Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 25 febbraio 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La VII e X Commissione,

   premesso che:

    i giochi del Mediterraneo si ispirano ai valori olimpici e si propongono di promuoverne gli ideali e i valori nei Paesi del bacino del Mediterraneo. Nati in un periodo difficile della storia del mondo – nel 1948 – dopo un conflitto mondiale la cui specificità fu quella di coinvolgere maggiormente la popolazione civile rispetto alle truppe militari, questi giochi nascono dalla volontà del presidente del Noc e vicepresidente del Comitato olimpico internazionale Mohamed Taher Pacha che volle in tal modo sostenere fortemente lo spirito pacifico e unificante dello sport in un'area geopolitica di significativa importanza;

    i Giochi del Mediterraneo sono infatti portatori di un significato di forte valenza simbolica, in quanto su questo bacino di mare si affacciano Europa, Africa e Asia che, oltre a rappresentare luoghi storicamente rilevanti e a costituire la culla dei giochi olimpici e della loro tradizione ricca di ideali positivi, quali, tra molti, la sana competizione tra atleti di nazionalità diversa, l'impegno per raggiungere i risultati, la lealtà, costituiscono anche territori densi di forti tensioni politiche;

    i Giochi del Mediterraneo si celebrano ogni quattro anni dal 1951, data in cui si svolsero ad Alessandria d'Egitto coinvolgendo 10 nazioni, anche se già nel 1949 si era svolta una edizione non ufficiale a Istanbul: oggi i Giochi del Mediterraneo coinvolgono 24 Paesi dell'area mediterranea e la bandiera presenta tre cerchi leggermente mossi nella parte inferiore in campo blu – a rappresentare i tre continenti che si specchiano nel Mediterraneo;

    la candidatura di Taranto quale sede dei Giochi del Mediterraneo 2025 avanzata dalla regione Puglia e accolta favorevolmente dal Governo nel novembre 2018 appare per la città pugliese una occasione unica e speciale per il proprio rilancio e una rinascita, in quanto un evento di carattere internazionale come questo comporta certamente ricadute di carattere non soltanto sportivo ma anche culturale, economico e turistico agendo come volano dello sviluppo locale;

    a Taranto, recuperandone la forte identità Mediterranea e storica, si determinerebbe una perfetta sintesi tra l'economia del mare, da rilanciare con la disponibilità di uno dei porti più grandi in Italia con una storia di 3000 anni, e l'economia culturale, permettendo così di valorizzare la capitale della Magna Grecia che, con una importante area archeologica, potrebbe dare un rilancio turistico suggestivo e innovativo dell'intero arco jonico;

    l'ipotesi di svolgimento dei Giochi del Mediterraneo a Taranto, la cui attuazione dovrebbe avvenire in maniera sostenibile e soprattutto integrata con una nuova visione di sviluppo del territorio, potrebbe includere e sviluppare, culturalmente e mediaticamente, i temi della blue economy, della cultura e del turismo e, più in generale, potrebbe consentire a questa città di assumere i connotati di una città di respiro europeo rafforzando, fra le altre cose, la connessione con un patrimonio storico e culturale di altissimo rilievo;

    esiste un legame storico e culturale tra la città di Taranto e lo sport testimoniata da una figura monumentale e leggendaria come Ikkos – comunemente chiamato «l'Atleta di Taranto» – vissuto nell'allora capitale della Magna Grecia intorno al 480 a.C. e la cui tomba e il corredo funerario sono esposti oggi al MarTa;

    la storia di Ikkos – campione di molti Giochi panatenaici – e quella dei reperti rinvenuti per caso nella monumentale tomba luogo della sua sepoltura, oggi conservata nei locali del MarTa, sono stati raccontati dallo scrittore tarantino Lorenzo Laporta che nel dicembre 2017, con il suo romanzo storico «Ikkos, l'atleta di Taranto», ha contribuito alla nascita di un vero e proprio progetto di blue economy di valorizzazione della città e del suo passato connesso fortemente con il presente; questo progetto è stato già presentato in un convegno pluridisciplinare presso la sala giunta del Coni alla presenza del presidente Giovanni Malagò e di diversi portatori di interesse, con il patrocinio morale di Ministero per i beni e le attività culturali, Coni, Fidal, regione Puglia, comune e provincia di Taranto, autorità di sistema portuale dello Jonio, università degli studi di Bari Aldo Moro, Confindustria, Puglia Promozione e Fistel Cisl;

    tale progetto è stato accolto con favore dal Coni nella persona del suo presidente ed è stato sposato dai comitati territoriali, quindi inserito come argomento della scuola dello sport attraverso attività di docenza per dirigenti sportivi affidate allo stesso Lorenzo Laporta, sul tema «storia del movimento olimpico»;

    il progetto è stato accolto con favore anche dalla Fidal e inserito nella convegnistica di Casa atletica italiana, già in occasione degli europei di atletica a Berlino e successivamente ai mondiali di Doha, per la diffusione delle buone pratiche sportive e alimentari con espresso riferimento alla dieta Mediterranea di cui Ikkos è stato inventore e riconosciuta dall'Unesco quale patrimonio immateriale dell'umanità nel 2010;

    dello stesso progetto fa parte anche un brand Euipo per la valorizzazione di beni e servizi della filiera corta tarantina e che in tale contesto sono stati già realizzati alcuni prodotti: un vino primitivo Igt; una linea di T-Shirt e uno skateboard elettrico innovativo;

    l'autorità di sistema portuale dello Jonio ha presentato durante il Seatrade Cruise 2018 l'offerta turistica in termini crocieristici della città facendo espresso riferimento ad Ikkos e all'atleta di Taranto del MarTA;

    il nome di Ikkos riecheggia inoltre ben oltre i confini jonici. Infatti, già dal 2008 il team di atletica degli Stati Uniti (il più medagliato al mondo), ha adottato l'atleta di Taranto intitolandogli una medaglia particolare: in suo nome, infatti, viene consegnato il riconoscimento Order of Ikkos (Ordine di Ikkos), un premio ai migliori allenatori che hanno addestrato gli atleti vincitori di allori olimpici accostando il nome dell'atleta di Taranto, diventato poi maestro di sport e disciplina, al riconoscimento degli sforzi compiuti dai migliori allenatori d'America per l'eccellenza dell'allenamento fornito agli atleti olimpici e paralimpici;

    per il suo forte significato simbolico il corredo della Tomba dell'Atleta di Taranto è stato esposto a Pechino nell'agosto 2008, durante le Olimpiadi: l'importante esempio di arte funeraria tarantina di età arcaica è stato esposto nel Beijing WorldArt Museum, nucleo centrale della mostra Games and athletes in the ancient world, nata dalla collaborazione tra il Ministero dei beni e le attività culturali e l'istituzione museale cinese;

    in linea più generale tale icona, di acclarata riconoscibilità internazionale, propone molteplici letture positive e accostamenti tra cultura, sport e innovazione, in quanto Ikkos è stato oltre che atleta formidabile, anche ginnasiarca, inventore della dieta Mediterranea, della ginnastica medica e lui stesso esempio di buone pratiche e stili di vita corretti;

    Taranto è unita nell'ambito di una Zes economico-culturale con Matera, già capitale della cultura 2019 e ormai set cinematografico di valore internazionale;

    nella provincia di Taranto insiste Grottaglie, da poco proclamata città europea dello sport 2020 dall'Aces Europe;

    lo svolgimento di un evento sportivo di tale rilievo potrà rappresentare per Taranto un'occasione unica per la riqualificazione del territorio, per investimenti sulle infrastrutture, per il potenziamento dell'impiantistica sportiva ma anche delle strutture ricettive a fini turistici, per il miglioramento del sistema di mobilità del e nel territorio non solo tarantino, non solo di tutta la regione ma di una parte del Meridione per una riqualificazione dei luoghi della cultura e per il rilancio delle attività specifiche di quei territori: cultura, turismo, artigianato, agricoltura, industria;

    l'impegno del Governo nel sostenere tale candidatura deve avvenire su un piano fattuale e non soltanto di principio, soprattutto dal punto di vista degli investimenti sulle infrastrutture e sulla mobilità, affinché sia comodamente raggiungibile sia dalle squadre dei 26 Paesi partecipanti che dai numerosi visitatori e non avvenga quello che è successo già nel caso di Matera, capitale della cultura 2019, che ancora oggi non è collegata in modo agevole,

impegnano il Governo:

   a sostenere, con tutte le iniziative necessarie, la candidatura di Taranto ad ospitare i Giochi del Mediterraneo 2025, considerato che lo sport rappresenta con i suoi valori di solidarietà, rispetto e merito un esempio fondamentale per la crescita e lo sviluppo delle giovani generazioni anche come contrasto al fenomeno del bullismo, come disciplina di stato e comportamento positivo contro le droghe;

   a sfruttare, in termini promozionali per Taranto e per l'intero Mezzogiorno, l'opportunità di favorire con il sostegno dei Ministeri competenti l'attivazione di un percorso di divulgazione culturale nei musei archeologici Magnogreci (Taranto, Napoli, Reggio Calabria, Siracusa) sulla figura di Ikkos e la sua spendibilità nell'era contemporanea;

   a promuovere e a sostenere ogni attività che consenta la realizzazione di contenuti multimediali di alto valore che promuovano il presente e la storia di Taranto, quale capitale della Magna Grecia, finanche un prodotto cinematografico di livello internazionale utilizzando come sfondo i giochi olimpici antichi, e che attivi tutte le filiere locali;

   a valutare l'ipotesi e quindi ad adottare le iniziative di competenza per costituire presso l'isola S. Paolo (isole Cheradi) di Taranto un centro tecnico federale del Coni per la preparazione olimpica di sport acquatici e di atletica leggera;

   a realizzare, con il coinvolgimento di tutte le amministrazioni competenti, un piano supplementare di offerta formativa nelle scuole di ogni ordine e grado della provincia jonica su corretti stili di vita e abitudini alimentari;

   ad adottare iniziative per realizzare una «Cittadella dello sport» a Taranto con annesso centro di medicina sportiva di alto valore per la cura delle disabilità;

   ad adottare iniziative per realizzare a Taranto un osservatorio permanente e un laboratorio sperimentale per la mobilità sostenibile e «smart»;

   a realizzare investimenti volti al potenziamento e alla riqualificazione del territorio, con particolare attenzione allo stimolo dell'imprenditoria turistica, commerciale e artigianale, al rafforzamento della capacità e al miglioramento delle infrastrutture ricettive e al potenziamento dell'impiantistica sportiva al fine di stimolare il rilancio socio-economico della città e di inserire Taranto nel circuito del turismo italiano;

   ad adottare iniziative per reperire risorse e predisporre un piano di investimenti per il miglioramento del sistema delle infrastrutture per la mobilità, prevedendo il potenziamento dei collegamenti ferroviari, sia in termini di efficienza infrastrutturale sia nel numero e nella fruibilità dei collegamenti con le principali destinazioni nazionali, e per il rilancio del porto di Taranto, nel quadro di una valorizzazione della specificità del territorio tarantino che racchiude in sé cultura, turismo, artigianato, agricoltura, industria;

   a prevedere iniziative volte a restituire la città di Taranto e le spiagge dei dintorni al turismo balneare, favorendo il potenziamento delle strutture di gestione delle aree demaniali e di qualità e pulizia del mare;

   ad adottare iniziative per realizzare, in accordo con il Coni e gli enti comunali e provinciali, impianti sportivi che possano, già prima dell'inizio dei Giochi del Mediterraneo, permettere ai cittadini di accedere ad adeguate strutture sportive, così da rendere concreta l'auspicata crescita culturale e sociale del territorio;

   a mettere in campo iniziative per il recupero di Taranto vecchia;

   ad adottare iniziative per prevedere una defiscalizzazione per la ristrutturazione e l'ampliamento delle strutture ricettive;

   ad adottare iniziative per prevedere, in accordo con la regione Puglia, l'ampliamento e il rafforzamento delle strutture sanitarie volte a fronteggiare la presenza di delegazioni;

   ad adottare iniziative per prevedere l'educazione sportiva e alimentare nelle scuole, al fine di porre nelle condizioni la cittadinanza di conoscere e diffondere l'attività sportiva e le buone abitudini connesse ai giochi del mediterraneo.
(7-00191) «Marin, Barelli, Labriola, D'Attis, Aprea, Casciello, Minardo, Palmieri, Saccani Jotti».


   La XII Commissione,

   premesso che:

    secondo la definizione adottata in ambito comunitario, le malattie rare (MR) hanno una prevalenza nella popolazione pari a 5 casi ogni 10.000 abitanti. Tali patologie, seppur eterogenee, sono accomunate da problematiche assistenziali simili che richiedono una particolare tutela in considerazione delle difficoltà di diagnosi, del decorso clinico, degli esiti invalidanti e dell'onerosità del trattamento;

    la Commissione europea e il Consiglio d'Europa, attraverso la raccomandazione 2009/C 151/02, stabilivano la necessità, per gli Stati membri, di adottare un Piano nazionale per le malattie rare entro il 2013;

    il Piano nazionale malattie rare è stato approvato in Conferenza Stato-regioni durante la seduta del 16 ottobre 2014;

    il Piano, di validità triennale, nasce dall'esigenza di dare unitarietà all'insieme delle azioni intraprese nel nostro Paese nel settore delle malattie rare e per rispondere alle necessità sempre più impellenti, attraverso la condivisione di una strategia nazionale in grado di coinvolgere tutti gli attori del sistema, al fine di individuare un approccio organico alla diagnosi e alla cura delle malattie rare;

    secondo quanto previsto dall'articolo 1 del decreto ministeriale n. 279 del 2001 hanno diritto all'esenzione dalla partecipazione al costo, le malattie rare e le correlate prestazioni di assistenza sanitaria incluse nei Livelli essenziali di assistenza (Lea);

    con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio del 2017 è stato aggiornato l'elenco delle malattie rare e contestualmente il nomenclatore dell'assistenza protesica e di ausili utili. Rimangono esclusi dai Lea i farmaci di fascia C, gli integratori, i presidi dermatologici e i cosmetici, che spesso, nelle malattie rare, rappresentano dei trattamenti necessari e indispensabili per la stessa sopravvivenza dei malati;

    le prestazioni sopracitate, non incluse nei Lea, sono spesso erogate dalle regioni mediante l'utilizzo di fondi propri;

    il Ministero della salute, con nota del 2 febbraio 2019, ha confermato quanto già stabilito in precedenza e, dunque, che i farmaci in fascia C e gli altri prodotti non classificati come farmaci non possono essere erogati a carico del servizio sanitario nazionale in quanto la loro erogazione a titolo gratuito costituisce un Livello di assistenza ulteriore che può essere garantito, con fondi propri solo dalle regioni che non si trovano in piano di rientro. Resta ferma la possibilità che la famiglia del paziente presenti specifica istanza alla Asl per l'emanazione di un provvedimento ad hoc che disponga l'erogazione dei prodotti in questione, a seguito di valutazione clinica che ne attesti l'indisponibilità e l'insostituibilità,

impegna il Governo:

   ad adottare concrete iniziative dirette a rinnovare il Piano nazionale malattie rare, ormai scaduto, individuando le risorse economiche necessarie a dare concreta applicazione alle attività e agli obiettivi in esso riportati;

   ad adottare concrete iniziative dirette a riconoscere ai pazienti che soffrono di una malattia individuata come rara anche il diritto all'esenzione dei farmaci di fascia C, degli integratori, dei presidi dermatologici e dei cosmetici, necessari e indispensabili ad alleviare il loro stato di malessere, considerato che tale riconoscimento eviterebbe il protrarsi di un'ingiustificata discriminazione cui gli stessi pazienti sono sottoposti in virtù della regione di residenza, consentendo così di garantire uniformemente su tutto il territorio nazionale l'opportunità di accedere gratuitamente a prestazioni ulteriori rispetto ai livelli essenziali di assistenza.
(7-00190) «Ubaldo Pagano, De Filippo, Siani, Schirò, Pini, Carnevali».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta orale:


   QUARTAPELLE PROCOPIO e ANDREA ROMANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da notizie a mezzo stampa, parrebbe che, la figlia di Jo Song-gil — un diplomatico nordcoreano in servizio a Roma dal 2015 al 2017, attualmente nascosto e in cerca di asilo politico insieme alla moglie, dopo aver disertato — sarebbe stata riportata in Corea del Nord da una squadra di agenti speciali inviata in Italia da Pyongyang per limitare i danni della diserzione del padre;

   alcune fonti affermano che Jo Song-gil potrebbe essere ancora sotto protezione dei servizi segreti italiani in attesa di «collocazione», ma avrebbe chiesto asilo in un Paese terzo, forse gli Stati Uniti;

   il regime nord coreano prevede pesanti ritorsioni per i familiari di coloro che ritiene «traditori» e la ragazza sarebbe, dunque, in grave pericolo di vita;

   se la vicenda fosse vera, dal momento della diserzione del padre e della sua protezione da parte dei servizi segreti italiani, anche la ragazza minorenne e residente in Italia, avrebbe dovuto essere adeguatamente protetta, poiché soggetto ad altissimo rischio di ritorsione da parte del regime nord coreano;

   se fossero confermate tali notizie, vorrebbe dire che il territorio italiano sarebbe stato oggetto di una incursione da parte di servizi segreti stranieri per rapire una ragazza minorenne e ricondurla in uno Stato dove vige una dittatura feroce e dove sarà soggetta a pesanti ritorsioni e vendette per il tradimento del padre, e si profilerebbe dunque, una violazione clamorosa della sovranità nazionale italiana –:

   se quanto accaduto corrisponda al vero e, in tal caso, per quale ragione la ragazza non sia stata adeguatamente protetta come un cittadino straniero minorenne legalmente residente nel territorio italiano, ha diritto ad essere;

   come sia stato possibile che i servizi segreti nordcoreani abbiano potuto agire indisturbati sul territorio nazionale italiano.
(3-00551)


   MURA, BAZOLI, SCHIRÒ, PEZZOPANE, BRUNO BOSSIO, CENNI, DE FILIPPO, MORANI, FIANO, ORFINI, ROTTA, CIAMPI e ENRICO BORGHI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   due ragazzi sardi, come riportato anche dagli organi di stampa, sarebbero stati identificati, trattenuti e infine denunciati per avere manifestato dissenso verbale in occasione di una iniziativa elettorale del Ministro dell'interno, Matteo Salvini, tenutasi a Oristano il 16 gennaio 2019;

   nello specifico, i due ragazzi sarebbero stati allontanati dalla piazza Eleonora d'Arborea, trattenuti nelle vicinanze della stessa fino alla fine del comizio elettorale e poi il giorno successivo convocati in questura e denunciati per resistenza a pubblico ufficiale;

   la denuncia sarebbe intervenuta, in base a quanto raccontato dagli stessi ragazzi, per il fatto che avrebbero espresso, increduli e ovviamente scossi, la non comprensione dell'intervento degli agenti a fronte dell'esercizio da parte loro di un diritto costituzionalmente riconosciuto, quello della libertà di pensiero ed espressione;

