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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 12 novembre 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   Le Commissioni I e XIII,

   premesso che:

    l'eccessivo aumento di alcune specie di fauna selvatica presenti sul nostro territorio oltre ad essere un rischio per la sicurezza delle persone, nei centri abitati e nelle campagne, comporta gravi danni alle colture agricole, in termini di campi e raccolti distrutti. Una loro naturale presenza e un controllato numero non ha mai creato problematiche particolari, mentre il loro aumento esponenziale, non efficacemente gestito e controllato, sta anche compromettendo, in vaste aree, l'equilibrio di coesistenza tra attività umane e specie animali;

    la gestione della fauna selvatica è una problematica che richiede l'individuazione di soluzioni condivise e di opzioni efficaci, ma non solo in relazione ai danni prodotti ai campi e ai raccolti, frutto del lavoro di chi vive ogni giorno di questo, ma anche a tutela della sicurezza delle persone nei centri abitati e lungo le vie di comunicazione;

    è necessario agire in maniera coordinata su tutto il territorio e impostare interventi di gestione che risultino efficaci a breve termine, ma soprattutto che consentano di stabilizzare la situazione nel lungo periodo, al fine di salvaguardare le nostre produzioni agricole e agroalimentari, nonché proporre soluzioni che portino ad un contenimento delle varie specie di fauna selvatica presenti sul territorio nazionale;

    da anni le rilevanti criticità determinate dai danni causati all'agricoltura e alla zootecnia da alcune specie di fauna selvatica, hanno portato ripercussioni che vanno ad incidere anche sui bilanci economici delle aziende agricole, soprattutto quelle di medie e piccole dimensioni, che vedono compromesso gran parte del reddito ed interessano produzioni di grande qualità ed eccellenza;

    in molte aree del Paese la presenza di ungulati ha raggiunto numeri preoccupanti. I cinghiali selvatici sono animali la cui presenza sul territorio nazionale è diventata oramai incontrollabile;

    in Italia, negli ultimi 10 anni, il numero dei cinghiali selvatici è praticamente raddoppiato, si è passati dai 600.000 del 2005 ai 900.000 del 2010 e nel 2015 avrebbero raggiunto e superato il milione di esemplari, ma questi numeri sono purtroppo delle stime prudenziali calcolate in base ai danni riscontrati, perché un censimento reale della loro popolazione, ad oggi, non è stato concretamente effettuato;

    il cinghiale selvatico rappresenta uno dei principali responsabili, negli ultimi anni, dell'aumento di incidenti stradali causati da fauna selvatica. Questo animale è anche responsabile di gran parte dei danni causati alle produzioni agricole e agli allevamenti; danni ingenti che oggi non riescono ad essere rimborsati integralmente;

    i cinghiali rappresentano anche un rischio reale di trasmissione di epidemie di grande rilevanza e particolarmente gravi, quali la peste suina africana, che, proprio attraverso di essi, rappresenta una minaccia concreta per le produzioni agroalimentari e la zootecnia;

    eventuali abbattimenti programmati dei cinghiali selvatici potrebbero rappresentare un contenimento efficace e un ulteriore prevenzione contro la peste suina africana, tenendo conto che i danni causati da questi al settore agricolo rappresentano da tempo un'emergenza e sicuramente da molto prima della scoperta di focolai della Psa in Belgio;

    nelle fasce collinari e pianeggianti si sviluppano colture agricole, quali grano, mais, orzo, ma anche castagne, farro, mele e uva, che diventano alimento ideale per i cinghiali selvatici. Essi, tra l'altro, sono molti prolifici, basti pensare che una femmina della specie può arrivare a partorire fino a 10 esemplari e in condizioni ottimali anche tre volte all'anno;

    si deve sottolineare che esiste anche il problema legato agli attacchi dei grandi predatori ai greggi ed al bestiame. Fenomeno che non accenna a diminuire. Infatti, si rileva un deciso aumento del numero dei grandi carnivori che viene stimato da 5 a 10 volte in più rispetto alla metà degli anni ’70 del secolo scorso;

    i pastori maggiormente colpiti dagli assalti dei grandi carnivori sono naturalmente coloro i quali esercitano il proprio mestiere in zone montane, e dunque «in alpeggio». Molti pastori sono costretti ad abbandonare il territorio montano, mentre gli allevatori dell'area pedemontana hanno deciso di tutelarsi tenendo i capi in stalla. È necessario intervenire per cercare di contenere gli attacchi di questi predatori che stanno causando ingenti danni alle aziende;

    la problematica dei danni al settore zootecnico provocati dai grandi carnivori è stata portata più volte all'attenzione del Consiglio dei ministri dell'agricoltura a livello di Unione europea, in tale contesto, è stato chiesto alla Commissione di avviare specifiche iniziative volte alla realizzazione di un monitoraggio oggettivo, aggiornato ed omogeneo a livello di Unione europea, anche per disporre di informazioni attendibili sulla reale consistenza e diffusione della loro popolazione e, conseguentemente, condividere le modalità di gestione delle problematiche ad essi legate;

    la recente sentenza n. 215 del 2019 della Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale dell'articolo 1 della legge della provincia autonoma di Trento dell'11 luglio 2018 n. 9 e dell'articolo 1 della legge della provincia autonoma di Bolzano del 16 luglio 2018 n. 11, ha dichiarato che la disciplina provinciale contestata rientri nell'ambito delle competenze legislative statutariamente affidate alle due province autonome di Trento e Bolzano;

    la sentenza ritiene che «Le norme impugnate attribuiscono ai Presidenti delle Province autonome di Trento e di Bolzano la competenza ad autorizzare il prelievo, la cattura e l'uccisione dell'orso e del lupo, specie protette dalla normativa nazionale e sovranazionale, purché ciò avvenga a specifiche condizioni ovvero al dichiarato fine di dare attuazione alla normativa comunitaria in materia di conservazione degli habitat naturali e seminaturali e per proteggere la fauna e la flora selvatiche caratteristiche dell'alpicoltura e conservare i relativi habitat naturali, prevenire danni gravi, specificatamente alle colture, all'allevamento, ai boschi, al patrimonio ittico, alle acque ed alla proprietà, nell'interesse della sanità e della sicurezza pubblica o per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, o tali da comportare conseguenze positive di primaria importanza per l'ambiente. In tali casi, i Presidenti delle Province autonome di Trento e di Bolzano possono autorizzare la cattura e l'uccisione degli esemplari delle specie protette (ursus arctos e canis lupus), previo parere dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e sempre che non sussistano altre soluzioni valide e non venga messa a rischio la conservazione della specie.». In sostanza la Corte ha dichiarato non fondata la questione dando ragione alle Province;

    altro problema, che interessa soprattutto nel Centro-Nord del Paese, è quello legato alle nutrie. Con riguardo a queste, dall'entrata in vigore della legge n. 116 del 2014, è stato modificato il loro status giuridico escludendole, al pari di talpe, ratti, topi propriamente detti e arvicole, dalla fauna selvatica e sono quindi state inserite nell'elenco delle specie nocive per le quali non si applicano le previsioni della legge n. 157 del 1992; pertanto queste sono passate dallo status di «fauna selvatica», e quindi protetta, allo status «specie nociva», alla stregua di animali infestanti e dannosi;

    questo ha comportato il trasferimento della competenza sulla gestione delle nutrie, attualmente in capo alle regioni e alle province, ai comuni nonché ha consentito, nella gestione delle problematiche relative al sovrappopolamento delle nutrie, l'utilizzo di tutti gli strumenti sinora impiegati per le specie nocive (non solo per il contenimento, ma anche per l'eliminazione totale di questi animali analogamente a quanto si fa nelle derattizzazioni);

    successivamente la legge n. 221 del 28 dicembre 2015, ha confermato l'esclusione della nutria dalle specie di fauna selvatica, prevedendo altresì che gli interventi per il controllo, finalizzati all'eradicazione o comunque al controllo delle popolazioni presenti vengano realizzati secondo i modi e le procedure disposte dall'articolo 19 della legge n. 157 del 1992. Titolare dell'attuazione dei piani di controllo sono le regioni;

    la presenza della nutria rappresenta una minaccia per l'incolumità pubblica, in particolare con riferimento al rischio idraulico, all'impatto sulle colture, sulle altre specie animali, oltre al problema sanitario (potenziale vettore di leptospirosi e altre gravi patologie);

    il regolamento (Ue) n. 1143 del 2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2014 reca disposizioni volte a prevenire e gestire l'introduzione e la diffusione delle specie esotiche invasive così come definite all'articolo 3, commi 1 e 2, che chiariscono come per «specie esotica» (o alloctona) si intenda «qualsiasi esemplare vivo di specie, sottospecie o taxon inferiore di animali, piante, funghi o microorganismi spostato al di fuori del suo areale naturale» e per «specie esotica invasiva: una specie esotica per cui si è rilevato che l'introduzione o la diffusione minaccia la biodiversità e i servizi ecosistemici collegati, o ha effetti negativi su di essi»;

    inoltre, il regolamento (Ue) n. 1143 del 2014 ha introdotto specifici obblighi per le specie contemplate nell'elenco delle specie esotiche di rilevanza unionale, che prevedono in particolare l'attuazione di misure di gestione volte all'eradicazione nelle fasi iniziali dell'invasione (articolo 17), o, per le specie ampiamente diffuse, l'attivazione – entro 18 mesi dall'entrata in vigore della norma – di misure di gestione efficaci, consistenti in interventi fisici, chimici o biologici, letali, volti all'eradicazione, al controllo numerico o al contenimento delle popolazioni (articolo 19). La nutria è stata inclusa nel primo elenco delle «specie esotiche invasive di rilevanza unionale», entrato in vigore nel luglio 2016 (regolamento di esecuzione (Ue) 2016/1141 della Commissione del 13 luglio 2016). Tale norma comunitaria ha quindi introdotto diversi obblighi per l'Italia che deve dotarsi di un piano nazionale di gestione della nutria e attivare, in tempi rapidi, efficaci misure di eradicazione o contenimento della specie;

    a quanto sopra si aggiungono tutti i danni arrecati da alcune specie di avifauna, spesso e volentieri difficili da quantificare. Le problematiche derivanti dall'eccessiva presenza dei corvidi nel nostro Paese richiedono di essere affrontate in modo concreto. Allo stesso modo i danni arrecati alle colture agricole, con particolare riferimento alla viticoltura e all'olivicoltura da parte dello storno deve trovare una soluzione che vada oltre la protezione della specie oggi in atto. Infatti, l'Italia è l'unico Paese europeo del bacino del Mediterraneo ove lo storno, pur essendo un migratore, è considerato specie protetta e l'applicazione della deroga prevista dalla direttiva comunitaria è ostacolata dai vincoli previsti dall'Ispra;

    i danni all'agricoltura, in termini di raccolti distrutti, bestiame ucciso, cedimenti delle infrastrutture irrigue, perdita di biodiversità dovute alle specie alloctone e soprattutto rischi sanitari, sia per l'uomo che per la zootecnia, sono valutati in oltre 100 milioni di euro di danni all'anno, stime molto prudenziali. Questo a dimostrazione di quanto una massiccia presenza di questi animali sia un danno e un rischio per l'incolumità dei cittadini e la redditività degli agricoltori;

    la legge n. 157 del 1992 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio) non è più adeguata a rispondere con efficacia alle attuali esigenze gestionali del patrimonio faunistico del Paese, profondamente mutato. È necessario, ammodernare la legge e non parlare più di protezione della fauna selvatica, ma di gestione della fauna selvatica;

    esiste un effettivo problema relativo alla questione dei piani di controllo. La legge n. 157 del 1992, all'articolo 19, comma 2, stabilisce che: «Le regioni, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche, provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia. Tale controllo, esercitato selettivamente, viene praticato di norma mediante l'utilizzo di metodi ecologici su parere dell'istituto nazionale per la fauna selvatica. Qualora l'istituto verifichi l'inefficacia dei predetti metodi, le regioni possono autorizzare piani di abbattimento (...)»;

    in accordo con le regioni, si potrebbero valutare possibili modifiche alla legge n. 157 del 1992 prevedendo la figura dell'operatore volontario, ossia un selecontrollore, che, a seguito di appositi corsi di formazione, a titolo volontario fornisca supporto nell'effettuazione del contenimento numerico della fauna selvatica oggi in capo solo agli agenti dipendenti di regioni, province e città metropolitane;

    il 16 novembre 2018, in accordo con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, è stato istituito un gruppo di lavoro incaricato, fra le altre cose, di formulare proposte per l'adeguamento del quadro normativo relativo ai danni da fauna selvatica;

    per quanto riguarda la problematica relativa al risarcimento dei danni al settore agricolo indotti dalla specie selvatiche, dopo la notifica alla Commissione europea di uno schema di decreto interministeriale teso a disciplinare le modalità di concessione degli aiuti per le misure preventive e per gli indennizzi dei danni provocati da fauna selvatica omeoterma alle produzioni agricole, la Commissione ha informato l'Italia della propria decisione, ritenendolo compatibile con il mercato interno;

    ai sensi dell'articolo 26, comma 1, della legge n. 157 del 1992, le regioni, per far fronte ai danni non altrimenti risarcibili arrecati alla produzione agricola e alle opere realizzate sui terreni coltivati e a pascolo dalla fauna selvatica, devono costituire un fondo destinato alla prevenzione e ai risarcimenti, al quale affluisce una percentuale dei proventi delle tasse per lo svolgimento dell'attività venatoria, e da tempo, tutte le regioni hanno provveduto ad adeguarsi in tal senso,

impegnano il Governo:

   ad assumere, per quanto di competenza, iniziative volte a modificare la legge n. 157 del 1992 al fine di rendere concretamente attuabili ed efficaci i piani di contenimento per una migliore gestione del patrimonio agricolo e zootecnico, consentendo alle regioni e alle province autonome di abilitare, previa frequenza di appositi corsi, operatori muniti di licenza per l'esercizio venatorio;

   ad assumere iniziative, per quanto di competenza, per introdurre misure adeguate e corrispondenti risorse finanziarie, in conformità con la normativa europea, al fine di riparare i danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e zootecniche, alle strutture aziendali agricole, agli impianti produttivi e alle infrastrutture agricole, prevedendo anche l'istituzione di un fondo nazionale che vada a coadiuvare i fondi regionali per riuscire a riparare i danni da fauna selvatica;

   ad intervenire urgentemente con iniziative rapide ed efficaci per contrastare il fenomeno del crescente aumento del numero di ungulati nocivi al fine di evitare che il futuro dell'agricoltura venga irrimediabilmente compromesso in quanto gli agricoltori sono fortemente preoccupati per i danni ingentissimi alle loro coltivazioni e al bestiame;

   a porre in essere azioni, per quanto di competenza, al fine di prevenire ed arginare gli attacchi dei predatori, che in questi anni stanno creando disagi enormi ai pastori ed agli allevatori, in modo tale da tutelare e preservare il loro lavoro;

   a proseguire con lo stesso impegno ed efficacia sulle linee già tracciate dal Ministro dell'agricoltura pro tempore al fine di approfondire le problematiche esposte in premessa, congiuntamente alle altre competenti amministrazioni periferiche, in modo da poter poi individuare soluzioni utili da attivare sia a livello normativo, sia a livello operativo sul territorio, al fine di salvaguardare le produzioni agricole e agroalimentari italiane;

   a monitorare, controllare e contenere l'aumento di grandi carnivori, non solo ai fini di un equilibrio ambientale, ma anche in relazione ad un problema di sicurezza pubblica che non si deve sottovalutare;

   a valutare l'opportunità, per quanto di competenza, di assumere iniziative normative per conferire autonomia alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano per garantire la gestione, la salvaguardia e il monitoraggio dello stato di conservazione dei grandi carnivori, e dei relativi habitat di interesse comunitario, da parte delle autorità più vicine alle problematiche territoriali, conferendo ad esse la possibilità di regolare anche eventuali «prelievi», in deroga alla normativa vigente, qualora siano a rischio l'incolumità della popolazione locale e la pacifica convivenza con animali predatori, così come emerge anche dalla recente sentenza della Corte costituzionale n. 215 del 2019;

   a mettere in atto proposte e progetti innovativi a livello nazionale per provvedere alla gestione della nutria in tempi rapidi al fine di contenere il fenomeno, nonché ad assumere iniziative per istituire, con adeguate risorse finanziarie, un Fondo nazionale per il finanziamento di piani regionali affinché sia fatto tutto il possibile per aiutare gli agricoltori e le comunità locali contro i danni provocati dalla nutria all'economia agricola, alla rete irrigua, al suolo e alla salute pubblica;

   ad intraprendere iniziative tese ad agevolare l'applicazione del prelievo in deroga della specie storno da parte delle regioni, superando gli attuali vincoli disposti da Ispra con l'obiettivo di raggiungere il più velocemente possibile l'inserimento di questa specie tra quelle cacciabili, come già previsto nei Paesi europei del Mediterraneo.
(7-00367) «Liuni, Iezzi, Viviani, Golinelli, Guidesi, Manzato, Bubisutti, Gastaldi, Lolini, Loss, Lucchini, Gava, Covolo, Badole, Benvenuto, D'Eramo, Gobbato, Parolo, Raffaelli, Valbusa, Vallotto, Bordonali, De Angelis, Invernizzi, Maturi, Molteni, Stefani, Tonelli, Vinci».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   l'apertura di corridoi umanitari (CU) rappresenta uno strumento innovativo ed aggiuntivo di accoglienza, ad alto profilo umanitario, frutto nel nostro Paese di un protocollo d'intesa tra il Governo della Repubblica italiana e le organizzazioni della società civile promotrici, per concedere ai potenziali beneficiari di protezione internazionale, in specie i soggetti più vulnerabili, l'arrivo in Italia, in modo legale ed in condizioni di sicurezza;

   tra i principali obiettivi del progetto attuato attraverso lo strumento dei CU c'è quello di contrastare il business criminale dei trafficanti di esseri umani e di concedere a persone in condizioni di vulnerabilità (ad esempio vittime di persecuzioni, torture e violenze) un ingresso legale sul territorio italiano con visto umanitario e successiva presentazione della domanda di asilo. Questo processo è sicuro, anche per chi accoglie, dal momento che il rilascio dei visti umanitari prevede i necessari controlli da parte delle autorità italiane;

   il 27 ottobre 2017, con l'arrivo da Beirut (Libano) dell'ultimo gruppo di profughi – soprattutto siriani – all'aeroporto di Roma-Fiumicino, è stata raggiunta la soglia massima di 1000 beneficiari prevista dal primo protocollo sottoscritto tra le parti il 15 dicembre 2015. Valutata la sostenibilità del progetto, il 7 novembre 2017 il protocollo è stato rinnovato per il biennio 2018/19 per altri 1.000 beneficiari;

