Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 19 maggio 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    la crisi epidemiologica mondiale determinata dal SARS-CoV-2 ha dimostrato come di fronte alle emergenze che coinvolgono la propria sicurezza nazionale gli Stati tendano ad assumere misure unilaterali di minimizzazione dei danni che spesso hanno riverberi negativi su altri Paesi;

    la reazione prevalente è consistita in molti casi in forme di controllo della circolazione delle informazioni che se, da un lato, hanno permesso ad alcuni di mitigare il panico, dall'altro non hanno favorito la disseminazione di informazioni che sarebbero state di grande utilità per gli Stati investiti in una fase successiva dal SARS-CoV-2;

    alcuni Stati più di altri hanno improntato la loro condotta ad una certa opacità e mancanza di collaborazione anche con i fori multilaterali incaricati di provvedere alla sicurezza sanitaria globale, come l'organizzazione mondiale della sanità (Oms);

    si sono rilevate anche pressioni esercitate da alcuni Stati nei confronti di altri, non appena a scopo preventivo sono state adottate misure di limitazione della mobilità delle persone provenienti dai Paesi ove l'emergenza epidemiologica aveva assunto già considerevole gravità;

    la stampa internazionale ha dato conto delle accuse rivolte dalle autorità degli Stati Uniti alla Cina, cui è stato attribuito l'esercizio di indebite pressioni sull'Oms affinché non suggerisse misure che potessero comportare danni economici o di immagine alla Repubblica popolare cinese;

    è stata oggetto di rilievi negativi anche la decisione assunta dal Governo italiano di porre fine ai collegamenti aerei tra il nostro Paese e la Repubblica popolare cinese durante le prime fasi dell'emergenza;

    quando anche il nostro Paese è stato raggiunto in forma drammatica dal COVID-19, si è assistito egualmente alla disordinata assunzione di misure da parte dei partner europei, non sempre effettivamente giustificate alla luce delle obiettive necessità del momento, ma che hanno provocato danni rilevanti alle esportazioni del nostro paese;

    nelle circostanze che si sono determinate a partire da gennaio 2020, i grandi fori multilaterali non si sono rivelati in grado di svolgere alcuna funzione utile nella gestione della crisi epidemiologica legata al COVID-19, appunto che persino la dichiarazione di pandemia è giunta tardiva;

    non soltanto l'Oms, ma anche l'Unione europea è stata nella circostanza quanto meno poco incisiva, dimostrando una volta di più i limiti dell'attuale processo d'integrazione in costanza di crisi;

    in Europa è mancata persino la possibilità di confrontare i dati relativi alla diffusione del contagio, dal momento che ciascuno Stato membro ha utilizzato parametri e metodi diversi, classificando in modo differente anche i decessi che si sono verificati in costanza di crisi epidemiologica;

    né dall'Oms né dalle autorità comunitarie europee sono giunte indicazioni univoche cui gli Stati membri potessero attenersi, circostanza che dimostra l'urgenza di iniziative politiche concertate da assumere nei fori multilaterali competenti, al fine di impedire in futuro il ripetersi degli errori che hanno reso meno efficace la risposta data alla crisi epidemiologica provocata dal SARS-CoV-2;

    risulta altresì non meno importante investigare su quanto è accaduto nelle fasi iniziali della pandemia;

    esiste altresì un significativo consenso all'apertura di un'inchiesta internazionale, come prova l'alto numero di Stati che hanno sottoscritto una proposta in tal senso presentata alla 73esima sessione della World Health Assembly,

impegna il Governo:

1) ad assumere nelle sedi internazionali competenti, anche in raccordo con gli alleati del nostro Paese, tutte le iniziative utili alla promozione di un'indagine internazionale sulle origini dell'epidemia da SARS-CoV-2, che accerti la dinamica degli eventi e le eventuali responsabilità dei singoli Paesi coinvolti e della stessa Organizzazione mondiale della sanità sotto il profilo della tempestiva comunicazione dei fatti accertati alla comunità internazionale e della congruità delle poche misure raccomandate alla gravità della situazione;

2) a promuovere l'avvio in sede europea di una riflessione sulle cause della mancanza di un indirizzo unitario dell'Unione europea in materia di gestione delle emergenze epidemiologiche, con l'obiettivo di pervenire quanto meno all'elaborazione di linee guida comuni cui attenersi in futuro in occasione di crisi che abbiano caratteristiche simili a quella determinata dal COVID-19.
(1-00350) «Formentini, Zoffili, Giorgetti, Molinari, Billi, Comencini, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Grimoldi, Picchi, Ribolla, Giglio Vigna, Bazzaro, Bianchi, Coin, Andrea Crippa, Lorenzo Fontana, Maggioni».

Risoluzioni in Commissione:


   La III Commissione,

   premesso che:

    la Farnesina opera costantemente mediante l'unità di crisi per tutelare i cittadini italiani all'estero in situazioni di emergenza, terrorismo, tensioni sociopolitiche, calamità naturali e pandemie;

    questa attività viene portata avanti con una capillare azione di analisi delle possibili situazioni di pericolo e di informazione del pubblico anche tramite siti istituzionali dedicati;

    il primo firmatario di questa risoluzione si è impegnato in tutte le sedi al fine di ottenere più risorse, sia umane, sia economiche, allo scopo di rinforzare tale fondamentale pilastro del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale;

    a tal proposito, il 21 agosto 2019 è stata presentata la mozione Zoffili ed altri (n. 1-00239), sottoscritta da tutti i Gruppi parlamentari e approvata dalla Camera in data 5 febbraio 2020, che, sottolineando quanto la tecnologia avesse permesso all'unità di crisi di essere molto più efficace nel raggiungere le regioni più remote del mondo per prevenire situazioni di crisi o pianificare interventi di soccorso, al fine di tutelare gli interessi degli italiani, impegnava il Governo, tra l'altro, a valutare la possibilità «di ricorrere eventualmente anche ad accordi specifici con i gestori telefonici e le piattaforme on line, circa l'importanza e l'utilità di registrarsi sul sito web del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale attraverso l'apposita applicazione»;

    nella mozione succitata si evidenziava come da fine giugno 2019 fosse disponibile la versione aggiornata dell'applicazione informatica consultabile su smartphone e tablet, per la quale era richiesta una semplice registrazione, specificando come tale strumento agile e di facile consultazione integrasse tutti i servizi dei due portali «ViaggiareSicuri.it» e «Dovesiamonelmondo.it», consentendo ai viaggiatori di geolocalizzarsi e ricevere notifiche durante i transiti nelle aree più a rischio, permettendo contestualmente di comunicare in tempo reale la propria condizione durante una fase di crisi;

    durante l'iter della legge di bilancio 2020, il Gruppo parlamentare Lega ha presentato, in entrambi i rami del Parlamento, emendamenti al fine di finanziare in particolare la nuova applicazione della Farnesina nell'azione di tutela dei connazionali nelle crisi internazionali, ma l'attuale maggioranza di Governo li ha respinti, togliendo così la possibilità di potenziare uno strumento che avrebbe potuto rivelarsi fondamentale durante la crisi internazionale provocata dalla pandemia da COVID-19;

    l'unità di crisi della Farnesina dispone di una sala operativa, attiva 24 ore su 24 tutti i giorni della settimana, che funge da «crisis room virtuale» per il coordinamento in tempo reale con le ambasciate coinvolte, nel caso di situazioni di emergenza;

    nonostante gli atti di indirizzo politico approvati dal Parlamenti e gli emendamenti presentati per sostenerla, potenziarla e finanziarne l'operatività, sui quali si è registrato l'avviso contrario del Governo in carica, l'unità di crisi si è trovata a far fronte ad una tale quantità di richieste di aiuto da parte degli italiani bloccati all'estero a causa della pandemia originata in Cina, senza che fossero stati né modificati né migliorati i parametri di riferimento;

    a tal fine, si evidenzia che la necessità di potenziamento dell'unità di crisi della Farnesina è stata ribadita dalla Lega tramite la presentazione di un emendamento al decreto-legge cosiddetto Cura Italia – il 72.7 Zoffili, respinto dalla maggioranza: l'emendamento stanziava un milione di euro da destinare al rafforzamento della sala operativa, per incrementarne il personale e le dotazioni, nonché per coprire le spese necessarie al pagamento dei voli da effettuare per rimpatriare urgentemente i cittadini;

    il 24 aprile 2020, l'ordine del giorno 9/2463/301 della Lega, messo in votazione, è stato respinto dalla maggioranza nella seduta di Assemblea n. 331: l'atto di indirizzo impegnava il Governo ad incrementare, nei limiti delle risorse disponibili assegnate al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, anche attraverso rimodulazioni interne, il personale e le dotazioni dell'unità di crisi della Farnesina, allo scopo di potenziarne i servizi di assistenza erogati e di rafforzare la sala operativa posta a sua disposizione;

    l'esigenza di potenziare i servizi in favore dei cittadini italiani in difficoltà all'estero non si è certamente attenuata, ma, al contrario, è sempre più acutamente avvertita,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative volte a dar seguito agli impegni assunti a seguito dell'approvazione della mozione Zoffili ed altri n. 1-00239 che ha avuto luogo alla Camera in data 5 febbraio 2020, stanziando risorse e rimodulando il personale e le dotazioni dell'unità di crisi della Farnesina, allo scopo di potenziarne i servizi di assistenza erogati e di rafforzare la sala operativa posta a sua disposizione;

   a sviluppare l'attuale applicazione in uso, in modo che sia di facile consultazione e al fine di permettere a ciascun cittadino di disporre in modo standardizzato e completo di tutte le informazioni disponibili, consentendo nel contempo l'accesso alla rete consolare.
(7-00481) «Zoffili, Billi, Comencini, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Formentini, Grimoldi, Picchi, Ribolla».