   è già capitato, da quando si è insediato l'attuale Governo, che le forze dell'ordine abbiano identificato e trattenuto donne e uomini, cittadini italiani, che, in ambito a manifestazioni autorizzate e pubbliche, hanno, con modalità pacifiche e civili, espresso dissenso e diversità di pensiero;

   tali atteggiamenti nei confronti di chi dissente, oramai numerosi, corrispondono, secondo gli interroganti, come già evidenziato in precedenti atti di sindacato ispettivo, a quelle che appaiono azioni di vera e propria «schedatura» dei manifestanti –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa, se esistano specifiche direttive del Ministero dell'interno per la «gestione» del dissenso espresso nel corso di eventi e comizi elettorali e quali iniziative di competenza intendano assumere al fine di garantire a tutti i cittadini di manifestare liberamente il proprio pensiero, nel rispetto della Costituzione e sempre in modo civile e pacifico, senza incorrere nelle fattispecie di identificazione e schedatura o rischiare, come nel caso specifico, di essere denunciati.
(3-00555)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da notizie a mezzo stampa, parrebbe che, in vista delle prossime elezioni europee, sia partita una campagna di hacking rivolta alle istituzioni democratiche, da un gruppo che si ritiene possa essere sponsorizzato dal Governo russo;

   gli attacchi hanno preso di mira sostenitori di campagne elettorali politiche, think-tanks e organizzazioni senza scopo di lucro che lavorano su argomenti legati alla democrazia e all'integrità elettorale, tra le quali anche il German Council on Foreign Relations, l’Aspen Institutes in Europe, and il German Marshall Fund;

   il metodo utilizzato dagli hacker sarebbe lo stesso utilizzato per colpire il comitato nazionale democratico, in vista delle elezioni presidenziali americane del 2016 –:

   se il Governo abbia informazioni al riguardo.
(5-01556)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CONTE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   i contribuenti possono destinare una quota pari al 5 per mille dell'Irpef a finalità di interesse sociale;

   il contributo è stato reso stabile dalla legge 23 dicembre 2014, n. 190;

   le categorie di enti che possono accedere al beneficio, le modalità di iscrizione e i criteri di ammissione al riparto per le diverse tipologie di soggetti sono varie, si va dalle organizzazioni di volontariato alle associazioni di promozione sociale, agli enti della ricerca scientifica e dell'università;

   tra queste ci sono anche le associazioni sportive dilettantistiche riconosciute ai fini sportivi dal Coni che, a norma di legge, svolgono una rilevante attività di interesse sociale;

   in particolare, possono accedere al beneficio le associazioni nella cui organizzazione è presente il settore giovanile e che sono affiliate a una Federazione sportiva nazionale o a una disciplina sportiva associata o a un ente di promozione sportiva riconosciuti dal Coni;

   sarebbero interessate circa 12.000 associazioni; in Campania sono circa 3.000;

   numerosi problemi vengono segnalati dalle associazioni sportive riguardo ai ritardi nella liquidazione delle somme, che sarebbero ferme all'anno d'imposta 2015;

   pare che all'origine dei ritardi ci siano difficoltà organizzative e di comunicazione tra banche dati, in particolare quelle del Coni e della Figc, riguardo alte associazioni sportive che si occupano di calcio;

   a erogare materialmente i contributi è l'Ufficio per lo sport della Presidenza del Consiglio dei ministri su indicazione del Coni; quest'ultimo effettua controlli sui requisiti, interfacciandosi alle banche dati delle federazioni affiliate, e riscontrando problemi in particolare con quella della Federazione gioco calcio;

   i ritardi si ripercuotono pesantemente sulle attività dal momento che molte associazioni sopravvivono solo grazie a questa entrata –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra esposto e come ritenga di intervenire, nell'ambito delle proprie competenze, per porre rimedio ai ritardi di cui in premessa.
(4-02329)


   FRATOIANNI e FORNARO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   undici anni fa nel rogo della Thyssenkrupp sono morti 7 operai italiani;

   sono trascorsi ormai quasi 3 anni dalla sentenza definitiva che condanna quattro dirigenti italiani e due manager tedeschi per omicidio colposo;

   mentre i dirigenti italiani, condannati in via definitiva, si sono consegnati subito alle autorità per scontare la loro pena, i manager tedeschi, nonostante le condanne, sono ancora a piede libero in Germania;

   solo la giustizia tedesca può fare in modo che la sentenza del tribunale italiano diventi effettiva per i manager tedeschi;

   da un servizio realizzato dalla trasmissione «Le Iene» si apprende dalle parole di Johannes Hidding, giudice del tribunale di Essen, informato del caso, una notizia che, se confermata, sarebbe, a parere degli interroganti, davvero sconcertante: «Una mozione presentata dalla difesa dei due condannati ha richiesto l'archiviazione per dei difetti nelle indagini italiane»;

   tra massimo un mese si saprà se questa mozione verrà accolta e, in quel caso, i due manager tedeschi eviterebbero per sempre la prigione;

   mentre le famiglie dei 7 operai morti in quell'incendio di 11 anni fa chiedono giustizia, si scopre quasi per caso, che molto probabilmente un tribunale tedesco invaliderà il processo italiano (dopo tre gradi di giudizio) lasciando liberi e incolpevoli due manager di una multinazionale che fattura 40 miliardi di euro l'anno, ma non aveva le giuste misure di sicurezza nell'acciaieria di Torino;

   il 7 maggio 2018, con l'interrogazione a risposta scritta n. 4/00117 – ad oggi ancora senza risposta – si chiedeva al Governo di conoscere i motivi per cui le autorità tedesche non avessero ancora reso esecutive le condanne dei responsabili del rogo e quali iniziative il Governo avesse assunto affinché fossero superati tutti i ritardi nell'esecuzione di una sentenza della magistratura italiana;

   a parere degli interroganti la vicenda ha assunto ormai i contorni di una questione di Stato e se davvero la Germania intende proteggere i suoi due manager, l'Italia dovrebbe ricorrere alla Corte di giustizia europea, accompagnando per mano in questo percorso le famiglie degli operai morti;

   deve farlo il Governo italiano, in rappresentanza dei cittadini italiani, perché 7 morti in un incendio evitabilissimo se solo ci fossero state le giuste misure di sicurezza, sono un evento drammatico che riguarda tutti i cittadini italiani –:

   quali iniziative abbia assunto il Governo italiano nei confronti di quello tedesco al fine di conoscere i motivi per cui le autorità tedesche non hanno ancora reso esecutive le condanne dei responsabili del rogo avvenuto alla ThyssenKrupp nel rispetto delle vittime e delle loro famiglie che da 11 anni attendono giustizia;

   se trovi riscontro la notizia riportata dalla stampa circa la possibilità che un'archiviazione per dei difetti nelle indagini italiane possa salvare i due manager tedeschi dall'esecuzione della sentenza di condanna in via definitiva subita in Italia;

   se il Governo, qualora la difesa dei due condannati avesse davvero presentato una mozione tesa a salvare dal carcere i due manager tedeschi e la stessa venisse accolta, intenda valutare se sussistano i presupposti per ricorrere alla Corte di giustizia europea per chiedere il rispetto di una sentenza in via definitiva della magistratura italiana.
(4-02333)


   PENTANGELO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   fonti di stampa hanno pubblicato la notizia della chiusura delle postazioni fisse di primo soccorso territoriale (Psaut) di Gragnano;

   tutti i pazienti che si recavano nella struttura per ricevere le prime cure dovranno usufruire delle sole strutture dell'ospedale di Castellammare;

   si chiude un presidio di riferimento per sei comuni dei Monti Lattari, spostando medici che curano le emergenze sanitarie a Castellammare e generando un sovraffollamento del pronto soccorso di Castellammare a causa della chiusura del filtro territoriale di Gragnano, fondamentale per accogliere codici bianchi e verdi. Non si è voluto attuare il piano di sanità territoriale, che da tre attende di essere realizzato, ricorrendo a soluzioni dannose, contrarie agli interessi delle popolazioni che subiranno, e già subiscono, notevoli disagi a causa della chiusura del pronto soccorso stesso;

   è oscura la ragione della chiusura del filtro territoriale sanitario efficiente, che consentiva di distribuire meglio sul territorio le risposte sanitarie alla popolazione. La chiusura rappresenta l'ennesimo episodio di depotenziamento, mirato sul territorio, dell'assistenza sanitaria pubblica;

   il presidente della regione De Luca sta chiudendo il PSaut di Gragnano, con la giustificazione a giudizio dell'interrogante, letteralmente, incredibile, della scarsa affluenza, senza però garantire una risposta assistenziale alternativa. Una scelta che danneggia i cittadini interessati, puniti senza aver alcuna colpa;

   ad avviso dell'interrogante si precisa che impropriamente quello di Gragnano è definito punto di primo soccorso tanto è vero che la stessa fonte giornalistica segnala che: «In Campania nessun Psaut può essere chiuso sulla scorta di una presunta scarsa affluenza, tanto più a Gragnano e a Pollena Trocchia. Non certo, come è stato fatto per chiuderli, definendoli impropriamente Punti di Primo Intervento. La verità è che dunque si gioca sporco. Si gioca sull'equivoco per mettere una pezza a colori alle gravissime inefficiente organizzative del nostro sistema sanitario regionale e alla carenza di personale medico nei Pronto Soccorso. I Punti di Primo Intervento, quelli per i quali la Conferenza Stato Regioni del 2016 ha stabilito la soglia dei 6000 accessi (ma questo organismo non approva leggi, semmai linee di indirizzo!), non sono mai stati istituiti e definiti in Campania e sono realtà ben diverse, per funzioni e compiti assegnati ai medici, dai Psaut per i quali non esiste invece nessuna norma che dica quanti devono essere gli accessi minimi all'anno per il loro mantenimento. Quindi queste strutture non potevano essere chiuse e l'interruzione delle loro attività è illegittima. De Luca, che ha spergiurato di non voler chiudere nessuna struttura e di voler assumere 7000 unità, vuole assumersi la responsabilità di questa scelta? Si farà carico lui dei gravi disagi recati ai cittadini e del sicuro sovraffollamento di codici bianchi e verdi nel Pronto Soccorso dell'ospedale di Castellammare o Nola, strutture che funzionano solo grazie all'abnegazione e al coraggio di un personale medico e infermieristico sottoposti ad un carico di lavoro massacrante?» –:

   se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e, in caso affermativo, quali iniziative urgenti intendano adottare, per quanto di competenza, affinché, per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, si garantiscano, ai cittadini che un tempo usufruivano dei servizi sanitari erogati dal Psaut di Gragnano, i medesimi livelli essenziali di assistenza;

   se intendano adottare iniziative, per quanto di competenza, per il ripristino della piena funzionalità del Psaut di Gragnano.
(4-02335)


   FRATOIANNI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   Askanews è in «solidarietà» dal 2013; si chiamava allora Tmnews e Asca era una testata separata;

   la solidarietà è continuata anche dopo la fusione tra le due testate che ha dato vita, nel 2014, ad Asknews;

   fino al 2016 l'agenzia è rimasto in equilibrio grazie ai sacrifici della redazione;

   a parere dell'interrogante, la crisi attuale nasce dalle scelte sbagliate degli ultimi due Governi;

   l'ex sottosegretario all'editoria Luca Lotti ha introdotto lo strumento del bando di gara per assegnare le convenzioni alle agenzie di stampa, per decenni oggetto di trattativa diretta tra la Presidenza del Consiglio e le singole testate;

   si tratta di una scelta contestata dall'intero settore, contro la quale il sindacato ha proclamato uno sciopero sia per i rischi sulla tenuta delle agenzie, sia perché afferma un principio sbagliato: considerare un bene fondamentale come l'informazione primaria al pari di una qualsiasi fornitura di merce;

   la gara è stata bandita nel maggio 2017, a un mese dallo scadere delle convenzioni allora in essere, e i 10 lotti previsti (praticamente uno per agenzia) sono stati assegnati in ben 14 mesi, attraverso un complicato meccanismo;

   la Presidenza del Consiglio ha dovuto rimettere a gara prima il lotto 2, andato deserto e poi il lotto 1, perché il vincitore (Ansa) aveva deciso di partecipare alla nuova gara per il lotto 2, ritenendolo più conveniente;

   ci sono stati ribassi fino a oltre il 40 per cento ricorsi al Tar, contestazioni, proroghe di convenzioni;

   Asknews, da ottobre 2017 si è vista negare, caso unico, la proroga della convenzione precedente e ha atteso agosto 2018 per ottenere il lotto rimasto vacante. I giornalisti hanno fatto 5 mesi di cassa integrazione al 50 per cento;

   con l'attuale Governo Asknews è subentrata nel lotto 3, ma la Presidenza del Consiglio ha preteso che subentrasse alle condizioni del precedente vincitore (un ribasso del 35 per cento). Questo ha significato tagli per oltre 1 milione di euro all'anno rispetto all'offerta dell'agenzia;

   è stata applicata una norma del codice degli appalti senza considerare che i ribassi, insostenibili, fatti dalla concorrenza servivano, ad avviso dell'interrogante, solo a ottenere un lotto in attesa che venisse rimesso a gara quello più conveniente andato deserto;

   durante i mesi di «buco» della convenzione, le amministrazioni dello Stato hanno continuato a usufruire del notiziario Asknews; per mesi c'è stata una trattativa tra Governo e agenzia sul pregresso da corrispondere alla testata, ma le posizioni sono rimaste distanti;

   l'azienda si è trovata quindi con un buco di bilancio che non poteva più colmare con il patrimonio residuo e gli azionisti, guidati da Luigi Abete, anziché ricapitalizzare, hanno scelto di chiedere il concordato preventivo, che mette a serio rischio la vita stessa dell'agenzia;

   l'azienda ha dichiarato 27 esuberi su 90 giornalisti, aprendo unilateralmente la cassa integrazione fino al 45 per cento che avrà un impatto pesantissimo sulle retribuzioni e renderà impossibile realizzare un prodotto di alta qualità. I giornalisti di Asknews avevano avanzato all'azienda una serie di proposte, tra cui un sacrificio economico dei lavoratori, per gestire la fase di crisi senza pesanti contraccolpi e avviare il risanamento dell'agenzia, ma il management le ha tutte respinte –:

   se il Governo intenda, per quanto di competenza, riaprire il confronto con la proprietà di Asknews al fine di raggiungere un accordo sul «pregresso» da corrispondere alla testata e adottare iniziative affinché la stessa valuti un piano industriale alternativo all'attuale, che riduca notevolmente gli esuberi e i sacrifici economici per i lavoratori e le lavoratrici e tenga in considerazione le loro proposte alternative, volte alla salvaguardia dell'occupazione, al rilancio dell'azienda e ad evitare il concordato preventivo.
(4-02338)


   FERRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il comma 1 dell'articolo 293 del decreto legislativo n. 152 del 2006, recante «Norme in materia ambientale», dispone che negli impianti produttivi e civili previsti dalla parte quinta del medesimo decreto legislativo, possono essere utilizzati come combustibili esclusivamente i materiali elencati nell'allegato X alla parte quinta;

   data l'evoluzione normativa e della prassi industriale, il precedente articolo 281, comma 5, ha previsto un meccanismo di modifica e integrazione degli allegati alla parte quinta, da attuarsi, compiute le necessarie istruttorie e valutazioni di opportunità tecnica, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute ed il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del Decreto legislativo n. 281 del 1997;

   l'esigenza di aggiornamento e integrazione della parte quinta dell'allegato X si è manifestata, tra l'altro, relativamente all'inserimento della farina di vinaccioli disoleata nell'elenco delle biomasse combustibili;

   la farina di vinaccioli è un residuo della lavorazione dell'uva, ottenuto, in particolare, dalla disoleazione dei vinaccioli – semi d'uva – secchi attraverso il solvente n-esano, condotta per estrarre l'olio di vinaccioli, e da successivo trattamento termico, nonché da eventuali trattamenti meccanici e lavaggi del materiale residuato dall'estrazione. Tale farina di vinaccioli è oggi utilizzata, per esempio, nell'alimentazione animale, atteso il regolamento (UE) n. 68/2013 della Commissione europea (catalogo europeo delle materie prime per mangimi);

   tra la fine dell'anno 2014 e l'inizio del 2015, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha avviato un'approfondita istruttoria, terminata con la predisposizione di un apposito schema di decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro della salute ai sensi dell'articolo 281, comma 5, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, relativo all'inserimento della farina di vinaccioli disoleata nell'elenco delle biomasse combustibili;

   ai sensi dell'allegato X Parte 2 sezione 4 punto 1-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, la possibilità di utilizzare la farina di vinaccioli come biomassa combustibile è subordinata alla sussistenza dei requisiti previsti per i sottoprodotti dalla parte IV dello stesso decreto legislativo;

   l'attenta valutazione di studi scientifici e le ricerche nell'ambito dei requisiti già fissati dalla norma tecnica UNI 11459 del 2016, hanno permesso di definire la sussistenza di requisiti funzionali tali da assicurare che l'uso di detta sostanza possa ritenersi compatibile sotto il profilo ambientale;

   sono stati acquisiti i concerti del Ministro della salute e del Ministro dello sviluppo economico;

   la Conferenza unificata ha espresso parere non ostativo nella seduta del 25 maggio 2017 e che la sezione consultiva per gli atti normativi del Consiglio di Stato ha espresso parere favorevole nell'adunanza dell'8 febbraio 2018;

   è pervenuto il nulla osta della Commissione europea alla prosecuzione dell'iter nazionale di approvazione del decreto;

   il provvedimento è molto atteso da tutti gli operatori del settore –:

   quali siano le ragioni che impediscono l'adozione e la pubblicazione del decreto in questione da parte del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;

   quale sia lo stato dell’iter di adozione di tutti i decreti, regolamentari e non, in carico al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e le motivazioni che ne ritardano l'adozione rispetto ai termini prescritti dalla norma primaria.
(4-02341)


   MAGI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 16, comma 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 stabilisce che l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria di importo inferiore alla soglia comunitaria, funzionali all'intervento di trasformazione urbanistica del territorio, è a carico del titolare del permesso di costruire e che non trova applicazione il codice dei contratti;

   dalla lettera di costituzione in mora – infrazione n. 2018/2273, trasmessa il 24 gennaio 2019, si apprende che l'indagine EUP(2015)7994 «ha rivelato che le Autorità italiane seguono l'interpretazione non conforme dell'articolo 16, comma 2-bis, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001» ossia quella in base alla quale «le amministrazioni aggiudicatrici possono ignorare tutte le disposizioni dei codice dei contratti» inclusa quella che – nel caso di lavori che danno luogo a più appalti – imporrebbe loro di considerare il valore cumulato dei lotti per verificare il superamento o meno della soglia comunitaria e dunque l'applicabilità o meno del codice dei contratti;

   a giudizio della Commissione l'attività di indagine ha rivelato che la disposizione in questione viene applicata in modo da consentire la possibilità di aggiudicare le sole opere di urbanizzazione primaria funzionali all'intervento urbanistico-edilizio senza applicare il codice, non soltanto se il valore cumulato dei lotti attraverso i quali possono essere suddivise tutte le opere di urbanizzazione riferite al medesimo intervento sia inferiore alla soglia comunitaria – e dunque rispettando l'articolo 5, paragrafo 8, secondo comma, della direttiva 2014/24/UE – ma anche quando è soltanto il valore del singolo lotto, quello delle opere di urbanizzazione primaria, «considerato in modo isolato rispetto agli altri lotti» ad essere inferiore alla suddetta soglia;

   la Commissione ha messo in mora le autorità Italiane nonostante, in risposta alle osservazioni formulate nell'ambito dell'indagine EUP(2015)7994, con il decreto legislativo n. 57 del 19 aprile 2017, sia stato modificato l'articolo 36, comma 4, del codice dei contratti, precisando che l'articolo 16, comma 2-bis, trova applicazione rispetto all'esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria sotto soglia, ma che detto importo deve essere «calcolato secondo le disposizioni di cui all'articolo 35 comma 9» e dunque rispetto al valore cumulato del complesso delle opere di urbanizzazione da realizzarsi;

   la Commissione ha rilevato, infatti, che con la delibera n. 206 del 1° marzo 2018 – successiva alla citata modifica normativa – l'ANAC ha prospettato, di nuovo, un'interpretazione della disposizione citata non conforme alle direttive dell'Unione europea, prevedendo che, ove il titolare del permesso di costruire provveda ad affidare ad un operatore terzo l'esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria sotto soglia, il valore di dette opere può essere scorporato – ai fini dell'individuazione del valore stimato dell'appalto – dal valore complessivo delle opere di urbanizzazione da realizzarsi nel quadro del progetto di trasformazione urbanistica –:

   se il Governo intenda chiarire, alla luce dei rilievi della Commissione europea sopra richiamati, la corretta interpretazione dell'articolo 16, comma 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, considerato che per l'interrogante per come può essere interpretato e per come viene effettivamente interpretato, non attua la direttiva 2014/24/UE «con la necessaria chiarezza e certezza giuridica» e considerato che la norma potrebbe essere stata formulata con l'obiettivo di definire l'esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria sotto soglia funzionali all'intervento urbanistico-edilizio come una sorta di fattispecie giuridica autonoma – sottratta in ogni caso all'applicazione del codice – in aperto conflitto con la direttiva 2014/24/UE in base alla quale non esistono categorie di opere di urbanizzazione che possano essere aggiudicate senza applicare l'articolo 5, paragrafo 8 secondo comma di detta direttiva;

   se intenda assumere iniziative, per rispondere alla Commissione europea, volta a prevedere una modifica o una soppressione dell'articolo 16, comma 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 e del correlato articolo 36, comma 4, del codice dei contratti.
(4-02346)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   all'interrogante sono pervenute diverse segnalazioni di venezuelani che sono in Italia con visto turistico che sta per scadere;

