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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 18 settembre 2018

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La XI Commissione,

   premesso che:

    l'amianto è un materiale fibroso, costituito da fibre minerali naturali appartenenti ai silicati e alle serie mineralogiche del serpentino e degli anfiboli, che ha trovato impiego principalmente come isolante o coibente. La presenza delle fibre di amianto nell'ambiente comporta dei danni a carico della salute, anche in presenza di pochi elementi fibrosi. È un agente cancerogeno per cui occorre evitare l'esposizione, anche a bassi livelli di concentrazione, poiché una minima esposizione basta per subirne gli effetti nocivi;

    il rischio per la salute umana derivante dall'esposizione all'amianto era noto già a partire dell'inizio del secolo scorso, ma l'Italia è stata lungamente inadempiente in materia di protezione dall'amianto al punto da spingere le istituzioni europee ad aprire a suo carico una procedura di infrazione, la n. 240/89, definita con la decisione di condanna da parte della Corte di giustizia dell'Unione europea del 13 dicembre 1990 per mancata recezione – entro la scadenza del 10 gennaio 1987 – della direttiva 83/477/CEE del 19 settembre 1983 «Sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con una esposizione ad amianto durante il lavoro»;

    la direttiva 83/477/CEE del 19 settembre 1983 è stata recepita con il decreto legislativo n. 277 del 1991, cui è seguita l'emanazione della legge 27 marzo 1992, n. 257, in materia di «Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto» che ha stabilito il divieto di estrazione, commercializzazione e produzione di amianto, la bonifica degli edifici, delle fabbriche e del territorio, nonché misure per la tutela sanitaria e previdenziale dei lavoratori esposti all'amianto; tuttavia, i dati nazionali legati alla diffusione dell'amianto e alla sua pericolosità per la salute umana e la salubrità dell'ambiente sono ancora purtroppo drammatici. In particolare, i decessi connessi con l'esposizione all'amianto sono pari a circa 5.000 all'anno, di cui circa 1.500 per via di mesoteliomi e il resto tra tumori polmonari e altre patologie asbesto-correlate, anche se, in base agli studi scientifici, il picco delle mortalità si raggiungerà nel prossimo decennio a causa del lungo periodo di latenza che caratterizza le malattie asbesto-correlate;

    sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi all'esposizione in parola, è stata emanata la direttiva 2009/148/CE, con cui si ribadisce che «l'amianto è un agente particolarmente pericoloso che può causare malattie gravi e che è presente in numerose situazioni di lavoro»;

    il 14 marzo 2013 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulle minacce per la salute sul luogo di lavoro legate all'amianto con cui, tra l'altro, esorta «gli Stati membri a garantire che tutti i casi di asbestosi, mesotelioma e malattie collegate siano registrati per mezzo di una raccolta sistematica di dati sulle malattie professionali e non professionali legate all'amianto, a classificare e registrare ufficialmente le placche pleuriche come una malattia legata all'amianto e a fornire, con l'assistenza di osservatori ad hoc, una mappatura attendibile della presenza di amianto»;

    a distanza di oltre 25 anni dall'introduzione della legge n. 257 del 1992, tuttavia, l'amianto non è stato definitivamente smaltito dal territorio nazionale;

    ad oggi ci sono ancora casi di lavoratori esposti all'amianto, affetti da patologie asbesto-correlate ma non rientranti nell'ambito del riconoscimento dei benefici previdenziali previsti dalla normativa vigente in materia e, dunque, colpiti da una diseguaglianza di trattamento alla quale deve essere posto rimedio,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di assumere iniziative normative, a partire dalla prossima sessione di bilancio, al fine di garantire ai lavoratori esposti all'amianto, affetti da patologie asbesto-correlate di origine professionale ma ad oggi non rientranti nell'ambito del riconoscimento dei benefici previdenziali previsti dalla normativa vigente in materia, di potervi accedere e porre così fine ad una diseguaglianza di trattamento;

   a prevedere, nell'ambito delle suddette iniziative normative, l'aumento delle risorse necessarie per consentire ai lavoratori esposti all'amianto, affetti da patologie asbesto-correlate di origine professionale, di ottenere il succitato riconoscimento dei benefici previdenziali previsti ai sensi della legge n. 257 del 1992 e successive modifiche.
(7-00051) «Pallini, Tripiedi, Segneri, Perconti, Costanzo, Cubeddu, Giannone, Invidia, Siragusa, De Lorenzo, Vizzini, Tucci, Davide Aiello, Amitrano, Ciprini».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ANZALDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   Il Corriere della sera edizione del 17 settembre 2018 in un interessante articolo a firma di Federico Fubini evidenzia come un muratore disoccupato di Taurianova sia attraverso la rete e le sue pagine diventato un «potentissimo» opinion maker arrivando addirittura a totalizzare 10 milioni di lettori per un solo post;

   il citato reportage non è solo importante per le dinamiche della comunicazione politica ma anche per i meccanismi pubblicitari legati a questi profili cosiddetti «unofficial» e il ricavo che riceve dalla lettura di questi post;

   c'è una frase indicativa dell’opinion maker calabrese che evidenzia una modalità inquietante quando afferma candidamente: «siamo battelli a vela cerchiamo di capire dove va il vento»;

   si fa presente che nell'ottobre 2017, le pagine dei media tradizionali contavano 31 milioni di interazioni e il dato è nel tempo rimasto sostanzialmente inalterato, mentre, a quanto risulta all'interrogante, le pagine che invece sono cresciute di più sono state quelle unofficial gentiste (da 8 a 17,5 milioni di interazioni) e quelle legate alla Lega, pagine ufficiali comprese (da 5 a 19 milioni di interazioni);

   l'area 5 Stelle, dopo una impennata tra febbraio e maggio 2018, è tornata ai valori di un anno fa, intorno ai 18 milioni, mentre l'area del centrosinistra nel suo perimetro più ampio è sostanzialmente inalterata, intorno ai 5 milioni;

   il pianeta unofficial che funziona nelle modalità raccontate nell'articolo del Corriere della sera è quasi raddoppiato in un anno passando da 19 milioni di interazioni a 32,7 milioni, superando di circa 1 milione di interazioni i media tradizionali;

   le pagine in appoggio al Governo sono passate come interazioni da 30,7 milioni a 55,4 milioni;

   l'ossessione dell'attuale Esecutivo sembra all'interrogante quella di minacciare tagli e rimodulazioni di risorse nei confronti della stampa tradizionale, ignorando del tutto la inquietante giungla del web proprio nel campo della informazione;

   va considerata la rilevanza della questione anche per il riverbero sulla qualità del dibattito pubblico e dell'informazione nel sistema democratico italiano –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere anche di natura normativa, per affrontare la suddetta evidente criticità, con l'obiettivo di una maggiore trasparenza per conoscere chi effettivamente si nasconda dietro le pagine unofficial gentiste e se vi siano interessi esterni alla nazione, per comprenderne la portata economica anche in termini di risorse sottratte al fisco e per evitare che tale forma di comunicazione diventi una zona franca nella quale persino fa fatica a individuare i responsabili delle suddette pagine.
(5-00458)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CASCIELLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la Campania è l'unica macroarea regionale in Italia, probabilmente anche in Europa, ad essere servita da un solo aeroporto;

   la provincia di Salerno è sicuramente l'unica in Italia e in Europa ad avere oltre 100 chilometri di costa su un bellissimo mare, senza avere un aeroporto in grado di consentire l'atterraggio agli aeromobili maggiormente utilizzati per il traffico civile e cargo;

   l'aeroporto di Salerno-Costa d'Amalfi spa è uno degli aeroporti riconosciuti di interesse nazionale dal piano nazionale aeroporti, ciò nonostante è classificato come aeroporto di sola aviazione civile;

   gli aeroporti riconosciuti di interesse nazionale sono gli unici che possono accedere ai finanziamenti pubblici e, tra tutti questi, quello di Salerno è l'unico con una pista di soli 1756 metri, inadeguata a consentire l'atterraggio ai moderni aeromobili che necessitano di una pista di almeno 2000 metri;

   la questione riveste primaria importanza per il positivo sviluppo del territorio della provincia, di Salerno, per l'espansione definitiva della sua vocazione turistica e, tra l'altro, per non vanificare il lavoro fatto negli anni per assicurare al territorio un'infrastruttura indispensabile per cambiarne i destini economici;

   le istituzioni e tutte le forze sane della società civile si stanno interessando per la positiva definizione della ormai stagnante situazione; è stata anche presentata una petizione on line che sta ottenendo un importante riscontro, e nella quale si evidenziano le criticità della questione; si legge, infatti, nella stessa che con la legge n. 164 del 2014 (cosiddetto sblocca Italia) sono stati assegnati all'aeroporto di Salerno-Costa d'Amalfi spa 40 milioni di euro per l'allungamento della pista e l'ampliamento infrastrutturale;

   la Gesac, che gestisce l'aeroporto di Napoli ha sottoscritto con la omologa società salernitana un protocollo d'intesa che prevede la costituzione di un'unica rete aeroportuale campana che sarà gestita da Gesac;

   è stato predisposto e depositato il piano industriale di sviluppo dell'aeroporto di Salerno;

   è stata rilasciata la valutazione di impatto ambientale dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ma, ad oltre un anno dalla sua adozione, il protocollo d'intesa è rimasto tale, perché pende la richiesta di concessione per la gestione totale dell'aeroporto di Salerno non ancora rilasciata dai Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze;

   al rilascio di questa concessione, da cui dipende, a sua volta, l'erogazione del finanziamento, Gesac ha condizionato la fusione con la società che gestisce l'aeroporto di Salerno e i suoi investimenti nell'aeroporto salernitano;

   il mancato rilascio della suddetta concessione impedisce o, quantomeno, rende molto più complicata l'erogazione effettiva del finanziamento di 40 milioni di euro, che andrà definitivamente perso se non saranno cantierizzati i lavori all'aeroporto di Salerno entro il 31 dicembre 2018;

   il conseguimento dei requisiti di cantierabilità va, quindi, necessariamente spostato dal 31 dicembre 2018 al 31 dicembre 2019 per non incorrere in seri rischi di perdita dei fondi;

   lo stesso sforzo va fatto anche per il rilascio da parte del Governo della concessione per la gestione totale dell'aeroporto Salerno-Costa d'Amalfi –:

   se il Governo intenda adottare iniziative per accordare il differimento della scadenza del conseguimento dei requisiti di cantierabilità dal 31 dicembre 2018 al 31 dicembre 2019 per non incorrere in seri rischi di perdita dei fondi con grave pregiudizio per il territorio e la comunità;

   a che punto sia l’iter di rilascio da parte del Governo della concessione per la gestione totale dell'aeroporto Salerno-Costa d'Amalfi.
(4-01128)


   GAGLIARDI, CASINO, GIACOMETTO, MAZZETTI e RUFFINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo n. 177 del 2016 ha disposto, a decorrere da gennaio 2017, l'assorbimento del Corpo forestale dello Stato nell'Arma dei carabinieri e il transito del relativo personale per circa l'80 per cento nella stessa Arma dei carabinieri e per la restante quota nella polizia, nella Guardia di finanza, nei vigili del fuoco e nel Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo;

   nell'ambito del trasferimento, in modo penalizzante, circa 360 ex-Corpo forestale dello Stato sono stati coattivamente destinati al Corpo dei vigili del fuoco;

   tra i suddetti 360 ex-Corpo forestale dello Stato, vi sono 17 vice-ispettori e 86 vice sovrintendenti, fatti transitare tenendo conto del criterio (secondario) di cui all'articolo 12 comma 2, lettera b), punto 2), del decreto legislativo n. 177 del 2016 per le competenze attribuite al Corpo nazionale dei vigili del fuoco ai sensi dell'articolo 9, dell’«anzianità nella specializzazione di direttore delle operazioni di spegnimento (DOS) e, a parità di anzianità nella specializzazione, della minore età anagrafica»;

   la «scelta» dei 17 vice-ispettori e degli 86 vice sovrintendenti è stata determinata, ad avviso degli interroganti, in base a falsi presupposti, come l'inserimento, artificioso, nel medesimo decreto legislativo n. 177 del 2016, della specializzazione DOS che nel Corpo forestale dello Stato non è mai stata deliberata;

   infatti la dirigenza del Corpo forestale dello Stato per «rintracciare» l'inesistente specializzazione DOS da attribuire al «suo» personale ha deciso (in modo discrezionale) di considerare i corsi «DOS» svolti durante i vari corsi di avanzamento di qualifica a partire dall'anno 2013;

   ai citati 817 vice-ispettori e 6 vice sovrintendenti che hanno svolto il corso nel 2013, quando non era previsto nessun corso specifico DOS, nel 2016 (quindi dopo tre anni e nell'imminenza dell'uscita del decreto legislativo n. 177 del 2016) un attestato di partecipazione a un «modulo specialistico abilitativo per DOS»;

   quindi, 17 vice-ispettori e 86 vice sovrintendenti che svolgevano servizio presso comandi stazione, nuclei investigativi e altri uffici operativi interessandosi principalmente di attività di polizia giudiziaria e amministrativa in campo ambientale e agroalimentare (molti di essi con l'incarico di comandanti di stazione) e che avrebbero dovuto passare nell'Arma dei carabinieri, si sono ritrovati con modalità di dubbia legittimità, nei vigili del fuoco senza una preparazione specifica sull'AIB (antincendio boschivo);

   la maggior parte del suddetto personale ha impugnato al Tar il decreto di assegnazione, e già sono numerose le sentenze emesse (circa 20) che danno ragione (Tar di Toscana, Veneto, Lazio, Campania, Emilia Romagna, Calabria, Lombardia) ai ricorrenti, stabilendo che «la mera attribuzione della specializzazione di DOS (direttore operazioni spegnimento) non può costituire di per sé un motivo sufficiente e dirimente ai fini dell'individuazione dell'Amministrazione di destinazione, senza che risulti dimostrata l'impossibilità di giungere ad un inquadramento applicando il principio di corrispondenza con le funzioni in precedenza svolte, così come previsto dalla lettera a) comma 1 dell'articolo 12. È quindi evidente che l'assegnazione avrebbe dovuto tenere conto dello stato matricolare e delle funzioni concretamente svolte dal dipendente per un periodo considerevole di servizio a fronte della mera frequenza di un corso di formazione DOS (Direttore Operazioni di Spegnimento) per una specializzazione inesistente nell'ordinamento del Corpo Forestale» (Tar Toscana – sezione prima n. 890 del 26 giugno 2018);

   le sentenze sono state e saranno appellate al Consiglio di Stato e ciò fa sì che si prolunghi l'ingiustizia determinata dallo Stato e della sua dirigenza verso i propri dipendenti che chiedono di essere reintegrati nel giusto posto (come stabilito nelle sentenze) –:

   se non si ritenga necessario avviare tutte le iniziative di competenza al fine di superare le criticità esposte in premessa e se il Governo non intenda rinunciare a ricorrere in appello alle richiamate sentenze del Tar, dando quindi esecuzione alle medesime.
(4-01131)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   nell'interrogazione a risposta scritta n. 4-10884 presentata dal primo firmatario del presente atto e altri deputati il 27 ottobre 2015 si affrontava il tema del virus del Nilo occidentale (noto anche con la denominazione inglese West Nife Virus, WNV); dal 2008 (primo focolaio endemico in Italia con due casi) quest'anno si è registrato un incremento importante del numero dei casi; gli ultimi dati comunicati dall'Ecdc (Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie) sono allarmanti e riportano circa 300 nuovi casi di contagio del virus nell'area geografica europea e l'Italia è risultata il Paese maggiormente colpito dalla febbre West Nile con 144 casi accertati e 7 decessi. Secondo lo studioso Sanford e altri, pubblicato sul J. Med. Entomol. nel 2005, le aree umide e i corsi d'acqua arricchiti di azoto (fertilizzanti azotati e altre sorgenti azotate antropiche) costituiscono un habitat favorevole per specie nitrofile come le zanzare Culex; il conteggio delle larve è di 9,4 volte superiore rispetto alle stesse aree prima del trattamento azotato o altre aree con valori di componenti azotati nella norma, per un potere trofico verso le larve e per l'ipossia e la soppressione dei predatori delle zanzare come alcuni pesti. Alcune aree segnalate per West Nile sono tipiche per spandimenti azotati, come Castelletto Borgo (Mantova) per digestati di impianto a biogas e Adria (Rovigo) per fanghi e altro. Le uniche misure proposte sono state finora relative a trattamenti larvicidi senza pensare a monitorare la correlazione con spandimenti, già sotto osservazione per le emissioni in atmosfera. La Lombardia importa oltre 600 mila tonnellate di fanghi di depurazione ogni anno. A inizio settembre 2018 è stata resa nota una epidemia di polmonite fra le provincie di Mantova e Brescia: 250 casi. Il germe responsabile di alcuni casi è la legionella. Il batterio Legionella pneumophila si annida nell'acqua e si trasmette attraverso l'acqua nebulizzata, per inalazione. Il batterio penetra attraverso le mucose delle vie respiratorie e raggiunge i polmoni. La formazione di biofilm batterico può essere favorita da condizioni chimiche come la presenza di nutrienti (fosforo, azoto, carbonio), ferro, manganese e altri metalli pesanti, anioni e fisiche (temperatura ambientaie ecc). Nell'articolo «Biofilms: The Stronghold of Legionella pneumophila» di Mena Abdel-Nour e altri pubblicato su Int. J. Mol. Sci. nel 2013 si trovano spunti in merito. Le are colpite dall'attuale epidemia di polmonite, nella bassa bresciana intorno a Lonato, Montichiari (Brescia), Asola e Castiglione delle Stiviere (Mantova) sono caratterizzate da una elevatissima pressione ambientale e da presenza di discariche e spandimenti di fanghi ed effluenti azotati anche da fuori regione, con la presenza di nitrati anche in acqua potabile ai limiti della norma (50 mg/litro) e talvolta superiori (provincia di Brescia), e nitrati in faida fino a 120 mg/litro (provincia di Mantova). Il decorso del fiume Chiese sembra accomunare i casi di polmonite. L'acqua contaminata da eventuali spandimenti potrebbe entrare in contatto con la popolazione perché captata per irrigazione e altri usi. È stata aperta un'inchiesta dalla procura di Brescia –:

   se i Ministri interpellati intendano migliorare lo studio dei rapporti fra ambiente e salute, anche con ulteriori strutture dedicate; se intendano adottare iniziative per studiare la correlazione fra spandimenti azotati e West Nile virus e porre limiti precauzionali agli spandimenti nelle aree colpite dal virus come già avviene per i superi di PM10;

   se intendano assumere le iniziative di competenza per studiare la possibile concausa ambientale o fattore facilitante nello sviluppo della legionellosi, provvedere alla bonifica e all'eliminazione dell'agente eziologico e limitare le pressioni ambientali su acqua, suoli e aria del territorio citato delle provincie di Mantova e Brescia e se intendano pubblicare puntuali dati epidemiologici relativi ai territori interessati dall'epidemia;

   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare intenda assumere iniziative per modificare il decreto legislativo n. 99 del 1992 sulla gestione dei fanghi in un'ottica di maggiore sostenibilità.
(2-00102) «Zolezzi, Daga, Deiana, D'Ippolito, Federico, Ilaria Fontana, Licatini, Maraia, Alberto Manca, Ricciardi, Rospi, Terzoni, Traversi, Varrica, Vianello, Vignaroli, Bella, Berardini, Bologna, Bruno, Buompane, Businarolo, Cabras, Cancelleri, Luciano Cantone, Cappellani, Carabetta, Carbonaro, Carelli, Carinelli, Casa».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:

   come noto, la direttiva 92/43/CEE anche detta «direttiva Habitat» mira alla salvaguardia della biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali e quindi della flora e della fauna selvatiche presenti nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applicano i Trattati;

   per il conseguimento del suddetto obiettivo la direttiva stabilisce misure volte ad assicurare il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat e delle specie di interesse comunitario elencati nei suoi allegati;

   le eventuali introduzioni di antagonisti naturali, indispensabili per la lotta biologica, debbono seguire le indicazioni previste dallo standard EPPO PM 6/1(1) – First import of exotic biological control agents far research under contained conditions e PM 6/2(1) – Import and release of exotic biological control agent;

   lo stesso articolo 22 della direttiva in parola indica chiaramente che gli Stati membri «controllano che l'introduzione intenzionale nell'ambiente naturale di una specie non locale del proprio territorio sia disciplinata in modo da non arrecare alcun pregiudizio agli habitat naturali nella loro area di ripartizione naturale né alla fauna e alla flora selvatiche locali, e, qualora lo ritengano necessario, vietano siffatta introduzione»;

   il legislatore italiano, nel recepimento di tale direttiva, con decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, aggiornato e coordinato con il decreto del Presidente della Repubblica 12 marzo 2003, n. 120, non ha tuttavia previsto alcuna possibilità di deroga e non ha delineato nessun percorso autorizzatone, bloccando di fatto ogni intervento di lotta biologica con utilizzo di antagonisti naturali introdotti da altri areali;

   il disposto di cui all'articolo 12 del citato decreto del Presidente della Repubblica si limita infatti a vietare la reintroduzione, l'introduzione e il ripopolamento in natura di specie e popolazioni non autoctone, specificando i termini di «introduzione» e «di non autoctona» –:

   se intenda assumere iniziative per rivedere urgentemente il quadro normativo vigente al fine di introdurre deroghe che consentano, ancorché in modo da non arrecare alcun pregiudizio agli habitat naturali interessati né alla fauna né alla flora selvatiche locali, interventi mirati di lotta biologica con l'utilizzo di antagonisti naturali provenienti da altri areali.
(2-00105) «Parentela, Cadeddu, Cassese, Cillis, Cimino, Del Sesto, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Lombardo, Maglione, Alberto Manca, Maraia, Marzana, Pignatone, Vignaroli, Carelli, Carinelli, Casa, Caso, Cataldi, Chiazzese, Ciprini, Colletti, Corda, Costanzo, Cubeddu, Currò, Dall'Osso, Sabrina De Carlo, Bella, Daga, Deiana, D'Ippolito, Federico, Ilaria Fontana, Licatini, Ricciardi, Rospi, Terzoni, Traversi, Varrica, Vianello, Scerra, D'Uva, Barzotti, D'Arrando, De Giorgi».

