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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 21 giugno 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    al fine di tutelare i diritti dei pazienti oncologici, «Salute Donna» onlus e le associazioni sostenitrici hanno promosso nel Parlamento italiano la formazione dell'Intergruppo «Insieme per un impegno contro il cancro», composto da parlamentari di tutti i Gruppi impegnati a promuovere la lotta al cancro come una priorità della politica sanitaria nazionale e a orientare in tal senso la legislazione;

    secondo le indicazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità il cancro è la principale malattia a livello mondiale con 14,2 milioni di nuovi casi nel 2012 e una proiezione di oltre 21,6 milioni nel 2030;

    in Italia, a causa di fattori culturali, socio-economici e ambientali, ci sono delle disparità nell'esposizione ai fattori di rischio e nell'accesso agli screening per la prevenzione oncologica, alla diagnosi precoce e alla cura;

    tenendo presente i notevoli avanzamenti terapeutici degli ultimi anni, si assiste ad una difficoltà di accesso ad essi per questioni legate soprattutto alla sostenibilità del sistema e all'eccessiva frammentazione delle decisioni a livello territoriale;

    secondo il rapporto Aiom/Airtum sono 369.000 i nuovi casi di cancro stimati nel 2017 (192.000 fra i maschi e 177.000 fra le femmine); le 5 neoplasie più frequenti nel 2017 nella popolazione sono quelle del colon-retto (53.000 nuovi casi), del seno (51.000), del polmone (41.800), della prostata (34.800) e della vescica (27.000);

    in Italia vivono oltre 3.300.000 malati di cancro, il 5 per cento circa dell'intera popolazione italiana. La sopravvivenza cresce ogni anno e oggi oltre il 60 per cento ha una sopravvivenza a 5 anni;

    i tumori pediatrici, pur rappresentando solo l'1-2 per cento di tutti i tumori con un'incidenza pari a circa 180 nuovi casi/milione di soggetti <14 anni, costituiscono la seconda causa di morte, dopo i traumi, nella fascia di età inferiore ai 18 anni. La sopravvivenza dei tumori pediatrici sfiora l'80 per cento e si stima che vivano in Italia oltre 30.000 persone che abbiano avuto una diagnosi di tumore infantile da oltre 5 anni;

    nonostante il settore dell'oncoematologia pediatrica sia piccolo, è estremamente complesso e copre almeno 60 diversi tipi di cancro in una popolazione che va dai neonati agli adolescenti, e perfino di più se si considerano i biomarcatori;

    la crisi economica globale ostacola la capacità di diversi Stati membri dell'Unione europea di migliorare il proprio sistema sanitario per offrire i trattamenti standard ai giovani con il cancro e un accesso non limitato ad alcuni farmaci essenziali, se pur costosi;

    secondo quanto riportato nell'ottava edizione del volume «I numeri del cancro in Italia» pubblicato nel 2018, a seguito della collaborazione tra Aiom (Associazione italiana di oncologia medica) ed Airtum (Associazione italiana dei registri tumori) nel 2018 i dati riportati relativi all'incidenza di tumori in Italia parlano di 373.000 nuovi casi diagnosticati. La mortalità relativa all'anno 2015 è stata di 178.000 decessi;

    secondo la pubblicazione, «i dati relativi ai trend temporali di questi indici, standardizzati per età (calcolati al netto dell'invecchiamento della popolazione) indicano una diminuita incidenza di tumori, pur in presenza di un miglioramento delle capacità diagnostiche. Questo è vero in particolare per le neoplasie del tratto gastro-intestinale. Tale andamento positivo è certamente da ascrivere alle campagne di screening e prevenzione messe in atto dal SSN, che pertanto devono essere mantenute ed implementate»;

    tuttavia, in Italia ci sono notevoli disparità di trattamento dovute alle diverse gestioni all'interno delle singole regioni, che determinano tempi e qualità della prestazione profondamente diversi: le differenze che si osservano sono la spia di un deficit assistenziale nelle regioni meridionali che si aggiunge alla minore speranza di vita generale che pure si osserva nelle regioni del Sud quale epifenomeno delle condizioni di maggiore svantaggio socio-economico di quest'area;

    inoltre, secondo quanto riportato nella pubblicazione, il settore oncologico, soprattutto sul versante diagnostico e terapeutico, ha dei costi «insostenibili»;

    la prevenzione è un aspetto fondamentale che richiede strategie di comunicazione condivise e capaci di convincere la popolazione ad affrontare con responsabilità gli screening oncologici offerti dai livelli essenziali di assistenza (Lea);

    gli stili di vita hanno in questa prospettiva un'importanza fondamentale e, in questo senso, sono necessarie politiche rivolte alla promozione della dieta mediterranea, dell'attività fisica, e alla lotta contro il fumo e l'alcool e gli altri fattori di rischio;

    il documento tecnico di indirizzo per ridurre il carico di malattia del cancro 2011-2013 (piano oncologico nazionale) rappresenta, sicuramente, un contributo apprezzabile a livello tecnico-programmatico, che, oltre a descrivere l'epidemiologia delle patologie neoplastiche in Italia, ha indicato le azioni programmatiche da intraprendere per la prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione delle patologie oncologiche, alla luce delle più moderne conoscenze;

    un limite assai rilevante del piano 2011-2013 è stato quello di non avere fissato, per ciascuna azione programmata, o almeno per quelle di maggiore impatto, obiettivi misurabili attraverso predefiniti indicatori, che le regioni avrebbero dovuto raggiungere,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative volte a garantire l'adozione di un nuovo piano oncologico basato sulla centralità del paziente e del suo percorso terapeutico, in cui sia inserito un sistema di indicatori delle performance a livello regionale;

2) ad adottare iniziative per dare effettiva attuazione alla rete oncologica ed ematologica e al registro tumori nazionale nonché individuare per l'età pediatrica centri di eccellenza distribuiti in modo omogeneo sul territorio nazionale in modo da poter garantire un'uniformità delle cure con riduzione della migrazione dei piccoli pazienti e delle loro famiglie;

3) ad adottare iniziative per aumentare l'accesso dei giovani pazienti a terapie nuove ed innovative, compreso un miglior referral dei pazienti in tutta Europa, introducendo l'analisi molecolare ed immunologica del tumore come standard sanitario, sia al momento della recidiva che al momento della diagnosi, per i pazienti con malattia ad alto rischio e resistente;

4) ad adottare iniziative per dare continuità al dialogo e al confronto tra le istituzioni sanitarie per favorire la messa a punto e l'adozione di protocolli diagnostico-terapeutici assistenziali (Pdta) per le diverse forme di cancro, prevedendo il coinvolgimento ed il contributo permanente delle associazioni dei pazienti di riferimento per specifica patologia neoplastica, stakeholder imprescindibili del percorso, e a garantire loro, per quanto di competenza, l'accesso permanente presso i tavoli istituzionali di riferimento nel campo dell'onco-ematologia;

5) a promuovere a livello territoriale l'approccio multidisciplinare e il lavoro di équipe con la presenza di diversi specialisti con l'obiettivo di garantire e migliorare il benessere psicofisico del paziente oncologico ed onco-ematologico;

6) a favorire l'istituzione su base regionale del centro accoglienza e servizi (Cas), inizio del percorso diagnostico-terapeutico del paziente oncologico;

7) ad adottare iniziative per mantenere un adeguato e sostenibile finanziamento del fondo per i farmaci oncologici innovativi, migliorare la valutazione dei farmaci oncologici per adulti che sono destinati all'uso nella popolazione pediatrica, definendo una chiara prioritizzazione dei farmaci stessi ed evitando esenzioni ingiustificate (che non consentono ad un farmaco per adulti di essere somministrato ai bambini, con le adeguate modifiche dovute all'età del paziente), nonché identificare target nei tumori pediatrici e sviluppare pertanto farmaci oncologici pediatrici specifici;

8) a favorire la diffusione e l'accesso ai test diagnostici molecolari che permettono di accedere a terapie target personalizzate utilizzando in modo appropriato le risorse del servizio sanitario nazionale e distribuendole in modo omogeneo sul territorio nazionale;

9) a diffondere informazioni chiare e puntuali sulla ricerca clinica e facilitare l'accesso agli studi clinici da parte dei pazienti oncologici e onco-ematologici con l'obiettivo di favorire l'approvazione e la disponibilità tempestiva delle terapie più innovative;

10) ad adottare iniziative per riconoscere la psico-oncologia come professione sanitaria;

11) ad adoperarsi affinché si completi l'istituzione in tutta Italia delle «breast unit» che sarebbe dovuta avvenire entro il 2016 in base alla risoluzione del Parlamento europeo sul cancro al seno nell'Unione europea ampliata del 25 ottobre 2006;

12) a porre in essere campagne di comunicazione più efficaci per promuovere l'adesione agli screening oncologici garantiti dai livelli essenziali di assistenza;

13) a promuovere un nuovo piano di comunicazione per la prevenzione come «Guadagnare Salute»;

14) ad adottare iniziative per contrastare il fenomeno delle fake news sul cancro e diffondere ai pazienti un'informazione certificata, alla luce delle conoscenze scientifiche validate a tutela della salute;

15) a promuovere un maggior coinvolgimento dei pediatri e dei medici di famiglia nella gestione delle problematiche dei lungo-sopravviventi che manifestano problematiche più frequenti e peculiari rispetto alla popolazione generale.
(1-00200) «Siani, De Filippo, Carnevali, Campana, Ubaldo Pagano, Pini, Rizzo Nervo, Schirò, Scalfarotto, Fiano, Marco Di Maio, Viscomi, Enrico Borghi, Pellicani, Paita, Bruno Bossio, Martina, Annibali, Lacarra, Mura, Gadda, Cantini, Zardini, Librandi».