   è fatto notorio che la situazione politica interna venezuelana è particolarmente compromessa e segnatamente è ormai sul baratro della guerra civile;

   in ogni caso, è fatto notorio che, a fronte della manifestazione di piazza, il regime sta reagendo brutalmente e vi sono stati diversi morti e molti incarcerati e torturati, anche minorenni;

   molti venezuelani vorrebbero prolungare la permanenza sul territorio dello Stato italiano, perché temono fortemente per la loro incolumità in caso di forzato rientro in Patria;

   alcune questure autonomamente hanno già previsto strumenti e titoli per prolungare legittimamente il soggiorno dei venezuelani attualmente in Italia con visto turistico, riconoscendo l'asilo politico o consentendo la permanenza in attesa del riconoscimento della cittadinanza a chi ne ha fatto richiesta e aspetta che si realizzino i previsti requisiti –:

   se il Governo non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza per prevedere un prolungamento del visto per motivi di protezione, diramando una circolare apposita alle singole questure d'Italia per uniformare le risposte e garantire la sicurezza dei venezuelani richiedenti tutela.
(4-02348)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   EMILIOZZI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   a dicembre 2018 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (Miur) sentito il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (Maeci), ha avviato, con apposito decreto dipartimentale n. 2021 del 20 dicembre 2018, la procedura di selezione del personale scolastico da inviare all'estero per l'anno scolastico 2019/2020;

   molti degli aspiranti candidati che avevano già partecipato alle precedenti selezioni hanno visto pregiudicata la possibilità di partecipare alla selezione a causa di una presunta mancanza del titolo che certifica il possesso dei requisiti linguistici;

   all'articolo 4 del predetto decreto dipartimentale sono stati individuati i requisiti culturali e professionali dei candidati alla selezione, tra i quali: «avere una certificazione della conoscenza della lingua straniera per la quale si partecipa non inferiore al livello B2 del Quadro Comune Europeo di Riferimento (QCER), fra quelle relative alle aree linguistiche stabilite dall'articolo 5, comma 5 del presente bando, rilasciata da uno degli Enti Certificatori di cui al decreto del Direttore generale per gli affari internazionali del MIUR del 12 luglio 2012, n. 10899 e successive modificazioni, o da un Ente certificatore riconosciuto nel Paese estero in cui è già stato prestato servizio, in corso di validità»;

   tra le certificazioni linguistiche accolte, dunque, non sono state ricomprese quelle ottenute dai candidati della precedente selezione ai sensi del decreto interministeriale del Miur e del Maeci n. 4377 del 7 ottobre 2011 («Indizione delle prove di accertamento linguistico riservate al personale docente e Ata della scuola per prestare servizio nelle istituzioni scolastiche e universitarie all'estero»);

   il precedente bando di selezione del personale docente e amministrativo, infatti, tra gli attestati di conoscenza linguistica, ammetteva le certificazioni effettuate direttamente dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e riconosciute con apposita ordinanza ministeriale MAECI n. 5300/2012;

   l'articolo 10 del suddetto decreto interministeriale n. 4377/2011 stabiliva inoltre che il titolo di accertamento della conoscenza della lingua straniera avrebbe conservato la validità per 9 anni scolastici a decorrere dall'anno scolastico 2013-2014, pertanto fino all'anno scolastico 2021-2022;

   la normativa in materia di istituzioni e iniziative scolastiche italiane all'estero è stata oggetto di riordino attraverso il decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 64;

   l'articolo 14 del suddetto decreto legislativo n. 64 del 2017 stabilisce che i requisiti culturali e professionali fondamentali dei dirigenti scolastici, dei decenti e del personale amministrativo della scuola da destinare all'estero sono individuati con decreto del ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale;

   ai sensi del predetto articolo 14, è stato emanato il decreto interministeriale n. 634 del 2 ottobre 2018, il quale, agli articoli 2, 3 e 6 individua, rispettivamente, i requisiti dei dirigenti, del personale docente e del personale amministrativo da destinare all'estero;

   per le tre categorie si stabilisce il seguente requisito culturale fondamentale: «avere una conoscenza di almeno una lingua straniera di livello non inferiore a B2 del Quadro Comune Europeo di Riferimento (QCER), fra quelle relative alle aree linguistiche stabilite dal bando di selezione, rilasciata da uno degli Enti Certificatori di cui al decreto del Direttore generale per gli affari internazionali del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 12 luglio 2012, n. 10899 e successive modificazioni»;

   l'elenco degli enti certificatori è puntualmente individuato all'articolo 4 del decreto del direttore generale per gli affari internazionali del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 12 luglio 2012, n. 10899 –:

   se i Ministri interrogati, alla luce delle premesse, non intendano adottare un atto, affinché venga riconosciuta, nell'ambito della selezione di cui al decreto dipartimentale n. 2021 del 20 dicembre 2018, la validità delle certificazioni linguistiche ottenute ai sensi del decreto interministeriale del Miur e del Maeci n. 4377 del 2011 e riconosciute valide fino all'anno scolastico 2021-2022 con ordinanza ministeriale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
(4-02334)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:

   tra i siti di interesse nazionale (Sin) ad elevato rischio ambientale, ai sensi della legge n. 426 del 9 dicembre 1998, è inserita l'area ex Acna C. O., ricadente nei territori dei comuni di Cengio, provincia di Savona, e Saliceto, provincia di Cuneo;

   la ex Acna C.O. nasce nel 1882 come stabilimento dinamitificio Barberi e si è caratterizzata, fin dalla sua nascita, come la principale fonte di inquinamento di tutta l'area della Valle del Bormida, scaricando nel suolo, sottosuolo e nelle acque superficiali e sotterranee circa 200 sostanze altamente nocive come metalli, ammine aromatiche, aromatici alogenati, diossine e furani, fenoli clorurati, fenoli non clorurati, idrocarburi aromatici, IPA (idrocarburi policiclici aromatici), naftalensolfonici, antrachinonsolfonici e consimili tali da compromettere le attività agroalimentari dell'intero comprensorio e spingere il Governo, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 18 marzo 1999, a dichiarare lo stato di emergenza socio-ambientale dell'area;

   l'11 dicembre del 2000, viene sottoscritto un accordo di programma tra i Ministeri dell'ambiente, della sanità e dell'industria, le regioni Liguria e Piemonte, l'Eni e il commissario delegato, per la definizione, ai sensi del decreto ministeriale n. 471 del 1999, degli adempimenti obbligatori per la messa in sicurezza d'emergenza del sito, nonché per la realizzazione, sulle aree contaminate, di ulteriori interventi necessari per rimuovere il rischio igienico sanitario e ambientale e promuovere il riutilizzo dell'area per lo sviluppo di attività produttive ecocompatibili;

   viene quindi decisa la realizzazione di un massiccio muro di perimetrazione del sito a ridosso del Bormida, incardinato in profondità nella marna per costituire, secondo progetto, una barriera impermeabile verso il fiume e al tempo stesso difesa dalle esondazioni. L'area circoscritta, circa 550 mila metri quadrati, veniva successivamente divisa da un diaframma per costituire due aree pressoché equivalenti: zona 1 per l'ammasso delle scorie generate dalla storia aziendale, le demolizioni indifferenziate degli impianti di produzione, le rinvenienze chimiche emergenti degli antichi occultamenti interni ed esterni al sito e zona 2 destinata a reinsediamenti industriali previa bonifica superficiale;

   nel 2008 l'Avvocatura dello Stato avvia un'azione giudiziaria in sede civile presso il tribunale di Genova contro Syndial/ENI, volta al risarcimento del danno ambientale causato al territorio, esponendone la quantificazione preliminare in 218.893.315 euro, per il quale si apre un tavolo di confronto presso il Ministero dell'ambiente con Syndial e le regioni Liguria e Piemonte;

   il 13 ottobre del 2010, il Ministro dell'ambiente, insieme ai governatori di Liguria e Piemonte, con toni che all'interpellante appaiono trionfalistici, sostenevano la conclusione dei lavori di bonifica, scontrandosi però con una realtà che si presentava ben diversa per le numerose irregolarità relative sia ai lavori di bonifica svolti che alla compiutezza dei lavori stessi;

   nel settembre 2016 la Commissione europea ha avviato una procedura d'infrazione (2009/4426) intesa a garantire che la bonifica dell'ex sito industriale dell'Acna di Cengio sia eseguita in conformità con le disposizioni della direttiva relativa alle discariche di rifiuti e della direttiva relativa ai rifiuti (Direttive 1999/31/CE e 2008/98/CE);

   per sanare la procedura di infrazione il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha ricorso a un'inedita procedura di VIA postuma da realizzarsi d'intesa con Syndial/ENI di cui non si conosce però l'esito;

   a gennaio 2018 vengono nominati i consulenti tecnici sia di ufficio (Tribunale) che di parte (Ministero e Syndial/ENI) per la vertenza civile del 2008 per il danno ambientale, avanti il tribunale di Genova. A tale vertenza non vengono però ammessi i comuni piemontesi che hanno subito il secolare danno ambientale perché, secondo la legge, il danneggiato è il Ministero, non i comuni della Valle Bormida e nemmeno la regione Piemonte;

   a febbraio 2019 viene presentata una relazione finale sul Sin da parte di Pier Giorgio Giacchino, delegato dei comuni di Cengio, Camerana, Saliceto, Gottasecca, Monesiglio, Mombarcaro, Prunetto, Levice, Gorzegno, Bergolo, Torre Bormida, Cortemilia, Castino, Perletto, Castelletto Uzzone, Pezzolo, Niella Belbo, San Benedetto Belbo, Vesime, Cessole, Bubbio, Monastero Bormida, Loazzolo e Sessame;

   la relazione mette in luce una situazione allarmante: all'interno del sito nulla è stato bonificato come all'esterno del perimetro del sito. Si parla infatti di una malriuscita e incompleta «messa in sicurezza» dove nulla è stato rimosso e/o bonificato, ma solamente accumulato, rendendo il SIN una «discarica di fatto» altamente pericolosa. Ad oggi sarebbero stati spesi oltre 350 milioni di euro con risarcimento ancora pari a zero –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere al fine di tutelare finalmente la salute dei cittadini della Val Bormida, a fine di accertare le reali condizioni del Sin e procedere alla sua effettiva bonifica e al fine di arrivare a un risarcimento congruo del danno ambientale dei territori coinvolti.
(2-00281) «Dadone».

Interrogazione a risposta orale:


   BARZOTTI e ROMANIELLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   l'industria chimica Saronio sorgeva a Melegnano nel 1926; la stessa ha rappresentato una imponente realtà per la produzione di materiale chimico per usi bellici, tanto da figurare anche in atti ufficiali come luogo per la fabbricazione di liquido nebbiogeno; tra il 1942 e il 1943 a nome Saronio sono stati costruiti altri due centri chimici, uno a Foggia, l'altro a Riozzo frazione di Cerro al Lambro (Milano); con riferimento allo stabilimento di Foggia, distrutto il 26 settembre 1943, quel che è noto è che lo stesso fu costruito alle spalle della cartiera dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato (Ipzs), all'interno del «Parco Paglia» e che i due plessi erano collegati da tunnel sotterranei per lo scambio di sostanze che poi dovevano essere trattate per ottenere prodotti chimici; secondo un ritrovato rapporto della commissione speciale per aggressivi chimici in Italia, datato 2 ottobre 1943, presso il centro chimico di Foggia, sarebbero state prodotte circa 200 tonnellate al mese di iprite (un gas vescicante) e 100 tonnellate (stimate) al mese di difosgene (un gas soffocante) partendo da prodotti di base disponibili o prodotti in loco come etilene, alcool, cloruro di zolfo e acido formico; la ex fabbrica di Riozzo, tuttora presente, copre un'area di circa 43.000 metri quadrati; ciò che veniva prodotto nello stabilimento di Riozzo non è certo, perché coperto per anni dal segreto di Stato; quel che si ritiene, però, è che li venissero prodotti gli stessi aggressivi chimici del Centro chimico militare di Foggia; dal dopoguerra l'area dell'ex Saronio di Riozzo è divenuta di proprietà del Demanio militare del Ministero della difesa e fino a pochi anni or sono veniva utilizzata quale poligono di tiro dell'esercito; dismesso da numerosi anni, abbandonato e in condizioni di degrado evidente il sito rappresenta, ancora oggi, un fattore di potenziale rischio per l'ambiente e la salute –:

   se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, dispongano di informazioni in merito all'attività specifica di produzione dell'industria ex Saronio, nei suoi diversi siti, in particolare se essa abbia lavorato difenilcloroarsina, cloripicrina, difosgene, cloro liquido, acido formico, nonché se ivi permangano effettivamente contaminazioni, anche per supportare un'eventuale istruttoria al fine di riclassificazione del sito di Cerro a Lambro quale sito di interesse nazionale.
(3-00554)

Interrogazione a risposta scritta:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Sogin è la società pubblica, interamente partecipata dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, che opera nello smantellamento degli impianti nucleari italiani e nella gestione dei rifiuti radioattivi;

   ai sensi e per gli effetti del decreto legislativo n. 31 del 15 febbraio 2010 Sogin ha in carico la localizzazione, realizzazione e gestione del deposito nazionale e parco tecnologico in cui dovranno essere conferiti tutti i rifiuti radioattivi derivanti dall'esercizio e dallo smantellamento degli impianti nucleari e dalle attività di medicina nucleare e industriali;

   la Corte dei conti, con relazione n. 5 del 25 gennaio 2018, ha già indicato come la mancata individuazione e realizzazione del sito per il deposito nazionale e parco tecnologico, comporti dei costi aggiuntivi per la società legati alla individuazione di siti secondari e temporanei per affrontare le attività di decommissioning;

   in data 2 gennaio 2015 Sogin ha finalmente predisposto la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) e attende però ancora, da parte dei Ministeri competenti, il rilascio del nulla osta per la pubblicazione –:

   quali siano i motivi per cui non sia ancora stato rilasciato il nulla osta e se non ritengano opportuno attivarsi immediatamente per rilasciare il nulla osta;

   quali siano i maggiori oneri per la mancata individuazione e realizzazione del sito per il deposito nazionale e parco tecnologico e quali siano i costi di gestione della società Sogin dalla sua nascita ad oggi, anno per anno, e quale sia l'emolumento riservato ai singoli amministratori e dirigenti della Sogin.
(4-02347)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE LORENZO, CUBEDDU, AMITRANO, TUCCI, GIANNONE, SIRAGUSA, DAVIDE AIELLO, VIZZINI, PALLINI, SEGNERI, COSTANZO, CIPRINI e TRIPIEDI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   «l'asse formato da via Caracciolo, via Partenope e via Nazario Sauro è il lungomare tra i più belli del mondo e per i suoi speciali caratteri è parte della memoria collettiva: si identifica con l'immagine stessa della città, del suo panorama da e verso il mare, in una reciprocità di valori straordinari tra natura e costruito»: con queste parole Francesco Bruno, professore di progettazione architettonica, esprime il pregnante significato identitario assunto dal lungomare per la città di Napoli e non solo;

   tale bene di carattere paesaggistico-culturale deve essere necessariamente tutelato nel pieno rispetto dell'articolo 9 della Costituzione;

   la giunta del comune di Napoli con delibera n. 313 del 21 giugno 2018 approva il progetto definitivo di «Riqualificazione ciclo-pedonale del Lungomare di Napoli, tratto compreso tra Piazza Vittoria e il Molosiglio – componente Mobilità lenta» dell'importo complessivo di 13.200.000,00 euro, finanziato a valere sulle risorse del programma operativo complementare città metropolitane 2014-2020 (Poc Metro);

   tale progetto, nel prevedere la sostituzione della pavimentazione attuale in asfalto con una in pietra lavica nel solo tratto compreso tra piazza Vittoria e il Molosiglio, determinerebbe un'inopportuna discontinuità e disorganicità nell'assetto della pavimentazione dell'intero lungomare, la cui morfologia verrebbe profondamente alterata. Si tratta di una scelta che si pone in evidente contrasto con la tutela ex lege gravante sul bene in questione in quanto luogo identitario della città di Napoli grazie al quale la città è nota a livello internazionale;

   nel merito del progetto destano inoltre gravi perplessità: l'ampliamento del marciapiede lato edifici che dietro la finalità di aumentare lo spazio pubblico pedonale cela, a giudizio dell'interrogante, il soddisfacimento di un mero interesse privato (facente capo ai gestori degli esercizi commerciali posti sul tratto di lungomare) da parte dell'amministrazione comunale a detrimento del preminente interesse pubblico alla conservazione del bene (l'ampliamento del marciapiede costituisce espressione di un uso incompatibile con il carattere storico o artistico del lungomare); il restringimento della carreggiata di via Partenope, senza tenere in debito conto che la strada si trova tra due zone a rischio vulcanico e che, nell'attuale restrizione al traffico non può essere ridotta, costituendo un'essenziale via di fuga in caso di emergenza;

   va considerata la sussistenza di un cospicuo regime vincolistico sul lungomare: vincolo indiretto ex articolo 45 del decreto legislativo n. 42 del 2004 imposto con Ddr n. 171 del 28 settembre 2005; vincolo paesistico del 27 maggio 1958 che ne tutela la conservazione;

   nel comunicato stampa dello stesso consiglio comunale del 3 agosto 2018, presente sul sito del comune di Napoli, è scritto che: «Il progetto a cui si fa riferimento, ha spiegato l'assessore Piscopo, ha ricevuto finanziamenti per tredici milioni e 200 mila euro nell'ambito del POC Metro, incardinato su una progettazione dell'Amministrazione e stanziato dalla legge di stabilità, fondi incardinati all'interno degli assi decisi dal Governo nazionale e con un vincolo di destinazione d'uso. Nessuna utilizzazione diversa è quindi possibile e in caso di mancato impiego per quell'obiettivo sarebbe solo percorribile la rinuncia al finanziamento». E ancora: «il progetto e l'investimento in questione rappresentano il tradimento fatto dall'amministrazione alla città, alla quale era stato promesso il recupero della spiaggia pubblica, la balneazione del tratto di mare e aree di parcheggio, mentre oggi quella pedonalizzazione non è a servizio della città, ma solo un luogo esclusivo per pochi e a servizio solo di alcuni imprenditori[...] Si insiste con interventi su un pezzo di città ormai diventata un privilegio di pochi, mentre potevano effettuarsi altre scelte, non caricando ancora di significato il lungomare» –:

   se e quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato, per quanto di competenza, al fine di assicurare la necessaria e indispensabile tutela di tale bene.
(5-01555)

