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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 25 settembre 2018

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    da notizie a mezzo stampa si è appreso che il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Moavero Milanesi, negli scorsi mesi avrebbe chiesto all'ambasciatore italiano in Austria di informarsi sulle ultime intenzioni del Governo austriaco in merito alla cosiddetta questione della concessione del doppio passaporto ai cittadini altoatesini, inserita nel programma di Governo austriaco, definendo la questione come «curiosa» e lasciando intendere la contrarietà del Governo italiano all'apertura di questo tema;

    tale contrarietà è stata confermata dal successivo annullamento da parte del Ministro Moavero Milanesi di uno degli usuali incontri bilaterali che si sarebbe dovuto tenere a Vienna nel mese di settembre 2018, così confermando la linea italiana già affermata nel mese di marzo 2018 dall'allora Ministro Alfano che a sua volta aveva annullato un precedente incontro con la controparte austriaca, dando istruzioni all'ambasciatore italiano a Vienna di non prendere parte alla riunione sulla proposta della doppia cittadinanza per la popolazione di lingua tedesca e ladina dell'Alto Adige;

    sempre da notizie a mezzo stampa si è appreso che pochi giorni fa, durante il viaggio in Italia del cancelliere austriaco Sebastian Kurz, a margine di un incontro con il Presidente del Consiglio Conte, quest'ultimo avrebbe sottolineato di aver avuto «l'occasione di rappresentare che l'Italia e il Governo hanno una posizione chiara sulla vicenda dei passaporti e della doppia cittadinanza», ossia una posizione di netta contrarietà, più volte manifestata da esponenti dell'Esecutivo e delle istituzioni italiane, mentre desta preoccupazione il fatto che su una questione così delicata per l'interesse nazionale dell'Italia fino ad oggi tali posizioni non siano state pubblicamente sostenute anche da quelle componenti del Governo che si ricollegano al Partito del vice-ministro del Consiglio Salvini;

    come è noto, per definire la questione della tutela della minoranza linguistica tedesca del Trentino-Alto Adige, il 5 settembre 1946 a Parigi, a margine dei lavori della Conferenza di pace successiva alla fine della seconda guerra mondiale, fu siglato il noto accordo De Gasperi-Gruber, che per più di settant'anni ha permesso il mantenimento di buone relazioni, in un quadro reciproco di sviluppo e prosperità di questi due Paesi, prevedendo tra l'altro la completa eguaglianza dei diritti degli «abitanti di lingua tedesca della provincia di Bolzano e di quelli dei vicini comuni bilingui della provincia di Trento rispetto agli abitanti di lingua italiana»;

    lo stesso cancelliere austriaco a settembre, in occasione dell'incontro con il Presidente del Consiglio Conte, avrebbe avuto occasione di dichiarare che l'Austria comunque agirà «in accordo con Roma»; del resto l'eventuale concessione unilaterale della doppia cittadinanza ai cittadini sudtirolesi costituirebbe, di fatto, una rimessa in discussione di quegli accordi di Parigi, tuttora in vigore, che hanno fortemente contribuito a mantenere buone relazioni di amicizia e prosperità tra l'Italia e l'Austria;

    ciò che desta preoccupazione maggiormente è la considerazione che un'eventuale concessione del doppio passaporto ai cittadini sudtirolesi, lungi dal tutelare realmente tali minoranze, rischierebbe di fatto di frammentare la popolazione Altoatesina, tra coloro che potrebbero ottenere la cittadinanza e coloro che invece non potrebbero ottenerla, apparentemente dimenticando la circostanza che i cittadini degli Stati dell'Unione europea sono già titolari, oltre che della cittadinanza nazionale, anche di quella europea, una cittadinanza che in quanto capace di integrare e allargare i diritti connessi alla cittadinanza nazionale, andrebbe senz'altro valorizzata, in particolare da un Paese, come l'Austria, che si trova proprio in questo momento a ricoprire il delicato ruolo della Presidenza di turno dell'Unione europea;

    va altresì rilevato che, poiché sino ad oggi l'Austria non dispone ancora di una legge nazionale atta a consentirle il riconoscimento della doppia cittadinanza, le dichiarazioni d'intenti austriache sembrano fin qui destinate più a sortire effetti sul piano mediatico in vista delle prossime ravvicinate scadenze elettorali, che non a determinare concreti mutamenti nell'immediato sul piano giuridico, non essendo neppure chiaro quali siano i requisiti esattamente previsti per ottenere l'eventuale concessione della doppia cittadinanza da parte dell'Austria;

    è sufficiente rileggere la storia europea dell'ultimo mezzo secolo per diffidare da qualunque azione politica o giuridica volta ad incentivare la nascita e il consolidamento dei particolarismi o dei nazionalismi, ossia di tutte quelle tendenze dei gruppi etnici, religiosi, o politici, a porsi come entità separate all'interno di uno Stato o di una comunità che, lungi dal fornire crescita e prosperità alle comunità cui appartenevano, hanno sempre finito per minare le stesse fondamenta di una pacifica convivenza civile;

    al contrario, la nascita stessa dell'Unione europea ha testimoniato quel coraggioso tentativo compiuto alla metà del secolo scorso dai padri fondatori, sulle macerie della seconda guerra mondiale, per superare, prima attraverso un'integrazione tutta economica, e successivamente attraverso una progressiva integrazione anche politica e dei diritti, i particolarismi e gli egoismi nazionali e assicurando così, anche attraverso il pieno riconoscimento delle minoranze linguistiche, quella pace e quella stabilità che ci hanno accompagnato per più di settant'anni,

impegna il Governo:

1) a proseguire e a consolidare la politica tradizionalmente seguita dall'Italia, nelle sue relazioni bilaterali e nell'ambito del processo di integrazione europeo, volta a rafforzare la stabilità delle relazioni internazionali, in un'ottica di pace e benessere per le rispettive popolazioni;

2) ad adottare ogni iniziativa utile sul piano politico e su quello diplomatico al fine di prevenire in ogni modo, e scongiurare, il rischio di iniziative unilaterali, potenzialmente capaci di rinfocolare nuovi nazionalismi o particolarismi, destinati a minare le fondamenta di una pacifica convivenza in Europa;

3) ferma restando la piena e necessaria tutela delle minoranze linguistiche, ad adottare ogni iniziativa utile, sul piano politico e su quello diplomatico, volta a sostenere con forza il modello di convivenza fin qui applicato in Alto Adige, anche alla luce degli ottimi risultati fino ad oggi conseguiti in termini di integrazione e pacifica convivenza anche tra realtà storiche, linguistiche e culturali differenti;

4) ad adottare ogni iniziativa utile, per quanto di competenza, volta a promuovere sul territorio del Sud-Tirolo campagne di informazione e sensibilizzazione sul valore aggiunto in termini economici e culturali costituito dalle regioni con presenza di multilinguismo, sulla ricchezza offerta dalle comunità multi-culturali, e sui diritti connessi alla cittadinanza europea, quale forma di cittadinanza integrativa e aggiuntiva rispetto a quella nazionale.
(1-00039) «Migliore, Boschi, Enrico Borghi, Ceccanti, Fiano».


   La Camera,

   premesso che:

    in data 12 settembre 2018 il Parlamento europeo ha approvato la risoluzione della deputata olandese Judith Sargentini con la quale si chiedeva l'avvio della procedura sanzionatoria, di cui all'articolo 7 del Trattato di Lisbona, prevista in caso di violazione dei diritti fondamentali da parte di uno stato membro, nei confronti dell'Ungheria;

    la procedura sanzionatoria, significativamente definita «opzione nucleare», costituisce un precedente pericolosissimo e può giungere, nella scala delle sanzioni, sino alla sospensione del diritto di voto di Budapest nel Consiglio dell'Unione europea;

    il carattere di aggressione politica, mascherata da motivazioni giuridiche, traspare chiaramente da alcune affermazioni dei leader europei, tra i quali Guy Verhofstadt, capogruppo dei liberaldemocratici, che ha affermato testualmente «affronteremo chiunque voglia distruggere il progetto europeo, questo è il messaggio»;

    purtroppo e con chiara compromissione della sovranità degli Stati membri nel 2013 la Commissione europea ha, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, unilateralmente ed arbitrariamente, deciso che il potere d'intervento dell'Unione europea è esteso anche ai campi, come nel caso di specie, ove gli Stati possono agire autonomamente;

    la procedura sanzionatoria di cui all'articolo 7 del Trattato di Lisbona prevede che i competenti organi dell'Unione europea dovranno procedere a eventuali tre votazioni: il Consiglio dell'Unione europea dovrà decidere, con una maggioranza di quattro quinti, in ordine alla sussistenza del «rischio manifesto» di una grave violazione dei diritti da parte dello Stato membro, successivamente il Consiglio europeo sarà chiamato a votare all'unanimità l’«esistenza di una grave e persistente violazione» da parte del medesimo Stato, e, infine, il Consiglio vota a maggioranza qualificata per indicare le sanzioni da assumere;

    il Consiglio europeo è composto dai leader degli Stati membri e, nel caso italiano, dal Presidente del Consiglio;

    la posizione dell'Italia e segnatamente il voto dell'Italia, tramite il Presidente del Consiglio, sarà quindi determinante;

    evidentemente il voto del Presidente del Consiglio assume un valore politico straordinario e sarà espressione non di convincimenti di natura personale, ma esprimerà la posizione dello Stato italiano;

    in occasione dell'esame della citata risoluzione i deputati europei del Movimento 5 Stelle, in dissenso rispetto al proprio gruppo politico di appartenenza al Parlamento europeo – «Europa della Libertà e della Democrazia Diretta», hanno votato a favore delle sanzioni, mentre il gruppo parlamentare europeo della Lega ha votato contro le sanzioni al Governo di Budapest;

    l'Italia non potrà esprimersi a due voci in seno al Consiglio europeo, dovendo prendere definitiva posizione relativamente a una questione che attiene intimamente al tema della sovranità degli Stati membri e della libera determinazione di politiche della sicurezza e della immigrazione,

impegna il Governo

1) ad assumere, in ogni sede competente, e, in particolare, in seno al Consiglio europeo, una netta posizione a favore del Governo ungherese e del suo incomprimibile diritto a determinarsi liberamente in ordine alle politiche della sicurezza e dell'immigrazione ed in ogni caso alle politiche sottratte al concorso delle norme europee, sino ad esprimere voto contrario nei prosieguo delle fasi della procedura sanzionatoria di cui all'articolo 7 del Trattato di Lisbona.
(1-00040) «Lollobrigida, Meloni, Delmastro Delle Vedove, Cirielli, Acquaroli, Bellucci, Bucalo, Butti, Caretta, Ciaburro, Crosetto, Deidda, Luca De Carlo, Donzelli, Ferro, Fidanza, Foti, Frassinetti, Gemmato, Lucaselli, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 114, terzo comma, della Costituzione, come sostituito dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, recita: «Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento»;

    il decreto legislativo n. 156 del 2010, in materia di ordinamento provvisorio di Roma capitale, è stato il primo provvedimento a essere emanato in attuazione della delega prevista dall'articolo 24 della legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale. Tale delega riguarda l'ordinamento provvisorio, anche finanziario, di Roma capitale e la configura, in luogo del comune di Roma, come l'ente territoriale «Roma capitale» dotato di una speciale autonomia;

    a Roma Capitale la legge n. 42 del 2009 ha attribuito ulteriori funzioni amministrative, relative alla valorizzazione dei beni storici, artistici e ambientali, allo sviluppo del settore produttivo e del turismo, allo sviluppo urbano, all'edilizia pubblica e privata, ai servizi urbani, con particolare riferimento al trasporto pubblico e alla mobilità, e alla protezione civile, prevedendo che siano assegnate risorse ulteriori, in considerazione del ruolo di capitale della Repubblica e delle nuove funzioni ad essa attribuite, nonché procedendo alla determinazione dei principi generali per l'attribuzione al nuovo ente territoriale di un nuovo patrimonio;

    le disposizioni recate dall'articolo 24 della legge n. 42 del 2009 in materia di ordinamento di Roma capitale hanno avuto un carattere transitorio o, per meglio dire, hanno costituito una «normativa-ponte» in vista dell'attuazione di una disciplina organica delle città metropolitane ex articolo 23 della legge n. 42 del 2009;

    la nuova disciplina sulle città metropolitane è stata dettata con una diversa fonte legislativa, costituita dall'articolo 18 del decreto-legge n. 95 del 2012 convertito dalla legge n. 135 del 2012;

    il consiglio comunale di Roma il 7 marzo 2013 ha approvato il nuovo statuto di Roma Capitale, che recepisce quanto stabilito nel decreto legislativo n. 156 del 2010 sull'ordinamento di Roma Capitale; questo ha previsto tra l'altro la diminuzione dei municipi da 19 a 15;

    lo statuto della città metropolitana di Roma è stato approvato con deliberazione della conferenza metropolitana n. 1 del 22 dicembre 2014;

    l'essere capitale e area metropolitana rappresenta per Roma una particolarità che ha bisogno non solo di un ordinamento differenziato ma anche di un modello metropolitano efficace tenuto conto che Roma capitale comprende quindici municipi ognuno con un numero di abitanti pari ad una media città italiana;

    la legge n. 56 del 2014 all'articolo 1, comma 11, lettera c), e l'articolo 22, nonché l'articolo 22 dello statuto della città metropolitana di Roma hanno previsto la possibilità per la città metropolitana di Roma di costituire nel proprio ambito più zone omogenee e, in tale contesto, ciascun dei municipi di Roma potrebbero costituire una zona omogenea trasformandoli in comuni dell'area metropolitana dotati di autonomia amministrativa in coerenza con lo statuto della città metropolitana;

    le revisioni dell'assetto ordinamentale di Roma Capitale sono materia di portata politica «costituzionale», considerati anche gli effetti sugli altri livelli istituzionali territoriali e il quadro normativo statale. Tali revisioni devono avvenire dentro un percorso di carattere «costituente», come si evince anche dalla previsione del referendum tra i residenti della città metropolitana ai fini del ridisegno dell'assetto ordinamentale in questione. Al tal fine, il percorso di revisione ordinamentale va aperto alla partecipazione attiva e al consenso di almeno una parte significativa delle rappresentanze istituzionali delle minoranze;

    l'iniziativa politica e istituzionale, intrapresa recentemente dalla sindaca Raggi con il Presidente del Consiglio dei ministri, va nella giusta direzione del riconoscimento istituzionale ed economico della «specialità» di Roma Capitale della Repubblica e sede dello Stato Vaticano;

    qualsivoglia riassetto ordinamentale riguardante Roma Capitale non può non prevedere l'elezione diretta del sindaco e del consiglio metropolitano e la costituzione in zone omogenee di ciascun municipio di Roma Capitale trasformando gli stessi municipi in comuni dotati di autonomia amministrativa;

    nel contesto del ridisegno ordinamentale di Roma Capitale, va affrontato anche il problema del debito storico del comune di Roma;

    l'articolo 78 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, recante «disposizioni urgenti per Roma capitale» ha previsto il subentro dello Stato, per il tramite di un commissario straordinario – quale organo di Governo – nella gestione delle passività del comune di Roma, risalenti fino alla data del 28 aprile 2008, con l'impegno a ripianarle senza oneri aggiuntivi a carico dello Stato;

    le passività risalenti fino alla data del 28 aprile 2008 sono state quantificate in 16,97 miliardi di euro quale debito accertato e 5,49 miliardi di euro quale debito in attesa di accertamento definitivo a fronte di un credito accertato, ma largamente inesigibile, di 5,62 miliardi di euro e un credito in attesa di accertamento definitivo di 0,08 miliardi di euro;

    il debito storico in carico alla gestione commissariale si riferisce a 1.469 contratti di mutuo, di cui 1.339 accesi con Cassa depositi e prestiti (Cdp) e il resto con istituti di credito privati tra cui Banca Dexia Crediop, Intesa San Paolo, Unicredit. L'83 per cento del debito residuo è su mutui a tasso fisso e il 17 per cento a tasso variabile, con un costo medio del debito pari al 4,2 per cento;

    una parte del debito è relativa ai buoni obbligazionari comunali (Boc) emessi in tre tranche a partire dal 2003 per un ammontare di 1,4 miliardi di euro, con scadenza 27 gennaio 2048, quando dovrà essere restituito l'intero capitale, per il quale non si stanno facendo accantonamenti; questi hanno un tasso di interesse fisso al 5,345 per cento, che a suo tempo era compatibile con i tassi di mercato, ma che oggi appare oneroso, causando una spesa per interessi di circa 75 milioni di euro l'anno;

    purtroppo, gli interventi avviati, con il concorso della fiscalità generale, per estinguere il debito storico si sono rivelati inadeguati e larga parte del flusso atteso di risorse dal bilancio dello Stato e dall'addizionale Irpef gravante sui cittadini di Roma appare utilizzato per operazioni finanziarie incoerenti;

    con la riforma costituzionale del 2001, è stata introdotta la cosiddetta golden rule sugli investimenti, ovvero si prevede che gli enti territoriali sono tenuti al pareggio di bilancio per la parte corrente e possono ricorrere all'indebitamento solo per effettuare investimenti e a determinate condizioni;

    è del tutto evidente che il peso dell'estinzione del debito storico di Roma Capitale può essere considerevolmente ridotto al fine di liberare risorse di bilancio per affrontare in maniera adeguata le criticità presenti nella città, ad esempio quella relativa al trasporto pubblico, alla gestione del territorio, all'edilizia residenziale pubblica; è quindi necessario procedere a una riduzione del debito a partire dalla ricontrattazione dei mutui accesi con Cassa depositi e prestiti attraverso la quale recuperare risorse necessarie,

impegna il Governo:

1) ad assumere ogni iniziativa di competenza, in particolare di carattere normativo, in raccordo con gli enti territoriali, volta alla elezione diretta del Sindaco e del consiglio metropolitano e, contestualmente, alla costituzione in zone omogenee di ciascun municipio di Roma Capitale, trasformando gli stessi municipi in comuni dotati di autonomia amministrativa;

2) ad adottare le iniziative di competenza per prevedere, data anche la specificità delle funzioni di carattere nazionale assolte da Roma capitale, non solo il rafforzamento delle sue prerogative ma anche lo stanziamento di risorse adeguate che consentano la possibilità di affrontare le criticità economiche e sociali presenti nella città nonché gli impegni di carattere nazionale e internazionale ai quali deve assolvere;

3) a prevedere nel disegno di legge di bilancio 2019, come più volte proposto dall'Anci nella scorsa legislatura, e alla luce di quanto segnalato in premessa, soluzioni al fine di procedere in tempi brevi alla ristrutturazione dei debiti contratti dai comuni con Cassa depositi e prestiti, sottoscritti a tassi d'interesse anche superiori al 5 per cento, insostenibili e di gran lunga superiori ai livelli dei tassi attualmente applicati.
(1-00041) «Fassina, Fornaro, Muroni, Occhionero, Pastorino».


   La Camera,

   premesso che:

    Roma è la capitale della Repubblica, in base all'articolo 114 della Costituzione;

    a Roma Capitale sono attribuite per la legge 5 maggio 2009, n. 42, approvata dal Governo Berlusconi IV, oltre a quelle attualmente spettanti, le seguenti nuove funzioni amministrative:

     a) concorso alla valorizzazione dei beni storici, artistici, ambientali e fluviali, previo accordo con il Ministero per i beni e le attività culturali;

     b) sviluppo economico e sociale di Roma Capitale, con particolare riferimento al settore produttivo e turistico;

     c) sviluppo urbano e pianificazione territoriale;

     d) edilizia pubblica e privata;

     e) organizzazione e funzionamento dei servizi urbani, con particolare riferimento al trasporto pubblico e alla mobilità;

     f) protezione civile, in collaborazione con la Presidenza del Consiglio dei ministri e la regione Lazio;

     g) ulteriori funzioni conferite dallo Stato e dalla regione Lazio ai sensi dell'articolo 118, comma 2, della Costituzione;

    rispetto alla legge delega n. 42 del 2009 recante «Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione» risulta scaduto il termine dei tre anni per l'emanazione dei provvedimenti correttivi e integrativi;

    in base al decreto legislativo n. 156 del 2010 la nuova Assemblea capitolina da esso istituita, dovrà disciplinare con propri regolamenti l'esercizio delle nuove funzioni attribuite a Roma Capitale;

    lo statuto di Roma Capitale con delibera n. 9 del 7 marzo 2013 ha come sua priorità prevalente l'autonomia amministrativa e finanziaria dei 15 municipi di Roma così come sancito dal decreto legislativo n. 156 del 2010;

    con deliberazione del 7 marzo 2013, n. 9, l'Assemblea capitolina ha approvato lo statuto di Roma Capitale che definisce i principi, le funzioni e gli organi dell'ente indicando quale priorità l'autonomia amministrativa e finanziaria dei 15 municipi di Roma così come sancito dal decreto legislativo n. 156 del 2010;

    in base al decreto legislativo n. 61 del 2012 viene richiesta previo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri la determinazione dei costi connessi al ruolo di Roma Capitale della Repubblica;

    ai sensi del decreto legislativo n. 61 del 2012 viene adottata la programmazione pluriennale degli interventi nel territorio di Roma;

    ai sensi del decreto legislativo n. 61 del 2012 è stipulata da Roma Capitale una intesa istituzionale di programma con la regione Lazio e le amministrazioni centrali all'interno della quale si possa concorrere al finanziamento di interventi di interesse nazionale sul territorio di Roma;

    ai sensi del decreto legislativo n. 61 del 2012 sono attribuite a Roma Capitale ulteriori capacità organizzative e funzioni amministrative nell'ambito della valorizzazione dei beni storici artistici paesaggistici ambientali e fluviali;

    alle disposizioni di legge appena citate non sono corrisposte iniziative atte a realizzare una nuova cooperazione istituzionale fra i diversi livelli amministrativi dello Stato, della regione Lazio e di Roma Capitale;

    al contrario, la cosiddetta legge Delrio sulla nuova disciplina delle province e delle città metropolitane, non sostenuta da un'adeguata e corrispondente riforma costituzionale, ha ingenerato un ulteriore rallentamento nel processo di devoluzione dei poteri oggi esercitati dalla regione Lazio verso Roma Capitale;

    in sede di Conferenza unificata non si sono per questo registrati passi significativi nella direzione di un rafforzamento della autonomia amministrativa di Roma Capitale nel solco delle nuove funzioni attribuite dall'articolo 24, comma 3, della legge delega n. 42 del 2009;

    il comune di Roma ad oggi non ha dimostrato, al di là alle citate modifiche statutarie del 2013, di dare attuazione alle leggi e decreti, frenando in tal modo il processo di autonomia ed efficienza necessaria affinché Roma possa considerarsi una moderna Capitale europea;

    la regione Lazio, al di là delle mere dichiarazioni favorevoli, non ha proceduto all'iniziativa di trasferimento di proprie competenze in settori determinanti per l'efficacia della riforma,

impegna il Governo:

1) ad adottare le opportune iniziative al fine di dare ulteriore e piena attuazione a quanto già previsto dalla legge delega n. 42 del 2009;

2) a promuovere tutte le iniziative utili a definire in modo più stringente le funzioni amministrative di Roma Capitale in materia di turismo, attività produttive, trasporto pubblico locale, urbanistica e pianificazione del territorio, edilizia pubblica e privata, favorendo una più efficace cooperazione inter-istituzionale fra Roma Capitale e regione Lazio;

3) ad adottare le opportune iniziative al fine di prevedere una più estesa e articolata attribuzione di funzioni a Roma Capitale, nel rispetto dei vincoli costituzionali, in materie di rilevanza economica e sociale, come il settore agroalimentare e del commercio;

4) ad adottare iniziative per prevedere, nel bilancio dello Stato, nuovi fondi speciali per Roma Capitale, in considerazione delle sue speciali funzioni di capitale europea, sede di importanti organismi internazionali, di università e accademie nazionali e straniere, oltre che delle istituzioni parlamentari, del Governo e della Presidenza della Repubblica e territorio più vicino allo Stato della Città del Vaticano.
(1-00042) «Barelli, Angelucci, Battilocchio, Calabria, Giacomoni, Marrocco, Polverini, Ruggieri, Spena, Occhiuto».


   La Camera,

   premesso che:

    Roma Capitale della Repubblica italiana è l'unica grande capitale europea priva di un sistema istituzionale e di un ordinamento amministrativo speciale, in grado di garantire un adeguato livello di prestazioni delle funzioni di Capitale dello Stato nazionale, di grande metropoli mondiale e di sede della Chiesa cattolica; condizioni che ne fanno una città per sua natura «speciale», in cui si sommano elementi di modernità, di storicità e di spiritualità con pochi eguali nel mondo con la eccezionale presenza, nel suo territorio, di due Stati e di un'Agenzia delle Nazioni Unite (la Fao) e conseguentemente di tre reti di rappresentanza diplomatica;

    le maggiori capitali delle più grandi e importanti nazioni europee godono da molti anni, se non da sempre, di speciali prerogative amministrative, che le distinguono dalle altre città delle stesse nazioni e che sono caratterizzate da elevati livelli di autonomia, da dotazioni finanziarie speciali derivanti da contributi statali o da specifiche deleghe di autonomia fiscale, talora da potestà legislativa in determinati settori, tutto questo con l'obiettivo di consentire un ottimale svolgimento delle funzioni generali e nazionali in esse presenti e di una piena ed onorevole rappresentanza della comunità nazionale: tra le città principali che godono di tali opportunità si ricordano Londra, Parigi, Bruxelles, Berlino, Madrid e Vienna;