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SERRACCHIANI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   il 4 gennaio 2017 è stato pubblicato sul sito del Ministero per i beni e le attività culturali e su quello del dipartimento della gioventù e del servizio civile nazionale della Presidenza del Consiglio dei ministri il bando per la selezione per complessivi 1.050 volontari da impiegare in progetti in Italia;

   la selezione dei candidati è stata effettuata, ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 77 del 2002, dal Ministero per i beni e le attività culturali, verificando per ciascun candidato la sussistenza dei requisiti previsti e provvedendo a escludere i richiedenti che non ne fossero in possesso;

   tra i settori di intervento nei quali si realizzano le finalità del servizio civile universale risulta la salvaguardia del patrimonio storico, artistico e culturale del nostro Paese;

   i circa 1.050 volontari altamente specializzati nel settore culturale e nei settori connessi hanno dedicato e investito un anno della propria vita nella tutela del patrimonio culturale italiano acquisendo ulteriori e specifiche competenze;

   come previsto dal decreto legislativo n. 40 del 2017, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, sono definiti i criteri per il riconoscimento e la valorizzazione delle competenze acquisite dagli operatori volontari durante lo svolgimento del servizio civile universale, in funzione del loro utilizzo nei percorsi di istruzione e in ambito lavorativo;

   lo Stato, le regioni e le province autonome, nei limiti delle rispettive competenze, possono stipulare convenzioni con associazioni di imprese private, con associazioni di rappresentanza delle cooperative e con altri enti senza finalità di lucro, al fine di favorire il collocamento nel mercato del lavoro dei giovani che hanno svolto il servizio civile universale;

   ferme restando le riserve di posti previste dalla normativa vigente, ai fini della compilazione delle graduatorie di merito dei concorsi pubblici relativi all'accesso nelle carriere iniziali, le pubbliche amministrazioni possono prevedere nei relativi bandi, come titoli di preferenza, anche lo svolgimento del servizio civile universale completato senza demerito;

   dai dati forniti dal Ministro interrogato l'11 luglio 2018 nel corso del question time alla Camera dei deputati, risulta una carenza attuale, rispetto alla dotazione organica prevista dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 28 febbraio 2014 di organizzazione del Ministero di circa 3.000 unità, considerato inoltre che le cessazioni sono pari a circa 1.000 unità di personale per ciascun anno nel triennio 2018-2020 –:

   quali iniziative si intendano intraprendere al fine di non disperdere la pluralità di conoscenze e di competenze acquisite nel corso dei progetti di servizio civile nazionale svolti all'interno delle strutture del Ministero per i beni e le attività culturali e se non si intenda, al fine di far proseguire questa esperienza così significativa, individuare precise forme di collaborazione;

   se non si ritenga che il periodo di servizio civile possa essere riconosciuto in sede concorsuale, tenuto conto che i volontari in questione sono quasi tutti in possesso di una formazione di alto livello.
(5-00454)

DIFESA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IV Commissione:


   ERMELLINO, CORDA, RIZZO, FRUSONE, D'UVA, ARESTA, CHIAZZESE, DALL'OSSO, DEL MONACO, GALANTINO, IORIO, IOVINO, MENGA, ROBERTO ROSSINI, GIOVANNI RUSSO e TRAVERSI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   in data 9 maggio 2018, il Ministero della difesa, nell'ambito della direzione generale di commissariato e di servizi generali (Commiservizi) in attuazione del riordino dell'area tecnico-amministrativa dell'Amministrazione della difesa, in base all'articolato del decreto ministeriale 16 gennaio 2013, ha resto pubblico un avviso di gara per la prestazione del servizio di manovalanza occasionale e urgente connessa e non ai trasporti per esigenze centrali e periferiche del Ministero della difesa, valido per l'anno 2019;

   il suddetto avviso è scaduto in data 6 giugno 2018 e, come da ultimo aggiornamento del 25 luglio 2018, risultano concluse le aggiudicazioni per i lotti dall'uno al nove per un importo totale di euro 3.767.211, 49;

   risulta agli interroganti che le ditte fornitrici del servizio di manovalanza occasionale e urgente connessa e non ai trasporti su tutto il territorio nazionale a favore delle Forze armate e del Segretario Generale della Difesa, ricorrono in maniera frequente alla stipula di contratti di lavoro anche penalizzanti per i lavoratori subordinati, caratterizzati da paghe orarie al di sotto della soglia dei dieci euro, comprensive di ferie e festività, malattia retribuita al 50 per cento, e in alcuni casi senza previsione di accesso agli ammortizzatori sociali;

   l'articolo 50 del codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 50 del 2016) prevede che «per gli affidamenti dei contratti di concessione e di appalto di lavori e servizi diversi da quelli aventi natura intellettuale, con particolare riguardo a quelli relativi a contratti ad alta intensità di manodopera, i bandi di gara, gli avvisi e gli inviti inseriscono, nel rispetto dei princìpi dell'Unione europea, specifiche clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato, prevedendo l'applicazione da parte dell'aggiudicatario, dei contratti collettivi di settore di cui all'articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81»;

   l'Anac, ai sensi dell'articolo 213, secondo comma del codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 50 del 2016), ha ritenuto opportuno adottare, con apposite linee guida, un atto regolatorio specifico sulle clausole sociali –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere al riguardo tenendo anche conto delle varie specificità territoriali in cui sono attive le ditte affidatarie dei servizi, e, qualora risultino effettivamente le penalizzazioni contrattuali per gli addetti alla manovalanza occasionale e urgente, se non reputi opportuno adottare iniziative a garanzia e supporto di un adeguato inquadramento contrattuale.
(5-00463)


   DEIDDA e FERRO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il comune di Seui ha una popolazione che conta circa 1.300 abitanti (in aumento durante le feste e le stagioni vacanziere, grazie a una numerosa comunità di emigrati) molti dei quali anziani che vivono soli, oltre ad un vasto territorio comunale è una posizione geografica di isolamento, difficilmente raggiungibile, a causa di un critico sistema di trasporti e di un precario sistema stradale;

   la caserma dell'Arma dei carabinieri è presente nel comune di Seui da oltre un secolo e rappresenta un importante presidio a garanzia della sicurezza dei cittadini, nonché un importante punto di controllo dell'intero territorio circostante;

   da tempo trapelano insistenti notizie circa l'imminente chiusura e l'eventuale accorpamento con la stazione dei carabinieri del comune di Sadali, in ragione delle precarie condizioni dello stabile in cui venivano ospitati i carabinieri nel medesimo comune di Seui;

   negli anni passati, nonostante la riconosciuta onestà della stragrande maggioranza della popolazione di Seui, diversi amministratori locali sono stati fatti oggetto di attentati e intimidazioni;

   l'amministrazione comunale si è resa disponibile, anche formalmente a mezzo di una delibera, a concedere gratuitamente, all'amministrazione della Difesa, un'area dove costruire una nuova Caserma o, in alternativa, a concedere in uso locali di sua proprietà, come la precedente casa comunale, sita nella via Roma –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di impedire la chiusura del presidio di sicurezza nel comune di Seui, oppure finanziare la costruzione di una nuova caserma o la messa a norma di uno stabile esistente.
(5-00464)


   PAGANI, DE MENECH, ENRICO BORGHI, BORDO, CARÈ, LOTTI e ROSATO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato dagli organi di informazione, nove Paesi dell'Unione europea (Francia, Germania, Belgio, Gran Bretagna, Danimarca, Olanda, Estonia, Spagna, Portogallo) hanno firmato in Lussemburgo una nuova intesa denominata European Intervention Initiative e sostenuta in prima istanza dal presidente francese Emmanuel Macron, che prevederà un lavoro di «pianificazione congiunta su scenari di crisi che potrebbero minacciare la sicurezza europea»;

   si tratterebbe dell'unica forma di sinergia militare europea che vedrebbe ancora la partecipazione della Gran Bretagna, dopo il referendum sulla Brexit;

   il nostro Paese è da sempre impegnato nelle missioni internazionali sia nei formati di partecipazione europea che Nato e ha sempre sostenuto e creduto al progetto di una difesa europea integrata;

   l'Italia, nella persona della Ministra interrogata, che inizialmente aveva mostrato un certo interesse alla proposta e stava considerando la possibilità di aderirvi, ha fatto sapere che per ora non firmerà alcuna lettera di intenti –:

   quali siano i motivi della mancata partecipazione del nostro Paese all’European Intervention Initiative.
(5-00465)


   MARIA TRIPODI, VITO, FASCINA, GREGORIO FONTANA, SIRACUSANO, PEREGO DI CREMNAGO e RIPANI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il 22 ottobre 2018 si svolgerà, dinanzi al tribunale arbitrale dell'Aja, la prima udienza sul caso dei marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone;

   il calvario dei fucilieri del reggimento «San Marco» della Marina militare italiana, rientrati in Italia in momenti diversi, è iniziato più di sei anni fa, nel febbraio 2012, quando furono arrestati in India, perché accusati di aver ucciso due pescatori locali, nel corso di una missione antipirateria al largo delle coste del Kerala;

   la Corte internazionale dell'Aja dovrà decidere in merito alla giurisdizione sul caso, ovvero se a giudicare il comportamento dei marò debba essere la giustizia indiana o quella italiana. Dal 22 ottobre 2018 le udienze dovrebbero tenersi per una settimana circa, ma per la sentenza si dovrà aspettare, presumibilmente, la primavera del 2019;

   Forza Italia è sempre stata al fianco dei due fucilieri della Marina, ha sempre lottato per riportarli a casa, ha sempre creduto che la giurisdizione del caso fosse di competenza italiana, e ha sempre sostenuto la loro innocenza;

   anche su espressa sollecitazione di Forza Italia, nei giorni scorsi il Ministro interrogato ha incontrato i due marò, esprimendo la vicinanza del Governo e di tutto il Paese –:

   quali concrete iniziative il Governo stia portando avanti per una positiva conclusione della vicenda dei due fucilieri della Marina militare italiana, facendo valere la giurisdizione italiana, nel rispetto delle norme del diritto internazionale.
(5-00466)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 98 del 2011 recante «Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici», poneva in essere l'introduzione, dal 1° gennaio del 2012, di un'addizionale erariale di 20 euro sulle autovetture con potenza superiore ai 185 per ogni kW oltre la soglia. Per quelle oltre i 225 kW, praticamente, l'addizionale erariale fu raddoppiata;

   precisamente, le disposizioni con cui è stata introdotta l'addizionale a luglio del 2011 (articolo 23, comma 21, del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito dalla legge n. 111 del 15 luglio) sono state integrate come segue: «21. A partire dall'anno 2011, per le autovetture e per gli autoveicoli per il trasporto promiscuo di persone e cose è dovuta una addizionale erariale della tassa automobilistica, pari ad euro dieci per ogni chilowatt di potenza del veicolo superiore a duecentoventicinque chilowatt, da versare alle entrate del bilancio dello Stato. A partire dall'anno 2012 l'addizionale erariale della tassa automobilista di cui al primo periodo è fissata in euro 20 per ogni chilowatt di potenza del veicolo superiore a centottantacinque chilowatt»;

   il mese di febbraio, per molti automobilisti, è il mese in cui scatta il pagamento del superbollo per tutte le vetture con potenza superiore a 251 cavalli (ovvero 185 Kw);

   le ultime leggi di bilancio hanno confermato il «superbollo» e, quindi, oltre al bollo di circolazione, si dovranno versare 20 euro ogni chilowatt in più di potenza, da pagare con il modulo F24;

   questo cosiddetto «superbollo», introdotto dal Governo Monti il 27 dicembre 2011 (con effetto retroattivo), in questi anni si è rivelato, a giudizio dell'interrogante, inefficace per le casse dello Stato, non apportando entrate significative;

   nel 2016 l'Unrae (l'associazione delle case automobilistiche estere) ha effettuato un'elaborazione statistica per stabilire quanto il fisco stia perdendo col «superbollo» ed è emerso che, invece di generare nuovi introiti per 168 milioni di euro l'anno, ha provocato una perdita (dal 2011 al 2015) di 130 milioni di euro;

   inoltre, vi è stato un calo delle vendite delle nuove auto con oltre 251 cavalli, non solo per il «balzello» in più, ma anche per la conseguenza di finire sotto la lente del fisco;

   dal 2011, il settore è sceso a colpi di percentuali a due cifre, addirittura del 35 per cento il primo anno. Soltanto dal 2015 la situazione è migliorata. Il secondo effetto collaterale è stata la diminuzione delle vetture circolanti: da 217 mila a 183 mila auto dal 2011 al 2015;

   piuttosto che mantenere tassazioni inefficaci, il Governo dovrebbe, ad avviso dell'interrogante, porre in essere altre soluzioni come, per esempio, gli incentivi per la rottamazione di auto ultradecennali e incentivi per chi acquista auto ibride e che rispettano l'ambiente in un'ottica di progressiva riduzione dell'inquinamento generato dagli automezzi;

   inoltre, il maggior gettito fiscale sarebbe pressoché garantito e ne guadagnerebbe la qualità dell'aria –:

   se il Governo sia a conoscenza della situazione suesposta;

   quali iniziative, di carattere normativo, intenda adottare il Governo per avviare progressivamente la riduzione o l'eliminazione del «superbollo» e porre in essere incentivi per favorire la rottamazione del parco macchine nazionale ultradecennale ad alta emissione di agenti inquinanti nell'ambiente.
(4-01125)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   MELONI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, recante «Nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148», ha disposto la soppressione di alcuni tribunali ordinari, sezioni distaccate e procure della Repubblica;

   tra gli uffici soppressi erano comprese le cinque sezioni distaccate del tribunale centrale di Santa Maria Capua Vetere: Aversa, Caserta, Carinola, Piedimonte matese e Marcianise, in conseguenza all'istituzione del tribunale di Napoli Nord, con competenza sui comuni dell'agro aversano, attualmente rientranti nella giurisdizione del tribunale di Santa Maria Capua Vetere;

   la soppressione della sede di Caserta, inizialmente prevista a decorrere dal 2013, è stata posticipata fino al 2018, e il trasferimento degli uffici ha avuto luogo nell'estate 2018, seppur non nella sede definitiva;

   il trasferimento del tribunale sta provocando evidenti e gravi disagi a tutti gli addetti ai lavori, sia agli avvocati che agli stessi cancellieri e funzionari amministrativi, che oramai vivono in una condizione di totale incertezza in merito al prosieguo dell'attività, con evidenti ripercussioni negative sull'andamento dei processi;

   la paventata decisione di dislocare le cancellerie presso la sede del tribunale di Santa Maria Capua Vetere — già pienamente ingolfato — e le aule d'udienza presso altra struttura, già sede del giudice di pace del medesimo comune, tra l'altro poco fruibile e manchevole delle necessarie infrastrutture e dei servizi capaci di assorbire l'inevitabile maggior affluenza di avvocati, consulenti e degli stessi cittadini, comporterà un ulteriore rallentamento delle attività giudiziarie — o nell'eventualità più grave — un'interruzione delle stesse;

   la chiusura del tribunale di Caserta rischia di avere gravi ripercussioni in un territorio ad alta densità criminale nel quale i cittadini palesano un'esigenza di sicurezza e certezza del diritto e lo Stato ha il dovere di presidiare il territorio –:

   se sia informato dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere in merito.
(4-01133)


   DONZELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nelle strutture penitenziarie sono ormai all'ordine del giorno gli episodi di violenza che si perpetrano a danno degli agenti di polizia penitenziaria, con effetti preoccupanti sia per la violenza con cui vengono commessi, sia per la graduale escalation con cui si verificano;

   è il caso dei gravi fatti di ordine e sicurezza che si sono registrati, nella serata del 16 settembre 2018, nella casa circondariale «A. Santoro» di Potenza e che hanno coinvolto tre detenuti extracomunitari, di cui uno «attenzionato» perché sembra che sia radicalizzato;

   è stato possibile arginare la violenza commessa solo grazie alla professionalità del personale di servizio e al supporto della centrale operativa regionale che ha collaborato con le altre forze di polizia, scongiurando i piani di evasione e la rivolta che si stava già innescando;

   purtroppo si tratta, il più delle volte, di detenuti con problematiche psichiatriche, più che soggetti con alto indice delinquenziale, a cui non si riesce a far fronte anche a causa della grave carenza di organico delle strutture penitenziarie;

   da tempo vengono denunciate le condizioni disumane in cui si lavora presso le strutture carcerarie della Basilicata e, in diverse occasioni, il provveditorato Puglia-Basilicata è stato messo al corrente della grave situazione emergenziale;

   nello spirito di contribuire a mettere in sicurezza il lavoro della polizia penitenziaria, l'Unione dei sindacati di polizia penitenziaria (Uspp) della Basilicata, ha proposto l'adozione del «taser» anche per la polizia penitenziaria, allo stato attuale solo in fase sperimentale, in attesa della riforma organica del settore, come da più parti sollecitata –:

   se non ritenga opportuno promuovere iniziative, anche di carattere normativo, tese a risollevare il sistema penitenziario nel suo complesso, garantendo una maggiore sicurezza per gli utenti e gli operatori che in esso operano e quali urgenti iniziative intenda attuare per impedire che i fatti descritti in premessa possano ripetersi.
(4-01134)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   in relazione alla drammatica vicenda del crollo del «ponte Morandi» di Genova in data 22 agosto 2018 il primo firmatario del presente atto si è recato in qualità di deputato della IX Commissione Trasporti della Camera dei deputati presso la sede del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per chiedere un accesso diretto ad alcuni documenti riportati anche dagli organi di informazione;

   in particolare, la richiesta era riferita all'accesso al verbale della riunione del 1° febbraio 2018 intercorsa tra Aspi, provveditorato alle opere pubbliche e tecnici della direzione generale per la vigilanza sulle concessioni autostradali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

   di tale riunione è stata data notizia anche da alcuni organi di informazione a partire dal settimanale «l'Espresso»;

   secondo quanto riportato dal settimanale «Almeno sette tecnici, cinque dello Stato e due dell'azienda di gestione, sapevano infatti che la corrosione alle pile 9 (quella crollata) e 10 aveva provocato una riduzione fino al venti per cento dei cavi metallici interni agli stralli, i tiranti di calcestruzzo che sostenevano il sistema bilanciato della struttura. E che nel progetto di rinforzo presentato da Autostrade erano stati rilevati “alcuni aspetti discutibili per quanto riguarda la stima della resistenza del calcestruzzo”»;

   suddetto documento smentirebbe quanto la società di gestione ha sempre dichiarato circa l'imprevedibilità del disastro;

   nonostante le criticità rilevate, non sarebbero state assunte, nelle conclusioni, decisioni adeguate circa la riduzione del traffico, l'interdizione dei mezzi pesanti e altre misure che sarebbe stato logico assumere;

   il primo firmatario del presente atto ha dovuto riscontrare che, nonostante una lunga e serrata discussione, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha negato al parlamentare la semplice visione dei documenti richiesti;

   di quanto riportato vi è stata eco anche sugli organi di stampa e nell'ambito dei social media destando non poco clamore –:

   perché non sia stato consentito l'accesso agli atti di cui in premessa;

   quali elementi intenda fornire in merito alla richiamata riunione del 1° febbraio 2018;

   se sia vero che i tecnici della direzione generale per la vigilanza sulle concessioni autostradali fossero a conoscenza delle criticità relative alla corrosione delle pile 9 e 10 del «ponte Morandi».
(2-00101) «Nobili, Anzaldi, Ascani, Enrico Borghi, Braga, Bruno Bossio, Cantini, Carnevali, Cenni, Ciampi, Critelli, De Filippo, Marco Di Maio, Fassino, Fiano, Fragomeli, Fregolent, Gariglio, Giachetti, Gribaudo, Incerti, Gavino Manca, Morani, Orfini, Padoan, Paita, Pezzopane, Pizzetti, Rizzo Nervo, Andrea Romano, Rotta, Scalfarotto, Sensi, Serracchiani, Viscomi».