   la positività dei risultati ottenuti dall'attivazione dei CU – attestata dal grado di inserimento sociale raggiunto dai singoli e dai nuclei familiari che hanno beneficiato del progetto – è stata resa possibile, in Italia, dall'attività di sostegno offerta in maniera gratuita dagli organismi della Tavola Valdese, Federazione delle Chiese evangeliche italiane, Comunità di Sant'Egidio, Cei e Caritas, che, in collaborazione con le istituzioni italiane, hanno permesso l'accoglienza in Italia, in legalità e sicurezza, di profughi in condizione di vulnerabilità;

   l'azione umanitaria promossa con i CU costituisce una best practice di grande importanza anche a livello europeo, come dimostrato, tra l'altro, dall'attivazione di esperienze analoghe avviate in altri Stati in Europa (ad esempio Francia, Belgio, Andorra) – pur nelle differenze dei singoli ordinamenti nazionali – e dall'interesse crescente mostrato nei confronti di iniziative volte a creare canali complementari di accesso legale per richiedenti asilo e rifugiati con il coinvolgimento del settore privato e della società civile; inoltre, i corridoi umanitari costituiscono un esempio concreto di risposta comunitaria solidale da parte della società, ispirata ai valori della cura, della solidarietà e dell'accoglienza, strettamente connessi tra loro;

   il quadro normativo europeo e nazionale in materia di protezione internazionale già ora prevede alcuni istituti normativi che offrono basi legali adeguate a sostenere il progetto dei CU: ad esempio, l'articolo 25 del regolamento (CE) n. 810/2009 del 13 luglio 2009, che istituisce il codice comunitario dei visti, prevede per uno Stato membro la possibilità di rilasciare visti d'ingresso con validità territoriale limitata, con lo scopo di consentire l'ingresso in maniera legale ed in condizioni di sicurezza personale;

   il progetto dei CU ha ottenuto importanti riconoscimenti da diversi esponenti istituzionali italiani ed internazionali: in particolare, i corridoi umanitari hanno ricevuto il Premio Nansen 2019 per i Rifugiati dell'Unhcr, con cui ogni anno l'Alto commissariato Onu per i rifugiati premia singoli individui o realtà associative che si distinguono per il sostegno prestato ai rifugiati nel mondo;

   le questioni relative al fenomeno migratorio – che rappresentano un tema centrale nell'agenda europea – non possono più essere considerate emergenziali, ma devono trovare soluzioni strutturali e condivise a livello di Unione europea, anche attraverso l'individuazione di canali legali alternativi per persone bisognose di protezione, sperimentando forme innovative di accoglienza –:

   a fronte della emergenza migratoria in atto, se e con quali strumenti il Governo intenda promuovere e farsi portavoce, nelle opportune sedi comunitarie, anche in vista del prossimi Consigli affari interni ed affari generali dell'Unione europea e del Consiglio europeo di dicembre 2019, di iniziative concrete – come l'esperienza realizzata nel nostro Paese – finalizzate alla apertura di corridoi umanitari europei verso altri Stati membri dell'Unione europea, nel quadro di un progetto comune condiviso per la difesa dei diritti dei profughi.
(2-00554) «Bruno, Galizia, De Giorgi, Di Lauro, Giordano, Grillo, Ianaro, Olgiati, Papiro, Penna, Scerra, Spadoni, Torto, Leda Volpi, Grippa, Gubitosa, Invidia, Iovino, Lombardo, Gabriele Lorenzoni, Lovecchio, Macina, Maglione, Marino, Martinciglio, Marzana, Migliorino, Misiti, Pallini, Palmisano, Parentela, Parisse, Paxia».

Interrogazioni a risposta scritta:


   COVOLO e BADOLE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la tempesta Vaia del 26-30 ottobre 2018 è un evento che si è verificato sul Nordest italiano (interessando quasi essenzialmente l'area montana) a seguito di una forte perturbazione di origine atlantica che ha portato sulla regioni persistenti piogge a partire dal 26 ottobre 2018. A questo si è aggiunto anche un fortissimo vento caldo di scirocco che, soffiando tra i 100 e i 200 km/h per diverse ore, ha provocato la morte di 14 milioni di alberi su una superficie di 41 mila ettari di foreste alpine;

   le zone più colpite in Veneto sono state quelle dell'Agordino, del Cadore, del Feltrino, del Comelico, e del Vicentino (Altopiano di Asiago/Sette Comuni);

   sono stati rasi al suolo migliaia di alberi in particolare sull'Altopiano di Asiago/Sette Comuni (Val d'Assa e Piana di Marcesina), e, per quanto riguarda il bellunese, in Val Visdende, nell'alto Agordino (Rocca Pietore, Colle Santa Lucia, Caprile e Alleghe);

   a distanza di un anno i segni del passaggio dell'uragano sono ancora ben visibili (sei alberi su dieci sono ancora a terra);

   montagne e valli in alcuni tratti sono praticamente irriconoscibili. Sono partiti i lavori di pulizia dei boschi e di rifacimento di strade, ponti, argini, con 1746 cantieri finora aperti soltanto in provincia di Belluno;

   la mancanza di copertura vegetale lascia il campo libero a frane e smottamenti in caso di forti piogge, senza dimenticare gli effetti sulla grande varietà di vegetali e sulla popolazione di mammiferi, uccelli e rettili che popolano i boschi;

   la stima definitiva dei danni in Veneto (la regione più colpita) è di 1 miliardo e 769 milioni di euro, mentre le stime per il Trentino sono sui 250-300 milioni di euro, 85,4 milioni per l'Alto Adige, 615 milioni di euro per il Friuli. In Lombardia le stime sono sui 40 milioni di euro di danni;

   al danno ambientale si aggiunge quello economico, con importanti ripercussioni sull'intera filiera del legno e sul turismo e sulle attività legate alla raccolta dei frutti del bosco, in aree spesso a rischio di spopolamento. I proprietari pubblici e privati dei boschi distrutti stanno affrontando maggiori costi per la rimozione del legname e per il ripristino del bosco, ma anche le conseguenti perdite per la svalutazione del prezzo del legname –:

   quali iniziative urgenti di competenza il Governo intenda adottare per destinare gli occorrenti fondi e contributi alle aree colpite dalla tempesta e per ripristinare l'originario ecosistema, ora fortemente danneggiato.
(4-04075)


   LAZZARINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   con riferimento al territorio della regione Veneto, l'Anas, su richiesta del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ha espresso la volontà a riacquisire competenze su circa 467 chilometri di strade, ora classificate regionali, e su circa 204 chilometri di strade ora classificate provinciali, queste ultime in gran parte ex statali, con una proposta di riclassificazione a strade di interesse nazionale per complessivi 700 chilometri circa; tale proposta ha già acquisito il parere favorevole delle commissioni parlamentari e del Consiglio superiore dei lavori pubblici ed è stata inviata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, alla Presidenza del Consiglio dei ministri, ai fini dell'emanazione dell'apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;

   i tratti di rete oggetto di proposta di riclassificazione, da regionali/provinciali a statali, risultano direttrici caratterizzate da importanti flussi di traffico, in alcuni casi con carreggiate separate, su cui sono in attuazione o programmati importanti interventi di ammodernamento e che rivestono una funzione rilevante di collegamento di livello regionale e nazionale;

   regione Veneto, in accordo con Anas, ha già provveduto a individuare una prima tranche di investimenti sulla rete in rientro per un importo complessivo pari ad 85 milioni di euro;

   ci sono diversi progetti che attendono questi finanziamenti con assoluta priorità, come la Sr10-Strada Padana Inferiore e Superiore e la Galleria Pala Rossa a Lamon;

   in particolare, sono attesi da anni i lavori sulla strada Padana Inferiore, già inserita nell'elenco delle strade da riclassificare, che si estende per 40,2 chilometri tra le province di Verona e Padova, attraversando i comuni di Legnago (Verona), Minerbe (Verona), Bevilacqua (Verona), Montagnana (Padova), Urbana (Padova), Megliadino San Fidenzio (Padova), Santa Margherita d'Adige (Padova), Ponso (Padova), Ospedaletto Euganeo (Padova), Carceri (Padova), Este e Monselice (Padova);

   rappresentanti e responsabili degli enti locali e territoriali, soprattutto i sindaci, sono preoccupati per le complicazioni economiche che potrebbero derivare dai rallentamenti nell'esecuzione dei lavori e per le inevitabili conseguenze per tutti i cittadini interessati, esprimono sconcerto per i ritardi della firma del decreto anche in considerazione del fatto che l'istruttoria per l'emanazione del provvedimento era già stata conclusa da parte del precedente governo e temono un cambio di programma e delle priorità da parte del Governo in carica –:

   entro quali tempi si preveda di emanare il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e se si intendano confermare gli elenchi delle strade da riclassificare come già decise dal precedente Governo.
(4-04076)


   BIGNAMI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   era il 6 luglio del 1946 quando Egea Haffner, nata a Pola nel 1941, veniva ritratta in una fotografia con la sua valigia di cartone che riportava la scritta «esule giuliana», poco prima della partenza forzata dalla sua città; questa triste immagine è divenuta poi il simbolo del tragico esodo giuliano-dalmata che nel 1947 ha costretto, a causa delle persecuzioni titine, più di 300.000 italiani d'Istria, Fiume e Dalmazia ad abbandonare per sempre i propri beni e le proprie terre;

   nel 2004 e stato istituito in Italia il giorno del Ricordo, celebrato il 10 febbraio di ogni anno, in memoria delle migliaia di vittime delle foibe, dell'esodo giuliano-dalmata e degli atroci e sanguinosi eventi avvenuti in quelle terre alla fine della seconda guerra mondiale ad opera delle milizie jugoslave di Tito che hanno segnato una delle pagine più drammatiche della storia nazionale, purtroppo colpevolmente dimenticati per quasi sessant'anni;

   proprio quella storica fotografia di Egea Haffner è divenuta un'immagine simbolo del giorno del Ricordo, rappresentata anche nei tanti manifesti celebrativi della ricorrenza –:

   se, in virtù di quanto sopra espresso, intenda promuovere per quanto di competenza, il conferimento di un riconoscimento da parte delle istituzioni italiane a Egea Haffner, testimone ed emblema di quella ferita insanabile che fu l'esodo giuliano-dalmata.
(4-04081)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   AMITRANO, SPORTIELLO, BRUNO, DE LORENZO, SARLI e FRATE. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   l'Archivio storico municipale di via Pontenuovo a Napoli possiede vari fondi documentari, un corpus archivistico antico dal 1387 al 1860 riguardante le deliberazioni di comuni aggregati, un fondo cartografie e disegni, un fondo fotografico, un fondo istituzioni di pubblica assistenza e beneficenza, emeroteca, biblioteca, raccolta di leggi e decreti che ricoprono il periodo dal 1806-1980;

   nell'Archivio storico sono custoditi migliaia di faldoni con atti della Napoli Secentesca e Settecentesca; nelle stanze sono conservati pezzi pregiatissimi come le lettere autografe di Giuseppe Verdi che si rammarica di non poter assumere la direzione del conservatorio di Napoli e il progetto originale di Vanvitelli per la realizzazione della Villa comunale;

   di notevole importanza storica è lo stabile dell'Archivio storico, ex Ritiro di Santa Maria della Purificazione e dei Santi Gioacchino ed Anna a via Pontenuovo edificato alla fine del Seicento; dal 2016 lo stabile è stato dichiarato pericolante, destando preoccupazioni nell'opinione pubblica del territorio, in quanto, tutti i documenti prodotti a Napoli dal 1300 all'Unità d'Italia, risulterebbero non trovare una idonea collocazione;

   si apprende da diversi organi di stampa, tra cui un articolo pubblicato il 4 novembre 2019 su Il Mattino che attualmente l'Archivio storico di Napoli a causa di gravi problemi di tenuta statica dell'edificio, si troverebbe dal 15 ottobre 2019 in una situazione di grave carenza di personale archivistico, trasferito presso altri uffici comunali, tale da impedire notevolmente la fruizione del servizio al pubblico, poiché a quanto risulta, l'Archivio storico resterebbe chiuso e inagibile con all'interno un patrimonio storico documentario incustodito e a rischio di sciacallaggio;

   l'Archivio è una vera e propria memoria storica di fondi preziosi che documentano l'evoluzione della storia sociale, culturale e politica della città di Napoli, patrimonio documentario – già soggetto, nel tempo, a distruzioni, scomposizioni di raccolte unitarie e dispersione di materiale storico – che rischia di subire uno smembramento ulteriore, difficilmente recuperabile attesa la connotazione di massima urgenza con la quale già dal 2016 si stava dando corso al trasferimento del materiale; si apprende, da dichiarazioni dei competenti assessorati comunali rese alla stampa nel 2016, che la programmazione dei fondi destinati alla ristrutturazione dell'antico stabile dove è situato l'Archivio, risulterebbe già approvata dal comune di Napoli e dalla regione Campania –:

   se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto e se non ritenga opportuno adottare iniziative, per quanto di competenza, per il tramite della soprintendenza archivistica e bibliografica e di concerto con il comune di Napoli al fine di tutelare l'integrità e la conservazione del patrimonio documentario custodito presso l'Archivio, consentendo, altresì, la coerente fruizione al pubblico, soprattutto a studiosi e ricercatori impegnati nel panorama storico e culturale della città.
(4-04074)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   PICCOLO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   costituisce un grave fattore di rischio per l'insorgenza di patologie tumorali l'esposizione al gas radon, presente in varia concentrazione sul territorio nazionale;

   l'amministrazione della Difesa ha subìto una condanna in primo grado nella controversia che l'ha coinvolta in merito alle patologie gravissime che hanno colpito alcuni militari di stanza in caverna in una importante installazione militare di rilevanza internazionale;

   il personale è la prima risorsa delle Forze armate e merita di essere tutelato;

   sarebbe importante procedere innanzitutto a una valutazione dello stato del rischio gravante sui militari in relazione alla loro esposizione al radon –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere per contenere al massimo il rischio per la salute dei militari rappresentato dalla loro eventuale esposizione al radon;

   se, in particolare, il rischio legato al radon sia stato mappato e, qualora così sia stato, a quali conclusioni sia giunto il Ministero della difesa.
(4-04073)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PELLICANI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 6 novembre 2019 la Guardia di finanza di Venezia ha eseguito un arresto, 80 perquisizioni in tutta Italia e ha iscritto 34 persone nel registro degli indagati, nell'ambito di un'inchiesta che coinvolge 19 imprese operanti nel settore della cantieristica navale, sub-affidatarie di lavori per conto di Fincantieri;

   le indagini hanno portato alla luce diversi reati come sfruttamento della manodopera, corruzione tra privati, dichiarazioni fraudolente ed emissione di fatture false, e coinvolgono anche 12 dirigenti della società, compreso il direttore dello stabilimento di Marghera. Uno dei testimoni chiave sarebbe Angelo Di Corrado, arrestato nel febbraio 2019, nell'ambito dell'inchiesta «At Last», con l'accusa di essere il professionista di fiducia del boss dei Casalesi Luciano Donadio;

   a quanto si apprende diverse decine di lavoratori, quasi tutti stranieri, venivano retribuiti con pochi euro l'ora, senza ferie, permessi per malattia, con il metodo della cosiddetta «paga globale», che consiste nel certificare in busta paga il compenso in base al contratto collettivo nazionale di lavoro, ma al lavoratore veniva corrisposto un importo inferiore, aggiungendo alla busta paga voci fittizie come un minor numero di ore, anticipo del TFR e altro; o addirittura le aziende si facevano restituire dai lavoratori il denaro in contanti. A quanto risulta, i lavoratori venivano costretti ad accettare queste condizioni per preservare il posto di lavoro e per i permessi di soggiorno;

   da tempo le organizzazioni sindacali, in particolare la Fiom-Cgil, denunciavano questi fenomeni, attraverso esposti alla procura, dichiarazioni pubbliche e volantini;

   inoltre, le aziende appaltatrici coinvolte avrebbero pagato diverse tangenti (somme di denaro o regali come computer e orologi), spesso anche mensilmente, ai dirigenti Fincantieri per aumentare le commesse oppure il numero di ore (e conseguentemente anche il guadagno) rispetto a quelle pattuite per terminare un lavoro;

   Fincantieri, che conta 8 stabilimenti in Italia, oltre 8.600 dipendenti diretti e un indotto di quasi 50 mila addetti, è controllata dal Ministero dell'economia attraverso Cassa depositi e prestiti che detiene circa il 70 per cento delle azioni –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare, per quanto di competenza, per fare piena luce sulla vicenda e per chiarire la posizione di Fincantieri, un'azienda italiana, controllata al 70 per cento dallo Stato, leader nella progettazione e nella costruzione di navi da crociera, e operatore di riferimento in tutti i settori della navalmeccanica ad alta tecnologia, e dei suoi dirigenti; quali iniziative di competenza si intendano intraprendere per tutelare i lavoratori delle imprese subaffidatarie.
(5-03114)

GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   la legge 23 giugno 2017, n. 103, ha modificato in parte la disciplina dei costi delle intercettazioni, conferendo una delega al Governo – non esercitata – al fine di ridurre quella che negli anni è sempre stata la voce di spesa più pesante messa in conto al bilancio dello Stato dagli uffici giudiziari, e che da tempo supera l'80 per cento del totale;

   secondo le rilevazioni della direzione generale statistica del Ministero della giustizia, nel 2017 la spesa per intercettazioni a carico dell'erario è stata di 168,8 milioni di euro, più o meno in linea con quella del 2016 (168,9 milioni);

   nel 2017 sono stati oltre 127 mila i «bersagli»; ad avere il peso specifico maggiore sono le intercettazioni telefoniche, più di 106 mila, mentre appena 16 mila sono state quelle ambientali;

   le imprese attive nel settore delle intercettazioni, associate all'Iliia, sono 148 con 1.910 dipendenti e 198 mila interventi all'anno e un fatturato di 285 milioni;

   come emerge dall'inchiesta di Milena Gabanelli e Mario Gerevini del 14 luglio 2019, si tratta di un universo che raccoglie aziende private molto diversificate tra loro che trattano dati altamente sensibili; alcune delle più strutturate aziende del comparto hanno un fatturato che oscilla tra i 20 ed i 30 milioni come la Rcs, la Innova, la Ips, la Loquendo. Negli altri casi si tratta di piccole imprese a sostanziale conduzione familiare che fatturano centinaia di migliaia di euro;

   nell'aprile 2019 è scoppiato il caso dei dati captati nelle intercettazioni della procura di Benevento (ma anche della direzione centrale dei servizi antidroga e di altre procure, oltre che di partner privati), gestiti dall'azienda Stm Srl a seguito di gara di appalto, dati che anziché finire sul server dei magistrati – risultati vuoti – arrivavano su un cloud Amazon negli Stati Uniti;

   nel mese di maggio 2019, la procura di Perugia trasmette al Consiglio superiore della magistratura i verbali di conversazioni intercettate tra magistrati, componenti del Csm e politici aventi a oggetto il futuro assetto delle nomine dei principali uffici giudiziari. Come ricorda un articolo del Riformista del 9 novembre 2019, nonostante la loro segretezza, le conversazioni intercettate con il virus informatico denominato trojan horse vengono interamente pubblicate dagli organi di stampa; come immediata conseguenza i consiglieri coinvolti si dimettono e l'originario assetto del Csm viene totalmente stravolto;

   il problema non riguarda solo la sicurezza nella gestione dei dati intercettati dall'autorità giudiziaria all'interno di indagini penali, che possono essere strettamente connessi alla sicurezza dello Stato e alla vita delle persone; lo spyware Exodus, realizzato da una compagnia italiana, sarebbe infatti stato distribuito negli ultimi due anni su dispositivi Android attraverso almeno una ventina di «app» scaricabili dalla piattaforma ufficiale Play Store di Google e avrebbe infettato i dispositivi di diverse centinaia di cittadini italiani, che non avevano nulla a che fare con inchieste e procedimenti penali;

   come ha affermato il Garante per la protezione dei dati personali, Antonello Soro, «la notizia dell'avvenuta intercettazione di centinaia di cittadini del tutto estranei ad indagini giudiziarie, per un mero errore nel funzionamento di un captatore informatico utilizzato a fini investigativi, desta grande preoccupazione; (...) emerge con evidenza inequivocabile la notevole pericolosità di strumenti, quali i captatori informatici, che per quanto utili a fini investigativi rischiano, se utilizzati in assenza delle necessarie garanzie anche soltanto sul piano tecnico, di determinare inaccettabili violazioni della libertà dei cittadini»;

   lo stesso Garante ha affermato che «tali considerazioni erano state già rivolte al Governo, in sede di parere tanto sullo schema di decreto legislativo di riforma della disciplina delle intercettazioni che ha normato il ricorso ai trojan, quanto sullo schema di decreto attuativo che avrebbe, appunto, dovuto introdurre garanzie adeguate nella scelta dei software da utilizzare»;

   attualmente nei rapporti con le società di intercettazione ogni procura si regola diversamente, e spesso il criterio per la scelta è quello del prezzo più basso;

   come affermato dai capi delle maggiori procure italiane, occorrerebbe un quadro centralizzato di norme, controlli e verifiche sull'attività di queste società, anche attraverso la creazione di un albo o un’authority di controllo, al fine di verificare che esse siano abilitate al trattamento di informazioni, documenti o materiali classificati dal grado di riservatissimo fino a segretissimo; sarebbe inoltre opportuno emanare un bando centralizzato in cui il Ministero stabilisca «un prezzario nazionale»;

   a quanto si apprende, sul prezzario è stato costituito presso il Ministero della giustizia un apposito tavolo di lavoro e in vista del processo penale telematico il Ministero sta operando presso le sedi della procura della Repubblica per l'installazione di server ministeriali la cui finalità è anche quella di innalzare ulteriormente i livelli di sicurezza –:

   se intenda adottare iniziative per rivedere il decreto ministeriale 20 aprile 2018 recante «disposizioni di attuazione per le intercettazioni mediante inserimento di captatore informatico e per l'accesso all'archivio informatico a norma dell'articolo 7, commi 1 e 3, del decreto legislativo 29 dicembre 2017, n. 216», recependo le osservazioni del Garante per la protezione dei dati personali;

   quali iniziative abbia intrapreso o intenda intraprendere per assicurare che le società che vendono questi servizi siano vincolate a misure tecniche di sicurezza più stringenti ed efficaci secondo gli standard internazionali e per impedire ulteriori violazioni in futuro, al fine di contemperare la possibilità di utilizzare tali strumenti investigativi con il rispetto di garanzie elevate per la sicurezza dello Stato e la libertà dei cittadini.
(2-00553) «Magi, Schullian».

Interrogazione a risposta scritta:


   DE MARTINI e ZOFFILI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   dopo la soppressione della sezione distaccata di Olbia, il tribunale di Tempio Pausania (Sassari) ha competenza su tutto il nord-est della Sardegna; ad oggi è la zona con la maggiore crescita economica della regione dove è riscontrabile di conseguenza la presenza di importanti realtà produttive, occupazionali ed economico-finanziarie: laddove c'è economia in fase di sviluppo, si trovano spesso interessi criminali da contrastare;

   è necessario che non si verifichino contesti di totale paralisi degli uffici giudiziari che portino a situazioni di denegata giustizia;

   tale è viceversa la situazione del tribunale di Tempio Pausania: la grave situazione di carenza di organico, che perdura ormai da lustri, è ormai cronicizzata, perché mai risolta. Si tratta di una situazione insostenibile che necessita di soluzioni definitive: ci sono 25 mila processi pendenti; in organico ci sono undici magistrati, ma di fatto sono operativi solo quattro al penale e due al civile, oltre al presidente del tribunale;

   le piante organiche del tribunale di Tempio Pausania sono sensibilmente sottodimensionate, in ragione di attribuzioni numeriche fondate su criteri estremamente risalenti nel tempo, del tutto indifferenti alla evoluzione economica e sociale del territorio degli ultimi decenni, alla quantità di pendenze e di sopravvenienze sia assolute che relative alla popolazione del circondario;

   il tribunale assiste ad una ormai cronica carenza di personale giudicante, requirente, amministrativo in misura percentuale assolutamente rilevante, anche in relazione alla insufficiente dotazione assegnabile;

   negli ultimi anni è drasticamente diminuito il tempo di permanenza medio dei singoli magistrati assegnati a detta sede e la carenza di magistrati, da un lato, e il loro rapido e continuo avvicendamento, dall'altro, rendono oltremodo difficile la gestione dei processi, sia in sede civile che in quella penale che in quella di volontaria giurisdizione;

   i magistrati in servizio hanno un carico medio di lavoro, secondo quanto certificato dalla presidenza del tribunale, pari a circa il triplo rispetto ai loro colleghi omologhi di tutti gli altri tribunali sardi;

   la penuria di personale amministrativo paralizza il lavoro delle cancellerie e impedisce il tempestivo svolgimento degli adempimenti e delle comunicazioni, dando inevitabile adito a eccezioni che portano a rinnovazione di atti, rinvii di udienze, duplicazione di attività;

   le soluzioni adottate in questi anni – costituite perlopiù dall'invio di magistrati in applicazione temporanea – si sono rivelate, a giudizio degli interroganti, inutili, quando non addirittura controproducenti, la situazione descritta rende di fatto impossibile l'ordinaria attività giudiziaria, sterilizza qualsiasi iniziativa da parte degli avvocati nell'interesse dei propri assistiti, dilata oltre ogni limite accettabile la risposta degli uffici in relazione a qualsiasi esigenza della popolazione;

   tale situazione oggettiva si traduce in un aumento costante dell'arretrato nella gestione delle cause, in un tasso di prescrizione dei processi penali che, tra il primo e il secondo grado, arriva a percentuali vicine alla totalità, in una abnorme dilatazione dei tempi di celebrazione dei processi, dell'emissione dei provvedimenti, degli scioglimenti di riserva, del deposito delle sentenze;

   la situazione esistente, oggetto di reiterate ispezioni da parte del Ministero della giustizia, è senz'altro gravemente lesiva dei diritti costituzionali dei cittadini; inoltre, la gravità della situazione descritta ha portato l'Assemblea degli avvocati del Foro di Tempio Pausania a deliberare l'astensione ad oltranza degli iscritti da ogni attività nelle udienze civili, penali, amministrative e tributarie a far data dal 30 settembre 2019 –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione in cui versa il tribunale di Tempio Pausania in merito al sottodimensionamento dell'organico e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare per risolvere definitivamente una situazione che perdura da troppo tempo evitando il blocco del tribunale medesimo.
(4-04078)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   la delibera del Cipe n. 121 del 2001 reca gli interventi per il collegamento «Pontina-A12-Appia», con una previsione di costo di 1,136 milioni di euro, riferito alla Pedemontana di Formia e al Corridoio tirrenico meridionale, e per il collegamento «Cisterna-Valmontone», con una previsione di costo di 309,874 milioni di euro;

   rispetto al progetto integrato originale il nuovo progetto integrato denominato «Sistema intermodale integrato Roma-Latina» è costituito dalla tratte A12 (Roma-Civitavecchia) Roma Tor de Cenci-Latina Borgo Piave (ex 1° stralcio funzionale) bretella Cisterna-Valmontone (codice B21B06000520001);

   l'intervento consiste nella realizzazione di 99,8 chilometri di autostrada: 68,3 chilometri relativi all'asse autostradale Roma-Latina (16 chilometri di nuova realizzazione tra A12 e Tor de Cenci e 52,3 chilometri, fra interventi di nuova realizzazione e di miglioramenti in sede, tra Tor de Cenci e Latina); 31,5 chilometri relativi all'asse autostradale Cisterna-Valmontone nuova (tutti di nuova realizzazione). Sono inoltre previsti 46,2 chilometri di opere connesse, tra nuove realizzazioni e miglioramenti in sede: la viabilità di adduzione alla barriera di Latina/Borgo Piave per circa 20,7 chilometri, suddivisi in tangenziale di Latini per 12,4 chilometri e miglioramento funzionale della provinciale Borgo Piave-Foce Verde per 8,3 chilometri; viabilità di adduzione al casello di Aprilia nord per 5,2 chilometri; viabilità di adduzione del casello di Aprilia sud per 2,8 chilometri; viabilità di adduzione allo svincolo Artena-Cori-Lariano per 11,7 chilometri e viabilità di adduzione e al casello di Labico per chilometri;

   il progetto definitivo del collegamento Cisterna-Valmontone è stato redatto dalla regione Lazio, mediante la società regionale Arcea Lazio spa, e conferito ad Autostrade del Lazio spa subentrato come soggetto aggiudicatore (delibera del CIPE n. 55 del 2008), successivamente approvato con delibera del Cipe n. 88 del 2010, a conclusione della conferenza di servizi;

   la delibera n. 88 del 2010 autorizza a bandire una gara di concessione unica comprendente anche il collegamento Roma (Tor de’ Cenci)-Latina ed il collegamento A12-Roma (Tor de’ Cenci), previa approvazione da parte del Cipe del progetto definitivo di quest'ultimo tratto, avvenuta il 2 agosto 2013, con pubblicazioni sulla Gazzetta Ufficiale n. 2 del 3 gennaio 2014;

   nel dicembre 2016 a seguito di gara bandita da Autostrade per il Lazio è effettuata la concessione definitiva di costruzione, gestione per la progettazione, realizzazione e gestione dell'opera all'impresa Consorzio Stabile SIS-Società consortile per azioni;

   l'opera veniva riportata nei diversi documenti di economia e finanza nell'arco degli anni, nonché da ultimo nell'allegato infrastrutture al Def 2019 e nell'allegato in infrastrutture al Def 2018, mentre nessun riferimento è contenuto nel Def 2019;

   la delibera del Cipe n. 41 del 2008 proroga di due anni il termine per eseguire gli espropri di pubblica utilità come previsti dalla richiamata delibera n. 88 del 2010 per alcuni interventi tra i quali la Cisterna-Valmontone e le opere connesse: «tangenziale di Labico», «asse secondario tra la Strada regionale Ariana e la Strada provinciale Artena-Cori», «tangenziale di Lariano»;

   con delibera n. 44 del 2018 è stata disposta la reiterazione per sette anni del vincolo preordinato all'esproprio su aree e immobili interessati dalla realizzazione;

   in data 9 ottobre 2019, come riportato dalle agenzie di stampa, si è svolto un incontro tra il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e il presidente della regione Lazio Nicola Zingaretti avente per oggetto le grandi opere infrastrutturali della regione Lazio. A quanto si è appreso sempre da fonti di stampa al termine dell'incontro il presidente della regione Lazio ha dichiarato la disponibilità del Governo a fornire le risorse necessarie per il completamento di una serie di opere infrastrutturali, tra cui la Roma-Latina era positiva;

   proprio sulla disponibilità del Governo ad assumere iniziative finalizzate a favorire un sollecito e concreto avvio dei lavori di realizzazione del progetto autostradale Roma-Latina e della citata Bretella Cisterna-Valmontone è da tempo in attesa si risposta l'atto di sindacato ispettivo 2-00378 presentato dal primo firmatario del presente atto;

   la Pontina, già strada regionale 148, nel gennaio 2019 è stata riclassificata quale strada statale di competenza dell'Anas (strada statale 148), misura 99,2 chilometri e comprende il tratto tra l'incrocio con viale Oceano Atlantico di Roma e l'innesto con la strada statale 7 presso Terracina;

   dopo la voragine apertasi a causa del maltempo nel novembre 2018 (quando è stata inghiottita un'auto, il cui conducente è risultato poi disperso) la strada regionale è rimasta chiusa al chilometro 97,700 in provincia di Latina. I lavori necessari a riavviare la percorribilità dell'arteria stradale hanno interessato solo un brevissimo tratto, mentre restano ancora in stato drammaticamente disastroso ampi tratti della statale;

   da tempo rappresentanti delle amministrazioni locali di Latina, Aprilia, Velletri, Cisterna, Lariano, Artena, Valmontone, Labico, sollecitano le istituzioni per la realizzazione del progetto autostradale Roma-Latina e della Bretella Cisterna-Valmontone ormai non più procrastinabili;

   il rinvio della realizzazione di infrastrutture e l'assenza di adeguata manutenzione delle stesse rappresentano un evidente rischio per la sicurezza e l'incolumità dei cittadini e utenti, oltre ad un limite concreto allo sviluppo del territorio che comporta gravi disagi a famiglie, imprese e amministrazioni locali, sulle quali gravano in particolar modo i costi di una manutenzione stradale straordinaria sempre più necessaria in conseguenza dell'aumento dei flussi viari causato da opere non realizzate, come appunto la bretella Cisterna-Valmontone, e maltenute, come in via generale la Pontina –:

   se il Governo sia favorevole alla realizzazione della bretella Cisterna-Valmontone e, nel caso, quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, il Ministro interpellato intenda assumere per garantire un più sollecito e concreto avvio dei lavori di realizzazione del progetto autostradale Roma-Latina e della citata Bretella Cisterna-Valmontone;

   quale sia lo stato dell'arte delle opere di miglioramento della viabilità strada statale 148 e quali iniziative urgenti il Ministro interpellato intenda assumere per garantire agli utenti della Pontina una piena e regolare viabilità caratterizzata da massima sicurezza e salvaguardia dell'incolumità.
(2-00555) «Spena, Occhiuto».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   la ferrovia Roma Nord unisce il centro della Capitale con Viterbo;

   con il decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, lo Stato ha delegato alla regione Lazio le funzioni ed i compiti in materia di programmazione e gestione delle ferrovie regionali già in concessione all'azienda Co.Tra.L.;

   in seguito all'approvazione della deliberazione di giunta regionale n. 5928 del 20 dicembre 1999, e del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 novembre 2000, dal 2000 la regione Lazio è proprietaria della ferrovia Roma nord e dei suoi beni (compresi i treni), mentre l'esercente è la società di trasporto Atac, cui sono affidate la manutenzione ordinaria e straordinaria della ferrovia e del materiale rotabile e i servizi di trasporto;

   a partire dall'annualità 2011 compresa, tutti i trasferimenti statali da federalismo amministrativo sono stati interessati dai tagli del Governo Monti, e da allora la regione Lazio non ha mai provveduto a finanziare alcun intervento di manutenzione straordinaria sulle proprie ferrovie regionali;

   l'amministrazione regionale mostra un totale disinteresse verso la gestione della ferrovia Roma nord, salvo sporadici e periodici proclami riguardanti nuovi e futuri investimenti ancora non concretizzatisi in alcun cantiere;

   inoltre, a partire dal 2013 l'orario del servizio di trasporto è stato più volte rimaneggiato, soprattutto sulla tratta viterbese, facendo sì che in alcuni orari per raggiungere Roma dal viterbese è necessario cambiare più volte treno nelle stazioni di Catalano e Montebello, scoraggiando l'utilizzo del treno da parte dei pendolari;

   dal settembre 2013 le corse ferroviarie della tratta extraurbana sono passate nella tratta viterbese tra Civita Castellana e Viterbo da 24 a 16, e nella tratta romana tra Civita Castellana e Montebello da 34 a 22;

   con la delibera n. 191 del 15 aprile 2014 la giunta regionale del Lazio ha stabilito il «mantenimento in esercizio della ferrovia Roma-Civita Castellana-Viterbo quale ferrovia funzionalmente isolata dal resto del sistema ferroviario nazionale in gestione a RFI ed escludendo, anche in prospettiva, lo sviluppo del traffico merci sulla stessa», motivando la suddetta decisione con la cancellazione della ferrovia Roma-Civita Castellana-Viterbo dall'elenco delle ferrovie interconnesse di cui all'Allegato 1 del decreto ministeriale del 5 agosto 2005, che avrebbe fatto meno venire meno «l'oneroso obbligo di unificazione degli standard di sicurezza, dei regolamenti e delle procedure per il rilascio del certificato di sicurezza a quelli già previsti per la rete nazionale gestita da RFI»;

   la decisione della regione Lazio di evitare «l'oneroso obbligo di unificazione degli standard di sicurezza» è stata assunta nel 2014 nonostante numerosi eventi incidentali accaduti negli anni precedenti, alcuni dei quali anche mortali;

   nel 2016, a seguito del grave incidente mortale, avvenuto tra Andria e Corato, è stato emanato il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 5 agosto 2016, che ha attribuito all'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie (Ansf) la competenza sulle cosiddette ferrovie interconnesse, di cui, fino alla delibera della giunta della regione Lazio n. 191 del 15 aprile 2014, faceva parte anche la ferrovia Roma Nord;

   nonostante l'evento incidentale del luglio 2016 in Puglia abbia interessato una infrastruttura le cui modalità di esercizio si basavano sul regime del «giunto telefonico» analogamente alla tratta extraurbana della ferrovia Roma Nord, la regione Lazio non ha provveduto in alcun modo a programmare investimenti volti a superare urgentemente il deficit di sicurezza ormai evidente;

   il decreto-legge 16 ottobre 2017 n. 148, ha stabilito il passaggio sotto l'Ansf anche delle reti funzionalmente isolate dal resto del sistema ferroviario a partire dal 1° luglio 2019, e con il decreto legislativo 14 maggio 2019 n. 50, è stata confermata la competenza dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie anche per le ferrovie isolate;

   conseguentemente, a partire dal 1° luglio 2019 Atac e regione Lazio hanno dovuto rimodulare l'orario di servizio in base alle disposizioni stabilite nel nuovo quadro normativo trovandosi del tutto impreparate nonostante il tempo a disposizione offerto dal legislatore sin dal 2017;

   alle decurtazioni previste in orario si aggiungono frequenti soppressioni e disservizi dovuti anche all'eccessivo affollamento dei treni non mitigato neanche dall'aggiunta delle corse automobilistiche sostitutive previste da Atac;

   dette decurtazioni di treni hanno penalizzato più di altre la popolazione scolastica che non dispone più dei precedenti collegamenti per raggiungere le rispettive scuole;

   la decurtazione delle corse nella tratta viterbese prevista con l'orario di settembre 2019 è molto grave perché la ferrovia è il mezzo più sicuro nei mesi invernali per raggiungere il capoluogo di Viterbo da molti centri abitati a causa della frequente presenza di ghiaccio e neve sulle strade;

   nella tratta romana sono previsti nei prossimi anni diversi interventi che prevederanno la chiusura della tratta extraurbana per quasi due anni, e anche la tratta urbana nel corso del 2020 sarà interessata dalla chiusura della stazione di piazzale Flaminio per almeno otto mesi con gli inevitabili ulteriori disagi;

   l'affollamento della tratta urbana, a causa di numerosi treni urbani soppressi, è oramai ritenuto inaccettabile soprattutto nella stazione in galleria di piazzale Flaminio e nel nodo di scambio di Montebello –:

   se siano a conoscenza della situazione drammatica che sta interessando i pendolari delle ferrovie regionali nella Regione Lazio e se e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere in merito;

   se corrisponda al vero che l'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie abbia intenzione di far chiudere la tratta extra-urbana della ferrovia Roma Nord, e di imporre la velocità massima di 50 km/h alla ferrovia Roma-Lido;

   se non ritengano di adottare iniziative normative per riattribuire allo Stato le funzioni già delegate alla regione Lazio in materia di programmazione e gestione delle ferrovie regionali, affidando tali funzioni per il tramite delle società del gruppo Ferrovie dello Stato e provvedendo all'inquadramento su domanda dei dipendenti di Atac in servizio sulla ferrovia Roma Nord;

   se non ritengano opportuno far presenziare quanto prima, negli orari e nei giorni più critici, dalla Polfer le stazioni ferroviarie di piazzale Flaminio e Montebello e dai Vigili del fuoco la stazione di piazzale Flaminio.
(2-00557) «Rotelli, Lollobrigida».

