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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 31 ottobre 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    il rilancio delle imprese e dell'occupazione devono essere gli obiettivi prioritari dell'Agenda di Governo, affinché l'Italia sia concretamente «una Repubblica democratica fondata sul lavoro», come recita l'articolo 1 della nostra Carta costituzionale;

    a tale scopo un'adeguata riduzione del cuneo fiscale rappresenta – ora più che mai – un intervento indispensabile ed urgente, poiché il suo ammontare elevato rappresenta un deterrente per lo sviluppo del Paese e per la sua competitività, configurandosi come un elemento ostativo agli investimenti delle imprese, un freno alla crescita dei tassi di produttività, al potere di acquisto dei lavoratori e alle potenzialità del mercato del lavoro;

    il cuneo fiscale è dato dalla differenza tra il costo del lavoro per il datore di lavoro e la corrispondente retribuzione netta del lavoratore, ed è composto dalla somma dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) e dei contributi previdenziali, la prima posta a carico del dipendente insieme a parte dei contributi previdenziali, mentre il datore è onerato della restante parte dei contributi previdenziali;

    l'onere rappresentato del cuneo fiscale si configura, pertanto, come uno dei principali indicatori degli effetti della imposizione fiscale e contributiva sul reddito dei lavoratori e sulle conseguenti dinamiche correlate all'occupazione e alla crescita economica;

    il rapporto annuale Taxing Wages 2019, che mette a confronto gli oneri e le tasse che gravano su imprese e lavoratori nei 35 Stati appartenenti all'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, dimostra come l'Italia, con il 47,4 per cento di peso del cuneo fiscale sia al terzo posto, preceduta solo da Belgio (53,7 per cento) e Germania (49,7 per cento) qualificandolo come un elemento che impedisce, di fatto, la creazione di nuovi posti di lavoro;

    nell'aprile 2019 il rapporto pubblicato dall'ufficio studi della Cgia di Mestre ha evidenziato come i contributi sociali sostenuti dalle aziende ammontino al 24 per cento del costo del lavoro, mentre le imposte e i contributi in capo ai dipendenti incidano per il 23,7 per cento, aspetti che collocano l'Italia rispettivamente al quarto e al quattordicesimo posto tra gli Stati Ocse;

    ciò che desta sconcerto è che nonostante l'annoso acceso dibattito politico sul costo del lavoro, quale macroproblema che affligge il mercato occupazionale italiano, il valore dello stesso invece di diminuire, come sta avvenendo in Francia e Germania, risulta aumentato, a conferma dell'assenza di misure strutturali concrete operate dai Governi nella direzione di contenerne gli effetti distorsivi;

    sicché, a titolo di esempio, i dati Istat dimostrano che, se in Italia il costo del lavoro raggiunge il valore medio di 32.154 euro all'anno, la retribuzione netta che resta al lavoratore è pari a 17.447 euro, ossia poco più della metà del totale del costo del lavoro;

    tale situazione, che si riflette anche nella drastica riduzione del potere d'acquisto delle famiglie, non è altro che il risultato di quella che i firmatari del presente atto di indirizzo giudicano l'assenza da parte degli Esecutivi che si sono succeduti negli ultimi anni e di seri interventi strutturali finalizzati all'abbassamento della componente fiscale e dei costi a carico delle imprese, poiché sono state erroneamente privilegiate misure assistenziali e poco lungimiranti, che hanno comportato l'impegno di ingenti risorse per le casse dello Stato e che oltre a non portare l'Italia fuori dalla crisi economica, si sono dimostrate inadeguate per i criteri con i quali sono state introdotte;

    sul punto, si pensi alla fallimentare istituzione del reddito di cittadinanza, misura che, diversamente da come era stata sponsorizzata, oltre a essere discriminante nei requisiti di accesso, si è rivelata esclusivamente un sussidio statale, vista la totale assenza di un sistema funzionante per la ricerca di lavoro ai beneficiari; per tale provvedimento sono stati stanziati 7,1 miliardi per l'anno 2019, 8 miliardi per il 2020 e 8,3 miliardi per il 2021; puntare su provvedimenti di mero assistenzialismo come di fatto si è dimostrato il reddito di cittadinanza significa disincentivare il lavoro e rendere i cittadini dipendenti dalla politica;

    l'attuale Governo, nei proclami, si è impegnato a ridurre il cuneo fiscale sul lavoro con l'imminente disegno di legge di bilancio, ma dalla lettura della nota di aggiornamento del documento di economia e finanza è emerso che le reali intenzioni dell'Esecutivo sono quelle di intervenire sul costo del lavoro con un disegno di legge collegato alla manovra finanziaria;

    in tale documento si legge, infatti, che «a completamento della manovra di bilancio 2020-2022, il Governo dichiara quali collegati alla decisione di bilancio», tra gli altri, un «DDL recante riduzione del cuneo fiscale», il che significa, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, che le forze di Governo per agire sul taglio del costo del lavoro, hanno scelto un iter che prevede tempi più lunghi e incerti, con il rischio di svuotare ulteriormente l'auspicata concretezza della manovra prevista, rimandando e frammentando l'intervento e dilazionandone, di conseguenza l'efficacia, mentre, se tali misure fossero inserite nel testo del disegno di legge di bilancio, avrebbero efficacia già dal 1° gennaio 2020;

    le ulteriori informazioni contenute nella nota, inoltre, fanno temere che si tratterà di una misura palesemente inadeguata, che non segnerebbe alcuna discontinuità rispetto alle precedenti politiche, posto che mancano sia un piano organico di interventi sia adeguati stanziamenti di bilancio;

    come prospettata, infatti, la riduzione del cuneo fiscale sarà ad esclusivo vantaggio dei lavoratori senza alleggerire i datori di lavoro e, di conseguenza, incapace di sortire alcun effetto in merito alle dinamiche occupazionali;

    sul versante delle risorse, invece, al taglio del cuneo fiscale sarebbero destinati appena 2,7 miliardi di euro da luglio 2020 e 5,4 miliardi di euro per il 2021 (un impegno di risorse equivalenti a 0,15 punti percentuali di prodotto interno lordo, nel 2020, che saliranno a 0,3 punti nel 2021) e l'esiguità di tali risorse, rispetto alla roboanza degli annunci fatti dal Governo nel corso delle ultime settimane, sembrano prospettare flebili effetti, che non porteranno valore aggiunto alle tasche dei lavoratore italiani;

    infatti, partendo dagli stanziamenti delineati dal Governo nella Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza, e rivolti ad una platea di circa 14 milioni di lavoratori con reddito variabile (una platea che coinvolge i lavoratori che percepiscono dagli 8 ai 35 mila euro annui, circa 4 milioni in più rispetto alla platea che oggi fruisce del credito IRPEF noto come «bonus 80 euro»), ci si troverebbe dinanzi ad un cosiddetto vantaggio fiscale di circa 40 euro mensili, una sorta di farsa ben distante dalle auspicate misure strutturali finalizzate alla riduzione degli oneri fiscali;

    si ritiene, dunque, doveroso reperire maggiori risorse, affinché tale intervento di riduzione del costo del lavoro possa determinare un effetto espansivo visibile anche sulla crescita del prodotto interno lordo. A tal fine, bisogna agire su più fronti, con misure di riduzione della spesa pubblica e la riconsiderazione dei bonus introdotti negli ultimi anni al fine di verificare l'opportunità di mettere a revisione alcune di queste voci di spesa;

    è necessario altresì riavviare una efficace politica di revisione della spesa, sin qui molto sbandierata ma poco attuata, e il cui fallimento è ben certificato dagli ultimi dati dell'Ufficio studi della Cgia di Mestre, che dimostrano come la spesa della pubblica amministrazione italiana sia ancora la più elevata d'Europa, cresciuta negli ultimi ancora del 9,2 per cento, pari a 8,5 miliardi;

    in base ai dati della Cgia, nel 2018, per la manutenzione ordinaria, gli acquisti di cancelleria, le spese energetiche e di esercizio dei mezzi di trasporto, i servizi di ricerca-sviluppo e di formazione del personale acquistati all'esterno, la quota annuale per l'acquisto dei macchinari, e altro, lo Stato centrale, le sue articolazioni periferiche, le regioni e gli enti locali hanno speso 100,2 miliardi di euro;

    un'ulteriore fonte di finanziamento del cuneo fiscale potrebbe essere rinvenuta dagli accantonamenti già risparmiati per il reddito di cittadinanza e «quota 100» che, a quanto è dato sapere, ammontano a circa 5 miliardi di euro, e che potrebbero aumentare se il Governo procedesse – come è necessario – a una riforma del reddito di cittadinanza per rimuoverne le criticità emerse ed ottenere ulteriori risparmi di spesa;

    il costo che l'Italia sta pagando trascinando nel tempo la questione irrisolta di un cuneo fiscale troppo elevato è molto alto e potrebbe determinare danni irreversibili, poiché rappresenta una delle concause di un welfare carente e squilibrato, di imprese poco competitive, di assenza di valide opportunità di lavoro, di aumento degli espatri e di un serio declino demografico,

impegna il Governo:

1) ad introdurre misure adeguate di riduzione del cuneo fiscale già nell'ambito del disegno di legge di bilancio per l'anno 2020, escludendo di provvedervi mediante un disegno di legge collegato alla manovra finanziaria come previsto attualmente nella nota di aggiornamento al documento di economia e finanza;

2) ad adottare iniziative per finanziare la riduzione del cuneo fiscale attraverso congrue ed adeguate risorse intervenendo con un piano che preveda: misure di riduzione della spesa pubblica; la riconsiderazione dei bonus vigenti al fine di verificare l'opportunità di mettere a revisione queste voci di spesa;

3) ad adottare iniziative per reperire ulteriori risorse finanziarie per l'abbassamento del costo del lavoro dai risparmi di spesa derivati sin qui dall'attuazione del reddito di cittadinanza e di «quota 100», valutando altresì di ottenere un risparmio aggiuntivo procedendo ad una riforma del reddito di cittadinanza che ne rimuova le criticità attraverso una revisione delle condizioni che disciplinano la possibilità di accesso al beneficio;

4) a introdurre sin da subito, nell'ambito del disegno di legge di bilancio per il 2020, adeguate misure volte a promuovere l'occupazione giovanile ed agevolare l'inclusione dei giovani nel mondo del lavoro e la tutela della donna lavoratrice nella prospettiva del superamento della disparità di trattamento, retributiva ed operativa, basata sul genere.
(1-00275) «Lollobrigida, Meloni, Rizzetto, Acquaroli, Baldini, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Luca De Carlo, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».


   La Camera,

   premesso che:

    l'agricoltura è uno dei settori in cui i cambiamenti climatici esercitano una maggiore pressione. Gli effetti del cambiamento climatico sull'agricoltura sono evidenti soprattutto in relazione alla produzione agricola a causa delle modificazione nella condotta delle principali variabili che incidono sulle produzioni, come le temperature e le precipitazioni;

    una seconda area di crisi per l'agricoltura derivante dai cambiamenti climatici è rappresentata dalla sicurezza della catena alimentare in relazione soprattutto alla gestione della risorsa acqua e dall'accelerazione della diffusione di malattie e di contaminazioni nei prodotti agricoli e alimentari, causati da temperature e umidità più elevate. È necessario rivedere le tecniche d'irrigazione, migliorare l'efficienza nell'uso dell'acqua e ridurne le perdite;

    orzo, mais, manioca, palma da olio, colza, riso, sorgo, soia, canna da zucchero, grano: sono le dieci principali colture al mondo, e forniscono l'83 per cento delle calorie assunte con l'alimentazione. Vari studi hanno previsto che, in futuro, si assisterà a un'importante riduzione dei raccolti, se i cambiamenti climatici in atto dovessero proseguire con l'intensità attuale;

    per quel che riguarda l'Italia si prevede che nel Sud i periodi siccitosi saranno sempre più frequenti e allora colture estensive come il frumento duro potrebbero non essere più possibili. Per il mais la Pianura padana sarà preclusa e anche per la vite cambieranno le zone vocate, che già si stanno spostando sempre più in quota. Per questa ragione gli investimenti in ricerca, anche con le moderne tecnologie, assumono un'importanza cruciale per tutelare le varietà che hanno reso famoso il made in Italy;

    sono poi aumentati in maniera esponenziale il numero degli eventi meteorologici estremi riconducibili al cambiamento climatico, anche a carattere locale, che hanno determinato perdite economiche e danni al territorio; il rapporto «Cambia il clima cambia l'agricoltura» presentato a Cernobbio il 12 ottobre 2019 parla di 1336 fenomeni meteorologici estremi nel 2018 non comparabili, per numero, con nessun altro paese europeo e ben lontani dal dato riferito al 2009, pari a 145 eventi della stessa portata;

    se l'agricoltura e il cambiamento climatico si caratterizzano per una complessa relazione di causa-effetto, il settore agricolo è una parte essenziale della soluzione, svolgendo un ruolo chiave nelle strategie di mitigazione e adattamento. Un approccio integrato, trasversale è necessario al fine di trasformare una minaccia in un'opportunità di sviluppo a basse emissioni e climaresiliente;

    le dichiarazioni programmatiche pronunciate dalla presidente Ursula Von der Leyen davanti al Parlamento propongono un cambio di passo rilevante rispetto alle politiche di sviluppo sostenibile. In particolare, la presidente ha proposto un European Green Deal per fare dell'Europa il primo continente neutrale dal punto di vista climatico mediante l'attuazione di un piano straordinario su energia, investimenti e tutela della biodiversità nonché il rafforzamento dell'impegno per le aree rurali e l'agricoltura sostenibile;

    anche il Governo italiano ha annunciato tra le sue priorità la realizzazione di un New Green Deal, che, in coerenza con gli obiettivi dell'Agenda 2030 e delle Nazioni Unite, comporti un radicale cambio di paradigma culturale in cui tutti i piani di investimento pubblico che dovranno avere al centro la protezione dell'ambiente, il ricorso alle fonti rinnovabili, la protezione della biodiversità e dei mari, il contrasto dei cambiamenti climatici;

    l'agricoltura è un comparto strategico per il raggiungimento di questi obiettivi. Il settore, come molti indicatori testimoniano, condotto con modalità intensive assume un peso non trascurabile per quanto riguarda le emissioni che generano cambiamento climatico, su cui l'Unione europea ha assunto obiettivi vincolanti di riduzione. Sono principalmente due i blocchi emissivi importanti: uso di fertilizzanti azotati e zootecnia intensiva;

    il settore agricolo è profondamente influenzato e dipendente dalle politiche e dalle norme dell'Unione europea. La politica agricola comune (Pac), che finanzia il comparto primario, negli anni è stata orientata a rispondere a vari obiettivi di sviluppo. Oggi è necessario che la Pac contribuisca ad accelerare la trasformazione ecologica e sociale dei sistemi agricoli e alimentari anche mediante meccanismi mirati favorire l'ingresso di nuove generazioni di agricoltori e la promozione di attività agricole produttive ed ecologiche. La Pac dovrebbe quindi rafforzare la filiera alimentare, la produzione di alimenti sani e sostenibili, ridurre le perdite e gli sprechi alimentari, tutelare le aziende agricole familiari custodi di pratiche agricole diversificate e fonte di lavoro;

    in vista della conclusione del percorso che porterà all'approvazione della Pac per il periodo 2021-2027 bisogna concentrare il dibattito nazionale sulla correzione di alcune distorsioni con l'obiettivo di: riformulare la nuova architettura del greening affidata alle autorità nazionali; affrontare la sostenibilità dell'agricoltura nazionale ed europea; remunerare gli agricoltori per la protezione degli ecosistemi, per la tutela delle acque, dei suoli e dell'atmosfera, per la difesa dei caratteri distintivi del paesaggio; affrontare il grande tema dello spopolamento delle aree rurali; sostenere le aziende agricole di piccole dimensioni; legare i finanziamenti alle strategie imprenditoriali promosse dagli agricoltori e quindi premiare le scelte produttive che diffondono beni pubblici ambientali e sociali come ad esempio l'uso di metodi agrari sostenibili; promuovere politiche indirizzate al mantenimento e alla crescita dell'occupazione e alla tutela delle comunità rurali; incoraggiare le nuove generazioni a interessarsi del settore agricolo; sostenere i modelli di produzione fondati sull'ecologia e la sostenibilità socio-ambientale;

