Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 10 dicembre 2018

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    nel giugno 2018 l'Organizzazione mondiale della sanità ha presentato il report «Time to deliver», contenente una serie di raccomandazioni agli Stati membri per ridurre l'impatto negativo di alimenti ricchi di grassi saturi, sale e zuccheri e migliorare la regolamentazione degli stessi;

    il 27 settembre 2018 in sede Onu, anche grazie alle richieste dell'Italia, è stata adottata una dichiarazione politica, successivamente incorporata nella risoluzione dell'Assemblea generale del 10 ottobre 2018, che non prevedeva queste misure;

    nonostante questo punto di equilibrio raggiunto, in data 12 novembre 2018 si è riunita la seconda commissione dell'Assemblea generale dell'Onu nella quale è stata presentata una risoluzione sottoscritta dai sette Stati del gruppo che ha promosso l'iniziativa «Global health and foreign policy», Brasile, Francia, Indonesia, Norvegia, Senegal, Sudafrica e Thailandia;

    tale risoluzione «esorta gli Stati membri ad adottare politiche fiscali e regolatorie» per indurre i Paesi membri a frenare il consumo, anche tramite l'utilizzo di etichette «a semaforo» da apporre ai prodotti, degli alimenti e delle bevande con le caratteristiche sopra citate;

    tale indirizzo colpirebbe un prodotto agroalimentare italiano esportato su tre, con effetti gravissimi sull'economia nazionale;

    la stessa Onu riconosce il valore della «dieta mediterranea», tanto da averla dichiarata patrimonio dell'umanità, suffragata da numerosi studi scientifici che hanno dimostrato come essa sia la dieta che garantisce in assoluto la miglior valenza salutistica,

impegna il Governo

1) ad assumere le iniziative di competenza, in tutte le sedi opportune, per la tutela e la valorizzazione delle eccellenze agroalimentari italiane, al fine di evitare che ad esse vengano applicate sovrattasse o etichette che ne scoraggino il consumo presso il più vasto pubblico.
(1-00091) «Luca De Carlo, Meloni, Lollobrigida, Gemmato, Caretta, Ciaburro».


   La Camera,

   premesso che:

    l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e l'Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu), con impegni adottati nel 2011 e nel 2014, hanno avviato a livello mondiale un'azione per il controllo delle malattie non trasmissibili, quali il diabete, il cancro e le malattie cardiovascolari, derivanti dall'uso di tabacco, di alcol, da diete malsane e da inattività fisica;

    a conclusione del procedimento, nel luglio 2018, l'Organizzazione mondiale della sanità ha presentato il report «Time to deliver», contenente una serie di raccomandazioni agli Stati membri per ridurre l'impatto negativo di alimenti ricchi di grassi saturi, sale e zuccheri e migliorare la regolamentazione degli stessi;

    gli obiettivi principali del report sono quelli di ridurre di almeno un terzo entro il 2030 i morti per tali patologie, nonché di arrestare la crescita del sovrappeso e dell'obesità infantile entro il 2025, mediante:

     a) interventi volti a eliminare gli acidi grassi dall'approvvigionamento alimentare;

     b) misure legislative e regolamentari che riducano al minimo il consumo di prodotti nocivi per la salute e promuovano stili di vita sani;

     c) promozione di sistemi di produzione e fornitura di alimenti favorevoli alla salute;

    a seguito delle polemiche suscitate da tale documento, redatto da una commissione indipendente, l'Organizzazione mondiale della sanità chiariva di non avere l'intenzione di «criminalizzare specifici alimenti», quanto piuttosto di fornire indicazioni per una dieta sana, raccomandando politiche che promuovessero un consumo parsimonioso degli alimenti che hanno alti contenuti di sodio, zuccheri o grassi saturi;

    dopo complesse trattative, il 27 settembre 2018, i Capi di Stato e di Governo dei Paesi membri delle Nazioni Unite hanno approvato la dichiarazione «Time to deliver: Accelerating our response to address NCDs for the health and well-being of present and future generations», che veniva incorporata nella risoluzione dell'Assemblea generale del 10 ottobre 2018;

    in tale dichiarazione politica, molto più equilibrata, non vi è alcun riferimento specifico a cibi o a bevande che possono essere dannosi per la salute. Al contrario, il testo parla di regimi alimentari che possono esserlo nel loro complesso, rapportati comunque allo stile di vita che si conduce;

    tuttavia, il 12 novembre 2018 sette Paesi (Brasile, Francia, Indonesia, Norvegia, Senegal, Sudafrica e Thailandia) hanno nuovamente presentato, alla seconda commissione dell'Assemblea generale dell'Onu, una risoluzione nell'ambito dell'iniziativa «Global health and foreign policy», mirante a creare un legame tra alcune malattie e alcune tipologie di alimenti o bevande, riprendendo, sostanzialmente, alcune delle misure punitive previste nel rapporto dell'Organizzazione mondiale della sanità del luglio 2018;

    la citata risoluzione del 12 novembre 2018 tratta di cibi salutari e non salutari, introducendo un'indicazione non supportata dalla scienza, che invece si riferisce a diete salutari e non; l'obiettivo dei proponenti della risoluzione sembra quello di evidenziare che i prodotti messi all'indice debbano essere colpiti da restrizioni, dazi e regolamentazioni stringenti sulla loro commercializzazione. Ove fosse approvata la risoluzione, tutti i Paesi sarebbero autorizzati ad apporre etichette con ben visibili bollini su cibi e bevande, come quelli, ad esempio, in uso sulle sigarette;

    le finalità dell'Organizzazione mondiale della sanità sono assolutamente condivisibili e l'Organizzazione stessa ha chiarito che il solo legame tra malattie e alimenti rappresenta un'estrema banalizzazione dei problemi legati alla salute. Non esistono cibi sani o insalubri, ma solo diete, meglio regimi alimentari più o meno sani, posto che la salute e le malattie sono legate anche all'attività fisica, lavorativa, sportiva, oltre che allo stile di vita, all'età anagrafica e all'ambiente in cui si vive; una risoluzione che imponga di scrivere, su un prodotto alimentare sano, come i formaggi dop, il prosciutto di Parma, ovvero sull'olio extravergine di oliva, che nuoce alla salute, sarebbe non solo sbagliata ma, da un punto di vista scientifico, fuorviante e completamente priva di fondamento;

    la nuova presa di posizione, invece, mira nuovamente a colpire gli alimenti che contengono zuccheri, grassi e sale, chiedendo nuovamente apposite etichette nutrizionali e la riformulazione delle ricette. Con il sistema del bollino o del semaforo si favoriscono prodotti artificiali di cui, in alcuni casi, non è nota neanche la ricetta, ma che rispondono a requisiti «nutrizionali» astrattamente ritenuti corretti, mentre si escludono dalla dieta alimenti sani e naturali che, da secoli, sono presenti sulle tavole. Un segnale verde alla Diet Coke e un cartellino rosso, invece, ad una fetta di prosciutto;

    ove accolta, tale scelta minerebbe il patrimonio culturale che è alla base della dieta mediterranea, che ha consentito all'Italia di conquistare il primato della percentuale più alta di ultraottantenni in Europa, davanti a Grecia e Spagna, ma anche una speranza di vita che è tra le più alte a livello mondiale ed è pari a 80,6 anni per gli uomini e a 85 anni per le donne. L'Italia, peraltro, è il terzo Paese meno obeso di tutta l'area Ocse e il più sano al mondo secondo la classifica «Bloomberg health index» stilata nel 2017;

    la qualità del modello alimentare italiano, tra l'altro, è stata riconosciuta anche con l'iscrizione della dieta mediterranea nella lista del patrimonio culturale immateriale dell'umanità dell'Unesco il 16 novembre 2010. In termini ambientali, gli indicatori, quale quello della «impronta ecologica», mostrano come la dieta mediterranea abbia un minore impatto in termini di consumo del territorio e di consumo di risorse, oltre a un minor costo di produzione degli alimenti (4 euro giornalieri pro capite, rispetto ai 6 degli Stati Uniti);

    peraltro, va evidenziato come la Food and drugs administration (Fda) statunitense ha pubblicato un invito ad indicare sulle confezioni degli olii contenenti il 70 per cento di acido oleico (olio extravergine di oliva italiano) che il loro consumo porta benefici cardiovascolari, quando sostituisce il grasso saturo dannoso per il cuore;

    il danno più grave di tale scelta si avrebbe con riferimento all’export dell'industria della trasformazione agroalimentare italiana. Le esportazioni italiane nel settore agroalimentare, che nel 2013 valevano 33,5 miliardi di euro, hanno superato i 41 miliardi nel 2017, il 7 per cento in più rispetto al 2016. Il settore agroalimentare italiano, nel 2018, ha messo a segno un nuovo record delle esportazioni, con un aumento del 3 per cento nei primi sei mesi, grazie al traino delle denominazione di origine con quasi l'85 per cento in valore del made in Italy. Ad oggi, 5.057 sono i prodotti alimentari tradizionali censiti, 297 le specialità dop/igp e 415 i vini doc/docg riconosciuti a livello comunitario;

    il settore agroalimentare italiano, tra produzione, trasformazione, distribuzione al dettaglio e ristorazione, vale 244 miliardi di euro, costituisce il 13 per cento del prodotto interno lordo nazionale, occupa 3,2 milioni di lavoratori – vale a dire il 13 per cento del totale in Italia – e coinvolge 1,3 milioni di imprese, pari al 25 per cento del totale delle aziende iscritte nei registri camerali;

    secondo una ricerca commissionata nel giugno 2018 dalla scuola internazionale di cucina italiana Alma a Deloitte «La ristorazione italiana nel mondo», la cucina italiana risulta la seconda a livello globale dopo quella cinese (13 per cento di quota di mercato), mostrando una penetrazione più elevata in termini di numero di transazioni in Usa (15 per cento), Regno Unito (15 per cento), Brasile (13 per cento) e India (13 per cento). Secondo il giudizio degli esperti di settore, la cucina italiana è prevista «in forte crescita». A livello mondiale, il volume d'affari generato dalla cucina italiana si stima pari a 209 miliardi di euro, su un totale di 2.210 miliardi di euro nel 2016, di cui 60 miliardi di euro in Cina e 56 miliardi di euro negli Usa;

    una ricerca Nomisma del 2015 sugli effetti delle «etichette a semaforo» nel mercato inglese ha evidenziato un significativo calo nelle vendite e nelle quote di mercato proprio dei prodotti tipici italiani, con perdite addirittura del 14 per cento per quanto riguarda il Parmigiano Reggiano. Nel 2017 in Cile si è cominciato a marchiare con il bollino nero prodotti come il Parmigiano, il Gorgonzola, il prosciutto, andando ad incidere pesantemente sulle importazioni del made in Italy agroalimentare, crollate nel caso di cui sopra del 12 per cento nei primi sette mesi del 2018 rispetto allo stesso periodo del 2017;

    in più occasioni, soprattutto nel corso dell'ultima legislatura, il Parlamento europeo ha preso posizione a favore dell'indicazione dell'origine degli alimenti, chiedendo alla Commissione europea di agire in tale direzione. Il 70 per cento dei cittadini dell'Unione europea chiede l'obbligo dell'indicazione d'origine in etichetta. La stragrande maggioranza dei consumatori nell'Unione europea ritiene che il livello di dettaglio dell'origine necessario a soddisfare le necessità di informazione sia quello del «Paese» o, addirittura, della «regione» di quel Paese;

