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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 2 ottobre 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    sempre maggiori sono le difficoltà per il Servizio sanitario nazionale (Ssn) a garantire il fondamentale diritto alla salute e quell'universalità ed equità che hanno sempre caratterizzato il servizio sanitario pubblico fin dalla sua istituzione (legge n. 833 del 1978);

    in totale i dipendenti del Servizio sanitario nazionale, rappresentano il 20 per cento della forza lavoro della pubblica amministrazione, che fanno del comparto il secondo della pubblica amministrazione preceduto solo dalla scuola con il 35 per cento della forza lavoro. Le perdite maggiori in valori assoluti sono quelle del personale infermieristico: -7.055 unità che rappresentano il 27 per cento di tutte le perdite dell'Ssn;

    le risorse ad esso assegnate sono insufficienti e in questi anni la spesa sanitaria, se confrontata in rapporto al prodotto interno lordo, è in costante diminuzione. In termini reali la fetta di risorse spettante alla sanità pubblica continuerà a ridursi nei prossimi anni. Il def 2019 mostra che nel triennio 2020-2022, la spesa sanitaria è prevista crescere ad un tasso medio annuo dell'1,4 per cento, mentre il prodotto interno lordo nominale dovrebbe crescere in media del 2,5 per cento. Ne deriva che il rapporto fra la spesa sanitaria e prodotto interno lordo decresce;

    a questo perdurante sottofinanziamento si somma il grave e costante invecchiamento della popolazione, l'aumento delle malattie croniche e l'aumento dei costi, soprattutto dei farmaci e delle tecnologie biomediche. Ma quello che da tempo sta con forza emergendo è la scarsità del personale medico e di quello sanitario. Questa sta diventando sempre di più una delle principali emergenze;

    il blocco del turnover (per fortuna recentemente in parte ridimensionato) volto al riassestamento delle regioni con squilibri di bilancio, da anni ha impedito la sostituzione degli specialisti in uscita da parte di medici giovani, causando un progressivo invecchiamento del personale;

    la carenza di personale incide pesantemente sulle stesse condizioni lavorative, con turni di guardia massacranti, ferie non godute, milioni di ore di straordinario non pagate. La normativa europea sull'organizzazione dell'orario di lavoro, recepita dalla legge n. 161 del 2014 imporrebbe non più di 48 ore di lavoro in una settimana anche per il personale medico, con turni che dovrebbero durare al massimo 13 ore, e tra un turno e l'altro sarebbe obbligatorio un riposo di almeno 11 ore. La realtà nel nostro Paese è invece quella dove sempre più medici sono «costretti» a turni straordinari pur di coprire le esigenze degli ospedali; durante il periodo estivo, con le ferie, le difficoltà si acuiscono enormemente. Gli ospedali riducono i letti e tagliano gli interventi chirurgici programmati per lasciare posto solo a quelli urgenti. Il pronto soccorso continua a lavorare a pieno regime pur essendo uno dei reparti con più difficoltà, insieme a pediatria, medicina interna, anestesia, radiologia, ginecologia e chirurgia generale. Peraltro, nei pronto soccorso lavorano troppo spesso medici non specialisti e spesso con contratti libero professionali;

    il recente studio di Anaao Assomed, stima in oltre 1 miliardo di euro, la cifra che solo nel 2017 le regioni e le aziende sanitarie hanno risparmiato tagliando la spesa per il personale sanitario, cui si aggiungono gli straordinari non retribuiti che rappresentano un «regalo» di 500 milioni di euro «elargito» ogni anno dai medici e dirigenti sanitari. Mediamente dal 2010 al 2017 la spesa globale per il personale medico si è ridotta di circa il 10 per cento;

    in questi anni le regioni hanno cercato di affrontare, ognuna a modo suo e con una sorta di fai da te, il problema della carenza di personale, iniziando a chiamare medici pensionati, medici stranieri e qualcuno ha ipotizzato di chiamare i medici militari;

    nell'estate scorsa, per cercare una soluzione al buco di organico ormai gravissimo degli ospedali molisani, l'allora Ministra della difesa, Elisabetta Trenta, confermava che stava cercando una soluzione nelle Forze armate: «Stiamo esaminando la possibilità di inviare in Molise medici militari per far fronte alla carenza di personale sanitario negli ospedali, ma al momento non abbiamo ancora trovato una soluzione, stiamo continuando a cercarla». L'emergenza molisana nasceva dal rischio di chiusura di due ospedali per la mancanza di ortopedici, chirurghi, ginecologi e anestesisti;

    già nel 2018, in Piemonte sono arrivati i medici a gettone e in affitto, reclutati per fare anche solo un paio di notti;

    il Veneto prima ha proposto di richiamare chi era stato pensionato nei due anni precedenti, poi ha cercato di stringere accordi con università della Romania per reclutare i neospecializzati;

    anche i Servizi di emergenza 118 sono al collasso. Il presidente Sis 118, Mario Balzanelli, ha denunciato più volte come in alcuni casi si siano dovute sospendere le ferie per garantire l'assistenza. La situazione dei servizi di emergenza è conseguente a una grave carenza in tutte le regioni di medici e infermieri del 118. Sempre il presidente Sis ha ricordato come a Milano, ad esempio, vi siano solo 5 mezzi di soccorso con medico a bordo, tra ambulanze e auto mediche, mentre a Bologna sono solo 2 i mezzi di soccorso con medico. Ma la situazione è emergenziale un po’ in tutta Italia. A Taranto, per due anni, si è dovuto sospendere le ferie dei medici del 118 proprio per garantire il servizio; tutto questo mentre la Commissione europea indica una necessità di 230 mila medici entro il 2023, ed esiste una decennale, cronica e patologica carenza di infermieri;

    ad oggi, dopo ben 7 anni di studi (6 + 1 anno per l'esame di Stato) solo 1 medico su 3 ha la possibilità di continuare la carriera post-laurea. In particolare, quest'anno sono state disposte 8.000 borse di specializzazione (a fronte delle 6.200 dell'anno precedente) statali più 734 borse finanziate dalle regioni, ed altre 308 borse finanziate da enti pubblici o privati. Il tutto per 17.596 candidati. In questo modo si stima che circa 10.000 medici non hanno la possibilità di proseguire nel proprio percorso. Di questi, 1.500 ogni anno emigrano ad un costo per il nostro Paese di oltre 225 milioni di euro;

    la realtà è che si assiste al fallimento, in questi anni, della programmazione del numero di specialisti per regione e disciplina. Nei prossimi anni mediamente si laureeranno circa 10.000 medici ogni anno, ma il numero di contratti di formazione post lauream, è insufficiente a coprire la richiesta di specialisti e di percorsi formativi rispetto al numero di laureati. Questo ha prodotto un «imbuto formativo», che nel tempo ha ingabbiato in un limbo migliaia di giovani medici, che aumenteranno nei prossimi 5 anni fino ad oltre 20.000 senza un forte incremento dei contratti di formazione;

    nei prossimi 15 anni vi sarà carenza di circa 14 mila medici specialisti all'interno del Servizio sanitario nazionale. Come sottolinea la Fnomceo, c'è però un elemento che deve essere ben valutato ai fini di una corretta programmazione: già oggi si hanno più di diecimila medici laureati, abilitati, in attesa di accedere alle specializzazioni e al corso per la medicina generale. E questi medici raddoppieranno nel 2020-2021, quando cominceranno a laurearsi i quasi diecimila studenti immatricolati in sovrannumero nell'anno 2014/2015, dopo aver fatto ricorso al Tar per presunte irregolarità nei test d'accesso. A leggi attuali, proveranno il test «SSM» nel 2021. Ci si può quindi immaginare che al test del 2021 ci saranno 25 mila candidati;

    per Anaao, per quanto riguarda la formazione post-laurea, oltre ad incrementare ad almeno 9.500-10.000 i contratti post-laurea annuali, sarebbe necessario giungere ad una riforma globale passando ad un contratto di formazione-lavoro da svolgere fin dal primo anno in una rete di ospedali;

    l'asimmetria del numero dei contratti di formazione messi a bando, sia rispetto ai fabbisogni di personale individuati dalle regioni che al numero dei concorrenti, alimenta quello che oggi viene comunemente definito imbuto formativo: più di 10.000 medici laureati senza sbocco lavorativo;

    l'imbuto formativo obbliga annualmente giovani medici neolaureati a congelare il loro percorso formativo, non avendo a disposizione contratti di formazione specialistica. Ad invarianza di programmazione, quindi, il numero di esclusi dalle scuole di specializzazione è destinato ad aumentare annualmente sia per il progressivo incremento del numero programmato, sia per il sommarsi annuale degli esclusi stessi;

    secondo le proiezioni (Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane basate sui dati del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e del Ministero della salute), dei 56 mila medici che il Servizio sanitario nazionale perderà nei prossimi 15 anni saranno rimpiazzati solo il 75 per cento, cioè circa 42 mila;

    i dati dell'Anaao dicono che nel 2025 mancheranno all'appello 16.500 medici. Entro il 2025 è attesa un'uscita massiccia di medici dipendenti dell'Ssn, in quanto almeno il 50 per cento raggiungerà i requisiti per la pensione. Un fenomeno, accelerato solo in parte da «quota 100». A ciò si aggiunga che l'asimmetria del numero dei contratti di formazione messi a bando, rispetto ai possibili partecipanti, alimenta l'imbuto formativo, e quindi la condizione di precarietà dei laureati conseguente all'esclusione dal percorso formativo necessario per lavorare nel Servizio sanitario nazionale;

    si è di fronte ad una vera emergenza nazionale a cui vanno posti correttivi rapidi per evitare il collasso del sistema stesso;

    riguardo all'impatto che l'esodo di medici ospedalieri, legato non solo al pensionamento ma anche ad uscite precoci verso il privato, avrà sulle diverse specialità, rapporto Annao Assomed ha incrociato la proiezione del numero di specialisti che, a programmazione invariata, potrebbero uscire dalle scuole universitarie nei prossimi otto anni, con una previsione dei possibili pensionamenti di specialisti attivi nell'Ssn al 2025. Il risultato è, come già indicato, una carenza di circa 16.500 specialisti;

    ad oggi ci sono circa 25.000 medici non specialisti attivabili, e le borse statali sono solamente 8.000. Assieme alle borse regionali sono 8.734. Dunque solo 1 medico su 3 ha la possibilità di proseguire il proprio percorso;

    gran parte delle discipline mediche andranno in deficit di specialisti, rischiando di impoverire la qualità dei servizi offerti dall'Ssn, ma per alcune di esse la carenza rispetto al numero di specialisti formati, sarà maggiore, andando a costituire un'emergenza già nel breve termine;

    nelle scorse settimane il segretario della Fp Cgil, Andrea Filippi, ha chiesto al Ministro della salute, Roberto Speranza, di convocare quanto prima un tavolo di confronto con i sindacati, per affrontare l'emergenza legata alla carenza dei medici. La carenza di medici specialisti che si registra ormai in tutte le aziende sanitarie, «sta costringendo le Regioni a mettere in campo le soluzioni più disparate. Soluzioni che presentano inevitabili criticità, spesso anche pericolose in termini contrattuali e formativi, con gravi ricadute sulla qualità delle prestazioni: il Veneto con la proposta di far lavorare i pensionati e ora i non specialisti, il Molise che voleva richiamare i medici dell'esercito nei pronto soccorso, mentre più accettabili le soluzioni di Sicilia e Toscana che creano canali formativi paralleli in assenza di specialisti qualificati»;

    il precedente Ministro dell'istruzione dell'università e della ricerca Bussetti, con un decreto, ha aumentato il numero degli accessi alle facoltà di medicina e odontoiatria, allargando la platea dei futuri laureati. È però questa una strategia che, in conseguenza dell'imbuto formativo, non può avere gli effetti sperati, e finisce con l'illudere una generazione di aspiranti medici che non riusciranno a specializzarsi per l'esiguità dei posti. Inoltre si va a sovraccaricare un sistema già saturo: in molte università non ci sono neanche le aule necessarie a far lezione. Per non parlare dei laboratori, del numero di tutor e docenti e altro;

    la situazione è tale che ogni anno 1.500 medici vanno a specializzarsi all'estero, e non tornano, in quanto trovano un impiego a condizioni retributive, e non solo, sensibilmente migliori di quelle offerte dal nostro Paese. Costano all'Italia oltre 225 milioni di euro;

    inoltre, le condizioni retributive e di lavoro, con aumento dei carichi individuali, associato al mancato rispetto della normativa europea sui riposi, ha portato molti medici a lasciare gli ospedali pubblici in favore del privato alla ricerca di soddisfazioni professionali ed economiche maggiori;

    come ricorda il rapporto del sindacato Anaao Assomed, una delle regioni più colpite è il Veneto, dove la carenza di personale e di specialisti disponibili a lavorare negli ospedali è tale da produrre un ulteriore problema: a fronte della carenza ufficialmente riconosciuta di 1.295 medici specialisti, nei concorsi indetti per la selezione a tempo indeterminato si sta presentando un numero di candidati inferiore a quello richiesto. La stessa regione denuncia, infatti, che 357 posizioni vacanti non sono state coperte. I numeri più elevati riguardano ancora una volta le specialità dell'emergenza, anestesia e rianimazione e medicina d'urgenza;

    va inoltre considerato che attualmente il test di ammissione alle scuole specialistiche permette di indicare sede e disciplina di preferenza. Nel caso si fosse selezionati per una sede, ma non fosse la prima scelta, si può rinunciare e ritentare l'esame l'anno successivo, di fatto sprecando una borsa di specializzazione. L'Associazione liberi specializzandi quantifica lo spreco per il 2016, quando il 12,2 per cento di studenti iscritti a specializzazioni ha scelto di ritentare l'anno successivo, in un totale di 510 borse perse. Nel 2017 il totale di borse abbandonate è stato di 654, pari al 9,54 per cento;

    dunque, del totale dei contratti di specializzazione, solo una parte consente effettivamente di avere medici specialisti per la sanità pubblica italiana. Infatti, anche escludendo coloro che non termineranno il percorso, si stima che il 25 per cento dei neo-specializzati non sceglierà di entrare nel Servizio sanitario nazionale, ma opterà per il settore privato o per aziende ospedaliere di altri Paesi;

    non è affatto chiaro peraltro, se dette risorse stanziate ma non utilizzate e già messe a bilancio, vengano poi recuperate e con esse vengano rifinanziati nuovi contratti. Peraltro, sono risorse che non è chiaro se rimangano al Ministero dell'economia e delle finanze o al Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca;

    il Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca ha aumentato il numero dei contratti di formazione specialistica per l'anno 2019/2020 di più di 1.800 unità rispetto all'edizione del 2018, portandoli da 6.197 a 8.000. Un aumento positivo ma insufficiente. Così come insufficiente seppur rappresenti un primo parziale risultato, è la previsione contenuta nella legge di bilancio 2019 della partecipazione degli specializzandi dell'ultimo anno a concorsi per dirigenti medici dell'Ssn. Ciò permetterebbe, come sottolineato anche dall'Anaao, di anticipare l'entrata nel mondo del lavoro rendendo più rapido il già macchinoso sistema concorsuale previsto per garantire il turnover nei reparti ospedalieri;

    appena insediato, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca Lorenzo Fioramonti, ha affermato di voler andare verso un'abolizione graduale del numero chiuso a medicina. Purtroppo, come ha ben sottolineato anche la Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo), aprire l'accesso, senza aver prima smaltito l'imbuto formativo e senza una riforma strutturale del sistema formativo, farebbe collassare il sistema, senza risolvere peraltro nei tempi necessari la carenza di specialisti, che riuscirebbero a formarsi quando già l'emergenza dovuta alla «gobba pensionistica» sarebbe superata;

    in questi giorni la Conferenza delle regioni ha predisposto un documento con le loro proposte volte a superare l'emergenza, e la richiesta al Governo per stanziare risorse aggiuntive,

impegna il Governo:

1) a stanziare già nel prossimo disegno di legge di bilancio le opportune risorse per incrementare il Fondo sanitario nazionale, quantificabili in 10 miliardi di euro in tre anni, quale livello minimo di finanziamento per cominciare ad affrontare le principali criticità;

2) a varare un piano straordinario di assunzioni del personale sanitario e personale medico specializzato, una parte del quale oggi lavora a partita Iva;

3) ad adottare tutte le iniziative volte a rendere la formazione medica maggiormente legata al fabbisogno e alla programmazione del Servizio sanitario nazionale, dove comunque l'università svolga un ruolo di coordinamento delle attività didattiche e di ricerca e di collaborazione con le strutture ospedaliere diffuse sul territorio;

4) a finanziare con il prossimo disegno di legge di bilancio almeno 2.000 ulteriori borse, così da arrivare ad almeno 10 mila borse statali, a cui aggiungere le borse regionali, minimizzando il più possibile il rapporto neo laureati/borse e, quindi, l'imbuto formativo;

5) ad avviare una efficace programmazione pluriennale che tenga conto delle esigenze future del sistema, nonché una complessiva riorganizzazione delle specializzazioni, che neutralizzi il fenomeno degli abbandoni, pari a circa 500 l'anno;

6) ad adottare iniziative normative volte a recuperare i fondi delle borse abbandonate, che oggi vanno persi, per riassegnarli in gran parte per il finanziamento dei contratti di formazione specialistica dei medici.
(1-00247) «Novelli, Bagnasco, Bond, Brambilla, Mugnai, Versace, Occhiuto».


   La Camera,

   premesso che:

    nel territorio autonomo di Hong Kong sono da tempo in atto pacifiche dimostrazioni popolari, il cui iniziale obiettivo era quello di ottenere la revoca di un provvedimento che avrebbe permesso di processare presso i tribunali della Repubblica Popolare i residenti nella ex colonia accusati di reati gravi punibili con la reclusione superiore a sette anni;

    per quanto il controverso provvedimento sia stato successivamente revocato, le manifestazioni proseguono e ne è possibile la loro futura finalizzazione ad un più complesso novero di obiettivi ulteriori. Alcuni dimostranti hanno iniziato a sfilare indossando bandiere degli Stati Uniti d'America ed invocando l'intervento dell'Amministrazione statunitense nella crisi;

    le autorità della Repubblica Popolare hanno esercitato pressioni di natura anche militare, disponendo che attorno ai territori autonomi di Hong Kong si radunasse un cospicuo numero di unità dell'Esercito Popolare, minaccia che grava tuttora sui dimostranti della ex colonia britannica;

    esiste il fondato motivo di ritenere che le autorità della Repubblica Popolare Cinese possano ricorrere alle maniere forti, qualora lo stato di agitazione in cui versa Hong Kong persista invece di attenuarsi progressivamente, anche per prevenire il possibile allargamento delle manifestazioni altle maggiori città delle province costiere;

    il pieno controllo di Hong Kong è in effetti essenziale alle autorità della Repubblica Popolare non solo per ragioni attinenti al prestigio nazionale, ma anche per motivi d'ordine pubblico interno connessi al mantenimento del carattere monopartitico del sistema politico cinese;

    il carattere strategico di Hong Kong è destinato ad aumentare ulteriormente, come prova la circostanza che la società gerente la borsa della ex colonia britannica abbia offerto 36,6 miliardi di dollari per acquisire il controllo dello Stock Exchange Group Plc di Londra. Qualora l'operazione riuscisse, infatti, la Repubblica Popolare Cinese potrebbe esercitare una significativa influenza su una piazza finanziaria di rilevanza mondiale che controlla a sua volta la borsa di Milano;

    gli accordi bilaterali intercorsi tra il Regno Unito e la Repubblica Popolare Cinese sottoscritti il 19 dicembre 1984, tuttora in vigore, prevedono la sottoposizione della ex colonia ad un'ampia forma di autonomia destinata a durare fino allo spirare del termine di 50 anni dal ritorno di Hong Kong alla Cina, avvenuto nel 1997;

    l'autonomia concessa ad Hong Kong prevede anche la circolazione di una divisa differente rispetto al renmimbi;

    è di straordinaria importanza che le previsioni della Dichiarazione sino-britannica del 19 dicembre 1984 vengano rispettate dalle autorità della Repubblica Popolare Cinese nella loro interezza fino allo spirare del termine previsto, anche qualora le manifestazioni in corso proseguissero ed iniziassero a perseguire finalità politiche più ambiziose,

impegna il Governo:

1) ad assumere in tutte le sedi internazionali competenti ogni iniziativa ritenuta utile a prevenire il ricorso alla forza da parte delle autorità della Repubblica Popolare Cinese nei confronti dei territori autonomi di Hong Kong;

2) a sostenere in tutti i fori internazionali competenti il pieno rispetto dello statuto di autonomia concesso ad Hong Kong con la Dichiarazione sino-britannica del 19 dicembre 1984.
(1-00248) «Formentini, Molinari, Zoffili, Billi, Comencini, Grimoldi, Picchi, Ribolla».