    l'agricoltura si è evoluta sensibilmente nel corso degli ultimi anni di pari passo con lo sviluppo tecnologico e l'introduzione di innovazioni. L'agricoltura di precisione rappresenta uno strumento strategico per il futuro dell'impresa agricola permettendo il miglioramento delle prestazioni ambientali, con la riduzione dell'uso di fertilizzanti, fitofarmaci, acqua, combustibili fossili, una ottimale gestione del terreno, un miglioramento della qualità del prodotto e un abbattimento dei costi di produzione. Seppure, agli inizi, la rivoluzione digitale dell'agricoltura italiana è un processo inesorabile capace di promuovere effetti in grado di cambiare la fisionomia del settore agricolo. Per avviare un nuovo corso di promozione dell'innovazione è necessario pertanto favorire i processi di sostegno all’«agricoltura 4.0»;

    le imprese agro-alimentari che hanno investito nelle tecnologie green esportano il 7,5 per cento in più rispetto a quelle che non hanno fatto questi investimenti. Un andamento che evidenzia la capacità del settore agroalimentare di intercettare la nuova domanda globale di alta qualità e tipicità nell'alimentare ma anche di interpretare l'attenzione alla sostenibilità sociale e ambientale;

    la promozione dell'agricoltura biologica è un altro strumento di protezione della biodiversità e di mitigazione del clima. Tale sistema produttivo permette un utilizzo efficiente delle risorse naturali, poiché riduce l'uso dell'acqua e dell'energia, favorisce la diversità biologica e sviluppa maggiori resistenze ai fattori biotici e abiotici di disturbo. L'Italia è, oggi, il secondo Paese nell'Unione europea per superficie agricola investita a biologico, che ha raggiunto 1.908.653 ettari segnando un +6,3 per cento rispetto al 2016;

    una spinta verso la sostenibilità arriva anche da strumenti dell'economia contrattuale come i contratti di filiera, in grado di valorizzare l'operato delle aziende agricole e, contemporaneamente, agire sulla tutela dell'ambiente, del paesaggio e del benessere animale, senza tralasciare l'impatto sociale delle iniziative;

    il ricambio generazionale rappresenta una delle principali questioni da affrontare nel settore agricolo. La senilizzazione del settore costituisce un freno alla competitività a causa della minore propensione all'innovazione e agli investimenti, ma anche un rischio di carattere ambientale legato all'abbandono della terra e alla conseguente mancata gestione del territorio. Negli ultimi anni sono stati messi in campo numerosi strumenti per rendere il settore agricolo attraente per i giovani. Tuttavia, molto si deve ancora fare. Serve pertanto avviare un dibattito al fine di individuare le cause del fenomeno e, ove possibile, definire le strategie più opportune per un'inversione di rotta che favorisca il ricambio generazionale;

    gli agricoltori europei che praticano un'agricoltura sostenibile e s'impegnano per una difesa della risorsa primaria sono ancora una minoranza, ma il fatto che siano in grado di vivere senza sovvenzioni specifiche a supporto del loro impegno per la sostenibilità e che un numero sempre maggiore di consumatori si rivolga a loro per la propria alimentazione dimostra che le loro scelte possono avere un futuro. Occorre valorizzare i consorzi tra agricoltori che garantiscono sistemi di produzione alimentare sostenibili, che applicano pratiche agricole resilienti, che aiutano a conservare gli ecosistemi, che rafforzano la capacità di adattamento ai cambiamenti climatici, alle condizioni meteorologiche estreme, alla siccità, alle inondazioni e agli altri disastri e che migliorano progressivamente il terreno e la qualità del suolo;

    i distretti del cibo, istituiti con la legge n. 205 del 27 dicembre 2017, costituiscono un nuovo modello di sviluppo per l'agroalimentare italiano. Sono nati per fornire a livello nazionale ulteriori opportunità e risorse per la crescita e il rilancio sia delle filiere che dei territori nel loro complesso. Si tratta di uno strumento strategico mirato a favorire lo sviluppo territoriale, la coesione e l'inclusione sociale, favorendo l'integrazione di attività caratterizzate da prossimità territoriale, a garantire la sicurezza alimentare, a diminuire l'impatto ambientale delle produzioni a ridurre lo spreco alimentare e a salvaguardare il territorio e il paesaggio rurale attraverso le attività agricole e agroalimentari. La legge di bilancio 2018 ha stanziato 5 milioni di euro per l'anno 2018 e di 10 milioni di euro a decorrere dall'anno 2019. Da molte parti è atteso un segno di continuità, anzitutto nel mantenere – se non incrementare – le risorse già assegnate;

    presentando alle Commissioni agricoltura riunite di Camera e Senato le linee programmatiche il Governo ha ribadito la necessità di favorire processi di innovazione sostenibile, di riduzione degli sprechi alimentari e una più oculata gestione delle risorse naturali anche attraverso lo sviluppo dell'agricoltura di previsione, un cambiamento radicale con investimenti sull'innovazione sostenibile, un deciso contrasto all'abbandono e alla cementificazione del suolo fertile;

    riguardo all'innovazione sostenibile, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali ha ribadito come per rispondere alla crisi climatica serva invertire la rotta attraverso investimenti sull'innovazione sostenibile. Al riguardo, ha evidenziato che: «(...) La sostenibilità deve essere basata su tre pilastri: economica, sociale e ambientale. Bisogna passare da un'economia lineare, il cui destino finale è il rifiuto o lo spreco, a una vera economia circolare. (..) È necessario sostenere i progetti di diffusione di queste tecnologie (di precisione ndr) per una migliore gestione dei suoli, degli allevamenti, dell'acqua per irrigare» ed «investire nella ricerca pubblica per tutelare le colture tradizionali italiane, anche alla luce del necessario adattamento climatico»,

impegna il Governo:

1) ad attivare, nell'immediato, un piano straordinario di azioni e di indirizzi sulle politiche agricole, alimentari e forestali teso ad accrescere il contrasto e la resilienza verso i cambiamenti climatici, elaborato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali con il mondo agricolo, della ricerca, degli operatori avanti le competenze scientifiche necessarie e con le regioni, che si ponga l'obiettivo di:

   a) verificare la corrispondenza delle politiche di sviluppo e della competitività del settore agricolo alle azioni ed agli indirizzi del piano straordinario, in particolare per quel che riguarda le scelte di competenza nazionale connesse alla nuova programmazione della Politica agricola Comune (Pac), all'aggiornamento del Piano d'azione nazionale (Pan) attualmente in fase di consultazione è all'insieme degli strumenti di competenza nazionale in materia agricola;

   b) promuovere, presso le sedi istituzionali predisposte a definire la riforma della Pac, un'agricoltura protagonista di una vera transizione ecologica;

2) ad adottare iniziative per valorizzare il ruolo centrale degli agricoltori, fondamentali per il successo della transizione ecologica, garantendo un reddito adeguato e sostenendoli nelle pratiche agricole più efficaci nella riduzione delle emissioni climalteranti, nella tutela del suolo e nella produzione di cibo di qualità e sufficiente per tutti, tenendo conto che, per il raggiungimento di questo obiettivo, risultano fondamentali:

   a) riconoscere il valore commerciale e non dei beni e servizi messi a disposizione della collettività dal settore primario creando un sistema di remunerazione dei servizi ecosistemici garantiti dal settore agricolo;

   b) garantire il sostegno ad un'agricoltura familiare anche in chiave di presidio manutentivo del territorio e di ripopolamento e di tutela delle aree interne del Paese mediante una rete di servizi alle aree rurali e misure di semplificazione, in modo particolare, per le piccole e medie imprese;

   c) sostenere, in via prioritaria, tutte quelle pratiche agricole sostenibili che gli agricoltori svolgono a tutela della biodiversità, per una corretta gestione e recupero delle acque, per la costruzione di piccoli invasi e per il trattenimento in suolo di carbonio, premiando le scelte produttive che usano metodi agricoli sostenibili e diversificati utili ad accrescere la fertilità dei suoli o la creazione di opportunità lavorative;

3) ad adottare iniziative per incentivare pratiche corrette nell'uso della risorsa idrica e nell'utilizzo di fertilizzanti a basso impatto prevedendo una riduzione progressiva dei fertilizzanti di sintesi ed una riduzione e ridistribuzione dei carichi zootecnici nelle aree con maggiore densità di allevamenti, accettando la complessità della sfida per una zootecnia non intensiva e per il benessere animale;

4) ad adottare iniziative per prevedere incentivi a favore dell'agricoltura di precisione finalizzati alla ricerca, alla progettazione ed all'utilizzo di strumenti e soluzioni tecnologiche (di gestione della risorsa idrica, produzione di energie rinnovabili, efficienza energetica e connettività, gestione dei rifiuti, riduzione dell'uso dei fitosanitari) che prendano in considerazione la tipicità dei sistemi produttivi italiani;

5) a tutelare e a valorizzare l'eccellenza del made in Italy e della filiera agroalimentare, dando il necessario rilievo alle modalità di produzione sostenibile e alla qualità dei prodotti, al fine di individuare un sistema che tuteli le imprese italiane dalle norme protezionistiche di partner internazionali e valorizzi, anche con elementi distintivi, la produzione e le aziende che investono per prodotti a emissioni zero, promuovendo in tal modo scelte di consumo alimentare responsabile;

6) a contrastare le fitopatie e sostenere il reddito degli agricoltori, mediante iniziative più incisive tanto per la prevenzione quanto per i risarcimenti alle perdite di reddito subite dagli agricoltori, e a rafforzare e rendere più tempestivi, sia gli interventi in caso di crisi sia gli strumenti di gestione del rischio, anche favorendo la realizzazione a livello europeo di una banca dati comune ed accessibile su conoscenze e ricerche relative alle nuove fitopatie, agli insetti nocivi ed alle specie aliene che si stanno diffondendo a causa del cambiamento climatico;

7) a promuovere politiche economiche, sociali, culturali e formative indirizzate al mantenimento ed alla crescita dell'occupazione in agricoltura ed alla tutela delle comunità rurali mediante un piano di intervento per il ricambio generazionale in agricoltura in cui i giovani agricoltori e le giovani agricoltrici siano i protagonisti dell'innovazione e del cambiamento del settore agricolo in chiave sostenibile sulla base di modelli di produzione fondati su pratiche di coltivazione e di allevamento sostenibili, in particolare in aree in aree precedentemente abbandonate ed a rischio idrogeologico;

8) ad adottare iniziative per il rilancio dei distretti del cibo (distretti rurali, biodistretti, distretti agroalimentari) e delle pratiche di programmazione dal basso, a partire dall'attività agricola, tese a valorizzare il territorio e a contrastare lo spopolamento e l'abbandono delle aree rurali, anche favorendo la ricomposizione fondiaria delle proprietà dei terreni e prevedendo riconoscimenti carbon free;

9) a mettere a sistema il settore del biologico, adottando iniziative normative che chiariscano competenze in materia e che valorizzino gli accordi di filiera, mettendo a sistema le esperienze dei biodistretti.
(1-00276) «Cenni, Incerti, Braga, Orlando, Buratti, Critelli, Dal Moro, Del Basso De Caro, Martina, Morgoni, Pellicani, Pezzopane».

Risoluzione in Commissione:


   La XIII Commissione,

   premesso che:

    dal 18 ottobre 2019 l'Amministrazione statunitense ha disposto l'applicazione di dazi nei confronti di taluni prodotti europei a causa del contenzioso sui sussidi, illegittimi secondo la normativa multilaterale, disposti dall'Unione europea a favore del consorzio aeronautico Airbus, a discapito dell'azienda americana Boeing (il procedimento «European Communities and Certain member Statesmeasures affecting trade in large civil aircraft», caso n. DS316);

    il 2 ottobre 2019 l'Organizzazione mondiale del commercio ha concluso il processo di valutazione, dando l'assenso agli Stati uniti all'imposizione di tariffe compensatorie per i danni subiti in riferimento al periodo 2011-2013, nel limite di 7,5 miliardi USD l'anno di valore dei prodotti importati dall'Unione europea;

    il 9 ottobre, lo US. Trade Rappresentative ha quindi pubblicato la Notice of Determination and Action con il quale sono stati individuati i Paesi e i relativi prodotti colpiti dai dazi;

    è stata operata una netta differenziazione in base ai Paesi di provenienza, prevedendo dazi aggiuntivi ad valorem con una aliquota del 10 per cento su aeromobili civili di grandi dimensioni provenienti dai Paesi membri del consorzio Airbus, Francia, Germania, Spagna e Regno Unito, e del 25 per cento su tutta una serie di prodotti, prevalentemente di origine agroalimentare;

    l'Italia, che non fa parte del consorzio Airbus, è interessata per i prodotti del settore agroalimentare, con particolare riguardo ai formaggi, ai liquori e alle carni lavorate;

    il valore delle esportazioni italiane colpite dall'imposizione dei dazi è stato pari nel 2018 a 468.5 milioni di Usd; il dazio aggiuntivo inciderebbe, pertanto, per un valore di 117,2 milioni di Usd;

    non è previsto al momento un limite temporale all'imposizione dei dazi, che possono, quindi, restare in vigore o essere modificati unilateralmente fino a quando non verrà raggiunto un accordo sulla questione legata ad Airbus;

    la tempistica nel riuscire a rivedere in senso migliorativo la lista dei prodotti e l'entità dei dazi risulta particolarmente rilevante per limitare le ripercussioni economiche sul comparto agroalimentare italiano;

    secondo quanto previsto dal Trade Act, l'amministrazione statunitense può operare revisioni periodiche, in particolare dopo i primi 120 giorni e successivamente ogni 180 giorni, modificando il paniere di prodotti o la percentuale dei dazi, attuando una rotazione dei prodotti interessati;

    in parallelo, sarà concesso all'Unione europea il diritto di disporre contromisure contro gli Stati Uniti a causa del loro mancato rispetto delle norme del Wto sui sussidi. È evidente come una reciproca applicazione di contromisure, infliggerebbe danni ad imprese e cittadini in entrambi i blocchi commerciali e danneggerebbe il commercio globale;

    in dettaglio, per quanto concerne il comparto agroalimentare italiano, l'aumento dei dazi Usa si concretizza con una tariffa del 25 per cento aggiuntivo ad valorem applicata all'ingresso in frontiera. Le Dop casearie risultano quelle più penalizzate, se solo si considera che il Parmigiano reggiano vedrà aumentare i dazi da 2,15 dollari a circa 6 dollari al chilogrammo, con un impatto complessivo pari a circa 30 milioni di euro, e il Grana Padano vedrà aumentato il dazio da 2 euro a 5,25 euro al chilogrammo, in entrambi i casi con un danno ingente anche sul comparto lattiero che fa riferimento a tali produzioni;

    il settore dell'agroalimentare soggetto a dazio rappresenta il 12 per cento dell’export agrifood italiano negli USA, pari allo 0,9 per cento del totale delle vendite italiane, per 383 milioni di euro (stime Sace);

    occorre, comunque, prestare attenzione a tutti i prodotti agroalimentari italiani colpiti, considerando, per esempio, che alcuni prodotti, come i salumi o gli agrumi, non registrano ancora un volume di export particolarmente elevato in quanto non ammessi fino a poco tempo fa, per ragioni sanitarie, sul mercato statunitense e che ad oggi, risolte tali problematiche, molte imprese del settore hanno investito proprio per ampliare il loro raggio d'azione sul mercato in esame;

    si potrebbero verificare, inoltre, ripercussioni importanti sul mercato interno europeo, a causa di possibili fenomeni di triangolazioni del prodotto e, comunque, di una maggiore quantità di prodotto non italiano immessa sul mercato nazionale, ad esempio, nel settore agrumicolo o nel caso di prodotti non oggetto di dazi in Italia ma particolarmente colpiti in altri Paesi europei, come nel caso dell'olio per la Spagna;

    l’export – dopo la grande crisi finanziaria globale – ha svolto un compito fondamentale in questi ultimi 10 anni per la crescita dell'economia italiana, rappresentando dal 2010 in poi l'unica voce in attivo del prodotto interno lordo. Risulta pertanto necessario agire sul fronte del mercato interno nazionale stimolando i consumi, e allo stesso tempo consolidare la presenza delle imprese italiane sui mercati internazionali;