    Roma è un patrimonio dell'umanità, di valore mondiale per il livello impareggiabile di beni storici, archeologici e culturali ai quali si somma un patrimonio ambientale e paesaggistico ancora rilevante e significativo nonostante le aggressioni prodotte dallo sviluppo urbanistico del secolo XX, espansivo e dispersivo; un patrimonio che trascende persino la dimensione nazionale collocando il valore e l'importanza di Roma a livello continentale e globale;

    le caratteristiche morfologiche e insediative attuali del territorio metropolitano romano si sono generate per stratificazioni successive e rapide nel corso del novecento e a partire dalla fine dell'ottocento successivamente alla proclamazione di Roma come Capitale del neonato Stato italiano unitario sulla base di vicende storiche e politiche che hanno prodotto un forte inurbamento di masse rurali dai territori limitrofi e dalle regioni del Centro-Sud e un sistema economico scarsamente industrializzato, con limitate vocazioni produttive e manifatturiere e con un preponderante carattere amministrativo, accompagnato da un forte ruolo del settore edilizio e della rendita fondiaria e urbana;

    anche da questa storia moderna di Roma derivano i caratteri di spiccata dispersione insediativa su un territorio di 1290 chilometri quadrati (il più esteso comune europeo) pari alla somma del territorio delle 9 maggiori città italiane; caratteristiche che rendono assai costosa la realizzazione, la gestione e la manutenzione delle reti di servizio essenziali (trasporto, manutenzione urbana, acqua, energia), dei servizi «secondari» (scuola, sanità, cultura, sport) e il loro adeguamento nel tempo soprattutto in periferia;

    appare evidente, da quanto premesso fino ad ora, che la storia antica e il lascito straordinario e unico che ne deriva e la storia moderna, con le contraddizioni che ha prodotto in un arco di lungo periodo e che ancora pesano, impongono una specialità di strumenti amministrativi e gestionali, di modelli partecipativi e di esercizio della democrazia, di intervento sulla struttura urbana che non può più essere rinviata;

    la necessità di collocare opportunamente il ruolo di Roma nel contesto nazionale italiano e di dotare la Capitale di un regime giuridico speciale ha rappresentato un tema ricorrente e costante del confronto politico, istituzionale e sociale dello Stato nazionale unitario fino dalla prima riunione del Parlamento Italiano il 17 marzo del 1861 a Torino, con uno storico discorso di Cavour e ancor di più con l'assimilazione di Roma nel territorio italiano con l'azione militare del 20 settembre del 1870, fino alla risoluzione della «questione vaticana» con il Concordato del 1929 ed alle diverse iniziative legislative assunte sul problema della Capitale in epoca liberale, giolittiana e infine repubblicana;

    tale confronto, tuttavia, non ha mai trovato uno sbocco risolutivo essendo altresì sublimato attraverso periodici aggiustamenti fatti di provvedimenti parziali e settoriali adottati attraverso specifiche leggi o finanziamenti eccezionali collegati ad eventi internazionali di carattere religioso, culturale o sportivo;

    un'organica riforma dello «status» di Roma Capitale è sempre mancata; è mancata una percezione contemporanea di Roma la cui funzione nazionale è stata quasi sempre elaborata in forma ideologica o mitologica se non simbolica ma senza un effettivo investimento sugli elementi di modernità, di sviluppo, di innovazione e conseguentemente di adeguata strumentazione amministrativa capace di valorizzare tali potenzialità oggettivamente presenti in una città con caratteri storici e culturali così preponderanti e pertanto incline alla scienza, all'innovazione, al progresso;

    la «specialità» romana ha una dimensione territoriale che non si esaurisce nel dato relativo all'estensione della superficie comunale;

    fra Roma e il territorio circostante esistono potenti interconnessioni, ad esempio con spostamenti casa-lavoro di 300 mila persone al giorno;

    la corona metropolitana di Roma, e cioè l'insieme dei comuni limitrofi alla città centrale, è uno dei territori italiani a maggiore attrattività insediativa;

    fra i censimenti del 1971 e 2011 ha guadagnato più di 600 mila abitanti; è il territorio di localizzazione di numerose attività produttive e di servizio ad elevata specializzazione che primeggiano a livello nazionale ed internazionale;

    i più recenti dati, forniti dalla camera di commercio di Roma e del Lazio, rappresentano la realtà di un territorio metropolitano e regionale nel quale convivono ormai contraddittoriamente elementi di vitalità ed elementi di crisi profonda che testimoniano come Roma non sia ancora fuori dal tunnel della crisi; ad un aumento del numero delle imprese, giovanili, femminili e straniere, delle start-up, dei flussi turistici e dell’export si affianca la realtà di una dispersione occupazionale che si riconverte in «impresa di sopravvivenza, in settori a basso indice di innovazione per unità di prodotto e di servizi»;

    tutto questo configura l'area metropolitana romana come un territorio attivo, ormai stabilmente sottratto alla tradizionale configurazione di area «pigra» e assistita ma costantemente in bilico e a rischio di regressione e impone con ancor maggiore forza ed urgenza la necessità di un'azione a largo raggio e con caratteri di organicità per riformare gli strumenti amministrativi e la struttura istituzionale dell'ordinamento giuridico e del potere democratico metropolitano che ha il compito di valorizzare e guidare al meglio la crescita economica, sociale e civile del territorio;

    un nuovo modello di sviluppo per la città metropolitana di Roma Capitale può prendere forma attraverso un sostegno alla vocazione internazionale di Roma e alla sua capacità di attrarre talenti e capitali in particolare in ambito universitario e produttivo; una valorizzazione e ulteriore sviluppo della rete delle istituzioni formative, universitarie e di centri di ricerca nel loro rapporto con il sistema produttivo e con il territorio (soprattutto in periferia) per le specifiche caratteristiche di sostegno all'innovazione, alla creazione di lavoro e alla promozione di più elevati livelli di coesione sociale e di crescita civile; una spinta decisa nella direzione di una rivoluzione digitale dei servizi pubblici, dell'impresa, delle reti di sicurezza e di sostegno alle marginalità; un programma di interventi periodizzato e scadenzato per obiettivi di intervento sul sistema delle infrastrutture per la mobilità ed il trasporto pubblico su ferro ed ecologico; il sostegno al sistema turistico; un incessante programma di intervento finalizzato al risanamento urbanistico, alla rigenerazione urbana e alla valorizzazione del patrimonio ambientale con l'adozione di norme e procedure di intervento nella trasformazione urbana che tengano conto delle specialità, sopra richiamate, della storia e della attualità del sistema insediativo e morfologico dell'area metropolitana romana;

    ancora oggi, nonostante il solenne riconoscimento costituzionale del riformulato articolo 114 della Costituzione, Roma gode di un regime ordinario e sostanzialmente assimilabile a quello di tutti gli altri comuni italiani senza distinzione di dimensione territoriale, storica, demografica, morfologica; condizione che impedisce un credibile progetto di rilancio della capitale nella direzione di un nuovo progetto strategico con i profili precedentemente richiamati;

    si tratta di un regime che non tiene conto delle sue due specialità, quella di essere Capitale della Repubblica e quella di essere una grande e moderna area metropolitana, la più grande e complessa d'Italia;

    in relazione a tale retroterra storico si può oggi affermare la permanenza di una «questione romana» che, pur mutando profilo e carattere nel corso di questi 150 anni, resta un tema nazionale aperto con crescenti significati europei e mondiali e che si affianca alle storiche questioni italiane come la «questione meridionale» e una più recente ma non meno importante «questione settentrionale»;

    tra i provvedimenti e le norme più recenti, intervenute per regolare e aggiornare le attribuzioni dei poteri di Roma Capitale e agire sulle corrispondenti dotazioni finanziarie, va ricordato l'articolo 24 della legge 5 maggio 2009, n. 42, recante «Disposizioni del governo in materia di federalismo fiscale e attuazione dell'articolo 119 della Costituzione» che ha introdotto «norme transitorie sull'ordinamento, anche finanziario, di Roma Capitale fino all'attuazione della Città Metropolitana»;

    in attuazione delle disposizioni contenute nella suddetta legge sono stati successivamente approvati il decreto legislativo n. 156 del 17 settembre del 2010 e il decreto n. 61 del 18 aprile del 2012;

    si tratta di interventi episodici, fortemente disomogenei, che appaiono in contrasto con la riserva di legge organica e speciale per Roma Capitale, contenuta nel terzo comma dell'articolo 114 della Costituzione;

    tali provvedimenti non hanno pertanto introdotto sostanziali modifiche né un reale potenziamento alle funzioni già attribuite al comune di Roma, poi denominato Roma Capitale, mentre hanno, per converso, gravemente compromesso le opportunità e i vantaggi previsti a beneficio di Roma dalla legge n. 396 del 1990 («legge per Roma Capitale») che aveva rappresentato, dopo un lungo percorso parlamentare, l'approdo più alto ed efficace, anche se insufficiente, a una organica legislazione per Roma;

    con l'eliminazione degli articoli 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 della legge n. 396 del 1990 e con la mancata sostituzione di queste norme con quelle previste dal decreto n. 61 del 2012, è stata demolita la sola legge che nella storia nazionale aveva garantito continuità di finanziamenti pubblici aggiuntivi ai trasferimenti ordinari, finalizzati ad investimenti in conto capitale e non in spesa corrente e legati a precisi obbiettivi programmatici e strategici quali il risanamento urbanistico, la valorizzazione del patrimonio storico, archeologico e culturale, la realizzazione di nuove strutture museali, il potenziamento del sistema turistico, la modernizzazione delle reti infrastrutturali e la mobilità su ferro, il decentramento amministrativo e della direzionalità pubblica dal centro storico;

    tali risorse furono erogate annualmente a partire dal 1992 e fino al 2001 e poi nel biennio 2006-2007 con un volume medio annuale di 100 miliardi di lire, divenuti poi, dopo il 2002, 100 milioni di euro e hanno consentito, attraverso il ruolo centrale del consiglio comunale in rapporto con gli organi dello Stato e della Commissione nazionale per Roma Capitale, la realizzazione di numerose opere pubbliche, la riqualificazione di ampi quadranti della periferia urbana e metropolitana, lo sviluppo, la crescita e la diversificazione del sistema economico ed imprenditoriale romano tra la metà degli anni Novanta e la fine del primo decennio degli anni 2000;

    nel 2008 è stata istituita con decreto-legge n. 112 del 25 giugno 2008 (convertito dalla legge n. 133 del 6 agosto 2008) la struttura per la «gestione commissariale del debito pregresso di Roma Capitale»;

    con l'approvazione del decreto-legge n. 78 del 31 maggio del 2010 è stata stabilita una dotazione finanziaria della «gestione commissariale» pari a 500 milioni di euro all'anno fino al termine ultimo dell'anno 2048, provenienti per 300 milioni da erogazioni del Ministero dell'economia e delle finanze e per 200 milioni di euro da addizionale aggiuntiva dell'Irpef pari allo 0,4 per cento a carico dei cittadini residenti nel territorio di Roma Capitale;

    tali misure sono state ritenute necessarie per risolvere il problema dell'indebitamento pregresso del comune di Roma, considerato fuori controllo, ma la cui reale entità non è risultata mai fino in fondo chiara;

    nel 2008 l'indebitamento del comune di Roma, ricalcolato per valore medio per abitante risultava inferiore a quello del comune di Milano e a quello del comune di Torino oltre che a quello di numerosi altri comuni italiani, il che rende discutibile la considerazione di una situazione di dissesto che attivò la procedura di istituzione della «gestione commissariale», tanto che a dieci anni di distanza il 60 per cento delle partite di debito commerciale registrate è riferito a soggetti non ancora identificati;

    la massa debitoria fu costruita in modo improprio, senza quantificare con certezza il debito commerciale, l'unico che poteva generare veri squilibri, dato che i mutui, per loro natura e regola contabile, sono comunque coperti e finanziati dal bilancio. In altre parole, si è individuato un metodo molto costoso e non soggetto a controlli per finanziare la città. Il risultato deludente è sotto gli occhi di tutti;

    in realtà, il comune di Roma nel 2008 presentava dei parametri di deficit e indebitamento in linea con quelli degli altri grandi comuni italiani. I problemi più importanti, che non presentavano profili di crisi strutturale, riguardavano ad esempio la crisi di liquidità dovuta ai mancati trasferimenti della regione Lazio per diversi interventi di sua competenza, come il trasporto pubblico locale e le politiche abitative;

    nonostante tali disposizioni che, a partire dal 2008, hanno azzerato i debiti pregressi dell'amministrazione di Roma Capitale trasferendoli integralmente alla struttura della gestione commissariale, Roma Capitale ha prodotto dopo il 2009 un deficit strutturale di poco meno di un miliardo di euro all'anno per il quale sono state necessarie nuove norme emergenziali introdotte con l'articolo 16 della legge n. 68 del 2014;

    si deve, in questo quadro, ricordare che solo nel 2014, proprio sulla base del decreto n. 68 del 2014 e del piano di rientro elaborato dall'amministrazione del comune di Roma dell'epoca fu possibile quantomeno veder riconosciuto annualmente un contributo speciale di 110 milioni di extracosti, seppur sempre confinati in spesa corrente, che continuano a pervenire grazie all'azione del Governo nazionale tra il 2014 e il 2017;

    sul rispetto di quel piano di rientro a partire dal 2016 e dalla costituzione dell'amministrazione guidata dal Movimento Cinque Stelle, piano che dovrebbe oramai essere concluso, non possono che essere sollevati, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, enormi rilievi, peraltro già espressi dal Governo in quegli anni;

    questa situazione e l'insieme di tali misure, relative al mancato sostegno finanziario ordinario e speciale in favore della Capitale e al ripiano del debito pregresso, rappresentano, a distanza di anni, un pesante onere proiettato in un tempo di lunga durata che configura una pressione fiscale elevatissima sul territorio romano, cui non corrispondono adeguati e conseguenti servizi;

    si determina una patologica e distorta condizione finanziaria e istituzionale che, a fronte di un gigantesco sforzo contributivo pubblico pari a 500 milioni di euro (senza precedenti nella storia italiana e di Roma Capitale), vede un crollo verticale degli impegni di spesa in conto capitale per opere e servizi che accentua e aggrava una tendenza di fondo e generale propria degli ultimi anni in tutte le amministrazioni locali d'Italia, di riduzione delle spese per investimenti ed aumento cronico della spesa corrente;

    la scelta di sottrarre Roma dalla prova della candidatura olimpica per il 2024, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, ha rappresentato non solo la perdita di una grande occasione per mobilitare risorse importanti per sospingere investimenti per opere e servizi utili anche successivamente all'evento olimpico, ma ha contribuito enormemente a rafforzare l'immagine internazionale di una città in crisi e chiusa in se stessa, impermeabile agli investimenti anche del settore privato e di provenienza nazionale e internazionale;

    la crisi strutturale che attraversa la città di Roma deve dunque essere collegata a una insufficienza degli strumenti amministrativi disponibili e all'ordinamento giuridico della Capitale, che chiamano in causa la necessità di uno sforzo istituzionale concorde, ma anche una evidente mancanza di capacità amministrativa, di efficienza e di trasparenza dell'amministrazione di Roma Capitale negli anni 2008-2013 (sindaco Alemanno) e a partire dal 2016 (sindaca Raggi); anni nel corso dei quali si sono determinate le condizioni di aggravamento finanziario, di degrado amministrativo, di arretramento morale e di persistente confusione e stasi amministrativa;

    tutto ciò contribuisce ad alimentare una condizione di disagio diffuso, di conflittualità sociale, di degrado delle strutture e delle aziende di servizio del trasporto pubblico locale e della gestione del ciclo dei rifiuti, di abbandono della manutenzione urbana che, oltre a rendere difficile e faticosa la vita quotidiana dei cittadini di Roma, ledono l'immagine della Capitale e con essa quella dell'intera nazione;

    un particolare richiamo deve essere rivolto alla situazione di Atac il cui debito non riconosciuto da Roma Capitale per una quota di circa 200 milioni di euro era in carico, originariamente alla «gestione commissariale» ed è progressivamente e inspiegabilmente ricaduto sull'azienda stessa in un percorso di progressivo disimpegno sia di Roma Capitale che della «gestione commissariale», accentuandone il collasso;

    l'entità reale del «debito pregresso del 2008» è stato oggetto di valutazioni spesso assai divergenti;

    le modalità del suo trattamento e della sua riduzione attraverso il pagamento di creditori e ratei bancari da mutuo ha suscitato ricorrenti interrogativi relativamente agli anni ricompresi tra il 2009 ed il 2015 (invece con un apprezzabile riordino e trasparenza di trattamento nel periodo successivo anche nel regolare rapporto di informazione al Parlamento) per quanto riguarda le vere cifre del debito e per quanto riguarda la stessa opportunità di procedere ancora in forme così stringenti e in tempi così lunghi al suo ripiano o tornare a una gestione ordinaria della materia;

    con successivi provvedimenti nel corso dell'anno 2015 sono stati assegnati a Roma Capitale circa 250 milioni di euro di finanziamenti per le attività e gli investimenti collegati al Giubileo della Misericordia, ma né Roma Capitale né il Governo nazionale hanno mai resocontato in merito all'effettiva destinazione di queste risorse e al loro effettivo utilizzo;

    Roma è l'unica grande area metropolitana italiana che non ha ancora beneficiato, nell'ambito dei nuovi e ordinari strumenti di programmazione della spesa pubblica in conto capitale, dell'avvio di un contratto istituzionale di sviluppo al cui interno definire le priorità di intervento per le infrastrutture e per lo sviluppo territoriale e i relativi finanziamenti da parte di Stato, Regione, enti locali territoriali, aziende concessionarie dei servizi di pubblica utilità e settore privato, dotato di un'apposita cabina di regia e di monitoraggio,

impegna il Governo:

1) a relazionare rapidamente agli organi parlamentari, secondo quanto stabilito nello stesso decreto-legge n. 78 del 2010 sullo stato di attuazione del piano di rientro e sulle attività della «gestione commissariale», valutando, in raccordo con tutte le forze parlamentari, le ulteriori modalità con cui affrontare tutta la materia relativa al debito pregresso di Roma Capitale;

2) a fornire elementi altrettanto rapidamente agli organi parlamentari in merito alle destinazioni e agli effettivi utilizzi delle risorse trasferite nell'ambito dei provvedimenti per il Giubileo della Misericordia del 2015;

3) a valutare, in raccordo con tutte le forze parlamentari, la possibilità di riportare presso la «gestione commissariale» (in caso di sua permanenza) l'intero debito Atac, per le parti accertate e riconosciute e per i 200 milioni non riconosciuti, per consentire di scollegare il debito dal servizio e, compatibilmente con un contestuale impegno dell'azienda a curare la qualità del servizio e a non produrre ulteriore debito, a favorire in condizioni meno gravose un rilancio del servizio;

4) ad assumere iniziative urgenti per garantire il rilancio degli investimenti per opere e per servizi e il potenziamento dei servizi di trasporto pubblico locale e di gestione del ciclo dei rifiuti, valutando le più opportune misure per consentire all'amministrazione di Roma Capitale di spostare risorse dalle voci di spesa corrente o di ripiano del debito agli investimenti in conto capitale, anche recuperando ed aggiornando i contenuti e gli obbiettivi della legge per Roma Capitale n. 396 del 1990;

5) ad intraprendere, promuovendo una «legge speciale per Roma Capitale» o altra iniziativa di riforma dell'assetto regionale e metropolitano, la necessaria azione per giungere a una organica riforma dello «status» di Roma Capitale, tale da garantire adeguati poteri e risorse economiche, funzioni e potestà legislativa, fiscale, amministrativa, se necessario, anche attraverso le iniziative di competenza per definire modifiche costituzionali;

6) ad assumere ogni più urgente iniziativa affinché le risorse destinate agli interventi ricompresi nel «bando periferie» della città metropolitana di Roma possano essere al più presto reintegrate per non compromettere la realizzazione e l'efficacia dei suddetti progetti.
(1-00043) «Morassut, Nobili, Giachetti, Anzaldi, Campana, Madia, Mancini, Melilli, Orfini, Piccoli Nardelli, Prestipino, Enrico Borghi».


   La Camera,

   premesso che:

    l'8 aprile del 2018 il Premier Viktor Orbán ha vinto le elezioni per il suo terzo mandato consecutivo;

    nel corso dei suoi precedenti Governi l'Ungheria ha sperimentato una costante e consistente crescita economica, con ampi investimenti industriali nei settori dell'alta tecnologia, un indice basso di disoccupazione e conti sovrani sotto controllo;

    l'articolo 2 del Trattato sull'Unione europea indica lo Stato di diritto quale pilastro su cui si fonda l'Unione, insieme al rispetto della dignità umana, alla libertà, alla democrazia, all'uguaglianza, al rispetto dei diritti umani, comprese le persone appartenenti a minoranze. Nel complesso, questi valori costituiscono il fondamento dei diritti di cui godono quanti vivono nell'Unione europea;

    il 12 settembre 2018 il Parlamento europeo, riunito in seduta plenaria a Strasburgo, ha approvato una risoluzione nella quale si chiede al Consiglio dell'Unione europea di valutare, a norma dell'articolo 7, paragrafo 1, del Trattato sull'Unione europea (TUE), «se esista un evidente rischio di violazione grave da parte dell'Ungheria dei valori di cui all'articolo 2 TUE e a rivolgere all'Ungheria raccomandazioni adeguate al riguardo»;

    l'articolo 7, paragrafo 1, del Trattato sull'Unione europea costituisce una fase preventiva, che prevede una fase di dialogo con lo Stato membro interessato e che mira a evitare eventuali sanzioni, riconoscendo all'Unione la capacità di intervenire in caso di «evidente rischio di violazione grave dei valori comuni». Il Parlamento europeo ha assunto la propria decisione in base alla valutazione su aspetti dello Stato di diritto;

    dal punto di vista procedurale, il 18 settembre 2018 la Presidenza del Parlamento europeo ha formalmente investito la Presidenza di turno austriaca del Consiglio dell'Unione europea della questione, che passerà all'esame del Consiglio affari generali, attraverso l'audizione dello Stato membro interessato; l'Ungheria è comunque intenzionata ad impugnare la risoluzione del Parlamento europeo dinanzi alla Corte di giustizia dell'Unione (Cgue);

    dopo l'audizione l’iter si svilupperà in successivi passaggi che potranno durare alcuni mesi, comprendendo la possibilità per il Consiglio dell'Unione europea di rivolgere all'Ungheria raccomandazioni che dovranno essere deliberate a maggioranza dei quattro quinti degli Stati membri e previa approvazione del Parlamento europeo, sempre che nel frattempo il Consiglio non verifichi che sono venuti meno i motivi che hanno portato all'innesco di tale procedura,

impegna il Governo:

1) ad attivarsi, in primo luogo attraverso un dialogo continuo, nel rispetto dell'autonomia e della sovranità di ogni Stato membro, per la protezione e la promozione dei diritti e dei valori su cui si fonda l'Unione, sanciti all'articolo 2 del Trattato sull'Unione europea, rappresentando questi il fondamento comune e il presupposto irrinunciabile per tutti gli Stati membri, in armonia con i princìpi e lo spirito dei Trattati;

2) ad attivarsi affinché il Consiglio dell'Unione europea accerti che i motivi che si ritiene siano all'origine della procedura di cui all'articolo 7, paragrafo 1, del Trattato sull'Unione europea nei confronti dell'Ungheria non siano venuti meno e, nel caso non fossero più validi, affinché sia chiusa celermente la procedura stessa, in quanto infondata.
(1-00044) «Molinari, D'Uva».


   La Camera,

   premesso che:

    negli ultimi decenni nel continente europeo si sta verificando una crescente ondata di persecuzioni mirate anche a marginalizzare specifiche comunità religiose a discapito di una piena libertà religiosa;

    alcuni Paesi dell'Unione europea e lo stesso Parlamento europeo sono intervenuti attraverso l'approvazione di mozioni e risoluzioni riguardo all'antisemitismo;

    contro il discorso dell'odio, il Consiglio d'Europa svolge un'attività efficace e costante attraverso un'azione ad ampio raggio, con un'enfasi sulla prevenzione e sulla sensibilizzazione del pubblico e il coinvolgimento di una serie di attori quali la scuola e le organizzazioni della società civile;

    un'iniziativa estremamente innovativa è la campagna No Hate Speech Movement, il movimento contro il discorso d'odio, che il Consiglio d'Europa sta coordinando dal 2013. Questa campagna ha lo scopo di combattere il discorso d'odio mobilitando i giovani in maniera capillare e appoggiandosi su un vasto numero di organizzazioni giovanili a livello nazionale. Il metodo usato è quello di contrastare i discorsi d'odio proponendo contro-discorsi online e sui media sociali, conducendo attività di sensibilizzazione, esprimendo solidarietà con le vittime del discorso d'odio, attivandosi con denunce e segnalazioni;

    il Consiglio d'Europa il 20 aprile 2016 ha approvato la risoluzione n. 2106 (2016) con la quale invita gli Stati a garantire la sicurezza e la protezione di tutti i cittadini, e pertanto la loro responsabilità primaria di monitorare e prevenire la violenza, inclusa la violenza antisemita, e di perseguirne gli autori;

    il Parlamento europeo ha invitato nella sua ultima risoluzione del 1° giugno 2017 gli Stati membri a potenziare il sostegno finanziario per attività mirate e progetti educativi, a sviluppare e consolidare partenariati con le comunità ed istituzioni ebraiche e a incoraggiare gli scambi tra bambini e ragazzi di fedi diverse mediante attività in comune, varando e sostenendo campagne di sensibilizzazione in proposito;

    l'Agenzia per i diritti fondamentali dell'Unione europea (Fra) ha avviato, per il 2018, una nuova indagine sulle percezioni e le esperienze di antisemitismo fra gli ebrei in Europa coinvolgendo 13 Paesi europei tra i quali l'Italia e costituirà in pratica l'aggiornamento di uno studio condotto nel 2012 in Italia, Francia, Belgio, Germania, Regno Unito, Svezia, Ungheria, Romania e Lettonia a cui, questa volta, si aggiungono l'Austria, la Danimarca, l'Olanda, la Polonia e la Spagna;

    a livello nazionale è opportuno ricordare che gli episodi di razzismo sono stati presi in forte considerazione dal Governo Berlusconi IV: in particolare, nel 2010 è stato istituito l'Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori (Oscad), presieduto dal vicecapo della polizia, con il compito di monitorare e di analizzare tutte le informazioni relative ad atti discriminatori commessi nei confronti di soggetti a causa delle loro origini etniche o del credo religioso, nonché di elaborare le relative strategie di intervento sul piano locale e di provvedere ad agevolare la presentazione di denunce;

    un altro passo importante compiuto dal Governo Berlusconi IV è stata la sottoscrizione, in data 7 aprile 2011, del protocollo di intesa tra l'Oscad e l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (UNAR), istituito presso il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, con lo scopo di definire le modalità di scambio informativo nella trattazione dei casi di discriminazione posti all'attenzione delle parti, e cioè l'invio reciproco dei casi aventi o meno rilevanza penale;

    nella XVII legislatura la Camera dei deputati ha istituito una Commissione sui fenomeni di odio, intolleranza, xenofobia e razzismo intitolata alla parlamentare del Regno Unito Jo Cox, uccisa nel 2016 per motivi di odio e intolleranza e, nella relazione finale, la stessa Commissione ha presentato raccomandazioni che contemplano azioni da attuare sia a livello normativo, sociale, culturale, educativo ed informativo;

    sul tema, un contributo fondamentale è offerto dall'Alleanza internazionale per la memoria dell'Olocausto (Ihra), una istituzione intergovernativa impegnata a combattere l'antisemitismo e tutti i razzismi tramite educazione, ricerca e memoria sostenuta da 31 Paesi, un Paese di collegamento e dieci Paesi osservatori;

    nel 2016, l'Ihra ha adottato una definizione non giuridicamente vincolante dell'antisemitismo intendendo il fenomeno come di «una certa percezione degli ebrei, che può esprimersi come odio verso gli ebrei. Le manifestazioni teoriche e fisiche dell'antisemitismo sono rivolte contro ebrei o non ebrei e/o contro le loro proprietà, contro le istituzioni e strutture religiose della comunità ebraica»;

    l'Ihra sottolinea che costituiscono esempi di antisemitismo il ritenere gli ebrei collettivamente responsabili per le azioni dello Stato di Israele e l'accusarli di essere più fedeli a Israele o alle presunte priorità degli ebrei di tutto il mondo, che agli interessi delle proprie Nazioni;

    la diffusione dell'odio antisemita da parte di gruppi neonazisti, estremisti di destra e di alcuni gruppi di sinistra estrema, nonché la radicalizzazione diffusa tra i giovani delle comunità musulmane in Europa occidentale costituiscono problematiche di grande rilievo nel nostro continente;

    l'antisemitismo appare in molte e soprattutto diverse forme, tanto che il più delle volte è molto difficile da smascherare: la mancanza o la scarsità di dati certi, omogenei e pubblici sul fenomeno e più in generale sull'odio risulta, dunque, una lacuna difficile da colmare rendendo complicato stimare la reale dimensione del fenomeno (soprattutto nel campo del cosiddetto cyberhate);

    nonostante la scarsità dei dati, i recenti fatti di cronaca più rilevanti come gli attacchi alle sinagoghe in Svezia, gli incendi dolosi dei ristoranti kosher in Francia, l'impennata dei crimini d'odio contro gli ebrei nel Regno Unito nonché la forte crescita degli episodi antisemiti in Germania e in Austria, sono il chiaro segnala che i fenomeni del razzismo e dell'antisemitismo appaiono in forte ripresa nelle società europee e assai diffusi nella comunità internazionale;

    i recenti episodi di antisemitismo, razzismo e xenofobia – a distanza di ottanta anni dall'approvazione delle leggi razziali – richiedono la necessità di riaffermare con forza che l'ebraismo è parte integrante dell'identità europea e che l'Europa è anche la casa degli ebrei;

    la comunità internazionale è chiamata a garantire il pieno contrasto a ogni rigurgito di violenza ed intolleranza nei confronti dei cittadini e delle comunità ebraiche che già hanno conosciuto, nel corso della storia, persecuzioni e, nel nostro continente, un vero e proprio genocidio,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per riconoscere e recepire la definizione operativa di antisemitismo proposta dall'Alleanza internazionale per la memoria dell'Olocausto e garantirne l'attuazione in tutti gli ambiti, al fine di sostenere le autorità giudiziarie e quelle preposte alle attività di contrasto nei loro sforzi volti a identificare e perseguire con maggiore efficienza ed efficacia le aggressioni antisemite;

2) ad adottare iniziative per proseguire e potenziare il sostegno per attività mirate e progetti educativi, per la prevenzione e la lotta contro il pregiudizio antiebraico, sviluppare e consolidare partenariati e azioni concertate con le comunità ed istituzioni ebraiche e incoraggiare gli scambi tra giovani di fedi diverse mediante attività in comune e programmi educativi, varando e sostenendo campagne di sensibilizzazione in proposito;

3) ad adottare iniziative per sostenere e potenziare attività di sostegno e diffusione della cultura ebraica, quale parte integrante della storia nazionale;

