Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 18 febbraio 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    a più riprese nel dibattito pubblico italiano è stata ventilata l'ipotesi di un blocco navale per arginare i flussi migratori, nonostante – come da ultimo ha ricordato la stessa Ministra Trenta – si tratti di una strada non percorribile trattandosi di un atto ostile, una dichiarazione di guerra nei confronti della nazione di fronte alla quale si vorrebbe attuarlo, che non ha niente a che vedere con il contenimento dell'immigrazione irregolare;

    come ribadito anche dal Sottosegretario per la difesa Angelo Tofalo, in risposta a un'interrogazione dell'onorevole Delmastro Delle Vedove, «il quadro normativo internazionale riconosce tale misura come un metodo di guerra e, quindi, legittimamente adottabile solo nel corso di conflitti armati internazionali sul mare. È un metodo di guerra consolidatosi nel tempo quale norma consuetudinaria di diritto internazionale, volta ad impedire l'entrata ovvero l'uscita di qualsiasi nave dai porti di un Paese belligerante e deve ispirarsi ai principi di effettività e di imparzialità: la sua adozione nei confronti di uno Stato terzo equivale a dare inizio ad un attacco armato. In tempo di pace, a seguito dell'entrata in vigore della Carta delle Nazioni Unite del 1945, il blocco non può ritenersi consentito al di fuori dei casi di legittima difesa ed è previsto dall'articolo 42 della stessa Carta quale misura deliberabile dal Consiglio di sicurezza per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, qualora le misure non implicanti l'uso della forza siano ritenute inefficaci. Il blocco navale non può, quindi, essere associato alle attuali e pregresse attività di controllo dell'immigrazione irregolare via mare portate avanti dalle Forze armate italiane, le quali, non ricadendo nell'ambito di alcun conflitto armato, hanno sempre trovato fondamento in risoluzioni del Consiglio di sicurezza, nelle norme di diritto internazionale applicabili, compresi eventuali accordi internazionali bilaterali e in specifiche norme di legge»;

    come ha affermato il Premio Nobel per la pace già Segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan in un celebre intervento, è importante: «arrivare ad accettare il fatto che gli sforzi miranti a fermare le migrazioni sono destinati a fallire, con ripercussioni devastanti per le vite umane»; «erigere muri più alti non può essere la soluzione», perché «le migrazioni proseguiranno fino a quando non strapperemo i più poveri e i più vulnerabili alle condizioni inaccettabili di vita dalle quali attualmente stanno scappando»; «dobbiamo pertanto predisporre politiche atte a gestire i flussi umani con modalità che arrechino benefìci ai Paesi di origine, di transito e di destinazione dei migranti»;

    è questo l'obiettivo della proposta di legge d'iniziativa popolare depositata il 23 marzo 2018, recante «Nuove norme per la promozione del regolare soggiorno e dell'inclusione sociale e lavorativa di cittadini stranieri non comunitari», che ha raccolto grazie alla campagna «Ero straniero» – promossa da Radicali italiani, Fondazione Casa della carità «Angelo Abriani», Acli, Arci, Asgi, Centro Astalli, Cnca, A buon diritto, Cild, con il sostegno di numerose organizzazioni impegnate sul fronte dell'immigrazione, tra cui Caritas italiana, Fondazione migrantes, Comunità di Sant'Egidio e tante associazioni locali – oltre 90.000 firme depositate;

    obiettivo della proposta è riformare alcuni aspetti della «legge Bossi-Fini» e affrontare le cause dell'irregolarità di decine di migliaia di cittadini stranieri nel nostro Paese, in primis con l'introduzione di forme di regolarizzazione su base individuale degli stranieri irregolari – anche nel caso di richiedenti asilo diniegati – qualora sia dimostrabile la disponibilità in Italia di un'attività lavorativa o di formazione, di legami familiari, sul modello spagnolo del «radicamento» o sul modello della Germania che ha appena approvato una nuova legge sull'immigrazione che prevede la regolarizzazione se c'è un'offerta di lavoro. Si prevede, inoltre, la possibilità di trasformare il permesso di soggiorno per richiesta di asilo in permesso di soggiorno per lavoro anche nel caso del richiedente asilo – anche se diniegato in via definitiva – che abbia svolto un percorso fruttuoso di integrazione e abbia la disponibilità di un datore di lavoro che voglia assumerlo;

    in secondo luogo, la proposta prevede l'introduzione di meccanismi diversificati di ingresso per lavoro tramite: la reintroduzione del sistema dello sponsor, anche da parte di singoli privati, per l'inserimento nel mercato del lavoro del cittadino straniero con la garanzia di risorse finanziarie adeguate e disponibilità di un alloggio per il periodo di permanenza sul territorio nazionale, privilegiando quanti abbiano già avuto precedenti esperienze lavorative in Italia o abbiano frequentato corsi di lingua italiana o di formazione professionale; si introduce, inoltre, il permesso di soggiorno temporaneo (12 mesi) per ricerca di lavoro da rilasciare a lavoratori stranieri per facilitare l'incontro con i datori di lavoro italiani e per consentire a coloro che sono stati selezionati, attraverso intermediari sulla base delle richieste di figure professionali, di svolgere i colloqui di lavoro;

    a livello europeo, la soluzione per la gestione degli arrivi c'è già ed è la proposta di revisione del regolamento 604/2013, detto «Dublino III» approvata dal Parlamento europeo il 16 novembre 2017, che stabilisce un'equa ripartizione della responsabilità relativa all'accoglienza dei richiedenti asilo in Europa; riforma di cui beneficerebbero l'Italia e gli altri Paesi che si affacciano al Mediterraneo, ma fermamente avversata dal cosiddetto «gruppo Visegrad», capitanato dall'Ungheria di Orban, cui si allinea paradossalmente il Ministro dell'interno italiano Matteo Salvini;

    peraltro il Ministro Salvini ha partecipato a un solo vertice europeo sui sei convocati in cui era in discussione la «riforma di Dublino» (la riunione informale di Innsbruck del 12-13 luglio 2018); alla votazione finale al Parlamento europeo, come ricordato più volte dalla relatrice del testo di legge, la parlamentare europea Elly Schlein, i rappresentati del MoVimento 5 Stelle hanno votato contro, mentre quelli della Lega, al contrario dei popolari che hanno votato a favore, si sono astenuti; anche in ambito di commissioni parlamentari, come dimostrato da Elly Schlein, la Lega non ha mai partecipato a nessuna delle 22 riunioni di negoziato svoltesi nel corso di due anni sulla «riforma di Dublino»;

    la strada da percorrere è far sì che gestione dei flussi migratori, accoglienza e integrazione diventino di competenza comunitaria, a partire da un sistema europeo d'asilo e dalla gestione comune degli ingressi per lavoro, più o meno qualificato, e studio; e ancora canali umanitari per chi ha bisogno di protezione, sempre a livello europeo, coinvolgendo comuni e società civile, come nel modello canadese; è quello che è stato proposto con l'iniziativa dei cittadini europei (Ice) «Welcoming Europe. Per un'Europa che accoglie», proposta di iniziativa popolare che punta a decriminalizzare la solidarietà, creare passaggi sicuri e proteggere le vittime di sfruttamento e di abusi alle frontiere, sostenuta da decine di organizzazioni in tutt'Italia e che ha raccolto oltre 60.000 sottoscrizioni di sostegno;

    al contrario, l'effetto delle politiche del Governo – e in particolare del «decreto sicurezza» con l'abrogazione della protezione umanitaria – è produrre un aumento consistente degli immigrati irregolari che più facilmente saranno destinati alla strada, al mercato nero del lavoro se non alle attività illegali gestite dalla criminalità organizzata; è lo stesso effetto che ha avuto la «legge Bossi-Fini», che, restringendo ogni canale di ingresso legale in Italia, ha prodotto solo maggiore illegalità e lavoro nero, tanto da dover ricorrere nel 2002 e nel 2009 a due grosse sanatorie per regolarizzare quasi un milione di persone presenti sul nostro territorio. Si stima che oggi siano almeno 500.000 gli irregolari nel nostro Paese; il loro numero è destinato a crescere e rimpatriarli è impossibile, come ha ammesso lo stesso Ministro Salvini, essendo poche migliaia i rimpatri eseguiti annualmente e non essendoci sufficienti accordi con i Paesi di origine,

impegna il Governo:

1) a sostenere con forza il contenuto della proposta di riforma del «regolamento di Dublino» approvata dal Parlamento europeo e ad adoperarsi per salvare il negoziato sulla revisione del regolamento «Dublino III»; ad opporsi al veto sulla redistribuzione obbligatoria da parte degli Stati contrari al superamento del sistema attuale con il solo obiettivo di non assumersi alcuna responsabilità nella gestione dei flussi migratori verso l'Europa e dell'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, scaricando il peso su alcuni Paesi, innanzitutto l'Italia, e continuando di fatto a violare il principio di solidarietà e di equa ripartizione delle responsabilità di cui all'articolo 80 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;

2) a livello nazionale, ad adottare iniziative per introdurre disposizioni volte al recupero della legalità attraverso l'emersione e la regolarizzazione dei cittadini stranieri presenti in Italia che non hanno attualmente un titolo di soggiorno, ai quali, sulla base di elementi di comprovata integrazione, quali la disponibilità di un lavoro o la presenza di legami familiari, in assenza di gravi condanne penali, venga rilasciato un permesso di soggiorno per comprovata integrazione e radicamento di 2 anni, rinnovabile e convertibile in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, studio o famiglia.
(1-00121) «Magi, Schullian».

