Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 9 ottobre 2018

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   Le Commissioni I e VII,

   premesso che:

    il 20 ottobre 1944, una formazione aerea angloamericana di un centinaio di quadrimotori, decollata da Foggia, era in volo diretta su Milano per bombardare le officine Breda, Falk, Pirelli, Alfa Romeo e la stazione ferroviaria di Greco. Il gruppo d'attacco era formato da tre squadre ma solo una, la seconda, riuscì a centrare l'obbiettivo colpendo la Breda. Le altre due non riuscirono a colpire i bersagli assegnati. La prima squadriglia per problemi tecnici, mentre la terza si trovò fuori rotta di 22 gradi. Al comandante restavano a quel punto due possibilità per evitare un pericoloso atterraggio a pieno carico: proseguire liberandosi delle bombe in aperta campagna, oppure lanciare sulla città il suo devastante carico distruttivo;

    alle ore 11,24 i quadrimotori alleati sganciarono le bombe su una zona abitata del milanese, densa di abitazioni e priva di qualsiasi obbiettivo militare, come si poteva osservare dalle ottime condizioni meteorologiche della giornata. Uno degli ordigni esplosivi da 550 chilogrammi si abbatté sulla scuola elementare «Francesco Crispi» di Gorla mentre gli alunni avevano interrotto le lezioni per scendere nei rifugi. L'esplosione fu terribile e devastante. L'edificio venne sventrato travolgendo e seppellendo tutti gli occupanti. Sotto le macerie rimasero 205 bambini tra i 6 e gli 11 anni, la direttrice, 14 insegnanti, 4 bidelli e un'assistente sanitaria. A cui vanno aggiunte 480 vittime di quel bombardamento inutile, insensato e terroristico;

    il «fuoco dal cielo» fece il maggior numero di vittime durante la seconda guerra mondiale e la memoria dei bombardamenti è sicuramente rimasta in secondo piano; eppure sotto i bombardamenti morivano soprattutto bambini, donne, anziani, le persone cioè più indifese che subivano oltre all'attacco alla loro incolumità fisica anche la perdita delle loro case e dei loro beni;

    la tragedia e il dolore furono talmente immani da creare, nonostante l'intera collettività fosse ormai assuefatta dalle numerose atrocità della guerra, uno sconcerto generale e una condanna unanime da parte dell'intera opinione pubblica tali da far ritenere inaccettabile qualsiasi tentativo di scusante da parte delle Forza alleate. A rievocare quanto allora accaduto, nel luogo dove sorgeva la scuola è stato eretto un monumento ossario in commemorazione del sacrificio dei piccoli martiri di Gorla, vittime innocenti della guerra. È a dir poco sconvolgente il fatto che una tragedia di queste dimensioni sia stata per anni taciuta e che ancora oggi sia pressoché sconosciuta;

    la scelta di indicare il giorno dell'anniversario della strage di Gorla quale momento celebrativo serve a ricordare e a riflettere su questa tragedia incredibilmente dimenticata;

    è assurdo constatare che i colpevoli di quella strage, benché conosciuti, non siano stati processati. Ogni anno, il 20 ottobre, a Gorla viene celebrata la messa davanti agli abitanti e agli alunni che ora frequentano la «Francesco Crispi» alla presenza delle istituzioni: è un doveroso omaggio a chi ha perso la vita in quel feroce bombardamento, in quanto è giusto ricordare con pari dignità tutte le vittime di un periodo storico che non può e non deve passare al vaglio di una morale e di una storiografia a «geometria variabile», affinché certe tragedie non accadano più,

impegnano il Governo:

   ad adottare iniziative per riconoscere il 20 ottobre quale «Giorno del ricordo della strage dei piccoli martiri di Gorla», al fine di conservare, rinnovare e diffondere una memoria storica condivisa su quanto accaduto il 20 ottobre 1944 presso la scuola elementare «Francesco Crispi» di Milano;

   ad adoperarsi, affinché in occasione del giorno di cui sopra nelle scuole di ogni ordine e grado, vengano organizzati, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, manifestazioni pubbliche, cerimonie, studi, convegni e momenti comuni di ricordo dei fatti e di riflessione su quanto accaduto.
(7-00068) «Frassinetti, Donzelli».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta orale:


   VAZIO, FIANO, GRIBAUDO, PAITA, GADDA, MORETTO, MARCO DI MAIO e MIGLIORE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il 6 ottobre 2018 all'interno del cimitero di Zinola, presso il comune di Savona, il prefetto Antonio Cananà e il sindaco Ilaria Caprioglio hanno svelato una lapide commemorativa dei militari dispersi e caduti durante la seconda guerra mondiale;

   la lapide è stata realizzata su iniziativa dell'Opera nazionale caduti senza croce e dell'amministrazione comunale di Savona;

   sulla lapide dopo alpini, artiglieri, autieri, bersaglieri, è stato inciso il nome «camicie nere»;

   è stato evidente l'imbarazzo delle istituzioni presenti e ancora più maldestro il tentativo di rimediare apponendo un nastro adesivo per coprire l'incisione «camicie nere»;

   gli interroganti ritengono suddetta lapide una offesa per la storia e la memoria di Savona, città medaglia d'oro al valor militare per la Resistenza;

   nessuna istituzione repubblicana può avallare una scelta offensiva del genere, perché non è possibile riscrivere la storia attraverso iniziative che generano solamente una pericolosa confusione –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto richiamato in premessa e quali iniziative intenda assumere, nell'ambito delle proprie competenze, per ricostruire le responsabilità oggettive circa il richiamo alle camicie nere sulla lapide celebrativa, posto che tale episodio è secondo gli interroganti una grave offesa per la memoria delle vittime del fascismo nonché per le Forze armate;

   se non intenda adottare iniziative a tutela delle stesse Forze armate, considerato che il richiamo sulla lapide appare agli interroganti esplicita violazione di quanto previsto dall'articolo 10 della legge n. 152 del 1975.
(3-00225)


   ANZALDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   ha suscitato molto scalpore il fatto che il Ministro dell'interno nell'ambito della vicenda che vede coinvolto il sindaco di Riace, Mimmo Lucano, sui propri profili social abbia postato un video del signor Pietro Zucco, ex vicesindaco di Riace;

   il signor Zucco risulta essere condannato in via definitiva a 4 anni e 6 mesi di reclusione per trasferimento fraudolento di valori e, secondo la direzione distrettuale antimafia, avrebbe intrattenuto rapporti con esponenti della ’ndrangheta;

   è inquietante che il Ministro dell'interno, cioè chi è chiamato a tutelare la sicurezza dei cittadini, posti sui propri profili social un video di un personaggio del genere;

   considerato l'elevato numero di follower del Ministro Salvini, segretario politico di un partito di maggioranza, l'aver postato quel video solleva molte preoccupazioni che riguardano le istituzioni e la democrazia;

   al Ministro Salvini e al suo numerosissimo staff di curatori di immagine ad avviso dell'interrogante non mancavano gli strumenti per verificare l'identità del protagonista di quel video postato;

   ha destato molte perplessità anche il fatto che una volta svelata l'identità del protagonista di quelle affermazioni il Ministro non abbia avvertito la necessità di una presa di distanza così come da parte di esponenti del Governo ed in primis da parte del Presidente del Consiglio dei ministri –:

   per quali motivi il Presidente del Consiglio non abbia sentito la necessità fino ad oggi di prendere le distanze dal comportamento del Ministro dell'interno e dalla stessa strategia comunicativa adottata dal Ministro del proprio Governo;

   come sia stato possibile che non vi sia stato un controllo sulla identità del soggetto protagonista del video postato e quali iniziative si intendano assumere per rimediare a quello che l'interrogante considera un incredibile atto lesivo dell'immagine delle istituzioni democratiche del nostro Paese.
(3-00226)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FEDERICO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in data 17 aprile 2018 la regione Molise, con propria deliberazione giuntale n. 214, ha proposto una rimodulazione delle economie riferite alla delibera del Cipe n. 68 del 2015, a valere su fondi PAR FSC 2007/2013, Asse III.D Sistema idrico integrato;

   tale rimodulazione prevede di utilizzare 440.000 euro, rappresentanti appunto economie certificate sul Fondo per lo sviluppo e la coesione 2007/2013, per destinarle ad alcuni interventi necessari al ripristino di funzionalità di strade provinciali e di pulizia di argini di fiume;

   secondo quanto riportato dagli uffici regionali, sarebbe necessario solo un parere favorevole da parte dei sottoscrittori del programma del Fsc in questione per sbloccare la riprogrammazione e mettere in condizione i soggetti beneficiari di poter avviare i lavori –:

   quali siano i tempi che il Governo preveda per rilasciare detto parere e se ci sono elementi ostativi che ne impediscono una celere realizzazione.
(4-01326)


   ROSATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il 13 settembre 2018 il governatore della Banca Centrale Europea, interpellato dai giornalisti durante una conferenza stampa in merito alla situazione economica in Italia – sembra, come rilevato anche da numerose fonti di stampa, riferendosi a dichiarazioni di autorevoli membri dell'Esecutivo – ha affermato: «Negli ultimi mesi le parole sono cambiate molte volte e quello che ora aspettiamo sono i fatti, principalmente la legge di bilancio e la successiva discussione parlamentare. Purtroppo abbiamo visto che le parole hanno fatto alcuni danni, i tassi sono saliti, per le famiglie e le imprese»;

   nel corso degli ultimi mesi, e in particolare delle ultime settimane, sono state diverse le dichiarazioni degli esponenti del Governo e della maggioranza che hanno determinato tensioni che poi si sono riversate anche sui titoli italiani;

   la prima occasione risale alla pubblicazione sul sito HuffingtonPost, nel mese di maggio 2018, della bozza del contratto per il Governo del cambiamento – in cui era prevista l'introduzione di «specifiche procedure tecniche di natura economica e giuridica» che consentissero ai singoli Stati di «recedere dall'Unione monetaria, e quindi di recuperare la sovranità monetaria» e si ipotizzava la richiesta alla Banca centrale europea (Bce) di operare una cancellazione di 250 miliardi di euro di debito italiano – e l'inizio del percorso di aumento dello spread;

   da allora molti episodi analoghi si sono susseguiti, l'ultimo dei quali in ordine di tempo è accaduto durante la trasmissione televisiva «Piazza Pulita», in cui il presidente della V Commissione (Bilancio) della Camera dei deputati, Claudio Borghi, ha rivelato di aver acquistato titoli di Stato a un tasso «ad alto rendimento», sostanzialmente nelle stesse ore in cui rilasciava imprudenti dichiarazioni sull'opportunità di una uscita dell'Italia dalla moneta unica; lo stesso presidente Borghi avrebbe, peraltro, ammesso di avere avuto incontri con i gestori di fondi speculativi –:

   se si intenda in ogni caso intervenire, per quanto di competenza, per assicurare la necessaria prudenza nella diffusione di informazioni riguardanti eventuali interventi pubblici forieri di fenomeni speculativi, al fine di preservare gli equilibri di finanza pubblica, la stabilità del sistema finanziario nazionale e la tutela del risparmio.
(4-01334)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:

   nelle scorse settimane, gli Stati Uniti d'America hanno deciso di tagliare i finanziamenti all'UNRWA (UN Relief and Works Agency), creata nel 1949 a seguito del primo conflitto arabo-israeliano con il compito di assistere i rifugiati provenienti dalla Palestina;

   successivamente, la definizione di «profugo palestinese» ha assunto un significata proprio in ambito ONU, riferendosi ai rifugiati arabi che tra il 1948 e 1949 avevano anche solo stabile domicilio nell'area di conflitto, quelli cacciati con la guerra del 1967, e i loro discendenti;

   alla base della decisione degli Stati Uniti d'America ci sarebbe la contestazione all'UNRWA dell'esatto numero dei profughi palestinesi, oggi 5 milioni e 350 mila. Secondo l'Agenzia delle Nazioni Unite hanno diritto allo status di «rifugiato» anche i discendenti degli allora rifugiati palestinesi in seguito al conflitto, mentre gli USA contestano questa interpretazione. In aggiunta, la decisione dell'amministrazione americana sarebbe una specie di risposta all'Autorità nazionale palestinese, la cui politica viene considerata dall'amministrazione Trump come «ostile»;

   l'iniziativa del taglio dei finanziamenti è in realtà presentata come parte di un innovativo piano di pace israelo-palestinese. Secondo gli Usa e Israele l'UNRWA non apporterebbe beneficio al processo di pace. Anzi proprio la sua esistenza sarebbe la causa dell'esistenza dei profughi, sollevando gli Stati «ospitanti» dalle loro responsabilità, quindi naturalizzandoli;

   più che un «piano» ci sarebbe quindi una motivazione politica della decisione degli USA, ovvero impedire il diritto al ritorno. Il diritto al ritorno infatti prevedrebbe il rientro dei primi profughi e dei loro discendenti nell'attuale Israele. Un diritto che viene ritenuto inaccettabile da parte di Israele che vorrebbe continuare a esistere come Stato ebraico, diritto che viene ritenuto imprescindibile dall'amministrazione palestinese per concludere qualsiasi accordo di pace;

   gli Stati Uniti ribadirebbero così il proprio sostegno a Israele e sarebbe una risposta alla lunga marcia per il ritorno; abbassando drasticamente i fondi all'UNRWA e negando l'esistenza di milioni di rifugiati, cioè la loro stessa possibilità di esistere in quanto palestinesi. Fonti diplomatiche hanno dichiarato che gli Stati Uniti d'America sarebbero pronti inoltre a disconoscere la risoluzione dell'Assemblea generale dell'ONU N. 302 del 1949, per la quale il diritto al ritorno spetta anche ai discendenti dei rifugiati;

   l'UNRWA opera in Libano, Siria, Giordania, West Bank e Striscia di Gaza. Gli Stati Uniti erano di gran lunga il maggior contributore dell'UNRWA, fornendogli 360 milioni all'anno;

   l'UNRWA è finanziata quasi completamente dalle donazioni degli Stati che fanno parte dell'ONU e da altre contribuzioni volontarie, il budget programmato per i servizi ordinari nel 2017 è di 760 milioni di dollari, ma l'aumento dei conflitti e della instabilità nella regione mediorientale ha fatto lievitare il fabbisogno. Sempre secondo le valutazioni UNRWA, solo per Gaza, ancora alle prese con la mancata ricostruzione dopo il sanguinoso attacco israeliano del 2014, servirebbero 720 milioni di dollari, mentre di altri 402 milioni è il fabbisogno richiesto dalle recenti emergenze nei Territori occupati, soprattutto a Gaza. Infine la guerra in Siria, l'unico Paese dove oltre 500 mila palestinesi erano ben integrati, ha prodotto, tra gli altri, centinaia di migliaia di sfollati palestinesi, per i quali l'UNRWA ha lanciato un appello per 411 milioni di dollari, appello che è stato quasi completamente disatteso;

   come ha dichiarato il portavoce dell'UNRWA, Chris Gunness, «questa decisione probabilmente avrà un impatto devastante sulla vita di 526.000 minori che ricevono quotidianamente un'istruzione dall'UNRWA; su 3,5 milioni di malati che si recano alle nostre strutture mediche per ricevere cure; a 1,7 milioni di persone in condizioni di insicurezza alimentare che ricevono assistenza da noi, e decine di migliaia di donne, bambini e disabili rifugiati in condizioni di vulnerabilità che si rivolgono a noi»;

   se la riduzione dei finanziamenti non verrà coperta da altri Paesi, la decisione di Trump avrà effetti devastanti sulle vite di milioni di palestinesi considerando che gli Usa non sono stati i soli ad aver tagliato i fondi. Il complesso dei donatori (Stati e altri) si è impegnato con UNRWA, per l'anno 2017, per un budget complessivo di circa 1 miliardo e 121 milioni in dollari, ma l'esperienza dimostra che gli impegni restano spesso solo sulla carta, e quindi il fabbisogno reale non è finanziato. Ad esempio, nel 2017 l'Arabia Saudita ha diminuito di 53 milioni di dollari lo stanziamento. La Islamic Development Bank ha cessato i finanziamenti a partire dal 2016. Stessa cosa per la Banca mondiale, il Libano ha tagliato i fondi del 40 per cento dal 2014, mentre il Qatar li ha dimezzati dal 2014 al 2017;

   l'Italia sembrerebbe essere uno tra i pochi Paesi che negli anni hanno aumentato i propri contributi, posizionandosi nel 2017 nei top 20 dei Paesi donatori al quattordicesimo posto, in aggiunta, come annunciato recentemente dal Consolato generale italiano a Gerusalemme, l'Italia ha approvato un ulteriore stanziamento di 3,5 milioni di euro a favore dell'UNRWA, l'agenzia dell'Onu per i profughi palestinesi, per programmi da realizzare in Libano e nella Striscia di Gaza –:

   se il Governo non intenda proporre una iniziativa, anche a livello europeo, per un piano straordinario di finanziamenti all'UNRWA in modo da compensare i mancati finanziamenti da parte degli Stati Uniti;

   quali iniziative si siano messe in campo e quali si prevedano di attuare nel prossimo futuro per dare sollievo in particolare alla popolazione di Gaza, particolarmente colpita dai recenti attacchi e nella Cisgjordania;

   quali iniziative intenda intraprendere il Governo per facilitare il processo di pace per il conflitto arabo israeliano.
(2-00137) «Ehm, Sabrina De Carlo, Cabras, Cappellani, Carelli, Colletti, Del Grosso, Di Stasio, Emiliozzi, Grande, Olgiati, Perconti, Romaniello, Siragusa, Suriano, Cataldi, Chiazzese, Cillis, Cimino, Ciprini, Corda, Costanzo, Cubeddu, Currò, Daga, Dall'Osso, De Giorgi, De Girolamo, De Lorenzis, De Lorenzo, De Toma, Deiana, Del Monaco».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   NARDI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   Gianfranco Castellotti, un militante di 53 anni del fronte anti imperialista di Massa, di professione veterinario, è stato fermato dalla polizia di Istanbul, in Turchia, dove si trovava da qualche giorno come osservatore per seguire il processo a carico dei «Grup Yorum», gruppo musicale turco accusato di terrorismo per aver inneggiato in numerose occasioni alla libertà contro il governo;

   l'uomo è stato fermato insieme ad altre persone mentre si trovava nel centro culturale Idil, frequentato da musicisti, artisti e attivisti;

   fonti stampa hanno reso noto che «il Consolato generale d'Italia a Istanbul, in stretto raccordo con la Farnesina, segue da vicino e con la massima attenzione il caso (...). Funzionari del Consolato hanno incontrato il connazionale verificandone le buone condizioni di salute»;

