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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 8 luglio 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    l'Italia è il primo produttore in Europa di grano duro, con oltre 200 mila imprese agricole coinvolte. Eppure molti agricoltori, schiacciati dall'andamento dei prezzi della materia prima, non considerano più conveniente investire nella semina di questo cereale. In alcuni areali (Lazio, Toscana e Sicilia e Basilicata) si regista una perdita di superfici di quasi il 50 per cento negli ultimi dieci anni. La Sardegna in 14 anni ha perso i quattro quinti (-78 per cento) di terra investita a grano, passando dagli oltre 96 mila ettari del 2004 agli appena 20.600 del 2018;

    nonostante il miglioramento che si sta registrando nella campagna 2018-2019, il comparto nazionale del grano duro lavora ai limiti del sottocosto ormai da anni. Dai 300 euro mediamente pagati al produttore alla tonnellata nel 2014 si è scesi a 270 euro l'anno successivo. La «guerra del grano» del luglio 2016 ha portato nel giro di un anno le quotazioni del grano duro destinato alla pasta a perdere il 43 per cento del valore fino a 180 euro a tonnellata. Le quotazioni sono risalite attorno ai 210 euro nel 2017 e 2018, ma lo scorso anno in taluni casi si è scesi ulteriormente fino 150-160 euro alla tonnellata a causa delle continue piogge che hanno compromesso la qualità del prodotto;

    secondo il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (Crea) la semina del grano duro per la campagna 2018-19 è stata pari a circa 1,20 milioni di ettari, cioè il 6,5 per cento in meno rispetto alla campagna precedente. È particolarmente significativo il calo delle superfici al Nord (-25 per cento) e al Centro (-15 per cento), mentre tengono il Sud e le Isole. Crescono del 5 per cento le superfici a grano «bio». Il raccolto previsto per il 2019 è di circa 4 milioni di tonnellate, in calo rispetto all'anno scorso;

    ogni anno l'industria molitoria nazionale individua e seleziona circa 5,6 milioni di tonnellate di grano duro che trasforma in semola per il settore della pasta. La produzione interna di grano duro è sufficiente a coprire solo il 70 per cento del fabbisogno dei pastai. Ma non sempre e non tutti gli anni il grano italiano raggiunge gli standard qualitativi previsti dalla legge per la pasta. Secondo una analisi del Crea (periodo 2011-2016) circa il 30 per cento del grano italiano è poco adatto alla pastificazione, mentre solo il 35 per cento è di alta qualità. In particolare, una parte del grano duro italiano difetta nel contenuto proteico minimo necessario per ottenere semola di qualità (minore del 13 per cento);

    oltre che per il consumo (23 chilogrammi a testa), l'Italia è prima nel mondo per produzione (3,6 milioni di tonnellate annue) ed export di pasta (2 milioni di tonnellate), ma questo primato è a rischio per diversi motivi:

     1) la produzione di grano italiano è penalizzata da una eccessiva polverizzazione delle imprese produttive e la mancanza di strutture di stoccaggio adeguate rende difficile la valorizzazione e la classificazione della materia prima. La polverizzazione rende più difficile raggiungere la redditività minima. Quanto allo stoccaggio, le strutture, circa un migliaio su tutto il territorio nazionale, sono state modernizzate solo nelle regioni dove le superfici seminate a grano duro sono rimaste quasi invariate, come in Puglia e nelle Marche;

     2) il sostegno al settore da parte del sistema Paese in Italia non è stato sufficiente e ha sensibilmente concorso nel tempo a scavare un solco, in termini di competitività, crescita e sostegno all’export rispetto alla crescente concorrenza internazionale. Paesi come Turchia ed Egitto, pur con un prodotto di qualità inferiore, stanno erodendo quote di mercato alla pasta italiana, forti anche del supporto dei rispettivi Governi. Cresce anche la produzione di Usa e Brasile;

     3) è in costante calo l'impiego delle sementi certificate, il cui uso è diminuito del 12 per cento rispetto al 2018 (fonte: Crea). Le uniche aziende che hanno l'obbligo dell'uso del seme certificato sono quelle che hanno un contratto di filiera con i più importanti pastifici nazionali. Tutte le altre, circa l'80 per cento sono libere di usare anche semi non certificati, pratica vietata fino a qualche anno fa: per accedere ai contributi Pac occorreva produrre la fattura d'acquisto di seme certificato. Tal pratica colpisce anche le imprese sementiere che richiedono, per fare ricerca, la possibilità di incassare royalty sui semi che hanno costituito. In molti casi l'uso di sementi non certificate ha abbassato il livello qualitativo delle nostre produzioni;

    si registrano peraltro alcuni segnali favorevoli:

     1) il crescente sviluppo di contratti di filiera dove gli attori, ognuno per la propria specificità di ruolo, contribuiscono al miglioramento della competitività e a una più equilibrata distribuzione del valore; dal protocollo d'intesa per migliorare il grano dura italiano firmato nel dicembre 2017 dall'Associazione delle industrie del dolce e della pasta italiane (Aidepi), le associazioni agricole e l'Italmopa, Associazione industriali mugnai d'Italia (complessivamente poco meno della metà di tutta l'agroindustria italiana, per un valore di circa 60 miliardi di euro e per quanto riguarda il mondo agricolo, oltre 3 milioni di associati e 1,1 milioni di imprese), si sono sviluppati numerosi accordi, sino ai recentissimi «salva cerealicoltori» tra Coldiretti Sardegna e il Gruppo Casillo o all'accordo siglato da Filiera agricola italiana e il pastificio Casa Milo di Bitonto per la fornitura già da quest'anno di grano 100 per cento pugliese, che permetterà di produrre pasta secca e fresca certificata da Fdai (Firmato dagli Agricoltori italiani);

     2) grazie all'entrata in vigore dalla fine del 2017 dell'obbligo di indicare sui pacchi di pasta in etichetta l'origine della materia prima, si è assistito alla rapida proliferazione di marchi e linee che garantiscono l'origine italiana al 100 per cento del grano impiegato. Il consumatore oggi è in grado di influenzare la grande distribuzione organizzata, poiché le sue scelte creano «imposizioni» al trasformatore e, a ritroso, all'agricoltore. Secondo Coldiretti è cresciuto di conseguenza del 20 per cento il valore del grano duro in Italia;

     3) sono stati positivi gli effetti del fondo di sostegno per la sottoscrizione dei contratti di filiera di cui all'articolo 23-bis del decreto-legge n. 113 del 2016 successivamente rifinanziato dalla legge di bilancio 2017. il «Fondo grano duro» si è rivelato indubbiamente uno strumento valido per sviluppare e incentivare le relazioni contrattuali all'interno della filiera. Nella prima campagna 2016, il premio previsto è stato di 100 euro a ettaro agli agricoltori in contratti di filiera almeno triennali. La misura ha coinvolto 100 mila ettari e circa 9 mila aziende. La seconda campagna ha visto domande in linea con la prima ma con contributo raddoppiato, 200 euro. Si registrano però ritardi nei pagamenti;

     4) la ricerca italiana è sempre stata un'eccellenza soprattutto per i miglioramenti genetici. Il recente annuncio del completamento del genoma del grano duro (un progetto internazionale con a capofila Crea, Cnr e Università di Bologna e Salerno) avrà effetti importanti per il settore: l'industria sementiera potrà lavorare per nuove varietà più resistenti a malattie come le ruggini e la fusariosi. L'industria della trasformazione potrà, a medio termine, avere una materia prima sempre più calibrata e funzionale alle proprie esigenze produttive e ai gusti del consumatore. I ricercatori, in tempi più lunghi, avranno modo di riconoscere e tutelare le biodiversità, grazie al riconoscimento su basi genetiche delle diverse tipologie di frumento duro, sia esso farro, grano antico o moderno;

     5) quanto all'ammodernamento degli stoccaggi, nelle regioni dove i livelli produttivi sono stati mantenuti gli imprenditori hanno innovato. Con le nuove metodologie lo stoccaggio viene effettuato sia in silos metallici di nuova concezione sia in silobag sottovuoto. Il raccolto viene differenziato per tipologia (convenzionale e biologico) e per classi proteiche, colore, peso specifico e bianconatura. La differenziazione stimola gli agricoltori a coltivare grano di qualità. In Alta Murgia, nel 2018 ai produttori che hanno sottoscritto il contratto Grano Armando sono andati 285 euro/tonnellata più le premialità, sulla base della scala proteica. Anche per il Gruppo Santacroce, uno dei cui silos è stato recentemente oggetto di attentato, si è passati dallo stoccaggio indifferenziato alla separazione delle partite di grano duro e il successo non è tardato ad arrivare;

    va sfatato il falso mito della superiorità del grano estero per la pasta di qualità. I produttori nazionali sono in grado di realizzare semole con contenuto proteico sopra il 14 per cento. La scelta di grano coltivato sul territorio nazionale è una garanzia per la tutela della salute dei consumatori, perché in Italia è vietato l'utilizzo del glifosato sul grano in preraccolta, a differenza di quanto accade per quello straniero proveniente da Usa e Canada, dove ne viene fatto un uso intensivo per seccare e garantire artificialmente un livello proteico elevato;

    in base ad una specifica normativa europea (Regolamento (UE) 1881/2006), il deossinivalenolo (Don), una micotossina del grano duro non trasformato è ammessa dalla Unione europea fino a 1750 ppb (parti per miliardo). Le micotossine sono sostanze dannose alla salute prodotte da alcuni funghi che albergano nelle derrate alimentari. La loro presenza negli alimenti è consentita solo entro certi limiti. Per la maggior parte dei Paesi del mondo i valori massimi del Don nei cereali sono compresi fra i 750 e 1000 ng/. Questo consente l'importazione di grano duro che in altri Stati dovrebbe essere considerato rifiuto. Dagli studi si apprende che nel meridione d'Italia, grazie al clima arido, le percentuali di Don sono al di sotto di 100 ppb se non assenti;

    per quanto riguarda gli effetti della speculazione sulle commodity alimentari, le previsioni per il 2019 prevedono prezzi stabili sui mercati internazionali. Quanto all'oscillazione delle valute, gli unici grani duri pagati in valuta estera sono l'americano, il canadese e kazaco per i quali le quotazioni sono espresse in dollari. Gli altri grani hanno origini comunitarie, quindi sono pagati in euro. La sola differenza consiste nei costi di produzione differenti tra i vari Paesi dell'Unione europea (vedi Grecia, Spagna, Francia, per non parlare dei Paesi dell'Est Romania, Bulgaria, Ungheria). Occorre invece considerare l'enorme incidenza del costo dei carburanti, che si abbattono sulla produzione e sui trasporti: costa più trasportare il grano da Catania a Foggia su gomma che da Vancouver a Bari su nave;

    nella riunione di fine dicembre 2018 tra il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo e le organizzazioni agricole, le associazioni industriali e sementiere e i rappresentanti della distribuzione, il Ministro ha avanzato diverse proposte: 1) mantenimento nel 2020 e 2021 della dotazione del «Fondo filiera grano duro»; 2) sblocco immediato pagamenti 2019, nel limite degli aiuti de minimis, su contratti di filiera; 3) trasparenza sui prezzi realizzata mediante creazione di una commissione unica nazionale per il grano duro per favorire il dialogo interprofessionale e rendere più trasparente la formazione del prezzo; 4) promozione della pasta italiana di qualità sul mercato interno e internazionale. Impegni ripetuti nel tavolo di filiera grano duro-pasta tenutosi presso il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo il 27 giugno 2019,

impegna il Governo:

1) ad adottare, con urgenza, le iniziative necessarie a rimuovere le criticità che caratterizzano il comparto della cerealicoltura nazionale, al fine di incrementare la produzione nazionale anche per metterla al riparo dalle dinamiche internazionali di mercato e dalla concorrenza di Paesi terzi ed in particolare:

   a) a incentivare la disponibilità di grano duro nazionale di qualità e prodotto in modo sostenibile per venire incontro alle esigenze dell'industria molitoria e della pasta, mediante lo sviluppo e la generalizzazione degli accordi di filiera, prevedendo premi di produzione legati al raggiungimento di standard qualitativi del grano;

   b) a rafforzare gli interventi previsti dal piano cerealicolo nazionale, rivedendone i contenuti alla luce delle mutate condizioni di mercato, dotandolo di adeguate risorse finanziarie, promuovendo l'innovazione nella filiera italiana grano-semola-pasta e prevedendo la velocizzazione dei pagamenti e la sburocratizzazione delle procedure;

   c) a promuovere specifiche misure per il miglioramento e la modernizzazione e ove occorra, la concentrazione dei centri di stoccaggio, tenendo conto delle esperienze già maturate, con particolare riferimento ai siti di stoccaggio collegati ai contratti di filiera;

   d) a stimolare e sostenere il settore della ricerca nazionale sul grano duro, anche prevedendo che i diversi centri di ricerca adottino specifici orientamenti e piani di ricerca, al fine di renderla una eccellenza assoluta a livello internazionale;

   e) a promuovere e difendere, a livello nazionale e internazionale, in maniera coesa un'immagine forte della filiera della pasta italiana, garantendone la sicurezza anche attraverso la tracciabilità informatica dei vari passaggi dalla filiera al consumatore finale;

   f) a costituire in tempi rapidi la Commissione unica nazionale per il grano duro di cui all'articolo 6-bis del decreto-legge n. 51 del 2015, al fine di consentire ai produttori di collocare il proprio prodotto ad un prezzo congruo e di garantire la trasparenza nelle relazioni contrattuali tra gli operatori di mercato e nella formazione di prezzi;

   g) a valutare la possibilità di adottare iniziative per introdurre misure di agevolazione fiscale, anche per un periodo transitorio, con il fine di consentire alle aziende cerealicole di recuperare i margini di redditività minimi, prevedendo una riduzione delle accise sul gasolio agricolo e un aiuto al rimodernamento del parco mezzi meccanici aziendali, anche per garantire la sicurezza dei lavoratori e la diminuzione degli oneri contributivi;