4) ad adottare tutte le iniziative necessarie per contribuire attivamente a garantire la sicurezza dei cittadini ebrei e degli edifici religiosi, scolastici e culturali ebraici, in stretta consultazione e in stretto dialogo con le comunità ebraiche, le organizzazioni della società civile e le organizzazioni non governative impegnate contro la discriminazione.
(1-00045) «Carfagna, Gelmini, Occhiuto».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni X e XI,

   premesso che:

    il 30 aprile 2015 è stato sottoscritto l'accordo quadro che ha definito le linee guida di un percorso volto a perseguire il rilancio industriale del gruppo Meridiana;

    il 1° febbraio 2016 Qatar Airways Q.C.S.C. e Alisarda S.p.a. hanno siglato un Memorandum of Understanding (Mou) che ha delineato le condizioni del progetto di partnership, prevedendo la costituzione di una nuova holding, con il trasferimento da Alisarda S.p.A. della partecipazione totalitaria del Gruppo Meridiana e della quale il partner diventerà l'azionista di minoranza;

    il piano industriale conseguente all'accordo quadro, volto al superamento della crisi strutturale e al rafforzamento di Meridiana, con l'obiettivo di rendere la compagnia un saldo operatore dell'industria del trasporto aereo competitivo in Europa, è stato formalizzato attraverso la stipula, il 26 giugno 2016, presso il Ministero dello sviluppo economico, dell'accordo tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero dello sviluppo economico, Meridiana e le organizzazioni sindacali Filt Cgil, Fit Cisl, Uil trasporti, Ugl trasporto aereo, Anpac ed Anpav;

    in tale accordo sono stati definiti con la nuova partnership della compagnia di volo, l'assetto societario, i livelli occupazionali e le prospettive produttive, nonché il monitoraggio e le verifiche dello stesso accordo;

    in particolare, in relazione all'assetto occupazionale di Meridiana Fly S.p.a., Meridiana Maintenance S.p.a. e Air Italy S.p.a., si prevede che esso si debba attestare a complessive n. 1.396 unità lavorative, così articolate: personale navigante tecnico: Meridiana fly (149); Air Italy (109); personale navigante di cabina: Meridiana fly (228); Air Italy (268); personale di terra: Meridiana fly (326) e Meridiana Maintenance (245); Air Italy (58); dirigenti: Meridiana fly (13);

    si è concordato poi che la dinamica occupazionale sia oggetto di un costante monitoraggio, anche al fine di renderla coerente con il processo di crescita previsto dal piano industriale;

    per dare seguito all'accordo, nel corso del 2017 e del 2018 si sono tenuti numerosi incontri tra le parti e sono stati attivati tavoli di confronto sullo stato di perfezionamento del progetto e la situazione industriale del gruppo;

    il 19 febbraio 2018 i vertici di Alisarda e Qatar Airways hanno annunciano la nascita di Air Italy, nuovo vettore con obiettivo di diventare leader in Italia, attraverso un piano industriale che prevede una flotta di 50 aerei, nuovi servizi e il trasporto di 10 milioni di passeggeri in cinque anni, avente come hub principale Milano Malpensa e con la sede centrale ad Olbia;

    negli ultimi mesi, con vari atti di sindacato ispettivo, si è sottoposta all'attenzione del Governo la questione relativa all'intenzione da parte della compagnia aerea Air Italy di spostare parte del personale di terra della compagnia aerea sarda da Olbia a Milano;

    nel mese di luglio 2018, infatti, si è appreso dall'assessorato ai trasporti della regione Sardegna l'intenzione – più volte negata durante gli incontri – di Air Italy di trasferire circa 50 impiegati dal centro operativo di controllo di Air Italy da Olbia a Malpensa;

    nel terminal di Olbia è presente l'Occ, Operations Control Center, l'ente preposto alla gestione operativa del programma commerciale, il crewing, che si occupa di impiegare e gestire tutto il personale navigante, in tutto il mondo, il Gos (Ground Operations Supervision) che coordina l'assistenza commerciale ai passeggeri, le attività di scalo durante i transiti, la gestione dei passeggeri e la loro assistenza in caso di irregolarità in tutti gli scali del network, in tutto il mondo, il Flight Dispatch, che prepara i piani di volo per tutto il network, garantendo la sicurezza del volo, il rispetto delle regole del volo medesimo, i permessi di sorvolo delle varie nazioni e garantisce agli equipaggi in servizio, tutti, ovunque siano nel mondo, l'assistenza in tempo reale grazie ai sistemi in dotazione, nonché il Mcc Maintenance Operations Control che coordina tutte le attività di manutenzione degli aeromobili impiegati nello svolgimento dell'attività giornaliera e non, ovunque nel mondo;

    si fa presente che altri trentuno tecnici dell'ex Meridiana di base a Olbia sono stati trasferiti a Malpensa senza tenere in alcun modo in considerazione che proprio ad Olbia la suddetta compagnia ha sempre avuto il suo cuore decisionale nonché gli uffici operativi e amministrativi, la manutenzione e il call center;

    in ragione di tali considerazioni risulta davvero di difficile comprensione la strategia aziendale visto che, a Malpensa, Air Italy di fatto parte da zero, in quanto è priva di infrastrutture di proprietà a differenza dello scalo di Olbia;

    sembrerebbe dunque in atto una sostanziale «delocalizzazione» delle attività finora realizzate in Sardegna, che aprirebbe le porte alla definitiva migrazione della base operativa e commerciale e all'indebolimento dell'intero sistema del trasporto aereo sardo, che andrebbe invece rafforzato e potenziato proprio in virtù dell'acquisizione del 49 per cento del capitale sociale di Meridiana da parte di Qatar Airways che aveva indotto a ritenere che il percorso di ristrutturazione dell'azienda, dovuto anche al sacrificio di molti lavoratori nel frattempo licenziati, avrebbe finalmente inaugurato una stagione nuova con ricadute importanti dal punto di vista economico e sociale, come ribadito il 4 settembre 2018 a Roma dal presidente e dall'assessore dei trasporti della regione Sardegna in occasione dall'incontro con l'ambasciatore del Qatar in Italia;

    nell'ultimo incontro al Ministero dello sviluppo economico del 31 luglio 2018, che ha visto l'assenza dei massimi livelli politici ministeriali al tavolo di crisi, il Governo ha dichiarato di sostenere le richieste che sono state avanzate dalla regione e dalle parti sociali che chiedevano i dettagli di un piano industriale che garantisca crescita occupazionale e nuovi traffici aerei per la Sardegna, e ha rinviato il tavolo di crisi a data da destinarsi;

    il 21 settembre 2018, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, si è tenuto un incontro con i vertici aziendali di Air Italy inerente al tema del trasferimento dei 51 dipendenti della compagnia dall'aeroporto di Olbia a quello di Malpensa, incontro convocato senza il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali e della regione Sardegna,

impegnano il Governo:

   a promuovere, per quanto di competenza, la convocazione di un tavolo di confronto con la compagnia Air Italy, le organizzazioni sindacali e la regione Sardegna;

   ad adottare iniziative per scongiurare ogni disimpegno dallo scalo di Olbia in termini occupazionali e di capacità operativa;

   ad adottare iniziative per garantire che siano mantenuti gli impegni già assunti con l'accordo raggiunto nel 2016 presso il Ministero dello sviluppo economico.
(7-00054) «Gavino Manca, Romina Mura, Moretto, Pizzetti, Benamati, Bonomo, Gariglio, Mor, Nardi, Noja, Zardini».


   La XII Commissione,

   premesso che:

    l'articolo 1, comma 169, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, ha disposto che con regolamento siano fissati gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici, di processo e possibilmente di esito, e quantitativi di cui ai livelli essenziali di assistenza;

    il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e in particolare all'articolo 15, comma 13, lettera c), ha disposto, sulla base e nel rispetto degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera fissati con regolamento approvato ai sensi dell'articolo 1, comma 169, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, nonché tenendo conto della mobilità interregionale, che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottino, entro il 31 dicembre 2012, provvedimenti di riduzione dello standard dei posti letto ospedalieri accreditati ed effettivamente a carico del servizio sanitario regionale, secondo i parametri indicati dal medesimo articolo 15, comma 13, lettera c);

    sulla base delle disposizioni precedenti è stato adottato dal Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70, «Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera»;

    l'articolo 3 del decreto ministeriale n. 70 dispone che: «Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano applicano il presente decreto compatibilmente con i propri statuti di autonomia e con le relative norme di attuazione e, per le regioni e le province autonome, che provvedono autonomamente al finanziamento del Servizio sanitario regionale esclusivamente con fondi del proprio bilancio, compatibilmente con le peculiarità demografiche e territoriali di riferimento nell'ambito della loro autonomia organizzativa»;

    la Sardegna, oltre ad essere regione statuto speciale, in virtù dell'articolo 1, comma 836, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, provvede al finanziamento del fabbisogno complessivo del servizio sanitario nazionale sul proprio territorio senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato;

    il tavolo per il monitoraggio dell'attuazione del decreto ministeriale n. 70 del 2015 presso il Ministero della salute nella seduta del 31 maggio 2018 ha riportato gli esiti dell'istruttoria sulla documentazione trasmessa dalle regioni in attuazione di quanto disposto dall'articolo 1, comma 541, lettera a), della legge n. 208 del 2015 ed in particolare per quanto riguarda la regione Sardegna ha sollevato una serie di obiezioni;

    in particolare, viene contestato il riordino delle rete ospedaliera poiché secondo il tavolo di monitoraggio, nonostante il richiamo all'articolo 3 del decreto ministeriale n. 70 del 2015, «il modello organizzativo introdotto non è coerente con quello definito dal decreto ministeriale 70/2015 che piuttosto delinea un modello di cooperazione tra le strutture erogatrici alle quali assegna ruoli specifici e strutturali secondo livelli gerarchici definiti in base a caratteristiche standard quali il bacino di utenza, i volumi di attività erogati e gli esiti delle cure»;

    il presidio unico di area omogenea è stato introdotto dal consiglio regionale con la legge regionale 17 novembre 2014, n. 23, e permette di migliorare l'efficacia organizzativa della rete ospedaliera e, allo stesso tempo, di assicurare una risposta più capillare nei territori e consente, inoltre, la presa in carico unitaria del malato da una unità operativa all'altra dello stesso presidio, indipendentemente dal luogo di cura;

    la rete ospedaliera della regione Sardegna complessivamente non ha derogato agli standard qualitativi posti dal decreto ministeriale n. 70 del 2015, ma ha solo realizzato nei territori più disagiati un potenziamento dell'offerta ospedaliera, garantendo nel contempo il rigido rispetto di protocolli di qualità e di cooperazione organizzativa e, dove si è ritenuto di derogare ai volumi minimi di attività, ad esempio per i punti nascita con meno di 500 nati, è sempre stato previsto un monitoraggio della qualità dei servizi;

    l'insularità, la posizione geografica e le vie di comunicazioni rappresentano per la Sardegna vincoli determinanti per la definizione della rete ospedaliera. Infatti, la condizione di insularità influisce significativamente sul contenimento della mobilità extra-ospedaliera, ma nel contempo non consente alla popolazione di giovarsi dei servizi eventualmente offerti dalle regioni limitrofe, come accade per il resto d'Italia;

    la regione Sardegna ha sempre dichiarato la sua disponibilità a condividere le ragioni delle deroghe con il Ministero della salute;

    come si legge nel parere del tavolo di monitoraggio, ai fini della valutazione definitiva i documenti esaminati e integrati al fine di rientrare negli standard del decreto ministeriale n. 70 del 2015 devono essere riprodotti dalla regione Sardegna entro e non oltre il 31 ottobre 2018,

impegna il Governo:

   ad intraprendere ogni iniziativa di competenza affinché l'applicazione del decreto ministeriale n. 70 del 2015 in Sardegna, e il conseguente monitoraggio, avvengano nel rispetto dell'autonomia organizzativa che lo stesso decreto ministeriale n. 70 del 2015 (all'articolo 3) riconosce alla regione;

   ad assumere iniziative affinché sia tenuta nella dovuta considerazione la circostanza che la Sardegna presenta caratteristiche territoriali e demografiche tali per cui un'applicazione pedissequa degli standard dell'assistenza ospedaliera definiti a livello nazionale, si tradurrebbe in un taglio significativo dei servizi presenti sul territorio e in definitiva in un pregiudizio per i livelli essenziali di assistenza effettivamente erogati dal sistema sanitario sardo;

   ad assumere iniziative affinché sia considerata, in particolare, la circostanza che, per quanto riguarda il dimensionamento delle singole discipline, la Sardegna – a differenza di tutte le altre regioni italiane – non può valersi della possibilità (prevista dal punto 3.2 dell'allegato 1 del decreto ministeriale n. 70 del 2015 al fine di garantire il rispetto dei valori soglia del bacino d'utenza) di stipulare accordi di programmazione integrata interregionale;

   a favorire e incoraggiare il confronto tra la regione Sardegna e il Ministero della salute, affinché all'esito delle loro interlocuzioni si possa addivenire a soluzioni che salvaguardino il diritto alla salute dei pazienti sardi, soprattutto di quelli che vivono in zone più disagiate e distanti dalle città.
(7-00053) «Rizzo Nervo, Gavino Manca, Romina Mura».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta orale:


   DI GIORGI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   il comunicato stampa del Consiglio dei ministri n. 19 informa dell'adozione da parte del Consiglio dei ministri, del decreto-legge recante «Disposizioni urgenti per la città di Genova, per la sicurezza della rete nazionale delle infrastrutture e dei trasporti, per il lavoro e per le altre emergenze»;

   il testo del decreto approvato dal Consiglio dei ministri il 13 settembre 2018 non è stato pubblicato sul sito istituzionale con il comunicato stampa, circostanza che, ad avviso dell'interrogante, non garantisce la trasparenza che dovrebbe caratterizzare quello che si definisce come l'esecutivo del cambiamento, e non risulta pubblicato in Gazzetta Ufficiale nemmeno all'atto della predisposizione del presente atto di sindacato ispettivo diversi giorni dopo la sua approvazione;

   dalle sintetiche informazioni inserite nel comunicato diramato dalla Presidenza del Consiglio ed esposte nella conferenza stampa si apprende che il decreto conterrebbe, oltre alle misure urgenti per la città di Genova, anche ulteriori interventi legislativi per la sicurezza delle infrastrutture tra cui l'istituzione di una nuova Agenzia di vigilanza per la sicurezza delle strade e delle autostrade e delle ferrovie che andrebbe a sostituire l'Agenzia nazionale per la sicurezza nelle ferrovie;

   l'interrogante apprende da un articolo pubblicato all'indirizzo http://www.ferrovie.info, che commenta una «bozza» del decreto acquisita il giorno prima del Consiglio dei ministri, che la decisione sottoposta al Consiglio dei ministri, ad avviso dell'interrogante nella più evidente opacità, non si limiterebbe ad ampliare con la nuova Agenzia il perimetro delle competenze dell'Agenzia soppressa, allargandone l'azione alla sicurezza delle infrastrutture stradali e autostradali, ma ne sposterebbe la sede da Firenze a Roma;

   si tratta di decisioni strategiche di tipo legislativo che comportano costi aggiuntivi per il contribuente connesse all'individuazione di una sede e alle evidenti difficoltà logistiche dovute all'organizzazione e al personale tali da poter causare diseconomie e discontinuità nelle funzioni di controllo e sicurezza dell'infrastruttura ferroviaria, con l'utilizzo di strumenti temporanei e urgenti in una materia legislativa complessa;

   tali decisioni quindi dovrebbero essere poi confermate in sede parlamentare affidando il confronto democratico agli stretti limiti di procedure di urgenza che accompagnano misure eccezionali come quelle relative alla città di Genova, non potendosi neppure escludere l'utilizzo della fiducia stante l'ovvia e assoluta priorità da assicurare ai cittadini colpiti dalla tragedia del crollo del «ponte Morandi» –:

   se le notizie diffuse rispondano al vero;

   quali siano le ragioni per le quali i provvedimenti approvati non siano pubblicati tempestivamente nel testo approvato dal Consiglio dei ministri collegialmente, e comunque non se ne dia dettagliato riscontro all'esterno;

   quali atti e quali iniziative il Presidente del Consiglio intenda adottare o intraprendere per ristabilire condizioni di correttezza e trasparenza istituzionale nelle comunicazioni relative all'attività del Consiglio dei ministri, considerate le ripercussioni di notizie imprecise sulla società e sull'immagine delle istituzioni.
(3-00189)


   LOSACCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il tribunale di Catania ha emesso un decreto di sequestro e confisca, su richiesta della direzione distrettuale antimafia, di una serie di beni nei confronti dell'editore e direttore del quotidiano La Sicilia, Mario Ciancio Sanfilippo;

   il provvedimento, oltre al quotidiano La Sicilia colpisce anche la maggioranza delle quote de La Gazzetta del Mezzogiorno;

   il tribunale ha nominato commissari giudiziari per garantire la continuazione delle attività;

   la Federazione nazionale della stampa italiana e le associazioni della stampa di Sicilia, Puglia e Basilicata hanno espresso preoccupazione per il sequestro, evidenziando rischi per la sopravvivenza stessa delle aziende editoriali;

   si tratta di una vicenda che assume un profilo ancor più rilevante in un contesto territoriale in cui l'editoria è da tempo in sofferenza;

   ferme restando le dovute esigenze di indagine e il pieno rispetto dell'azione degli organi inquirenti, è importante che l'attività dei commissari assicuri l'autonomia delle testate e la tutela delle prerogative di professionisti e collaboratori che vi lavorano –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto richiamato in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per garantire il futuro delle testate in questione e la salvaguardia dei livelli occupazionali.
(3-00191)


   LOSACCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   in data 22 settembre 2018 mentre il Presidente del Consiglio si trovava presso San Giovanni Rotondo per le celebrazioni di San Pio, nel capoluogo di regione si registrava un gravissimo pestaggio presso il quartiere Libertà di Bari al termine di una manifestazione antirazzista;

   il pestaggio è avvenuto intorno alle 22 quando un gruppo di cinque persone stava percorrendo via Crisanzi;

   il più grave ha riportato una ferita della lunghezza di nove centimetri e ha dovuto mettere nove punti di sutura alla testa;

   gli aggressori armati di mazze, tirapugni e cinghie apparterrebbero al movimento politico di estrema destra Casapound;

   i militanti di Casapound si trovavano davanti alla loro sede in via Eritrea e almeno cinque di loro avrebbero preso parte attivamente all'aggressione armati con mazze e cinghie;

   a seguito dell'aggressione attivisti e militanti antifascisti si sono radunati in via Crisanzio, scortati da polizia e carabinieri in assetto antisommossa che, per disperdere i manifestanti, hanno tentato una carica di alleggerimento;

   la tensione in città è durata fino a mezzanotte inoltrata, creando non poca preoccupazione tra gli abitanti –:

   se il Presidente del Consiglio sia stato informato di quanto accaduto nella città di Bari e quali iniziative intenda assumere al fine di scongiurare nuove tensioni di matrice politica in città esercitando la responsabilità di indirizzo e coordinamento propria della funzione d Capo del Governo con particolare riferimento a recenti esternazioni del Ministro dell'interno che rischiano di alimentare un clima di pericoloso estremismo.
(3-00192)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VISCOMI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il Consiglio dei ministri, in data 22 novembre 2017, ha deliberato per la terza volta lo scioglimento del consiglio comunale di Lamezia Terme (Catanzaro) per infiltrazioni mafiose;

   con decreto del Presidente della Repubblica del 24 novembre 2017, l'amministrazione del comune di Lamezia Terme, per la durata di diciotto mesi, è stata affidata ad una commissione straordinaria, la cui attività è stata reiteratamente e pubblicamente oggetto di polemiche, denunce e prese di posizione da parte di singoli cittadini, organizzazioni sociali e di rappresentanza, soggetti politici di tutti gli schieramenti. Le principali critiche hanno riguardato soprattutto la chiusura dei teatri comunali e degli impianti sportivi nonché l'impossibilità di svolgere eventi culturali e religiosi per ragioni riconducibili a interpretazioni normative particolarmente stringenti;

   la ragione principale di tale accentuata attenzione da parte dell'opinione pubblica sta in ciò che le decisioni gestionali assunte dalla commissione straordinaria, della cui legittimità o meno qui non interessa discutere, hanno prodotto sulla vita sociale, culturale e sportiva dei cittadini di Lamezia, di fatto inibendo ogni e qualunque possibilità di socializzazione e dunque di creazione di capitale sociale, la cui presenza costituisce - com'è ben noto - presupposto necessario ed indefettibile per una efficace azione di contrasto alla criminalità organizzata;

   la situazione sopra descritta determina, secondo l'interrogante, un oggettivo e crescente peggioramento della vita sociale ed economica della città di Lamezia Terme, lo stallo amministrativo dell'ente, un crescente moto di protesta da parte dei cittadini nei confronti della commissione straordinaria, già concretizzatosi in numerose manifestazioni pubbliche anche nella sede del municipio, nonché la perdita di concrete opportunità da parte del comune –:

   se il Governo sia a conoscenza di tale situazione e se sia consapevole che gli effetti delle politiche gestionali amministrative assunte nel comune di Lamezia Terme stridono, a giudizio dell'interrogante, visibilmente con gli obiettivi prioritari dell'azione commissariale nei comuni sciolti per mafia dal momento che la contrazione degli spazi possibili di socializzazione collettiva e di aggregazione civica - per positive finalità di ordine culturale, sportivo, religioso - non può che determinare un effetto negativo sulla stessa azione di contrasto alla criminalità organizzata e di recupero alla legalità costituzionale di collettività già di per sé ferite dalla presenza criminale;

   se il Governo non ritenga necessario assumere immediatamente iniziative, per quanto di competenza, con gli strumenti adeguati e pertinenti per assicurare che allo scioglimento di un comune, a seguito di accertati fenomeni criminali, consegua un'azione proattiva di sostegno alla comunità interessata, anche e soprattutto incentivando il miglioramento strutturale e quindi la stessa fruizione degli spazi di uso collettivo, anche al fine di contrastare atteggiamenti di rassegnazione e sfiducia, intuibili nella loro genesi ma rischiosi quanto ai loro effetti sulla tenuta democratica di una comunità.
(5-00521)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FERRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con una prima sentenza, nel 2007, la Corte di giustizia dell'Unione europea ha dichiarato che l'Italia era venuta meno, in modo generale e persistente, agli obblighi relativi alla gestione dei rifiuti;

   nel 2013, la Commissione europea ha ritenuto che l'Italia non avesse ancora adottato tutte le misure necessarie per dare esecuzione alla citata sentenza: 218 discariche ubicate in 18 delle 20 regioni italiane non erano conformi alla direttiva «rifiuti»;

   nella sentenza del 2 dicembre 2014, la Corte di giustizia dell'Unione europea ha confermato che l'Italia non ha adottato tutte le misure necessarie a dare esecuzione alla sentenza del 2007, condannandola a pagare una somma forfettaria di 40 milioni di euro;

   in particolare, la Corte di giustizia ha rilevato che l'inadempimento perdura da oltre sette anni e che, dopo la scadenza del termine impartito, le operazioni sono state compiute con grande lentezza; un numero importante di discariche abusive si registra ancora in quasi tutte le regioni italiane. Essa ha ritenuto quindi di infliggere una penalità decrescente, il cui importo è ridotto progressivamente in ragione del numero di siti che saranno messi a norma, computando due volte le discariche contenenti rifiuti pericolosi;

   la Corte ha condannato l'Italia a versare altresì una penalità semestrale a far data dal 2 dicembre 2014 e fino all'esecuzione della sentenza del 2007. La penalità è calcolata, per quanto riguarda il primo semestre, a partire da un importo iniziale di 42.800.000 euro. Da tale importo sono detratti 400.000 euro per ciascuna discarica contenente rifiuti pericolosi messa a norma e 200.000 di euro per ogni altra discarica messa a norma;

   le 200 discariche oggetto della sentenza sono ubicate nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria e Veneto;

   l'Italia ha pagato 40 milioni di euro come multa forfettaria e 39.800.000, 33.400.000, 27.800.000 euro come multe relative al primo, secondo e terzo semestre successivo alla sentenza;

   la legge 28 dicembre 2015, n. 208, all'articolo 1, comma 813, prevede: «[...] Ai fini della tempestiva esecuzione delle sentenze di condanna rese dalla Corte di giustizia dell'Unione europea [...], al pagamento degli oneri finanziari derivanti dalle predette sentenze si provvede a carico del fondo di cui all'articolo 41-bis, comma 1, della presente legge, nel limite massimo di 50 milioni di euro per l'anno 2016 e di 100 milioni di euro annui per il periodo 2017-2020. A fronte dei pagamenti effettuati, il Ministero dell'economia e delle finanze attiva il procedimento di rivalsa a carico delle amministrazioni responsabili delle violazioni che hanno determinato le sentenze di condanna, anche con compensazione con i trasferimenti da effettuare da parte dello Stato in favore delle amministrazioni stesse»;

   in data 24 marzo 2017 il Consiglio dei ministri ha nominato commissario straordinario per la realizzazione degli interventi necessari all'adeguamento alla normativa vigente delle discariche abusive presenti sul territorio nazionale il generale di brigata dell'Arma dei carabinieri Giuseppe Vadalà –:

   quali siano le discariche abusive in procedura di infrazione successivamente alla scadenza del 2 giugno 2018 e, in particolare, quale sia lo stato di attuazione della bonifica delle discariche abusive ancora presenti sul territorio calabrese;

   quali iniziative concrete abbia assunto, a distanza di oltre un anno dalla sua nomina, il commissario straordinario del Governo;

   a che punto sia il procedimento di rivalsa – ai sensi dell'articolo 1, comma 813, della legge n. 208 del 2015 nei confronti delle amministrazioni responsabili delle violazioni citate in premessa.
(4-01202)


   LEGNAIOLI e ZIELLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   Toscana Aeroporti S.p.a. è la società di gestione degli scali aeroportuali di Firenze e Pisa il cui azionariato è così composto: 62,28 per cento Corporacion America Italia S.p.a., 5,79 per cento SO.G.IM. S.p.a., 5,03 per cento regione Toscana, 26,9 per cento altri;

   Toscana Aeroporti S.p.a., nel 2017, ha redatto e presentato ai sindacati dei lavoratori un progetto di cessione ed esternalizzazione di una fetta importante delle lavorazioni, svolte negli scali di Pisa e Firenze, che potrebbe coinvolgere circa 800 lavoratori;

   nel dettaglio, il piano della società prevede l'esternalizzazione della security a Pisa e dell’handling dei due aeroporti, ovvero il complesso dei servizi per l'assistenza a terra agli aerei e ai passeggeri, durante la sosta negli aeroporti;

   Toscana Aeroporti motivò la scelta di cui sopra in primo luogo sul piano economico (risparmiare sui costi di tali servizi) e, in secondo luogo, sul piano giuridico (stando a quanto riferiscono i vertici dell'azienda, ci sarebbe infatti la necessità di adempiere ad alcuni obblighi normativi secondo cui i servizi di handling devono essere affidati a terzi, a causa del fatto che due scali hanno superato i 2 milioni di passeggeri l'anno);

   i sindacati dei lavoratori – rappresentanti regionali e provinciali di Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti e Ugl-trasporti – hanno espresso, fin dal primo momento, una decisa contrarietà nei confronti delle suddette scelte aziendali, affermando che queste «oltre a mettere a rischio i livelli occupazionali, peggioreranno le condizioni normative e salariali di centinaia di dipendenti»;

   nel giugno 2018, Toscana Aeroporti, con una comunicazione rivolta a 880 lavoratori impiegati su Pisa e Firenze, ha annunciato la volontà di disdire i contratti integrativi e gli accordi sindacali interni che, oltre alla parte salariale, andranno ad intaccare alcuni aspetti normativi che regolano i rapporti di lavoro all'interno della società;

   i sindacati dei lavoratori sono in stato di agitazione per le scelte aziendali fin qui operate da Toscana Aeroporti S.p.a. –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e se non ritenga opportuno convocare azienda e rappresentanti dei lavoratori ad un tavolo di crisi, anche auspicando la partecipazione di parlamentari del territorio, al fine di conoscere quali siano gli intendimenti dell'azienda circa il mantenimento dei livelli occupazionali, salariali e, più in generale, circa le condizioni contrattuali che in futuro potrebbero regolare i rapporti con i lavoratori.
(4-01203)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta orale:


   SILLI, ORSINI, VALENTINI, CAPPELLACCI, NAPOLI, BIANCOFIORE, FITZGERALD NISSOLI e ROTONDI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in Nicaragua sono in corso da mesi imponenti manifestazioni per chiedere un cambio di Governo e le elezioni anticipate; alle proteste, il Presidente in carica Ortega – il quale ha dichiarato di non volersi dimettere – ha risposto con mezzi violenti, portando in soli tre mesi a più di trecentocinquanta morti nel Paese, in maggioranza giovani studenti;

   nei giorni scorsi sono giunte tragiche notizie di persecuzione contro inermi cittadini e persino contro sacerdoti: le forze di polizia hanno attaccato degli studenti universitari costringendoli a rifugiarsi in una chiesa di Managua. Il cardinale nicaraguense, monsignor Leopoldo Brenes, il presidente della Conferenza episcopale del Paese e che ha guidato l'evacuazione dei ragazzi dalla Chiesa, ha confermato la morte di due giovani e il ferimento di altri due;

   risulta che dei gruppi paramilitari, le cosiddette «Turbas», abbiano sparato anche contro i sacerdoti che prestavano soccorso nelle parrocchie e che chiese ed edifici di culto abbiano subito devastazione e profanazione (sette finora quelli assediati). Tali violenze e persecuzioni sarebbero comprovate da immagini filmate e diffuse sui social da parte della parrocchia della Divina Misericordia a Managua, assaltata per circa diciassette ore, colpevole di aver aperto le porte agli studenti della vicina Universidad Nacional Autònoma de Nicaragua che manifestavano contro il Governo;

   i vescovi del Paese denunciano all'unanimità la messa in atto di una vera e propria persecuzione nei confronti della Chiesa, lanciando l'allarme alla comunità internazionale per scongiurare il rischio di una guerra civile nel Paese –:

   se il Governo sia a conoscenza della grave situazione descritta in premessa, e quali iniziative diplomatiche intenda assumere di fronte alle violenze da parte dei militari nicaraguensi che stanno colpendo indiscriminatamente la popolazione, compresi sacerdoti e rappresentanti della Chiesa cattolica locale.
(3-00188)

AFFARI REGIONALI E AUTONOMIE

Interrogazioni a risposta scritta:


   ORRICO e MELICCHIO. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro per il sud, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il grande progetto della metrotranvia nell'area urbana Cosenza/Rende, approvato con decisione della Commissione C(2012)6737 del 2012, prevede un investimento di 160 milioni di euro, finalizzato alla creazione di un sistema tranviario per il collegamento nell'area urbana Cosenza/Rende, di cui 156,8 milioni di euro rappresentano la quota a valere sull'Asse IV («efficienza energetica e mobilità sostenibile») del Por Calabria 2014/20;

   il 31 maggio 2016 la regione Calabria aggiudicava definitivamente la gara per l'affidamento dell'intervento «Progettazione esecutiva, realizzazione del "Sistema di collegamento metropolitano tra Cosenza - Rende e Università della Calabria" e fornitura e messa in esercizio materiale rotabile». L'aggiudicazione dei lavori è, secondo gli interroganti, fortemente viziata per l'assenza dell'elemento preliminare a corredo della procedura, costituito dalla sottoscrizione dell'accordo dell'accordo di programma, così come previsto dalla legge regionale n. 19 del 2001;

   il 12 giugno 2017, il sindaco di Cosenza, il presidente della regione Calabria, il presidente della provincia di Cosenza vi e il sindaco di Rende, a gara già aggiudicata, hanno siglato l'accordo di programma «per la realizzazione di un sistema di mobilità sostenibile attraverso opere strategiche e il collegamento metropolitano tra Cosenza, Rende e l'Università della Calabria» nel quale la regione Calabria si è impegnata a realizzare con fondi a valere sul Por Calabria 2007-2013 e 2014-2020 l'intervento denominato «Sistema di collegamento metropolitano tra Cosenza, Rende e Università della Calabria»;

   il 25 luglio 2017 la regione Calabria stipulava il contratto per la redazione della progettazione esecutiva e l'esecuzione dei lavori;

   il 18 settembre 2018 il sindaco di Cosenza dichiarava il suo intendimento a risolvere l'accordo di programma sopracitato e bloccare i lavori;

   prima dell'approvazione di un grande progetto l'autorità di gestione deve garantire, per come già previsto dal regolamento (Ue) n. 1303/2013, che siano disponibili informazioni su: studi di fattibilità effettuati, compresa l'analisi delle opzioni e dei risultati; un'analisi dei costi-benefìci, compresa un'analisi economica e finanziaria, e una valutazione dei rischi; un'analisi dell'impatto ambientale; il calendario di attuazione del grande progetto;

   l'opera potrebbe non raggiungere un'autonomia economica tale da potersi ritenere sostenibile. Le previsioni economiche di progetto risultano sovrastimate. Sono immaginati, infatti, un'utenza di 40 mila unità al giorno e un flusso di circa 2.500 passeggeri l'ora nella tratta più carica (l'Università della Calabria vanta, ad oggi, circa 30.000 studenti iscritti ed è impensabile che, ogni giorno, tutti questi studenti, più 10.000 altre persone, possano prendere la metrotramvia). Un progetto del genere troverebbe giustificazione solo per livelli di domanda dell'ordine di 100-200 mila passeggeri al giorno e per flussi orari di 5.000-10.000 passeggeri. Per avere un'opera che possa mantenersi economicamente l'area interessata dovrebbe avere 300-400 mila abitanti, mentre l'intera area urbana di Cosenza ne ha meno della metà. Il costo di gestione preventivato è nell'ordine di 3 milioni di euro annui, rendendo il progetto impossibilitato ad auto-sostenersi con il ricavo dei biglietti;

   ad oggi, a distanza di sei anni, permangono gravi e considerevoli dubbi sulla reale utilità della stessa opera, considerato l'importante investimento per un intervento sovradimensionato rispetto al bacino di utenza che si prevede di servire (280 mila abitanti, secondo il progetto, a fronte di un'utenza reale che non arriva ai 150 mila) –:

   di quali elementi disponga il Governo circa lo stato del progetto per la realizzazione della metrotramvia Cosenza-Rende, alla luce degli importanti fondi europei impegnati nell'iniziativa, e in particolare se risulti un'analisi aggiornata dei costi-benefici dell'opera anche al fine di un eventuale riesame della qualità del progetto, alla luce delle modifiche, sostanziali e non, intervenute negli ultimi 6 anni.
(4-01185)


   COLLETTI, GRIPPA, CORNELI e TORTO. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 22 agosto 2018, con decreto n. 24 del 2018, notificato ai consiglieri regionali e pubblicato sul Bollettino ufficiale della regione Abruzzo, è stato sancito lo scioglimento anticipato del consiglio regionale dell'Abruzzo a seguito delle dimissioni del presidente della giunta regionale Luciano D'Alfonso, comunicate in data 10 agosto 2018;

   ai sensi dei commi 3 e 4 dell'articolo 86 dello statuto della regione Abruzzo, nei casi di scioglimento anticipato e di scadenza della legislatura, «le nuove elezioni sono indette entro tre mesi secondo le modalità definite dalla legge elettorale»;

   ai sensi del comma 2 dell'articolo 6 della legge regionale n. 9 del 2013 (Norme per l'elezione del consiglio regionale e del presidente della giunta regionale), «nel caso di scioglimento anticipato del Consiglio regionale le elezioni si svolgono entro tre mesi dallo scioglimento stesso»;

   ai sensi del comma 1 dell'articolo 140 del regolamento interno per i lavori del consiglio regionale, si fa decorrere lo scioglimento del consiglio regionale «dalla data del verificarsi dell'evento» ovvero, nella fattispecie, il 10 agosto 2018;

   secondo il quadro statutario, legislativo e regolamentare sinteticamente esposto, le nuove elezioni regionali dovrebbero tenersi entro tre mesi decorrenti dal 10 agosto 2018, ovvero entro il 10 novembre 2018;

   il presidente vicario della regione Abruzzo, Giovanni Lolli, in data 17 settembre, ha sottoscritto un «verbale di intesa» con il presidente della corte d'appello dell'Aquila, Fabrizia Francabandera, fissando l'elezione del presidente della giunta regionale e per il rinnovo del consiglio regionale alla data del 10 febbraio 2019, oltre 4 mesi e 15 giorni dalla data di scioglimento del consiglio regionale;

   tale decisione è stata ratificata con deliberazione della giunta regionale n. 702 del 18 settembre 2018;

   tale decisione sembra essere stata presa in dispregio delle norme citate in premessa, ad avviso degli interroganti «congelando» illegittimamente i diritti di elettorato attivo dei cittadini abruzzesi;

   ad avviso degli interroganti, la scelta della data del 10 febbraio 2019 è da considerare, da un lato, come foriera di possibili contenziosi in materia elettorale e, dall'altra, come un'eccessiva dilazione temporale che andrà inevitabilmente a incidere negativamente su costi amministrativi e diritti politici dell'elettorato abruzzese –:

   se il Governo sia a conoscenza di tale discrepanza rispetto a quanto previsto dalla normativa e quali eventuali iniziative, anche normative, ritenga di adottare al riguardo.
(4-01195)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:

   come noto, l'articolo 272-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sancisce la competenza legislativa (e quella amministrativa di rango autorizzatorio) regionale in ordine alle misure per la prevenzione e la limitazione delle emissioni odorigene degli stabilimenti autorizzati ai sensi della Parte V del decreto. Dette misure possono consistere in valori limite di emissione, espressi in concentrazione volumetrica, nonché specifiche portate massime e concentrazioni massime da definire in sede di autorizzazione. Possono comprendere prescrizioni relative agli impianti aventi un potenziale impatto odorigeno, incluso l'obbligo di attuazione di piani di contenimento, così come procedure volte a definire, in sede di autorizzazione, i criteri localizzativi in funzione della presenza di ricettori sensibili intorno agli stabilimenti;

   il comma 2 della disposizione prevede che il coordinamento previsto dall'articolo 20 del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155, possa elaborare indirizzi in relazione alle misure previste. Possono essere previsti valori limite e prescrizioni per la prevenzione e la limitazione delle emissioni odorigene degli stabilimenti autorizzati, inclusa la definizione di metodi di monitoraggio e di determinazione degli impatti;

   a fondamento della visione, la difficoltà di stabilire limiti identici rispetto a realtà industriali assai differenti; ne deriva una normativa per certi versi carente, senza prevedere alcun obbligo in materia per quanto riguarda gli impianti dotati di autorizzazione integrata ambientale, spesso anche di grandi dimensioni o di notevoli capacità di esercizio, che restano affidati, se del caso, soltanto a prescrizioni specifiche all'interno dei singoli procedimenti;

   talune modifiche risulterebbero, ad avviso degli interpellanti, opportune prevedendo tempistiche puntuali per: l'adozione della normativa regionale sulle emissioni odorigene e i limiti per gli impianti autorizzati; l'introduzione delle emissioni odorigene nell'elenco degli inquinanti di cui tener conto nell'espletamento delle procedure di valutazione di impatto ambientale; l'introduzione di piani di monitoraggio delle emissioni odorigene;

   a titolo esemplificativo, la regione Puglia si è dotata di una legge per le emissioni odorigene, nel tempo sottoposta a proroghe per l'entrata in vigore fino all'adozione della nuova legge regionale 16 luglio 2018, n. 32, in una formulazione, ad avviso degli interpellanti, inefficace a livello ambientale, peraltro recentemente oggetto di impugnazione da parte del Governo;

   numerose regioni non hanno neppure provveduto ad emanare specifiche leggi e linee guida con lo scopo di disciplinare i casi di molestia olfattiva, ma solo direttive con indicazione del limite emissivo per impianti di compostaggio o per impianti di produzione di biogas. Ad esempio, in attesa di una normativa specifica sulle emissioni odorigene, l'Emilia-Romagna si è limitata ad elaborare linee guida per i processi autorizzativi con meri indirizzi comuni applicandole transitoriamente fino al 2019, quando poi si verificherà la loro efficacia –:

   se il Ministro interpellato intenda adottare iniziative per introdurre modifiche normative atte a dirimere le criticità poste dalla normativa vigente, se del caso, emanando linee guida in materia di emissioni odorigene e promuovendo misure tese nello specifico alla riduzione dei conferimenti di rifiuti depositati all'interno degli impianti autorizzati e anche alla diminuzione della produzione da raffinerie e altri impianti analoghi.
(2-00117) «Vianello, Ilaria Fontana, Maniero, Manzo, Mariani, Martinciglio, Masi, Migliorino, Nitti, Olgiati, Palmisano, Papiro, Paxia, Penna, Perantoni, Perconti, Raduzzi, Raffa, Rizzo, Rizzone, Romaniello, Paolo Nicolò Romano, Roberto Rossini, Ruggiero, Ruocco, Giovanni Russo, Saitta, Salafia, Sarti, Scagliusi, Scanu, Segneri, Serritella, Rachele Silvestri, Siragusa, Sodano, Spadoni, Spessotto, Suriano, Sut, Termini, Testamento, Torto, Trano, Tripiedi, Tuzi, Vallascas, Villani, Vizzini, Zanichelli, Zennaro».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MURONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   ad oggi l’addendum ambientale relativo all'Ilva non risulta essere ancora disponibile nella versione integrale, comprensiva degli allegati;

   dalla lettura delle bozze diffuse dagli organi di informazione, si ritiene che quanto previsto dall’addendum ambientale al capitolo 4 non dia garanzie dell'effettiva assenza di rischi per la salute, specie per gli abitanti del quartiere Tamburi di Taranto, il più prossimo agli impianti;

   è previsto, infatti, un mero obbligo, per Arcelor Mittal, di presentare al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare solo una «idonea documentazione che certifichi che l'aumento della produzione garantirà che le missioni convogliate di polveri rimarranno entro i limiti annuali post adeguamento in flusso di massa autorizzati», obbligo che, con tutta evidenza non costituisce vincolo a ridurre le emissioni inquinanti autorizzate dal piano ambientale;

   è previsto, inoltre, un impegno a «confrontare il flusso di massa annuale autorizzato (...) ed applicabile al 31 agosto 2018 delle emissioni convogliate di polveri degli impianti oggi in esercizio, con il flusso di massa delle emissioni convogliate di polveri previste esercendo gli impianti ambientalizzati in coerenza con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 settembre 2017, fino a 8 milioni di tonnellate»;

   si tratta di un impegno da cui non appaiono discendere obblighi;

   non è previsto che in caso di superamento delle attuali emissioni, peraltro relative a impianti ancora da assoggettare agli interventi previsti dal piano ambientale, venga rilasciata l'autorizzazione a superare il limite alla produzione di 6 milioni di tonnellate annue, né c'è alcun riferimento alle emissioni fuggitive, che pure – come denunciato da Legambiente – hanno un peso rilevante nell'inquinamento prodotto dallo stabilimento siderurgico;

   è importante, per tutelare i cittadini di Taranto, che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare proceda alla valutazione preventiva dell'impatto ambientale e sanitario connesso una produzione di 8 milioni di tonnellate annue di acciaio liquido per la configurazione produttiva ipotizzata da Arcelor Mittal, entro il termine massimo dell'apertura delle procedure previste per la riaccensione dell'altoforno AFO 5, che può consentire all'Ilva tale produzione –:

   quando l’addendum ambientale sarà reso pubblico, e se sia stata prevista la valutazione preventiva di impatto ambientale e sanitario da effettuarsi entro il termine massimo dell'apertura delle procedure autorizzative previste per la riaccensione dell'altoforno AFO 5, in modo da poter fornire risposte scientificamente attendibili all'esigenza di tutela della salute dei cittadini di Taranto.
(5-00515)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   RACCHELLA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   per il restauro e il consolidamento del Ponte di Bassano del Grappa il Ministero dei beni e delle attività culturali con decreto ministeriale 1° settembre 2015 ha stanziato un contributo di 3 milioni di euro, inserito negli investimenti del biennio 2015-2016 per i «grandi progetti beni culturali»;

   in data 5 giugno 2018 l'interrogante ha presentato un'interrogazione sul medesimo argomento (n. 4-337);

   risultano all'interrogante i seguenti finanziamenti pubblici:

    Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo: euro 3.000.000, decreto ministeriale 1° settembre 2015, piano strategico «grandi progetti beni culturali» ai sensi del decreto-legge n. 83 del 2014;

    regione Veneto: euro 700.000 (DGRV n. 698 del 14 maggio 2015);

    regione Veneto: euro 1.000.000 (DGRV n. 2040 del 23 dicembre 2015) ai sensi della legge regionale n. 6 del 27 aprile 2016;

    fondazione Cariverona: euro 1.000.000;

    comune di Bassano del Grappa euro 2.000.000 bilanci comunali 2014/2017;

   il comune di Bassano del Grappa (VI) risulta essere il proprietario dell'immobile oggetto dell'intervento di conservazione e restauro e pertanto stazione appaltante per l'esecuzione dei relativi lavori;

   l'amministrazione comunale con delibera della giunta municipale n. 248 del 2015 ha approvato un progetto esecutivo, affidato in deroga e sotto soglia ex articolo 125 del decreto legislativo n. 163 del 2016 come tutte le decine di incarichi diretti successivi per un importo a base di appalto di euro 4.947.775,24, anticipando però alcune lavorazioni comunque necessarie col criterio della somma urgenza;

   il comune ha indetto nel dicembre 2015 una gara di appalto negoziata per estrema urgenza sotto soglia comunitaria, che ha dato poi luogo contenzioso giudiziario prima dell'affidamento e inizio dei lavori (marzo 2017), costato alla collettività oltre 350.000 euro;

   l'impresa affidataria ha più volte segnalato non completa disponibilità dell'area di cantiere ed errori progettuali che impedivano regolare esecuzione lavori, richiedendo più volte una opportuna variante che però l'amministrazione ha sempre rifiutato di eseguire; la stessa amministrazione a maggio 2018 ha rescisso unilateralmente il contratto in danno ex articolo 136 del decreto legislativo n. 163 del 2016 addossando tutte le responsabilità all'impresa, aprendo in questo modo la strada ad altro contenzioso e a richieste di danni come in effetti sta accadendo;

   ad oggi i lavori sono completamente fermi col rischio di totale chiusura al transito pedonale del ponte per gravi pregiudizi alla stabilità, gravissime ripercussioni all'immagine della città e alla sopravvivenza delle diverse attività economiche collegate;

   l'amministrazione comunale ha sempre difeso il proprio operato e, da quanto descritto sui media e dagli atti, si appresta ad affidare sempre per somma urgenza ulteriori lavori di consolidamento con impiego di oltre 350.000 euro giustificati dal rischio crollo;

   in quasi tre anni l'amministrazione comunale ha impegnato oltre 2,8 milioni e mezzo di euro in incarichi per lavori di somma urgenza, monitoraggi e altro di cui circa 900.000 erogati dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo a fronte di lavori eseguiti per circa 50.000 euro, dimostrandosi, secondo l'interrogante, non in grado di gestire la situazione;

   risulta all'interrogante che l'amministrazione comunale, si appresterebbe ad affidare un nuovo appalto lavori alla ditta seconda classificata nella gara del dicembre 2015 ex articolo 140 del decreto legislativo n. 163 del 2016, ma la situazione sembra molto complessa sia per le richieste di questa impresa di modifiche al progetto, sia perché ancora non esistono le condizioni per affidare l'incarico nel rispetto del codice dei contratti pubblici, non essendoci totale e piena disponibilità delle aree di cantiere –:

   se il Governo, per quanto di competenza, intenda esaminare la complicata vicenda e valutare se sussistono i presupposti per adottare le iniziative di competenza volte alla nomina urgente di un commissario straordinario con ampi poteri, che possa predisporre un progetto di variante compatibile con l'importanza del monumento Palladiano, unico e strategico nel Paese per la sua rilevante storia.
(4-01184)


   CILLIS e GALLINELLA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   in data 4 maggio 2018 è stato pubblicato sul quotidiano on line Basilicata 24 un articolo con il seguente titolo: «Potenza: Il mistero dei locali ex monopoli di Stato. Chi ci guadagna?». Nell'articolo si afferma che gli «ex monopoli di Stato, o meglio i locali che li ospitavano, al quarto piano di uno stabile in corso Garibaldi a Potenza, sono stati venduti dal demanio dello Stato ad una società di Roma. Successivamente alla vendita, il segretario del MIBAC Basilicata ex direzione regionale del ministero dei beni culturali, stipula un contratto di locazione avente in oggetto i medesimi locali dalla società a cui erano stati venduti». La suddetta locazione sembra sia stata giustificata dal fatto che la direzione regionale sopra richiamata necessitava di ulteriori locali e quindi doveva trasferire i suoi uffici al quarto piano dell'immobile di corso Garibaldi; il trasferimento, però, non è ancora avvenuto, in quanto i costi da sostenere risultano essere notevoli, così come quelli di ristrutturazione –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali siano le motivazioni e il prezzo della vendita; quali siano i termini del contratto di locazione e l'importo che viene corrisposto alla società acquirente a titolo di canone mensile e se non intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per vigilare affinché sia evitato ogni possibile spreco di risorse pubbliche nel caso in questione.
(4-01191)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ANZALDI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la Caserma dei carabinieri di Grassano è attualmente ubicata in viale Rimembranza in un'area del paese interessata da problemi rilevanti di dissesto idrogeologico;

   la questione è da tempo nota e sembrerebbe tornata di urgenza a seguito della visita in loco da parte del comandante regionale dell'Arma;

   le condizioni dello stabile che, oltre agli uffici comprende gli alloggi di servizio, evidenziano lesioni e sono state accertate criticità strutturali;

   il sindaco, come si apprende anche da articoli di stampa, avrebbe avviato un'azione di verifica per la individuazione di altri immobili ove trasferire l'importante e imprescindibile presidio di sicurezza che si è sempre distinto per operatività e spirito di servizio su tutto il comprensorio, che riguarda un'area molto importante della provincia di Matera –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di supportare l'azione dell'ente locale nella individuazione di una nuova sede, assicurando la piena operatività della locale stazione e un'implementazione della sua dotazione organica, considerata la rilevanza che la caserma riveste in tutto il comprensorio.
(5-00520)

Interrogazione a risposta scritta:


   DEL MONACO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il 10 settembre 2018 è stata la giornata mondiale per la prevenzione del suicidio, un fenomeno complesso ed eterogeneo sempre più diffuso; infatti, può esistere una tipologia di dolore psichico particolarmente accentuato ed estenuante, capace di fare la differenza tra la scelta di vivere o di porre fine alla propria dolorosa esistenza, in quanto l'essere umano, pur avendo paura della morte, quando il dolore e la sofferenza diventano insopportabili, può decidere di togliersi la vita. Questo triste fenomeno, purtroppo, è in crescita anche tra i militari. Le Forze armate costituiscono una parte della popolazione generale che ha facile accesso alle armi da fuoco; si tratta di una popolazione a rischio di suicidio, a causa della letalità dello strumento di cui dispone;

   riguardo alla psicologia militare applicata, già la formazione dei comandanti è realizzata in diversi momenti della loro carriera professionale. In particolare, prima della partenza per le missioni fuori area, durante la missione (con la presenza di uno psicologo) e al loro rientro dalla missione, con dei debriefing. Prima e dopo le operazioni, infatti, si svolgono specifici interventi sulla gestione dello stress a favore di tutto il personale, con appositi moduli per potenziare nella linea di comando le capacità di riconoscere e gestire i segnali di stress, anche per intervenire nella soluzione della problematica;

   inoltre, anche durante i corsi di formazione avanzata per ufficiali (corso di Stato Maggiore) e sottufficiali (corso di branca) e nell'ambito dei corsi a premessa di particolari incarichi di comando (corso comandanti di compagnia, corso comandanti di reggimento, corso comandanti di brigata) sono previste lezioni a cura di ufficiali psicologi sui temi delle devianze, del mobbing e, più in generale, su materie attinenti alla promozione del benessere organizzativo;

   anche negli istituti di formazione Rav sono previste attività di stress management per imparare a riconoscere e gestire i segnali di stress personali e dei militari con cui si lavora;

   il suicidio di un militare del reparto ha un impatto negativo su tutto il personale della caserma. In questi casi, vengono realizzati interventi di psicologia dell'emergenza per tutto il contingente del reparto, finalizzati non solo ad abbattere il rischio di emulazione (effetto Werther) ma anche per sostenere l'azione di comando nella gestione psicologica dell'evento e delle reazioni del personale;

   presso tutte le brigate di manovra è presente un ufficiale psicologo che lavora a favore della salute psicologica del personale dei reparti dipendenti; inoltre, in caso di necessità, i reggimenti possono richiedere il concorso degli ufficiali psicologi coordinatori presenti presso gli alti comandi/vertici di area ovvero presso l'ufficio di psicologia e psichiatria Militare dello Sme. I colloqui individuali si svolgono in fase di reclutamento, nell'ambito delle attività di selezione, e, successivamente, su richiesta del militare interessato che si rivolge autonomamente al professionista o alla struttura sanitaria di riferimento. I colloqui partono sempre da una domanda dell'interessato e risulta complicato condurre un colloquio psicologico con un militare che ha ricevuto l'ordine di recarsi dal professionista;

   sono realizzate numerose attività di formazione sulla leadership, con l'obiettivo di promuovere nei comandanti la consapevolezza del proprio stile di comando e per ampliare il bagaglio di comportamenti in grado di sostenere l'impegno del personale collaboratore. L'attenzione al personale collaboratore e al contesto risulta strategica per l'adozione di una leadership flessibile, in grado di adattarsi a tutte le situazioni in cui opera un comandante delle forze armate –:

   se, al fine di implementare tale lavoro di prevenzione primaria, non ritenga opportuno adottare iniziative per aumentare gli psicologi nelle brigate, fino ad arrivare a livello reggimento e reparti equiparati.
(4-01187)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   RIPANI e MUGNAI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   sono circa 300 le imprese sparse sul territorio italiano che risultano essere concessionarie di beni pertinenziali del demanio marittimo, ossia che svolgono la propria attività all'interno di manufatti acquisiti al pubblico demanio marittimo (cosiddette pertinenze del demanio marittimo, come indicato nel codice della navigazione);

   la pressoché totalità di queste aziende, fiore all'occhiello dell'offerta turistica delle diverse località ove le stesse sono collocate, sono gestite da famiglie che hanno profuso le proprie energie e i risparmi di una vita nella conduzione della propria attività, effettuando investimenti, anche considerevoli, nell'ottica di offrire un migliore servizio all'utenza e contribuire allo sviluppo del turismo;

   la legge finanziaria per l'anno 2007, legge n. 296 del 2006, ha applicato una maggiorazione evidentemente eccessiva ai canoni demaniali marittimi per i beni pertinenziali con finalità turistico ricreativa;

   in particolare, il comma 252 dell'articolo 1 della legge finanziaria del 2006 ha previsto che le misure dei canoni demaniali marittimi, come ridefinite dal comma 251, si applichino anche, a decorrere dal 1° gennaio 2007, alle concessioni dei beni del demanio marittimo e di zone del mare territoriale aventi ad oggetto la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto;

   l'introduzione dei valori Omi (Osservatorio del mercato immobiliare), per il calcolo dei canoni pertinenziali, oltre a introdurre fortissime sperequazioni e squilibri tra le imprese, ha portato come conseguenza incrementi su questi canoni di oltre il 1.000 per cento, raggiungendo cifre enormi – da 100 a 300 mila euro annui – rendendoli, di fatto, impossibili da pagare. Chi ha pagato, ha purtroppo sacrificato gli investimenti per rinnovare e migliorare l'attività dal punto di vista della qualità dei servizi, e chi non è più riuscito a pagare il canone si è visto arrivare la decadenza della concessione;

   nel corso degli anni si è proceduto ad alcuni interventi (con la legge di stabilità 2014 e con la legge di stabilità 2016) che hanno offerto la possibilità di sanare la morosità maturata dai concessionari, i quali avevano impugnato chiaramente le esose pretese dell'amministrazione innanzi all'autorità giudiziaria, pagando una percentuale del canone in contestazione; solo così si è potuto, in molti casi, arrestare l'inevitabile tracollo di molte aziende che non avrebbero potuto diversamente sostenere la pretesa creditoria delle amministrazioni concedenti;

   il problema, tuttavia, si è riproposto, dal momento che, negli anni a seguire, nonostante le richieste degli operatori del settore, non si è provveduto al riordino della disciplina in materia di beni pertinenziali del demanio marittimo –:

   quale sia la posizione del Governo in merito alla grave situazione in cui tuttora versano i concessionari balneari pertinenziali, se e quali iniziative intenda adottare per procedere alla revisione e al riordino della normativa relativa alle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative e se non ritenga, in attesa del riordino della materia da effettuarsi auspicabilmente di concerto con le organizzazioni di categoria, di assumere iniziative dirette a sospendere la riscossione dei canoni pertinenziali – tenuto conto della evidente iniquità del medesimo canone – e la revoca della concessione ai balneari pertinenziali incapaci di far fronte al pagamento dei canoni calcolati sui «valori Omi».
(4-01183)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PERANTONI e MARINO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la situazione generale dell'organico dei magistrati e del personale amministrativo delle sedi giudiziarie è nota ed è risaputo che uno degli obiettivi di questo Governo e di questa maggioranza è quello di migliorare l'efficienza dell'apparato;

   pur nella consapevolezza che l'azione del Governo è in fieri è peraltro necessario che non si verifichino contesti di totale paralisi degli uffici giudiziari che portino a situazioni di denegata giustizia;

   tale è viceversa la situazione del tribunale di Tempio Pausania: da notizie apparse il 21 settembre 2018 sulla stampa, si apprende che la grave situazione di carenza di organico del presidio pare ormai cronicizzata, posto che il problema è presente da anni e non è mai stato risolto;

   dopo la soppressione della sezione distaccata di Olbia, il tribunale di Tempio ha competenza su tutta il nord-est della Sardegna; ad oggi la zona con la maggiore crescita economica della regione dove è riscontrabile di conseguenza la presenza di importanti realtà produttive, occupazionali ed economico-finanziarie: laddove c'è economia in fase di sviluppo si trovano spesso interessi criminali da contrastare;

   il tribunale di Tempio, in buona sostanza, è quasi totalmente privo di organico: a causa del trasferimento di un magistrato, a breve opereranno 7 magistrati su 11, due dei quali in applicazione sino a, rispettivamente, novembre 2018 e marzo 2019. Mancano giudici con funzione di Gip e Gup: tale ruolo è svolto da uno dei magistrati in applicazione, con prevedibili conseguenze. Ovviamente siffatta situazione comporta sempre più spesso l'impossibilità di formare giudici collegiali a causa delle incompatibilità maturate;

   appare quindi necessario intervenire quanto prima al fine di porre rimedio a una situazione insostenibile che ha gravissime ripercussioni negative per i cittadini, per l'economia e per la corretta amministrazione della giustizia civile e penale –:

   se sia a conoscenza di tale questione e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere al fine di ovviare alla grave situazione descritta.
(5-00517)