Risoluzione in Commissione:


   La XIII Commissione,

   premesso che:

    il comparto ovocaprino nazionale conta 50.000 aziende nel solo settore zootecnico e oltre 7 milioni di capi. Nella regione Sardegna esiste la maggiore concentrazione di attività, con oltre 15 mila aziende, una occupazione tra diretta ed indotto superiore ai 40 mila addetti, un patrimonio di circa 3 milioni di capi e una produzione di circa 380 mila quintali di prodotti caseari, la gran parte utilizzati per la produzione pecorino romano D.o.p., il cui volume di affari è pari a 180 milioni di euro l'anno;

    secondo il piano di produzione del Consorzio di tutela del pecorino romano D.o.p. il limite di produzione è di 280 mila quintali di pecorino D.o.p., mentre nel 2018 ne sono stati prodotti 341 mila quintali. Il contratto di filiera prevede che il latte prodotto sia integralmente acquistato dalle imprese di produzione. Di conseguenza, le tensioni si sono scaricate sui prezzi di acquisto applicati non solo dalle imprese, ma anche dalle cooperative di trasformazione degli stessi allevatori. Il prezzo del latte ovino, che a inizio 2018 era pari ad 85 centesimi al litro è sceso dall'ottobre 2018 a 60 centesimi al litro, una misura che, come ha certificato Ismea, non copre i costi di produzione. Conseguentemente, il prezzo del formaggio pecorino all'ingrosso è sceso tra il 2017 e il 2018 da 7,7 euro al chilogrammo a 5,2 euro al chilogrammo;

    l'Italia, nei primi 10 mesi del 2018, ha esportato in Nord America, il principale mercato di sbocco, il 46 per cento in meno di pecorino romano. Si registra un export in caduta anche verso l'Asia (-25 per cento) e una flessione in Europa (-5 per cento); tuttavia, in questi mercati i consumi non sono diminuiti, sono cambiate le fonti di approvvigionamento. Sono infatti contestualmente aumentate le esportazioni di prodotti similari del pecorino da Paesi dell'Est Europa, quali Romania e Bulgaria. Si tratta di una situazione che va avanti da anni: già nel 2010 le associazioni nazionali degli agricoltori avevano denunciato la società rumena Lactalia, addirittura partecipata dalla Simest, per aver posto sul mercato internazionale prodotti derivati da latte ovocaprino locale, italian sounding;

    oltre a ciò, l'importazione sul mercato europeo di latte ovino a basso costo proveniente da Paesi europei quali Romania, Bulgaria, Polonia ed altri implica una variazione di mercato non concorrenziale, sottoponendo il prodotto nazionale ad ulteriori tensioni al ribasso del prezzo di vendita, assolutamente non remunerativo rispetto ai costi sostenuti; secondo Coldiretti, il nostro Paese, importa oltre un milione di tonnellate di latte straniero, che non potendo più finire sulle tavole, grazie all'etichetta di origine introdotta circa un anno fa, viene utilizzato nell'industria casearia;

    nel settembre 2018 il Centro studi agricoli della Sardegna aveva lanciato l'allarme sovraproduzione, affermando che, se non gestita, la situazione «...rischia di travolgere in modo irreversibile sia il settore produttivo del latte (allevatori) sia il mondo della trasformazione (caseifici, industriali e Cooperative), toccando questa volta anche il settore del credito...»;

    la situazione si è progressivamente deteriorata sino all'esplodere nella prima decade di febbraio 2019 delle tensioni sul territorio della Sardegna e successivamente anche nell'Italia centrale, frutto della esasperazione e della mancata risposta alle loro legittime istanze che hanno visto i pastori riversare circa un milione di litri di latte prodotto in strada;

    quanto agli ingressi di prodotti comunitari di qualità inferiore, nel settembre 2018 il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, sollecitato da Forza Italia, sia pure con riferimento ad altre produzioni agricole nazionali a rischio aveva dichiarato che «dal luglio 2018, con un'attività articolata e congiunta di vari organi ispettivi si sta operando nei punti di entrata nel territorio, quali porti, aeroporti, valichi di frontiera... al fine di tutelare il comparto produttivo nazionale, evitando l'ingresso di prodotti di scarsa...»;

    dal recentissimo report di attività dell'ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari – Icqrf, risulta che nel 2018 i controlli nel settore lattiero caseario sono stati 5.102, ma solo 1.846 analitici, con l'8,4 per cento di prodotti irregolari. Dal rapporto non risultano controlli sui punti di entrata nel territorio nazionale;

    il comparto ovocaprino sardo, che sconta una riduzione dei capi di circa 1 milione in meno in 10 anni, è afflitto da ricorrenti crisi: già nel 2010 allevatori e i pastori di tutta Italia avevano manifestato a Roma per protestare contro il prezzo del latte, sceso a 60 centesimi al litro. La situazione in Sardegna sta generando tensioni anche nel Lazio (3.000 allevamenti e 800 mila capi), dove il prezzo è del latte è ancora attorno ai 75-80 centesimi per litro, la metà comunque di 15 anni fa. Il timore è che i caseifici acquistino la materia prima in Sardegna, visto il basso costo. Problemi si registrano anche in Umbria e nelle Marche;

    il comparto ovi-caprino toscano conta circa 1.000 aziende e produce circa 550 mila quintali di latte all'anno: il 13 febbraio la regione Toscana ha siglato un protocollo d'intesa con tutti i soggetti che fanno parte del tavolo di filiera per arginare una situazione di crisi, che ha determinato pesanti ripercussioni sugli allevatori toscani. Sono state coinvolte le organizzazioni professionali agricole, le centrali cooperative, i Consorzi di tutela delle denominazioni d'origine protetta dei formaggi e i caseifici operanti in Toscana. Il protocollo è volto a governare il mercato dell'offerta, scommettendo sull'efficienza dei processi produttivi, sulla diversificazione del prodotto e sulla ricerca di nuovi mercati;

    l'incapacità di gestire e superare le crisi e gli allarmi caduti nel vuoto dimostrano una mancanza di azione, di progettualità e di capacità di ascolto delle Autorità competenti,

impegna il Governo:

   ad adottare le iniziative di competenza volte a far rispettare il disposto dell'articolo 62 del decreto-legge n. 1 del 2012, convertito dalla legge n. 27 del 2012, nel quale si prevede che «i contratti che hanno ad oggetto la cessione dei prodotti agricoli e alimentari, ad eccezione di quelli conclusi con il consumatore finale, sono stipulati obbligatoriamente in forma scritta e indicano la durata, le quantità e le caratteristiche del prodotto venduto, il prezzo, le modalità di consegna e di pagamento»;

   ad adottare iniziative volte ad attivare uno specifico fondo per il sostegno del prezzo del latte ovocaprino, nonché a prevedere risorse per ristorare gli allevatori sardi dei gravissimi danni subiti, in misura non inferiore a 100 milioni di euro, definendo in tale ambito misure che favoriscano le aggregazioni di imprese e il loro rafforzamento patrimoniale;

   ad adottare le iniziative di competenza per commissariare il Consorzio del pecorino romano Dop, prevedendone la riforma;