Interrogazione a risposta scritta:


   DEL SESTO, IORIO e DEL MONACO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   a Tora e Piccilli (Caserta), in località Foresta, il 4 agosto 2001 furono scoperte 56 orme fossili riferibili ad esemplari del genere Homo, ben presto considerate dagli scienziati come le più antiche del pianeta, essendo state datate radiometricamente a circa 350.000 anni fa;

   l'annuncio dato il 13 marzo 2003 da «Nature» – la più prestigiosa rivista scientifica del mondo – fece il giro del mondo in poche ore, facendo giungere sul sito schiere di giornalisti, network televisivi e agenzie di stampa internazionali;

   le maggiori reti televisive nazionali ed internazionali, nel corso degli anni, hanno realizzato documentari e reportage sulla straordinarietà del sito paleontologico, denominato «Ciampate del diavolo» (orme del diavolo);

   tale sito è anche l'unico a essere inserito, per la Campania, accanto a quello del dinosauro di Pietraroia (Benevento), fra quelli considerati «di interesse» dalla Società paleontologia italiana;

   dal 2007, quando è stata inaugurata la sua prima sistemazione ricettiva e funzionale, il geosito è visitato da turisti e studiosi provenienti da ogni parte del mondo;

   nel corso delle numerose campagne di pulizia (2005-2010), nuove scoperte hanno arricchito la già enorme dotazione scientifica del sito paleontologico, aumentandone la pregevolezza, con la consequenziale produzione di numerose pubblicazioni scientifiche nazionali e internazionali;

   difatti, sono stati scoperti il sentiero fossile umano più antico del mondo, la più antica orma fossile di una mano umana – che è anche l'unica di tale antichità in un contesto subaereo e non cultuale – e le impronte di altre parti anatomiche (glutei, polpacci, caviglie, e altro), che non trovano confronti in nessun altro geosito;

   alle impronte umane fossili, inoltre, sono associate quelle di paleofauna, tra cui elefanti, orsi e ungulati;

   la più importante caratteristica, anch'essa un «unicum» mondiale, è l'ubicazione delle successioni di orme umane fossili su di una superficie fortemente inclinata, che rende possibili una serie di studi di carattere più propriamente paleontologico, paleoantropologico e biomeccanico, che non possono essere condotti in nessun altro geosito e sono, quindi, di sicuro interesse globale;

   tale posizione, l'aspetto e le dimensioni delle orme, l'eccellente stato di conservazione di alcune di esse e gli schemi in cui esse sono coordinate stanno fornendo informazioni sempre più dettagliate sulla precisa identità di coloro che le lasciarono, e che sono stati identificati con esemplari di Homo heidelbergenesis, cioè ominidi preneanderthaliani;

   tuttavia, le orme fossili di Tora e Picilli, impresse su un pendio di tufo leucitico bruno, non hanno alcuna forma di protezione, presentando gravi rischi di conservazione sia per la natura stessa del suolo, che è vicinissimo al punto di rottura, sia per la frequentazione incontrollabile dei visitatori che bypassano arbitrariamente i controlli istituzionali;

   tali rischi estremi sono stati più volte evidenziati e segnalati dall’équipe scientifica internazionale che sta studiando il sito, anche attraverso convegni e pubblicazioni ma, alla stato, nulla di concreto è stato fatto per proteggerle e sottrarle a una distribuzione sempre più certa e imminente –:

   di quali ulteriori elementi disponga il Ministro interrogato in relazione ai fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda adottare al fine di agevolare un intervento di salvaguardia della paleosuperficie del sito paleontologico denominato «Ciampate del diavolo» in località Foresta di Tora e Piccilli (Caserta) e per sostenere un progetto più ampio di riqualificazione e valorizzazione dell'intero geosito.
(4-02339)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DEL BARBA e CIAMPI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel settembre 2015 ha approvato l'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile costituita da 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs), 169 sotto-obiettivi e oltre 240 indicatori;

   gli SDGs sono obiettivi di tipo economico, ambientale, sociale e istituzionale che dovranno essere raggiunti da tutti i Paesi del mondo entro il 2030;

   l'Italia ha avuto un ruolo fondamentale nelle diverse fasi dell'accordo che hanno portato alla definizione dell'Agenda 2030, e ha continuato a svolgere un ruolo rilevante, sviluppando strumenti atti a integrare lo sviluppo sostenibile nella politica del Paese, sfociato nella scorsa legislatura in azioni concrete sia sul piano delle policy che a livello economico-finanziario: dalla stesura della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile all'attuazione di quanto previsto dalla legge di riforma del bilancio approvata con la legge n. 163 del 2016, ossia l'inclusione nella programmazione della politica economica del Governo di indicatori di benessere equo e sostenibile (Bes);

   gli indicatori Bes mirano a cogliere la multidimensionalità del benessere, ossia a misurare fenomeni di natura socioeconomica e ambientale che, insieme alla più tradizionale valutazione del Pil e delle altre variabili macroeconomiche, consentono di analizzare il livello del benessere collettivo e la sua sostenibilità nel tempo;

   l'utilizzo dei Bes nell'ambito dell'attuazione e monitoraggio delle politiche pubbliche è stata un'innovazione normativa proposta dal Partito democratico e votate a larga maggioranza dal Parlamento, che ha caratterizzato l'Italia come il primo paese dell'Unione europea e del G7 dove il Governo è tenuto a valutare in maniera sistematica, ex ante ed ex post, l'impatto delle politiche sulle diverse dimensioni del benessere;

   inoltre, il Parlamento, con la legge n. 208 del 2015, ha introdotto le cosiddette società benefit, un nuovo tipo di impresa che, oltre al profitto, si impegna a perseguire finalità di beneficio comune sociale o ambientale con la finalità di contribuire allo sviluppo e al benessere collettivo creando impatti positivi per la collettività e l'ambiente;

   in tal modo si è introdotta, anche nella governance delle imprese, una multidimensionalità di valutazione del valore economico prodotto, in analogia e rafforzando quanto avvenuto con i Bes e con i reiterati tentativi di ridenominare e ristrutturare il Cipe, nonché con la volontà di introdurre lo sviluppo sostenibile in Costituzione;

   gli indicatori Bes entrano nella programmazione di bilancio in due occasioni: prima nel documento di economia e finanza (Def) e poi in una relazione da presentare al Parlamento entro il 15 febbraio, per valutarne l'andamento sulla base degli effetti della legge di bilancio;

   dopo la sperimentazione sull'andamento dei Bes anticipata nel Def 2017, la relazione del Ministro pro tempore Padoan, a febbraio 2018, ha tracciato un'evoluzione positiva degli indicatori, pur nel contesto di una situazione caratterizzata da sfide ambientali ed economiche, di genere e territoriali; il Def 2018, presentato dal Governo Gentiloni, è stato corredato dall'allegato sugli indicatori Bes;

   la nota di aggiornamento al Def 2018, che ha costituito il primo documento di programmazione presentato dal Governo in carica, è stata trasmessa alle Camere con estremo ritardo, contravvenendo al termine previsto dalla legge n. 196 del 2009 e determinando una compressione del tempo per l'esame parlamentare del documento;

   è ad oggi decorso inutilmente anche il termine previsto dall'articolo 10, comma 10-ter, della medesima legge di contabilità e finanza pubblica, per la presentazione alle Camere della relazione 2019 sui Bes –:

   quando il Governo intenda presentare alle Camere, la relazione concernente l'evoluzione dell'andamento degli indicatori di benessere equo e sostenibile.
(5-01557)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   PELLICANI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   le ultime inchieste della direzione distrettuale antimafia di Venezia sulla criminalità organizzata in Veneto hanno messo in luce un sistema malavitoso organizzato e strutturato sul territorio, con la presenza di diversi esponenti della ’ndrangheta e della camorra, affiliati ai clan dei Casalesi, con l'arresto, in meno di una settimana, di più di 50 persone, coinvolte in diversi reati tra cui estorsione, usura, riciclaggio, rapina, spaccio di droga, sfruttamento della prostituzione, scommesse e subappalti illegali;

   si tratta di un'organizzazione criminale penetrata nel sistema economico, bancario, imprenditoriale e sociale del territorio, attraverso la collaborazione con imprese, società, professionisti, avvocati, commercialisti;

   come emerso durante l'inaugurazione dell'anno giudiziario 2019 della corte d'appello di Venezia, il problema preminente è quello relativo alla dotazione di personale, notevolmente sottodimensionato, che non è stato aumentato dalla revisione delle piante organiche disposta nell'agosto 2017 e, conseguentemente, non è adeguato a svolgere l'attività operativa. Si stima, infatti, che vi siano oltre 4 mila procedimenti da smaltire, ma la carenza di personale, in particolare magistrati e amministrativi, rende impossibile l'efficientamento della macchina giudiziaria Veneta –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare per risolvere le criticità riportate in premessa e consentire un funzionamento ottimale ed efficiente della corte d'appello di Venezia e del sistema giudiziario Veneto attraverso il potenziamento degli organici a garanzia dello stato di diritto e della sicurezza dei cittadini.
(3-00552)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GALLO, VILLANI, DORI, CASA, SARLI, NAPPI, GIULIANO, PALMISANO e PERANTONI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   Gori S.p.A., gestore del servizio idrico integrato nell'ambito distrettuale sarnese-vesuviano della regione Campania e partecipata da Acea al 37 per cento attraverso la controllata Sarnese Vesuviano s.r.l., gestisce il servizio idrico in settantasei comuni tra le province di Napoli e Salerno;

   sulla base di quanto riportato da un articolo pubblicato da «Il FattoQuotidiano» del 9 febbraio 2019, la procura di Torre Annunziata (Napoli), a seguito di un'indagine di quasi dieci anni su fatti antecedenti al 2010, ha affermato nell'atto giudiziario di richiesta di archiviazione, l'avvenuta assunzione clientelare di centinaia di lavoratori presso la Gori S.p.A., segnalati dai sindaci ed amministratori dei comuni consorziati con l'ente D'Ambito Sarnese Vesuviano. Tale ente avrebbe dovuto svolgere il ruolo di «controllore» in quanto titolare del 51 per cento del capitale sociale della stessa Gori;

   secondo una ricostruzione del quotidiano, basata sulle testimonianze, intercettazioni e documenti raccolti, l'intenzione di Acea è stata di consolidare il proprio titolo in Borsa negli anni precedenti al 2009 e per farlo, era necessario il sostegno dei sindaci e amministratori con i quali, in cambio di numerose assunzioni, è stato possibile approvare bilanci positivi e piani di sviluppo della controllata Gori;

   nell'articolo si conferma altresì che, sulla base di quanto emerso dalle indagini, le consulenze affidate dalla Gori, gli appalti ed il cospicuo numero di assunzioni pari a circa 674, queste ultime caratterizzate da lavoratori in parte non in possesso delle competenze necessarie allo svolgimento delle mansioni richieste, siano state elemento di scambio tra socio pubblico e privato, al fine di portare a compimento il proficuo business della privatizzazione dell'acqua, avviata nel 2002;

   si ritiene siano doverose le dimissioni dell'attuale amministratore delegato della Gori S.p.A. ed ex dirigente Acea Giovanni Paolo Marati, già incaricato del medesimo ruolo dal 2009 al 2014, il cui nome era iscritto nel registro degli indagati in merito all'inchiesta sopra esposta;

   con la richiesta di archiviazione della procura per prescrizione dei reati, ormai non più perseguibili in quanto commessi da più di dieci anni, resteranno impuniti i responsabili della cattiva gestione di uno dei principali operatori nazionali nel settore idrico ed energetico, con ingenti effetti negativi che si ripercuoteranno sui consumatori e sulle finanze dello Stato –:

   se sussistano i presupposti per procedere all'invio di ispettori ministeriali presso la procura di Torre Annunziata, al fine di verificare l'avvenuto regolare svolgimento del procedimento penale.
(5-01560)

Interrogazione a risposta scritta:


   PALMISANO e ERMELLINO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'ennesimo caso di suicidio di un detenuto in carcere, come quello avvenuto il 17 febbraio 2019 nell'istituto penitenziario di Taranto, riportato anche da notizie di cronaca (www.ilcorriereditaranto.it del 18 febbraio 2019), riporta all'attenzione dell'opinione pubblica la grave situazione di precarietà ed emergenza in cui versa il sistema carcerario nel nostro Paese;

   le diverse problematiche rappresentate, anche in occasione di una visita delle interroganti alla struttura penitenziaria del capoluogo ionico, nel mese di ottobre 2018, sono ad oggi ulteriormente peggiorate: il grave e cronico sovraffollamento carcerario ha raggiunto livelli mai sfiorati, con una presenza di detenuti molto al di sopra di quella prevista, ovvero 600 detenuti a fronte di una capienza di 305 persone, una percentuale di circa il 200 per cento che conferisce alla struttura la maglia nera del penitenziario più affollato d'Italia. Lo spazio minimo per detenuto è addirittura al di sotto dei 3 metri quadrati in una cella collettiva, la soglia stabilita dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, che negli ultimi anni ha condannato più volte l'Italia per il «trattamento inumano e degradante» nelle sue carceri, che a Taranto si traduce nella presenza, assolutamente insufficiente, di due soli agenti per tre sezioni detentive, ognuna lunga più di 50 metri, con ogni singolo agente impegnato in più servizi contemporaneamente per far fronte alle varie esigenze ed emergenze, tra cui quelle legate alla mancanza di uno spazio all'aperto a disposizione dei detenuti per momenti di socializzazione;

   il 5 novembre 2018, in occasione di una manifestazione regionale di protesta del Sindacato autonomo di polizia penitenziaria davanti al carcere di Bari, il capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria dottor Basentini annunciò interventi per la regione Puglia, finalizzati ad un miglioramento delle condizioni degli istituti penitenziari presenti sul territorio ma che, allo stato attuale, risultano ancora non essere stati realizzati –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e quali iniziative, anche di carattere normativo, per quanto di competenza, intenda porre in essere al fine di garantire condizioni di vita dignitose per i detenuti ospitati nel carcere di Taranto e per consentire al personale di operare in maniera efficace, attraverso il reperimento di adeguate risorse umane ed economico-finanziarie, che rispondano alle esigenze di un settore che da troppo tempo versa in condizioni critiche, che si riflettono negativamente soprattutto in termini di sicurezza.
(4-02328)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   PELLICANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel corso della Conferenza unificata del 12 luglio 2018 è stato discusso lo schema di decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per la realizzazione del sistema nazionale delle ciclovie turistiche, un'infrastruttura che promuove la mobilità «dolce» e crea una ulteriore attrattiva legata alle due ruote a pedali e al turismo sostenibile;

   in quell'occasione il Governo, per voce del sottosegretario Michele Dell'Orco, ha confermato lo stanziamento complessivo di 361,78 milioni di euro;

   il cicloturismo europeo genera ricadute per circa 47 miliardi di euro ed è un'espressione innovativa del cambiamento dell'industria turistica;

   il litorale Adriatico, Veneto in particolare, si caratterizza per oltre 37 milioni di presenze turistiche, con una buona presenza di attrazioni storiche, culturali, naturalistiche che possono generare una domanda potenziale di turismo «lento», considerato che i principali centri del litorale sono a 50 chilometri, una distanza ideale per tutti, e che il 40 per cento delle presenze straniere nel territorio provengono dai primi 5 Paesi europei del cicloturismo, ovvero Germania, Danimarca, Olanda, Belgio, Finlandia (11 milioni di turisti) –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative concrete per la realizzazione della ciclovia adriatica nel tratto Veneto, attraverso lo stanziamento di fondi dedicati e la firma di un protocollo di intesa per la sua progettazione.
(3-00553)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BERGAMINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in molti Paesi europei e in diverse realtà del Paese la bicicletta rappresenta un mezzo di trasporto urbano altamente utilizzato, non solo ai fini turistici e di svago ma anche e soprattutto per la mobilità quotidiana;

   purtroppo, nel nostro Paese le infrastrutture necessarie a rendere più comune l'utilizzo dei velocipedi stentano a essere realizzate, soprattutto a causa di peculiari e oggettive condizioni urbanistiche, geomorfologiche e orografiche, che caratterizzano il territorio;

   nonostante gli annunci dell'Esecutivo, incentivi effettivi e concreti all'impiego di questo mezzo di trasporto non sono ancora stati adottati; al contempo l'esigenza di ricorrere alla bicicletta ha ricadute molto rilevanti sul mercato con una crescita costanza dal 2013 degli acquisti. Secondo i dati di Confindustria Ancma sulle vendite 2017 il mercato delle biciclette continua a crescere registrando un complessivo +1 per cento nelle vendite di biciclette a pedalata assistita e tradizionali, raggiungendo 1,688 milioni di unità. Mentre per le sole e-bike il mercato è cresciuto del 19 per cento, per un numero complessivo di vendite pari a 148.000;

   alla scarsa presenza di infrastrutture ciclistiche si accompagna una disattenzione generalizzata alla sicurezza dei ciclisti. Basti pensare che la rilevazione Aci/Istat sul 2017 evidenzia che i morti in bici sono stati ben 254 su un totale di 17.521 incidenti che hanno coinvolto i ciclisti: praticamente un decesso ogni giorno e mezzo; un prezzo troppo alto che non può più essere pagato. Uno degli aspetti principali in termini di sicurezza dei velocipedi è rappresentato dalla distanza minima che i veicoli a motore non rispettano;

   d'altro canto, a differenza delle legislazioni estere la disciplina vigente in Italia non reca alcuna specifica disposizione in merito alla distanza minima da rispettare, limitandosi, in particolar modo all'articolo 148 del codice della strada, a disporre la necessità che la distanza in fase di sorpasso sia «adeguata»;

   a titolo esemplificativo vale la pena richiamare l'esperienza di varie realtà europee (Barcellona, Brema, Copenaghen, Edimburgo, Graz, Strasburgo) dove sono impiegati segnali stradali appositi per indicare alle autovetture di mantenere, in fase di sorpasso, una distanza di almeno un metro e mezzo dalle biciclette che viaggiano ai lati della carreggiata;

   l'Associazione corridori ciclisti professionisti italiani (Accpi) impegnata da tempo sul tema della sicurezza dei ciclisti, ha da alcuni giorni lanciato anche una raccolta firma per promuovere una serie di interventi a «salvaciclisti» e per promuovere l'uso delle biciclette quali mezzi di trasporto comuni –:

   se e quali iniziative urgenti, anche di natura normativa, il Ministro interrogato intenda adottare per tutelare i ciclisti e promuovere, efficacemente, l'impiego delle biciclette nelle aree urbane ed extraurbane e nei percorsi stradali, anche laddove non esistono o non è possibile realizzare percorsi ciclabili appositi.
(5-01551)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RAFFA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   attualmente delle tre navi, la Messina, la Villa e la Scilla, della società Rete ferroviaria italiana (Rsi), in servizio nella tratta dello Stretto di Messina, per garantire la continuità territoriale ferroviaria, traghettando i treni senza rottura di carico tra la Sicilia e la Calabria, solo una, la Scilla, è in servizio;

   la nave Villa è infatti ferma da qualche mese per lavori all'Arsenale di Messina ed ora è non disponibile anche la nave Messina, relativamente nuova, anno di costruzione 2013, attualmente in manutenzione straordinaria per un improvviso guasto ai motori;

   in una nota diramata da Rfi si legge che «il programma di circolazione è confermato. Tuttavia, nel caso in cui i convogli dovessero arrivare all'imbarco non rispettando l'orario, potrebbero verificarsi cancellazioni parziali, con limitazioni a Villa San Giovanni dei treni in direzione Sicilia e proseguimento del viaggio con treni successivi»;

   i treni, negli ultimi anni, sono spessissimo in ritardo, molte volte accumulato già in partenza a Milano, altre volte dovuto a continui guasti alle vecchie locomotive E 656, oramai vetuste, tanto che lo stesso gruppo Ferrovie dello Stato italiane ne ha annunciato la sostituzione con le più nuove E 464, che però tardano ad arrivare;

