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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 15 ottobre 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    l'invasione dell'esercito turco in Siria e la guerra scatenata dal Governo del presidente Erdogan contro il popolo curdo ha provocato le reazioni di tutti i Paesi europei;

    Olanda, Norvegia, Finlandia e Germania poche ore dopo l'inizio del conflitto in Kurdistan hanno annunciato il blocco della vendita di armi alla Turchia;

    il Governo italiano, per voce del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, ha dichiarato di allinearsi ai Paesi che hanno imposto il blocco di vendita di armi alla Turchia;

    il Consiglio dell'Unione europea nelle scorse ore ha disapprovato all'unanimità l'operazione militare che la Turchia sta portando avanti in questo momento contro i curdi siriani nel nordest della Siria;

    il documento approvato stabilisce che «l'Unione europea, condanna l'azione militare della Turchia che mina gravemente la stabilità e la sicurezza dell'intera regione, causando un aumento della sofferenza dei civili e ostacolando gravemente l'accesso all'assistenza umanitaria; la Ue rimane impegnata per l'unità, la sovranità e l'integrità territoriale dello stato siriano»;

    il 30 maggio 2020 è in programma a Istanbul la finale di Champions League;

    la finale rappresenta uno dei massimi eventi sportivi mondiali con un seguito di decine di migliaia di tifosi sugli spalti e di circa 500 milioni di telespettatori;

    la Turchia oggi è un Paese in stato di guerra e quindi non garantisce i livelli minimi di sicurezza per le migliaia di tifosi che si recheranno a vedere la finalissima;

    in finale potrebbe arrivare una squadra italiana;

    nel recente passato si sono registrati scontri tra tifosi turchi e supporters di diverse squadre europee, in particolare francesi, tedeschi, inglesi (ovvero le realtà più accreditate ad accedere alla finale), il più delle volte per questioni nazionalistiche e religiose;

    il calcio rappresenta uno straordinario strumento di comunicazione e propaganda;

    i giocatori della nazionale turca, in occasione della recente partita casalinga con l'Albania, hanno festeggiato la vittoria davanti ai propri tifosi con il saluto militare in onore dell'azione di guerra contro il Kurdistan;

    la finale di Champions League rischia quindi di trasformarsi in una vetrina mondiale di propaganda per il Governo turco,

impegna il Governo

1) ad assumere ogni iniziativa di competenza affinché venga trasferita la sede della finale 2020 di Champions League da Istanbul ad altra città europea, al fine di garantire la sicurezza delle decine di migliaia di tifosi al seguito, evitare di offrire strumenti di propaganda al Governo del Presidente Erdogan, dare un segnale forte di condanna per l'iniziativa militare turca, invitare la Turchia a cessare al più presto l'invasione nel nord della Siria.
(1-00265) «Belotti, Molinari, Colmellere, Durigon, Formentini, Frassini, Furgiuele, Grimoldi, Patelli, Racchella, Ribolla, Sasso, Zicchieri, Zoffili, Comencini, Picchi, Coin, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Billi».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni III e IV,

   premesso che:

    un'industria nazionale dei materiali per la difesa e la sicurezza efficiente e competitiva, oltre a rappresentare uno strumento essenziale per l'affermazione della sovranità dello Stato, agevola il rinnovamento costante degli equipaggiamenti in dotazione alle Forze armate e contribuisce in vario modo alla crescita del prodotto interno lordo;

    l'industria dei materiali per la difesa e la sicurezza sostiene la ricerca avanzata nel campo dei sistemi e delle strumentazioni ad alta intensità di tecnologia, che spesso hanno rilevanti ricadute anche sul piano delle applicazioni e produzioni civili, offre impieghi ad alto valore aggiunto e, nel caso del nostro Paese, fornisce un apporto rilevante alla bilancia commerciale con l'estero;

    l'industria della difesa, in cui le piccole e medie imprese svolgono un ruolo di grande rilievo, costituisce una parte rilevante dell'economia nazionale, incidendo in maniera significativa sul prodotto interno lordo e presentando importanti ricadute occupazionali, sia in via diretta che in relazione all'indotto;

    il mercato dei materiali di armamento è fra i più complessi al mondo, anche perché dal carattere strategico e sensibile del suo campo di attività deriva un quadro normativo del tutto particolare, sia nei singoli ordinamenti interni che nel quadro delle relazioni commerciali internazionali, che sono peraltro fortemente influenzate da fattori politici, rapporti tra Stati e sistemi di alleanze;

    i recenti significativi sviluppi nel campo della difesa comune europea (tra cui, in particolare, l'avvio della cooperazione strutturata permanente e l'istituzione di un fondo europeo per la difesa) rendono ancora più urgente il rafforzamento dell'industria nazionale, per consentirle di partecipare nelle migliori condizioni a progetti collaborativi e alleanze industriali;

    è pertanto necessario assicurare un quadro normativo che superi ogni elemento di possibile penalizzazione delle imprese italiane, anche in ragione del crescente pericolo di acquisizioni estere ostili e del consistente rischio di vedere pregiudicate molte occasioni di cessioni e di attività imprenditoriali all'estero;

    l'articolo 537-ter del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010, stabilisce che «Il Ministero della difesa, nel rispetto dei principi, delle norme e delle procedure in materia di esportazione di materiali d'armamento di cui alla legge 9 luglio 1990, n. 185, e successive modificazioni, d'intesa con il Ministero degli affari esteri, può svolgere per conto di altri Stati esteri con i quali sussistono accordi di cooperazione o di reciproca assistenza tecnico-militare, e tramite proprie articolazioni, attività di supporto tecnico-amministrativo per l'acquisizione di materiali di armamento prodotti dall'industria nazionale anche in uso alle Forze armate e per le correlate esigenze di sostegno logistico e assistenza tecnica, richiesti dai citati Stati, nei limiti e secondo le modalità disciplinati nei predetti accordi»;

    tale normativa, cui è stata data attuazione con il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 104 del 2015, pur avendo consentito un proficuo coordinamento tra la politica estera e di sicurezza nazionale e il comparto industriale della difesa, ha evidenziato limiti e criticità che appare opportuno superare,

impegnano il Governo:

   a predisporre le opportune iniziative al fine di permettere allo Stato italiano di svolgere, nei confronti degli Stati con i quali sussistono accordi di cooperazione o di assistenza tecnico-militare, oltre alle attività di supporto tecnico-amministrativo, sostegno logistico e assistenza tecnica, anche attività di carattere contrattuale, nel rispetto delle norme e delle procedure in materia di esportazione di armamenti di cui alla legge n. 185 del 1990;

   ad adottare iniziative per integrare il processo normativo avviato nel 2013, nel quadro dei limiti stabiliti dalla legge n. 185 del 1990, introducendo anche per i Paesi terzi al di fuori dell'Unione europea e della Nato, nell'ambito degli accordi di cui all'articolo 537-ter del codice di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010, lo strumento autorizzativo della licenza globale di progetto, superando contestualmente la previsione del concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze di cui all'articolo 13, comma 1, della citata legge n. 185 del 1990;

   ad adottare iniziative per modificare di conseguenza la normativa di attuazione, attualmente prevista dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 104 del 2015, operando anche una semplificazione delle procedure in essa previste;

   a prevedere adeguate forme di coordinamento istituzionale a sostegno del comparto dell'industria della difesa, anche attraverso «cabine di regia» interministeriali;

   a prevedere un nucleo tecnico-operativo, di ausilio alla struttura di coordinamento di cui all'impegno precedente, che, operando nel pieno rispetto della normativa vigente concernente l'esportazione dei materiali d'armamento, costituisca l'interfaccia tra i vertici del Governo e il sistema delle imprese, in modo da fornire a queste ultime ogni possibile supporto nella competizione sui mercati mondiali.
(7-00343) «Ferrari, Zoffili, Raffaele Volpi, Fantuz, Formentini, Zicchieri, Toccalini, Boniardi, Castiello, Piccolo, Pretto».


   Le Commissioni IV e XI,

   premesso che:

    la previdenza complementare è il secondo pilastro del sistema pensionistico, il cui scopo è quello di erogare più elevati livelli di copertura previdenziale rispetto a quelli offerti dal sistema pubblico, a fronte delle varie riforme previdenziali che hanno abbattuto, negli anni, i livelli delle prestazioni pubbliche;

    ciò che rende le forme di previdenza complementare diverse da altri strumenti finanziari tradizionali è l'esistenza di una serie di norme di controllo, criteri e limiti di investimenti, specifici e stringenti, volti al raggiungimento dello scopo previdenziale cui essi tendono e che hanno impedito che le crisi finanziarie degli ultimi decenni distruggessero il risparmio pensionistico;

    nonostante, a partire dagli anni ‘90 e fino al 2001, anche la pubblica amministrazione sia stata caratterizzata dai processi di riforma previdenziale, con conseguenti abbattimenti del livello delle prestazioni pensionistiche, le forme di previdenza complementare, ed in particolare i fondi negoziali, per i dipendenti pubblici, hanno stentato ad affermarsi, rispetto al settore privato;

    nel settore pubblico questo è accaduto sia per la scarsa conoscenza e comprensione delle problematiche previdenziali, nonché per problemi legati al reperimento delle risorse per il loro avvio, sia per l'esistenza di un ostacolo di ordine economico-giuridico e cioè l'assenza, nel settore pubblico, della principale fonte di finanziamento presente, invece, nel settore privato: il Tfr (trattamento di fine rapporto);

    l'attuale perdurante situazione di crisi finanziaria ha poi acuito la diffidenza verso qualunque forma di investimento finanziario;

    esiste, inoltre, un problema di disparità di trattamento tra dipendenti pubblici: a differenza dei dipendenti pubblici contrattualizzati (Stato, Ministeri, sanità, enti locali) per i quali sono state trovate risorse e sono stati fatti partire i fondi pensione Espero (scuola) e Perseo-Sirio (Stato, parastato, sanità ed enti locali) per le categorie dei magistrati, avvocati e procuratori dello Stato, Forze armate e di polizia, docenti e ricercatori universitari, personale appartenente alle carriere prefettizie e diplomatiche, personale di organi costituzionali i fondi pensione non sono partiti, a fronte di una significativa riduzione delle pensioni pubbliche, soprattutto per le classi più giovani (contributivi dal 1996);

    il perpetuarsi di tale situazione pone i dipendenti pubblici non contrattualizzati in una condizione di disparità anche sotto il profilo Costituzionale e, in particolare, dell'articolo 38, ai sensi del quale «I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. [...]»;

    la stessa Corte costituzionale con sentenza n. 393 del 28 luglio 2000, ha sposato la tesi della «funzionalizzazione» della previdenza complementare a quella pubblica, nel senso che essa si sostituisce in parte ai compiti di quest'ultima, non in grado di garantire nel tempo adeguati livelli di copertura previdenziale;

    proprio la previdenza complementare costituisce, nel comparto sicurezza e difesa, uno dei più importanti capitoli ancora aperti e non risolti: il personale delle Forze armate fa parte di quei dipendenti pubblici che non sono stati coinvolti dal processo di privatizzazione del pubblico impiego e i cui rapporti di lavoro, sulla scorta del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, restano disciplinati dai rispettivi ordinamenti;

    per quanto concerne, infatti, il personale delle forze di polizia e delle forze armate, l'articolo 26, comma 20, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, ha riservato espressamente alle procedure di negoziazione e concertazione previste dal decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195, «la disciplina del trattamento di fine rapporto ai sensi dell'articolo 2, commi da 5 a 8, della legge 8 agosto 1995, n. 335, e successive modificazioni, nonché l'istituzione di forme pensionistiche complementari [...]»;

    tra i motivi che hanno reso difficoltosa la partenza dei fondi per i militari ne sono stati addotti prevalentemente due: l'assenza di risorse da destinare a tal fine nelle varie leggi di bilancio e il fatto che la citata legge n. 448 del 1998 richiede, di fatto, il preliminare passaggio dal Tfs al Tfr e tale passaggio non è conveniente per i militari;

    per ovviare a tale situazione molti militari hanno cercato di coprire da soli il divario previdenziale, spesso sottoscrivendo però prodotti spacciati come fondi pensione che non sono tali o comunque non utili ai fini pensionistici o, altre volte, prodotti molto costosi che ne eroderanno i rendimenti. In altri casi potrebbero aver sottoscritto prodotti offerti da intermediari finanziari senza una adeguata informativa collettiva;

    per il personale delle Forze di polizia e delle Forze armate l'apertura ufficiale delle procedure di concertazione di cui al citato articolo 26 per la previsione di fondi pensione complementare è intercorsa nel 1999. Nello specifico, il decreto del Presidente della Repubblica 16 marzo 1999, n. 254 di «Recepimento dell'accordo sindacale per le Forze di polizia ad ordinamento civile e del provvedimento di concertazione delle Forze di polizia ad ordinamento militare relativi al quadriennio normativo 1998-2001 ed al biennio economico 1998-1999», nel Titolo II, riguardante il personale non dirigente delle Forze di polizia ad ordinamento militare (Arma dei carabinieri e Corpo della Guardia di finanza), all'articolo 67, comma 1, stabilisce che le procedure di negoziazione e di concertazione attivate provvedono a definire:

     a) la costituzione di uno o più fondi nazionali pensione complementare per il personale delle Forze armate e delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare, ai sensi del decreto legislativo n. 124 del 1993, della legge n. 335 del 1995, della legge n. 449 del 1997 e successive modificazioni ed integrazioni, anche verificando la possibilità di unificarlo con analoghi fondi istituiti ai sensi delle normative richiamate per i lavoratori del pubblico impiego;

     b) la misura percentuale della quota di contribuzione a carico delle amministrazioni e di quella dovuta dal lavoratore, nonché la retribuzione utile alla determinazione delle quote stesse;

     c) le modalità di trasformazioni della buonuscita in Tfr, le voci retributive utili per gli accantonamenti del Tfr, nonché la quota di Tfr da destinare a previdenza complementare. Lo stesso articolo 67, comma 2, specifica che destinatario dei fondi pensione, di cui al comma 1, è il personale che liberamente aderisce ai fondi stessi;

    per il personale delle forze armate e della polizia, che attualmente rimane in regime di Tfs, l'interpretazione del combinato disposto delle norme di cui sopra conduce a ritenere che il vincolo per consentire l'attivazione di forme contrattuali sussista solo ove si voglia utilizzare tale fonte di finanziamento (il Tfr) e quindi ci si trovi di fronte a fondi di natura negoziale, cioè ci si trovi innanzi a fondi istituiti in base a norme previste nei rispettivi ordinamenti e che quindi, scaturiscono da procedure di concertazione; tale vincolo, invece, non dovrebbe sussistere nel caso in cui si voglia attivare una forma di previdenza complementare finanziata solo da contribuzioni diverse dal Tfr, cioè nel caso di fondi istituiti sulla base di accordi tra lavoratori promossi da loro associazioni, che non coinvolgono il datore di lavoro. In tal caso, infatti, tali fondi, pur essendo chiusi, non avrebbero carattere negoziale;

    alla luce del delineato quadro normativo, il fulcro della questione risiede nell'individuazione dei soggetti titolati all'avvio delle procedure sopra citate, nonché delle posizioni assunte dal giudice amministrativo sul punto;

    in virtù del fatto che il personale in questione rientra tra quello non contrattualizzato, parte della dottrina e fondante giurisprudenza hanno ritenuto un obbligo in capo alla pubblica amministrazione procedere per disciplinare in base ai rispettivi ordinamenti la previdenza complementare ed il Tfr (Tar Lazio, Sezione I bis, Sentenza n. 9186/2011 del 23 novembre 2011);

    con le sentenze 21 marzo 2013, n. 2907/2013 e n. 2908/2013, pronunciate dalla sezione I bis del Tar Lazio, i ricorrenti (militari delle forze armate, inclusa l'Arma dei carabinieri) hanno ottenuto il riconoscimento dell'obbligo per le amministrazioni resistenti di concludere, mediante l'emanazione di un provvedimento espresso, il procedimento amministrativo concernente l'introduzione della previdenza complementare;

   dallo stesso Tar Lazio è stato poi nominato un commissario ad acta, al quale è stato riconosciuto l'onere, ritenuto indispensabile, «di attivare i procedimenti negoziali interessando allo scopo le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative ed i Consigli Centrali di Rappresentanza, senza tralasciare di diffidare il Ministro della Pubblica Amministrazione e la Semplificazione ad avviare le procedure di concertazione/contrattazione per l'intero Comparto Difesa e Sicurezza»;

    nonostante ciò, a distanza di ben ventuno anni dall'entrata in vigore della legge n. 448 del 1998 non sono state ancora avviate le procedure di negoziazione e concertazione per «la definizione del trattamento di fine rapporto e l'avvio della previdenza complementare», contrariamente a quanto già realizzato per altri settori della pubblica amministrazione;

    non è più procrastinabile un'attivazione della previdenza complementare nel comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico volta ad accrescere gli assegni pensionistici nei confronti dei lavoratori le cui prestazioni verranno calcolate con il sistema contributivo e che quindi percepiranno meno rispetto agli altri lavoratori del pubblico impiego,

impegnano il Governo:

   ad adottare iniziative per stanziare nel prossimo disegno di legge di bilancio le necessarie risorse da destinare all'avvio della previdenza complementare negoziale per il comparto difesa e sicurezza ai sensi della legge n. 448 del 1998, così da equiparare il personale militare al resto dei dipendenti pubblici;

   ad adottare iniziative per prevedere, nelle more dell'individuazione di risorse pubbliche, la creazione di un fondo collettivo non negoziale, evitando la dispersione dei singoli verso forme di previdenza diversificate e con scopo di lucro;

   ad assumere le iniziative di competenza, anche di carattere normativo, in ottemperanza alle disposizioni di cui all'articolo 24, comma 28, del decreto-legge n. 201 del 2011 convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 (cosiddetta «legge Fornero»), finalizzate alla previsione di adeguate forme di decontribuzione parziale dell'aliquota contributiva obbligatoria agli enti previdenziali da devolvere verso schemi previdenziali integrativi, in particolare a favore delle giovani generazioni;

   ad adottare iniziative per prevedere meccanismi di adesione contrattuale all'interno dei singoli contratti di lavoro, posto che, come chiarito dalla Covip, l'adesione contrattuale deriva da una previsione inserita nel contratto collettivo nazionale di lavoro che introduce a favore di tutti i lavoratori dipendenti del settore di riferimento un contributo mensile, a carico del solo datore di lavoro, da versare al fondo di previdenza complementare individuato nel contratto stesso;

   ad adottare iniziative per prevedere, nelle more dell'attivazione della previdenza complementare, anche per il comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico, benefici all'atto della cessazione del servizio;

   ad adottare iniziative per prevedere l'abolizione del meccanismo di «opzione», ossia la possibilità di aderire a fondi pensione negoziali senza dover trasformare il proprio Trattamento di fine servizio (Tfs) in Trattamento di fine rapporto (Tfr).
(7-00344) «Ferro, Rizzetto, Deidda, Galantino».


