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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 26 novembre 2018

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La III Commissione,

   premesso che:

    il 10-11 dicembre 2018 si terrà a Marrakech (Marocco) la conferenza intergovernativa per l'adozione del «Global Compact for safe, orderly and regular migration» (da qui in poi: «Global Compact»);

    il Global Compact non fa distinzione tra flussi migratori di massa o ridotti, tra rifugiati politici o di migranti economici e definisce pregiudizialmente la migrazione come in ogni caso «una fonte di prosperità, innovazione e sviluppo sostenibile» (Preamble, 8);

    sebbene il Global Compact si impegni nominalmente a tenere in considerazione gli interessi dei Paesi ospiti, non v'è traccia in esso degli effetti negativi che i flussi migratori di massa generano sul piano economico, sociale e della sicurezza;

    pur riconoscendo formalmente la sovranità nazionale, il Global Compact tende a spostare la gestione dei fenomeni migratori verso un livello globale e multilaterale, così potenzialmente sminuendo il controllo dello Stato sovrano che, vi si afferma, «non può occuparsi della migrazione autonomamente» (Preamble, 11 e 15);

    il Global Compact (objective 8.24) sembra mirato a sostenere l'attività di talune ong nel Mar Mediterraneo, attualmente oggetto d'inchieste giudiziarie in Italia e appare in contrasto coi tentativi dell'Italia e della Libia di gestire a livello statale i flussi migratori e la salvaguardia dei migranti in mare;

    il Global Compact (objective 15) impegna gli Stati aderenti a migliorare la fornitura di vari servizi ai migranti, anche se clandestini;

    il Global Compact (objective 17) si propone di intervenire nel dibattito sull'immigrazione, penalizzando e privando di fondi le testate giornalistiche e i siti Internet che «discriminano contro i migranti», formulazione vaga che potrebbe giustificare forme di censura verso le critiche legittime all'immigrazione di massa e alla società multiculturale;

    il Global Compact (objective 20) prevede la facilitazione delle rimesse degli emigrati e dei flussi finanziari transnazionali, dedicando troppa poca attenzione ai pericoli connessi al finanziamento del terrorismo e dell'estremismo e al riciclaggio di denaro;

    numerosi Paesi, tra cui Australia, Austria, Cechia, Israele, Polonia, Slovacchia, Svizzera, Ungheria, USA, hanno già annunciato che non aderiranno al Global Compact perché in disaccordo con almeno una parte dei suoi contenuti;

    il Global Compact è un accordo non vincolante, ma aderendovi l'Italia esprimerà la propria obbligazione politica e morale, seppure non giuridica, a porre in atto tutti i punti in esso previsto; inoltre, esso andrà ad arricchire la cornice giuridica della «soft law» nazionale e internazionale, risultando determinante nell'interpretazione dei trattati esistenti e nella stesura di quelli futuri,

impegna il Governo:

a non firmare il Global Compact.
(7-00114) «Formentini, Zoffili, Grimoldi, Comencini, Billi, Caffaratto, Coin, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Ribolla».


   La XII Commissione,

   premesso che:

    ogni anno in Italia muoiono circa 60.000 persone a seguito di un arresto cardiaco. La letteratura scientifica internazionale ha ampiamente dimostrato che un intervento tempestivo di primo soccorso contribuisce a salvare molte vite;

    uno studio condotto negli Usa sulla disponibilità dei defibrillatori semiautomatici (Dae) nei centri commerciali e nelle zone residenziali ha mostrato che la disponibilità di Dae nei luoghi pubblici raddoppia la probabilità di sopravvivenza;

    con decreto ministeriale 24 aprile 2013 il Ministro della salute, di concerto con il Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, ha previsto garanzie sanitarie al fine di salvaguardare la salute dei cittadini che praticano un'attività sportiva non agonistica o amatoriale;

    il decreto, emanato in attuazione dell'articolo 7, comma 11, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, ha lo scopo di prevedere delle garanzie sanitarie mediante l'obbligo di idonea certificazione medica, nonché dettando linee guida per l'effettuazione di controlli sanitari sui praticanti e per la dotazione e l'impiego, da parte delle società sportive sia professionistiche sia dilettantistiche, di defibrillatori semiautomatici e di eventuali altri dispositivi salvavita;

    dal 1° luglio 2017 è in vigore il decreto 26 giugno 2017 emanato dai Ministri della salute e dello sport che ha imposto l'obbligo per le associazioni e società sportive dilettantistiche di dotarsi di defibrillatori e di relativo personale addestrato all'utilizzo; inoltre, l'onere della dotazione del defibrillatore e della sua manutenzione è a carico della società sportiva;

    i defibrillatori semiautomatici esterni attualmente disponibili sul mercato permettono a personale non sanitario specificamente addestrato di effettuare con sicurezza le procedure di defibrillazione, esonerandolo dal compito della diagnosi che viene effettuata dall'apparecchiatura stessa;

    la regione Lazio, con la finalità di concorrere alla promozione della sicurezza nello sport, ha emanato nel 2012, l'avviso pubblico in attuazione dell'articolo 7 della legge regionale n. 11 del 6 aprile 2009 riguardante «Interventi per la promozione, il sostegno e la diffusione della sicurezza nello sport»;

    tale avviso intende sostenere quelle tipologie di azioni che, con costi e tempi ridotti, siano in grado di migliorare taluni aspetti della sicurezza negli impianti sportivi e ha l'obiettivo di supportare, in particolare, gli interventi per il miglioramento dei livelli di sicurezza degli impianti sportivi di piccole e medie dimensioni e delle zone di attività sportiva, attraverso l'acquisto di attrezzature sportive di base e di defibrillatori, nonché di interventi di messa a norma;

    le spese ammesse a contributo sono quelle necessarie per l'acquisto di attrezzature di base e di materiali, per le progettazioni, il piano di sicurezza e il rilascio da parte del Coni del parere di conformità alla normativa vigente, ma anche le spese per l'acquisto di un defibrillatore e quelle per la formazione del personale preposto al suo utilizzo,

impegna il Governo:

   ad assumere le iniziative di competenza per vigilare sull'applicazione della normativa in merito;

   ad assumere iniziative per la concessione di contributi agli impianti sportivi, in special modo a quelli dilettantistici che non godono di enormi risorse economiche, per l'acquisto e la manutenzione di defibrillatori e per la formazione del personale, sull'esempio della regione Lazio;

   ad adottare iniziative per favorire l'installazione e la manutenzione dei defibrillatori e la formazione del personale, considerate le scarse risorse economiche delle associazioni dilettantistiche, evitando il rischio di un mancato adeguamento alla normativa da parte delle medesime associazioni sportive, a causa dell'eccessiva onerosità dell'obbligo imposto dalla legge ai danni dei cittadini;

   ad assumere iniziative, in collaborazione con gli enti locali e le regioni, volte a dotare almeno i centri storici cittadini di una rete di defibrillatori automatici, formando altresì la collettività sull'importanza di questi strumenti in grado di salvare vite umane e sul loro corretto utilizzo;

   ad assumere iniziative normative, nell'ambito delle proprie competenze e nel rispetto di quelle regionali, per l'introduzione di agevolazioni fiscali sull'acquisto dei defibrillatori da parte di associazioni Onlus regolarmente iscritte al registro regionale e del volontariato.
(7-00113) «Lorefice».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   GAGLIARDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nella Gazzetta ufficiale n. 270 del 20 novembre 2018, è stata pubblicata l'ordinanza della presidenza del Consiglio dei ministri, dipartimento della protezione civile, n. 558 del 15 novembre 2018, concernente i primi interventi di protezione civile in conseguenza degli eccezionali eventi meteorologici del mese di ottobre 2018, e che hanno interessato dieci regioni, tra cui la Liguria, nonché le province autonome di Trento e Bolzano;

   l'ordinanza stabilisce che ciascun presidente delle regioni interessate, in qualità di commissario delegato, predispone entro venti giorni dalla pubblicazione della suddetta ordinanza, un piano degli interventi da sottoporre all'approvazione del capo del dipartimento della protezione civile;

   con il suddetto piano si dispone in ordine: a) all'organizzazione e all'effettuazione degli interventi di soccorso e assistenza alla popolazione interessata dall'evento; b) al ripristino della funzionalità dei servizi pubblici e delle infrastrutture di reti strategiche, alle attività di gestione dei rifiuti, delle macerie, e alle misure volte a garantire la continuità amministrativa nei comuni e territori interessati;

   per la regione Liguria, i danneggiamenti prodotti dai suddetti eventi meteorologici, hanno avuto caratteristiche peculiari e hanno anche interessato fortemente l'erosione costiera, le dighe, i pontili, le scogliere di protezione e le opere di difesa marittima, anche a protezione degli abitati determinando, la demolizione di manufatti di proprietà comunale insistenti su spiagge in concessione ai comuni. I danni hanno interessato le province liguri e da una primissima stima della regione sono stati quantificati in oltre 7.200.000 euro;

   detti danneggiamenti, però, non sembrano essere ricompresi e rientrare negli ambiti e tra gli interventi oggetto della citata ordinanza n. 558 –:

   se non si ritenga urgente assumere le iniziative di competenza per adottare una ordinanza specifica di protezione civile per la Liguria o provvedere a una integrazione della medesima ordinanza n. 558 del 2018, proprio alla luce degli effetti specifici che la calamità ha prodotto nella regione, con particolare riferimento all'erosione costiera e all'abbattimento o all'indebolimento delle opere a difesa a mare, anche a protezione degli abitati.
(4-01708)


   GOLINELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la famiglia e le disabilità, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'impresa sociale «Con i Bambini» costituita nel 2016, con sede a Roma, è una società senza scopo di lucro avente per oggetto l'attuazione dei programmi del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, previsti dal Protocollo d'intesa stipulato il 29 aprile 2016 tra il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il presidente di Acri, l'associazione delle fondazioni di origine bancaria (in attuazione dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015);

   «Con i Bambini» è interamente partecipata dalla Fondazione Con il Sud, ente non profit privato nato dall'alleanza tra le fondazioni di origine bancaria e il mondo del terzo settore e del volontariato per favorire lo sviluppo del Mezzogiorno attraverso la promozione di percorsi di coesione sociale e sostenendo buone pratiche di rete;

   tra gli 86 selezionati dal bando adolescenza (11-17 anni), c'è un progetto modenese attivato dall'impresa sociale «Con i Bambini» per contrastare la povertà educativa in Italia attraverso il fondo promosso ad hoc dalla rete delle fondazioni bancarie. Si tratta di «Diritto al Futuro» dell'Associazione San Filippo Neri International, con sede a Modena: un progetto in partnership con enti pubblici, istituzioni scolastiche, soggetti del terzo settore ed enti di formazione della provincia di Modena, con l'intento di costruire una comunità educante (composta da scuole secondarie di I e II grado, famiglie, enti locali, servizi territoriali, terzo settore e altri) capace di sostenere gli adolescenti a rischio di dispersione scolastica;

   agli 86 progetti approvati da «Con i Bambini» attraverso il bando adolescenza sono destinatari 73,4 milioni di euro di cui 470 mila euro per il progetto della Associazione San Filippo Neri International;

   detta Associazione è una costola della Fondazione San Filippo Neri, divenuta formalmente «fondazione di diritto privato» ma che mantiene una forte connotazione pubblicistica, essendo controllata dalla provincia di Modena, che ne elegge il consiglio di amministrazione e riceve ogni anno una relazione sulla gestione della fondazione;

   dopo improvvise dimissioni del presidente del consiglio di amministrazione nel maggio del 2018, l'amministrazione della Fondazione San Filippo Neri ha ricevuto forti critiche legate alla gestione organizzativa e patrimoniale dell'ente, culminate con due esposti presentati alla Guardia di finanza di Modena e alla Corte dei conti di Bologna; esposti vertenti sui rapporti non trasparenti tra Fondazione San Filippo Neri e associazione SFN International, avendo quest'ultima ricevuto somme (euro 55.000 nel 2017) prive di giustificazione contabile dalla Fondazione;

   tali somme assumono valenza ancor più sospetta perché la vice presidente dell'Associazione San Filippo Neri International all'epoca dell'approvazione del progetto era (ed è tuttora) al contempo direttrice della Fondazione San Filippo Neri; fondazione che, secondo gli esposti, gestirebbe in spregio alle regole di trasparenza e correttezza, tanto da indurre il Presidente del Consiglio di amministrazione della Fondazione alle dimissioni forzate e a una «presa di distanza» dalla dirigenza dell'ente;

   inoltre, si profilano condotte illecite almeno di rilevanza amministrativo-contabile, per l'uso non trasparente e corretto dei cospicui contributi pubblici ricevuti;

   le dichiarazioni alla stampa dell'ex presidente dimissionario affermano che sarebbe un'associazione fantasma che operava all'insaputa del consiglio di amministrazione e quindi dagli scopi ad oggi non chiari –:

   se il Governo intenda adottare le iniziative di competenza per verificare il corretto utilizzo dei fondi statali dedicati al progetto «Diritto al Futuro», ricevuti dall'Associazione San Filippo Neri International e/o dalla Fondazione San Filippo Neri, che di fatto la controlla.
(4-01711)


   FOTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il Presidente del Consiglio, nella replica ai deputati intervenuti nel dibattito sulla fiducia al Governo tenutosi davanti la Camera dei deputati il 6 giugno 2018, ebbe – tra l'altro – ad affermare: «(...) Vogliamo che tutti possano beneficiare di cure; vorremmo anche, ad esempio, che ci possano essere dei presìdi ostetrici nei piccoli centri montani, là dove può essere difficile assicurare interventi così significativi»;

   per cercare di ottenere la ripresa delle attività del servizio nel reparto di Ginecologia dell'ospedale Santa Maria di Borgo Val di Taro (in provincia di Parma), risultano essere stati attivati due percorsi paralleli: la presentazione di un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, sottoscritto da associazioni e da gran parte della cittadinanza, e la richiesta al Ministero della salute, da parte di numerosi amministratori dell'area montana, di riesame della domanda di deroga alla sospensione dell'attività del punto nascita;

   nel citato ricorso straordinario si evidenziano la violazione o falsa applicazione di norme di legge, oltre che il vizio di eccesso di potere, poiché, ad avviso dei ricorrenti, l'istruttoria condotta per chiedere la deroga alla chiusura del punto nascita che qui interessa presenterebbe carenze di istruttoria e non terrebbe conto dei maggiori rischi che dovranno affrontare le donne gravide ed i nascituri in prossimità del parto, in difetto di un ospedale vicino –:

   se, con riferimento al citato ricorso straordinario, siano state presentate entro i termini prestabiliti le deduzioni dei soggetti controinteressati e, in caso di risposta affermativa, se sia stato successivamente investito del ricorso in questione il Consiglio di Stato;

   se risulti che il Ministero della salute abbia proceduto, per quanto di competenza, a riesaminare l'istanza di deroga alla sospensione dell'attività del punto nascita in questione e quali ne siano state le conclusioni;

   se il Governo abbia assunto le idonee iniziative di competenza per dare concreta attuazione ai propositi sopra menzionati del Presidente del Consiglio dei ministri e, in caso di risposta negativa, quali ne siano le ragioni.
(4-01718)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   ROMANIELLO e VIANELLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la società Acta, il 1° giugno 2011, ha presentato un progetto per la realizzazione di una discarica mono-dedicata per rifiuti contenenti amianto, da realizzarsi presso il comune di Ferrera Erbognone (PV);

   il sito individuato sorge nel mezzo delle risaie, rasente la raffineria Eni, sede di quattro impianti classificati come «siti industriali a rischio di incidente rilevante», soggetti alla «normativa Seveso» e suscettibili di potenziale effetto domino, e prossimo ad altri due impianti a rischio di incidente rilevante, Air Liquide e Oxon Italia;

   nella Raffineria Eni sono occorsi due incendi solo negli ultimi 2 anni;

   tale progetto ha ottenuto il decreto di compatibilità ambientale, procedura di Valutazione di impatto ambientale regionale, il 17 marzo 2014;

   il 27 aprile 2015, con il decreto n. 3291, la direzione generale ambiente, energia e sviluppo sostenibile ha rilasciato l'autorizzazione integrata ambientale al progetto nonostante il mancato rispetto della legge n. 108 del 2001, il mancato coordinamento tra le procedure di Via, le mancate valutazioni coerenti della compatibilità della localizzazione e dell'esercizio della discarica che tenessero conto dei vicini impianti a rischio di incidente rilevante e della possibilità di effetto domino la mancata valutazione di impatto sanitario nell'ambito della Via;

   nell'ambito della procedura di Aia sono state rilevate le seguenti criticità:

    si registra la mancata applicazione della relazione di riferimento introdotta per gli impianti Ippc dalla direttiva 2010/75/UE;

    il Piano regionale di gestione dei rifiuti approvato con deliberazione 1990 del 20 giugno 2014 ha introdotto il criterio che esclude l'insediamento di discariche di rifiuti in una fascia di rispetto di 300 metri dalle risaie;