   in tale ambito, ad adottare iniziative che rendano più efficienti i rapporti tra tutti i soggetti della filiera, diversificando le produzioni e rafforzando la presenza sui mercati nazionali ed esteri, grazie ad interventi ad hoc di promozione, informazione e di contrasto all’italian sounding;

   ad assumere iniziative per rendere più trasparente la filiera estendendo al comparto ovocaprino le dichiarazioni obbligatorie nel settore del latte e dei prodotti lattiero caseari di cui all'articolo 151 del regolamento (Ue) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, le cui modalità di applicazione sono individuate dal decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali 7 aprile 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 20 maggio 2015, n. 115, prevedendo altresì l'obbligo per i produttori e trasformatori di registrare nella banca dati del Sistema informativo agricolo nazionale (Sian) i quantitativi di prodotto detenuti, nonché di poter accedere ai dati contenuti nella stessa;

   a richiedere alla Commissione europea nel 2019, in occasione della proposta di modifica del programma di sviluppo rurale (Psr) 2014-2020, interventi mirati al sostegno del settore ovi-caprino nazionale, nonché rigorose misure di contrasto all’italian sounding intracomunitario;

   a rafforzare, con riferimento al latte ed ai suoi derivati, sia i controlli posti in essere dall'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari, sia i controlli sui punti di ingresso nello Stato, al fine di disporre di dati regolarmente aggiornati sui quantitativi di latte e derivati di qualsiasi specie acquistati da produttori stabiliti nel territorio nazionale ovvero introdotti da soggetti esteri, secondo le modalità previste dal citato decreto ministeriale 7 aprile 2015;

   ad avviare una campagna di ritiro e distribuzione nelle mense scolastiche o aziendali o agli indigenti delle eccedenze di produzione e dei prodotti lattiero-caseari rimasti invenduti a causa delle avverse condizioni di mercato, avviando anche azioni coordinate con la grande distribuzione organizzata per superare la crisi del settore e sostenere il mercato, sulla base di positive esperienze già più volte sperimentate.
(7-00184) «Spena, Pittalis, Cappellacci, Nevi, Paolo Russo, Anna Lisa Baroni, Brunetta, Caon, Fasano, Sandra Savino».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   PELLICANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   nella notte tra martedì 12 e mercoledì 13 febbraio 2019 un incendio ha distrutto circa duemila cassette in plastica per la raccolta della frutta, ubicate presso un'azienda agricola in territorio del comune di Scanzano Jonico (Matera);

   secondo quanto riportato anche dagli organi di informazione in base alle relazioni dei vigili del fuoco sarebbe accreditata la pista dolosa rispetto alla natura dell'incendio e ciò desta particolare preoccupazione;

   gli inquirenti non escludono alcuna pista neanche quella della criminalità organizzata o del racket;

   circa una settimana fa la zona è stata interessata da una vasta operazione delle forze dell'ordine denominata «Centouno», che ha portato a 21 provvedimenti cautelari con gravi ipotesi di reato per le persone coinvolte;

   si è trattato, di fatto, della prosecuzione dell'operazione scattata a ottobre, che aveva portato a 25 provvedimenti cautelari, molti dei quali a carico degli stessi soggetti poi raggiunti dalle ordinanze nell'operazione «Centouno»;

   a metà gennaio 2019 i carabinieri appartenenti al comando provinciale di Matera, al nucleo ispettorato del lavoro e alla compagnia di Policoro, avevano posto in essere un'altra operazione, finalizzata a contrastare il fenomeno del caporalato;

   la relazione semestrale della direzione investigativa antimafia ha posto in evidenza il rischio di consolidamento di organizzazioni criminali proprio lungo la fascia jonica metapontina;

   Scanzano Jonico, cittadina di quasi 8 mila abitanti, al momento risulta essere priva di qualsiasi presidio di sicurezza, mancando anche della caserma dei carabinieri;

   amministratori locali e forze politiche, economiche e sociali chiedono da tempo risposte in materia di sicurezza per garantire un maggiore e più efficace controllo del territorio e contrastare le azioni criminali portate a danno del tessuto produttivo –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere con la massima urgenza per rafforzare in termini di uomini e mezzi i presidi delle forze dell'ordine presenti nel metapontino nonché per giungere in tempi rapidi all'apertura della attesa caserma dei carabinieri in Scanzano Jonico.
(3-00526)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PERANTONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 91 del 2014 cosiddetto «decreto competitività» recante «Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l'efficientamento energetico dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonché per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea», (convertito dalla legge n. 116 dell'11 agosto 2014) è intervenuto in maniera significativa in materia ambientale, prevedendo l'equiparazione tra zone militari e zone industriali in riferimento alle soglie di inquinamento;

   in particolare, con l'articolo 13 sono state inserite nel codice dell'ambiente (decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni) disposizioni che hanno parificato le «aree dove si svolgono esercitazioni militari» ai siti industriali, per i quali sono previste soglie di inquinamento fino a 100 volte più elevate, mentre prima nelle zone militari le soglie erano notevolmente più basse e, dunque, la tutela del bene giuridico «ambiente» era significativamente più intensa. Ciò significa che decine di migliaia di ettari occupati da poligoni militari, campi di addestramento e caserme in cui per decenni si sono svolte attività fortemente inquinanti vengono equiparati ora ad aree industriali, per le quali la legge prescrive soglie di contaminazione molto più elevate. Ed invero, il decreto impone di misurare il grado di avvelenamento delle aree militari, considerandole alla stregua dei siti industriali, facendo riferimento ai limiti della colonna B della tabella relativa alle soglie di contaminazione dei suoli prevista dal codice dell'ambiente (decreto legislativo n. 152 del 2006), e non già alla colonna A, quella con i limiti per le aree residenziali e a verde;

   a titolo esemplificativo, basti pensare che nelle aree a verde o in quelle residenziali la soglia per il cobalto è 20 mg/kg, mentre per le aree industriali è 250 mg/kg, più di 10 volte, così come il benzopirene, o per la sommatoria dei composti policiclici aromatici – tra cui diversi tossici e cancerogeni, come etilbenzene, stirene, toluene e xilene – il cui limite per le aree industriali è più alto di addirittura 100 volte (1 mg/kg contro 100 mg/kg). Il benzene, cancerogeno di prima classe per l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc), ha un limite più alto di venti volte (0,1 mg/kg contro 2 mg/kg) e rappresenta uno dei 113 agenti cancerogeni più pericolosi al mondo. Per il tetracloroetilene, un altro sospetto cancerogeno e tossico per il fegato, il limite è 40 volte più alto. Lo stagno potrà avere una concentrazione nel suolo fino a 350 volte superiore, mentre potranno essere centuplicati i valori dei cianuri (da 1 a 100 mg/kg). I fluoruri, anziché essere contenuti entro i 100 mg, potranno arrivare fino a 2000 mg per chilogrammo, ovvero 20 volte in più;

   a ciò si aggiunga il fatto che il decreto ha previsto altresì la possibilità di aumentare gli scarichi in mare dei cosiddetti «solidi sospesi totali», ossia quelle sostanze non disciolte presenti nelle acque di scarico. Ciò a beneficio di impianti industriali di grandi dimensioni, come acciaierie, centrali elettriche e a carbone, cementifici, raffinerie, ma anche di stabilimenti chimici, rigassificatori e inceneritori, nel senso che più si produce e più alto sarà il quantitativo che potrà essere scaricato in mare rispetto a quanto previsto precedentemente dal codice dell'ambiente;

   parrebbe, quindi, che l'equiparazione dei valori consentiti a quelli delle aree industriali sia la soluzione al problema delle bonifiche, assai impegnative dal punto di vista economico, di guisa che i livelli di inquinamento tollerati – pur interessando coste, boschi e zone di macchia mediterranea (come a Capo Teulada in Sardegna, o a Monte Romano nel Lazio) – potranno essere notevolmente più alti rispetto ad aree verdi o residenziali;

   equiparare le aree militari alle aree industriali per quanto concerne l'inquinamento significa, peraltro, bloccare l'avvio della smilitarizzazione prevista per alcuni siti, costringendo a un inquinamento sine die le popolazioni dei siti interessati, già private dei terreni per lavorare e costrette a convivere forzatamente con frequenti e svariate operazioni militari –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di tale questione e se intendano assumere iniziative al fine di ovviare alla grave situazione descritta.
(5-01504)


   FOTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   quello del Po e il bacino idrografico più grande di Italia: 70.000 metri quadrati, con un'area di pianura di 46.000 chilometri quadrati; vi abitano più di 16.000.000 di persone, delle quali più di 3 milioni addette all'industria e una cifra leggermente inferiore addette al terziario. Nel corso dei mesi invernali si registra, nel detto bacino, una scarsa qualità dell'aria, in ragione della concentrazione di numerosi agenti inquinanti;

   il 29 maggio 2005 l'Autorità di bacino del Po sottoscriveva con le province rivierasche della Consulta delle province del Po (Cuneo, Torino, Alessandria, Vercelli Lodi, Pavia, Cremona, Mantova, Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Ferrara, Rovigo) un protocollo d'intesa per la tutela e la valorizzazione del territorio e la promozione della sicurezza delle popolazioni della valle del Po;

   la delibera del Cipe n. 166 del 21 dicembre 2007 disponeva l'accantonamento di 180 milioni di euro, nell'ambito del fondo per le aree sottoutilizzate nazionale, per le regioni del Centro-nord, destinata al finanziamento del «Progetto valle del fiume Po», attribuiti alla responsabilità dell'Autorità di bacino;

   con deliberazione n. 62 del 2 aprile 2008 il Cipe approvava – con prescrizioni – il documento di inquadramento strategico e il documento di progetto del piano strategico valle del fiume Po;

   il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (convertito dalla legge n. 133 del 2008), istituiva un fondo per il finanziamento di interventi strategici, alimentato con gli stanziamenti nazionali assegnati per l'attuazione del quadro strategico nazionale per il periodo 2007-2013, in favore di programmi, di interesse strategico nazionale, di progetti speciali e di riserve premiali, fatte salve le risorse che, alla data del 31 maggio 2008, fossero risultate vincolate all'attuazione di programmi già esaminati dal Cipe o destinate al finanziamento del meccanismo premiale disciplinato dalla delibera Cipe 3 agosto 2007, n. 82;

   l'articolo 18 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (convertito dalla legge n. 2 del 2009), prevedeva la riprogrammazione e la concentrazione delle risorse nazionali disponibili destinate allo sviluppo delle aree sottoutilizzate, ivi comprese quelle del progetto strategico speciale «Valle del fiume Po», su obiettivi considerati prioritari per il rilancio dell'economia italiana;

   la prescrizione relativa alla definizione del piano di valutazione risultava adempiuta, giusta l'approvazione del comitato di consultazione dell'Autorità di bacino del fiume Po nella seduta del 17 dicembre 2008. La commissione nazionale Vas esprimeva, nella seduta del 26 febbraio 2009, il parere n. 240 relativamente al progetto strategico speciale che qui interessa;

   nei fatti, il progetto «Valle del Fiume Po» risulta da tempo abbandonato, essendo state ridefinite, come detto, le priorità e le modalità di intervento del fondo per le aree sottoutilizzate –:

   se il Ministro interrogato intenda, per quanto di competenza, confermare l'impegno per la realizzazione del progetto in questione, considerando – dunque – la tutela e la valorizzazione del territorio e la sicurezza delle popolazioni della valle del Po un obiettivo di rilevanza strategica e riconoscendone – quindi – la forte valenza sociale ed economica, oltre che ambientale.
(5-01507)

DIFESA

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:

   l'operazione militare «Sostegno Risoluto» guidata dalla Nato in Afghanistan – cominciata il 1° gennaio 2015 dopo la fine della precedente missione International Security Assistance Force (Isaf) – sull'addestramento, la consulenza e l'assistenza in favore delle Afghan National Security Forces (Ansf) e delle istituzioni nazionali, opera nella capitale Kabul e nelle aree di Mazar-e Sharif (nord), Herat (ovest), Kandahar (sud) e Laghman (est) sotto la guida del generale statunitense Austin Scott Miller;

   a dicembre 2018 risultano 16.910 i militari presenti in Afghanistan, provenienti da 41 Paesi contributori. Gli Stati Uniti d'America hanno il maggior numero di militari (8.475); l'attuale contributo nazionale prevede un impiego massimo di 900 militari, 148 mezzi terrestri e 8 aeromobili, suddivisi tra personale con sede a Kabul e il contingente militare italiano dislocato ad Herat presso il Train Advise Assist Command West (Taac-W);

   di recente, gli organi di stampa hanno riportato l'intenzione dell'amministrazione statunitense di operare un progressivo disimpegno militare in Afghanistan delle proprie truppe;

   da settimane, il Ministro interpellato rilascia dichiarazioni, a giudizio degli interpellanti contraddittorie, riguardo al ritiro delle nostre truppe, senza aver ancora accolto l'invito delle opposizioni di riferire sulla questione al Parlamento – deputato ad autorizzare le missioni internazionali con appositi atti di indirizzo al Governo – e in assenza di qualunque coordinamento con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Enzo Moavero Milanesi, anzi affermando di «non doverlo informare», nonostante la legge quadro sulle missioni internazionali preveda che il Governo, proprio su proposta del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di concerto con il Ministro della difesa, presenti alle Camere la relazione annuale e dunque la valutazione del Ministro degli esteri sia per legge imprescindibile e fondamentale in materia;

   il Governo non ha ancora presentato alle Camere per la discussione e le conseguenti deliberazioni parlamentari, la relazione analitica sulle missioni in corso per il 2019;

   il 29 gennaio 2019 fonti della difesa hanno affermato che «il Ministro Trenta ha dato disposizioni al Comando operativo di Vertice interforze di valutare l'avvio di una pianificazione per il ritiro del contingente italiano in Afghanistan». Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha confermato in una nota di non essere mai stato messo al corrente delle intenzioni del Ministro della difesa, Elisabetta Trenta, prima delle sue dichiarazioni alla stampa relative alla decisione di ritirare il contingente militare italiano dall'Afghanistan entro un anno. Anche la Lega, l'altro partito della maggioranza, ha negato che sia stato stabilito ufficialmente il ritiro delle nostre truppe;

   le contraddizioni sono continuate e solo qualche giorno dopo, difatti, il Ministro interpellato ha fatto marcia indietro e, dichiarato a mezzo stampa, di non aver mai annunciato il ritiro;

   il Ministro, al termine della riunione alla Nato, ha scritto sul social network Facebook: «La pianificazione tecnica avviata dall'Italia sull'Afghanistan, una volta tanto, in anticipo rispetto agli altri, che considera, tra le varie opzioni, un possibile ritiro del contingente, si allinea alla valutazione internazionale trattata oggi con gli Alleati». Dunque un'ennesima affermazione che agli interpellanti appare contraddittoria rispetto a quella precedente;

   questo susseguirsi di notizie contrastanti su una materia così delicata, senza un confronto né con il Parlamento, né con i Ministri competenti del proprio Governo, sta mettendo a rischio anche e soprattutto la sicurezza in loco dei soldati italiani;

   l'eventuale ritiro immediato delle truppe in Afghanistan potrebbe far cadere il Paese nel caos, facendolo tornare a essere un paradiso sicuro per il terrorismo internazionale, come ha anche ricordato il segretario generale della Nato Stoltenberg;

   gli interpellanti sono preoccupati che l'urgenza del Ministro e del suo partito in merito al ritiro dei soldati dall'Afghanistan sia solo legata all'esigenza, in vista delle elezioni europee, di mantenere, con il proprio elettorato, la promessa fatta nella precedente campagna elettorale, senza davvero valutare gli effetti geopolitici di tale scelta e confrontandosi con chi di dovere –:

   se il Ministro interpellato intenda fornire urgentemente chiarimenti in merito alle proprie affermazioni sulla missione in Afghanistan e sulle prospettive che il Governo ha riguardo a tale missione.
(2-00277) «Pagani, Enrico Borghi, Carè, De Menech, Frailis, Losacco, Lotti, Rosato».