   Maria Grazia Vanelli, la compagna di Gianfranco Castellotti, ha riferito che l'uomo «ha dormito per terra e al freddo, in un ufficio di polizia; gli hanno permesso di vedere un avvocato e prendere i farmaci di cui ha bisogno, perché non può interrompere una terapia». La donna ha anche riferito che Gianfranco Castellotti «ha iniziato lo sciopero della fame per sensibilizzare l'opinione pubblica sulla loro condizione e perché non vuole che il rimpatrio forzato gli impedisca un giorno di tornare in Turchia»;

   si apprende dai media che Gianfranco Castellotti sia stato successivamente trasferito in un reparto che si occupa di immigrazione per iniziare le pratiche di espulsione;

   a quanto si apprende da fonti stampa, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale sosterrebbe che «l'espulsione sia la cosa migliore che gli possa accadere in questo momento perché se dovessero trattenerlo in Turchia significherebbe che hanno formulato delle accuse e potrebbero arrestarlo»;

   non sussisterebbero ad oggi comunque capi di accusa ufficiali formulati dalle autorità turche nei confronti di Gianfranco Castellotti;

   tale vicenda ricorda quanto successo al blogger lucchese Gabriele Del Grande arrestato al confine tra la Turchia e la Siria il 9 aprile 2017 e liberato dopo 15 giorni in cui fece anche lo sciopero della fame;

   a Massa si è svolta, il 6 ottobre 2018, una manifestazione pubblica a sostegno di Gianfranco Castellotti –:

   se il Ministro interrogato intenda fornire aggiornamenti sulla vicenda di Gianfranco Castellotti;

   quali iniziative stia assumendo per risolvere positivamente la vicenda del suddetto Castellotti, coinvolgendo anche altri organismi internazionali, a partire dalla Commissione europea;

   se non ritenga opportuno adoperarsi per verificare e garantire il rispetto dei diritti umani del cittadino italiano in questione, con particolare riguardo al diritto alla salute dello stesso, accertandosi che il prolungato sciopero della fame non possa portare a pericolose e inaccettabili compromissioni delle sue condizioni fisiche.
(5-00666)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   nel 1993 Ambiente s.p.a. e Nuova Solmine s.p.a. (consociate Eni) presentano un progetto per trasformare una linea di arrostimento della pirite presente nella piana di Scarlino (Grosseto) in un impianto di termodistruzione di rifiuti solidi urbani e rifiuti assimilabili agli urbani;

   nel 1995 si completa l’iter di approvazione del progetto per la trasformazione di una delle tre linee in cogeneratore per la produzione di energia elettrica;

   Scarlino Energia s.p.a., società proprietaria dell'impianto, richiede la prima autorizzazione nell'anno 2008: la richiesta riguardava l'ammodernamento della centrale elettrica, alimentandola con biomasse e combustibile ricavato bruciando i rifiuti (CdR);

   dal momento della concessione delle autorizzazioni per il funzionamento dell'impianto si è instaurato un contenzioso che ha visto protagonisti molti cittadini e i comuni di Follonica e Scarlino;

   nel corso degli anni si sono susseguite le autorizzazioni: tre concesse dalla provincia di Grosseto e a seguire, dal 2015, dal nuovo ente preposto, la regione Toscana. Di contro, il contenzioso relativo all'inceneritore ha visto per due volte esprimersi il Tar e il Consiglio di Stato sulla illegittimità dei provvedimenti concessi dalla provincia di Grosseto, mentre relativamente all'autorizzazione concessa dalla regione Toscana si è finora pronunciato solamente il Tar (sentenza n. 921/2017), accogliendo in parte il ricorso promosso dai comuni di Follonica e Scarlino e dai comitati ambientalisti, che si sono nuovamente appellati al Consiglio di Stato per le parti respinte dal Tar;

   nel 2017, Scarlino Energia ha chiesto una nuova autorizzazione al funzionamento dell'impianto: la conferenza dei servizi, conclusa a luglio 2018, ha rilasciato parere favorevole e la Giunta regionale ha deliberato per il rilascio dell'autorizzazione;

   il termovalorizzatore è locato nella Piana di Scarlino, dove è ubicato il polo chimico-industriale del Casone di cui fanno parte anche gli impianti di Nuova Solmine e Huntsman Tioxide. L'area risulta già evidentemente compromessa da un'attività industriale ultradecennale, dove le bonifiche delle acque di falda non hanno trovato concreta esecuzione;

   in base ai dati di esercizio 2013-2014, registrati nei rapporti Arpat, i forni producono inquinanti in materia tale da compromettere la salute dei cittadini;

   da una relazione dell'Asl (pubblicata nel marzo 2018), sulla salute degli abitanti della zona di Follonica e Scarlino, emergono dati allarmanti circa un aumento di patologie neoplastiche della prostata, della vescica e del colon retto per gli individui di sesso maschile, cardiopatie ischemiche per la popolazione femminile, nonché malattie dell'apparato respiratorio. Meritano inoltre monitoraggio e particolare attenzione le nascite premature e i neonati sotto peso;

   l'inquinamento dell'area della Piana di Scarlino, oltre a compromettere la salute e l'ambiente, comporta danni evidenti nell'agricoltura e nell'allevamento del bestiame, nonché danni economici anche al settore turistico, in una zona nota per la bellezza delle sue coste e del territorio interno. Nel corso delle sedute delle conferenze di servizi convocate nel procedimento di valutazione di impatto ambientale dell'inceneritore, i comuni di Follonica e Scarlino hanno richiesto lo svolgimento della Vis (valutazione di impatto sanitario) per verificare l'incidenza sulla salute della popolazione, valutazione mai esperita nel procedimento in questione;

   gli esiti della consulenza tecnica del Cnr di Napoli, utilizzata nel contenzioso civile n. 1994/2013 pendente presso il tribunale di Grosseto (nell'ambito di causa collettiva promossa da associazioni ambientaliste e da soggetti privati), sono confermati anche dalla relazione peritale dei componenti del Collegio dei consulenti tecnici d'ufficio nel procedimento civile ed evidenziano la necessità di apportare modifiche costruttive all'impianto, risultando esso non conforme alla normativa sulla sicurezza delle emissioni (comma 3, articolo 237-octies del decreto legislativo n. 152 del 2006):

    «la zona principale di combustione dei forni della Scarlino Energia presenta caratteristiche geometriche e condizioni di esercizio che non rispecchiano le tipiche condizioni fluido dinamiche e di processo dei combustori a letto fluidizzato bollenti. Ne consegue che i forni risultano essere fortemente sovraccaricati dal punto di vista termico e, di conseguenza, sono non adeguati ad operare. (...)»;

    «La zona di postcombustione dei forni della Scarlino Energia, anche se fosse caratterizzata da un tempo medio di permanenza superiore ai 2 secondi (assenza di volumi morti nella regione sovrastante l'uscita dal reattore), non ottempera alla norma in virtù del fatto che il flusso gassoso in tale regione non è né controllato, né permane in maniera omogenea»;

   a seguito della chiusura del termovalorizzatore di Pisa e del parere contrario del Consiglio di Stato alla realizzazione del nuovo inceneritore a Firenze, si avverte il timore che l'impianto possa trasformarsi in centro di stoccaggio e smaltimento di tutta la Toscana;

   l'11 luglio 2018 la conferenza di servizi ha approvato la valutazione di impatto ambientale e rilasciato l'autorizzazione integrata ambientale per l'inceneritore di Scarlino, nonostante gli esiti delle relazioni del Cnr di Napoli e dei consulenti tecnici d'ufficio della Class Action;

   il 30 luglio 2018 la giunta regionale ha deliberato di «esprimere pronuncia positiva di compatibilità ambientale», autorizzando l'avvio dell'impianto;

   si è prossimi alla sentenza del Consiglio di Stato in merito al ricorso promosso dagli enti comunali e dai comitati sulla parte del ricorso respinta dal Tar che riguarda le carenze impiantistiche, prevista per ottobre 2018;

   la mozione presentata dal capogruppo Pd in regione Toscana, Leonardo Marras, ed approvata dall'Aula impegna la giunta regionale, in ossequio al principio di precauzione, a mettere in atto ogni azione al fine di verificare in maniera completa ed esaustiva le ricadute dell'attività dell'impianto di Scarlino sulla salute dei cittadini, valutando anche una revisione del proprio orientamento, con l'eventuale annullamento in autotutela di quanto già deliberato –:

   quali iniziative intendano intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze e in coordinamento con gli enti territoriali interessati, al fine di garantire la tutela dell'ambiente e della salute pubblica;

   se non intendano comunque promuovere, per quanto di competenza, l'avvio di un serio ed efficace monitoraggio e studio epidemiologico sullo stato di salute della popolazione dell'area interessata dell'inceneritore.
(2-00135) «Ripani, Mugnai, Mazzetti, Cortelazzo, Casino, Gagliardi, Giacometto, Labriola, Ruffino, Occhiuto, Silli, D'Ettore, Carrara».

Interrogazioni a risposta immediata:


   FORNARO e MURONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nel novembre 2011 la società Riccoboni presentava istanza per valutazione d'impatto ambientale e coordinata al rilascio di autorizzazione integrata ambientale inerente ad un progetto di realizzazione di discarica per il conferimento di rifiuti non pericolosi nel comune di Sezzadio (Alessandria);

   le conclusioni della conferenza dei servizi portarono la provincia di Alessandria con delibera di giunta 26 febbraio 2014, n. 60, alla bocciatura della richiesta di autorizzazione;

   in data 18 febbraio 2015 con sentenza n. 318 il tribunale amministrativo regionale del Piemonte accolse i motivi del ricorso della ditta Riccoboni contro tale decisione, ingiungendo alla provincia di rivedere l'atto finale della conferenza dei servizi;

   avverso alla sentenza del tribunale amministrativo regionale il comune di Sezzadio, appoggiato da altre amministrazioni dell'Acquese, ha ricorso al Consiglio di Stato ed il giudizio è ancora pendente;

   nei giorni scorsi la ditta Riccoboni ha iniziato i lavori preparatori alla costruzione della discarica, pur in assenza dell'autorizzazione al conferimento dei rifiuti;

   le comunità locali e 32 amministrazioni comunali della Valle Bormida, territorio già gravemente offeso sotto il profilo ambientale per la nota vicenda durata quasi un secolo dell'Anca di Cengio, si sono opposte dall'inizio alla localizzazione dell'impianto proposto dalla Riccoboni nell'area che la regione Piemonte tramite il piano territoriale delle acque ha inserito tra le aree di ricarica della falda;

   a valle del progettato impianto, infatti, esiste nel comune di Predosa un campo pozzi, gestito dalla società pubblica Amag che potenzialmente sarebbe in grado di soddisfare la domanda di acqua potabile, di elevata qualità, per circa 250.000 abitanti della provincia di Alessandria;

   quello che chiedono le popolazioni, i comitati e gli amministratori locali è la concreta attuazione del principio di precauzione, proprio in ragione della presenza documentata in letteratura di questa straordinaria riserva idrica strategica a Predosa (Alessandria), che potrebbe essere in futuro messa in crisi da eventuali problemi legati all'entrata in esercizio della progettata discarica nel comune di Sezzadio –:

   se intenda assumere, per quanto di competenza, un'iniziativa finalizzata alla tutela del patrimonio di acqua esistente nel sottosuolo del comune di Predosa (Alessandria), al fine di garantire un'efficace applicazione del principio di precauzione per la salvaguardia della falda idrica.
(3-00230)


   DEIANA, VIGNAROLI, DAGA, D'IPPOLITO, FEDERICO, ILARIA FONTANA, LICATINI, MARAIA, ALBERTO MANCA, RICCIARDI, ROSPI, TERZONI, TRAVERSI, VARRICA, VIANELLO e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   tra le principali fonti di inquinamento del mare va considerata in primis la presenza di plastiche e microplastiche. Le cifre sono impietose. A tale fine è necessario intervenire con la massima urgenza per intraprendere azioni efficaci per contrastare l'inquinamento irrefrenabile del mare, rappresentato dal 60 all'80 per cento da plastiche e microplastiche. Si stima che ogni anno finiscano in mare 8 milioni di tonnellate di plastica. Numeri impressionanti di un fenomeno che non lascia immune il Mare nostrum;

   a fortiori, le plastiche, una volta finite in acqua, si frammentano in parti più piccole che possono raggiungere dimensioni inferiori ai 5 millimetri, le cosiddette microplastiche, che, oltre ad essere ingerite da una grande varietà di organismi marini, possono rilasciare sostanze chimiche utilizzate durante il processo produttivo;

   bottiglie, imballaggi, reti da pesca e sacchetti rappresentano le maggiori cause di soffocamento e intrappolamento di specie marine;

   risulta evidente che questo fenomeno sta causando ingenti danni alle specie e alla catena alimentare, di cui si ricorda l'uomo è parte integrante;

   è necessario realizzare performance sempre crescenti a livello nazionale in tema di raccolta e riciclo dei rifiuti, affinché le plastiche da fonte fossile siano avviate correttamente al riciclo meccanico per divenire nuovi prodotti, così come i polimeri compostabili si trasformino in compost per i suoli –:

   quali provvedimenti il Governo intenda assumere per tutelare l'ambiente marino e la salute dei cittadini sotto il profilo della prevenzione e del corretto avvio a recupero o smaltimento dei rifiuti in plastica oggi presenti nei mari e nei laghi.
(3-00231)


