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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 3 giugno 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La III Commissione,

   premesso che:

    circa 263 milioni di bambine e bambini non hanno accesso all'istruzione, vale a dire un numero di bambini pari agli abitanti d'Italia, Francia, Germania e Spagna. Secondo i dati delle organizzazioni internazionali sono addirittura di più i bambini che pur avendo accesso ai programmi scolastici non riescono ad apprendere. Nonostante gli sforzi, oggi 617 milioni di bambini in età scolastica non hanno le conoscenze basiche della lettura, scrittura e matematica. Questo si traduce in un difficile accesso al mondo moderno del lavoro e in una perdita del loro potenziale contributo alla prosperità economica;

    nel 2015 i 193 Paesi membri dell'Onu hanno deciso di adottare l'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, la quale ha come obiettivo quadro quello di affrontare a livello nazionale e internazionale le grandi sfide del pianeta come la risoluzione di problemi legati alla povertà estrema, ai cambiamenti climatici, al degrado ambientale, alle crisi sanitarie e all'accesso all'istruzione;

    il 14 maggio 2019, in occasione dell'audizione parlamentare in III Commissione alla Camera sul quarto dei 16 obiettivi dell'Agenda 2030, Alice Albright, Ceo del Global Partnership for Education (Gpe), ha sottolineato come sia oggi necessario garantire un'istruzione di qualità inclusiva ed equa e quanto sia importante promuovere opportunità di apprendimento continuo per tutti i Paesi in via di sviluppo in maniera quanto più omogenea possibile;

    il Gpe è un fondo multi-stakeholder che si dedica al miglioramento dell'educazione attraverso il rafforzamento dei sistemi educativi nei Paesi in via di sviluppo. È attivo in 65 Paesi al mondo;

    una particolare attenzione è data ai bambini più vulnerabili nelle aree rurali, col 60 per cento dei fondi a sostegno dei Paesi colpiti da conflitti e fragilità, come quelli del Sahel. Nella sola regione del Sahel, a titolo d'esempio, attualmente vi sono oltre 10.5 milioni di bambini e ragazzi che non frequentano la scuola e più di 500.000 rifugiati e sfollati;

    il Gpe, grazie anche al contributo italiano, ha permesso a più di 77 milioni bambini di frequentare la scuola nel 2016, rispetto al 2002. Circa 41 milioni di ragazze sono state iscritte presso le scuole secondarie tra il 2002 e il 2016, mentre nei 65 Paesi in cui il Gpe opera, il 75 per cento delle ragazze finisce la scuola primaria (rispetto a solo il 50 per cento nel 2002);

    con i fondi dei donatori, il Gpe finanzierà fino al 2020 dei progetti in 89 Paesi in via di sviluppo per migliorare l'accesso e la qualità dell'istruzione per 870 milioni di giovani e bambini, prevedendo che 19 milioni di bambini in più finiranno la scuola primaria in aree di crisi, 6,6 milioni di bambini finiranno le scuole secondarie di primo grado, con 1,7 milioni di insegnanti formati e quasi 24.000 nuove aule costruite;

    per tali obiettivi le richieste del programma internazionale sono di riuscire a ottenere un contributo dalle nazioni donatrici di 3.1 miliardi di dollari durante l'arco 2018-2010 e che, al contempo, i Paesi in via di sviluppo blocchino investimenti per il 20 per cento delle proprie spese nazionali per migliorare l'efficienza e l'efficacia dell'istruzione,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per potenziare la leadership italiana e proporsi come capofila nelle relazioni internazionali per accelerare i progressi del programma del Gpe, monitorando la qualità degli interventi finanziati e attirando maggiori investimenti con l'ingresso di nuove nazioni nel progetto;

   a compiere maggiori sforzi sul piano diplomatico per garantire che i Paesi in via di sviluppo aumentino la percentuale della propria spesa nazionale in favore di progetti legati alla diffusione capillare dell'istruzione.
(7-00255) «Suriano, Olgiati, Di Stasio, Ehm, Sabrina De Carlo».

ATTI DI CONTROLLO

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   ANZALDI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   Ampia eco sta avendo un appello lanciato da Jean-Luc Nardone, professore a Tolosa e presidente degli italianisti francesi, in merito alla richiesta al Governo francese di rivedere alcune scelte in materia di istruzione che rischiano di penalizzare fortemente la lingua italiana;

   suddetto documento è stato sottoscritto da molti docenti francesi, ma anche da importanti personalità della cultura italiana come riportato anche dagli organi di informazione, tra cui gli scrittori Andrea Camilleri, Gianni Biondillo e Antonio Moresco, l'attore Ascanio Celestini e la regista Emma Dante, gli storici Luciano Canfora e Carlo Ginzburg, gli studiosi di linguistica Paolo Fabbri e Raffaele Simone;

   il punto cruciale è la diminuzione dei posti messi a concorso per l'insegnamento dell'italiano nelle scuole;

   per il 2019 i posti previsti per insegnare nei licei sono soltanto cinque;

   per il Capes, sigla che sta per certificato di attitudine al professorato per l'insegnamento di secondo grano, che abilita alla docenza nelle scuole medie, si è passati da 28 a 16, mentre i posti, erano 35 nel 2016, 2015, 2014, e addirittura 64 nel 2013 questo nonostante la richiesta di studiare l'italiano da parte dei ragazzi non stia affatto diminuendo –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere il Governo al fine di affrontare la richiamata criticità con il Governo francese e tutelare l'insegnamento della lingua italiana nel sistema scolastico della Francia.
(4-02999)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ROBERTO ROSSINI, FRUSONE, GALANTINO, DEL MONACO e IORIO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   la relazione della Corte dei conti – sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato, concernente «Gli archivi di deposito delle amministrazioni statali e la spending review» e approvata con deliberazione 30 dicembre 2015, n. 17/2015/G, ha esaminato lo stato di attuazione delle disposizioni in materia di razionalizzazione e ottimizzazione dell'utilizzo degli spazi destinati all'archiviazione della documentazione cartacea (decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012);

   le predette disposizioni erano orientate a promuovere un maggior impegno delle amministrazioni statali nelle attività finalizzate alla liberazione degli archivi di deposito ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 37 del 2001 e a intestare all'Agenzia del demanio il compito di avviare, ove possibile, un processo di riunificazione dei medesimi archivi in poli logistici;

   con riferimento al Ministero della difesa, delimitato l'ambito dell'istruttoria nel senso indicato dal comma 6 dell'articolo 41 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, la Corte dei conti ha rilevato che:

    il Ministero della difesa ha dato atto di un percorso di razionalizzazione degli archivi riguardante la documentazione dell'area tecnico-amministrativa, avviato a inizio 2015 nell'ambito di un progetto più ampio, partito nel 2009, e ha rilevato che il recente inizio di tale linea operativa ne impediva di valutarne gli effetti;

    la mancanza di riscontro al supplemento istruttorio, teso a chiarire gli aspetti che più interessavano l'indagine, comprova l'assenza di un ufficio che monitori l'istituzione e l'operatività delle commissioni e che vigili e coordini le attività di comunicazione nei confronti dell'Agenzia del demanio;

    recentemente il Ministero ha preso cognizione della necessità di un censimento degli archivi cartacei presso cui è depositata la documentazione (come attestato dalla nota dello Stato maggiore della difesa prot. n. 11216 del 28 gennaio 2015, trasmessa in allegato alla nota del segretariato generale della difesa e direzione nazionale degli armamenti prot. n. 41952 del 9 giugno 2015);

    non è adottato il piano di conservazione ex articolo 68 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000 e successive modificazioni;

    con riferimento agli immobili destinati esclusivamente ad archivi di deposito, l'unico archivio di cui si ha notizia è ubicato in area militare, si rileva che «trattasi non di archivio di deposito in senso tecnico visto che viene ivi custodita “documentazione corrente in relazione alla quale si registra un tasso di prelevamento per consultazione piuttosto elevato”», e che nessuna notizia è stata fornita relativamente alle future esigenze, anche se l'analisi dei dati tratti dal portale Pa relativi al 2015 ha evidenziato comunicazioni di segno positivo per due sedi e che l'ampliamento auspicato ammonta complessivamente a circa 60 metri quadrati;

    con riferimento alle commissioni di sorveglianza sugli archivi e le attività di scarto, presso il segretariato generale opera la commissione unica per l'eliminazione degli atti degli enti centrali della difesa;

    tale organo collegiale è l'unico istituito ex decreto del Presidente della Repubblica n. 37 del 2001; lo stesso era operativo alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 95 del 2012;

    è stato rinnovato nel 2015; non ha effettuato scarti negli anni 2010-2012 perché i documenti da eliminare erano marginali rispetto alla consistenza complessiva, e uno scarto era previsto nel 2014 ma di esso non c'è traccia negli elenchi acquisiti dalla direzione generale per gli archivi (Dga) –:

    quali iniziative abbia adottato il Ministero della difesa con riferimento a quanto rilevato nella relazione della Corte dei conti richiamata in premessa e, in particolare, se siano stati censiti gli archivi cartacei presso cui è conservata la documentazione analogica ed eventualmente con quali risultati, se sia stato adottato il piano di conservazione previsto dall'articolo 68 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000 e se siano stati eseguiti scarti nel 2014 e negli anni successivi.
(5-02208)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BARATTO, MARTINO, GIACOMONI, BIGNAMI, BENIGNI, CATTANEO e ANGELUCCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nel corso degli ultimi cinque anni diverse inchieste degli organi di polizia giudiziaria, ed in particolare, del Corpo della Guardia di finanza hanno portato alla luce un complesso sistema criminale di matrice cinese, volto alla sottrazione al fisco di ingentissime risorse (oltre 4,5 miliardi di euro circa) attraverso la tecnologia del money transfer;

   da allora, l'impegno delle forze dell'ordine è stato costante portando alla luce decine di casi di evasione fiscale da parte di cittadini di nazionalità cinese;

   negli ultimi anni, all'aumento e alla diffusione capillare di attività imprenditoriali cinesi anche in settori strategici per la manifattura italiana, non è corrisposto un aumento del gettito fiscale relativo;

   gli ultimi dati dell'Istat (2018) sulle rimesse all'estero hanno plasticamente confermato il trend in atto dal 2015, evidenziando la drastica riduzione delle rimesse dichiarate verso il Paese asiatico. Da primo Paese remittente, infatti, la Cina, oggi non figura più nemmeno tra i primi 15 Paesi, superata anche dalla Romania;

   gli ultimi dati disponibili (Associazioni contribuenti italiani), pongono l'Italia al primo posto per imposte evase da parte di attività e cittadini cinesi;

   il fenomeno elusivo in questione è parte integrante e fondante del ben noto fenomeno di concorrenza sleale cui soprattutto la piccola e media impresa italiana è esposta;

   pertanto, anche a fronte del recente accordo di partenariato sottoscritto dal Governo italiano sulla così detta «via della seta», appare essenziale frenare un fenomeno elusivo che costituisce un danno sensibile per il fisco italiano e le cui dimensioni non sono, ancora, pienamente identificabili –:

   quali iniziative, anche normative e urgenti, il Governo intenda adottare al fine di contrastare il fenomeno evidenziato in premessa, anche nell'ambito dell'accordo di partenariato citato recentemente sottoscritto.
(5-02209)

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nell'articolo 25-undecies del decreto-legge n. 119 del 23 ottobre 2018, convertito dalla legge n. 136 del 2018 ed entrata in vigore dal 19 dicembre 2018 si stabiliscono modifiche normative in materia del calcolo del riscatto del diritto di superficie degli immobili di edilizia convenzionata;

   l'articolo 31 della legge n. 448 del 1998, al comma 49-bis, che riguarda il calcolo dei corrispettivi, percentuale che prima del 19 dicembre 2018 veniva stabilita dai comuni, sottolinea che spetta al Ministero dell'economia e delle finanze definire una percentuale di riduzione del costo con un decreto che avrebbe dovuto essere emanato entro il 19 gennaio 2019, ma che, ad oggi, non è stato ancora emanato;

   nelle more dell'emanazione del decreto, le fasi di compravendita tra i comuni e gli acquirenti creano incertezze poiché, così come osservato da alcuni notai, anche se venditore e acquirente dichiarassero entrambi di nulla dovere e nulla pretendere, laddove il Ministero dell'economia e delle finanze nel decreto che sarà emanato dovesse decidere che all'acquirente spettino ulteriori somme di denaro da versare, questi dovrebbe versarle al di là di quanto concordato tra le parti. Il mercato immobiliare, sebbene in leggera ripresa, è ancora in difficoltà e lo stato di incertezza che abita nel mercato di edilizia convenzionata potrebbe danneggiare in modo significativo la compravendita di questa tipologia di immobili che, si rammenta, rappresenta comunque una percentuale significativa degli immobili oggi in circolazione –:

   quali siano i motivi per i quali non si è provveduto all'emanazione del decreto in questione nei tempi stabiliti;

   quando sia prevista l'emanazione del decreto di cui sopra;

   come si ritenga, nelle more dell'emanazione del decreto, di poter tutelare venditori e acquirenti.
(4-03005)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   a mezzo stampa si apprende della riduzione di pena di 10 mesi per Simone Boccaccini, uno dei brigatisti giudicati colpevoli per l'omicidio di Marco Biagi;

   la corte di assise di appello di Bologna ha deciso la riduzione di pena, riconoscendo il vincolo della continuazione tra due sentenze: Boccaccini infatti era stato condannato a 21 anni, a Bologna, per l'omicidio Biagi e poi a cinque anni e otto mesi per banda armata, associazione con finalità terroristica e rapina in un processo a Roma;

   secondo la corte di assise di appello di Bologna «la circostanza che Boccaccini certamente faceva attivamente parte delle Br dopo l'omicidio D'Antona (20 maggio 1999, ndr), cioè in un periodo in cui la banda armata aveva già effettuato quel significativo “salto di qualità” che prevedeva anche l'omicidio politico come mezzo per attuare l'eversione e la destabilizzazione dello Stato, induce ad affermare che già fin dalla commissione dei reati giudicati dalla corte di assise di Roma egli avesse previsto e delineato la commissione di ulteriori attività criminali connesse al programma eversivo, fra cui anche l'omicidio di un altro consulente del governo come il professor Biagi»;

   la riduzione di pena, per reati di siffatta gravità, tanto più se commessi da brigatisti che fecero ripiombare per anni il Paese nel terrore, lancia, a parere dell'interrogante, un messaggio sbagliato e inaccettabile. Si ritiene pertanto indispensabile intervenire, sotto il profilo normativo, per eliminare l'ipotesi della continuazione tra condanne come fondante per lo sconto di pena –:

   quali iniziative di carattere normativo si intendano adottare per eliminare la possibilità di riconoscere il vincolo della continuazione tra condanne come circostanza fondante dello sconto di pena nei casi di reati particolarmente gravi come quelli citati in premessa.
(4-03010)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRASSINI, RIBOLLA e BELOTTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   con l'interrogazione n. 4-00348 presentata in data 5 giugno 2018, l'interrogante chiedeva conto al Governo della carenza di personale presso l'ufficio della motorizzazione civile della città di Bergamo, a seguito di lamentele e disagi raccolti dagli utenti nell'evasione delle pratiche;

   per far fronte a tale situazione si è intervenuto dapprima a livello strutturale, aumentando la potenzialità delle aule adibite allo svolgimento degli esami quiz informatizzati: dal 5 luglio 2018 il numero dei posti utili per aula è passato da 14 a 30;

   riguardo alla carenza del personale, in risposta alla interrogazione richiamata, il Ministro dichiarò che:

    era stato recentemente bandito un concorso per la figura professionale di funzionario ingegnere, di cui sei destinati alla motorizzazione di Bergamo e alle relative sezioni di Como, Lecco e Sondrio;

    sarebbe stato garantito l'impiego di due operatori alla settimana messi a disposizione dalla sede centrale di Roma;

   nonostante tali rassicurazioni, la situazione rispetto allo scorso anno non è ancora mutata: il numero degli esami calendarizzati dalla Motorizzazione per carenze di personale è diminuito ancor di più e, di conseguenza, i tempi per fare la patente (in media 10 mesi) sono aumentati;

   a breve inoltre andranno in pensione 3 persone di cui 2 esaminatori e ciò comporterà un ulteriore calo di personale e un inevitabile aumento dei disagi per gli utenti –:

   se e quali iniziative di competenza si intendano celermente adottare per risolvere la situazione di cui in premessa, al fine di garantire all'utenza tempi ragionevoli di attesa;

   rispetto al bando nazionale di concorso citato in premessa, se si intenda chiarire quanto tempo trascorrerà dall'assunzione all'effettiva immissione in servizio e se l'impiego presso la motorizzazione civile di Bergamo di due operatori a settimana messi a disposizione dalla sede centrale di Roma sia stato effettivamente perfezionato.
(4-03000)


   PENTANGELO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   fonti di stampa hanno reso noto il fatto che in Campania esiste il rischio di una grave violazione dell'articolo 16 della Costituzione, che garantisce la libertà di circolazione;

   il rischio paventato discende dal fatto che la mobilità ferroviaria e automobilistica regionale potrebbe subire una limitazione in quanto, dal 1o luglio 2019, alcune tratte ferroviarie saranno rallentate con conseguente aumento del tempo di percorrenza, in particolare della linea Napoli-Sorrento;

   c'è la necessità di evitare il fenomeno delle corse cancellate, dei tempi di percorrenza dilatati, di decine di migliaia di pendolari che dovranno abbandonare il mezzo pubblico per recarsi al lavoro utilizzando autobus e le molto più inquinanti automobili private, con l'aumento conseguente anche del traffico e degli incidenti stradali;

   lo stesso presidente dell'azienda che controlla la tratta in questione ha pubblicamente lanciato un allarme per garantire al meglio il servizio pubblico;

   dal 1o luglio l'Eav, la società che gestisce le tratte ferroviarie in questione dovrà adeguarsi ai parametri di sicurezza previsti dall'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e dovrà adottare il sistema di controllo della marcia treno, sistema che consente ai convogli una ancor maggiore sicurezza usando nuove tecnologie, di cui però l'Eav non dispone;

   quindi l'Agenzia intende porre un limite di velocità ai convogli, passando dai 90 chilometri orari ai 50;

   il nuovo limite avrebbe la conseguenza descritta, ovvero di modificare il tempo di percorrenza: la tratta da Napoli a Sorrento, ora percorribile in circa un'ora, passerebbe ad un'ora e 40 minuti;

   se ciò accadesse, l'azienda dovrebbe rivedere i piani e il programma di esercizio, quindi sopprimere circa un terzo delle corse attuali;

   i circa 100.000 pendolari che le linee quotidianamente trasportano si ridurrebbero di circa il 30 per cento, con le conseguenze descritte in esordio;

   attualmente, le ferrovie cosiddette isolate, ossia non connesse alla rete ferroviaria italiana, 14 in tutta Italia, di cui l'Eav è la più grande, dovrebbero adeguarsi alle norme di sicurezza dettate dall'Ansf, un organismo indipendente operativo in Italia dal 2008. Nel dicembre 2017 si stabilì, infatti, che le ferrovie avevano un anno e mezzo per adeguarsi; non ci sono riuscite e da qui proviene la richiesta di una proroga;

   l'Eav ha operato per fare quanto chiesto, reperendo parte dei fondi necessari, predisponendo il capitolato d'appalto e programmando i lavori e gli investimenti, ma i tempi necessari per realizzare un'opera pubblica sono in media pari a 17 anni; appare quindi oggettivamente impossibile realizzare i condivisibili investimenti richiesti per aumentare la sicurezza in soli 17 mesi;

   non manca la volontà di realizzare tali lavori, lo si ripete, ma è stato previsto un tempo troppo breve per riuscirvi, fatto che ne ha reso impossibile il compimento;

   naturalmente sui treni dell'Eav è comunque attivo un sistema di sicurezza, l'Atp (AutomaticTrain Protection) il quale andrebbe solo integrato con l'Smct;

   la fornitura di un servizio solo parziale porterebbe anche un inevitabile calo degli incassi per l'azienda e ciò sarebbe assolutamente da evitare, poiché l'Eav ha risanato il bilancio, produce utili, ha programmato assunzioni, investimenti in infrastrutture e in materiale rotabile, tutti programmi che potrebbero essere modificati in peggio;

   nel caso in cui non fosse concessa la proroga necessaria, oltre a limitare il diritto alla mobilità, si porrebbe a rischio il progetto complessivo di sviluppo dell'azienda, penalizzando lavoratori, cittadini, territori –:

   se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e, in caso affermativo, quali iniziative urgenti intenda porre in essere, per quanto di competenza, con particolare riferimento alla concessione della proroga richiesta per garantire il tempo necessario e sufficiente ad adottare il sistema di sicurezza Smct.
(4-03009)

INTERNO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, il Ministro per i beni e le attività culturali, per sapere – premesso che:

   Legambiente e Uncem hanno recentemente presentato il dossier «La realtà aumentata dei piccoli Comuni», da cui si evince che le sfide prioritarie per le aree interne riguarderanno i temi dell'innovazione sociale, digitale e nelle politiche insediative;

   i piccoli comuni costituiscono la spina dorsale e la radice identitaria della Nazione. Spesso garantiscono anche la manutenzione di territori montani e ne prevengono il dissesto idrogeologico, salvaguardando il patrimonio naturalistico dall'abbandono e dall'incuria derivanti dai tagli imposti dall'Europa;

   al contrario, per far ripartire l'economia italiana occorre mettere i piccoli comuni nella condizione di essere competitivi, valorizzandone le potenzialità. Il futuro dell'Italia passa proprio dalla capacità di produrre ricchezza nelle sue aree interne;

   secondo quanto si legge nel dossier, l'Italia dei borghi rappresenta il 69,7 per cento delle municipalità italiane (5552 comuni al 2018) e governa oltre il 50 per cento dell'intero territorio nazionale. Questi territori necessitano di un argine politico ai problemi dell'abbandono, dell'invecchiamento e dello spopolamento. Al 2030, in questi luoghi si conta un anziano ogni tre persone e tre anziani per ogni bambino;

   una casa su tre sarà vuota. Il 15 per cento di quelle disponibili potrebbe ospitare 300 mila abitanti e le opere di adeguamento edilizio potrebbero già valere 2 miliardi di euro, portando rigenerazione urbana e decine di migliaia di nuovi posti lavoro;

   utilizzando un quarto delle superfici coltivate abbandonate negli ultimi 20 anni si potrebbero avere 125 mila nuove aziende agricole di 12 ettari ciascuna, favorendo il trend del ritorno all'agricoltura italiana di eccellenza in corso negli ultimi anni;

   il dossier Legambiente-Uncem restituisce, in sostanza, un quadro variegato e disomogeneo. Dipinge, per un verso, una realtà vivace, articolata e in movimento, che si misura con forti processi di cambiamento e con tendenze globali in larga misura inedite. Per l'altro, evidenzia divari ancora molto ampi rispetto al resto della Nazione;

   la densità del patrimonio culturale, l'intensità dei servizi ecosistemici, i prodotti tipici e i cammini riflettono le potenzialità dei territori e le positive e interessanti ricadute delle politiche pubbliche di valorizzazione;

   la ricerca segnala, tra gli esiti più significativi, come il segmento più interessante dei piccoli comuni italiani, in funzione dei loro ruoli territoriali e dei loro caratteri identitari, presenti condizioni di attrattività marcatamente superiori a quelli della media del Paese;

   negli ultimi quattro anni i piccoli comuni hanno attratto in media 1,7 persone per ogni mille residenti, quando la media italiana era di 1,2. L'Italia dei piccoli comuni può mostrare, dunque, anche condizioni di reale attrattività, rivolgendosi con successo alle scelte insediative della popolazione italiana come delle correnti migratorie della popolazione straniera, a patto che siano presenti condizioni di tenuta identitaria forte e che i fattori di sviluppo socio-economico tengano;

   un'attrattività confermata anche dai dati sulla densità imprenditoriale, che nei piccoli comuni è di 10,4 imprese per 100 residenti contro una media del Paese di 8,5. E un interessante segnale di vitalità proveniente dal segmento delle piccole città storiche è anche la concentrazione dei giovani in ingresso nel mercato del lavoro: 17,3 per cento rispetto a una media nazionale di 16,9 per cento;

   sul fronte delle politiche di sistema, invece, si registrano ancora notevoli ritardi. I redditi della popolazione che vive nei piccoli comuni sono più bassi, rispetto ai centri più grandi, dal 13,1 per cento al 35 per cento;

   sono evidenti, inoltre, alcune carenze infrastrutturali dei servizi. In particolare, i piccoli comuni registrano un forte ritardo nella diffusione della banda ultralarga: il 17,4 per cento delle utenze è servita contro una media nazionale del 66,9 per cento;

   appare evidente come, a fronte della spiccata propensione all'innovazione dei piccoli comuni, siano carenti politiche pubbliche di sistema che permettano di valorizzare l'alta qualità della vita che li caratterizza, potenziando la presenza di servizi, le opportunità di lavoro e investimento, gli strumenti di manutenzione del territorio –:

   quali siano gli intendimenti del Governo per contrastare il disagio insediativo e il declino demografico dei piccoli comuni attraverso politiche pubbliche di sostegno dell'impresa locale di prossimità, dell'impresa sociale, del turismo, della digitalizzazione e della valorizzazione del patrimonio storico-culturale.
(2-00403) «Delmastro Delle Vedove».

Interrogazione a risposta orale:


   MIGLIORE e FRAGOMELI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da notizie a mezzo stampa si è appreso che il comune di Calolziocorte, in provincia di Lecco, su iniziativa della giunta a maggioranza leghista, avrebbe adottato un nuovo regolamento comunale con il quale ha suddiviso il territorio del comune in nove zone rosse, dove sarà assolutamente vietato aprire centri di accoglienza per migranti, e in cinque zone blu, dove i centri di accoglienza potranno essere aperti solo a seguito di specifico nulla osta;

   secondo quanto si è appreso, il regolamento, che dovrebbe diventare operativo nell'arco di pochi giorni, si applicherebbe anche a chi avesse intenzione di ospitare richiedenti asilo presso edifici di proprietà che si trovano nella zona blu e che dovranno fare apposita richiesta agli uffici per ottenere il nulla osta, negando così la possibilità di ospitare i migranti anche alle strutture ecclesiastiche e laiche che si trovano sul territorio;

   il citato regolamento, peraltro, appare di dubbia legittimità, fondandosi sull'idea dell'equiparazione dei centri di accoglienza con le slot machine, assumendo come postulato che i migranti accolti nei centri di accoglienza siano in quanto tali delinquenti e spacciatori, e violando, secondo l'interrogante, taluni principi fondamentali del nostro ordinamento, non ultimo quello per cui la Repubblica riconosce i diritti inviolabili dell'uomo e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale;

   a parere dell'interrogante questo provvedimento, dettato da ragioni meramente propagandistiche, è di una gravità inaudita, poiché introduce nel nostro ordinamento quello che appare un vero e proprio principio segregazionista, volto ad interdire totalmente o parzialmente talune zone ai migranti, e che ricorda da vicino tutti quei numerosi episodi del passato che si ritenevano superati per sempre –:

   quali iniziative urgenti intenda adottare, per quanto di competenza, anche ai sensi dell'articolo 138 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, in relazione al citato regolamento, che lungi dal favorire un maggior livello di integrazione e dunque di sicurezza, finisce per accrescere le tensioni sociali, segregando e interdendo talune zone della città, in palese violazione di principi e norme fondamentali del nostro ordinamento.
(3-00755)

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   dal 10 al 12 maggio 2019 si sono svolti, tra Bologna e Cervia, tre giorni di assemblee e workshop per promuovere la partecipazione attiva a «Mediterranea», piattaforma di soccorso ai migranti che ha messo in mare una nave attrezzata battente bandiera italiana la «Mare Jonio» (https://www.bolognatoday.it);

   a Bologna gli incontri si sono svolti nei centri sociali di Labas e Tpo;

   il comunicato ufficiale spiega che Mediterranea è composta da equipaggi di mare e di terra: «L'equipaggio di terra è composto dalle migliaia di persone che sostengono Mediterranea, si mobilitano e costruiscono pratiche di solidarietà, strumento potente per tessere una società migliore, quello di mare è composto da attivisti che hanno deciso di mettere a disposizione le proprie competenze per affermare un ordine delle cose differente, e hanno iniziato un percorso di formazione per essere in grado di effettuare in modo efficace e responsabile l'attività di Search and Rescue». Si apprende inoltre che il nucleo promotore di Mediterranea vede anche Arci e Ya Basta di Bologna;

   in articoli di stampa si legge che la nave Mare Jonio è al centro di un progetto promosso da diverse associazioni, e ong per «svolgere attività di monitoraggio, testimonianza e denuncia della drammatica situazione» in cui si trovano i migranti che «in assenza di soccorsi» tentano di raggiungere le coste italiane dalla Libia. Nella conferenza stampa di presentazione della nave, la prima di questo tipo battente bandiera italiana, il progetto è stato definito «un'azione non governativa, di disobbedienza morale e obbedienza civile» (https://www.ilpost.it);

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dell'iniziativa descritta in premessa relativa alle giornate di assemblee e workshop svoltesi tra Bologna e Cervia;

   se il Ministro interrogato disponga di informazioni utili a conoscere a quale titolo tali iniziative siano state organizzate e da quali soggetti o enti siano state eventualmente finanziate;

   se intenda avviare o abbia già avviato verifiche, per quanto di competenza, circa l'attività svolta da Mediterranea, anche in relazione al coinvolgimento di diversi centri sociali nel progetto stesso.
(4-03007)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GAGLIARDI, APREA e SACCANI JOTTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo n. 62 del 2017, nel prevedere che la commissione per gli esami di terza media deve essere composta dall'intero consiglio di classe, ha di fatto introdotto l'obbligo per gli insegnati di religione cattolica — e della materia alternativa — della presenza durante lo svolgimento delle relative prove;

   dal punto di vista organizzativo la misura è foriera di rilevanti problemi logistici, in quanto i docenti di religione cattolica — così come i docenti di materia alternativa — insegnano non solo in tante classi, ma spesso anche su più scuole, con le conseguenti difficoltà derivanti dalla necessità di essere presenti in tutte le istituzioni scolastiche in cui insegnano per ottemperare a quanto disposto dalla norma;

   a questo si aggiunge anche l'ulteriore disagio personale derivante dalla necessità di dover uscire o entrare ad ogni prova orale a seconda se l'alunno ha scelto l'ora di religione o quella alternativa, con possibili vuoti temporale, anche consistenti, tra una prova orale e l'altra;

   si intende inoltre segnalare che la presenza obbligatoria dell'insegnante di religione cattolica — o della materia alternativa — non è però accompagnata dalla contestuale partecipazione alla formazione del voto finale da parte del docente interessato proprio in virtù della facoltatività della materia di cui lo studente deve esplicitamente dichiarare di avvalersi;

   sulla base del Concordato del 1929 l'insegnamento di religione cattolica non rappresentava oggetto d'esame così come stabilito anche dalla norma vigente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 62 2017 (da questo abrogata) che indicava, elencandole singolarmente, tutte le materie richieste alla prova tra cui non risultava l'insegnamento della religione cattolica;

   data l'obbligatorietà della presenza all'esame dei docenti di religione cattolica e la contestuale assenza della loro partecipazione alla formazione della valutazione finale, sorge spontaneo chiedersi se questo sviluppo derivi da volontà del legislatore o semplicemente dal perseguimento di una semplificazione normativa che alla fine ha complicato ulteriormente le regole, soprattutto per i docenti di religione –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare con urgenza iniziative, dato l'imminente inizio della sessione d'esame relativa all'anno scolastico in corso, anche promuovendo una eventuale norma di interpretazione autentica, per definire la non obbligatorietà della presenza del docente di religione cattolica — o della materia alternativa ove prevista — nel corso degli esami conclusivi del primo ciclo della scuola secondaria, non essendo, tra l'altro, questa materia oggetto delle prove d'esame.
(5-02210)

