Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 12 novembre 2018

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    sull'intero territorio nazionale insistono aree che presentano forti compromissioni delle matrici ambientali quali aria, suolo e acqua a causa di fonti di inquinamento che hanno agito, rispettivamente, prima che lo Stato italiano adottasse una legislazione ambientale di settore, oppure a seguito di condotte criminali, spesso rimaste senza responsabile e comunque, in entrambi i casi, senza possibilità di richiedere alcun ristoro economico ambientale con il risultato che si sono verificati, nel breve e medio termine, gravi danni ambientali;

    la grave situazione che si è prodotta nel corso dei decenni nella provincia di Brescia risulta eclatante a tale riguardo. I grandi ritardi con cui il nostro Paese ha adottato norme giuridiche di tutela ambientale e di limitazione delle emissioni industriali, che sono sostanzialmente giunte solo successivamente alla metà degli anni Settanta del secolo scorso, hanno penalizzato in particolare le aree maggiormente industrializzate come appunto quella di Brescia;

    la provincia di Brescia conta 31 discariche attive di rifiuti speciali su un totale di 665 impianti di vario tipo che trattano e recuperano rifiuti con diverse modalità;

    l'aumento della mortalità per patologie correlate all'inquinamento ambientale è ormai un dato noto;

    si ha, inoltre, notizia di una epidemia di polmonite, che costituisce un unicum a livello mondiale, fra la provincia di Brescia e l'Alto Mantovano iniziata nel mese di settembre 2018, con oltre 900 casi, e diffusione di legionella non ancora verificata nelle cause;

    dall'articolo di stampa «rifiuti, 40 milioni di tonnellate in viaggio per l'Italia» (https://www.ilfattoquotidiano.it) si evince che oltre 40 milioni di tonnellate di rifiuti valichino i confini regionali e il 12 per cento delle merci trasportate in Italia siano rifiuti. (https://www.ilfattoquotidiano.it);

    in particolare, nel nord Italia vengono trattati circa 130 milioni di tonnellate di rifiuti solidi urbani e speciali con riduzione della sostenibilità della filiera, perdita di posti di lavoro per i territori privi di strumenti di gestione, ed emissioni ingiustificate legate al trasporto dei rifiuti stessi per oltre 8 miliardi di chilometri (valore paragonabile al trasporto delle persone);

    il piano di depurazione per il lago di Garda, portato avanti da alcuni enti locali, prevede lo scarico degli effluenti nel fiume Chiese già impattato da 16 depuratori e altre fonti industriali e agrozootecniche (il lago di Garda riceve il carico eutrofico (azoto e fosforo in particolare) per il 70 per cento da fonti industriali e agrozootecniche, solo il 30 per cento da depurazione civile);

    occorre altresì predisporre una mappatura delle aree su tutto il territorio nazionale che possano essere state oggetto di inquinamento diffuso, o comunque di grave entità, in danno delle matrici ambientali prima che fosse adottata una disciplina organica in materia ambientale, in considerazione dell'assenza di uno specifico responsabile dell'inquinamento e dunque di un soggetto obbligato agli interventi di bonifica e ripristino ambientale,

impegna il Governo:

1) a valutare l'assunzione di iniziative, per quanto di competenza, per disporre una moratoria per quanto riguarda l'autorizzazione di discariche, di inceneritori e altre fonti di emissioni inquinanti in acqua, suolo ed aria ed in particolare, in territori con un elevato fattore di pressione ambientale come la provincia di Brescia, valutando di contenere i conferimenti dei rifiuti alle discariche e agli inceneritori con una logica di prossimità e sostenibilità, tenendo conto dell'introduzione del «fattore di pressione» ha già avuto una positiva prima esperienza presso la regione Lombardia, nell'ambito del piano regionale di gestione dei rifiuti del 2014 e ulteriormente normato nel 2017;

2) ad assumere iniziative per rendere pubblico il referto epidemiologico della popolazione «in particolare delle aree più impattate» anche in considerazione dei contenuti del disegno di legge n. 535 e abbinati recante Disposizioni in materia di rete nazionale dei registri dei tumori, approvato dal Senato;

3) a porre in essere ogni iniziativa, anche normativa, per garantire la gerarchia nella gestione dei rifiuti in osservanza degli obblighi comunitari, per conseguire l'obiettivo di ridurre la quantità di rifiuto destinata alla discarica e all'incenerimento, anche valutando di modificare l'articolo 35 del decreto-legge n. 133 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 164 del 2014, al fine di contenere il trattamento dei rifiuti urbani in impianti di recupero energetico provenienti da altre regioni e lo smaltimento dei rifiuti urbani avviati fuori dal territorio della regione dove sono prodotti, così come limitare al territorio regionale la provenienza dei fanghi di depurazione, in particolare, in aree impattate e con referto epidemiologico sfavorevole rispetto ad altre aree nazionali;

4) a interfacciarsi con gli enti locali e regionali per studiare l'epidemia di polmonite, anche in relazione a possibili fattori ambientali e ad adottare iniziative per prevenire nuovi accadimenti del genere;

5) ad adottare iniziative, per quanto di competenza e d'intesa con gli enti locali, ai fini della realizzazione quanto prima di un nuovo ed efficiente sistema di depurazione per tutti i comuni gardesani;

6) alla luce della situazione della provincia di Brescia, a mappare il ruolo delle fonti emissive in aria, suolo e falde acquifere nelle realtà più critiche del nostro Paese, in modo da arrivare in tempi brevi alla riduzione delle pressioni e a un piano nazionale produttivo, per esempio per quanto riguarda la produzione dell'acciaio, individuata appunto tra le principali pressioni ambientali per la provincia di Brescia, produzione che deve essere resa maggiormente sostenibile.
(1-00073) «Zolezzi, Lucchini, Bordonali, Varrica, Vianello, Vignaroli, Eva Lorenzoni, Formentini, Donina, Businarolo, Romaniello, Termini, Benvenuto, Terzoni, Federico, Badole, Binelli, Daga, Deiana, D'Eramo, D'Ippolito, Ilaria Fontana, Gobbato, Licatini, Alberto Manca, Maraia, Parolo, Raffaelli, Ricciardi, Rospi, Traversi, Valbusa, Dori».


   La Camera,

   premesso che:

    la violenza sulle donne è un fenomeno sociale drammatico, difficile da quantificare; i dati disponibili ne evidenziano le enormi proporzioni: quasi sette milioni di donne hanno subito qualche forma di abuso nel corso della loro vita, come violenze domestiche, stalking, stupro, insulto verbale e violazioni della propria sfera intima e personale, che rappresentano spesso tentativi di cancellarne l'identità, di minarne l'indipendenza e la libertà di scelta;

    i numeri del femminicidio, forma estrema del fenomeno, sono inquietanti: negli ultimi 5 anni se ne registrano 774, una media di circa 150 all'anno; in Italia, ogni due giorni circa, viene uccisa una donna: nel 2016 ci sono stati 120 casi di femminicidio e anche nel 2017 la media è stata di una vittima ogni tre giorni; negli ultimi dieci anni le donne uccise in Italia sono state 1.740, di cui 1.251 (il 71,9 per cento) in famiglia;

    particolarmente allarmante, come anche attestato da più recenti fatti di cronaca, risulta in Italia l'aumento del numero e della ferocia dei reati di natura sessuale contro le donne, spesso minorenni e quindi più vulnerabili, da parte di stranieri irregolari, in quanto evidente conseguenza di una pregressa e carente gestione del fenomeno migratorio, ed altresì degli atti di violenza, di diversa natura, nei confronti delle donne finalizzati ad impedire alle stesse l'esercizio in Italia dei diritti e delle libertà a loro riconosciute dalla nostra Costituzione, la cui condivisione deve essere, invece, considerata fondamentale per un reale processo di integrazione;

    l'Italia ha firmato e ratificato la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, ovvero la cosiddetta Convenzione di Istanbul, aperta alla firma l'11 maggio del 2011: si tratta del primo strumento internazionale giuridicamente vincolante volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza;

    la XVII legislatura si è caratterizzata per la ratifica della citata Convenzione di Istanbul, con la legge n. 77 del 2013, per l'introduzione di modifiche al codice penale e di procedura penale per inasprire le pene di alcuni reati, più spesso commessi nei confronti di donne, per l'emanazione del «Piano d'azione contro la violenza sessuale e di genere 2015-2017» e per l'adeguamento di stanziamenti per il supporto delle vittime;

    l'articolo 3 della legge n. 77 del 2013 precisa che la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani ed è una forma di discriminazione contro le donne;

    con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 luglio 2015 è stato adottato il piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e sulle donne, previsto dall'articolo 5 del decreto-legge n. 93 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 119 del 2013, con l'obiettivo di disegnare un sistema di politiche pubbliche che integri dal punto di vista degli interventi le previsioni di carattere penale contenuti nella legge;

    per tali finalità il decreto-legge n. 93 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 119 del 2013, ha stanziato risorse per finanziare progetti territoriali e formazione al fine di dare attuazione agli interventi per la valorizzazione dei progetti territoriali, per la formazione degli operatori impegnati negli interventi, per il sostegno all'emancipazione delle donne maltrattate e alle iniziative di prevenzione culturale della violenza sessuale e sulle donne, soprattutto sul fronte dell'educazione e del recupero;

    nel dicembre 2017 è stato emanato il Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020. Il Piano si fonda su quattro linee di intervento: prevenzione, protezione e sostegno, repressione dei reati, assistenza e promozione;

    tra le finalità del piano nazionale emerge quella di creare e mettere in esercizio una banca dati nazionale e informatizzata, come strumento determinante e completo per lo studio del fenomeno della violenza contro le donne basata sul genere e per la conseguente definizione di azioni e politiche di intervento attraverso il miglioramento della conoscenza di dettaglio, tanto per la tutela delle vittime quanto per la prevenzione e la repressione dei fenomeni stessi, nonché per il monitoraggio dell'incidenza dei suddetti interventi;

    ai sensi della convenzione, è stato istituito un gruppo di esperti indipendenti sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Group of Experts on Action against Violence against Women and Domestic Violence – Grevio), incaricato di monitorare l'attuazione della stessa da parte degli Stati aderenti; il Grevio è tenuto a pubblicare i report valutativi degli strumenti adottati dalle Parti per attribuire efficacia alle previsioni contenute nella convenzione;

    il 29 ottobre 2018 è stato trasmesso al Gruppo esperte sulla violenza del Consiglio d'Europa (Grevio) presso il Consiglio d'Europa, il rapporto delle associazioni di donne sull'attuazione della Convenzione di Istanbul in Italia, che analizza la situazione italiana in materia di contrasto alla violenza sulle donne. Due i nodi principali all'interno di un contesto culturale italiano fortemente permeato da pregiudizi e stereotipi sessisti: la distanza tra le norme adottate e declamate e la loro applicazione in concreto, l'applicazione disomogenea nel territorio nazionale delle norme e dei finanziamenti per azioni/servizi in contrasto alla violenza contro le donne, con conseguente mancanza di tutela dei diritti delle vittime di violenza;

    nel marzo 2016 è stata approvata all'unanimità dal Consiglio d'Europa la risoluzione Systematic collection of data on violence against women, della prima firmataria del presente atto di indirizzo, sulla necessità di creare una banca dati sistematica secondo metodologie omogenee fra Paesi; basti pensare che allo stato attuale, nelle banche dati esistenti, non è stato ancora inserito il dato riguardante la relazione fra autore e vittima;

    la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna adottata a livello internazionale nel 1979 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite ed entrata in vigore il 3 settembre 1981, ha istituito un comitato (Committee on the elimination of discrimination against women – Cedaw) con il compito di verificare lo stato di applicazione delle norme contenute nella Convenzione e che è composto da esperte nel campo dei diritti delle donne, provenienti da 23 Paesi ed elette a scrutinio segreto da una lista di candidature presentate dagli Stati firmatari della Convenzione;

    l'Italia ha ratificato la Cedaw il 10 giugno 1985 e aderito al Protocollo opzionale il 29 ottobre 2002;

    ogni Stato che ratifica la Convenzione, o vi aderisce, ha l'obbligo di presentare al Cedaw dei rapporti periodici in cui vengano illustrate le azioni compiute dallo Stato in questione per dare applicazione alle norme contenute nella suddetta convenzione. Il primo rapporto va presentato entro un anno dalla data di ratifica, e successivamente, i rapporti vanno presentati ogni quattro anni;

    a seguito dell'analisi del rapporto, a carattere quadriennale, presentato a Ginevra dal Governo italiano il 4 luglio 2017, il Cedaw ha pubblicato il «Concluding observations on the seventh periodic report of Italy», datato 21 luglio 2017, nel quale sulla base di diffuse criticità, ha esplicitato le proprie perplessità e indicato le lacune alle quali il Governo italiano dovrà provvedere e rispondere con un nuovo rapporto fra due anni;

