Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 17 maggio 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    con regio decreto 6 maggio 1923, n. 1054, Ordinamento della istruzione media e dei convitti nazionali, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 2 giugno 1923, n. 129, sono stati creati i licei artistici;

    il liceo artistico è una delle scuole secondarie di secondo grado a cui si può accedere in Italia. Prevede sia l'insegnamento di materie caratteristiche di un liceo come la letteratura, la storia, la filosofia, la matematica, la fisica che l'approfondimento di materie collegate con le arti applicate e visive, come la pittura, la scultura, l'architettura, il design, la grafica, la scenografia, l'audiovisivo e la storia dell'arte. Data la forte componente concettuale, storica e letteraria delle belle arti, si tratta di un liceo di tipo umanistico, che offre una notevole preparazione formativa e culturale, che permette sia l'iscrizione all'alta formazione artistica, musicale e coreutica che all'università;

    il liceo artistico «Foiso Fois» di Cagliari è una scuola che può vantare un alto numero di iscritti, circa 900 e se si aggiungono gli altri istituti artistici presenti nel territorio del sud Sardegna il numero è decisamente superiore tanto da superare i 1.500 frequentanti;

    tali dati, in continua crescita, dimostrano, oltre all'ottima reputazione dell'istituto cagliaritano e delle altre scuole, dei docenti e dirigenti, una vocazione naturale per il settore artistico;

    Cagliari è l'unico capoluogo in cui è presente un liceo artistico a non essere sede di una Accademia delle belle arti;

    è dai primi anni Ottanta che il comune di Cagliari ha chiesto formalmente al competente Ministero, la creazione di una Accademia delle belle arti nel capoluogo della regione Sardegna per rispondere alla sempre più crescente domanda di alta formazione artistica da parte degli studenti, costretti in gran numero, ad emigrare in altre città o abbandonare la propria vocazione a causa dell'alto costo dell'eventuale trasferimento in altra sede;

    tutt'oggi in Sardegna esiste l'Accademia di belle arti di Sassari, validissimo istituto che solo in parte riesce a soddisfare la domanda proveniente dal sud dell'isola;

    la richiesta di alta formazione artistica nel comune di Cagliari non nasce assolutamente in contrapposizione con l'Accademia di belle arti di Sassari ma anzi come un suo rafforzamento per l'alto prestigio acquisito;

    sarebbe ipotizzabile e compatibile l'apertura di una sede staccata della stessa Accademia di belle arti di Sassari nella città di Cagliari, con una differenziazione dei corsi di studi ed una maggiore offerta formativa, al fine di rispondere alla crescente domanda degli studenti nel bacino del sud Sardegna;

    la città di Cagliari ha a disposizione diversi immobili da destinare quale sede dell'Accademia di belle arti, così permettendo a migliaia di studenti di potersi formare in loco,

impegna il Governo

1) a valutare l'adozione delle iniziative di competenza affinché sia aperta nella città di Cagliari una sede distaccata dell'Accademia di belle arti di Sassari, aumentando l'offerta formativa e la differenziazione dei corsi di studi attualmente a disposizione degli studenti interessati all'alta formazione artistica.
(1-00186) «Mollicone, Deidda, Frassinetti, Zucconi».


   La Camera,

   premesso che:

    i recenti luttuosi episodi di cronaca, ed in particolare i gravi episodi di violenza urbana, riconducibili spesso a organizzazioni della criminalità di stampo mafioso, hanno scosso l'opinione pubblica, anche in riferimento alle giovanissime vite innocenti coinvolte nei recenti episodi a Napoli, come nel caso di pochi giorni fa a Piazza Nazionale dove è stata ferita gravemente la piccola Noemi, o a San Giovanni a Teduccio dove un nonno è stato giustiziato mentre portava il nipotino a scuola, oppure in riferimento a episodi di inaudita violenza di gruppo, come a Manduria, o ancora ai regolamenti di conti in pieno giorno in zone densamente abitate come a Cinecittà a Roma o in Via Cadore a Milano o come nel caso del ferimento del giovane campione di nuoto Manuele Bortuzzo ad Acilia;

    tali episodi di drammatica violenza – che mettono in luce una significativa dissociazione tra l'evoluzione del fenomeno migratorio, al centro delle politiche del Ministro dell'interno, e la persistenza di fenomeni criminali di evidente forza e di natura chiaramente autoctona – contrastano chiaramente con l'immagine di sconfitta della criminalità che il Ministro dell'interno tende a propagandare continuamente, pubblicizzando dati statistici derivanti da un andamento in atto da diversi anni, ma che al momento non si è arricchito di nessuna significativa azione messa in campo dall'attuale Governo, che, al contrario, con provvedimenti come quello della liberalizzazione della legittima difesa, tendono a consegnare la percezione di uno Stato che si allontana e promuove la «sicurezza fai da te», in contrasto con il dettato costituzionale che assegna allo Stato in via esclusiva la tutela della sicurezza e l'esercizio della forza;

    rimane in questo senso significativamente viva, la sempre più avvertita esigenza di una riflessione sul concetto di sicurezza, in particolare urbana ed integrata, che soprattutto oggi caratterizza la condizione di complessità propria dei grandi centri urbani, che richiede una serie di misure di rassicurazione della comunità civile globalmente intesa, finalizzate a rafforzare la percezione che le pubbliche istituzioni concorrono unitariamente alla gestione delle conseguenti problematiche, nel superiore interesse della coesione sociale e della sicurezza collettiva e individuale;

    il precedente Governo aveva disciplinato con il decreto-legge n. 14 del 2017, le modalità e gli strumenti di coordinamento tra le funzioni dello Stato, delle regioni, delle province autonome e degli enti locali in materia di politiche pubbliche per la promozione della sicurezza integrata;

    appare ai presentatori del presente atto di indirizzo errata e controproducente, invece, la previsione inserita nella direttiva ministeriale del 17 aprile 2019, firmata dal Ministro Salvini, che privilegia il ruolo dei prefetti e che, sempre secondo i presentatori del presente atto, di fatto escluderebbe una collaborazione con i sindaci del territorio, pertanto tale direttiva andrebbe ritirata;

    certamente, al fine di un complessivo rafforzamento dell'opera di prevenzione e repressione del crimine, appare necessario proseguire nell'opera di assunzione di nuovi operatori delle forze dell'ordine, al fine del raggiungimento di quanto previsto dalle nuove piante organiche, definite dal decreto legislativo n. 95 del 2017, adottato in attuazione della cosiddetta legge Madia;

    nell'ottica di rafforzare le attività connesse al controllo del territorio e al fine di dare massima efficacia alle disposizioni in materia di sicurezza urbana, il decreto n. 14 del 2017 aveva inoltre previsto che i comuni, che nell'anno precedente avessero rispettato gli obiettivi del pareggio di bilancio, potessero assumere a tempo indeterminato personale della polizia locale, prevedendo tra l'altro l'applicazione a tale personale degli istituti dell'equo indennizzo e del rimborso delle spese di degenza per causa di servizio;

    altrettanto importante nell'ambito della riflessione sul concetto di sicurezza, in particolare urbana ed integrata, è l'iniziativa e l'impulso che gli ultimi Governi hanno messo in campo fin dal 2015 con l'istituzione di un vero e proprio programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «Bando periferie»;

    questa iniziativa avrebbe potuto interessare quasi 20 milioni di abitanti tramite azioni di recupero urbano, trasformazioni, ristrutturazioni, migliore illuminazione, servizi, impianti sportivi con l'obiettivo di recuperare e «ricucire» i tessuti periferici con il corpo delle città – con il finanziamento di 120 progetti con due miliardi e cento milioni di euro di fondi statali per la crescita, lo sviluppo e la sicurezza delle periferie, mentre avrebbe potuto mobilitare quasi quattro miliardi di euro, considerando anche le risorse regionali e i contributi privati;

    tuttavia, il cosiddetto «decreto Milleproroghe», adottato da questo Governo nell'agosto del 2018, aveva previsto un taglio di 1,6 miliardi di euro ai danni dei comuni, spostando al 2020 l'efficacia di 96 delle 120 convenzioni già firmate dai sindaci con il Governo Gentiloni, bloccando di fatto i fondi destinati ai progetti vincitori del «Bando periferie» e determinando una situazione di grave incertezza per gli enti locali che ha evidenziato una sostanziale avversità ad ogni processo di recupero sociale dei tessuti periferici;

    va altresì ricordato che la rigenerazione delle aree urbane degradate e la sicurezza territoriale passano anche per la lotta alla dispersione scolastica, ossia a quell'insieme di processi che, determinando rallentamenti, ritardi o altre interruzioni più o meno prolungate, possono alla fine portare all'abbandono di un iter scolastico, con gravi conseguenze in termini di esclusione sociale per i ragazzi che abbandonano prematuramente la scuola e che rischiano maggiormente la disoccupazione, con un grosso aumento dei costi socio-economici tanto a livello individuale, quanto a livello collettivo;

    per attuare le necessarie strategie di prevenzione e intervento appare altresì indispensabile la creazione di un apposito fondo destinato alle politiche di integrazione ed educazione, quale strumento principale per la lotta alla dispersione scolastica al fine di accompagnare i giovani, sin dalla primissima scolarizzazione, con un adeguato sostegno, all'apprendimento e ad esempio prevedendo l'attivazione di misure di tutoraggio e di percorsi personalizzati, laddove necessario;

    affrontare il tema della sicurezza – come fa questo Governo – riducendola al contrasto dei reati di strada e separandolo dal tema della battaglia per la legalità e contro le mafie è un grave errore: un Paese in cui si fanno 9 condoni, come è avvenuto quest'anno, non è certamente più sicuro;

    la corruzione è un male che attanaglia la nostra società e sottrae ogni anno ingenti risorse che potrebbero essere utilizzate per politiche di sviluppo e di equità. Centinaia di appalti, che vogliono dire lavoro, occupazione, ripresa, restano spesso fermi a causa di illegalità e conseguenti inchieste;

    il Partito democratico, quando si parla di misure di contrasto alla corruzione, è sempre presente ed è sempre in prima linea. Quest'attenzione la si è dimostrata nella scorsa legislatura, quando è stata introdotta una legislazione molto puntuale, con un aumento delle pene significativo per tutti i reati contro la pubblica amministrazione, con la reintroduzione del falso in bilancio, con l'introduzione del reato di autoriciclaggio, con l'istituzione dell'Autorità nazionale anticorruzione – che è stata dotata di personale, risorse e poteri per operare adeguatamente – e con l'approvazione della legge sul cosiddetto whistleblowing, cioè una legge finalizzata a garantire la possibilità della denuncia anche all'interno delle pubbliche amministrazioni di comportamenti lesivi della pubblica amministrazione stessa;

    la nascita dell'Anac, con la guida assegnata a Raffaele Cantone, ha permesso di dotarci di strumenti ancora più efficaci rispetto ad altri Paesi contro questa piaga e di liberare la realizzazione di grandi opere da continui stop;

    il cosiddetto decreto «sblocca cantieri» (A.S. 1248) persegue invece – in nome della necessità di velocizzare le opere con la pericolosa idea di ridurre i controlli – obiettivi di segno opposto: togliere ad Anac poteri e funzioni, alzare le soglie per la trattativa senza gara, liberalizzare i subappalti e tornare al massimo ribasso;

    la Commissione europea, nella relazione per Paese relativa all'Italia del 27 febbraio 2019, ha riconosciuto che, per quanto riguarda il processo civile, nel complesso, le riforme dei governi precedenti stanno iniziando a incidere positivamente sulla durata dei processi nei gradi di giudizio superiori;

    dal punto di vista organizzativo, nella scorsa legislatura, è stato rafforzato il personale amministrativo, riequilibrandolo rispetto al numero di magistrati. Nel triennio 2017-2019, inoltre, il settore giustizia bandendo nuovi concorsi o attingendo a graduatorie valide può già reclutare ulteriori mille amministrativi (in ruoli non dirigenziali) con contratto a tempo indeterminato. Tali ingressi andavano ad aggiungersi all'assunzione straordinaria di altri 1.000 assistenti giudiziari prevista dal decreto sul processo amministrativo telematico; si è poi attuato l'Ufficio per il processo anche nell'ambito del processo amministrativo, dopo la positiva esperienza in ambito civile. Il processo civile telematico ha inoltre velocizzato enormemente i tempi di emissione dei decreti ingiuntivi telematici: si parla di risultati che viaggiano intorno a 48 milioni di euro risparmiati e di un notevole recupero di efficienza anche in termini di tempi;

    l'introduzione del processo telematico è stato ampiamente avviato dal precedente Governo, che si è speso per il conseguimento dell'obiettivo in termini normativi, organizzativi e di progettazione (sta proseguendo il processo di digitalizzazione nei tribunali si è allargato il processo civile telematico presso la Corte di Cassazione e si sono allineati i cantieri di lavoro che riguardano il processo amministrativo telematico, il processo penale telematico, il processo contabile telematico, il processo tributario telematico);

    per aggredire la problematica della durata complessiva dei procedimenti civili, per limitare gli abusi del processo e garantire un funzionamento più efficiente dei tribunali, il Programma nazionale di riforma (Pnr) prevede il raggiungimento dell'obiettivo di efficientamento del processo civile entro il 2019 mediante l'adozione di un disegno di legge delega di riforma complessiva del codice di procedura civile di cui, ad oggi, non vi è traccia;

    sempre sul tema della prescrizione, si è deliberatamente omesso di ricordare che un'ampia riforma della prescrizione è già stata compiutamente portata a termine nella scorsa legislatura all'interno della già citata riforma del processo penale, con l'obiettivo principale di limitare l'estinzione dei reati per prescrizione;

    promuovendo la nuova disciplina della prescrizione, introdotta con la cosiddetta legge «spazzacorrotti», non si sono attesi neanche gli esiti della precedente riforma, i cui effetti saranno apprezzabili solo per i fatti commessi dopo l'entrata in vigore della legge, e tale nuova disciplina rischia di avere un impatto ulteriormente espansivo per quanto riguarda la durata dei processi;

    la risposta alla sfida delle mafie che hanno un'evidente dimensione internazionale non può che essere di carattere internazionale: serve una legislazione europea che introduca in tutto il continente il reato di associazione e la confisca dei beni ai mafiosi e soprattutto serve accelerare l'istituzione della Procura europea, con un alto livello di indipendenza che possa avere in prospettiva competenza anche in materia di terrorismo e criminalità organizzata;

    nella scorsa legislatura sono state recepite fondamentali decisioni quadro, come quella sulle squadre investigative comuni, sul blocco e sequestro dei beni, sul reciproco riconoscimento delle decisioni pronunciate in assenza dell'interessato; alcune di esse risalgono addirittura a quindici anni fa, e si è attivato un potenziamento della cooperazione bilaterale con i Paesi extra Unione europea appartenenti ad aree strategiche per il contrasto al terrorismo, al crimine organizzato, al traffico clandestino di esseri umani, alla corruzione;

    sulla scorta dell'eccellente cooperazione tra organismi di prevenzione e di contrasto al terrorismo nell'ambito del Casa (Comitato di analisi strategica antiterrorismo), il cui database è collegato con il Sistema di informazione Schengen e con Interpol, sarebbe opportuno prevedere un analogo organismo di coordinamento anche per quanto concerne la lotta alle mafie;

    particolarmente grave, poi, è la disposizione introdotta dal cosiddetto «decreto sicurezza» sulla possibilità di vendere i beni immobili confiscati alla mafia, facendo venir meno un principio fondante della legge Rognoni-La Torre, quale quello della restituzione alla società di ciò che le mafie hanno tolto; fino a prima del decreto, infatti, l'istituto della vendita di questi beni era stato concepito solo come estrema ratio, nei soli casi in cui era impossibilitata la destinazione o il trasferimento per pubblico interesse; in secondo luogo, destinatario della vendita non era certo «il miglior offerente», come previsto dal cosiddetto «decreto sicurezza», ma un ente pubblico, coerentemente con le finalità proprie e quelle espresse dal valore di sintesi della pubblica utilità;

   la legge n. 109 del 1996 sul riuso sociale dei beni, in oltre vent'anni di vigenza, ha consentito ad oltre 720 realtà tra associazioni e cooperative di gestire i beni confiscati alle mafie in maniera pluralistica, e tenendo insieme l'esigenza di restituire quei beni alle comunità e di produrre, al tempo stesso, una economia sana, partendo dal lavoro pulito; al contrario, le disposizioni introdotte da questo Governo, attraverso la vendita diretta ai privati, rischiano ora di «restituire» quei beni confiscati proprio ai precedenti proprietari, anche alla luce del fatto che la criminalità organizzata opera quotidianamente attraverso prestanome e riciclaggio di denaro, dimenticando che il vero problema sui beni confiscati è piuttosto quello di alimentare il fondo di cui alla legge n. 208 del 2015, istituito nella precedente legislatura, per consentire agli enti locali di avere le risorse necessarie ad utilizzare gli immobili confiscati,

impegna il Governo:

1) a rilanciare lo strumento del Patto urbano per la sicurezza, e ad assumere iniziative per promuovere e finanziare la stipula in tutto il Paese di questi patti integrati tra i vari soggetti locali;

2) a raggiungere l'obiettivo del completamento della pianta organica per le forze dell'ordine dei comparti sicurezza e soccorso pubblico nell'arco dei prossimi 5 anni, così come di 5 anni è stata la pianificazione delle assunzioni straordinarie programmate dal Governo precedente, anche tramite il rafforzamento delle strutture di formazione dei nuovi assunti, al fine di accelerare il ringiovanimento dell'età media degli operatori;

3) ad assumere iniziative volte a confermare, al fine di continuare l'opera di investimento sul miglioramento delle condizioni contrattuali del suddetto comparto, l'aumento corrisposto nell'ultimo contratto triennale di circa 104 euro medi mensili netti, anche nel nuovo contratto triennale, e a defiscalizzare la parte accessoria della retribuzione, caratteristica molto significativa per le forze dell'ordine, come per esempio nel caso degli emolumenti corrisposti per le ore di servizio straordinario;