   La Camera,

   premesso che:

    la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne è stata istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite con la risoluzione n. 54/134 del 17 dicembre 1999, che ha scelto la data del 25 novembre e che ha invitato i Governi, le organizzazioni internazionali e le organizzazioni non governative a organizzare attività volte a sensibilizzare l'opinione pubblica;

    in data 14 novembre 2018, sono state approvate, ad amplissima maggioranza, le mozioni parlamentari Annibali, Boldrini, Gebhard ed altri n. 1-00070, D'Arrando, Panizzut ed altri n. 1-00074 e Carfagna ed altri n. 1-00075, in forza delle quali il Governo pro tempore ha assunto impegni precisi di contrasto alla violenza e alla discriminazione nei confronti delle donne;

    il fenomeno della violenza contro le donne viene definito dall'articolo 3 della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (cosiddetta «Convenzione di Istanbul»), ratificata dall'Italia con la legge 27 giugno 2013, n. 77, come «una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella sfera pubblica che nella sfera privata»;

    essa affonda le sue radici in una profonda, e persistente, disparità di potere tra uomini e donne e in un'organizzazione patriarcale della società che ancora oggi permea le pratiche e la vita quotidiana di milioni di uomini e donne in Italia;

    tutti i dati e le ricerche pubblicate negli ultimi anni, dicono che la violenza contro le donne nel nostro Paese è un fenomeno ampio, diffuso e strutturale. Nella gran parte dei casi gli autori della violenza sono il partner, i parenti o gli amici. Nei casi più estremi la violenza contro le donne può portare al femminicidio;

    il 28 giugno 2019 Eures ha pubblicato un rapporto sugli «Omicidi in famiglia» da cui emerge che nel 2018 il 49,5 per cento delle vittime degli omicidi volontari commessi in Italia è stato ucciso all'interno della sfera familiare o affettiva (163 su 329 vittime di omicidio totali): la percentuale più alta mai registrata in Italia. Di queste, il 67 per cento è costituito da donne (109 vittime) a fronte di 54 vittime di sesso maschile (33 per cento). L'ambito familiare arriva ormai a costituire il contesto omicidiario quasi esclusivo per le vittime femminili, visto che ben l'83,4 per cento delle 130 donne uccise in Italia nel 2018 ha trovato la morte per mano di un familiare o di un partner/ex partner;

    i costi sociali ed economici della violenza dimostrano che le risorse stanziate per la prevenzione comportano netti risparmi rispetto a quanto il sistema pubblico è costretto a spendere una volta che la violenza viene realizzata. Anche le conseguenze sulla salute delle donne sono pesantissime;

    questa fotografia così nitida è resa possibile anche grazie al lavoro, spesso volontario, di tante donne dei centri antiviolenza non istituzionali, che da sempre affiancano le donne maltrattate ascoltandole e accompagnandole nella costruzione di percorsi personali di fuoriuscita dall'esperienza di violenza;

    il ruolo delle associazioni di donne va riconosciuto, valorizzato e potenziato quale strumento fondamentale per la lotta contro la violenza maschile sulle donne. In tal senso, va garantita su tutto il territorio la presenza di case rifugio in linea con i parametri internazionali, privilegiando quelle che possono garantire la qualità dei servizi e la competenza di genere e professionale;

    una forma di violenza molto diffusa e difficile da riconoscere, esplicitamente citata dalla Convenzione di Istanbul, è la violenza economica;

    come si legge nella guida sulla violenza economica curata dalla casa di accoglienza delle donne maltrattate di Milano (Cadmi), con il contributo della Globlal Thinking Foundation, «la definizione condivisa, anche a livello internazionale, di violenza economica può essere così espressa: la violenza economica si riferisce a atti di controllo e monitoraggio del comportamento di una donna in termini di uso e distribuzione del denaro, con la costante minaccia di negare risorse economiche, ovvero attraverso un'esposizione debitoria, o ancora impedendole di avere un lavoro e un'entrata finanziaria personale e di utilizzare le proprie risorse secondo la sua volontà». Essa spesso si cela dietro a comportamenti ancora culturalmente giustificati e accettati. È diffusa trasversalmente ed indipendentemente dalle fasce di reddito delle donne;

    le difficoltà che le donne incontrano nella fuoriuscita dalla violenza sono spesso legate a scarsi strumenti di welfare a sostegno dei loro percorsi di libertà e autonomia. Questo fa sì che sovente esse tornino dal partner violento per le difficoltà economiche che si trovano ad affrontare;

    in questo senso occorre salutare positivamente le buone pratiche e gli strumenti adottati a livello regionale, come il cosiddetto «reddito di libertà» o il «contributo di libertà». Misure di sostegno economico, specifiche per le donne vittime di violenza domestica, al fine di sostenerne l'autonomia e lo sviluppo di un progetto di vita indipendente. Strumenti che aiutano le donne a scardinare il ricatto della dipendenza economica dall'uomo violento;

    questo tipo di misure sono ancora distribuite a macchia di leopardo. Occorrerebbe invece introdurre una misura universale e omogenea su tutto il territorio nazionale;

    per aiutare l'inserimento nel mondo del lavoro delle donne vittime di violenza, occorre prorogare ed estendere gli sgravi contributivi per l'assunzione di donne vittime di violenza di genere a tutte le categorie di datori di lavoro. Sarebbe altresì importante estendere alle donne vittime di violenza una quota di riserva sul numero di dipendenti dei datori di lavoro pubblici e privati, prevedendo per loro l'estensione dell'articolo 18 della legge 12 marzo 1999, n. 68;

    come pubblicato dal quotidiano La Stampa in data 4 giugno 2019, «da una ricerca Episteme sulle donne e la gestione economica delle famiglie, emerge che oltre tre donne su 10 non hanno un conto corrente personale». Tale ricerca fotografa una diffusa dipendenza economica delle donne che spesso è uno dei motivi che porta ad accettare abusi e violenze fisiche. In tal senso, si rende necessario promuovere iniziative al fine di informare le donne sui loro diritti in ambito economico e su come riconoscere la violenza economica ed eliminarla dalla propria vita. Molto si potrebbe fare anche sul fronte bancario;

    al fine di contrastare forme di violenza volte a rendere la donna economicamente dipendente, anche attraverso l'occultamento doloso delle risorse patrimoniali al fine di non corrispondere quanto dovuto a titolo di mantenimento al coniuge o ai figli, occorre introdurre specifici e dedicati interventi anche di carattere normativo;

    un numero enorme di donne ha poi subito una qualche forma di molestia sessuale: l'Istat dice che nel 2018, 8 milioni 816 mila donne (il 43,6 per cento) fra i 14 e i 65 anni, ha subito molestie sessuali nel corso della vita. Per quel che riguarda le molestie sul lavoro, dove esiste un sommerso importante, del 7,5 per cento di donne che ha subito ricatti sessuali sul lavoro, solo il 20 per cento ne ha parlato e quasi nessuna ha denunciato;

    un fenomeno ampio a cui occorre dare una risposta anche attraverso un intervento normativo che dia applicazione all'articolo 40 della Convenzione di Istanbul;

    occorre poi ricordare che il 21 giugno 2019, la Conferenza internazionale del lavoro ha approvato a Ginevra la Convention concerning the elimination of violence and harassment in the world of work con 439 voti a favore, sette contrari e 30 astensioni dai delegati della Conferenza che riunisce i delegati dei Governi, sindacati e rappresentanti degli imprenditori dei 186 Paesi membri dell'Ilo (Organizzazione internazionale del lavoro). La Convenzione, accompagnata da una relativa «Raccomandazione», afferma che la violenza e le molestie nel mondo del lavoro «sono inaccettabili e incompatibili con un lavoro dignitoso». Gli Stati che ratificano la Convenzione si impegnano ad adottare disposizioni contro violenze e molestie e a fornire un facile accesso a mezzi di ricorso e a rimedi;

    nella mozione n. 1-00243, a prima firma dell'On. Lisa Noja, si evidenzia come «le donne con disabilità abbiano una probabilità di essere vittime di violenza da due a cinque volte superiore rispetto alle donne non disabili, frequentemente nell'ambito delle relazioni domestiche, a causa della posizione di maggiore fragilità e vulnerabilità sofferta»;

    il «Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne» per il triennio 2017-2020, approvato nel novembre 2017 in Consiglio dei ministri dal Governo prò tempore, è uno strumento importante volto a dare piena attuazione alla Convenzione di Istanbul. Esso ripropone i tre assi strategici della Convenzione di Istanbul: prevenire, proteggere e sostenere, perseguire e punire, oltre ad un asse trasversale di supporto all'attuazione relativo alle politiche integrate. Il piano, dovrà essere rinnovato nel 2020;

    in attuazione dell'articolo 1, commi 790 e 791, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, e per il compimento degli obiettivi posti al paragrafo 5.4 «Soccorso» del piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 novembre 2017, sono state adottate le linee guida nazionali per l'assistenza socio-sanitaria alle donne che subiscono violenza e che si rivolgono al pronto soccorso, pubblicate in Gazzetta Ufficiale il 30 gennaio 2018;

    le regioni, in virtù della loro competenza di tipo concorrente in materia di programmazione, coordinamento e indirizzo degli interventi socio-sanitari ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, devono adoperarsi affinché le aziende sanitarie e le aziende ospedaliere diano puntuale attuazione alle linee guida nazionali. Ad oggi non si sa quante regioni lo stiano facendo;

    la Dichiarazione sull'eliminazione della violenza contro le donne (Nazioni Unite, 20 dicembre 1993) include esplicitamente la tratta e la prostituzione forzata tra le forme di violenza di genere. Il 26 febbraio 2016 il Consiglio dei ministri del Governo pro tempore ha adottato il primo piano d'azione nazionale contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani per gli anni 2016-2018. Il piano deve essere ancora rinnovato;

    negli ultimi anni il legislatore è intervenuto più volte a livello normativo, perseguendo tre obiettivi: prevenire i reati, punire i colpevoli e proteggere le vittime. In tal senso, sono state introdotte misure, sostanziali e processuali, volte a garantire alla vittima di reati di violenza domestica e di genere, una tutela più incisiva ed efficace e ad imprimere tempestività alla risposta giudiziaria;

    si può dire che la disciplina di settore ha raggiunto un livello avanzato di tutela per le vittime dei reati in argomento: dalla legge n. 119 del 2013, la cosiddetta legge sul femminicidio, alla legge n. 4 del 2018, volta a rafforzare le tutele per i figli rimasti orfani a seguito di un crimine domestico e da ultimo con l'approvazione della legge 19 luglio 2019, n. 69, Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, cosiddetto codice rosso. Un provvedimento dalla portata molto ampia che ha colmato alcuni vuoti normativi ed è intervenuto sulla necessità condivisa di velocizzare l'instaurazione del procedimento penale e, conseguentemente, accelerare l'eventuale adozione di provvedimenti di protezione delle vittime. Una legge tuttavia perfettibile, nel solco delle indicazioni emerse nel corso delle audizioni in Commissione giustizia, del parere espresso del Consiglio superiore della magistratura e delle proposte di coordinamento e buone prassi tra gli uffici della Scuola superiore della magistratura;

    in merito alla sicurezza delle donne, i dati dicono che la diffusione di armi comporta un pericolo maggiore di omicidi e di vittime nei settori più indifesi, in particolare le donne. Nel merito, Giorgio Beretta, analista dell'Opal (Osservatorio permanente sulle armi leggere) in una intervista a Linkiesta del 15 gennaio 2019, dichiarava che «dei 92 tra omicidi di donne e femminicidi che sono stati commessi nel 2018, ben 28, cioè quasi uno su tre, sono stati compiuti da persone con regolare licenza per armi. In sintesi, oggi l'ambito di maggior pericolosità per gli italiani, soprattutto per le donne, è quello familiare e relazionale e se c'è un'arma in casa è più probabile che venga utilizzata per ammazzare un familiare, spesso una donna, che per respingere eventuali ladri»;

    il Rapporto ombra delle associazioni di donne per il Grevio, il gruppo di esperte sulla violenza contro le donne del Consiglio d'Europa (ottobre 2018), incaricato di monitorare l'attuazione della Convenzione di Istanbul in Italia, raccomanda come «urgentissimo e fondamentale menzionare espressamente nel codice civile la violenza intra-familiare come causa di esclusione di affidamento condiviso e la violenza assistita come causa di decadenza o limitazione della responsabilità genitoriale»;

    al fine di garantire una tutela preventiva della persona offesa, la legge 19 luglio 2019, n. 69, ha rafforzato l'interlocuzione tra la magistratura penale e quella civile, in caso di contemporanea pendenza di procedimenti relativi alle stesse parti, al fine di ridurre il rischio di decisioni confliggenti in tema di tutela delle vittime o, al contrario, di strumentalizzazione, nel giudizio civile della vicenda penale;

    occorre tuttavia segnalare come ancora in troppi casi accade che un procedimento penale scaturito da una denuncia per violenza domestica proceda completamente staccato dal procedimento civile di separazione e si disponga l'affido condiviso dei figli e/o si impongano diritti di visita che mettono a repentaglio i diritti e la sicurezza della vittima o dei minori;

    accade altresì che si colpevolizzino le madri che denunciano la violenza, di cui viene messa in discussione la competenza genitoriale con meccanismi quali la Pas (sindrome dell'alienazione parentale, che non ha basi scientifiche come ribadito anche dalla Corte di cassazione) e la vittimizzazione secondaria a tutti i livelli, che determinano una prosecuzione dell'esercizio di potere e di controllo nei confronti della donna. La Pas passa sovente attraverso le consulenze tecniche d'ufficio (Ctu), redatte da psicologi, psicoterapeuti o psichiatri nominati dal giudice;

    questa problematica sarà indagata e approfondita dal lavoro della nuova Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, come dichiarato, secondo quanto consta ai firmatari del presente atto, dalla sua Presidente, senatrice Valeria Valente;

    occorre ricordare poi che l'articolo 31 della Convenzione di Istanbul impone di prendere in dovuta considerazione gli episodi di violenza vissuti dai figli minori «al momento di determinare i diritti di custodia e di visita dei figli»;

    in tal senso, va salutata positivamente la presa di posizione della Ministra per le pari opportunità e la famiglia, Elena Bonetti, che in merito al disegno di legge cosiddetto Pillon, che proponeva una riforma in materia di affido condiviso, il cui contenuto ad avviso dei firmatari del presente atto viola la Costituzione e le convenzioni internazionali, ha annunciato la volontà di non sostenere il provvedimento;

    la prevenzione resta centrale nella lotta alla violenza di genere. Essa passa inevitabilmente da una profonda opera di promozione di una cultura ispirata alla parità di genere, al superamento degli stereotipi, del sessismo e della misoginia. Un cambiamento che deve investire in maniera decisa e forte tutti gli istituti e i soggetti della formazione e della cultura;

    le politiche annunciate dall'attuale Governo in tema di conciliazione, parità di genere e welfare, vanno nella giusta direzione e segnano un'importante inversione di tendenza;

    centrale è il ruolo della scuola di ogni ordine e grado al fine di educare al rispetto di genere, contrastare ogni forma di violenza e discriminazione e favorire il superamento di pregiudizi e disuguaglianze;

    purtroppo, ancora oggi, nei mondi che vengono a contatto con la violenza sulle donne, sono presenti molti pregiudizi. Per questo la specializzazione e la formazione di tutti i soggetti che vengono a contatto con la violenza sulle donne, sono cruciali. Anche su questo si è intervenuti con la legge 19 luglio 2019, n. 69, ma occorre investire di più in termini di risorse umane ed economiche;

    sul piano della comunicazione viene ancora riservata poca attenzione al ruolo che i media possono avere per consolidare una coscienza sociale diffusa di condanna del fenomeno. Troppe volte, soprattutto nei casi di femminicidio, i media tendono a far passare un messaggio fuorviante e diseducativo, sia sul piano del linguaggio, che su quello della rappresentazione della notizia. Espressioni come «Amore malato», «eccesso di amore», «raptus», «gigante buono», richiamano ad una sorta di giustificazionismo dell'azione violenta. Anche su questo punto la Convenzione di Istanbul interviene in maniera puntuale con l'articolo 17, prevedendo la sensibilizzazione degli operatori dei settori dei media per la realizzazione di una comunicazione e di un'informazione, anche commerciale, rispettosa della rappresentazione di genere;

    in tal senso, il Manifesto di Venezia, promosso dalla Commissione pari opportunità della Federazione nazionale della stampa italiana con altri sindacati e l'associazione Giulia giornaliste, ha messo l'informazione al centro della rivoluzione culturale che può contrastare la violenza sulle donne;

    nell'era del web, la violenza, come è noto, corre anche in rete e le donne sono le principali vittime del discorso d'odio on line, il cosiddetto hate speech. L'odio in rete si sta diffondendo come un fiume in piena ed è in costante crescita nel nostro Paese. È ormai evidente che si tratta di un problema da affrontare con urgenza, tanto a livello nazionale che mondiale;

    sul fronte della tutela delle donne vittime di violenza e in funzione preventiva, è fondamentale il trattamento degli uomini violenti anche nella fase di esecuzione della pena. I dati dicono che, espiata la pena, gli uomini violenti tendono a commettere altri reati della stessa natura. Su questo punto così rilevante è intervenuta la legge 19 luglio 2019, n. 69, ma occorre tuttavia continuare a lavorare al fine di rimuovere le condizioni all'origine dei fatti violenti e causa di una probabile recidiva. Tale impegno va supportato dalle necessarie risorse umane ed economiche;

    la lotta alla violenza contro le donne necessita di ulteriori risorse umane ed economiche. Esse devono essere destinate con criteri trasparenti ed attenti ai principi sanciti dalla Convenzione di Istanbul;

    un obiettivo importante e condivisibile della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio è quello di arrivare ad una legge quadro sulla violenza contro le donne al fine di sistematizzare e dare omogeneità alla normativa esistente,

impegna il Governo:

1) a mettere in campo tutte le iniziative necessarie a raggiungere la piena applicazione della Convenzione di Istanbul;

2) ad adottare iniziative volte alla prevenzione e al contrasto della violenza economica;

3) ad adottare iniziative per introdurre strumenti di welfare volti a sostenere economicamente le donne nel loro percorso di fuoriuscita dalla violenza e a favorirne l'inserimento nel mondo del lavoro e l'autonomia abitativa;

4) a mettere in campo strategie efficaci per prevenire e perseguire ogni forma di violenza fisica, psicologica e sessuale, che può affliggere le donne nel contesto di un rapporto di lavoro e ad adottare le iniziative di competenza per ratificare quanto prima la Convention concerning the elimination of violence and harassment in the world of work;

5) ad assumere le iniziative necessarie ad approvare un nuovo piano nazionale antiviolenza per il triennio 2020-2023;

6) a monitorare l'attuazione a livello regionale delle linee guida nazionali per l'assistenza sociosanitaria alle donne che subiscono violenza e che si rivolgono al pronto soccorso;

7) a definire il nuovo piano d'azione nazionale contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani;

8) ad adottare ogni iniziativa utile a monitorare e controllare la diffusione delle armi per uso di difesa personale, nonché ad assicurare che alla detenzione legittima di un'arma corrisponda una tempestiva ed efficace comunicazione ai familiari, ai conviventi maggiorenni, anche diversi dai familiari, compreso il convivente more uxorio;

9) ad adottare iniziative per introdurre modifiche al codice civile al fine di prevedere la violenza intra-familiare come causa di esclusione di affidamento condiviso e la violenza assistita come causa di decadenza o limitazione della responsabilità genitoriale;

10) a promuovere la parità tra i sessi e la prevenzione della violenza di genere attraverso l'educazione scolastica, assumendo iniziative per destinare a tale scopo nuove risorse finanziarie;

11) ad assumere iniziative per investire risorse adeguate per la formazione specifica e per il necessario aggiornamento del personale chiamato ad interagire con la vittima, polizia e carabinieri, magistrati, personale della giustizia, polizia municipale e personale sanitario, anche nell'ambito di specifici capitoli di spesa destinati alla violenza di genere;

12) ad adottare politiche volte a garantire la parità di genere e ad incrementare l'occupazione femminile, elemento quest'ultimo fondamentale per la liberazione delle donne dalla violenza;

13) ad assumere iniziative per dare attuazione all'articolo 17 della Convenzione di Istanbul, anche attraverso l'adozione di misure per la promozione da parte dei media, della soggettività femminile e l'introduzione di efficaci meccanismi di monitoraggio e di intervento sanzionatorio su comportamenti mediatici e comunicativi di ogni tipo che esprimano sessismo e visione stereotipata dei ruoli tra uomo e donna;

14) ad adottare iniziative volte a prevenire e contrastare il fenomeno dell’hate speech;

15) ad assumere le iniziative necessarie al fine di destinare le risorse umane ed economiche necessarie per i programmi di trattamento per gli uomini autori di violenza contro le donne;

16) ad adottare iniziative volte ad incrementare le risorse destinate al Fondo per le pari opportunità, al Fondo per le vittime di reati intenzionali violenti, al Fondo antitratta e, in generale, a tutte le politiche per la promozione della parità di genere e per la prevenzione ed il contrasto di ogni forma di violenza contro le donne;

17) ad adottare le iniziative normative ed organizzative necessarie all'attuazione della legge n. 4 del 2018, volta a rafforzare le tutele per i figli rimasti orfani a seguito di un crimine domestico, al fine di renderla finalmente pienamente operativa;

18) ad adottare iniziative per pervenire a una legge quadro sulla violenza contro le donne al fine di sistematizzare e dare omogeneità alla normativa esistente.
(1-00249) «Annibali, Boschi, Marattin, Anzaldi, Carè, Colaninno, D'Alessandro, De Filippo, Del Barba, Marco Di Maio, Ferri, Fregolent, Gadda, Giachetti, Librandi, Migliore, Mor, Moretto, Nobili, Noja, Paita, Portas, Rosato, Toccafondi, Ungaro».