    in particolare, il Comitato evidenzia che per l'Italia è necessario rafforzare la consapevolezza delle donne circa i loro diritti ai sensi della Convenzione e i rimedi a loro disposizione per denunciare le violazioni di tali diritti. Allo stesso tempo, si afferma anche che il Governo italiano dovrà impegnarsi a rendere fruibili le informazioni sulla Convenzione, sul protocollo facoltativo e sulle raccomandazioni generali del Comitato a tutte le donne, nessuna esclusa. Dal rapporto si evince che in Italia manca il coordinamento tra le varie componenti regionali e locali e una chiara definizione dei mandati e delle responsabilità. Il Comitato suggerisce di aumentare le risorse assegnate al Dipartimento per le pari opportunità e di istituire un Ministero ad hoc necessario per avviare, coordinare e attuare le politiche di uguaglianza tra uomini e donne;

    per una più incisiva prevenzione appare fondamentale intervenire nelle scuole, avviando con gli studenti un'attività interdisciplinare che conduca a riflettere sulle situazioni attuali e combatterle e a mostrare le continue e distorte costruzioni dei ruoli maschili e femminili. Solo instaurando un dialogo attivo su queste tematiche sarà possibile combattere e superare quei presupposti culturali che alimentano e incentivano la discriminazione tra i sessi e che, se non contrastati, continueranno a crescere;

    pertanto, sarebbe oltremodo auspicabile che sia garantita pari opportunità di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco, superando diseguaglianze e barriere, nonché ai fini della conciliazione tra tempi di vita, di cura e di lavoro dei genitori, della promozione della qualità dell'offerta educativa e della continuità tra i vari servizi educativi e scolastici e la partecipazione delle famiglie;

    il triste fenomeno di violenza sulle donne si radica soprattutto nel contesto familiare, portando con sé, oltre alle drammatiche conseguenze che ormai sono sempre più frequentemente oggetto di cronaca, anche tutta una serie di situazioni paradossali che vedono il reo autore di violenza, anziché essere considerato indegno, in caso di morte della vittima, a mantenere una serie di benefici economici successori legati allo status di coniuge, anche spesso a discapito dei figli;

    il Parlamento ha approvato la legge 11 gennaio 2018, n. 4, in materia di modifiche al codice civile, al codice di procedura penale e altre disposizioni in favore degli orfani di crimini domestici;

    quando si parla di violenza contro le donne, più spesso ci si riferisce alla violenza fisica, sessuale, psicologica, ma si parla poco di una violenza altrettanto diffusa e lesiva quale la violenza economica, che rappresenta una forma di violenza difficilmente riconoscibile e poco denunciata e che ancora prima di radicarsi nell'ambito familiare, comincia nella nostra cultura, dove la donna viene ancora oggi penalizzata da molti punti di vista, compreso il mondo del lavoro, determinando di fatto uno stato di subalternità economica, fisica e psicologica, con tutte le devastanti conseguenze che ne derivano;

    nella seduta del Consiglio dei ministri del 23 novembre 2017, previa intesa raggiunta in sede di Conferenza unificata del medesimo giorno, è stato approvato il «Piano strategico nazionale contro la violenza maschile sulle donne (2017-2020)» che definisce la strategia complessiva per dare attuazione alla Convenzione di Istanbul, attraverso un percorso condiviso tra tutti gli attori istituzionali e non coinvolti nella tematica, secondo una logica di partenariato e di definizione di politiche integrate;

    il predetto piano è articolato secondo tre assi di intervento: prevenzione, protezione e sostegno, perseguire e punire congiuntamente a un asse trasversale di supporto all'attuazione (assistenza e promozione) nel cui ambito è prevista la costruzione di un sistema integrato di raccolta dati e una azione continua e puntuale di monitoraggio e valutazione;

    il 26 settembre 2018, si è svolta la prima riunione della cabina di regia politico-programmatica prevista dal Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020, convocata dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega alle pari opportunità, al fine di dare concreta attuazione al Piano strategico attraverso la stesura di un Piano operativo;

    parallelamente è stato istituito un Comitato tecnico composto da delegati degli stessi ministeri, regioni ed enti locali componenti della cabina di regia, integrato dalle principali associazioni ed organizzazioni di settore, che si è riunito il 29 ottobre 2018;

    nel 2017 è stato sottoscritto l'Accordo tra il Dipartimento per le pari opportunità e il Consiglio Nazionale delle Ricerche per la realizzazione di un'indagine quali-quantitativa sull'offerta dei servizi di supporto alle donne vittime di violenza esistenti a livello nazionale nonché di un'analisi valutativa dei processi attuativi del «Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere» (2015-2017) e di quelli del «Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne (2017-2020)»;

    complementare al citato accordo è quello sottoscritto nel 2016 tra il Dipartimento per le Pari Opportunità e l'Istat per elaborare una banca dati nazionale sul fenomeno della violenza e la conduzione di indagini sul tema;

    il 25 ottobre 2018, nel corso di una conferenza stampa tenuta presso il Ministero della giustizia, è stato presentato il disegno di legge per la tutela delle vittime di violenza domestica e sulle donne, cosiddetto «Codice Rosso», che sarà portato a breve in Consiglio dei ministri,

impegna il Governo:

1) ad assicurare che i finanziamenti stanziati annualmente siano erogati regolarmente senza ritardi e vincolati all'assunzione di impegni precisi, all'individuazione delle priorità e alla valutazione dei risultati ottenuti;

2) ad assumere iniziative, anche di tipo normativo, per compensare nel breve periodo le gravi lacune del sistema italiano evidenziate dal rapporto «Concluding observations on the seventh periodic report of Italy», secondo quanto segnalato in premessa;

3) a prevedere indicatori per la valutazione, da effettuarsi con cadenza annuale o comunque per ogni ciclo di finanziamento, dell'impatto degli stanziamenti per informare circa le future strategie di intervento, tramite la consultazione delle organizzazioni della società civile e dei centri antiviolenza;

4) a predisporre una sezione all'interno del sito del Dipartimento per le pari opportunità volta a rendere accessibile, in tempi rapidi, la rendicontazione completa delle attività finanziate con i fondi del decreto-legge n. 93 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 119 del 2013, nella quale le amministrazioni regionali e locali possano caricare direttamente e in autonomia la documentazione rilevante (delibere, risultati bandi, reportistica delle attività svolte da parte dei beneficiari dei fondi e altro), facendo sì che tali informazioni siano disponibili in formato «aperto» (open data), nonché uno strumento efficace e incisivo di segnalazione di materiale sessista che non si limiti esclusivamente all'ambito pubblicitario;

5) ad aggiornare la mappatura dei centri antiviolenza del Dipartimento per le pari opportunità, secondo la reportistica ricevuta da regioni e province autonome, anche al fine di stimare il fabbisogno reale dei centri antiviolenza per la loro sopravvivenza e il loro adeguato funzionamento, informando di conseguenza circa lo stanziamento necessario per assicurare servizi adeguati su tutto il territorio;

6) ad implementare tutti gli strumenti necessari per perseguire le priorità contenute nel «Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne (2017/2020)», nonché a valutare di assumere iniziative in relazione alla ormai improcrastinabile necessità di superare il carattere di straordinarietà del piano stesso a favore di azioni non improntate all'eccezionalità, ma a carattere sistematico;

7) ad assumere iniziative per incoraggiare il settore privato, il settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione e i mass-media, nel rispetto della loro indipendenza e libertà di espressione, a partecipare all'elaborazione e all'attuazione di politiche e alla definizione di linee guida e di norme di autoregolamentazione per prevenire la violenza contro le donne e rafforzare il rispetto della loro dignità, anche promuovendo una comunicazione improntata al pieno rispetto della dignità culturale e professionale delle donne e vietando forme di comunicazione che possano indurre una fuorviante percezione dell'immagine femminile;

8) ad assumere iniziative per introdurre, nell'ambito delle istituzioni scolastiche, anche contemplando il potenziamento dell'offerta formativa, percorsi e progetti mirati a garantire pari opportunità di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco, con il coinvolgimento delle famiglie, al fine di superare ogni tipo di disuguaglianza e discriminazione, in tal modo educando le nuove generazioni alla parità tra uomo e donna e all'affettività, nonché a definire linee guida che forniscano indicazioni per includere nei programmi scolastici i temi dell'educazione alla legalità, del diritto all'integrità dell'identità personale e del contrasto alla violenza sulle donne e allo sfruttamento della prostituzione;

9) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, finalizzate a rendere obbligatoria una formazione specifica di tutti/e gli/le operatori/operatrici di giustizia (giudici, pubblici ministeri, appartenenti alle forze dell'ordine, operatori/operatrici dei servizi sociali, polizia penitenziaria, personale addetto alle case di accoglienza o case rifugio o comunità) per meglio affrontare e contrastare il dilagante fenomeno della violenza sulle donne e dello sfruttamento della prostituzione;

10) ad assumere iniziative normative finalizzate ad introdurre (in caso di condanna per omicidio di una donna) come pena accessoria la «indegnità» del reo rispetto agli eredi, affinché il giudice penale dichiari il condannato decaduto da ogni diritto ereditario in quanto «indegno a succedere», senza necessità di un'azione civile da parte degli eredi, nonché iniziative normative volte ad escludere, dall'applicabilità dell'istituto introdotto all'articolo 162-ter del codice penale relativo all'estinzione del reato per condotte riparatorie, i delitti che implichino violenza nei confronti delle donne e ad inasprire le pene per la violenza sessuale, con l'introduzione di nuove aggravanti e aumenti di pena per i soggetti più vulnerabili;

11) ad adottare iniziative normative finanziarie o ogni altra utile iniziativa di competenza, nel rispetto dell'articolo 16 della Convenzione di Istanbul, per sostenere programmi di trattamento per la prevenzione della recidiva degli autori di violenza, in particolare per i reati di natura sessuale, anche tramite centri di ascolto coordinati a livello nazionale;

12) ad assumere iniziative normative o regolamentari, volte a prevedere percorsi specifici in carcere per gli autori di reati di violenza sessuale sulle donne e allo sfruttamento della prostituzione, inclusi interventi sulla disciplina concernente l'ordinamento penitenziario volti a rendere obbligatoria per i detenuti per reati contro le donne la destinazione di una percentuale del reddito generato da lavoro in favore del risarcimento delle vittime;

13) ad assumere iniziative volte a verificare l'attività del comitato tecnico composto da delegati dei diversi Ministeri competenti di cui in premessa, delle regioni e degli enti locali, componenti della cabina di regia;

14) ad adottare le iniziative necessarie a garantire, su tutto il territorio nazionale, che le vittime di reati, quali lo sfruttamento della prostituzione, possano essere inserite in percorsi sociali al fine di rompere definitivamente il legame con gli sfruttatori;

15) ad assumere ogni più opportuna iniziativa, anche a scopo preventivo, avverso qualsiasi atto di violenza nei confronti delle donne volto ad impedire in Italia alle stesse l'esercizio dei diritti e delle libertà a loro riconosciute dalla Costituzione e per garantire che la effettiva condivisione dei valori in essa sanciti sia un requisito fondamentale per un reale processo di integrazione.
(1-00074) «D'Arrando, Panizzut, Spadoni, Dadone, Ascari, Sportiello, Salafia, Piera Aiello, Barbuto, Businarolo, Cataldi, Di Sarno, Di Stasio, Dori, D'Orso, Giuliano, Palmisano, Perantoni, Saitta, Sarti, Scutellà, Cantalamessa, Bisa, Boniardi, Di Muro, Marchetti, Paolini, Potenti, Tateo, Turri, Bologna, Lapia, Lorefice, Mammì, Menga, Nappi, Nesci, Provenza, Sarli, Trizzino, Leda Volpi, Boldi, Locatelli, Lazzarini, De Martini, Foscolo, Segnana, Tiramani, Ziello, Iovino, Carbonaro, Tuzi, Lattanzio, Testamento, Casa, Suriano, Di Lauro, Galizia, Bruno, Giordano, Giovanni Russo, Bilotti, Manzo».


