Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 15 novembre 2018

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    il centro di studi per l'America Latina Casla, tramite l'avvocatessa venezuelana Tamara Suju, ha presentato, il 27 luglio 2016, una denuncia alla corte penale internazionale contro il governo venezuelano di Nicolas Maduro per aver commesso crimini contro l'umanità, sistematiche torture e persecuzioni per ragioni politiche;

    attraverso tale denuncia, sono state documentate violazioni dei diritti umani contro dissidenti politici, leader dell'opposizione, militari, leader giovanili, giudici, comunicatori sociali e centinaia di semplici manifestanti;

    la dottoressa Suju ha raccolto testimonianze sia in Venezuela, come avvocato di molte delle vittime, sia tramite le sue organizzazioni non governative, ed è in esilio da novembre 2014;

    il lavoro della dottoressa Suju ha permesso di raccogliere centinaia di testimonianze dirette che potrebbero identificare, nella loro totalità, oltre 600 persone torturate nel solo periodo di Nicolas Maduro;

    l'8 febbraio 2018, secondo quanto dichiarato in una nota dal procuratore capo Fatou Bensouda, la Corte penale internazionale ha annunciato l'apertura dell'esame preliminare sulla denuncia del Casla nei confronti del Venezuela, sulla base delle evidenze ricevute tramite la procedura prevista dall'articolo 15 dello statuto di Roma;

    l'esame preliminare non è un procedimento giudiziario, ma un processo di verifica delle informazioni disponibili al fine di valutare la procedibilità o meno delle accuse mosse;

    l'analisi preliminare della situazione in Venezuela, secondo quanto dichiarato dal procuratore capo Fatou Bensouda, mira a fare chiarezza sui crimini commessi nel corso delle manifestazioni anti-regime. In particolare, le forze di sicurezza sono state accusate di aver usato frequentemente ed eccessivamente la forza per disperdere i manifestanti e sopprimere il dissenso; migliaia di persone sarebbero state arrestate, perché parte o sospettate di far parte dell'opposizione; numerosi arrestati sono stati sottoposti ad abusi e violenze durante la detenzione e alcuni, addirittura, infortunati o uccisi;

    il 27 settembre 2018, la Corte penale internazionale ha ricevuto anche una segnalazione contro il Venezuela ai sensi dell'articolo 14 dello statuto di Roma da parte di Argentina, Canada, Cile, Colombia, Paraguay e Perù per i crimini contro l'umanità commessi dal regime del dittatore comunista Nicolas Maduro;

    i presidenti Mauricio Macri (Argentina), Sebastiàn Piñera (Cile), Ivan Duque (Colombia), Mario Abdo Benitez (Paraguay), Martin Vizcarra (Perù) e il primo ministro Justin Trudeau (Canada) hanno firmato una segnalazione affinché la Corte indaghi sui crimini contro l'umanità commessi in Venezuela dal 12 febbraio 2014;

    il passo compiuto da Argentina, Canada, Cile, Colombia, Paraguay e Perù non ha precedenti: uno Stato non era mai stato denunciato da un altro Stato davanti alla Corte de L'Aia;

    la corte penale internazionale ha giurisdizione su genocidi, crimini contro l'umanità e crimini di guerra eventualmente commessi sul territorio degli Stati aderenti a partire dalla data di entrata in vigore dello Statuto nel Paese, il 1° luglio 2002 nel caso del Venezuela;

    secondo lo Statuto di Roma, le giurisdizioni nazionali hanno la primaria responsabilità di investigare e perseguire eventuali crimini internazionali,

impegna il Governo

1) a sottoscrivere la segnalazione, ai sensi dell'articolo 14 dello Statuto di Roma, sulla situazione nella Repubblica Bolivariana del Venezuela presentata da Argentina, Canada, Cile, Colombia, Paraguay e Perù, attualmente assegnata alla I Camera preliminare della Corte Penale Internazionale.
(1-00079) «Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Lollobrigida».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SARLI, SPORTIELLO e BRUNO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la Giano Srl dopo una lunga controversia giudiziaria, si aggiudicava la gara, il settembre 2017, per l'affidamento della concessione d'uso e gestione dello stadio Collana, al Vomero – Napoli, per un periodo di 15 anni;

   lo stadio Collana è chiuso da circa due anni; il prolungarsi dell'impossibilità di accedere all'unico impianto sportivo di una municipalità, quella del Vomero Arenella che conta circa 120.000 abitanti, ha determinato fortissimi disagi tra gli sportivi praticanti e i cittadini dell'area collinare di Napoli. Si sono susseguite proteste da parte degli sportivi, soprattutto ragazzi e persone disabili; queste ultime soffrono oltremisura l'interruzione dei loro programmi di riabilitazione;

   il consiglio regionale della Campania del 3 luglio 2018 ha approvato una mozione che chiedeva misure concrete per la riapertura dello stadio Collana e una più stretta sinergia tra soggetti istituzionali ed enti con l'indizione di un tavolo tecnico;

   il Corriere del mezzogiorno del 27 ottobre 2018 riporta la notizia di un incontro presso la regione Campania, tra tecnici della Giunta Regionale Campana, l'Agenzia Regionale Unirversiadi 2019 e rappresentanti della Giano Srl. Nel corso dell'incontro sono state esaminate tutte le problematiche tecnico-giuridiche che hanno impedito l'apertura dell'impianto e l'avvio dei lavori di ristrutturazione;

   inoltre, si riferisce che dal 2014, anno del bando di concessione ai privati, lo stato dei luoghi è completamento mutato. Ora occorrono risorse aggiuntive rispetto ai 7 milioni di euro previsti, i quali per l'80 per cento, sono a carico dell'istituto per il credito sportivo;

   è necessario accelerare la consegna delle chiavi della struttura che sono ancora nelle mani dell'Aru (l'Agenzia regionale universiadi 2019);

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 giugno 2018 affida le deleghe in materia di sport al Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri Giancarlo Giorgetti; l'articolo 3 del sopracitato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri prevede; alla lettera c), «cura dei rapporti con enti istituzionali e territoriali, organismi sportivi nonché altri enti e organizzazioni operanti nel settore dello sport» e alla lettera o) «attività connessa ai finanziamenti destinati dalla legge agli interventi per l'impiantistica sportiva, da realizzare mediante la costruzione, ampliamento, ristrutturazione, completamento e adeguamento alle norme di sicurezza di impianti sportivi e relative iniziative normative»;

   l'articolo 5 del sopracitato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri prevede al comma 1, che nelle materie di cui agli articoli precedenti il Sottosegretario è, altresì, delegato a nominare esperti e consulenti, a costituire organi di studio, commissioni e gruppi di lavoro, nonché a designare rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei ministri in organismi analoghi operanti presso altre amministrazioni o istituzioni –:

   se non ritenga di fornire chiarimenti sull'erogazione e sull'utilizzo dei fondi già destinati alla ristrutturazione dello stadio Collana di Napoli dall'Istituto per il credito sportivo.
(5-00948)