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   i progetti relativi alle «Aree a rischio a forte processo migratorio e contro l'emarginazione scolastica» (previsti dal contratto collettivo nazionale di lavoro 2006/2009, Comparto scuola articolo 9, confluiti nel «Fondo per il miglioramento dell'offerta formativa» – articolo 40 del contratto collettivo nazionale di lavoro 2016/18) prevedono da anni il finanziamento di progetti per scuole, di ogni ordine e grado, ubicate in contesti caratterizzati da un forte processo immigratorio di tutto il territorio nazionale;

   il contratto pone in un'unica previsione normativa le situazioni del territorio correlate al contesto socio-culturale e al disagio economico, riconducendo in unico programma di riferimento gli obiettivi di contrasto all'emarginazione scolastica;

   conseguentemente, l'obiettivo principale è quello di affrontare in modo «sinergico» il problema della dispersione scolastica e dell'integrazione scolastica, con programmi caratterizzati da iniziative poliedriche: attività di orientamento e/o riorientamento, aggregative-socializzanti, ludico-creative, di rafforzamento della motivazione e delle competenze, nonché attività di sensibilizzazione sui temi legati al disagio rivolte alle famiglie e attività di formazione dei docenti;

   specialmente per gli alunni stranieri è fondamentale l'impegno quotidiano come sfondo per l'educazione interculturale, finalizzata a favorire il dialogo, il confronto e l'arricchimento nella valorizzazione e convivenza nelle differenze;

   negli ultimi anni, in diversi istituti scolastici di tutta Italia, si sono susseguiti numerosi episodi di bullismo tra alunni, danneggiamenti verso beni scolastici ed aggressioni nei confronti del personale docente. Si ricordano, a titolo esemplificativo, quelli occorsi negli istituti scolastici di Modena e dei quali la stampa ha dato ampio risalto (https://www.ilrestodelcarlino.it);

   tali situazioni, senza voler colpevolizzare nessuno, avvengono spesso anche in contesti sociali caratterizzati da un forte impatto migratorio e verosimilmente da un incremento dell'emarginazione scolastica;

   tali episodi, a detta dell'interrogante, compromettono l'instaurarsi di un clima sereno e di collaborazione tra personale docente, famiglie ed alunni;

   secondo l'interrogante, il Ministro interrogato dovrebbe porre in essere iniziative, richiamandosi agli istituti contrattuali menzionati in premessa, volte ad affrontare in modo incisivo le criticità scolastiche sopracitate con differenti tipologie di iniziative: aggregative-socializzanti, ludico-creative e di sensibilizzazione sui temi legati al disagio rivolte alle famiglie ed ai docenti –:

   se sia a conoscenza della situazione suesposta;

   di quali dati si disponga in merito ai progetti afferenti le «Aree a rischio a forte processo migratorio e contro l'emarginazione scolastica» e realizzati nelle scuole italiane;

   quante iniziative siano state poste in essere negli istituti scolastici della provincia di Modena, negli ultimi dieci anni, afferenti al tema «Aree a rischio a forte processo migratorio e contro l'emarginazione scolastica»;

   a quanto ammontino i fondi assegnati per tali progetti di integrazione e convivenza negli istituti della provincia di Modena dal 2009 all'anno corrente;

   se e quali iniziative intenda porre in essere per contrastare i fenomeni di bullismo scolastico e di aggressione nei confronti del personale docente negli istituti scolastici come quelli citati, a titolo esemplificativo, relativi alla provincia di Modena.
(4-03004)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   MELONI e LOLLOBRIGIDA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi i quotidiani hanno riportato la notizia della grave situazione finanziaria in cui versa l'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani, Inpgi;

   nella relazione sull'attività finanziaria dell'istituto redatta dalla Corte dei conti si legge che i risultati del 2017 «fotografano un quadro in deciso e assai preoccupante peggioramento», sottolineando che la gestione economica principale fa registrare in quell'anno «un disavanzo di 100,61 milioni» e che «si riduce ulteriormente il saldo della gestione previdenziale e assistenziale», attestandosi a un rosso di 134 milioni;

   a conferma dell'affermazione fatta dalla Corte dei conti circa «il perdurante andamento negativo dei saldi», ancora peggiori sono stati i dati relativi all'anno 2018, che l'Istituto ha chiuso con una perdita di 175 milioni di euro; per la chiusura dell'anno in corso è previsto un debito ancora più elevato, pari a 181 milioni di euro;

   stando ai magistrati contabili, «le proiezioni del nuovo bilancio tecnico, riferito al periodo dal 2018 al 2067, evidenziano come l'Inpgi non sia in grado di mantenere la solvibilità prospettica, esaurendo il proprio patrimonio già nel 2028»;

   le difficoltà economiche in cui versa l'Istituto, e che secondo la Corte dei conti sono anche il riflesso «dalla profonda crisi del settore dell'editoria», rischiano di impedire nel giro di pochi anni il pagamento delle pensioni, danneggiando tutti coloro che per anni hanno versato e da anni versano i contributi previdenziali –:

   quali urgenti iniziative intendano assumere in merito alla crisi dell'Istituto previdenziale per i giornalisti, tutelando tutti gli iscritti.
(4-02998)


   CECCHETTI e BONIARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   desta grande preoccupazione la crisi relativa al gruppo Grancasa spa, azienda nata negli anni ’80 ed affermatasi nella grande distribuzione in settori relativi all'arredamento ed agli elettrodomestici;

   sono stato inutili i diversi tentativi finora messi in atto per trovare soluzioni alternative alle procedure di licenziamento collettivo: il gruppo ha confermato tutti i complessivi 158 esuberi e la volontà di proseguire nella procedura di licenziamento collettivo, nonostante la direzione aziendale abbia confermato che anche a maggio 2019 si è chiuso con un +7 per cento rispetto allo stesso mese dell'anno scorso, il che testimonia una crescita in termini di fatturato;

   secondo i sindacati siffatte riduzioni di personale sono mirate non tanto e non solo a un contenimento dei costi, bensì anche e soprattutto a ridurre le dimensioni dell'azienda per renderla più appetibile per una vendita;

   i punti vendita di Legnano, Nerviano e Pero sono stati interessati dalle procedure di mobilità per 42 dipendenti e, in particolare, 20 persone a Pero, 13 a Nerviano e 9 a Legnano;

   è stato proclamato lo stato di agitazione nazionale, con astensione del lavoro da parte della maggioranza dei dipendenti lo scorso 26 e 27 maggio;

   in data 27 maggio 2019 si è anche tenuto un incontro presso il Ministero dello sviluppo economico, risultato purtroppo non risolutivo e che ha portato i sindacati a proclamare un'altra giornata di sciopero nazionale sabato 1o giugno –:

   se il Governo intenda convocare a breve un altro tavolo istituzionale e quali iniziative di competenza intenda urgentemente adottare per salvaguardare i livelli occupazionali del gruppo, tutelare il futuro lavorativo e reddituale dei dipendenti coinvolti e, conseguentemente, delle rispettive famiglie.
(4-03003)


   NOBILI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nel 2017 la giunta Raggi ha emesso un nuovo bando per l'aggiudicazione delle forniture della ristorazione scolastica per nidi e asili del comune di Roma;

   invero, sin dalla sua emissione, il bando ha generato forti proteste e nei settori di categoriale nel settore sindacale (Filcams Cgil, Fisascat Cisl, Uiltucs Uil, Uiltrasporti Uil) in quanto basato su una logica di gara al massimo ribasso con conseguenze pesanti in termini occupazionali e sulla qualità del servizio offerti negli asili e nelle scuole;

   sussiste il rischio di perdere centinaia di posti di lavoro a seguito di un nuovo contratto d'appalto che non sarebbe conforme con quanto previsto dalla così detta «clausola di salvaguardia», ossia il diritto in caso di cambio di appalto di essere assunto dalla ditta subentrante;

   risultano disattesi gli impegni presi dall'amministrazione capitolina nel tavolo tenutosi nel mese di settembre 2018. Difatti, i lavoratori di multiservizi non sono stati formati, come invece era stato promesso, e non sono state trovate soluzioni economiche e tecniche per inserire gli oltre 300 lavoratori rimasti esclusi dal bando;

   inoltre, il meccanismo introdotto nel bando che prevede un rapporto tra addetti al servizio di ristorazione per numero di bambini più elevato, ossia 1 addetto per 60 bambini – ove, il rapporto attuale è di un 1 addetto per 50 fruitori – prefigura una vera minaccia per l'occupazione e sull'aumento dei carichi di lavoro;

   il prezzo medio a pasto con cui le aziende si stanno aggiudicando il servizio è molto basso: tra i 4,30 e i 4,40 euro. Si può dunque prevedere che il servizio costerà circa 50 centesimi in meno a pasto per bambino;

   nella cifra è ricompreso il costo degli ammortamenti; delle attrezzature, dei lavoratori e del cibo. Pertanto, si può dedurre che verranno erogati ai bambini pasti da 1,80 euro l'uno;

   in data 28 maggio 2019 si è tenuto un incontro sotto la sede del Ministero dello sviluppo economico con una delegazione della Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs e, in tale occasione, è stato dimostrato interesse da parte del Ministero tanto da aver rassicurato i sindacati e i lavoratori con la promessa di rappresentare quanto evidenziato al comune di Roma;

   tale bando configura, ad avviso dell'interrogante, una lesione al diritto di sciopero garantito ai sensi dell'articolo 40 della Costituzione italiana, in quanto ostacolerebbe il diritto allo sciopero avendo inserito il comparto della ristorazione scolastica nei servizi pubblici essenziali;

   tuttavia, la legge n. 146 del 1990 non include la ristorazione collettiva tra i servizi pubblici essenziali;

   la gara prescrive anche che il diritto di assemblea sia esercitato al di fuori dell'orario di lavoro, in deroga alla legge n. 300 del 1970 – statuto dei lavoratori;

   per denunciare tali anomalie e/o irregolarità riscontrate nella procedura di affidamento del servizio di ristorazione scolastica, già in data 29 novembre 2017, la Filcam Cgil Roma – Lazio aveva inoltrato tramite Pec una segnalazione all'Autorità nazionale anticorruzione;

   in tale descrizione delle anomalie del bando, è stato in particolare sottolineato il forte indebolimento della clausola sociale e il contrasto con le finalità del nuovo codice degli appalti (decreto legislativo n. 50 del 2016), articolo 50, che demanda alle committenze pubbliche il compito di rafforzare – e non indebolire – attraverso i bandi di gara, la salvaguardia dell'occupazione dei lavoratori e delle lavoratrici occupate –:

   se il Governo intenda intraprendere ogni iniziativa di competenza per scongiurare le pesanti conseguenze derivanti dal bando in termini occupazionali e sulla qualità del servizio offerti negli asili e nei nidi comunali e se intenda convocare un tavolo di confronto urgente che abbia tra i suoi attori tutti i soggetti coinvolti nella vicenda.
(4-03006)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interrogazione a risposta orale:


   CRITELLI, CENNI e UNGARO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   la riforma del settore bieticolo-saccarifero avvenuta a livello europeo nel 2005 per contenere la produzione di zucchero e permettere anche ad altri Paesi di poter accedere al mercato europeo, ha purtroppo portato alla chiusura di 100 zuccherifici su 185 in Europa e di 16 su 19 in Italia;

   dal 30 settembre 2017, grazie all'accordo avvenuto tra il Parlamento europeo e gli Stati membri dell'Unione europea nell'ambito della riforma della politica agricola comune (Pac) del 2013, a seguito di un processo di riforma e ristrutturazione avviato nel 2006, è venuto meno il regime delle quote di produzione nel settore saccarifero, spianando così la strada ai produttori nord europei, soprattutto quelli tedeschi e francesi, portando all'immissione di circa 4 milioni di tonnellate di prodotto in più nel mercato europeo; tutto ciò ha portato ad un tracollo del prezzo dello zucchero a danno del nostro Paese e di tutta la zona del Mediterraneo;

   questo aumento di competitività sempre più aggressiva a livello europeo e l'abolizione delle quote nazionali di produzione hanno portato in grave crisi l'ultimo presidio produttivo rimasto sul territorio nazionale, nonché l'unico produttore di zucchero italiano ovvero la Cooperativa produttori bieticoli (COPROB), prima realtà produttiva nel settore;

   si tratta di una importante azienda, nata 55 anni fa, del territorio metropolitano bolognese, con due importanti impianti, uno con sede a Minerbio, in provincia di Bologna e l'altro a Pontelongo, in provincia di Padova, e quest'anno farà la 55a campagna bieticolo-saccarifera; oltre ad aver avviato un ampio percorso di sensibilizzazione delle istituzioni, degli operatori del settore agroalimentare, della grande distribuzione organizzata, delle organizzazioni professionali e Sindacali e dei consumatori per il sostegno e la condivisione di una campagna denominata «Un patto per lo zucchero italiano», l'azienda costituisce un esempio eccellente di agroindustria perché è l'unica esperienza cooperativa di agricoltori che si sono associati per presidiare l'intera filiera, dalla produzione alla trasformazione;

   Coprob associa 5.700 aziende agricole, di cui 2.000 solo nel bolognese, impiega 250 dipendenti in maniera stabile, a cui se ne aggiungono altrettanti durante la campagna bieticola e dà lavoro a 1.500 imprese dell'indotto per un valore complessivo di 530 milioni di euro l'anno; solo nell'ultimo decennio ha investito 180 milioni di euro per l'ammodernamento industriale dei due impianti, producendo così un aumento del potenziale produttivo del 30 per cento, con picchi fino al 50 per cento superiori alle medie storiche, raggiungendo una capacità di 300.000 tonnellate di zucchero su 32.000 ettari di barbabietole;

   la bieticoltura del bolognese ha raggiunto un livello talmente avanzato di precisione da consentire a Coprob di testare la coltivazione della bietola biologica, in modo da poter produrre zucchero bio già nel 2019;

   la bieticoltura, riconosciuta coltura preziosa nella rotazione agraria, consente di produrre cereali di qualità con meno input ed è una grande risorsa dal punto di vista ambientale, perché capace di captare tanta CO2 per ettaro quanto quella che capta il bosco;

   quali iniziative il Ministro interrogato, per quanto di competenza, intenda adottare per sostenere la campagna di Coprob – Italia Zuccheri, «Un patto per lo zucchero italiano», in grado di preservare questa coltura strategica e tutelare la continuità della filiera italiana;

   se intenda adoperarsi presso le istituzioni europee per ridefinire con urgenza misure che assicurino la tenuta complessiva del sistema di trasformazione, a partire dalla giusta rimuneratività del prodotto, a vantaggio dei bieticoltori italiani.
(3-00754)

Interrogazione a risposta scritta:


   GERMANÀ e SCOMA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   la tonnara di Favignana è una antica tonnara con annesso stabilimento per la conservazione del pescato, sita nell'omonima isola dell'arcipelago delle Egadi, che rappresentava la più grande struttura di questo tipo del Mediterraneo ma la cui attività è ferma da dodici anni;

   nell'autunno del 2018 il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo ha firmato un decreto che autorizzava la struttura a riprendere l'attività produttiva e a calare nuovamente le reti in mare prevedendo l'assegnazione di quote di pesca del tonno anche alla Sicilia e, in particolare, proprio a Favignana nell'ambito della definizione con decreto dei contingenti di pesca;

   il 30 maggio 2019 il decreto ministeriale che assegna le quote individuali di cattura di tonno rosso tra gli impianti di tonnare fisse è stato firmato e prevede la ripartizione del contingente sulla base di principi che tengono conto anche dei livelli medi di cattura dei singoli impianti riferiti agli anni 2015-2016 e 2017, anni in cui la tonnara di Favignana era chiusa;

   con questo decreto il Ministero ha ulteriormente abbassato la quota per la struttura dei Trapanese che auspicava l'assegnazione di un contingente più consistente delle 14 tonnellate previste che non sono sufficienti a sostenere i costi, cosa per cui l'azienda Nino Castiglione, che la gestisce, ne ha annunciato la chiusura;

   la riapertura della tonnara di Favignana all'attività della pesca del tonno con i metodi della tradizione, perseguita dall'azienda Nino Castiglione con un enorme sforzo economico sia dando lavoro a centinaia di maestranze che restituendo al mondo una tra le più grandi tonnare del Mediterraneo con una storia, ha avuto durata assai breve considerando che la distribuzione delle quote di tonno si è rilevata a totale svantaggio di Favignana;

   l'attività di pesca si sarebbe svolta alla luce delle nuove esigenze derivanti dal cambiamento non solo dei parametri ma anche delle sensibilità per un maggior rispetto dell'eco-sostenibilità e dei cambiamenti subiti dalla fauna marina, tanto che nella battaglia per riaprire la tonnara di Favignana privati e amministratori locali si sono ritrovati al fianco anche gli ambientalisti;

   l'antica pratica della struttura fissa che sarebbe stata applicata dai pescatori facenti capo alla tonnara di Favignana, infatti, è selettiva e sostenibile, consente solo la cattura degli esemplari già adulti ed evita di far finire in trappola altre specie;

   la tonnara di Favignana sembrava rappresentare il primo tassello di un possibile ritorno in auge delle numerose altre tonnare, oggi chiuse, presenti in Sicilia, che, tenendo sempre presente la rilevanza della salvaguardia del patrimonio ittico, rappresentano comunque un fondamentale retaggio antropologico che non può essere dimenticato e che potrebbe trovare uno sviluppo economico e turistico attraverso le aziende dell'indotto e della ristorazione –:

   quali iniziative di competenza intenda urgentemente adottare il Ministro interrogato per impedire la chiusura della tonnara di Favignana e se non ritenga di dover promuovere una immediata revisione della distribuzione delle quote di tonno.
(4-03002)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   ROSATO. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   la questione della rappresentanza in giudizio, sia legitimatio ad causam che legitimatio ad processum, delle istituzioni scolastiche, in particolare in seguito alle riforme che ne hanno introdotto la autonomia, ha presentato nel tempo delle difficoltà interpretative e disomogeneità nell'applicazione;

   il nostro ordinamento prevede, per entrambe, riconoscendo i diritti dei singoli, attraverso l'articolo 24 della Costituzione, la possibilità per i soggetti titolari di procedere alla tutela dei diritti medesimi: logico corollario di tale impostazione è la limitazione di tale possibilità di tutela esclusivamente per quei diritti dei quali la parte che agisce ne afferma in proprio favore la titolarità, e per converso afferma la corrispettiva posizione di obbligo/soggezione a carico del soggetto che viene individuato come parte convenuta del giudizio tendente all'affermazione del diritto medesimo;

   con riferimento agli istituti scolastici la Corte di Cassazione civile, sezione lavoro, con la sentenza n. 6460 del 17 marzo 2009, ha stabilito come la legitimatio ad causam, anche in presenza della suddetta autonomia, non possa ravvisarsi in capo ai singoli funzionari, ma rimanga invece in capo alla pubblica amministrazione, in questo caso al dirigente dirigenziale generale dello Stato (ovvero i direttori generali degli uffici scolastici regionali);

   anche nella sentenza della corte di appello dell'Aquila n. 407 del 7 giugno 2018, è stata dichiarata la contumacia del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca nel primo grado di giudizio in quanto, seppure in presenza di delega da parte dell'Avvocatura dello Stato nei confronti del dirigente scolastico, ex articolo 417 cpc, la stessa è riferibile alla sola rappresentanza processuale, mentre, ex articolo 81 cpc, in giudizio deve costituirsi chi ha la titolarità attiva, vale a dire la legitimatio ad causam, cioè il potere e il dovere di promuovere o subire il giudizio; si afferma quindi che la medesima legitimatio ad causam vada individuata in capo al Ministero nei confronti del quale viene azionata la domanda;

   inoltre l'articolo 73 del decreto legislativo n. 165 del 2001, al comma 1 prevede che quando leggi, regolamenti, decreti, contratti collettivi od altre norme o provvedimenti, fanno riferimento a norme del decreto legislativo n. 29 del 1993 ovvero del decreto legislativo n. 396 del 1997, del decreto legislativo n. 80 del 1998 e 387 del 1998, e fuori dai casi di abrogazione per incompatibilità, il riferimento si intende effettuato alle corrispondenti disposizioni del citato decreto, come riportate da ciascun articolo, annullando così di fatto la possibilità, per la fattispecie delle controversie scolastiche, di far rappresentare l'amministrazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca medesima da propri dirigenti scolastici –:

   se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative, nell'ambito delle proprie competenze per provvedere, anche con linee guida o appositi protocolli, a fare chiarezza interpretativa e applicativa con riferimento anche alla stessa fase di predisposizione dell'azione, la cui legittimità si è apprezzato essere e permanere in capo allo Stato, in particolare in merito alle procedure da seguire per i dirigenti scolastici, ad esempio nei casi in cui il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, e in subordine l'istituto scolastico, vengano chiamati in causa da docenti per questioni attinenti ai rapporti di lavoro.
(4-03008)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   LABRIOLA. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'area di Taranto è interessata da troppi anni da una crisi ambientale gravissima, conseguenza di una notevole concentrazione di insediamenti industriali ad alto impatto ambientale, ma soprattutto della presenza sul territorio del più grande stabilimento siderurgico d'Europa, l'ex Ilva;

   la popolazione dell'area di Taranto (oltre 200.000 abitanti nell'area Sin) è esposta non solo alle emissioni inquinanti degli stabilimenti Ilva ma anche all'inquinamento prodotto dalla raffineria, dal cementificio, dalle discariche, dall'area portuale, che è di grande dimensione. Tutto questo è accompagnato dai numeri di decessi e malattie che risultano inevitabilmente assai rilevanti: centinaia di decessi prematuri, nuovi casi di tumore, diverse centinaia di ricoveri in eccesso ogni anno;

   si ricorda peraltro che il 24 gennaio 2019, la Corte dei diritti dell'uomo di Strasburgo ha emesso la sentenza sul caso Ilva, dando sostanzialmente ragione ai 180 cittadini dell'area tarantina che si erano rivolti alla Corte sostenendo di aver subito danni alla salute a causa delle emissioni dell'Ilva, in quanto lo Stato non avrebbe adottato le necessarie misure legislative per proteggere la loro salute e l'ambiente, vista la pericolosità dell'impianto, e la popolazione non sarebbe stata adeguatamente informata sui danni derivanti alla salute stessa;

   il 1° giugno 2019, la stampa ha pubblicato i dati che confermano l'eccesso mortalità, e in particolare quella infantile;

   nell'arco di 14 anni, dal 2002 al 2015, nel Sin – Sito di interesse nazionale – di Taranto sono nati 600 bambini malformati. Questo è il dato che emerge dall'aggiornamento dello studio epidemiologico Sentieri, le cui anticipazioni sono contenute nel rapporto di valutazione del danno sanitario per lo stabilimento ArcelorMittal (ex Ilva) di Taranto, pubblicato sul sito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;

   nello studio coordinato dall'Istituto superiore di sanità, relativo al dicembre 2018 e trasmesso ad Arpa, Aress e Asl di Taranto il 12 febbraio 2019, si precisa che «sono risultate superiori al numero di casi attesi le malformazioni congenite del sistema nervoso e degli arti. L'eccesso del 24 per cento osservato per le malformazioni congenite dell'apparato urinario è invece ai limiti della significatività statistica»;

   il sindaco di Taranto ha riportato alcuni stralci del rapporto di valutazione del danno sanitario per l'ex Ilva, rendendoli così noti, nell'istanza di riesame dell'autorizzazione integrata ambientale per lo stabilimento siderurgico, accolta nei giorni scorsi dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Sergio Costa;

   i risultati dell'aggiornamento dello studio «Sentieri» indicano che nel Sin di Taranto «la mortalità generale e quella relativa ai grandi gruppi è, in entrambi i generi, in eccesso rispetto a quanto si osserva nel riferimento ad eccezione della mortalità per malattie dell'apparato urinario»;

   quando saranno disponibili i dati aggiornati di mortalità e di malattia per il Sin di Taranto, in base all'accordo del 24 aprile 2019 siglato dalla cabina di regia interministeriale;

   quali iniziative urgenti si intendano adottare per fronteggiare i drammatici parametri sanitari e ambientali che caratterizzano l'area di Taranto.
(4-03001)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ZARDINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il 29 maggio 2019, la Confesercenti ha comunicato che le federazioni di categoria dei panificatori, Assipan Confcommercio e Assopanificatori Confesercenti, ossia le associazioni maggiormente rappresentative del settore, con una nota congiunta ai Ministri Di Maio, Salvini e Centinaio, hanno denunciato il rischio di chiusura per migliaia di forni;

   il problema nascerebbe dall'applicazione distorta della normativa che consente il consumo sul posto, disciplinata dal decreto-legge 4 aprile 2006, n. 223, che sta causando ingenti danni alle attività commerciali e di laboratorio di vicinato alimentare in tutt'Italia e a Roma in particolare;

   il decreto-legge 4 aprile 2006, n. 223, stabilisce che le attività commerciali sono svolte senza limiti e prescrizioni, senza sottostare al divieto o all'ottenimento di autorizzazioni preventive per il consumo immediato dei prodotti di gastronomia presso l'esercizio di vicinato se effettuato utilizzando i locali e gli arredi dell'azienda, con l'esclusione del servizio assistito di somministrazione e con l'osservanza delle prescrizioni igienico-sanitarie;

   lo stesso decreto consente il consumo sul posto anche ai titolari di impianti di panificazione con le stesse modalità applicative cui devono sottostare i titolari di esercizi di vicinato;

   la situazione sembrerebbe, invece, diversa e, per esempio, particolarmente drammatica a Roma dove i vigili urbani hanno eseguito numerosi controlli sui panificatori del centro città, con blitz seguiti da sequestri di tavoli e sedie e multe per migliaia e migliaia di euro: a questo proposito, i presidenti di Assipan e di Assopanificatori «denunciano una vera e propria attività persecutoria che spinge i panificatori verso una crisi irreversibile e alla chiusura di 1.500 attività di vicinato alimentare con laboratori, nel solo centro di Roma, bruciando 10.000 posti di lavoro, mandando all'aria investimenti per oltre 200 milioni di euro, spingendo la città verso il rischio desertificazione di servizi alimentari essenziali»;

   sull'argomento il Ministero dello sviluppo economico, intervenendo attraverso varie interpretazioni su circolari e risoluzioni, ha ritenuto ammissibile, tra le altre cose, solo l'utilizzo di piani di appoggio di dimensioni congrue all'ampiezza e alla capacità ricettiva del locale nonché la fornitura di stoviglie e posate a perdere;

   successivamente, il Ministero dello sviluppo economico ha previsto la possibilità di consentire la presenza di un limitato numero di panchine o altre sedute non abbinabili a eventuali piani di appoggio, essendo invece tipica di bar e ristoranti la consumazione seduti al tavolo, anche se eventualmente svolta con modalità self-service;

   sull'argomento il Consiglio di Stato, con sentenza n. 2280, del 21 marzo 2019, ha riformato la sentenza (n. 02147/2018) con cui il Tar Lazio aveva confermato la determinazione dirigenziale con la quale il comune di Roma aveva ordinato a un laboratorio di gastronomia la «cessazione dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande abusivamente intrapresa», attenendosi al titolo autorizzatorio posseduto, superando così le condizioni poste dal Ministero dello sviluppo economico alla presenza di arredi e mantenendo l'unico limite dell'assenza del servizio assistito di somministrazione;

   anche l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nella segnalazione S2605 del 27 ottobre 2016, ha segnalato al Ministero dello sviluppo economico le distorsioni alla concorrenza derivanti da risoluzioni ministeriali ingiustificatamente restrittive rispetto agli esercizi di vicinato, con particolare riferimento proprio al consumo sul posto –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle problematiche esposte in premessa e quali iniziative intenda porre in essere per evitare ulteriori danni alle attività commerciali e di laboratorio di vicinato alimentare.
(5-02207)


   DONNO, MISITI e VALLASCAS. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la pratica commerciale denominata «formula My Car/No-Cost» si struttura attraverso la possibilità dell'acquisto di un'auto con un cospicuo rimborso, parziale o totale, dell'intero costo della vettura, acconsentendo all'uso della propria automobile per veicolare messaggi pubblicitari anche attraverso i propri profili social da parte di determinate società;

   seguendo le indicazioni di specifici siti web, l'utente interessato viene indirizzato verso concessionarie convenzionate dove, selezionata l'auto esclusivamente di colore bianco, versa un anticipo di 1.000 euro circa;

   al contempo, il cliente stipula un contratto con una finanziaria, di fiducia o per lo più indicata dalla concessionaria stessa, alla quale verserà, attraverso rate mensili l'importo corrispondente al valore della vettura, oltre al costo dell'apposita apparecchiatura per la pubblicità cosiddetta wrapping, di ulteriori 5.000 euro circa;