2) a valutare la possibilità di modificare, in sede di attuazione dell'articolo 3-bis del decreto-legge n. 135 del 2018 e con le modalità ivi previste, l'articolo 3 del decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali 26 luglio 2017, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana 17 agosto 2017, n. 191, prevedendo che, per l'apposizione sull'etichettatura della pasta della dicitura «Italia e altri Paesi UE o non UE» la miscela utilizzata debba contenere almeno il 60 per cento di grano coltivato sul territorio nazionale, al fine di aumentare la richiesta di prodotto nazionale;

3) a mettere in moto tutte le iniziative utili per rivedere con la massima urgenza e determinazione, a difesa della salute dei consumatori italiani e del lavoro degli agricoltori italiani, il Regolamento (UE) 1881/2006, grazie al quale l'Unione europea permette la presenza di micotossine nel grano duro non trasformato fino a 1750 ppb (parti per miliardo), fatto che consente l'importazione di grano duro che in altri Stati dovrebbe essere considerato rifiuto, favorendo in tal modo la produzione di grano duro nel Meridione d'Italia, che, grazie al clima arido, presenta percentuali di micotossine al di sotto di 100 ppb o addirittura assenti.
(1-00218) «Spena, Nevi, Brunetta, Occhiuto, Labriola».


   La Camera,

   premesso che:

    l'Italia è di gran lunga il primo Paese produttore di grano duro in Europa e, con una produzione che nel decennio 2008-2018 ha oscillato stabilmente tra 4 e 5 milioni di tonnellate, è arrivata a contendersi su base annuale il primato mondiale con il Canada;

    oltre il 65 per cento della produzione e più del 70 per cento delle superfici coltivate a grano duro nel nostro Paese, sono localizzate nelle regioni meridionali e nelle isole;

    il grano duro, in Italia, contribuisce in maniera significativa al miglioramento economico e sociale di vaste aree rurali, con un ruolo importante anche per la difesa, sotto il profilo dell'assetto idrogeologico, del territorio e la valorizzazione del paesaggio;

    da diversi anni si registrano dinamiche di mercato che determinano una crescente instabilità dei prezzi delle commodity agricole, incidendo in maniera rilevante sulla struttura della filiera cerealicola e sulle imprese del comparto;

    le filiere cerealicole sono influenzate nella formazione del prezzo da fattori esogeni, come l'andamento climatico, la variabilità del prezzo del petrolio e dei tassi di cambio;

    le quotazioni del grano duro si attestano spesso al di sotto dei costi di produzione senza portare nessun vantaggio per i consumatori considerato che i prezzi della semola e della pasta restano stabili se non in aumento;

    il settore cerealicolo del grano duro italiano mostra una complessità e una valenza strategica che emerge facilmente quando si valutano: la complessa articolazione della filiera; la primaria importanza nell'alimentazione, qualificandosi come matrice originaria del made in Italy; il ruolo e il peso dell'industria e dell'artigianato a valle del sistema produttivo primario; il ruolo agronomico – paesaggistico derivante dal carattere estensivo delle colture;

    in un contesto di prezzi bassi, determinati a livello globale da «guerre» commerciali tra grandi potenze e concorrenza con metodi produttivi meno costosi, per l'agricoltura italiana è decisivo poter gestire in maniera efficiente anche il post raccolta, cercando di soddisfare il più possibile la domanda per spuntare un prezzo soddisfacente;

    la capacità, la localizzazione e la qualità dei centri di stoccaggio per i cereali e, in particolare, per il grano duro rappresentano un vincolo strategico per l'ottimale valorizzazione del prodotto agricolo e, più in generale, per la razionalizzazione della filiera;

    l'organizzazione della filiera cerealicola, soprattutto per ragioni esterne, non sempre risulta essere in grado di garantire un'equa ripartizione del valore generato in tutte le fasi, comprimendo la redditività soprattutto degli anelli più deboli;

    il settore cerealicolo, considerato uno dei punti di forza dell'agroalimentare nazionale, ha sempre avuto grandi benefici da un forte investimento sia nella ricerca in campo agronomico e genetico per sviluppare sistemi colturali più efficienti e ottenere un costante miglioramento qualitativo delle produzioni, sia per quanto riguarda l'individuazione di procedure e tecniche di monitoraggio che garantiscano qualità e salubrità al prodotto lungo l'intera filiera;

    l'impiego di sementi certificate ha richiamato negli ultimi decenni l'interesse della ricerca pubblica e privata verso il settore cerealicolo, con la costituzione di numerose nuove varietà dotate di caratteristiche di pregio sia sotto gli aspetti qualitativi, per la produzione di pane e pasta, sia sotto gli aspetti quantitativi e produttivi;

    la stessa agricoltura di precisione si sta dimostrando una strada straordinaria e obbligata per ridurre i costi, migliorare l'ambiente, valorizzare la qualità e rendere più competitivo il settore cerealicolo, anche se ad oggi in Italia solo l'1 per cento dei terreni è coltivato con tecniche di agricoltura di precisione;

    il maggior punto di forza della filiera del frumento duro è rappresentato dall'immagine consolidata del prodotto «pasta», attorno al quale negli anni è stata costruita un'elevata cultura della produzione industriale e del consumo;

    nonostante una parte significativa delle materie prime utilizzate per la produzione della pasta sia di provenienza estera, l'immagine a livello mondiale di questo prodotto è legata in maniera indissolubile al made in Italy;

    l'industria italiana della pastificazione è infatti prima nel mondo per produzione, potenzialità produttiva installata, consumo nazionale e consumo pro-capite, esportazione;

    la pasta, per la rilevanza dei numeri che rappresenta, è considerata la portabandiera per eccellenza del «made in Italy», vantando una tradizione produttiva ultrasecolare, che unisce a ricerca tecnologica e sperimentazione, diffusa su tutto il territorio nazionale;

    l'esportazione ha superato il 55 per cento dell'intera produzione nazionale anche perché i valori nutrizionali e gastronomici della pasta sono considerati dagli esperti unici e frutto di una rigorosa politica di qualità;

    la pasta è, infatti, universalmente riconosciuta come il pilastro della dieta mediterranea; dietologi e medici nutrizionisti concordano nell'assegnare alla pasta un elevato contenuto dietetico e salutistico e ulteriori specificità del valore della pasta consistono nella gran quantità di formati diversi, che si prestano a molteplici preparazioni culinarie e che rappresentano il know how artigianale e industriale dei produttori pastai nazionali;

    nonostante i tentativi in alcuni Paesi esteri (ad esempio, Francia, Usa, ma anche alcuni Paesi del Sudamerica) di realizzare un'industria della pasta, l'Italia mantiene una leadership indiscutibile;

    l'industria italiana della pasta ha potuto raggiungere questa leadership mondiale anche per una politica di filiera sempre più disponibile a supportare il settore agricolo italiano e i produttori di grano duro attraverso il perfezionamento di accordi di filiera, che garantiscono l'acquisto di grano duro italiano con un'adeguata remunerazione e meccanismi premiali in presenza di parametri qualitativi prestabiliti;

    permangono diverse criticità all'interno della filiera del frumento duro, comuni a tutte le filiere cerealicole a partire dalla polverizzazione produttiva con la maggior parte delle aziende coltivatrici di frumento duro che non superano le dimensioni minime per garantire un minimo di redditività aziendale, la debolezza produttiva e di coltivazione;

    le strutture di stoccaggio oggi non sono in grado di immagazzinare il frumento duro in strutture separate secondo le caratteristiche qualitative, per questo il prodotto migliore viene spesso miscelato a quello di bassa qualità, provocando una perdita di spazio sul mercato;

    in questi anni è cresciuta, sostenuta dalla spinta della domanda, la produzione di grano biologico e, in alcune regioni italiane stanno tornando ad essere coltivati i cosiddetti «grani antichi» con diverse iniziative di ricerca e sperimentazione orientate a recuperare, conservare e valorizzare questi genotipi locali di frumento;

    negli scorsi anni, va riconosciuto il merito dei Governi di centrosinistra nel corso della XVII legislatura che hanno saputo affrontare una fase di crisi notevole per l'intera filiera cerealicola con il crollo dei prezzi e la perdita di valore della materia prima agricola, ponendo in essere, d'intesa con le organizzazioni di categoria del mondo agricolo e della trasformazione, un piano organico di tutela delle produzioni;

    con il decreto ministeriale 16 novembre 2017, n. 4259, recante criteri e le modalità di ripartizione delle risorse del fondo di cui all'articolo 23-bis del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2016, n. 160, sono state poste le basi per affrontare le questioni attinenti al ribasso del prezzo del grano che non poche difficoltà aveva creato al comparto cerealicolo italiano e, in particolare, a quello meridionale;

    il decreto era il risultato di un impegno, finalizzato a porre un argine strutturale alle speculazioni sul prezzo del grano e assicurare un sostegno ai coltivatori;

    l'obiettivo era quello di sostenere l'aggregazione e l'organizzazione economica dei produttori di grano duro e dell'intera filiera produttiva e favorire le ricadute positive sulle produzioni agricole, valorizzando i contratti di filiera nel comparto cerealicolo, puntando al miglioramento e alla valorizzazione della qualità del grano duro attraverso l'uso di sementi certificate, nonché favorendo investimenti per la tracciabilità e la certificazione della qualità del grano duro;

    gli accordi di filiera, infatti, rappresentano adesso una realtà già funzionante ed efficace proprio perché frutto di una negoziazione tra le parti con la funzione statale di controllo che si traduce in reciproci benefìci di qualità e commerciali in un patto tra produttori di grano duro e industria della trasformazione;

    le risorse del fondo di cui all'articolo 23-bis del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2016, n. 160, da assegnare nel quadro dell'applicazione del citato decreto ammontano a 10 milioni di euro per l'anno 2018 e 10 milioni di euro per l'anno 2019;

    questo tipo di provvedimenti hanno reso possibile puntare alla certificazione e alla etichettatura finale dei prodotti della filiera cerealicola, come elemento di unicità in Europa;

    il conseguimento degli obiettivi prefissati dal piano cerealicolo nazionale, per la loro complessità ed articolazione, necessita di una ulteriore e aggiuntiva dotazione di risorse finanziarie in maniera particolare per quanto concerne le specifiche misure che riguardano il comparto del grano duro,

impegna il Governo:

1) ad intraprendere iniziative volte a tutelare gli agricoltori operanti nel settore dei cereali e a valorizzare il grano duro di origine italiana, anche attraverso iniziative dirette ad aggiornare il piano cerealicolo nazionale secondo le seguenti linee guida:

   a) tutelare attraverso i contratti di filiera gli interessi economici degli agricoltori e fornire con continuità materia prima all'industria molitoria, con caratteristiche certificate, concordate e funzionali ad ottenere un prodotto di qualità;

   b) stimolare l'ottimizzazione delle strutture logistiche per migliorare la distribuzione e i trasporti;

   c) rinnovare e potenziare la rete dei siti di immagazzinamento e promuovere lo stoccaggio differenziato per partite omogenee di prodotto di qualità, attraverso strumenti di sostegno agli investimenti finalizzati all'ammodernamento e all'aumento della capacità di stoccaggio del frumento duro nella fase della produzione;

2) ad individuare, attraverso il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo e in coordinamento con il Ministero dello sviluppo economico, le azioni utili per affiancare le aziende italiane in un percorso di consolidamento e di rilancio;

3) a sostenere gli investimenti strutturali delle aziende del settore, in particolare nelle regioni del Sud, attraverso l'utilizzo delle risorse del Programma di sviluppo rurale;

4) a sostenere progetti di ricerca che mirano a sviluppare tecniche agronomiche a basso impatto per il controllo delle avversità e la riduzione degli input chimici;

5) a promuovere e finanziare la ricerca scientifica e l'innovazione tecnologica per il miglioramento genetico del frumento duro, sia in termini di produttività sia di qualità e di resistenza alle fitopatie;