    si segnala la mancata applicazione di quanto previsto dalla sentenza n. 313 del 26 gennaio 2015 del Consiglio di Stato, che impegna la pubblica amministrazione a considerare le modifiche normative intervenute successivamente al deposito dell'istanza oggetto di iter di approvazione e secondo cui la tutela dell'ambiente e della salute umana è da ritenere valore prevalente rispetto alla certezza del diritto dell'istante o alla speditezza dell'azione amministrativa;

    si evidenzia il mancato rispetto della mozione n. 407, approvata il 24 marzo 2015 dal Consiglio regionale lombardo, che recepisce quanto indicato nella sentenza sopracitata;

   il decreto di approvazione in sede di Aia non tiene conto della fascia di rispetto di 300 metri dalle risaie di cui al Prgr 2014;

   con ricorso al T.A.R. n. 1579/14, sez. III, comuni e associazioni hanno agito contro regione Lombardia e Acta s.r.l., per l'annullamento del decreto di compatibilità ambientale rilasciato;

   il testo del decreto regionale 3291/2015 risulta, ad avviso degli interroganti, non aderente al dispositivo della sentenza del Consiglio di Stato n. 313 del 26 gennaio 2015 in quanto:

    a) la sentenza del Consiglio di Stato non riguarda la sussistenza di un «pericolo», bensì il principio ordinamentale della precauzione in tema di salute e ambiente, i quali vigono anche in condizioni di potenziale pericolo relativo ad un periodo di medio o lungo termine;

    b) sono stati disapplicati i criteri localizzativi escludenti compresi nel Prgr, che contiene norme e prescrizioni in materia di salute e ambiente e gli «impatti negativi territoriali e sociali»;

   la risoluzione del Parlamento europeo del 14 marzo 2013 che invita la Commissione a promuovere la realizzazione di centri di trattamento e inertizzazione dei rifiuti contenenti amianto, prevedendo la cessazione di ogni conferimento in discarica, invita gli Stati membri al rispetto delle disposizioni in materia di salute di cui alla direttiva 2009/148/CE e a garantire che qualsiasi rifiuto contenente amianto sia classificato come rifiuto pericoloso ai sensi della decisione 2000/532/CE;

   non appare accettabile che il principio di precauzione venga disatteso;

   occorre, ad avviso degli interroganti, una nuova valutazione di impatto ambientale e autorizzazione integrata ambientale visto il sopraggiunto Prgr del 2014, nel rispetto della citata sentenza 313 –:

   di quali elementi disponga il Governo al riguardo e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere, considerati i rischi derivanti dalla vicinanza di siti industriali a rischio di incidente rilevante e della necessità di ottemperare agli impegni derivanti dall'adesione all'Unione europea in materia di smaltimento dei rifiuti contenenti amianto e di scongiurare rischi ambientali e sanitari.
(4-01712)


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la regione Emilia-Romagna, con legge regionale n. 23 del 2011, ha delegato all'Agenzia territoriale Emilia-Romagna servizi idrici e rifiuti (Atersir) molte delle funzioni precedentemente attribuite alla regione;

   in tale regione operano da tempo servizi di gestione dei rifiuti in regime di prorogatio di contratti scaduti, potenzialmente avvantaggiando i due operatori principali del mercato, facenti capo ai gruppi Iren ed Hera, entrambe società partecipate da molte amministrazioni pubbliche ma non solo;

   l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha predisposto una indagine conoscitiva del mercato della gestione dei rifiuti solidi urbani, la cosiddetta «IC 49», chiusa con il provvedimento n. 25823 del 21 gennaio 2016;

   nell'indagine conoscitiva si afferma che:

    «si ritiene necessario che la durata degli affidamenti non superi un tetto massimo di cinque anni stabilito in via normativa»;

    «con riguardo al profilo dimensionale delle attività che caratterizzano la filiera della gestione dei rifiuti urbani, in coerenza con le dimensioni ottimali per lo svolgimento del servizio, i bacini per la raccolta dovrebbero essere il risultato di aggregazione del territorio dei Comuni più piccoli in un unico lotto e del frazionamento del territorio dei grandi Comuni in più lotti»;

    «sotto il profilo della governance degli affidamenti dei diversi servizi, è auspicabile che venga mantenuta separata la gestione dei due segmenti della filiera (raccolta e fasi a valle)»;

   risulta agli atti che, a seguito dell'approvazione della legge regionale n. 16 del 18 luglio 2017, il segretario generale dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, ha già inoltrato nell'anno 2017 «al Dipartimento Affari Regionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri una segnalazione ai sensi dell'articolo 22 della legge n. 287 del 1990 in merito agli effetti restrittivi della concorrenza della novella normativa, ai fini degli eventuali adempimenti di competenza»;

   nel comune di Imola (BO), è attivo da oltre quarant'anni, un impianto di smaltimento rifiuti nel suolo (discarica), su terreno calanchivo, con problemi di contaminazione interna ed esterna al sito riscontrati dai recenti accertamenti di Arpae;

   la proprietà del sito è del Consorzio Con.Ami, cui partecipano 23 comuni dell'area bolognese, ravennate e fiorentina, mentre la gestione dell'impianto è stata affidata tramite contratto a Herambiente;

   l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, in merito al contratto di affidamento della gestione della discarica, ha rilevato, con la nota AS1526 del 4 luglio 2018:

    «il contratto di affitto di cui trattasi attribuisce in capo al gestore una esclusiva di fatto nel servizio di smaltimento in discarica, senza che tale soggetto sia stato selezionato mediante idonee procedure a evidenza pubblica»;

    «... criticità concorrenziali derivanti dalla carenza di un titolo legittimo per la gestione della discarica “Tre Monti” da parte della società Herambiente S.p.A., evidenziando come tale assetto della gestione della discarica, peraltro, rischia di avvantaggiare il gestore anche nella partecipazione alle future gare per il servizio di gestione dei rifiuti urbani»;

   sempre l'Antitrust, con la nota AS1533 del 4 luglio 2018, indirizzata alla regione Emilia-Romagna e ad Atersir, ha evidenziato come, nei bandi di gara indetti da quest'ultima e aventi a oggetto l'affidamento «della gestione integrata dei servizi di igiene urbana» nelle province di Piacenza, Parma e Ravenna-Cesena, vi siano elementi «in evidente contrasto con la normativa a tutela della concorrenza e con il tradizionale orientamento espresso dall'Autorità, tra l'altro anche nell'indagine conoscitiva IC49...» –:

   se non ritenga opportuno adottare un'iniziativa normativa per sancire una più netta separazione tra gli operatori che effettuano la gestione dei rifiuti urbani e quelli che effettuano lo smaltimento, anche sulla base degli elementi acquisiti in relazione a quanto sta accadendo in Emilia-Romagna.
(4-01714)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARIN. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   per il personale artistico e tecnico delle fondazioni lirico-sinfoniche fu introdotta una specifica normativa in base alla quale, in ragione delle specifiche esigenze del settore, a queste non si applicavano i princìpi dettati dalla disciplina in materia di contratti a termine, in particolar modo in merito al numero massimo di proroghe e successioni statuiti dalle norme generali, derogando quindi agli obblighi di stabilizzazione del rapporto di lavoro come conseguenza della violazione delle norme in materia di stipulazione di contratti di lavoro subordinato a termine, di proroga o di rinnovo dei medesimi contratti;

   la corte d'appello di Roma nel 2015 ha rinviato alla Corte di giustizia dell'Unione europea la questione in relazione alla compatibilità della normativa nazionale con la normativa europea sul lavoro a termine, sulla base dell'assunto che una siffatta normativa avrebbe di fatto sottratto tutto il settore alle regole minime in materia di contratti di lavoro a tempo determinato;

   il 25 ottobre 2018 la Corte di giustizia europea si è espressa in materia dichiarando illegittima la norma che esclude gli enti lirici dalla normativa sui contratti a termine;

   a ciò si aggiunge l'entrata in vigore del decreto-legge n. 87 del 2018, cosiddetto decreto dignità, che ha ridotto a 24 mesi il limite temporale massimo di durata di rapporto di lavoro a tempo determinato oltre il quale scatta la stabilizzazione;

   in conseguenza di tali disposizioni le fondazioni si sono viste costrette a non reiterare i contratti a tempo determinato a coloro che collaborano su singoli allestimenti e coprono temporaneamente i posti vacanti in pianta organica;

   si sta quindi determinando una crisi occupazionale che mette a rischio la stagione lirica e sinfonica di alcune fondazioni, tra cui la Fenice di Venezia e l'Arena di Verona, che, da una parte, lascia a casa decine di lavoratori che hanno già collaborato nei mesi scorsi con le produzioni in itinere nel corso delle prove, dall'altra prevede il ricorso a nuovi professionisti del tutto estranei alla preparazione di questi specifici allestimenti;

   inoltre, il vuoto normativo che si è venuto a creare fa sì che tali lavoratori si trovino esposti a una completa liberalizzazione dei rapporti di lavoro e a una precarizzazione infinita;

   per poter procedere alle assunzioni in pianta stabile dovrebbero essere banditi concorsi appositi, sarebbe necessario reperire specifiche risorse e, non ultimo, sarebbero necessari bilanci solidi che, al momento, non sussistono;

   le fondazioni stanno valutando possibili soluzioni e hanno chiesto più volte al Ministro interrogato di intervenire per garantire sia la ricontrattualizzazione dei lavoratori che non possono essere riassunti nell'immediato sia, contestualmente, la prosecuzione della stagione lirico-sinfonica per quelle fondazioni che presentano un programma di natura non stagionale;

   da notizie stampa si apprende che il Ministro avrebbe annunciato genericamente un prossimo intervento normativo del Governo in materia di contratti a termine ma rimane che le norme introdotte con il decreto-legge «dignità» non stanno affatto determinando stabilità dei posti di lavoro né tanto meno stanno dando dignità a questi lavoratori che saranno semplicemente lasciati senza lavoro per via di una norma che appare all'interrogante demagogica e dilettantistica;

   la sola Fondazione del Maggio fiorentino ha dovuto lasciare a casa 12 persone a novembre e rischia di lasciarne altre 25 a dicembre –:

   quali urgenti iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per colmare il vuoto normativo che si è venuto a creare in relazione a questa specifica tipologia di contratti e di lavoratori dopo la sentenza della Corte di giustizia europea, così da garantire sia il posto di lavoro a coloro che già hanno collaborato alle produzioni in corso di allestimento che la continuità della stagione delle fondazioni lirico-sinfoniche.
(5-00984)

Interrogazione a risposta scritta:


   SARRO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   nel centro storico di Capua (Caserta) sorge la chiesa della SS. Annunziata, uno dei monumenti più importanti della città;

   il complesso, edificato nel suo nucleo originario alla fine del XIII secolo, è stato successivamente ampliato grazie alle elargizioni delle più illustri famiglie capuane, quali gli Abenavolo e i Fieramosca, e arricchito con un pregevole soffitto cassettonato e con la superba cupola, che la tradizione ricollega all'ingegno di Domenico Fontana;

   la chiesa danneggiata gravemente a seguito dei devastanti bombardamenti inferti alla città di Capua nel corso dell'ultimo conflitto mondiale, circa trenta anni fa veniva riaperta al culto dopo un imponente intervento di consolidamento;

   attualmente, purtroppo, l'intera struttura, interessata da abbondanti infiltrazioni piovane, versa in uno stato di totale abbandono con preoccupanti segni di cedimento che hanno reso necessario interdire il transito dei pedoni e la sosta dei veicoli nelle aree contigue;

   come è facile intuire, il deperimento della struttura coinvolge anche la parte interna, in particolare il cassonato ligneo che subisce costantemente fenomeni di corrosione a causa delle infiltrazioni. A ciò va aggiunto che anche la tenuta delle statue collocate nel prospetto del monumento risulta compromessa, come testimonia il loro posizionamento sensibilmente inclinato;

   per rimuovere la segnalata situazione di degrado si rende necessario eseguire con urgenza lavori di messa in sicurezza e risanamento conservativo, ai quali dovrà fare seguito un serio programma di manutenzione –:

   quali iniziative si intendano intraprendere, per quanto di competenza, per favorire un intervento di messa in sicurezza della chiesa di SS. Annunziata in Capua, in un progetto più ampio di riqualificazione e restauro dell'intero immobile.
(4-01696)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE LORENZIS, LUCIANO CANTONE, DE GIROLAMO, FICARA, GRIPPA, RAFFA, SCAGLIUSI, SERRITELLA, SPESSOTTO, TERMINI e TROIANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 2, comma 11, della legge n. 350 del 2003 ha istituito l'addizionale comunale sui diritti d'imbarco di passeggeri sugli aeromobili, pari a un euro per passeggero imbarcato, disponendo il 40 per cento del totale a favore dei comuni del sedime aeroportuale o con lo stesso confinanti secondo la media di indicate percentuali;

   il decreto-legge n. 7 del 2005 ha disposto che «l'addizionale comunale sui diritti d'imbarco è altresì incrementata di tre euro a passeggero»;

   la legge n. 296 del 2006 ha disposto che «al fine di ridurre il costo a carico dello Stato del servizio antincendi negli aeroporti, l'addizionale sui diritti d'imbarco sugli aeromobili, di cui all'articolo 2, comma 11, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e successive modificazioni, è incrementata a decorrere dall'anno 2007 di 50 centesimi di euro a passeggero imbarcato»;

   la legge n. 92 del 2012 ha disposto un ulteriore incremento, a decorrere dal 1° luglio 2013, di due euro a passeggero imbarcato;

   il decreto-legge n. 145 del 2013 ha precisato che l'addizionale comunale non è dovuta dai passeggeri in transito negli scali aeroportuali nazionali, se provenienti da scali domestici;

   il decreto 29 ottobre 2015 ha disposto che la misura dell'incremento dell'addizionale comunale sui diritti d'imbarco è pari a euro 2,50 per l'anno 2016, euro 2,42 per l'anno 2017 e euro 2,34 per l'anno 2018;

   dal sito del Ministero dell'interno, si apprende, in forza di un comunicato del 7 gennaio 2016, che, con provvedimento dell'11 dicembre 2015, le somme acquisite al bilancio dello Stato per l'anno 2015 a titolo di addizionale comunale sui diritti d'imbarco di passeggeri sulle aeromobili, sono state ripartite e pagate a favore dei comuni. Con particolare riferimento ai comuni pugliesi, sarebbero stati disposti i seguenti pagamenti: per l'aeroporto Bari Palese, in favore di Bari vi sono 52.043,45 euro e per Bitonto 1.870,34; per l'aeroporto di Brindisi Papola Casale in favore di Brindisi 31.797,22 euro; per l'aeroporto Gino Lisa in favore di Foggia 74,91 e per l'aeroporto di Taranto Grottaglie in favore di Grottaglie 17,34;

   per alcuni enti, tuttavia, si è proceduto alla momentanea sospensione del pagamento delle risorse finanziarie per il suddetto contributo per l'assunta mancata trasmissione al Ministero dell'interno delle certificazioni di bilancio;

   l'Associazione nazionale comuni aeroportuali italiani (Ancai) afferma che, per il periodo 2005-2015, il versamento di quanto dovuto sarebbe stato indebitamente omesso, tanto da aver promosso un'azione legale contro Ministero dell'interno e Ministero dell'economia e delle finanze trattandosi di oltre 150 milioni di euro a fronte dei 59.518.020 di euro erogati –:

   se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, intendano indicare a quanto ammontino nel loro complesso e per ciascun comune, gli oneri dovuti a titolo di addizionale comunale sui diritti d'imbarco di passeggeri sugli aeromobili per gli anni 2015 e 2016;

   se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, intendano chiarire quali siano le iniziative e le tempistiche per il versamento delle somme ai comuni interessati per gli anni 2015 e 2016;

   se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, intendano chiarire quali siano le iniziative previste per rendere strutturalmente più rapido l’iter di pagamento di tali somme, in modo da scongiurare in futuro ulteriori ritardi;

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito alla recente diffida dell'Associazione nazionale comuni aeroportuali italiani.
(5-00990)