4) nell'ottica di una maggior capacità preventiva, a programmare la costituzione in ogni questura ed in ogni comando provinciale dei Carabinieri, di un Nucleo speciale per rapine e furti in appartamento, dedicato esclusivamente alla prevenzione ed alla repressione di tali reati, a forte caratterizzazione di impatto sociale, proprio per ribadire l'esclusiva prerogativa dello Stato nella tutela della sicurezza pubblica e nella tutela dell'integrità fisica delle persone, delle famiglie e dei loro patrimoni;

5) a rilanciare politiche coordinate e finanziate per la riqualificazione delle periferie, come avvenuto per il «bando periferie» del 2015, con un piano pluriennale della durata di dieci anni che garantisca continuità di finanziamenti e obiettivi, e tale da consentire investimenti per 25-30 miliardi di euro in dieci anni, dato che le città italiane hanno bisogno di obiettivi e programmazione coordinata a livello nazionale e locale;

6) ad assumere iniziative per portare a compimento il potenziamento degli organici della polizia locale, e la riforma complessiva del settore, anche in rapporto al piano generale di riqualificazione e rilancio delle periferie;

7) ad assumere iniziative per istituire un apposito fondo, con risorse adeguate, destinato alle politiche di integrazione ed educazione, quale strumento principale per la lotta alla dispersione scolastica al fine di accompagnare i giovani, sin dalla primissima scolarizzazione, con un adeguato sostegno e così riducendo gli altissimi costi individuali e sociali in termini di emarginazione sociale ed incremento della delinquenza minorile;

8) ad assumere iniziative per rivedere le norme che di fatto smantellano il codice degli appalti e il ruolo e la funzione dell'Autorità anticorruzione come elemento caratterizzante di regolazione, indirizzo e prevenzione per il contrasto alla corruzione e all'infiltrazione delle mafie negli appalti e ad adottare, contestualmente, urgenti iniziative di rilancio e rafforzamento della stessa;

9) ad assumere iniziative, anche normative, per concorrere per quanto di sua competenza, ad assicurare sul delicato tema della prescrizione, alla giurisdizione, tempi congrui per lo svolgimento delle attività di accertamento dei fatti di reato e a garantire la ragionevole durata del processo, provvedendo, anche in sede di rideterminazione delle piante organiche degli uffici giudiziari a seguito delle nuove assunzioni, nonché a porre particolare attenzione alla destinazione di un maggior numero, proporzionalmente adeguato rispetto agli effettivi fabbisogni di organico, di nuovi magistrati per le funzioni giudicanti e requirenti di merito di primo e di secondo grado, per quella di magistrato distrettuale, di coordinamento nazionale presso la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e semidirettive di primo grado, di primo grado elevate e di secondo grado;

10) ad assumere iniziative, nelle competenti sedi europee, volte a predisporre, percorrendo tutte le strade opportune e assecondando i relativi processi decisionali, gli strumenti e le risorse necessari, per l'istituzione della Procura europea antiterrorismo e criminalità organizzata transnazionale;

11) ad assumere iniziative normative per prevedere il ripristino della dotazione finanziaria del Fondo per l'attuazione della riforma del processo penale per ciascuno degli anni 2019-2021; garantire e implementare la funzionalità e l'organizzazione degli uffici e delle strutture di esecuzione penale esterna e per la messa alla prova, anche al fine di favorire il decremento della popolazione penitenziaria e concorrere così a determinare positivi effetti anche in termini di complessiva sicurezza sociale in ragione della conseguente riduzione della recidiva; proseguire in tempi celeri, nel solco di quanto già avviato dai precedenti governi di centrosinistra, con le riforme che rendano più celere ed efficiente la giustizia civile;

12) ad assumere iniziative per procedere in tempi certi al rafforzamento ed efficientamento delle risorse umane destinate agli uffici giudiziari anche eventualmente con riguardo a «task force» specifiche per gli uffici con carichi eccessivi di lavoro;

13) ad assumere iniziative per prevedere adeguati investimenti per procedere alla manutenzione, all'ammodernamento, nonché all'aumento dei tribunali di ogni ordine e grado;

14) ad assumere iniziative volte ad istituire fin da subito, non solo a livello nazionale, ma anche nei territori più esposti alla penetrazione mafiosa, un tavolo permanente di coordinamento tra polizia giudiziaria, magistratura e servizi di intelligence quale importante strumento, a livello nazionale, di condivisione e valutazione delle informazioni, prevenzione e contrasto delle azioni criminali delle mafie denominato «Casa dell'Antimafia»;

15) ad assumere iniziative normative per sostenere economicamente i progetti di comuni e di enti locali per il riutilizzo degli immobili confiscati alle mafie, rendendo nuovamente residuale la possibilità di vendita di tali beni ed escludendone la vendita diretta ai privati, così salvaguardando la gestione pluralistica e la destinazione per pubblico interesse di questi beni.
(1-00187) «Fiano, Orlando, Migliore, Bazoli, Martina, Giorgis, Marco Di Maio, Pollastrini, Ceccanti, Annibali, Ascani, Braga, Carnevali, Dal Moro, De Filippo, De Maria, Fragomeli, Franceschini, La Marca, Librandi, Gavino Manca, Mor, Morani, Morgoni, Mura, Paita, Pezzopane, Rosato, Rossi, Schirò, Siani, Ungaro, Verini, Zardini».

Risoluzioni in Commissione:


   La I Commissione,

   premesso che:

    si stima che siano quasi due milioni gli italiani che vivono o lavorano in un comune diverso da quello di residenza. Secondo il rapporto Svimez, infatti, sono più di 300 mila gli occupati che lavorano lontano fuori della circoscrizione di residenza o all'estero, mentre sono più di 400 mila gli studenti universitari fuori sede. A ciò si aggiungano i disoccupati e altre categorie non rilevate nelle statistiche disponibili;

    in occasione di ogni consultazione elettorale, questi cittadini sono costretti a tornare presso il proprio comune di residenza per esercitare il proprio diritto di voto e il più delle volte proprio per questo motivo rinunciano ad esercitare il proprio diritto, ingrossando le fila dell'astensione;

    le norme vigenti, infatti, consentono solo ai temporaneamente all'estero per motivi di lavoro, studio o cure mediche di poter esercitare il proprio diritto di voto nella circoscrizione estero, mentre concedono un'agevolazione di viaggio su treni (fino al 70 per cento), navi e aerei a tutti gli altri elettori;

    l'11 ottobre 2018 la Camera ha approvato la proposta di legge «Elezioni pulite» a prima firma Nesci. L'articolo 7 di questa proposta, oggi all'esame del Senato (AS 859), prevede la possibilità per gli elettori che, per motivi di lavoro, studio o cure mediche, si trovano in un comune di una regione diversa da quella di residenza, di votare ai referendum abrogativi e confermativi e alle europee;

    nel caso delle elezioni europee gli elettori possono votare in un seggio di un comune che fa parte della stessa circoscrizione e, dunque, alla luce delle cinque circoscrizioni previste dalla legge 24 gennaio 1979, n. 18, la portata della norma ha un effetto positivo, ma comunque limitato, condizionato ad avviso dei firmatari del presente atto dalla posizione del Ministero dell'interno, emersa anche nel dibattito politico, non solo in questa legislatura;

    nel corso del question time in commissione Affari Costituzionali alla Camera del 27 marzo 2019, rispondendo all'interrogazione presentata anche dal primo firmatario del presente atto, presidente della commissione, il Ministero dell'interno ha depositato una tabella riepilogativa delle spese sostenute dallo Stato per le agevolazioni di viaggio;

    dalle tabelle si evince che negli ultimi 15 anni sono stati spesi quasi 60 milioni di euro per agevolazioni di viaggio. Negli ultimi 9 anni sono state concesse agevolazioni per 1.385.757 viaggi, la spesa complessiva sostenuta è stata pari a 31.902.520 euro, con una spesa media per viaggio pari a 23,02 euro. Il Ministero ha rilevato una crescita del 15 per cento del costo medio nel periodo 2010-2018 rispetto a quello 2004-2009;

    se si dovesse confermare il trend del 2014, anno delle ultime elezioni europee, ammonterebbero a più di 3 milioni le spese per tali agevolazioni in questa tornata elettorale;

    dai dati, inoltre, emerge che, con l'approvazione della proposta di legge «Nesci» già nella scorsa legislatura, si sarebbero risparmiati in occasione del referendum del 2016 circa 7 milioni di euro. La spesa maggiore invece riguarda le elezioni politiche. Nel 2018 sono stati spesi circa 8 milioni di euro;

    a parere dei firmatari del presente atto, tali spese potrebbero essere ridotte con la rapida approvazione della proposta di legge «Nesci», anche se risulta opportuno un approfondimento relativo alle elezioni politiche non toccate dalla norma citata;

    analoga attenzione meritano le norme per l'esercizio del diritto di voto all'estero. Il contratto siglato dalle forze della maggioranza si impegna infatti a riformare le procedure di voto, troppo spesso inquinate da casi di dubbia legalità;

    nonostante il lavoro immane di consolati e ambasciate, l'affluenza al voto degli italiani all'estero è infatti tristemente bassa. Alle ultime politiche non ha superato infatti il 30 per cento, nonostante la poderosa macchina elettorale messa in campo per il voto per corrispondenza. Alle ultime europee invece l'affluenza non ha superato addirittura il 6 per cento dal momento che, in queste elezioni, il voto si svolge in ambasciate e consolati. Al voto sono chiamati i soli elettori residenti nei Paesi dell'Unione europea;

    a parere dei firmatari del presente atto, alle opportune iniziative normative, è necessario affiancare una sperimentazione mirata del voto elettronico a distanza, sulla base delle positive esperienze registrate in altri Paesi e comunque garantendo il rispetto dell'articolo 48 della Costituzione, assicurando che il voto sia uguale e personale, libero e segreto,

impegna il Governo:

   ad adottare tutte le iniziative di competenza al fine di favorire la rapida adozione di soluzioni normative per facilitare il concreto esercizio del voto anche alle elezioni politiche;

   a fornire entro il 30 giugno alle commissioni competenti orientamenti e indicazioni in vista della discussione della riforma del voto all'estero, anche con riferimento a possibili sperimentazioni del voto elettronico per questa particolare categoria di cittadini.
(7-00249) «Brescia, Nesci, Siragusa».


   La IV Commissione,

   premesso che:

    con decreto del Ministro della difesa del 16 marzo 2011 sono state dettate disposizioni in materia di rideterminazione del canone degli alloggi di servizio militari, occupati da utenti non aventi titolo alla concessione ai sensi e per gli effetti dell'articolo 286, comma 3-bis, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66;

    nel suddetto articolo, introdotto dal decreto legislativo 24 febbraio 2012, n. 20, è stata trasfusa in linea di massima, l'originaria disposizione contenuta nell'abrogato comma 21-quater dell'articolo 6 del decreto-legge n. 78 del 2010, in materia di rideterminazione del canone degli alloggi di servizio sulla base dei prezzi di mercato. Tale norma prevedeva che, con decreto del Ministero della difesa di natura non regolamentare, adottato d'intesa con l'Agenzia del demanio, sentito il Consiglio centrale della rappresentanza militare, si provvedesse alla rideterminazione del canone di occupazione dovuto dagli utenti non aventi titolo alla concessione di alloggi di servizio del Ministero della difesa, fermo restando per l'occupante l'obbligo di rilascio entro il termine fissato dall'Amministrazione, anche se in regime di proroga, sulla base dei prezzi di mercato, ovvero, in mancanza di essi, delle quotazioni rese disponibili dall'Agenzia del territorio, del reddito dell'occupante e della durata dell'occupazione. La disposizione prevedeva, inoltre, che eventuali maggiorazioni del canone derivanti dalla rideterminazione prevista dal comma in esame dovessero affluire ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnate per le esigenze del Ministero della difesa;

    ai sensi dell'articolo 2 del citato decreto, il canone mensile di locazione è determinato dal prodotto del prezzo di mercato, che viene desunto dal calcolo della media aritmetica dei canoni unitari di locazione forniti dall'Agenzia del territorio – Osservatorio del mercato immobiliare (Omi) –, per un «coefficiente correttivo globale» calcolato in funzione delle caratteristiche estrinseche e intrinseche dell'alloggio e della superficie convenzionale calcolata ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138, per il «coefficiente correttivo» calcolato in funzione del reddito del nucleo familiare dell'occupante e del periodo di occupazione dell'alloggio senza titolo;

    le utenze occupate sine titulo hanno proliferato negli anni impedendo l'utilizzo ai fini istituzionali di una consistente quota del patrimonio alloggiativo della Difesa (quasi il 25 per cento del patrimonio immobiliare) e l'intenzione dell'autorità politica di recuperare tali alloggi è stata frenata dal decreto ministeriale 7 maggio 2014 che ha ampliato le «fasce protette», incrementando di fatto il numero degli utenti nei cui confronti non sarà possibile procedere al recupero dell'immobile;

    si è verificato un paradosso per il quale aumenta la necessità, sia sociale che istituzionale, di alloggi di servizio da assicurare al personale di carriera o a lunga ferma, e contemporaneamente il problema dei sine titulo – fatta salva la necessità di valutare situazioni particolari contingenti – non può che trovare soluzione mediante il recupero di tali alloggi. In tale contesto vi sono utenze non occupate, perché in attesa di lavori straordinari di ristrutturazione per cambio di assegnatario l'insufficienza dei fondi assegnati sul pertinente capitolo di spesa, ormai riconducibili solo alla quota parte del 50 per cento degli introiti degli affitti, sta determinando un circolo vizioso dal quale si rischia di non poter più uscire perché il numero di tali utenze è destinato ad aumentare in relazione al turn over, degli assegnatari; l'immobilizzazione di un'altra notevole quota del patrimonio immobiliare (un altro 25 per cento) determina, peraltro, una situazione molto grave, in quanto, oltre a non poter soddisfare con il patrimonio disponibile le esigenze dell'organizzazione militare, si fa carico all'amministrazione, quindi, allo Stato, degli oneri condominiali e delle imposte che gravano sugli immobili (Ici, Imu, Tasi);

    l'obiettivo di portare il patrimonio immobiliare da 16.812 a 45.847 unità si è dimostrato illusorio, visto che, dall'entrata in vigore della legge 24 dicembre 2007, n. 244, è stato possibile avviare soltanto un progetto per la realizzazione di 720 alloggi nella capitale, progetto allo stato delle cose reso impraticabile alle previsioni della legge di stabilità 2015, che ha disposto la non riassegnazione ai capitoli della Difesa degli importi introitati dalle alienazioni. Oltre alle esigenze complessive, appare necessario rivedere, con ottica pragmatica, sia la concreta possibilità di realizzare la vendita degli alloggi individuati, che non appare procedere speditamente, sia le modalità del «sistema d'asta», che non viene facilitato dagli innumerevoli passaggi procedimentali previsti;

    il progetto finalizzato alla realizzazione di alloggi «a riscatto», pur valutato dalla difesa un importante ed utile strumento di politica alloggiativa, non ha portato risultati di rilievo a distanza di quasi otto anni dalla sua approvazione;

    il coinvolgimento di Difesa Servizi s.p.a. nella gestione degli alloggi, istituendo la categoria degli Asgi, permetterebbe che il resto degli alloggi possa essere attribuito alla società in questione che, società in house, potrebbe assicurare un utilizzo economico del patrimonio alloggiativo;

    il problema degli alloggi di servizio richiede un'attenzione adeguata alla necessità di soddisfare le esigenze organizzative delle Forze armate che può avvenire riattivando il circuito virtuoso tracciato dall'articolo 297 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, per utilizzare al meglio, ed ai soli interessi istituzionali, il patrimonio abitativo esistente e, se possibile, incrementandolo;

    la causa tipica dell'assegnazione dell'alloggio di servizio non è quella di soddisfare un'esigenza abitativa del singolo dipendente, bensì quella di assicurare la piena efficienza nella prestazione del pubblico servizio attraverso un'idonea collocazione funzionale del militare concessionario;

    lo stesso decreto ministeriale 18 maggio 2010 – concernente, tra l'altro, la realizzazione del programma infrastrutturale pluriennale per gli alloggi di servizio delle Forze armate – individua la finalità sottesa alla realizzazione degli alloggi di servizio nella necessità di «assicurare la mobilità del personale militare e civile e le esigenze alloggiative di tale personale finalizzate all'operatività dello strumento militare derivanti dal nuovo modello organizzativo delle Forze armate»;

    nell'ultimo atto di indirizzo, il Ministro della difesa, alla priorità politica 3, punti 9), 16) e 24) intende: «rimodulare i fondi destinati alla legge n. 86 del 2001 in merito alle indennità di trasferimento, inserendo una indennità di posizione geografica»; «ampliare la disponibilità di alloggi di servizio per il personale in servizio della Difesa con famiglia, (...) anche continuando con la sperimentazione di nuove modalità di gestione, ampliando anche le categorie di alloggi di servizio gratuiti per l'incarico (ASGI)»; «avviare un programma di informatizzazione dei dati relativi a tutti gli alloggi in uso alla Difesa, utilizzando il programma GEPADD2 già in uso alle FFAA»; «prevedere un programma gestionale delle proprietà private per i proprietari che intendano rendere disponibile la propria unità alloggiativa ai fini della Difesa»; «continuare a sostenere il benessere del personale militare e civile del Dicastero», con programmi volti alla costruzione o all'acquisto di alloggi a riscatto, nonché all'individuazione di aree da destinare all'edilizia cooperativa,

impegna il Governo:

   ad attuare quanto contenuto nell'atto d'indirizzo del Ministro della difesa, priorità politica 3, punti 9), 16) e 24);

   a valutare l'opportunità di effettuare sopralluoghi sui 700 alloggi vuoti che necessitano di ristrutturazione, quantificando, per ciascuno, la spesa da sostenere ed elaborando un piano dettagliato da discutere con il Ministero dell'economia e delle finanze, volto a dimostrare come sia possibile – in un arco temporale limitato – avviare un ciclo virtuoso che, passando per la sistemazione degli alloggi, sollevi l'Amministrazione della difesa dagli oneri passivi derivanti da spese condominiali, quota parte della Tasi e altro, consentendo contestualmente l'introito di nuovi canoni;

