Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 23 ottobre 2018

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    nel preambolo della Convenzione dell'Onu sul diritto del mare del 1982, si afferma che i problemi degli spazi oceanici sono strettamente collegati e, pertanto, necessitano di essere considerati nel loro insieme: si tratta di una prima presa d'atto della necessità di avviare un processo di programmazione unitaria, finalizzato a rendere integrata e dunque qualitativamente migliore la gestione degli affari marittimi;

    successivamente, il programma di attuazione del 2002 del vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile di Johannesburg ha ribadito la necessità di coordinare le azioni di policy nel settore marittimo, sulla base del principio che gli oceani e i mari costituiscono «fattori critici» per la sicurezza dell'approvvigionamento alimentare mondiale e per la prosperità economica;

    la Commissione europea ha deciso di includere «la particolare esigenza di una politica marittima globale» fra i propri obiettivi strategici, in linea con la tendenza internazionale alla formulazione di politiche più integrate nel settore degli affari marittimi (si veda a tal proposito la comunicazione della Commissione europea: COM(2008) 395 del 26 giugno 2008, recante «Orientamenti per un approccio integrato della politica marittima: verso migliori pratiche di governance marittima integrata e di consultazione delle parti interessate»);

    l'obiettivo europeo di creare un'economia marittima vivace ma al tempo compatibile con le esigenze di tutela ambientale dei mari è passata attraverso la promozione dello sviluppo sostenibile delle acque marittime e di tutte le attività di varia natura che ruotano attorno ad esse, mediante percorsi di cooperazione e coordinamento, a vari livelli, fra tutte le autorità competenti e le loro iniziative, con lo scopo di realizzare una gestione integrata multidisciplinare del settore marittimo;

    in tale ottica e per soddisfare i relativi fini, la Commissione si è dotata di una specifica direzione del mare cui fa capo la politica marittima integrata e la pesca;

    molti Stati membri dell'Unione europea già applicano un approccio integrato nel settore marittimo, in particolare la Francia, la Germania, il Portogallo, i Paesi Bassi e la Slovenia. Alcuni Stati membri, come la Grecia e di recente la Spagna, hanno affidato la gestione degli affari marittimi a un Ministero specifico; altri introducono progressivamente un approccio globale sotto forma di strategie tematiche, come il Regno Unito e la Svezia (sulla sostenibilità e la tutela ambientale) o l'Irlanda (strategia nel campo delle scienze marine);

    con la citata comunicazione della Commissione, l'Unione europea ha inteso incoraggiare tutti gli Stati membri ad elaborare le loro politiche marittime integrate nazionali, in stretta collaborazione con i propri operatori del settore marittimo, e a migliorare e facilitare la cooperazione a tutti i livelli di governance marittima, incluso, ovviamente, quello europeo, tra Stati membri;

    i mari italiani costituiscono una risorsa capitale per il ruolo chiave che svolgono per la vita economica, sociale e culturale del Paese ed anche perché rappresentano una fonte preziosa di ricchezza dalle enormi potenzialità. Essi infatti svolgono funzioni vitali dal punto di vista ecologico e ad essi sono collegate innumerevoli attività umane, di natura economica, sociale, ricreativa e culturale;

    il nostro Paese vanta un'effettiva primazia mondiale per molti prodotti agricoli e alimentari ed è pienamente inserito nei traffici marittimi, tanto che parte degli approvvigionamenti del settore arriva via mare dall'estero (l'Italia è al primo posto per le importazioni di latticini, al quarto per il caffè, al quinto per le importazioni di grano);

    il trasporto marittimo nazionale rientra tra i mezzi di veicolazione delle merci agroalimentari con più basso indice di emissione di anidride carbonica: ciò che testimonia che questo tipo di trasporto può definirsi, in comparazione con altri, ambientalmente sostenibile, oltreché efficiente;

    i flussi di prodotti agroalimentari diretti all'estero sono pari a circa 22,5 milioni di tonnellate, per un valore di circa 35 miliardi di euro; gli armatori italiani svolgono un ruolo di rilievo di livello mondiale con circa 264 navi da carico secco alla rinfusa o containerizzato: il trasporto di prodotti agroalimentari attraverso i porti italiani ammonta a 26,2 milioni di tonnellate. Ravenna, con quasi 3,5 milioni di tonnellate movimentate è l’hub incontrastato dell’agrifood, seguito da Livorno, Venezia e Gioia Tauro;

    il pescato nazionale ammonta a circa 363 mila tonnellate occupando la sesta posizione continentale in termini di produzione, ma dal 2008 tale valore è in costante regressione, a causa soprattutto della contrazione delle catture mentre il consumo di pesce nazionale è in continua crescita. Di segno opposto è l'acquacoltura che oggi sfiora il 45 per cento del prodotto con quasi 163 mila tonnellate, a fronte delle 200 mila tonnellate di pescato. Tali valori della produzione sono in gran parte realizzati da una flotta in lento ma progressivo ridimensionamento;

    a fronte del calo della flotta peschereccia nazionale e di quello contestuale della produzione, il mercato ittico italiano ricorre sempre più ad approvvigionamenti dall'estero, per fare fronte ad una domanda crescente delle imprese alimentari e dei consumatori finali;

    il prodotto ittico nazionale è sempre più differenziato sia per tipologia di prodotto e sia per aree di produzione e delle tecniche di allevamento o di cattura e ciò crea oggi spazi crescenti di attività ai vari livelli della filiera. L'Italia in tale ambito offre interessanti opportunità agli operatori, come dimostra la sua presenza tra i principali importatori di pesce del mondo, per un valore che supera i 5,4 miliardi di dollari;

    l'essenziale apporto del mare anche nel settore alimentare nazionale, dovrebbe richiamare a un più efficace coordinamento amministrativo in materia marittima, molto avvertito e richiesto soprattutto dagli operatori del settore, da quando le competenze marittime sono state progressivamente disperse tra più amministrazioni e dicasteri, con riflessi negativi sull'elaborazione di una politica marittima nazionale e la sua promozione in Europa e nel mondo;

    occorrerebbe ripristinare, perciò, una catena di comando politico-amministrativa unitaria e ben funzionante, in grado di farsi carico dei complessi problemi del settore in tempi conformi agli standard internazionali, caratteristici del mondo marittimo e di portare le soluzioni individuate dal sistema della politica alla sua rapida attuazione legislativa ed operativa;

    nel nostro Paese è ormai divenuto necessario e improcrastinabile sviluppare una politica marittima integrata nazionale, fondata sulla stretta collaborazione fra i settori delle imprese e dell'industria, dei trasporti, dell'ambiente, della ricerca, dell'energia e delle politiche regionali. Essa dovrebbe essere tesa a sviluppare, in maniera ecologicamente sostenibile un'economia marittima prospera, sfruttando appieno le potenzialità dell'industria marittima. Tale politica dovrebbe poter contare sull'eccellenza nel settore della ricerca scientifica marina, della tecnologia e dell'innovazione;

    risulta inderogabile superare l'approccio settoriale e frammentario che ha finora contraddistinto; la gestione delle attività legate al mare, organizzata generalmente a livello di singoli comparti e sulla base di strutture, background culturali e impostazioni manageriali proprie, che hanno inevitabilmente portato a traiettorie di sviluppo isolate, ben lontane da una possibile ottica sistemica;

    attività come i trasporti, la navigazione, le industrie portuali, la produzione di energia in mare, la pesca, l'acquacoltura, la ricerca marina, il turismo, vengono spesso gestite «a compartimenti stagni», entro i rigidi confini dei singoli settori amministrativi ed in gran parte a valenza territoriale e locale, senza un disegno politico di coordinamento che armonizzi i meccanismi di competizione ed eviti la duplicazione degli sforzi. Ciò si ripercuote negativamente sulla capacità dell'Italia di liberare appieno il potenziale che la risorsa marina offre in termini di crescita, occupazione e prosperità;

    in un mondo sempre più globalizzato e soggetto a forti spinte tecnologiche, le attività marittime evolvono continuamente e si diversificano sempre più, rendendo imprescindibile un'azione di coordinamento, di vera e propria «regia» e di pianificazione finalizzata a evitare conflitti e ad ottimizzare i risultati;

    una politica integrata delle attività marittime, ponendosi come base per le relazioni di interdipendenza che esistono fra i diversi settori e mettendo in luce, allo stesso tempo, eventuali conflittualità nell'esercizio delle attività marittime, può concorrere a promuovere uno sviluppo delle infrastrutture portuali compatibile con la protezione degli ecosistemi locali, con la promozione dell'acquacoltura costiera e con l'espansione turistica e sarebbe capace di coordinare in maniera positiva e sostenibile un numero crescente di attività diverse (ad esempio: pesca, trasporto container, diporto, compagnie petrolifere, centrali eoliche) in acque divenute sempre più affollate. La questione della sostenibilità ambientale potrebbe essere la base di partenza per programmare misure di crescita economica della attività marittime nazionali impedendo che le varie forme di sfruttamento attuale nei nostri mari pregiudichino la disponibilità di tali risorse nel futuro;

    l'obiettivo della politica marittima integrata costituisce soprattutto una risposta chiara alla necessità di conseguire una maggiore coerenza interna tra i diversi settori e approcci tematici e anche politici, tenendo conto in particolare:

     a) della necessità di evitare duplicazioni di norme tra le autorità nazionali o regionali e di sostituire sovrapposizioni e ridondanze nel processo decisionale con un approccio a «sportello unico»;

     b) della indispensabilità di una programmazione coordinata delle attività marittime concorrenti e di una gestione strategica delle zone marittime (pianificazione dello spazio marittimo);

     c) dell'opportunità di un migliore coordinamento tra i diversi comitati settoriali di dialogo sociale coinvolti nelle questioni marittime;

     d) dell'adozione di un approccio per ecosistemi che tenga conto della direttiva quadro sulla strategia per l'ambiente marino;

     e) della necessità di sviluppare un'interfaccia tra scienza e amministrazione e di fare in modo che la politica marittima si fondi su basi scientifiche;

     f) della necessità di disporre di statistiche affidabili e confrontabili su cui basare le decisioni in materia di politica marittima a tutti i livelli;

     g) della improcrastinabilità di favorire un migliore coordinamento della sorveglianza marittima;

    la politica marittima integrata nazionale dovrebbe essere fondata sulla constatazione che tutte le questioni legate al mare sono interdipendenti e meritano di essere trattate come un'unica realtà. Essa dovrebbe essere ispirata ai princìpi di sussidiarietà, competitività e sviluppo economico, all'approccio per ecosistemi e al principio della partecipazione dei soggetti interessati;

    uno degli obiettivi chiave di questo auspicato approccio integrato delle politiche marittime dovrebbe consistere nel creare le condizioni per un reale dialogo tra la comunità scientifica e la sfera politica e amministrativa;

    in un approccio di politica integrata degli affari marittimi, bisognerebbe assegnare un ruolo al livelli di potere regionale e locale. Le regioni costiere si trovano ad operare in assenza di politiche coerenti in materia di affari marittimi. Tenuto conto dei loro stretti rapporti con il mare, varie regioni costiere hanno messo a punto le proprie strategie integrate, adeguate alle loro esigenze specifiche. E poiché spesso dispongono di competenze e conoscenze insostituibili e rappresentano interessi chiave nell'ambito degli affari marittimi, sarebbe opportuno affidare loro un ruolo nell'elaborazione della politica marittima integrata, nel rispetto delle loro competenze regionali in materia di affari marittimi;

    sarebbe opportuno designare chiaramente un'entità incaricata di assumere la funzione di capofila e catalizzatore dell'approccio integrato a livello politico. Tale funzione dovrebbe avere un peso sufficiente per essere in grado di strutturare il dialogo tra interessi settoriali divergenti;

    a tale riguardo va tenuto presente che, secondo le pratiche esistenti in altri Stati dell'Unione europea, i comitati interministeriali vengono di solito assistiti da un ufficio o da un'agenzia di coordinamento diretti da un alto funzionario e incaricati di vigilare sull'effettiva attuazione delle decisioni adottate dal comitato interministeriale. Ciò implica che il direttore dell'ufficio o dell'agenzia di coordinamento occupi un livello gerarchico elevato. L'approccio integrato dovrebbe inoltre migliorare il coordinamento e la diffusione dell'informazione necessaria nell'ambito dell'applicazione del diritto comunitario in modo da consentire un più efficace esplicarsi della normativa europea connessa agli affari marittimi;

    il ruolo centrale del Parlamento nella definizione dell'interesse pubblico rende ad ogni modo essenziale, il suo sostegno all'auspicato approccio globale degli affari marittimi;

    anche la pubblica amministrazione dovrebbe rispecchiare l'approccio integrato definito a livello politico in un metodo organizzativo adeguato alle proprie tradizioni amministrative;

    la politica marittima integrata nazionale dovrebbe concretamente prevedere la partecipazione delle parti interessate nel processo della sua formulazione. Andrebbe pertanto incoraggiata e favorita la creazione di strutture adeguate di operatori del settore, autorizzando una vasta partecipazione di queste ultime alla governance degli affari marittimi e garantendo la trasparenza del processo decisionale;

    per sostenere lo sviluppo della politica marittima integrata, l'Unione europea, nell'ambito del regolamento (UE) n. 508/2014, relativo al fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, garantisce specifiche risorse finanziarie destinate a regimi di gestione diretta da parte degli Stati membri e volte a rafforzare lo sviluppo e l'attuazione della politica marittima integrata dell'Unione. L'Italia potrebbe approfittare assai vantaggiosamente di detto strumento finanziario, ad oggi quasi per nulla utilizzato;

    appare pertanto opportuno che nel nostro Paese si prenda in debita considerazione la possibilità di creare una struttura di coordinamento interna per gli affari marittimi nell'ambito dei rispettivi sistemi amministrativi. Tale struttura dovrebbe includere un meccanismo in grado di fornire orientamenti politici al più alto livello,

impegna il Governo:

1) a intraprendere ogni utile e urgente iniziativa volta a delineare, in ambito nazionale, un approccio più coerente alle questioni marittime, rafforzando il coordinamento tra i diversi settori coinvolti e realizzando una politica marittima integrata degli affari connessi al mare e, a tale scopo, ad adottare le iniziative di competenza, ferme restando le attribuzioni dei Ministeri interessati, finalizzate:

   a) a istituire, a norma dell'articolo 7, comma 4, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, un'apposita struttura di missione volta all'impulso e al coordinamento degli affari e delle attività marittime, al fine di realizzare quanto riportato in premessa, senza duplicazioni di funzioni;

   b) a prevedere che la suddetta struttura di missione sia riferibile ad un Sottosegretario e che l'organizzazione della predetta struttura sia dotata di un profilo amministrativo di alto livello, in grado di esercitare un effettivo potere di indirizzo verso gli uffici coordinati;

   c) a prevedere che, nell'ambito della predetta struttura di missione, sia, elaborato un piano nazionale integrato degli affari e delle attività marittimi, in cui siano delineate le linee programmatiche su cui basare le azioni per lo sviluppo sostenibile, interconnesso e convergente sulle attività dell'uomo incentrate sul mare, segnatamente quelle afferenti ai trasporti marittimi ed ai porti, all'energia, alla ricerca sui mari, alla pesca, alle pratiche alieutiche e al turismo, alla tutela delle risorse naturali e ambientali connesse ai mari;

   d) a prevedere una interfaccia tra la struttura di missione e gli enti di ricerca del settore marittimo, dando all'ambiente scientifico la possibilità di informare in modo più adeguato la sfera politica e alla sfera politica la possibilità di orientare strategicamente; la ricerca per consentirle di rispondere alle principali sfide ed esigenze del mondo delle attività marittime;

2) a promuovere la collaborazione tra i responsabili politici nei diversi settori a tutti i livelli di governo e, in particolare, con le autorità europee e internazionali, le autorità marittime nazionali, le amministrazioni regionali e locali;

3) ad adottare iniziative normative per prevedere l'istituzione di uno sportello unico per le attività marittime quale esclusivo riferimento in relazione a tutte le procedure amministrative del settore, che fornisca una risposta unica e tempestiva in luogo di tutte le pubbliche amministrazioni comunque coinvolte nel procedimento interessato.
(1-00067) «Gallinella, Cadeddu, D'Ippolito, L'Abbate, Parentela, Roberto Rossini, Zennaro, Cillis, Del Sesto, Lombardo, Pignatone, Troiano, Costanzo, Gagnarli, Menga, Villani».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni I e III,

   premesso che:

    il 19 giugno 2009, la cattolica pachistana Asia Bibi veniva presa in custodia dalla polizia, nel suo villaggio del Punjab, con l'accusa di aver offeso il profeta Maometto. Da allora, la donna ha vissuto in carcere, spesso in isolamento anche per tutelarne l'incolumità;

    l'11 novembre 2010, Asia Bibi è stata condannata a morte per blasfemia. La sentenza è diventata definitiva nell'ottobre 2014, ma è stata sospesa a seguito di una petizione dei suoi legali alla Corte Suprema;

    l'8 ottobre 2018, dopo un'udienza durata oltre 3 ore e mezza, la Corte Suprema ha deciso di rinviare la decisione finale senza annunciare una data. Alla base di questo rinvio vi sarebbero le discrepanze registrate nella testimonianza della donna che la fece arrestare. Se la condanna venisse confermata, però, Asia Bibi verrebbe condotta al patibolo;

    secondo la tesi della difesa, le prove a carico della donna sarebbero insufficienti: il caso sarebbe montato su una accusa mossa da un imam locale che non ha assistito al diverbio tra Asia e le sue colleghe musulmane durante il quale la donna cristiana avrebbe commesso il reato di blasfemia. Inoltre, il capo della polizia di Ittanwali non avrebbe profuso sufficienti sforzi per verificare la fondatezza delle accuse;

    Asia Bibi è moglie e madre di 5 figli. A supporto della sua causa si è sviluppato un movimento globale che ne richiede la liberazione: Asia Bibi è diventata, suo malgrado, l'icona di un movimento che chiede la cancellazione del reato di blasfemia in Pakistan e il simbolo della persecuzione dei cristiani nel mondo. Per questi motivi, Asia ha attirato su di sé l'ira dei fondamentalisti islamici che ne vorrebbero la morte;

    il partito islamista pakistano Tehreek-e-Labbaik (Tip) ha fatto sapere che «se non sarà fatta giustizia e la condanna di Asia sarà trattata con indulgenza o con leggerezza o cercherà di fuggire in un altro Paese, ci saranno conseguenze pericolose», tornando in piazza per chiedere l'impiccagione della donna;

    il partito ha minacciato anche i giudici della Corte suprema chiamati a decidere sul suo caso, prospettando per loro una «fine orribile» qualora la donna venisse prosciolta;

    il Tip ha innalzato a «martire» ed «eroe» Mumtaz Qadri, l'uomo che nel 2011 uccise l'ex governatore musulmano della provincia del Punjab, Salman Tasir, ritenuto colpevole proprio di aver difeso Asia Bibi;

    secondo Thair Khalil Sindhu, già Ministro per i diritti umani e per gli affari delle minoranze della provincia pachistana del Punjab e membro del collegio difensivo di Asia, vi sarebbe «un'alta probabilità che la Corte suprema abbia posticipato remissione del verdetto perché ha intenzione di prosciogliere Asia». Secondo fonti di stampa, il Governo Pachistano starebbe preparando un piano di evacuazione della donna verso un luogo sicuro, probabilmente fuori dai confini nazionali,

impegnano il Governo

ad offrire immediatamente la disponibilità dell'Italia ad accogliere Asia Bibi e la sua famiglia qualora venisse scarcerata, riconoscendo lo status di rifugiati politici un posto sicuro dove poter continuare a vivere.
(7-00081) «Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Meloni».