   è chiaro che nelle attuali condizioni, stanti gli annunci dello stesso gruppo Ferrovie dello Stato italiane, molte saranno le cancellazioni dei treni che invece di arrivare in Sicilia si fermeranno a Villa San Giovanni, costringendo i passeggeri che possono, certamente non le persone a mobilità ridotta, a molti disagi per recarsi, bagagli al seguito, ai distanti imbarcaderi di aliscafi e traghetti privati –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e quali iniziative siano state intraprese per ridurre i disagi ai cittadini e garantire il diritto alla continuità territoriale dei cittadini siciliani.
(4-02332)


   NOVELLI e MULÈ. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la legge 23 dicembre 2014, n. 190, al comma 232, ha stabilito il divieto di circolazione dal 1o maggio 2019 su tutto il territorio nazionale, dei veicoli a motore categorie M2 ed M3 alimentati a benzina o gasolio con caratteristiche antinquinamento euro 0. L'unica deroga al suddetto divieto è per i veicoli di interesse storico e collezionistico;

   la categoria M1, riguarda i veicoli destinati al trasporto di persone, aventi al massimo otto posti a sedere oltre al sedile del conducente, mentre la categoria M2 si riferisce ai veicoli destinati al trasporto di persone, con più di otto posti a sedere oltre al sedile del conducente e massa massima non superiore a 5 tonnellate;

   la caratteristica antinquinamento euro 0 comprende i veicoli che hanno caratteristiche inferiori a quelle definite nella direttiva 91/441/CE e in quelle ad essa successive; anche un autobus euro 0 con il «FAP retrofit» è inquadrato quale euro superiore allo 0 ai soli fini dell'inquinamento da massa di particolato; pertanto, anche in presenza di «FAP retrofit» un autobus euro 0 mantiene tale classe ambientale e quindi non può circolare;

   secondo l'Asstra (associazione delle società ed enti del trasporto pubblico locale) l'età media degli autobus italiani ha sorpassato i 12 anni (12,2 anni) a fronte dei 6,9 anni della Germania, 7,9 della Francia, 7,7 del Regno Unito e 8 della Spagna;

   con il decreto ministeriale del 7 gennaio 2019 si è disposta la proroga fino alla data del 30 giugno 2019 solamente per gli autobus destinati ad uso autoscuola. Ad oggi non è stato emanato alcun decreto per gli autobus di interesse storico né per altri autobus destinati a usi particolari, che pertanto non potranno né circolare né effettuare la revisione sino a diversa disposizione ministeriale;

   a essere fortemente penalizzati sono i tanti autobus indispensabili per il trasporto pubblico, compresi i veicoli per il trasporto scolastico che, se con caratteristiche euro 0, saranno costretti a non poter più circolare;

   quanto suesposto costringe molti enti locali a non poter garantire un completo ed efficiente servizio di trasporto pubblico, soprattutto alla luce del fatto che anni di tagli di risorse agli enti territoriali hanno messo in condizione molte amministrazioni di non poter provvedere al necessario ricambio del loro parco autobus –:

   ad adottare le iniziative di competenza per provvedere all'immediato trasferimento di risorse a favore degli enti territoriali, previsto dal piano strategico nazionale della mobilità sostenibile, per il ricambio del parco autobus di trasporto pubblico locale e regionale;

   ad adottare iniziative per prevedere, nelle more del suddetto rinnovo del parco autobus da parte delle amministrazioni locali, un differimento del termine del 1o gennaio 2019 per il divieto di circolazione di cui in premessa, pena l'impossibilità per molte amministrazioni di garantire un adeguato servizio di trasporto pubblico.
(4-02345)

INTERNO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   Rocco Mangiardi è un testimone di giustizia di Lamezia Terme le cui dichiarazioni – nel processo che si è svolto nel 2009 – hanno consentito l'arresto e la condanna di numerosi appartenenti alla potente cosca della ’ndrangheta della famiglia Giampà;

   primo imprenditore lametino a testimoniare in una aula di giustizia, Rocco Mangiardi ha così giustificato la sua decisione di rompere il muro dell'omertà e di vincere l'inevitabile paura: «lo non voglio pagare gente che non lavora per me, e che so che userà i miei soldi per comprare proiettili, bombe e benzina; preferisco assumere un padre di famiglia, ma subire un'estorsione no»;

   per questa sua azione, Rocco Mangiardi vive dal 2009 sotto scorta e continua una continua opera di sensibilizzazione sui temi della legalità e della cittadinanza attiva, presso scuole, istituzioni, carceri, testimoniando – il più delle volte con al fianco l'associazione Libera – la sua battaglia e la sua lotta: «La paura c'è – ha più volte dichiarato l'imprenditore calabrese – ma con l'arma dell'amore, della libertà, della dignità e della fede le tengo testa»;

   per la comunità di Lamezia, per la Calabria tutta, il 9 gennaio 2009 – data della testimonianza nel dibattimento processuale di Rocco Mangiardi, quando senza esitazione alcuna indicò l'autore delle richiesta di «pizzo» presente in aula – ha costituito e costituisce ancora oggi uno spartiacque; da allora, altri imprenditori hanno alzato la testa, denunciato le estorsioni, contribuito alle operazioni delle forze dell'ordine e degli inquirenti che hanno portato allo smantellamento di due delle più agguerrite cosche lametine;

   come facilmente intuibile, Rocco Mangiardi è stato fino ad ora tutelato con la scorta, la qual cosa non ha impedito che lo stesso fosse più volte destinatario di intimidazioni; giova precisare che per lo svolgimento della sua attività di contrasto alla cultura mafiosa presso sedi istituzionali, educative o di carattere sociale, Rocco Mangiardi è spesso in viaggio fuori dalla Calabria;

   in data 8 febbraio 2019, l'ufficio centrale interforze per la sicurezza personale ha disposto la rimodulazione del dispositivo di protezione corrispondente al quarto livello di rischio, «tutela su auto non protetta», da attuarsi soltanto nel territorio della regione Calabria; in altri termini, come formalmente precisato dalla questura di Catanzaro, «a decorrere dalla data odierna, i servizi di tutela saranno assicurati solo ed esclusivamente nell'ambito della regione Calabria»;

   il predetto provvedimento appare del tutto contraddittorio: se il rischio che origina l'esigenza di tutela esiste oggettivamente, e si tratta del rischio di perdere la vita a causa dell'azione della criminalità organizzata, questo stesso rischio sussiste tanto all'interno quanto all'esterno del territorio regionale, tranne che non si voglia affermare l'inidoneità della consorteria criminale a operare anche fuori regione, il che però contrasta con i caratteri specifici della predetta cosca nel panorama criminale, più volte rilevati dalle operazioni messe in atto dalla procura distrettuale antimafia di Catanzaro, che gode delle capacità investigative e direttive del procuratore dottor Nicola Gratteri;

   il venir meno della possibilità di tutela al di fuori del territorio regionale determina di fatto un conseguente pericolo correlato a ogni spostamento di Rocco Mangiardi, la cui attività fuori dal territorio regionale è ordinariamente connessa a incontri di testimonianza sulla realtà perversa del fenomeno criminoso ’ndranghetistico e tale condizione di pericolo non può che determinare l'effetto di ridurre al silenzio Rocco Mangiardi, anche se lo stesso testimone ha pubblicamente affermato che «da cittadino responsabile, a prescindere dalle scelte di chi dovrebbe garantire la mia protezione, farò sempre tutto quel che potrò per non far vincere il letame mafioso» –:

   se il Ministro interrogato abbia conoscenza della situazione;

   quale siano le ragioni della decisione, assunta dall'Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale, di assicurare i servizi di tutela del testimone di giustizia Rocco Mangiardi soltanto sul territorio della regione Calabria;

   se agli uffici competenti del Ministero risulti una significativa riduzione del livello di pericolosità criminale delle cosche criminali colpite dalla testimonianza di Rocco Mangiardi, tanto da ritenere che la loro azione non possa svolgersi al di fuori della regione Calabria e quindi da giustificare la rimodulazione del servizio di tutela nelle forme più volte descritte;

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per tutelare la persona del testimone di giustizia Rocco Mangiardi in occasione dei suoi spostamenti fuori regione;

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per consentire e assicurare che l'esperienza di Rocco Mangiardi, come quella di tutti gli altri testimoni di giustizia, sia riconosciuta, apprezzata e tutelata, avendo messo a rischio la vita propria e dei propri familiari per rispettare le leggi delle Stato e gli imperativi etici e morali della loro coscienza, anche mediante incontri formativi e informativi presso scuole, associazioni e istituzioni allocate al di fuori del territorio della regione di residenza.
(2-00282) «Viscomi».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LA MARCA, SCHIRÒ e MIGLIORE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, convertito dalla legge 1° dicembre 2018, n. 132, all'articolo 14, comma 1, lettera a-bis), prevede per lo straniero che fa domanda di cittadinanza jure matrimonii che: «La concessione della cittadinanza italiana ai sensi degli articoli 5 e 9 è subordinata al possesso, da parte dell'interessato, di un'adeguata conoscenza della lingua italiana, non inferiore al livello B1 del Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue (QCER)». A tal fine, i richiedenti sono tenuti, all'atto di presentazione dell'istanza, ad attestare il possesso di un titolo di studio rilasciato da un istituto di istruzione pubblico o paritario riconosciuto dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale o dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ovvero a produrre apposita certificazione rilasciata da un ente certificatore riconosciuto dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale o dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;

   l'introduzione del requisito della conoscenza della lingua italiana rappresenta un motivo di cui da alcuni anni si discute anche in ambito parlamentare a proposito sia della concessione della cittadinanza a stranieri, residenti in Italia e all'estero, che del riconoscimento jure sanguinis della cittadinanza a discendenti di emigrati italiani di diverse generazioni, senza tuttavia che si sia arrivati sul tema a conclusioni organiche o quantomeno coordinate;

   la richiesta di attestazione della conoscenza della lingua italiana a livello B1 del Qcer, per lo straniero che ha contratto matrimonio con un/a cittadino/a italiano, oltre a costituire una opzione parziale (unidirezionale) e non coordinata rispetto a una più complessa problematica, ha creato un diffuso disagio tra le coppie «miste», il cui numero è progressivamente aumentato per la massiva presenza degli italiani all'estero e per la forte ripresa dei flussi emigratori negli ultimi anni;

   il provvedimento richiamato sembra non tenere in considerazione alcuni dati di fatto di notevole peso per gli interessati: la irregolare e rada presenza sul territorio, soprattutto all'estero, delle strutture autorizzate a rilasciare la certificazione e la non breve periodicità delle loro operazioni; la grande complessità e gli elevati costi della predisposizione dei certificati, nonché della loro traduzione e legalizzazione, necessari per completare la pratica di richiesta, anch'essi soggetti a scadenza dei termini di validità;

   tale disposizione ha creato problemi interpretativi e pratici che è necessario affrontare con urgenza per fare chiarezza tra gli interessati e fornire il necessario orientamento al personale amministrativo che mantiene i rapporti con l'utenza;

   le situazioni meritevoli di urgente chiarimento possono essere così riassunte:

    1) la data precisa dell'entrata in vigore del provvedimento e l'esclusione della retroattività riguardo alle richieste presentate in data antecedente;

    2) la possibilità, per le istanze avanzate immediatamente dopo tale data, di essere integrate della attestazione linguistica anche successivamente, allo scopo di non vanificare, in tutto o in parte, la documentazione acquisita che, di norma rilasciata anche da autorità straniere, deve essere presentata con traduzione legalizzata presso i consolati e ha un limitato periodo di validità;

    3) la comunicazione, attraverso i consolati e lo stesso sito web del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dei luoghi e degli istituti all'estero presso i quali è possibile ottenere la certificazione linguistica con le relative date di esame –:

   se il Governo non ritenga di adottare un'urgente iniziativa normativa per sospendere l'applicazione della disposizione richiamata in vista di una più completa trattazione della materia nel quadro di una organica riforma della cittadinanza;

   se, in linea subordinata, non intendano adottare iniziative per provvedere a una più chiara definizione del quadro amministrativo delineato con riferimento alle questioni sopra richiamate.
(5-01554)

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   ancora una volta, purtroppo, a mezzo stampa si apprende di fatti gravissimi relativi a violenze e maltrattamenti su anziani non autosufficienti all'interno di una casa famiglia. Nello specifico, i fatti si sono verificati in una struttura dell'Appennino bolognese, nel comune di San Benedetto Val di Sambro;

   i carabinieri della compagnia di Vergato hanno eseguito misure cautelari personali nei confronti del titolare della struttura e di alcuni operatori sanitari. I video girati dalle telecamere installate hanno ripreso scene di orribili maltrattamenti ai danni di persone inermi. La struttura, aperta solamente un anno fa, è stata chiusa e sequestrata;

   non è la prima volta che in Emilia-Romagna, e in tutta Italia, si verificano tali episodi che sembrano ripetersi ormai con frequenza drammatica e impressionante in strutture dove gli utenti sono particolarmente vulnerabili come asili, scuole materne e case di riposo;

   solo nel dicembre 2018 sono stati due i cosiddetti «ospizi lager» scoperti nel riminese. Per una delle strutture, in particolare, la titolare era già stata arrestata nel 2001 per fatti analoghi;

   casi gravissimi, e dei quali le cronache locali e nazionali hanno dato ampiamente conto, hanno riguardato anche maltrattamenti ai danni di bambini. Tra i casi più recenti quello di una maestra modenese finita a giudizio immediato con l'accusa di aver maltrattato nove bambini di quattro anni di una scuola dell'infanzia;

   posto che l'installazione di un sistema di videosorveglianza in tali strutture definite sensibili costituirebbe indubbiamente un ottimo deterrente, occorre, a parere dell'interrogante, disciplinare con chiarezza anche le modalità di controllo e le verifiche periodiche da parte degli enti preposti, che autorizzano o accreditano le strutture per anziani o che sono competenti per quanto riguarda asili nido e scuole materne –:

   quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, il Governo intenda assumere per evitare il ripetersi di simili gravi episodi e per tutelare gli utenti di tali strutture;

   se, intenda adottare iniziative specifiche, per quanto di competenza, al fine di potenziare le attività di controllo nelle strutture sopra richiamate indicando le modalità stesse del controllo e la cadenza temporale delle verifiche che devono diventare, a tutti gli effetti, obbligatorie.
(4-02344)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ROSSI, CIAMPI, PICCOLI NARDELLI e DI GIORGI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da notizie apparse sulla stampa sembra che un bambino di due anni e mezzo sia stato rifiutato da una scuola dell'infanzia statale del reggiano perché diabetico: il bimbo è ammalato da un anno e sarà insulino-dipendente per tutta la vita il bimbo;

   in tal senso, i genitori si sono impegnati con la pediatria diabetoioga di Reggio Emilia per dotare il piccolo dei più recenti ausili tecnologici per controllare adeguatamente questa malattia. In particolare, un microinfusore per evitare le iniezioni di insuline con penne e un sensore per rilevare, anche in remoto tramite una «app» (dai luoghi di lavoro dei genitori, ad esempio), le glicemie in tempo reale;

   il personale della scuola, incaricato di occuparsi del bambino, ha svolto un corso specifico, tenuto dai diabetologi dell'ospedale di cui sopra e con la comunità pediatrica locale, che rilascia un attestato in base al quale gli possono seguire i bambini diabetici anche se – in ultima istanza – viene lasciata loro la libera scelta;

   in tal senso, dopo il mese di prova regolarmente svolto, il personale scolastico ha formalizzato la sua indisponibilità a seguire il bambino, poiché ha ritenuto troppo complesso prendersene cura nel modo adeguato, per questo i genitori, vista l'indisponibilità della scuola, hanno iscritto il bambino in un altro istituto più distante da casa e che, con un maggior aggravio di spese per la famiglia, ha accolto il bambino, il quale, tuttavia, è stato strappato ai suoi amici del paese e all'ambiente nel quale si era inserito;

   la difformità di comportamento tra scuole pone il problema di una normativa unitaria; trovare l'umana accoglienza per un bambino dovrebbe essere un preciso dovere delle scuole e, pertanto, quanto accaduto rende evidenti alcune carenze del sistema che andrebbero affrontate in termini di informazione e formazione del personale educativo e docente che opera in tutte le istituzioni educative;

   per somministrare l'insulina occorre la formazione specifica prevista dal corso ma soprattutto l'alleanza tra la scuola e la famiglia è un atto di volontariato che permette ai bambini un inserimento scolastico in sicurezza e senza discriminazioni;

   in Italia sono 20 mila i bambini e ragazzi che soffrono di diabete di tipo 1, una malattia che non rende diversi e che non è contagiosa;

   oltre ai familiari di bambini diabetici, sono sempre di più le famiglie della scuola italiana che si presentano a scuola chiedendo agli insegnanti di somministrare farmaci (antibiotici o semplici antistaminici) ai propri figli e sono sempre di più le insegnanti che ritengono necessario aiutare le famiglie in questo senso per favorire l'accoglienza di tutti, far sentire anche i bambini con patologie cliniche uguali agli altri ed evitare odiose discriminazioni;

   sarebbe quindi auspicabile che la tutela della sicurezza professionale degli operatori non impedisse il rispetto del diritto allo studio e a una scelta formativa che favorisca la serenità e il benessere del minore, anche se affetto da una patologia clinica –:

   se il Governo sia a conoscenza delle difficoltà dei bambini diabetici nell'inserimento scolastico e quali iniziative intenda mettere in atto per garantire il diritto allo studio di tutti i minori che hanno necessità di farmaci durante l'orario scolastico.
(5-01550)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MORANI, FIANO, SERRACCHIANI, MORGONI, PAITA, CIAMPI, FRAGOMELI, BRUNO BOSSIO, SIANI, RIZZO NERVO, ENRICO BORGHI, VISCOMI, NAVARRA, CENNI, SCHIRÒ, BOSCHI, MADIA, CRITELLI, ROTTA, VAZIO, MOR, ZAN, LACARRA, MARCO DI MAIO, FASSINO, CARNEVALI, MURA, DE FILIPPO, MICELI, NOBILI, MORASSUT, NARDI e CARLA CANTONE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   da una notizia pubblicata su la Repubblica in data 21 febbraio 2019 dal titolo «Foligno, maestro manda all'angolo un bimbo nero: “Bambini guardate quanto è brutto”» parrebbe che, in una scuola di Foligno, un maestro appena entrato in classe abbia additato un bimbo nero e abbia chiesto alla classe se fosse brutto e lo avrebbe costretto a stare tutto il tempo rivolto verso la finestra, per non guardarlo. Parrebbe inoltre che lo stesso maestro abbia fatto la stessa cosa con la sorellina, che frequenta un'altra classe dello stesso Istituto;

   il maestro si è giustificato parlando di un esperimento sociale simile ad altri che girano in rete;

   la dirigente scolastica ha confermato l'episodio, dicendo di avere informato il direttore dell'ufficio scolastico regionale, ritenendo molto grave quello che è emerso –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dell'episodio descritto in premessa e, in caso affermativo, se abbia già svolto le opportune verifiche per chiarire come siano andate le cose;

   quali siano gli orientamenti su quanto accaduto e quali iniziative intenda intraprendere per contrastare tali comportamenti e per far sì che la scuola sia un luogo di integrazione e di contrasto a qualsiasi tipo di discriminazione e razzismo.
(4-02331)


   LEGNAIOLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   organi di stampa locale di Pisa di questi giorni riportano la notizia secondo la quale a Cascina, nelle scorse settimane, la preside di un istituto scolastico cittadino, molto preoccupata per gli episodi di vandalismo che erano avvenuti nei giorni precedenti nelle scuole pisane, al fine di scongiurare l'interruzione delle lezioni, a seguito di una protesta da parte di alcuni studenti, aveva chiesto l'intervento dei militari; in tale circostanza era stato individuato anche uno studente, che, dalle prime informazioni raccolte, sembrava avesse ruolo di leader della protesta medesima;

   i carabinieri, giunti sul posto, avevano cercato di allontanare lo studente dalla scuola e di prenderne le generalità, ma una delle insegnanti era intervenuta cogliendo di sorpresa anche i militari che erano accorsi; la professoressa, come poi avevano spiegato i sindacati e un gruppo di docenti, non sarebbe stata d'accordo sull'intervento dei militari della stazione di Cascina, criticandoli apertamente per poi passare alle vie di fatto;

   stando sempre alle notizie a mezzo stampa, la donna infatti avrebbe colpito con una manata sulla schiena uno dei sottoufficiali intervenuti e, a rendere pubblico l'episodio, era poi stata una nota di alcuni sindacalisti che si erano schierati al fianco dell'insegnante, prendendo le distanze dall'intervento dei militari;

   sempre a quanto si apprende dalla stampa, sarebbe stato aperto un procedimento penale e anche un disciplinare dal punto di vista strettamente scolastico;

   la notizia sta determinando grande imbarazzo in città, allorché l'Arma dei carabinieri gode di grande stima e apprezzamento tanto da parte dei rappresentanti dell'amministrazione comunale quanto da parte dell'intera cittadinanza –:

   se il Governo non ritenga opportuno adottare ogni iniziative di competenza per fare luce sulla vicenda sopra descritta, tenuto conto dei fatti emersi, anche al fine di tutelare l'onorabilità e la professionalità dell'Arma dei carabinieri.
(4-02337)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   TESTAMENTO, PARENTELA, VILLANI, PALLINI, MANZO, GIANNONE e AMITRANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, recante disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria, convertito dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136, prevede, all'articolo 25-ter il «trattamento di mobilità in deroga per i lavoratori occupati in aziende localizzate nelle aree di crisi industriale complessa». Nello specifico al comma 1 del predetto articolo si stabilisce che «il trattamento di mobilità in deroga di cui all'articolo 1, comma 142, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, è concesso, nel limite massimo di dodici mesi, anche in favore dei lavoratori che hanno cessato o cessano la mobilità ordinaria o in deroga dal 22 novembre 2017 al 31 dicembre 2018»;

   tale disposizione amplia l'ambito di applicazione della mobilità in deroga di cui al citato comma 142, sia perché estende la platea dei lavoratori interessati anche a coloro che hanno cessato o cessano la mobilità ordinaria o in deroga dal 22 novembre 2017 al 31 dicembre 2018, sia perché prevede una durata massima di 12 mesi senza il limite temporale del 31 dicembre 2018, quale termine ultimo entro il quale usufruire della prestazione;

   nel messaggio n. 322 del 24 gennaio 2019 l'istituto nazionale previdenza sociale (Inps) ha precisato che, nel liquidare la prestazione, le strutture territoriali dovranno controllare che «la prestazione concessa dalla Regione sia senza soluzione di continuità rispetto alla precedente mobilità ordinaria o in deroga». Tale precisazione fa sì che tra i beneficiari non possano esser ricompresi quei lavoratori che hanno cessato il trattamento di mobilità in periodi antecedenti ottobre 2017. È il caso, ad esempio, di un'ampia platea di lavoratori dello stabilimento ex Ittierre di Isernia il cui trattamento di mobilità ha avuto scadenza differente: alcuni gennaio 2017, altri marzo 2017 e maggio 2017, altri ancora novembre e dicembre 2017 (quest'ultimi potranno, invece, beneficiarne assieme ad altri piccoli gruppi che hanno terminato la mobilità nel 2018);

   ai fini dell'erogazione della mobilità in deroga, un intervallo temporale più ampio è stato previsto nell'articolo 25-bis del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, per le aree di crisi industriale complessa di Termini Imerese e di Gela, per le quali è stato deciso un prolungamento della mobilità in deroga per tutti quei lavoratori che «alla data del 31 dicembre 2016 risultano beneficiari di un trattamento di mobilità ordinaria o in deroga»;

   la legge 30 dicembre 2018, n. 145, ha stanziato cospicue risorse per i trattamenti di cassa integrazione e mobilità in deroga. Nello specifico l'articolo 1, comma 282, stabilisce che «al fine del completamento dei piani di recupero occupazionali previsti, le restanti risorse finanziarie di cui all'articolo 44, comma 11-bis del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, [...] nonché le restanti risorse finanziarie previste per le specifiche situazioni occupazionali esistenti nella Regione Sardegna dall'articolo 1, comma 1 del decreto-legge 9 maggio 2018, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 2018, n. 83, nonché ulteriori 117 milioni di euro a carico del Fondo Sociale per l'occupazione e formazione, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a) del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, [...] sono ripartite proporzionalmente tra le regioni in base alle rispettive esigenze con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze» –:

   se il Ministro interrogato, sulla scia di quanto previsto per Termini Imerese e Gela, intenda adottare iniziative per riconoscere ed estendere l'erogazione del trattamento di mobilità in deroga, anche ai lavoratori ex Ittierre che hanno terminato il trattamento precedente in periodi antecedenti ottobre 2017.
(5-01552)


   STEFANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   è definitiva la scelta aziendale de La Rinascente di chiudere la sede ventennale di piazza Garibaldi a Padova;

   la motivazione sembrerebbe il «caro affitto»: gli amministratori thailandesi non hanno intenzione di rinnovare il contratto in scadenza nell'anno in corso ritenendo troppo alto il canone di 100 mila euro mensili; per l'amministratore delegato della DueG Investimenti, Tabacchi, invece, «non è vero, ma anche se lo fosse la Rinascente avrebbe pur sempre un prezzo di favore perché centomila euro al mese per 6 mila mq nel cuore della città, ristrutturati non tanto tempo fa, non sono tanti»;

   per i sindacati la vicenda è piena di contraddizioni, considerato che l'incasso della filiale di Padova è ben superiore;

   la vertenza occupazionale si trascina da oltre tre mesi: in tutto 39 lavoratori con contratti a tempo indeterminato e 11 a tempo determinato, più quattro giovani impiegati nel bar panoramico situato all'ultimo piano dello stabile, nonché 25 addetti dell'indotto;

   la proposta aziendale di trasferire i dipendenti nelle altre sedi (Milano, Monza, Torino, Firenze e altre) non era peraltro piaciuta particolarmente sia agli stessi dipendenti che alle rappresentanze sindacali, considerata la distanza delle altri filiali ed il conseguente impatto familiare per i lavoratori coinvolti;

   solo due dipendenti hanno accettato la proposta di trasferimento, uno a Catania e l'altro a Milano;

   per i restanti è stato chiuso un accordo sindacale firmato al tavolo di crisi di lavoro a Venezia con l'assessore regionale Elena Donazzan che prevede un incentivo all'esodo tra le 12 e le 18 mensilità, la possibilità di partecipare ai corsi di outplacement organizzati dalla regione ma pagati da La Rinascente, e il beneficio della «Naspi» per 24 mesi, ovvero 700 euro al mese per due anni –:

   se e quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, il Governo intenda assumere per favorire una ricollocazione occupazionale dei lavoratori interessati che si concili con le esigenze familiari;

   se e quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, il Governo intenda adottare a tutela e salvaguardia di importanti realtà aziendali e occupazionali sul territorio italiano, come La Rinascente a Padova, unica in tutto il Veneto.
(5-01558)

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   i tirocini per l'inserimento lavorativo di tipo C sono rivolti a persone affette da disabilità, svantaggiate e richiedenti asilo;

   recentemente, in Emilia-Romagna, è emerso che la metà dei fondi regionali destinati al lavoro delle fasce deboli, in particolar modo i disabili, è stata destinata a sostegno dei richiedenti asilo;

   nello specifico, su 3.961 tirocini di tipo C autorizzati dalla regione in tutto il 2018, circa il 48 per cento ed esattamente 1.758, sono stati assegnati a richiedenti asilo mentre ai disabili ne sono andati 1.148 e 725 a persone svantaggiate non disabili, come ex degenti di istituti psichiatrici, tossicodipendenti, alcolisti, minori con difficoltà familiari e affidati ai servizi sociali;

   la metà dei percorsi di avviamento e inserimento al lavoro dedicati alle fasce deboli finirebbero dunque per riguardare i richiedenti asilo;

   a Bologna 386 tirocini su 638 sono andati a richiedenti asilo e solo 97 a persone affette da disabilità, a Ferrara, su 365 percorsi avviati, 169 sono stati dedicati agli immigrati, mentre solo 140 sono andati ai disabili;

   tali dati sarebbero analoghi anche a Parma dove ai richiedenti asilo sarebbero andati 217 posti su 496 disponibili;

   inoltre, nella provincia di Forlì-Cesena, su 428 tirocini di tipologia C, attivati nel 2018 dalla regione, il 53 per cento hanno coinvolto richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale o umanitaria, mentre solo 57 sono stati riservati a persone svantaggiate e 142 a persone con disabilità;

   invece, a Reggio Emilia il 69 per cento dei tirocini formativi dedicati ai portatori di handicap e alle persone in difficoltà sono stati assegnati ai richiedenti asilo;

   pertanto, tali fondi sarebbero stati assegnati per favorire percorsi di avviamento al lavoro di persone che, il più delle volte, non hanno nemmeno ottenuto lo status di rifugiato e che sono in Italia temporaneamente –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti;

   se intenda acquisire informazioni in merito alle modalità di impiego e alla relativa destinazione, nelle singole regioni, con particolare riferimento all'inserimento lavorativo delle fasce più deboli;

   se intenda assumere iniziative di carattere normativo al fine di garantire una distribuzione realmente equa di tali fondi, dando priorità di accesso ai cittadini italiani rientranti nelle fasce cosiddette deboli.
(4-02336)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   MURA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   l'eccezionalità degli eventi atmosferici delle giornate scorse (in particolare, 10 e 11 ottobre 2018) ha determinato danni consistenti ai territori della Sardegna meridionale (Cagliari e hinterland, Costa sulcitana, Sarrabus e Ogliastra);

   come rappresentato in queste ore dalle associazioni degli imprenditori agricoli e degli allevatori, oltre che su infrastrutture viarie urbane ed extraurbane, anche a uso agricolo e case di civile abitazione, si calcolano danni consistenti (ancora in corso di quantificazione) a carico del sistema agricolo sardo (campagne e serre allagate e inaccessibili, vigneti e agrumeti prossimi al raccolto distrutti, ovili e aziende agricole isolate e inaccessibili, perdita di capi bovini e ovini) –:

   se intenda adottare le iniziative di competenza per riconoscere lo stato di calamità e definire uno specifico piano di interventi per ripristini, risarcimenti e messa in sicurezza della superficie agricola e delle relative infrastrutture al fine di ridurre il livello di vulnerabilità del territorio.
(4-02343)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MICELI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   a fronte di quanto stabilito dalla cosiddetta «legge Madia» (decreto legislativo n. 75 del 2017) e dalle successive circolari ben 647 contrattisti amministrativi a tempo determinato dell'azienda sanitaria pubblica di Palermo (ex lavoratori socialmente utili), da oltre 25 anni, attendono la stabilizzazione all'interno della pubblica amministrazione;

   i suddetti contrattisti hanno iniziato l'attività lavorativa come lavoratori socialmente utili nelle ex aziende unità sanitarie locali (oggi unificate nell'Asp di Palermo), nell'arco temporale 1991-1996 fino al dicembre 2004, anno in cui è stato contrattualizzato a tempo determinato, fino a tutt'oggi;

   nel corso degli anni, tale personale, con il progressivo pensionamento del personale strutturato, si è trovato a gestire in totale autonomia interi uffici e servizi strategici ed essenziali dell'azienda (centro unico prenotazioni, ufficio stipendi, ufficio personale, eccetera), con diligenza e professionalità, anche in situazioni di emergenza relative ad aspetti tecnici o normativi (esenzioni online, flussi di emergenza-urgenza, eccetera), risultando indispensabile all'azienda per assicurare le proprie funzioni;

   l'Asp di Palermo occupa un territorio coincidente con quello della provincia omonima, ed è suddivisa, territorialmente e funzionalmente, in nove distretti sanitari, la cui area corrisponde, per l'area urbana, a tutto il territorio cittadino più alcuni comuni limitrofi, mentre, per l'area extraurbana, a quella delle ex unità sanitarie locali confluite, nel 1995, nell'azienda. Tale ambito è molto vasto; infatti, si estende dal comune di Balestrate a quello di San Mauro Castelverde, da Petralia Soprana a Corleone, compresi centri urbani come Palermo, capoluogo di provincia, per un totale di 83 comuni;

   fanno parte di questo territorio anche le isole di Lampedusa, Linosa ed Ustica, per una popolazione totale pari a 1.243.638 persone;

   la soluzione prospettata del ricorso alle società partecipate appare alquanto discriminante per questi lavoratori, nei confronti dei colleghi delle altre aziende sanitarie pubbliche siciliane, già da tempo stabilizzati nelle rispettive aziende di appartenenza;

   la «legge Madia» consente di superare il concetto di «dotazione organica» in precedenza riferito a percentuali numeriche;

   la contrarietà all'ipotesi delle società partecipate è stata espressa anche dalle organizzazioni sindacali e dalla rappresentanza sindacale unitaria dell'azienda sanitaria pubblica di Palermo nell'incontro del 24 settembre 2018 avvenuto presso l'assessorato regionale;

   in data 23 novembre 2018, il dipartimento della funzione pubblica rispondeva all'assemblea regionale siciliana in merito a un parere richiesto sull'applicabilità per il personale precario costituito dai lavoratori socialmente utili (Lsu) del «decreto Madia», affermando l'applicabilità a questo personale del comma 1 dell'articolo 20, del decreto legislativo n. 75 del 2017;

   in data 22 gennaio 2019, nell'incontro svoltosi presso l'assessorato regionale della salute, il nuovo commissario dell'Asp di Palermo, dottoressa Daniela Faraoni, ha presentato il suo «piano programma» di stabilizzazione del personale contrattista ex Lsu, che a giudizio dell'interrogante non può assolutamente rappresentare una soluzione idonea alla stabilizzazione dei lavoratori, anche per il fatto di non «sanare» la totalità dei lavoratori interessati;

   la situazione determinatasi è assai grave e necessita di essere affrontata con massima urgenza –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, i Ministri interrogati ritengano di promuovere, al fine di garantire, in tempi rapidi, ai 647 contrattisti amministrativi a tempo determinato dell'Asp di Palermo un percorso di stabilizzazione coerente con le attività svolte in quasi 30 anni di lavoro, e rispettoso di quanto stabilito dal decreto legislativo n. 75 del 2017.
(5-01553)

Interrogazione a risposta scritta:


   ROSATO. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il sistema informatico NoiPA gestisce i dati dei dipendenti della pubblica amministrazione e produce il cedolino mensile unificando in un'unica busta paga le competenze fisse e continuative e quelle accessorie, garantendo la puntuale imposizione fiscale mensile al dipendente, la corretta certificazione della posizione contributiva e la predisposizione per il versamento delle ritenute mensili;

   aderiscono alla piattaforma, con apposite sezioni dedicate, anche le amministrazioni del comparto scuola, sicurezza e soccorso pubblico, sanità;

   con particolare riferimento a questi settori – ed in particolar modo a quello della scuola e del soccorso pubblico – risultano essere numerose le segnalazioni circa notevoli ritardi nella corresponsione degli stipendi mensili del personale assunto a tempo determinato o con contratti saltuari: insegnanti con contratti annuali, insegnanti supplenti e vigili del fuoco volontari;

   è del tutto evidente che un ritardo nel versamento degli stipendi, talvolta perfino di alcuni mesi, comporta per questi dipendenti notevoli complicazioni di natura economica che, se ripetute nel tempo, possono provocare talune conseguenze –:

   quali iniziative il Governo intenda attivare per garantire una maggiore efficienza del sistema informativo NoiPA, assicurando il pagamento tempestivo delle retribuzioni del personale.
(4-02330)

SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   l'ospedale «Tiberio Evoli» di Melito di Porto Salvo già da troppo tempo non assicura i bisogni della salute e dei cittadini;

   il presidio medico in questione – uno dei più importanti dell'area della città metropolitana di Reggio Calabria – infatti, versa in condizioni disastrose ed inaccettabili: esso non dispone di ascensore monta-lettighe e di uscite di emergenza, la sala obitoriale è da tempo chiusa, manca un reparto di riabilitazione neurologica e quello di ortopedia non è stato ancora riaperto in seguito alla «chiusura temporanea» del 12 giugno 2017; molti altri sono i padiglioni chiusi;

   l'insieme delle problematiche relative al nosocomio di Melito rileva anche gravi condizioni di degrado strutturale che, unitamente ad una presenza di personale medico e paramedico ridotta ai minimi termini, pone gli utenti, che per necessità di urgenza vi si recano, in condizioni di insicurezza, stante lo stato di forte e pericoloso degrado corticale e strutturale dell'edificio, non a norma secondo i parametri imposti dalle vigenti normative edilizie ed antisismiche;

   l'ospedale risulta altresì privo di un reparto di pediatria o neonatologia ed urge la riapertura di un punto nascita;

   in particolare, sull'assenza del punto nascita nell'ospedale «Tiberio Evoli», si deve evidenziare come lo stesso sia stato chiuso senza preavviso, né consultazione dei cittadini che in proposito lamentano gravi difficoltà viarie, come si evince da un recente rapporto dell'Osservatorio civico sul federalismo in sanità;

   ma l'elenco delle disfunzioni e carenze non termina, purtroppo, qui: sarebbe necessario dotare l'ospedale di un'altra ambulanza, dell'apparecchio per la risonanza magnetica, acquistato da tempo, e – ad oggi – non presente nell'unità operativa Melito Porto Salvo;

   tra le tante necessita e carenze, se ne evidenziano altre che, parimenti, rivestono primaria importanza, quali l'assegnazione di un cardiologo per la cardiologia e riabilitazione, oltre alla necessità di un emogasanalizzatore, di uno spirometro per spirometria globale e la diffusione alveolo capillare, oltre che di un fibrolaringoscopio con un otorino nella unità operativa di otorinolaringoiatria, anch'essa chiusa da tempo;

   l'ospedale di Melito di Porto Salvo pare ormai l'agnello sacrificale da offrire su due altari: quello dell'inerzia politica e quello delle scelte amministrative penalizzanti i territori privi di rappresentanza;

   insomma, una situazione vergognosa che i cittadini, ma lo Stato in primis non deve, ma soprattutto non può più tollerare;

   invero, nel campo dei servizi sanitari, l'intervento statale si fonda su due sostanziali cardini: la competenza esclusiva a determinare i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, ex articolo 117, comma 2, lettera m), della Costituzione e quella concorrente in materia di tutela della salute: diritti all'evidenza fortemente compressi dalla descritta situazione;

   del resto, la Nota di aggiornamento al DEF, evidenzia che al fine di garantire l'erogazione dei livelli di assistenza (Lea) e consentirne la continuità nell'erogazione nell'ambito delle attività ospedaliere a rischio interruzione (in particolare a quelle inerenti l'emergenza ospedaliera e territoriale nonché della medicina generale), il Ministero della salute ha previsto un apposito intervento normativo. Si rileva inoltre che la qualità del sistema di cura prevede la piena attuazione del decreto 2 aprile 2015 n. 70, che definisce gli standard qualitativi, strutturali, quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera, oltre che l'aderenza degli enti del servizio sanitario nazionale, al Programma nazionale esiti (Pne), con l'obiettivo di rendere omogenei su tutto il territorio nazionale la qualità, i volumi e gli esiti delle cure, coniugando l'efficienza economica con l'accessibilità dei servizi;

   è del tutto evidente, dunque, che l'assenza di un tempestivo intervento che, in ottemperanza agli impegni programmaticamente assunti, affronti le criticità del presidio ospedaliero in questione, comporterebbe una irragionevole soppressione dei diritti costituzionalmente garantiti degli abitanti dell'area Grecanica –:

   quali iniziative intenda intraprendere con urgenza, il Ministro interpellato, per quanto di competenza, per garantire il fondamentale diritto alla salute dei cittadini di Melito di Porto Salvo e delle zone limitrofe, in particolare con riferimento alla revisione e all'aggiornamento dei criteri previsti dal decreto 2 aprile 2015 n. 70;

   se non ritenga opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza, con tempestività, nell'ambito del Patto nazionale per la salute, affinché siano previsti nell'ospedale «Tiberio Evoli» il «Punto Nascita», unitamente ai reparti di neonatologia e pediatria.
(2-00283) «Maria Tripodi, Cassinelli, Bagnasco, Carrara, Silli, Pentangelo, Santelli, Occhiuto, Cannizzaro, Calabria, Benigni, Porchietto, Sorte, Pedrazzini, Cattaneo, Perego Di Cremnago, Ruggieri, Mulè, Tartaglione, Vito, Dall'Osso, Fascina, Ripani, Cortelazzo, Bendinelli, Barelli, Bond, Baratto, Battilocchio, Spena».