   è stato segnalato che in numerosi casi, a partire dal mese di agosto del 2018, molti utenti non ricevono più il rimborso delle rate già corrisposte alla finanziaria;

   inoltre, molti consumatori hanno ricevuto sanzioni amministrative da parte delle autorità competenti, poiché le pubblicità sulle automobili, secondo quanto disposto dall'articolo 23 del codice della strada, sono consentite solo ed esclusivamente se circoscritte all'attività professionale del proprietario dell'auto;

   appare insolito che, nei vari contratti stipulati con le società e con le suddette finanziarie, non ci si riferisca mai all'acquirente come tale ma come «consulente» o «incaricato» della società proponente, con il fine ad avviso dell'interrogante, di disattendere l'applicazione della disciplina a tutela dei consumatori e raggirare il vincolo imposto dal codice della strada –:

   se il Governo non ritenga opportuno adottare con urgenza iniziative normative volte a garantire una corretta pratica commerciale monitorando l'iniziativa dei vari siti web proponenti l'offerta «formula My Car/No-Cost», nonché se intenda valutare la sussistenza dei presupposti per richiedere all'Autorità garante della concorrenza e del mercato una indagine ai sensi dell'articolo 12 della legge n. 287 del 1990.
(5-02211)

Interrogazione a risposta scritta:


   GAVINO MANCA, MURA, MORETTO, BENAMATI, BONOMO, MOR, NARDI, NOJA e ZARDINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   da un paio di settimane è in atto la protesta da parte di numerosi gestori di distributori di carburante in Sardegna che dal 20 al 22 maggio 2019 hanno proclamato uno sciopero che ha coinvolto almeno 200 dei 350 impianti «di bandiera» sardi, self service compresi;

   le motivazioni della protesta riguardano principalmente la richiesta di intervenire su due aspetti, il margine riconosciuto al gestore e i contratti che limitino i «comportamenti vessatori, antisindacali e abusi perpetrati dalle compagnie ai gestori»;

   i gestori di distributori carburante sono lavoratori autonomi che impegnano e rischiano i loro capitali e che hanno un orario di apertura, in media, di 9/10 ore al giorno e che sono dotati di accettatore self-service che impone un costante monitoraggio 24 ore su 24, 365 giorni all'anno, festività incluse;

   l'impegno dei capitali personali nella gestione dell'impianto per il pagamento delle forniture di carburante, garantite da fidejussioni personali, costituisce una garanzia indiretta anche per il versamento delle imposte, tasse e accise da cui è composto principalmente il prezzo finale del carburante: una delle funzioni a cui adempie il gestore è drenare risorse nelle casse erariali, tutti i giorni, 24 ore su 24, con sensibile esposizione della propria incolumità personale per l'ingente quantità di denaro maneggiato;

   finora la gestione di un distributore di benzina ha sempre garantito un ritorno economico sufficiente a remunerare tale impegno: attualmente tale remunerazione è del tutto insufficiente per qualsiasi gestore, indipendentemente sia dalle sue capacità imprenditoriali che da altri fattori, come ad esempio la posizione nella rete stradale;

   l'erogato medio di ogni stazione di servizio in Italia è di 1 milione di litri e pertanto il reddito lordo sarebbe pari a circa 25.000 euro annui sui quali si devono pagare i costi fissi e variabili come le commissioni bancarie, i costi di c/c bancario, tutte le utenze, Tari, i consulenti e i dipendenti;

   i modelli gestionali adottati da tutte le compagnie petrolifere hanno portato, inoltre, a dei sostanziali vincoli di gestione per tutti i gestori che impedirebbero di organizzare liberamente la propria attività economica e che si possono tramutare, di fatto, in un abuso di dipendenza economica come ad esempio l'imposizione ai gestori dell'adozione della cosiddetta «split lane» che consiste nell'avere una o più corsie dedicate al rifornimento self-service, e una o più corsie dedicate al servito: la differenza di prezzi tra le due modalità, talvolta raggiunge addirittura i 25/30 centesimi e di questa maggiorazione del prezzo, che tra l'altro va a colpire quasi esclusivamente le fasce più deboli dei consumatori, quali anziani, diversamente abili, donne in attesa e altri, il 95 per cento circa viene incamerato dalla compagnia petrolifera e il restante dal gestore;

   il prezzo finale da praticare alla pompa viene poi «consigliato» dalla compagnia, ma sostanzialmente per il gestore risulterebbe impossibile discostarsene: le compagnie, molto attente a monitorare costantemente i prezzi praticati con sistemi informatici, nel momento in cui si avvedono dello scostamento dal prezzo consigliato possono attuare una serie di azioni dissuasive;

   queste modalità e questi comportamenti, a detta dei gestori in protesta, inciderebbero sensibilmente sulla libertà del gestore di determinare la propria attività economica e sulla libertà di quest'ultimo di decidere, in piena autonomia, il prezzo finale al consumatore –:

   se il Ministro interrogato intenda convocare con urgenza un tavolo tecnico di trattative per il riordino del settore che permetta, anche attraverso opportune iniziative normative afferenti al margine del gestore, la sopravvivenza della categoria.
(4-02997)

Apposizione di firme a risoluzioni.

  La risoluzione in Commissione Rizzetto e altri n. 7-00251, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 maggio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Silvestroni.

  La risoluzione in Commissione Brescia e altri n. 7-00253, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 maggio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Siragusa.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Critelli n. 5-00108, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 luglio 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ungaro.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Migliore n. 5-01944, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 aprile 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fragomeli.

  L'interrogazione a risposta scritta Macina n. 4-02989, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 maggio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Vianello.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Ungaro e altri n. 5-02206, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 maggio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Martina.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Critelli e Cenni n. 5-00108 del 9 luglio 2018 in interrogazione a risposta orale n. 3-00754;

   interrogazione a risposta in Commissione Migliore e Fragomeli n. 5-01944 del 15 aprile 2019 in interrogazione a risposta orale n. 3-00755;

   interrogazione a risposta orale Anzaldi n. 3-00696 del 16 aprile 2019 in interrogazione a risposta scritta n. 4-02999.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   CARDINALE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da settimane il sindaco di Linosa segnala la grave situazione del proprio territorio a causa dell'assenza di carburante;

   nonostante le azioni intraprese, la situazione continua a non sbloccarsi a causa della mancata autorizzazione da parte dei vigili del fuoco per il nuovo impianto di distribuzione;

   anche l'ultima riunione in prefettura non ha dato i risultati sperati;

   il sindaco ha chiesto l'intervento della protezione civile o, in alternativa, l'autorizzazione per il trasporto gratuito delle automobili in nave per permettere di arrivare al punto più vicino di rifornimento;

   persino le auto di carabinieri e guardia medica sono ferme a causa della mancanza di carburante con inevitabili disagi per la popolazione –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo con la massima urgenza al fine di superare l'attuale situazione e assicurare una rapida soluzione per l'emergenza e una risposta definitiva e strutturale per l'impianto di distribuzione, evitando ulteriori disagi alla popolazione.
(4-02684)

  Risposta. — I controlli di prevenzione incendi sugli impianti fissi di distribuzione di carburante per autotrazione sono disciplinati dal decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151 e dal decreto ministeriale 7 agosto 2012, per ciò che concerne le modalità di presentazione delle relative istanze.
  Naturalmente, l'inclusione di tali strutture tra le attività soggette, ai controlli di prevenzione incendi è direttamente collegata all'alto rischio connesso al deposito e al travaso di carburanti.
  In relazione a tali sostanze, alcuni recenti eventi luttuosi confermano che l'adozione di tutte le misure necessarie a prevenire incidenti costituisce un dovere ineludibile a salvaguardia della pubblica incolumità, che ricade innanzitutto su chi gestisce le relative attività commerciali ma anche sulle istituzioni che hanno compiti di verifica e controllo su di esse.
  Il caso segnalato nell'interrogazione riguarda la situazione determinatasi presso l'isola di Linosa per la protratta inoperatività degli impianti di deposito e distribuzione carburanti della ditta «Nautilus Marine», a causa della carenza di requisiti di sicurezza evidenziati a seguito di controlli da parte dei vigili del fuoco.
  Infatti, il competente comando provinciale di Agrigento — in sede di esame della documentazione relativa alla segnalazione certificata di inizio attività presentata dalla predetta ditta e anche a seguito di apposito sopralluogo del 10 ottobre 2018 — ha rilevato numerose irregolarità, prescrivendo opere di adeguamento da realizzare entro 45 giorni a pena di sospensione dell'attività.
  Successivamente, nei dicembre del 2018, la ditta ha chiesto e ottenuto dall'assessorato regionale competente la sospensione per sei mesi della fornitura del prodotto, per lavori di manutenzione in corso, e ha inoltrato ai vigili del fuoco un'istanza di proroga dei termini per l'adeguamento degli impianti; tale proroga non è stata concessa in quanto non prevista dalla disciplina di settore.
  Il 24 gennaio la «Nautilus Marine» ha comunicato di aver ottemperato alle prescrizioni ed eseguito i lavori e, pertanto, il 4 febbraio scorso i vigili del fuoco hanno effettuato un sopralluogo di verifica che, però, ha confermato la permanenza di alcune inadempienze da parte della società, con riferimento alla presentazione dei certificati di collaudo e delle dichiarazioni di conformità.
  Nei giorni successivi la prefettura di Agrigento si è fatta promotrice di un incontro tra i tecnici della ditta e i funzionari del comando provinciale dei vigili del fuoco di Agrigento, alla presenza di un rappresentante del sindaco del comune di Lampedusa e Linosa, al fine di facilitare il superamento delle difficoltà burocratiche e consentire la più celere ripresa dell'erogazione del servizio pubblico essenziale alla popolazione dell'isola.
  Tale auspicio si è concretizzato quando, a seguito dell'intervenuta regolarizzazione da parte della ditta, avvenuta il 6 marzo scorso, il comando provinciale dei vigili del fuoco ha potuto attestare l'avvenuto rispetto delle prescrizioni previste dalla vigente normativa di prevenzione incendi, consentendo la riattivazione in condizioni di sicurezza dell'impianto di distribuzione di carburante sull'isola di Linosa.
  

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Stefano Candiani.


   CARRARA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   l'Italia sta partecipando all'iniziativa promossa nel 2012 dalla Repubblica Ceca di candidatura seriale transnazionale de «The Great Spas in Europe» per l'iscrizione nella lista del patrimonio mondiale dell'Unesco, insieme con la Francia, la Germania, il Belgio, l'Austria, la Gran Bretagna;

   l'obiettivo della proposta è quello di tutelare e valorizzare il patrimonio storico artistico architettonico delle città termali, costruite tra il 1700 e la prima metà del 1900 in numerose località europee ed italiane;

   la diffusione dei centri di benessere termali ha rappresentato una innovazione nella medicina con l'introduzione della balneoterapia, dell'elioterapia e delle cure con acque termali per patologie della pelle e delle vie respiratorie;

   gli stabilimenti termali storici in Italia e in Europa hanno ancor oggi un sistema urbano riconoscibile e strutturato in un contesto paesaggistico di qualità, continuano tuttora a svolgere lo storico ruolo di promozione per lo sviluppo delle arti e della letteratura e sono inseriti nelle reti del turismo del benessere;

   per l'Italia, la città di Montecatini è stata selezionata nel 2014 da un gruppo internazionale quale migliore tipologia di città termale e da allora partecipa attivamente al progetto di candidatura transnazionale «The Great Spas in Europe» per l'iscrizione nella lista del patrimonio mondiale dell'Unesco da cui è nata una rete internazionale di città termali –:

   quale sia lo stato di avanzamento della candidatura e quali iniziative il Governo intenda promuovere a sostegno del progetto transnazionale «The Great Spas».
(4-00967)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di conoscere quale sia lo stato di avanzamento della candidatura della città di Montecatini Terme al progetto transnazionale «The Great Spas in Europe».
  Sulla base delle notizie fornite dal Segretariato generale — Ufficio Unesco, si rappresenta quanto segue.
  Su invito della Repubblica Ceca, l'Italia fa parte del sito seriale e transnazionale «The Great Spas in Europe» candidato alla lista del Patrimonio mondiale dell'Unesco.
  Oggetto della proposta è il fenomeno delle città termali quale si è sviluppato durante il XVIII ed il XIX secolo, collegato all'evoluzione delle scienze mediche e delle attività di utilizzo delle acque termali.
  Il progetto di candidatura è iniziato ufficialmente nel 2012, su proposta della Repubblica Ceca e su indicazione dell'organismo consultivo dell'Unesco che sollecita ad estendere agli altri Stati dell'Europa centrale l'originario progetto di candidare le proprie tre città termali più famose.
  A seguito dell'attivazione di un gruppo di esperti internazionali che ha individuato le più rappresentative città termali europee (su suggerimento del Centro del Patrimonio mondiale non più di 10 circa), sono stati formalmente invitati a partecipare al progetto l'Italia, la Francia, il Belgio, l'Austria, il Regno Unito e la Germania.
  Il Gruppo di lavoro internazionale ha elaborato il documento necessario alla presentazione formale della proposta all'Unesco.
  Il 1o luglio 2014 il progetto di candidatura transnazionale è stato inserito nelle liste propositive nazionali di Repubblica Ceca, Italia, Francia, Belgio, Austria, Regno Unito e Germania.
  La selezione operata da esperti della materia ha individuato quali migliori rappresentazioni di questa tipologia di beni culturali: Karlovy Vary, Frantiskovy Lazne, Marianske Lazne nella Repubblica Ceca, Vichy in Francia, Spa in Belgio, Bath nel Regno Unito, Baden bei Wien in Austria, Baden-Baden, Bad Kissingen, Bad Ems in Germania ed infine Montecatini Terme in Italia.
  Le amministrazioni comunali delle città selezionate hanno negli anni sostenuto le ingenti spese di candidatura e formato una rete internazionale di città termali.
  Montecatini Terme da allora partecipa ai lavori con un ampio coinvolgimento politico e tecnico.
  Accanto ai lavori per la preparazione dei documenti di candidatura, si sta attuando in Italia, così come negli altri paesi coinvolti, un'attività di promozione e diffusione del progetto di candidatura (sito
web, materiali informativi, giornate di presentazione alle popolazioni locali) in coerenza con il principio di partecipazione sotteso all'attuazione della convenzione Unesco.
  A titolo esemplificativo, si segnala l'iniziativa
Great Spas of Europe «Montecatini Terme verso UNESCO», svoltasi a Montecatini Terme il 2 febbraio 2018 a cui hanno preso parte anche rappresentanti del Ministero.
  L'Ufficio Unesco del Ministero, che coordina per l'Italia le attività di predisposizione dei documenti di candidatura, è stato formalmente coinvolto nel progetto nel 2013 e da allora partecipa ai lavori con una sua presenza sia nello
Steering Group (rappresentanza dei ministeri competenti dei vari Paesi coinvolti) sia nel Working Group (rappresentanza degli esperti) con gli architetti Adele Cesi e Francesca Riccio.
  In data 22 gennaio 2019 Montecatini Terme ha firmato la propria candidatura a Parigi presso l'ambasciata ceca, poiché la Repubblica Ceca è capofila della candidatura per «The Great Spas in Europe».
  Ufficializzata la candidatura, è iniziata la fase di valutazione da parte degli organismi internazionali che ha una durata di un anno e mezzo e culminerà con la decisione del 44° Comitato del patrimonio mondiale Unesco del 2020.
  In particolare, gli Stati coinvolti nella candidatura sono attualmente impegnati nel coordinamento e nell'organizzazione della missione di valutazione da parte di un esperto nominato dall'Icomos, organismo consultivo dell'Unesco, che, come previsto dalle procedure, svolgerà sopralluoghi in tutte le città candidate entro il prossimo mese di settembre. A tale scopo i rappresentati nazionali dei sette Stati si incontreranno a Praga il 15 maggio 2019 per definire i termini della suddetta missione di valutazione.
  In tale processo, il Ministero sta continuando a sostenere l'iniziativa, assicurando tutto il supporto tecnico e amministrativo richiesto da tutte le fasi della candidatura.
  

La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali: Lucia Borgonzoni.


   D'ETTORE, MUGNAI, POLIDORI, VIETINA, BIGNAMI e NEVI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 16 gennaio 2019 è stato disposto il sequestro e la chiusura del viadotto Puleto sulla E45, nei pressi di Valsavignone, in provincia di Arezzo, al confine fra Toscana e Romagna;

   il provvedimento di sequestro è stato richiesto dal procuratore di Arezzo Roberto Rossi nell'ambito dell'inchiesta sul cedimento di una piazzola della stessa E45 avvenuto l'11 febbraio 2018. Secondo una commissione di tecnici incaricata dal pubblico ministero, il viadotto Puleto sarebbe a forte rischio di collasso;

   le indagini erano partite nel mese di novembre in seguito alla pubblicazione di un video girato da un poliziotto in pensione. Nelle immagini si vedeva chiaramente lo stato di usura dei piloni e come il ferro si fosse corroso;

   estremamente critiche sono chiaramente le ripercussioni su tutta la viabilità della zona, con l'Umbria sostanzialmente isolata verso nord. Il traffico, soprattutto pesante, viene ora dirottato sulle strade provinciali della Toscana già in condizioni critiche per la poca manutenzione conseguente ai tagli alle risorse che le province hanno subito in questi anni;

   peraltro, lungo la vecchia statale Tiberina che andava in Romagna dal valico di Verghereto, il tratto stradale Valsavignone-Canili della vecchia arteria è chiuso da tempo. La strada è stata declassata a comunale. Detta strada rappresenterebbe, in una situazione di emergenza come quella conseguente alla chiusura del viadotto, una importante alternativa alla E45. Vale la pena sottolineare che nel 2016 era stato previsto un finanziamento di 2,6 milioni di euro per il suo ripristino, ma questo non è mai avvenuto;

   va ricordato come i viadotti lungo la E45 siano particolarmente datati, risalenti agli anni Settanta, ed è alta la preoccupazione per chi percorre questi tratti di superstrada;

   già nel novembre 2018 l'interrogazione n. 4-01710, Vietina e Bignami, ricordava le forti criticità delle condizioni strutturali dei viadotti della E45;

   la E45 è una infrastruttura statale in gestione Anas, e il piano regionale della mobilità della Toscana prevede per il tratto toscano di 30 chilometri tra i comuni di Pieve Santo Stefano e Sansepolcro, investimenti per l'adeguamento e la messa in sicurezza per 75 milioni di euro;

   nonostante i numerosi interventi di manutenzione di questi ultimi anni, rimane il fatto che i materiali costruttivi sono prevalentemente in cemento armato precompresso, sensibile alle escursioni termiche: certamente materiali indicati negli anni in cui tali opere vennero realizzate ma decisamente superati per i nostri giorni –:

   se non si ritenga necessario avviare iniziative normative di somma urgenza finalizzate ad affrontare al meglio la situazione di emergenza – trasportistica, infrastrutturale, e per gli effetti sull'economia locale – conseguente al sequestro e alla chiusura del viadotto Puleto;

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere, stante la situazione di emergenza in collaborazione con gli enti territoriali interessati, affinché siano resi percorribili percorsi, alternativi, come il tratto Valsavignone-Canili della vecchia arteria ex statale 3-bis, per garantire una valida viabilità nell'area;

   se non intenda avviare tutte le opportune iniziative volte a riportare tutta la vecchia statale Tiberina sotto la gestione dell'Anas;

   quali siano stati finora gli interventi manutentivi e di controllo sulla suddetta infrastruttura viaria, con particolare riferimento ai viadotti;

   se non reputi urgente, anche alla luce di quanto accaduto ed esposto in premessa, effettuare maggiori e più approfonditi controlli per una verifica complessiva dello stato dei viadotti lungo la E45, garantendo alla manutenzione tutte le risorse necessarie e già nelle disponibilità dell'Anas.
(4-02038)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in essere, sulla base delle informazioni acquisite dalla società Anas, dalla direzione generale per le strade e le autostrade e per la vigilanza e la sicurezza nelle infrastrutture stradali e dal Ministero dell'interno, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Con mirato riguardo al viadotto Puleto, la società Anas ha fatto sapere di aver dato corso alla progettazione del ripristino degli elementi statici ammalorati e di aver successivamente appaltato un intervento di manutenzione straordinaria, teso all'adeguamento sismico e strutturale, per un investimento complessivo pari al valore di 2,5 milioni di euro.
  Nel dettaglio, tali lavori, che avranno una durata stimata in duecento giorni circa, consistono nel risanamento del calcestruzzo, miglioramento sismico dell'opera, rifacimento delle solette ed ammodernamento delle barriere laterali di sicurezza.
  Cionondimeno, gli interventi programmati c le attività collegate sono vincolati alle determinazioni della Procura di Arezzo, presso la quale è pendente un'indagine penale relativa allo stato di conservazione del viadotto medesimo.
  Al riguardo, è doveroso precisare che la citata Autorità giudiziaria, in data 6 marzo 2019 ha notificato ad Anas l'avviso concernente l'arco temporale fissato per l'esperimento di accertamenti tecnici non ripetibili.
  Tale circostanza ha determinato una temporanea sospensione del cronoprogramma dell'intervento, giacché nel periodo considerato erano state pianificate le attività di cerchiatura ed applicazione di malte espansive su 15 appoggi del viadotto, nell'ambito dei consolidamento dei baggioli: operazioni, queste ultime, propedeutiche all'auspicata riapertura della E45 al transito dei mezzi pesanti, attualmente esclusi.
  La procura della Repubblica di Arezzo, per scongiurare una possibile alterazione dello stato dei luoghi, ha di fatti specificamente inibito Anas dal procedere a qualsivoglia attività correlata al consolidamento degli anzidetti baggioli.
  Ciò posto, la premessa società di gestione ha comunicato che proseguono regolarmente gli interventi sulle pile del viadotto e che, non appena ultimate dette prove irripetibili darà corso alla tempesti va ripresa dei lavori di consolidamento.
  Più in generale, in ordine alle criticità che caratterizzano l'intero tracciato della E45, Anas ha predisposto un piano di interventi di manutenzione straordinaria, previsto dal Contratto di programma 2016-2020, del valore di circa 1 miliardo di euro.
  In merito alla viabilità, alternativa, Anas e Comune di Pieve Santo Stefano hanno stipulato, in data 3 aprile 2019, un atto convenzionale che definisce la reciproca collaborazione nell'esecuzione dei lavori necessari alla riapertura della ex strada statale, di competenza comunale, 3-bis Tiberina, il cui avvio si prevede entro la corrente primavera.
  I lavori, che dureranno circa 210 giorni, per un investimento complessivo di 2,3 milioni di euro, comprendono la messa in sicurezza delle pendici ed il consolidamento del versante nei tratti in frana, nonché il ripristino del piano viabile lungo il tracciato e l'installazione di barriere laterali di sicurezza.
  Si coglie l'occasione per evidenziare, peraltro, che questo Ministero sta effettuando le opportune verifiche per una possibile riclassificazione a strada statale della citata ex 3-
bis Tiberina.
  Quanto, infine, ai disagi che la chiusura del viadotto Puleto ha comportato per gli operatori economici del territorio, per le comunità locali e per tutti coloro che utilizzano la E45 per gli spostamenti connessi alle esigenze di lavoro e di studio, nonché al flusso turistico, il Ministero dell'interno ha informato che con decreto del Presidente della giunta n. 14 del 28 gennaio 2019, la Regione Toscana ha dichiarato lo stato di emergenza regionale nella provincia di Arezzo.
  In una siffatta cornice, la successiva delibera della giunta n. 96 ha riconosciuto gravemente danneggiati, sul piano sociale ed economico, i comuni di Anghiari, Badia Tedalda, Caprese Michelangelo, Monterchi, Pieve Santo Stefano, Sansepolcro e Sestino, rinviando all'adozione di successivi provvedimenti 1 individuazione degli interventi necessari per l'assegnazione di risorse finanziarie che consentano il ristoro dei danni sofferti.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Danilo Toninelli.


   DELMASTRO DELLE VEDOVE e LUCA DE CARLO. — Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   tra il 1943 e il 1945 sul confine orientale d'Italia si muovevano e si combattevano tedeschi, militari italiani, bande jugoslave agli ordini di Tito, reparti ustascia, fascisti croati, patrioti sloveni anticomunisti, partigiani bianchi anticomunisti;

   fra questi vi era il battaglione Mussolini che si costituì dopo l'8 settembre 1943 nella caserma «Catena» di Verona;

   detto reparto, dal 10 ottobre 1943 al 29 aprile 1945, presidiò la linea lungo il fiume Isonzo e il torrente Bracca al confine austriaco, ovvero sia la linea da cui gli slavo comunisti di Tito tentavano di scendere nelle città di Gorizia e Trieste;

   al termine della guerra venne prospettata l'ingannevole resa con l'onore delle armi, ma si aprì, per chi accettò, il calvario dei campi di sterminio di Borovnica e di Skofia Loka;

   la sorte dei bersaglieri volontari del battaglione Mussolini fu quella di essere infoibati a Tolmino (Slovenia) nella caverna di Pan di Zucchero e straziati da una esplosione avvenuta il 6 maggio 1945 che ne dilaniò il fondo e fece crollare gli accessi, seppellendo, all'interno, 79 bersaglieri;

   nel 1992 le salme sono state ritrovate, ma non ancora rimpatriate;

   «Onorcaduti», settore del Ministero della difesa, ha curato la questione diplomatica del rimpatrio dei soldati italiani trucidati, ma senza alcun effettivo risultato ad oggi;

   amor patrio e pietà cristiana impongono la riesumazione dei corpi dei bersaglieri infoibati a Tolmino e la loro degna sepoltura in Patria –:

   a che punto sia la questione diplomatica della traslazione dei resti dei predetti bersaglieri infoibati e come intenda agire il Governo per definire celermente e senza indugio la vicenda con la Slovenia.
(4-02325)

  Risposta. — Il Ministero della difesa, per il tramite del commissariato generale per le onoranze ai caduti, provvede a tutte le attività di ricerca e sistemazione provvisoria e definitiva dei caduti in guerra nei sacrari/cimiteri militari in Italia e all'estero, così come previsto dall'articolo 267 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo n. 66/2010 e a prescindere da qualsiasi contesto storico di riferimento.
  In considerazione di tale previsione normativa e a conferma dell'attenzione che da sempre il Dicastero rivolge alle attività di traslazione in Italia delle spoglie mortali di quanti hanno sacrificato la vita per il nostro Paese, vorrei citare le recenti operazioni di ricerca, scavo e recupero di caduti effettuate a luglio dello scorso anno in Croazia e quelle di rimpatrio dalla Russia e dall'Albania nel 2017 e nel 2018, a cura del commissariato generale.
  In queste stesse Nazioni sono previste, anche nel 2019, ulteriori attività di ricerca e recupero di caduti italiani.
  Nel merito della vicenda evocata nell'atto, già in passato sono state dedicate risorse materiali e finanziarie per le attività di ricerca dei Resti mortali dei militari del 1° Battaglione bersaglieri volontari «B. Mussolini» – 8° Reggimento «La Marmora» – dispersi a Tolmino, nonché per gli scavi nell'area interessata, ma l'esito non è stato positivo.
  Più nello specifico, nel 2008 è stata condotta una ricerca nella zona di Tolmino, cui hanno partecipato personale del commissariato generale, un commilitone dei bersaglieri, profughi e persone informate sui fatti da testimoni oculari, le cui risultanze sono state, però, negative.
  Successivamente, nella primavera del 2011, a conclusione delle attività propedeutiche (testimonianze dei reduci, acquisizione di materiali e documenti storici) ai futuri scavi, sono state eseguite indagini geofisiche in tre siti storici corrispondenti alla «Galleria» e al «Trincerone» sul Pan di zucchero (colle sovrastante Tolmino) e all'ossario tedesco sulla piana alluvionale del fiume Isonzo.
  La ricerca, condotta nel quadro delle indagini promosse dalla Commissione italo-slovena appositamente istituita nel 1998, è stata affidata dall'associazione familiari dei caduti dispersi a Tolmino a un professore universitario di Padova, incaricato di effettuare rilievi geofisici al fine di individuare, con l'impiego di dispositivi moderni e non invasivi, indizi utili a localizzare la caverna dove i bersaglieri potrebbero essere stati ammassati e uccisi dalle formazioni partigiane yugoslave, negli eventi del maggio 1945.

  Nei tre siti oggetto di indagine sono stati effettuati quattro distinti rilievi che hanno interessato anche un settore denominato il «Sentiero», individuato sulla base delle indicazioni provenienti dai sopralluoghi, dalle testimonianze storiche e dalla morfologia del sito.
  L'indagine ha evidenziato anomalie del terreno riconducibili alla presenza di una cavità solo nel sito «Sentiero», mentre non è stata rilevata la presenza di altre cavità nei siti «Galleria», «Trincerone» e «Ossario tedesco».
  Nel marzo 2013 sono stati effettuati di nuovo degli scavi concentrati nella stessa area «Sentiero», ma non è stato portato alla luce alcun elemento significativo e, ancora una volta, il risultato è stato negativo.
  Alla luce di quanto finora esposto, nonostante l'impegno profuso e le risorse investite, in particolare dalla Difesa, i militari risultano tuttora dispersi, poiché, di fatto, i loro Resti mortali non sono mai stati rinvenuti.
  Pertanto, non è esatto quanto riportato nell'interrogazione, ovvero che le loro salme sono state ritrovate nel 1992 e non ancora rimpatriate.
  Il commissariato generale ha posto e continua a porre la massima attenzione sulla vicenda, cercando di determinare, con ragionevole certezza, il luogo dove eventualmente programmare futuri lavori di ricerca di caduti italiani, anche se, ad oggi, non è possibile individuare una zona dove proseguire l'attività precedentemente e più volte intrapresa.
  Soltanto l'identificazione di un'area ben definita sulla base di elementi certi, consentirebbe al commissariato generale di richiedere alle autorità slovene le necessarie autorizzazioni per procedere con ulteriori ricerche e scavi.
  Il Ministero della difesa – e per esso il Commissariato generale – assicurerà sempre, così come avviene per tutti i casi analoghi all'estero e in Italia, la massima attenzione e collaborazione per valutare concrete e definite indicazioni che dovessero provenire dalle associazioni, dai ricercatori o dagli storici, relativamente alla possibile localizzazione dei caduti italiani ancora non individuati.
  Rendo noto, in ultimo, che nel 1997 l'Ambasciatore italiano a Lubiana ha interpellato il sindaco di Tolmino riguardo alla possibilità di erigere una croce commemorativa in tale località, nel luogo dove, il 10 maggio 1945, furono sacrificati circa 100 bersaglieri italiani.
  In quell'occasione, il primo cittadino ha riferito di non avere alcun dato in merito all'uccisione dei bersaglieri nell'area di Tolmino, precisando, altresì, che i militari italiani catturati furono trasferiti nel campo di prigionia di Borovnica presso Lubiana.
  