FAMIGLIA E DISABILITÀ

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro per la famiglia e le disabilità, per sapere – premesso che:

   nella relazione finale della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni altra forma di violenza di genere approvata il 6 febbraio 2018 è stato affrontato il tema della violenza subita dalle donne con disabilità;

   i lavori della Commissione hanno rilevato che la donna con disabilità vive in una condizione ancora più difficile, poiché spesso, «questo ruolo non le viene neanche riconosciuto: non è un essere umano, non è una cittadina, bensì un essere senza diritti, priva di sesso, corpo, intelligenza, desideri, emozioni»;

   ciò nonostante, in questo contesto, sono comunque stati rilevati dei progressi grazie alla stipula della Convenzione sui diritti umani delle persone con disabilità (Cdpr), approvata il 25 agosto 2006 e adottata, in via definitiva, il 13 dicembre 2006 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite e ratificata dall'Italia con legge 3 marzo 2009, n. 18;

   la Commissione, durante i lavori, si è avvalsa del contributo della dottoressa Bosisio Fazzi la quale ritiene che i documenti genere-neutrali (gender neutral) non danno luogo a un'adeguata attenzione alle donne, incluse quelle con disabilità. Inoltre le donne con disabilità oltre a sperimentare forme di discriminazione multipla devono affrontare il problema di una doppia «invisibilità»: come donne e come persone con disabilità. La dottoressa ritiene essenziale adottare in pieno il principio del mainstreaming per assicurare che la prospettiva di genere sia esplicitamente adottata, in ogni Paese, nello sviluppo e nella realizzazione di leggi, azioni e programmi relativi alla disabilità;

   per quanto concerne il quadro normativo nazionale, si apprende nel medesimo testo che non esiste una normativa specifica a tutela delle donne e delle ragazze con disabilità, alle quali pertanto si applica la normativa sulle pari opportunità e parità di trattamento di genere tra uomo e donna e la normativa specifica per la condizione di disabilità; ciò comporta che nessuna norma, politica, misura o azione a favore dell'uguaglianza di genere includa specifici riferimenti alle ragazze e alle donne con disabilità, mentre nessuna prospettiva di genere viene adottata nello sviluppo e nell'applicazione di norme, azioni e programmi relativi alla condizione di disabilità;

   tale elemento di criticità è stato sollevato al Governo italiano dal Comitato Onu sui diritti delle persone con disabilità nella sua osservazione conclusiva n. 14 15: «Il Comitato raccomanda che la prospettiva di genere sia integrata nelle politiche per la disabilità e che la condizione di disabilità sia integrata nelle politiche di genere, entrambe in stretta consultazione con le donne e le ragazze con disabilità e con le loro organizzazioni rappresentative»;

   si sottolinea, inoltre, che il concetto di discriminazione basata sul genere, contenuto nel codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, non include la dimensione della discriminazione intersezionale sofferta dalle donne con disabilità in quanto donne e persone con disabilità e che nella legge 1° marzo 2006, n. 67 (cosiddetta «legge antidiscriminazione»), non è previsto il concetto di discriminazione intersezionale basato sul genere;

   secondo il rapporto dell'Istat di giugno 2015 in cui si erano raccolti i dati relativi alla violenza di genere sulle donne italiane, ben 6 milioni 788 mila donne sono state vittime nel corso della loro vita di almeno un episodio di violenza. Ma la cosa più allarmante è che, delle donne con disabilità, ha subito violenze fisiche o sessuali il 36 per cento di chi è in cattive condizioni di salute e il 36,6 per cento di chi ha limitazioni gravi. Si stima che il rischio di subire stupri o tentati stupri sia doppio per le donne disabili (10 per cento contro il 4,7 per cento delle donne non disabili);

   si evidenzia inoltre che la stessa legge n. 67 del 2006 non soddisfa gli obblighi derivanti dalla ratifica della Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne (Cedaw), in quanto non prevede rimedi specifici o sanzioni per le discriminazioni intersezionali;

   il fenomeno della violenza ai danni delle donne con disabilità non è oggetto di studio (a parte poche parziali iniziative); mancano specifiche politiche di prevenzione e di contrasto allo stesso; i servizi e i centri antiviolenza sono generalmente impreparati e/o inaccessibili a donne con disabilità;

   le donne con disabilità sono soggette a forme di violenza peculiari, che spesso non sono riconosciute come tali. In altri casi, le violenze sono riconoscibilissime, ma chi sta intorno e assiste non fa niente, per quieto vivere, per convenienza o, ancora, per senso di impotenza. Questo vuol dire che, se per una donna non disabile è difficile uscire dalla violenza, per una donna con disabilità, in questo contesto disabilitante e connivente, le possibilità sono infinitesimali –:

   quali iniziative specifiche il Ministro interpellato intenda adottare, nell'ambito delle proprie competenze, in tema di informazione, prevenzione, contrasto e risposta alla violenza nei confronti delle ragazze e delle donne con disabilità.
(2-00187) «Grippa, Angiola, Barzotti, Casa, Del Monaco, Del Sesto, Ficara, Frate, Lattanzio, Marzana, Parentela, Raffa, Roberto Rossini, Scagliusi, Serritella, Termini, Testamento».

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   DI SARNO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'aumento dell'organico delle forze di polizia penitenziaria rappresenta una prerogativa del Governo;

   con la presente interrogazione si intendono portare alla luce alcune delle problematiche che attanagliano quasi tutte le carceri della regione Campania;

   in particolare si segnalano riguardo al penitenziario di Napoli-Poggioreale:

    la non idoneità della struttura e spazi assolutamente inadeguati ad ogni forma di regime aperto e custodia dinamica con rischi a carattere assoluto per il personale di polizia penitenziaria quasi quotidianamente aggredito verbalmente e, talvolta, fisicamente;

    l'eccessivo numero di «fuori-turno», personale stanco e demotivato;

    i carichi di lavoro eccessivi (il personale è impegnato in più posti di servizio, anche tre posti di servizio in una giornata);

   i problemi legati al vestiario che non viene cambiato da molti anni, con gli agenti che sono costretti a comprarlo di tasca propria;

    gli ambienti di lavoro sporchi al limite della decenza. È sufficiente mettere piede, anche solo per un minuto, nei posti di guardia a piano-terra dei reparti o anche solo nelle stanze destinate al personale di polizia penitenziaria ai piani per rendersi conto della situazione;

    la totale assenza di qualsiasi forma di climatizzazione degli spazi nei reparti e negli uffici, a partire, ad esempio, dalla «sala magistrati» o «matricola», e assidua presenza di ratti e blatte nel locale matricola;

    la totale assenza di qualsiasi forma di prevenzione medica soprattutto per quanti prestano più spesso servizio in ospedale o in reparti a «rischio» come, ad esempio, il reparto «Roma» a diretto contatto con detenuti sieropositivi;

    il mancato pagamento delle ore di straordinario del reparto matricola, servizio a turno, con l'aumento dei carichi di lavoro nello svolgimento degli adempimenti relativi al Dna;

    l'impossibilità di gestire il detenuto psichiatrico o con doppia diagnosi per mancanza di mezzi e strutture idonee;

    eccessivo carico di lavoro, con presenza di circa 100 detenuti a piano con un solo locale per le docce, di cui una funzionante su tre –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare, alla luce dei fatti descritti in premessa, al fine di garantire condizioni di vita dignitosa per i detenuti e adeguate tutele per il personale che quotidianamente svolge il proprio lavoro.
(4-01697)


   BIGNAMI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la revisione della geografia giudiziaria è stata effettuata dallo Stato attraverso strumenti legislativi atti e finalizzati alla realizzazione del risparmio di spesa, al miglioramento della efficienza dell'intero sistema giudiziario, ottenuta tramite una migliore dotazione degli stessi uffici giudiziari risultanti da eventuali soppressioni e accorpamenti, e al recupero di risorse umane e finanziarie;

   è, infatti, contenuta nella legge di conversione del decreto-legge di stabilizzazione finanziaria 2011, la delega al Governo volta alla riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari;

   la delega è stata attuata con il decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, che ha previsto la soppressione di 31 tribunali, di 31 procure e di tutte le 220 sezioni distaccate di tribunale presenti sul territorio dello Stato, e con il decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 156, che ha previsto altresì la soppressione di tutti gli uffici del giudice di pace nei comuni con capoluogo di provincia, per un totale complessivo di n. 667;

   anche sul territorio dell'Emilia-Romagna tale riorganizzazione ha portato alla soppressione di numerosi presidi della giustizia, spesso allontanando tali servizi dal cittadino;

   in particolare, ha fatto molto discutere la soppressione della sede del giudice di pace di Cesena, città che non può certo classificarsi come piccolo centro e che, pure, negli anni, ha visto perdere servizi. Il risultato è che un cittadino, anche residente in un comune montano, per fare un semplice ricorso contro una sanzione, deve recarsi a Forlì, con evidenti disagi e difficoltà;

   il piano di riorganizzazione si è abbattuto anche sulla sede cesenate distaccata del tribunale di Forlì, soppressa in conseguenza dell'entrata in vigore, dal 14 settembre 2013, della nuova geografia giudiziaria;

   è opportuno rilevare che la sezione distaccata del tribunale di Forlì aveva pressoché il medesimo carico di lavoro del tribunale stesso (all'epoca della chiusura, dei 5 mila processi pendenti ben 2.800 riguardavano la sede di Cesena): la sua chiusura ha pertanto comportato, almeno nelle fasi iniziali, rallentamenti nel disbrigo delle pratiche con conseguenti disagi per cittadini e operatori. La riorganizzazione, inoltre, ha comportato anche la chiusura di tutti gli uffici giudiziari;

   laddove la sede del giudice di pace è stata «salvata», il suo mantenimento è stato posto a carico del comune stesso. È il caso, ad esempio, del giudice di pace di Porretta, la cui sede oggi è completamente a carico del comune di Alto Reno Terme (BO);

   il sottosegretario per la giustizia Jacopo Morrone, in più di una occasione, ha ribadito il suo impegno per la valorizzazione e il mantenimento di tali servizi sul territorio, proprio in riferimento alla necessità di scongiurare il taglio dei servizi (fonte://www.corriereromagna.it);

   a fronte di dichiarazioni indubbiamente positive è pertanto auspicabile un impegno concreto e deciso per riportare tali servizi sui territori laddove sono stati soppressi, senza che il mantenimento degli stessi gravi sulle casse comunali –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere per riportare i servizi di cui in premessa sul territorio, con particolare riferimento al servizio di giudice di pace nella città di Cesena;

   quali iniziative di carattere normativo si intendano assumere per fare in modo che gli uffici del giudice di pace non siano posti a carico dei comuni, già gravati dalle numerose spese per il funzionamento della macchina amministrativa;

   quali iniziative di competenza si intendano intraprendere per il ripristino delle sezioni distaccate del tribunale, con particolare riguardo a quella di Cesena;

   quali iniziative si intendano mettere in campo per rivedere completamente l'attuale «geografia giudiziaria» nell'ottica di preservare i servizi della giustizia e tutelare e valorizzare i territori, evitando di allontanare dai cittadini i servizi stessi.
(4-01715)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FRAGOMELI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   si apprende dagli organi di informazione che in base ad uno specifico studio realizzato dall'Aci che analizza la localizzazione di oltre 36 mila incidenti stradali avvenuti in Italia lo scorso anno, la strada statale 36 del lago di Como e dello Spluga risulti essere la strada extraurbana più pericolosa del Paese;

   si sono registrati 311 incidenti solo nel 2017 su un'arteria lunga complessivamente 141 chilometri e che attraversa le province di Lecco e di Monza-Brianza;

   ben 180 incidenti si sono registrati negli appena 23 chilometri del tratto della provincia brianzola;

   si tratta di una strada molto frequentata dai pendolari e per raggiungere sia le località turistiche del lago di Como (ramo lecchese) sia le località montane;

   secondo l'Anas, nel mese di ottobre 2018, la strada statale 36 è risultata essere la più trafficata di tutto il nord Italia, con punte di 78 mila transiti al giorno;

   vanno considerate la rilevanza della strada statale in questione e la preoccupazione per l'evidente criticità in termini di sicurezza per gli automobilisti –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo al fine di convocare, in tempi rapidissimi, un tavolo istituzionale con l'Anas, con la partecipazione di tutti i soggetti interessati, istituzionali e non, comprese le parti sociali, per affrontare l'emergenza sicurezza della suddetta strada statale, con l'obiettivo di migliorarne la segnaletica, soprattutto nei tratti più pericolosi, di adottare un sistema capillare di videosorveglianza del tracciato, di favorire un rafforzamento della presenza della Polstrada finalizzato alla riduzione dei sinistri e di garantire una effettiva sicurezza per chi è chiamato a percorrerla quotidianamente.
(5-00983)


   VERINI e PIZZETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la determinazione del costo di un biglietto ferroviario è disciplinata dalla parte III delle vigenti «condizioni generali di trasporto dei passeggeri di Trenitalia» che regola le modalità di calcolo dei prezzi dei biglietti del trasporto regionale e prevede che i prezzi siano determinati, a seguito di delibera regionale, in funzione della distanza e del tipo di servizio offerto;

   il comma 2 della parte III stabilisce che le distanze tra le stazioni dell'itinerario del viaggio siano quelle riportate nel «prontuario ufficiale delle distanze chilometriche Trenitalia» e che, nel calcolo della distanza tassabile si possa non tener conto delle abbreviazioni di percorso determinate dalla realizzazione di nuove linee e di interventi infrastrutturali eseguiti su stazioni o sulla rete ferroviaria, così come previsto dal decreto ministeriale n. 6925/1974, ancora in vigore, nonostante le mutate condizioni sia nella gestione della rete che nella gestione del servizio di trasporto ferroviario;

   è anche il caso delle tratte che interessano l'Umbria, le cui città si collegano a Roma tramite la linea Direttissima degli anni ’70, più breve della vecchia linea storica inaugurata alla fine del 1800;

   la tratta, come molte altre, è ad alta frequenza di passeggeri pendolari per motivi di studio o lavoro e la mancata revisione della tariffa fa assumere al fenomeno profili rilevanti: i costi dei biglietti e degli abbonamenti a carico delle famiglie di studenti e lavoratori è in alcuni casi molto superiore a quello che sosterrebbero se fossero considerati i chilometri effettivamente percorsi;

   gli utenti, infatti, a fronte di una carenza di treni regionali in fasce orarie strategiche e di interesse della collettività, sono costretti ad usufruire dei treni Intercity e Frecciabianca che coprono suddette fasce orarie, pagando ulteriori 400 euro annui, oltre al costo dell'abbonamento regionale, per la Carta tuttotreno (Ctt) che permette di salirvi a bordo. Il costo della carta è legato alla soglia dei 100 chilometri e si riduce della metà (200 euro) per le tratte sotto la soglia. La tratta ferroviaria Terni-Roma Termini (via Direttissima), in particolare, è attualmente di 97 chilometri, mentre per quanto riguarda la tariffa applicata da Trenitalia sulla Carta tuttotreno (Ctt) si considera ancora la linea storica superiore ai 100 chilometri;

   le tariffe chilometriche per i treni Intercity e Frecciabianca, di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sono state aggiornate con il nuovo contratto di servizio media-lunga percorrenza 2017-2026. I viaggiatori pendolari che utilizzano i treni Intercity – secondo le fonti del Ministero – sono il 30 per cento dell'utenza. Proprio per questo ampio utilizzo da parte dei pendolari, il contratto di servizio universale riconosce l'importanza del servizio Intercity per questa categoria di viaggiatori;

   già durante la scorsa Legislatura, ad un'interrogazione presentate dagli On. Tullo e Sereni in merito alla determinazione del prezzo dei biglietti di Trenitalia per il trasporto regionale basato sulla effettiva distanza chilometrica percorsa, l'allora Sottosegretario per le infrastrutture e i trasporti ribadiva l'aggiornamento delle tariffe chilometriche per i treni Intercity, di competenza del Ministero e non regionale, con il contratto di servizio media-lunga percorrenza 2017-2026 –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere, anche in accordo con la regione Umbria, al fine di definire un criterio di calcolo della tariffa chilometrica basato sulla distanza tra le varie stazioni effettivamente percorsa ed, in particolare, per quella percorsa dal treno Intercity Terni-Roma Termini con le relative ricadute sulle altre città interessate da questo tipo di corsa; se non ritenga opportuno procedere a una revisione del decreto ministeriale n. 6925/1974, in considerazione della modifica dei chilometraggi ferroviari determinata da nuove linee e da interventi infrastrutturali eseguiti sulla rete ferroviaria nazionale.
(5-00986)