Interrogazioni a risposta scritta:


   GABRIELE LORENZONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la condizione di commissariamento della sanità nel Lazio sta determinando tagli ai servizi, trasferimenti di competenze e accorpamenti dei reparti, in favore delle strutture di Roma, nell'ottica di razionalizzazione e riorganizzazione di cui al decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70;

   l'atto aziendale della A.s.l. di Rieti approvato dal decreto del commissario adacta del 15 gennaio 2019 U00004, in applicazione del decreto del commissario adacta del 2 luglio 2014 U00219, prevede il depotenziamento del laboratorio di analisi del nosocomio reatino con ulteriore trasferimento di lavorazione dei campioni di sangue presso la struttura ospedaliera «San Filippo Neri» di Roma, con gravi ripercussioni sulla qualità degli esami stessi, visti i tempi di percorrenza e l'inadeguatezza della rete stradale che collega il capoluogo sabino alla Capitale;

   nel decreto del commissario ad acta U00207 del 20 giugno 2014 è stabilito che l'ospedale di Rieti sia punto di raccolta sangue da inviare al «San Filippo Neri» e, in caso di necessità, fornito da quest'ultimo all'indirizzo della struttura del capoluogo sabino, determinando il trasferimento del centro trasfusionale. Allo stato attuale risulta essere l'ospedale di Rieti a integrare le scorte di sangue spesso carenti dell'ospedale romano;

   nel decreto del commissario ad acta U00116/2018 vengono definite le linee di indirizzo per l'organizzazione di anatomia patologica della regione Lazio, ridimensionando l'unità reatina, senza tener conto del fondo costituito dalle donazioni devolute dalle associazioni di volontariato per l'ampliamento del reparto de quo, integrando la biologia molecolare, e non gravando quindi sul bilancio regionale;

   l'ospedale «San Camillo De Lellis» di Rieti, dopo i drammatici eventi sismici del 24 agosto 2016 che hanno causato il crollo dell'ospedale «Grifoni» di Amatrice, è l'unica struttura presente nell'intera provincia di Rieti;

   gli indici epidemiologici del nosocomio reatino non sono in flessione e il numero di esami effettuati risulta in media superiore ai 2.000.000 annui, collocandosi al di sopra degli standard previsti come laboratorio di base;

   la provincia di Rieti è l'unica del Lazio a non detenere un «Hub» nonostante le caratteristiche orografiche e infrastrutturali delle stessa; infatti, dal punto prelievi del Pass di Amatrice all’«hub» San Filippo Neri di Roma vi è una distanza di 144 chilometri e 2 ore e 10 minuti di tempo medio di percorrenza;

   l'articolo 17-bis del decreto-legge n. 8 del 9 febbraio 2017, convertito, con modificazioni dalla legge 7 aprile 2017 n. 45, consente ai comuni del cratere sismico di cui agli allegati 1, 2, 2-bis del decreto-legge n. 189 del 2016 tra cui Rieti, la disapplicazione della normativa di cui al decreto ministeriale 2 aprile 2015 n. 70 in materia di riorganizzazione della rete ospedaliera e piano di rientro delle aziende ospedaliere, per 48 mesi successivi alla data di entrata in vigore, ossia dal 10 febbraio 2017 –:

   se previo parere favorevole del tavolo di monitoraggio di cui al decreto del Ministero della salute del 29 luglio 2015, il Governo intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, al fine di sospendere l'efficacia dei decreti del commissario ad acta del Lazio, volti a depotenziare il laboratorio di analisi, il centro trasfusionale, l'anatomia patologica e, in generale, tutta la struttura dell'ospedale «San Camillo De Lellis» di Rieti ai sensi del decreto-legge n. 8 del 9 febbraio 2017.
(4-02340)


   FERRO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 32 della Costituzione garantisce il diritto alla salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività;

   presso la maggior parte delle strutture sanitarie pubbliche del territorio nazionale non sono rispettati i tempi stabiliti dal piano nazionale di governo delle liste di attesa (P.n.g.l.a.) 2010-2012 (intesa Stato-regioni del 28 ottobre 2010) ancora in vigore, oltre che dai piani regionali (P.r.g.l.a.) che al primo devono seguire e conformarsi, se non riportare una disciplina in melius;

   è stato attivato il numero di pubblica utilità 1500 sul tema delle liste di attesa per dare informazioni sulle modalità di accesso alle prestazioni garantite dal servizio sanitario nazionale e raccogliere eventuali segnalazioni sulle esperienze dei cittadini, diretto alla realizzazione di un nuovo P.n.g.l.a., in accordo con le regioni e le province autonome, ma tramite il quale non è possibile effettuare prenotazioni di prestazioni sanitarie, denunciare ovvero fornire valutazioni cliniche sulle prescrizioni effettuate dal medico;

   è stato redatto lo schema di intesa tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sul P.n.g.l.a. per il triennio 2018-2020, di cui all'articolo 1, comma 280, della legge n. 266 del 2005, n. 266;

   il decreto legislativo n. 124 del 1998 statuisce, all'articolo 3, comma 13, che «qualora l'attesa della prestazione richiesta si prolunghi oltre il termine fissato dal DG ai sensi dei commi 10 e 11, l'assistito può chiedere che la prestazione venga resa nell'ambito dell'attività libero-professionale intramuraria, ponendo a carico dell'AUSL di appartenenza e dell'azienda unità sanitaria locale nel cui ambito è richiesta la prestazione, in misura eguale, la differenza tra la somma versata a titolo di partecipazione al costo della prestazione e l'effettivo costo di quest'ultima, sulla scorta delle tariffe vigenti. Nel caso l'assistito sia esente dalla predetta partecipazione l'azienda unità sanitaria locale di appartenenza e l'azienda unità sanitaria locale nel cui ambito è richiesta la prestazione corrispondono, in misura eguale, l'intero costo della prestazione. Agli eventuali maggiori oneri derivanti dal ricorso all'erogazione delle prestazioni in regime di attività libero-professionale intramuraria si fa fronte con le risorse di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni ed integrazioni, con conseguente esclusione di ogni intervento finanziario a carico dello Stato»;

   laddove alla presentata richiesta non segua risposta in tempi congrui è riconosciuta all'utente la possibilità di rivolgersi a professionisti o strutture di natura privata non convenzionate e, successivamente, di ricevere il rimborso delle spese anticipate a tal fine;

   il rimborso del costo del trattamento effettuato senza preventiva autorizzazione è giustificato se sussistono i presupposti della necessità, urgenza, efficacia, appropriatezza e mancanza di analoghi trattamenti già erogati dal servizio sanitario nazionale;

   non sempre l'assistito ha la possibilità di anticipare tali spese e nella fortunata ipotesi in cui il cittadino possa far fronte ai costi, si determina comunque un aggravio per la spesa pubblica (differenza tra costo del ticket, laddove dovuto, e costo effettivamente sostenuto); inoltre, il ritardo nella fase diagnostica si ripercuote, sulla salute del paziente –:

   quali iniziative urgenti intenda adottare per monitorare il fenomeno sopra esposto e quali iniziative di competenza intenda assumere per assicurare le cure e il diritto a poter effettuare gli esami strumentali e propedeutici, oltre agli interventi chirurgici prescritti, a chiunque e nei tempi anche legislativamente previsti;

   quali improcrastinabili iniziative di competenza intenda assumere per garantire il diritto alle cure per i meno abbienti e a quanto ammonti il costo annuo derivante dal rimborso spese.
(4-02342)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   CIABURRO e CARETTA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   all'articolo 45, comma 2, lett. a) del decreto legislativo n. 177 del 2005 («testo unico della radiotelevisione») viene espressamente specificato che il servizio pubblico radiotelevisivo deve garantire obbligatoriamente «la diffusione di tutte le trasmissioni televisive e radiofoniche di pubblico servizio della società concessionaria con copertura integrale del territorio nazionale»;

   in data 27 luglio 2017 è stato approvato lo schema di convenzione stipulata tra il Ministero dello sviluppo economico e la Rai spa, in qualità di società concessionaria dell'esercizio del servizio pubblico radiotelevisivo. Fra gli obblighi imposti alla società concessionaria è espressamente indicato nel contratto di servizio 2018-2022 che la Rai spa deve «garantire la fornitura del servizio pubblico(...) assicurando la ricevibilità gratuita del segnale al 100 per cento della popolazione»;

   nonostante gli obblighi sopracitati, innumerevoli cittadini piemontesi vivono da anni il disagio causato dai problemi di ricezione del segnale Rai o dalla mancanza totale dello stesso. Troppe, infatti, sono ancora le case e gli esercizi commerciali che soffrono di lunghissimi periodi di totale o parziale oscuramento dei canali Rai. Le cifre della statistica condotta dal Corecom sono infatti impietosi. Tra comuni montani e collinari, la percentuale di chi non riesce a vedere la è del 19 per cento mentre va lievemente meglio (13 per cento) nei comuni «parzialmente montani». Alcune delle situazioni più gravi però, riguardano la valle di Lanzo (20 per cento) e la Valsusa, dove il segnale Rai è un mistero per il 26 per cento degli abitanti, mentre si sale addirittura al 32 per cento tra i comuni dell'alta Langa, al 41 per cento tra i comuni del Monviso, fino al clamoroso 58 per cento della Valle Elvo;

   è senza dubbio assurdo, al netto delle cause che generano il mancato servizio, che ai cittadini piemontesi, che pagano regolarmente il canone Rai, venga negato un servizio pubblico così essenziale. L'iniquità che subiscono da anni gli utenti dei comuni piemontesi è gravissima. Quest'ultimi infatti, non potendo usufruire direttamente dei servizi offerti dalle tre emittenti pubbliche, sono molto spesso costretti al pagamento di costi extra legati alla ricezione dei servizi satellitari o alla costruzione di linee via cavo private –:

   quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza e in coordinamento con gli enti territoriali interessati, al fine di garantire alle popolazioni ivi residenti l'accesso completo al segnale radiotelevisivo;

   se non ritenga necessario, a causa dei disagi subiti dai cittadini dei comuni piemontesi, valutare la possibilità di adottare iniziative per sospendere il pagamento del canone Rai fintanto che non sia garantito il servizio di trasmissione.
(3-00550)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ANZALDI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in data 14 febbraio 2019 presso il Ministero dello sviluppo economico si è tenuto un incontro, risultato infruttuoso, riguardante il futuro della Ferrosud di Matera azienda operante nel comparto ferroviario;

   le organizzazioni sindacali hanno stigmatizzato non solo il ritardo con cui si è proceduto alla convocazione della citata riunione, ma soprattutto l'assenza di interlocutori che hanno fatto crescere la preoccupazione circa il futuro dell'impianto;

   è stata chiesta contestualmente la convocazione in, sede ministeriale di una riunione del tavolo «Ferrosud» chiedendo soprattutto la presenza dei commissari, considerate le crescenti difficoltà che sta incontrando il sito produttivo;

   si parla di un impianto i cui lavoratori hanno già visto una decurtazione del proprio orario del 50 per cento, della mancanza di lavori, di ritardi nei pagamenti da parte di alcuni committenti tra cui Rfi, della mancanza di liquidità che di fatto ha impedito il regolare pagamento della mensilità di gennaio, nonché dell'anomalia di ditte esterne che continuano ad operare;

   sullo sfondo vi è la proposta di transazione presentata dal gruppo Malena al commissario di Governo e che ora risulterebbe essere al vaglio di vigilanza del Ministero dello sviluppo economico che dovrebbe valutarne la congruità;

   anche sulla possibilità di cessione di ramo d'azienda permangono tutte le preoccupazioni delle organizzazioni sindacali che puntano a non smantellare il sito produttivo tutelando il know how dei lavoratori –:

   se e in quali tempi il Governo intenda accogliere la richiesta formulata dalle organizzazioni sindacali per quel che concerne la convocazione di una nuova riunione del tavolo presso il Ministero dello sviluppo economico riguardante il sito Ferrosud di Matera e se sia intenzione del Governo valutare la possibilità di intraprendere una azione di intervento di compartecipazione pubblica, diretta, per il rilancio dell'impianto.
(5-01559)

Apposizione di firme ad una mozione.

  La mozione Molinari e altri n. 1-00124, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 febbraio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Cardinale, Critelli, D'Alessandro, Dal Moro, Incerti, Portas.

Apposizione di firme a risoluzioni.

  La risoluzione in Commissione Comencini e altri n. 7-00183, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 febbraio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Zoffili.

  La risoluzione in Commissione Leda Volpi e altri n. 7-00187, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 febbraio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: D'Arrando, Bologna, Sportiello, Mammì, Trizzino, Provenza, Lapia.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Molinari n. 1-00124, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 130 del 20 febbraio 2019.

   La Camera,

   premesso che:

    i fitofarmaci sono intesi dagli agricoltori e dai tecnici come rimedi per difendere le piante dai loro nemici e pertanto da utilizzare nelle giuste dosi, solo quando necessari e rispettando i tempi di carenza e, cioè, il periodo intercorrente fra il trattamento e l'uso alimentare delle piante trattate. Vengono utilizzati sia nell'agricoltura integrata, che in quella biologica. Nell'agricoltura biologica si ricorre a fitofarmaci prevalentemente di origine naturale. I limiti di legge sui residui di fitofarmaci presenti negli alimenti sono oggi fissati in modo molto prudenziale;

    l'evoluzione legislativa dell'Unione europea per un uso sostenibile dei prodotti fitosanitari utilizzabili per difendere le colture agricole da attacchi di parassiti, funghi e insetti ha introdotto, riconoscendone l'impatto negativo sull'ambiente e sulla salute umana, criteri sempre più restrittivi di valutazione, determinando una riduzione delle sostanze attive autorizzate, che sono passate da circa un migliaio a poco meno della metà;

    il sistema europeo di autorizzazione e di controllo degli agrofarmaci, quindi, è il più stringente al mondo e questo comporta che se un fitofarmaco è regolarmente in commercio nell'Unione europea vuol dire che dal sistema di analisi europeo non è emerso alcun elemento concreto che ne giustifichi la messa al bando;

    a livello europeo il riconoscimento dell'impatto negativo dei fitofarmaci sull'ambiente e sulla salute ha determinato l'emanazione della direttiva 2009/128/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, che ha istituito un quadro per l'utilizzo sostenibile dei prodotti fitosanitari con l'obiettivo di ridurne progressivamente l'uso ed i rischi associati all'impiego di tali prodotti;

    in Europa l'obiettivo prioritario della riduzione del rischio legato all'impiego dei fitosanitari è stato recentemente ribadito con l'approvazione della risoluzione del Parlamento europeo del 16 gennaio 2019, che individua le priorità del principio di trasparenza, di tutela dell'ambiente e della salute puntando alla revisione della procedura di autorizzazione dei fitosanitari nell'Unione europea. Tali priorità sono rese necessarie dal fatto che le decisioni di «autorizzazione sulle sostanze attive recentemente sviluppate e sui prodotti fitosanitari sono invariabilmente adottate in un contesto di incertezza per quanto riguarda l'impatto reale» e che «manca un monitoraggio post autorizzazione» e «dati sui quantitativi esatti di ciascun prodotto fitosanitario applicato, sull'attuazione e sull'efficacia delle misure di mitigazione e sui potenziali effetti nocivi per la salute umana e animale e per l'ambiente»;

    i controlli effettuati a livello comunitario su 48.000 campioni e valutati da Efsa (Autorità europea per la sicurezza agroalimentare) indicano che il 97,2 per cento dei prodotti alimentari analizzati (valore che sale al 98,6 per cento per l'Italia) presenta valori dei residui al di sotto delle soglie di legge e pertanto sono da ritenersi sicuri per il consumatore;

    i limiti sui residui di fitosanitari negli alimenti e i relativi controlli a livello europeo e nazionale, come previsto dalle norme vigenti, prendono in esame solo il singolo principio attivo senza tener in considerazione l'aspetto del multiresiduo e la valutazione degli effetti sinergici derivanti dalla contemporanea presenza di più principi attivi in uno stesso alimento, anche se ognuna in concentrazioni entro i limiti di legge;

    l'Italia dispone di una legislazione molto restrittiva circa l'autorizzazione e l'impiego dei fitofarmaci, caratterizzata soprattutto da norme che ne impongono l'uso limitato a quanto strettamente necessario per garantire la sicurezza alimentare ed elevati standard quantitativi e qualitativi delle produzioni agroalimentari;

    relativamente ai controlli ufficiali sull'immissione in commercio e sull'utilizzazione dei prodotti fitosanitari, opera anche il dipartimento dell'ispettorato centrale per la tutela della qualità e repressioni frodi dei prodotti agroalimentari. L'ispettorato, infatti, effettua sistematicamente verifiche finalizzate alla corretta commercializzazione dei mezzi tecnici utilizzati in agricoltura (fertilizzanti, sementi e fitofarmaci), attraverso controlli ispettivi, l'esame dei dispositivi di etichettatura e dei relativi sistemi di tracciabilità, nonché mediante il prelievo di campioni che vengono sottoposti alle analisi chimico-fisiche per la verifica della rispondenza merceologica dei prodotti agli standard di legge;