   Le Commissioni III e X,

   premesso che:

    a seguito di una lunga trattativa in seno alle istituzioni europee, è stato raggiunto a Bruxelles, in data 19 febbraio 2013, un accordo sull'istituzione del tribunale unificato dei brevetti, a cui l'Italia, se pure tra i firmatari, ha ufficialmente aderito nell'ottobre del 2015;

    l'accordo è stato firmato da 25 Paesi membri dell'Unione europea con lo scopo principale di ridurre i costi delle litigations e assicurare che il sistema brevettuale europeo funzioni più efficacemente;

    secondo l'accordo, il tribunale diventerà operativo soltanto previa ratifica da parte della Francia, del Regno Unito e della Germania – ossia dei tre Stati membri che nell'anno successivo alla ratifica hanno depositato il maggior numero di brevetti europei. Ad oggi sono 16 i Paesi che hanno ratificato l'accordo e, dei tre la cui adesione è vincolante, la Francia ha ratificato l'accordo poco dopo la firma, mentre la ratifica da parte del Regno Unito è avvenuta solo il 26 aprile 2018. La legge di ratifica tedesca è tuttora sospesa a causa di un ricorso costituzionale;

    il tribunale unificato dei brevetti rappresenterà il foro competente per la risoluzione delle dispute sulla contraffazione e per le cause di revoca/annullamento dei brevetti. La struttura sarà costituita dal Registro, dalla Corte di prima istanza – a sua volta suddivisa in divisioni centrali, locali e regionali – e dalla Corte d'appello;

    le divisioni centrali dovrebbero aver sede a Parigi, Londra e Monaco di Baviera. In particolare, sotto la giurisdizione della sezione distaccata di Londra dovrebbero ricadere le dispute legate alla chimica e alle scienze biologiche (codici A e C della classificazione internazionale dei brevetti – International Patent Classification, IPC), mentre a Monaco di Baviera saranno assegnati i casi relativi all'ingegneria meccanica (classe F della IPC) e nella competenza della sede centrale di Parigi rientreranno tutti gli altri casi. La Corte d'appello avrà invece sede in Lussemburgo;

    un dettagliato report del 2012, realizzato da FTI Consulting LLP per conto della City of London Law Society, ha stimato tra 569 milioni e 1.968 milioni di sterline per anno le perdite dirette dell'indotto per l'economia inglese, qualora la sede distaccata fosse collocata al di fuori della Gran Bretagna;

    alla luce dell'esito del referendum britannico e della conseguente uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea, la sezione distaccata di Londra dovrebbe essere spostata in una diversa sede, situata nel territorio di un altro Stato membro;

    in considerazione dell'inclinazione del sistema imprenditoriale italiano alla creazione e all'invenzione, sarebbe opportuno che la sezione distaccata del tribunale unificato dei brevetti, una volta che Londra non sarà più deputata ad accogliere tale sede giurisdizionale, venga assegnata all'Italia,

impegna il Governo

ad attivarsi, in tutte le sedi competenti, affinché l'Italia possa ottenere l'attribuzione della sezione distaccata del Tribunale unificato dei brevetti ad oggi assegnata a Londra, facendo forza sul suo notevole peso nell'attuale regime del brevetto europeo, essendo il terzo Paese membro (esclusa la Gran Bretagna) per numero di brevetti europei.
(7-00077) «Billi, Andreuzza, Formentini».


   La III Commissione,

   premesso che:

    secondo dati aggiornati al 30 settembre 2018, negli istituti penitenziari italiani sono detenute 59.275 persone, con un aumento rispetto agli anni precedenti di circa 6 mila unità;

    i detenuti stranieri risultano essere 20.098, ovvero il 33,90 per cento del totale della popolazione carceraria;

    di questi, il 61 per cento proviene da cinque Paesi: Marocco, 3.722 detenuti; Romania, 2.544 detenuti; Albania, 2.534 detenuti; Tunisia, 2.088 detenuti; Nigeria, 1.366 detenuti;

    secondo quanto indicato dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, il costo per detenuto è pari a 137 euro al giorno, per cui il costo annuale sopportato dallo Stato italiano per i detenuti stranieri ammonta a poco più di un miliardo di euro;

    l'Italia ha già sottoscritto nel 2003 un accordo bilaterale con la Romania, ratificato dalla legge n. 281 del 30 dicembre 2005 ed entrato in vigore l'11 aprile del 2006, che prevede il trasferimento dei detenuti condannati anche senza il loro consenso. La Romania, ad ogni modo, è diventata membro dell'Unione europea dal 1° gennaio 2007, per cui si applica quanto contenuto nel decreto legislativo n. 161 del 7 settembre 2010 che ha recepito la decisione quadro 2008/909/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008;

    l'Albania, oltre ad aver aderito alla Convenzione di Strasburgo del 1983 sul trasferimento delle persone condannate, ha sottoscritto nel 2002 un accordo, ratificato dalla legge 11 luglio 2003 n. 204, che prevede il reinserimento e l'integrazione sociale dei condannati, soggetti ad espulsione, nei loro Paesi d'origine, anche in assenza del loro consenso e «secondo una gradualità da concordare tenendo conto della capacità ricettiva di ciascuno dei due sistemi penitenziari»;

    tuttavia, a fronte delle numerose procedure avviate dall'Italia, il numero di detenuti albanesi effettivamente trasferiti nel Paese di origine appare ridotto, anche in ragione di criticità operative segnalate dal Ministero della giustizia nell'applicazione dell'accordo;

    con il Marocco nel 2014 è invece stata firmata una convenzione bilaterale che è stata già ratificata dall'Italia con legge n. 152 del 28 luglio 2016, ma non ancora ratificata dalla controparte marocchina, che subordina tuttavia il trasferimento delle persone condannate al previo consenso del detenuto;

    l'8 novembre 2016 l'Italia ha sottoscritto un accordo simile con la Nigeria, non ancora ratificato dal Parlamento italiano e che prevede, anche in questo caso, il consenso del detenuto per il suo trasferimento;

    con riferimento alla Tunisia, non è stato ancora sottoscritto alcun trattato o accordo bilaterale anche se risultano essere state avviate dal Ministero della giustizia negoziazioni ai fini della conclusione di accordi volti ad agevolare il trasferimento dei detenuti,

impegna il Governo:

   ad avviare e a proseguire percorsi volti a sottoscrivere trattati e/o accordi bilaterali con il Marocco, l'Albania, la Tunisia e la Nigeria, nonché con ulteriori Stati, per agevolare e semplificare il trasferimento dei detenuti ai fini dell'esecuzione penale nello Stato estero di provenienza, attraverso strumenti e clausole che comprendano anche l'eliminazione della mancanza di consenso del detenuto dalle condizioni ostative;

   in riferimento a Marocco e Nigeria, a valutare l'opportunità di intensificare il dialogo, affinché si arrivi alla ratifica degli accordi con l'Italia, sottoscritti dai due Paesi.
(7-00078) «Sabrina De Carlo, Formentini».


   La VI Commissione,

   premesso che:

    con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 28 dicembre 2015 è stata data attuazione alla direttiva 20141107/UE (cosiddetta «DAC 2»), che ha modificato la direttiva 2011/16/UE (cosiddetta «DAC 1»), ricomprendendo nello scambio automatico obbligatorio di informazioni per finalità fiscali anche quelle afferenti ai conti bancari e alle relative movimentazioni, nonché agli interessi, ai dividendi e ai proventi delle cessioni di attività finanziarie;

    in ragione di queste previsioni, gli intermediari finanziari localizzati negli altri Stati membri dell'Unione europea sono tenuti a trasmettere all'Agenzia delle entrate, quale servizio di collegamento per la cooperazione internazionale, le informazioni relative ai conti finanziari che soggetti residenti in Italia intrattengono presso di loro; è evidente che si tratta di informazioni di straordinaria rilevanza ai fini del contrasto all'evasione fiscale internazionale, posto che su quei rapporti di conto potrebbero essere depositate le ricchezze occultate all'estero dai contribuenti Italiani;

    tuttavia, ad oggi, non è stata ancora prevista la possibilità per la guardia di finanza di avere la disponibilità delle informazioni relative acconti finanziari esteri. Si tratta di dati e notizie che potrebbero formare oggetto di investigazioni, anche attribuendo i poteri di polizia giudiziaria, e rivelare l'esistenza di frodi fiscali se non addirittura di altre gravi forme di illegalità quali, ad esempio, la costituzione di provviste all'estero da impiegare per dazioni corruttive;

    inoltre, in base alla vigente legislazione, la Guardia di finanza non dispone nemmeno delle informazioni relative alla «rendicontazione Paese per Paese» (cosiddetta «Country bv Country reporting» prevista per i gruppi multinazionali, introdotta in Italia per effetto del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 23 febbraio 2017, con il quale è stata data attuazione alla direttiva 2015/2376/UE (cosiddetta «DAC 4»), che ha modificato la menzionata direttiva 2011/16/UE, estendendo l'ambito di applicazione dello scambio automatico di informazioni ai dati e alle notizie relativi ad una serie di parametri economici e finanziari, afferenti all'operatività in ogni singola giurisdizione interessata, dei gruppi di imprese multinazionali con ricavi consolidati in misura pari o superiore a 750 milioni di euro;

    anche in questo caso si tratta di informazioni particolarmente importanti ai fini dell'analisi di rischio in ambito tributario, poiché immediatamente indicative della ricorrenza di possibili manovre di pianificazione fiscale attuate attraverso la manipolazione dei prezzi di trasferimento o la delocalizzazione di funzioni ad alto valore aggiunto, che rientrano, senz'altro, nell'orbita d'interesse di una forza di polizia economico-finanziaria quale è la guardia di finanza; più in generale, risulterebbe utile rendere disponibili alla guardia di finanza i dati e le notizie che l'Agenzia delle entrate ottiene a seguito dello scambio automatico obbligatorio di informazioni, come quelle che saranno scambiate a seguito del prossimo recepimento della direttiva 2018/822/UE (cosiddetta «DAC 6») che, a regime, introdurrà una procedura di scambio automatico tra Paesi membri delle informazioni relative ai «meccanismi transfrontalieri», per tali intendendosi i meccanismi di pianificazione fiscale potenzialmente aggressiva che interessano più giurisdizioni; infine, sempre in tema di accesso alle informazioni di carattere finanziario, l'articolo 11 del decreto-legge 6 giugno 2011, n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha previsto che gli intermediari finanziari devono periodicamente trasmettere all'Agenzia delle entrate le movimentazioni (tra le altre, saldi e giacenza media) che hanno interessato i rapporti intrattenuti con i loro clienti e ogni altra informazione necessaria ai fini dei controlli fiscali. Anche queste informazioni, che confluiscono nell'Anagrafe tributaria, non sono ancora nella disponibilità della guardia di finanza,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative anche normative per rendere disponibili alla guardia di finanza tutte le informazioni rivenienti dallo scambio automatico d'informazioni, nell'ambito dell'Unione europea e in ambito extra-europeo, tra cui quelle relative ai conti finanziari detenuti all'estero da popolazione residente e alla «rendicontazione Paese per Paese» previste per i gruppi multinazionali, nonché quelle relative ai dati e alle notizie afferenti alle movimentazioni dei conti correnti nazionali comunicati all'Anagrafe tributaria;

   a assumere iniziative, anche normative, volte a rendere disponibile al Corpo della guardia di finanza le informazioni finanziarie, non soltanto per l'attività di contrasto all'evasione e alle frodi fiscali, ma anche per assolvere alle altre complesse funzioni istituzionali di polizia economico-finanziaria di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 68.
(7-00080) «Cancelleri, Caso, Giuliodori, Trano».


   La X Commissione,

   premesso che:

    uno dei fattori che maggiormente influenzano l'andamento dell'economia è l'approvvigionamento energetico. In un certo senso, è stata proprio la grande disponibilità di energia a costo relativamente basso (fondata sullo sfruttamento del petrolio), che ha permesso lo sviluppo economico e sociale della società moderna. L'economia del petrolio, porta con sé numerose problematiche, tra cui:

     riscaldamento globale e cambiamenti climatici: la primavera 2017 è la terza più asciutta dal 1800 ad oggi, con un'anomalia di +1,9 °C. Il riscaldamento globale ha, in gran parte, origine antropica, in particolare a causa dell'emissione di gas serra nell'atmosfera che hanno l'effetto di trattenere parte dell'energia solare riemessa dalla crosta terrestre. Nel corso dell'ultimo secolo sembra che la temperatura media globale sia aumentata di un valore compreso fra 0,6 e 1 °C. Il livello e la temperatura medi dei mari sono cresciuti, quasi tutti i ghiacciai del mondo si stanno ritirando, i deserti si stanno espandendo e i fenomeni atmosferici estremi stanno, purtroppo, diventando assai frequenti;

     inquinamento (impatto sulla salute): altrettanto grave è il problema dell'inquinamento con l'impatto sulla salute umana e animale. L'aria malsana, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità è il fattore ambientale di maggiore rischio per la salute umana, responsabile di circa 7 milioni di decessi nel mondo, ossia il 12 per cento del totale delle morti premature. In Italia, l'inquinamento atmosferico provoca, ogni anno, 850.000 morti premature (il peggiore dato a livello europeo). Secondo uno studio dell'Enea, l'inquinamento accorcia la vita di ciascun italiano di 10 mesi in media (14 nella pianura Padana) e il danno è anche economico (perdita di ricchezza del 4,7 per cento di prodotto interno lordo);

     rischio di esaurimento delle risorse energetiche: lo sviluppo economico straordinario che sta interessando un gran numero di Paesi fino a ieri considerati del «terzo mondo» porta con sé una sempre maggiore domanda di energia da parte di questi Paesi e la parallela diminuzione, sempre più rapida, delle risorse energetiche non rinnovabili, il che dipinge uno scenario molto fosco. Se non si inverte la tendenza, si rischia di marciare verso una crisi energetica, dal momento che le riserve di idrocarburi andranno in esaurimento nei prossimi decenni (si stima che le riserve di petrolio dureranno per circa 70 anni), così come quelle di combustibile nucleare (si stima che le riserve di Uranio potrebbero durare da 55 a 85 anni, sempre che il numero di reattori non aumenti);

    lo sfruttamento dei combustibili fossili (per la generazione termoelettrica, il riscaldamento ed i trasporti) è uno dei fattori di maggiore impatto ambientale, in termini di emissione di gas serra e sostanze;

    per limitare il riscaldamento globale, è stato firmato l'accordo sul clima di Parigi (la cosiddetta COP21), nel dicembre 2015, universale e giuridicamente vincolante, entrato in vigore nel novembre 2016, ratificato da 195 Paesi, che rappresenta una pietra miliare della decarbonizzazione;

    l'ultimo rapporto del panel delle Nazioni Unite sul riscaldamento globale ha segnalato che la situazione è più grave del previsto (entro il 2040 si verificherà un aumento della temperatura media globale di 0,5 °C e 3 °C per la fine del secolo) e, per evitare questo scenario, il mondo ha bisogno di una trasformazione di velocità e portata «senza precedenti storici»;

    la politica energetica dell'Unione europea, nel quadro del funzionamento del mercato interno e tenendo conto dell'esigenza di preservare e migliorare l'ambiente, si articola essenzialmente su linee di intervento che prevedono la sicurezza dell'approvvigionamento, per assicurare una fornitura affidabile di energia quando e dove necessario, garantire il funzionamento del mercato dell'energia e dunque la sua competitività, per assicurare prezzi ragionevoli per utenze domestiche e imprese, la promozione del risparmio energetico e dell'efficienza energetica e lo sviluppo di energie nuove e rinnovabili, attraverso l'abbattimento delle emissioni di gas ad effetto serra e la riduzione della dipendenza da combustibili fossili e la promozione dell'interconnessione delle reti energetiche;

    a giugno del 2018 è stato raggiunto l'accordo tra Consiglio e Parlamento europeo sulla proposta di direttiva sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili (cosiddetta «direttiva rinnovabili»), che indirizzerà le legislazioni degli Stati membri dal 2020 al 2030. Tale direttiva innalzerà il target sulle energie rinnovabili al 32 per cento nel 2030 e riconoscerà il diritto all'autoproduzione, autoconsumo e accumulo di energia elettrica. L'intento della nuova normativa è di produrre benefìci a sostegno delle attività produttive con ricadute dirette, grazie alla riduzione del costo dell'energia elettrica e al miglioramento della competitività delle imprese, e indirette, attraverso il rilancio della filiera coinvolta e il miglioramento della sicurezza energetica;

    per il raggiungimento degli obiettivi europei al 2030 di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile, l'autoproduzione di energia elettrica da fonti rinnovabili per l'autoconsumo in loco avrà dunque un ruolo di crescente importanza. A fine 2016, in Italia, la produzione annua netta di energia prodotta da impianti di generazione distribuita (GD) rinnovabile e consumata in loco ammontava 4,2 TWh. In base ai nuovi obiettivi comunitari al 2030, tale produzione dovrà essere almeno quintuplicata. In questo ampio quadro che guarda le sfide per il prossimo futuro, le attività produttive impegnate nella filiera della green energy sono chiamate a svolgere un ruolo strategico di fondamentale importanza, realizzando un modello di transizione energetica che mira a coniugare innovazione tecnologica e rispetto dell'ambiente, con i benefici occupazionali, economici, di salute e ambientali che ciò comporta;