Interrogazione a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   da un articolo pubblicato il 12 novembre 2018 su sito de L'espresso, si apprende che il direttore di uno degli uffici postali storici del centro città di Milano sito in Corso di porta Ticinese, angolo via Urbano III, ha cacciato dall'ufficio postale che dirige una donna di origine somala e cittadina italiana, da 25 anni nel nostro Paese e fa da badante due anziani avvocati, i quali hanno potuto verificare di persona quanto avvenuto;

   l'episodio si è verificato nel pomeriggio del 2 novembre 2018, quando la signora, correntista, si è recata presso l'ufficio postale per sbrigare delle pratiche;

   la signora, di religione musulmana, quando è fuori casa indossa un foulard che le copre i capelli e le spalle, lasciandole libera la fronte e il mento. Tecnicamente non è neppure un hijab, è proprio un semplice e sobrio foulard sul capo;

   dopo aver atteso il proprio turno, la signora si è avvicinata al bancone e mentre l'impiegato stava per iniziare a lavorare le pratiche richieste dalla correntista, dietro di lui è passato il direttore dell'ufficio postale, il signor De Luca, che, alla vista della signora ha iniziato ad urlare contro la signora, intimandole di lasciare immediatamente l'ufficio postale e andare via;

   alla richiesta di spiegazioni da parte della signora, dal momento che non le era mai capitato prima di essere cacciata da un ufficio postale, il direttore ha ricominciato ad urlare che lì, con il foulard in testa, non poteva stare invitandola bruscamente, per la seconda volta a lasciare l'ufficio. A quel punto la signora, mortificata e in lacrime è andata via;

   la giustificazione addotta dal direttore è quella del divieto, come indicato anche da un cartello all'ingresso, di entrare in un ufficio postale con il volto coperto. Peccato che il cartello all'ingresso mostri un casco e un passamontagna barrati, per cui pur essendo ovviamente comprensibile per motivi di sicurezza il divieto di entrare al volto coperto in un ufficio pubblico, risulta altrettanto palese come la signora in questione non avesse affatto il volto coperto ma un semplice foulard che rendeva perfettamente riconoscibile il viso e quindi, a parere dell'interrogante, la stessa aveva pieno diritto a entrare in quell'ufficio, come riconosciuto dalle leggi dello Stato e dalla giurisprudenza, tanto che sulla carta d'identità della signora vi è apposta una foto con lo stesso foulard –:

   se il Governo intenda acquisire ogni elemento utile a chiarire la vicenda e i motivi per i quali è accaduto quanto esposto in premessa e se sia a conoscenza di quali iniziative siano state assunte da Poste italiane nei confronti del direttore dell'ufficio postale indicato in premessa e responsabile a parere dell'interrogante, di un gesto discriminatorio e intollerante verso una cittadina italiana di origine somala.
(4-01641)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ANDREA ROMANO e QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   da notizie a mezzo stampa (Corriere della Sera del 14 novembre 2018), parrebbe che il Governo abbia posto un veto sulla pubblicazione della dichiarazione conclusiva che segue la consultazione annuale dei tecnici del Fondo monetario internazionale in ogni Paese, la cosiddetta «concluding statement» — che per essere resa pubblica necessita appunto dell'assenso del Paese ospitante — e che aveva espresso alcune critiche alla politica economica del Governo italiano;

   sinora la richiesta di veto era stata avanzata da Paesi quali l'Arabia Saudita, la Cina e altri sistemi autoritari e mai comunque con una tempistica così a ridosso della scadenza di pubblicazione, il che getterebbe, a giudizio degli interroganti, una grave ombra sull'operato trasparente di questo Governo;

   parrebbe che la situazione si sia sbloccata solo a seguito di una proposta emendativa che apriva alla possibilità di inserire l'impegno per un reddito alle fasce di popolazione più povere, tema notoriamente sentito, in particolare, dalla compagine di Governo del Movimento 5 stelle –:

   se quanto riportato dalla nota testata nazionale corrisponda al vero e, in tal caso, come si giustifichi questo grave atteggiamento.
(5-00944)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   MANZO, DEL SESTO, DI LAURO, GRIPPA, IOVINO, PARENTELA e VILLANI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il fiume Sarno situato nella regione Campania, nasce alla quota di circa 30 metri sul livello del mare dalle pendici del monte Saro, facente parte del gruppo montuoso del Sant'Angelo-Pizzo d'Alvano ed è il più ricco serbatoio di acqua potabile dell'Italia meridionale; attraversa in forma calma e sinuosa i comuni di Sarno, San Valentino Torio, San Marzano, Striano, Poggiomarino, Pompei, Scafati, Torre Annunziata e Castellammare di Stabia per sfociare, in direzione della località Sant'Abbondio di Pompei, in mare di fronte allo scoglio «Petra Herculis»; come si legge sul Fondo ambiente italiano «(...) le problematiche del Sarno, causa una elevata pressione antropica con relativo impatto determinato da scarichi domestici (fecali, agricoli, pesticidi, fertilizzanti, eccetera) e industriali, sono tutte relative al suo forte inquinamento (il più alto d'Europa) che si ripercuote nell'intero golfo di Napoli, fino agli anni Sessanta, era un fiume pescoso e termale caratterizzato da ambienti salubri e incontaminati. Nel 1992 il fiume è stato dichiarato ad elevato rischio ambientale ed è iniziato un tortuoso percorso per il disinquinamento: allo scopo si è divisa l'area in tre comprensori:

    dell'Alto Sarno con 8 comuni, una popolazione di 69 mila abitanti e una densità di 398 ab/kmq;

    del Medio Sarno con 21 comuni, una popolazione di 445 mila abitanti e una densità di 1.430 ab/kmq;

    di Foce Sarno con 10 comuni, popolazione di 225 mila abitanti e una densità di 2.338 ab/kmq»;