6) a favorire la coltivazione e la produzione di varietà di frumenti con elevate caratteristiche nutrizionali e salutistiche;

7) a sostenere l'aumento di competitività delle aziende agricole di montagna e di alta collina attraverso la valorizzazione dell'agro-biodiversità cerialicola e la coltivazione di grano duro biologico;

8) ad adottare iniziative per sviluppare strategie di aggregazione a livello agricolo e sinergie nell'ambito della filiera – come si è già provveduto a fare con la sottoscrizione del protocollo di dicembre 2017 tra parte agricola, cooperazione e industria — per favorire lo sviluppo di un comparto di qualità che ha potenzialità importanti e potrebbe divenire tra i più redditizi della nostra agricoltura;

9) a sviluppare politiche di sistema in grado di favorire processi di innovazione e di adeguamento delle strutture logistiche (agricoltura 4.0) capaci di rendere più competitive le imprese agricole del settore;

10) a perseguire l'obiettivo della massima trasparenza delle borse merci con un ruolo maggiore dei rappresentanti degli agricoltori;

11) a valorizzare i grani antichi e quelli biologici perché dispongono di una nicchia di mercato in continua espansione;

12) a sostenere la competitività dell'intera filiera con l'individuazione di percorsi di concentrazione dell'offerta e di valorizzazione e incentivazione di frumento duro di qualità, nell'ottica di favorire una produzione di materia prima nazionale che tenda a riequilibrare la bilancia commerciale del settore attraverso il soddisfacimento in termini quantitativi e qualitativi della domanda di grano duro da parte dell'industria italiana della pasta;

13) a valutare, d'intesa con le regioni e con gli operatori della filiera cerealicola, l'inserimento nei piani di sviluppo rurale del sostegno a interventi di cooperazione per la diffusione dell'innovazione nella filiera cerealicola;

14) a rafforzare, con il coinvolgimento del Ministero della salute, i controlli nei principali porti italiani al fine di contrastare l'arrivo da Paesi terzi di grano di bassa qualità;

15) ad individuare un percorso condiviso con gli attori della filiera finalizzato ad aumentare la produzione di grano di alta qualità idoneo alla pastificazione, sviluppando modelli di contrattazione premiali, che tengano conto anche delle differenti condizioni di coltivazione sul territorio;

16) a prevedere campagne di promozione e valorizzazione della pasta italiana nel mondo, attraverso l'implementazione di una strategia di sostegno all’export e la costituzione di un tavolo di lavoro dedicato;

17) ad attivarsi presso le sedi europee affinché vengano definite norme comuni che rendano obbligatoria l'indicazione dell'origine del frumento duro sulle confezioni di pasta, anche al fine di contrastare dumping e forme di concorrenza sleale tra i vari Stati europei.
(1-00219) «Incerti, Gadda, Cenni, Critelli, D'Alessandro, Dal Moro, Portas, Enrico Borghi».


   La Camera,

   premesso che:

    è dei giorni scorsi la notizia sui media nazionali di una inchiesta avviata nel 2018 dalla procura della Repubblica di Reggio Emilia denominata «Angeli e demoni», volta a indagare il funzionamento dei servizi sociali della Val D'Enza;

    in base alle notizie diffuse dalla stampa, le accuse mosse a carico dei responsabili dei servizi anzidetti sarebbero relative a falsificazione di atti e relazioni relative alla condizione di minorenni all'interno delle loro famiglie di origine allo scopo di allontanare i bambini stessi dalle proprie famiglie e affidarli ad amici e conoscenti per la corresponsione del contributo mensile alle famiglie affidatarie;

    le indagini preliminari sarebbero state avviate dal pubblico ministero di Reggio Emilia, dottoressa Valentina Salvi, per i sospetti derivanti dalla quantità di denunce presentate dai servizi sociali della zona contro genitori accusati di essere violenti;

    dall'inchiesta sono emersi specifici nomi e cognomi per un totale di ventisette indagati e la notizia raccapricciante di arresti domiciliari a carico di esponenti e dipendenti della pubblica amministrazione locale;

    tra i reati contestati frode processuale, depistaggio, abuso d'ufficio, maltrattamento su minori, lesioni gravissime, falso in atto pubblico, violenza privata, tentata estorsione e peculato d'uso;

    dall'inchiesta «Angeli e demoni» sta emergendo un quadro complessivo drammatico che – se confermato – è assolutamente preoccupante, soprattutto se si considera che dietro tale sistema si celerebbe un business illecito di diverse centinaia di migliaia di euro, oltre al fatto che i bambini sono stati vittima di maltrattamenti e abusi, anche sessuali, e che la scelta degli adulti affidatari sarebbe stata orientata a «preferire» l'affidamento dei bambini a persone e coppie omosessuali, considerati i «collegamenti stretti», rilevati dalla procura, tra le affidatarie (omosessuali) e le operatrici e dirigenti del servizio sociale;

    tutte le norme giuridiche, tanto nazionali che internazionali, sulla protezione dell'infanzia, stabiliscono che il diritto primario di ogni minorenne è quello di vivere all'interno della propria famiglia di origine, e l'affidamento familiare è contemplato come misura temporanea di supporto alle famiglie nell'ottica della prevenzione dell'abbandono e non come soluzione da applicare in casi di acclamata inidoneità delle famiglie;

   la lacunosità dei dati relativi all'attuazione dell'istituto dell'affido rende difficoltoso avere una esatta conoscenza dell'ampiezza del fenomeno ad oggi, stante che anche la «Relazione sullo stato di attuazione della legge recante modifiche alla disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori», presentata ogni tre anni al Parlamento dai Ministri della giustizia e del lavoro e delle politiche sociali, e trasmessa da ultimo nel gennaio 2018, contiene dati aggiornati solo al biennio 2014-2015;

    basandosi su questi dati, certamente non attuali come quelli forniti dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali con riferimento all'anno 2014, si evince che il numero degli affidamenti disposti in Italia è perlopiù stabile intorno alle 26 mila unità, poco più di 14 mila dei quali sono affidamenti familiari;

    va gravemente sottolineato che oltre il sessanta per cento di questi bambini si trova in affido da oltre due anni, anche qui un dato sostanzialmente stabile dalla fine degli anni Novanta;

    la legge 4 maggio 1983, n. 184, «Diritto del minore ad una famiglia», prevede esplicitamente che laddove le famiglie non siano concordi nell'applicazione della misura dell'affidamento questo può essere disposto con provvedimento del tribunale per i minorenni del quale, tuttavia, va monitorata la durata;

    l'affidamento dei minori in difficoltà familiare troppo spesso rappresenta una soluzione non temporanea, come invece dovrebbe essere, con la conseguenza che non si raggiunge mai – per «quel» bambino – la situazione di stabilità familiare fondamentale per il suo sviluppo;

    il termine di ragionevole durata dell'affidamento, già oggi previsto per legge in ventiquattro mesi prorogabili, dovrebbe essere prorogato solo in base a precise motivazioni, laddove corrisponda ad un progetto determinato nell'interesse dello specifico minore per cui è richiesto e, comunque, per un tempo massimo di ulteriori dodici mesi;

   utilizzare l'affidamento e l'allontanamento dalla famiglia d'origine come misura a tempo indeterminato snatura l'istituto e lo trasforma in una misura definitiva idonea ad aggiungere abbandono all'abbandono;

    l'applicazione errata dell'affidamento familiare è evidente concausa delle distorsioni cui si assiste anche in casi come quello di cronaca sopra riferito, anche perché la verifica delle relazioni periodiche dei servizi che si occupano di monitorare gli affidamenti è demandata interamente agli uffici del pubblico ministero presso i tribunali per i minorenni che, evidentemente, non hanno sufficienti risorse per garantire i diritti dei minorenni coinvolti;

    l'attuale sistema di affido dei minori presenta evidenti criticità e lacune, soprattutto se si considerano l'eccessiva discrezionalità attribuita ai servizi sociali, la sussistenza frequente di situazioni di «conflitto di interessi» in capo a molti operatori del settore e la mancanza di adeguati ed efficienti strumenti di controllo sull'affidabilità dei soggetti affidatari e sugli standard qualitativi e di servizio delle comunità ospitanti: tutti fattori che inevitabilmente compromettono l'obiettivo primario della tutela del benessere psico-fisico dei bambini,

impegna il Governo:

1) a raccogliere e rendere disponibile periodicamente, con cadenza annuale, secondo criteri uniformi sul territorio nazionale, attraverso un puntuale monitoraggio sia a livello nazionale che regionale, il numero dei minorenni fuori famiglia, includendovi qualsiasi minorenne destinatario di una misura di allontanamento dalla famiglia o anche da un solo genitore, avendo cura di monitorare la durata del collocamento in affidamento familiare e/o in comunità o altre strutture;

2) a promuovere la definizione e la disciplina giuridica dello stato dei minorenni fuori famiglia come nuova categoria di vittime sociali;

3) a promuovere la revisione della norma che istituisce il difensore del minore – attualmente previsto solo nei procedimenti di adottabilità, anticipando la sua nomina obbligatoria al momento precedente l'assunzione di ogni provvedimento ex articolo 330 e seguenti del codice civile, avendo cura che siano specificate con apposite linee guida ogni elemento necessario ai fini della nomina e del concreto funzionamento della figura dell'avvocato del minore, quale soggetto che accompagnerà il minorenne in tutto il percorso giudiziale che lo porterà al rientro nella famiglia naturale ovvero all'accoglienza in una nuova famiglia;

4) ad adottare iniziative per garantire che nel caso di famiglie indigenti sia assicurata l'applicazione della legge 4 maggio 1983, n. 184, nella parte in cui stabilisce che le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la responsabilità genitoriale non possono essere di ostacolo all'esercizio del diritto del minore alla propria famiglia, e che a tal fine sono disposti interventi di sostegno e di aiuto a favore della famiglia, affinché in tali casi non si ricorra mai all'affido ma sia, invece, sempre assicurato il sostegno economico dei genitori naturali;

5) ad adottare iniziative volte a garantire che l'affidamento sia effettivamente temporaneo, con l'abolizione della prassi dell'affido disposto, di regola, a tempo indeterminato, garantendo che il termine di ragionevole durata dell'affidamento, già oggi previsto per legge in ventiquattro mesi prorogabili, sia prorogato solo in base a precise motivazioni, laddove corrisponda ad un progetto determinato nell'interesse dello specifico minore per cui è richiesto e, comunque, per un tempo massimo di ulteriori dodici mesi;

6) ad adottare iniziative per istituire una procedura formale e omogenea a livello nazionale che regoli la collaborazione tra il servizio pubblico e le organizzazioni del privato sociale delegate per la gestione dell'affido, formalizzandone l'autorizzazione e il riconoscimento e stabilendo le relative responsabilità, sul modello già adottato per le adozioni, mediante la previsione di associazioni accreditate e controllate;

7) ad assumere iniziative per garantire l'assenza di conflitto di interesse tra le diverse professionalità del servizio pubblico e del privato sociale coinvolte nei procedimenti di affido anche mediante l'individuazione di strumenti, sul piano normativo e ordinamentale, che escludano il conflitto stesso;

8) ad adottare iniziative per istituire la figura dell'operatore dell'accoglienza familiare temporanea, un professionista proveniente dal mondo sociale con competenze educative e con esperienza di lavoro nell'ambito del disagio minorile e familiare, che avrà il compito di lavorare, da un lato, direttamente con le famiglie di origine e, dall'altro, con quelle affidatarie o con le strutture di accoglienza, rappresentandole nelle sedi istituzionali, affiancandole nella gestione del quotidiano, nel rapporto con il minore e nei percorsi educativi che lo riguardano e che sarà anche un tutor del ragazzo che dopo anni si appresta a lasciare l'istituto o la comunità per l'avvio alla vita autonoma;

9) a promuovere l'istituzione di sezioni specializzate per la famiglia e per i minori in tutti i tribunali e le corti d'appello, favorendo la procedura d'urgenza, la semplificazione dei riti e la specializzazione del sistema;

10) a promuovere il riconoscimento a livello giuridico dell'interesse diffuso rappresentato dalle associazioni di tutela dei diritti dei minorenni fuori famiglia.
(1-00220) «Meloni, Bellucci, Lollobrigida, Acquaroli, Baldini, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Luca De Carlo, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».