Interrogazioni a risposta immediata:


   ROSTAN, STUMPO e FORNARO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   secondo Altroconsumo, in un articolo pubblicato l'11 novembre 2019, leggendo alla lettera la norma che introduce l'obbligo dei dispositivi anti-abbandono per i seggiolini in auto, nessuno dei prodotti attualmente sul mercato sarebbe a norma e dunque conforme alle caratteristiche delineate dal decreto attuativo;

   i punti critici sarebbero essenzialmente due: il primo è che il dispositivo deve essere in grado di attivarsi automaticamente, senza alcuna ulteriore azione da parte del conducente; l'altro è che non deve alterare le caratteristiche di omologazione del seggiolino;

   ad oggi pare non vi sia alcun sistema in commercio che abbia entrambe queste caratteristiche;

   non è chiaro, ad esempio, se l'attivazione del bluetooth sul telefonino sia da considerarsi un'azione volontaria attiva, così come non sarebbero a norma quei dispositivi che necessitano della chiusura di una clip o di parte del dispositivo;

   sui seggiolini omologati secondo la norma che li classifica per peso del bambino, non possono essere montati cuscinetti o altri prodotti. Quindi, fatta eccezione per prodotti di uguale marca, tutti i dispositivi con sensore di peso da mettere sotto la seduta del bambino non dovrebbero essere utilizzati;

   l'altra norma di omologazione dei seggiolini, che classifica i prodotti in base all'altezza dei bambini, definisce chiaramente le misure del prodotto, quindi l'utilizzo di sistemi anti-abbandono con cuscinetto; modificando tali misure, modifica di fatto le caratteristiche di omologazione, non rispettando quanto previsto dal decreto ministeriale n. 122 del 2019;

   a oggi la certificazione di conformità consiste in un'autocertificazione e solo in seguito ai controlli veri e propri si saprà quali prodotti rispettano veramente la legge e quali no;

   fino a quel momento si rimane nell'incertezza e nella possibilità di incorrere in una contravvenzione e nella beffa di aver acquistato un prodotto non a norma;

   sarebbe, dunque, opportuno rimandare al 6 marzo 2020 l'applicazione delle sanzioni per il mancato rispetto delle nuove norme sui seggiolini anti-abbandono per consentire sia una corretta informazione sul tema che l'attuazione, da parte dei produttori, dei necessari adeguamenti alla nuova normativa e, contestualmente, prevedere la cancellazione delle multe comminate prima del 6 marzo 2020 –:

   se la Ministra interrogata intenda confermare la volontà di promuovere e favorire ogni iniziativa di carattere normativo volta a rimandare al 6 marzo 2020 l'applicazione delle sanzioni per il mancato rispetto delle nuove norme sui seggiolini anti-abbandono, proponendo al contempo la cancellazione delle multe eventualmente comminate prima del 6 marzo 2020.
(3-01109)


   D'ALESSANDRO, ANNIBALI e FREGOLENT. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   dalla mezzanotte del 4 ottobre 2019, per effetto dell'adozione del decreto di sequestro preventivo emesso dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Avellino, è stato disposto il sequestro delle barriere, denominate «New Jersey», su dieci viadotti della A14, in particolare dal chilometro 273 al chilometro 388, da Pescara a Porto Sant'Elpidio;

   tale decisione ha determinato una condizione non sostenibile per il traffico, in termini di tempi di transito raddoppiati, e disagi per la mobilità e per i cittadini;

   la temporanea chiusura dell'accesso ai viadotti menzionati rischia, dunque, di causare un peggioramento anche per la sicurezza e per il transito delle autovetture e dei trasporti, con inevitabile conseguenze sul versante dell'impatto ambientale e della sicurezza;

   il peggioramento delle condizioni di mobilità sta determinando effetti anche sul piano economico del sistema produttivo del territorio, nonché su quello turistico che interessa l'area della dorsale autostradale adriatica;

   tale complessiva situazione rende al momento del tutto ingiustificato il permanere delle ordinarie tariffe autostradali, nelle more della messa in sicurezza e dunque del periodo di tempo intercorrente alla conclusione dei lavori dei viadotti interessati alla temporanea chiusura –:

   se non ritenga necessario adottare iniziative di competenza per la temporanea sospensione dell'applicazione delle tariffe autostradali in attesa del ripristino del transito ordinario e, in relazione a questo, se sia a conoscenza dei tempi di conclusione dei lavori necessari alla messa in sicurezza della viabilità autostradale.
(3-01110)

Interrogazione a risposta orale:


   CAIATA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la regione Basilicata – regione nota per il suo naturale isolamento geografico dato dalle impervie peculiarità territoriali e dalle non poche difficoltà di collegamento – continua ad essere caratterizzata da innumerevoli problemi infrastrutturali che continuano a isolarla dal resto d'Italia;

   l'anemico sistema infrastrutturale della regione e la carenza di offerta di collegamenti nazionali direttamente fruibili dal territorio lucano generano sempre più difficoltà, a cui l'utenza è costretta a sottostare quotidianamente;

   tali difficoltà vanno a incidere sullo stato di salute dei pendolari, in particolar modo su quello degli studenti fuori sede, per i quali l'offerta risulta fortemente ridotta e di impossibile godimento: ad oggi dai risultati di ricerca restituiti dal sistema risulta che chi volesse prenotare un treno Frecciarossa da Milano a Metaponto per il 18 dicembre 2019 con il ritorno il 3 gennaio 2020 non trova alcuna disponibilità sul citato sistema, che al momento indica come unica soluzione la voce «non acquistabile». Nella fattispecie degli studenti lucani fuorisede ciò rappresenta un grave disservizio, in quanto questi si ritrovano impossibilitati nel programmare il rientro per Natale in Basilicata;

   il problema è stato pertanto sottoposto anche all'attenzione della assessore regionale Donatella Merra per le azioni di sua competenza. Considerando che i finanziamenti pubblici per i servizi ferroviari regionali sono stanziati sia dallo Stato sia dalle regioni, la quota fissa che lo Stato destina a queste ultime è diminuita del 21,4 per cento (da 6 a 4,8 miliardi di euro) dal 2010 al 2019. Tale contributo, inoltre, non è equamente distribuito fra i territori: nel 2017 solo in tre casi su 21 è stato destinato più dell'1 per cento del bilancio regionale per compensare i tagli dei finanziamenti statali –:

   quali iniziative di competenza si intendano adottare al fine di affrontare le criticità evidenziate in premessa e garantire adeguati servizi all'utenza in un'area condizionata da una carenza di collegamenti ferroviari.
(3-01105)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GAGLIARDI, BENIGNI, PEDRAZZINI, SORTE e SILLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   a seguito dell'intervenuta gara per la privatizzazione della società Tirrenia di Navigazione s.p.a., in attuazione delle previsioni ex articolo 1, commi 998 e 999, della legge n. 296 del 2006, il 18 luglio 2012 è stata sottoscritta la convenzione tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la compagnia di navigazione Cin Tirrenia s.p.a., avente ad oggetto l'esercizio dei servizi di collegamento marittimo in regime di pubblico servizio da e verso la Sardegna, nell'ottica di garantire alla Sardegna il diritto alla continuità territoriale con oneri interamente a carico dello Stato;

   il concetto di continuità territoriale è da intendersi in generale come capacità di garantire un servizio di trasporto che non penalizzi i cittadini residenti in territori meno favoriti quale è quello sardo a causa della sua condizione di insularità e deve essere inserito in un quadro più generale di garanzia e riconoscimento dell'uguaglianza sostanziale di tutti i cittadini e di coesione economica e sociale;

   il trasporto è espressione del diritto alla mobilità garantito costituzionalmente a prescindere dalla dislocazione geografica;

   l'esistente regime di continuità territoriale in Sardegna rischia di subire una dura battuta d'arresto e di essere sottratto ai sardi, poiché la convenzione scadrà nel luglio 2020. Il rinnovo presuppone la predisposizione di un nuovo bando di gara e l'espletamento della procedura medesima da parte dello Stato e i tempi per l'espletamento sono molto ristretti rispetto alla scadenza del luglio 2020 per le numerose problematiche ad essa connesse;

   una eventuale proroga della convenzione in essere, per il periodo successivo al 20 luglio 2020, non risulterebbe essere infatti praticabile secondo il recente parere dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato che ha espresso la sua opposizione in merito alla verosimile violazione dei princìpi della libera concorrenza chiedendo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di rinnovare la convenzione tramite gara, «di correggere eventuali distorsioni e attivare i meccanismi di confronto competitivo (...)»;

   è necessario che la regione venga effettivamente coinvolta nel procedimento di elaborazione della procedura di gara anche in applicazione dell'articolo 53 dello statuto speciale sardo che stabilisce: «la Regione è rappresentata nella elaborazione delle tariffe ferroviarie e della regolamentazione dei servizi nazionali di comunicazione e trasporti terrestri marittimi e aerei che possano direttamente interessarla»;

   la sentenza della Corte Costituzionale n. 230 del 2013, concludendo il giudizio avviato da un ricorso presentato in via principale dalla regione Sardegna in relazione ad alcune disposizioni (articolo 6, comma 19, del decreto-legge n. 95 del 2012) concernenti il processo di privatizzazione di Tirrenia, ritenute lesive delle prerogative dello Statuto speciale in riferimento, tra gli altri, all'articolo 53, dispone che il procedimento avente ad oggetto le convenzioni con i soggetti che gestiscono il rapporto di trasporto tra la Sardegna e il continente deve assicurare un effettivo coinvolgimento della medesima regione, che trova espressione nell'intesa e che la regione Sardegna deve essere chiamata ad esprimerla in occasione della adozione delle convenzioni medesime e della loro revisione;

   se non si interverrà con urgenza, la Sardegna si troverà ad affrontare un lungo periodo di difficoltà nei collegamenti e di grande incertezza sulle tariffe applicabili con gravissime ripercussioni sia per i residenti che per le attività turistiche –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti di cui in premessa e se non ritengano, d'intesa con la regione Sardegna, di adottare tutte le iniziative necessarie per procedere, con la massima urgenza, alla predisposizione del bando di gara relativo all'aggiudicazione del servizio pubblico di trasporto marittimo di persone e merci in regime di continuità territoriale e all'espletamento della relativa procedura fino alla sottoscrizione di una nuova convenzione.
(4-04072)


   PATASSINI, PAOLINI e LATINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   continuano i disagi per la viabilità nel Fermano per la chiusura, a seguito del decreto di sequestro preventivo, dei viadotti dotati di dispositivi di ritenuta analoghi a quelli presenti sul viadotto Acqualonga emesso dal gip di Avellino a settembre, nell'inchiesta sulla strage del 2013 di un bus che precipitò dal viadotto succitato;

   i tratti del Fermano interessati dalla limitazione al traffico, con restrizione della velocità massima di 40 km/h all'ora per i Tir e 60km/h per le auto, e carreggiate dimezzate comprendono i viadotti Fosso San Biagio, Campofilone, Vallescura, Petronilla dell'A14, oltre ad altrettanti viadotti del tratto di A14 del teramano/pescarese;

   società autostrade e Polizia stradale dovranno gestire le inevitabili situazioni di criticità e congestione del traffico in A14 e Ss16 riguardanti il deflusso veicolare;

   risulta in ogni caso spezzato a metà il flusso stradale sulla dorsale adriatica dell'intera Italia portando, ogni settimana code chilometriche con punte, durante gli esodi festivi, di circa 20 chilometri di media giornaliera;

   la stessa paralisi interessa tutti quei comuni costieri adriatici stretti tra autostrada e costa adriatica con identica paralisi della vita cittadina in parallelo ai picchi autostradali, ripercussioni sui distretti economico-produttivi locali e sui sistemi turistici;

   società autostrade e polizia stradale si ritrovano a gestire tali disposizioni che determinano quotidianamente rallentamenti e code nelle ore di punta soprattutto in giorni di particolare intensità di traffico sulla adiacente strada statale 16, evidentemente non idonea a sopportare volumi così elevati e con possibili criticità anche per la circolazione dei mezzi di soccorso;

   la situazione descritta è stata oggetto di diverse riunioni dei Cov (Comitato operativo viabilità) a livello territoriale nonché della riunione di «viabilità Italia» 30 ottobre nell'ambito della definizione dei piani neve per la pianificazione delle attività necessarie alla gestione del traffico in caso di blocchi della circolazione autostradale;

   i sindaci della costa Marchigiana da Porto Sant'Elpidio a San Benedetto del Tronto hanno sottoscritto una missiva per rimodulare i sequestri stessi in modo tale da poter garantire la circolazione a due corsie e ristabilire i livelli di sicurezza della viabilità, limitando i rallentamenti e la più alta probabilità del verificarsi di incidenti dovuta all'elevato traffico;

   ad oggi Autostrade per l'Italia ha già predisposto un progetto di sostituzione delle barriere interessate da sequestro, con approvazione già avvenuta da parte della direzione generale di vigilanza presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti appare evidente la possibilità di una risoluzione della questione in tempi ridotti per la società stessa di agire con affidamento «in house» a una propria partecipata per l'esecuzione dei lavori, in luogo di una lunga procedura di appalto esterno: la differenza di tempistica sarebbe palese e stimabile in un anticipo di mesi;

   l'autorizzazione a procedere a tale più rapido affidamento è in capo allo stesso Ministero che ne deve vagliare la conformità amministrativa ai sensi dell'articolo 177 codice degli appalti –:

   se il Ministro interrogato abbia valutato quest'ultima modalità di affidamento dei lavori di sostituzione delle barriere da parte di Autostrade per l'Italia e, ove ciò non sia ancora avvenuto, quali siano le tempistiche per tale valutazione;

   quali iniziative urgenti il Ministro intenda adottare al fine di tutelare la sicurezza della circolazione e garantire una più agevole viabilità durante il periodo delle festività, quando il volume del traffico aumenta esponenzialmente, anche assumendo le opportune iniziative affinché la società Autostrade valuti lo spostamento delle barriere verso l'interno della carreggiata, quindi isolando la corsia di emergenza, garantendo comunque la circolazione a due corsie e assegnando priorità alla sostituzione delle barriere dell'A14, essendo tale direttrice essenziale per gli spostamenti a livello nazionale e internazionale.
(4-04080)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   con ordinanza n. 5/19 del 22 ottobre 2019, la società Tangenziale di Napoli s.p.a., a seguito di sopralluogo ispettivo sul viadotto di Capodichino, disponeva la riduzione a due corsie del predetto tratto stradale in entrambe le direzioni di marcia, con conseguente riduzione delle banchine laterali nelle rampe di entrata ed uscita dello svincolo di Corso Malta;

   il provvedimento è stato adottato per realizzare appositi interventi di messa in sicurezza volti al ripristino delle infrastrutture danneggiate, stimando i tempi di compimento dei lavori in 90 giorni, decorrenti dal 22 ottobre 2019 fino al 31 dicembre 2019;

   ciò ha comportato notevoli disagi per gli automobilisti, soprattutto a causa delle lunghe code ed ingorghi di traffico, per cui la «Tangenziale di Napoli s.p.a.» aveva deciso di sospendere il pagamento del pedaggio, lasciando libero il transito sul principale asse viario di Napoli;

   il 6 novembre 2019, tuttavia, veniva ripristinato il pagamento della tariffa stradale, con gravi implicazioni non solo per la circolazione stradale, ma anche per la sicurezza e l'incolumità dei cittadini, che negli ultimi giorni hanno denunciato un boom di reati, in particolare furti e rapine, realizzati sul viadotto di Capodichino;

   si tratta di un fenomeno che risulta in aumento a causa del caos dovuto ai lavori di manutenzione straordinaria, poiché i malviventi agiscono mentre gli automobilisti sono bloccati nel traffico;

   la gravità dei fatti ha condotto la stampa locale e gli stessi cittadini a parlare di una vera e propria «banda del viadotto», che opera in modo pressoché indisturbato, con modalità violente, facendo uso di armi, approfittando della situazione emergenziale che sta paralizzando la città di Napoli;

   con l'attivazione della predetta Ordinanza n. 5/19 la «Tangenziale di Napoli s.p.a.», ad avviso degli interroganti ha formalmente assunto la veste di responsabile per eventuali danni a persone o cose, causati dal protrarsi dei lavori;

   in data 24 ottobre 2019 è stato istituito un apposito «tavolo tecnico» presso il comune di Napoli, che avrebbe dovuto assicurare il monitoraggio dei lavori e prevenire fenomeni delinquenziali del tipo di quelli descritti –:

   se il Ministro interpellato sia a conoscenza della grave situazione che sta interessando la tangenziale di Napoli e quali iniziative di competenza intenda adottare per ripristinare condizioni di rispetto della legalità;

   se considerati i rilevanti profili di ordine pubblico, intenda fornire chiarimenti sulle attività del «tavolo tecnico», istituito presso il comune di Napoli e quali siano i tempi di intervento per far fronte alla descritta situazione.
(2-00556) «Di Sarno, Grimaldi, Di Stasio, Manzo, Nappi, Villani, Del Sesto, Iorio, Provenza, De Girolamo, De Lorenzis, De Lorenzo, De Toma, Del Grosso, Del Monaco, Dieni, Donno, Dori, D'Orso, D'Uva, Ehm, Emiliozzi, Ermellino, Faro, Ficara, Flati, Frusone, Gagnarli, Gallinella, Giarrizzo, Giuliano, Giuliodori, Grande».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