    risulta particolarmente utile in tale contesto che la diplomazia svolga una azione persuasiva e tutte le azioni necessarie affinché si possa risolvere nel più breve tempo possibile il contenzioso, evitando una guerra commerciale destinata ad arrecare esclusivamente danni alla crescita e al benessere delle economie dei Paesi interessati;

    occorre che l'Italia si muova, a tal fine, in maniera coordinata con gli altri Paesi europei, definendo una strategia europea rispetto all'interlocuzione con gli Usa e allo stesso tempo per dispiegare misure di effetto anticiclico per supportare le aziende danneggiate (come il fondo straordinario di 12 milioni di euro a sostegno delle imprese italiane colpite dai dazi Usa già creato da Ice Agenzia) e disporre delle adeguate strutture tecnico-organizzative;

    servono altresì azioni incisive per aumentare le quote italiane degli scambi commerciali con gli Usa, il più grande mercato mondiale; a livello promozionale occorre valorizzare ulteriormente le iniziative intraprese con i piani straordinari made in Italy, che stanno producendo ottimi risultati, dando anche un supporto politico alle imprese sul mercato americano e sugli altri mercati esteri;

    occorrono poi misure specifiche di supporto finanziario per le imprese dell'agroalimentare ma anche una capacità progettuale innovativa per il sistema, ad esempio attraverso la definizione di un nuovo marchio, anche in funzione anticontraffazione grazie all'uso di tecnologie che ne impediscano la falsificazione, per dare al sistema un segno visibile e riconoscibile dell'identità italiana, considerando che una ricerca del sito Yougov.uk assegna al made in Italy il secondo posto tra i National brand nel mondo, specialmente nelle aree ad elevata falsa evocazione – «Italian sounding» – come quella statunitense;

    si deve infine – a livello di regolazione internazionale – contrastare con forza la deriva protezionistica sul lungo periodo e, per farlo, lo strumento è la politica commerciale da costruire insieme agli altri Stati membri dell'Unione europea, per rispondere prontamente e con efficacia alle mosse che destabilizzano il sistema mondiale degli scambi;

    l'imposizione dei dazi statunitensi sui prodotti agroalimentari riapre un confronto mai del tutto chiarito sul valore da attribuire ai prodotti a marchio garantito, tutelati in sede europea e riconosciuti, con difficoltà, sul mercato statunitense;

    occorre, al riguardo, tener ben distinte le questioni, evitando che si confonda la tutela legata all'uso delle denominazioni geografiche con quella relativa al mercato e all'imposizione dei dazi,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative, in sede di Unione europea, affinché si attivi un tavolo di concertazione con le Autorità statunitensi che, nelle more della risoluzione della «questione Airbus», concordi ogni possibile modifica della lista dei prodotti interessati dai dazi, migliorativa o comunque non peggiorativa degli interessi delle imprese agroalimentari italiane interessate dall'esportazione dei prodotti sul mercato statunitense;

   ad assumere iniziative per definire, in sede europea, le modalità di finanziamento di un fondo che fornisca un adeguata compensazione alle perdite subite dai prodotti agroalimentari europei e che, nei limiti del possibile, non gravi sul bilancio agricolo europeo;

   ad adottare iniziative per destinare specifiche e ulteriori risorse per il finanziamento delle misure di promozione dei prodotti agroalimentari sui mercati esteri previste dal Reg. 1144 del 2014, da destinare al rafforzamento, tra l'altro, delle imprese italiane nel mercato statunitense e negli ulteriori mercati emergenti;

   a evitare, in sede di trattativa con le autorità statunitensi, ogni arretramento sulla tutela delle denominazioni di origine;

   ad assicurare il massimo coordinamento, in ragione delle complesse attività sopra descritte da progettare e porre in essere nei prossimi mesi a livello promozionale e di politica commerciale, garantendo l'unitarietà della guida delle strategie del commercio internazionale, con particolare riferimento al settore agroalimentare;

   ad adottare iniziative per prevedere adeguate misure di semplificazione burocratica e risorse finalizzate ad aumentare i fondi relativi ai piani straordinari di promozione del made in Italy, per sostenere l’export delle imprese italiane che operano nel comparto agroalimentare, con particolare riferimento a quelle coinvolte dai dazi statunitensi;

   ad adottare iniziative per prevedere l'adozione di un eventuale nuovo marchio per contraddistinguere il prodotto italiano all'estero, affiancato a politiche di educazione e sensibilizzazione dei consumatori all'estero, che possa avere anche una funzione anticontraffazione grazie all'uso di tecnologie che possano impedirne la falsificazione.
(7-00361) «Gadda, Moretto, Migliore, Fregolent, Librandi, De Filippo, Noja, Marco Di Maio, Ungaro».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   nel 2016 le società Caronte&Tourist S.p.a. e Diano S.p.a. hanno avviato le procedure per un progetto che prevede la realizzazione, in località Pentimele (Reggio Calabria), di un molo di attracco per navi-traghetto per il collegamento marittimo Reggio Calabria-Messina, per il trasporto su gomma di autoveicoli e mezzi pesanti; il progetto prevede la realizzazione di due banchine per l'ormeggio di tali traghetti dal porto di Reggio Calabria a quello di Tremestieri nel piazzale nord del porto di Reggio Calabria;

   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con decreto n. 310 del 22 ottobre 2019, ha reso parere definitivo per l'attuazione del progetto, nonostante lo stesso abbia ricevuto parere negativo sia dal comune di Reggio Calabria che dalla regione Calabria, poiché l'arteria autostradale che verrebbe interessata è fondamentale per accedere a una zona della città ad alto interesse turistico, balneare e sportivo: qui è ubicato anche il Palazzetto dello sport – di oltre 8000 posti – che, oltre gli sportivi, attrae anche migliaia di spettatori per eventi musicali;

   la realizzazione del molo di attracco, peraltro, incrementando l'inquinamento acustico, potrebbe nuocere all'area interessata, qualificabile ad «alta densità umana», per la presenza di attività commerciali ed uffici, oltre che ampli spazi a destinazione residenziale;

   l'accesso all'autostrada, che è l'arteria principale dei flussi veicolari portuali, caratterizzato da una rampa a forte pendenza, unitamente ai venti direzionati verso la città, costituisce fattore di elevato rischio per la salute dei cittadini di Reggio Calabria;

   anche l'Asp Reggina, nel motivare il proprio parere negativo, ha rilevato – tra altre criticità – una maggiore difficoltà dei mezzi di soccorso a raggiungere tempestivamente l'ospedale di Reggio, in caso di congestionamento del traffico;

   la regione, nello studio d'impatto ambientale, visti i pareri di comune e Asp, ha individuato quale migliore soluzione, il sito di «Bolano», meglio collegato e che s'innesta direttamente all'autostrada;

   in sede di esame delle iniziative legislative messe in campo per scongiurare questa possibilità progettuale, circa un anno fa, la Commissione trasporti ha espresso parere favorevole con osservazioni sul decreto-legge n. 199 del 2018 (seduta 6 dicembre 2018), in relazione al sistema portuale calabrese che evidenziava l'opportunità di evitare la congestione di traffico nella città di Reggio Calabria;

   l'8 dicembre 2018 l'interpellante ha presentato in assemblea un ordine del giorno (9/1334-AR/253) in sede di esame del disegno di legge di bilancio, accolto come raccomandazione, con il quale, visto l'incomprensibile parere favorevole del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per il progetto, reso nonostante il parere contrario delle amministrazioni della città metropolitana di Reggio Calabria e del comune di Villa San Giovanni che indicavano Bolano come sito migliore per la realizzazione del porto, si impegnava il Governo a valutare le opportune iniziative al fine di scongiurare lo spostamento dell'approdo delle navi Ro.Ro., e quindi l'intero trasporto gommato, da Villa San Giovanni a Reggio Calabria, indicando Bollano quale sede dell'intervento;

   l'interpellante ha sollecitato, a mezzo stampa, le amministrazioni interessate – regione, comune di Reggio Calabria e città metropolitana di Reggio Calabria – ad adire il Tar contro tale parere –:

   quali siano le motivazioni che hanno indotto il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a dare parere favorevole alla realizzazione del porto per imbarcazioni Ro.Ro. in prossimità della città di Reggio Calabria, nonostante il parere negativo di tutti gli attori interessati al progetto – regione, enti locali, Asp – e l'accoglimento come raccomandazione da parte del Governo pro tempore dell'ordine del giorno di cui in premessa nonché il parere della Commissione trasporti, circostanza che ha portato ad approvare un progetto dannoso per la città di Reggio Calabria e i suoli cittadini.
(2-00540) «Cannizzaro».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della giustizia, il Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, per sapere – premesso che:

   il 15 ottobre 2019 presso il Consiglio d'Europa dei Ministri della giustizia, il Ministro della giustizia ha annunciato un progetto sui sistemi di intelligenza artificiale per decidere «procedimenti elementari»;

   segnatamente ha dichiarato che alcuni dei progetti più ambiziosi che sta iniziando ad ipotizzare in Italia, unitamente al Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, riguardano il ricorso a sistemi di intelligenza artificiale per la decisione in prima istanza di procedimenti di natura elementare, quale per esempio le impugnazioni contro sanzioni amministrative per violazioni del codice della strada, lasciando comunque alla parte ricorrente il diritto di richiedere una revisione della decisione da parte del giudice;

   il Ministro Bonafede ritiene, per come dichiarato, che altro punto importante è il ricorso a sistemi di intelligenza artificiale dotati di funzionalità predittive da porre a disposizione degli utenti del sistema giustizia per la previsione dell'esito, probabile esito, di giudizi di struttura elementare in modo da disincentivare, ove possibile, il ricorso alla giustizia da parte dei soggetti più probabilmente soccombenti e incentivare così il ricorso a soluzioni stragiudiziali di componimento delle liti;

   di questa progettualità annunciata a Strasburgo come già in essere non vi è alcuna traccia nei documenti economici all'esame, né tantomeno il Ministro Bonafede ha cennato alcunché in sede parlamentare, il 23 ottobre 2019, in audizione sulle linee generali sull'azione del suo dicastero;

   nel merito della questione, la possibilità di una diffusione di decisioni giudiziarie algoritmiche in materia penale ha richiamato l'attenzione, e destato la preoccupazione, proprio del Consiglio d'Europa il quale, tramite la propria Commissione per l'efficacia della giustizia (Cepej), il 4 dicembre 2018 ha adottato la Carta etica europea per l'uso dell'intelligenza artificiale nei sistemi di giustizia penale e nei relativi ambienti;

   proprio in relazione ai procedimenti penali, il documento avverte che, anche se non sono specificamente progettati per essere discriminatori, l'uso di algoritmi basati sull'intelligenza artificiale ha mostrato il rischio di favorire la rinascita di teorie deterministiche a scapito delle teorie dell'individualizzazione della pena;

   allo stato attuale, quanto meno in Europa, gli algoritmi predittivi della pericolosità criminale (e, più in generale, gli automated decision systems) non hanno avuto accesso nelle aule penali, anche perché, a precludere loro tale accesso, si erge l'articolo 15 della direttiva 95/46/CE, confluito nell'articolo 22 del nuovo regolamento europeo in materia di protezione dei dati personali, entrato in vigore il 25 maggio 2018. Tale articolo stabilisce, infatti, che ogni persona ha il diritto di non essere sottoposta ad una decisione che produca effetti giuridici o abbia effetti significativi nei suoi confronti, fondata esclusivamente su un trattamento automatizzato di dati destinati a valutare taluni aspetti della sua personalità –:

   se il Governo non intenda chiarire se e a quale soggetto sia stato affidato uno studio di progettazione di software specifici in ambito giudiziario;

   se, alla luce di quanto riportato in premessa, non intenda fornire gli opportuni chiarimenti in merito alle tipologie di infrastrutture analizzate al fine della realizzazione del progetto richiamato, specificando la somma destinata, la provenienza delle risorse impiegate nel progetto citato e i capitoli di spesa interessati;

   se non intenda indicare i tempi stimati per l'attuazione del progetto citato in premessa e se in merito allo studio di fattibilità progettuale sia stato interpellato il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza al fine di valutare le «direttive Nis» per la realizzazione del medesimo progetto.
(2-00542) «Bartolozzi».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CENNI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la tratta di esseri umani è espressamente punita nel nostro ordinamento dall'entrata in vigore della legge n. 228 del 2003 con la quale sono stati riscritti gli articoli del codice penale già relativi alla riduzione in schiavitù (articoli: 600, 601 e 602);

   nella XVII legislatura, il Governo pro tempore ha approvato il decreto legislativo n. 24 del 2014, con il quale ha dato attuazione nel nostro ordinamento alla direttiva 2011/36/UE concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime;

   il decreto legislativo n. 24 del 2014 ha previsto l'adozione del piano nazionale contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani, finalizzato a definire strategie di lungo periodo per la prevenzione e il contrasto del fenomeno mediante azioni di sensibilizzazione, promozione sociale emersione ed integrazione delle vittime della tratta;

   il piano è stato adottato dal Consiglio dei ministri il 26 febbraio 2016 ed è relativo al periodo 2016-2018. Tale documento è finalizzato a individuare strategie di intervento pluriennali attraverso l'attuazione di interventi volti a:

    a) adottare politiche di prevenzione attraverso il miglioramento della conoscenza del fenomeno e la diffusione di tale conoscenza, attraverso azioni mirate nei paesi origine e attraverso attività di comunicazione e sensibilizzazione;

    b) incrementare l'emersione del fenomeno e garantire una risposta efficace e coordinata;

    c) sviluppare meccanismi adeguati per la rapida identificazione delle vittime di tratta attraverso la redazione di linee guida specifiche sul tema;

    d) istituire un Meccanismo nazionale di Referral;

    e) aggiornare e potenziare le misure di accoglienza già esistenti;

    f) fornire formazione multi-agenzia;

    g) adottare specifiche linee guida relative all'adempimento dell'obbligo di informazione delle vittime circa il diritto al rilascio del permesso di soggiorno, a richiedere la protezione internazionale, l'assistenza affettiva e psicologica da parte di un'associazione, il gratuito patrocinio, l'udienza protetta, nonché la presenza obbligatoria di un esperto in psicologia o psichiatria infantile in sede di interrogatorio di minore;

   dal 2016 al 2018 i fondi messi a disposizione per l'attuazione dei progetti di protezione delle vittime sono andati via via aumentando. Erano otto milioni l'anno fino al 2015, sono passati a circa 15 milioni per 18 progetti della durata di 15 mesi, fino ad arrivare a 22,5 milioni stanziati nel 2017 e 24 nel 2018;

   sono circa 20mila ogni anno le vittime di tratta che entrano nei sistemi di protezione e di assistenza in Europa. In Italia, a ottobre 2018, in occasione della giornata europea anti-tratta, risultavano 1137 le vittime (il 90 per cento donne) assistite nell'ambito di progetti finanziati dal dipartimento per le pari opportunità;

   il piano nazionale di azione contro la tratta e lo sfruttamento degli esseri umani è attualmente scaduto da alcuni mesi;

   il mancato contrasto del piano di azione della tratta rappresenta un vulnus che lascia le vittime del tutto da sole, in balia dei trafficanti di esseri umani anche una volta sbarcati nel nostro Paese. Infatti, vengono meno le quattro direttrici del piano (prevention, prosecution, protection, partnership) e viene meno anche la cooperazione investigativa e giudiziaria internazionale con gli altri Paesi europei e Paesi di origine;