Risoluzione in Commissione:


   La VII Commissione,

   premesso che:

    Castellammare di Stabia è un territorio che, seppur meno noto rispetto alla vicina Pompei, è dotato di un patrimonio artistico-archeologico particolarmente importante;

    gli scavi archeologici di Castellammare, infatti, meno noti rispetto agli scavi di Pompei ed Ercolano, sono di notevole interesse storico e registrano ogni anno decine di migliaia di visitatori;

    l'antico insediamento di Stabiae a Sud del Golfo di Napoli inizia a prendere forma nel VII secolo a.C., svolgendo un importante ruolo strategico e commerciale nell'area; a seguito della conquista da parte dei Romani Stabiae venne trasformata in un sito residenziale, in particolare la collina di Varano ove vengono costruite ville di otium in posizione panoramica e un impianto urbano di circa 45.000 metri quadrati non ancora riportato alla luce;

    il sito archeologico di Stabiae presenta oggi la più grande concentrazione di ville marittime romane ben conservate di tutto il Mediterraneo, per la maggior parte costruite fra l'89 a.C. e l'eruzione del 79 d.C., e appartenute a personaggi di rango signorile, probabilmente senatori, che hanno gestito le sorti di Roma nel passaggio dalla tarda età repubblicana all'età imperiale: per tale ragione il recupero totale e lo studio del sito è di fondamentale importanza archeologica per ricostruire un momento importante della storia romana;

    inoltre, con la fine dell'impero romano d'Occidente si registra una generale diminuzione della popolazione e delle coltivazioni: un fenomeno e un periodo storico tuttora poco studiato;

    gli scavi di Stabiae ebbero inizio il 7 giugno 1749 per volere di Carlo III di Borbone, partendo dalla villa San Marco e successivamente la villa «del pastore» e la villa di Arianna con il complesso adiacente; gli scavi, dopo una breve interruzione ripresero nel 1775, interessando la zona di villa Arianna e l'area di alcune ville rustiche del territorio dell'ager;

    si dovettero aspettare gli anni ’50, prima che riprendesse un sostanziale interesse verso il sito stabiano, con lo scavo definitivo delle ville ad opera di L. D'Orsi;

    in un dossier redatto dal Parco archeologico di Pompei, datato 18 maggio 2018, al fine di verificare il progressivo degrado del contesto ambientale della Collina di Varano, sono state acquisite le coperture aerofotografiche dal 1945 al 1980 del sito medesimo;

    dall'analisi di tale documentazione emerge che, fino agli inizi degli anni ’70, la zona della collina di Varano conservava un aspetto ancora agricolo in cui si inserisce appieno lo scavo archeologico delle ville;

    a partire dagli anni ’60, il settore agricolo stabiese entra in crisi, in particolare con l'inizio della costruzione del quartiere a valle della collina di Varano che lentamente e in modo massiccio ha aggredito anche la stessa collina, soprattutto nel corso degli anni ’80 e ’90;

    il dossier sopra menzionato riporta a titolo esemplificativo quanto è accaduto nell'area della Villa del Pastore, dove nel 1972, infatti, si notavano ancora in modo ben conservato e visibile le strutture archeologiche, ma già dagli anni ’80 la zona degli scavi risultava in abbandono ed oggi l'area è completamente invasa da capannoni ed edifici anche con destinazione ricettiva;

    il Parco archeologico di Pompei ha censito nel dossier richiamato le richieste di condono edilizio che interessano sulla collina di Varano e ricadenti nell'area amministrativa del comune di Castellammare di Stabia: ammonterebbero a 300 le abitazioni senza titolo legittimo ovvero abusive;

    attualmente l'area si estende su circa 1.000.000 di metri quadrati ed è abitata da oltre 5000 residenti ai quali vanno aggiunte le presenze quotidiane di clienti di bar ristoranti alberghi e attività commerciali;

    la quasi totalità della collina è priva di sistemi fognari di acque bianche e nere, da cui ne consegue la diffusa presenza di pozzi neri a dispersione e l'allagamento di sedi stradali, nonché l'accumulo verso il crinale della collina (su cui insistono i resti delle ville romane) di torrenti di acque piovane;

    questo fenomeno è aggravato dalla impermeabilizzazione indiscriminata di strade poderali e suoli privati che impediscono l'assorbimento di acqua;

    ormai l'attività antropica nella collina riguarda una serie di indifferenziate attività diffuse quali: alberghi, ristoranti, bar, rivendite auto, allevamenti di animali, canili, locali da ballo, a detrimento del contesto agricolo a vocazione originaria;

    tristemente nota è la storia della statua in marmo pentelico raffigurante un Doriforo, scolpita nel 440 a.C. da Policleteo, di enorme valore artistico-archeologico: verosimilmente trafugata durante alcuni scavi a Castellammare negli anni ’70, venne esposta negli anni ’80 a Minneapolis, presso il Minnesota Museum of Art, e da allora se ne sono perse le tracce;

    le migliaia di reperti archeologici di Stabia risultano poco o per nulla valorizzati, tant'è che circa 8500 reperti attualmente sarebbero stoccati in alcuni scantinati di un liceo cittadino, totalmente preclusi quindi alla libera fruizione turistica nonché allo studio di ricercatori ed esperti;

    criticità particolarmente rilevanti riguardano anche la Reggia borbonica del Quisisana, acquisita con funzioni di tutela e salvaguardia al Parco archeologico Pompei, e costituita da un palazzo di circa 8.000 metri quadri eseguito nella seconda metà del XVIII secolo e dal parco botanico di 12.000 metri quadri dalle essenze rare;

    il sito è stato oggetto di importanti interventi di riqualificazione che vennero deliberati dal Cipe alla fine degli anni ’80 per una spesa complessiva di 38 miliardi di lire, ma ultimati con collaudo finale solo nel 2011: ciononostante, a distanza di ben 8 anni dal collaudo, il palazzo è inutilizzato e l'assenza di manutenzione e di programmazione di impiego dell'opera rischia di causare ulteriori nuovi onerosi lavori di manutenzione e restauro, con grave nocumento per le finanze pubbliche;

    a tutto ciò va aggiunta la difficoltà nella fruizione degli scavi dovuta all'assenza di segnaletica turistica sia in prossimità che in direzione del sito archeologico, in particolare all'uscita dei caselli autostradali adiacenti i siti archeologici e lungo le principali arterie stradali;

    a ciò si aggiunge una pressoché assente segnaletica urbana da parte del comune di Castellammare e la mancata manutenzione della principale arteria che conduce ai siti archeologici (via passeggiata archeologica) per buona parte priva di marciapiedi e non dotata di opportune aree di sosta;

    fino agli anni ’80 era presente l’«Ufficio Scavi» presso l'amministrazione comunale di Castellammare di Stabia che, tra l'altro, consentiva, un'interlocuzione più rapida tra tutti i livelli amministrativi ed una più incisiva azione di vigilanza con appositi presidi in favore degli stessi turisti oggi del tutto privi di servizi e tutele di polizia;

    la Carta del rischio da frana del territorio di Castellammare di Stabia redatta dall'Autorità di Bacino Campania centrale nel 2015 mostra come la collina presenti valori di rischio compresi tra moderati ad elevati, i primi concentrati nei settori sub pianeggianti, i secondi che aumentano in prossimità della scarpata e delle incisioni fluviali presenti;

    il rischio di frane dai costoni della collina era già noto dal 1992, anno in cui, dai lavori eseguiti dall'Enea, sono stati segnalati una serie di movimenti di versante, inclusi crolli e frane, ed evidenze geomorfologiche di instabilità, come alberi inclinati, erosione, fratture nei pavimenti e nei muri delle ville;

    la situazione odierna è decisamente peggiorata, anche perché alimentata negli ultimi anni da una serie di eventi di pioggia particolarmente intensi, dagli abusi edilizi e dai relativi scarichi di acque reflue, nonché dalla mancanza di un adeguato sistema di regimentazione delle acque meteoriche superficiali e profonde, che è la vera causa dei dissesti che si verificano puntualmente sul costone di Varano;

    anche laddove elementi di pericolosità e di rischio da frana non sono evidenziati nelle cartografie dell'Autorità di bacino si sono verificati recentemente crolli e franamenti delle sponde;

    la Carta della pericolosità idraulica del territorio di Castellammare redatta dall'Autorità di bacino regionale Campania Centrale mostra valori di pericolosità e di rischio prevalentemente lungo le aste fluviali che solcano la collina ed allo sbocco di queste ultime nella pianura costiera dell'abitato moderno di Castellammare;

    tuttavia, esiste un ulteriore rischio idraulico nella collina di Varano legato al ruscellamento superficiale di numerosi sottobacini idrogeologici, che terminano proprio sulle aree archeologiche delle ville, e vanno ad accrescere, in caso di precipitazioni particolarmente intense, il rischio alluvionale e di allagamento della parte densamente abitata di Castellammare di Stabia;

    oltre ai problemi di carattere strutturale sopra esposti, si è aggiunta in tempi più recenti la chiusura, avvenuta il 29 ottobre 2018, di una delle ville storiche di Castellammare, che ne costituiscono i principali simboli culturali della città;

    si tratta di Villa Arianna, un sito che era stato chiuso a seguito del grave danneggiamento dovuto ai forti temporali avvenuti nel mese di ottobre 2018 che hanno causato il crollo di parte del tetto della struttura;

    il Parco archeologico di Pompei è intervenuto disponendo la chiusura del sito per iniziare opere di manutenzione straordinaria, opere che tuttavia non sono ancora terminate nonostante inizialmente si prevedesse la riapertura durante il mese di gennaio 2019;

    quanto sopra descritto con riguardo alla situazione della collina di Varano mostra il degrado ambientale e urbano in cui versa la zona archeologica dell'antica Stabiae con rischi evidenti di danneggiamento continuo alle strutture archeologiche sepolte;

    nel 2017 è stato inaugurato il cantiere per la costruzione della stazione della linea circumvesuviana di Stabia Scavi con termine previsto dei lavori alla fine del 2019 e che dovrà sostituire l'attuale fermata di Stabia centro, e che potrebbe costituire un'occasione per facilitare la fruizione dei siti archeologici da parte dell'utenza;

    tuttavia si renderebbero necessarie delle ottimizzazioni delle linee di accesso dalla nuova stazione al sito tramite una riqualificazione alla base della collina;

    altrettanto importante potrebbe risultare l'opera di perimetrazione materiale della collina di Varano, già delimitato naturalmente da ripide scarpate nei lati nord ed ovest, al fine di creare un sito archeologico dai confini ben delimitati;

    infatti, la delimitazione fisica sulla base di quanto già è avvenuto per il sito archeologico di Pompei, dove sono presenti mura di cinta e inferriate con passaggi obbligati, potrebbe portare innegabili benefici: si creerebbe un vero e proprio parco archeologico di Stabiae ove poter consentire l'apertura cantieri di studi e scavo archeologico, sulla base di cui poter poi pianificare uno sviluppo di attività economiche, sociali e culturali;

    infatti, i potenziali risvolti economici del sito degli scavi di Stabiae sono particolarmente ampi, a partire dalla favorevole collocazione geografica, essendo incastonata tra Napoli, il Vesuvio e Pompei, da una parta, e dalla Penisola sorrentina, il parco regionale dei Monti Lattari e l'area metropolitana salernitana, dall'altra parte;

    inoltre, la città gode di una favorevole rete infrastrutturale, nonostante alcuni innegabili criticità di cui queste soffrono;

    sono, infatti, presenti due linee ferrate con le relative fermate presso la città: la linea Napoli-Torre Annunziata-Sorrento della ferrovia Circumvesuviana, gestita dall'ente autonomo Volturno controllato dalla regione Campania, e la meno trafficata linea Torre Annunziata-Castellammare di Stabia-Gragnano delle Ferrovie dello Stato;

    anche il sistema stradale e autostradale è particolarmente favorevole: infatti, la trafficata autostrada E45/A3, presenta l'uscita «Castellammare di Stabia», utilizzata quale principale via di accesso gommato a tutta la penisola Sorrentina, e la strada statale 145 «Sorrentina» che attraversa tutto l'abitato di Castellammare e la Penisola;

    la città gode inoltre di una particolarmente favorevole situazione anche con riguardo agli accessi marittimi, potendo disporre di ben due approdi portuali: il porto di Castellammare di Stabia, sotto l'Autorità di sistema portuale del Tirreno Centrale, e l'approdo privato di Marina di Stabia;

    inoltre, a poco più di 30 chilometri è situato l'aeroporto internazionale di Napoli-Capodichino, che, con i suoi quasi 10 milioni di passeggeri annui, è secondo aeroporto dell'Italia Meridionale e sesto scalo nazionale;

    questa solida presenza infrastrutturale garantisce naturalmente un potenziale afflusso turistico esponenziale, in presenza di un'organizzazione ricettiva, istituzionale e privata, adeguata;

    una giusta valorizzazione del patrimonio archeologico di Castellammare di Stabia, oltre ad investimenti nel settore termale e nelle eccellenze agricole e industriali del territorio, fornirebbe sicuramente un importante fattore di attrazione per questi flussi turistici, con conseguenti benefici economici e sociali per tutta l'area;

    il Grande Progetto Pompei è sicuramente un'occasione per rilanciare gli scavi di Stabia e con essi la vita sociale, economica e culturale di questo territorio e delle aree limitrofe; la programmazione del rilancio di Castellammare di Stabia non può quindi prescindere da una seria programmazione di valorizzazione di tutto il territorio all'interno della Buffer Zone Unesco di Pompei;