I Commissione:


   MARCO DI MAIO e DE FILIPPO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da tempo, in maniera sistematica, e sempre più di frequente, lungo la fascia jonica metapontina della provincia di Matera nell'area compresa tra Marconia di Pisticci e Scanzano Jonico in particolare si riscontrano una serie di atti criminosi, come incendi e furti, che hanno come obiettivo il tessuto economico e produttivo del territorio generando allarme e preoccupazione nella popolazione;

   il 17 settembre 2018 si è verificato l'ultimo episodio in ordine di tempo, con l'incendio di un deposito ai danni di un'azienda agricola;

   pochi giorni prima, il 13 settembre 2018 si è verificato un incendio ai danni dell'auto di un imprenditore sempre in agro di Scanzano Jonico;

   nei mesi precedenti, a partire dalla scorsa primavera, si è registrata una escalation di azioni criminose sempre ai danni del tessuto produttivo del comprensorio;

   il sindaco di Scanzano Jonico, nel corso di una conferenza stampa, nel denunciare tale situazione, ha avviato uno sciopero della fame per chiedere alle istituzioni competenti adeguate risposte in materia di sicurezza e rafforzamento del controllo del territorio per contrastare simili fenomeni;

   si sa che il territorio in questione risulta essere oggetto di mire espansionistiche da parte del crimine organizzato come si legge anche dalle ultime relazioni della direzione investigativa antimafia consegnate al Parlamento;

   il comune di Scanzano Jonico dopo la soppressione del commissariato di polizia avvenuto negli anni scorsi non ha più un presidio di sicurezza operativo nel proprio territorio;

   da tempo le istituzioni locali chiedono che venga istituita una caserma dell'Arma dei carabinieri;

   in risposta a tale richiesta la regione Basilicata ha stanziato un finanziamento di 600 mila euro per la ristrutturazione di un immobile, individuato dal comune di Scanzano Jonico, quale sede per la stazione dell'Arma;

   il precedente Governo aveva avviato le procedure autorizzative per la definizione dell'istituzione di un presidio fisso dell'Arma dei carabinieri presso Scanzano Jonico –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere, con tempestività, al fine di assicurare l'apertura della stazione dell'Arma dei carabinieri presso il comune di Scanzano Jonico e per rafforzare le dotazioni organiche dell'Arma e dei commissariati di P.S. competenti territorialmente nel Metapontino per un maggiore e più efficace controllo del territorio, contrastando le preoccupanti azioni criminali richiamate.
(5-03115)


   SISTO e ZANELLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 14 ottobre 2019, con 26 voti favorevoli e 12 contrari, il Consiglio comunale di Milano ha approvato il piano di governo del territorio, comprendente il nuovo documento di piano, la variante del piano dei servizi, comprensivo del piano per le attrezzature religiose, e la variante del piano delle regole;

   l'amministrazione comunale, esaminate le richieste delle comunità religiose alla disponibilità dell'area in ordine alla relativa compatibilità con i parametri urbanistici previsti dalla legge regionale, ha ritenuto idonee, tra nove strutture, anche quattro realtà islamiche tra le quali risulta particolarmente dubbia la situazione della Comunità Milli Gorus;

   come riportato da autorevoli fonti giornalistiche, la Comunità citata, dal 2013, avrebbe trasformato il capannone industriale in una vera e propria moschea abusiva senza regolari permessi e senza chiedere le necessarie autorizzazioni al comune;

   la costruzione della moschea, che nonostante gli evidenti profili di irregolarità non è mai stata bloccata dalle autorità competenti, sembra sia attribuibile ad un musulmano di origine egiziana, che vive in Germania, coinvolto in diverse organizzazioni islamiche e sostenitore della Fratellanza musulmana;

   oltre all'aspetto edilizio desta evidenti preoccupazioni il fatto che la Comunità Milli Gorus risulti osservata speciale in Germania, essendo iscritta nel rapporto sulla protezione costituzionale del Ministero dell'interno tedesco, mentre in Italia è considerata come un culto da dover regolarizzare;

   strette connessioni si ravvisano tra la vicenda appena riportata e quella dell'invasione del Kurdistan siriano, ad avviso dell'interrogante caratterizzate entrambe da un atteggiamento di grave ambiguità sia a livello nazionale sia a livello locale –:

   se il Ministro interrogato, alla luce di quanto riportato in premessa, non intenda fornire tempestivamente, per quanto di competenza, gli opportuni chiarimenti in merito alla natura della comunità islamica Milli Gorus.
(5-03116)


   CECCANTI, PINI, FIANO, DE MARIA, FRAGOMELI, POLLASTRINI, RACITI e VISCOMI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa si apprende che i probabili candidati alle elezioni regionali dell'Emilia-Romagna di Fratelli d'Italia, il parlamentare del medesimo partito Galeazzo Bignami e il consigliere comunale Marco Lisei avrebbero girato un filmato nel quartiere della Bolognina, pubblicato successivamente su Facebook, inquadrando e declamando i nomi sui citofoni degli inquilini delle case Ater per «denunciare» i criteri di assegnazione delle case che, a loro dire, al 59 per cento andrebbero a cittadini stranieri;

   a parere degli interroganti si tratta di una procedura assolutamente inaccettabile, che espone gli inquilini alla gogna e a rischi sia per la loro incolumità, sia per l'ordine pubblico in generale considerato che, sempre a parere degli interroganti, si tratta di un'intimidazione e di incitamento all'odio razziale;

   inoltre, la diffusione dei dati anagrafici degli assegnatari degli alloggi popolari, per essere lecita, avrebbe dovuto ricevere il consenso degli interessati dietro il rilascio di un'informativa; senza tali requisiti la diffusione, ad avviso degli interroganti, viola la normativa in materia di protezione dei dati personali;

   vi sono appositi strumenti, tra i quali non rientra un video pubblicato su Facebook, che la legge mette a disposizione per visionare la lista degli assegnatari degli alloggi popolari come gli accessi agli atti e le pubblicazioni in «albo pretorio» e «amministrazione trasparente» dove gli stessi enti pubblici devono equilibrare la protezione dei dati personali con le esigenze di trasparenza;

   dato che non risulta un consenso degli interessati alla pubblicazione e diffusione dei propri dati, né tanto meno una legge che preveda questo tipo di pubblicazione, il video postato dai consiglieri rientra, secondo gli interroganti, in un trattamento dei dati non lecito e non autorizzato, configurando un'ipotesi di rischio elevato per i diritti e le libertà delle persone fisiche (data breach) ai sensi dell'articolo 35 del Regolamento dell'Unione europea 2016/679;

   si ricorda inoltre che consolidata giurisprudenza costituzionale ha più volte dichiarato l'incostituzionalità di talune misure ritenute in contrasto con il principio di ragionevolezza e non discriminazione (articolo 3 della Costituzione) volte ad escludere i cittadini extracomunitari dall'accesso agli alloggi popolari –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere in relazione a quanto esposto in premessa, in maniera tale da prevenire e contrastare ogni forma di incitamento all'odio razziale, e in particolare quali iniziative intenda intraprendere a tutela dell'ordine pubblico presso le questure e le prefetture affinché episodi come quelli esposti in premessa non si ripetano in futuro.
(5-03117)


   IEZZI, BORDONALI e MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   a seguito della progressiva riduzione degli immigrati presenti nel sistema di accoglienza, nel dicembre 2018 è stato chiuso il Cas (Centro di accoglienza straordinario) di via Corelli, a Milano, al fine di procedere alla sua ristrutturazione e conversione in un Cpr (Centro di permanenza per i rimpatri);

   difatti, il numero complessivo degli immigrati ospitati nei diversi centri di accoglienza è passato da 183.681 nel 2017 a 98.074 nel 2019 grazie alle misure adottate dal precedente Ministro dell'interno che hanno portato ad una drastica riduzione degli arrivi via mare, passati da 119.369 registrati ancora nel 2017 a 23.370 nel 2018, con un costante trend decrescente fino al mese di agosto 2019;

   in origine il centro di via Corelli era già stato istituito come centro d'identificazione ed espulsione (Cie); tuttavia, dopo i gravi atti vandalici degli immigrati irregolari, ivi trattenuti in attesa di rimpatrio, che devastarono la struttura nel 2014 e la sua conseguente chiusura, era stato successivamente riconvertito in Cas, a causa dell'aumento allora degli sbarchi sulle coste italiane per effetto delle politiche dei precedenti Governi;

   nonostante i lavori di ristrutturazione del centro di via Corelli per la sua conversione in Cpr risultino ultimati già da settembre 2019, tuttavia ad oggi lo stesso non risulta ancora operativo;

   nel rapporto sull'immigrazione in Lombardia del 2018 secondo i dati di Polis, a Milano sarebbero presenti 48.900 stranieri irregolari «la cui crescita (+8,6 per cento) – quand'anche più ridotta rispetto al +12,9 per cento osservato nel 2016 – può ritenersi fortemente alimentata dal flusso degli arrivi non autorizzati lungo le coste italiane, ancora particolarmente intensi nella prima metà del 2017»;

   anche i più recenti e gravissimi fatti di cronaca avvenuti a Milano ad opera di extracomunitari clandestini riportati dalla stampa nazionale, nonché l'esasperazione dei cittadini milanesi, in particolare nei quartieri periferici, confermano la necessità di provvedere alla immediata realizzazione in città di un centro di permanenza per i rimpatri, ove trattenere gli immigrati irregolari, al fine di avviare efficacemente le procedure per il loro rimpatrio nei Paesi di origine;

   invece, il sindaco di Milano si è detto contrario e ha recentemente ribadito che la struttura di via Corelli «non diventerà un centro di detenzione» per migranti –:

   quali siano gli intendimenti del Ministro interrogato in merito al centro di via Corelli a Milano e quali siano i motivi per cui al momento non risulta ancora operativo.
(5-03118)


   MACINA, BRESCIA, DIENI, ALAIMO, BALDINO, BERTI, BILOTTI, MAURIZIO CATTOI, CORNELI, D'AMBROSIO, SABRINA DE CARLO, FORCINITI, PARISSE, FRANCESCO SILVESTRI, SURIANO e ELISA TRIPODI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 marzo 2019, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale serie generale, n. 84 del 9 aprile 2019 (cosiddetto «decreto flussi» 2019), ammette in Italia una quota di 12.850 cittadini non comunitari per motivi di lavoro subordinato non stagionale e di lavoro autonomo e di 18 mila cittadini non comunitari per lavoro subordinato stagionale per un totale di 30.850 unità. Tra questi 9.850 quote sono destinate a conversioni di permessi di soggiorno;

   a causa dell'assenza del documento programmatico triennale previsto dall'articolo 3 del Testo unico dell'immigrazione (decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286), la programmazione dei flussi in ingresso avviene da diversi anni con atti di natura transitoria nel limite delle quote stabilite nell'ultimo decreto emanato;

   l'inesistenza di una reale programmazione dei flussi in entrata sulla base delle esigenze del mercato del lavoro ha di fatto reso, secondo molti, asfittico lo strumento del decreto flussi annuale, ormai incapace di garantire canali di ingresso e permanenza legali nel nostro Paese;

   secondo un primo bilancio provvisorio pubblicato dal sito del Governo www.integrazionemigranti.gov.it all'inizio di luglio 2019 erano, infatti, oltre 44 mila le domande presentate dagli aspiranti datori di lavoro per far arrivare in Italia e assumere altrettanti lavoratori stagionali extra Ue da impiegare nei settori agricolo e turistico-alberghiero a fronte di una quota di 18 mila ingressi autorizzati;

   lo stesso report, oltre a evidenziare provenienze e destinazioni, ha reso noto che a fronte delle circa 10 mila quote per conversioni sono state presentate all'inizio di luglio già più di 6 mila domande;

   è dunque sempre più opportuna una riflessione sull'efficacia dello strumento del «decreto flussi» e della programmazione triennale, coinvolgendo le istituzioni e le realtà citate all'interno dell'articolo 3 del Testo unico sull'immigrazione. In tal senso, si auspica un'iniziativa coordinata del Governo promossa dal Ministero dell'interno e dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

   vanno infine valutati gli effetti delle misure adottate all'interno del decreto-legge n. 113 del 2018, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 132 del 2018, in termini di aumento o riduzione degli irregolari;

   il termine ultimo per presentare le domande è fissato al 31 dicembre 2019 –:

   se intenda fornire un rapporto dettagliato contenente il numero delle domande ad oggi inviate al Ministero dell'interno per ogni singola quota prevista dal «decreto flussi» 2019, indicando la relativa provenienza e destinazione e il numero di nulla osta già rilasciati.
(5-03119)


   PRISCO e ACQUAROLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 24 maggio 2019 presso la «Comunità la Speranza» di Monte Urano, sita in via Monte Grappa, si è registrato un caso di violenza;

   tra la fine di luglio e gli inizi agosto 2019, richiamati insistentemente dai vicini della Comunità la Speranza, visti i ripetuti episodi di aggressione durante le ore notturne dove si distinguevano distintamente urla e botte, le forze dell'ordine facevano un sopralluogo all'interno della comunità stessa e redigevano un verbale;

   il 30 agosto 2019, sempre nella «Comunità la Speranza» in via Monte Grappa, intervenivano 3 pattuglie dei carabinieri e una della polizia, perché un cittadino di nazionalità nigeriana, picchiava 4 donne e ne minacciava una con un coltello venendo poi arrestato e portato via dalla comunità quella stessa sera;

   il 17 settembre 2019 il comando provinciale dei carabinieri di Fermo emetteva un comunicato stampa, dove dichiarava che 3 pattuglie dei carabinieri erano intervenute per sedare una rissa all'interno di una comunità per richiedenti asilo. Nello specifico, un uomo aveva aggredito 4 suoi connazionali con un coltello e, solo grazie al massiccio intervento dell'Arma, era stata sedata la rissa; da dichiarazioni alla stampa fatta da ufficiali del comando provinciale di Fermo, emergeva che i fatti erano avvenuti il 3 settembre 2019 e il richiedente asilo era stato oggetto di decreto di espulsione il 16 settembre 2019;

   il 18 settembre 2019, in un comunicato stampa, la Comunità la Speranza, smentiva che vi fossero stati ulteriori episodi di aggressione all'interno della propria struttura successivi al 30 agosto;

   il comune di Monte Urano ha siglato un protocollo di intesa con la prefettura di Fermo;

   è importante capire quale sia la situazione all'interno delle comunità presenti sul territorio comunale; nelle aree dove operano le onlus si verificano ripetute situazioni di pericolo per la sicurezza dei cittadini; infatti c'è stato un grande allarme tra i cittadini per gli episodi violenti all'interno delle strutture, tra fine luglio e inizio agosto 2019; a tal riguardo, c'è stato anche un sopralluogo dei vigili urbani con relativo verbale –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti accaduti esposti in premessa ed, in particolare, di quanto verificatosi il 3 settembre 2019 a Monte Urano e se intenda, per quanto di competenza, approfondire le dinamiche di quanto accaduto, anche in relazione alla comunità per l'accoglienza di richiedenti asilo che risulta coinvolta.
(5-03120)

Interrogazione a risposta scritta:


   FRASSINETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   di recente esponenti di un gruppo antifascista hanno assediato la sede di Fratelli d'Italia a Treviglio;

   si è appreso dalla stampa locale che, ad un mese di distanza dal primo episodio violento, nella serata di mercoledì 6 novembre 2019, un gruppo di antagonisti – antifascisti ha impedito a simpatizzanti, iscritti e militanti di FdI di Treviglio l'accesso presso la nuova sede di Fratelli d'Italia;

   la violenza gratuita da parte di suddetto gruppo, ai danni dei simpatizzanti, si era già perpetrata nel mese di ottobre all'esterno dei locali da poco aperti al pubblico dal circolo FdI trevigliese in via Anita Scotti e, nella notte fra martedì 7 e mercoledì 8 ottobre, sono anche state imbrattate le serrande della sede stessa con scritte offensive e intimidazioni;

   già mercoledì 8 ottobre, durante la raccolta firme contro lo ius soli, era stato indetto un presidio antifascista da parte di gruppi antagonisti con cori e volantini nei pressi della sede;

   è stato necessario l'intervento delle forze dell'ordine per garantire la sicurezza delle persone che volevano partecipare alla riunione nella sede locale del partito di Giorgia Meloni;

   i militanti, gli iscritti e i simpatizzanti sono stati bloccati dal suddetto gruppo di violenti che manifestavano al fianco di striscioni offensivi, insultando e minacciando i presenti con cori e slogan, disobbedendo alla richiesta delle forze dell'ordine di sciogliere la manifestazione –:

   quali iniziative intenda assumere per prevenire e impedire questi fatti violenti e intimidatori provocati dai gruppi antagonisti di cui in premessa, fatti connotati da sentimenti di odio e da intenti di sopraffazione accaduti nel comune di Treviglio davanti alla sede di Fratelli d'Italia.
(4-04070)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta immediata:


   FUSACCHIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo n. 68 del 2012, che disciplina il diritto allo studio universitario, prevede borse di studio in aiuto degli studenti meritevoli;

   l'Isee universitario – ai fini dell'attribuzione della borsa di studio – corrisponde al valore Isee del nucleo familiare, da cui viene detratto il valore Isee dell'eventuale borsa di studio di cui lo studente abbia già usufruito;

   tuttavia, le borse di studio di cui sono beneficiari altri componenti del nucleo familiare concorrono alla determinazione dell'Isee universitario dello studente richiedente, con il risultato che il valore dell'Isee universitario supera in tanti casi la soglia massima oltre la quale lo studente richiedente non ha più diritto alla borsa, per il solo fatto di avere quindi altre sorelle o fratelli beneficiari;

   di conseguenza, in tanti casi a parere dell'interrogante c'è una lesione del diritto allo studio di ragazze e ragazzi, che non accedono alla borsa di studio semplicemente perché hanno sorelle e fratelli ugualmente meritevoli e beneficiari, circostanza che comporta una chiara discriminazione e ingiustizia –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare per superare la situazione evidenziata in premessa che limita il diritto allo studio di studenti meritevoli, che avrebbero diritto alla borsa di studio ma che rischiano di non potervi accedere, avendo fratelli o sorelle già beneficiari di borsa di studio.
(3-01108)