    la risposta della Commissione europea, con il regolamento di esecuzione (UE) n. 2018/775 per quanto riguarda le norme sull'indicazione del Paese d'origine o del luogo di provenienza dell'ingrediente primario di un alimento, non è sufficiente a garantire una corretta informazione ai consumatori sulla vera origine degli ingredienti primari. Essendo un sistema volontario, sarebbe stato necessario offrire meno flessibilità agli operatori e non prevedere deroghe seppur temporanee;

    l'indicazione «UE e non UE» prevista dalla Commissione europea è un'informazione totalmente generica e incomprensibile per il consumatore. A causa di tale quadro normativo, incompleto e inadeguato, numerosi Stati membri – Francia, Italia, Lituania, Portogallo, Romania, Grecia e Finlandia, ai quali si stanno aggiungendo Spagna e Austria – hanno introdotto degli schemi nazionali per l'etichettatura obbligatoria di alcuni alimenti;

    ma soprattutto l'azione dell'Unione europea appare carente nel contrasto del falso made in Italy agroalimentare, denominato «Italian sounding», di quei prodotti alimentari cioè che di italiano hanno soltanto il nome, peraltro molto spesso storpiato. Se l’export agroalimentare vale 41,03 miliardi di euro, nel 2017 il fatturato del falso made in Italy agroalimentare è passato dai 60 miliardi di euro nel 2013 ai 100 miliardi nel 2017. Un danno abnorme. E il problema non è in Cina o negli Stati Uniti: lo si ha in casa. L'Unione europea ha concesso la possibilità di incorporare la polvere di caseina, invece del latte nei formaggi. Grazie a questa e da altre deroghe in tutta Europa circolano imitazioni low cost del Parmigiano e del Grana;

    i numerosi elementi convergenti sopra illustrati sembrano adombrare una situazione nella quale sia le istituzioni europee, che quelle internazionali, invece di tutelare e non discriminare le produzioni agroalimentari di qualità e il «made in», legati a rigorosi protocolli di produzione e di qualità, ad un'accurata selezione delle materie prime ed alla certezza del luogo di origine, agiscono in favore degli artefatti metodi produttivi delle multinazionali del cibo e non intervengono adeguatamente contro i danni d'immagine ed economici recati al nostro Paese dalle produzioni «Italian sounding». La posizione che potrebbe assumere l'Onu rischia di avvantaggiare unicamente i produttori di alimenti dietetici e di sostituti chimici per alimenti;

    dai dati economici sopra evidenziati appare evidente l'enorme impatto che la risoluzione presentata dai sette Paesi di cui in premessa il 12 novembre 2018 avrebbe sul nostro Paese, anche se appare impensabile che si vada a ridiscutere un principio che era stato approvato e chiarito ai massimi livelli dei Capi di Stato e di Governo all'Onu. Nei prossimi giorni cominceranno i negoziati sulla risoluzione per cercare di individuare una posizione comune e dovrà essere finalizzato un testo definitivo che sarà poi presentato all'Assemblea generale dell'Onu, per essere votato dagli Stati membri,

impegna il Governo:

1) a difendere, con la massima determinazione, la filiera italiana del settore agroalimentare in tutte le sedi politiche e diplomatiche internazionali, in particolare presso l'Onu (e nelle sue agenzie come l'Organizzazione mondiale della sanità e la Fao) e nell'ambito dell'Unione europea, anche presentando le evidenze scientifiche sulla qualità, sulle caratteristiche nutrizionali positive e sui minori impatti ambientali dei prodotti agricoli o derivanti dalla trasformazione agroalimentare italiana, con particolare riferimento a quelli connessi alla dieta mediterranea;

2) ad assumere iniziative in sede europea per:

   a) rafforzare le misure a favore dell'indicazione dell'origine degli alimenti, secondo le modalità richieste dal Parlamento europeo, nonché le azioni di contrasto all’Italian sounding;

   b) ripristinare il volume dei trasferimenti alla politica agricola nazionale italiana penalizzata dalla recente approvazione dell'ipotesi di bilancio dell'Unione europea 2021-2027;

3) ad assumere iniziative, nell'ambito delle risorse già preordinate e destinate alla penetrazione all'estero del made in Italy, volte a rafforzare la quota di esse destinate a valorizzare l'immagine e la penetrazione commerciale dell'agroalimentare italiano e dei valori della dieta mediterranea;

4) nell'ottica della piena valorizzazione e salvaguardia delle specificità dei prodotti e della filiera dell'agroalimentare italiano, ad assumere le iniziative di competenza per l'istituzione del Ministero del cibo – Ministero dell'agroalimentare e della tutela della cultura alimentare italiana – accogliendo le istanze da più parti avanzate, ivi compresi i settori della stessa maggioranza di Governo, volte a sottoporre ad un'unica gestione – dalla produzione alla trasformazione, dalla ristorazione alla diffusione culturale e alla promozione internazionale – la filiera agroalimentare italiana, valutando in tal senso le esperienze del modello francese;

5) a promuovere campagne per incoraggiare, in particolare nelle scuole, regimi alimentari equilibrati in Italia, dove siano presenti tutti gli alimenti salutari della dieta italiana.
(1-00092) «Paolo Russo, Nevi, Anna Lisa Baroni, Brunetta, Caon, Fasano, Sandra Savino, Spena, Occhiuto».

Risoluzione in Commissione:


   Le Commissioni VIII e XII,

   premesso che:

    l'impianto di trattamento meccanico-biologico (Tmb) di proprietà dell'Ama, di via Salaria 981, è da anni al centro di proteste da parte dei residenti nella zona a causa dei miasmi e delle esalazioni provenienti dallo stesso; si tratta di esalazioni che invadono, tra gli altri, i quartieri di Fidene, Settebagni, Villa Spada, Serpentara, Casale Nei, Porta di Roma e Colle Salario;

    la storia di questo impianto è paradigmatica se ci si vuole orientare nella questione dei rifiuti a Roma, perché mostra come la politica sia stata debole e lo sia ancora, incapace di mediare tra le esigenze industriali, quelle ambientali e quelle sociali;

    Tmb Salario è un impianto che nasce male, non viene scelto attraverso una pianificazione razionale. C'era una vecchia fabbrica dell'Autovox che chiude, lasciando due problemi: gli operai senza più lavoro e cosa fare di questo sito. La soluzione a entrambi viene trovata con Ama negli anni Duemila: vengono riassorbiti più di duecento lavoratori, e vengono creati un deposito e un impianto di trattamento meccanico-biologico (Tmb);

    l'installazione dell'impianto di trattamento meccanico-biologico per rifiuti solidi urbani è stato autorizzato, da ultimo, con autorizzazione integrata ambientale dalla regione Lazio con determinazione n. B2520 del 31 marzo 2011 alla società Ama S.p.A.;

    il Tmb Salario dovrebbe produrre al massimo il 15-20 per cento di scarti, ma le condizioni dell'impianto spesso sono a dir poco proibitive: le fosse piene, l'immondizia (indifferenziata) che spesso arriva quasi a toccare il tetto del capannone e i camion che scaricano con il portellone aperto, sono fattori che rendono difficilissimo riuscire ad operare il trattamento in maniera impeccabile;

    nel sito vengono trattati rifiuti indifferenziati attraverso procedure meccaniche e processi biologici con i quali la frazione di rifiuti umida viene separata da quella secca. L'impianto non è in grado di smaltire rapidamente l'enorme quantità di rifiuti che viene conferita giornalmente, con la conseguenza che i rifiuti indifferenziati si accumulano all'interno del deposito trasformandolo a tutti gli effetti in una discarica;

    va poi precisato che nell'impianto si svolge un lungo processo di fermentazione che dura diverse settimane. L'odore pestilenziale che si produce si diffonde nelle zone limitrofe densamente popolate, causando forti disagi, particolarmente forti per chi vive a ridosso dell'impianto che si trova a soli 50 metri dalla prima casa e a 150 metri da un asilo;

    è bene ricordare che i rifiuti urbani indifferenziati prodotti nel comune di Roma identificati dal codice dell'elenco europeo dei rifiuti 200301, nel 2015 ammontavano a poco più di un milione di tonnellate. Questi rifiuti vengono inviati ad impianti di trattamento meccanico biologico siti sul territorio comunale e ad impianti localizzati in altre province della regione Lazio. Circa trentamila tonnellate di rifiuti indifferenziati, identificati con il codice dell'elenco europeo dei rifiuti 200301, sono inviate direttamente, senza trattamento, dagli impianti AMA s.p.a. di Rocca Cencia e di via Salaria all'impianto di trattamento meccanico biologico di Avezzano;

    gli impianti di trattamento meccanico biologico producono rifiuti identificati con i Cer 190501, 190503, 191212, 191210 e piccole quantità di rifiuti separati per frazione merceologica (legno, metalli, plastica) nel processo di selezione, successivamente destinati ad impianti di recupero di materia;

    nel 2011, dal personale del servizio rifiuti è stata effettuata una ricognizione delle attività svolte presso l'impianto, con particolare attenzione alla gestione dei rifiuti. L'attività svolta è stata relazionata alla regione Lazio con nota prot. n. 34771 del 22 aprile 2011;

    sin dalla messa in funzione dell'impianto sono pervenute numerosissime segnalazioni, sia da parte di privati cittadini che da amministrazioni locali, circa le emissioni odorigene provenienti dall'impianto. Già nel 2011 il competente municipio richiedeva personale per la costituzione di un gruppo di lavoro dedicato (si veda la nota prot. n. 80185 del 4 ottobre 2011) e personale di Arpalazio ha effettuato sopralluoghi e ispezioni, relazionati alle autorità competenti;

    sempre nel 2012 venivano prelevati campioni di acque reflue presso l'impianto e dai successivi accertamenti amministrativi emergeva che alcuni scarichi dell'impianto erano ancora attivi in virtù di autorizzazioni settoriali (autorizzazione allo scarico in fognatura rilasciata dal comune di Roma), come da nota prot. n. 77435 del 12 ottobre 2012;

    nell'agosto 2013, sempre per le medesime problematiche, venivano svolti sopralluoghi congiunti con i carabinieri del Noe, le cui risultanze venivano trasmesse alla regione Lazio con nota prot. n. 65917 del 13 agosto 2013;

    nel 2014-2015 sono stati effettuati ulteriori sopralluoghi nell'area dell'impianto per la verifica della presenza di odori e a seguito di un incendio sviluppatosi nel giugno 2015. A seguito del suddetto incendio l'impianto non è stato in funzione fino ai primi mesi del 2016. Nel mese di aprile 2016, a seguito di richiesta di controllo straordinario da parte della regione Lazio (prot. n. 53776 del 2 luglio 2015), sono stati prelevati campioni del rifiuto prodotto «FOS» (codice 19 05 01), la cui analisi ha evidenziato un valore dell'indice respirometrico dinamico (IRD) pari a circa 4000, ben oltre il valore di riferimento per il conferimento a discarica. Gli esiti del campionamento sono stati trasmessi alla regione Lazio con nota prot. n. 52253 dell'8 luglio 2016;