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   il regolamento (CE) n. 1371/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativo ai diritti e agli obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario prevede, all'articolo 18 («Assistenza»), paragrafo 1, che:

    «1. In caso di ritardo all'arrivo o alla partenza, l'impresa ferroviaria o il gestore della stazione informa i passeggeri della situazione e dell'orario previsto di partenza e di arrivo non appena tale informazione è disponibile»;

   l'articolo 32 («Sanzioni») del regolamento (CE) n. 1371/2007 dispone che «Gli Stati membri stabiliscono il regime sanzionatorio applicabile per inosservanza delle disposizioni del presente regolamento e adottano tutte le misure necessarie per assicurarne l'attuazione. Le sanzioni previste sono effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano alla Commissione le disposizioni in materia di sanzioni entro il 3 giugno 2010 e, senza indugio, qualsiasi ulteriore modifica in merito»;

   al riguardo, è stato approvato il decreto legislativo 17 aprile 2014, n. 70, recante la «Disciplina sanzionatoria per le violazioni delle disposizioni del regolamento (CE) n. 1371/2007, relativo ai diritti e agli obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario» che, da un lato, individua l'Autorità di regolazione dei trasporti quale organismo nazionale responsabile dell'applicazione del Regolamento (CE) n. 1371/2007, dall'altro, non prevede alcuna sanzione nei confronti del gestore della stazione per la violazione dell'articolo 18 («Assistenza»), paragrafo 1, del Regolamento (CE) n. 1371/2007, limitandosi, all'articolo 15 («Sanzioni per mancata assistenza al viaggiatore»), a prevederla a carico dell'impresa ferroviaria;

   la lacuna normativa, oltre a rappresentare una violazione dell'articolo 32 («Sanzioni») del regolamento (CE) n. 1371/2007 secondo cui «Gli Stati membri stabiliscono il regime sanzionatorio applicabile per inosservanza delle disposizioni del presente regolamento», non consente all'Autorità di regolazione dei trasporti di sanzionare i casi di violazione dell'articolo 18, paragrafo 1, («Assistenza») del regolamento (CE) n. 1371/2007 effettuati dal gestore della stazione –:

   se il Governo sia a conoscenza delle criticità riportate in premessa, lesive dei passeggeri del settore ferroviario, e quali iniziative intenda adottare al fine di colmare la suddetta lacuna normativa all'interno del decreto legislativo 17 aprile 2014, n. 70, recante la «Disciplina sanzionatoria per le violazioni delle disposizioni del regolamento (CE) n. 1371/2007, relativo ai diritti e agli obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario»;
(2-00099) «Baldelli».

Interrogazioni a risposta orale:


   MANDELLI, SACCANI JOTTI, ROSSELLO e DELLA FRERA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   a partire dalle 22,00 del 14 settembre 2018 è stata disposta da Rete ferroviaria italiana la chiusura urgente del ponte di San Michele D'Adda;

   il ponte di San Michele d'Adda è una costruzione realizzata 130 anni fa e candidata a patrimonio dell'Unesco e rappresenta un collegamento fondamentale tra la provincia di Bergamo e il Lecchese, con un traffico giornaliero di migliaia di persone;

   sul ponte passano sia la strada provinciale 54 (che sulla sponda bergamasca diventa provinciale 166) sia la linea Milano-Bergamo via Carnate;

   i lavori di consolidamento sarebbero dovuti iniziare nel 2019, con uno stanziamento pari a 25 milioni di euro, ma verifiche strutturali hanno determinato la chiusura immediata ed urgente;

   la chiusura della rete viaria comporta che il traffico automobilistico è stato deviato verso gli altri ponti sull'Adda, con un aggravio di traffico sui ponti di Brivio e Trezzo e comporta enormi disagi per i lavoratori pendolari che si spostano ogni giorno tra le provincie di Bergamo e di Lecco, molti dei quali facevano affidamento su quella strada provinciale;

   la conseguente interruzione della linea ferroviaria che congiunge Milano- Monza-Carnate- Bergamo comporta la divisione della rete in due tronconi: i treni circolano tra le stazioni di Milano e Paderno e tra Calusco e Bergamo. I viaggiatori da e per Calusco, Terno e Ponte S. Pietro verso Milano sono stati invitati a utilizzare i collegamenti alternativi via Bergamo-Treviglio-Pioltello-Milano, mentre le stazioni di Calusco e Paderno d'Adda saranno collegate da un servizio di bus-navetta, soggetto alle condizioni del traffico stradale, per un tempo medio di percorrenza non inferiore ai 45 minuti;

   da notizie di stampa si legge che la chiusura per restauro comporterà lavori di consolidamento che potrebbero durare circa 2 anni e per la parziale riapertura si stimano interventi per circa 6 mesi –:

   di quali elementi disponga il Ministro interrogato sullo stato delle infrastrutture citate;

   quali iniziative intenda intraprendere al fine di garantire la sicurezza della rete viaria e ferroviaria;

   quali risorse si intendano mettere in campo per alleviare il disagio dei cittadini che avano la rete viaria e ferroviaria del ponte San Michele d'Adda.
(3-00174)


   BENIGNI e SORTE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il ponte San Michele noto anche come ponte di Calusco o di Paderno è un ponte di ferro a traffico misto ferroviario-stradale, che collega Paderno e Calusco d'Adda. Si tratta di uno snodo fondamentale per l'attraversamento del fiume Adda, verso Bergamo, da un lato, e verso Monza e Milano, dall'altro;

   Rete ferroviaria italiana (Rfi società partecipata al 100 per cento da Ferrovie dello Stato), con una decisione d'urgenza, lo ha chiuso venerdì 14 settembre 2018, denunciando «aumenti enormi delle dilatazioni e delle vibrazioni del ponte» e preannunciando a prefettura e comuni interessati un fermo di ben due anni per rifare la soletta stradale e la gabbia metallica nella quale corrono i treni. Rfi ha tuttavia prospettato la possibilità di anticipare la riapertura della strada;

   i comuni su entrambe le sponde, in particolare Calusco d'Adda stanno vivendo una situazione drammatica, in quanto moltissimi cittadini hanno attività legate al ponte (lavoro, scuola, commercio), che era attraversato da 30.000 veicoli e da 24.000 pendolari ogni giorno. Chi sceglierà il treno dovrà usare dei bus navetta, attivati da Rfi per collegare le due estremità del ponte, impiegando 45 minuti in più;

   inevitabile un esponenziale aumento del traffico sui pochi ponti rimasti (Trezzo, Capriate) per scavalcare l'Adda e andare dalla Bergamasca a Milano o a Lecco. Peraltro, i sindaci si stanno attrezzando e sono possibili richieste alle prefetture per vietare il traffico per i mezzi pesanti;

   la decisione di chiudere la struttura da parte di Rfi ha colto di sorpresa le amministrazioni coinvolte: in una riunione del 28 luglio 2017, Rfi aveva loro preannunziato lavori di ristrutturazione per ottobre 2018, senza però fare alcun riferimento alla chiusura. Gli amministratori e la popolazione si domandano se la decisione di Rfi non sia dovuta ad un eccesso di prudenza, dopo i fatti di Ponte Morandi a Genova, anche in considerazione del fatto che il peso dei convogli ferroviari (ai quali sono imputabili le vibrazioni del ponte) è ben diverso da quello del traffico veicolare leggero –:

   se non ritenga di assumere iniziative di competenza nei confronti di Rfi affinché sia valutata la possibilità, nell'ambito dei più ampi margini di sicurezza possibile, di consentire il traffico veicolare leggero sul ponte di Paderno o, in caso contrario, di procedere con la massima sollecitudine all'avvio delle opere di consolidamento del ponte, con particolare riferimento alla rimessa in esercizio del piano stradale.
(3-00176)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MAZZETTI e SILLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   ai sensi del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, meglio noto come decreto «Spending review», l'Ufficio motorizzazione civile di Prato veniva accorpato a quello di Firenze, pertanto con circolare 4614/UMC.PO dell'11 dicembre 2012 veniva trasmessa dallo stesso ufficio alle autorità territoriali competenti la comunicazione di cessazione dell'attività a far data dal 31 dicembre 2012;

   nel corso degli anni le problematiche relative a tale decisione sono state segnalate numerose volte all'indirizzo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Ancora il 20 marzo 2015 il quotidiano La Nazionale pubblicava che «I problemi maggiori ci sono per le prove di guida: il personale dell'Osmannoro non è sufficiente per soddisfare un bacino di utenti che abbraccia Firenze, Prato ed Empoli e i tempi si dilatano. In particolare la motorizzazione di Firenze garantisce ad ogni scuola guida di Prato una seduta da 6 allievi al mese: calcolando che ci sono autoscuole che hanno anche una trentina di candidati in attesa il conto è presto fatto. Una situazione esplosiva tanto che fino a poche settimane fa gli addetti ai lavori hanno cercato di arginare il problema, almeno in parte, avvalendosi di esaminatori provenienti da fuori provincia con inevitabili aggravi di costi e disagi»;

   il 16 marzo 2018 il quotidiano il Tirreno riportava che l'ufficio motorizzazione civile di Prato non sarebbe stato riaperto, come confermato dal Ministero dei trasporti in una lettera inviata nei giorni scorsi al prefetto, che, su sollecitazione del comitato provinciale Area Pratese, aveva chiesto il ripristino dell'ufficio presente in città fino al 2012;

   il diniego da parte del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha allarmato ulteriormente l'Unasca, associazione di categoria delle autoscuole, che per voce del segretario nazionale Emilio Patella ha segnalato come ciò «potrebbe bloccare definitivamente il lavoro delle autoscuole e quindi le richieste che arrivano dai cittadini. Il problema fondamentale per la Motorizzazione di Prato era la carenza di personale – prosegue –, carenza che, però, oggi si abbatte anche sulla struttura di Firenze, che riesce a soddisfare meno del 40 per cento delle richieste di esame provenienti dalle scuole guida del territorio»;

   nel mese di luglio 2018 le condizioni di disagio estremo in cui versano i cittadini della provincia di Prato e ormai quelli di Firenze hanno condotto l'Unasca di Firenze e la Cooperativa autoscuole fiorentine (Cooaf) a sollecitare un intervento del Governo al fine di fronteggiare la carenza di personale dell'ufficio fiorentino e di garantire un servizio adeguato ai cittadini e alle imprese, che rispetti standard di qualità minimi –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto illustrato in premessa e quali iniziative urgenti intenda assumere per porre fine al disagio che da anni colpisce i cittadini e le autoscuole del territorio pratese e fiorentino, garantendo agli stessi un servizio con standard di qualità minimi.
(5-00455)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAOLO RUSSO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'11 settembre 2018 un automobilista che transitava lungo l'autostrada A16, nella tratta Napoli-Avellino ha rischiato la vita, perché durante la corsa uno degli pneumatici della sua auto si è squarciato a causa di un giunto metallico del viadotto che stava attraversando si è staccato dalla sede stradale causando l'incidente;

   l'increscioso episodio si è verificato sull'autostrada E842 nel tratto tra Avellino Est ad Avellino Ovest in direzione Napoili;

   va considerato il legittimo allarme causato dalle gravissime conseguenze provocate dal crollo del «ponte Morandi» di Genova –:

   quali investimenti la società Autostrade abbia posto in essere per la sicurezza in quel tratto autostradale, considerando che proprio quell'arteria nel 2013 è stata palcoscenico e forse causa di un altro tragico incidente che costò al vita a 38 ignari donne e uomini in gita di piacere;

   quali iniziative intenda assumere per favorire il monitoraggio costante di tutti i ponti e viadotti e la conseguente messa in sicurezza di tutte le arterie stradali ed, in particolare, per quanto attiene al tratto autostradale in questione.
(4-01123)


   SPENA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   c'è forte apprensione tra i cittadini in merito allo stato di salute del cavalcavia della via Tuscolana sulla strada provinciale 77B, a Vermicino, ricadente nel comune di Frascati, ma di proprietà della città metropolitana di Roma, che versa in condizioni statiche preoccupanti;

   a tre anni dall'incidente che provocò il danneggiamento del cavalcavia da parte di un autocarro che procedeva sulla sottostante via Tuscolana vecchia, non solo non si è provveduto alla riparazione del consistente danno che portò all'immediato puntellamento del ponte, ma da troppo tempo non ci sono né interventi di manutenzione, né tantomeno dichiarazioni di intenti da parte delle istituzioni, città metropolitana per prima;

   i residenti e coloro che percorrono la Tuscolana, oggi più che mai, a seguito del tragico crollo del «ponte Morandi», sono ancora più preoccupati; la stessa amministrazione comunale di Frascati continua a sollecitare un intervento della città metropolitana, mentre alcuni cittadini si sono rivolti anche all'autorità giudiziaria, denunciando la pericolosità della struttura, e i notevoli disagi recati alla circolazione, in particolare a seguito del posizionamento di un blocco di new jersey per impedire che gli autoveicoli percorrano una parte della corsia sovrastante al cavalcavia –:

   di quali elementi disponga il Ministro interrogato circa le condizioni in cui versa il cavalcavia citato in premessa e quali iniziative di competenza si intendano promuovere, in sinergia con gli enti locali interessati, per garantire la sicurezza delle persone che ogni giorno percorrono la via Tuscolana.
(4-01127)

INTERNO

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   la questione migratoria negli ultimi anni si è anche tradotta in costi insostenibili per il nostro Paese;

   fermo restando il principio di solidarietà, che il nostro Paese ha cercato e cerca di assolvere nel migliore dei modi, va registrato che in moltissimi casi sono stati utilizzati fondi pubblici per mettere in piedi un business che ha interessato anche le mafie;

   molto spesso a sopportare il costo più grande, di un fenomeno finora mal gestito, sono state le comunità locali;

   a fronte dell'emergenza sbarchi, ci sono infatti comunità locali che chiedono l'aiuto del Governo, in relazione ad un fenomeno che — come già riferito — cattura spesso interessi e business, della criminalità organizzata, con spreco di ingenti somme di denaro pubblico, e blocchi di attività commerciali, come è caratteristica di molte zone portuali;

   è evidente la necessità di un lavoro sinergico tra il Ministero dell'interno, comunità locale e il lavoro delle prefetture sul territorio;

   è il caso, ad esempio, di Augusta, ove un'area di circa nove mila metri quadrati, nel porto commerciale, è rimasta «bloccata» da tempo a causa dell'emergenza sbarchi, con tutte le intuibili conseguenze in termini economici e di posti di lavoro;

   in tale porto, nonostante la riduzione degli sbarchi di circa l'80 per cento tempo fa è stata avviata la realizzazione di un hotspot per migranti (classificato come Cpsa, Centro primo soccorso e accoglienza), con costi esorbitanti, pari a circa 2,2 milioni di euro;

   la sospensione dei lavori per la realizzazione dell’hotspot ad Augusta, garantirà la ripresa dell'attività commerciale del porto, nonché nuovi posti di lavoro, ma anche un uso più congruo delle ingenti somme stanziate per la realizzazione dell’hotspot, la cui necessità è peraltro venuta meno, come segnalato, anche in considerazione della netta diminuzione degli sbarchi nella zona –:

   quali informazioni intenda fornire il Ministro interpellato su quanto riferito in premessa;

   quali aggiornati elementi intenda fornire il Governo in relazione alla sospensione dei lavori per la realizzazione dell’hotspot di Augusta nonché più in generale, quali siano gli intendimenti rispetto alla attuazione di pratiche efficaci per garantire finalmente una buona ed efficace gestione del fenomeno migratorio, in armonia con i principi costituzionali, e al netto di infiltrazioni criminali che rischiano di insinuarsi nella gestione dei fenomeno.
(2-00103) «Scerra, Alaimo, Macina, Dieni, D'Uva».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   alcune zone della città di Napoli, con particolare riguardo ai quartieri di Vasto, della zona della stazione centrale, di Forcella, Barra e Ponticelli, sono purtroppo caratterizzate da escalation di azioni criminose, anche in pieno giorno;

   a fronte di tale situazione, purtroppo, minimo pare essere il controllo operato dalle forze di polizia;

   la relazione del 31 luglio 2018 della direzione nazionale antimafia certifica, peraltro, una mutazione genetica del dna criminale di Napoli e provincia, con elementi che non possono non destare preoccupazione;

   si descrive, infatti, una camorra 2.0, modello «narcos»: polverizzata, spietata e senza regole, proprio come in Messico e in Colombia. «Oggi – avvertono gli investigatori – è fuorviarne parlare di camorra, non solo e non tanto come unitaria associazione di tipo mafioso, ma addirittura come fenomeno criminale omogeneo presente su di un determinato territorio». La camorra tradizionalmente intesa, insomma, «non esiste più». A quella di un tempo, legata alla Nuova Famiglia, capace di ricorrere al metodo collusivo-corruttivo, più che alla violenza, e di dialogare con l’establishment per farsi establishment essa stessa, se ne affianca un'altra emergente, giovane, furibonda, senza regole, e che vede micro-clan, liquidi e mutevoli, contendersi ampie zone della città di Napoli e dell’hinterland, in guerra tra loro per le singole piazze di spaccio;

   quanto illustrato nell'ultimo anno ha generato una situazione per la quale moltissimi cittadini di Napoli e dintorni vivano su una vera e propria polveriera, ovvero in una situazione di pericolo che non trova paragoni in nessuna altra parte del Paese;

   a spostare la camorra su direttrici sudamericane, in particolare sarebbe l'avanzata prepotente dei giovani che abitano le zone degradate della città (Quartieri Spagnoli, Forcella, Parco Verde, Melito di Napoli), ad altissima densità abitativa. Nei laboratori della nuova camorra, pullula un giovane sottoproletariato urbano estremamente disagiato e imbevuto di un'ansia spasmodica di auto-affermazione che ha rivoluzionato le «leggi» della criminalità organizzata «vecchio stampo»;

   è presente un reclutamento di massa, che avviene quasi per contagio, cementato da subcultura deviante e anarchica, e che punta tutto su quella che i magistrati chiamano «economia del vico»; un microcosmo totalizzante allo spaccio di stupefacenti, ovvero la prima industria della Campania, caratterizzata da importanti guadagni e in poco tempo, terreno irresistibile per le bande giovanili che provano a imporsi a colpi di raid eclatanti anche nei quartieri limitrofi, con ricorso a una violenza smisurata, per reprimere scissioni e ruberie continuamente in fieri;

   sono questi i caratteri della nuova camorra, che mitizza l'uso compulsivo delle armi a difesa di un business, quello della droga, che garantisce introiti superiori fino a cento volte gli investimenti. Più che di camorra, dunque, occorre parlare di un nuovo modello di malavita, che ruota attorno a quelle che la direzione nazionale antimafia battezza come «bande campane di narco-mafia» –:

   quali iniziative urgenti il Ministro interpellato, ritenga di porre in essere rispetto a quanto illustrato in premessa;

   in particolare, se non ritenga indispensabile, e in quali tempi, l'adozione di misure di contrasto e di sicurezza straordinaria al fine di gestire quanto si sta verificando a Napoli, anche in riferimento all'emergere della nuova forma di criminalità spregiudicata oggetto dell'ultima relazione della direzione nazionale antimafia.
(2-00104) «Di Sarno, Macina, Dieni, Brescia, Davide Aiello, Alaimo, Baldino, Berti, Bilotti, Maurizio Cattoi, Corneli, D'Ambrosio, Dadone, Forciniti, Parisse, Francesco Silvestri, Elisa Tripodi, Acunzo, Adelizzi, Piera Aiello, Alemanno, Amitrano, Angiola, Aprile, Aresta, Ascari, Azzolina, Barbuto, Massimo Enrico Baroni, Battelli».