   La III Commissione,

   premesso che:

    la Turchia del presidente Erdogan ha assunto da tempo una pericolosa deriva islamista che nella politica domestica si traduce nella compressione dei più elementari diritti politici e sociali dei cittadini, mentre nella politica estera si traduce nella costante eccitazione di una logica di scontro di civiltà in nome dell'islamismo politico;

    il Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp) di Erdogan rivendica la tradizione dell'islam politico, e sta occupando ogni carica dello Stato con cui il sultano Erdogan ha costruito una modernissima e preoccupante «democratura islamista»;

    la Turchia di Erdogan ha smantellato, nel complice silenzio occidentale ed europeo, i principi laici introdotti da Atatürk nei suoi sedici anni di ininterrotto governo;

    l'adesione della Turchia alla Nato ha, sino ad oggi, «coperto politicamente» la deriva islamista del sultano Erdogan, nonostante numerosi riscontri della sua politica di contiguità con il jihadismo globale per il tramite del servizio di intelligence (MIT);

    in particolare, nel contesto della guerra all'Isis, i funzionari turchi spesso hanno garantito accoglienza all'interno dei confini del Paese della mezzaluna ai militanti di Isis che scappavano dai curdi, fatto che confermato dalla notizia che molti jihadisti catturati dai curdi nel Nord della Siria fossero in possesso di documenti per entrare e uscire regolarmente dal territorio turco e abbiano affermato di essere stati assistiti da funzionari turchi;

    altra terribile circostanza di riscontro è costituita dal fatto che miliziani jihadisti hanno collaborato con i militari turchi non solo nell'occupazione di Afrin, città a Nord della Siria, ma anche nella conseguente pulizia etnica;

    ulteriormente due funzionari dell’intelligence turca, catturati dai guerriglieri curdi nel nord dell'Iraq nel 2017, hanno fornito nomi e contatti di una presunta rete di assistenza all'Isis e ad altri gruppi jihadisti che sono operativi in Siria e in Iraq, una rete di assistenza che farebbe capo direttamente al governo turco di Erdogan;

    a ciò si aggiunga che Wikileaks ha pubblicato 58.000 email che testimoniano, senza possibilità di smentita, il coinvolgimento del genero di Erdogan, Berat Albayrak, nel sostegno al mercato illegale del petrolio dell'Isis rubato dai pozzi di Siria e Iraq, la cui vendita finanziava il Califfato nell'acquisto di armi;

    ancora, la figlia del presidente turco, Sumeyye Erdogan, ha organizzato a Sanliurfa – città nella parte sud orientale della Turchia vicina al confine siriano – un centro medico che include un ospedale per curare i feriti dell'Isis;

    secondo diversi osservatori Erdogan sarebbe il principale sponsor del terrorismo jihadista nella regione, una sorta di padrino per i «fratelli» del Califfato, che in Turchia vengono sostenuti e protetti;

    recentemente, a New York, durante l'assemblea generale delle Nazioni Unite, il Ministro degli esteri egiziano, Ahmed Hafez, ha lanciato precise accuse contro Erdogan, sostenendo che il presidente turco supporta il terrorismo dell'Isis anche in Libia, attraverso la costante fornitura di assistenza militare, armi e addestramento;

    Erdogan sta pascendo e proteggendo i terroristi del presente e del futuro; nel suo Paese si addestra quel terrore che mira a destabilizzare l'Europa attraverso attentati e stragi, e le bombe contro i curdi fanno parte di un piano ben preciso: indebolire tutti di fronte ai possibili prossimi attentati terroristici di matrice islamica;

    ancora, al fine di rappresentare la simbolica battaglia ingaggiata contro l'Europa, l'Occidente e la Cristianità, riproducendo la retorica jihadista volta a cancellare le tracce della Cristianità proprio dalle terre della prima Cristianità, il sultano Erdogan ha ancora, nel marzo 2019, ribadito che Santa Sofia, la storica chiesa della Cristianità costruita nel 537 dall'imperatore Bizantino Giustiniano, «non sarà più museo. Il suo status cambierà. La chiameremo moschea», alimentando la retorica islamista e anticristiana della «fratellanza dei naxbantiya» a cui appartiene;

    la politica estera del sultano Erdogan è ugualmente aggressiva, a partire dalle roboanti e inaccettabili affermazioni in ordine alla islamizzazione dell'Europa attraverso l'invito ai turchi europei alla proliferazione come quando alimentando la frustrazione degli immigrati turchi in Europa dichiarava stentoreo «Non fate tre, ma cinque figli perché siete il futuro dell'Europa»;

    a tacere di altre inaccettabili prese di posizione in politica domestica ed estera, il presidente Erdogan ha deciso di egemonizzare l'area nella convinzione che il futuro della Turchia sia non quello di piccola potenza regionale, ma di guida dell'islam politico;

    nei giorni scorsi, incredibilmente e in spregio ad ogni norma, il Ministro dell'energia turco Fatih Donmez ha dato sfacciatamente l'ordine di iniziare le trivellazioni nel cosiddetto Blocco 7, non solo e non tanto di pertinenza del Governo di Nicosia, quanto e soprattutto assegnato ad un consorzio formato da Eni e Total;

    l'inaudita posizione turca si inserisce nella sfacciata prosecuzione della sua temeraria politica energetica che, utilizzando il governo di Cipro del Nord, sostiene, in spregio alla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, che l'area marittima in questione appartenga alla piattaforma continentale turca;

    l'atteggiamento di aperta sfida turca pregiudica gli interessi all'approvvigionamento energetico nazionale, atteso che Eni detiene buona parte delle concessioni cipriote, ma soprattutto è una nuova sfida alla comunità internazionale ed un chiaro messaggio all'islamismo politico di cui, anche con queste azioni, vuole rivendicare la guida;

    l'Unione europea ha inserito il caso Turchia nell'agenda del Consiglio europeo del 17 ottobre 2019 al fine di valutare la possibilità di assumere misure più severe contro Ankara per la spregiudicata posizione in campo di accaparramento energetico al di fuori di ogni legalità ed in spregio alla territorialità cipriota;

    la fallimentare e imbelle politica rinunciataria nei confronti di Erdogan da parte dell'Italia e della comunità internazionale ha evidentemente alimentato la convinzione del sultano di poter ulteriormente alzare l'asticella dello scontro;

    mercoledì 9 ottobre 2019 la Turchia ha, infatti, lanciato l'operazione «Sorgente di pace» nel nordest della Siria con l'ingresso di truppe e mezzi militari che dovranno occupare una fascia di circa 30 chilometri a partire dal confine turco all'interno del territorio del Kurdistan siriano;

    ufficialmente l'operazione è volta a costituire una fascia di sicurezza per «eliminare i gruppi terroristi esistenti nella regione, specialmente Daesh e Pkk/Pyd-Ypg ad est del fiume Eufrate, e stabilire un corridoio di pace per assicurare che i profughi siriani che vivono in Turchia possano fare ritorno nella loro terra natale»;

    il segretario generale della Lega Araba, Ahmed Aboul Gheit, ha chiaramente definito l'operazione turca come «un'invasione di uno Stato arabo e un'aggressione alla sua sovranità», e il presidente Mohamed Ali Alhakim ha avvisato del fatto che l'offensiva «aggraverà la crisi umanitaria, aumenterà la sofferenza del popolo siriano e rafforzerà la capacità dei terroristi di riorganizzarsi»;

    è evidente al mondo intero infatti che, al di là delle proclamate intenzioni, il reale e neanche troppo velato obiettivo turco è quello di minare l'integrità territoriale siriana e mettere in campo una devastante operazione di pulizia etnica nei confronti dei curdi, essenziali alleati nella lotta al jihadismo del Califfato;

    la forza militare turca, secondo esercito più popoloso della Nato dopo quello americano, e secondo esercito più popoloso in campo dopo quello russo, è soverchiante, e potrebbe, per forza e mezzi, pregiudicare definitivamente il delicato equilibrio territoriale della Siria, compiere una rapida e spietata pulizia etnica ai danni dei curdi, oltre a consentire all'integralismo jihadista di rialzare la testa;

    inoltre, consentire alla Turchia di operare in spregio alle norme della comunità internazionale alimenterebbe il «mito del rinato impero ottomano» presso la comunità islamica più radicale, con fatali ricadute in termini di scontro di civiltà;

    l'intervento dell'esercito russo e dell'esercito siriano, fatalmente necessario e legittimo, potrebbe far degenerare la situazione determinando un vero e proprio conflitto armato con conseguenze devastanti per la popolazione e per il richiamo all'ennesimo «confronto fra civiltà»;

    in termini di tragedia umanitaria già oggi si contano oltre 150.000 sfollati dall'inizio delle operazioni militari della Turchia nei territori del Rojava, l'amministrazione curda nel nord-est della Siria, oggetto delle brame del delirante sedicente sultano Erdogan;

    secondo l'Osservatorio siriano si contano già più di 150 morti fra le fila dei militanti curdi, e la soverchiante forza militare turca si manifesta per il tramite di bombardamenti a tappeto;

    mentre alcune città sono state occupate, la polizia curda-siriana ha fatalmente abbandonato la sicurezza attorno a diversi campi profughi da cui sono fuggiti diversi jihadisti dell'Isis;

    al solo fine di comprendere l'entità della tragedia umanitaria che si staglia all'orizzonte è bene tenere presente che, secondo l'Onu, nei prossimi giorni, circa 400.000 persone nell'area potrebbero aver bisogno di assistenza e protezione;

    la tragedia si abbatterà ancora una volta sull'inerme popolazione fra cui moltissimi cristiani che potrebbero essere costretti ad abbandonare per sempre le terre della prima cristianità;

    gruppi jihadisti appartenenti ad Al Nusra si sono uniti alla Turchia per fare la guerra ai curdi: decine di foto scattate dagli stessi miliziani e che già girano sui social ne sono la più innegabile testimonianza e rendono verosimile l'ipotesi che i terroristi islamici detenuti verranno liberati perché si uniscano all'esercito turco;

    secondo le fonti curde sarebbero addirittura 800 gli affiliati Isis già scappati dai campi di detenzione e che si sono uniti all'esercito turco;

    allo stesso modo è inquietante registrare il primo nuovo attentato rivendicato da Isis ed effettuato con una autobomba nella città di Qamishli;

    certamente l'unilaterale aggressione della Turchia alla Siria e ai curdi potrebbe consentire, stante i numeri di cui sopra, a Isis di riorganizzarsi vanificando gli sforzi della comunità internazionale, dei siriani e dei curdi;

    nel Consiglio europeo del 17 e del 18 ottobre 2019 è prevista la trattazione della questione delle trivellazioni della Turchia nel tratto marino di sovranità cipriota e dato in concessione a Eni e Total, con l'ipotesi di applicare sanzioni alla Turchia;

    l'Europa coralmente ha già condannato l'operazione militare turca, ma Erdogan ha sfacciatamente minacciato «Vi avverto, se cercherete di descrivere la nostra operazione (nel Nord della Siria) come un'invasione, il nostro lavoro sarà facile: apriremo i confini e invieremo 3,6 milioni di rifugiati in Europa»;

    anche in considerazione della violenta risposta, è necessario complessivamente rivedere la posizione nei confronti della Turchia che sempre più ostenta la linea di allontanarsi politicamente dalla comunità internazionale, recitando la parte di una nazione ostile, contraddistinta dalla agitazione dell'islam politico,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di allinearsi agli Stati che non intendono più cedere armamenti alla Turchia;

   ad assumere iniziative in ogni sede opportuna, in particolare in sede di Unione europea, affinché sia affrontata la questione della Turchia, in particolare considerando:

    a) l'adozione di severe sanzioni per la denegata ipotesi che la Turchia non si ritiri immediatamente dalla sovranità marina di Cipro, rispettando le legittime concessioni estrattive, e non si ritiri immediatamente dai confini della libera Siria, cessando ogni operazione militare;

    b) in ogni caso la revoca dello status di «associato» all'Europa della Turchia, dichiarando unilateralmente la fine di qualsivoglia negoziato per l'adesione della Turchia all'unione europea.
(7-00340) «Delmastro Delle Vedove, Meloni, Lollobrigida, Lucaselli, Prisco, Montaruli, Silvestroni, Mantovani, Rizzetto, Butti, Rotelli, Varchi, Donzelli, Frassinetti, Gemmato, Ferro, Osnato, Trancassini, Acquaroli, Luca De Carlo, Caretta».


   La III Commissione,

   premesso che:

    i curdi sono stati decisivi per il contenimento prima e per la sconfitta poi dello Stato islamico, sorto al confine tra Siria ed Iraq e proclamato nel luglio 2014 da Abu Bakr al-Baghdadi: ai curdi siriani è stata, infatti, delegata per lungo tempo dalla Coalizione internazionale anti-Daesh e dagli Stati Uniti l'azione sul campo nella difesa di Kobane e nella riconquista di Raqqa, divenuta la capitale siriana di Daesh, obiettivi conseguiti dopo strenui combattimenti nelle città e nei villaggi e con enorme sacrificio in termine di vite umane e di sofferenze e violenze subite dalla popolazione civile curda;

    nel Kurdistan siriano il confronto con gli islamisti di Daesh ha acquisito profondo valore simbolico anche alla luce del particolare modello di governo locale instaurato nella regione, fondato sul rispetto del pluralismo politico, sulla garanzia di pari diritti alle diverse etnie e minoranze religiose presenti, tra cui cristiani ed ebrei, e sulla partecipazione delle donne a tutti gli ambiti della vita pubblica, incluse le forze armate;

    le donne curde impegnate nelle forze armate curde hanno, in particolare, offerto al mondo un esempio di straordinario coraggio e valore nella difesa del loro popolo, del territorio e della loro dignità;

    l'Unione europea ha dal canto suo richiamato la Turchia alle sue responsabilità come Paese membro della Coalizione internazionale anti-Daesh chiedendo il rispetto della risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu 2254 e del Comunicato di Ginevra del 2012, negoziato dalla Siria nel processo di Ginevra a guida Onu;

    quanto alla Nato, l'Italia con Germania, Spagna, Olanda e Stati Uniti partecipa alla missione «Active Fence», istituita su richiesta della Turchia di incrementare il dispositivo di difesa area integrato per difendere la popolazione dalla minaccia di eventuali lanci di missili dalla Siria;

    secondo l'Osservatorio per i diritti umani in Siria ci sono già 130 mila sfollati, tra cui migliaia di civili che oggi sono fuggiti dal campo profughi di Ayn Issa, a nord di Raqqa, ormai privo di vigilanza. Tra le 10 mila persone in fuga, sarebbero oltre 800 i familiari di membri dell'Isis, per lo più donne e bambini;

    Erdogan, capo di Stato di un Paese formalmente candidato all'ingresso in Europa e firmatario nel 2016 di un accordo con Bruxelles per la gestione dei migranti siriani a fronte di un contributo di 3 miliardi di euro in parte già versati, non ha esitato a ricattare l'Europa minacciando di innescare un flusso assai rilevante di profughi se le cancellerie europee non riconosceranno la legittimità della sua iniziativa militare contro la Siria e i curdi del Rojava,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative volte a revocare alla Turchia lo status di «Paese associato» all'Unione europea, dichiarando unilateralmente lo «stop» definitivo a ogni ipotesi di adesione della stessa all'Unione europea;

   ad intimare alle autorità turche l'immediata cessazione delle ostilità nel nord della Siria, unitamente al monito affinché non siano perpetrati crimini di pulizia etnica, né siano realizzate deportazioni di massa o commesse violazioni dei diritti umani e affinché sia preservata l'incolumità della popolazione civile curda e, in particolare, la sicurezza delle strutture sanitarie preposte al soccorso e alla cura dei feriti, nonché quella dei giornalisti e degli operatori dell'informazione presenti sul campo;

   a condannare fermamente in sede Onu, di Unione europea e anche Nato l'azione militare della Turchia collaborando attivamente in seno a tali organismi per ottenere l'immediato cessate il fuoco e il ripristino di condizioni di sicurezza nell'interesse del contrasto allo Stato islamico;

   ad indire una moratoria delle forniture di armamenti ad Ankara;

   a promuovere in sede Nato la immediata sospensione dell'operazione «Active Fence»;

   a prevedere l'immediata messa in campo di strumenti di aiuto umanitario e di supporto alla popolazione civile.
(7-00341) «Zoffili, Formentini, Comencini, Billi, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Giorgetti, Grimoldi, Picchi, Ribolla».


   La XIII Commissione,

   premesso che:

    il settore agrumicolo rappresenta per il nostro Paese un comparto chiave per l'intera filiera agricola. L'Italia rappresenta, infatti, il terzo Paese dell'area mediterranea nella produzione di agrumi, oltre ad essere il dodicesimo a livello mondiale. Nel 2018 si è stimata una produzione di circa 800 mila tonnellate di agrumi. In base ai dati Istat 2018, la superficie coltivata ad agrumi si aggira intorno ai 144.970 con una produzione di 2,63 milioni di tonnellate. L'Italia è il 13° esportatore ed il 10° importatore di agrumi al mondo;

    il settore agrumicolo, che vale tra i 60 e gli 80 milioni di euro annui e che si avvale di diverse migliaia di giornate dei lavoratori agricoli, è però ad oggi a forte rischio. L'agrumicoltura italiana, nelle sue connotazioni, si caratterizza per una marcata polarizzazione nelle regioni meridionali della penisola e nelle isole, pur non mancando areali di coltivazione, di interesse non trascurabile, al di fuori di questi territori (Liguria, Lombardia e altre regioni);

    i sopralluoghi effettuati nelle principali aree produttive del sud Italia, cioè Sicilia, Calabria, Puglia e Basilicata, hanno registrato la mancanza del 70-80 per cento della produzione di clementine. Il drastico calo produttivo ha interessato tutte le diverse varietà, tanto le precoci quanto le tardive, sull'intero calendario di commercializzazione. Il comparto agrumicolo nazionale, nell'ultimo ventennio, è stato interessato da notevoli cambiamenti che hanno coinvolto sia l'offerta sia la domanda. Tali mutamenti, hanno riguardato l'aumento dei prezzi reali del lavoro e degli input impiegati, l'inasprimento delle politiche fiscali e previdenziali ed una marcata riduzione dei prezzi alla produzione. Le difficoltà del comparto sono andate accentuandosi soprattutto negli ultimi anni, sconfinando in situazioni di pesante squilibrio tra costi e ricavi, soprattutto nella fase produttiva;

    la gravissima situazione che riguarda in particolare le clementine sta compromettendo la tenuta economica e finanziaria di numerose imprese. Insomma, l'agrumicoltura non solo langue, ma rischia il tracollo. La stagione della raccolta è stata caratterizzata da fenomeni fortemente negativi, come la contrazione di produzione di arance, il prodotto invenduto rimasto sulle piante e interi stock immagazzinati in cella che, in poche ore, diventano non idonei alla commercializzazione, per fenomeni di marcescenza dovuti agli eccessi di pioggia. A questo si associano le gelate dovute al brusco abbassamento delle temperature;

    fra le numerose cause di tale crisi ci sono sicuramente anche le massicce importazioni di agrumi dall'estero che, confondendosi con la produzione nostrana, hanno fatto abbassare i prezzi di vendita al dettaglio e ancor più il prezzo riconosciuto all'agricoltore che non copre ormai nemmeno i costi di raccolta. Tali pratiche commerciali sleali stanno dunque condizionando notevolmente il mercato dei prezzi;

    dal punto di vista produttivo si registra anche una significativa diminuzione della superficie impegnata a causa della diffusione del «Citrus Tristeza Virus (CTV)», che colpisce alcune specie di agrumi (arancio, clementine, mandarino) innestate su arancio amaro e che sta distruggendo le colture di intere aree. Destano inoltre preoccupazione i cosiddetti patogeni «emergenti», come il fungo responsabile del «Black spot» e l'agente batterico del Greening (Huanglongbing), i quali stanno falcidiando altri Paesi, e per i quali non si ha per adesso nessuno strumento di difesa;

    la situazione non è più sopportabile e per questo occorre affrontarla con una forte convergenza tra il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, il dipartimento regionale agricoltura e la filiera. Insomma, occorrono misure e azioni complementari al fine di elevare il livello dei controlli sulla totalità dei prodotti provenienti da Paesi concorrenti e smascherare le false etichette di provenienza del prodotto,

impegna il Governo:

   ad assumere tutte le iniziative di competenza necessarie per l'ammodernamento della rete e dei sistemi di commercializzazione, anche puntando su servizi innovativi per il rilancio dei mercati ortofrutticoli, tramite la selezione e il miglioramento delle varietà, l'abbattimento delle zavorre burocratiche inutili, l'accesso al credito e aiuti più celeri e mirati destinati al settore;

   ad assumere iniziative volte al raggiungimento di una adeguata tutela del comparto agrumicolo nazionale in ambito comunitario, anche in relazione ad accordi di liberalizzazione reciproca tra Unione europea e Paesi del Nord Africa;

   a delineare un piano di azione efficace per evitare o contenere i danni di un ingresso involontario sul territorio italiano di nuovi batteri, tramite un rafforzamento dei controlli su prodotti in ingresso nel nostro Paese e attraverso un attento controllo fitosanitario alle frontiere;

   a consolidare e fortificare gli strumenti di controllo sui prodotti agrumicoli provenienti da mercati esteri, al fine di contrastare fenomeni di concorrenza sleale;

   ad adottare iniziative per il rafforzamento delle misure di contrasto all'utilizzo della manodopera in nero per la raccolta degli agrumi.
(7-00342) «Caretta, Ciaburro».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   il rilancio degli investimenti pubblici è uno dei principali obiettivi politici della prossima legge di bilancio, da perseguire con i limitati margini finanziari disponibili; il Governo intende far crescere il peso degli investimenti fissi lordi nel bilancio pubblico dal 2,1 per cento del prodotto interno lordo del 2018 ad un valore che inizi a dirigersi verso la soglia del 3 per cento;

   la nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (Nadef) ha registrato segnali moderatamente positivi, in particolare sul fronte degli enti locali, grazie allo sblocco degli avanzi di amministrazione e del piano contro il rischio idrogeologico: l'incremento percentuale degli investimenti fissi lordi è del 7,7 per cento rispetto al 2018, quasi tre miliardi di euro in più;

   è impegno del Governo quello di procedere al riesame di un elenco di cantieri più o meno fermi per un valore di circa 70 miliardi di euro e, successivamente, con la legge di bilancio dovrebbero essere formalizzati stanziamenti aggiuntivi per circa 9 miliardi nel triennio, che sono già scontati (anche se non dettagliati) nel quadro programmatico della Nadef;

   in cima alla lista delle opere da sbloccare – ha spiegato il Ministro De Micheli agli organi di stampa – ci sono il passante di Bologna e poi la Gronda di Genova;

   è stato diffuso dall'Ansa un elenco di grandi opere sospese che il Governo presumibilmente intende sbloccare che riserva un'amara sorpresa alla Sicilia: nessuna di queste è collocata nella regione;

   in un dossier consegnato a fine maggio dall'Anas alla commissione trasporti a fine maggio 2019, erano elencate 202 opere stradali (del valore di 16,3 miliardi) che il precedente Governo aveva programmato di appaltare entro 2019, ma che dovevano essere rinviate al 2020 o al 2021 per mancanza dei requisiti di appaltabilità, per incremento dei tempi per l’iter autorizzativo o per modifiche alla progettazione;

   nel citato rapporto particolarmente in ritardo è la realizzazione delle opere al Sud, soprattutto in Sicilia;

   nel marzo 2019 la regione siciliana ha fatto presente al Governo che nell'isola ci sono opere da sbloccare per 10 miliardi di euro, somme che rischiano di essere revocate se gli appalti non saranno affidati entro il 2021. Di queste, buona parte sono di competenza di Anas e Rfi, società dalle quali il governo regionale, nonostante sia in costante pressing, non riesce ancora ad ottenere la soluzione dei problemi sorti e, in alcuni casi, persino le progettazioni;

   ci sono 5 miliardi di euro per la velocizzazione della ferrovia Palermo-Catania, ma da due anni Rfi non è riuscita a produrre un solo progetto. Fra le opere viarie da sbloccare, ci sono la tangenziale di Gela per 316 milioni di euro, la tangenziale di Catania per 214 milioni di euro, la tangenziale di Agrigento per 200 milioni di euro. Sono ferme opere fondamentali come la Agrigento-Caltanissetta e la Palermo-Agrigento, al cui completamento mancano lavori per 200 milioni complessivi. L'Anas non riesce ancora a superare un contenzioso relativo ad uno dei 4 lotti della strada Nord-Sud, Palermo Agrigento;