   ad adottare iniziative per prevedere un potenziamento degli organi tecnici del Genio delle varie Forze armate, al fine di eseguire lavori in economia, valorizzando risorse, capacità e professionalità interne alle Forze armate;

   ad individuare ulteriori spazi per l'avvio di progetti qualificanti, quale quello intrapreso dall'Esercito nella città di Roma, con la realizzazione di n. 720 alloggi nella cittadella militare della Cecchignola, sulla base di un approfondito studio delle esigenze alloggiative in ambito nazionale;

   ad adottare iniziative per estendere a tutte le Forze armate le previsioni dell'articolo 363, comma 2, del Testo unico delle disposizioni in materia di ordinamento militare adottato con decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90, trasformando gli alloggi di servizio (Asi) in alloggi di servizio gratuiti connessi all'incarico (Asgi al momento, nell'ambito del dicastero della Difesa, appannaggio della sola Arma dei carabinieri), tassativamente assegnati ai titolari di incarichi, da individuare a cura delle Forze armate, che, garantirebbero la diretta strumentalità tra l'alloggio, la funzione assolta e l'esistenza di un incarico tabellare ed ordinativo, eliminando il rischio di nuovi sine titulo, al fine di contenere, se non eliminare del tutto per il futuro, il fenomeno, promuovendo, contestualmente, una modifica normativa che escluda il personale assegnatario dal percepimento dell'indennità di trasferimento e valutando altresì la possibilità di escludere dall'assegnazione di alloggi, i proprietari di altro immobile di proprietà, sito nella stessa circoscrizione abitativa, ad esclusione di quella tipologia di incarichi ad alta tipizzazione operativa, per i quali è richiesta la presenza in situ, in relazione ad esigenze di pronta reperibilità;

   ad adottare iniziative per incentivare, senza oneri per l'Amministrazione, la realizzazione di cooperative di edilizia realizzate tra dipendenti appartenenti alle Forze armate e alle Forze di polizia, alle quali può essere assegnato il diritto di superficie su aree demaniali, prevedendo la costruzione di tali alloggi anche mediante lo strumento del project financing;

   a valutare la possibilità di adottare iniziative per decurtare dal canone dovuto, fino a compensazione, l'importo dei lavori da effettuare a cura del futuro assegnatario, ponendo le ristrutturazioni quali condizioni preventive per l'assegnazione;

   a valutare un differente approccio nei confronti dei «sine titulo protetti» adottando iniziative per ridefinire la disciplina relativa alle categorie di assegnatari protetti, il cui nucleo familiare comprenda un portatore di handicap grave così come definito ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, articolo 3, comma 3, prevedendo la possibilità che gli alloggi da essi occupati vengano espunti da quelli a carico della Difesa e l'elenco sia integrato con alloggio di pari categoria dalle disponibilità demaniali, promuovendo mirate attività di verifica delle dichiarazioni, a cura dei competenti organi di controllo;

   ad adottare iniziative per ridefinire la disciplina relativa al rapporto tra l'Amministrazione e l'originale assegnatario, riconoscendo il reddito e l'indicatore della situazione economica equivalente (Isee) di quest'ultimo come l'unico parametro di riferimento per una eventuale e successiva rideterminazione del canone;

   a valutare l'opportunità di adottare iniziative per ridefinire la normativa in materia di assegnazione di alloggi in senso interforze, al fine di garantire il bilanciamento tra le funzioni organizzative (funzione operativa – alloggi di servizio gratuiti all'incarico), le funzioni di rappresentanza (alloggi di servizio connessi con l'incarico ed alloggi a disposizione dei Corpi d'armata, dello Stato maggiore e delle Forze armate) e le funzioni di organismo di protezione sociale (alloggi di servizio di temporanea sistemazione per le famiglie dei militari – OPS);

   a verificare se il canone di concessione per i sine titulo e le relative utenze, così come affermato in premessa, risultino essere l'unico canale di rifornimento per i fondi sul capitolo pertinente alla ristrutturazione degli alloggi e a riferire alle Commissioni parlamentari competenti in merito alle motivazioni;

   a valutare l'effettivo apporto economico e la realizzazione di un valore aggiunto per il bilancio dello Stato derivante dall'attività delle società in house, quali Difesa Servizi ed Investimenti Immobiliari Italiani spa (Invimit) sul tema degli immobili.
(7-00248) «Frusone».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   la legge 30 dicembre 2018, n. 145, «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale – serie generale n. 302 del 31 dicembre 2018, all'articolo 1, commi 35 e seguenti, ha previsto l'istituzione della cosiddetta «web tax», determinando gli elementi essenziali dell'imposta e demandandone la concreta attuazione all'esito dell'adozione di provvedimenti amministrativi da adottarsi entro il 30 aprile 2019;

   appare chiara la volontà del Parlamento di procedere con l'applicazione di una imposta a precise fattispecie di fatto, con l'incarico demandato al Governo di procedere per i soli elementi pratici e di dettaglio;

   in data 27 aprile 2019 Il Sole 24 Ore ha pubblicato un articolo dal titolo «Digital tax, rinvio inevitabile – In fumo i primi incassi 2019», nel quale viene dato conto del fatto che, in assenza dei citati provvedimenti amministrativi, l'imposta non sarà applicabile e che, pertanto, verranno meno i cospicui introiti previsti per l'anno 2019;

   già per l'anno 2018 era stata prevista dal decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, un'imposta analoga per la quale alla formale approvazione della legge da parte del Parlamento non ha fatto seguito alcuna concreta attuazione, per mancanza della normativa secondaria, mai approvata dagli apparati amministrativi designati;

   in ambedue i casi si tratta di imposte che incidono su di un numero limitato di contribuenti, sicché è facile l'individuazione dei soggetti passivi del tributo che, per l'inerzia della pubblica amministrazione, risultano agevolati da un improprio vantaggio fiscale ovvero dalla mancata applicazione di norme di legge (ovvio precisarlo ma si tratta dei colossi del web ai quali è affidata in modo preponderante la gestione di informazioni e pubblicità, compresa la cosiddetta web reputation dello stesso Governo) –:

   quali iniziative abbia intrapreso il Governo per dare attuazione alle norme di legge che hanno istituito la cosiddetta «web tax»

   quali iniziative siano state assunte per la copertura dei mancati introiti;

   per quali motivi non siano stati emanati i provvedimenti applicativi della web tax ed entro quali tempi si intendano adottare.
(2-00388) «Caon».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ROSSI, CIAMPI, DI GIORGI e ASCANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, comma 85, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio 2017) ha destinato 100 milioni di euro per la realizzazione di nuove strutture scolastiche nell'ambito degli investimenti immobiliari dell'Inail;

   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, del 27 ottobre 2017, le risorse vengono assegnate, in misura proporzionale rispetto alle richieste, alle regioni che hanno dichiarato la propria disponibilità ad aderire all'operazione per la costruzione di nuove strutture scolastiche, secondo le modalità individuate e pubblicate nel sito internet istituzionale della struttura di missione della Presidenza del Consiglio;

   il 5 aprile 2018, con sentenza n. 71 del 2018, la Corte costituzionale accoglie il ricorso presentato dalla regione Veneto, riconoscendo costituzionalmente illegittimo il suddetto comma 85, in quanto in contrasto con il principio di leale collaborazione con le regioni;

   si legge, infatti, nella sentenza che «il finanziamento previsto dal comma impugnato interviene in ambiti materiali di competenza regionale (concorrente)»; pertanto si dichiara la norma parzialmente incostituzionale «nella parte in cui non prevede che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, con il quale sono individuate le Regioni ammesse alla ripartizione, sia adottato d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano»;

   la regione Veneto, come si legge nella sentenza, «non contesta la legittimazione dello Stato a disporre i menzionati finanziamenti vincolati in materie che reputa di competenza legislativa regionale (in particolare, concorrente), ma il mancato coinvolgimento delle regioni nelle decisioni relative alla gestione degli stessi»;

   in conseguenza della citata sentenza, l'Inail ha comunicato la chiusura delle iniziative in argomento e l'eliminazione dai propri piani di investimento delle relative somme;

   il comma 1, dell'articolo 42-bis, del decreto-legge n. 109 del 2019, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 130 del 16 novembre 2018 prevede che per gli interventi già individuati alla data di entrata in vigore della presente disposizione con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 ottobre 2017, l'intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, può essere raggiunta successivamente all'adozione dello stesso decreto, purché prima dell'avvio delle procedure di affidamento degli interventi stessi;

   le regioni sollecitano necessarie e urgenti azioni per poter dare seguito agli interventi;

   risulta affrontata, nel corso dell'ultima seduta dell'Osservatorio sull'edilizia scolastica del 17 aprile 2019, anche la problematica delle risorse bloccate a seguito del ricorso della regione Veneto;

   l'Inail ha ancora disponibili i 100 milioni di euro;

   per tutti gli altri provvedimenti bloccati dalla sentenza della Corte costituzionale è stato portato dai Ministri competenti un apposito provvedimento di sblocco in Conferenza unificata –:

   se il Governo non intenda adottare iniziative per garantire l'erogazione delle risorse stanziate per la realizzazione di nuove strutture scolastiche ai sensi dell'articolo 1, comma 85, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, e assegnate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, del 27 ottobre 2017;

   se non si intenda, altresì, adottare iniziative per prorogare l'attività della struttura di missione, considerata dagli enti un fondamentale supporto tecnico e amministrativo per individuare le corrette procedure per favorire gli interventi di edilizia scolastica.
(5-02140)


   PAITA, FIANO e MIGLIORE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   dalla lettura della edizione del giorno 15 maggio 2019 del quotidiano La Repubblica risulterebbe che il Ministro dell'interno per poter partecipare a diverse iniziative nell'arco della giornata farebbe spesso ricorso ad un velivolo in dotazione della Polizia di Stato il P-180 denominato anche «Ferrari dei cieli»; gli spostamenti del Ministro con questi velivoli, per quanto leciti per ragioni di sicurezza, come emerge dallo stesso articolo di stampa, si accompagnerebbero spesso ad iniziative con profilo prettamente politico-elettorale;

   come da notizia apparsa in data 16 maggio, sul caso la procura della Corte dei conti del Lazio avrebbe aperto un fascicolo proprio sugli spostamenti del Ministro dell'interno –:

   se il Presidente del Consiglio sia a conoscenza di questo utilizzo, a giudizio degli interroganti, disinvolto e sistematico di velivoli dello Stato da parte del Ministro dell'interno, quanti siano stati esattamente i voli utilizzati dall'inizio del suo mandato e quanto siano costati ai contribuenti italiani.
(5-02142)


   BORDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Borgo Mezzanone è una delle strutture interessate dalla riforma delle norme sulla gestione dei flussi migratori;

   a seguito di tale riforma, il numero di ospiti è attualmente di circa 160 persone, a fronte delle oltre 1.000 presenze registrate in passato in coincidenza con i periodi di maggiore afflusso di migranti;

   la drastica riduzione del numero di ospiti ha avuto effetti immediati e drammatici per tutti i lavoratori impiegati nei servizi di gestione della struttura;

   gli stessi non ricevono le spettanze contrattuali dal mese di febbraio 2019 e ora rischiano il licenziamento, ragione per cui hanno dichiarato lo stato di agitazione oltre un mese fa;

   in condizioni analoghe si trovano migliaia di lavoratori in tutta Italia, i quali rischiano l'espulsione immediata dal mercato del lavoro, dopo aver maturato un'esperienza difficilmente spendibile –:

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare affinché siano pagati immediatamente ai dipendenti gli stipendi arretrati e sia evitato il collasso di un intero settore dell'economia dei servizi con il conseguente licenziamento dei lavoratori.
(5-02143)


   FIANO, VAZIO, CARNEVALI, ENRICO BORGHI, MORETTO, PEZZOPANE, FREGOLENT, QUARTAPELLE PROCOPIO, MARATTIN, GAVINO MANCA, MOR, BENAMATI, BRUNO BOSSIO, SCHIRÒ, CARÈ, SCALFAROTTO, ANNIBALI, MORASSUT, RIZZO NERVO, NAVARRA, MADIA, FASSINO, FRAILIS, FRAGOMELI, MAURI, LEPRI, CARLA CANTONE, SERRACCHIANI, CANTINI, ROTTA, MARCO DI MAIO, PELLICANI, PAITA, VERINI, ZAN, ROSSI, NARDI, CENNI, LACARRA, BURATTI, CIAMPI, DE MARIA e PICCOLI NARDELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da notizie pubblicate sul settimanale L'Espresso si è appreso come tra il 2016 e il 2018 – mentre proseguiva l'inchiesta per truffa della magistratura culminata con il sequestro dei 48,9 milioni di euro – più di 3 milioni di euro sarebbero spariti dalle casse della Lega per Salvini Premier, della Lega Nord e delle società da essi controllate come Pontida Fin e Radio Padania, per approdare prima ad alcune aziende e imprese lombarde – poco conosciute e da poco costituite, formalmente non collegate al partito della Lega e ai suoi rappresentanti, ma di fatto ad essa molto vicine – e per transitare, successivamente sui conti correnti di alcuni uomini di fiducia della Lega stessa;

   secondo quanto riportato dal settimanale, questi soldi sarebbero, infatti, arrivati sui conti correnti dei collaboratori, del tesoriere del gruppo della Lega alla Camera dei deputati, Giulio Centemero, nonché sui conti correnti dei commercialisti bergamaschi Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni, gli ultimi tre con ruoli nell'amministrazione dei conti del partito o dei gruppi parlamentari della Lega e fondatori dell'associazione Più Voci, finanziata dal costruttore Luca Parnasi con 250 mila euro;

   dunque, proprio quando la Lega si accordava col tribunale di Genova per restituire in rate annuali i quasi 49 milioni di euro indebitamente percepiti, emerge ora dalle notizie a mezzo stampa che un giro continuo di denari, oltre tre milioni di euro, sarebbe scomparso dai conti della Lega, e successivamente anche da quelli di diverse società ad essa collegate, per approdare direttamente sui conti personali di una ristretta cerchia di fedelissimi del segretario della Lega, attuale Ministro dell'interno e Vicepremier;

   quanto riportato appare di una gravità inaudita alla luce del fatto che mentre la Lega è destinataria di un provvedimento definitivo di sequestro e deve restituire decine di milioni di euro, e mentre il gruppo del Pd presentava numerose interrogazioni per capire la sorte di questi 49 milioni di euro, alle quali i rappresentanti del Governo non hanno mai risposto, contestualmente una parte consistente dei soldi sarebbero da essa transitati prima verso società private, e poi sui conti correnti di taluni suoi esponenti –:

   di quali elementi disponga il Governo sui fatti riportati in premessa e, per quanto di competenza, quali iniziative si intendano assumere, nelle more delle inchieste giudiziarie, al fine del pieno rispetto delle norme poste a tutela della trasparenza e della legalità dei partiti politici, anche ai fini della tutela della credibilità e della trasparenza delle istituzioni nei confronti dei cittadini.
(5-02149)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VIETINA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   la Corte Costituzionale italiana, chiamata ad esprimersi sulla costituzionalità dell'articolo 4 della legge 3 maggio 1999, n. 124, contenente «Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico», ha adito la Corte di giustizia europea affinché si pronunciasse sulla compatibilità della disciplina – relativa al contratto a tempo determinato – con la direttiva 1999/70/CE, riferita sia al lavoro pubblico che a quello privato. La Corte di giustizia europea con la sentenza Mascolo (Corte di giustizia 26 novembre 2014, cause riunite nn. 22/2013, 61/2013, 418/2013), ha accertato l'abuso di contratti a termine dello Stato italiano;

   a seguito della sentenza è stata varata dal Governo Renzi la legge 13 luglio 2015, n. 107, recante «Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti», (Buona scuola), prevedendo la stabilizzazione dei precari attraverso graduatorie o concorsi riservati, e definendo, quindi, un vasto piano di assunzioni;

   tuttavia, nell'applicazione della legge 13 luglio 2015, n. 107, sono stati esclusi dal piano di stabilizzazione previsto i docenti di religione cattolica; si tratterebbe di circa 1500 docenti, sui 2500 totali, che ogni inizio di anno scolastico vengono assunti con contratto a tempo determinato: una grande percentuale di docenti hanno prestato servizio dai 36 mesi ai 25 anni sempre in condizione di precariato con contratto o incarichi a tempo determinato;

   è palesemente chiaro che tali docenti hanno subito una forte ingiustizia, perché continuano a essere assunti a tempo determinato e non sono rientrati nel piano di stabilizzazione previsto dalla Buona scuola;

   il decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, «Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese», reca misure volte a limitare l'utilizzo dei contratti di lavoro a tempo determinato, per favorire i rapporti di lavoro a tempo indeterminato, con l'intento di ridurre il lavoro precario;

   la legge di bilancio 2019, riguardo ai docenti che hanno partecipato al concorso riservato del 2018, ha previsto al comma 795 dell'articolo 1: «Ai soggetti di cui all'articolo 17, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 59, avviati al percorso triennale di formazione iniziale, tirocinio e inserimento nella funzione docente (FIT) nell'anno scolastico 2018/2019, continuano ad applicarsi le disposizioni dell'articolo 17, commi 5 e 6, del predetto decreto legislativo n. 59 del 2017, nel testo in vigore alla data del 31 dicembre 2018, salva la possibilità di reiterare per una sola volta il percorso annuale ivi disciplinato. Ai predetti soggetti che non siano ancora stati avviati al percorso FIT si applicano le disposizioni del decreto legislativo n. 59 del 2017, come modificato dal comma 792 del presente articolo»;

   secondo le nuove disposizioni i docenti che saranno avviati al III anno Fit o meglio al nuovo percorso annuale di formazione e prova, una volta superatolo, dovranno permanere per altri quattro anni nella stessa scuola, nel medesimo tipo di posto e classe di concorso. Pertanto, potranno presentare domanda di mobilità soltanto dopo 5 anni (un anno di prova più altri quattro) –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere in relazione alla posizione in cui si trovano i docenti di religione che appare discriminante, lesiva e offensiva per la dignità dell'intera categoria;

   se intendano pianificare un programma di assunzione straordinario per tali docenti, individuando le opportune risorse necessarie da inserire già nel prossimo disegno di legge di bilancio;

   quali iniziative urgenti ritengano di porre in essere per garantire già dal prossimo anno scolastico 2019/2020 maggiori tutele e certezza sia per gli insegnanti che per i ragazzi e le ragazze interessate.
(4-02930)