Interrogazione a risposta orale:


   DE MARIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   c'è una costante presenza di spacciatori nel parco della Montagna a Bologna, che crea una situazione di degrado e insicurezza non più tollerabile;

   l'Amministrazione comunale sta facendo la sua parte nel presidio di quell'area della città, con un forte impegno della polizia municipale, così come vi sono dati significativi sugli interventi messi in atto dalle forze dell'ordine;

   malgrado le azioni già messe in campo, il problema dello spaccio e del conseguente degrado alla Montagnola resta serio e più che mai presente;

   da più parti si è individuata la previsione di un presidio fisso delle forze dell'ordine in zona come intervento significativo e importante –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa;

   se intenda assumere iniziative in merito, se necessario anche incrementando la dotazione organica delle forze dell'ordine in servizio nel territorio del comune di Bologna.
(3-00173)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

I Commissione:


   GEBHARD e TOCCAFONDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   quasi quattrocentomila abitanti, un milione nell'area metropolitana e circa 14 milioni di turisti annuali costituiscono i numeri con cui si devono confrontare le forze dell'ordine – carabinieri, polizia e Guardia di finanza –, impegnati quotidianamente a Firenze;

   Firenze storicamente è da sempre considerata città sicura, al riparo della criminalità organizzata e della delinquenza comune;

   questura e comando provinciale dei carabinieri godono di una pianta organica oscillante tra 1.500/1.800 uomini. In tutta la provincia la Guardia di finanza ha un organico di circa 500 persone;

   possono sembrare numeri altissimi, ma lo sono apparentemente, dato che molti sono impegnati in attività, spesso fondamentali, ma confinate negli uffici: intercettazioni telefoniche e ambientali, «missioni», spettacoli, manifestazioni sportive, visite di Capi di Stato o ambasciatori stranieri;

   da anni i sindacati di polizia lamentano una carenza organica;

   negli ultimi anni si è, inoltre, deciso di convogliare, con presìdi fissi, più forze dell'ordine nei punti critici della città – Santo Spirito e le Cascine –, dove si concerta la movida notturna e dove si manifestano problemi di sicurezza creati soprattutto da extracomunitari irregolari;

   recenti dichiarazioni del Ministro interrogato sulla questione sicurezza vanno in tal senso: «non è impresa facile. Il personale è carente perché nel corso degli anni i concorsi non sono stati fatti in tempo e il personale oggi in servizio non è sufficiente»;

   progetti sperimentali come i «vigili di quartiere» hanno preso piede: l'intenzione è arrivare a un «disciplinare» che contempli la figura del vigile, «anche a sostegno delle forze dell'ordine»;

   estremamente importanti risultano essere le parole del capo della polizia, Gabrielli, che con la sua consueta franchezza ha messo il dito nella piaga affermando: «Il vero problema è che siamo invecchiati (...) da qui al 2030 andranno in pensione circa 40 mila persone nella sola Polizia di Stato (...), chiederemo al Governo che c'è e a quelli che verranno di analizzare il problema degli organici, ma “se la matematica non è un'opinione” 40 mila persone in pensione in 12 anni significa 3-4000 persone all'anno» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa, quale sia esattamente l'organico di tutte le Forze dell'ordine impiegate nella città di Firenze e nella provincia, e se tale organico sia appropriato rispetto alle problematiche suesposte, tenendo presente che Firenze è una città metropolitana, oltre ad essere una delle mete turistiche di maggior prestigio del nostro Paese.
(5-00459)


   SISTO e SILLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel mese di agosto 2018 si sono verificati episodi piuttosto inquietanti nei confronti di Sabino Morano, consigliere comunale di Avellino;

   a essere state prese di mira sono state le autovetture del consigliere comunale in due distinti momenti: il primo episodio si è verificato il 9 agosto, quando un rogo ha divorato la Fiat Panda, parcheggiata davanti alla sua abitazione, e il secondo il 18 agosto, quando è stata data alle fiamme l'Alfa Romeo Giulietta della famiglia dello stesso Morano, all'interno del cortile del condominio dove, risiede l'esponente politico cittadino;

   a evidenziare la matrice dolosa dell'ultimo episodio è stato il ritrovamento di una bottiglia contenente del liquido infiammabile proprio sul luogo dell'attentato che ha provocato anche l'incendio di altre due autovetture e solo con la rapida azione dei vigili del fuoco del comando provinciale di via Zingarelli è stata evitata la propagazione del rogo nella palazzina;

   come riportato dai maggiori organi di stampa, nei giorni immediatamente dopo il secondo rogo si sarebbe dovuto riunire in prefettura il Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica, per affrontare la grave situazione appena riportata;

   il clima richiede massima attenzione nella valutazione dei segnali appena citati, che hanno messo a serio rischio non solo l'incolumità di Morano, ma anche della sua famiglia e degli abitanti della zona, evidenziando, dunque, la necessità di predisporre una protezione costante per l'esponente politico –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non ritenga di intervenire con la massima urgenza, per quanto di competenza, al fine di fare luce sugli inquietanti episodi citati e assicurare al consigliere comunale di Avellino i più adeguati dispositivi di sicurezza, consentendogli di svolgere nelle migliori condizioni il ruolo istituzionale che attualmente ricopre.
(5-00460)


   MIGLIORE, ZAN, FIANO, SERRACCHIANI, SCALFAROTTO e SCHIRÒ. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa si è appreso che, nella città di Padova, sabato 15 settembre 2018, alcuni aderenti all'organizzazione politica di estrema destra Forza Nuova, si sarebbero presentati, vestiti con apposite magliette con logo, presso le case popolari del quartiere Palestro con l'obiettivo dichiarato di dirimere una controversia, secondo regole arbitrarie assolutamente individuali, tra una famiglia italiana e una famiglia nigeriana, entrambe alloggiate presso le case popolari;

   tale episodio sembra ricordare da vicino analoghi avvenimenti degli scorsi mesi avvenuti anche in altre aree del Paese, come nel caso delle case popolari del quartiere Trullo a Roma, dove alcuni seguaci di Forza Nuova si presentarono nel popolare quartiere romano per cacciare del tutto arbitrariamente una famiglia italo-eritrea, cui era stata regolarmente assegnata una casa popolare, e i cui autori sono attualmente sotto processo per violenza, lesioni e resistenza a pubblico ufficiale a seguito degli scontri avvenuti con la polizia;

   questi e analoghi interventi di iscritti o simpatizzanti di Forza Nuova, anche quando non configurano reati, appaiono agli interroganti comunque illegittimi e arbitrari, e tendono ad attribuire nei fatti ad un'associazione meramente privata l'esercizio di poteri e potestà che sono e devono restare pubblici, quali il controllo del territorio e l'esercizio della forza pubblica, che è sorretto da ben precise norme costituzionali e ordinarie, e non è certo assoggettabile ai giudizi di valore di un'associazione di privati cittadini;

   il ripetersi di questi fatti, accanto all'altrettanto frequente fenomeno delle «ronde», di recente avvenute anche a Padova, Roma e in altre grandi metropoli, o su molte spiagge italiane, lungi dal rendere tali luoghi maggiormente sicuri, ha finito per alimentare inutili tensioni sociali, e spesso per ostacolare l'azione delle forze dell'ordine, impegnate a mantenere il controllo del territorio e ad assicurare la sicurezza dei cittadini;

   desta pertanto viva preoccupazione l’escalation di atti di aggressione, razzismo e vandalismo che si è registrata negli ultimi mesi da parte di esponenti od organizzazioni di estrema destra, quasi a testimoniare una nuova presunta legittimazione a compiere tali atti da parte dei loro autori –:

   quali iniziative urgenti intenda adottare per evitare il ripetersi in futuro di episodi analoghi, anche promuovendo le iniziative di competenza volte a contrastare le organizzazioni neofasciste di estrema destra, nonché per porre in essere tutte le condizioni atte a consentire alle forze dell'ordine lo svolgimento dei propri compiti istituzionali nel garantire la sicurezza dei cittadini.
(5-00461)


   MACINA, PIERA AIELLO, D'ORSO, PERCONTI, D'UVA, DIENI, BRESCIA, SARTI, DAVIDE AIELLO, ALAIMO, ASCARI, BALDINO, BARBUTO, BERTI, BILOTTI, BUSINAROLO, CATALDI, MAURIZIO CATTOI, CORNELI, DADONE, D'AMBROSIO, DI SARNO, DORI, FORCINITI, DI STASIO, GIULIANO, PALMISANO, PARISSE, PERANTONI, SAITTA, SALAFIA, SCUTELLÀ, ELISA TRIPODI, CANCELLERI, CASA, CHIAZZESE, DALL'OSSO, GIARRIZZO, MARIANI, MARTINCIGLIO, NESCI, SURIANO, TRIPIEDI, TUZI, VILLANI, ZANICHELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   gli interroganti sono venuti a conoscenza del fatto che due testimoni di giustizia, Ignazio Cutrò e Gianfranco Franciosi, sono costretti a vivere in una condizione di paura per il susseguirsi di intimidazioni che non sono capaci di fronteggiare in quanto sprovvisti delle misure di protezione adeguate;

   Ignazio Cutrò, testimone di giustizia dal 2006, ha visto, nell'ottobre 2016, revocarsi la proroga delle speciali misure di protezione come deliberato dalla Commissione centrale ex articolo 10 della legge n. 82 del 1991; successivamente, l'UCIS, con determinazione del 4 aprile 2018, ha disposto, per i familiari, la revoca del dispositivo di 4° livello «tutela su auto non protetta» e l'attivazione della misura «vigilanza generica radio-collegata» e per il signor Cutrò la rimodulazione dal 3° livello di rischio «tutela su auto specializzata», al 4° livello «tutela su auto non protetta». Il signor Cutrò, pur di non esporre la famiglia, rinuncia al servizio di tutela;

   Franciosi, oggi privo di tutela, è un ex infiltrato civile in un cartello transnazionale di narcotrafficanti colombiani che ha supportato l'attività delle Forze dell'ordine e delle autorità giudiziarie («corriere.it» 8 aprile 2015) nelle loro importanti operazioni di repressione;

   l'incolumità di queste persone è in grave pericolo, come provato da recenti atti intimidatori;

   da passi delle intercettazioni relative all'inchiesta giudiziaria «Mafia della Montagna», rese pubbliche sui giornali (vedi www.antimafiaduemila.com 10 settembre 2018) è emerso che un esponente della mafia agrigentina (soggetto all'articolo 41-bis dell'ordinamento penale) – parlando di Cutrò – avrebbe riferito: «Appena lo Stato si stanca... che toglie la scorta poi vedi che poi...»;

   l'altro episodio intimidatorio è avvenuto ai danni di Franciosi il 7 settembre 2018 ignoti hanno distrutto l'impianto di videosorveglianza della sua abitazione;

   la normativa vigente prevede che i testimoni di giustizia e i familiari debbano essere tutelati con misure adeguate al rischio concreto a cui sono soggetti fino alla cessazione dello stesso;

   la lotta alla criminalità organizzata non può prescindere dalla tutela e dalla valorizzazione dei testimoni di giustizia –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti riferiti in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare, urgentemente, per garantire l'incolumità personale di questi testimoni di giustizia e dei loro familiari.
(5-00462)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   NARDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 14 settembre 2018 il busto in marmo del comandante partigiano Alfredo Gianardi detto Vico, collocato nell'atrio del comune di Massa (Massa Carrara) è stato «incappucciato» con un sacco di plastica nero fissato al ceppo con una chewing gum masticata. Secondo quando riportano fonti stampa il busto è rimasto così circa un'ora prima che un consigliere comunale, accortosi dell'accaduto, fotografasse il busto incappucciato e chiamasse i vertici del comune;

   il busto è stato successivamente liberato dal sacco di plastica dal personale del comune;

   sempre dai media si apprende che il presidente del consiglio comunale Stefano Benedetti, che, aveva chiesto al sindaco Francesco Persiani di spostare il busto in una sede Anpi, abbia preso le distanze dall'accaduto; questo episodio che denigra una figura di primo piano della storia nazionale e della Liberazione rappresenta un atto ancor più grave, perché commesso, in un luogo pubblico sede e simbolo della democrazia;

   si tratta di una vicenda inquietante che si inserisce in un clima diffuso in tutto il Paese atto a denigrare i valori stessi sui cui è fondata la Repubblica italiana e la sua Costituzione;

   derubricare tale episodio ad un semplice scherzo o «goliardata» rischierebbe di sminuire i principi stessi della democrazia, oltre a offendere e screditare la memoria di chi in nome di tali principi ha combattuto e ha sacrificato la propria vita per il nostro Paese –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dell'episodio citato in premessa e se non ritenga opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza, per prevenire e contrastare i numerosi episodi che si stanno verificando nel nostro Paese atti a denigrare i simboli e i valori su cui sono fondate la Repubblica italiana e la sua Costituzione.
(5-00453)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CECCHETTI e BONIARDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nell'ex Area Expo 2015 è da poco nato il progetto Mind in collaborazione con diversi partner quali università di Milano, ospedale Galeazzi, Human Technopole, fondazione Triulza e tante altre imprese internazionali;

   tale area sorge alla periferia di Milano, luogo strategico per tutto il Paese, e precisamente al confine con Baranzate, comune più vicino a livello geografico e in termini di viabilità;

   il comune di Baranzate è, già da diverso tempo, sotto i riflettori della stampa per essere il più multietnico di Italia (72 etnie su neanche 12 mila abitanti) e, soprattutto, per i gravi problemi di degrado e i continui crimini che affliggono da tempo il paese e i suoi abitanti, che vivono ormai da troppo tempo in un clima quotidiano caratterizzato da furti, scippi, aggressioni e violenze, diventate così all'ordine del giorno;

   in particolare, in un recente servizio di inchiesta giornalistica, è stata anche evidenziata la concreta fattibilità di organizzare attentati con armi rudimentali a corta distanza contro l'area Expo poiché in queste aree sono state rivenute armi, oggetti rubati di vario tipo e le stesse zone risultano gestite dalla criminalità locale tramite vedette e punti di spaccio organizzato;

   sempre adiacente all'area, in via Monte Bisbino, vi è inoltre un campo di nomadi stanziali, parzialmente sgomberato durante l'Expo 2015, oggetto di continui blitz da parte delle forze dell'ordine (nel 2017 su 83 controlli, è stato riscontrato che 67 persone avevano precedenti) e sempre citato nei titoli di cronaca per il fatto che ha dato ospitalità a protagonisti di crimini importanti;

   inoltre, come attestato peraltro da numerosi articoli apparsi sulla stampa, molte delle aree adiacenti al sito Expo sono abbandonate e occupate da abusivi, come ad esempio i cosiddetti «palazzoni» di Via Aquileia, a 500 metri dall'Albero della vita, un complesso residenziale privato fatiscente con problemi di staticità e agibilità;

   un cenno particolare merita la zona di via Gorizia, la parte del paese più multietnica, teatro di notte di gravi e continui episodi di inciviltà, nonostante la posizione strategica, ossia adiacente all'entrata del polo ospedaliero di eccellenza «Luigi Sacco» e a una delle entrate di Mind (Roserio);

   i gravissimi problemi di degrado urbano hanno conseguentemente abbattuto il valore delle abitazioni, tanto che il prezzo degli immobili è mediamente più basso rispetto ai comuni limitrofi, causando ai baranzatesi, oltre al peggioramento della qualità generale del contesto in cui vivono già sopra evidenziato, ancor più problemi economici;

   inoltre, essendo presente solamente un piccolo comando di polizia locale e nessuna caserma di Carabinieri o commissariato di polizia, il paese di sera e di notte può far solo affidamento sull'unica pattuglia dei carabinieri del comando vicino e quindi, nonostante il lodevole impegno delle forze dell'ordine, il territorio comunale di Baranzate, evidentemente, non riesce ad essere presidiato come dovrebbe;

   i cittadini, con frequenti episodi di Baranzate sono legittimamente esasperati dalle condizioni di degrado, criminalità e spaccio, in cui vivono ormai da troppo tempo e da anni sollecitano un'azione urgente per ripristinare la legalità, la sicurezza e le minime regole della convivenza civile, stanti i pochissimi interventi da parte dell'amministrazione comunale, fino ad ora, peraltro, con risultati inefficaci;

   l'urgenza e la necessità di specifici interventi, sia in termini di sicurezza che di investimenti di sviluppo urbano di lungo periodo, sono di tutta evidenza, considerato che il comune di Baranzate ha una posizione strategica unica, essendo esattamente il baricentro di importanti realtà come l'ospedale Sacco, l'International School of Milan, il polo fieristico Rho-Fiera e ora Mind, presso il quale graviteranno circa 70 mila persone, tra studenti e ricercatori, giovani famiglie, dipendenti delle varie aziende e persone con problemi di salute –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, il governo abbia adottato o intenda adottare in relazione a quanto indicato in premessa.
(4-01132)


   MONTARULI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da alcuni sindacati di polizia che 7 clandestini tunisini, prelevati dal CPR (ex CIE) di corso Brunelleschi a Torino e scortati dalle forze dell'ordine fino all'aeroporto di Roma-Fiumicino per l'espulsione sarebbero poi stati rilasciati con un semplice ordine di allontanamento, insieme a tutti gli altri immigrati irregolari destinati all'imbarco, per colpa di un semplice guasto al motore dell'aereo charter;

   gli stessi sindacati riferiscono che i clandestini rilasciati schernivano gli agenti annunciando di dirigersi nella vicina stazione ferroviaria per tornare a Torino in treno –:

   quale sia il costo per i contribuenti di quella che l'interrogante giudica come un inutile trasferimento di immigrati irregolari con la scorta di 18 agenti in servizio straordinario da Torino a Roma e quante altre volte le espulsioni siano state trasformate in inutili ordini di allontanamento per atto delle questure durante l'ultimo anno.
(4-01136)


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel comune di Conselice, in provincia di Ravenna, esiste una via intitolata a Silvio Pasi, noto partigiano che operò in Romagna al termine della seconda guerra mondiale. La via in questione si trova nella frazione di Lavezzola e l'intitolazione risale al 1980;

   come testimoniato da diverse fonti storiche, Pasi fu accusato insieme ad altri dodici ex partigiani, delle uccisioni nella tenuta della famiglia Manzoni-Ansidei a Lugo, nella notte tra il 7 e l'8 luglio 1945. Per quegli omicidi Pasi fu condannato, nel 1953, insieme agli altri dodici, all'ergastolo per omicidio aggravato e a cinque anni di reclusione per soppressione di cadavere;

   l'eccidio dei conti Manzoni è solo una tra le tante terribili vicende passate sotto silenzio e oscurate all'indomani della seconda guerra mondiale, periodo nel quale terribili e sanguinose furono le vigliacche rappresaglie operate dai partigiani, a guerra finita, e che avevano come obiettivo anche persone innocenti, colpevoli di essere solo simpatizzanti o di essere parenti di persone simpatizzanti della Repubblica sociale italiana;

   i conti Manzoni-Ansidei furono prelevati dalle loro abitazioni alla fine della seconda guerra mondiale da un gruppo di partigiani che sequestrarono la contessa Beatrice Manzoni, i tre figli (Giacomo, Luigi e Reginaldo), la domestica della casa, Francesca Anconelli, e il cane di famiglia. I corpi martoriati furono ritrovati nel 1948 quando uno degli indagati confessò il delitto;

   una vicenda mai del tutto chiarita e sulla quale mai è intervenuta nemmeno una impronta di umana pietas volta a una necessaria e doverosa riappacificazione storica. Nel 2008, infatti, la maggioranza di sinistra del consiglio comunale di Lugo rifiutò di intitolare una strada alla contessa Beatrice Manzoni, donna fortemente inserita nel tessuto sociale del territorio e che fu presidentessa internazionale della conferenza femminile di San Vincenzo de’ Paoli;

   appare all'interrogante quantomeno inopportuno, per non dire vergognoso, che ancora oggi un comune perseveri nel mantenere l'intitolazione di una strada a un pluriomicida comunista –:

   di quali elementi disponga il Ministro interrogato circa le motivazioni e i presupposti in base ai quali è stata autorizzata l'intitolazione della via di cui in premessa e quali siano, per quanto di competenza, i suoi orientamenti al riguardo.
(4-01138)