Interrogazione a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   da quanto si apprende nei giorni scorsi gli studenti di Lecco hanno manifestato per chiedere la revoca della convenzione che li vedrebbe costretti a svolgere le ore di quella che è conosciuta ancora come alternanza scuola-lavoro, presso una fabbrica di munizioni;

   da quanto risulta sarebbero 4 o 5 gli istituti superiori di Lecco che hanno sottoscritto una convenzione con l'azienda Fiocchi Munizioni, che produce cartucce per la caccia, proiettili per pistole e polveri da sparo;

   a parere dell'interrogante armi e munizioni non sono esattamente argomenti educativi e di conseguenza, appare surreale che gli studenti debbano svolgere i «percorsi per le competenze trasversali e per l'orientamento» – secondo la nuova dicitura del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca – in aziende del settore armiero;

   i percorsi per le competenze trasversali e per l'orientamento dovrebbero svolgersi in luoghi idonei, che abbiano una stretta correlazione con la didattica, in un contesto formativo e che siano luoghi del sapere, tutte caratteristiche che a parere dell'interrogante un'azienda di munizioni non è in grado di offrire;

   all'interrogante risulta altresì sgradevole che aziende che hanno a che fare con armi, munizioni e armamenti siano coinvolte in dei progetti formativi, tanto più se interessano anche degli studenti minorenni –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro affinché le attività svolte dagli studenti in azienda nell'ambito dei «percorsi per le competenze trasversali e per l'orientamento» — meglio noti come alternanza scuola-lavoro – non riguardino o coinvolgano in nessun modo aziende di armamenti e munizioni.
(4-04077)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta immediata:


   TRIPIEDI, SIRAGUSA, COMINARDI, DE LORENZO, CIPRINI, CUBEDDU, DAVIDE AIELLO, TUCCI, COSTANZO, SEGNERI, INVIDIA, AMITRANO e VILLANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il drammatico problema delle morti e degli infortuni sul lavoro è un problema da sempre presente nel nostro Paese. I dati registrati dall'Inail dall'inizio del 2019 al 31 agosto 2019 indicano 493 morti sul luogo di lavoro. A questi, sommando il numero che risulta essere indicativo perché riportante solo i dati ufficialmente denunciati dei casi delle persone decedute nei tragitti per raggiungere o abbandonare il posto di lavoro e per gli spostamenti di lavoro, si arriva ad un totale di 685. Nel 2018 nello stesso periodo i morti sono stati 713, ossia 28 in più rispetto al medesimo periodo del 2019;

   vi è poi il capitolo dei numerosissimi infortuni dei lavoratori, molti dei quali di entità grave che spesso portano a menomazioni ed invalidità permanenti di chi subisce tali tipi di incidenti. Sempre a livello nazionale, dall'inizio del 2019 al 31 agosto 2019 gli infortuni riconosciuti sono stati 416.894, compresi quelli avvenuti per raggiungere o lasciare il posto di lavoro e negli spostamenti di lavoro. Nello stesso periodo rapportato al 20189 gli infortuni sono stati 418.535, ossia 1.641 in più rispetto al medesimo periodo del 2019;

   se è pur vero che il trend degli ultimi anni vede un calo di morti e infortuni, è innegabile che il numero globale attualmente riscontrato rimane ancora molto elevato –:

   quali misure il Ministro interrogato intenda adottare per prevenire gli infortuni nei luoghi di lavoro.
(3-01107)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO e ZUCCONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   con determina dell'Inps del 13 marzo 2019, il servizio del contact center nazionale di Inps-Equitalia è stato assegnato al raggruppamento temporaneo di imprese (Rti) Comdata-Network. Fino a quella data il servizio è stato gestito da Transom e Covisian, aziende operanti a L'Aquila, che, tra gli altri, impegnavano a Napoli 559 dipendenti in subappalto in Almaviva Contact;

   il 2 agosto 2019 Inps e la Rti subentrante hanno stipulato il contratto di servizio per la gestione del contact center nazionale Inps-Equitalia ed è stata avviata la trattativa sindacale per applicare la clausola sociale ex legge n. 11 del 2016, a tutela dei lavoratori interessati dal cambio di appalto;

   dopo il fallimento di una serie di tentativi di accordo sull'applicazione della clausola sociale, in particolare, rispetto al numero di lavoratori da riassorbire, è stato aperto un tavolo di concertazione al Ministero dello sviluppo economico, tra le Rti subentranti, quelle uscenti, le organizzazioni sociali e l'Inps, che non ha condotto ad alcuna soluzione;

   pertanto, a quanto è dato sapere, il 4 novembre 2019, Comdata, capofila della Rti aggiudicataria dell'appalto, ha comunicato la propria decisione sull'applicazione della clausola sociale e sono rimasti fuori dal perimetro dei dipendenti a cui garantire la continuità lavorativa una moltitudine di lavoratori, gran parte di Almaviva Napoli. Gli stessi, per effetto dei continui utilizzi su diverse commesse, tra cui quella Inps, sono stati considerati da Comdata privi del requisito della esclusività previsto dalla legge n. 11 del 2016;

   sicché, le aziende uscenti, presso le quali operano i lavoratori esclusi dalla clausola sociale, hanno avviato nei loro confronti le procedure di mobilità. In particolare, Almaviva ha dichiarato aperta, in data 5 novembre 2019, la procedura di accesso al Fondo integrativo salariale per tutti i 559 lavoratori impegnati sul servizio Inps, della sede di Napoli;

   intanto, Comdata ha dato inizio al processo assunzionale che dovrà concludersi il prossimo 2 dicembre, data in cui l'Inps ha previsto il passaggio effettivo con il nuovo fornitore;

   considerando che non vi è stato accordo sul numero dei lavoratori da salvaguardare, tra imprese uscenti e gruppo subentrante, si ritiene necessario verificare se la clausola sociale sia stata applicata in modo conforme alla legge, nell'escludere i 559 lavoratori di Almaviva della commessa Inps;

   a tal fine, andrebbe riavviato un percorso negoziale tra le parti sociali e procedere alla sospensione della procedura di accesso al Fondo di integrazione salariale avviata da Almaviva, anche perché tale procedura a giudizio degli interroganti appare di dubbia legittimità, in quanto riconosciuta ai soli 569 lavoratori impegnati per la commessa Inps, fino al 30 novembre 2019, e non a tutti i restanti 400 lavoratori operanti nel centro Almaviva Napoli sulle altre commesse presenti nel plesso di lavoro –:

   se i Ministri, per quanto di competenza, intendano procedere alla riapertura di un tavolo di concertazione per accertare la corretta applicazione della clausola sociale e, nelle more di tale verifica, adottare iniziative per pervenire a una sospensione della procedura di integrazione salariale per i dipendenti di Almaviva.
(5-03113)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LEGNAIOLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   alcune importanti sigle sindacali della Toscana hanno protestato dopo che l'azienda di trasporto pubblico Ctt, per l'ennesima volta, eviterebbe il confronto con le parti sindacali sia che si tratti del contratto integrativo, sia che si tratti di risolvere problemi di ordinaria amministrazione, cioè le corrette relazioni industriali;

   Ctt, che ad oggi risulta all'interrogante aver perso la gara regionale, porta avanti esternalizzazioni di parti importanti del lavoro: a Livorno la biglietteria, a Massa l'officina, a Pisa e Lucca il rifornimento delle vetture, invece di formare e mantenere il proprio personale togliendo ogni possibilità di ricollocamento di eventuali inidonei;

   le corrette relazioni industriali sono alla base di una normale e serena vita aziendale, ma nel caso in essere pare che la tendenza dell'azienda sia quella di scaricare l'inefficienza organizzativa su altri fattori;

   le organizzazioni hanno proclamato per questo una prima azione con uno sciopero di 4 ore per il giorno 29 novembre –:

   se il Ministro sia a conoscenza della vicenda sopra descritta e se intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, allo scopo di addivenire a una rapida soluzione della vertenza.
(4-04071)


   ROTTA e PEZZOPANE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   con determinazione n. RS30/176/2017 dell'8 maggio 2017 è stata bandita una procedura, ai sensi dell'articolo 60 del decreto legislativo n. 50 del 2016, suddivisa in 3 lotti, per l'affidamento della fornitura del servizio di contact center Inps-Equitalia;

   in particolare, la procedura di affidamento del lotto ha previsto la «fornitura di soluzioni e servizi di Contact Center Multicanale per l'erogazione di servizi informativi e dispositivi all'Utenza dell'INPS di Equitalia»;

   la suddetta procedura aperta è stata aggiudicata, con determina n. 131.2019, al raggruppamento temporaneo di imprese (Rti) Comdata s.p.a. – Network Contacts S.r.l. – Telesurvey Italia S.r.l. che ha, come previsto dal bando, garantito il rispetto della «clausola sociale», ovvero ha assicurato che tutti i lavoratori interessati – circa 2.800 in tutta Italia – saranno riassunti ai medesimi livelli occupazionali e salariali, nonché contrattuali, senza procedere a trasferimenti in altre sedi;

   tuttavia, il raggruppamento temporaneo di imprese (Rti) risultato aggiudicatario del servizio, nel processo di applicazione della suddetta «clausola sociale», ha esplicitamente illustrato le condizioni di assorbimento del personale attualmente attivo sulla commessa, dichiarando:

    che essa si applicherà soltanto al personale che ha effettuato almeno il 70 per cento delle loggature sulla Commessa;

    che si procederà all'assunzione ex novo dei lavoratori così individuati;

    che la retribuzione sarà quella complessiva percepita al 2 febbraio 2019;

    che l'inquadramento non sarà superiore al IV livello;

    che il personale TL sarà assunto con il medesimo livello e con la medesima retribuzione al 2 febbraio 2019;

    che il personale impiegato nelle cooperative sociali sarà assunto ex novo, previa instaurazione del rapporto associativo e non solo di un rapporto di lavoro subordinato, come quello in essere attualmente;

   in merito ai punti indicati, si segnala che:

    la definizione, a giudizio degli interpellanti, arbitraria, unilaterale e discrezionale di un perimetro di applicazione della suddetta clausola viola la normativa vigente: in nessuna previsione di legge, né di contratto, né in alcun accordo è mai stata individuata una soglia limite (il 70 per cento sopra richiamato) all'applicazione della clausola sociale;

    a ciò si aggiunga che non è dato comprendere né le ragioni, ove ve ne siano, né i parametri in base ai quali sia stato determinato tale limite, che non sembra tener in considerazione il fatto che la maggior parte dei lavoratori impiegati nel servizio di contact center hanno rapporti part-time, mentre il computo pare presupporre un conteggio sulla base di full-time;

    la violazione della clausola sociale determina una rilevante violazione del principio di non discriminazione e, quindi, dei diritti dei lavoratori. A solo titolo esemplificativo, si segnala, infatti, che risultano esclusi dalla clausola: i team leader, gli staff leasing, gli operatori in aspettativa, di qualunque genere concessa, ma soprattutto i lavoratori in malattia e le lavoratrici in maternità;

    la novazione del rapporto contrattuale, secondo gli interpellanti, confligge con quanto previsto dalla legge e dalla contrattazione che, invece, prevede la continuazione del rapporto di lavoro in capo al nuovo aggiudicatario, senza soluzione di continuità; infatti, tutti i lavoratori devono mantenere la propria retribuzione, così come percepita alla data della cessazione del rapporto con le imprese uscenti che avverrà il 30 novembre 2019 e non è, dunque, consentito individuare una data antecedente, a tale momento (il 2 febbraio 2019);

    devono, inoltre, essere garantiti inquadramenti dal III al V livello, così come contrattualmente previsto. Dunque appare agli interpellanti arbitraria l'attribuzione generalizzata del IV livello;

    gli operatori assunti nelle cooperative non possono essere costretti a diventare soci. Si sottolinea che le persone attualmente impiegate nelle cooperative sono per la maggior parte persone con disabilità che ad oggi sono lavoratori subordinati e non anche soci delle medesime;

    il rapporto associativo è altro e differente rapporto rispetto a quello di lavoro e, come tale, deve rimanere separato, oltre che nella piena ed assoluta disponibilità del diretto interessato;

    a ciò si aggiunga che la mancata attuazione della clausola sociale sta causando danni a tutti i lavoratori che operano esclusivamente sulla commessa, poiché le imprese uscenti hanno avviato procedure di licenziamento collettivo che si perfezioneranno il prossimo 30 novembre, nonostante i numerosi tentativi da parte dei sindacati e delle società uscenti di trovare un contatto con l'Rti subentrante;

    l'Inps che dovrebbe tutelare i lavoratori e vigilare sulla corretta applicazione della clausola sociale, anche in forza della specifica indicazione contenuta nel bando di gara, non sta richiamando il gestore della commessa, vincitore della gara di affidamento della fornitura del servizio, alle sue responsabilità, prime fra tutte la riassunzione ai medesimi livelli occupazionali e salariali di tutti i lavoratori –:

   se non ritenga di dover adottare le iniziative di competenza affinché si dia completa e corretta applicazione della clausola sociale, a tutela dei diritti dei lavoratori e dei livelli occupazionali, sulla base di quanto normativamente e contrattualmente previsto;

   se non ritenga di dover fissare con urgenza un incontro formale tra le parti e impedire che si proceda a licenziamenti che le aziende oggi impegnate hanno dovuto necessariamente promuovere, stanti le omissioni evidenziate.
(4-04079)

PARI OPPORTUNITÀ E FAMIGLIA

Interrogazione a risposta immediata:


   ORSINI, CARFAGNA, GELMINI, BATTILOCCHIO e CATTANEO. – Al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. – Per sapere – premesso che:

   i recenti episodi di antisemitismo, razzismo e xenofobia richiedono la necessità di riaffermare con forza che l'ebraismo è parte integrante dell'identità europea e che l'Europa è anche la casa degli ebrei;

   l'antisemitismo appare in molte forme, tanto che il più delle volte è molto difficile da individuare esattamente; ma recenti fatti di cronaca, tra i quali la denuncia della senatrice Liliana Segre, l'attentato nella sinagoga di Halle e i molteplici episodi di manifestazione di odio e intolleranza in tutto il mondo, sono il chiaro segnale che i fenomeni del razzismo e dell'antisemitismo appaiono in forte ripresa;

   nel 2016 l'Ihra (l'Alleanza internazionale per la memoria dell'Olocausto, fondata nel 1998 composta da 31 Stati membri tra i Paesi europei, tra cui l'Italia, 10 Stati osservatori e 7 sostenitori internazionali permanenti) ha adottato una definizione non giuridicamente vincolante dell'antisemitismo, intendendo il fenomeno come di «una certa percezione degli ebrei, che può esprimersi come odio verso gli ebrei. Le manifestazioni teoriche e fisiche dell'antisemitismo sono rivolte contro ebrei o non ebrei e/o contro le loro proprietà, contro le istituzioni e strutture religiose della comunità ebraica»;

   esattamente un anno fa la definizione operativa di antisemitismo è stata sottoposta all'attenzione del Consiglio dei ministri per sollecitare l'adesione dell'Italia, ma non è stato dato alcun riscontro. Inoltre, in data 4 ottobre 2018, la Camera dei deputati ha approvato una mozione presentata dal gruppo Forza Italia che impegnava il Governo ad adottare la definizione Ihra di antisemitismo. Malgrado la convergenza di tutti i gruppi su tale impegno, il Governo non ha ritenuto di dargli alcun seguito;

   la definizione operativa di antisemitismo è stata già adottata da Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Israele, Austria, Scozia, Romania, Germania, Bulgaria, Lithuania, Repubblica di Macedonia –:

   quali iniziative il Governo abbia intrapreso o intenda intraprendere per riconoscere e recepire la definizione operativa di antisemitismo proposta dall'Alleanza internazionale per la memoria dell'Olocausto e garantirne l'attuazione in tutti gli ambiti, al fine di sostenere le autorità giudiziarie e quelle preposte alle attività di contrasto nei loro sforzi volti a identificare e perseguire con maggiore efficienza ed efficacia le aggressioni antisemite e di contrastare in ogni modo ogni tipo di violenza ed intolleranza nei confronti dei cittadini e delle comunità ebraiche che già hanno conosciuto, nel corso della storia, persecuzioni e, nel continente europeo, un vero e proprio genocidio.
(3-01106)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata:


   MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GARAVAGLIA, GASTALDI, GAVA, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GIORGETTI, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUIDESI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MATURI, MOLTENI, MORELLI, MORRONE, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, SASSO, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   dai dati diffusi dall'Associazione artigiani e piccole imprese Cgia di Mestre emerge come in dieci anni solo in Emilia-Romagna si sono perse 3.746 imprese del piccolo commercio (sono passate dalle 46.023 del 2009 alle 42.277 del 2019, –8,1 per cento) e le imprese artigiane sono diminuite di 19.371 unità (-13,3 per cento, da 145.278 a 125.907) – di cui 2.000 dall'inizio del 2018 –, a fronte di un calo medio del 2,9 per cento per la spesa mensile a famiglia: dall'inizio della crisi le famiglie emiliano-romagnole sono state costrette a tagliare, in media, 800 euro all'anno di consumi;

   in generale dal 2007, anno pre-crisi, al 2018 in Italia il valore delle vendite al dettaglio nei negozi di vicinato è crollato del 14,5 per cento in favore della grande distribuzione, che ha invece registrato nel medesimo periodo un incremento del 6,4 per cento;

   questo trend è proseguito anche nei primi 9 mesi del 2019: mentre nei supermercati, nei discount e nei grandi magazzini le vendite sono aumentate dell'1,2 per cento, nelle botteghe e nei negozi sotto casa la contrazione è stata dello 0,5 per cento;

   il Ministro Di Maio ha recentemente affermato che il Governo deve andare avanti «nella tutela delle persone che lavorano, come nel caso delle partite Iva e dei lavoratori dipendenti degli esercizi commerciali che, a causa delle liberalizzazioni, sono sprofondati nella giungla degli orari di apertura e chiusura, cercando invano di battere i centri commerciali, rimanendo aperti 12 ore al giorno e 7 giorni su 7»;

   si ricorda che presso la Commissione Attività produttive, commercio e turismo della Camera dei deputati, nel febbraio 2019, con la precedente maggioranza «gialloverde», al termine di un primo lungo ciclo di audizioni informali, era stata depositata da parte del relatore del provvedimento, appartenente al gruppo parlamentare della Lega-Salvini Premier, una bozza concordata di testo unificato delle proposte di legge in materia di disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali;

   va tenuto conto della profonda crisi che il settore del piccolo commercio e dell'artigianato sta affrontando a causa della perdurante crisi economica e della forte concorrenza operata non solo dai grandi centri commerciali, ma anche dall’e-commerce –:

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare, vista la persistente necessità ed urgenza, in favore del piccolo commercio e dell'artigianato, tenuto conto anche dei lavori parlamentari in materia di orari di apertura degli esercizi commerciali.
(3-01111)