   La VII Commissione,

   premesso che:

    il sistema nazionale di istruzione è costituito, ai sensi della legge n. 62 del 2000, «dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali» tra le quali è sancita la parità formale per quanto tale parità sia, ancora oggi, a venti anni dall'approvazione della su citata legge, connessa esclusivamente al valore riconosciuto al titolo di studio rilasciato senza considerare la conseguente e necessaria equiparazione degli aspetti economici;

    la parità sostanziale tra istituzioni educative statali e istituzioni educative private, agita mediante concreti strumenti di natura finanziaria, risponderebbe al legittimo riconoscimento del diritto delle famiglie a scegliere il genere di istruzione da impartire ai propri figli;

    in Italia ci sono oltre 12.000 scuole paritarie, frequentate da circa 900.000 alunni e studenti e nelle quali sono occupati più di 160.000 lavoratori, tra personale docente e personale amministrativo, che svolgono la funzione educativa e formativa;

    la libertà di scelta educativa rappresenta il fondamento di un sistema scolastico improntato al pluralismo scolastico, in attuazione di quanto disposto all'articolo 33 della Costituzione, in osservanza di quanto disciplinato dalla già citata legge n. 62 del 2000 e come definito nella risoluzione dell'Assemblea parlamentare del Parlamento europeo n. 1904, F-67075, Strasburgo, 4 ottobre 2012 che raccomanda, al comma 6.1., «di procedere rapidamente alla analisi richiesta per identificare le riforme necessarie a garantire in maniera effettiva il diritto alla libertà di scelta educativa»;

    lo stato di emergenza derivante da COVID-19 ha determinato l'assunzione di scelte drastiche e improvvise quali la chiusura delle scuole e alla sospensione delle lezioni in presenza nelle scuole di ogni ordine e grado e nei servizi educativi;

    le scuole si sono trovate, di conseguenza e da un giorno all'altro, a dover rispondere a un improvviso cambio di passo che è sfociato nell'adozione della didattica a distanza per le scuole di ogni ordine e grado e non soltanto in quelle statali;

    questo settore fondamentale e strategico nella vita di un Paese, quale è quello dell'istruzione, ha risposto alla improvvisa richiesta di innovazione e cambiamento mettendo a disposizione tutte le risorse possibili, soprattutto umane, e tanta volontà, ma per quanto riguarda le risorse economiche sono venute a mancare del tutto per il sistema delle paritarie se si escludono i pochi fondi destinati alla sanificazione degli ambienti e gli spiccioli stanziati per la didattica a distanza nel decreto-legge 18 del 2020, cosiddetto Cura Italia;

    la sospensione dei servizi educativi e didattici in presenza ha comportato ulteriori conseguenze per le scuole paritarie: oltre alla necessità di mettere in campo risorse aggiuntive per l'organizzazione della didattica a distanza attraverso piattaforme valide e sicure e alle spese già sostenute per lo svolgimento dell'anno scolastico in corso, queste istituzioni si sono trovate a confrontarsi con la sospensione del pagamento delle rette da parte delle famiglie;

    contemporaneamente, le misure adottate in seguito all'emergenza sanitaria da COVID-19 – il fermo per motivi sanitari della maggior parte delle attività economiche nazionali – hanno determinato forti ripercussioni sul tessuto economico e sociale del Paese e conseguenze a volte drammatiche, sui redditi delle famiglie che si sono viste sospese, ridotte o del tutto annullate le fonti di reddito;

    in questo contesto generale le famiglie chiedono uno sconto sulle rette già versate relative ai mesi in cui non si sono svolte le lezioni, anche perché la presenza dei figli a casa, unita alla mancanza o alla contrazione del reddito citate, hanno certamente comportato e comporteranno ulteriori spese e minori entrare;

    le rilevanti difficoltà economiche che le famiglie si trovano oggi ad affrontare si acuiranno nel medio periodo e si ripercuoteranno sulla concreta possibilità di esercitare la libertà di scelta educativa con conseguente compromissione del diritto di scelta e del pluralismo educativo;

    le stime indicano nel 30 per cento del totale in numero di strutture paritarie che, nel giro di pochi mesi, saranno costrette a chiudere, poiché con l'avanzare di uno stato di crisi il ricorso alle scuole paritarie diminuisce, in quanto l'aspetto economico nella scelta del modello scolastico ricopre un ruolo se non determinante quanto meno molto significativo;

    le scuole paritarie rappresentano un pilastro fondamentale del sistema educativo italiano, in particolare per quanto riguarda il segmento scuole dell'infanzia, che in alcune regioni italiane è un servizio offerto dalle istituzioni paritarie anche più del 50 per cento dell'offerta complessiva presente sul territorio;

    la chiusura delle scuole paritarie comporterà lo spostamento di un nutrito numero di studenti – circa 300 mila secondo le previsioni – nella scuola statale che si ritrova oggi a confrontarsi con le problematiche dell'avvio del nuovo anno scolastico nel rispetto delle norme di distanziamento fisico tra gli studenti e nell'osservanza dei protocolli in materia di sicurezza sanitaria;

    la mancata riapertura di un ingente numero di scuole paritarie, con conseguente riduzione della loro offerta scolastica, si inserirebbe in un contesto già di per sé critico in cui le soluzioni di natura logistico-organizzativa che dovranno essere adottate all'inizio del prossimo anno scolastico richiederanno maggiori spazi e ulteriori e ingenti costi al sistema scolastico statale che non riuscirà a far fronte a questa nuova domanda di istruzione;

    la Ministra dell'istruzione ha dichiarato in questi, giorni che «Nel rispetto della libertà di scelta educativa delle famiglie, saranno supportate in modo concreto tutte le scuole del sistema nazionale d'istruzione»;

    in sede parlamentare ha ricordato «la funzione sussidiaria che le scuole paritarie svolgono nella società e nell'ambito dell'istruzione quale parte integrante del sistema nazionale di istruzione, secondo quanto previsto dalle legge n. 62 del 2000»;

    risulta da notizie stampa che nel cosiddetto decreto-legge rilancio sia previsto, esclusivamente a favore delle scuole paritarie dell'infanzia, un finanziamento di 80 milioni di euro volti, per 65 milioni a coprire il mancato versamento delle rette da parte delle famiglie nei mesi di sospensione della didattica in presenza e per 15 milioni da destinare alle regioni per la costituzione di un apposito fondo;

    tale contributo, oltre a non prendere in considerazione le scuole del primo e del secondo ciclo, considerati gli stanziamenti annunciati, il numero delle scuole dell'infanzia paritarie che sono 8.957 e il numero di bambini iscritti, ammonterà ad una somma di 152.000 per ogni bambino;

    i gestori delle scuole paritarie hanno indetto una forma di sciopero attivo per il 19 e 20 maggio per cui interromperanno le lezioni per organizzare, con il coinvolgimento delle famiglie, dei docenti, degli studenti, eventi di vario tipo in diretta social quale forma di appello alla classe politica perché non condanni il pluralismo culturale del Paese;

    non si possono, inoltre, ignorare e discriminare i lavoratori delle scuole paritarie che non solo contribuiscono quotidianamente al funzionamento del sistema educativo e alla realizzazione delle finalità di istruzione che la Costituzione attribuisce allo stesso sistema scolastico, cui peraltro lo Stato non riuscirebbe a far fronte;

    anche la Conferenza episcopale italiana ha riconosciuto la gravità della situazione e ha deciso di destinare 20 mila borse di studio per aiutare gli allievi a tornare a scuola, manifestando così rinnovato appoggio e solidarietà alla scuola intesa come sistema organico, costituito da più componenti con anime diverse ma tutte degne di essere riconosciute e disponendo un aiuto alle famiglie, affinché possano esercitare la propria responsabilità educativa in modo libero senza condizionamenti economici; così si salva la scuola tutta,

impegna il Governo

a riconoscere alle scuole paritarie il ruolo strategico che svolgono nell'ambito del sistema nazionale di istruzione, adottando iniziative per prevedere con urgenza, nel primo provvedimento utile, misure di sostegno e salvaguardia di questo comparto educativo quali:

   a) l'istituzione di un fondo per le esigenze emergenziali delle scuole paritarie al fine di garantire la continuità del servizio da queste svolto per le famiglie ed il futuro dei lavoratori del settore;

   b) l'esonero, per l'anno 2020, dal pagamento di qualsiasi tipologia di imposta e tributo locale per le scuole paritarie no profit;