   FASANO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   in data 14 settembre 2018 alle ore 3,45, in località Nocelleto del comune di Castel San Giorgio (Salerno), si è verificato un incendio che ha distrutto quattro mezzi della nettezza urbana parcheggiati nel deposito comunale. I mezzi andati distrutti sono tre autocompattatori della ditta privata che effettua il servizio e una Ape car di proprietà del comune;

   secondo una prima ricostruzione gli attentatori avrebbero innescato l'incendio, lanciando dall'esterno sui mezzi qualcosa d'infiammabile;

   dagli organi di informazione si apprende che il rogo si è verificato proprio mentre a Castel San Giorgio è in corso la gara per l'affidamento quinquennale del servizio di igiene urbana e manutenzione del verde pubblico;

   il 15 maggio 2018 un analogo rogo doloso aveva interessato il deposito di via Nocelleto distruggendo 13 autocarri e mettendo a rischio la staticità dell'intera struttura;

   in passato si sono susseguiti già atti intimidatori nei confronti degli amministratori locali: mesi fa era stata bruciata l'auto di un assessore, mentre qualche anno fa erano state date alle fiamme le vetture di un ex assessore e di un ex consigliere comunale;

   la preoccupante sequenza di episodi criminali ha generato grande apprensione tra i cittadini di Castel San Giorgio e tra gli amministratori, il cui operato rischia di essere minato da queste intimidazioni;

   non vanno sottovalutate le problematiche e gli aspetti poco limpidi che riguardano il settore dei rifiuti in provincia di Salerno dove da mesi si susseguono episodi sospetti, tra i quali figurano l'incendio avvenuto il 25 giugno 2018 all'interno della Nappi Sud di Battipaglia, azienda impegnata nel trattamento dei rifiuti e quello del 10 luglio 2018 allo Stir di Battipaglia –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intendano adottare nell'immediato per ripristinare la sicurezza nel comune di Castel San Giorgio ed evitare che possano ripetersi simili, gravi episodi;

   quali iniziative intendano intraprendere, per quanto di competenza, per controllare il ciclo dei rifiuti in Campania, riducendo il rischio di possibili infiltrazioni della criminalità organizzata in questo settore.
(4-01139)


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza immigrazione è sempre più drammatica e testimoniata dalla realtà quotidiana. Di recente è stato possibile riprendere, a seguito di segnalazioni, la modalità e la facilità con cui l'ambasciata nigeriana italiana rilascerebbe documenti che potrebbero facilmente essere ricollegati a identità inesistenti. Secondo fonti ufficiali, sarebbero addirittura 100 milioni i nigeriani che circolano con documenti di identità fasulli;

   nel corso del programma di approfondimento condotto da Enrico Lucci e Valentina Petrini su Rai 2: «Nemo – Nessuno escluso», del 30 marzo 2018, dall'inchiesta giornalistica condotta da Emanuele Piano e Daniele Piervincenzi, è stato possibile constatare, grazie a riprese video, la facilità nell'ottenere falsi documenti d'identità per nigeriani che non esistono;

   dall'inchiesta condotta sembrerebbe sufficiente, per ottenere un documento di riconoscimento, una lettera delle ong o delle autorità locali o un qualsiasi altro documento che identifichi il richiedente come nigeriano insieme a due fotografie;

   si tratta di una realtà estremamente preoccupante, che denota l'assenza di controlli sul territorio, a danno della sicurezza del Paese, sempre più vessato dall'acuirsi di eventi criminosi –:

   quali urgenti iniziative, anche normative, intenda porre in essere il Governo per garantire controlli più efficaci sul nostro territorio, per identificare quanti entrano senza documenti di riconoscimento, potenziando tutte le misure già esistenti e assicurare il pieno rispetto dalle regole internazionali di verifica e controllo sull'identità dei richiedenti asilo.
(4-01141)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta immediata:


   FUSACCHIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 107 del 2015 ha introdotto l'alternanza scuola-lavoro obbligatoria e curriculare come strumento di conoscenza, già nel corso degli studi, del mondo del lavoro e in generale del mondo «fuori dalla scuola» anche per gli studenti dei licei;

   in fase di attuazione, le scuole non sono state accompagnate adeguatamente, in ragione principalmente del limitato personale a disposizione del Ministero, anche nella sua articolazione territoriale, portando così ad esperienze di alternanza molto diverse in tutto il Paese, con casi da un lato di eccellenza e dall'altro di scarsissimo valore educativo;

   esiste il rischio che, invece di intervenire per rivedere i limiti e le eventuali distorsioni, l'alternanza diventi oggetto di scontro ideologico e finisca per essere rimossa dall'esperienza formativa degli studenti, con grave danno per la funzione della scuola di sviluppare nei giovani senso critico e conoscenza diretta del mondo anche prima del termine degli studi;

   il Ministro interrogato ha già espresso in più occasioni l'intenzione di limitare l'alternanza scuola-lavoro nei percorsi degli studenti e un primo intervento a riguardo è stato introdotto nel decreto cosiddetto «mille proroghe» che prevede il rinvio di un anno del valore dell'alternanza ai fini della valutazione finale degli studenti –:

   quale monitoraggio e mappatura complessiva delle esperienze di alternanza scuola-lavoro e di conseguenza quale bilancio dettagliato di questi primi anni di attuazione il Ministro interrogato abbia condotto o comunque avuto a disposizione per poter maturare un giudizio non ideologico sul ruolo attuale dell'alternanza e, di conseguenza, sugli interventi necessari per migliorare e aumentare l'impatto a beneficio degli studenti.
(3-00180)


   APREA, GELMINI, CASCIELLO, MARIN, MARROCCO, PALMIERI e SACCANI JOTTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il Governo è intervenuto a prorogare l'obbligo di illustrazione della relazione sull'esperienza di alternanza scuola-lavoro, maturata nell'ultimo triennio, durante lo svolgimento dell'esame di Stato;

   questa decisione del Governo interviene nello svolgimento di un processo di qualificazione del percorso formativo con un alto valore di orientamento personalizzato, senza che vi sia stato su questo alcun preavviso alle scuole, configurandosi così come una scelta più ideologica che istituzionale;

   l'alternanza scuola-lavoro ha rappresentato, fin dalla legge n. 53 del 2003, una forte innovazione didattica, che ha impegnato e impegna progettualità e risorse pubbliche e che richiederebbe, per essere migliorata, rapporti, monitoraggi, misurazioni di efficacia, indicatori di successo e/o di criticità, al fine di riflettere soprattutto sulle buone pratiche;

   la generalizzazione dell'alternanza scuola-lavoro per il triennio conclusivo della scuola superiore, introdotta con legge n. 107 del 2015, ha comportato il coinvolgimento e la messa a disposizione di risorse finanziarie, strutturali e professionali del mondo imprenditoriale, associativo e degli enti pubblici e privati, che insieme alle scuola hanno elaborato e realizzato percorsi di alternanza;

   l'alternanza scuola-lavoro è presente in tutti i sistemi scolastici più avanzati dei Paesi dell'Ocse, ma soprattutto è la modalità che consente al 95 per cento degli studenti europei di trovare la prima occupazione, contrastando fenomeni di prolungata inattività lavorativa post diploma o post laurea;

   sarebbe oltremodo rischioso riprodurre gerarchie nei percorsi scolastici superiori che richiamano il ’900, dal momento che la circolarità degli studi formali e informali deve diventare patrimonio sia dei percorsi tecnico-scientifici che dei percorsi più propriamente formali, e quindi liceali;

   l'anno scolastico è già iniziato e le istituzioni scolastiche hanno già adottato progetti di alternanza scuola-lavoro rivolti ai propri studenti o ulteriori fasi di avanzamento degli stessi –:

   se, e quando, il Ministro interrogato intenda comunicare alle istituzioni scolastiche la decisione di modificare l'esame di Stato per il corrente anno scolastico, a prescindere dai tempi dell'approvazione del «decreto milleproroghe», e se questo avverrà con indicazioni alle scuole dei punti di forza e di criticità già emersi in questi primi anni di esperienze di alternanza scuola-lavoro attraverso dati statistici e fattuali in possesso del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al fine di prevederne un nuovo rilancio soprattutto guardando alle best practice diffuse sul territorio nazionale, o se viceversa il Governo intenda disinvestire sul piano delle ore destinate all'alternanza scuola-lavoro e dei finanziamenti connessi, determinando una pericolosa retromarcia nella proposta didattica nazionale soprattutto con riferimento alle leve per il superamento dell'autoreferenzialità del sistema e per l'occupazione giovanile.
(3-00181)


   MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GASTALDI, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LO MONTE, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MARCHETTI, MATURI, MORELLI, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, SALTAMARTINI, SASSO, SEGNANA, STEFANI, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, ZANOTELLI, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   sulla base di una circolare del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, i genitori che intendono avvalersi di quella che ormai viene denominata «istruzione parentale», al fine di garantire l'assolvimento dell'obbligo di istruzione, sono tenuti a presentare specifica dichiarazione, che, dopo l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 62 del 2017, deve essere presentata al dirigente scolastico del territorio di residenza, dimostrando di possedere le competenze tecniche e i mezzi materiali per provvedere, in proprio o mediante frequenza di una istituzione non statale non paritaria, all'istruzione dell'alunno;

   sulla base di tale dichiarazione, precisa la circolare, il dirigente dell'istituzione scolastica prende atto che l'assolvimento dell'obbligo di istruzione viene effettuato mediante l'istruzione parentale, comunicando, altresì, ai genitori che, prima dell'inizio delle lezioni del successivo anno scolastico, l'alunno dovrà sostenere il prescritto esame di idoneità alla classe successiva;

   di contro gli studenti stranieri, che intendono proseguire gli studi presso istituzioni scolastiche italiane e che siano ancora in età, secondo l'ordinamento scolastico italiano, di obbligo scolastico, vengono iscritti alla classe corrispondente all'età anagrafica, salvo che il collegio docenti deliberi diversamente tenendo conto:

    a) dell'ordinamento degli studi del Paese di provenienza dell'alunno, che può determinare l'iscrizione ad una classe immediatamente inferiore o superiore rispetto a quella corrispondente all'età anagrafica;

    b) dell'accertamento di competenze, abilità e livelli di preparazione dell'alunno;

    c) del corso di studi eventualmente seguito dall'alunno nel Paese di provenienza;

    d) del titolo di studio eventualmente posseduto dall'alunno;

   tutto questo per rilevare che si è al paradosso che, mentre ai minori in regime di istruzione parentale viene richiesto un esame di idoneità per l'inserimento nella classe corrispondente, i minori stranieri vengono inseriti di diritto, senza alcun accertamento dei prerequisiti nella corrispondente classe anagrafica, con evidente e inspiegabile svantaggio per i primi, che non hanno da superare nemmeno l'ostacolo della barriera linguistica –:

   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato riguardo all'educazione parentale per eliminare quella che appare un'evidente discriminazione di trattamento, attuata da anni e confermata anche dal decreto legislativo n. 62 del 2017.
(3-00182)


   MOLLICONE, LOLLOBRIGIDA, RAMPELLI, BUCALO, CIABURRO, FRASSINETTI, ACQUAROLI, BELLUCCI, BUTTI, CARETTA, CIRIELLI, CROSETTO, DEIDDA, LUCA DE CARLO, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FIDANZA, FOTI, GEMMATO, LUCASELLI, MASCHIO, MELONI, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   la VI sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza n. 364 del 2016, ha disposto la remissione all'Adunanza plenaria del medesimo Consiglio della sola questione relativa all'iscrizione nelle graduatorie ad esaurimento dei titolari di diploma magistrale «conseguito entro l'anno scolastico 2001/2002»;

   l'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, chiamata a pronunciarsi in merito alla questione della riapertura delle graduatorie ad esaurimento per i possessori di diploma magistrale, con la sentenza n. 11 del 2017 ha dichiarato tale diploma quale titolo abilitante all'insegnamento, ma non all'inserimento nelle ex graduatorie permanenti, ora graduatorie ad esaurimento, a causa del ricorso tardivo;

   prima di tale pronuncia circa tremila docenti avevano ottenuto una sentenza di merito favorevole dallo stesso Consiglio di Stato e altri duemila avevano ottenuto lo stesso parere favorevole dal giudice del lavoro senza che l'Avvocatura dello Stato appellasse, anche in seguito alla pronuncia dell'Adunanza plenaria, rendendo di fatto tali sentenze emesse passate in giudicato e quindi definitive;

   si è quindi venuta a creare una palese diseguaglianza all'interno della medesima categoria, che con lo stesso titolo si trova spaccata da pronunce giurisprudenziali differenti dovute al parere dell'Adunanza plenaria;

   la situazione come attualmente configurata, soprattutto per i settemila docenti immessi in ruolo con «clausola rescissoria», in assenza di un tempestivo intervento è destinata a trasformarsi in un licenziamento di massa –:

   se non ritenga di adottare iniziative di competenza volte a configurare le tre fasce delle graduatorie ad esaurimento in base ai seguenti parametri: prima fascia diplomati magistrali vincitori e idonei del concorso del 1999, abilitati DM85, laureati in Scienza della formazione primaria vecchio ordinamento entro l'anno 2007; seconda fascia diplomati magistrali in possesso di tre anni di servizio e laureati in Scienza della formazione primaria in possesso di tre anni di servizio; terza fascia diplomati magistrali e laureati in Scienza della formazione primaria senza servizio che potranno passare in seconda fascia una volta maturati i trentasei mesi.
(3-00183)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   da un'inchiesta svolta dalla giornalista Milena Gabanelli, pubblicata il 17 settembre 2018 nella rubrica Dataroom, si apprendono i gravi problemi di sicurezza nel settore dei trasporti con autobus scolastici;

   in due anni, sono 6.511 gli autobus scolastici multati, poiché il loro stato non era conforme alle norme di sicurezza. In particolare, queste sono alcune delle irregolarità riscontrate: pneumatici lisci, cinture di sicurezza non funzionanti, fari guasti, estintori inefficienti e uscite di sicurezza inagibili. I verbali per mancata revisione sono stati 93, 55 per l'assicurazione e 84 per irregolarità nel servizio di noleggio con conducente. Gli autisti, invece, non hanno rispettato le alternanze fra tempi di guida e riposo per 985 volte, e hanno superato i limiti di velocità in 739 casi. Sono state ritirate 121 patenti e 158 carte di circolazione; al riguardo, non sono rari i casi in cui il conducente è stato trovato con un tasso alcoolemico non consentito;

   il bacino potenziale degli studenti interessati al trasporto su autobus per gite è di circa 7 milioni, ma negli ultimi 8 anni c'è stato un calo nelle partecipazioni del 13 per cento, anche per le preoccupazioni dei genitori legate alla sicurezza e la minore disponibilità degli insegnanti ad accollarsi le responsabilità connesse alle gite scolastiche;

   esiste un protocollo denominato «gite in sicurezza» che, per ottenere un controllo preventivo sulla sicurezza dei mezzi, suggerisce ai dirigenti scolastici di segnalare alla polizia stradale del capoluogo di provincia, con qualche giorno di anticipo, tutte le informazioni relative alle gite previste: la data del viaggio, il tragitto, il numero di alunni e pullman impiegati. Tuttavia, non tutti provvedono a tale comunicazione. Inoltre, gli insegnanti sono invitati a seguire un vademecum predisposto dalla polizia stradale insieme al Ministero e all'Anav e segnalare durante il viaggio i comportamenti errati dell'autista. Ma i docenti sono sempre meno disponibili ai viaggi, poiché hanno già la responsabilità della scolaresca, tra l'altro, senza ricevere alcun corrispettivo integrativo; se poi si aggiunge il ruolo di «controllore», si scaricano responsabilità su una figura professionale che non ha competenze per farlo;

   pertanto, si ritiene necessario intervenire per rendere sicuro il trasporto degli autobus scolastici. In particolare, dovrebbe essere introdotto l'obbligo di effettuare un controllo dei mezzi il giorno delle partenze per le gite scolastiche, anche coinvolgendo i carabinieri e i vigili, poiché le pattuglie della polizia stradale potrebbero non essere sufficienti –:

   quali siano gli orientamenti del Governo sui fatti esposti in premessa e se e quali iniziative di competenza anche normative intenda adottare per rendere più sicuri gli autobus scolastici, anche prevedendo l'obbligo per i dirigenti scolastici di comunicare alla polizia stradale del capoluogo di provincia la data delle gite scolastiche e tutte le informazioni necessarie per dar luogo ai controlli preventivi sul rispetto delle norme di sicurezza.
(5-00456)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 104 del 1992 rappresenta il quadro normativo di riferimento per «l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti» delle persone affette da disabilità intervenendo su più ambiti, fra i quali riveste un ruolo fondamentale l'educazione, l'istruzione e l'integrazione;

   nella relazione della Corte dei conti recante «interventi per la didattica a favore degli alunni con disabilità e bisogni educativi speciali» si legge: «lo stesso Ufficio centrale di bilancio presso il ministero ha sottolineato che, da un recente monitoraggio (17 marzo 2018), è emerso un ulteriore incremento del totale del personale docente di sostegno pari a 154.432 unità, di cui 54.352 in deroga» e, malgrado la stabilizzazione del personale in organico, la crescita dei posti in deroga e di sostegno non si è fermata;

   inoltre, la Corte dei conti ha indicato che il piano straordinario di assunzioni di docenti a tempo indeterminato per vincitori e idonei di concorso (2012) e iscritti nella graduatorie ad esaurimento per coprire posti comuni e di sostegno vacanti ha determinato, secondo la Corte dei conti, una immissione in ruolo dei supplenti ai fini della sola decorrenza giuridica (dal primo settembre 2015), facendo slittare in avanti quella economica (tra il primo luglio 2016 e il primo settembre 2016). Tali docenti sono stati pertanto retribuiti come supplenti;

   la Corte dei conti, precisamente, ha stimato una spesa complessiva di 58,8 milioni di euro per i supplenti annuali e di 894, 4 milioni di euro per i docenti di sostegno con incarico fino al termine delle attività didattiche;

   sarebbe opportuno, in base a quanto ha indicato anche la ragioneria dello Stato, che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca fornisse, in fase di preventiva determinazione del fabbisogno di ore di sostegno, indicazioni puntuali al fine di predisporre il piano educativo, considerando, tra l'altro, che il sostegno in deroga va fornito dopo l'esperimento di ogni altro utile rimedio (come ha indicato la ragioneria dello Stato);

   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca dovrebbe, come indicato dalla Corte dei conti, porre in essere un sistema tempestivo di raccolta dati, di verifica e valutazione delle azioni e dei risultati conseguiti per l'attuazione delle politiche di integrazione scolastica. Nella relazione infatti si specifica: «Va, inoltre, sottolineata la difficoltà incontrata dalla Sezione nell'ottenere dal Miur le informazioni sia sulla dimensione della disabilità presente nella scuola per i diversi ordini scolastici, sia sugli elementi finanziari e gestionali» –:

   quali iniziative intenda adottare per non disperdere il patrimonio di professionalità (supplenti e docenti fino alla fine delle attività didattiche) ed esperienza, anche con riferimento agli educatori impegnati nelle attività educative assistenziali di rete all'integrazione scolastica degli studenti con disabilità e messi a disposizione dagli enti locali;

   se sia già stato predisposto il piano educativo nel quale si determina il fabbisogno delle ore di sostegno a tutti i livelli scolastici;

   se intenda fare chiarezza in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative ritenga opportuno intraprendere in merito a quanto ha indicato la Corte dei conti al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;

   quali iniziative intenda assumere per ridurre la crescita dei posti in deroga sul sostegno e se intenda implementare un sistema di verifica della correttezza dei processi di integrazione e di valutazione degli stessi;

   quali forme di controllo siano state e saranno attuate per accertare la effettiva necessità e validità didattica delle forme di «trattenimento» che comportano un allungamento medio della permanenza nella scuola degli studenti con disabilità e se, a tal proposito, esistano dati statistici.
(4-01126)