   CENNI, PADOAN e CANTINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   da quanto si apprende da fonti stampa il terminal degli autobus della stazione Tiburtina a Roma sarà trasferito in prossimità della stazione della Metropolitana di Anagnina. Tale notizia è stata diffusa a seguito dell'approvazione della delibera della giunta capitolina n. 189 del 16 ottobre 2018, con la quale è stato approvato il progetto definitivo dei lavori di riqualificazione di un'area sita all'interno del nodo Anagnina, con l'intento di creare un nuovo hub destinato alla sosta onerosa e alla fermata dei mezzi adibiti a linee di trasporto pubblico interregionali, nazionali e internazionali;

   secondo gli ultimi dati ufficiali il terminal bus di Tiburtina registra circa 8 milioni di passeggeri all'anno, oltre 100 vettori, un terzo dei quali stranieri, e 600 autobus giornalieri;

   la Tibus, società proprietaria del terminal di Tiburtina, ha deciso di impugnare la delibera al Tar;

   tale trasferimento risulta ad oggi incomprensibile per numerose ed oggettive motivazioni:

    la stazione Tiburtina ha una posizione centrale, molto vicina alla stazione Termini. Al contrario, Anagnina si trova in una zona molto periferica;

    oggi, lavoratori e studenti, una volta giunti a destinazione con il pullman al terminal Tiburtina, possono agevolmente accedere sia al servizio di metropolitana sia a quello ferroviario, in considerazione della strategicità che l’hub riveste per il sistema di trasporti romano e nazionale. Qualora, invece, si concretizzasse lo spostamento negli spazi prospettati i viaggiatori sarebbero costretti a ricorrere all'utilizzo della metro A per raggiungere lo snodo ferroviario e le ulteriori, rispettive destinazioni, con conseguente allungamento dei tempi di percorrenza. Una penalizzazione che, ovviamente, graverebbe anche sul percorso inverso;

    la zona tiburtina è prossima all'università La Sapienza e molti studenti fuori sede sono tra i principali utenti delle autolinee provenienti soprattutto da altre regioni;

    il progetto di delocalizzazione ad Anagnina comporta un costo complessivo a carico delle casse comunali di Roma di 624.000 euro;

    lo spostamento del terminal allungherà i tempi di percorrenza di numerose tratte viarie, trasferendo peraltro i viaggiatori in un luogo marginale e periferico di Roma;

   numerosi sindaci, soprattutto del Lazio e delle regioni limitrofe, e gli operatori del settore hanno criticato lo spostamento del terminal definendolo una scelta penalizzante, soprattutto per gli utenti che quotidianamente e periodicamente si devono spostare a Roma (in particolar modo, lavoratori e studenti);

   tali disagi vengono amplificati soprattutto nei luoghi non serviti da un trasporto ferroviario efficiente e ad alta velocità, tra cui Siena: è stato infatti stimato che i tempi di percorrenza della tratta Siena-Roma, causati dallo spostamento della stazione degli autobus ad Anagnina, subirebbero anche un aumento di circa un'ora;

   al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti compete l'autorizzazione all'esercizio per i trasporti di linea con autobus a lungo raggio nonché il nulla osta alla sicurezza per le aree di fermata degli automezzi impegnati in tali servizi –:

   se il Governo sia a conoscenza della questione e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, anche promuovendo un tavolo di confronto con il comune di Roma, per evitare il trasferimento del terminal bus da Tiburtina ad Anagnina, al fine di tutelare gli utenti coinvolti e alla luce della rilevanza del tema per il trasporto interregionale e nazionale.
(5-00988)


   PAITA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   si apprende dagli organi informazione sulla base di alcune dichiarazioni rilasciate dal Vice Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Edoardo Rixi, che in merito alla realizzazione dell'opera infrastrutturale denominata Terzo valico dei Giovi si sarebbe conclusa un'analisi costi-benefici che avrebbe dato il via libera al prosieguo dei lavori;

   la notizia appare sorprendente perché solo pochi giorni fa si era appreso dalla stampa che la commissione nominata dal Ministro Toninelli sulla valutazione costi-benefici delle grandi opere non avrebbe neppure potuto cominciare i lavori a causa di rilievi della Corte dei conti;

   l'opera in questione è fondamentale per Genova, ma fa parte di un progetto molto più ambizioso e su scala europea con il collegamento della città con Rotterdam, sulla base del corridoio europeo dei due mari;

   è a tal scopo indispensabile completare il sistema ad alta capacità tra Genova e Milano e il conseguente adeguamento della tratta Tortona-Milano;

   occorre, inoltre, un potenziamento delle opere infrastrutturali tra Milano e la Svizzera sull'asse del nuovo tunnel di base del Gottardo –:

   se sia disponibile e accessibile la relazione conclusiva della valutazione costi-benefici in merito al completamento del Terzo Valico dei Giovi e quali iniziative intenda assumere per portare a realizzazione il collegamento Genova-Rotterdam, il corridoio europeo dei due mari, con il completamento del sistema ad alta capacità tra Genova e Milano e con l'adeguamento della tratta Tortona-Milano, e se intenda adottare iniziative per prevedere analogo investimento lungo l'asse del nuovo tunnel di base del Gottardo per la connessione con Milano e il confine Svizzero.
(5-00989)


   GRIPPA e TESTAMENTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella città di Genova il 14 agosto 2018 si è consumata la tragedia del crollo del viadotto Polcevera nella quale hanno perso la vita 43 persone. Tale tragico evento ha innescato migliaia di segnalazioni da parte dei cittadini, soprattutto sui social network e sembra essere di fronte a una vera e propria «psicosi crolli»;

   subito dopo i fatti sopra indicati, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti si è attivato e ha coinvolto gli enti preposti per avere una mappatura aggiornata delle infrastrutture con criticità e per le quali era urgente adottare un provvedimento;

   dalla stampa si apprende che il direttore dell'Istituto per le tecnologie della costruzione del Cnr, Antonio Occhiuzzi, fotografa una situazione di precarietà che il crollo del «ponte Morandi» a Genova ha trasformato nella nuova, ennesima emergenza Paese. Le sue dichiarazioni, segnalano che il numero dei ponti cosiddetti scaduti e da revisionare è di 10 mila. Gli elementi principali alla base del rischio di crollo, secondo i dati, sono i volumi di traffico e l'età dei manufatti e purtroppo la normativa che regola le nuove costruzioni, introducendo il grado di sicurezza strutturale, è solo del 2008;

   oltre all'incuria delle strutture in calcestruzzo, a preoccupare per la sicurezza degli automobilisti sono i numerosi crolli di cartelloni installati sulle autostrade alla cui base ci sarebbero l'utilizzo di ferro scadente (di solito prodotto in Cina) e mancate prove di resistenza al vento delle strutture;

   tali crolli solo in alcuni casi non si sono trasformati in ulteriori tragici eventi da registrare. Resta, tuttavia, il dramma dell'incuria e della mala gestione di appalti e forniture, di subappalti e di mancati collaudi di strutture leggere, la cui posa in opera è affidata a ditte locali sulle quali hanno indagato, con esiti contrastanti, numerose procure italiane;

   notizie riportate dai giornali rilevano che un ingegnere, che per più di vent'anni ha occupato una posizione strategica nella mappa delle infrastrutture nazionali, rivela le tangenti che diventano un pericolo per il territorio e le persone;

   le mafie, storicamente, hanno un forte interesse per la costruzione delle grandi opere e gli appalti di manutenzione delle stesse;

   secondo lo stesso ingegnere, il fulcro è ancora il controllore pubblico che per anni avrebbe favorito una cupola di imprese privilegiate che ora lo ripagano indirettamente, dividendo la «torta» con altre società private, attraverso subappalti, consulenze o compartecipazioni in apparenza regolari;

   il trucco sarebbe che dietro queste aziende c'è lo stesso pubblico ufficiale, che le controlla segretamente tramite soci occulti –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, se corrispondano al vero e di quali ulteriori elementi disponga in merito;

   se il Governo non ritenga necessario adottare, per quanto di competenza, con urgenza le opportune iniziative di controllo preventivo per evitare che il malaffare continui ad intrecciarsi con i lavori pubblici finanziati con le risorse dei cittadini;

   se il Governo non intenda adottare ogni iniziativa di competenza al fine di intensificare i controlli in atto per evitare che nella filiera della costruzione e della manutenzione delle opere pubbliche operino società e o professionisti ritenuti esponenti o espressione di associazioni criminali conosciute nel nostro Paese;

   quali ulteriori iniziative normative il Governo intenda adottare per assicurare l'esclusione delle imprese legate alla criminalità o al sistema corruttivo dai cantieri per gli interventi di costruzione e sicurezza delle infrastrutture che insistono sul territorio.
(5-00991)


   FICARA, ALAIMO, ANGIOLA, LUCIANO CANTONE, CIMINO, D'ORSO, DE GIROLAMO, GRIPPA, LOMBARDO, LOREFICE, MARTINCIGLIO, MARZANA, PARENTELA, PIGNATONE, RAFFA, SCAGLIUSI, SCERRA, SERRITELLA e PAPIRO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   lo stato attuale in cui versa il trasporto ferroviario in Sicilia risulta estremamente penalizzante per l'utenza siciliana;

   il tour svolto nei giorni tra il 29 e il 31 agosto 2018 a bordo dei mezzi pubblici (soprattutto treni), dall'interrogante insieme al deputato regionale Luigi Sunseri, ha portato a toccare con mano le criticità che affliggono il trasporto ferroviario in Sicilia;

   la rete ferroviaria siciliana è costituita da circa 1.400 chilometri, l'89 per cento è a binario unico e quasi la metà della rete non è elettrificato, contro una media delle principali regioni del nord del 50 per cento di linee a doppio binario e del 70 per cento di linee elettrificate (con punte dell'85 per cento come in Lombardia). Ogni giorno le corse dei treni regionali in tutta la Sicilia sono 429 contro le 2.396 della Lombardia, una differenza di 5,3 volte, ma a livello di popolazione la Lombardia conta «solo» il doppio degli abitanti siciliani (10 e 5 milioni). Ed è di questi giorni, tra l'altro, la notizia del raggiungimento di un accordo tra Trenord e Trenitalia volto ad un incremento immediato di treni e personale con conseguente innalzamento dei livelli di sicurezza e comfort;

   come riporta l'ultimo rapporto di Legambiente sul trasporto ferroviario, Pendolaria 2017, i convogli sono più vecchi e più lenti, sia per problemi di infrastrutture, sia perché circolano treni vecchi e non più adatti alla domanda di mobilità. Ai grandi successi dell'Alta Velocità maturati in questi anni (+78 per cento l'offerta), si affianca una situazione del trasporto regionale che rimane difficile, anche per via della riduzione dei treni Intercity e dei collegamenti a lunga percorrenza (-15,5 per cento dal 2010 al 2016), un taglio del 12 per cento dei servizi e una riduzione del 16,5 per cento dei viaggiatori in Sicilia tra il 2010 e il 2017;

   sempre dal suddetto rapporto emerge che, dal 2003 al 2017, la spesa regionale per le infrastrutture in Sicilia ha avuto ad oggetto per il 93,5 per cento le strade, per il 2,2 per cento le metropolitane e solo per il 4,3 per cento le ferrovie;

   pur essendo vero che non vi sono stati sostanziali incrementi delle tariffe rispetto agli anni precedenti (+7,7 per cento dal 2010 al 2017), è indubbio che queste risultino eccessive e quasi pari a quelle previste da Trenitalia per le tratte del Nord della penisola che hanno un'efficienza complessiva nettamente superiore;

   oltre al materiale rotabile che risulta avere una età media nettamente più alta, 19,2 anni rispetto ai 13,3 del Nord e a quella nazionale di 16,8, numerose stazioni negli ultimi anni sono state soppresse e in molti casi è difficoltoso l'accesso ai servizi igienici;

   ad oggi, il nuovo contratto di servizio stipulato tra Trenitalia e regione Siciliana vede, a quanto consta agli interroganti, largamente disatteso gran parte del suo contenuto;

   ad ottobre 2018 il Parlamento ha espresso il parere favorevole al Contratto di programma – Parte investimenti 2017-2021 tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Rete Ferroviaria Italiana, il quale permette di dare il via agli investimenti previsti in Sicilia ma contiene anche una serie di osservazioni che vanno nella direzione di migliorare l'infrastruttura ferroviaria siciliana –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo, per quanto di competenza, al fine di risolvere le suddette criticità, superare l'arretratezza della rete infrastrutturale e monitorare gli investimenti statali previsti sulla rete ferroviaria siciliana;

   quale sia l'effettivo cronoprogramma sui singoli interventi previsti, a partire dal rinnovo del materiale rotabile e quali ulteriori finanziamenti intenda promuovere per migliorare il trasporto su ferro in Sicilia.
(5-00992)


   FICARA, ANGIOLA, LUCIANO CANTONE, DE GIROLAMO, LOMBARDO, LOREFICE, MARTINCIGLIO, MARZANA, PARENTELA, PIGNATONE, RAFFA, SCAGLIUSI, SCERRA, SERRITELLA e PAPIRO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   associazioni, comitati, rappresentanze sindacali e semplici cittadini lamentano i sempre più frequenti ritardi che affliggono i treni a lunga percorrenza da e per la Sicilia. In particolare è del 29 agosto 2018 la denuncia della Filt-Cgil relativa al costante slittamento dell'orario di arrivo di oltre 3 ore del treno Milano-Siracusa;

   scelte a giudizio degli interroganti scellerate dei precedenti governi e decisioni aziendali discutibili hanno di fatto marginalizzato la Sicilia dal resto del Paese e rischiano di spingere gli utenti a non usufruire dei servizi di trasporto ferroviario, portando Ferrovie dello Stato spa alla loro soppressione e/o alla loro ulteriore riduzione perché valutati come antieconomici, con ulteriori ripercussioni sul piano occupazionale;

   come riporta l'ultimo rapporto di Legambiente sul trasporto ferroviario, Pendolaria 2017, dal 2010 al 2016 si è assistito ad una riduzione del 15,5 per cento del numero dei collegamenti a lunga percorrenza;

   la situazione igienico-sanitaria nei convogli e nelle stazioni è sempre più spesso precaria ed è del 5 settembre 2018 la notizia che alcuni passeggeri del treno Siracusa-Roma arrivati a Villa San Giovanni sono stati fatti evacuare a causa della presenza di pulci;

   generano preoccupazione alcune scelte operate dal Gruppo Ferrovie dello Stato italiane che rischiano di incidere negativamente sulla continuità territoriale sullo Stretto di Messina, quali ad esempio l'istituzione di due corse giornaliere effettuate con bus della «Bus Italia», società del gruppo Ferrovie dello Stato italiane per collegare le città di Cosenza, Lamezia Terme, Messina e Catania;

   da una lettera aperta, a firma del Movimento popolare «il Ferribotte non si tocca» si apprende che i mezzi della «Bus Italia» attraverserebbero lo Stretto con le navi degli armatori privati, Caronte&tourist, in concorrenza con la flotta ferroviaria Blu Ferries;

   inoltre, da circa 7 anni risulta soppresso ogni servizio ferroviario a lunga percorrenza lungo l'asse ferroviario Agrigento-Caltanissetta-Enna-Catania, territori già attanagliati da precarie condizioni strutturali per quanto concerne la viabilità stradale; le province di Agrigento, Caltanissetta ed Enna, con un bacino di quasi un milione di abitanti, vivono una situazione di estremo disagio, e rimangono tagliate fuori dal resto del Paese;

   nonostante la progressiva riduzione dei servizi e la loro discutibile qualità, la domanda di trasporto da e per la Sicilia fa registrare una costante tenuta, come testimonia il fatto che, ad oggi, non è più possibile prenotare un treno notte per la Sicilia nella settimana precedente al Natale e durante le festività natalizie;

   permangono, purtroppo, all'ordine del giorno disfunzioni riconducibili all'assenza di manutenzione ordinaria e straordinaria sui convogli, oltre alle persistenti difficoltà di accesso ai treni per i viaggiatori con disabilità;

   il Contratto di programma-Parte servizi 2016-2021 è stato sottoscritto il 14 giugno 2017 e reso operativo dal 2 ottobre 2017 a seguito della registrazione da parte della Corte dei Conti –:

   quali iniziative di competenza intenda porre in essere il Governo per porre rimedio all'annoso problema dei ritardi e delle altre disfunzioni che affliggono i treni a lunga percorrenza da e per la Sicilia e per salvaguardare il rispetto del principio di continuità territoriale nell'ambito del trasporto ferroviario.
(5-00993)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ACUNZO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la società aeroporto di Salerno-Costa d'Amalfi s.p.a., più brevemente AdS, con il protocollo di intesa sottoscritto con la regione Campania e Gesac s.p.a. il 19 luglio 2017 ha avviato un percorso di integrazione e gestione societaria unitaria tra l'aeroporto internazionale di Napoli-Capodichino e l'aeroporto di Salerno per la costituzione di una rete aeroportuale campana conforme alle linee guida del 25 novembre 2016;

   la società il 16 gennaio 2018 (n. prot. 49/219) ha presentato alle competenti autorità l'integrazione all'istanza già formulata in data 22 febbraio 2000, per il rilascio del decreto-legge per la gestione totale dell'aeroporto di Salerno ai sensi dell'articolo 7 del decreto ministeriale 12 novembre 1997, n. 521, per un periodo venticinquennale, uguale alla durata dell'analoga concessione vigente sull'Aeroporto di Napoli in capo a Gesac;