   PEZZOPANE, NARDI, BENAMATI, BONOMO, LACARRA, GAVINO MANCA, ZARDINI, GRIBAUDO, ENRICO BORGHI e FIANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   in data 16 settembre 2019 scadeva il bando di gara ad invito indetto da Poste italiane per la gestione overtime e overflow delle chiamate del servizio clienti di Poste italiane;

   a quanto risulta agli interroganti, la gara è suddivisa in 4 lotti differenti e alla suddetta gara sono state invitate direttamente 7 aziende;

   è di tutta evidenza che si tratti di una committenza di grande rilievo, che coinvolgerà complessivamente 1.039 lavoratori e interesserà una vasta platea di utenti sui territori;

   anche nel territorio aquilano numerosi addetti sono impegnati nella lavorazione di tale commessa;

   a tuttora, non è dato sapere quali siano le motivazioni per le quali Poste italiane preclude ancora l'assegnazione della suddetta gara, né se preventivamente sia stata fatta una verifica affinché vengano rispettate le tabelle concernenti la determinazione del costo medio orario del personale dipendente emessa da Ministero del lavoro e delle politiche sociali e derivante dall'applicazione del contratto di lavoro del settore delle telecomunicazioni, nonché se nel predisporre la gara siano state inserite clausola sociale, costo lavoro secondo tabelle, territorialità ed ogni tutela normativa e contrattuale per lavoratrici e lavoratori –:

   quali iniziative urgenti intenda adottare per chiarire lo stato di avanzamento e i termini della procedura di assegnazione della suddetta gara, anche al fine di assicurare il pieno rispetto della contrattazione di settore e dei livelli occupazionali.
(3-01112)


   LOLLOBRIGIDA, MELONI, RIZZETTO, ACQUAROLI, BALDINI, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   secondo il report dell'Istat del giugno 2019 nel biennio 2015-2017 il 3,3 per cento delle medie-grandi aziende che operavano in Italia, circa 700 imprese, hanno delocalizzato all'estero e, di queste, il 62 per cento avrebbe spostato la produzione oltre confine in ragione dell'esigenza di ridurre il costo del lavoro;

   il problema della delocalizzazione delle aziende ha rappresentato negli ultimi anni una questione particolarmente rilevante sotto il profilo economico-produttivo e sotto quello occupazionale, segnatamente per quanto riguarda le aziende medio-grandi con un bacino di occupanti in Italia particolarmente ampio;

   l'attualità con i suoi molteplici casi, in primis il caso Whirlpool, evidenzia quanto questo trend rappresenti un aspetto particolarmente delicato nel panorama economico italiano: la multinazionale americana avrebbe ottenuto dal 2014 ad oggi circa 50 milioni di contributi in conto capitale destinati a garantire la continuità produttiva e soprattutto i livelli occupazionali;

   la questione ha spinto i Governi susseguitisi ad intervenire in merito alla problematica delle aziende che delocalizzano dopo aver beneficiato di contributi pubblici: dapprima la legge di stabilità per il 2014, all'articolo 1, comma 60, ha previsto, a carico delle imprese beneficiarie di contributi pubblici che avessero deciso di delocalizzare entro 3 anni dall'ottenimento delle risorse, con una conseguente riduzione del personale di almeno il 50 per cento, l'obbligo di restituzione del contributo incassato;

   nel luglio 2018 il cosiddetto decreto dignità ha introdotto disposizioni più stringenti per le aziende che hanno inteso delocalizzare prima dei 5 anni trascorsi dall'ottenimento delle concessioni, prevedendo, oltre alla revoca dei riconoscimenti economici, anche una sanzione pari ad un ammontare, dal doppio al quadruplo, di quanto ottenuto dallo Stato come concessione;

   nonostante le disposizioni approvate, al momento presso il Ministero dello sviluppo economico sussistono ben 158 tavoli di crisi, che riguardano anche aziende che hanno operato una cessazione finalizzata alla delocalizzazione, a conferma del discutibile valore deterrente delle citate norme sanzionatorie –:

   quante siano le aziende che hanno restituito i contributi statali incassati e che hanno pagato le sanzioni in seguito alla delocalizzazione della loro attività.
(3-01113)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Bellucci e altri n. 1-00090, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 dicembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dalle deputate: Baldini, Mantovani.

  La mozione Giannone e altri n. 1-00283, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 novembre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Silli.

  La mozione Rizzo Nervo e altri n. 1-00284, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 novembre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Di Giorgi.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Federico e Testamento n. 4-04064, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 novembre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Del Sesto.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Annibali n. 1-00249, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 231 del 2 ottobre 2019.

   La Camera,

   premesso che:

    il 25 novembre è la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite partendo dall'assunto che la violenza contro le donne sia una violazione dei diritti umani. Tale violazione è una conseguenza della discriminazione contro le donne, dal punto di vista legale e pratico, e delle persistenti disuguaglianze tra uomo e donna;

    in tale occasione i Governi, le organizzazioni internazionali e le Ong sono invitate ad organizzare attività volte a sensibilizzare l'opinione pubblica sul tema;

    il primo atto della scorsa legislatura è stato la ratifica, con legge 27 giugno 2013, n. 77, della cosiddetta Convenzione di Istanbul (Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica), il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante, volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza;

    la Convenzione precisa che la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani ed è una forma di discriminazione comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella sfera pubblica che nella sfera privata;

    la Convenzione interviene, inoltre, specificamente anche nell'ambito della violenza domestica, che non colpisce solo le donne, ma anche altri soggetti, ad esempio bambini ed anziani, ai quali altrettanto si applicano le medesime norme di tutela;

    a tale primo importantissimo atto hanno fatto seguito misure, sostanziali e processuali, volte a garantire alla vittima di reati di violenza domestica e di genere, una tutela più incisiva ed efficace e ad imprimere tempestività alla risposta giudiziaria;

    sono state introdotte modifiche al codice penale e di procedura penale per inasprire le pene di alcuni reati, più spesso commessi nei confronti di donne, è stato emanato il Piano d'azione straordinario contro la violenza di genere e la previsione di stanziamenti per il supporto delle vittime e tra le altre cose, è stato modificato il codice penale per aumentare la pena ed estendere il campo d'applicazione per il reato di omicidio aggravato da relazioni personali;

    si ricorda inoltre l'introduzione della norma che rende impossibile estinguere il delitto di stalking a seguito delle condotte riparatorie previste dall'articolo 162-ter del codice penale (l'articolo 1 della legge n. 172 del 2017, di conversione del decreto-legge n. 148 del 2017), la possibilità di applicare nuove misure di prevenzione agli indiziati di stalking a seguito dell'entrata in vigore del nuovo codice antimafia e la legge n. 4 del 2018, volta a rafforzare le tutele per i figli rimasti orfani a seguito di un crimine domestico;

    con il decreto n. 93 del 2018, la cosiddetta legge sul femminicidio, si è esteso alle vittime dei reati di stalking, maltrattamenti in famiglia e mutilazioni genitali femminili l'ammissione al gratuito patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito, tuttavia manca, ad oggi, la medesima previsione per i processi civili direttamente riferibili ai reati per i quali è già ammesso in sede penale. Si rilevano quindi casi in cui, ad esempio, viene ammesso il gratuito patrocinio in deroga per la vittima nei processi penali per stalking e maltrattamenti e non per il collegato processo civile di divorzio;

    la vera innovazione introdotta dal complessivo quadro normativo approvato nella scorsa legislatura consiste nel tentativo di coordinare i diversi fronti della educazione, della prevenzione, del supporto e della punizione all'interno di una cornice unitaria e organica, per fronteggiare il punto debole di una legislazione essenzialmente reattiva, che interviene solo a crimine avvenuto, con poca incisività invece sul fronte della prevenzione a tutti i livelli;

    nella presente legislatura, in data 14 novembre 2018, sono state approvate, ad amplissima maggioranza, le mozioni parlamentari Annibali, Boldrini, Gebhard ed altri n. 1-00070, D'Arrando, Panizzut ed altri n. 1-00074 e Carfagna ed altri n. 1-00075, in forza delle quali il Governo pro tempore ha assunto impegni precisi di contrasto alla violenza e alla discriminazione nei confronti delle donne;

    si è intervenuti, da ultimo, con l'approvazione della legge 19 luglio 2019, n. 69, Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, cosiddetto codice rosso. Un provvedimento che ha colmato alcuni vuoti normativi ed è intervenuto sulla necessità condivisa di velocizzare l'instaurazione del procedimento penale e, conseguentemente, accelerare l'eventuale adozione di provvedimenti di protezione delle vittime. Una legge che può essere integrata seguendo le indicazioni contenute nel parere espresso dal Consiglio superiore della magistratura e le proposte di coordinamento e buone prassi tra gli uffici della Scuola superiore della magistratura, nonché attuata più efficacemente attraverso l'implementazione delle risorse necessarie;

    si ricorda che la violenza di genere affonda le sue radici in una profonda, e persistente, disparità di potere tra uomini e donne e in un'organizzazione patriarcale della società che ancora oggi permea le pratiche e la vita quotidiana di milioni di uomini e donne in Italia;

    tutti i dati e le ricerche pubblicate negli ultimi anni, dicono che la violenza contro le donne nel nostro Paese è un fenomeno ampio, diffuso e strutturale. Nella gran parte dei casi gli autori della violenza sono il partner, i parenti o gli amici. Nei casi più estremi la violenza contro le donne può portare al femminicidio;

    il 28 giugno 2019 Eures ha pubblicato un rapporto sugli «Omicidi in famiglia» da cui emerge che nel 2018 il 49,5 per cento delle vittime degli omicidi volontari commessi in Italia è stato ucciso all'interno della sfera familiare o affettiva (163 su 329 vittime di omicidio totali): la percentuale più alta mai registrata in Italia. Di queste, il 67 per cento è costituito da donne (109 vittime) a fronte di 54 vittime di sesso maschile (33 per cento). L'ambito familiare arriva ormai a costituire il contesto omicidiario quasi esclusivo per le vittime femminili, visto che ben l'83,4 per cento delle 130 donne uccise in Italia nel 2018 ha trovato la morte per mano di un familiare o di un partner/ex partner;

    i costi sociali ed economici della violenza dimostrano che le risorse stanziate per la prevenzione comportano netti risparmi rispetto a quanto il sistema pubblico è costretto a spendere una volta che la violenza viene realizzata. Anche le conseguenze sulla salute delle donne sono pesantissime;

    questa fotografia così nitida è resa possibile anche grazie al lavoro, spesso volontario, di tante donne dei centri antiviolenza non istituzionali, che da sempre affiancano le donne maltrattate ascoltandole e accompagnandole nella costruzione di percorsi personali di fuoriuscita dall'esperienza di violenza;

    una misura di sostegno economico potrebbe consentire a una donna, anche con figli a carico, di affrontare il primo periodo di separazione con una relativa tranquillità per impegnarsi e dedicarsi a tutte le pratiche legali e amministrative che uscire dalla violenza comporta, ma anche di avere un tempo per sé per elaborare il suo vissuto e riprogettare il futuro, per esempio per investire nella formazione professionale. Inoltre, nel caso in cui siano presenti bambini potrebbe dedicare tempo e attenzione nell'accompagnarli nel percorso di elaborazione del trauma e nelle varie visite mediche e psicologiche;

    il ruolo delle associazioni di donne va riconosciuto, valorizzato e potenziato quale strumento fondamentale per la lotta contro la violenza maschile sulle donne. In tal senso, va garantita su tutto il territorio la presenza di case rifugio e delle case delle donne in linea con i parametri internazionali, privilegiando quelle che possono garantire la qualità dei servizi e la competenza di genere e professionale;

    una forma di violenza molto diffusa e difficile da riconoscere, esplicitamente citata dalla convenzione di Istanbul, è la violenza economica;

    una delle ragioni per cui le donne faticano a denunciare violenze subite nello stesso ambito familiare, sono le difficoltà economiche legate a percorsi di fuoriuscita dalla relazione, soprattutto quando il partner detiene il potere economico e sociale e il controllo completo sulle finanze e sulle risorse familiari, cosicché molte donne, se denunciano il partner violento e lasciano la relazione, rischiano di ritrovarsi senza una casa, senza risorse economiche, impossibilitate alla riorganizzazione materiale della propria vita, con la paura che le difficoltà economiche possano incidere anche nel rapporto con i figli;

    come si legge nella guida sulla violenza economica curata dalla casa di accoglienza delle donne maltrattate di Milano (Cadmi), con il contributo della Global Thinking Foundation, «la definizione condivisa, anche a livello internazionale, di violenza economica può essere così espressa: la violenza economica si riferisce ad atti di controllo e monitoraggio del comportamento di una donna in termini di uso e distribuzione del denaro, con la costante minaccia di negare risorse economiche, ovvero attraverso un'esposizione debitoria, o ancora impedendole di avere un lavoro e un'entrata finanziaria personale e di utilizzare le proprie risorse secondo la sua volontà». Essa spesso si cela dietro a comportamenti ancora culturalmente giustificati e accettati. È diffusa trasversalmente ed indipendentemente dalle fasce di reddito delle donne;

    la questione delle pari opportunità fra i sessi passa, infatti, inevitabilmente anche dal lavoro. È stato il lavoro, nel secolo scorso, un importante mezzo di emancipazione delle donne; tuttavia ancora esistono discriminazioni e disuguaglianze che impediscono la libera scelta di coniugare lavoro e famiglia, così come la possibilità di raggiungere l'indipendenza economica e la realizzazione personale;

    le difficoltà che le donne incontrano nella fuoriuscita dalla violenza sono spesso legate alla mancanza di un lavoro o a livelli retributivi troppo bassi per garantirne l'autonomia. Permangono inoltre scarsi strumenti di welfare a sostegno dei loro percorsi di libertà e autonomia e ciò fa sì che sovente tornino dal partner violento per le difficoltà economiche che si trovano ad affrontare;

    gli strumenti di welfare a sostegno dei percorsi di libertà e autonomia delle donne, per quanto positivi, richiedono un rafforzamento, eventualmente mutuando anche l'esperienza spagnola;

    in tale senso, nella XVII legislatura, sono state molte le misure adottate per contrastare la mancanza di pari opportunità sul luogo di lavoro, a partire, a titolo esemplificativo, dal divieto delle cosiddette «dimissioni in bianco», all'indennità di maternità resa certa anche per le lavoratrici i cui contributi non sono stati versati dai datori di lavoro e resa flessibile per le lavoratrici autonome, agli incentivi per le assunzioni delle donne vittime di violenza e all'estensione alle lavoratrici autonome del pagamento dell'indennità per l'assenza dal lavoro nei casi di violenza di genere;

    occorre, inoltre, valutare positivamente le buone pratiche e gli strumenti adottati a livello regionale, come il cosiddetto «reddito di libertà» o il «contributo di libertà». Misure di sostegno economico, specifiche per le donne vittime di violenza domestica, al fine di sostenerne l'autonomia e lo sviluppo di un progetto di vita indipendente. Strumenti che aiutano le donne a scardinare il ricatto della dipendenza economica agito dall'uomo violento;

    è fondamentale un supporto anche economico al progetto personale di fuoriuscita dalla violenza deciso dalla donna stessa. Il punto chiave è infatti la sua autodeterminazione, ovvero quel principio per cui un soggetto, per quanto possibile, deve poter decidere su tutto ciò che riguarda la sua vita. Incrementare questo tipo di strumenti contribuirebbe fortemente a rafforzare la donna e a scardinare il ricatto della dipendenza economica dall'uomo violento;

    questo tipo di misure sono ancora distribuite a macchia di leopardo. Occorrerebbe invece introdurre una misura universale e omogenea su tutto il territorio nazionale;

    per supportare la donna che ha scelto con coraggio di denunciare sono nate in questi ultimi anni in alcune caserme dei carabinieri e in alcuni commissariati, degli spazi in cui le vittime che decidono di denunciare riescono a sentirsi più a loro agio. Sarebbe opportuno promuovere una crescente adesione a questa iniziativa per evitare che questa opportunità venga destinata solo ad alcune zone d'Italia;

    per aiutare l'inserimento nel mondo del lavoro delle donne vittime di violenza, occorre prorogare ed estendere gli sgravi contributivi per l'assunzione di donne vittime di violenza di genere a tutte le categorie di datori di lavoro. Sarebbe altresì importante estendere alle donne vittime di violenza una quota di riserva sul numero di dipendenti dei datori di lavoro pubblici e privati, prevedendo per loro l'estensione dell'articolo 18 della legge 12 marzo 1999, n. 68;

    come pubblicato dal quotidiano La Stampa in data 4 giugno 2019, «da una ricerca Episteme sulle donne e la gestione economica delle famiglie, emerge che oltre tre donne su 10 non hanno un conto corrente personale». Tale ricerca fotografa una diffusa dipendenza economica delle donne che spesso è uno dei motivi che porta ad accettare abusi e violenze fisiche. In tal senso, si rende necessario promuovere iniziative al fine di informare le donne sui loro diritti in ambito economico e su come riconoscere la violenza economica ed eliminarla dalla propria vita. Molto si potrebbe fare anche sul fronte bancario;

    al fine di contrastare forme di violenza volte a rendere la donna economicamente dipendente, anche attraverso l'occultamento doloso delle risorse patrimoniali al fine di non corrispondere quanto dovuto a titolo di mantenimento al coniuge o ai figli, occorre introdurre specifici e dedicati interventi anche di carattere normativo;

    un numero enorme di donne ha poi subito una qualche forma di molestia sessuale: l'Istat dice che nel 2018, 8 milioni 816 mila donne (il 43,6 per cento) fra i 14 e i 65 anni, ha subito molestie sessuali nel corso della vita. Per quel che riguarda le molestie sul lavoro, dove esiste un sommerso importante, del 7,5 per cento di donne che ha subito ricatti sessuali sul lavoro, solo il 20 per cento ne ha parlato e quasi nessuna ha denunciato;

    un fenomeno ampio a cui occorre dare una risposta anche attraverso un intervento normativo che dia applicazione all'articolo 40 della Convenzione di Istanbul;

    occorre poi ricordare che il 21 giugno 2019, la Conferenza internazionale del lavoro ha approvato a Ginevra la Convention concerning the elimination of violence and harassment in the world of work con 439 voti a favore, sette contrari e 30 astensioni dai delegati della Conferenza che riunisce i delegati dei Governi, sindacali e rappresentanti degli imprenditori dei 186 Paesi membri dell'Ilo (Organizzazione internazionale del lavoro). La Convenzione, accompagnata da una relativa «Raccomandazione», afferma che la violenza e le molestie nel mondo del lavoro «sono inaccettabili e incompatibili con un lavoro dignitoso». Gli Stati che ratificano la Convenzione si impegnano ad adottare disposizioni contro violenze e molestie e a fornire un facile accesso a mezzi di ricorso e a rimedi;