    il precedente Governo, con il decreto interministeriale 10 novembre 2017 ha approvato la nuova Strategia energetica nazionale (Sen) che pone un orizzonte di azioni da conseguire al 2030, in coerenza con lo scenario a lungo termine del 2050 stabilito dalla Roadmap europea che prevede la de-carbonizzazione e la riduzione di almeno l'80 per cento delle emissioni di gas serra rispetto al 1990; la Sen prevede i seguenti macro-obiettivi di politica energetica:

     a) migliorare la competitività del Paese, al fine di ridurre il gap di prezzo e il costo dell'energia rispetto all'Unione europea, assicurando che la transizione energetica di più lungo periodo (2030-2050) non comprometta il sistema industriale italiano ed europeo a favore di quello extra-UE;

     b) raggiungere in modo sostenibile gli obiettivi ambientali e di de-carbonizzazione al 2030 definiti a livello europeo, con un'ottica ai futuri traguardi stabiliti nella COP21 e in piena sinergia con la Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile. A livello nazionale, lo scenario che si propone prevede il phase out degli impianti termoelettrici italiani a carbone entro il 2025, in condizioni di sicurezza;

     c) continuare a migliorare la sicurezza di approvvigionamento e la flessibilità e sicurezza dei sistemi e delle infrastrutture;

    nel «Contratto» su cui è fondato il Governo, si legge «( ...) il nostro compito è quello di sostenere la “green-economy”, la ricerca, l'innovazione e la formazione per lo sviluppo del lavoro ecologico e per la rinascita della competitività del nostro sistema industriale, con l'obiettivo di “decarbonizzare” e “defossilizzare” produzione e finanza e promuovendo l'economia circolare. Vanno ribaditi e rinnovati i limiti indicati dal principio di sostenibilità:

     per una risorsa rinnovabile (suoli, acqua, foreste), la percentuale sostenibile di impiego non può essere maggiore di quella di rigenerazione;

     per una risorsa non rinnovabile la percentuale sostenibile di impiego non può essere maggiore di quella con la quale è possibile rimpiazzarla con una risorsa rinnovabile (ad esempio: investire parte dei profitti per l'adozione di tecnologie produttive con risorse rinnovabili)»;

    si legge inoltre che «gli immobili capaci di autoprodurre energia rappresentano la sfida del futuro»;

    lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili (Fer) in Italia, è un processo progressivo ed irreversibile, molto più rapido rispetto alle previsioni. Più in generale, il sistema energetico ha recentemente subito una notevole trasformazione tecnologica e questa tendenza risulterà ancora più marcata in futuro, per varie cause, ad esempio, la riduzione dei profitti sulla vendita dell'energia, il decentramento della produzione, la tensione verso il risparmio energetico, l'incremento dell'efficienza e delle Fer;

    la diffusione in atto delle rinnovabili comporterà anche l'aumento della generazione distribuita e incrementerà il ruolo del cosiddetto «prosumer» (produttore-consumatore), il che implica la necessità di individuare una regolamentazione del fenomeno assicurando, da un lato, la sicurezza del sistema, dall'altro, la tutela dei consumatori e l'equa ripartizione degli oneri di rete e di sistema;

    l'energia da Fer presuppone una metodologia di produzione, trasporto e diffusione differente rispetto alle fonti energetiche tradizionali sulle quali sono modellate le attuali reti di distribuzione. Esse, infatti, hanno una struttura a «stella», ossia sono basate su centri di produzione centralizzati (il termine «centrali» non è casuale), ad elevata potenza, che poi distribuiscono l'energia elettrica attraverso una rete trifase di natura unidirezionale. Le Fer, invece, hanno una natura molto differente: essendo per lo più di piccola e media taglia, quindi di bassa potenza, incostanti nella produzione (si pensi al fotovoltaico) e spesso localizzabili solo in determinate zone (si pensi all'eolico) sono maggiormente adatte ad una produzione diffusa sul territorio e, per certi aspetti, maggiormente «democratica». Ma una simile funzionalità, richiede appunto, una filosofia molto diversa nell'approccio della gestione e della distribuzione. Ad esempio, a causa della difficoltà della programmazione della produzione, il loro rendimento migliora se si sfruttano tecnologie di gestione della domanda;

    la transizione in corso e il nuovo paradigma che si sta determinando, basato su generazione intermittente e di piccola taglia, causa già adesso criticità dovute ad una maggiore complessità di gestione, una crescente richiesta di flessibilità dovuta alla minore capacità di programmazione di alcune fonti rinnovabili e una riduzione della capacità termoelettrica (si è già avuta una diminuzione di 15 GW di capacità tra il 2012 ed il 2016). Quindi, l'aumento delle rinnovabili, che è di per sé un fatto estremamente positivo, richiede un'evoluzione delle reti di trasmissione e di distribuzione, altrimenti può generare squilibri nel sistema elettrico;

    l'obiettivo finale di questo processo in atto dovrebbe essere la trasformazione dell'attuale rete di distribuzione, con una «smart-grid», che consiste nell'accoppiare la rete elettrica (e termica) con una rete di scambio di informazione che le permetta di essere gestita in modo «intelligente» ed efficiente: una rete intelligente, modulare, con produzione diffusa dell'energia, capacità di stoccaggio e tecnologia di gestione della domanda, in modo tale da massimizzare l'efficienza energetica, minimizzare le perdite e i costi ed, in tal mondo, diminuire (possibilmente azzerare attraverso l'utilizzazione delle Fer), l'impatto ambientale dell'intero comparto energetico. In pratica, si immagina una generazione «sparsa» di energia (fotovoltaico, micro-eolico, micro-idroelettrico e altro), coinvolgendo i singoli utenti sia come produttori sia come fruitori, rendendoli essi stessi protagonisti della produzione energetica, attraverso vari centri di produzione sul territorio, a potenza limitata (quindi non «centrali»), possibilmente rinnovabili, con la capacità di regolare produzioni e consumi in modo «intelligente», stoccare energia in eccesso e reimpiegarla quando necessario;

    la strategia per facilitare tale transizione potrebbe essere rappresentata dall'implementazione dalle cosiddette «Comunità energetiche» (CE), un insieme di utenze che decidono di fare scelte energetiche comuni al fine di massimizzare i risparmi derivanti dall'utilizzo dell'energia, attraverso soluzioni di generazione distribuita e di gestione intelligente dei flussi energetici;

    i possibili vantaggi derivanti dall'implementazione delle comunità energetiche sono diversi, tra cui la riduzione delle bollette energetiche, l'incremento dell'efficienza e diminuzione delle perdite della rete, la riduzione dell'impatto ambientale. La trasformazione del sistema produrrebbe anche una trasformazione sociale, non solo producendo nuovi posti di lavoro, ma anche ingenerando una maggiore consapevolezza della gestione dell'energia e quindi anche una nuova socialità. Simbolicamente, le Ce impersonano la nuova etica ambientale ed una società più responsabile da un punto di vista dell'approvvigionamento e del consumo energetico e possono valorizzare le risorse energetiche locali, nonché rappresentare un innovativo strumento per sperimentare modelli nuovi di business, di aggregazione e di utilizzo di nuove tecnologie. Esse manterrebbero, comunque, una forte connessione con la rete elettrica e termica, essendo in grado, in caso di necessità, di attingere da essa, o, in caso di surplus di produzione rispetto alle loro necessità, di vendere energia ad altri utenti;

    simbolicamente, le Ce impersonano la nuova etica ambientale e una società più responsabile da un punto di vista dell'approvvigionamento e del consumo energetico e possono valorizzare le risorse energetiche locali, nonché rappresentare un innovativo strumento per sperimentare modelli nuovi di business, di aggregazione e di utilizzo di nuove tecnologie. Esse manterrebbero, comunque, una forte connessione con la rete elettrica e termica, essendo in grado, in caso di necessità, di attingere da essa, o, in caso di surplus di produzione rispetto alle loro necessità, di vendere energia ad altri utenti;

    si calcola che, qualora si sviluppasse anche solo il 5 per cento del mercato potenziale delle Ce, si potrebbe generare un volume di affari pari a circa 29 miliardi di euro ed esse potrebbero contribuire dal 10 al 30 per cento alla riduzione di emissioni previste dalla Strategia energetica nazionale. La riduzione di CO2 potrebbe variare tra 3,3 e 11 milioni di tonnellate/anno e il risparmio del costo legato alle emissioni, tra i 26 e i 78 miliardi di euro/anno;

    i costi dell'investimento iniziale sono ancora molto alti. Per contrastare questo problema, occorrerebbe la presenza di Esco (Energy Service Company) e un nuovo sistema di incentivi. La sfida affinché le Ce possano diventare effettivamente un nuovo paradigma energetico per il nostro Paese, passa attraverso una trasformazione del ruolo delle utility energetiche (ossia gli operatori del settore dell'energia: ENEL, IREN e altri), i cui ricavi non dovranno più consistere prioritariamente nella vendita del bene (energia); esse si dovrebbero evolvere in aziende in grado di fornire, anche, servizi di accompagnamento delle Ce, mettendo a disposizione il proprio know-how;

    la legislazione nazionale, oggi non consente di costituire Ce in forma completa, ma soltanto il cosiddetto «scambio in loco», cioè la reimmissione di energia in surplus nella rete, mentre non prevede lo scambio con altri utenti singoli;

    esistono alcuni riferimenti normativi che riguardano le fattispecie attualmente previste dalla legislazione italiana, assimilabili alle Ce, ossia Seu (Sistemi efficienti di utenza), Seseu, Riu (Reti interne di utenza), SSPC (Sistemi semplici di produzione e consumo, tra cui cooperative e consorzi storici), cooperative elettriche e le Oil Free Zone. In generale, però, non prevedono norme tassative di applicazione di misure di efficienza energetica. L'unica fattispecie che rappresenta una concreta implementazione della comunità energetica è costituita dai sistemi efficienti di utenza (Seu). Di fatto, il legislatore si è limitato a normare stati di fatto, colmando lacune prodotte dall'innovazione tecnologica;

    tale quadro normativo, oltre al fatto di essere essenzialmente concentrato sul sistema elettrico, escludendo quello termico, risulta estremamente frammentario, generico, interpretabile (e spesso interpretato in modo differente) e, soprattutto, manca di una esplicita menzione e di una esplicita normazione per le Ce. Ciò è causa di notevoli ritardi nello sviluppo delle stesse in Italia; pesano, inoltre, i problemi legati alla sostenibilità finanziaria del sistema ed il fatto che manchi uno scenario di sviluppo a lungo termine, con la valutazione che tale impatto potrebbe avere sul sistema nazionale, ad esempio, in termini di sicurezza delle reti e sulla distribuzione. Altro aspetto rilevante è il fatto che il tema delle Ce sia al centro di un complesso nodo di interessi da parte di vari attori in campo (Utility, produttori da Fer, distributori, utenti) ed è difficile pertanto intervenire normativamente dovendo alterare interessi consolidati;

    molti Paesi europei, soprattutto quelli dell'Europa del nord, sulle Ce sono molto avanti. Spesso, non sussistono specifiche politiche per le CE e le Smart Grid, ma vi sono molte condizioni favorevoli alla loro costituzione, principalmente per quanto riguarda la componente elettrica, in genere in connessione con le Fer, che sono più facilmente soggette alla produzione individuale e microproduzione: esse sono spesso fiscalmente incentivate e veicolano la costituzione di Ce, in relazione alla tensione verso la sostenibilità ambientale;

    il contrasto dei fattori inquinanti, la tutela dell'ambiente, del clima, della salute e della biodiversità dovrebbero essere prioritari rispetto anche a tematiche pure importanti come economia e occupazione e dovrebbero essere la principale priorità per qualsiasi partito o qualsiasi Governo;

    la società del petrolio e, in generale, degli idrocarburi, ha permesso gran parte del benessere attuale dell'umanità, ma, a causa delle emissioni prodotte della loro combustione, ha effetti deleteri sulla salute e sul clima;

    questa tendenza va invertita ed è assolutamente imprescindibile uno scatto in avanti, un atto di coraggio che aggredisca in modo sostanziale le suddette problematiche;

    è imperativo produrre ogni sforzo verso una transizione in direzione di un nuovo modello di approvvigionamento, distribuzione e consumo energetico. La tensione verso un sistema energetico sostenibile deve essere sostanzialmente rivolta verso due direzioni:

     la massima riduzione possibile della dipendenza da combustibili fossili o comunque da processi ad elevata emissioni di gas serra e sostanze inquinanti (quindi transizione verso le Fer);

     il massimo dell'efficienza energetica;

    è essenziale valutare anche l'impatto ambientale provocato dalla Fer;

    è essenziale un ripensamento della logistica di produzione, trasporto e distribuzione dell'energia elettrica e termica, nell'ottica del risparmio (sia energetico che economico), dell'efficienza e dell'adattabilità rispetto ad un sistema che sta rapidamente cambiando;

    per le utility e per i distributori di energia tutto ciò costituisce una straordinaria opportunità di innovazione tecnologica e di mercato, posto che il valore economico del loro prodotto principale, ossia la produzione di energia, è in forte declino;

    occorre una nuova normativa che faciliti la diffusione delle Ce e che favorisca l'efficienza energetica e l'innovazione tecnologica;

    sarebbe anche opportuno un nuovo regime di incentivazione per la costituzione di Ce;

    occorre, pertanto, una nuova normativa, che faciliti la diffusione delle Ce e che dovrebbe favorire l'efficienza energetica e l'innovazione tecnologica, valorizzando lo sviluppo della cosiddetta «Smart Energy», tecnologia che può determinare un salto di qualità delle Ce fornendo l'intelligenza e gli strumenti per evolvere le stesse da autoproduttori, a soggetti che autoconsumano e si autopagano. Sarebbe anche opportuno, un nuovo regime di incentivazione (l'esenzione dal pagamento degli oneri di sistema, oggi confermato dalla normativa per l'energia autoconsumata, è in realtà una forma di incentivazione indiretta), che amplii ed eventualmente vincoli quella oggi prevista per le Fer alla costituzione di Ce,

impegna il Governo:

   a elaborare un'iniziativa normativa che permetta lo scambio di energia fra utenti, e consenta di sperimentare soluzioni intermedie che anticipino la prospettiva di uno sviluppo esteso delle comunità energetiche, nonché favorisca l'implementazione operativa delle soluzioni più promettenti in termini energetici e di ricaduta sociale;

   ad adottare iniziative normative per la predisposizione di un testo unico, specificamente dedicato alla regolamentazione ed allo sviluppo delle comunità energetiche, che riprenda, sostituisca ed unifichi anche la legislazione frammentaria che, attualmente, regolamenta gli istituti assimilabili alle comunità energetiche (Sistemi efficienti di utenza, Sesu, Riu, cooperative energetiche, autoproduzione, Oil Free Zone, e altre) secondo i seguenti princìpi:

    a) favorire l'evoluzione delle utility energetiche da semplici produttori e venditori di risorse energetiche a Esco, che possano assumere il rischio dell'iniziativa, liberando il cliente finale da ogni onere organizzativo e di investimento, suddividendo fra la Esco ed il cliente finale, i risparmi economici ottenuti, e che siano fornitrici di servizi e «know how» atti a favorire consulenza ed appoggio sia logistico, sia economico per lo sviluppo di Ce;

    b) intervenire sul regime fiscale affinché vengano introdotte forme di incentivazione verso le Fer (contributi, sovvenzioni e altre forme di incentivazione economica) che possano essere, almeno in parte, legate allo sviluppo di Ce e le utility energetiche siano economicamente incentivate a trasformarsi in erogatori di servizi per le comunità energetiche;

    c) introdurre strumenti come le feed-in-tariff; prevedendo che i costruttori di impianti eolici debbano offrire una percentuale di quote a coloro che abitano entro una certa distanza dall'impianto e dare a un terzo soggetto aggregatore, la possibilità di assumersi il rischio economico del bilanciamento;

    d) incentivare la ricerca delle tecnologie abilitanti, in particolare quelle di stoccaggio;

    e) precisare un livello di opportunità delle fonti rinnovabili, in modo che esse non possano essere portate ad avere impatti ambientali locali negativi: ad esempio, escludere campi fotovoltaici posati a terra o, in generale, azioni che possano consumare nuovo suolo boschivo o agricolo (posarle solo su suolo già consumato) e, in ogni caso, limitare lo sfruttamento massiccio del patrimonio boschivo, verificando la possibilità di utilizzo delle centraline idroelettriche su corsi d'acqua naturali, in modo tale che non provochino danni alla fauna ittica;

    f) a identificare chiaramente un ruolo di guida evitando confusione tra la funzione del gestore/partecipante alla Ce e il ruolo di garante, in particolare esplicitare il compito che dovrebbe assumere l'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera) rispetto alle «comunità energetiche»;

    g) a creare una corsia privilegiata, per la realizzazione di Ce per le amministrazioni pubbliche (sulla scia di quanto già previsto dalla delibera dell'Arera 570/2012/R/efr che facilita la sperimentazione laddove le utenze siano enti pubblici sotto i 20.000 abitanti).
(7-00079) «Bonomo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   nella regione Campania esistono diciotto case di cura private polispecialistiche che non raggiungono lo standard strutturale di 60 posti letto ospedalieri accreditati previsto dal decreto ministeriale n. 70 del 2015, come si evince dalla lettura delle tabelle n. 47, 48, 49, 50, 51, e 52 del piano ospedaliero regionale approvato con decreto del commissario ad acta n. 8/2018;

   ci si riferisce in particolare alle diciotto case di cura private polispecialistiche di seguito elencate e suddivise per macroarea:

    a) macroarea Avellino/Benevento (DCA n. 117/2014): 1. Villa Maria-Villa Julie, di Mirabella Eclano (AV), (40 p.l.); 2. Villa Ester, di Avellino, 49 p.l.; 3. Cura et Sanat San Francesco, di Telese Terme (BN), (57 p.l.); 4. Casa di Cura Ge.Po.S., di Telese Terme (BN), (55 p.l);

    b) macroarea Caserta (DCA n. 131/2014): 1. S. Anna S.r.l. di Caserta, (48 p.l.); 2. Villa Fiorita di Aversa, (34 p.l.); 3. S. Paolo di Caserta, (50 p.l.); 4. Minerva Santa Maria della Salute di Capua Vetere, (50 p.l.); 5. Villa Ortensia di Capua, (55 p.l.);

    c) macroarea NA 1 – Centro (DCA n. 118/204): 1. Villa delle Querce di Napoli, (55 p.l,); 2. Ospedale Internazionale di Napoli, (30 p.l.); 3. Clinica Vesuvio di Napoli, (33 p.l.);

    d) macroarea NA 2 – Nord (DCA n. 119/204): 1. Villa Maione di Villaricca, (50 p.l.); 2. Clinica Sant'Antimo di Casandrino, (50 p.l.);