   UBALDO PAGANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la Italferr S.p.A. indiceva, in nome e per conto di Rfi - Rete ferroviaria italiana s.p.a., una procedura di gara «per la progettazione esecutiva ed esecuzione dei lavori per la realizzazione della variante di tracciato della linea ferroviaria Bari-Lecce nel tratto compreso tra Bari Centrale e Bari Torre a Mare», per l'importo complessivo pari ad euro 107.521.553;

   all'esito delle operazioni di gara, in data 4 novembre 2015, il raggruppamento temporaneo di imprese (Rti) Tecnis s.p.a. - Sintec s.p.a. risultava collocato al primo posto in graduatoria, aggiudicandosi la gara;

   come appreso dall'interrogante risulterebbe che la società mandante del RTP indicato ai fini della partecipazione alla gara da Rti Tecnis, alla data del 29 marzo 2017 non era in regola con il versamento di contributi e accessori verso l'Inps;

   sebbene la legge imponga alle pubbliche amministrazioni il divieto di stipulare contratti con soggetti che non siano in possesso del requisito di regolarità contributiva o che abbiano perduto il predetto requisito in corso di gara, Italferr s.p.a. ha ritenuto di poter aggiudicare la commessa al Rti Tecnis anziché procedere alla immediata e diretta esclusione del raggruppamento;

   è notizia di dominio pubblico la grave situazione di crisi in cui, da diversi anni, versa la Tecnis s.p.a., peraltro sottoposta ad amministrazione straordinaria dal 2016 al maggio 2017 ai sensi della «legge Marzano». La situazione di crisi della società, inoltre, costituirebbe la principale causa delle difficoltà di concludere l'operazione di vendita della stessa;

   secondo alcuni organi di stampa, la situazione sopra rappresentata, «è entrata in una fase di stallo, lasciando in ansia lavoratori e sindacati» e che «dopo un anno di procedura di vendita e cantieri in giro per l'Italia che procedono a rilento, ora la vendita della società che sfuma rischia di bloccare del tutto i lavori e mettere a rischio il personale che ci lavora»;

   il grave stato di crisi ha investito anche il cantiere di Bari: dopo oltre un anno dall'aggiudicazione definitiva, Italferr e il Rti Tecnis non hanno ancora stipulato il contratto d'appalto e i lavori per la realizzazione dell'opera non hanno ancora avuto inizio;

   la situazione di stallo e l'atteggiamento attendista di Italferr (che, anziché procedere allo scorrimento della graduatoria, preferisce temporeggiare confidando forse in una risoluzione spontanea dello stato di crisi di Tecnis) rischia di vanificare irrimediabilmente la realizzazione dell'opera a causa della possibile perdita dei finanziamenti necessari alla realizzazione del suddetto intervento –:

   se e quali iniziative il Governo intenda intraprendere, per quanto di competenza, al fine evitare la perdita dei finanziamenti e avviare al più presto i lavori dell'opera di cui in premessa;

   se non ritenga opportuno avviare, per quanto di competenza, un'approfondita istruttoria sui fatti rappresentati in premessa al fine di accertare la conformità alla legge dell'operato di Italferr s.p.a.
(4-02934)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PAITA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   si apprende dall'audizione svoltasi presso la Commissione attività produttive della Camera dei deputati e da quanto pubblicato anche dagli organi di stampa che la società Enel ha presentato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare richiesta di realizzazione di un impianto a turbogas per il sito di La Spezia;

   la società ha reso noto di aver presentato una documentazione per la costruzione di nuova capacità a gas su 4 degli attuali 6 siti alimentati a carbone, in particolare per La Spezia, Fusina, Civitavecchia e Brindisi;

   suddetti progetti avrebbero una partenza di massima di 3 mila megawatt per impianti a ciclo aperto che potrebbero essere completati anche a ciclo combinato;

   come affermato dall'azienda risultano essere necessari iter autorizzativi accelerati e strumenti di remunerazione, facendo però intendere che la questione tempo è determinante per la sostituzione progressiva della fonte carbone al 2025;

   è evidente che questo tipo di impostazione interessa il futuro della centrale di Vallegrande, ormai prossima alla dismissione del gruppo a carbone;

   il sito da anni è oggetto di preoccupazioni per la salute dei cittadini;

   la centrale ha finora esercitato in base ad un'autorizzazione integrata ambientale del 2013 che ha consentito un drastico abbattimento delle emissioni nocive e la cui scadenza è prevista per il 2021 e non dovrebbe essere più rinnovata come da intese istituzionali;

   ovviamente la riconversione a gas per quanto sia meno inquinante è comunque impattante anche in relazione alla potenza prevista;

   non è dato conoscere l'esito dello studio commissionato proprio da Enel a Enea su richiesta del comune di La Spezia in passato che avrebbe dovuto offrire spunti e strumenti per ragionare sulla riconversione del sito;

   negli anni precedenti era stato attivato un tavolo istituzionale che aveva coinvolto il territorio per una dismissione completa della centrale, escludendo anche l'ipotesi di una possibile riconversione a gas;

   l'annuncio da parte dell'azienda non risolve assolutamente le problematiche presenti sul territorio, evidenzia un cambio di rotta rispetto al processo di superamento di questa realtà che era stato il risultato di un lavoro di concertazione territoriale e richiama nuovamente la necessità di affrontare definitivamente uno dei nodi più critici sul futuro della città –:

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito al futuro della centrale di La Spezia alla luce delle intenzioni espresse da Enel e se ritenga che possa essere ancora compatibile con il tessuto urbano, anche in considerazione della impattante e pericolosa presenza che ha avuto su salute e territorio nel corso degli anni.
(5-02146)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   l'ondata di maltempo che nei primi 15 giorni di maggio 2019 ha colpito l'Emilia-Romagna ha creato numerosi problemi, soprattutto sul fronte delle esondazioni e del dissesto idrogeologico;

   nella giornata del 13 maggio 2019 il fiume Savio nel cesenate ha rotto gli argini in più punti. Numerosi ponti sono stati chiusi al traffico e anche la circolazione ferroviaria sulla Rimini-Bologna e tra Cesena e Forlì è stata interrotta. Anche la tangenziale di Cesena è stata chiusa al traffico per allagamenti;

   in relazione alla esondazione del Savio, in particolare, i vigili del fuoco sono intervenuti per trarre in salvo due persone nella zona di via Pontescolle;

   nel forlivese è straripato anche il fiume Montone e, le cui acque hanno invaso circa 200 abitazioni provocando notevoli e prolungati disagi;

   bolognese il torrente Sillaro è esondato in una zona golenale. Anche il Samoggia è tracimato in più punti, allagando alcune strade fra Bazzano e Monteveglio. Nello stesso territorio di Valsamoggia sono segnalate numerose frane e si è fatto ricorso alla istituzione di sensi unici alternati. La strada provinciale 27 è stata chiusa al traffico in località Savigno, mentre sulla provinciale «Stiore» in località Monteveglio la pista ciclabile è stata interrotta per circa 20 metri;

   anche nel modenese la situazione è risultata particolarmente critica. I fiumi Secchia, Panaro e il torrente Tiepido sono stati costantemente monitorati. La popolazione è stata invitata a recarsi ai piani alti delle abitazioni. Diversi ponti sono stati chiusi come il Ponte Alto dell'Uccellino, quello del Navicello, di Curtatona e di Gherbella, mentre per ragioni di sicurezza è stata disposta la chiusura delle scuole di Sozzigalli, Bastiglia e Sorbara;

   anche nel Ravennate diversi fiumi hanno superato i livelli idrometrici come il Ronco, il Savio, il Montone e il Lamone;

   le esondazioni sempre più frequenti, anche in occasione di «ondate di maltempo» che restano comunque ampiamente prevedibili, devono indurre una profonda e seria riflessione sulla programmazione della pulizia e della manutenzione degli argini e degli alvei, nonché sulla prevenzione e sul contrasto al dissesto idrogeologico, anche coinvolgendo i soggetti portatori di interesse, come aziende agricole e frontisti –:

   se il Governo intenda adottare, per quanto di competenza, iniziative di carattere normativo, al fine di rivedere le politiche di gestione della pulizia e manutenzione degli argini e dei fiumi, anche attraverso il coinvolgimento di soggetti privati, frontisti, imprenditori agricoli, puntando su una maggiore flessibilità degli strumenti normativi relativi alle autorizzazioni per la pulizia delle aree golenali dei fiumi e delle zone circostanti;

   quali iniziative di competenza siano state assunte, anche a seguito di interlocuzione con la regione Emilia-Romagna, al fine di fronteggiare i danni provocati dall'ondata di maltempo di cui in premessa.
(4-02917)


   LICATINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la gestione dei rifiuti in Sicilia è sempre stata oggetto e strumento di speculazione da parte dei governatori siciliani;

   tale cattiva amministrazione, a discapito dell'efficienza, della trasparenza e della continuità del servizio, ha causato negli anni notevoli disagi ai cittadini e l'abbandono indiscriminato dei rifiuti;

   il contesto di criticità e di emergenza che, purtroppo, il territorio della regione siciliana vive ormai da decenni nel settore dei rifiuti urbani genera gravi rischi per l'ambiente, la salute e l'igiene pubblica;

   la raccolta differenziata ha raggiunto nell'isola la percentuale del 31,3 per cento, obbiettivo che soltanto un anno fa non si credeva raggiungibile;

   alcuni comuni della Sicilia, iniziando un percorso virtuoso volto alla realizzazione di un sistema di raccolta differenziata che, seppure non capillare, opti per un modello basato sulla riduzione, sul riutilizzo e sul riciclo del rifiuto, hanno raggiunto la percentuale dell'80 per cento come a San Giuseppe Jato o Prizzi;

   110 comuni siciliani raggiungono la soglia del 60 per cento, molte altri si aggirano circa al 30 per cento;

   a fronte di tali dati, si riscontra, nella regione siciliana un numero assolutamente insufficiente di impianti di compostaggio per lo smaltimento del materiale organico che rappresenta il 40 per cento del totale dei rifiuti differenziati;

   sono circa 13 gli impianti di compostaggio attivi, ma, per la maggior parte, questi non sono adeguati a fronteggiare il volume dei rifiuti conferiti dai cittadini, vanificando l'impegno messo in atto nell'adozione di buone pratiche di raccolta differenziata e riduzione dei rifiuti urbani, disincentivandone la continuità, circostanza che risulta altresì controproducente sul piano educativo anche per le nuove generazioni;

   6 impianti siciliani risultano non funzionanti oppure chiusi al conferimento per lunghi periodi di tempo, paralizzando di fatto la raccolta differenziata, lasciando i comuni sprovvisti di un luogo in cui poter conferire l'umido e aumentando il rischio del proliferare delle discariche abusive;

   la recente nuova emergenza ha spinto alcuni comuni siciliani a derogare al regolare sistema di raccolta differenziata a causa dell'interruzione del servizio che non garantiva il conferimento finale della frazione organica presso gli impianti, non potendo ricorrere a soluzioni alternative, quali il conferimento presso altre piattaforme, poiché insufficienti;

   tale situazione risulta tanto più grave se si consideri che per evitare che un impianto cada in obsolescenza o sia oggetto di deterioramento, basterebbe compiere lavori di manutenzione che garantiscano la costante efficienza e il corretto funzionamento dello stesso –:

   se il Governo, alla luce di quanto esposto in premessa, ritenga opportuno acquisire, per quanto di competenza e in collaborazione con la regione siciliana, un quadro aggiornato dell'offerta degli impianti esistenti nella regione e adottare iniziative normative per addivenire a un migliore funzionamento degli impianti per il trattamento dei rifiuti, per incentivare le buone pratiche e contrastare gli sversamenti abusivi, al fine di ridurre gli effetti negativi sull'ambiente e sulla salute dei cittadini.
(4-02929)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta scritta:


   RACHELE SILVESTRI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   in Italia sono estremamente diffuse, in numerose città, le rievocazioni storiche, le quali sono un mezzo efficace per tutelare la memoria e le tradizioni popolari e sono anche un grande attrattore turistico e un mezzo di promozione del territorio dal punto di vista paesaggistico, culturale, artistico ed enogastronomico e svolgono altresì un'importante funzione sociale di aggregazione;

   tali rievocazioni storiche contengono spesso delle competizioni sane e di alto valore sportivo;

   il fenomeno delle rievocazioni storiche ha assunto una tale importanza fino a divenire oggetto di attenzione da parte dei legislatori di diverse regioni italiane;

   le rievocazioni storiche sono appuntamenti fondamentali e punti di riferimento, sociali e culturali, per la popolazione locale e hanno un valore storico elevato;

   le rievocazioni svolgono, altresì, un'importante funzione per i commercianti e per le piccole attività produttive dei comuni dove esse si svolgono, in quanto attirano e coinvolgono migliaia di turisti ogni anno;

   le rievocazioni storiche sono tenute in vita e animate dallo spirito e dalla passione dei volontari che si adoperano per la loro riuscita, in quanto rappresentano la sintesi della tradizione e della storia locale, tantoché numerosi cittadini si preparano per esse nell'arco di tutto l'anno;

   ci sono state numerose segnalazioni, anche a mezzo stampa, di problematiche relative alle rievocazioni storiche svolte in Italia, poiché, a quanto risulta, molte di esse sono state costrette a chiudere per mancanza di fondi con decisioni sofferte da parte dei comuni oppure si sono presentati episodi di ingiustizia sportiva che ne hanno compromesso il buon nome;

   tali accadimenti rappresentano, di fatto, un'ingiustizia verso coloro che si spendono, per puro spirito volontaristico, per la buona riuscita di tali manifestazioni;

   una maggiore attenzione verso tali manifestazioni rappresenterebbe una forma di rispetto e valorizzazione per quelle rievocazioni storiche che rappresentano uno dei fondamentali collanti sociali di numerose città italiane, utili a mantenere vive quelle tradizioni storiche e culturali antichissime che costituiscono la preziosa identità del territorio italiano, ma aiuterebbe altresì l'economia e il commercio dei comuni, specialmente di quelli più piccoli –:

   se non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza per far sì che vi sia una maggiore forma di riconoscimento e di tutela per le rievocazioni storiche presenti in Italia;

   se non ritenga opportuno adottare iniziative per riconoscere una qualche forma di supporto economico per quelle rievocazioni storiche in difficoltà e ritenute virtuose e meritevoli di interesse;

   se non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza per far sì che ci sia un'attenzione specifica per queste rappresentazioni storiche tali da evitare, nel futuro, criticità e problematiche, in modo tale da salvaguardare le tradizioni e lo spirito dei partecipanti e da assicurare il rispetto dell'impegno dei volontari che spendono una parte considerevole del loro tempo e delle loro energie per la riuscita di tali eventi.
(4-02913)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   DONZELLI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il nuovo campeggio di Firenze è realizzato da una società che è stata coinvolta nei tentacoli dell'inchiesta di Mafia Capitale. È la Cardini Vannucchi Family Holding. Prima il sindaco Renzi, poi Nardella lo hanno autorizzato nell'area in via Dalla Chiesa a Rovezzano, trasformando un terreno agricolo con 280 piante fra peschi e susini in un'area edificabile confinante con un'area militare. Uno dei soci, Giacomo Vannucchi, è stato interrogato nel processo di mafia capitale per la vicenda del campeggio Faboulus di Acilia, di proprietà di Banca Etruria, in gestione ad un consorzio collegato a Salvatore Buzzi, condannato a 18 anni per Mafia Capitale. Vicepresidente della Etruria Leasing, proprietaria del Faboulus di Acilia, è stato l'ultimo presidente di Banca Etruria, Lorenzo Rosi, coinvolto in affari con alcuni soci di Tiziano Renzi: la Nikila e la Societé generale Focardi;

   a presentare i vari progetti al comune per la società incaricata del campeggio di Rovezzano, la Figline Agriturismo, è stato l'architetto Renzo Funaro, padre dell'attuale assessore a welfare, accoglienza e casa del comune di Firenze, Sara Funaro. Nonostante la nuova concessione, viene rinnovata anche la gestione del camping al piazzale Michelangelo, da tempo pericoloso poiché sorge su una collina a rischio frana. Il sindaco di Firenze Nardella ha querelato l'interrogante, allora consigliere regionale, insieme al consigliere comunale Francesco Torselli, ma il giudice ha archiviato il procedimento, e il pubblico ministero ha ritenuto veri i fatti denunciati –:

   se sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa;

   se il Governo intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, in relazione alla vicenda sopra citata, considerando che secondo l'interrogante sussistono non poche perplessità circa il fatto che il suddetto campeggio sia stato realizzato in una proprietà confinante con un'area militare (caserma) e in un'area a rischio idraulico per la vicinanza del letto del fiume Arno.
(4-02936)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ENRICO BORGHI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   si registra una fortissima preoccupazione da parte di notai, avvocati, commercialisti e anche di cittadini e lavoratori di Casale Monferrato circa la paventata chiusura a breve dell'ufficio del territorio dell'Agenzia delle entrate, conosciuto comunemente come la conservatoria dei registri immobiliari;

   attualmente suddetto ufficio serve 61 comuni del comprensorio del Monferrato casalese e dell'astigiano;

   le prime trascrizioni presenti risalgono al 1865 con più di 10 mila volumi di documenti e 7.000 formalità annue espletate e 20 mila ispezioni annue eseguite;

   si tratta di numeri di tutto rilievo che non possono essere trascurati;

   suddetto territorio risulta essere stato già fortemente penalizzato dalla chiusura della sede del tribunale avvenuta nel 2013 con accorpamento a Vercelli;

   questa ulteriore spoliazione di un ufficio così importante costituirebbe una penalizzazione inaccettabile per Casale Monferrato e il comprensorio territoriale di riferimento, con conseguenze negative per cittadini e intere categorie professionali economiche e sociali –:

   se corrisponda a verità quanto apparso sui giornali relativamente a una possibile chiusura del suddetto ufficio e quali iniziative intenda assumere al fine di salvaguardare la presenza dello stesso, considerata la sua importanza per il territorio.
(5-02145)


   MADIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo n. 175 del 2016, recante il testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, e le successive modifiche, hanno operato un riordino della previgente disciplina di settore, in attuazione della delega prevista dalla legge 7 agosto 2015, n. 124, imponendo alle pubbliche amministrazioni di vendere, tra le altre, o le società partecipate molto piccole, che finivano per avere più amministratori che dipendenti, o quelle inutili (cosiddette «società doppione») o quelle inefficienti o non necessarie, nell'ottica del risanamento e dell'efficientamento della spesa pubblica;

   da notizie a mezzo stampa si è appreso che secondo il censimento operato dal Ministero dell'economia e delle finanze, ad oggi più di un quarto delle partecipazioni pubbliche, pari a circa 8.000 partecipazioni, non sarebbe a norma di legge;

   il censimento operato dal Ministro dell'economia e delle finanze fotograferebbe la situazione all'ottobre del 2018, ossia poco prima che scadessero i termini originariamente previsti per la razionalizzazione straordinaria, fissati per il settembre del 2018 e che scattassero le sanzioni e gli obblighi in capo alle amministrazioni che non avessero avviato i processi di razionalizzazione;

   tuttavia, il comma 723 dell'articolo 1 della legge 145 del 2018 (la legge di bilancio per l'anno 2019) ha rinviato al 2021, per le società che fossero mediamente in utile negli ultimi tre anni, l'obbligo previsto per le pubbliche amministrazioni di vendere o chiudere le società partecipate non rispondenti ai requisiti previsti, così da un lato indebolendo la norma originariamente prevista, dall'altro ingenerando ulteriore confusione in corrispondenza della scadenza stabilità per la conclusione del processo;

   la proroga introdotta da questo Governo rischia di vanificare gli sforzi fin qui fatti nel razionalizzare le società a partecipazione pubblica, ma anche di trasformarsi in un boomerang per gli stessi enti locali interessati dalla proroga, per i quali rimane fermo l'obbligo di razionalizzazione annuale previsto dalla legge e la conseguente sanzione fino a 500.000 euro in caso di inosservanza –:

   se la dismissione delle società a partecipazione pubblica secondo i requisiti previsti dal decreto legislativo n. 175 del 2016, e successive modificazioni, costituisca ancora una priorità dell'attuale Governo e, in caso affermativo, quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per accelerare e facilitare la positiva conclusione dei procedimenti in atto e la messa in regola di tutte le società a partecipazione pubblica.
(5-02147)

Interrogazione a risposta scritta:


   DONZELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   Matteo Renzi quando era sindaco valutò l'immobile che ospitava il teatro comunale 44 milioni di euro. Il comune alla fine lo ha svenduto a 23 milioni di euro. È passato a Cassa depositi e prestiti del Ministero dell'economia e delle finanze e poi è finito in mano dell'ex socia di Tiziano Renzi, Ilaria Niccolai. Ad amministrare la società Corso Italia attraverso la quale ha acquisito l'immobile, è stato anche in passato l'ultimo presidente di Banca Etruria, Lorenzo Rosi. E fra i soci ci sono stati anche i figli di Andrea Bacci, amico e finanziatore di Matteo Renzi, che ha recentemente patteggiato due anni di condanna per il fallimento dell'azienda di costruzioni Coam. Lo stesso Bacci, in particolare la sua azienda e la sua auto, nel gennaio 2017 è stato fatto oggetto di atti intimidatori: in seguito agli spari subiti e visto il coinvolgimento nella compravendita del Teatro comunale Fratelli d'Italia ha chiesto delucidazioni presentando interrogazioni e mozioni in consiglio regionale. Nell'affare c'è anche Luigi Dagostino, l'uomo che ha legato Tiziano Renzi all'ultimo presidente di Banca Etruria. È stato arrestato per vari reati tributari ed è a processo per false fatture insieme ai genitori di Renzi. Dagostino, insieme ad Andrea Bacci, è stato coinvolto anche nell'acquisto dello storico caffè Rivoire di Piazza Signoria. Il comune ha recentemente annunciato un piano di recupero a destinazione prevalente di tipo residenziale, ma non è chiaro a chi appartenga oggi l'ex teatro –:

   se sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa;

   quali siano i periodi durante i quali Cassa depositi e prestiti sia stata in possesso dell'ex teatro comunale di Firenze e con quali società lo abbia trattato, da quali lo abbia acquisito e a quali venduto;

   quali siano i termini economici delle suddette operazioni;

   se risulti se in questi anni Cassa depositi e prestiti abbia subito sollecitazioni in relazione a tale immobile.
(4-02935)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   il 7 maggio 2019, dopo un mese e mezzo di chiusura, la sola fermata Spagna della linea A, metropolitana di Roma, è stata riaperta a seguito delle verifiche di sicurezza sulle scale mobili svolte dall'ufficio speciale trasporti a impianti fissi (Ustif) del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

   le fermate Repubblica e Barberini, chiuse per incidenti rispettivamente a ottobre 2018 e a marzo 2019, restano quindi ancora chiuse. Repubblica, dovrà attendere ancora almeno 8 settimane secondo quando comunicato da Otis – impresa che se ne occuperà fino al 30 giugno prossimo e che sarà sostituita, come affermato da Atac, dalla Schindler –, mentre per Barberini che è ancora sotto sequestro non si ha idea. Va considerato, altresì, che Atac e comune hanno già più volte annunciato la imminente riapertura delle fermate della linea A disattendendo le previsioni;

   il 9 maggio 2019, dopo appena 36 ore dalla riapertura della fermata Spagna, proprio per una delle scale mobili di recentissima verifica veniva chiusa per circa un'ora;

   l'insicurezza delle strutture, in particolar modo delle scale mobili, la sostanziale immobilità nei lavori di riparazione e le conseguenti difficoltà e i gravi disagi arrecati alla cittadinanza, ai pendolari e alle imprese di Roma, in particolar modo del centro storico della capitale, sono già state oggetto di un atto di sindacato ispettivo della prima firmataria del presente atto (2-00320, 29 marzo 2019);

   in quell'occasione il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio delegato a rispondere, peraltro intervenuto in un ambito di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, richiamando il decreto del Presidente della Repubblica n. 753 del 1980 sottolineava che «la regolarità dell'esercizio è di competenza dell'ente concedente, quindi il comune di Roma, e la regolare manutenzione e il mantenimento dell'efficienza degli impianti sono a carico dell'azienda esercente, quindi ATAC» pertanto il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti «in conformità del citato decreto del Presidente della Repubblica, ha competenza esclusivamente sulla sicurezza degli impianti espletata in occasione del rilascio del nullaosta tecnico sui progetti, sull'apertura all'esercizio e durante la visita tecnica degli impianti stessi, attraverso verifiche effettuate dagli uffici competenti sul territorio», sostenendo quindi che «non può promuovere alcuna iniziativa per favorire l'avvio immediato e necessario dei lavori per il ripristino della regolare erogazione dei servizi di trasporto pubblico e la conseguente riapertura delle fermate oggi chiuse»;

   mentre il Governo si dice solo limitatamente competente, da mesi gli esercenti dei quartieri interessati dall'isolamento lanciano allarmi, da ultimo quello del 9 maggio 2019 cui Angelo Mantini, presidente del comitato Riapriamo Repubblica, e Cristina Barletta, farmacista di piazza della Repubblica dichiaravano: «In tutti questi mesi non siamo mai riusciti ad avere informazioni. Perché, visto che si tratta delle stesse scale e Spagna è stata riaperta, Repubblica dopo l'incidente del 23 ottobre poi dall'8 dicembre non ha riaperto con le scale funzionanti visto che sono dello stesso tipo e altre stazioni hanno lavorato con alcune scale non funzionanti? Perché i pezzi sono stati riordinati solo l'11 febbraio, ovvero due mesi dopo? Stiamo cercando di resistere, ma rischiamo seriamente di dover licenziare dipendenti»;

   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti richiamava inoltre l'assegnazione al comune di Roma di risorse per circa 380 milioni di euro per l'adeguamento delle linee metropolitane A e B per attività manutentiva dei rotabili e degli impianti ferroviari, confermando inoltre che «per l'utilizzo di tali risorse sono già state attivate le necessarie procedure con i competenti uffici del comune»; ciononostante alla data odierna non risultano progressi tangibili nei lavori;

   secondo Franco Middei, responsabile acquisti, contratti e servizi generali di Atac: «Sulla riapertura delle stazioni metro di Roma chiuse per i recenti incidenti, Repubblica lo scorso ottobre e Barberini a marzo, non decide Atac, [...]. Il ruolo di Atac in questa vicenda è limitato: l'azienda sta guidando attività manutentive, ma per il tema della sicurezza di esercizio e su tutte le altre decisioni in merito alla riapertura delle stazioni chiuse, Atac deve confrontarsi con altri enti: tra gli altri, principalmente il Ministero dei Trasporti sul tema sicurezza, tramite l'Ustif (ufficio speciale trasporti a impianti fissi), e l'Autorità giudiziaria»;

   al di là del palese scaricabarile e rimpallo di responsabilità, l'atteggiamento del comune, di Atac e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti desta sempre più perplessità e preoccupazioni che si sommano quotidianamente alle già pesanti difficoltà che i residenti, i cittadini, i turisti, le imprese delle aree interessate e in generale ogni utente dei servizi di trasporto pubblico debbono affrontare per poter godere del diritto alla mobilità e alla sicurezza e incolumità che le autorità e le istituzioni debbono garantire e tutelare –:

   se il Ministro interpellato sia a conoscenza della programmazione dei lavori per il ripristino del funzionamento in sicurezza degli impianti da parte di Atac e di attività di verifica e controllo da parte dell'Ustif riguardo alle fermate Repubblica e Barberini, cosa preveda tale programmazione e a che punto si trovi la sua attuazione;

   se il Ministro sia a conoscenza della data in cui quando Otis ha ricevuto da Atac l'incarico di effettuare le verifiche tecniche sulle scale mobili installate presso la fermata Repubblica e quando queste siano state ultimate nonché regolarmente comunicate ad Atac con l'indicazione, eventuale, delle lavorazioni necessarie al fine del ripristino del funzionamento degli impianti;

   se, in considerazione delle risorse destinate appositamente per l'attività manutentiva dei rotabili e degli impianti ferroviari di cui in premessa, il Governo non intenda avviare, per quanto di competenza, una puntuale verifica delle modalità e dell'ammontare delle risorse finora programmate e impiegate a tale scopo da parte dell'amministrazione comunale, al fine di garantire la massima trasparenza ai cittadini di Roma;

   fermo restando che si sono già registrati casi di annunci di riapertura poi disattesi, se trovino conferma le previsioni temporali per il ripristino della regolare erogazione dei servizi di trasporto pubblico della metropolitana di Roma, linea A, per le fermate Barberini e Repubblica, che dovrebbe avvenire in otto settimane, come richiamato in premessa;

   se il Governo non intenda assumere iniziative urgenti, di natura normativa, per riconoscere una misura di sostegno al reddito alle imprese e ai lavoratori danneggiati dalla prolungata chiusura delle soprarichiamate fermate della linea A della metropolitana di Roma.
(2-00389) «Spena, Angelucci, Barelli, Battilocchio, Calabria, Giacomoni, Marrocco, Polverini, Ruggieri, Baldelli, Bergamini, Germanà, Pentangelo, Rosso, Aprea, Bagnasco, Baratto, Anna Lisa Baroni, Bendinelli, Benigni, Biancofiore, Bignami, Brambilla, Brunetta, Cannatelli, Cappellacci, Pella, Carrara, Cortelazzo, Dall'Osso».

INTERNO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   il sito Vicenzapiu informa che in data odierna i carabinieri della sezione radiomobile della compagnia di Vicenza, a seguito di richiesta pervenuta al 112, alle ore 7,30, sono intervenuti in contra’ Orefice del capoluogo, per un tentativo di rapina subito da un 30enne residente in città;

   la parte lesa, avvedutasi che un individuo armato di tronchese, stava cercando di sottrarre la propria bicicletta bloccata con un lucchetto, interveniva per farlo desistere;

   il malfattore, a questo punto, estraeva un coltello e dopo averlo minacciato lo feriva ad una mano, procurandogli delle lesioni di lieve entità, per poi dileguarsi nelle vie circostanti;

   il ferito con il coltello, successivamente, veniva trasportato presso il pronto soccorso dell'ospedale civile di Vicenza per le cure del caso;

   le indagini sono in corso per risalire all'identità dell'autore dell'accaduto, presumibilmente italiano;

   l'interrogante insiste nel presentare atti di sindacato ispettivo per sensibilizzare il Governo in relazione all'inaccettabile stato di degrado della sicurezza, che una città pur florida e civile come Vicenza, continua a registrare;

   il sottosegretario Durigon rispondendo, il 7 maggio 2019 ad una interpellanza del sottoscritto, che parimenti aveva per oggetto un episodio di microcriminalità, ha parlato di un «incoraggiante calo dei reati nel capoluogo berico, del 18 per cento, registrato nei primi due mesi del 2019»;

   l'interpellante non ha certamente motivi per mettere in discussione questi dati ufficiali, sottolinea tuttavia che gli episodi, come quello sopra citato, puntualmente riportati dai media locali, continuano a trasmettere ai cittadini una condizione di inaccettabile insicurezza –:

   quali ulteriori, concrete e risolutive iniziative il Governo intenda assumere per garantire legalità e sicurezza nella città di Vicenza.
(2-00390) «Zanettin».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PAGANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come noto, il decreto de Presidente della Repubblica 28 febbraio 2012, n. 64, recante il «Regolamento di servizio del Corpo nazionale dei vigili del fuoco», all'articolo 7, comma 3, lettera i), richiama, tra i doveri generali del personale, la massima diligenza nell'uso e nella custodia dei dispositivi di protezione individuale, tra i quali rientra l'uniforme da intervento nonché, alla successiva lettera l) dispone di non valersi di quanto è di proprietà dell'Amministrazione per ragioni che non siano di servizio;

   al successivo articolo 8, comma 2, chiarisce che il personale conforma il proprio aspetto all'esigenza di indossare correttamente l'elmo e gli altri dispositivi di protezione individuale, in modo da non invalidarne l'uso;

   in occasione delle prossime elezioni amministrative del 26 maggio 2019 per il comune di Spinea, uno dei candidati, facilmente riconducibile alla lista di un partito politico, ha utilizzato la propria immagine con la divisa, riproducendola sul materiale elettorale;

   un comportamento che, anche alla luce della recente circolare emanata in data 14 maggio 2019 (Registro Ufficiale U 0009818) dal capo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, avente come oggetto «Utilizzo uniforme operativa in dotazione al personale appartenente al C.N.VV.F», all'interrogante, appare inappropriato e censurabile –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere affinché sia impedito l'utilizzo strumentale dell'uniforme dei vigili del fuoco e, più in generale delle uniformi dei corpi dello Stato, per fini elettorali, ovvero per finalità inevitabilmente di parte, così come verificatosi nell'episodio indicato in premessa.
(5-02148)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NOVELLI e PETTARIN. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   secondo i dati del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al 31 dicembre 2018 risultano presenti in Italia 10.787 minori stranieri non accompagnati. Si registra un decremento del 41,1 per cento rispetto all'anno precedente, e del 37,9 per cento rispetto al 2016;

   rispetto all'età, il 60,2 per cento dei minori stranieri non accompagnati (Msna) ha 17 anni, l'8 per cento dei minori ha 15 anni e il 7 per cento ha meno di 15 anni;

   la Sicilia si conferma la regione che accoglie il maggior numero di Msna, seguita dalla Lombardia, dall'Emilia-Romagna, dal Friuli Venezia Giulia e dal Lazio;

   i minori presenti in Italia sono accolti per l'95,7 per cento presso strutture di accoglienza, mentre il 4,3 per cento dei minori segnalati alla direzione generale risulta collocato presso privati. I Msna accolti in strutture di seconda accoglienza rappresentano il 67,6 per cento dei minori presenti sul territorio italiano. Il 28,1 per cento dei minori è accolto in strutture di prima accoglienza. All'interno delle strutture di prima accoglienza rientrano i centri governativi di prima accoglienza finanziati con risorse a valere sul fondo Fami (Fondo asilo migrazione e integrazione), le strutture ricettive temporanee attivate dai prefetti (cosiddette «Cas Minori»), le strutture di prima accoglienza accreditate/autorizzate dai comuni o dalle regioni e, infine, quelle a carattere emergenziale e provvisorio;

   in seguito all'intesa sancita in Conferenza unificata (10 luglio 2014), al Ministero dell'interno è stata attribuita la responsabilità dell'organizzazione dell'accoglienza anche dei minori stranieri non accompagnati;

   la legge n. 47 del 2017 ha introdotto una serie di modifiche alla normativa in vigore in materia. La normativa è stata nuovamente modificata nel 2018;

   attualmente, nella fase di prima accoglienza, i minori non accompagnati devono essere collocati in strutture governative di prima accoglienza attivate dal Ministero e gestite anche in convenzione con gli enti locali, mentre successivamente l'accoglienza dovrebbe proseguire nell'ambito del sistema di protezione per richiedenti asilo, rifugiati e minori stranieri non accompagnati;

   ai sensi dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 142 del 2015, in caso di temporanea indisponibilità nelle strutture di prima e seconda accoglienza, l'assistenza e l'accoglienza del minore devono essere temporaneamente assicurate dalla pubblica autorità del comune in cui il minore si trova, con il contributo disposto dal Ministero dell'interno a valere sul fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati di cui alla legge 23 dicembre 2014, n. 190, e senza alcun onere a carico del comune;

   nonostante le modifiche normative, l'accoglienza dei suddetti minori continua ad avere per i comuni un forte impatto dal punto di vista economico e sociale;

   da varie segnalazioni sembrerebbe che da giugno 2017 i rimborsi ai comuni per le spese legate ai Msna siano arrivati in maniera irregolare e incompleta;

   il comune di Cividale del Friuli, per esempio, nell'ultimo trimestre 2018 ha ricevuto solo il 60 per cento di quanto richiesto, oltre a non aver visto saldato il conto del 2017;

   la regione Friuli Venezia Giulia sarebbe intenzionata a farsi carico di quanto ancora non corrisposto dal Governo, ma desta preoccupazione che da vari comuni italiani continuino a giungere denunce sui mancati rimborsi –:

   se corrisponda al vero che molti comuni stiano ancora aspettando i rimborsi per le spese sostenute per la presa in carico dei minori stranieri non accompagnati, quarti siano questi comuni e quale sia l'ammontare dei trasferimenti non ancora eseguiti;

   quando si intendano sbloccare i rimborsi per la gestione dei servizi dedicati ai minori stranieri non accompagnati e per quali ragioni non si sia provveduto fino ad oggi;

   quali altre regioni, oltre al Friuli Venezia Giulia, abbiano manifestato la volontà di coprire i costi sostenuti dai comuni e non ancora rimborsati dal Ministero dell'interno.
(4-02914)