Tengo a sottolineare, a conclusione della mia risposta, che il Ministero della difesa continua a essere impegnato a conferire la giusta e doverosa attenzione alla valenza etica della vicenda e, in tale quadro, operare affinché possa essere assicurato il giusto ricordo per il sacrificio estremo di questi caduti.
  

La Ministra della difesa: Elisabetta Trenta.


   EMILIOZZI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   a dicembre 2018 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (Miur) sentito il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (Maeci), ha avviato, con apposito decreto dipartimentale n. 2021 del 20 dicembre 2018, la procedura di selezione del personale scolastico da inviare all'estero per l'anno scolastico 2019/2020;

   molti degli aspiranti candidati che avevano già partecipato alle precedenti selezioni hanno visto pregiudicata la possibilità di partecipare alla selezione a causa di una presunta mancanza del titolo che certifica il possesso dei requisiti linguistici;

   all'articolo 4 del predetto decreto dipartimentale sono stati individuati i requisiti culturali e professionali dei candidati alla selezione, tra i quali: «avere una certificazione della conoscenza della lingua straniera per la quale si partecipa non inferiore al livello B2 del Quadro Comune Europeo di Riferimento (QCER), fra quelle relative alle aree linguistiche stabilite dall'articolo 5, comma 5 del presente bando, rilasciata da uno degli Enti Certificatori di cui al decreto del Direttore generale per gli affari internazionali del MIUR del 12 luglio 2012, n. 10899 e successive modificazioni, o da un Ente certificatore riconosciuto nel Paese estero in cui è già stato prestato servizio, in corso di validità»;

   tra le certificazioni linguistiche accolte, dunque, non sono state ricomprese quelle ottenute dai candidati della precedente selezione ai sensi del decreto interministeriale del Miur e del Maeci n. 4377 del 7 ottobre 2011 («Indizione delle prove di accertamento linguistico riservate al personale docente e Ata della scuola per prestare servizio nelle istituzioni scolastiche e universitarie all'estero»);

   il precedente bando di selezione del personale docente e amministrativo, infatti, tra gli attestati di conoscenza linguistica, ammetteva le certificazioni effettuate direttamente dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e riconosciute con apposita ordinanza ministeriale MAECI n. 5300/2012;

   l'articolo 10 del suddetto decreto interministeriale n. 4377/2011 stabiliva inoltre che il titolo di accertamento della conoscenza della lingua straniera avrebbe conservato la validità per 9 anni scolastici a decorrere dall'anno scolastico 2013-2014, pertanto fino all'anno scolastico 2021-2022;

   la normativa in materia di istituzioni e iniziative scolastiche italiane all'estero è stata oggetto di riordino attraverso il decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 64;

   l'articolo 14 del suddetto decreto legislativo n. 64 del 2017 stabilisce che i requisiti culturali e professionali fondamentali dei dirigenti scolastici, dei decenti e del personale amministrativo della scuola da destinare all'estero sono individuati con decreto del ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale;

   ai sensi del predetto articolo 14, è stato emanato il decreto interministeriale n. 634 del 2 ottobre 2018, il quale, agli articoli 2, 3 e 6 individua, rispettivamente, i requisiti dei dirigenti, del personale docente e del personale amministrativo da destinare all'estero;

   per le tre categorie si stabilisce il seguente requisito culturale fondamentale: «avere una conoscenza di almeno una lingua straniera di livello non inferiore a B2 del Quadro Comune Europeo di Riferimento (QCER), fra quelle relative alle aree linguistiche stabilite dal bando di selezione, rilasciata da uno degli Enti Certificatori di cui al decreto del Direttore generale per gli affari internazionali del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 12 luglio 2012, n. 10899 e successive modificazioni»;

   l'elenco degli enti certificatori è puntualmente individuato all'articolo 4 del decreto del direttore generale per gli affari internazionali del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 12 luglio 2012, n. 10899 –:

   se i Ministri interrogati, alla luce delle premesse, non intendano adottare un atto, affinché venga riconosciuta, nell'ambito della selezione di cui al decreto dipartimentale n. 2021 del 20 dicembre 2018, la validità delle certificazioni linguistiche ottenute ai sensi del decreto interministeriale del Miur e del Maeci n. 4377 del 2011 e riconosciute valide fino all'anno scolastico 2021-2022 con ordinanza ministeriale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
(4-02334)

  Risposta. — Giova premettere che, in materia di selezione del personale da destinare all'estero, la normativa oggi vigente è rappresentata dal decreto legislativo n. 64 del 2017 (disciplina della scuola italiana all'estero, a norma dell'articolo 1, comma 180 e 181 lettera h) della legge 13 luglio 2015, n. 107), dal decreto interministeriale n. 634 del 2 ottobre 2018 (requisiti personale da destinare all'estero), dal decreto dipartimentale n. 2021 del 20 dicembre 2018 (selezione del personale docente a Ata da destinare all'estero) e dalle leggi in essi richiamate.
  Le nuove prescrizioni legislative hanno abrogato le norme anteriori. In specie, l'articolo 38 del decreto legislativo n. 64 del 2017 ha soppresso gli articoli 625 e 675 del Testo unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione (decreto legislativo n. 297 del 1994) relativi alle scuole italiane e al personale da inviare all'estero e tutto quanto da essi derivante.
  Il legislatore nella nuova regolamentazione si è posto l'obiettivo di garantire la qualità, l'efficacia e la coerenza del sistema della formazione italiana nel mondo. Conseguentemente il personale scolastico da inviare nelle sedi estere deve possedere requisiti culturali e professionali in linea con gli
standard europei e la conoscenza di almeno una lingua straniera di livello non inferiore a B2 del quadro comune europeo di riferimento (Qcer) con certificazione rilasciata da uno degli enti certificatori individuati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
  Tale certificazione linguistica è diversa da quella prescritta dal decreto interministeriale n. 4377 del 2011, richiamato nel dispositivo dell'interrogazione, in base al quale l'accertamento linguistico veniva effettuato direttamente dal Ministero degli affari esteri e riconosciuto con ordinanza ministeriale.
  L'articolo 19 del decreto legislativo n. 64 del 2017 prevede, inoltre, che le graduatorie del personale selezionato a seguito di procedura indetta con bando del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sentito il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (decreto direttoriale n. 2021 del 20 dicembre 2018) abbiano validità di sei anni e non siano quindi più permanenti; le procedure di selezione possono essere bandite prima della scadenza determinata dalla norma solo se le predette graduatorie si esauriscono o sono mancanti.
  Tenuto conto di quanto sopra esposto, alla luce della normativa vigente, appare chiaro che la validità delle precedenti prove di selezione linguistica (decreto interministeriale n. 4377 del 2011) è venuta meno a seguito dell'entrata in vigore della nuova normativa che ha abrogato il vecchio sistema selettivo. Non è possibile quindi riconoscerne la validità ai fini della nuova selezione del personale scolastico.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Guglielmo Picchi.


   FASSINA e ROSTAN. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la Masseria Antonio Esposito Ferraioli è il bene confiscato più grande dell'area metropolitana di Napoli, 12 ettari di terreni sottratti ai clan vent'anni fa, e che da due anni sono diventati un presidio di legalità per tutto il territorio. La Masseria, che un tempo era un fortino del clan Magliulo, è stata affidata dal 1o marzo 2017 dal comune di Afragola a una rete di cooperative, associazioni e organizzazioni che le hanno dato il nome di Antonio Esposito Ferraioli, cuoco, scout e sindacalista della Cgil, vittima innocente della camorra;

   in questi anni, grazie all'attività di tutti i soggetti coinvolti, sono stati salvati dall'incuria 2.000 alberi di pesco e altri 1.700 alberi da frutta sono stati piantati nel 2018. Sono nati 120 orti urbani, affidati gratuitamente a 120 famiglie di Afragola e delle città limitrofe. Nel 2018 è nata una start-up formata da donne, che si occuperà di commercializzare i prodotti della Masseria, e grazie all'impegno dei gestori è stato vinto un bando di un milione e mezzo di euro che consentirà di ristrutturare l'intera Masseria, così da realizzare una casa di accoglienza per donne e minori vittime di violenza. La struttura in questi due anni ha ospitato numerosi eventi, tra i quali i campi estivi dell'associazione Libera, ed è stata visitata da migliaia di persone, diventando così un fiore all'occhiello e punto di riferimento per la lotta alla camorra in tutto il territorio, oltre che una delle migliori pratiche di riuso dei beni confiscati in tutta Italia;

   Afragola è anche la città dove nell'ultimo mese sono esplose ben otto bombe di camorra: il territorio è sotto attacco da parte dei poteri criminali che vanno combattuti con forza ed è perciò più che mai fondamentale rafforzare e difendere un esempio come la Masseria Ferraioli, che è un modello positivo e concreto di lotta alla camorra;

   per una vicenda di cinque anni fa e che nulla ha che fare con l'attuale gestione della Masseria, oggi questo percorso rischia di essere messo in discussione. Sembra, infatti, che nel 2014, dopo quindici anni dalla confisca, il bene che allora versava in stato di abbandono venne occupato illegalmente da un agricoltore. A causa di questa occupazione, una parte del bene confiscato venne posta sotto sequestro, ma dopo pochi mesi tutto era tornato alla normalità, e così nel 2017 la Masseria fu finalmente assegnata e restituita ai cittadini, mettendo fine all'abbandono durato vent'anni. Tuttavia, pochi giorni fa, si scopre che una porzione del bene risulta ancora sotto sequestro per un vizio di forma e per questo il comune di Afragola, con determina del 18 gennaio 2019 del suo ufficio tecnico, ha bloccato l'attività della Masseria;

   l'amministrazione comunale aveva garantito, ribadendolo in interviste a giornali e tv, che si sarebbe attivata per superare velocemente tale blocco, rimettendo la Masseria nelle mani delle associazioni che la gestiscono con risultati ottimi per la cittadinanza e in nome della legalità e della lotta alla camorra. A oggi non ci sono più comunicazioni da parte dell'amministrazione comunale e ciò preoccupa fortemente tutti coloro che in questi anni si sono prodigati per gestire e fare crescere un presidio di legalità e lotta alla criminalità organizzata –:

   se sia a conoscenza della vicenda e se, nell'ambito delle sue competenze, intenda adottare iniziative per aiutare a trovare una soluzione a una situazione che mette in grave pericolo un presidio di legalità ed un esempio di buona gestione dei beni confiscati, importantissimo per la città di Afragola e tutto il suo circondario.
(4-02138)

  Risposta. — Il bene denominato «Masseria Antonio Ferraioli», già «Masseria Magliulo», è composto da diversi terreni confiscati al clan Magliuzzo; situati nel comune di Afragola, hanno un'estensione complessiva di circa 12 ettari.
  Tali beni, a seguito dell'intervenuta confisca definitiva, furono gestiti dall'allora competente agenzia del demanio direzione dei beni confiscati alla criminalità organizzata che, con decreto di destinazione del 17 novembre 2015, li ha poi trasferiti al patrimonio indisponibile del comune di Afragola per finalità sociali.
  Successivamente, a seguito di specifica procedura ad evidenza pubblica, con delibera di giunta del 24 giugno 2016 l'ente locale ha proceduto all'affidamento del bene al consorzio terzo settore — società di servizi sociali — società cooperativa sociale onlus e, in data 13 febbraio 2017, ha avuto luogo la sottoscrizione di specifico atto di convenzione e comodato d'uso.
  In data 20 dicembre 2018 la polizia municipale del comune di Afragola ha trasmesso al settore edilizia pubblica un'informativa inviata alla procura della Repubblica presso il tribunale di Napoli-Nord, riguardante la confisca e il successivo sequestro da parte della stessa polizia municipale di alcune delle particelle catastali appartenenti alla masseria in questione (in particolare, le particelle identificate ai numeri 31-35-36 del foglio 15, oggetto di sequestro in data 25 marzo 2014).
  Il settore edilizia pubblica, dovendo dare seguito alle disposizioni indicate nella missiva dalla polizia municipale entro il termine perentorio ivi fissato di 30 giorni – con specifico riferimento alla necessaria conseguente adozione di un atto di rettifica dell'atto convenzionale sopra richiamato che sottraesse dallo stesso le particelle divenute indisponibili – dopo reiterati tentativi volti alla sottoscrizione di un atto bilaterale, in data 18 gennaio 2019 ha trasmesso l'atto unilaterale di rettifica, sospendendo di fatto le attività svolte sulle particelle oggetto di sequestro.
  Qualche giorno dopo tuttavia, a seguito del dissequestro disposto dal tribunale di Napoli Nord, le predette aree confiscate sono state riconsegnate all'associazione assegnataria; l'amministrazione comunale di Afragola ha, infatti, comunicato di aver presentato lo scorso 28 gennaio un'istanza di dissequestro alla procura della Repubblica presso il tribunale di Napoli-nord, ottenendo il successivo 5 febbraio uno specifico provvedimento di «dissequestro e restituzione», cui ha fatto seguito la riconsegna del bene al soggetto gestore.
  Il bene in questione, ivi comprese le particelle che erano state oggetto di sequestro e conseguente atto unilaterale di rettifica, è rientrato, quindi, nella piena disponibilità del Consorzio, come indicato nel verbale di riconsegna del 18 febbraio 2019, all'uopo sottoscritto dal dirigente del settore edilizia pubblica e dal legale rappresentante del consorzio terzo settore.
  Appare, infine, doveroso evidenziare che i beni in argomento non sono mai stati gestiti dall'agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, istituita con decreto-legge n. 4 del 2010.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Luigi Gaetti.


   FOTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   a quanto consta all'interrogante, da una nota del servizio amministrativo del comando legione carabinieri «Emilia Romagna» si apprende che sarebbe stata erroneamente corrisposta, a numerosi appartenenti al Corpo forestale dello Stato, nelle competenze mensili dello stipendio, la quota contributiva (calcolata sulla maggiorazione del 15 per cento di cui all'articolo 4 del decreto legislativo n. 165 del 1977) che doveva – invece – essere versata all'Inps;

   essendo subentrata l'Arma dei carabinieri nei rapporti giuridici attivi e passivi derivanti dall'assorbimento del summenzionato Corpo, compete oggi alla predetta Arma l'aggiornamento presso l'ente di previdenza di tutte le posizioni contributive degli interessati ad effettuare i versamenti dovuti, e ciò al fine di sanare le singole posizioni degli interessati;

   la regolarizzazione della posizione contributiva permetterà agli interessati di includere nel futuro trattamento di quiescenza anche l'aumento del 15 per cento determinato sullo stipendio percepito fino alla data del congedo –:

   quanti siano gli appartenenti all'Arma dei carabinieri interessati a detta situazione; a quanto complessivamente ammonti la quota contributiva, riferita alla situazione, da versare all'Inps; se debbano essere versati all'Inps anche importi a titolo di sanzione e, in tal caso, quali ne sia la complessiva entità;

   quali siano le ragioni per cui – atteso che l'errore che qui interessa è unicamente imputabile al disciolto Corpo forestale dello Stato – l'Arma dei carabinieri abbia deciso di rivalersi sugli interessati per gli importi contributivi che, seppure in forma rateizzata, dovranno essere versati all'Inps, anziché porli esclusivamente a carico del bilancio dell'Arma.
(4-02292)

  Risposta. — Il trattamento economico del personale del disciolto Corpo forestale dello Stato, dal 1° gennaio 2009 al 31 dicembre 2016, è stato gestito da «NoiPA», il sistema informatico nazionale creato per gestire i processi di elaborazione, liquidazione e consultazione degli stipendi nelle pubbliche amministrazioni.
  Nel corso del 2018 la citata piattaforma informatica ha segnalato che, in tale periodo, non erano stati correttamente calcolati i contributi sulla voce «stipendio» di 6.756 militari già effettivi al disciolto corpo, per l'ammontare di circa 40,6 milioni di euro a carico dello Stato, e di circa 15,4 milioni di euro a carico del lavoratore. Nel dettaglio, non era stata applicata la contribuzione sulla maggiorazione figurativa del 15 per cento dello stipendio.
  Nel dicembre 2018, l'Arma dei carabinieri, anche per evitare che ulteriori ritardi potessero comportare sanzioni o incrementi delle somme dovute, ha provveduto al pagamento di tutti i contributi non versati mediante fondi messi a disposizione dal Ministero dell'economia e delle finanze.
  Con particolare riguardo al recupero di dette somme, si precisa che l'importo che ogni singolo militare dovrà versare, nel numero massimo di rate consentite, non include alcuna sanzione.
  Al riguardo, è il caso di riportare quanto stabilito dai giudici del Consiglio di Stato che, nella sentenza n. 2903 del 9 giugno 2014, sezione III, hanno evidenziato come «Il solo temperamento al principio dell'ordinaria ripetibilità dell'indebito è rappresentato dalla regola per cui le modalità di recupero devono essere, in relazione alle condizioni di vita del debitore, non eccessivamente onerose, ma tali da consentire la duratura percezione di una retribuzione che rassicuri un'esistenza libera e dignitosa.
  Pertanto, nel caso di indebita erogazione di denaro ad un pubblico dipendente l'affidamento di quest'ultimo e la stessa buona fede non sono di ostacolo all'esercizio da parte dell'Amministrazione del potere di recupero e l'Amministrazione non è tenuta a fornire un'ulteriore motivazione sull'elemento soggettivo riconducibile all'interessato».
  Il recupero di dette somme, nel numero massimo di rate consentite, permetterà, in futuro, agli interessati di includere nel trattamento di quiescenza anche l'aumento del 15 per cento determinato sullo stipendio fino alla data del congedo.

La Ministra della difesa: Elisabetta Trenta.


   LIUZZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro della difesa, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   fonti di stampa di rilievo nazionale hanno riportato la notizia del sequestro della società Esurv srl, disposto dalla procura della Repubblica di Napoli, nell'ambito di un'indagine su di una presunta attività di spionaggio della quale potrebbe essere stato vittima un gran numero di cittadini;

   la società Esurv è, infatti, la produttrice di un software denominato Exodus in grado di carpire un gran numero di informazioni dal dispositivo telefonico nel quale viene introdotto, potendo registrare le chiamate vocali, ma potendo consentire l'accesso e la lettura dei contenuti delle chat e delle fotografie, e di comandare inoltre il microfono del dispositivo consentendo di realizzare delle intercettazioni ambientali. Il software è in grado di introdursi all'interno di un telefono mobile quando l'utente scarica sul proprio dispositivo un'applicazione che lo contiene all'insaputa dell'utente medesimo;

   il software Exodus è utilizzato da numerose procure della Repubblica come strumento per l'effettuazione di intercettazioni; inoltre, la società Esurv srl ha rapporti di collaborazione con le forze dell'ordine, dal momento che, a quanto riportato da un articolo de Il Messaggero, del 1° aprile, nel 2017 avrebbe incassato dalla polizia di Stato circa 307 mila euro;

   nell'ambito dell'utilizzo da parte della magistratura del software Exodus, la procedura prevedeva che, solo dopo l'autorizzazione del magistrato, fosse inviato un messaggio promozionale all'indagato finalizzato a fargli scaricare sul suo telefono l'applicazione contenente Exodus al fine di procedere alla sua intercettazione;

   a quanto è emerso dalle indagini in corso, invece, vi sarebbero molteplici applicazioni, contenenti segretamente il software Exodus, che possono essere liberamente scaricate da chiunque tramite la nota piattaforma Google Play Store;

   tale situazione, come denunciato, dal Garante per la protezione dei dati personali, da un lato, pone in forte rischio il diritto alla privacy di migliaia di cittadini con la possibilità che i loro dati personali siano stati carpiti, a illegalmente da altri, dall'altro pone un ipotetico pericolo sulla segretezza delle inchieste nelle quali è stato utilizzato il software Exodus;

   infine, la vicenda ripropone il tema dei così detti «captatori informatici» che operano in una situazione di totale vuoto normativo che potrebbe costituire una fonte di rischio non solo per la privacy dei cittadini, ma anche per la sicurezza dello Stato –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di acquisire elementi relativi a possibili sabotaggi o trafugamenti di notizie con riguardo ad inchieste nelle quali erano state effettuate intercettazioni tramite il software Exodus; se vi sia stato il coinvolgimento o la consapevolezza da parte di organi dello Stato in ordine alla presenza sulla piattaforma Google Play Store di applicazioni «civetta» che dovevano fungere da cosiddetti cavalli di Troia; se l'utilizzo del software Exodus possa aver posto a rischio, in qualsiasi forma la sicurezza nazionale e quali iniziative, anche normative, intenda assumere il Governo al fine di prevenire il ripetersi di simili situazioni di rischio e al fine di colmare con urgenza il vuoto normativo in materia di captatori informatici.
(4-02629)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame l'interrogante, nel fare riferimento alla nota vicenda relativa al software «Exodus» prodotto dalla società Esurv ed utilizzato da numerose procure come strumento per captare il contenuto dei dispositivi bersaglio in cui viene inoculato e per svolgere intercettazioni ambientali attraverso attivazione del microfono da remoto, richiamando in particolare, da un lato, l'illecita diffusione in rete di tale spyware, occultato all'interno di applicazioni liberamente scaricabili dalla piattaforma Google play store, da cui è disceso il pericolo per la privacy di migliaia di utenti ignari che possono aver scaricato tale applicazioni e per la sicurezza delle comunicazioni e la segretezza delle indagini e, dall'altro, l'attività investigativa della procura di Napoli che, per tale vicenda, ha anche proceduto al sequestro della società Esurv, chiede di sapere quali iniziative intenda assumere il Governo, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di acquisire elementi relativi a possibili sabotaggi o trafugamenti di notizie con riguardo ad inchieste nelle quali erano state effettuate intercettazioni tramite il software «Exodus»; se vi sia stato il coinvolgimento o la consapevolezza da parte di organi dello Stato in ordine alla presenza sulla piattaforma Google play store di applicazioni «civetta» che dovevano fungere da cosiddetti cavalli di Troia; se l'utilizzo del software «Exodus» possa aver posto a rischio, in qualsiasi forma, la sicurezza nazionale e quali iniziative, anche normative, intenda assumere il Governo al fine di prevenire il ripetersi di simili situazioni di rischio e al fine di colmare con urgenza il vuoto normativo in materia di captatori informatici.
  Per quanto concerne la vicenda che vede coinvolti le società Esurv, Stm e i relativi titolari, nonché gli ulteriori accadimenti illustrati dall'interrogante, si rappresenta che è attualmente pendente un fascicolo d'indagine presso la procura della Repubblica di Napoli.
  Nell'ambito delle complesse attività investigative, finalizzate all'accertamento di gravi reati collegati alla gestione di
software utilizzati per l'intercettazione di comunicazioni telematiche con captatore informatico, tuttora in corso e, come tali, coperte da segreto istruttorio, è stato anche disposto il sequestro delle suddette società, su richiesta della procura della Repubblica di Napoli che ha delegato le verifiche investigative al centro nazionale anticrimine informatico per la protezione delle infrastrutture critiche della polizia postale e delle comunicazioni, unitamente a reparti specialistici dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza.
  Al tempo stesso, è opportuno rassicurare l'interrogante circa il fatto che lo sviluppo di «Exodus» o di altra simile applicazione realizzata facente capo alla eSurv o ad altre società, come quelle cui fa riferimento il testo parlamentare in oggetto, non è stato commissionato dal Ministero della giustizia ed esula allo stato dalle competenze del Ministero in materia di intercettazioni telefoniche.
  Gli incarichi alle ditte esterne, infatti, che erogano i servizi per le intercettazioni sono conferiti esclusivamente dalle singole procure nell'ambito dei poteri investigativi previsti dalle norme vigenti, con la conseguenza che non vi è una correlazione tra i due fenomeni.
  In ogni modo, si sottolinea che, nell'ambito delle attività prodromiche alla realizzazione del processo penale telematico, il Ministero della giustizia, tramite la Direzione generale per i sistemi informativi automatizzati, sta operando presso le sale Cit delle sedi di procura della Repubblica per la istallazione di
server ministeriali la cui finalità è anche quella di innalzare ulteriormente i livelli di sicurezza dei sistemi informativi ministeriali.
  Per quanto concerne l'ambito normativo, allo stato non risultano atti di iniziativa legislativa in materia, anche perché la disciplina vigente si presenta completa nell'abbracciare ogni forma di tutela.
  A tutela dei beni costituzionali dell'inviolabilità del domicilio e dell'inviolabilità della libertà e della segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, il legislatore è, infatti, intervenuto sulla sezione IV (delitti contro l'inviolabilità del domicilio) e sulla sezione V (delitti contro l'inviolabilità dei segreti) del capo III del libro secondo del codice penale, introducendo una serie di nuove fattispecie di reato, dapprima con la legge 8 aprile 1974 n. 98 e, successivamente, con la legge 23 dicembre 1993 n. 547.
  Per effetto di detti interventi normativi attualmente il codice penale contempla una pluralità di figure di reato che tutelano la riservatezza degli atti della vita privata e delle comunicazioni di ciascuno – qualunque sia, per queste ultime, il mezzo di trasmissione utilizzato – da ogni intromissione abusiva.
  Il riferimento è, innanzitutto al delitto di «interferenze illecite nella vita privata», di cui all'articolo 615-
bis del codice penale, così come al delitto di «cognizione, interruzione o impedimento illeciti di comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche», di cui all'articolo 617 del codice penale, al delitto di «installazione di apparecchiature atte ad intercettare o impedire comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche», previsto dall'articolo 617-bis del codice penale che nello specifico incrimina l'installazione, fuori dei casi previsti dalla legge, di apparati e strumenti, o di parti di essi, al fine di intercettare o impedire comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche tra altre persone e che, come tale, anticipa la tutela della riservatezza e della libertà delle comunicazioni mediante l'incriminazione di fatti prodromici all'effettiva lesione di tali beni; pertanto, la giurisprudenza di legittimità ritiene che il reato si consumi con la sola attività di installazione, a nulla rilevando che gli apparecchi installati possano non aver funzionato o non essere stati attivati; e ancora, proprio con riferimento ai fatti riportati dall'interrogante, il delitto di «intercettazione, impedimento o interruzione illecita di comunicazioni informatiche o telematiche», previsto dall'articolo 617-quater del codice penale, e il correlato delitto di «installazione di apparecchiature atte ad intercettare, impedire o interrompere comunicazioni informatiche o telematiche», di cui all'articolo 617-quinquies del codice penale, punisce con la reclusione da sei mesi a quattro anni (salvo ricorra la circostanza aggravante prevista dall'articolo 617-quater del codice penale, nel qual caso la pena diventa da uno a cinque anni di reclusione) la condotta di mera installazione di apparecchiature atte ad intercettare, impedire o interrompere comunicazioni relative ad un sistema informatico o telematico o intercorrente fra più sistemi, che, quale reato di pericolo concreto, inteso a reprimere una condotta prodromica rispetto a quella contemplata dall'articolo 617-quater del codice penale, appresta una tutela anticipata e più ampia della libertà e riservatezza delle comunicazioni realizzate attraverso sistemi informatici o telematici.
  Da ultimo, sempre a livello di normazione positiva, va chiarito che, come noto, con la legge n. 3 del 2019 (cosiddetta «Spazzacorrotti»), nella consapevolezza dell'assoluta utilità della tecnica d'intercettazione a mezzo di captatore informatico, ed al precipuo fine di potenziare anche sul piano investigativo il contrasto alla corruzione, si è inteso estenderne le possibilità d'impiego anche ai più gravi reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione nelle stesse forme in cui esso è previsto per i reati più gravi di criminalità organizzata e terrorismo (articolo 51, commi 3-
bis e 3-quater del codice di procedura penale).
  È di immediata evidenza, infatti, che il contrasto alla corruzione, fermamente perseguito dalla politica legislativa di questo Dicastero, non possa essere scalfito dal rischio di uso deviato da parte di operatori economici privati dei
software che essi stessi sviluppano, rischio che, per quanto di competenza di questo Dicastero, potrà essere efficacemente contenuto ed arginato attraverso il lavoro delle articolazioni ministeriali preposte, quali la Direzione generale per i sistemi informativi automatizzati che, come innanzi evidenziato, sta già operando presso le sale Cit delle sedi di procura della Repubblica per la istallazione di server ministeriali la cui finalità è anche quella di innalzare ulteriormente i livelli di sicurezza dei sistemi informativi ministeriali.
Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   MOLLICONE, FRASSINETTI, BUCALO, FIDANZA, LUCA DE CARLO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. – Per sapere – premesso che:

   nel corso dell'anno 2011 il Governo italiano di allora, a seguito delle agitazioni avvenute in Siria nell'ambito delle cosiddette «primavere arabe» contro il legittimo Governo, decise – su pressione di Paesi esteri e di organismi internazionali – d'interrompere le relazioni diplomatiche con quel Paese chiudendo le reciproche sedi diplomatiche;

   con il passar del tempo le motivazioni alla base di quel gesto così traumatico si rivelarono infondate, in quanto divenne evidente che la Siria era oggetto di un tentativo di destabilizzazione politica e sociale del Paese, di divisione della sua area territoriale, di scatenamento di una guerra promossa da Paesi esteri;

   quella situazione di conflitto interno favorì la costituzione di un movimento politico-militare denominato Isis (Stato Islamico della Siria e dell'Iraq), il quale si proponeva l'instaurazione di uno Stato Islamico con l'applicazione della legge coranica della «sharia» e la discriminazione nei confronti dei cittadini siriani appartenenti alla religione cristiana o ad altre correnti dell'islamismo;

   com'è apparso evidente dalle cronache televisive e giornalistiche, l'Isis effettuò pubblicamente l'uccisione dei suoi nemici catturati, soldati siriani e fedeli cristiani, mediante decapitazioni effettuate anche da ragazzi; tuttavia, l'Isis è stato sconfitto dalle forze armate di Damasco alleate con quelle della Federazione russa; anche le organizzazioni cattoliche, in particolare l'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme e l'Associazione Pro Terra Sancta, hanno denunciato le persecuzioni e i crimini commessi dall'Isis e hanno invece apprezzato l'azione del Governo siriano a difesa dei cittadini di religione cristiana;

   ormai il Governo di Damasco ha riconquistato il 75 per cento del proprio territorio sconfiggendo, con l'aiuto delle forze armate della Federazione russa, l'Isis e ripristinando la normalità ad Aleppo e nelle principali città;

   il presidente Assad è stato rieletto presidente della Siria il 3 giugno 2014 con circa il novanta per cento dei voti e resterà in carica fino al 2021;

   l'Isis è stato definitivamente sconfitto;

   quindi il presidente statunitense Trump ha dichiarato di voler ritirare i suoi militari dal territorio siriano proprio perché il nemico Isis è stato sconfitto;

   la Lega araba, nella sua prossima riunione del mese di marzo 2019 a Tunisi, è disponibile a riammettere la Siria ai propri lavori;

   già alcuni Stati, tra cui gli Emirati Arabi Uniti e la Giordania, hanno ordinari rapporti di collaborazione con il Governo di Damasco;

   anche le Forze di difesa dell'etnia curda hanno chiesto la protezione dell'esercito siriano, in particolare per la città di Manbji contro possibili minacce provenienti da altri Stati;

   la ricostruzione delle città e delle infrastrutture distrutte dalla guerra civile e di aggressione comporterà un grande impegno tecnico e finanziario cui potrebbero partecipare le imprese italiane che in passato hanno sempre avuto intensi rapporti commerciali e di lavoro con la Siria –:

   se il Governo non ritenga di riprendere le relazioni diplomatiche a pieno titolo con la Repubblica araba di Siria, chiedendo alla rappresentanza attualmente residente a Vienna di aprire la sede diplomatica a Roma;

   se il Governo sosterrà, in sede del Consiglio dell'Unione europea, l'abolizione delle sanzioni contro la Siria che scadranno il 1° giugno 2019.
(4-02065)