   MICELI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   a seguito del concorso pubblico ad 800 posti per assistenti giudiziari indetto dal Ministero della giustizia nel novembre 2016 si è costituito spontaneamente un Comitato (Ciag) a sostegno dei circa 5 mila idonei di cui, grazie ai provvedimenti del precedente Governo, circa 2.800 hanno già preso servizio;

   l'ex Guardasigilli Orlando ha inviato richiesta formale al Dipartimento della funzione pubblica per l'assunzione di ulteriori 200 idonei – ad oggi ancora in attesa di autorizzazione – residuando, così, circa 1.860 giovani risorse da redistribuire in possesso di ragguardevoli titoli di studio in discipline giuridico-economiche e un notevole bagaglio di esperienze professionali;

   altri soggetti – tra cui il Ministero per i beni e le attività culturali, Agenzia delle dogane e Ministero dell'interno – hanno richiesto di poter attingere personale dalla graduatoria in questione, anche alla luce dei piani di ricognizione per il fabbisogno del personale dei singoli Ministeri;

   in più occasioni, il Ministro interrogato, il Sottosegretario Ferraresi, il Ministro Bongiorno hanno rilasciato «dichiarazioni-spot» esprimendo la volontà di utilizzare tutti gli strumenti a disposizione allo scopo di risolvere il problema della carenza di personale nel comparto della giustizia, senza – però – passare, ad avviso dell'interrogante, dai pubblici proclami ai fatti;

   l'invito al Governo a procedere allo scorrimento integrale della graduatoria al fine di un migliore funzionamento della macchina amministrativa della giustizia è giunto dai vertici di Anm, Cnf e Csm e – secondo le stime del Ciag – la scelta di non procedere allo scorrimento della graduatoria non dipende da carenza di risorse economico-finanziarie, essendo in dotazione al Ministero oltre 72 milioni di euro da destinare al personale per il 2019 a fronte di un costo di 61 milioni di euro per 1.860 idonei residuanti in graduatoria;

   al pari di altre graduatorie ministeriali, anche la menzionata ha una validità triennale a partire dalla data di pubblicazione della stessa e si potrebbe evitare di giungere al termine del triennio, operando una proroga della validità della medesima, come già avvenuto nella legge di bilancio 2018 prevedendo la proroga per tutte le graduatorie della pubblica amministrazione –:

   quali siano, al netto degli annunci, le intenzioni del Governo in merito allo scorrimento integrale della graduatoria in riferimento alle tempistiche di convocazione delle duecento unita di cui in premessa, alla proroga della validità o all'utilizzo della graduatoria da parte di altri soggetti istituzionali e ai dati quantitativi su risorse – umane ed economiche – e turnover per l'anno 2019 da inserire in bilancio.
(5-00522)

Interrogazione a risposta scritta:


   SAPIA, MELICCHIO, ORRICO, D'IPPOLITO e SCUTELLÀ. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nell'interrogazione a risposta scritta n. 4-00815 del 25 luglio 2018, con riferimento a indagini della procura di Cosenza, al Ministro della giustizia è stato chiesto di valutare la sussistenza dei presupposti per avviare iniziative ispettive;

   in un articolo a firma del giornalista Pietro Bellantoni, apparso sul sito web dell'ordine dei giornalisti della Lombardia, si riporta di un'inchiesta del giornalista Emiliano Morrone, pubblicata sulla testata on lineInfiltrato.it, che fece emergere un «documento che attesta il parere illegittimo del Comune» di San Giovanni in Fiore «a favore dell'accreditamento della nuova residenza sanitaria» nell'Abbazia florense, monumento religioso di prestigio del XIII secolo;

   nello stesso articolo si precisa che Morrone consegnò il documento in questione – cioè, si legge in un articolo del giornalista Carmine Gazzanni pubblicato il 23 agosto 2012 su Infiltrato.it, «una dichiarazione dal contenuto falso dell'avvocato Gaetano Pignanelli, allora dirigente dell'Ufficio legale del municipio» – alla Procura di Cosenza e alla Corte dei conti, al fine di far luce «su un intrigo che “riguarda i soldi e i beni dei cittadini”»;

   nel decreto di archiviazione del giudice per le indagini preliminari di Cosenza, depositato in cancelleria il 24 gennaio 2013, relativo a un procedimento penale a carico di Morrone, Gazzanni e altri, si riconosce che il riferito documento, cioè «il parere rilasciato dall'avvocato Pignanelli», «non è vero», ma a riguardo, per quanto consta agli interroganti, non risulterebbero avviate indagini per verificare l'esistenza, nello specifico, del reato di falso in atto pubblico;

   in sintesi, la posizione dei suddetti giornalisti fu archiviata per aver scritto un fatto vero, ma poi non sarebbe stato indagato l'autore del prefato parere, ritenuto «non vero», dunque falso, dal ricordato giudice per le indagini preliminari;

   l'autore in parola lavorava al comune di San Giovanni in Fiore, poi diventò responsabile dell'ufficio legale della provincia di Cosenza sotto la presidenza di Gerardo Mario Oliverio, che, eletto governatore della Calabria, lo nominò capo di gabinetto della Presidenza della giunta regionale;

   nell'interrogazione n. 4-01815, presentata dalla deputata Dalila Nesci il 12 settembre 2013, si legge che «Antonio Nicoletti, sindaco di San Giovanni in Fiore dal 2005 al 2010, avviò un'azione civile per il rilascio degli immobili occupati dalla residenza sanitaria per anziani, che però ricevette dagli uffici comunali l'agibilità, l'idoneità igienico-sanitaria e parere favorevole del dirigente dell'ufficio legale Gaetano Pignanelli»;

   sul sito ufficiale della stessa deputata si legge di un esposto, presentato insieme al senatore Nicola Morra alla procura di Cosenza, in merito alla presenza della riferita residenza sanitaria assistenziale in locali dell'Abbazia florense;

   ad oggi, presso il tribunale civile di Cosenza, a quanto consta agli interroganti, non risulterebbe concluso il primo grado di giudizio, a distanza di oltre 10 anni dall'azione per rilascio dell'immobile da parte del comune di San Giovanni in Fiore nei confronti della rsa in argomento;

   in un'inchiesta del 2014 della procura di Cosenza, su una vicenda di erogazioni pubbliche relativa a un progetto scolastico, vi è a giudizio degli interroganti una palese discrasia tra le documentate e argomentate risultanze delle indagini delegate e i successivi capi di imputazione e la successiva assoluzione da parte del giudice «perché il fatto non costituisce reato»;

   detta discrasia si riscontra anche in ordine alle somme dedotte in seguito agli accertamenti investigativi, conclusi con ipotesi di truffa, tuttavia caduta in fase di classificazione dei reati contestati –:

   alla luce delle criticità evidenziate, se non ritenga urgente valutare quanto prima la sussistenza dei presupposti per avviare iniziative ispettive presso gli uffici giudiziari dell'area penale e civile del tribunale di Cosenza.
(4-01194)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   la continuità territoriale risponde all'esigenza di garantire il diritto alla mobilità dei cittadini e dunque alla libertà di circolazione dei medesimi sul territorio nazionale e comunitario. Il compito dello Stato è quello di ridurre gli svantaggi derivanti dall'essere cittadini di zone periferiche di un Paese o delle isole. Il diritto alla mobilità è garantito dalla Costituzione agli articoli 2 e 16;

   l'articolo 16 della Costituzione, nel prevedere e tutelare la libertà di circolazione delle persone, richiama implicitamente il fondamentale diritto di libertà sancito dall'articolo 2 attualizzando, al contempo, il principio di uguaglianza sostanziale. Gli ostacoli alla mobilità, generati da un sistema di collegamenti non sufficiente, causano l'impoverimento dei territori che ne sono colpiti. Si parla dello sviluppo economico e sociale di intere regioni. La Sardegna sopporta da sempre e con sempre maggiore fatica, il peso di una continuità territoriale spesso inadeguata alle necessità della popolazione;

   il diritto alla mobilità e alla libera circolazione dei cittadini e delle merci trova ampio riconoscimento anche a livello europeo. Il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, all'articolo 21, sancisce il diritto di ogni cittadino dell'Unione di circolare liberamente nel territorio comunitario. La stessa garanzia viene poi accordata, all'articolo 26, anche alle merci, ai servizi e ai capitali. Nel testo non mancano espressi riferimenti al diritto alla continuità territoriale considerato un bene comune di rilevanza sovranazionale. In Italia è indispensabile rendere effettiva la fruizione del diritto alla mobilità per i cittadini delle isole. Non ci sono alternative valide a una continuità territoriale adeguata e rispettosa dei princìpi più importanti della Costituzione: la libertà e l'uguaglianza;

   l'esigenza avvertita dagli Stati di garantire determinati collegamenti può non trovare rispondenza con gli interessi economici delle compagnie aeree che potrebbero essere tentate di seguire determinate rotte solo in determinati periodi dell'anno;

   per evitare il configurarsi di simili situazioni l'articolo 4, comma 1, lettera a), del regolamento (CEE) n. 2408/92, del Consiglio, del 23 luglio 1992, prevede che uno Stato membro possa imporre «oneri di servizio pubblico riguardo ai servizi aerei di linea effettuati verso un aeroporto che serve una regione periferica o in via di sviluppo all'interno del suo territorio o una rotta a bassa densità di traffico verso un qualsiasi aeroporto regionale nel suo territorio, qualora tale rotta sia considerata essenziale per lo sviluppo economico della regione in cui si trova l'aeroporto stesso, nella misura necessaria a garantire che su tale rotta siano prestati adeguati servizi aerei di linea rispondenti a determinati criteri di continuità, regolarità, capacità e tariffazione cui i vettori aerei non si atterrebbero se tenessero conto unicamente del loro interesse commerciale»;

   il 7 agosto 2018, il Ministro interpellato ha firmato il decreto di imposizione degli oneri di servizio pubblico per la continuità territoriale aerea tra la Sardegna e le restanti regioni italiane;

   il provvedimento sostituirà dal 1° aprile 2019 quello precedente, che risale al 2013 e che attualmente regola gli oneri di servizio pubblico vigenti, rideterminandone il contenuto. Nella definizione del provvedimento, lo stesso Ministero ha parlato di un decisivo passo in avanti per salvaguardare il diritto a una mobilità adeguata per i sardi e per tutti i viaggiatori, portando a conclusione la procedura di definizione del nuovo regime degli oneri di servizio pubblico per gli aeroporti di Cagliari, Alghero e Olbia con Roma e Milano. Il decreto consentirà di pubblicare un nuovo bando per l'assegnazione delle rotte –:

   se il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti abbia provveduto a tutti gli adempimenti prodromici alla corretta pubblicazione dei bandi di gara volti alla definizione del nuovo regime degli oneri di servizio relativi alle rotte per garantire la continuità territoriale per la Sardegna;

   quali iniziative siano state messe in atto, nell'ambito del riassetto gestionale complessivo della compagnia aerea Air Italy, in particolare relativamente alla situazione dei dipendenti olbiesi;

   quali interventi saranno posti in essere in tema di compagnie aeree low cost.
(2-00116) «Marino, D'Orso, Ehm, Emiliozzi, Ermellino, Faro, Ficara, Flati, Frate, Frusone, Galantino, Galizia, Gallo, Giannone, Giarrizzo, Giordano, Giuliano, Giuliodori, Grande, Grimaldi, Grippa, Gubitosa, Ianaro, Invidia, Iorio, Iovino, Lattanzio, Liuzzi, Gabriele Lorenzoni, Lovecchio».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   il regolamento (CE) n. 1371/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativo ai diritti e agli obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario prevede, all'articolo 18 («Assistenza»), paragrafo 1, che: «1. In caso di ritardo all'arrivo o alla partenza, l'impresa ferroviaria o il gestore della stazione informa i passeggeri della situazione e dell'orario previsto di partenza e di arrivo non appena tale informazione è disponibile»;

   l'articolo 32 («Sanzioni») del regolamento (CE) n. 1371/2007 dispone che «Gli Stati membri stabiliscono il regime sanzionatorio applicabile per inosservanza delle disposizioni del presente regolamento e adottano tutte le misure necessarie per assicurarne l'attuazione. Le sanzioni previste sono effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano alla Commissione le disposizioni in materia di sanzioni entro il 3 giugno 2010 e, senza indugio, qualsiasi ulteriore modifica in merito»;

   al riguardo, è stato approvato il decreto legislativo 17 aprile 2014, n. 70, recante la «Disciplina sanzionatoria per le violazioni delle disposizioni del regolamento (CE) n. 1371/2007, relativo ai diritti e agli obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario» che, da un lato, individua l'Autorità di regolazione dei trasporti quale organismo nazionale responsabile dell'applicazione del Regolamento (CE) n. 1371/2007, dall'altro, non prevede alcuna sanzione nei confronti del gestore della stazione per la violazione dell'articolo 18 («Assistenza»), paragrafo 1, del Regolamento (CE) n. 1371/2007, limitandosi, all'articolo 15 («Sanzioni per mancata assistenza al viaggiatore»), a prevederla a carico dell'impresa ferroviaria;

   la lacuna normativa, oltre a rappresentare una violazione dell'articolo 32 («Sanzioni») del regolamento (CE) n. 1371/2007 secondo cui «Gli Stati membri stabiliscono il regime sanzionatorio applicabile per inosservanza delle disposizioni del presente regolamento», non consente all'Autorità di regolazione dei trasporti di sanzionare i casi di violazione dell'articolo 18, paragrafo 1, («Assistenza») del regolamento (CE) n. 1371/2007 effettuati dal gestore della stazione –:

   se il Governo sia a conoscenza delle criticità riportate in premessa, lesive dei passeggeri del settore ferroviario, e quali iniziative intenda adottare al fine di colmare la suddetta lacuna normativa all'interno del decreto legislativo 17 aprile 2014, n. 70, recante la «Disciplina sanzionatoria per le violazioni delle disposizioni del regolamento (CE) n. 1371/2007, relativo ai diritti e agli obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario».
(2-00118) «Baldelli, Zanella, Mulè, Bergamini, Pentangelo, Germanà, Sozzani, Rosso».

Interrogazione a risposta immediata:


   LUPI e COLUCCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   su Edilizia e Territorio de Il Sole 24 ore di venerdì 21 settembre 2018 è apparso un articolo che affermava che: «né Fincantieri né Italferr, le due società pubbliche cui il Governo vorrebbe far ricostruire il ponte di Genova andato in pezzi il 14 agosto 2018, hanno le capacità tecniche per realizzare un'infrastruttura di questo tipo. Non hanno cioè le “attestazioni soa”, strumento previsto dal nostro codice appalti per certificare la capacità di realizzare opere pubbliche (nelle diverse tipologie e importi), nello specifico non hanno la categoria OG3 “strade, ferrovie, ponti e viadotti”»;

   il Ministro interrogato ha più volte parlato di nazionalizzazione della A10 (Genova-Ventimiglia), nonostante questo tratto insista su una concessione unica di 3.000 chilometri e che la cessione di un breve tratto violerebbe la normativa europea sulla stabilità dei contratti, considerando anche che il tratto in questione è sottoposto a due concessioni, quella di Aspi appunto (per 45 chilometri da Genova a Savona) e quella dell'Autostrada dei Fiori (tratto Savona-Ventimiglia di 113 chilometri);

   sembra che nel decreto-legge su Genova e nelle dichiarazioni contraddittorie del Ministro interrogato si voglia affidare la soluzione al commissario, ma non si capisce con che strumenti e con quali indicazioni –:

   come intenda operare il Governo, visti i vincoli europei sulla normativa degli appalti, sancita con apposite direttive, per poter ottenere la revoca della concessione del tratto di autostrada di cui in premessa, tenendo altresì presente che dal punto di vista della ricostruzione del ponte di Genova le società Fincantieri e Italferr non hanno le attestazioni soa necessarie per effettuare la medesima ricostruzione.
(3-00193)

Interrogazione a risposta orale:


   MULÈ e SOZZANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   a seguito del tragico crollo del «ponte Morandi» il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con decreto del 14 agosto 2018, ha istituito la Commissione ispettiva per svolgere verifiche e analisi tecniche sul crollo all'altezza del comune di Genova del viadotto Polcevera, nel tratto dell'autostrada A10 di collegamento con l'autostrada A7;

   i membri della commissione erano: Roberto Ferrazza, presidente, provveditore alle opere pubbliche per il Piemonte, Liguria e Val d'Aosta, Ivo Vanzi, componente esperto del Consiglio superiore dei lavori pubblici, Antonio Brencich, professore associato dell'università degli studi di Genova, Gianluca Ievolella, consigliere di supporto al Presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici, Michele Franzese dirigente tecnico della direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali, Bruno Santoro, dirigente tecnico della direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali;

   oltre a Mario Servetto, Salvatore Bonaccorso e Giuseppe Sisca, erano anche membri del comitato tecnico del provveditorato Antonio Brencich e Roberto Ferrazza (presidente). Tale comitato tecnico approvò nel febbraio 2018, il progetto di Autostrade per l'Italia per una manutenzione straordinaria della struttura per la messa in sicurezza;

   al tempo stesso, come evidenziato da fonti giornalistiche, Brencich e Bruno Santoro risultavano essere consulenti della stessa Autostrade per l'Italia, insieme ad altri funzionari e tecnici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che avrebbero dovuto indagare sulla sicurezza di strade, gallerie e viadotti gestiti dalla medesima società che remunerava le loro attività consulenziali;

   da notizie di stampa si apprende che, al dirigente tecnico del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Bruno Santoro, sarebbero stati affidati due incarichi da Autostrade per l'Italia, tra l'ottobre 2009 e il gennaio 2013, ricevendo in cambio un compenso di 70 mila euro, nell'arco dei quattro anni. Tali consulenze sarebbero state regolarmente autorizzate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

   con riguardo alle attività di consulenza svolte da dipendenti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti l'autorità giudiziaria sta svolgendo puntuali indagini –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di altri funzionari e dipendenti dei Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che svolgono o hanno svolto attività di consulenza e collaborazione presso società di gestione autostradale o presso società da queste ultime controllate o partecipate, o ancora presso associazioni di categoria del settore autostradale e, in caso affermativo, se il Ministro abbia ritenuto di trasmettere all'autorità giudiziaria competente, tutte le informazioni utili in merito a tali soggetti e alle eventuali attività consulenziali prestate;

   se il Ministro intenda avviare una puntuale attività di monitoraggio e verifica, all'interno del proprio dicastero, al fine di individuare dipendenti dello stesso che prestano o hanno prestato attività di consulenza presso società di gestione autostradale o presso società da queste ultime controllate o partecipate, o ancora presso associazioni di categoria del settore autostradale;

   se il Ministro intenda adottare iniziative volte a rendere maggiormente trasparente l'attività dei dipendenti del proprio dicastero, prevedendo sul relativo sito istituzionale una sezione apposita recante le eventuali attività consulenziali che funzionari e dirigenti prestano a latere delle attività ministeriali.
(3-00186)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IX Commissione:


   SOZZANI, MULÈ e GERMANÀ. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   Gianluigi Vittorio Castelli è stato nominato presidente di Ferrovie dello Stato Italiane S.p.a. il 30 luglio 2018;

   ancorché in pensione, risulterebbe ancora consulente di Ferrovie dello Stato italiane, probabilmente con emolumenti di rilievo, ai quali si aggiungerebbero quelli derivanti dall'incarico di presidente della medesima società per un importo che si stima potrebbe aggirarsi su svariate centinaia di migliaia di euro all'anno;

   agli interroganti non risulta che vi siano verifiche in seno al consiglio di amministrazione di Ferrovie dello Stato in merito alla situazione del nuovo presidente, che per gli interroganti risulta imbarazzante;

   non è dato sapere quali modalità selettive siano state impiegate per la scelta dei consulenti come Castelli, né se vi sia mai stata una gara per l'affidamento di incarichi così onerosi –:

   se corrisponda al vero che il presidente di Ferrovie dello Stato Castelli ricopra, oltre a questo incarico, anche quello di consulente della stessa società o di altre società del gruppo e a quanto ammonti l'importo complessivo degli emolumenti, e di eventuali ulteriori forme di compenso derivanti dai predetti incarichi.
(5-00524)


   TASSO e TOCCAFONDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria, Anfs, costituita con il decreto legislativo 10 agosto 2007 n. 165 con sede a Firenze, riveste un ruolo fondamentale nell'ambito della sicurezza ferroviaria con compiti normativi, autorizzativi e di controllo per l'intero sistema ferroviario nazionale in attuazione della direttiva 2004/49/CE;

   con direttiva del Ministro dei trasporti, decreto ministeriale 169T del 31 ottobre 2007, veniva indicata la necessità di definire puntualmente la struttura, l'organizzazione e il funzionamento dell'agenzia, avvalendosi delle necessarie professionalità e competenze tecnico-scientifiche;

   all'articolo 4 del decreto ministeriale veniva stabilito un ampliamento della dotazione organica inizialmente prevista nel numero di 205 unità a numero 300 unità a regime;

   l'Agenzia dispone, attualmente, soltanto di circa 110 unità di personale nei propri ruoli di cui 60 a Firenze;

   l'Agenzia, in questi anni, ha svolto migliaia di Audit, in particolare sull'infrastruttura ferroviaria, che ha riguardato tutte le strutture territoriali di Rfi e sulla «trazione» che riguarda le norme di sicurezza sui treni e sulle carrozze non solo di Trenitalia e Ntv ma di tutte le altre imprese che svolgono servizio viaggiatori e trasporto merci;

   si evince, dal quadro fin qui delineato, l'importanza di continuare a vigilare sulle imprese ferroviarie, in particolare nel campo della manutenzione delle infrastrutture e del materiale rotabile in generale, e, pertanto, l'importanza del lavoro svolto dall'Agenzia nel campo della sicurezza e dei controlli;

   si apprende, invece, che in data 13 settembre 2018, in Consiglio dei ministri è stata presentata una bozza di decreto-legge, «Disposizioni urgenti per la città di Genova, per la sicurezza della rete nazionale delle infrastrutture e dei trasporti, per il lavoro e per le altre emergenze», che, al capo II prevede la soppressione dell'Ansf e la conseguente attribuzione delle relative funzioni dell'agenzia ad una nuova agenzia denominata Ansfisa con sede a Roma;

   ci si chiede quale sia la logica nel sopprimere un'agenzia per la sicurezza ferroviaria che nel corso degli anni ha raggiunto una professionalità ed una competenza che tuttalpiù andrebbero potenziati, e nell'istituire una nuova agenzia che parta da zero e che, inoltre, accorpi al controllo della sicurezza ferroviaria anche quella stradale ed autostradale –:

   quali iniziative si intendano assumere per rispondere alle ovvie preoccupazioni dei lavoratori dell'Anfs di Firenze e delle altre sedi territoriali, prevedendo anche distaccamenti territoriali e salvaguardando così le professionalità e le sedi attuali come quelle dell'Anfs.
(5-00525)


   PIZZETTI e BRUNO BOSSIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi, mediante una nota stampa, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha comunicato di voler istituire una nuova autorità portuale;

   la scelta, come si legge testualmente nella nota stampa del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, «va nella direzione di tutelare e valorizzare la peculiarità dello Stretto di Messina un territorio altamente svantaggiato e attraversato ogni giorno da tantissimi passeggeri, molti dei quali pendolari. A queste persone è giusto dare un servizio di trasporto adeguato e per questo è emersa la necessità di dotare la zona di un'Autorità di sistema portuale ad hoc»;

   secondo quanto riportato a mezzo stampa, la modifica dell'attuale assetto comporterebbe la competenza della nuova autorità di Messina anche sugli scali di Reggio Calabria e di Villa San Giovanni per i quali oggi la competenza è invece di Gioia Tauro, come previsto dal decreto legislativo n. 169 del 2016;

   lo stesso Ministro interrogato, nel corso dell'audizione in Commissione trasporti alla Camera sulle linee programmatiche, ha espresso l'auspicio di misure riferite all'autorità portuale di Messina, già nella legge di bilancio per il 2019;

   in base a questa volontà Messina si troverebbe ad avere una propria Authority con due porti della Calabria;

   si tratterebbe di una decisione che avrebbe come risultato quello di indebolire pesantemente la rete portuale calabrese;

   si verrebbe a determinare un declassamento di fatto dei porti di Reggio Calabria e di Villa San Giovanni che si troverebbero all'interno di un'autorità senza un porto di primo livello Core europeo;

   una decisione del genere avrebbe ripercussioni anche sulla istituenda Zona economica speciale Calabria, con forme di complicazione burocratica in contraddizione con i princìpi costitutivi delle Zone economiche speciali;

   l'attraversamento dello stretto di Messina da parte dei pendolari è garantito da un collegamento che costituisce un servizio di interesse nazionale che fa capo al Ministero dei trasporti; il contratto di servizio in materia è in scadenza il prossimo 30 settembre –:

   sulla base di quali valutazioni sarebbe maturata la decisione di modificare il decreto legislativo n. 169 del 2016, se, nell'ambito di tale previsione, sia intenzione del Governo coinvolgere le amministrazioni locali a partire dalle regioni, considerato che suddetta decisione per gli interroganti penalizza gravemente la rete portuale calabrese e l'autorità portuale di Gioia Tauro, nonché tutti i cittadini della Calabria e se il Governo abbia già assunto decisioni in merito al contratto di servizio riguardante l'attraversamento dello stretto di Messina, in scadenza il 30 settembre 2018.
(5-00526)


   MACCANTI, BAZZARO, CAPITANIO, CECCHETTI, DONINA, FOGLIANI, GIACOMETTI, TOMBOLATO e ZORDAN. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto ministeriale 19 maggio 2017, n. 214, l'Italia ha recepito la direttiva dell'Unione europea finalizzata a regolamentare i controlli tecnici effettuati sui veicoli a motore a livello comunitario, al fine di avviare un iter di standardizzazione tra gli Stati membri fino al raggiungimento della cosiddetta «revisione europea»;

   il decreto introduce numerose novità rispetto alla vigente normativa, tra cui spicca la nuova figura dell'ispettore che va a sostituire quella attuale del responsabile tecnico, rimandando a successivi provvedimenti la definizione dei requisiti di tale figura professionale, la quale deve rispondere a criteri di formazione ed esperienza più stringenti rispetto agli attuali responsabili tecnici;

   a tal proposito, in data 18 maggio 2018 è stato pubblicato il decreto dirigenziale n. 211 che - diversamente da quanto previsto dal summenzionato decreto ministeriale - non definisce con chiarezza i requisiti dei «nuovi» ispettori, non consentendo alle regioni, titolari della gestione dei processi di formazione degli operatori, di stabilire se le attuali dinamiche formative possano valere anche per le nuove disposizioni;

   come si evince dal predetto decreto dirigenziale, infatti, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha indicato come idonei i responsabili tecnici, riqualificati come «Ispettori», che abbiano superato l'esame di abilitazione entro il 31 agosto 2018, non stabilendo tuttavia le modalità operative successive a tale data;

   in data 7 giugno 2018, i coordinatori tecnici delle commissioni «Istruzione, Lavoro, Innovazione e Ricerca» e «Infrastrutture, Mobilità e Governo del territorio» della conferenza delle regioni e delle province autonome hanno inviato una nota al direttore generale per la motorizzazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, informando della sospensione dei percorsi formativi e richiedendo un incontro a stretto giro per ottenere tutti i chiarimenti necessari all'avvio dei percorsi formativi secondo la normativa vigente;

   il blocco dei corsi non frena soltanto il mercato dei nuovi centri, ma crea disagi incalcolabili per tutte le aziende che necessitano di designare eventuali sostituti o ispettori aggiuntivi presso centri già operativi, oltre, ovviamente, a creare un pesante disagio all'utenza –:

   quali iniziative il Ministro interrogato, nelle more di una puntuale definizione dei requisiti per i nuovi ispettori, intenda adottare allo scopo di garantire la continuità formativa a favore dei responsabili tecnici, ovvero se non si ritenga opportuno assumere iniziative per proseguire con i corsi attualmente sospesi, così da scongiurare il rischio di un blocco delle attività del settore.
(5-00527)