   LATTANZIO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   il grande progetto «Centro storico di Napoli, valorizzazione del sito Unesco» nasce con l'intento di riqualificare il nucleo antico della città di Napoli, attraverso interventi tesi al recupero e alla rifunzionalizzazione del patrimonio monumentale e di riqualificazione degli spazi urbani;

   l'attività per il grande progetto è partita proprio dalla riqualificazione dell'area di Porta Capuana, considerata «un accesso privilegiato» al centro storico e alle bellezze del cuore antico di Napoli, da via dei Tribunali fino a Port'Alba: si tratta di un'area di grande afflusso turistico, dove la presenza di monumenti e bellezze culturali e urbanistiche abbonda e che rappresenta dunque un centro attivo da un punto di vista economico, commerciale e sociale. Si tratta dunque di una opera di riqualificazione di valore immenso con ampi risvolti positivi su tutta la città. Nelle ultime ore è apparsa sulle pagine del quotidiano «IlMattino» di Napoli, la notizia relativa all'abbandono del cantiere di Porta Capuana da parte dell'impresa appaltatrice dei lavori, la Spinosa Costruzioni, che ha deciso di ritirare uomini e mezzi dopo aver denunciato in questura di aver ricevuto per due giorni consecutivi minacce e pressioni da parte di soggetti camorristici appartenenti al mondo del racket e delle estorsioni;

   il 7 maggio 2019 sono arrivate le prime minacce da parte di un uomo in scooter che avrebbe intimato alla ditta di chiudere il cantiere e di andare a parlare «con chi di dovere», altrimenti avrebbero sparato a tutti, uno ad uno. Nonostante l'immediata denuncia, l'uomo è tornato nuovamente sul cantiere, rinnovando le minacce in maniera più accesa, determinando la successiva decisione della ditta di abbandonare i lavori;

   i titolari della ditta «La Spinosa» sono poi stati chiamati dal sindaco Luigi De Magistris per un incontro presso il comune di Napoli, dove sono state date loro le dovute rassicurazioni istituzionali, permettendo dunque la possibilità di riprendere nel breve tempo i lavori. Sono stati, inoltre rafforzati i presidi di polizia sul cantiere ed è stata indetta una prossima riunione della commissione urbanistica del comune per approfondire la vicenda;

   si ritiene comunque gravissimo il fatto che una ditta sia costretta ad abbandonare un appalto così importante a causa delle minacce aperte provenienti dalla camorra, il cui controllo della città rappresenta un inaccettabile ostacolo allo sviluppo, alla crescita ed alla riqualificazione di importanti aree urbane. Non si può far trasparire un messaggio di debolezza dello Stato come impotente di fronte alle azioni della criminalità organizzata –:

   quali iniziative preventive e di contrasto i Ministri interrogati intendano porre in essere, per quanto di competenza, onde evitare che possano nuovamente ripetersi situazioni come quella sopra descritta e che l'azione della camorra possa condizionare in maniera irreparabile la vita e lo sviluppo delle realtà urbane.
(4-02916)


   SABRINA DE CARLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 13 gennaio 2019, insieme al collega Luca Sut e ai consiglieri regionali Ilaria Dal Zovo, Andrea Ussai e Mauro Capozzella, l'interrogante ha effettuato il primo sopralluogo nell'ex caserma Cavarzerani, l’hub attrezzato per garantire una prima sistemazione alle centinaia di richiedenti asilo;

   la visita aveva lo scopo di verificare quali fossero le condizioni degli ospiti e constatare, quindi, il livello di trattamento e il funzionamento del nostro sistema di accoglienza;

   la gestione dell'ex caserma era affidata alla Croce rossa italiana che spiegò che in quel luogo non era opportuno ospitare donne, bambini e casi delicati che invece richiedono un'assistenza diversa, anche per quanto concerne la prima accoglienza;

   in data 7 maggio 2019 l'interrogante ha presentato l'interrogazione a risposta scritta n. 4-02821 concernente il trasferimento di immigrati, già ospitati in due centri di accoglienza, nell'ex caserma Cavarzerani a causa della scadenza dei contratti che le precedenti associazioni avevano e che permettevano a quest'ultime di farsi carico della ricezione;

   il trasferimento ha suscitato polemiche, in quanto tra coloro che dovevano lasciare i centri di accoglienza, vi erano famiglie, bambini e casi particolari che richiedevano assistenza psichiatrica;

   il prefetto aveva assicurato che per le persone vulnerabili sarebbero state adottate soluzioni diverse tali da garantirne la tutela e, difatti, gran parte di loro ha trovato ospitalità in altri alloggi capaci di offrire quelle condizioni indispensabili in determinate situazioni;

   è stata dunque, condivisa l'azione del prefetto che ha sottolineato il suo impegno affinché si eviti di ospitare in questo luogo famiglie e bambini che potrebbero subire dei traumi del tutto evitabili;

   è necessario considerare che il suddetto trasferimento è stato necessario anche a causa del bando pubblicato dalla prefettura di Udine il 22 gennaio 2019 che prevedeva «l'affidamento mediante accordo quadro con più soggetti economici del territorio della provincia di Udine del servizio di accoglienza e assistenza in singole unità abitative di 1100 cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale» e che invece non ha coperto tutte le richieste mettendo apposizione solo 700 posti a fronte dei 1100 richiesti;

   in data 11 maggio 2019, l'interrogante ha eseguito il secondo sopralluogo insieme ai consiglieri regionali Ilaria Dal Zovo, Cristian Sergo e Andrea Ussai e i consiglieri comunali Domenico Liano e Maria Rosaria Capozzi. In questa seconda visita è stato confermato che tra gli ospiti dell'ex caserma sono presenti due famiglie, fra cui una con una bambina di due anni e una donna sola;

   non è stato possibile visitare tutto il centro di accoglienza, in quanto non vi erano le chiavi e i responsabili di alcuni locali, come per esempio quelli dove si tengono i corsi di italiano, falegnameria e muratura e i locali adibiti all'assistenza medica;

   le condizioni generali però sono risultate buone e i moduli abitativi mostrati ben tenuti e puliti;

   l'8 maggiore 2019 è stato indetto un altro bando per l'accoglienza di 250 migranti relativo ai centri collettivi che però non sarà operativo nell'immediato, visti i tempi necessari per l'espletamento delle procedure di gara –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere affinché venga evitata la presenza di famiglie e bambini in luoghi come l'ex caserma Cavarzerani.
(4-02919)


   GRIMOLDI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la legge quadro 7 marzo 1986, n. 65, sulla polizia municipale ha disciplinato le funzioni di polizia locale che spettano al sindaco nell'ambito del suo territorio, per l'espletamento delle quali si avvale del servizio di polizia municipale;

   tra le funzioni di polizia locale c'è quella nel settore commerciale, al fine di controllare che le attività commerciali si svolgano nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia, anche sotto l'aspetto igienico-sanitario;

   in tale ambito la polizia locale effettua controlli sulle licenze degli esercizi commerciali, sulla violazione dell'occupazione di suolo pubblico, sul rispetto delle norme igienico-sanitarie e delle ordinanze relative alla vendita e alla amministrazione di cibi e bevande, nonché controlli nei mercati cittadini con riguardo al commercio ambulante, per il quale è richiesta l'autorizzazione del sindaco del comune interessato;

   il decreto-legge «sicurezza» n. 113 del 2018, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2018, n. 132, ha potenziato l'attività della polizia locale nell'ambito della sicurezza urbana anche con riguardo all'esercizio abusivo delle attività commerciali –:

   se il Governo ritenga di adottare iniziative per prevedere che la polizia locale, nell'ambito dei controlli che effettua sistematicamente nei mercati cittadini, possa verificare anche che i venditori ambulanti siano in possesso del documento unico di regolarità contributiva, dal momento che spesso i lavoratori impiegati nel commercio ambulante sono immigrati irregolari.
(4-02920)


   DONZELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il sindaco di Firenze Dario Nardella ha concesso il 21 settembre 2017 alla moglie dell'ex Presidente del Consiglio e attuale senatore Matteo Renzi, Agnese Landini, un pass auto «istituzionale sicurezza» che gli consentiva di parcheggiare gratis con la sua auto in tutta la città. Il permesso gli consente anche di circolare liberamente nel centro di Firenze: aree pedonali, corsie preferenziali e zone a traffico limitato;

   Matteo Renzi ha bollato la notizia come «Fake news», sostenendo che la moglie avesse diritto al permesso come residente. Ma nessun pass riservato ai residenti consente il privilegio di circolare e parcheggiare gratis ovunque. Il permesso concesso alla moglie di Renzi è un pass istituzionale affidato «su indicazione della segreteria del sindaco». Lo stesso che viene concesso al sindaco, agli assessori, ai parlamentari. Tant'è che dopo l'elezione a senatore il comune ha autorizzato Matteo Renzi ad utilizzare lo, stesso pass. Il comune di Firenze ha sostenuto che il pass fosse stato richiesto per motivi di sicurezza dalla prefettura, la quale ha però ha smentito –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa;

   se il Ministero dell'interno abbia mai segnalato particolari prescrizioni sulla sicurezza di Agnese Landini e se queste siano state oggetto di comunicazioni con il comune di Firenze.
(4-02923)


   NOBILI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 30 aprile 2019 diversi esponenti del Governo si sono recati in missione presso Tunisi, tra cui i due vicepresidenti del Consiglio Matteo Salvini e Luigi Di Maio, il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ed il Ministro Enzo Moavero Milanesi;

   come riportato su Repubblica da Annalisa Cuzzocrea e Carmelo Lopapa, si registra il caso di un doppio volo da Tunisi;

   invero, già il Vicepresidente Luigi Di Maio era arrivato a Tunisi con un altro aereo proveniente da Varsavia, mentre il Vicepresidente Matteo Salvini era partito con un volo di Stato dall'Italia;

   la partenza da Tunisi verso Roma risulta ambigua in maniera equipollente, avendo il Vicepresidente Luigi Di Maio preso un aereo diverso e aggiuntivo rispetto a quello con il quale il Vicepresidente Matteo Salvini rientrava in Italia;

   nell'ordinamento italiano si qualifica come danno erariale il danno sofferto dallo Stato o da un altro ente pubblico a causa dell'azione o dell'omissione di un soggetto che agisce per conto della pubblica amministrazione in quanto funzionario, dipendente o, comunque, inserito in un suo apparato organizzativo;

   inoltre, la Corte dei conti ha recentemente ritenuto configurabile quale danno erariale il «danno all'economia nazionale», inteso come lesione dell'interesse generale alla salvaguardia, all'incremento e al progresso dell'economia nazionale, oppure il «danno all'immagine» della pubblica amministrazione, inteso come grave perdita di prestigio a seguito del detrimento dell'immagine e della personalità pubblica dello stato o altro ente pubblico derivante da un'azione delittuosa di un suo amministratore o dipendente –:

   se intenda chiarire l'episodio del rientro in Italia con due aerei diversi – in particolare con un aereo differente da quello preso dal Vicepresidente Luigi Di Maio – così da poter escludere qualsivoglia ipotesi di potenziale danno erariale.
(4-02925)


   BRESCIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in occasione della finale di Coppa Italia del 15 maggio 2019 tenutasi a Roma ci sono stati, prima della partita e fuori dallo stadio Olimpico numerosi tafferugli fra le tifoserie di Lazio e Atalanta che hanno impegnato le forze dell'ordine in un lavoro di contenimento;

   come riportato da «La gazzetta dello Sport» e come si evince anche da un video diffuso in rete, l'allenatore del Bologna Sinisa Mihajlovic è stato insultato da uno degli agenti di polizia schierati intorno allo stadio;

   stando a quanto riportato dall'articolo a firma di Matteo Dalla Vite, il tecnico era in macchina direzione Olimpico con il direttore sportivo del Bologna Bigon e l'avvocato del club. I tre avrebbero chiesto informazioni sull'accesso al vialone che porta allo stadio ai varchi di controllo e in quel momento sarebbe iniziato il diverbio;

   l'agente avrebbe, dunque, risposto male a Mihajlovic con parole oltraggiose; quest'ultimo avrebbe reagito e poi sarebbe arrivato l'insulto razzista («Zingaro di m...») che ha scatenato la furia del tecnico, sceso dall'auto per confrontarsi con l'agente;

   nella serata del 16 maggio 2019 il comando della polizia locale di Roma Capitale ha espresso sdegno e dispiacere per l'accaduto ed è pronta ad accogliere un'eventuale denuncia da parte del tecnico;

   a parere dell'interrogante sono da condannare le violenze nel prepartita della finale di Coppa Italia ed è in questo contesto molto teso che vanno inquadrati gli insulti razzisti all'allenatore, a cui l'interrogante manifesta la sua solidarietà;

   più in generale l'interrogante registra eccessive pressioni sulle forze dell'ordine all'interno di un clima avvelenato dettato da un'eccessiva propaganda sulla sicurezza e da toni alti e violenti –:

   di quali elementi il Ministro interrogato sia a conoscenza riguardo alla vicenda esposta in premessa e quali iniziative concrete, per quanto di competenza, intenda intraprendere al fine di favorire un clima più sereno per l'operato delle forze dell'ordine.
(4-02931)


   FORNARO e EPIFANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel comune di Spinea un candidato alle elezioni amministrative del 26 maggio 2019, facilmente riconducibile alla lista di un partito politico, ha utilizzato la propria immagine con la divisa di vigile del fuoco, riproducendola sul materiale elettorale;

   il decreto del Presidente della Repubblica 28 febbraio 2012, n. 64, recante il «Regolamento di servizio del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ai sensi dell'articolo 140 del decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217» all'articolo 7, comma 3, lettera i), richiama, tra i doveri generali del personale, «la massima diligenza nell'uso e nella custodia dei dispositivi di protezione individuale», tra i quali rientra l'uniforme da intervento;

   al successivo articolo 8, comma 2, il decreto del Presidente della Repubblica chiarisce che il personale «conforma il proprio aspetto all'esigenza di indossare correttamente l'elmo e gli altri dispositivi di protezione individuale, in modo da non invalidarne l'uso»;

   l'uniforme è un dispositivo di protezione individuale di terza categoria quindi un «salvavita»;

   la recente circolare emanata in data 14 maggio 2019 (registro ufficiale U 0009818) dal capo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, avente come oggetto «Utilizzo uniforme operativa in dotazione al personale appartenente al C.N.VV.F», rimarca l'importanza di «utilizzare e indossare correttamente l'uniforme operativa in dotazione, ivi compresi i distintivi, i fregi, etc., evitando improprie personalizzazioni e attenendosi scrupolosamente agli imprescindibili canoni di uniformità, anche in considerazione delle possibili lesioni all'immagine del Corpo nazionale che la mancanza di decoro o, più in generale, l'inottemperanza delle disposizioni in parola possono cagionare» –:

   se sia a conoscenza di quanto accaduto a Spinea e quali iniziative di competenza intenda intraprendere affinché sia impedito l'utilizzo strumentale dell'uniforme per fini elettorali.
(4-02933)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   TOCCAFONDI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   con la legge di bilancio 2019 promossa dal Governo, sono state ridotte significativamente le ore di alternanza scuola-lavoro (asl) nelle scuola superiori. L'asl nasce per portare anche in Italia una metodologia didattica differente dalla classica lezione frontale che rappresenta scuola a tutti gli effetti e per questo valutata e monitorata;

   nonostante varie criticità l'asl ha dimostrato la sua utilità, perché ha aperto le porte della scuola al mondo esterno, mostrando che il lavoro oggi richiede non solo conoscenze disciplinari, ma anche competenze trasversali;

   il monitoraggio effettuato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca risulta uno strumento fondamentale per conoscere risultati positivi e criticità ed è sempre stato presentato dai vertici del Ministero e reso pubblico anche attraverso il sito internet del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;

   dai precedenti monitoraggi si riscontra che hanno partecipato all'Asl il 90 per cento degli studenti dell'ultimo triennio delle scuole statali e il 76 per cento delle paritarie. Sono stati attivati ben 76.246 percorsi, coinvolgendo 6.000 scuole al 3°, 4° e 5° anno di corso, statali e paritarie. Le imprese hanno ospitato il 43 per cento degli studenti in asl, seguite da enti del terzo settore (11 per cento) e università (7 per cento). Ci sono state esperienze nelle stesse scuole (10 per cento);