    su richiesta del servizio tecnico di Arpalazio, in riscontro a specifica richiesta della regione Lazio, nel settembre 2016 personale di Arpalazio si è recato presso gli impianti per l'acquisizione delle informazioni relative ai quantitativi dei rifiuti in ingresso e dei conseguenti flussi di rifiuti in uscita. Con nota 73150 del 3 ottobre 2016 è stata inviata apposita relazione alla regione Lazio;

    la gestione del Tmb di via Salaria 981 ha altresì dato luogo ad un'indagine della procura della Repubblica di Roma sulla conformità del trattamento di rifiuti rispetto alle prescrizioni contenute nelle autorizzazioni riguardanti la gestione degli impianti;

    da tutto questo si evince che la complessità della situazione riguardante il ciclo dei rifiuti a Roma si associa a vicende politico-amministrative e giudiziarie recenti che hanno portato alla luce criticità derivanti da scelte compiute – o omesse – riguardanti la Capitale;

    la storia recente dice che l'attuale destinazione itinerante dei rifiuti di Roma e la mancata chiusura del ciclo dei rifiuti, generano un saldo ambientale negativo che costituisce il presupposto del rischio di condotte illecite;

    più volte è stata annunciata dall'amministrazione capitolina, guidata dalla sindaca Virginia Raggi, la chiusura del Tmb Salario e la sua riconversione, sempre rimandate. Da ultimo era stato annunciata la chiusura entro il 2019 a condizione che la quota della raccolta differenziata raggiunga il 70 per centro: obiettivo che, allo stato attuale, appare estremamente difficile da raggiungere;

    poi arriva anche la vicenda del treno che da tre mesi stazionava a Villa Spada, Roma, con 700 tonnellate di rifiuti ed era destinato ad arrivare in Germania; con il suo carico di rifiuti indifferenziati ha effettuato un viaggio molto più breve, visto che la stazione d'arrivo è stata il contestato impianto di trattamento meccanico biologico di Salario. Questa decisione di trasferire nel Tmb Salario conferma che a Roma un ciclo dei rifiuti non c'è, nonostante gli annunci;

    il 7 luglio la sindaca presenta la nuova giunta, con Muraro assessora all'ambiente e ai rifiuti. Il 25 luglio l'assessora Muraro si presenta con un blitz nella sede dell'Ama, e in diretta streaming striglia la gestione Fortini (che si è poi formalmente dimesso il 4 agosto ed è stato sostituito da Alessandro Solidoro) e promette Roma pulita entro il 20 agosto. Il 10 agosto si svolge in Campidoglio un consiglio straordinario sui rifiuti, in cui la sindaca espone il suo programma e l'opposizione chiede le dimissioni di Muraro. Il 22 agosto Muraro dichiarava ai giornali che la situazione era risolta, a parte alcune aree critiche in periferia;

    lunghi da essere risolta la situazione della gestione dei rifiuti nella Capitale continua ad essere assolutamente critica vista la nota negativa che scrive il dipartimento pressione sull'ambiente – servizio supporto tecnico ai processi autorizzatori – dell'Arpa Lazio, protocollo n. 70357 del 16 ottobre 2018, inviata alla direzione regionale risorse idriche, difesa del suolo e rifiuti area ciclo integrato dei rifiuti della regione Lazio;

    la relazione dell'Arpa Lazio è una vera e propria denuncia inappellabile sull'impianto Tmb Salario: c'è scritto che di fatto l'impianto non tratta i rifiuti, ma piuttosto li accumula e li sposta, quindi è una discarica di fatto; che non avrebbe i requisiti per essere autorizzati;

    entrando nel merito della nota dell'Arpa Lazio si evince che:

     rispetto alla produzione prevista dall'autorizzazione dalle migliori tecniche disponibili (Mtd) di settore e dal piano di gestione rifiuti (in quantità pari al 15-20 per cento) del rifiuto atteso e biologicamente stabile avente le caratteristiche della frazione organica stabilizzata, vi sono evidenze che l'impianto produce rifiuti che presentano ancora caratteristiche di putrescibilità e che pertanto non possono essere identificati dal gestore quale frazione organica stabilizzata. Si rileva altresì che il citato rifiuto derivante dal trattamento aerobico è stato prodotto in quantità pari al 16 per cento nel 2016 e al 15,2 per cento nel 2017;

     rispetto alla produzione prevista dall'autorizzazione, dalle Mtd di settore e dal piano di gestione rifiuti in quantità pari al 35 per cento di combustibile derivato da rifiuti, l'impianto ne ha prodotto una quantità inferiore, pari al 22,4 per cento nell'anno 2016 e al 19,6 per cento nell'anno 2017, originando al contempo una notevole quantità di scarto primario, in quantità pari al 21,7 per cento nell'anno 2016 e al 25,6 per cento nell'anno 2017 (ovvero nel 2017 una produzione addirittura maggiore rispetto al combustibile derivato da rifiuti (Cdr) stesso), destinato per la maggior parte a smaltimento (anno 2017: 70 per cento a smaltimento/30 per cento a recupero, circa);

     rispetto alla produzione prevista dall'autorizzazione e dalle Mtd di settore (in quantità pari al 10-20 per cento) dello scarto di raffinazione atteso biologicamente stabile e costituito prevalentemente da plastiche e inerti, l'impianto risulta in condizioni di produrre un rifiuto non stabilizzato con caratteristiche potenzialmente difformi. Si rileva altresì che il citato rifiuto costituito dallo scarto derivante dal processo di raffinazione è stato prodotto in quantità pari al 23,9 per cento nell'anno 2016 e al 27,8 per cento nell'anno 2017;

     i citati flussi con le criticità sopra evidenziate, al netto del Cdr e dei metalli ottenuti, sono risultati pari al 61,7 per cento nell'anno 2016 e al 68,6 per cento nell'anno;

    rispetto altresì alle attività di stoccaggio l'Arpa Lazio rileva quanto segue:

     lo stoccaggio dei rifiuti in ingresso da inviare a trattamento interno presso l'impianto avviene nella stessa area di accettazione dei rifiuti da gestiti per la successiva trasferenza presso terzi, mentre le Mtd applicabili al caso in esame non prevedono la possibilità di svolgere un'attività di trasferenza presso le medesime aree dedicate all'attività di stoccaggio e invio a trattamento meccanico biologico;

     le attività di controllo effettuate hanno evidenziato la saturazione dell'area di stoccaggio iniziale dei rifiuti e dell'ulteriore area funzionale all'alimentazione del trattamento, con formazione di cumuli di rifiuti con altezze in parte superiori alla quota del piano di scarico. Quanto sopra determina:

   il non regolare svolgimento delle procedure di scarico dei mezzi conferenti presso l'impianto, con conseguente formazione di file dei mezzi in attesa di poter scaricare;

   la limitazione degli spazi per la manovra dei mezzi destinati sia ad alimentare le linee di trattamento, sia allo svolgimento delle attività legate alla trasferenza dei rifiuti;

   l'invio a trattamento o a trasferenza dei rifiuti situati sulla porzione sommitale dei citati cumuli, causando una soggiacenza prolungata degli strati inferiori degli stessi, che risultano maggiormente soggetti all'instaurarsi di condizioni fermentative e putrefattive responsabili del rilascio di emissioni odorigene moleste;

   il non regolare svolgimento delle ordinarie attività manutentive;

    le citate condizioni comportano necessariamente la possibilità che si generino maggiori emissioni di polveri e odori molesti all'atto dell'apertura dei portelloni delle stazioni di scarico dei rifiuti in ingresso e dei portelloni laterali dai quali entrano ed escono i mezzi per il carico dei rifiuti in trasferenza. Quindi, dette emissioni aumentano sia per la notevole quantità di rifiuti presenti, sia per l'aumento dei tempi di stoccaggio nella fossa di scarico e nelle aree di stoccaggio, nonché per i ridotti spazi di manovra che non consentono la rapida entrata ed uscita dei mezzi di trasporto e la conseguente rapida chiusura dei portelloni laterali;

    le attività di stoccaggio dei rifiuti prodotti dalle attività di trattamento prima del loro conferimento presso terzi non risultano adeguatamente rappresentate; tale aspetto risulta particolarmente rilevante nei casi in cui, come nel presente, gli scarti prodotti non abbiano subito un'adeguata degradazione della sostanza organica e presentino elevate caratteristiche di putrescibilità, e in quanto tali costituiscano fonte di molestie olfattive;

    rispetto alle richiamate criticità l'Arpa Lazio scrive che occorre rilevare che la documentazione in atti non menziona né affronta in alcun modo nella B.18 – Relazione tecnica né nel resto della medesima le problematiche rilevate, fornendo una rappresentazione dell'impianto e del suo funzionamento che non tiene minimamente conto di quanto emerso e comunicato in sede di controllo da parte di Arpa Lazio, come nella valutazione puntualmente evidenziato. Ne consegue pertanto la necessità, a parere di Arpa Lazio, che le citate criticità siano superate attraverso l'adozione di adeguate soluzioni tecnologiche e/o gestionali, sulla base delle MTD di settore, che garantiscano che l'impianto produca i rifiuti previsti dall'autorizzazione integrata ambientale, sia in termini di caratteristiche qualitative sia in termini quantitativi, e non i rifiuti attualmente prodotti e non previsti dalla medesima;

    la relazione dell'Arpa Lazio si può riassumere come segue: di fatto l'impianto non tratta i rifiuti ma piuttosto li accumula e li sposta, quindi è una discarica di fatto; non avrebbe i requisiti per essere autorizzato; etichetta rifiuti in modo scorretto; produce più scarto che rifiuto lavorato; fa trasferenza di rifiuti in modi che sono completamente fuori norma; i rifiuti che escono andrebbero ritrattati, tanto funziona male l'impianto; i rifiuti stazionano nell'impianto oltre qualunque tempo consentito; non riesce a riciclare nulla, nemmeno i metalli -0,4 per cento contro i 5-7 per cento che dovrebbe essere lo standard; non è stata fornita nessuna documentazione sull'impatto degli odori e questo è un prerequisito per l'autorizzazione; non può essere fatta manutenzione a causa della permanenza di quantità enormi di rifiuti; non si tiene in alcun modo conto dell'impatto sul territorio della putrescenza, almeno 4 volte più dei limiti; moltissime attività di scarico e carico avvengono in modo illecito;

    sono però le due ultime righe della relazione dell'Arpa Lazio che emettono la sentenza definitiva di condanna dell'impianto Tmb di via Salaria n. 981 e della politica dell'amministrazione capitolina sul ciclo dei rifiuti a Roma: «la valutazione della documentazione allo stato attuale agli atti non può che determinare un parere negativo di Arpa Lazio a riscontro della medesima»,

impegnano il Governo:

   a intraprendere iniziative concrete e immediate, per quanto di competenza, promuovendo una verifica da parte del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, in relazione alle criticità evidenziate con riguardo all'impianto di cui in premessa, a tutela della salute dei residenti e dei lavoratori ivi operanti, alla luce del nuovo drammatico scenario denunciato nella relazione dell'Arpa Lazio che, di fatto, non può che essere prodromico alla chiusura dell'impianto medesimo, perché tenerlo ancora funzionante sarebbe una scelta molto grave dal punto di vista ambientale e sanitario, ma anche sociale;