   nonostante per il corso d'acqua in questione siano state stanziate negli ultimi decenni ingenti somme al fine di mitigarne i danni, questi ultimi continuano a tediare la popolazione limitrofa. Basti pensare a come, nei giorni immediatamente trascorsi, a Castellammare di Stabia, i vigili del fuoco sono intervenuti a causa della caduta di un albero su una serra situata proprio a ridosso degli argini del fiume. Le operazioni di messa in sicurezza venivano accompagnate dallo sgomento degli operatori intervenuti a causa della ingente e catastrofica situazione che si annunciava davanti ai loro occhi. È stata riscontrata una vera e propria isola di rifiuti nel tratto di fiume parallelo, a via Ripuaria: bottiglie di plastica, cassette di sughero, tavole di legno, rami d'albero, palloni e tanti altri rifiuti trasportati dal fiume;

   non può sottacersi la circostanza che vede il fiume de quo tra i 20 fiumi più inquinati del mondo. Durante i lavori della conferenza sui fiumi meno salubri del pianeta, tenutasi a New York, il Sarno è stato classificato al sesto posto per livello di inquinamento. Basti pensare che nelle sue acque, e in quelle degli affluenti, secondo il Cnr, c'è cadmio, piombo, arsenico e pesticidi. Conseguentemente, secondo diversi ricercatori italiani e stranieri il mix di inquinanti ha provocato nel corso degli anni un aumento, tra gli abitanti del bacino idrografico, di diverse malattie, da quelle cardio-respiratorie a quelle tumorali; gli interventi di interesse nazionale sono individuabili in relazione alle caratteristiche del sito inquinato, alla quantità e alla pericolosità degli inquinanti presenti nel sito, al rilievo dell'impatto sull'ambiente circostante al sito inquinato in termini di rischio sanitario, ecologico nonché di pregiudizio per i beni culturali ed ambientali –:

   se il Ministro intenda adottare le iniziative di competenza, anche promuovendo una verifica da parte del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, per acquisire un quadro aggiornato sulla situazione di fondali, canali e sorgenti inquinanti del fiume;

   se il Governo non intenda promuovere, per quanto di competenza, un raccordo istituzionale sulla vicenda volto a porre fine, in tempi brevi, al degrado ambientale, con la riqualificazione dell'area interessata, adottando le iniziative di competenza affinché il sito venga qualificato come sito da bonificare di interesse nazionale.
(4-01644)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SERRACCHIANI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il comune di Trieste ha predisposto un regolamento delle scuole dell'infanzia comunali che stabilisce un limite del 30 per cento quale tetto massimo di «bambini di cittadinanza non italiana» nelle classi delle scuole dell'infanzia;

   l'iniziativa è dell'assessore all'educazione Angela Brandi, di Fi, secondo la quale tale iniziativa dovrebbe servire per «garantire un'offerta educativa qualitativamente appropriata per tutti i bambini»;

   a Trieste, in una trentina di scuole per l'infanzia, ci sono 3700 bambini: di questi, 1200 fanno parte delle sezioni statali e 2500 di quelle comunali;

   le modifiche introdotte dal nuovo regolamento comunale riguarderebbero solamente le scuole comunali;

   nella regione Friuli Venezia Giulia, il comune di Monfalcone ha già cercato di ridefinire il limite di bambini non italiani nelle scuole, sottoscrivendo con due istituti scolastici una convenzione che fissa il tetto massimo pari al 45 per cento, con il risultato che 60 bambini, quasi tutti bengalesi, sono rimasti esclusi dalle classi;

   in quell'occasione, il ministro dell'interno Salvini aveva manifestato su Facebook il proprio apprezzamento per la decisione della sindaca leghista di Monfalcone;

   ora, con una decisione quanto mai controversa, il comune di Trieste porta al 30 per cento il tetto, una decisione a giudizio dell'interrogante palesemente in contrasto con la Costituzione, che, all'articolo 2, dice espressamente che «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale», e all'articolo 3 precisa che «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali»;

   non sono mancate – immediate – le prese di posizione delle comunità straniere cittadine e del mondo culturale, decisamente avversi alla proposta dell'amministrazione comunale;

   in data 13 novembre 2018 c'è stata anche la clamorosa «bocciatura» da parte di ben 5 circoscrizioni su 7 della città;

   seppur tale parere non sia vincolante, appare del tutto evidente che la proposta dell'assessore Brandi sia stata sonoramente «bocciata» dalle stesse circoscrizioni che hanno una maggioranza politica omogenea a quella comunale, evidenziando in tal modo una difformità politica che si è prodotta tra giunta comunale e «parlamentini» locali;

   introdurre una quota, in questo caso del 30 per cento, quale tetto massimo di «bambini di cittadinanza non italiana» nelle classi per l'infanzia non solo è una decisione discriminante nei confronti dei bambini stranieri, peraltro la maggior parte nati sul territorio italiano, ed è contraria agli articoli 2 e 3 della Costituzione, ma risulta essere anche non conforme con quanto prevede il decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999 che, all'articolo 45, stabilisce che la ripartizione degli alunni stranieri nelle classi semplicemente non deve superare quella degli italiani, ossia non vada oltre il 50 per cento;

   la circolare dell'allora Ministro Gelmini – citata dalla stessa assessora al comune di Trieste per giustificare la sua decisione – prevedeva il limite del 30 per cento, ma veniva indicato che tale limite poteva essere superato quando ci si trovava di fronte a bambini stranieri che però parlano l'italiano, come nel caso di quasi tutti i bambini che frequentano le scuole di Trieste –:

   se il Governo, in conformità agli articoli 2 e 3 della Costituzione, intenda assumere con urgenza iniziative per quanto di competenza, affinché sia assicurato a tutti i bambini il diritto allo studio e alla formazione, evitando il pericoloso trauma della discriminazione precoce e offrendo viceversa a questi bambini un'armoniosa e progressiva integrazione, perché la loro presenza rappresenta un ulteriore stimolo e un'occasione di crescita pedagogica per tutti i bambini.
(5-00943)

Interrogazione a risposta scritta:


   MURONI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il 4 agosto 2018 si svolgeva a Niscemi, provincia di Caltanissetta, organizzata dal Movimento No Muos, la consueta manifestazione nazionale. Prendevano parte al corteo centinaia di persone provenienti da diverse parti della Sicilia e dal resto d'Italia, facilitate nella permanenza dal 2 al 5 agosto, dall'organizzazione di un campeggio presso contrada Ulmo, luogo in cui insiste la base Nrtf e dentro cui è situato il Mobile User Objective System;

   il percorso, entro cui si svolgeva la manifestazione autorizzata, presidiata da numerose forze dell'ordine, si snodava lungo una strada che dal luogo del campeggio conduce al cancello 1 della base, tracciato a sinistra del quale, nel tratto finale, è presente una collinetta;

   dal rettilineo che anticipa la curva che porta al suddetto cancello 1 si affaccia uno dei lati dell'altura. Mentre il corteo sopraggiungeva su di essa erario visibili, distanti tra essi, due militari facenti parte dell'operazione «Strade sicure», forniti delle armi in dotazione che venivano ostentate;