Risoluzione in Commissione:


   La VI e IX Commissione,

   premesso che:

    la Corte di giustizia dell'Unione europea, con sentenza C-449/17, esprimendosi su un rinvio pregiudiziale relativo all'interpretazione data ad una direttiva europea dall'ordinamento giuridico tedesco, ha stabilito che per quanto concerne l'insegnamento della guida automobilistica impartito da una scuola guida per il conseguimento della patente per veicoli di categoria B e C1, non si applica l'esenzione dal pagamento dell'Iva perché non rientra nell’«insegnamento scolastico o universitario», ai sensi dell'articolo 132, paragrafo 1, lettere i) e j), della direttiva 2006/112;

    con risoluzione 79/E del 2 settembre 2019 l'Agenzia delle entrate, rispondendo all'interpello di un utente, ha recepito quanto stabilito dalla citata sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea e quindi ha stabilito che per l'insegnamento impartito da una scuola guida per l'ottenimento delle patenti di guida per i veicoli delle categorie B e C1 non può ritenersi applicabile l'esenzione dal pagamento dell'Iva;

    di conseguenza, in base alla richiamata sentenza le suddette prestazioni devono considerarsi imponibili, ad aliquota ordinaria, per tutti i periodi d'imposta ancora accertabili con il correlato obbligo per gli operatori di emettere nota di variazione in aumento, ai sensi dell'articolo 26, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633;

    è evidente che suddetta sentenza ha destato molta preoccupazione tra gli operatori del settore in quanto l'interpretazione resa dall'Agenzia delle entrate imporrebbe alle scuole guida il versamento dell'Iva precedentemente non dovuta per tutte le prestazioni rese a decorrere dal 1° gennaio 2014, ed implica l'introduzione dell'Iva del 22 per cento sulle lezioni impartite per il conseguimento delle patenti di guida;

    si tratta di importi di centinaia di milioni di euro a carico delle autoscuole e di un conseguente aumento dei costi per chi frequenterà le scuole guida per conseguire la patente;

    il gruppo parlamentare del PD in data 25 settembre 2019 ha presentato una interrogazione a risposta immediata in commissione trasporti, presso la Camera dei deputati, la n. 5-02762 chiedendo al Governo quali iniziative intendesse assumere in merito alle conseguenze della citata sentenza e della relativa risoluzione dell'Agenzia delle entrate per scongiurare ripercussioni negative per i cittadini e per il comparto delle autoscuole, fondamentale per le politiche di sicurezza stradale;

    in risposta al citato atto di sindacato ispettivo il 26 settembre il Governo ha testualmente affermato che «si sta valutando l'opportunità di un intervento normativo che, in coerenza con l'ordinamento europeo, escluda l'applicazione retroattiva della sentenza C-449/2017, evitando che la stessa operi in danno dei contribuenti che, sulla base del legittimo affidamento generato dalla disciplina nazionale, come interpretata dalla prassi dell'amministrazione finanziaria, hanno reso prestazioni in esenzione da IVA e l'intervento normativo si rende necessario anche al fine di meglio definire l'ambito applicativo dell'esenzione Iva prevista per le prestazioni didattiche»;

    suddetta risposta testimonia la consapevolezza dell'esecutivo sulla delicatezza della questione che investe un segmento importantissimo anche per quanto concerne le politiche di sicurezza stradale;

    non a caso l'articolo 230 del codice della strada prevede l'educazione stradale quale materia di insegnamento scolastico per espressa previsione di legge;

    l'articolo 123 del codice della strada attribuisce alle autoscuole la definizione di «scuole per l'educazione stradale, l'istruzione e la formazione dei conducenti» non lasciando alcun dubbio sulla funzione educativa delle stesse;

    come affermato dallo stesso Governo nell'ambito della risposta alla interrogazione il 26 settembre 2019 secondo la giurisprudenza europea, il principio del legittimo affidamento e la portata «innovativa» della pronuncia consentono di mitigare l'efficacia ex tunc delle sentenze pregiudiziali (a tale riguardo, si ricordano le sentenze della Corte di Giustizia del 21 settembre 2017, nelle cause C 326/15 e C 605/15) e di non applicare per il passato il principio in esse affermato,

impegnano il Governo:

   ad assumere iniziative normative per ridefinire, nel primo provvedimento utile all'esame del Parlamento, l'ambito applicativo dell'esenzione attualmente prevista per gli insegnamenti specifici quali quelli impartiti dalle scuole guida, attribuendo efficacia ex nunc alla sentenza C-449/2017 al fine di evitare che la stessa operi in danno dei contribuenti i quali, sulla base del legittimo affidamento generato dalla vigente norma interna, come interpretata dalla precedente prassi dell'amministrazione finanziaria, hanno reso prestazioni in esenzione da Iva;

   ad assumere iniziative per tutelare e valorizzare la funzione educativa delle autoscuole soprattutto in relazione al rafforzamento delle politiche di sicurezza stradale.
(7-00327) «Fragomeli, Gariglio, Bruno Bossio, Buratti, Cantini, Carnevali, Mancini, Mura, Pizzetti, Rotta, Topo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:

   la guerra dei dazi tra Unione europea e Usa sta arrivando ad un punto di non ritorno, con il pronunciamento della World Trade Organization (Wto) sull'entità dei dazi che gli Usa potranno applicare all'Unione europea quale ritorsione per gli incentivi considerati illegittimi, pari a 11,2 miliardi di dollari (usd.), che Gran Bretagna, Francia, Germania e Spagna hanno concesso al Consorzio aeronautico Airbus;

   già il 13 di settembre 2019 la Wto ha accettato la tesi avanzata dagli Usa e voci interne all'Organizzazione affermano che l'entità dei dazi ritenuti applicabili si aggira attorno ai 7 miliardi usd. Washington ha già compilato una lista del valore di 25 miliardi usd di beni che potrebbero essere colpiti con dazi ad aliquote differenziate;

   l'ufficio del commercio (Ustr) del Governo Usa ha presentato il 3 luglio 2019 una nuova lista di prodotti su cui apporre dazi per 4 miliardi usd. Questa si è aggiunta a quella già stilata ad aprile 2019 per un valore di 11,2 miliardi usd. In questa prima lista si distingueva tra dazi da applicare ai soli Paesi del Consorzio Airbus e dazi relativi ai prodotti di tutti Paesi dell'Unione, nella quale erano già presenti il vino, il prosecco, l'olio d'oliva e il pecorino;

   nella lista indistinta del 3 luglio ci sono, tra l'altro, i prodotti lattiero caseari, («italian-type cheese»), dai formaggi freschi al Parmigiano Reggiano, al Grana Padano al Provolone. C'è il caffè tostato, ci sono le carni e gli insaccati;

   al momento l’export dell'agroalimentare italiano negli Usa, cresciuto dell'8,9 per cento, nei primi otto mesi del 2019, è fiorente e in piena espansione;

   i calcoli elaborati dal Ministero dello sviluppo economico, sulla base di dati delle dogane Usa, indicano per l'Italia un impatto di 5,07 miliardi usd su esportazioni, in quel Paese, pari a 54,7 miliardi. Per la Francia l'impatto è di 8,1 miliardi (su 52,4), per la Germania quasi 4,5 (su 125,9), per il Regno Unito 3 (su 60,7), per la Spagna 1,8 (su 17,2);

   l'Italia ha già sottolineato agli Usa che ritiene la ripartizione dei dazi in discussione estremamente squilibrata, al punto che l’export italiano sarebbe – dopo la Francia e prima degli altri tre Paesi – il più danneggiato. Ci si trova al centro di una guerra commerciale rispetto alla quale si è totalmente estranei, trattandosi di una disputa che dovrebbe coinvolgere solo i Paesi parte del consorzio Airbus;

   particolarmente grave è la situazione per i produttori di Parmigiano Reggiano e Grana Padano minacciati da dazi fino al 100 per cento del valore. Il dazio oggi applicato dagli Stati Uniti su questi prodotti, che è di 2,5 dollari al chilo, potrebbe salire a 20 dollari. Il che significa che sugli scaffali il costo di questi formaggi salirebbe dagli attuali 40 a 60 dollari al chilogrammo, facendoli diventare un prodotto di nicchia e favorendo i formaggi italian sounding prodotti localmente;

   solo per quanto riguarda il Parmigiano, negli Usa sono stati esportati oltre 10 mila tonnellate nel 2018 (+15 per cento rispetto al 2017, +26 per cento nei primi sei mesi del 2019). Nei magazzini sono in stagionatura circa 700 mila forme destinate agli Usa che, se bloccate dai dazi, dovrebbero essere collocate su altri mercati. È quindi facile prevedere un crollo dei prezzi non solo del formaggio ma anche nell'intera filiera;

   il Grana Padano negli Usa realizza 60 milioni di euro, esportando, assieme al Parmigiano, 400 mila forme l'anno. Secondo i calcoli del Consorzio del Grana i dazi porterebbero a un calo degli affari di 50 milioni di euro: l'80 per cento del valore dell’export. Tra tutte le Dop, il Grana Padano è il prodotto più consumato del mondo, con circa 5 milioni di forme vendute ogni anno. Assieme al Parmigiano ha visto crescere l’export del 16 per cento nel primo semestre del 2019;

   Coldiretti ha dimostrato, elaborando i dati del dipartimento per l'agricoltura statunitense (Usda), che negli Usa il mercato delle imitazioni dei formaggi italiani ha registrato una crescita esponenziale negli ultimi 30 anni. Il risultato è che «sul mercato a stelle e strisce appena l'1 per cento dei formaggi di tipo italiano consumati, ha un legame con l'Italia». Su questo fronte l'amministrazione americana appare totalmente insensibile e, addirittura, grazie ai dazi «mirati», favorevole ai falsificatori;

   le azioni poste in essere dallo Stato italiano nei confronti dell'amministrazione e del Governo Usa appaiono insufficienti. È necessario innalzare il livello di pressione, è necessario dare piena voce alle legittime rimostranze del comparto agroalimentare nazionale, che vale oggi 205 miliardi di euro e ha esportato (2018) per 41,8 miliardi –:

   quali urgentissime iniziative, anche di natura diplomatica, il Governo intenda adottare a fronte alla situazione esposta in premessa, sia per quel che riguarda la riaffermazione dell'estraneità dell'Italia alla concessione degli incentivi considerati illegittimi al consorzio Airbus, sia con riferimento al contrasto dell’italian sounding dilagante degli Stati Uniti.
(2-00510) «Fiorini, Mazzetti».

Interrogazione a risposta orale:


   ASCARI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:

   nel luglio 2019 è stato approvato in via definitiva dal Senato il cosiddetto codice rosso di cui alla legge 19 luglio 2019, n. 69, contenente Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere;

   la legge, nonostante le innumerevoli proposte di modifica, in buona parte accolte nel corso dell’iter legislativo, contiene ancora delle criticità, a suo tempo evidenziate;

   la legge è entrata in vigore il 9 agosto 2019 e le istituzioni coinvolte, nonché associazioni ed esperti, avrebbero già notato le prime falle normative;

   una delle principali critiche riguarda l'articolo 2 in cui si prevede che «il pubblico ministero assume informazioni dalla persona offesa e da chi ha presentato denuncia, querela o istanza, entro il termine di tre giorni dall'iscrizione della notizia di reato»;

   visto il gran numero di denunce riguardante i reati previsti nel «codice rosso», poiché tutte le notizie di reato in materia dovrebbero essere trattate urgentemente nella stessa stringente misura, molti magistrati hanno paventato il rischio di un abbassamento del livello di tutela per i fatti più gravi, soprattutto in quegli uffici ove non vi siano adeguate risorse umane ed organizzative per seguire questi procedimenti;

   secondo l'interrogante, si rende quindi necessario un monitoraggio dell'applicazione delle norme contenute all'interno del «codice rosso» al fine di verificarne l'efficacia ed eventualmente intervenire successivamente per correggere eventuali impreviste distorsioni –:

   se non intenda, per quanto di competenza, adottare iniziative al fine di iniziare un monitoraggio dell'applicazione delle norme contenute all'interno del «codice rosso», per la durata di 6 mesi, e presentare, decorso tale termine, una relazione al Parlamento, al fine di valutare eventuali proposte di revisione normativa;

   se non si intendano adottare iniziative, per quanto di competenza, volte ad acquisire elementi su quali siano i criteri di trattazione nelle varie procure italiane dei procedimenti di cui al «codice rosso» e a elaborare delle linee guida a livello nazionale.
(3-01002)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FERRO, TRANCASSINI, BUTTI, FOTI e MANTOVANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il 16 luglio 2015 la Corte di giustizia dell'Unione europea nella causa C653/13 ha condannato l'Italia per non aver adottato tutte le misure necessarie per l'esecuzione della sentenza C297/08;

   la Repubblica italiana ha quindi violato gli obblighi che le incombono in virtù dell'articolo 260, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;

   la Repubblica italiana è stata condannata a pagare alla Commissione europea, una penalità di 120.000 euro per ciascun giorno di ritardo nell'attuazione delle misure necessarie per conformarsi alla sentenza C297/08, a partire dalla data della pronuncia della citata sentenza e fino alla completa esecuzione della sentenza medesima;

   la Repubblica italiana è stata condannata a pagare alla Commissione europea anche una somma forfettaria di 20 milioni di euro –:

   a quanto ammonti la sanzione corrisposta sino ad oggi alla Commissione europea;

   quali iniziative siano state poste in essere per conformarsi alla sentenza di condanna del 16 luglio 2015.
(4-03715)


   TORTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la sicurezza del luogo di lavoro è elemento imprescindibile per il corretto svolgimento della propria funzione, ancora di più per coloro che sono al servizio dello Stato, come la polizia penitenziaria;

   è assolutamente necessario un adeguato e congruo numero di personale in servizio, sia per garantire la sicurezza degli operatori stessi dalle aggressioni da parte dei reclusi, sia per il rispetto di orari lavorativi coerenti con la tipologia di lavoro svolto;

   in data 1° ottobre 2019, come riportato dalla testata giornalistica de Il Centro, la relazione della segreteria provinciale di Pescara del Sappe (Sindacato autonomo di polizia penitenziaria) conferma il sovraffollamento dei reclusi nella casa circondariale di Pescara contestualmente anche ad un sottodimensionamento del personale di polizia penitenziaria, e il consigliere regionale abruzzese, Domenico Pettinari, evidenzia anche altre criticità come quella dell'elettrificazione dei cancelli;

   è possibile evincere dall'articolo su citato che il sottosegretario Ferraresi si sarebbe impegnato a risolvere la questione delle strumentazioni usurate per le porte elettriche e, in merito al sovraffollamento, lo stesso ha confermato l'emissione di provvedimenti deflativi che dovrebbero muovere circa 280 unità, garantendo una più equa distribuzione dei reclusi su tutto il territorio nazionale, riportando così il carcere di San Donato di Pescara nel limite previsto di 270 detenuti;

   come riportato dalla notizia di stampa richiamata, l'organico del personale penitenziario ammonterebbe a 160 unità, di cui in servizio 126, e delle 34 unità mancanti 17 risulterebbero non assegnate e 17 distaccate in altri uffici –:

   se il Governo abbia intrapreso o intenda intraprendere, in tempi brevi, iniziative che permettano di restituire al carcere pescarese le unità minime di personale necessarie a garantire la sicurezza dei detenuti e degli operatori.
(4-03718)


   GAGLIARDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la legge di bilancio 2019, articolo 1, comma 455, ha reintegrato il «Fondo dopo di Noi» di cui alla legge 22 giugno 2016, n. 112, riportandolo a 56,1 milioni di euro;

   la legge n. 112 del 2016 dà attuazione ai principi stabiliti dalla Costituzione, dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, che, all'articolo 19, sancisce il diritto di tutte le persone con disabilità a vivere nella società con le stesse libertà di scelta delle altre persone;

   pertanto, con l'espressione «Dopo di Noi» si intende il periodo di vita dei disabili successivo alla scomparsa dei genitori/familiari;

   la legge riveste particolare importanza, perché prevede, tra l'altro, interventi di residenzialità a finanziamento misto volti a favorire percorsi di destituzionalizzazione e di supporto alla domiciliarità delle persone con disabilità grave, stabilendo anche detrazioni sulle spese sostenute per sottoscrivere polizze assicurative e contratti a tutela dei disabili gravi ed esenzioni e sgravi su trasferimenti di beni dopo la morte dei familiari e costituzione di trust e altri strumenti di protezione legale;

   il 4 gennaio 2019 sulla Gazzetta Ufficiale n. 4, è stato pubblicato il decreto del 15 novembre 2018 con la ripartizione alle regioni delle risorse del fondo per l'assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare affinché le singole regioni promuovano percorsi programmati di accompagnamento verso l'uscita dal nucleo familiare, in alternativa alla istituzionalizzazione delle citate persone con grave disabilità prive del sostegno familiare;

   si registrano ancora oggi gravi ritardi e inadempienze nei trasferimenti alle regioni e agli enti locali del fondo nazionale «Dopo di noi» –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di assicurare alle persone affette da gravi disabilità, prive del sostegno familiare, tutti i loro diritti così come sanciti dalla Costituzione e dalle convenzioni internazionali.
(4-03729)


   DI MURO, VIVIANI, ZOFFILI, FORMENTINI, BILLI, COMENCINI, GRIMOLDI, PICCHI e RIBOLLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   l'Accordo sulla delimitazione delle aree marittime di rispettiva giurisdizione tra la Francia e l'Italia, firmato il 21 marzo 2015 a Caen, non è in vigore in quanto non ratificato dall'Italia;

   l'Accordo di Caen, sottoscritto dall'allora Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Paolo Gentiloni, è stato osteggiato sin dall'inizio in modo particolare dai pescatori liguri, sardi e toscani che si vedrebbero scippate le risorse ittiche che cadrebbero sotto la giurisdizione francese;

   su tale Accordo e sulle sue conseguenze sono stati presentati numerosi atti di sindacato ispettivo, sia alla Camera che al Senato, soprattutto nella scorsa legislatura;

   in data 4 febbraio 2016 il Governo all'epoca in carica rispondeva, alla Camera, ad una interrogazione riguardante le circostanze che avevano portato al sequestro di un peschereccio italiano da parte della Francia, riportando come i francesi avessero chiesto scusa perché la dogana francese aveva contestato per errore il mancato rispetto del trattato del 21 marzo 2015, che appunto non era ancora in vigore; nella risposta a tale interrogazione si ricordava inoltre che, da parte italiana, al negoziato avevano partecipato, ognuno per la propria parte di competenza specifica, i Ministeri dell'ambiente per gli aspetti di protezione ambientale, della difesa per gli aspetti di sicurezza, dello sviluppo economico per la piattaforma continentale, delle infrastrutture e trasporti per gli aspetti di navigazione marittima, delle politiche agricole per le questioni legate alla pesca e dei beni culturali per gli aspetti di protezione di tali beni;

   il Governo pro tempore, in quella sede, segnalava inoltre come fossero in corso «approfondimenti da parte delle Amministrazioni competenti al termine dei quali sarà effettuata una valutazione globale sull'accordo del 2015, anche ai fini dell'eventuale avvio della procedura di ratifica parlamentare»;

   le forze politiche presenti in Parlamento e i Governi che si sono succeduti dal 2015, non hanno proceduto alla presentazione di un provvedimento di ratifica in quanto l'Accordo è profondamente osteggiato dai cittadini italiani che vedono nella sua implementazione un ulteriore cedimento alle pressioni francesi –:

   se il Governo sia al corrente dell'esito degli approfondimenti citati in premessa e quali siano le intenzioni al riguardo, nonché gli eventuali nuovi accordi che intende sottoscrivere con la Francia a proposito del confine marittimo con il nostro Paese, anche alla luce dei nuovi assetti creatisi con la nomina del componente italiano alla Commissione europea.
(4-03731)


   LEGNAIOLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   organi di stampa nazionale riportano la notizia secondo la quale alcuni esponenti del Governo avrebbero richiesto di suggerire di togliere l'esposizione del Crocifisso dalle aule scolastiche, preferendo ad esso una cartina del mondo con dei richiami alla Costituzione;

   la Corte europea dei diritti dell'uomo, con una sentenza definitiva della Grande Camera del 18 marzo 2011, ha dichiarato che la presenza del crocifisso nelle aule scolastiche è pienamente legittima, non viola alcun diritto umano e non lede il diritto dei genitori a educare i figli secondo le proprie convinzioni;

   sempre con la stessa sentenza, la Corte ha precisato che l'esposizione del Crocifisso non lede neppure il diritto degli alunni alla libertà di pensiero, di coscienza o di religione;

   la proposta di rimuovere il Crocifisso dalle aule scolastiche appare all'interrogante assurda e fuori luogo, sia per quanto già stabilito dalla Corte europea, sia al fine salvaguardare le radici e le tradizioni italiane –:

   se il Presidente del Consiglio dei ministri sia a conoscenza dei fatti sopra esposti, se non ritenga opportuno effettuare un approfondimento urgente sulla vicenda sopra riportata e assumere le più opportune iniziative al fine di precisare che, nelle aule scolastiche, l'esposizione del crocifisso sia da considerare consentita.
(4-03734)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   ELISA TRIPODI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   le strutture tecniche del Cnr della regione Valle d'Aosta e della Fondazione Montagna Sicura, in data 24 settembre 2019, hanno lanciato l'allarme sul rischio di crollo di una parte del ghiacciaio Planpincieux, sulle Grandes Jorasses, lungo il versante italiano del massiccio del Monte Bianco;

   gli esperti glaciologici che da diversi anni effettuano studi sperimentali e monitoraggi costanti sul ghiacciaio Planpincieux hanno evidenziato che, dagli ultimi rilevamenti effettuati, vi è stato un aumento di velocità di tutta la porzione inferiore del ghiacciaio che a cavallo tra la fine agosto e il mese di settembre 2019 ha registrato una velocità media di picco tra i 50 e 60 cm al giorno;

   la massa a rischio di collasso sarebbe di circa 250 mila metri cubi e potrebbe crollare all'improvviso e finire a valle, raggiungendo case, ville, alberghi e ristoranti;

   a seguito di questa situazione di potenziale pericolo, il sindaco di Courmayeur ha emesso ordinanza indicando una serie di divieti tra i quali gli sgomberi delle case più vicine alle zone a rischio e la chiusa di alcuni tratti di strada;

   tale evento non rappresenta, purtroppo, una situazione isolata, con riguardo agli effetti del cambiamento sui ghiacciai; studi e ricerche hanno indicato, infatti, che il cambiamento climatico si inasprisce con il salire della quota, con innalzamenti di temperature superiori in montagna rispetto alle pianure –:

   se e quali iniziative di competenza intenda adottare con urgenza al fine di arginare l'avanzata del suddetto ghiacciaio e prevenire il crollo della massa a rischio di collasso e le sue gravissime conseguenze.
(4-03716)

DIFESA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IV Commissione:


   DEIDDA, FOTI e FERRO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   l'ipotesi avanzata da un consigliere comunale di Piacenza di una dismissione dell'operatività del Polo di mantenimento pesante nord di Piacenza entro il 2025, secondo quanto ufficialmente comunicato dal caposezione segreteria e sicurezza del Polo di mantenimento, non trova alcun fondamento;

   in tal senso si sarebbe espresso anche il 9 luglio 2019, il comandante logistico dell'Esercito, nel corso dell'audizione davanti alla 4a Commissione Permanente (Difesa) del Senato della Repubblica, confermando che l'assetto strategico del polo è indicato quale obiettivo funzionale e vitale nel sistema logistico di Forza armata;

   tuttavia, secondo fonti sindacali: «non si sono più fatte assunzioni dagli anni ’80 e senza ricambio generazionale è impossibile non chiudere per l'ex Arsenale (Cisl)»; il polo di mantenimento pesante è soggetto a una forte riduzione di personale e l'ultima legge di bilancio ha bloccato il turn over almeno fino a novembre, similmente a quanto avviene in tanti comparti della pubblica amministrazione. Una misura come «quota 100» ha inoltre accelerato l'esodo pensionistico. È chiaro che se non cambiano le cose, lo stabilimento piacentino non avrà una vita molto lunga (Cgil) –:

   se il Ministro interrogato intenda definitivamente chiarire quale sarà il futuro del polo di mantenimento pesante nord di Piacenza, tenuto conto che la prosecuzione dell'attività attualmente svolta è all'evidenza legata alla necessità di dare corso alle improcrastinabili assunzioni di personale idoneo.
(5-02799)