   La Camera,

   premesso che:

    come si evince dai recenti fatti di cronaca, la violenza contro le donne sta sempre più assumendo i tratti di una grave emergenza. Essa rappresenta la manifestazione più grave e brutale della disparità storica nei rapporti di forza tra i generi, nonché una evidente violazione dei diritti umani;

    la violenza di genere, come affermato dal già Segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, affligge tutte le etnie e tutte le classi sociali e «non conosce confini né geografia, cultura o ricchezza»;

    l'articolo 1 della dichiarazione delle Nazioni Unite del 1993 sull'eliminazione della violenza contro le donne descrive questo tragico fenomeno come «ogni atto di violenza fondato sul genere che abbia, o possa avere, come risultato un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce di tali atti, la coercizione e la privazione arbitraria della libertà, che avvenga nella vita pubblica o privata»;

    la Convenzione del Consiglio d'Europa del 2011 sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, sottoscritta dall'Italia nel settembre 2012, che rappresenta il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante in materia, definisce la violenza contro le donne come «una manifestazione dei rapporti di forza storicamente diseguali fra i sessi»;

    le vicende di cronaca riportano, con sempre maggiore frequenza, episodi delittuosi commessi nei confronti di donne molestate, minacciate, violentate, stuprate ed uccise e che vivono in un contesto di paura e disagio per le strade, nei mezzi pubblici e persino nel proprio contesto domestico;

    i dati recenti sono sempre più preoccupanti: la violenza è una tra le prime cause di morte per le donne di età compresa tra i 16 ed i 44 anni; ogni anno più di cento donne sono uccise per mano di chi aveva promesso di amarle, con una media di una donna uccisa ogni 3 giorni;

    la circostanza che desta maggiore preoccupazione è che gli autori delle violenze più gravi (violenza fisica o sessuale) sono, in prevalenza, i partner attuali o gli ex partner;

    spesso le vittime, afflitte dalla violenza subita ed in condizioni di manifesta fragilità, hanno difficoltà di interlocuzione con il personale impiegato nelle strutture di pubblica sicurezza, non sempre specificamente formati per gestire tali delicate situazioni con l'approccio necessario; mentre è evidente che nei momenti immediatamente successivi alla violenza subita, l'ascolto da parte di personale dotato della necessaria professionalità rappresenta uno strumento prezioso, se non imprescindibile, per aiutare le vittime a ricominciare a vivere con serenità;

    dal momento in cui una donna trova la forza per denunciare la violenza subita deve poter contare su una adeguata assistenza da parte dello Stato che in questa partita gioca un ruolo cruciale. Infatti, alle donne che hanno subito una violenza nonché ai parenti delle vittime di femminicidio, è importante garantire una adeguata assistenza psicologica fornita dal personale medico altamente qualificato e scelto direttamente dall'ordine preposto;

    il percorso di recupero e di superamento psicologico, oltre che fisico, dei danni subiti dalle vittime delle violenze è ulteriormente ostacolato dalla lunghezza del processo;

    un meccanismo di tutela efficace delle vittime di violenza che sarebbe opportuno prevedere, appare costituito dalla modifica dell'articolo 347 c.p.p. al fine di disporre l'obbligo per la polizia giudiziaria di riferire al PM entro ventiquattro ore le notifiche di reato acquisite se riguardano violenza sessuale, maltrattamenti, atti persecutori e lesioni aggravate; stabilire l'obbligo per il PM di concludere le fasi delle indagini preliminari entro e non oltre 45 giorni, al cui esito vi deve essere l'obbligo, in caso di sussistenza di gravi indizi, di richiedere l'emissione della misura interdittiva che disponga il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa nonché di comunicare con la stessa, attraverso qualsiasi mezzo (articolo 282-ter c.p.p.) e, infine, prevedere l'obbligo per il gip, in caso di sussistenza di gravi indizi e ove sussistano le esigenze cautelari previste dal codice di procedura penale, di emettere entro il termine perentorio di 5 giorni dalla richiesta una ordinanza cautelare per i casi di cui all'articolo 282-ter c.p.p.;

    in passato sono state poste in essere diverse iniziative positive e meritorie nella direzione del rafforzamento delle misure di tutela contro la violenza sulle donne; non ci si può esimere, a tal riguardo, dal dare atto di quanto realizzato durante il IV Governo Berlusconi, quando, per la prima volta, è stato posto in essere un piano nazionale contro la violenza di genere e lo stalking, finanziato con oltre 18 milioni di euro e teso a realizzare una strategia di contrasto su scala nazionale, con l'obiettivo di ottenere una positiva collaborazione tra i centri antiviolenza delle regioni, il numero verde 1522 e le diverse professionalità esistenti nelle fila delle forze dell'ordine;

    con la tipizzazione del reato di stalking, avvenuta nel 2009, il Governo e il Parlamento hanno dimostrato un adeguato livello di attenzione all'individuazione di strategie di contrasto e di prevenzione della violenza, realizzando un importante passo in avanti nel sistema legislativo;

    il decreto-legge n. 11 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 38 del 2009, oltre a prevedere il reato di stalking nell'ordinamento italiano, ha introdotto ulteriori interventi in materia di violenza sessuale; il provvedimento, in particolare, ha introdotto l'arresto obbligatorio in flagranza per la violenza sessuale e la violenza sessuale di gruppo, nonché disposizioni volte a rendere più difficile ai condannati per taluni delitti a sfondo sessuale l'accesso ai benefìci penitenziari, tra cui le misure alternative alla detenzione. La medesima legge ha, inoltre, consentito l'accesso al gratuito patrocinio, anche in deroga ai limiti di reddito ordinariamente previsti, a favore della persona offesa da taluni reati a sfondo sessuale. Il decreto-legge n. 11 del 2009 ha poi previsto, quale aggravante speciale dell'omicidio, il fatto che esso sia commesso in occasione della commissione del delitto di violenza sessuale, di atti sessuali con minorenne e violenza sessuale di gruppo, nonché da parte dell'autore del delitto di atti persecutori nei confronti della stessa persona offesa;

    sempre nell'ambito delle numerose attività portate avanti durante i Governi Berlusconi per il contrasto alla violenza nei confronti delle donne, a partire dal 2009, ogni anno (dal 12 al 18 ottobre) nelle scuole, di ogni ordine e grado, sono state organizzate iniziative di sensibilizzazione, informazione e formazione sulla prevenzione della violenza fisica e psicologica, compresa quella fondata sull'intolleranza razziale, religiosa e di genere, al fine di creare delle occasioni concrete di riflessione sui temi del rispetto, della diversità e della legalità, con l'obiettivo di coinvolgere studenti, genitori e docenti;

    con il protocollo d'intesa, siglato il 15 gennaio 2009, tra il Ministro per le pari opportunità e il Ministro della difesa è stata istituita, presso il Dipartimento per le pari opportunità, la sezione atti persecutori dei carabinieri: si tratta di una task force composta da 13 carabinieri (uomini e donne) impegnati nelle strategie di prevenzione e di contrasto dei reati di stalking e di violenza contro le donne;

    con il protocollo d'intesa, siglato il 3 luglio 2009, tra il Ministro per le pari opportunità e il Ministro dell'interno sono state adottate misure volte a consentire una specifica preparazione delle Forze di polizia nel contrasto dei reati di violenza contro le donne;

    l'impegno del Governo Berlusconi non si è, peraltro, limitato al territorio nazionale: il 9 e 10 settembre 2009 si è tenuta a Roma la prima Conferenza internazionale sulla violenza contro le donne, su iniziativa della Presidenza italiana del G8, ai cui lavori hanno partecipato oltre 20 Stati. Dalle conclusioni della Presidenza è emerso un impegno formale al rafforzamento della cooperazione internazionale nel contrasto alla violenza sulle donne ed alla violazione dei loro diritti umani;

    tuttavia, la situazione odierna è ben diversa rispetto agli impegni profusi dai Governi Berlusconi; l'attività dell'attuale Esecutivo appare ai firmatari del presente atto di indirizzo deficitaria e lacunosa e si sta compiendo un grande errore nell'interrompere il percorso virtuoso avviato dall'ultimo Governo Berlusconi che aveva ottenuto risultati notevoli nel contrasto alla violenza sulle donne sulla base del consenso e della proficua collaborazione di tutte le forze politiche presenti in Parlamento, nonché col sostegno e la preziosa ed attiva collaborazione dei membri del mondo dell'associazionismo dei centri anti-violenza;

    sebbene siano trascorsi oltre cento giorni dall'insediamento dell'attuale Esecutivo, ad oggi non si ravvisa una strategia chiara e finalizzata a contrastare il fenomeno della violenza sulle donne. Infatti l'approccio scelto dal Governo, come si può evincere dal «Contratto di Governo per il Cambiamento», appare ai firmatari del presente atto di indirizzo esclusivamente securitario e repressivo e le misure proposte appaiono tutte in evidente contrasto con quanto prescritto dalla Convenzione di Istanbul, cui l'Italia è vincolata;

    sarebbe sufficiente considerare che nel giorno dell'insediamento del nuovo Governo, il Presidente del Consiglio dei ministri, nel suo discorso alle Camere, non ha mai nominato, neanche una volta, gli episodi tragici che hanno coinvolto le donne uccise per mano maschile; una conferma di questa carenza di sensibilità è rappresentata dal fatto che nella compagine governativa è assente la figura del Ministro per le pari opportunità e nel Consiglio dei ministri le donne sono appena cinque;

    questa superficialità nell'affrontare un tema che, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo dovrebbe rappresentare una priorità per le istituzioni è il risultato evidente della scarsa attenzione che questo Governo dedica a questa tematica;

    relativamente agli interventi economici, nella legge di bilancio 2019, le somme stanziate per il fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità subiscono una decurtazione di circa 1,8 milioni di euro per il triennio 2019, 2020 e 2021 e il fondo per le vittime di reati intenzionali violenti destinato anche agli orfani per crimini domestici subisce una decurtazione rispetto agli anni precedenti;

    nonostante il 10 maggio 2018, la Conferenza Stato-regioni abbia espresso l'intesa sul riparto del «Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità per il 2018» ad oggi non risulta che le risorse siano state trasferite alle regioni generando, in questo modo, evidenti problematiche per tutte quelle strutture che quotidianamente svolgono un lavoro importante a favore delle donne;

    nella precedente legislatura, la prima tranche dello stanziamento del fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità del 2013-2014 è stata trasferita alle regioni solo nell'autunno del 2014 e, una volta che la somma è arrivata nelle casse regionali, nella maggior parte dei casi se n'è persa traccia. Come documentato da Actionaid Italia, di trasparenza nella distribuzione ce n'è stata ben poca, tanto che a novembre 2015 solo per dieci amministrazioni era possibile consultare la lista delle strutture beneficiarie dei fondi, di cui solo cinque – Veneto, Piemonte, Sardegna, Sicilia e Puglia – hanno pubblicato on line i nomi di ciascuna struttura e i fondi ricevuti;

    la Corte dei conti, con deliberazione 5 settembre 2016, n. 9/2016/G, critica severamente la gestione ordinamentale amministrativa e finanziaria delle politiche pubbliche contro la violenza; nello specifico «passando al finanziamento specificamente destinato al potenziamento delle strutture destinate all'assistenza alle donne vittime di violenza e ai loro figli, deve farsi presente che del tutto insoddisfacente è risultata la gestione delle risorse assegnate per gli anni 2013-2014, le uniche ripartite nel periodo all'esame. Le comunicazioni degli enti territoriali all'autorità centrale si sono rilevate carenti e inadeguate rispetto alle finalità conoscitive circa l'effettivo impiego delle risorse e all'esigenza della valutazione dei risultati»;

    per quanto riguarda più propriamente gli interventi di natura legislativa, si sta assistendo soltanto a parole vuote, retoriche e tanta indifferenza, mentre la strage delle vittime della violenza continua incessante;

    nel 2014, grazie ad una puntuale proposta emendativa di Forza Italia è stata scongiurata l'abolizione della carcerazione preventiva per il reato di stalking prevista, inizialmente, nel disegno di legge in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria;

    la scarsa attenzione al tema è stata, altresì, dimostrata con la riforma del codice penale, approvata con la legge 23 giugno 2017, n. 103, che, tra le varie misure, reca disposizioni in materia di estinzione del reato per condotte riparatorie e introduce, attraverso l'articolo 162-ter del codice penale, la possibilità per uno stalker di estinguere il suo reato pagando una somma decisa dal giudice, anche se la vittima è contraria e rifiuta il denaro;

    contro tale misura, il gruppo di Forza Italia ha condotto una vera e propria battaglia, presentando una proposta di legge diretta ad escludere la possibilità di estinzione per condotte riparatorie, ai sensi dell'articolo 162-ter c.p., del reato di atti persecutori, che il Governo ha successivamente deciso di fare propria con un emendamento al decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172;

    una delle principali ragioni che ha spinto il legislatore a introdurre la specifica incriminazione di «atti persecutori» (articolo 612-bis del codice penale) è stata proprio la necessità di assicurare una risposta sanzionatoria adeguata di fronte a condotte persecutorie spesso devastanti per la personalità dei soggetti passivi;

    la fattispecie criminosa di cui all'articolo 612-bis del codice penale prevede un limite edittale massimo di cinque anni di reclusione; la suddetta soglia è necessaria per consentire l'applicazione delle misure cautelari coercitive a carico degli stalker, al fine di evitare la protrazione dei comportamenti persecutori che, il più delle volte, possono sfociare in atti di violenza nei confronti delle donne;

   nel corso della scorsa legislatura con decreto ministeriale 31 agosto 2017 sono stati, altresì, determinati gli importi dell'indennizzo alle vittime dei reati intenzionali violenti prevedendo una somma di 7.200 euro per il reato di omicidio, 8.200 (in favore dei figli della vittima) per omicidio commesso dal coniuge o da persona che è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa e 4.800 euro per la violenza sessuale, salvo che ricorra la circostanza attenuante della minore gravità. Entrambi gli importi, oltre ad essere totalmente inadeguati, risultano offensivi della dignità di chi purtroppo, ancora oggi, è costretto a subire violenza;

    la cabina di regia interistituzionale, istituita con decreto del 25 luglio 2016 del Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento con delega alle pari opportunità, con riferimento alla quale non si è avuta conoscenza né del numero delle riunioni, né delle politiche attuate, nella presente legislatura sembrerebbe essere stata convocata soltanto una volta dal Sottosegretario con delega alle pari opportunità;

    la violenza di genere costituisce un chiaro ostacolo alla piena partecipazione delle donne alla vita sociale, economica e politica del Paese;

    appare indispensabile la realizzazione di un quadro giuridico completo, finalizzato a proteggere le donne contro qualsiasi forma di violenza, grazie a misure di prevenzione, di tutela in sede giudiziaria e di sostegno alle vittime;