   è stato di fatto bloccato lo sviluppo di un sistema di strumenti efficaci in grado di rispondere alle esigenze del lavoro di rete e di contatto con i sistemi che si occupano delle altre vulnerabilità, nel panorama delle politiche in materia di immigrazione –:

   quali iniziative urgenti, intenda assumere il Governo per prevenire e contrastare la tratta e lo sfruttamento degli esseri umani, e con quali risorse, e quando, conseguentemente, verrà definito ed approvato il nuovo piano nazionale.
(5-03031)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BARBUTO, SAPIA, GRIPPA, VILLANI, RAFFA, DAVIDE AIELLO e NAPPI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare aveva annunciato nel mese di settembre 2019 di avere individuato il generale Giuseppe Vadalà, quale commissario straordinario per la bonifica relativa al sito di Crotone, ricadente nel Sin «Crotone-Cassano-Cerchiara», in seguito alla conclusione del mandato del precedente commissario, dottoressa Elisabetta Belli, avvenuta già nel mese di giugno 2018;

   l'annuncio, che la popolazione attendeva da oltre un anno, è stato accolto dai cittadini di Crotone con estrema soddisfazione, in quanto si tratta di persona estremamente stimata e competente, che si auspicava avrebbe potuto avere un ruolo di garanzia determinante nella individuazione della tipologia delle operazioni di bonifica dei siti inquinati in relazione alla efficacia e alla sicurezza delle stesse;

   all'uopo, i cittadini confidavano che il commissario prendesse parte alla conferenza di servizi decisoria sul Pob 2, fissata per il 24 ottobre 2019 presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, alla luce delle enormi criticità rilevate nel suindicato piano ordinario di bonifica, in varie occasioni ed in particolare in una relazione a corredo di una petizione firmata da migliaia di crotonesi, consegnata presso il Ministero nel mese di settembre dello scorso anno;

   nella suddetta relazione, infatti, si evidenzia come la maggior parte dei pericolosissimi veleni depositatisi negli anni nel sito ove esistevano le fabbriche, secondo il Pob 2 sono destinati a rimanere sul territorio con il perpetuarsi di gravissimi e irreparabili danni all'ambiente e alla salute;

   l'ufficializzazione della nomina del commissario, più volte sollecitata dall'interrogante, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, in qualità di parlamentare del territorio interessato, non è fino ad oggi ancora avvenuta e, ciò che è più grave, non è avvenuta in tempo per consentire al commissario di partecipare alla conferenza di servizi decisoria di cui sopra nel corso della quale è stato approvato il Pob 2 e, quindi, scongiurare la permanenza dei veleni nel territorio crotonese;

   allo stato, si ignora se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare abbia intenzione di ratificare l'esito di tale conferenza celebratasi il 24 ottobre, attesa la mancata partecipazione alla stessa del commissario individuato, ma ancora non ufficialmente nominato –:

   se il Governo sia a conoscenza della situazione descritta e intenda chiarire le cause che hanno impedito finora la nomina ufficiale del generale Giuseppe Vadalà quale commissario straordinario per la bonifica del Sin «Crotone-Cassano-Cerchiara» e quindi la partecipazione alla conferenza di servizi decisoria sul Pob 2 del 24 ottobre 2019;

   quali iniziative si intendano intraprendere per consentire che il commissario, indipendentemente dalla celebrazione della suddetta conferenza, possa ancora incidere concretamente sulla scelta delle modalità di attuazione della bonifica nel superiore ed esclusivo interesse dell'ambiente e della salute dei cittadini crotonesi.
(4-03985)


   FORMENTINI, CAPITANIO, ZOFFILI e GIGLIO VIGNA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   stando a quanto reso noto dall'autorevole quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung, il servizio di informazioni della Repubblica federale tedesca, noto con la sigla Bnd, avrebbe manifestato la propria preoccupazione per il rischio che rappresenterebbe affidare a Huawei lo sviluppo di un'infrastruttura strategica come il 5G;

   sarebbe stato Bruno Kahl, Direttore del Bnd, ad esprimere questi timori nel corso di una sua audizione svoltasi il 29 ottobre 2019 presso il Comitato di controllo su servizi d'informazione e sicurezza del Bundestag;

   la prossimità delle imprese cinesi al proprio Governo, in particolare, richiederebbe massima cautela e approfondite verifiche prima di appaltare ad aziende come Huawei l'allestimento di infrastrutture nei servizi che toccano fondamentali interessi di sicurezza;

   sarebbe temuta soprattutto la possibilità di attività di spionaggio attraverso le nuove infrastrutture digitali;

   il rischio tuttavia investirebbe anche la creazione di una pericolosa dipendenza esterna per tutto quanto in prospettiva attiene allo sviluppo e al funzionamento del cosiddetto Internet of Things –:

   se il Governo ritenga realistiche le preoccupazioni manifestate dal direttore del Bnd in merito all'affidamento di commesse relative alla costruzione e alla gestione di infrastrutture strategiche come il 5G e quali iniziative di competenza intenda assumere per circoscrivere il rischio generalizzato in premessa.
(4-03988)


   MASSIMO ENRICO BARONI, IANARO, SARLI, SPORTIELLO, PROVENZA, TRIZZINO, NESCI, SAPIA, NAPPI, MENGA, TROIANO, D'ARRANDO, GRILLO, BOLOGNA, LOREFICE e ZOLEZZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la conferenza delle regioni in data 17 ottobre 2019, ha indicato all'unanimità il dottor Domenico Mantoan quale presidente del consiglio di amministrazione dell'Agenzia italiana del farmaco e, pertanto, in pari data, la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ha sancito la relativa intesa sulla proposta del Ministro della salute relativa alla nomina del dottor Domenico Mantoan;

   in concomitanza con la citata Intesa, diversi organi di informazione hanno segnalato il presunto coinvolgimento del dottor Domenico Mantoan, allora direttore della sanità della regione Veneto, in un fatto di cronaca giudiziaria che presenta aspetti ancora da chiarire;

   il fatto di cronaca giudiziaria risale a circa due anni fa, e riguarda più in particolare un incidente stradale avvenuto con l'auto di servizio del dottor Mantoan e alla cui guida era il suo autista, e nella cui dinamica resta ancora da chiarire la correlazione tra l'incidente stradale citato e la morte del signor Cesare Tiveron, nonché la correttezza delle perizie medico-legali effettuate;

   la proposta di nomina del dottor Domenico Mantoan a futuro presidente di Aifa appare quindi, a giudizio degli interroganti, offuscata da fatti che è necessario chiarire, al fine di garantire che la governance dell'Aifa sia contraddistinta da assoluta e ineccepibile trasparenza;

   l'Aifa è uno degli enti statali maggiormente soggetti alle pressioni dirette ed indirette di portatori d'interesse e appare opportuno, quindi, procedere alle necessarie e ulteriori valutazioni prima di formalizzare la nomina –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se, dunque, intenda svolgere ulteriori valutazioni prima di formalizzare la nomina del dottor Mantoan a presidente dell'Agenzia italiana del farmaco.
(4-03995)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta scritta:


   BILLI, ZOFFILI, FORMENTINI, COMENCINI, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, PICCHI e RIBOLLA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   gli italiani iscritti all'Aire al consolato generale di Londra sono 305.671 e ad Edimburgo 18.697, per un totale di 324.368 italiani aire nel Regno Unito alla fine del 2018;

   gli italiani residenti nel Regno Unito e non iscritti all'Aire sono stimati in circa 350.000, portando la presenza della comunità italiana ad un totale di circa 700.000 persone;

   i nuovi iscritti all'Aire da gennaio a giugno 2019 ammontano a circa 15.000 nella sola circoscrizione di Londra, con una media di 3.000 cittadini italiani al mese: in parte si tratta di persone che già si trovano nel Regno Unito e che si iscrivono perché nel clima di incertezza politica attuale sperano in questo modo di poter avere più garanzie all'indomani della Brexit, in parte si tratta di studenti che continuano a recarsi in Gran Bretagna, perché il sistema scolastico britannico è apprezzato dai nostri connazionali ed infine si tratta anche di italiani che continuano a credere in quel Paese come un Paese di opportunità di lavoro;

   nel 2014, a seguito dei tagli ai finanziamenti per il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, è stato chiuso il consolato italiano di Manchester; ne è stato aperto uno onorario che tuttavia ha chiuso nel 2018 e al momento attuale chi avesse bisogno di un passaporto o di un altro documento deve mettersi in viaggio per Londra, previo appuntamento;

   il precedente Governo stava adoperandosi per riaprire il consolato a Manchester e aveva accolto l'ordine del giorno n. 9/1789/8, presentato dall'interrogante nel corso dell'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge 25 marzo 2019, n. 22, recante misure urgenti per assicurare sicurezza, stabilità finanziaria e integrità dei mercati, nonché tutela della salute e della libertà di soggiorno dei cittadini italiani e di quelli del Regno Unito, in caso di recesso di quest'ultimo dall'Unione europea («decreto Brexit») –:

   se il Governo sia intenzionato a riaprire un ufficio consolare a Manchester per venire incontro alle esigenze della comunità italiana locale e alleggerire in tal modo il lavoro del consolato generale di Londra, attualmente soggetto a uno spropositato carico di lavoro.
(4-03990)


   DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, ZOFFILI, FORMENTINI, COMENCINI, BILLI e RIBOLLA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 1° agosto 2019 veniva pubblicata la risposta del Governo pro tempore all'interrogazione n. 4-02899, presentata dal primo firmatario del presente atto il 14 maggio 2019;

   da tale risposta si evince che le pratiche di riconoscimento di cittadinanza italiana avviate ma non concluse in Argentina erano 7.944 a fine 2017, 7.679 a fine 2018 e circa 7.300 al giugno 2019, mentre in Brasile erano 6.018 pratiche a fine 2017, 12.002 a fine 2018 e circa 7.900 al giugno 2019;

   in Argentina, ad agosto 2019 risultavano 10.028 persone in lista d'attesa, mentre in Brasile ben 237.553;

   in un'intervista rilasciata dall'ambasciatore italiano in Brasile il 21 luglio 2019, risultano circa 30 milioni di oriundi nel Paese e 575 mila iscritti all'Aire;

   in Argentina gli oriundi sono stimati in circa 20 milioni di persone mentre gli iscritti all'Aire sono circa 950 mila;

   la difficoltà nell'accedere ai consolati in Brasile al fine di perfezionare le pratiche di cittadinanza sta creando un fenomeno di cittadinanze fittizie presso alcuni comuni italiani, come riportato da importanti organi di stampa;

   nell'ultima legge di bilancio sono state assegnate più risorse al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, anche al fine di aumentare il contingente del personale a contratto, destinato principalmente al rafforzamento degli uffici con attività consolare –:

   quali siano le cause che hanno creato la disparità nel numero di pratiche evase in Brasile, tali da generare una lista d'attesa che ad agosto 2019 ancora ammontava a 237.553 persone e quali siano i motivi per i quali vi sia una tale sperequazione fra gli iscritti all'Aire in Brasile rispetto a quelli in Argentina;

   quali siano gli ulteriori strumenti approntati nel frattempo dai consolati per smaltire un così ingente arretrato;

   quali iniziative si intendano assumere per evitare che si possa originare un ricorso sempre più diffuso ad un «mercato» parallelo del rilascio dei certificati di cittadinanza italiana.
(4-03997)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRIPPA, TESTAMENTO, NAPPI, PROVENZA e RAFFA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con il termine «sito contaminato» ci si riferisce a tutte quelle aree nelle quali, in seguito ad attività umane pregresse o in corso, è stata accertata un'alterazione delle caratteristiche qualitative delle matrici ambientali suolo, sottosuolo e acque sotterranee tale da rappresentare un rischio per la salute umana;

   ne deriva che le attività di bonifica sono oltremodo importanti per il nostro Paese e ancora molto c'è da fare in questo specifico settore in special modo se tali azioni si percepiscano come occasione di sviluppo sostenibile e di crescita per una intera comunità. Timidezze e burocrazia paralizzano l'opera di disinquinamento. Secondo i dati dell'Ispra il risanamento è stato effettivamente avviato o completato solo in un quarto dei 41 «siti di interesse nazionale» eredità dell'industrializzazione selvaggia;

   la relazione annuale della Corte dei conti sui rapporti finanziari con l'Unione europea parla chiaro: il caso che costa di più è quello delle discariche abusive. Nel 2014 l'Italia è stata condannata per 200 discariche, di cui 14 contenenti rifiuti pericolosi, ubicate in 18 regioni e non conformi alle norme sull'interramento dei rifiuti. A oggi, quelle ancora aperte e da bonificare sarebbero oltre 40, ma, nel mentre, gli italiani hanno pagato oltre 200 milioni di euro solo in sanzioni;

   pur tuttavia, dal 2 dicembre 2014, data di inizio del contenzioso con l'Unione europea, l'Italia ha regolarizzato 156 siti, spiega il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, «con la conseguente riduzione della sanzione semestrale da 42 milioni e 800 mila euro agli attuali 10 milioni e 200 mila». Le ultime 7 bonifiche sono avvenute tra Campania, Lazio, Abruzzo e Calabria –:

   quali iniziative intenda adottare il Governo per affrontare e definire il ciclo di bonifica dei siti ancora da trattare, in particolare di quelli che insistono nella regione Abruzzo, e se non intenda, alla luce dei numerosi roghi che si sono sviluppati di recente nelle discariche abruzzesi e che sovente sono motivo di problemi e disagi per le popolazioni dei comprensori adiacenti, adottare, nell'ambito delle proprie competenze, tutte le opportune iniziative a tutela della integrità dell'ambiente e della salute dei cittadini.
(5-03030)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MAZZETTI, PORCHIETTO e GIACOMETTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nel documento programmatico di bilancio presentato dal Governo è prevista l'introduzione della tassa di un euro al chilo sugli imballaggi in plastica, con decorrenza dal 1° giugno 2020;

   il Governo ha di recente annunciato una serie di misure «verdi», volte al contrasto ai cambiamenti climatici e per la protezione dell'ambiente;

   tra le suddette misure vi è una tassa sulla plastica pari a un euro a chilo, già anticipata dal citato documento programmatico di bilancio;

   tutti i soggetti imprenditoriali interessati e anche alcuni esponenti di fondazioni e associazioni ambientaliste, hanno ribadito con forza che si tratta di una mera tassa che non ha alcuna finalità ambientale, non ha alcun collegamento con la green economy, ma serve solamente e unicamente all'Esecutivo per «far cassa», e poter unicamente finanziare altre spese che nulla hanno a che fare con la sostenibilità ambientale, o per sostenere le imprese del settore della plastica nel percorso di adeguamento alla nuova normativa europea in materia;

   il risultato che ottiene questo ennesimo balzello è quello di penalizzare i prodotti indiscriminatamente e aumentare i costi a carico di consumatori, lavoratori e imprese;

   la «plastic tax» va infatti a penalizzare fortemente un'industria che sta facendo grandi sforzi nella direzione della sostenibilità;

   dal punto di vista tecnologico, il settore ha già investito e continua a investire e oggi è la seconda industria in Europa, con rilevanti implicazioni occupazionali. Il settore vede la presenza di poco meno di tremila aziende, e il fatturato sviluppato nel 2018, è vicino ai 12 miliardi di euro, in crescita del +1,2 per cento rispetto al 2017;

   giova ricordare che le imprese del settore già oggi pagano il contributo ambientale, Conai per la raccolta e il riciclo degli imballaggi in plastica per un ammontare di 450 milioni di euro all'anno, dei quali 350 vengono versati ai comuni per garantire la raccolta differenziata;

   l'introduzione di una tassa sulla plastica equivarrebbe, quindi, a una sorta di doppia imposizione e – come tale – sarebbe ingiustificata sia sotto il profilo ambientale, che economico-sociale;

   oggi 1 chilo di plastica (come materiale in input dei processi produttivi) ha un costo medio di 0,90 euro, al quale va aggiunto il valore medio del contributo ambientale Conai pari 0,33 al chilo per un totale di 1,2 euro al chilo. A questo ammontare andrebbe sommata la «plastic tax» di 1 euro al chilo, che farebbe lievitare del doppio il costo (2,20 euro al chilo), il tutto da maggiorare di Iva. In altri termini, la tassazione determinerebbe un aumento del 110 per cento del costo per l'intera filiera della plastica;

   come ben ricorda la Confindustria, questa tassa sulla plastica colpirebbe un materiale pensando che la riduzione della messa in consumo possa contribuire a risolvere le difficoltà connesse alla corretta gestione del fine vita, senza comprendere invece che tali difficoltà continueranno a permanere finché non si affronteranno le condizioni di contorno, legate a un quadro di riferimento normativo/autorizzativo e di dotazione impiantistica assolutamente insufficiente per un Paese che ha l'ambizione di restare leader in Europa nell'economia circolare –:

   quali siano gli orientamenti del Governo a quanto esposto in premessa, e se non intenda avviare un tavolo di confronto con i soggetti che operano nel settore della plastica;

   se non ritenga necessario attivarsi al fine di sostenere e incentivare i soggetti imprenditoriali del settore al fine di consentire loro di adeguare la produzione alla nuova normativa europea in materia.
(4-03994)