  Risposta. — È nostra ferma convinzione che la soluzione al conflitto siriano possa essere raggiunta solo attraverso un processo politico credibile in linea con la risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU n. 2254, riconosciuta da tutti gli attori siriani e internazionali come un punto di riferimento imprescindibile. I principali capisaldi di questa Risoluzione, votata unanimemente dal Consiglio di sicurezza, sono l'istituzione di una «governance» transitoria credibile, inclusiva e non settaria; l'individuazione di un calendario di 12 mesi per la redazione congiunta di una nuova Costituzione; la tenuta di libere elezioni sotto supervisione ONU, nel rispetto di standard internazionali di trasparenza e accountability, aperte alla partecipazione di tutti i siriani, inclusi quelli della diaspora.
  L'impegno dell'Italia per una pace duratura in Siria punta a facilitare la ripresa dei negoziati a Ginevra tra Governo ed opposizione ed in quest'ottica operiamo affinché sia assicurata la massima collaborazione al nuovo inviato speciale ONU Geir Pedersen, con cui la Farnesina mantiene costanti contatti.
  Questa priorità viene declinata in tutti i fori multilaterali, all'interno dell'Unione europea e nella fitta serie di incontri bilaterali che intratteniamo con i principali partner regionali e internazionali.
  Di fronte ad un quadro complesso e in evoluzione, l'Italia è impegnata in prima linea per preservare il cessate-il-fuoco e promuovere il processo politico stabilito nella risoluzione n. 2254, alla luce delle rilevanti implicazioni per la stabilità e la sicurezza della regione mediorientale e dell'Europa. Il nostro Paese, muovendosi nel quadro delle linee tracciate dalle Risoluzioni delle Nazioni Unite, fornisce un contributo equilibrato e costruttivo al dibattito in seno all'Unione europea relativamente alla crisi siriana.
  Una posizione comune sulla crisi siriana è stata adottata dall'Unione europea nel 2012, ribadita nelle conclusioni del Consiglio europeo del 16 aprile 2018 e da ultimo riaffermata in occasione della III Conferenza di Bruxelles che si è svolta il 12-14 marzo 2019.
  In linea con tale posizione comune europea, l'Italia ha ritirato nel 2012 il proprio ambasciatore e interrotto il dialogo politico con la Repubblica Araba Siriana. Il Governo di Damasco ha, da parte, sua, ritirato sempre nel 2012 il proprio ambasciatore a Roma. A seguito degli eventi bellici, sono stati sospesi i servizi al pubblico della nostra Ambasciata a Damasco; il funzionamento minimo e la custodia della struttura sono stati affidati al personale locale rimasto e alle missioni periodiche di un incaricato d'affari, con base a Beirut, che intrattiene rapporti con le Autorità siriane attenendosi strettamente alle posizioni convenute in sede di Unione europea (di sospendere i contatti a livello politico). I Ministri del Governo siriano sono peraltro ipso facto inseriti nella lista delle personalità siriane colpite dalle sanzioni dell'Unione europea, circostanza che limita comunque una ripresa di piene relazioni diplomatiche.
  Coerentemente con l'approccio sopra descritto, l'Unione europea ha anche adottato a partire dal 2012 una serie di sanzioni in risposta alla repressione messa in atto dal regime siriano. Ne deriva che una revisione della posizione comune dell'Unione europea sulla Siria non sarà possibile fino a quando non ci sarà un radicale mutamento di postura da parte del regime siriano sul piano dei diritti e non saranno visibili progressi sul fronte del processo politico in linea con le Risoluzioni dell'ONU, con particolare riferimento alla citata risoluzione n. 2254. Fino ad allora non sarà possibile riprendere le relazioni diplomatiche a pieno titolo e non sarà possibile sostenere l'abolizione delle sanzioni contro il regime siriano nel senso auspicato dall'interrogante.
  Nelle more di progressi sul piano politico, l'Italia continua a fornire assistenza umanitaria alla popolazione civile, e in particolare alle persone più vulnerabili, nel pieno rispetto dei princìpi di umanità, imparzialità, indipendenza e neutralità. Alla citata III Conferenza di Bruxelles sulla crisi siriana del marzo 2019 il nostro Paese ha confermato il contributo annuo di 45 milioni di euro per iniziative di emergenza, stabilizzazione e sviluppo in Siria, Libano e Giordania per 2019 e per il 2020. Inoltre ho personalmente disposto due spedizioni di medicinali,
kit sanitari e tende della cooperazione italiana per far fronte alla emergenza sanitaria nel nord-est e nel nord-ovest della Siria. Nel 2019, nel quadro della risposta umanitaria delle Nazioni unite, contribuiremo a favorire l'accesso ai servizi di base e a rafforzare la resilienza della popolazione civile. Una particolare attenzione continuerà ad essere rivolta ai minori, bambini e bambine, ragazze e ragazzi, cui dovrà essere garantita un'istruzione di qualità capace di promuovere e rafforzare la coesione sociale nel Paese.
La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Emanuela Claudia Del Re.


   OCCHIONERO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'interrogante ha svolto una visita alla casa di reclusione Calogero Di Bona – Ucciardone di Palermo, carcere allocato in una struttura del 1798, funzionante dal 1842 dopo la chiusura del vecchio carcere della «Vicaria»;

   il penitenziario ospita detenuti di sesso maschile in regime di media sicurezza ordinario e media sicurezza protetti;

   i detenuti presenti sono 440, a fronte di una capienza regolamentare che attualmente è di 567 posti, tenendo in considerazione una sezione detentiva chiusa che potrebbe ospitare circa 150 detenuti. I detenuti protetti ristretti nella nona sezione sono 90; i detenuti tossicodipendenti sono 80;

   le celle della nona sezione (protetti) ospitano 2 detenuti, in meno di 4 metri quadrati, sono umide, sporche, senza luce e senza aria, le docce sono collocate in un vano sporco e con macchie di muffa. Non sono servite da acqua calda e i detenuti fanno la doccia con l'acqua fredda. Il reparto è privo di locale socialità e le celle hanno lo spazio insufficiente. Anche gli spazi esterni per le ore destinate ai passeggi sono angusti;

   nell'istituto si registra una grave carenza di agenti di polizia penitenziaria: la pianta organica prevede 367 unità, gli agenti assegnati sono 367, in servizio sono solo 269 agenti, 10 donne, su 19 ispettori assegnati, solo 8 in servizio;

   all'interno dell'istituto si riscontra particolare disagio legato all'assistenza sanitaria; il passaggio dalla medicina penitenziaria alle asl crea non pochi problemi;

   scarsa è l'attività legata all'assistenza psicologica;

   i detenuti che lavorano sono circa 90, con turnazione: si tratta esclusivamente di lavori alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria;

   l'inadeguatezza strutturale è uno degli aspetti problematici di questo penitenziario, gli spazi non sono nati per ospitare persone e la struttura essendo vecchia avrebbe bisogno di molti lavori di manutenzione;

   alcune criticità rischiano di mettere in pericolo la salute e la vita del personale e dei detenuti; in particolare, l'assenza di medici specialisti mette a rischio la vita dei detenuti, soprattutto quelli affetti da malattie cardiovascolari –:

   se sia a conoscenza della situazione e delle criticità della casa circondariale Ucciardone di Palermo e quali iniziative di competenza intenda adottare affinché le carenze possano essere superate.
(4-02419)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in l'epigrafe interrogante, nel fare riferimento alle risultanze di una visita dallo stesso effettuata presso la casa di reclusione Calogero Di Bona – Ucciardone di Palermo, in esito alla quale sarebbero emerse una serie di criticità, afferenti segnatamente alla dotazione organica del personale di polizia penitenziaria, al sovraffollamento, alle carenze strutturali ed all'assistenza sanitaria e psicologica, chiede di sapere se il Ministro della giustizia sia a conoscenza della situazione e delle criticità della casa circondariale Ucciardone di Palermo e quali iniziative intenda adottare affinché le carenze possano essere superate.
  La casa di reclusione «Calogero di Bona» di Palermo Ucciardone, alla data del 10 aprile 2019, ospita un totale di 395 detenuti, rispetto a una capienza regolamentare pari a 567 detenuti.
  Ne consegue un indice di sovraffollamento pari al 105,61 per cento, come tale inferiore sia alla media regionale (111,20 per cento) che a quella nazionale (129,14 per cento).
  Giova comunque evidenziare che trattasi di una situazione destinata a migliorare, in quanto dovuta alla momentanea indisponibilità di 60 camere, a causa dei lavori che stanno interessando sia la sesta sezione reclusione che la quarta sezione a custodia aperta.
  Ciò nonostante, dei 395 detenuti presenti, 72 sono allocati tra i tre e i quattro metri quadri; 321 sono allocati in spazi superiori ai quattro metri quadri; nessun detenuto risulta allocato al di sotto dei parametri minimi stabiliti dalla C.E.D.U.
  Il regime prevalentemente attuato è quello a custodia aperta (76 per cento); in alcuni reparti è attuato il regime ordinario.
  Ventisette detenuti sono ammessi al lavoro all'esterno (articolo 21 O.P.), undici dei quali in attività volontarie e gratuite in attuazione di un protocollo di intesa con il comune di Palermo; è previsto un ulteriore sviluppo di tali attività.
  I dati sin qui forniti, meritano comunque di essere debitamente elaborati e meditati passando attraverso la considerazione di fondo per cui il tasso di sovraffollamento è calibrato in base allo spazio
pro-capite da riservare ai detenuti; con circolare 17 novembre 1988 del Ministero della giustizia, emessa sulla base di un decreto del Ministero della salute del 5 luglio 1975, esso viene stabilito in 9 metri quadrati per un singolo detenuto, da aumentare di altri 5 metri quadrati per ogni altro detenuto in aggiunta.
  Questo indice dimensionale risulta, all'evidenza, nettamente superiore rispetto a quello di 3 metri quadrati con cui le organizzazioni sovranazionali e la giurisprudenza comunitaria identificano la soglia minima al di sotto della quale può configurarsi il trattamento inumano e degradante.
  A ciò va aggiunto che quasi tutti gli altri Paesi europei sono parametrati su dati dimensionali ben più bassi di quelli italiani.
  Ne consegue che sarebbe sufficiente, in ipotesi, allinearsi al parametro minimo comunitario o comunque accedere ad uno
standard minimo meno rigoroso di quello fissato dall'ordinamento interno, per escludere in radice la sussistenza del sovraffollamento in quanto le strutture penitenziarie italiane, per l'effetto, si attesterebbero su uno standard nettamente superiore alla soglia dei 60.000 detenuti.
  Ciò nondimeno, l'attuale formazione governativa intende affrontare la questione in maniera incisiva ed efficace.
  Con la legge di bilancio per il 2019 si prevede che le risorse non utilizzate per la copertura dei decreti legislativi di riforma del processo penale e dell'ordinamento penitenziario, possano essere destinate ad interventi urgenti di edilizia penitenziaria e manutenzione ordinaria e straordinaria sugli immobili dell'amministrazione penitenziaria e minorile.
  Inoltre, sempre in virtù della richiamata legge di bilancio, per effetto della ripartizione delle risorse rivenienti dal fondo per assicurare il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese di cui all'articolo 1, comma 140, della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017), l'importo di 280 milioni di euro verrà destinato ad interventi connessi all'adeguamento e all'ammodernamento delle strutture penitenziarie.
  Gli effetti benefìci sono già tangibili nell'intensificazione dell'attività di manutenzione ordinaria e straordinaria dei complessi già in uso, onde garantire migliori condizioni ambientali, igienico-sanitarie e di vita per detenuti e operatori.
  Si stanno, infatti, riducendo, grazie ai più recenti aumenti di risorse finanziarie, le situazioni di inagibilità edilizia per degrado dei fabbricati, fenomeno accelerato anche dall'uso antropico eccessivo di ambienti e impianti in caso di sovraffollamento.
  Ai fini dell'incremento, fino ad almeno 60.000 posti detentivi, dell'attuale capienza regolamentare, sono già in atto procedimenti avviati dal piano carceri, e attualmente curati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per nuovi istituti e padiglioni per circa 3.800 nuovi posti regolamentari.
  Nella medesima direzione riveste altresì un ruolo di primo piano il decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, recante «Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione» (conv. con modificazioni dalla legge, 11 febbraio 2019, n. 12), in virtù del quale il personale del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria potrà effettuare progetti e perizie per la ristrutturazione e la manutenzione, anche straordinaria, degli immobili in uso governativo all'amministrazione penitenziaria, nonché per la realizzazione di nuove strutture carcerarie; l'amministrazione potrà anche individuare immobili nella disponibilità dello Stato o di enti pubblici territoriali e non territoriali, al fine della loro valorizzazione per la realizzazione di strutture carcerarie. Il richiamato decreto ha favorito il rilancio e l'attivazione di un progetto embrionale concepito anni addietro, ma poi arenatosi nel corso del tempo, essendo stato avviato, in proficua collaborazione con l'Agenzia del demanio e il Ministero della difesa, un piano per l'acquisizione di caserme dismesse dall'uso militare, riconvertibili in istituti penitenziari, mediante interventi di manutenzione prevalentemente straordinaria, più rapidi e meno onerosi rispetto alla realizzazione di nuove strutture, con l'obiettivo funzionale di incrementare significativamente il numero dei posti detentivi.
  Per quanto attiene all'organico di personale del Corpo di Polizia penitenziaria in servizio presso istituto in argomento, le carenze maggiori si registrano, in particolar modo, nel ruolo dei sovrintendenti e degli ispettori, pari, rispettivamente al 81 per cento e al 65,0 per cento.,
  Detto che trattasi di scoperture che riflettono il
trend generale a livello nazionale, va debitamente rimarcato che uno degli obiettivi prioritari perseguiti da questo dicastero è costituito dall'incisivo potenziamento degli organici della polizia penitenziaria, nella piena consapevolezza della rilevanza che tale obiettivo riveste nella duplice finalità di garantire maggior efficienza del circuito penitenziario e standard più elevati di sicurezza all'interno delle carceri, anche a tutela di coloro che vi lavorano quotidianamente.
  Con la legge di bilancio per il 2019, al fine di incrementare l'efficienza degli istituti penitenziari, nonché per le indifferibili necessità di prevenzione e contrasto della diffusione dell'ideologia di matrice terroristica in ambito carcerario, è stata pianificata l'assunzione di n. 1300 unità del Corpo di polizia penitenziaria nell'anno 2019 e di n. 577 unità nel periodo 2020/2023, con uno stanziamento di maggiori risorse per 71,5 milioni di euro per il triennio 2019/2021.
  Inoltre, nella medesima direzione si iscrive l'immissione in ruolo di n. 976 allievi vice ispettori che lo scorso mese di marzo hanno terminato il relativo corso di formazione.
  Quanto, invece, al ruolo dei sovrintendenti, sono tuttora in corso le procedure per il concorso interno a complessivi n. 2.851 posti per la nomina alla qualifica di vice sovrintendente del ruolo maschile e femminile del Corpo.
  In aderenza alla normativa vigente, nella
Gazzetta Ufficiale – IV Serie speciale n. 18 del 5 marzo 2019, è stato pubblicato un bando di concorso per complessive 754 unità i cui vincitori saranno auspicabilmente assunti entro la fine del corrente anno.
  Si tratta, all'evidenza, di una serie di correttivi che consentiranno di affrontare incisivamente il problema della scopertura degli organici di Polizia penitenziaria presso le strutture carcerarie del territorio, tra le quali saranno debitamente valutate anche le esigenze della casa di reclusione «Calogero di Bona» di Palermo Ucciardone che, tuttavia, giova ricordare, lo scorso mese di settembre hanno fruito di un incremento complessivo di 17 unità in esito all'ultima procedura di mobilità ordinaria.
  Relativamente alle criticità strutturali segnalate dall'onorevole interrogante, oltre a richiamare le iniziative generali in materia di edilizia penitenziaria, in precedenza illustrate, si evidenzia che questo dicastero, per il tramite delle competenti articolazioni ministeriali, a gennaio 2019 ha assegnato al Provveditorato regionale per la Sicilia 1,5 milioni di euro sul capitolo 1687 pg. 1 (manutenzione straordinaria) e 1,4 milioni di euro sul capitolo 7301 pg. 1 (manutenzione ordinaria).
  Con riferimento alle criticità riscontrate dall'onorevole interrogante in ambito sanitario, giova precisare, in via preliminare, con la riforma della medicina penitenziaria avviata dall'articolo 5 della legge n. 419 del 1998, si è dato corso al trasferimento dal Ministero della giustizia al Servizio sanitario nazionale di tutte le funzioni inerenti alla sanità penitenziaria.
  Con la legge finanziaria 2008 – articolo 2, commi 283 e 284 – è stato confermato il definitivo transito in questione, da attuarsi mediante l'emanazione di un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
  Tale decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, recante «Modalità e criteri per il trasferimento al Servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle attrezzature e beni strumentali in materia di sanità penitenziaria», è stato adottato in data 1° aprile 2008, pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale n. 126 del 30 maggio 2008 ed è entrato in vigore il 14 giugno 2008 relativamente alle regioni a statuto ordinario.
  Con esso, pertanto, tutte le competenze in materia di sanità penitenziaria, compresa la disciplina dei rapporti di lavoro, sono transitate alle regioni e alle singole aziende sanitarie locali, territorialmente competenti sugli Istituti penitenziari di riferimento. Poste tali premesse, occorre rimarcare che è comunque sempre assicurato, da parte di questo dicastero, il massimo impegno nel cercare sempre maggiori sinergie con le regioni e le aziende sanitarie locali al fine di sviluppare metodologie condivise di presa in carico del disagio delle persone detenute e internate, nel perseguimento del comune obiettivo di tutelare la salute in carcere.
  Non a caso, con il decreto legislativo, 2 ottobre 2018, n. 123, nel novellare l'ordinamento penitenziario, si è puntato, fra l'altro, al miglioramento dell'assistenza sanitaria dei detenuti e degli internati, riconoscendo loro il diritto ad avere informazioni complete sul proprio stato di salute, non solo all'atto di ingresso in istituto, ma anche durante ed al termine dei periodo di detenzione.
  Per quanto qui di interesse, si fa rilevare che il locale Provveditorato, nel corso del mese di febbraio 2019, ha richiesto alle Direzioni degli istituti dislocati in regione un
report finalizzato a sintetizzare lo stato di attuazione delle «Linee guida sui sistemi organizzativi in ambito sanitario penitenziario della Regione siciliana», documento predisposto nell'anno 2016 dall'Assessorato regionale per la salute, di concerto con il Provveditorato, in cui sono state analiticamente definite tutte le materie la cui competenza è stata trasferita dall'Amministrazione penitenziaria al Sistema sanitario regionale.
  Da ultimo, va debitamente sottolineato che l'Amministrazione penitenziaria ha assegnato, altresì, fondi per avvalersi del consulente psicologo
ex articolo 80 dell'ordinamento penitenziario per 137 ore al mese per lo svolgimento delle attività di osservazione e trattamento dei condannati.
Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   OCCHIONERO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il codice penale, agli articoli 275, 284, 285, 285-bis, prevede che per le imputate incinte madri di prole di età non superiore a sei anni con le stesse convivente non possa essere disposta la custodia cautelare in carcere, salvo in situazione di eccezionale rilevanza; inoltre, il giudice può disporre la custodia in un istituto a custodia attenuata per detenute madri;

   tali disposizioni avrebbero dovuto essere applicate a decorrere dalla completa attuazione del piano straordinario penitenziario e comunque a decorrere dal 1° gennaio 2004;

   in data 3 febbraio 2019 l'interrogante si è recata in visita alla casa di reclusione femminile della Giudecca a Venezia;

   nel corso della visita l'interrogante ha avuto modo di verificare le condizioni del reparto Icam (Istituto a custodia attenuata per detenute madri), previsto dall'ordinamento penitenziario, affinché le detenute con prole inferiore ai sei anni possano usufruire di trattamenti alternativi finalizzati a non traumatizzare eccessivamente i figli;

   l'interrogante ha constatato che l'Icam veneziano è sostanzialmente un carcere ristrutturato e adattato per affievolire lo stato di detenzione dei minori, ma ben lontano dagli standard normativi, che prevedono che tale tipo di struttura consenta ai bambini di trascorrere serenamente il periodo di carcerazione insieme alle loro madri, in un ambiente che non ricordi in alcun modo il carcere, dotato di camere confortevoli e luminose, ambienti personalizzati, infermeria, ludoteca, biblioteca e aula formativa per le donne, cucina attrezzata e soggiorno;

   l'Icam della Giudecca ospita: 7 madri straniere, dai 22 ai 25 anni, con 8 bambini; un bambino con problemi di autismo di 5 anni e mesi 4; un bambino di 8 mesi; una bambina di 2 mesi; una bambina di 4 mesi; un bambino di 4 anni; un bambino di 5 anni; una bambina di 8 mesi e una bambina di 1 anno e 2 mesi; tutto ciò senza che le madri possano partecipare alle attività formative e lavorative, senza alcuna area destinata alle attività trattamentali, senza possibilità di svolgere colloqui con gli educatori. Inoltre, vanno aggiunte l'assenza del nido, solo la presenza di una camera destinata a ludoteca e la possibilità di fruire del medico pediatra una sola volta al mese; in particolare, per le visite specialistiche i bambini devono recarsi fuori dall'istituto, in ospedale, ma solo quando le «volontarie» risultano disponibili;

   l'Icam non provvede a fornire al bambino che va a scuola lo spuntino mattutino, a cui devono provvedere direttamente le madri, ricorrendo alla trafila burocratica nel cosiddetto modello 72;

   la presenza dell'assistente capo in divisa all'interno del reparto, nonché il passaggio dei bambini dalla porta carraia del carcere (con l'ovvia sorveglianza agenti in divisa e armati), appare del tutto incompatibile con il regime di custodia attenuata) –:

   se sia a conoscenza della situazione dell'Icam della casa di reclusione della Giudecca e se ritenga di assumere iniziative per consentire la realizzazione di un altro reparto, fisicamente distaccato dalla struttura penitenziaria in conformità con gli standard normativi.
(4-02421)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame l'interrogante, nel fare riferimento alle risultanze di una visita ispettiva dallo stesso effettuata presso il reparto Icam (Istituto a custodia attenuata per detenute madri) di pertinenza della casa di reclusione femminile della Giudecca di Venezia, in esito alla quale riscontrava una serie di criticità relative alla mancata distribuzione dello spuntino mattutino ai bambini che frequentano la scuola, dovendo provvedervi direttamente le madri ricorrendo alla trafila burocratica del cosiddetto modello 72, alla presenza dell'assistente capo in divisa all'interno del reparto, nonché al passaggio dei bambini dalla porta carraia del carcere, come tale incompatibile con il regime della custodia attenuata, chiede di sapere se il Ministro della giustizia sia a conoscenza della situazione e se ritenga di assumere iniziative per consentire la realizzazione di un altro reparto, fisicamente distaccato dalla struttura penitenziaria in conformità con gli standard normativi.
  Va detto che alcuna delle lamentate criticità trova concreto riscontro nei fatti.
  L'Icam di Venezia è stato realizzato presso un fabbricato prossimo alla casa di reclusione femminile, al fine di consentire una più facile gestione delle risorse umane e dei servizi generali, ma al contempo esso è dotato di ingresso autonomo rispetto all'istituto penitenziario e di spazi e stanze appositamente allestite e arredate per le esigenze dei minori.
  Gli spazi e gli ambienti dell'Icam di Venezia lo rendono assimilabile a un'abitazione.
  I luoghi dedicati alle attività ludiche e didattiche presentano pareti con decorazioni ispirate al giardino sul quale si affacciano.
  Tutti gli ambienti risultano accoglienti e sono allestiti in modo confortevole e pensato a misura di bambino, con arredi regalati dall'azienda Ikea che, con il suo personale, ha anche curato tutti gli aspetti di
design degli interni.
  Tutta la struttura, comprese le camere, è dotata di aria condizionata. Al piano terra è presente un locale lavanderia, una cucina con tavoli e sedie per condividere i momenti di consumazione dei pasti, una stanza dedicata al gioco e decorata con disegni per l'infanzia, una stanza dedicata alle attività dei piccoli ospiti, con sedie e tavolini su misura; sempre al piano terra ci sono altre stanze, una delle quali è adibita allo svolgimento dei colloqui con i familiari.
  Si evidenzia che la particolare collocazione della stanza colloqui con i familiari (al piano terra e dotata di porte finestra), consente un agevole accesso al giardino, anch'esso dotato di giochi per i bambini, dove vengono organizzate anche le feste di compleanno nei periodi più miti, da primavera a inizio autunno.
  Inoltre, la cucina rappresenta uno spazio adatto non solo a condividere i momenti di consumazione del pasto, ma anche a organizzare feste, riunioni, momenti di discussione informale con volontari e operatori.
  Al piano superiore sono ubicate le stanze da letto, dotate ai loro interno di servizi con vasca da bagno, di letti adeguati a seconda dell'età dei bambini e di televisore; una stanza è riservata ai momenti di socializzazione ed è presente un ambulatorio dove operano l'educatrice per l'infanzia e i sanitari per effettuare le visite.
  Vi sono inoltre altre piccole stanze adibite a ufficio per le agenti di polizia penitenziaria in servizio.
  Un dato degno di particolare attenzione, per i fini che nella presente sede rilevano, è quello per cui l'Icam viene visitato due volte l'anno dal servizio di igiene pubblica della Asl di Venezia che non ha mai riscontrato alcuna irregolarità, né tanto meno carenze di tipo igienico sanitarie.
  In ordine di tempo, l'ultima visita risale al mese di dicembre 2018. Alla data del 21 marzo 2019 la struttura ospitava 7 bambini di varie fasce d'età.
  La principale finalità del progetto Icam di Venezia è stata individuata nella necessità di salvaguardare il benessere psicofisico delle gestanti, delle madri e dei bambini in condizione di restrizione, favorendo una crescita di questi ultimi il più possibile vicina a quella dei loro coetanei residenti nel quartiere.
  L'obiettivo, infatti, è sempre stato quello di incoraggiare occasioni di incontro e socializzazione dei bambini ospiti della struttura con i compagni della scuola dell'infanzia e con gli amici del parco in cui abitualmente giocano.
  In diversi periodi dell'anno (carnevale, compleanni, festività natalizie, ecc.) vengono organizzate feste all'interno della struttura, con l'animazione curata da
clown e associazioni di volontariato.
  Le 6 detenute madri presenti sono tutte di etnia Rom o straniere. Vi è un pediatra di riferimento, dipendente della locale Asl che effettua regolari visite e può essere chiamato, al bisogno, in ogni momento.
  La struttura penitenziaria dispone comunque di un servizio sanitario con copertura in tutto l'arco delle 24 ore con personale infermieristico o medico che, quindi, può intervenire in qualsiasi momento, in caso di bisogno.
  Il pediatra ha in carico tutti i bambini e si occupa di tutte le esigenze relative ai piccoli.
  In caso di esigenza di visite presso ambulatori o strutture sanitarie cittadine, sono attivate tutte le risorse presenti, compreso il folto volontariato. Uno degli aspetti di maggiore attenzione nella gestione dei bambini è la cura della loro alimentazione.
  Il menù, molto vario, è stato predisposto da una specialista in nutrizione pediatrica della locale Asl anche al fine di colmare le frequenti lacune nozionistiche di base in materia alimentare, normalmente dovute alla giovanissima età della quasi totalità delle mamme ed agli scarsi strumenti culturali a loro disposizione.
  Il menù, infatti, comprende alimenti sani anche per le merende o la colazione, quali frutta, pane e marmellata, pane e nutella e, naturalmente, non prevede merendine industriali, patatine o Coca-Cola.
  Del resto, quello di fornire alle madri una vera e propria formazione per una sana alimentazione dei piccoli ospiti dell'Icam costituisce uno degli obiettivi primari dello
staff, che a brevissimo sarà anche rafforzato dalla presenza, sia pure non continuativa, di un'infermiera della Asl che si occuperà degli aspetti legati alla nutrizione ed all'igiene dei bambini più piccoli (fascia 0-3 anni).
  I pasti per i bambini sono preparati all'interno della struttura a cura delle mamme, utilizzando la cucina che hanno a disposizione, sotto la supervisione della educatrice per l'infanzia.
  Questa figura è presente tutti i giorni feriali, e presta servizio con rapporto di lavoro libero professionale a tempo pieno.
  In ogni caso, saranno richiesti anche quest'anno ulteriori fondi per garantire il convenzionamento di una seconda educatrice per la copertura di tutto l'arco della giornata.
  La professionista può altresì contare sulla presenza di numerosi volontari che si alternano per garantire supporto alle mamme e ai bambini, provvedendo anche all'accompagnamento presso l'asilo nido comunale dei piccoli che rientrano in quella fascia di età e permangono per periodi medio lunghi.
  Vengono organizzate per i bambini non lattanti attività e giochi, nonché feste particolari in occasione di compleanni e delle varie ricorrenze del calendario.
  L'Icam in argomento beneficia altresì di incessanti donazioni di giocattoli e di attrezzature da parte di associazioni e cittadini.
  Per quanto qui di interesse, va debitamente rimarcato che il personale di polizia che vi presta servizio per il controllo delle detenute vi opera sempre, e senza eccezioni, in abiti civili (non indossa pertanto l'uniforme.
  L'assistente capo in uniforme a cui fa riferimento l'onorevole interrogante è l'unità che rivestiva il ruolo di più alto in grado in Istituto all'atto della visita e che, dunque, come da disposizioni vigenti, ha accompagnato la parlamentare all'interno della struttura.
  Relativamente alle attività trattamentali, le mamme dell'Icam hanno accesso alle medesime attività previste per le detenute della Casa di reclusione, compatibilmente con la necessità di accudimento del bambino.
  Al mattino, quando è presente l'educatrice per l'infanzia, possono frequentare la scuola, che è organizzata su tutti i giorni feriali.
  Le mamme con figli che frequentano il nido o la scuola comunale per l'infanzia esterna possono dedicarsi a tutte le attività contemplate dall'offerta trattamentale e lavorativa della struttura; in alternativa vi è la possibilità di lavorare come addetta alle pulizie del reparto, alle dipendenze dell'Amministrazione penitenziaria. Per quanto riguarda le attività previste stabilmente, vanno ricordati il Progetto Torte e Biscotti attuato grazie alla collaborazione delle volontarie dell'Arciconfraternita della Misericordia di Venezia che prevede la preparazione di torte insieme alle mamme detenute, il corso di uncinetto
Filò, chiacchiere e uncinetto che da anni viene realizzato per le detenute del reparto ordinario, ed un apposito laboratorio di bricolage organizzato dal personale religioso che opera in istituto e che mira a coinvolgere, oltre ai bimbi, anche le madri.
  A breve inizierà anche un corso di educazione musicale grazie alla donazione di un
toy piano da parte di un'associazione cittadina.
  Sempre sotto il profilo trattamentale, va ricordato che vengono organizzati con le madri incontri a cadenza regolare ai quali partecipano il Garante dei diritti dei detenuti del Comune di Venezia e il capo Area trattamentale.
  Il personale dell'area trattamentale è comunque presente in Icam a rotazione, quasi tutti i giorni, e, quindi, il confronto con le madri, anche se non strutturato con le caratteristiche e il
setting di un colloquio come per le detenute ordinarie, è praticamente continuo e più frequente rispetto alle ristrette della sezione ordinaria.
Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   OCCHIONERO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 22 dicembre 2018 l'interrogante ha svolto una visita alla casa di reclusione Petrusa di Agrigento, carcere allocato in una struttura del 1992, dove ha avuto modo di riscontrare diversi problemi;