   La Camera,

   premesso che:

    l'ottavo rapporto dell'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) e dell'Associazione italiana dei registri tumori (Airtum), stima per il 2018, 373.000 nuovi casi di tumore maligno di cui circa 194.000 negli uomini e 178.000 nelle donne;

    la frequenza dei decessi causati dai tumori nelle aree italiane coperte dai registri tumori è, in media, ogni anno, di circa 3,5 decessi ogni 1.000 uomini e di circa 2,5 decessi ogni 1.000 donne. In totale quindi, circa 3 decessi ogni 1.000 persone. Si può affermare che, mediamente, ogni giorno oltre 485 persone muoiono in Italia a causa di un tumore;

    nonostante i progressi e i successi raggiunti nel campo della ricerca e delle terapie, il cancro resta comunque ancora una delle prime cause di morte della popolazione;

    una diagnosi di cancro oggi non è più una condanna senza appello, ma è comunque l'inizio di un percorso impegnativo per sconfiggere la malattia;

    i dati indicano mediamente una diminuita incidenza di tumori e un miglioramento delle capacità diagnostiche;

    il progressivo costante miglioramento delle prospettive di vita per diverse tipologie di tumore, è conseguente alle novità in termini di tecnologie diagnostiche, alle terapie innovative e anche alle politiche di prevenzione e alle campagne di screening e prevenzione messe in atto dal servizio sanitario nazionale, che pertanto devono essere decisamente implementate;

    lo screening, soprattutto per alcuni specifici tipi di tumore, è uno strumento decisivo per il controllo della presenza di questa patologia o di condizioni che possono causarne l'insorgenza in persone che non presentano sintomi. Per alcuni tipi di tumore maligno lo screening può quindi, attraverso una diagnosi precoce, prevenirne lo sviluppo e consentire quindi terapie più efficaci e meno aggressive;

    riguardo, per esempio, al tumore della mammella, che è la neoplasia più frequente nelle donne, grazie alla sempre più ampia diffusione della diagnosi precoce che ha permesso di aumentare il numero di tumori identificati ai primi stadi di sviluppo della malattia, negli ultimi decenni si registra un costante aumento di frequenza della diagnosi, accompagnata da una riduzione della mortalità;

    nel suo rapporto 2018, l'Osservatorio nazionale screening (Ons) evidenzia come all'interno dello screening organizzato la partecipazione praticamente non è influenzata dal titolo di studio, mentre, al contrario nello screening spontaneo accedono più frequentemente le persone con un titolo di studio più elevato;

    questi dati indicano quindi quanto sia decisivo, per una maggiore partecipazione dei cittadini, che siano potenziati sul territorio i programmi organizzati di screening oncologici;

    come sottolinea sempre l'Ons nel suo rapporto, se i dati mostrano un costante aumento delle persone che fanno un test a fini preventivi, tuttavia questi numeri positivi continuano a distribuirsi in maniera non omogenea su tutto il territorio nazionale. Sotto questo aspetto si conferma un divario impietoso fra Centro-nord e Sud. Probabilmente gioca una diffusa sfiducia nella struttura pubblica. Per quanto riguarda gli screening oncologici questa differenza è dovuta a due fattori: la minore estensione dei programmi organizzati nel meridione d'Italia, e comunque la minore partecipazione da parte dei cittadini anche quando i programmi sono attivi;

    è peraltro fondamentale poter avere dati epidemiologici aggiornati sull'andamento dei tumori nel nostro Paese, in quanto ciò permette, tra l'altro, di prevedere con buona approssimazione l'impegno finanziario che graverà sul servizio sanitario nazionale. Questo anche perché l'invecchiamento è un fattore determinante nello sviluppo del cancro e, infatti, l'incidenza aumenta in modo evidente con l'età. Per affrontare il problema in maniera adeguata c'è quindi necessità di un'attenta programmazione, con previsione di risorse future adeguate e ottimizzazione delle risorse attualmente disponibili;

    una delle strategie vincenti per sostenere e curare chi si ammala di tumore deve vedere coinvolta la persona nella sua globalità e, quindi, deve prevedere interventi integrati anche di welfare della persona e della famiglia. È quindi fondamentale un più alto livello e una maggiore omogeneità territoriale nell'offerta di assistenza domiciliare, cure palliative e hospice;

    le cure a domicilio, che in buona parte riguardano le patologie oncologiche, sono quelle che hanno bisogno di un potenziamento maggiore, così come hanno bisogno di un investimento importante le cure palliative domiciliari. La presa in carico del paziente oncologico non è sempre adeguata e soprattutto non è uniforme su tutto il territorio nazionale;

    peraltro, nell'ambito delle cure domiciliari integrate con i servizi sociali dei comuni, bisognerebbe prima definire i diversi programmi assistenziali e, solo conseguentemente, stimare il fabbisogno di risorse necessario. Purtroppo, troppo spesso avviene il contrario, ossia prima si verifica la disponibilità di risorse e solo successivamente, in funzione di quest'ultime, si programmano i servizi territoriali in grado di erogare;

    sotto questo aspetto a complemento del servizio sanitario pubblico e dell'attività svolta dai servizi sociali degli enti locali, un ruolo prezioso e fondamentale è rivestito nel nostro Paese, dal volontariato oncologico;

    esistono numerose esperienze di associazioni di volontariato impegnate quotidianamente nell'assistenza ospedaliera e domiciliare verso coloro che si trovano in una situazione di bisogno sociale e/o sanitario, e in particolare per gli ammalati oncologici anche in fase terminale. Associazioni la cui attività opera spesso in sinergia sia con i medici di medicina generale che con gli operatori dei diversi presìdi ospedalieri;

    dal 2014 è operativo un tavolo di lavoro organizzato da «Salute Donna» onlus – un'associazione da venti anni attiva nel sostenere i pazienti colpiti da cancro. Attività che si è intensificata con la costituzione del progetto «La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere», al quale oggi aderiscono 21 associazioni di pazienti, impegnate ogni giorno a portare la voce e i bisogni delle persone colpite da tumore alle Istituzioni. L'associazione è inoltre promotrice da anni di un intergruppo parlamentare che vede l'adesione di politici di tutti gli schieramenti. Ne è scaturito quindi un accordo di legislatura 2018/2023, fra le associazioni pazienti, la commissione tecnico-scientifica, l'intergruppo parlamentare nazionale, gli intergruppi regionali aderenti al suddetto progetto;

    una problematica non secondaria è quella inerente alle malattie rare, tra le quali sono ricompresi i tumori rari. Secondo le stime in Italia ci sarebbero dai 450.000 ai 600.000 «malati rari», di cui solo una parte nelle forme comprese nell'elenco allegato al decreto ministeriale n. 279 del 2001;

    i tumori rari vengono definiti tali in quanto colpiscono un numero molto ristretto di persone. I ricercatori del progetto Rare Care (Surveillance of rare cancers in Europe) ne hanno individuati oltre 250. Nell'ambito dell'Unione europea, i tumori rari rappresentano oltre il 20 per cento di tutti i tumori diagnosticati ogni anno;

    all'interno dell'elenco delle malattie rare, già previsto dal suddetto decreto ministeriale n. 279 del 2001, sono però esclusi la gran parte dei tumori rari. Ne consegue che solo quei tumori rari attualmente tutelati dal citato decreto ministeriale, sono esenti dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie;

    la scarsa consuetudine clinica e la poca disponibilità di conoscenze scientifiche, che derivano dalla rarità delle malattie, compresi i tumori rari, comportano spesso lunghi tempi di latenza tra l'esordio della patologia e la diagnosi, incidendo negativamente sulla prognosi del paziente;

    una problematica strettamente connessa alle malattie e ai tumori rari è quella dei «farmaci orfani». Purtroppo, la legge di bilancio 2019 ha introdotto misure che penalizzano questo tipo di farmaci;

    si ricorda che l'articolo 15, comma 8, lettere i) e i-bis), della legge n. 135 del 2012, ha previsto una tutela di tipo economico per i titolari di medicinali orfani;

    secondo tale norma, in caso di sfondamento del tetto della spesa farmaceutica ospedaliera a livello nazionale, i titolari di farmaci innovativi, di medicinali orfani sono esclusi dal ripiano;

    il comma 584 dell'articolo 1 della citata legge di bilancio per il 2019 prevede, rispetto ai farmaci innovativi, che l'eccedenza della spesa rispetto alla dotazione del fondo per i farmaci innovativi ad essi dedicato, sia ripianato da ciascuna azienda titolare di farmaci innovativi in proporzione alla rispettiva quota di mercato. Si prevede inoltre che i farmaci inseriti nel registro dei medicinali orfani, che presentano anche caratteristica di innovatività, siano considerati come innovativi, per cui partecipano al ripiano del payback. Di conseguenza, in caso del verificarsi di tale eccedenza di spesa, un farmaco orfano che è anche innovativo, si troverebbe a dover partecipare al ripiano. Il rischio più che concreto di questa normale quello di disincentivare di fatto la ricerca su questo tipo di farmaci;

    una ulteriore criticità si evidenzia riguardo alle risorse dei fondi per i farmaci innovativi previsti dalla legge n. 232 del 2016 (Fondo farmaci innovativi non oncologici e Fondo farmaci innovativi oncologici). Qualora non impiegate, dette risorse, in base a quanto previsto dal decreto-legge n. 50 del 2017, confluiscono nella quota di finanziamento del fabbisogno sanitario. Ciò significa che se avanzano risorse dal fondo farmaci innovativi, dette risorse – ora vincolate all'acquisto di farmaci innovativi – tornano svincolate nel fondo indistinto, pronte per essere ripartite tra le regioni e utilizzate per altri capitoli di spesa sanitaria;

    all'interno dell'Unione europea, alcuni Governi incentivano la pratica dell'importazione parallela dei farmaci al fine di ridurre la spesa farmaceutica, e a livello europeo, l'Italia, è annoverata tra i Paesi esportatori di farmaci, visti i prezzi dei medicinali, mediamente più bassi;

    la stessa Commissione europea sottolinea che il commercio parallelo può essere una delle ragioni della carenza di un certo numero di medicinali;

    la Commissione ha quindi autorizzato gli Stati membri a introdurre normative che limitino l'esportazione di farmaci, normative che però devono essere giustificate e proporzionate;

    la temporanea irreperibilità sul mercato nazionale di medicinali indispensabili per la cura di determinate patologie, e tra queste il cancro, viene monitorata da Aifa. Nonostante questo, alcuni medicinali continuano ad essere difficilmente reperibili e la scarsa reperibilità è probabilmente da collegare al fenomeno del suddetto «parallel trade». Questo è particolarmente grave soprattutto per alcune patologie, come quelle tumorali;

    la normativa vigente prevede che non possono essere sottratti, alla distribuzione e alla vendita per il territorio nazionale, i medicinali per i quali sono stati adottati specifici provvedimenti al fine di prevenire o limitare stati di carenza o indisponibilità,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per dare attuazione, ai fini di una corretta ed uniforme presa in carico del paziente oncologico e onco-ematologico, alle richieste avanzate dal tavolo di lavoro richiamato in premessa nel suo «accordo di legislatura 2018/2023», al fine di:

   a) garantire l'adozione di un nuovo piano oncologico basato sulla centralità del paziente e del suo percorso terapeutico, in cui sia inserito un sistema di indicatori delle performance a livello regionale;

   b) dare effettiva attuazione alla rete oncologica ed ematologica e al Registro tumori nazionale;

   c) dare continuità al dialogo e al confronto tra le istituzioni sanitarie per favorire la messa a punto e l'adozione di protocolli diagnostico terapeutici assistenziali (Pdta) per le diverse forme di cancro, prevedendo il coinvolgimento ed il contributo permanente delle associazioni pazienti di riferimento per specifica patologia neoplastica, stakeholder imprescindibili del percorso, e a garantire, per quanto di competenza, l'accesso permanente delle associazioni dei pazienti presso i tavoli istituzionali di riferimento nel campo dell'onco-ematologia;

   d) promuovere a livello territoriale l'approccio multidisciplinare e il lavoro di équipe con la presenza di diversi specialisti con l'obiettivo di garantire e migliorare il benessere psico-fisico del paziente oncologico ed onco-ematologico;