   è fermo il completamento dell'anello ferroviario di Palermo; quanto al passante ferroviario di Palermo, ancora mancano alcune stazioni. Solo dopo 5 anni si è riusciti a sbloccare il raddoppio della ferrovia Ogliastrillo-Castelbuono, per 452 milioni;

   dopo il crollo del Ponte Morandi, la regione siciliana ha censito 1.900 punti di criticità sui viadotti in Sicilia, ma l'Anas tarda nelle risposte circa il monitoraggio degli interventi da eseguire. Sono trascorsi quasi 1.700 giorni dal crollo del pilone di un viadotto di 270 metri sulla A19 Palermo-Catania, che ha spezzato in due l'autostrada più importante della Sicilia;

   in regione, gli investimenti pubblici con risorse nazionali sono inferiori di circa il 20 per cento rispetto agli impegni presi con l'Europa con il rischio di vanificare l'efficacia della politica di coesione e dei fondi strutturali –:

   quali urgentissime iniziative intenda adottare il Governo per accelerare la realizzazione, nella regione Sicilia, delle opere individuate in premessa, al fine di avviare l'adeguamento agli standard nazionali della dotazione infrastrutturale necessaria al suo sviluppo e di impedire il disimpegno delle risorse assegnate.
(2-00522) «Germanà, Prestigiacomo, Siracusano, Bartolozzi, Scoma, Minardo, Baldelli, Barelli, Biancofiore, Brunetta, Caon, Cappellacci, Casciello, Cassinelli, Cattaneo, D'Attis, Fasano, Fatuzzo, Giacomoni, Mandelli, Milanato, Mugnai, Musella, Nevi, Pentangelo, Porchietto, Ripani, Rossello, Rosso, Paolo Russo, Sibilia, Valentini, Vietina, Zanella, Zangrillo».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro per le pari opportunità e la famiglia, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   sono più di quattro milioni le persone con disabilità che vivono nel nostro Paese. Il dato è stato confermato dall'Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane in occasione della giornata internazionale delle persone con disabilità;

   come tutti sanno, il processo di inclusione di queste persone nel tessuto sociale, economico, lavorativo e scolastico è ancora oggi incompleto. Gli individui con disabilità riscontrano gravi difficoltà nell'accesso alle cure e ai trattamenti essenziali, nell'inserimento nel mondo del lavoro e, in generale, nell'espletamento delle normali attività quotidiane, con un rischio accentuato di vulnerabilità che influenza inevitabilmente anche la loro sfera relazionale ed emotiva;

   la situazione è molto delicata anche dal punto di vista economico. Le persone con disabilità, in effetti, devono affrontare maggiori spese con redditi inferiori rispetto a quelli a disposizione del resto della popolazione. Lo svantaggio è, quindi, duplice: incide sul versante delle uscite e delle entrate economiche di questi soggetti e compromette, conseguentemente, il loro potere di acquisto e la possibilità stessa di convertire il reddito in benessere;

   secondo gli esperti, lo scenario attuale non potrà che aggravarsi nel prossimo futuro a causa del progressivo invecchiamento della popolazione e del contemporaneo calo demografico che sta attraversando il nostro Paese;

   allo stato attuale, infatti, sono le famiglie a farsi carico della maggior parte dei trattamenti necessari alla cura dei loro componenti che si trovano in stato di disabilità, sopperendo nei limiti del possibile alle mancanze della rete assistenziale dei servizi locali. Tuttavia, con la dinamica socio-demografica che si è andata consolidando negli ultimi anni, caratterizzata da un forte calo della natalità, la dimensione delle famiglie finirà inevitabilmente per restringersi, il sistema di assistenza informale che caratterizza la realtà italiana potrebbe entrare in crisi e le persone con disabilità potrebbero ritrovarsi più sole e vulnerabili di quanto oggi già non siano;

   a fronte di questo quadro, il precedente Governo aveva annunciato una serie di importanti provvedimenti finalizzati ad aumentare il livello di autosufficienza delle persone con disabilità e a migliorare le loro condizioni di vita, di salute e di reddito, nel rispetto dei principi sanciti dall'articolo 38 della Costituzione e dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità sottoscritta dall'Italia in data 30 marzo 2007;

   in particolare, tra le misure in questione vi era quella relativa all'aumento della pensione di inabilità civile e dell'assegno di invalidità civile istituiti dagli articoli 12 e 13 della legge 30 marzo 1971, n. 118. L'importo di queste prestazioni, tuttora inferiore alla soglia dei 300 euro, è infatti assolutamente insufficiente ad adempiere in concreto alla funzione assistenziale ad esse attribuita dal legislatore;

   un intervento in questa direzione risulta indispensabile se si vuole assicurare un'adeguata tutela dei diritti delle persone con disabilità. È un atto di giustizia sociale che dovrebbe comparire ai primi posti di qualsiasi programma di governo;

   proprio in relazione a questo tema fondamentale, tuttavia, non si hanno notizie certe in merito alle intenzioni dell'attuale Esecutivo;

   tale situazione di incertezza è fonte di grave preoccupazione per tutte le persone con disabilità e per le rispettive famiglie che da anni sono costrette a fare da sole e ad arrangiarsi, senza neppure poter contare su un contributo economico sufficiente ad assicurare loro un'esistenza dignitosa;

   è chiaro che si debba procedere ad una rivalutazione consistente di queste misure di sostegno che sia compatibile con la funzione assistenziale loro propria e con i principi affermati dalla Costituzione e dalla predetta Convenzione delle Nazioni Unite –:

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda celermente adottare al fine di aumentare gli importi della pensione di inabilità civile e dell'assegno di invalidità civile e restituire agli strumenti in questione un'utilità concreta ed effettiva, in grado di tutelare adeguatamente le esigenze e i diritti delle persone con disabilità;

   se il Governo stia già studiando la ridefinizione dell'importo dell'assegno di invalidità e della pensione di inabilità civile e la misura dell'aumento e l'individuazione delle eventuali risorse da utilizzare a copertura.
(2-00526) «Locatelli, Molinari, Panizzut, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Sutto, Ziello, Murelli, Giaccone, Caffaratto, Caparvi, Durigon, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Moschioni, Cavandoli, Cestari, Golinelli, Morrone, Piastra, Raffaelli, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Vinci, Boldi».

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, comma 15, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 9 ottobre 1990 (Testo unico sulle tossicodipendenze) così recita: «Ogni tre anni, il Presidente del Consiglio dei ministri, nella sua qualità di Presidente del Comitato nazionale di coordinamento per l'azione antidroga, convoca una conferenza nazionale sui problemi connessi con la diffusione delle sostanze stupefacenti e psicotrope alla quale invita soggetti pubblici e privati che esplicano la loro attività nel campo della prevenzione e della cura della tossicodipendenza. Le conclusioni di tali conferenze sono comunicate al Parlamento anche al fine di individuare eventuali correzioni alla legislazione antidroga dettate dall'esperienza applicativa»;

   l'ultima conferenza nazionale sulle politiche sulle tossicodipendenze si è tenuta a Trieste nel marzo 2009 (Governo Berlusconi);

   l'articolo 131 del succitato decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 così recita: «Il Ministro per la solidarietà sociale, anche sulla base dei dati allo scopo acquisiti dalle regioni, presenta entro il 30 giugno di ciascun anno una relazione al Parlamento sui dati relativi allo stato delle tossicodipendenze in Italia, sulle strategie e sugli obiettivi raggiunti, sugli indirizzi che saranno seguiti nonché sull'attività relativa alla erogazione dei contributi finalizzati al sostegno delle attività di prevenzione, riabilitazione, reinserimento e recupero dei tossicodipendenti»;

   i precedenti Governi a guida Monti, Letta, Renzi, Gentiloni e il primo governo Conte hanno provveduto con grave ritardo al suddetto adempimento e lo hanno fatto a giudizio dell'interrogante in modo burocratico, anche perché non c'è stato dibattito parlamentare, né politico;

   come affermato nel Decimo libro bianco sulle droghe, peraltro, le relazioni annuali al Parlamento non hanno mai davvero offerto gli strumenti adatti per verificare le «strategie e gli obiettivi raggiunti», mentre sarebbe necessario migliorare la qualità degli indicatori e della stessa struttura del rapporto, anche seguendo i cambiamenti sensati che, nel merito, ha recentemente adottato nei suoi report annuali lo European Monitoring Center on Drugs and Drug Addiction (Emcdda), nel tentativo di offrire ai decisori politici una conoscenza spendibile soprattutto in termini di valutazione dell'efficacia e della adeguatezza delle politiche vigenti, a partire da un più adeguato monitoraggio dei modelli di consumo e delle loro sfide;

   la ricerca farmacologica e biologica è sempre stata favorita a scapito della ricerca psicosociale, ed è stata finanziata dal 2009 al 2013 dal dipartimento antidroga della Presidenza del Consiglio dei ministri con un milione e mezzo di euro. Lo squilibrio a scapito della ricerca psicosociale si è accentuato di recente con la fortuna della ricerca neurobiologica e della brain research;

   secondo quanto emerge dal Libro bianco già citato, a 28 anni dalla sua approvazione, l'impianto repressivo e sanzionatorio che ispira il testo unico sulle sostanze stupefacenti continua ad essere il principale veicolo di ingresso nel sistema della giustizia italiana e nelle carceri;

   il 29,87 per cento (14.118 dei 47.258) degli ingressi in carcere nel 208 sono stati causati da imputazioni o condanne sulla base dell'articolo 73 (detenzione a fini di spaccio) della legge recante il suddetto testo unico;

   dei quasi 60.000 detenuti presenti in carcere al 31 dicembre 2018 ben 14.579 lo erano a causa del solo articolo 73 del testo unico (sostanzialmente per detenzione a fini di spaccio), altri 5.488 in associazione con l'articolo 74 (associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti), solo 940 esclusivamente per l'articolo 74;

   16.669 dei 59.655 detenuti al 31 dicembre del 2018 sono ritenuti tossicodipendenti, il 27,94 per cento del totale; una percentuale che supera il picco raggiunto dall'entrata in vigore della cosiddetta legge «Fini-Giovanardi» (27,57 per cento nel 2007), numeri successivamente riassorbiti grazie a interventi legislativi correttivi. Preoccupa poi l'ulteriore l'impennata degli ingressi in carcere di tossicodipendenti che toccano il record del 35,53 per cento;

   a parere dell'interrogante, solo il confronto fra tutti i soggetti interessati (Governo, regioni, amministrazioni locali, privato sociale, servizi pubblici per le dipendenze) può consentire l'avvio e l'implementazione di nuove politiche in materia, che siano all'altezza dei problemi delle persone e non si limitino a sterili proclami –:

   quando il Governo intenda presentare la relazione al Parlamento di cui in premessa, essendo passata invano la scadenza del 30 giugno;

   se non si ritenga di assumere le iniziative di competenza per assegnare la delega alle tossicodipendenze;

   se il Governo intenda assumere iniziative per rispettare l'adempimento previsto dall'articolo 1, comma 15, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 convocando entro l'anno 2018 la Sesta conferenza nazionale sulle politiche sulle tossicodipendenze.
(2-00525) «Magi».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GALLINELLA e CIPRINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il 9 ottobre 2019 sul sito web del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sono state pubblicate le graduatorie relative al finanziamento per gli interventi di edilizia scolastica – fondo sisma 2016 e 2017, sia di competenza comunale che provinciale, per un totale di 120 milioni di euro assegnati;

   il fondo, creato per la messa in sicurezza, l'adeguamento antisismico e/o la nuova costruzione di edifici pubblici, adibiti ad uso scolastico nelle zone sismiche 1 e 2, è destinato alle quattro regioni del Centro Italia interessate dagli eventi sismici del 2016 e del 2017 (Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria);

   nonostante il comune di Spoleto abbia partecipato al bando richiedendo un finanziamento di 28 milioni di euro per la messa in sicurezza antisismica di 21 scuole, esso non risulta tra i vincitori finali né per le richieste di competenza comunale né per le istanze avanzate dalla provincia di Perugia per i due plessi di scuole superiori ricadenti nel comune di Spoleto;

   nella graduatoria finale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non hanno trovato spazio neanche la scuola media «Dante Alighieri» e la materna «Prato Fiorito», finanziate dal commissario straordinario per la ricostruzione nel gennaio 2017 con la previsione di realizzare un polo scolastico a San Paolo e poi definanziate – attraverso l'ordinanza n. 80 dello stesso commissario straordinario – dopo che il comune di Spoleto ha ritirato il progetto del nuovo polo per concentrarsi esclusivamente sulla ricostruzione dei due plessi nella loro sede originaria;

   il comune di Spoleto, basandosi sugli indici di vulnerabilità bassi (sotto all'1 previsto dalla normativa), aveva chiesto fondi per interventi su 21 edifici, valutata comunque «la non rispondenza degli immobili alle norme tecniche vigenti», prevedendo anche un cofinanziamento di oltre 6 milioni di euro;

   in tutta la regione Umbria sono arrivati quasi 21 milioni di euro per una dozzina di scuole tra Perugia, Terni, Foligno, Città di Castello, Gualdo Cattaneo, Campello sul Clitunno, Arrone e Scheggino, solo questi ultimi due comuni ricadenti nel cratere;

   da diverse fonti stampa si apprende che il comune di Spoleto sarebbe pronto a ricorrere nuovamente al Tar – dopo averlo fatto contro l'ordinanza n. 80, quella con cui, come detto sopra, è stato definanziato il polo scolastico (del valore di circa 12 milioni di euro) a San Paolo – e a richiedere l'accesso agli atti del Ministero per capire le ragioni dell'esclusione del comune di Spoleto –:

   quali siano le ragioni che, in base a quanto esposto in premessa, abbiano portato all'esclusione del comune di Spoleto dalla distribuzione dei finanziamenti previsti dal fondo sisma 2016 e 2017, nonostante molti dei plessi scolastici per i quali sono state avanzate le richieste siano stati comunque valutati come non rispondenti alle norme tecniche vigenti.
(5-02904)

Interrogazione a risposta scritta:


   AMITRANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   dal gennaio 2019 ad oggi, sono circa una quarantina le donne vittime di femminicidio, nella maggioranza morte per mano del partner, dell'ex o di familiari; è di recentissima attualità la notizia della morte di una giovane donna per mano dell'ex marito a Cologno al Serio, in provincia di Bergamo;

   in Italia i cosiddetti centri antiviolenza sono strutture dedicate, ad indirizzo segreto, che forniscono supporto psicologico, socio-assistenziale e legale, alle donne che subiscono violenza e ai loro bambini a titolo gratuito e indipendentemente dal luogo di residenza, allo scopo di proteggerle da una condizione di emergenza, disagio e pericolo, garantendo anonimato, segretezza ed un trattamento dignitoso;

   la predetta assistenza a titolo gratuito alle vittime di violenza e ai loro figli da parte dei centri antiviolenza, è possibile esclusivamente grazie all'attuazione degli articoli 5 e 5-bis del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 15 ottobre 2013, n. 119, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province;

   questa attività non è sempre supportata da adeguate risorse finanziarie, infatti, non sempre questi fondi ripartiti alle regioni giungono ai centri antiviolenza;

   a quanto risulta all'interrogante da notizie apprese a mezzo stampa il 13 settembre 2019, il centro antiviolenza «Terra Viva», che serve i comuni di Qualiano, Villaricca, Mugnano di Napoli, Calvizzano e Melito di Napoli, è a rischio chiusura entro il mese di ottobre per mancanza di fondi;

   inoltre, le donne vittime di violenza assistite dal centro, al fine di scongiurare l'imminente chiusura hanno dato luogo ad una raccolta fondi tra loro, pur di non rimanere senza la preziosa assistenza data dal centro antiviolenza;

   secondo quanto risulta all'interrogante il centro antiviolenza «Terra Viva», è conforme ai requisiti richiesti dalla normativa vigente per l'esercizio della sua attività;

   dalla sua nascita nel 2014 il centro antiviolenza «Terra Viva» ha fornito gratuitamente, grazie all'autotassazione dei propri operatori volontari, assistenza socio-assistenziale, psicologica e legale gratuitamente a circa 300 donne vittime di violenza; infatti, sono diverse decine i procedimenti penali attivati presso la Procura della Repubblica di Napoli Nord a carico di abusanti grazie all'assistenza dei legali del centro antiviolenza «Terra Viva» alle donne vittime di violenza e i loro figli; inoltre, il predetto centro antiviolenza in decine di procedimenti è riconosciuto e costituito parte civile contro persone sottoposte a giudizio penale per reati di violenza;

   il 18 luglio 2019 si è riunita, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri la cabina di regia per l'attuazione del Piano sulla violenza maschile contro le donne che ha varato il piano operativo per il 2019; piano che prevede, tra l'altro, un incremento di 10 milioni di euro rispetto al 2018 in favore delle regioni alle quali, nel 2019, saranno destinati, complessivamente 30 milioni di euro –:

   se il Governo sia a conoscenza della situazione in cui versano i centri antiviolenza della regione Campania, e quali linee programmatiche intenda seguire, per quanto di competenza, al fine di tutelare queste strutture di rilevante importanza per la lotta ai femminicidi, per la tutela di tutte le donne vittime di violenza.
(4-03832)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VII Commissione:


   MOLLICONE. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   in occasione del decennale del terremoto del 2009, è stata autorizzata, con la legge n. 145 del 2018, la spesa di 1 milione di euro per l'anno 2019 per la «realizzazione di un programma speciale di iniziative culturali all'Aquila e nel territorio colpito dal terremoto»;

   il 17 gennaio 2019 il sindaco di L'Aquila e il sottosegretario pro tempore con delega per i beni culturali hanno sottoscritto un accordo per «l'organizzazione e l'attivazione delle iniziative del Decennale del sisma 2009» e il 15 maggio si è proceduto a sottoscrivere tra gli stessi un nuovo accordo che ha previsto la sostituzione del Teatro Stabile di L'Aquila con l'istituzione Sinfonica Abruzzese, quale soggetto attuatore;

   il 3 luglio è stato sottoscritto l'accordo tra il comune di L'Aquila e la direzione generale dello spettacolo del Ministero per i beni e le attività culturali per «la definizione delle modalità di assegnazione ed erogazione delle risorse finalizzate alla realizzazione del Festival Internazionale degli Incontri»; in data 5 marzo si è provveduto alla pubblicazione dell'avviso per manifestazione di interesse per la nomina del direttore artistico del Festival e il 1° aprile è stata nominata la dottoressa Barbagallo;

   il comitato operativo per il decennale, con verbale n. 03, raccomanda:

    «di procedere nel più breve tempo possibile al completamento del programma in modo che assicuri la certezza definitiva sulla sua configurazione finale;

    di prevedere, in questo quadro alla definizione con l'Istituzione Sinfonica Abruzzese, dell'apporto al programma delle istituzioni culturali aquilane sia attraverso eventi autonomi, sia attraverso iniziative di accompagnamento agli eventi già in programmazione»;

   risultano all'interrogante le seguenti inadempienze:

    a) la direttrice non ha effettuato un invio formale del programma del festival al consiglio di amministrazione dell'Istituzione Sinfonica Abruzzese e il medesimo avrebbe approvato il bilancio di previsione di massima del Festival senza approvazione del suddetto programma;

    b) la dottoressa Barbagallo avrebbe consegnato informalmente all'Istituzione Sinfonica Abruzzese un documento con alcune indicazioni sul programma, senza dettagliare i cachet e gli impegni di spesa assunti dalla direzione artistica nei confronti dei partecipanti al Festival;

    c) il documento relativo al programma non avrebbe corrispondenza con le indicazioni contenute nelle linee guida stabilite nel progetto redatto dalla dottoressa De Simone –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti indicati in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di favorire il pieno svolgimento delle attività culturali volte a commemorare il decennale del sisma, promuovendo un nuovo accordo, fatti salvi gli impegni già presi e ritenuti vincolanti, affinché la città di L'Aquila non perda l'opportunità di utilizzare risorse per il territorio.
(5-02914)


   TOCCAFONDI e ANZALDI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   grazie al bonus cultura rivolto ai giovani che compiono 18 anni, oltre 1 milione di ragazzi e ragazze hanno potuto beneficiare di un buono acquisto di 500 euro per libri, musica, cinema, spettacoli teatrali, musei corsi di lingua;

   gli ultimi dati confermano che il bene creativo più comprato è stato il libro;

   il bonus cultura è una risposta concreta al fabbisogno culturale delle giovani generazioni e un incentivo ai consumi culturali, che anche altri Paesi, come per esempio la Francia, vogliono copiare;

   a fine anno, il bonus per i diciottenni, erogato attraverso la cosiddetta 18App, «scade», anche in termini di copertura finanziaria, poiché la misura è stata adottata per il triennio 2016-2019;

   a fronte delle critiche e dei miglioramenti sempre possibili, i dati del Mibact – nei tredici mesi dal 3 novembre 2016 al 30 novembre 2017 – hanno dimostrano che i fondi del bonus cultura sono stati utilizzati, come previsto e in gran parte, per l'acquisto di libri;

   i dati riportano che circa 600 mila persone nate nel 1998 e nel 1999 hanno speso più di 163 milioni di euro per acquistare libri, musica e biglietti per l'ingresso a concerti, cinema, teatro, eventi culturali e musei. L'80 per cento di questi 163 milioni di euro, quasi 132 milioni, sono stati spesi in libri: dati che confermano, dunque, la efficacia della misura adottata;

   l'11 luglio 2018, rispondendo ad una interrogazione al Senato, l'allora Ministro per i beni e le attività culturali Bonisoli ha avuto modo di dire: «il Bonus cultura verrà rimodulato e corretto in modo da pianificare misure a lungo termine tali da stimolare la ricerca di cultura fra i giovani, non solo i diciottenni, ed evitare le distorsioni verificatesi nel passato» –:

   se non ritenga di dover adottare iniziative per confermare la misura del cosiddetto «bonus cultura» anche per il prossimo triennio, con particolare riferimento alle risorse previste e ad eventuali correttivi volti a migliorarla.
(5-02915)


   LATINI e BELOTTI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   il museo dell'Alto Medioevo di Roma espone dal 1967 i reperti longobardi rinvenuti nel 1893 nella necropoli di Castel Trosino (AP), che sono comunemente riconosciuti come il Tesoro dei longobardi;

   i reperti sono così numerosi che solo una parte di essi è stata esposta al pubblico: il resto è conservato nei depositi del museo;

   dal 1967, solo nel 2004 sono ritornati nei luoghi del ritrovamento solamente due reperti e precisamente due tombe con ricchi ornamenti;

   nel 2014 è stato inaugurato, ad Ascoli Piceno, il Museo dell'Alto Medioevo all'interno del Forte Malatesta con una sala appositamente dedicata a ricevere i ritrovati nel 1967, esposti a Roma e mai più ritornati;

   la restituzione dei reperti presso i luoghi originari risulterebbe uno strumento utile per lo sviluppo delle aree minori, per la conoscenza dell'identità e del patrimonio storico di un territorio ancora ferito dal recente sisma e che può trovare nella valorizzazione dei propri tesori storici nuova linfa vitale, nell'ottica di un rilancio turistico economico quanto mai necessario;

   il precedente Governo si era già attivato per far sì che questo tesoro tornasse al suo luogo originario e si era impegnato per la riqualificazione dell'area archeologica di Castel Trosino –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere per far tornare il Tesoro dei longobardi nei luoghi del ritrovamento ed arricchire così il Museo dell'Alto Medioevo di Ascoli Piceno e, soprattutto, per riqualificare l'intera area archeologica, per quanto di competenza, vista l'importanza che ricopre per la città di Ascoli Piceno.
(5-02916)