   ANGIOLA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   secondo numerosissime segnalazioni pervenute all'interrogante dai cittadini di Sammichele di Bari (BA):

    in data 30 agosto 2018, con nota prot. n. 8332, l'area socio-culturale del comune di Sammichele comunicava all'istituto comprensivo statale dell'infanzia, primaria e secondaria di primo grado, avente sede nello stesso comune, la necessità di trasferire temporaneamente per lavori di ristrutturazione, per l'anno scolastico 2018/2019, le classi della scuola dell'infanzia dal plesso sito in viale della Repubblica sino allora occupato al plesso «Nitti»;

    con altre note, rispettivamente del 3 settembre 2018 prot. n. 8434 e del 3 settembre 2018 prot. n. 8465, l'area citata richiedeva la collaborazione del personale scolastico per favorire le operazioni di trasloco;

    con successiva nota del 5 settembre 2018 prot. n. 8524 il dirigente scolastico reggente comunicava la mancata disponibilità a collaborare alle operazioni di trasloco in discorso, poiché, a suo dire, il plesso «Nitti» non sarebbe stato dotato di corredo autorizzativo idoneo all'avvio delle attività didattiche;

    il sindaco emanava in data 5 settembre 2018, nella qualità di ufficiale del Governo, un'ordinanza «contingibile ed urgente», notificata ritualmente al dirigente scolastico reggente, nonché al prefetto e a tutte le autorità competenti, con la quale ordinava la chiusura temporanea della scuola dell'infanzia, sita in viale della Repubblica, per il tempo necessario all'esecuzione dei lavori di ristrutturazione, disponendo nel contempo, per l'anno scolastico 2018/2019, il trasferimento delle classi della predetta scuola presso l'edificio «Nitti»;

    il comune consegnava le chiavi della scuola «Nitti», ma queste venivano restituite dal dirigente per mancanza di documentazione pertinente alla «destinazione d'uso scuola dell'infanzia»;

    il sindaco, in data 11 settembre 2018, con nota prot. n. 8793, diffidava il dirigente ad adempiere all'ordinanza comunicando che l'immobile era provvisto di regolare agibilità valido per qualsiasi attività scolastica, che l'asl aveva autorizzato il trasferimento rilevando l'idoneità dei locali stessi e che non si ravvisava alcun ostacolo all'utilizzo temporaneo dei locali del plesso «Nitti», come sede per la scuola dell'infanzia;

    il sindaco con la predetta nota ricordava altresì che in caso di mancata ottemperanza si sarebbe incorsi nei reati previsti dall'articolo 650 c.p. (inosservanza dei provvedimenti dell'autorità) e dall'articolo 340 c.p. (Interruzione di pubblico servizio);

    ad oggi la scuola è ancora chiusa e 60 bambini non possono ancora frequentarla, con grave disagio, sconcerto e disorientamento delle famiglie interessate e della cittadinanza tutta –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali elementi intenda fornire al riguardo, con particolare riferimento ai motivi della mancata esecuzione della citata ordinanza sindacale;

   quali iniziative, anche di tipo ispettivo, il Ministro interrogato, alla luce degli accadimenti, intenda adottare al fine di individuare, per quanto di competenza, le responsabilità dell'accaduto e impedire il ripetersi di eventi simili.
(4-01140)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XI Commissione:


   EPIFANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo settembre 2015, n. 148, recante «Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183», prevede all'articolo 4, in materia di durata massima complessiva, che: «Per ciascuna unità produttiva, il trattamento ordinario e quello straordinario di integrazione salariale non possono superare la durata massima complessiva di 24 mesi in un quinquennio mobile, fatto salvo quanto previsto all'articolo 22, comma 5. Per le imprese industriali e artigiane dell'edilizia e affini, nonché per le imprese di cui all'articolo 10, comma 1, lettere n) e o), per ciascuna unità produttiva il trattamento ordinario e quello straordinario di integrazione salariale non possono superare la durata massima complessiva di 30 mesi in un quinquennio mobile»;

   sono intervenute successivamente delle modifiche che hanno disposto delle deroghe a tali previsioni. Da ultimo, in sede di esame dell'A.C. 1117-A recante «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 luglio 2018, n. 91, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative» è stato introdotto un nuovo articolo che prevede l'estensione di misure di sostegno al reddito dei lavoratori in aree di crisi. Nello specifico si stabilisce che per l'anno 2018, le risorse finanziarie di cui all'articolo 44, comma 11-bis, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, come ripartite tra le regioni con i decreti del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, 12 dicembre 2016, n. 1, e 5 aprile 2017, n. 12, possono essere destinate dalle regioni interessate, per le medesime finalità, nei limiti della parte non utilizzata, anche a favore delle imprese e dei lavoratori che operino nelle aree interessate dagli accordi di programma per la reindustrializzazione delle aree di crisi, stipulati ai sensi dell'articolo 2 della legge 23 luglio 2009, n. 99;

   come evidenziato anche da organi di stampa in questi giorni, dal 23 settembre 2018 molte aziende potrebbero perdere gli ammortizzatori sociali, introdotti con i precedenti interventi legislativi, e dal giorno successivo subentrerà un serio problema legato al contenimento del costo del lavoro nel caso di esuberi temporanei –:

   quante siano le aziende interessate e il numero dei lavoratori coinvolti, considerato il termine previsto per l'erogazione degli ammortizzatori sociali.
(5-00467)


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   al fine di porre rimedio agli squilibri determinati dalle riforme pensionistiche introdotte negli ultimi anni che hanno innalzato le soglie di accesso alla pensione di vecchiaia, è necessario adottare provvedimenti che garantiscano maggiore flessibilità di uscita dal mondo del lavoro per accedere all'assegno pensionistico, tenendo in considerazione, esclusivamente, il criterio contributivo;

   si ritiene virtuosa l'introduzione dell'istituto cosiddetto «quota 41» che riconosce ad ogni lavoratore la possibilità di andare in pensione dopo aver versato e accumulato quarantuno anni di contributi;

   il requisito di quarantuno anni di contributi versati, dunque, si ritiene sia congruo, quale unico criterio da dover individuare per il riconoscimento del diritto alla pensione, escludendo la richiesta di ogni altro requisito, anche relativo all'età anagrafica –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere urgenti iniziative normative per introdurre la cosiddetta «quota 41» per tutti i lavoratori, come esposto in premessa.
(5-00468)


   SERRACCHIANI, GRIBAUDO, CARLA CANTONE, LACARRA, LEPRI, ROMINA MURA, VISCOMI e ZAN. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il nostro Paese, nel corso degli ultimi anni, ha acquisito una sempre maggiore consapevolezza rispetto alla necessità del rafforzamento delle materie riguardanti la conciliazione tra vita professionale e privata;

   particolare sensibilità su questo tema è stata mostrata nella scorsa legislatura dai Governi a guida PD e dalla maggioranza parlamentare che li ha sostenuti;

   l'esigenza di consolidare gli strumenti, economici e normativi volti a facilitare la possibilità di coniugare gli impegni di carattere familiare e l'attività lavorativa ha ispirato la redazione di uno dei provvedimenti attuativi del jobs act, il decreto legislativo 80 del 2015, in materia di «conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro»;

   l'articolo 25 del decreto in questione contiene una delle disposizioni più innovative in questo ambito ed è finalizzato all'incentivazione della contrattazione di secondo livello destinata alla promozione della conciliazione mediante l'attribuzione di una quota delle risorse del fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello;

   la misura ha carattere sperimentale, essendo stata disposta per il triennio 2016- 2018, e la sua efficacia terminerà il 31 dicembre 2018;

   la medesima vigenza è prevista per altre norme dell'ordinamento che rivestono notevole rilevanza sociale e politica e che hanno avuto riscontri molto positivi in questi anni, anche grazie alle modifiche migliorative apportate nella scorsa legislatura: la disposizione che consente al padre lavoratore dipendente di fruire di un periodo di congedo obbligatorio entro i cinque mesi dalla nascita del figlio, e le misure che permettono alle mamme lavoratrici dipendenti e autonome di ottenere, al termine del periodo di congedo di maternità e per gli undici mesi successivi, in alternativa al congedo parentale, la corresponsione di voucher per l'acquisto di servizi di baby sitting o di asilo nido;

   tali interventi legislativi hanno contribuito ad arricchire e rendere più complete e organiche le politiche in tema di conciliazione tra vita privata e professionale e necessitano di un immediato intervento di proroga per i prossimi anni, se non di una definitiva messa a regime –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative per garantire per i prossimi anni la prosecuzione delle misure previste dalle norme in materia di conciliazione tra vita privata e professionale, quali il congedo obbligatorio del padre, il voucher baby sitting per le madri lavoratici dipendenti e autonome, nonché di incentivazione alla contrattazione di secondo livello destinata alla conciliazione tra vita privata e professionale.
(5-00469)


   FATUZZO e ZANGRILLO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   fino all'anno 2013 l'Inps trasmetteva, ad inizio di ciascun anno a tutti i pensionati, il modello OBIS/M in formato cartaceo e con corrispondenza postale. Si tratta di un prospetto riepilogativo che riassume le informazioni delle pensioni Inps che sono in pagamento: i dati anagrafici del pensionato, la sede Inps di competenza, la categoria, il numero di certificato e l'eventuale tutore o rappresentante legale, l'aumento che viene calcolato all'inizio di ogni anno (perequazione automatica), gli importi mensili lordi delle rate di gennaio e l'eventuale tredicesima, gli importi mensili netti, le ritenute erariali e le eventuali addizionali regionali e comunali, le detrazioni di imposta applicate, le quote associative, la trattenuta per incumulabilità con l'attività lavorativa, il contributo di solidarietà;

   dall'anno 2014 Inps non ha più trasmesso ai pensionati tale prospetto, in considerazione della cosiddetta «digitalizzazione», invitando ciascun soggetto interessato a munirsi di un dispositivo elettronico per connettersi a internet e accedere alla piattaforma digitale dell'Istituto, al fine di recuperare i dati e le informazioni relative al proprio status, nonché lo stesso modello OBIS/M esclusivamente in formato elettronico;

   tale transizione digitale ha coinvolto circa diciotto milioni di soggetti in pensione con notevoli disagi dovuti alla impossibilità e alla non dimestichezza, da parte di talune fasce di età, all'uso dei dispositivi elettronici, della navigazione on line e dell'impiego della piattaforma stessa;

   per la maggior parte di essi si è trattato di un vero e proprio trauma, vissuto come ulteriore ostacolo e problematica concreta alla gestione finanziaria delle proprie, esigue, risorse, poiché l'importo netto del trattamento pensionistico è conoscibile agevolmente solo una volta riscosso –:

   se il Ministro interrogato non intenda adottare le iniziative di competenza affinché l'istituto nazionale di previdenza sociale preveda un servizio complementare a quello on line per la tutela effettiva del diritto dei pensionati alla accessibilità, alla trasparenza e all'informazione sul proprio trattamento e sul proprio status, anche in assenza di strumentazioni e competenze elettroniche e digitali.
(5-00470)


   MURELLI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CAPARVI, LEGNAIOLI, EVA LORENZONI e MOSCHIONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'assegno sociale è una prestazione di natura economica che l'Inps eroga a domanda ai cittadini in condizioni disagiate i cui redditi si trovano al di sotto delle soglie stabilite annualmente per legge; come tale, dunque, riveste carattere assistenziale giacché prescinde dall'effettivo versamento dei contributi (importo 2018 pari a 448,07 euro per 13 mensilità);

   tra i requisiti, oltre quelli reddituali e di età anagrafica, è richiesto anche quello della residenza in via continuativa, per almeno dieci anni, nel territorio nazionale;

   la prestazione viene sospesa se il titolare soggiorna all'estero per più di 30 giorni; dopo un anno dalla sospensione, la prestazione è revocata. L'assegno sociale è provvisorio e il possesso dei requisiti di reddito e di effettiva residenza è verificato ogni anno;

   il requisito della residenza decennale in via continuativa è richiesto anche per i familiari di lavoratori extracomunitari ricongiunti nel nostro Paese;

   in proposito, si ricorda che fino al 2008 bastava che un extracomunitario soggiornante legalmente in Italia avanzasse domanda di ricongiungimento familiare, perché l'anziano parente, una volta entrato nel territorio, potesse beneficiare del trattamento sociale;

   con un emendamento della Lega al decreto-legge n. 112 del 2008 (ora comma 10 dell'articolo 20 – legge n. 133 del 2008) – si ricorda – è stato posto rimedio a questa stortura, prevedendo che a decorrere dal 1° gennaio 2009 ai fini dell'ottenimento dell'assegno sociale è necessario il requisito, del soggiorno legale, in via continuativa, per almeno 10 anni nel territorio nazionale, in aggiunta a quello della anzianità anagrafica e del reddito;

   solo nel 2014 gli stranieri over 65enni che hanno ricevuto l'assegno sociale sono stati 55.930, per una spesa totale di 327 milioni e 190 mila euro; si teme un aumento esponenziale della spesa il prossimo anno, quando saranno decorsi i dieci anni di permanenza minima in Italia per i «nuovi» richiedenti e ricongiunti –:

   se il Ministro interrogato disponga di una stima della spesa previdenziale derivante dalla concessione dell'assegno sociale a cittadini extracomunitari nel 2019, starting year di un nuovo e ingente flusso di domande della prestazione e se, dinanzi a cifre preoccupanti, non ritenga di dover assumere iniziative per intervenire con tempestività sui requisiti per l'ottenimento dell'assegno da parte di cittadini stranieri, come prevedere una permanenza minima superiore a dieci anni o definire per essi un limite reddituale più alto.
(5-00471)


   SOVERINI e TOCCAFONDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 22 giugno 2018, senza alcun preavviso e motivazione, la multinazionale belga Bekaert Group che ha rilevato da Pirelli il gruppo di cui fa parte lo stabilimento di Figline Valdarno (FI), dove lavorano 318 dipendenti a cui si sommano più di 150 lavoratori dell'indotto, ha comunicato la chiusura immediata dello stabilimento fiorentino per cessazione attività;

   adesso lo stabilimento di Figline Valdarno è stato occupato dai lavoratori, dopo che la dirigenza ha comunicato la chiusura della fabbrica entro 75 giorni, facendo partire le lettere di licenziamento per tutti i 318 dipendenti;

   quando fu ceduto nel 2014 il sito produttivo, dalla società belga Bekaert Group che lo rilevò da Pirelli, il gruppo steel cord dedicato alla produzione di rinforzi in acciaio per pneumatici di cui fa parte lo stabilimento di Figline Valdarno, furono date garanzie in merito alla produzione e in merito ai livelli occupazionali;

   l'annuncio della chiusura arriva dopo che alcuni giorni prima era stato raggiunto e firmato l'accordo sul premio di risultato per i lavoratori del sito e senza che mai ci fosse stato un avviso di crisi da parte della direzione aziendale;

   una decisione la cui motivazione è tutta da verificare se confermato quanto sta emergendo, ovvero che la chiusura sarebbe da addebitare ai costi strutturali notevolmente superiori rispetto a quelli degli altri stabilimenti di rinforzi in acciaio per pneumatici;

   l'età media dei lavoratori risulta essere di 50 anni: troppo giovani per andare in pensione e troppo anziani per trovare nuove occupazioni e acquisire nuove competenze;

   il Vicepresidente del Consiglio, nonché Ministro dello sviluppo economico e del lavoro e delle politiche sociali, Luigi Di Maio, il 23 giugno 2018, pur trovandosi a pochi chilometri dallo stabilimento occupato, non ha avuto modo di fermarsi ed informarsi direttamente dai lavoratori sulle reali problematiche dello stabilimento fiorentino –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e quali iniziative urgenti intenda adottare per affrontare la vicenda e chiarire gli esiti delle interlocuzioni con la proprietà della società Bekaert Group.
(5-00472)


   TRIPIEDI, PALLINI, AMITRANO, BILOTTI, CIPRINI, COSTANZO, CUBEDDU, DE LORENZO, GIANNONE, INVIDIA, PERCONTI, SEGNERI, SIRAGUSA, TUCCI e VIZZINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   lo stabilimento sito a Rovereto della Marangoni spa produce materiali in gomma e pneumatici ricoperti. Nel 2008, per la prima volta si era paventata l'ipotesi di un consistente ridimensionantento occupazionale e si era profilato un esubero di 80 lavoratori con il ricorso alla cassa integrazione guadagni ordinaria, fino all'esaurimento nel 2010;

   nel 2009, la provincia autonoma di Trento è intervenuta a sostegno dell'attività produttiva con lo strumento finanziario del lease-back acquistando 109.000 metri quadrati di capannoni per 40,9 milioni di euro. A fronte dell'intervento, a partire dai 324 dipendenti impiegati a fine 2009, la provincia autonoma di Trento ha chiesto il rispetto del vincolo occupazionale per 300 dipendenti fino al 2013;

   nel 2013, attraverso una procedura negoziale, la provincia autonoma di Trento ha riconosciuto un contributo finanziario di 1,6 milioni a sostegno di un progetto di ricerca e sviluppo con impegno di occupazione per 320 dipendenti sino al 31 dicembre 2016;

   ad agosto 2015 è stato siglato un accordo di cassa integrazione guadagni straordinaria di 12 mesi fino al 23 agosto 2016 per tutto il personale dipendente, con la dichiarazione di 50 esuberi a cui nell'autunno successivo, vista la decisione di delocalizzare in Sry Lanka il reparto «gomme piene», se ne sono poi aggiunti altri 40. A febbraio 2016, la direzione ha comunicato l'aggravarsi ulteriore della crisi e il conseguente probabile aumento del numero di esuberi stimato in 120/130 lavoratori;

   il 4 ottobre 2016, successivamente all'accordo di mobilità che riguardava 46 esuberi, è stato sottoscritto il protocollo con la provincia autonoma di Trento per altri 30 esuberi;

   il 13 dicembre 2016 è stata costituita la «new.co» M.I.T. con Onyx poi ceduta alla multinazionale nel maggio 2017;

   i rappresentanti sindacali denunciano da tempo la situazione finanziaria critica, i gravi ritardi nel pagamento dei fornitori nonostante nel periodo interessato il fatturato sia stato in linea con il budget; due trimestri di quote di previdenza integrativa non versata ai lavoratori. Ad oggi, i lavoratori non hanno ricevuto alcuna spiegazione da parte della proprietà e dall'assessorato competente della provincia –:

   se il Ministro interrogato non intenda assumere iniziative per la verifica degli accordi siglati e per il rispetto dei vincoli occupazionali nonché degli impegni per il riassorbimento dei lavoratori in esubero e per la loro riqualificazione professionale e se intenda attivare misure di controllo in ordine al versamento delle quote dei contributi previdenziali integrativi a carico dell'azienda.
(5-00473)

XII Commissione:


   LAPIA, LOREFICE, MAMMÌ, MENGA, NAPPI, NESCI, PROVENZA, SAPIA, SARLI, SPORTIELLO, TRIZZINO, TROIANO, LEDA VOLPI, D'ARRANDO, MASSIMO ENRICO BARONI e BOLOGNA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la legge di stabilità 2016 ha finanziato il fondo nazionale delle politiche sociali con circa 313 milioni di euro per l'anno 2016 e 2017 e con circa 314 milioni di euro per l'anno 2018;

   la legge di bilancio 2017 ha finanziato il fondo nazionale delle politiche sociali con circa 311 milioni di euro per il 2017, 308 milioni di euro per il 2018 e 313 milioni di euro per il 2019;

   successivamente, con l'intesa Stato-regioni del 23 febbraio 2017, è stato raggiunto un accordo per la riduzione, tra le altre voci di spesa, del fondo per le politiche sociali per circa 211 milioni di euro, per un valore residuo di circa 99 milioni di euro; importo ridotto ulteriormente a circa 78 milioni per effetto della disposizione concernente il codice del terzo settore, che ha trasferito in altro fondo le risorse per il terzo settore medesimo;

   le risorse sono state poi reintegrate dal decreto legislativo n. 147 del 2017, solo per l'anno 2017, disponendo l'attribuzione alle regioni di risorse pari a 212 milioni di euro (a valere sul «fondo povertà») da ripartire con le medesime modalità adottate per il riparto del fondo nazionale per le politiche sociali «al fine di permettere una adeguata implementazione del Rel e di garantirne l'immediata operatività mediante un rafforzamento dei servizi sociali territoriali, inclusi quelli di contrasto alla povertà e all'esclusione sociale»;

   con la legge di bilancio 2018 le risorse sono state ulteriormente ridotte di 10 milioni di euro per ciascun anno del triennio e tale definanziamento ha portato la dotazione del fondo, nel 2018, a 276 milioni di euro e quella per il biennio 2019-2020 a 281 milioni circa per ciascun anno;

   anche il fondo per l'assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare che presentava una dotazione di 56,1 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio di interesse, è stato definanziato di 5 milioni per gli anni 2018 e 2019;

