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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 22 ottobre 2018

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    a partire dal 2015, come testimoniano i rapporti Svimez, il Mezzogiorno è tornato a crescere, dopo ben 7 anni di crisi che lo hanno portato a livelli rapportabili a quelli degli anni 70;

    il prodotto interno lordo è cresciuto, l'occupazione ha fatto registrare oltre 90 mila posti in più rispetto all'anno precedente, i consumi finali interni in questa macro-area sono tornati a crescere così come gli investimenti privati, anche nei settori industriali e nell'edilizia;

    durante gli anni di crisi, il ritardo del Mezzogiorno rispetto alla restante parte del Paese si è però gradualmente ampliato e differenziato territorialmente: i differenziali di crescita tra le regioni del nostro Paese hanno nel tempo consolidato la presenza di due Italie dal punto di vista socio-economico sempre più diverse tra loro, generando forti squilibri che purtroppo continuano a produrre effetti dannosi per le prospettive di sviluppo non soltanto per il Mezzogiorno, ma anche per l'intero Paese;

    la competitività di un Paese è sempre la somma di quella di tutti i suoi territori: per il benessere nazionale, infatti, è necessario e utile puntare ad accrescere in tutte le regioni la capacità di creare impresa, occupazione e reddito. L'alternativa a questo scenario è esacerbare un dualismo, con il suo necessario carico di trasferimenti compensativi che diviene sempre più pesante economicamente, ma sempre meno sostenibile politicamente;

    dall'avvio della crisi economica si è verificata una persistente divergenza tra Nord e Sud, a sfavore delle regioni meridionali, nell'andamento della domanda interna, e in particolare dei consumi e della spesa in beni e servizi della pubblica amministrazione, ancora più accentuato per effetto del valore del moltiplicatore dei consumi collettivi al Sud, che risulta essere significativamente maggiore che nel resto del Paese;

    l'occupazione, nonostante la ripresa nel triennio 2015-2017, resta nelle regioni del Sud ancora lontana dai livelli antecedenti alla crisi economica, ancora una volta con una dinamica differente rispetto al Nord;

    il mercato del lavoro del Mezzogiorno è fortemente squilibrato a sfavore dei giovani, che nel 2007 rappresentavano il 30 per cento del totale degli occupati e nel 2017 il 22 per cento, mentre gli ultra cinquantenni sono cresciuti dal 13 per cento del 2007 al 22 per cento nel 2017;

    a livello demografico il Sud, con una riduzione continua nel numero di nascite e con un più debole contributo delle immigrazioni, e in assenza di interventi, è destinato ad essere l'area più vecchia d'Italia e tra le più vecchie d'Europa. Le aspettative sull'andamento dell'età media prevedono un incremento dagli attuali 43,3 anni ai 51,6 anni nel 2065. Questo dato indica una inevitabile riduzione della popolazione in età da lavoro e il conseguente effetto negativo sulle potenzialità di crescita del sistema economico e un ulteriore aggravio sui sistema di welfare;

    l'offerta degli asili nido nel nostro Paese è, ancora, insufficiente e diseguale. I posti censiti nelle strutture pubbliche e private riescono ad assicurare un posto al nido a poco più dei 20 per cento dei bambini sotto i 3 anni (l'Europa prevede che tale percentuale sia almeno del 33 per cento) e nelle regioni del Sud in alcune aree la percentuale non supera il 4 per cento. La ricerca in campo economico ed educativo dimostra che i servizi educativi per l'infanzia rappresentano l'investimento migliore che un Paese possa compiere, anche per sostenere l'occupazione femminile;

    la sistematica mobilità di capitale umano dal Sud verso il Nord del Paese e verso l'estero ha provocato un grave depauperamento della struttura demografica e del tessuto sociale. Tali flussi dal Mezzogiorno al Centro-nord hanno interessato in misura rilevante persone con un elevato titolo di studio: la quota dei laureati che si sposta dal Sud verso il Centro-nord è sempre superiore al 27 per cento;

    per sostenere l'istruzione, che è una delle principali leve per la promozione dell'innovazione e della crescita e, quindi, della competitività di un'area geografica con le conseguenti implicazioni in termini di prospettive occupazionali e di reddito degli individui, e affrontare la diminuzione del personale docente, particolarmente incisiva nelle regioni del Mezzogiorno, sono stati adottati negli anni più recenti numerosi interventi e stanziate specifiche risorse, sia per la riqualificazione dell'edilizia scolastica che, in chiave occupazionale, per lo sblocco degli scorrimenti di graduatoria dei docenti;

    il divario Nord-Sud è aumentato anche in relazione agli indicatori sugli standard dei servizi pubblici di base che impattano significativamente sulla qualità della vita e incidono sui redditi delle famiglie;

    la povertà assoluta è ulteriormente cresciuta nel corso del 2017: le famiglie in stato di povertà assoluta, che nel 2016 nel Mezzogiorno erano 700 mila, sono divenute 845 mila nel 2017. L'incidenza sul totale delle famiglie dell'area è passata dall'8,5 per cento al 10,3 per cento, valore circa doppio rispetto a quello del Nord (5,4 per cento);

    per il contrasto della povertà, in particolare al Sud, i Governi a guida del Partito Democratico nel corso dell'ultima legislatura hanno adottato specifiche misure: in particolare con l'approvazione della legge n. 33 dei 2017 e della sua disciplina attuativa (decreto legislativo n. 147 del 2017), è stata introdotta per la prima volta in Italia e in maniera strutturale una misura unica nazionale di contrasto alla povertà, il reddito di inclusione (Rei), derivata dal confronto istituzionale con le regioni e con i rappresentanti dell'ANCI e con l'alleanza contro la povertà, che costituisce livello essenziale delle prestazioni da garantire uniformemente in tutto il territorio nazionale e che prevede, oltre al beneficio economico, anche l'attivazione di servizi personalizzati per la ricerca di occupazione;

    secondo l'Agenzia per la coesione nel periodo 2013-2015 i fondi strutturali comunitari e il Fondo per lo sviluppo e la coesione (ex FAS) anziché andare a ridurre i divari territoriali in Italia hanno di fatto sostituito la spesa pubblica ordinaria in conto capitale rendendola sempre più irrilevante nel Mezzogiorno;

    uno studio Svimez ha stimato l'effetto di una redistribuzione della spesa pubblica in conto capitale effettuata in quota proporzionale alla dimensione della popolazione delle regioni italiane. Tale principio è già previsto dall'articolo 7-bis del decreto-legge 29 dicembre 2016, n. 243, (cosiddetto decreto Mezzogiorno), convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 18: se il criterio di distribuzione della spesa fosse esteso a tutti i livelli della pubblica amministrazione (e non solo all'amministrazione centrale in senso stretto) determinerebbe per il Mezzogiorno un aumento annuo degli investimenti pubblici di circa 4,5 miliardi di euro. Più prudentemente la relazione sui conti pubblici territoriali dell'Agenzia per la coesione territoriale, limitandosi al perimetro fissato dalla norma del decreto Mezzogiorno, calcola un impatto nell'ordine di 1,6 miliardi medi annui;

    al citato articolo 7-bis del decreto-legge n. 243 del 2017 è stata data parziale attuazione con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 7 agosto 2017 relativo alle modalità di monitoraggio della spesa ma è necessario emanare al più presto il secondo e determinante atto, ovvero la direttiva del Presidente dei Consiglio che dovrebbe individuare annualmente i programmi di spesa attraverso cui perseguire l'obiettivo del riequilibrio territoriale;

    relativamente alle politiche per l'innovazione tecnologica, che sono tra le principali fonti di vantaggio competitivo di un Paese ad economia avanzata, si registra un divario significativo tra il Mezzogiorno e il Centro-nord in termini di ricettività da parte delle imprese meridionali all'introduzione di innovazioni avanzate, all'assorbimento delle conoscenze e delle innovazioni che accompagnano tali innovazioni e, conseguentemente, alla propensione a investire risorse in attività di ricerca e sviluppo;

    la netta flessione delle agevolazioni concesse alle imprese durante gli anni della crisi ha investito il Mezzogiorno in misura più rilevante rispetto al centro-nord;

    secondo valutazioni contenute nel rapporto Svimez 2018 la crescita del Centro-nord è fortemente legata dagli andamenti dell'economia del Mezzogiorno per le seguenti principali considerazioni:

     a) 20 dei 50 miliardi di euro circa di residuo fiscale trasferito alle regioni meridionali dal bilancio pubblico ritornano al Centro-nord sotto forma di domanda di beni e servizi;

     b) gli stimoli della domanda provenienti dal Mezzogiorno producono effetti di traboccamento largamente superiori rispetto a quelli provenienti dal Centro-nord: più del 30 per cento dell'effetto moltiplicativo della domanda interna all'area del Mezzogiorno va a beneficio del Centro-nord;

     c) i flussi di capitale umano provenienti dal Mezzogiorno generano flussi di reddito in entrata significativi per le regioni del Centro-nord: si stima una perdita secca per il Mezzogiorno di circa 2 miliardi di euro l'anno in termini di spesa pubblica investita in istruzione per effetto della migrazione dei laureati ai quali si somma il valore dei consumi pubblici e privati annui attivati dall'emigrazione studentesca pari a circa 3 miliardi di euro;

    il masterplan per il rilancio del Mezzogiorno posto in essere dai Governi nel corso dell'ultima legislatura e i patti per lo sviluppo che ne sono derivati e che hanno interessato le otto regioni e le città metropolitane del Sud hanno consentito di promuovere interventi e di mobilitare risorse finalizzate alla crescita e al superamento di logiche meramente assistenziali ponendo la questione Mezzogiorno come politica per la crescita;

    alla concertazione tra Governo e amministrazioni regionali e locali si è aggiunta anche la spinta nel corso del 2017 data da misure varate attraverso la decretazione d'urgenza;

    in particolare il decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, ha previsto, con la misura «Resto al sud» forme di incentivazione per i giovani volte a promuovere la costituzione di nuove imprese nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia;

    sono state introdotte le Zes (zone economiche speciali) per la promozione delle aree portuali e retro portuali del Mezzogiorno;

    infrastrutture, capacità di connessione, regole dei mercati, sostegno al credito, servizi, beni culturali, turismo sono i punti sui quali si è concentrata l'attenzione nell'ambito della declinazione territoriale dei patti;

    95 miliardi di euro di investimenti sono stati previsti entro il 2023, derivanti dai fondi strutturali (FESR e FSE) 2014-2020 pari a 56,2 miliardi di euro, di cui 32,2 miliardi di euro europei e 24 miliardi di euro nazionali, dai fondi di cofinanziamento regionale per 4,3 miliardi di euro e dal fondo sviluppo e coesione;

    l'obiettivo è stato quello di un'articolazione territorio per territorio, nella misura maggiormente aderente, possibile e meno astratta rispetto al passato;

    negli anni precedenti è stato introdotto un credito d'imposta per l'acquisto di beni strumentali in favore di impianti produttivi ubicati nelle regioni del Mezzogiorno;

    l'attuale Esecutivo sembra voler ridurre le politiche per il Mezzogiorno alla introduzione del cosiddetto reddito di cittadinanza;

    tale marginalizzazione del Sud era prevedibile anche in consideratone di quanto previsto nel cosiddetto contratto di Governo che al capitolo 25 recitava testualmente: «Con riferimento alle Regioni del Sud, si è deciso, contrariamente al passato, di non individuare specifiche misure con il marchio "Mezzogiorno", nella consapevolezza che tutte le scelte politiche previste dal presente contratto (con particolare riferimento a sostegno al reddito, pensioni, investimenti, ambiente e tutela dei livelli occupazionali) sono orientate dalla convinzione verso uno sviluppo economico omogeneo per il Paese, pur tenendo conto delle differenti esigenze territoriali con l'obiettivo di colmare il gap tra Nord e Sud»;

    questo approccio costituisce la premessa ad un progressivo disimpegno dalle politiche di sviluppo,

impegna il Governo:

1) a presentare una relazione al Parlamento sull'andamento dei masterplan sottoscritti entro il 31 dicembre 2018;

2) ad adottare iniziative per confermare misure strategiche come «resto al Sud» e il credito d'imposta per gli investimenti effettuati al Sud;

3) a promuovere misure incentivanti per l'assunzione dei giovani e delle donne da parte delle imprese che operano nel Mezzogiorno, anche attraverso misure di decontribuzione pluriennali non inferiori al 50 per cento;

4) allo scopo di realizzare politiche realmente incisive contro la povertà, a non smantellare il processo avviato con il reddito di inclusione, i cui beneficiari sono distribuiti in larga parte nelle regioni del Mezzogiorno, per dar vita a una nuova misura con un profilo radicalmente differente, come recentemente richiesto dalla Caritas e dall'Alleanza contro le povertà, assumendo tutte le iniziative di competenza per:

   a) incrementare l'ammontare del beneficio economico;

   b) allargare la platea dei beneficiari fino a raggiungere tutte le famiglie che secondo le stime dell'Istat si trovano in condizioni di povertà;

   c) favorire l'occupabilità e l'inserimento nel mercato del lavoro dei beneficiari del reddito di inclusione;

   d) potenziare i centri per l'impiego e la rete nazionale delle politiche attive del lavoro assicurando stanziamenti adeguati per innalzare la quota del fondo povertà destinata al rafforzamento delle misure e dei servizi sociali in ossequio al carattere peculiare del reddito di inclusione;

   e) rafforzare i programmi di reinserimento sociale attraverso le istituzioni pubbliche;

5) ad assumere tutte le iniziative di competenza al fine di attuare una redistribuzione di spesa pubblica per investimenti tra le diverse circoscrizioni territoriali in rapporto alla popolazione, dando applicazione all'articolo 7-bis del decreto-legge 29 dicembre 2016, n. 243, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 18, che prevede una quota tra il 30 per cento e il 40 per cento di spesa pubblica ordinaria in conto capitale da realizzare nelle regioni del Mezzogiorno;

6) tenuto conto delle carenze del Mezzogiorno nell'offerta per i servizi all'infanzia e delle sue criticità infrastrutturali, ad adottare iniziative per:

   a) assicurare disponibilità e accessibilità negli asili nido almeno al 33 per cento dei bambini come da parametri europei;

   b) assicurare risorse pluriennali per la messa a norma e l'ammodernamento degli edifici scolastici, proseguendo a proseguire nel piano di investimenti previsto da «Italia sicura» per la messa a norma e l'ammodernamento degli edifici scolastici;

7) ad assumere tutte le iniziative idonee per la lotta alle disuguaglianze territoriali in tema di formazione dei giovani e di diritto all'istruzione superiore attraverso una revisione dei criteri di finanziamento del sistema universitario nazionale incentrata:

   a) su una revisione dei parametri per il calcolo dei costi standard per studente;

   b) sul rifinanziamento del fondo di finanziamento ordinario in cui la quota premiale (oggi la principale causa di divaricazione tra aree geografiche) che deve essere aggiuntiva rispetto al finanziamento dell'anno precedente;

8) ad adottare iniziative per incrementare le risorse del fondo sanitario nazionale da destinare alle regioni del Mezzogiorno per ammodernamento delle strutture sanitarie e per implementazione di personale e macchinari funzionali a migliorare l'erogazione delle prestazioni, anche per ridurre il fenomeno della cosiddetta «emigrazione sanitaria»;

9) ad assumere tutte le iniziative di competenza al fine di:

   a) sfruttare il vantaggio competitivo naturale che il Mezzogiorno possiede quale piattaforma strategica nel Mediterraneo per intercettare i flussi commerciali in un'area sempre più al centro degli interessi dell'economia globale specie dopo il raddoppio del Canale di Suez e per proiettare l'Italia e l'Europa verso l'Africa e il Medio Oriente;

   b) irrobustire il vantaggio logistico attraverso un piano di investimenti pluriennale per il potenziamento e l'ammodernamento delle grandi infrastrutture stradali, ferroviarie, portuali e aeroportuali;

10) ad adottare le iniziative di competenza per promuovere il vantaggio fiscale attraverso la realizzazione di zone economiche speciali al fine di:

   a) attrarre importanti investimenti di logistica e industriali nei principali porti e interporti del Sud così da dotarli delle infrastrutture necessarie per farne snodi fondamentali per i nuovi flussi commerciali nel Mediterraneo;

   b) attrarre imprese nazionali ed estere per favorire la costruzione di filiere radicate sul territorio in grado di far crescere le piccole e medie imprese meridionali;

   c) sostenere il riposizionamento strategica delle imprese meridionali attraverso un maggiore orientamento verso l’export;

11) ad adottare le iniziative di competenza per autorizzare entro il 31 dicembre 2018 le Zes individuate nel Mezzogiorno ai sensi del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91 convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 123;

12) ad adottare le iniziative di competenza per rifinanziare gli incentivi all'autoimprenditorialità e all'autoimpiego di cui al decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185 in relazione alla situazione del Mezzogiorno;

13) ad adottare iniziative per sostenere il sistema produttivo meridionale con politiche industriali che puntano sull'innovazione tecnologica al fine di offrire ai giovani concrete prospettive di occupazione nel Mezzogiorno, invertendo così la «fuga» di talenti al Nord del Paese e all'estero, attraverso interventi utili a:

   a) implementare l'innovazione tecnologica e organizzativa sia a livello di singole imprese che di gruppi di imprese e filiere produttive in linea con i paradigmi dell'industria 4.0;

   b) sostenere investimenti dal Centro-nord e dall'estero verso settori industriali e dei servizi innovativi tesi a sfruttare il patrimonio di conoscenze, competenze e know-how accumulati nel capitale umano formato nel Mezzogiorno, ma scarsamente utilizzato dal sistema produttivo locale;

   c) recuperare alla produttività le aree industriali in declino con programmi, anche sperimentali, di partenariato in grado di attrarre investimenti con vantaggi allocativi;

   d) indirizzare e promuovere lo sviluppo di iniziative imprenditoriali innovative a base tecnologica per farne una leva di rinnovamento dell'intero tessuto industriale più tradizionale;

   e) incentivare e sostenere le grandi e medie imprese high e med-tech operanti nel Mezzogiorno a dar vita a interventi di open innovation aprendo ponti e sinergie con il meglio del sistema della ricerca e dell'alta formazione locale;

   f) sostenere e semplificare la nascita e la crescita di spin-off e start-up come tipiche espressioni di una nuova cultura imprenditoriale innovativa;

   g) declinare a livello territoriale le misure del piano «Industria 4.0» prevedendo un rafforzamento delle intensità agevolative e/o una riserva di risorse nell'implementazione delle agevolazioni fiscali automatiche («nuova Sabatini», «super/iper ammortamento» credito d'imposta per le spese in ricerca e sviluppo;

14) ad adottare iniziative per prevedere un piano di manutenzione straordinaria della viabilità minore nonché sbloccare interventi infrastrutturali di particolare rilievo per la Sicilia e per l'ammodernamento e la messa in sicurezza della strada statale 106 Jonica a partire dal terzo macrolotto, come da delibera del Cipe n. 3 del 2018;

15) a potenziare l'alta velocità confermando il crono-programma per la Napoli-Bari e il prosieguo dell'alta velocità fino a Reggio Calabria;

16) a conseguire un miglioramento complessivo della qualità del sistema dei trasporti e di mobilità nel Mezzogiorno prevedendo un monitoraggio permanente che coinvolga compagnie aeree, società ferroviarie, autolinee e compagnie navali, con attenzione anche al traffico merci e alla intermodalità;

17) ad adottare, in relazione al particolare contesto del Mezzogiorno, iniziative per consolidare gli interventi previsti dalla legge 6 ottobre 2017, n. 158, in favore dei piccoli comuni a salvaguardia dei servizi essenziali nonché implementare le risorse per le aree interne anche come politica di contrasto al fenomeno dello spopolamento;

18) a promuovere nelle regioni del sud piani di rigenerazione urbana articolati in base alle dimensioni delle realtà urbane, partendo dalla messa in sicurezza e dalla valorizzazione dei centri storici per un recupero socio-economico dei contesti anche in ottica di promozione turistica;

19) a prevedere per l'anno 2019 un piano straordinario di interventi pubblici a sostegno dell'alfabetizzazione digitale finalizzato a superare un evidente ritardo accumulato dal Mezzogiorno in questo settore imprescindibile per il rilancio dell'economia;

20) a prevedere un piano straordinario di assunzioni di giovani esperti nel settore digitale all'interno della pubblica amministrazione, perché la nuova e piena cittadinanza digitale, in particolare al Sud, ha bisogno di competenze per attuarsi, necessarie anche per accompagnare tutte le misure poste in essere dagli ultimi Governi per rendere più efficiente la pubblica amministrazione;

21) ad adottare iniziative per accelerare lo sblocco delle risorse per i progetti in materia di edilizia scolastica ed impiantistica sportiva già finanziati nonché a rifinanziare il programma «sport e periferie» con una quota degli investimenti nella misura non inferiore al 34 per cento destinati al Mezzogiorno;

22) a promuovere nel Mezzogiorno ulteriori investimenti nell'ambito della manutenzione e messa in sicurezza del territorio, contrastando il gravissimo fenomeno del dissesto idrogeologico;

23) a rafforzare nelle regioni i presìdi di sicurezza e le piante organiche delle forze dell'ordine e del personale degli uffici giudiziari per un maggiore controllo del territorio e un più efficace contrasto della criminalità organizzata;

24) a non adottare iniziative che indeboliscano il quadro normativo di contrasto del caporalato nel sud;

25) a promuovere, con investimenti, le filiere agroalimentari e le produzioni di qualità del Mezzogiorno;

26) a promuovere, nel quadro del rafforzamento della promozione turistica del Sud e in collaborazione con le regioni meridionali, progetti di promozione e «pacchetti» di incentivi finalizzati al «turismo di ritorno», rivolto agli italiani all'estero, con particolare attenzione alle aree interne del Mezzogiorno.
(1-00063) «Pezzopane, Viscomi, Delrio, Enrico Borghi, Carnevali, De Maria, Gribaudo, Fiano, Lepri, Morani, Rotta, Annibali, Anzaldi, Ascani, Bazoli, Benamati, Berlinghieri, Boccia, Bonomo, Bordo, Boschi, Braga, Bruno Bossio, Buratti, Campana, Cantini, Carla Cantone, Cardinale, Carè, Ceccanti, Cenni, Ciampi, Colaninno, Critelli, Dal Moro, D'Alessandro, De Filippo, De Luca, De Menech, De Micheli, Del Barba, Del Basso De Caro, Di Giorgi, Marco Di Maio, Fassino, Ferri, Fragomeli, Franceschini, Fregolent, Gadda, Gariglio, Giachetti, Giacomelli, Giorgis, Guerini, Incerti, La Marca, Lacarra, Librandi, Losacco, Lotti, Madia, Gavino Manca, Mancini, Marattin, Martina, Mauri, Melilli, Miceli, Migliore, Minniti, Mor, Morassut, Moretto, Morgoni, Mura, Nardi, Navarra, Nobili, Noja, Orfini, Orlando, Padoan, Pagani, Ubaldo Pagano, Paita, Pellicani, Piccoli Nardelli, Pini, Pizzetti, Pollastrini, Portas, Prestipino, Quartapelle Procopio, Raciti, Rizzo Nervo, Andrea Romano, Rosato, Rossi, Scalfarotto, Schirò, Sensi, Serracchiani, Siani, Topo, Ungaro, Vazio, Verini, Zan, Zardini».