   a predisporre e realizzare, per quanto di competenza, uno studio in collaborazione con l'Istituto superiore di sanità, avviando indagini epidemiologiche sullo statuto di salute della popolazione residente partendo dai quartieri di Fidene, Settebagni, Villa Spada, Serpentara, Casale Nei, Porta di Roma e Colle Salario;

   a favorire e promuovere, per quanto di competenza, forme di coinvolgimento dei residenti anche nella modalità del dibattito pubblico al fine di favorire la partecipazione dei cittadini alla risoluzione della questione dell'impianto Tmb Salario.
(7-00127) «Muroni, Rostan».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   CANCELLERI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'Associazione italiana alberghi per la gioventù (Aig) è un ente a carattere nazionale e senza finalità di lucro, costituita nel 1945 allo scopo di contribuire al miglioramento morale, intellettuale e fisico della gioventù attraverso la pratica del turismo e dei viaggi individuali e di gruppo;

   l'Aig è inclusa tra le Organizzazioni non governative segnalate dall'Onu tra gli enti di sviluppo sociale; a livello internazionale l'Aig è membro e unico rappresentante per l'Italia della Federazione internazionale degli ostelli per la gioventù (HI – Hostelling International), massimo organismo mondiale competente per la ricettività dei giovani, con status consultivo presso l'Unesco;

   l'Aig – Associazione italiana alberghi per la gioventù – ha gestito ininterrottamente l'ostello per la gioventù di Roma (denominato Ostello del Foro Italico) sito nel complesso del Foro Italico, in viale delle Olimpiadi 61 dall'anno 1966 all'anno 2011;

   detto immobile, attualmente di proprietà del demanio statale, fu a suo tempo concesso in locazione all'Aig dall'Ente gioventù italiana (ex G.I.L.), soppresso nel 1975. Di seguito, l'immobile fu trasferito allo Stato (Ministero dell'economia e delle finanze – demanio);

   con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 30 giugno 2005 n. 71856, sono stati conferiti alla Coni Servizi spa in usufrutto trentennale alcuni beni patrimoniali dello Stato, ivi compreso l'immobile sede dell'Ostello. La Coni Servizi spa presentò un progetto di ristrutturazione dell'intera area del Foro Italico, nel quale la struttura in questione veniva destinata ad area commerciale. Progetto ad oggi mai realizzato;

   nel settembre 2005, venne sottoscritto un protocollo di intesa tra Ministero per i beni e le attività culturali, la regione Lazio, il comune di Roma e la Coni Servizi spa per la realizzazione di un programma di interventi il recupero e di valorizzazione del Foro Italico (incluso l'immobile sede dell'Ostello della Gioventù), con l'impegno a cooperare per individuare una nuova sede idonea per il ricollocamento dell'Ostello;

   con delibera n. 294 del 6 ottobre 2005 il consiglio comunale di Roma approvava, nell'ambito della valorizzazione dell'area del Foro Italico, una ricollocazione dell'ostello della gioventù all'interno della stessa area;

   ciò nonostante, in data 6 dicembre 2007, la Coni Servizi spa comunicava il proprio intendimento a non voler rinnovare la concessione, richiedendo il rilascio dell'immobile alla scadenza della stessa (7 ottobre 2008), nonostante l'impegno precedentemente assunto a trovare una struttura alternativa;

   nel 2009 la Coni Servizi spa citava in giudizio l'associazione per ottenere la disponibilità dell'immobile e il pagamento di tutte le indennità di occupazione per il periodo successivo alla data del 7 ottobre 2008;

   il contenzioso si è chiuso nel dicembre 2010 con un atto di transazione, che ha costretto l'associazione procedere al rilascio della struttura;

   la situazione dell'ostello del Foro Italico, che già non era adeguato, sia in termini di capacità ricettiva che di standard qualitativi, alle realtà delle altre capitali europee, quali Londra, Parigi e Berlino, dove le associazioni consorelle dell'Aig dispongono mediamente di 4/5 ostelli per la gioventù con una capacità ricettiva complessiva rispettivamente di 1299, 1056 e 749 posti letto, è pertanto divenuta insostenibile e ha comportato la chiusura dell'Ostello di Roma;

   pertanto, l'Italia è attualmente l'unico Paese europeo la cui capitale non dispone di un ostello per la gioventù, gestito senza fini di lucro, del network della International Youth Hostel Federation;

   tale chiusura ha comportato inoltre l'attivazione della cassa integrazione straordinaria in deroga per i 15 dipendenti in servizio presso l'Ostello, oltre alle conseguenze negative sull'indotto generato dai flussi turistici dell'ostello –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare, per quanto di competenza, in merito alla mancata ristrutturazione da parte di Coni Servizi spa nell'area presso il Foro italico che, ab origine, avrebbe dovuto essere destinata ad area commerciale e foresteria per gli atleti in vista di un'olimpiade per altro mai svolta;

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per dotare la capitale italiana di almeno un ostello per la gioventù che possa essere gestito senza fini di lucro, dall'Associazione italiana alberghi per la gioventù e dalla International Youth Hostel Federation.
(3-00378)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FOTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   entro il 2050 entreranno in fase di chiusura (detta: shut-down) 401 reattori nucleari di cui 141 solo in Europa occidentale;

   nei prossimi 15 anni, in Italia, saranno destinati complessivamente 4 miliardi di euro allo smantellamento (cosiddetta: attività di decommissioning) dei siti nucleari che, secondo stime di Nomisma Energia, determineranno l'istituzione di circa 7 nuovi posti di lavoro nell'indotto per ogni milione di euro investito;

   per la realizzazione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi l'investimento previsto è di 1,5 miliardi di euro, che genereranno 1.500 occupati/anno nella fase di realizzazione e 700 occupati/anno in quella di esercizio;

   Radwaste Management School, che ha sede a Caorso (in provincia di Piacenza), è il centro di formazione del gruppo Sogin – la società pubblica che si occupa dello smantellamento degli impianti nucleari italiani – che assicura l'aggiornamento professionale di alto livello e promuove l'innovazione gestionale e tecnologica sulla base dell'esperienza e del know-how specialistico nel campo della sicurezza;

   Radwaste Management School – nuova denominazione della «Scuola italiana di radioprotezione, sicurezza e ambiente», già operante dal 2008 – ha ottenuto la certificazione di conformità alle norme Uni En Iso 9001/2015 (sistema di gestione qualità) e ISO 14001/2015 (sistema di gestione ambientale), la certificazione Cepas (certificazione della professionalità e della formazione) e la certificazione di conformità allo standard Ohsas 18001 (sicurezza e salute dei lavoratori);

   come si legge (http://www.ilpiacenza.it), nel comunicato diffuso a seguito dell'incontro tenutosi a Bologna il 10 maggio 2017 tra l'assessore regionale alle politiche ambientali dell'Emilia-Romagna e l'amministratore delegato di Sogin «... È stato quindi confermato il ruolo strategico della Radwaste Management School (RMS) di Caorso, un centro di eccellenza per la formazione nella sicurezza nucleare, nella sicurezza sul lavoro e nelle diverse materie affini»;

   nei fatti il ruolo strategico della Radwaste Management School, ad avviso dell'interrogante, risulta essere del tutto marginale, con inevitabile dispersione di un'attività professionale di supporto di eccellente livello –:

   se i fatti siano noti al Governo e se si ritenga di dovere acquisire le opportune informazioni al riguardo da parte di Sogin, adottando le iniziative di competenza affinché quest'ultima dia seguito agli impegni assunti per la valorizzazione e il potenziamento della Radwaste Management School, impegni che, ad avviso dell'interrogante, non possono – né devono – restare tali solo quando si diffondono i comunicati stampa.
(4-01829)


   MOLLICONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (decreto legislativo n. 267 del 2000), all'articolo 43, dispone che i consiglieri comunali hanno diritto di ottenere dagli uffici del comune, nonché dalle aziende ed enti dipendenti «tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato»;

   tale previsione normativa garantisce il «diritto di accesso» e il «diritto di informazione» dei consiglieri in ordine agli atti in possesso dell'amministrazione comunale, estendendo tali diritti a qualsiasi atto ritenuto utile per espletare il mandato ricevuto a tutto tondo e senza limitazione alcuna, financo quella legata alla eventuale natura riservata delle informazioni richieste, essendo il consigliere vincolato al segreto d'ufficio, come ricordato da pronuncia del Consiglio di Stato (C.d.S. sezione V, 4 maggio 2004, n. 2716);

   la Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi, istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri dalla legge n. 241 del 1990, ovvero l'organismo preposto alla vigilanza sull'attuazione del principio della piena conoscibilità e trasparenza dell'attività della pubblica amministrazione, con parere fornito il 9 aprile 2014 che riprende un pronunciamento del Consiglio di Stato (sentenza n. 846 del 2013), ha inoltre sottolineato come l'accesso agli atti da parte di un consigliere non possa essere soggetto ad alcun onere motivazionale, atteso che «diversamente opinando sarebbe introdotto una sorta di controllo dell'ente, attraverso i propri uffici, sull'esercizio del mandato del consigliere comunale»;

   sempre il Consiglio di Stato, nelle sentenza sopra richiamata, dopo aver ribadito la mancanza di limitazioni alla richiesta di accesso agli atti dei consiglieri comunali, sottolinea come «dette conclusioni si appalesano stringenti ove ad azionare l'istituto siano consiglieri di minoranza, cui i principi fondanti delle democrazie e la legge attribuiscono compiti di controllo dell'operato della maggioranza e, quindi, dell'esecutivo, qui inteso nella sua più larga accezione di apparato politico ed apparato amministrativo»;

   inoltre, l'articolo 2 della legge n. 241 del 1990, così come modificato, dispone che l'organo di governo individui «nell'ambito delle figure apicali dell'amministrazione, il soggetto cui attribuire il potere sostitutivo in caso di inerzia», attribuendolo, in caso di mancata individuazione, a specifiche figure amministrative;

   non di meno, lo stesso articolo richiama la responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente o del funzionario inadempiente nel caso di mancata o tardiva emanazione del provvedimento nei termini di legge;

   risulta all'interrogante che Andrea Marchiella, consigliere comunale di Latina, in data 2 agosto 2018 abbia fatto richiesta di accesso agli atti per ottenere la documentazione relativa alla gestione degli impianti sportivi e delle antenne telefoniche, esercitando in tal modo un suo diritto, come ricordato sopra, particolarmente tutelato in quanto consigliere di minoranza;

   successivamente, in data 19 ottobre 2018, non avendo vista soddisfatta la sua richiesta, lo stesso Marchiella ha provveduto ad inoltrare richiesta di attivazione dei poteri sostitutivi all'avvocato Iovinella, responsabile anticorruzione del comune, chiedendo al contempo di sapere se i dirigenti interessati dalla richiesta l'avessero avvisata, a tutela dei suoi diritti e come financo previsto da delibera di giunta municipale n. 326 del 2017;

   ad oggi, a quanto risulta all'interrogante, a quasi 4 mesi dalla richiesta di accesso agli atti, non è stato ancora consentito al consigliere di minoranza di vedere riconosciute le sue ragioni, in spregio a qualsiasi principio di legalità e con grave lesione dei propri diritti –:

   di quali elementi disponga il Governo in relazione alla vicenda di cui in premessa e se e quali iniziative, per quanto di competenza e anche per il tramite della Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi di cui alla legge n. 241 del 1990, intenda adottare riguardo alle anomalie segnalate nel caso in esame;

   quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda adottare, anche sul piano normativo, per garantire una piena realizzazione del diritto di accesso agli atti, in particolare da parte degli amministratori locali.
(4-01831)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la giornata mondiale dei diritti umani è una celebrazione sovranazionale che si tiene in tutto il mondo il 10 dicembre di tutti gli anni; la data è stata scelta per ricordare la proclamazione da parte dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite della Dichiarazione universale dei diritti umani, frutto di un'elaborazione secolare e base di molte delle conquiste civili del XX secolo per la libertà, l'uguaglianza e la tutela dei diritti degli individui;

   la Dichiarazione riveste anche un'importanza giuridica fondamentale, in quanto le norme che compongono la Dichiarazione sono ormai considerate, dal punto di vista sostanziale, come principi generali del diritto internazionale e come tali vincolanti per tutti i soggetti di tale ordinamento;

   come corollario del diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della persona (articolo 3), la Dichiarazione prescrive il divieto di schiavitù sotto qualsiasi forma (articolo 4), fenomeno ripugnante che, pur essendo oggi formalmente proibito in tutto il mondo, si esprime ancora mascherandosi in diverse tipologie di sfruttamento;

   il Global Slavery Index del 2016 indica che oltre 40 milioni di persone nel mondo sono costrette al lavoro forzato, o intrappolate nella schiavitù del debito, del matrimonio forzato o della tratta di esseri umani, mentre l’International Labour Organization stima che i lavori forzati generino proventi illeciti per 150 miliardi di dollari l'anno: la seconda fonte di profitto della criminalità organizzata, dopo le droghe;

   la Mauritania, l'ultimo Paese al mondo ad avere formalmente abolito la schiavitù nel 1981, si iscrive ancora oggi tra i dieci Paesi con la più alta incidenza del fenomeno; più di 21 persone ogni 1000 abitanti sono colpite dal fenomeno e il lavoro forzato è una pratica diffusa in diversi settori, sia per i maschi che per le donne in diverse fasce d'età e regioni geografiche del Paese; il concetto di schiavitù è infatti ancora profondamente radicato nella società mauritana e lo status di schiavo è considerato ereditario e, nonostante alcuni miglioramenti legislativi recenti, la polizia e la magistratura sono riluttanti nell'attuazione delle norme; le vittime del fenomeno sono soprattutto gli appartenenti alla minoranza «harratin», di cui almeno 90.000 vivono in una situazione di totale asservimento, mentre tutti gli altri (600.000, il 20 per cento della popolazione) vivono in una situazione di asservimento parziale;

   nel 2008, su impulso dell'attivista Biram Dah Abeid è nata «un'organizzazione di lotta popolare» denominata IRA – Iniziativa per la rinascita del movimento abolizionista – che organizza regolarmente sit-in, scioperi e marce attraverso città e paesi di tutta la Mauritania; il gruppo combatte anche contro la giustificazione religiosa della schiavitù e Biram Dah Abeid è ormai un'attivista di fama mondiale; il Time, nel 2017, lo ha inserito tra i cento uomini più influenti al mondo e la sua azione lo ha portato, nel 2013, a vincere il premio per i diritti umani delle Nazioni Unite;

   il 7 agosto 2018 la polizia mauritana ha condotto il leader antischiavista alla questura di Nouakchott proprio nel giorno in cui avrebbe dovuto presentare la sua candidatura alle prossime elezioni presidenziali del 2019; da allora non è più stato rilasciato;

   l'Italia sarà membro eletto del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite per il periodo 2019-2021 e ha opportunamente riconosciuto tra i temi prioritari per il suo mandato la lotta contro ogni tratta di esseri umani, che coinvolge anche il nostro Paese specie in relazione al fenomeno migratorio –:

   quali iniziative prioritarie abbia individuato per promuovere la lotta contro ogni forma di schiavitù e se non intenda esprimere fermamente disapprovazione per la detenzione arbitraria dell'attivista antischiavista Biram Dah Abeid da parte delle autorità mauritane.
(5-01084)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   IANARO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   fonti stampa hanno reso noto che a Benevento esisterebbe un problema relativo all'erogazione di acqua potabile e che a causa di ciò il Sindaco ha annunciato la volontà di sporgere querela contro l'Associazione che ha dichiarato tali fatti;

   per questo motivo il sindaco ha chiesto ad Arpac e Gesesa di attestare la potabilità dell'acqua erogata;

   in seguito alle verifiche svolte, i cui risultati sono stati pubblicati sulla stampa nella giornata del 3 novembre 2018, l'Arpac ha confermato che sono state trovate più volte tracce di tetracloroetilene nei pozzi di Pezzapiana e Campo Mazzoni, i quali alimentano il rione Ferrovia, il rione Libertà e il centro storico, aggiungendo che l'acqua è sicura ma senza indicare quale sia il parametro di riferimento utilizzato;

   il 4 novembre 2018 la Gesesa, società che gestisce il servizio idrico integrato a Benevento e nei comuni della provincia, con una lettera inviata al sindaco ha scritto: «In merito al comunicato stampa di Altrabenevento del 30 novembre 2018 in cui si afferma la presenza di concentrazioni di tetracloroetilene nell'acqua proveniente dai pozzi di Pezzapiana oltre i limiti consentiti dalla normativa vigente si ritiene opportuno specificare quanto [......] dall'osservazione del parametro tetracloroetilene non sono mai stati registrati valori fuori limite (10 mg/l) anzi la concentrazione di tale valore risulta sempre trascurabile. La qualità della risorsa immessa in rete da tale sito è da ritenersi idonea per uso idropotabile e questo vale anche per tutti gli altri punti di immissione di risorsa in rete»;

   secondo le fonti di stampa, però, la Gesesa non indica la fonte normativa a cui si riferisce nel riportare il valore di 10 milligrammi litro dichiarandolo nei limiti e, soprattutto, non considera che il valore soglia indicato nel decreto legislativo 16 marzo 2009, n. 30, nel caso di tetracloroetilene in «acque profonde», come nel caso dei pozzi beneventani ispezionati, è pari a 1,1 microgrammi per litro, un valore pari a circa un decimo di quello che l'azienda ha riscontrato nei pozzi, valore considerato normale;

   analizzando i dati contenuti nella relazione dell'Arpac, pubblicata a febbraio 2018, relativa ai valori di sostanze inquinanti riscontrati negli ultimi 12 anni, risulta che il valore soglia di 1,1 microgrammi per litro per verificare l'entità effettiva della situazione di inquinamento in cui versa il sistema idrico è stato superato per almeno 20 volte in periodi che, però, non sono indicati;

   la presenza di tetracloroetilene è stata accertata, ma non è stata verificata la provenienza del pericoloso inquinante che raggiungerebbe anche la falda posta a 100 metri di profondità;

   l'Arpac sosterrebbe che ciò accada perché l'acqua sarebbe usata per «lavare» i binari. L'autore dell'inchiesta si domanda, giustamente ad avviso dell'interrogante, come ciò sia potuto accadere e cosa sia stato fatto per bonificare il sito;

   si consideri che l'acqua dei pozzi citati serve il 58 per cento della popolazione, utilizzata da famiglie, ospedali, commercianti, ristoranti e pubblici esercizi per bere e per cucinare –:

   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza; in particolare, se si intenda verificare quanto già rilevato da Arpa Campania, attivando il Comando Carabinieri per la tutela dell'ambiente al fine di identificare le cause a l'entità dell'inquinamento in cui versa il sistema idrico della città di Benevento, individuando da quale fonte provenga l'inquinante tetracloroetilene;

   se il Governo intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, volte ad acquisire un quadro complessivo della situazione del sistema idrico beneventano, in collaborazione con la regione Campania, effettuando un monitoraggio capillare dello stato di inquinamento esistente, con particolare riguardo alla natura e alla misura delle sostanze inquinanti, al fine di garantire la migliore tutela della salute della cittadinanza e dell'ambiente.
(4-01828)


   FRANCESCO SILVESTRI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il 18 luglio 2011, il comando carabinieri per la tutela dell'ambiente invia una nota n. 24/7-4 al comune di Magliano Romano, alla regione e all'Arpa Lazio per evidenziare che l'elenco dei rifiuti individuati con codice Cer, per i quali veniva concessa dal comune di Magliano Romano, nell'aprile del 2007, la facoltà di gestione, di un impianto di rifiuti gestito dalla Idea4 srl, appariva esorbitante rispetto alle norme vigenti all'epoca e nonostante ciò l'amministrazione comunale ha emanato un nuovo provvedimento che appare essere non in linea con il contenuto dell'intervenuta delibera di giunta regionale 239/2008 e con quanto stabilito nel novero delle competenze dei comuni;

   l'amministrazione comunale di Magliano Romano, pur competente a emettere provvedimenti amministrativi di autorizzazione all'esercizio di discariche per inerti, è di fatto incorsa in quella che appare all'interrogante un'incompetenza assoluta di legge, in quanto la materia è di competenza regionale, secondo la tipologia d'impianto, come il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale (Aia) ovvero il rilascio dell'autorizzazione alla realizzazione e messa in esercizio degli impianti di gestione dei rifiuti riportati, ossia discariche per rifiuti speciali pericolosi e non, ad esclusione delle discariche per rifiuti inerti lapidei provenienti da attività di demolizione e costruzione ex tab. 1 del decreto ministeriale 3 agosto 2005. La nota del comando carabinieri recita: «Pertanto le autorizzazioni rilasciate dal comune di Magliano Romano in data 13 dicembre 2007 e 10 novembre 2009 potrebbero essere ritenute nulle»;

   nel luglio 2011 il comune di Magliano Romano, richiede alla regione Lazio, (prot. N. 1375), di esprimersi in merito all'autorizzazione rilasciata con atto del 10 novembre 2009. Nel settembre 2011 la direzione regionale attività produttive e rifiuti (prot. 173125/DB/0413), risponde e richiama le note 182828/D2/2W/01 del 22 settembre 2009 ed aggiunge: «L'allora posizione dell'Amministrazione in merito alla competenza delegata ai comuni, a parere della Scrivente Direzione, doveva presumibilmente (come si evince dall'ultima frase della medesima nota, ndr) considerarsi del tutto eccezionale e volta ad evitare situazioni conflittuali che avrebbero potuto esporre l'amministrazione comunale ad eventuali ricorsi da parte degli interessati e comunque sembrava fornire utili elementi per un'autonoma e compiuta valutazione dell'autorizzazione rilasciata» e chiede che il comune si conformi alla delibera della giunta regionale 239/08 ed alla legge regionale n. 27 del 1998 e riveda «in via di autotutela, il succitato atto autorizzativo»;