    il piano d'azione nazionale per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, adottato con decreto ministeriale del 22 gennaio 2014 in attuazione del decreto legislativo 14 agosto 2012, n. 150, che recepisce la direttiva 2009/128/CE, evidenzia significative criticità in ordine alla necessità di una più attenta individuazione degli obiettivi quantitativi, dei tempi per la riduzione dei rischi e dell'impatto dei pesticidi sulla salute umana e sull'ambiente. Particolare rilevanza all'interno del piano riveste l'azione di monitoraggio volta a verificare i progressi compiuti e ad evidenziare le criticità, anche per consentire alle amministrazioni coinvolte di effettuare, nell'ambito delle proprie competenze, la revisione delle misure adottate;

    la scarsa efficacia dell'impianto sanzionatorio e l'insufficiente ricorso a misure di contrasto biologiche agli organismi nocivi suggeriscono una rivisitazione generale dell'impostazione stessa del piano e una migliore definizione degli strumenti e delle risorse necessari a limitare l'uso dei fitofarmaci;

    le regioni e le province autonome, al fine di rilevare la presenza e gli eventuali effetti derivanti dall'uso di prodotti fitosanitari nell'ambiente acquatico, effettuano i monitoraggi dei residui di prodotti fitosanitari nelle acque, tenendo conto anche degli indirizzi specifici che sono stati forniti dall'Ispra;

    la presenza di pesticidi nelle acque italiane, sia superficiali che sotterranee, è fonte di allarme da parte degli stessi istituti di ricerca; Ispra, nell'ultimo rapporto sui pesticidi nelle acque, evidenzia: «Nel complesso, salgono a quasi 400 le sostanze ricercate in Italia. La situazione è differente tra regione e regione ed è indispensabile incrementare il monitoraggio riguardo a nuove sostanze indicate dalle linee guida dell'Ispra. In generale, sono 35.353 i campioni di acque superficiali e sotterranee analizzate in Italia nel biennio 2015-2016, per un totale di quasi 2 milioni di misure analitiche e 259 sostanze rilevate (erano 224 nel 2014). Nel 2016, in particolare, sono stati trovati pesticidi nel 67 per cento dei 1.554 punti di monitoraggio delle acque superficiali e nel 33,5 per cento dei 3.129 punti delle acque sotterranee, con valori superiori agli standard di qualità ambientale per le acque (sqa) nel 23,9 per cento delle acque superficiali e nel 8,3 per cento delle acque sotterranee. Gli erbicidi, in particolare, rimangono le sostanze riscontrate con maggiore frequenza principalmente per le modalità ed il periodo di utilizzo che ne facilita la migrazione nei corpi idrici, ma aumenta significativamente anche la presenza di fungicidi e insetticidi»;

    la copertura del territorio nazionale, tuttavia, è ancora incompleta, soprattutto nelle regioni centro-meridionali, in quanto o non sono stati inviati i dati o ne sono arrivati pochissimi e, in generale, la standardizzazione del sistema di rilevazione nel Mezzogiorno presenta forti ritardi;

    in particolare, in merito alle sanzioni disciplinate dall'articolo 24 del citato decreto legislativo, la maggior parte delle penalità trascura le materie relative all'articolo 11, comma 2, su informazione e sensibilizzazione, all'articolo 17 sulla manipolazione e stoccaggio dei prodotti fitosanitari e trattamento dei relativi imballaggi e delle rimanenze e, soprattutto, all'articolo 19 relativamente all'applicazione dei principi generali della difesa integrata obbligatoria;

    ad oggi mancano ancora importanti misure applicative, quali in particolare: le norme sulla trasmissione, alle regioni, delle informazioni rilevanti sulla tossicità, sull'eco-tossicità, sul destino ambientale e sugli aspetti fitosanitari relativi ai prodotti in commercio mediante l'utilizzo di apposite banche dati (punti A 5.2, A 5.8.1 del piano d'azione nazionale per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari); le norme volte a vietare la vendita dei prodotti fitosanitari attraverso i canali alternativi, come la vendita on-line (articolo 10, comma 6, del decreto legislativo n. 150 del 2012); la definizione di programmi di informazione e sensibilizzazione della popolazione sui rischi e sui potenziali effetti acuti e cronici per la salute umana (punto A 2.1 del piano d'azione nazionale per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari); la rete di collegamento tra le iniziative di ricerca in essere e l'attivazione di nuovi progetti e le misure da adottare nelle aree di influenza delle acque di balneazione (punto D del piano d'azione nazionale per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari); l'adozione dell'atto integrativo relativo all'agricoltura biologica (punto A.7.4. del piano d'azione nazionale per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari) con la quantificazione degli obiettivi e che individui gli strumenti idonei per l'incremento delle superfici condotte con il metodo dell'agricoltura biologica; l'individuazione di adeguati sistemi di monitoraggio e controllo sugli aspetti relativi alla deriva per garantire la tutela della popolazione, dei corpi idrici e delle produzioni biologiche a rischio di declassamento in caso di contaminazione; l'accoglimento delle richieste di amministrazioni e cittadini in caso di trattamenti con fitofarmaci di adeguate distanze dai confini privati e dalle abitazioni di privati oltre all'obbligo di avviso;

    sono noti i casi in cui il reiterarsi quasi automatico delle emergenze, per le quali si è autorizzata l'immissione in commercio di un prodotto fitosanitario in base all'articolo 53 del regolamento (CE) n.1107/2009, trasforma queste deroghe in prassi ordinaria generando un utilizzo pressoché costante di alcuni principi attivi su colture o avversità diverse da quelle su cui erano normalmente autorizzati, spesso approvati ma non presenti in prodotti fitosanitari autorizzati in Italia, ovvero in corso di approvazione (nuove sostanze), oppure non ancora approvati ai sensi del citato regolamento;

    i cambiamenti climatici in atto stanno determinando effetti dirompenti sulle produzioni, alternando periodi di siccità ed alluvioni. Tale situazione è, inoltre, aggravata dalla presenza di nuovi parassiti, come ad esempio la Drosophila suzukii e la cimice asiatica, che stanno distruggendo molte produzioni nel nostro Paese;

    le eventuali introduzioni di antagonisti naturali, indispensabili per la lotta biologica e l'agricoltura integrata, debbono seguire le indicazioni previste dallo standard EPPO PM 6/1(1) – First import of exotic biological control agents for research under contained conditions e PM 6/2(1) – Import and release of exotic biological control agents;

    lo stesso articolo 22 della direttiva 92/43/CEE, detta anche «direttiva habitat», indica chiaramente che gli Stati membri «controllano che l'introduzione intenzionale nell'ambiente naturale di una specie non locale del proprio territorio sia disciplinata in modo da non arrecare alcun pregiudizio agli habitat naturali nella loro area di ripartizione naturale, né alla fauna e alla flora selvatiche locali e, qualora lo ritengano necessario, vietano siffatta introduzione»;

    il legislatore italiano, nel recepimento di tale direttiva, con decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, aggiornato e coordinato con il decreto del Presidente della Repubblica 12 marzo 2003, n. 120, non ha tuttavia previsto alcuna possibilità di deroga e non ha delineato nessun percorso autorizzatorio, bloccando di fatto ogni intervento di lotta biologica con utilizzo di antagonisti naturali introdotti da altri areali;

    il disposto di cui all'articolo 12 del citato decreto del Presidente della Repubblica si limita, infatti, a vietare la reintroduzione, l'introduzione e il ripopolamento in natura di specie e popolazioni non autoctone, specificando i termini di «introduzione» e «di non autoctona»;

    la rete nazionale di monitoraggio degli alveari segnala gravi fenomeni di apicidio a seguito di approvvigionamento da parte delle api di acqua utilizzata per fertirrigazione contenente insetticidi impiegati sulla coltura di pomodoro, per trattamenti di colture intensive di agrumeti in presenza di forte essudazione di melata che, in ambienti con scarsa disponibilità di piante nettarifere, è utilizzata dalle api per la produzione del miele;

    associazioni apistiche affermano, sebbene non ci sia certezza sulle molecole che hanno provocato tali conseguenze, che, oltre ai neonicotinoidi, è assai probabile che si sia accentuato un uso pervasivo e irresponsabile di altre molecole neurotossiche, come il piretroide deltametrina o l'insetticida clorpirifos, o il fungicida tebuconazolo, che esplica effetti nocivi sulle popolazioni di api, non previsti e non valutati, o che vengano comunque utilizzati illegalmente neonicotinoidi;

    gli agricoltori sono sempre più professionali nell'uso dei fitofarmaci e lo si deduce dalla graduale diminuzione nei quantitativi totali utilizzati (-1,8 per cento l'anno in Italia dal 2003 al 2016), diminuzione che in parte si deve alla disponibilità di nuove molecole ad impatto ambientale sempre più ridotto ed attive a dosi sempre più basse (decine di grammi per ettaro contro i chilogrammi per ettaro di cui si parla per composti del rame), sempre più utilizzate in maniera sostenibile in agricoltura integrata;

    un'agricoltura sostenibile è un'agricoltura che mira non solo a garantire la sicurezza alimentare attraverso una maggiore produzione, ma aiuta gli agricoltori a soddisfare le loro aspirazioni socio-economiche e culturali e a proteggere e preservare le risorse naturali per soddisfare le generazioni future. Il settore agricolo ed agroalimentare italiano diventerà tanto più competitivo, quanto più sarà in grado di essere sostenibile;

    la riduzione del rischio per la salute umana e per l'ambiente si persegue anche con l'incremento delle superfici ad agricoltura biologica e attraverso un quadro di azioni per l'impiego sostenibile della chimica, lo sviluppo delle tecniche di agricoltura integrata e di approcci e tecniche alternative a quella tradizionale;

    l'agricoltura con metodo biologico e l'agricoltura integrata possono rappresentare modelli ai quali l'agricoltura del futuro potrà guardare e dove il rispetto dell'ambiente potrà essere l'obiettivo primario;

    potrebbe essere utile incentivare la ricerca attraverso iniziative a sostegno degli studi che portino alla realizzazione di preparati che, non solo abbiano un ridotto impatto ambientale, ma che siano in grado di contrastare efficacemente le malattie, mantenendo il benessere delle piante e la rigenerazione dei terreni;

    in virtù della nuova normativa gli agricoltori dovranno utilizzare con maggiore attenzione i fitofarmaci, con l'obiettivo di ridurre significativamente l'uso di agenti chimici in agricoltura, incrementando proporzionalmente l'adozione di sistemi alternativi di difesa delle colture (mezzi agronomici, genetici, igienici, impiego di organismi utili, utilizzo di agrofarmaci selettivi e a minor rischio possibile, dosi ridotte e ridotto numero di trattamenti e altro),

impegna il Governo:

1) a potenziare il sistema dei controlli sull'uso corretto dei pesticidi in agricoltura, incrementando anche i controlli sui prodotti agroalimentari importati dai Paesi terzi per i quali è possibile dimostrare che siano stati trattati con il glifosato oltre la soglia permessa in ambito europeo, al fine di tutelare la filiera produttiva italiana e garantire alti standard di qualità;

2) a vigilare, per quanto di competenza, affinché il monitoraggio del livello di contaminazione da pesticidi nelle acque sia omogeneo su tutto il territorio nazionale e che tutte le regioni si dotino di un piano per la tutela delle acque, al fine di assicurare un alto livello di protezione della salute umana, animale e dell'ambiente;

3) a prevedere iniziative volte ad un utilizzo più responsabile dei fitofarmaci perché l'agricoltura è un settore importantissimo dell'economia italiana ed è importante che possa svilupparsi e continuare a farlo in un'ottica di qualità e di salvaguardia della salute, sia dei consumatori che degli operatori;

4) a porre in essere iniziative volte a sostenere l'utilizzo di buone pratiche agricole che possano essere sempre più sostenibili, in un quadro complesso anche in termini ambientali, allo scopo di raggiungere l'obiettivo di ridurre sempre più nel tempo l'uso dei fitofarmaci, contribuendo a realizzare la maggior protezione possibile di tutte le acque dall'inquinamento;

5) a prevedere, nell'ambito della nuova politica agricola comune, con particolare riferimento alle condizioni di accesso ai «regimi ecologici» da inserire nei piani strategici nazionali, criteri e iniziative volte a favorire pratiche agricole che determinano effetti positivi per la tutela dell'ambiente e il contrasto ai cambiamenti climatici, prevedendo anche adeguati strumenti per la valorizzazione e la promozione dell'agricoltura biologica e per la riduzione della presenza di sostanze chimiche di sintesi negli ecosistemi, e in tal modo rispondere anche alla domanda di cibo sano che viene espressa in misura sempre maggiore dai cittadini;

6) ad intraprendere ogni utile iniziativa volta a rivedere e migliorare il piano d'azione nazionale sull'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, attraverso un processo trasparente, favorendo il coinvolgimento, oltre che delle istituzioni pubbliche e del mondo scientifico, delle associazioni agricole, ambientaliste, dell'agricoltura biologica e dei consumatori e la definizione degli obiettivi quantitativi, delle risorse finanziarie, delle misure e dei tempi per la riduzione dei rischi e degli impatti dei pesticidi sulla salute e sull'ambiente, prescritti dalla direttiva europea n. 2009/128/CE, all'articolo 4, paragrafo 1, valutando l'impatto del piano sui sistemi di agricoltura con metodo biologico e agricoltura integrata, in modo da rendere sempre più competitiva e di qualità la produzione agroalimentare italiana;

7) ad assumere iniziative normative nell'ambito della revisione del piano d'azione nazionale sull'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, affinché siano stabilite le distanze minime di sicurezza dalle abitazioni, dai confini privati e dalle coltivazioni biologiche con l'obbligo di avvisare i residenti prima di ogni trattamento;

8) ad assumere ogni utile iniziativa finalizzata alla promozione di programmi di ricerca su sistemi produttivi agroalimentari sempre più sostenibili e che prescindano dall'utilizzo di fitofarmaci dannosi per la salute umana e per l'ambiente, nonché di programmi che consentano di avere i dati sperimentali affinché le società produttrici di prodotti fitosanitari siano stimolate a registrare nuove molecole a basso impatto ambientale e per la salute umana, anche di origine naturale;

9) a prevedere misure di sostegno alla ricerca del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria nell'ambito dei prodotti fitosanitari di origine naturale, in considerazione della necessità di sviluppare una filiera di principi attivi compatibili con la produzione integrata e l'agricoltura biologica;

10) ad assumere iniziative per rivedere urgentemente il quadro normativo vigente al fine di introdurre deroghe che consentano, ancorché in modo da non arrecare alcun pregiudizio agli habitat naturali interessati, né alla fauna, né alla flora selvatiche locali, interventi mirati di lotta biologica con l'utilizzo di antagonisti naturali provenienti da altri areali;

11) ad assumere iniziative in relazione ai trattamenti antiparassitari con prodotti fitosanitari tossici per le api, al fine di salvaguardarne l'azione pronuba, non solo durante il periodo di fioritura, ma anche in quello di melata, nonché a promuovere, in accordo con le regioni e con le province autonome di Trento e Bolzano, una capillare azione di controllo e vigilanza per la repressione dell'uso, durante i trattamenti chimici in agricoltura, di fitofarmaci e principi attivi vietati o non autorizzati a livello nazionale ed europeo, perché pericolosi per i pronubi;

12) a porre in essere iniziative volte a sostenere la promozione dei controlli di qualità a cui sono sottoposti i prodotti italiani, quale modello di riferimento nel confronto con le altre filiere agroalimentari europee, nel quadro di una promozione del settore agroalimentare italiano e del sistema del made in Italy che contempli efficaci controlli sull'uso dei prodotti fitosanitari, anche nell'ottica di una maggiore tutela del consumatore finale;

13) ad adottare iniziative, anche di carattere normativo, per lo sviluppo dell'agricoltura integrata, come definita dalla legge 3 febbraio 2011, n. 4, anche alla luce delle esperienze già maturate in ambito regionale con particolare riferimento allo sviluppo del sistema di qualità nazionale di produzione integrata (Sqnpi), promuovendo normative per favorirne lo sviluppo e la competitività;

14) a valutare l'opportunità di:

   a) assumere iniziative per rendere più efficace il quadro sanzionatorio, come previsto dall'articolo 24 del decreto legislativo n. 150 del 2012, introducendo misure conseguenti all'inosservanza di tutte le prescrizioni e delle indicazioni previste dalle norme sull'uso sostenibile dei pesticidi;

   b) limitare il più possibile il ricorso alle autorizzazioni in deroga, consentite dall'articolo 53 del regolamento (CE) n. 1107/2009 e rilasciate dal Ministero della salute, ai soli casi realmente necessari al fine garantire che tale possibilità sia utilizzata esclusivamente nella sua più classica accezione di prassi straordinaria e limitata nel tempo;

   c) rafforzare gli strumenti di controllo finalizzati alla verifica delle modalità di vendita dei prodotti fitosanitari, compresa quella che avviene on line, al fine di contrastare fenomeni di elusione delle norme sulla distribuzione e sulla vendita di tali prodotti;

   d) intervenire, presso le competenti sedi unionali, al fine di introdurre a livello europeo un divieto definitivo, e non solo parziale e temporaneo, dei neonicotinoidi e di altri insetticidi sistemici dannosi per i pronubi;

   e) assumere, entro 6 mesi dall'approvazione del presente atto di indirizzo, gli atti e le misure previste dal decreto legislativo n. 150 del 2012 e dal piano d'azione nazionale sull'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari non ancora adottati, per i quali risultino scaduti i termini o per i quali non sia stata stabilita alcuna scadenza;

   f) prevedere nell'ambito della revisione del piano d'azione nazionale sull'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, ai fini della riduzione dell'uso dei fitofarmaci, specifici obiettivi d'incremento della superficie agricola utilizzata coltivata con il metodo dell'agricoltura biologica, a partire dalle aree protette e dai siti Natura 2000, e l'ulteriore diffusione di tecniche sostenibili in agricoltura, anche attraverso l'utilizzo delle nuove tecnologie di precisione funzionali allo sviluppo dell'agricoltura integrata;

   g) promuovere un coordinamento tra le strutture competenti dei Ministeri delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, della salute, al fine di approfondire la relazione tra l'utilizzo dei fitofarmaci e l'impatto su ambiente e salute, nonché per garantire la trasparenza e l'accessibilità a indagini e risultati;

   h) richiedere, nelle opportune sedi europee, una maggiore trasparenza nelle procedure di autorizzazione all'immissione in commercio dei prodotti fitosanitari tramite una revisione del regolamento (CE) 1107/2009, anche mediante l'adozione di un registro pubblico che, fatta salva la protezione dei dati strettamente inerenti al procedimento di produzione della sostanza attiva e del relativo formulato, renda accessibili gli studi inerenti all'impatto ambientale e sulla salute umana del prodotto oggetto di registrazione.
(1-00124) (Nuova formulazione) «Molinari, D'Uva, Gadda, Nevi, Luca De Carlo, Muroni, Viviani, Parentela, Liuni, Cadeddu, Golinelli, Cassese, Lolini, Cillis, Bubisutti, Cimino, Coin, Del Sesto, Gastaldi, Gagnarli, Lo Monte, Gallinella, L'Abbate, Lombardo, Maglione, Alberto Manca, Marzana, Pignatone, Zolezzi, Panizzut, D'Arrando, Bologna, Menga, Sarli, Fornaro, Cenni, Rostan, Cunial, Benedetti, Vitiello, Cardinale, Critelli, D'Alessandro, Dal Moro, Incerti, Portas».

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Mura n. 5-00721 del 15 ottobre 2018 in interrogazione a risposta scritta n. 4-02343;

   interrogazione a risposta scritta Quartapelle Procopio e Andrea Romano n. 4-02322 del 21 febbraio 2019 in interrogazione a risposta orale n. 3-00551.