   CARBONARO, NITTI, TESTAMENTO, LATTANZIO, ACUNZO, BELLA, CASA, FRATE, GALLO, MARIANI, MELICCHIO, TUZI, VALENTE, VACCA e VILLANI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   si apprende dagli organi di stampa il concreto rischio di chiusura di uno dei più autorevoli e antichi teatri italiani: il Teatro «Vincenzo Bellini» di Catania;

   a quanto conosciuto, la regione siciliana ha ridotto i contributi per il 2019 e per il 2020 ledendo fortemente l'attività dell'ente teatrale che invece necessita di una programmazione finanziaria fino al 2021 per chiudere il bilancio triennale richiesto dalla legge e risulta esserci una totale assenza di government e di management; il consiglio di amministrazione è scaduto da un anno e la grave carenza di fondi ha portato all'annullamento di mezza stagione estiva, facendo saltare importanti collaborazioni come quella con la Scala di Milano. Mancano all'appello, inoltre, almeno due milioni ai tredici necessari alla sopravvivenza e la regione siciliana non ha ancora dato risposte concrete alle istanze avanzate;

   il Teatro «Bellini» ha 418 dipendenti in pianta organica, di cui, durante quest'ultimo anno, ne sono stati in servizio 212. I precari storici sono 42 e le ultime assunzioni – 10 unità – sono avvenute nel 2006. Nonostante tutto ciò, nel 2018 il teatro ha effettuato ben 160 spettacoli;

   la mancata erogazione dei finanziamenti, però, mette a rischio l'erogazione degli stipendi dei dipendenti e l'assunzione del personale precario, con un significativo impatto anche sui livelli occupazionali della città;

   i lavoratori del teatro, quindi, non percependo da mesi lo stipendio a causa dei contratti da tempo scaduti sono entrati in stato di agitazione e hanno deciso di manifestare sul tetto del teatro –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga opportuno, per quanto di competenza, intervenire per il superamento della grave crisi finanziaria in cui versa il Teatro Bellini di Catania promuovendo un tavolo interistituzionale con i soggetti competenti al fine di garantire i livelli occupazionali nonché la tutela dell'attività del teatro.
(5-02917)


   PICCOLI NARDELLI, DI GIORGI, CIAMPI, PRESTIPINO, ROSSI e ORFINI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   ai sensi dell'articolo 1 del decreto-legge n. 83 del 2014 è stato introdotto un credito d'imposta del 65 per cento per le erogazioni liberali in denaro a sostegno della cultura e dello spettacolo, il cosiddetto Art bonus, quale sostegno del mecenatismo a favore del patrimonio culturale;

   chi ha effettuato erogazioni liberali in denaro per il sostegno della cultura, come previsto dalla suddetta legge, ha goduto di importanti benefici fiscali sotto forma di credito di imposta;

   introdotto inizialmente a favore dei beni culturali pubblici e dello spettacolo è stato successivamente esteso ai beni culturali religiosi dei comuni terremotati e a numerosi enti dello spettacolo dal vivo;

   inizialmente previsto, appunto, per finanziare interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici, sostegno a istituti e luoghi della cultura pubblici, fondazioni lirico sinfoniche, teatri di tradizione, restauro e potenziamento di strutture di enti e istituzioni pubbliche dello spettacolo, con la successiva legge sullo spettacolo dal vivo, legge 22 novembre 2017, n. 175, è stato esteso a tutti i teatri, alle orchestre e ai festival;

   l’Art bonus ha segnato una svolta nel quadro delle agevolazioni tributarie a sostegno della cultura del nostro Paese. Grazie a questo nuovo strumento, in cinque anni risulterebbero donati oltre 350 milioni di euro da più di 11.600 mecenati e a favore di circa 1.650 beneficiari;

   tra i maggiori interventi finanziati figurano quelli a favore dell'Arena di Verona, del Teatro alla Scala, del Teatro Regio di Parma, del Museo Egizio di Torino, del Teatro Donizetti di Bergamo, delle Mura urbane di Lucca;

   i risultati confermano l'efficacia di una misura importante dal punto di vista materiale. Con queste risorse si sono potuti finanziare la cultura e il recupero del patrimonio, ma è risultato uno strumento importante soprattutto dal punto di vista educativo, avendo avuto come obiettivo anche quello di introdurre nel nostro Paese la cultura del mecenatismo;

   i dati dimostrano ancora un divario troppo alto tra regioni; andrebbe ancora colmato il divario di forza dei sistemi produttivi nord/sud;

   è attualmente una delle più vantaggiose misure fiscali per incoraggiare il mecenatismo presente in Europa –:

   quali siano i risultati finora raggiunti dall'introduzione del credito d'imposta del 65 per cento per le erogazioni liberali in denaro a sostegno della cultura e dello spettacolo, cosiddetto Art bonus.
(5-02918)


   APREA e CASCIELLO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   si apprende dalla stampa di una ricerca sulla condizione dei lavoratori dei beni culturali, chiusa il 30 settembre 2019, dalla quale si evince che tali professionisti vivono una realtà a dir poco sconcertante;

   secondo le statistiche riportate il 63 per cento dei professionisti della cultura guadagna meno di 10 mila euro l'anno, il 38 per cento presenta redditi inferiori ai 5 mila euro, il 17 per cento guadagna tra i 10 e i 15 mila euro, l'11 per cento tra i 15 e i 20 mila e l'8 per cento tra i 20 e i 30 mila euro; per redditi tra i 30 e i 40 mila euro non si raggiunge l'1 per cento della platea considerata (0,91 per cento), quelli che dichiarano tra i 40 e i 50 mila euro rappresentano a malapena lo 0,19 per cento;

   per quanto riguarda la paga oraria la maggior parte di questi lavoratori guadagna meno di 12 euro l'ora, ma quasi la metà si colloca al di sotto dei 4 euro e una percentuale importante non arriva neanche a tale cifra;

   è recente la notizia che il museo di Capodimonte sarà costretto a limitare l'accesso ad alcune sale per carenza di personale;

   i professionisti della cultura si occupano del recupero, del restauro e della conservazione di opere d'arte, oggetti ed utensili di valore, oggetti antichi di un certo valore, come libri antichi e pezzi d'arredamento;

   è noto a tutti che da anni il settore dei beni culturali si sostiene sul lavoro precario e sul volontariato come surrogato del lavoro;

   la ricchezza del patrimonio d'arte e di cultura del nostro Paese richiederebbe risorse per la valorizzazione, la manutenzione, il restauro nonché per la fruizione di tali beni, considerato che i beni culturali rappresentano anche un settore economico e possono costituire un volano per la crescita e lo sviluppo del Paese, con fondamentali ricadute anche sull'industria del turismo –:

   quali urgenti iniziative intenda adottare per il riconoscimento delle professioni, per la valorizzazione delle competenze e per la corretta tutela, valorizzazione e promozione del patrimonio culturale e ambientale, considerato che la maggior parte dei lavoratori dei beni culturali ha una formazione universitaria specialistica di grande rilievo e che il fabbisogno di personale del settore culturale è stimato in 25.000 dipendenti.
(5-02919)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRIMALDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'ordinamento del Corpo della Guardia di finanza prevede un concorso a cadenza annuale per l'ammissione degli allievi finanzieri al corso; gli ultimi concorsi per allievi finanzieri, negli anni 2010, 2011 e 2012 hanno previsto l'assunzione a distanza di tempo sia dei vincitori che degli idonei in graduatoria a norma dell'articolo 16-ter, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 2015;

   l'articolo 7, comma 4, del decreto legislativo n. 199 del 1995, che detta modalità per l'espletamento dei concorsi nella Guardia di finanza, prevede la possibilità di procedere al reclutamento mediante scorrimento della graduatoria dei candidati idonei ma non vincitori entro 18 mesi dall'approvazione della stessa;

   l'articolo 1, comma 296, della legge n. 205 del 2017 ha previsto la possibilità di effettuare assunzioni nel ruolo iniziale del Corpo della Guardia di finanza mediante scorrimento, fino ad esaurimento, delle graduatorie degli idonei non vincitori del concorso bandito per l'anno 2012;

   nel 2018, è stato indetto un concorso per 380 allievi finanzieri concluso con l'approvazione delle graduatorie finali di merito e la nomina dei vincitori il 10 dicembre 2018; in data 26 aprile 2019 la Guardia di finanza ha emanato bando di reclutamento per 965 allievi finanzieri che non prevede scorrimento delle graduatorie degli idonei del concorso indetto nell'anno 2018, che conservano efficacia per ulteriori 18 mesi;

   il Consiglio di Stato, in Adunanza plenaria, con sentenza 14/2011, è intervenuto in merito al reclutamento di personale della pubblica amministrazione o mediante scorrimento di graduatorie valide ed efficaci o mediante indizione di nuovi concorsi, sottolineando, in particolare, che le disposizioni che estendono i termini di efficacia delle graduatorie concorsuali presentano una chiara finalità di contenimento della spesa pubblica, in relazione ai costi derivanti dall'espletamento delle nuove procedure concorsuali;

   esse, perseguendo lo scopo di offrire protezione ai soggetti collocati nelle graduatorie, non costituiscono deroga alla regola costituzionale del concorso;

   nella citata sentenza si stabilisce, inoltre, che lo scorrimento della graduatoria preesistente ed efficace rappresenta regola generale di reclutamento, mentre l'indizione del nuovo concorso costituisce eccezione e richiede apposita e approfondita motivazione, salvo particolari necessità di procedere al nuovo concorso, pur in presenza di graduatorie efficaci;

   il comandante generale della Guardia di finanza, nel luglio 2018, in audizione dinanzi alla VI Commissione, ha segnalato che la legge n. 124 del 2015 ha ridotto la consistenza massima dell'organico del Corpo della Guardia di finanza di circa 5.000 unità, portandola a 62.000 unità;

   attualmente l'effettiva consistenza del Corpo della Guardia di finanza è pari a circa 57.000 unità, destinata a ridursi ulteriormente per pensionamenti; con reclutamenti adeguati è necessario colmare la differenza tra pianta organica e consistenza effettiva;

   l'articolo 3 della legge n. 56 del 2019, prevede, per ridurre i tempi di accesso al pubblico impiego, per il triennio 2019-2021, che le amministrazioni possano procedere, in deroga all'articolo 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001, sia all'assunzione a tempo indeterminato di vincitori sia allo scorrimento delle graduatorie vigenti ovvero all'avvio di procedure concorsuali, nel limite delle facoltà assunzionali del triennio, ma al netto delle risorse umane reclutate mediante le graduatorie o mediante scorrimento delle medesime relative a concorsi espletati in precedenza; tale priorità, nelle assunzioni del personale, ai vincitori e agli idonei di graduatorie in corso di validità viene ribadita, altresì, nel recente decreto Presidente del Consiglio dei ministri del 4 settembre 2019 –:

   quali iniziative intenda assumere, in considerazione del sacrificio imposto ai concorrenti idonei e del preminente interesse pubblico al contenimento della spesa pubblica, per garantire l'applicazione della regola dello scorrimento della graduatoria del concorso indetto nel 2018 per il reclutamento degli allievi finanzieri nell'anno 2019.
(5-02905)

Interrogazione a risposta scritta:


   CARFAGNA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la legge 11 gennaio 2018, n. 4, ha introdotto tutele concrete per gli orfani di crimini domestici sia dal punto di vista processuale che economico;

   nello specifico, il comma 1 dell'articolo 11 della citata legge estende l'accesso al fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell'usura e dei reati intenzionali violenti, anche agli orfani per crimini domestici;

   a tal fine, sono stati stanziati 2 milioni di euro annui a decorrere dal 2017 finalizzati all'erogazione di borse di studio, al finanziamento di iniziative di orientamento, formazione e sostegno per l'inserimento degli orfani di crimini domestici all'attività lavorativa;

   i criteri e le modalità di utilizzazione delle risorse sono demandati ad un regolamento adottato con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con il Ministro dell'interno, con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro della salute, da emanarsi entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge citata;

   successivamente, il comma 492 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019) ha incrementato di 5 milioni di euro, a decorrere dal 2019, la dotazione del summenzionato fondo, destinando 2 milioni di euro all'erogazione di borse di studio in favore degli orfani per crimini domestici e al finanziamento di iniziative di orientamento, di formazione e sostegno per l'inserimento dei medesimi nell'attività lavorativa e 3 milioni di euro a misure di sostegno e di aiuto economico in favore delle famiglie affidatarie;

   da ultimo, l'articolo 8 della legge 19 luglio 2019, n. 69 (cosiddetto codice rosso) ha incrementato il fondo di 3 milioni di euro per il 2019 e 5 milioni di euro a decorrere dal 2020 per il sostegno e l'aiuto economico in favore delle famiglie affidatarie;

   nonostante la legge n. 4 del 2018 sia entrata in vigore il 16 febbraio 2018, ad oggi non è stato emanato il regolamento volto a stabilire i criteri di accesso al fondo di rotazione, situazione che svuota di significato i molteplici interventi in favore degli orfani di crimini domestici, lasciandoli, di fatto, senza alcuna tutela effettiva –:

   se il Ministro interrogato non ritenga necessario e urgente intraprendere le opportune iniziative al fine di emanare tempestivamente il decreto recante il citato regolamento per consentire l'utilizzo dei fondi in favore degli orfani per crimini domestici.
(4-03828)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PAOLINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il consiglio dell'ordine degli avvocati di Pesaro è decaduto in data 11 settembre 2019, ai sensi dell'articolo 28, comma 8, della legge n. 247 del 2012, a seguito delle dimissioni della maggioranza dei suoi membri;

   in data 20 settembre 2019, a quanto consta all'interrogante, è stata richiesta dal Consiglio nazionale forense la nomina di un Commissario straordinario, atto che non necessita di alcuna particolare e complessa istruttoria;

   ad oggi, per incomprensibili ragioni, data la natura dell'atto richiesta, non risulta emesso alcun provvedimento in tal senso, nonostante esso sia stato sollecitato anche dalla Unione regionale delle Marche;

   tale mancata nomina rischia di compromettere in modo grave attività indispensabili in favore dei cittadini (ad esempio richiedenti il patrocinio a spese dello Stato) ed in modo irreparabile quelle previste nei confronti di molti iscritti. Tra altri, si segnalano i casi di una giovane avvocatessa che, in mancanza della delibera di cancellazione dall'Albo, rischia di perdere una preziosa ed irripetibile occasione di lavoro e di circa 60 giovani praticanti che necessitano il certificato di compiuta pratica, e quindi della relativa verifica effettività, senza il quale non potranno sostenere il prossimo esame di abilitazione all'esercizio della professione –:

   quali urgenti iniziative di competenza, il Ministro interrogato intenda assumere per procedere alla nomina del Commissario straordinario dell'ordine degli avvocati di Pesaro, resasi necessaria per le motivazioni di cui in premessa, al fine di evitare, tra l'altro, i menzionati gravi e/o irreparabili pregiudizi.
(5-02907)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   la strada statale n. 4 Salaria è l'unica arteria stradale che collega la Capitale con il capoluogo della provincia di Rieti, per proseguire verso Ascoli Piceno attraversando l'area del cratere sismico venutasi a creare nel 2016;

   la stessa consolare a due corsie, una per senso di marcia, risulta essere sottodimensionata per il flusso di traffico in costante aumento soprattutto di natura pendolare, né esiste un collegamento ferroviario diretto dell'entroterra reatino e ascolano con la Capitale;

   i lavori relativi alla strada statale 4, ed in particolare l'adeguamento a 4 corsie della tratta tra Passo Corese e Rieti, rientrano negli interventi strategici individuati nella cosiddetta «legge obiettivo» n. 443 del 2001;

   sono frequenti gli incidenti, anche mortali, che hanno causato cinque vittime solo nella fine del mese di ottobre 2018, e altre 4 vittime nel 2019, nel tratto compreso nella provincia di Rieti tra Passo Corese e il capoluogo, una serie di eventi luttuosi che hanno portato il vescovo della diocesi di Rieti a chiedere interventi urgenti alle istituzioni, tanto da definire la strada «Malaria»;

   secondo il dossier elaborato da Aci e Istat i dati, relativi al 2018, degli incidenti stradali con lesioni a persone registrano la più alta incidenza di decessi nella provincia di Rieti;

   la stessa strada necessita, quindi, di interventi di messa in sicurezza e potenziamento non più rinviabili soprattutto nei tratti più critici, in particolare nei pressi del chilometro 48 e del chilometro 60;

   il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore, il presidente della regione Lazio e quello della regione Marche, insieme all'ex amministratore delegato di Anas, presentarono il 17 ottobre 2017 a Rieti e poi ad Ancona il 13 novembre 2017, il «Piano di potenziamento della S.S. 4 Salaria», con l'obiettivo di «agevolare la ripresa socio-economica nelle aree interessate dal sisma» per un fabbisogno complessivo di 854 milioni di euro;

   ad oggi gli unici interventi di potenziamento di prossimo avvio nel tratto da Roma a Rieti previsti nel suddetto Piano, per un importo di 56,6 milioni finanziati anche con fondi regionali, sono la variante all'abitato di Monterotondo Scalo all'interno della città metropolitana di Roma, fuori dal cratere sismico e successivo all'imbocco autostradale dove confluisce il flusso di traffico pendolare dalle aree interne verso Roma;

   risultano altresì finanziate e deliberate dal CIPE le opere infrastrutturali per il miglioramento funzionale degli svincoli di Rieti con fondi non regionali, non prioritarie per la sicurezza stradale;

   risultano programmati nel «Contratto di Programma Anas-MIT 2016-2020» l'adeguamento della piattaforma stradale e la messa in sicurezza dal chilometro 56 al chilometro 64 (Ponte Buita-Ornaro) per un progetto di strada a 4 corsie di importo pari a 68,38 milioni di euro, finanziato solo con 14,24 milioni;

   non risulta nel Contratto di programma 2016-2020 l'adeguamento della piattaforma stradale dal chilometro 64 al chilometro 70 (Ornaro-San Giovanni Reatino) previsto invece dal «piano di potenziamento della S.S. 4 Salaria»;

   ulteriori opere di adeguamento previste sono quelle relative alla realizzazione della rotatoria, il cui primo progetto risale al 2005, per eliminare un incrocio semaforico con la strada statale 313 sullo svincolo per Passo Corese in provincia di Rieti, che arreca disagi per i pendolari verso Roma a causa delle lunghe code che si formano; l'inizio dei lavori era previsto per maggio 2019, come dichiarato in un articolo del Corriere di Rieti del 25 gennaio 2019 dall'assessore ai lavori pubblici della regione Lazio, e ad oggi ancora si è in attesa di adempimenti amministrativi relativi ad una non meglio specificata convenzione come riportato in un articolo del Messaggero Rieti del 25 settembre 2019;

   la regione Lazio assegnò all'itinerario Passo Corese-Rieti un importo di circa 60 milioni di euro (CDG0125694 del 22 ottobre 2007), come confermato dall'ex assessore con delega alle infrastrutture della regione Lazio, ora consigliere regionale e presidente della «commissione bilancio» in un'intervista al Messaggero locale del 4 novembre 2018: sarebbero ancora utilizzabili, per finanziare il «tratto più pericoloso [...] in particolare dal km 54,2 al km 64,6 [...]», e ribadito nell'intervista a RietiLife TV del 13 dicembre 2018;

   ci sono dei ritardi nella conclusione dei lavori, previsti contrattualmente nel febbraio del 2019 (come riportato da Il Messaggero Rieti dell'8 agosto 2018), di adeguamento della piattaforma stradale tra il bivio di Micigliano e galleria Gole del Velino in provincia di Rieti, all'interno del cratere sismico laziale, dopo il fallimento dell'impresa Tecnis, che ha causato il blocco del cantiere per un lungo periodo, ed il subentro della Aleandri s.p.a.;

   la Carena Costruzioni s.p.a. che stava eseguendo i lavori sulla Salaria relativi al primo lotto della variante Trisungo-Acquasanta Terme, in provincia di Ascoli Piceno, all'interno del cratere sismico marchigiano, è stata dichiarata fallita dal tribunale di Genova in data 3 ottobre 2019, mentre il secondo lotto, con un fabbisogno previsto di 207 milioni nel suddetto «Piano di potenziamento della Salaria», non risulta nel contratto di programma –:

   quali iniziative e strumenti il Ministro interpellato intenda attivare, per quanto di competenza:

    a) per assicurare i finanziamenti già stanziati e la completa programmazione dell'adeguamento a 4 corsie nel tratto da Passo Corese a Rieti, come previsto dalla «legge obiettivo»;

    b) per sbloccare l'inizio dei lavori di realizzazione della rotatoria con la strada statale 313 svincolo per Passo Corese;

    c) per garantire i finanziamenti e le procedure necessarie per l'adeguamento a 4 corsie della piattaforma stradale dal chilometro 56 al chilometro 64;

    d) per garantire una celere chiusura del cantiere nel tratto Micigliano-Gole del Velino;

    e) per scongiurare, eventualmente con procedure straordinarie, il blocco prolungato nel tempo dei lavori in corso relativi alla variante Trisungo-Acquasanta Terme, I lotto II stralcio, in provincia di Ascoli Piceno;

    f) per garantire il prima possibile l'inserimento nel contratto di programma e la progettazione delle opere non presenti nello stesso, ma citate nel «piano di potenziamento della strada statale 4 Salaria», nel tratto compreso nelle province colpite dagli eventi sismici del 2016.
(2-00524) «Gabriele Lorenzoni, Cataldi, Rachele Silvestri, Terzoni, Giuliodori, Parisse, Emiliozzi, Ilaria Fontana, Marzana, Migliorino, Misiti, Palmisano, Papiro, Parentela, Paxia, Penna, Perantoni, Pignatone, Raduzzi, Raffa, Paolo Nicolò Romano, Roberto Rossini, Ruggiero, Giovanni Russo, Saitta, Salafia, Sarti, Scagliusi, Scerra, Scutellà, Serritella, Sodano, Spadoni, Spessotto, Sut, Termini, Torto, Trano».