   FIDANZA e ROTELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il terzo valico dei Giovi rappresenta un'opera strategica per lo sviluppo infrastrutturale dell'Italia, per il completamento del corridoio ferroviario Genova-Rotterdam, per il conseguente collegamento diretto tra il porto di Genova e le economie dell'Europa centro-settentrionale;

   il crollo del ponte Morandi del 14 agosto 2018 ha ulteriormente evidenziato la necessità di portare a termine in tempi rapidi gli interventi di potenziamento infrastrutturale che facilitino i collegamenti per merci e persone da e per la Liguria;

   a seguito di tale valutazione, il Governo si era detto propenso ad inserire nel cosiddetto «decreto emergenze» un finanziamento aggiuntivo di 791 milioni di euro per il terzo valico dei Giovi;

   a quanto si apprende, tale finanziamento sarebbe in un secondo momento stato espunto dal testo del decreto per la contrarietà del Ministro interrogato –:

   se il Ministro interrogato intenda confermare che tale stanziamento sia stato espunto dal testo originario del «decreto emergenze», e, in caso affermativo, quali altre iniziative intenda assumere al riguardo e con quali tempistiche.
(5-00528)


   STUMPO e FASSINA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 dicembre 2012 venne approvato l'atto unico costituito da convenzione per la gestione totale fino al 30 giugno 2044 del sistema aeroportuale di Fiumicino (Titolo I) e contratto di programma in deroga (Titolo II), tra Enac ed Aeroporti di Roma;

   nella convenzione era previsto un meccanismo tariffario in deroga a quello sino allora esistente (delibera Cipe n. 38 del 15 giugno 2007), finalizzato a incentivare l'apporto di capitali privati per l'adeguamento delle infrastrutture di sistemi aeroportuali nazionali, ai sensi del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito dalla legge n. 102 del 2009;

   requisito essenziale del decreto-legge n. 78 del 2009, come recita letteralmente l'articolo 17, comma 34-bis, convertito dalla legge n. 102 del 2009, è che «gli investimenti si fondino su capitali di mercato del gestore»;

   in realtà le risorse sono arrivate dall'innalzamento delle tariffe sui biglietti dei passeggeri, in virtù della deroga concessa ai sensi della legge n. 102 del 2009;

   l'innalzamento in deroga delle tariffe è stato anche finalizzato a realizzare enormi rendite; infatti, dall'analisi dei bilanci di Aeroporti di Roma, e in particolare dell'allegato 3, dell'atto unico sopra citato, negli anni dal 2013 al 2017, si rileva che:

    la differenza tra flussi di cassa da attività operative e quelli per investimenti infrastrutturali è stata complessivamente pari a 346 milioni di euro, con margine lordo pari mediamente al 60 per cento;

    i dividendi complessivamente distribuiti sono stati pari a 720 milioni di euro, ovvero, circa il 90 per cento degli utili, risultando superiori a quelli già preventivati nel piano economico e finanziario;

   inoltre, a giudizio degli interroganti, sussiste un evidente conflitto di interesse dei Benetton, contemporaneamente proprietari di Aeroporti di Roma e dei terreni interessati dal progetto di raddoppio dell'aeroporto, che gli interroganti giudicano inutile;

   l'autorizzazione al progetto di raddoppio dell'aeroporto è avvenuta in presenza di vincoli precisi e stringenti per la presenza della Riserva naturale del litorale romano e senza che fosse completata la procedura di VIA/VAS;

   il ruolo di vigilanza sulla esecuzione del contratto in atto, con riferimento alle tariffe, è stato assegnato ad Enac e non ad un soggetto terzo e indipendente come l'Autorità di regolazione dei trasporti, circostanza, questa, che starebbe sottoponendo l'Italia a rischio di una procedura di infrazione europea;

   appaiono, irragionevoli e onerosissime le clausole di indennizzo del concessionario nel caso di mancata attuazione del contratto di programma, finalizzato all'ampliamento dell'aeroporto, a detta degli interroganti, al limite del danno erariale –:

   come si concili con l'articolo 17, comma 34-bis, del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito dalla legge n. 102 del 2009, il livello delle tariffe applicato da Aeroporti di Roma e se sia in previsione una iniziativa volta alla revisione dell'atto unico recante convenzione-contratto di programma stipulato in data 25 ottobre 2012 tra l'Enac e Aeroporti di Roma Spa, o, in subordine, una iniziativa volta a rilevare l'inadempienza contrattuale da parte di Aeroporti di Roma.
(5-00529)


   SCAGLIUSI, GALLINELLA, CIPRINI, BARBUTO, BARZOTTI, LUCIANO CANTONE, CARINELLI, DE GIROLAMO, DE LORENZIS, FICARA, GRIPPA, LIUZZI, MARINO, RAFFA, PAOLO NICOLÒ ROMANO, SERRITELLA, SPESSOTTO e TERMINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 12 luglio 2018, in conferenza unificata Stato-regioni, è stato confermato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti lo stanziamento di 361,78 milioni di euro per la nascita del Sistema nazionale delle ciclovie turistiche, attraverso la presentazione di uno schema di decreto interministeriale predisposto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dal Ministero per beni e le attività culturali, che individua i criteri di ripartizione delle risorse stanziate nel 2015 e nel 2016;

   il Sistema nazionale delle ciclovie rappresenta lo strumento indispensabile per promuovere la mobilità dolce e il cicloturismo nel nostro Paese e, allo stato attuale, prevede oltre 6 mila chilometri di percorsi ciclabili che collegheranno tutti i principali centri della Penisola;

   lo schema di decreto al momento prevede di finanziare dieci importanti opere tra le quali il GRAB (gran raccordo anulare delle biciclette) di Roma, la ciclovia VenTo, la ciclovia Adriatica e la Tirrenica, oltre alla ciclovia dell'acquedotto pugliese, la ciclovia del Sole da Verona e Firenze e la Trieste-Lignano Sabbiadoro-Venezia;

   restano, tuttavia, fuori da questo sistema nazionale alcuni itinerari di sicuro interesse strategico, come la ciclovia del Tevere dalla sorgente alla capitale e il tratto Firenze-Roma, della ciclovia del Sole, che determinano una vistosa cesura nel sistema delle ciclovie turistiche nazionali, come già rappresentato dalle regioni Toscana, Umbria e Lazio;

   per colmare tale lacuna, che vede l'Umbria completamente esclusa dagli interventi in programma, e recuperare questi due tratti di particolare rilievo, le tre regioni succitate hanno richiesto, in sede tecnica, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la loro implementazione all'interno del programma nazionale;

   questi due progetti, fortemente sostenuti dalla regione Umbria, insieme al Lazio e alla Toscana, possono sicuramente assumere un ruolo significativo in ambito cicloturistico proprio a ragione delle implicazioni di carattere storico dei luoghi attraversati (Tevere, fiume della storia) e della destinazione finale (Roma);

   inoltre, entrambi i percorsi, oltre a essere strategici su scala nazionale costituiscono l'asse principale di importanti itinerari ciclistici regionali, come per esempio la ciclovia Assisi-Spoleto-Norcia o la ciclovia del Trasimeno –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative, per quanto di competenza e compatibilmente con le risorse disponibili, al fine di completare i due tratti di ciclovie di cui in premessa o comunque di inserirle sin d'ora nel Piano nazionale per le ciclovie turistiche, prevedendo finanziamenti utili ad avviare il progetto di fattibilità tecnico-economica, al fine di portare avanti la progettazione già in vigore, in attesa di una nuova implementazione delle risorse di piano nel prossimo futuro.
(5-00530)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PIZZETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la lettera di Monsignor Paolo Angelino – presidente generale Oftal (Opera federativa trasporto ammalati a Lourdes) pubblicata dal Corriere della sera in data 20 settembre 2018 ha molto colpito non solo l'interrogante, ma un segmento molto significativo dell'opinione pubblica;

   riguarda i disservizi che si registrano per i treni che da tutta Italia raggiungono Lourdes da ormai cento e più anni e che da diverso tempo sono oggetto di un trattamento a dir poco disumano come appunto descritto da Mons. Angelino;

   i tempi di percorrenza tra Milano e Lourdes risultano essere di circa 25-26 ore, mentre solo 10 anni fa risultavano essere di 10 ore in meno di media;

   si tratta di convogli che ospitano malati, spesso allettati, che escono per una volta sola all'anno dai loro istituti e ricoveri e che si trovano a dover affrontare un viaggio insostenibile;

   dal racconto del presidente dell'Opera trasporto ammalati a Lourdes si evidenziano lacune e disservizi che si ripercuotono a danno di persone sofferenti;

   in particolare, le relazioni con la rete di trasporto francese risultano complicate e spesso si offrono motivazioni non sostenibili per il trattamento riservato a questi convogli;

   l'interrogante condivide con il religioso la considerazione circa la oggettiva mancanza di sensibilità rispetto ai viaggiatori di questi treni e alle speranze che accompagnano questo viaggio –:

   se il Governo sia a conoscenza di questi disservizi e disagi sopportati dagli ammalati, dai loro familiari e da chi li accompagna e quali iniziative di competenza intenda assumere, anche nei rapporti con la Francia, al fine di affrontare e risolvere le criticità emerse nel corso degli anni e assicurare a questi pellegrinaggi in treno viaggi con standard qualitativi adeguati alla condizione dei viaggiatori.
(5-00516)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VIETINA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   da alcuni mesi si è ufficialmente sostituito il «Comitato Mandrioli» che comprende cittadini del versante casentinese e del versante romagnolo volto alla difesa dell'unica strada di comunicazione e di collegamento tra il fondovalle casentinese e la Romagna, ossia il valico dei Mandrioli;

   la strada in questione è la provinciale 142 che collega Bagno di Romagna a Badia Prataglia, nella parte di competenza della provincia di Forlì-Cesena;

   a mezzo stampa, il comitato riferisce che le segnalazioni sulle condizioni della strada, nel versante romagnolo, si susseguono da anni, con telefonate, lettere e sollecitazioni agli enti competenti. In particolare, mancherebbero i fondamentali elementi di sicurezza per una strada con tali caratteristiche (catarifrangenti, segnaletica orizzontale, parapetti e paraslavine);

   la strada risulta essere un collegamento strategico per il parco nazionale delle Foreste casentinesi;

   in particolare, il passo dei Mandrioli, posto a 1173 metri di altitudine, è parte della statale 71 Umbro Casentinese Romagnola, ed è stato realizzato tra il 1870 e il 1882. Il tracciato è rimasto in buona parte inalterato;

   le competenze appaiono indubbiamente variegate: in tale situazione è auspicabile, a parere dell'interrogante, una forte sinergia degli enti coinvolti per il recupero e la messa in sicurezza dell'arteria in questione –:

   di quali informazioni disponga il Governo circa la situazione, soprattutto sul piano della sicurezza delle strade citate in premessa e se effettivamente risultino le criticità segnalate dal Comitato;

   quali iniziative di competenza si intendano assumere per risolvere le criticità di cui in premessa anche nell'ambito di un più ampio progetto di valorizzazione del parco nazionale delle Foreste casentinesi e se, a tale scopo, siano previsti finanziamenti da parte del Governo.
(4-01186)


   SIRACUSANO, GERMANÀ, MINARDO, CANNIZZARO, SCOMA, MARIA TRIPODI e SANTELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   a quanto risulta agli interroganti, a partire dal 1° ottobre 2018, il servizio di collegamento con mezzi veloci per la tratta Messina-Reggio Calabria verrà interrotto;

   lo svolgimento del predetto servizio era stato aggiudicato alla Ustica Lines Spa, divenuta poi Liberty Lines Spa, con ddl n. 46 del 5 giugno 2015, a seguito di regolare procedura di affidamento esperita dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con bando di gara del 31 maggio 2015;

   a completamento dell’iter amministrativo di affidamento del servizio de quo, in data 24 giugno 2015, veniva sottoscritto innanzi ad un notaio di Roma, apposito contratto repertorio n. 16108 raccolta 5428 tra il predetto Ministero e la società Ustica Lines Spa;

   nel contratto firmato, della durata di tre anni, era prevista la possibilità di un rinnovo, per una volta, per la durata di dodici mesi e un successivo rinnovo, subordinato alla disponibilità delle risorse finanziarie per la continuazione del servizio ed all'interesse dell'Amministrazione circa la continuazione del medesimo;

   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti non ha provveduto a pubblicare un nuovo bando, e non essendo stata manifestata al momento l'intenzione di rinnovare per un anno il contratto, l'amministratore delegato della Liberty Lines ha inviato una nota al Ministero, e per conoscenza ai governatori della Sicilia e della Calabria, ai loro assessori ai trasporti, ai prefetti ed ai sindaci delle città di Messina e di Reggio Calabria, con cui comunica che, in assenza di proroga, il servizio non verrà più effettuato;

   questa interruzione, oltre a creare notevoli disagi alle migliaia di passeggeri, prevalentemente studenti e lavoratori pendolari, comporterà con molta probabilità anche problemi di ordine pubblico;

   con l'interruzione del servizio circa 80 famiglie, tra marittimi, operatori di biglietteria, impiegati amministrativi e altro rischierebbero di perdere il lavoro –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vicenda riportata in premessa;

   se, alla luce della mancata indizione di un nuovo bando, il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative affinché venga concessa la proroga del contratto di cui in premessa, in modo tale da scongiurare i disagi per gli utenti e il licenziamento dei lavoratori attualmente impiegati nelle aziende operanti nel settore.
(4-01189)


   NOBILI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel pomeriggio di venerdì 7 settembre 2018, si è verificato un guasto dell'Alta velocità sulla Roma-Firenze che ha di nuovo spaccato l'Italia in due. I convogli hanno accumulato ritardi fino a tre ore e decine di migliaia di viaggiatori sono rimasti bloccati sui treni e nelle stazioni;

   alle ore 16 un guasto alla linea elettrica di alimentazione dei treni, tra Settebagni e Capena, ha generato il black out sulla linea Roma-Firenze. Al guasto sulla linea si è poi aggiunto un ulteriore guasto tra Roma e Napoli alle ore 14.40, causando il collasso dei collegamenti fra nord e sud Italia;

   treni guasti, passeggeri in trappola, coincidenze saltate, scarse informazioni in una giornata in cui i collegamenti erano già penalizzati dallo sciopero dei dipendenti di Italo;

   a catena, i disagi si sono estesi anche ai pendolari fra Roma e i centri dell'area metropolitani e dell'Umbria: problemi, quindi, sulla linea FI1 fra Orte e Fiumicino aeroporto, con cancellazioni e limitazioni di percorso;

   invero, ai sensi dell'articolo 16 della Costituzione e ai sensi dell'articolo II-105 della Carta dei diritti dell'Unione europea deve essere tutelato il diritto alla mobilità e rispettato il dovere di pianificare. Inoltre, il guasto avvenuto genera un vulnus ai diritti dei passeggeri, ai sensi del regolamento europeo n. 1371 del 2007, relativo «ai diritti e agli obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario» e del decreto legislativo n. 70 del 2014, in tema di diritti e obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario: sanzioni –:

   se il Ministro interrogato abbia avviato un'istruttoria sulla vicenda e, in caso affermativo, di quali elementi disponga circa le cause e le responsabilità del guasto.
(4-01192)


   FRATOIANNI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   con l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 108 del 2005 sono intervenute importanti modifiche sull'orario di lavoro, soprattutto per quanto riguarda il sistema di deroghe ammesse dalla contrattazione collettiva previa autorizzazione ministeriale;

   le deroghe ammesse sono limitate: a) alle navi impiegate in viaggi di breve durata e b) alle navi adibite ai servizi portuali. Fuori da questi due casi non c'è possibilità di deroga;

   inderogabile è la norma che riguarda le ore di lavoro per cui il marittimo è tenuto ad effettuare l'attività lavorativa a bordo: dovrebbero essere considerate «ore di lavoro» solo quelle per cui il marittimo è «tenuto» a lavorare, non quelle di lavoro effettivo. Un riposo «a bordo», ma con l'obbligo di stare «a disposizione», non è riposo, ma è lavoro; per i marittimi dei rimorchiatori, quando il rimorchiatore è nel porto, il «riposo a bordo» non è certo evitabile, né sarebbe possibile un «riposo a bordo» senza stare «a disposizione»; un tale «riposo» secondo l'interrogante si pone in contrasto con il principio di libertà, confermato più volte dalla Corte europea;

   la sentenza del 9 settembre 2003 della Corte di giustizia europea afferma che la «disponibilità» (con imposizione di stare a disposizione) impedisce (al lavoratore) di dedicarsi, liberamente e senza interruzioni, ai suoi propri interessi, al fine di neutralizzare gli effetti del lavoro sulla salute e sicurezza dell'interessato;

   l'articolo 9, comma 4, della sezione 11 del contratto collettivo nazionale del lavoro 1° luglio 2015 recita testualmente: «L'attività lavorativa dei marittimi imbarcati sui rimorchiatori può essere articolata in turni. I turni di permanenza a bordo, con tempi di lavoro e tempi di riposo ed i rispettivi trattamenti economici, potranno essere definiti con accordi integrativi di secondo livello, siglati con le rappresentanze aziendali/territoriali delle organizzazioni sindacali stipulanti la presente Sezione, nel rispetto delle previsioni e dei limiti sanciti dalla Direttiva 1999/63/CE e dal decreto legislativo n. 108 del 2005 e successive modifiche e integrazioni ed ove sussistano particolari condizioni operative e di traffico»;

   nonostante in quella occasione si sia ritenuta condivisibile una filosofia di organizzazione del lavoro per particolari situazioni operative e di traffico, che ha portato ad un accordo aziendale, debitamente accompagnato dalla deroga ministeriale nella quale si distinguono «tempi di lavoro» e «tempi di riposo», definendone altresì «le rispettive retribuzioni», oggi, le organizzazioni sindacali registrano continui tentativi, da parte di alcune società di rimorchio di un'applicazione dell'accordo non corretta, inopportuna e non corrispondente al dettame contrattuale, in particolare nelle realtà di Ravenna, Ancona e La Spezia;

   quel «riposo retribuito» non è rapportabile per l'interrogante, secondo quanto, invece, sostengono alcune società assistite da Assorimorchiatori, al «riposo effettivo»;

   l'aspetto più deleterio e imprudente di tale atteggiamento irresponsabile riguarda le probabili ricadute negative sia sul piano della salute e della sicurezza dei lavoratori dipendenti, che per la tutela del servizio di sicurezza per l'approdo e la navigazione che gli stessi dovrebbero garantire;

   a parere dell'interrogante non può essere considerato «riposo non retribuito» il tempo impiegato a bordo tra un servizio di rimorchio e quello successivo, nell'ambito dell'orario di lavoro (tempo di attesa) e quanto accade in talune realtà è inaccettabile in quanto in contrasto con le norme vigenti e in deroga al contratto collettivo nazionale del lavoro;

   occorre un intervento deciso del Governo per evitare di mettere a rischio seriamente un settore che deve puntare sempre all'integrità psico-fisica del fattore umano –:

   se il Governo, sentite le associazioni datoriali e le organizzazioni sindacali, intenda chiarire definitivamente se, nell'ambito del lavoro marittimo sui rimorchiatori, è possibile considerare riposo non retribuito il tempo impiegato a bordo tra un servizio di rimorchio e quello successivo nell'ambito dell'orario di lavoro, considerato che, per l'interrogante, questo rappresenta una palese violazione del contratto collettivo nazionale del lavoro.
(4-01193)


   NOBILI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il ponte PIO IX, ora ponte monumentale di Ariccia (Roma), è stato inaugurato nel 1854. Situato lungo la via Appia, le sue dimensioni sono: 372 metri di lunghezza, 9 metri di larghezza e 72 metri di altezza. Il viadotto ha subito due crolli: nel 1944, crollano, a seguito di eventi bellici, le arcate centrali che vengono ricostruite sui monconi dei piloni preesistenti, utilizzando il materiale originario (blocchetti di peperino); nel 1967, crollano nuovamente, per collasso strutturale dei piloni, le arcate centrali che vengono ricostruite in cemento armato, partendo sempre dai monconi dei piloni preesistenti. Dopo la seconda ricostruzione, la struttura del cavalcavia risulta oggettivamente indebolita essendo formata da tre parti disomogenee sormontate da solette in cemento armato, divise tra loro da giunti metallici;

   l'Anas, nel 2010, incarica il professor Radogna che, certifica il grave stato di deterioramento dei cementi, richiede la chiusura al transito dei mezzi di trasporto pesanti e l'esecuzione di lavori di consolidamento statico. Il comune, su indicazione dell'Anas interdice il transito agli automezzi aventi peso superiore a 3,5 tonnellate e limita la velocità di percorrenza a 30 chilometri orari. Il comune e l'Anas sottoscrivono un verbale di accordo che prevede l'esecuzione da parte dell'Anas dei lavori di consolidamento e di restauro conservativo. Nel 2013, l'Anas non effettua gli interventi (per indisponibilità di risorse finanziarie) e il comune reagisce, citando in giudizio l'Anas per il mancato rispetto degli impegni assunti. Il contenzioso si risolve il 15 maggio 2015 con una transazione stragiudiziale che impegna l'Anas a predisporre la progettazione esecutiva e l'attuazione dei lavori per il consolidamento strutturale e restauro conservativo del viadotto e per la realizzazione della viabilità alternativa;

   nel 2016, la conferenza dei servizi approva il progetto esecutivo di Anas (per un costo di circa 7 milioni di euro), che prevede anche importanti misure di miglioramento antisismico;

   malgrado l'esito positivo della conferenza dei servizi, l'Anas Spa tiene inspiegabilmente sospeso, da circa 20 mesi, il provvedimento finale di approvazione del progetto esecutivo (atto propedeutico all'affidamento dall'appalto dei lavori e all'apertura del cantiere;

   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è istituzionalmente chiamato a svolgere una funzione di controllo sia nei confronti dei gestori pubblici (come l'Anas S.p.a.), che dei concessionari privati (come la società Autostrade per l'Italia) della rete viaria nazionale, ai sensi delle convenzioni quadro tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e l'Anas. L'articolo 117, secondo comma, lettera h), della Costituzione individua nelle materie di competenza statale (e quindi dei relativi compiti) l'ordine pubblico e la sicurezza –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative, nei confronti di Anas, in merito alla vicenda sopra richiamata e per l'avvio di un'istruttoria sulla messa in sicurezza del ponte monumentale di Ariccia e, in caso affermativo, in quali tempistiche è previsto l'intervento.
(4-01198)


   FRASSINETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il 20 luglio 2018 Marco Lepre, titolare di un distributore di benzina a Busto Arsizio è stato colpito da tre proiettili, mentre tornava a casa con l'incasso della giornata, nel quartiere di Beata Giuliana, dopo il lavoro. Quello di Busto Arsizio è solo uno degli innumerevoli episodi di violenza e rapina ai danni dei gestori delle stazioni di rifornimento sul luogo di lavoro;

   a sparare sono stati due malviventi professionisti che lo avrebbero pedinato, perché certi della presenza di una significativa quantità di contante (nel caso specifico pari a 5.000 euro);

   l'uso del pagamento con contante è incentivato dai gestori delle stazioni di rifornimento per evitare le onerose transazioni elettroniche che ad oggi azzerano di fatto il guadagno dell'esercente pari solamente a circa il 2 per cento dell'incassato;

   da tempo le associazioni di categoria, sia quelle dei titolari delle stazioni di rifornimento sia quelle dei titolari e delle cooperative di taxi, chiedono al Governo di promuovere l'obbligatoria messa in sicurezza dei punti vendita e di promuovere l'utilizzo della moneta elettronica, costringendo le banche ad assumersi l'onere di ridurre o azzerare le commissioni a queste categorie per ridurre ai minimi termini l'uso del contante e quindi eliminare gli episodi di violenza e rapina ai danni degli esercenti –:

   se il Governo intenda adottare le iniziative di competenza per garantire l'azzeramento delle commissioni per l'utilizzo di Pos, Bancomat, carte di credito presso le stazioni di rifornimento e per il servizio taxi per incentivare l'uso della moneta elettronica, in modo tale da evitare l'utilizzo dei contanti sia sulle strade sia presso le stazioni di rifornimento impedendo così in futuro i numerosi reati ai danni di benzinai e tassisti.
(4-01199)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   NARDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) è costituito dalla rete degli enti locali che, per la realizzazione di progetti di accoglienza integrata, accedono, nei limiti delle risorse disponibili, al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo. A livello territoriale gli enti locali, con il prezioso supporto delle realtà del terzo settore, garantiscono interventi di «accoglienza integrata» che superano la sola distribuzione di vitto e alloggio, prevedendo in modo complementare anche misure di informazione, accompagnamento, assistenza e orientamento, attraverso la costruzione di percorsi individuali di inserimento socio-economico;

   il 30 settembre 2018 scade la proroga del progetto Sprar a titolarità dell'ente comune di Massa (partner del comune di Carrara);

   in data 29 giugno 2018, l'Amministrazione aveva deliberato una proroga tecnica del servizio, sino al 30 settembre 2018, ai fini della possibile indizione di una nuova gara per l'affidamento del servizio, essendo scaduta la precedente assegnazione affidata, tramite gara, ad un soggetto del terzo settore;

   in prossimità della scadenza, non risulta che l'amministrazione abbia portato a compimento le procedure di indizione di gara e neppure che si sia accordata con altri enti per un cambio di titolarità del progetto;

   alla data del 24 settembre 2018 sono diciassette le persone accolte nel progetto Sprar di Massa, di cui nove residenti nel comune di Massa e otto nel comune di Carrara;

   di questi beneficiari, sette, a quanto consta all'interrogante, non hanno ancora neppure goduto dei sei mesi di accoglienza previsti dal progetto Sprar;

   il Ministero dell'interno (su richiesta dell'amministrazione comunale competente) ha già stanziato, nel corso del 2017, le risorse necessarie per il progetto Sprar;

   costituirebbe un'evidente sperequazione il fatto che alcune persone, con la stessa condizione giuridica e gli stessi percorsi di accoglienza si trovassero garantite e altre private delle possibilità di sostegno previste ad oggi dalla legislazione solamente per il fatto di trovarsi a risiedere in comuni guidati da figure di diverso orientamento politico –:

   se il Ministro interrogato sia al corrente della vicenda citata in premessa e se, in accordo con il comune interessato, intenda verificare che non venga compromesso il diritto delle persone coinvolte ad un proprio progetto di accoglienza per cui sono già state stanziate le risorse necessarie.
(5-00514)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FUSACCHIA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   all'estero vivono circa 5 milioni di italiani (statistiche dell'Anagrafe degli italiani all'estero);

   i cittadini italiani anche dall'estero devono poter partecipare alla vita politico-istituzionale del nostro Paese;

   i cittadini italiani all'estero devono pertanto avere accesso a un'informazione libera, puntuale e veloce anche via internet, che è diventato un mezzo fondamentale di diramazione efficiente dell'informazione;

   il sito internet del Ministero dell'interno presenta ai cittadini che la consultano da alcuni Paesi esteri una schermata che indica che l'accesso è bloccato nel loro Paese di residenza;

   tra i Paesi in cui vige questo blocco vi sarebbero sia Paesi europei, ad esempio la Polonia, sia Paesi extraeuropei come il Brasile e l'Argentina;

   in tali Paesi sono residenti numerosi cittadini italiani –:

   se il Governo sia a conoscenza del blocco del sito web del Ministero dell'interno, se abbia una mappatura chiara del fenomeno, se ne conosca la causa e se stia provvedendo alla risoluzione del problema che limita la libertà d'informazione dei cittadini italiani all'estero.
(4-01188)