   PRESTIGIACOMO, CORTELAZZO, CASINO, GAGLIARDI, GIACOMETTO, LABRIOLA, MAZZETTI e RUFFINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la Sogesid è una società a capitale pubblico e si configura come società in house providing del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;

   originariamente alla società veniva affidata la gestione degli impianti idrici. Negli anni però la Sogesid ha modificato la sua missione. Le sue competenze sono state ampliate e oggi il personale della Sogesid è di circa 530 persone, di cui 464 a tempo indeterminato, assunte nel 2015 dopo anni di precariato, in gran parte laureati. Di questi lavoratori oltre 350 operano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare da anni ed hanno consentito che il dicastero potesse svolgere i suoi compiti istituzionali;

   ad oggi, la convenzione quadro del 2015, in forza della quale gli oltre 350 lavoratori vengono forniti da Sogesid al Ministero, è scaduta e la nuova, che ha la durata di un solo anno, non è ancora registrata dalla Corte dei conti;

   il Ministro interrogato ha scritto che entro il 2019 cesserà l'attività di assistenza tecnica di Sogesid; quindi, dalla fine del 2019 la società non avrà più le risorse dal Ministero per pagare i dipendenti che, alcuni da oltre 20 anni, lavorano ogni giorno al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;

   a causa di questa situazione di incertezza i lavoratori sono in stato di agitazione, hanno scioperato il 5 ottobre 2018 e chiedono la stabilizzazione del contratto;

   a fronte delle crescenti proteste, il Ministro interrogato ha recentemente dichiarato che nessun lavoratore sarà licenziato, ma anche che saranno effettuati i concorsi per il personale da assumere al Ministero;

   il Ministro interrogato non ha chiarito come intenda conciliare la permanenza al lavoro dei 350 lavoratori che oggi mandano avanti il Ministero: con il preannunciato concorso per occupare gli stessi posti con nuovo personale o se intenda, invece, come da alcune dichiarazioni alla stampa, promuovere un concorso con titoli di preferenza per chi ha lavorato al Ministero, operando nei fatti una stabilizzazione mascherata da concorso pubblico;

   a questo fine non risulta, peraltro, operato il sostanziale raddoppio della pianta organica del Ministero, presupposto essenziale per la celebrazione dei concorsi, né risulta un assenso del dipartimento della funzione pubblica sull'effettuazione di concorsi e sulla disponibilità dei fondi relativi nel bilancio dello Stato –:

   se non intenda avvalersi delle molte possibilità offerte dalla normativa vigente per stabilizzare i suddetti lavoratori e, eventualmente, indire concorsi per rafforzare ulteriormente gli organici del Ministero.
(3-00232)


   TONDO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nel comune sloveno di Nova Gorica, che confina con il comune di Gorizia in Friuli Venezia Giulia, è presente, nella frazione di Salcano, una fonderia costruita negli anni ’50. Tale industria pesante ha per decenni inquinato in modo grave l'aria di Gorizia, provocando notevoli danni ambientali;

   negli ultimi anni la situazione ambientale non è migliorata. La produzione della fonderia è certamente calata e le emissioni in atmosfera sono diminuite, ma negli ultimi tempi il problema dell'inquinamento causato dalla suddetta industria si è ripresentato;

   l'espansione della città italiana e di quella slovena rendono ormai questo insediamento produttivo incompatibile con il nuovo tessuto urbano dell'area transfrontaliera. Infatti le emissioni inquinanti, oltre a influire negativamente sulla salute dei cittadini goriziani, compromettono il delicato ecosistema fluviale del vicino fiume Isonzo;

   l'amministrazione comunale di Gorizia chiede da anni la delocalizzazione di questo impianto –:

   quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare, anche intervenendo presso il Governo sloveno, affinché quest'ultimo non rinnovi le autorizzazioni per le produzioni come quella evidenziata in premessa, autorizzazioni che sono, tra l'altro, a ridosso dei centri abitati, delocalizzando altresì il sito inquinante che compromette la salute degli abitanti di Gorizia.
(3-00233)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BIGNAMI e FIORINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 7 ottobre 2018 nell'ambito del programma di Rai 3 «Indovina chi viene a cena» è andato in onda un servizio sui potenziali rischi sanitari che potrebbero derivare dal consumo di coltivazioni per le quali vengono impiegati concimi cosiddetti «gessi di defecazione» prodotti dal processo di depurazione delle acque civili e industriali, ai quali possono essere mescolate altre tipologie di rifiuti trattati;

   per produrre i gessi, possono essere impiegati scarti alimentari, del legno, di pelli e pellicce, feci di animali comprese le lettiere usate;

   stante la normativa vigente sarebbe sufficiente trattare questi rifiuti con calce, acido solforico e solfato, al fine di trasformarli in fertilizzanti;

   alla luce delle testimonianze raccolte tra gli agricoltori, tali gessi avrebbero un odore molto acre e ben diverso da quello degli altri fanghi normalmente impiegati come fertilizzante;

   tra le criticità evidenziate nel servizio, il fatto che le agenzie regionali dell'ambiente preposte possano effettuare controlli solo dentro gli impianti di produzione dei gessi ma non quando i gessi stessi vengono effettivamente sparsi nei campi;

   la norma, infatti, pare non imporre la comunicazione preventiva del luogo o dei luoghi di spargimento di tali fertilizzanti;

   nel servizio si sottolinea che a fine gennaio 2017 il dirigente Arpa della regione Lombardia aveva segnalato la necessità di una modifica normativa ai membri della XIII Commissione ambiente del Senato. Nel servizio stesso si fa riferimento alla audizione sul disegno di legge 2323 «Delega al Governo per la modifica della normativa in materia di utilizzo dei fanghi di depurazione in agricoltura»;

   le località citate nel servizio sono Cà Emo, frazione del comune di Adria in provincia di Rovigo, Fabbrico in provincia di Reggio Emilia, Monticelli Pavese in provincia di Pavia, Calcinato in provincia di Brescia –:

   se il Governo sia conoscenza dei fatti esposti;

   se il Governo non intenda avviare verifiche di competenza in relazione all'utilizzo dei gessi di defecazione come fertilizzante per le coltivazioni, con riguardo al processo di depurazione dei fanghi stessi e ai possibili rischi sanitari derivanti dal loro impiego;

   se il Governo intenda adottare iniziative normative per risolvere le criticità in relazione ai controlli sull'impiego dei gessi di cui in premessa;

   se il Ministro della salute intenda promuovere, per quanto di competenza, una eventuale indagine epidemiologica per approfondire la tematica connessa a potenziali rischi sanitari nelle aree citate nel servizio o in altre aree ritenute da attenzionare.
(4-01328)


   BATTILOCCHIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   si apprende dalla stampa nazionale (Il Messaggero dell'8 ottobre 2018) che tecnici della città metropolitana di Roma hanno tracciato una mappa sulla quale sono indicati i «siti idonei» a ospitare nuovi impianti per la gestione dei rifiuti. In particolare, si parla di «discariche, inceneritori, centri di trattamento» che dovrebbero essere implementati in comuni che hanno come caratteristiche la presenza di «cave non in esercizio» o le cosiddette «aree bianche». Dall'articolo in questione si apprende, nel dettaglio, che si parla dei comuni di Fiumicino, Cerveteri, Allumiere e Riano, tutti tranne il primo, parte del collegio elettorale che ha scelto l'interrogante come rappresentante del territorio presso la Camera dei deputati il 4 marzo 2018;

   da quanto si legge, il Dicastero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dopo una richiesta ufficiale da parte della città metropolitana di Roma, ha risposto, per il tramite della direzione rifiuti, che i «siti» individuati dovranno essere sottoposti a voto politico del consiglio metropolitano e comunicati alla regione Lazio che, preso atto dell'indicazione dei luoghi individuati, può autorizzare la costruzione degli impianti sopra descritti;

   quanto precede è sintomatico della mancanza chiara di competenze assegnate alla città metropolitana di Roma che, essendo inoltre Capitale d'Italia, non può limitarsi ad avere competenze incerte e identiche ad altre città metropolitane che non accolgono sul suo territorio le più importanti sedi istituzionali italiane ed internazionali del Paese;

   vi è quindi una situazione di stallo, alla luce di quanto si apprende dalla testata giornalistica, che vede da un lato una larga fetta di cittadini dell’hinterland romano che attende di conoscere quali siano le determinazioni in merito al futuro del loro territorio, dall'altro istituzioni che tentano di attribuirsi la competenza della decisione vicendevolmente a scapito dei cittadini stessi;

   il territorio in questione è già gravato da molte servitù e spesso tenuto fuori dal processo decisionale che riguarda questioni strategiche, anche a causa della normativa che riguarda le città metropolitane; nell'eventualità che lo scenario fosse confermato, vi sarebbe l'ennesimo sacrificio di un'area ricca di storia e cultura, spesso non sufficientemente supportata e tenuta in considerazione dagli organi centrali –:

   se trovi conferma quanto descritto dalla stampa;

   quale sia l'orientamento del Ministro interrogato, per quanto di competenza, rispetto alla situazione cui in premessa che riguarda l'area romana.
(4-01331)


   FEDERICO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nel territorio del comune di Petacciato, in provincia di Campobasso, è in atto un movimento franoso classificato tra i più estesi d'Europa (non meno di 350 ettari);

   tale fenomeno è registrato ormai dall'inizio del secolo scorso ed, oltre a coinvolgere il centro abitato di Petacciato (la sede comunale è stata dichiarata inagibile a seguito dell'ultimo evento del 2015), ha più volte compromesso le infrastrutture strategiche a valenza nazionale che insistono su quell'area: autostrada A14, ferrovia Adriatica, acquedotto ad alta pressione per uso irriguo destinato alla servitù del vicino Abruzzo;

   all'interno del cosiddetto «Patto per il Molise» (anche detto «Masterplan per il Sud»), sottoscritto dal Governatore pro tempore della regione Molise Paolo Frattura e il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore Matteo Renzi, sono state previste opere di consolidamento idrogeologico del versante nord di Petacciato per un totale di previsione di spesa di 41 milioni di euro a valere su fondi proprio del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;

   il Presidente della regione Molise Donato Toma è anche Commissario governativo per la gestione dei fondi e la realizzazione delle opere di mitigazione del rischio idrogeologico;

   i fondi di 41 milioni di euro sono ripartiti in quattro lotti, di cui il primo del valore di 14 milioni di euro con somme già stanziate e con le quali bisogna realizzare anche la progettazione definitiva –:

   quali siano le attività poste in essere in merito alle opere di consolidamento del movimento franoso;

   quale sia il progetto preliminare di riferimento;

   se i 41 milioni di euro previsti per i quattro lotti siano stati impegnati;

   quali siano i tempi previsti per la realizzazione degli stessi;

   quali indirizzi il Governo abbia dato alla gestione commissariale;

   quali controlli siano effettuati sulle procedure di affidamento di incarichi e sul soggetto attuatore delle opere sopra citate da individuare.
(4-01333)

DIFESA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della difesa, il Ministro dell'interno, il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, per sapere – premesso che:

   come noto, con il decreto legislativo n. 177 del 19 agosto 2016, nell'ambito dell'attuazione della riforma con la quale il precedente Governo ha disciplinato la riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche (legge n. 124 del 7 agosto 2015), è stato sancito l'assorbimento del Corpo forestale dello Stato nell'Arma dei carabinieri, con la relativa attribuzione delle funzioni, delle risorse strumentali e finanziarie e il transito del personale in organico al già menzionato Corpo;

   non sono state mai fornite conferme ufficiali dell'auspicato risparmio di circa 100 milioni di euro in tre anni derivante dal provvedimento, ma più volte ribadite dal Ministro pro tempore, di contro la stima di un milione di euro di costo per l'assorbimento del Corpo è stata chiaramente sottodimensionata, considerato che: la rete informatica dell'Arma dei carabinieri necessita di restare separata da quella dell'ex Corpo forestale dello Stato e dunque ogni struttura forestale dei carabinieri deve esser dotata di ulteriori computer collegati sia alla rete Arma che alla rete dell'ex Corpo; ad ogni carabiniere, poliziotto, finanziere o vigile del fuoco transitato dal Corpo forestale dello Stato è stata assegnata la nuova uniforme ordinaria completa, l'uniforme operativa ed i dispositivi di protezione individuale; sono state fornite armi individuali alle circa 800 unità provenienti dal Corpo forestale dello Stato che prima non ne avevano in dotazione e sono stati dichiarati fuori uso automezzi di servizio idonei al servizio extra-urbano in zone impervie per l'alto chilometraggio che dovranno essere reintegrati;

   a ciò si aggiunge il fatto che l'attività di spegnimento aereo che assicurava la flotta elicotteri del Corpo è stata demandata dalle regioni a soggetti privati, con costi lievitati fino a 20 volte, come per la Sicilia e, inoltre, vi è stata un'espansione dei costi di manutenzione degli aeromobili, che nella precedente organizzazione veniva parzialmente svolta dai tecnici abilitati del Corpo, mentre oggi viene svolta interamente da ditte private;

   la riforma citata ha penalizzato l'efficienza e l'efficacia degli interventi, un esempio lampante è stata la gestione dei recenti incendi sul Monte Serra, nel pisano, in quanto la catena di comando che doveva essere accorciata e razionalizzata in realtà è stata allungata e replicata oltremisura: il vertice del Corpo forestale dello Stato era posto alle dirette dipendenze del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, si avvaleva di un vice capo del Corpo e di 21 dirigenti superiori a capo dei sei servizi centrali e dei comandi delle 15 regioni a statuto ordinario;

   l'attuale assetto organizzativo prevede che il comandante del comando unità forestali ambientali ed agroalimentari sia alle dipendenze dello Stato Maggiore del comando generale dell'Arma dei carabinieri, si avvalga di un vice comandante e di uno staff che ha alle dipendenze quattro diverse aree: il comando biodiversità e parchi, il comando tutela forestale, il comando tutela ambiente, il comando tutela agroalimentare, con la conseguente creazione ridondante delle branche dello staff;

   il Corpo forestale dello Stato, all'atto della soppressione, contava su circa 7.600 unità a fronte delle 9.360 previste dalle dotazioni organiche di legge. Al netto dei transiti nelle altre amministrazioni, sono confluite nell'Arma dei carabinieri circa 6.400 unità, che tra l'altro non sono tutte impiegate all'interno del comando unità forestali ambientali e agroalimentari in quanto si devono sottrarre le unità impiegate presso le scuole forestali e quelle impiegate presso il raggruppamento aeromobili carabinieri. Poiché la linea territoriale dell'Arma e gli altri reparti specialistici non si occupano di tutela ambientale, eccezion fatta per le poche centinaia di unità del comando tutela ambiente e del comando tutela agroalimentare è chiaro che il compito prima svolto dal Corpo forestale è rimasto appannaggio dei soli poco più di 6.000 carabinieri forestali;

   i Corpi forestali delle regioni e delle province autonome sono stati esonerati dalla «riforma Madia» e dunque l'attività di tutela ambientale è diversificata tra regioni dello stesso Stato e sovrapposta rispetto a quella nazionale; sarebbe sicuramente stato più razionale accorpare a quello dello Stato i Corpi forestali regionali e le polizie provinciali per creare una grande polizia ambientale statale;

   non si può non ricordare, che il provvedimento ha causato grave perdita di professionalità e competenze per la costrizione imposta ad una parte del personale di indossare divise differenti (polizia di Stato, Guardia di finanza, carabinieri, vigili del fuoco) e di spogliarsene completamente per transitare nella pubblica amministrazione –:

   quali siano gli orientamenti dei Ministri interpellati in merito alla riforma di cui in premessa;

   se i Ministri interpellati non ritengano opportuno assumere iniziative volte a ripristinare, almeno in parte, la situazione preesistente con gli obiettivi di porre fine allo spreco di danaro pubblico e tornare agli elevati standard precedenti.
(2-00136) «Battilocchio, Occhiuto, Sisto, Calabria, Milanato, Ravetto, Santelli, Silli, Sorte, Tartaglione, Maria Tripodi, Fascina, Gregorio Fontana, Perego Di Cremnago, Ripani, Siracusano, Vito, Nevi, Anna Lisa Baroni, Brunetta, Caon, Fasano, Sandra Savino, Spena, Gagliardi, Mazzetti, Ruffino, D'Ettore, Cannizzaro, Labriola, Paolo Russo».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE MENECH. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   nella città di Pieve di Cadore è sita la caserma Pietro Fortunato Calvi, attualmente in carico al comando del 7° reggimento alpini dell'Esercito;

   la caserma è considerata una parte integrante della città, sia per l'ubicazione — al centro del paese — che per la sua storia. È difatti ritenuta una casa per gli alpini che, di quei luoghi, sono senz'altro un simbolo;

   la struttura è stata costruita nel 1914 dall'impero Austro-Ungarico e già nel giugno 1915, ancora incompleta, divenne sede delle truppe di sussistenza italiane. Negli anni Sessanta divenne uno dei distaccamenti della Brigata Alpina «Cadore» — sciolta nel 1997 — e ancora oggi ospita il tradizionale raduno annuale de «i Veci del Battaglione Cadore» provenienti da tutta Italia –:

   come siano attualmente organizzati gli spazi all'interno della caserma Calvi e quale sia il grado di utilizzo della stessa.
(5-00663)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta immediata:


   DELRIO, ROTTA, GRIBAUDO, ENRICO BORGHI, CARNEVALI, DE MARIA, FIANO, LEPRI, MORANI, PEZZOPANE, VISCOMI e MARATTIN. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il rapporto annuale «Infrastrutture strategiche e prioritarie – programmazione e realizzazione» certifica che nei primi 6 mesi del 2018 sono cresciuti del 43 per cento le aggiudicazioni e del 75 per cento gli importi aggiudicati delle opere pubbliche; in precedenza era già emerso che dal 2014 ad oggi si è registrato un aumento degli investimenti che è passato da 271 miliardi di euro a 300 miliardi di euro complessivamente;

   nonostante i bandi di servizi di progettazione di opere pubbliche risultino in crescita dal 2013, con un'accelerazione a partire dalla seconda metà del 2016, soprattutto riguardo agli importi, in corrispondenza con l'entrata in vigore della nuova disciplina dei contratti pubblici, secondo autorevoli esponenti del Governo il codice va modificato, per realizzare, già con il prossimo disegno di legge di bilancio, «il più grande piano di investimenti della storia italiana»;

   in attesa di verificare la fondatezza dell'ennesima promessa della maggioranza, può essere utile ricordare ciò che, nel frattempo, non è stato ancora fatto;

   non sono stati ancora adottati dal Consiglio dei ministri i decreti di riparto dei 36 miliardi di euro per gli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese previsti per il 2018 dall'ultima legge di bilancio, perché l'attuale Governo ha ritenuto di non utilizzare lo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri predisposto dal Governo Gentiloni nella riunione del 22 febbraio 2018, che pure aveva ottenuto il parere favorevole del Consiglio di Stato e prevedeva, tra i principali settori di intervento, i trasporti su ferro, il trasporto rapido di massa e la mobilità sostenibile, l'edilizia scolastica e sanitaria, la ricerca scientifica e tecnologica, il potenziamento delle infrastrutture e i mezzi per l'ordine pubblico, la sicurezza e il soccorso, gli interventi per l'adeguamento sismico degli immobili pubblici e per la mitigazione del rischio idrogeologico;

   nella nota di aggiornamento al documento di economia e finanza 2018 le risorse aggiuntive per investimenti si limitano a 0,2 punti di prodotto interno lordo nel 2019 che saliranno a 0,3 punti nel 2021, ben poco rispetto ai 150 miliardi di euro stanziati complessivamente dai Governi Renzi e Gentiloni, e già scontati ai fini dell'indebitamento netto, mentre l'unica vera proposta consiste nell'intenzione di costituire una task force sugli investimenti pubblici;

   in attesa della costituzione dell'ennesimo organismo, risulta che le ultime delibere del Cipe siano state approvate il 26 aprile 2018 –:

   come siano conciliabili i fatti citati in premessa con l'enfasi attribuita dal Governo al rilancio degli investimenti come fattore determinante ai fini della crescita.
(3-00227)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   CENTEMERO, CAVANDOLI, COVOLO, FERRARI, GERARDI, GUSMEROLI, ALESSANDRO PAGANO, PATERNOSTER e TARANTINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la posizione dell'amministrazione finanziaria, basata su una forzata interpretazione del regio decreto n. 652, risalente al 1939, è sempre stata quella di comprendere nel valore dell'immobile a destinazione industriale anche le installazioni connesse o incorporate con i fabbricati o comunque stabilmente infissi ad essi;

   il discrimine utilizzato in passato per l'inclusione degli impianti nella determinazione della rendita catastale era dato dalla fissità dell'installazione, cioè l'amovibilità o meno degli impianti;

   successivamente la Corte Costituzionale ha spostato l'attenzione sul criterio funzionale, secondo cui devono essere inclusi i macchinari, ovvero i cosiddetti «imbullonati », che costituiscono una componente strutturale ed essenziale per la funzione complessiva dell'opificio, a prescindere dall'amovibilità o meno dell'impianto;

   l'Agenzia del territorio ha fornito chiarimenti, specificando che al fine dell'inclusione di un impianto non si deve far riferimento solo all'essenzialità che lo stesso sia fisso;

   sono stati indicati, pertanto, solo alcuni impianti e macchinari da escludere dalla determinazione della rendita catastale e sono state rinviate alla valutazione tecnica degli uffici locali le scelte per gli altri settori economici, con evidenti rischi di valutazioni arbitrarie;

   in tal modo è stata introdotta una sorta di tassa sui macchinari, che penalizza di fatto le realtà produttive e non tiene conto delle peculiarità degli opifici;

   gli uffici locali dell'Agenzia delle entrate hanno agito, e agiscono tuttora, su iniziativa degli enti locali. Questi ultimi hanno interesse a includere gli impianti e i macchinari nella determinazione della rendita catastale degli opifici industriali, al fine di incrementare la base imponibile su cui applicare le imposte locali (Imu);

   con l'intervento di Confindustria viene stabilita la determinazione della rendita catastale degli immobili a destinazione speciale e particolare, effettuata, tramite stima diretta, tenendo conto del suolo e delle costruzioni, nonché degli elementi ad essi strutturalmente connessi che ne accrescono la qualità e l'utilità;

   con la circolare n. 6/2016 dell'Agenzia delle entrate viene colmata di fatto una lacuna legislativa che si protraeva dal regio decreto del 1939. Viene precisato che si tratta di quelle componenti, di natura essenzialmente impiantistica, che assolvono a specifiche funzioni nell'ambito di un determinato processo produttivo e che non conferiscono all'immobile un'utilità comunque apprezzabile –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuna un'ulteriore iniziativa al fine di evitare che alcune amministrazioni possano applicare, per periodi ancora accertabili, il regio decreto del 1939 e le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 190 del 2014 senza riferirsi alla più recente normativa.
(5-00671)


   OSNATO, ZUCCONI, SILVESTRONI e ACQUAROLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   i commi 909, 915, 917 e 928 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205, hanno disposto, a partire dal 1° gennaio 2019, l'obbligo della fatturazione elettronica per tutte le operazioni tra partite Iva (business to business) e con i consumatori (business to consumer);

   se si escludono i disguidi di trasmissione, gli invii di fatture elettroniche tra privati transitate nel sistema di interscambio (Sdi) nei primi cinque mesi dell'anno in corso non arrivano al 2 per cento del totale, circa cinquantamila al mese;

   il mondo delle imprese e il settore dei professionisti che le rappresenta chiedono a voce unanime uno slittamento dell'entrata in vigore della fatturazione obbligatoria nell'ambito dei rapporti tra privati;

   lo stesso direttore centrale della gestione tributi dell'Agenzia delle entrate, intervenuto a riguardo a «Il Forum nazionale dei commercialisti ed esperti contabili», svoltosi a Milano in data 24-25-26 settembre 2018, ha auspicato un rinvio nell'applicazione del suddetto obbligo;

   il 13 settembre 2018, in Commissione finanze del Senato, il consiglio nazionale dell'Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili ha espresso le stesse perplessità che da tempo Fratelli d'Italia esprime al riguardo, ovvero il grave errore di introdurre in maniera secca l'obbligo di fatturazione elettronica al 1° gennaio 2019 per l'intero comparto aziendale italiano, poiché a causa delle sanzioni graverebbe in maniera negativa soprattutto sulle piccole e medie imprese, ad oggi in forte ritardo ed impreparate a vivere questa «rivoluzione»;

   Fratelli d'Italia ha presentato una proposta di legge volta ad introdurre termini differiti per adeguarsi all'obbligo a seconda della grandezza dell'azienda, ma comunque successivi al 1° gennaio 2019;

   la proposta di legge di Fratelli d'Italia prevede l'avvio dell'obbligo della fatturazione elettronica tra privati con le seguenti scadenze: «a partire dal 1° gennaio 2019, per le società quotate in borsa e per gli altri soggetti con più di 250 dipendenti; dal 1° gennaio 2020, per gli altri soggetti con più di 50 dipendenti; dal 1° gennaio 2021, per gli altri soggetti con più di 10 dipendenti; dal 1° gennaio 2022, per tutti gli altri soggetti non esonerati» –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerando l'imminente obbligo per le piccole e medie imprese di emettere fatturazione elettronica, quali urgenti iniziative di competenza, anche normative, intenda assumere, eventualmente nell'ambito del prossimo disegno di legge di bilancio.
(5-00672)


   BIGNAMI, MARTINO, GIACOMONI, BARATTO, BENIGNI, CATTANEO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   dal 1° luglio 2018 la direzione interregionale per l'Emilia-Romagna e le Marche – ufficio delle dogane di Bologna, avrebbe adottato alcune modifiche organizzative e procedurali per tutti gli operatori che vincolano la merce al regime di transito (T2-T1) operendo in dogana a seguito di criticità emerse in occasione della visita della Ue in Italia e degli esiti del programma di vigilanza del dipartimento delle finanze per il 2017;

   in particolare, ci si riferisce a esportazioni verso la Svizzera e la Norvegia e ai trasporti aerei che vengono indirizzato via gomma agli aeroporti internazionali europei attraverso la Svizzera;

   la nuova procedura riguarderebbe il termine di presentazione a destino del documento emesso (per il T2 veniva solitamente concesso il termine di 8 giorni) con indicazione del mezzo di trasporto sul documento stesso e identificazione delle merci con sigilli speciali. Tale procedura sembrerebbe creare criticità per chiunque operi presso le dogane interne (non di confine), rendendo di fatto impossibile emettere documenti di transito T2 per piccole partite di merce operate direttamente presso il produttore/esportatore;

   tale problematica sembrerebbe essersi verificata quasi esclusivamente a Bologna e in relazione alla esportazione di piccole partite di merce in partenza da aziende di Bologna e zone limitrofe;

   la questione appare particolarmente rilevante sotto il profilo delle commesse per piccole partite di merce, anche perché sembrerebbe che solo poche altre dogane abbiano recepito la segnalazione del Ministero relativa a questa nuova procedura e dunque si assiste, potenzialmente, a deviazioni di traffico su altre dogane;

   ad oggi non appare a chiaro se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti suesposti e se risulti che tale procedura sia attualmente in atto solo a Bologna e in poche altre dogane –:

   quali elementi si intendano fornire alla luce di quanto descritto in premessa chiarendo, in particolare, se per le aziende che in precedenza avevano richiesto il «luogo di partenza autorizzato» sia temporaneamente consentito di emettere i documenti T2, in attesa che il Ministero dell'economia e delle finanze chiarisca i contenuti e le modalità della nuova procedura, e si intenda valutare la rimozione dell'obbligo di comunicazione del numero di targa dei mezzi in relazione ai documenti T2 per semplificare la procedura per il trasporto di piccole partite.
(5-00673)


   MARTINCIGLIO, TRANO, APRILE, CABRAS, CANCELLERI, CASO, CURRÒ, GIULIODORI, GRIMALDI, MANIERO, MIGLIORINO, RADUZZI, RUOCCO, RUGGIERO, ZANICHELLI e ZENNARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 190 del 2012 afferma, nell'ambito dell'impiego pubblico, il principio generale della temporaneità degli incarichi di direzione degli uffici imponendo periodicamente la rotazione per assicurare la trasparenza e neutralità nella assegnazione e gestione degli incarichi per contrastare i fenomeni corruttivi presenti nella pubblica amministrazione;

   le linee di indirizzo per la predisposizione del piano nazionale anticorruzione, all'articolo 3, lettera c), prevedono «la definizione di criteri atti ad assicurare la rotazione dei dipendenti, in particolare dei dirigenti, nei settori particolarmente esposti alla corruzione» e, all'articolo 5, impongono che le pubbliche amministrazioni, nell'adottare il proprio piano triennale, individuino le attività più esposte al rischio di corruzione e prevedano «l'adozione di adeguati sistemi di rotazione del personale addetto alle aree a rischio, con l'accortezza di mantenere continuità e coerenza degli indirizzi e le necessarie competenze delle strutture (...) per evitare che possano consolidarsi delle rischiose posizioni “di privilegio” nella gestione diretta di certe attività correlate alla circostanza che lo stesso funzionario si occupi personalmente per lungo tempo dello stesso tipo di procedimenti e si relazioni sempre con gli stessi utenti»;

   posto che con la disciplina «anticorruzione» il legislatore, manifestando disfavore verso la prolungata permanenza dei dirigenti pubblici negli incarichi conferiti, ha ribadito l'operatività del principio della temporaneità degli incarichi di direzione degli uffici e la loro rotazione anche per quelli di segreteria delle commissioni tributarie non dirigenziali, a maggior ragione la suddetta rotazione andrebbe assicurata ai dirigenti delle commissioni tributarie che garantiscono con la loro attività la corretta gestione e definizione delle controversie tributarie, con effetti diretti sulle entrate erariali e sul singolo contribuente;

   ciò consentirebbe al dirigente generale di espletare la propria attività in conformità ai princìpi di imparzialità e di buon andamento dell'azione amministrativa (articolo 97 della Costituzione) in settori, come quello delle finanze e tributario, particolarmente esposti alla corruzione;

   la Corte dei conti ha chiarito che se gli incarichi di funzioni dirigenziali sono rinnovabili, per il principio di rotazione non possono superare una ragionevole durata, essendo illegittimo prolungarli per anni o di fatto a vita;

   agli interroganti risulta che, contrariamente a quanto prescrive la legge non siano mai stati fatti interpelli per la rotazione dei dirigenti delle commissioni tributarie –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative per accertare se siano stati banditi interpelli per la rotazione della figura del dirigente delle commissioni tributarie e, in caso negativo, quali iniziative di competenza intenda assumere per sanare la violazione del principio della obbligatoria rotazione.
(5-00674)


   FREGOLENT, COLANINNO, DEL BARBA, FRAGOMELI, LIBRANDI, MANCINI, TOPO e UNGARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   per incentivare gli investimenti e gli incrementi occupazionali, il Governo prevede l'introduzione, nel prossimo disegno di legge di bilancio, di una aliquota al 15 per cento per le imprese applicata ai redditi corrispondenti agli utili destinati all'acquisto di beni strumentali e nuove assunzioni e l'innalzamento delle soglie minime per il regime semplificato d'imposizione su piccole imprese, professionisti e artigiani;

   in conseguenza della nuova imposizione fiscale si prevede l'abrogazione dell'imposta sul reddito imprenditoriale (Iri), che doveva entrare in vigore nel 2019 sui redditi prodotti nel 2018, nonché della misura sull'aiuto alla crescita economica (Ace), ovvero il premio alla capitalizzazione parametrato all'aumento di patrimonio netto;

   per effetto del presunto taglio delle imposte il Governo ha dichiarato nella nota di aggiornamento al documento di economia e finanza una possibile riduzione della pressione fiscale, tuttavia l'abrogazione di due importanti agevolazioni potrebbe determinare un aumento del prelievo sul settore produttivo e un disincentivo alla crescita dimensionale;

   l'Iri avrebbe equiparato la tassazione del reddito delle imprese individuali e società di persone in contabilità ordinaria, alla tassazione delle società di capitali; le imprese personali in contabilità ordinaria avrebbero ottenuto una tassazione al 24 per cento sugli utili lasciati in azienda come nelle società di capitali;

   il regime forfetario con il quale si intende anticipare la tassazione piatta ad una parte delle imprese individuali e autonomi si rende invece applicabile alle sole imprese individuali (non alle società di persone) e autonomi con volumi di ricavi molto bassi (tra 25/50 mila euro);

   il beneficio dovuto all'aumento dei limiti di accesso al regime forfettario non può pertanto essere comparato alla perdita derivante dall'abrogazione dell'Iri e dell'Ace e secondo alcune stime, a fronte dell'ampliamento del regime forfettario rivolto a circa 1,5 milioni di contribuenti – di cui solo 500 mila aggiuntivi –, circa 1,1 milioni di aziende verranno penalizzate dall'abrogazione dell'Ace, mentre 1,2 milioni di ditte individuali e 800 mila società di persone perderanno l'Iri;

   il precedente Governo PD ha ridotto progressivamente la pressione fiscale dal 43,6 al 42,2 per cento nel periodo 2013-2017 garantendo al contempo la sostenibilità dei conti pubblici e la credibilità internazionale –:

   come intenda garantire al sistema fiscale un profilo di equità e trasparenza affinché non vi sia una penalizzazione per alcuni contribuenti determinata dagli effetti incerti delle nuove misure sul bilancio delle imprese.
(5-00675)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   nel cosiddetto «contratto per il governo del cambiamento» sottoscritto da Lega e Movimento 5 Stelle un capitolo è dedicato a trasporti, infrastrutture e telecomunicazioni; non vi sono riferimenti alle «grandi opere» infrastrutturali se non l'affermazione che appare agli interpellanti preoccupante, che «con riguardo alla Linea ad Alta Velocità Torino-Lione, ci impegniamo a ridiscuterne integralmente il progetto nell'applicazione dell'accordo tra Italia e Francia»;

