresentano una straordinaria ed irripetibile occasione di crescita e di attrazione degli investimenti, pubblici e privati, per lo sviluppo del Mezzogiorno e del Paese;

   lo stato di attuazione delle zone economiche speciali, così come rappresentato dalla stampa specializzata, appare ancora lento, nonostante le risorse stanziate e la possibilità di accedere al credito di imposta per gli investimenti, ai vantaggi doganali ed a procedure di semplificazione e velocizzazione amministrativa;

   fino al 13 novembre 2019 sono state accolte ventisei comunicazioni, presso l'Agenzia delle entrate, per una domanda di circa 40 milioni di euro di investimenti, a riprova di un'ancora limitata attuazione rispetto alle potenzialità offerte;

   le zone economiche speciali possono rappresentare la piattaforma normativa, finanziaria, fiscale e burocratica ottimale per stimolare l'incontro tra domanda di investimenti, locali e stranieri, con la finanza pubblica e privata, di origine anche bancaria (ad oggi si registra una disponibilità dichiarata di 2,6 miliardi di euro per sostenere progetti di insediamento nelle zone economiche speciali), per lo sviluppo di infrastrutture e di piani di insediamento industriale, anche in ragione della collocazione strategica del Mezzogiorno rispetto ai nuovi flussi e interessi commerciali provenienti dalla direttrice est-ovest;

   è emersa da più parti la richiesta ad estendere l'istituzione di zone economiche speciali ulteriori, fuori dal perimetro delle regioni meno sviluppate o in transizione;

   attualmente le zone economiche speciali comprendono almeno un'aerea portuale con le caratteristiche del regolamento dell'Unione europea n. 1315 dell'11 dicembre 2013, collegata alla rete Trans-europea dei trasporti (Ten-T) –:

   quali siano le zone economiche speciali che possono considerarsi operative, quali invece le zone ancora non attivate e per quali ragioni, in tale contesto se si intenda adottare iniziative volte a istituire ulteriori zone economiche speciali fuori dal perimetro delle regioni meno sviluppate ed in transizione e se per area portuale collegata alla rete Ten-T, di cui al regolamento europeo citato in premessa, si intendano compresi i porti classificabili come «core» o anche come «comprehensive».
(3-01192)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:


   SERRACCHIANI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la Permasteelisa è una società italiana leader internazionale nei rivestimenti architettonici di edifici, fondata da Massimo Colomban a Vittorio Veneto nel 1973; dal 2011 è proprietà del gruppo giapponese «Lixil Group» e conta circa 900 dipendenti su scala internazionale;

   già nel 2018 il gruppo giapponese aveva tentato di vendere l'azienda al gruppo cinese Grandland, vendita che si è conclusa con un nulla di fatto, e attualmente si trova sul mercato;

   dubbi e timori per il futuro del gruppo e per le sedi di Vittorio Veneto e di Sacile sono stati espressi anche dai sindacati che si dicono preoccupati per il possibile calo della redditività e le conseguenti ricadute sul fronte della produzione e dell'occupazione, anche nell'intento;

   dalla stampa sono rilanciate voci di soggetti che potrebbero essere interessati all'acquisizione del gruppo, ma senza alcuna reale fondatezza –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione del gruppo Permasteelisa e se abbia già attivato un'interlocuzione con la dirigenza del gruppo, al fine di acquisire notizie dirette e certe;

   se sia intendimento del Ministro attivare un tavolo di confronto alla presenza della dirigenza del gruppo, dei sindacati e delle regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia, intervenendo così prima di ogni possibile decisione di cessione o chiusura, per salvaguardare la produzione e i posti di lavoro.
(4-04293)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Lupi e altri n. 1-00190, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 maggio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Lattanzio.

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Provenza e altri n. 7-00380, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 novembre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Massimo Enrico Baroni.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta immediata in Commissione Martino n. 5-03135 del 13 novembre 2019;

   interpellanza urgente Rossello n. 2-00570 del 25 novembre 2019;

   interpellanza Brunetta n. 2-00580 del 3 dicembre 2019;

   interrogazione a risposta in Commissione n. 5-03225 del 3 dicembre 2019;

   interpellanza Mulè n. 2-00584 del 6 dicembre 2019;

   interpellanza Bartolozzi n. 2-00592 del 9 dicembre 2019.