   l'istituto è sprovvisto di dirigente sanitario e dalle dimissioni del precedente non vi è stata la nomina del nuovo;

   il penitenziario ospita detenuti di sesso maschile in regime di media sicurezza ordinario e media sicurezza protetti, e di alta sicurezza, ed è presente il reparto femminile;

   i detenuti presenti sono 367, 26 sono le donne; l'ispezione inizia con la visita del reparto femminile: appare subito molto ordinato e pulito, le detenute non lamentano particolari disagi, le celle sono fredde, l'impianto di riscaldamento non funziona, a volte manca l'acqua calda;

   le condizioni di vivibilità nei reparti di media sicurezza maschili sono poco garantite; nelle celle della sezione di alta sicurezza ci sono 2 detenuti; nelle celle delle sezioni di media sicurezza quasi in tutte 3 detenuti; le stesse sono sporche e fredde, le docce sono collocate in un vano umido, con macchie di muffa, non arriva l'acqua calda; i detenuti fanno la doccia con l'acqua fredda; solo recentemente è stata appaltata la fornitura di una nuova caldaia; nell'istituto si registra una grave carenza di agenti di polizia penitenziaria; il commissario ha denunciato la mancanza di almeno 50 operatori di polizia penitenziaria: all'interno dell'istituto si riscontra particolare disagio legato all'assistenza sanitaria; il passaggio dalla medicina penitenziaria alle asl crea non pochi problemi, di seguito si segnalano alcuni esempi gravi;

   gli educatori sono 3 sugli 8 previsti e i detenuti lamentano disservizi e tempi lunghi di attesa per i colloqui con gli educatori;

   risulta scarsa l'attività legata all'assistenza psicologica;

   il comandante e gli agenti operano con abnegazione e professionalità, nonostante siano costretti a lavorare in una situazione difficile a causa della carenza di risorse umane;

   alcune criticità evidenziate rischiano di mettere in pericolo la salute e la vita del personale e dei detenuti; mancano gli specialisti, cardiologo, psichiatra, odontoiatra, allergologo, dermatologo; l'assenza di medici specialisti mette a rischio la vita dei detenuti, soprattutto quelli affetti da malattie cardiovascolari; da questo punto di vista sono state segnalate alcune situazioni, come quella di un detenuto che attende una visita neurologica da circa 5 mesi, di un altro che attende da 6 mesi la visita odontoiatrica e non è in grado di masticare, di un altro ancora che aspetta da 8 mesi una visita otorinolaringoiatrica;

   servono risorse per la pulizia dei reparti e per l'installazione delle docce in camera in tutto l'istituto e nuovi impianti di riscaldamento e produzione di acqua calda –:

   se sia a conoscenza della situazione in cui versa la citata casa di reclusione e quali iniziative intenda mettere in atto affinché siano superati i problemi esistenti e sia ripristinata una situazione sul piano del trattamento e dei servizi per i detenuti e gli operatori del carcere in linea con il dettato costituzionale.
(4-02422)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame l'interrogante, nel fare riferimento alle risultanze di una visita dallo stesso effettuata presso la casa di reclusione Petrusa di Agrigento, in esito alla quale sarebbero emerse una serie di criticità, afferenti segnatamente alla dotazione organica del personale di polizia penitenziaria, alle generali condizioni di vivibilità nei reparti maschili, alle carenze strutturali ed all'assistenza sanitaria e psicologica, chiede di sapere se il Ministro della giustizia sia a conoscenza della situazione in cui versa la citata casa di reclusione e quali iniziative intenda mettere in atto affinché siano superati i problemi esistenti e sia ripristinata una situazione sul piano del trattamento e dei servizi per i detenuti e gli operatori del carcere in linea con il dettato costituzionale.
  La casa circondariale di Agrigento, alla data del 10 aprile 2019, ospita un totale di 334 detenuti, rispetto a una capienza regolamentare pari a 283 posti, con un indice di sovraffollamento del 119,29 per cento come tale inferiore alla media nazionale, che si attesta sui 129,14 per cento.
  I dati sin qui forniti, meritano comunque di essere debitamente elaborati e meditati passando attraverso la considerazione di fondo per cui il tasso di sovraffollamento è calibrato in base allo spazio
pro-capite da riservare ai detenuti; con circolare 17 novembre 1988 del Ministero della giustizia, emessa sulla base di un decreto del Ministero della salute del 5 luglio 1975, esso viene stabilito in 9 metri quadrati per singolo detenuto, da aumentare di altri 5 metri quadrati per ogni altro detenuto in aggiunta.
  Questo indice dimensionale risulta, all'evidenza, nettamente superiore rispetto a quello di 3 metri quadrati con cui le organizzazioni sovranazionali e la giurisprudenza comunitaria identificano la soglia minima al di sotto della quale può configurarsi il trattamento inumano e degradante.
  A ciò va aggiunto che quasi tutti gli altri Paesi europei sono parametrati su dati dimensionali ben più bassi di quelli italiani.
  Ne consegue che sarebbe sufficiente, in ipotesi, allinearsi al parametro minimo comunitario o comunque accedere ad uno
standard minimo meno rigoroso di quello fissato dall'ordinamento interno, per escludere in radice la sussistenza del sovraffollamento in quanto le strutture penitenziarie italiane, per l'effetto, si attesterebbero su uno standard nettamente superiore alla soglia dei 60.000 detenuti. Ciò nondimeno, l'attuale formazione governativa intende affrontare la questione in maniera incisiva ed efficace.
  Con la legge di bilancio per il 2019 si prevede che le risorse non utilizzate per la copertura dei decreti legislativi di riforma del processo penale e dell'ordinamento penitenziario, possano essere destinate ad interventi urgenti di edilizia penitenziaria e manutenzione ordinaria e straordinaria sugli immobili dell'amministrazione penitenziaria e minorile.
  Inoltre, sempre in virtù della richiamata legge di bilancio, per effetto della ripartizione delle risorse rivenienti dal fondo per assicurare il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese di cui all'articolo 1, comma 140, della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017), l'importo di 280 milioni di euro verrà destinato ad interventi connessi all'adeguamento e all'ammodernamento delle strutture penitenziarie.
  Gli effetti benefici sono già tangibili nell'intensificazione dell'attività di manutenzione ordinaria e straordinaria dei complessi già in uso, onde garantire migliori condizioni ambientali, igienico-sanitarie e di vita per detenuti e operatori.
  Si stanno, infatti, riducendo, grazie ai più recenti aumenti di risorse finanziarie, le situazioni di inagibilità edilizia per degrado dei fabbricati, fenomeno accelerato anche dall'uso antropico eccessivo di ambienti e impianti in caso di sovraffollamento.
  Ai fini dell'incremento, fino ad almeno 60.000 posti detentivi, dell'attuale capienza regolamentare, sono già in atto procedimenti avviati dal piano carceri, e attualmente curati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per nuovi istituti e padiglioni per circa 3.800 nuovi posti regolamentari.
  Nella medesima direzione riveste altresì un ruolo di primo piano il decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, recante «Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione» (convertito con modificazioni dalla legge, 11 febbraio 2019, n. 12), in virtù del quale il personale del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria potrà effettuare progetti e perizie per la ristrutturazione e la manutenzione, anche straordinaria, degli immobili in uso governativo all'amministrazione penitenziaria, nonché per la realizzazione di nuove strutture carcerarie; l'amministrazione potrà anche individuare immobili nella disponibilità dello Stato o di enti pubblici territoriali e non territoriali, al fine della loro valorizzazione per la realizzazione di strutture carcerarie. Il richiamato decreto ha favorito il rilancio e l'attivazione di un progetto embrionale concepito anni addietro, ma poi arenatosi nel corso del tempo, essendo stato avviato, in proficua collaborazione con l'Agenzia del demanio e il Ministero della difesa, un piano per l'acquisizione di caserme dismesse dall'uso militare, riconvertibili in istituti penitenziari, mediante interventi di manutenzione prevalentemente straordinaria, più rapidi e meno onerosi rispetto alla realizzazione di nuove strutture, con l'obiettivo funzionale di incrementare significativamente il numero dei posti detentivi.
  Per quanto attiene all'organico di personale del corpo di polizia penitenziaria in servizio presso l'istituto in argomento, a fronte dell'esubero per il ruolo di agenti assistenti, pari all'1,6 per cento, le carenze maggiori si registrano, in particolar modo, nel ruolo dei sovrintendenti e degli ispettori, pari, rispettivamente al 70 per cento e al 45,0 per cento.
  Detto che trattasi di scoperture che riflettono il
trend generale a livello nazionale, va debitamente rimarcato che uno degli obiettivi prioritari perseguiti da questo Dicastero è costituito dall'incisivo potenziamento degli organici della polizia penitenziaria, nella piena consapevolezza della rilevanza che tale obiettivo riveste nella duplice finalità di garantire maggior efficienza del circuito penitenziario e standard più elevati di sicurezza all'interno delle carceri, anche a tutela di coloro che vi lavorano quotidianamente.
  Con la legge di bilancio per il 2019, al fine di incrementare l'efficienza degli istituti penitenziari, nonché per le indifferibili necessità di prevenzione e contrasto della diffusione dell'ideologia di matrice terroristica in ambito carcerario, è stata pianificata l'assunzione di n. 1.300 unità del corpo di polizia penitenziaria nell'anno 2019 e di n. 577 unità nel periodo 2020/2023, con uno stanziamento di maggiori risorse per 71,5 milioni di euro per il triennio 2019/2021.
  Inoltre, nella medesima direzione si iscrive l'immissione in ruolo di n. 976 allievi vice ispettori che lo scorso mese di marzo hanno terminato il relativo corso di formazione.
  Quanto, invece, al ruolo dei sovrintendenti, sono tuttora in corso le procedure per il concorso interno a complessivi n. 2.851 posti per la nomina alla qualifica di vice sovrintendente del ruolo maschile e femminile del corpo.
  In aderenza alla normativa vigente, nella
Gazzetta Ufficiale – IV serie speciale n. 18 del 5 marzo 2019, è stato pubblicato un bando di concorso per complessive 754 unità i cui vincitori saranno auspicabilmente assunti entro la fine del corrente anno.
  Si tratta, all'evidenza, di una serie di correttivi che consentiranno di affrontare incisivamente il problema della scopertura degli organici di polizia penitenziaria presso le strutture carcerarie del territorio, tra le quali saranno debitamente valutate anche le esigenze della casa circondariale di Agrigento che, tuttavia, giova ricordare, lo scorso mese di settembre hanno fruito di un incremento complessivo di 5 unità in esito all'ultima procedura di mobilità ordinaria.
  Per quanto attiene al comparto funzioni centrali, premesso che le dotazioni organiche complessive del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria hanno subito una significativa contrazione per effetto delle pregresse politiche di contenimento della spesa pubblica, occorre evidenziare che, allo stato, presso la casa circondariale di Agrigento non si registra alcuna criticità, in quanto, su un contingente organico di 4 unità, risultano effettivamente in servizio 5 funzionari della professionalità giuridico-pedagogica, di cui 2 effettivi e 3 distaccati in entrata.
  È stato altresì indetto interpello a integrazione per un'unità nel suddetto ruolo.
  Da ultimo, l'amministrazione penitenziaria ha assegnato fondi per avvalersi del consulente psicologico
ex articolo 80 dell'ordinamento penitenziario per 63 ore mensili per lo svolgimento delle attività di osservazione e trattamento dei condannati.
  Relativamente alle criticità strutturali segnalate dall'interrogante, oltre a richiamare le iniziative generali in materia di edilizia penitenziaria, in precedenza illustrate, si evidenzia che questo Dicastero, per il tramite delle competenti articolazioni ministeriali, a gennaio 2019 ha assegnato al provveditorato regionale per la Sicilia 1,5 milioni di euro sul capitolo 1687 pagina 1 (manutenzione straordinaria) e 1,4 milioni di euro sul capitolo 7301 pagina 1 (manutenzione ordinaria).
  Per quanto riguarda l'acquisto di generi necessari per la pulizia dei reparti sono stati altresì assegnati, sull'apposito capitolo di spesa, 54.000,00 euro nel corso dell'anno 2018, e 16.500,00 euro nel corso dell'anno corrente.
  Con riferimento alle criticità riscontrate dall'interrogante in ambito sanitario, giova precisare, in via preliminare, che con la riforma della medicina penitenziaria avviata dall'articolo 5 della legge n. 419 del 1998, si è dato corso al trasferimento dal Ministero della giustizia al servizio sanitario nazionale di tutte le funzioni inerenti alla sanità penitenziaria.
  Con la legge finanziaria 2008 – articolo 2, commi 283 e 284 – è stato confermato il definitivo transito in questione, da attuarsi mediante l'emanazione di un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
  Tale decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, recante «Modalità e criteri per il trasferimento al Servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle attrezzature e beni strumentali in materia di sanità penitenziaria», è stato adottato in data 1° aprile 2008, pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale n. 126 del 30 maggio 2008 ed è entrato in vigore il 14 giugno 2008 relativamente alle regioni a statuto ordinario.
  Con esso, pertanto, tutte le competenze in materia di sanità penitenziaria, compresa la disciplina dei rapporti di lavoro, sono transitate alle regioni e alle singole aziende sanitarie locali, territorialmente competenti sugli istituti penitenziari di riferimento. Poste tali premesse, occorre rimarcare che è comunque sempre assicurato, da parte di questo Dicastero, il massimo impegno nel cercare sempre maggiori sinergie con le regioni e le aziende sanitarie locali al fine di sviluppare metodologie condivise di presa in carico del disagio delle persone detenute e internate, nel perseguimento del comune obiettivo di tutelare la salute in carcere.
  Non a caso, con il decreto legislativo 2 ottobre 2018, n. 123, nel novellare l'ordinamento penitenziario, si è puntato, fra l'altro, al miglioramento dell'assistenza sanitaria dei detenuti e degli internati, riconoscendo loro il diritto ad avere informazioni complete sul proprio stato di salute, non solo all'atto di ingresso in istituto, ma anche durante e al termine del periodo di detenzione.
  Per quanto qui di interesse, si fa rilevare che il locale Provveditorato, nel corso del mese di febbraio 2019, ha richiesto alle direzioni degli istituti dislocati in regione un
report finalizzato a sintetizzare lo stato di attuazione delle «Linee guida sui sistemi organizzativi in ambito sanitario penitenziario della Regione siciliana», documento predisposto nell'anno 2016 dall'assessorato regionale per la salute, di concerto con il Provveditorato, in cui sono state analiticamente definite tutte le materie la cui competenza è stata trasferita dall'amministrazione penitenziaria al sistema sanitario regionale.
  Da ultimo, va debitamente sottolineato che l'amministrazione penitenziaria ha assegnato, altresì, fondi per avvalersi del consulente psicologo
ex articolo 80 ordinamento penitenziario per 137 ore al mese per lo svolgimento delle attività di osservazione e trattamento dei condannati.
Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   OCCHIONERO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 21 dicembre 2018, l'interrogante ha visitato casa circondariale di Sciacca; il carcere è allocato nell'ex convento dei carmelitani, una struttura del XIII secolo in pieno centro cittadino che ospita 56 detenuti di sesso maschile, dei quali 43 stranieri, in regime di media sicurezza;

   nell'istituto si registra una grave carenza di agenti di polizia penitenziaria: la pianta organica prevede 47 unità, gli agenti assegnati sono 39, molti sono gli operatori assenti per malattia;

   all'interno dell'istituto è presente un'infermeria; i medici con contratto trimestrale lamentano l'insufficienza degli spazi di vivibilità; infatti, durante i turni di notte, il medico dorme in una branda allocata nell'ex ambulatorio odontoiatrico privo di servizi igienici e l'infermiere in una branda dell'infermeria;

   gli educatori sono 2, uno di ruolo e uno in missione per tre volte alla settimana;

   soltanto uno psicologo è presente in sede una volta alla settimana per 2 ore;

   i detenuti tossicodipendenti sono 15 e sono presenti detenuti affetti da patologie di tipo psichiatrico;

   le ore d'aria sono 4 al giorno; la socialità è prevista per 3 ore alla settimana;

   i detenuti che lavorano sono 5, con turnazione; si tratta esclusivamente di lavori alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria;

   sono attive classi di scuola elementare e media e non ci sono altre attività;

   la casa circondariale ospita detenuti trasferiti da penitenziari di altre regioni;

   non è presente un'area attrezzata per il colloquio dei detenuti con i familiari minorenni;

   l'area esterna (il cosiddetto passeggio) dove i detenuti trascorrono le ore d'aria è un cortile privo di copertura, con un rubinetto e servizi igienici in pessime condizioni;

   nell'incontro con i detenuti, essi hanno lamentato che i bagni sono privi di tetto, in cella l'acqua è razionata e manca quella calda;

   nella visita agli ambienti detentivi sono state riscontrate numerose anomalie, tra le quali il sovraffollamento e le condizioni strutturali fatiscenti a causa dell'umidità; alle finestre delle celle sono applicati vetri opachi che impediscono la visuale esterna e limitano l'ingresso di luce naturale e la circolazione di aria, diverse celle sono inagibili, altre sono buie e anguste; in ogni caso, il vano dei servizi igienici è sprovvisto di tetto, aggravando la precarietà delle condizioni igieniche e sanitarie;

   la qualità del cibo, secondo quanto rilevato, è scadente ed esso è inadeguato come quantità, mentre lo spaccio interno offre poche merci a prezzi molto alti e superiori a quelli dei supermercati cittadini;

   il rapporto fra i detenuti e gli agenti di polizia penitenziaria è buono; questi ultimi sono però costretti a lavorare in una situazione difficile a causa della carenza di risorse umane e finanziarie;

   appare evidente, a seguito della visita, che l'unica scelta opportuna sia la chiusura definitiva della casa circondariale; infatti, considerate le criticità evidenziate, l'istituto, ad avviso dell'interrogante, non può rimanere aperto e non sarebbe neanche opportuno ristrutturarlo, posto che la capienza regolamentare non potrebbe superare i 30 detenuti –:

   se sia a conoscenza della gravissima situazione in cui versa la casa circondariale di Sciacca e quali iniziative di competenza intenda intraprendere per risolvere una situazione inaccettabile, anche attraverso la chiusura dell'istituto.
(4-02423)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame l'interrogante, nel fare riferimento alle risultanze di una visita dallo stesso effettuata presso la casa circondariale di Sciacca, in esito alla quale sarebbero emerse una serie di criticità, afferenti segnatamente alla dotazione organica, al sovraffollamento, alle carenze strutturali, alla inadeguatezza qualitativa e quantitativa del cibo e dell'offerta trattamentale, chiede di sapere se il Ministro della giustizia sia a conoscenza della gravissima situazione in cui versa la casa circondariale di Sciacca e quali iniziative di competenza intenda intraprendere per risolvere una situazione inaccettabile, anche attraverso la chiusura dell'istituto.
  Con riferimento alle presenze detentive, va detto che, alla data del 3 aprile 2019, risultano 69 detenuti rispetto ad una capienza regolamentare pari a 80 posti, di cui 11 non disponibili, di tal che non si registra, di fatto, alcun problema di sovraffollamento.
  Per quanto attiene all'organico di personale del corpo di polizia penitenziaria in servizio presso la casa circondariale di Sciacca, le carenze maggiori si registrano, in particolar modo, nel ruolo dei sovrintendenti e degli ispettori, pari, rispettivamente al 33,3 per cento e al 75,0 per cento.
  Detto che trattasi di scoperture che riflettono il
trend generale a livello nazionale, va debitamente rimarcato che uno degli obiettivi prioritari perseguiti da questo Dicastero è costituito dall'incisivo potenziamento degli organici della polizia penitenziaria, nella piena consapevolezza della rilevanza che tale obiettivo riveste nella duplice finalità di garantire maggior efficienza del circuito penitenziario e standard più elevati di sicurezza all'interno delle carceri, anche a tutela di coloro che vi lavorano quotidianamente.
  Con la legge di bilancio per il 2019, al fine di incrementare l'efficienza degli istituti penitenziari, nonché per le indifferibili necessità di prevenzione e contrasto della diffusione dell'ideologia di matrice terroristica in ambito carcerario, è stata pianificata l'assunzione di n. 1300 unità del Corpo di polizia penitenziaria nell'anno 2019 e di n. 577 unità nel periodo 2020/2023, con uno stanziamento di maggiori risorse per 71,5 milioni di euro per il triennio 2019/2021.
  Inoltre, nella medesima direzione si iscrive l'immissione in ruolo di n. 976 allievi vice ispettori che lo scorso mese di marzo hanno terminato il relativo corso di formazione.
  Quanto, invece, al ruolo dei sovrintendenti, sono tuttora in corso le procedure per il concorso interno a complessivi n. 2.851 posti per la nomina alla qualifica di vice sovrintendente del ruolo maschile e femminile del corpo.
  In aderenza alla normativa vigente, nella
Gazzetta Ufficiale - IV serie speciale n. 18 del 5 marzo 2019, è stato pubblicato un bando di concorso per complessive 754 unità i cui vincitori saranno auspicabilmente assunti entro la fine del corrente anno.
  Si tratta, all'evidenza, di una serie di correttivi che consentiranno di affrontare incisivamente il problema della scopertura degli organici di polizia penitenziaria presso le strutture carcerarie del territorio, tra le quali saranno debitamente valutate anche le esigenze della casa circondariale di Sciacca che, tuttavia, giova ricordare, lo scorso mese di settembre hanno fruito di un incremento complessivo di 3 unità in esito all'ultima procedura di mobilità ordinaria.
  Per quanto attiene al comparto funzioni centrali, premesso che le dotazioni organiche complessive del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria hanno subìto una significativa contrazione per effetto delle pregresse politiche di contenimento della spesa pubblica, occorre evidenziare che, allo stato, la casa circondariale di Sciacca non risente di alcuna scopertura, risultando in servizio 15 dipendenti su un organico di 13 unità.
  In particolare, nell'area trattamentale, risultano coperti entrambi i posti di funzionari della professionalità giuridico pedagogica, contemplati dalla previsione organica.
  I due funzionari presenti sono entrambi di ruolo e assegnati all'istituto, uno con la funzione aggiuntiva di coordinatore dell'area giuridico pedagogica, ed espletano stabilmente e quotidianamente servizio presso la struttura, senza alcun provvedimento di missione da eseguire presso altre sedi penitenziarie.
  Relativamente alla figura dello psicologo, si evidenzia che questa amministrazione, per le attività di osservazione e trattamento dei detenuti, si avvale degli esperti
ex articolo 80 della legge 26 luglio 1975, n. 354.
  Il rapporto di collaborazione che si instaura tra detti professionisti e l'amministrazione penitenziaria è di natura libero professionale ed è regolamentato da un accordo individuale sottoscritto dalle parti.
  Le relative prestazioni (autorizzazione monte ore e convenzioni) sono di competenza dei provveditorati regionali che distribuiscono il monte ore fra le direzioni dipendenti tenendo conto sia delle necessità rappresentate dalle stesse che della disponibilità finanziaria.
  Le psicologhe in servizio presso l'istituto in argomento, allo stato, sono due, in ossequio a quanto previsto dalle normative vigenti in base alla tipologia della struttura.
  Una di esse espleta attività in qualità di esperta
ex articolo 80, in regime di convenzione debitamente approvato dal locale provveditorato, con interventi che, per l'anno 2018, riguardavano n. 13 ore mensili, e che, per il corrente anno, sono state aumentate a 16; la stessa si occupa, altresì, dell'attività di osservazione e trattamento, partecipando, quindi, anche alla definizione dei documenti di sintesi.
  L'altra, nominata dall'Asl territorialmente competente, accede in istituto tre volte a settimana, per un totale complessivo di 9 ore; la stessa è incaricata di occuparsi, come da protocollo stipulato con l'azienda sanitaria e nel rispetto della normativa vigente, dei ristretti tossicodipendenti, della prevenzione del rischio suicidiario e dei colloqui con i nuovi giunti.
  Relativamente alle criticità strutturali segnalate dall'onorevole interrogante, si evidenzia che questo Dicastero, per il tramite delle competenti articolazioni ministeriali, a gennaio 2019 ha assegnato al provveditorato regionale per la Sicilia 1,5 milioni di euro sul capitolo 1687 pagina 1 (manutenzione straordinaria) e 1,4 milioni di euro sul capitolo 7301 pagina 1 (manutenzione ordinaria).
  Per quanto concerne l'area attrezzata per i colloqui tra detenuti e congiunti minorenni, la stessa è già localizzata presso il chiostro dell'istituto e comprensiva di gazebo, sedie, tavoli e giochi per bambini pronti per essere installati, mentre manca, allo stato, unicamente la video sorveglianza, peraltro già richiesta. Nelle more, i colloqui si svolgono in un ambiente molto accogliente, decorato con
murales creati ad hoc.
  Per quanto attiene ai cortili passeggi ed alla mancanza di copertura a protezione dagli agenti atmosferici, oltre a precisare che nelle giornate di pioggia si permette alla popolazione detenuta di fruire del portico antistante gli stessi cortili, va debitamente rimarcato che sono in corso lavori di ristrutturazione che stanno interessando i suddetti passeggi, uno dei quali già ultimato.
  Per quanto attiene i vani bagni, essi non risultano essere sprovvisti di tetto, in quanto dotati di pareti che non arrivano al soffitto.
  Si è tuttora in attesa del potenziamento dell'attuale centrale termica che permette un funzionamento dell'erogazione dell'acqua, sia calda che fredda, a fasce orarie. Alle finestre è installato del
plexiglass trasparente, parzialmente opacizzato dall'usura e dal trascorrere del tempo, ma che permette sicuramente il passaggio di luce e aria, mentre alla data del 21 dicembre 2018 (data dell'accesso presso la struttura da parte dell'interrogante) erano chiuse, in attesa di interventi di manutenzione, solo due camere di pernottamento.
  Le condizioni generali dell'istituto non possono considerarsi fatiscenti, trattandosi di un'antica struttura religiosa con spesse e solide mura; a tal riguardo va rimarcato che gli spazi interni si distinguono per un'altezza dei soffitti superiore alla media, traducendosi in notevoli spazi di apprezzabile grandezza cubica, utile al contrasto di possibili effetti claustrofobici nei ristretti.
  Le ore d'aria quotidiana in fruizione alla popolazione detenuta sono in numero di 8
pro die, di cui 7 prettamente di immissione ai passeggi (orari: dalle 8,00 alle 16,00, con chiusura dalle 12,00 alle 13,00 per il consumo dei pasti dei detenuti), venendo assicurato il rispetto delle 8 ore giornaliere fuori dalla camera di pernottamento attraverso l'estensione della socialità pomeridiana sino alle ore 17,40 a tutti i ristretti, sette giorni su sette, festivi.
  Riguardo al cibo, il rispetto dei parametri quantitativi stabiliti dalle tabelle ministeriali, insieme alla qualità degli alimenti, costituisce oggetto di un rigoroso controllo da parte di un'apposita commissione di detenuti, supervisionata quotidianamente da un dipendente appartenente al comparto funzioni centrali, su delega del direttore; il cibo viene cucinato dai ristretti lavoranti in cucina.
  Il sopravvitto interno è stato da ultimo ampliato e i prezzi dei generi alimentari vengono periodicamente controllati.
  I ristretti impegnati in attività lavorativa si attestano intorno alle 12 unità al mese; un solo detenuto, allo stato, è ammesso al lavoro all'esterno (
ex articolo 21 dell'ordinamento penitenziario).
  I posti di lavoro per i detenuti sono quelli offerti dall'amministrazione penitenziaria. Oltre alla scuola elementare (ora di alfabetizzazione lingua italiana) e a quella media (ora di 10 livello), è attivo un corso di scuola media superiore (pluriclassi) di enogastronomia e per l'ospitalità alberghiera, con laboratorio di cucina utilizzato in modo polifunzionale.
  Occorre altresì evidenziare che, in aggiunta alle attività scolastiche e sportive, ricreative e culturali, sono organizzati e attivi un laboratorio di canto e musica, un laboratorio teatrale e un laboratorio di disegno e pittura.
  Operano in istituto più di 15 soggetti volontari (
ex articolo 17 dell'ordinamento penitenziario) ed è funzionante un centro di ascolto e disbrigo pratiche portato avanti dai volontari con il supporto e il coordinamento dell'area giuridico pedagogica.
  Sempre per i fini che nella presente sede rilevano, è opportuno sottolineare che ultimamente l'istituto sta vivendo un'ondata di risveglio culturale e occupazionale che vede coinvolti i ristretti a diversi livelli; il lavoro sinergico degli operatori tutti, grazie alla forte spinta propulsiva dell'area giuridico trattamentale e in un'ottica di rete con le istituzioni cittadine, con l'associazionismo e i
club services, sta consentendo il crearsi di una posizione di centralità e di integrazione della struttura con il tessuto sociale, attraverso azioni di interscambio tra la popolazione ristretta e la cittadinanza.
  La fattiva collaborazione intrapresa con l'amministrazione comunale, ad esempio, ha permesso la realizzazione di spettacoli ed eventi che hanno visto i ristretti protagonisti e non solo spettatori; inoltre, incisiva risulta la partecipazione dei
club services grazie a cui è stato già messo in atto un corso di caseificazione, mentre sono in itinere attività formative volte a un auspicato inserimento nel mondo del lavoro a fine detenzione. Stessa finalità viene perseguita con le progettualità che si stanno elaborando nell'ambito del nuovo piano di zona (legge n. 328 del 2000), con l'obiettivo di sviluppare competenze che incentivino la possibilità di intraprendere la strada del lavoro autonomo, tramite attività artigianali.
  L'istituto, inoltre, intreccia costanti rapporti di collaborazione con altre istituzioni cittadine, quale ad esempio il locale liceo artistico, che, proprio nel corso dell'anno scolastico 2018/2019, ha messo in campo un progetto di restauro di dipinti realizzati negli anni passati da detenuti che costituiranno la base di un progetto teatrale integrato che vede come protagonisti alcuni ristretti e come organizzatori tutte le forze sociali che interagiscono con l'istituto tramite l'area giuridico pedagogica.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   PALMISANO e ERMELLINO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'ennesimo caso di suicidio di un detenuto in carcere, come quello avvenuto il 17 febbraio 2019 nell'istituto penitenziario di Taranto, riportato anche da notizie di cronaca (www.ilcorriereditaranto.it del 18 febbraio 2019), riporta all'attenzione dell'opinione pubblica la grave situazione di precarietà ed emergenza in cui versa il sistema carcerario nel nostro Paese;