   c) il riconoscimento della detraibilità integrale, per l'anno 2020 delle rette versate dalle famiglie per alunno o studente, per la frequenza di scuole del sistema nazionale di istruzione;

   d) interventi a favore del personale delle scuole paritarie.
(7-00480) «Aprea, Casciello, Marin, Palmieri, Saccani Jotti, Vietina, Spena, Ruffino, Bagnasco».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:

   hanno suscitato grave allarme e forte preoccupazione in questi giorni le dichiarazioni dell'amministratore delegato Burelli riguardo ad un possibile piano di riorganizzazione della società Acciai Speciali Terni, del gruppo Thyssenkrupp, che potrebbe prevedere anche la vendita del sito industriale;

   gli orientamenti della multinazionale tedesca presentano aspetti che lasciano sconcertati: si è passati improvvisamente dalla strategicità del sito ternano a possibili soluzioni esterne al gruppo;

   i sindacati, i lavoratori, tutta la comunità umbra hanno espresso grande preoccupazione in merito ad un'ipotesi che metterebbe in ginocchio un intero comparto produttivo, causando danni incalcolabili non solo al tessuto lavorativo e aziendale della regione Umbria ma di tutta la produzione nazionale di un settore industriale strategico per l'Italia e per il mercato internazionale, con gravissime ricadute anche sull'indotto;

   la società Ast di Terni è di rilevanza strategica per il Paese e la possibile riorganizzazione del sito, in una fase storica ed economica condizionata dalla pandemia sanitaria, costituirebbe un serio pericolo per l'intero sito industriale e per tutti i livelli occupazionali e rimetterebbe in discussione le prospettive della produzione di acciaio, divenuta strategica anche grazie a tutti i lavoratori delle acciaierie ternane che hanno reso di alta qualità e competitive le produzioni del polo;

   la nuova fase aperta dal gruppo tedesco Thyssenkrupp richiede la massima attenzione e il coinvolgimento di tutte le componenti territoriali e delle istituzioni locali e naturalmente, in considerazione della rilevanza strategica del comparto produttivo ternano, delle istituzioni nazionali e del Governo –:

   quali iniziative di competenza, immediate e urgenti, intenda promuovere il Governo, al fine di evitare scelte da parte del gruppo Thyssenkrupp che potrebbero provocare conseguenze serie e gravi in un'azienda di portata strategica nazionale, mettendo a rischio la produzione di un comparto industriale non solo regionale ma del Paese intero, con ricadute estremamente preoccupanti anche a livello di mercato internazionale e con conseguenze pesanti sull'occupazione in un momento di gravissima difficoltà economica aggravata anche dalla situazione sanitaria, sociale ed economica provocata dalla pandemia.
(2-00803) «Verini».

Interrogazioni a risposta orale:


   DONZELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 aprile 2020 è stato istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri il «Comitato di esperti in materia economica e sociale», presieduto da Vittorio Colao. Fra i membri che lo compongono figura anche Stefano Simontacchi, definito dal suddetto decreto «Avvocato, Presidente Bonelli Erede e Presidente Fondazione Buzzi». Secondo quanto risulterebbe, lo stesso, contrariamente a quanto si legge nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, non risulterebbe iscritto all'Albo degli avvocati, ma soltanto a quello dei dottori commercialisti e degli esperti contabili (Odcec). La Bonelli Erede, di cui Simontacchi ricopre l'incarico di presidente, è una nota law firm internazionale con sede a Milano. Come si evince dalle stesse pagine web dell'azienda (www.belex.com), è impegnata nell'erogazione di servizi di consulenza connessi all'emergenza COVID-19. Nell'azienda opera da diversi anni un apposito Dipartimento denominato «Healthcare and Life Sciences», che si occupa stabilmente di dispositivi medici e farmaceutici. La Bonelli Erede risulta essere, infatti, la mandataria di importanti case farmaceutiche di caratura internazionale. Fra i membri nominati che compongono il «Comitato di esperti in materia economica e sociale» figura anche Giuseppe Falco, definito «Amministratore Delegato per il Sistema Italia-Grecia-Turchia e Senior Partner & Managing Director di The Boston Consulting Group (BCG)». Come risulta dalle pagine web del sito internet www.bcg.com, tale società di consulenza, con sede a Milano, si occupa specificatamente di biofarmaceutica, fornendo appositi kit di strumenti biofarmaceutici –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   quali siano gli emolumenti previsti per i membri del «Comitato di esperti in materia economica e sociale»;

   se non ritenga di dover rimuovere la dicitura «avvocato» nella nomina del dottor Stefano Simontacchi, a tutela della stessa Presidenza del Consiglio contro il discredito stesso del comitato nominato;

   se i membri nominati nel «Comitato di esperti in materia economica e sociale» abbiano rilasciato le attestazioni prescritte dall'articolo 53, comma 14, del decreto legislativo n. 165 del 2001 in materia di insussistenza di casi di conflitto di interesse;

   se non ritenga opportuno, alla luce, di quanto sopra descritto, revocare le nomine di Simontacchi e Falco dal suddetto comitato.
(3-01545)


   MARIN, BRUNETTA, MILANATO, BOND, ZANETTIN, BARATTO, CORTELAZZO e CAON. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nelle bozze del cosiddetto «decreto rilancio» che circolano in questi giorni, è inserita una norma che prevede l'istituzione presso il Ministero dell'interno di un fondo di 200 milioni di euro per l'anno 2020 da assegnare sulla base della popolazione ai comuni ricadenti nei territori delle province di cui al comma 6 dell'articolo 18 del decreto-legge 9 aprile 2020, n. 23 (e quindi le province di Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi e Piacenza); i comuni beneficiari devono destinare le risorse ad interventi di sostegno di carattere economico e sociale per fronteggiare l'emergenza dovuta alla diffusione del virus Sars-Cov-2;

   in altre parole, i comuni veneti, che sin dall'inizio pagano il prezzo della profonda crisi dovuta all'emergenza sanitaria ed economica ancora in corso, sono completamente esclusi dal contributo straordinario destinato ai territori dichiarati «zone rosse» nella fase più tragica dell'epidemia;

   la regione Veneto è stata una delle regioni più colpite e ha sofferto per prima le conseguenze della diffusione del virus Sars-Cov-2. Si è vista annullare eventi e fiere di respiro nazionale e internazionale; il turismo è azzerato e sono andati persi migliaia di posti lavoro, oltre al fatto che moltissime attività sono praticamente a rischio chiusura. Lo Stato non può e non deve dimenticare questi territori –:

   quali iniziative urgenti il Governo intenda intraprendere per garantire ai comuni veneti un sostegno concreto di carattere economico e sociale a seguito dei gravi danni registrati negli ultimi mesi e se intenda comunque adottare iniziative per aumentare la dotazione finanziaria dei fondi previsti per i territori maggiormente colpiti dalla crisi legata all'emergenza COVID-19, includendo anche le province venete.
(3-01546)


   LUCA DE CARLO, OSNATO, BIGNAMI e DONZELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nelle ultime settimane è ripreso in maniera incessante il flusso di clandestini dalla cosiddetta «rotta balcanica», che arriva via terra attraverso il nostro confine orientale;

   l'allarme che giunge dalla frontiera di Trieste, dove si segnalano mediamente una cinquantina di nuovi arrivi giornalieri (ma con picchi di 150-200), sembra non essere preso adeguatamente in considerazione dalle autorità pubbliche, tantopiù nella situazione oltremodo problematica dell'emergenza sanitaria per il Coronavirus;

   il 15 maggio 2020 un servizio andato in onda sul Tg5 ha documentato la vicenda raccontando come gli stranieri definiscano un «gioco» l'ingresso in Italia attraverso la rotta balcanica. La strada percorsa, come testimoniato da uno di essi, intervistato da Fausto Biloslavo, è grossomodo sempre la stessa: «Bosnia, Slovacchia Slovenia e poi Italia». «Nove volte la polizia croata ci aveva respinto, stavolta non abbiamo trovato nessuno», ha raccontato l'uomo. La rotta si conclude alle porte di Trieste, con la polizia italiana costretta da «disposizioni dall'alto» ad accompagnare i clandestini anziché respingerli;

   gli intercettati vengono dotati di mascherina dopo la misurazione della temperatura corporea ed un bus li conduce ad un tendone dell'esercito nei pressi del valico di Fernetti. «Non abbiamo locali e mezzi idonei con le necessarie separazioni per proteggere gli operatori anche sotto il profilo sanitario», denuncia Lorenzo Tamaro del Sindacato autonomo polizia;

   nella ricostruzione del percorso viene citata come punto di partenza la Bosnia, dove però non si arriva magicamente, constatato che i clandestini provengono dall'Afghanistan, dal Pakistan, dal Bangladesh: snodo fondamentale nel cammino è la Turchia di Erdogan, che chiuse con l'Unione europea un accordo lautamente pagato (6 miliardi di euro) per porre freno alla migrazione attraverso la via balcanica;