   RICCIARDI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il decreto del Presidente della Repubblica n. 304 del 2001 contiene una disciplina volta a regolamentare le emissioni sonore prodotte da attività motoristiche degli autodromi;

   il predetto decreto si colloca nell'ambito della legge n. 447 del 1995 «Legge quadro sull'inquinamento acustico», che, all'articolo 1, definisce «i principi fondamentali in materia di tutela dell'ambiente esterno e dell'ambiente abitativo dall'inquinamento acustico», da leggersi in combinato disposto con il decreto legislativo 19 agosto 2005 n. 194 che, nel dare attuazione alla direttiva n. 2002/49/CE relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale, persegue la finalità di evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi dell'esposizione al rumore ambientale, compreso il «fastidio»;

   nel Libro verde sulle politiche future in materia di inquinamento acustico, la Commissione europea definisce il rumore ambientale come uno dei maggiori problemi ambientali in Europa ed è ormai accertato che i danni prodotti dall'inquinamento acustico si collocano sullo stesso piano di lesività delle altre fonti inquinanti;

   con particolare riferimento agli autodromi, la prassi applicativa della normativa in materia d'inquinamento sonoro ha fatto emergere alcune gravi criticità in relazione al decreto del Presidente della Repubblica n. 304 del 2001 che, sebbene, all'articolo 3, comma 3, dichiari che gli autodromi sono tenuti innanzitutto al «rispetto dei limiti derivanti dalle zonizzazioni effettuate dai comuni», consente alle amministrazioni comunali competenti di rilasciare provvedimenti derogatori di ampiezza tale da vanificare completamente le prescrizioni e le finalità di tutela della legge n. 447 del 1995;

   l'articolo 3, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica n. 304 del 2001 dispone che: «Per gli autodromi esistenti anche se sede delle gare di Formula 1, Formula 3000, campionato di Moto Gran Prix e assimilabili, possono essere consentite deroghe illimitate purché il gestore provveda a realizzare interventi diretti sui ricettori tali da ridurre i valori di immissione all'interno delle abitazioni a 45 dB (A) nel periodo diurno e 35 dB (A) nel periodo notturno»;

   nel caso specifico dell'autodromo internazionale del Mugello, il comune di Scarperia e San Piero rilascia annualmente un provvedimento autorizzatorio che consente di derogare ai limiti del piano comunale di classificazione acustica per oltre 260 giorni l'anno e per qualsiasi genere di attività motoristica che venga svolta nell'impianto. Inoltre, nonostante le tecniche di rilevamento e misurazione dell'inquinamento acustico, indicate nel decreto del Ministro dell'ambiente 16 marzo 1998, prevedano che «il rilevamento in ambiente abitativo deve essere eseguito sia a finestre aperte che chiuse, al fine di individuare la situazione più gravosa», le misurazioni all'interno delle abitazioni risultano effettuate a finestre chiuse –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza, anche normative, intenda assumere al fine di garantire la corretta applicazione del regime derogatorio previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 304 del 2001, nel rispetto della priorità riconosciuta al diritto alla salute, all'integrità psico-fisica e alla salubrità dell'ambiente di cui agli articoli 9, 32, e 97 della Costituzione;

   se non ritenga opportuno assumere adeguate iniziative, per quanto di competenza, anche normative affinché le attività di misurazione e rilevamento dell'impatto acustico in ambiente abitativo vengano svolte in modo corretto e nel pieno rispetto delle finalità di tutela indicate dalla legge quadro sull'inquinamento acustico e dei principi costituzionali.
(4-03999)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   IORIO e DEL MONACO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   i nuclei cinofili dell'Esercito, composti da un militare qualificato conducente cinofilo ed un cane qualificato Military working dog, sono uno strumento operativo indispensabile e che costituisce, per i nostri militari in Patria e all'estero, un significativo sensore in grado di rilevare la presenza di qualsiasi tipo di sostanza esplosiva, ovunque occultata, e di elementi ostili in prossimità di essa;

   il military working dog non è da considerarsi un militare a tutti gli effetti e la vita operativa del quadrupede termina allorquando non è più in grado di garantire gli standard richiesti dall'impiego;

   è notizia degli ultimi giorni la battaglia di civiltà per garantire, a fine servizio, l'assistenza veterinaria ai «cani con le stellette», promossa dal Consiglio intermedio di rappresentanza del comando logistico dell'Esercito;

   al termine del loro servizio, della durata di circa 8 anni, i cani militari vengono congedati e «alienati». Ormai in pensione, sono abbandonati al buon cuore del prossimo e a qualche famiglia interessata all'adozione;

   in taluni casi infausti, invero, vengono lasciati nei canili a morire di solitudine o, nella peggiore delle ipotesi, soppressi dopo buona parte della loro vita spesa al servizio di un Paese che ha investito denaro per addestrarli a fiutare esplosivi, droga, mine antiuomo;

   l'Enpa (Ente nazionale protezione animali) in una recente nota, si è rivolta direttamente al Ministro della difesa, al fine di far sentire la propria voce e di impegnare il Ministero a reintrodurre nel primo veicolo legislativo utile, la previsione l'assistenza veterinaria per i cani in «pensione»;

   l'Ente, infatti, nel ricordare l'impegno che i cani con le stellette danno nei principali teatri di guerra, nonostante «le numerose difficoltà e il forte stress cui sono sottoposti senza far venire mai meno il proprio affetto e la propria lealtà», ha sottolineato come, «alla sensibilità degli individui, però non corrisponde ancora una pari sensibilità delle Istituzioni alle quali basterebbe soltanto attuare un provvedimento giusto, economico e doveroso per dimostrare la propria attenzione e riconoscenza»;

   l'Enpa, pertanto, di concerto con il Cocer (Consiglio centrale di rappresentanza) propone di: «garantire ai cani ceduti al personale militare l'assistenza veterinaria a carico del servizio veterinario militare» e a tal proposito istituire «un'assicurazione sulla vita dell'animale» che possa consentire allo stesso di vivere una serena vecchiaia –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della problematica in questione e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di reintrodurre l'assistenza veterinaria per i cani militari in «pensione».
(4-03986)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   CENTEMERO, BITONCI, CAVANDOLI, COVOLO, GERARDI, GUSMEROLI, ALESSANDRO PAGANO, PATERNOSTER e TARANTINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   secondo le ultime notizie di stampa Leonardo Del Vecchio, imprenditore italiano, fondatore e presidente di Luxottica e presidente esecutivo di EssilorLuxottica, ha messo a punto la sua squadra di advisor dando mandato a Jp Morgan – colosso americano dell’investment banking – di studiare possibili soluzioni per valorizzare Piazzetta Cuccia;

   in attesa del piano industriale di Alberto Nagel – amministratore delegato di Piazzetta Cuccia – il titolo di Mediobanca è salito ancora dell'1 per cento da 10,43 euro, tornando sopra i prezzi di carico sia di Unicredit (10,2 euro), sia di Vincent Bolloré (9,3 euro);

   i numeri sono già eloquenti, perché secondo l'analisi di Delfin – nonché la holding della famiglia Del Vecchio – il 41 per cento degli utili di Mediobanca derivano dall'attività del credito al consumo di Compass (336,4 milioni), il 38,3 per cento dalle controllate e quindi principalmente da Generali (314 milioni) e l'8,7 per cento dalle gestioni da patrimoni (71,2 milioni);

   secondo Del Vecchio, l'attività di banca d'affari produce utili non sufficienti per giustificare i costi di struttura di un gruppo diversificato e complesso il cui valore netto, per metà, origina dal fatto di essere il primo azionista, con il 13 per cento delle Generali;

   secondo quanto riporta l'articolo del 17 ottobre 2019 di «La Repubblica», Del Vecchio – al fine di incrementare la domanda di azioni in borsa – si sarebbe rivolto alla banca francese Natixis;

   si tratterebbe di un'operazione come quella che Del Vecchio ha portato a termine in Francia con il gruppo Essilor: una fusione che dà vita ad un gigante del settore;

   fonti finanziare riferiscono che Del Vecchio avrebbe già avuto un incontro positivo in Bankitalia, pur non avendo ancora inviato alla Bce la richiesta per salire sopra il 10 per cento di Mediobanca;

   esistono fatti e indizi che, secondo le notizie di stampa, conducono ad un piano di Delfin su Generali i cui contorni, finanziari e personali, dipenderanno da molti elementi. In questa chiave è centrale il ruolo di Unicredit, la banca guidata dal francese Jean-Pierre Mustier, che di Mediobanca è primo socio, con l'8,8 per cento e che con Del Vecchio è in ottimi rapporti –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e di quali ulteriori elementi disponga, anche ai sensi del dodicesimo comma dell'articolo 1 del decreto-legge n. 95 del 1974, con specifico riguardo all'acquisizione da parte di Del Vecchio e UniCredit del controllo diretto di Mediobanca e indiretto di Generali in caso di azioni di concerto, anche alla luce delle conseguenze derivanti dai progetti dei soggetti che hanno acquistato il controllo e/o un'influenza dominante di una parte rilevante della finanza italiana.
(4-03996)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   NOVELLI e BOND. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'interscambio commerciale tra l'Italia e i Paesi del Corridoio scandinavo-Mediterraneo, di cui l'asse del Brennero è un segmento fondamentale, supera i 200 miliardi di euro l'anno. Per il nostro Paese l'attraversamento dell'arco alpino rappresenta la via obbligata per raggiungere i mercati Nordeuropei. Più del 70 per cento dei flussi import/export tra l'Italia e il resto dei Paesi europei attraversa le Alpi. L'84 per cento dell'interscambio tra l'Italia e l'Unione europea a 28 Stati è trasportato con i Tir su strada;

   da tempo l'Austria impone alcune limitazioni al traffico dei mezzi pesanti attraverso il valico del Brennero. Limitazioni che riguardano il divieto di circolazione settoriale, il filtraggio dei veicoli in alcuni giorni dell'anno e la circolazione notturna. Sono previsti, inoltre, il divieto di circolazione dei tir euro 4 (gli euro 5 seguiranno nel 2021), l'inclusione dei tir euro 6 nel «divieto settoriale» (che già riguarda specifici prodotti) e, dal 2020, l'anticipo del divieto al sabato mattina nei fine settimana di gennaio e febbraio;

   il rapporto dell'Ufficio studi di Confcommercio sui trasporti e la sostenibilità e il documento dell'Isfort sul sistema dei trasporti in Italia presentati 21 ottobre 2019 a Cernobbio, al 5° Forum Internazionale di Conftrasporto, hanno evidenziato che per ogni ora di ritardo dei Tir nell'attraversamento del valico del Brennero dovuto al blocco dei mezzi pesanti imposto dall'Austria, «la nostra economia paga più di 370 milioni di euro all'anno»;

   l'Austria, inoltre, non considera che un Tir con merce deperibile fermo inquina molto più di uno in movimento. La stessa cosa accade con un Tir fermo in coda o in lento movimento col motore acceso. L'imposizione austriaca di far passare soltanto 300 mezzi pesanti l'ora ha generato code fino a 70 chilometri, con il conseguente inquinamento delle aree interessate;

   le osservazioni di Conftrasporto meritano di essere approfondite: le misure di limitazione imposte dall'Austria con la motivazione di limitare i danni ambientali, potrebbero produrre gli effetti opposti a quelli desiderati o limitarsi a spostare l'inquinamento nelle aree limitrofe a quelle dove vige il divieto;

   inoltre chiudendo le porte alla libera circolazione di mezzi, l'Austria mette a rischio almeno 30 miliardi di euro all'anno di esportazioni (quasi due punti di Pil) e viola un principio sancito dall'Unione europea. Secondo Conftrasporto non sarà facile recuperare le commesse perse, dato il tempo intercorso tra le richieste di intervento e le decisioni dell'Unione. Inoltre «... le limitazioni, sia per ragioni ambientali che per l'intensità del traffico, sono troppo spesso utilizzate per nascondere atti di concorrenza sleale...»;

   il settore dell'autotrasporto in Italia occupa circa 800 mila addetti con un fatturato complessivo di circa 47 miliardi di euro. Grazie al processo di efficientamento e modernizzazione del parco italiano dei mezzi pesanti (tra il 2014 e il 2017 la quota dei mezzi euro 6 sul totale del parco circolante è cresciuta del 5 per cento) le emissioni del settore del trasporto su strada in Italia si sono ridotte del 30 per cento negli ultimi anni, a fronte di una crescita del 18 per cento nell'area euro –:

   quali urgenti iniziative intenda portare avanti il Ministro interrogato, presso le opportune sedi dell'Unione europea, al fine di tutelare il comparto nazionale del trasporto merci su strada e l'economia nazionale;

   se non ritenga opportuno assumere iniziative volte ad integrare i dossier già presentati presso l'Unione europea su questo argomento, con le valutazioni della variabile ambientale negativa e dei maggiori ingiustificati oneri sull'intera economia nazionale derivanti dagli ostacoli frapposti alla circolazione dall'Austria, così come esposti in premessa.
(3-01077)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SOZZANI, BALDELLI, BERGAMINI, GERMANÀ, MULÈ, PENTANGELO, ROSSO e ZANELLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007), all'articolo 1, comma 252, ha esteso ai porti turistici le nuove modalità di calcolo dei canoni demaniali equiparando tali strutture a quelle degli stabilimenti balneari. Tale modifica ha comportato per i porti turistici un aumento di quasi 5 volte dei canoni demaniali;

   come riportato da un articolo del Sole24ore del 27 ottobre 2019, l'applicazione del nuovo calcolo dei canoni demaniali, producendo un notevole aumento dei costi per i gestori dei porti turistici, rischia di portare alla chiusura di molte di queste strutture, circa 24, con rilevanti ricadute in termini occupazionali poiché, come dichiarato dal presidente di Ucina-Confindustria nautica, sarebbero a rischio circa 2.225 posti di lavoro;

   la normativa vigente, infatti, non tiene conto dei costi di investimento richiesti per la creazione di un porto turistico, pari circa 80 milioni di euro, ai quali si aggiungono i costi dei servizi che il porto turistico deve mettere a disposizione dei propri utenti;

   la sezione centrale di controllo delle amministrazioni dello Stato della Corte dei Conti, con un parere del 2 dicembre 2008, aveva evidenziato che «l'aumento dei canoni sia sproporzionato rispetto all'ipotizzato vantaggio per l'erario, sia in termini di contenzioso sia in termini di risultati economici»;

   oltre al rischio occupazionale e della chiusura di aziende del settore, l'altro rischio paventato sempre da Ucina è quello di un abbandono da parte dei naviganti da diporto delle marine turistiche italiane a tutto vantaggio di quelle di altri paesi limitrofi;

   Ucina, al fine di sensibilizzare il Governo in ordine alla grave situazione in cui versano le imprese che gestiscono porti turistici, ha minacciato un'iniziativa di protesta volta a bloccare gli ingressi nel porto di Genova –:

   quali iniziative urgenti, anche di carattere normativo, intenda assumere il Governo al fine di evitare lo stato di crisi denunciato da Ucina che potrebbe portare alla chiusura di 24 imprese e alla perdita di 2.225 posti di lavoro.
(5-03032)