   NOBILI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella notte tra domenica 2 e lunedì 3 settembre 2018 si è verificata una violenta aggressione nei confronti di Gerges Bolas, guardiano del chiosco di fiori presso via Lemonia, di fronte alla chiesa di San Policarpo a Roma. Il 35enne egiziano è stato avvicinato da due individui che, puntandogli il coltello, lo hanno subito infastidito con insulti di sfondo razziale: «Sei un nero», «Così impari negro di m...»;

   nonostante i tentativi del fioraio di allontanarsi, ha ricevuto forti pugni, calci e percosse per il solo fatto di essersi rifiutato di dare un euro ai due individui. Un'ambulanza chiamata dai residenti, spaventati e svegliati dalle grida notturne, è dopo poco arrivata sul luogo e Gerges Bolas è stato portato in ospedale per cure immediate;

   in questa notte di violenza e razzismo a Cinecittà, l'aggressore, mentre rapinava il chiosco, ha perduto un portachiavi che può incriminarlo, fornendo elementi sulla sua identità;

   invero, ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali». Inoltre, ai sensi dell'articolo 42 del decreto legislativo n. 286 del 1998 (Testo unico in materia di immigrazione e condizioni dello straniero), tutti i comportamenti che in forma diretta o indiretta, abbiano come conseguenza una distinzione, esclusione o preferenza basata sulla razza, colore della pelle, ascendenza, origine o convinzioni religiose sono da reputarsi discriminatorie per la legge italiana. Anche se tali comportamenti fossero non propriamente intenzionali sarebbero comunque illegittimi perché comprometterebbero l'assenza dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Infine, l'aggressore, a giudizio dell'interrogante, dovrebbe essere indagato per una moltitudine di fattispecie criminose penali, ai sensi degli articoli 581, 582, 628 del codice penale, considerate le lesioni, le percosse e la rapina –:

   se il Ministro interrogato abbia assunto iniziative, per quanto di competenza, per contribuire a far luce sulla vicenda e se intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per evitare che casi analoghi possano ripetersi.
(4-01190)


   FERRO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa si è appreso che nella serata del 16 settembre 2018 si è verificata sul lungomare di Reggio Calabria, presso il lido Calajunco, una grave rissa provocata da alcuni immigrati di origine africana i quali, dopo aver molestato alcune ragazze ed essere stati cacciati dal locale, hanno lanciato pietre e bottiglie;

   le forze dell'ordine sono immediatamente intervenute e hanno rapidamente rintracciato e identificato i responsabili della rissa, tra i quali anche soggetti richiedenti asilo –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative intenda assumere al fine di ampliare l'organico delle forze dell'ordine presenti sul territorio regionale per garantire un vero presidio operativo a tutela dei cittadini nonché dell'irrinunciabile difesa della libertà femminile da ogni forma di molestia, abuso e violenza sessuale;

   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per garantire un maggiore controllo dei centri destinati ad accogliere i richiedenti asilo.
(4-01200)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   MANCINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'istituto Agrario «Emilio Sereni» è una realtà scolastica attiva dal 1978 nel territorio di Roma capitale e provincia e, proprio quest'anno, compie 40 anni di attività;

   nel 2010, dopo la grande crisi ambientale che ha interessati la Valle del Sacco, è nata la sede distaccata di San Vito Romano;

   il comune di San Vito Romano, facente parte della comunità montana dei Monti Sabini, Tiburtini, Cornicolani e Prenestini, è un paese situato a circa 700 metri s.l.m. con circa 3.000 abitanti;

   l'istituto oggi ivi rappresenta un riferimento dal punto di vista scolastico e sociale sia per il Comune di San Vito Romano, sia per tutti i 31 comuni della Valle dell'Aniene, oltre che per i comuni di Genazzano e Paliano: un territorio a forte vocazione rurale e agroalimentare, ma carente di scuole superiori facilmente raggiungibili;

   la formazione di perito agrario è una risorsa preziosa per la comunità, anche al fine di aumentare le occasioni lavorative ripartendo dalla terra e dalle eccellenze dei luoghi in questione;

   14 ragazzi, di cui uno in situazione di disabilità, originari del territorio hanno presentato richiesta di iscrizione alla prima classe della sede dell'istituto agrario «Emilio Sereni» di San Vito Romano per l'anno 2018/2019;

   ritenendo esiguo il numero di iscrizioni pervenute, l'ufficio scolastico regionale del Ministero, a quanto consta all'interrogante, ha comunicato alla dirigente scolastica il diniego per l'avvio della prima classe dell'istituto;

   per consentire l'avvio della classe e assicurare a tali giovani l'inizio di un percorso scolastico-lavorativo, 7 tra madri e sorelle di alcuni dei 14 ragazzi, hanno richiesto l'iscrizione alla prima classe, portando a 21 il numero degli iscritti;

   con note del 30 luglio 2018, previ contatti con l'ufficio scolastico regionale, la dirigente dell'istituto ha dovuto comunicare il rigetto delle 7 richieste di iscrizione, perché non sarebbe consentita la contestuale presenza, nella stessa classe e in qualità di alunni, di persone minorenni e maggiorenni;

   di fatto, allo stato, non viene consentito a 14 giovani del territorio di iniziare il percorso di studi di perito agrario;

   le 7 madri e sorelle che si sono viste rifiutare le rispettive richieste di iscrizione hanno interessato gli uffici competenti al fine di ottenere l'annullamento dei provvedimenti di rigetto;

   nel territorio in argomento non v'è un centro per l'istruzione degli adulti che consenta alle stesse di esercitare il diritto, costituzionalmente tutelato, di frequentare la scuola pubblica;

   con nota del 31 luglio 2018, la regione Lazio si è fatta parte attiva per individuare una soluzione condivisa della problematica e il 20 settembre 2018 è stata approvata dal consiglio della regione Lazio una mozione che impegna il presidente e la giunta regionale ad attivarsi presso le competenti amministrazioni statali affinché, insieme all'istituto, al comune di San Vito Romano, ai comuni limitrofi, a Roma Capitale, ai cittadini, alla conferenza provinciale, all'ufficio scolastico regionale, al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, siano trovate soluzioni che garantiscano alla sede scolastica di San Vito Romano di avviare la prima classe dell'anno scolastico 2018/2019;

   in base al decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009, è possibile derogare ai limiti numerici richiesti per la formazione delle classi ove tra gli iscritti vi sia un alunno disabile, ovvero la classe si trovi in comuni montani –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto suesposto e della mozione del 20 settembre 2018 e quali iniziative urgenti intenda intraprendere anche alla luce dell'allegato A della delibera della giunta regionale n. 644 del 12 ottobre 2017, punti 2.1 e 2.2, pagine 3-4, e del decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009;

   se e quali iniziative, anche di medio e lungo periodo, intenda adottare per evitare il ripetersi della predetta situazione.
(3-00190)

Interrogazione a risposta scritta:


   D'ORSO e CASA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con decreto del 19 marzo 2018 ha bandito un concorso pubblico, per esami, a n. 253 posti, per l'accesso al profilo professionale di funzionario amministrativo-giuridico-contabile, del ruolo del personale del medesimo Ministero per gli uffici dell'amministrazione centrale e periferica;

   l'articolo 11 del bando ha previsto la possibilità di svolgere delle prove preselettive nell'ipotesi di raggiungimento di un elevato numero di partecipanti, introducendo, altresì, la possibilità di scegliere la regione in cui svolgere la prova. Tale disposizione che, originariamente, poteva essere letta nel senso di rendere più agevole ed economica la partecipazione dei candidati alla prova, successivamente avrebbe assunto i caratteri di una clausola escludente;

   in data 11 settembre 2018 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha comunicato le date di svolgimento delle prove selettive e pubblicato gli elenchi delle sedi della prova recante anche l'indicazione della destinazione dei candidati distribuiti in ordine di età (dal più anziano al più giovane);

   sulla base di tali elenchi, i candidati saranno costretti a svolgere la prova nelle sedi regionali e interregionali secondo il criterio della data di nascita. Ciò comporterà (a discapito del principio di non discriminazione) che, alcuni candidati sosterranno, senza difficoltà e costi, la prova, proprio nella loro città di residenza, e altri, invece, dovranno raggiungere piccoli e sconosciuti centri cittadini. Quest'ultimi, difficili da raggiungere, viste l'inadeguatezza delle infrastrutture e l'inefficienza dei mezzi pubblici. In alcuni casi mancherebbero, addirittura, le reti di collegamento. Per esemplificare, alcuni dei candidati che hanno scelto la regione Lazio come sede della prova concorsuale, sono stati assegnati alla sede di Palestrina (priva di un collegamento ferroviario); altri da Palermo dovranno spostarsi verso i piccoli centri della provincia di Ragusa. Peraltro, le operazioni di identificazione dei candidati avranno inizio, molto presto, alle ore 8,00 e l'ingresso nelle sedi di esami sarà possibile entro e non oltre le ore 8,45. Conseguentemente, molti candidati potrebbero non raggiungere in tempo utile le sedi di destinazione, e, altri, potrebbero, addirittura, rinunciare a partecipare;

   la scelta innovativa di svolgere la prova al computer (preferito al tradizionale foglio cartaceo) mal si concilia con lo stato vetusto dei mezzi di trasporto pubblici e con la penuria di sedi dotate di valide aule di informatica: poche, come si apprende dai calendari ufficiali, sono le sedi individuate nelle grandi città, molte quelle nei piccoli centri; alla luce di ciò, i criteri e le modalità osservati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per l'organizzazione di siffatto concorso potrebbero, tra l'altro, non garantire una prova trasparente, uniforme e coordinata su tutto il territorio nazionale;

   la preselezione di un concorso pubblico è una fase importante, in quanto costituisce il momento nel quale viene esclusa la maggior parte dei candidati;

   la selezione dei candidati migliori secondo le loro effettive capacità e preparazione non può prescindere da una organizzazione efficiente e adeguata delle prove concorsuali;

   ai sensi degli articoli 3 e 97 della Costituzione, in combinato disposto con l'articolo 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001, le procedure pubbliche di reclutamento di personale dipendente della pubblica amministrazione devono svolgersi secondo criteri e modalità che ne garantiscano i princìpi di imparzialità, parità di trattamento tra tutti i candidati, oltre che di trasparenza –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e, per evitare che tutto ciò si ripeta, quali iniziative intenda adottare, affinché le future procedure di reclutamento del personale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca possano essere organizzate in maniera tale da garantire l'ottimale e adeguato svolgimento delle prove concorsuali, consentendo, altresì, a ciascun candidato di partecipare in condizioni di parità con tutti gli altri concorrenti.
(4-01197)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata:


   EPIFANI e FORNARO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   a decorrere dal 23 settembre 2018 molte aziende si sono viste costrette a sospendere l'erogazione dei sussidi di disoccupazione di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, avendo superato la durata massima prevista dallo stesso articolo per ciascuna unità produttiva;

   dal 24 settembre 2018 è pertanto subentrato il serio problema legato al contenimento del costo del lavoro nel caso di esuberi temporanei;

   con il precedente atto di sindacato ispettivo n. 3-00038 del 26 giugno 2018, i sottoscritti interrogavano in Assemblea il Ministro interrogato, sollecitandolo su eventuali iniziative di Governo volte al riordino degli ammortizzatori sociali, sottolineando contestualmente come l'attuale divisione per classi d'impresa degli ammortizzatori sociali determini di fatto un'ulteriore distinzione delle imprese italiane e dei lavoratori. Inoltre, il ricorso discrezionale alla deroga, consentito dall'attuale normativa, suggerirebbe che, in sede dell'annunciata e prossima revisione della cosiddetta legge Fornero, il tema della flessibilità della data di accesso al trattamento previdenziale venga indissolubilmente legato a quello della revisione del regime degli ammortizzatori sociali;

   inoltre, dalla laconica risposta ricevuta il 19 settembre 2018 presso la Commissione lavoro pubblico e privato della Camera dei deputati all'interrogazione a risposta immediata n. 5-00467 in merito all'imminente scadenza degli ammortizzatori sociali, presentata dal primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo, è apparsa evidente agli interroganti l'assoluta mancanza di volontà del Governo di voler risolvere definitivamente il problema i cui effetti, con il prolungarsi dei tempi burocratici in caso di crisi complesse o contratti di programma, e complice la normativa attuale, gravano inevitabilmente sui lavoratori –:

   quali siano state nel frattempo le iniziative messe in atto dal Governo al fine di fronteggiare la grave emergenza sociale determinatasi all'indomani della sopra richiamata scadenza del termine delle tutele di cui al citato decreto legislativo n. 148 del 2015, che ha lasciato prive di mezzi di sostentamento diverse migliaia di lavoratori.
(3-00195)


   GRIBAUDO, SERRACCHIANI, CARLA CANTONE, LACARRA, LEPRI, ROMINA MURA, VISCOMI, ZAN, ENRICO BORGHI e FIANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 2 agosto 2018, nel corso della discussione alla Camera dei deputati sul disegno di legge di conversione del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, il Ministro interrogato, alla richiesta di una norma di raccordo per il periodo transitorio sulla nuova normativa dei contratti a termine, ha espresso l'indicazione negativa del Governo affermando: «per noi va bene la norma così, ma allo stesso tempo utilizzeremo anche una circolare ministeriale e prendo l'impegno davanti al Parlamento per riuscire a chiarire ulteriormente i dubbi che sono emersi durante la discussione»;

   ad oggi tale impegno non è ancora stato onorato;

   a fronte del mancato coordinamento normativo, si distinguono ben cinque regimi diversi per i contratti a termine. Tre per i contratti in essere al 14 luglio 2018: scaduti prima della legge di conversione; scaduti dopo la legge di conversione ma prima del 31 ottobre 2018; che scadano dopo il 31 ottobre 2018. Uno per i contratti stipulati fra il 14 luglio 2018 e la legge di conversione; uno per quelli stipulati dopo la legge di conversione;

   tale diversificazione di regimi normativi ha spaventato le aziende rispetto al rischio di contenzioso che l'applicazione incerta di causali e nuovi costi sui rinnovi dei contratti avrebbe potuto comportare, causando il mancato rinnovo o proroga dei contratti stessi;

   nel periodo gennaio-giugno 2018 le trasformazioni da tempo determinato a tempo indeterminato sono aumentate di 84.000 unità (+58,7 per cento), segnale di una legislazione già favorevole a percorsi di stabilizzazione che il decreto-legge, riducendo da 36 a 12 mesi la possibilità di stipulare contratti acausali, nonché inserendo costi aggiuntivi e causali su rinnovi e proroghe, indebolisce fortemente, incentivando anzi un rapido turn over per i lavoratori a termine;

   a causa del decreto-legge 237 lavoratori della Flextronics di Trieste vedranno il loro contratto scadere senza possibilità di prosecuzione al 31 gennaio 2019; sono a rischio circa 700 lavoratori delle municipalizzate lombarde; i portalettere della provincia di Foggia sono già stati lasciati a casa da Poste italiane; sarebbero in totale 900.000 i lavoratori a termine in Italia che rischiano di veder estinguersi il loro rapporto di lavoro senza alcuna possibilità di stabilizzazione –:

   quali iniziative intenda adottare per contrastare la perdita di posti di lavoro e l'aumento del turn over causati dal decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, a tal fine anche emanando la circolare per il raccordo delle norme sui contratti a termine per il periodo transitorio, consentendo alle aziende di rinnovare e prorogare i contratti in essere al 14 luglio 2018 senza timore di possibile contenzioso.
(3-00196)


   MUGNAI e GELMINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la proprietà della Bekaert group ha sempre confermato la strategicità del sito di Figline Valdarno (Firenze), i livelli occupazionali, gli investimenti e lo sviluppo di nuovi progetti. Ciononostante, ha avviato la procedura di licenziamenti collettivi per delocalizzare in Romania, senza alcun confronto preventivo e senza alcuna spiegazione, condannando alla disoccupazione 318 lavoratori;

   tale improvvisa decisione è stata oggetto di un nuovo confronto tenutosi al Ministero il 27 giugno 2018, al quale hanno partecipano le istituzioni nazionali e territoriali, nonché le organizzazioni sindacali, ma non i rappresentanti della Bekaert;

   il 30 luglio 2018 nell'incontro volto a risolvere le problematiche determinate dalla scelta della Bekaert, al quale hanno partecipato nuovamente la proprietà e le rappresentanze sindacali, si è data lettura del piano inviato dalla società al Ministero dello sviluppo economico, che prevedeva il mantenimento del sito attivo proseguendo le attività in esso svolte fino alla fine del 2018, nonché la promozione di progetti di reindustrializzazione presentati da terze parti, la messa a disposizione di un sistema di incentivazione all'esodo su base volontaria e l'eventuale proroga dei termini della procedura di licenziamento collettivo sino al 31 gennaio 2019;

   le organizzazioni sindacali, invece, chiedevano unitariamente la sospensione della procedura di mobilità;

   i rappresentanti della società hanno confermato l'indisponibilità ad accogliere la richiesta di sospensione della procedura di mobilità;

   nel corso dei tavoli svolti il Ministro interrogato si è impegnato a verificare il coinvolgimento di Pirelli, quale proprietà precedente e principale cliente di Bekaert;

   il 21 settembre 2018 si è tenuto presso il Ministero dello sviluppo economico un ulteriore tavolo di discussione della vicenda in argomento;

   a partire da lunedì 24 settembre 2018 189 mila lavoratori, tra cui 140 mila metalmeccanici, sono a rischio licenziamento per la scadenza degli ammortizzatori sociali (cassa integrazione per cessazione e contratti di solidarietà), non più rinnovabili a causa delle limitazioni imposte dal cosiddetto Jobs Act;

   il 10 agosto 2018 e poi il 14 settembre 2018 il Ministro interrogato ha annunciato l'adozione di un decreto-legge per reintrodurre il ricorso alla cassa integrazione per cessazione, ma ad oggi non si ha notizia in merito –:

   se e in quali tempi il Ministro interrogato intenda adottare il decreto richiamato, quali proposte di subentro vi siano per salvare il destino dei lavoratori dello stabilimento di Figline e se sia previsto il coinvolgimento di Pirelli.
(3-00197)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interrogazione a risposta immediata:


   GOLINELLI, MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GASTALDI, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GOBBATO, GRIMOLDI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LO MONTE, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MARCHETTI, MATURI, MORELLI, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, SALTAMARTINI, SASSO, SEGNANA, STEFANI, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, ZANOTELLI, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. – Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. – Per sapere – premesso che:

   la peste suina africana è una malattia virale dei suini e dei cinghiali selvatici, solitamente letale e, nonostante sia una forma influenzale altamente virulenta, è innocua per l'uomo;

   i maiali e i cinghiali sani di solito vengono infettati principalmente tramite contatto con animali infetti, compreso il contatto tra suini, che pascolano all'aperto, e cinghiali selvatici. La circolazione di animali infetti e lo smaltimento illegale di carcasse sono le principali modalità di diffusione della malattia;

   i casi di peste suina africana sui cinghiali, registrati in Belgio, da ultimo quello del 21 settembre 2018, ha creato un allarme nel nostro Paese, dato l'elevato numero di cinghiali selvatici presenti sul territorio nazionale che possono accrescere i rischi di un arrivo in Italia dell'infezione, in qualsiasi momento;

   nel nostro Paese la presenza di cinghiali selvatici ormai è fuori controllo: si pensi che negli ultimi anni il numero dei cinghiali presenti in Italia è praticamente raddoppiato. Ne sono derivati un continuo incremento dei danni alle produzioni zoo-agro-forestali e ittiche, problematiche di ordine igienico-sanitario nonché crescenti impatti sulla circolazione stradale, con rischi elevati per la stessa incolumità umana;

   se l'infezione da peste suina africana dovesse propagarsi agli allevamenti italiani, ci sarebbero delle ricadute rilevanti in termini economici, in quanto nelle aziende si dovrebbe provvedere al sistematico e immediato abbattimento di tutti i suini presenti e al loro smaltimento; inoltre, ci sarebbero enormi ripercussioni sulle esportazioni di carni e lavorati, che verrebbero bloccate;

   non va trascurato il ruolo fondamentale che possono giocare i cacciatori per contrastare la diffusione del virus, in quanto un contenimento più efficace del cinghiale rappresenta anche una forma di ulteriore prevenzione contro la peste suina africana;

   è necessario tutelare il territorio dalla fauna selvatica; l'attività di contenimento effettuata dai cacciatori è necessaria per tutelare la sicurezza delle coltivazioni agricole e anche delle persone, visti gli ingenti danni generati dai cinghiali;

   la legge n. 157 del 1992 è da considerare non più adeguata a rispondere con efficacia alle attuali esigenze gestionali del patrimonio faunistico del Paese, profondamente mutato anche a causa dell'incremento, soprattutto di determinati ungulati quali, appunto, il cinghiale –:

   quali provvedimenti intenda adottare, anche per facilitare le attività di contenimento delle specie selvatiche, in particolare dei cinghiali, al fine di prevenire la diffusione della peste suina africana sul territorio nazionale, affinché il nostro Paese possa rimanere indenne al virus.
(3-00194)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GALLINELLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   si sono concluse con una articolata richiesta di rinvio a giudizio le indagini della procura della Repubblica di Perugia sulla sanità umbra, nelle quali sono coinvolti nomi importanti dell'amministrazione sanitaria regionale (funzionari e dirigenti), oltre a farmacisti, medici e titolari di case di cura;

   i reati contestati nella detta richiesta di rinvio a giudizio coinvolgono 13 persone: si tratta di delitti gravi, molti contro la pubblica amministrazione, come la truffa, l'abuso d'ufficio, il falso e la concussione; la procura della Repubblica ha altresì ravvisato la sussistenza dell'associazione per delinquere con cui, attraverso «atti amministrativi illeciti», sarebbe stato gestito il servizio di accreditamento e valutazione qualità della regione, favorendo in maniera sistematica alcuni operatori sanitari accreditati o facendo ottenere autorizzazioni a taluni esercizi privi dei requisiti richiesti dalla legge;

   condotte penalmente rilevanti che, oltre a possedere idoneità lesiva del diritto alla salute dei cittadini, sarebbero, ove venissero confermate in sede processuale, pesantemente pregiudizievoli per le casse della sanità pubblica dell'Umbria: occultamento di farmaci scaduti, concessione di deposito farmaceutico a esercizi privi delle necessarie autorizzazioni e requisiti, vendita abusiva di posti letto destinati alle residenze di riabilitazione estensiva residenziale extra-ospedaliera, mettendo in atto una vera e propria truffa sia ai danni della regione che di regolari gestori di case di cura;

   la vicenda emersa in Umbria, attraverso anni di indagini e centinaia di intercettazioni, ha permesso di venire a capo di fatti molto significativi e fatto emergere pratiche che potrebbero anche essere state adottate in altre circostanze e contesti: per questa ragione sarebbe importante porre in essere verifiche e controlli maggiormente stringenti sulle procedure di assegnazione delle autorizzazioni dei posti letto delle residenze di cura, o di individuazione dei requisiti delle strutture sanitarie, nonché sulle concessioni per la tenuta dei depositi farmaceutici –:

   se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se, nell'ambito delle proprie competenze, e nel rispetto dell'autonomia regionale in materia sanitaria, non intenda assumere iniziative finalizzate a realizzare controlli più stringenti ovvero una revisione delle modalità di assegnazione delle autorizzazioni e concessioni in discorso, con il duplice scopo di tutelare la salute dei cittadini e, allo stesso tempo, garantire una più efficace utilizzazione delle risorse pubbliche per la sanità.
(5-00523)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MANDELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, comma 1, della legge 19 maggio 1971, n. 403, ha professionalizzato le attività di massaggiatori e masso fisioterapisti, legittimando l'esercizio di tali professioni sanitarie, cosiddette ausiliarie, soltanto per i professionisti diplomati presso una scuola di massaggio e massofisioterapia statale o autorizzata con decreto del Ministro della salute;

   a seguito del trasferimento alle regioni delle funzioni amministrative in materia di formazione professionale, tali attività possono essere esercitate previa abilitazione da conseguire presso apposite scuole accreditate dalle regioni;

   successivamente, il decreto 31 marzo 1992, del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in attuazione della legge 19 novembre 1990, n. 341, di riforma degli ordinamenti didattici universitari, ha istituito il diploma universitario di terapista della riabilitazione, configurando un doppio canale di formazione;

   il decreto del Ministero della sanità n. 741 del 14 settembre 1994 ha espressamente individuato la laurea in fisioterapia quale requisito necessario per l'abilitazione all'esercizio della relativa attività professionale e, per regolare il passaggio al nuovo sistema ordinamentale, ha demandato a un successivo decreto interministeriale il compito di individuare quali diplomi, già conseguiti, riconoscere equipollenti al nuovo titolo universitario;

   tuttavia, prima dell'adozione di tale decreto interministeriale, la legge 26 febbraio 1999, n. 42, ha stabilito all'articolo 4, comma 1, l'equipollenza dei diplomi e degli attestati abilitanti, conseguiti in base alla normativa precedente, alla nuova laurea universitaria, demandando ad un apposito decreto la definizione dei criteri;

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 luglio 2011 ha incluso tra i titoli valutabili ai fini della equipollenza, quelli che consentono l'esercizio della professione di massofisioterapista conseguiti prima del 17 marzo 1999, data di entrata in vigore della legge 26 febbraio 1999, n. 42, escludendo espressamente i titoli di massofisioterapista conseguiti dopo la predetta data;

   invero, nessun successivo atto normativo ha provveduto a riordinare la professione di massofisioterapista ed il relativo corso di formazione;

   il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1520 del 2018, ha chiarito che «non essendo intervenuto un atto di individuazione della figura del massofisioterapista come una di quelle da riordinare, né essendo intervenuti atti di riordinamento del relativo corso di formazione o di esplicita soppressione, quella professione (e relativa abilitazione) è in sostanza rimasta configurata nei termini del vecchio ordinamento, con conseguente conservazione dei relativi corsi di formazione»;

   i giudici amministrativi hanno, inoltre, ribadito che «i corsi e i diplomi regionali continuano ad avere efficacia per le professioni sanitarie (aggettivate come “ausiliarie”), sia pure con utilità minori e diverse dalla abilitazione diretta alla professione stessa», permanendo il doppio canale di formazione e che i possessori dei diplomi regionali già conseguiti nel vigore della precedente disciplina possono continuare a operare in campo professionale, nonostante il nuovo ordinamento richieda a tal fine il possesso del titolo di laurea;

   di converso, sulla base della normativa vigente, i diplomi di formazione professionale rilasciati dopo il 17 marzo 1999 non sono riconosciuti equipollenti alle attuali lauree universitarie;

   i corsi formativi non universitari organizzati dalle regioni non sono stati di fatto mai interrotti;

   la normativa riconosce un trattamento ingiustificatamente differente tra coloro che hanno conseguito i diplomi professionali ante 17 marzo 1999 e coloro che, invece, hanno conseguito il medesimo diploma professionale post 17 marzo 1999;

   migliaia di massofisioterapisti formati dopo tale data si trovano ad affrontare un calvario lavorativo notevole –:

   quali iniziative ritenga di mettere in atto, nell'ambito delle proprie competenze, per porre rimedio alla disparità di trattamento descritta e se stia valutando la possibilità di adottare iniziative per operare, in via definitiva, il riordino della professione di massofisioterapista.
(4-01196)


   DONZELLI e BELLUCCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con una nota ministeriale del 10 agosto 2018 il Ministro interrogato ha invitato il presidente della Conferenza Stato-regioni a sollecitare le regioni al fine di riaprire il bando ministeriale di medicina generale e differire la data di effettuazione dell'esame già fissata per il 25 settembre 2018;

   tale richiesta nasce dalle ulteriori risorse, pari a 40 milioni di euro, rese disponibili, che potrebbero coprire nuove borse in un settore come quello del medico generale che necessita numerosi nuovi inserimenti nel mondo del lavoro;

   il Ministro sollecitava d'urgenza l'inserimento di tale richiesta nella prima seduta della Conferenza Stato-regioni utile;

   in data 6 settembre 2018 si è tenuta la seduta della Conferenza e l'argomento non è stato trattato neanche fuori sacco –:

   quale sarà la data definitiva del concorso nazionale di medicina generale e se si terrà conto delle nuove risorse e saranno, quindi, aumentati i posti disponibili.
(4-01204)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   a quanto risulta agli interpellanti nel mese di giugno 2018, i dipendenti del «Call center Progetto Vendite» di Maglie, Gallipoli (Lecce) e Brindisi hanno ricevuto comunicazione di licenziamento da parte dell'azienda, senza che vi sia stata alcuna comunicazione preventiva al riguardo da parte dell'amministrazione;

   il «Call center Progetto Vendite» gestiva, con un organico di ben 450 dipendenti, importanti commesse statali inbound e outbound, quali quelle affidategli da Mediaset Premium; nel settembre 2018, a seguito delle forti richieste da parte di lavoratori e sindacati, la regione Puglia ha aperto un tavolo tecnico a seguito del quale ha posto in atto una task force cercando di coinvolgere eventuali aziende a carattere nazionale interessate all'acquisizione del call center, con le sue importanti commesse, provando a dare garanzie sulla salvaguardia dei posti di lavoro di tutti i dipendenti dalla notevole professionalità e consentendo a 450 famiglie di uscire da un forte stato di disperazione senza che però, a tutt'oggi, vi sia stato alcun seguito concreto alla trattativa; al tavolo tecnico hanno partecipato sindacati e dipendenti senza, però, vedere la partecipazione dell'azienda; i dipendenti non hanno visto versati i contributi per il lavoro svolto in azienda e da giugno 2018 non ricevono lo stipendio –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e se intenda intervenire per salvaguardare, di concerto con la regione Puglia, i posti di lavoro dei dipendenti e attuare iniziative volte a garantire la risoluzione della situazione contributiva e stipendiale in cui i dipendenti versano.
(2-00115) «Giannone, Pallini, D'Uva».