   è dunque certificato, come emerso nei giorni scorsi anche dagli organi di stampa e da «taluni social» e come stigmatizzato da alcuni esponenti politici, che negli anni precedenti c'è stata una progressiva riduzione delle risorse destinate ai soggetti fragili –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative per invertire la rotta del progressivo definanziamento delle politiche sociali e, per quanto di sua competenza dell'assistenza alle disabilità gravi prive del sostegno familiare, come diffusamente stigmatizzato negli organi d'informazione.
(5-00474)


   DE FILIPPO, CARNEVALI, UBALDO PAGANO, RIZZO NERVO, SCHIRÒ e SIANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   sono ormai cento giorni che il Governo a maggioranza Lega-5stelle si è insediato ma per quanto riguarda le politiche sociali poco o niente è stato fatto ad eccezione di un inasprimento delle politiche dell'accoglienza, dell'approvazione di un decreto correttivo degli atti applicativi della riforma del terzo settore (quello relativo all'impresa sociale, con modifiche in particolare su alcuni aspetti fiscali e sui termini di applicazione di alcuni aspetti della normativa, come il bilancio sociale), mentre il decreto correttivo del codice del terzo settore è fermo nonostante la richiesta e la volontà da parte della società civile e degli enti del terzo settore medesimo di una sua rapida modifica;

   sulla lotta alla povertà e sull'introduzione del reddito di cittadinanza si sono registrati solo 100 giorni di annunci ma ancora nessuna decisione reale, visto che permane l'incertezza sulla copertura finanziaria, sulla fine che faranno i principali sussidi di disoccupazione e il reddito d'inclusione (Rei), sull'entità della misura stessa, sui tempi della sua applicazione, sui criteri di accesso, sulle modalità di calcolo delle condizioni economiche delle famiglie, sui percorsi di accompagnamento di fuoriuscita dalla povertà;

   inoltre, in materia di disabilità si è insediato un nuovo Ministro, ma ad oggi, ad avviso degli interroganti, non ha assunto alcuna decisione, nessun provvedimento riguardante il rafforzamento dei fondi nazionali, l'inclusione scolastica e lavorativa; non è stato intrapreso nessun percorso attuativo degli obiettivi del «secondo programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità» o altro;

   molti altri ambiti dai giovani, alle famiglie, alle giovani coppie, agli affidi e alle adozioni, al servizio civile, alle pari opportunità attendono interventi economici e legislativi –:

   quali iniziative sul piano economico e normativo e con quale tempistica il Governo stia mettendo in campo nel settore delle politiche sociali, al fine di rendere concrete e reali le politiche fino ad ora solo annunciate.
(5-00475)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIBOLLA e GRIMOLDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   già nella XVII legislatura, con l'atto di sindacato ispettivo n. 5-06206 del 29 luglio 2015, rimasto privo di risposta, si richiamava l'attenzione del Governo prò tempore sulla grave situazione di dissesto economico dell'Enpapi, l'ente di previdenza di infermieri professionali, assistenti sanitari, vigilatrici d'infanzia, che esercitano la professione in forma autonoma, associata o in cooperativa;

   in particolare, più volte, sin dalla XVI legislatura, si chiedeva di fare piena luce sulle scelte strategiche, sugli investimenti e sulle spese per gli organi statutari effettuate dall'Enpapi;

   sempre nella XVII legislatura, con altro atto di sindacato ispettivo, anch'esso rimasto privo di risposta, l'interrogazione n. 4-18950 del 22 dicembre 2017, si rimarcava l'opacità gestionale dell'ente, emersa anche nell'audizione in Commissione parlamentare di controllo sulle attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale del 16 novembre 2017;

   in quella sede, infatti, la Commissione parlamentare di controllo sulle attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale ha audito il presidente dell'Enpapi, Mario Schiavon, ed è stata data pubblicità all'audizione mediante video; durante l'audizione, con riferimento all'affidamento di un incarico di lobbying, veniva chiesto espressamente al presidente Schiavon se tale incarico fosse retribuito;

   a tale domanda il presidente Schiavon rispondeva: «È probabile», nonostante risultasse in realtà affidato a mezzo determina del presidente Schiavon, in data 9 novembre 2017, un incarico di lobbying, con un costo di 16.000 euro più iva –:

   se il Governo non intenda assumere ogni iniziativa di competenza per procedere al commissariamento dell'Enpapi.
(5-00476)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nel 2016 ben 70.648 cittadini stranieri (16.232 provenienti da Paesi neo comunitari dell'Est Europa e 54.416 extracomunitari) hanno beneficiato di una prestazione assistenziale (fonte Sole 24 ore);

   tali prestazioni assistenziali riguarderebbero assegni sociali o invalidità civili con benefici di importo medio annuo appena superiore ai 6 mila euro, per una spesa totale di 426,4 milioni di euro;

   l'ammontare della spesa sopracitata rappresenterebbe circa il 60 per cento dell'intera spesa pensionistica (887,8 milioni di euro) destinata a cittadini extracomunitari o neo comunitari che hanno lavorato nel nostro Paese fino alla maturazione di un requisito previdenziale pieno;

   l'anno prima, nel 2015, gli stranieri che avevano beneficiato di un assegno assistenziale erano stati 64.698 (49,852 extra e 14.846 neo comunitari);

   pertanto vi è stata, in un solo anno, una crescita del 9,2 per cento;

   la maggior parte dei beneficiari proviene dalla Romania (11.611), dall'Albania (15.566) e dal Marocco (10.021), mentre i filippini, una delle comunità di lavoratori stranieri storicamente più diffusi, sono 2 mila. I polacchi sono 1.974 e i bulgari 1.501;

   nel 2016, anno cui si riferiscono gli ultimi numeri sulle prestazioni assistenziali erogate a extracomunitari e neocomunitari, l'istituto ha erogato una spesa pari a 37,6 miliardi di euro per tutte le misure raccolte nella voce politiche sociali, diritti sociali e famiglia (bilancio sociale dell'Inps 2016 per missioni e programmi);

   nello stesso anno 40 miliardi di euro sono stati spesi in politiche per il lavoro e 255 miliardi di euro in pensioni e altre prestazioni previdenziali;

   il Governo, ad avviso dell'interrogante, dovrebbe porre in essere strumenti normativi volti a potenziare l'effettiva e continuativa residenza nel territorio italiano, introducendo, a cura del beneficiario dell'assistenza, l'obbligo di dimostrare la continuità residenziale;

   inoltre, sarebbe opportuno, a parere dell'interrogante, una revisione del requisito dei dieci anni di continuità residenziale sul territorio italiano. Per ottenere il trattamento assistenziale, infatti, basterebbe l'iscrizione continuativa nei registri anagrafici e non è detto che ciò corrisponda a residenza effettiva per tutto il periodo. Del resto, negli ultimi anni sono stati numerosi i casi di false residenze dichiarate da stranieri e scoperte attraverso indagini della Guardia di finanza;

   altra criticità è legata al ricongiungimento familiare. A titolo esemplificativo, il familiare di un immigrato può ottenere il permesso di soggiorno per ricongiungimento, rimanere iscritto 10 anni come residente senza versare contributi, usufruire dei servizi territoriali e a 67 anni ottenere un assegno sociale con il rischio, tra l'altro, di non riuscire a controllare efficacemente la sua presenza stabile sul territorio;

   tale situazione potrebbe generare disparità sociali, con particolare riferimento a pensionati italiani che vivono in condizioni di disagio sociale, pur avendo lavorato per tutta la vita –:

   se sia a conoscenza della situazione suesposta;

   se, nell'ambito della ricognizione che il Governo intende effettuare dei trattamenti assistenziali erogati dall'Inps, saranno comprese anche iniziative per un'approfondita revisione normativa e previdenziale relativa ai requisiti necessari affinché gli stranieri extracomunitari e neo comunitari possano accedere agli assegni sociali e di invalidità in un'ottica di razionalizzazione della spesa;

   se ritenga opportuno porre in essere iniziative normative volte a verificare l'effettiva e continuativa residenza nel territorio italiano prima e dopo il trattamento assistenziale, introducendo, a cura del beneficiario dell'assistenza, l'obbligo di dimostrare la continuità residenziale;

   se intenda adottare iniziative per effettuare una revisione del requisito dei dieci anni di continuità residenziale sul territorio facendola corrispondere alla residenza effettiva, introducendo un allungamento dei termini di residenzialità (20 anni) e, oltre alla condizione di permanenza sul territorio, anche l'obbligo di aver effettuato con continuità prestazioni lavorative.
(4-01124)


   SCHIRÒ, UNGARO, CARÈ e LA MARCA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   lo Stato italiano per tutelare i diritti socio-previdenziali dei lavoratori emigrati ha stipulato convenzioni bilaterali di sicurezza sociale con i Paesi di maggiore emigrazione; tali convenzioni garantiscono in materia di sicurezza sociale la parità di trattamento con i lavoratori locali dei lavoratori italiani che si sono spostati in un altro Paese, l'esportabilità delle prestazioni previdenziali da un Paese all'altro e soprattutto la facoltà di totalizzare i contributi versati nei vari Paesi di emigrazione ai fini del perfezionamento dei requisiti contributivi minimi previsti dalle diverse legislazioni per la maturazione di un diritto a prestazione;

   sono circa 800.000 le pensioni in convenzione internazionale erogate dall'Inps agli italiani residenti all'estero e a quelli rientrati in Italia, e sono decine di migliaia i connazionali residenti all'estero e in Italia i quali matureranno il diritto a una pensione italiana in pro-rata attraverso l'applicazione di una convenzione bilaterale o multilaterale di sicurezza sociale;

   sono stati ingiustamente esclusi da questo diritto tutti i dipendenti pubblici i quali si sono recati all'estero per lavorare e per vivere (decine di migliaia), perché non considerati rientranti nel campo di applicazione soggettivo delle convenzioni bilaterali di sicurezza sociale stipulate dall'Italia; infatti, mentre i regolamenti comunitari prevedono esplicitamente sin dal 1998 (regolamento (CE) n. 1606/98) l'estensione del proprio campo di applicazione al regime speciali dei dipendenti pubblici e dei liberi professionisti, tutte le convenzioni bilaterali di sicurezza sociale stipulate dall'Italia non prevedono esplicitamente tale diritto;

   a causa di tale disparità di trattamento e alla inazione delle autorità competenti, i dipendenti pubblici e i liberi professionisti italiani emigrati o che emigrano nei Paesi extracomunitari sono esclusi da ogni forma di tutela previdenziale convenzionale e non possono utilizzare i contributi versati in Italia sia per ottenere una prestazione italiana sia una prestazione estera in regime di convenzione;

   tuttavia, l'articolo 21 del decreto-legge n. 201 del 6 dicembre 2011 (decreto «salva Italia»), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 27 dicembre 2011, ha disposto la soppressione dell'Inpdap e il trasferimento di tutte le funzioni all'Inps dal 1o gennaio 2012; dal gennaio 2012 quindi l'Inpdap non esiste più, ma tutte le sue funzioni e competenze sono state trasferite all'Inps e le tutele previdenziali dell'Inps si applicano anche ai lavoratori subordinati del settore pubblico, attraverso una speciale gestione che fa capo all'Inps (ex Inpdap);

   tutte le convenzioni bilaterali di sicurezza sociale prevedono la loro applicabilità anche alle normative concernenti i regimi speciali per determinate categorie di lavoratori, in quanto ai rischi coperti dalle stesse convenzioni, e alle leggi, ai regolamenti e agli altri provvedimenti legislativi che modifichino tali normative;

   la soppressione dell'Inpdap e la conseguente attribuzione delle funzioni all'Inps rende necessario uniformare i criteri di accesso degli assicurati alle prestazioni in regime internazionale, includendo nel campo di applicazione soggettivo anche i dipendenti pubblici e i liberi professionisti –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della discriminazione alla quale sono soggetti i dipendenti pubblici e i liberi professionisti in relazione al perfezionamento di una prestazione di sicurezza sociale in convenzione bilaterale;

   se i Ministri interrogati, visto che il combinato disposto delle previsioni delle convenzioni bilaterali e delle norme di soppressione dell'Inpdap ora lo consente, non ritengano giuridicamente corretto e opportuno formulare indirizzi alle autorità competenti alla gestione e all'applicazione delle convenzioni bilaterali di sicurezza sociale affinché anche i dipendenti pubblici e i liberi professionisti siano considerati rientranti nel campo di applicazione di tali accordi senza dover ricorrere alla modifica di ogni singola convenzione.
(4-01129)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MURELLI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CAPARVI, LEGNAIOLI, EVA LORENZONI e MOSCHIONI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   da gennaio 2019 gli infermieri, al pari di altri ben 300 mila dipendenti pubblici, consultando il cedolino, vedranno uno stipendio inferiore all'anno in corso;

   la busta paga più leggera è il frutto del contratto collettivo nazionale 2016-2018, firmato a seguito dell'accordo Governo-sindacati del 2016 che riconobbe gli 85 euro quale bonus temporaneo, «elemento perequativo» che a gennaio 2019 scadrà;

   ciò per gli infermieri, ad esempio, significa perdere il 21,7 per cento circa dell'aumento, equivalente ad una busta paga ridotta di 20 euro mensili;

   il meccanismo perequativo dell'aumento fa sì che a perdere maggiormente siano coloro che guadagnano meno;

   per rifinanziare tali importi si stima un costo di circa 500 milioni di euro per tutto il settore pubblico, sanità ed enti territoriali inclusi;

   al di là della necessità di reperire le dovute risorse, vi è poi anche l'ostacolo del rinnovo contrattuale, considerato che l'elemento perequativo è stato previsto – appunto – dai contratti collettivi nazionali e, pertanto, sarebbe necessario sottoscriverne ulteriori a prescindere dai rinnovi veri e propri di ciascun comparto –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se ed in che termini intenda porre rimedio a quella che agli interroganti appare come una stortura operata dal Governo Renzi.
(5-00477)

SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   la complessa situazione del funzionamento della sanità calabrese presenta consolidate criticità e malfunzionamenti, che pregiudicano il diritto alla salute per la popolazione calabrese;

   in tale critico contesto generale emerge, con una evidenza allarmante, la situazione in cui versano da almeno quindici anni i pazienti uremici che vivono a Reggio Calabria, nel senso che il territorio ormai, da tempo risalente, soffre della grave carenza di posti-dialisi presso il grande ospedale metropolitano di Reggio Calabria, e dispone di soli 6 centri (1 ogni 92.639 abitanti) contro i 5 di Vibo Valentia (1 ogni 32.503 abitanti), i 16 di Cosenza (1 ogni 44.650 abitanti), i 7 di Catanzaro (1 ogni 51.865 abitanti) e i 2 di Crotone (1 ogni 87.356 abitanti);

   va a questo punto anche ricordato che, nonostante il programma operativo 2016-2018 della regione Calabria avesse previsto, nell'ambito delle iniziative relative alle reti assistenziali, il completamento entro dicembre 2016 della rete nefrologica e dialitica, a tutt'oggi tale risultato è non è stato raggiunto;

   tutto ciò determina che i malati sono costretti a sottoporsi a disagi e disservizi operativi per recarsi tre giorni alla settimana fuori città per sottoporsi al trattamento emodialitico che, come noto, ha una durata di almeno quattro ore, e spesso comporta, come effetti collaterali, ipotensione, nausea, vomito per non citare complicanze più serie nei pazienti più anziani;

   è altrettanto noto che, stante la gravità dei fatti narrati, negli ultimi anni è stato istituito presso la prefettura di Reggio Calabria un tavolo tecnico composto, oltre che dal prefetto, anche dal commissario ad acta per il piano di rientro, dal dipartimento regionale tutela salute, dall'Asp di Reggio Calabria, dal G.o.m. di Reggio Calabria, dalla città metropolitana di Reggio Calabria e Rionale per la creazione di un nuovo centro dialisi in città con 8 posti-rene, sufficienti a soddisfare il fabbisogno di quasi tutti i pazienti emodializzati che ancora oggi sono costretti a viaggiare da Reggio Calabria verso i centri dialisi limitrofi, collocati a Melito P.S., Scilla e Messina. Tale centro non è stato ancora realizzato e per questo motivo gli uremici cronici reggini sono costretti per tre giorni alla settimana a raggiungere centri più vicini per sottoporsi al trattamento sostitutivo per almeno quattro ore;

   nel settembre 2017, l'amministrazione comunale di Reggio Calabria ha messo a disposizione dell'azienda sanitaria provinciale un immobile per la predisposizione di un centro dialisi in città. L'Asp ha pertanto prodotto un progetto per la realizzazione di tale centro con 8 posti tecnici (per un totale di 32 pazienti su quattro turni) che avrebbe risolto il problema di tutti i pazienti della provincia di Reggio Calabria;

   nel gennaio 2018 presso la prefettura di Reggio Calabria, in attesa del nuovo centro dialisi dell'Asp, il grande ospedale metropolitano si dichiarava disponibile a trattare tutti i circa 30 pazienti calabresi dializzati a Messina, allestendo un terzo turno notturno. Si rendeva necessaria, però, l'assunzione di 10 infermieri e 5 medici da destinare a questa, attività, assunzioni autorizzate tempestivamente dal commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro. Di tale personale, ad oggi, hanno preso servizio presso l'unità operativa di nefrologia del G.o.m. di Reggio Calabria solo 3 medici (su 5) e 2 infermieri (su 10), insufficienti per la pianificazione del terzo turno notturno;

   la delicata e risalente questione, oggi in esame, ha costituito oggetto di precedenti iniziative di sindacato ispettivo, da parte del Movimento 5 stelle, anche nel corso della precedente legislatura, senza alcun esito –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e quali indifferibili iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di garantire ai pazienti reggini la dovuta assistenza e l'accesso alla dialisi, necessaria alla sopravvivenza, senza costringere gli stessi a un penoso pellegrinaggio quasi quotidiano.
(2-00106) «Dieni, Massimo Enrico Baroni, Bologna, D'Arrando, Lapia, Lorefice, Mammì, Menga, Nappi, Nesci, Provenza, Sapia, Sarli, Sportiello, Trizzino, Troiano, Leda Volpi, Barbuto, D'Ippolito, Forciniti, Melicchio, Misiti, Orrico, Parentela, Scutellà, Tucci, Bella, Berardini, Bruno, Buompane, Businarolo, Cabras, Cancelleri, De Girolamo, De Lorenzis, De Lorenzo, De Toma, Del Grosso, Del Monaco, Di Lauro, Di Stasio, D'Incà, Donno, Dori».