   Ads e Gesac, in data 13 febbraio 2018, hanno presentato ai Ministeri competenti istanza congiunta per la costituzione in rete dell'aeroporto di Napoli e dell'aeroporto di Salerno;

   le istanze sono state accompagnate dal piano industriale con le strategie di sviluppo delle rete e individuano un piano di sviluppo delle infrastrutture della rete aeroportuale campana;

   in tale contesto la legge della regione Campania del 29 dicembre 2017, n. 38, ha previsto all'articolo 11, comma 1, che: «La Regione Campania anche in considerazione di quanto previsto all'articolo 3, comma 2, lettera C) del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014 n. 164, nel rispetto delle norme di settore e della disciplina in materia di aiuti di Stato, assicura gli investimenti necessari all'attuazione delle rete aeroportuale campana ai sensi dell'articolo 74, comma 1 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012 n. 27, così come previsto dal piano industriale integrato nel rispetto dell'articolo 108 paragrafo 3 del Trattato di funzionamento Unione Europea»;

   in seguito la giunta regione della Campania, con delibera n. 197 del 4 aprile 2018, ha individuato le risorse necessarie per attuare la legge regionale n. 38 del 2017 nel fondo sviluppo e coesione, nel programma operativo complementare 2014/20120, nonché nelle ulteriori risorse che saranno disponibili sul nuovo ciclo di programmazione nazionale e comunitaria e ha, altresì, approvato lo schema di protocollo d'intesa tra regione Campania, Gesac e AdS;

   il piano prevede la realizzazione di interventi infrastrutturali di adeguamento e ampliamento per un investimento di 135 milioni di euro, da realizzare entro il 2022, secondo il cronoprogramma indicato nel predetto piano-finanziato come segue:

    a) 40 milioni di euro mediante i fondi stanziati con il decreto «Sbloccacantieri»; -93,4 milioni di euro mediante altri fondi pubblici (legge regionale n. 38 del 2017);

    b) la restante parte in autofinanziamento;

   sono in corso le attività di validazione del progetto definitivo e di adeguamento alle prescrizioni formulate da Enac in sede di manifestazione del proprio parere di conformità dello stesso alle specifiche richieste dal regolamento (UE) 139/2014;

   l'AdS ha concluso positivamente gli iter istruttori per l'approvazione del master plan aeroportuale (ovvero il piano regolatore con durata temporale di 10 anni, che è stato approvato in linea tecnica con provvedimento dell'Enac prot. 045263/CIA del 28 aprile 2015) e per la valutazione di impatto ambientale n. 36 del 6 febbraio 2018 pubblicato per estratto sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 27 del 6 marzo 2018);

   il 20 aprile 2018 è stato pubblicato l'avviso di avvio del procedimento di accertamento della conformità urbanistica ai sensi dell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 383 del 18 aprile 1994;

   al termine dell'attività svolta per l'adeguamento del progetto definitivo alle sopravvenute esigenze di carattere normativo si è proceduto alla trasmissione degli elaborati progettuali in data 27 luglio 2018 ad Enac e al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per il parere di competenza;

   in data 10 settembre 2018 è stata inviata agli enti interessati la richiesta di conformità urbanistica, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 383 del 1994;

   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con nota del 13 luglio 2018 ha precisato che, con legge 27 dicembre 2017, n. 205, legge di bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale 2018-2020, è stato istituito il capitolo 7742 che, al p.g. 2, prevede lo stanziamento di euro 37.180.000 per l'anno 2018 e di euro 2.560.000 per l'anno 2019 –:

   quale sia lo stato dell’iter procedurale volto a dare finalmente il «via» definitivo ai lavori per la realizzazione dell'aeroporto di Pontecagnano Faiano, in provincia di Salerno, che attende di essere realizzato da oltre venti anni.
(4-01695)


   IOVINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   da fonti di stampa si è appreso che alle ore 07:00 circa del 25 settembre 2018 un tabellone della segnaletica stradale posto al chilometro 28,500 sulla variante 7-bis statale che collega le province di Caserta e Napoli, all'altezza dello svincolo A1 in direzione Nola, si è rovinosamente abbattuto sulla sede stradale a causa delle forti raffiche di vento;

   nell'istante in cui l'indicatore verticale di direzione ha subito il crollo non transitavano, lungo quel preciso tratto, veicoli sulla carreggiata, nonostante l'arteria stradale fosse trafficata, e per mero caso non vi è stato il coinvolgimento di alcun veicolo;

   si consideri, difatti, che il detto tratto stradale, interamente gestito dal compartimento dell'Anas di Napoli, attraversa numerosi centri abitati da Villa Literno a Nola per una lunghezza pari a 87,653 chilometri;

   di non poca rilevanza è che il tutto si verificava durante le 48 ore di allerta meteorologa e che il tratto stradale è un tratto noto per essere esposto a eventi climatici ventosi particolarmente significativi;

   è altresì dato incontestabile che trattasi dell'ennesimo evento di cronaca che coinvolge i tratti autostradali italiani e che mette in pericolo la vita di numerosi utenti –:

   di quali elementi disponga il Governo circa la vicenda di cui in premessa;

   se e quali verifiche, per quanto di competenza, siano state avviate a seguito dell'evento calamitoso per risalire alle responsabilità dei soggetti che avrebbero dovuto vigilare o porre in essere gli accorgimenti necessari;

   quali iniziative di competenza intenda porre in essere una volta che le responsabilità siano state accertate sui fatti occorsi nonché al fine di prevenire il reiterarsi degli stessi.
(4-01698)


   BONIARDI e CECCHETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   i lavori per i lotti 1 e 2 del completamento della A52 «tangenziale nord di Milano» nei comuni di Bollate, Novate, Cormano e Paderno Dugnano sono ormai in notevole ritardo sia rispetto al cronoprogramma originario (che prevedeva il termine dei lavori entro il 2015) sia rispetto al cronoprogramma rivisto e comunicato a marzo 2018 alle amministrazioni, prima dell'inizio di una fase di lavori che ha comportato la chiusura di numerosi collegamenti stradali locali;

   i lavori vengono svolti in appalto integrato, per conto della concessionaria autostradale Milano Serravalle Milano Tangenziali spa (concedente del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti), da un raggruppamento temporaneo di imprese (RTI, costituito in s.c.a.r.l.) di cui fa parte Grandi Lavori Fincosit s.p.a. (GLF), società ammessa alla procedura di concordato preventivo in continuità, in seguito alla richiesta presentata il 12 luglio 2018 al tribunale di Roma;

   a quanto risulta agli interroganti, presso il Tribunale di Milano sarebbe stata presentata la richiesta di affitto di ramo d'azienda da parte di un'altra società facente parte del RTI per assicurare la continuità del cantiere, e GLF avrebbe formalmente accettato tale proposta;

   la situazione in essere, ad avviso degli interroganti, può prefigurare la facoltà, da parte della concessionaria autostradale nella sua qualità di amministrazione aggiudicatrice, di risolvere il contratto per inadempienze da parte dell'appaltatore;

   il completamento della A52 risulta estremamente urgente e improcrastinabile, visti:

   le interruzioni nella viabilità locale rese necessarie e persistenti a causa del cantiere, e il conseguente alto tasso di congestione negli spostamenti quotidiani in tutta l'area nord-ovest milanese;

   la necessità di garantire la funzione fondamentale di collegamento sovracomunale e di corridoio connessa al completamento della A52, alleviando gli alti livelli di traffico nell'area, oggi acuiti dalla presenza del cantiere;

   lo stato di degrado incipiente del cantiere stesso, sul quale – in alcuni tratti – non vengono effettuati lavori ormai da mesi, con il conseguente rischio di rendere vane o addirittura pericolose le opere di sbancamento e consolidamento del terreno già effettuate;

   il ritardo di almeno 3 anni accumulato a oggi dai lavori per il lotto 1 e 2 –:

   quali iniziative di competenza il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – nella sua veste di concedente – intenda mettere in atto per scongiurare l'ipotesi di risoluzione del contratto di appalto per il completamento della A52 - lotti 1 e 2 nei comuni di Bollate, Novate, Cormano e Paderno Dugnano, che determinerebbe una dilazione sine die dei lavori con il persistere degli effetti negativi sul traffico descritti in precedenza.
(4-01700)


   BAGNASCO e CASSINELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la Val Fontanabuona è una delle principali valli della città metropolitana di Genova di cui fanno parte i comuni di Carasco, Cicagna, Cogomo, Coreglia Ligure, Favaie di Malvaro, Leivi, Lorsica, Lumarzo, Moconesi, Neirone, Orero, San Colombano Certenoli e Tribogna. Un'area fortemente produttiva ma in crescente isolamento infrastrutturale per la mancanza di un raccordo autostradale per raggiungere l'autostrada A12, con svincolo e casello;

   la richiesta di un collegamento autostradale viene ufficializzata al presidente della regione Claudio Burlando in una riunione il 14 gennaio 2008 con i vari sindaci dei comuni che successivamente presenteranno al presidente un tracciato unanime dell'infrastruttura;

   raggiunta l'intesa fra i sindaci della Valle, il presidente della regione Liguria, ufficializza la volontà della regione di procedere con un finanziamento di 25 milioni di euro, a valere sui fondi Fas. Tale finanziamento è ufficializzato nel corso di un'assemblea pubblica a Palazzo Ducale il 22 aprile 2008;

   lo studio di fattibilità e il tracciato dell'infrastruttura vengono presentati ufficialmente a tutti i sindaci il 20 marzo 2009. Il progetto definitivo verrà presentato alla Società Autostrade il 23 marzo 2012 con promesse sulla realizzazione dell'opera;

   nel gennaio 2014, il progetto del tunnel Fontanabuona-Rapallo (che di fatto è lo svincolo autostradale per la Fontanabuona che da Rapallo si collega a quest'ultima) viene inserito nella convenzione tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Anas, Aspi Società Autostrade e regione Liguria, condividendone gli obiettivi e finanziandolo insieme alla regione Liguria;

   il tracciato del progetto definitivo del tunnel prevede:

    realizzazione dello svincolo autostradale in prossimità dell'uscita della galleria Giovanni Maggio nel tratto autostradale di Rapallo e realizzazione di una prima galleria di circa 2 chilometri fino all'altezza della frazione di Arbocò;

    realizzazione di una seconda galleria di circa 2,5 chilometri da Arbocò fino a zona Liteggia in comune di Tribogna;

    realizzazione del casello autostradale della Fontanabuona in prossimità del confine territoriale tra i comuni di Cicagna e Tribogna in zona Liteggia;

    collegamento del casello autostradale alla strada provinciale 225 realizzato tramite l'adeguamento della strada provinciale della Spinarola, la costruzione di un nuovo ponte sul torrente Lavagna e la creazione di una rotonda stradale in zona Ferrada di Moconesi vicino al confine territoriale tra i comuni di Cicagna e Moconesi;

   la lunghezza del tracciato complessivo dal punto in cui inizia l'infrastruttura da realizzare è di 5,5 chilometri;

   il costo complessivo per la realizzazione di tale infrastruttura è di circa 250 milioni di euro. La regione, come precedentemente evidenziato, aveva cofinanziato la realizzazione dell'infrastruttura con fondi Fas per un importo di 25 milioni di euro di euro, poi cancellato nel 2014 con l'impegno di mettere nuovamente a disposizione tali risorse con la successiva programmazione dei nuovi fondi Fsc ex Fas;

   è importante ricordare l'adesione ufficiale di tutti i comuni del Levante ligure che dalla costa all'area montana potranno beneficiare dell'infrastruttura –:

   alla luce di quanto esposto e per completare il riassetto complessivo della rete autostradale su tutto il territorio metropolitano, quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano adottare al fine di garantire il finanziamento per la realizzazione dell'opera infrastrutturale tunnel Fontanabuona-Rapallo.
(4-01701)


   BIGNAMI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   a causa di un cedimento della chiusa di San Bartolo sul fiume Ronco, che ha comportato la triste morte di un tecnico della protezione civile regionale, via Ravegnana (strada statale 67), ovvero la strada che collega due dei capiluoghi di provincia della Romagna, cioè Ravenna e Forlì, è interrotta;

   su tale strada, da decenni, non vengono apportate migliorie di sostanza e definitive: l'arteria infatti presenta curve che seguono inevitabilmente il flusso del fiume, limiti di velocità probabilmente dovuti ma non appropriati per un collegamento fra due capoluoghi e un manto stradale la cui manutenzione ordinaria spesso non sarebbe adeguata;

   la strada in questione ha una sola corsia per senso di marcia, non vi sono spazi per velocipedi e neppure per i pedoni, i quali sono piuttosto numerosi, dato che l'infrastruttura attraversa anche i piccoli centri abitati del territorio;

   la Ravegnana, dunque, principale via di comunicazione tra Ravenna e Forlì, è ancora chiusa dal 25 ottobre 2018 e attualmente non si intravede la possibilità di una riapertura a breve del collegamento viario tra i due capoluoghi;

   attualmente è stato portato a termine, da parte della regione, un intervento di palancolato per garantire la fluidità del fiume ed evitare un ulteriore erosione dell'argine con conseguente danneggiamento della strada;

   sarebbero, inoltre, allo studio gli interventi necessari a ripristinare l'argine e a garantire la riapertura della Ravegnana in totale sicurezza;

   le competenze, relative ai lavori di messa in sicurezza degli argini del fiume e alla riapertura della strada, sarebbero rispettivamente dell'autorità di bacino (regione) per quanto attiene al fiume e di Anas per quanto attiene alla strada;

   non risulta al momento un progetto viario che abbia come obbiettivo la realizzazione di un nuovo tracciato che superi quello precedente risalente alla fine dell'Ottocento;

   un'opera viaria alternativa alla Ravegnana, sarebbe stata importante, ad avviso dell'interrogante, non solo dal punto di vista della mobilità veicolare ma anche sotto quello commerciale e turistico;

   inoltre, non vi sarebbe un collegamento ferroviario tra Forlì e Ravenna e i mezzi pubblici percorrono esattamente lo stesso tracciato degli altri veicoli sulla Ravegnana;

   la città di Ravenna avrebbe grossi vantaggi anche turistici da un nuovo tracciato stradale e da un eventuale tracciato ferroviario anche alla luce della riapertura dell'aeroporto di Forlì che potrebbe dare nuova linfa sotto il profilo turistico e della promozione –:

   se sia a conoscenza della situazione esposta;

   se intenda avviare un tavolo di confronto con la regione Emilia-Romagna, il comune di Ravenna e quello di Forlì per affrontare il tema di un nuovo collegamento sia stradale che ferroviario tra Ravenna e Forlì ed, eventualmente, con quali tempistiche;

   quali siano i tempi previsti per la riapertura del tratto stradale denominato «Ravegnana».
(4-01709)


   VIETINA e BIGNAMI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   a seguito del tragico crollo del «ponte Morandi» di Genova si sono, comprensibilmente, riaccese le preoccupazioni per una serie di viadotti che attraversano il nostro Paese da Nord a Sud. Numerosi viadotti sono collocati lungo la E45, strada europea strategica di collegamento nord/sud che, nel tratto italiano, si sviluppa dal Brennero a Gela sia su autostrade e che su strade statali;

   anche di recente, le cronache locali e nazionali hanno reso conto delle criticità che, ormai da anni, interessano questa importantissima arteria. Si ricorda, tra l'altro, l'inchiesta aperta dal procuratore Roberto Rossi, in merito a crepe e presunti problemi strutturali lungo la E45 (fonte: https://www.lanazione.it);

   è noto che i viadotti lungo la E45 siano particolarmente datati, risalenti agli anni Settanta. Più che lungo il tratto autostradale, la preoccupazione maggiore resta per chi percorre i tratti di superstrada, come quello tra Orte e Ravenna;

   i materiali usati sono prevalentemente in cemento armato precompresso, sensibile alle escursioni termiche: certamente materiali indicati negli anni in cui tali opere vennero realizzate ma decisamente superati per i nostri giorni;

   non si nega che negli ultimi anni vi siano stati numerosi interventi di manutenzione, come per esempio quelli relativi agli altri viadotti tra Verghereto, Bagno di Romagna e Sarsina: tuttavia, l'entità degli interventi, così come il protrarsi di cantieri «infiniti», rendono, in alcuni tratti, la percorrenza particolarmente difficoltosa –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato abbia assunto o intenda assumere per una verifica complessiva dello stato dei viadotti lungo la E45, coinvolgendo anche tutti gli enti interessati a seconda delle competenze;

   quali siano le situazioni verificate di maggiore criticità, quali i viadotti che eventualmente necessitino di chiusura o di limitazione al traffico e quali gli interventi programmati rispetto agli stessi;

   quale sia la programmazione complessiva del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per la E45 e quale sia eventualmente il cronoprogramma dei lavori e degli investimenti.
(4-01710)


   NOBILI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   negli anni Settanta il complesso delle «Case Armellini» del quadrante Nuova Ostia venne destinato ad edilizia popolare per ospitare famiglie in difficoltà abitativa;

   le case Armellini, anche dette «case di sabbia», pur considerato il grave stato di degrado e di fatiscenza in cui versano gli immobili e la gestione fuori controllo degli ultimi anni, ospitano 1.042 famiglie, per un totale di circa 5.000 persone;

   nonostante l'assegnazione tramite graduatorie, nel 2014 si apre un contenzioso tra i proprietari degli immobili (la Moreno Estate s.r.l. della famiglia Armellini) e il Campidoglio;

   i costruttori sono costretti a saldare Imu ed Ici arretrate, ma il comune smette di pagare per gli alloggi;

   la Moreno Estate s.r.l. presenta dunque un ricorso al Tar Lazio n. 5472/2017, accusando il comune di occupare gli alloggi senza titolo;

   il Tar del Lazio con la sentenza n. 10883/2018 pubblicata il 12 novembre 2018 ha accolto la richiesta della Moreno Estate s.r.l. e condannato il comune di Roma a liberare i suoi immobili entro 90 giorni, oltre che a risarcire il privato per un totale di tre milioni di euro, che si sommano ai 18 milioni già riconosciuti;

   entro il 12 febbraio 2019 verrà dunque chiesto alle 1.042 famiglie di liberare gli alloggi nei quali legittimamente abitano per conto del comune di Roma;

   invero, ai sensi dell'articolo 47 della Costituzione italiana è tutelato il «diritto alla casa», come d'altronde conferma l'articolo 25 della Dichiarazione universale dei diritti umani: «Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia con particolare riguardo all'alimentazione, al vestiario, all'abitazione»;

   inoltre, ai sensi dell'articolo 11 della Convenzione internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (Icescr) viene riconosciuto «il diritto alla casa» come parte del diritto ad un adeguato standard di vita –:

   di quali elementi disponga il Governo sulla delicata vicenda delle Case Armellini e se, su un piano più generale, intenda assumere iniziative, per quanto di competenza e in collaborazione con gli enti locali, per tutelare il diritto alla casa, a partire dalla situazione delle 1.042 famiglie residenti di cui sopra, anche alla luce dei risvolti della vicenda sul piano sociale e dell'ordine pubblico.
(4-01716)


   RAMPELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   dall'insediamento del nuovo presidente, avvenuto nel novembre del 2016, il porto di Civitavecchia è precipitato in una crisi occupazionale e dei traffici senza precedenti;

   il traffico dell'ortofrutta rischia di scomparire dallo scalo a causa di un'ordinanza presidenziale del luglio 2018 sullo scarico della merce che ha messo in contrapposizione il concessionario Cfft e la Roma Terminal Container spa, e la cui conseguenza inevitabile sarà l'ennesima richiesta, di risarcimento danni milionaria all’Authority, oltre quella già presentata dalla Rtc;

   il presidente Di Majo non è riuscito ad assolvere l'espresso mandato ricevuto dal proprio comitato di gestione per chiudere una trattativa con Totalerg spa e Raffineria di Roma Spa, e ha portato il bilancio dell'ente al rischio di default tecnico, fatto che, ad avviso dell'interrogante, impedirà all'Autorità di sistema portuale di accedere al mutuo Bei di 195 milioni di euro destinato allo sviluppo del network;

   l'Autorità di sistema portuale del presidente Di Majo ha interrotto ogni rapporto con il comune di Civitavecchia, appellando la sentenza del Tar che dava ragione all'ente locale sulla validità dell'accordo stipulato dal presidente Monti;

   è in atto la distruzione progressiva della Port Authority Security srl (PAS): la nomina dell'attuale amministratore unico della Pas è al vaglio della procura della Repubblica di Civitavecchia perché sulla procedura di selezione è stato presentato un esposto che contesta la partecipazione del presidente Di Majo alla commissione di valutazione, nonostante la sua incompatibilità – da lui smentita – in quanto alle selezioni partecipavano un dipendente dell'Adsp e uno della Pas;

   sul bilancio della società pesano consulenze ed incarichi assegnati sotto la presidenza di Di Majo per centinaia di migliaia di euro, nonché i costi del direttore tecnico, il dottor Conte, assunto nel febbraio 2018 con uno stipendio di oltre 200 mila euro annui – e sul cui curriculum sono state rilevate criticità – e ora nominato anche amministratore unico della Pas con quella che appare all'interrogante una palese ed inaccettabile duplicazione di ruoli;

   sarebbero state altresì rilevate criticità sotto la presidenza Di Majo in merito all'affidamento di consulenze ed incarichi legali;

   l'opacità che, a giudizio dell'interrogante, sta connotando la gestione amministrativa dell'Adsp durante il mandato del presidente Di Majo, il default tecnico dell'ente e l'incremento del contenzioso amministrativo, non possono, sempre ad avviso dell'interrogante, non configurare elementi di valutazione in ordine alla idoneità dell'Avvocato Di Majo a ricoprire l'incarico di presidente dell'Adsp –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti e se non ritenga, per quanto di competenza, di adottare iniziative al riguardo, posto che le descritte condotte del presidente Di Majo, secondo l'interrogante, possono comportare un danno alle casse dello Stato;

   quali siano i titoli che hanno motivato l'affidamento dell'incarico all'avvocato Di Majo, e se gli stessi siano stati opportunamente valutati;

   se non ritenga necessario e urgente adottare le iniziative di competenza per provvedere alla revoca dell'incarico di presidente dell'Autorità di sistema portuale del Mar Tirreno Centro-Settentrionale all'avvocato Francesco Maria Di Majo, secondo quanto previsto dal decreto legislativo n. 169 del 2016.
(4-01720)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   FOTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 21 novembre 2018 la Digos di Piacenza si è recata, per eseguire una perquisizione, in via Mischi ove risulta risiedere Ibrahim Ahmed El Battawi che è risultato irreperibile ed è indagato, in stato di libertà;

   il soggetto in questione, ventitreenne di origine egiziana, è ritenuto dalla direzione nazionale antimafia ed antiterrorismo: «un estremista islamico con una spiccata radicalizzazione, una marcata impronta antioccidentale e una particolare attrazione verso lo Stato Islamico e verso la jihad»;

   le complesse indagini, iniziate nel 2017 sotto il coordinamento della direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, con il ruolo determinante delle Digos di L'Aquila, Teramo e Piacenza, del compartimento della polizia postale e comunicazioni di Abruzzo ed Emilia-Romagna, con il contributo delle Digos di Cuneo e Milano e con il coordinamento operativo della direzione centrale della polizia di prevenzione-servizio per il contrasto al terrorismo internazionale e del servizio polizia postale e comunicazioni, hanno portato alla luce una rete di giovani egiziani dalla forte radicalizzazione, il cui leader è stato individuato in Issam Shalabi;

   è emerso con chiarezza come Shalabi, figura ritenuta dagli inquirenti un vero e proprio «soldato dell'Isis» e oggi agli arresti, avrebbe trovato ospitalità anche a Piacenza presso la casa di El Battawi;

   con riferimento al ruolo di Shalabi in Italia il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Federico Cafiero De Raho ha asserito che: «non è un fruitore, ma un protagonista della comunicazione dello Stato Islamico. Ci troviamo di fronte ad un soggetto accreditato dai vertici della comunicazione di Daesh e da loro autorizzato a divulgare i messaggi di propaganda»;

   risulta di tutta evidenza come il radicalismo islamico si vada affermando anche nei territori di provincia, come la vicenda qui rappresentata conferma, soprattutto laddove si registri, è il caso di quello piacentino, una forte presenza di cittadini di religione islamica –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della gravità della situazione emersa a Piacenza e quali iniziative intenda assumere al riguardo.
(4-01699)


   IOVINO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   da quanto emerge dai bandi di concorso del 2018 delle Forze armate e delle Forze dell'ordine si evince che il limite di età ora è stato abbassato. Per quanto riguarda gli allievi agenti della polizia di Stato è stato abbassato a 26 anni non compiuti, per gli allievi carabinieri a 26 anni non compiuti per i civili e a 28 anni non compiuti per i militari in servizio e in congedo, per gli allievi finanzieri a 26 anni non compiuti, per quanto riguarda le Forze armate per il concorso VFP1 dell'Esercito italiano, della Marina militare e dell'Aeronautica militare a 25 anni non compiuti e per VFP4 dell'Esercito italiano, della Marina militare e dell'Aeronautica militare a 30 anni non compiuti. Limiti troppo bassi e in forte opposizione a quelli che sono i trend europei e mondiali; basta vedere che in Francia il limite è di 35 anni e che di media il limite varia tra i 35 e 45 anni e che a livello mondiale, ad esempio la Polizia di Los Angeles non ha limiti di età. Questa situazione si scontra, in generale, prima con l'articolo 3 della Costituzione recante il rispetto del principio di uguaglianza, poi con la normativa dell'Unione europea che evidenzia il principio di parità di trattamento a tutela del cittadino europeo contro ogni forma di discriminazione fondata «sul sesso, razza, religione, sull'età, sulla disabilità e sull'orientamento sessuale»;

   in particolare, tali limiti di età adottati per i concorsi di reclutamento del personale delle Forze dell'ordine e delle Forze armate andrebbero anche contro l'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea in materia di occupazione e di condizioni di lavoro che vieta qualsiasi forma di discriminazione, in particolare quella inerente all'età anagrafica;

   risulta dunque opportuno e doveroso un intervento per ristabilire quanto meno il limite d'età che era già in vigore;

   per abbattere l'età media delle forze di polizia non serve abbassare i limiti di età, ma assumere il giusto numero di personale;

   a 30 anni si deve avere ancora la possibilità di indossare la divisa; ci sono tanti giovani che sognano questo lavoro e non si può escludere tanti validi giovani per l'età –:

   quali specifiche informazioni i Ministri interrogati intendano fornire in merito a tale circostanza, come si intenda procedere per garantire il rispetto dei principi di uguaglianza e parità di trattamento di tutti i cittadini in materia di occupazione e di condizioni lavorative e quali iniziative intendano assumere per risolvere le suddette situazioni di dubbia legittimità finora non affrontate.
(4-01704)


   NOBILI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   dal 2003 in via Napoleone III (Roma, quartiere Esquilino) si trova la sede di CasaPound in un immobile occupato abusivamente;

   in quindici anni, le cinque richieste di sgombero alla prefettura sono risultate tutte inevase;

   l'Agenzia del demanio, nella persona del direttore Riccardo Carpino, ha pertanto sollecitato la prefettura affinché l'immobile sia liberato e «destinato ad una più proficua utilizzazione»;

   il dossier è attenzionato anche al Viminale, che però è intervenuto spiegando che lo sgombero del palazzo non rientra tra quelli inseriti dal tavolo per l'ordine e la sicurezza come «urgenti», in quanto non ci sarebbero motivi sanitari né di stabilità dell'edificio;

   tuttavia, il direttore dell'Agenzia del demanio Riccardo Carpino ha dichiarato che «proprio in considerazione delle recenti direttive del Ministero dell'interno, ho inviato una circolare alle 17 direzioni territoriali del Demanio sulle occupazioni arbitrarie per sollecitare la vigilanza sugli immobili inutilizzati e segnalare ai prefetti le occupazioni esistenti, nelle ipotesi in cui ciò non fosse sinora avvenuto»;

   secondo quanto risulta al demanio, al piano terra della palazzina di CasaPound «sono presenti anche due unità immobiliari a destinazione commerciale oggetto di locazione dal 13 agosto 2003, con pagamenti dei canoni di locazione in regola rispettivamente fino al 2016 e fino al 2017»;

   in entrambi i casi «sono subentrati ai conduttori originari nuove società alle quali il demanio ha provveduto a richiedere le indennità maturate per l'occupazione del bene»;

   della palazzina assegnata al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca si è interessata anche la Corte dei conti, che ha aperto un fascicolo per verificare a quanto ammonti il danno erariale per le case pubbliche, procurato da più di un decennio di mancati provvedimenti da parte dell'amministrazione;

   la tesi del pubblico ministero contabile Massimiliano Minerva è che nella palazzina di sei piani, dove vivono famiglie sotto sfratto, avrebbero alloggiato anche amici e parenti di alcuni leader dell'organizzazione e che oggi gli appartamenti e i locali ospiterebbero anche cooperative e onlus legate al movimento;

   invero, alla situazione di illegalità si aggiunge uno spreco evidente, trattandosi di un edificio demaniale affidato in gestione al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che, anni fa, aveva anche sporto una denuncia in prefettura –:

   se il Governo intenda assumere ogni iniziativa di competenza affinché venga ristabilita al più presto la legalità in relazione a quanto esposto in premessa e al fine di rendere l'immobile finalmente libero patrimonio di tutti i cittadini.
(4-01713)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   i laureati in scienze motorie auspicano da anni la creazione di un albo di riconoscimento della professione, e l'inserimento del loro titolo tra le professioni sanitarie;

   la diffusione delle pratiche motorie rappresenta un aspetto fondamentale per la salvaguardia della buona salute, e il ruolo importante della pratica sportiva nel contribuire in misura considerevole al benessere psico-fisico delle persone è ormai riconosciuto dalle scienze mediche;

   molti studi scientifici, infatti, hanno messo in luce le infinite proprietà preventive e terapeutiche dell'esercizio fisico, sia in prevenzione primaria che secondaria, tanto che gli stessi medici prescrivono l'attività fisica come parte rilevante delle cure al pari dei trattamenti fisioterapici insieme a farmaci;

   in tale contesto diventa fondamentale figura di riferimento il laureato in scienze motorie, cioè un professionista o esperto del movimento che può intervenire affinché non ci siano ricadute negative sull'incolumità fisica dei praticanti, se lasciati in balia di istruttori improvvisati;

   nel corso dell'esame del disegno di legge n. 1324, approvato definitivamente e diventato legge n. 3 del 2018 – Delega al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali, nonché disposizioni per l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero della salute – sono stati accolti al Senato vari ordini del giorno che impegnavano il Governo pro tempore a valutare il riconoscimento professionale del laureato in scienze motorie e il suo inserimento tra i professionisti sanitari;

   eppure, ancora oggi, questa figura professionale non gode di un riconoscimento nonostante risalgano al decreto legislativo n. 178 del 1998 la trasformazione degli istituti superiori di educazione fisica (Isef) in facoltà e l'istituzione dei corsi di laurea e di diploma in scienze motorie e il conseguente inserimento di questo campo di studio in un ambito di livello universitario;

   il fine di questi corsi universitari, che registrano un'attenzione crescente da parte degli studenti che si avviano agli studi universitari, è quello di formare professionisti con specifiche competenze in materia scientifica e metodologica volte a sostenere e soddisfare il benessere fisico delle persone attraverso l'attività motoria;

   appare di fondamentale importanza tener presente che un'attività fisica svolta con costanza e nei contesti adeguati, seguita da personale specializzato e professionalmente preparato, con specifiche competenze in materia di caratteristiche funzionali dei muscoli e delle articolazioni e di corrispondenti tecniche di allenamento, educazione e riabilitazione dell'apparato locomotorio, riflette le positive conseguenze su tutta la collettività, sia in termini di livelli di benessere psico-fisico che in termini di minori oneri sanitari;

   risulta di conseguenza estremamente rilevante che tali attività non siano svolte da personale non competente e improvvisato, il cui esercizio non qualificato potrebbe compromettere la salute di chi si affida a tali figure;

   evitare l'abuso di una professione così importante implica che la figura del laureato in scienze motorie sia tutelata;

   nel corso di studi universitari il laureato in scienze motorie acquisisce anche competenze di fisica, biochimica, biologia, patologia generale, anatomia, fisiologia umana, biomeccanica, igiene generale e applicata nonché endocrinologia dello sport; sussistono i corretti presupposti per l'inserimento tra le professioni sanitarie del laureato in scienze motorie in quanto dotato di titolo di livello universitario con competenze specifiche nel campo della prevenzione primaria (somministrazione dell'esercizio fisico da parte del medico al pari del farmaco), prevenzione secondaria (valutazione e monitoraggio del quadro fisico, clinico e funzionale) e terziaria (cosiddetti stili di vita attivi) –:

   se i Ministri interpellati, per quanto di competenza e sulla base di quanto rilevato in premessa, intendano dar seguito a quanto indicato nei richiamati ordini del giorno accolti dal Governo pro tempore in sede di approvazione della legge n. 3 del 2018, e adottare iniziative per il riconoscimento normativo del laureato in scienze motorie nonché l'inserimento della sua figura tra le professioni sanitarie tecniche della riabilitazione e della prevenzione.
(2-00188) «Elvira Savino».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BUCALO e FRASSINETTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con decreto ministeriale n. 104 del 10 novembre 2011 istituiva le nuove graduatorie di circolo e di istituto di terza fascia per il personale amministrativo, tecnico ausiliario; ai fini dell'inserimento in graduatoria veniva riconosciuto valido solo il servizio prestato in scuole statali di ogni ordine e grado, scuole non statali paritarie, in scuole dell'infanzia non statali autorizzate, in scuole parificate, convenzionate, sussidiarie o sussidiate, in scuole di istruzione secondaria o artistica non statali pareggiate, legalmente riconosciute;

   con decreto ministeriale n. 374 del 10 giugno 2017 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha riaperto le graduatorie d'istituto del personale docente ed educativo per l'aggiornamento della seconda e della terza fascia considerando valido, tra gli altri, il servizio svolto presso i centri di formazione professionale limitatamente ai corsi accreditati dalle regioni per garantire l'assolvimento dell'obbligo formativo;

   ai sensi della legge regionale della Sicilia n. 24 del 1976 e della legge quadro nazionale n. 845 del 1978 gli enti di formazione professionale sono di enti di istruzione e formazione professionale convenzionati ed accreditati dalla regione Sicilia;

   la legge 28 marzo 2003, n. 53 (delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione, e formazione professionale), ha introdotto un sistema di istruzione e formazione articolato «nella scuola dell'infanzia, in un primo ciclo che comprende la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado, e in un secondo ciclo che comprende il sistema dei licei ed il sistema dell'istruzione e della formazione professionale» (articolo 2, comma 1, lettera d));