   TONDO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   è stato raggiunto un accordo tra Francia e Germania per la realizzazione di un carrarmato di nuova generazione. L'Italia risulta esclusa da questa partecipazione. Pertanto, Francia e Germania lavoreranno per una convergenza delle proprie politiche industriali in tema di difesa ed orienteranno lo sviluppo delle capacità militari europee;

   si tratta di un accordo fondamentale e molto ambizioso per i due Paesi, che isola l'Italia a livello europeo e mondiale. Quindi, il nostro Paese si trova in una situazione delicata sia dal punto di vista politico-strategico che industriale. Infatti, le priorità italiane in termini di sviluppo di capacità militari saranno molto ridotte. Tra l'altro, l'Italia va avanti con un programma che costa 35 milioni di euro per la costruzione di un carro da battaglia C 1 Ariete che risulta ormai obsoleto;

   pertanto, questa marginalizzazione del Paese nel comparto della difesa per l'accordo Francia-Germania è indubbiamente negativa sotto vari profili ed esclude l'Italia da una futura partecipazione interna di cooperazione nella difesa con i due Paesi. Tra l'altro, da notizie riportate dalla stampa, sembra che Francia e Germania lavoreranno «su priorità comuni da finanziare tramite il futuro Programma Europeo per la Ricerca in materia di Difesa», cioè con l'utilizzo di fondi comunitari per ottimizzare i finanziamenti comuni. Ci saranno, inoltre, anche una strategia ed un piano industriale comuni per l'innovazione in varie materie quali l'intelligenza artificiale e la robotica –:

   se non ritenga necessario chiarire le ragioni della prosecuzione nella costruzione del carrarmato C 1 Ariete ormai obsoleto (che, tra l'altro, ha una spesa considerevole), invece di prendere in considerazione la partecipazione del nostro Paese al programma dell'accordo nel settore della difesa tra Francia e Germania, anche per una futura collaborazione italiana con i suddetti Paesi europei per ragioni non solo politico-strategiche, ma anche industriali.
(5-02800)


   MARIA TRIPODI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 5 del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 94, prevede che «per il solo anno 2018 è bandito un concorso straordinario per titoli ed esami per il reclutamento nei ruoli dei Marescialli dell'Esercito italiano, della Marina militare e dell'Aeronautica militare»;

   nel concorso citato è stabilito che si ammette alla partecipazione al concorso de quo esclusivamente il personale, arruolato ai sensi della legge 24 dicembre 1986, n. 958, e transitato in servizio permanente nei primi due concorsi utili per l'immissione nel ruolo sergenti dell'Esercito, della Marina militare e dell'Aeronautica militare, nonché nei primi tre concorsi utili per l'immissione in ruolo dei volontari in servizio permanente dell'Esercito, della Marina militare e dell'Aeronautica militare, rispettivamente ai sensi dell'articolo 35, comma 2, e dell'articolo 36 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 196;

   nello specifico, gli articoli 35, comma 2, e 36 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 196, stabiliscono che ai primi due concorsi utili per l'immissione nel ruolo dei sergenti, possono, inoltre, partecipare a domanda i sergenti di complemento in servizio da almeno 24 mesi, alla data di entrata in vigore del presente decreto, con ferma triennale o quinquennale, nonché i sergenti sia di complemento sia in ferma volontaria o rafferma che abbiano terminato la ferma biennale, triennale o quinquennale da non più di un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto;

   il decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 196, all'articolo 11, ha previsto altresì per il reclutamento del ruolo dei marescialli dell'Esercito il rispetto di determinati requisiti;

   per partecipare al concorso previsto ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 94, è necessario, da parte del personale indicato, il rispetto di determinati requisiti che risultano essere del tutto disomogenei rispetto a quanto previsto dal decreto legislativo n. 169 del 1995, generando, dunque una evidente sperequazione tra il personale arruolato ai sensi della legge n. 958 del 1986 –:

   se il Ministro interrogato non intenda adottare le iniziative di competenza al fine di consentire a tutto il personale militare in servizio, arruolato ai sensi della legge n. 958 del 1986, identiche progressioni di carriera già oggetto di molteplici contenziosi giudiziari in atto.
(5-02801)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   PASTORINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la riforma attuata dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007) ha fatto lievitare esponenzialmente il canone demaniale dei porti turistici, stabilendo l'abrogazione della specifica normativa per loro prevista e l'applicazione di quella riguardante le concessioni turistiche ricreative, inclusi gli aumenti tariffari applicati a queste ultime per adeguarle ai valori economici correnti;

   fino al 2006 era previsto un meccanismo di canoni e adeguamenti che tenesse conto degli investimenti attuati dal concessionario, in una delicata calibratura dei piani d'impresa, ciò anche al fine di incentivare la realizzazione di strutture portuali turistiche che, al termine della concessione, sarebbero state incamerate dallo Stato;

   il quadro tariffario è stato dunque sovvertito rispetto al passato con il risultato di «premiare» chi ha fatto investimenti minori o addirittura non li ha fatti. Dette tariffe, infatti, sono state applicate con riferimento allo stato di fatto realizzato dai concessionari successivamente al rilascio della concessione;

   chiamata a giudicare in merito, la Corte costituzionale con sentenza n. 29 del 2017 ha ritenuto di per sé legittima l'applicazione della nuova normativa, ma ha specificato che risulta doverosa un'interpretazione della disposizione dell'articolo 1, comma 252, della legge n. 296 del 2006 che escluda l'applicabilità generale e indifferenziata dei canoni commisurati ai valori di mercato a tutte le concessioni di strutture dedicate alla nautica da diporto, rilasciate prima dell'entrata in vigore della disposizione in esame, specificando che per la determinazione del canone demaniale occorre considerare la natura e le caratteristiche dei beni oggetto di concessione quali erano all'avvio del rapporto, escludendo l'applicabilità dei nuovi criteri commisurati al valore di mercato alle concessioni non ancora scadute che prevedano la realizzazione di impianti ed infrastrutture da parte del concessionario;

   tuttavia, l'Agenzia delle entrate ha comunque avanzato la richiesta di pagamento delle cartelle esattoriali comprensive degli aumenti determinati dalla legge n. 296 del 2006, mettendo in ginocchio venticinque porti turistici e condannando alla perdita del lavoro 2.200 addetti delle strutture portuali interessate (alla Marina Blu di Rimini sono stati riscossi 1,1 milioni di euro e bloccati i conti correnti) –:

   quali soluzioni intenda adottare, per quanto di competenza, affinché si possa dare piena attuazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 29 del 2017 e i canoni, indicati in premessa e previsti dalla legge n. 296 del 2006, non siano applicati in modo indifferenziato e non incidano sulle concessioni avviate precedentemente alla entrata in vigore della legge finanziaria 2007.
(5-02806)


   FRAGOMELI, BURATTI, MANCINI, MURA, ROTTA e TOPO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 25-undecies del decreto-legge n. 119 del 2018 è intervenuto, con una novella all'articolo 31 della legge n. 448 del 1998, sulla disciplina relativa alla determinazione del prezzo massimo per la cessione del diritto di proprietà o del diritto di superficie delle singole unità abitative edificate in regime di edilizia residenziale convenzionata;

   la disposizione prevede che il vincolo del prezzo massimo di cessione possa essere rimosso con atto pubblico o scrittura privata autenticata, a richiesta delle persone fisiche che vi abbiano interesse, anche se non più titolari di diritti reali sul bene immobile (e non più, come attualmente previsto, mediante convenzione in forma pubblica stipulabile con il comune solo da parte del singolo proprietario), dietro il pagamento del corrispettivo di affrancazione del vincolo;

   dalla lettura della norma si evince che la determinazione di tale corrispettivo debba essere stabilita, anche con l'applicazione di eventuali riduzioni in relazione alla durata residua del vincolo, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Il medesimo decreto individua, altresì, i criteri e le modalità per la concessione da parte dei comuni di dilazioni di pagamento del corrispettivo di affrancazione dal vincolo;

   si ricorda che, prima delle modifiche apportate dal decreto-legge n. 119 del 2018, con l'articolo 29, comma 16-undecies, del decreto-legge n. 216 del 2011 era stato stabilito che, a decorrere dal 1° gennaio 2012, la percentuale relativa alla determinazione del prezzo massimo di cessione delle singole unità abitative di edilizia residenziale pubblica (Erp), nonché del canone massimo di locazione fosse stabilita dai comuni;

   allo stato attuale non è stato ancora emanato alcun decreto dal Ministero dell'economia e delle finanze e non risulta chiaro quale sia l'oggetto che detto decreto dovrebbe disciplinare;

   questa situazione sta determinando un rallentamento delle attività di compravendita nel settore immobiliare –:

   quale sia la ragione del ritardo nell'emanazione del decreto citato in premessa, anche chiarendo quale sia l'ambito oggettivo che il suddetto decreto dovrà disciplinare.
(5-02807)


   GIACOMONI, SPENA, MARTINO, BARATTO, CATTANEO, ANGELUCCI, PORCHIETTO e GIACOMETTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nell'ambito dei bilanci delle banche di credito cooperativo (Bcc) è presente all'interno del patrimonio netto una voce generalmente denominata «riserve indivisibili»;

   tale voce corrisponde a una posta di bilancio che si è andata formando negli anni ed è costituita da accantonamenti di utili di esercizi non distribuiti;

   ad avviso degli interroganti, con un'apposita disposizione normativa, si potrebbe consentire di trasferire a capitale sociale la consistenza della suddetta riserva, ponendo come condizione che i soci cooperatori sottoscrivano e versino aumenti di capitale per almeno il 50 per cento della riserva stessa. L'importo trasferito, inoltre, potrebbe essere sottoposto a imposta sostitutiva pari al 10 per cento. In buona sostanza, ad esempio, qualora nel bilancio della banca di credito cooperativo considerata vi fosse una riserva indivisibile pari a 1.000.000 euro, la sottoscrizione di aumento del capitale sociale e il relativo versamento (in denaro) di 500.000 euro farebbero scattare l'aumento di capitale sociale per 1.400.000 euro e un introito erariale per 100.000;

   in questo modo si realizzerebbe un triplice effetto positivo dovuto alla conseguente capitalizzazione delle banche di credito cooperativo, alla creazione di valore per il socio cooperatore ed infine al gettito rinveniente per l'erario –:

   quali elementi il Governo intenda fornire alla luce di quanto descritto in premessa, anche in relazione alla consistenza del gettito per la finanza pubblica, e se non intenda intervenire sul punto con apposite iniziative di carattere normativo.
(5-02808)


   CURRÒ, GRIMALDI, MARTINCIGLIO, RUGGIERO, CANCELLERI, RADUZZI, GIULIODORI, TRANO, APRILE e ZANICHELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la manifestazione di protesta di alcune associazioni di commercialisti ed esperti contabili, avvenuta il 1° ottobre 2019 davanti alla sede del Ministero dell'economia e delle finanze, finalizzata a chiedere la disapplicazione degli indici sintetici di affidabilità per l'anno d'imposta 2018, a causa di una serie di difficoltà legate al malfunzionamento di tale nuovo misuratore fiscale, richiede al legislatore, una particolare attenzione ed interventi mirati in grado di garantire agli operatori del settore e soprattutto ai contribuenti, un contesto di certezza del diritto più ordinato, indispensabile per la programmazione e la pianificazione di attività, investimenti e crescita del Paese;

   al riguardo, gli interroganti evidenziano come le risposte del Governo, all'atto di sindacato ispettivo presentato in Commissione finanze di recente, se da un lato hanno rassicurato le categorie dei professionisti interessati, relativamente all'applicazione degli Isa, in quanto essa sembrerebbe non implicare un rigido automatismo nello svolgimento di attività e di controllo, dall'altro in ragione delle accertate anomalie dello strumento non sembrano garantire una corretta rilevazione della situazione patrimoniale di diverse categorie e potrebbero, quindi, confliggere con i prìncipi sanciti dallo Statuto del contribuente;

   le richieste avanzate dalle suesposte associazioni, a giudizio degli interroganti, appaiono condivisibili, anche in relazione alle aspettative legittime della stragrande maggioranza dei cittadini-contribuenti onesti, in termini di reciproco rispetto con il sistema tributario, che deve essere impostato pertanto sull'effettiva applicazione dello statuto del contribuente, spesso trascurato tanto dal legislatore, quanto dall'amministrazione come si evince proprio dal caso degli Isa;

   la necessità d'introdurre misure urgenti, volte a rivedere il quadro-applicativo degli Isa, al fine di rendere più efficiente e affidabile l'indicatore in questione, risulta pertanto a parere degli interroganti opportuno in relazione alle evidenti inadeguatezze del sistema di calcolo manifestatesi nel corso dell'elaborazione dei mesi scorsi, anche stabilendo l'apertura di un tavolo di confronto con gli operatori del settore –:

   quali iniziative intenda assumere, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di risolvere le problematiche descritte in premessa e, in particolar modo, se ritenga opportuno porre in essere un intervento correttivo sulle modalità di calcolo dei suddetti indici anticipatamente rispetto ai tempi di revisione previsti, considerate le criticità riscontrate ed emerse dall'incrocio dei dati, nonché un confronto con le categorie di settore valutando la praticabilità di una potenziale proroga dei versamenti correlati con maggiorazione minima.
(5-02809)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GAGLIARDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, cosiddetto «decreto crescita», convertito, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, ha introdotto all'articolo 10 modifiche alla disciplina degli incentivi per interventi di efficienza energetica e rischio sismico;

   si prevede la possibilità per il soggetto che sostiene le spese – articoli 14 e 16 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63 di ricevere, in luogo dell'utilizzo della detrazione, un contributo anticipato dal fornitore, sotto forma di sconto sul corrispettivo spettante: contributo recuperato dal fornitore sotto forma di credito d'imposta, di pari ammontare, da utilizzare in compensazione, in cinque quote annuali di pari importo, senza l'applicazione dei limiti di compensabilità, con la possibilità a loro volta di cedere il credito d'imposta ai propri fornitori;

   in sede di conversione del decreto-legge n. 34 del 2019 sono state denunciate le storture e i rischi di questo impianto normativo senza successo;

   la norma introdotta, ad avviso dell'interrogante, di fatto agevola gli oligopoli, danneggia le piccole e medie imprese e ostacola la concorrenza;

   lo sconto in fattura, se da un lato favorisce la diffusione degli interventi strutturali, dall'altro crea una forte e pericolosa distorsione del mercato penalizzando soprattutto le micro e piccole imprese operanti nel campo delle costruzioni e della installazione di impianti e infissi, favorendo i grandi gruppi e le multiutility: moltissime micro e piccole imprese dovranno rinunciare ai lavori;

   anche per l'Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) la norma «appare suscettibile di creare restrizioni della concorrenza nell'offerta di servizi di riqualificazione energetica a danno delle piccole e medie imprese, favorendo i soli operatori economici di più grandi dimensioni» (bollettino Agcm n. 26 del 1° luglio 2019);

   non è sostenibile l'onere finanziario di concedere subito lo sconto in fattura e di recuperare il medesimo nei 5 anni successivi. La scarsa liquidità finanziaria – aggravata da calo del 2,3 per cento del credito alle piccole imprese a marzo 2019 – non permetterà loro di praticare lo sconto, poiché non posseggono capacità finanziarie per sostenere l'onere derivante dal costo dell'intervento. Considerando anche la ritenuta d'acconto pari all'8 per cento, queste imprese vedrebbero diminuire le proprie entrate del 58 per cento –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di detti meccanismi e se non ritenga di dover adottare tutte le iniziative necessarie al fine di consentire al consumatore la facoltà di cedere il corrispondente credito di imposta a banche e intermediari finanziari.
(5-02793)


   VITIELLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   in data 25 maggio 2019 la nuova nave ammiraglia della Marina mercantile è stata varata alla presenza del Presidente della Repubblica Mattarella e dell'ex Ministro del lavoro e delle politiche sociali Di Maio nello stabilimento di Fincantieri di Castellammare di Stabia;

   con un ordine di servizio del 23 settembre 2019 di Fincantieri, a quanto consta all'interrogante, sarebbe stata comunicata la volontà di organizzare e coordinare tutte le attività relative all'anticipato trasferimento della commessa a Muggiano. Pertanto la nave lascerà a dicembre lo stabilimento per approdare a Muggiano, in provincia di La Spezia, con sei mesi di anticipo rispetto alla programmazione originaria;

   sebbene sia stato assicurato che una quota dei 1.800 lavoratori attualmente impiegati nel cantiere verrà spostata in Liguria, mentre un'altra sarà destinata a nuovi progetti, tale trasferimento rappresenta un totale azzeramento delle ore di lavoro straordinarie già previste e un arresto forzato degli accordi presi sia da Fincantieri, che dal precedente Governo;

   tra le motivazioni che giustificano la decisione figurerebbero «le note carenze infrastrutturali dello stabilimento». Vi è pertanto da precisare come gli adeguamenti previsti non siano stati realizzati, in quanto dei 70 milioni di euro che il precedente Governo «giallo-verde» s'impegnò a mettere sul tavolo per l'adattamento infrastrutturale dello stabilimento di Castellammare di Stabia, non vi è alcuna traccia, così come per il piano di investimenti da 110 milioni di euro (di cui 40 avrebbe dovuto metterli Fincantieri) sbandierato dall'azienda fino a qualche mese fa;

   tale trasferimento rappresenterebbe un arresto forzoso dell'attività produttiva e avrebbe un impatto fortemente negativo sull'immagine dell'operatività, in quanto tale cantiere vanta nel suo portafoglio circa 100 ordini da soddisfare nei prossimi anni, mentre annovera, tra i conclusi, con il rispetto dei tempi di consegna, dei tronconi per la ricostruzione dell'ex ponte Morandi –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e non ritenga di attivare, in tempi rapidissimi, iniziative e strumenti ad ogni livello per sbloccare le risorse precedentemente stanziate per il cantiere di Castellammare, scongiurando l'annunciato dislocamento della commessa della nave Trieste nel cantiere di Muggiano, cosa che rappresenterebbe un gravissimo danno per il territorio stabiese e per tutta la regione Campania.
(5-02813)

Interrogazione a risposta scritta:


   RIBOLLA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   le fondazioni Onlus, in quanto tali, svolgono la loro attività per finalità esclusive di solidarietà sociale e senza fini di lucro in un settore ritenuto di interesse sociale dell'ordinamento;

   trattandosi di attività svolte senza fine di lucro, dovrebbe essere loro attribuita la categoria catastale (B1) «Collegi e convitti, educandati; ricoveri; orfanotrofi; ospizi; conventi; seminari; caserme», secondo quanto riportato nel quadro generale delle categorie, in uso da oltre settantanni, così come previsto dal Ministero delle finanze con circolare n. 134 del 6 luglio 1941, avente per oggetto la formulazione del nuovo catasto edilizio urbano, e ripreso nell'integrazione disposta con decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138, che tiene espressamente conto del fine di lucro;

   infatti, tale disposizione condiziona all'esistenza del fine di lucro l'assegnazione della categoria (D4) alle unità immobiliari destinate a case di cura e ospedali, mentre inserisce espressamente nella categoria (B2) le «Case di cura e ospedali compresi quelli costruiti o adattati per tali speciali scopi e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni, se non hanno fine di lucro», e nella categoria (B1) i «Collegi e convitti, educandati; ricoveri; orfanotrofi; ospizi; conventi; seminari; caserme»;

   da alcuni anni, l'Agenzia delle entrate (e prima l'Agenzia del territorio in essa confluita), promuove accertamenti catastali nei confronti delle fondazioni Onlus proprietarie degli immobili utilizzati per svolgere l'attività istituzionale di casa di riposo;

   queste ultime hanno da sempre classificato gli immobili nella categoria (B1), mentre, con l'accertamento, l'Agenzia impone la categoria (D4), causando un impatto significativo sulla rendita catastale, che aumenta da 6 a 7 volte, con effetto direttamente proporzionale sulle imposte dovute da tali fondazioni;

   all'interrogante risulta che la controversia in questione stia interessando molte fondazioni Onlus della provincia di Bergamo e della Lombardia, ma non si esclude che questo atteggiamento sia posto in essere nelle restanti agenzie territoriali del Paese;

   ne è un esempio la Fondazione Sant'Andrea Onlus, una residenza sanitaria assistenziale per anziani e un centro diurno integrato per anziani non autosufficienti, la cui precedente rendita era di euro 38.690,364, in categoria (B1), e su cui l'Agenzia delle entrate, a quanto consta all'interrogante, avrebbe invece imposto una categoria (D4) in seguito a lavori di ampliamento e ridistribuzione degli spazi interni, con aumento della rendita fino a 138.000 euro;

   a fronte dell'avviso di accertamento, la Fondazione Sant'Andrea Onlus, si è rivolta alla commissione tributaria provinciale Lombardia Bergamo, che con sentenza del 13 novembre 2017, n. 555, ha accolto il ricorso dichiarando infondato l'accertamento. Non sempre però le fondazioni in questione possono accollarsi i costi di ricorsi che, anche se favorevoli in sede di commissione tributaria, potrebbero verosimilmente proseguire fino in Cassazione, con il rischio che tale organo esprima un orientamento contrario –:

   alla luce di quanto evidenziato in premessa e della sentenza della citata commissione tributaria, se il Ministro non ritenga speciosa la modalità di accertamento dell'Agenzia delle entrate, tenuto conto che la normativa vigente risulta chiara circa l'attribuzione della categoria catastale (B1) agli immobili in questione e quali iniziative di competenza intenda adottare al riguardo.
(4-03733)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BUCALO e VARCHI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la casa circondariale di Barcellona Pozzo di Gotto, nata nel 1925 come manicomio criminale, trasformata poi in ospedale psichiatrico giudiziario, con la nascita delle residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (Rems), destinate ai condannati con problemi psichiatrici, dal 2018 è una casa circondariale con annessa sezione di reclusione, ma anche casa di lavoro aperta e sezione articolazione per la tutela della salute mentale (Atsm), maschile e femminile. Proprio la gestione dell'articolazione per la salute mentale è la principale problematica dell'istituto;