   le diverse problematiche rappresentate, anche in occasione di una visita delle interroganti alla struttura penitenziaria del capoluogo ionico, nel mese di ottobre 2018, sono ad oggi ulteriormente peggiorate: il grave e cronico sovraffollamento carcerario ha raggiunto livelli mai sfiorati, con una presenza di detenuti molto al di sopra di quella prevista, ovvero 600 detenuti a fronte di una capienza di 305 persone, una percentuale di circa il 200 per cento che conferisce alla struttura la maglia nera del penitenziario più affollato d'Italia. Lo spazio minimo per detenuto è addirittura al di sotto dei 3 metri quadrati in una cella collettiva, la soglia stabilita dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, che negli ultimi anni ha condannato più volte l'Italia per il «trattamento inumano e degradante» nelle sue carceri, che a Taranto si traduce nella presenza, assolutamente insufficiente, di due soli agenti per tre sezioni detentive, ognuna lunga più di 50 metri, con ogni singolo agente impegnato in più servizi contemporaneamente per far fronte alle varie esigenze ed emergenze, tra cui quelle legate alla mancanza di uno spazio all'aperto a disposizione dei detenuti per momenti di socializzazione;

   il 5 novembre 2018, in occasione di una manifestazione regionale di protesta del Sindacato autonomo di polizia penitenziaria davanti al carcere di Bari, il capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria dottor Basentini annunciò interventi per la regione Puglia, finalizzati ad un miglioramento delle condizioni degli istituti penitenziari presenti sul territorio ma che, allo stato attuale, risultano ancora non essere stati realizzati –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e quali iniziative, anche di carattere normativo, per quanto di competenza, intenda porre in essere al fine di garantire condizioni di vita dignitose per i detenuti ospitati nel carcere di Taranto e per consentire al personale di operare in maniera efficace, attraverso il reperimento di adeguate risorse umane ed economico-finanziarie, che rispondano alle esigenze di un settore che da troppo tempo versa in condizioni critiche, che si riflettono negativamente soprattutto in termini di sicurezza.
(4-02328)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame gli interroganti, nel fare riferimento al recente caso di suicidio verificatosi il 17 febbraio 2019 presso l'istituto penitenziario di Taranto, indicandolo quale ennesimo evento critico sintomatico delle diverse problematiche che affliggono la struttura pugliese, tra cui l'elevato livello di sovraffollamento, gli esigui spazi minimi per ogni singolo detenuto, addirittura al di sotto della soglia dei 3 metri quadrati stabilita dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, la carenza di personale e la mancanza di uno spazio all'aperto a disposizione dei detenuti per momenti di socializzazione, chiedono di sapere se il Ministro della giustizia sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e quali iniziative, anche di carattere normativo, per quanto di competenza, intenda porre in essere al fine di garantire condizioni di vita dignitose per i detenuti ospitati nel carcere di Taranto e per consentire al personale di operare in maniera efficace, attraverso il reperimento di adeguate risorse umane ed economico-finanziarie, che rispondano alle esigenze di un settore che da troppo tempo versa in condizioni critiche, che si riflettono negativamente soprattutto in termini di sicurezza.
  Con specifico riguardo all'evento critico oggetto dell'interrogazione parlamentare, va innanzitutto evidenziato che il detenuto suicida aveva fatto ingresso presso la casa circondariale di Taranto in data 20 novembre 2018, a seguito di revoca della misura degli arresti domiciliari, in attesa di primo giudizio per violazione articoli 575 e 577 del codice penale.
  Sin dall'ingresso era stato allocato presso la sezione ordinaria, in compagnia di altri due detenuti.
  Nel prenderlo in carico, lo
staff multidisciplinare, non ravvisando particolari rischi e non trattandosi di soggetto con problematiche di natura psichiatrica, non riteneva necessario applicare provvedimenti di grande sorveglianza.
  Il detenuto era sordomuto, comunicava con difficoltà tramite scrittura, ma era apparso collaborativo e disponibile alla relazione; effettuava regolari colloqui con il fratello. L'ultima visita medica era stata eseguita il 10 dicembre 2018.
  A seguito del suicidio, il pubblico ministero disponeva l'invio del medico legale per svolgere gli accertamenti del caso, delegando, altresì, personale della squadra mobile della polizia di Stato alle indagini relative al fatto occorso.
  In osservanza alle circolari vigenti, il provveditore regionale di Bari individuava un'apposita commissione ispettiva regionale, a cui è stato demandato il compito di accertare le circostanze, le modalità e le cause dell'evento, nonché di verificare se siano state attivate tutte le procedure operative per cogliere i sintomi di disagio e prevenire quelle situazioni suscettibili di sfociare in condotte suicidarie.
  Tanto premesso in fatto, va detto che particolarmente desta è l'attenzione dell'amministrazione penitenziaria rispetto al fenomeno dei suicidi e degli atti di autolesionismo.
  In tale direzione, da ultimo, si è recentemente mossa l'azione di questo dicastero, con la definitiva approvazione, il 27 luglio 2018, del piano nazionale di intervento per la prevenzione dei suicidi in carcere da parte della conferenza Stato-regioni e, per l'appunto, del Ministero della giustizia.
  Punti principali del piano nazionale sono gli strumenti di rilevazione del rischio, il presidio delle situazioni potenzialmente critiche ed i protocolli operativi per la gestione dei casi a rischio e per affrontare le urgenze.
  Nello stesso solco va ricondotta la nota con cui il 14 agosto 2018, l'ufficio ispettivo, su disposizione del capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, ha invitato i provveditori regionali, nell'immediatezza di un evento suicidario:

   a trasmettere una dettagliata relazione sui preliminari aspetti rilevanti della vicenda e sugli immediati provvedimenti adottati;

   ad attivare contestualmente una commissione ispettiva regionale deputata ad accertare, previo nulla osta dell'autorità giudiziaria, acquisibile anche per le vie brevi circostanze, modalità e cause dell'evento, verificando altresì se siano stati attivati i protocolli operativi per cogliere i sintomi di disagio e prevenire tutte quelle situazioni suscettibili di sfociare in condotte suicidarie;

   a richiedere all'autorità giudiziaria competente copia degli atti di indagine, una volta conclusa la relativa fase, per poi trasmetterli all'ufficio ispettivo.

  Con i decreti legislativi n. 123 e 124 del 2 ottobre 2018 di riforma dell'ordinamento penitenziario si è inteso incidere in senso migliorativo sulla vita detentiva attraverso la previsione di norme che favoriscano l'integrazione delle persone detenute straniere e di norme volte al rispetto della dignità umana mediante la responsabilizzazione dei detenuti e la massima conformità della vita penitenziaria a quella esterna.
  Si è inoltre intervenuti sulla materia della medicina e sanità penitenziaria, tra l'altro prevedendo una corretta e completa informazione del detenuto sulle proprie condizioni di salute, all'atto dell'accesso presso la struttura carceraria, durante tutto il periodo detentivo ed al termine dello stesso.
  Con specifico riferimento alla situazione della casa circondariale di Taranto, sebbene le presenze detentive registrino un tasso di sovraffollamento significativo, di poco superiore al 200 per cento, va dato atto di un duplice ordine di elementi.
  In primo luogo sono in corso dei correttivi di tipo deflattivo, in quanto dal 1° gennaio all'8 marzo (ultima rilevazione effettuata), sono stati sfollati dalla casa circondariale di Taranto in tutto 20 detenuti, di cui 8 su disposizione del locale provveditorato e 12 su disposizione della competente direzione generale dei detenuti e del trattamento.
  Nel medesimo solco si iscrive la nota del 20 marzo 2019, con cui il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha impartito precise disposizioni alla competente direzione generale dei detenuti e del trattamento affinché si adottino, nel breve termine, provvedimenti deflattivi in grado di alleggerirne il carico di presenza.
  In secondo luogo, per quanto qui di interesse, giova rimarcare che, nonostante l'elevato indice di affollamento, tutti i detenuti fruiscono, all'interno della propria camera di pernottamento, di uno spazio superiore ai 3 metri quadrati.
  Dei complessivi 628 ristretti presenti, 411 hanno a disposizione tra i 3 e i 4 metri quadrati, mentre i restanti 217 usufruiscono di uno spazio superiore ai 4 metri quadrati.
  
Incidenter tantum, per completezza di informazioni, occorre chiarire che il tasso di sovraffollamento è calibrato in base allo spazio pro-capite da riservare ai detenuti. Con circolare 17 novembre 1988 del Ministero della giustizia, emessa sulla base di un decreto del Ministero della salute del 5 luglio 1975, esso viene stabilito in 9 metri quadrati per singolo detenuto, da aumentare di altri 5 metri quadrati per ogni altro detenuto in aggiunta.
  Questo indice dimensionale risulta, all'evidenza, nettamente superiore rispetto a quello di 3 metri quadrati con cui le organizzazioni sovranazionali e la giurisprudenza comunitaria identificano la soglia minima al di sotto della quale può configurarsi il trattamento inumano e degradante.
  A ciò va aggiunto che quasi tutti gli altri Paesi europei sono parametrati su dati dimensionali ben più bassi di quelli italiani.
  Ne consegue che sarebbe sufficiente, in ipotesi, allinearsi al parametro minimo comunitario o comunque accedere ad uno
standard minimo meno rigoroso di quello fissato dall'ordinamento interno, per escludere in radice la sussistenza del sovraffollamento in quanto le strutture penitenziarie italiane, per l'effetto, si attesterebbero su uno standard nettamente superiore alla soglia dei 60.000 detenuti.
  Ciò nondimeno, l'attuale formazione governativa intende affrontare la questione in maniera incisiva ed efficace, in quanto gli interventi per il miglioramento qualitativo e quantitativo dell'edilizia penitenziaria rientrano tra le priorità perseguite. In proposito si segnala che all'articolo 22-
bis del decreto-legge n. 113 del 2018, cosiddetto decreto sicurezza, su iniziativa di questo Ministero, sono state previste due specifiche autorizzazioni di spesa per complessivi 2 milioni di euro per l'anno 2018, di 15 milioni di euro per l'anno 2019 e di 25 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2026, da destinare ad interventi urgenti connessi al potenziamento, all'implementazione e all'aggiornamento dei beni strumentali, nonché alla ristrutturazione e alla manutenzione degli edifici e all'adeguamento dei sistemi di sicurezza.
  Nella medesima direzione muove la previsione dell'articolo 7 del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135 che sotto la rubrica «Misure urgenti in materia di edilizia penitenziaria», al fine di consentire una più celere attuazione del piano di edilizia penitenziaria in corso, attribuisce al personale del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, impiegato nei ruoli di dirigenti tecnici, le nuove funzioni, con lo scopo di semplificare le procedure di manutenzione e ristrutturazione degli istituti e di rinvenire edifici pubblici da riconvertire a strutture carcerarie, nell'ambito del piano di edilizia penitenziaria, secondo un ordine di priorità degli interventi stabiliti con decreto del Ministro della giustizia.
  Per quanto attiene alla casa circondariale di Taranto, non risultano particolari criticità dal punto di vista né della struttura né degli spazi a disposizione dei detenuti, anche a scopi di socialità.
  A tal riguardo, deve evidenziarsi che ogni sezione è munita di una saletta ricreativa e di un vano per le docce.
  Quanto agli spazi comuni, vi è una sala polivalente (utilizzata prevalentemente per rappresentazioni teatrali), due chiese, undici aule scolastiche, tre biblioteche, due sale lettura, dieci cortili per il passeggio nel reparto maschile e due nel reparto femminile. Tutte le camere di pernottamento del reparto maschile hanno la medesima conformazione: un'estensione di 10,08 metri quadrati, con bagno annesso di 5,10 metri quadrati.
  I servizi igienici sono separati dalla camera di pernottamento e fruibili in maniera riservata solo dagli occupanti della stessa.
  Tutte le camere sono dotate di finestre, compreso il bagno, con sbarre idonee al passaggio di luce e aria, oltre che di un impianto di illuminazione artificiale e di termosifoni.
  La fruizione delle docce avviene in un apposito locale, dotato di acqua calda, esterno alle camere di pernottamento.
  I colloqui con le famiglie dei detenuti si tengono dal lunedì al sabato; è previsto il prolungamento del colloquio nelle ore pomeridiane per due giorni a settimana, onde consentire ai figli dei detenuti in età scolare di far visita al genitore
in vinculis presentando, nel contempo, la continuità della frequenza scolastica.
  Sempre nella logica della tutela del minore, nelle sale d'attesa dei familiari sono stati allestiti degli spazi destinati ad attività ludiche dove i minori in visita possono alleviare la penosità dell'attesa, intrattenuti da volontari in attività ricreative di varia natura, con la precisazione che nelle sale destinate ai colloqui, non vi sono, ormai da tempo, i banconi divisori.
  Con specifico riferimento alla dotazione organica del Corpo di polizia penitenziaria, presso la casa circondariale di Taranto risultano effettivamente in servizio un totale di 253 unità, a fronte di una previsione pari a 277 unità, registrandosi una percentuale di scopertura complessiva pari all'8,7 per cento.
  La carenza di organico riguarda, in particolar modo, il ruolo dei sovrintendenti e degli ispettori, mentre per il ruolo degli agenti/assistenti si registra un seppur lieve esubero. Detto che trattasi di scoperture che riflettono il
trend generale a livello nazionale, va debitamente rimarcato che uno degli obiettivi prioritari perseguiti da questo dicastero è costituito dall'incisivo potenziamento degli organici della polizia penitenziaria, nella piena consapevolezza della rilevanza che tale obiettivo riveste nella duplice finalità di garantire maggior efficienza del circuito penitenziario e standard più elevati di sicurezza all'interno delle carceri, anche a tutela di coloro che vi lavorano quotidianamente.
  Con la legge di bilancio per il 2019, al fine di incrementare l'efficienza degli istituti penitenziari, nonché per le indifferibili necessità di prevenzione e contrasto della diffusione dell'ideologia di matrice terroristica in ambito carcerario, è stata pianificata l'assunzione di n. 1.300 unità del corpo di polizia penitenziaria nell'anno 2019 e di n. 577 unità nel periodo 2020/2023, con uno stanziamento di maggiori risorse per 71,5 milioni di euro per il triennio 2019/2021.
  Inoltre, nella medesima direzione si iscrive l'immissione in ruolo di n. 976 allievi vice ispettori che lo scorso mese di marzo hanno terminato il relativo corso di formazione.
  Quanto, invece, al ruolo dei sovrintendenti, sono tuttora in corso le procedure per il concorso interno a complessivi n. 2.851 posti per la nomina alla qualifica di vice sovrintendente del ruolo maschile e femminile del Corpo.
  In aderenza alla normativa vigente, nella
Gazzetta Ufficiale – IV serie speciale n. 18 del 5 marzo 2019, è stato pubblicato un bando di concorso per complessive 754 unità i cui vincitori saranno auspicabilmente assunti entro la fine del 2019.
  Si tratta, all'evidenza, di una serie di correttivi che consentiranno di affrontare incisivamente il problema della scopertura degli organici di polizia penitenziaria presso le strutture carcerarie del territorio, tra le quali saranno debitamente valutate anche le esigenze della casa circondariale di Taranto.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   PASTORINO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   con riferimento ai fatti accaduti fra l'8 e il 9 luglio 2018, la Guardia costiera italiana ha affermato che l'imbarcazione Vos Thalassa ha soccorso in acque internazionali 67 migranti che rischiavano il naufragio. Il comandante della nave avrebbe segnalato «una situazione di grave pericolo per la security della nave e del suo equipaggio» a causa degli «atteggiamenti minacciosi nei confronti dell'equipaggio stesso da parte di alcuni migranti, all'arrivo in zona della guardia costiera libica». Alla luce della situazione e a seguito di ulteriori comunicazioni tra il comandante del Vos Thalassa e la centrale operativa della guardia costiera «si è reso necessario far intervenire nave Diciotti, a tutela dell'incolumità dell'equipaggio del rimorchiatore battente bandiera italiana, che intanto dirigeva verso nord»;

   tuttavia, si è venuto a scoprire successivamente che non vi è stata alcuna insurrezione a bordo ma solo la volontà da parte del comandante di sbloccare in qualche modo la situazione di stallo. Lo stesso Cristiano Vattuone, responsabile tecnico della società che controlla la Vos Thalassa, ha ridimensionato di molto la situazione e ha dichiara al giornale La Verità che: «ci sono stati momenti di tensione, di confusione» perché «i migranti non volevano essere riconsegnati ai libici che poi non si sa che cosa ne facciano», ma non vi è stata «nessuna insurrezione a bordo, la situazione è stata ingigantita dai giornali, non c'è stato nessun ammutinamento e nessuno è stato pestato». Il punto vero, afferma, è che: «non possiamo stare una settimana a cercare i porti che decidono loro. Abbiamo sollecitato Roma, certo, dobbiamo sollecitare perché vengano trovate soluzioni rapide»;

   inoltre, secondo quanto si apprende dal quotidiano Avvenire, in un articolo a firma Nello Scavo del 14 luglio 2018, un elicottero della Marina militare aveva imbarcato un team di incursori che avrebbero dovuto compiere un blitz per ristabilire l'ordine e prendere il timone del rimorchiatore. Ma fonti militari affermano che non c'è stato alcun bisogno di entrare in azione: «missione annullata prima dell'intervento della Diciotti perché in realtà non c'era alcun pericolo»; infatti, «la situazione era sotto controllo e, l'allarme non era giustificato, nessun pericolo né per l'equipaggio né per i migranti». Il Governo ne era informato, ma ha voluto comunque parlare alla stampa di «ammutinamento», per il tramite del Ministro dell'interno;

   peraltro, Vroon, armatore delle navi Vos, navigando in acque libiche fa uso di agenzie di sicurezza a bordo delle sue imbarcazioni, fatto provato in occasione delle indagini condotte lo scorso anno, Iuventa e Vos Hestia. Tuttavia, non è stato possibile averne conferma con riguardo alla Vos Thalassa –:

   se i Ministri interrogati intendano chiarire e rendere noto quanto è realmente accaduto nel Mediterraneo nella notte tra domenica 8 e lunedì 9 luglio 2018 e quali siano state le comunicazioni intercorse fra la Guardia costiera e la nave Vos Thalassa nonché la sede della società armatrice;

   se trovi conferma quanto sostenuto dalle fonti militari secondo cui l'allarme non era giustificato e per quali ragioni si sia comunque scelto di parlare di «ammutinamento»;

   se la Guardia costiera italiana sia a conoscenza di servizi di sicurezza privati operativi sulla nave Vos Thalassa.
(4-00725)

  Risposta. — Si premette, in primo luogo, che l'evento descritto dall'interrogante in premessa all'atto e che ha visto principalmente l'impegno della Guardia costiera italiana, nonché i singoli quesiti posti, non investono profili di prevalente e diretta competenza della difesa e, pertanto, si riferisce anche a nome del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di cui si riportano, di seguito, gli elementi forniti.
  Lo scorso 8 luglio, il rimorchiatore «Vos Thalassa», battente bandiera italiana, mentre era impegnato in attività di sicurezza e di assistenza a una piattaforma
off shore, di propria iniziativa soccorreva, all'interno dell'area di responsabilità Search and Rescue (SAR) libica, un piccolo natante in legno sul punto di affondare con 67 migranti a bordo, avvistato in prossimità della piattaforma petrolifera libica Al Jurf-Oilfield, dandone successiva comunicazione all’Italian Maritime Rescue Coordination Centre (IMRCC) della Guardia costiera.
  Trattandosi di una nave italiana intervenuta senza che le Autorità libiche avessero assunto il coordinamento delle operazioni o che fosse presente nell'area alcuna unità libica, l'IMRCC indicava al mercantile di dirigersi verso nord, informandosi, nello stesso tempo, sullo stato di salute e sulla situazione in generale dei naufraghi.
  Successivamente, il comandante del mercantile informava l'IMRCC di avere ricevuto disposizioni dalle Autorità libiche – senza alcun preventivo coordinamento con il centro di soccorso italiano – di invertire la rotta per dirigere nuovamente verso le piattaforme petrolifere
off-shore allo scopo di trasferire i naufraghi su una motovedetta libica. Il comandante riportava inoltre che i migranti, resisi conto della rotta intrapresa verso sud, manifestavano una forte agitazione per il timore di essere riportati in Libia e questo si ripercuoteva sulla sicurezza dell'equipaggio e dell'unità.
  Il 9 luglio 2018, il
Maritime Rescue Coordination Center (MRCC) di Roma apprendeva ufficialmente da fonti della Guardia costiera libica che la stessa stava inviando una motovedetta verso il mercantile italiano.
  Tale notizia aumentava ancor più le preoccupazioni del comando di bordo del «Vos Thalassa» e della società armatrice, per le conseguenze di un eventuale intervento da parte dei militari libici a bordo della nave italiana e della reazione che avrebbero potuto avere i migranti, già in evidente stato di agitazione.
  Il MRCC di Roma aggiornava formalmente sulla situazione il Ministero dell'interno e quello delle infrastrutture e dei trasporti, nonché la direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere, riferendo, inoltre, che era stato dato l'ordine a nave Diciotti della Capitaneria di porto – Guardia costiera – che, in quel momento, si trovava a 55 miglia di distanza dal «Vos Thalassa» – di dirigere verso il mercantile italiano.
  La società armatrice continuava a rappresentare telefonicamente le sue preoccupazioni nell'eventualità di un intervento di militari libici a bordo della nave italiana e chiedeva alle autorità italiane (tramite il MRCC di Roma) istruzioni precise.
  Nel frattempo, l'IMRCC apprendeva che alle ore 17.25 era giunta presso la piattaforma «Al Jourf» la motovedetta libica e che la situazione a bordo del «Vos Thalassa» era nuovamente instabile.
  Il comando di bordo veniva tranquillizzato, informandolo che nave Diciotti era prossima all'arrivo e alle ore 18.12 veniva disposto che il mercantile dirigesse verso nord per facilitare l'incontro con nave Diciotti, autorizzandolo, peraltro, a prendere contatti diretti con l'unità, per un migliore coordinamento.
  Alle ore 18.27, tuttavia, il «Vos Thalassa» comunicava di essere ancora in attesa dell'autorizzazione della piattaforma a lasciare l'area e, quindi, il MRCC di Roma contattava la Guardia costiera libica per informarla che nave Diciotti era giunta nei pressi e che sarebbe intervenuta per dare assistenza all'unità italiana.
  Infatti, proprio allo scopo di fornire la richiesta assistenza al comando di bordo per fronteggiare le criticità più volte segnalate circa le problematiche di ordine pubblico a bordo, veniva disposto l'invio di «
boarding teams» (teams ispettivi) a cura di nave Diciotti, mentre un elicottero della Marina militare italiana decollato da nave Duilio, in quel momento ancora distante dall'area, garantiva la necessaria cornice di sicurezza durante la fase di trasbordo dei migranti dal «Vos Thalassa» al citato mezzo della capitaneria di porto, avvenuto lo stesso 9 luglio.
  Il giorno 11 luglio, alle ore 09.20, non essendo ancora pervenuta alcuna indicazione da parte del Ministero dell'interno, l'IMRCC ordinava a nave Diciotti di dirigere verso il porto di Trapani, mantenendo il moto lento per verificare le necessarie predisposizioni di competenza del Ministero dell'interno, prima dell'autorizzazione all'ingresso.
  Il 12 luglio nave Diciotti veniva autorizzata dal Comando generale del corpo delle capitanerie di porto-Guardia costiera ad entrare in porto a Trapani, dove vi giungeva alle ore 15.15 e, alle 23.30 dello stesso giorno, le autorità di pubblica sicurezza consentivano l'inizio delle operazioni di sbarco dei migranti, che si concludevano poco dopo.
  Tra le persone soccorse dal «Vos Thalassa», a seguito delle prime indagini effettuate a bordo dal personale della Guardia costiera, due sono state individuate quali sospetti fomentatori delle azioni violente denunciate dal comando di bordo e sono state sottoposte a fermo di Polizia Giudiziaria, con i capi di imputazione di favoreggiamento dell'immigrazione e di violenza privata.
  In merito al quesito relativo alla società armatrice, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha comunicato che la motonave «Vos Thalassa» è di proprietà della società di navigazione Vroon Offshore Italia s.r.l., con sede a Genova e di non disporre di informazioni relative alla presenza o meno di eventuali servizi di sicurezza privata, operanti a bordo del
supply vessel in parola.
  Per quanto concerne, infine, l'intervento di nave Duilio, la Marina militare italiana ha riferito che lo scorso 9 luglio l'unità navale, in pattugliamento nel Mediterraneo centrale nell'ambito dell'Operazione Mare sicuro, dopo aver stabilito le comunicazioni con nave Diciotti, impiegava l'elicottero imbarcato sull'unità per consentire in sicurezza il trasferimento dei migranti dal «Vos Thalassa» al mezzo della capitaneria di porto, tenendosi pronta a fornire supporto qualora richiesto.
  Con riferimento, invece, all'articolo del quotidiano
Avvenire citato dall'interrogante, secondo cui «l'allarme – lanciato dal comandante del mercantile – non era giustificato», la Marina militare ha comunicato di non avere, al riguardo, evidenze circa comunicati stampa o altre uscite mediatiche emesse dalla stessa forza armata o da altre fonti militari.
La Ministra della difesa: Elisabetta Trenta.