   i due sistemi che compongono il secondo ciclo di istruzione (quello liceale e quello della formazione professionale) sono distinti, ma funzionalmente integrati dal momento che:

    a) entrambi concorrono all'adempimento dell'obbligo di istruzione;

    b) è possibile transitare dall'uno all'altro per la docenza;

    c) da ambedue con diverse modalità, fissate con legge statale, è consentito l'accesso all'esame di Stato, secondo l'Intesa sindacale che stabilisce le linee guida di regolamentazione dei percorsi di istruzione e formazione professionale eseguiti da istituti professionali, così come riordinati dal decreto del Presidente della Repubblica n. 87 del 2010, e da centri di formazione professionale, ex articolo 13, comma 1-quinquies del decreto-legge n. 7 del 31 gennaio 2007, così come convertito in legge n. 40 del 2 aprile 2007;

   i percorsi di formazione professionale sono realizzati, oltre che dalle strutture formative accreditate dalle regioni, secondo criteri condivisi a livello nazionale, anche dagli istituti professionali (articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 87), in regime di sussidiarietà, se previsto dalla programmazione regionale, ai sensi dell'intesa in Conferenza unificata del 16 dicembre 2010, con lo scopo comune di favorire i passaggi tra i sistemi di istruzione e formazione attraverso l'acquisizione di crediti scolastici e formativi riconosciuti da entrambi i sistemi –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vicenda esposta e quali iniziative di competenza intenda urgentemente adottare per porre fine a questa discriminazione.
(5-00982)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   da un articolo pubblicato su «ilcorriere.it» dell'11 novembre 2018 si apprende che i diplomati magistrali, assunti con riserva a tempo indeterminato come docenti non potrebbero partecipare al concorso facilitato che è stato previsto dal Governo proprio per assumere i diplomati magistrali;

   tale notizia sta gettando nel panico migliaia di diplomati magistrali – circa 5 mila quelli assunti con clausola di riserva – che, qualora ciò fosse confermato, temono di essere beffati restando esclusi dalla prova concorsuale;

   si apprende inoltre che per il concorso straordinario potrebbero verificarsi dei problemi con quei diplomati che, alla data del 12 dicembre 2018, quella di scadenza del bando di concorso, «non abbiano ancora perso la qualifica di docente di ruolo» per vari motivi: ad esempio perché, pur essendoci stata sentenza sfavorevole, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca non ha ancora emanato il decreto che «declassa» il docente dalle Gae (graduatorie ad esaurimento) alla seconda fascia delle graduatorie di istituto, o perché non c'è stata ancora la sentenza di merito che toglie al docente il diritto all'inclusione nelle Gae;

   in questo caso sarebbe necessario un decreto ministeriale che permetta di riaprire i termini del bando solo per chi si trova in questa situazione. Come si legge nel medesimo articolo, «la riapertura dei termini permetterebbe, oltre che la partecipazione al concorso, la possibilità di usufruire della riserva di posto spettante ai sensi della legge 68; cosa non ipotizzabile per chi ha già un rapporto di ruolo, in quanto la riserva del posto scatta solo ed esclusivamente per chi non ha in atto un rapporto a tempo indeterminato»;

   tali parole, anziché allentare la tensione dei diplomati, hanno prodotto l'effetto opposto ed è scoppiato il caos per la paura di rimanere incastrati in un meccanismo infernale;

   a meno di un mese dalla scadenza del bando ancora non si sa quale sia l'esatta platea che potrà accedervi, anzi, si rischia l'esclusione di una fetta importante di candidati ai quali era stato promesso un concorso «apposito», perché non ancora licenziati, visto che nel bando, il Governo ha previsto al massimo una non meglio precisata riapertura dei termini di scadenza del bando;

   lo stesso articolo già richiamato cita una interpretazione opposta tesa a sostenere che chi è in ruolo con riserva, anche se non è stata ancora emessa una sentenza del Consiglio di Stato o del Tar che lo riguarda, può tranquillamente partecipare al concorso straordinario per la scuola dell'infanzia e primaria. Questa seconda interpretazione ha aggiunto altra confusione, rendendo ancora meno chiare quali siano le reali intenzioni del Governo;

   sul sito «Tecnica della scuola» si legge un articolo in merito alla pronuncia del Consiglio di Stato del 12 novembre 2018 che ha disposto l'immediato inserimento (con riserva) nelle Gae di tutti i ricorrenti, circa 300;

   contestualmente, il Consiglio di Stato ha dichiarato di «dover rimettere all'Adunanza Plenaria... con separata ordinanza la questione inerente all'iscrizione nelle Gae dei soggetti muniti di detto diploma magistrale, poiché ravvisa, nella prospettazione attorea, l'esigenza di una rimeditazione sul punto di diritto affermato»;

   la VI sezione del Consiglio di Stato ha, in tal modo, disatteso l'orientamento dello stesso Consiglio espresso nella sentenza n. 11/17 in cui era stato messo in discussione il valore abilitante del diploma di maturità magistrale ai fini dell'inserimento nelle Gae;

   nel medesimo articolo di legge che «il Miur si troverà costretto a bloccare il depennamento dalle graduatorie conseguente alla precedente pronuncia dell'Adunanza Plenaria» –:

   se il Governo intenda fornire chiarimenti circa quanto esposto in premessa in relazione al bando di concorso straordinario per assumere i docenti diplomati magistrali e, in particolare, rispetto ai rischi di un'eventuale esclusione dalla prova concorsuale per quei docenti che non abbiano ancora perso la qualifica di docente di ruolo alla data del 12 dicembre 2018.
(4-01703)


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   la legge 13 luglio 2015, n. 107, recante «Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti», all'articolo 1, comma 94, disciplina giuridicamente il nucleo per la valutazione del personale docente;

   il comitato è istituito presso ogni istituzione scolastica ed educativa, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica; nessun compenso è previsto per i membri e avrà la durata di tre anni scolastici. Sarà presieduto dal dirigente scolastico e i componenti dell'organo saranno tre docenti dell'istituzione scolastica, di cui due scelti dal collegio dei docenti e uno dal consiglio di istituto; a questi ultimi si aggiungono due rappresentanti dei genitori, per la scuola dell'infanzia e per il primo ciclo di istruzione, un rappresentante degli studenti e un rappresentante dei genitori, per il secondo ciclo di istruzione, scelti dal consiglio di istituto e, infine, un componente esterno individuato dall'ufficio scolastico regionale tra docenti, dirigenti scolastici e dirigenti tecnici;

   stante l'importanza delle funzioni rivestite dal nucleo di valutazione, ad avviso dell'interrogante occorrerebbe procedere all'assegnazione degli incarichi spettanti ai docenti all'interno del nucleo stesso, mediante una forma di selezione pubblica: sarebbe, inoltre, opportuno consentire, per legge, una rotazione degli incarichi triennali, evitando che sussistano nuclei di valutazione costantemente con i medesimi membri –:

   se intenda porre in essere iniziative, anche di carattere normativo, volte a stabilire il criterio della selezione pubblica per i membri che costituiscono il nucleo per la valutazione del personale docente;

   se intenda adottare iniziative per introdurre il criterio di rotazione degli incarichi triennali dei membri del nucleo di valutazione del personale docente.
(4-01705)


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   da fonti stampa si apprende della chiusura di numerose scuole superiori del Bolognese a causa delle basse temperature registratesi negli ultimi giorni. Numerosissimi studenti sono stati mandati a casa, su ordine del dirigente scolastico, per l'impossibilità di fare lezione al freddo;

   i disagi si sono verificati, in particolare, al liceo scientifico Copernico, al Righi, al Sabin, alle scuole Laura Bassi e in alcuni laboratori del Belluzzi. La città metropolitana, che gestisce gli edifici superiori, ha già minacciato di rivalersi sulla società di gestione del riscaldamento per interruzione del pubblico servizio;

   secondo la città metropolitana di Bologna, infatti, non sarebbe stato fornito un servizio adeguato e i tempi di intervento non sarebbero stati del tutto tempestivi –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti;

   se intenda, per quanto di competenza, avviare un monitoraggio nelle scuole del bolognese per appurare le cause di tali inaccettabili disagi, ferme restando le competenze in materia della città metropolitana;

   quali iniziative di competenza intenda assumere per far sì che tali episodi non debbano ripetersi all'inizio di ogni anno scolastico;

   se, in particolare, siano previsti finanziamenti per l'ammodernamento degli impianti di riscaldamento delle scuole superiori e per quale importo; nello specifico, se siano previsti finanziamenti per le scuole del bolognese;

   sul piano normativo, quali iniziative si intendano assumere per consentire alle città metropolitane di disporre di una dotazione adeguata di risorse per la gestione degli immobili delle scuole superiori e per risolvere tempestivamente tali problematiche qualora dovessero verificarsi.
(4-01707)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


   NOBILI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il 22 novembre 2018, nel corso di un'intervista a Piazzapulita (La7), il vicepremier Luigi Di Maio ha annunciato di «aver dato mandato di stampare 5-6 milioni di tessere per il reddito di cittadinanza.»;

   il Ministro, inoltre, ha specificato che «saranno carte di credito come tutte le altre»;

   tuttavia, il Corriere della Sera, in un articolo, spiega di aver consultato gli istituti coinvolti nell'erogazione del reddito e mette in discussione il fatto che le tessere possano già essere in fase di stampa;

   Inps, Poste Italiane, banche e istituti di credito, infatti, sostengono che i loro tecnici stanno lavorando sulla misura ma che al momento non esiste una direttiva ufficiale e condivisa;

   pare dunque improbabile che le social card posseggano tutte le convenzioni necessarie. Difatti, il portale io.italia.it, che avrà il compito di tracciare le spese fatte con il sussidio, è in corso di completamento e il marchio autorizzato, che verrà impresso sulla facciata della tessera, ad oggi non è ancora stato accordato;

   infine, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali non ha fornito alcun chiarimento per quanto riguarda i modi e i tempi di produzione delle tessere;

   il consigliere economico del vicepremier Di Maio, il professore Pasquale Tridico, ha inoltre dichiarato che «il reddito sarà erogato comunque, a partire da aprile con una norma transitoria, per una fase limitata, mentre si ristruttureranno e potenzieremo i centri per l'impiego»;

   tuttavia, non esiste nessuna legge sul reddito di cittadinanza e non è stato stanziato alcun fondo –:

   alla luce di quanto sopra, l'interrogante ha presentato richiesta formale di accesso agli atti al Ministro del lavoro e dello sviluppo economico, ai sensi della normativa cosiddetta FOIA (Freedom of Information Act) in relazione a quanto previsto dall'articolo 5 del decreto legislativo n. 33 del 2013, come modificato dal decreto legislativo n. 97 del 2016 –:

   sulla base di quali presupposti e atti normativi il Ministro interrogato abbia fondato la decisione di dare mandato per la stampa delle tessere di cui in premessa e se intenda confermare che la stampa delle suddette carte di credito sia attualmente in corso.
(4-01717)

SALUTE

Interrogazioni a risposta orale:


   DONZELLI. — Al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nella risposta all'interrogazione n. 3/00017 il Governo il 24 luglio 2018 in Aula riferiva della volontà di intervenire nei confronti di Adriano Panzironi, ideatore del metodo «Life 120», dopo aver atteso gli esiti di alcune indagini in corso. In data 2 ottobre 2018 l'Autorità garante della concorrenza e del mercato comunicava sulla vicenda la conclusione del procedimento istruttorio PS11051 che, con gravissime motivazioni, comminava sanzioni complessive per 576 mila euro per le molteplici violazioni. In seguito a ciò, rilevato come non sia accettabile giocare sull'equivoco nella cura di malattie come l'Alzheimer o il cancro, per di più sulla base di prodotti definiti dall'Antitrust dallo scopo meramente «promozionale» e «senza alcun fondamento scientifico», l'interrogante presentava una nuova interrogazione (n. 4/01282). Inoltre, secondo quanto riporta il quotidiano Il Tirreno (articolo in data 19 novembre 2018) con l'avvento in Italia del 5G le televisioni dovranno liberare lo spazio delle frequenze e la soluzione sarebbe individuata dal «tavolo 4.0» del Governo sarebbe quella «di ridurre di un terzo le frequenze a disposizione delle tv locali» –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare il Governo per impedire la diffusione di contenuti così pericolosi per la salute dei cittadini e, in particolare, attivare le procedure di cui all'articolo 7 della legge n. 175 del 1992 per la rettifica delle informazioni diffuse nelle trasmissioni in questione;

   con quali criteri si intenda procedere per liberare lo spazio delle frequenze televisive in vista dell'avvento del 5G e se non si ritenga opportuno adottare iniziative per premiare le emittenti che in percentuale di tempo trasmesso offrono spazi informativi di qualità e penalizzare al contempo le emittenti che abusano della credulità popolare, promuovendo contenuti anti-scientifici come «tarocchi», vendita di talismani magici, veggenti o metodi quali il «life 120».
(3-00341)


   MENGA, ANGIOLA, BOLOGNA, D'ARRANDO, LAPIA, NAPPI, NITTI, PARENTELA, ROMANIELLO, SAPIA, SARLI e VILLANI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'attività dell'informatore scientifico del farmaco (Isf) è definita e regolamentata dal decreto legislativo n. 219 del 24 aprile 2006;

   tale normativa definisce l'informazione scientifica del farmaco il complesso di informazioni relative alla composizione dei farmaci ad uso umano, alla loro attività terapeutica, alle precauzioni e modalità d'uso, compresa la concedibilità da parte del Ssn, ai risultati degli studi clinici controllati concernenti l'efficacia e la tossicità immediata e a distanza, destinato ai medici ed ai farmacisti, avente lo scopo di assicurare un corretto uso del farmaco;

   l'Isf, quale tramite tra ricerca scientifica e medico, deve essere in possesso di un diploma di laurea in una disciplina scientifica, come statuito dall'articolo 122, comma 2, del decreto legislativo n. 219 del 2006, ed è l'unico professionista qualificato a portare l'informazione sui medicinali ai medici;

   al fine di garantire il diritto alla cura del cittadino, il richiamato decreto legislativo n. 219 del 2006 sancisce che l'Isf deve instaurare un rapporto di lavoro con un'unica impresa farmaceutica (articolo 122, comma 3), e riferire al servizio scientifico, di cui ogni impresa farmaceutica deve dotarsi e che deve essere indipendente dal servizio marketing della stessa (articolo 126, comma 1), tutte le informazioni sugli effetti indesiderati dei medicinali (articolo 122, comma 6); la giurisprudenza di merito e di legittimità si è confrontata con l'annosa questione dell'inquadramento contrattuale dell'Isf, statuendo la necessità di ricondurre nell'alveo del lavoro autonomo o subordinato il rapporto di chi svolga prevalentemente l'attività di informatore medico-scientifico e non quella di agente di commercio (Tribunale di Marsala, sentenza n. 131 del 2017; Cass. Civ. Sezione Lavoro, n. 19394 del 2014);

   in data 19 luglio 2018 tra Federchimica, Farmindustria e Filctem-Cgil, Femca-Cisl, Uiltec-Uil si è concordato il rinnovo del Ccnl del comparto dei chimici, con decorrenza 1° gennaio 2019-30 giugno 2022;

   tuttavia, tale nuova ipotesi di contratto non è intervenuta a modificare l'area funzionale di appartenenza degli Isf, che rimangono allocati nel settore marketing, consentendo il loro impiego come agenti di commercio, molto spesso non laureati;

   da ciò deriva totale assenza di tutela della categoria degli Isf, con conseguenti ricadute negative sulla qualità dell'informazione scientifica offerta alla classe medica, il cui livello di aggiornamento scientifico si ripercuote, in ultimo, sulla salute del cittadino –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere al fine di preservare il diritto alla cura del cittadino, e per garantire che il rapporto lavorativo tra la categoria degli Isf e le singole aziende farmaceutiche sia ricondotto nell'alveo del lavoro autonomo e subordinato.
(3-00342)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ROSTAN. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la sindrome di Ménière, scoperta dal medico francese Prosper Ménière nel 1861, è una patologia del vestibolo dell'orecchio;

   i sintomi sono a carico della parte uditiva e della parte deputata al controllo dell'equilibrio, per cui essa si manifesta con una intensa crisi di vertigini, acufeni e nausea, che dura dai 15 fino a 60 minuti, prolungandosi con meno intensità anche per delle ore;

   le linee guida per la diagnosi del 2015 classificano tre livelli di patologia: la Ménière certa, che si può accertare solo attraverso lo studio dell'orecchio medio a cranio aperto e quindi è certificabile esclusivamente post mortem; la Ménière «definita», tale solo dopo 2 o più crisi (di durata compresa tra 20 minuti e 12 ore), e successivamente alla valutazione di un test audiometrico che presenti gravi deficit per i suoni acuti; la Ménière «probabile» con sintomi correlati ad acufeni con due o più crisi vertiginose senza accertamento audiometrico;

   i dati sull'incidenza della sindrome di Ménière sono variabili. Negli Stati Uniti, ne sarebbe affetto circa lo 0,2 per cento della popolazione. In Italia, si osserva un'incidenza di 8 su 100.000 persone, nell'ordine di 3 mila casi ogni anno. I soggetti più colpiti sono i maschi tra i 40 e i 60 anni. Nell'80-90 per cento dei casi, i sintomi della malattia interessano soltanto un orecchio;

   la sindrome di Ménière è invalidante, anche se non fatale; la persona affetta da sindrome di Ménière vive sintomi che influenzano la vita sociale, lavorativa e relazionale. Si perde parte della propria autonomia, si vive una condizione di allarme che spesso si accompagna a fenomeno depressivo;

   partendo dall'assunto che tale sindrome rappresenta una patologia che procura grave disagio, si rende necessario riconoscerla come malattia cronica invalidante, inserendola tra le patologie che, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124, danno diritto all'esenzione dalla partecipazione alla spesa per le correlate prestazioni sanitarie –:

   se intenda assumere le iniziative di competenza per riconoscere la sindrome di Ménière come malattia cronica invalidante, inserendola tra le patologie che, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124, danno diritto all'esenzione dalla partecipazione alla spesa per le correlate prestazioni sanitarie.
(5-00985)