   il reparto «psichiatrico» (seppur modificato il nome in Atsm) è rimasto tale e quale, con le sue criticità e la peculiarità di reparto «ospedaliero» inefficiente ed inefficace come struttura sanitaria; tale sezione è stata istituita senza una vera o corretta organizzazione sanitaria, a causa della mancanza di un protocollo tra amministrazione penitenziaria, Asp e assessorato alla salute della regione siciliana (come già avvenuto in altre regioni);

   la mancanza di interventi edilizi di ristrutturazione e di ampliamento fa sì che la sezione risulti essere inadeguata; mancano spazi adeguati, il più possibile accoglienti, in modo da favorire la comunicazione tra operatori e paziente;

   non esistono attività riabilitative, così come percorsi terapeutici personalizzati per favorire l'integrazione dei malati mentali e dei portatori di disagio sociale nell'ambiente intramurario. Proprio questi avrebbero bisogno di un'assistenza diversa, non solo di un'osservazione sterile. Per loro è fondamentale favorire la socializzazione e il reinserimento, poiché, troppo spesso, la convivenza nello stesso reparto non fa che esasperare le singole patologie, ed in queste condizioni, il loro stato di salute mentale, anziché migliorare, regredisce;

   la gestione dell'Atsm, a causa dell'esiguo numero di personale sanitario presente, è quasi totalmente affidata al già insufficiente personale di polizia penitenziaria, che quindi si trova costretto ad operare in ambienti inidonei e con detenuti o internati pericolosi. I rischi per la loro incolumità sono quindi diventati altissimi: a questi servitori dello Stato, pertanto non si può più chiedere di svolgere un compito che non è proprio;

   le condizioni ambientali descritte hanno portato e continuano a portare a innumerevoli e quasi sistematici eventi critici che spesso si tramutano in tentativi di suicidio, aggressioni tra detenuti, atti di autolesionismo. Violenze che, purtroppo hanno interessato anche gli agenti presenti, costretti a ricorrere alle cure del vicino ospedale. Ancora più grave è comunque l'ultimo episodio di cronaca: il suicidio di un ragazzo ventenne che si trovava da qualche settimana in osservazione proprio nella nota VIII sezione Atsm. È il sesto suicidio dal gennaio 2015 ad oggi;

   dopo la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari nel 2015, ai sensi del decreto-legge n. 211 del 2011, convertito dalla legge n. 9 del 2012, questi sono stati sostituiti dalle residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (Rems) idonee ad assicurare adeguate cure dell'infermo di mente e a far fronte alla sua pericolosità sociale –:

   se e quali iniziative intenda adottare per superare le gravi criticità presenti nella VIII Sezione Atsm della casa circondariale di Barcellona Pozzo di Gotto che allo stato attuale non è nelle condizioni di poter garantire le finalità riabilitative e la sicurezza ai detenuti e al personale di polizia penitenziaria;

   se si intenda, in un quadro riorganizzativo nazionale, adottare le iniziative di competenza per provvedere alla chiusura dell'Atsm e alla conversione in reparto ordinario.
(5-02789)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MULÈ, SOZZANI, BERGAMINI, GERMANÀ, PENTANGELO, ROSSO e ZANELLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 12 del decreto-legge n. 109 del 2018, comunemente conosciuto come «decreto Genova», ha disposto, a decorrere dal 1° gennaio 2019 l'istituzione dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali (Ansfisa). La nascita della nuova agenzia ha previsto l'inglobamento della già esistente Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie (Ansf);

   tra le funzioni di controllo più rilevanti attribuite all'Ansfisa figura un ampio potere ispettivo nei confronti dei gestori delle infrastrutture autostradali, declinato in varie attività di ispezione, controllo e sollecitazione nei confronti di tali soggetti. Politicamente l'Ansfisa era stata presentata dal Governo Conte 1 e dall'allora Ministro delle infrastrutture e dei trasporti come un primo atto concreto nella dura polemica aperta con Autostrade per l'Italia;

   ad oggi la costituzione dell'Ansfisa non si è ancora realizzata. Come riportato da un articolo de Il Sole24 ore del 1° ottobre 2019, il Consiglio di Stato, al quale il Governo ha inviato le bozze di statuto e di regolamento della nuova agenzia solo in data 17 luglio 2019, ha sollevato dei rilievi sui testi inviati al suo esame con altrettanti pareri: il parere 2370/2019 inerente allo statuto e il parere 2369 inerente al regolamento. Rilievi che dovranno essere sanati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti tramite l'invio di nuove bozze di regolamento e statuto;

   oltre ai rilievi di natura tecnica formulati dal Consiglio di Stato, che pure non intervengono su profili secondari come quello che riguarda la necessità di evitare sperequazioni tra dipendenti che svolgono i medesimi compiti ma provengono da uffici diversi, nell'articolo di stampa già citato si riferisce che uno dei principali ostacoli alla realizzazione della nuova agenzia sarebbe da individuare in uno scontro interno al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, scontro che avrebbe coinvolto anche l'Avvocatura dello Stato con la produzione di due pareri tra loro discordanti sullo scioglimento di Ansf all'interno della nuova agenzia;

   ad avviso degli interroganti lo stallo in cui versa la nascita di Ansfisa che, almeno nei piani del precedente Governo, doveva svolgere un ruolo centrale nell'attività della revisione delle concessioni autostradali, oltre a confermare l'approssimazione con il quale il medesimo Governo ha dimostrato di affrontare le principali questioni nazionali, non può non destare sconcerto in ordine alla necessità di assicurare la massima sicurezza e controllo sulle infrastrutture stradali e ferroviarie –:

   quali iniziative urgenti intenda assumere il Ministro interrogato al fine di rimuovere la situazione di stallo descritta in premessa e dare piena attuazione alla costituzione dell'Ansfisa.
(5-02791)


   SILLI, GAGLIARDI, BENIGNI, PEDRAZZINI e SORTE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la E45, comunemente identificata con la strada statale 3-bis «Tiberina», chiamata anche Orte-Cesena, costituisce il principale corridoio stradale fra la Valle del Tevere e la Romagna;

   le interdizioni e le limitazioni alla percorrenza di tale arteria hanno, negli anni, colpito una moltitudine di cittadini, automobilisti e imprese di autotrasporto, costretti a subire incrementi di tempi e costi di viaggio. In particolare, in questi ultimi mesi, le ripercussioni sul trasporto merci e sulle attività delle aziende locali, tagliate fuori dal cuore dell'Italia, si sono aggravate giorno dopo giorno;

   secondo Uniontrasporti, il danno economico causato nel 2019, per il solo settore dell'autotrasporto, può essere stimato in circa 27 milioni di euro, calcolati considerando l'incremento dei costi di trasporto, mentre si stima un danno economico per gli automobilisti di circa 13 milioni di euro;

   negli ultimi anni il comparto manifatturiero, le attività artigianali, le aziende agricole e turistiche, a causa della scarsa manutenzione del manto stradale e dei numerosi cantieri sparsi lungo il tracciato senza criteri, non riescono a garantirsi un reddito stabile: molte aziende sono fallite o rischiano il fallimento;

   la situazione è degenerata a tal punto che il cosiddetto decreto crescita ha previsto uno stanziamento specifico di 10 milioni di euro a favore dei lavoratori del settore privato che si sono trovati impossibilitati ad esercitare o hanno dovuto sospendere la propria attività a causa della chiusura della E45, a seguito del sequestro del ponte Puleto;

   l'asse viario di importanza strategica deve essere costantemente monitorato, manutenuto e riammodernato, anche in considerazione della conformazione orografica del territorio, dato che anche un solo pilone – viadotto Puleto – può mettere a rischio buona parte del tracciato;

   da tempo i cittadini e gli amministratori locali chiedono al Governo un intervento risolutivo, ovvero la trasformazione della E45 in superstrada o in autostrada: tale soluzione consentirebbe di avere finalmente un asse viario con caratteristiche omogenee da Orte a Venezia, connesso alla rete autostradale del Nord Italia –:

   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda adottare al fine di garantire la sicurezza sull'intero asse viario della E45 e se non ritenga di valutare, insieme agli enti locali interessati, l'ipotesi di trasformare questo asse viario, strategico per i residenti e le attività economiche dell'Italia centrale, in superstrada o in autostrada, in modo da realizzare una efficiente connessione anche alla rete autostradale del Nord Italia.
(5-02792)

Interrogazione a risposta scritta:


   FERRO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 6 luglio 2019 si è tenuta una manifestazione di sensibilizzazione della cittadinanza e delle istituzioni riguardo alla necessità di realizzare, dopo anni di immobilismo, la stazione delle Ferrovie dello Stato Pizzo Marinella;

   ancora oggi, numerosi centri della costa calabrese, seppure attraversati dalla linea ferroviaria, sono privi di stazioni o con queste collocate in posizione molto decentrata. Tra questi risulta particolarmente urgente la situazione di Pizzo, che ha una sola stazione ben al di là del centro in prossimità di Vibo Marina;

   le poche stazioni ad oggi presenti sono state realizzate all'inizio del secolo scorso quando le esigenze trasportistiche erano essenzialmente centrate sul trasporto di merci di tipo agroalimentare, piuttosto che turistico;

   ancora più impellente è la situazione di Pizzo Marinella dotata di numerosi esercizi turistici su di un mare incantevole e un discreto bacino di utenze che naturalmente si moltiplica nel periodo estivo, percorsa per tutta la sua lunghezza dal treno, senza che esso svolga fermate;

   come è facile intuire, la realizzazione di una stazione ferroviaria nel citato comune, rappresenterebbe un'ovvia opportunità di sviluppo commerciale e turistico della zona, oltre che la soluzione agli atavici problemi di traffico e di mobilità che la affliggono da sempre;

   un pervasivo servizio ferroviario sarebbe in grado di far cambiare volto a tutta la regione Calabria dal punto di vista turistico, commerciale e occupazionale –:

   quali urgenti iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per garantire l'apertura di una stazione ferroviaria nel comune di Pizzo Marinella, anche attraverso l'immediata convocazione di un tavolo tecnico con le parti sociali interessate.
(4-03717)

INTERNO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

I Commissione:


   BRESCIA, MACINA, DIENI, ALAIMO, BALDINO, BERTI, BILOTTI, MAURIZIO CATTOI, CORNELI, D'AMBROSIO, SABRINA DE CARLO, FORCINITI, PARISSE, FRANCESCO SILVESTRI, SURIANO e ELISA TRIPODI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   secondo l'ultimo report a cura della direzione generale per l'immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, alla data del 31 agosto 2019 sono 6.775 i minori stranieri non accompagnati (Msna) censiti nel nostro Paese;

   il sistema informativo minori (Sim) sviluppato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali consente di censire i Msna irreperibili, vale a dire quei minori per i quali è stato segnalato dalle autorità competenti alla direzione generale un allontanamento; l'allontanamento viene censito nel Sim fino al compimento della maggiore età o ad un nuovo eventuale rintraccio del minore;

   al 31 agosto 2019 il numero di tali minori irreperibili ammonta a 4.788; i gruppi più numerosi sono rappresentati dai minori tunisini (15,2 per cento), afghani (12,4 per cento) ed eritrei (11,5 per cento);

   l'azione di contrasto al fenomeno degli irreperibili dovrebbe essere enormemente agevolata dal drastico calo del numero dei Msna sbarcati in Italia, passati dai 15.779 del 2017 ai 3.536 del 2018 fino ai 905 del 2019;

   l'allontanamento espone i minori al rischio di sfruttamento, criminalità e marginalità; tale intervento rappresenta un presupposto essenziale per il rispetto della Convenzione dell'Onu sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza oltre che una politica di prevenzione per la sicurezza;

   si segnalano al riguardo le raccomandazioni del Garante per l'infanzia all'interno del volume dedicato ai movimenti dei Msna alle frontiere settentrionali e le raccomandazioni della deliberazione 13 giugno 2019, n. 10/2019/G della Corte dei conti;

   in queste ultime si evidenzia che «avuto riguardo al numero di minori resisi irreperibili nel triennio, ben 18.524, in considerazione delle caratteristiche duali del sistema, che fa capo agli enti locali e al Ministero dell'interno, si sottolinea la necessità che quest'ultimo eserciti una attenta attività di coordinamento e di indirizzo, oltre all'inserimento di tale dato, da parte delle forze di polizia, in apposite banche dati nazionali ed europee al fine di realizzare scambi di informazioni e azioni comuni»;

   gli interroganti sollecitano infine la rapida emanazione dei decreti attuativi previsti dalla legge n. 47 del 2017, anche per dare un doveroso segnale di attenzione agli oltre 5 mila tutori volontari e sostengono l'apertura di corridoi umanitari specificamente dedicati ai minori stranieri non accompagnati –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere, anche di concerto con le associazioni del Tavolo minori migranti, per ridurre sensibilmente il numero dei minori stranieri non accompagnati irreperibili.
(5-02802)


   CALABRIA e SISTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   lo stadio Flaminio, come tutta la zona circostante, versa in uno stato avanzato di degrado e incuria;

   in riferimento allo stadio non è stato portato a termine alcun progetto di riqualificazione e il Flaminio è in stato di abbandono da quasi otto anni;

   le strutture all'interno dello stadio sono fatiscenti e gli interni sono stati devastati da infiltrazioni e altri danneggiamenti, mentre il prato e le aree verdi circostanti sono diventate boscaglia;

   lo stadio Flaminio si è trasformato in un vero e proprio dormitorio a cui possono accedere liberamente dei senza tetto e, addirittura, nel 2018 è stato rinvenuto un cadavere proprio all'interno dello stadio;

   il 20 marzo 2019, un servizio realizzato dalla trasmissione Striscia la Notizia ha evidenziato la nascita di una vera e propria bisca clandestina a cielo aperto in piazzale Manila, proprio nei pressi dello stadio Flaminio, centro di Roma e luogo di ritrovo per molti turisti;

   si tratta di persone che si assembrano per giocare d'azzardo fino a tarda notte, scommettono ingenti somme di denaro, utilizzano vecchie rovine romane come tavoli;

   molto spesso piazzale Manila diventa teatro di spiacevoli episodi di violenza;

   a ciò si aggiunge che l'area sotto al Ponte della Musica, sul lato del lungotevere Flaminio, è abbandonata al più totale degrado: cumuli di rifiuti, bottiglie di birra accatastate, cespugli senza manutenzione che crescono incontrollati dove i senzatetto dormono su giacigli improvvisati –:

   se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda intraprendere per porre fine allo stato di degrado e incuria che imperversa nel quartiere Flaminio e ai conseguenti episodi di violenza che si sono verificati in tale area, e nello specifico nei pressi dell'omonimo stadio, ripristinando la legalità e la sicurezza in uno dei quartieri centrali di Roma Capitale.
(5-02803)


   FORNARO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   secondo la legge n. 94 del 15 luglio 2009, in caso di nascita di un bambino da genitori stranieri, essi devono fare la dichiarazione di nascita davanti all'ufficiale dell'anagrafe del comune e il neonato sarà così aggiunto al loro permesso di soggiorno;

   pure essendo garantita a ogni bambino l'iscrizione all'anagrafe, anche in presenza di genitori sprovvisti del permesso di soggiorno, la necessità di presentare i documenti attestanti la regolarità della presenza in Italia dei genitori crea una discriminazione e possibili difficoltà per i bambini, in quanto i genitori che all'atto della dichiarazione di nascita non avessero un regolare permesso di soggiorno incorrerebbero in possibili sanzioni, fino all'espulsione stessa;

   tale situazione è stata ben evidenziata nel Terzo rapporto supplementare alle Nazioni Unite sul monitoraggio della Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza in Italia, del novembre 2017 (cap. 3.1): «Rispetto al diritto di registrazione alla nascita si fa presente che l'introduzione del reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato, avvenuta con legge 15 luglio 2009 n. 94 in combinato disposto con gli artt. 316-326 c.p., obbliga alla denuncia i pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio che vengano a conoscenza delle irregolarità di un migrante. Tale prescrizione condiziona i genitori stranieri che, trovandosi in situazione irregolare, spesso non si presentano agli uffici anagrafici, proprio per il timore di essere eventualmente espulsi»;

   il Ministero dell'interno ha emanato una circolare (n. 19 del 7 agosto 2009) che afferma: «Per lo svolgimento delle attività riguardanti le dichiarazioni di nascita e di riconoscimento di filiazione (registro di nascita – dello stato civile) non devono essere esibiti documenti inerenti al soggiorno trattandosi di dichiarazioni rese, anche a tutela del minore, nell'interesse pubblico della certezza delle situazioni di fatto», tuttavia, trattandosi di una circolare essa non ha la valenza di legge e non sempre viene presa in considerazione nell'applicazione della norma –:

   se il Ministro interrogato, per quanto di competenza, intenda adottare tutte le iniziative necessarie, affinché venga garantita ai figli degli stranieri la dichiarazione di nascita all'anagrafe, nel rispetto della Costituzione e della Convenzione dell'Onu sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, eliminando la presentazione del documento di soggiorno dei genitori ed evitando in questo modo che i bambini possano non venire iscritti all'anagrafe.
(5-02804)


   TONELLI, IEZZI, BORDONALI, DE ANGELIS, INVERNIZZI, MATURI, MOLTENI, STEFANI e VINCI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   notizie di stampa del 26 settembre 2019 riportavano l'arresto di tre immigrati accusati di essere trafficanti di esseri umani approdati in Italia il 29 giugno scorso, a bordo della Sea Watch III, ossia il natante finito alla ribalta delle cronache perché comandato dalla signora Carola Rackete;

   successivamente, alcuni immigrati, sbarcati con la nave Mediterranea, hanno riconosciuto Mohammed Condè, detto Suàrez, di 27 anni, originario della Guinea, Hameda Ahmed, di 26 anni, egiziano, e Mahmoud Ashuia, egiziano di 24 anni, quali soggetti che nel campo Zawya, in Libia, li avevano torturati, sottoposti a violenze di ogni genere ed anche ad abusi sessuali oltre a riservare loro condizioni di vita disumane;

   le indagini condotte dalla direzione distrettuale antimafia e dalla squadra mobile di Agrigento hanno portato quindi all'arresto di queste persone con l'accusa di tratta di persone, violenza sessuale, tortura, omicidio, sequestro di persona a scopo di estorsione e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina;

   nell'articolo de Il Giornale si evidenzia, secondo fonti attendibili, che il Ministro interrogato avrebbe imposto il silenzio sulla notizia;

   a parere degli interroganti è fondato il dubbio che tale riservatezza sia stata imposta non già per motivi di carattere investigativo, bensì per ragioni di opportunità politica, visto che, a seguito della vicenda della Sea Watch III, l'ex Ministro dell'interno, Matteo Salvini, è stato querelato da Carola Rackete, anch'essa a sua volta sottoposta ad indagine per vari reati;

   se ciò fosse confermato a parere degli interroganti Carola Rackete non sarebbe una caritatevole soccorritrice che ha rispettato solo gli obblighi derivanti dalle Convenzioni sul diritto internazionale del mare come descritta da diversi esponenti politici saliti a bordo della nave, ma piuttosto una traghettatrice di torturatori e scafisti;

   il rischio che le organizzazioni non governative (Ong) nelle loro attività di salvataggio in mare finiscano di fatto per diventare complici del traghettamento in Europa di delinquenti e trafficanti di esseri umani suscita grande preoccupazione, dato l'esponenziale aumento del numero degli arrivi nell'ultimo mese a seguito delle navi di diverse Ong;

   alla nave Sea Watch 3 – si ricorda – venne intimato il divieto di ingresso nelle acque territoriali italiane dall'allora Ministro dell'interno Matteo Salvini, ai sensi dell'articolo 1 del decreto-legge n. 53 del 2019, il quale ha disposto la possibilità di adottare tale misura proprio per motivi di ordine e sicurezza pubblica e in caso di violazione delle leggi sull'immigrazione –:

   se i fatti riportati in premessa corrispondano al vero e, con particolare riguardo al silenzio sulla notizia, quali siano le ragioni sottese, nonché quali iniziative intenda adottare al fine di scongiurare rischi come quelli sopra esposti alla luce dei nuovi intendimenti del Governo sugli sbarchi.
(5-02805)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SIRAGUSA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel periodo compreso tra il 23 e il 26 maggio 2019 si sono svolte in tutti i Paesi membri dell'Unione europea le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo;

   dal portale internetopen-data del Ministero dell'interno si evince che il numero totale di elettori residenti all'estero era pari a 1.673.837, mentre il numero di votanti è stato pari a 127.926 con una conseguente partecipazione al voto pari al 7,7 per cento;

   i cittadini italiani residenti nei Paesi dell'Unione europea avevano la possibilità di scegliere se votare per i candidati al Parlamento europeo del Paese di residenza ovvero per i candidati nella circoscrizione italiana presso le sezioni elettorali istituite dalle ambasciate e dai consolati oppure in Italia;

   le persone temporaneamente residenti in un Paese membro dell'Unione europea, nonché i familiari conviventi, hanno potuto invece votare per i candidati nella circoscrizione italiana, presentando apposita domanda tramite l'ufficio consolare di riferimento –:

   quanti siano i cittadini residenti all'estero che abbiano esercitato l'opzione di voto per i candidati dei Paesi di residenza ovvero quanti abbiano esercitato l'opzione di voto in Italia;

   se il numero dei votanti indicato nel portale open-data del Ministero dell'interno comprenda sia coloro che abbiano votato per i candidati al Parlamento europeo del Paese di residenza sia coloro che abbiano votato per i candidati nella circoscrizione italiana.
(4-03719)