   BITONCI e STEFANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   non si placano le polemiche riguardanti la questione del ponte sul fiume Brenta di Curtarolo, l'infrastruttura che collega lungo la strada provinciale 47 «Valsugana» il territorio comunale di Piazzola sul Brenta con quello, appunto, di Curtarolo;

   l'infrastruttura, che va ad interessare anche tutta l'alta padovana, era stata infatti sottoposta a limitazione del traffico pesante dopo che le ispezioni strutturali avevano evidenziato forti segni di vetustà con pericolo per quanto riguarda la sicurezza e conseguenti disagi per le attività economiche limitrofe;

   a fronte di una spesa pari a circa 5 milioni di euro per urgenti opere di manutenzione e consolidamento, la provincia di Padova ha già provveduto a finanziare gli interventi necessari al consolidamento della struttura, per importi pari ad 1 milione di euro a valere su propri fondi e per 3 milioni di euro utilizzando le risorse rientranti nel finanziamento del programma quinquennale 2019-2023, di cui al decreto ministeriale n. 49 del 16 febbraio 2018; in tal modo però – di fatto – non avanza alcunché per ogni altro, anche minimo, intervento di sicurezza e/o manutentivo nel territorio;

   il progetto prevede l'allargamento del vecchio ponte per realizzare un nuovo impalcato a doppio senso di marcia con larghezza di 3,75 m. per ciascuna carreggiata e non trova d'accordo i sindaci con la provincia, tanto che è nato anche un comitato civico;

   già il presidente della provincia, con propria ordinanza 28 dicembre 2018, in via cautelare, aveva vietato il transito ai mezzi pesanti, di 19 tonnellate nel tratto Cittadella-Padova e 44 tonnellate nel tratto Padova-Cittadella; il timore adesso è che si arrivi a una chiusura totale del tratto con grave nocumento per le famiglie, l'economia locale e il Nord Italia;

   illogica e dannosa è stata peraltro la decisione di declassamento a strada provinciale della Valsugana, il tratto padovano della ex strada statale 47, con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 febbraio 2000 (tutti gli altri tratti della regione Trentino-Alto Adige e Veneto sono di competenza dell'Anas) –:

   se e quali iniziative di competenza il Ministro intenda adottare con riguardo alle criticità esposte in premessa e, in particolare, per riclassificare la strada provinciale 47 in strada statale sotto la gestione dell'Anas, così da consentire la realizzazione del consolidamento del ponte sul fiume Brenta in località Curtarolo, intervento non più rinviabile per questa infrastruttura considerata essenziale per la viabilità delle migliaia di imprese che costituiscono il sistema economico dell'alta padovana.
(5-03035)


   ROSSO, SOZZANI, ZANELLA, MULÈ, BERGAMINI e PENTANGELO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   è di questi giorni la notizia, riportata dalla stampa anche nazionale, di un giovane torinese, sanzionato dalla polizia municipale, con una multa superiore ai mille euro, per aver violato il codice della strada, mentre era alla guida di uno dei tanti monopattini elettrici che circolano in città;

   tale multa sarebbe stata comminata in virtù della circolare della polizia municipale numero 92 del 2019, del 21 ottobre 2019 che in un passaggio recita così: «se i monopattini elettrici, per ragioni costruttive, sono idonei a superare la velocità di 6 km/h, rientrano nell'ambito di applicazione del Decreto Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti 31 gennaio 2003, concernente l'omologazione dei veicoli a due e tre ruote e, conseguentemente, sono da considerarsi ciclomotori (...) la cui circolazione è subordinata all'osservanza delle conseguenti norme applicabili del codice stradale...»;

   quanto sopra riportato appare all'interrogante in contrasto con la delibera della giunta comunale dello scorso luglio, con cui a Torino, aderendo fino al 27 luglio 2021 alla sperimentazione della circolazione su strada di dispositivi per la micromobilità elettrica, lanciata dall'ex Ministro Toninelli è stata autorizzata la circolazione dei monopattini elettrici nelle «Zone 30», sulle piste ciclabili e ciclopedonali alla velocità di 20 km/h;

   alla delibera non ha fatto seguito l'installazione da parte del comune della specifica segnaletica, necessaria per disciplinare la predetta sperimentazione, ma in compenso sono state fissate le regole per il servizio di noleggio in città;

   a Torino molti sono i cittadini che hanno deciso di utilizzare il monopattino elettrico, ritenendolo un mezzo comodo e veloce negli spostamenti urbani, ma che in mancanza di regole chiare, in questi mesi, ne hanno anche sperimentato la pericolosità;

   altrettanti sono i cittadini che non interessati all'utilizzo tali dispositivi, ma comunque indirettamente coinvolti, lamentano comportamenti di guida pericolosi da parte degli utilizzatori che sfrecciano sui marciapiedi, incuranti dell'incolumità dei pedoni, o circolano su strade trafficate facendo lo slalom tra le autovetture o andando contromano;

   il risultato è ad oggi, a parere degli interroganti, una situazione di totale caos, generata da un'amministrazione che, se da un lato incentiva la mobilità alternativa, dall'altro dà l'impressione di non avere chiaro in che modo realizzarla;

   è mancata un'adeguata campagna di informazione anche a livello nazionale, finalizzata ad informare i cittadini sulle modalità di svolgimento della sperimentazione e quindi a metterli nelle condizioni di prendere parte alla stessa, avendone chiare le regole;

   seppur legalmente possibile, appare quanto mai paradossale che un cittadino che, in virtù di una delibera comunale, decide di utilizzare un monopattino elettrico, si veda costretto a pagare una multa dalle due alle tre volte il valore di un monopattino medio in commercio;

   quanto accaduto a Torino rimane un fatto eclatante, ma anche in altre città che hanno avviato la sperimentazione si è verificata una situazione insostenibile che ha portato, ad esempio, il comune di Milano ad intervenire prima che si verificassero incidenti gravi, sia multando i trasgressori sia sospendendo la licenza alle società di noleggio dei monopattini;

   il codice della strada nulla dice in riferimento a tali dispositivi che, pur essendo ampiamente diffusi, non trovano una precisa collocazione nel nostro ordinamento giuridico –:

   se siano ad oggi disponibili dati sull'andamento della sperimentazione della circolazione su strada di dispositivi per la micromobilità elettrica a livello nazionale;

   se il Ministro interrogato, nell'ambito delle proprie competenze, intenda promuovere iniziative per prevedere un sistema di verifiche e controlli, finalizzato ad assicurare condizioni di idonea, chiara e sicura sperimentazione della circolazione su strada di dispositivi per la micromobilità elettrica, nell'interesse di quanti sono direttamente o indirettamente coinvolti dalla stessa.
(5-03036)

Interrogazioni a risposta scritta:


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto-legge 29 dicembre 2016, n. 243, modificato dalla legge 27 febbraio 2018, n. 18 («decreto per il Mezzogiorno»), si è istituita ai sensi dell'articolo 4, comma 1, l'Agenzia per la somministrazione del lavoro in porto e per la riqualificazione professionale, denominata «Taranto Port Workers Agency»;

   l'istituzione dell'Agenzia aveva lo scopo di formare e ricollocare in nuove attività i 520 lavoratori ex Taranto Container Terminal che erano in mobilità a seguito della cessazione, dagli inizi del 2015, delle attività container di Evergreen nel porto di Taranto;

   la società si è occupata in via prioritaria dell'iscrizione del personale in esubero in un apposito elenco che costituisce il registro dei lavoratori che sono coinvolti nel processo di riqualificazione professionale e ricollocazione presso le imprese operanti in ambito portuale. Come previsto dalla legge, è riconosciuta agli stessi una indennità di mancato avviamento;

   la legge dispone che la formazione è a carico di regione Puglia e autorità portuale e l'Agenzia può restare operativa per un massimo di 36 mesi a decorrere dal 1° gennaio 2017;

   l'efficacia dell'Agenzia, però, e la relativa presa in carico dei lavoratori all'interno degli elenchi ha avuto inizio solo l'8 gennaio del 2018, ossia ad un anno di distanza rispetto all'iniziale previsione normativa;

   il comma 5 dell'articolo 4 del decreto-legge n. 243 del 2016 stabilisce che, in caso di nuove iniziative imprenditoriali e produttive che dovessero localizzarsi in porto, le imprese autorizzate o concessionarie devono fare ricorso, per le assunzioni a tempo determinato e indeterminato, ai lavoratori dell'Agenzia secondo percentuali predeterminate nel relativo titolo abilitativo;

   a partire dal 2019 la società turca «Yilport» ha presentato all'autorità di sistema portuale del Mar Ionio i documenti utili alla sottoscrizione della futura concessione per l'uso, per 49 anni, del molo polisettoriale di Taranto. Il relativo piano di reinserimento dell'intera forza lavoro potrebbe richiedere il superamento del vincolo temporale di 36 mesi previsto dalla legge, in considerazione dei tempi tecnici necessari ai fini del ripristino della funzionalità portuale delle relative attrezzature e delle esigenze della Società «Yilport»;

   i lavoratori iscritti alla Tpwa, per il tramite delle organizzazioni sindacali di categoria, chiedono la modifica dell'articolo 4 del decreto-legge 29 dicembre 2016, n. 243 e successive modificazioni e integrazioni, con particolare riferimento ai commi 7 e 9, al fine di permettere un allineamento del termine delle attività dell'Agenzia con il principio della durata triennale espresso nell'intesa istituzionale sottoscritta il 27 luglio 2017 tra le organizzazioni sindacali, le parti istituzionali e il Governo, nonché di utilizzare appieno i fondi già stanziati e non utilizzati per la prima annualità, oltre che i residui delle annualità precedenti ove presenti, anche nei periodi successivi a gennaio 2021;

   è evidente che le esigenze di «protezione» delle figure professionali collocate nella Tpwa e di aggiornamento delle loro competenza che hanno motivato l'approvazione della norma in questione non siano ad oggi cessate e che sia necessario quindi un allineamento dei termini temporali della stessa norma per consentire la piena riqualificazione e la ricollocazione al lavoro dei lavoratori coinvolti da parte del nuovo concessionario Yilport con i tempi dell'avvio delle attività terminalistiche nel porto di Taranto, considerato che l'esaurimento degli effetti della norma attualmente fissato per gennaio 2020 non consentirebbe il raggiungimento dell'obiettivo che la legge si è posta –:

   se intenda, per quanto di competenza, intraprendere iniziative urgenti per salvaguardare la piena riqualificazione e ricollocazione al lavoro dei lavoratori coinvolti, modificando i termini temporali della norma.
(4-03984)


   VARCHI e MASCHIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nonostante le roboanti affermazioni sull'andamento dello scalo palermitano, da parte dell'ente gestore che amministra l'aeroporto di Palermo Punta Raisi – Falcone e Borsellino, è in corso un progressivo smantellamento del piano voli per la Capitale d'Italia, Roma;

   dal 1o ottobre 2019, sono, infatti, terminati i voli operati dalla compagnia spagnola Vueling che, con la sua scelta di cancellare i tre voli giornalieri che collegavano Palermo con Roma, ha penalizzato non poco i passeggeri che per affari o per svago si recano nella Capitale;

   restano, ormai, solo i voli operati da Alitalia e da Ryanair, una sorta di duopolio fortemente penalizzante per tutti i cittadini della Sicilia occidentale che si servono dell'aeroporto palermitano: come è noto, infatti, Ryanair offre un servizio da compagnia a basso costo, non accetta passeggeri con animali al seguito e non effettua il servizio di trasporto di passeggeri barellati che, quindi, sono costretti ad acquistare solo biglietti Alitalia;

   inoltre la drastica riduzione dell'offerta, con conseguente e inevitabile aumento dei prezzi secondo le più elementari norme della concorrenza, penalizza fortemente anche chi non può decidere liberamente quando recarsi a Roma, scegliendo quindi il prezzo più vantaggioso, ad esempio chi si sposta per lavoro (si pensi agli avvocati che si recano in Cassazione) o chi deve affrontare una prova concorsuale con poco preavviso nella pubblicazione delle date o, ancora, gli amministratori locali che si recano nelle sedi centrali dell'amministrazione statale o, peggio, chi per ragioni di salute è costretto a spostamenti non programmati;

   ancora, il duopolio di cui sopra si è detto, pregiudica fortemente le prosecuzioni per le tratte europee o intercontinentali per le quali, come è noto, esistono pochissimi voli diretti da Palermo, costringendo così i passeggeri ad inevitabile scalo a Roma, con tutte le conseguenze del caso;

   in particolare, la Sicilia occidentale risulta fortemente danneggiata da questa situazione ormai cristallizzatasi in un duopolio nella gestione della tratta Palermo-Roma che, ad avviso degli interroganti, asseconda logiche lontane dalla tutela degli interessi dei siciliani, costretti quasi sempre a spostarsi in aereo per la totale assenza di infrastrutture alternative –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se e quali urgenti iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di pervenire ad una maggiore concorrenza nella gestione della tratta Palermo-Roma, anche attraverso l'intervento di Enac.
(4-03987)


   ZOFFILI, FORMENTINI, PICCHI, COMENCINI, BILLI, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA e RIBOLLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in data 26 luglio 2019 è stata presentata l'interrogazione a risposta scritta n. 4-03427 a prima firma Formentini;

   tale atto di sindacato ispettivo chiedeva chiarimenti al Governo pro tempore in merito alla decisione di aumentare i voli diretti verso l'Italia della compagnia aerea iraniana Mahan Air, che, secondo fonti giornalistiche, avrebbe rifornito di armi gruppi filoiraniani in Siria, come la milizia libanese Hezbollah, e il cui amministratore delegato, Hamid Arabnejad, è sotto sanzioni da parte degli Stati Uniti;

   il 2 ottobre 2019, in occasione della visita nel nostro Paese, il Segretario di Stato americano, Mike Pompeo, ha chiesto all'Italia di togliere la licenza aerea a Mahan Air, e il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dal canto suo, ha risposto che «nei prossimi giorni ci saranno le pronunce delle autorità che si occupano delle rotte del volo»;

   è notizia di questi giorni il raddoppio dei collegamenti aerei di Mahan Air su Roma –:

   se il Governo sia a conoscenza delle circostanze esposte e se non sia opportuno adottare immediate iniziative per rivalutare la scelta di concedere l'autorizzazione a incrementare i voli diretti, di cui in premessa, da Teheran verso il nostro Paese.
(4-03989)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   MONTARULI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 26 ottobre 2019 è stato inaugurato a Torino, in via Aquila 34, un sedicente Centro culturale islamico che in realtà è una vera e propria moschea;

   il centro, infatti, proprio così viene appellato sia nella locandina di un evento, ove si vede chiaramente il logo con sopra riportata l'immagine di un albero e la scritta «Moschea la Palma», sia nella pagina Facebook del Centro, che si chiama, senza troppi artifizi, «Moschea la Palma»;

   la moschea viene definita dagli organizzatori «uno dei primi luoghi di culto e di cultura islamica in Italia le cui decorazioni interne sono interamente ispirate all'estetica tradizionale dell'Islam classico»;

   l'edificio sarà quindi utilizzato come luogo di culto, per la preghiera e il proselitismo dell'Islam;

   anche l'architettura, l'arredo, l'estetica sono quelli delle classiche moschee e il luogo poco ha a che fare con un centro meramente culturale;

   la definizione di centro culturale elude, a giudizio dell'interrogante, la reale attività del luogo che già in passato era stata ritenuta una moschea abusiva;

   infatti, già in passato un'associazione aveva preso in affitto gli stessi locali per moschea nascosta dietro l'appellativo al centro culturale, ma all'epoca la polizia municipale dispose il sequestro, perché i lavori di ristrutturazione e conversione dell'edificio erano stati avviati senza autorizzazione;

   all'inaugurazione del Centro, il 26 ottobre 2019, avrebbe inoltre presenziato Gabriele Lungo, convertitosi all'Islam con il nome di Shayk Ibrahim, un personaggio controverso che nel 2011 promosse una petizione a favore del niqab, il velo integrale saudita, assieme a Maria Giulia Sergio, la prima foreign fighter italiana a essersi unita alle bandiere nere nel 2014;

   la Sergio, conosciuta nel network jihadista con il nome di «Fatima», è stata condannata in contumacia a nove anni di carcere per terrorismo internazionale, una pena che non ha scontato;

   già nel 2009, Lungo e la Sergio erano stati ospiti del programma televisivo Pomeriggio Cinque;

   nonostante i fatti esposti e noti anche all'amministrazione comunale la stessa ha provveduto a conferire il patrocinio all'inaugurazione della moschea –:

   se non intenda adottare iniziative di competenza per pervenire alla chiusura immediata dei luoghi di culto irregolari.
(3-01078)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BUCALO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   è pervenuta notizia di presunte irregolarità relative alle procedure per l'elezione del sindaco e del consiglio comunale di Siracusa, svoltesi in data 10 e 24 giugno 2018, tali da inficiare la trasparenza e la regolarità della votazione e dello scrutinio e, quindi, la genuinità del risultato finale;

   su ricorso presentato da Ezechia Paolo Reale (candidato non eletto alla carica di sindaco, nonché cittadino elettore iscritto nelle liste elettorali del comune di Siracusa), per l'annullamento degli atti e delle predette operazioni elettorali, il Tar per la Regione Sicilia - sezione distaccata di Catania ha disposto, ai sensi dell'articolo 66 c.p.a., una verificazione, da effettuarsi a cura del Prefetto di Siracusa intesa ad accertare la veridicità delle questioni dedotte con le censure svolte nel ricorso così come meglio statuito nell'ordinanza collegiale n. 2395/2019 del 14 dicembre 2018;

   dalle operazioni di verificazione elettorale, eseguite e completate dalla prefettura di Siracusa nel mese di luglio 2019, sono emerse varie difformità in diverse sezioni, nonché – secondo il ricorrente Reale – la carenza di alcuni dati con conseguente difficoltà di verifica, ossia la particolare condizione delle «buste» l'assenza dei sigilli e delle firme sui lembi di chiusura e altro;

   quanto sopra segnalato, qualora corrispondente alla realtà, ben potrebbe integrare una violazione di principi costituzionali oltre che, ovviamente, della libera espressione del voto –:

   se intenda assumere iniziative normative volte a rafforzare e rendere più stringente la disciplina delle operazioni elettorali al fine di evitare che possano determinarsi anomalie e criticità come quelle che sono state segnalate nella vicenda di cui in premessa.
(5-03038)