   La Camera,

   premesso che:

    nello scenario economico italiano, aggravato dalle conseguenze della situazione finanziaria internazionale, continua a porsi in primo piano la questione di una Nazione ancorata a due differenti velocità di sviluppo, la cui più diretta evidenza sia l'inasprimento dei divari tra le regioni settentrionali e quelle meridionali, sia le diseguaglianze interne alle stesse aree del Mezzogiorno;

    l'obiettivo di ottenere un tasso di crescita del Mezzogiorno significativamente e stabilmente superiore a quello medio dell'Unione europea e del resto della Nazione è lontano dall'essere raggiunto;

    la crisi economica ha inciso e sta incidendo in misura significativa sulla produzione, sui consumi, sull'attività delle piccole e medie imprese, soprattutto allocate nel Mezzogiorno d'Italia e, pertanto, si estrinseca, ogni giorno di più, l'esigenza di una rinnovata e prioritaria attenzione per il Sud rispetto alle tematiche delle infrastrutture, dell'istruzione, del welfare e del lavoro, della salute e dell'ambiente; temi impegnativi che rappresentano, però, diritti fondamentali delle persone ispirati al rispetto dei bisogni generali della Nazione, e non di particolari tendenze politiche o regionali;

    è un dato di fatto che le regioni del Sud Italia hanno subìto, con molta più forza, i segni della crisi economica, e ciò lo evidenziano anche i dati relativi alla disoccupazione giovanile e la conseguente emigrazione, come anche quelli relativi al reddito e alla povertà;

    le cause primarie possono essere rinvenute in una condizione complessiva del Mezzogiorno che è data dalle infrastrutture, dall'impianto economico produttivo, dalla crisi imprenditoriale, e che rende questi territori particolarmente vulnerabili;

    la distanza tra il Centro-nord e il Sud non si limita al Pil pro-capite (la quota di Pil generata nel Nord è aumentata di 1,2 punti percentuali, mentre quella del Sud e delle isole è diminuita di 0,9 punti percentuali), ma riguarda tanti altri indicatori, come la continua migrazione delle forze giovanili verso altri regioni e verso l'estero, l'elevato numero di giovani che abbandonano gli studi in ragione delle condizioni di disagio complessivamente percepite, l'irrilevante capacità di attrazione di investimenti dall'estero, il peso ancor maggiore rispetto al resto della Nazione della burocrazia, dell'inefficienza istituzionale, della corruzione, della lentezza giudiziaria, dell'economia sommersa, della mancanza di strutture sanitarie adeguate;

    inoltre, sul mancato sviluppo delle regioni meridionali, incide pesantemente la criminalità organizzata;

    le anticipazioni al Rapporto Svimez 2018 sull'economia e la società del Mezzogiorno hanno evidenziato che «L'occupazione, nella media del 2017 nel Mezzogiorno, è di 310 mila unità inferiore al 2008 mentre nel complesso delle regioni del Centro-nord è superiore di 242 mila unità. Il tasso di occupazione è ancora due punti al di sotto del 2008 nelle regioni meridionali (44 per cento nel 2017, era 46 per cento nel 2008), mentre ha recuperato i livelli 2008 nel Centro-nord»;

    nell'ultimo decennio, nell'ambito del sistema infrastrutturale e dei trasporti nel Mezzogiorno si è assistito a una forte perdita di competitività, anche a causa del fatto che a fronte di un incremento della dotazione infrastrutturale nel Centro-nord per autostrade, nel Mezzogiorno si è assistito ad una progressiva diminuzione tanto in termini quantitativi quanto qualitativi;

    inoltre, nello stesso periodo, la dotazione ferroviaria ordinaria ha registrato una contrazione concentrata nel Mezzogiorno;

    il Sud della Nazione presenta, nel complesso, una dotazione infrastrutturale, in ferrovie e autostrade, addirittura inferiore rispetto ai Paesi dell'est dell'Europa e ciò rappresenta un formidabile freno alla possibilità di esportare, di attrarre turisti, di crescere;

    ai sensi della vigente normativa, in forza del criterio che lega gli investimenti pubblici ordinari, da destinare alle singole regioni, alla popolazione residente, già previsto dalla legge di bilancio per il 2017, è assegnato alle regioni meridionali una quota pari al 34 per cento di tali investimenti; tale quota appare insufficiente a recuperare il descritto divario con la parte settentrionale della Nazione;

    i patti per il Sud ed il masterplan per il Mezzogiorno assegnano alle città metropolitane cospicue risorse ma, a seguito della riforma «Delrio», tali enti si trovano, di fatto, nell'impossibilità di gestire le risorse ad essi assegnate;

    sinanche i profili ambientali destano maggiore preoccupazione nel Mezzogiorno: gli ultimi Governi hanno dovuto nominare diversi commissari straordinari a seguito delle pesanti pene pecuniarie inflitte dalla Corte di giustizia dell'Unione europea per il mancato rispetto della vigente normativa europea in materia ambientale;

    il Commissario straordinario unico per la realizzazione degli interventi in materia di collettamento, fognatura e depurazione delle acque reflue a seguito della sentenza di condanna della Corte di giustizia dell'Unione europea del 31 maggio 2018, ad esempio, si occupa di impianti di depurazione situati per l'ottanta per cento nel Mezzogiorno; a fronte di tale inadempimento, l'Italia ha dovuto pagare una somma forfettaria pari a 25 milioni di euro e una penalità di 165.000 euro al giorno, pari a 30.112.500 euro, per ciascun semestre di ritardo nell'attuazione delle misure necessarie per adeguare gli impianti alla normativa europea;

    analogo discorso vale per il Commissario per la bonifica delle discariche abusive, oggetto della sentenza di condanna del 2 dicembre 2014 con la quale la Corte di giustizia dell'Unione europea ha condannato l'Italia al pagamento di una sanzione forfettaria di circa quaranta milioni di euro e di una penalità semestrale di oltre quarantadue milioni di euro, a seguito dell'accertamento della non conformità alla normativa europea di duecento discariche abusive esistenti sul territorio italiano, in particolare, nel Mezzogiorno;

    dall'ultimo Rapporto dell'Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane risulta che l'aspettativa di vita «è diseguale e nel Mezzogiorno si vive in media fino a 4 anni in meno»;

    i dati sono chiari: in Campania si registra un +28 per cento di mortalità per tumori e malattie croniche rispetto alla media nazionale del 2,3 per cento in Sicilia la mortalità del +10 per cento in Sardegna è del +7 per cento e in Calabria è del +4,7 per cento;

    nel Sud, inoltre, 1 persona su 5 dichiara di non aver soldi per pagarsi le cure; si tratta di quattro volte la percentuale osservata nelle regioni settentrionali; ciò a fronte di una spesa da parte dei cittadini per la salute che, negli ultimi anni, è aumentata, mediamente, di circa l'8,3 per cento (2012-2016) ma in maniera disuguale in ambito nazionale;

    continua, inoltre, la «migrazione sanitaria» dei meridionali verso il Nord, con tassi che, negli anni 2016-2018, hanno portato oltre duecentomila pazienti ogni anno – ossia l'8 per cento del totale dei ricoveri – dal Sud al Centro-nord, per esigenze di assistenza ospedaliera;

    secondo l'indice di performance sanitaria, realizzato dall'istituto Demoskopika in Italia circa cinquecentomila persone hanno rinunciato a curarsi a causa delle liste d'attesa, e il fenomeno è radicato soprattutto al Sud: accedere alle prestazioni sanitarie presenta i tempi di attesa più rilevanti in Calabria che con l'1,9 per cento di tasso di rinuncia rilevato e 37 mila residenti rinunciatari, ottiene il punteggio più basso (5,3 punti), a seguire la Puglia (5,8 punti) con ben 69 mila soggetti che hanno rinunciato a curarsi, pari all'1,7 per cento;

    inoltre, attualmente il riparto dei fondi del Servizio sanitario nazionale, basato prevalentemente su parametri di anzianità delle popolazioni residenti nelle singole regioni, penalizza quelle meridionali, nelle quali l'età media è nettamente inferiore alla media nazionale;

    nonostante il fatto che già in sede di riparto del Fondo sanitario per il 2017 la Conferenza delle regioni avesse approvato all'unanimità la proposta di introdurre, tra i criteri per il riparto, il coefficiente di deprivazione, ancora nel riparto per l'anno in corso tale coefficiente non è stato, invece, considerato;

    la valorizzazione e il rilancio del Meridione d'Italia non possono prescindere dal rilancio del settore turistico, posto l'immenso patrimonio artistico, architettonico e culturale che detengono e che deve essere trasformato in linfa vitale per creare occupazione, favorire lo sviluppo, applicare all'antico le nuove tecnologie, imprimere a ciò che è statico la velocità della modernità, aggiungere a ciò che è locale la dimensione della globalità;

    l'imprenditoria legata al turismo nel Sud soffre di debolezze strutturali imputabili a fattori come l'assenza di pianificazione concertata, la mancanza di un'efficace strategia di comunicazione, le dimensioni ridotte, la frammentarietà dei modelli di gestione, lo sbilanciamento nella distribuzione territoriale, l'inadeguatezza degli standard di qualità nei servizi e nella formazione degli addetti, la mancanza delle infrastrutture che consenta l'accessibilità dei luoghi per attrarre turisti;

    in questo ambito, appaiono di fondamentale importanza sia il sostegno agli operatori, attraverso la formazione del personale a quella cultura dell'accoglienza indispensabile per attrarre turisti sempre più globalizzati, sia la tutela e la salvaguardia dei prodotti tipici e delle tradizioni locali di cui proprio il Meridione è così ricco, sia la salvaguardia ambientale e paesaggistica e il contrasto dell'abusivismo edilizio, anche attraverso un processo di riqualificazione immobiliare e delle aree interne progressivamente abbandonate;

    il peso demografico del Sud continua, inoltre, lentamente a diminuire ed è ora pari al 34,3 per cento, due punti percentuali in meno dall'inizio del nuovo millennio;

    a fronte di tale decremento va, invece, evidenziato l'aumento del numero di immigrati che ha interessato il Sud negli ultimi anni, rispetto al quale i dati forniti dal Ministero dell'interno rivelano che i migranti sbarcati in Italia, al 19 ottobre 2018, sono stati 21.839, 110.636 nel 2017 e 146.287 nel 2016, arrivati principalmente nei porti di Pozzallo, Catania, Messina, Augusta, Trapani, Lampedusa, Palermo, Porto Empedocle, Crotone, Reggio Calabria e Cagliari;

    l'accoglienza dei migranti sbarcati, al netto dei ricollocamenti effettuati in altri Stati, ha avuto impatti notevoli su tutto il territorio nazionale, ma maggiormente sui territori meridionali già interessati da evidenti problematiche socio-economiche, e, se da un lato, si sono generati pregevoli esempi di integrazione sociale, culturale e imprenditoriale, dall'altro, si sono create spiacevoli situazioni di conflittualità e di malessere;

    la vigente legislazione per il sostegno alle regioni del Meridione offre molteplici incentivi, strumenti fiscali e amministrativi per accompagnare gli investimenti, ma manca una cultura omogenea dell'impresa che costituisca il motore della ripresa della crescita nel Mezzogiorno;

    troppo spesso, inoltre, distorsioni e malfunzionamenti delle procedure di assegnazione hanno determinato un uso scellerato delle risorse, senza garantire una ricaduta efficace sul tessuto produttivo locale in termini occupazionali e di innesco di un sistema economico virtuoso;

    la ripresa del Mezzogiorno non dipende solo dall'entità dei trasferimenti pubblici, ma dal grado di efficienza delle istituzioni e dalla capacità di mobilitare le risorse disponibili, determinando una crescita delle imprese e della loro capacità concorrenziale nei mercati, nonché ristabilendo una capacità di attrazione di capitali esteri, fondamentali nel processo di generazione del reddito oltre ad essere lo specchio della credibilità internazionale di una Nazione;

    in questo quadro, i fondi nazionali ed europei, pur mantenendo un ruolo centrale nell'ambito delle politiche di sostegno ad occupazione e sviluppo dei territori, non possono costituire l'unica risorsa, ma vanno inseriti in un piano più generale, governato dallo Stato, al fine di un migliore e più spedito impiego delle risorse disponibili con il coinvolgimento e una forte responsabilizzazione delle amministrazioni locali e regionali interessate;

    l'analisi delle difficoltà strutturali che opprimono il Sud italiano, sia in termini di struttura produttiva che di assetto istituzionale, evidenzia una situazione complessiva di fragilità che impone la ricerca di radicali elementi di discontinuità nelle politiche di sviluppo;

    appare indispensabile ed urgente disegnare nuove e più efficaci azioni che consentano al Mezzogiorno di intraprendere un percorso di sviluppo, autonomo e responsabile, in grado di valorizzare i tanti elementi positivi comunque presenti in questi territori, al contempo dando nuovo slancio al tessuto economico e produttivo del Mezzogiorno;

    a fronte di questa situazione disastrosa l'impegno del Governo per il Mezzogiorno è rappresentato dalla Ministra per il sud e dalla clausole del «Contratto per il Governo del Cambiamento»; la Ministra, nell'illustrare qualche giorno fa in Commissione Bilancio del Senato le linee programmatiche del suo Ministero, non ha dichiarato niente di più che una generica volontà di «ridurre l'insostenibile e ingiustificato divario Nord-Sud», mentre il «Contratto per il Governo del Cambiamento», privo di una reale strategia per lo sviluppo del Sud, non prevede altro che la mancetta assistenzialista rappresentata dal reddito di cittadinanza;

    ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, l'attuale politica governativa sembra non avere una strategia indirizzata al miglioramento e all'innovazione del contesto, con un evidente vuoto d'iniziativa che emerge come grave di fronte ad una crisi che colpisce particolarmente l'economia meridionale,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative normative per garantire la sicurezza e il rispetto della legalità – delle norme civili, penali e fiscali – in quanto prerequisito per lo sviluppo del Mezzogiorno;

2) ad assumere iniziative per prevedere nel prossimo disegno di legge di bilancio agevolazioni fiscali e contributi statali per le attività imprenditoriali presenti nel Sud Italia che assumono personale a tempo indeterminato, quali esenzioni triennali del 100 per cento degli oneri previdenziali, contributi per la trasformazione dei contratti da tempo determinato o da tirocini a tempo indeterminato, sostegno ai percorsi formativi finalizzati alle assunzioni sia a tempo determinato che indeterminato, credito d'imposta automatico pari al 100 per cento degli investimenti in aziende del Sud e finalizzati alle assunzioni;

3) ad assumere iniziative per prevedere nel disegno di legge di bilancio agevolazioni fiscali mirate ad attrarre nelle regioni meridionali i pensionati provenienti dal Centro-nord e dall'estero, stabilendo, tra l'altro, la riduzione dell'aliquota Iva al 10 per cento per gli stabilimenti balneari;

4) ad assumere iniziative per prevedere, quale criterio per l'assegnazione di finanziamenti a opere infrastrutturali, la quantificazione dell'impatto sul potenziale di sviluppo del Mezzogiorno, nonché l'obiettivo di dotare il Sud di un sistema portuale ed aeroportuale efficiente, di una rete ferroviaria AV/AC (alta velocità – alta capacità) moderna e priva di fonti di pericolo come i passaggi a livello, di un moderno sistema logistico intermodale;

5) ad adottare iniziative per destinare alle regioni meridionali il 50 per cento degli investimenti pubblici nazionali in luogo del 34 per cento attualmente previsto;

6) ad adottare iniziative, in relazione alla situazione del Mezzogiorno, per dare un immediato avvio alle zone economiche speciali (ZES);

7) ad assumere iniziative, alla luce delle criticità infrastrutturali del Mezzogiorno, per prevedere nel prossimo disegno di legge di bilancio misure per la messa in sicurezza degli edifici, con particolare riguardo a quelli scolastici, di recupero dei centri urbani, attraverso il finanziamento del restauro degli edifici storici, nonché misure atte a finanziare il completamento dei programmi già avviati nei settori dell'edilizia sanitaria, universitaria, carceraria nel Sud del Paese;

8) ad assumere iniziative per anticipare l'ultimazione della realizzazione delle infrastrutture tecnologiche collegate al Piano strategico nazionale sulla Banda ultra larga, elemento essenziale per lo sviluppo del Mezzogiorno;

9) al fine di ridurre la corruzione nel Mezzogiorno, ad adottare iniziative per la centralizzazione delle procedure di gara per l'affidamento di contratti pubblici;

10) ad adottare misure urgenti per consentire all'Agenzia per la coesione di prestare assistenza tecnica alle amministrazioni locali e regionali meridionali per contrastare la lentezza nelle procedure di spesa dei fondi europei;

11) a presentare ogni anno al Parlamento un rapporto inerente le criticità riscontrate nelle fasi di spesa delle risorse finanziarie destinate dallo Stato e dall'Unione europea in favore dello sviluppo delle regioni meridionali con le proposte dei necessari correttivi normativi;

12) ad avviare interlocuzioni con l'Unione europea per ottenere misure di «fiscalità di vantaggio» nel Mezzogiorno nonché la rimodulazione e la semplificazione delle procedure di spesa dei fondi europei;

13) a predisporre un programma per la conservazione e la valorizzazione delle risorse naturali delle Regioni del Sud, al fine di rilanciare il turismo;

14) ad elaborare una serie di iniziative normative collegate al disegno di legge di bilancio per la messa in sicurezza del territorio del Sud attraverso interventi complessivi di bonifica, di gestione dei rifiuti e del ciclo delle acque, di mitigazione del dissesto idrogeologico;

15) ad adottare un piano di investimenti straordinari in materia sanitaria per eliminare il gap esistente nelle regioni meridionali conseguendo, in tal modo, la riduzione della mobilità sanitaria;

16) a valutare i risultati ottenuti dai commissari straordinari nelle regioni del Sud sottoposte a piano di rientro dal debito sanitario e ad assumere le conseguenti iniziative di competenza qualora gli uffici commissariali non abbiano raggiunto gli obiettivi fissati;

17) ad adottare iniziative per introdurre il coefficiente di deprivazione tra i criteri di riparto del Fondo sanitario, al fine di consentire una maggiore equità nella distribuzione delle risorse, che tenga conto dei problemi delle regioni più disagiate e con maggior tasso di mobilità sanitaria;

18) ad elaborare un programma di gestione dei flussi migratori che consideri il Sud come «Porta del Mediterraneo» anche in una ottica di incremento dell'interscambio commerciale;

19) ad adottare iniziative per prevedere aree detassate per gli agricoltori del Sud in modo tale da sostenere la ripresa dell'agricoltura anche attraverso la creazione del marchio «made in sud» che certifichi la qualità dei prodotti tipici regionali, adottando iniziative normative per l'incremento delle pene previste per i reati di contraffazione e l'elaborazione di un sistema di controlli e verifica dei prodotti agricoli certificati;

20) ad adottare le iniziative di competenza per potenziare gli organici delle forze dell'ordine nel Mezzogiorno, sia ai fini del controllo del territorio che del rafforzamento dell'apparato investigativo, e della magistratura, salvaguardando i presìdi di polizia e gli uffici giudiziari sul territorio;

21) ad adottare iniziative per prevedere, nel prossimo disegno di legge di bilancio, norme per favorire l'accesso al credito bancario da parte degli imprenditori del Mezzogiorno, in particolare quelli dei settori agricolo, agroalimentare e zootecnico, per incentivare gli investimenti.
(1-00064) «Lollobrigida, Meloni, Ferro, Gemmato, Bucalo, Varchi, Lucaselli, Deidda, Acquaroli, Bellucci, Ciaburro, Frassinetti, Butti, Caretta, Cirielli, Crosetto, Luca De Carlo, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Fidanza, Foti, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Zucconi».