Interrogazioni a risposta immediata:


   ROSTAN e FORNARO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in Italia si registrano numerosi atti di violenza nei confronti di medici e personale sanitario che sono di carattere sia verbale ma, purtroppo, anche di carattere fisico, aggressioni che derivano spesso da deficit organizzativi e da non adeguata tutela dei lavoratori nei luoghi di lavoro;

   sindacati e associazioni di categoria denunciano con sempre maggiore forza come gli atti di violenza stiano avendo un aumento esponenziale preoccupante;

   la Federazione italiana delle aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso) ed il sindacato Nursind, ad agosto 2018, hanno reso noto che su oltre tremila aggressioni l'anno solo 1.200 vengono regolarmente denunciate;

   l'Anaao Assomed ha reso noti i dati derivanti da indagine condotta su 1.280 soggetti interni al personale medico e sanitario, dai quali risulta che il 65 per cento degli intervistati ha risposto di essere stato vittima di aggressioni, di questi il 66,19 per cento riferisce di aggressioni verbali mentre il 33,8 per cento di aggressioni fisiche;

   le aree sanitarie dove si registrano i maggiori casi rispetto al totale delle aggressioni sono: psichiatria con il 34,12 per cento, pronto soccorso con il 20,26 per cento, medicina interna con il 7,46 per cento;

   che il fenomeno delle aggressioni sia sottostimato lo si deduce anche dal dato che il 70 per cento del campione ha riferito di essere stato, a sua volta, testimone di aggressioni verso il personale sanitario;

   un'altra indagine statistica condotta sui dati Inail 2018 calcola che in media nel nostro Paese si verificano tre episodi di violenza al giorno ai danni di personale medico e sanitario nell'esercizio delle sue funzioni;

   si rende quindi urgente, tra le altre iniziative per affrontare efficacemente le aggressioni violente nei confronti del personale sanitario e garantire la sicurezza nelle strutture sanitarie, prevedere che al personale sanitario sia riconosciuta la qualifica di pubblico ufficiale, prevedendo che l'azione penale si avvii d'ufficio e non a seguito di denuncia di parte;

   il 6 settembre 2018 la Conferenza Stato-regioni ha espresso il parere sullo schema di disegno di legge recante disposizioni in materie di sicurezza di esercenti le professioni sanitarie, testo che non risulta ancora assegnato al fine dell'avvio dell’iter di discussione unitamente alle proposte di legge in materia –:

   se non ritenga necessario adottare, senza indugio, iniziative legislative finalizzate al riconoscimento della qualifica di pubblico ufficiale a medici e personale sanitario nell'esercizio delle loro funzioni.
(3-00177)


   D'ARRANDO, MASSIMO ENRICO BARONI, BOLOGNA, LAPIA, LOREFICE, MAMMÌ, MENGA, NAPPI, NESCI, PROVENZA, SAPIA, SARLI, SPORTIELLO, TRIZZINO, TROIANO e LEDA VOLPI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in meno di due mesi dalla pubblicazione dell'avviso per la manifestazione di interesse per la carica del direttore generale dell'Agenzia italiana del farmaco, si è conclusa la procedura di valutazione dei curricula degli esperti che hanno risposto alla richiesta e in data 13 settembre 2018 la Conferenza Stato-regioni ha espresso l'assenso sulla proposta del Ministro interrogato del dottor Luca Li Bassi per la nomina a direttore generale della medesima agenzia;

   nella XVII legislatura, oltre che da atti di sindacato ispettivo presentati in Parlamento, anche da notizie di stampa, era emersa la questione relativa alla retribuzione del direttore generale dell'Agenzia italiana del farmaco, ente pubblico non economico, dotato di autonomia organizzativa, patrimoniale, finanziaria e gestionale;

   il direttore generale è il legale rappresentante dell'agenzia, al quale competono le funzioni di gestione nonché la direzione di tutte le attività della medesima; il trattamento giuridico del direttore generale è disciplinato con un contratto di lavoro di diritto privato stipulato con il Ministro della salute;

   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 marzo 2012, in attuazione dell'articolo 23-ter del decreto-legge n. 201 del 2011, si definisce il trattamento economico annuo omnicomprensivo di chiunque riceva a carico delle finanze pubbliche emolumenti o retribuzioni nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni, stabilendo come parametro massimo di riferimento il trattamento economico del primo presidente della Corte di cassazione;

   l'ambito soggettivo di applicazione della citata disposizione è stato, poi, esteso dall'articolo 1, comma 471, della legge n. 147 del 2013 a chiunque riceva a carico delle finanze pubbliche retribuzioni o emolumenti comunque denominati in ragione di rapporti di lavoro subordinato o autonomo intercorrenti con le autorità amministrative indipendenti, con gli enti pubblici economici e con le pubbliche amministrazioni; il comma 472 dello stesso articolo ha poi esteso tali limiti retributivi anche agli emolumenti dei componenti degli organi di amministrazione, direzione e controllo delle autorità amministrative indipendenti e delle amministrazioni pubbliche;

   in passato, si era posta la questione se nel «tetto retributivo» del direttore generale dell'Agenzia italiana del farmaco rientrassero anche ulteriori emolumenti ricevuti per specifici incarichi, come, ad esempio, quelli svolti presso il Comitato per i medicinali per uso umano (Chmp) dell'Ema –:

   se, fermo restando l'obbligo del «tetto retributivo», il rapporto di lavoro del nuovo direttore generale dell'Agenzia italiana del farmaco sarà esclusivo, con conseguente divieto di svolgere altre attività professionali, pubbliche o private, anche occasionali.
(3-00178)


   PINI, DE FILIPPO, GRIBAUDO, CARNEVALI, CAMPANA, UBALDO PAGANO, RIZZO NERVO, SCHIRÒ, SIANI, ENRICO BORGHI e FIANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nell'aprile del 2017 a Milano si è verificata la prima overdose certificata di fentanyl che ha ucciso un uomo di 39 anni. Questa sostanza è un oppioide sintetico nato negli anni ’60, usato come antidolorifico in ambiente clinico per i malati terminali o per chi soffre di gravi patologie ed è dalle 50 alle 100 volte più potente della morfina. Anche una minima dose può essere letale;

   si è diffuso come droga a partire dagli Stati Uniti dove la US drug enforcement administration ha lanciato negli ultimi anni diversi allarmi. In America la crisi degli oppiacei è stata dichiarata emergenza sanitaria nazionale nell'ottobre 2017. Solo nel 2017 il 60 per cento dei decessi per overdose negli Usa sono stati causati dal fentalyn, tant'è che la polizia ha ormai l'obbligo di portare dietro uno spray nasale a base di naloxone, un antidoto alla sostanza;

   la dipendenza da analgesici avrebbe fatto impennare anche il numero di nascite di bambini con astinenza neonatale;

   in Europa la prima allerta sul fentanyl lanciata dall'Osservatorio europeo su droghe e tossicodipendenze è del 2013;

   l'Istituto superiore di sanità ha avuto solo il 5 settembre 2018 il report relativo al caso di overdose di Milano. Ma le cause del decesso erano note già da mesi, come testimonia un articolo scientifico scritto il 18 giugno 2018, con analisi effettuate all'Università di Milano, e pubblicato sulla rivista Dta. Per questo ritardo, solo dal 12 settembre 2018, per conto del dipartimento antidroga della Presidenza del Consiglio dei ministri, l'Istituto superiore di sanità ha lanciato l'allerta di livello 3, il massimo, per avvisare chi si occupa per motivi professionali di droghe, riguardo a condizioni di rischio di gravi danni della salute;

   nel nostro Paese, unico in Europa, è proibito fare informazione e pubblicità — anche via web – agli utenti riguardo alla diffusione e alla pericolosità delle sostanze stupefacenti, in particolare per quello che riguarda le nuove sostanze. In Italia è ancora vietata anche la pubblicità, anche via web, degli allarmi che raggiungono operatori sanitari e forze di polizia –:

   se non si ritenga opportuno cambiare il sistema di allerta, visto che una corretta informazione potrebbe salvate numerose vite umane, soprattutto i più giovani, e favorire la prevenzione.
(3-00179)

Interrogazione a risposta orale:


   CHIAZZESE, D'ARRANDO, SARLI, SAPIA, LAPIA, LOREFICE, SPORTIELLO, BOLOGNA, LEDA VOLPI e NAPPI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il ticket è il contributo che il cittadino dà alla spesa sanitaria, pagando una quota specifica per alcune prestazioni comprese nei livelli essenziali di assistenza;

   attualmente i ticket riguardano: prestazioni specialistiche (visite, esami strumentali e analisi di laboratorio), prestazioni di pronto soccorso, cure termali e farmaci;

   in merito al ticket sui farmaci è bene sottolineare che quest'ultimo include la quota fissa per ricetta e la quota differenziale sul prezzo di riferimento pagata dai cittadini che preferiscono il farmaco di marca rispetto all'equivalente, rinunciando così, de facto, a una tutela pubblica garantita;

   i cittadini Italiani, nella maggior parte dei casi, infatti, optano volontariamente per il farmaco brand per via della prescrizione del medico di famiglia, che in ricetta ha la facoltà di non indicare esclusivamente il principio attivo ma anche per l'appunto il farmaco brand;

   nel periodo 2013-2017, a fronte di una riduzione della quota fissa da 558 milioni di euro a 498 milioni di euro (-11 per cento), la quota differenziale per acquistare il farmaco di marca è aumentata da 878 milioni di euro a 1.050 milioni di euro (+20 per cento);

   dei 1.549 milioni di euro sborsati dai cittadini per il ticket sui farmaci, meno di un terzo sono relativi alla quota fissa per ricetta (498,4 milioni di euro pari a euro 8,2 pro-capite), mentre i rimanenti 1.049,6 milioni di euro (euro 17,3 pro-capite) sono imputabili alla scarsa diffusione in Italia dei farmaci equivalenti come documentato dall'Osce colloca il nostro Paese al penultimo posto su 27 Paesi sia per valore, sia per volume del consumo degli equivalenti;

   appare dunque opportuno valutare l'introduzione di misure finalizzate a contenere l'eccessivo esborso da parte dei cittadini, come ad esempio l'obbligo di indicare in ricetta esclusivamente il principio attivo oppure un'adeguata motivazione in caso di non sostituibilità –:

   se e quali iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere in relazione alle questioni evidenziate in premessa.
(3-00175)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PALLINI, TRIPIEDI, COSTANZO e GIANNONE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'azienda ospedaliera «San Giuseppe Moscati» è il più grande nosocomio della città e della provincia di Avellino. Inaugurata nel 2010, la struttura si estende su una superficie di 140 mila metri quadrati ed è composta da un fabbricato di 5 piani dove sono allocate le unità operative e i servizi, ospedalieri, da un immobile di 3 piani che ospita gli uffici amministrativi e da una palazzina utilizzata per le attività libero-professionali;

   con decreto del commissario ad acta nonché presidente della regione Campania Vincenzo De Luca (n. 29 del 19 aprile 2018) si è stabilita una riorganizzazione delle strutture ospedaliere a seguito della quale, a far data dal 1° ottobre 2018, all'azienda «Moscati» di Avellino sarà annesso il presidio ospedaliero «Landolfi» di Solofra. Ciò, a parere degli interroganti, produrrà per la struttura solofrana un depotenziamento dei servizi sanitari resi, un depauperamento del personale ausiliario, infermieristico e medico, una riduzione dei posti letto e, in definitiva, un peggioramento repentino della capacità di rispondere efficacemente alla domanda di salute proveniente da un bacino di utenza di riferimento di circa 100.000 abitanti, residenti in 25 comuni irpini tra le valli del Sabato e dell'Irno, oltre all'utenza proveniente dall'agro nocerino-sarnese;

   all'indomani della riunione del 31 luglio 2018 tenutasi tra la dirigenza dell'azienda «Moscati», quella dell'A.s.l. di Avellino e le organizzazioni sindacali sulla procedura di accorpamento del presidio ospedaliero «Landolfi» al «Moscati», da più parti è stato rilevato uno stato di generale confusione ed evidente ritardo nella programmazione delle unità di personale ausiliario, infermieristico e medico da dislocare;

   in un articolo pubblicato il 10 settembre 2018 dal sito di informazione locale «Orticalab» e intitolato «Accorpamento Moscati-Landolfi, mancano le autorizzazioni degli impianti e persiste l'incognita personale: operazione in alto mare» si legge che: «Dopo la missiva inviata a giugno dal sindaco di Solofra, Michele Vignola, al governatore De Luca e ai manager di Asl e “Moscati” per denunciare i gravi ritardi sull'operazione, nuove difficoltà di natura tecnica impegnano severamente i dirigenti e spaventano i residenti. Da quanto si apprende, le difficoltà sono molteplici. La prima, che se non risolta potrebbe determinare problemi di sicurezza e agibilità ai sensi delle nuove normative per il “Landolfi”, riguarda le certificazioni degli impianti. Nonostante diverse riunioni e molteplici contatti, ad oggi mancano diverse documentazioni. (...) E poi c'è il nodo del personale. (...) Altra grana da sistemare per passare dalle parole ai fatti è quella legata ai servizi ed alle utenze. (...)»-:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza e anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, intenda valutare di porre in essere al fine di assicurare il diritto, costituzionalmente garantito, alla salute dei cittadini delle valli del Sabato e dell'Irno e dell'agro nocerino-sarnese.
(4-01130)


   GOLINELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa di questi giorni si apprende che l'Asl di Modena non avrebbe diramato tempestivamente l'informativa sul decesso per West Nile di un soggetto ottantaduenne, il quale è morto il 20 agosto 2018 al Policlinico dove era ricoverato a causa della patologia;

   i mezzi di stampa hanno divulgato la notizia solo a seguito della comunicazione da parte della figlia, la quale ha deciso di renderla nota soprattutto per avvisare i concittadini di Modena;

   il comportamento tenuto dall'Asl di Modena è stato difforme da quello assunto dalle altre Asl della regione che invece hanno comunicato con tempestività i casi e i decessi insieme alle dovute raccomandazioni per prevenire la diffusione del West Nile;

   anche il comune di Modena ha lamentato la disinformazione sul decesso, quando invece avrebbe dovuto essere il primo soggetto informato per organizzare eventuali interventi sanitari nell'area in questione e avvisare la cittadinanza;

   l'anziano deceduto avrebbe cominciato a manifestare i primi sintomi dell'infezione il 27 luglio 2018; dopo cinque giorni, sarebbe entrato in ospedale e, dopo pochi giorni, il referto del prelievo effettuato al Policlinico e riesaminato a Bologna avrebbe immediatamente diagnosticato il caso come West Nile;

   dall'episodio sarebbero trascorsi almeno 20 giorni, ma nessuna autorità sanitaria provinciale regionale si sarebbe pronunciata;

   nonostante i diversi casi di puntura di West Nile registrati in provincia di Modena, da parte delle autorità sanitarie non vi sarebbe stata alcuna comunicazione ufficiale, come invece accade nelle altre province dove i bollettini sono anche giornalieri –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuna la divulgazione immediata di notizie così rilevanti e di quali elementi disponga, per quanto di competenza, circa le motivazioni per cui la notizia della morte del soggetto occorsa a causa di West Nile non sia stata tempestivamente comunicata;

   quali iniziative siano state già predisposte e quali il Ministro interrogato intenda assumere per far fronte all'emergenza sanitaria in atto.
(4-01135)


   BIGNAMI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da diversi anni si registrano rilevanti criticità nei pronto soccorso degli ospedali Sant'Orsola e Maggiore di Bologna, come più volte riportato dagli organi di stampa locali;

   tali criticità appaiono, ad avviso dell'interrogante, del tutto incompatibili con un'organizzazione ordinata e ordinaria dei pronto soccorso, in quanto si verificano situazioni di iperafflusso a fronte di eventi del tutto prevedibili e correlati alla stagionalità in essere come, ad esempio, manifestazioni influenzali nel periodo invernale o ricoveri per eccesso di caldo nel periodo estivo;

   tale situazione determina significative difficoltà nella gestione complessiva di tutto il comparto ospedaliero, in quanto la presenza di un numero superiore rispetto alle capacità di sopportare lo stress da iperafflusso determina il rinvio di interventi programmati a causa dell'utilizzo dei posti letto dei vari reparti e la creazione di posti letto ulteriori in via interinale che comporta, di conseguenza, la non attivazione di altre figure professionali con conseguente stress lavorativo per i dipendenti –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere, anche dal punto di vista normativo ed eventualmente attraverso l'emanazione di specifiche linee guida, per rispondere al problema della gestione di presunto iperafflusso ai pronto soccorso, eventualmente promuovendo un potenziamento dell'organico o una riorganizzazione dei pronto soccorso stessi;

   se intenda acquisire elementi, per quanto di competenza, in ordine alle criticità di cui in premessa in raccordo con la regione Emilia-Romagna;

   se intenda rapportarsi con la regione Emilia-Romagna per acquisire elementi sulle azioni poste in essere per superare le problematiche relative alla gestione dell'iperafflusso ai pronto soccorso in premessa, con l'individuazione di soluzioni e prescrizioni precise da porre in essere.
(4-01137)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   il disegno di legge di conversione del decreto-legge 25 luglio 2018, n. 91, recante la proroga di termini di disposizioni legislative, sposta dal 1° luglio 2019 al 1° luglio 2020 la data della cessazione del regime «di maggior tutela» nel settore del gas naturale e dell'energia elettrica, stabilita dall'articolo 1, commi 59 e 60, della legge 4 agosto 2017, n. 124, «Legge annuale per il mercato e la concorrenza», ritardando il processo di passaggio previsto che ha la finalità di estendere il mercato libero, favorendo regimi di sana concorrenza tra gli operatori, obbligandoli a fornire offerte trasparenti e «certificate», e di mettere i consumatori nella condizione di scegliere in maniera chiara e consapevole, tra le offerte di luce e gas, quelle che siano ritenute più vantaggiose e affidabili;

   lo slittamento della data incide su un mercato dove, alla fine del 2017, i clienti domestici nel mercato libero risultano essere il 40,6 per cento (complessivamente 11,8 milioni di punti di prelievo) contro 17,2 milioni di utenze nel tutelato, cioè il 59,4 per cento; mentre, nella tipologia «altri usi», risultano sul mercato libero 3,6 milioni di utenze (51,9 per cento) e 3,2 sul mercato tutelato (46,2 per cento), nella tipologia «Pubblica», 214 mila utenti nel mercato libero (80,7 per cento) contro 24 mila nel tutelato (9,3 per cento): complessivamente, 15,7 milioni di utenze hanno scelto il mercato libero, cifra che rappresenta il 43,2 per cento del mercato, e 20,5 milioni il mercato tutelato (56,5 per cento del mercato) mentre 91 mila risultano essere quelle in regime di salvaguardia (lo 0,3 per cento);

   all'articolo 1, i commi 67-68, della legge n. 124 del 2017, legge annuale per mercato e la concorrenza prevedono che siano rimandate ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico la definizione delle misure necessarie a garantire l'ingresso consapevole nel mercato dei clienti finali, secondo meccanismi che assicurino la concorrenza e la pluralità di fornitori e di offerte nel mercato libero;

   il processo di implementazione è in ritardo, stante la mancanza di tale decreto attuativo per l'avvio della riforma, decreto che il Ministro dello sviluppo economico avrebbe dovuto già emanare;

   la proroga, rispetto al superamento del mercato di maggior tutela, non deve comportare un mero slittamento temporale che vanifichi il processo di riforma del mercato energetico che è stato più volte rinviato, ma deve essere utilizzata, sfruttando il periodo che resta, per offrire un meccanismo che fornisca le maggiori certezze ai consumatori in termini di trasparenza affinché possano scegliere nel modo più consapevole –:

   quali siano gli orientamenti del Governo in merito alla riforma di cui in premessa e se abbia intenzione di proseguire nel percorso delineato dalla legge 4 agosto 2017 n. 124 teso a favorire la concorrenza in un settore così importante per la vita di cittadini e imprese.
(2-00100) «Benamati, Moretto, Bonomo, Gavino Manca, Mor, Nardi, Noja, Zardini».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   EVA LORENZONI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il piano industriale della Medtronic, la multinazionale Usa che ha acquistato la Invatec di Roncadelle, avviato nel 2015, prevedeva il trasferimento della produzione in Messico con circa 300 esuberi di dipendenti bresciani, su 530 dipendenti, impiegati negli stabilimenti di Roncadelle e Torbole Casaglia;

   una vera e propria odissea per i lavoratori coinvolti, che si trascina oramai da anni e che ha dato luogo a scioperi e presidi;

   il 7 giugno 2018 la Medtronic ha annunciato l'intenzione di chiudere le due sedi bresciane entro il 2020;

   la vertenza è ora all'attenzione del Ministero dello sviluppo economico, ove ha già avuto luogo un incontro il 12 luglio 2018 –:

   se ed in quali direzioni il Governo si stia muovendo per addivenire a soluzioni che possano garantire il mantenimento dei siti bresciani e dei livelli occupazionali.
(5-00457)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  La interrogazione a risposta in Commissione Sandra Savino n. 5-00164, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 luglio 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Milanato.

  La interrogazione a risposta in Commissione Braga n. 5-00208, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 luglio 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Pellicani.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta scritta Toccafondi n. 4-00569 del 27 giugno 2018;

   interrogazione a risposta in Commissione Tripiedi n. 5-00408 del 12 settembre 2018;

   interrogazione a risposta in Commissione Epifani n. 5-00438 del 13 settembre 2018;

   interpellanza Zolezzi n. 2-00098 del 17 settembre 2018.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore:

   interrogazione a risposta scritta Mazzetti e Silli n. 4-00871 del 31 luglio 2018 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-00455.