Interrogazioni a risposta immediata:


   PAXIA, VALLASCAS, ALEMANNO, BERARDINI, CARABETTA, CASSESE, DE TOMA, PAPIRO, CAPPELLANI, GIARRIZZO, MASI, ORRICO, RIZZONE, SCANU, RACHELE SILVESTRI e SUT. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il made in Italy è uno dei primi brand conosciuti ed apprezzati al mondo;

   si tratta di un marchio di un saper fare che distingue l'Italia agli occhi degli altri Paesi. Creatività e qualità sono le parole chiave;

   purtroppo i danni causati dalla contraffazione all'insieme delle capacità lavorative, espressione di un determinato prodotto made in Italy, sono incalcolabili e mettono in serio pericolo la competitività delle imprese italiane sui mercati internazionali;

   a livello sociale, infatti, i danni che le imprese subiscono a causa della contraffazione e della pirateria si riflettono anche sul numero dei posti di lavoro da esse offerti: 250.000 è la stima dei posti di lavoro persi negli ultimi 10 anni a livello mondiale, di cui 100.000 circa nella sola Unione europea;

   secondo i dati in possesso della Banca mondiale, il volume d'affari della contraffazione si aggirerebbe intorno ai 350 miliardi di euro, pari al prodotto interno lordo di 150 dei Paesi meno ricchi;

   il problema principale riguarderebbe, soprattutto, la minaccia proveniente dalla globalizzazione dei mercati;

   la causa principale di ciò risiederebbe nella mancata omogeneità tra le norme in materia vigenti all'interno di ciascun Paese, ognuno rimanendo fedele alle proprie leggi e alle proprie tradizioni, a scapito della possibilità di trovare un metodo comune e coordinato per affrontare in sinergia una seria battaglia contro il dilagare del fenomeno;

   la delocalizzazione di alcune o intere fasi del processo produttivo hanno portato ad un conseguente allungamento della filiera produttiva oltre i confini nazionali;

   lo stesso know how originario relativo alla produzione di un determinato bene oggi è condiviso da un numero sempre maggiore di individui, i quali sono in grado di realizzare merci del tutto identiche a quelle originali;

   in tale contesto il Governo dovrà adottare le azioni necessarie per porre l'Italia in una posizione competitiva rispetto allo sviluppo delle tecnologie come la blockchain;

   il gruppo M5S ha presentato una proposta di legge inerente alle modifiche al codice penale, al testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale e altre disposizioni in materia di contrasto della contraffazione e del contrabbando, nonché delega al Governo per l'adozione di un testo unico delle leggi in materia di tutela dei prodotti nazionali e l'istituzione del marchio «100 per cento made in Italy» –:

   quali iniziative intenda assumere per rafforzare le attività per il contrasto alla contraffazione e per la tutela dei prodotti nazionali.
(3-00198)


   LOLLOBRIGIDA, MELONI, ACQUAROLI, BELLUCCI, BUCALO, BUTTI, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, CROSETTO, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FIDANZA, FOTI, FRASSINETTI, GEMMATO, LUCASELLI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RIZZETTO, RAMPELLI, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   in merito alla questione dell'apertura e chiusura domenicale di alcune tipologie di imprese commerciali, sono state avanzate diverse proposte, tra le quali alcune delle forze di maggioranza che, ad avviso degli interroganti, differiscono palesemente da quelli che appaiono essere gli orientamenti del Governo;

   il Ministro interrogato, ancor prima di ricoprire ruoli governativi, aveva annunciato la volontà di chiudere tutti gli esercizi commerciali nei giorni festivi, rimodulando successivamente l'annuncio, ma riconfermando l'idea di fondo;

   di recente, il Ministro interrogato ha definito la sua proposta una sorta di «chiusura a rotazione» degli esercizi commerciali, peraltro di difficile applicazione, che consentirebbe al 25 per cento degli stessi di restare aperto –:

   quali siano gli intendimenti del Governo sulla regolamentazione delle aperture e chiusure domenicali, ovvero se intenda promuovere un'iniziativa legislativa in merito e in quali tempi, consentendo sia una turnazione del lavoro prestato nelle domeniche, ma anche la sopravvivenza di tanti esercizi commerciali che vedono proprio in tali giorni realizzare gran parte del loro fatturato, ad esempio prevedendo forme contrattuali di assunzione anche ripristinando l'uso dei voucher.
(3-00199)

Interrogazione a risposta orale:


   BENAMATI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Industria Italiana Autobus è un'azienda nata nel 2015 attraverso il raggruppamento dell'ex Bredamenarini di Bologna e l'Irisbus di Avellino, la cui proprietà risulta partecipata all'80 per cento da Tever s.p.a. (ex King Long Italia) e al 20 per cento da Leonardo (ex Finmeccanica);

   l'azienda stante la crisi industriale e finanziaria in atto, ha richiesto l'intervento del Ministero dello sviluppo economico per cercare delle soluzioni che consentano la ristrutturazione degli stabilimenti e la ripresa dell'attività produttiva anche alla luce della scadenza, a dicembre degli ammortizzatori sociali attualmente erogati;

   durante l'incontro sul tavolo di crisi del 6 luglio 2018 il Governo avrebbe indicato la disponibilità ad agire per favorire l'ingresso di Invitalia, con il Fondo Pmi sud, nella compagine della società, insieme a un nuovo socio privato, con l'obiettivo di arrivare a una soluzione definitiva per consentire la stabilità occupazionale ai lavoratori per gli stabilimenti di Bologna e Flumeri (Avellino) e lo sblocco degli investimenti per far ripartire la produzione sul territorio nazionale con le commesse affidate all'azienda;

   il successivo incontro, tenutosi il 2 agosto 2018 presso il Ministero dello sviluppo economico avrebbe visto però un rallentamento o quasi uno stop degli impegni presi dal Governo nella precedente riunione;

   dopo un mese infatti non risulta che ci sia stato nessun impegno fattivo in termini di ricapitalizzazione né sembrano avanzare le procedure per l'entrata del fondo di Invitalia e nemmeno la formalizzazione del terzo socio che entrasse nella compagine societaria;

   è forte la preoccupazione che il ritardo del Governo, nella gestione di questa crisi industriale, sia il preludio di un vero e proprio «stop» alla prospettata soluzione per il rilancio di Industria Italiana Autobus, e che questo possa comportare l'avvio della procedura fallimentare, vista la situazione di crisi finanziaria conclamata che rischia di compromettere il futuro dei lavoratori, che sono 154 a Bologna e 290 ad Avellino, nonostante il fatto che l'azienda risulti in credito verso la pubblica amministrazione di una cifra vicina ai 30 milioni di euro dei quali 20 già scaduti e abbia vinto gare pubbliche per oltre 1300 autobus con ordini per circa 260 milioni di euro –:

   quale sia la situazione della trattativa in corso e quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato per trovare una soluzione alle problematiche esposte in premessa.
(3-00187)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GALLINELLA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'Unione europea pone come fondamento del suo operato la tutela della salute dei cittadini e, in quest'ottica, la tracciabilità dei prodotti commercializzati liberamente sul territorio comunitario è uno degli elementi cardine per perseguire questo obiettivo;

   tracciare i prodotti significa, infatti, garantirne la piena sicurezza per il consumatore e, allo stesso tempo, significa agevolare nei controlli le autorità competenti, al fine di contrastare fenomeni di contraffazione e arginare la diffusione di prodotti non sicuri;

   l'indicazione di origine (Paese d'origine, nome e indirizzo dell'impresa produttrice) è senza dubbio una delle informazioni fondamentali di un prodotto, specialmente per alcuni particolari settori di produzione, tuttavia in Europa si sta da anni assistendo a una fase di stallo relativa all'introduzione del «made in» in etichetta;

   in particolare, l'articolo 7 della proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla sicurezza dei prodotti di consumo COM(2013)78, in discussione a Bruxelles, prevede l'obbligo, a carico di fabbricanti e importatori, dell'indicazione dell'origine dei prodotti, secondo quanto dispone il codice doganale comunitario;

   tuttavia, dopo un iniziale voto favorevole, la proposta si è arenata prima per approfondimenti su costi/benefici, poi per l'ostilità o l'indifferenza di alcuni Paesi;

   sono state anche elaborate alcune proposte sia per applicare temporaneamente e settorialmente l'articolo 7, sia per quanto riguarda il raggiungimento di un compromesso sull'introduzione dell'etichettatura obbligatoria, riguardante un periodo limitato di 3 anni e solo in cinque settori manifatturieri (calzaturiero, tessile, abbigliamento, ceramica, legno arredo e oreficeria), ovvero quei settori che trarrebbero più vantaggi dall'introduzione del «made in» obbligatorio;

   diversi Stati membri si sono dimostrati favorevoli in più di una occasione a questa soluzione (da ultimo, con la dichiarazione di Roma adottata il 25 marzo 2017), e per questo è necessario adottare quanto prima lo strumento della cooperazione rafforzata, prevista dal Trattato dell'Unione europea e progettata proprio allo scopo di superare la paralisi che si verifica quando una proposta è bloccata da un singolo Paese o da un piccolo gruppo di Paesi;

   nell'ottobre 2017 è stata approvata una risoluzione in Commissione attività produttive (n. 7-01298) che impegnava il Governo a verificare con urgenza la disponibilità di altri Stati membri ad instaurare una cooperazione rafforzata, aperta a tutti gli altri, nel settore della sicurezza di alcuni prodotti di consumo, con l'obiettivo di introdurre l'obbligo dell'indicazione dell'origine nei settori delle calzature, del tessile-abbigliamento, della ceramica, del legno per arredo e dell'oreficeria e di avanzare in tal senso formale richiesta alla Commissione europea, a norma dell'articolo 329 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea –:

   a che punto sia l'istruttoria volta a verificare la possibilità di una cooperazione rafforzata con conseguente richiesta alla Commissione europea di ricorso a tale strumento e se abbia intenzione di proseguire in via prioritaria tale percorso al fine di garantire la sicurezza dei prodotti commercializzati sul territorio italiano e allo stesso tempo tutelare settori importanti per l'economia del nostro Paese che, di certo, trarrebbero notevole vantaggio dall'indicazione del «made in» in etichetta.
(5-00518)


   DE MENECH. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la mancanza di copertura dei cellulari, non tanto per navigare su internet quanto per telefonare, è un disservizio grave che interessa turisti, escursionisti, scalatori ma anche i residenti nelle aree più periferiche;

   la Val Visdende, una valle alpina del Comelico situata nell'area dei comuni di San Pietro e Santo Stefano di Cadore, e la zona del Cansiglio, un vasto altopiano situato tra le province di Belluno, Treviso e Pordenone, sono bandiere di un problema molto più grande che si estende in tutto il territorio provinciale e non solo;

   lo stesso problema lo si riscontra a Fregona (Treviso) dove vi è una delle zone industriali più importanti del vittoriese, dove risiedono circa 500 abitanti e luogo di passaggio di turisti che raggiungono le località come le Grotte del Caglieron, il Cansiglio, e il Pizzoc, ma anche nella zona di Valsalega a confine tra i comuni di Sarmede e Fregona, al passo delle Crosetta, zona confine tra i comuni di Sarmede, Fregona, Cordignano e Caneva, nonché di confine tra le due regioni, Veneto e Friuli Venezia Giulia, sul Monte Pizzoc alcuni villaggi cimbri del Cansiglio tra i quali quelli di Vallorch nel comune di Fregona, e Pian Osteria e Campon nel Comune di Farra d'Alpago. Sono tutte aree prive della copertura telefonica mobile da parte di tutti gli operatori della telefonia. L'investimento sulle telecomunicazioni e la garanzia di copertura della rete mobile sono sempre più una priorità e una necessità, proprio per questioni di sicurezza. Spesso, infatti, dove non c'è la copertura non è possibile neanche contattare i numeri di emergenza;

   diventa sempre più impellente garantire a chi vive in queste zone o a chi ci viene in villeggiatura, la possibilità di chiamare i soccorsi in caso di necessità;

   i numerosi incidenti in montagna rivelano spesso come la provincia di Belluno sia priva e inaccessibile dal punto di vista delle telecomunicazioni;

   anche il Soccorso alpino Dolomiti bellunesi e l'azienda sanitaria locale hanno sottolineato come sia sempre più indispensabile un investimento di telecomunicazioni nelle aree non antropizzate, non abitate, così da garantire un servizio di pubblica utilità;

   l'economia di molte zone di montagna si basa principalmente sul turismo, sull'allevamento di bestiame da latte e la conseguente produzione di prodotti caseari di malga; la montagna vive con chi pratica il footing, con il semplice escursionismo, con la mountain-bike e con i cercatori di funghi. Il rischio è, pertanto, anche quello di un sempre maggiore abbandono della montagna;

   è necessario intervenire presso le compagnie telefoniche così da potenziare la copertura telefonica nell'intera area del Cansiglio e della Val Visdende e, più in generale, nelle zone montane bellunesi e del vittoriese –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda assumere al fine di agevolare una soluzione per l'increscioso e deleterio problema sopra segnalato.
(5-00519)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VIETINA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   a inizio agosto 2018 l'ufficio studi della camera di commercio della Romagna ha reso noti i dati sulle imprese straniere relativamente al primo semestre 2018;

   al 30 giugno 2018 si contano, nel sistema aggregato Romagna (Forlì-Cesena e Rimini) 7.587 imprese straniere attive, pari al 10,6 per cento del totale;

   nel confronto con giugno 2017 si è riscontrato un incremento delle imprese straniere del 3,4 per cento superiore alla variazione positiva regionale (+ 3 per cento) e nazionale (+ 2,4 per cento). L'incremento, inoltre, risulta essere il più alto nel medio periodo;

   tra i principali settori coinvolti da tale incremento figurano: costruzioni (2.536 imprese straniere, 33,4 per cento sul totale delle relative imprese), commercio (2.375, ossia il 31,3 per cento), alberghi e ristoranti (695, ossia il 9,2 per cento), industria manifatturiera (579, ossia il 7,6 per cento), altre attività di servizi (prevalentemente servizi alla persone 319, ossia il 4,2 per cento), trasporti (260, ossia il 3,4 per cento) e noleggio, agenzie di viaggio e servizi alle imprese (254, ossia il 3,3 per cento);

   lo studio prosegue rilevando che le imprese straniere con la maggior incidenza percentuale sul totale delle imprese attive appartengono alle costruzioni (24,2 per cento), al commercio (13,8 per cento), al settore del noleggio, agenzie di viaggio e dei servizi alle imprese (12,6 per cento), ai trasporti (11 per cento), alle altre attività di servizi (9,7 per cento), all'industria manifatturiera (9,4 per cento) e ad alberghi e ristoranti (9,3 per cento);

   la maggior parte delle imprese straniere risultano essere imprese individuali. Per quanto attiene le nazionalità, al primo posto si colloca l'Albania (1.150 imprese) seguita da Cina (682), Romania (666), Marocco (483) e Bangladesh (478);

   anche il dato nazionale sembra seguire la medesima tendenza. Stando a una indagine dell'Osservatorio di Confcommercio, a fine 2016 le imprese gestite da non italiani erano 571 mila, con una crescita del 25,8 per cento sul 2011. Tra le attività preferite dagli stranieri c'è il commercio su area pubblica: gli ambulanti stranieri sarebbero circa 107.300, il 53,5 per cento del totale. È importante anche il peso degli stranieri nella ristorazione, nel servizio bar e nel cibo take away;

   tra le nuove tendenze figurano i centri massaggi, cresciuti addirittura dell'89,5 per cento rispetto al 2011 e che, in diverse occasioni, sono stati al centro di indagini da parte della Guardia di finanza;

   proprio in relazione alle imprese straniere, negli anni gli esperti di settore hanno messo in evidenza anche il forte turn over caratterizzante le imprese stesse, vale a dire il rapporto tra aperture e chiusure che si aggira intorno al 24 per cento, il doppio rispetto a quello delle attività italiane. In alcuni settori lo stesso turn over appare ancora più elevato. È il caso ancora dei centri benessere, visto che gli stessi vengono spesso forzatamente chiusi a causa di indagini –:

   se il Governo abbia conoscenza dei fatti esposti;

   se il Governo intenda approfondire, per quanto di competenza, le motivazioni per le quali risulti una propensione maggiore dei cittadini stranieri a investire in attività rispetto ai cittadini italiani;

   se risulti che tale propensione sia collegata a eventuali forme di incentivazione erogate dallo Stato italiano;

   quali siano a oggi le forme di incentivo previste specificamente per i cittadini stranieri che intendano avviare una attività nel nostro Paese con relativa previsione degli importi e quali siano quelle previste per i cittadini italiani;

   quali iniziative si intendano assumere per intensificare i controlli in quei settori che appaiono a maggiore rischio irregolarità;

   se si intenda procedere a uno studio approfondito della situazione del turn over nelle imprese straniere di cui in premessa e a controlli incrociati in ordine alla situazione di regolarità con il fisco delle imprese stesse.
(4-01181)


   VIETINA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la misura di sostegno alle imprese denominata «nuova Sabatini» è stata avviata nell'aprile 2014 andando a sostituire la «vecchia Sabatini» risalente al 1965. Tale misura a oggi ha sostenuto oltre 13 miliardi di euro di investimenti;

   nel tempo tale strumento si è notevolmente affinato e le imprese stesse hanno imparato a conoscerlo e utilizzarlo. La durata nel tempo ha infatti consentito di qualificare la domanda e la media dell'approvazione, stando a uno studio di Cna, è passata dal 48 per cento del primo anno all'85 per cento del 2018 con notevole beneficio per le micro imprese passate dal 26 per cento del 2015 in termini di utilizzo di tale misura, al 39 per cento del 2018;

   gran parte degli investimenti sono andati al settore manifatturiero e a imprese localizzate in Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Piemonte;

   l'effetto leva di tale misura è particolarmente rilevante: poco più di un miliardo di euro a fronte di 13 miliardi di euro di investimenti privati dal 2014 a oggi. Il contributo, tra l'altro, viene erogato dopo l'avvio dell'investimento;

   di recente la Cna (Confederazione nazionale artigianato) ha lanciato l'allarme sul rischio di una chiusura anzitempo della cosiddetta «nuova Sabatini», strumento ritenuto indispensabile per il sostegno agli investimenti e per supportare le imprese nell'acquisto dei beni strumentali;

   sarebbero infatti disponibili poco più di 170 milioni di euro a fronte di un fabbisogno calcolato in poco meno di 300 milioni;

   le risorse a oggi disponibili consentirebbero dunque di arrivare solo fino a ottobre 2018, lasciando perciò scoperti gli ultimi due mesi dell'anno;

   tra l'altro, proprio in previsione dell'esaurirsi delle risorse, gli istituti di credito potrebbero cominciare a scoraggiare le imprese dal presentare le istanze per futuri investimenti –:

   quali iniziative si intendano assumere per dare continuità e stabilità negli anni alla misura denominata «nuova Sabatini»;

   in che modo si intenda rispondere al fabbisogno stimato per gli ultimi due mesi dell'anno 2018.
(4-01182)


   CONTE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   lo stabilimento Italcementi di Salerno, dal 1992 importante presidio occupazionale e produttivo, vive una situazione drammatica, che ne mette a rischio la stessa sopravvivenza;

   l'opificio fu pensato e realizzato utilizzando le risorse economiche (120 miliardi di lire di fondi statali) della legge n. 219 del 1981, all'indomani del terremoto, ed è arrivato a dare lavoro in modo diretto e indiretto a 120 persone, dentro sinergie produttive con tutto il contesto industriale della zona;

   negli anni, lo stabilimento ha conosciuto vari processi di ridimensionamento fino ad arrivare, oggi, a occupare solo 49 unità e limitando la sua mission produttiva alla macinazione;

   nel 2015 il gruppo Pesenti ha venduto la sua quota di controllo del 45 per cento al gruppo tedesco Heidelberg Cement, che precedentemente aveva già acquisito la proprietà di Italcementi, dando vita così al secondo gruppo mondiale del cemento con oltre 3 mila stabilimenti nel mondo;

   con questo passaggio sono cresciute le preoccupazioni per il futuro produttivo dello stabilimento, dal momento che si affida all'impresa tedesca un sito relativo alla sola macinazione, destinando quindi l'opificio al rischio di un lento esaurimento della sua funzione;

   il gruppo Heidelberg per il Sud Italia ha già previsto la dismissione totale di 5 stabilimenti su 6, e lo stabilimento di Salerno è tra quelli da dismettere;

   un accordo sindacale nazionale ha impedito, per ora, la chiusura dello stabilimento di Salerno, definendo un percorso di verifica e ottenendo una proroga, con decreto interministeriale n. 99553 del 23 giugno 2017, della cassa integrazione per 22 dei 49 dipendenti fino al 31 dicembre 2018; questo termine, se non prorogato ulteriormente, potrebbe comportare la crisi finale dell'insediamento produttivo, determinando una situazione di dramma sociale per decine di lavoratori difficilmente ricollocabili;

   il gruppo tedesco Heidelberg Cement non fa intravedere, al momento, possibilità di recupero dello stabilimento di Salerno; l'azienda, infatti, non ha nel suo tessuto produttivo mondiale stabilimenti destinati alla sola macinazione per cui, al massimo, quello di Salerno potrebbe diventare un centro di vendita con soli 10 dipendenti;

   il sito produttivo di Salerno ha, per innovazione e caratteristiche tecniche, con le certificazioni di bassa emissione e con impianti fotovoltaici, la possibilità di essere considerato uno stabilimento all'avanguardia, utile per una riconversione secondo i parametri dell'industria 4.0;

   urge un'azione decisa per salvare questo insediamento produttivo, proteggerne la presenza sul territorio, salvaguardarne i livelli occupazionali –:

   se il Ministro interrogato non intenda assumere, con urgenza, nell'ambito delle sue competenze, una iniziativa per convocare un tavolo tecnico con azienda, parti sociali e regione Campania al fine di discutere la vertenza di cui in premessa e giungere a un progetto di rilancio dello stabilimento di Salerno, proteggendone produzione e occupazione.
(4-01201)


   L'ABBATE. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   il 10 luglio 2015, la Rai – Radiotelevisione Italiana s.p.a. ha pubblicato il bando di gara comunitario n. 6107500 per l'affidamento del servizio di catalogazione, archiviazione e documentazione riguardante la programmazione quotidiana televisiva e radiofonica e del proprio archivio storico;

   condizione necessaria per la partecipazione era il possesso del seguente requisito tecnico da parte dell'impresa concorrente: «l'aver conseguito negli ultimi 3 anni solari (...) attività di catalogazione, archiviazione e documentazione elettronica di contenuti multimediali audiovisivi (analoghi all'oggetto della presente procedura) di importo complessivamente non inferiore a 450.000 euro, al netto dell'Iva, ripartiti su un numero massimo di tre contratti». In questo modo, la Rai ha circoscritto la partecipazione ad operatori europei altamente specializzati in catalogazione e documentazione multimediale dei programmi radiotelevisivi (e non, di generici filmati audio/video); alla gara hanno partecipato 7 concorrenti: 4 società altamente specializzate in archivistica documentale dell'audiovisivo (di cui 3 già fornitrici delle Teche/archivi) e 3 società operanti nel monitoraggio radiotelevisivo (attività consistente nella rilevazione dati di tipo statistico ex lege n. 28 del 2000 per la tutela della parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica per la quale Rai indice appositi e specifici bandi);

   si sottolinea, altresì, che la società Cedat85, risultata vincitrice, ha dichiarato a riscontro delle richieste del responsabile unico del procedimento che, per ogni operatore, saranno fornite due postazioni, una delle quali per l'utilizzo di internet libero, modalità, questa, di esecuzione del servizio, espressamente vietata dall'allegato C del capitolato tecnico del bando e quindi causa di esclusione come esplicitato dall'articolo 7 del disciplinare di gara;

   inoltre, altre due società risultate vincitrici hanno dichiarato al momento della partecipazione al bando nel 2015 di non avere alcun contatto «neppure di fatto» tra loro, allorquando, dal 2011, e almeno fino a febbraio 2017, sarebbero state associate in un raggruppamento temporaneo d'impresa in un'altra gara della stessa Rai per i servizi di monitoraggio della pubblicità occulta e rilevazione contenuti (scalettatura) programmi tv. Situazione espressamente vietata dal paragrafo 7 del disciplinare di gara e motivo di esclusione delle ditte, in quanto trattasi di grave illegittimità. Tale circostanza è, tra l'altro, oggetto di segnalazioni all'Anac e all'Antitrust, presso le quali sono pendenti autonome istruttorie. A parere dell'interrogante sarebbe opportuno vagliare da parte del Ministero competente una iniziativa di autotutela;

   sull'esito della gara pubblica si è aperto un contenzioso presso la giustizia amministrativa sollevato dalle ditte che si sono viste escluse dall'appalto. Nonostante il contenzioso non si sia ancora chiuso in via definitiva, si è proceduto comunque all'assegnazione dell'appalto alle società risultate vincitrici;

   va considerato il rischio che l'affidamento del servizio di catalogazione, archiviazione e documentazione elettronica di contenuti multimediali audiovisivi a soggetti privi delle specializzazioni necessarie potrebbe comportare un danno certo e irreparabile per la Rai e, dunque, per lo Stato;

   si richiama l'interrogazione a risposta in Commissione 5-12984 presentata nella XVII legislatura;

   va tenuto conto altresì di quanto disposto dall'articolo 14 – audiovideoteche del contratto nazionale di servizio tra il Ministero dello sviluppo economico e la Rai 2018-2022 nonché dall'articolo 2 – princìpi generali, comma 1, lettera d) e dalla Convenzione tra il Ministero dello sviluppo economico e la Rai per la concessione per il servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale siglata il 27 luglio 2017 e, in particolar modo, l'articolo 3 – obblighi del concessionario del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale e modalità di esercizio comma 1 lettera l) –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della vicenda e quali iniziative intendano intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze, a tutela dell'azienda radiotelevisiva pubblica e del patrimonio storico ed economico costituito dagli archivi della Rai, il cui eventuale danneggiamento rappresenterebbe un'incalcolabile perdita.
(4-01205)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Meloni e altri n. 1-00032, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 settembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rampelli.

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza D'Uva e Papiro n. 2-00113, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 settembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Raffa.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Alberto Manca n. 4-01167, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 settembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Perantoni.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Pagani n. 5-00061 del 27 giugno 2018;

   interrogazione a risposta in Commissione Gallinella n. 5-00284 del 31 luglio 2018;

   interrogazione a risposta in Commissione Vianello n. 5-00440 del 13 settembre 2018;

   interrogazione a risposta scritta Toccafondi n. 4-01119 del 17 settembre 2018;

   interpellanza Baldelli n. 2-00099 del 18 settembre 2018;

   interpellanza urgente Germanà n. 2-00110 del 21 settembre 2018.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Silli e altri n. 5-00274 del 31 luglio 2018 in interrogazione a risposta orale n. 3-00188;

   interrogazione a risposta in Commissione Benamati n. 5-00340 del 6 agosto 2018 in interrogazione a risposta orale n. 3-00187.