Interrogazione a risposta scritta:


   FOTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   a quanto consta all'interrogante, da una nota del servizio amministrativo del comando legione carabinieri «Emilia Romagna» si apprende che sarebbe stata erroneamente corrisposta, a numerosi appartenenti al Corpo forestale dello Stato, nelle competenze mensili dello stipendio, la quota contributiva (calcolata sulla maggiorazione del 15 per cento di cui all'articolo 4 del decreto legislativo n. 165 del 1977) che doveva – invece – essere versata all'Inps;

   essendo subentrata l'Arma dei carabinieri nei rapporti giuridici attivi e passivi derivanti dall'assorbimento del summenzionato Corpo, compete oggi alla predetta Arma l'aggiornamento presso l'ente di previdenza di tutte le posizioni contributive degli interessati ad effettuare i versamenti dovuti, e ciò al fine di sanare le singole posizioni degli interessati;

   la regolarizzazione della posizione contributiva permetterà agli interessati di includere nel futuro trattamento di quiescenza anche l'aumento del 15 per cento determinato sullo stipendio percepito fino alla data del congedo –:

   quanti siano gli appartenenti all'Arma dei carabinieri interessati a detta situazione; a quanto complessivamente ammonti la quota contributiva, riferita alla situazione, da versare all'Inps; se debbano essere versati all'Inps anche importi a titolo di sanzione e, in tal caso, quali ne sia la complessiva entità;

   quali siano le ragioni per cui – atteso che l'errore che qui interessa è unicamente imputabile al disciolto Corpo forestale dello Stato – l'Arma dei carabinieri abbia deciso di rivalersi sugli interessati per gli importi contributivi che, seppure in forma rateizzata, dovranno essere versati all'Inps, anziché porli esclusivamente a carico del bilancio dell'Arma.
(4-02292)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   ROSATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, commi 38 e 39, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, ha introdotto la facoltà del pagamento cumulativo della tassa automobilistica anche alle aziende con flotte di auto e camion delle quali siano proprietarie o usufruttarie ovvero utilizzatrici, a titolo di locazione finanziaria;

   la norma è intenta a semplificare le procedure di pagamento di questa tassa, evitando che debba corrispondere al singolo pagamento un solo veicolo;

   risulta all'interrogante che ad oggi i sistemi informatici dell'Agenzia delle entrate non si siano uniformati a questa nuova previsione normativa, costringendo le imprese ad effettuare, anche in occasione delle recenti scadenze tributarie, i versamenti per ognuna delle targhe automobilistiche in possesso –:

   quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di dare piena attuazione alla norma di cui in premessa;

   quali tempistiche il Ministro preveda affinché i sistemi informatici dell'Agenzia delle entrate rendano possibile il pagamento cumulativo della tassa automobilistica.
(4-02285)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARCO DI MAIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in data 13 febbraio 2019 intorno alle 18,30 sulla strada statale 67, nel tratto compreso tra la sala giochi del «Bingo bul» e il ponte sul fiume Montone, in territorio di Castrocaro, all'altezza del chilometro 179+300 si è verificato un incidente con un tir che trasportava un escavatore che ha urtato un cavalcavia;

   suddetto incidente ha provocato la chiusura di due strade per decisione precauzionale assunta dall'Anas, in attesa dei riscontri su eventuali danni strutturali causati al ponte sulla statale 67;

   il traffico di passaggio, anche quello pesante, per quella che è a tutti gli effetti una circonvallazione di Castrocaro viene ora deviato nel centro storico della cittadina, passando dalle terme e dal cuore antico del borgo, determinando non pochi disagi e rischi alla comunità;

   si stanno svolgendo una serie di sopralluoghi da parte dei tecnici dell'Anas e della polizia stradale, e si prevede la necessità di tempo prima della riapertura del tratto –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per assicurare tutti gli interventi necessari al ripristino dei manufatti danneggiati e per supportare il territorio di Castrocaro interessato dalla chiusura delle due strade nell'affrontare questa criticità con misure a sostegno della viabilità comunale.
(5-01505)

INTERNO

Interrogazioni a risposta orale:


   CARDINALE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da settimane il sindaco di Linosa segnala la grave situazione del proprio territorio a causa dell'assenza di carburante;

   nonostante le azioni intraprese, la situazione continua a non sbloccarsi a causa della mancata autorizzazione da parte dei vigili del fuoco per il nuovo impianto di distribuzione;

   anche l'ultima riunione in prefettura non ha dato i risultati sperati;

   il sindaco ha chiesto l'intervento della protezione civile o, in alternativa, l'autorizzazione per il trasporto gratuito delle automobili in nave per permettere di arrivare al punto più vicino di rifornimento;

   persino le auto di carabinieri e guardia medica sono ferme a causa della mancanza di carburante con inevitabili disagi per la popolazione –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo con la massima urgenza al fine di superare l'attuale situazione e assicurare una rapida soluzione per l'emergenza e una risposta definitiva e strutturale per l'impianto di distribuzione, evitando ulteriori disagi alla popolazione.
(3-00527)


   PASTORINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come si apprende dagli organi di stampa regionali, è stata recentemente comunicata l'intenzione di non rinnovare la convenzione in essere da venticinque anni fra il Corpo nazionale dei vigili del fuoco (Vv.F.) e la regione Liguria, avente ad oggetto il servizio di elisoccorso attualmente svolto con personale tecnico (piloti, specialisti, aerosoccorritori) forniti dai Vv.F. e il personale sanitario (medico e infermieristico) fornito dal servizio 118 ligure;

   nel corso di questi anni il servizio di elisoccorso ha dato importanti risultati, assicurando elevati standard di capacità, efficienza e tempestività, offrendo una combinazione di addestramento di alta specializzazione e di elevati livelli di sicurezza del personale;

   ad oggi tale servizio è garantito nelle ore diurne, 7 giorni su 7, a partire dalle ore 8 e fino all'orario consentito dal sistema delle «effemeridi»;

   l'integrazione dei servizi di soccorso tecnico urgente e del soccorso sanitario ha trovato in Liguria la giusta sintesi in un servizio integrato di elevato livello;

   vanno evidenziati alcuni aspetti particolarmente positivi di questa unione: i Vv.F hanno la possibilità di volare su tutto il territorio, comprese le aree interdette al volo civile; il servizio, date le capacità del Corpo dei vigili del fuoco, si è mostrato anche di particolare efficacia operativa nonostante le peculiari caratteristiche orografiche della regione e sempre a tal riguardo ha assunto particolare rilievo l'impiego di personale specificatamente addestrato al soccorso tecnico speleologico, alpino e fluviale, nonché di personale sommozzatore (un nucleo di alta specializzazione dei Vv.F.);

   tuttavia, come descritto nella lettera – inviata dal capo dipartimento dei Vigili del fuoco al presidente della regione Giovanni Toti e al prefetto di Genova, Fiamma Spena – «le sopravvenute necessità organizzative del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, anche connesse con i nuovi compiti istituzionali derivanti dal decreto legislativo 19 agosto 2016 n. 177 (...) non consentono, oggi, di rinnovare negli stessi termini la convenzione». Ne consegue che alla scadenza della convenzione, 31 dicembre 2018, il servizio di elisoccorso potrebbe passare ai privati con un aggravio dei costi della sanità –:

   se trovi conferma quanto indicato in premessa e in tal caso, si intenda adoperarsi affinché il fondamentale servizio di elisoccorso ligure continui ad essere gestito dalle efficienti forze del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, senza cadere nelle mani del settore privato, incrementandone, se necessario, mezzi e personale, anche al fine di assicurare un servizio notturno.
(3-00529)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARCO DI MAIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con il presente atto di sindacato ispettivo si segnala che a Ravenna si è verificato un grave e inquietante episodio intimidatorio di matrice neofascista che ha riguardato la sede di CittAttiva e Arcigay di via Carducci;

   fuori dal locale, sono comparse due svastiche blu, proprio nel punto in cui è esposta la bandiera di Arcigay;

   i vandali si sono accaniti anche contro i bellissimi murales che affacciano sui Giardini Speyer, in particolare quello che rappresenta una barca sulla quale navigano Galla Placidia, Dante Alighieri e alcuni migranti, apponendo una grossa «X» nera, tracciata sul bambino migrante posto sul fondo della barca;

   alcuni militanti hanno provveduto autonomamente a ripulire le vetrate dalle svastiche;

   si registra un'ampia e partecipata mobilitazione contro il ripetersi di atti di intolleranza che preoccupano sul livello di involuzione del dibattito su alcuni temi –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di contrastare questi atti di intolleranza.
(5-01508)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LEGNAIOLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la sicurezza è, fin dal suo insediamento, una delle priorità di questo Governo;

   il Ministro interrogato, pur in soli pochi mesi, ha già adottato alcuni provvedimenti finalizzati a sostenere e potenziare il monitoraggio nelle città;

   nonostante il grande impegno del Governo, purtroppo in alcuni contesti locali, come quello di San Giuliano Terme, in provincia di Pisa, continuano a ripetersi degli episodi di furti e crimini efferati;

   l'amministrazione comunale di San Giuliano Terme, ad oggi, secondo l'interrogante non ha adottato alcuna iniziativa per contrastare il ripetersi dei citati fenomeni e tale inerzia sta destando estrema preoccupazione tra i cittadini –:

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare con riguardo a quanto esposto in premessa.
(4-02286)


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   di recente gli organi di informazione hanno riportato la notizia relativa alla stipula di un «patto salva-migranti» sottoscritto tra i sindaci dei comuni delle Valli del Reno, Lavino e Samoggia (Casalecchio, Sasso Marconi, Zola Predosa, Monte San Pietro e Valsamoggia) e organizzazioni sindacali;

   il patto consisterebbe nella creazione di un albo per l'iscrizione anagrafica di tutti i richiedenti asilo e la garanzia per tutti loro di poter accedere ai corsi di formazione professionale. Il documento prevede anche l'apertura di un dialogo con Poste Italiane e gli istituti di credito del territorio, al fine di permettere ai migranti di accedere agli sportelli e aprire un conto corrente;

   tali azioni, messe in campo unilateralmente dai sindaci, potrebbero risultare in contrasto con la piena applicazione del cosiddetto decreto sicurezza –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti;

   se si intendano acquisire informazioni sull'iniziativa dei sindaci attraverso le prefetture competenti;

   quali iniziative si intendano assumere, per quanto di competenza, al fine di garantire il pieno rispetto del «decreto sicurezza», anche per il tramite delle competenti prefetture.
(4-02293)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   ASCANI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   è notizia di questi giorni che il Post, «Perugia officina scienza e tecnologia», museo della scienza di Perugia, versa in uno stato di crisi a causa del ritardo dell'erogazione dei fondi da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;

   il Post è una delle istituzioni culturali più importanti della città umbra che, attraverso numerose attività – dalle mostre alla didattica, dagli incontri alle manifestazioni, fino ai corsi – si occupa di divulgare e approfondire temi scientifici e tecnologici. Si tratta di una realtà grazie alla quale negli ultimi anni, in città, hanno tenuto delle lectio magistralis anche alcuni premi Nobel;

   il professor Luca Gammaitoni, docente di fisica sperimentale all'università di Perugia e presidente del consiglio di amministrazione dell'istituzione culturale, il 10 gennaio 2019 ha rilasciato un'intervista ad Umbria24 sul presente e futuro del museo, che sta vivendo un momento molto difficile sul fronte economico: conti in sofferenza e lavoratori da due mesi senza stipendio;

   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, allo scopo di diffondere la cultura scientifica, eroga i fondi attraverso una tabella triennale il cui ultimo ciclo si è concluso nel 2017. I lavori per il nuovo anno sono partiti, ma, con il cambio di Governo, il procedimento si è arrestato. Il Post ha partecipato al bando che coprirà il periodo 2018-2020, ma attualmente non si conoscono ancora i risultati –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere le iniziative di competenza per risolvere quanto esposto ed evitare il rischio della perdita di una eccellenza nazionale.
(3-00528)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MICELI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   i docenti tecnico pratici di sala-bar, cucina e accoglienza turistica (classi di concorso B-19, B-20 e B-21), in servizio presso gli istituti alberghieri italiani, diversamente dai docenti degli altri istituti professionali e tecnici, hanno un registro personale per assegnare i voti, svolgono le lezioni in piena autonomia didattica come docenti unici (nel quadro orario del decreto del Presidente della Repubblica n. 87 del 2010 non sono previsti docenti laureati in compresenza, salvo due ore nel triennio finale), effettuano un consistente numero di lezioni in classe per sviluppare gli argomenti teorici della disciplina, necessari per acquisire le competenze previste dal profilo professionale, ove occorrono competenze di alto livello, che riguardano anche l'informatica e la lingua straniera;

   i docenti tecnico pratici degli alberghieri (rispetto a quelli di altri Istituti, classi di concorso B-19, B-20 e B-21), partecipano a pieno titolo alle commissioni degli esami di Stato come membri interni e come membri esterni (essendo la loro materia una delle due discipline oggetto della seconda prova scritta, come sancito dal decreto ministeriale 29 gennaio 2015, n. 10), e qualche volta come presidenti della commissione stessa;

   oltre alle tante attività identiche in tutto e per tutto a quelle svolte dai docenti laureati, negli istituti alberghieri si affiancano le numerose funzioni aggiuntive affidate agli insegnanti tecnico pratici, tra le quali: quella di vicario del dirigente scolastico, quella di responsabile di plesso, quella di responsabile di laboratorio, la funzione strumentale (o coordinatore) dell'alternanza scuola-lavoro, la funzione strumentale (o coordinatore) delle manifestazioni e dei concorsi, quella di coordinatore di classe (in particolare nel triennio finale);

   il profilo professionale dei docenti di che trattasi, subisce una ingiusta inferiore classificazione a livello retributivo (VI livello), rispetto a quello normalmente riconosciuto a docenti in servizio presso stesse istituzioni scolastiche (VII livello), con funzioni identiche, in virtù di un'applicazione formale di disposizioni normative e contrattuali confliggenti con l'effettiva e concreta esplicazione della stessa funzione;

   la situazione determinatasi è assai grave e necessita di essere affrontata con la massima urgenza –:

   quali iniziative di competenza si ritenga di promuovere, al fine di garantire, in tempi rapidi, ai docenti tecnico pratici delle classi di concorso B-19 «Laboratorio dei servizi di accoglienza Turistica», B-20 «Laboratorio dei servizi enogastronomici-cucina» e B-21 «Laboratorio dei servizi enogastronomici-bar sala e vendita», il riconoscimento di un inquadramento retributivo di VII livello, corrispondente alle mansioni svolte dai docenti di che trattasi.
(4-02284)


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   da un articolo pubblicato sul sito online «Fanpage.it» il 14 febbraio 2019 si apprende che sul sistema Sofia è presente un'iniziativa formativa per docenti «sull'esorcismo e la preghiera di liberazione»;

   il corso presenta i temi concernenti gli aspetti antropologici, fenomenologici, sociali, pastorali e spirituali gli aspetti liturgici e canonici, e gli aspetti legali medici e psicologici dell'esorcismo e della preghiera di liberazione. Il costo è di 400 euro a docente e ha 40 ore obbligatorie;

   il sistema Sofia è la piattaforma online con cui il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca mette a disposizione tutte le iniziative formative proposte nel catalogo online dalle scuole e dai soggetti accreditati/qualificati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ai sensi della direttiva 170/2016;

   enti e associazioni accreditati dal Ministero propongono, attraverso la piattaforma, diversi corsi e gli insegnanti decidono a quali partecipare;

   in merito al corso sull'esorcismo e alla preghiera di liberazione, a parere dell'interrogante, resterebbe da capire in che modo possa essere utile alla formazione di un insegnante;

   tra gli altri, compito del corso sarebbe quello di fornire le necessarie competenze a sacerdoti, medici, psicologi, legali, docenti di ogni ordine e grado e, in particolare, docenti di religione, per affrontare tematiche di attualità sociale, dotati delle opportune conoscenze e degli adeguati strumenti di analisi e intervento;

   il promotore del corso è l'Ateneo pontificio regina apostulorum e i destinatari i docenti di scuola secondaria di primo e secondo grado;

   tra gli obiettivi, si legge: «bisogni sociali e individuali dello studente, conoscenza e rispetto della realtà naturale e ambientale, dialogo interculturale e interreligioso, didattica per competenza e competenze trasversali, tutela della salute nei luoghi di lavoro»;

   a parere dell'interrogante si è di fronte a una vicenda paradossale e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca dovrebbe verificare la qualità dell'offerta formativa, peraltro a pagamento, destinata agli insegnanti e presente su una piattaforma online dello stesso Ministero;

   seppur proveniente da un ente esterno, nel rispetto massimo per tutte le religioni, uno Stato veramente laico non può ammettere che corsi su esorcismi e preghiere di liberazione rientrino tra i corsi destinati alla formazione del proprio corpo docente –:

   se il Ministro interrogato intenda fornire maggiori chiarimenti circa i fatti esposti in premessa e se intenda, per quanto di competenza, intervenire affinché corsi come quello sopra citato non rientrino tra le iniziative formative per docenti presenti sul sistema Sofia, piattaforma online dello stesso Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
(4-02291)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