    tra gli interventi previsti all'interno del piano strategico, utili per lo sviluppo delle aree limitrofe alla città di Castellammare e ricadenti nella buffer zone, si consideri: il recupero e la valorizzazione del complesso dei Molini Marzoli del comune di Torre del Greco, proponendo, altresì, di prevedere all'interno del suddetto edificio la realizzazione di una nuova sede dell'Istituto tecnico nautico statale; la realizzazione del percorso pedonale di collegamento tra il parco pubblico in località La Salle e l'area archeologica di Villa Sora; la riqualificazione del complesso di Villa Favorita con molo borbonico ad Ercolano, con particolare riferimento all'intervento relativo al parco superiore, prevedendo la realizzazione di un polo formativo di beni culturali, le cui attività siano attuate con il supporto delle università del territorio; l'itinerario «Da Reggia a Reggia» (secondo tratto): da Oplonti a Pompei; la realizzazione dell'intervento: «Parco urbano a sud del sito archeologico di Pompei: luogo della interconnessione urbana e dei servizi»; l'intervento denominato «riconnessione monte-mare lungo la direttrice della Reggia di Portici con valorizzazione del sito reale e del porto borbonico e copertura trincea EAV» ed infine la valorizzazione della Real Fabbrica d'Armi ex Spolettificio e dell'area archeologica di Oplonti;

    al fine di mettere in atto una strategia volta a favorire un turismo sostenibile, diffuso, distribuito su tutto il territorio, teso a valorizzare l'enorme patrimonio culturale, archeologico, artistico, religioso, termale, eno-gastronomico dell'area della buffer zone, sarebbe opportuno indirizzare le risorse assegnate dal Cipe verso quei progetti che coprono l'intera area o comunque potrebbero dare benefici diffusi;

    tra questi, si citano soprattutto, la realizzazione di Open data per il sistema turistico culturale integrato della buffer zone, il piano della comunicazione turistica (mappe, segnaletica e pannelli informativi), un programma di bigliettazione plurigiornaliera integrata e un percorso integrato;

    per quanto riguarda l'impatto ambientale degli interventi di valorizzazione culturale vale la pena ricordare i problemi che negli ultimi anni sta vivendo il fiume Sarno: fiume altamente inquinato, il cui ecosistema è stato gravemente compromesso;

    sarebbe altresì opportuno attivarsi al fine di mettere in atto tutte quelle azioni volte alla messa in sicurezza della Collina di Varano per proteggerla dal rischio idrogeologico e idraulico che insiste sulla zona,

impegna il Governo:

   a intraprendere le iniziative di competenza volte a valutare la perimetrazione completa dell'area archeologica della Collina di Varano, similmente a quanto già avvenuto per il parco archeologico di Pompei;

   ad avviare uno studio dell'impatto sullo sviluppo turistico ed economico che determinerebbe la creazione di un parco archeologico di Stabia;

   ad assumere iniziative di competenza per la tutela del paesaggio e dei beni archeologici presenti nell'area anche al fine di contrastare la perdurante situazione di abusivismo edilizio descritto in premessa, che costituisce un evidente ostacolo alla fruizione e allo sviluppo degli scavi, contemperando gli interessi dei residenti con quelli della valorizzazione archeologica dell'area; intraprendere ulteriori iniziative al fine di valorizzare il territorio stabiese e le aree limitrofe, tenendo conto dell'immenso patrimonio culturale, storico, archeologico, termale, artistico di cui dispone;

   ad assumere iniziative, per quanto di competenza, al fine garantire che le migliaia di reperti archeologici oggi stoccati in scantinati cittadini possano essere esposti ed essere fruibili, anche tramite l'allestimento di un museo archeologico o l'ingrandimento di siti attrezzati già esistenti;

   a procedere alla verifica, presso le competenti autorità degli Stati Uniti d'America, della presenza della statua del Doriforo di cui in premessa all'interno del Minnesota Museum of Art di Minneapolis, ovvero presso altri siti di esposizione artistica-archeologica sul territorio degli Stati Uniti;

   ad attivarsi al fine di promuovere una campagna di informazione a livello nazionale e internazionale attraverso i più efficaci centri di diffusione di qualità, relativi agli scavi di Stabiae e degli altri centri di attrazione turistica presenti all'interno della Buffer Zone che circonda l'area del parco archeologico di Pompei;

   a mettere in campo iniziative di competenza volte all'utilizzo della Reggia borbonica di Quisisana, anche al fine di evitare che l'inutilizzo della stessa comporti, nel breve e medio termine, il dispendio di ulteriori fondi pubblici per garantire la manutenzione ordinaria e straordinaria;

   ad assumere iniziative per prevedere maggiori risorse da destinare al Parco archeologico di Pompei, con lo scopo di valorizzare aree archeologiche presenti presso i diversi comuni della buffer zone, inclusa Castellammare di Stabia;

   ad assumere le iniziative di competenza necessarie per il reclutamento di personale tecnico dedicato allo sviluppo della fase progettuale con tecnici esperti della mobilità, reti ed infrastrutture immateriali, al fine di supportare le attività che saranno svolte, sulla base del Contratto istituzionale di sviluppo (CIS), dal nuovo organo che sostituirà l'Unità Grande Pompei, ai sensi delle novità introdotte dall'articolo 1, comma 308, della legge n. 205 del 27 dicembre 2017;

   a prevedere nelle prossime delibere Cipe l'assegnazione delle risorse necessarie per un piano di sviluppo utile alla realizzazione degli interventi previsti nel piano strategico, nonché di quelli descritti in premessa.
(7-00272) «Gallo, Di Lauro».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:

   il pluralismo informativo e la libertà di informazione costituiscono i cardini principali della società democratica, attraverso i quali i cittadini possono formare liberamente la loro opinione e concorre alla politica nazionale;

   Internet ha ampliato gli spazi di libertà e le opportunità di informazione, superando i media tradizionali. Oggi però questa libertà è minacciata dalla diffusione di false notizie (fake news) e da vere e proprie campagne di diffamazione, mentre il dibattito pubblico è avvelenato dai discorsi di odio (hate speech), che trasformano la discussione in rete in risse verbali, messaggi diffamatori e – sempre più spesso – in vere e proprie minacce, penalmente perseguibili;

   il fenomeno delle notizie false sul web è ormai talmente diffuso e allarmante che ha costretto ad intervenire i Governi di diverse democrazie, considerati anche i numerosi tentativi di inquinare le elezioni democratiche. Dalle elezioni presidenziali Usa alla consultazione referendaria per la Brexit, è cresciuto l'utilizzo nelle campagne elettorali di profili finti, algoritmi e programmi automatizzati, (botnet, reti di bot), utilizzati per diffondere notizie false o bersagliare di insulti o minacce gli avversari politici. Francia e Germania hanno approvato nuove norme in materia, in altri Paesi (Regno Unito, Canada), dove ancora non si è intervenuti legislativamente, sono state avviate indagini parlamentari;

   il 20-21 giugno 2019 sulla questione è intervenuto Consiglio europeo, il quale «chiede un impegno costante per sensibilizzare al tema della disinformazione e rafforzare la preparazione e la resilienza delle nostre democrazie di fronte a tale fenomeno. Accoglie con favore l'intenzione della Commissione di procedere a una valutazione approfondita dell'attuazione degli impegni assunti dalle piattaforme online e da altri firmatari nel quadro del codice di buone pratiche. La continua evoluzione delle minacce e il crescente rischio di interferenze dolose e manipolazioni online, associati allo sviluppo dell'intelligenza artificiale e di tecniche di raccolta dati, richiedono una valutazione costante e una risposta adeguata ... Invita le istituzioni dell'UE, insieme agli Stati membri, a lavorare a misure per aumentare la resilienza e migliorare la cultura della sicurezza dell'UE contro le minacce informatiche e ibride provenienti dall'esterno dell'UE, nonché per meglio proteggere da qualsiasi attività dolosa le reti di informazione e di comunicazione dell'UE e i suoi processi decisionali»;

   l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) ha istituito, nel novembre 2017, il «Tavolo tecnico per la garanzia del pluralismo e della correttezza dell'informazione sulle piattaforme digitali» che ha l'obiettivo di promuovere l'autoregolamentazione delle piattaforme e lo scambio di buone prassi per l'individuazione ed il contrasto dei fenomeni di disinformazione online frutto di strategie mirate;

   la gravità dei recenti attacchi diffamatori sui social contro il Partito democratico, addirittura con l'uso di foto false o l'utilizzo di siti stranieri per rilanciare campagne di disinformazione, dimostrano che non è sufficiente l'attività di autoregolamentazione avviata da alcuni social, come Facebook e Instagram, per rimuovere messaggi violenti o fake news;

   la foto segnaletica di Carole Rackete, la capitana della Sea Watch, è apparsa, appena scattata, sul social network VKontake, il «Facebook dei russi», una piattaforma sulla quale sono presenti diversi gruppi, sovranisti, antisemiti, di orientamento neofascista –:

   di quali elementi disponga il Governo circa l'utilizzo di social stranieri per l'attività di propaganda di fake news svolta nel nostro Paese, considerato in particolare che le campagne di disinformazione condotte dalla Russia, costituiscono «la principale fonte di disinformazione in Europa» (raccomandazione del Parlamento europeo adottata il 13 marzo 2019);

   se non ritenga il Governo opportuno assumere idonee iniziative, anche di carattere normativo, possibilmente anche in collaborazione con le piattaforme online, per contrastare e prevenire l'attività di disinformazione online, a tutela della libertà di informazione e del pluralismo informativo.
(2-00445) «Boccia».

Interrogazione a risposta orale:


   ANZALDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il Giornale di Sicilia sta attraversando una drammatica crisi che rischia di pregiudicare l'esistenza di una testata storica nel panorama dell'informazione non solo isolana ma nazionale;

   la proprietà ha ufficialmente comunicato ai sindacati una ristrutturazione aziendale che prevede 31 esuberi su 43 dipendenti complessivi;

   la testata viene da anni in cui i lavoratori hanno affrontato molti sacrifici con ammortizzatori sociali proprio nella prospettiva di un rilancio dell'azienda;

   la perdita di 31 lavoratori determinerebbe la chiusura del Giornale di Sicilia, cosa che sarebbe inaccettabile –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di istituire un tavolo nazionale per affrontare la vertenza e scongiurare il licenziamento di 31 persone, salvaguardando i livelli occupazionali e predisporre un piano complessivo di rilancio della importante testata.
(3-00853)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FOTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   il 6 luglio 2019, sul settimanale «Lavoce di Parma» (Anno 2019, n. 26), viene pubblicato un articolo che riferendosi all'attività svolta da una promoter finanziaria di Fidenza (in provincia di Parma) paventa la possibilità di un forte rischio per gli investimenti effettuati dai risparmiatori, tanto che le sarebbe stato revocato il mandato;

   appare fondamentale rassicurare i predetti risparmiatori che, in questi giorni, temono di vedere dispersi i risparmi di una vita –:

   di quali elementi disponga in relazione a quanto esposto in premessa e se risulti che i competenti organi abbiano disposto le opportune verifiche al riguardo;

   se, anche in relazione all'entrata in vigore della cosiddetta «MIFID 2», la normativa europea che disciplina i servizi di investimento, s'intendano adottare iniziative per ulteriormente rafforzare; anche sul piano normativo, gli strumenti di tutela del risparmio pubblico, con particolare riguardo a quello investito, nell'ottica del contenimento preventivo del danno e, non da ultimo, nell'interesse dell'intera Nazione che è strettamente correlato al livello di fiducia da popolo dei risparmiatori, più volte messo a dura prova, come la cronaca periodicamente riferisce.
(4-03269)


   FOTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel pomeriggio del 1° luglio 2019 un violentissimo nubifragio si è abbattuto sul comune di Piozzano, in provincia di Piacenza, con conseguenti gravissimi danni alle proprietà pubbliche (in particolare alle strade comunali) e private (in vaste aree le colture cerealicole e i vigneti risultano completamente distrutti);

   l'assenza totale di segnale telefonico e della rete internet nella zona continua a rappresentare un grave ostacolo alla celerità degli interventi di soccorso –:

   se i fatti siano noti al Governo e quali iniziative intenda assumere al riguardo, con riferimento anche alla imminente richiesta di deliberazione, per quel territorio, dello stato di emergenza da parte della regione Emilia-Romagna, e di riconoscimento dello stato di calamità naturale per i danni all'agricoltura.
(4-03270)