   La Camera,

   premesso che:

    i dati pubblicati dall'Istat relativi all'anno 2017 evidenziano ancora un grande divario tra Nord e Sud del Paese in termini di produttività delle imprese e benessere degli abitanti: il tasso di disoccupazione nel Mezzogiorno (19,4 per cento) è tre volte quello del Nord (6,9 per cento) e circa il doppio di quello del Centro (10 per cento); mentre diverse aree d'Italia, soprattutto quelle settentrionali, hanno avviato un percorso di ripresa dalla crisi, con livelli di occupazione tornati vicini a quelli del 2008 (66,7 per cento al Nord e 62,8 per cento nel Centro), il Sud resta ancora indietro di due punti (44 per cento) rispetto alle percentuali del 2008. Il divario occupazionale tra Nord e Sud è di oltre 20 punti, come quello che esiste tra Grecia e Germania. Sempre secondo i dati Istat 2017 le persone che vivono in povertà assoluta in Italia superano i 5 milioni, e la situazione più drammatica si registra al Sud dove oltre uno su dieci vive in condizione di indigenza;

    i dati Istat rilevano che nel 2017 il Pil ha registrato una crescita superiore alla media nazionale nel Nord, con un rialzo dell'1,8 per cento, un incremento lievemente inferiore nel Mezzogiorno, con un aumento dell'1,4 per cento, e un incremento più modesto nel Centro, dove la risalita non è andata oltre lo 0,9 per cento;

    secondo il rapporto Svimez, presentato ad agosto 2018, la crescita dell'economia meridionale, nel triennio 2015-2017, ha solo parzialmente recuperato il patrimonio economico e anche sociale disperso dalla crisi nel Sud; tale ripresa è stata trainata dagli investimenti privati, ma non dal contributo della spesa pubblica. I principali punti contenuti nel rapporto sono la forte disomogeneità di ripresa tra le regioni del Mezzogiorno (nel 2017 Calabria, Sardegna e Campania registrano il più alto tasso di sviluppo), l'incremento occupazionale debole e precario, l'ampliamento del disagio sociale, il divario nei servizi pubblici;

   secondo valutazioni di preconsuntivo elaborate dalla Svimez, nel 2017 il Pil è aumentato nel Mezzogiorno dell'1,4 per cento, con un incremento rilevante rispetto al 2016 (0,8 per cento). La crescita è stata solo marginalmente superiore nel Centro-Nord (1,5 per cento), accelerando anche in quest'area rispetto al 2016 (0,9 per cento). L'incremento è stato quindi inferiore di 0,1 punti a quello rilevato nel resto del Paese in entrambi gli anni. Nonostante questa lieve crescita dopo sette anni di recessione interrotta (2008-2014), l'economia delle regioni meridionali soffre ancora degli effetti della crisi e sconta un forte ritardo non solo dal resto dell'Europa, ma anche dal resto del Paese: il prodotto è ancora inferiore del 10 per cento rispetto al 2007, con un recupero inferiore a oltre la metà di quello registrato nel Centro-Nord (-4,1 per cento);

    nel corso del 2017 l'incremento dell'occupazione meridionale è dovuto quasi esclusivamente alla crescita dei contratti a termine (+61 mila, pari al +7,5 per cento), mentre sono stazionari quelli a tempo indeterminato (+0,2 per cento). Vi è stata una brusca frenata di questi ultimi rispetto alla crescita del 2,5 per cento nel 2016, il che dimostra che sono venuti meno gli effetti positivi degli sgravi contributivi per le nuove assunzioni al Sud, introdotto nel 2016 e confermato negli anni successivi ma in un clima di incertezza. I dati relativi al primo trimestre 2018, anno in cui lo sgravio è stato ampliato nella platea dei beneficiari, mostrano un nuovo incremento delle stabilizzazioni e dimostrano che le misure di decontribuzione hanno un effetto significativo solo se certe nel tempo;

    negli ultimi anni il peggioramento qualitativo del mercato del lavoro e la crescente precarizzazione hanno determinato, soprattutto nel Mezzogiorno, livelli di povertà crescenti, nonché un incremento delle occupazioni a bassa qualifica e a bassa retribuzione;

    il rapporto Svimez evidenzia, altresì, un peggioramento del saldo migratorio dal Mezzogiorno, che è passato da -51,1 mila nel 2015 a -56,4 mila nel 2016, con una perdita di oltre 131 mila residenti. Gli emigranti che dal Sud si trasferiscono nel Centro-Nord sono individui prevalentemente in età lavorativa e con elevato titolo di studio. Negli ultimi 16 anni hanno lasciato il Meridione 1 milione e 883 mila residenti, di cui la metà giovani tra i 15 e i 34 anni, quasi un quinto di laureati, il 16 per cento si è trasferito all'estero;

    particolarmente significativo risulta il dato relativo alle immatricolazioni universitarie: 175 mila studenti, soltanto nel 2017, secondo lo Svimez, hanno scelto atenei del Centro-Nord che hanno registrato un flusso inverso di appena 18 mila studenti. Questo dato evidenzia un ulteriore massiccio fenomeno migratorio, che incide sui processi di desertificazione delle fasce demografiche meridionali giovanili, con una incidenza peraltro maggiore nelle grandi aree urbane e nei nuclei familiari con capacità di spesa medio-alte, contribuendo alla sottrazione di importanti indici di consumo interno;

    secondo l'Anvur, l'Agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario e della ricerca, il motivo principale non consiste tanto nel fatto che gli studenti ritengano gli atenei del Nord migliori di quelli del Sud, quanto nel fatto che il tessuto economico nel quale sono inseriti è molto più ricettivo di quello nel quale insistono le università meridionali in termini di servizi e di occupazione. Inoltre, le università meridionali sono state costrette in molti casi a ridurre l'offerta di corsi di studio a causa del progressivo venir meno dei finanziamenti. Questo evidenzia, ancora una volta, l'insufficienza infrastrutturale e delle politiche per il diritto allo studio nelle regioni meridionali, caratterizzate da una scarsa offerta di social housing e di borse di studio;

    oggi, nello stato generale di rallentata crescita in cui, purtroppo, si ritrova il nostro Paese, anche grazie alle scarse politiche espansive dei governi precedenti, la migrazione, per gli italiani, in larga parte residenti nel Sud Italia, è diventata nuovamente, come in passato, l'unica possibilità per assicurarsi un'occupazione e un maggiore benessere economico;

    in questo modo, la mobilità, nel nostro Paese, diventa esclusivamente unidirezionale, dall'Italia del Sud verso il Nord Italia e verso l'estero. L'esigenza, quindi, non è solo quella di agire sull'esodo, ma anche di favorire il rientro del nostro straordinario «Capitale Umano»;

    a conferma della unidirezionalità del fenomeno migratorio è sufficiente citare alcuni numeri: dal 2006 al 2017 la mobilità italiana è aumentata del 60,1 per cento, passando da poco più di 3 milioni a quasi 5 milioni di iscritti. Al 1° gennaio 2017, infatti, gli italiani residenti fuori dei confini nazionali e iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (Aire) sono 4.973.942, l'8,2 per cento degli oltre 60,5 milioni di residenti in Italia alla stessa data. I numeri dell'emorragia sono impressionanti e in crescita: i dati Istat parlano di 114.000 uscite nel 2016 (e quelli Ocse di 172.000 nel 2017), ma si tratta di dati basati sulle cancellazioni dalle anagrafi nazionali che quindi sottostimano pesantemente il fenomeno, e dovrebbero essere aumentate di almeno 2,5 volte: calcoli incrociati sull'emigrazione reale spaziano da 125 mila a 300 mila persone. Il problema è aggravato dal fatto che il 30 per cento di chi si trasferisce all'estero per lavoro è laureato; i giovani, la fascia dai 18-39 anni, rappresentano il 40 per cento. Quanto al titolo di studi si può stimare, per il 2016, un totale di 34 mila laureati e 39 mila diplomati. Tutto ciò non può lasciare indifferente il legislatore chiamato a trovare soluzioni finalizzate a far ritornare il Sud un polo di attrazione economico, culturale e intellettuale (il cosiddetto «Rientro dei Cervelli»);

    gli indicatori sugli standard dei servizi pubblici documentano un ampliamento delle diseguaglianze territoriali e del divario tra Nord e Sud, soprattutto in relazione al settore dei servizi socio-sanitari che maggiormente impatta sulla qualità della vita e sui redditi delle famiglie;

    ancora oggi, nel Mezzogiorno, mancano o sono carenti i diritti fondamentali in termini di vivibilità dell'ambiente locale, di sicurezza, di adeguati standard di istruzione, di idoneità di servizi sanitari e di cura. In particolare, nel comparto socio-assistenziale il ritardo delle regioni meridionali riguarda sia i servizi per l'infanzia, che quelli per gli anziani e per i non autosufficienti; l'intero comparto sanitario presenta differenziali in termini di prestazioni che sono al di sotto dello standard minimo nazionale. I dati sulla mobilità ospedaliera interregionale testimoniano le carenze del sistema sanitario meridionale, soprattutto in alcuni specifici campi di specializzazione, e la lunghezza dei tempi di attesa per i ricoveri e per le prestazioni specialistiche e ambulatoriali, che sono anche alla base della crescita della spesa sostenuta dalle famiglie con il conseguente impatto sui redditi;

    questa carenza e questo indebolimento della qualità dei servizi pubblici e di prestazioni essenziali incidono sulla tenuta sociale dell'area meridionale e rappresentano il primo vincolo all'espansione del tessuto produttivo, facendo emergere un malessere economico, sociale, lavorativo, educativo e sanitario sempre più diffuso;

    anche la mobilità delle persone e delle merci registra per chi vive e produce nel Sud costi privati più alti, talvolta proibitivi specialmente per le isole, le quali, da questo punto di vista, presentano condizioni di ulteriore svantaggio anche rispetto al resto del Mezzogiorno;

    il Contratto per il Governo del cambiamento, capitolo «Sud», recita: «con riferimento alle regioni del Sud, si è deciso, contrariamente al passato, di non individuare specifiche misure con il marchio Mezzogiorno, nella consapevolezza che tutte le scelte politiche previste dal presente contratto (con particolare riferimento a sostegno del reddito, pensioni, investimenti, ambiente e tutela dei livelli occupazionali) sono orientate dalla convinzione verso uno sviluppo economico omogeneo per il Paese, pur tenendo conto delle differenti esigenze territoriali con l'obiettivo di colmare il gap tra Nord e Sud»;

    obiettivo del Governo è, quindi, mettere in campo tutte le politiche necessarie per ridurre l'ormai insostenibile e ingiustificato divario tra Nord e Sud e per favorire lo sviluppo omogeneo di un Paese che è attualmente a due velocità;

    i fondi della coesione sono risorse preziose per l'Italia e, in particolare, per il Mezzogiorno, al fine di favorirne la trasformazione verso un'economia intelligente e inclusiva, per dare ai giovani l'opportunità di vivere e lavorare nei luoghi in cui sono nati, per innalzare la qualità dei servizi (scuole, sanità, trasporti), per rendere l'ambiente più verde e più resiliente rispetto ai rischi. Tuttavia la politica di coesione non può essere uno strumento risolutivo delle problematiche in cui versano le aree in ritardo se non accompagnata da investimenti nazionali adeguati; pertanto, affinché essa possa essere in grado di dispiegare pienamente i suoi effetti, occorre agevolarne e non ostacolarne i meccanismi di spesa;

    occorre, pertanto, potenziare le capacità di programmazione e progettazione da parte delle Amministrazioni e rimuovere gli ostacoli di natura burocratica, nonché rendere tutti i soggetti, anche a livello locale, più consapevoli delle opportunità e delle procedure da attivare, puntando sulla qualità della spesa, in un quadro di regole più semplificato e più armonizzato rispetto a quello attuale;

    la premessa essenziale per un rinnovato impegno pubblico per lo sviluppo del Mezzogiorno passa tuttavia per la riqualificazione, l'ammodernamento e la razionalizzazione delle istituzioni preposte all'amministrazione dello sviluppo e della coesione, per colmare i deficit in termini di risorse umane qualificate, in particolare sul versante della progettazione degli interventi, delle inefficienze organizzative a livello locale, della carenza di coordinamento strategico a livello nazionale e di volontà e/o capacità di attivare efficaci poteri sostitutivi;

    la politica di coesione territoriale rappresenta, in questo quadro, uno dei principali assi portanti delle politiche regionali di sviluppo, in grado di favorire la convergenza tra le varie zone del Paese, e uno tra i pilastri fondamentali dell'integrazione europea dal punto di vista della funzione di politica di investimento che essa rivesta;

    con riferimento ai fondi destinati al nostro Paese, nel quadro della nuova politica di coesione, le regioni svolgono un ruolo strategico e il loro coinvolgimento attivo è fondamentale per la realizzazione e la condivisione, insieme al livello nazionale, delle scelte programmatiche, in linea con l'attuazione del principio di sussidiarietà;

    malgrado l'accelerazione intervenuta negli ultimi mesi, l'Italia è ancora lontana dal centrare gli obiettivi di spesa prefissati per le politiche di coesione, così come successo nel resto dell'Europa; tale ritardo costituisce un fattore assai grave considerato che questi fondi aggiuntivi rappresentano risorse fondamentali per il Sud da impiegare in modo più celere ed efficace;

    in particolare, l'attuazione dei programmi europei sconta oggi un ritardo che interessa sia i Programmi operativi nazionali, sia quelli regionali, coinvolgendo, sebbene in misura differente, sia le regioni del Mezzogiorno, sia le regioni del Centro Nord: dai dati più aggiornati forniti dal Ministro per il Sud, le spese certificate ammonterebbero a 4,6 miliardi di euro, circa la metà degli obiettivi di spesa complessiva fissati dai regolamenti comunitari e che l'Italia è tenuta a certificare per evitare il rischio del disimpegno automatico, compreso, secondo le ultime stime, tra i 650 e i 750 milioni di euro;

    per il ciclo di programmazione economica europea 2014-2020, la politica di coesione cofinanziata dai fondi strutturali, ha assegnato all'Italia un importo complessivo di risorse – compresa la quota di cofinanziamento nazionale e la quota addizionale di 2,4 miliardi di euro, attribuita all'Italia per effetto della crisi economica e finanziaria – pari a 54,2 miliardi di euro nell'ambito dell'obiettivo «Investimenti in favore della crescita e dell'occupazione»;

    in particolare, le regioni del Sud (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia) possono beneficiare di una quota complessiva pari a 20,9 miliardi di euro di fondi strutturali, di cui 13,6 miliardi di euro di risorse provenienti dal bilancio dell'Unione europea e 7,3 miliardi a titolo di cofinanziamento nazionale, mentre le regioni in transizione (Sardegna, Abruzzo e Molise) possono contare su poco meno di 1 miliardo di euro di quota europea e 1 miliardo di cofinanziamento nazionale;

    le risorse a valere sul Fondo sviluppo e coesione per il medesimo periodo 2014-2020 ammontano a oltre 59 miliardi di euro, di cui l'80 per cento è destinato, per legge, alle aree del Mezzogiorno, cui si aggiungono le risorse ancora disponibili in attuazione dei cicli di programmazione dei Fondi sviluppo e coesione per gli anni 2000-2006 pari a 16,6 miliardi di euro (3,6 per il Centro Nord e 13 per il Sud) e 2007-2013, pari a 6,6 miliardi di euro (1,8 per il Centro Nord e 4,8 per il Sud). A queste risorse vanno inoltre aggiunte quelle destinate ai programmi complementari – che ammontano a 7,4 miliardi di euro per i Programmi operativi complementari (Poc) delle Amministrazioni centrali e per le regioni Sicilia, Calabria e Campania – e quelle del Piano azione e coesione pari a circa 8,9 miliardi di euro, quasi totalmente destinate al Sud. Ulteriori risorse, pari a 13,46 miliardi di euro hanno riguardato, nel 2016, interventi da realizzarsi nelle regioni e nelle città metropolitane del Mezzogiorno mediante appositi accordi inter-istituzionali denominati Patti per il Sud;

    al perseguimento delle strategie e degli obiettivi dei Pon e dei Por concorrono infine le risorse dei Programmi operativi complementari 2014-2020, di cui una quota è utilizzata per il completamento dei progetti inseriti nella programmazione a valere sui fondi strutturali europei 2007-2013 non conclusi alla data del 31 dicembre 2015;

    a seguito della presentazione, il 2 maggio scorso, dell'iniziativa sul nuovo quadro finanziario pluriennale (QFP) 2021-2027, la Commissione europea ha presentato un pacchetto di cinque nuove proposte di regolamento, relative alla futura Politica di coesione dell'Unione europea per gli anni 2021-2027, attualmente in piena fase negoziale. Tale proposta va nella direzione di aumentare la flessibilità nell'utilizzo dei fondi, sia con riferimento alle procedure di programmazione e riprogrammazione sia con riferimento alle possibilità di trasferire una parte dei fondi verso altri programmi e strumenti previsti dal bilancio europeo, inclusi i programmi a gestione diretta della Commissione;

    per favorire il coinvolgimento delle autorità competenti a livello locale e territoriale nella futura gestione dei fondi destinati al nostro Paese è stato di recente istituito dal Governo un gruppo di lavoro tecnico sulla programmazione 2021-2027, che prevede un confronto costante tra Regioni e Dipartimento per le Politiche di coesione, che si impegnano a cooperare insieme per la formulazione di istanze e proposte condivise, da presentarsi in sede di negoziato UE;

    l'obiettivo è quello di utilizzare in maniera più corretta ed efficiente la gestione dei fondi comunitari destinati in primis alle Regioni del Mezzogiorno, accelerando la spesa attraverso un controllo costante sulla capacità di investire la totalità dei fondi a disposizione dell'Italia e il confronto con le istituzioni locali, per sostenere le eccellenze e portare nel nostro Paese crescita, servizi e occupazione;

    l'art. 7-bis del decreto-legge 29 dicembre 2016, n. 243, recante «Interventi urgenti per la coesione sociale e territoriale, con particolare riferimento a situazioni critiche in alcune aree del Mezzogiorno» dispone che le Amministrazioni Centrali si conformino all'obiettivo di destinare agli interventi nei territori del Mezzogiorno un volume complessivo annuale di stanziamenti ordinari in conto capitale proporzionale alla popolazione di riferimento. L'obiettivo è quello di riequilibrare il rapporto tra i due principali canali finanziari che compongono la spesa in conto capitale nel Mezzogiorno: le risorse ordinarie e quelle derivanti dalla politica aggiuntiva, sia comunitaria (Fondi Strutturali e relativo Cofinanziamento nazionale) che nazionale (Fondo di Sviluppo e Coesione). In particolare, le risorse ordinarie verrebbero orientate al rispetto del principio di equità, finalizzato a far sì che il cittadino, a qualunque area del Paese appartenga, possa potenzialmente disporre di un ammontare di risorse equivalente, mentre le risorse della politica aggiuntiva, prevalentemente destinate al Sud, hanno la funzione di garantire la copertura del divario ancora esistente, dando attuazione al comma 5 dell'articolo 119 della Costituzione,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per rafforzare ed estendere, sotto molteplici profili, l'efficacia del regime agevolativo previsto dal decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, comunemente chiamato «Controesodo» al fine di facilitare il ritorno e il radicamento dei lavoratori che trasferiscono la loro residenza in Italia e in particolare nelle regioni meridionali e di trattenere quelli già rientrati, tenuto conto che il «capitale umano» del nostro Paese è indispensabile per la crescita economica;

2) ad adottare iniziative per definire progetti finalizzati al rientro di giovani ad alta qualificazione e specializzazione nelle regioni di provenienza, al fine di invertire i consistenti flussi di migrazione verso il Nord e l'estero;

3) a promuovere specifiche misure in favore delle università aventi sede nelle regioni meridionali, al fine di far loro recuperare, con risorse economiche contenute, le potenzialità di crescita dell'offerta formativa venute meno a causa della riduzione dei trasferimenti finanziari, per renderle nuovamente attrattive per tutti quei giovani che oggi si trasferiscono altrove per l'assenza di corsi di laurea innovativi, magari introducendo processi di internazionalizzazione degli atenei del Sud, con particolare riferimento ad accordi di partnership con le più importanti ed avanzate università del mondo;

4) ad adottare iniziative per potenziare e rendere più efficaci le misure di incentivazione agli investimenti nel Mezzogiorno, soprattutto in settori innovativi, al fine di favorire la ripresa del sistema produttivo meridionale;

5) ad adottare iniziative per prevedere per il Mezzogiorno misure di sostegno per la creazione di giovani start up specializzate in business emergenti capaci di reggere la sfida internazionale e per il rafforzamento delle start up, in specie se operanti in settori di interesse generale, anche non aventi carattere industriale o commerciale e realizzati mediante progetti di partenariato pubblico/privato;

6) ad adottare iniziative per avviare e/o potenziare la costituzione di uno o più cluster tecnologici al fine di favorire l'insediamento nel Mezzogiorno di imprese scientifiche e tecnologiche operanti in specie nei settori sanitario, informatico, delle telecomunicazioni, dell'agricoltura e ricerca, in raccordo con le università;

7) ad accelerare, in relazione alla situazione del Mezzogiorno, l'avvio delle zone economiche speciali istituite ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, per creare condizioni più vantaggiose in termini economici, finanziari e amministrativi per lo sviluppo di imprese già operanti o che si insedieranno in tali aree;

8) a promuovere in sede nazionale e in ambito europeo specifiche misure per la salvaguardia della «continuità territoriale», in particolare mediante l'incentivazione del trasporto integrato e intermodale e l'efficientamento degli hub aeroportuali e ferroviari, al fine di calmierare gli attualmente elevati costi della mobilità;

9) ad adottare iniziative per potenziare le misure relative agli sgravi contributivi per i neo assunti, estendendo e rendendo permanenti le disposizioni concernenti la riduzione dei contributi in favore dei datori di lavoro privati che assumono con contratto di lavoro dipendente giovani disoccupati, introdotte dalla legge di bilancio n. 205 del 2017 e confermate per le nuove assunzioni nel biennio 2019-2020 dal decreto-legge n. 87 del 2018, anche alle assunzioni di personale over 35 nelle regioni del Mezzogiorno;

10) ad adottare specifiche iniziative, in particolar modo di trattamento fiscale, in favore dei pensionati italiani e stranieri che intendano trasferire o recuperare la propria residenza nelle regioni meridionali, invertendo al contempo il fenomeno della cosiddetta «fuga dei pensionati italiani» verso l'estero, per la sola ragione di rinvenirvi normative fiscali e finanziarie di favore, come quella vigente in alcuni Paesi anche europei, per i cittadini stranieri che decidano di trasferirvisi dall'estero;

11) ad adottare iniziative per estendere gli incentivi fiscali dell'intervento «Resto al Sud», introdotti dal decreto-legge n. 91 del 2017, che sono misure di sostegno per la nascita di nuove attività imprenditoriali avviate da giovani under 35 nelle regioni del Mezzogiorno, anche ai professionisti, con innalzamento dell'età di coloro che effettuano richiesta di accesso alle agevolazioni;