   un diverso aspetto della questione è stato descritto sul Secolo d'Italia il 17 maggio 2020, in un articolo a firma Roberto Menia, con particolare riguardo al grave impatto sociale sulla città di Trieste: per gli irregolari le regole di fatto non valgono. Si incontrano diversi assembramenti, vietati agli italiani ma evidentemente non ai «migranti», che occupano piazze e marciapiedi, seduti a terra, agli angoli, sulle panchine, sulle aiuole o sotto gli alberi;

   nei sentieri e nei boschi del Carso e della Val Rosandra, ci si imbatte in imbarazzanti mucchi di scarpacce e vesti cenciose abbandonate, assieme a documenti d'identità bruciati o fatti a pezzi che svolazzano tra le siepi. Nei pressi di Draga Sant'Elia c'è una piccola grotta piena di queste «testimonianze» –:

   quali siano le iniziative di prevenzione che il Governo ha intenzione di mettere in atto per evitare che i confini nazionali del Nord-est siano presi d'assalto e al fine di scongiurare che la città di Trieste diventi la Lampedusa del nord;

   per quale motivo al confine con la Slovenia non vi siano in atto, da parte delle autorità italiane, azioni di respingimento esattamente uguali a quelle che la Francia opera nei confronti dei clandestini provenienti attraverso l'Italia, riportati ad opera delle loro autorità a Ventimiglia;

   quali iniziative internazionali si intendano porre in essere da parte del Governo nei confronti dell'Unione europea, a proposito della ripartizione dei migranti e della Turchia per il rispetto degli accordi con l'Unione europea sul contrasto del flusso migratorio;

   quali iniziative ulteriori e stringenti intendano attuare, di concerto, il Ministro della salute e il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale nei confronti delle migliaia di migranti che mettono in pericolo la salute pubblica, sottolineando come, su un piano di stretta parità e logica stringente, dovrebbe valere ancora di più quanto dichiarato dal Ministro Di Maio a proposito dei molti italiani ancora bloccati all'estero, ossia che non possono rientrare tutti perché aumenterebbero il rischio pandemia.
(3-01555)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE FILIPPO, ANZALDI e TOCCAFONDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   La Gazzetta del Mezzogiorno rischia seriamente di chiudere. Reduce dal commissariamento giudiziario dovuto ad una vicenda che ha coinvolto l'editore siciliano Mario Ciancio Sanfilippo, a cui dopo quasi due anni il tribunale di Catania ha restituito i beni tra i quali anche La Gazzetta del Mezzogiorno, il giornale assiste in questi giorni a quello che potrebbe essere il colpo di grazia: lo stesso editore, infatti, ha comunicato la volontà di mettere in liquidazione la Edisud spa, la società editrice del quotidiano;

   il 9 giugno 2020 si terrà la prima udienza in tribunale, mentre il 25 maggio è in programma l'udienza sulla rinuncia al concordato in bianco già «avallato» dall'azionista di minoranza di Edisud, Valter Mainetti;

   tutto il corpo redazionale sperava che con la restituzione della Gazzetta all'attuale editore potesse partire finalmente una stagione di rilancio dopo mesi di sacrifici, motivo per il quale i giornalisti hanno sopportato il peso di una forte politica di tagli occupazionali per tutelare il loro lavoro e la storia del giornale, che ha attraversato due guerre mondiali raccontando problemi, vittorie e sconfitte del territorio. In sostanza la famiglia Ciancio Sanfilippo sta abbandonando la testata dopo che lo ha fatto anche il socio di minoranza della Edisud, l'uomo d'affari Valter Mainetti, che ha presentato un concordato per il salvataggio del quotidiano e poi lo ha ritirato senza più dare notizie di sé;

   tutto ciò dopo che l'assemblea dei soci della Edisud, società editrice della «Gazzetta» è andata deserta. A mancare l'appuntamento strategico, qualche giorno fa, è stata la famiglia Ciancio Sanfilippo – proprietaria della quasi totalità delle azioni della società per azioni – alla quale spettava nominare il nuovo consiglio di amministrazione;

   l'istanza di fallimento coincide anche – per un ineffabile scherzo del destino – con la pubblicazione del report dei dati Audiweb che conferma anche nel mese di marzo 2020 le ottime performance del sito de La Gazzetta del Mezzogiorno certificando il raddoppio degli utenti unici medi giornalieri rispetto a febbraio e colloca la testata al 42esimo posto nelle prime 100 testate on line nazionali. Dato da leggere anche con i dati Audipress che confermano la leadership dell'informazione del giornale in Puglia e Basilicata;

   rischia di chiudere così un'esperienza che è iniziata quasi 133 anni fa e che ha segnato la vita di generazioni di pugliesi e lucani. Se ciò accadesse sarebbe un grave colpo non solo al pluralismo dell'informazione ma anche al territorio di due regioni, Puglia e Basilicata, in cui il giornale rappresenta una voce importante e autorevole;

   in questo contesto i giornalisti intendono costituirsi in cooperativa per eventualmente trattare con un acquirente. Altre soluzioni potrebbero essere quelle di favorire l'introduzione di uno scudo finanziario o la strada di un'amministrazione straordinaria –:

   se sia a conoscenza degli avvenimenti di cui in premessa e quali iniziative intenda intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze, per scongiurare la chiusura de La Gazzetta del Mezzogiorno, quale importante voce dell'informazione in particolare del Sud Italia, affinché nel nostro Paese l'editoria e il pluralismo dell'informazione possano continuare ad esser assicurati.
(5-04001)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   dalla cronaca locale di Piombino si apprende che 41 delle 56 ecoballe disperse da un cargo il 23 luglio 2015 nelle acque del Mar Tirreno, nel golfo di Follonica, fra la costa toscana e l'isola d'Elba, non sarebbero ancora state recuperate;

   delle 56 ecoballe, pari a 63 mila chili di plastica, ne sarebbero state recuperate infatti solo 15, da quando sono state rintracciate sui fondali, mentre per il recupero delle altre 41 si starebbe attendendo che lo Stato si pronunci sull'intoppo burocratico venutosi a creare dopo la nomina del capo reparto ambientale marittimo delle capitanerie di porto a commissario straordinario per lo smaltimento;

   tutte le operazioni di recupero sarebbero infatti bloccate dal dicembre 2019, dopo una delibera dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato;

   tra 50 giorni scade l'incarico di commissario straordinario per il contrammiraglio Aurelio Caligiore, incaricato nel giugno 2019 del recupero e smaltimento delle ecoballe con il ruolo di capo del reparto ambientale marino delle capitanerie di porto;

   da dicembre 2019 per tale nomina il contrammiraglio è oggetto di un procedimento dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) per potenziale conflitto di interessi;

   il 22 aprile 2020 l'Agcm ha rinviato la pronuncia sulla potenziale incompatibilità al 31 luglio del 2020 ovvero oltre un mese dopo la scadenza naturale dell'incarico;

   in un documento del 4 maggio 2020 l'Ispra ha definito «indifferibile» il recupero delle ecoballe;

   nonostante le richieste degli enti locali che hanno più volte sollecitato la protezione civile nazionale e il Presidente del Consiglio dei ministri a trovare soluzioni alternative utili a superare l'intoppo burocratico legato ai tempi del procedimento dell'Agcm che impedisce il recupero delle ecoballe al fine di evitare un disastro ambientale, anche l'ultima riunione del 7 maggio 2020, a quanto risulta all'interrogante, si è conclusa senza l'assunzione di decisioni operative, dato che dopo 5 anni quelle ecoballe mostrano sempre più evidenti segni di deterioramento;

   anche Legambiente ha più volte lanciato l'allarme e sollecitato gli enti locali e le istituzioni nazionali a intervenire per sbloccare il recupero delle ecoballe;

   sull'intervento di recupero deve pronunciarsi la protezione civile nazionale, mentre la decisione su come operare è di competenza del Presidente del Consiglio dei ministri;

   da quanto risulta all'interrogante ormai da anni il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare avrebbe predisposto un «Piano operativo di pronto intervento per la difesa del mare e delle zone costiere dagli inquinamenti accidentali da idrocarburi e da altre sostanze nocive»;

   tale piano disciplina le modalità operative di intervento del dipartimento della protezione civile nazionale;

   gli attuali ritardi nell'intervento e la situazione complessiva che si è venuta a creare e che rischia di prefigurare un disastro ambientale incombente fanno supporre che il piano operativo richiamato non sia stato applicato;

   l'auspicio dell'interrogante è che il Governo e il dipartimento della protezione civile diano un segnale concreto già nei prossimi giorni affinché si possa superare tale paralisi burocratica –:

   di quali ulteriori elementi disponga il Governo rispetto a quanto esposto in premessa e se per le attività di recupero delle ecoballe disperse nel luglio 2015 nel golfo di Follonica sia stato applicato quanto previsto dal piano operativo del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare richiamato in premessa;

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare affinché i lavori di recupero delle ecoballe presenti sui fondali delle acque del Mar Tirreno siano conclusi in tempi certi e urgenti, individuando la soluzione più rapida ed efficace per sbloccare ogni iter burocratico, dal momento che, a parere dell'interrogante, non ci si può permettere che quel territorio magnifico dal punto di vista naturalistico e ambientale rischi un disastro ambientale senza precedenti.
(4-05707)