   per farlo il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha creato un osservatorio nazionale dell'asl. Il nuovo Governo all'interrogante sembra fino ad ora ignorare l'osservatorio e soprattutto i dati del monitoraggio;

   i dati del monitoraggio sono a disposizione degli uffici del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e le scuole hanno già compilato i formulari dovuti. Non si comprende, quindi, il motivo del silenzio da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sui dati del monitoraggio delle attività di alternanza scuola-lavoro;

   sperando che tale silenzio non sia dovuto al «ridimensionamento» di tale attività da parte del Governo, risulta quanto mai utile conoscere i dati di questa attività –:

   quali siano i risultati del monitoraggio del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca relativi all'anno scolastico 2017/2018 e quale percorso il Ministro interrogato intenda seguire alla luce dei dati del monitoraggio.
(3-00737)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PERCONTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   i cosiddetti «modelli viventi» sono figure professionali previste nell'ambito degli insegnamenti caratterizzanti l'indirizzo di arti figurative e corsi accademici presso le accademie di belle arti e i licei artistici;

   in base al decreto legislativo n. 297 del 1994 ai modelli viventi applicato, in quanto compatibile, lo stato giuridico del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (Ata) non di ruolo della scuola, assunto con incarichi annuali; su questa base, trascorsi dieci anni di servizio, anche non continuativo, essi potevano essere nominati, a domanda, nei ruoli del personale ausiliario, via via che si rendevano liberi i posti, vedendosi riconosciuta così una posizione economica e giuridica stabile;

   successivamente la legge n. 124 del 1999 e l'ordinanza ministeriale n. 14 del 17 gennaio 2000 relative al reclutamento dei «modelli viventi», hanno di fatto concorso a precarizzare la categoria predetta, disponendo che esclusivamente i «modelli viventi» in possesso di idonei titoli di studio e che avessero prestato almeno 5 anni di servizio, anche non continuativo, nelle accademie di belle arti e nei licei artistici, potessero, mediante presentazione di domanda, accedere alle graduatorie ad esaurimento del personale (Ata) ai fini dell'assunzione in ruolo;

   il reclutamento dei modelli viventi e il relativo rapporto di lavoro, in base alla suddetta normative, si costituisce – per coloro che non sono passati di ruolo nei ruoli della III e IV qualifica del personale Ata – mediante contratto individuale di lavoro a tempo determinato di durata annuale (per chi aveva più di 5 anni di anzianità di servizio come modello vivente alla data di entrata in vigore della legge del 1999), ovvero mediante contratto di prestazione d'opera per coloro che non raggiungevano 5 anni di anzianità di servizio nel 1999. Questi contratti sono ineludibilmente subordinati alla didattica, con vincoli di orari e di assegnazione ai corsi, in quanto l'esigenza della prestazione viene richiesta dal consiglio di classe su proposta del docente di disciplina e quindi sono sottoposti al coordinamento del dirigente scolastico che non può incidere sulla determinazione ma sulla estrinsecazione della funzione;

   dalla situazione attuale emerge che il futuro di questi lavoratori — precari da quasi vent'anni — non è tenuto in nessun conto, anzi gli stessi vivono in una condizione di persistente frustrazione e incertezza, in considerazione del fatto che la prestazione d'opera può essere rescissa in qualsiasi momento oppure non rinnovata;

   il servizio svolto dai «modelli viventi», anche con contratto di prestazione d'opera, risulta necessario e imprescindibile nell'ambito del processo di insegnamento-apprendimento degli allievi delle accademie di belle arti e dei licei artistici –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto;

   quali iniziative intenda intraprendere il Governo al fine di garantire la stabilita dei rapporti di lavoro dei «modelli viventi» nonché il riconoscimento della loro professionalità.
(5-02141)


   VIZZINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   gli studenti di una classe dell'istituto tecnico industriale Vittorio Emanuele III di Palermo, coordinati dalla professoressa Rosa Maria Dell'Aria, nell'ambito di un progetto scolastico avviato in occasione del Giorno della memoria, hanno presentato il frutto del proprio lavoro in un evento nell'Aula magna della scuola, proiettando il proprio video-lavoro alla sola presenza di altre classi dell'Istituto. Tale video accostava – con un confronto tra passato e presente – il recente decreto sicurezza, fortemente voluto dal Ministro Salvini, alle leggi razziali di Mussolini del 1938. Durante la riproduzione, qualche ragazzo presente all'incontro ha catturato e postato immagini del video su alcuni social network;

   la professoressa Rosa Maria Dell'Aria, 63 anni, docente di Italiano da circa 40 anni e insegnante da 30 presso l'istituto tecnico industriale Vittorio Emanuele III, con la motivazione di omessa vigilanza, è stata sospesa per 15 giorni dall'ufficio scolastico provinciale, con una decurtazione del 50 per cento dello stipendio per un presunto omesso controllo sull'operato dei propri studenti;

   in nessuna parte del contratto della scuola, in particolare quando si definisce la funzione docente e la responsabilità disciplinare, troviamo tra i motivi di sanzione la mancata censura dei propri studenti, ma solo una vaga formulazione all'articolo 11, lettera i): «vigilare sul corretto espletamento dell'attività del personale sottordinato ove tale compito rientri nelle proprie responsabilità», che in nessun modo si può applicare alla scuola, in quanto gli studenti non sono sottoposti al servizio dello Stato, del Governo o del docente di turno;

   l'etica professionale di un docente dovrebbe alimentare negli studenti l'approccio critico ai problemi, oltre che sublimare le tendenze, le aspirazioni e il pensiero creativo, mantenendo un controllo sulla forma degli elaborati e sul comportamento tenuto dagli alunni durante le ore scolastiche, ma senza voler limitare il libero esercizio del loro pensiero;

   la sanzione comminata dall'ufficio territoriale del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca è in contrasto con l'articolo 21 della Costituzione che recita: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione». Il diritto di critica verso un personaggio pubblico con incarichi di Governo rientra a maggior ragione in tale dettato costituzionale. La Costituzione ha previsto dei limiti al diritto di manifestare il proprio pensiero, che derivano dall'esistenza di beni o interessi diversi e di pari valore, quali la dignità e l'onorabilità della persona che sono allo stesso modo protetti e garantiti dalla Carta;

   la Costituzione esprime il concetto di libertà di pensiero analogamente alla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948 che recita: «Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere»;

   il provvedimento disciplinare contro la docente, ad avviso dell'interrogante, sarebbe lesivo anche dell'articolo 33 della Costituzione che tutela la libertà di insegnamento –:

   secondo quale preciso procedimento e sulla base di quali presupposti giuridici, l'ufficio scolastico territoriale del Ministero abbia agito per sospendere la docente di cui in premessa;

   se il Ministro interrogato intenda adottare ogni iniziativa di competenza, anche normativa, per chiarire che il ruolo degli insegnanti non è quello di tacitare o censurare il libero esercizio di pensiero degli studenti, bensì quello di supportare ed esaltare le loro capacità cognitive e le loro specificità caratteriali positive, ovviamente fatto salvo il controllo sulla forma degli elaborati e sul comportamento degli studenti in orario scolastico.
(5-02144)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAOLO RUSSO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   in data 27 marzo 2019 è stato pubblicato l'elenco dei candidati ammessi alla prova orale del concorso per dirigenti scolastici, di cui al Ddg n. 1259 del 2017, relativamente al quale sono state riscontrate anomalie e irregolarità e sono stati preannunziati numerosi ricorsi in merito al corretto svolgimento della prova scritta e alla condizione vantaggiosa in cui si sarebbero venuti a trovare coloro che l'hanno svolta in un momento successivo, conoscendo in anticipo la griglia di correzione e la bibliografia dei testi in lingua;

   in particolare sono stati segnalati:

    a) la violazione del principio di contestualità ed unicità, in quanto la prova scritta non è stata unica su tutto il territorio nazionale e non è stata svolta in un'unica data; infatti, in seguito a un'ordinanza del Tar Lazio 12 ottobre 2018 è stata disposta la ripetizione della prova preselettiva per novantuno docenti campani, a causa dell'interruzione del funzionamento delle procedure informatiche e della contestuale sospensione della graduatoria degli ammessi alla prova scritta; inoltre, la prova scritta per i candidati sardi si è svolta il 13 dicembre 2018 in quanto nella data prevista del 17 ottobre 2018 le avverse condizioni meteorologiche hanno determinato la chiusura delle scuole di Cagliari, unica sede del concorso, e il conseguente differimento delle procedure concorsuali;

    b) la violazione del principio dell'anonimato della prova, in quanto le prove scritte inviate alle commissioni esaminatrici erano identificate con codici alfanumerici e codici fiscali, facilmente associabili ai nomi dei concorrenti;

    c) l'eccessiva disparità tra le percentuali di idonei della prova scritta a seconda delle regioni: infatti, se la media nazionale degli ammessi alla prova preselettiva si è attestata in un intervallo tra il 30 per cento e il 40 per cento per tutte le regioni, per le prove scritte si sono registrati risultati che variavano dal 20 per cento della Campania al 56 per cento dell'Umbria, al 50 per cento del Lazio e al 59 per cento della Sardegna, così che una forbice di variazione del 10 per cento si è trasformata in una differenza maggiore del 30 per cento; inoltre, considerato che la valutazione media nazionale di coloro che hanno superato la prova preselettiva, calcolata in 84 centesimi, risulta essere uniforme in tutta la penisola lasciando presumere una preparazione omogenea, appare quanto meno bizzarro che tutt'altro scenario sia riscontrabile in merito ai risultati delle prove scritte;

   suscita quanto meno perplessità il fatto che nel precedente concorso per dirigenti scolastici del 2011, la percentuale di candidati ammessi all'orale nella regione Campania ammontava a circa il 67 per cento dei partecipanti alla prova scritta, mentre nel caso del concorso in oggetto questa percentuale si è ridotta al solo 29 per cento;

   non depongono a favore della meticolosità e dell'accuratezza delle procedure neanche le continue sostituzioni dei componenti delle commissioni esaminatrici, disposte mediante numerosi decreti (18 gennaio 2019, 4 febbraio 2019, 11 febbraio 2019, 19 febbraio 2019, 28 febbraio 2019, 15 marzo 2019, 19 aprile 2019);

   quanto esposto suscita qualche dubbio e scetticismo in merito al rispetto della natura nazionale del concorso che sembrerebbe all'interrogante viziato da una regionalizzazione anomala in conseguenza della quale, ove sussistente, si impedirebbe agli aspiranti campani di ambire a posti in regioni del Nord;

   a tutto ciò si aggiunge che la griglia di valutazione da utilizzare per la correzione è stata pubblicata solo in data 19 aprile 2019, pur risultando sui documenti la data del 25 gennaio quale data di redazione del documento, con evidente violazione del principio di trasparenza e del diritto del cittadino all'accesso alle informazioni in tempo utile –:

   quali urgenti iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per verificare ed eventualmente sanare una situazione così anomala da compromettere la regolarità del concorso e le legittime aspettative dei partecipanti al concorso.
(4-02918)


   CASA, D'ORSO, GALLO e DE GIROLAMO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   in data 16 maggio 2018 le principali agenzie di stampa e diversi quotidiani hanno riportato la notizia riguardo alla sospensione di due settimane comminata dall'ufficio scolastico di Palermo a carico di un'insegnante dell'istituto tecnico industriale Vittorio Emanuele III di Palermo, con conseguente dimezzamento della retribuzione;

   la sanzione sarebbe stata inflitta per omessa vigilanza, in quanto durante un'attività didattica per la Giornata della memoria del 27 gennaio 2019, un gruppo di alunni avrebbe realizzato un video in cui venivano esplicitati degli accostamenti tra alcuni provvedimenti promossi dal Ministro dell'interno Matteo Salvini e le leggi razziali promulgate da Benito Mussolini in quel triste 1938. L'episodio sarebbe stato prima sollevato da soggetti terzi mediante alcuni social network, e da questi messaggi sarebbe scaturita un'ispezione, che ha portato al provvedimento succitato;

   il contenuto ritenuto lesivo della dignità del Ministro sarebbe stato realizzato in autonomia dagli studenti, in piena libertà di coscienza e in virtù dell'articolo 21 della Costituzione che sancisce la libera manifestazione del proprio pensiero;

   è inoltre presente nel nostro ordinamento una speciale protezione della suddetta libertà così come chiarito nel decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, Testo unico delle disposizioni legislative in materia d'istruzione ed, in particolare, all'articolo 1, Formazione della personalità degli alunni e libertà di insegnamento, e all'articolo 2, Tutela della libertà di coscienza degli alunni e diritto allo studio, che nello specifico richiama il rispetto della coscienza morale e civile degli alunni –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto;

   se ritenga di fornire chiarimenti circa l'intervento dell'ufficio scolastico provinciale che all'interrogante appare censorio e lesivo della libertà di espressione e del libero pensiero degli studenti e le motivazioni che lo hanno determinato;

   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato circa i provvedimenti adottati nei confronti della docente che non appaiono all'interrogante proporzionali alla violazione rilevata di mancata vigilanza.
(4-02928)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


   LOLLOBRIGIDA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la procedura relativa alla lavorazione delle domande per il reddito di cittadinanza e all'erogazione del beneficio è ancora in fase di sviluppo, fatto che non consente agli operatori di fornire un riscontro puntuale riguardo alla misura del beneficio, alle motivazioni di reiezione delle istanze, all'eventuale rinunzia al beneficio stesso; è di tutta evidenza che, in carenza di uno sviluppo procedurale che consenta di analizzare in dettaglio le singole fasi di lavorazione del prodotto, le sedi territoriali potrebbero trovarsi in forte difficoltà nel far fronte a un afflusso crescente dei richiedenti il beneficio;

   attualmente, la carenza procedurale relativa alla mancanza di dettaglio sugli esiti dei requisiti economici viene parzialmente soddisfatta attraverso la complessa lettura dei dati contenuti nelle dichiarazioni sostitutive uniche (DSU), sulla base delle nozioni diffuse agli operatori di sede a seguito del corso di formazione Isee e Dsu ai fini del reddito di cittadinanza;

   tale soluzione appare, tuttavia, insufficiente se si considera che le informazioni reperibili per una prima analisi scaturiscono dalle autocertificazioni ai fini Isee rese dal cittadino richiedente e non già dal complesso incrociato di controlli effettuato dalle diverse banche dati dei soggetti preposti (Agenzia delle entrate, Inps) sulla situazione reddituale/patrimoniale del richiedente stesso;

   le procedure in uso agli operatori non consentono, allo stato, l'elaborazione in automatico di istanze nella fase istruttoria, ma prevedono la possibilità, per gli operatori di sede, di forzare i requisiti non soddisfatti in modo da consentire l'accoglimento delle domande previa valutazione, da parte degli operatori stessi, della sussistenza dei requisiti calcolando o validando, qualora necessario, l'importo da inviare alle Poste;

   tale funzionalità, finalizzata a garantire il completamento dell'attività istruttoria, suscita non poche perplessità, per le evidenti responsabilità, che possono derivarne per gli operatori preposti, chiamati a forzature procedurali e al calcolo della prestazione da erogare sulla base di elementi non ricavabili dalle Dsu;

   è quindi auspicabile l'emanazione di disposizioni chiarificatrici da parte delle direzioni preposte, che definiscano in maniera inequivocabile gli elementi da assumere a riferimento ai fini del calcolo dell'importo da erogare;

   inoltre, la medesima procedura di «forzatura generale» viene indicata dal messaggio Hermes 1730/2019 come utility da utilizzare come strumento di definizione delle domande in evidenza alla sede per Dsu con difformità/omissioni, considerato che l'apposita funzione sarà presumibilmente rilasciata solo in data 28 giugno 2019, nonostante sia del tutto evidente che la procedura sostitutiva richiede, come analizzato in precedenza, l'inserimento di dati reddituali non richiesti dalla norma per la mera verifica della sanatoria della Dsu difforme;

   infine, non sono state emanate, ad oggi, disposizione di dettaglio neanche in merito alle risposte da fornire all'utenza rispetto ai quesiti dalla stessa formulati in ordine alle modalità di utilizzo dell'importo mensile accreditato sulla carta, aspetto di certo non irrilevante –:

   quali urgenti iniziative intenda assumere al fine di risolvere tempestivamente le criticità esposte in premessa.
(4-02921)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazioni a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   a mezzo stampa si apprende della vicenda relativa all'invio di mail, aventi contenuto di propaganda elettorale, dall'indirizzo di posta elettronica di lavoro, da parte della candidata del Pd alle elezioni europee Elisabetta Gualmini, che ricopre anche la carica di vicepresidente ed assessore al welfare e politiche abitative della giunta della regione Emilia-Romagna;

   le mail in questione sarebbero, infatti, partite dall'indirizzo di posta elettronica riferito all'Università di Bologna, essendo la dottoressa Gualmini docente di scienze politiche della medesima Università. Tali mail sarebbero state inviate anche ai docenti e all'interno delle stesse la candidata avrebbe anche richiamato il proprio ruolo di vice-presidente della regione Emilia-Romagna;

   quanto avvenuto configurerebbe, ad avviso dell'interrogante, un utilizzo improprio della mail di lavoro, dunque non attinente all'attività lavorativa. Si potrebbe inoltre configurare una situazione di potenziale conflitto di interessi relativa al divieto di utilizzare la propria carica istituzionale ai fini di propaganda politica;

   si ricorda, inoltre, che la direttiva n. 2 del 2009 del Ministro per la pubblica amministrazione riferita all’«utilizzo di internet e della casella di posta elettronica istituzionale sul luogo di lavoro» indica il corretto utilizzo degli strumenti sul posto di lavoro da parte dei dipendenti e il proporzionato esercizio del potere datoriale di controllo da parte delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001. Nella citata direttiva è espressamente richiamato l'articolo 10, comma 3, del codice di comportamento, contenuto nei contratti collettivi di comparto, che dispone: «Il dipendente non utilizza a fini privati materiale o attrezzature di cui dispone per ragioni di ufficio»;

   inoltre, anche il dettato del codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui al decreto del Ministero della funzione pubblica del 28 novembre 2000 costituisce norma di valore etico-comportamentale, la cui non osservanza da parte dei dipendenti è passibile di sanzioni disciplinari –:

   se intenda acquisire elementi conoscitivi in relazione a quanto esposto in premessa;

   se si intendano adottare iniziative normative, o valutare se sussistano i presupposti per l'eventuale invio di circolari esplicative, al fine di chiarire il corretto utilizzo delle caselle di posta elettronica della pubblica amministrazione, incluse le università, onde evitare il ripetersi di situazioni come quelle descritte in premessa.
(4-02927)