   è importante sottolineare che in questi giorni sul Muos sta andando in scena quello che all'interrogante appare un «balletto»: mentre a parole, il M5s, afferma di voler intervenire per avvisare la dismissione della base di Niscemi, gli atti amministrativi sembrano andare nella direzione opposta. Questo dubbio sorge vista la richiesta formulata dal Ministero della difesa, per conto del comando della US Navy, di procedere a nuovi lavori di manutenzione straordinaria all'interno della base, richiesta indirizzata al comune di Niscemi ed alla regione Siciliana e di cui poco si è saputo e ancor meno parlato;

   dopo le rilevanti questioni emerse sulla Tap, Tav e Ilva ora è la volta della stazione Muos –:

   quali siano le disposizioni che i comandi hanno impartito ai militari preposti alla supervisione del corteo e se tra queste ci fosse anche l'ostentazione delle armi in dotazione nel contesto di una manifestazione pacifica e non pericolosa;

   se intenda, e in che tempi, adottare le iniziative di competenza per procedere allo smantellamento dell'infrastruttura «Mobile User Objective System».
(4-01645)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   ZANETTIN. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nel corso del plenum del Consiglio superiore della magistratura del 14 novembre 2018 alcuni consiglieri togati hanno denunciato un gravissimo attacco hacker al sistema informatico del Ministero della giustizia;

   magistrati in tutta Italia hanno ricevuto una e-mail dal Ministero della giustizia che li informava del blocco dell'accesso alle loro caselle di posta elettronica certificata e ai sistemi informatici che consentono il funzionamento del processo civile, che come è noto, è ormai totalmente telematico;

   il problema ha riguardato solo in parte anche la giustizia penale, con lo stop del sistema digitale operativo usato dalle procure per caricare le notizie di reato e assegnare in via informatica i fascicoli;

   le conseguenze peggiori le ha subite ovviamente il settore civile, in cui sono stati sospesi i sistemi operativi che garantiscono il funzionamento quotidiano della giustizia civile;

   all'origine non ci sarebbe stato un disservizio del Ministero della giustizia, ma più probabilmente un attacco hacker come ha spiegato in plenum il procuratore generale della Corte di Cassazione Riccardo Fuzio, che ha parlato del «probabile furto delle credenziali delle Pec gestite dalla Telecom» e ha qualificato l'accaduto come «un episodio allarmante» –:

   se l'inconveniente nel frattempo sia stato risolto;

   quali iniziative di competenza intenda assumere il Ministro interrogato per evitare il ripetersi di così gravi attacchi informatici;

   se intrusi abbiano potuto accedere al sistema e acquisire dati sensibili o coperti da segreto investigativo.
(3-00329)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BUSINAROLO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   nel corso della scorsa legislatura, con l'interrogazione a risposta in Commissione n. 5/12979, la sottoscritta illustrava un caso di whistleblowing che ha avuto come protagonista la dottoressa Claudia Giacchetti, funzionaria dell'Agenzia delle dogane, rappresentante sindacale e vicesegretario di Dirpubblica, che ha denunciato alla procura della Repubblica alcune gravi irregolarità che si sarebbero verificate nell'ambito di un concorso a cui la stessa aveva partecipato nel 2013;

   a seguito di verifiche e accertata la veridicità dei fatti segnalati, la procura ha imputato l'amministrazione ed alcuni concorrenti di reati gravi, tra cui la truffa e la rivelazione di segreti d'ufficio, mentre la dottoressa Giacchetti, anziché ricevere un plauso per aver difeso l'integrità dell'Agenzia delle dogane, è stata oggetto di un procedimento disciplinare e di demansionamento all'interno della stessa amministrazione;

   la recente legge n. 179 del 2017, che ha introdotto alcune misure a tutela del whistleblower, presenta però delle lacune che ne limitano fortemente la portata. In particolare, con riferimento alla vicenda sopra descritta, la normativa attuale in materia prevede che l'interessato e le associazioni sindacali maggiormente rappresentative possano comunicare ad Anac l'adozione di misure sanzionatorie o ritorsive, restando, ad esempio, escluso da tale possibilità il sindacato non maggioritario al quale il dipendente sia iscritto. Un altro punto debole è rappresentato dal fatto che l'Anac nelle sue linee guida abbia riconosciuto che la tutela del whistleblower «è nell'interesse oggettivo dell'ordinamento, funzionale all'emersione di fenomeni di corruzione e di mala gestio», ma, poiché di tali linee non è espressamente disposta per legge l'obbligatorietà, alcuni soggetti, come l'Agenzia delle dogane, hanno adottato, a giudizio dell'interrogante, regolamenti difformi, che svuotano il contenuto reale della tutela normativa del denunciante –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere al fine di assicurare l'attuazione concreta della legge n. 179 del 2017 e garantire un'adeguata tutela ai cosiddetti «whistleblower», nell'ottica di garantire strumenti efficaci nella lotta al malcostume e alla corruzione.
(5-00941)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MAGI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   a quanto si apprende da articoli di stampa, e come confermato dai presenti con video e foto, il 10 novembre 2018 circa trenta autobus (ma alcune fonti parlano di un numero maggiore), diretti a Roma per la manifestazione contro il razzismo e il «decreto sicurezza», sono stati fermati dalla polizia; tutti i manifestanti sono stati fatti scendere, schedati e sottoposti a una perquisizione corporale e dei bagagli;

   a quanto si apprende, è stata verificata anche l’«idoneità» di bandiere e striscioni;

   come si legge nel comunicato dei manifestanti di Spezia e Massa, l'operazione ha ovviamente richiesto tempo e, terminati i controlli, le forze dell'ordine hanno trattenuto i pullman per altri 40 minuti. Gli autobus sono stati poi scortati fino alla manifestazione;

   le persone fermate e perquisite a bordo dei pullman il 10 novembre erano comuni cittadini che non stavano commettendo alcun reato, ma si stavano dirigendo a una libera e pacifica manifestazione. Quanto avvenuto rappresenta, secondo l'interrogante, una ingiustificata e inaccettabile limitazione alle libertà democratiche e costituzionali, sancite in primis dagli articoli 17 e 21 della Costituzione, con procedure che nulla hanno a che fare con la sicurezza ma paiono di fatto produrre invece effetti intimidatori –:

   in base a quale norma o circolare siano stati predisposti tali controlli, perché siano stati effettuati in tale occasione;

   su quali basi e a quale scopo siano state effettuate le schedature di cui in premessa e in base a quali criteri si sia proceduto alla verifica degli striscioni.
(5-00940)