    e) macroarea NA 3 – Sud (DCA n. 132/204 e ss.ii.): 1. La Madonnina di San Gennaro Vesuviano, (50 p.l.); 2. Santa Maria La Bruna di Torre del Greco, (40 p.l.); 3. Meluccio di Pomigliano D'Arco, (30 p.l.); 4. Meluccio ex San Felice di Pomigliano D'Arco (40 p.l.);

   dette case di cura erogano prestazioni sanitarie a carico del servizio sanitario regionale in violazione del divieto contenuto nell'articolo 2.5 dell'allegato al decreto ministeriale n. 70 del 2015 che dispone, a far data dal 1° gennaio 2017, la non sottoscrivibilità di contratti ex articolo 8-quinquies del decreto legislativo n. 502 del 1992 con le case di cura sotto la soglia di 60 posti letto. La soglia di 60 posti letto è ormai stabilita dal decreto ministeriale n. 70 del 2015, oltre che come condizione di sottoscrivibilità degli accordi, anche come soglia di accreditabilità delle case di cura private;

   per tale motivo, la presenza in regione Campania di cliniche private sotto la soglia di accreditabilità e di sottoscrivibilità dei contratti potrebbe costituire, da un lato, un pericolo per la salute dei pazienti che vengono curati in strutture che non rispettano i necessari standard ospedalieri, dall'altro un danno erariale per il sistema sanitario ad esclusivo vantaggio dei privati;

   il citato articolo 2.5 dell'allegato al decreto ministeriale n. 70 del 2015 imponeva al commissario ad acta De Luca di disporre la fusione o la riconversione delle summenzionate 18 cliniche private, obbligo che però secondo gli interpellanti è stato disatteso;

   infatti, il piano ospedaliero varato dal commissario programma per nove delle suddette cliniche un aumento di posti letto del tutto funzionale ad ottenere il raggiungimento della quota 60 posti letto, misura non prevista dal decreto ministeriale n. 70 del 2015, una riconversione e nulla per le altre otto;

   in regione Campania, a fronte di una massiccia presenza di case di cura sotto la soglia di 60 posti letto si registra al contempo una totale carenza di ospedali Dea di I livello: ne esiste appena uno (quello di Nocera Inferiore), a fronte di un fabbisogno ricompreso tra un minimo di 20 strutture (una ogni 300.000 abitanti circa) ed un massimo di 39 (una ogni 150.000 abitanti), così come previsto ex articolo 2.3 del decreto ministeriale n. 70 del 2015;

   il commissario De Luca, con il decreto n. 8/2018, ha programmato l'istituzione di appena otto nuovi Dea di I livello, un numero del tutto insufficiente, motivo per cui la regione, a giudizio degli interpellanti, non rispetta gli standard di cui all'articolo 2.3. del decreto ministeriale n. 70 del 2015. La mancata programmazione dei necessari Dea di I livello sembrerebbe del tutto funzionale a garantire l'esistenza delle diciotto summenzionate microcliniche private che, peraltro, non sono in possesso degli standard ministeriali –:

   se il Governo intenda adottare le iniziative di competenza affinché il commissario ad acta modifichi il piano ospedaliero varato con il decreto commissariale n. 8/2018, tanto da assicurare:

    a) il rispetto degli standard ospedalieri relativi alla sanità privata, riducendo il numero delle cliniche con meno di 60 posti letto mediante le prescritte procedure di fusione e riconversione così come previsto dall'articolo 2.5 dell'allegato al decreto ministeriale n. 70 del 2015;

    b) il rispetto degli standard ospedalieri relativi alla sanità pubblica, aumentando il numero degli ospedali Dea di I livello così da raggiungere la soglia minima di 20 strutture ai sensi dell'articolo 2.3 dell'allegato al decreto ministeriale n. 70 del 2015;

   considerato che il commissario ad acta De Luca, ad avviso degli interpellanti, ha disatteso il compito di riportare la regione Campania entro gli standard del decreto ministeriale n. 70 del 2015, se il Governo non intenda adottare le iniziative di competenza per rimuovere il Commissario dalla carica.
(2-00152) «Maraia, Cillis, Cunial, Cadeddu, Alberto Manca, Del Sesto, Cimino, Grimaldi, Di Sarno, Manzo, Gubitosa, Giovanni Russo, Del Monaco, Iorio, Pallini, Di Lauro, Papiro, Di Stasio, Nappi, Menga, Troiano, Sapia, Provenza, Lapia, Bologna, Lovecchio, Angiola, Misiti, Ianaro, Caso, Maglione, Marzana, Iovino, Gallo, Frate, Acunzo, D'Arrando, Sarli, Mammì, Sportiello, D'Uva».

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:

   il sito di interesse nazionale in emergenza per l'inquinamento, denominato «SIN Valle del Fiume Sacco», si estende lungo tutto il corso del fiume attraversando le due province di Roma e Frosinone, raggiungendo un'estensione in lunghezza di circa 50 chilometri da Colleferro (Rm) a Falvatena (Fr);

   detto Sin comprende parte dei territori comunali di 17 comuni, solo per la provincia di Frosinone all'interno dell'area perimetrale; posizionate lungo il corso del fiume a pochi chilometri le une dalle altre, insistono 3 aree del Consorzio sviluppo industriale (ASI) della provincia di Frosinone: Anagni, Frosinone-Ceccano, Pofi-Ceprano;

   nello specifico, secondo i dati Asi, i 3 agglomerati industriali possono essere così descritti, l'agglomerato di Anagni conta circa 161 aziende industriali ricadenti nel Sin; l'agglomerato di Frosinone in cui operano 588 aziende; infine, l'agglomerato di Ceprano, in cui le aziende di tipo industriale che operano nel perimetro Sin sono circa 52;

   il totale delle aziende che svolgono attività industriale incluse negli agglomerati Asi e nella perimetrazione del Sin Valle del Sacco della provincia frusinate è pari a circa 800, la maggior parte delle quali sfrutta impianti considerati ad alto impatto ambientale;

   le aree incluse all'interno del Sin contengono impianti industriali che in molti casi insistono sul territorio da oltre 40 anni; le acque del fiume Sacco sono state giudicate di qualità pessima dalle competenti autorità, lungo tutto il suo percorso; la qualità dell'aria di tutta la Valle è compromessa da molti sforamenti ai limiti imposti dalla normativa vigente;

   lo stato di emergenza ambientale è stato dichiarato a casa dell'inquinamento da β-esaclorocicloesano con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 19 maggio 2005; con la legge n. 248 del 2005 il sito è stato aggiunto all'elenco dei Sin di cui al comma 4 dell'articolo 1 della legge 9 dicembre 1998, n. 426, L'origine dell'inquinamento è duplice, essendo infatti legata alla contaminazione delle acque del fiume con β-esaclorocicloesano riscontrata negli anni 2000 e alla massiccia presenza di discariche abusive o autorizzate ma sovraccariche;

   nell'ottobre del 2017 con apposita nota l'Ispra ha trasmesso al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'elenco dei siti all'interno del Sin con maggiore priorità di intervento;

   il 21 marzo 2018 è stato sottoscritto l'accordo tra Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero dello sviluppo economico, regione Lazio e Invitalia per la creazione di una «cabina di regia» per la bonifica e la reindustrializzazione del Sin della Valle del fiume Sacco, con la finalità di accelerare i procedimenti di bonifica;

   ad agosto 2018 inoltre è stata istituita una cabina di regia per coadiuvare gli enti competenti nella redazione del nuovo piano regionale per la gestione dei rifiuti del Lazio;

   nell'area interessata dal Sin della Valle del fiume Sacco, nonostante le pessime condizioni ambientali certificate dai decreti sopra citati, continuano a pervenire agli uffici regionali ulteriori richieste di autorizzazioni, con la finalità di costruire nuovi impianti ad alto impatto ambientale. Solo negli ultimi due anni sono stati presentati circa 20 nuovi progetti di impatti ad alto impatto ambientale di varia natura, anche di trattamento rifiuti, sottoposti per legge a valutazione di impatto ambientale;

   l'articolo 199, comma 6, del decreto legislativo n. 152 del 2006, e successive modificazioni e integrazioni, prevede che i piani per la bonifica delle aree inquinate siano parti integranti dei rispettivi piani regionali per la gestione dei rifiuti, proprio per rispettare i principi normativi legati alla non proliferazione del degrado ambientale in zone già caratterizzate come inquinate e sottoposte a bonifica –:

   quale sia l'attività svolta sinora dalla cabina di regia relativa al Sin Valle del fiume Sacco;

   se si intenda acquisire da detta cabina di regia anche un report sulle attività svolte in merito al recupero ambientale delle aree meno critiche;

   se intenda adottare le iniziative di competenza, anche normative, atte a contenere o sospendere il rilascio di titoli autorizzativi per la realizzazione di nuovi impianti ad elevato impatto ambientale nelle aree comprese nei siti di interesse nazionale e in quelle limitrofe, sino all'espletamento delle necessarie procedure di bonifica;

   se si intendano adottare iniziative per definire protocolli per tutti i siti di interesse nazionale, di concerto con le regioni e gli enti di controllo, contenenti specifiche prescrizioni di cui tenere conto per la realizzazione di nuove infrastrutture e impianti aventi impatto ambientale all'interno di aree produttive ricadenti nei loro perimetri;

   se l'attività della cabina di regia per il piano rifiuti della regione Lazio includerà anche iniziative di supporto al dovuto aggiornamento del piano regionale delle bonifiche, tenuto conto dell'attività svolta nel bonifica del Sin.
(2-00151) «Ilaria Fontana, Daga, Deiana, D'Ippolito, Federico, Licatini, Alberto Manca, Maraia, Ricciardi, Rospi, Terzoni, Traversi, Varrica, Vianello, Vignaroli, Zolezzi, D'Uva».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GALLINELLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la discarica Le Crete, gestita dalla società Acea Ambiente Srl, è un cratere artificiale di 84 mila metri quadrati, aperto nei calanchi di argilla che chiudono la riva sinistra del fiume Paglia, sito in località di Pian del Vantaggio ad Orvieto;

   la discarica è stata più volte oggetto di attenzione da parte della procura della Repubblica di Orvieto: già negli anni ’90 fu avviata un'indagine per verificare la quantità di liquami di rifiuti presenti nel fiume Paglia a seguito di importanti eventi meteorologici;

   nel corso degli anni l'Acea, il comune di Orvieto e la regione Umbria, strinsero vari accordi per accogliere presso Le Crete rifiuti provenienti da altre regioni, in particolare dalla Campania e da Napoli, anche durante l'emergenza dei primi anni duemila. Su tali accordi si indagò a vario titolo, sia relativamente all'eccessiva quantità di rifiuti pervenuta in discarica rispetto ai protocolli firmati, sia sulla qualità non conforme degli stessi, tanto che si diffusero indiscrezioni anche sulla presenza di rifiuti radioattivi;

   nel marzo 2015, il gestore della discarica, con nota prot. 100/15/PC dichiarava che nel corso delle ordinarie procedure di controllo del sito industriale Le Crete, era stato rilevato il superamento del Csc per il parametro del mercurio; tali valori vennero confermati anche dall'Arpa con la pubblicazione del monitoraggio 2014 relativo alle discariche dell'Umbria, e in seguito venne richiesta da più parti l'effettuazione di ulteriori controlli;

   è importante ricordare che il fiume Paglia versa già in una situazione compromessa dal punto di vista ambientale a causa degli sversamenti delle miniere di cinabro del Monte Amiata, tanto da costringere l'interdizione della pesca volta al consumo alimentare;

   nel giugno 2018 l'Arpa, anche in accordo con regione Umbria e comune di Orvieto, ha richiesto ad Acea di realizzare monitoraggi straordinari nella discarica per verificare le reali condizioni del sito e l'eventuale presenza di contaminazioni del suolo e sottosuolo dovute al conferimento, anche passato, di rifiuti pericolosi;

   tali controlli avrebbero dovuto essere effettuati con il georadar, uno strumento non invasivo che, attraverso campi elettromagnetici, è in grado di verificare la presenza di fenomeni di inquinamento anche a diversi metri di profondità;

   l'Acea ha risposto alla richiesta in senso negativo, adducendo la asserita mancanza di idonei e comprovati presupposti normativi;

   da diverse fonti di stampa emerge che già due anni fa il consiglio regionale dell'Umbria aveva dato il «via libera» all'utilizzo del georadar all'interno della discarica Le Crete per verificare la presenza di sostanze pericolose per la salute dei cittadini;

   ad avviso dell'interrogante, anche tenendo conto dell'ampiezza del concetto di controllo elaborato nel contesto del nuovo sistema agenziale, la tutela della salute dei cittadini e dell'integrità delle matrici ambientali non dovrebbe essere posposto ad alcun ostacolo burocratico o inerzia per di più da parte del gestore di una discarica –:

   se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se ritenga opportuno promuovere, per quanto di competenza, una verifica da parte del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente presso la discarica Le Crete di Orvieto nell'ottica di avere una visione più approfondita del problema dell'inquinamento del fiume Paglia su cui il sito di smaltimento rifiuti insiste;

   se non ritenga opportuno adottare iniziative normative finalizzate a prevedere controlli straordinari da parte delle autorità pubbliche preposte alla protezione e alla tutela ambientale in casi come quello sopra richiamato.
(5-00789)


   VIANELLO, D'IPPOLITO, ALBERTO MANCA e TRAVERSI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nell'ambito di Rete Natura 2000, segnatamente, nel sito di interesse comunitario e zona di protezione speciale IT9130007 deliberazione della giunta regionale e nell’International Bird Area (IBA) n. 139, entrambe denominate «Area delle Gravine», si colloca l'inceneritore del comune di Massafra, in Contrada Console, riferibile alla società Appia Energy s.r.l.;

   l'area interessata dall'attività svolta dalla centrale termoelettrica, e specificamente da un intervento di raddoppio dell'inceneritore medesimo, è oggetto di particolare tutela ambientale e paesaggistica, ricadendo, in parte, nella zona protetta sopracitata in cui si trova una gravina, originatasi da corsi d'acqua, in parte, in un'area che rientra nella categoria «boschi e macchie» ed, in parte, nell'area del Parco naturale regionale «Terra delle Gravine»;

   al riguardo, dalla puntata della trasmissione Striscia la Notizia, servizio di Pinuccio, andata in onda il 1o ottobre 2018, si apprende che l'area boschiva sarebbe stata del tutto estirpata. In questo senso, sempre il servizio citato, richiama un atto dell'Avvocatura provinciale che ritiene essersi verificato addirittura un «repentino spostamento dovuto alla mano dell'uomo», vale a dire che «una evidente vegetazione boschiva di colpo si [sarebbe] vaporizza[ta]», e «sono evidenti incisioni lasciate dai denti di un escavatore meccanico». Il medesimo servizio giornalistico presenta immagini assai chiarificatrici dei luoghi prima e dopo l'assunto intervento dell'uomo;

   si aggiunga che l'Arpa Puglia ha effettuato un controllo sull'inceneritore di Massafra e sul progetto di raddoppio, constatando un lungo elenco di non conformità e criticità varie: a titolo esemplificativo, mancata implementazione del sistema di campionamento in continuo per la determinazione del contenuto di diossine e furani dal camino; non conforme gestione delle acque di seconda pioggia; non conformità nella gestione del controllo in ingresso allo Stabilimento del Cdr/Cssi non corretto monitoraggio delle acque sotterranee;

   questi rilievi, unitamente alla riferita circostanza relativa alla parte boschiva, rischiano, ad avviso degli interroganti, di compromettere l'area oggetto di tutela relativamente alla conservazione degli habitat naturali, della relativa flora e della fauna selvatica –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e di quali elementi disponga, per quanto di competenza, circa la questione dell'estirpazione dell'area boschiva in un territorio che è parte di un sito di interesse comunitario e di una zona di protezione speciale;

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di tutelare un territorio di importante interesse ambientale e paesaggistico che necessita di particolari forme di salvaguardia.
(5-00794)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MAZZETTI e SILLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nella città di Prato, il viale Leonardo Da Vinci, comunemente denominato «declassata», è la viabilità principale in direzione est-ovest e divide in due l'intera città. All'altezza del Soccorso, è presente un restringimento, a due corsie, della sede stradale, che provoca forti rallentamenti della circolazione e evidenti disagi;

   nel 2014 l'amministrazione comunale ha deciso di eseguire, in quel punto, il raddoppio delle carreggiate realizzando un sottopasso di circa 700 metri;

   nel 2016 l'amministrazione comunale ha siglato un accordo con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la regione Toscana e l'Anas (Azienda nazionale autonoma delle strade). Nell'accordo si dà atto della richiesta di statalizzazione del viale Leonardo da Vinci e si affida ad Anas la progettazione del sottopasso;

   l'opera, che costerà oltre 46 milioni di euro, è in buona parte coperta da fondi statali;

   numerose e importanti sono le criticità legate alla realizzazione dell'opera (sia per il periodo di apertura del cantiere che a opera terminata e attivata) e segnalate da Arpat e Autorità di bacino. Tra le diverse criticità si segnalano: a) l'allarme relativo alla falda, in quanto non vi è alcuna garanzia che le operazioni di costruzione vengano svolte al di sopra del livello della falda e questo comporta dei rischi non solo idraulici ma anche di contaminazione degli inquinanti contenuti in essa. A questo contribuisce il livello medio alto di permeabilità degli inquinanti, anziché medio basso, indicato dall'Anas. Peraltro, l'Arpat sottolinea che non sono stati considerati tutti i pozzi ad uso acquedottistico presenti nella zona e che non sono escluse contaminazioni; b) l'effetto barriera o diga; c) gli accertamenti sul rumore a tunnel aperto non sono stati fatti considerando tutti i ricettori e la stima dei livelli sonori ha considerato solo la fascia di pertinenza dell'infrastruttura di 100 metri di ampiezza. L'Arpat ne indica almeno 150. Inoltre, va considerata anche la presenza di insediamenti produttivi e industriali; d) la gestione materiali di scavo e di demolizione. Sotto questo aspetto l'Arpat ha segnalato che la discarica di Prugnana a Barberino di Mugello non è attiva e non è prevista la sua attivazione; per quella di Serravalle Pistoiese ne va verificata la disponibilità a raccogliere tali materiali. Peraltro, sono sensibilmente diversi i dati relativi alle terre da smaltire: la relazione tecnica parla di 270.000 metri cubi mentre nello studio preliminare di 160 mila metri cubi;

   anche in conseguenza di quanto suesposto e delle osservazioni di Arpat e Autorità di bacino distrettuale dell'Appennino settentrionale, il comune di Prato ha deciso che il progetto di interramento deve essere sottoposto a valutazione di impatto ambientale;

   sarà una valutazione di impatto ambientale nazionale in quanto tra poche settimane sarà formalizzato il passaggio di competenza del viale Leonardo da Vinci dal comune ad Anas, che quindi realizzerà l'intervento di interramento –:

   se non si ritenga di prevedere tempi certi per l'esame della valutazione di impatto ambientale anche in considerazione delle criticità idriche note ed attualmente emerse;

   se non si intenda valutare la possibilità, di concerto con gli enti territoriali, di adottare iniziative per ripristinare il progetto preliminare a suo tempo approvato, di viadotto in elevazione.
(4-01447)