   MINARDO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   le campagne del Mezzogiorno d'Italia continuano ad essere regno di lavoro sfruttato e fenomeni di illegalità che compromettono anche la concorrenza fra le imprese. Eppure c'è una legge per combattere tutto ciò. A quasi tre anni dalla sua entrata in vigore, la legge n. 199 del 2016 contro il caporalato è un testo che non ha trovato completa attuazione;

   pensata per riscrivere il reato di caporalato e introdurre quello di sfruttamento del lavoro con inasprimento delle sanzioni penali e delle misure cautelari, la legge è stata applicata finora solo nella sua parte repressiva. Sono previsti l'arresto in flagranza, la reclusione da 1 a 6 anni, il controllo giudiziario dell'azienda e la confisca dei beni anche per equivalente. È stata estesa, inoltre, la punibilità anche al datore di lavoro, a prescindere dall'intervento del caporale, in presenza di indici di sfruttamento (violazioni in materia di orario e in materia di salute e sicurezza; retribuzione palesemente difforme dai contratti collettivi; condizioni alloggiative e di lavoro degradanti);

   la legge contiene però anche misure che si propongono di migliorare le condizioni di lavoro e tutelare l'azienda e l'occupazione. L'80 per cento delle norme contenute nella legge n. 199 del 2016 non sono state ancora attuate; non basta l'applicazione delle norme che riguardano il profilo della repressione, ma bisogna attuare anche la parte preventiva, che parla di misure su collocamento e trasporti o quella relativa al controllo giudiziario sull'azienda che ha l'obiettivo di non interrompere l'attività agricola –:

   se i Ministri interrogati intendano verificare i motivi per cui la legge non è stata applicata nella sua totalità e se intendano assumere iniziative, per quanto di competenza, per attuare le norme inapplicate in modo da contrastare seriamente questa piaga sociale.
(4-03721)


   PAGANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con riferimento agli Ispettori della polizia di Stato ex legge 121 del 1981 cosiddetti ante riordino decreto legislativo n. 197 del 1995, per l'accesso al ruolo direttivo speciale della polizia di Stato: il dipartimento della pubblica sicurezza non ha mai bandito detti concorsi danneggiando questo personale della polizia di Stato, già fortemente penalizzato dalla retrocessione con il riodino del 1995 (decreto legislativo n. 197 del 1995), nonostante il ruolo svolga funzioni delicatissime come quelle di comandanti di reparto, responsabili delle sezioni di polizia giudiziaria presso le procure, responsabili di sezioni delle squadre mobili o delle digos nelle varie questure, sezioni di polizia scientifica, polfer, polizia postale e altre strutture simili;

   dopo la sentenza per una class action degli interessati innanzi al TAR del Lazio del 2 febbraio 2016 n. 01439/2016, l'Amministrazione della polizia di Stato, ha concorso a redigere il decreto legislativo n. 126 del 2018 che ha previsto nelle norme transitorie del decreto legislativo n. 95 del 2017 un concorso per coprire i posti del ruolo direttivo speciale per le annualità 2001, 2002, 2003, 2004 e 2005 in un nuovo e diverso ruolo, denominato ad esaurimento, con sviluppo inferiore a quello previsto per il ruolo direttivo speciale contemporaneamente abrogato;

   con tale operazione, l'amministrazione dell'interno – concorrendo alla stesura delle norme transitorie del decreto legislativo n. 95 del 2017 li ha danneggiati una seconda volta poiché la promozione a vice commissario ha comportato l'inquadramento nel «parametro 136» facendoli retrocedere di ben 12 punti stipendiali rispetto al parametro rivestito nella qualifica apicale degli ispettori (parametro 148) rivestita prima del concorso;

   li si è privati dello sviluppo di carriera già previsto per ruolo direttivo speciale che con il decreto legislativo n. 334 del 2000 arrivava alla duplice qualifica di vice questore (V.Quest. Agg. - V.Quest.) prevedendo invece, nel nuovo ruolo direttivo ad esaurimento, solo la qualifica apicale di commissario capo, che è il gradino iniziale del ruolo dei funzionari fin dal primo giorno di servizio);

   si è previsto il loro inquadramento giuridico a vice commissario non già con le decorrenze previste a concorso per le annualità dal 2001 al 2005 ma con decorrenza 26 febbraio 2018 senza tenere in conto dell'irreversibile danno arrecato loro per di 17 anni;

   le commissioni riunite 1a e 4a del Senato – nella XVII legislatura - colsero tali criticità e le formalizzarono al Governo pro tempore «raccomandando» l'inquadramento «... alla qualifica di commissario capo del ruolo direttivo ad esaurimento, con decorrenza giuridica dal 1° gennaio 2017 e decorrenza economica dal 1° gennaio 2018...»;

   in forza del decreto-legge del 4 ottobre 2018, n. 113, convertito dalla legge n. 132 del 1° dicembre 2018 è prevista l'adozione di provvedimenti normativi in materia di revisione dei ruoli del personale delle forze di polizia nonché volti a correggere e integrare il decreto legislativo n. 95 del 29 maggio 2017;

   va considerato che si tratta di personale a ridosso dei raggiunti limiti di età per la collocazione in pensione e con un'anzianità di servizio effettivo ricompresa tra i 35 e i 40 anni, tenuto anche conto dei profili di rilevante e non manifestamente infondata questione di legittimità costituzionale del citato articolo 2 del decreto legislativo n. 95 del 2017, sollevati innanzi alla Corte Costituzionale dal Tar Abruzzo con l'ordinanza 19 dicembre 2018 n. 104 del 2019 –:

   se si intendano adottare iniziative normative volte a modificare l'articolo 2 del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, al fine di:

    a) attribuire la qualifica di Commissario capo all'esito di ciascuno dei cinque cicli (annualità 2001/2005) per i vincitori del 1o concorso per commissari del ruolo direttivo ad esaurimento;

    b) riconoscere ed attribuire agli stessi la qualifica di vice questore con decorrenza dal giorno precedente alla collocazione in quiescenza.
(4-03725)


   FERRO, DEIDDA e PRISCO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 24 del decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334, prevedeva concorsi straordinari per gli anni 2001, 2002, 2003, 2004 e 2005, in favore degli ispettori della polizia di Stato ex legge 121/81, cosiddetti ante riordino di cui al decreto legislativo n. 197 del 1995, per l'accesso al ruolo direttivo speciale della polizia di Stato;

   il dipartimento della pubblica sicurezza, contrariamente a quanto fatto dall'Arma dei carabinieri, dalla Guardia di finanza, dalla Polizia penitenziaria, dall'Esercito e dalla Marina militare, non ha mai bandito detti concorsi;

   tale omissione ha determinato un ingente danno al personale della polizia di Stato anche nei confronti dei rispettivi omologhi delle altre Forze armate e Forze di polizia che, in virtù della predetta disciplina e delle successive modifiche normative, sono diventati ufficiali superiori;

   a seguito della pronuncia del Tar del Lazio 2 febbraio 2016, n. 01439/2016, il dipartimento della pubblica sicurezza ha concorso a redigere il decreto legislativo n. 126 del 2018 che ha previsto nelle norme transitorie del decreto legislativo n. 95 del 2017 il bando di un concorso per coprire i posti del ruolo direttivo speciale per le annualità 2001, 2002, 2003, 2004 e 2005 in un nuovo e diverso ruolo, denominato ad esaurimento, con sviluppo inferiore a quello previsto per il ruolo direttivo speciale contemporaneamente abrogato;

   il personale interessato è stato enormemente danneggiato, a ridosso dei raggiunti limiti di età per la collocazione in pensione e con un'anzianità di servizio effettivo ricompresa tra i 35 e i 40 anni –:

   se corrisponda al vero che i vincitori del concorso per il ruolo direttivo ed esaurimento siano stati retrocessi ulteriormente, poiché la promozione a vice commissario ha comportato l'inquadramento nel «parametro 136», facendoli così retrocedere di ben 12 punti stipendiali rispetto al parametro rivestito nella qualifica apicale degli ispettori (parametro 148) rivestita prima del concorso;

   se sia vero che gli ispettori del ruolo direttivo ad esaurimento siano stati privati dello sviluppo di carriera già previsto per il ruolo direttivo speciale che con il decreto legislativo 334 del 2000 arrivava alla duplice qualifica di vice questore (V. Quest. Agg. - V. Quest.) prevedendo invece, nel nuovo ruolo direttivo ad esaurimento, solo la qualifica apicale di commissario capo;

   quali siano le motivazioni che hanno determinato il loro inquadramento giuridico a vice commissario non già con le decorrenze espressamente previste a concorso per le annualità 2001, 2002, 2003, 2004 e 2005 ma con decorrenza 26 febbraio 2018;

   quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare il Governo per attribuire la qualifica di commissario capo all'esito di ciascuno dei cinque cicli (annualità 2001/2005) per i vincitori del 1° concorso per commissari del ruolo direttivo ad esaurimento e per riconoscere agli stessi la qualifica di vice questore con decorrenza dal giorno precedente alla collocazione in quiescenza.
(4-03727)


   ANGIOLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo n. 334 del 2000 precedeva concorsi straordinari per gli anni 2001, 2002, 2003, 2004 e 2005, in favore degli ispettori della polizia di Stato ex legge n. 121 del 1981 cosiddetti ante riordino decreto legislativo n. 197 del 1995, per l'accesso al ruolo direttivo speciale della polizia di Stato;

   il dipartimento della pubblica sicurezza non ha mai bandito detti concorsi e tale omissione ha arrecato nocumento a tale personale della polizia di Stato, nonostante il ruolo rappresenti una componente importante della polizia;

   viceversa, tutte le altre amministrazioni, come carabinieri, Guardia di finanza e altre, diedero sistematicamente luogo a detti concorsi;

   solo grazie alla vittoriosa sentenza per gli interessati del Tar del Lazio 2 febbraio 2016, n. 01439/2016, dopo 17 anni di mancata applicazione della legge, l'amministrazione della Polizia di Stato, ha concorso a redigere il decreto legislativo n. 126 del 2018 che ha previsto nelle norme transitorie del decreto legislativo n. 95 del 2017 il bando di un concorso per coprire i posti del ruolo direttivo spaciale per le annualità 2001, 2002, 2003, 2004 e 2005 in un nuovo e diverso ruolo, denominato ad esaurimento, con sviluppo inferiore a quello previsto per il contemporaneamente abrogato;

   con tale operazione, l'amministrazione dell'interno, concorrendo alla stesura delle norme transitorie del decreto legislativo n. 95 del 2017 non ha tenuto nella debita considerazione tali soggetti, trascurando i vincitori del concorso. Infatti:

    a) li si è retrocessi – per così dire – una seconda volta poiché la promozione a vice commissario ha comportato l'inquadramento nel parametro 136, facendoli così retrocedere di ben 12 punti stipendiali rispetto al parametro rivestito nella qualifica apicale degli Ispettori («parametro 148») rivestita prima del concorso;

    b) li si è privati dello sviluppo di carriera già previsto per il ruolo direttivo speciale che con il decreto legislativo n. 334 del 2000 arrivava alla duplice qualifica di vice questore (V. Quest. Agg. - V. Quest.), prevedendo invece, nel nuovo ruolo direttivo ad esaurimento, solo la qualifica apicale di commissario capo (id est il gradino iniziale del ruolo dei funzionari, rivestito da costoro il primo giorno di servizio);

    c) si è previsto il loro inquadramento giuridico a vice commissario non già con le decorrenze espressamente previste a concorso per le annualità 2001, 2002, 2003, 2004 e 2005, ma con decorrenza 26 febbraio 2018 senza tenere conto del nocumento arrecato loro per causa di 17 anni di mancata applicazione della legge;

   le Commissioni riunite 1a e 4a del Senato – nella XVII legislatura – colsero ex ante tali criticità e le formalizzarono al Governo pro tempore in data 11 maggio 2017 nel parere allo schema di decreto legislativo n. 395, «raccomandando» l'inquadramento «... alla qualifica di commissario capo del ruolo direttivo ad esaurimento, con decorrenza giuridica dal 1° gennaio 2017 e decorrenza economica dal 1° gennaio 2018 ...»;

   va considerato che si tratta di personale a ridosso dei raggiunti limiti di età per la collocazione in pensione e con un'anzianità di servizio effettivo ricompresa tra i 35 e i 40 anni –:

   se non ritenga di adottare le iniziative di competenza per modificare l'articolo 2 del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, prevedendo:

    1) l'attribuzione della qualifica di commissario capo all'esito di ciascuno dei cinque cicli (annualità 2001/2005) per i vincitori del 1° concorso per commissari del ruolo direttivo ad esaurimento;

    2) il riconoscimento agli stessi della qualifica di vice questore con decorrenza almeno dal giorno precedente alla collocazione in quiescenza.
(4-03728)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   MINARDO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la tragedia delle scorse settimane avvenuta a Catania relativa alla morte del bimbo di due anni per mano «inconsapevole» del suo papà che recandosi a lavoro ha dimenticato di accompagnarlo all'asilo, lasciandolo per 5 ore in macchina sotto il sole cocente, mette in evidenza quanto queste disgrazie siano diventate una triste ricorrenza della nostra quotidianità per la frequenza con la quale questi casi si sono presentati negli ultimi vent'anni. Da ciò emerge la necessità di provvedimenti semplici per prevenire questi drammi. È il caso di valutare se sussistano i presupposti per intervenire sulla questione anche attraverso una circolare ministeriale che stabilisca l'obbligo per gli asili nido e le scuole materne sia pubblici che privati di inserire nei propri regolamenti alla voce «assenze» l'obbligo della scuola di avvisare entro un'ora dall'inizio dell'attività scolastica entrambi i genitori dell'assenza del proprio figlio. È il modo più semplice per evitare simili tragedie; basta una telefonata, un sms, un messaggio whatsApp per prevenire drammi che mai dovrebbero accadere. Ad avviso dell'interrogante non occorre una legge per fare ciò, anche perché i tempi di attuazione sarebbero lunghi, ma una circolare ministeriale che prevede l'obbligo per le segreterie scolastiche di avvisare i genitori con un semplice click –:

   se il Governo non intenda adottare ogni iniziativa di competenza per prevedere che gli asili nido e le scuole materne, entro un'ora dall'inizio delle attività scolastiche, avvisino i genitori dell'assenza del proprio figlio.
(4-03720)


   MINARDO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   c'è una porzione della scuola italiana che funziona piuttosto bene: l'istruzione tecnica e professionale. Secondo un rapporto dell'Ocse il 68 per cento dei 25-34enni con una qualifica tecnico-professionale ha un impiego. Eppure, al momento della scelta della scuola secondaria, questi dati non vengono pubblicizzati: il nuovo anno è appena iniziato e la percentuale di iscritti agli istituti tecnici si conferma al 31 per cento del totale nei neo-ingressi; si scende al 14,4 per cento tra i professionali. Tra i motivi alla base del mancato decollo dell'istruzione tecnica ci sono nodi di sistema, come il poco orientamento in uscita dalle scuole medie, la scarsa pratica laboratoriale, e di recente, l'alternanza scuola-lavoro dimezzata. A ciò si aggiungano due questioni che riguardano direttamente il mondo delle imprese: gli apprendistati duali sono pressoché impossibili, e mancano partnership strutturate tra scuole e imprese. Nell'ordinamento italiano vi sono le reti di scuole da un lato, le reti di impresa dall'altro. Eppure, nonostante questi «freni», l'istruzione tecnico-professionale si conferma una formazione di livello, e, sempre secondo l'Ocse, rappresenta «un percorso efficace per l'ingresso nel mondo del lavoro». È necessario implementare i progetti di orientamento scolastico per gli studenti indirizzandoli verso questa tipologia di scuola che offre maggiori possibilità di inserimento nel mondo del lavoro;

   l'obiettivo finale è favorire negli studenti l'acquisizione di competenze sia tecniche che trasversali, facilitare il loro successivo inserimento nel mondo del lavoro, oltre a promuove un ampio utilizzo della didattica laboratoriale quale metodologia di apprendimento efficace anche sotto il profilo del contrasto alla dispersione scolastica, ancora molto elevata negli istituti scolastici –:

   se il Governo intenda avviare iniziative per finanziare progetti per qualificare l'offerta formativa degli istituti tecnici e professionali, allo scopo di migliorarne l'aderenza alle necessità del mercato del lavoro, potenziare le ore di alternanza scuola-lavoro e avviare iniziative di confronto con le aziende del territorio per capire quali siano le possibilità che offre il mercato del lavoro e per quali profili professionali;

   se il Governo intenda promuovere interventi organici e incisivi che puntino a qualificare l'offerta di istruzione e formazione tecnica e professionale, migliorando non solo l'aderenza al mercato ma anche l'acquisizione di competenze trasversali, sia in ambito gestionale che relazionale.
(4-03722)


   MINARDO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   si rileva un'emergenza sanitaria nazionale molto sentita soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno causata da due fattori molto importanti: da un lato mancano gli specialisti negli ospedali, dall'altro ci sono troppi medici senza specializzazione. Da ciò nasce l'esigenza di incrementare il numero dei medici da formare, dando una «importante accelerazione per il finanziamento delle borse di studio». Questa è la strada su cui si può lavorare per un rilancio dell'apporto dei medici specialisti nell'ambito del Servizio sanitario nazionale. La logica soluzione è quindi quella di investire soldi per far specializzare i già tanti medici presenti sul territorio, invece di farli «fuggire» all'estero. Attualmente sono 8 mila le borse di specializzazione, un numero insufficiente per colmare la carenza di specialistici peraltro più volte lamentata dai sindacati e dalle diverse federazioni e associazioni dei medici –:

   se i Ministri interrogati intendano assumere iniziative volte ad incrementare di 5.000 borse di studio, le borse statali di specializzazione finanziate per l'anno 2020, per arrivare ad almeno 13.000 borse;

   essendo il costo medio di una borsa di studio di 128.000 euro, se i Ministri interrogati intendano assumere iniziative, per quanto di competenza, per prevedere oltre ai fondi già stanziati, un ulteriore investimento per 640.000.000 di euro per l'anno 2020, al fine di alleggerire e smaltire l'imbuto formativo creatosi e arginare l'emergenza sanitaria negli ospedali italiani.
(4-03723)


   VANESSA CATTOI, BINELLI, LOSS e SUTTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   a tre settimane dall'inizio dell'anno scolastico le scuole italiane restano in situazione di emergenza;

   su 66 mila cattedre scoperte ne sono state assegnate 33 mila, che diventano in realtà 32 mila se si tolgono quelle accantonate in precedenza;

   l'emergenza maggiore riguarda le regioni del Nord: in Piemonte, Veneto e Lombardia sono state coperte in media solo il 43 per cento delle cattedre, per ognuna delle quali ora servirà un supplente;

   se poi a queste cifre si aggiungono i quasi 10 mila pensionamenti che l'Inps non ha gestito in tempo e i 48 mila docenti in deroga sul sostegno e i 12 mila dell'organico di fatto, il totale delle supplenze sfiora quota 108 mila;

   l'Associazione nazionale presidi denuncia una situazione disastrosa in cui mancano tantissimi insegnanti, direttori amministrativi, assistenti di segreteria, e in cui i dirigenti sono nell'impossibilità materiale di garantire il servizio dovuto;

   il sistema di reclutamento è infatti anacronistico, inadeguato e inefficace in quanto si basa su graduatorie esaurite e su sanatorie che non garantiscono la qualità del servizio, mettendo a serio rischio il diritto allo studio degli studenti sui quali, purtroppo, ricadono le conseguenze di questo caos –:

   quali iniziative il Ministro interrogato ritenga opportuno assumere al fine di sanare una situazione che sta creando notevoli disagi al personale docente, ma soprattutto ai nostri studenti, e se il Governo intenda rivedere il testo del decreto-legge sull'emergenza scolastica promosso dal Ministro pro tempore dell'istruzione, dell'università e della ricerca Bussetti, già approvato dal Consiglio dei ministri, nell'agosto 2019 e non pubblicato.
(4-03732)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   ASCARI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il Governo pro tempore ha risposto in data 5 giugno 2019 all'interrogazione a risposta in Commissione n. 5-00718 relativa alla situazione in cui versavano alcuni dipendenti delle industrie G.M. Cataforesi, Carrozzeria Nuova G.M. e Work Service Società Cooperativa nell'appalto G.M. Cataforesi;

   nell'interrogazione erano stati evidenziati presunti abusi e licenziamenti illegittimi da parte delle aziende sopra menzionate;

   il Governo pro tempore rispose evidenziando che erano state avviate attività ispettive, prospettando inoltre la possibilità di «avviare un tavolo istituzionale di confronto con l'obiettivo di tutelare i posti di lavoro a rischio e l'intera produzione»;

   successivamente al deposito della interrogazione, si sono registrati ulteriori presunti atti illegittimi e abusi;

   in particolare, un comunicato stampa del sindacato Si.Cobas riporta che un suo delegato sindacale sarebbe stato messo da mesi sotto una gogna che si caratterizza come un «vero e proprio stalking occupazionale» caratterizzato da «un demansionamento», «un suo collega di lavoro è stato incaricato di minacciarlo più volte fisicamente»; si riferisce anche di «lettere disciplinari senza fondamento», «tentate multe, poi annullate» e che «è stato incaricato di svolgere mansioni da apprendista»;

   questo comportamento, secondo quanto scritto nel comunicato, avrebbe causato al lavoratore un periodo di assenza dal lavoro per malattia per 4 mesi, causato da sbalzi di pressioni ed emicranie;

   al termine dei 4 mesi di malattia certificate da un medico, il lavoratore sarebbe stato sospeso dal servizio per 6 mesi, poiché, secondo la società, non vi sarebbero state per lui mansioni idonee alla ripresa del lavoro, in quanto al termine del periodo di malattia il medico aveva prescritto una limitazione temporanea rispetto ai pesi dei pezzi da movimentare;

   secondo il sindacato, tale sospensione sarebbe pretestuosa, in quanto altri colleghi avrebbero limitazioni ben più onerose e sarebbero regolarmente impiegati nella ditta; Si.Cobas denuncia che il reale motivo del comportamento aziendale sarebbe il solo fatto che il soggetto appartiene alla propria organizzazione sindacale;

   qualora i fatti sopra descritti fossero confermati, nell'atteggiamento delle società verso il delegato sindacale, prima e dopo il periodo di malattia, potrebbero configurare palesi violazioni di legge;

   secondo l'interrogante, se tutto ciò non fosse censurato e non fossero adottati tutti i rimedi previsti dalla legislazione, si rischierebbe di accettare il principio per cui anche una semplice malattia di medio periodo, potrebbe essere utilizzata per allontanare lavoratori sindacalizzati o comunque considerati «scomodi» dall'azienda, che si trovino in condizione di debolezza o parziale inabilità temporanea –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere al fine di verificare quanto descritto in premessa;

   quali siano le risultanze delle opportune verifiche annunciate nella risposta all'interrogazione sopra citata, con riferimento all'ispettorato del lavoro, al Ministero dello sviluppo economico e degli altri istituti coinvolti, e quali conseguenti iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere;

   se non si intenda, come annunciato dal Governo pro tempore in sede di risposta alla sopra menzionata interrogazione, «avviare un tavolo istituzionale di confronto con l'obiettivo di tutelare i posti di lavoro a rischio e l'intera produzione».
(3-01003)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ANDREA ROMANO, SERRACCHIANI, CECCANTI e GRIBAUDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Continental è una multinazionale tedesca con circa 244.000 dipendenti e stabilimenti in tutto il mondo, che sviluppa e produce pneumatici e componentistica automotive. Nell'ambito del settore automotive si trova la divisione Powertrain alla quale appartiene lo stabilimento di Pisa, che è composto dalle due sedi di San Piero a Grado e Fauglia. La divisione Powertrain ha appena cambiato nome in Vitesco Technology per possibile cessione o messa sul mercato del ramo di azienda;

   nello stabilimento di Pisa, che opera dal 1987 prima come Siemens e poi come Continental lavorano attualmente 950 dipendenti e circa 200 interinali, di cui approssimativamente la metà residenti nel territorio livornese;

   nello stabilimento di Pisa si fa ricerca e sviluppo, industrializzazione e produzione di serie di iniettori per motori a benzina. Si tratta dello stabilimento leader di Continental per questo prodotto, all'avanguardia in termini di industria 4.0; le tecnologie sviluppate presso San Piero a Grado e Fauglia permettono di produrre iniettori che già rispettano le normative Euro6 e ci sono le competenze per progredire ancora. Gli iniettori prodotti a Pisa equipaggiano auto di quasi tutte le marche; circa un terzo delle auto a benzina immatricolate in Europa sono equipaggiate con iniettori prodotti a Pisa;

   il 25 settembre 2019 la multinazionale tedesca ha diffuso alla stampa il documento «Continental Strategy 2030: Future Path Clearly Defined», con il quale ha illustrato la propria strategia per il futuro, alla luce della crisi che sta emergendo nel mercato globale dell'auto e all'accelerazione del cambiamento nella tecnologia di propulsione dovuto a regole sempre più stringenti che si prospettano per il futuro;