    nella mozione n. 1-00243, a prima firma dell'On. Lisa Noja, si evidenzia come «le donne con disabilità abbiano una probabilità di essere vittime di violenza da due a cinque volte superiore rispetto alle donne non disabili, frequentemente nell'ambito delle relazioni domestiche, a causa della posizione di maggiore fragilità e vulnerabilità sofferta»;

    il «Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne» per il triennio 2017-2020, approvato nel novembre 2017 in Consiglio dei ministri dal Governo pro tempore, è uno strumento importante volto a dare piena attuazione alla Convenzione di Istanbul. Esso ripropone i tre assi strategici della Convenzione di Istanbul: prevenire, proteggere e sostenere, perseguire e punire, oltre ad un asse trasversale di supporto all'attuazione relativo alle politiche integrate. Il piano, dovrà essere rinnovato nel 2020;

    la sezione del «Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne» dedicata agli impegni dell'Italia in ambito internazionale vede interventi a favore dell’empowerment delle donne, della loro piena partecipazione ai processi di sviluppo e a favore della lotta a ogni forma di violenza contro le donne e le bambine; programmi di cooperazione contro la violenza sulle donne nei Paesi indicati dal Piano strategico ed interventi per promuovere l'attivazione dei sistemi di comunicazione e informazione/sensibilizzazione tra i Paesi di provenienza delle vittime e quello di accoglienza, affinché siano rese palesi le modalità di adescamento/ricatto delle vittime e le reali condizioni di lavoro che si riservano poi all'arrivo, anche con l'aiuto delle reti diplomatiche;

    in attuazione dell'articolo 1, commi 790 e 791, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, e per il compimento degli obiettivi posti al paragrafo 5.4 «Soccorso» del piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 novembre 2017, sono state adottate le linee guida nazionali per l'assistenza socio-sanitaria alle donne che subiscono violenza e che si rivolgono al pronto soccorso, pubblicate in Gazzetta Ufficiale il 30 gennaio 2018;

    le regioni, in virtù della loro competenza di tipo concorrente in materia di programmazione, coordinamento e indirizzo degli interventi socio-sanitari ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, devono adoperarsi affinché le aziende sanitarie c le aziende ospedaliere diano puntuale attuazione alle linee guida nazionali. Ad oggi non si sa quante regioni lo stiano facendo;

    la Dichiarazione sull'eliminazione della violenza contro le donne (Nazioni Unite, 20 dicembre 1993) include esplicitamente la tratta e la prostituzione forzata tra le forme di violenza di genere. Il 26 febbraio 2016 il Consiglio dei ministri ha adottato il primo piano d'azione nazionale contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani per gli anni 2016-2018 finalizzato a definire strategie di lungo periodo per la prevenzione e il contrasto del fenomeno mediante azioni di sensibilizzazione, promozione sociale emersione ed integrazione delle vittime della tratta;

    la Cabina di regia per l'attuazione del Piano nazionale d'azione contro la tratta e il grave sfruttamento di esseri umani costituita con decreto il 2 agosto 2016 a palazzo Chigi, a riunitasi l'ultima volta il 7 maggio 2019, deve comunque rinnovare il Piano stesso scaduto il 1o febbraio 2019 al fine di evitare che le vittime rischino di non essere efficacemente tutelate;

    in merito alla sicurezza delle donne, i dati dicono che la diffusione di armi comporta un pericolo maggiore di omicidi e di vittime nei settori più indifesi, in particolare le donne. Nel merito, Giorgio Beretta, analista dell'Opal (Osservatorio permanente sulle armi leggere) in una intervista a Linkiesta del 15 gennaio 2019, dichiarava che «dei 92 tra omicidi di donne e femminicidi che sono stati commessi nel 2018 ben 28, cioè quasi uno su tre, sono stati compiuti da persone con regolare licenza per armi. In sintesi, oggi l'ambito di maggior pericolosità per gli italiani, soprattutto per le donne, è quello familiare e relazionale e se c'è un'arma in casa è più probabile che venga utilizzata per ammazzare un familiare, spesso una donna, che per respingere eventuali ladri»;

    il Rapporto ombra delle associazioni di donne per il Grevio, il gruppo di esperte sulla violenza contro le donne del Consiglio d'Europa (ottobre 2018), incaricato di monitorare l'attuazione della Convenzione di Istanbul in Italia, raccomanda come «urgentissimo e fondamentale menzionare espressamente nel codice civile la violenza intra-familiare come causa di esclusione di affidamento condiviso e la violenza assistita come causa di decadenza o limitazione della responsabilità genitoriale»;

    al fine di garantire una tutela preventiva della persona offesa, la legge 19 luglio 2019, n. 69, ha rafforzato l'interlocuzione tra la magistratura penale e quella civile, in caso di contemporanea pendenza di procedimenti relativi alle stesse parti, al fine di ridurre il rischio di decisioni confliggenti in tema di tutela delle vittime o, al contrario, di strumentalizzazione, nel giudizio civile della vicenda penale;

    occorre tuttavia segnalare come ancora in troppi casi accade che un procedimento penale scaturito da una denuncia per violenza domestica proceda completamente staccato dal procedimento civile di separazione e si disponga l'affido condiviso dei figli e/o si impongano diritti di visita che mettono a repentaglio i diritti e la sicurezza della vittima o dei minori;

    accade altresì che si colpevolizzino le madri che denunciano la violenza, di cui viene messa in discussione la competenza genitoriale con meccanismi quali la Pas (sindrome dell'alienazione parentale, che non ha basi scientifiche come ribadito anche dalla Corte di cassazione) e la vittimizzazione secondaria a tutti i livelli, che determinano una prosecuzione dell'esercizio di potere e di controllo nei confronti della donna. La Pas passa sovente attraverso le consulenze tecniche d'ufficio (Ctu), redatte da psicologi, psicoterapeuti o psichiatri nominati dal giudice;

    questa problematica sarà indagata e approfondita dal lavoro della nuova Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, come dichiarato, secondo quanto consta ai firmatari del presente atto, dalla sua Presidente, senatrice Valeria Valente;

    occorre ricordare poi che l'articolo 31 della Convenzione di Istanbul impone di prendere in dovuta considerazione gli episodi di violenza vissuti dai figli minori «al momento di determinare i diritti di custodia e di visita dei figli»;

    in tal senso, va salutata positivamente la presa di posizione della Ministra per le pari opportunità e la famiglia, Elena Bonetti, che in merito al disegno di legge cosiddetto Pillon, che proponeva una riforma in materia di affido condiviso, il cui contenuto ad avviso dei firmatari del presente atto viola la Costituzione e le convenzioni internazionali, ha annunciato la volontà di non sostenere il provvedimento;

    la prevenzione resta centrale nella lotta alla violenza di genere. Essa passa inevitabilmente da una profonda opera di promozione di una cultura ispirata alla parità di genere, al superamento degli stereotipi, del sessismo e della misoginia. Un cambiamento che deve investire in maniera decisa e forte tutti gli istituti e i soggetti della formazione e della cultura;

    le politiche annunciate dall'attuale Governo in tema di conciliazione, parità di genere e welfare, vanno nella giusta direzione e segnano un'importante inversione di tendenza;

    centrale è il ruolo della scuola di ogni ordine e grado al fine di educare al rispetto di genere, contrastare ogni forma di violenza e discriminazione e favorire il superamento di pregiudizi e disuguaglianze;

    purtroppo, ancora oggi, nei mondi che vengono a contatto con la violenza sulle donne, sono presenti molti pregiudizi. Per questo la specializzazione e la formazione di tutti i soggetti che vengono a contatto con la violenza sulle donne, sono cruciali. Anche su questo si è intervenuti con la legge 19 luglio 2019, n. 69, ma occorre investire di più in termini di risorse umane ed economiche;

    sul piano della comunicazione viene ancora riservata poca attenzione al ruolo che i media possono avere per consolidare una coscienza sociale diffusa di condanna del fenomeno. Troppe volte, soprattutto nei casi di femminicidio, i media tendono a far passare un messaggio fuorviante e diseducativo, sia sul piano del linguaggio, che su quello della rappresentazione della notizia. Espressioni come «Amore malato», «eccesso di amore», «raptus», «gigante buono», richiamano ad una sorta di giustificazionismo dell'azione violenta. Anche su questo punto la Convenzione di Istanbul interviene in maniera puntuale con l'articolo 17, prevedendo la sensibilizzazione degli operatori dei settori dei media per la realizzazione di una comunicazione e di un'informazione, anche commerciale, rispettosa della rappresentazione di genere;

    in tal senso, il Manifesto di Venezia, promosso dalla Commissione pari opportunità della Federazione nazionale della stampa italiana con altri sindacati e l'associazione Giulia giornaliste, ha messo l'informazione al centro della rivoluzione culturale che può contrastare la violenza sulle donne;

    nell'era del web, la violenza, come è noto, corre anche in rete e le donne sono le principali vittime del discorso d'odio on line, il cosiddetto hate speech. L'odio in rete si sta diffondendo come un fiume in piena ed è in costante crescita nel nostro Paese. È ormai evidente che si tratta di un problema da affrontare con urgenza, tanto a livello nazionale che mondiale;

    sul fronte della tutela delle donne vittime di violenza e in funzione preventiva, è fondamentale il trattamento degli uomini violenti anche nella fase di esecuzione della pena. I dati dicono che, espiata la pena, gli uomini violenti tendono a commettere altri reati della stessa natura. Su questo punto così rilevante è intervenuta la legge 19 luglio 2019, n. 69, ma occorre tuttavia continuare a lavorare al fine di rimuovere le condizioni all'origine dei fatti violenti e causa di una probabile recidiva. Tale impegno va supportato dalle necessarie risorse umane ed economiche;

    la lotta alla violenza contro le donne necessita di ulteriori risorse umane ed economiche. Esse devono essere destinate con criteri trasparenti ed attenti ai principi sanciti dalla Convenzione di Istanbul;

    un obiettivo importante e condivisibile della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio è quello di arrivare ad una legge quadro sulla violenza contro le donne al fine di sistematizzare e dare omogeneità alla normativa esistente;

    per quanto l'attività di repressione sia fondamentale per combattere il fenomeno della violenza di genere, si è altrettanto certi che una concreta e puntuale attività di prevenzione sia altrettanto necessaria;

    infatti, gli interventi punitivi possono essere utilizzati come deterrente e le misure cautelari possono essere applicate per fermare sul nascere casi di violenza. Tuttavia, la casistica degli atti di violenza nel nostro paese ci dimostra che queste misure non sono sufficienti;

    la prevenzione è infatti la chiave maestra per risolvere questo fenomeno. Infatti, è necessario un cambio radicale culturale e sociale, che l'impianto normativo dovrebbe accompagnare e favorire;

    fulcro di questo impianto non può che essere la scuola, luogo in cui gli adulti di domani crescono e vengono formati. L'insegnamento del rispetto del proprio partner nelle aule scolastiche, libri di testo che non forniscano idee maciste e stereotipate, attività di informazione, dialogo sono solo alcune delle politiche che potrebbero favorire la prevenzione di questo fenomeno;

    desta preoccupazione il fatto che da tempo è in circolazione sul mercato nei negozi ludici e store online un gioco da tavolo «Squillo» prodotto dalla Raven Distribution nel quale ogni giocatore deve gestire l'attività di sfruttamento di prostituzione delle ragazze che possono essere uccise e i loro organi umani venduti, così come ad oggi risultano in commercio altri giochi simili distribuiti sempre dalla Raven Distribution come «Squillo – Bordello d'Oriente», «Megere e Meretrici», «Squillo Time Travels – Deep Space 69» «Squillo city». Si ravvisa la necessità di intervenire, a fronte dell'evidente carattere diseducativo e sessista del gioco in questione che, peraltro, banalizza e deride la mercificazione del corpo di donne sfruttate e obbligate a vendere il proprio corpo da soggetti della criminalità organizzata,

impegna il Governo:

1) a mettere in campo tutte le iniziative necessarie a raggiungere la piena applicazione della Convenzione di Istanbul;

2) ad adottare iniziative volte alla prevenzione e al contrasto della violenza economica;

3) ad adottare iniziative per introdurre strumenti di welfare volti a sostenere economicamente le donne nel loro percorso di fuoriuscita dalla violenza e a favorirne l'inserimento nel mondo del lavoro e l'autonomia abitativa;

4) a valutare l'opportunità di prevedere sul sito del Dipartimento per le pari opportunità una sezione accessibile (Open data) dove venga resa disponibile la documentazione di interesse pubblico, creando anche uno strumento efficace e incisivo di segnalazione di materiale;

5) a mettere in campo strategie efficaci per prevenire e perseguire ogni forma di violenza fisica, psicologica e sessuale, che può affliggere le donne nel contesto di un rapporto di lavoro e ad adottare le iniziative di competenza per ratificare quanto prima la Convention concerning the elimination of violence and harassment in the world of work;

6) ad assumere le iniziative necessarie ad approvare un nuovo piano nazionale antiviolenza per il triennio 2020-2023;

7) a monitorare, per quanto di competenza, l'attuazione a livello regionale delle linee guida nazionali per l'assistenza sociosanitaria alle donne che subiscono violenza e che si rivolgono al pronto soccorso;

8) a definire urgentemente il nuovo piano d'azione nazionale contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani e ad adottare iniziative per stanziare fondi adeguati per l'implementazione dei progetti di protezione delle vittime;

9) a promuovere le iniziative necessarie a garantire, su tutto il territorio nazionale, che le vittime di reati, come lo sfruttamento della prostituzione, possano essere inserite in percorsi sociali al fine di rompere definitivamente il legame con gli sfruttatori;

10) a proseguire nell'attività di costante monitoraggio e controllo della diffusione delle armi per uso di difesa personale, nonché a continuare ad assicurare che alla detenzione legittima di un'arma corrisponda una tempestiva ed efficace comunicazione ai familiari, ai conviventi maggiorenni, anche diversi dai familiari, compreso il convivente more uxorio;

11) a valutare l'opportunità di adottare iniziative per introdurre modifiche al codice civile al fine di prevedere la violenza intra-familiare come causa di esclusione di affidamento condiviso e la violenza assistita come causa di decadenza o limitazione della responsabilità genitoriale;

12) a valutare l'opportunità di adottare iniziative per estendere l'ammissione al gratuito patrocinio in deroga ai limiti di reddito alle cause civili direttamente riferibili ai reati che vedono le donne i bambini vittime di violenza per i quali il gratuito patrocinio in deroga è già ammesso in sede penale;

13) a promuovere la parità tra i sessi e la prevenzione della violenza di genere attraverso l'educazione scolastica, assumendo iniziative per destinare a tale scopo nuove risorse finanziarie;

14) a verificare, per quanto di competenza, che per la formazione specifica e per l'aggiornamento del personale chiamato ad interagire con la vittima, polizia e carabinieri, magistrati, personale della giustizia, polizia municipale e personale sanitario, siano previste risorse adeguate;

15) ad adottare politiche volte a garantire la parità di genere e retributiva, anche mediante eventuali meccanismi incentivanti quali la possibilità di ottenere un'apposita «certificazione di pari opportunità di lavoro» e ad incrementare l'occupazione femminile, elemento quest'ultimo fondamentale per la liberazione delle donne dalla violenza;

16) ad assumere iniziative per dare attuazione all'articolo 17 della Convenzione di Istanbul, anche attraverso l'adozione di misure per la promozione da parte dei media della soggettività femminile e l'introduzione di efficaci meccanismi di monitoraggio e di intervento sanzionatorio su comportamenti mediatici e comunicativi di ogni tipo che esprimano sessismo e visione stereotipata dei ruoli tra uomo e donna;

17) ad adottare iniziative volte a prevenire e contrastare il fenomeno dell’hate speech;

18) ad assumere le iniziative necessarie al fine di destinare le risorse umane ed economiche necessarie per i programmi di trattamento per gli uomini autori di violenza contro le donne;

19) a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte ad incrementare le risorse destinate al Fondo per le pari opportunità, al Fondo per le vittime di reati intenzionali violenti, al Fondo antitratta e, in generale, a tutte le politiche per la promozione della parità di genere e per la prevenzione ed il contrasto di ogni forma di violenza contro le donne;

20) a valutare il rafforzamento di una misura di aiuto economico mensile specifico per le donne che subiscono violenza di genere per sostenere lo sviluppo di un progetto di vita indipendente;

21) ad adottare urgentemente le opportune iniziative al fine di rendere pienamente operativa la legge n. 4 del 2018, con particolare riguardo alla possibilità di accesso ai fondi in favore degli orfani per crimini domestici;

22) ad adottare ogni iniziativa di competenza per tutelare l'autonomia delle associazioni impegnate contro la violenza nel rispetto degli standard e dei criteri previsti dal Piano nazionale antiviolenza;

23) ad adottare iniziative per pervenire a una legge quadro sulla violenza contro le donne al fine di sistematizzare e dare omogeneità alla normativa esistente;

24) a prevedere l'aggiornamento costante della mappatura dei centri anti violenza del Dipartimento delle opportunità, tenendo conto delle indicazioni fornite dalle regioni e province autonome;

25) ad adottare iniziative volte ad evitare la diffusione e la vendita sul libero mercato di giochi e giochi da tavola che palesemente contrastino con i principi della libertà e della dignità delle donne in special modo delle donne ridotte in schiavitù dalla criminalità organizzata.
(1-00249) (Nuova formulazione) «Annibali, Scutellà, Rotta, Rostan, Boschi, Piera Aiello, Anzaldi, Ascari, Barbuto, Bazoli, Berlinghieri, Boldrini, Bologna, Bonomo, Bordo, Braga, Bruno Bossio, Businarolo, Campana, Cantini, Carla Cantone, Carè, Carnevali, Cataldi, Cenni, Ciampi, Colaninno, D'Alessandro, D'Arrando, D'Orso, De Filippo, Del Barba, Di Giorgi, Marco Di Maio, Di Sarno, Di Stasio, Dieni, Dori, Ferri, Fregolent, Gadda, Giachetti, Giuliano, Gribaudo, Ianaro, Incerti, La Marca, Librandi, Lorefice, Lorenzin, Macina, Madia, Mammì, Miceli, Migliore, Mor, Moretto, Mura, Muroni, Nardi, Nobili, Noja, Paita, Palmisano, Perantoni, Pezzopane, Piccoli Nardelli, Pini, Pollastrini, Portas, Prestipino, Quartapelle Procopio, Rosato, Saitta, Salafia, Sarli, Sarti, Schirò, Serracchiani, Sportiello, Toccafondi, Elisa Tripodi, Ungaro, Vazio, Verini, Zan».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Acquaroli n. 5-02893 del 10 ottobre 2019;

   interrogazione a risposta scritta Zanella n. 4-03882 del 22 ottobre 2019;

   interpellanza urgente Rotta n. 2-00541 del 31 ottobre 2019.