   DEIDDA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari europei, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   le conseguenze economiche della diffusione del Covid-19 non saranno limitate esclusivamente al periodo strettamente emergenziale, ma, per alcuni settori, e, in particolare, per quello turistico ricettivo, ricadranno sul medio e lungo periodo;

   i provvedimenti adottati dal Governo hanno previsto interventi assolutamente inadeguati per il sostegno del settore, in particolare avuto riguardo all'incidenza che lo stesso ha sull'economia nazionale, anche in considerazione del patrimonio artistico naturale presente nel territorio nazionale;

   recentemente, dalla stampa si è appreso che l'Unione europea starebbe elaborando un programma di uscita dal confinamento su base regionale, e non nazionale, che permetta di muoversi tra le zone meno colpite dal virus, soprattutto in vista delle prossime vacanze estive;

   in particolare, il predetto piano prevedrebbe l'istituzione di zone rosse e verdi nell'intera area Schengen, al fine di agevolare la mobilità tra quelle verdi, anche in ragione del fatto che i viaggi intracomunitari rappresentano l'80 per cento del turismo di Spagna, Italia, Grecia e Croazia;

   la mappatura in questione dovrebbe essere determinata sulla base di alcuni parametri, tra i quali, il numero di posti in terapia intensiva, l'indice di crescita R0 inferiore a 1 e, infine, l'esistenza di sistemi capillari di test e tracciamento;

   da una prima ipotesi circolata nelle ultime ore, la Sardegna sembrerebbe essere stata inclusa tra le zone rosse, nonostante abbia un indice di contagio assolutamente esiguo, inferiore allo 0,3, nonché numeri adeguati nei reparti di terapia intensiva;

   l'erronea inclusione della Sardegna tra le zone rosse, assolutamente in contrasto con i dati rilevati anche dall'Istituto superiore di sanità, determinerebbe un gravissimo danno all'isola, considerato che il turismo rappresenta uno degli elementi cardine del sistema economico regionale –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative intenda assumere al fine di garantire l'inclusione della Sardegna tra le zone verdi.
(4-05709)


   DEIDDA, PRISCO, VARCHI, ROTELLI e GALANTINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, il Governo, al fine di limitare gli effetti negativi sull'economia determinati dalle misure poste in essere per fronteggiare l'emergenza epidemiologica in atto, ha previsto l'erogazione, in favore dei lavoratori dipendenti, della cassa integrazione, ordinaria e in deroga; mentre in favore dei lavori autonomi e liberi professionisti, è stato previsto il pagamento di un contributo, per il mese di marzo 2020, determinato nell'importo, comunque assolutamente esiguo, pari a euro 600;

   in particolare, l'articolo 29 del citato decreto ha previsto il pagamento della predetta indennità anche in favore dei lavoratori dipendenti stagionali del settore turistico e degli stabilimenti termali, che abbiano cessato involontariamente il rapporto di lavoro, purché non titolari di pensione o di contratto di lavoro dipendente alla data di entrata in vigore del decreto;

   il decreto-legge cosiddetto «Rilancio», annunciato recentemente dal Governo, ma non ancora pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, dovrebbe prevedere l'erogazione della citata indennità anche per le mensilità di aprile e maggio 2020;

   recentemente, moltissimi lavoratori del settore in questione, a quanto consta agli interroganti, avrebbero ricevuto il rigetto della domanda, in quanto non risulterebbero essere stati titolari di un rapporto di lavoro nel settore turistico: e ciò, nonostante dai relativi estratti contributivi presenti nel portale dell'Inps risulti l'esatto contrario;

   le conseguenze economiche della diffusione del Covid-19 non saranno limitate esclusivamente al periodo strettamente emergenziale, ma, per alcuni settori, e, in particolare, per tutti quelli legati al turismo, ricadranno sul medio e lungo periodo;

   i citati rigetti, verosimilmente conseguenti a un errore del sistema e, comunque, assolutamente ingiustificati, appaiono lesivi dei diritti dei lavoratori del settore e, in ogni caso, inopportuni alla luce della situazione emergenziale in atto;

   l'erronea valutazione delle domande, oltre a non garantire un minimo di sostentamento ai lavoratori interessati, rischia di ingenerare un notevole contenzioso, con aggravio di costi a carico della finanza pubblica –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative intenda assumere affinché l'Inps riveda, d'ufficio, i provvedimenti di rigetto in questione, garantendo, conseguentemente, l'erogazione del contributo in favore di tutti i lavoratori che precedentemente siano stati titolari di un contratto di lavoro nel settore in esame, nonché in possesso di tutti gli altri requisiti.
(4-05710)


   MACCANTI, CAPITANIO, CECCHETTI, DONINA, GIACOMETTI, MORELLI, RIXI, TOMBOLATO e ZORDAN. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'assemblea dei giornalisti dell'Ansa ha proclamato uno sciopero di 48 ore a partire dalle ore 7 del 15 maggio 2020 e fino alle ore 7 del 17 maggio 2020;

   l'azienda ha prospettato 24 giorni di cassa integrazione per tutti i giornalisti e la riduzione del budget per i collaboratori del 25 per cento per coprire le probabili perdite di bilancio derivanti dall'emergenza coronavirus;

   nel comunicato rilasciato dai giornalisti dell'agenzia si legge che «le misure avanzate comprometterebbero gravemente la capacità dell'Ansa di assicurare un notiziario adeguato alle esigenze del Paese in un momento in cui il ruolo dell'informazione è quanto mai essenziale. L'azienda intende raggiungere il pareggio dei conti scaricando i costi sui redattori ed ancora peggio sui collaboratori e sui precari»;

   per la Federazione nazionale della stampa è importante che le aziende «facciano la loro parte, puntando (...) a potenziare e arricchire l'offerta informativa su tutte le piattaforme, senza ragionare in termini di tagli indiscriminati del costo e dei posti di lavoro»;

   l'Agenzia nazionale stampa associata, comunemente conosciuta con la sigla Ansa, è la prima agenzia di informazione multimediale in Italia e la quinta al mondo dopo Reuters, AP, Afp ed Efe. Fu fondata a Roma nel 1945 per succedere alla disciolta agenzia Stefani. L'Ansa è una cooperativa di 36 soci editori dei principali quotidiani italiani e ha lo scopo di raccogliere e trasmettere notizie sui principali avvenimenti italiani e mondiali. A tal fine l'agenzia ha 22 sedi in Italia e 81 uffici in 78 altri Paesi. Le agenzie Ansa trasmettono oltre 3.500 notizie e più di 1.500 foto al giorno che vengono inviate ai mezzi di informazione italiani, alle istituzioni nazionali, locali ed internazionali, alle associazioni di categoria, ai partiti politici e ai sindacati. L'Ansa trasmette notiziari nazionali, locali e specifici per settore. Oltre ai notiziari in lingua italiana l'agenzia trasmette i propri notiziari in lingua inglese, spagnola, tedesca, portoghese e in arabo;

   la redazione negli ultimi 15 anni ha subito progressivi tagli di organico e sacrifici economici che hanno compromesso il futuro dell'agenzia, rendendo così palese che l'assetto proprietario, immaginato 75 anni fa per garantire al Paese una fonte di notizie imparziale e indipendente, è ormai del tutto inadeguato ai tempi;

   in questa fase di emergenza globale causata dal Covid-19, l'intera filiera produttiva della stampa è impegnata a garantire la continuità di un bene primario, quale quello dell'informazione, che, mai come in questo momento, è chiamato ad assolvere la sua più alta funzione di diritto costituzionalmente garantito;

   tale impegno ha comportato significativi oneri a carico di un settore già duramente colpito da una crisi strutturale: nuove modalità di organizzazione del lavoro; nuovi investimenti per la sicurezza dei dipendenti, dei luoghi di lavoro, delle reti di comunicazione; nuovi servizi resi ai lettori e agli abbonati per garantire la consegna dei giornali;

   contestualmente, la quasi totalità dei quotidiani e dei periodici italiani ha ampliato la propria offerta editoriale, favorendo la diffusione capillare delle notizie, e ha promosso offerte commerciali su taluni specifici prodotti premium a prezzi simbolici;

   l'essere costretti a restare in casa sta spingendo la popolazione a privilegiare sempre di più l'utilizzo di formati digitali; inoltre, questi dati confermano il bisogno degli utenti italiani di accedere a una informazione corretta, affidabile e verificata, avvertita come unico presidio contro le fake news-:

   quali urgenti iniziative il Governo intenda assumere per una rapidissima convocazione delle parti in sede ministeriale, al fine di individuare una soluzione in termini di politica industriale che salvaguardi i livelli occupazionali.
(4-05715)


   VIETINA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il mondo della disabilità non può aspettare nel ricevere un aiuto concreto e immediato da parte delle istituzioni;

   migliaia di diversamente abili, giovani e giovanissimi, si trovano in una situazione di grande difficoltà ad affrontare la quotidianità legata all'epidemia in corso;

   chiusi i centri di riabilitazione e diurni i ragazzi disabili rischiano di perdere autonomia e i progressi raggiunti con grande fatica;

   l'isolamento di questo periodo legato all'emergenza sanitaria ha creato numerosi problemi nell'equilibrio psicologico ed un evidente peggioramento della loro precaria situazione fisica ed emotiva;

   le famiglie si sentono sole e abbandonate di fronte a figli diventati ingestibili;

   il 14 maggio 2020 si è consumata una tragedia nel Modenese, a Carpi, dove un uomo di 69 anni ha ucciso il proprio figlio disabile di 37, per poi togliersi la vita sostenendo di non «sopportare più di vedere il proprio figlio soffrire così»;