Interrogazione a risposta scritta:


   MUGNAI e D'ETTORE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 29 ottobre 2019 si è svolta la mobilitazione nazionale organizzata dalla Federazione Coisp a Piazza Montecitorio e davanti le prefetture di tutta Italia al fine di lanciare un segnale forte e chiaro al Governo affinché ponga, finalmente, la giusta attenzione nei confronti degli operatori del comparto sicurezza;

   si tratta di migliaia di donne e uomini che quotidianamente lavorano a difesa di cittadini e istituzioni e che non si vedono riconosciute dignità professionale, garanzie funzionali e adeguati trattamenti economici;

   ad avviso degli interroganti è prioritario intervenire al fine di contrastare le numerose aggressioni e minacce al personale delle forze dell'ordine: è necessario far rispettare il principio di certezza della pena e dunque chi attacca, offende o aggredisce un pubblico ufficiale, attacca lo Stato;

   a ciò si aggiunga che il personale del comparto sicurezza è costretto a svolgere il proprio servizio, pur non essendo previsti adeguati stanziamenti economici;

   attualmente non vi sono adeguati finanziamenti per il riordino delle carriere, per il miglioramento dell'efficienza e dell'efficacia organizzativa delle forze di polizia e si denuncia il mancato pagamento degli straordinari non retribuiti, bloccati da maggio 2018;

   parimenti non vi sono idonee risorse economiche per rinnovare il contratto nazionale di lavoro del personale delle forze di polizia, in misura che consenta di recuperare il potere di acquisto che gli stipendi degli operatori del comparto sicurezza hanno perso in dieci anni di blocco degli aumenti contrattuali;

   è altresì necessario prevedere un adeguato finanziamento all'area negoziale autonoma della dirigenza di polizia poiché le attuali risorse sono del tutto insufficienti per riconoscere la giusta importanza a coloro cui è affidata la responsabilità di gestire l'ordine e la sicurezza pubblica –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di adottare iniziative, per quanto di competenza, per prevedere opportune risorse per il comparto sicurezza e, nello specifico, per rinnovare il contratto nazionale di lavoro del personale delle forze di polizia, per il riordino delle carriere, per il pagamento degli straordinari, per il miglioramento dell'efficienza e dell'efficacia organizzativa delle stesse forze di polizia nonché per un adeguato finanziamento all'area negoziale autonoma della dirigenza di polizia;

   se non ritenga opportuno adottare iniziative per provvedere a correttivi della legislazione vigente in modo da consentire che chi offenda, minacci o aggredisca gli appartenenti alle forze di polizia non resti sostanzialmente impunito.
(4-03993)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SILLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'Istituto «Tullio Buzzi» di Prato ha oltre 130 anni di vita. Nato nel 1886 come Regia scuola per le industrie tessili e tintorie, dal 2010 ha assunto la denominazione di Istituto tecnico statale-settore tecnologico;

   nel corso della sua lunga storia la scuola ha assolto alla funzione di formare i quadri tecnici dell'industria locale, contribuendo quindi in maniera significativa allo sviluppo e all'evoluzione dell'intero comprensorio di Prato. Oggi è una eccellenza nell'alternanza scuola-lavoro;

   il 2 settembre 2019 il nuovo dirigente scolastico, esercitando il proprio potere amministrativo, ha legittimamente sospeso per tre mesi, con determina dirigenziale, le attività di laboratorio per conto terzi (aziende private si avvalgono della professionalità degli insegnanti dell'istituto pagando regolarmente i test di laboratorio);

   stando a quanto appreso dagli organi di stampa e non solo, la componente del laboratorio conto terzi doveva, da diverso tempo, essere separata dalle specifiche attività didattiche;

   trattasi di un'attività che lavora anche per conto di grandi brand della moda, che fattura mediamente 7 milioni di euro annui e che versa alla scuola i proventi e gli utili che ne derivano. Si tratta di un ganglio vitale del distretto tessile pratese, capitale tessile mondiale per più di mezzo secolo e comunque ancora punto di riferimento delle eccellenze nel mondo del tessile di qualità;

   il dirigente scolastico a seguito delle pressioni politico-istituzionali e delle categorie economiche pratesi ha deciso di revocare la determinazione dirigenziale di chiusura temporanea del laboratorio, eccellenza europea riconosciuta, dove operano docenti luminari nei loro specifici settori di chimiche tessili applicate;

   la chiusura, seppur temporanea, ha comportato un crollo di fatturato enorme, così come già paventato dall'interrogante. I clienti durante le settimane di chiusura si sono spostati altrove causando un crollo del numero dei test di laboratorio di circa l'80 per cento in media, come si apprende dagli organi di stampa;

   il laboratorio, attraverso il suo fatturato, al netto delle spese, riusciva a finanziare progetti didattici o comunque a versare centinaia di migliaia di euro all'istituto simbolo del tessile italiano e del distretto tessile-manufatturiero pratese;

   purtroppo, il fermo delle attività per alcune settimane in regime di autotutela, seguita dalla riapertura, ha causato il crollo verticale del numero dei test effettuati, dunque del fatturato e infine, contestualmente, dei benefit milionari dei quali godeva l'istituto scolastico –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare al fine di preservare una tale eccellenza didattica, riconosciuta nel settore del tessile di qualità che negli anni ha avuto effetti notevoli per il distretto produttivo pratese;

   se non ritenga di dover promuovere, per quanto di competenza, una puntuale verifica sul numero dei test effettivi e del fatturato, mese per mese, dalla data di chiusura fino a fine anno per confrontarli con l'anno precedente.
(5-03037)

Interrogazione a risposta scritta:


   LUCA DE CARLO, FRASSINETTI, DEIDDA, OSNATO, MOLLICONE, GALANTINO, MASCHIO, VARCHI, DONZELLI e CIABURRO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   con il regio decreto n. 1354 del 23 ottobre 1922, è stata istituita la Festa nazionale del 4 novembre, in ricordo della vittoria della prima guerra mondiale e, successivamente, la legge 27 maggio 1949, n. 260, ha espressamente individuato la medesima festività quale «Giorno dell'Unità Nazionale»;

   in particolare, la citata festività è stata istituita in ricordo del 4 novembre 1918, anniversario dell'entrata in vigore dell'armistizio firmato a Villa Giusti (Padova), con il quale è fatta coincidere convenzionalmente per il nostro Paese la fine della prima guerra mondiale: trattative che, come è noto, iniziarono il 29 ottobre, durante la battaglia di Vittorio Veneto – l'ultimo scontro armato tra l'Italia e l'impero austro-ungarico – a seguito della quale, il generale Armando Diaz, comandante delle Forze armate italiane, comunicò la vittoria e la fine della guerra con il bollettino n. 1278;

   la vittoria della suindicata battaglia consentì di realizzare, definitivamente, l'unificazione territoriale, politica e istituzionale, dell'Italia, anche grazie al sacrificio di centinaia di migliaia di soldati Italiani, i quali, finita la guerra, grazie anche al sostegno delle comunità locali, vollero individuare, immediatamente, una giornata di commemorazione per il sacrificio offerto dai caduti: giornata che, appunto, fu individuata nel 4 novembre e che coincise anche con la data della tumulazione all'Altare della Patria della salma del milite ignoto;

   per le suindicate ragioni, in occasione del 4 novembre, anche al fine di preservare la memoria nazionale, le massime cariche dello Stato rendono omaggio al Milite Ignoto e alle salme dei 100.000 caduti italiani della prima guerra mondiale, custodite nel Sacrario di Redipuglia, nonché recandosi a Vittorio Veneto, luogo in cui, appunto, si svolse l'ultima e risolutiva battaglia del conflitto armato fra l'Esercito italiano e quello austro-ungarico;

   è fatto obbligo, pertanto, a tutte le istituzioni di celebrare la giornata in questione, dando il più ampio risalto alle iniziative connesse ai medesimi festeggiamenti, anche, e soprattutto, con il coinvolgimento delle istituzioni scolastiche, affinché la memoria per la storia nazionale, ed in particolare per una pagina così rilevante, possa essere adeguatamente conosciuta e tramandata alle future generazioni;

   da quel che risulta, al liceo Marco Polo di Venezia, gli insegnanti del medesimo liceo avrebbero boicottato un incontro – organizzato dalla direzione del medesimo istituto in occasione della festività in questione – tra gli studenti, in particolare dell'ultimo anno, e due rappresentanti delle Forze armate, rispettivamente della Marina militare e della Guardia di finanza;

   allo stato, il 4 novembre è «Festa dell'Unità nazionale» e, conseguentemente, è obbligatorio per tutte le istituzioni rendere il giusto riconoscimento alla medesima ricorrenza;

   in particolare in un territorio come quello veneto – particolarmente interessato agli avvenimenti storici per cui è stata istituita la festività – la posizione assunta dagli insegnanti appare agli interroganti illogica, anche in termini didattici, oltre che in contrasto con la disciplina normativa suindicata e, come tale, rilevante anche sotto il profilo disciplinare –:

   se sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative intenda assumere al fine di garantire, in tutte le istituzioni scolastiche, adeguate iniziative in occasione di tale festività;

   quali iniziative di competenza si intendano adottare in relazione a quello che gli interroganti giudicano un «boicottaggio» posto in essere dal personale docente del liceo Marco Polo di Venezia.
(4-03992)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   con determinazione n. RS30/176/2017 dell'8 maggio 2017 è stata bandita una procedura, ai sensi dell'articolo 60 del decreto legislativo n. 50 del 2016, suddivisa in 3 lotti, per l'affidamento della fornitura del servizio di contact center Inps-Equitalia;

   in particolare, la procedura di affidamento del lotto ha previsto la «fornitura di soluzioni e servizi di Contact Center Multicanale per l'erogazione di servizi informativi e dispositivi all'Utenza dell'INPS di Equitalia»;

   la suddetta procedura aperta è stata aggiudicata, con determina n. 131.2019, al raggruppamento temporaneo di imprese (Rti) Comdata s.p.a. – Network Contacts S.r.l. – Telesurvey Italia S.r.l. che ha, come previsto dal bando, garantito il rispetto della «clausola sociale», ovvero ha assicurato che tutti i lavoratori interessati – circa 2.800 in tutta Italia – saranno riassunti ai medesimi livelli occupazionali e salariali, nonché contrattuali, senza procedere a trasferimenti in altre sedi;

   tuttavia, il raggruppamento temporaneo di imprese (Rti) risultato aggiudicatario del servizio, nel processo di applicazione della suddetta «clausola sociale», ha esplicitamente illustrato le condizioni di assorbimento del personale attualmente attivo sulla commessa, dichiarando:

    che essa si applicherà soltanto al personale che ha effettuato almeno il 70 per cento delle loggature sulla Commessa;

    che si procederà all'assunzione ex novo dei lavoratori così individuati;

    che la retribuzione sarà quella complessiva percepita al 2 febbraio 2019;

    che l'inquadramento non sarà superiore al IV livello;

    che il personale TL sarà assunto con il medesimo livello e con la medesima retribuzione al 2 febbraio 2019;

    che il personale impiegato nelle cooperative sociali sarà assunto ex novo, previa instaurazione del rapporto associativo e non solo di un rapporto di lavoro subordinato, come quello in essere attualmente;

   in merito ai punti indicati, si segnala che:

    la definizione, a giudizio degli interpellanti, arbitraria, unilaterale e discrezionale di un perimetro di applicazione della suddetta clausola viola la normativa vigente: in nessuna previsione di legge, né di contratto, né in alcun accordo è mai stata individuata una soglia limite (il 70 per cento sopra richiamato) all'applicazione della clausola sociale;

    a ciò si aggiunga che non è dato comprendere né le ragioni, ove ve ne siano, né i parametri in base ai quali sia stato determinato tale limite, che non sembra tener in considerazione il fatto che la maggior parte dei lavoratori impiegati nel servizio di contact center hanno rapporti part-time, mentre il computo pare presupporre un conteggio sulla base di full-time;

    la violazione della clausola sociale determina una rilevante violazione del principio di non discriminazione e, quindi, dei diritti dei lavoratori. A solo titolo esemplificativo, si segnala, infatti, che risultano esclusi dalla clausola: i team leader, gli staff leasing, gli operatori in aspettativa, di qualunque genere concessa, ma soprattutto i lavoratori in malattia e le lavoratrici in maternità;

    la novazione del rapporto contrattuale, secondo gli interpellanti, confligge con quanto previsto dalla legge e dalla contrattazione che, invece, prevede la continuazione del rapporto di lavoro in capo al nuovo aggiudicatario, senza soluzione di continuità; infatti, tutti i lavoratori devono mantenere la propria retribuzione, così come percepita alla data della cessazione del rapporto con le imprese uscenti che avverrà il 30 novembre 2019 e non è, dunque, consentito individuare una data antecedente, a tale momento (il 2 febbraio 2019);

    devono, inoltre, essere garantiti inquadramenti dal III al V livello, così come contrattualmente previsto. Dunque appare agli interpellanti arbitraria l'attribuzione generalizzata del IV livello;

    gli operatori assunti nelle cooperative non possono essere costretti a diventare soci. Si sottolinea che le persone attualmente impiegate nelle cooperative sono per la maggior parte persone con disabilità che ad oggi sono lavoratori subordinati e non anche soci delle medesime;

    il rapporto associativo è altro e differente rapporto rispetto a quello di lavoro e, come tale, deve rimanere separato, oltre che nella piena ed assoluta disponibilità del diretto interessato;

    a ciò si aggiunga che la mancata attuazione della clausola sociale sta causando danni a tutti i lavoratori che operano esclusivamente sulla commessa, poiché le imprese uscenti hanno avviato procedure di licenziamento collettivo che si perfezioneranno il prossimo 30 novembre, nonostante i numerosi tentativi da parte dei sindacati e delle società uscenti di trovare un contatto con l'Rti subentrante;

    l'Inps che dovrebbe tutelare i lavoratori e vigilare sulla corretta applicazione della clausola sociale, anche in forza della specifica indicazione contenuta nel bando di gara, non sta richiamando il gestore della commessa, vincitore della gara di affidamento della fornitura del servizio, alle sue responsabilità, prime fra tutte la riassunzione ai medesimi livelli occupazionali e salariali di tutti i lavoratori –:

   se non ritenga di dover adottare le iniziative di competenza affinché si dia completa e corretta applicazione della clausola sociale, a tutela dei diritti dei lavoratori e dei livelli occupazionali, sulla base di quanto normativamente e contrattualmente previsto;

   se non ritenga di dover fissare con urgenza un incontro formale tra le parti e impedire che si proceda a licenziamenti che le aziende oggi impegnate hanno dovuto necessariamente promuovere, stanti le omissioni evidenziate.
(2-00541) «Rotta, Pezzopane».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO e ZUCCONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   come è noto, tra maggio e luglio 2019, è stato ufficializzato l'accordo per la cessione de negozi di Auchan Retail Italia al Gruppo Conad, che stabiliva l'acquisizione di 1.600 punti vendita; tuttavia, non è stato reso noto il piano industriale di Conad, pertanto, da mesi, dipendenti di Auchan stanno vivendo una situazione di estrema ansia legata all'incertezza sul loro destino lavorativo, legato alla possibilità di esuberi;

   nel mese di ottobre 2019, sono stati assorbiti da Conad 109 punti vendita, per un totale di 5.700 dipendenti coinvolti. Al riguardo, Conad non ha dato alcuna garanzia sulla tutela dei posti di lavoro interessati alla prima fase di acquisizione; di conseguenza, ci sono concrete ragioni per temere anche della stabilità dei restanti 12 mila posti di lavoro;

   per mesi il Governo, ad avviso degli interroganti, non ha adeguatamente verificato quale sia il piano industriale per i 279 punti vendita acquistati e se esiste un piano di esuberi da parte di Conad;