   Continental ha così annunciato di accelerare il passaggio alla propulsione elettrica e il contestuale e graduale abbandono della propulsione tradizionale, con effetti sull'occupazione globale del gruppo pari a 20.000 posti di lavoro in meno;

   nello stabilimento di Pisa si prevede una diminuzione degli occupati pari a circa 500 posti di lavoro tra il 2023 e il 2028;

   la dirigenza locale della Continental ha già preso contatti con la regione Toscana e con gli altri enti locali al fine di riorientare lo stabilimento verso soluzioni alternative, come sviluppo e produzione di componentistica meccanica per la propulsione elettrica, riconoscendone l'alta potenzialità in termini di ricerca e lo sviluppo dei prodotti; la preoccupazione che si è diffusa tra i lavoratori e le amministrazioni locali per la continuità produttiva e lavorativa nonché per le ricadute economiche sul territorio che deriverebbero da un piano che prevede una così drastica riduzione occupazionale necessita di un tempestivo confronto a livello centrale;

   il caso in questione anticipa una dinamica industriale e occupazionale, più generale che non può essere sottovalutata, perché la componentistica di cui il motore elettrico necessita è profondamente diversa e di minore quantità rispetto al motore tradizionale e l'impatto occupazionale sul comparto industriale automotive non può e non deve essere ignorato –:

   quali iniziative di competenza ritengano di adottare al fine di favorire il rafforzamento delle potenzialità tecnologiche ed innovative degli impianti pisani, salvaguardando i livelli occupazionali ed il patrimonio di competenze professionali maturato negli anni;

   quali urgenti iniziative intendano adottare al fine di monitorare, d'intesa con le amministrazioni locali interessate e con la regione Toscana, le prospettive occupazionali e produttive degli stabilimenti pisani del gruppo Continental;

   quali iniziative il Ministro dello sviluppo economico intenda mettere in atto per accompagnare la transizione di tutto il comparto italiano automotive verso diverse forme di propulsione, quali l'elettrico.
(5-02790)


   MASI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il Tribunale civile di Brindisi, il 13 gennaio 2017, ha dichiarato il fallimento di Gse Industria Aeronautica s.r.l. e nominato i curatori fallimentari per l'esercizio provvisorio di impresa;

   il 27 dicembre 2017, il giudice delegato del Tribunale di Brindisi ha ordinato la vendita dell'intero compendio aziendale della Gse Industria Aeronautica S.r.l alla società Distressed Companies Management S.r.l. (di seguito Dcm);

   nel gennaio 2018, negli incontri tra DCM e Rsu (Rappresentanza sindacale unitaria), Oo.ss (organizzazioni sindacali), le parti concordavano strumenti idonei ad adeguare la capacità produttiva al mercato e all'esecuzione di 7 contratti di fornitura alle società Strata Manifacturing PJSC, Leonardo S.p.A e The Boeing Company al fine di salvaguardare occupazioni e nuovi investimenti;

   il 15 gennaio 2018, in un incontro alla presenza della task force della regione Puglia Dcm presentava alle organizzazioni sindacali la proposta di piano industriale DRaGO (Dar Raising GSE Operation) mentre il 16 gennaio 2018 – dopo il referendum tra i lavoratori GSE, in merito al citato Piano industriale – le Rsu e le organizzazioni sindacali comunicavano a Dcm e a Gse la volontà di raggiungere un accordo sindacale ex articolo 47, comma 4-bis, della legge n. 428 del 1990 per il passaggio di tutta la forza lavoro (225 unità) in un'unica entità societaria. Il 17 gennaio 2018 presso la regione Puglia è stato sottoscritto un accordo che indicava i termini generali e le ricadute economico-giuridiche del Progetto DRaGO nonché il subentro e la prosecuzione, in capo a Dcm, dei 218 contratti di lavoro a tempo indeterminato con i dipendenti di Gse;

   il 31 gennaio 2018 la Dcm ha acquisito la Gse e i suoi 225 lavoratori, ma il 5 febbraio ha avviato licenziamento collettivo di 118 persone;

   le parti come da accordo del 6 febbraio 2018, e a seguito dell'impegno di Dcm di proseguire nella riorganizzazione aziendale, concordavano di avviare la procedura al riconoscimento della Cigs (Cassa integrazione guadagni straordinaria), quale strumento alternativo al licenziamento – dal mese di febbraio 2018 fino a un massimo di 24 mesi – anche per non disperdere le figure professionali del comparto aeronautico, limitando la cessazione del rapporto di lavoro sulla base del solo criterio di scelta della non opposizione al provvedimento di recesso;

   si ricorda che il 7 febbraio 2017, le parti, preso atto della impossibilità di procedere al contratto di solidarietà, a causa della incompatibilità organizzativa dell'istituto e per esigenze aziendali, hanno concordato di presentare istanza di ricorso alla Cigs a decorrere dal 7 febbraio 2018 e per la durata massima di 24 mesi nonché la cassa integrazione a zero ore e/o a orario ridotto per un numero massimo di 112 lavoratori costituenti l'intero organico della sede di Brindisi;

   i curatori fallimentari nominati hanno attivato, ad ottobre 2017, la procedura di licenziamento collettivo, dato il mancato accordo e in assenza di proroga dell'esercizio provvisorio, confermavano la necessità di procedere alla riduzione del personale;

   nel 2017, tutti i creditori e dipendenti si sono insinuati al passivo, incluso il Ministero dello sviluppo economico che, dal primo riparto e nel primo «Progetto SP: analitico per categoria credito – GSE Industria Aeronautica srl», vanterebbe un credito di circa 24 milioni di euro;

   nonostante gli incontri svolti presso la task-force della regione Puglia ad oggi non si è arrivati ad alcun risultato certo per il futuro occupazionale dei lavoratori della ex Gse –:

   quali tempestive iniziative ritenga di assumere, per quanto di competenza anche attraverso l'istituzione di un tavolo tecnico con le parti interessate, per trovare una soluzione al mancato inserimento occupazionale dei lavoratori della ex Gse.
(5-02814)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   SUTTO, BOLDI, DE MARTINI, FOSCOLO, LAZZARINI, LOCATELLI, PANIZZUT, TIRAMANI e ZIELLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la malattia di Alzheimer è una patologia neurodegenerativa che determina un progressivo deterioramento delle funzioni cognitive (memoria, ragionamento e linguaggio) e, nelle fasi più avanzate, arriva a compromettere l'autonomia e la capacità di compiere le normali attività giornaliere. Essa rappresenta la più comune causa di demenza;

   in Italia, i malati di Alzheimer sono più di seicentomila, le persone affette da demenza sono complessivamente un milione e duecento mila e i familiari direttamente o indirettamente coinvolti nella loro assistenza hanno superato quota tre milioni;

   il 21 settembre 2019, in occasione della XXVI Giornata mondiale Alzheimer, è stato presentato un rapporto internazionale in merito alle principali convinzioni radicate presso l'opinione pubblica nei confronti della demenza;

   l'indagine, intitolata «L'atteggiamento verso la demenza», ha coinvolto più di 70.000 persone, suddivise tra personale sanitario, pazienti e pubblico in generale;

   i risultati della ricerca, elaborati dalla London School of Economics and Political Science, hanno certificato l'altissimo livello di disinformazione che, ancora oggi, si riscontra in relazione alla malattia di Alzheimer e a tutti gli altri gruppi di patologie che causano la demenza;

   addirittura il 62 per cento del personale sanitario ritiene, a torto, che la demenza sia conseguenza normale dell'invecchiamento. Una persona su quattro è convinta che non si possa fare nulla per prevenirla. Il 48 per cento, degli intervistati è convinto che la memoria di una persona con demenza non migliorerà mai, neppure con interventi medici. Si ha, poi, una quota rilevante del campione degli intervistati che ancora attribuisce la demenza a sfortuna, alla volontà di Dio o a stregoneria;

   secondo gli esperti, i risultati dell'indagine confermano la presenza di un vero e proprio stigma nei confronti della malattia di Alzheimer e, in generale, verso la demenza a fronte del quale le persone omettono di chiedere informazioni, supporto e assistenza medica, a costo di peggiorare la durata e la qualità della loro vita;

   si ritiene inaccettabile che le molte, gravi, malattie che possono causare la demenza, tra cui l'Alzheimer, siano ancora oggi avvolte da un alone di falsi miti e credenze, scambiate dall'opinione pubblica per una conseguenza normale dell'invecchiamento –:

   se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare al fine di migliorare la quantità e la qualità dell'informazione in materia, combattere lo stigma che tuttora si riscontra verso la demenza e garantire il necessario sostegno assistenziale ai malati e alle loro famiglie.
(3-01000)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XII Commissione:


   BAGNASCO, NOVELLI, BOND, BRAMBILLA, MUGNAI e VERSACE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il tumore al seno rappresenta circa un terzo dei tumori femminili; le donne viventi in Italia nel 2018 che hanno avuto in passato una diagnosi di tumore della mammella sono poco meno di 800.000;

   il miglioramento delle prospettive di vita per diverse tipologie di tumore, è anche conseguente alle novità in termini di tecnologie diagnostiche, e alle campagne di prevenzione messe in atto dal servizio sanitario nazionale;

   nel 50 per cento dei casi il tumore al seno, quando è di dimensioni sotto al centimetro, viene individuato dal mammografo;

   nell'inchiesta di Milena Gabanelli, sul Corriere della Sera, si sottolinea come secondo lo stesso Ministero della salute, l'obsolescenza delle attrezzature è un elemento preoccupante. Nel 2017, il 29,3 per cento del totale dei mammografi censiti supera i 10 anni. Sempre il Ministero sottolinea che l'utilizzo delle apparecchiature più vecchie, oltre a comportare un'indebita esposizione di radiazioni ionizzanti, rischia di aumentare notevolmente, per la ridotta capacità diagnostica, il numero di false negatività e quindi di ritardare il momento diagnostico;

   riguardo agli interventi per tumore al seno, l'eventuale operazione chirurgica può essere demolitiva o conservativa. Succede, però, che su oltre 37.200 donne operate con interventi conservativi l'anno, in media 2.800 devono ritornare in sala operatoria entro 4 mesi, perché il tumore non è stato asportato radicalmente. Il successo dell'operazione è legato alla presenza di un’équipe multidisciplinare che integra le diverse competenze: radiologo chirurgo, patologo, radioterapista, oncologo e altri;

   il rischio di re-intervento è misurato statisticamente dal piano nazionale esiti, elaborato annualmente dall'Agenas. Emerge che la media a livello nazionale è del 7,5 per cento. In 45 strutture il rischio è significativamente superiore: fino a 5 volte rispetto alla media;

   l'ospedale San Paolo di Savona risulterebbe uno di quelli dove maggiore è il rischio di re-intervento. Peraltro, diversi ospedali (in Friuli Venezia Giulia e in altre regioni) hanno già provveduto a contestare quei dati, sia riguardo ai macchinari vecchi, sia riguardo alle percentuali di re-intervento, perché dati spesso superati e quindi non più veritieri –:

   se non si ritenga indispensabile adottare iniziative per aggiornare i dati di cui in premessa al fine di garantirne l'attendibilità ed evitare evidenti e ingiustificati allarmi.
(5-02794)


   CECCONI e CUNIAL. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 73 del 2017 viene approvato definitivamente nella XVII legislatura il 28 luglio 2017;

   nella stessa giornata in fase di discussione degli ordini del giorno si è discusso anche l'ordine del giorno 9/04595/002 dell'Onorevole Ivan Catalano, che è stato respinto;

   in sede di esame del Doc. XXII, n. 80, veniva rilevato che vi erano delle criticità relative alle modalità di somministrazione dei vaccini relative al rischio intrinseco degli effetti autoimmuni, immunosoppressivi, di iperimmunizzazione e di ipersensibilità causati dai vaccini e dichiarati dalle stesse case farmaceutiche nei foglietti illustrativi;

   in data 7 febbraio 2018 è stata pubblicata la relazione conclusiva dei lavori della Commissione parlamentare di inchiesta sui casi di morte e di gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato in missioni militari all'estero a causa dell'uranio impoverito e della dispersione nell'ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico e a eventuali interazioni, della passata legislatura, Doc. XII-bis n. 23;

   a pagina 144 si legge: «La Commissione prende atto che, in data 14 gennaio 2018, sono pervenute dal vicepresidente Ivan Catalano osservazioni “in merito all'analisi dei componenti dei vaccini autorizzati per la profilassi vaccinale militare obbligatoria [...]”. Data la rilevanza dei temi affrontati in queste osservazioni, ai fini di un'adeguata tutela della salute dei militari, la Commissione invita l'intera comunità scientifica, di cui l'ISS è parte, a prenderne conoscenza. La Commissione provvederà a trasmettere il predetto documento all'Istituto superiore di sanità per una indispensabile valutazione scientifica dei relativi contenuti. [...]»;

   la comunità scientifica si è mossa mediante le ricerche portate avanti dall'associazione Corvelva, i cui esiti sono stati presentati alla Camera dei deputati in due conferenze stampa, una del 24 gennaio 2019 e una del 27 giugno 2019 –:

   quali iniziative il Governo abbia messo in campo, anche per il tramite dell'Istituto superiore di sanità, al fine di tutelare la salute dei militari, ma anche dei civili, date le analisi documentali effettuate dalla suddetta Commissione di inchiesta e pubblicate nella relazione di cui in premessa, al fine di ridurre il rischio di reazione avversa causata dalla somministrazione di farmaci contenenti componenti potenzialmente pericolosi.
(5-02795)


   SIANI, CARNEVALI, PINI, RIZZO NERVO, SCHIRÒ e CAMPANA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in data 20 settembre 2019 l'azienda ospedaliera di rilievo nazionale Antonio Cardarelli di Napoli ha notificato con la circolare n. 554 la comunicazione dell'Aifa volta al ritiro dalle farmacie e dalla catena distributiva di tutti i lotti di medicinali contenenti il principio attivo ranitidina prodotto presso l'officina farmaceutica Saraca Laboratories Ltd – India, poiché in alcuni di questi si è rinvenuta la N-nitrosodimetilammina (Ndma) appartenente alla classe delle nitrosammine, notizia poi ripresa dai principali organi di stampa nazionali;

   la Ndma è classificata come sostanza probabilmente cancerogena per l'uomo dall'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms);

   l'Aifa ha anche disposto il divieto di utilizzo di tutti i lotti commercializzati in Italia di medicinali contenenti ranitidina prodotta da altre officine farmaceutiche diverse da Saraca Laboratories Ltd, in attesa che vengano analizzati;

   provvedimenti analoghi sono stati assunti o sono in corso di adozione negli altri Paesi dell'Unione europea e in diversi Paesi extraeuropei;

   a seguito di tale vicenda, il Comitato per i medicinali per uso umano dell'Ema (Chmp) ha richiesto, a titolo di precauzione, che i titolari di autorizzazioni all'immissione in commercio (Aic) dei medicinali per uso umano a base di princìpi attivi prodotti per sintesi chimica revisionino i propri medicinali per la possibile presenza di nitrosammine e testino tutti i prodotti a rischio;

   l'impurezza dell'Ndma è la stessa impurezza che a luglio 2018 ha portato l'Aifa ed altre agenzie regolatorie europee ed extraeuropee a ritirare le specialità medicinali contenenti il principio attivo Valsartan (appartenente alla famiglia dei sartani, antipertensivo), da solo o in associazione con altri princìpi attivi, prodotto dal laboratorio cinese Zhejiang Huahai Pharmaceuticals –:

   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda adottare affinché sia certificata in ogni lotto di produzione l'assenza di sostanze appartenenti alla classe delle nitrosammine (come Ndma, Ndea, Eipna e altre) prima della loro immissione in commercio, dando così maggiore sicurezza ai pazienti e agli operatori sanitari che utilizzano questi princìpi attivi, evitando atteggiamenti antiscientifici pericolosi per la salute di ciascun individuo.
(5-02796)


   BELLUCCI e GEMMATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con la legge 25 febbraio 1992, n. 210, è stata riconosciuta ai soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni di sangue e somministrazioni di emoderivati, la possibilità di domandare e ottenere un indennizzo da parte dello Stato;

   l'indennizzo consiste in un assegno bimestrale vitalizio, il cui importo è raddoppiato per i soggetti che hanno entrambe le patologie, Aids ed epatite, reversibile per quindici anni e cumulabile con ogni altro emolumento a qualsiasi titolo percepito;

   se la persona danneggiata, dopo aver presentato domanda, muore prima di percepire l'indennizzo, agli eredi compete la quota delle rate di rimborso maturate dalla data di presentazione della domanda sino al giorno della morte del danneggiato;

   secondo la Corte di cassazione, l'indennizzo è riconducibile agli articoli 2 e 32 della Costituzione, in quanto si configura come misura economica di sostegno collegata ad una situazione obiettiva di menomazione dello stato di salute derivante da una prestazione sanitaria volta alla salvaguardia della salute stessa;

   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 maggio 2000 le funzioni e le risorse in materia di indennizzi sono state trasferite alle regioni, ma il Ministero è rimasto legittimato passivo nei giudizi derivanti dall'applicazione della legge n. 210 del 1992;

   dopo la pronuncia del 2009 con la quale aveva riconosciuto il diritto agli indennizzi, la Corte europea dei diritti umani nel 2016 ha condannato l'Italia a corrispondere più di dieci milioni di euro ai ricorrenti per danno materiale e morale dovuto ai numerosi ostacoli incontrati nell'ottenimento degli indennizzi;

   anche i soggetti cui oltre cinquemila sentenze definitive, risalenti all'anno 2013 e successivi, hanno riconosciuto i loro diritti in materia di rivalutazione e riconoscimento degli indennizzi e di risarcimento, non hanno ancora ricevuto le somme dovute, come anche molte persone contagiate, che hanno, invece, sospeso i procedimenti giudiziari e scelto la strada della trattativa con il Ministero della salute, introdotta da due leggi del 2007 allo scopo di estinguere i contenziosi pendenti;

   nel luglio del 2016 il Ministero ha bloccato il pagamento che spettava agli eredi che hanno agito iure proprio, nonostante sia previsto per legge un assegno una tantum di 150 milioni di euro, sembra a causa della contrazione delle risorse disponibili per la sanità –:

   quali urgenti iniziative intenda assumere per garantire l'erogazione dei risarcimenti dovuti ai soggetti lesi, ottemperando ai propri doveri nei confronti dei soggetti danneggiati, se ancora in vita, o delle loro famiglie.
(5-02797)


   BOLOGNA, PROVENZA, SAPIA, SARLI, SPORTIELLO, TROIANO, MASSIMO ENRICO BARONI, D'ARRANDO, IANARO, LAPIA, MAMMÌ, MENGA, NAPPI e NESCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   dagli organi d'informazione emerge che l'Ufficio federale della Sanità pubblica elvetico (Ufsp) ha denunciato la Cryo-Save per violazione della legge sui trapianti e inadempimento degli obblighi di notifica e di cooperazione; la Cryo-Save è un'azienda privata che si occupa della conservazione di sangue da cordone ombelicale con sede in Svizzera. La società ha trasferito in Polonia le cellule staminali conservate, secondo le sue stesse indicazioni, e i referenti non risultano più raggiungibili dalle autorità e dalle numerose famiglie coinvolte. Nella vicenda sembra che siano coinvolte almeno 15 mila famiglie italiane che, a pagamento, vi hanno depositato il sangue cordonale e non ne hanno più notizia;

   in Italia non è consentita la conservazione per uso personale del sangue del cordone ombelicale, tranne quando, tra i consanguinei del nascituro, vi sia una patologia per la quale è riconosciuto clinicamente valido ed appropriato l'utilizzo terapeutico delle cellule staminali;

   «In assenza di patologie, la raccolta autologa di sangue cordonale per un futuro utilizzo non ben specificato in Italia non è prevista, ecco perché le famiglie decidono di fare la conservazione all'estero», spiega il direttore del Centro nazionale Sangue Giancarlo Liumbruno. «Ma – sottolinea – al momento non c'è alcuna evidenza scientifica sull'utilità di mettere da parte il sangue cordonale per possibili future patologie, cioè per un utilizzo profilattico»;

   nonostante l'attività di conservazione ad uso autologo presenti rilevanti incertezze scientifiche, un Accordo Stato Regioni del 29 aprile 2010 consente invece di esportare, presso una struttura estera a proprie spese, il sangue di cordone ombelicale prelevato al momento della nascita del proprio figlio e conservarlo ad uso personale;