   MAGI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   a quanto si apprende da fonti di stampa, il 9 novembre 2018, mentre il Ministro interrogato si accingeva ad entrare nell'aula congressi della Lumsa in via di Porta Castello per partecipare ad un convegno, la signora Eleonora, casalinga 59enne residente a Borgo Pio che afferma di essere scesa in strada per fare la spesa, accortasi della presenza del Ministro, dall'altro lato della strada ha iniziato a fischiare e a gridare «buffone»;

   in proposito la donna ha affermato: «i miei fischi hanno subito attirato l'attenzione di un gruppetto di circa quattro poliziotti in borghese che si sono precipitati dall'altro lato della strada, mi hanno ordinato di smettere di fischiare. Uno di loro mi ha afferrato le braccia per impedirmi di portare le dita alla bocca e fischiare ancora». A quel punto Eleonora cerca di divincolarsi e cade a terra;

   in quel momento interviene anche Romano Ancona, responsabile del bar in via di Porta Castello, chiedendo agli agenti di lasciarla;

   «il dirigente mi ha chiesto il documento – afferma Eleonora – gli ho detto che non l'avevo. L'ho esibito ai suoi colleghi quando mi hanno caricata sulla volante per portarmi al commissariato di zona». Dopo un'ora di attesa, la donna sarebbe uscita dal posto di polizia con una denuncia per non aver esibito subito il documento;

   i fatti qui riportati, testimoniati da un video e dalla testimonianza del signor Ancona oltre che della diretta interessata, suscitano particolare allarme, in quanto, secondo l'interrogante, violano il diritto di ciascun cittadino, sancito dall'articolo 21 della Costituzione italiana, «di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione» –:

   su quali basi e in base a quali direttive gli agenti abbiano agito nei termini riportati in premessa nei confronti di una cittadina che stava pacificamente contestando il Ministro interrogato;

   su quali basi e in base a quali direttive l'abbiano portata in questura per l'identificazione;

   se non ritenga necessario intervenire affinché vengano accertate le responsabilità di quanto accaduto e prese conseguenti iniziative nei confronti degli autori di eventuali comportamenti illegittimi.
(5-00946)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MURONI, PASTORINO, SPERANZA, ROSTAN e OCCHIONERO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 10 novembre 2018 è stato restituito il significato alla parola «popolo»: oltre 100 mila le persone hanno partecipato al corteo contro le politiche migratorie contenute nel «decreto sicurezza» e contro il razzismo; sono 480 le organizzazioni che hanno partecipato, tra le quali ad esempio: ong, associazioni di volontariato, cittadine e cittadini, comuni, associazioni di migranti arrivati a Roma con circa 100 pullman provenienti da tutto il territorio nazionale;

   purtroppo, la giornata è iniziata ben prima delle 14,00, ora di convocazione della manifestazione contro il razzismo e il «decreto sicurezza», un decreto che secondo i manifestanti creerà tantissima insicurezza, oltre che ledere principi di solidarietà e umanità ritenuti irrinunciabili. A richiamare l'attenzione di chi si preparava a recarsi in piazza della Repubblica, a Roma, sono stati i messaggi e le telefonate di tanti partecipanti, che dai pullman organizzati da tutt'Italia facevano presente già verso le 13,00 di essere bloccati da almeno un'ora ai caselli d'accesso a Roma;

   i loro racconti, ripresi dagli organi di stampa, parlano di attesa estenuante, ingiustificata. Hanno raccontato di controlli: controlli dei documenti e degli striscioni, minuziosamente verificati uno a uno;

   non solo, alcuni pullman sono stati fermati dalla polizia di Stato e le persone a bordo sono state schedate e addirittura fotografate. Sembrerebbe che più di 50 pullman siano stati tenuti fermi all'entrata della Capitale, alcuni dei quali successivamente scortati dalla polizia di Stato al centro di Roma. Questi pullman erano provenienti da Padova, da La Spezia, da Massa e da altre città;

   è del tutto evidente che tali operazioni non solo hanno richiesto parecchio tempo ma, terminati i controlli, le forze dell'ordine avrebbero trattenuto i pullman per oltre 40 minuti;

   queste notizie preoccupano non poco. Le persone fermate e perquisite a bordo dei pullman sono comuni cittadini che si stavano dirigendo a una libera e pacifica manifestazione. Sono insegnanti, migranti, giornalisti, attivisti: gente comune che vuole manifestare il proprio impegno e il proprio pensiero su temi fondamentali per il bene comune;

   tutto ciò è molto grave e, ad avviso degli interroganti, rappresenta una ingiustificata e inaccettabile limitazione alle libertà costituzionali che non ha nulla a che fare con la sicurezza pubblica;

   è facile chiedersi le ragioni di ciò, ma è difficile trovare una risposta convincente o non preoccupante. Fatto sta che alcuni manifestanti hanno riferito di essere riusciti a raggiungere il centro di Roma solo dopo due o tre ore di attesa –:

   se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e, in caso affermativo, se questi comportamenti siano frutto di direttive precise provenienti dal Ministero dell'interno o siano iniziative autonome delle questure e delle prefetture e, in tal caso, quali iniziative intenda intraprendere affinché questi comportamenti ad avviso degli interroganti antidemocratici non si ripetano in futuro.
(4-01639)