   la regione Lazio non approva la variante e nell'ottobre 2011 il comune, revoca in sede di autotutela l'autorizzazione rilasciata e autorizza Idea4 S.r.l. alle sole 12 tipologie di rifiuti inerti di cui alla tabella 1 del decreto ministeriale 27 settembre 2010. Il 2 luglio 2013 viene depositata la sentenza (TAR del Lazio) di cui al RG 175/2012 sul ricorso promosso da Idea4 S.r.l. per l'annullamento del provvedimento prot. 1919 del 27 ottobre 2011 del comune di Magliano Romano. Il 29 luglio 2014, la Idea4 S.r.l. deposita il progetto di riclassificazione della discarica esistente da inerti, a discarica per rifiuti speciali non pericolosi e il 13 settembre 2014, il consiglio comunale di Magliano Romano, con delibera n. 26, approva un documento di dissenso e contrarietà verso il progetto elaborato dalla Idea4 S.r.l. Il 18 settembre 2014 si riunisce la conferenza dei sindaci della Tiberina – Flaminia – Cassia presso il comune di Fiano Romano (RM) e all'unanimità i 17 sindaci richiedono altro tempo per valutare la questione della riclassificazione, nominando un proprio tecnico, e richiedono alla regione Lazio una proroga di 20 giorni per la presentazione delle osservazioni alla valutazione di impatto ambientale del progetto di riclassificazione, che viene concessa in data 27 settembre 2014;

   l'8 ottobre 2014, la conferenza dei sindaci della Tiberina – Flaminia – Cassia, riunita a Castelnuovo di Porto, dopo aver valutato la documentazione tecnico-legale, esprime all'unanimità la propria contrarietà al progetto di riclassificazione della discarica di Magliano Romano. La questione della discarica approda alla Commissione bicamerale di inchiesta sui rifiuti per l'audizione di alcuni cittadini sulle attività illecite correlate all'impianto. Il 22 luglio 2015, la regione Lazio concedeva alla Idea4 srl, la possibilità di ricevere altri 21 codici Cer di rifiuti –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   di quali elementi disponga circa le iniziative adottate dal commissario ad acta, individuato nel direttore della direzione generale per i rifiuti e l'inquinamento del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e quali siano ad oggi le risultanze alle quali lo stesso è addivenuto in ordine alla salubrità dell'area intorno alla discarica in questione;

   quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di evitare possibili danni irreversibili all'ambiente e alla salute dei cittadini delle aree interessate dalla discarica e limitrofe alla località Monte della Grandine presso il comune di Magliano Romano, nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie.
(4-01835)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   DE MARIA, BENAMATI, CARLA CANTONE, CRITELLI, RIZZO NERVO e ROSSI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha trasmesso a Società Autostrade un nuovo progetto per intervenire sulla viabilità di attraversamento di Bologna;

   tale nuovo progetto non è stato in alcun modo condiviso con la regione Emilia-Romagna, la città metropolitana di Bologna e il comune di Bologna;

   si tratterebbe di un intervento molto limitato e di dubbia efficacia, che rallenterebbe peraltro l'effettivo avvio dei cantieri e ridurrebbe in modo molto significativo le risorse finanziarie destinate a Bologna;

   era in corso una procedura amministrativa per la realizzazione del Passante di mezzo, già giunta alla convocazione della conferenza di servizi, unilateralmente interrotta dal Governo ma mai formalmente conclusa –:

   se il Ministro interrogato intenda ripristinare un corretto rapporto istituzionale con la regione Emilia-Romagna, la città metropolitana di Bologna e il comune di Bologna, che, a quanto consta agli interroganti, ha unilateralmente messo in discussione;

   come il Ministro intenda effettivamente affrontare il problema, di valore nazionale, della viabilità del nodo di Bologna.
(3-00377)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FOTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   giusta la denuncia della Confedilizia e dalla proprietà fondiaria di Piacenza, la determinazione del costo di costruzione ancorata ai valori dell'Osservatorio del mercato immobiliare che intende imporre la regione Emilia-Romagna si pone in aperto contrasto con la normativa nazionale vigente;

   rispondendo all'interrogazione n. 6973/2018, l'assessore regionale alla programmazione territoriale dell'Emilia-Romagna, ha testualmente sostenuto che «...l'attuale articolo 16, comma 9, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, che riprende l'impianto della legge n. 10 del 1977, prevede che il costo di costruzione per i nuovi edifici sia determinato dalla Regione "con riferimento" ai costi massimi ammissibili per l'edilizia agevolata determinati, sempre dalla Regione, ai sensi dall'articolo 4 della legge n. 457 del 1978 e che il contributo dovuto sia fissato dalla regione stessa in una percentuale dal 5 al 20 per cento di tale costo. È evidente l'inattualità di detto parametro e la sua assoluta inidoneità a rispondere alle finalità del contributo di costruzione appena ricordata, appartenendo ad un sistema di programmazione degli interventi di edilizia residenziale pubblica abbandonato oramai da numerosi anni...»;

   nel corso dell'udienza conoscitiva (1° ottobre 2018) avviata al riguardo dalla commissione consiliare III della regione Emilia-Romagna, il direttore della direzione generale cura del territorio e dell'ambiente, testualmente affermava «cercherò.....di percorrere gli aspetti più innovativi di questa delibera, dopo vent'anni che in Emilia Romagna non vengono aggiornati i contributi sia degli oneri di urbanizzazione che dei costi di costruzione a livello regionale...» ed ancora: «Questo adeguamento è stato molto sollecitato anche dalla Corte dei conti regionale che più volte ci aveva richiamato dal punto di vista operativo nella richiesta proprio di aggiornare gli adeguamenti inflattivi le delibere precedenti del ’98..». In vero, come emerge dagli atti (risposta dello stesso dirigente alla richiesta 513/2018/2018), non risultano «comunicazioni ricevute dalla Regione Emilia-Romagna da parte della Corte dei conti in ordine all'adeguamento della disciplina del contributo di costruzione»;

   rispondendo all'interrogazione n. 4-00859, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, dopo avere precisato che «...Le modalità di determinazione dei costi sia dell'edilizia agevolata sia dell'edilizia sovvenzionata sono stati fissati dal decreto ministeriale 5 agosto 1994...» aggiungeva «In particolare, ai sensi dell'articolo 9 del suddetto decreto, l'aggiornamento dei costi definiti dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano, può essere effettuato annualmente sulla base della variazione percentuale registrata dall'indice ISTAT generale, nazionale del costo di costruzione di un fabbricato residenziale fra il mese di giugno 1994 e il mese di giugno di ciascun anno successivo» La risposta così concludeva: «Pertanto, ai sensi del decreto ministeriale citato questo Ministero, acquisita la variazione percentuale comunicata dall'ISTAT, informa dell'intervenuta variazione annuale gli assessori regionali per l'edilizia residenziale pubblica delle regioni e delle province autonome» –:

   alla luce di quanto sopra esposto — essendo evidente all'interrogante sia la palese smentita da parte del Governo delle tesi sostenute dalla regione Emilia-Romagna, sia l'inopportuno richiamo da parte di quest'ultima a quello che appare all'interrogante un inesistente intervento sulla materia da parte della Corte dei conti regionale — se non ritengano doveroso adottare le iniziative di competenza per ribadire, se del caso che attraverso apposita circolare, la piena efficacia del decreto ministeriale 5 agosto 1994 e la conseguente necessità di rispettarne i contenuti che non possono di certo essere disattesi, tenuto conto che, in materia edilizia, compreso l'ambito che qui interessa, alle regioni compete la disciplina di dettaglio che, tuttavia, deve uniformarsi ai princìpi fondamentali di competenza statale.
(4-01832)


   CIRIELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'amministrazione comunale di Atrani procederà il prossimo 14 dicembre all'esecuzione dello sfratto degli inquilini di alcuni alloggi popolari;

   tale sgombero, come è stato precisato da Andrea Cretella, in rappresentanza dell'associazione «Mani pulite», riguarda, tra l'altro, diverse persone affette da tumore è un anziano di quasi 100 anni;

   ad avviso dell'interrogante, in questi casi, l'amministrazione comunale avrebbe l'obbligo morale e giuridico di astenersi dall'eseguire lo sfratto, adottando viceversa ogni iniziativa per giungere ad un accordo con gli interessati, che peraltro in questo caso risultano pienamente disponibili a raggiungerlo. La vicenda non è certo isolata ma rappresenta un caso emblematico di criticità nella gestione degli alloggi popolari –:

   quali iniziative, anche normative, il Governo intenda adottare per scongiurare casi come quello descritto in premessa, soprattutto qualora il proprietario sia un'amministrazione comunale.
(4-01837)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE LUCA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nella giornata del 4 dicembre 2018 un commando armato composto da 20 malviventi ha preso d'assalto un convoglio di tre furgoni portavalori, lungo il raccordo autostradale Salerno-Avellino nei pressi dello svincolo di Serino;

   i malviventi hanno prima bloccato un autotrasportatore di carburante, obbligando l'autista a metterlo di traverso lungo la carreggiata, e, poi, hanno fermato i furgoni portavalori, armati di kalashnikov;

   è stato utilizzato un escavatore per aprire le lamiere del furgone dell'istituto di vigilanza e il bottino sarebbe di alcuni milioni di euro;

   una pattuglia della Polstrada è intervenuta immediatamente, ingaggiando un conflitto a fuoco con i rapinatori;

   il commando armato si è poi disperso, in gran parte, tra le campagne, mentre alcuni malviventi sono fuggiti contromano dopo aver rubato l'automobile a una donna bloccata nel traffico;

   scappando, i criminali hanno dato fuoco a una decina di vetture, abbandonate dai guidatori, per far disperdere le loro tracce e impedire l'arrivo delle forze dell'ordine;

   si tratta di un episodio gravissimo che ha messo a rischio l'incolumità di decine di automobilisti che in quel momento si trovavano a percorrere quel tratto di raccordo autostradale;

   non è la prima volta che nel comprensorio tra l'Irpinia e il nord della Puglia si registrano simili agguati ai danni di trasporto valori;

   solo pochi giorni fa un caso analogo e con dinamiche simili si era verificato sulla A14 tra Cerignola e Canosa –:

   quali iniziative il Governo intenda porre in essere con la massima urgenza per contrastare il fenomeno degli assalti ai porta valori nel territorio in questione, per assicurare un rafforzamento dei dispositivi di controllo lungo le arterie del comprensorio e per aprire un tavolo di confronto con gli operatori del settore al fine di affrontare il tema della sicurezza per questa delicata tipologia di trasporto ed evitare il ripetersi di episodi simili.
(5-01083)

Interrogazione a risposta scritta:


   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da notizie a mezzo stampa di gravi episodi di razzismo che si riversano sui bambini e sugli adolescenti italiani adottati, nonché sui figli di famiglie miste e di stranieri; in particolare, l'associazione «Mamme per la pelle», che raggruppa non solo madri adottive, ma anche madri africane, sud americane e indiane, ha denunciato raccapriccianti episodi e ha raccolto numerose testimonianze di aggressioni razziste che hanno colpito giovani italiani e stranieri, apostrofati con espressioni violente quali «scendete da questo autobus», «tornate a casa vostra con il barcone», «venite qui rubare e ammazzare le nostre donne»; l'associazione riferisce una crescita esponenziale di tali aggressioni, tanto che molti giovani adolescenti avrebbero ormai timore a uscire da soli di casa;

   molto preoccupante risulta essere il dato segnalato da giornalisti e associazioni: il database Cronache di ordinario razzismo dell'associazione Lunaria, mostra come da marzo 2018, gli episodi di razzismo documentati dalla stampa solo nei confronti dei ragazzi e degli adolescenti, quindi non considerando le altre fasce di età, siano già più di 100, e la mappatura fatta del giornalista Luigi Mastrodonato, anch'essa basata su notizie di cronaca riportate dai giornali, evidenzia come in Italia solo nel periodo marzo-luglio 2018, il numero delle aggressioni fisiche razziste sia arrivato a 30;

   il Barometro politico utilizzato da Amnesty International per monitorare la recente campagna elettorale sui social network di oltre 1.425 candidati mostra infine come il 95 per cento delle dichiarazioni che hanno veicolato stereotipi e messaggi discriminatori, razzisti o di incitamento all'odio e alla violenza siano da attribuire alle forze di centrodestra, in considerevole misura anche agli slogan del Ministro interrogato, sul quale grava oggi la responsabilità di garantire la sicurezza di tutte le persone residenti sul territorio nazionale –:

   quali urgenti iniziative intenda intraprendere al fine di contrastare i crescenti episodi di razzismo, ampiamente documentati, intervenendo anche con una raccolta dati ufficiale, per proteggere i diritti più fondamentali degli individui e la serenità delle famiglie in Italia;

   quali urgenti iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per emarginare l'odio e la violenza dal dibattito politico democratico e per scongiurare che si offendano i valori e i principi costituzionali e fondamentali della Repubblica italiana con l'effetto di alimentare i conflitti sociali e l'intolleranza.
(4-01830)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


   FIANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   Inarcassa è la Cassa nazionale di previdenza e assistenza per gli ingegneri e architetti liberi professionisti;

   Inarcassa ha un patrimonio complessivo pari a 9 miliardi di euro e gli iscritti ad oggi risultano essere circa 168.000, di cui il 35 per cento ha meno di 40 anni di età, mentre i pensionati sono oltre 28.000, e l'iscrizione costituisce un obbligo che insorge al verificarsi di condizioni oggettive, date dal possesso di requisiti specifici;

   sulla Gazzetta Ufficiale 5a serie speciale – contratti pubblici n. 27 dell'8 marzo 2010 è stato pubblicato un avviso di avvenuta aggiudicazione del bando pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 89 del 31 luglio 2009, avente per oggetto la selezione di una «SGR» per la istituzione, costituzione e gestione di un fondo comune di investimento immobiliare, riservato a investitori qualificati di cui all'articolo 1, comma 1, Gap 65/09 con il criterio di aggiudicazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa dove risultava aggiudicataria Fabrica Immobiliare SGR S.p.A.;

   in riferimento a ciò, con atto rep. n. 196389 rogito n. 70194 del 31 gennaio 2014, Inarcassa trasferiva il diritto di proprietà degli «immobili» costituenti l’«apporto in natura» per un valore complessivo quale attestato nella «relazione» pari a euro 490.600.000 e la somma di euro 400.000 a titolo di «apporto in denaro» a conguaglio del conferimento degli «immobili»;

   a fronte dell'apporto degli «immobili» Inarcassa sottoscrive complessivamente n. 982 «quote del Comparto Due» per un ammontare complessivo di euro 491.000.000;

   la mozione detta «fiume» contenuta nel verbale del Comitato nazionale dei delegati (Cnd) del 29 e 30 novembre 2012 aveva per oggetto la gestione del patrimonio immobiliare di Inarcassa e non il conferimento del diritto di proprietà degli «immobili»;

   in data 6 agosto 2015 è stata pubblicata la sentenza n. 10707/2015 del Tar Lazio nel giudizio promosso dall'architetto Gianluca Valle per richiedere l'accesso ai documenti afferenti al conferimento al Fondo di investimento immobiliare di una parte del patrimonio immobiliare di Inarcassa;

   in data 16 gennaio 2017 è stata pubblicata la sentenza n. 113/2017 del Consiglio di Stato sempre in riferimento all'accesso agli atti;

   nei giudizi Inarcassa è stata giudicata soccombente e condannata al pagamento di 4.000 euro di spese legali;

   con email Pec del 17 gennaio 2017 l'architetto Gianluca Valle, delegato Inarcassa architetti Roma chiedeva al direttore generale per le politiche previdenziali e assicurative, dottoressa Concetta Ferrari di svolgere la funzione di vigilanza, ex articolo 3 del decreto legislativo n. 509 del 1994, inerente al conferimento immobiliare avvenuto da Inarcassa al Fondo InarcassaRE gestito da Fabrica Immobiliare Sgr SpA, per verificare la procedura di conferimento immobiliare a partire dalla delibera del Cnd e le autorizzazioni necessarie, per tale conferimento, dei Ministeri competenti;

   con nota protocollo 26/DG/2017 del 13 febbraio 2017 a firma del direttore generale di Inarcassa nella trasmissione dei documenti, all'architetto Gianluca Valle, inerenti al conferimento del patrimonio immobiliare di Inarcassa al Fondo Inarcassa Re Comparto Due, precisava che «non esistono in proposito altri atti e documenti da poter esibire»;

   nel verbale del 27 e 28 marzo 2014 del Comitato nazionale dei delegati di Inarcassa, il presidente di Inarcassa dichiarava che la mozione «fiume» era quella utilizzata per il conferimento degli immobili e che il patrimonio restava al 100 per cento di proprietà Inarcassa –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intendano assumere al fine di verificare, la effettiva correttezza delle procedure di conferimento del patrimonio immobiliare da Inarcassa al Fondo InarcassaRE, gestito da Fabrica Immobiliare Sgr spa, nonché l'intero processo autorizzativo; quali iniziative di competenza intendano eventualmente assumere qualora risultassero esservi state violazioni, lesive per l'istituto e i propri assicurati.
(4-01834)

SALUTE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   il testo costituzionale, nel Titolo V della Parte seconda, reca distinte disposizioni concernenti la sanità pubblica: l'articolo 117, secondo comma, lettera m), riserva allo Stato la competenza legislativa in materia di «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale»;

   il successivo terzo comma, invece, attribuisce alla competenza concorrente le materie «tutela della salute» e «ricerca scientifica»;

   con nota del 14 giugno 2018 «Aggiornamento piano nazionale di governo delle liste di attesa (PNGLA). Richiesta elementi informativi» della direzione generale della programmazione sanitaria indirizzata agli assessorati alla sanità delle regioni e delle province autonome si chiedeva di conoscere una serie di elementi con riferimento all'anno 2017;

   il 30 agosto 2018 dal tavolo di monitoraggio, struttura costituita dal Ministero della salute e dal Ministero dell'economia e delle finanze, che supervisiona la sanità locale, dopo che nel 2016 è uscita dal lungo commissariamento iniziato nel 2006, è stato dato il via libera a una premialità di quasi 70 milioni di euro da spendere per la sanità abruzzese. Tale riconoscimento riguarderebbe il rispetto di tutti gli adempimenti previsti per l'anno 2015;

   la situazione sanitaria regionale abruzzese sembrerebbe essere al collasso con liste d'attesa infinite, personale al minimo, turni di lavoro massacranti e cinque ospedali chiusi. In questo contesto di negazione di diritti in Abruzzo, il taglio dei posti letto degli ospedali pubblici è stato più del doppio del taglio nel privato e, conseguentemente, i pronto soccorso sono al collasso;

   un articolo del quotidiano «IlCentro», titolato «Donna con tumore - La protesta - Esame rinviato dopo due anni di attesa» del 22 novembre 2018, riporta la notizia che a una donna, nonostante avesse il codice 048 assegnato ai malati oncologici, non sarebbe stata garantita la precedenza e per evitare altre attese la stessa si è rivolta a una struttura privata e convenzionata a Chieti, sopportando una dura trasferta periodica –:

   quali iniziative specifiche, per quanto di competenza, intenda adottare in tema di controlli sullo stato delle liste di attesa e quali ulteriori iniziative intenda assumere in relazione a quanto esposto in premessa;

   quali iniziative urgenti siano state assunte, per quanto di competenza, al fine di migliorare la sanità nazionale e di garantire i livelli essenziali di assistenza con specifico riferimento alla situazione della regione Abruzzo.
(2-00203) «Grippa, Del Monaco, Parentela, Zennaro».

Interrogazione a risposta scritta:


   RUFFINO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   è da anni che l'ospedale civile di Susa dell'Asl TO3 (Torino) lamenta una grave carenza di organico medico. Una carenza che non consente di garantire la continuità del servizio assistenziale e, nel contempo, il rispetto della normativa vigente sull'orario di lavoro;

   lo stesso direttore di struttura complessa, dottor La Brocca, ha più volte segnalato e denunciato lo stato di emergenza, ormai diventato praticamente strutturale, in cui versa il reparto di medicina dell'ospedale di Susa. Una situazione che ha ormai assunto caratteristiche tali da mettere in pericolo la stessa sicurezza dei pazienti ricoverati;

   le reiterate denunce del primario del reparto di medicina interna, Antonello La Brocca, sulla carenza di personale medico, e che non hanno trovato risposta da parte dei vertici aziendali, si sono tradotte anche in lettere ed esposti allo stesso presidente della regione Piemonte, Chiamparino, e al Ministro interrogato, dove si sottolinea, tra l'altro, come sia stata sottovalutata la «necessità di garantire nel tempo un numero di risorse mediche proporzionato ai servizi erogati, contribuendo in tal modo a rendere il Reparto di Medicina di Susa un ambiente poco attrattivo per i concorsisti, oltre che pericoloso per i rischi afferenti all'interruzione del servizio pubblico»;

   sempre nella citata lettera al presidente della regione Piemonte, e al Ministro interrogato, si denuncia che lo stato di precarietà «si protrae ormai da molto tempo, sì da non poterlo definire uno stato emergenziale, bensì uno stato caratterizzato da una precarietà strutturale, poiché rimesso alla sola buona volontà del personale medico rimasto»;

   il reparto di medicina è ormai composto soltanto da due medici attivi oltre al primario, e la situazione è quindi quella di condizioni di lavoro ormai insostenibili, che rischiano ovviamente di avere anche serie ripercussioni sulla salute dei pazienti che arrivano nel nosocomio per essere curati –:

   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione alla drammatica situazione denunciata dal primario del reparto di medicina interna dell'ospedale civile di Susa e quali risposte intenda fornire, per quanto di competenza, in ordine alla sopracitata segnalazione e all'esigenza di garantire l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, con particolare riguardo alla medicina interna.
(4-01836)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE LUCA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la Società Cooper Standard Automotive Italy Service s.r.l., con sede legale in Ciriè (Torino) e con sede operativa nella zona industriale di Oliveto Citra (Salerno), fa parte del gruppo «Cooper Standard» e produce guarnizioni in gomma per l'industria automobilistica e dei veicoli commerciali. Svolge attività di verniciatura, floccatura e finitura di prodotti destinati alla consegna al cliente finale, costituito dai principali stabilimenti di produzione del gruppo FCA presenti nel centro-sud Italia;

   la Cooper Standard Automotive Italy Service è nata nel 2017 e ha acquisito il ramo d'azienda (macchinari e risorse umane) dalla Sud Gomma S.a.s. Tale ramo d'azienda è costituito da un'unità produttiva sita ad Oliveto Citra (Salerno), già di proprietà di una famiglia di imprenditori che, nel corso del 2016, aveva manifestato la volontà di cessare l'attività industriale;

   la Cooper Standard Automotive Italy Service ha pertanto rilevato il ramo d'azienda, puntando a un rilancio delle attività del sito produttivo di Oliveto Citra, contando essenzialmente sull'annunciata ripresa del mercato automobilistico italiano, rappresentato dal gruppo FCA (unico cliente), che aveva pubblicamente dichiarato un programma di nuovi modelli da lanciare a breve sul mercato;

   nel corso del 2018, però, tale ripresa non si è verificata, i nuovi modelli che il gruppo FCA aveva a suo tempo dichiarato di lanciare sul mercato sono slittati a data da destinarsi e, comunque, probabilmente non prima del 2020/2021. I volumi di produzione sono drasticamente scesi già a partire dall'estate del 2018;

   in tale contesto, i vertici aziendali hanno dichiarato di voler cessare le attività industriali del sito di Oliveto Citra, attivando — con una nota ufficiale datata 31 ottobre 2018 — una procedura di licenziamento collettivo per cessazione di attività ex articoli 4 e 24, legge n. 223 del 1991, per l'intero organico aziendale pari a n. 95 lavoratori;

   la cessazione dell'attività industriale è stata motivata dall'azienda con l'insostenibilità degli attuali costi di gestione dello stabilimento di Oliveto Citra, con riferimento agli elevati costi di locazione del capannone e di quelli fissi di produzione e, soprattutto, della riduzione delle commesse da parte del gruppo FCA;

   la prospettiva di imminente chiusura dello stabilimento di Oliveto Citra rappresenterebbe un gravissimo depauperamento del tessuto produttivo salernitano e avrebbe un impatto sia economico che occupazionale estremamente negativo a livello locale, con drammatiche ricadute sociali –:

   se il Governo non ritenga opportuno convocare, con la massima urgenza, un tavolo di confronto al quale partecipino i vertici della società Cooper Standard Automotive Italy Service s.r.l., le istituzioni locali e le rappresentanze sindacali, affinché in tale sede si possa giungere alla condivisione di un piano industriale che garantisca la continuità dell'attività produttiva dello stabilimento salernitano, salvaguardando integralmente i livelli occupazionali.
(5-01085)

Interrogazione a risposta scritta:


   SERRACCHIANI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'azienda Dm Elektron di Buje (Udine), con 130 dipendenti che produce schede elettriche ha deciso unilateralmente di delocalizzare la propria produzione dallo stabilimento friulano in Romania;

   nella mattinata del 7 dicembre 2018 tutti i lavoratori, dopo aver proclamato 8 ore di sciopero, hanno cercato di bloccare i mezzi pesanti che stavano portando via i macchinari;

   a spingerli verso questo atto estremo di protesta sono le crescenti preoccupazioni per il futuro dello stabilimento che, nonostante le reiterate richieste da parte delle organizzazioni sindacali di conoscere i piani aziendali, la proprietà non ha mai voluto chiarire;

   nello stabilimento di Buje c'è chi è occupato da oltre 30 anni e si vede «portare via un pezzo della propria vita»;

   le organizzazioni sindacali e i lavoratori sono convinti che questa volta, rispetto ad analoghe situazioni verificatesi in passato, l'azienda avrebbe deciso di spostare completamente l'attività nello stabilimento di proprietà in Romania;

   dal 7 dicembre i lavoratori stanno manifestando giorno e notte all'esterno dell'azienda attraverso un presidio;

   la regione Friuli Venezia Giulia ha annunciato «un tavolo di crisi» per oggi 10 dicembre 2018;

   per il medesimo 10 dicembre è stato fissato un incontro con la direzione aziendale ma i lavoratori temono che i macchinari in fabbrica siano portati via;

   nella mattinata dello stesso 10 dicembre i lavoratori si sono stesi tutti per terra davanti ai cancelli dell'azienda per impedire il trasloco dei macchinari in Romania;

   ci sono stati momenti di forte tensione, allorquando sono intervenute le forze dell'ordine in tenuta antisommossa, arrivate sul posto in gran numero, per consentire ai mezzi il passaggio;

   il segretario della Fiom Cgil di Udine ha denunciato la presenza di un numero sproporzionato di agenti per questa operazione;

   il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e dello sviluppo economico ha preso forti impegni politici e istituzionali intesi a disincentivare la delocalizzazione di imprese italiane ed estere, operanti sul territorio nazionale –:

   se il Governo non intenda convocare con la massima urgenza un tavolo istituzionale al Ministero dello sviluppo economico per scongiurare la delocalizzazione dell'azienda Dm Elektron di Buje e, conseguentemente, salvaguardare i livelli occupazionali.
(4-01833)

Apposizione di firme ad una mozione.

  La mozione Molinari e altri n. 1-00083, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 novembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: D'Arrendo, Tuzi, Ianaro, Bologna, Leda Volpi, Trizzino, Lorefice, Mammì, Sarli, Sportiello, Scerra, Torto, Papiro, Bruno, Di Lauro, Galizia, Giordano, De Giorgi, Villani.

Apposizione di firme a risoluzioni.

  La risoluzione in Commissione Quartapelle Procopio e altri n. 7-00091, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 ottobre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Boldrini.

  La risoluzione in Commissione Grande n. 7-00124, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 dicembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Sabrina De Carlo, Cabras, Cappellani, Carelli, Colletti, Del Grosso, Di Stasio, Ehm, Emiliozzi, Olgiati, Perconti, Romaniello, Siragusa, Suriano.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Orlando n. 4-01762, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 novembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ferri.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in commissione Quartapelle Procopio n. 7-00091, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 74 del 30 ottobre 2018.

   Le Commissioni I e III,

   premesso che:

    nel 1993, dopo decenni di guerre, l'Eritrea diventava indipendente con un referendum svoltosi sotto l'egida dell'ONU e vedeva instaurarsi come presidente Isaias Afewerki, riconosciuto dalla comunità internazionale «un presidente-padrone»;

    nonostante l'indipendenza, si registrano ancora per tutti gli anni Novanta, conflitti, prima con lo Yemen e poi con lo storico avversario Etiopia per una questione legata ai confini. Fino al 2000 quando viene negoziato un accordo di pace ad Algeri, dopo 42 anni di guerre, lotte armate, devastazioni, rimasta però «lettera morta»;

    l'8 luglio 2018, i leader dell'Etiopia, Abiy Ahmed Ali, e dell'Eritrea, Isaias Afewerki, hanno firmato a Gedda, in Arabia Saudita, un nuovo trattato di pace, con la mediazione del Paese ospitante, dell'Onu, rappresentato dal segretario generale Antonio Guterres, dell'Unione africana e degli Emirati arabi uniti, ponendo fine ad una stagione di guerra durata 20 anni;

    nel 2009 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sanziona l'Eritrea con l'accusa di sostenere i fondamentalisti somali di Al Shaabab: il pacchetto delle sanzioni prevede l'embargo sulla vendita di armi e di qualsiasi equipaggiamento militare e il blocco delle risorse finanziarie dell'Eritrea all'estero;

    secondo alcune dichiarazioni rilasciate a mezzo stampa da esponenti delle forze di Governo, il nostro paese, insieme alla Russia, vorrebbe sostenere la fine delle sanzioni all'Eritrea da parte dell'Onu;

    il Governo eritreo è stato accusato di repressione e di impedire lo sviluppo della democrazia: le elezioni politiche che, secondo gli accordi Onu, avrebbero dovuto tenersi nel 2001 non sono mai avvenute;

    approfittando della condizione di stato d'emergenza che perdura da circa 20 anni, il presidente Isaias Afewerki ha instaurato nel suo Paese una vera dittatura, con violazioni dei diritti umani denunciate da organizzazioni umanitarie per ben due volte, nel 2015 e nel 2016, dalla Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite, ha sospeso la Costituzione, chiuso la stampa libera e imprigionato migliaia di oppositori;

    nel 2011, quando tutto il Corno d'Africa è stato interessato da una severa crisi alimentare, l'Eritrea, ha rifiutato gli aiuti, e sempre negato la crisi. Il servizio militare è obbligatorio nel Paese per tutti gli uomini e le donne dai 17 anni in poi, a tempo indeterminato; nessuno può avere un passaporto prima dei 60 anni per questo motivo; la popolazione vive al di sotto della soglia di povertà e lo stipendio medio è di circa 10 euro al mese;

    il rapporto «Service For Life: State Repression and Indefinite Conscription in Eritrea» prodotto da Human Rights Watch nel 2009 ha documentato gravi violazioni dei diritti umani da parte del Governo eritreo, tra le quali arresti arbitrari, tortura, terrificanti condizioni detentive, lavoro forzato e severe restrizioni alle libertà di movimento, di espressione e di culto;

    in un recente rapporto Amnesty International ha denunciato che il Governo eritreo ha sistematicamente utilizzato arresti arbitrari e detenzioni senza processo. Si stima che nel Paese ci siano più di 200 strutture di detenzione che gli ex detenuti hanno descritto come un «inferno», sotto minaccia quotidiana di percosse, punizioni, pochissimo cibo e condizioni igienico-sanitarie al limite. Inoltre, migliaia di prigionieri in Eritrea non riescono ad avere alcun contatto con la famiglia che spesso non sa se sono vivi o morti;

    anche coloro che riescono a fuggire in altri Paesi come Libia, Sudan, Egitto ed Italia continuano a subire minacce e ricatti. Il Governo eritreo ha infatti deciso di tassare, con la «diaspora taxation» tutti i redditi ottenuti all'estero dai propri cittadini per un valore pari al 2 per cento di quanto guadagnato, indipendentemente da quanto i cittadini eritrei versino in termini di imposte nel Paese in cui il reddito è prodotto o dall'esistenza di accordi sulla doppia imposizione,

impegnano il Governo:

   a continuare a seguire con attenzione la situazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali in Eritrea, anche a livello multilaterale, in particolare in ambito Onu, e ad attivarsi, anche in sede di rapporti bilaterali, per favorire la promozione e la tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali in Eritrea, in particolare adottando iniziative per:

    a) caldeggiare l'attuazione della Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti;

    b) rappresentare all'Eritrea l'urgenza di modificare la legge sulla coscrizione obbligatoria;

    c) consentire l'accesso nel Paese del Relatore speciale del Consiglio diritti umani e stabilendo con lo stesso una proficua collaborazione;

    d) adottare misure per garantire il diritto di proprietà conformemente agli standard internazionali in materia;

   a sostenere, attraverso gli strumenti della cooperazione, progetti che aiutino le comunità civili eritree nei Paesi confinanti e in Eritrea stessa;

   ad adottare iniziative per garantire il riconoscimento del diritto di asilo in Italia ai cittadini eritrei che ne fanno richiesta fintanto che non vengano garantite le libertà civili e non venga abolita la coscrizione militare obbligatoria nel Paese.
(7-00091) «Quartapelle Procopio, Migliore, Rosato, Braga, Fassino, Scalfarotto, La Marca».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta scritta Pignatone n. 4-01231 del 28 settembre 2018;

   interrogazione a risposta in Commissione Gallinella n. 5-00924 del 9 novembre 2018.