   ZÓFFILI, BONIARDI, CAPITANIO, CECCHETTI, COLLA, ANDREA CRIPPA, GRIMOLDI, IEZZI, MORELLI e TOCCALINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato da un articolo pubblicato sul quotidiano Il Giornale e dalla trasmissione radiofonica La Zanzara su Radio24, domenica 10 febbraio 2019 a Milano sarebbe stata fermata dalla polizia una donna Rom di origine bosniaca di 36 anni con l'accusa di aver rubato poco prima il portafogli a una ragazza che si trovava alla fermata Cadorna della metropolitana milanese;

   in particolare, dopo la segnalazione del furto da parte della ragazza alle forze dell'ordine, la donna Rom sarebbe stata, quindi, prontamente fermata dagli agenti alla vicina stazione Garibaldi della metro e portata poi immediatamente in caserma;

   dagli accertamenti di rito sulla donna Rom, sarebbero risultati a carico della stessa già precedenti trenta arresti e diverse denunce per furto con un cumulo di pena di addirittura nove anni;

   nonostante i numerosi precedenti sopra richiamati, la donna, quindi, sarebbe stata fermata in stato di flagranza di reato per furto ancora la scorsa domenica ed ancora nei suoi confronti non verrà disposta alcuna misura cautelare, essendo, come in altre precedenti occasioni di fermo, in stato di gravidanza;

   la notizia riportata dal quotidiano ha comprensibilmente suscitato grande preoccupazione tra la cittadinanza, in quanto la donna, nonostante i numerosi precedenti e pur essendo ormai nota alle forze dell'ordine per i continui furti ai danni dei passeggeri, anche questa volta potrà tornare ad agire indisturbata sulle banchine della metropolitana milanese;

   quanto sopra non è purtroppo un episodio isolato, poiché vicende analoghe sono state riportate dalla stampa anche recentemente e a seguito di inchieste giornalistiche sulla presenza sempre più elevata di «borseggiatrici» minorenni o donne in stato di gravidanza che agiscono nelle metropolitane e sui mezzi di trasporto anche in altre città, confidando nella loro non punibilità o nell'impossibilità di procedere al loro arresto;

   infine, destano altrettanta preoccupazione le condizioni e il contesto socio-familiare in cui tali minori sono costretti a vivere e a crescere, impiegati o coinvolti in attività di microcriminalità e, dunque, privi di qualsiasi tutela e garanzia dei loro diritti di bambini e adolescenti –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti riportati in premessa e se quanto riportato dall'articolo de Il Giornale o evidenziato da altre recenti inchieste giornalistiche corrisponda al vero;

   in quale misura sia diffuso tale fenomeno e, alla luce dei dati, quali iniziative abbiano assunto o intendano assumere, per quanto di competenza, a tale riguardo.
(4-02288)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   D'IPPOLITO e PARENTELA. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   in un articolo pubblicato sulla testata giornalistica on line «LaCnews24» il 13 febbraio 2019, si legge di una nota firmata dal segretario regionale di Uil Calabria e dall'omologo sindacale di UilTecCalabria, a proposito della società partecipata dalla regione Calabria Sorical, al momento gestore del servizio idrico calabrese, nella quale si auspica «una convocazione urgente da parte del presidente della giunta regionale», invitato «a confrontarsi con il sindacato»;

   nella stessa nota viene attribuita all'attuale gestione di Sorical, posta in liquidazione dal 2012, l'incapacità di «realizzare» gli «obiettivi di riorganizzazione e di efficientamento del sistema, funzionali ad un rilancio dell'azienda», che, prosegue la nota dei suddetti sindacati, «nelle ultime ore» «pare abbia chiamato, senza procedura concorsuale, decine di nuovi dipendenti»;

   secondo gli stessi sindacati, «Sorical – si legge nella riferita nota – in assenza di investimenti strutturali e di una programmazione manageriale capace, rischia di essere risucchiata dai tanti problemi gestionali che attaccano la tenuta societaria»;

   le riferite criticità, precisano i due sindacati, «venute fuori nella riunione tenutasi» nella sede della giunta regionale della Calabria «il 31 luglio», «adesso si sono addirittura aggravate»;

   nel documento relativo al bilancio d'esercizio al 31 dicembre 2016, il più recente a disposizione nella sezione dedicata alla trasparenza sul sito internet di Sorical, si legge che al 31 dicembre 2016 la partecipata ha un organico di 251 unità e, in pari data, un indebitamento finanziario di 111.746.659 euro;

   in un articolo pubblicato sulla testata on line «Corriere della Calabria» il 1° febbraio 2018, si legge che «oltre 6 anni di commissariamento» della stessa partecipata «non sono bastati ad» azzerarne «il deficit», secondo i sindacati Filctem Cgil e Femca Cisl;

   l'articolo 19 del decreto legislativo n. 175 del 2016, per come modificato e integrato dal decreto legislativo n. 100 del 2017, prevede che le società a controllo pubblico stabiliscono con propri provvedimenti criteri e modalità per il reclutamento del personale nel rispetto dei princìpi, anche di derivazione europea, di trasparenza, pubblicità e imparzialità e di quelli di cui all'articolo 35, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;

   lo stesso articolo 19 stabilisce che le «amministrazioni pubbliche socie fissano, con propri provvedimenti, obiettivi specifici, annuali e pluriennali, sul complesso delle spese di funzionamento, ivi comprese quelle per il personale, tenendo conto del settore in cui ciascun soggetto opera, delle società controllate, anche attraverso il contenimento degli oneri contrattuali e delle assunzioni di personale e tenuto conto di quanto stabilito all'articolo 25, ovvero delle eventuali disposizioni che stabiliscono, a loro carico, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale»;

   l'articolo in predicato contempla, poi, che le «società a controllo pubblico garantiscono il concreto perseguimento degli obiettivi di cui al comma 5 tramite propri provvedimenti da recepire, ove possibile, nel caso del contenimento degli oneri contrattuali, in sede di contrattazione di secondo livello»;

   secondo l'articolo 22 del decreto legislativo n. 175 del 2016, che all'articolo 25 prevede norme specifiche anche in tema di personale eccedente, le «società a controllo pubblico assicurano il massimo livello di trasparenza sull'uso delle proprie risorse e sui risultati ottenuti, secondo le previsioni del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33» –:

   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e se intenda adottare iniziative normative, alla luce delle vicende sopra richiamate, per garantire una maggiore efficienza ed economicità nell'amministrazione delle società e degli enti a partecipazione pubblica, anche locale, e assicurare il rispetto di tutti gli obblighi di trasparenza, pubblicità e imparzialità, con particolare riferimento ai profili riguardanti il reclutamento e la gestione del personale.
(4-02287)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARCO DI MAIO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   risultano come riportato dagli organi di informazione ben 17 i casi di morbillo attualmente notificati in provincia di Rimini;

   si tratta principalmente di adolescenti in età di scuola media superiore e tutti tra persone che non avevano effettuato o completato, per varie motivazioni, il ciclo vaccinale relativo a questa patologia;

   il primo caso risale al 28 dicembre 2018 e per due dei 17 casi si sono rese necessarie cure ospedaliere per complicazioni di una certa gravità;

   la competente Ausl ha provveduto tempestivamente a porre in essere i protocolli previsti con la ricerca delle persone che avevano contatti diretti con gli ammalati, sorveglianza epidemiologica e offerta della vaccinazione a coloro che, suscettibili di poter contrarre la malattia, non hanno completato il ciclo vaccinale;

   la stessa Ausl ha segnalato che, purtroppo, non tutti hanno accettato la vaccinazione;