   tale impostazione è stata confermata dalla scelta del Ministro interpellato, che ha dato seguito all'annunciata intenzione di rivedere le decisioni in merito ad alcune infrastrutture strategiche, ad avviso degli interpellanti usando a pretesto una «verifica su costi e benefìci» già ampiamente realizzata in sede di decisione dell'investimento;

   in tal senso, è stata istituita una struttura tecnica di missione presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che ha il compito di analizzare il rapporto costi-benefìci delle grandi opere;

   al riguardo, una grave preoccupazione suscita il sostanziale blocco o l'allungamento dei tempi nella realizzazione di alcune grandi opere di rilevanza nazionale ed internazionale, tra cui l'alta velocità ferroviaria Brescia-Padova, opera fondamentale, prevista e finanziata, con valutazione di impatto ambientale già predisposta nel tratto Verona-Padova e in via di conclusione nel tratto Brescia-Verona. Essa rappresenterebbe un grande vantaggio in termini ambientali a motivo della pesante riduzione del trasporto su gomma;

   il 2 ottobre 2018, nel corso di un'audizione presso la IX Commissione trasporti alla Camera, l'amministratore delegato di Rete ferroviaria italiana (Rfi), Maurizio Gentile, ha dichiarato: «A mio parere l'alta velocità così come l'abbiamo realizzata ad oggi basta, si ferma con la realizzazione del collegamento Brescia-Padova, ed è sufficiente». Tale affermazione chiarisce, senza dubbio alcuno, che i lavori sulla tratta veneta vanno conclusi, soprassedendo su ulteriori interventi;

   nello stesso giorno, il consiglio regionale del Veneto, approva a maggioranza e con il voto contrario del M5S, una mozione che «impegna la giunta regionale a intervenire con il governo per il completamento della Tav». Nel testo, inoltre, si specifica anche l'impegno della giunta regionale ad assicurare, senza ulteriori ritardi, il proseguimento dell’iter per il quadriplicamento della linea;

   l'opera è fondamentale per disinnescare il crescente traffico autostradale favorendo il trasporto merci su rotaia e agevolando quello dei passeggeri per i pendolari;

   la velocità della ripresa economica e la competitività del Paese dipendono anche dalla realizzazione di investimenti pubblici e privati nel settore. Sulle grandi opere si misura la capacità di guardare al futuro e di dotare il Paese di un sistema connesso, capace di creare crescita e di evitare l'isolamento del Paese dal resto dell'Europa;

   estremamente grave sarebbe la decisione di fermare la realizzazione di opere in corso di realizzazione o già finanziate, per le quali sono state impegnate e spese ingenti risorse economiche; in alcuni casi, oltretutto, si tratta di opere che investono la responsabilità internazionale del nostro Paese sulla base di accordi internazionali –:

   se intenda rendere nota la data in cui si concluderà l'esame avviato dalla struttura tecnica chiamata a valutare il rapporto costi-benefìci delle opere infrastrutturali già avviate e se siano stati valutati i danni economici provocati fino ad oggi dall'interruzione dei progetti in corso.
(2-00134) «Rotta, De Menech, Moretto».

Interrogazione a risposta scritta:


   OCCHIUTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il Cipe, con delibera 21 dicembre 2001, n. 121, ha approvato il primo programma delle infrastrutture strategiche che include il «corridoio ionico Taranto/Sibari/Reggio Calabria»;

   il Cipe, con delibera 28 settembre 2007, n. 103, ha approvato il progetto preliminare dei lavori del III Megalotto «Sibari/Roseto Capo Spulico» della strada statale 106;

   con delibera 6 dicembre 2011, n. 88, il Cipe: ha preso atto che i fondi «ex Fintecna» e «PON 2007-2013», che concorrevano alla copertura finanziaria del primo stralcio funzionale, non risultavano più disponibili; ha preso atto che in data 23 dicembre 2010 Anas aveva aggiudicato provvisoriamente a contraente generale la gara; ha disposto che fossero destinati alla realizzazione del nuovo stralcio funzionale gli importi di 154,4 milioni di euro (delibera n. 103 del 2007) e di 543,9 milioni di euro (delibera n. 30 del 2008);

   in data 12 marzo 2012 è stato sottoscritto tra Anas e il contraente generale, il contratto per lo sviluppo del progetto definitivo ed esecutivo, le prestazioni propedeutiche ai lavori e l'esecuzione dei lavori stessi;

   in data 17 aprile 2013 Anas ha chiesto al contraente generale lo studio di una modifica progettuale per contenere i costi ed evitare i rischi derivanti dalla presenza di gas in fase di costruzione delle gallerie;

   il progetto definitivo integrato veniva presentato, a seguito di conferenza dei servizi, in data 24 luglio 2014;

   nella seduta preparatoria del 24 giugno 2015 il Cipe rinviava l'esame del «progetto definitivo integrato» per la carenza di copertura finanziaria e per le soluzioni tecniche adottate in assenza del parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici (Cslp);

   con parere n. 40 del 2016 il Cslp restituiva il progetto affinché fosse rivisto sulla base delle prescrizioni e osservazioni formulate;

   con delibera 10 agosto 2016 n. 41, il Cipe approvava il «progetto definitivo integrato» per i chilometri 0+000-18+863, rinviando a nuova istruttoria il «progetto definitivo integrato» del secondo lotto funzionale per i chilometri 18+863-38+000 del Megalotto 3;

   con parere n. 36 del 2017, relativo al secondo lotto funzionale del Megalotto 3, il Cslp prescriveva che il «progetto definitivo aggiornato» presentato nel 2017 fosse sviluppato, aggiornato sulla base delle osservazioni formulate;

   la regione, con nota del 6 ottobre 2017, sentiti i comuni, esprimeva parere favorevole alla localizzazione dell'opera come individuata da Anas in data 8 agosto 2017;

   Anas, il 16 febbraio 2018, approvava il «progetto definitivo revisionato», ai fini della successiva approvazione del Cipe, procedendo altresì alla rimodulazione del quadro economico dell'intero «Megalotto 3 della SS 106 Jonica» per un totale complessivo dell'investimento di 1.335.118.435,56 euro;

   il Cslp formulava il parere n. 8 del 2018 sul «progetto definitivo revisionato», ritenendo di poter dar corso «al successivo sviluppo progettuale»;

   con delibera del 28 febbraio 2018, il Cipe provvedeva all'approvazione del progetto definitivo e della relativa copertura finanziaria;

   in data 9 maggio 2018 il presidente della giunta regionale annunciava a Sibari l'avvio ufficiale dei lavori insieme all'amministratore delegato dell'Anas;

   ad oggi i lavori non risultano aver avuto inizio, con grande preoccupazione delle popolazioni locali, che da tempo immemore attendono la messa in sicurezza della strada statale 106, arteria viaria che registra centinaia di incidenti, molti dei quali mortali;

   secondo la denuncia dell'associazione «Basta vittime sulla SS106», il ritardo nell'apertura dei cantieri sarebbe da ricondursi a ripensamenti indotti dalla contrarietà al progetto da parte di alcune forze di Governo;

   il titolare del Dicastero delle infrastrutture e dei trasporti avrebbe mostrato, a mezzo stampa, forti perplessità sulla realizzazione del su citato macrolotto, dichiarando che il progetto farebbe parte di un «dossier complesso», ereditato da un passato che non ha gestito correttamente il tratto in questione –:

   se e come intenda adoperarsi il Ministro interrogato per favorire la tempestiva apertura dei cantieri per la realizzazione del III Macrolotto «Sibari-Roseto Capo Spulico» della nuova strada statale 106, al fine di tutelare la pubblica incolumità e lo sviluppo economico dell'area ionica calabrese;

   quali iniziative intenda adottare per appurare le cause del ritardo nell'avvio dei lavori dell'opera.
(4-01330)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   SILVESTRONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'Osservatorio tecnico-scientifico sulla sicurezza e la legalità della regione Lazio, nel suo terzo rapporto su «Mafie nel Lazio» ha censito nel Lazio 92 organizzazioni criminali, rilevando che sulla capitale e nel territorio della provincia di Roma, incidono circa 76 clan, mentre sono 23 le organizzazioni dedite al narcotraffico;

   nella provincia di Roma sono significativamente presenti e con un ampio potenziale criminale, le mafie cosiddette «tradizionali » (’ndrangheta, camorra e cosa nostra), ma nel territorio della città metropolitana di Roma Capitale nel corso degli ultimissimi anni si sono fatte strada organizzazioni criminali di matrice straniera, in particolare di etnia nigeriana, albanese, cinese e georgiana;

   come ampiamente illustrato in Parlamento, il gruppo di Fratelli d'Italia ha più volte evidenziato che esistono organizzazioni mafiose nigeriane, che hanno da decenni una dimensione transnazionale pur mantenendo i centri di comando in Nigeria, attive nella capitale e nelle province di Roma e Viterbo;

   la provincia sud di Roma, in particolar modo la zona dei Castelli Romani, per la sua vicinanza con le province di Latina e Frosinone e con la Capitale, risulta essere un territorio molto esposto, copie testimonia anche il rapporto svolto dall'Osservatorio per la sicurezza e la legalità della regione Lazio e presentato con Libera a luglio 2016, dal quale si evince che la forza dei Casamonica e degli Spada si estende anche nell'area dei Castelli romani, in particolare a Ciampino, Albano, Lariano, Castel Gandolfo, Vermicino, Marino e Grottaferrata;

   inoltre, tra Rocca Priora, Ariccia, Genzano e Monte Porzio Catone si segnala la presenza radicata di esponenti delle famiglie Molè, della Piana di Gioia Tauro, e Mazzagatti, di Oppido Mamertina;

   gli affari sono sempre gli stessi, a partire dal traffico di droga e poi estorsioni e usura, e i proventi sono poi riciclati anche in attività commerciali e imprenditoriali pulite;

   negli ultimi due anni nella zona dei Castelli si sono verificati frequenti atti intimidatori violenti e sparatorie;

   il commissariato di polizia di Genzano di Roma è in predicato di chiudere per essere accorpato a quello di Albano Laziale, stando alle notizie fornite in queste ore dal segretario generale del Movimento autonomo di polizia (Mosap);

   il lassismo e la sottovalutazione di questo problema stanno generando nella popolazione il senso diffuso di una crescente insicurezza, con conseguenti risentimenti nei confronti dei troppi extracomunitari presenti, testimoniati anche dall'episodio dei migranti della nave «Diciotti» arrivati tutti a Rocca di Papa e poi scomparsi –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione che interessa il commissariato di Genzano e della sua chiusura per essere accorpato alla sede di Albano, con ulteriori disagi per i cittadini residenti nel territorio dei Castelli Romani;

   se non ritenga opportuno adottare iniziative per potenziare gli organici dei presidi locali di polizia in modo da porli in grado di fronteggiare al meglio la situazione di insicurezza e disagio percepita dai cittadini.
(3-00224)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PRISCO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in seguito al drammatico episodio di cronaca avvenuto nei giorni scorsi a Perugia, dove ha avuto luogo, nel popoloso quartiere di Fontivegge, l'omicidio per accoltellamento di un uomo già noto alle forze dell'ordine e il ferimento di una guardia giurata, il prefetto di Perugia ha deciso di convocare il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica alla presenza dei sindaci di Perugia e Assisi, dei vertici territoriali delle forze di polizia e altri;

   in quella sede è stata approfondita la situazione dell'ordine e della sicurezza pubblica nel quartiere Fontivegge di Perugia;

   in tale occasione il sindaco di Perugia ha ribadito la necessità di un «posto fisso di polizia» nel quartiere, dichiarando la disponibilità dell'amministrazione cittadina a offrire un immobile adeguato da concedere agli agenti per l'installazione degli uffici di polizia;

   il presidio fisso, legittimamente sollecitato dal sindaco, fornirebbe una risposta immediata ai cittadini che vivono e lavorano nella zona della stazione di Perugia e rappresenterebbe una soluzione duratura e stabile nel tempo;

   per assicurare risultati immediatamente visibili, il posto fisso di polizia dovrebbe essere affiancato, almeno nei primi sei mesi, da misure a supporto (in termini di uomo e mezzi), di concerto con il dipartimento della pubblica sicurezza;

   l'intervento deciso delle forze dell'ordine consentirebbe di non disperdere il lavoro fin qui fatto dall'amministrazione e dalle forze dell'ordine stesse, per il rilancio dell'area, rilancio che oggi rischia di essere compromesso anche a causa del differimento temporale subito dai fondi già assegnati proprio al quartiere di Fontivegge a valere sul «bando periferie» e oggi in stand-by;

   il Ministro interrogato ha mostrato fin da subito una sensibilità nuova in tema di sicurezza rispetto ai precedenti Governi, sensibilità che si è certi darà ai cittadini di Perugia le risposte che oggi chiedono –:

   se intenda adottare iniziative per assicurare all'amministrazione di Perugia il supporto delle strutture ministeriali per istituire nel quartiere di Fontivegge di Perugia un posto fisso di polizia, nonché del dipartimento di pubblica sicurezza per individuare ulteriori misure di supporto.
(5-00662)


   QUARTAPELLE PROCOPIO e MIGLIORE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la politica migratoria dell'Italia deve restare saldamente ancorata ai valori umanitari e dell'accoglienza sanciti nella Carta costituzionale e deve tendere al governo strutturale dei fenomeni migratori per contrastare i flussi irregolari e controllare strategicamente quelli regolari;

   nel quadro della recente campagna elettorale, il partito guidato dal Ministro interrogato ha enfatizzato in particolare la necessità di rafforzare i rimpatri dei migranti irregolari, giudicando come gravemente insufficiente l'impegno portato avanti sul punto dai Governi in carica nella scorsa legislatura e promettendo il completamento di 500 mila rimpatri in caso di successo elettorale e assunzione di responsabilità di governo;

   tuttavia, mentre nel 2017 il numero degli stranieri irregolari rimpatriati nei Paesi d'origine erano aumentati del 20 per cento rispetto all'anno precedente e le espulsioni per motivi di sicurezza avevano registrato un incremento del 62 per cento rispetto al 2016, gli organi di stampa riportano che nei primi tre mesi dall'insediamento del Governo in carica il numero di rimpatri dei migranti irregolari dall'Italia sarebbe diminuito sensibilmente rispetto allo stesso periodo del 2017 e, ciò malgrado, i rimpatri fossero stati enfatizzati come prioritari nel cosiddetto «contratto di Governo»;

   rileva in questo senso, dopo alcune settimane di tensione diplomatica dovute a una dichiarazione del Ministro interrogato, il diniego da parte delle autorità di Tunisi di accettare il rimpatrio immediato di alcuni migranti sbarcati nel mese di agosto a Lampedusa;

   anche il percorso intrapreso dai precedenti Governi verso una maggiore condivisione con i partner europei delle responsabilità dell'accoglienza si è caratterizzato recentemente per una crescente conflittualità, costantemente alimentata dal Ministro interrogato attraverso quelle che l'interrogante giudica azioni dimostrative e inutilmente propagandistiche che hanno ferito la credibilità dell'Italia e hanno addirittura condotto il Governo in carica a sottrarsi alle responsabilità umanitarie a cui è tenuto in base al diritto internazionale e le norme consuetudinarie del diritto del mare;

   in questa mutato contesto, il Ministro dell'interno tedesco Horst Seehofer ha annunciato l'intenzione rafforzare l'espulsione verso il nostro Paese dei 10.700 migranti secondari transitati irregolarmente dall'Italia alla Germania e ha menzionato in proposito un'intesa con il Ministro interrogato –:

   secondo i dati ufficiali del Ministero dell'interno, dal giorno d'insediamento del Governo, quale sia il numero di migranti secondari obbligati a fare ritorno in Italia dalla Germania e quale invece il numero di irregolari rimpatriati dall'Italia verso i Paesi d'origine.
(5-00665)

Interrogazione a risposta scritta:


   BRAMBILLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 9 febbraio 2017, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 aprile 2017, n. 45, recante «Nuovi interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 2016 e del 2017» prevede, all'articolo 19-bis che, «per ciascuno degli anni 2017 e 2018, nel limite massimo del 50 per cento delle facoltà di assunzione previste dalla normativa vigente per ciascuno dei predetti anni», il Corpo nazionale dei vigili del fuoco sia autorizzato «ad assumere, a tempo indeterminato, personale da destinare alle unità cinofile mediante avvio di procedure speciali di reclutamento riservate al personale volontario utilizzato nella Sezione cinofila del predetto Corpo che risulti iscritto da almeno tre anni negli appositi elenchi di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, e abbia effettuato non meno di centoventi giorni di servizio»;

   nel maggio 2018 è stato consegnato ai sindacati, e pubblicato anche sul sito Uilpa vigili del fuoco, uno schema di decreto per le previste assunzioni straordinarie, che riguarderebbero una trentina di volontari cinofili finora non stabilizzati. Il testo, rimasto allo stato di schema, fissa i requisiti per l'accesso, le modalità di espletamento della procedura selettiva, la formazione e pubblicazione delle graduatoria;

   tuttavia, nonostante le aspettative alimentate dal decreto 9 febbraio 2017 n. 8, il concorso per stabilizzare i volontari cinofili non è stato ancora indetto;

   questi volontari partecipano da anni alle operazioni di soccorso, esattamente come i colleghi stabilizzati, attraverso un sistema di «richiami» per un mese, fino ad otto volte l'anno, con indennizzi orari ad integrazione dello stipendio mensile. Ora il cosiddetto «decreto sicurezza», cioè il decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, recante «Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell'interno e l'organizzazione e il funzionamento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata», stanzia a tale scopo 5,9 milioni di euro per l'anno 2019 e 5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2020 –:

   se e quando sarà indetto il concorso per l'assunzione del personale volontario con le caratteristiche previste dall'articolo 19-bis del decreto-legge n. 8 del 2017 già impiegato nella sezione cinofila del corpo nazionale dei vigili del fuoco.
(4-01324)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRATOIANNI e FORNARO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il 26 giugno 2018 il comune di Monfalcone, guidato dalla sindaca leghista Annamaria Cisint e l'istituto comprensivo «Giacich» e l'istituto «Randaccio» avrebbero firmato un accordo di programma in cui le parti hanno accettato per l'anno scolastico 2018/2019 l'applicazione della percentuale di alunni stranieri fino al 45 per cento;

   nello stesso documento si citerebbe, tra gli obiettivi, quello di «incentivare le iscrizioni a Monfalcone, in particolare da parte delle famiglie italofone residenti»;

   il risultato di questo provvedimento è che sessanta bambini di età compresa tra i tre e i cinque anni, la maggior parte figli di operai che lavorano per la Fincantieri a Monfalcone, a settembre non potranno entrare in aula insieme ai loro compagni;

   la stessa sindaca avrebbe dichiarato testualmente: «Se li prendano i sindaci dei comuni vicini e Fincantieri. Sono figli dei suoi dipendenti. L'azienda dovrebbe fare una scuola aziendale»;

   secondo la Flc-Cgil regionale sia l'ufficio scolastico regionale che quello territoriale erano a conoscenza di tale accordo e il tutto sarebbe stato inserito in un regolamento modificato all'ultimo momento nella totale inconsapevolezza delle famiglie che si sono viste esclusi i propri figli;

   la Costituzione italiana recita che i minori devono essere tutelati di là della distinzione di sesso, di razza e di religione e questo accordo, a parere degli interroganti, lede palesemente i diritti dei bambini. Escludere 60 bambini dalla scuola dell'infanzia significa tra tre anni avere degli allievi alla primaria che non conosceranno l'italiano;

   uno degli obiettivi principali della scuola è l'inclusione ed episodi di questo genere andrebbero non solo evitati ma anche impediti, perché a giudizio degli interroganti in violazione palese dell'articolo 3 della Costituzione della Repubblica Italiana e del principio di uguaglianza;

   la presenza dei migranti a Monfalcone, soprattutto per la presenza di Fincantieri, non è nuova ed è sempre stata affrontata come una risorsa per l'intera città;

   a parere degli interroganti, il provvedimento della sindaca di Monfalcone crea un precedente gravissimo e una discriminante insopportabile tra bambini italofoni e non, non considerando nemmeno che, ormai, i piccoli nati nel nostro Paese, parlano la nostra stessa lingua;

   tale provvedimento, inoltre, penalizza quella che è la fascia più debole della popolazione, ovvero i bambini, a cui dovrebbe essere sempre garantito il diritto all'istruzione e cerca di dividere i figli degli operai di Monfalcone, una classe operaia che nella giungla dei subappalti rischia ogni giorno la vita, il cui vero nemico non è lo straniero ma la mancanza di un lavoro dignitoso e sicuro;

   sempre a parere degli interroganti, tale atto ha come unico scopo l'esclusione sociale di ampie fette della popolazione di Monfalcone che contribuiscono con il loro lavoro e con le loro tasse alla crescita della città. Inoltre, quando si parla di incentivare l'iscrizione dei figli delle famiglie italofone ci si dimentica che nell'isontino sono presenti minoranze linguistiche slovene –:

   se il Ministro interrogato intenda intervenire per accertare se l'ufficio scolastico regionale del Friuli Venezia Giulia e l'ufficio scolastico provinciale fossero a conoscenza dell'accordo di programma di cui in premessa siglato dal comune di Monfalcone con due istituti scolastici, che fissa nella scuola dell'infanzia un tetto massimo di presenza non italiana al 45 per cento;

   se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere affinché si pervenga alla revoca di tale accordo di programma che, a parere degli interroganti, si pone in palese contrasto con l'articolo 3 della Costituzione italiana e con il principio di uguaglianza e quali misure intenda promuovere per evitare che episodi come quelli di cui in premessa possano ripetersi in altre realtà del nostro Paese.
(4-01322)


   FORNARO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da organi di stampa locali (Il Piccolo) del deposito in procura a Gorizia di un esposto promosso da Flc-Cgil contro la decisione del sindaco di Monfalcone Anna Maria Cisint che fissa un tetto del 45 per cento alla presenza di bambini stranieri nelle scuole, asili compresi;

   risultano essere 79, per la maggior parte stranieri, i bambini rimasti fuori dalle scuole dell'infanzia; i sindacati hanno richiesto alla prima cittadina leghista un confronto sulla vicenda, domandando in primo luogo l'immediato ritiro dell'atto e ricevendo come risposta un fermo diniego;

   il segretario regionale Flc-Cgil, Adriano Zonta, ha anticipato che l'esposto verrà inviato anche al Garante dei minori e al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;

   il sindaco Cisint ha dichiarato che chiederà al tavolo con l'assessore regionale Alessia Rosolen e il direttore dell'ufficio scolastico regionale, Igor Giacomini, «classi più piccole e classi-ponte», ossia «spazi in cui i bimbi stranieri possano apprendere esaustivamente la lingua italiana così quando saranno pronti potranno essere inseriti in aula con gli altri»;

   a giudizio dell'interrogante, le misure adottate nei confronti degli alunni succitati sono discriminatorie, incostituzionali e contrarie ad ogni principio educativo –:

   quali iniziative, anche di natura normativa, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di garantire il rispetto dei principi costituzionali e di ovviare alla situazione che si è determinata a Monfalcone.
(4-01323)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   Poste Italiane s.p.a. è una società partecipata dallo Stato, con quota del 29,26 per cento controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze e del 35 per cento da Cassa depositi e prestiti;

   Poste Italiane è concessionaria del servizio postale universale. Qualificata giuridicamente dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza n. 13 del 2016 che gli ha riconosciuto la funzione di organismo di diritto pubblico, rientra nel novero delle amministrazioni aggiudicataci ai sensi di quanto previsto dall'articolo 3, del decreto legislativo n. 50 del 2016, in funzione del quale dovrebbe adeguarsi al rispetto del decreto-legge n. 87 del 2018, cosiddetto «decreto Dignità», contenente «disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese» in quanto tale decreto-legge è diretto a tutelare la dignità dei lavoratori, a garantirli maggiormente e a ridurne il precariato;

   da diversi anni la politica di riduzione del costo del lavoro promossa da Poste Italiane è proseguita senza limitazione. In particolare, negli ultimi 5 anni la forza lavoro occupata è costantemente diminuita. Dal 2012 ad oggi sono 7000 in meno i lavoratori impiegati; i contratti di lavoro a tempo indeterminato sono scesi da 144 mila del 2012 ai 135 mila del 2016; i lavoratori a termine sono aumentati sino a superare la soglia di 6 mila occupati;

   in data 13 giugno 2018, Poste Italiane ha sottoscritto con i principali sindacati del settore un accordo per le politiche attive del lavoro con il quale l'azienda, a fronte di una riduzione del personale di circa 15 mila unità entro il 2020, si è impegnata a sviluppare «politiche attive per almeno 6000 FTE complessivi», anche mediante l'assunzione a tempo indeterminato dei dipendenti che hanno lavorato e che lavorano per Poste Italiane con contratti a tempo determinato;

   in data 23 luglio 2018, la redazione del quotidiano on lineIl Desk a quanto consta agli interpellanti sarebbe stata contattata da numerosi lavoratori assunti da Poste Italiane con contratto a tempo determinato che avrebbero segnalato il clima di tensione presente in azienda poiché in molte filiali sarebbe stato comunicato verbalmente a migliaia di lavoratori titolari di contratti scaduti, l'impossibilità del rinnovo degli stessi a causa del «decreto Dignità»;

   la strumentalizzazione del «decreto Dignità» effettuata da Poste Italiane, veniva messa in luce dal giornalista del quotidiano Il Desk che pubblicava, il 24 luglio, un articolo dal titolo «Siluro contro il decreto dignità, Poste Italiane licenzia 8 mila precari», i quali attualmente lavorano con contratti a tempo determinato nonostante circa 30 mila lavoratori delle Poste, che a settembre diventeranno circa 40 mila, attendano l'assunzione con contratto a tempo indeterminato;

   in data 18 settembre 2018, in Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni alla Camera, si è svolta l'audizione dell'amministratore delegato di Poste Italiane, dottor Matteo Del Fante, sulle attività e sulle prospettive del gruppo. Del Fante ha illustrato l'esercizio del 2017 che ha avuto ricavi pari a 10,6 miliardi di euro, in linea con il precedente esercizio, e un utile netto di circa 700 milioni, in crescita dell'11 per cento rispetto al 2016. La raccolta finanziaria dai clienti è arrivata, a fine 2017, a 506 miliardi di euro e al 30 giugno 2018 era già a 510,3 miliardi. Una nota negativa risulta essere la perdita di 1 miliardo anno per il servizio di posta;

   nonostante i bilanci complessivamente più che in positivo, Del Fante ha spiegato che il gruppo non sta licenziando lavoratori ma che, anzi, sono previste circa 10 mila assunzioni nel periodo 2018-2022. Non ha però risposto alla domanda specifica riguardante le segnalazioni di numerosi lavoratori di Poste Italiane sugli avvisi ricevuti, da parte dell'azienda, dei licenziamenti conseguenti all'introduzione del decreto-legge «Dignità»;

   nel corso della stessa audizione è stata rilevata la mancanza di un contratto collettivo nazionale unitario per la categoria dei postali, facendosi riferimento per il settore postale al contratto collettivo nazionale di lavoro Poste Italiane, al contratto collettivo nazionale di lavoro Servizi postali in appalto e al contratto collettivo nazionale di lavoro Distribuzione, recapito e servizi postali. Ulteriori contratti utilizzati dalle imprese del settore sono: contratto collettivo nazionale di lavoro Servizi ausiliari, fiduciari e integrati, il contratto collettivo nazionale di lavoro servizi di pulizia e servizi integrati/multiservizi, il contratto collettivo nazionale di lavoro Logistica, trasporto merci e spedizioni e il contratto collettivo nazionale di lavoro Servizi ausiliari. La mancanza di una cornice contrattuale unitaria genera rischi di precarizzazione del lavoro, dumping e difetti di concorrenza –:

   se il Governo sia a conoscenza delle sopraindicate segnalazioni espresse da molti lavoratori di Poste Italiane riguardanti gli avvisi di licenziamenti in relazione all'emanazione del decreto-legge «Dignità» e quali spiegazioni abbiano fornito in merito i dirigenti della società;

   nel caso, quali siano gli orientamenti del Governo circa la condotta, ad avviso degli interpellanti intollerabile, dell'azienda che, in funzione del fatto di essere una società partecipata dallo Stato, dovrebbe ancor più assicurare il perseguimento dell'interesse pubblico rinvenibile anche nella tutela del diritto all'occupazione stabile dei lavoratori, non ponendosi in netta opposizione rispetto alle direttive dettate dal decreto-legge «Dignità»;

   quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, il Governo intenda intraprendere nei confronti dell'azienda per far sì che la stessa si adegui al rispetto del dettato normativo volto a tutela dei lavoratori mediante la loro stabilizzazione e alla loro piena occupazione;

   se non si ritenga opportuno promuovere l'apertura di un tavolo di confronto per la stesura di un contratto collettivo nazionale di lavoro di settore applicabile alla categoria degli operatori postali.
(2-00138) «De Lorenzo, Davide Aiello, Amitrano, Ciprini, Bilotti, Costanzo, Cubeddu, Giannone, Invidia, Pallini, Perconti, Segneri, Siragusa, Tripiedi, Tucci, Vizzini, Del Sesto, Di Lauro, Di Sarno, D'Incà, D'Ippolito, Donno, Dori, D'Orso, D'Uva, Ermellino, Faro, Federico, Ficara, Flati, Ilaria Fontana, Frate, Frusone, Gagnarli, Galantino, Galizia, Gallinella, Gallo, Trano».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GALLINELLA e CIPRINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   con la legge n. 270 del 1997 è stato istituito il piano degli interventi di interesse nazionale relativi al Giubileo del 2000, in località al di fuori del Lazio;

   tali interventi, secondo quanto stabilito dall'articolo 1, comma 3, della legge citata, dovevano riguardare esclusivamente i settori dell'accoglienza, della ricettività a basso costo o in comunità religiose e dei relativi servizi, comprese le aree accessorie di pertinenza, le soluzioni atte a favorire gli accessi e la mobilità dei disabili e delle persone non autosufficienti e l'abbattimento delle barriere architettoniche e sensoriali, nonché i beni culturali e di carattere religioso, in modo da assicurare la piena rispondenza alle finalità dei pellegrinaggi giubilari;

   la legge ha stabilito inoltre, all'articolo 1, comma 4, che i finanziamenti per tali interventi sono stati assegnati anche in rapporto all'utilizzo, successivo al Giubileo del 2000, delle opere previste dagli interventi stessi;

   anche il comune di Perugia era coinvolto in questo piano e, per tramite dell'Inail – individuato come soggetto attuatore – ha realizzato alcune strutture ricettive; furono, in particolare, acquistati uno stabile in via Pontani e quattro stabili in Via Liberati a San Sisto;

   dopo il periodo del Giubileo, l'Inail ha assegnato l'edificio di Via Pontani al Sodalizio di San Martino (attualmente una residenza per anziani), mentre i quattro stabili di San Sisto furono assegnati ad una società che successivamente li trasformò in un albergo;

   diverse complicazioni giudiziarie – ad esempio l'arresto nel 2002 del direttore generale dell'Inail o il fallimento dell'impresa che aveva in gestione l'albergo – hanno condotto all'attuale completo abbandono delle palazzine, con 140 appartamenti che di fatto da anni sono in decadimento;

   nel 2015, il consiglio comunale di Perugia aveva avviato una discussione per valutare la possibilità di affidamento delle palazzine all'Adisu, Agenzia per il diritto allo studio universitario dell'Umbria ma, dopo diverse riunioni e dopo la nomina formale di un tavolo tecnico formato da consiglieri comunali, Inail e Adisu, il progetto venne bloccato dalla giunta del comune di Perugia che ne reclamava la competenza;

   proprio nel 2015, quelle stesse palazzine sono state in parte danneggiate da un devastante incendio le cui cause non sono ancora chiare;

   le condizioni in cui ormai versano gli appartamenti stanno compromettendo la vita e il benessere del quartiere perugino, già segnato da una forte crisi economica che ne rende difficile la rinascita;

   il 2 luglio 2018 il comune di Perugia ha respinto un ordine del giorno che lo impegnava ad attivarsi al fine di rivendicare, come previsto dalla legge n. 270 del 1997, l'utilizzo degli immobili in questione a fini sociali, assegnando successivamente, attraverso l'Adisu, gli appartamenti di San Sisto, agli studenti che frequentano l'università di Perugia, ed in particolar modo la facoltà di medicina –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza, per verificare la compatibilità dell'attuale situazione degli edifici citati in parola con quanto previsto dalla legge n. 270 del 1997, in particolare in riferimento al comma 4 dell'articolo 1;

   di quali elementi disponga, per quanto di competenza, circa la destinazione prevista per gli immobili di cui in premessa, considerato che secondo quanto stabilito dal già citato articolo 4, comma 1, della legge n. 270 del 1997, essa è un requisito per l'erogazione del finanziamento previsto dalla legge stessa.
(5-00668)