   è doveroso ricordare alle istituzioni che il mondo della disabilità deve essere sostenuto insieme e prima di quello delle abilità e che, insieme alla preoccupazione di riaprire ristoranti, parrucchieri e centri estetici, si deve lavorare su come e quando rimettere in moto le strutture idonee ad aiutare i disabili, riportandoli ad un livello di vita accettabile e dignitosa;

   è fondamentale, per evitare il consumarsi di altre tragedie come quella di Carpi, che le famiglie non si sentano abbandonate dalle istituzioni –:

   se e attraverso quali iniziative, e con quale tempistica, il Governo intenda adoperarsi per sostenere il mondo della disabilità in modo efficace, anche alla luce della tragedia richiamata in premessa.
(4-05718)


   DEIDDA e CIABURRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   i provvedimenti normativi adottati dal Governo al fine di limitare gli effetti negativi sull'economia, conseguenti alle disposizioni poste in essere per fronteggiare l'emergenza epidemiologica in atto hanno previsto alcune misure, seppure esigue, di sostegno economico in favore dei lavoratori e delle imprese;

   nonostante il settore delle attività e degli spettacoli viaggianti, di giostre e luna park risulti gravemente e maggiormente danneggiato dalle disposizioni limitative suindicate, in favore del medesimo settore non risulta che siano state previste specifiche e adeguate misure di sostegno economico;

   l'emergenza sanitaria in atto ha determinato la cancellazione di tutte le feste e/o sagre paesane, nell'ambito delle quali le imprese del settore in esame esercitano, di solito, la relativa attività, in particolare, nel periodo ricompreso tra aprile e ottobre;

   nel solo territorio regionale sardo, nel settore in esame operano circa ottanta ditte individuali e l'attività in questione, proprio perché svolta in modo itinerante, necessita di adeguata e tempestiva programmazione;

   la maggior parte delle ditte suindicate opera in modo autonomo ed indipendente, avvalendosi prevalentemente di collaboratori familiari, dimodoché il blocco dell'attività, spesso, ricade sull'intero nucleo familiare, e non su un singolo componente;

   pure nell'ipotesi in cui l'emergenza epidemiologica in atto dovesse cessare, le imprese in questione risulterebbero comunque impossibilitate a riprendere l'attività e, pertanto, le stesse non sarebbero in grado di sostenersi – come invece accade solitamente – nella prossima stagione invernale, nella quale, il mercato in questione risulta pressoché integralmente interrotto;

   allo stato, la categoria in esame appare tra le più colpite dall'emergenza, tenuto conto anche del fatto che, ad oggi, nessuna manifestazione può essere programmata e che la cittadinanza, pure al termine dell'attuale stato emergenziale, difficilmente risulterà propensa ad accedere alle suddette attrazioni;

   appare necessario prevedere, in favore degli esercenti in questione, misure specifiche di sostegno, tra cui, in particolare, l'istituzione di un reddito di emergenza in favore del titolare dell'attività – da determinare anche in modo proporzionale rispetto al numero dei componenti del nucleo familiare attivi nella stessa azienda – nonché di un fondo specifico destinato alla concessione di contributi a fondo perduto e/o all'esenzione dal pagamento di imposte e tributi per le annualità 2020-2021 –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative intenda assumere al fine di sostenere il settore in questione, se del caso, con l'istituzione di un reddito di emergenza in favore del titolare dell'attività – da determinare anche in modo proporzionale rispetto al numero dei componenti del nucleo familiare attivi nella stessa azienda – nonché di un fondo specifico destinato alla concessione di contributi a fondo perduto e/o all'esenzione dal pagamento di imposte e tributi per le annualità 2020-2021.
(4-05720)


   SILLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   dai dati e dalle fonti raccolte dal gruppo di lavoro del prof. dott. Pierfrancesco Belli – presidente della Commissione rischi ed etica sanitaria di Incer Institute, Centro internazionale di eccellenza per la formazione e la ricerca, nonché responsabile rischio clinico per la Toscana di Snami – Sindacato nazionale autonomo medici italiani e presidente della Commissione rischi sanitari e disabilità di Cisa, Centro inter-accademico per le scienze attuariali e la gestione dei rischi e dal gruppo di lavoro coordinato dal dottor Riccardo Panerai emerge che il Governo non avrebbe applicato il piano di prevenzione e risposta a pandemie, agendo, con provvedimenti tardivi e inadeguati (ad esempio, thermoscan in aeroporto) ma soprattutto, illegittimi e anticostituzionali (secondo quanto denunciato anche dal professor Sabino Cassese) per la limitazione dei diritti di libertà e circolazione;

   sarebbe stato costituzionalmente corretto, secondo quanto afferma anche il professor Cassese, fare ricorso alle procedure di cui agli articoli 117 e 120 della Costituzione, nonché ai princìpi dettati dalla legge n. 883 del 1978;

   il Governo, ricorrendo al decreto legislativo n. 1 del 2018, non ha comunque risolto i problemi di cui sopra visto che l'articolo 7 si riferisce a tre livelli emergenziali, nessuno dei quali, però, si riferisce a rischi sanitari;

   difatti, il Governo non ha realizzato un reale coordinamento nelle azioni di comunicazione (ad esempio, l'indecoroso caos nella comunicazione istituzionale che ha provocato sconcerto, confusione e quindi sfiducia nei cittadini) e di contenimento – risultate «a macchia di leopardo» – dando, ad avviso dell'interrogante, l'immagine di un Governo quasi «in competizione» con le regioni, mettendo in mostra improvvisazione e mancanza di pandemic plan preparato con cura in precedenza, così da prevedere accuratamente ogni scenario e gli adeguati strumenti di risposta e di gestione;

   inoltre, il Governo si sarebbe rivolto, sul tema Sars-Cov-2, a esperti in virologia ed epidemiologia italiani non adeguati a quanto risulta dalla banca dati scientifica «Scopus»;

   infine, non è stato ancora reso noto al Parlamento il famoso piano segreto del 20 gennaio 2020, citato dal direttore generale della programmazione sanitaria del Ministero della salute, dottor Urbani;

   ancora non si capisce su quali documenti, dati e simulazioni si basi (ad esempio, simulazione Gruppo Epico novembre 2006, cfr. https://www.sanitainformazione.it) e non si conoscono ancora i veri motivi per cui è stato secretato, visto che molti dei super esperti hanno continuato a fare dichiarazioni sulla pandemia di «no fear» (Il Sole 24 ore 6 febbraio 2020: «Ricciardi: Coronavirus Finora, meno pericolosa dell'influenza di quest'anno») –:

   come mai il Governo, nel predisporre il piano nazionale per fronteggiare la pandemia da Covid-19, non ha tenuto conto di quanto riportato in premessa, sia per gli aspetti normativi sia per quelli scientifici.
(4-05722)


   GALANTINO e DONZELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   gli interroganti hanno appreso dagli organi di stampa che la società a larghissima partecipazione cinese, la Ferretti Group, vuole investire nel porto di Taranto, nell'area dell'ex Belleli, al fine di creare un polo produttivo per la costruzione di scafi e sovrastrutture in vetroresina in carbonio e di un centro di ricerca impegnato nello studio di modelli e stampa;

   la Ferretti Group è stata fondata nel 1968 a Bologna dai fratelli Alessandro e Norberto Ferretti. Dal 2012, tuttavia, è partecipata dai cinesi della Weichai Group;

   la Cina pur avendo scelto la modernità (agricola, industriale, militare e scientifica) ha dimenticato la democrazia, tanto è vero che da un rapporto del Copasir si evince che, contrariamente a quanto avviene per le imprese occidentali, le aziende cinesi, se pur indipendenti dal punto di vista formale dal potere governativo, sono tuttavia indirettamente collegate ai vertici istituzionali del loro Paese, anche in virtù di alcune norme della legislazione interna –:

   quali iniziative e misure di sicurezza preventiva il Governo intenda adottare al fine di limitare i rischi della presenza di queste aziende cinesi nel sistema italiano;

   quali iniziative il Governo intenda adottare per individuare le migliori risorse possibili a difesa degli interessi nazionali afferenti alle realtà finanziarie ed industriali strategiche per il Paese;

   quali iniziative urgenti il Governo intenda intraprendere per evitare che realtà produttive di un Paese indebolito dal coronavirus come l'Italia, possano diventare nelle prossime settimane preda da parte di Stati con interessi al di fuori della sfera occidentale, come, per l'appunto, la stessa Cina.
(4-05724)