   è innegabile che la presenza così rilevante di casi in così breve tempo desta legittima preoccupazione nella comunità, così come il manifestarsi di refrattarietà alla vaccinazione –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per una maggiore sensibilizzazione della pubblica opinione sui vaccini per patologie come il morbillo, anche in relazione all'allarme sui rischi da mancato vaccino recentemente lanciato dall'Organizzazione mondiale della sanità.
(5-01506)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   BALDELLI, SQUERI, BARELLI, BAGNASCO, BOND, GAGLIARDI, NOVELLI, ROSSO e ZANELLA. — Al Ministro dello sviluppo economico - Per sapere - premesso che:

   la legge annuale per il mercato e la concorrenza (legge n. 124 del 2017) ha previsto la piena liberalizzazione del settore dell'energia elettrica e del gas, attraverso un percorso che si completerà il 1° luglio 2020 con la cessazione del regime di tutela e, contestualmente, l'ingresso consapevole del consumatore nel mercato libero e l'adozione di meccanismi che assicurino la pluralità di fornitori e di offerte;

   tale percorso è caratterizzato da un insieme di misure attuative necessarie a garantire la messa a disposizione per i consumatori degli strumenti utili a partecipare e a scegliere con maggior consapevolezza e facilità sul mercato, ad avere una miglior qualità dei venditori e una maggior trasparenza e «certificazione» delle loro offerte, ad avere quindi la possibilità di individuare le forniture più affidabili e convenienti;

   il 30 ottobre 2018, a valle della prima riunione del tavolo di coordinamento tra il Mise, l'autorità di regolazione per reti energia e ambiente (Arera) e l'Antitrust per la programmazione delle attività finalizzate al superamento della maggior tutela, il Sottosegretario Davide Crippa ha annunciato che il primo passo sarebbe stato «il completamento dell’iter dell'Albo di venditori» e la rapida riconvocazione del tavolo «per la presentazione di un programma operativo e condiviso»;

   l'Arera nella sua relazione annuale ha evidenziato come il mercato finale della vendita di energia elettrica sia caratterizzato da un numero elevato di venditori – più di 400 – ma rimane ancora fortemente concentrato;

   nel Piano nazionale integrato per l'energia e il clima, inviato a Bruxelles l'8 gennaio 2019 dal Mise è stata confermata la volontà di completare il processo di piena liberalizzazione del mercato al dettaglio delineato dalla legge concorrenza, per garantire «lo sviluppo della competenza del consumatore e della sua fiducia nella possibilità di appropriarsi delle opportunità e dei benefici del mercato»;

   nella riunione del 20 dicembre 2018 l'Agcm ha sanzionato per oltre 93 milioni di euro il gruppo Enel e per oltre 16 milioni di euro il gruppo Acea per aver abusato della propria posizione dominante nei mercati della vendita di energia elettrica in cui offrono il servizio pubblico di maggior tutela;

   secondo l'Autorità, «tanto il gruppo Enel quanto il gruppo ACEA hanno sfruttato in modo illegittimo prerogative e asset, derivanti dall'essere fornitori di maggior tutela, per realizzare una dichiarata politica di “traghettamento” della clientela già fornita a condizioni regolate verso contratti a mercato libero», tale condotta «risulta illegittima e idonea ad amplificare artificialmente il vantaggio concorrenziale di cui tali gruppi già godono per motivi storico/regolamentari e legati alle caratteristiche della domanda»;

   l'Autorità ha valutato le condotte proprio alla luce del percorso di piena liberalizzazione, valutando come «dal momento che il legislatore, in vista della abolizione della maggior tutela, ha previsto che vengano adottati “meccanismi che assicurino la concorrenza e la pluralità di fornitori e di offerte nel libero mercato”, le condotte abusive accertate hanno anche l'effetto di sottrarre illegittimamente all'azione di tali meccanismi la clientela tutelata che in esito alle stesse viene acquisita come clientela sul libero mercato»;

   l'Agcm ha rilevato come le società coinvolte abbiano ottenuto margini aggiuntivi a danno dei consumatori oggetto del «traghettamento» messo in atto con la condotta abusiva –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere, di concerto con l'Arera, per prevenire lo sfruttamento indebito dei vantaggi informativi tra le società di vendita in regime di monopolio legale e le società di vendita sul mercato libero del medesimo gruppo;

   quali iniziative di competenza e con quali tempistiche, il Governo intenda assumere, di concerto con l'Arera, affinché sia garantito, attraverso una pluralità di operatori affidabili e una pluralità di offerte chiare e trasparenti, un contesto di mercato realmente competitivo e concorrenziale nel quale tutti i consumatori possano divenire attori consapevoli di scelte sempre più semplici, convenienti e vantaggiose.
(3-00530)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ENRICO BORGHI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'azienda «Alessi spa» con sede in Omegna, nella provincia piemontese del Verbano Cusio Ossola, storica azienda di produzione di oggetti per il design per la casa e simbolo del «made in Italy», ha annunciato pubblicamente un piano di ristrutturazione aziendale che comporta una riduzione del costo del lavoro;

   secondo quanto riferito dalle organizzazioni sindacali, la società avrebbe deciso di procedere con 80 esuberi tra i 315 dipendenti dello stabilimento di Crusinallo, nell'ambito di un piano aziendale ritenuto necessario «per affrontare le difficoltà del momento legate al mercato»;

   l'obiettivo annunciato dalla proprietà risulta essere quello di portare l'azienda fuori della situazione di congiuntura negativa, senza delocalizzare;

   sulla scorta di tali premesse, sarebbe stata richiesta la cassa integrazione straordinaria per crisi aziendale;

   da notizie di stampa sarebbe in corso una ricerca di mercato per il reperimento di un partner finanziario che si affianchi alla storica proprietà per gli investimenti necessari al rilancio aziendale;

   appare indispensabile porre in essere ogni azione istituzionale, politica e amministrativa al fine di evitare che la crisi aziendale di un gruppo così rilevante si trasformi in una perdita di occupazione e di prospettive per il territorio locale e nazionale –:

   quali iniziative intenda mettere in atto il Governo affinché vengano salvaguardati i livelli occupazionali, venga assicurata la prosecuzione dell'attività produttiva e si salvaguardi il marchio storico del «made in Italy» rappresentato da Alessi spa.
(4-02289)


   BIGNAMI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   da tempo, a mezzo stampa e non solo, si è acceso il dibattito in merito alla fusione tra le camere di commercio di Piacenza, Parma e Reggio Emilia, con numerose polemiche rispetto a una operazione reputata come «calata dall'alto»;

   da più parti e in modo trasversale si chiede la riapertura della discussione intorno a tale fusione e la possibilità che siano valutate soluzioni maggiormente rispettose della salvaguardia dell'autonomia delle camere di commercio;

   la normativa introdotta nel periodo dell'ultimo Governo a guida del Pd non tiene, infatti, sufficientemente conto delle peculiarità territoriali e finanziarie delle camere di commercio e non lascia aperta nessuna possibilità di restare indipendenti;

   tali fusioni, tra l'altro, hanno suscitato e stanno suscitando polemiche in tutta Italia: sarebbero, infatti, almeno sei le istanze presentate dalle camere di commercio al Tar del Lazio e che hanno provocato, per il momento, la sospensione del processo di accorpamento di circa 12 enti camerali –:

   se si abbia conoscenza dei fatti esposti;

   se il Ministro interrogato intenda assumere le iniziative di competenza, anche di carattere normativo, per sospendere l'accorpamento delle camere di commercio, con particolare riguardo al procedimento di fusione tra quella di Piacenza, Parma e Reggio Emilia;

   se intenda, in via generale, adottare le iniziative di competenza volte a ripensare all'attuale impianto normativo in merito all'accorpamento delle camere di commercio, impianto che, così come strutturato, non sembra garantire il rispetto delle identità e delle peculiarità prettamente territoriali e che sono alla base della creazione delle suddette camere di commercio.
(4-02290)

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Pastorino n. 5-00356 del 4 settembre 2018 in interrogazione a risposta orale n. 3-00529;

   interrogazione a risposta in Commissione Ascani n. 5-01217 del 16 gennaio 2019 in interrogazione a risposta orale n. 3-00528;

   interrogazione a risposta scritta Baldelli e altri n. 4-02079 del 24 gennaio 2019 in interrogazione a risposta orale n. 3-00530.

ERRATA CORRIGE

  Mozione Lollobrigida e altri n. 1-00113 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 117 del 30 gennaio 2019.

  Alla pagina 4668, seconda colonna, dalla riga prima alla riga terza deve leggersi: «firmatari del presente atto un approccio neocoloniale francese nei confronti dell'Africa e del franco CFA;» e non come stampato.