   e) favorire l'istituzione su base regionale del Centro accoglienza e servizi (Cas), porta d'ingresso ed inizio del percorso diagnostico-terapeutico del paziente oncologico;

   f) mantenere un adeguato e sostenibile finanziamento del fondo per i farmaci oncologici innovativi;

   g) favorire la diffusione e l'accesso ai test diagnostici molecolari che permettono di accedere a terapie target personalizzate utilizzando in modo appropriato le risorse del servizio sanitario nazionale;

   h) garantire la corretta informazione del medico al paziente e ottenere il suo consenso nel caso sull'eventuale shift terapeutico;

   i) diffondere informazioni chiare e puntuali sulla ricerca clinica e facilitare l'accesso agli studi clinici da parte dei pazienti oncologici e onco-ematologici con l'obiettivo di favorire l'approvazione e la disponibilità tempestiva delle terapie più innovative;

   l) pervenire al riconoscimento ufficiale della psico-oncologia come professione sanitaria;

   m) completare l'istituzione in tutta Italia delle breast unit che sarebbe dovuta avvenire entro il 2016 in base alla risoluzione del Parlamento europeo sul cancro al seno nell'Unione europea ampliata del 25 ottobre 2006;

   n) garantire – nel rispetto dei vincoli della sostenibilità del sistema e delle necessità dei pazienti oncologici e onco-ematologici – un accesso il più rapido possibile alle nuove terapie anche attraverso sistemi alternativi ai prontuari terapeutici ospedalieri;

   o) porre in essere campagne di comunicazione più efficaci per promuovere l'adesione agli screening oncologici garantiti dai livelli essenziali di assistenza;

   p) promuovere un nuovo piano di comunicazione per la prevenzione come «Guadagnare Salute», riconosciuto da studi pubblicati come molto efficace per prevenire l'insorgenza di molte malattie incluse quelle oncologiche;

   q) contrastare il fenomeno delle fake news sul cancro e diffondere un'informazione ai pazienti certificata alla luce delle conoscenze scientifiche validate a tutela della salute dei pazienti;

2) a prevedere opportune iniziative e maggiori stanziamenti volti a potenziare sensibilmente i servizi territoriali e le cure a domicilio, che in buona parte riguardano le patologie oncologiche, nonché le cure palliative domiciliari, anche al fine di garantire maggiore uniformità nell'assistenza sanitaria su tutto il territorio nazionale;

3) con particolare riguardo ai farmaci indispensabili anche per le patologie oncologiche, ad adottare iniziative per:

   a) incentivare e sostenere, anche attraverso opportuni benefici fiscali e lo stanziamento di adeguate risorse finanziarie, la ricerca scientifica sui farmaci orfani e per lo sviluppo di nuove terapie, con particolare riguardo alle patologie oncologiche rare;

   b) modificare il comma 402-bis dell'articolo 1 della legge n. 232 del 2016, al fine di prevedere che le risorse dei fondi per il concorso al rimborso alle regioni per l'acquisto dei medicinali innovativi e oncologici innovativi, non impiegate per le finalità previste, non confluiscano nella quota di finanziamento del fabbisogno sanitario, ma che rimangano invece vincolate per le medesime finalità;

   c) modificare la previsione di cui all'articolo 1, comma 584, della legge 145 del 2018 (legge di bilancio 2019), al fine di escludere che i farmaci inseriti nel registro dei medicinali orfani che presentano anche caratteristica di innovatività, spesso necessari anche per la cura di patologie oncologiche, partecipino al ripiano del payback, in caso del verificarsi di eccedenza di spesa rispetto alla dotazione del fondo innovativi ad essi dedicato;

   d) prevedere, in caso di carenza o indisponibilità di farmaci, con particolare riguardo a quelli oncologici per i quali viene previsto il blocco o la limitazione delle esportazioni e dell'obbligo per i grossisti di garantire in permanenza un assortimento di medicinali sufficiente, l'introduzione di una sanzione amministrativa pecuniaria per i grossisti qualora non rispettino dette limitazioni;

   e) prevedere, d'intesa con le regioni e previ accordi convenzionali locali stipulati con le organizzazioni maggiormente rappresentative delle farmacie, l'obbligo nei comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti, di distribuire per il tramite delle farmacie aperte al pubblico i medicinali, con particolare riferimento a quelli per terapie oncologiche, in luogo della distribuzione diretta da parte delle strutture ospedaliere del servizio sanitario nazionale.
(1-00201) «Pedrazzini, Bagnasco, Bond, Brambilla, Mugnai, Novelli, Versace, Mandelli, Occhiuto».

Risoluzione in Commissione:


   La XIV Commissione,

   premesso che:

    la Corte dei conti europea, ai sensi dell'articolo 287, paragrafo 4, secondo comma, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, ha depositato la relazione speciale su «La trasparenza dei finanziamenti dell'Unione europea la cui esecuzione è demandata alle Ong: è necessario compiere maggiori sforzi»;

    la citata disposizione, infatti, oltre a stabilire che «dopo la chiusura di ciascun esercizio, la Corte dei conti stende una relazione annua», riconosce alla Corte la facoltà di «presentare in ogni momento le sue osservazioni su problemi particolari sotto forma, tra l'altro, di relazioni speciali»;

    secondo i dati contenuti nella relazione «si stima che la Commissione esegua tramite Ong l'1,7 per cento del bilancio dell'Unione europea e il 6,8 per cento dei Fondi europei di sviluppo (FES). In molti settori d'intervento, quali ad esempio gli aiuti umanitari e gli aiuti allo sviluppo, l'ambiente, la ricerca e innovazione, le Ong aiutano la Commissione a ideare, attuare e monitorare i programmi dell'Unione europea. Si stima che nel periodo 2014-2017 la Commissione abbia impegnato 11,3 miliardi di euro affidandone l'esecuzione ad Ong»;

    in virtù del principio di trasparenza, che costituisce uno dei princìpi di bilancio stabiliti dal regolamento finanziario applicabile al bilancio dell'Unione europea la Commissione europea deve fornire informazioni circa i destinatari dei fondi dell'Unione europea, ivi comprese le Ong;

    al fine di verificare il rispetto del predetto principio la Corte dei conti europea ha valutato dapprima i criteri per l'identificazione, da parte della Commissione, di un'entità come Ong;

    essa ha poi verificato la destinazione dei finanziamenti dell'Unione europea la cui attuazione è demandata alle Ong e se la Commissione abbia reso disponibili queste informazioni in modo trasparente;

    all'esito di tale verifica la Corte dei conti europea ha in primo luogo osservato come l'identificazione da parte della Commissione di un'Ong non sia affidabile e come la Commissione effettui limitati controlli sulle entità che si autodichiarano Ong quando le registra nel proprio sistema contabile;

    anche in casi di sub contratti in cui le Ong diventano protagoniste di una gestione indiretta dei fondi dell'Unione europea la Corte dei conti europea ha registrato una carenza di trasparenza, denunciando un'applicazione alternata e una non omogenea interpretazione dei limiti di trasferimento di risorse a terzi da parte dei soggetti assegnatari;

    la Corte ha altresì verificato se la Commissione fosse a conoscenza di come venivano impiegati i fondi dell'Unione europea la cui esecuzione era stata demandata ad Ong, nonché se tali informazioni fossero state raccolte e verificate in modo appropriato;

    a tal fine, ha verificato se la Commissione disponesse di informazioni esaurienti su tutte le Ong finanziate, comprese informazioni sulle attività svolte e sui fondi ricevuti, e se fossero operanti sistemi adeguati per raccoglierle, nonché se dette informazioni permettessero alla Commissione di controllare le spese dichiarate;

    all'esito di tale verifica la Corte dei conti europea ha concluso che la Commissione non sempre raccoglie e controlla in modo adeguato la gestione diretta dei fondi dell'Unione europea da parte delle Ong;

    peraltro, la Corte ha rilevato che, sia in regime di gestione diretta che in regime di gestione indiretta, la Commissione disponeva di informazioni inesatte sui diversi attori che attuavano l'azione finanziata;

    in particolare, in relazione alle Ong internazionali, i sistemi della Commissione contenevano informazioni sulla struttura delle entità attuatrici che non corrispondevano alla realtà;

    la Corte ha concluso che la Commissione non è stata sufficientemente trasparente circa l'esecuzione dei fondi dell'Unione europea da parte dei Ong, e ha rilevato che nei casi di gestione indiretta dei fondi la carenza di trasparenza ha pure ostacolato il controllo sulla corretta gestione delle risorse destinate, dando luogo a eventuali casi di sovradichiarazione delle spese;

    la Corte dei conti europea ha, inoltre, concluso che le informazioni dei contratti conclusi con le Ong sono incomplete;

    dalla relazione dalla Corte dei conti europea emerge quindi preoccupante e non trasparente gestione delle risorse europee destinate alle Ong, dovuta ad una carenza di controlli da parte della stessa Commissione che si aggiunge all'assenza di qualsiasi obbligo da parte delle entità di rivelare tutti i soggetti finanziatori, le entità dei finanziamenti e le modalità di gestione,

impegna il Governo

ad attivarsi nelle opportune sedi, per quanto di competenza, affinché la Commissione europea rispetti rigorosamente i principi di trasparenza anche nell'assegnazione diretta e indiretta di fondi alle Ong e, in particolare, acquisisca tutte le informazioni sulle Ong finanziate ed indichi tutti i beneficiari incaricati dall'Unione europea unitamente all'importo concesso e alle modalità concrete di gestione.
(7-00266) «Montaruli, Mantovani».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CIAMPI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   Susanna Ceccardi è stata eletta nel 2016 sindaco di Cascina (provincia di Pisa): una città che conta circa 45 mila abitanti;

   il decreto 4 aprile 2000, n. 119 «Regolamento recante norme per la determinazione della misura dell'indennità di funzione e dei gettoni di presenza per gli amministratori locali, a norma dell'articolo 23 della legge 3 agosto 1999, n. 265», ha disposto che l'indennità di funzione mensile dei sindaci tra i 30.001 mila ai 50 mila è di 6700 euro lordi;

   il 29 agosto 2018 Susanna Ceccardi è stata nominata consigliere per il programma di governo nell'ufficio del vice presidente del Consiglio Matteo Salvini; il contratto, che ha una durata legata all'attuale mandato governativo, prevede una retribuzione di 65 mila euro annui;

   nel mese di maggio 2019 Susanna Ceccardi è stata eletta europarlamentare europeo;

   per la legge n. 148 del 2011 le cariche di Governo, come quelle di deputato e senatore ed europarlamentare, sono incompatibili con qualsiasi altra carica pubblica elettiva di natura monocratica di enti pubblici territoriali aventi popolazione superiore ai 15.000 abitanti; da quanto emerge da organi di stampa Susanna Ceccardi ha annunciato nei giorni scorsi la volontà di optare per la carica di parlamentare europeo annunciando le dimissioni da sindaco di Cascina; ad oggi, sul sito della Presidenza del Consiglio, Susanna Ceccardi è ancora consigliere per il programma di Governo nell'ufficio del Vice Presidente del consiglio Matteo Salvini;