   MORANI, PAITA, ROTTA, MICELI, MIGLIORE, FIANO, SCALFAROTTO, SCHIRÒ e SERRACCHIANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   un'inchiesta del Quotidiano on line «Il Paese sera» fa emergere, proprio in concomitanza con il crescere e il dilagare del cosiddetto «hate speech» nei social media italiani, un nuovo fenomeno, e cioè la «migrazione» di numerosi «utenti» su altre piattaforme come Vkontake, un social russo, molto simile alla vecchia versione di Facebook del 2009, un social creato da Pave Durov nel 2007, che pare poter essere stato obbligato dal Federal ’naja služba bezopasnosti (FSB), il «nuovo KGB», a lasciare la società nel 2014 per non aver rivelato i dati dell'Euromaidan, le manifestazioni iniziate a Kiev la notte del 21 novembre 2013 all'indomani della sospensione da parte del Governo ucraino di un accordo di associazione, denominato DCFTA, tra l'Ucraina e l'Unione europea, sfociate poi nelle rivolte del 2014;

   analizzando infatti il profilo dell'utente che avrebbe condiviso per primo su Vk la foto di Carola Rackete, la capitana della Sea Watch 3 al centro delle vicende di questi ultimi giorni, utilizzando dei complessi sistemi di analisi, emergerebbe che, dietro al suo account, si celi una attivissima community di utenti italiani ed europei specializzata nella creazione di «meme» razzisti e post di minacce – anche di morte – verso «Pidioti, magistrati, immigrati, ebrei...»;

   sempre secondo l'articolo citato «la cosa sorprendente, o a questo punto neanche tanto, è la presenza attiva di elementi che pubblicano post molto violenti. Sono sostenitori, guardando le loro foto-profilo, di Casapound, Forza Nuova, Lega. A unirli, la loro “amicizia” con il filosofo e politologo russo Alexander Dugin (sul grafico il pallino rosso grande) consigliere di Putin, considerato quasi un corrispettivo di Steve Bannon»;

   in questo momento il sito Vkontake non sarebbe accessibile dall'Ucraina, proprio per i sospetti, sempre più fondati, che i dati vengano analizzati dal Cremlino e dunque e per gli attivisti di Kiev, non sarebbe considerato un network sicuro, sia in termini digitali che di propaganda;

   Vkontake, in Italia, è salito vertiginosamente nei contatti nelle ultime ore: qui è stata postata per la prima volta l'immagine di Carola Rackete, durante il fotosegnalamento successivo al suo arresto;

   scorrendo le varie bacheche dei «fan» di Dugin ci si può ritrovare ad esempio, foto e «meme» raffiguranti Papa Francesco con commenti che vanno ben oltre l'insulto: siamo a vere e proprie minacce fisiche, con tanto di foto di pistole e commenti come «scegli con quale ucciderti»;

   uno dei profili più attivi sarebbe riconducibile a un ex finanziere, oggi in pensione, che pubblica immagini di mitragliatori e pistole, minacciando di uccidere «magistrati, politici del Pd ed immigranti clandestini»;

   ad oggi, Vkontake è diventato una sorta di luogo di ritrovo virtuale di estremisti che sostengono apertamente formazioni di estrema destra del panorama politico italiano: immagini di Adolf Hitler e Mussolini e Putin, minacce al Papa e ad esponenti politici del Pd agli «europeisti», ovviamente non può mancare il filantropo George Soros;

   guardando a quanto accade sul sito russo si deduce immediatamente come la rete europea «pro-russa» sia molto frequentata dai «fans» on line dell'attuale Ministro dell'interno italiano, e cioè proprio il Ministro che dovrebbe indagare e combattere questo nuovo tipo di estremismo –:

   se il Presidente del Consiglio dei ministri non ritenga necessario assumere iniziative, per quanto di competenza al fine di fare immediata luce sui fatti suesposti, che, qualora rispondenti al vero, delineerebbero ad avviso degli interroganti un quadro decisamente inquietante in merito alla possibile ingerenza di potenze straniere nella gestione dei dati e delle informazioni sulla rete, e alla manipolazione della formazione del consenso in particolare sul web.
(4-03272)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BERGAMINI, MARTINO, GIACOMONI, BIGNAMI, BARATTO, CATTANEO e BENIGNI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   dal 1o luglio 2019 è scattato l'obbligo di memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi per gli esercenti con volume d'affari annuo superiore a 400.000 euro; per la restante platea di contribuenti, invece, l'obbligo decorrerà dal 10 gennaio 2020 e i soggetti obbligati devono aver installato i registratori telematici e, soprattutto, devono averli abilitati alla trasmissione dei corrispettivi;

   da ultimo, il decreto-legge cosiddetto «Crescita» n. 34 del 2019 convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 61, ha dettato alcune norme relative alla prima fase di avvio dell'obbligo: in particolare, come chiarito anche dall'Agenzia delle entrate con la circolare n. 15/E/2019, nel primo semestre di vigenza dell'obbligo, non saranno applicate le sanzioni previste dalla legge ove la trasmissione telematica sia effettuata entro il mese successivo a quello di effettuazione dell'operazione, fermi restando i termini di liquidazione dell'Iva;

   per quanto risulta agli interroganti, l'obbligo previsto con decorrenza dal 1o luglio 2019 di memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi per gli esercenti con volume d'affari annuo superiore a 400.000 euro provoca un problema enorme per le imprese operanti, in particolare, nel settore dei servizi come ad esempio, quello della termoidraulica che inviano quotidianamente diverse squadre impegnate nella manutenzione presso i domicili dei propri clienti, in quanto ognuna di tali squadre deve rilasciare attestazione dell'avvenuto pagamento. A tale criticità si potrebbe ovviare concretamente se poi, una volta rientrate le squadre in sede, l'insieme degli incassi potesse essere tramutato in uno scontrino unico complessivo. Purtuttavia, questa operazione troverebbe diversi ostacoli con l'entrata in vigore a partire dal 1o gennaio 2020 della lotteria degli scontrini, contestualmente all'estensione dell'obbligo dei corrispettivi elettronici a tutti i commercianti;

   tale misura, infatti, finalizzata al contrasto dell'evasione fiscale, porterà i clienti a richiedere necessariamente la fattura elettronica nella considerazione che per partecipare alla lotteria occorre inserire il codice fiscale, causando un enorme disagio alle imprese costrette o a emettere a fine giornata decine e decine di fatture con notevole aumento dei costi e utilizzo di personale aggiuntivo o dotare i propri collaboratori di apparecchiature con conseguenti costi a carico delle imprese per emettere fattura direttamente –:

   se e quali iniziative, anche normative, il Governo intenda assumere, alla luce di quanto descritto in premessa, al fine di agevolare l'emissione di scontrini fiscali al momento del pagamento di prestazioni eseguite nei confronti dei clienti e trovare quindi una soluzione che vada incontro alle esigenze delle aziende che operano nel settore dei servizi, come quelle della termoidraulica.
(5-02460)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   VIETINA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il decreto ministeriale 25 febbraio 2015, n. 56, in vigore dall'11 maggio 2015 modifica il decreto ministeriale n. 269 del 2010 recante «Disciplina delle caratteristiche minime del progetto organizzativo e dei requisiti minimi di qualità degli istituti e dei servizi di cui agli articoli 256-bis e 257-bis del Regolamento di esecuzione del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, nonché dei requisiti professionali e di capacità tecnica richiesti per la direzione dei medesimi istituti e per lo svolgimento di incarichi organizzativi nell'ambito degli stessi istituti»;

   la norma prevede, per il trasporto di valori fino a 100 mila euro la presenza di una sola guardia giurata, per i valori oltre i 100 mila e fino a 500 mila euro la presenza di due guardie giurate, per i valori oltre 500 mila e fino a 3 milioni di euro la presenza di tre guardie giurate. Tuttavia, la norma prevede anche che possano essere previste solo due guardie giurate, per il trasporto di valori da 500 mila a 1,5 milioni di euro nel caso di utilizzo di sistemi che rendono inutilizzabile il bene (come valigette, armadi/cassaforte a chiusura elettronica con dispositivi di macchiatura delle banconote) e se si viaggia a bordo di furgone semi-blindato, munito dei contrassegni identificativi dell'istituto di vigilanza, di efficiente collegamento con la centrale operativa, di invio automatico del segnale d'allarme e sistema di localizzazione satellitare GPS, e nel caso di utilizzo di sistemi che impediscono il prelievo forzato delle banconote dal vano valori;

   recenti fatti di cronaca hanno messo in luce la necessità, come richiesto anche di recente dal sindacato Ugl, di prevedere la presenza di almeno due guardie giurate per il trasporto fino a 100 mila euro e di almeno tre guardie giurate anche per il trasporto di valori oltre i 100 mila euro, affinché esse possano operare in sicurezza;

   inoltre, il sindacato Ugl da tempo segnala che i salari delle guardie giurate non sono adeguati al costo della vita, evidenziando che in molte aziende ci sarebbe il problema dei turni di lavoro fino a 11/12 ore consecutive con conseguente ricaduta sulla sicurezza per la distanza dei luoghi di lavoro da raggiungere;

   in più risulterebbe, da una nota stampa del sindacato, che il contratto nazionale di categoria, contenente indicazioni salariali molto basse, sia scaduto a dicembre del 2015 e da allora ancora si attende il relativo rinnovo;

   inoltre, in merito allo status giuridico delle guardie giurate, il decreto-legge n. 59 del 2008, modificando l'articolo 138 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, in particolare ha sancito che una guardia giurata, che lavori alle dipendenze di un istituto di vigilanza privato, durante lo svolgimento delle proprie mansioni è qualificabile come «incaricato di pubblico servizio», differenziandola dal «pubblico ufficiale»;

   è parere dell'interrogante che nel settore dei servizi fiduciari le guardie giurate rappresentino un valore aggiunto, ma ritmi di lavoro e orari massacranti non consentono loro una vita sociale soddisfacente e in più i salari ridotti non aiutano i lavoratori a sostenere adeguatamente le famiglie –:

   quali iniziative i Ministri interrogati intendano assumere per risolvere le criticità di cui in premessa e se intendano promuovere una modifica della normativa in questione prevedendo la presenza di almeno due guardie giurate per il trasporto valori fino a 100 mila euro e di almeno tre guardie giurate per il trasporto valori oltre i 100 mila, nonché di almeno due guardie particolari giurate per i servizi di vigilanza in generale;

   se il Governo intenda promuovere, nel breve periodo e a seguito di concertazione con i sindacati di categoria, un tavolo di confronto per la discussione ed il rinnovo del contratto collettivo nazionale scaduto dal 2015;

   se il Governo non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza per riconoscere alle guardie giurate un salario dignitoso per il lavoro che giornalmente svolgono nella salvaguardia della sicurezza pubblica.
(4-03266)


   MACINA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   con decreto del Presidente della Repubblica, del 27 aprile 2018, è stata nominata la Commissione straordinaria per la provvisoria gestione del comune di Manduria (Taranto) a norma dell'articolo 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, composta dal prefetto a riposo dottore Vittorio Saladino, il viceprefetto dottore Luigi Scipioni, il dirigente di II fascia area I dottor Luigi Cagnazzo. La commissione è attualmente in carica;

   le strade manduriane e delle marine (in particolare, via Isole Egadi, Via Sardegna e l'intera zona di San Pietro in Bevagna) da mesi sono prive di illuminazione pubblica e quindi foriere di insidie e pericoli per la sicurezza pubblica;

   i residenti hanno denunciato di essere incorsi in cadute rovinose e di aver rischiato di essere investiti e per questo ripetutamente sollecitato l'amministrazione comunale a ristabilire il servizio, senza ottenerlo, ed inviato una conseguente diffida legale alla commissione straordinaria;

   la stampa locale ha riportato che, il 7 giugno 2019, i cittadini delle zone interessate hanno organizzato una «rivolta pacifica» con un sit-in di protesta davanti al comune per chiedere ai commissari di riattivare l'illuminazione, altrimenti decisi a rivolgersi alla competente Procura della Repubblica;

   la sera del 29 giugno 2019, due donne che camminavano nella strada priva di illuminazione di via Egadi, nel pieno centro della località balneare di Manduria, sono state investite da un'auto. Una delle due, Annarita Massafra residente a Manduria, di 51 anni, è morta dopo cinque giorni di coma il 4 luglio, sua cognata è stata ferita non gravemente;

   secondo quanto riferito dalla cognata della vittima, pochi secondi prima che venissero investite, Annarita Massafra si stava preoccupando di un disabile in carrozzina che aveva visto costretto a muoversi con una lampada a pile su quella strada priva di illuminazione pubblica e pericolosa;

   la notte stessa dell'incidente è stato arrestato l'investitore, un ventenne manduriano che aveva appena finito di lavorare in una panetteria e che non ha soccorso le due donne, pensando si fosse trattato di una fronda d'albero che sporgeva sulla strada, poi tornato libero perché risultato negativo agli esami su consumo di alcol ed altre sostanze;

   il magistrato che conduce l'inchiesta, il pubblico ministero della Procura della Repubblica di Taranto, Antonella De Luca, ha disposto una nuova ispezione dei luoghi dell'incidente per verificare in particolare le condizioni del manto stradale e della pubblica illuminazione, non funzionante da tempo e che solo all'indomani della tragedia è stata ripristinata dal comune di Manduria –:

   quali iniziative urgenti intenda assumere il Ministro dell'interno nei confronti dei commissari prefettizi della Commissione straordinaria per la provvisoria gestione del comune di Manduria in relazione alle gravi responsabilità in merito al mancato ripristino dell'illuminazione pubblica nelle strade citate in premessa;

   quali iniziative intenda assumere il Governo, per quanto di competenza, perché sia garantita l'incolumità e la sicurezza pubblica nelle strade manduriane e delle marine perché non accadono ulteriori incidenti mortali.
(4-03273)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   TRAVERSI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la Fondazione Enasarco è l'Ente nazionale di assistenza per gli agenti e i rappresentanti di commercio e fu costituita nel 1938. Oggi è un soggetto di diritto privato che, ai sensi della legge 2 febbraio 1973, n. 12, persegue finalità di pubblico interesse mediante la gestione di forme di pensioni integrative obbligatorie a favore degli agenti e rappresentanti di commercio;

   si apprende dalla stampa on line che gli agenti di commercio ad oggi iscritti ad Enasarco risultano essere a tutt'oggi circa 250.000, mentre gli ex agenti ammontano a circa 500.000;

   questa previdenza è molto particolare, perché in Italia è l'unica pensione integrativa, rispetto al trattamento pensionistico Inps, ma al tempo stesso è obbligatoria;

   nessun altro ente di previdenza complementare è obbligatorio tranne l'Enasarco e, così, i rappresentanti e gli agenti di commercio sono obbligati a versare i contributi verso due enti, l'Inps e l'Enasarco, senza però avere garanzie da quest'ultima. Infatti, servono 20 anni di versamenti per maturare il diritto alla pensione assieme al raggiungimento dell'età pensionabile; se sono raggiunti ad esempio i 15 anni di versamenti, l'unica possibilità di ricevere una pensione integrativa è quella di procedere a contributi volontari. Solo per gli iscritti a partire dal 2012 è previsto che possano essere maturati contributi anche dopo 5 anni di versamento. Nei casi di ex agenti o di agenti iscritti a Enasarco prima del 2012 molti hanno versato fino a 19 anni di contributi senza ricevere nessun tipo di pensione integrativa;

   non è possibile attualmente ricongiungere i contributi Enasarco a quelli Inps;

   non esiste un reddito minimo in relazione all'obbligatorietà di iscrizione a Enasarco che, da un lato, favorirebbe un salario minimo per gli agenti di commercio e, dall'altro, non farebbe scattare l'obbligo di versamento per i redditi molto bassi;

   a quanto consta all'interrogante le aziende mandatarie, inoltre, non hanno nessun sistema di registrazione degli avvenuti versamenti contributivi effettuati per gli agenti, tipo Durc, con il rischio di elusione fiscale difficilmente verificabile –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto descritto in premessa;

   se intenda mettere in atto tutte le iniziative di competenza per fare in modo che i contributi versati a Enasarco vengano ricongiunti a quelli dell'Inps e sia garantito che i versamenti effettuati dagli agenti di commercio vengano riconosciuti a prescindere dagli anni di versamento;

   se non ritenga utile adottare iniziative per prevedere un reddito minimo in relazione all'obbligatorietà di iscrizione a Enasarco;

   se non ritenga necessario adottare iniziative per prevedere la registrazione dei versamenti dei contributi da parte delle aziende mandatarie tramite uno strumento come il Durc.
(3-00856)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interrogazione a risposta orale:


   GADDA, CARNEVALI e CENNI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   come si apprende dagli organi di informazione, in queste settimane, in Sicilia i casi di intossicazione alimentare da tonno rosso sono aumentati in maniera rilevante. Solo nell'ultimo mese sono stati circa 60 i ricoveri tra cui alcuni casi gravi a causa di istamina avente origine da pesce avariato. Così come sono aumentate le denunce al Nucleo anti-sofisticazioni dei carabinieri (NAS) e i relativi sequestri di prodotti ittici conservati male;

   le stesse istituzioni preposte ai controlli, Nas, Capitanerie di porto, ispettori e veterinari delle asl, hanno sequestrato nelle ultime settimane circa 12 tonnellate di tonno rosso illegale per un valore di 200 mila euro;

   si tratta di tonnellate di pesce non tracciato, che viene catturato sforando le quote pesca consentite nei mari italiani. Pesce che viene congelato in ritardo, che non rispetta le norme di conservazione e che viaggia su mezzi non idonei al trasporto di alimenti. Una vera e propria filiera illegale che, in assenza di tracciabilità, pone a rischio la salute dei cittadini, oltre a danneggiare la filiera commerciale legale del tonno rosso;

   si fa presente che, dopo diversi anni, nella scorsa legislatura l'Italia è riuscita a vedersi riconosciuto un aumento delle quote di tonno con i decreti ministeriali del 20 aprile (ripartizione dei contingenti nazionali di cattura del tonno rosso per il triennio 2018/202) e del 4 maggio (disposizioni urgenti in materia di cattura bersaglio del tonno rosso con il sistema della circuizione);

   per l'anno 2018 si è a 3.894,13 tonnellate, per l'anno 2019 si passerà 4.308,59 tonnellate e, per l'anno 2020 si arriverà a 4.756,75 tonnellate;

   sono cambiate anche la ripartizione per modalità di pesca:

    a) per l'anno 2018 si prevedono i seguenti dati: circuizione 2.886,33 tonnellate; palangaro 527,46 tonnellate; tonnara fissa 328,35 tonnellate; pesca sportiva e ricreativa 18,61 tonnellate; quota non divisa 133,37 tonnellate;

    b) per l'anno 2019 si prevedono: circuizione 3.205,03 tonnellate; palangaro 585,28 tonnellate; tonnara fissa 364,42 tonnellate; pesca sportiva e ricreativa 20,34 tonnellate; quota non divisa 133,52 tonnellate;

    c) per l'anno 2020 si prevedono: circuizione 3.541,45 tonnellate; palangaro 646,68 tonnellate; tonnara fissa 402,66 tonnellate; pesca sportiva e ricreativa 21,60 tonnellate; quota non divisa 144,37 tonnellate;

   l'aumento delle quote è stato di oltre il 50 per cento;

   in questo quadro continua la pesca di frodo del tonno rosso, con tutti i rischi che ne conseguono a partire da quelli per la salute dei consumatori –:

   quali iniziative i Ministri interrogati, per quanto di competenza, intendano adottare al fine di contrastare la pesca illegale di tonno rosso e attivarsi per un sistema di controlli più efficace a tutela della salute dei cittadini.
(3-00854)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta orale:


   MURELLI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CAPARVI, LEGNAIOLI, EVA LORENZONI e MOSCHIONI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   da gennaio 2019 gli infermieri, al pari di altri ben 300 mila dipendenti pubblici, consultando il cedolino, vedranno uno stipendio inferiore all'anno in corso;

   la busta paga più leggera è il frutto del contratto collettivo nazionale 2016-2018, firmato a seguito dell'accordo Governo-sindacati del 2016 che riconobbe gli 85 euro quale bonus temporaneo, «elemento perequativo» che a gennaio 2019 scadrà;

   ciò per gli infermieri, ad esempio, significa perdere il 21,7 per cento circa dell'aumento, equivalente ad una busta paga ridotta di 20 euro mensili;

   il meccanismo perequativo dell'aumento fa sì che a perdere maggiormente siano coloro che guadagnano meno;

   per rifinanziare tali importi si stima un costo di circa 500 milioni di euro per tutto il settore pubblico, sanità ed enti territoriali inclusi;

   al di là della necessità di reperire le dovute risorse, vi è poi anche l'ostacolo del rinnovo contrattuale, considerato che l'elemento perequativo è stato previsto – appunto – dai contratti collettivi nazionali e, pertanto, sarebbe necessario sottoscriverne ulteriori a prescindere dai rinnovi veri e propri di ciascun comparto –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se ed in che termini intenda porre rimedio a quella che agli interroganti appare come una stortura operata dal Governo Renzi.
(3-00855)

Interrogazione a risposta scritta:


   SANTELLI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in data 30 luglio 2018 è stata indetta una selezione da parte delle Ferrovie della Calabria S.r.l. per la formazione di una graduatoria per l'assunzione di personale con qualifica di operatore d'esercizio parametro 140 (autisti di linea) con scadenza, per la presentazione della domanda di partecipazione, al 15 settembre 2018;

   la prova preselettiva è stata fissata in data 2 ottobre 2018;

   in data 25 settembre 2018 la società incaricata alla selezione dei partecipanti al concorso, Novaconsult S.r.l., ha comunicato attraverso un avviso sul proprio sito internet la sospensione momentanea della procedura di selezione per questioni logistiche dovute all'elevato numero di partecipanti. La prova preselettiva fissata per il 2 ottobre 2018 viene dunque rinviata a data da destinarsi;

   in data 3 ottobre 2018 la società incaricata attraverso un nuovo avviso ha convocato i candidati per svolgere la prova preselettiva il 25 ottobre 2018;

   nel nuovo avviso viene predisposta sul sito della società incaricata un'apposita banca dati contenente i quesiti da cui verranno estratti i test da somministrare il giorno della prova;

   risulta anomalo, ad avviso dell'interrogante, vista la ragione per la quale è stato sospeso il concorso che dalla prima convocazione alla seconda non è cambiato nulla dal punto di vista logistico, se non la presenza sul sito della banca dati addirittura senza l'indicazione delle risposte corrette;

   solo nel giorno dello svolgimento del concorso i candidati hanno appreso le modalità di valutazione degli elaborati e sono stati inibiti dall'apporre la propria firma sull'elaborato, che riportava esclusivamente un codice a barre facilmente rimovibile;

   i quesiti sottoposti ai partecipanti non erano per nulla attinenti alle mansioni da svolgere e al titolo di studio richiesto, considerando che il concorso prevedeva come titolo di studio la licenza media;

   dopo la pubblicazione dei risultati, numerosi candidati hanno riscontrato delle anomalie sull'attribuzione dei punteggi a loro assegnati;

   risulta, da ciò, evidente, a giudizio dell'interrogante, che la procedura di valutazione non ha garantito ai candidati la piena trasparenza nella selezione dei partecipandi –:

   la vicenda descritta fa emergere pertanto l'esigenza di avviare ogni utile iniziativa, anche normativa, volta a evitare il ripetersi delle criticità sopra richiamate;

   quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano adottare, anche sul piano normativo, al fine di assicurare la trasparenza delle procedure concorsuali nella pubblica amministrazione, ivi incluse le società e gli enti a partecipazione pubblica, e favorire pienamente il merito e la competenza nell'ambito di tutte le attività selettive nel rispetto dei principi di efficienza, economicità e buon andamento.
(4-03268)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   NEVI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il linfedema è una malattia invalidante che finalmente anche l'Inps riconosce come cronica disabilitante, di non facile controllo e con tendenza evolutiva. La prevalenza del linfedema in Italia è di circa 350.000 casi;

   la classificazione eziopatogenetica lo suddivide in linfedema primario e secondario: le forme primarie (42 per cento) sono localizzate prevalentemente agli arti inferiori; le forme secondarie sono le più frequenti (58 per cento) correlate al trattamento di patologie oncologiche (carcinoma della mammella, utero e ovaie, intestino, testicolo, melanomi, sarcomi);

   l'incidenza del linfedema secondario dell'arto superiore è veramente alta (25 per cento) nelle donne sottoposte a chirurgia mammaria con dissezione ascellare (circa 45.000/anno), con un aumento della percentuale (35 per cento) dopo radioterapia associata. Nel nostro Paese è possibile stimare in circa 9.000 casi;

   la terapia prevede la presa in carico del paziente da parte di un team riabilitativo, con specifica preparazione linfologica, che, dopo il trattamento fisico-decongestivo, effettua la prescrizione e il collaudo di un tutore elastico;

   per il mantenimento e l'ottimizzazione dei risultati ottenuti con una terapia combinata, le linee guida nazionali e internazionali evidenziano l'importanza della terapia compressiva con tutore elastico, standard o su misura, a seconda del caso clinico e a discrezione dello specialista che ha preso in carico il paziente;

   il tutore standard, che permette di ridurre i costi, può essere prescritto solo nel linfedema iniziale, ma nei successivi stadi clinici, a causa dell'arto dismorfico, è necessario prescrivere il tutore su misura che deve essere sostituito almeno ogni 6 mesi per garantire la necessaria compressione;

   nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, che definisce i nuovi livelli essenziali di assistenza (lea) nell'allegato 5, elenco 1, alla voce ausili su misura, sono elencati gli ausili per terapie individuali prescrivibili esclusivamente ad assistiti affetti sia da linfedema primario cronico che per assistiti affetti da linfedema secondario stabilizzato dopo la chirurgia oncologica;

   per la mancata emanazione dei provvedimenti attuativi dei nuovi Lea, questi malati sono costretti a provvedere personalmente a questa spesa, non indifferente, almeno due volte l'anno e la stessa spesa li accompagnerà tutta la vita;

   peraltro, se qualche regione che ha provveduto autonomamente a dare contributi ai pazienti a fronte di spese comprovate di tutori elastocompressivi su misura, nella maggior parte delle regioni i pazienti non usufruiscono di alcun aiuto –:

   se non intenda adottare le iniziative di competenza per provvedere, quanto prima, all'emanazione dei decreti attuativi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017, stabilendo le nuove tariffe per i tutori elastocompressivi su misura.
(4-03265)