12) ad avviare una specifica programmazione infrastrutturale, di concerto con le regioni del Mezzogiorno, relativa alla realizzazione di specifici interventi di importanza strategica, anche mediante apposite procedure speciali che ne consentano la tempestiva esecuzione, al fine di colmare il divario esistente nei collegamenti tra Nord e Sud;

13) ad adottare iniziative per valorizzare e potenziare i sistemi logistico-intermodali del Meridione, in specie quelli portuali, così da ampliare la competitività delle aree interessate nel più ampio bacino del Mediterraneo, anche al fine di facilitare la creazione di economie di scala;

14) ad adottare iniziative per potenziare le strutture ospedaliere territoriali del Sud colmando le insufficienze di personale qualificato, strutturali e la carenza di tecnologie avanzate, evitando così l'incremento della mobilità ospedaliera nelle regioni del Centro-Nord con conseguenti ripercussioni sulla spesa delle famiglie;

15) ad adottare le iniziative di competenza per migliorare la gestione dei rifiuti nel Mezzogiorno, potenziando i sistemi di raccolta differenziata e di riutilizzazione dei materiali e di chiusura del ciclo dei rifiuti;

16) ad avviare, implementare, coordinare i sistemi di monitoraggio nell'ambito dei progetti delle cosiddette smart city, con particolare riguardo al Sud;

17) a qualificare il rapporto tra la filiera della produzione agricola del Mezzogiorno e la grande distribuzione commerciale, valorizzando in specie le produzioni DOP e IGP, anche al fine di assicurare ai produttori un equilibrato tasso di remunerazione;

18) a sostenere gli interventi di ripristino delle coltivazioni e delle aree boschive del Mezzogiorno, al fine di contenere il consumo del territorio e di contrastare i fenomeni di desertificazione e di erosione dei suoli;

19) sulla scia di quanto già attuato con l'istituzione della cabina di regia del Fondo sviluppo e coesione 2014-2020, ad adottare tutte le opportune iniziative, anche attraverso il ricorso ai necessari strumenti di semplificazione normativa e amministrativa, per potenziare le capacità di programmazione e progettazione da parte delle amministrazioni competenti nell'ambito della politica di coesione, rimuovendo gli ostacoli di natura burocratica, al fine di assicurare una maggiore e più stretta integrazione tra gli attori istituzionali coinvolti nell'attuazione delle politiche di coesione territoriale; in tale direzione, anche in relazione ai gravi ritardi accumulati nella spesa comunitaria e nei cosiddetti patti per il Sud, a prevedere apposite gestioni straordinarie ed emergenziali per quegli interventi che, di concerto con le regioni, fossero ritenuti essenziali e urgenti per il Sud;

20) a rafforzare il ruolo di supporto svolto dall'Agenzia di coesione territoriale a favore delle autorità di gestione e delle singole amministrazioni interessate nel raggiungimento degli obiettivi di spesa, affinché si persegua l'obiettivo di un più efficace ed efficiente utilizzo delle risorse a disposizione, anche mediante il ricorso a specifiche azioni di supporto amministrativo e l'implementazione di un'attività di monitoraggio rafforzato finalizzata a verificare lo stato effettivo della programmazione attuativa dei programmi operativi regionali – POR del fondo europeo di sviluppo regionale (FESR);

21) ad adottare iniziative per procedere nell'opera di semplificazione delle modalità di gestione amministrativa del fondo per lo sviluppo e la coesione, attraverso la concentrazione e la standardizzazione delle procedure e dei compiti degli organismi tecnici e facilitando il ricorso alla digitalizzazione dei flussi dei dati, evitando la proliferazione di strumenti che determino inefficienze nella realizzazione degli interventi finanziari e situazioni di incertezza per le amministrazioni;

22) a continuare il dialogo già in corso con le istituzioni dell'Unione europea, anche attraverso la partecipazione ai consessi comunitari, a partire dal Consiglio affari generali formazione e coesione, al fine di sostenere, con azioni concrete e nelle opportune sedi comunitarie, il perseguimento degli obiettivi fissati dal Trattato di funzionamento dell'Unione europea sulla politica di coesione economica, sociale e territoriale, per eliminare il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni europee;

23) ad adottare tutte le iniziative necessarie per assicurare, con particolare riguardo al Mezzogiorno, il corretto ed efficace impiego dei fondi strutturali europei a disposizione per il periodo di programmazione 2014-2020, al fine di raggiungere i target prefissati per il nostro Paese e migliorarne il loro utilizzo anche attraverso il ricorso a un sistema di regole più armonizzato tra i diversi fondi e strumenti del bilancio dell'Unione europea;

24) a rispettare il principio della destinazione territoriale nel caso dei fondi strutturali di cui sopra che risultino utilizzabili in base al meccanismo del disimpegno automatico, ovvero in seguito a riduzione del cofinanziamento nazionale o a riprogrammazione, facendo confluire tali risorse nei programmi complementari dei territori a cui sono stati precedentemente assegnati;

25) ad adottare iniziative per rispettare la destinazione di una quota pari ad almeno il 34 per cento della spesa pubblica alle regioni del Sud, in attuazione a quanto disposto dall'articolo 7-bis del decreto-legge 29 dicembre 2016, n. 243;

26) ad avviare le iniziative di competenza per il potenziamento e la riqualificazione della rete stradale interna del Mezzogiorno al fine di consentire una mobilità regolare e senza disagi, e di invertire la tendenza negativa allo spopolamento di intere aree, determinata da collegamenti inadeguati ovvero caratterizzati da standard di sicurezza ridotti;

27) ad elaborare, di concerto con le regioni e con gli operatori del settore, un piano strategico per la mobilità urbana nel Meridione, al fine di prevedere specifiche misure di incentivazione per enti locali e/o soggetti privati che intendano realizzare progetti – anche sperimentali – nelle città del Sud Italia;

28) ad adoperarsi nelle apposite sedi per un adeguamento e potenziamento dell'infrastruttura ferroviaria nel Mezzogiorno e nelle isole, per la realizzazione dei collegamenti veloci, anche nelle aree più remote o disagiate;

29) a promuovere misure straordinarie di intervento volte a ridurre significativamente il digital divide, specie in tema di banda larga, che interessa le aree del Mezzogiorno, soprattutto quelle più interne, anche al fine di consentire alle amministrazioni locali l'espletamento di tutte le funzioni e l'erogazione di tutti i servizi per la cittadinanza.
(1-00065) «D'Uva, Molinari».


   La Camera,

   premesso che:

    nel dibattito in corso sulla manovra di imminente presentazione, come del resto nelle discussioni interne all'attuale maggioranza di Governo, risuona assordante il silenzio in merito ad una qualsiasi strategia per il Mezzogiorno del Paese, che ancora sconta forti insufficienze e gravi ritardi. Le politiche degli ultimi anni non hanno infatti agevolato un rilancio dell'economia del Sud d'Italia, che ha visto, da parte dei Governi della passata legislatura, solo il susseguirsi di piccoli interventi, incapaci di innescare un processo virtuoso di ripresa, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo totalmente inadeguati a sostenere il quanto mai necessario rilancio degli investimenti, e, quindi, la crescita di reddito capace di generare gettito;

    l'onere di sostenere la crescita economica al Sud è rimasto soprattutto a carico della politica di coesione e dei fondi strutturali europei, e i dati continuano a confermare l'immagine di un Paese diviso per gli investimenti, la crescita, il reddito pro capite, l'occupazione e il lavoro. È quindi ancora necessario agire concretamente con interventi immediati, implementando una serie di azioni volte a risollevare il Mezzogiorno, che può costituire una punta di diamante per il rilancio economico e sociale del nostro Paese, in Europa e sul piano internazionale;

    il rilancio del Sud richiede però interventi organici e razionali, improntati innanzitutto a logiche di valorizzazione delle risorse umane e materiali già presenti sul territorio, volti a consentire alla realtà locale di esprimere appieno le sue grandi potenzialità endogene;

    sembrano maturi i tempi, anche a livello culturale, per abbandonare i vecchi paradigmi basati su misure di tipo «assistenziale», e affidare al Sud e alla sua popolazione gli strumenti in grado di rilanciare il territorio nell'ottica di principi liberali, moderni e meritocratici;

    in questa prospettiva, da tempo Forza Italia ha individuato una serie di problematiche strutturali da risolvere in via prioritaria, attraverso soluzioni e proposte d'intervento elaborate anche grazie al confronto serio e quotidiano con le realtà locali, con gli amministratori del territorio, con autorevoli studiosi di ambito economico, giuridico e politologico, nonché con le esperienze più virtuose registrate a livello europeo e internazionale;

    sul tema «impresa» e sulle necessarie misure volte a promuovere la rinascita industriale e occupazionale delle regioni del Mezzogiorno, è importante partire dal riconoscimento nei confronti delle imprese ivi operanti della possibilità di fruire dell'integrale esenzione dell'imposta sul reddito delle società (IRES): un vero e proprio shock fiscale teso a centrare innanzitutto l'obiettivo dell'aumento e del miglioramento della qualità degli investimenti delle imprese in capitale fisico e umano. I vantaggi di questa misura sono presto detti: carattere automatico e diretto del beneficio; niente intermediazione della burocrazia; niente infiltrazioni della criminalità organizzata; attrazione degli investimenti e delle imprese, internazionali e italiane, che oggi delocalizzano in altri Paesi; piena compatibilità con i Trattati europei, grazie all'articolo 107 del Tfue;

    sempre con riguardo alle imprese, un altro nodo nevralgico riguarda l'estrema difficoltà nell'accesso al credito per le piccole e medie imprese del Mezzogiorno, che ne impedisce lo sviluppo. Da tale angolo visuale, è necessario rafforzare il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, incrementando la sua dotazione anche con l'intervento della Cassa depositi e prestiti, oltre che mediante versamento di contributi da parte delle banche, delle regioni e di altri enti e organismi pubblici, ovvero con l'intervento della Sace. Inoltre, l'ulteriore intervento che si intende proporre per rafforzare l'operatività del fondo di garanzia per le piccole e medie imprese è quello di destinare alle regioni del Mezzogiorno una quota pari al 45 per cento delle risorse erogate dalla Cassa depositi e prestiti al fondo, in analogia con quanto a suo tempo previsto con la cosiddetta clausola Ciampi in materia di destinazione della spesa complessiva in conto capitale. In questo modo, le piccole e medie imprese del Sud potranno ottenere finanziamenti per gli investimenti necessari a rinnovarsi, crescere e competere sul mercato;

    per quanto riguarda il lavoro, è centrale innanzitutto il tema dei giovani. Al Sud, ci sono 1,8 milioni di Neet under 35; 2 donne su 3 sono disoccupate; esiste un elevato tasso di dispersione scolastica e un basso numero di studenti che conseguono la laurea. È necessario quindi mutare la prospettiva delle misure in grado di «cambiare rotta», attraverso il finanziamento di una formazione effettiva, attiva e on the job, realmente calibrata sullo sviluppo delle professionalità e sul collocamento lavorativo, magari a valere sui fondi europei, destinata agli under 35 e alle donne under 40, da utilizzare per alternanza scuola/lavoro, ricerca e sviluppo in università e in azienda, formazione e orientamento all'occupazione, impiego e autoimpiego;

    sempre sul fronte lavoro, per mitigare in modo efficace e concreto la questione legata alla forte disoccupazione femminile, potrebbe essere utile riconoscere all'impresa, per ogni nuova assunzione di una donna a tempo pieno o parziale, con contratto almeno annuale, un credito d'imposta pari al costo del relativo contributo Irpef. Studi autorevolissimi svolti a livello europeo e internazionale dimostrano ormai, al di là di ogni ragionevole dubbio, che più donne occupate significano più crescita;

    altro allarme che riveste il Mezzogiorno, riguarda il tema delle reti infrastrutturali dei trasporti, la cui carenza ricopre, ormai da diverso tempo, caratteri emergenziali e di precarietà, provocando notevoli disagi ai cittadini e all'intera economia del Sud;

    l'area del Mezzogiorno presenta innanzitutto bassissimi livelli di connettività ferroviaria al suo interno, in termini sia di estensione della rete, sia di velocità commerciale. La competitività del trasporto ferroviario delle merci è bassa e necessita di interventi di riequilibrio, mentre sul lato dei servizi di trasporto ferroviari passeggeri sono bassi i livelli di qualità percepita, a causa di scarsa accessibilità e carenza di servizi. Basti pensare che in Sicilia sono 429 le corse regionali giornaliere, contro le 2.396 della Lombardia; la media di età dei convogli passa dai 19,2 anni del meridione ai 13,3 del Nord (a fronte di una media nazionale di 16,8 anni), con comprensibili ripercussioni negative sia sulla velocità degli spostamenti che sul comfort dei passeggeri. Per non parlare dell'assenza di collegamenti ad alta velocità, oggetto di annunci che non hanno ancora avuto seguito;

    tali servizi rivestono un interesse strategico e di cruciale importanza non solo sul piano della garanzia del diritto fondamentale alla mobilità dei cittadini, ma anche per lo sviluppo dell'economia dell'intero Paese, nonché per la forte vocazione turistica del Mezzogiorno che, soprattutto nei periodi estivi, riscontra un consistente afflusso di visitatori;

    è quindi assolutamente necessario intervenire per innalzare il livello di competitività del sistema, anche attraverso il potenziamento delle infrastrutture e attrezzature portuali e interportuali, incluso il loro adeguamento ai migliori standard ambientali, energetici e operativi. Non può essere poi trascurato ciò che accade a livello di accordi internazionali, e la recente esclusione – di fatto – delle infrastrutture del Mezzogiorno nell'ambito degli accordi con la Cina, per promuovere la cooperazione economica e gli investimenti sulla cosiddetta «Via della Seta»; è infatti fondamentale la promozione internazionale dei porti meridionali e delle loro Zes, e, a livello europeo, operare, nell'ambito della prossima revisione della Rete dei trasporti transeuropea (Ten-T), per favorire i corridoi meridionali e riportare i porti del Sud nella mappa dei porti strategici;

    a livello infrastrutturale, un'altra fondamentale criticità attiene alle strutture idriche: esse risalgono a più di 30 anni fa e le perdite nella rete si aggirano al Sud intorno al 45 per cento, a fronte del 26 per cento rilevato al Nord. È giunto il momento di riammodernare il sistema infrastrutturale attraverso una rete e un sistema di micro invasi: il costo stimato è pari a 5 miliardi di euro annui, molto inferiore a quanto oggi si spende per gli sprechi e le sanzioni europee. Gli obiettivi, oltre a salvaguardare le risorse idriche, sono quelli di assicurare gli approvvigionamenti a famiglie e imprese, nonché di consentire il rilancio dell'agricoltura, settore strategico per il Sud;

    con riferimento ai diritti, è evidente come siano presenti in Italia forti divari territoriali nei servizi di assistenza all'infanzia (strutture nido), di assistenza sociale, in quelli accessori di istruzione (refezione scolastica, trasporto studenti, assistenza disabili), in quelli del trasporto pubblico locale e delle strutture sanitarie. Un primo allarme riguarda gli asili. In particolare, la copertura dei servizi di asilo e nido per l'infanzia nel Meridione è scarsissima, coprendo solo il 7 per cento circa dei bambini, a fronte di una media nazionale del 20 per cento, e di una media europea del 40 per cento circa. In questa prospettiva, è necessario lo stanziamento di fondi per realizzare strutture e servizi pubblici di asili-nido, affidando l'operazione a una società di gestione del risparmio pubblica (ad esempio, Invimit o Cassa depositi e prestiti immobiliare) e prevedendo costi contenuti del servizio in base al reddito. I vantaggi sono enormi e si colgono su due piani: da un lato, i benefici occupazionali immediati per le donne-madri lavoratrici, che avrebbero finalmente la possibilità di affidare i propri bambini a strutture dedicate, a costi nulli o comunque contenuti; dall'altro lato, i benefici sociali e culturali di medio-lungo periodo, sia sotto il profilo della crescita demografica e della natalità, sia sotto il profilo dell'affermazione del ruolo della donna-lavoratrice nella nostra società;

    parlando di diritti, è impossibile non parlare di diritto alla salute. Le forti disomogeneità territoriali nelle prestazioni sanitarie hanno creato una situazione di costante lesione, al Sud, del diritto costituzionale alla salute. È necessario un piano integrato finalizzato a ristabilire la piena osservanza dell'articolo 32 della Costituzione, da svilupparsi sui seguenti versanti: introduzione immediata dei costi e fabbisogni standard nella sanità; istituzione di un'Agenzia nazionale che controlli in modo più stringente l'operato dei singoli servizi regionali e delle province autonome, assicurandone l'efficienza e l'efficacia, anche con funzioni sostitutive e commissariali; introduzione immediata del reddito di salute, cioè di un bonus sanità da attribuire in base all'isee ai residenti nelle regioni dove è minore l'aspettativa di vita;

    nel capitolo dei diritti rientra anche il dossier «pensioni». È noto come il decreto-legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009, preveda che i requisiti anagrafici per l'accesso al sistema pensionistico italiano debbano essere adeguati all'incremento della speranza di vita accertato dall'Istituto nazionale di statistica (Istat) e convalidato dall'Eurostat; da ultimo, la legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205 del 2017, articolo 1, commi 146-153) è nuovamente intervenuta sulla materia, sia modificando il meccanismo di adeguamento alla speranza di vita, sia escludendo dall'adeguamento specifiche categorie di lavoratori e i lavoratori impegnati nelle cosiddette attività usuranti. Sul territorio nazionale esistono forti disomogeneità fra Nord e Sud sull'aspettativa di vita, con differenziali anche di 4 anni. In Campania nel 2017 gli uomini sono vissuti mediamente 78,9 anni e le donne 83,3; nella provincia autonoma di Trento 81,6 gli uomini e 86,3 anni le donne. La maggiore sopravvivenza si è registrata nelle regioni del nord-est, dove la speranza di vita è stata per gli uomini 81,2 anni e per le donne 85,6; nelle regioni del Mezzogiorno, si attesta a 79,8 anni per gli uomini e a 84,1 per le donne. In Italia, infatti, si vive più a lungo a seconda del luogo di residenza o del livello d'istruzione: hanno una speranza di vita più bassa le persone che nascono al sud, in particolare in Campania, o che non raggiungono la laurea. Inoltre, chi ha un titolo di studio basso ha anche peggiori condizioni di salute. Queste disuguaglianze sono acuite dalle difficoltà di accesso ai servizi sanitari che penalizzano la popolazione di livello sociale più basso con un impatto significativo sulla capacità di prevenire o di diagnosticare rapidamente le patologie. Pertanto, si ritiene opportuna la modifica dell'attuale meccanismo di adeguamento dell'accesso al sistema pensionistico italiano all'incremento della speranza di vita accertato dall'Istat, introducendo elementi di differenziazione rispetto all'età pensionabile in base alle diversità nella speranza di vita;

    sempre sul fronte dei diritti, forti disuguaglianze si registrano sul fronte delle tariffe delle polizze assicurative obbligatorie per la responsabilità civile (cosiddette RC auto), che nel Mezzogiorno sono più alte rispetto ad altre parti d'Italia: un altro balzello per famiglie e imprese. La differenza, anche per gli automobilisti virtuosi (senza incidenti) è data dalla sola sigla di residenza e, quindi, dalla presunta sinistrosità complessiva. Nella XVII legislatura in un ramo del Parlamento fu già approvata l’«offerta unica» a prescindere dalla residenza per gli automobilisti virtuosi. Un passo avanti ma, di fatto, inefficace, che è bene riproporre ed attuare;

    a livello istituzionale, la governance degli investimenti e della gestione dei fondi di coesione nazionali ed europei è ad oggi troppo complessa, e dispersa fra una miriade di istituzioni, livelli territoriali e procedimenti, che creano ritardi e inefficienze. I firmatari del presente atto di indirizzo propongono di accentrare tutte le competenze in un nuovo soggetto, la Cassa per le infrastrutture e i diritti del Sud (Caid), che funga da collettore, gestore e controllore unico dei fondi (nazionali ed europei) e delle attività, che fra l'altro assorbe la vecchia Agenzia per la coesione. Per alimentare la Cassa, si dovrebbe modificare l'attuale sistema della quota «De Vincenti» e, sul modello della «quota Ciampi», prevedere che ad essa sia le amministrazioni centrali che le società partecipate pubbliche conferiscano il 45 per cento dei propri stanziamenti ordinari in conto capitale;

    sono inattuate dal 2001 parti importanti della Costituzione quali l'indicazione dei Lep, cioè i «livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale» (articolo 117, secondo comma, lettera m), e l'istituzione del fondo di perequazione (articolo 119 quarto comma) indispensabile per consentire ai territori con minore capacità fiscale per abitante, come i territori del Mezzogiorno, il finanziamento integrale delle funzioni pubbliche attribuite. In particolare, sono rimasti «lettera morta» i condivisibili criteri enunciati nella legge sul federalismo fiscale n. 42 del 2009 che avrebbero dovuto presiedere alle misure perequative: capacità fiscale, densità demografica, sviluppo infrastrutturale, gettito dei tributi, stato dei servizi;

    in tale vuoto normativo, il processo di attuazione dei fabbisogni standard che si è realizzato a partire dal 2015 per i comuni delle regioni a statuto ordinario mostra quindi evidenti anomalie quali l'assegnazione di un fabbisogno zero dove il servizio non è erogato (caso asili nido e trasporto pubblico locale), l'assegnazione di un fabbisogno ridotto nei comuni che si trovano in territori poveri di servizi regionali (caso assistenza sociale), nonché l'individuazione di un «target perequativo» molto lontano da quello previsto in Costituzione e cioè pari al 50 per cento invece che integrale;

    nell'attuale quadro, le risorse straordinarie (provenienti da fondi strutturali europei, piano di azione coesione e risorse nazionali del fondo di sviluppo e coesione) sono destinate in via prevalente al Sud, ma quelle ordinarie risultano invece prevalentemente allocate al Nord: su 691 euro di spesa in conto capitale che la pubblica amministrazione effettua per un singolo cittadino meridionale solo 239 euro arrivano dai fondi ordinari, cioè quelli che lo Stato – semplificando il concetto – mette a disposizione completamente «di tasca sua». Al Centro-nord il rapporto è ribaltato: 508 euro di spesa ordinaria pro capite e 87 di spesa straordinaria;

    oltre agli evidenti riflessi negativi sulle popolazioni, la mancata attuazione di tali previsioni preclude quindi alle regioni del Sud di sfruttare le virtualità autonomistiche speciali consentite dall'articolo 116 terzo comma della Costituzione; è chiaro, infatti, che nessuna condizione ulteriore d'autonomia può essere acquisita, senza le correlative risorse; ed è altrettanto chiaro che queste non saranno mai sufficienti, nelle realtà in questione, senza l'effettiva attuazione del Fondo perequativo. L'autonomia, senza il supporto delle risorse, è solo un fantasma, sia per l'esercizio delle funzioni attribuite direttamente dalla Costituzione, sia, a maggior ragione, per quelle ulteriori che le regioni volessero eventualmente intestarsi ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione,

impegna il Governo:

1) al fine di promuovere la rinascita industriale e occupazionale delle regioni ricomprese nell'obiettivo europeo «Convergenza» (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) realizzando gli obiettivi dell'aumento e del miglioramento della qualità degli investimenti in capitale fisico e umano e dell'adattabilità ai cambiamenti economici e sociali, ad assumere ogni opportuna iniziativa di competenza volta a introdurre un'esenzione integrale dell'imposta sul reddito delle società (Ires), per le imprese in attività ivi ubicate e per le nuove imprese che avviano in tali regioni un'attività economica;

2) ad adottare iniziative normative per riprendere il modello della cosiddetta clausola «De Vincenti», innalzando la soglia prevista dall'articolo 7-bis del decreto-legge n. 243 del 2016 e portandola al 45 per cento, in analogia con quanto a suo tempo previsto con la cosiddetta clausola Ciampi in materia di destinazione della spesa complessiva in conto capitale, ed estendendo il vincolo non solo agli investimenti delle amministrazioni centrali, come avviene attualmente, ma a tutte le amministrazioni pubbliche e agli enti di diritto privato in controllo pubblico, e a Cassa depositi e prestiti;

3) ad adottare iniziative per rafforzare l'operatività del fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, destinando alle regioni del Mezzogiorno (Campania, Basilicata, Molise, Calabria, Puglia, Sardegna, Sicilia e Abruzzo) una quota pari al 45 per cento delle risorse erogate dalla Cassa depositi e prestiti al fondo;

4) ad adottare iniziative normative per istituire la Cassa per le infrastrutture e i diritti del Sud (Caid), che funga da collettore, gestore e controllore unico dei fondi (nazionali ed europei) e delle attività, prevedendo che all'alimentazione della Cassa provvedano le amministrazioni centrali, nonché le società partecipate pubbliche, conferendo il 45 per cento dei propri stanziamenti ordinari in conto capitale;

5) a prevedere, nell'ambito del disegno di legge di bilancio 2019, il rifinanziamento del cosiddetto «bonus Sud», nonché ad adottare ogni iniziativa di competenza finalizzata a favorire l'istituzione di un «conto giovani» per il Mezzogiorno, a valere sui fondi europei, destinato agli under 35 e alle donne under 40, da utilizzare per alternanza scuola/lavoro, ricerca e sviluppo in università e in azienda, formazione e orientamento all'occupazione impiego e autoimpiego;

6) ad adottare iniziative per riconoscere, quantomeno alle imprese operanti nel Mezzogiorno, un credito d'imposta pari al costo del contributo Irpef, per ogni nuova assunzione di una donna a tempo pieno o parziale, con contratto almeno annuale;

7) ad adottare ogni opportuna iniziativa volta al riammodernamento del sistema infrastrutturale idrico del Mezzogiorno, attraverso una rete e un sistema di micro invasi, al fine di contenere gli sprechi, assicurare gli approvvigionamenti a famiglie e imprese, e consentire il rilancio dell'agricoltura;

8) ad adottare iniziative per prevedere lo stanziamento di risorse volte alla realizzazione di strutture e servizi pubblici di asili-nido nel Mezzogiorno, anche affidando l'operazione a una società di gestione del risparmio pubblica e prevedendo costi contenuti del servizio in base al reddito;

9) ad adottare ogni opportuna iniziativa di competenza per assegnare risorse specifiche alla realizzazione dell'alta velocità nel Mezzogiorno agevolandone la realizzazione;

10) ad adottare iniziative per rilanciare gli investimenti in infrastrutture e l'ammodernamento della rete dei trasporti e tutti gli interventi in grado di aumentare la competitività delle aree meridionali: gli assi viari, i collegamenti ferroviari tra le città del Mezzogiorno, le opere di consolidamento idrogeologico;

11) ad assumere, nelle sedi di competenza, ogni iniziativa volta a sostenere l'inserimento delle infrastrutture del Mezzogiorno nell'ambito degli accordi con la Cina, per promuovere la cooperazione economica e gli investimenti sulla cosiddetta «via della Seta»;

12) a sostenere la promozione internazionale dei porti meridionali e delle loro zone economiche speciali, avvalendosi di Ita ed Invitalia, considerato che i porti meridionali vanno promossi presso i Governi stranieri e soprattutto il Governo cinese e le società armatoriali di quel Paese, come è stato fatto finora solo per i porti di Genova e Trieste;

13) ad adottare iniziative per confermare il finanziamento delle opere incluse nel programma di investimenti relativo alle aree logistiche integrate candidate dalle regioni meridionali e dalle rispettive autorità di sistema portuale come previsto dal Pon infrastrutture e reti 2014-2020;

14) ad operare, nelle sedi di competenza, nell'ambito della prossima revisione della Rete dei trasporti transeuropea (Ten-T), per favorire i corridoi meridionali e riportare i porti del Sud nella mappa dei porti strategici;

15) ad adottare iniziative per provvedere al completamento della disciplina relativa alle Zone economiche speciali, alla luce della loro rilevanza per il rilancio del Mezzogiorno, e in particolare all'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri relativo alle semplificazioni, in quanto è opinione comune che l'attrattività degli investimenti nelle aree Zes sarà in funzione della effettiva semplificazione delle procedure amministrative per la realizzazione degli stessi investimenti;

16) ad adottare le iniziative di competenza per l'estensione della normativa del nuovo codice doganale dell'Unione, Regolamento (Ue) 952/2013, più semplice di quella nazionale, alle operazioni doganali nell'ambito delle Zes, quanto meno con riferimento a quelle del Mezzogiorno;

17) ad adottare iniziative a favore dell'elisione di tutti gli ostacoli allo sviluppo del traffico intermodale, in particolare estendendo il regime di favore previsto per Trieste al traffico dei rotabili da e per i porti del Mezzogiorno, e, a tal fine, a promuovere la liberalizzazione dei permessi di transito (dosvole) per i rotabili stranieri e l'esenzione dal pagamento delle tasse automobilistiche per gli stessi per le regioni con maggiore traffico da e per i Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa (Mena), tanto al fine di soddisfare le richieste di maggiori approdi da parte degli imprenditori dei suddetti Paesi, disponibili ad investire in infrastrutture logistiche (terminal);

18) a sostenere, con specifiche iniziative, l'insediamento nel Mezzogiorno di impianti di rifornimento Lng per navi ed autotrazione al fine di ridurre l'inquinamento e decarbonizzare le aree produttive paesaggisticamente ed ecologicamente attrezzate;

19) ad adottare specifiche iniziative di competenza volte introdurre, per gli automobilisti virtuosi, tariffe delle polizze assicurative obbligatorie per la responsabilità civile (cosiddette RC auto) uniche per tutto il territorio nazionale, a prescindere dalla residenza, per restituire equità al premio assicurativo, in particolare per il Sud del Paese, dove un automobilista può arrivare a pagare, in media, più del doppio rispetto ad un automobilista del Nord;

20) ad adottare iniziative, anche normative, in maniera organica, per ristabilire la garanzia del diritto costituzionale alla salute, in particolare nel Mezzogiorno, con una serie di misure sinergiche: l'introduzione immediata dei costi e fabbisogni standard nella sanità; l'istituzione di un'Agenzia nazionale che controlli in modo più stringente l'operato dei singoli servizi regionali e delle province autonome, assicurandone l'efficienza e l'efficacia, anche con funzioni sostitutive e commissariali; l'introduzione immediata del reddito di salute, cioè di un bonus sanità da attribuire in base all'Isee ai residenti nelle regioni dove è minore l'aspettativa di vita;

21) a promuovere iniziative tese a rimodulare i criteri anagrafici di accesso alla pensione, calcolandoli su base regionale anche alla luce della speranza di vita, tenendo conto che vi sono attualmente forti sperequazioni tra aree geografiche, in particolare a danno di quelle meridionali;

22) ad adottare iniziative per definire i livelli essenziali delle prestazioni per tutte le materie d'interesse degli enti territoriali, quale premessa per una corretta attuazione dell'autonomia, nonché per garantire un calcolo oggettivo dei fabbisogni standard regionali, provinciali e comunali, adottando altresì iniziative per completare il percorso di attuazione della legge n. 42 del 2009, in particolare per quanto riguarda i fondi di perequazione e la perequazione infrastrutturale, al fine di correggere incongruenze come il target perequativo inferiore al 100 per cento, che non consentono alle regioni meno sviluppate del Mezzogiorno di sfruttare le virtualità autonomistiche speciali consentite dall'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, e superando così l'istituzionalizzata (e censurabile) prassi di sostenere il fabbisogno del Sud con i fondi straordinari, anziché, come sarebbe fisiologico, con i fondi ordinari.
(1-00066) «Carfagna, Paolo Russo, Occhiuto, D'Attis, Elvira Savino».

Risoluzione in Commissione:


   La XI Commissione,

   premesso che:

    l'avvio della cosiddetta riforma Monti-Fornero del sistema pensionistico inserita nel più ampio complesso normativo di interventi finanziari volti a ridurre drasticamente la spesa pubblica ha avuto tra gli altri effetti quello di innalzare improvvisamente l'età pensionabile, escludendo sin da principio l'istituto della pensione di anzianità;

    la pensione di anzianità permetteva l'accesso al trattamento pensionistico a chi raggiungeva una determinata quota quale sommatoria tra l'età anagrafica e quella contributiva pari ad almeno 35 anni. In particolare, la riforma ha portato il limite anagrafico per il pensionamento di vecchiaia a 66 anni, velocizzando l'adeguamento dell'età pensionabile delle donne nel settore privato (66 anni dal 2018) e abolito la pensione di anzianità, introducendo il pensionamento anticipato, con l'aumento dei requisiti contributivi (42 anni per gli uomini e 41 anni per le donne) e l'introduzione di un sistema di penalità economiche per chi comunque accede alla pensione prima dei 62 anni;

    con l'abbandono di tale sistema a decorrere dal 1° gennaio 2012, come sancito dalle disposizioni del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, le lavoratrici e i lavoratori del nostro Paese sono stati condannati a un fenomeno velocemente assurto agli onori della cronaca con il nome di «esodati»: persone che dopo decenni di lavoro si sono ritrovate a non essere più occupate ma a non poter ancora accedere alla pensione;

    in realtà, le problematiche e la destrutturazione del sistema previdenziale e occupazionale vennero individuate e sollevate già in fase di esame del richiamato decreto-legge. Basti pensare che sin dai primi mesi di vigenza delle disposizioni approvate a fine 2011, e poi nel corso dei sette anni successivi, il legislatore è dovuto intervenire ben otto volte per provvedere con interventi di urgenza per salvaguardare i soggetti interessati dalla riforma «Monti-Fornero» ed esclusi dal pensionamento;

    nello specifico, le disposizioni di salvaguardia sono contenute nel decreto-legge n. 216 del 2011, cosiddetto milleproroghe 2012, nel decreto-legge n. 95 del 2011, cosiddetto spending review, nella legge n. 228 del 2012 cosiddetta stabilità 2013, nel decreto-legge n. 102 del 2013 e poi ancora nella legge n. 147 del 2013, cosiddetta stabilità 2014, e ancora nella legge ad hoc n. 147 del 2014, nella legge n. 208 del 2015 cosiddetta stabilità 2016 e, in ultimo, nella legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016);

    con le otto salvaguardie si è così raggiunta una platea di potenziali beneficiari pari a 203.166 persone con riguardo ai quali le istanze accolte sono di poco superiori a 142 mila, escludendo di fatto circa 6.000 soggetti;

    vale la pena infatti segnalare come gli effetti della ottava salvaguardia, che avrebbero dovuto coprire una platea di 30.700 soggetti, risultano invece aver interessato, come da ultima rilevazione dell'Inps, poco meno di 15 mila persone, con risparmi di spesa che potrebbero in tal senso sostenere adeguatamente lo scostamento dei seimila soggetti ancora esclusi;

    diventa quindi necessario e improcrastinabile adottare la misura di nona e ultima salvaguardia per concludere questa annosa e indegna vicenda, caratterizzata da anni di bisogno e disagio sociale imposti a norma di legge a decine di migliaia di lavoratrici e lavoratori nel nostro Paese,

impegna il Governo

ad assumere tempestivamente le adeguate iniziative normative volte a tutelare il diritto al pensionamento della platea di lavoratrici e lavoratori rimasti esclusi dalle precedenti misure richiamate in premessa, prevedendo disposizioni che non rechino limiti e che non siano soggette a interpretazioni che possano mettere nuovamente a rischio l'accesso ai trattamenti pensionistici.
(7-00076) «Polverini, Zangrillo, Cannatelli, Fatuzzo, Musella, Rotondi, Scoma».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   ERMELLINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   la Croce rossa italiana (Cri), nata come ente di diritto pubblico, è stata chiamata a promuovere l'opera di assistenza sanitaria, di educazione e prevenzione igienica altresì il compito di recare soccorso in caso di calamità pubbliche, di eventi sismici o di altra natura sotto la vigilanza del Ministero dell'interno;

   il decreto-legge 28 settembre 2012, n. 178 e successive modifiche e integrazioni di riorganizzazione della Cri non si sarebbe limitato a una revisione funzionale dello stesso ente, ma avrebbe disposto un vero e proprio cambiamento in seno alla natura giuridica della Cri ente pubblico, trasformandolo in una associazione iscritta al Registro nazionale di interesse pubblico;

   gli articoli 5 e 6 del suddetto decreto-legge hanno disposto il trasferimento del personale in servizio attivo in un ruolo a esaurimento nell'ambito del personale civile della Cri;

   con il «decreto Madia» si è dato inizio alla mobilità obbligatoria presso altri enti pubblici, quindi di concerto con il dipartimento della funzione pubblica, presso il Consiglio dei ministri, il 30 dicembre 2016 è stato istituito il portale della mobilità, atto alla ricollocazione del personale, tra cui anche gli ex dipendenti Cri, i quali avevano la possibilità di scegliere in quale Ministero essere ricollocati; tra le scelte vi era anche quella Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca-Ata;

   in base a ciò che risulta all'interrogante gli ex dipendenti Cri non sapevano che alla sigla Miur-Ata corrispondesse il «personale amministrativo tecnico ausiliario» (del Miur) né tantomeno della differenza del contratto collettivo nazionale del Miur, il quale ha inserito gli ex Cri nell'area II F4 e, quello del Miur Ata, che invece ha inserito gli stessi al B3 qualifica KA03, con notevole differenza di trattamento, economico e disconoscimento di anzianità;

   oltre 180 ex dipendenti Cri, sia civili che militari, in data 1° febbraio 2017 si sarebbero trovati trasferiti presso il Miur-Ata, senza alcuna preparazione e con compiti differenti da quelli svolti precedentemente;

   gli stessi hanno sottoscritto un contratto collettivo nazionale di lavoro non confacente alla professionalità acquisita e alla condizione economica fino a quel momento avuta; di fatto gli ex dipendenti Cri si sono visti costretti ad adire il tribunale amministrativo;

   il Tar – Lazio III sezione, riconoscendo la precaria condizione degli ex dipendenti Cri, con ordinanza cautelare aveva invitato il dipartimento della funzione pubblica a rivedere la loro posizione;

   l'ordinanza, regolarmente notificata, non ha sortito alcun effetto, mentre lo stesso dipartimento ha effettuato un monitoraggio tra tutti i Ministeri per conoscere i posti vacanti e alla fine ha emesso un decreto il 10 ottobre 2017 indicando appunto le disponibilità di nuove assunzioni ovvero l'applicazione della mobilità;

   il Miur riconoscendo la disparità di trattamento riferita ai dipendenti del Miur-Ata ha adottato iniziative per l'emanazione del decreto del Presidente della Repubblica 9 agosto 2017 (Gazzetta ufficiale n. 250 del 25 ottobre 2017) con l'autorizzazione ad assumere a tempo indeterminato per l'anno scolastico 2017/2018, sui posti effettivamente vacanti e disponibili, 6.260 unità di personale Ata; tra questi vengono specificatamente indicati 347 posti già autorizzati ed accantonati nel precedente anno scolastico e non utilizzati ai fini del ricollocamento del personale in esubero degli enti di area vasta e della Cri;

   le logiche di contenimento dei costi e di riduzione della spesa pubblica si scontrano con la realtà di una associazione privata che comunque viene finanziata con fondi pubblici ed è sottratta ai controlli ministeriali –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative ritenga opportuno adottare per risolvere il problema innanzi illustrato, con il fine di eliminare un notevole contenzioso e una ingiusta disparità di trattamento.
(4-01442)


   SERRACCHIANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 6 febbraio 2018, il vicepremier Luigi Di Maio dichiarava che i precedenti Governi italiani «hanno messo a rischio il made in Italy nel mondo in tutti i settori, dall'artigianato all'agroalimentare, accettando trattati internazionali con Paesi come la Cina, gli Stati Uniti, il Marocco»;

   la strategia di espansione della Cina individua nei Paesi ad alto debito le «prede» ideali: nel 2014 la State Grid Corporation of China ha acquistato il 35 per cento di Cassa depositi e prestiti Reti, che, a sua volta, è azionista di riferimento di Snam, Terna e Italgas, suscitando aspre critiche da parte di alcune forze di Governo;

   il sottosegretario per lo sviluppo economico Michele Geraci vive in Cina da 10 anni ed è a capo del China Economic Research Program, presso il Global Policy Institute;

   profondo estimatore del regime di Pechino, Geraci, in una intervista all'ex portavoce del M5S, Claudio Messora, si lasciava andare ad un vera e propria esaltazione del regime cinese, affermando: «In Cina c'è una minoranza, sparutissima, di persone che non sono contente, che vorrebbero riforme, ma fondamentalmente (...), riforme per fare cosa? Se io qui fossi Primo ministro o ministro dell'Economia, farei le cose che fanno»;

   dal mese di agosto 2018, il sottosegretario Geraci, su indicazione del Ministro interrogato, è alla guida della «Task Force Cina», alle dipendenze del Ministero dello sviluppo economico;

   il 17 ottobre 2018 a Bruxelles, nel corso di un incontro con i membri italiani del Parlamento europeo, secondo quanto riportato dalla stampa, Geraci avrebbe dichiarato che con Pechino si negozia in un sistema univoco e che ci sarebbero difficoltà a negoziare alla «pari», anche con riferimento alle criticità connesse ai temi del dumping sociale, del diritto del lavoro e dei diritti umani;