   appare evidente, anche se non è esplicitamente vietata dalla legge vigente, che sia perlomeno inopportuno continuare ad erogare ad un parlamentare dell'Unione europea in carica, che già gode di retribuzioni ed indennità, ulteriori 5400 euro mensili per un incarico prettamente politico e fiduciario –:

   se si intenda mantenere alla neo deputata europea Susanna Ceccardi l'incarico di consigliere per il programma di Governo nell'ufficio del Vice Presidente del consiglio Matteo Salvini e la relativa retribuzione per tutta la durata del contratto.
(5-02332)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CASCIELLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   stanno destando sgomento e preoccupazione le notizie pubblicate in questi giorni dalla stampa, afferenti a ciò che emerso, nell'ambito del procedimento penale presso il tribunale di Salerno, riguardante la deviazione abusiva del Torrente Fusandola di Salerno, per la realizzazione del fabbricato privato «Crescent» e della piazza pubblica;

   la vicenda riporta alla memoria dei cittadini di Salerno il dramma della grande alluvione del 1954, che causò un centinaio di morti e che vide l'esondazione del Fusandola;

   dalla relazione del consulente tecnico di ufficio del pubblico ministero, presso il tribunale ordinario di Salerno, emergono gravissime responsabilità e fatti altamente allarmanti;

   era stata già l'autorità di bacino a sollevare dubbi sul progetto di deviazione del torrente Fusandola, infatti, in sede di valutazione aveva rilevato che, a causa del basso livello di pendenza, potevano verificarsi fenomeni di insabbiamento della foce;

   tutte le forze sane della società civile si stanno interessando per la risoluzione della preoccupante questione; sono partite iniziative di protesta e sono stati presentati esposti alla procura della Repubblica ad oggi senza riscontro. Sono state proposte azioni giudiziarie e una diffida ai Ministeri da parte della professoressa Di Leo, presidente della sezione Salerno di «Italia nostra» e dell'avvocato Pierluigi Morena, presidente del «Comitato No Crescent»;

   la deviazione è stata concepita dai progettisti dell'intervento in quanto interferente con le opere infrastrutturali previste nel suddetto progetto;

   molteplici sono le circostanze allarmanti che emergono dalla consulenza tecnica della procura della Repubblica di Salerno; si legge, tra l'altro, nella stessa «non è stata acquisita la necessaria autorizzazione idraulica di cui all'art. 93 R.D. n. 523/ 1904 (...)»; detta autorizzazione non poteva comunque essere rilasciata ex art. 96 R.D. n. 523/1904, perché attività vietate in modo assoluto sulle acque pubbliche. Divieto che assolve alla ragione pubblicistica di tutelare ed assicurare il libero deflusso della acque dei fiumi, torrenti, canali e scolatoi pubblici (...); l'autorizzazione infine non poteva essere comunque rilasciata in quanto la deviazione del torrente prevede comunque che il nuovo alveo sia di tipo chiuso e quindi coperto. Previsione questa che contrasta con le disposizioni di cui all'articolo 115 comma 1 del decreto legislativo n. 152 del 2016, che invece vieta la copertura di qualsiasi corso d'acqua che non sia imposta da ragioni di pubblica incolumità (...); per quanto attiene al rischio connesso all'insabbiamento della foce si è accertato che la sezione terminale del torrente presenta un livello di insabbiamento tale da determinare una importante criticità idraulica e consistita nella genesi di un fenomeno di rigurgito verso monte tale da mandare in pressione il tratto tombato anche per la portata corrispondente ad un tempo di ritorno di 50 anni. Tale situazione è da ritenersi inammissibile dovendosi assumere come valore di riferimento del tempo di ritorno minimo quello corrispondente a 100 anni (...); lo scrivente [C.T.U.] ritiene pertanto che sia per effetto della trincea di sbarramento presente nell'alveo tombato del torrente (che secondo il progetto approvato doveva essere rimossa e non è stata rimossa), sia per effetto dell'insabbiamento del tratto terminale del torrente vi è il rischio che la corrente idraulica non riesca a defluire regolarmente generando fenomeni di rigurgito verso monte e che, oltre a mandare in pressione lo scatolare in cemento armato, possono determinarla fuoriuscita di acqua anche in corrispondenza del tratto iniziale dell'alveo tombato posto in corrispondenza di via Fusandola, con conseguente verificarsi di pericolosi fenomeni di esondazione –:

   quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, si intendano assumere per evitare danni alla pubblica e privata incolumità derivante dalla deviazione abusiva del torrente Fusandola di Salerno, sul quale vi è in atto la costruzione del «Crescent» e di una piazza pubblica.
(4-03140)


   GIANNONE, VIZZINI, CUNIAL, BENEDETTI e GALANTINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   in data 19 giugno 2019 il giornale la Repubblica riportava un articolo a firma di Claudio Tito in cui si evince che, durante un incontro tra il Vice Presidente del Consiglio e il Ministro dell'interno Matteo Salvini e il Vice Presidente degli Stati Uniti Mike Pence, è stato richiesto di fare tutto il necessario, da parte dello stesso Vice Presidente, per concludere nei tempi previsti il gasdotto denominato Tap;

   risulta, inoltre, che per la Casa Bianca questa sia un'opera fondamentale, non tanto dal punto di vista economico ma geopolitico: uno strumento per ridurre l'influenza Russa sul fabbisogno energetico dell'Europa. La stessa Casa Bianca, sempre da quanto risulta da fonti giornalistiche, teme che qualcosa possa andar storto a causa di alcune vicende giudiziarie riguardanti due ricorsi presentati al tribunale penale di Lecce: uno concerne la possibilità di applicare al Tap la cosiddetta direttiva europea Seveso, ossia una serie di procedure volte a prevenire i grandi disastri ambientali e che aumenterebbero gli standard di sicurezza dilatando i tempi di esecuzione, l'altro fa riferimento ai metalli rinvenuti nella falda acquifera che si trova nell'area in cui si stanno svolgendo i lavori;

   un altro aspetto preoccupante per la Casa Bianca si concentra sul Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in particolare sulla commissione valutazione di impatto ambientale, in quanto un ulteriore passaggio per il completamento dell'opera prevede necessariamente una serie di pareri di suddetta commissione, ossia verifiche di ottemperanza ambientale senza le quali tutto si bloccherebbe, di cui tre considerate fondamentali;

   nel dossier trasmesso dalla diplomazia statunitense alla Casa Bianca tutti questi elementi sono stati illustrati con una certa nettezza;

   tutti questi fattori danno certezza che esiste una valutazione di impatto ambientale in corso –:

   se siano a conoscenza dei fatti di cui in premessa e quali iniziative intendano intraprendere affinché vengano effettivamente tutelati la salute dei cittadini e l'ambiente marino e terrestre nell'area interessata, se non ritengano opportuno adottare iniziative per bloccare il prosieguo dell'opera nel caso in cui non rispetti i criteri di tutela ambientale e della salute e se non sia opportuno rendere pubblico quanto oggetto dei colloqui descritti, essendo il relativo contenuto d'informazione ambientale e pertanto soggetto agli obblighi di pubblicità di cui al trattato di Aarhus.
(4-03146)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   LUCA DE CARLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   recentemente sono emersi i risultati di un'inchiesta giornalistica condotta da Fanpage.it a carico della società di compostaggio S.e.s.a s.p.a., a supporto delle proteste avanzate dai comitati dei cittadini del comune di Este, nella provincia di Padova, da almeno 10 anni e delle richieste di chiarimento provenienti da molti amministratori locali;

   dai risultati delle analisi del compost commissionate dalla stessa testata giornalistica a un laboratorio indipendente, al fine di avvalorare quanto scoperto nell'inchiesta, è emersa la presenza di metalli pesanti, idrocarburi, plastiche e vetro;

   l'azienda in questione è una società partecipata, fra le più importanti d'Europa, a prevalente capitale pubblico per il 51 per cento dal comune di Este, operante nel settore dello smaltimento e della lavorazione rifiuti dal 1995, trattando 300.000 tonnellate di umido all'anno per un valore circa di 90 milioni annui di fatturato –:

   se il Governo sia al corrente della situazione e se abbia già avviato, anche tramite il comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, un sistema di controlli più capillare e «a sorpresa» per verificare che il contenuto del compost sia a norma e che nei campi su cui il materiale di compostaggio viene regolarmente sversato come fertilizzante non sia stato riversato un quantitativo di compost eccedente;

   se il Governo abbia avviato, per quanto di competenza, adeguate iniziative per verificare quali siano le cause che inibiscono la coltivazione e il proliferarsi di piante nei terreni in questione e se l'utilizzo del compost costituisca pericolo per la salute pubblica e/o danno al territorio.
(4-03139)


   TRAVERSI e LEDA VOLPI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in Valle Armea (Sanremo) è presente da anni un accumulo di terra e roccia di scavo che ha ricoperto una intera vallata e ha causato l'interruzione di una strada comunale denominata Braie che attraversava in verticale tutta la zona di quello che oggi è l'enorme piazzale in località Ciuvin;

   il 5 giugno 1987 con protocollo n. 33306 presso il comune di Sanremo viene rubricata una nota della provincia di Imperia relativa al sopralluogo esperito dai tecnici che rilevava: «l'esistenza di un ammassamento di inerti che interessava una zona superiore a quella indicata nelle concessioni T/358 e successiva variante V/1008, e che poteva configurarsi quale discarica di rifiuti solidi speciali. Poiché agli atti di questa provincia non esiste alcun provvedimento autorizzatorio regionale ai sensi dell'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1992 e poiché il successivo articolo 25 dello stesso decreto del Presidente della Repubblica sottopone ad azione penale la realizzazione delle discariche, si ritiene necessario trasmettere la pratica all'autorità giudiziaria segnalando i nominativi di Ghilardi Silvestro (TREMOVITER) esecutore dei lavori, Leoni Maria Jole (F.P.T.) committente». Dalla nota si evince quanto segue: a) l'interessamento di una superficie di circa metri quadrati 41.154 di terreno; b) l'occupazione della strada senza nome che collega in mappa la particella n. 55 con la particella n. 36723, ma che non figura negli elenchi delle strade pubbliche del comune di Sanremo; c) risulta coperta dal riempimento per un tratto di circa 130 metri la strada mulattiera denominata S. Pietro-Bussana che è inserita nei beni demaniali come strada pubblica;

   nel 1987 (agosto-dicembre) 8 ordinanze del sindaco di Sanremo permettono l'abbancamento in emergenza di rifiuti inerti ma rispettando i requisiti previsti per le discariche 2° punto 4.2.3.1. della delibera del Comitato interministeriale del 1984;