    è altresì opportuno che il legislatore prenda in considerazione il fatto che oggigiorno la violenza presenta molteplici sfaccettature e una dimostrazione di ciò è l'allarmante crescita di episodi di diffusione sul web di immagini e video privati sessualmente espliciti, contro la volontà delle persone ivi riprese, fattispecie lesive che conseguono effetti nefasti sulle psiche delle vittime che arrivano, troppo spesso, anche a gesti estremi, quali il suicidio;

    il fenomeno del «sexting» sta assumendo le dimensioni di una vera e propria piaga sociale, spesso collegata a quella del cyberbullismo del quale rappresenta una delle forme più lesive, e del quale sono vittima soprattutto le donne;

    collegato al precedente fenomeno, anch'esso in preoccupante espansione e spesso devastante, è quello del così detto «revenge sexting o porn» per mezzo del quale la pubblicazione e la divulgazione attraverso strumenti informatici o telematici di contenuti intimi ed espliciti avviene a scopo di «vendetta»;

    il «revenge porn» spesso segue la fine di una relazione sentimentale e viene utilizzato come strumento di diffamazione con finalità ritorsive nei confronti delle vittime, prevalentemente donne e, anche in questi casi, le conseguenze, non solo psicologiche ma anche sociali, sono devastanti;

    partendo dal presupposto che solo con un profondo mutamento culturale si potrebbe combattere in modo efficace il fenomeno della violenza di genere, è necessario mettere in campo iniziative, anche in sede legislativa, volte a porre un freno all'incontenibile fenomeno di violenze che, purtroppo, ancora oggi molte donne sono costrette a subire,

impegna il Governo:

1) ad intraprendere le opportune iniziative volte a implementare e migliorare le attività di contrasto alla violenza contro le donne, affinché ogni sua manifestazione possa essere perseguita in modo efficace e tempestivo;

2) ad informare il Parlamento sui costi della violenza, in termini economici, sociali e sanitari, al fine di avere un quadro il più chiaro possibile su cui intervenire attraverso gli opportuni strumenti legislativi;

3) ad assumere iniziative per prevedere un intervento nelle scuole con programmi mirati di formazione agli studenti per prevenire la violenza nei confronti delle donne, anche declinati su un corretto utilizzo del web, mirato anche alla consapevolezza di quelle che possono essere le conseguenze drammatiche, evitando un suo utilizzo, spesso superficiale, errato;

4) ad assumere iniziative di competenza volte a provvedere rapidamente all'erogazione alle regioni delle risorse, ripartite in Conferenza Stato-regioni il 10 maggio 2018, nonché a garantire ulteriori stanziamenti da erogare ai centri antiviolenza e alle case rifugio, per evitare la loro chiusura e ad eliminare le disparità regionali e locali concernenti la disponibilità e la qualità dei servizi di protezione per tutte le donne vittime di violenza;

5) ad assumere le opportune iniziative al fine di garantire le misure volte a prevenire e proteggere le donne dalla violenza, in particolar modo con riferimento agli strumenti inerenti alle misure cautelari, le quali rappresentano un forte elemento dissuasivo per tutti quegli uomini che intendono porre in essere atti spregevoli nei confronti delle donne;

6) ad effettuare una ricognizione sul numero degli ordini di allontanamento e degli ordini di protezione applicati annualmente dai tribunali in Italia e, in particolar modo, sui tempi di attuazione;

7) ad adottare iniziative volte ad incrementare l'occupazione femminile come elemento fondamentale di emancipazione e liberazione da ogni tipo di violenza, intesa soprattutto quale strumento di inclusione sociale;

8) a rendere note le attività svolte, gli obiettivi raggiunti e il numero delle volte in cui si siano riuniti la cabina di regia interistituzionale e l'osservatorio e a divulgare le politiche nazionali proposte, nonché le buone pratiche che sono state condivise tra i territori, mediante l'operato della cabina di regia;

9) ad assumere le opportune iniziative al fine di stanziare risorse adeguate destinate alla formazione del personale impiegato nelle strutture di pubblica sicurezza, chiamato ad interagire con le donne che hanno subito maltrattamenti, violenza sessuale, atti persecutori e lesioni aggravate, per incentivare una cultura sociale e giudiziaria orientata alla tutela della vittima;

10) a prevedere opportune iniziative volte a promuovere percorsi di assistenza e di supporto psicologico per le donne che hanno subito una violenza e per i parenti delle vittime di femminicidio, nonché specifiche iniziative per incentivare l'inserimento delle vittime di violenza nel mondo del lavoro;

11) ad intraprendere le opportune iniziative di competenza per accelerare i procedimenti giudiziari con tempi certi per lo svolgimento delle indagini, stabilendo: l'obbligo per la polizia giudiziaria di riferire al pubblico ministero entro ventiquattro ore le notifiche di reato acquisite se riguardano violenza sessuale, maltrattamenti, atti persecutori e lesioni aggravate; l'obbligo per il pubblico ministero di concludere le fasi delle indagini preliminari entro e non oltre 45 giorni, al cui esito vi deve essere l'obbligo, in caso di sussistenza di gravi indizi, di richiedere l'emissione della misura interdittiva che disponga il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa nonché di comunicare con la stessa, attraverso qualsiasi mezzo (articolo 282-ter c.p.p.); infine, l'obbligo per il gip, in caso di sussistenza di gravi indizi e ove sussistano le esigenze cautelari previste dal codice di procedura penale, di emettere entro il termine perentorio di 5 giorni dalla richiesta una ordinanza cautelare per i casi di cui all'articolo 282-ter c.p.p.;

12) ad adottare iniziative per aumentare gli importi dell'indennizzo alle vittime dei reati intenzionali violenti, determinati dal decreto ministeriale 31 agosto 2017, al fine di garantire una somma equa ed adeguata per tutte le vittime di reato di omicidio e di violenza sessuale eliminando ogni tipo di discriminazione;

13) ad adottare le opportune iniziative normative, al fine di prevenire qualsiasi atto di violenza sulle donne, volte ad introdurre nel nostro ordinamento una nuova fattispecie di reato per chiunque pubblica o divulga attraverso strumenti informatici o telematici immagini o video privati sessualmente espliciti, comunque acquisiti, realizzati o detenuti, senza il consenso delle persone ivi rappresentate;

14) ad intraprendere le opportune iniziative volte a sensibilizzare soprattutto le nuove generazioni ad un utilizzo consapevole degli strumenti informatici e telematici ed in particolar modo dei social network.
(1-00075) «Carfagna, Gelmini, Versace, Zanella, Marrocco, Bartolozzi, Ravetto, Siracusano, Aprea, Fascina, Gagliardi, Labriola, Mazzetti, Milanato, Polidori, Porchietto, Ripani, Rossello, Occhiuto, Mulè, Bagnasco, Battilocchio, Cappellacci, Giacometto, Marin, Novelli, Perego Di Cremnago, Pettarin, Pittalis, Silli».

ATTI DI CONTROLLO

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta orale:


   UNGARO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto si apprende dalle dichiarazioni del capo negoziatore europeo per la «Brexit» Michel Barnier e dalle posizioni del Governo britannico, caratterizzate peraltro anche dall'acuirsi delle frizioni politiche interne, vi è la possibilità che i negoziati per l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea si concludano senza un preciso accordo tra le due parti, ovvero con il cosiddetto «no deal» prima della data del 29 marzo 2019;

   l'attesa riunione del Consiglio europeo del 17 ottobre 2018 sulla «Brexit» ha portato a un altro nulla di fatto. Non si è trovato un compromesso sulle questioni che ancora bloccano un accordo definitivo e che riguardano soprattutto il confine irlandese. La Premier Theresa May ha tenuto un nuovo discorso davanti agli altri 27 Capi di Stato e di Governo dell'Unione, ma ha usato solo 15 dei 30 minuti a sua disposizione e soprattutto non ha proposto nessuna novità concreta risotto alle posizioni già note del suo Governo. Secondo alcune fonti autorevoli citate dal Financial Times, il limite per negoziare un accordo è stato tacitamente posticipato da novembre a dicembre del presente anno;

   questo scenario è estremamente preoccupante, perché l'accordo Unione europea-Regno Unito prevede, tra gli altri temi, la tutela integrale dei diritti acquisiti civili dei cittadini italiani ed europei residenti nel Regno Unito, mentre con il «no deal» non vi sarebbero più differenze tra cittadini comunitari ed extracomunitari agli occhi delle autorità britanniche: si tratta di uno scenario preoccupante che prelude a probabili difficoltà per i cittadini italiani ed europei che non saranno in grado di ottenere il «settled status» per risiedere, lavorare e curarsi;

   già da alcuni mesi si registrano, anche in previsione della rivoluzione «Brexit» e nonostante il gran lavoro degli uffici da poco rinforzati in altre unità di personale, lunghe attese e criticità nei servizi consolari, ad esempio per il rilascio di passaporti, documenti d'identità, naturalizzazioni per matrimonio –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della questione e se non ritenga opportuno, in via temporanea, data la straordinarietà e unicità del processo di «Brexit» dall'Unione europea, adottare per il biennio 2019-2020 iniziative per il raddoppiamento, senza ulteriori oneri per lo Stato, di tutto il personale consolare presente in Gran Bretagna per risolvere il problema dell'inevaso e per affrontare le evidenti necessità future.
(3-00312)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   EHM e SABRINA DE CARLO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   79 studenti sono stati rapiti e poi rilasciati il giorno seguente nella città di Bamenda, nord est del Camerun insieme al loro preside, nella notte del 5 novembre 2018 da una scuola presbiteriana nel villaggio di Nkwen, vicino a Bamenda;

   sui social network è stato diffuso un video in cui si mostrano i ragazzi costretti a fornire il proprio nome e quello delle proprie famiglie, mentre i guerriglieri si definiscono «Amba boys», in riferimento allo Stato di Ambazonia che i separatisti vogliono costituire nelle regioni anglofone nel nord-ovest e nel sud-ovest del Paese;

   l'azione rientrerebbe in una serie di violenze messe in atto dai gruppi armati separatisti di questa regione anglofona in lotta contro il Governo centrale francofono di Yaoundé. Le regioni anglofone del Camerun, dove la popolazione locale denuncia la discriminazione della comunità di lingua inglese da parte del governo centrale, sono da due anni teatro di tensioni tra separatisti e forze governative;

   i separatisti sono accusati di avere compiuto altri sequestri in altre scuole della regione. Nel mese di settembre 2018 sette studenti e un preside erano stati prelevati nella città di Bafut. Secondo Amnesty International, gli ostaggi sarebbero stati liberati dopo essere stati torturati. Sono anche accusati di aver compiuto attacchi in cui sono stati uccisi membri delle forze armate;

   nella regione del nord è presente il gruppo jihadista Boko Haram, autore di numerosi attacchi. Secondo le Nazioni Unite, sono stati almeno 60 gli attentati suicidi condotti nella regione dell'Estremo Nord durante il 2017, con un aumento del 50 per cento rispetto all'anno precedente;

   la popolazione del Nord del Camerun è già esposta ad attacchi terroristici e accoglie molti rifugiati dalla Nigeria proprio a causa del terrorismo. Secondo Ursula Mueller, assistente del segretario generale dell'Onu per gli affari umanitari, «oltre 93 mila i profughi venuti in Camerun dalla Nigeria settentrionale. Il Camerun è lo Stato che ha subito le maggiori conseguenze legate all'espansione del gruppo jihadista Boko Haram oltre il confine della Nigeria»;

   secondo Amnesty International, almeno 400 persone sono rimaste uccise dall'inizio dell'anno negli scontri delle regioni anglofone del Camerun in 260 incidenti dall'inizio dell'anno, tra cui rapimenti, uccisioni di membri della sicurezza e di separatisti armati, nonché distruzione di proprietà private da entrambe le parti;

   nel rapporto dell'organizzazione non governativa (Ong) si documenta l'uccisione di oltre 160 membri delle forze di sicurezza da parte di separatisti armati dalla fine del 2016, rilevando tuttavia che il bilancio potrebbe essere molto più alto in quanto alcuni attacchi sono stati sottostimati –:

   le tensioni tra separatisti e forze governative erano riesplose in ottobre in concomitanza con la festa dell'indipendenza nazionale. A giugno 2018, Amnesty denunciava aggressioni a scuole e agli insegnanti e studenti accusati di non avere partecipato al boicottaggio imposto dai separatisti tra febbraio 2017 e maggio 2018. Allo stesso modo, le forze di sicurezza avrebbero commesso violazioni dei diritti umani, tra cui omicidi, esecuzioni extragiudiziali, distruzione di proprietà, arresti arbitrari e torture durante le operazioni militari. L'ong ha documentato direttamente 23 casi di tortura nel villaggio di Dadi, nella regione del Sudovest, a dicembre;

   il Presidente del Camerun, Paul Biya, in carica da 36 anni, ha giurato il 6 novembre 2018 per un altro mandato settennale dopo la vittoria alle elezioni di ottobre. Durante il suo discorso inaugurale, Biya ha riconosciuto la «frustrazione» dei cittadini anglofoni del nordovest e del sudovest che si sentono discriminati e penalizzati –:

   quali iniziative intenda intraprendere il Governo, anche a livello multilaterale, per far cessare le violenze in Camerun e per favorire la riconciliazione tra le varie fazioni anglofone e francofone.
(5-00929)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta orale:


   FOGLIANI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   il campanile di Portogruaro, risalente al dodicesimo secolo, pende di 2,5 millimetri l'anno in direzione nordovest, e le sollecitazioni sono sempre più numerose e critiche;

   il più recente intervento di raddrizzamento dei fuori piombo è avvenuto nel 1963 attraverso un consolidamento generale dell'inclinazione; nel 2005 è stato invece eseguito un consolidamento del solo parametro murario della parte bassa;

   ormai la sua inclinazione sta assumendo aspetti ogni giorno sempre più preoccupanti;

   la legge di stabilità del 2017 ha approvato un piano di investimenti per il patrimonio culturale nazionale;

   con decreto ministeriale del 19 febbraio 2018, il Ministero dei beni e delle attività culturali ha assegnato la somma di 4.200.000 euro per il restauro del campanile, mettendo in sicurezza e valorizzando un bene simbolo del comune di Portogruaro –:

   quale sia ad oggi lo stato dell'arte dei lavori di ristrutturazione di un bene artistico pubblico che rappresenta per il comune una risorsa strategica per la valorizzazione del territorio.
(3-00314)


   MORETTO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto ministeriale 19 febbraio 2018, ai sensi dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, il comitato tecnico-scientifico del Ministero per i beni e le attività culturali ha approvato un piano di investimenti per il patrimonio culturale nazionale dell'ammontare di 597.058.875 euro, realizzando il più importante progetto antisismico finora finanziato per i musei statali, che prevede una serie di azioni per la riqualificazione delle periferie urbane e numerosi restauri di beni culturali segnalati dal territorio;

   il piano, che attinge al Fondo per gli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese, istituito dalla legge di bilancio 2017, risponde a una visione organica che considera strategico il ruolo del patrimonio culturale nelle politiche di tutela, sviluppo e promozione dei territori;

   fra i progetti finanziati dal piano di cui all'allegato 2 del citato decreto, con un'assegnazione di 4.200.000 euro, fa parte l'intervento finalizzato alla verifica del rischio sismico, alla riduzione delle vulnerabilità e al restauro della Torre del Duomo di Sant'Andrea Apostolo di Portogruaro;

   tale intervento offre una soluzione finalmente operativa per far fronte ad un problema irrisolto da anni, mettendo in sicurezza e valorizzando un bene simbolo del comune di Portogruaro; il campanile del Duomo di Sant'Andrea è, infatti, interessato da un progressivo cedimento fondazionale che nel tempo ne sta compromettendo gravemente la stabilità;

   per i contributi, interamente a fondo perduto, destinati al restauro della Torre del Duomo, si rilevano però dei ritardi nell'individuazione del soggetto beneficiario, dal momento che diversi sono i soggetti istituzionali interessati, a vario titolo, direttamente ed indirettamente, dall'intervento;

   da recenti fonti stampa, si è appreso che le risorse sarebbero state assegnate dal Ministero per i beni e le attività culturali alla Soprintendenza competente, che risulterebbe dunque il soggetto titolato all'intervento e che pare intenda avvalersi della collaborazione del comune e delle sue strutture per la realizzazione dell'impegnativo intervento di restauro e di messa in sicurezza della struttura –:

   se il Ministro interrogato sia conoscenza dei ritardi nell'individuazione del soggetto beneficiario del finanziamento di 4.200.000 euro per la verifica del rischio sismico, la riduzione delle vulnerabilità e il restauro della Torre del Duomo di Sant'Andrea Apostolo di Portogruaro e come intenda procedere per garantire che si avviino celermente i lavori di ristrutturazione per la salvaguardia di un bene storico artistico pubblico e per la sicurezza dei cittadini.
(3-00315)

DIFESA

Interrogazione a risposta orale:


   BRUNO BOSSIO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come riportato dai mezzi di informazione in occasione della proiezione del film «Sulla mia pelle» riguardante il caso di Stefano Cucchi presso una libreria all'interno del centro commerciale «le Gru» di Siderno in provincia di Reggio Calabria si è registrato un episodio che, ad avviso dell'interrogante, necessita di un chiarimento istituzionale;

   poco prima della proiezione del film due carabinieri in divisa avrebbero chiesto alla titolare della libreria l'elenco dei partecipanti e ogni tanto nel corso della proiezione e del dibattito che ne è seguito si affacciavano per ascoltare;

   il colonnello Gabriele De Pascalis, comandante dell'Arma della compagnia di Locri, raggiunto dalla stampa ha escluso la volontà di schedare i presenti parlando di «attività di routine» –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa come si giustifichi la richiesta di avere l'elenco dei partecipanti alla presentazione di un film, che, secondo l'interrogante, non può essere qualificata come «attività di routine».
(3-00317)

Interrogazione a risposta scritta:


   RIPANI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'operazione «Strade sicure», iniziata il 4 agosto 2008 in virtù della legge 24 luglio 2008, n. 125, di conversione del decreto-legge n. 92 del 2008, approvata durante il Governo Berlusconi IV, prevede che «Per specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità, ove risulti opportuno un accresciuto controllo del territorio, può essere autorizzato un piano di impiego di un contingente di personale militare appartenente alle Forze armate»;

   il contingente impegnato nell'operazione «Strade sicure» opera sotto il coordinamento dei prefetti delle province (comprendenti aree metropolitane e comunque aree densamente popolate) per svolgere servizi di vigilanza a siti ed obiettivi sensibili;

   in attuazione di quanto previsto dall'articolo 7-bis del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, il Ministro dell'interno adotta, di concerto con il Ministro della difesa, previa informazione al Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica, il decreto con il quale è disposta la proroga dell'impiego del contingente di personale delle Forze armate che opererà in concorso e congiuntamente alle Forze di Polizia secondo le modalità stabilite dal medesimo decreto;

   nella tabella unica del decreto con cui è disposta la proroga del contingente per il 2018 (2 febbraio 2018) non è previsto alcun contingente per la provincia di Grosseto ricalcando quanto stabilito dal decreto con cui è stata disposta la proroga del contingente per il 2017 (8 giugno 2017), quando, invece, l'emergenza dell'ordine pubblico richiederebbe una maggiore attenzione e una più efficace azione di controllo;

   a ciò si aggiunge che tra i monumenti di Pitigliano (GR), visitabili nel centro storico, si trova la Sinagoga con l'attiguo museo risalenti alla fine del 1500 che, oltre ad essere rilevanti dal punto di vista storico, artistico e culturale, costituiscono un'importante testimonianza di fede religiosa, considerato che Pitigliano è nota anche come la «piccola Gerusalemme»; dal 2015 al 2017 la Sinagoga è stata posta sotto stretta vigilanza dei Cavalieri paracadutisti del reggimento Savoia cavalleria (3°) di stanza a Grosseto inseriti nel raggruppamento Toscana dell'operazione «Strade sicure»;

   non essendo stato riconfermato il presidio, per il controllo della zona vengono ad oggi impegnati i carabinieri della stazione di Pitigliano, i quali non essendo in numero sufficiente per coprire i turni necessari sono coadiuvati dalle vicine stazioni di Castell'Azzara, Semproniano, Sorano, Saturnia e Manciano;

   alla luce della rilevanza storica del luogo sito in Pitigliano e dell'efficace azione dei militari, ad avviso dell'interrogante, risulterebbe necessario riconfermare la presenza fisica dell'Esercito che permetterebbe ai carabinieri di continuare a svolgere la loro funzione primaria di presidio del territorio e infonderebbe una maggiore sicurezza e fiducia nella popolazione locale;

   con riferimento alla città di Grosseto, la prefettura ha inoltrato ai Ministeri competenti – senza peraltro ricevere risposta alcuna – ben due richieste nell'ultimo biennio per l'estensione dell'operazione Strade sicure nel capoluogo maremmano, a seguito dell'individuazione di alcuni luoghi sensibili, dell'aumento della criminalità e della richiesta insistente da parte della popolazione –:

   se i Ministri interrogati non intendano valutare l'opportunità di adottare iniziative per dispiegare per il 2019, nella provincia di Grosseto, un contingente di militari anche ad ausilio dell'attività di pattugliamento e controllo del territorio con funzioni di polizia, da inserire nella tabella unica del piano di impiego di cui in premessa;

   quali siano le motivazioni che hanno determinato la scelta di non riconfermare la presenza del contingente nella località di Pitigliano.
(4-01617)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   BUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il carcere del Bassone di Como, a 35 anni dalla sua apertura, versa in una grave e non più tollerabile situazione di carenza di personale e di degrado gestionale, a cui si aggiunge un elevato indice di sovraffollamento della popolazione detenuta;

   in particolare, gli agenti di polizia penitenziaria sono costretti a lavorare in condizioni particolarmente difficili, stante, appunto, la mancata assegnazione di un numero adeguato di unità di personale di polizia penitenziaria, che si somma all'altrettanto grave sovraffollamento della casa circondariale, pari al 186 per cento;

   l'insopportabile sovraccarico di lavoro e le carenze organizzative e gestionali si sommano ai gravi problemi strutturali dell'istituto penitenziario – che richiederebbe consistenti interventi di manutenzione – con il rischio di compromettere l'igiene e la salubrità dell'ambiente;

   gli automezzi in dotazione al nucleo traduzioni e piantonamenti sono spesso inidonei;

   alcuni mezzi segnano dai 300 ai 500 mila chilometri e diversi di questi risultano privi di collaudo mettendo a rischio la sicurezza sul lavoro degli operatori;

   come se non bastasse vi sono stati, e in qualche caso sussistono ancora, problemi per l'assegnazione degli alloggi annessi all'istituto di pena, ancora vuoti;

   non è più accettabile l'indifferenza da parte degli organi istituzionali a vari livelli, che costringe il personale di polizia penitenziaria ad operare sotto organico nell'assoluta incertezza professionale, al di sotto dei livelli minimi di sicurezza previsti, oltreché a subire continue vessazioni in relazione alla qualità del proprio vivere quotidiano –:

   quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per la soluzione dei gravi problemi esposti in premessa.
(3-00316)

INTERNO

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   a seguito della sospensione della leva obbligatoria, con l'articolo 16 della legge n. 226 del 2004 e successive modificazioni, poi confluito nel codice dell'ordinamento militare (decreto legislativo n. 66 del 2010), si è dato vita ad un meccanismo volto a compensare il calo dei militari di truppa;