   CARNEVALI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo 15 settembre 2017, n. 147, recante «Disposizioni per l'introduzione di una misura nazionale di contrasto alla povertà» in applicazione della legge 15 marzo 2017, n. 33 «Delega recante norme relative al contrasto della povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali»; prevede, all'articolo 6, la definizione di un progetto personalizzato, sottoscritto dai componenti il nucleo;

   sempre l'articolo 6 prevede che «in assenza di sottoscrizione del progetto, il ReI non è erogato, fatto salvo quanto previsto in sede di prima applicazione all'articolo 25, comma 2» che, a sua volta, dispone che «in sede di avvio del ReI, per l'anno 2018, in deroga a quanto previsto all'articolo 9, comma 6, l'INPS dispone il versamento del beneficio economico pur in assenza della comunicazione dell'avvenuta sottoscrizione del progetto personalizzato prevista all'articolo 6, comma 1. Il beneficio è comunque sospeso in assenza della comunicazione di cui al primo periodo decorsi sei mesi dal mese di prima erogazione»;

   inoltre, l'articolo 14 del decreto legislativo n. 147 del 2017 prevede che ogni regione, adotti, entro centocinquanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, un atto, anche nella forma di un Piano regionale per la lotta alla povertà, di programmazione dei servizi necessari definendo gli specifici rafforzamenti su base triennale del sistema di interventi e servizi sociali per il contrasto alla povertà nonché la possibilità, in riferimento ai propri residenti, di integrare il ReI con risorse regionali;

   l'articolo 14, comma 1, del suddetto decreto legislativo, stabilisce inoltre che il piano regionale per la lotta alla povertà sia adottato favorendo la consultazione delle parti sociali e degli enti del terzo settore territorialmente rappresentativi in materia di contrasto alla povertà;

   in data 18 maggio 2018 è stato emanato il decreto relativo ai criteri di riparto del Fondo per il contrasto alla povertà ove, all'articolo 2, comma 3, si prevede che le regioni, sulla base delle indicazioni programmatiche del Piano nazionale, adottino un piano regionale per la lotta alla povertà per l'attuazione del ReI come livello essenziale di assistenza delle prestazioni;

   nello specifico, in Lombardia, sono oltre 18.000 le famiglie, pari a più di 55.000 persone, che nei primi 6 mesi del 2018 hanno iniziato a beneficiare del reddito di inclusione ReI, con un importo medio dell'assegno di 269,29 euro mensili;

   tale numero è destinato ad aumentare, dal momento che dal 1° luglio 2018 il ReI è diventato una misura universale, per cui, per accedervi, sono valutate le sole condizioni economiche e non più il requisito famigliare (presenza di minori, di una persona con disabilità, di una donna in gravidanza, un disoccupato ultra 55enne);

   ad oggi, la regione Lombardia non ha completato la stesura del piano regionale contro la povertà e i 96 ambiti territoriali, in cui sono articolati i 1.523 comuni lombardi, potranno ricevere circa 32 milioni di euro già stanziati dal piano nazionale per l'implementazione delle reti sul territorio, solo dopo che il piano regionale sarà presentato ed approvato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

   il finanziamento ed il rafforzamento dell'infrastruttura sociale sul territorio sono fondamentali per la predisposizione dei progetti personalizzati di inserimento;

   nel mese di ottobre, in base alla norma di legge, le persone beneficiarie del Reddito di Inclusione, in Lombardia, rischiano di vedersi sospeso l'assegno mensile erogato dall'Inps qualora non abbiano potuto ancora sottoscrivere il progetto personalizzato per avviare il percorso di uscita dalla povertà –:

   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda adottare, in collaborazione con le regioni, affinché sia garantita l'attuazione del Reddito di Inclusione, assicurando un'efficace lotta contro la povertà e affinché i titolari del Reddito di Inclusione non perdano tale beneficio;

   se disponga di elementi, per quanto di competenza, circa i tempi di approvazione del piano regionale per la lotta alla povertà della regione Lombardia che, ai sensi dell'articolo 14, comma 1, del decreto legislativo n. 147 del 2017, deve essere comunicato al Ministero del lavoro e delle politiche sociali entro 30 giorni dalla sua adozione;

   quali regioni abbiano già predisposto i rispettivi piani regionali di lotta alla povertà e quali siano ancora in corso di approvazione, nonché quanti siano, ad oggi, i beneficiari del Reddito di Inclusione.
(5-00670)

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   sono giunte all'interrogante diverse segnalazioni relative ai seguenti fatti: alcuni pensionati che percepiscono sia la pensione che la reversibilità del coniuge, entrambe erogate dall'Inps e che in precedenza erano versate su due conti differenti, afferenti a due diverse banche, si sarebbero visti arrivare, senza comunicazione alcuna, i versamenti in questione su un unico conto e presso un'unica banca a scelta discrezionale dell'Inps;

   tale scelta, sebbene comprensibile ai fini dell'economicità dell'Inps potrebbe generare problemi e confusione soprattutto in presenza di una mancata comunicazione da parte dell'Inps e in considerazione del fatto che, sul conto dove l'accredito viene a mancare, il pensionato potrebbe avere scadenze di pagamenti legati a bollette o rate di acquisto –:

   se sussista effettivamente la problematica di cui in premessa relativa al fatto che, in presenza di due pensioni e di due conti correnti, l'Inps possa decidere in autonomia di versare entrambe su un unico conto afferente a un'unica banca;

   in caso affermativo, se l'Inps sia tenuta a provvedere con anticipo alla comunicazione di tale circostanza al pensionato interessato e con quali modalità;

   se risultino problematiche e criticità diffuse rispetto alla situazione segnalata in premessa e, in caso affermativo, quali iniziative si intendano assumere per superare le criticità stesse.
(4-01325)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PARENTELA, GAGNARLI, ALBERTO MANCA, CADEDDU, CIMINO, DEL SESTO, L'ABBATE, MARZANA, CILLIS, CASSESE, GALLINELLA e CUNIAL. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   la domanda netta globale di miele dal 2010 è cresciuta al ritmo di circa 20.000 tonnellate anno. Il consumo globale di miele è, infatti, in costante aumento a causa della generale crescita della popolazione mondiale, dell'ampliamento di fasce di consumatori e anche della crescente preferenza per alimenti naturali e sani. A questo costante incremento non corrisponde un'analoga crescita delle capacità produttive mondiali;

   nella Unione europea, come in tutte le aree geografiche, tradizionalmente grandi produttrici, si registrano peraltro ricorrenti flessioni dovute alle avversità che affliggono l'apicoltura mondiale, sinteticamente riconducibili all'incremento in agricoltura delle monocolture, all'impatto devastante sulle api dei pesticidi, al cambiamento climatico ed ai fenomeni estremi che l'accompagnano, alla diffusione di nuove parassitosi. A tutto questo si aggiungono estese e crescenti adulterazioni e frodi;

   l'unico Paese che, senza significative variazioni del numero di alveari allevati, fa eccezione a questa tendenza mondiale è la Cina. Questa nazione, principale esportatore mondiale di miele, sembra in grado di realizzare ben due «miracoli»: un inverosimile costante incremento delle capacità produttive accompagnato da un altrettanto improbabile stabilità produttiva, costante anno dopo anno. In effetti, negli ultimi 15 anni, le importazioni di miele dell'Unione europea sono cresciute a tasso medio di 10.284 tonnellate/anno, con la Cina come principale fornitore;

   non stupisce dunque che nel database degli Usa Pharmacopeia's Food Fraud (2018) il miele sia collocato, dopo latte e olio d'oliva, quale terzo alimento al mondo oggetto d'adulterazione. Peraltro, già il solo prezzo all'importazione fornisce una prima e chiara indicazione di mancanza di qualità e motiva più che fondati sospetti;

   in Europa nel 2015, la Commissione europea ha, finalmente, realizzato un primo monitoraggio del mercato europeo del miele: i risultati attestano un'importante percentuale di frodi e adulterazioni nei mieli commercializzati nella Unione europea;

   la direttiva europea sul miele 2001/110/CE in piena corrispondenza con il Codex Alimentarius (1981), è limpida e drastica nella definizione del prodotto; il termine «miele» è riservato al prodotto definito nell'allegato I, punto 1: «Il miele è la sostanza dolce naturale che le api (Apis mellifera) producono dal nettare di piante o dalle secrezioni provenienti da parti vive di piante o dalle sostanze secrete da insetti succhiatori che si trovano su parti vive di piante che esse bottinano, trasformano combinandole con sostanze specifiche proprie, depositano, disidratano, immagazzinano e lasciano maturare nei favi dell'alveare». Nell'allegato 2, al punto II si precisa: «Al miele immesso sul mercato in quanto tale o utilizzato in prodotti destinati al consumo umano non è aggiunto alcun ingrediente alimentare, neppure gli additivi, e non è effettuata nessun'altra aggiunta se non di miele (...)»;

   in Cina è diffusa la prassi di raccogliere miele immaturo con alto contenuto di acqua, che viene poi conferito alle fabbriche del miele che provvedono a lavorarlo, filtrarlo e deumidificarlo. Dal processo di essiccazione e maturazione in fabbrica deriva un prodotto privo di varie delle componenti caratteristiche del miele;

   pertanto, gli importatori che acquistano in Cina «miele» corrispondente ai locali standard produttivi e lo commercializzano in Europa quale prodotto rispondente alla direttiva del Consiglio concernente il miele realizzano una grave, e incomprensibilmente indisturbata, frode alimentare –:

   quali iniziative intenda mettere in atto rispetto a quanto descritto in premessa al fine tutelare un settore strategico quale quello dell'apicoltura italiana e i consumatori.
(5-00664)

Interrogazione a risposta scritta:


   DEL SESTO, CILLIS, GALLINELLA, GAGNARLI, CADEDDU, MAGLIONE, LOMBARDO e ALBERTO MANCA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   fino ad una decina di anni fa, la Campania vantava oltre il 50 per cento della produzione nazionale di castagne. Dal suo territorio proveniva il 10 per cento di quella mondiale e il 20 per cento del prodotto trasformato dall'industria alimentare;

   la filiera castanicola dell'alto Casertano – e dell'areale vulcanico di Roccamonfina, in particolare – ha rappresentato una delle realtà più importanti del distretto castanicolo europeo per volumi prodotti, per qualità e per fatturato in rapporto all'estensione territoriale. In questo areale, dove la castanicoltura è documentata già a partire dal secolo XV, venivano raccolti circa 120 mila quintali di castagne con una produzione lorda vendibile pari a circa 20 milioni di euro;

   tra le diverse cultivar prodotte spicca, senz'altro, la «Tempestiva», una varietà autoctona caratterizzata da eccezionali proprietà organolettiche ed unica nel suo genere, in quanto si tratta della prima castagna che viene raccolta in Europa già ai primi di settembre;

   dal 2008, è iniziato un netto calo della produzione, a causa della massiccia infestazione delle superfici da parte del cinipide galligeno del castagno (Dryocosmus kuriphilus Yasumatsu), un imenottero originario della Cina, contro il quale è stata messa in campo una lotta biologica attraverso l'utilizzo di un antagonista naturale (il parassitoide Torymus sinensis);

   ciò nonostante, i dati degli ultimi anni sono davvero allarmanti: per le annate 2012, 2014 e 2016, a causa di un calo medio del 90 per cento è stato, infatti, dichiarato per tre volte lo stato di calamità naturale. Anche il calo previsto per il 2018 appare superiore al 90 per cento;

   il cinipide, infatti, ha determinato danni irreversibili, con perdite rilevanti per quanto riguarda la produzione dei frutti e agli accrescimenti legnosi, a seguito del forte depauperamento delle strutture vegetative della pianta, oltre ad ingenerare uno stato di stress che ha predisposto il castagno all'attacco di altre malattie endemiche e non (mal dell'inchiostro, cancro corticale, cydia intermedia e precoce, marciume delle castagne, e altro);

   inoltre, condizioni climatiche avverse e sempre più frequenti – come gelate tardive primaverili ed abbondanti piogge durante la fioritura – hanno spesso causato notevoli riduzioni del raccolto;

   al danno socio-economico rischia di aggiungersi, nei prossimi anni, anche quello ambientale ed idrogeologico. Si sta già assistendo, infatti, all'abbandono di centinaia di ettari di castagneti, in particolare quelli caratterizzati dall'eccessiva acclività, dove le operazioni colturali non sono meccanizzabili e implicano maggiori spese di gestione, con interi costoni di montagna che non vengono più manutenuti. Pertanto, la mancata pulizia del sottobosco e dei canali di scolo delle acque meteoriche, che ha sempre garantito non solo una barriera contro gli incendi ma anche una corretta gestione idrogeologica di vaste aree montane, potrebbe non costituire più un argine per combustioni, frane e dissesti;

   le numerose aziende agricole impegnate nella produzione e quelle agroindustriali di trasformazione, in questi ultimi anni, stanno continuando a subire un considerevole danno economico, che potrebbero non superare se le condizioni complessive della filiera non miglioreranno e se non vi saranno interventi strutturali ed organici di sostegno;

   è seriamente a rischio un pezzo della storia agroindustriale della regione, un pezzo di cultura agricola, un modo di vivere e gestire la montagna –:

   di quali ulteriori elementi disponga il Governo in relazione ai fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda adottare al fine di sostenere e agevolare la ripresa del settore castanicolo nazionale, e della regione Campania in particolare, indispensabile per la sopravvivenza delle aziende impegnate nella produzione e dei numerosi addetti dell'indotto, nonché per garantire la continuità della tutela del paesaggio, visto il prezioso ruolo di presidio e conservazione del territorio svolto dalla coltivazione dei castagni.
(4-01327)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta immediata:


   MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GASTALDI, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LO MONTE, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MARCHETTI, MATURI, MORELLI, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, SALTAMARTINI, SASSO, SEGNANA, STEFANI, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, ZANOTELLI, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   il Ministro interrogato ha recentemente dichiarato di non voler procedere ad assunzioni generalizzate, ma di voler pianificare il reclutamento solo in settori strategici, con particolare riguardo a profili tecnici e al personale delle forze dell'ordine;

   il Ministro dell'interno Salvini, nei giorni scorsi, ha annunciato un piano straordinario di assunzioni di circa 7.300 persone nelle forze dell'ordine e nei vigili del fuoco;

   il piano di assunzioni non riguarderà quindi un'unica categoria, in quanto è previsto anche un incremento di vigili del fuoco di circa 1.500 unità;

   l'obiettivo, sempre secondo quanto riportato da alcuni quotidiani, è di giungere ad un incremento complessivo quanto meno di 5.800 unità nelle forze dell'ordine, 1.500 nei vigili del fuoco e di unità anche di personale civile, dirigenti amministrativi e personale per la carriera prefettizia –:

   quali siano i termini del piano straordinario di assunzioni richiamato in premessa e le linee generali di intervento del Governo in materia.
(3-00229)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MICELI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   con la liquidazione dell'I.R.I., la Presidenza del Consiglio dei ministri e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali hanno agevolato per tutte le società operanti sul territorio nazionale, il passaggio del personale in altri enti pubblici, siglando per tali finalità protocolli d'intesa tra le parti sociali;

   il personale della Italter, già gruppo I.R.I. operante in Sicilia, in base alla legge regionale della regione Siciliana 1° settembre 1993, n. 25, articolo 76, è transitato — a differenza delle altre ex società del gruppo — senza soluzione di continuità nell'amministrazione regionale siciliana con contratto a tempo determinato di durata biennale, regolato dal contratto collettivo nazionale di lavoro edile, compensando i debiti che la regione aveva maturato con la società;

   la regione siciliana, così come disposto dalla sopracitata legge regionale, ha utilizzato costantemente il personale ex I.R.I. il quale ammonta a 63 dipendenti, 62 dei quali, entro il 2025, saranno pensionati;

   nel 2001 la regione Siciliana e lo Stato intervenivano con due provvedimenti legislativi finalizzati ad una completa normalizzazione del rapporto di lavoro;

   la regione Siciliana, con legge regionale 10 dicembre 2001, n. 21, articolo 48, rendeva omogeneo il trattamento economico con quello dei dipendenti regionali, sottolineando ai fini della ratio legis, che il calcolo dell'anzianità di servizio del personale in questione dovesse essere effettuato sommando l'anzianità posseduta nell'amministrazione regionale nei periodi di effettivo servizio a quella già conseguita nella società di provenienza in quanto società a capitale interamente pubblico;

   lo Stato, con legge 28 dicembre 2001, n. 448, articolo 20, ha posto le condizioni per stabilizzare il personale precario siciliano, facendo gravare gli oneri sui fondi di cui alla legge 31 dicembre 1991, n. 433, che la regione siciliana ha rimodulato più volte, escludendo proprio la stabilizzazione del personale e disattendendo altresì le disposizioni legislative dalla stessa emanate (legge regionale 16 aprile 2003, n. 4, articolo 115);

   lo Stato, riconosciuta la disparità di trattamento intervenuta tra colleghi dipendenti di società ex I.R.I. — tutti transitati in enti pubblici ad esclusione dei soli siciliani — con legge 24 dicembre 2007, n. 244, articolo 2, comma 553, ha autorizzato la regione Siciliana a trasformare in contratti a tempo indeterminato i vigenti contratti stipulati per il personale individuato dalla legge regionale 1° settembre 1993, n. 25, articolo 76;

   si è espressa sul tema anche la Corte costituzionale, con sentenza n. 113 del 2017 e che, con specifico riferimento agli indirizzi operativi sull'applicazione della disciplina contenuta all'articolo 20 («Superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni») del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75; il Ministro per la semplificazione e la pubblica Amministrazione pro tempore ha diramato la circolare n. 3 del 2017 in materia di «Indirizzi operativi in materia di valorizzazione dell'esperienza professionale del personale con contratto di lavoro flessibile e superamento del precariato», nella quale si stabilisce che «le amministrazioni valuteranno in che termini le attività di programmazione e di attuazione già avviate in applicazione dei predetti interventi possano, ove ne ricorrano le condizioni e se ne ravvisi l'opportunità, essere coordinate, a decorrere dal 1° gennaio 2018, con le nuove procedure previste dal d.lgs. 75/2017»;

   ad oggi, però, la regione Siciliana non ha ancora provveduto a trasformare in contratti a tempo indeterminato i contratti del personale di cui sopra –:

   se e quali nuove iniziative, anche di natura normativa, il Governo intenda promuovere, per quanto di competenza, al fine di prevedere una stabilizzazione del personale di cui in premessa, all'uopo precisando i termini di tali eventuali iniziative.
(4-01329)


   VALLASCAS. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 97, comma 4, della Costituzione sancisce che «agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge»;

   la Corte Costituzionale, nel rafforzare il principio dell'obbligatorietà del procedimento concorsuale nell'accesso al pubblico impiego, ha delimitato e ristretto i margini entro i quali possano essere previste e ammesse delle deroghe alla regola generale, ricordando che l'introduzione delle citate deroghe «deve essere delimitata in modo rigoroso, potendo tali deroghe essere considerate legittime solo quando siano funzionali esse stesse al buon andamento dell'amministrazione e ove ricorrano peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle» (sentenza n. 40 del 2018);

   è il caso di rilevare che, secondo numerosi articoli di stampa, la regione Sardegna, da circa 10-15 anni, avrebbe derogato alla regola del concorso pubblico, attraverso procedure straordinarie, sia nelle progressioni verticali e nelle stabilizzazioni, sia nel passaggio automatico e senza concorso del personale delle società partecipate, sia nell'assunzione diretta e definitiva dai Csl (Centri servizio per il lavoro) e dai Cesil (Centri servizi inserimenti lavorativi);

   nel contempo, l'amministrazione regionale avrebbe omesso di dare seguito, con lo scorrimento delle graduatorie approvate, a quei procedimenti di selezione pubblica del personale, regolarmente espletati nel rispetto della regola del concorso pubblico;

   è il caso di segnalare, a titolo di esempio, le graduatorie, di fatto ferme al 2013, di un concorso all'azienda regionale per l'edilizia abitativa (Area), facente parte del Sistema unico regione Sardegna, nelle quali sono presenti 19 vincitori di concorso, tra 14 funzionari tecnici (categoria D), e sei istruttori tecnici (categoria C) (di cui due presenti anche nella graduatoria funzionari);

   in pratica, a fronte dei piani triennali approvati, dei procedimenti ancora in corso, e non completamente conclusi, e degli annunci alla stampa di assunzioni con procedure ordinarie (concorsi pubblici e scorrimento delle graduatorie vigenti), la regione avrebbe seguito prevalentemente, se non esclusivamente, procedure straordinarie, variando annualmente il Piano triennale approvato l'anno precedente a favore di assunzioni fuori dalle procedure ordinarie;

   ad esempio, sarebbero stati assunti definitivamente oltre 320 lavoratori dai Csl e dai Cesil, sarebbero sta stabilizzate 51 unità di categoria D (nonostante la citata graduatoria Area) e assorbiti senza selezione alcuna 34 lavoratori delle partecipate Hydrocontrol e Sigma Invest;

   la situazione sarebbe ulteriormente peggiorata con le nuove procedure di stabilizzazione che, come già accaduto con le procedure che si erano concluse nel 2014, potrebbero, assieme ai concorsi riservati solo agli interni, saturare la pianta organica e assorbire interamente il fondo assunzioni, ritardando ulteriormente lo scorrimento delle graduatorie approvate e l'immissione in ruolo di candidati risultati idonei a seguito di regolare concorso pubblico;

   a confermare che il ricorso alla deroga della regola del concorso pubblico non sempre è giustificato, è sopraggiunta la sentenza n. 40 del 2018 della Corte Costituzionale che ha censurato il passaggio alla regione dei lavoratori di Hydrocontrol e Sigma Invest in base alla legge n. 2 del 2007. La regione ha approvato così la legge regionale n. 7 dell'8 marzo 2018 che non è stata impugnata dal precedente Governo –:

   quali iniziative intenda adottare affinché, nel rispetto del dettato costituzionale, il reclutamento del personale nella pubblica amministrazione avvenga attraverso pubblici concorsi;

   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per evitare che, attraverso i procedimenti di stabilizzazione, acceda alla pubblica amministrazione personale privo di requisiti e competenze.
(4-01332)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARZANA, GAGNARLI, CUNIAL, LOMBARDO, MAGLIONE, DEL SESTO, ALBERTO MANCA, D'ARRANDO, MAMMÌ, TRIZZINO e LEDA VOLPI. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   l'Italia è prima al mondo per produzione, esportazione e consumo di pasta. La produzione di grano duro, tuttavia, copre solo il 70 per cento del fabbisogno ed è quindi necessario importare dall'estero il 30 per cento del grano;

   la restante percentuale di fabbisogno viene colmata dalle importazioni dai Paesi extra Unione europea come il Canada, la Russia, il Kazakistan, che utilizzano il glifosato in preraccolta;

   il glifosato è un erbicida introdotto in agricoltura dalla multinazionale canadese Monsanto che lo ha commercializzato per la eliminazione delle erbe infestanti ed è ora utilizzato da moltissime aziende;

   in base ad uno studio dell'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, il glifosato è stato inserito nella categoria 2A tra le sostanze potenzialmente cancerogene;

   la società Monsanto è stata condannata da una Corte Californiana a risarcire con 289 milioni di dollari un giardiniere malato terminale che, a causa del suo lavoro, era stato a contatto con l'erbicida, sviluppando un linfoma non Hodgkin;

   con il decreto del Ministero della salute 9 agosto 2016, è stato revocato l'impiego del glifosato in pre-raccolta;

   tuttavia, non tutti i Paesi dell'Unione europea lo hanno bandito, anche perché la Commissione europea ne ha rinnovato l'utilizzo in deroga per altri cinque anni;

   il grano importato è spesso raccolto umido per cui sviluppa alti livelli di micotossine, la cui presenza negli alimenti è disciplinata dal regolamento «contaminanti» (regolamento n. 1881 del 2006). Nel grano duro, la micotossina maggiormente presente è il deossinivalenolo (DON), ammessa con il limite di 1750 ppb. Il grano canadese ha contenuti di Don di oltre 1000 ppb;

   il contenuto di DON nel grano duro prodotto nell'Italia meridionale non supera le 100 ppb. Con la modifica del regolamento «contaminanti» e con l'abbassamento della quantità massima di DON, si consentirebbe ai nostri produttori di soddisfare il fabbisogno di grano ad un prezzo remunerativo e di tutelare la salute dei consumatori;

   il grano proveniente da Paesi terzi, una volta entrato in un porto di un Paese dell'Unione europea, in seguito ai controlli sanitari e allo sdoganamento, non subisce, di norma, ulteriori controlli per poter essere trasformato e messo in commercio nel nostro Paese, data l'unione doganale di cui all'articolo 30 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;

   in base all'articolo 36 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, il generale divieto di restrizioni alla merce proveniente da Paesi dell'Unione europea, incontra il limite della tutela della salute ed è quindi possibile porre limiti alla introduzione di prodotti provenienti da altri Paesi dell'Unione europea se questi, non nascondendo discriminazioni dissimulate, danneggiano la salute dei cittadini;

   la grande quantità di grano in arrivo da altri Paesi obbliga alla conservazione del grano nei silos anche per diversi anni. Il grano così conservato può essere pericoloso per la salute in quanto può sviluppare un ulteriore livello di micotossine. Inoltre, la possibile obsolescenza delle macine per la trasformazione del grano può determinare una contaminazione da nanoparticelle di metalli pesantinella semola –:

   se il Governo non ritenga di assumere iniziative per attivare i controlli sul grano proveniente da altri Stati membri, anche al fine di predisporre, se necessario, le restrizioni all'importazione di cui all'articolo 36 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e, nel rispetto del principio di precauzione, con riferimento al grano trasformato, se non ritenga di dover istituire un sistema di controlli sistematici nelle aziende al fine di escludere che la semola contenga i contaminanti descritti in premessa, estremamente dannosi per la salute umana.
(5-00669)

SUD

Interrogazione a risposta immediata:


   LOLLOBRIGIDA, MELONI, ACQUAROLI, BELLUCCI, BUCALO, BUTTI, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, CROSETTO, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FIDANZA, FOTI, FRASSINETTI, GEMMATO, LUCASELLI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. — Al Ministro per il sud. — Per sapere – premesso che:

   dalle dichiarazioni rilasciate dal Ministro interrogato in merito al «contratto» di governo che dedica al Sud solo sei righe, emergono proclami di investimenti e promesse riguardanti il Sud che vanno dalle zone economiche speciali alle infrastrutture che «devono riconnettere il Sud con il resto del Paese»;

   le promesse del Ministro interrogato vanno dalle sperequazioni («è considerata una priorità applicare i livelli essenziali nelle prestazioni») ai fondi europei; si legge nelle interviste: ci sono «quasi cento miliardi che possiamo ancora recuperare». E ancora: «gli sgravi contributivi per i disoccupati» e la Tap costituiscono per il Ministero una priorità;

   il Ministro interrogato ha di recente definito il suo Ministero «un presidio per tutti i cittadini meridionali», aggiungendo che le poche righe del programma, in realtà, rappresentano un potenziale enorme, perché trattano di misure omogenee per tutto il territorio nazionale e che avrebbe monitorato l'azione del Governo, per fare in modo che le misure adottate assicurino al Sud le risposte di cui ha bisogno. Una delle ultime dichiarazioni del Sottosegretario Castiello evidenziano che «al Sud servono risposte straordinarie»;

   ad oggi nessuno di questi impegni appare realizzato, nonostante la crescita del prodotto interno lordo nel Mezzogiorno nel 2017 sia stata in linea con quella italiana, recuperando le tante posizioni perse nel corso della lunga crisi economica; le arretratezze nel Sud rischiano di esplodere se lo Stato non decide di intervenire con forti investimenti pubblici, anziché con proclami;

   contribuiscono al grande gap infrastrutturale ed economico del Sud, cresciuto a dismisura negli ultimi 25 anni, meno investimenti, fondi europei spesi non tempestivamente e una macchina amministrativa tra le meno efficienti di Europa, tutti elementi che rendono il Sud meno attrattivo rispetto alle altre regioni;

   Fratelli d'Italia sostiene da tempo che l'unico modo per invertire il trend appena descritto è quello di effettuare investimenti di rilievo nel Mezzogiorno; al riguardo, Fratelli d'Italia ritiene necessario che almeno il 50 per cento della spesa complessiva dello Stato vada investito in infrastrutture per il Sud –:

   quali siano in concreto gli interventi realizzati fino ad oggi e quali misure urgenti si intendano adottare a favore del Sud entro la fine del 2018.
(3-00228)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE MENECH. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   alcuni enti locali sul territorio nazionale sarebbero stati raggiunti da avvisi di accertamento per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 102, comma 2, del decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259, recante il codice delle comunicazioni elettroniche il quale prevede una sanzione amministrativa pecuniaria da 300 a 3.000 euro irrogata a «chiunque installa od esercisce una rete di comunicazione elettronica ad uso privato, senza aver conseguito l'autorizzazione generale», obbligando in solido le persone dei sindaci dei comuni interessati;

   in particolare, i funzionari incaricati dal Ministero dello sviluppo economico starebbero accertando la presenza di una rete di comunicazione elettronica a uso privato costituita in parte da fibra ottica per la quale sarebbe necessaria la specifica autorizzazione;

   le reti di trasmissione, con stesura di fibra ottica su aree di proprietà dei comuni, spesso finanziate anche con investimenti regionali, sarebbero, nella maggior parte dei casi, funzionali all'esercizio di servizi pubblici e in particolare alla messa a disposizione delle autorità di polizia e giudiziarie delle registrazioni di videosorveglianza per la sicurezza del territorio;

   l'articolo 99, comma 5, del citato codice delle comunicazioni elettroniche prevede che è in ogni caso libera «l'installazione, per proprio uso esclusivo, di reti di comunicazione elettronica per collegamenti nel proprio fondo o in più fondi dello stesso proprietario, possessore o detentore purché contigui, ovvero nell'ambito dello stesso edificio per collegare una parte di proprietà del privato con altra comune, purché non connessi alle reti di comunicazione elettronica ad uso pubblico. Parti dello stesso fondo o più fondi dello stesso proprietario, possessore o detentore si considerano contigui anche se separati, purché collegati da opere permanenti di uso esclusivo del proprietario, che consentano il passaggio, pedonale o di mezzi»;

   l'articolo 105, comma 2, lettera a), del medesimo codice, inoltre, prevede che si considerano di libero uso «i collegamenti su supporto fisico, ad onde convogliate e con sistemi ottici realizzati nel fondo ai sensi dell'articolo 99, comma 5»;

   si rileva inoltre che gli enti interessati non sono affatto assimilabili all'operatore come definito ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera u) del citato codice laddove per operatore si intende «l'impresa che è autorizzata a fornire una rete pubblica di comunicazioni, o una risorsa correlata»;

   gli impianti di videosorveglianza sono uno strumento fondamentale per garantire la sicurezza dei cittadini e moltissimi comuni d'Italia si sono dotati d'impianti molto efficienti che stanno contribuendo concretamente a garantire la sicurezza delle comunità –:

   se i Ministri interrogati siano al corrente di quanto riportato in premessa e quali iniziative intendano adottare, per quanto di competenza, al fine di chiarire che, in tutti i casi in cui venga implementata una rete di trasmissione elettronica su aree di proprietà dei comuni, funzionale all'erogazione di servizi pubblici, quali ad esempio il sistema di videosorveglianza a disposizione delle autorità di polizia, l'esercizio di rete di comunicazione elettronica è svolto per uso pubblico e pertanto non necessita di conseguire l'autorizzazione prevista dal codice delle comunicazioni elettroniche.
(5-00667)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in commissione Gallinella e Ciprini n. 5-00291, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 luglio 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Terzoni.

  L'interrogazione a risposta scritta Quartapelle Procopio e Ceccanti n. 4-01279, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 ottobre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ciampi.

  L'interrogazione a risposta in commissione Gallinella n. 5-00647, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 ottobre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Terzoni, Alberto Manca, Scagliusi.

Trasformazione di documenti
del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta orale Fratoianni e Fornaro n. 3-00221 dell'8 ottobre 2018 in interrogazione a risposta scritta n. 4-01322;

   interrogazione a risposta orale Fornaro n. 3-00222 dell'8 ottobre 2018 in interrogazione a risposta scritta n. 4-01323.