   per anni sarebbe stata consentita una discarica abusiva in zona pubblica. Recentemente la normativa sulle terre e sulle rocce di scavo è cambiata declassificando tali materiali ed escludendoli dalla definizione di rifiuto. Tuttavia, non classificarli come rifiuti non significa consentirne lo stoccaggio all'infinito, specie in un'area pubblica con conseguente interruzione della viabilità. Peraltro, mancando il piano di utilizzo il perdurare dello stoccaggio, ad avviso dell'interrogante, potrebbe far ipotizzare reati ambientali come quello di inquinamento;

   nella relazione idraulica dell'ingegnere Stefania Rossi allegata al progetto teso a ottenere una variante urbanistica preliminare all'approvazione di S.u.a.p. afferente alla riqualificazione ambientale dell'area Ciuvin si legge: la verifica preliminare delle sezioni esistenti di due rii, le cui forma e dimensioni non soddisfano la normativa vigente, conferma l'insufficienza delle due tombinature a smaltire la massima portata duecentennale (l'area di intervento risulta pertanto esondabile con tempo di ritorno duecentennale), configurandosi così rischio idrogeologico;

   con sentenza 440/2019 pubblicata il 13 maggio 2019 il Tar Liguria non obbliga al ripristino dei luoghi le società chiamate in causa poiché gli abbancamenti devono essenzialmente essere addebitati «alla responsabilità dell'Amministrazione che, pur avendo perfetta conoscenza dello stato dei luoghi, aveva ordinato di conferirvi materiali inerti senza dettare specifiche prescrizioni a tutela delle strade esistenti». Purtuttavia, la sentenza riconosce che «rifiuti speciali» siano abbancati nell'area –:

   se sia a conoscenza di quanto descritto in premessa;

   se il Governo abbia valutato la possibilità di promuovere, per quanto di competenza, una verifica del comando carabinieri per la tutela ambientale per acquisire elementi in merito a formazione di percolato e/o eventuali inquinanti, con carotaggi dei terreni e campionature delle acque, e valutare eventuali rischi per la salute dei cittadini nonché il pericolo di dissesto idrogeologico dell'area.
(4-03147)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   CORDA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   con decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 94, sono state adottate disposizioni in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze armate, ai sensi dell'articolo 1, comma 5, della legge 31 dicembre 2012, n. 244;

   nel medesimo decreto, all'articolo 5, è stato previsto il bando di un concorso straordinario per il reclutamento nel ruolo dei marescialli riservato al solo personale appartenente ai ruoli sergenti e volontari in servizio permanente arruolato ai sensi della legge 24 dicembre 1986, n. 958 e successive modificazioni e transitato in servizio permanente ai sensi degli articoli 35, comma 2, e 36, del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 196;

   il Ministero della difesa – direzione generale per il personale militare, con decreto n. 31/1D del 20 dicembre 2018 ha indetto un concorso interno straordinario per il reclutamento dei marescialli delle Forze armate riservato al personale militare del ruolo graduati e del ruolo sergenti assunti con la legge 24 dicembre 1986, n. 958;

   tale concorso prevede modalità di selezione del tutto atipiche rispetto ai normali bandi di selezione essendo necessario, per i partecipanti, non aver riportato nell'ultimo biennio sanzioni disciplinari più gravi della consegna e il possesso del diploma di istruzione secondaria di primo grado in deroga anche ai vigenti limiti di età; inoltre, i vincitori del concorso sono tenuti a frequentare un corso di formazione della durata massima di tre mesi, se ritenuto indispensabile dalla Forza armata di appartenenza, ed è assicurata la permanenza, almeno biennale, nella propria sede di servizio;

   la sanatoria attuata con il riordino delle carriere del 2017 e le modalità di svolgimento del concorso straordinario hanno prodotto sperequazioni e disparità di trattamento a danno di coloro che si sono arruolati seguendo gli ordinari iter concorsuali;

   quanto premesso genera inevitabilmente frustrazione e indignazione tra le donne e gli uomini delle Forze armate che hanno avviato ricorsi e petizioni in opposizione all'ingiustificata discriminazione che il citato concorso ha creato tanto nell’iter concorsuale quanto nei successivi profili e sviluppi di carriera e di impiego del personale militare;

   si ritiene, pertanto, ragionevole rinviare le nomine al grado di maresciallo dei vincitori dell'avvenuto concorso fino a quando non vi sia una pronuncia definitiva della magistratura –:

   quali sia la posizione assunta dal Ministro interrogato in merito alla questione esposta e quali iniziative ritenga sia necessario adottare.
(4-03142)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RUGGIERO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   all'articolo 11, comma 2, del regolamento relativo all'albo dei soggetti abilitati a effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni, emanato ai sensi dell'articolo 53, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, sono elencati i motivi per i quali si procede alla cancellazione d'ufficio dall'albo e, in particolare: alla lettera d), per il mancato versamento delle somme dovute agli enti affidanti i servizi alle prescritte scadenze; alla lettera e), per gravi irregolarità o reiterati abusi commessi nell'acquisizione o nella conduzione dei servizi; alla lettera f), per il venir meno dei requisiti finanziari e di onorabilità;

   Cerin Srl, società concessionaria della riscossione e dell'accertamento dei tributi per il comune di Bitonto, per altri comuni della provincia di Bari (Modugno, Grumo Appula, Santeramo in colle, Binetto, Toritto) e di altri pugliesi, napoletani e torinesi, è stata coinvolta in un procedimento penale per gravi irregolarità gestionali e per il reato di peculato continuato in concorso a carico degli amministratori della società, con sottrazione di oltre 15 milioni di euro di fondi pubblici, in particolare per il mancato versamento di somme riscosse per conto degli enti affidanti; la procura contabile ha avviato un'azione revocatoria, accolta dalla Corte dei conti sezione giurisdizionale regione Puglia con sentenza n. 58 del 20 febbraio 2017, di tutti gli atti societari posti in essere nonché dei correlati atti di vendita dei beni, volta ad ottenere il sequestro di tutti i beni acquistati da una società, la Siart srl, e transitati, a seguito di un atto di scissione, in Siart Immobiliare, in quanto considerati, in realtà, della Cerin srl; in particolare, con la citata sentenza, la Corte dei conti ha dichiarato l'inefficacia, in via di revoca, nei confronti del comune di Bitonto, ai fini del pieno soddisfacimento del credito vantato dal comune medesimo, di una serie di operazioni poste in essere da Siart srl, società beneficiaria delle operazioni poste in essere da Cerin a seguito di appropriazione indebita di denaro pubblico;

   da quanto si apprende dall'elenco delle società cancellate sul sito del Ministero dell'economia e delle finanze – sezione fiscalità regionale e locale – albo dei gestori dell'accertamento e della riscossione dei tributi locali, Ce.r.in. S.r.l. con sede in Bitonto (Bari), sospesa in via cautelare nella seduta della commissione per l'Albo del 13 maggio 2016, e poi con delibera n. 8 del 20 maggio 2016, è stata cancellata dall'albo nella seduta della commissione dell'11 luglio 2018 –:

   se non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza per sospendere con provvedimento immediato, in via cautelare, i soggetti privati abilitati a effettuare attività di liquidazione, di accertamento e di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni, dal suindicato albo in presenza di gravi anomalie di gestione accertate dalla Guardia di finanza, disponendo altresì, contestualmente, la sospensione dei relativi aggi;

   se intenda adottare le iniziative di competenza necessarie alla cancellazione da tale albo dei medesimi soggetti entro breve tempo dal provvedimento di sospensione, in particolare quando sia intervenuto un provvedimento giurisdizionale a carico dei medesimi soggetti;

   se intenda adottare le iniziative di competenza affinché, in pendenza di giudizio nei confronti dei medesimi soggetti, sia sospesa l'efficacia esecutiva del provvedimento ingiuntivo relativo al pagamento degli aggi da parte dell'ente locale concedente.
(5-02331)

Interrogazione a risposta scritta:


   FOTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel corso dell'anno 2019 sono state attivate nuove fusioni tra i comuni (alcune riguardanti anche un ragguardevole numero di abitanti);

   non risulta essere stata predisposta – allo stato – un'integrazione del fondo di cui al decreto-legge n. 50 del 2016 a valere per gli anni 2017/2018 e neppure risulta prevista un'integrazione del contributo alle fusioni in caso di accertati risparmi a valere sul fondo di solidarietà (e ciò differentemente da quanto previsto all'articolo 1, comma 885, della legge 27 dicembre 2017, n. 205);

   detta situazione comporterebbe, per alcuni enti locali sorti da fusioni avvenute negli anni scorsi, un minore introito anche del 40 per cento del contributo a suo tempo stimato, con preoccupanti situazioni di minore entrata e conseguenti difficoltà di equilibrio dei bilanci degli stessi –:

   se i fatti siano noti ai Ministri interrogati e quali urgenti e risolutive iniziative intendano assumere al riguardo.
(4-03141)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   alla soddisfazione per l'inaugurazione del primo tratto della Pedemontana Veneta in provincia di Vicenza stanno seguendo gravi preoccupazioni delle amministrazioni locali. L'autostrada sarà pronta entro il 2020, ma c'è il rischio concreto che salti il raccordo con la A4 Padova-Brescia per i ritardi legati legati all'alta velocità;

   si sta quindi profilando un'autentica catastrofe per la viabilità locale e per i mancati pedaggi da incassare;

   il nuovo casello di raccordo con la Pedemontana, che sta sorgendo tra Montecchio e Montebello è infatti bloccato;

   in quel tratto è prevista l'alta velocità con il quadruplicamento dei binari, ma la conferenza di servizi non ha sciolto gli ostacoli, che restano insormontabili, anche e soprattutto per le esitazioni del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

   oggi chi esce dal casello della A4 di Montecchio - Lonigo si trova coinvolto in code infinite e in una viabilità disastrata con le rotonde di raccordo per la Pedemontana già realizzate;

   ce ne sono tre già realizzate, che attendono di essere collegate con la tangenziale e l'innesto del nuovo casello A4 Pedemontana, che dovrebbe sorgere a fianco della linea ferroviaria dell'alta velocità;

   la regione Veneto, già nel 2017, aveva proposto un accordo di programma con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la A4 e Rete ferroviaria italiana (Rfi) per realizzare con un unico appalto tutte le opere legate all'alta velocità e al casello della Pedemontana, con oneri a carico di Rfi per il sottopasso, della autostrada A4 per le opere del casello e di Sis per la realizzazione dell'opera; l'Anac tuttavia ha detto di no;