   è stata creata una figura di volontari (volontari in ferma prefissata di un anno – «V.F.P.1» – o di quattro anni – «V.F.P.4») che possa assolvere i compiti prima devoluti ai militari di leva;

   allo scopo di incentivare i giovani a scegliere tale forma di arruolamento a tempo determinato e, quindi, «precario», oltre a prevedere un compenso (articolo 8) e l'estensione dei benefici non economici previsti per l'assolvimento degli obblighi di leva (articolo 10) è stato stabilito di riservare gli arruolamenti nei corpi di polizia ad ordinamento civile o militare e nella Croce Rossa italiana;

   una parte dei vincitori dei concorsi per l'arruolamento nei corpi di polizia è immessa in servizio solo dopo aver prestato servizio in qualità di V.F.P.4. nelle Forze armate creando così un doppio canale di alimentazione dei volontari in ferma prefissata, da un lato costringendo i giovani a svolgere il servizio in qualità di V.F.P.1 o V.F.P.4 quale imprescindibile condizione per concorrere nei corpi di polizia; dall'altro costringendo anche una parte dei vincitori di concorso per l'arruolamento nei corpi di polizia ad attendere per quattro anni in capo a un'altra amministrazione, che non è la propria e che poco ha a che vedere con il concorso superato;

   in merito alle cosiddette «seconde aliquote» i concorrenti sono fin dall'approvazione della graduatoria vincitori di un concorso nel corpo di polizia (avendo superato la specifica selezione psicofisica ed attitudinale, differente da quella delle Forze armate) e vantano un diritto soggettivo all'assunzione, sebbene sub condicione (vale a dire il mantenimento dei requisiti di idoneità); quindi, il servizio nei ruoli dei V.F.P.4, si atteggia in tale evenienza quale peculiare modalità di estrinsecazione del servizio, prodromica all'effettuazione del corso nel corpo di polizia di destinazione;

   lo stesso Stato Maggiore dell'Esercito ha evidenziato a più riprese che i concorrenti, sebbene utilmente collocati nelle graduatorie dei concorsi per il reclutamento nelle carriere iniziali delle forze di polizia, sarebbero stati collocati nelle Forze armate per quattro anni;

   nonostante i tentativi stragiudiziali volti a evitare contenziosi, i Ministeri hanno deciso comunque di imporre ai giovani delle cosiddette «seconde aliquote» l'azzeramento della carriera nei ruoli dei volontari all'atto del transito nel corpo di polizia, che non viene all'uopo considerata;

   il decreto legislativo n. 8 del 2014 ha modificato l'articolo 2199 del decreto legislativo n. 66 del 2010 –:

   se il Governo sia a conoscenza di tale situazione;

   se e come il Governo intenda intervenire al fine di addivenire a una pronta soluzione dell'anomalia sopra richiamata;

   quali possano essere le tempistiche necessarie alla soluzione della problematica.
(2-00175) «Giovanni Russo, Del Monaco, Del Sesto, Grimaldi, Maraia, Menga, Parentela, Roberto Rossini».

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   PICCOLI NARDELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'attività didattica presso le istituzioni dell'alta formazione artistica e musicale (Afam) è svolta da docenti di ruolo di prima e di seconda fascia senza distinzione di tipologia o qualità didattica e con assoluta e paritaria autonomia e libertà di insegnamento;

   il passaggio dalla seconda alla prima fascia dovrebbe essere regolato dalle norme del regolamento sulle procedure di reclutamento del personale di cui all'articolo 2, comma 7, lettera e), della legge 21 dicembre 1999, n. 508, il quale, dopo quasi vent'anni dall'entrata in vigore della norma, non risulta essere stato emanato, nonostante il termine perentorio stabilito dall'articolo 19, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, termine ormai scaduto da oltre quattro anni;

   lo stesso decreto-legge n. 104 del 2013 ha istituito graduatorie del personale docente precario delle istituzioni Afam utili per la loro stabilizzazione in ruolo mediante l'attribuzione di contratti a tempo indeterminato, le quali sono state trasformate in graduatorie nazionali ad esaurimento dall'articolo 1, comma 653, della legge 27 dicembre 2017, n. 205;

   il comma 654 del medesimo articolo stabilisce che, a decorrere dall'anno accademico 2018/19, nell'ambito delle procedure di reclutamento disciplinate dal regolamento di cui sopra (regolamento peraltro ancora inesistente), una quota tra il 10 per cento e il 20 per cento dei risparmi derivanti dalle cessazioni dal servizio dell'anno accademico precedente è destinata al reclutamento di docenti di prima fascia con procedure riservate esclusivamente a docenti di ruolo di seconda fascia in servizio da almeno tre anni accademici;

   sono attualmente in corso le procedure per l'assunzione a tempo indeterminato su posti di prima fascia di docenti precari inseriti nelle sopracitate graduatorie nazionali ad esaurimento, graduatorie da cui furono esclusi a suo tempo i docenti di ruolo di seconda fascia; ne discende il risultato paradossale che docenti in servizio di ruolo di seconda fascia da molti anni, in alcuni casi anche da circa vent'anni per i vincitori dell'ultimo concorso pubblico che è stato bandito, si possano trovare superati in carriera da docenti precari con tre anni di esperienza che vengono assunti direttamente su posti di ruolo di prima fascia solo in quanto si sono trovati a svolgere incarichi annuali di docenza a tempo determinato su posti vacanti di questa categoria –:

   se il Ministro interrogato non intenda adottare le iniziative di competenza per l'emanazione al più presto possibile del regolamento per le procedure di reclutamento del personale Afam, atteso da quasi vent'anni, e come intenda procedere per garantire equità di trattamento ai docenti di ruolo di seconda fascia mediante una corretta valutazione del servizio prestato ai fini della loro promozione alla prima fascia sulla base del merito e delle competenze maturate.
(3-00311)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   a mezzo stampa si apprende dell'aggressione ai danni di una professoressa a opera di uno o più studenti della terza superiore dell'istituto Floriani di Vimercate, nella provincia di Monza-Brianza. La docente è stata colpita con una sedia ed è finita in ospedale;

   tali episodi, che purtroppo sembrano non essere più così isolati, ai danni del personale docente, devono essere guardati, ad avviso dell'interrogante, con grande preoccupazione. Sono sempre più frequenti le notizie di aggressioni ai docenti, non solo da parte di studenti ma anche da parte dei genitori degli stessi;

   parere dell'interrogante, sarebbe dunque indispensabile un coordinamento con le singole regioni, per redigere un piano di prevenzione e di gestione delle crisi comportamentali a scuola, già obbligatorio in molti Paesi dell'Unione europea e che diverrebbe uno strumento utile a contrastare non solo le aggressioni ai docenti ma anche i fenomeni di bullismo;

   tale piano potrebbe essere così inserito nei piani triennali dell'offerta formativa, nei piani educativi individualizzati o nei piani didattici personalizzati;

   predisporre tale piano, potrebbe essere una opportunità di riflessione, di coordinamento e condivisione educativa con la famiglia, i terapeuti ed i servizi sociali, oltre che di responsabilizzazione degli istituti scolastici –:

   di quali dati si disponga in merito alle problematiche evidenziate in premessa;

   se ed entro quali termini intenda porre in essere iniziative volte a contrastare efficacemente i fenomeni di aggressione al personale docente;

   quali iniziative intenda adottare per risolvere le criticità di cui in premessa e se intenda valutare l'adozione di un «Piano di prevenzione e di gestione delle crisi comportamentali a scuola» in collaborazione con le singole regioni;

   se intenda adottare iniziative per finanziare piani o progetti per il contrasto ai fenomeni di bullismo e di aggressione ai docenti all'interno delle scuole;

   quali iniziative o progetti intenda eventualmente promuovere per il recupero di alunni che manifestino aggressivamente situazioni di disagio comportamentale;

   quali ulteriori iniziative si intendano mettere in campo per contrastare il fenomeno del bullismo e delle baby gang.
(4-01614)


   MARCHETTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   risulta all'interrogante che alcuni studenti/lavoratori, diplomati nell'anno scolastico 2016/2017, dopo aver regolarmente frequentato un corso serale, dell'indirizzo enogastronomico, presso l'IIS Patrizi-Baldelli-Cavallotti di Città di Castello (PG) e conseguito il diploma in enogastronomia (cuoco), hanno presentato domanda presso l'ufficio scolastico Provinciale di Perugia per essere inseriti nelle graduatorie provinciali previste per assumere un eventuale incarico di cuoco nei tre convitti della provincia di Perugia dove è prevista tale figura, ma si sono visti negare detto inserimento, in quanto privi del diploma di «qualifica» (terzo anno) dell'istituto frequentato;

   gli stessi hanno appurato presso la segreteria didattica dell'istituto da essi frequentato il motivo per cui non erano stati sottoposti all'esame di qualifica e, cioè, che lo stesso diploma di qualifica statale è stato abrogato in via ordinamentale dal 2013 –:

   se il titolo di studio di classe quinta superiore degli Istituti di Istruzione Superiore possa essere considerato equipollente a una qualifica di terzo anno, atteso che questa sarebbe condizione indispensabile per essere inseriti nelle graduatorie di cui sopra;

   se, dato che le graduatorie per lavorare come cuoco nei convitti nazionali si esauriranno a breve, sia ipotizzabile una riapertura delle stesse, per consentire l'inserimento di coloro che sono stati esclusi nell'anno in corso.
(4-01616)


   FORNARO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da notizie apparse sulla stampa locale (Il Piccolo di Trieste del 9 novembre 2018) che la giunta comunale di Trieste ha approvato una modifica del regolamento per le scuole dell'infanzia che introduce il tetto del 30 per cento di bambini stranieri in ogni sezione scolastica, oltre all'obbligo di esporre il crocefisso nelle scuole e di indossare un grembiule;

   si tratta di un provvedimento, a giudizio dell'interrogante, discriminatorio verso i bambini stranieri che potrebbero, a causa del tetto del 30 per cento, non essere iscritti alle scuole per infanzia, con gravi danni per la loro formazione e integrazione, oltre che ulteriore disagio alle loro famiglie. Lo stesso garante regionale dei diritti alla persona, in una lettera indirizzata al sindaco e all'assessore comunale all'istruzione, ha definito discriminatori i seguenti punti: «la previsione di una quota massima di iscrizioni di stranieri in ciascuna sezione delle scuole materne comunali; le previsioni sull'insegnamento della religione cattolica; il rapporto tra il ruolo delle famiglie e del corpo insegnante nella definizione nella programmazione e definizione dell'offerta formativa; l'esposizione del crocefisso»; e ciò accade in una città che è sempre stata multilingue, multietnica e multireligiosa, e che avrebbe bisogno di interventi che favoriscano l'integrazione nel tessuto sociale dei tanti stranieri presenti –:

   se il Governo sia al corrente di quanto esposto in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per favorire l'integrazione e per evitare discriminazioni in ambito scolastico.
(4-01622)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   COSTANZO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il gruppo industriale Comital di Volpiano, operante nei settori delle laminazioni di alluminio per l'industria alimentare e farmaceutica, ha perfezionato, in data 9 luglio 2015, la cessione dell'attività di laminazione dello stabilimento di Volpiano e del marchio Comital al gruppo industriale francese Aedi;

   successivamente alla cessione, la società controllata di Aedi in Italia, Lamalu, ha rilevato le attività di fonderia e di laminazione a freddo;

   il 28 luglio 2017, la società Aedi ha comunicato alla Rsu e alle organizzazioni sindacali l'improvvisa apertura della procedura di licenziamento collettivo dei 148 dipendenti dello stabilimento di Volpiano per cessata attività, nonostante vi fossero numerose commesse e clienti;

   dopo tre mesi di presidio permanente dei lavoratori davanti ai cancelli della fabbrica, si era giunti al ritiro dei licenziamenti e all'accesso alla cassa integrazione straordinaria per crisi aziendale per i 110 addetti coinvolti, fino al 21 novembre 2018;

   contestualmente alla procedura di licenziamento collettivo, l'azienda ha formulato istanza di concordato preventivo;

   il 19 giugno 2018, di fronte all'assenza di offerte d'acquisto, il tribunale di Ivrea ha dichiarato il fallimento delle aziende Lamalu e Comital, rigettando così l'ipotesi della continuità produttiva che avrebbe mantenuto in attività l'azienda, seppur in modo parziale;

   la dichiarazione di fallimento senza continuità produttiva ha comportato la cessazione della cassa integrazione straordinaria per i dipendenti, che si ritrovano così senza stipendio e senza cassa integrazione;

   il curatore fallimentare nominato dal tribunale di Ivrea ha bandito una gara a evidenza pubblica per l'acquisto di Comital e Lamalu, creando un unico pacchetto con le due aziende e varando la procedura di vendita, che terminerà il 2 ottobre 2018;

   l'articolo 2, comma 70, della legge n. 92 del 28 giugno 2012 ha previsto, a decorrere dal 1° gennaio 2016, l'abrogazione dell'articolo 3 della legge n. 223 del 1991;

   l'articolo 3 della legge n. 223 del 1991 disciplinava l'accesso alla cassa integrazione per i lavoratori dipendenti di aziende sottoposte a procedure concorsuali quali il fallimento, il concordato preventivo o l'amministrazione straordinaria, riconoscendo loro di poter usufruire della cassa integrazione per un certo periodo di tempo ed evitando in tal modo il loro immediato licenziamento conseguente alla dichiarazione della procedura concorsuale;

   nonostante i dipendenti non percepiscano alcuna forma di sostegno al reddito, la quasi totalità ha deciso di non licenziarsi rinunciando alla «Naspi», nella speranza che la situazione possa risolversi;

   secondo quanto riportato dal quotidiano La Repubblica, in data 9 settembre 2018, il curatore non ha ricevuto offerte concrete –:

   quali urgenti iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, il Ministro interrogato per garantire la salvaguardia occupazionale degli oltre cento lavoratori di Comital, ad oggi rimasti senza reddito, né forme di sostegno;

   se non ritenga opportuno adottare iniziative volte alla riorganizzazione degli ammortizzatori sociali, in modo da consentire ai lavoratori dipendenti di aziende in crisi e sottoposte a procedura concorsuale di poter usufruire ugualmente della cassa integrazione, garantendo loro una tutela al reddito anche in costanza di procedura concorsuali.
(3-00313)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta orale:


   D'ALESSANDRO, GADDA, GRIBAUDO, CENNI, CARDINALE, CRITELLI, DAL MORO, INCERTI, PORTAS, SCALFAROTTO, MORETTO, VAZIO, MARCO DI MAIO e DE FILIPPO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   a quanto si apprende sulla base di un articolo del Sole 24 Ore pubblicato in data 17 luglio 2018 l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) nel dichiarare guerra a malattie non trasmissibili come il cancro, il diabete e le patologie cardiovascolari si starebbe accingendo a dichiarare come «nocivi per la salute», alcuni prodotti di eccellenza dell'agroalimentare italiano;

   l'obiettivo di ridurre nella dieta l'apporto di grassi saturi, zuccheri, sale, alcol, rischia di far finire nel mirino dell'Oms prodotti di eccellenza dell'agroalimentare italiano come il vino, l'olio di oliva, il prosciutto, il parmigiano reggiano, la pizza;

   tra l'altro, si tratta di alimenti cardine della «dieta mediterranea» che, oltre ad essere stata riconosciuta come patrimonio immateriale dell'umanità, è anche riconosciuta come dieta salubre;

   l'olio extra vergine d'oliva solo per fare un esempio ha molti pregi anche dal punto di vista della salute, combatte il colesterolo «cattivo», protegge il sistema cardiovascolare e con la vitamina E e i polifenoli risulta un importante antiossidante, efficace nel contrastare i radicali liberi e nel prevenire la degenerazione cellulare;

   la sola ipotesi di apporre degli «allarmi» modello sigarette «nuoce gravemente alla salute» o imporre degli aggravi fiscali a suddetti prodotti determinerebbe un danno irreparabile alla filiera agroalimentare italiana che vale circa 41 miliardi di euro in termini di export;

   il Governo italiano, nella scorsa legislatura, si è battuto, in tutte le sedi, a tutela delle peculiarità del made in Italy nel settore agroalimentare, come ad esempio nell'azione di contrasto alla cosiddetta «etichetta nutrizionale a semaforo» che penalizzerebbe i prodotti italiani a vantaggio di altri di cui non si conosce neppure l'origine;

   il Parlamento europeo ha già espresso la sua contrarietà a questi sistemi di etichettatura, chiedendo a grande maggioranza uno schema europeo di indicazione dell'origine dei prodotti alimentari, come già sperimentato in Italia grazie all'azione dei Governi Renzi e Gentiloni;

   il 27 settembre 2018 si terrà un incontro a New York presso la sede delle Nazioni Unite che affronterà la questione relativa alle malattie non trasmissibili, e alle misure di contrasto, compresi stili di vita e abitudini alimentari;

   in vista di quell'appuntamento l'Italia deve farsi trovare pronta a difesa delle proprie eccellenze agroalimentari –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere, partendo dal lavoro svolto dal precedente Governo, in tutte le sedi istituzionali, comprese quelle comunitarie ed internazionali, a difesa delle eccellenze italiane nel settore agroalimentare.
(3-00309)


   D'INCÀ. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   nelle campagne venete si sta assistendo ad una vera e propria invasione di cimici che sta producendo centinaia di milioni di danni alle aziende agricole, in particolare per quelle che producono soia e frutta (per queste ultime si parla di danni pari ad almeno il 30 per cento dei raccolti);

   gli scienziati puntano il dito sulla cimice cinese (Halyomorpha Halyscimice) quella che comunemente è chiamata «cimice marrone», che già ha prodotto danni ingenti alle piantagioni di pesche e mele negli Usa e che fu segnalata la prima volta nel 2012 quando fu riscontrata in Emilia-Romagna; da allora, ha infestato le coltivazioni del settentrione, con il Veneto costretto a pagarne il prezzo maggiore (secondo Confagricoltura, i danni a volta raggiungono addirittura il 100 per cento delle piantagioni);

   a differenza della cimice verde, infatti, che si moltiplicò moltissimo con la diffusione delle colture di soia, questa attacca molte altre tipologie di piante;

   l'insetto è altresì devastante se entra in casa, anche se non punge gli umani, ma in questi giorni si sta assistendo a una vera e propria invasione ambientale, superiore di gran lunga a quelle registrate negli anni passati con altri tipi di cimici;

   per debellare la cimice si deve confidare quasi totalmente sulle temperature e al clima, il troppo caldo e il freddo sono letali (e questo spiega perché si ritrova in casa), in quanto nel nostro Paese non esistono antagonisti naturali (ad eccezione dell’«Ooencyrtus telenomicida», un piccolissimo imenottero che si sviluppa, come parassita, all'interno, distruggendole completamente, ma con risultati modesti, al momento);

   in agricoltura l'unico metodo efficace per andare a contrastarle è rappresentato dalle barriere fisiche come per esempio delle reti, ma sarebbe importante considerare l'opportunità di introdurre, con tutte le cautele del caso per evitare ulteriori problemi, gli antagonisti naturali provenienti dal territorio d'origine del parassita –:

   se non ritenga di adottare iniziative per procedere a una sperimentazione di antagonisti naturali efficaci e senza impatti ambientali negli agrosistemi italiani al fine di far fronte a questa nuova insidia che sta producendo ingenti danni alle aziende agricole venete, danni che, senza un drastico intervento, l'anno prossimo saranno ancora più disastrosi a causa della diffusione esponenziale dell'insetto che comprometterà le semine di soia e di molte orticole;

   se non ritenga opportuno adottare iniziative per prevedere all'interno del disegno di legge di bilancio per l'anno 2019 delle misure urgenti, anche attraverso la creazione di un fondo apposito, al fine di indennizzare gli agricoltori dai mancati guadagni provocati dalla presenza del parassita, così come fatto in passato per analoghe emergenza che hanno colpito il settore agricolo.
(3-00310)

Interrogazione a risposta scritta:


   RIPANI, MUGNAI, D'ETTORE, SILLI, MAZZETTI e CARRARA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nelle campagne toscane (dalla Lunigiana al Casentino, dal Mugello alla Maremma, dal Chianti al Volterrano) si ripetono con frequenza quotidiana, di giorno e di notte, attacchi alle greggi e, nonostante il recente bando per i danni subiti nel 2017, la situazione resta molto complicata. Allevatori esasperati e cittadini preoccupati poiché la proliferazione dei predatori, lupi ma soprattutto ibridi, crea seri problemi alle imprese agricole, intaccando il tessuto socio-economico dell'intera regione ed investe anche il rapporto con la popolazione in un numero crescente di aree della Toscana;

   in Toscana si registra un elevato numero di predatori: 109 gruppi riproduttivi, circa 600 lupi sul territorio regionale e circa 1500 attacchi verificatisi nell'ultimo triennio (590 solo nel 2017), per i cui indennizzi la regione Toscana spende oltre 1 milione di euro;

   nel solo triennio 2014/2016 il danno agli allevatori ha superato i 3 milioni di euro, di cui solo 1,4 milioni sono stati risarciti;

   la cattura di una ventina di esemplari per ridurre questo pesante impatto non ha prodotto risultati apprezzabili e gli attacchi dei lupi continuano ad essere presenti nella cronaca quotidiana;

   gli indennizzi commisurati al valore degli animali uccisi e al costo di quelli feriti non rappresenta certamente la soluzione, nonostante il positivo superamento del regime «de minimis» per i danni diretti. Nel conteggio del rimborso non vengono calcolati i danni indiretti, le ingenti perdite dovute alla riduzione della produzione (carne, latte, aborti) che incidono negativamente sui bilanci delle aziende;

   ad aggravare la situazione, il fatto che tali indennizzi vengano erogati col contagocce con notevole ritardo;

   come annunciato dal presidente regionale di Coldiretti, Tulio Marcelli «occorre che anche le istituzioni, da quelle locali fino ai livelli regionali e nazionali, facciano la loro parte. In altre parole, controllo del randagismo, più risorse per il risarcimento dei danni sia diretti che indiretti e adozione del Piano per la conservazione del Lupo. Senza parlare delle risorse per le opere di prevenzione, come recinzioni e cani di guardiania, che negli ultimi anni sono drasticamente ridotte»;

   il Ministro per le politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, Gianmarco Centinaio, sulla stampa locale, ha rilasciato le seguenti dichiarazioni nel mese di luglio 2018 sul caso dei danni da predazioni in Toscana: «Necessario intervenire anche a costo di far scatenare i “puristi dell'ambiente libero” aggiungendo “risposte entro la fine dell'anno. I risarcimenti devono essere pagati subito e non sottraendoli alla Pac. Artea e Acea si devono mobilitare perché i pagamenti agli agricoltori siano immediati”»;

   ad oggi, il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo Gianmarco Centinaio, ed il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Sergio Costa, esprimono posizioni contrastanti che non lasciano intravedere una celere risoluzione del problema –:

   quali siano gli intenti e l'ammontare delle risorse e quali strumenti operativi intenda mettere in campo il Governo, per quanto di competenza, sul tema delle predazioni e dei danni collaterali, posta la drammatica situazione nella regione Toscana;

   se il Governo non intenda adottare celermente il piano di conservazione e gestione del lupo nella sua interezza e le attinenti iniziative previste per la conservazione della specie e il riequilibrio della presenza del predatore sui territori;

   quali siano state le iniziative assunte dal Governo nei confronti dell'Unione europea per richiedere aiuto e sostegno nella gestione di un fenomeno insostenibile che rischia di diventare irreversibile.
(4-01620)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   MURELLI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa si apprende la tragica notizia di un bambino di un anno e mezzo malato di linfoistiocitosi emofagocitica, una malattia genetica rarissima;

   Alessandro, questo il nome del bimbo malato, è nato e vive a Londra, dove lavorano i suoi genitori italiani, il papà veneto, manager di Unicredit, e la mamma napoletana;

   i medici che gli hanno diagnosticato l'Hlm (malattia rarissima che colpisce solo lo 0,002 dei bambini), lo stanno curando con un farmaco sperimentale che però il bambino prima o poi metabolizzerà e, oltre al trapianto di midollo, non ci sono alternative;

   Alessandro è sfortunato, perché in tutti i registri mondiali dei donatori non ce n'è uno che sia compatibile con le sue caratteristiche;

   i genitori sono rimasti a Londra con il piccolo. A Milano è presente la sorella del papà. Elisa (31 anni), che ha lanciato la gara di solidarietà;

   dopo il clamore mediatico sui social network per la ricerca di un donatore compatibile dai 18 ai 36 anni, è scattata la mobilitazione;

   i genitori di Alessandro in un post su Facebook, fanno sapere che Admo, l'Associazione donatori di midollo osseo, sta facendo tappa in tutte le principali città italiane per trovare un donatore;

   a Milano è partita la gara di solidarietà, finalizzata a trovare un dna compatibile, ma analoga iniziativa è stata avviata anche a Napoli. La famiglia ha chiesto anche l'aiuto di altre città;

   a Milano sono intervenute più di 500 persone, tra studenti e cittadini e si è formata una lunga coda. I campioni di sangue prelevati saranno inviati al San Raffaele, l'ospedale di riferimento per le tipizzazioni;

   la donazione, per legge in Italia, è anonima e gratuita, ma non può essere destinata a una persona specifica. La compatibilità tra non consanguinei è molto rara, ma nessuno perde le speranze –:

   se Governo non ritenga opportuno promuovere un'ampia campagna informativa sull'importanza della donazione e adottare iniziative per istituire nelle università e nei centri per i giovani dei punti di raccolta permanenti e informativi coinvolgendo enti e associazioni preposte.
(4-01613)