   ALBERTO MANCA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   uno dei temi centrali del territorio della provincia di Nuoro è quello della bonifica del sito industriale Ottana-Bolotana. Nel corso degli anni varie campagne di caratterizzazione hanno messo in evidenza il superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione (csc) in determinate aree dello stesso. Tali rilevazioni non risultano essere state accompagnate da adeguate attività di bonifica, anche a causa della inspiegabile paralisi che talvolta, ha, ad avviso dell'interrogante, irragionevolmente colpito le procedure di «analisi del rischio sito specifica», alcune delle quali non ancora portate a termine. Inoltre, nonostante questi campanelli d'allarme e l'elevata concentrazione industriale della zona, estesa su una superficie di 340 ettari nei quali trovano spazio oltre sessanta aziende (molte delle quali ormai inattive), diversi settori della stessa non risultano ad oggi adeguatamente monitorati (e di conseguenza non bonificati, ove necessario), né dai soggetti responsabili della contaminazione né dai proprietari dei siti né dagli altri soggetti interessati né dal comune territorialmente competente né dalla regione (articolo 250 del decreto legislativo n. 152 del 2006). Lo scenario che emerge dall'esame delle relazioni tecniche dei citati piani, realizzati in aree e periodi diversi e ciascuno dei quali caratterizzato da un proprio modus operandi, non appare pertanto idoneo a delineare in maniera univoca lo stato di salute ambientale dell'intero sito. Nel mese di luglio 2018 la regione ha aggiornato il piano regionale bonifica delle aree inquinate, la cui relazione tecnica evidenzia che «Tutte le aziende che hanno operato nell'area sono dei potenziali centri di pericolo, che potrebbero contribuire o aver contribuito, con le materie prime, i prodotti o i rifiuti, alla contaminazione del suolo o delle acque superficiali e sotterranee»;

   malgrado ciò e nonostante da parte di varie aziende al momento non risulti attivato alcun procedimento di caratterizzazione, la relazione citata prevede in un solo caso la necessità di attivare la procedura di cui al citato articolo 250 per l'esercizio del potere sostitutivo della regione. In altri casi, la relazione si limita a riscontrare che, in seguito, all'avvio delle attività di caratterizzazione, non risultano avanzamenti dello stato del procedimento, senza prevedere il ricorso al potere sostitutivo. Si rileva inoltre il procrastinamento della fase di definizione dei confini di proprietà e di individuazione dei soggetti titolari dei procedimenti di bonifica –:

   se il Ministro sia a conoscenza, per quanto di competenza, della situazione descritta in premessa;

   se, viste quelle che l'interrogante giudica la frammentarietà e l'incompiutezza della pianificazione regionale di fronte ad una problematica di così elevata importanza per la tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini, non intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, anche attraverso lo stanziamento delle opportune risorse finanziarie, al fine di definire compiutamente le metodiche investigative e gli obiettivi di queste, elaborando altresì un piano organico d'azione basato su una gestione sistematica ed omogenea degli interventi da attuarsi all'interno del sito industriale in questione.
(4-01449)


   CRISTINA e RUFFINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nel comune di Pieve Vergonte, in provincia del Verbano Cusio Ossola, è in corso la bonifica del sito produttivo industriale «Ex Enichem», pesantemente inquinato da ddt e altre sostanze chimiche che da lì, attraverso il rio Marmazza e il fiume Toce, sono arrivate fino al lago Maggiore;

   stando a quanto riportato da un articolo del quotidiano La Stampa – edizione Novara e Verbano Cusio Ossola del 18 ottobre 2018, il cantiere per la prevista deviazione del rio Marmazza non può essere aperto poiché il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non provvede ad avviare la pratica relativa ad una variante di progetto proposta in corso d'opera dalla società Syndial, incaricata della bonifica;

   gli enti locali, come affermato dal sindaco di Pieve Vergonte, hanno già espresso parere favorevole in vista della necessaria conferenza di servizi e che gli stessi sono stati convocati dal suddetto Ministero inizialmente per il mese di settembre 2018, poi l'11 ottobre 2018 e infine la riunione è stata rinviata a data da destinarsi;

   sempre secondo il suddetto articolo la ragione del ritardo sarebbe data «dallo stato di agitazione del personale della società che fornisce agli uffici ministeriali consulenza tecnica e legale» –:

   se trovi conferma quanto esposto in premessa circa la causa del grave ritardo nell'avvio della pratica da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;

   in caso affermativo, se il Ministro interrogato non intenda avvalersi di professionalità esterne in relazione a quanto esposto in premessa, e se nell'organico del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare siano presenti le figure professionali con le competenze richieste;

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere per avviare nei tempi più brevi possibili l’iter per la variante del progetto e consentire così al cantiere di procedere.
(4-01453)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta orale:


   TIRAMANI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   le Soprintendenze della regione Piemonte svolgono importanti competenze in materia di salvaguardia e di tutela del patrimonio culturale, paesaggistico e ambientale;

   tuttavia, negli ultimi anni le attività delle Soprintendenze si sono distinte per l'eccessivo dilatarsi dei tempi di risposta nell'espressione di pareri o nel rilascio di autorizzazioni, paralizzando di fatto l'attività edilizia su tutto il territorio regionale e alimentando diversi contenziosi;

   si registrano, ad esempio, a quanto consta all'interrogante, tempi di circa sei mesi per un parere per dare il «via» a un progetto di riqualificazione di un centro storico, per non parlare delle disfunzioni e carenze da parte del personale degli uffici delle stesse –:

   quali iniziative, anche di tipo normativo, ritenga opportuno adottare al fine di sanare una situazione che crea disagio e ritardi.
(3-00261)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VII Commissione:


   ASCANI, PICCOLI NARDELLI, ANZALDI, CIAMPI, DI GIORGI, FRANCESCHINI, PRESTIPINO, ROSSI e FRAGOMELI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   in data 8 marzo 2018 è stato adottato il decreto del segretario generale in merito al progetto «Bellezz@-Recuperiamo i luoghi culturali dimenticati», il quale ha individuato la documentazione che gli enti attuatori dei primi 271 interventi relativi al progetto dovevano presentare per poter accedere alla successiva fase di stipula della convenzione con il Ministero per i beni e le attività culturali, concernente le modalità di erogazione del finanziamento e di verifica sull'esecuzione delle opere;

   non appare chiaro se il termine del 12 giugno 2018 per la presentazione della documentazione sia da considerarsi improrogabile, quali e quanti enti abbiano risposto entro il termine e se gli enti vincitori, ai quali non è stata data comunicazione dei termini, possano rientrare negli interventi di finanziamento –:

   se non intenda fare chiarezza su come e quando verranno assegnati i finanziamenti stanziati per il progetto «Bellezz@-Recuperiamo i luoghi culturali dimenticati».
(5-00795)


   TOCCAFONDI e FUSACCHIA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   il corridoio Vasariano a Firenze fu realizzato in cinque mesi per volere del granduca Cosimo I de’ Medici nel 1565 dall'architetto Vasari;

   il Corridoio Vasariano è un percorso di circa 1 chilometro che collega la Galleria degli Uffizi con Palazzo Pitti. Ad oggi il Corridoio ha perso la sua funzione originaria di passaggio interno tra i due edifici ed è un piccolo museo a parte rispetto alla celebre Galleria;

   la cosa che colpisce di più del Corridoio Vasariano, oltre alla piacevolezza delle opere che vi sono esposte, è la sua posizione sopraelevata ed assolutamente privilegiata, che consente di attraversare alcuni dei punti più belli del centro storico di Firenze;

   preme sottolineare come il Corriere Fiorentino, in data 5 ottobre 2018, abbia definito il Corridoio Vasariano come il «Corridoio degli sfregi». Il quotidiano riporta: «Il loggiato del Corridoio Vasariano, quello che dà su lungarno Archibusieri, è forse l'esempio più impressionante di una sconfitta del vivere civile. Le colonne, oramai, sono completamente ricoperte da migliaia di frasi in diverse lingue, da parolacce, da nomi e cuori, da date (che vanno dal 2016 al 2018) e da disegni talvolta incomprensibili»;

   in merito alle scritte sui muri, riporta sempre il Corriere: «Frasi che in questi anni nessuno ha cancellato perché il loggiato è sotto tutela da parte della soprintendenza e né il Comune né gli Angeli del Bello possono intervenirci, ma solo gli Uffizi che ne sono proprietari»;

   Antonio Godoli, curatore del patrimonio architettonico degli Uffizi e del Vasariano, intervistato sulla questione, rassicura, affermando che: «L'amministrazione degli Uffizi avverte questo problema, per questo finanzierà i progetti per la ripulitura del loggiato che partiranno subito dopo l'intervento al Corridoio, i cui lavori inizieranno a breve»;

   esistono realtà associative a Firenze, come per esempio gli Angeli del Bello, che hanno proprio come mission la cura della città, la valorizzazione della bellezza e il recupero del decoro, ma che non possono intervenire nel caso specifico senza una particolare autorizzazione da parte della Soprintendenza e della Galleria degli Uffizi;

   la speranza è che tali atti vandalici possano essere evitati per il futuro, anche semplicemente con la sistemazione delle telecamere di sorveglianza, già presenti ma mal posizionate –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per ovviare a tale incresciosa situazione, tenendo presente la possibilità di avvalersi di associazioni come gli «Angeli del Bello».
(5-00796)


   MOLLICONE, FRASSINETTI e BUTTI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   il 6 luglio 2018 il giornale on line «Digital Day» ha riportato la notizia che a margine della prossima Festa del cinema, prevista a Roma dal 19 al 28 di ottobre, dovrebbe svolgersi una nuova iniziativa denominata VideoCittà, una sorta di fuorisalone che dovrebbe organizzare in tutta la città eventi relativi al mondo dell'audiovisivo;

   stando al giornale «L'iniziativa è riconducibile chiaramente a Francesco Rutelli che ne risulta il promotore; ma Rutelli è anche presidente di Anica, l'Associazione aderente a Confindustria»;

   il marchio VideoCittà è di proprietà di «Esperienza Italiana – Italian Experience srl», interamente posseduta da Francesco Rutelli, che ne è anche amministratore unico, anche se l'evento è affidato ad un'ulteriore società, denominata «Videocittà srl», di cui è presidente lo stesso Rutelli, controllata al 20 per cento da Anica Servizi e all'80 per cento dalla stessa Esperienza Italiana;

   sempre secondo quanto riporta l'articolo di «Digital Day», VideoCittà, «all'insegna della trasparenza» ha affidato ad Anica tutti i rapporti con le istituzioni pubbliche. Inoltre, si legge sul sito, si propone di tenere una sorta di doppia contabilità dato che: «Tutte le risorse di provenienza pubblica saranno destinate da ANICA in via esclusiva ad attività d'interesse pubblico (nessun introito da esse verrà attribuito ai promotori)». In pratica, Anica, si prodiga per promuovere e raccogliere fondi per un'iniziativa che però resta di proprietà esclusiva del suo presidente;

   infine, «Digital Day» riferisce che l'iniziativa di Rutelli avrebbe «ricevuto la benedizione (e probabilmente i finanziamenti) del Comune di Roma, del Mise, della Regione Lazio, della Camera di Commercio di Roma e della Rai, oltre che di sponsor privati, come Eni, Linkem e Intesa San Paolo», oltre al coinvolgimento diretto del Ministero per i beni e le attività culturali, del quale è stato titolare, che si è fatto promotore dell'iniziativa presso altri enti, di fatto proponendo e ottenendo la partecipazione al finanziamento del milione e 140 mila euro (Iva esclusa) di costi vivi dell'evento, tanto che questi enti terzi riconoscono nel Ministero medesimo il «Ministero proponente del progetto» e ad esso versano i contributi finalizzati a finanziarlo;

   risulterebbe inoltre che il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale starebbe promuovendo, nell'ambito del sistema Paese, Videocittà in India e in altre Nazioni –:

   quale sia l'ammontare previsto del finanziamento complessivo diretto rispetto anche alle normative europee e nazionali sui limiti delle assegnazioni dirette ad un unico soggetto.
(5-00797)


   PALMIERI, APREA, CASCIELLO, MARIN, MARROCCO e SACCANI JOTTI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   il 3 novembre 2016 il Parlamento ha approvato la legge n. 220 recante disciplina del cinema, dell'audiovisivo che si proponeva il rilancio e lo sviluppo del settore;

   la legge ha previsto tre deleghe al Governo ad adottare uno o più decreti legislativi in materia di tutela dei minori, di promozione delle opere europee e italiane, di rapporti di lavoro nel settore cinematografico e audiovisivo, nonché l'emanazione di numerosi decreti attuativi;

   ad oggi risultano adottati, dal punto di vista formale, quasi tutti gli atti indicati nella legge approvata, ma ciò nonostante rimangono numerosi i dubbi in merito alla concreta operatività di tali disposizioni con eventuali conseguenti problemi e difficoltà per le imprese del settore e per la tenuta dei relativi posti di lavoro –:

   quale sia lo stato di operatività e di attuazione delle disposizioni di cui alla legge n. 220 del 2016, al fine di sostenere realmente il rilancio e lo sviluppo del settore e di permettere alla produzione di ripartire, così da consentire all'industria cinematografica italiana di consolidarsi e ritrovare, sia nel Paese che a livello internazionale, il successo, il ruolo e la qualità che hanno contraddistinto la produzione cinematografica italiana in passato.
(5-00798)


   CARBONARO, GALLO, CASA, ACUNZO, AZZOLINA, BELLA, FRATE, LATTANZIO, MARIANI, MARZANA, MELICCHIO, NITTI, TESTAMENTO, TORTO, TUZI e VILLANI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi due anni il terremoto ha colpito le regioni del centro-Italia, provocando una ferita insanabile nel nostro Paese e alla perdita di vite umane si sono aggiunti i colpi inferti al prezioso patrimonio culturale;

   da allora sono state tante le iniziative per il recupero e la valorizzazione dei beni artistici e culturali nonché per la loro messa in sicurezza;

   immediatamente dopo il terremoto è stato stilato uno stralcio del piano «beni culturali» che stanziava 170 milioni di euro per la ricostruzione e il consolidamento di oltre 100 edifici – prevalentemente chiese e cattedrali – danneggiati dal sisma, individuati dalla Cei, d'intesa con il Ministero competente;

   i fondi si sommano agli oltre 43 milioni di euro che erano già stati destinati alla messa in sicurezza e alla riapertura al culto di 180 chiese, per un impegno totale di oltre 200 milioni di euro;

   il Ministro interrogato ha, fin dai primissimi momenti dopo il suo insediamento, individuato tra le priorità da affrontare con decisione e tempestività gli interventi per la messa in sicurezza del patrimonio culturale e in particolare per quelle zone del nostro Paese afflitte dalla tragedia del terremoto –:

   quali iniziative intenda promuovere per rendere più efficace il processo di messa in sicurezza e ricostruzione del patrimonio culturale delle zone colpite dagli eventi sismici degli ultimi anni.
(5-00799)

DIFESA

Interrogazioni a risposta immediata:


   CORDA, RIZZO, ARESTA, CHIAZZESE, DALL'OSSO, DEL MONACO, D'UVA, ERMELLINO, FRUSONE, GALANTINO, IORIO, IOVINO, ROBERTO ROSSINI, GIOVANNI RUSSO e TRAVERSI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   con ordinanza del 4 maggio 2017, il Consiglio di Stato ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1475, comma 2, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell'ordinamento militare), per contrasto con l'articolo 117, primo comma, della Costituzione, in relazione sia agli articoli 11 e 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, e alle sentenze emesse in data 2 ottobre 2014 dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, quinta sezione, Matelly contro Francia e Association de défense des droits des militaires contro Francia; sia all'articolo 5, paragrafo unico, terzo periodo, della Carta sociale europea, riveduta, con annesso, fatta a Strasburgo il 3 maggio 1996, ratificata e resa esecutiva con la legge 9 febbraio 1999, n. 30;

   con la nota sentenza n. 120 del 2018 i giudici della Corte costituzionale hanno riconosciuto ai militari il diritto di costituire associazioni professionali a carattere sindacale;

   il Ministro interrogato ha recentemente emanato una circolare con cui viene disciplinata, in dettaglio, la costituzione delle associazioni militari sindacali;

   il tema dei diritti associativi/sindacali dei militari è nell'agenda politica del Parlamento da diverse legislature, senza che esso sia approdato concretamente ad un testo aggiornato secondo le nuove aspettative di un modello, quello militare, non più basato sulla leva ma sul professionismo;

   al riguardo, si segnala la proposta di legge del MoVimento 5 Stelle depositata dal primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo (atto Camera n. 875), presentata il 5 luglio 2018, recante «Norme sull'esercizio della libertà sindacale del personale delle Forze armate e dei Corpi di polizia ad ordinamento militare, nonché delega al Governo per il coordinamento normativo» –:

   se il Ministro interrogato ritenga opportuno chiarire quali siano effettivamente gli orientamenti del Governo in materia di estensione dei diritti sindacali ed associativi per i militari e quali iniziative intenda assumere, per i profili di competenza, al fine di favorire il processo di ammodernamento e armonizzazione delle Forze armate sul tema della libertà di associazione.
(3-00266)