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 sui livelli essenziali di assistenza, all'articolo 47, prevede che il servizio sanitario nazionale garantisce altresì la ricerca ed il reperimento di cellule staminali emopoietiche presso registri e banche nazionali ed estere; in riferimento a tale previsione il gruppo M5S ha più volte sottolineato come fosse opportuno assicurare che l'anzidetto reperimento avvenga in «banche pubbliche» o comunque che rispettino le norme o i principi che sostengono la donazione di cellule staminali a fini solidaristici e non la donazione autologa –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare per affrontare l'enorme criticità legata alle banche estere che raccolgono le cellule staminali del cordone ombelicale e, con rilevanti introiti, aggirano di fatto la norma che in Italia vieta la cosiddetta conservazione «autologa», a uso e consumo personale del neonato.
(5-02798)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SIANI. — Al Ministro della salute, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   la diffusione dei batteri multi-resistenti, specialmente gram negativi (Klebsiella, E. coli, Pseudomonas, Acinetobacter) ha riportato il rischio di infezioni all'era pre-antibiotica con pochissime opzioni terapeutiche specialmente con molecole nuove e/o innovative;

   sono numerose le molecole come aztreonam, ampicillina, di cui ormai c'è carenza con la conseguenza che, da circa 10 anni in mezzo, vi è una epidemia di infezioni nosocomiali da germi Mdr;

   la diffusione di Klebsiella Ndmha ulteriormente evidenziato questa situazione di mancanza di scelte terapeutiche e, in alcuni casi i trapianti, le chemioterapie e la chirurgia difficile vengono inficiati dalle infezioni, spesso mortali perché non curabili, che si acquisiscono in ambiente nosocomiale;

   d'altro canto, la ricerca sugli antibiotici è stata depotenziata dalle industrie farmaceutiche, gli antibiotici sono poco remunerativi e vengono dati per un periodo di tempo troppo breve e il loro prezzo è relativamente basso rispetto ai farmaci monoclonali o ai chemioterapici;

   questo comporta che ci siano pochi investimenti in ricerca e sviluppo degli antibiotici e le vecchie molecole non vengono più prodotte se non da produttori di generici che si trovano in Paesi del terzo mondo con standard qualitativi discutibili. A ciò si aggiunge che molto frequentemente gli antibiotici non sono disponibili per mancanza di scorte da parte di questi produttori spesso improvvisati;

   la recente epidemia da Ndm (New Delhi Matallo-enzyme) ha evidenziato la necessità di utilizzare un vecchio farmaco, aztreonam, che può avere, in associazione con altri antibiotici, una certa attività, specie se protetto da inibitori che bloccano l'azione di enzimi differenti dalla Ndm;

   attualmente l'aztreonam non è più prodotto in Italia e alcuni ospedali lo comprano in India, con relative istruzioni in lingua straniera oppure lo chiedono direttamente alle singole farmacie –:

   se il Governo sia a conoscenza di tale situazione e se non ritenga opportuno investire lo stabilimento chimico farmaceutico militare per la produzione di questi vecchi antibiotici che possono essere una parte importante dell'armamentario terapeutico, poiché, oltre alle misure di controllo delle infezioni e all'adeguatezza degli strumenti diagnostici, vi è anche la necessità di antibiotici adeguati.
(4-03726)


   GEMMATO. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in data 8 dicembre 2018, nell'ambito dell'esame del disegno di legge «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021» il Governo pro tempore accolse come raccomandazione l'ordine del giorno 9/01334-AR/222;

   il dispositivo dell'atto di indirizzo impegnava il Governo, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di stanziare le risorse necessarie per il miglioramento delle condizioni di vita e per l'inserimento scolastico, sociale e lavorativo delle persone con disturbi dello spettro autistico, nonché per la ricerca di settore e per la sperimentazione presso strutture territoriali di adeguate terapie che possano favorire l'adozione di tutti gli interventi psicopedagogici basati sulla analisi del comportamento applicata (Applied behaviour Analysis, ABA) espressamente raccomandata dall'Istituto superiore di sanità nelle sue linee guida, in particolar modo incrementando il fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico, di cui all'articolo 1, comma 401, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, istituito nello stato di previsione del Ministero della salute –:

   se e quali iniziative siano state adottate o si intendano adottare al fine di dar seguito agli indirizzi politici contenuti nell'atto citato in premessa.
(4-03730)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   COVOLO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la vendita delle reti gas di proprietà pubblica rappresenta un tema di primaria importanza nell'attuale panorama delle gare d'ambito per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas. Tali reti rientrano infatti nel cosiddetto patrimonio indisponibile di cui all'articolo 826 del codice civile e, per questo, tali beni «non possono essere sottratti alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano». Questa previsione normativa non impedisce quindi che le reti possano essere oggetto di negozi giuridici (tra i quali la compravendita), ma vieta solo di sottrarli alla funzione pubblica a cui sono destinati;

   ad oggi però i soggetti preposti non riconoscono la possibilità di cessioni delle reti pubbliche al valore industriale residuo (Vir) nella gara d'ambito, anzi in risposta ad una Frequently Asked Questions (FAQ) posta da Anci Lombardia, il Ministero dello sviluppo economico confermava l'interpretazione secondo cui la cessione da parte dell'ente locale dovesse avvenire a valori di Regolatory Asset Base (RAB). Tale posizione è stata ampiamente contestata in quanto a detta dei comuni determina una disparità di trattamento non giustificata dal carattere pubblico del soggetto alienante;

   nella maggior parte dei casi lo scostamento tra valore di rimborso (Vir) e valore dei cespiti ai fini regolatori (Rab) supera di molto la percentuale fissata dall'articolo 16 del decreto-legge n. 145 del 2013 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 9 del 2014, quale soglia oltre la quale scatta la verifica della documentazione sul rimborso al gestore uscente da parte dell'Arera (10 per cento). Ciò provoca diversi ritardi a causa della copiosa documentazione tecnica da visionare e delle richieste integrative da parte dell'Autorità. Inoltre, molte Rab comunali, sono «depresse» o stabilite d'ufficio e si crea quindi il problema dell'incertezza del valore che dà luogo al riconoscimento tariffario dell'Autorità;

   di fatto, il Ministero ha scelto di comparare due grandezze disomogenee difficilmente confrontabili che, evidentemente, risentono della situazione estremamente difforme ante-riforma con molte reti comunali non rivalutate. Ciò avveniva anche a causa della base di calcolo degli oneri comunali che non si basava, come nelle gare, sul capitale investito netto riconosciuto a fini tariffari, ma prevedeva la corresponsione di una percentuale del Vrd/Vrt. In questo senso occorre un maggiore dialogo tra Arera e comuni, che hanno obblighi nuovi di contabilizzazione del valore patrimoniale dei cespiti inerenti alle reti e agli impianti del gas solo a partire dall'attuazione del decreto legislativo n. 118 del 2011 –:

   se e quali iniziative di competenza, anche normative, intenda adottare per risolvere il problema della corretta valorizzazione delle reti di proprietà pubblica ai fini della possibile vendita e per semplificare le procedure inerenti alle verifiche sul differenziale fra Vir e Rab superiore al 10 per cento affinché l'esigenza di maggior tutela degli utenti e il relativo onere economico non gravino su un'unica categoria di alienanti delle reti rappresentata dai comuni.
(3-01001)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

X Commissione:


   NARDI, BENAMATI, BONOMO, LACARRA, GAVINO MANCA, ZARDINI e BURATTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Sanac è una azienda che opera nel campo della lavorazione di refrattari dal 1939;

   Sanac, leader in Italia nel settore con circa il 35 per cento del mercato nazionale, è presente nel nostro Paese con quattro stabilimenti produttivi: Gattinara, Grogastu, Massa e Vado Ligure dove sono impiegati complessivamente circa 350 dipendenti con un fatturato annuo di 150 milioni di euro;

   in particolare lo stabilimento di Massa, che occupa ad oggi circa 120 operai, è attivo nella produzione e nella assistenza tecnica di refrattari per il sistema di spillaggio denominato «a cassetto» per siviera (sistema brevettato e progettato nello stesso stabilimento);

   Sanac è in amministrazione controllata dal 2015 e ha risentito negli ultimi anni delle difficoltà giudiziarie e produttive di Ilva, il gruppo industriale da cui provengono il 75 per cento delle commesse di Sanac;

   nel mese di dicembre 2018 il gruppo Ilva è stato ceduto alla multinazionale dell'acciaio Arcelor Mittal;

   Arcelor Mittal ha manifestato la volontà di acquisire alcune società monocommittenti di Ilva tra cui Sanac ma il 30 settembre 2019 è scaduta la proroga della fidejussione di Arcelor Mittal per la possibile acquisizione di Sanac senza che la trattativa abbia avuto esito positivo;

   il 3 settembre 2019 Sanac ha comunicato ai Ministeri del lavoro e delle politiche sociali e dello sviluppo economico che dal 1° ottobre 2019 sarà attivata la cassa integrazione straordinaria per tutti lavoratori dell'azienda;

   il 5 settembre è entrato in vigore il decreto-legge n. 101 del 2019 che ha ripristinato la norma (precedentemente soppressa dal «Decreto Crescita») secondo la quale gli interventi realizzati da Arcelor Mittal «in osservanza delle disposizioni contenute nel Piano Ambientale» non possono dar luogo a responsabilità penale. Si tratta di una norma che la stessa multinazionale dell'acciaio considerava necessaria per poter continuare ad investire nel nostro Paese;

   il 13 settembre i lavoratori, i sindacati e le istituzioni territoriali si sono riuniti presso il tavolo istituzionale permanente istituito dalla provincia di Massa Carrara: tutti i componenti hanno espresso forte preoccupazione e amarezza per il quadro determinatosi in queste ultime settimane ed hanno auspicato l'apertura immediata di un tavolo di confronto governativo al fine di evitare la liquidazione di Sanac e per mantenere i livelli occupazionali del sito produttivo –:

   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di scongiurare la liquidazione del gruppo Sanac e mantenere gli attuali livelli occupazionali e quando verrà convocato il tavolo di concertazione governativo richiesto dalle parti sociali.
(5-02810)


   PIASTRA, ANDREUZZA, CAVANDOLI, CESTARI, GOLINELLI, MORRONE, MURELLI, RAFFAELLI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, VINCI e ZOFFILI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'olandese Shell e le francesi Total ed Edison, così come altre società internazionali, e l'italiana Eni hanno stanziato ingenti investimenti per l'estrazione di gas nel mare Adriatico;

   come annunciato dal presidente Conte durante l'insediamento della nuova squadra di Governo, è intenzione del Governo bloccare tutte le concessioni estrattive;

   come evidenziato dalla Roca, associazione ravennate dei contrattisti che operano nell'estrazione marittima degli idrocarburi, tale divieto porterà queste grandi aziende che operano nel settore dell'energia ad avviare opere di trivellazione in altri Paesi come la Grecia, sfruttando il giacimento di metano che si estende anche al di sotto delle nostre acque territoriali;

   negli anni Novanta il settore estrattivo occupava, solo a Ravenna, oltre diecimila persone. Oggi ne impiega a malapena tremila, cui ne vanno aggiunte altrettante nell'indotto, con una previsione di riduzione di oltre duemila unità qualora il Governo non cambiasse la sua politica in materia estrattiva;

   lentamente, dopo la perdita del know-how e delle professionalità nel settore della ricerca nucleare, della chimica di base, delle biotecnologie in cui l'Italia era leader negli anni passati si cederanno anche per l'attività estrattiva le nostre maestranze e le competenze tecnologiche all'estero dove le imprese italiane potranno ancora lavorare;

   questa politica dei «no» da parte del Ministero dello sviluppo economico ha indirettamente portato anche all'annunciato aumento, dal mese di ottobre 2019, del 3,9 per cento delle tariffe del gas che ancora una volta graverà sui consumatori italiani, già tartassati dalle più alte bollette d'Europa e secondi solo agli svedesi;

   l'aumento del costo finale del gas come spiegato dall’Authority è dovuto al rincaro della materia prima, causato dalla riduzione di produzione nei Paesi Bassi e alla dipendenza energetica italiana dall'importazione dall'Olanda –:

   se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare a supporto delle aziende italiane che operano nel settore degli idrocarburi e a tutela dei consumatori italiani, «vessati» ancora una volta dai rincari delle materie prime e dalla nostra dipendenza energetica da altri Paesi, considerato che il persistere in questa politica, per gli interroganti suicida, di divieto di attività estrattive – come denunciato dalle imprese di Ravenna – finirà col favorire gli altri Paesi europei a discapito delle nostre aziende.
(5-02811)


   BARELLI, FIORINI, POLIDORI, BENDINELLI, CARRARA e SQUERI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge «salva imprese» n. 101 del 2019 contiene norme per le vertenze ex Ilva e Whirlpool, nonché per le crisi aziendali in Sicilia e in Sardegna e per i rider, ma non affronta le numerose problematiche industriali che la crisi del Governo pro tempore dell'agosto 2019 appare aver aggravato;

   i tavoli di crisi aperti al Ministero dello sviluppo economico sono, secondo la stampa, un numero variabile tra 156 e 160, i lavoratori coinvolti oltre 240 mila, le ore di cassa integrazione autorizzate a giugno 2019 erano 27,6 milioni, aumentate del 42,6 per cento sul 2018; risultano in crescita addirittura del 99,8 per cento le ore di cassa integrazione straordinaria e del 451,7 per cento quelle in deroga;

   interrogato a fine luglio per conoscere il numero dei tavoli di crisi in essere, il Governo pro tempore aveva risposto di non essere in grado di costruirne il numero, riferendo che le sole convocazioni delle vertenze effettuate al Ministero dello sviluppo economico tra giugno e luglio 2019 sono state 33, cui si devono aggiungere i tavoli tenutisi presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

   da Whirlpool, da Bekaert a Embraco, a La Perla e ora di nuovo Pernigotti, il caos della crisi ha lasciato irrisolte centinaia di emergenze industriali. Nessuna schiarita su Alitalia, che non è un tavolo di crisi ma è seguita dal Ministero dello sviluppo economico;

   particolare preoccupazione desta il settore dell’automotive, che fino al 2017 godeva di buona salute: secondo i dati pubblicati da vari organi di stampa il 3 gennaio 2019, nel corso del 2018 la produzione di automobili delle fabbriche italiane della Fca ha subito una flessione del 10,4 rispetto al 2017. Ad agosto 2019 i dati sulle immatricolazioni, che in Italia hanno segnato una lieve contrazione dello 0,1 per cento rispetto allo stesso mese del 2018, evidenziano per il gruppo Fca un tracollo del 19,37 con una perdita di oltre 5 punti (ora al 22,26 per cento). Si tratta del minimo storico;

   con riferimento alla situazione di Fca l'impegno del precedente Governo, oltre agli strumenti di sostegno del reddito dei lavoratori, è consistito in una generica promessa «di sostenere l'intera filiera e garantire il passaggio a produzioni sempre più ecologiche»;

   con gli incentivi della cosiddetta «legge Sabatini» e del «Superammortamento», si era registrato un vero boom nell'acquisto di veicoli commerciali e di autocarri, ma anche forti incrementi di immatricolazioni relative ad auto acquistate dalle imprese;

   quali iniziative il Governo ritenga opportuno adottare rispetto alle problematiche esposte in premessa e con quali tempistiche, in particolare per il rilancio del settore automorive.
(5-02812)

Interrogazione a risposta scritta:


   CECCHETTI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la società Cnh Industrial ha comunicato che procederà alla ristrutturazione dello stabilimento di San Mauro Torinese e alla chiusura della sede di Pregnana Milanese entro giugno 2020;

   il responsabile delle relazioni industriali della società ha spiegato che per la sede milanese saranno coinvolti circa 150 lavoratori e complessivamente – per tutte le sedi – gli esuberi sono di 260 lavoratori;

   la società, che produce nella sede milanese motori marini e gruppi elettrogeni con attività di packaging, ha stabilito un piano di riconversione che prevede il riassorbimento solo di due terzi dei lavoratori;

   inoltre, le attività produttive saranno trasferite, a partire dal 2020, a Torino – per completarsi nel 2021 con la logistica – senza lasciare nessuna attività, quindi, a Pregnana Milanese;

   appare evidente il forte impatto negativo sull'occupazione del territorio milanese, oltre alle criticità che deriveranno sui lavoratori dell'indotto;

   saranno, dunque, coinvolte centinaia di famiglie e la società non ha fornito, ancora, sufficienti garanzie circa le forme di ricollocazione interna o esterna –:

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per promuovere misure volte a garantire gli attuali livelli occupazionali, avviando anche un confronto con l'azienda per rivedere, in chiave costruttiva, il piano industriale, ovverosia ogni utile strumento per favorire il reinserimento lavorativo e l'avvio di misure di sostegno sociale, ricevendo eventualmente, dalla citata società, garanzie sulla ricollocazione interna o esterna di tutti i lavoratori.
(4-03724)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Noja e altri n. 1-00243, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 settembre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Penna.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Lovecchio e Grippa n. 4-03650, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 settembre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Faro.

  L'interrogazione a risposta scritta Ferro e Prisco n. 4-03660, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 settembre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Deidda e Donzelli.

  L'interrogazione a risposta in commissione Vianello e Grippa n. 5-02778, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 settembre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Sarli.

  L'interrogazione a risposta immediata in assemblea Zangrillo e altri n. 3-00992, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1° ottobre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fatuzzo.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Delmastro Delle Vedove n. 4-03711, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 230 del 1° ottobre 2019.

   DELMASTRO DELLE VEDOVE. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo n. 334 del 2000 prevedeva concorsi straordinari per gli anni 2001, 2002, 2003, 2004 e 2005, in favore degli ispettori della polizia di Stato ex legge n. 121 del 1981 cosiddetti ante riordino di cui al decreto legislativo n. 197 del 1995, per l'accesso al ruolo direttivo speciale della polizia di Stato;

   il dipartimento della pubblica sicurezza non ha mai bandito detti concorsi e quella che appare all'interrogante una deliberata omissione ha creato ingente danno a questo personale della polizia di Stato, già fortemente danneggiato dalla retrocessione con il riordino del 1995 (decreto legislativo n. 197 del 1995), nonostante il ruolo rappresenti la spina dorsale della polizia: si tratta infatti, di comandanti di reparto, di responsabili delle sezioni di polizia giudiziaria presso procure, di responsabili di sezioni delle squadre mobili o delle Digos nelle varie questure, di sezioni di polizia scientifica, Polfer, polizia postale, e altri;

   carabinieri, Guardia di finanza, polizia penitenziaria, Esercito e Marina diedero sistematicamente luogo a detti concorsi per ufficiali del ruolo speciale e, di conseguenza, i sottufficiali che erano sottordinati funzionalmente, gerarchicamente ed economicamente ai predetti ispettori ex legge n. 121 del 1981, dapprima diventarono ope legis loro omologhi (decreto legislativo n. 197 del 1995), poi transitarono nei rispettivi ruoli speciali degli ufficiali ed ora – con il riordino decreti legislativi n. 94 del 2017 e n. 95 del 2017 – sono stati ope legis tutti dirigenzializzati e quindi sono diventati ufficiali superiori;

   solo grazie alla vittoriosa sentenza per una class action degli interessati innanzi al Tar del Lazio del 2 febbraio 2016 n. 01439/2016, dopo ben 17 anni di mancata applicazione della legge, l'amministrazione della polizia di Stato ha concorso a redigere il decreto legislativo n. 126 del 2018 che ha previsto nelle norme transitorie del decreto legislativo n. 95 del 2017 un concorso per coprire i posti del ruolo direttivo speciale per le annualità 2001, 2002, 2003, 2004 e 2005 in un nuovo e diverso ruolo, denominato ad esaurimento, con sviluppo inferiore a quello previsto per il R.D.S. contemporaneamente abrogato;

   con tale operazione, l'amministrazione dell'interno non solo non ha tenuto fede alla più volte annunciata volontà di ristorare parzialmente dopo 17 anni l'irreparabile danno causato a tali investigatori, ma, cinicamente, ha dimostrato un'avversione nei loro confronti affossando ulteriormente verso il basso i vincitori del concorso;

   in forza del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 – cosiddetto decreto sicurezza – convertito dalla legge n. 132 del 1° dicembre 2018, è prevista l'adozione di provvedimenti normativi recanti disposizioni integrative in materia di revisione dei ruoli del personale delle forze di polizia nonché correttive del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95;

   si tratta di personale enormemente danneggiato, a ridosso dei raggiunti limiti di età per la collocazione in pensione e con un'anzianità di servizio effettivo ricompresa tra i 35 e i 40 anni, tenuto anche conto dei profili di rilevante e non manifestamente infondata questione di legittimità costituzionale del citato articolo 2, sollevati innanzi alla Corte costituzionale dal Tar Abruzzo con l'ordinanza 19 dicembre 2018, n. 104 del 2019 Reg. Prov. Coll –:

   se si intendano adottare iniziative per attribuire la qualifica di commissario capo all'esito di ciascuno dei cinque cicli (annualità 2001/2005) per i vincitori del 1° concorso per commissari del ruolo direttivo ad esaurimento e riconoscere e attribuire agli stessi la qualifica di vice questore con decorrenza dal giorno precedente al collocamento in quiescenza.
(4-03711)

Ritiro di documenti del
Sindacato Ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Fragomeli n. 5-01781 del 28 marzo 2019;

   interrogazione a risposta scritta Cunial n. 4-03466 del 31 luglio 2019;

   interrogazione a risposta scritta Gabriele Lorenzoni n. 4-03554 del 9 settembre 2019;

   interrogazione a risposta in Commissione Nardi n. 5-02779 del 30 settembre 2019;

   interrogazione a risposta immediata in assemblea Fassina n. 3-00997 del 1° ottobre 2019;

   interrogazione a risposta in Commissione Bologna n. 5-02785 del 1° ottobre 2019;

ERRATA CORRIGE

  Nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 maggio 2019 si intendono soppresse le righe alla pagina 6260, seconda colonna, dalla riga quarantesima alla riga quarantaduesima.

  Risoluzione in commissione Centemero e altri n. 7-00316 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 226 del 24 settembre 2019. Alla pagina 8217, prima colonna, alla riga ventiseiesima, deve leggersi: «n. 79/2019 – ha recepito le statuizioni della», e non come stampato.