   LOREFICE, D'ARRANDO, MAMMÌ, MENGA, NESCI, SARLI e SPORTIELLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la brucellosi ovina e caprina in Sicilia è un fenomeno grave, che ha provocato un danno di oltre 2 miliardi di euro alle imprese e forti rischi per la salute dei consumatori;

   le pratiche connesse alla movimentazione dei capi (transumanza, monticazione, demonticazione e altro) costituiscono elemento di maggior rischio per la trasmissione della malattia ed è stato stabilito che anche la presenza di un solo soggetto infetto in un allevamento potrebbe determinare la diffusione della malattia a tutta la mandria e il successivo abbattimento di tutto il bestiame;

   la natura dell'allevamento allo stato brado caratterizza la maggior parte delle aziende siciliane e garantisce l'origine biologica delle carni e del latte, ma non pone gli animali al riparo da eventuali focolai che provengono da mandrie non censite, da predatori e suini selvatici non controllati. Alla luce di ciò si comprende il motivo per cui gran parte degli allevamenti del territorio siano considerati «non indenni»;

   il Ministero della salute, in una nota del 21 maggio 2009, si è espresso favorevolmente circa la necessità di vaccinare tutte le rimonte degli allevamenti bradi linea vacca-vitello, soprattutto in provincia di Messina, nelle province limitrofe e in tutte quelle dove gli allevatori ne facciano richiesta;

   nel 2011 il programma di eradicazione in Sicilia è stato dichiarato dalla Commissione europea non ammissibile proprio per la mancata esecuzione di una campagna di vaccinazione: ciò ha determinato la decurtazione di 7 milioni di euro alla regione siciliana dal 2005 al 2012; la Corte dei conti europea – in una relazione speciale del 2016, alla pagina 26, articolo 47 – ha spiegato come l'Italia non abbia imputato questa riduzione pecuniaria alla sola Sicilia ma abbia suddiviso la penalizzazione tra tutte le regioni italiane, decisione questa che non ha certo incensato le autorità siciliane a migliorare le misure veterinarie;

   la Commissione europea il 26 luglio 2018 – in risposta a una interrogazione dell'onorevole Ignazio Corrao (atto E003241-18) – ha dichiarato la non obbligatorietà della misura vaccinale nell'attuale legislazione europea e ha anche sottolineato come spetti alle autorità nazionali e regionali competenti decidere se autorizzare la vaccinazione in Sicilia;

   nello stesso documento viene sottolineato l'importante sostegno finanziario erogato all'Italia per l'eradicazione della brucellosi (35 milioni di euro dal 2001), obiettivo questo non raggiunto dal nostro Paese, in particolare dalla Sicilia che risulta una delle regioni più colpite dal morbo con circa il 3 per cento di aziende infette da brucellosi: +300 per cento circa rispetto alla media nazionale, un dato enorme. La provincia di Messina, inoltre, risulta in assoluto la più infetta stando ai dati forniti dall'Istituto zooprofilattico;

   tali scarsi risultati potrebbero comportare un ulteriore inasprimento delle sanzioni da parte dell'Unione europea; non solo, in una recente inchiesta della Rai è emerso che nella provincia di Messina dei veterinari avrebbero occultato la brucellosi contribuendo a far consumare carne infetta, ragion per cui il collega europarlamentare Ignazio Corrao (ottobre 2018) ha presentato una istanza alle autorità regionali al fine di avviare un percorso immediato di vaccinazione contro la brucellosi bovina e ovicaprina in Sicilia –:

   come il Ministro interrogato intenda adoperarsi di fronte a un così elevato tasso di brucellosi presente nel territorio siciliano, anche alla luce delle indicazioni dell'Unione europea.
(4-03267)


   DI SARNO. — Al Ministro della salute, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   sul Bollettino ufficiale della regione Campania n. 52 del 30 luglio 2018, veniva pubblicato il bando di concorso per l'assunzione a tempo indeterminato di 20 infermieri – categoria D, presso l'ospedale Cardarelli di Napoli. Il concorso era articolato in quattro prove, consistenti in una prova preselettiva, una prova scritta, una prova pratica ed una orale;

   a seguito dell'espletamento delle prime due prove, sono stati ammessi alla prova pratica 1823 candidati e, dato il numero elevato di partecipanti, le sedute sono state divise in tre sessioni tenutesi il 16 e 17 maggio 2019;

   la terza prova consisteva nella soluzione di quesiti a risposta multipla o sintetica, volti ad accertare le conoscenze tecniche delle prestazioni infermieristiche ed assistenziali; per tale prova non era prevista la pubblicazione di alcuna banca dati da parte dell'ente ospedaliero;

   ciononostante, molti candidati scoprivano che prima dello svolgimento della prova concorsuale erano stati diffusi gli argomenti e i quesiti oggetto della stessa, tramite chat Whatsapp, a cui era allegata una fotografia con contenuto dattiloscritto con l'indicazione delle domande che sarebbero state somministrate ai candidati;

   venivano altresì pubblicati screenshot con domande e risposte della prova pratica, che sarebbero stati diffusi da alcuni candidati prima della sessione d'esame;

   si prospettano, dunque, una serie di gravi irregolarità che, se confermate, minano i principi di buon andamento e trasparenza della pubblica amministrazione, così come sanciti dall'articolo 97 della Costituzione, violando il diritto dei candidati ad una valutazione imparziale nello svolgimento di un pubblico concorso;

   l'eventuale diffusione degli argomenti oggetto della terza prova o, comunque, di elementi volti a informare i candidati degli orientamenti della commissione sui quesiti più probabili, violerebbe la garanzia di segretezza e altererebbe la formazione della volontà della pubblica amministrazione in ordine a un concorso pubblico –:

   se il Governo sia a conoscenza delle gravi irregolarità verificatesi nel concorso per infermieri bandito dall'ospedale Cardarelli di Napoli e quali iniziative, per quanto di competenza, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, nonché dell'ispettorato della funzione pubblica, intenda adottare in relazione a quanto esposto in premessa.
(4-03271)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta orale Donzelli n. 3-00307, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 novembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Foti.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Cillis n. 1-00213, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 197 del 26 giugno 2019.

   La Camera,

   premesso che:

    ancorché l'agroalimentare rappresenti un settore di estrema rilevanza per l'economia nazionale, come continuamente confermato dai dati positivi delle esportazioni, alcuni comparti, in particolare quello cerealicolo, mostrano difficoltà che rischiano di compromettere l'effettiva operatività di moltissime aziende, sia della produzione che della trasformazione;

    tra le criticità strutturali, specie con riferimento al grano duro, si segnalano senza dubbio l'obsolescenza del sistema degli impianti di stoccaggio, un'eccessiva polverizzazione dell'offerta, con moltissime aziende di piccole dimensioni e la necessità di migliorare la qualità tecnologica del grano duro sia in termini di valore molitorio, ovvero di resa in semola, sia di valore pastificante, ovvero di proprietà della pasta, anche in considerazione di un processo industriale che richiede un elevato tenore di proteine della materia prima;

    le suddette criticità, unitamente ad un'estrema variabilità delle condizioni di mercato sul mercato internazionale e le sfavorevoli condizioni climatiche che hanno interessato la penisola italiana, imponendo l'aumento delle importazioni, evidenziano la gravità della situazione in cui versano le imprese agricole nazionali, con intere aree votate alla produzione di grano diventate a scarsa redditività, con riflessi negativi sull'intera filiera della pasta nella quale, come noto, si riversa la quasi totalità della produzione di grano duro;

    il comparto cerealicolo opera, inoltre, in un contesto globale altamente specializzato e competitivo, la cui forte volatilità dei prezzi spesso non risulta strettamente correlata alla sola legge della domanda e dell'offerta, ma anche alle speculazioni finanziarie, all'andamento del costo del petrolio, alle oscillazioni delle valute, tutti elementi che causano distorsioni nella filiera e che danneggiano in modo significativo i produttori esposti, più degli altri anelli della catena, a repentine perdite di reddito;

    nel 1967 in Italia si producevano 1,4 milioni di tonnellate di pasta, quasi tutta destinata al consumo del mercato interno; oggi la produzione è più che raddoppiata, con 3,4 milioni di tonnellate circa, e per la metà è destinata all'esportazione: con ciò che ne consegue in termini di redditi e livelli occupazionali;

    è, pertanto, indispensabile intervenire con urgenza per predisporre misure adeguate a sostegno del comparto cerealicolo nazionale, attraverso interventi volti a tutelare il reddito dei produttori e a migliorare la qualità tecnologica del prodotto, specie del grano duro, anche al fine di soddisfare le esigenze dell'industria di trasformazione, i cui prodotti si collocano ai primi posti tra gli alimenti di eccellenza presenti nei mercati internazionali;

    l'attività di controllo è fondamentale per la tutela del made in Italy e per la certezza della qualità di ciò che arriva sulle nostre tavole e perché sia efficace è primario salvaguardare la nostra agricoltura,

impegna il Governo:

1) ad intraprendere, con urgenza, ogni utile iniziativa volta a rimuovere le criticità che caratterizzano il comparto della cerealicoltura nazionale, anche alla luce di dinamiche internazionali di mercato spesso sfavorevoli che, incidendo negativamente sui fattori di debolezza strutturale, peggiorano le condizioni economiche ed occupazionali delle aziende cerealicole;

2) ad attivare gli interventi previsti dal Piano cerealicolo nazionale, nonché a mettere a punto una sua revisione alla luce delle mutate condizioni di mercato, dotandolo di adeguate risorse finanziarie;

3) a sostenere e incentivare lo strumento dei contratti di filiera, al fine di tutelare il reddito dei produttori e di promuovere una più equilibrata distribuzione della produzione sul territorio nazionale;

4) ad adottare iniziative per rafforzare la tutela e la protezione delle produzioni nazionali di grano duro di qualità, che costituiscono alcune delle più note eccellenze del made in Italy a livello globale;

5) ad incentivare il ricorso alla contrattazione tra le imprese e la premialità delle produzioni sulla base della qualità ottenuta, anche attraverso l'istituzione di un tavolo di lavoro composto da rappresentanti del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo e delle associazioni di categoria maggiormente rappresentative, al fine di individuare percorsi condivisi volti a favorire tutte quelle soluzioni idonee a migliorare l'equilibrio di mercato e la trasparenza nella rilevazione e nella formazione di prezzi;

6) a fronteggiare l'inadeguatezza del sistema produttivo nazionale del grano duro attraverso il sostegno alla ricerca scientifica finalizzata al miglioramento della qualità nella fase della coltivazione, nonché alla realizzazione di impianti idonei a consentire uno stoccaggio corretto e differenziato in funzione della qualità della materia prima;

7) a valutare la possibilità di assumere iniziative per introdurre misure di agevolazione fiscale, anche per un periodo transitorio, vista la situazione emergenziale determinatasi, volte a consentire alle aziende cerealicole di recuperare quei margini di redditività minimi che ne giustifichino la continuità operativa;

8) a valutare l'opportunità di porre in essere iniziative volte a sostenere la promozione dei controlli di qualità del sistema del made in Italy che contempli più efficaci controlli sulla provenienza del grano da Paesi terzi, anche nell'ottica di una maggiore tutela del consumatore finale e al fine di tutelare la filiera produttiva italiana e garantire alti standard di qualità;

9) ad assumere iniziative affinché non sia messo a rischio un prodotto simbolo del made in Italy a causa del ribasso dei prezzi del grano e dell'invasione dei prodotti stranieri a volte anche di scarsa qualità e privi di controllo, al fine di garantire reddito agli operatori del settore cerealicolo.
(1-00213) (Nuova formulazione) «Cillis, Viviani, L'Abbate, Parentela, Cadeddu, Lombardo, Del Sesto, Bella, Cassese, Cimino, Gagnarli, Gallinella, Maglione, Alberto Manca, Marzana, Pignatone, Bubisutti, Coin, Gastaldi, Golinelli, Liuni, Lo Monte, Lolini, Loss».

Trasformazione di documenti
del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta in commissione Gadda e altri n. 5-00062 del 27 giugno 2018 in interrogazione a risposta orale n. 3-00854;

   interrogazione a risposta in commissione Murelli e altri n. 5-00477 del 18 settembre 2018 in interrogazione a risposta orale n. 3-00855;

   interrogazione a risposta in commissione Lorefice e altri n. 5-00945 del 15 novembre 2018 in interrogazione a risposta scritta n. 4-03267;

   interrogazione a risposta orale Santelli n. 3-00346 del 27 novembre 2018 in interrogazione a risposta scritta n. 4-03268.