Interrogazione a risposta scritta:


   GUIDESI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 25, comma 2, della legge 29 luglio 2010, n. 120, ha demandato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti l'emanazione di un decreto recante le modalità di versamento dei proventi derivanti dalle sanzioni irrogate per violazioni dei limiti massimi di velocità, nonché le modalità di collocazione e uso dei dispositivi o mezzi tecnici di controllo, finalizzati al rilevamento a distanza delle medesime violazioni;

   con il decreto ministeriale n. 282 del 13 giugno 2017 sono state definite le procedure per l'approvazione dei rilevatori di velocità e per le verifiche periodiche di funzionalità e taratura, nonché le modalità di segnalazione delle postazioni di controllo sulla rete stradale (su quest'ultimo punto, in particolare, si veda il capo 7 del decreto);

   stante la mancata adozione del decreto ministeriale per quanto concerne la devoluzione dei proventi delle sanzioni, il 30 aprile 2019 la IX Commissione trasporti della Camera ha approvato all'unanimità la risoluzione n. 8-00028 che ha impegnato il Governo pro tempore ad adottare le iniziative di competenza per emanare una volta per tutte il medesimo decreto;

   da fonti di stampa si apprende che il Ministero avrebbe predisposto una bozza di decreto ministeriale in materia di ripartizione dei proventi ed anche sulle modalità di effettuazione dei controlli con i cosiddetti autovelox; in particolare, tale bozza prevedrebbe il divieto, per comuni e province, di eseguire controlli sulle strade extraurbane principali, nonché l'obbligo, per i soli comuni, di rimuovere le postazioni fisse installate sulle strade provinciali, dove potranno collocarsi solo apparecchi presidiati da pattuglie di vigili;

   le amministrazioni locali hanno manifestato non poche perplessità rispetto al summenzionato divieto, adducendo una contrarietà dello stesso con le disposizioni di cui all'articolo 12 del codice della strada (decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285) e con le relative interpretazioni rese negli anni dalla Corte di Cassazione –:

   se quanto risulta da fonti di stampa corrisponda a verità e, più in generale, quale sia il contenuto dell'emanando decreto ministeriale.
(4-03831)

INTERNO

Interrogazioni a risposta immediata:


   MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GARAVAGLIA, GASTALDI, GAVA, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GIORGETTI, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUIDESI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MATURI, MOLTENI, MORELLI, MORRONE, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, SASSO, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:

   il 23 settembre 2019, in occasione del summit convocato a La Valletta, è stata sottoscritta una «Dichiarazione comune di intenti» su base volontaria e temporanea tra Italia, Francia, Germania, Malta, alla presenza della Finlandia, in qualità di Stato avente la presidenza di turno del Consiglio dell'Unione europea, e della Commissione europea, su una procedura per garantire lo sbarco dei migranti che giungono illegalmente in Europa a bordo di navi, prevalentemente delle organizzazioni non governative, e la successiva ridistribuzione solo dei richiedenti asilo tra gli Stati europei eventualmente aderenti all'accordo;

   sebbene il meccanismo di redistribuzione ricalchi quello già sperimentato nel 2015 dalla Commissione europea, peraltro presente all'incontro di Malta, che prevedeva la redistribuzione di 160 mila richiedenti asilo, sbarcati in Italia e Grecia, tra gli altri Stati europei e conclusasi in modo fallimentare dopo anni con soli 34 mila richiedenti asilo ricollocati (21.999 dalla Grecia e 12.706 dall'Italia), l'attuale Presidente del Consiglio dei ministri, all'indomani del summit, dichiarò di aver compiuto «un passo avanti storico, che non era mai successo prima»;

   nonostante la proclamata «grande disponibilità» degli altri Stati membri dell'Unione europea da parte del Governo «giallorosso», tuttavia, ad oggi, la dichiarazione di intenti, proposta anche al Consiglio giustizia e affari interni tenutosi l'8 ottobre 2019 a Lussemburgo, non ha ottenuto alcuna fattiva adesione da altri Paesi europei ed è stata ribattezzata una mera «discussione (...) a livello tecnico»;

   per ora gli unici risultati di questo accordo «storico», divenuto poi un «pre-accordo», ma in realtà pur sempre una semplice «dichiarazione comune di intenti», è stato l'intensificarsi di sbarchi di immigrati sulle coste italiane;

   gli stessi dati del Ministero dell'interno enunciano un numero di ingressi illegali via mare a settembre 2019 quasi triplicato rispetto allo stesso mese del 2018, passati da 947 a 2.386;

   paradossale è che lo stesso Ministro interrogato, preoccupato dai risvolti per la crisi turca, abbia lanciato un appello all'Europa di non lasciare l'Italia sola, di fatto sconfessando il cosiddetto accordo di Malta –:

   se e quali reali e concrete iniziative il Governo intenda porre in essere per fronteggiare l’escalation di sbarchi e nei riguardi del mancato accordo in sede europea.
(3-01032)


   CALABRIA, GIACOMONI, BATTILOCCHIO, BARELLI, MARROCCO, POLVERINI, RUGGIERI e SPENA. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:

   Roma capitale, ormai da troppo tempo, versa in uno stato di profondo degrado nella completa inerzia dell'amministrazione comunale e, nello specifico, del sindaco, assolutamente inadeguato nell'approntare una concreta soluzione ad una vera e propria emergenza;

   la capitale d'Italia è sommersa da rifiuti, anche nel centro della città, con erbe infestanti sui marciapiedi e alberi caduti;

   alla situazione appena descritta si aggiunge l'incuria che sta travolgendo la capitale d'Italia con danni ingenti sul manto stradale, stazioni della metropolitana chiuse per mesi e le innumerevoli opere di valore che sono completamente abbandonate al degrado;

   la crisi dei rifiuti a Roma è fuori controllo, con cassonetti stracolmi che traboccano di immondizia in tutta la città, il proliferare di gabbiani, blatte, vermi e soprattutto di topi, per non parlare dei cinghiali che si affacciano sempre più spesso nelle periferie attratti dai cumuli di immondizia, causando un'evidente emergenza per la salute pubblica;

   da ultimo, grazie ad un servizio del programma Le Iene, la procura della Repubblica di Roma ha aperto un'inchiesta in relazione alla mancata raccolta dei rifiuti derivanti dalle attività commerciali da parte di una delle società appaltatrici: stando a quanto denunciato da alcuni operatori, la raccolta avviene nelle ore notturne, quando gli esercizi commerciali sono chiusi, e ciò rende impossibile raccogliere la differenziata. Nonostante ciò alcuni dipendenti strisciano con il palmare dell'azienda un codice a barre presente all'esterno dell'utenza e in questo modo risulta che la spazzatura è stata raccolta regolarmente;

   sull'emergenza rifiuti il Ministro Costa avrebbe inviato un «ultimatum» al sindaco di Roma per la realizzazione di un centro di stoccaggio entro il 31 dicembre 2019, quando chiuderà la discarica di Colleferro;

   a ciò si aggiunga che sembrerebbero essere a rischio i fondi mai utilizzati per la riqualificazione delle linee A e B della metro: ben 425 milioni di euro, che, se non saranno ultimati i contratti entro dicembre 2020, potrebbero essere dirottati al Nord;

   la situazione di forte degrado desta evidenti perplessità, soprattutto a causa della mancanza di interventi strategici da parte dell'Amministrazione comunale –:

   se il Ministro interrogato non intenda promuovere le opportune iniziative di competenza volte ad individuare immediate soluzioni finalizzate a contrastare il forte degrado di Roma capitale, nonché a procedere, tempestivamente, a valutare la sussistenza dei presupposti per lo scioglimento dello stesso consiglio comunale, con conseguente ricorso al commissariamento al fine di ripristinare la legalità e la corretta gestione della capitale d'Italia.
(3-01033)


   CECCANTI, FIANO, DE MARIA, FRAGOMELI, MADIA, POLLASTRINI, RACITI, GRIBAUDO e ENRICO BORGHI. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:

   da notizie a mezzo stampa si è appreso che il segretario della Lega Nord Matteo Salvini ha partecipato nella giornata di lunedì 14 ottobre 2019 ad una trasmissione televisiva indossando una polo della polizia penitenziaria, mentre, tra le altre cose, faceva campagna elettorale in vista delle prossime elezioni amministrative in Umbria;

   l'uso disinvolto di divise e simboli appartenenti alle forze dell'ordine per fini politici di parte solleva forti perplessità, alla luce del fatto che gli appartenenti alle forze dell'ordine svolgono una funzione fondamentale al servizio dello Stato e dei cittadini, e appare quanto meno inopportuna l'utilizzazione delle loro divise o simboli per fini meramente politici da parte di singoli parlamentari;

   altrettanto preoccupante appare l'uso a fini di propaganda politica di partito fatto dal medesimo segretario della Lega Nord in occasione di due visite svolte agli agenti della polizia penitenziaria presso il carcere di Spoleto e precedentemente in quello di San Gimignano, che ancora una volta sembrano alludere, per le modalità con cui sono state svolte e per le conseguenze mediatiche che hanno determinano, ad una presunta vicinanza politica al segretario della Lega Nord di tali forze, con grave lesione della credibilità di immagine di un intero comparto, il cui compito è quello di assicurare la sicurezza di tutti i cittadini, e non certo di una singola parte politica;

   resta fermo il legittimo e fondamentale esercizio da parte di tutti i parlamentari dei poteri ispettivi loro riconosciuti nell'ambito dell'ordinamento –:

   se non intenda adottare iniziative, anche normative, che affermino l'illegittimità dell'uso di divise e simboli appartenenti alle forze dell'ordine da parte di terzi e se non ritenga di promuovere un'indagine amministrativa circa le modalità «mediatiche» con cui sono state effettuate le visite nelle carceri di Spoleto e San Gimignano.
(3-01034)

Interrogazione a risposta scritta:


   AMITRANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   a Napoli, negli ultimi 6 mesi si sta assistendo ad una preoccupante crescita di episodi di violenza, relativi a faide tra bande rivali per il controllo del territorio, che coinvolgono anche privati cittadini, dal momento che ormai sono divenute quotidiane le notizie che riportano il verificarsi di fatti criminali;

   l'estorsione ai danni dei commercianti continua ad essere uno dei principali mezzi di controllo dei territori da parte della criminalità organizzata, anche nel centro di Napoli; nei mesi scorsi sono stati compiuti gravi atti intimidatori contro attività commerciali; si ricorda l'esplosione di una bomba carta all'esterno della pizzeria Sorbillo, la sparatoria contro la pizzeria Granieri, la sparatoria contro la pizzeria Di Matteo;

   dalla relazione semestrale della direzione investigativa antimafia (Dia) primeggia un uso spregiudicato della violenza nei quartieri di Forcella, Sanità, Quartieri Spagnoli, Vasto, Piazza Mercato, Case Nuove, Ponticelli, San Giovanni a Teduccio, aree in cui si assiste sempre più frequentemente ad episodi di «stese» – lo sparare all'impazzata –, anche nel corso della giornata, con grave rischio per i cittadini;

   inoltre, dalla relazione della Dia emerge un forte disagio generazionale che colpisce i giovani, per i quali i modelli criminali continuano ad esercitare una forte attrattiva, attraverso il radicarsi e l'espandersi delle cosiddette baby gang e questo fenomeno, purtroppo, è uno dei problemi che, al pari della criminalità organizzata, affligge questa città;

   a tal proposito, in alcune zone, pregiudicati poco più che adolescenti si sono già posti a capo di gruppi emergenti per assumere il predominio nel controllo del territorio e degli affari illeciti, in particolare delle attività estorsive ai danni degli esercizi commerciali, della contraffazione, delle piazze di spaccio, un crocevia di baby criminali che celati da cappellini e giubbotti continuano a seminare terrore con coltelli in bella vista e nel mirino restano sempre i più deboli, di solito ragazze, donne immigrate e i loro stessi coetanei; tuttavia, per un coltello sequestrato ne spuntano altri dieci;

   nella notte del 2 ottobre 2019 anche il quartiere Stella è stato teatro dell'ennesima stesa, otto colpi di pistola esplosi a pochi passi da una chiesa, fortunatamente senza causare vittime o feriti ma che hanno provocato paura e spavento ai molti residenti della zona;

   non per ultimo, nella notte del 5 ottobre 2019, nel quartiere Vomero i cittadini e i passanti hanno assistito a un nuovo episodio di violenza tra giovanissimi i quali, al culmine di una rissa, davanti ad un fast food, hanno provocato l'accoltellamento di un ragazzo diciassettenne ferito ad una spalla e che, trasportato al pronto soccorso dell'ospedale Cardarelli, non risulta fortunatamente essere in gravi condizioni e in pericolo di vita;

   ad oggi, le forze dell'ordine risultano essere ancora insufficienti per far fronte all'impennata degli episodi criminosi che quotidianamente si registrano nella città di Napoli, poiché le zone critiche sono troppe, e ciò non consente di operare in modo mirato e, quindi, più efficacemente –:

   in quali tempi e modalità il Ministro interrogato intenda dare attuazione, per quanto di competenza, a una strategia complessiva che faccia fronte all'emergenza criminalità tuttora in atto a Napoli al fine di garantire sicurezza e tutela a difesa di cittadini, commercianti e imprenditori che quotidianamente vivono l’escalation di violenze, attentati e illegalità.
(4-03830)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   TONELLI, IEZZI, BORDONALI, DE ANGELIS, INVERNIZZI, MATURI, MOLTENI, STEFANI, VINCI e BELOTTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   hanno fatto notizia, nelle settimane passate, una serie di commenti del Ministro dell'istruzione tra i quali alcuni concernenti gli appartenenti alle forze di polizia: «la polizia, allora come oggi, sembra più un corpo di guardia del potere, invece che una forza al servizio dei cittadini. I pochi poliziotti per bene hanno paura di far sentire la propria voce»;

   un commento che toglie dignità agli operatori della sicurezza, al lavoro delle forze dell'ordine ed alla loro a impagabile azione quotidiana a tutela e difesa dei diritti e della sicurezza di tutti;

   tale propensione a dileggiare la polizia di Stato ed i suoi operatori viene, tra le altre, messa in opera nel libro adottato nelle classi III di alcune scuole secondarie di primo grado, tra le quali la scuola «f.lli Cervi» del plesso scolastico Ponte Galeria (Roma), intitolato «Stai per leggere...3», di Tiziano Franzi e Simonetta Damele, edizione Loescher. Alla pagina 437, a scopo didattico, viene riportato un articolo di «La Repubblica» del 20 settembre 2005 a firma Giovanni Maria Bellu: «La storia di Mohsen»;

   nell'articolo in questione viene proposto come fatto realmente accaduto una vicenda in cui si fa riferimento ad «abusi» perpetrati da poliziotti ai danni di un giovane cittadino straniero in riferimento alla gestione dei migranti. Nel testo vi sono alcuni passaggi ove i comportamenti degli agenti vengono descritti facendoli apparire, in maniera fuorviante, come prevenuti nei confronti del giovane straniero. In tal modo, per gli interroganti, viene caparbiamente e scientemente suggerito un pensiero di avversione in ogni azione e parola messa in atto dai tutori della legge, innescando nel lettore ogni dubbio possibile sulla bontà, l'oggettività e professionalità dell'operato dei poliziotti. Facendo riferimento ai centri di accoglienza, il testo racconta di accadimenti talmente inenarrabili, al loro interno, da non poterli menzionare; ma, allo stesso tempo, dileggia le istituzioni con le seguenti parole: «Non le raccontiamo perché, come ripete continuamente il nostro Governo, nei Cpt non si verificano violenze e dunque il ragazzo deve aver avuto le allucinazioni da stress»; il racconto termina colpevolizzando gli agenti di non aver dato la possibilità al giovane di rientrare a casa per reperire i documenti;

   nel successivo questionario a scopo didattico, vengono proposte agli studenti alcune domande di comprensione del testo, ove si fa esplicito riferimento al comportamento dei poliziotti quali soggetti con atteggiamenti di preconcetto razzismo e si chiede inoltre di giudicarne esplicitamente il comportamento;

   da un riscontro approfondito effettuato risulta agli interroganti che il racconto riportato nel libro di testo sarebbe completamente fasullo;

   ogni giorno, a causa del continuo odio e dileggio nei confronti degli operatori delle forze dell'ordine, vengono alla cronaca fatti di aggressione agli stessi. Nel precedente anno, solo della polizia di Stato circa seimila operatori sono stati costretti a ricorrere ai servizi delle strutture ospedaliere per fatti concernenti il servizio, dovuti in grande parte ad aggressioni;

   le predette affermazioni da parte di un Ministro della Repubblica, peraltro mai smentite, denotano avversione e denigrazione verso le donne e gli uomini in divisa –:

   se il Ministro interrogato non ritenga doveroso scusarsi con gli operatori delle forze dell'ordine, rettificando le proprie esternazioni e se e quali iniziative di propria competenza, anche di carattere normativo, intenda adottare per garantire, pur sempre nel rispetto dell'autonomia didattica, un'istruzione impeccabile agli studenti di ogni ordine e grado rispetto all'operato degli agenti di polizia e più in generale di tutte le forze dell'ordine che contribuiscono con il proprio lavoro alla tutela e alla sicurezza dei cittadini e del Paese.
(3-01035)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   il Corriere della Sera ha pubblicato la vicenda di «Chiara», un'impiegata di un'azienda milanese, alla quale, a seguito di una seconda maternità, il consulente del lavoro dell'azienda avrebbe suggerito di accettare una proposta di dimissioni volontarie motivandola con la frase «Ti faranno morire...»;

   al rientro dalla maternità «Chiara» è stata demansionata e, da responsabile di un reparto dell'azienda, destituita dall'incarico, assegnato con contratto a tempo indeterminato alla sua sostituta, assunta durante il periodo corrispondente al congedo di maternità, quindi in palese violazione dell'articolo 4 della legge n. 151 del 2001; rifiutata la proposta di dimissioni, a «Chiara» sarebbe stato prospettato, da un secondo consulente, il licenziamento certo al primo compleanno del secondo figlio;

   parallelamente «Chiara» è stata adibita a mansioni inferiori: produzione di fotocopie, triturazione di documenti, archiviazione di fascicoli cartacei; il caso di «Chiara» contribuisce a portare alla luce le dimensioni e i tratti del grave problema delle discriminazioni sul lavoro legate alla maternità:

    già nel 2018 l'ispettorato nazionale del lavoro aveva registrato oltre 49 mila dimissioni o risoluzioni di contratto di lavoratrici madri e lavoratori padri, attualmente in crescita del 24 per cento;

   anche per i grandi numeri del suo tessuto economico, la Lombardia risulta fortemente interessata dal fenomeno: oltre diecimila rapporti di lavoro chiusi nel 2018 in fase di maternità (un migliaio in più del 2017); i casi di mobbing o licenziamento, il demansionamento e le discriminazioni di donne che comunicano la gravidanza al proprio datore di lavoro sono molto frequenti; molti datori di lavoro estendono le disposizioni contenute nell'articolo 2103 c.c. anche a questa fattispecie di lavoratrici;

   la modifica del suddetto articolo civilistico, attuata dal Jobs Act, e relativo alle mansioni del lavoratore, si presta infatti a un possibile utilizzo a scopo discriminatorio nei confronti dei lavoratori, poiché non compare il richiamo espresso al concetto di «mansioni equivalenti» in forza del quale la giurisprudenza costituzionale e di legittimità aveva assicurato al lavoratore una tutela oltremodo ampia e attenta a garantire, nel cambiamento di mansioni, non solo l'omogeneità oggettiva di livelli e retribuzioni, ma altresì un'omogeneità professionale soggettivamente intesa, ritagliata sul singolo lavoratore in considerazione delle specifiche esperienze lavorative pregresse;

   tale precetto civilistico, nel caso del demansionamento di «lavoratrici in stato di maternità» viola di fatto il principio costituzionale del rispetto dei diritti inviolabili della persona anche nelle formazioni sociali ove la sua personalità si svolge (articoli 2, 4 e 35 Cost.), così che il lavoro è visto non solo e non tanto come fonte di sostentamento, ma anche come strumento imprescindibile per l'espressione e la realizzazione della personalità del lavoratore;

   nel caso di specie, l'applicazione del suddetto precetto civilistico viola altresì principio di uguaglianza (articoli 3 e 37 della Costituzione), nonché le norme antidiscriminatorie di cui al decreto legislativo n. 198 del 2006; il cosiddetto «patto di demansionamento» è infatti ammesso in circostanze e ipotesi del tutto eccezionali, previste all'articolo 7, del decreto legislativo n. 151 del 2001 in materia di tutela della maternità, ossia l'assegnazione a mansioni inferiori della lavoratrice in gravidanza nel caso in cui quelle di assunzione siano ricomprese tra le mansioni a rischio o comunque interdette in relazione al peculiare stato della lavoratrice;

   è pur vero che sussiste una giurisprudenza che ammette il patto in dequalifica qualora l'alternativa sia il licenziamento, ma poiché nello specifico delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri fruitori di congedo il licenziamento è atto totalmente soggetto a divieto e non può mai costituire un'alternativa (salvo i casi di totale cessazione dell'attività aziendale), la decisione dell'azienda di «demansionamento» della lavoratrice rientrata dal congedo di maternità risulta arbitrario: la normativa vigente tutela infatti la lavoratrice madre stabilendo che questa debba essere adibita alle ultime mansioni da lei svolte o equivalenti, nonché beneficiare di eventuali miglioramenti delle condizioni di lavoro. Il demansionamento ingiustificato costituisce, di conseguenza, una forma di «discriminazione diretta di genere»;

   è vietata qualsiasi discriminazione per quanto riguarda: l'accesso al lavoro, attraverso il riferimento di gravidanza, nonché di maternità o paternità, anche adottive, o in modo indiretto concernente un qualunque aspetto o condizione delle retribuzioni, per quanto riguarda un lavoro al quale è attribuito un valore uguale tra uomini e donne per qualifica, mansione e crescita. Infine è vietata ogni discriminazione per causa di matrimonio –:

   quali iniziative, anche di tipo normativo, il Ministro interrogato intenda intraprendere, sia per evitare l'applicazione distorta dell'articolo 2103 c.c. nei confronti delle lavoratrici-madri, sia per rafforzare le tutele previste per le medesime, anche attraverso la previsione di gravi sanzioni nei confronti dei datori di lavoro che violano i principi di non discriminazione di genere e anti-mobbing.
(2-00523) «Cominardi, Siragusa, Barzotti, Ciprini, Costanzo, De Lorenzo, Pallini, Segneri, Villani, Davide Aiello, Amitrano, Cubeddu, Invidia, Tripiedi, Tucci, D'Arrando, Faro, Ficara, Flati, Frusone, Galizia, Gallinella, Giarrizzo, Giordano, Giuliano, Giuliodori, Grimaldi, Grippa, Gubitosa, Iorio, Iovino, Lombardo, Gabriele Lorenzoni, Lovecchio, Maglione, Manzo, Marino, Martinciglio».