   FRATOIANNI e PALAZZOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da un articolo pubblicato il 30 ottobre 2018 sul sito left.it si apprende che alcuni militanti di Forza Nuova il 7 gennaio 2018 hanno manifestato in piazza a Ragusa per la commemorazione dei fatti di Acca Larentia. Durante la manifestazione sono stati lanciati ripetuti insulti del tipo «zecche rosse tornate nelle fosse» diretti contro attivisti locali, membri di associazioni antimafia, politici ed esponenti dell'Anpi, che, non appena saputo del raduno neofascista, hanno deciso di organizzare una contestazione, esprimendo pacificamente il loro dissenso;

   a dieci mesi di distanza, circa cinquanta, tra coloro che protestarono contro quel corteo, sono stati denunciati dalla Digos per adunata sediziosa, vilipendio alla bandiera o altro emblema dello Stato e oltraggio a corpo politico, amministrativo e giudiziario. In attesa del responso del Gip, il procuratore Capo D'Anna ha chiesto l'archiviazione;

   tra gli indagati, oltre a personaggi di spicco della politica locale e del mondo della magistratura, come l'ex presidente del tribunale di Ragusa Michele Duchi, ci sono anche giornalisti (iscritti all'albo e freelance) che stavano semplicemente documentando l'accaduto con video e foto. Simone Lo Presti, storico fondatore del magazine Generazione zero, era presente a quella manifestazione e pochi giorni fa ha ricevuto la lettera con i capi d'accusa sopra citati;

   a parere degli interroganti, non è ammissibile che le denunce colpiscano anche giornalisti locali, presenti sui luoghi per documentare i fatti come non è accettabile che liberi cittadini che sostengono i princìpi antifascisti su cui si fonda il nostro Stato di diritto possano in qualche modo sentirsi intimiditi da tale iniziativa;

   l'azione intrapresa in questa occasione dalla questura di Ragusa lascia sorpresi perché ha inteso colpire chi ha manifestato per difendere i valori costituzionali dell'antifascismo, mentre contemporaneamente si svolgeva una manifestazione di un'organizzazione le cui simpatie per il disciolto partito fascista sono inequivocabili;

   tra le persone nei cui confronti ha agito la questura c'è anche Peppe Scifo, segretario generale Cgil Ragusa, «colpevole» di aver partecipato anch'egli a un raduno spontaneo e pacifico per protestare contro lo spazio concesso a una forza politica come Forza Nuova che si richiama apertamente ai valori del fascismo, fomenta l'odio razziale e, ad avviso degli interroganti, contribuisce a creare le condizioni per una situazione generale di insicurezza;

   a parere degli interroganti è preoccupante la legittimazione che queste forze hanno all'interno del Paese ed è paradossale che chi protesta contro questa degenerazione si ritrovi denunciato;

   vi è infine da sottolineare il silenzio dell'amministrazione comunale che ha preferito tacere e non condannare il corteo dei neofascisti. Sarebbe invece opportuno che in un periodo di crisi come quello che stanno vivendo le istituzioni democratiche, si impedisse a forze che si ispirano ai valori del fascismo di seminare odio e intolleranza tra le strade delle nostre città;

   il risultato dell'operato della questura di Ragusa appare invece quello di reprimere chi fa dell'antifascismo il suo valore portante –:

   se il Governo intenda acquisire ogni elemento utile a chiarire quanto accaduto e richiamato in premessa e se sia a conoscenza di quali siano gli elementi che hanno portato la questura di Ragusa ad assumere un comportamento a giudizio degli interroganti immotivato contro i manifestanti radunatisi a Ragusa per protestare contro il corteo organizzato da Forza Nuova.
(4-01642)


   VARCHI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 12 novembre 2018 un gruppo di soggetti autodefinitisi «anarchici» ha occupato un immobile sito in Palermo nel viale della libertà al civico 45;

   come riportano numerose fonti di stampa, l'immobile in questione appartiene al patrimonio immobiliare del comune di Palermo e fino a tre anni addietro ospitava una postazione anagrafica decentrata;

   l'immobile in questione, una antica palazzina stile liberty situata nel centro della città di Palermo è stata restaurata dal comune allorquando vi ha allocato i propri uffici, con inevitabile utilizzo di risorse pubbliche;

   si tratta dell'ennesima occupazione abusiva di locali comunali, dopo quelli siti in piazza della pace e via Pietro Donato a Palermo, rispetto alla quale l'amministrazione comunale rimane inerte;

   il Ministro interrogato si è recentemente adoperato per lo sgombero di immobili occupati, ribadendo a più riprese che in Italia qualsiasi occupazione abusiva deve essere interrotta con l'immediato sgombero dell'immobile –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare immediate iniziative, per quanto di competenza, per procedere al tempestivo sgombero dell'immobile sito in Palermo nel viale della Libertà n. 45.
(4-01643)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ASCANI, CANTINI e DI GIORGI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   è notizia di questi giorni il caso che sta accadendo a Fucecchio (Fi) riguardante i dieci ragazzi disabili dell'istituto superiore Checchi, privi degli insegnanti di sostegno da 45 giorni;

   l'assessore all'istruzione Emma Domini spiega che «È un problema legato agli organici e quindi la situazione dovrà essere risolta a breve. Noi come Comune siamo partiti con la parte degli educatori il 24 settembre, per cui gli insegnanti di sostegno dovrebbero andare di pari passo»;

   l'assistente educativo, figura professionale diversa sia per formazione che per contratto dall'insegnante di sostegno, è previsto dall'articolo 13, della legge n. 104 del 1992: il reclutamento, la formazione e la gestione degli assistenti sono compiti dell'ente locale, ossia comune o provincia;

   la figura professionale dell'insegnante di sostegno invece, è stata istituita giuridicamente dal decreto del Presidente della Repubblica 970 del 1975 (poi meglio caratterizzata nella legge 517 del 1977) che lo definisce un insegnante «specialista», fornito di formazione specifica, che, insieme ai docenti curricolari, sulla base del piano educativo individualizzato, definisce le modalità di integrazione dei singoli alunni con disabilità, partecipandovi attivamente;

   l'insegnante per le attività di sostegno viene richiesto all'ufficio scolastico regionale dal dirigente scolastico sulla base delle iscrizioni degli alunni con disabilità; la quantificazione delle ore per ogni alunno viene individuata tenendo conto della diagnosi funzionale, del profilo dinamico funzionale e del conseguente piano educativo individualizzato, di cui alla legge 104 1992, e dei vincoli di legge vigenti;

   nel caso di Fucecchio, il comune ha provveduto alla nomina degli educatori, mentre, per quanto riguarda il sostegno, gli insegnanti non sono stati nominati e non si conoscono ancora le tempistiche di assegnazione;

   l'ufficio scolastico regionale non si sarebbe ancora occupato, quindi, degli insegnanti di sostegno, sulla cui scarsità numerica si dibatte da anni, salvo poi ripresentarsi a settembre con gli stessi annosi problemi;

   nel caso specifico gli altri docenti curricolari si ritrovano a doversi «sostituire» ai colleghi che non sono stati ancora nominati, ad avviso dell'interrogante provocando irregolarità nel processo di apprendimento/insegnamento a danno anche del processo di integrazione;

   il diritto allo studio degli alunni con disabilità si realizza, secondo la normativa vigente, attraverso l'integrazione scolastica, che prevede l'obbligo dello Stato di predisporre adeguate misure di sostegno e il compito di «prendere in carico» e di occuparsi della cura educativa e della crescita complessiva della persona con disabilità;

   tale impegno collettivo ha una meta ben precisa: predisporre le condizioni per la piena partecipazione della persona con disabilità alla vita sociale, eliminando tutti i possibili ostacoli e le barriere, fisiche e culturali, che possono frapporsi fra la partecipazione sociale e la vita concreta delle persone con disabilità;

   la legge n. 104 del 1992 riconosce e tutela la partecipazione alla vita sociale delle persone con disabilità, in particolare nei luoghi per essa fondamentali a cominciare dalla scuola. Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca mette in atto varie misure, di accompagnamento per favorire l'integrazione –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali, iniziative di competenza intenda assumere in proposito.
(5-00939)