   Geraci ha inoltre sostenuto che bisogna ripensare le relazioni italiane con la Cina, citando Alitalia e il Porto di Trieste come esempi, tra gli altri, di asset da offrire all'interesse di Pechino;

   alla precisa domanda del giornalista Franco Bechis, il 3 settembre 2018, se l'Italia volesse vendere il porto di Trieste, Geraci dichiarava di voler «limitare l'M&A» e «proteggere le industrie italiane da questo tipo di acquisizioni che non sempre portano benefici economici immediati al Paese», in particolare su Trieste ha detto: «non vendiamo il porto, facciamo sì che gli investimenti dei cinesi si sostanzino per esempio nella costruzione di un molo nuovo»;

   come già accaduto, c'è da aspettarsi che i cinesi chiedano contropartite all'impiego di ingenti capitali, come nel caso del porto del Pireo, dove il rilancio dello scalo è stato accompagnato da esplicite richieste politiche al Governo greco –:

   se le circostanze riportate in premessa trovino conferma;

   quali siano le iniziative portate avanti dal sottosegretario Geraci nei confronti del Governo cinese e se condividano le sue valutazioni riguardo alla democrazia e ai diritti umani;

   se le iniziative citate in premessa rientrino in una strategia del Governo nell'approccio con la Cina, che sembra improntata, a giudizio dell'interrogante, alla sostanziale acquiescenza agli interessi cinesi;

   se, con riferimento al porto di Trieste quale terminale della Via della seta, gli investimenti cinesi si limitino alla costruzione di un nuovo molo e se, più in generale, si registri un interesse cinese ad altri asset strategici italiani;

   se, nell'ambito delle trattative in corso con le società statali cinesi, il Governo intenda assicurare, fermi restando i poteri di vigilanza previsti dalla legge, l'autonomia operativa dell'Autorità di sistema del mare Adriatico orientale.
(4-01444)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BOLDRINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   tra il 1998 e il 2000 si è sviluppato un sanguinoso conflitto tra Etiopia ed Eritrea. I combattimenti sono cessati nel 2000, quando le due capitali hanno acconsentito alla creazione di una commissione indipendente delle Nazioni Unite al fine di stabilire definitivamente i confini tra i due Paesi. Fu riconosciuta l'appartenenza dei territori contesi all'Eritrea, ma sebbene i due Paesi avessero accettato i risultati del lavoro della commissione, l'Etiopia non ritirò i suoi uomini dalle zone contese. Come conseguenza di questo si è venuta a creare per anni una situazione di pericolosa incertezza, caratterizzata da una serie di incidenti tra i reparti militari etiopi ed eritrei;

   il 6 giugno 2018 il Premier recentemente eletto in Etiopia, Abiy Ahmed, ha deciso l'abolizione dello stato di emergenza e ha dichiarato di accettare l'accordo del 2000. Il 9 luglio 2018 sono stati firmati gli accordi che hanno stabilito la fine dello «stato di guerra», la ripresa formale delle relazioni diplomatiche, dei collegamenti aerei e l'uso dei porti eritrei per Addis Abeba. A questa primo accordo si è aggiunto il 16 settembre 2018 a Gedda, in Arabia Saudita, un nuovo accordo di pace che integra e approfondisce quello firmato il 9 luglio e prevede il ripristino di normali relazioni fra i due Paesi sulla base degli stretti legami geografici, storici e culturali fra le nazioni e i rispettivi popoli. Inoltre, il 5 settembre i presidenti di Eritrea e Somalia, Isaias Afwerki e Mohamed Abduilahi «Farmajo», e il Premier etiope Abiy Ahmed hanno firmato un accordo tripartito di cooperazione che prevede il rilancio della cooperazione politica, economica, sociale, culturale e di sicurezza fra i tre Paesi;

   approfittando della condizione di stato d'emergenza che perdura da circa 20 anni, il presidente Isaias Afwerki ha instaurato nel suo Paese una vera dittatura, con violazioni dei diritti umani denunciate da organizzazioni umanitari e per ben due volte, nel 2015 e nel 2016, dalla Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite. Afwerki, il cui regime è sottoposto a sanzioni delle Nazioni Unite per il sostegno ai terroristi di Al Shabaab, ha sospeso la Costituzione, chiuso la stampa libera e imprigionato migliaia di oppositori;

   in Eritrea è stata inoltre creata una coscrizione forzata a durata illimitata per i cittadini e le cittadine tra i 17 e i 50 anni;

   tutto questo ha tra l'altro determinato un flusso di centinaia di migliaia di persone, soprattutto giovani, che hanno lasciato l'Eritrea alla ricerca di maggiore sicurezza presso altri Paesi africani e verso l'Europa alle quali è stato riconosciuto il diritto d'asilo non tanto per il perdurare di una situazione di conflitto, quanto e soprattutto per la soppressione delle libertà civili e democratiche;

   senza un ripristino delle libertà democratiche in Eritrea lo stesso processo di pace può essere di nuovo compromesso;

   il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha svolto l'11 e il 12 ottobre 2018 una visita nei due Paesi, candidando l'Italia a svolgere un ruolo attivo nel processo di pace che è stato avviato;

   questo processo deve essere supportato anche da iniziative di cooperazione che vedano impegnate, tra gli altri, le ong locali e internazionali –:

   come il Governo intenda impegnarsi, alla luce del nuovo scenario, per il ripristino dello stato di diritto, della libertà di espressione e di stampa e per la tutela dei diritti umani in Eritrea.
(5-00786)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GOBBATO, ZOFFILI e FORMENTINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   padre Pierluigi Maccalli, 56 anni, sacerdote cremasco, missionario in Niger della società missioni africane (SMA), è sparito nella notte tra lunedì 17 e martedì 18 settembre 2018, nella missione di Bomoanga, a 120 chilometri a ovest di Niamey, la capitale, e molto vicino alla frontiera con il Burkina Faso;

   la zona dove si trovava al momento della sparizione è in stato di emergenza a causa della presenza di terroristi e di gruppi estremisti provenienti dal Mali e dal Burkina Faso;

   secondo il racconto di padre Mauro Armanino, missionario a Niamey, in Niger, e stando alle dichiarazioni di padre Luigino Frattin, responsabile provinciale della società missioni africane, padre Pierluigi Maccalli sarebbe stato rapito –:

   se sia a conoscenza della vicenda riportata in premessa e come intenda agire in favore del nostro concittadino.
(4-01436)


   VIVIANI, FORMENTINI e ZOFFILI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   due pescherecci di Mazara del Vallo sono stati abbordati il 9 ottobre 2018 da una vedetta e scortati al porto Ras Al Hilal, dove sono giunti in nottata: da notizie avute dal distretto della pesca, gli equipaggi stanno bene e non risultano agli arresti;

   si tratta del «Matteo Mazzarino», della società armatoriale M.C.V. Pesca dell'armatore Vincenzo Asaro, con a bordo sette uomini di equipaggio al comando del capitano Alberto Figuccia, e del motopesca Afrodite Pesca, della Afrodite Pesca srl dei fratelli Pellegrino (140 tonnellate di stazza lorda, con 6 uomini di equipaggio a bordo al comando del capitano Vincenzo Pellegrino);

   l'unità di crisi del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale sta monitorando la situazione, in costante contatto con l'ambasciata –:

   come intenda procedere il Ministro interrogato al fine di riportare in acque territoriali italiane i pescherecci trattenuti in Libia.
(4-01440)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CENNI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   M3 srl è un'azienda produttrice di poliueratano espanso (meglio conosciuto come gommapiuma). L'azienda, con sede a Prato, ha uno stabilimento produttivo chimico a San Miniato (provincia di Pisa) in località Ponte a Egola, situato in prossimità di una zona residenziale;

   l'attività svolta dallo stabilimento di San Miniato rientra in quelle assoggettate a norme speciali quali la legge «Seveso» (decreto legislativo n. 105 del 26 giugno 2015): all'interno della struttura di via Sauro, è infatti stoccato un materiale chimico denominato Tdi, pericoloso in alte concentrazioni per la salute umana;

   l'attività dello stabilimento M3 è stata classificata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dalla stessa prefettura di Pisa quale «azienda a rischio incidente rilevante» connesso con sostanze pericolose, ai sensi del citato decreto legislativo n. 105 del 26 giugno 2015;

   l'amministrazione comunale di San Miniato ha manifestato la propria volontà di trasferire tale attività nel rispetto delle norme vigenti, delle necessità dell'azienda e della continuità dei livelli occupazionali;

   l'amministrazione comunale di San Miniato, in particolare con l'articolo 100 delle norme di attuazione del secondo regolamento urbanistico, ha previsto entro tre anni dalla data di pubblicazione sul Burt dell'avviso di approvazione (avvenuta il 30 settembre 2015) la cessazione dell'attività nell'attuale sede di M3 per incompatibilità sotto il profilo della sicurezza ambientale con il contesto circostante costituito da un ampio quartiere residenziale;

   i regolamenti urbanistici in vigore hanno quindi sancito l'incompatibilità della presenza di M3 con la zona dove è attualmente collocata;

   l'attività dello stabilimento di San Miniato sarebbe dovuta cessare quindi entro il 30 settembre 2018;

   le associazioni sindacali hanno in più occasioni segnalato come ogni trasferimento dello stabilimento debba comunque tutelare i diritti degli attuali dipendenti;

   l'amministrazione comunale di San Miniato ha rimarcato altre criticità che riguardano lo stabilimento M3 ed, in particolare, il fatto che non sia stata mai effettuata alcuna esercitazione con la cittadinanza anche a causa della mancanza di un «piano emergenza esterno» definitivo, nonché la effettiva manutenzione delle coperture della struttura contenenti amianto –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza delle gravi problematiche che riguardano lo stabilimento M3 di San Miniato e quali iniziative urgenti intendano assumere, per quanto di competenza e di concerto con l'amministrazione comunale e la proprietà, per promuovere una soluzione che comporti il rispetto della legge, la tutela della salute dei cittadini e dell'ambiente e la salvaguardia degli attuali livelli occupazionali dell'azienda.
(5-00782)

Interrogazione a risposta scritta:


   SCANU. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   è in corso il procedimento di autorizzazione unica relativo alla realizzazione di una centrale termoelettrica solare a sali fusi ibrida integrata a biomasse e gasolio di potenza nominale pari a 10,8 MWel, localizzata in agro del comune di Oristano, località «San Quirico - Tanca ’e su Presidente», proposto dalla società «San Quirico Solar Power S.r.l.» andando a occupare un'area di circa 77 ettari di suolo agricolo;

   si intende realizzare l'impianto in una zona storicamente a vocazione agricola ove eserciterebbe un'influenza catastrofica; le realtà produttive ed insediamenti collocati in un'ampia area intorno al sito subirebbero incalcolabili danni; l'enorme quantità di micro polveri immesse nell'aria in seguito alla bruciatura delle biomasse comporterebbe un sensibile peggioramento della salubrità ambientale, che avrebbe notevoli ricadute negative sulla salute pubblica e causerebbe un inevitabile abbassamento della qualità delle produzioni agricole e conseguentemente del loro valore;

   l'illogicità della scelta allocativa assume maggiore risalto, poiché compiuta in una regione come la Sardegna, dove vi sono estese porzioni di territorio degradate già predisposte all'utilizzo per scopi industriali;

   il terreno sul quale l'impianto dovrà sorgere è una zona a forte rischio idrogeologico, ove le modificazioni geomorfologiche necessitate dall'impianto, andrebbero a peggiorare la potenziale casistica incidentale già di per sé alta di un impianto sottoposto alla direttiva «Seveso»;

   non sono state prestate adeguate garanzie per il completamento dell'impianto e il suo smantellamento, nonché per i danni derivanti da eventi incidentali;

   nelle vicinanze dell'impianto sorgono siti di importanza naturalistica quali lo stagno di «Pauli Majori», individuato come sito di importanza comunitaria (codice ITB030033) e il bosco di «Su Paberile», area sottoposta a plurimi vincoli paesaggistici, nella zona sono stati inoltre censiti esemplari di gallina prataiola, calandra e calandrella, specie protette ai sensi della legge regionale 29 luglio 1998, n. 23, nonché da varie direttive europee e convenzioni internazionali;

   l'economia locale è caratterizzata dalla coltivazione del riso, e varie altre tipologie di coltivazioni cerealicole, uliveti/granai/risaie biologiche; è diffuso inoltre l'allevamento ovi-caprino (vengono prodotte carni di agnello a marchio IGP) e bovino, nei terreni confinanti l'impianto operano l'agriturismo «Archelao» e «l'Agrimacelleria Accareddu»;

   la contrarietà di tutte le comunità interessate dall'impianto e dell'opinione pubblica è sfociata in un ampio, trasversale e compatto movimento d'opposizione, composto da associazioni di categoria, sindacati, comitati ed enti locali; tutte le amministrazioni coinvolte hanno in più occasioni e con atti ufficiali dimostrato la loro netta contrarietà all'insediamento dell'impianto –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative di competenza intenda adottare, in collaborazione con le parti istituzionali e private coinvolte, per tutelare le aree nell'ambito o in prossimità delle quali dovrebbe sorgere l'impianto, aree che sono sottoposte a vincolo o costituiscono siti di importanza comunitaria e che sono interessate da un'importante produzione agroalimentare, caratterizzata anche da prodotti Doc e Dop.
(4-01441)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PAITA. — Al Ministro della difesa, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il Governo Gentiloni ha varato nel 2017 un programma pluriennale di ammodernamento militare per l'acquisto dei missili Camm.Er, con una previsione di spesa di 545 milioni di euro entro il 2031;

   la regione del programma militare è legata alla necessità di sostituire progressivamente i missili «Aspide» attualmente a disposizione dell'Esercito italiano che, in considerazione della loro vetustà, non potranno essere più impiegati a partire dal 2021;

   gli Aspide sono missili in servizio da 40 anni e avrebbero palesato problemi di obsolescenza, soprattutto per la componente delle sezioni di fuoco e dei lanciatori;

   la società Mbda, società leader nella missilistica, controllata dai tre maggiori azionisti nel settore aeronautico e della difesa Bae System (37,5 per cento), Airbus Group (37,5 per cento) Leonardo-Finmeccanica (25 per cento) dovrebbe essere chiamata a realizzare i citati i sistemi d'arma;

   lo stabilimento di La Spezia e il connesso sito di Aulla, quest'ultimo posto all'interno del comprensorio del Centro interforze munizionamento avanzato (Cima) della Marina militare, rappresentano il centro integrato d'eccellenza missilistica di Mbda Italia con 200 dipendenti;

   in base alle notizie di stampa risultano esservi frizioni all'interno del Governo circa la realizzazione di questo piano di ammodernamento militare con conseguente rischio di pregiudicare gli investimenti previsti e possibili ripercussioni negative occupazionali sul polo di La Spezia/Aulla –:

   quali siano le intenzioni del Governo in merito al programma pluriennale di ammodernamento militare per l'acquisto dei missili Camm.Er, se intenda confermare gli investimenti previsti e, in caso contrario, quali potrebbero essere le ripercussioni sul polo di eccellenza di La Spezia/Aulla.
(5-00779)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CASO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in data 13 giugno 2018 Poste Italiane ha sottoscritto un «accordo per le politiche attive» con il quale si è impegnata ad assumere a tempo indeterminato, in due distinte fasi, circa tremila lavoratori che hanno prestato servizio con contratti a tempo determinato;

   in particolare, l'accordo prevede: una prima fase (A) nella quale possono essere assunti esclusivamente i lavoratori che abbiano prestato servizio con contratto a tempo determinato nelle provincie indicate da PosteItaliane e che abbiano ancora attivo il diritto di precedenza ex articolo 24 del decreto legislativo n. 81 del 2005; una seconda fase (B) decorrente dal 13 giugno 2019, nella quale possono aspirare all'assunzione tutti coloro che abbiano prestato servizio a tempo determinato per almeno dodici mesi a decorrere dal 1° gennaio 2018;

   la prima fase (A) è stata sino ad ora caratterizzata da continui rinvii e da una gestione complessivamente poco chiara anche nell'indicazione delle province in cui devono essere effettuate le assunzioni, con l'effetto di aver fatto scadere il diritto di precedenza che molti lavoratori avevano attivo sino al mese di settembre 2018 e di escludere molti candidati che non hanno prestato servizio nelle sedi indicate;

   apparentemente un primo blocco di assunzioni dovrebbe essere effettuato entro il mese di novembre 2018 –:

   se il Governo intenda assumere le iniziative di competenza, se ne sussistano i presupposti convocando i vertici di Poste Italiane s.p.a., per fare chiarezza sull'applicazione dell'accordo e verificare la possibilità di estendere le assunzioni della fase A anche ai lavoratori di altre province il cui diritto di prelazione era attivo alla data di sottoscrizione dell'accordo.
(5-00785)

FAMIGLIA E DISABILITÀ

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LOSACCO. — Al Ministro per la famiglia e le disabilità, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   un articolo della Gazzetta del Mezzogiorno pubblicato nell'edizione del 19 ottobre 2018 riporta la notizia di un video postato sui social network di un ragazzino dall'apparente età di 10-11 anni, di Bari, che si fa chiamare «Giovanni Malavita» e si atteggia da boss, lanciando messaggi e insulti contro la polizia;

   il ragazzino secondo quanto riportato nell'articolo vivrebbe in un quartiere periferico in una zona nella quale la criminalità organizzata è dedita ad attività di reclutamento;

   il video colpisce per tanti motivi, per l'età, per le frasi pronunciate, per il degrado e per la considerazione della sfera pubblica e delle istituzioni;

   la polizia locale avrebbe identificato il bambino e segnalato il caso ai servizi sociali del comune e non si esclude che possa intervenire anche il tribunale per i minorenni di Bari –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intendano assumere per affrontare criticità sociali come quella riportata e per proseguire e rafforzare i progetti di contrasto alla povertà educativa posti in essere sulla base di quanto previsto dalla legge di stabilità 2016 al fine di salvaguardare soggetti fragili dal rischio di reclutamento da parte di organizzazioni criminali.
(5-00784)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   SILVESTRONI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nel Lazio dal 2016 al 2017 l'aumento di detenuti è stato calcolato in 108 unità; il sovraffollamento nei 14 istituti penitenziari del Lazio, dove al 31 dicembre 2017 sono stati contati 6.237 detenuti rispetto a una capienza regolamentare di 5.258 unità, è diventato una questione di sicurezza;

   il bilancio delle aggressioni negli istituti penitenziari risulta direttamente proporzionale al sovraffollamento, e, in particolare, preoccupa il sovraffollamento negli istituti di: Viterbo (+176); Cassino (+121); Frosinone (+76); Civitavecchia (+62); Rebibbia (+53 per la sezione femminile); Rebibbia (+250); Regina Coeli (+318); Velletri (+139), Latina (+ 51), Rieti (+69);

   le ragioni di tale situazione, così come nel resto delle carceri italiane, sono da ricercarsi, oltre che nel sovraffollamento, principalmente nell'inadeguatezza delle strutture e nella ormai cronica carenza di personale della polizia penitenziaria;

   a Velletri, come anche a Roma, gli istituti penitenziari sono ormai prossimi al collasso e la situazione lavorativa degli agenti di polizia penitenziaria è diventata inaccettabile, come confermato anche dagli ultimi fatti di cronaca relativi alle continue aggressioni a danno degli agenti;

   i più colpiti da questa situazione emergenziale, oltre gli agenti di polizia penitenziaria, sono i pochi addetti impiegati nelle carceri, gli educatori e gli psicologi, continuamente sotto pressione e che rischiano la propria incolumità personale;

   nel carcere di Velletri, addirittura, a causa della carenza di personale non si è potuto provvedere all'apertura di un nuovo padiglione appena completato;

   la legge 15 dicembre 1990, n. 395, ha istituito il Corpo di polizia penitenziaria, che svolge compiti di polizia giudiziaria, pubblica sicurezza e gestione delle persone sottoposte a provvedimenti di restrizione o limitazione della libertà personale, partecipa al mantenimento dell'ordine pubblico e adempie attività di polizia giudiziaria e pubblica sicurezza anche al di fuori dell'ambiente penitenziario;

   il quadro normativo sinteticamente descritto assegna al personale della polizia penitenziaria funzioni ben più ampie di quelle di sicurezza dei centri detentivi; addirittura il personale viene a volte impiegato per garantire la sicurezza dei varchi dei palazzi di giustizia, sottraendo il poco personale alla sicurezza delle carceri –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti, specie in relazione agli atti posti in essere in danno al personale della polizia penitenziaria;

   quali iniziative ritenga di adottare, al fine di garantire negli istituti penitenziari un'adeguata dotazione di agenti di polizia penitenziaria, con priorità per le carceri del Lazio di Velletri e Rebibbia;

   in che modo intenda intervenire per tamponare nell'immediato il problema legato alla carenza di agenti di polizia penitenziaria e per prevenire il verificarsi di eventi tragici.
(3-00258)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   PELLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, comma 1079, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, prevede l'istituzione del «fondo per la progettazione per enti locali» destinato al cofinanziamento della redazione dei progetti di fattibilità tecnica ed economica e dei progetti definitivi degli enti locali per opere destinate alla messa in sicurezza di edifici e strutture pubbliche con una dotazione di 30.000.000 di euro per ciascuno degli anni dal 2018 al 2030;

   l'articolo 202 del decreto legislativo n. 50 del 2016, prevede l'istituzione del «Fondo progettazione insediamenti prioritari» – pari a circa 490 milioni complessivi – destinati a migliorare la capacità di programmazione e riprogrammazione della spesa per la realizzazione di infrastrutture di preminente interesse nazionale, in particolare i piani urbani per la mobilità sostenibile e i progetti di fattibilità/project review di opere inserite in tale pianificazione o di interesse prioritario coerentemente con le indicazioni (allegato al documento di economia e finanza 2017);

   l’iter di adozione dei decreti risulta quasi completato, anche con la registrazione della Corte dei conti;

   si tratta di provvedimenti molto attesi, condivisi con i beneficiari dei fondi (comuni, città metropolitane e province), fondamentali per il rafforzamento e l'accompagnamento degli enti nella pianificazione e nella realizzazione di interventi sulla mobilità sostenibile e il trasporto pubblico locale, così come sulla messa in sicurezza di edifici e territorio, nonostante le note difficoltà finanziarie e organizzative;

   tali decreti prevedono il rafforzamento delle fasi iniziali degli interventi attraverso il supporto tecnico-finanziario per incrementarne la qualità progettuale, nonché la pianificazione;

   gli enti beneficiari sono impegnati al massimo nell'assicurare infrastrutture e servizi per migliorare la qualità della vita dei cittadini, a cominciare dalla pianificazione della mobilità sostenibile che richiede un cambio culturale importante nelle amministrazioni. Si rappresenta che comuni e città metropolitane hanno tempo fino ad agosto 2019 per adempiere al decreto ministeriale del 4 agosto 2017 e approvare i rispettivi piani urbani mobilità sostenibile, e al rispetto di tale norma si sta condizionando la possibilità di accedere a fonti di finanziamento importanti per la mobilità e il trasporto, come nel caso dei fondi, di cui all'articolo 1, comma 140, della legge n. 232 del 2016 rifinanziato dall'articolo 1, comma 1072, della legge n. 205 del 2017, destinati al trasporto rapido di massa –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare ogni iniziativa di competenza per l'adozione dei decreti in questione, consentendo quindi agli enti interessati di avviare le opere destinate alla messa in sicurezza di edifici e strutture pubbliche, nonché la pianificazione di infrastrutture e servizi per la mobilità sostenibile.
(3-00256)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MAGGIONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il trasporto delle merci pericolose in ferrovia è disciplinato dal regolamento concernente il trasporto internazionale di merci pericolose per ferrovia (cosiddetta Rid, appendice C alla convenzione relativa ai trasporti internazionali ferroviari), adottato in forza di quanto previsto dal decreto legislativo 1999, n. 41, recante attuazione delle direttive 96/49/CE e 96/87/CE relative al trasporto di merci pericolose per ferrovia;

   la versione oggi vigente del regolamento summenzionato è stata adottata nel 2013 e sconta la parziale inadeguatezza dovuta ad alcune disposizioni obsolete ivi contenute;

   il trasporto delle merci pericolose su strada ferrata costituisce potenzialmente un pericolo quotidiano per la sicurezza e l'incolumità dei territori e dei cittadini, ed è stato recentemente interessato da numerosi incidenti, da ultimo quello verificatosi il 17 ottobre 2018 a Mede (Pavia), dove il locomotore di un treno carico di propilene ha preso fuoco e si è perciò fermato nei pressi di un centro abitato –:

   se il Ministro interrogato non ritenga necessario adottare specifiche iniziative per migliorare la sicurezza del trasporto su ferrovia di merci pericolose e se — a tal proposito — non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza per una veloce revisione del regolamento Rid.
(4-01431)