   RIPANI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'operazione «Strade sicure», iniziata il 4 agosto 2008 in virtù della legge 24 luglio 2008, n. 125, di conversione del decreto-legge n. 92 del 2008, approvata durante il Governo Berlusconi IV, prevede che «Per specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità, ove risulti opportuno un accresciuto controllo del territorio, può essere autorizzato un piano di impiego di un contingente di personale militare appartenente alle Forze armate»;

   il contingente impegnato nell'operazione «Strade sicure» opera sotto il coordinamento dei prefetti delle province (comprendenti aree metropolitane e comunque aree densamente popolate) per svolgere servizi di vigilanza a siti ed obiettivi sensibili;

   in attuazione di quanto previsto dall'articolo 7-bis del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, il Ministro dell'interno adotta, di concerto con il Ministro della difesa, previa informazione al Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica, il decreto con il quale è disposta la proroga dell'impiego del contingente di personale delle Forze armate che opererà in concorso e congiuntamente alle Forze di Polizia secondo le modalità stabilite dal medesimo decreto;

   nella tabella unica del decreto con cui è disposta la proroga del contingente per il 2018 (2 febbraio 2018) non è previsto alcun contingente per la provincia di Grosseto ricalcando quanto stabilito dal decreto con cui è stata disposta la proroga del contingente per il 2017 (8 giugno 2017), quando, invece, l'emergenza dell'ordine pubblico richiederebbe una maggiore attenzione e una più efficace azione di controllo;

   a ciò si aggiunge che tra i monumenti di Pitigliano (GR), visitabili nel centro storico, si trova la Sinagoga con l'attiguo museo risalenti alla fine del 1500 che, oltre ad essere rilevanti dal punto di vista storico, artistico e culturale, costituiscono un'importante testimonianza di fede religiosa, considerato che Pitigliano è nota anche come la «piccola Gerusalemme»; dal 2015 al 2017 la Sinagoga è stata posta sotto stretta vigilanza dei Cavalieri paracadutisti del reggimento Savoia cavalleria (3°) di stanza a Grosseto inseriti nel raggruppamento Toscana dell'operazione «Strade sicure»;

   non essendo stato riconfermato il presidio, per il controllo della zona vengono ad oggi impegnati i carabinieri della stazione di Pitigliano, i quali non essendo in numero sufficiente per coprire i turni necessari sono coadiuvati dalle vicine stazioni di Castell'Azzara, Semproniano, Sorano, Saturnia e Manciano;

   alla luce della rilevanza storica del luogo sito in Pitigliano e dell'efficace azione dei militari, ad avviso dell'interrogante, risulterebbe necessario riconfermare la presenza fisica dell'Esercito che permetterebbe ai carabinieri di continuare a svolgere la loro funzione primaria di presidio del territorio e infonderebbe una maggiore sicurezza e fiducia nella popolazione locale;

   con riferimento alla città di Grosseto, la prefettura ha inoltrato ai Ministeri competenti – senza peraltro ricevere risposta alcuna – ben due richieste nell'ultimo biennio per l'estensione dell'operazione Strade sicure nel capoluogo maremmano, a seguito dell'individuazione di alcuni luoghi sensibili, dell'aumento della criminalità e della richiesta insistente da parte della popolazione –:

   se i Ministri interrogati non intendano valutare l'opportunità di adottare iniziative per dispiegare per il 2019, nella provincia di Grosseto, un contingente di militari anche ad ausilio dell'attività di pattugliamento e controllo del territorio con funzioni di polizia, da inserire nella tabella unica del piano di impiego di cui in premessa;

   quali siano le motivazioni che hanno determinato la scelta di non riconfermare la presenza del contingente nella località di Pitigliano.
(4-01617)

  Risposta. — Nell'ambito del concorso alle Forze di polizia per la prevenzione e contrasto alla criminalità e al terrorismo, con l'operazione «strade sicure», le forze armate impiegano in Toscana un contingente di circa 274 militari in attività di vigilanza a siti e obiettivi sensibili. Tale contingente è posto a disposizione dei Prefetti che, in caso di necessità ed urgenza, e nei limiti massimi fissati per legge, possono richiedere sia eventuali rimodulazioni del dispositivo, anche in senso incrementale, sia l'inserimento di nuove province nel piano d'impiego.
  Per quanto attiene in particolare alla provincia di Grosseto, vi è stata assegnata, dal 15 aprile 2015, un'aliquota di 10 militari per la vigilanza al complesso ebraico di Pitigliano. Il contingente, recuperato per fronteggiare le sopravvenute esigenze di sicurezza nelle aree del centro Italia colpite dagli eventi sismici dell'agosto 2016, è stato sostituito, a decorrere del 7 novembre dello stesso anno, da un servizio di vigilanza fissa assicurato dal locale comando provinciale dell'Arma dei carabinieri in coincidenza con gli orari di apertura al pubblico, nonché in occasione delle celebrazioni di cerimonie e riti religiosi garantendo, nelle restanti fasce orarie, una vigilanza dinamica.
  Nel recente periodo, in seguito alle istanze del prefetto di Grosseto per l'assegnazione di un contingente di militari – in particolare, all'indomani di un tentativo di violenza sessuale perpetrato, nel capoluogo, da un giovane egiziano in possesso di regolare permesso di soggiorno, rapidamente intercettato ed arrestato – sono state adottate misure di intervento focalizzate su obiettivi e zone della città predefinite, ricorrendo anche a servizi straordinari per contrastare il degrado urbano.
  Più in generale, in ordine alle richieste delle autorità locali relative all'assegnazione di contingenti di militari da impiegare con funzione di deterrenza, il competente Ministero dell'interno ha rappresentato che le eccezionali esigenze di sicurezza da soddisfare in molteplici diversificati ambiti territoriali, connesse in particolare al perdurare della minaccia terroristica, non hanno consentito finora di soddisfare le istanze di Grosseto senza incidere sull'efficacia dei dispositivi in atto nelle altre province.
  Ad ogni buon fine, tali esigenze potranno essere riconsiderate in futuro, a seguito di un'eventuale rimodulazione del piano di impiego del contingente di militari complessivamente autorizzato, provvedimento verso il quale la Difesa non ha alcuna preclusione di sorta, nel rispetto del tetto massimo di unità impiegate nell'operazione.

La Ministra della difesa: Elisabetta Trenta.


   SARRO, PAOLO RUSSO e PENTANGELO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in attuazione del decreto ministeriale del 21 luglio 1998, n. 297, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria con provvedimento del direttore generale del 3 aprile 2008 (pubblicato nel Bollettino Ufficiale del Ministero della Giustizia n. 11 del 15 giugno 2008) indiceva un concorso interno, per titoli di servizio ed esame, a complessivi 643 posti (elevati successivamente a 1232 di cui 1009 uomini e 223 donne) per la nomina alla qualifica iniziale del ruolo maschile e femminile degli ispettori del corpo di polizia penitenziaria;

   all'esito della suddetta procedura concorsuale veniva approvata la graduatoria definitiva con avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 6 febbraio 2018;

   in attuazione di quanto contemplato dagli articoli 13 e 14 del bando di concorso, i vincitori venivano avviati a frequentare il corso di formazione previsto dall'articolo 8 del decreto ministeriale n. 297 del 1998;

   detto, corso, conclusosi di recente, ha consentito ai vincitori di conseguire la definitiva idoneità alla nomina a vice ispettore nel ruolo degli ispettori del corpo di polizia penitenziaria;

   l'espletamento della procedura concorsuale e dei successivi moduli didattici di formazione, si sono dilatati oltre ogni ragionevole limite temporale, determinando una situazione di forte penalizzazione a danno dei vincitori medesimi che, all'epoca della pubblicazione del bando, avevano nella quasi totalità una età media compresa tra i 35 ed i 45 anni;

   dopo 11 anni, le esigenze familiari sono profondamente mutate sia perché nel frattempo molti degli attuali vincitori hanno operato impegnativi investimenti economici per l'acquisto della casa di abitazione, sia perché i processi di ambientamento scolastico e sociale dei propri figli, utili ad una loro crescita stabile, si sono ampiamente consolidati;

   inoltre l'attesa ultra decennale della chiusura del concorso ha precluso agli interessati la partecipazione a diversi altri concorsi interni (3 per posti di ispettore capo, 2 per posti di aspirante ispettore superiore ed 1 posto di aspirante vice commissario) e, parimenti, l'accesso ai benefici economici e di avanzamento di carriera derivanti dal recente riordino delle carriere riservato a tutte le forze di polizia –:

   quali iniziative di competenza si intendano intraprendere per riconoscere ai vincitori del concorso indetto con provvedimento del direttore generale 3 aprile 2008 la retrodatazione giuridica del passaggio al grado di vice ispettore quanto meno al 2011, rappresentando quest'ultimo il termine fisiologico di conclusione della procedura concorsuale in questione, e per garantire la conferma nella attuale sede di appartenenza ovvero in altra ad essa prossima, anche in deroga alla dotazione organica vigente.
(4-02583)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame l'interrogante, nel fare riferimento alla procedura concorsuale interna a n. 643 posti (elevati successivamente a n. 1232 posti) per la nomina alla qualifica iniziale del ruolo maschile e femminile degli ispettori del corpo di polizia penitenziaria, indetta con P.D.G del 3 aprile 2008, pubblicata nel Bollettino ufficiale del Ministero della giustizia n. 11 del 15 giugno 2008, ed in particolare alla sua protrazione per undici anni, nel corso dei quali sono profondamente mutate le esigenze familiari dei vincitori che, medio tempore, hanno perso l'occasione di partecipare ad altri concorsi e, parimenti, l'accesso ai benefici economici e di avanzamento di carriera derivanti dal recente riordino delle carriere, riservato a tutte le forze di polizia, chiede di sapere dal Ministro della giustizia quali iniziative di competenza si intendano intraprendere per riconoscere ai vincitori del concorso in argomento la retrodatazione giuridica del passaggio al grado di vice ispettore, quanto meno al 2011, rappresentando quest'ultimo il termine fisiologico di conclusione della procedura concorsuale in questione, e per garantire la conferma nella attuale sede di appartenenza ovvero in altra ad essa prossima, anche in deroga alla dotazione organica vigente.
  In via preliminare, occorre far rilevare, da un lato, che la protrazione temporale del concorso risale a periodi non riconducibili all'attuale formazione governativa e, dall'altro, che l'individuazione della decorrenza della nomina alla data degli esami di fine corso dei vincitori dei concorsi (interni ed esterni) per vice ispettore del corpo di polizia penitenziaria è conforme alla normativa vigente.
  Analogo problema è già stato affrontato con riferimento al concorso pubblico a n. 271 posti di vice ispettore bandito nel mese di novembre 2003 i cui vincitori sono stati nominati, all'esito del corso di formazione, con decorrenza 14 dicembre 2014.
  In tale circostanza deve registrarsi la soccombenza dei candidati che hanno impugnato il decreto di decorrenza della nomina, in quanto i contenziosi giudiziari si sono risolti con pronunce del giudice amministrativo in primo ed in secondo
grado (del T.a.r. Consiglio di Stato), tutte favorevoli all'amministrazione, laddove è stato espressamente riconosciuto che la decorrenza della nomina non può che avvenire in conformità alle disposizioni normative vigenti.
  
Incidenter tantum, si reputa opportuno sottolineare che in una sentenza è stato espressamente fatto rilevare dal giudice che, tra l'altro, laddove la procedura si fosse conclusa nei termini auspicati, molti concorrenti non avrebbero potuto beneficiare dell'incremento dei posti e sarebbero rimasti esclusi dal novero dei vincitori.
  La possibilità di proporre iniziative normative per la retrodatazione della nomina alla qualifica di vice ispettore al 2011, non trova alcun appiglio ragionevole, atteso che, a quella data, non erano state espletate neanche le prove scritte, ma solo quelle preselettive.
  In disparte tale ragione pregiudiziale ma al contempo dirimente, va aggiunto che la proposta di retrodatazione sarebbe difficilmente sostenibile
de jure condendo anche perché altererebbe il sistema di equiordinazione delle carriere voluto dal legislatore e, quindi, determinerebbe evidenti criticità in ottica comparativa rispetto alle altre forze di polizia a ordinamento civile e militare ed alle forze armate.
  Oltre che sul piano esogeno, ne conseguirebbe un illogico effetto dirompente anche sul piano endogeno, producendo diacronici scavalcamenti all'interno del personale dell'amministrazione penitenziaria.
  Con specifico riferimento alle sedi, posto che la clausola contenuta nell'articolo 14 comma 7 del PDG 3 aprile 2008, subordinava la possibilità di conferma nella sede di appartenenza alla compatibilità con la dotazione organica, giova rimarcare che è attualmente in corso una verifica di fattibilità della proposta di mantenere a domanda la sede di servizio attraverso opportune valutazioni che si stanno conducendo sia rispetto al quadro normativo di riferimento, da cui non può evidentemente prescindersi, sia rispetto alle altrettanto ineludibili esigenze dell'Amministrazione penitenziaria.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   SIRACUSANO, MARIA TRIPODI, VITO, FASCINA, GREGORIO FONTANA, DALL'OSSO, PEREGO DI CREMNAGO e RIPANI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il 70° stormo dell'Aeronautica militare, con sede sull'aeroporto di Latina Scalo da metà degli anni 70, svolge il compito di selezionare e fornire l'addestramento iniziale al volo non solo agli allievi piloti dell'Aeronautica militare, ma anche delle altre Forze armate, dei corpi armati dello Stato e, da qualche anno anche di forze armate straniere;

   sembrerebbe sia in discussione lo spostamento della Scuola di volo sul sedime dell'aeroporto militare di Grazzanise (provincia di Caserta), attualmente sede del 9° stormo, prevedendone una realizzazione entro l'anno 2019;

   tale ipotesi si era già paventata in passato, ma lo sfavorevole rapporto di costo-efficacia dell'operazione frenò l'iniziativa e, dunque, riaprire un progetto fallito nel recente passato, con le implicazioni che questo ha in termini di impiego di risorse, sembra essere il sintomo di una mancanza di attenzione, soprattutto in riferimento al personale;

   sebbene siano stati tenuti incontri sull'argomento, che hanno avuto come oggetto aspetti tecnici di dettaglio e di spesa per l'adeguamento delle strutture logistiche dell'aeroporto di Grazzanise, non è stata fatta alcuna comunicazione del progetto in corso e l'assenza di informazioni chiare e ufficiali sui piani in atto sta rappresentando una fonte di malessere e disorientamento per il personale;

   tra l'altro, i lavori di ristrutturazione dell'aeroporto militare di Grazzanise non sono ancora terminati e, qualora il progetto di spostare la Scuola di volo in tale sede si concretizzasse, le ingenti spese affrontate per la costruzione di nuovi locali risulterebbero perdute;

   a ciò si aggiunge che le condizioni meteorologiche durante l'anno nell'area di Grazzanise sono spesso limitanti per la condotta di missioni di volo basiche con l'allievo, mentre l'Agro Pontino, di contro, si è sempre dimostrato un ambiente ideale dal punto di vista climatico per l'attività della Scuola, permettendo di avere un bassissimo tasso di missioni di volo cancellate per condizioni meteorologiche avverse;

   parallelamente all'aspetto climatico, le dimensioni della pista di volo, la particolare conformazione del territorio e la vicinanza di Latina a Roma rendono la sede dell'Aeroporto di Latina Scalo un'eccellenza e un'eventuale spostamento a Grazzanise comporterebbe un costo in termini di risorse nonché un dispendio di tempo che determinerebbero inevitabili ritardi sulle attività pianificate –:

   se i fatti riportati in premessa rispondano al vero e se il Ministro interrogato ne sia a conoscenza;

   se e quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere, alla luce delle evidenti problematiche riportate in premessa, al fine di scongiurare lo spostamento del 70° storno dell'Aeronautica militare, con sede sull'aeroporto di Latina Scalo sul sedime dell'aeroporto militare di Grazzanise (provincia di Caserta).
(4-02099)

  Risposta. — L'Aeronautica militare ha avviato, nel quadro della razionalizzazione operata in aderenza alla legge n. 244 del 2012 «Delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale», un articolato progetto per la revisione della propria pianta territoriale finalizzato alla salvaguardia dell'operatività e all'ottimizzazione delle risorse umane e materiali disponibili.
  Tale progettualità, che si inquadra nel più ampio programma di ristrutturazione organica delle forze armate nel loro complesso, è sviluppata attraverso accurate analisi di costo-efficacia, con una particolare attenzione agli impatti di natura finanziaria ed infrastrutturale e, non ultimo, alla presenza del personale sul territorio.
  Nello specifico, il complesso dei provvedimenti che l'Aeronautica militare intende porre in essere, tuttora in fase di valutazione, tiene conto di imprescindibili fattori di natura organizzativa, territoriale, logistica, meteorologica, addestrativa e operativa, e persegue l'obiettivo di incrementare la presenza del personale difesa nel sud del Paese, laddove sussiste maggiore richiesta di trasferimenti.
  Tengo comunque a puntualizzare che tali provvedimenti non riguardano, al momento, la struttura aeroportuale di Latina, sulla quale insiste il 70° stormo. Su tale sedime, peraltro, esistono anche embrionali interessi per una ulteriore valorizzazione, in termini inter-agenzia, della struttura esistente.
  Mi preme altresì sottolineare che ogni provvedimento adottato, una volta definito, sarà reso noto attraverso un'adeguata campagna di informazione nei confronti del personale dell'Aeronautica militare, mirata a divulgarne finalità, modalità di attuazione e tempi di realizzazione.
  Voglio, infine, evidenziare che, a prescindere dall'esito di ogni provvedimento – che ribadisco essere
in itinere – la forza armata manterrà una robusta presenza nell'area di Latina, articolata anche sulla 4a brigata telecomunicazioni e sistemi per la difesa aerea e l'assistenza al volo di Borgo Piave, una ulteriore concreta realtà di riferimento per tutto il territorio dell'Agro Pontino.
La Ministra della difesa: Elisabetta Trenta.


   UNGARO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   se non vi saranno nuovi negoziati, ovvero un'accettazione a Bruxelles della richiesta di prorogare gli effetti dell'articolo 50 del Trattato di Lisbona di almeno altri nove mesi per uscire dall'Unione europea rispetto alla fissata data del 29 marzo, per la prima volta al voto continentale non parteciperà il Regno Unito a causa dell'esito del referendum sulla «Brexit» tenutosi nel 2016;

   la Gran Bretagna quindi, come d'altro canto già la Confederazione elvetica, diventerà «Paese terzo», pur insistendo nella spazio geografico europeo;

   la legge n. 459 del 2001 sull'esercizio del diritto di voto all'estero non si applica alle elezioni europee, che sono regolate dalla legge 24 gennaio 1979, n. 18, e successive modificazioni. Al suffragio europeo non si applica, pertanto, il sistema del voto per corrispondenza: gli elettori italiani aventi diritto e stabilmente residenti nei Paesi dell'Unione europea, possono infatti recarsi presso le apposite sezioni elettorali istituite in loco dalla rete diplomatico-consolare italiana;

   si stima attualmente che siano più di 700 mila i connazionali che vivono nel Regno Unito. Se a questi si aggiungono i circa 300 mila italiani in Svizzera, sono più di un milione gli aventi diritto al voto italiani che risiedono nello spazio geografico europeo che non potranno votare il prossimo anno a meno di non intraprendere uno «scoraggiante» – in termini di propensione alla partecipazione al voto – viaggio nella Penisola per esercitare questa importantissima prerogativa;

   è superfluo, ma purtroppo, ad avviso dell'interrogante, non per il Governo presieduto dal Presidente del Consiglio Prof. Giuseppe Conte, dire che l'impatto economico e socio-politico della «Brexit» sull'Italia e l'Europa è enorme. Questo contribuisce anche ad una recente disaffezione dei cittadini verso le importanti Istituzioni comunitarie che va combattuta anche con l'esercizio dei diritti fondamentali –:

   se i Ministri interrogati non intendano adottare, di concerto con gli altri Ministri competenti, iniziative urgenti per prevedere forme transitorie di allestimento dei seggi elettorali nel Regno Unito e in Svizzera per permettere e favorire la partecipazione al voto degli italiani residenti in Gran Bretagna e nella Conferenza elvetica presso le locali sedi consolari per le elezioni del Parlamento europeo del 2019 nel caso o meno di uscita del Regno Unito dall'Unione europea a fine marzo 2019.
(4-02199)

  Risposta. — L'attuale normativa in materia di elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia (la legge n. 18 del 1979 e le sue successive modifiche) prevede che i connazionali a vario titolo presenti (residenti e temporanei) all'interno del territorio degli altri paesi dell'Unione europea possono votare presso i seggi esteri istituiti dai nostri uffici diplomatici e consolari. In tale disposizione non rientrano, pertanto, gli elettori italiani residenti nei paesi extra-Unione europea i quali, a legge vigente, possono votare esclusivamente rientrando in Italia presso i seggi istituiti nei Comuni dove risultano iscritti negli elenchi elettorali.
  Per quanto concerne l'esercizio del voto nel Regno Unito, il Consiglio europeo – con decisione 20013/19 dell'11 aprile 2019 – ha accordato al Regno Unito una proroga «flessibile» dell'articolo 50 del trattato dell'Unione europea (TUE) non oltre il 31 ottobre 2019, prevedendo che, se l'accordo di recesso verrà nel frattempo ratificato dalle due parti prima di tale data, l'uscita avrà luogo il primo giorno del mese successivo.
  Tra le condizioni stabilite per la concessione della proroga, la decisione del Consiglio europeo prevede l'obbligo per il Regno Unito di organizzare le prossime elezioni del Parlamento europeo del 23-26 maggio 2019 se il Paese sarà ancora membro dell'Unione europea e se, entro il 22 maggio 2019 non avrà ratificato l'accordo di recesso.
  Se, dunque, il Regno Unito sarà ancora uno Stato membro dell'Unione europea, gli elettori italiani lì residenti potranno votare alle elezioni europee presso i seggi che verranno istituiti in loco, previa conclusione delle intese previste dalla normativa. La nostra ambasciata a Londra si è immediatamente attivata per formalizzare l'intesa, già anticipataci dalle autorità locali.
  È, invece, molto diverso il caso della Svizzera, per cui il legislatore non ha mai previsto deroghe o regimi di voto assimilabili a quello in area Unione europea. Di conseguenza, in mancanza di modifiche di rango legislativo
ad hoc, gli elettori italiani residenti in Svizzera avranno la possibilità di esprimere il loro voto per il Parlamento europeo rientrando in Italia, come del resto sempre avvenuto per loro, al pari di tutti i connazionali residenti in Paesi extra-Unione europea fin dall'entrata in vigore della legge n. 18 del 1979 ad oggi.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   UNGARO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   grazie ad un'intensa trattativa a livello comunitario, è stato raggiunto a Bruxelles, in data 19 febbraio 2013, un accordo sull'istituzione del tribunale unificato dei brevetti. L'Italia è tra i firmatari;

   in particolare, il tribunale unificato dei brevetti rappresenterà il foro competente per la risoluzione delle dispute sulla contraffazione e per le cause di revoca/annullamento dei brevetti. La struttura sarà costituita dal Registro, dalla Corte di prima istanza – a sua volta suddivisa in divisioni centrali, locali e regionali – e dalla Corte d'appello;

   secondo quanto si apprende da numerosi articoli apparsi sulla stampa nazionale il citato nascente tribunale avrà tre sedi: Parigi che è quella centrale, e due sedi specializzate: Londra (metallurgia, life sciences e chimica farmaceutica) e Monaco di Baviera;

   orbene in seguito all'uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea, la sede di Londra verrebbe a decadere e risulta altresì molto competitiva la proposta di Milano come nuova sede specializzata;

   la nostra è tra le maggiori economie europee e l'Italia è il terzo Paese dell'Unione europea per numero di brevetti depositati e nella «top ten» mondiale. L'arrivo del tribunale, oltre che stimolare un indotto che vale alcune centinaia di milioni di euro all'anno (congressi, convegni, studi legali, laboratori scientifici, sedi di imprese internazionali per seguire da vicino le pratiche legate ai brevetti) avrebbe un evidente peso tecnico, come nuovo stimolo all'innovazione per imprese, università e società di ricerca ma anche un forte valore simbolico, di riconoscimento del ruolo di Milano come metropoli hi tech, attrattiva e competitiva proprio nel mondo delle life sciences e di rilancio delle aspettative di sviluppo internazionale. E sanerebbe, anche se solo in parte, la delusione per la mancata assegnazione alla città della sede dell'Ema, l'Agenzia europea del farmaco: nonostante un dossier brillante e solido, Milano era stata battuta al sorteggio da una Amsterdam poco preparata;

   il Governo pro tempore Gentiloni, per tramite del Sottosegretario pro tempore Sandro Gozi, aveva a suo tempo già comunicato ai partner europei la disponibilità concreta di una sede prestigiosa e attrezzata nel capoluogo lombardo –:

   se il Governo non intenda, per quanto esposto in premessa, attivarsi, in tutte le sedi competenti, affinché l'Italia possa ottenere l'attribuzione della sezione distaccata del Tribunale unificato dei brevetti de facto ancora assegnata a Londra.
(4-02516)

  Risposta. — Il Governo italiano continua a seguire con la massima attenzione il processo di entrata in vigore dell'accordo su un tribunale unificato dei brevetti (Tub), nonché le conseguenze sullo stesso della Brexit, attraverso uno specifico tavolo interministeriale, coordinato dal dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio e in cui siedono il Ministero della giustizia, il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero dell'economia e delle finanze, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale nonché il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio.
  
L'eventuale decisione di candidare Milano ad ospitare la sezione della divisione centrale del Tub, attualmente prevista a Londra, sarà presa dal Governo, in consultazione con l'autorità locali e gli stakeholder, una volta che saranno sciolti i nodi essenziali per la stessa entrata in funzione e operatività del Tub. Tale decisione non potrà peraltro prescindere da una analisi degli interessi complessivi dell'Italia nel contesto del sistema brevettuale unitario europeo e dei costi a carico dello Stato ospitante, tenuto conto che quest'ultimo è tenuto a mettere a disposizione i locali per ospitarla, nonché, per un periodo iniziale di sette anni, il personale amministrativo di supporto necessario.
  Si rammenta, peraltro, che il Tub non rientra nell'architettura istituzionale dell'Unione europea: è difatti un organo giurisdizionale sovranazionale, competente in via esclusiva per la risoluzione delle controversie in materia di brevetto europeo con effetto unitario, definito da un accordo intergovernativo tra 25 Stati membri dell'Unione. Ad oggi, il Tub non è ancora concretamente operativo in quanto manca l'indispensabile ratifica da parte della Germania. Per l'entrata in vigore dell'accordo è infatti necessaria la firma di almeno 13 Stati parte, inclusi i tre con il maggior numero di brevetti europei, cioè Germania, Francia e Regno Unito. Inoltre, nel testo dell'accordo, che determina anche le varie sedi del Tub, è menzionata esplicitamente anche la capitale britannica.
  Di conseguenza, future eventuali modifiche della sezione di Londra richiedono una formale revisione dell'accordo stesso, all'unanimità. Anche la struttura delle relazioni future
post-Brexit tra Ue e Regno Unito in materia di tutela della proprietà intellettuale potrebbe giocare un ruolo importante sulla prossima configurazione del Tub.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Manlio Di Stefano.


   VIETINA e BIGNAMI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   a seguito del tragico crollo del «ponte Morandi» di Genova si sono, comprensibilmente, riaccese le preoccupazioni per una serie di viadotti che attraversano il nostro Paese da Nord a Sud. Numerosi viadotti sono collocati lungo la E45, strada europea strategica di collegamento nord/sud che, nel tratto italiano, si sviluppa dal Brennero a Gela sia su autostrade e che su strade statali;

   anche di recente, le cronache locali e nazionali hanno reso conto delle criticità che, ormai da anni, interessano questa importantissima arteria. Si ricorda, tra l'altro, l'inchiesta aperta dal procuratore Roberto Rossi, in merito a crepe e presunti problemi strutturali lungo la E45 (fonte: https://www.lanazione.it);

   è noto che i viadotti lungo la E45 siano particolarmente datati, risalenti agli anni Settanta. Più che lungo il tratto autostradale, la preoccupazione maggiore resta per chi percorre i tratti di superstrada, come quello tra Orte e Ravenna;

   i materiali usati sono prevalentemente in cemento armato precompresso, sensibile alle escursioni termiche: certamente materiali indicati negli anni in cui tali opere vennero realizzate ma decisamente superati per i nostri giorni;

   non si nega che negli ultimi anni vi siano stati numerosi interventi di manutenzione, come per esempio quelli relativi agli altri viadotti tra Verghereto, Bagno di Romagna e Sarsina: tuttavia, l'entità degli interventi, così come il protrarsi di cantieri «infiniti», rendono, in alcuni tratti, la percorrenza particolarmente difficoltosa –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato abbia assunto o intenda assumere per una verifica complessiva dello stato dei viadotti lungo la E45, coinvolgendo anche tutti gli enti interessati a seconda delle competenze;

   quali siano le situazioni verificate di maggiore criticità, quali i viadotti che eventualmente necessitino di chiusura o di limitazione al traffico e quali gli interventi programmati rispetto agli stessi;

   quale sia la programmazione complessiva del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per la E45 e quale sia eventualmente il cronoprogramma dei lavori e degli investimenti.
(4-01710)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sulla base delle informazioni acquisite dalla società Anas dalla direzione generale per le strade e le autostrade e per la vigilanza e la sicurezza nelle infrastrutture stradali e dal Ministero dell'interno, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  In generale, in ordine alle criticità che caratterizzano l'intero tracciato della E45, si comunica che Anas ha predisposto un piano di interventi di manutenzione straordinaria, previsto dal contratto di programma 2016-2020, del valore di circa 1 miliardo di euro.
  In tale contesto con mirato riguardo al viadotto Puleto, l'anzidetta società ha dato corso alla progettazione del ripristino degli elementi statici ammalorati e di aver successivamente appaltato un intervento di manutenzione straordinaria, teso all'adeguamento sismico e strutturale, per un investimento complessivo pari al valore di 2,5 milioni di euro.
  Nel dettaglio, tali lavori, che avranno una durata stimata in duecento giorni circa, consistono nel risanamento del calcestruzzo, miglioramento sismico dell'opera, rifacimento delle solette ed ammodernamento delle barriere laterali di sicurezza.
  Cionondimeno, gli interventi programmati e le attività collegate sono vincolati alle determinazioni della procura di Arezzo, presso la quale è pendente un'indagine penale relativa allo stato di conservazione del viadotto medesimo.
  Al riguardo, è doveroso precisare che la citata Autorità giudiziaria, in data 6 marzo 2019, ha notificato ad Anas l'avviso concernente l'arco temporale fissato per l'esperimento di accertamenti tecnici non ripetibili.
  Tale circostanza ha determinato una temporanea sospensione del cronoprogramma dell'intervento, giacché nel periodo considerato erano state pianificate le attività di cerchiatura e applicazione di malte espansive su 15 appoggi del viadotto, nell'ambito del consolidamento dei baggioli; operazioni, queste ultime, propedeutiche all'auspicata riapertura della E45 al transito dei mezzi pesanti, attualmente esclusi.
  La procura della Repubblica di Arezzo, per scongiurare una possibile alterazione dello stato dei luoghi, ha difatti specificamente inibito Anas dal procedere a qualsivoglia attività correlata al consolidamento degli anzidetti baggioli.
  Ciò posto, la premessa società di gestione ha fatto sapere che proseguono regolarmente gli interventi sulle pile del viadotto e che, non appena ultimate dette prove irripetibili, assicura la tempestiva ripresa dei lavori di consolidamento.
  In merito alla viabilità alternativa, Anas e comune di Pieve Santo Stefano hanno stipulato, in data 3 aprile 2019 un atto convenzionale che definisce la reciproca collaborazione nell'esecuzione dei lavori necessari alla riapertura della ex strada statale, di competenza comunale, 3-
bis Tiberina, il cui avvio si prevede entro la corrente primavera.
  I lavori, che dureranno circa 210 giorni, per un investimento complessivo di 2,3 milioni di euro, comprendono la messa in sicurezza delle pendici e il consolidamento del versante nei tratti in frana, nonché il ripristino del piano viabile lungo il tracciato e l'installazione di barriere laterali di sicurezza.
  Si coglie l'occasione per evidenziare, peraltro, che questo Ministero sta effettuando le opportune verifiche per una possibile riclassificazione a strada statale della citata ex 3-
bis Tiberina.
  Quanto, infine, ai disagi che la chiusura del viadotto Puleto ha comportato per gli operatori economici del territorio, per le comunità locali e per tutti coloro che utilizzano la E45 per gli spostamenti connessi alle esigenze di lavoro e di studio, nonché al flusso turistico, il Ministero dell'interno ha informato che, con decreto del Presidente della Giunta n. 14 del 28 gennaio 2019, la regione Toscana ha dichiarato lo stato di emergenza regionale nella provincia di Arezzo.
  In una siffatta cornice, la successiva delibera della Giunta n. 96 ha riconosciuto gravemente danneggiati, sul piano sociale ed economico, i germini di Anghiari, Badia Tedalda, Caprese Michelangelo, Monterchi, Pieve Santo Stefano, Sansepolcro e Sestino, rinviando all'adozione di successivi provvedimenti l'individuazione degli interventi necessari per l'assegnazione di risorse finanziarie che consentano il ristoro dei danni sofferti.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Danilo Toninelli.