   LOLLOBRIGIDA, DEIDDA, ACQUAROLI, BELLUCCI, BUCALO, BUTTI, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, CROSETTO, LUCA DE CARLO, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FIDANZA, FOTI, FRASSINETTI, GEMMATO, LUCASELLI, MASCHIO, MELONI, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RIZZETTO, RAMPELLI, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   durante l'esposizione in Parlamento delle linee programmatiche del proprio dicastero il Ministro interrogato ha annunciato il proprio impegno «per garantire le legittime aspettative dei nostri uomini e delle nostre donne in uniforme e non, su temi che riguardano la loro vita quotidiana quali, per esempio, la tutela dei rapporti familiari (attraverso una razionalizzazione dei trasferimenti e degli impieghi e la risoluzione delle problematiche alloggiative), la tutela della condizione genitoriale (maternità e paternità), la salvaguardia della salute»;

   tra gli obiettivi del Ministro interrogato, oltre al «continuo aggiornamento del processo di riordino dei ruoli e delle carriere del personale militare», figurava l'implementazione di programmi occupazionali al fine di offrire nuove opportunità di realizzazione, soprattutto ai più giovani;

   nella nota di aggiornamento al documento di economia e finanza 2018 si legge che, in materia di difesa, «il Governo intende procedere ad una graduale trasformazione dello strumento militare, razionalizzando i sistemi di difesa (...) a tal fine si procederà alla massima ottimizzazione delle risorse»;

   da notizie di stampa si apprende, invece, che il disegno di legge di bilancio prevede un taglio dei fondi destinati al Ministero della difesa di ben 500 milioni di euro, dirottati a finanziare la riforma dei centri per l'impiego, incaricati di identificare i destinatari del reddito di cittadinanza;

   questo taglio, come è già stato osservato, si ripercuoterà non solo in ambito nazionale, ma anche rispetto agli impegni internazionali che derivano all'Italia dall'appartenenza alla Nato e al programma di difesa comune europea;

   durante le audizioni dei singoli Capi di stato maggiore delle Forze armate e, da ultimo, del Comandante generale dei Carabinieri, gli stessi hanno dichiarato di aver già operato o messo in preventivo tutti i risparmi di spesa realizzabili;

   nonostante le intenzioni del Ministro interrogato continuano ad esistere sia il problema degli alloggi di servizio, da garantire preliminarmente ai nuclei familiari, anche monogenitoriali, in special modo nelle regioni in cui le case private hanno un costo decisamente eccessivo, sia la problematica derivante dal calo delle richieste di arruolamento nei concorsi di volontari ferma breve, fenomeno dovuto all'accorpamento dei centri di reclutamento del Nord e delle Isole –:

   quali e quanti siano i tagli di risorse previsti nel disegno di legge di bilancio a carico del Ministero della difesa e se saranno realizzati i promessi interventi in materia di ricongiungimenti familiari, di ringiovanimento degli organici, di rinnovamento dei mezzi e degli equipaggiamenti e per la questione alloggi.
(3-00267)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TABACCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nel rapporto dell'agenzia di rating Moody's sul debito italiano, pubblicato sul sito internet dell'Agenzia in data 19 ottobre 2018, che ha determinato la retrocessione dei titoli italiani al livello Baa3, la cosiddetta opzione «Quota 100» per la pensione di anzianità è considerata misura una tantum, valida per il solo anno 2019;

   si legge nel testo del rapporto che l'opzione di pensionamento anticipato è apparentemente intesa come misura una tantum, disponibile solo per il prossimo anno, e questa avrebbe dunque una portata più limitata di quanto Moody's aveva inizialmente inteso;

   gli analisti di Moody's sembrano riferirsi, nel loro documento, a una esplicita volontà del Governo a che la misura sia limitata all'anno prossimo, sebbene essa comporti comunque effetti pluriennali;

   non sembra esserci coerenza tra questa ipotesi una tantum riportata da Moody's e le dichiarazioni a mezzo stampa dei membri di Governo, che a giudizio dell'interrogante non raccontano certamente «Quota 100» come misura temporanea;

   se tale misura fosse al contrario strutturale, è probabile che il giudizio dell'agenzia di rating sarebbe stato più severo, in particolare rispetto alla prospettiva («outlook») –:

   quali interlocuzioni vi siano state tra il Ministero dell'economia e delle finanze e gli analisti delle principali agenzie di rating, in particolare rispetto alla nota di aggiornamento del documento di economia e finanza e alla redazione del disegno di legge di bilancio e dei provvedimenti collegati;

   se l'agenzia Moody's abbia assunto tali informazioni sulla natura una tantum di «Quota 100» dal Ministero dell'economia e delle finanze.
(5-00793)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   VITIELLO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il tribunale di Napoli nord è il secondo ufficio giudiziario della Campania e si impone tra i primi cinque in Italia per numero di affari giudiziari civili e penali;

   nell'ambito della riforma della geografia giudiziaria il cui impianto ha trovato forma nella legge delega n. 148 del 2011 e nei successivi decreti legislativi n. 155 e n. 156 del 2012, la sua istituzione è stata una eccezione alla «ratio» della riorganizzazione economica del sistema giustizia nel Paese;

   i territori a più alta densità criminale sono stati sottratti ad altri tribunali per concentrarli in questo nuovo presidio al quale non vengono riconosciute le minime risorse necessarie per dare una risposta effettiva alla domanda di giustizia, con il rischio di favorire gli interessi della criminalità organizzata;

   il tribunale di Napoli nord ricopre un ruolo centrale per la tutela della legalità in un circondario giudiziario che abbraccia territori ben conosciuti come la «Terra dei fuochi»;

   la notevole attività di tali uffici rischia di essere vanificata da alcune criticità strutturali: l'insufficienza dei locali in uso al tribunale e l'inadeguatezza quantitativa e qualitativa della pianta organica del personale amministrativo e giudiziario;

   la struttura del Castello Aragonese non ospita solo il tribunale ma anche la procura di Napoli nord, l'ufficio N.E.P. e quelli del Consiglio dell'Ordine degli avvocati. Gli spazi si sono rivelati assolutamente insufficienti rispetto alle esigenze giudiziarie civili e penali, tenuto conto che la mole di affari ha prodotto carichi di lavoro superiori alle aspettative che hanno costretto l'adozione di provvedimenti emergenziali come, ad esempio, la celebrazione delle udienze nelle stanze degli studi dei magistrati;

   anche per il personale amministrativo si segnala l'assoluta inadeguatezza della pianta organica: le 146 unità previste non sono proporzionate al numero di magistrati pari a 81; sproporzione che si riflette sia sulla gestione del personale che sull'andamento dei servizi di cancelleria;

   la straordinarietà del carico di lavoro del tribunale di Napoli nord ha indotto i vertici giudiziari e amministrativi a chiedere la modifica della pianta organica del personale amministrativo, ma l'unico risultato è stato l'ampliamento dei sei unità degli assistenti giudiziari con il provvedimento ministeriale del 15 marzo 2018 –:

   se il Ministro interrogato non ritenga necessario ed urgente adottare le iniziative di competenza al fine di risolvere le criticità relative agli spazi e al personale di cui in premessa, in modo da scongiurare uno stallo della produttività del tribunale di Napoli nord.
(4-01450)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRIPPA, BERARDINI, FICARA, LATTANZIO, PARENTELA, SCAGLIUSI, TERMINI e TESTAMENTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   le reti di trasporto trans-europee TEN-T, pongono la loro base giuridica sul Trattato di Amsterdam del 1997;

   l'Abruzzo manca dell'alta velocità ferroviaria e ha un collegamento con Roma lento e difficoltoso. In Italia l'alta velocità predilige la dorsale Tirrenica, mentre sull'Adriatico si ferma al Nord seguendo il percorso di uno dei nove corridoi europei, quello Baltico-Adriatico che si estende dai porti e passando attraverso la Repubblica Ceca o la Slovacchia e l'Austria orientale, raggiunge il porto sloveno di Capodistria e i porti italiani di Trieste, Venezia e Ravenna;

   è noto come sia la dimensione europea a determinare le scelte infrastrutturali e per il corridoio adriatico ci sarebbe una proposta di farlo entrare nel novero dei grandi corridoi del Trans European Network;

   fra un paio d'anni tutta la linea Bari-Bologna sarà percorribile a 200 Km/h. Mentre il tratto Bologna-Milano dispone già dell'alta velocità; se le Frecce venissero realizzate con ETR 500, il tempo di percorrenza tra l'Abruzzo e Milano si ridurrebbe di moltissimo;

   con l'utilizzazione degli ETR 1000 sulle linee ad alta velocità si ravvisa una eccedenza di ETR 500, al punto che Trenitalia ne ha programmato l'uso per il trasporto delle merci da Caserta a Bologna. Sarebbero invece utilissimi per il trasporto delle persone lungo la direttrice adriatica;

   con l'utilizzo di materiale ETR 500, tutte le Frecce bianche in circolazione lungo la direttrice adriatica permetterebbero ai cittadini abruzzesi di poter viaggiare da Pescara a Milano in circa 3 ore e mezza a fronte delle 5 ore e 12 minuti che occorrono mediamente con il materiale impiegato oggi sulla stessa relazione ferroviaria;

   recentemente, è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la delibera 98/2017 del CIPE che approva l'Addendum piano operativo infrastrutture, con una dotazione finanziaria di 5.430,99 milioni di euro, a valere sul fondo sviluppo e coesione 2014-2020. Nel settore ferroviario gli interventi saranno possibili con risorse finanziarie a disposizione pari a 2.026,50 milioni di euro tra cui la velocizzazione della direttrice adriatica;

   l'Abruzzo non potrà essere più il «buco nero» nella programmazione degli investimenti da parte delle ferrovie, ma deve recuperare, con urgenza, il terreno perduto per evitare il nuovo rischio di isolamento;

   non si deve più perdere tempo, perché l'Abruzzo non può essere isolato dal trasporto ferroviario veloce e dalle grandi reti infrastrutturali europee, anche in vista del decollo della macro regione Adriatico-Ionica;

   il suddetto materiale ETR 500 viene utilizzato per le merci, mentre a parere dell'interrogante si ritiene che prima delle merci siano da prendere in considerazione gli utenti e le loro esigenze; gli stessi ETR eccedenti sull'alta velocità grazie alla realizzazione degli ETR 1000, debbono essere utilizzati per i cittadini della linea adriatica e non per le merci da Caserta a Bologna;

   i cittadini sulla linea adriatica continuano a pagare i biglietti ad un prezzo superiore a quello pagato dai cittadini che possono disporre dell'alta velocità. E perciò l'ingiustizia è ancora più insopportabile –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se sia in possesso di ulteriori elementi conoscitivi circa l'impiego dei treni ETR500 sulla linea adriatica;

   se non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza per verificare il bacino di utenza della linea adriatica e promuovere l'impiego degli ETR500 per servizio passeggeri sulla relazione adriatica;

   se non si ritenga necessario che gli ETR500 effettuino sosta di servizio anche nella stazione della città di Vasto.
(5-00787)

Interrogazione a risposta scritta:


   FRATOIANNI e PALAZZOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   da quanto si apprende da notizie di stampa, successivamente a quella effettuata dalle autorità maltesi il 6 ottobre 2018, nel periodo tra il 7 e il 12 ottobre 2018, nel Mediterraneo centrale, non vi sarebbero state segnalazioni Navtext, malgrado fonti ufficiali diano conto di sette interventi da parte delle autorità libiche, maltesi e tunisine, come si evince dall'articolo pubblicato su Repubblica.it dal titolo: «Migranti, la battaglia navale nel Mediterraneo, così si ostacola il lavoro delle Ong»;

   soltanto il successivo 13 ottobre 2018 un Navtext inviato dal Maritime Rescue Coordination Centre (Mrcc) di Malta ha segnalato alla nave Mar Ionio la presenza di imbarcazioni con a bordo persone in situazione di pericolo e di non avere mezzi per effettuare il soccorso –:

   quante segnalazioni di eventi di Search and Rescue (Sar) abbia ricevuto il centro di coordinamento del soccorso in mare di Roma nel periodo compreso tra il 6 e il 13 ottobre 2018;

   se sia a conoscenza delle ragioni per le quali non siano stati diramati avvisi Navtext a fronte di dette segnalazioni e quali iniziative si intendano adottare affinché a fronte di ogni segnalazione che pervenga al Centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo di Roma venga immediatamente diramato un avviso Navtext.
(4-01452)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   SILVESTRONI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, comma 853, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, dispone che «Al fine di favorire gli investimenti, per il triennio 2018-2020, sono assegnati ai comuni che non risultano beneficiare delle risorse di cui all'articolo 1, comma 974, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, contributi per interventi riferiti a opere pubbliche di messa in sicurezza degli edifici e del territorio, nel limite complessivo di 150 milioni di euro per l'anno 2018, 300 milioni di euro per l'anno 2019 e 400 milioni di euro per l'anno 2020. I contributi non sono assegnati per la realizzazione di opere integralmente finanziate da altri soggetti»;

   in virtù dei fabbisogni sopra individuati, in data 29 gennaio 2018 il Ministero dell'interno, dipartimento per gli affari interni e territoriali, ha emanato, di concerto con la ragioneria generale, il decreto, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana — serie generale — n. 32 dell'8 febbraio 2018 per disciplinare le modalità con le quali i comuni possono presentare richieste di contributo;

   successivamente, con il decreto del 13 aprile 2018 è stato approvato l'elenco dei comuni ammessi al finanziamento, con il vincolo previsto ai sensi dell'articolo 3 del medesimo decreto: «Il comune beneficiario del contributo, individuato ai sensi dell'articolo 2, è tenuto ad affidare i lavori per la realizzazione delle opere pubbliche entro otto mesi decorrenti dalla data di emanazione del presente decreto. In caso di inosservanza del predetto termine, il contributo è recuperato dal Ministero dell'interno, secondo le modalità di cui ai commi 128 e 129 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228»;

   occorre evidenziare che il termine perentorio di otto mesi previsto non appare assolutamente sufficiente per poter espletare tutte le procedure necessarie per l'affidamento dei lavori;

   in particolare, una volta individuata l'opera, l'ente locale deve predisporre uno studio di fattibilità con la definizione di un quadro tecnico-economico, successivamente approvato dall'organo amministrativo locale competente;

   a causa della particolare complessità dei quadri di dissesto idrogeologico, questa prima fase presenta un elevato grado di difficoltà tecnica da parte degli esigui organici degli enti locali: il tempo necessario impiegato per le delicate valutazioni tecniche preliminare non appare invece sufficiente con i termini troppo ristretti del bando, che devono essere assolutamente rivisti per consentire di operare in termini di sicurezza e congruenza tecnico-economica per la successiva predisposizione del bando di gara per l'affidamento delle attività di progettazione, di direzione dei lavori e di svolgimento della gara per l'esecuzione dei lavori; gli stessi progettisti incaricati devono a loro volta effettuare preventivamente una serie di indagini imprescindibili, stante la natura delicatissima degli interventi (messa in sicurezza degli edifici e del territorio), fra cui indagini geologiche, idrologiche, sismiche locali, rilievi topografici 3d di dettaglio, al fine di definire la diagnosi esatta del dissesto e, conseguentemente, calibrare nel dettaglio la soluzione progettuale più idonea;

   occorre evitare che una possibile opportunità per i comuni italiani si tramuti in un danno certo ed inevitabile, considerato il rischio per la sicurezza di cittadini e del territorio –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della grave situazione che interessa migliaia di comuni italiani, spesso di piccole dimensioni e di conseguenza più esposti per carenza di fondi propri a prevenire e gestire le fragilità del territorio italiano; se non ritengano opportuno adottare iniziative per una proroga dei tempi previsti dal comma 3 del decreto del 13 aprile 2018; se non ritengano opportuno adottare iniziative per incrementare i fondi previsti per le annualità 2019-2020.
(3-00260)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MIGLIORE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da notizie a mezzo stampa si è appreso che il 19 ottobre 2018 nella città di Brindisi, si sarebbero verificate due gravi aggressioni ad opera di una banda xenofoba, armata di mazze da baseball, contro due persone di colore finite entrambe in ospedale, di cui uno in gravi condizioni, mentre una terza aggressione nei confronti di un giovane migrante nella stessa giornata sarebbe fallita solo grazie all'intervento di un passante;

   sempre da notizie a mezzo stampa si è appreso che uno dei due aggrediti è Elija, segretario della comunità cittadina del Ghana, che vive e lavora a Brindisi da diversi anni presso un'azienda di bricolage, mentre il secondo migrante ferito è un ragazzo del Senegal, aggredito mentre stava per raggiungere la Caritas;

   sono attualmente in corso su questi episodi le indagini della Digos di Brindisi che sta acquisendo le testimonianze delle vittime ai fini dell'individuazione dei responsabili e dell'identificazione dell'esatto movente, anche per capire se i diversi episodi avvenuti nella giornata del 19 ottobre a Brindisi siano in qualche modo collegati tra loro e riconducibili agli stessi autori;

   i fatti riportati destano grave allarme e preoccupazione, specie in una città come Brindisi che ha sempre dimostrato di saper coniugare i valori di tolleranza e accoglienza con il rispetto della persona e della dignità umana, così come allarmante appare il sospetto che possa essersi trattato di un caso di «giustizia fai da te», perpetrata a seguito di una denuncia di molestia da parte di una cittadina lo stesso giorno delle riportate aggressioni –:

   in attesa che le indagini in atto si concludano, quali urgenti iniziative di competenza il Ministro intenda adottare per contrastare ogni possibile episodio di razzismo o di «giustizia fai da te», nella ferma convinzione che in uno Stato di diritto le indagini e l'amministrazione della giustizia sono assicurate, ciascuno per la parte di propria competenza, esclusivamente dalle forze dell'ordine e dalla magistratura impedendo il ripetersi di fatti analoghi in futuro.
(5-00790)