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XIII Commissione:


   SPENA e NEVI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   i cerealicoltori denunciano ritardi ingiustificati nell'erogazione delle risorse del fondo per il grano duro. I produttori italiani che hanno sottoscritto il contratto di filiera pluriennale negli anni 2016 e successivi, sono ancora in attesa di ricevere quanto spettante già dal 2016;

   il fondo «grano duro» è stato istituito con il decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113. I criteri di funzionamento del regime di sostegno sono stati definiti con il decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali del 2 novembre 2016. Successivamente, è intervenuta Agea che ha elaborato le istruzioni operative n. 44 del 12 dicembre 2016;

   il regime di aiuto è totalmente finanziato con fondi pubblici nazionali e opera nell'ambito del regime del de minimis agricolo, il cui importo era inizialmente fissato a 15.000 euro nell'arco dei 3 esercizi finanziari e attualmente è stato portato a 25.000 euro dall'Unione europea con il regolamento 2019/316;

   la condizione essenziale per poter beneficiare dell'aiuto pubblico è la sottoscrizione del contratto di filiera tra il coltivatore e gli altri operatori attivi nella commercializzazione e nella trasformazione, rispettando diversi requisiti di qualità, quali ad esempio un contenuto proteico superiore al 12-13 per cento, l'utilizzo di sementi certificate e l'adozione di buone pratiche colturali. Il contratto garantisce all'agricoltore migliori condizioni di vendita;

   la misura di sostegno ha avuto successo tra gli agricoltori italiani, al punto che per il 2016 sono state presentate 6.800 domande, ma di queste sono state pagate solo alcune centinaia. Per i premi riguardanti il 2017, i pagamenti dovrebbero iniziare non prima del 2020. Per il 2018, invece, secondo quanto si apprende dalla stampa specializzata, nessuno al Ministero è stato in grado di indicare un termine;

   il 9 luglio 2019 è stata approvata la mozione Spena n. 1-00218 in cui si impegnava il Governo pro tempore «a rafforzare gli interventi previsti dal piano cerealicolo nazionale, rivedendone i contenuti alla luce delle mutate condizioni di mercato, dotandolo di adeguate risorse finanziarie, promuovendo l'innovazione nella filiera italiana grano-semola-pasta e prevedendo la velocizzazione dei pagamenti e la sburocratizzazione delle procedure»;

   nella mozione si rammentava che lo sblocco dei pagamenti era stato promesso dal Ministro competente nel tavolo di filiera grano duro-pasta tenutosi presso il Ministero il 27 giugno 2019 –:

   quali siano i motivi del ritardo nei pagamenti relativi al Fondo grano duro citati in premessa e quali iniziative intenda adottare per accelerare l'erogazione dei contributi.
(5-02908)


   INCERTI, CENNI, CRITELLI, DAL MORO e MARTINA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   nel 2015 era stata imposta una direttiva europea al settore pesca che prevedeva il divieto di pesca per i molluschi di dimensione inferiore ai 25 mm;

   la direttiva dell'Unione europea aveva rischiato di compromettere la produzione italiana in quanto lungo l'Adriatico, per le specificità della fauna locale, le misure delle vongole sono tradizionalmente inferiori;

   sotto la pressione delle associazioni di categoria (710 aziende e 1600 addetti operanti nel settore nel Mar Adriatico) la Commissione europea nel 2017 aveva deciso di concedere all'Italia nel 2017 una deroga per la pesca di vongole di 22 mm, perché è stato certificato che nell'Adriatico i molluschi sono naturalmente di dimensioni inferiori. La deroga ha durata triennale ed è stata riconfermata per un altro anno, fino al 2020, anche in base a una serie di studi che hanno certificato che la pesca di vongole tra i 22 e i 25 mm non ha causato danni o alterazioni all'ecosistema adriatico;

   in seguito a tale proroga i pescatori andalusi hanno manifestato la loro netta contrarietà al punto da sollecitare gli eurodeputati spagnoli a portare il caso al Parlamento europeo, che dovrà pronunciarsi entro il 28 ottobre per decidere se confermare la deroga concessa all'Italia dalla Commissione europea o appoggiare il ricorso dei pescatori iberici;

   se così fosse, l'Italia rischierebbe di tornare al 2015, quando rischiò di veder implodere la produzione di vongole nazionali;

   negli ultimi anni gli operatori del settore hanno compiuto notevoli sforzi per evitare ogni forma di alterazione dell'ecosistema: hanno ridotto il numero di pescherecci, hanno ridotto la pressione sugli stock attraverso limitazioni e riduzioni delle catture e hanno attuato misure di controllo a terra e in mare per migliorare la raccolta di dati, la selettività e la riproduzione dello stock –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere, nelle competenti sedi europee, al fine di tutelare le aziende ittiche italiane impegnate nella riproduzione delle vongole adriatiche.
(5-02909)


   GOLINELLI, VIVIANI, BUBISUTTI, GASTALDI, GUIDESI, LIUNI, LOLINI, LOSS e MANZATO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il Wto ha stabilito che gli Usa potranno imporre dazi su merci provenienti dall'Unione europea per 7,5 miliardi di dollari all'anno. Si tratta di una sentenza che risolve una disputa legale aperta da Boeing nel 2004, che accusa il consorzio Airbus (Francia, Germania, Regno Unito e Spagna) di aver ricevuto negli anni sussidi illeciti da parte dell'Unione europea e di alcuni suoi Stati membri;

   l’export agroalimentare italiano diretto ai Paesi extra Unione europea vale circa 14,5 miliardi e il mercato statunitense ne assorbe circa il 30 per cento, con una stima di circa 4,2 miliardi di euro;

   il settore dell'agroalimentare italiano, simbolo di eccellenza del «made in Italy» nel mondo, rischia di essere seriamente danneggiato dai dazi addizionali, sulle importazioni dall'Unione europea negli Stati Uniti, i quali prevedono l'introduzione di un'aliquota pari al 25 per cento, con indubbie conseguenze quali quelle di un considerevole calo dell'export che si tradurrebbe in una perdita fino a 1 miliardo di euro, con l'inevitabile rischio di mettere in ginocchio intere filiere e causare un crollo dei consumi all'estero;

   tra i prodotti che rischiano di subire i maggiori danni dai dazi Usa ci sono i due fiori all'occhiello del settore lattiero-caseario ovvero il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano. Negli Stati Uniti si vende un totale di 10 milioni di chilogrammi all'anno di Parmigiano Reggiano; con l'introduzione di tariffe rincarate il prezzo salirà a 60 dollari al chilo, stimando perdite del 90 per cento del giro d'affari negli Stati Uniti, corrispondenti a circa 360 milioni di euro. Per il Grana Padano si stimano danni per circa 270 milioni di euro per il verificarsi di un rialzo del prezzo fino a 15 dollari al chilogrammo;

   il falso made in Italy e soprattutto quello delle imitazioni dei formaggi italiani ha registrato una crescita esponenziale negli ultimi 30 anni. Questa situazione andrebbe ad incrementare il giro d'affari dei prodotti italian sounding che avranno sicuramente un vantaggio in più rispetto a quelli importati dall'Italia, perché andrebbero a costare meno rispetto a quelli italiani che, subendo un aumento del prezzo, arriverebbero ad una fetta minore di consumatori –:

   quali iniziative intenda intraprendere, nelle sedi opportune, per tutelare le aziende dell'agroalimentare italiano che saranno colpite dai dazi sulle importazioni stabilite dagli Usa, nonché per scongiurare che siano messi a rischio i prodotti simbolo del made in Italy.
(5-02910)


   CILLIS, GAGNARLI, CADEDDU, CASSESE, CIMINO, DEL SESTO, GALIZIA, GALLINELLA, LOMBARDO, LOVECCHIO, MAGLIONE, ALBERTO MANCA, MARZANA, PARENTELA e PIGNATONE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   ci si trova ormai da anni di fronte all'allarmante fenomeno del cambiamento climatico le cui conseguenze colpiscono in modo drammatico non solo le comunità, le città e i paesaggi interessati ma anche il mondo agricolo;

   l'eccezionalità di eventi atmosferici così violenti, spesso disastrosi per i territori su cui si abbattono, rappresenta purtroppo la norma, con fenomeni sempre più frequenti nella loro portata distruttiva e con stagioni caratterizzate da mutamenti repentini di temperatura che compromettono le colture agricole;

   un ultimo emblematico esempio è quanto avvenuto nel mese di giugno 2019 in Basilicata e, in particolare, nel Metapontino, nelle aree dei comuni di Pisticci, Marconia, Metaponto, Bernalda, Montalbano e Tursi, dove si è abbattuta una grandinata di eccezionale portata che ha interessato sia la fascia jonica, in pianura, che le aree più interne causando ingenti danni;

   i suddetti territori, come noto, sono a forte vocazione agricola, con la presenza di numerose aziende e centinaia di ettari di coltivazioni di ortaggi e frutta che rappresentano un'eccellenza nell'ambito delle produzioni agricole italiane;

   l'eccezionalità della grandinata si è manifestata con una violenza che ha distrutto quasi la totalità delle produzioni agricole che, peraltro, proprio nel mese di giugno sono nel pieno dello sviluppo e della maturazione;

   tonnellate di frutti sono caduti dagli alberi e, anche dove hanno resistito, sono talmente rovinati che non possono essere commercializzati –:

   se al Ministro interrogato risulti che sia stata effettuata la rilevazione dei danni da parte degli enti competenti e se siano state avviate le procedure idonee a quantificare l'entità degli stessi, al fine di valutare quali utili iniziative porre in essere a sostegno delle aziende agricole danneggiate.
(5-02911)


   CARETTA e LUCASELLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   dopo la pubblicazione sul Federal Register della lista di prodotti europei su cui si applicherà l'incremento dei dazi Usa, crescono i timori delle aziende italiane coinvolte;

   in particolare, forti preoccupazioni sono state espresse da Federvini sull'imminente applicazione dei dazi ad valorem del 25 per cento sui liquori italiani destinati al mercato americano;

   per la liquoristica italiana, un patrimonio storico-culturale integrato al territorio, che esprime autenticità e tradizione, il rischio legato agli effetti dell'imposizione dei nuovi dazi sarebbe davvero dirompente;

   il settore, che nell'ultimo anno ha registrato un importante trend di crescita, ne risentirà pesantemente con una perdita di valore rilevante, pari ad almeno il 35 per cento: un danno che potrebbe essere superiore a 50 milioni di euro se si considera che le esportazioni del comparto lo scorso anno sono ammontate a circa 150 milioni di euro;

   come denunciato dalla presidente del gruppo Spiriti, Micaela Pallini, «Stiamo parlando di una perdita enorme per il settore della liquoreria italiana: alla riduzione del 35 per cento del valore, già di per sé molto grave, si aggiunge il timore che in diversi casi possa essere pregiudicata la sopravvivenza dell'azienda, in quanto sia il mercato interno, sia eventuali nuovi mercati, non possono garantire immediatamente l'attività di impresa. Inoltre, il settore si troverebbe in una condizione di svantaggio competitivo di grande impatto, perché sullo scaffale americano aumenteranno i prodotti locali o di altri paesi non colpiti da dazi, con denominazioni evocative del prodotto italiano»;

   se tali timori fossero confermati, ciò comporterà una battuta di arresto verso un mercato promettente dove i prodotti tipici della liquoreria italiana stanno riscuotendo grande successo;

   il settore della liquoreria rappresenta un centinaio di aziende in larga parte medio-piccole, e alcune migliaia di posti di lavoro, tra produzione e indotto, nonché uno dei massimi contribuenti alla fiscalità del nostro Paese, con oltre 630 milioni di euro versati all'erario solo nel 2018 –:

   quali urgenti iniziative di competenza, anche a livello europeo, il Governo intenda adottare per garantire la tutela delle aziende del settore della liquoreria che rischiano di essere colpite duramente dall'imposizione dei dazi statunitensi.
(5-02912)

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata:


   MAGI. — Al Ministro della salute. – Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, comma 419, della legge n. 205 del 2017, recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020, ha finanziato con 2 milioni di euro l'istituzione della banca dati delle disposizioni anticipate di trattamento, stabilendo che «entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge», il Ministero della salute avrebbe dovuto emanare un decreto per stabilire «le modalità di registrazione delle disposizioni anticipate di trattamento presso la banca dati»;

   la scadenza sopra menzionata era il 30 giugno 2018;

   l'istituzione della banca dati consentirebbe una raccolta e conservazione affidabile delle disposizioni anticipate di trattamento su tutto il territorio nazionale, superando resistenze e boicottaggi da parte di comuni, regioni e strutture sanitarie;

   per la sua realizzazione, il Ministero della salute ha istituito, con decreto direttoriale del 22 marzo 2018, un gruppo di lavoro comprendente rappresentanti del Ministero, delle regioni e del Garante per la protezione dei dati personali;

   attraverso il parere del 31 luglio 2018 il Consiglio di Stato, cui è stato richiesto un parere dal Ministero della salute il 22 giugno 2018, si è espresso in modo chiaro sui quesiti posti in merito al gruppo di lavoro di cui sopra;

   a seguito di diffida dell'Associazione Luca Coscioni sono stati raccolti tutti i pareri necessari, ovvero quello della Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano e quello del Garante per la protezione dei dati personali, ma tali passaggi non sono stati finora sufficienti ad assicurare il rispetto della legge;

   una legge ottenuta grazie all'impegno di persone, che hanno pagato un prezzo personale di sofferenza, è oggi in parte vanificata a causa del ritardo nella sua attuazione;

   il giorno 16 dicembre 2019, a seguito di ricorso avanzato dall'Associazione Luca Coscioni, è stata fissata udienza dinanzi al tribunale amministrativo regionale del Lazio per interrompere la violazione di legge in atto; sarebbe opportuno che il Ministero intervenisse prima dei magistrati –:

   entro quale data sarà adottato il decreto istitutivo della banca dati destinata alla registrazione delle disposizioni anticipate di trattamento al fine di garantire la piena operatività della relativa legge, la cui mancata istituzione pregiudica il diritto dei cittadini italiani a veder rispettate le proprie volontà nelle scelte di fine vita.
(3-01027)


   FORNARO, ROSTAN, BERSANI, CONTE, EPIFANI, FASSINA, FRATOIANNI, MURONI, OCCHIONERO, PALAZZOTTO, PASTORINO e STUMPO. — Al Ministro della salute. – Per sapere – premesso che:

   la legge 15 luglio 2011, n. 111, ha introdotto il cosiddetto «super ticket» sulle prestazioni sanitarie;

   si tratta di un ticket regionale aggiuntivo che prevede un costo di 10 euro sulle ricette di diagnostica e di visite specialistiche ambulatoriali, non obbligatorio, la cui applicazione è lasciata alla scelta delle singole regioni, in aggiunta al ticket ordinario;

   al momento il «super ticket» vede una applicazione non omogenea. Infatti, alcune regioni ne hanno disposto l'applicazione, mentre altre prevedono un importo variabile a seconda del reddito e altre ancora hanno deciso di non applicarlo;

   dall'approvazione della legge 15 luglio 2011, n. 111, infatti, ci sono state regioni che si sono opposte a questo ulteriore costo, come, ad esempio, la Valle d'Aosta, dove non ci sono costi aggiuntivi da sostenere oltre a quello del ticket sanitario, così come in Basilicata e Sardegna;

   ci sono altre regioni in cui questo è già stato abolito, quali la regione Toscana, che ha deciso di abolirlo dal 1° aprile 2019, o l'Emilia Romagna, che dal 1° gennaio 2019 ha deciso di lasciarlo solamente per coloro che hanno un reddito superiore ai 100.000 euro annui. La Lombardia ha stabilito l'esenzione per le sole ricette riguardanti le visite specialistiche richieste da cittadini con Isee inferiore ai 18.000 euro;

   in questo modo non viene garantita a tutti i cittadini e in maniera uniforme sull'intero territorio nazionale la parità di accesso alle prestazioni di assistenza specialistica, ambulatoriale o farmaceutica, anzi si determina una grave disparità in materia di accesso alle prestazioni sanitarie a seconda del luogo di residenza, fatto che ad avviso degli interroganti rappresenta una contraddizione con l'articolo 32 della Costituzione;

   si è parlato ripetutamente di abolizione del «super ticket» e spesso i Governi che si sono succeduti hanno accolto atti parlamentari nei quali si chiedeva un intervento sul «super ticket» e comunque sulla compartecipazione dei cittadini al costo delle prestazioni –:

   quali iniziative intenda avviare al fine di definire, d'intesa con le regioni, un atto, anche di natura normativa, per procedere all'abolizione del cosiddetto «super ticket» in maniera uniforme sul territorio nazionale, al fine di garantire a tutti i cittadini italiani parità di accesso alle prestazioni sanitarie.
(3-01028)


   BOLOGNA, MASSIMO ENRICO BARONI, D'ARRANDO, IANARO, LAPIA, LOREFICE, MAMMÌ, MENGA, NAPPI, NESCI, PROVENZA, SAPIA, SARLI, SPORTIELLO e TROIANO. — Al Ministro della salute. – Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, ha istituito il fascicolo sanitario elettronico e l'Infrastruttura nazionale per l'interoperabilità fra i fascicoli sanitari elettronici regionali;

   il citato decreto-legge, poi modificato dalla legge di bilancio per il 2017, ha attribuito all'Agenzia per l'Italia digitale la progettazione dell'infrastruttura nazionale necessaria a garantire l'interoperabilità dei fascicoli sanitari elettronici regionali, la cui realizzazione è curata dal Ministero dell'economia e delle finanze mediante il Sistema tessera sanitaria;

   il modello attualmente operativo obbliga l'assistito ad accedere al proprio fascicolo sanitario elettronico secondo le modalità e le credenziali stabilite dalla regione di appartenenza e, in caso di trasferimento in altra regione, a riaccreditarsi al portale realizzato da quest'ultima;

   per favorire la fruibilità del servizio a livello nazionale attraverso un unico portale di accesso e identità digitali valide, si è provveduto alla reingegnerizzazione dei processi per eliminare duplicazioni e potenziali disallineamenti informativi, al potenziamento delle funzionalità dell'Infrastruttura nazionale per l'interoperabilità e all'istituzione del punto unico di accesso attraverso il portale nazionale www.fascicolosanitario.gov.it;

   con circolare n. 3 del 2 settembre 2019, l'Agenzia per l'Italia digitale ha, quindi, disciplinato la procedura di accesso da parte degli assistiti al fascicolo sanitario elettronico, anche attraverso il portale nazionale sopra citato e le funzionalità aggiuntive necessarie a garantire l'operatività del fascicolo sanitario elettronico su tutto il territorio nazionale;

   i processi informativi della sanità sono molto delicati poiché le informazioni trattate sono dati sensibili, in tal senso la blockchain è una tecnologia nell'utilizzo dei dati che garantisce immutabilità, decentralizzazione e incrociabilità dei dati per il controllo continuo della veridicità e dell'autenticità sia delle fonti che dei singoli accessi, circoscrivendo ogni tentativo di alterazione o di sottrazione –:

   se la recente evoluzione sul fascicolo sanitario elettronico, come descritta in premessa, sia adeguatamente sostenuta da metodi tecnologici innovativi, tali da assicurare, in riferimento ai dati sensibili trattati, l'immutabilità e l'incrociabilità dei dati per il controllo continuo della veridicità e dell'autenticità sia delle fonti che dei singoli accessi, e sia in grado di fornire dati utilizzabili anche per la programmazione sanitaria, la ricerca scientifica, epidemiologica e la valutazione della qualità delle cure.
(3-01029)


   DE FILIPPO, NOJA, BOSCHI, MARATTIN, ANNIBALI, ANZALDI, CARÈ, COLANINNO, D'ALESSANDRO, DEL BARBA, MARCO DI MAIO, FERRI, FREGOLENT, GADDA, GIACHETTI, LIBRANDI, MIGLIORE, MOR, MORETTO, NOBILI, PAITA, PORTAS, ROSATO, TOCCAFONDI e UNGARO. — Al Ministro della salute. – Per sapere – premesso che:

   aspettava di essere chiamata dall'ospedale di Vibo Valentia per essere sottoposta a un taglio cesareo, ma la chiamata non è mai arrivata: «Mancano gli anestesisti» si è sentita rispondere. Così una giovane donna di 32 anni, pochi giorni fa, ha perso il suo bambino alla 39a settimana;

   la carenza di medici è destinata a peggiorare; secondo l'ultimo studio dell'Anaao, da qui al 2025 andranno in pensione almeno 16.500 medici specialisti;

   i medici dipendenti del servizio sanitario nazionale oggi vanno in quiescenza intorno ai 65 anni di età e, nel triennio 2019-2021, sono previste uscite tra 6.000 e 7.000 medici l'anno, per un totale di circa 20.000 unità;

   con «quota 100», nello stesso triennio, con riduzione dell'età pensionabile a 62 anni, potrebbero lasciare 17.000/18.000 medici, per un totale di pensionamenti di circa 38.000 unità;

   il cosiddetto «decreto Calabria» (decreto-legge n. 35 del 2019), all'articolo 12, comma 2, ha introdotto l'ammissione alle procedure concorsuali per l'accesso alla dirigenza del ruolo sanitario i medici in formazione specialistica, nonché i medici veterinari iscritti all'ultimo anno e, qualora abbia durata quinquennale, al penultimo anno del relativo corso, anche se la successiva assunzione a tempo indeterminato è subordinata al conseguimento del titolo di specializzazione, nonché la possibilità per le aziende sanitarie di poter procedere, fino al 31 dicembre 2021, all'assunzione con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, con orario a tempo parziale in ragione delle esigenze formative, degli specializzandi che verranno inquadrati con qualifica dirigenziale;

   una soluzione che ha sollevato non poche problematiche, in particolar modo sul ruolo e sulle competenze che tali medici potrebbero assumere;

   fino al 2028, inoltre, andranno in pensione circa 33.292 medici di famiglia, contro soli 11 mila giovani che potranno accedere alla formazione delle regioni che rilasciano il «diploma di formazione specifica in medicina generale»;

   si va incontro, dunque, ad un'organica mancanza di medici, tra emergenza, pediatria e medicina di base –:

   se risulti quali regioni abbiano avviato l'attuazione del decreto-legge n. 35 del 2019, relativo alla possibilità per le aziende sanitarie di poter procedere all'assunzione, con contratto di lavoro subordinato e a tempo determinato, degli specializzandi e se non ritenga necessario, anche al fine di agevolare l'applicazione del decreto-legge medesimo, adottare iniziative volte a chiarire le modalità, le funzioni e i compiti che tali figure professionali sono chiamate a svolgere.
(3-01030)