   è evidente che le soluzioni riguardanti la tutela dei lavoratori non possono essere affrontate a livello locale, posto che sono coinvolti 18 mila dipendenti dislocati in 12 diverse regioni. È il Governo che deve adottare ogni provvedimento utile alla salvaguardia dei livelli occupazionali;

   per la situazione di assurda incertezza che si è venuta a creare, i dipendenti di Auchan, il 30 ottobre 2019 hanno scioperato in massa, mentre, si teneva un incontro tra sindacati, azienda e Governo, presso il Ministero dello sviluppo economico. In tale sede, a quanto è dato sapere, sono stati ridotti i punti vendita acquistati da Conad e i possibili esuberi, ma rimangono ancora diversi punti in sospeso sull'adozione di misure a tutela dei lavoratori;

   tra l'altro, si attende di concretizzare l'assorbimento del sistema Conad dei centri logistici, anche a salvaguardia dei dipendenti della logistica che serve i punti vendita acquisiti;

   è dunque necessario adottare iniziative affinché nessun lavoratore venga pregiudicato, considerando che Conad non ha acquisito solo il retail, ma anche le funzioni e i dipendenti, che non operano esclusivamente nelle rete commerciale –:

   se e quali specifiche iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e tutelare le migliaia di lavoratori coinvolti dall'operazione di acquisizione del gruppo Conad.
(5-03033)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   SALAFIA. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   in attuazione dell'articolo 22, comma 4, del citato decreto-legge n. 90 del 2014 è attualmente operante una convenzione quadro in materia di procedure concorsuali per il reclutamento del personale delle Autorità indipendenti che disciplina gli aspetti organizzarvi delle procedure unitarie;

   dall'entrata in vigore della norma le Autorità indipendenti hanno sempre bandito concorsi (con l'eccezione dei quattro concorsi, per diverse figure tecniche, banditi dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato e dall'Autorità nazionale anticorruzione pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale – concorsi ed esami n. 56 del 25 luglio 2017) senza alcuna gestione unitaria; nella Gazzetta Ufficiale 4a Serie Speciale – concorsi ed esami n. 14 del 19 febbraio 2019 è stato pubblicato un avviso relativo ad alcuni concorsi pubblici, per titoli ed esami, rispettivamente a due posti di dirigente con profilo giuridico-amministrativo, un posto di dirigente con profilo giuridico-internazionale, nonché a una procedura selettiva, per titoli ed esami, a quattro posti di impiegato operativo, nel ruolo dell'Ufficio del Garante per la protezione dei dati personali;

   dall'esame dei relativi bandi emerge che:

    i due concorsi da dirigente presso l'Ufficio del Garante per la protezione dei dati personali (uno per la posizione di dirigente con profilo giuridico-amministrativo e l'altro per la posizione di dirigente con profilo giuridico-internazionale) sono perfettamente sovrapponibili: in particolare, sostanzialmente identici sono i requisiti di partecipazione e le prove di selezione; in entrambe i concorsi i requisiti di partecipazione richiesti divergono per l'interrogante in senso restrittivo da quelli previsti dal regolamento interno dell'Autorità;

   l'aver individuato criteri che appaiono all'interrogante più restrittivi rispetto a quanto previsto dal regolamento n. 2/2000, concernente il Trattamento del personale del Garante per la protezione dei dati personali, avrà come effetto quello di diminuire sensibilmente la platea dei concorrenti, ponendosi per l'interrogante in contrasto con le norme generali sulle assunzioni nel pubblico impiego e in contrasto con quanto da sempre affermato dalla Corte Costituzionale nella materia de qua;

   l'aver contemporaneamente bandito, poi, due procedure concorsuali per la qualifica di dirigente perfettamente sovrapponibili sembra comportare un aggravio di costi per la pubblica amministrazione;

   si rileva inoltre che è stato bandito un concorso a 35 posti di ruolo nell'Autorità nazionale anticorruzione, un concorso a 8 posti di funzionario del Garante per la protezione dei dati personali e due concorsi a 1 posto nel ruolo dei funzionari della Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, banditi per le stesse posizioni, nello stesso arco temporale, a giudizio dell'interrogante in apparente contrasto con quanto previsto dall'articolo 22 del decreto-legge n. 90 del 2014 convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 114;

   a giudizio dell'interrogante è discutibile che, per il reclutamento del personale, le suddette Autorità indipendenti abbiano operato senza attingere alle graduatorie ancora in corso presso altre Autorità e, per le due procedure di reclutamento per la qualifica di dirigente presso il Garante per la protezione dei dati personali, adottando procedure identiche nei presupposti di partecipazione e di selezione –:

   se il Governo intenda adottare iniziative normative per implementare e rafforzare la disciplina posta dal decreto-legge n. 90 del 2014, al fine di razionalizzare ulteriormente le procedure di reclutamento del personale delle autorità indipendenti, nel rispetto dei princìpi di riferimento della pubblica amministrazione e in funzione di un'ottimizzazione della spesa pubblica.
(4-03998)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZO NERVO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il programma straordinario degli investimenti pubblici in sanità rappresenta un contributo sostanziale alle politiche sanitarie del Paese in quanto affronta la necessità di ammodernare il patrimonio strutturale e tecnologico del servizio sanitario nazionale;

   con l'articolo n. 20 della legge finanziaria n. 67 del 1988 (cosiddetto «articolo 20» in ambito sanitario) il legislatore ha autorizzato l'esecuzione di un programma pluriennale di «interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico» per l'importo complessivo di 30.000 miliardi di lire, mediante operazioni di mutuo con Cassa depositi e prestiti per il 95 per cento (5 per cento cofinanziato dalle regioni);

   il programma è stato quindi rifinanziato più volte: nel 2000 è stato elevato a 34.000 miliardi di lire, nel 2006-2009 è stato elevato a 24 miliardi di euro ed infine, con l'ultima legge di bilancio è stato elevato a 28 miliardi di euro. Da ultimo, il decreto-legge n. 34 del 2019 – cosiddetto «decreto crescita» – ha incrementato il finanziamento del programma di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2024 e di 25 milioni di euro per l'anno 2025;

   particolarmente significativo è stato l'intervento del 2006, non tanto e non solo per il rifinanziamento in sé, ma perché ha vincolato gli interventi a delle specifiche voci di spesa, tra cui 500 milioni di euro per la radiodiagnostica e radioterapia, 100 milioni per unità di risveglio dal coma, 7 milioni per potenziamento e alla creazione di unità di terapia intensiva neonatale (TIN); 3 milioni per l'acquisto di nuove metodiche analitiche, basate sulla spettrometria di «massa tandem»; 150 milioni per strutture residenziali e cure palliative; 100 milioni per sistemi informatici e informativi e 150 milioni per strutture odontoiatriche;

   con riferimento alla spesa sanitaria per le cure oncologiche, i dati di un recente studio di I-com dal titolo «Innovazione nella radioterapia. Analisi degli impatti sul SSN in termini di qualità, organizzazione e sostenibilità di sistema» rilevano che in Italia solo il 3,4 per cento del budget sanitario dedicato alle patologie oncologiche viene speso per la radioterapia, che rappresenta un tipo di trattamento della cui disponibilità trarrebbe beneficio circa il 50 per cento di tutti i pazienti oncologici (secondo i dati dello stesso studio);

   l'apparecchiatura per la radioterapia versa in uno stato di obsolescenza, come rilevato dalla Società scientifica di radioterapia secondo cui, nell'anno 2016, su 369 apparecchi per radioterapia censiti (349 censiti da fonte ministeriale) circa il 39 per cento-40 per cento recava un'età di installazione superiore a 10 anni;

   la copertura della rete nazionale, inoltre, non è omogenea e risulta evidente uno squilibrio tra il Nord e il Sud del Paese: le regioni meno servite sono infatti Calabria, Puglia, Sardegna, Basilicata;

   anche le percentuali sulla sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi fotografano un Paese spaccato in due: la residenza degli assistiti costituisce purtroppo un fattore determinante per l'accesso a programmi di diagnosi precoce e a cure di elevata qualità, con risultati peggiori nel Meridione –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere per il rifinanziamento del programma pluriennale citato;

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative per procedere al rifinanziamento del suddetto programma vincolando le cifre a specifiche finalità, a partire dalla radioterapia oncologica di ultima generazione, con categorie aggiornate e dando adeguato spazio alle nuove tecnologie, come ad esempio i software che – pur essendo stati inclusi negli interventi sotto la voce sistemi informatici e informativi (riferendosi all'attività gestionale) – nel 2006 non avevano ancora la centralità nella cura attraverso i device che anno oggi.
(5-03034)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   NOVELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   in diverse località del Friuli Venezia Giulia situate nelle ex province di Udine, Gorizia, Trieste e Pordenone si registra una totale assenza di segnale telefonico mobile degli operatori italiani e, nelle zone confinarie, si registra, al contrario, una forte ricezione del segnale di operatori di telefonia mobile sloveni;

   tale condizione pone in una situazione di estrema difficoltà e disagio i cittadini residenti in tali zone che si trovano impossibilitati a comunicare via telefonia mobile. L'oscuramento telefonico produce situazioni di rilevanti criticità di natura privata che impediscono di assolvere anche adempimenti ordinari della vita quotidiana, con riflessi anche sulla sicurezza delle persone nel caso siano poste nelle condizioni di dover effettuare chiamate di emergenza e soccorso;

   l'oscuramento telefonico produce altresì forti riflessi negativi per i soggetti che in tali zone hanno attività economiche, inducendo lo spopolamento dei piccoli centri montani;

   l'assenza di segnale telefonico mobile perdura da diversi anni ed è stato segnalato per il tramite di iniziative istituzionali nell'ambito delle amministrazioni locali del territorio, oltre che essere riportato da organi di stampa locale;

   il problema non è limitato ad alcuni territori del Friuli Venezia Giulia, ma è sentito in molte altre zone del Paese, soprattutto in quelle a carattere montano;

   una recente ricerca svolta dall'Unione nazionale comuni comunità enti montani (Uncem) denominata «No phone zone» ha individuato ben 1.220 comuni, tra i quali sono numerosi i comuni del Friuli Venezia Giulia, in cui si registra assenza di segnale telefonico mobile;

   tale situazione è inaccettabile e soprattutto stride con la propaganda pubblicitaria realizzata da alcuni operatori di telefonia mobile che, in vista del passaggio alle frequenze 5G, ipotizzano, ad esempio, la possibilità di svolgere operazioni chirurgiche a distanza, quando ci sono molti cittadini che sono impossibilitati ad inviare un banale sms o ad effettuare una chiamata telefonica con operatori italiani –:

   quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo, per quanto di competenza, per risolvere la insostenibile condizione di oscuramento telefonico nella quale versano da anni diverse località situate nelle province del Friuli Venezia Giulia e se non intenda adottare iniziative, anche di natura normativa, finalizzate alla copertura da parte degli operatori telefonici anche delle così dette zone a «fallimento di mercato», come avviene ad esempio per il servizio postale universale.
(5-03029)

Interrogazione a risposta scritta:


   CARNEVALI, ROTTA, GRIBAUDO, SERRACCHIANI, DE GIORGI, BRUNO BOSSIO, SCHIRÒ, CENNI, PEZZOPANE, SIANI e RIZZO NERVO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:

   dopo la squallida maglietta che istigava al femminicidio o comunque alla violenza contro le donne messa in vendita nell'ultimo weekend di ottobre 2019 e poi, per fortuna, ritirata dalla catena dei supermercati Carrefour – adesso è ricomparso il gioco «Squillo», un gioco da tavola per «papponi» e prostitute prodotto dalla nota multinazionale Raven e destinato al pubblico adulto;

   si tratta di una specie di «Monopoli» sessista in cui i giocatori devono interpretate il ruolo di sfruttatori di prostitute, tra escort, giovani promesse e «battone di strada», con tanto di parcelle, particolarità fisiche e ricavato finale in caso di affari non andati a buon fine, con successiva «vendita degli organi»;

   è terrificante che un'azienda, tra l'altro così importante, commercializzi un prodotto come questo, poiché la prostituzione e lo sfruttamento della stessa non possono mai essere presi come filo conduttore di un gioco;

   in realtà tale gioco fu commercializzato la prima volta addirittura nel 2012 e, nonostante le polemiche che ne seguirono non fu tolto dal mercato e nulla fu fatto per contrastarne e vietarne la distribuzione e la vendita, nonostante, fin d'allora, apparisse evidente che il suo contenuto inducesse al messaggio che le donne fossero «oggetti» da sfruttare sino a poter decidere se vendere i loro organi per trarne un ricavo in danaro;

   giochi come «Squillo» a giudizio degli interroganti, violano i principi di libertà, facendo passare il messaggio di «organizzazione» della prostituzione e il suo nuovo rilancio in questi giorni dimostra, ancora una volta, che in questo Paese non c'è alcun rispetto per le donne e per il genere femminile –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e non ritengano doveroso predisporre immediate ed urgenti iniziative per quanto di competenza, anche normative, affinché tale gioco o giochi simili siano tolti dal commercio, in considerazione del fatto che gli stessi violano i principi della libertà e della dignità delle donne, «giocando» sulla drammatica e triste situazione dello sfruttamento della prostituzione che vede migliaia di donne ridotte in schiavitù e private della loro sessualità.
(4-03991)

Apposizione di firme ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.

  Mozione Gelmini e altri n. 1-00261, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 ottobre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Murelli, Caffaratto, Caparvi, Durigon, Legnaioli, Eva Lorenzoni e Moschioni. Contestualmente, l'ordine delle firme si intende così modificato: «Gelmini, Murelli, Mandelli, Prestigiacomo, Occhiuto, Cannizzaro, D'Attis, D'Ettore, Pella, Paolo Russo, Martino, Giacomoni, Cattaneo, Baratto, Angelucci, Porchietto, Giacometto, Brunetta, Zangrillo, Mazzetti, Cassinelli, Sarro, Maria Tripodi, Mugnai, Cappellacci, Zanella, Labriola, Bergamini, Ripani, Bagnasco, Pettarin, Bartolozzi, Squeri, Rotondi, Casino, Mulè, Milanato, Palmieri, Saccani Jotti, Versace, Gregorio Fontana, Cannatelli, Nevi, Anna Lisa Baroni, Scoma, Marin, Napoli, Della Frera, Ravetto, Orsini, Ruffino, Spena, Pittalis, Marrocco, Fasano, Minardo, Sozzani, Fiorini, Rosso, Vietina, Caffaratto, Caparvi, Durigon, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Moschioni».

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Grimaldi e altri n. 1-00272, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 ottobre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Gribaudo.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Donzelli e Butti n. 5-02994, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 ottobre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Foti.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Donzelli e Frassinetti n. 5-02988, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 ottobre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Mollicone.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Varchi e Maschio n. 5-02998, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 ottobre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cirielli.

  L'interrogazione a risposta scritta Eva Lorenzoni n. 4-03980, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 ottobre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Formentini, Gastaldi, Golinelli, Guidesi, Viviani.