   ROSTAN. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   Medicina solidale è un'associazione di volontariato che nasce nel 2003 e dall'anno successivo opera in diverse aree della periferia romana;

   l'associazione svolge attività in favore delle persone socialmente svantaggiate ed escluse dall'assistenza sanitaria e garantisce il diritto alla salute per gli emarginati;

   Medicina solidale svolge da 14 anni attività solidale anche a Tor Bella Monaca, grazie a un protocollo d'intesa tra il policlinico Tor Vergata e la regione Lazio, utilizzando in principio i locali all'interno della parrocchia «Santa Maria Madre del Redentore»;

   nel 2009 l'allora amministrazione comunale di Roma diede disponibilità a Medicina solidale per una sede più consona; le attività furono trasferite in via Amico Aspertini, nei locali che ospitavano il centro anziani «Ai Pini»;

   presso quella sede, Medicina solidale, ha accolto e visitato oltre 120 mila persone in stato di fragilità tra italiani e migranti;

   il presidio è diventato un punto di riferimento per l'intero territorio di Roma est, al punto che tre anni fa è stato riconosciuto anche da Papa Francesco, che ha inviato al centro cinque quintali di cibo per i poveri di Tor Bella Monaca;

   nel 2016 Medicina solidale è stata premiata dall'Unione europea per il suo impegno nelle periferie romane;

   nei giorni scorsi, il VI municipio di Roma ha intimato lo sfratto dalla sede di Medicina solidale, al culmine di un contenzioso con la regione Lazio che si trascina da un anno e che riguarderebbe il mancato accatastamento dei locali che ospitano le attività;

   Medicina solidale ha offerto la sua disponibilità a collaborare per risolvere le pendenze burocratiche e tenere aperta una sede che rappresenta un punto di riferimento per tante persone in un quartiere dove il disagio è crescente e dove l'azione solidale supplisce alle risposte che spesso le istituzioni non riescono a dare;

   l'imminenza dello sfratto rischia di togliere a migliaia di persone ai margini l'unico punto di riferimento sul territorio –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se non ritenga, per quanto di competenza e nell'ambito di uno stretto raccordo tra commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, regione e comune, di adottare un'iniziativa per salvaguardare l'esistenza sul territorio di un presidio di solidarietà di così fondamentale importanza, anche verificando la possibilità di individuare una sede alternativa demaniale.
(5-00987)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   Burgo group, con sede legale a Altavilla Vicentina (Vicenza), è attivo in vari settori tra cui quello principale e storicamente più rilevante riguarda la produzione di carta che rende il gruppo uno dei principali produttori in Europa;

   nel solo 2016 il gruppo citato ha fatturato poco più di 1,9 miliardi di euro, un dato importante anche se ha segnato il minimo storico di un trend negativo che si registra dal 2012;

   in Italia sono presenti attualmente 11 stabilimenti che impegnano un rilevante numero di addetti. Tra questi quello delle Cartiere Burgo, con sede a Verzuolo in provincia di Cuneo fondato nel 1906, rappresenta lo stabilimento più produttivo, attraverso il quale ben 340 famiglie, tra indotto e linea produttiva, traggono sostentamento, nel solo comune del cuneese;

   l'azienda ha avviato dal 2008 un lungo processo di razionalizzazione delle risorse umane che ha portato all'annuncio di licenziare 46 operai della linea di produzione nel 2015 e alla comunicazione di 143 esuberi, per la chiusura della «linea ottava» il 1° ottobre 2017;

   a seguito degli scioperi e delle trattative con le istituzioni, il 10 gennaio 2018 era stato firmato l'accordo per la cassa integrazione straordinaria per un anno, con scadenza a gennaio 2019; circa 80 dei 143 lavoratori interessati hanno finora utilizzato l'incentivo all'esodo o strumenti di ricollocazione professionale;

   il 20 novembre 2018 Burgo group ha annunciato un piano di licenziamenti per 57 operai e 5 impiegati per la cartiera di Verzuolo. Altri 100 esuberi sono previsti allo stabilimento di Duino (Trieste). I tagli saranno confermati a fine gennaio 2019, quando terminerà il periodo di cassa integrazione straordinaria;

   non è solo il numero di lavoratori e famiglie interessato dal licenziamento a preoccupare; necessita attenzione l'aspetto anagrafico che vede l'età media degli operai aggirarsi tra i 45 e i 50 anni. In tal senso, i licenziamenti produrrebbero il duplice danno della perdita del lavoro e della difficile ricollocazione, con un effetto diretto anche sul benessere generale della comunità del saluzzese –:

   se l'azienda citata abbia usufruito di agevolazioni e contributi statali specifici e, qualora così fosse e proseguisse il piano dei licenziamenti, quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare in merito;

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda esperire al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e reddituali dell'azienda.
(2-00189) «Dadone».

Interrogazione a risposta orale:


   DONZELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   sul caso del «Forteto» è in corso l’iter per l'istituzione della Commissione d'inchiesta parlamentare e Fratelli d'Italia ha già presentato una proposta di inchiesta parlamentare alla Camera (Doc. XXII, n. 4). Il Forteto è tuttora una cooperativa agricola sulla quale Fratelli d'Italia ha più volte chiesto il commissariamento da parte del Ministero dello sviluppo economico (mozione n. 1/00015). In data 9 novembre 2018 il consiglio di amministrazione della cooperativa emetteva una nota per testimoniare, fra le altre cose, «l'esclusione dei soci condannati dalla Corte di Cassazione nel processo penale o che hanno disatteso lo statuto sociale (oltre 34 soci esclusi)». A quanto risulta l'unico ex socio che sarebbe stato condannato dalla Corte di Cassazione il 22 dicembre 2017, con sentenza che però ha disposto il rinvio in appello per un capo, d'accusa, è Rodolfo Fiesoli; sussiste il dubbio che fra i 34 esclusi vi siano anche vittime che hanno denunciato o persone che sono state testimoni ai processi –:

   se non intenda verificare, attraverso una ispezione, chi siano i 34 soci esclusi, constatando se fra essi ci siano anche vittime che hanno denunciato e consentito l'emergere della vicenda giudiziaria o testimoni ai processi;

   se fra essi ci siano tutte le 23 persone finite a processo nel 2013, o i 16 condannati in primo grado, tra cui l'ex presidente della cooperativa, Stefano Pezzati, ovvero se tra i suddetti 34 soci esclusi figuri altresì l'ex presidente Stefano Morozzi;

   se non intenda adottare le iniziative di competenza per commissariare al più presto la cooperativa agricola Il Forteto.
(3-00343)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BRAGA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   Poste Italiane spa, nata dalla trasformazione dell'ente pubblico economico «Poste Italiane», è una società per azioni interamente controllata dallo Stato. Essa è il fornitore del servizio postale universale in Italia e adempie l'obbligo di tali servizi a norma del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261 di attuazione della direttiva 97/67/CE2, e del decreto 17 aprile 2000 del Ministero delle comunicazioni che conferma la concessione del servizio postale universale a Poste Italiane;

   il servizio postale universale è affidato a Poste Italiane spa fino al 30 aprile 2026 e soggetto a verifiche quinquennali da parte del Ministero dello sviluppo economico sul livello di efficienza nella fornitura del servizio, sulla base del contratto di programma 2015-2019 firmato il 15 dicembre 2015 che «regola i rapporti tra lo Stato e la società per la fornitura del servizio postale universale, Poste Italiane spa, nel perseguimento di obiettivi di coesione, sociale ed economica, che prevedono la fornitura di servizi utili al cittadino, alle imprese e alle pubbliche amministrazioni mediante l'utilizzo della rete postale della Società»;

   nei giorni scorsi alcuni rappresentanti sindacali della provincia di Como hanno segnalato a mezzo stampa una serie di disagi non più tollerabili nel funzionamento del servizio di sportello intervenuti a seguito dell'azione di razionalizzazione dell'organico da parte di Poste Italiane. Nonostante alcuni passi avanti fatti dall'azienda, permangono ancora gravi insufficienze di organico che vanno a incidere profondamente sulla qualità dei servizi resi ai cittadini costretti troppo frequentemente a sopportare estenuanti code agli sportelli e a subire disagi che nei prossimi mesi saranno resi ancora più evidenti con l'approssimarsi del periodo natalizio e delle scadenze di fine anno;

   nella provincia di Como e Lecco sono ormai continue le richieste di «distacco» dei dipendenti di Poste Italiane da un ufficio all'altro per tamponare un'emergenza divenuta ormai cronica, derivante dalla mancata sostituzione del personale cessato a vario titolo. Da strumento organizzativo utilizzato per improvvise e temporanee esigenze aziendali il distacco è divenuto oggi un abusato strumento di flessibilità alquanto comune e non più eccezionale. In particolare, negli uffici postali comaschi dei Comuni di Tavernerio, Lurate Caccivio, Como (Prestino), Capiago Intimiano e dell'Alto Lago di Como e di quelli lecchesi di Mandello del Lario, Bellano, Valmadrera, Castello Brianza e Abbadia, da mesi il personale dedicato risulta insufficiente;

   a destare preoccupazione sono soprattutto le condizioni e i carichi di lavoro a cui sono sottoposti i lavoratori allo sportello degli uffici postali in carenza di organico indotti ad effettuare ore di straordinario e doppi turni, con ritmi di lavoro non più sostenibili. Così come allarmanti appaiono le pressioni continue e assillanti, segnalate anche dalla stampa locale, esercitate da taluni quadri aziendali nei confronti di alcuni dipendenti delle sale consulenze, al fine di raggiungere obiettivi e budget aziendali relativi alla vendita di prodotti finanziari e commerciali. Pressioni talvolta esercitate, a quanto consta all'interrogante, con atti o atteggiamenti che vanno oltre il limite del rispetto della dignità del lavoratore –:

   quali iniziative il Governo intenda mettere in atto, per quanto di competenza, affinché Poste Italiane spa possa avviare un reale potenziamento delle politiche attive del lavoro tale da colmare la carenza cronica di personale, soprattutto nelle province di Como e Lecco, non più in grado di sostenere ritmi e sovraccarichi di lavoro opprimenti, al fine da garantire a tutti i cittadini servizi postali di qualità, affidabili ed efficienti in ogni ufficio;

   se il Governo non intenda promuovere iniziative, per quanto di competenza, affinché Poste Italiane spa salvaguardi le condizioni dei lavoratori evitando il verificarsi soprattutto nel settore delle consulenze di pressioni commerciali al limite del rispetto della dignità dei lavoratori.
(4-01702)


   BIGNAMI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   a fine luglio 2018, secondo i dati dell'Agenzia per la coesione, la spesa complessiva certificata a Bruxelles relativamente alle risorse «Pon Metro», programma operativo nazionale 2014-2020 finanziato per quasi 900 milioni di euro con risorse del fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr) e del Fondo sociale europeo (Fse), più la quota di cofinanziamento nazionale, era lievemente superiore ai 41 milioni di euro, cifra lontana dai 120 milioni di euro, obiettivo fissato nel 2018 (fonte: http://mobile.ilsole24ore.com);

   generalmente, tali risorse vengono investite nella riqualificazione delle città, delle loro periferie, in interventi per la mobilità sostenibile;

   tra le città più virtuose nell'utilizzo di tali fondi vi sono Firenze e Milano. A seguire Bari che è arrivata a spendere oltre il 90 per cento delle risorse a disposizione. Tra i casi meno virtuosi, Napoli, Messina e Bologna che sono arrivate e utilizzare solo tra lo 0,1 per cento e l'1 per cento dei fondi;

   il programma di utilizzo, in realtà, risulterebbe piuttosto complesso, con un modello di governance molto particolare e ben 14 organismi intermedi, uno per ogni città. Sempre secondo la fonte stampa de «Il sole 24ore», i fattori determinanti utili a spiegare il divario tra città nell'utilizzo delle suddette risorse sono: 1) l'assetto organizzativo della città e la loro capacità di adeguare le proprie strutture e procedure alle nuove responsabilità assegnatele dal Pon; 2) il livello di innovatività di alcuni ambiti di azione, su tutti quello dell'inclusione sociale, che ha determinato tempi più lunghi per l'avvio dei progetti, soprattutto in contesti (per lo più del Sud) che non avevano mai sperimentato l'approccio integrato proposto dal Pon; 3) la natura dei progetti, in particolare quelli assimilabili alla categoria «lavori pubblici», più frequenti al Sud anche per la maggiore quantità di fondi disponibili, che hanno tempi di avvio molto lunghi, dilatati anche dal nuovo codice appalti, il cui complesso iter di riforma avviato nel 2016 è ancora in corso –:

   se sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa;

   quali iniziative, anche di carattere normativo, si intendano mettere in campo per semplificare il programma «Pon Metro» in relazione all'utilizzo delle risorse stesse;

   se si intenda avviare, o sia stato già avviato, un monitoraggio rispetto all'utilizzo delle risorse del programma «Pon Metro», valutando in particolare l'applicazione delle buone pratiche di utilizzo della città più virtuose e adottando iniziative per garantire anche per le realtà più critiche, un utilizzo puntuale e completo di tali risorse;

   nel caso in cui tale monitoraggio sia già stato avviato per i programmi precedenti, quali siano i dati e le criticità emerse;

   quali eventuali conseguenze deriverebbero dal mancato utilizzo delle risorse stesse e in che modo, eventualmente, si intenda intervenire per evitare che tali risorse vadano perse e restino dunque inutilizzate.
(4-01706)


   CENTEMERO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   alcune recenti notizie comunicate dalla stampa internazionale – tra cui il Financial Time e la stampa Svizzera – evidenziano una trattativa in corso tra la multinazionale Abb (Asea Brown Boveri) e Hitachi per la cessione da parte della società svizzero-svedese della divisione Power Grids, che all'interno del gruppo industriale ha il fatturato più elevato e si occupa di reti elettriche, per un valore stimato intorno ai 13 miliardi di euro e con notevoli conseguenze sul piano occupazionale;

   Abb conta circa 6000 dipendenti in Italia con i principali siti di Sesto San Giovanni, Dalmine (BG), Bergamo, Vittuone, Frosinone, Santa Palomba Roma, Lecco, e altro;

   con il suo ingresso come azionista nel 2015 il fondo di investimento svedese Cevian, a quanto consta all'interrogante, avrebbe fortemente condizionato la politica industriale del gruppo Abb, adoperandosi molto affinché quest'ultimo, che opera soprattutto nei settori dell'energia e dell'automazione, si separi dai suoi rami maturi – la cui crescita è giudicata insoddisfacente – e concentri la produzione in attività più remunerative, centralizzando gran parte delle aree funzionali;

   in particolare, già a fine 2015, Abb lanciava un piano (white collarproductivity) per la concentrazione di una serie di attività (amministrazione, acquisti, IT, e altro) in diversi Hub (centri) continentali, con la soppressione dei corrispondenti uffici locali. Il piano ha portato a migliaia di esuberi in Europa di cui 173 in Italia;

   negli ultimi tre anni sono state spostate delle linee di produzione di alcuni modelli di motori elettrici dall'Italia (Vittuone) ad alcuni Paesi dell'est Europa, con conseguenti 150 esuberi a Vittuone;

   la politica dell'abbandono dei settori più maturi ha portato alla dismissione delle attività EPC del settore oil&gas tramite la cessione del corrispondente ramo d'azienda al gruppo saudita Arkad, con la fuoriuscita di circa 200 lavoratori, mentre per la parte di produzione del settore oil&gas che fa ancora capo ad Abb si è proceduto alla riduzione del personale con 25 esuberi tra Sesto e Genova e la chiusura dello stabilimento di San Martino in Strada –:

   se intenda assumere iniziative per avviare da subito un confronto con la multinazionale Abb circa le sue future scelte di politica industriale, anche attraverso la convocazione di un tavolo di lavoro che coinvolga i vertici dell'azienda e delle organizzazioni sindacali nazionali.
(4-01719)