   MIGLIORE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   da notizie a mezzo stampa si è appreso che, dopo i numerosi episodi avvenuti nei giorni scorsi, solo nel fine settimana, sono avvenuti ben ventidue furti presso alcune scuole nei quartieri romani di Torre Angela e Tor Bella Monaca;

   i ladri si sarebbero introdotti, ancora una volta, all'interno delle scuole di via Merope, via Calimera e via Panzera, ma anche in via Mitelli, via Siculiana, via dell'Archeologia, molte strutture delle quali erano già state depredate nei giorni precedenti di computer, nonché di cibo e monete presenti nei distributori automatici;

   sono gravissime le conseguenze anche dal punto di vista economico per questi istituti romani, tra cui anche alcuni asili nido, già in condizioni di forte difficoltà, poiché ai furti si sono aggiunti i danni agli infissi e alle porte e al materiale scolastico, anche a causa delle urine e delle feci lasciate sui libri da questi nuovi vandali, mentre sempre più urgente appare la necessità di dotare taluni istituti in aree particolarmente difficili di sistemi di videosorveglianza, sia come deterrente per eventuali aggressioni sia per facilitare l'eventuale individuazione dei responsabili;

   desta enorme preoccupazione, da un lato, l’escalation di furti che sta mettendo in ginocchio le scuole di questi due quartieri, a fronte dall'impotenza dell'amministrazione locale, che non riesce in alcun modo a prevenire e contrastare questi fenomeni criminosi e, dall'altro, la notizia riportata a mezzo stampa che nella notte tra il 9 e il 10 ottobre 2018, gli attivisti del gruppo Azione Frontale Le Torri, gruppo neo-fascista di estrema destra, sarebbero scesi in strada per compiere delle vere e proprie ronde, puntualmente rivendicate anche sui social network;

   appare pertanto all'interrogante non solo al di fuori di ogni legalità, ma anche assolutamente vergognoso e oltraggioso che esponenti di movimenti neofascisti, che ai valori del fascismo idealmente e palesemente si richiamano, pretendano oggi di essere portatori di legalità e sicurezza –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per prevenire e contrastare i gravi fatti negli istituti scolastici riportati in premessa, nonché per evitare la prosecuzione delle cosiddette «ronde», organizzate da privati cittadini e a giudizio dell'interrogante palesemente illegittime, alla luce del fatto che l'unico garante della tutela e sicurezza dei cittadini, è, e non può che essere, solo lo Stato che si fonda sui valori antifascisti della Costituzione, e se e quali iniziative intenda assumere per adottare appositi sistemi di videosorveglianza per gli istituti collocati in zone particolarmente difficili.
(5-00791)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PICCOLI NARDELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 22-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, ha disposto la graduale statizzazione e razionalizzazione degli istituti superiori musicali non statali (ex istituti musicali pareggiati) di proprietà di enti locali, procedura di statizzazione che è attualmente in corso;

   in applicazione dell'articolo 19, comma 2, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, nonché dell'articolo 1, comma 655, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, con decreto ministeriale n. 597 del 14 agosto 2018 sono state avviate le procedure per la costituzione di graduatorie nazionali per l'attribuzione di incarichi di docenza a tempo indeterminato e determinato presso le istituzioni statali dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica (Afam);

   ai sensi dell'articolo 2 del decreto ministeriale n. 597 del 2018, è requisito indispensabile per i soggetti interessati all'inserimento in queste graduatorie l'aver maturato almeno tre anni accademici di insegnamento presso le predette istituzioni statali Afam;

   al momento risultano dunque esclusi dalla possibilità di essere inseriti in queste graduatorie i docenti precari che abbiano maturato il triennio di insegnamento presso gli istituti superiori musicali non statali in corso di statizzazione;

   d'altra parte, esistono docenti precari degli istituti superiori musicali non statali che hanno maturato tre anni di insegnamento presso conservatori statali –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere per garantire equità di trattamento ai docenti precari degli istituti superiori musicali non statali in corso di statizzazione e per evitare che, con le chiamate in ruolo dalle graduatorie nazionali, tali istituti superiori musicali possano perdere una parte significativa delle loro forze docenti proprio durante la procedura di statizzazione.
(5-00788)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta immediata:


   SERRACCHIANI, GRIBAUDO, CARLA CANTONE, LACARRA, LEPRI, MURA, VISCOMI, ZAN, ENRICO BORGHI e FIANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la Magneti Marelli, multinazionale italiana di proprietà di Fca, specializzata nella fornitura di prodotti e sistemi ad alta tecnologia per l'industria automobilistica, ha rappresentato finora una delle eccellenze italiane nel mondo;

   domenica 21 ottobre 2018 notizie di agenzia hanno diffuso la notizia della cessione dell'azienda alla Calsonic Kansei, società giapponese di componentistica, controllata dal fondo statunitense di private equity Kkr;

   la transazione ammonta a 6,2 miliardi di euro; a quanto si apprende, il trasferimento di proprietà non comporterà alterazioni degli attuali livelli occupazionali negli stabilimenti italiani, dove sono impiegati circa 10 mila lavoratori;

   la portata dell'operazione è imponente e incide in modo rilevante su uno dei settori strategici dell'industria italiana e mondiale, con sviluppi che non sono ancora facilmente determinabili;

   i dettagli della trattativa non sono ancora noti, non è tuttavia possibile celare l'apprensione sulle conseguenze della cessione di un marchio italiano tra i più conosciuti e apprezzati;

   tale iniziativa rischia di costituire un ulteriore indebolimento dell'apparato industriale italiano e, se non adeguatamente disciplinata, può comportare il pericolo di delocalizzazione dei brevetti e delle migliori competenze attualmente in circolazione nel settore;

   i timori sono ancor più marcati sul versante occupazionale: prendendo a riferimento alcune infelici esperienze del recente passato, appare giustificata la preoccupazione, immediatamente manifestata da alcuni rappresentanti delle parti sociali e da esperti della materia, relative alle insidie derivanti dalla gestione affidata a una proprietà straniera, per di più controllata da un fondo di private equity;

   le suddette criticità si riscontrano nel momento in cui il mercato del lavoro italiano, dopo un lungo periodo di costante espansione, dovuta soprattutto alle riforme adottate nella XVII legislatura dai Governi a guida Partito democratico, mostra segnali di rallentamento, in parte imputabili a giudizio degli interroganti alle prime e non condivisibili misure in materia, messe in campo dal Governo, come il «decreto dignità»;

   occorre adoperarsi al fine di fronteggiare in maniera incisiva e con tutti gli strumenti a disposizione, anche mediante

   la condivisione del percorso con i rappresentanti delle parti sociali, le possibili ricadute negative sul piano occupazionale della cessione della Magneti Marelli –:

   se non intenda adoperarsi per verificare l'impatto del trasferimento di proprietà della Magneti Marelli, al fine di salvaguardare il tessuto occupazionale degli stabilimenti italiani ed evitare la possibile delocalizzazione di brevetti, competenze e conoscenze strategiche per il settore automotive nazionale, mediante un immediato confronto con i nuovi vertici aziendali anche alla presenza dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali di settore.
(3-00265)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, per sapere – premesso che:

   all'aumento della domanda netta globale di miele, dal 2010 ad oggi cresciuta al ritmo di 20.000 tonnellate l'anno, grazie all'incremento della popolazione, all'ampliamento di fasce di consumatori e soprattutto alla crescente preferenza per alimenti sani e naturali, non corrisponde tuttavia un'analoga crescita delle capacità produttive mondiali;

   nell'Unione europea, come nelle altre aree tradizionalmente grandi produttrici, si registrano infatti ricorrenti flessioni dovute alle avversità che affliggono l'apicoltura sinteticamente riconducibili all'incremento delle monocolture, all'impatto devastante sulle api dei pesticidi, al cambiamento climatico e ai fenomeni estremi che l'accompagnano, nonché alla diffusione di nuove parassitosi. A tutto questo si aggiungono estese e crescenti adulterazioni e frodi;

   l'unico Paese che, senza significative variazioni del numero di alveari allevati, fa eccezione a questa tendenza mondiale è la Cina. Questa nazione, principale esportatore mondiale di miele, sembra in grado di realizzare ben due «miracoli»: un inverosimile costante incremento delle capacità produttive accompagnato da un altrettanto improbabile stabilità produttiva, costante anno dopo anno. Negli ultimi 15 anni, le importazioni di miele dell'Unione europea sono cresciute a tasso medio di 10.284 tonnellate/anno, con la Cina come principale fornitore;

   non stupisce dunque che nel database degli Usa Pharmacopeia's Food Fraud (2018) il miele sia collocato, dopo latte e olio d'oliva, quale terzo alimento al mondo oggetto d'adulterazione. Peraltro, già il solo prezzo all'importazione fornisce una prima e chiara indicazione di mancanza di qualità ed è suscettibile di motivare più che fondati sospetti;

   nel 2015 la Commissione europea ha, finalmente, realizzato un primo monitoraggio del mercato europeo del miele: i risultati attestano un'importante percentuale di frodi e adulterazioni nei mieli commercializzati nel territorio unionale;

   la direttiva europea sul miele 2001/110/CE in piena corrispondenza con il Codex Alimentarius (1981), è limpida e drastica nella definizione del prodotto; il termine «miele» è riservato al prodotto definito nell'allegato I, punto 1: «Il miele è la sostanza dolce naturale che le api (Apis mellifera) producono dal nettare di piante o dalle secrezioni provenienti da parti vive di piante o dalle sostanze secrete da insetti succhiatori che si trovano su parti vive di piante che esse bottinano, trasformano combinandole con sostanze specifiche proprie, depositano, disidratano, immagazzinano e lasciano maturare nei favi dell'alveare». Nell'allegato 2, al punto II si precisa: «Al miele immesso sul mercato in quanto tale o utilizzato in prodotti destinati al consumo umano non è aggiunto alcun ingrediente alimentare, neppure gli additivi, e non è effettuata nessun'altra aggiunta se non di miele (...)»;

   in alcune parti del mondo, in particolare in Cina, è diffusa la prassi di raccogliere miele immaturo con alto contenuto di acqua, che viene poi conferito alle fabbriche che provvedono a lavorarlo, filtrarlo e deumidificarlo. Dal processo di essiccazione e maturazione in fabbrica deriva un prodotto privo di alcune delle componenti caratteristiche del miele;

   gli importatori che acquistano miele dalla Cina, corrispondente ai locali standard produttivi, e lo commercializzano in Europa quale prodotto invece rispondente alla suddetta direttiva a giudizio degli interpellanti realizzano una grave, e incomprensibilmente indisturbata, frode alimentare –:

   quali iniziative intenda mettere in atto rispetto a quanto riportato in premessa al fine tutelare un settore strategico quale quello dell'apicoltura italiana e i milioni di consumatori che chiedono un prodotto rispondente ai più elevati standard qualitativi e nutrizionali.
(2-00150) «Parentela, Gagnarli, Alberto Manca, Cadeddu, Cimino, Del Sesto, L'Abbate, Marzana, Cillis, Cassese, Gallinella, Cunial, Maraia, Mariani, Martinciglio, Masi, Melicchio, Migliorino, Misiti, Nitti, Orrico, Palmisano, Papiro, Paxia, Penna, Pignatone, Raduzzi, Ricciardi, Rizzo, Rospi, Roberto Rossini, Ruggiero, Ruocco, Giovanni Russo, Saitta, Salafia, Sarti, Scerra, Scutellà, Rachele Silvestri, Sodano, Spadoni, Sut, Terzoni, Testamento, Torto, Traversi, Tuzi, Varrica, Vianello, Vignaroli, Villani, Zanichelli, Zennaro, Zolezzi».

Interrogazione a risposta immediata:


   MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GASTALDI, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LO MONTE, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MARCHETTI, MATURI, MORELLI, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, SALTAMARTINI, SASSO, SEGNANA, STEFANI, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, ZANOTELLI, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il vino è un prodotto con un forte appeal a livello internazionale, emblema del made in Italy nel mondo, veicolo e simbolo dell'ideale di qualità e unicità dei prodotti italiani;

   da Nord a Sud il nostro Paese offre una scelta incredibile di vini di qualità. Sul territorio italiano coesistono grandi e piccoli produzioni, frutto della nostra storia e della nostra cultura. Offerta e qualità sono i due elementi che rendono uniche le realtà vitivinicole italiane;

   il turismo enogastronomico è un nuovo modo di viaggiare che sta conquistando un numero sempre crescente di appassionati alla ricerca di sapori e di tradizioni autentiche. Infatti, è in costante crescita il numero dei turisti, in particolare stranieri, che scelgono itinerari di viaggio legati al mondo enoico per conoscere le tradizioni culturali e gastronomiche italiane;

   nel mondo proliferano falsi di ogni tipo. Il vino più contraffatto è il Prosecco con imitazioni diffuse in tutti i continenti. Anche le vendite on line dei kit per il vino liofilizzato «Fai da te» con false etichette dei migliori vini made in Italy, che promettono di ottenerli in pochi giorni, accrescono questo fenomeno;

   la vendemmia impegna 310.000 aziende agricole e quasi 46.000 aziende vinificatrici e la superficie dedicata alla vite è pari a 652.000 ettari e offre lavoro complessivamente a 1,3 milioni di persone;

   il vino italiano ha raggiunto nel 2017 un valore record di oltre 10,6 miliardi di euro per effetto soprattutto delle esportazioni che hanno raggiunto il massimo di sempre a 6 miliardi di euro (+ 6 per cento), mentre sono risultate in leggera crescita anche le vendite sul mercato nazionale pari a circa a 4,6 miliardi di euro, per effetto anche dell'aumento dei consumi familiari (+ 2 per cento);

   la vendemmia 2018 prevede una produzione complessivamente in aumento rispetto al 2017. Le piogge che hanno caratterizzato la primavera e l'inizio dell'estate hanno allungato la vendemmia di circa una settimana, facendo ben sperare per un'annata di buona/ottima qualità;

   occorre essere consapevoli che l'Italia ha un territorio dalle infinite potenzialità, di grande bellezza ma anche di estrema fragilità che si devono preservare e tutelare. Per questo è necessario aprire una riflessione sulla sostenibilità in vigna e in agricoltura, sulla salvaguardia del territorio e sulla valorizzazione dei vitigni italiani –:

   quali iniziative intenda mettere in atto per tutelare, promuovere e valorizzare il settore vitivinicolo, al fine di rendere il vino italiano sempre più competitivo sui mercati internazionali e per salvaguardarlo dalla contraffazione.
(3-00268)

Interrogazione a risposta scritta:


   BRAMBILLA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'Italia è il principale produttore europeo di riso con oltre 4 mila aziende attive su 230 mila ettari; il fatturato al consumo è di circa un miliardo di euro all'anno;

   il 17 ottobre 2018 la Commissione europea ha adottato l'accordo commerciale con il Vietnam che elimina il 99 per cento dei dazi doganali sui beni scambiati tra le due parti e, in particolare, autorizza l'importazione a dazio zero di 20 mila tonnellate di riso semigreggio, 30 mila tonnellate di lavorato e 30 mila tonnellate di riso aromatico;

   inoltre, sulla linea di quanto già accaduto con il Canada, l'accordo Unione europea-Vietnam di fatto penalizza i più celebri prodotti alimentari made in Italy, proteggendo solo 38 denominazioni di origine italiane sulle 296 tutelate dall'Unione europea;

   tale accordo, concretizzatosi in una situazione già di per sé difficile per la produzione nazionale di riso, non prevede l'approvazione dei Parlamenti nazionali e sarà inviato direttamente a Consiglio e Parlamento europeo per la ratifica;

   dal canto suo, il Governo vietnamita ha approvato un decreto governativo che riduce i vincoli alle imprese esportatrici di riso: non sarà più richiesto di possedere direttamente impianti di stoccaggio e riserie con capacità di lavorazione di 5.000 tonnellate di riso e 10 tonnellate di risone all'ora e — per poter vendere all'estero riso biologico, parboiled o arricchito da micronutrienti — sarà sufficiente un'autocertificazione convalidata dalle autorità locali –:

   quali iniziative intendano assumere i Ministri interrogati, in tutte le competenti sedi, per tutelare la produzione nazionale di riso e proteggere i consumatori da potenziali rischi per la salute posti dall'importazione di riso vietnamita.
(4-01446)

SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:

   per far fronte alle problematiche legate all'importazione di medicinali di origine vegetale a base di cannabis e per cercare di trovare una soluzione nazionale al problema, il 18 settembre 2014, il Ministro della salute e il Ministro della difesa hanno sottoscritto l'accordo di collaborazione per l'avvio di un progetto pilota per la produzione nazionale di sostanze e preparazioni di origine vegetale a base di cannabis presso lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze (Scfm);

   con il decreto del Ministero della salute del 9 novembre 2015 viene istituito l'Organismo statale per la cannabis. Il decreto ministeriale disciplina le modalità e le procedure per la produzione nazionale di cannabis terapeutica e quelle relative a prescrizione, allestimento, somministrazione e monitoraggio delle preparazioni magistrali;

   nell'autunno del 2017, a seguito del rapido incremento del consumo di infiorescenze di cannabis ad uso medico, per non rischiare l'interruzione delle terapie in corso è stato autorizzato lo Scfm ad ampliare le proprie strutture e successivamente, tramite un bando di Agenzia industrie e difesa (Aid) è stata consentita l'importazione di cannabis per la trasformazione e distribuzione di 100 chilogrammi di infioriscenze di cannabis ad uso medico di grado farmaceutico, da parte dello Stabilimento;

   il «decreto fiscale» convertito dalla legge n. 172 del 2017 ha consolidato il progetto pilota e stabilito (articolo 18-quater) che lo Scfm sia autorizzato alla fabbricazione e alla commercializzazione delle infiorescenze di cannabis. Inoltre, la legge prevede che l'Organismo statale per la cannabis possa autorizzare l'importazione di quote di cannabis da conferire allo Scfm, e che, con decreto del Ministro della salute, possano essere individuati uno o più enti o imprese da autorizzare alla coltivazione nonché alla trasformazione;

   quanto messo in campo sino ad oggi va apprezzato come percorso all'avanguardia nel panorama europeo, il quale però non può considerarsi concluso. Infatti, sebbene il progetto pilota abbia trovato una sua stabilizzazione e abbia ottenuto risultati in un arco di tempo breve, rimane da affrontare la delicata questione del raggiungimento di una produzione annuale che possa far fronte al costante aumento delle richieste. Una crescita derivata, da un lato, dalla maggiore consapevolezza della comunità medica nel prescrivere ai pazienti cannabis ad uso medico e, dall'altro, dall'aumento delle richieste delle regioni che ne hanno ampliato l'accesso, a carico del servizio sanitario regionale;

   il 19 luglio 2018, il Ministro della salute ha annunciato di avere richiesto al Ministro della salute olandese l'importazione di 250 chilogrammi di cannabis per uso medico, ulteriori ai 450 chilogrammi già concordati per il 2018. Nella lettera rivolta al Ministro olandese De Jonge il Ministro stima una richiesta di 700 chilogrammi sino al 2019, che sarà destinata a diminuire a ragione della crescita della produzione interna;

   il 31 luglio 2018, il Ministro della salute, in occasione di una visita presso lo Scfm, ha dichiarato: «Lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze è un'importante eccellenza di questo Paese che oggi aiuta nella produzione della cannabis terapeutica. Purtroppo non è sufficiente la quantità ed è anche per questo che, con il direttore Anselmino, che ringrazio per il grande lavoro che fa, annunciamo che verrà bandita una sorta di manifestazione di interesse per una partnership pubblico-privato»;

   nella costituzione della partnership pubblico-privato dovrà essere tenuto in debita considerazione il valore strategico di tale opportunità per lo sviluppo futuro del settore in Italia. Considerando però che ad oggi nessun azienda nel Paese è mai stata autorizzata alla produzione di cannabis con Thc, sarà importante riuscire a coinvolgere anche realtà italiane, valutando il coinvolgimento di quelle realtà, che grazie la legge sulla filiera agroindustriale della canapa n. 242 del 2016, hanno sviluppato expertise nella coltivazione della cannabis finalizzata all'estrazione dei principi attivi –:

   quale sia il reale fabbisogno nazionale e regionale di cannabis a uso medico e quali strumenti si reputino più opportuni per garantire la corretta e costante comunicazione delle necessità di approvvigionamento al Ministero della salute da parte di tutte le regioni e province autonome;

   quali siano le motivazioni che hanno escluso l'avvio di una gara di rilevanza pubblica per l'importazione di cannabis a uso medico dall'Olanda;

   quali misure strutturali il Governo intenda promuovere per garantire una produzione nazionale di cannabis a uso medico in grado di soddisfare a pieno le crescenti richieste delle regioni e dei pazienti e quindi evitare il ricorso all'importazione dall'estero, nonché sviluppare genetiche adeguate alle specificità delle differenti patologie e condizioni cliniche, e garantire la costanza della somministrazione della medesima sostanza necessaria per gli studi clinici;

   se il Governo intenda adoperarsi, e in caso affermativo con quali tempi, per un rafforzamento delle capacità produttive dello Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, valutando l'opportunità di realizzare forme di collaborazione pubblico-privato, anche coinvolgendo aziende italiane, che consentano l'investimento di capitali privati e il trasferimento di competenze critiche in grado di potenziare considerevolmente la produzione e le sperimentazioni dello stabilimento medesimo.
(2-00149) «Magi, Schullian».