Interrogazione a risposta scritta:


   TOCCAFONDI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il contesto istituzionale intorno al quale sono determinate le attività di valutazione del comparto scuola, università ed enti di ricerca è composto essenzialmente da tre enti pubblici, sotto la vigilanza del Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca: Indire, Invalsi e Anvur;

   tali enti si occupano di valutazione delle attività dei soggetti erogatori di istruzione e cultura e delle condizioni di apprendimento degli studenti. I compiti di tali enti sono stati più volte aggiornati;

   ci sono state svariate occasioni in cui il Ministero dell'istruzione, dell'università della ricerca ha ipotizzato l'accoppiamento di questi enti, accorpamento che non si è mai concretizzato alla luce del fatto che sono enti che si occupano di campi molto differenti, con professionalità che operano in settori diversificati;

   Indire pone al centro dell'attività la formazione degli insegnanti, il sostegno all'innovazione della scuola, soprattutto digitale, lavora molto con progetti europei, è agenzia Erasmus per l'Italia. Indire affronta tanti aspetti, ma certamente non si occupa di valutazione, e, svolgendo attività di supporto all'innovazione, risulterebbe arduo, inoltre, esprimersi sulla qualità didattica;

   l'Anvur si occupa di valutazione dell'attività delle università. L'ente valuta la qualità dei processi, i risultati e i prodotti delle attività di gestione, formazione e ricerca, compreso il trasferimento tecnologico, delle università e degli enti di ricerca, vigilati dal Ministero dell'istruzione, dell'università della ricerca, la valutazione della qualità di ricerca (Vqr), la definizione dei criteri e parametri per l'abilitazione scientifica nazionale (Asn), le procedure per l'autovalutazione, valutazione periodica e accreditamento dei corsi di studio universitari (Ava);

   l'Invalsi effettua verifiche periodiche e sistematiche sulle conoscenze e sulle abilità degli studenti e sulla qualità complessiva dell'offerta formativa delle istituzioni di istruzione, e di istruzione e formazione professionale, anche nel contesto dell'apprendimento permanente; in particolare, gestisce il sistema nazionale di valutazione (Snv); studia le cause dell'insuccesso e della dispersione scolastica, con riferimento al contesto sociale e alle tipologie dell'offerta formativa; effettua le rilevazioni necessarie per la valutazione del valore aggiunto realizzato dalle scuole; predispone annualmente i testi della nuova prova scritta, a carattere nazionale, volta a verificare i livelli generali e specifici di apprendimento conseguiti dagli studenti nell'esame di Stato al terzo anno della scuola secondaria di primo grado;

   un accorpamento a qualsiasi titolo tra istituzioni così diverse non significa di per sé valorizzazione –:

   se sia intenzione del Ministro interrogato promuovere l'accorpamento in un unico ente di Indire, Invalsi e Anvur, o di due di questi enti, ed eventualmente quali ne siano i motivi e i tempi di realizzazione.
(4-01640)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GALLINELLA, CADEDDU, CILLIS, CIMINO, DEL SESTO, GAGNARLI, LOMBARDO, ALBERTO MANCA, PARENTELA e PIGNATONE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e del Ministro dello sviluppo economico del 9 dicembre 2016 è stato introdotto, in via sperimentale, l'obbligo di indicare nell'etichetta del latte e dei prodotti derivati commercializzati in Italia la duplice menzione del Paese di mungitura e quello di condizionamento o trasformazione;

   con successivi decreti degli stessi Ministri del 26 luglio 2017, è stato introdotto l'obbligo di indicazione del Paese di coltivazione e di lavorazione o molinatura per la filiera grano duro-pasta e per il riso;

   sia il decreto del 9 dicembre 2016 che i decreti del 26 luglio 2017 stabiliscono che le indicazioni sull'origine debbano essere apposte in etichetta in un punto evidente e nello stesso campo visivo in modo da essere facilmente riconoscibili, chiaramente leggibili e indelebili;

   i citati decreti sono pienamente conformi al dettato del regolamento (UE) n. 1169/2011, secondo cui le etichette devono essere chiare e comprensibili per aiutare i consumatori a effettuare scelte alimentari più consapevoli: a tale scopo una buona leggibilità costituisce elemento essenziale a che l'informazione contenuta nell'etichetta possa produrre il suo effetto nel soddisfare al massimo il consumatore finale (considerando n. 26);

   la chiarezza e la comprensibilità, delle informazioni sono assicurate dalla leggibilità e dalla visibilità delle indicazioni sull'origine, attraverso l'allocazione delle stesse in un punto evidente e la dimensione dei font deve essere coerente con quanto previsto dall'allegato IV del regolamento (UE) 1169/2011, che prescrive caratteri la cui parte mediana (altezza della x) non sia inferiore a 1,2 mm;

   con decreto del 7 maggio 2018 del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali è stato chiarito che i suddetti decreti rimangono efficaci sino alla data di applicazione degli atti di esecuzione dell'articolo 26, paragrafo 3, del citato regolamento (UE) n. 1169/2011 e, quindi, fino alla data del 1° aprile 2020 prevista dal regolamento di esecuzione (UE) 2018/775 del 28 maggio 2018;

   i decreti ministeriali in parola prevedono un periodo transitorio per lo smaltimento delle scorte dei prodotti che non soddisfano i nuovi requisiti, in quanto immessi sul mercato o etichettati prima dell'entrata in vigore degli stessi;

   per la commercializzazione delle scorte del latte e dei prodotti lattiero-caseari il termine di smaltimento è scaduto a ottobre 2017, mentre le scorte di pasta e di riso possono essere commercializzate fino ad esaurimento;