   Rfi, a sua volta, non è in grado di sottoscrivere alcun documento, considerate le molte incertezze sul cammino dell'alta velocità, per ora finanziata solo fino a Verona;

   i sindaci di Montecchio e Trissino hanno lanciato l'allarme: esiste il rischio che la Pedemontana venga conclusa in tempi più rapidi rispetto al nuovo casello e all'innesto sulla A4 e che i loro territori vengano devastati dal passaggio dei Tir senza raccordo tra Serenissima e Pedemontana –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interpellato intenda assumere per dare corso alla realizzazione del raccordo tra A4 Brescia-Padova e Pedemontana Veneta.
(2-00430) «Zanettin».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GARIGLIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   da tempo la cronica mancanza di personale della motorizzazione civile di Torino sta creando gravi disagi ad un vasto bacino di utenza;

   da quanto riportano gli organi di stampa la gravità delle problematiche presenti sta oggi assumendo proporzioni non più sostenibili;

   le criticità riguardano, particolar modo:

    la revisione e i collaudi di veicoli; sono infatti circa 20.000 a Torino le auto che devono essere controllate, ma ad oggi i primi appuntamenti liberi sono previsti per il mese di aprile 2020 e alcune categorie di veicoli (come i mezzi Gpl o a metano) non possono circolare nemmeno con documenti provvisori, pena sanzioni pecuniarie elevate e il sequestro del mezzo;

    l'esame di pratica per le patenti; la carenza di esaminatori richiede un'attesa anche fino a 200 giorni e accade spesso che la durata del foglio rosa (6 mesi) scada prima di poter effettuare anche il primo tentativo. Nel mese di maggio 2019 erano circa 5.500 gli allievi in attesa dell'esame su strada a cui si sono aggiunti oggi altre 600 che potrebbero effettuare la prova solo entro dicembre 2019;

    il rilascio dei libretti di circolazione; tali documenti dovrebbero essere rilasciati a vista al richiedente, ma spesso vengono consegnate soltanto certificazioni provvisorie che non possono essere utilizzate, ad esempio, per andare con l'auto all'estero, per fare i passaggi di proprietà o per pagare il bollo;

   la carenza di personale, sempre secondo la stampa, sarebbe stata segnalata da tempo agli uffici ministeriali competenti, ma lo «stop» al turnover e i continui pensionamenti (tra cui anche quello prossimo dell'attuale direttore della motorizzazione di Torino) potrebbero inevitabilmente aggravare i già pesantissimi disagi; ad oggi, per espletare le pratiche citate sono disponibili soltanto due ingegneri e sei periti, una forza lavoro palesemente insufficiente e che si ridurrà nei prossimi mesi di due ulteriori unità;

   le problematiche della motorizzazione di Torino stanno creando difficoltà non soltanto all'utenza ma a tutta la filiera di riferimento, con incertezze che riguardano la continuità delle imprese coinvolte e degli attuali livelli occupazionali, in particolare, alle agenzie di pratiche auto, alle scuole guida e alle autofficine che effettuano le revisioni;

   numerose sono state le proteste pacifiche davanti alla motorizzazione di Torino –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle gravissime criticità, citate in premessa, della motorizzazione di Torino causate dalla carenza di personale e quali iniziative urgenti intenda assumere al fine di risolvere i problemi della disponibilità degli esaminatori per gli esami di idoneità della patente di guida e del personale per velocizzare i tempi di rilascio dei documenti per le revisioni dei mezzi e dei libretti di circolazione e al fine di rispettare le necessità dell'utenza e la continuità della filiera e garantire un'idonea sicurezza sulle strade.
(5-02330)

Interrogazione a risposta scritta:


   CIABURRO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la strada statale 21, collega il Piemonte sud-ovest con lo snodo autostradale di Gap (Francia) che consente l'accesso sia a Parigi sia alla Spagna tramite il colle della Maddalena, attraversando i comuni di Demonte, Aisone e Vinadio, ove la strada si interseca nei centri abitati con strettoie pericolose sia per la transitabilità ordinaria, sia per la sicurezza degli edifici. La strada in questione rappresenta un'importante via di comunicazione dell'area alpina occidentale ed è percorsa ogni giorno da oltre mille mezzi pesanti, sia per il trasporto di merci tra Italia, Francia e Spagna, sia per il traffico commerciale creato dall'azienda di imbottigliamento dell'acqua Sant'Anna, uno degli operatori economici più importanti del nostro Paese e fiore all'occhiello dell'industria italiana, la quale, per esigenze connesse alla propria produttività, necessita di una rete viaria sostenibile ed integrabile con il contesto abitativo. Inoltre, spesso, la viabilità si aggrava fortemente in caso di precipitazioni nevose, con conseguenti blocco del traffico e isolamento dei centri abitati interessati. Quest'ultimi, soprattutto a causa dei problemi ambientali che rendono inoltre particolarmente insalubri le condizioni di vita dei cittadini, nel corso degli ultimi anni, stanno subendo un pericoloso spopolamento che rischia di generare gravi e ulteriori problematiche in una valle considerata una delle più importanti del nostro territorio sotto il profilo turistico;

   per ovviare a tale situazione, il consiglio di amministrazione dell'Anas approvava, già nel 2008, un progetto preliminare per una variante alla strada statale 21, che prevedeva una spesa complessiva dell'opera di circa 252 milioni di euro da realizzarsi in tre lotti, di cui il primo (variante di Demonte) era inserito già nel contratto di programma Anas 2007-2011, con previsione di appaltabilità nel 2009;

   dopo oltre 10 anni il progetto riguardante la «Variante di Demonte» ha incontrato l'ennesimo ostacolo che rischia di allungare nuovamente le tempistiche riguardarti la sua realizzazione. L’iter è stato infatti nuovamente bloccato dopo che il Ministero per i beni e le attività culturali ha espresso un parere negativo circa la realizzazione del tunnel sotto la collina «del Podio», in relazione a delle perplessità riguardanti l'impatto dello scavo. Tale parere negativo impedisce il completamento della procedura della valutazione di impatto ambientale (Via) e di conseguenza blocca nuovamente l'avanzamento del progetto;

   l'opera è indispensabile per garantire l'incolumità dei residenti nei centri abitati di Demonte, Aisone e Vinadio, in quanto persistono, aggravate dal trascorrere degli anni, e dal continuo aumento del traffico «pesante», condizioni di rilevante pericolo per le persone e i beni, con responsabilità diretta e soggettiva in capo al titolare dell'arteria stradale –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti riportati in premessa e se intendano intraprendere iniziative volte alla velocizzazione dell’iter del progetto riguardante la «Variante di Demonte» per poter giungere così in tempi brevi alla conclusione del procedimento, in modo tale da dare finalmente delle risposte alla popolazione dei centri abitati interessati.
(4-03144)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   MACINA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 4 giugno 2019, su ordine della procura di Brindisi, la Guardia di finanza ha arrestato il sindaco di San Pietro Vernotico, Pasquale Rizzo, eletto con una lista civica di centrodestra, il suo predecessore Maurizio Renna, sostenuto dal centrosinistra, e il presidente del consiglio di amministrazione della società partecipata di riscossione tributi, Luigi Conte, con l'accusa di bancarotta fraudolenta nell'ambito dell'inchiesta denominata «Oversight». In totale, sono dieci gli indagati e un dipendente del comune ha ricevuto l'interdizione dall'esercizio dei pubblici uffici. Sequestri denaro e beni per 200 mila euro;

   l'operazione si riferisce alle vicende che hanno portato al fallimento di «Fiscalità Locale srl», società a capitale misto pubblico-privato, costituita il 18 maggio del 2005, cui era affidato il servizio di riscossione dei tributi del comune, dichiarata fallita dal tribunale di Brindisi il 13 aprile del 2017;

   l'inchiesta del nucleo di polizia economico-finanziaria di Brindisi è stata avviata in seguito alle denunce presentate (l'8 settembre del 2017) da un funzionario responsabile dell'ufficio legale del comune sulle gravi irregolarità nei bilanci, nella gestione della società partecipata, oltre che condotte dispersive del patrimonio di «Fiscalità locale» con conseguente danno all'ente locale che la partecipava. Dal 2015 al 2016, inoltre, aveva segnalato un probabile omesso versamento sul conto del comune, di somme di denaro corrisposte dai cittadini a titolo di tributi;

   nel marzo 2018, sette persone, tra le quali il sindaco Pasquale Rizzo, ricevono un avviso di garanzia;

   sono disposte perquisizioni e sequestrati documenti e gli hard disk dei computer in uso ad alcuni indagati. Secondo gli inquirenti, Rizzo, tra l'altro, sarebbe stato firmatario della messa in liquidazione della «Fiscalità locale srl» senza il passaggio in consiglio comunale, atto oggetto di duri scontri in consiglio comunale;

   dalle verifiche eseguite dalla Guardia di finanza di Brindisi, scaturite nei recenti arresti, sui conti correnti sui quali aveva operato Fiscalità locale, sono emerse molteplici operazioni bancarie attinenti a operazioni riconducibili ad emissione di assegni circolari (per un totale di 66.648,29 euro), girofondi (per un totale di 3.193.800 euro, effettuati dal conto master delle Poste italiane al conto n. 10 della BPP) e consulenze (per un totale di 82.366,18 euro), ritenute «non giustificabili», in quanto hanno permesso alla società di usufruire indebitamente di somme di denaro di esclusiva spettanza del comune;

   i finanzieri hanno accertato che le gravi irregolarità non riguardavano solo la gestione 2015/2016, atteso che Fiscalità locale srl era stata creata e tenuta in vita per oltre un decennio solo per essere utilizzata come strumento di favori politico-elettorali. Ciò si desume dalle violazioni dello statuto riscontrate sin dall'anno 2008, da una lunga serie di false comunicazioni sociali accertate a decorrere dall'anno 2010 per impedire la messa in liquidazione della società, da condotte di appropriazione perpetrate dai rappresentanti di Fiscalità locale srl e realizzate grazie ad una gestione promiscua dei conti della società e di quelli del comune nonché all'assenza di controllo: come si legge nell'ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari (gip) «i risultati delle intercettazioni telefoniche evidenziavano, senza dubbio alcuno, la promessa e la corresponsione di somme di denaro in cambio di voti nel periodo della campagna elettorale conclusasi con le elezioni del 10 giugno 2018, restituendo uno scenario inquietante in ordine alle modalità di gestione della cosa pubblica, sempre piegata (...) agli interessi dei singoli» (il tutto come riportano gli articoli di stampa);

   alla luce delle dichiarazioni sopra riportate rese dal gip sussiste la necessità di escludere che vi siano condizionamenti della criminalità organizzata nell'attività dell'amministrazione locale coinvolta –:

   se il Governo intenda valutare la sussistenza dei presupposti per promuovere l'invio di una commissione di accesso presso il comune di San Pietro Vernotico, ai sensi dell'articolo 143 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000.
(4-03138)