   LOLLOBRIGIDA, MELONI, PRISCO, ACQUAROLI, BALDINI, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. — Al Ministro della salute. – Per sapere – premesso che:

   negli ultimi decenni l'Italia è stata investita da numerosi scandali in ambito sanitario, che hanno interessato spesso la regione Umbria;

   la più recente inchiesta della Guardia di finanza sulla sanità umbra ha riguardato, appena pochi mesi fa, alcune irregolarità che sarebbero state commesse in un concorso per assunzioni all'azienda ospedaliera di Perugia e ha portato alla caduta del Governo regionale;

   dopo lo scandalo, e nonostante l'arrivo dei nuovi commissari straordinari, la sanità umbra rimane afflitta da gravi carenze e inefficienze, quali la mancanza di sufficiente personale sanitario in tutti gli ospedali della regione, la lunghezza dei tempi d'attesa per ottenere le prestazioni sanitarie, che ha fatto sì che il Tribunale del malato abbia recentemente messo l'Umbria all'ultimo posto in Italia per quanto riguarda alcune liste d'attesa, l'insufficienza dei posti letto nelle strutture di degenza, le liti tra gli organi competenti in merito agli affidamenti degli incarichi ai primari che spesso avvengono in violazione delle procedure regolamentari e gli immancabili buchi di bilancio;

   è notizia di oggi che nell'inchiesta «concorsopoli» risulta indagato – per abuso d'ufficio e falso in atto pubblico – anche il neocommissario dell'ospedale di Terni, nominato dalla giunta regionale appena due settimane fa –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere al fine di impedire le irregolarità e gli abusi nell'amministrazione della sanità, al fine di tutelare i diritti dei malati.
(3-01031)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VISCOMI, CARNEVALI e SIANI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   le condizioni del servizio sanitario regionale della regione Calabria, sia sul piano giuridico-istituzionale che su quello organizzativo-gestionale, sono tanto note da non aver bisogno di essere richiamate in questo atto di sindacato ispettivo;

   nell'ambito della rete regionale un ruolo di primo piano è svolto dalla Struttura operativa complessa di medicina d'urgenza ed accettazione dell'Azienda ospedaliera pugliese-Ciaccio di Catanzaro, ruolo che trova immediata conferma nei 56.000 accessi registrati nel 2018 con un incremento del 5 per cento rispetto all'anno precedente;

   tale impegnativa e preziosa attività è assicurata, allo stato attuale, anche grazie all'apporto collaborativo del personale assunto con contratto a termine: 7 medici su un totale di 22 (che peraltro rappresentano, nel loro complesso, solo il 38 per cento) del personale medico necessario con un fabbisogno che, calcolato in base agli standard nazionali, sarebbe invece di circa 32 unità); 19 infermieri professionali su un totale di 53; 3 operatori socio-sanitari con contratto a tempo determinato su un totale di 26;

   a quanto risulta, anche sulla base delle segnalazioni allarmate del direttore della Soc medicina d'urgenza ed accettazione, sussistono seri problemi per assicurare una provvista di personale adeguata, giacché le autorizzazioni alle assunzioni a tempo indeterminato preannunciate dall'ufficio del Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari regionali non sono, secondo gli interroganti, di per sé sufficienti ad assicurare il mantenimento della provvista attuale di personale, essa stessa già carente rispetto ai fabbisogni necessari per assicurare adeguati livelli di assistenza;

   le conseguenze di tale situazione sono facilmente intuibili; basti pensare, tanto per fare un esempio, alla perdita del personale addetto al triage che ha già ottenuto attraverso apposito corso formativo le competenze necessarie, fatto che determinerà grosse difficoltà per lo svolgimento di una funzione che deve essere garantita in modo continuativo nelle 24 ore;

   altre conseguenze negative si riverseranno sull'attività strutturata dell'Osservazione breve intensiva (Obi) che, dal suo potenziamento avvenuto alla fine del 2018, ha portato ad una migliore stratificazione dei pazienti con una riduzione dei ricoveri impropri; si determinerà la chiusura dell'attività in medicina d'urgenza che, nel 2018, ha effettuato 897 ricoveri con un incremento del 15 per cento rispetto al 2017 con 12 posti letto (peraltro già penalizzata rispetto agli altri Ospedali HUB della regione dotati di 20 posti letto); il reparto di rianimazione ha in organico 5 infermieri e 3 medici a tempo determinato, il blocco operatorio ha 4 infermieri a tempo determinato, l'Utic-cardiologia ha 3 infermieri e 2 medici che se non confermati porteranno ad una riduzione dei posti letto in cardiologia ed unità intensiva cardiologica, oltre che dell'attività sia di emodinamica che di elettrofisiologia, punti di riferimento per la Calabria. È evidente che la carenza del personale del dipartimento di emergenza è un problema istituzionale che va ben oltre gli ambiti strutturali e funzionali dell'area dell'emergenza –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di tale situazione e delle possibili conseguenze che possono da essa derivare dal mancato raggiungimento dei Livelli essenziali di assistenza e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per garantire il diritto alla salute dei cittadini;

   se intenda assumere iniziative di competenza, anche per il tramite del Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari regionali, al fine di garantire che l'autorizzazione alle assunzioni tenga sempre conto delle condizioni oggettive e notevolmente diversificate delle strutture interessate;

   quali iniziative nell'immediato, per quanto di competenza, intenda adottare per far sì che vi sia un adeguato numero di personale idoneo ad assicurare il mantenimento dei livelli essenziali di assistenza attualmente raggiunti, anche tenendo conto dell'opportunità di ridefinire un quadro normativo idoneo al rinnovo dei contratti a termine già in atto.
(5-02906)

Interrogazione a risposta scritta:


   PENNA e PERANTONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in violazione della legge n. 219 del 2017, articolo 8, il Ministero della salute non ha ancora presentato la relazione annuale al Parlamento, contenente i dati ufficiali sulle disposizioni anticipate di trattamento depositate;

   ai sensi della legge n. 219 del 2017 chiunque ha il diritto di richiedere l'interruzione delle terapie, ivi comprese quelle salvavita; qualsiasi persona maggiorenne e capace di autodeterminarsi può depositare e veder rispettate le proprie disposizioni anticipate di trattamento (Dat); nei casi in cui le Dat non siano state depositate, ma vi siano stati colloqui con la persona prima che questa si sia trovata in condizioni di non potersi più esprimere, l'amministrazione di sostegno può richiedere l'interruzione delle terapie attraverso un giudice tutelare il quale, prima di autorizzare la sospensione delle terapie, ricostruirà le volontà della persona attraverso testimonianze di familiari e amici;

   l'articolo 4, comma 8, della legge n. 219 del 2017 prescrive che, entro i 60 giorni dall'entrata in vigore, ovvero il 1° aprile 2018, «il Ministero della salute, le regioni e le aziende sanitarie provvedono a informare della possibilità di redigere le Dat in base alla presente legge, anche attraverso i rispettivi siti»;

   questa prima scadenza è stata rispettata dal Ministero della salute con la semplice pubblicazione della notizia sul sito internet, senza una necessaria campagna di informazione, rispetto alla quale ancora nell'ottobre 2018, il sottosegretario pro-tempore Bartolozzi, annunciava un rafforzamento dell'informazione istituzionale a seguito dell'approvazione del decreto istitutivo della banca dati nazionale delle disposizioni anticipate di trattamento (Dat);

   il decreto istitutivo della banca dati nazionale delle Dat, previsto dal comma 418 dell'articolo 1 della legge di bilancio n. 205 del 2017 e finanziata con 2 milioni di euro, avrebbe dovuto essere emanato entro il 30 giugno 2018, ma non ha ancora visto la luce;

   la legge di bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021 ha autorizzato la spesa di ulteriori 400 mila euro annui a partire dal 2019, per l'istituzione presso il Ministero della salute di una banca dati destinata alla registrazione delle disposizioni anticipate di trattamento, a valere sulle risorse del fondo per l'attuazione del programma di Governo;

   il Ministro della salute pro-tempore, onorevole Giulia Grillo, con decreto direttoriale del 22 marzo 2018, ha istituito un gruppo di lavoro comprendente rappresentanti del Ministero, delle regioni e dell'autorità garante per la protezione dei dati personali;

   con parere n. 1991 del 31 luglio 2018, il Consiglio di Stato, in Commissione speciale sollecitato dal Ministero della salute, si è espresso in modo chiaro sui quesiti posti dal gruppo di lavoro di cui sopra;

   a seguito di una diffida ad adempiere proposta dall'Associazione Luca Coscioni attraverso gli avvocati Giulia Crivellini e Filomena Gallo, il Ministero della salute, a fine maggio 2019, ha acquisito il parere positivo del Garante della privacy;

   il 25 luglio 2018 anche la Conferenza Stato-regioni ha reso il suo parere al Ministero della salute circa la creazione della banca dati Dat, esaurendo tutti i passaggi obbligatori per l'emanazione del decreto;

   l'Associazione Coscioni, a fine luglio 2018, ha depositato un ricorso presso il tribunale amministrativo regionale del Lazio, per i ritardi nell'emanazione dei decreti, trascorsi 17 mesi dal termine fissato per legge, il 30 giugno 2018;

   il 16 dicembre 2019 è stata fissata l'udienza del ricorso al Tar contro il Ministero della salute, per la mancata istituzione della banca dati nazionale per le Dat –:

   come il Governo intenda procedere nel dare attuazione alle disposizioni di cui alla legge n. 219 del 2017, Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento, per quanto riguarda la relazione annuale al Parlamento sull'applicazione della legge e l'emanazione del decreto istitutivo della banca dati nazionale sulle Dat, oltre all'avvio della campagna di informazione istituzionale prevista dalla stessa legge.
(4-03829)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   PRETTO, PATASSINI, ANDREUZZA, BINELLI, COLLA, DARA, GALLI e PETTAZZI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   dal 1° luglio 2020 il regime «di maggior tutela» previsto dalla legge 4 agosto 2017, n. 124, per il settore del gas naturale e dell'energia elettrica cesserà, con l'obiettivo di favorire una sana concorrenza tra gli operatori, nel rispetto di precise regole che impongano offerte trasparenti e comprensibili da parte dei consumatori;

   nella sua relazione annuale 2019, il presidente dell'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arerà) ha auspicato la conferma del 1° luglio 2020 come termine ultimo per l'applicazione del regime di libero mercato alle bollette di luce e gas, in quanto l'eventuale ulteriore proroga della scadenza creerebbe grandi incertezze sia per gli utenti che per i fornitori e farebbe venire meno il carattere cogente delle diverse azioni;

   come ribadito da ultimo nella determinazione DSAI/61/2018/COM della direzione sanzioni e impegni dell'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera) in materia di trasparenza della bolletta, la deliberazione dell'Autorità del 16 ottobre 2014, 501/2014/R/com, recante «Bolletta 2.0: criteri per la trasparenza delle bollette per i consumi di elettricità e/o di gas distribuito a mezzo di reti urbane», con le successive modificazioni, individua i nuovi criteri per la trasparenza delle bollette per i consumi di energia elettrica e/o di gas distribuito a mezzo di reti urbane, con l'obiettivo principale di razionalizzare e semplificare le informazioni contenute nelle fatture;

   al fine di una maggiore comprensione e trasparenza della bolletta, l'articolo 20 della citata deliberazione prevede che ciascun venditore sul mercato libero pubblichi, sul proprio sito internet, una Guida alla lettura contenente una descrizione completa delle singole voci che compongono gli importi fatturati e aggiorni detta guida in caso di introduzione di nuove componenti che concorrono alla determinazione delle predette voci e inserisca nel materiale contrattuale, consegnato al cliente finale al momento della sottoscrizione, il riferimento all'indirizzo internet e/o alle ulteriori modalità per prendere visione della predetta guida alla lettura;

   tali misure tuttavia, in relazione al settore del gas naturale, non si sono dimostrate sufficienti a comprendere nel dettaglio i costi che sono addebitati al consumatore finale: in particolare, sarebbe utile inserire in bolletta delle specifiche voci che la rendano più chiara, leggibile e comprensibile a tutti gli utenti e che consentano agli stessi di avere maggiore consapevolezza sui costi di acquisto del gas, sui costi di trasporto dello stesso, sulle spese di gestione del contatore, sulle spese legate ad eventuali altri oneri di sistema, sulle accise e le imposte, in modo da distinguere meglio le singole componenti di spesa, da elencare quindi separatamente, che concorrono all'intero importo della fattura –:

   se intenda assumere iniziative normative a tutela dei consumatori per demandare all'Arera la predisposizione di ulteriori misure volte a favorire l'accesso degli utenti alle informazioni sui costi indicati in premessa e, più in generale, per garantire una maggiore trasparenza e chiarezza nelle bollette del gas naturale soprattutto in vista degli aumenti previsti già dal mese di ottobre 2019.
(3-01026)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

X Commissione:


   DARA, GALLI, PATASSINI, PIASTRA e ANDREUZZA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il nuovo piano industriale Iveco annunciato il 3 settembre 2019 a New York si ripropone l'obiettivo di aumentare in 5 anni il fatturato a un tasso del 5 per cento annuo, incrementare il margine Ebit all'8 per cento nel 2022 e del 10 per cento nel 2024 e far crescere il rendimento delle attività industriali al 20 per cento;

   tale piano, pur prevedendo l'aumento della redditività e il raggiungimento degli obiettivi finanziari nei prossimi cinque anni, nulla riporta circa la capacità industriale installata negli stabilimenti italiani né sulle strategie messe a punto dall'azienda per superare lo stato di difficoltà, che permane da tempo, e l'incertezza dei settori Iveco agricolo, movimento terra e Fpt;

   l'azienda sembra decisa ad aprire un confronto sui singoli stabilimenti, mentre la Fiom ha chiesto che si apra un tavolo al Ministero dello sviluppo economico a Roma, tra gli amministratori Iveco e i rappresentanti di tutte le organizzazioni sindacali, sul complessivo piano industriale, perché il confronto non può limitarsi alla gestione degli effetti sociali, ma deve essere sull'intero progetto di ristrutturazione;

   il nostro Paese ha già pagato un prezzo molto alto in termini sia di produttività che di occupazione, con la chiusura delle sedi Iveco di Imola e Valle Ufita e oggi occorre maggiore chiarezza sulle intenzioni della proprietà circa il futuro degli stabilimenti italiani –:

   se non ritenga opportuno convocare un tavolo di confronto con i rappresentanti della Iveco per sapere quali sono le strategie della proprietà e soprattutto quali effetti avrà lo spin-off sulla produzione italiana, visto lo stato di difficoltà che permane da tempo e l'incertezza degli stabilimenti Iveco agricolo, movimento terra e Fpt.
(5-02920)


   BENAMATI, NARDI, BONOMO, LACARRA, GAVINO MANCA, ZARDINI e DE MARIA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la ex Magneti Marelli è una delle aziende principali del settore automotive in Italia; è stata venduta nel maggio 2019, per 6,2 miliardi di euro, da Fca al gruppo giapponese Calsonic Kansei, dando così vita ad un colosso mondiale della componentistica con circa 62.000 dipendenti e 170 stabilimenti e centri di ricerca presenti in Europa e Giappone;

   nelle scorse settimane la Marelli ha presentato richiesta di cassa integrazione per 910 lavoratori: lunedì 7 ottobre, a Bologna, e giovedì 10 ottobre a Crevalcore si sono svolti gli esami congiunti tra i rappresentanti sindacali e la Magneti Marelli spa e sono stati siglati gli accordi;

   le ragioni della richiesta di cassa integrazione ordinaria riguarderebbero le fluttuazioni del mercato dell’automotive e la conseguente riduzione degli ordini anche per le fabbriche bolognesi; la cassa integrazione dovrebbe iniziare il 28 ottobre e finire il 21 dicembre con il coinvolgimento di due terzi delle maestranze di entrambi gli stabilimenti, 280 tra quadri e operai sui 350 di Crevalcore e 630 su 800 dipendenti della ex Weber di via del Timavo a Bologna, compresi gli ingegneri del reparto ricerca e sviluppo;

   inoltre, secondo le organizzazioni sindacali, si assiste ad una costante riduzione dell'organico, stanti anche le recenti mancate conferme di una trentina di contratti di somministrazione nella sede di Crevalcore;

   da maggio 2019 la nuova proprietà non ha presentato alcun piano industriale e questo, insieme alla richiesta di cassa integrazione, primo provvedimento a sei mesi dall'acquisizione, rende incerto il futuro dell'azienda, specie in un momento così delicato per il settore dell'auto che è in crisi ed è alle prese con la trasformazione e la transizione verso veicoli con emissioni di ridotte o nulle;

   il settore dell’automotive sta attraversando, infatti, un periodo di cambiamento spinto dalla rivoluzione «verde» che punta alla decarbonizzazione totale dei trasporti e della mobilità e dalla rivoluzione digitale: per l'automobile in Italia nei prossimi anni si assisterà a una sfida epocale, sfida sia tecnologica come per la batteria elettrica, sia per quanto riguarda il tema delle infrastrutture, delle colonnine di ricarica elettrica e del biocombustibile –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione della Magneti Marelli e quali iniziative di competenza abbia intenzione di mettere in campo verso la proprietà e, più in generale, per il futuro industriale e occupazionale del settore dell’automotive italiano.
(5-02921)


   MORETTO e DE FILIPPO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   presso lo stabilimento Fca di Melfi, il più moderno del gruppo su territorio italiano, che occupa circa 5000 lavoratori diretti, da mesi si lavora solo circa 9 giorni al mese;

   i rimanenti vengono coperti da ferie così da poter arrivare a 11 giorni, sistema attraverso il quale i lavoratori possono maturare ferie e quota parte della tredicesima;

   nello stabilimento in provincia di Potenza i turni di blocco della produzione di «Jeep Renegade» e «500X» sono aumentati, passando da 42 a 50, con una conseguente riduzione di circa 21.500 vetture; una situazione fortemente gravosa dal punto di vista economico per le buste paga degli occupati, che subiscono comunque una decurtazione sullo stipendio di circa 600/700 euro mensili;

   i dati sulle immatricolazioni dei modelli prodotti a Melfi confermano un progressivo declino produttivo;

   si è in attesa di definire la messa in produzione dei nuovi modelli, a partire da Jeep Compass, mentre si fanno sempre più insistenti le voci di una probabile fermata totale dello stabilimento lucano, eventualità che allarma molto sia i lavoratori che i sindacati;

   tale condizione di incertezza va ad inquadrarsi nell'ambito di una più complessa crisi del settore aggravata anche dalle dinamiche internazionali e dalla politica dei dazi adottata dall'amministrazione Usa che rischia di penalizzare ulteriormente la produttività dell'impianto in questione;

   le nuove tecnologie, l'ibrido, la prospettiva dell'elettrico costituiscono ambiti in cui inquadrare il futuro anche di questo impianto che consentirebbero di uscire dalle nebbie in cui si trova attualmente –:

   quali iniziative intenda adottare al fine di rilanciare il comparto dell'auto in Italia, con particolare riguardo al sito di Melfi, che rappresenta una eccellenza nel settore e costituisce il più importante stabilimento di autoveicoli dell'intero Mezzogiorno con l'obiettivo di salvaguardare i livelli occupazionali e tutelare l'indotto legato all'impianto produttivo in questione.
(5-02922)


   BARELLI e PORCHIETTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nel 2017 la domanda europea di materie plastiche ha toccato i 51,2 milioni di tonnellate. Nella produzione la Germania occupa la prima posizione con il 24,6 per cento delle plastiche trasformate, seguita dall'Italia (14 per cento);

   l'industria europea delle materie plastiche, nella UE28 conta 60 mila aziende, la maggior parte delle quali di piccola e media dimensione, che danno lavoro direttamente a oltre 1,5 milioni di persone. Il giro d'affari ha toccato 355 miliardi di euro, con una bilancia commerciale in attivo per oltre 17 miliardi di euro;

   la legge di delegazione europea 2018 recepisce diverse direttive sugli imballaggi di plastica. Sulla base della «Strategia europea per la plastica nell'economia circolare», l'Unione europea ha emanato la direttiva 2019/904/UE che prevede il divieto di immissione sul mercato dei prodotti di plastica monouso, a decorrere dal luglio 2021, il che non impedisce un recepimento anticipato;

   tale norma è accolta con favore dagli ambientalisti, ma per le aziende nazionali di settore (3 mila dipendenti e fatturato da 1 miliardo) potrebbe essere un duro colpo;

   la manovra in corso di presentazione prevede, per limitarne il consumo, una imposta di 20 centesimi per chilogrammo di plastica posta in commercio;

   dal complesso delle norme in corso di approvazione traspare una impostazione non corretta del problema: si sta spostando l'inefficienza del riciclo sui produttori e sui trasformatori di materie plastiche con danno alle imprese e rischi per i posti di lavoro. Occorrono invece incentivi per la riconversione degli impianti produttivi ed un percorso rigoroso ma con temporalità concordata per ridurre l'utilizzo della plastica;

   la Germania, pur essendo la maggior produttrice di plastica, non ha adottato al momento alcun provvedimento restrittivo e sta valutando una procedura per ridurre gli impatti delle nuove normative dell'Unione europea sulle imprese di settore;

   il comparto della plastica in Italia si sta muovendo per adeguarsi ai nuovi indirizzi dell'Unione europea, sia in termini di riciclo – il Consorzio nazionale riciclo plastica (COREPLA) ha raccolto nel 2018 1,219 milioni per tonnellata di plastica evitando l'immissione in atmosfera di 916 mila tonnellate di CO2, sottraendo alle discariche 34 milioni di metri quadrati, sia in termini di adeguamento degli impianti in termini di sostenibilità –:

   quali iniziative intenda adottare per ridurre gli impatti delle nuove norme dell'Unione europea sull'uso della plastica sulle imprese nazionali di settore, promuovendo provvedimenti positivi, sia in termini di riconversione industriale sia in termini di benefici per chi conferisce correttamente i materiali plastici.
(5-02923)