   BALDELLI e SOZZANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il 15 ottobre 2018 la polizia tedesca ha perquisito gli uffici delle sedi della società automobilistica Opel di Kaiserslautern e di Russelsheim;

   l'indagine in corso aperta dalla procura dell'Assia ha per oggetto il presunto reato di frode che la società avrebbe perpetrato ricorrendo a un software in grado di manipolare le emissioni di gas nocivi dei motori a diesel;

   in particolare sarebbero tre i modelli interessati dalla frode: Insignia, Cascada e Zafira. Si tratterebbe di mezzi manipolati negli anni 2012, 2014 e 2017. Secondo una nota del Ministero dei trasporti tedesco la motorizzazione civile tedesca avrebbe già richiamato 100 mila auto per le verifiche mentre la stessa casa automobilistica ha annunciato che in Germania le auto interessate sarebbero poco più di 31mila;

   Opel, azienda controllata fino a pochi mesi fa da General Motors e attualmente di proprietà della Peugeot-Citroën (Psa), è l'ultima realtà automobilistica interessata dallo scandalo emerso nel 2016 più comunemente noto come «diesel gate»;

   secondo le notizie, proprio come accaduto in passato con Volkswagen, sarebbe stato usato il cosiddetto «defeat device» per gestire in maniera non conforme l'uscita dei gas di scarico, e permettere alla casa automobilistica di immettere sul mercato auto diesel non rispettose delle normative;

   tra le giornate del 15 e del 16 ottobre 2018 l'azienda ha confermato ufficialmente l'esistenza di un'investigazione sulle emissioni, ma ha anche respinto ogni accusa;

   vale la pena ricordare che con riferimento alla indagine aperta sul dieselgate Volkswagen proprio nei medesimi giorni Audi ha comunicato la volontà di pagare 800 milioni di euro di multa, come sancito dalla procura di Monaco;

   negli Stati Uniti, a seguito dell'azione legale promossa dal dipartimento di giustizia, Volkswagen ha patteggiato 4,3 miliardi di dollari e altri 17,5 miliardi di dollari per far fronte alle cause civili. Tali risorse sono finalizzate a riparare o acquistare le auto interessate dalla frode. Nello stesso Paese anche Bosch, produttore delle centraline manipolate, ha concordato risarcimenti in favore dei proprietari delle auto interessate per una somma complessiva superiore a 327 milioni di dollari –:

   se il Governo sia a conoscenza del numero complessivo di veicoli coinvolti nel nostro Paese e se abbia già valutato sia il possibile danno ambientale conseguente all'immissione sul mercato nazionale di automobili manipolate, sia il danno recato ai proprietari dei veicoli interessati.
(4-01435)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   DE MARIA, FIANO e MARCO DI MAIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'Anpi (Associazione nazionale partigiani d'Italia) ha presentato formale diffida rispetto all'autorizzazione da parte delle autorità competenti a eventi pubblici che dovrebbero svolgersi a Predappio il 28 ottobre 2018, che si caratterizzassero come occasione per manifestare apologia di fascismo;

   nella piena garanzia per tutti della libera espressione delle proprie opinioni, la legislazione vigente e la stessa Carta costituzionale, proprio a tutela delle libertà democratiche che hanno le loro radici nell'Antifascismo, vietano la ricostituzione in qualsiasi forma del disciolto Partito fascista e l'apologia di fascismo;

   crescono nel Paese episodi di intolleranza e di violenza esplicitamente riferiti a forme di neofascismo e, nella giornata del 28 ottobre 2018, potrebbero presentarsi situazioni problematiche sul piano dell'ordine pubblico –:

   se sia a conoscenza di quanto fin qui ricordato, quali iniziative intenda assumere in merito e, in particolare, se intenda dare indirizzi operativi alla prefettura competente.
(3-00257)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VINCI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 104, recante norme di attuazione della direttiva (UE) 2017/853 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2017, in materia di controllo dell'acquisizione e della detenzione di armi, apporta modifiche alla legge 18 aprile 1975, n. 110, che disciplina il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi;

   in particolare, l'articolo 5 del richiamato decreto legislativo modifica l'articolo 17 della legge 18 aprile 1975, n. 110, consentendo alle persone residenti nello Stato la compravendita di armi comuni da sparo commissionate per corrispondenza o acquistate in base a contratto a distanza, qualora l'acquirente sia autorizzato ad esercitare attività industriali o commerciali in materia di armi, ovvero, se privo delle predette autorizzazioni, provveda al ritiro dell'arma presso un titolare di licenza per il commercio di armi comuni da sparo o presso un intermediario di armi, muniti, rispettivamente, delle licenze di cui agli articoli 31 e 31-bis del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773;

   la legge 18 aprile 1975, n. 110, contiene anche disposizioni in materia di munizioni;

   ulteriori norme sul controllo dell'acquisizione e della detenzione delle armi sono contenute nel decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 527, adottato in attuazione della direttiva 91/477/CEE relativa al controllo dell'acquisizione e della detenzione di armi;

   l'articolo 1-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 527, definisce la «munizione» come l'insieme della cartuccia o dei suoi componenti, compresi i bossoli, gli inneschi, la polvere da sparo, le pallottole o i proiettili, utilizzati in un'arma da fuoco a condizione che tali componenti siano soggetti ad autorizzazione;

   le condizioni per la detenzione, il trasporto, l'uso e le movimentazioni delle armi sono contenute nel capo IV del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773;

   l'articolo 38 del testo unico opera un richiamo alle munizioni;

   dalla citata normativa e dalle relative disposizioni applicative si evince che per l'acquisto delle munizioni si applicano le norme sulle armi –:

   se, anche alla luce di quanto richiamato in premessa, intenda adottare iniziative volte a confermare che le nuove disposizioni dell'articolo 17 della legge 18 aprile 1975, n. 110, in merito alla compravendita delle armi comuni da sparo commissionate per corrispondenza o acquistate in base a contratto a distanza, così come introdotte dall'articolo 5 del decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 104, siano riferibili e applicabili anche alle relative munizioni.
(5-00783)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nel comunicato del 21 giugno 2018 del dipartimento per gli affari interni e territoriali si legge che «è stato disposto il riparto del contributo erariale, anno 2018, per le fusioni dei comuni, secondo criteri e modalità definiti nel decreto del Ministro dell'interno del 27 aprile 2018» e «si fa inoltre presente che la scrivente Direzione, procederà all'ulteriore ripartizione delle risorse pari a euro 5.278.063,07 (articolo 1, comma 885, della legge di stabilità 27 dicembre 2017, n. 205) solo in seguito all'effettiva assegnazione delle citate risorse sul pertinente capitolo di spesa»;

   nella tabella allegata vengono ripartite le risorse ai comuni oggetto di fusione per un importo complessivo di 47.549.370 euro –:

   se le risorse per le fusioni di comuni siano state assegnate al relativo capitolo di spesa;

   in che modo e con quali tempistiche si procederà all'ulteriore ripartizione delle risorse pari a euro 5.278.063,07 di cui in premessa.
(4-01432)


   SCANU. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nell'anno 2004, è stato istituito, nell'ambito del progetto «Soccorso Italia in 20 minuti» il distaccamento di vigili del fuoco di Cuglieri;

   l'operatività della sede distaccata in un primo periodo è stata garantita dai volontari, in seguito, a partire dall'agosto del 2013, con decreto n. 695/89935, il Ministero dell'interno ha qualificato la sede come «mista»;

   nel 2014 per un asserito errore materiale nella trascrizione dei dati numerici relativi agli interventi effettuati inviati al Ministero dell'interno, al tempo denunciato dai responsabili locali del Corpo e dalle sigle sindacali, il programma di ridimensionamento delle caserme a livello nazionale aveva conteggiato 27 interventi all'anno per la caserma Cuglieritana in luogo dei circa 300 effettuati;

   nel 2015 la qualificazione della sede passa da «mista» a «permanente», restando ancora però sprovvista di organico;

   per via dell'asserito errore di trascrizione di cui sopra, nel 2016 il distaccamento dei vigili del fuoco di Cuglieri era stato riqualificato in Sdr (sede priva di organico);

   attualmente la sede distaccata di Cuglieri è attiva per circa un mese nel periodo estivo, reggendosi sui soli finanziamenti erogati dalla regione Sardegna per la campagna anti-incendi;

   il territorio di competenza del distaccamento comprende i comuni di Cuglieri, Scano di Montiferro, Sennariolo, Tresnuraghes e le loro rispettive borgate marine, le quali da sole raggiungono nel periodo estivo una popolazione di circa 15.000 persone, senza considerare i territori ora competenza di altri distaccamenti che potrebbero a questo attribuirsi operando un'equa distribuzione di competenza territoriale, che alleggerirebbe i già eccessivamente impegnati distaccamenti che attualmente si dividono la zona come area d'intervento, valorizzando la posizione baricentrica del distaccamento di Cuglieri, le cui squadre avrebbero di gran lunga anche i minori tempi d'intervento;

   gli interventi in partenza dalla sede Cuglieritana godono di una viabilità migliore rispetto a quelli che giungono dalla sede distaccata di Macomer; arrivando da quest'ultima si deve superare la catena montuosa del Montiferru, il cui attraversamento risulta essere particolarmente difficoltoso per i mezzi dei vigili del fuoco; gli interventi provenienti da sud devono invece obbligatoriamente percorrere la strada statale 292, strada a due corsie e doppio senso di circolazione particolarmente congestionata soprattutto durante il triodo estivo, il cui eventuale blocco renderebbe la zona irraggiungibile per i mezzi di soccorso;

   il distaccamento di Cuglieri presidia un territorio impervio nel quale si registrano tempi di percorrenza oltre la media, difatti i tempi di arrivo dai più vicini distaccamenti/comandi non sono inferiori ai 30/35 minuti, arrivando in alcuni casi a 40 minuti;

   occorre intervenire per tutto quanto sopra esposto, e anche in virtù di quanto affermato dal capo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e dal sottosegretario per l'interno Stefano Candiani, in occasione della recente visita di questi ultimi al distaccamento dei vigili del fuoco di Abbasanta, relativamente al piano di assunzioni previsto per il 2019 –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e quali siano i suoi orientamenti in merito;

   se intenda attivarsi, di concerto con il Corpo nazionale dei vigili del fuoco e con lo stesso comando provinciale di Oristano, affinché si correggano gli esistenti errori di trascrizione, se commessi, in ogni caso prendendo atto delle necessità espresse in premessa;

   se si intenda procedere all'istituzione di un distaccamento «permanente» nel territorio di Cuglieri, come già previsto dal progetto «Soccorso Italia in 20 minuti», essendo lo stesso situato in una posizione geograficamente baricentrica tra Oristano, Macomer, Abbasanta e Bosa, considerati anche i rischi naturali e antropici a cui la zona è esposta.
(4-01438)


   VARCHI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   fonti di stampa hanno dato notizia che nella notte tra il 18 ed il 19 ottobre 2018 nella città di Gela ignoti hanno dato alle fiamme due esercizi commerciali ed identico atto incendiario si è registrato la notte seguente, tra il 20 ed il 21 ottobre 2018, con minori danni grazie al tempestivo intervento di un metronotte in servizio;

   gli episodi sopra descritti generano inevitabile allarme sociale e mettono in pericolo la sicurezza e l'incolumità pubblica, considerando che solo un caso fortuito ha impedito che venisse data alle fiamme e distrutta la terza attività commerciale in ventiquattrore;

   le associazioni di categoria hanno organizzato manifestazioni pubbliche e proteste contro la violenza e gli attentati incendiari, registrando piena solidarietà e partecipazione dalla società civile –:

   se i Ministri interrogati intendano promuovere l'immediata convocazione del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica e disporre l'invio a Gela di ulteriori unità di personale e mezzi per consentire alle forze dell'ordine operative nella città di fronteggiare adeguatamente l'emergenza sicurezza venutasi a creare, anche attraverso la mobilitazione dell'Esercito Italiano in apposita operazione.
(4-01443)


   BARTOLOZZI, PRESTIGIACOMO, GERMANÀ, SCOMA e SIRACUSANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   a Gela, il 19 ottobre 2018, ha piovuto a dirotto dalle 17:00 alle 3:00 della notte, eppure qualcuno, nelle prime ore del mattino, è riuscito a incendiare e distruggere due locali pubblici: il «bar Belvedere», appena inaugurato, di fronte al municipio, e il lido «Bcool Beach» con annesso bar e ristorante che si estendeva su quattromila metri quadrati di spiaggia. Pesanti i danni;

   il giorno dopo, un nuovo attentato incendiario: nel mirino un altro esercizio commerciale, il bar «Lory», in via Palazzi nel quartiere Caposoprano. Il fatto è avvenuto alle 3 di notte e a dare l'allarme è stato un metronotte, di ronda nella zona. Le fiamme sono state domate prima che si propagassero all'interno del locale, ubicato al pianoterra di un edificio condominiale di 4 piani;

   sono in corso le indagini sugli incendi, mentre commercianti, esercenti, artigiani e tutta la cittadinanza, in un clima di tensione crescente, iniziano a sentirsi sempre meno sicuri;

   i sindacati di categoria parlano di emergenza e per questo hanno chiesto al prefetto di Caltanissetta maggiori controlli sul territorio con l'utilizzo dei militari dell'esercito;

   Gela, come sempre, non si è piegata, e ha reagito agli attentati incendiari con una mobilitazione popolare;

   i sindacati Confcommercio, Confesercenti, Cna e Fipe-Confcommercio hanno, infatti, organizzato per il 27 ottobre 2018, alle 10, un raduno nella rotonda del lungomare, a est del quartiere Macchitella, davanti a uno dei 3 locali bruciati, il lido «B Cool Beach»;

   mentre proprio il 22 ottobre 2018, alle 20:00, le stesse organizzazioni di artigiani e commercianti hanno deciso di effettuare, alla sala «Padre Pino Puglisi», nella casa del volontariato, una prima riunione;

   il 2017 ha registrato un'impennata del numero degli attentati incendiari in città, con casi di 9 auto bruciate in una sola notte, che certamente non depone a favore della sicurezza dei cittadini;

   vi sono immagini da paese in guerra. Carcasse di auto bruciate, ridotte a cenere. Prospetti anneriti, serrande sciolte, balconi danneggiati;

   si tratterebbe, se le notizie fossero confermate, degli ennesimi atti allarmanti che denotano la presenza di criminalità organizzata –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato per contribuire ad accertare le cause e la matrice degli incendi in questione;

   in che modo intenda attivarsi per potenziare, per quanto di competenza, gli strumenti necessari a rafforzare le attività investigative di prevenzione e repressione della criminalità organizzata a Gela;

   considerato che per l'interrogante occorre analizzare tutti i fatti in un unicum investigativo, quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, intenda porre in essere per promuovere un monitoraggio costante del fenomeno degli episodi di criminalità organizzata in tale territorio in modo tale da avere un quadro d'insieme utile a comprenderlo meglio e a prevenire nuovi casi analoghi;

   se non ritenga opportuno adoperarsi per l'immediata convocazione di un comitato provinciale di ordine e sicurezza pubblica, da presenziare, che sia appositamente dedicato al monitoraggio delle infiltrazioni della criminalità organizzata nel territorio gelese.
(4-01445)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GALANTINO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   la storia, già appellata magistra vitae, è elemento indispensabile nella conoscenza di ogni soggetto dotato di intelletto;

   la materia che, notoriamente desta interesse trasversale in tutte le generazioni, necessita sicuramente di un margine di approfondimento nelle scuole di diverso ordine e grado, oltre che negli istituti universitari;

   la previsione dell'insegnamento della storia locale, insieme ai costumi, alle tradizioni e alla parlata, almeno che quest'ultima non sia considerata lingua minoritaria, ergo con un protocollo autonomo, potrebbe essere un elemento distintivo e di arricchimento delle e nelle diverse generazioni di studenti, al netto del fatto che verrebbero oltremodo valorizzati autori e storici locali, in parallelo con la storiografia già oltremodo riconosciuta;

   la comparazione tra le storie locali inter e intra comunali della Penisola creerebbero un patrimonio indiscutibile e unico, coadiuvato dalla valorizzazione dei siti dell'Unesco che, in Italia, si trovano quasi in ogni regione;

   sono sempre più numerosi gli incontri extra curriculari su vari temi di storia del territorio che hanno luogo nelle scuole, anche a seguito del sollecito sull'importanza di tale tema da parte dello storico di Bisceglie (Barletta-Andria-Trani) Luca De Ceglia, autore di molteplici pubblicazioni sulla storia patria e ispettore archivistico onorario della Soprintendenza archivistica per la Puglia e la Basilicata per nomina ministeriale –:

   con quale tempistica il Governo abbia intenzione di valutare l'ipotesi sopra indicata, ovvero l'adozione di iniziative per l'inserimento nei programmi ufficiali dell'insegnamento della storia locale.
(5-00778)


   PICCOLI NARDELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'attività didattica presso le istituzioni dell'alta formazione artistica e musicale (Afam) è svolta da docenti di ruolo di prima e di seconda fascia senza distinzione di tipologia o qualità didattica e con assoluta e paritaria autonomia e libertà di insegnamento;

   il passaggio dalla seconda alla prima fascia dovrebbe essere regolato dalle norme del regolamento sulle procedure di reclutamento del personale di cui all'articolo 2, comma 7, lettera e), della legge 21 dicembre 1999, n. 508, il quale, dopo quasi vent'anni dall'entrata in vigore della norma, non risulta essere stato emanato, nonostante il termine perentorio stabilito dall'articolo 19, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, termine ormai scaduto da oltre quattro anni;

   lo stesso decreto-legge n. 104 del 2013 ha istituito graduatorie del personale docente precario delle istituzioni Afam utili per la loro stabilizzazione in ruolo mediante l'attribuzione di contratti a tempo indeterminato, le quali sono state trasformate in graduatorie nazionali ad esaurimento dall'articolo 1, comma 653, della legge 27 dicembre 2017, n. 205;

   il comma 654 del medesimo articolo stabilisce che, a decorrere dall'anno accademico 2018/19, nell'ambito delle procedure di reclutamento disciplinate dal regolamento di cui sopra (regolamento peraltro ancora inesistente), una quota tra il 10 per cento e il 20 per cento dei risparmi derivanti dalle cessazioni dal servizio dell'anno accademico precedente è destinata al reclutamento di docenti di prima fascia con procedure riservate esclusivamente a docenti di ruolo di seconda fascia in servizio da almeno tre anni accademici;

   sono attualmente in corso le procedure per l'assunzione a tempo indeterminato su posti di prima fascia di docenti precari inseriti nelle sopracitate graduatorie nazionali ad esaurimento, graduatorie da cui furono esclusi a suo tempo i docenti di ruolo di seconda fascia; ne discende il risultato paradossale che docenti in servizio di ruolo di seconda fascia da molti anni, in alcuni casi anche da circa vent'anni per i vincitori dell'ultimo concorso pubblico che è stato bandito, si possano trovare superati in carriera da docenti precari con tre anni di esperienza che vengono assunti direttamente su posti di ruolo di prima fascia solo in quanto si sono trovati a svolgere incarichi annuali di docenza a tempo determinato su posti vacanti di questa categoria –:

   se il Ministro interrogato non intenda adottare le iniziative di competenza per l'emanazione al più presto possibile del regolamento per le procedure di reclutamento del personale Afam, atteso da quasi vent'anni, e come intenda procedere per garantire equità di trattamento ai docenti di ruolo di seconda fascia mediante una corretta valutazione del servizio prestato ai fini della loro promozione alla prima fascia sulla base del merito e delle competenze maturate.
(5-00780)


   PICCOLI NARDELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'Osservatorio nazionale per il diritto allo studio universitario è stato istituito dall'articolo 20 del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68;

   i compiti dell'Osservatorio possono essere così riassunti: a) creare un sistema informativo per l'attuazione e il monitoraggio del diritto allo studio universitario; b) procedere ad analisi, confronti e ricerche su criteri, metodologie e risultati del diritto allo studio universitario; c) presentare al Ministro proposte in merito ai livelli essenziali delle prestazioni, nonché, entro il mese di marzo di ogni anno, una relazione sull'attuazione del diritto allo studio a livello nazionale;

   l'Osservatorio è stato ricostituito con decreto ministeriale n. 884 dell'8 novembre 2017 e ha tenuto la sua prima riunione il 19 febbraio 2018;

   la legge 11 dicembre 2016, n. 232, all'articolo 1, comma 271, relativamente alla ripartizione tra le regioni del fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del sopracitato decreto legislativo n. 68 del 2012, ha introdotto il principio della proporzionalità al fabbisogno finanziario di ciascuna regione, modificando così la previgente normativa;

   il fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio è stato significativamente incrementato sia dall'articolo 1, comma 254, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, sia dall'articolo 1, comma 268, della legge n. 232 del 2016, sia dall'articolo 1, comma 636, della legge 27 dicembre 2017, n. 205;

   sarebbe importante conoscere e valutare lo stato e le caratteristiche dell'attuazione delle nuove normative sul diritto allo studio universitario, nonché l'impatto effettivo dei nuovi finanziamenti –:

   in quali date l'Osservatorio si sia riunito e con quali argomenti all'ordine del giorno;

   se l'Osservatorio abbia proceduto nell'attuazione dei compiti previsti dalla legge istitutiva e, in particolare, se siano stati prodotti documenti in merito al sistema informativo sul diritto allo studio universitario e ad analisi, confronti e ricerche sui relativi criteri, metodologie e risultati;

   se sia disponibile, o quando sarà disponibile, la prima relazione annuale dell'Osservatorio sull'attuazione del diritto allo studio universitario.
(5-00781)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   MURELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'amministrazione di Castel San Giovanni (PC) è allarmata per il progetto di trasformazione della sede Inps di Castello in «Punto Inps»;

   stando a quanto si legge sul sito dell'istituto alla voce «Punto Inps», «trattasi di moduli organizzativi caratterizzati da particolare snellezza e flessibilità, la cui previsione offre la concreta possibilità di realizzare il miglior equilibrio possibile tra le istanze dei cittadini utenti e i princìpi di efficienza, efficacia ed economicità che ispirano l'azione amministrativa dell'istituto»;

   l'amministrazione locale è preoccupata, in particolare, per il rischio che tale «economicità» possa tradursi in un orario di apertura al pubblico più ridotto o in meno addetti agli sportelli, comunque in una riduzione di servizi che possa indurre i tanti utenti di tutta la Valtidone – oggi, per l'appunto, serviti dall'agenzia di Castello – a rivolgersi alla sede di Piacenza;

   secondo l'assessore al welfare, Federica Ferrari, la soppressione della sede Inps di Castello rappresenterebbe un disservizio per i 75 mila abitanti di tutti e 21 i comuni della Valtidone;

   oltre agli amministratori hanno espresso la propria contrarietà anche i sindacati, convinti tutti che depotenziando Castello e Fiorenzuola (altra sede Inps destinata alla trasformazione) si congestionerebbe l'agenzia di Piacenza;

   l'incremento occupazionale registratosi a Castel San Giovanni, in particolare nei servizi logistici, dovuto all'insediamento di nuove aziende, rende peraltro fondamentali la presenza e l'operatività dell'agenzia per tutte le pratiche connesse all'occupazione –:

   se trovino conferma le preoccupazioni di cui in premessa, se sia a conoscenza di tale progetto dell'Inps e in cosa consista;

   quali siano, nello specifico, le conseguenze della trasformazione delle citate sedi in «punti Inps» in termini di riduzione di dipendenti, di orari di apertura al pubblico e di servizi offerti e resi agli utenti.
(3-00259)