   DEIDDA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti n. 112 del 12 marzo 2020 – adottato ai sensi dell'articolo 1, punto 5) del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 marzo 2020, al fine di contenere la diffusione del COVID-19 – è stata prevista la limitazione del trasporto aereo nazionale, con l'operatività esclusivamente di alcuni scali nazionali e, in particolare, per ciò che concerne la Sardegna, limitatamente allo scalo di Cagliari-Elmas;

   con nota prot. n. 4237 del 12 maggio 2020, la regione autonoma della Sardegna ha richiesto – pur nel mantenimento delle misure limitative dei servizi di trasporto in essere – la riapertura, a decorrere dal 21 maggio 2020, dell'aviazione generale su tutti gli scali sardi, vale a dire Cagliari, Olbia e Alghero;

   recentissimamente, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti n. 207 del 17 maggio 2020, al fine di contrastare il diffondersi dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, tenuto conto della necessità di garantire i collegamenti insulari avuto riguardo alla Sardegna, è stata prevista l'apertura dei soli aeroporti di Cagliari e Olbia, con l'esclusione di quello di Alghero: e ciò, contrariamente al contenuto della suindicata nota trasmessa dalla stessa regione sarda, peraltro richiamata nel decreto in questione;

   l'esclusione dell'aeroporto di Alghero – che, come si è già accennato, è stata disposta in contrasto con quanto richiesto dalla stessa regione, la quale, senza dubbio, risulta in possesso di informazioni e dati tali da giustificare la richiesta di riapertura anche dello scalo in questione – tenuto conto anche dell'ormai prossimo avvio della stagione estiva, appare all'interrogante assolutamente incomprensibile, con la conseguenza che, se dovesse essere confermata, andrebbe ad incrementare, ulteriormente, i danni causati al settore turistico-ricettivo dall'emergenza epidemiologica in atto –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda assumere al fine di modificare tempestivamente il decreto in questione, prevedendo l'inclusione dell'aeroporto di Alghero tra gli scali operativi, a far data dal prossimo 21 maggio 2020, come anche richiesto dalla regione autonoma della Sardegna.
(4-05725)


   PELLICANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il comune di Venezia sta discutendo una variante al piano degli interventi nel quale è previsto un accordo pubblico-privato con lo scopo di valorizzare la gronda lagunare, lo sviluppo e attrezzamento del parco di S. Giuliano e il riordino degli approdi al servizio della nautica lagunare e l'implementazione del turismo ecosostenibile mediante una nuova connessione acquea dal Passo di Campalto con la città antica e la laguna nord;

   l'accordo in questione dovrebbe svilupparsi in un'area molto pregiata dal punto di vista storico, ambientale, paesaggistico e sociale che è in parte di proprietà comunale ed in parte di proprietà privata, gestita dalla società partecipata Raiway che ospita gli impianti Rai di Campalto che negli anni recenti sono stati in parte disattivati e dismessi, in quanto, sulla base delle indagini Arpav eccedevano il limite di legge previsto per impianti emittenti onde elettromagnetiche;

   tutta l'area degli impianti Rai è connotata da scarsa cura e manutenzione, mentre le nuove tecnologie, anche satellitari, sarebbero in grado di garantire gli obblighi di diffusione del segnale fino alla regione Friuli-Venezia Giulia e Istria per soddisfare le necessità dei cittadini di lingua italiana;

   l'acquisizione di porzione dell'area Rai in questione da parte del comune di Venezia consentirebbe di allargare la superficie dell'adiacente Punta del Passo di Campalto e permetterebbe un accesso facilitato e in sicurezza al limite dell'acqua da parte dei cittadini di Campalto e di tutta la città di Mestre; l'area potrebbe essere utilizzata anche per l'organizzazione di eventi da parte delle istituzioni locali e delle associazioni di quel territorio e della terraferma mestrina –:

   se gli obblighi di diffusione del segnale siano ancora vigenti e se non sia comunque possibile diminuire significativamente l'impatto elettromagnetico e ambientale dell'impianto con i nuovi e più efficienti mezzi tecnologici, considerata la sua posizione sul bordo della laguna di Venezia e prossima al borgo del Villaggio Laguna;

   se il Governo ritenga utile per la collettività la cessione dell'area o di una significativa porzione di essa, mantenendo gli standard di sicurezza degli impianti, per consentire l'allargamento dell'area ad uso pubblico della Punta del Passo per gli scopi esposti in premessa, dando la possibilità ai cittadini campaltini e mestrini, a cui per decenni è stata tolta, dell'affaccio alla laguna e dell'uso di spazi pubblici in un'area pregiatissima dal punto di vista storico, ambientale, paesaggistico e sociale.
(4-05728)


   LICATINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia, al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   la pandemia attualmente in corso, che ha determinato la dichiarazione dell'intero territorio nazionale come «zona protetta» con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 9 marzo 2020, ha di conseguenza causato la chiusura di diverse attività imprenditoriali, ad eccezione di quelle connesse ai beni e servizi essenziali;

   detta emergenza sanitaria ha, dunque, avuto degli inevitabili effetti sull'economia, mettendo in forte difficoltà gli imprenditori italiani;

   in particolare, in relazione alle ludoteche e ai baby parking che, considerate le contingenze, hanno provveduto a formare comitati territoriali al fine di rappresentare le esigenze della categoria, appare doveroso evidenziare, che gli stessi, essendo caratterizzati da assembramenti di bambini – pur non avendo ricevuto alcuna indicazione ufficiale – hanno dovuto bloccare le attività ben prima degli altri esercizi commerciali, ovvero in concomitanza con la chiusura delle scuole, con connesse ripercussioni sull'intera filiera, quindi agenzie di animazione, negozi di giocattoli e addobbi per feste, attività di catering e ristorazione, party planners;

   va tenuto conto della peculiarità del settore in questione, quindi, delle concrete difficoltà che le ludoteche e i baby parking si ritroveranno ad affrontare per garantire le distanze di sicurezza tra i bambini, oltre a quelle di ordine economico, quali l'acquisto dei dispositivi di sicurezza e l'incremento considerevole del personale, per poter ottemperare alle norme igieniche che prevedono la presenza di un operatore per piccoli gruppi di bambini;

   va tenuto conto delle criticità che le menzionate attività si ritroveranno a fronteggiare, anche nell'usufruire a pieno del beneficio del credito d'imposta, a causa del venir meno della liquidità –:

   se non si ritenga opportuno avviare, con la dovuta urgenza, un tavolo tecnico con la categoria in questione al fine di stabilire le misure di sostegno adeguate, nonché un preciso cronoprogramma attraverso il quale definire la riapertura delle attività e le annesse linee guida, per garantire la sicurezza necessaria;

   se non si ritenga opportuno adottare iniziative, al fine di utilizzare le ludoteche e i baby parking per il supporto agli asili pubblici e, quindi, per garantire spazi adeguati alle esigenze di sicurezza sanitaria.
(4-05733)


   CECCHETTI e BIANCHI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 maggio 2020 ha prorogato al 14 giugno alcune misure restrittive per il contenimento dell'emergenza epidemiologica da COVID-19;

   ai sensi dell'articolo 4, comma 3, «Le persone, che fanno ingresso in Italia con le modalità di cui al comma 1, anche se asintomatiche, sono obbligate a comunicarlo immediatamente al Dipartimento di prevenzione dell'azienda sanitaria competente per territorio e sono sottoposte alla sorveglianza sanitaria e all'isolamento fiduciario per un periodo di quattordici giorni presso l'abitazione o la dimora preventivamente indicata all'atto dell'imbarco ai sensi del comma 1, lettera b) (...)» e del successivo comma 5 «(...) le persone fisiche che entrano in Italia, tramite mezzo privato, anche se asintomatiche, sono obbligate a comunicare immediatamente il proprio ingresso in Italia al Dipartimento di prevenzione dell'azienda sanitaria competente per il luogo in cui si svolgerà il periodo di sorveglianza sanitaria e l'isolamento fiduciario, e sono sottoposte alla sorveglianza sanitaria e all'isolamento fiduciario per un periodo di quattordici giorni presso l'abitazione o la dimora indicata nella medesima comunicazione. (...)»;

   tali previsioni creano non poche criticità alle trasferte commerciali di macchinari, ovvero all'export di macchinari il cui contratto di vendita prevede anche l'invio presso i clienti di tecnici per interventi di manutenzione e/o installazione;

   le regole in vigore sembrerebbe porre sul medesimo piano il personale aziendale che effettua trasferte commerciali all'estero e quello che all'estero viene inviato per svolgere assistenza tecnica, ivi compresa l'installazione di impianti o macchine;

   sembrerebbe che, poiché l'Italia pone in quarantena di 14 giorni chi proviene da altri Paesi, parimenti gli altri Paesi pongono in quarantena di altrettanti 14 giorni gli italiani che vi fanno ingresso;

   da ciò consegue per il tecnico installatore di ritrovarsi in isolamento di 28 giorni per un lavoro di 48 ore;