   nonostante l'entrata in vigore dei provvedimenti nazionali, continuano a essere poste in vendita confezioni, in particolare di pasta, le cui etichette non risultano conformi ai predetti requisiti di leggibilità e visibilità, non assicurando quel livello di trasparenza dell'informazione domandato dai consumatori italiani in sede di consultazione e assicurato dalla normativa summenzionata –:

   quali iniziative di vigilanza siano state assunte dal dipartimento dell'ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressioni frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, quale autorità competente per l'irrogazione delle sanzioni, per garantire il rispetto degli obblighi dell'indicazione di origine dei prodotti messi in commercio o etichettati dopo l'entrata in vigore dei citati decreti;

   se il Ministro interrogato non reputi opportuno porre in essere iniziative ulteriori per assicurare il raggiungimento del duplice scopo di tutelare il made in Italy e gli interessi dei consumatori, cui rispondono i predetti decreti.
(5-00942)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LOREFICE, D'ARRANDO, MAMMÌ, MENGA, NESCI, SARLI e SPORTIELLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la brucellosi ovina e caprina in Sicilia è un fenomeno grave, che ha provocato un danno di oltre 2 miliardi di euro alle imprese e forti rischi per la salute dei consumatori;

   le pratiche connesse alla movimentazione dei capi (transumanza, monticazione, demonticazione e altro) costituiscono elemento di maggior rischio per la trasmissione della malattia ed è stato stabilito che anche la presenza di un solo soggetto infetto in un allevamento potrebbe determinare la diffusione della malattia a tutta la mandria e il successivo abbattimento di tutto il bestiame;

   la natura dell'allevamento allo stato brado caratterizza la maggior parte delle aziende siciliane e garantisce l'origine biologica delle carni e del latte, ma non pone gli animali al riparo da eventuali focolai che provengono da mandrie non censite, da predatori e suini selvatici non controllati. Alla luce di ciò si comprende il motivo per cui gran parte degli allevamenti del territorio siano considerati «non indenni»;

   il Ministero della salute, in una nota del 21 maggio 2009, si è espresso favorevolmente circa la necessità di vaccinare tutte le rimonte degli allevamenti bradi linea vacca-vitello, soprattutto in provincia di Messina, nelle province limitrofe e in tutte quelle dove gli allevatori ne facciano richiesta;

   nel 2011 il programma di eradicazione in Sicilia è stato dichiarato dalla Commissione europea non ammissibile proprio per la mancata esecuzione di una campagna di vaccinazione: ciò ha determinato la decurtazione di 7 milioni di euro alla regione siciliana dal 2005 al 2012; la Corte dei conti europea – in una relazione speciale del 2016, alla pagina 26, articolo 47 – ha spiegato come l'Italia non abbia imputato questa riduzione pecuniaria alla sola Sicilia ma abbia suddiviso la penalizzazione tra tutte le regioni italiane, decisione questa che non ha certo incensato le autorità siciliane a migliorare le misure veterinarie;

   la Commissione europea il 26 luglio 2018 – in risposta a una interrogazione dell'onorevole Ignazio Corrao (atto E003241-18) – ha dichiarato la non obbligatorietà della misura vaccinale nell'attuale legislazione europea e ha anche sottolineato come spetti alle autorità nazionali e regionali competenti decidere se autorizzare la vaccinazione in Sicilia;

   nello stesso documento viene sottolineato l'importante sostegno finanziario erogato all'Italia per l'eradicazione della brucellosi (35 milioni di euro dal 2001), obiettivo questo non raggiunto dal nostro Paese, in particolare dalla Sicilia che risulta una delle regioni più colpite dal morbo con circa il 3 per cento di aziende infette da brucellosi: +300 per cento circa rispetto alla media nazionale, un dato enorme. La provincia di Messina, inoltre, risulta in assoluto la più infetta stando ai dati forniti dall'Istituto zooprofilattico;

   tali scarsi risultati potrebbero comportare un ulteriore inasprimento delle sanzioni da parte dell'Unione europea; non solo, in una recente inchiesta della Rai è emerso che nella provincia di Messina dei veterinari avrebbero occultato la brucellosi contribuendo a far consumare carne infetta, ragion per cui il collega europarlamentare Ignazio Corrao (ottobre 2018) ha presentato una istanza alle autorità regionali al fine di avviare un percorso immediato di vaccinazione contro la brucellosi bovina e ovicaprina in Sicilia –:

   come il Ministro interrogato intenda adoperarsi di fronte a un così elevato tasso di brucellosi presente nel territorio siciliano, anche alla luce delle indicazioni dell'Unione europea.
(5-00945)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PAITA, PIZZETTI, GARIGLIO e NOBILI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 12 novembre 2018 come riportato anche dagli organi di informazione si è registrato un gravissimo disagio a danno dei clienti di telefonia mobile della rete Tim;

   numerose utenze si sono viste improvvisamente prive di credito o addirittura in rosso anche per importi di diverse migliaia di euro;

   sono numerose le segnalazioni di utenti che senza alcun motivo e senza alcuna comunicazione, si sono ritrovati in debito con il loro operatore telefonico anche fino a 20 mila euro;

   il sistema è letteralmente andato in tilt e non è ancora chiaro se si sia trattato di un attacco informatico, o di un semplice bug;

   i disagi si sono manifestati per un periodo relativamente lungo;

   la Tim non ha fornito una comunicazione ufficiale sul disagio occorso ai propri utenti;

   si tratta di un episodio inquietante che non va sottovalutato anche per i rischi connessi –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto accaduto e riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per appurare le cause dell'anomalia, nonché per verificare la sicurezza della rete ed eventuali rischi in atto a danno degli utenti.
(5-00947)

Apposizione di firme ad interpellanze.

  L'interpellanza urgente Delmastro Delle Vedove e Lollobrigida n. 2-00174, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 novembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Frassinetti, Meloni.

  L'interpellanza urgente Businarolo e altri n. 2-00178, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 novembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cunial.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Orlando n. 4-01623, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 novembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cenni.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta immediata Bazoli e altri n. 3-00325 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 82 del 13 novembre 2018. Alla pagina 3048, seconda colonna, dalla riga diciottesima alla riga ventiduesima deve leggersi: «BAZOLI, MORANI, VERINI, VAZIO, FERRI, ANNIBALI, MICELI, BORDO, ENRICO BORGHI, FIANO, GRIBAUDO e ANDREA ROMANO. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:» e non come stampato.