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la legge di bilancio 2018, ai commi 254-256 dell'articolo 1, ha istituito un fondo per il sostegno del titolo di cura e assistenza del caregiver familiare, prevedendo una dotazione iniziale di 20 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2018-2020. Il fondo è finalizzato a sostenere gli interventi legislativo per il riconoscimento del valore sociale ed economico dell'attività di cura non professionale del prestatore di cure familiare;

   la norma definisce il caregiver familiare la persona che assiste e si prende cura del coniuge, dell'altra parte dell'unione civile tra persone dello stesso sesso o del convivente di fatto ai sensi della legge n. 76 2016, di un familiare o di un affine entro il secondo grado, ovvero, in presenza di un handicap grave, di un familiare entro il terzo grado che, a causa di malattia, infermità o disabilità, anche croniche o degenerative, non sia autosufficiente e in grado di prendersi cura di sé, sia riconosciuto invalido in quanto bisognoso di assistenza globale e continua di lunga durata, o sia titolare di indennità di accompagnamento;

   nel corso della XVII legislatura, al Senato, è stato proposto un testo unificato sui progetti di legge volti a dettare la regolamentazione della materia e a riconoscere l'attività di cura non professionale e gratuita del caregiver, che però non ha concluso il proprio iter. Attualmente non esisterebbero interventi legislativi in materia che possano rendere eseguibili i finanziamenti;

   nella nota di aggiornamento del documento di economia e finanza si specifica, a pagina 103: «Saranno, inoltre, incrementati e resi strutturali gli stanziamenti di bilancio per il sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare, in relazione al quale sono allo studio anche interventi per riconoscere allo studente, nell'ambito dei percorsi universitari, specifiche agevolazioni connesse all'attività di assistenza familiare» –:

   quali iniziative, di carattere normativo si intendano adottare per rendere operativi i finanziamenti di cui in premessa e con quali tempistiche i caregiver potranno usufruire dei finanziamenti stessi;

   quali iniziative di carattere normativo si intendano assumere per riconoscere al caregiver forme previdenziali per gli anni trascorsi nell'assistenza del familiare;

   quali ulteriori iniziative si intendano intraprendere per incrementare e rendere strutturali gli stanziamenti di bilancio anche in relazione al riconoscimento allo studente, nell'ambito dei percorsi universitari specifici, di specifiche agevolazioni connesse all'attività di assistenza.
(4-01433)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la prescrizione medico-veterinaria elettronica è uno dei componenti del sistema informativo di tracciabilità dei medicinali veterinari e dei mangimi medicati Questo nuovo modello di prescrizione è stato introdotto dall'articolo 3 della legge n. 167 del 2017. La norma prevede che, a decorrere dal 1o gennaio 2018, il medico veterinario sia obbligato a utilizzare la ricetta elettronica in alternativa al modello di ricetta medico-veterinaria cartaceo previsto dall'articolo 118 e dall'allegato III del decreto legislativo n. 193 del 2006;

   a decorrere dal 1o settembre 2018, la prescrizione sarebbe dovuta avvenire esclusivamente in formato elettronico, ma tale termine è stato portato al 1o gennaio 2019 dal decreto «Milleproroghe»;

   in realtà, stante le segnalazioni ricevute, i medici veterinari non avrebbero potuto esercitare sin dall'inizio la facoltà di scegliere tra i due tipi di prescrizione. Il sistema, inoltre, presenterebbe notevoli criticità sin dalla prima fase di accreditamento. A pochi mesi dall'entrata in vigore della norma, il server continuerebbe a essere molto lento. Per compilare una ricetta occorrerebbero dai 15 ai 20 minuti circa;

   in caso di visita domiciliare, peraltro, il medico veterinario sarebbe obbligato a munirsi di supporti tecnologici ed eventualmente una stampante, essendo vigente l'esclusività della ricetta elettronica, cosa che non accade per i medici chirurghi i quali possono emettere ricetta cartacea, sia a domicilio che in ambito ospedaliero. Inoltre, l'acquisto dei supporti tecnologici sarebbe totalmente a carico del medico veterinario;

   la prescrizione è inoltre preclusa a chi utilizza uno smartphone Apple, perché inspiegabilmente non è ancora disponibile l'applicazione per questo diffuso sistema operativo;

   a quanto risulta dalle segnalazioni, alla stragrande maggioranza dei veterinari non sarebbero state ancora attribuite le credenziali necessarie per poter alimentare con la ricetta elettronica le scorte di medicinali delle loro strutture. Neppure sarebbe possibile testare il sistema lungo tutta la filiera, perché pare che molte farmacie non siano ancora connesse alla rete. In pratica, il veterinario deve consegnare una copia cartacea della ricetta da presentare in farmacia;

   anche se tutto funzionasse regolarmente, appare comunque inaccettabile, a parere dell'interrogante, che l'importante atto della prescrizione medico-veterinaria debba essere subordinato alla sussistenza di una connessione internet fissa o mobile che sia. Infatti, è a tutti noto che non tutto il territorio nazionale è coperto dalla rete e che nessuna compagnia garantisce il servizio h24 sette giorni su sette;

   l'articolo 3 prima citato prevede espressamente l'obbligo per il veterinario di indicare le generalità del titolare dell'allevamento. Al momento, pare che la normativa vada ad assimilare questa figura a quella di un proprietario di un cane o di un gatto;

   nel settore degli animali da compagnia è attiva da circa 3 anni la banca dati del sistema tessera sanitaria al quale si sarebbe potuto fare ricorso, apportando le dovute modifiche, per garantire la tracciabilità del farmaco medesimo. Il farmaco è peraltro già sufficientemente tracciato da ricette in triplice copia, ricette trattenute in farmacia, bolle e fatture in possesso delle varie strutture sanitarie quando acquistano farmaci, il tutto controllato annualmente dai funzionari delle Usl in modo incrociato con le farmacie;

   a tali criticità va aggiunto anche il costo, in denaro pubblico, che questo farraginoso sistema, dotato di nuovi software, andrebbe verosimilmente a implicare;

   per tutte queste motivazioni la ricetta elettronica veterinaria appare in controtendenza rispetto agli obiettivi di semplificazione della burocrazia –:

   se risultino effettivamente al Ministro interrogato le criticità di cui in premessa;

   quali iniziative si intendano assumere per risolvere le criticità di cui in premessa;

   se si intendano assumere iniziative per prevedere casistiche per le quali l'obbligo di ricetta elettronica veterinaria non entri in vigore;

   stanti le criticità segnalate rispetto alla copertura della rete internet, se si intendano adottare iniziative per prevedere deroghe all'utilizzo della ricetta elettronica veterinaria.
(4-01429)


   BIGNAMI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   in data 1° giugno 2018 veniva inviata al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e al Ministro della salute una lettera avente ad oggetto «richiesta di studio epidemiologico in tempi rapidi sui campi elettromagnetici» a prima firma del Comitato cittadini indipendenti e sottoscritta da privati professionisti del settore, associazioni e comitati sensibili al tema degli effetti dei campi elettromagnetici sulla salute;

   nella lettera si fa riferimento alla pubblicazione di una scheda epidemiologica sperimentale dal titolo «Le cavie siamo noi», con dati acquisiti in maniera volontaria e senza scopo di lucro in alcune città italiane;

   nella lettera medesima viene dunque richiesto uno studio epidemiologico nei luoghi maggiormente interessati da campi elettromagnetici e sui cittadini che vivono e lavorano nelle vicinanze delle antenne radio base della telefonia mobile, delle antenne televisive, dei tralicci della corrente elettrica –:

   se si abbia conoscenza dello studio «Le cavie siamo noi»;

   in che modo si intenda dare riscontro alla lettera di cui in premessa e se si intenda procedere a uno studio epidemiologico nelle aree maggiormente interessate dalla presenza di campi elettromagnetici;

   quali iniziative si intendano assumere per coinvolgere attivamente nella ricerca comitati e associazioni spontanee che si sono fatti autonomamente promotori di studi sugli effetti dei campi elettromagnetici sulla salute umana;

   quali iniziative di competenza si intendano intraprendere per sensibilizzare la cittadinanza e, in particolare, le nuove generazioni, sull'utilizzo dei nuovi strumenti tecnologici, con particolare riguardo agli effetti dei campi elettromagnetici sulla salute psico-fisica.
(4-01434)


   BIGNAMI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 18 settembre 2018 si è svolto presso la sala capitolare del Convento di S. Maria sopra Minerva – Senato della Repubblica, il convegno promosso da «Sanità Informazione» patrocinato da FnomceO, Enpam, facoltà di medicina e chirurgia dell'università di Tor Vergata e Ordine degli avvocati di Roma dal titolo «Formazione specialistica medica. Diritto al risarcimento e prescrizione: limiti e opportunità nel diritto comunitario e nell'ordinamento italiano»;

   la giornata è stata interamente dedicata alle novità giurisprudenziali e normative sul tema della vertenza ventennale che ha ad oggetto la discriminazione subita dai medici specializzandi che non si sono visti riconoscere il dovuto trattamento economico previsto dalle direttive europee in materia (75/362/CEE, 75/363/CEE e 82/76/CEE);

   stante l'analisi presentata da «Sanità informazione», lo Stato italiano dovrebbe erogare circa 16 miliardi di euro per gli oltre 110 mila medici che hanno frequentato la scuola di specializzazione in medicina tra il 1978 e il 2006;

   le direttive europee in materia prevedono, infatti, che le attività di formazione per i medici specializzandi, sia a tempo pieno che a tempo ridotto, devono formare oggetto di «adeguata remunerazione» e che i relativi titoli vengano riconosciuti presso tutti gli Stati membri;

   l'articolo 16 della direttiva 82/76/CEE indicava nel 31 dicembre 1982 il termine massimo per adeguarsi alle citate disposizioni. Il mancato adeguamento ha portato alla sentenza della Corte di giustizia della comunità europea, del 7 luglio 1987, che dichiarava come la Repubblica Italiana fosse venuta meno rispetto agli obblighi in questione;

   con decreto legislativo dell'8 agosto 1991 n. 257, veniva istituita, a favore degli specializzandi, una borsa di studio di 21 milioni 500 mila lire annue ma solo a decorrere dall'anno 1991/1992;

   i contenziosi che ne sono seguiti, basati sulla richiesta di applicazione retroattiva della norma, hanno portato alle sentenze della Corte di giustizia della comunità europea, del 25 febbraio 1999 e del 3 ottobre 2000, che hanno individuato nell'applicazione retroattiva la forma più adeguata per porre rimedio alle criticità generatesi;

   nel 2009 inoltre la Corte di Cassazione ha stabilito che la prescrizione è sì decennale, ma viene calcolata a partire dal momento di adozione, da parte del legislatore, di un provvedimento legislativo a favore dei medici specializzandi negli anni in questione;

   è evidente, anche alla luce dei numerosi orientamenti giurisprudenziali, e della mole di contenziosi in essere, la necessità di sanare definitivamente tale situazione dal punto di vista normativo –:

   con quali tempistiche e modalità si intendano assumere le iniziative normative per sanare la situazione di cui in premessa legata alla citata vertenza ventennale, dando finalmente il giusto riconoscimento sotto il profilo economico e dei contributi previdenziali ai medici specializzandi negli anni in questione, che da troppo tempo attendono l'adeguata remunerazione dovuta per il periodo di specializzazione.
(4-01437)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il nostro Paese, come testimoniano i dati dell'Istat, continua a essere caratterizzato da una larga presenza di microimprese con meno di dieci dipendenti. Si stima che le microimprese siano circa 4,2 milioni. Le piccole e medie imprese rappresentano il 95 per cento del totale delle unità produttive e impiegano circa 7,8 milioni di addetti;

   nell'ultimo rapporto sulla stabilità finanziaria la Banca d'Italia ha evidenziato la debolezza delle imprese più piccole con sacche di fragilità importanti. Per le piccole imprese il rischio di insolvenza resta ancora molto elevato. Dal 2010 al 2016 inoltre, i finanziamenti alle imprese sono diminuiti del 24,5 per cento, il valore dei finanziamenti alle imprese è diminuito del 25,3 per cento, i finanziamenti alle aziende artigiane sono diminuiti del 25,4 per cento. A parità di caratteristiche di impresa, il credito si è ridotto soprattutto per le microimprese e per le aziende più rischiose;

   in tale contesto i Confidi possono rappresentare uno strumento utile, addirittura fondamentale, per la tenuta stessa del sistema produttivo, veicolando risorse finanziarie mediante la prestazione di garanzie. I confidi sono infatti strutture cooperative o consortili che hanno la principale funzione di prestatori di garanzie collettive per agevolare i soci nell'accesso al credito bancario;

   per supportare le micro, piccole e medie imprese la valorizzazione dei Confidi appare pressoché indispensabile, vagliando una strategia futura che consenta lo sviluppo di una garanzia mutualistica non dissociata dall'offerta di consulenza specialistica;

   la consulenza specialistica dei confidi, accompagnando l'impresa nella relazione con la banca, può dare supporto anche nel settore della finanza alternativa, nell'intercettazione e nell'utilizzo di fondi pubblici, in particolare quelli comunitari particolarmente difficili da conoscere e ottenere;

   altro aspetto su cui occorrerebbe puntare, a parere dell'interrogante, è la figura del referente di prossimità per gli istituti di credito; attività, questa, che potrebbe essere svolta anche dai confidi, in particolare da quelli minori, la cui prossimità alle imprese rappresenta un grande valore aggiunto;

   con il decreto legislativo n. 112 del 1998 «Conferimento di funzioni e di compiti amministrativi dello Stato alle Regioni e agli Enti Locali», emanato in attuazione della legge n. 58 del 1997 («legge Bassanini»), ha avuto avvio il processo di «decentramento amministrativo» che ha provocato significativi cambiamenti nella suddivisione dei compiti e delle responsabilità tra amministrazioni centrali e locali;

   l'articolo 18 del decreto legislativo n. 112 del 1998 stabilisce che, tra le funzioni amministrative che rimangono in capo allo Stato, rientra la «gestione del fondo di garanzia di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (nel seguito “FCG”)». Con delibera della Conferenza unificata sono individuate, tenuto conto dell'esistenza di fondi regionali di garanzia, le regioni sul cui territorio il fondo limita il proprio intervento alla controgaranzia dei predetti fondi regionali e dei consorzi di garanzia collettiva fidi;

   pertanto, sulla base di tali disposizioni, la gestione amministrativa del FCG (fondo centrale di garanzia) rimane in capo allo Stato, ma la Conferenza unificata (decreto legislativo n. 281 del 1997) ha il potere di deliberare le modalità di utilizzo del fondo da parte delle imprese sulla base delle richiesta effettuata da parte della regione stessa, garantendo l'omogeneità nella valutazione dei diversi sistemi di garanzia operanti a livello locale e la parità di trattamento verso tutte le piccole e medie imprese operanti sul territorio nazionale;

   emerge tuttavia, anche da studi recenti, che alcuni tassi convenzionati di Confidi siano inferiori, e dunque molto più favorevoli per le imprese, rispetto a quelli praticati dalle banche –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti;

   quali iniziative siano state intraprese o si intendano intraprendere per valorizzare il sistema dei Confidi, rendendoli competitivi, efficienti e maggiormente aderenti alle esigenze del tessuto produttivo, in particolare per le micro, piccole e medie imprese.
(4-01430)


   BIGNAMI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   con la delibera del 29 maggio 2015 n. 250/2015/R/gas emessa dall'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (Arera) si è chiuso il procedimento avviato con deliberazione 2 aprile 2015, n. 154/2015/R/gas in materia di odorizzazione del gas per usi domestici e similari di clienti finali direttamente allacciati alle reti di trasporto del gas, in esecuzione della sentenza del tribunale amministrativo regionale per la Lombardia 19 febbraio 2015, n. 509;

   le imprese di trasporto sono tenute ad adottare le soluzioni più efficienti per adempiere a quanto disposto dalla legge n. 1083 del 1971 in materia di odorizzazione del gas in quanto responsabili dell'attuazione di tale obbligo;

   nei casi in cui la riconsegna del gas a clienti finali non venga effettuata attraverso la rete di distribuzione, ma avvenga direttamente dalla rete di trasporto, l'impresa di trasporto ha la responsabilità di garantire che il gas riconsegnato per uso domestico o similare come classificato ai sensi del Tisg (riscaldamento, cottura cibi, produzione di acqua calda sanitaria e condizionamento) anche se combinato con usi tecnologici, sia odorizzato secondo quanto previsto dalla legislazione e normativa tecnica vigenti ed in condizione di sicurezza, con particolare riferimento alle pressioni di immissione;

   le imprese di trasporto, che alla data del 29 maggio 2015 non odorizzavano il gas riconsegnato ai clienti finali già direttamente allacciati alla propria rete di trasporto alla data di pubblicazione della delibera 29 maggio 2015 n. 250/2015/R/gas, hanno adottato un piano di adeguamento che ha previsto l'immissione di gare di appalto per la realizzazione di impianti di odorizzazione in accordo alle norme vigenti;

   tali gare d'appalto sono state assegnate e sono in corso di realizzazione sulla base di contratti già sottoscritti dalle parti;

   anche per tenere conto dello sviluppo dei flussi di Gnl proveniente da tutto il mondo quale fonte di approvvigionamento del gas naturale per l'Italia e della necessità di garantire l'uso del gas in condizione di sicurezza per tutti gli usi domestici o similari, anche se combinato con usi tecnologici, si è ritenuto di dover aggiornare la regola tecnica di cui al decreto ministeriale 19 febbraio 2007 sulle caratteristiche chimico-fisiche e sulla presenza di altri componenti nel gas combustibile da convogliare;

   con decreto del Ministero dello sviluppo economico del 18 maggio 2018 è stata approvata la nuova regola tecnica sulle caratteristiche chimico-fisiche e sulla presenza di altri componenti nel gas combustibile: all'articolo 2 – sicurezza dell'impiego del gas combustibile, si definisce l'odorizzazione del gas ai sensi della legge n. 1083 del 1971;

   la legge n. 1083 del 1971 fa riferimento a un contesto unico di servizio gas formalizzato a suo tempo con il decreto ministeriale 24 novembre 1984 relativo alle norme di sicurezza per «trasporto, distribuzione, accumulo e utilizzazione» del gas naturale;

   l'articolo 2, comma 5, del decreto del Ministero dello sviluppo economico del 18 maggio evidenziare un'incongruenza tecnica con la legislazione vigente (legge 1083 del 1971) relativa alla possibilità di adottare «soluzioni tecnico-impiantistiche alternative all'odorizzazione del gas con finalità equipollenti» per un uso, anche solo in parte, domestico o similare del gas naturale;

   tali soluzioni tecnico-impiantistiche alternative all'odorizzazione determinerebbero una diversa tutela degli operatori e, conseguentemente, diverse procedure di sicurezza per gli operatori (utenti) che utilizzano gas naturale per uso domestico e uso similare in ambito privato (p.e. abitazioni) e in ambito professionale (p.e. mensa aziendale, abitazione del custode di impianti industriali e altro) –:

   se sia a conoscenza delle criticità normative di cui in premessa;

   quali iniziative di carattere normativo si intendano assumere per superare le suddette criticità, in particolare con riferimento alla circostanza che un decreto ministeriale parrebbe non essere in linea con quanto previsto dalla legge (la n. 1083 del 1971).
(4-01439)

Apposizione di una firma
ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Grimoldi e altri n. 5-00441, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 settembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Formentini.

Ritiro di documenti
del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta scritta Ermellino n. 4-00761 del 20 luglio 2018;

   interrogazione a risposta in Commissione Migliore n. 5-00712 del 12 ottobre 2018.

Trasformazione di documenti
del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta scritta Silvestroni n. 4-00303 del 5 giugno 2018 in interrogazione a risposta orale n. 3-00258;

   interrogazione a risposta orale Viviani e altri n. 3-00234 dell'11 ottobre 2018 in interrogazione a risposta scritta n. 4-01440;

   interrogazione a risposta in Commissione Murelli n. 5-00727 del 15 ottobre 2018 in interrogazione a risposta orale n. 3-00259.

ERRATA CORRIGE

  Mozione Conte e altri n. 1-00061 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 65 del 17 ottobre 2018. Alla pagina 2487, prima colonna, dalla riga trentesima alla riga trentacinquesima, deve leggersi: b) la perdita di oltre 500 mila posti di lavoro rispetto al 2008, a danno prevalentemente dei giovani, nel mentre, rispetto allo stesso anno, gli occupati delle regioni del Centro-nord sono aumentati di 242 mila unità; e non come stampato.