   MURELLI e EVA LORENZONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la legge 4 luglio 2005, n. 123, concernente «Norme per la protezione dei soggetti malati di celiachia», all'articolo 4, commi 1 e 2, prevede che, con apposito decreto del Ministro della salute vengano fissati limiti massimi di spesa per l'erogazione gratuita di prodotti dietoterapeutici senza glutine, e che gli stessi vengano aggiornati periodicamente dal Ministro della salute sulla base della rilevazione del prezzo dei prodotti garantiti senza glutine sul libero mercato;

   con decreto del Ministero della salute il 4 maggio 2006 sono stati previsti i primi limiti di spesa, nuovamente rivisti con decreto del 10 agosto 2018, ove sono stati nettamente diminuiti;

   con circolare del Ministero della salute del 26 settembre 2018, in relazione al decreto del Ministro della salute 10 agosto 2018, è stato previsto che le regioni siano tenute ad applicare i nuovi limiti mensili di spesa a partire dal 12 settembre 2018, a giudizio degli interroganti prevedendo così un'applicazione retroattiva per le regioni, rendendole sanzionabili, e rischiando di generare un danno reale e creando confusione e disparità di trattamento dei pazienti da regione a regione;

   sempre con il decreto del Ministro della salute 10 agosto 2018 sono stati fatti notevoli tagli sulle categorie di alimenti erogabili dal servizio sanitario nazionale, così come previsto dalla «Tabella orientativa sulle tipologie di alimenti senza glutine erogabili» tra l'altro con riferimento ad alimenti particolari, come per esempio i surgelati, che hanno prezzi superiori rispetto a quelli normali;

   i negozi che vendono i prodotti senza glutine stanno affrontando notevoli difficoltà per ottenere dalle Asl il rimborso dei buoni utilizzati dai clienti celiaci e sovente sono costretti a rivolgersi a legali messi a disposizione delle associazioni per ottenere le liquidazioni delle relative fatture –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno adottare iniziative per far slittare l'inizio dell'applicazione delle previsioni di cui al decreto ministeriale 10 agosto 2018 a partire dal 1° gennaio 2019, uniformemente per tutte le regioni;

   se, alla luce dei tagli operati dal decreto del Ministro della salute 10 agosto 2018, il Ministro non ritenga opportuno apportare iniziative per reintegrare i prodotti esclusi dall'erogazione del servizio sanitario nazionale;

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno adoperarsi al fine di risolvere la problematica dei pagamenti nei confronti delle Asl creditrici riducendo i tempi di pagamento.
(4-01615)


   BIGNAMI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 15 ottobre 2018 la regione Emilia-Romagna ha diffuso la relazione annuale sulle Ivg (interruzioni volontarie di gravidanza) nella quale si parla di un calo di 558 unità pari al -7 per cento rispetto al 2016;

   nella relazione, tuttavia, non si parla dei dati relativi alla distribuzione delle cosiddette «pillole del giorno dopo» (in Emilia-Romagna gratuita fino a 26 anni) e che, come noto, possono agire anche in alcuni casi come abortivo;

   nella relazione si parla inoltre di azioni messe in atto per la prevenzione dell'aborto. In realtà, si sottovalutano parametri critici come i dati sulle malattie sessualmente trasmissibili, i dati sulle infertilità, le Ivg ripetute (cioè praticate da donne che hanno già abortito) che sono, da oltre 10 anni, intorno al 30 per cento;

   un ruolo chiave in tale contesto è ovviamente rivestito dai consultori familiari i quali andrebbero deputati a fornire non solo una serie di servizi sanitari in modo asettico, ma dovrebbero essere caratterizzati anche dalla presenza di concreti supporti psicologici e sociali volti prioritariamente alla tutela della vita e alla promozione della famiglia, prevedendo e prevenendo le situazioni di crisi e sostenendo la stessa nel suo intero ciclo vitale;

   i consultori dovrebbero, in altre parole, ispirarsi, nella loro azione, ai principi sanciti dalla Costituzione la quale tutela la famiglia quale società naturale fondata sul matrimonio e quale istituzione finalizzata al servizio della vita, all'istruzione ed all'educazione dei figli, tutelando l'unità familiare, la fecondità, la maternità e l'infanzia;

   la stessa legge n. 194 del 1978 prevede, all'articolo 2, primo comma, lettera d), che i consultori contribuiscono «a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all'interruzione della gravidanza» e che «i consultori sulla base di appositi regolamenti o convenzioni possono avvalersi, per i fini previsti dalla legge, della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita» –:

   quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per riformare il sistema complessivo dei consultori i quali dovrebbero agire supportando con atti concreti la donna, al fine di permetterle la prosecuzione della gravidanza;

   quali iniziative di competenza si intendano assumere per coinvolgere nell'attività svolta dai consultori, e anche attraverso eventuali contributi, quelle formazioni di base e associazioni di volontariato che operano per il sostegno alle donne che vivono una gravidanza difficile o inattesa e per la tutela della vita del concepito;

   se si intendano adottare le iniziative di competenza per la definizione di linee guida specifiche per la redazione, da parte delle regioni, della relazione sulle Ivg prevedendo che la relazione stessa contenga anche dati relativi all'uso delle pillole «del giorno dopo», alle malattie sessualmente trasmissibili e alle infertilità, oltre che i dati relativi alle motivazioni per le quali si ricorre alla Ivg e alle modalità di supporto e di sostegno alla donna volte a consentire la prosecuzione della gravidanza.
(4-01618)


   PAOLO RUSSO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il processo di dematerializzazione delle prescrizioni farmaceutiche fa parte di un lungo percorso, iniziato diversi anni addietro, con l'articolo 50, comma 5-bis, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, (convertito dalla legge 24 novembre 2003, n. 326), proseguito con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 marzo 2008, con il decreto 2 novembre 2011 del Ragioniere generale dello Stato del Ministero dell'economia e delle finanze (di concerto con il capo del dipartimento della qualità del Ministero della salute), con l'articolo 13 del decreto-legge 18 ottobre 2012, (convertito dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221) e da ultimo, con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 novembre 2015;

   quest'ultimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri stabilisce all'articolo 4, che la fase transitoria dovesse essere conclusa il 31 dicembre 2017, invece ancora oggi, nonostante all'interrogante non risulti alcun provvedimento di proroga, continuano ad essere ancora utilizzate solamente ricette cartacee tradizionali (non elettroniche) per erogare tutti i farmaci distribuiti attraverso modalità differenti dal regime convenzionale (detto DPC);

   il raggiungimento di una effettiva dematerializzazione delle prescrizioni farmaceutiche sarebbe un passo, importante per far risparmiare tempo prezioso ai cittadini affetti da patologie croniche, oltre ad essere un ulteriore passo nello sviluppo del cosiddetto fascicolo sanitario elettronico;

   va inoltre detto che alcune regioni, per ovviare ai ritardi nazionali, si sono iniziate a muovere in modo autonomo;

   infatti, in Veneto, grazie alla deliberazione della giunta regionale n. 2172 del 29 dicembre 2017, si procede a grandi passi verso l'implementazione del fascicolo sanitario elettronico e come spiega il dottor Umberto Rossa, presidente dell'ordine dei medici di Belluno, «un paziente, soprattutto quelli che necessitano degli stessi medicinali in maniera ripetitiva, potrà chiamare il medico di base al telefono per farsi prescrivere ciò che gli serve, evitando di ingolfare gli ambulatori. A quel punto, qualsiasi farmacista del Veneto, inserendo i dati del tesserino sanitario, potrà visionare la ricetta prescritta dal medico» (Corriere delle Alpi 16 gennaio 2018);

   anche l'azienda socio sanitaria territoriale rhodense ha avviato un importante processo che farà risparmiare tempo prezioso ai cittadini: tramite l'App Salutile Ricette si può prendere visione delle proprie ricette dematerializzate, attraverso il proprio dispositivo mobile, ammettendo ai pazienti cronici il ritiro dei propri farmaci in farmacia direttamente con la tessera sanitaria. Si sollecita pertanto l'adozione di idonei provvedimenti ministeriali che attivino su tutto il territorio nazionale, in maniera univoca in ogni regione, il processo di effettiva dematerializzazione delle prescrizioni farmaceutiche, sottolineando che questo sarebbe uno dei pochi modi di migliorare e modernizzare la sanità a zero costo –:

   quali siano le problematiche che stanno rallentando l'effettiva dematerializzazione delle prescrizioni farmaceutiche in formato digitale e quando sia possibile giungere ad una completa dematerializzazione delle stesse su tutto il territorio nazionale.
(4-01621)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'accordo del 6 settembre 2018 presso il Ministero dello sviluppo economico tra AM InvestCo Italy S.r.l., (Ilva) s.p.a. e le organizzazioni sindacali prevede un piano occupazionale che impegna ArcelorMittal all'assunzione a tempo indeterminato di 10.700 lavoratori già alle dipendenze Ilva e garantisce l'amministrazione straordinaria fino al 2023 per i restanti;

   il 30 ottobre 2018, Am Investco, società di ArcelorMittal, sta trasmettendo a 8.200 lavoratori la proposta di assunzione per conto della nuova proprietà;

   diversi organi di stampa e organizzazioni sindacali, in data 30 ottobre 2018, riferiscono l'emergere di gravissime anomalie rispetto all'applicazione dei criteri di selezione concordati nel predetto accordo, ciò determinando situazioni in totale contraddizione con quanto concordato in quella sede;

   in particolare, le organizzazioni sindacali sottolineano molteplici incongruenze sull'applicazione del criterio della mansione, della professionalità, dell'anzianità e dei carichi familiari, rendendo manifesto, secondo l'opinione delle organizzazioni sindacali, il fatto che la selezione sia stata operata dall'azienda attraverso criteri unilaterali e, dunque, al di fuori di quanto previsto dall'accordo –:

   se il Governo ritenga di verificare, per quanto di competenza, l'operato di ArcelorMittal rispetto alla prima fase di realizzazione del piano occupazionale e il rispetto dei termini dell'accordo del 6 settembre 2018;

   se, in contraddizione con l'accordo del 6 settembre 2018, ArcelorMittal abbia agito unilateralmente, ignorando l'ordine di priorità dei criteri di selezione del personale;

   se il Governo intenda adoperarsi al riguardo e quali iniziative di competenza intenda intraprendere per garantire l'applicazione dei criteri di individuazione dei lavoratori cui destinare la proposta di assunzione a tempo indeterminato presso ArcelorMittal come indicati dall'accordo siglato dalla stessa e dalle organizzazioni sindacali presso il Ministero dello sviluppo economico in data 6 settembre 2018.
(4-01619)

Apposizione di firme ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.

  Mozione Annibali e altri n. 1-00070, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 novembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Gebhard e, contestualmente, l'ordine delle firme si intende così modificato: «Annibali, Boldrini, Gebhard, Anzaldi, Ascani, Bazoli, Benamati, Berlinghieri, Boccia, Bonomo, Bordo, Enrico Borghi, Boschi, Braga, Bruno Bossio, Buratti, Campana, Cantini, Carla Cantone, Cardinale, Carè, Carnevali, Ceccanti, Cenni, Ciampi, Colaninno, Critelli, Dal Moro, D'Alessandro, De Filippo, De Luca, De Maria, De Menech, De Micheli, Del Barba, Del Basso De Caro, Del Rio, Di Giorgi, Marco Di Maio, Fassino, Ferri, Fiano, Fragomeli, Franceschini, Fregolent, Gadda, Gariglio, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giorgis, Gribaudo, Guerini, Incerti, La Marca, Lacarra, Lepri, Librandi, Losacco, Lotti, Madia, Gavino Manca, Mancini, Marattin, Martina, Mauri, Melilli, Miceli, Migliore, Minniti, Mor, Morani, Morassut, Moretto, Morgoni, Mura, Nardi, Navarra, Nobili, Noja, Orfini, Orlando, Padoan, Pagani, Ubaldo Pagano, Paita, Pellicani, Pezzopane, Piccoli Nardelli, Pini, Pizzetti, Pollastrini, Portas, Prestipino, Quartapelle Procopio, Raciti, Rizzo Nervo, Andrea Romano, Rosato, Rossi, Rotta, Scalfarotto, Schirò, Sensi, Serracchiani, Siani, Topo, Ungaro, Vazio, Verini, Viscomi, Zan, Zardini».

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Fiano e altri n. 1-00072, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 novembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato De Maria.

Trasformazione di documenti
del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione D'Alessandro e altri n. 5-00178 del 18 luglio 2018 in interrogazione a risposta orale n. 3-00309;

   interrogazione a risposta in Commissione Butti n. 5-00346 del 7 agosto 2018 in interrogazione a risposta orale n. 3-00316;

   interrogazione a risposta in Commissione Costanzo n. 5-00506 del 21 settembre 2018 in interrogazione a risposta orale n. 3-00313;

   interrogazione a risposta scritta Moretto n. 4-01244 del 1° ottobre 2018 in interrogazione a risposta orale n. 3-00315;

   interrogazione a risposta in Commissione Fogliani n. 5-00714 del 12 ottobre 2018 in interrogazione a risposta orale n. 3-00314;

   interrogazione a risposta in Commissione Piccoli Nardelli n. 5-00780 del 22 ottobre 2018 in interrogazione a risposta orale n. 3-00311;

   interrogazione a risposta in Commissione D'Incà n. 5-00801 del 24 ottobre 2018 in interrogazione a risposta orale n. 3-00310;

   interrogazione a risposta scritta Ungaro n. 4-01501 del 30 ottobre 2018 in interrogazione a risposta orale n. 3-00312;

   interrogazione a risposta in Commissione Ubaldo Pagano n. 5-00858 del 31 ottobre 2018 in interrogazione a risposta scritta n. 4-01619.