   PALMISANO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   notizie di stampa recenti (Lecce Prima del 25 marzo 2019, Ostuni Notizie del 5 maggio 2019, La Gazzetta del Mezzogiorno del 7 giugno 2019) hanno portato all'attenzione dell'opinione pubblica la vicenda relativa a 30 dipendenti, su un totale di circa 500, della ditta Gial Plast s.r.l. – Servizi di Igiene Urbana e Ambientale, con sede a Taviano (LE), ai quali, dopo una prima lettera del 16 aprile 2019 recante una contestazione disciplinare da parte del datore di lavoro, in data 8 maggio 2019 è stato comunicato, attraverso una seconda missiva, il licenziamento disposto nei loro confronti, a seguito di una informativa interdittiva ai sensi degli articoli 84 e 91 del decreto legislativo n. 159 del 2011, emessa dalla prefettura di Lecce nei confronti della Gial Plast s.r.l., per la quale veniva decretata la cancellazione dall'elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa (cosiddetta «white list») dovuta, secondo quanto comunicato dai vertici della società, anche alla sussistenza di condanne penali in capo ai dipendenti sopracitati;

   in particolare, a questi ultimi è stata contestata, a seguito di specifici accertamenti che hanno evidenziato le condanne penali passate, una incompatibilità con le prescrizioni normative in materia a cui sono soggette le imprese, in materia di legge antimafia;

   secondo le stesse fonti di stampa in molti casi si tratterebbe di carichi pendenti molto risalenti nel tempo e non riferibili ad ipotesi di possibile infiltrazione mafiosa (ad esempio furto di bicicletta);

   su analoga vicenda è intervenuta anche la sentenza n. 11189 del 2018 del tribunale di Bari che ha accolto il ricorso di un dipendente nei confronti della società datrice di lavoro sottoposta a interdittiva antimafia, annullando il licenziamento disposto nei confronti del lavoratore e condannando l'azienda al reintegro dello stesso nel posto di lavoro e al pagamento di una indennità risarcitoria sino all'effettiva integrazione;

   di recente un caso simile si è verificato per 14 lavoratori della società pugliese Ecotecnica, operante nella raccolta dei rifiuti, preventivamente sospesi dall'azienda perché gravati da precedenti penali, successivamente ricollocati nella stessa a seguito del «congelamento» dei provvedimenti di sospensione a loro carico e in attesa di un tavolo di discussione tra società e sindacati sulla vicenda –:

   quali iniziative di carattere normativo, il Governo intenda porre in essere per impedire che l'applicazione della cosiddetta «interdittiva antimafia» generi risvolti abnormi, come nel caso dei lavoratori della Gial Plast s.r.l. che hanno scontato condanne risalenti a 20-25 anni fa non attinenti a reati di stampo mafioso.
(4-03143)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   SILVESTRONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la complessa situazione del funzionamento della sanità laziale presenta consolidate criticità e malfunzionamenti che, soprattutto nei comuni della provincia di Roma, pregiudicano il diritto alla salute per la popolazione laziale;

   l'organico del sistema sanitario laziale negli ultimi anni ha perduto 16 ospedali, il 14 per cento del personale e 3.600 posti letto (finendo sotto la media nazionale dei 3 letti ogni mille residenti);

   la nuova struttura sanitaria pubblica, il nuovo Ospedale dei Castelli Romani, inaugurata il 18 dicembre 2018 in nome dell'efficienza e della modernità, rischia di diventare un ulteriore aggravio per il bilancio sanitario regionale del Lazio e un ulteriore disservizio per migliaia di cittadini;

   spesso è solamente al centro di iniziative propagandistiche come quella del 18 giugno 2019, in cui è stata inaugurata la Bretellina di raccordo del nuovo ospedale dei Castelli Romani;

   la struttura è visibilmente e inspiegabilmente ancora vuota, con pochi servizi e con personale numericamente insufficiente e di conseguenza impossibilitato a soddisfare le esigenze sanitarie dei cittadini dei comuni dei Castelli Romani, del litorale sud della provincia di Roma e della vicinissima Aprilia, in quanto privo dei principali reparti, come cardiologia e neurochirurgia;

   il marketing sul nuovo Ospedale dei Castelli Romani sta promuovendo servizi collaterali, come la creazione di uno spazio dedito all'ospitalità degli animali d'affezione, si inaugurano bretelline di raccordo stradale, si stampano libri autocelebrativi delle attività svolte, ma al contempo i servizi sanitari risultano insufficienti come il personale impiegato;

   nella regione Lazio sono stati chiusi ospedali funzionanti con reparti e sale operatorie appena rinnovate e dal 2017 al 2019 i posti letto necessari all'area dei Castelli Romani si sono ridotti da 344 a 135;

   il nuovo Ospedale dei Castelli Romani si presenta con il 60 per cento di posti letto in meno, i quali erano precedentemente concentrati nelle strutture di Genzano, Ariccia ed Albano, e con una offerta visibilmente ridotta sia in termini di quantità che di qualità;

   nel 2007 fu siglato un accordo tra la regione Lazio, l'asl Roma6 e il comune di Ariccia, in cui venne stabilito che nel 2020, quindi tra 6 mesi, i posti letto sarebbero stati 342. Nonostante ciò, le procedure per l'assunzione del personale e per l'acquisto di macchinari sono da tempo congelate dalla regione Lazio e per rispettare tale accordo occorrerebbe investire diversi milioni di euro che ad ora non risultano stanziati;

   è necessario che siano tenute nella giusta considerazione le legittime esigenze della cittadinanza con la complessità del territorio nonché la necessità di un presidio sanitario d'urgenza, come ancora potrebbe essere la struttura dell'Ospedale San Giuseppe di Albano Laziale e quella di Genzano –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda assumere le iniziative di competenza, anche per il tramite del Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari regionali, per fronteggiare i prevedibili disservizi dovuti alla chiusura di due ospedali nell'area dei Castelli Romani.
(3-00812)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   GELMINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la legge 11 novembre 2011, n. 180, «Norme per la tutela della libertà di impresa. Statuto delle imprese», approvata all'unanimità dal Parlamento, ha introdotto in Italia i principi dello Small Business Act, la norma europea sulle piccole imprese;

   fra i punti caratterizzanti, la norma citata ha previsto che l'intervento pubblico e l'attività della pubblica amministrazione debbano conformarsi alle esigenze delle micro, piccole e medie imprese;

   l'articolo 18 della citata legge prevede che, entro il 30 giugno di ogni anno, il Governo, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, presenta alle Camere un disegno di legge annuale per la tutela e lo sviluppo delle micro, piccole e medie imprese volto a definire gli interventi in materia per l'anno successivo;

   tale disegno di legge deve indicare, in distinte sezioni, le norme per l'immediata riduzione degli oneri burocratici a loro carico, le misure di semplificazione amministrativa, le deleghe al Governo in materia di tutela e di sviluppo delle micro, piccole e medie imprese. Oltre a questo, al disegno di legge deve essere allegata una relazione:

    a) sullo stato di conformità della normativa vigente in materia di imprese rispetto ai principi e agli obiettivi dello Small business act;

    b) sull'attuazione degli interventi programmati;

    c) sulle ulteriori specifiche misure da adottare per favorire la competitività delle micro, piccole e medie imprese, al fine di garantire l'equo sviluppo delle aree sottoutilizzate;

   per la definizione delle legge annuale per le micro, piccole e medie imprese, il Governo è tenuto a consultare il tavolo di consultazione permanente delle associazioni di categoria, costituito presso il Garante delle micro, piccole e medie imprese, di cui all'articolo 17 della legge n. 180 del 2011;

   l'adozione di una legge annuale sulle micro, piccole e medie imprese è costantemente sollecitata dalle categorie. Da ultimo, il presidente di Confartigianato Giorgio Merletti, nel corso della sua relazione all'assemblea annuale 2019 del 18 giugno 2019 che così si è espresso: «Ho citato dall'articolo 18 di questa legge, non ho inventato nulla. Se questa azione fosse stata fatta a partire dal 2011, forse le cose in questo Paese andrebbero un po’ meglio. Ministro Di Maio, noi la pensiamo come il maestro Manzi di antica memoria: “non è mai troppo tardi! ” Proponga al Parlamento entro la fine dell'anno la Legge annuale per le micro, piccole e medie imprese per il 2020»;

   il disegno di legge annuale citato in premessa, ad oggi, non è stato ancora presentato –:

   se e quando il Governo intenda presentare il disegno di legge di cui all'articolo 18 della legge n. 180 del 2011.
(3-00813)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PINI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nel comune di Palagano (MO), da tempo si stanno verificando interruzioni improvvise di energia elettrica e sbalzi di tensione che stanno causando alle imprese e alle aziende presenti sul territorio guasti e rotture di macchinari, schede elettroniche, computer e gruppi di continuità; l'amministrazione comunale ha più volte richiamato Enel e i vari responsabili del settore, per trovare una soluzione al problema fino ad oggi irrisolto; a maggio 2019, durante una nevicata, è mancata l'energia per quattro giorni, causando danni economici ingenti alle imprese. In questa occasione Enel ha comunicato che ci sarebbero state delle riduzioni in bolletta, cosa poi non avvenuta; Enel, sempre secondo quanto riportato, alle conseguenti rimostranze ha comunicato che nel contratto sono previsti fino ad un massimo di tre mini distacchi giornalieri e che quindi non vi era diritto di sconti in bolletta. L'unico modo per le aziende di risolvere il problema è dotarsi di un sistema di gruppo di continuità e di rivolgersi quindi a comune e regione per accedere a fondi specifici; i risultati di queste difficoltà sono che ora molte imprese stanno per delocalizzare in altre città in pianura; nel presidio territoriale Enel di Montefiorino (MO) sono stati tolti sei operatori lasciandone solo due che devono coprire tutti e sei i comuni montani –:

   se il Governo sia al corrente della situazione e, vista la gravità della stessa, quali iniziative intenda mettere in campo, per quanto di competenza, nel minor tempo possibile, per porre fine ai continui disguidi di erogazione dell'energia elettrica nelle località montane della provincia di Modena.
(5-02333)

Interrogazione a risposta scritta:


   BURATTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il telemarketing è l'attività di marketing effettuata tramite telefonate che permette alle società di contattare i titolari di un'utenza telefonica fissa o mobile per proporre prodotti, forniture o servizi. L'atteggiamento dei call center negli anni è diventato sempre più aggressivo; così, al fine di tutelare i cittadini dalla chiamate pubblicitarie indesiderate, sono state introdotte nuove misure in materia di protezione di dati personali;

   secondo quanto previsto dal Gdpr (General data protection regulation) regolamento (Ue) 2016/679 l'esercizio dei diritti in materia di protezione dei dati personali dovrebbe consentire all'interessato di conoscere chi tratta i suoi dati, le finalità e le categorie di dati oggetto del trattamento e il periodo di conservazione. E soprattutto dovrebbe essere possibile revocare l'eventuale consenso fornito alla ricezione di chiamate pubblicitarie;

   in Italia con la legge n. 5 del 2018 sono state introdotte importanti novità a tutela della privacy, prima fra tutte l'annullamento dei consensi precedentemente prestati per finalità pubblicitarie. Nonostante ciò, numerosi cittadini continuano a ricevere telefonate pubblicitarie indesiderate, sia su numeri di utenza fissi sia su cellulari, anche se hanno già manifestato la loro contrarietà. Sono numerose anche le segnalazioni ricevute dal Garante per la protezione dei dati personali e le sanzioni dallo stesso erogate nei confronti dei maggiori operatori commerciali;

   stando a quanto riportato da Il Tirreno nell'articolo del 13 maggio 2019 firmato da Ilaria Bonuccelli, in un anno ci sarebbero state 1.480 mail all'Urp del Garante contro il telemarketing aggressivo. Il 44 per cento dei reclami del 2018 riguardano chiamate, sms, mail indesiderate: circa 3.300 segnalazioni in un anno, 9 al giorno di media. Tutto questo disagio è dato dal fatto che manca ancora il regolamento attuativo che consentirebbe a 100 milioni di utenze non inserite negli elenchi telefonici di iscriversi nel registro pubblico delle opposizioni e di azzerare tutti i consensi dati nel passato;

   il 3 aprile 2019 il Garante per la protezione dei dati personali ha dato il parere allo schema di regolamento in materia di iscrizione e funzionamento del registro pubblico delle opposizioni sottolineando delle criticità e indicando delle modifiche per evitare il perpetuarsi di danni a scapito dei cittadini. Come si legge nell'articolo de Il Tirreno del 13 maggio 2019 lo schema di regolamento non rispetta la legge ed è uno scudo inefficace. Vari pericoli riguardano il modo in cui gli utenti dovrebbero esercitare il diritto di opposizione alle chiamate moleste e hanno a che fare con l'allegato delle categorie merceologiche, di cui non c'è traccia nella legge che indica che per i vecchi consensi a usare i dati per scopi commerciali basta l'iscrizione al registro pubblico delle opposizioni. Il regolamento, invece, subordina la revoca del consenso a due condizioni: il cittadino deve precisare le categorie merceologiche per le quali non vuole ricevere telefonate moleste; la revoca del consenso non scatta per le numerazioni legittimamente raccolte dall'operatore –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per tutelare i cittadini italiani e il loro diritto alla privacy dall'abuso della pratica del telemarketing;

   se il Governo intenda adottare iniziative per recepire le indicazioni del Garante per la protezione dei dati personali relativamente allo schema di regolamento;

   entro quali tempi il Governo intenda completare l’iter di competenza per l'emanazione del regolamento attuativo.
(4-03145)

Apposizione di una firma ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.

  Mozione Lazzarini e altri n. 1-00145, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 marzo 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato: Gemmato. Contestualmente, l'ordine delle firme si intende così modificato: «Lazzarini, D'Arrando, Gemmato, Panizzut, Ziello, Boldi, Foscolo, De Martini, Comaroli, Valbusa, Vanessa Cattoi, Bazzaro, Locatelli, Sarli, Mammì, Sportiello, Eva Lorenzoni, Menga, Massimo Enrico Baroni».

Apposizione di una firma
ad una mozione.

  La mozione Lorefice e altri n. 1-00195, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 giugno 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Massimo Enrico Baroni.

Apposizione di una firma a una risoluzione in Commissione e modifica dell'ordine dei firmatari.

  La risoluzione in Commissione Cillis n. 7-00252 pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 maggio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Viviani e, contestualmente, con il consenso degli altri sottoscrittori, l'ordine delle firme deve intendersi così modificato: «Cillis, Viviani, L'Abbate, Parentela, Cadeddu, Lombardo, Del Sesto, Bella, Cassese, Cimino, Gagnarli, Gallinella, Maglione, Alberto Manca, Marzana, Pignatone».

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Businarolo n. 5-00834, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 ottobre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Zolezzi.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Lorefice n. 1-00195, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 190 del 13 giugno 2019.

   La Camera,

   premesso che:

    il rapporto Gimbe 2019 sullo stato del servizio sanitario nazionale sostiene che soltanto mettendo la sanità pubblica al centro della agenda politica si potrà realmente garantire il fondamentale diritto costituzionale alla salute dei cittadini e rilanciare il Paese sia dal punto di vista sociale che economico;

    il succitato rapporto infatti, offre un quadro sconfortante sulla sostenibilità del servizio sanitario nazionale (Ssn), individuandone le cause principalmente nelle politiche economiche degli ultimi 10 anni caratterizzate dal definanziamento pubblico per la sanità, considerata come un mero capitolo di spesa pubblica, anziché come una leva di sviluppo economico da sostenere e rilanciare; basti pensare che attualmente la sanità assorbe solo il 6,6 per cento del prodotto interno lordo e l'intera filiera della salute ne produce circa l'11 per cento:

    secondo le analisi effettuate la spesa per la salute in Italia 2017 ammonta complessivamente a euro 204.034 milioni così suddivisi: euro 154.920 milioni di spesa sanitaria, di cui euro 113.131 milioni di spesa sanitaria pubblica e di euro 41.789 milioni di spesa sanitaria privata. Di questa, 35.989 milioni di euro a carico delle famiglie e 5.800 milioni di euro intermediari da fondi sanitari/polizze collettive (3.912 milioni di euro), polizze individuali (711 milioni di euro) e da altri enti (1.177 milioni di euro); 41.888,5 milioni di euro di spesa sociale di interesse sanitario di cui 32.779,5 milioni di spesa pubblica, in larga misura relative alle provvidenze in denaro erogate dall'Inps, e 9.109 milioni di euro stimati di spesa delle famiglie; 7.225,5 milioni di euro per deduzioni e detrazioni di imposta dal reddito delle persone fisiche per spese sanitarie (3.864,3 milioni di euro) e 3.361,2 milioni di euro per contributi versati a fondi sanitari integrativi, cifra ampiamente sottostimata per l'indisponibilità dei dati relativi al welfare aziendale e alle agevolazioni fiscali a favore delle imprese;

    durante la presentazione del rapporto è emerso che, nel periodo 2010-2019 sono stati sottratti al Ssn circa 37 miliardi di euro e l'incremento complessivo del fabbisogno sanitario nazionale è stato di 8,8 miliardi di euro, con una media annua dello 0,9 per cento insufficiente anche solo a pareggiare l'inflazione (+1,07 per cento). Inoltre il documento di economia e finanza 2019 riduce progressivamente il rapporto spesa sanitaria/Pil dal 6,6 per cento nel 2019-2020 al 6,5 per cento nel 2021 e al 6,4 per cento nel 2022;

    secondo le stime del rapporto Gimbe per riallineare il Ssn a standard degli altri Paesi europei e offrire ai cittadini italiani un servizio sanitario di qualità, equo e universalistico sarà necessaria nel 2025 una spesa sanitaria di 230 miliardi di euro; il rilancio del Ssn richiede altresì la convergenza di tutte le forze politiche e un programma di azioni coraggiose e coerenti, a partire da un consistente aumento del finanziamento pubblico; ma soprattutto bisogna «mettere in sicurezza» le risorse ed evitare le periodiche revisioni al ribasso, ovvero definire sia una soglia minima del rapporto spesa sanitaria/Pil, sia un incremento percentuale annuo del fabbisogno sanitario nazionale pari almeno al doppio dell'inflazione, come ha sostenuto il presidente della fondazione a conclusione del suo intervento alla presentazione del rapporto;

    tra tutti gli interventi degli ultimi anni, emerge ed è stata accolta con favore l'inversione di tendenza operata dalla legge di bilancio 2019, che ha previsto risorse aggiuntive, pari a 4,5 miliardi di euro per il fondo sanitario nazionale per triennio 2019-2021, anche se subordinate alla stipula del patto per la salute con le regioni;

    a tal proposito appare invece preoccupante che, nell'ultima bozza circolata, ancorché non definitiva, del Patto per la salute, sia stata inserita una clausola di salvaguardia finanziaria; più precisamente viene prima confermato il finanziamento del fondo sanitario come previsto dalla legge di bilancio 2019 e cioè di 116,4 miliardi per il 2020 e 117,9 miliardi per il 2021, poi però è aggiunta la clausola «salvo eventuali modifiche che si rendessero necessarie in relazione al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e a variazione del quadro macroeconomico»;

    come emerge da notizie di stampa, questa clausola, al momento soltanto nella bozza provvisoria, è stata inserita per espressa richiesta degli uffici del Ministero dell'economia e delle finanze e, peraltro è identica a quella che era contenuta nel vecchio Patto per la salute (2014-2016) varato dal Governo del Pd e che produsse già allora i suoi effetti, poiché nel 2016 il finanziamento previsto era di 115,5 miliardi e invece il finanziamento effettivo fu di 111 miliardi;

    appare necessario recuperare integralmente tutte le risorse economiche sottratte in questi anni con le diverse misure di finanza pubblica, garantendo una sostenibilità economica effettiva ai livelli essenziali di assistenza attraverso il rifinanziamento del fondo sanitario nazionale, così da risolvere alcuni dei problemi strutturali;

    si è da poco festeggiato il quarantennale del servizio sanitario nazionale, istituito con la legge n. 833 del 23 dicembre 1978 e che ha dato all'Italia la patente di uno dei migliori sistemi di salute pubblica al mondo e che, nonostante le successive riforme, ivi inclusa la riforma del titolo V della parte II della Costituzione, ne abbiano mutato sostanzialmente l'evoluzione e la struttura, ha consentito al nostro Paese di mantenere saldo il principio dell'universalità come sancito dall'articolo 32 della Costituzione;

    la sostenibilità economica del servizio sanitario nazionale non può e non deve passare attraverso una compressione del diritto alla salute e non può passare attraverso la riduzione di risorse economiche e umane necessarie per l'affermazione di tale diritto e la certezza delle risorse è condizione ineludibile per attuare una seria programmazione degli interventi in sanità,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per salvaguardare il servizio sanitario nazionale pubblico e universalistico, garantendo una sostenibilità economica effettiva ai livelli essenziali di assistenza attraverso un adeguato finanziamento del fondo sanitario nazionale, assicurando altresì la certezza delle risorse ad esso destinate, nonché ad intraprendere iniziative volte a un recupero delle risorse economiche sottratte negli ultimi anni;

2) a valutare la necessità di adottare le opportune iniziative affinché, da un lato, sia definita una soglia minima del rapporto spesa sanitaria/prodotto interno lordo, dall'altro sia fissato un incremento percentuale annuo in termini assoluti del fabbisogno sanitario nazionale, anche in funzione anticiclica in caso di riduzione del prodotto interno lordo, al fine di garantire le esigenze di pianificazione e organizzazione degli interventi necessari in sanità nel rispetto dei princìpi di equità, solidarietà e universalismo che da 40 anni caratterizzano il servizio sanitario nazionale.
(1-00195) «Lorefice, Bologna, Nesci, Tuzi, Sarli, D'Arrando, Nappi, Lapia, Sportiello, Menga, Zolezzi, Leda Volpi, Mammì, Provenza, Troiano, Trizzino, Massimo Enrico Baroni».

Ritiro di un documento
del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta scritta Boldi n. 4-03127 del 20 giugno 2019.