   IEZZI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 11 settembre 2017, il comune di Milano ha proceduto all'assunzione diretta del comandante della polizia locale, eludendo le norme che prevedono in via obbligatoria l'adozione di procedure concorsuali per l'assunzione di dirigenti a tempo determinato, nonché quelle che prevedono requisiti tassativi per occupare detti ruoli;

   secondo quanto riportato dalla stampa la persona assunta, dipendente del Ministero dell'interno per i ruoli della Polizia di Stato, non avrebbe posseduto (e non possederebbe tutt'ora) i requisiti minimi per occupare tale ruolo, in quanto l'articolo 40 del regolamento degli uffici e dei servizi del comune interessato prevede che, per l'assunzione di ruoli apicali di dirigenza, i candidati debbano aver maturato un'esperienza dirigenziale pregressa di almeno cinque anni;

   il neo comandante della polizia locale, in particolare, all'atto dell'assunzione era dirigente solo da pochi mesi;

   la procedura adottata contrasta palesemente con quanto sancito dalla Corte dei conti, sezione centrale del controllo di legittimità sugli atti del Governo e delle amministrazioni dello Stato, che con deliberazione n. SCCLEG/2/2016/PREV del 5 febbraio 2016 ha stabilito l'illegittimità dei conferimenti effettuati senza il rispetto delle forme regolamentari di pubblicità dei posti vacanti e in assenza delle procedure valutative che hanno lo scopo «di contemperare sia l'interesse dell'Amministrazione ad attribuire il posto al più idoneo in ossequio al principio del buon andamento, sia ad assicurare la parità di trattamento e le legittime aspirazioni degli interessati»;

   neanche l'urgenza di provvedere giustifica il mancato avvio di procedure selettive poiché l'amministrazione per non creare forme di discriminazione deve «mettere senza indugio a disposizione dei dirigenti tutti i posti vacanti allorquando si rendano disponibili, riservandosi di effettuare una valutazione ponderata tra coloro che hanno manifestato l'interesse a ricoprirli attraverso la specifica procedura selettiva»;

   l'Autorità nazionale anticorruzione (Anac), dal canto suo, ha evidenziato che il conferimento di incarichi a tempo determinato comporta precisi rischi, quali la previsione di requisiti di accesso personalizzati, l'insufficienza di meccanismi oggettivi e trasparenti idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti per la posizione da ricoprire, in modo da consentire il reclutamento di candidati particolari, l'inosservanza delle norme procedurali in tema di trasparenza ed imparzialità della selezione, nonché la motivazione generica e tautologica circa la sussistenza dei presupposti di legge per il conferimento di incarichi professionali tale da agevolare soggetti particolari, che riguardano certamente anche il conferimento di incarichi dirigenziali ai sensi dell'articolo 110 del testo unico sull'ordinamento degli enti locali;

   infine, ai sensi dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 165 del 2001, che richiama i principi di imparzialità di ordine costituzionale, le selezioni non sono solo obbligatorie, ma devono essere basate su criteri previamente resi noti agli interessati, al fine di garantire che tali valutazioni siano fondate su fatti obiettivi e verificabili ed evitare un contenzioso che rallenti l'azione amministrativa;

   da tempo il giudice amministrativo (cfr. T.a.r. Umbria, sezione prima, n. 192 del 30 aprile 2015), considera vincolante in materia, ai fini della legittimità dell'azione pubblica, il ricorso a procedure selettive definite para-concorsuali –:

   se il Governo intenda valutare se sussistono i presupposti per promuovere, per quanto di competenza, una verifica da parte dell'Ispettorato della funzione pubblica e dei servizi ispettivi di finanza pubblica in relazione alle anomalie descritte in premessa.
(4-02932)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DONNO e MISITI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con il regolamento regionale 10 marzo 2017, n. 7 è stato definito il «Riordino ospedaliero della Regione Puglia», prevedendo, tra l'altro, la realizzazione del nuovo ospedale del sud Salento, che comporterà la riconversione dell'ospedale Veris Delli Ponti di Scorrano e dell'ospedale Santa Caterina Novella di Galatina;

   con deliberazione del 28 giugno 2018 n. 1441 la regione ad avviso degli interroganti, superficialmente, ha provveduto a caratterizzare «l'Ospedale di Galatina a vocazione materno-infantile e gestione delle cronicità e l'ospedale di Copertino a prevalente vocazione chirurgica ed ortopedica, garantendo anche il percorso riabilitativo»;

   la chiusura dell'ospedale di Galatina è, quindi, inscindibilmente e unicamente connessa alla realizzazione dell'ospedale di Maglie-Melpignano;

   l'ospedale di Galatina, già ospedale provinciale e tra l'altro conferma alle norme antisismiche, con capienza attuale di 243 posti letto e ulteriore capienza non utilizzata per circa 100 posti letto, pur essendo qualificato nella recente delibera regionale quale «di base» ha perso con la stessa i reparti di cardiologia, chirurgia (ridotta a 4 posti letto) geriatria e ortopedia, mentre altre unità operative vengono ridotte a 12 posti letto;

   sarebbe opportuno prevedere l'implementazione dell'attuale configurazione dell'ospedale di Galatina mediante la conservazione dei reparti di cardiologia, geriatria, chirurgia e ortopedia, anche attraverso una rimodulazione dei fondi già previsti per la realizzazione del nuovo ospedale di Maglie-Melpignano;

   appare comunque necessario garantire la piena operatività dell'ospedale di Galatina, quantomeno sino all'effettiva attivazione del nuovo ospedale del sud Salento sì da salvaguardare i livelli essenziali di assistenza;

   infine, sarebbe altresì necessario, al fine di garantire la massima trasparenza ed evitare ulteriori sprechi di ogni genere, acquisire e riportare specifiche informazioni relative a un'analisi costi benefici –:

   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e se non intenda adottare ogni iniziativa di competenza per monitorare e garantire il pieno rispetto dei livelli essenziali di assistenza che potrebbero risultare compromessi dal depotenziamento dell'ospedale di Galatina quanto meno sino all'attivazione del nuovo ospedale del sud Salento.
(5-02139)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MASSIMO ENRICO BARONI e LAPIA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   La Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi) che prima dell'entrata in vigore della legge n. 3 del 2018, si chiamava Federazione nazionale dei collegi (Ipasvi), è un ente di diritto pubblico non economico sottoposto alla vigilanza diretta del Ministero della salute ed è stato fondato con la legge n. 1049 del 1954, regolamentato dal decreto legislativo n. 233 del 1946, dal decreto del Presidente della Repubblica n. 221 del 1950 e dalla legge n. 3 del 2018;

   la Fnopi coordina gli ordini delle professioni infermieristiche Opi (che prima dell'entrata in vigore della legge n. 3 del 2018 si chiamavano collegi provinciali Ipasvi) che sono anch'essi enti di diritto pubblico non economico, ai quali sono demandati vari compiti istituzionali, tra cui la tenuta degli albi degli infermieri ivi iscritti per territorialità;

   il 17 novembre 2014 il signor Gianluca Del Poeta veniva eletto con la carica di presidente del direttivo del collegio provinciale Ipasvi di Pescara;

   il 27 agosto 2015 il presidente Del Poeta inviava una relazione di 24 pagine tramite Pec istituzionale, alla Federazione nazionale dei collegi Ipasvi (da quest'ultima inoltrata all'ufficio del Ministero della salute preposto alla vigilanza degli ordini professionali e delle federazioni nazionali) per segnalare conflitti di interessi, compensi per affidamenti diretti di incarichi professionali ai membri del direttivo in assenza di un regolamento di gestione del collegio;

   il presidente Del Poeta segnalava alla Federazione nazionale dei collegi Ipasvi anche il reiterato assenteismo di 8 consiglieri che non permetteva al direttivo di raggiungere il numero minimo legale per deliberare, causando, per mesi, il blocco delle attività tra cui l'approvazione delle nuove domande di iscrizione all'albo, cagionando così indirettamente danno ai richiedenti;

   in assenza di risposte, il 15 ottobre 2015 il presidente Del Poeta deposita esposto a carico di ignoti, alla procura della Repubblica presso il tribunale di Pescara, allegando la relazione sopra citata;

   il 16 dicembre 2015 il Ministero della salute notifica al collegio di Pescara il decreto di scioglimento del consiglio direttivo del collegio provinciale Ipasvi di Pescara con la contestuale nomina della commissione straordinaria;

   il 14 dicembre 2017 il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Pescara ordina l'archiviazione del procedimento a carico di ignoti –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa;

   se non ritenga di assumere iniziative, per quanto di competenza, per verificare le attività di gestione del direttivo del collegio provinciale Ipasvi di Pescara e in particolare i fatti che hanno determinato la paralisi dell'ordinaria amministrazione del direttivo durante il periodo citato in premessa.
(4-02922)


   BIGNAMI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   è del 9 maggio 2019 la notizia relativa alla notifica di un avviso di chiusura indagini, per inquinamento ambientale (articolo 452-bis del codice penale), al responsabile della filiera discariche per Herambiente spa, relativamente alla gestione della discarica Tre Monti di Imola per il periodo che va dal 2009 al 2016;

   come si legge nel comunicato ufficiale «le indagini hanno cercato di fare chiarezza su un lungo periodo di gestione dell'imponente impianto imolese (di circa 50 ha) – già oggetto di numerose contestazioni da parte dei comitati locali per presunte irregolarità ambientali – evidenziando così plurime violazioni alle prescrizioni imposte dall'atto autorizzativo concretizzatesi soprattutto nell'immissione in discarica di rifiuti non conformi o in esubero rispetto ai limiti quantitativi imposti. Inoltre si accertavano nei piezometri e nelle acque sotterranee la presenza di inquinanti superiori ai limiti soglia tanto da ritenere significativo il deterioramento dell'area circostante e la compromissione dell'ecosistema ivi insistente per un raggio di circa 5 km. A ciò si aggiungeva anche lo sversamento di rilevante quantità di percolato nell'adiacente Rio Rondinella»;

   si ricorda che le attività della discarica sono sospese per la sentenza del Tar dell'Emilia-Romagna, poi confermata dal Consiglio di Stato, con la quale è stato definitivamente «bocciato» il progetto di sopraelevazione. Situazione che inevitabilmente avrà conseguenze anche sul progetto di ampliamento che però risulta ancora depositato;

   dal canto suo, la società Herambiente ha ribadito di «avere sempre agito nel pieno rispetto delle norme e delle migliori prassi applicabili, nell'interesse della collettività e di aver sempre investito nelle migliori tecnologie, come confermato a più riprese dalle Autorità competenti»;

   alla luce di quanto accaduto occorre, a parere dell'interrogante, fare assoluta chiarezza su eventuali impatti sanitari della discarica sul territorio circostante e sulla popolazione residente. In tal senso, la richiesta di una indagine epidemiologica era stata già sollecitata dall'interrogante con l'atto di sindacato ispettivo n. 4-00039 del 10 aprile 2018;

   sulla discarica era stato attivato un programma di sorveglianza sanitaria per il periodo 2013-2016 e la relazione descrittiva degli esiti dell'indagine era stata redatta dal professor Vinceti e dalla dottoressa Malagoli del Centro ricerca in epidemiologia ambientale, genetica e nutrizionale dell'Università di Modena e di Reggio Emilia;

   lo studio non aveva evidenziato criticità di sorta, ma era stato ampiamente contestato da comitati e associazioni che si erano fatti promotori anche del ricorso al Tar sopra richiamato. In particolare, si contestava il fatto che il professor Vinceti fosse da anni consulente di Hera (società che ha in gestione la discarica) e che i protocolli adottati per tali indagini non fossero mai stati resi pubblici o condivisi –:

   se, alla luce di quanto esposto, si intenda promuovere, anche per il tramite dell'Istituto superiore di sanità, una indagine epidemiologica che includa un approfondimento sulle aree circostanti alla discarica di Imola, analizzando eventuali impatti sia sull'ecosistema che sulla popolazione residente.
(4-02926)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   SPERANZA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Psa, la società francese formata da Peugeot e Citroën, che, in joint venture con il gruppo Fiat Chrysler FCA, produce la gamma dei commerciali leggeri, Peugeot Boxer e Citroën Jumper, ha annunciato che la produzione nello stabilimento Sevel in Val di Sangro, in provincia di Chieti, è al massimo della capacità produttiva e che produrrà i furgoni di grandi dimensioni a Gliwice, in Polonia, fino a fine 2021;

   la decisione del gruppo francese nasce nel quadro del rinnovo, fino al 2023, dell'accordo con Fca, che in Sevel realizza i Ducato, sottoscritto a febbraio 2019. Il rinnovo stabilisce la continuazione della produzione dei modelli Fiat Ducato, Peugeot Boxer e Citroën Jumper, «nonché l'introduzione di altre versioni per rispondere alle esigenze dei brand Opel e Vauxhall». Ma la notizia diffusa dai francesi ha destato ovviamente preoccupazione tra i lavoratori e i sindacati;

   la notizia che Psa decida di investire altrove appare come una beffa per uno stabilimento, la Sevel, che viene definito la «fabbrica dei record»: nel 2017 ha prodotto 292.000 furgoni; nel 2018, nonostante le fermate e le difficoltà dei rifornimenti di materiale, ha raggiunto quota 297.007, producendo oltre cinquemila veicoli in più. Al momento lo stabilimento è organizzato su 10 turni, in più c'è una produzione notturna su base volontaria;

   il 19 marzo 2019 si è tenuto un incontro tra la direzione centrale della Sevel e le rappresentanze sindacali in cui l'azienda ha ufficializzato la necessità di incrementare i volumi produttivi, proponendo, da maggio 2019, una turnazione a diciassette turni e prevedendo cinquecento nuove assunzioni. Ormai si è a maggio, e non si è saputo più nulla su entrambe le proposte;

   per quanto Psa punti a tranquillizzare i lavoratori abruzzesi, la notizia pone una serie di riflessioni e preoccupazioni che impongono risposte immediate sul piano delle infrastrutture per evitare che, nei prossimi anni, questa scelta diventi una vera e propria delocalizzazione. Le preoccupazioni derivano dal numero considerevole di pezzi che saranno prodotti in Polonia e dal fatto che l'accordo tra Fca e Psa, nell'ambito del quale Psa si era riservata questa opzione, scade nel 2023, una data, quindi, molto vicina;

   inoltre, desta preoccupazione il fatto che Psa non abbia preso in considerazione di reindustrializzare, in accordo con Fca, in uno degli stabilimenti italiani in cui vi sono lavoratori in cassa integrazione invece di delocalizzare all'estero –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Governo per evitare che aziende modello, come è la Sevel della Val di Sangro, perdano commesse in favore di siti industriali stranieri;

   quali informazioni abbia sul futuro dell'accordo di Fca con Psa e quali iniziative di competenza intenda intraprendere per creare le condizioni per il prolungamento dell'accordo tra le due aziende oltre il 2023.
(4-02915)


   DONZELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   263 mila euro di fondi pubblici sono stati utilizzati per ripianare il mutuo chiesto ed ottenuto dalla famiglia Renzi e garantito dalla finanziaria della regione Fidi Toscana. Il mutuo è stato chiesto nel momento in cui Matteo Renzi era l'unico dirigente (in aspettativa) dell'azienda Chil di proprietà della famiglia Renzi, ma anche presidente della provincia che figura fra i soci di Fidi Toscana. Quel denaro non è mai stato recuperato perché la Chil è poi fallita. L'operazione è andata in porto grazie anche al mutuo concesso dalla Bcc di Pontassieve, banca per cui lavorava allora Marco Lotti, padre dell'ex Ministro e stretto collaboratore di Matteo Renzi, Luca Lotti. Poco dopo il libera al mutuo che porta la firma di Tiziano Renzi e Marco Lotti, Luca Lotti era stato assunto da Matteo Renzi, appena diventato sindaco, come responsabile della sua segreteria. Una vicenda piena di irregolarità ad avviso dell'interrogante confermate dalle risposte della regione Toscana alle interrogazioni di Fratelli d'Italia in consiglio regionale. Clamorosa risulta la copertura della garanzia sul mutuo concessa da Fidi all'80 per cento come previsto soltanto per le aziende toscane femminili: eppure il mutuo è firmato da Tiziano Renzi, che, dopo aver ottenuto il fido, è tornato socio dell'azienda spostandola peraltro in Liguria. Ma nessuno se n'è accorto. A coprire gran parte del «buco» del mutuo, tramite Fidi Toscana, vi è il Fondo centrale di garanzia del Ministero dello sviluppo economico, proprio mentre Matteo Renzi ricopriva l'incarico di Presidente del Consiglio dei ministri –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa;

   a quanto ammontino le risorse impiegate nel 2014 dal Fondo centrale di garanzia del Ministero dello sviluppo economico per coprire la somma mai restituita dell'azienda Chil della famiglia Renzi sulla garanzia al mutuo offerta da Fidi Toscana;

   se non si intenda valutare se sussistano i presupposti per procedere in sede legale ai fini dell'insinuazione nello stato passivo dell'azienda fallita, al fine di recuperare tale somma.
(4-02924)

Cambio di presentatore di una interrogazione.

  Interrogazione a risposta in Commissione n. 5-02134, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 maggio 2019, è da intendersi presentata dall'On. Braga già cofirmataria della stessa.