Interrogazione a risposta scritta:


   TIRAMANI e GIGLIO VIGNA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa si apprende che, nel maggio 2017, quattro donne si presentarono al presidio ospedaliero C. Sperino — oftalmico di Torino con gli stessi identici sintomi, dolore, nausea e gravi difficoltà visive, dopo che il 9 maggio 2017 erano state operate ad un occhio per la cataratta all'ospedale di Avigliana dall’équipe medica del dottor Luigi Fusi;

   le pazienti hanno perso la vista dall'occhio operato a causa di un'infezione gravissima, l'endoftalmite acuta, una grave infiammazione nella maggior parte dei casi dovuta a germi che penetrano nell'occhio dopo un intervento chirurgico;

   sono sotto accusa il dottor Fusi e la sua équipe medica, colpevoli, secondo gli inquirenti di gravi carenze nella procedura di sterilizzazione degli strumenti operatori. Quella mattina vennero operate molte persone, ognuna a distanza di circa venti minuti l'una dall'altra, tempi troppo ristretti per consentire un'adeguata disinfezione –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e se non ritenga opportuno, per quanto di competenza, acquisire dettagliati elementi al riguardo, promuovendo eventualmente una verifica da parte del Comando carabinieri per la tutela della salute, anche in relazione a eventuali criticità organizzative e procedurali della struttura sanitaria.
(4-01451)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata:


   MURONI, SPERANZA e FORNARO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   le fonti fossili sono la principale causa del riscaldamento globale, dei cambiamenti climatici e dell'inquinamento. Eppure agli interroganti non sembra che questo Governo voglia cessare di finanziare tale settore con ricchi sussidi. Nel 2016 i sussidi erogati dallo Stato alle grandi compagnie petrolifere sono stati 14 miliardi di euro, in forma diretta o indiretta. Le aziende pagano solo il 10 per cento di royalty per le trivellazioni su terra ferma e il 7 per cento per quelle marine;

   le attività di ricerca ed estrazione di idrocarburi, alle quali si ricorda che il movimento politico a cui appartiene il Ministro interrogato si è sempre opposto, mettono a rischio anche i mari italiani, con progetti estesi per oltre 120 mila chilometri quadrati. Sono 67 le concessioni di coltivazione, 138 le piattaforme, 24 i permessi di ricerca attivi a cui se ne potrebbero aggiungere ulteriori 34;

   le piattaforme estrattive non solo rappresentano un rischio per la salute, per l'ambiente e per i mari italiani, ma hanno anche impatti molto importanti sulla fauna marina e sulla pesca. Le prospezioni di ricerca spesso utilizzano la tecnica dell’airgun che provoca gravi danni agli organismi marini, in particolare ai cetacei, mentre la pesca può diminuire fino al 50 per cento, con conseguenti danni all'economia e al turismo dei territori interessati;

   queste attività impattanti portano a quantità di idrocarburi che soddisfano meno del 10 per cento dei consumi energetici del nostro Paese: un modello illogico e antieconomico;

   si è, invece, ancora in attesa dell'emanazione del decreto «Fer» (fonti energie rinnovabili) che continua ad essere oggetto di rimpallo tra il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;

   dalla lettura del documento programmatico di bilancio si evince che l’«ecobonus» viene prorogato solo fino al 31 dicembre 2019, mentre esponenti delle forze politiche di Governo avevano assicurato la sua stabilizzazione. Non c'è invece traccia del «sismabonus», cioè della detrazione introdotta nel 2017 per gli interventi di ristrutturazione in funzione antisismica;

   si ricorda che solo grazie all’«ecobonus» le famiglie italiane hanno investito nel 2017 oltre 3,7 miliardi di euro per realizzare 420 mila interventi di riqualificazione energetica, con un risparmio di oltre 1.300 GWh/anno –:

   se intenda tenere fede all'impegno assunto personalmente di fermare le attività di ricerca ed estrazione, anche attraverso l'adozione del piano delle aree, di cancellare i sussidi alle fonti fossili e di spostare le agevolazioni verso le fonti rinnovabili, eliminando le barriere che oggi le limitano, nonché verso la stabilizzazione dell’«ecobonus» e del «sismabonus».
(3-00262)


   SQUERI, BARELLI, POLIDORI, PORCHIETTO e CARRARA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il 19 luglio 2018 il Sottosegretario Cioffi, nel rispondere ad interrogazioni sul Tap, affermava che, per questo gasdotto «(...) è stato firmato nel 2013 un accordo intergovernativo tra Grecia, Albania e Italia, ratificato dai tre Parlamenti, che obbliga le parti al supporto al progetto (...) esso risulta essere parte dell'elenco dei gasdotti di interesse comune europeo stabilito da uno specifico regolamento UE (n. 347/2013) che, parimenti, ne prevede il supporto da parte degli Stati membri (...) nel corso del 2013 sono stati firmati contratti di fornitura per 25 anni di gas azero (...)»;

   il Sottosegretario ha anche rilevato i problemi derivanti dalla ridotta portata del gasdotto Tenp dal Nord Europa e dalla rinegoziazione dei contratti con l'Algeria, prevista per metà 2019, evidenziando come «(...) l'effetto combinato di queste due criticità, unito alla precarietà della situazione dell’import dalla Libia, riduce i margini di sicurezza del sistema italiano nel caso si verifichino, come accaduto negli ultimi inverni, periodi di forte domanda di gas (...)»;

   a febbraio 2018 la Banca europea per gli investimenti ha garantito finanziamenti per 1,5 miliardi di euro, a luglio 2018 la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo ha approvato un prestito di 500 milioni di euro, a fronte di un costo dell'opera pari a 4,5 miliardi di euro;

   dal sito della società Saipem, aggiudicataria della gara per la parte off-shore del gasdotto in Adriatico, risulta che il Tap è ad uno stato d'avanzamento dei lavori del 72 per cento;

   dagli elementi sopra delineati deriva che la realizzazione del Tap, che porterà in Italia fino a 20 miliardi di metri cubi di gas l'anno a prezzi competitivi, appare non solo ineludibile, ma anche urgente;

   tuttavia il Sottosegretario precisava a quella data che «il dossier sul gasdotto in questione non è ancora sul tavolo del Governo»;

   il 18 ottobre 2018, nel rispondere ad interrogazioni sui possibili rischi di interruzione dell'erogazione del gas il prossimo inverno, il Viceministro Galli ha affermato che, in merito al TAP «(...) non si sta procedendo all'accelerazione dei lavori, bensì il Governo sta completando gli approfondimenti relativi agli aspetti economici e ambientali dell'opera» –:

   quali iniziative intenda adottare il Governo a fronte dei palesi rischi per la sicurezza degli approvvigionamenti derivanti dai ritardi nella realizzazione del Tap, anche in considerazione del fatto che la politica di acquisti «spot» per tamponare le emergenze farà aumentare i costi della bolletta del gas per famiglie e imprese, già più del 10 per cento oltre la media europea.
(3-00263)


   LUPI e COLUCCI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   12 ottobre 2018, in un'intervista a proposito di Alitalia, il Ministro interrogato ha parlato di una «newco con una dotazione iniziale tra 1,5 e 2 miliardi di euro, partecipata dal Governo grazie a una conversione in equity di parte del prestito ponte da 900 milioni di euro concesso dal precedente Esecutivo» e per il resto «da Ferrovie e da un importante partner industriale internazionale»;

   è acclarato (studio Mediobanca) che in quarant'anni, dal 1974 al 2014, lo Stato italiano, cioè i cittadini, ha speso 7,4 miliardi di euro nei vari piani di salvataggio della compagnia di bandiera, ai quali occorre aggiungere i 75 milioni di euro di Poste italiane in occasione dell'operazione Etihad, per un totale a oggi (contando i 900 milioni di euro del prestito che verranno convertiti) di 8 miliardi e 595 milioni di euro;

   sempre il Ministro interrogato ha dichiarato che «l'ingresso di Ferrovie nell’equity permetterebbe innanzitutto l'intermodalità: si potrebbe lavorare al biglietto unico treno-aereo», permettendo ad Alitalia di concentrarsi sul lungo raggio e sostituendo le tratte interne con la ferrovia;

   il progetto del Ministro interrogato prevede, altresì, la partecipazione di Cassa e depositi e prestiti;

   inoltre, a parte i rilievi che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato potrebbe fare per il costituirsi di una posizione dominante, ci si chiede se Ferrovie

   dello Stato italiane, con il suo fatturato di 9,3 miliardi di euro e un utile netto di 550 milioni di euro, abbia le risorse per risanare e rilanciare Alitalia; solo rimodernare la flotta aerea ha un costo previsto di 2 miliardi di euro;

   a tutto ciò poi si aggiunga che Ferrovie sta per emettere obbligazioni per circa 4,5 miliardi di euro, sulle quali dovrà pagare tassi determinati da uno spread in notevole rialzo rispetto a pochi mesi fa;

   quanto a Cassa depositi e prestiti, certamente, può investire in Alitalia senza timori di interventi dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e della Commissione europea, ma spetta ai suoi amministratori giustificare il ritorno per i contribuenti di un tale investimento. Ad Alitalia servono partner privati e possibilmente esperti del settore. Il buon lavoro dei commissari deve sfociare nell'investimento di aziende che credano nelle potenzialità di una compagnia aerea risanata, non in una nuova nazionalizzazione –:

   a sei giorni dalla scadenza del 31 ottobre 2018 per offerte vincolanti, quale sia l'orientamento ufficiale del Governo a fronte di annunci alla stampa che prospettano una rinazionalizzazione di Alitalia, a giudizio degli interroganti foriera di nuovo debito per le casse pubbliche.
(3-00264)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GEMMATO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   da anni, nel quartiere Libertà di Bari insiste, e desta forti preoccupazioni per la probabile e nociva esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici, la presenza di ripetitori Radio Rai 1, Radio Rai 2 e Radio Rai 3 afferenti a un'antenna di proprietà Telecom installata sul palazzo sede di Telecom Italia, in via Napoli;

   la raccomandazione del Consiglio dell'Unione europea del 12 luglio 1999 (1999/519/CE), relativa alla limitazione dell'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici da 0 Hz a 300 GHz (1999/519/CE), prevede che gli Stati membri adottino un quadro comune di norme per la protezione del pubblico dall'esposizione a campi elettromagnetici. Il Consiglio evidenziò l'esigenza di armonizzazione delle normative nazionali al fine di garantire a tutti i cittadini comunitari lo stesso elevato livello di protezione adottando misure relative alle sorgenti o alle attività che determinano l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici, quando il tempo di esposizione risulti significativo;

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'8 luglio 2003 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 199 del 28 agosto 2003), in attuazione della legge quadro in materia di elettrosmog (legge n. 36 del 2001), ha fissato i limiti di esposizione e i valori di attenzione per la prevenzione degli effetti a breve termine e dei possibili effetti a lungo termine nella popolazione dovuti all'esposizione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici (CEM) generati da sorgenti fisse con frequenza compresa tra 100 kHz e 300 GHz. Lo stesso decreto ha altresì definito gli obiettivi di qualità, ai fini della progressiva minimizzazione dell'esposizione ai CEM e individuato le tecniche di misurazione dei livelli di esposizione;

   nei mesi di giugno, ottobre e dicembre del 2011, tre rispettive analisi dell'Arpa Puglia rilevarono valori superiori ai limiti consentiti dalle predette disposizioni normative;

   a novembre 2011 la ripartizione «tutela dell'ambiente, igiene e sanità del Comune di Bari» diffidò Rai Way s.p.a, alla riduzione dei valori entro 10 giorni;

   in data 15 dicembre 2011 nuove rilevazioni dell'Arpa evidenziarono il ritorno dei valori nei limiti dei 6 v/m;

   nonostante i valori fossero conformi ai disposti di legge e a seguito dell'ordinanza del sindaco di Bari n. 145/2011 volta a tutelare maggiormente la salute pubblica, e di un esposto alla procura della Repubblica (prot. 2369 inf VI. 9 del 5/1/2012) che denunciava l'intera vicenda e valori non sempre riscontrati entro i limiti, sembra che Rai Way abbia inoltrato un progetto di delocalizzazione dell'antenna al Ministero dello sviluppo economico (così come si evince da fonti di stampa e dalla nota dell'ispettorato territoriale Puglia e Basilicata del Ministero dello sviluppo economico del 17 febbraio 2014, prot. ITBA/CRD/1924/1909) ottenendo sullo stesso il parere favorevole di Arpa Puglia –:

   quale sia lo stato di attuazione del progetto di delocalizzazione dell'antenna con relativi ripetitori di cui in premessa la cui conclusione e attuazione garantirebbe ai cittadini di Bari la tutela della salute, così come disposto dall'articolo 32 della Costituzione, e un adeguato livello di protezione dalle esposizioni ai campi elettromagnetici, così come disposto dalla raccomandazione del Consiglio dell'Unione europea del 12 luglio 1999 (1999/519CE), dalla legge n. 36 del 2001 e dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 luglio 2003.
(5-00792)

Interrogazione a risposta scritta:


   BONIARDI, CECCHETTI e CAPITANIO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il 13 agosto 2018 la Nuova distribuzione s.p.a., società di Monza controllata dalla famiglia Franchini (tramite GCA General Market s.r.l.), è stata ammessa al concordato in bianco dal tribunale di Monza, che ha concesso i canonici 60 giorni di tempo per presentare il piano concordatario definitivo;

   la società, fondata nel 1994, conta attualmente circa 45 punti vendita IperDì e SuperDì sparsi fra Piemonte, Liguria e Lombardia e dà lavoro a 1045 dipendenti;

   nel 2017 la società ha dovuto far fronte a una pesante crisi di liquidità avendo chiuso il bilancio 2016 con 154,2 milioni di euro di ricavi, un margine operativo di 3,3 milioni di euro, un debito lordo con le banche di circa 30,5 milioni e di 49,7 milioni verso i fornitori, a fronte di crediti dai clienti per 67,8 milioni;

   Riccardo Colombo, dirigente dell'azienda, ha spiegato che la mancanza di liquidità è imputabile non solo a problemi di carattere organizzativo, ma anche alla crisi della Banca popolare Veneta e della Popolare di Vicenza;

   il 1° ottobre 2018 si è svolta una riunione presso il Ministero dello sviluppo economico e, in base a quanto dichiarato dall'azienda GCA e riportato dai sindacati della Filcams-Cgil di Milano alcuni dei punti vendita saranno acquistati da player che hanno manifestato un interesse, altri sono ancora oggetto di trattative e altri sono destinati alla chiusura. In particolare, come si apprende dalle notizie di stampa dodici punti vendita dovrebbero essere ceduti a un nuovo player del settore: si tratta di quelli di Treviglio, Bregnano, Paderno Dugnano, Lodi, Porto Ceresio, Trezzano, Rho, Cesano Maderno, Barlassina, Robbio, Lomazzo e Novi Ligure. I punti vendita di Vittuone, Bollate, Desio, Cogliate, Cornate, Via Molise Milano, Pavia, San Colombano, Cislago, Guzzano e Cameri sono invece ancora in una fase di trattativa con altre due aziende che, a dire della GCA, vedrà la sua conclusione positiva entro massimo due settimane. Per gli ultimi sei punti vendita — quelli di Maffucci, Gessate, Gallarate, Oleggio, Milano via Ornato e Antegnate — non ci sono purtroppo trattative in corso e vi è il concreto rischio di una chiusura definitiva;

   altro aspetto preoccupante è quello che riguarda il futuro sia delle aziende commerciali che orbitano intorno alla galassia GCA sia dei dipendenti della Nuova distribuzione s.p.a., di cui è stato dichiarato un esubero di circa un terzo –:

   in merito ai fatti descritti in premessa, quali iniziative urgenti il Governo abbia già adottato e intenda adottare in futuro per tutelare lavoratori e imprese di fronte alla grave crisi della Nuova distribuzione s.p.a.
(4-01448)

Ritiro di documenti
del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interpellanza Magi n. 2-00114 del 21 settembre 2018;

   interrogazione a risposta in Commissione Mammì n. 5-00702 dell'11 ottobre 2018;

   interpellanza Maraia n. 2-00140 del 12 ottobre 2018.

ERRATA CORRIGE

  Mozione Pezzopane e altri n. 1-00063 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 68 del 22 ottobre 2018. Alla pagina 2561, prima colonna, dalla riga tredicesima alla riga diciannovesima deve leggersi: «23) a rafforzare nelle regioni meridionali i presìdi di sicurezza e le piante organiche delle forze dell'ordine e del personale degli uffici giudiziari per un maggiore controllo del territorio e un più efficace contrasto della criminalità organizzata;» e non come stampato.

  Mozione D'Uva e Molinari n. 1-00065 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 68 del 22 ottobre 2018. Alla pagina 2572, prima colonna, dalla riga terza alla riga tredicesima deve leggersi: «5) ad adottare iniziative per prevedere per il Mezzogiorno misure di sostegno per la creazione di giovani start up specializzate in business emergenti capaci di reggere la sfida internazionale e per il rafforzamento delle scale up, in specie se operanti in settori di interesse generale, anche non aventi carattere industriale o commerciale e realizzati mediante progetti di partenariato pubblico/privato;» e non come stampato.