   ALEMANNO, VALLASCAS, SUT, DAVIDE CRIPPA, MASI, CARABETTA, GIARRIZZO, SCANU, DE TOMA, PAXIA, RIZZONE, BERARDINI e RACHELE SILVESTRI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il Fondo di garanzia per le vittime della strada istituito con legge n. 990 del 1969 (abrogata con l'entrata in vigore del codice delle assicurazioni private), operativo dal 12 giugno 1971, è amministrato, sotto la vigilanza del Ministero dello sviluppo economico, dalla Consap con l'assistenza di un apposito Comitato, composto da rappresentanti del Ministero dello sviluppo economico, del Ministero dell'economia e delle finanze, di Consap, dell'Ivass, delle imprese di assicurazione e dei consumatori;

   entro il 31 dicembre di ciascun anno il Ministro dello sviluppo economico determina, con proprio decreto, tenuto conto dei risultati dell'esercizio che sono individuati nel rendiconto della gestione dell'anno precedente, la misura del contributo che le imprese sono tenute a versare nell'anno successivo al Fondo strada;

   una piccola parte del premio che i cittadini pagano alla propria assicurazione verrà, dunque, versato da quest'ultima al Fondo;

   il contributo che le imprese autorizzate all'esercizio dell'assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile per danni causati dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti sono tenute a versare, alla Consap, è determinato, per l'anno 2019, nella misura del 2,50 per cento dei premi incassati nello stesso esercizio, al netto della detrazione per gli oneri di gestione stabilita da Ivass;

   la funzione del Fondo è quella di garantire un risarcimento per i danni subiti da cose o persone in seguito a un incidente per il quale non ci si può rivalere sulla compagnia assicurativa del responsabile, in caso di un veicolo non assicurato, non identificato o assicurato con impresa di assicurazione in liquidazione coatta;

   dall'archivio dati della Motorizzazione civile risulta, infatti, che in Italia più del 10 per cento dei veicoli circola senza un'assicurazione valida;

   una diminuzione dei veicoli non assicurati implicherebbe una minore richiesta di risarcimento danni al Fondo, che si tradurrebbe in una diminuzione del premio relativo all'assicurazione per la responsabilità civile auto e quindi della spesa per l'assicurato e, a parere degli interroganti, in un uso più efficace del fondo –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere per sostenere azioni volte ad una minore spesa da parte dei cittadini assicurati per obbligo di legge.
(5-02924)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GARIGLIO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   le tecnologie dell'informazione e della comunicazione sono il settore che, più di ogni altro, dà impulso e sostiene lo sviluppo di un Paese: le reti di nuova generazione contribuiscono infatti fattivamente alla crescita economica, sociale ed occupazionale dei territori;

   il Ministero dello sviluppo economico cura l'attuazione del piano nazionale strategico per la banda ultralarga (Bul), il quale punta a raggiungere l'85 per cento della popolazione con infrastrutture in grado di veicolare servizi a velocità pari e superiori a 100 Mbps e garantire accesso ad almeno 30 Mbps al 100 per cento dei cittadini;

   mentre la diffusione della banda ultralarga si sta sviluppando nel Paese, in molte zone d'Italia persistono però ancora gravi problematiche rispetto al corretto utilizzo della telefonia mobile; in particolare in Piemonte, ove sarebbero circa 500 mila, come riportato da fonti stampa, gli utenti con gravi difficoltà di accesso alla rete;

   tale problema sarebbe causato dall'assenza di ripetitori che, nel 25 per cento del Piemonte, lascia i cittadini senza possibilità di telefonare e collegarsi a internet. Una situazione che riguarda oltre 200 comuni, sui 1.181 totali, la maggior parte marginali e montani, considerati dai provider «aree a fallimento di mercato». Zone cioè dove i costi di installazione supererebbero di gran lunga i ricavi; Uncem denuncia da decenni questo problema infrastrutturale ed ha avviato una mappatura delle aree non coperte dal servizio, arrivando ad oggi a censire oltre 1.200 comuni in Italia; si tratta di territori dove telefonare, inviare un messaggio e navigare in internet con il proprio smartphone è impossibile o quasi: un divario digitale che mette in crisi cittadini ed imprese oltre alla pubblica amministrazione e agli enti locali;

   l'Unione nazionale comuni, comunità ed enti montani (Uncem) ha chiesto al Governo stanziamenti economici ed interventi normativi specifici urgenti per cercare di risolvere la situazione. In particolare, si chiede che:

    a) siano vincolate ed incentivate le compagnie telefoniche ad ampliare le aree servite. La copertura oggi misurata su oltre il 95 per cento della popolazione non considera infatti che il 5 per cento restante vive nel 15 per cento del Paese;

    b) l'Agcom consenta l'acquisto di ripetitori a tutti coloro che manifestano la volontà di investire in questo settore. Come ad esempio comuni, privati ed imprese;

    c) per prevedere nel Bul investimenti specifici per promuovere una diffusione maggiormente capillare dei servizi di telefonia mobile nei territori che hanno evidenti criticità di ricezione –:

   se il Governo sia a conoscenza dei gravissimi problemi relativi alla telefonia mobile attualmente presenti in molte zone del Paese ed in particolare del Piemonte;

   quali iniziative urgenti intenda assumere, per quanto di competenza, anche sul piano normativo, al fine di risolvere questa situazione, tenendo conto delle proposte indicate da Uncem e riportate in premessa.
(5-02913)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Ferrari e altri n. 1-00260, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 ottobre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Formentini.

  La mozione Versace e altri n. 1-00263, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 ottobre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Santelli, Baldelli.

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Maglione e altri n. 7-00335, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 ottobre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Zanichelli.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Noja n. 1-00243, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 226 del 24 settembre 2019.

   La Camera,

   premesso che:

    in data 14 novembre 2018, sono state approvate, ad amplissima maggioranza, le mozioni parlamentari Annibali, Boldrini, Gebhard ed altri n. 1-00070, D'Arrando, Panizzut ed altri n. 1-00074 e Carfagna ed altri n. 1-00075, in forza delle quali sono stati assunti dal Governo pro tempore precisi impegni di contrasto alla violenza e alla discriminazione nei confronti delle donne;

    in data 13 dicembre 2006, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (di seguito, «Convenzione Onu»), con lo scopo di promuovere, proteggere e garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità e di favorire il rispetto per la loro intrinseca dignità, senza discriminazioni;

    in data 5 gennaio 2011, l'Unione europea ha ratificato la Convenzione Onu, così come già fatto dall'Italia con legge di autorizzazione 3 marzo 2009, n. 18;

    riconoscendo nel preambolo, lettera q), che «le donne e le minori con disabilità corrono spesso maggiori rischi, nell'ambiente domestico ed all'esterno, di violenze, lesioni e abusi, di abbandono o mancanza di cure, maltrattamento e sfruttamento», la Convenzione Onu indica tra i princìpi generali cui attenersi la parità tra uomini e donne (articolo 3, lettera g)); inoltre, l'articolo 6 della Convenzione Onu affronta specificamente il tema delle discriminazioni multiple di cui sono spesso vittime le donne con disabilità in ragione dell'intersezione del fattore del «genere» e di quello della «disabilità», stabilendo:

     a) al comma 1, che gli Stati parti riconoscano come le donne e le minori con disabilità siano «soggette a discriminazioni multiple» e, a questo riguardo, adottino «misure per garantire il loro pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali»;

     b) al comma 2, che gli Stati parti adottino «ogni misura idonea ad assicurare il pieno sviluppo, progresso ed emancipazione delle donne, allo scopo di garantire loro l'esercizio ed il godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali enunciati» nella Convenzione Onu;

    in data 29 novembre 2018, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla situazione delle donne con disabilità (di seguito, «risoluzione dell'Unione europea»);

    la risoluzione dell'Unione europea trae origine anche dal lavoro svolto dallo European disability forum che, con il Primo Manifesto delle donne con disabilità adottato il 22 febbraio 1997, ha evidenziato l'esigenza di prendere in considerazione i bisogni di queste ultime per promuoverne la parità e la non discriminazione nell'Unione europea e nei suoi Stati membri, e, con il Secondo Manifesto del 28-29 maggio 2011, ha aggiornato il primo documento alla luce della Convenzione Onu, della Strategia europea sulla disabilità 2010-2020 e del Patto per la parità di genere dell'Unione europea 2011-2020, ma soprattutto ha sottolineato la necessità urgente di elaborare politiche sulla disabilità e l'uguaglianza in una prospettiva di genere;

    la risoluzione dell'Unione europea evidenzia le numerose forme di discriminazione multipla trasversale cui sono esposte le minori e le donne con disabilità in tutti i settori contemplati dalla Convenzione di Istanbul, impedendo l'esercizio quotidiano da parte loro di diritti fondamentali e compromettendo la possibilità per le stesse di realizzarsi pienamente;

    in particolare, secondo quanto rilevato dalla risoluzione dell'Unione europea, negli Stati membri sono riscontrabili gravi carenze che ostacolano o addirittura impediscono alle donne europee con disabilità di accedere in condizioni di parità ai servizi nei settori dell'istruzione, dei trasporti, della pianificazione urbana e dell'edilizia abitativa, dell'inserimento lavorativo, delle tutele sul posto di lavoro, dei presìdi a protezione delle vittime di violenza, sino alla sanità, ove spesso emerge la mancanza di servizi medici adeguati a rispondere alle specifiche esigenze delle donne con disabilità in campi quali la consulenza ginecologica, la salute sessuale e riproduttiva, la pianificazione familiare e il sostegno durante la gravidanza, fino ad arrivare in alcuni casi alla negazione del consenso informato sull'uso dei contraccettivi e addirittura al rischio di sterilizzazione forzata;

    a titolo esemplificativo, sulla base dei dati disponibili, la risoluzione dell'Unione europea segnala come nell'Unione europea:

     a) vivano circa 46 milioni di donne e ragazze con disabilità, pari a circa il 16 per cento della popolazione femminile europea totale e al 60 per cento della popolazione europea complessiva di persone con disabilità;

     b) le donne con disabilità abbiano una probabilità di essere vittime di violenza da due a cinque volte superiore rispetto alle donne non disabili, frequentemente nell'ambito delle relazioni domestiche, a causa della posizione di maggior fragilità e vulnerabilità sofferta;

     c) secondo l'indice sull'uguaglianza di genere dell'Eige (2017), in media, il 13 per cento delle donne con disabilità lamentino di non vedere soddisfatti i propri bisogni medici, mentre nel caso delle donne senza disabilità tale percentuale sia pari al 5 per cento;

     d) i tassi di tumore al seno per le donne disabili siano molto più elevati di quelli della popolazione femminile in generale, a causa della mancanza di strutture e apparecchiature di screening e diagnosi adeguate;

     e) il 45 per cento delle donne con disabilità in età lavorativa (20-64 anni) sia inattivo, mentre per gli uomini la percentuale equivalente sia del 35 per cento;

     f) pur essendo i salari delle persone con disabilità mediamente inferiori a quelli degli altri lavoratori, persista una realtà discriminatoria anche tra uomini e donne con disabilità, considerato come il trattamento salariale impiegato per i primi sia comunque generalmente superiore a quello applicato alle seconde;

    in considerazione del quadro emerso, la risoluzione dell'Unione europea invita, dunque, la Commissione e gli Stati membri «a integrare una prospettiva relativa alle donne e alle minori con disabilità nei loro programmi, strategie e politiche in materia di parità di genere, una prospettiva di genere nelle loro strategie in materia di disabilità e una prospettiva sia di genere che di disabilità in tutte le altre politiche»;

    con specifico riferimento all'Italia, la carenza di meccanismi volti a contrastare le discriminazioni multiple ai danni delle donne con disabilità è stata rilevata, altresì, dal primo rapporto sull'implementazione della Convenzione Onu in Italia, ove si richiama la necessità di emendare la legislazione in tal senso e di provvedere ad un'adeguata formazione di tutte le autorità pubbliche al fine migliorare le procedure volte ad assicurare che le persone con disabilità particolarmente a rischio di discriminazione – specie le donne – siano poste nelle condizioni di ricevere ogni informazione per sporgere denuncia o presentare un ricorso;

    il rapporto sopra citato manifesta, inoltre, notevoli preoccupazioni con riferimento alla diffusione di stereotipi che vedono le donne e le ragazze con disabilità quali soggetti invisibili e asessuati, cui è legato il rischio concreto che in Italia non sia pienamente garantito l'esercizio da parte loro dei diritti sessuali e riproduttivi;

    analoghe criticità sono evidenziate nel rapporto sull'attuazione della Convenzione di Istanbul in Italia, presentato a Roma il 26 febbraio 2019 dalle Associazioni di donne, ove si evince, da un lato, la necessità di incrementare implementazione degli specifici riferimenti alle esigenze delle donne con disabilità nelle misure e azioni adottate a favore dell'uguaglianza di genere e, dall'altro lato, l'esigenza di rafforzare e integrare la prospettiva di genere nello sviluppo e nell'applicazione di norme, azioni e programmi relativi alla condizione di disabilità;

    le preoccupazioni sopra richiamate trovano piena conferma nei dati disponibili che, ancorché spesso frammentari e risalenti, restituiscono un quadro allarmante circa la condizione delle donne con disabilità nel nostro Paese; segnatamente:

     a) da un'indagine condotta dall'Istat nel 2014, risulta come abbia subìto violenze fisiche o sessuali il 36,6 per cento delle donne con limitazioni gravi e come per queste il rischio di subire stupri o tentati stupri sia doppio (10 per cento contro il 4,7 per cento delle donne senza tali problemi);

     b) secondo i dati disponibili più recenti (rapporto dell'Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane del 2015), la percentuale di donne con limitazioni funzionali che hanno eseguito più di un Pap-test e più di una mammografia nella propria vita è di oltre 15 punti inferiore rispetto alle percentuali raggiunte dalla rimanente popolazione femminile (per esempio, per quanto riguarda il Pap-test, solo il 52,3 per cento delle donne con limitazioni funzionali in età compresa tra i 25 e i 64 anni, mentre con riferimento alla mammografia, di quelle che hanno tra i 50 e i 69 anni, solo il 58,5 per cento);

     c) l'ultima relazione sullo stato di attuazione della legge recante norme per il diritto al lavoro dei disabili, presentata alla Presidenza della Camera dei deputati il 28 febbraio 2018, conferma un significativo differenziale tra uomini e donne con disabilità, testimoniato – ad esempio – dai dati sugli avviamenti degli iscritti nell'elenco del collocamento obbligatorio presso datori di lavoro privati e pubblici (pari al 56,8 per cento degli uomini contro il 43,2 per cento delle donne);

    i dati sopra riportati permettono certamente di comprendere meglio l'enorme portata del fenomeno della discriminazione multipla ai danni delle donne con disabilità nel nostro Paese ed evidenziano la necessità di predisporre strategie di intervento mirate che siano in grado di far fronte ai loro bisogni specifici;

    nell'ambito degli interventi già assunti, si richiama il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 novembre 2017 con cui sono state adottate le «Linee guida nazionali per le aziende sanitarie e le aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza»;

    in più passaggi delle predette linee guida viene fatta presente la necessità di tener conto delle specifiche esigenze delle donne e delle ragazze con disabilità, nonché della necessaria instaurazione di un processo di sensibilizzazione sulle specifiche forme di violenza a danno delle donne con disabilità diverse e sugli specifici percorsi da attivare;

    analogamente, nell'ambito degli interventi già assunti, il «Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne», adottato nel novembre 2017, richiama la necessità di individuare delle azioni mirate rivolte alle donne caratterizzate da vulnerabilità multiple, tra cui le donne con disabilità;

    tuttavia, occorre che i princìpi stabiliti nelle linee guida e nel piano strategico nazionale contro la violenza di genere trovino concreta e uniforme implementazione su tutto il territorio nazionale e che la loro applicazione sia estesa alla fase di prevenzione, per contribuire alla diffusione di una cultura inclusiva che abbracci tutti i campi della salute;

    inoltre, è necessario promuovere il pieno sviluppo della persona con disabilità anche sotto il profilo dell'espressione dell'autodeterminazione della propria sfera affettiva e sessuale: i diritti sessuali sono oggi considerati diritti umani, la cui violazione costituisce ostacolo all'uguaglianza, alla dignità e alla salute delle persone;

    occorre tenere in considerazione quanto sopra esposto, in ossequio non solo agli obblighi assunti dall'Italia con la ratifica della Convenzione Onu e all'invito rivolto agli Stati membri con la risoluzione dell'Unione europea, ma anche ai princìpi costituzionali, tra cui, in particolare, il principio di uguaglianza formale e sostanziale di cui all'articolo 3 della Costituzione, nonché i princìpi di non discriminazione e pari opportunità con riferimento al genere di cui agli articoli 31, 37 e 51 della Costituzione,

impegna il Governo:

1) a tenere sempre in considerazione la discriminazione multipla cui sono soggette le minori e le donne con disabilità e la gravità delle conseguenze che essa comporta per le loro vite e, conseguentemente, ad assicurare che siano sempre integrare, nella realizzazione delle politiche pubbliche, azioni e misure in tema di parità di genere nonché quelle inerenti alla disabilità;

2) in particolare, ad assumere iniziative volte a:

   a) tutelare la dignità e la libertà di scelta e di autodeterminazione delle donne e delle ragazze con disabilità, garantendo loro pieno accesso alle cure mediche, anche con riferimento all'ambito ginecologico, della salute sessuale e riproduttiva;

   b) a tutelare il diritto all'autodeterminazione delle donne con disabilità anche sotto il profilo dell'espressione della propria sfera affettiva e sessuale, avendo particolare attenzione alle esigenze delle donne con disabilità intellettive, cognitive e comportamentali, assicurando il supporto di personale professionalmente formato operante nelle diverse tipologie dei servizi sanitari, socio-sanitari e sociali;

   c) assicurare che siano esposte alle pazienti con disabilità tutte le necessarie informazioni, con le forme e le modalità adeguate secondo le diverse condizioni di disabilità, per permettere loro di assumere decisioni sulla propria salute e sul proprio corpo senza alcuna coercizione e promuovendo, a tal fine, iniziative di formazione specifica e aggiornamento del personale medico e dei servizi sanitari, sociosanitari e sociali coinvolti;

   d) assicurare la piena accessibilità dei servizi e dei presìdi sanitari, sociosanitari e sociali da parte delle ragazze e delle donne con disabilità, in conformità ai princìpi della progettazione universale sanciti dalla Convenzione Onu;

   e) garantire, in modo più efficace, che tutte le ragazze e le donne con disabilità siano sempre poste nelle condizioni di ricevere ogni informazione per sporgere denuncia e adire la tutela giudiziaria nel caso siano vittime di violenza o discriminazione, dando piena attuazione, in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, a quanto previsto dalle «Linee guida nazionali per le aziende sanitarie e le aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza» e continuando a promuovere, inoltre, monitorando le iniziative di formazione specifica e di aggiornamento del personale chiamato ad interagire, a vario titolo, con le vittime di discriminazione che hanno una disabilità;

   f) assicurare che, nell'ambito della attuazione del «Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne», siano costantemente individuate azioni idonee a rispondere alle peculiari problematiche che devono affrontare le ragazze e le donne con disabilità vittime di violenza non soltanto nella fase della denuncia, ma anche nel successivo percorso di assistenza, di cura e di individuazione di percorsi per l'uscita dalla violenza;

   g) promuovere l'inserimento lavorativo delle ragazze e delle donne con disabilità, favorendo il loro accesso a forme di flessibilità adeguate alle specifiche esigenze connesse alla specifica condizione di disabilità considerata caso per caso, in particolare con riferimento agli orari lavorativi e ai congedi di maternità;

   h) inserire riferimenti specifici alla discriminazione multipla ai danni delle ragazze e delle donne con disabilità in tutte le campagne di sensibilizzazione relative al tema della parità di genere e della lotta alla discriminazione, diffuse sui media e sui vari mezzi di informazione, nonché, in attuazione di quanto stabilito dalle linee guida previste dall'articolo 1, comma 16, della legge n. 107 del 2015, nelle iniziative destinate alle scuole su queste tematiche;

   i) promuovere strumenti e procedure di rilevamento e valutazione della diffusione, della gravità e delle conseguenze del fenomeno della discriminazione multipla ai danni delle ragazze e delle donne con disabilità, nonché dell'efficacia degli strumenti di prevenzione e di contrasto messi in campo dalle istituzioni.
(1-00243) (Nuova formulazione) «Noja, Penna, Carnevali, Muroni, Boschi, Marattin, Annibali, Anzaldi, Carè, Colaninno, D'Alessandro, De Filippo, Del Barba, Marco Di Maio, Ferri, Fregolent, Gadda, Giachetti, Librandi, Migliore, Mor, Moretto, Nobili, Paita, Portas, Rosato, Toccafondi, Ungaro, Rizzo Nervo, Siani, Schirò, Boldrini, Rotta, Bologna, Massimo Enrico Baroni, D'Arrando, Ianaro, Lapia, Lorefice, Mammì, Menga, Nappi, Nesci, Provenza, Sapia, Sarli, Sportiello, Troiano, Pezzopane».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta scritta Magi n. 4-01790 del 5 dicembre 2018;

   interrogazione a risposta scritta Gabriele Lorenzoni n. 4-03492 del 1° agosto 2019;

   interrogazione a risposta in Commissione Mollicone n. 5-02771 del 27 settembre 2019;

   interrogazione a risposta in Commissione Benamati n. 5-02858 del 9 ottobre 2019.