   è oltremodo essenziale definire, perlomeno in ambito europeo, regole e protocolli comuni atti a consentire, in tempi di pandemia, la libera circolazione, pur con le dovute misure precauzionali di obbligo di Dpi, i tecnici delle aziende che debbono – a norma contrattuale – intervenire presso i propri clienti;

   di contro, per molte aziende sarebbe inutile rispondere a ordinativi di importanti clienti esteri se poi non possono portare a termine la vendita con installazione, il tutto con evidenti ricadute in termini economici e di produttività –:

   se e quali iniziative di competenza intenda adottare con riguardo alle criticità esposte in premessa, al fine di porre le aziende produttrici di beni strumentali nelle condizioni di consegnare in modo compiuto il prodotto, includendo nell'esportazione anche la fase di installazione e montaggio.
(4-05735)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   l'Unione europea ed i suoi Stati membri parrebbero pronti a chiedere un'inchiesta indipendente internazionale al fine di avere una migliore comprensione delle circostanze che hanno permesso alla pandemia di COVID-19 di svilupparsi. L'Alto rappresentante dell'Unione europea, Borrell, ha dichiarato di essere al lavoro, con i Governi dei 27, sulla stesura di una risoluzione che sarà presentata il 18 maggio, all'Assemblea mondiale della sanità, il principale organo dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms);

   Borrell ha detto che «occorre guardare in modo indipendente a ciò che è accaduto» lontano «dal campo di battaglia tra Cina e Stati Uniti, che si biasimano gli uni con gli altri per quanto accaduto» in un gioco al rialzo di accuse «che ha solo esacerbato la loro rivalità»;

   anche la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha dimostrato il suo sostegno a una commissione di indagine internazionale in seno alle Nazioni Unite, affermando che «sarà necessario lavorare sulla trasparenza dopo la crisi»;

   la Cina, dal canto suo, si è dichiarata disponibile a cooperare con l'Oms per individuare l'origine del coronavirus, ma ha ribadito la sua opposizione all'apertura di una inchiesta specifica internazionale e soprattutto a che questo avvenga prima che la pandemia sia terminata –:

   quale sarà, in sede internazionale, la posizione del Governo a sostegno dell'avvio della inchiesta indipendente internazionale sullo sviluppo del COVID-19.
(5-04004)


   MONTARULI, MANTOVANI e ROTELLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   è stata liberata Silvia Romano, rapita a 23 anni in Kenya ove si trovava dal 2018 come volontaria per Africa Milele Onlus di Fano; secondo il quotidiano La Repubblica del 12 maggio 2020, l'incontro della Romano con la Ong sarebbe avvenuto tramite Facebook nel 2018, anno di iscrizione, reclutamento, spedizione e rapimento;

   il lasso di tempo ristretto tra il primo incontro e la partenza evidenzia, secondo gli interroganti, l'assenza di un'adeguata formazione della volontaria in relazione al luogo; la Romano sarebbe stata mandata presso il villaggio di Chakama, lontano da presidi di polizia, il più vicino a oltre 10 chilometri; secondo quanto dichiarato dalla fondatrice della Ong, Lilian Sora, la sicurezza del villaggio era affidata a un Masai e sull'integrità dei Masai aveva dubbi: «uno si faceva i selfie nel campo di marijuana, l'altro lo scoprii affettuoso con i bambini, un altro ancora... lasciamo perdere ci domandavamo se fosse meglio avere solo cooperanti»;

   secondo La Repubblica e La Stampa del 12 maggio 2020, la Romano al momento del rapimento era (oltre che priva di assicurazione) in villaggio senza nessun altro esponente della Onlus; Lilian Sora avrebbe detto «La cooperazione è una laurea se fai il volontario sai cosa rischi. Se hai paura di essere rapito non vai nemmeno in vacanza no? Prima di partire facciamo firmare un regolamento, c'è scritto cosa puoi e devi fare e cosa no; come devi comportanti con la popolazione e con lo staff locale»;

   la Romano non era dipendente, laureata nel febbraio 2018, pochi mesi prima del sequestro, in mediazione linguistica; la Ong non avrebbe segnalato la presenza all'ambasciata (ilgiornale.it 24 novembre 2018); la Ong avrebbe sede nella casa di Lilian Sora, priva di dipendenti, si avvarrebbe solo di volontari, non sufficientemente strutturata per operare in zone a rischio, priva di standard di sicurezza; la procura avrebbe avviato un'indagine per verificare le misure adottate dalla Ong per tutelare la volontaria; in Kenya e in molti Stati ove operano le Ong è necessario garantire sicurezza a tutela di chi coopera per l'organizzazione;

   laddove tale sicurezza non è garantita, tanto più da anonime e non strutturate Ong, si espongono i cooperanti a rischi irreversibili per la propria vita quali quelli a cui si è assistito nel caso di Silvia Romano, esponendo i nostri connazionali nel mondo agli stessi pericoli e lo Stato a modulare le proprie relazioni internazionali per affrontare l'emergenza, a reperire risorse pubbliche e subire danni sul piano degli interessi nazionali;

   le organizzazioni non strutturate hanno protocolli e regole assai rigide che rendono assai consapevole il volontario o il cooperante del rischio e soprattutto delle modalità per arginarlo. In Italia sono 210 le Ong riconosciute che dovrebbero quindi garantire standard di affidabilità attraverso controlli del personale e delle strutture dove si alloggia, codici da seguire per gli spostamenti, garanzie su autisti e tipo di veicoli usati per il trasporto, regole di comportamento e di abbigliamento, misure di sicurezza a vario livello che sono fondamentali per chi sceglie di partire sia come cooperante che come volontario;

   l'Africa Milele Onlus non risulta essere tra le Ong di cui sopra iscritte a un apposito albo e pertanto sottoposte, ogni tre anni, ai controlli de quo;

   nei confronti di organizzazioni come Africa Milele Onlus non sussistono forme di controllo nonostante lo Stato sia inevitabilmente chiamato ad affrontare le conseguenze che derivano dal grado di improvvisazione, dalla mancata strutturazione e organizzazione, dall'impreparazione e dall'assenza di qualsiasi protocollo rigido di sicurezza e di formazione dei volontari e cooperanti –:

   quali urgenti iniziative intenda adottare affinché adeguate misure in termini di prevenzione, controllo e responsabilità siano applicate per le Ong non riconosciute.
(5-04006)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della salute, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   il 15 maggio 2020, all'improvviso, è scoppiato un grave incendio nell'impianto della 3V Sigma, industria chimica di Marghera che produce tra l'altro vernici, solventi, sbiancanti; l'incendio, di dimensioni gigantesche, ha provocato con immediatezza una nube nera visibile in tutto il territorio veneziano;

   due risultano essere i feriti gravi dell'incendio, ricoverati per ustioni a Verona e a Padova;

   la Sigma avrebbe confermato le ipotesi del Nucleo investigativo antincendio territoriale di un incidente durante la fase di saldatura di una condotta di un serbatoio, in una zona che più volte era finita nel mirino dei sindacati per la scarsa sicurezza del luogo;

   il sistema istituzionale di comunicazione dell'emergenza alla popolazione è stato purtroppo tardivo e la città è rimasta con il fiato sospeso per ore, con l'invito in via prudenziale a restare a casa e chiudere porte e finestre a causa dei fumi tossici che si stavano sprigionando dall'incendio di materiale chimico altamente inquinante;

   l'incendio è stato domato solo dopo lunghe ore grazie all'intervento di 8 squadre a terra dei Vigili del fuoco e il nucleo Nbcr (Nucleare biologico chimico radiologico) accorse sul luogo, e ad una pioggia che ha favorito le operazioni di spegnimento, mentre fino al tardo pomeriggio di domenica i vigili del fuoco erano ancora alle prese con i focolai minori che hanno continuato ad avvolgere l'impianto chimico;

   la procura di Venezia ha aperto un fascicolo in attesa di documentazione fotografica e delle relazioni ambientali per capire eventuali sversamenti nel suolo e nelle acque e danni derivanti dai roghi;

   in attesa di individuare le responsabilità del disastro è l'ecosistema circostante a registrare le prime e pesantissime ricadute. Dai primi dati raccolti, l'Arpav ha stabilito che l'incendio ha provocato un innalzamento enorme dei livelli di inquinamento all'interno dello stabilimento della 3V Sigma (in particolare le percentuali di acetone erano 244 volte sopra i limiti di soglia) con ricadute fino a 5 chilometri di distanza e in centro storico a Venezia;

   l'utilizzo massiccio di acqua per spegnere le fiamme ha in parte raggiunto il canale e la laguna, provocando la morte di centinaia di pesci e danni all'ecosistema, creando molta preoccupazione nei cittadini; in particolare, si teme che le ricadute tossiche sviluppatesi in seguito all'incendio non fossero circoscritte come si diceva inizialmente a 5 chilometri dal luogo. Dall'Isola di Sant'Erasmo gli agricoltori hanno infatti lamentato una ricaduta di «sostanze nerastre» presenti nelle coltivazioni. In attesa dei rilievi resta da capire quali comportamenti adottare anche per quanto riguarda eventuali allevamenti e la pesca;

   la 3V Sigma era già stata al centro di polemiche molto gravi, anche con la presentazione di un esposto al prefetto; l'azienda chimica era stata infatti al centro delle accuse dei sindacati, che lamentavano la scarsa attenzione in materia di sicurezza sul lavoro; erano stati evidenziati orari di lavoro in grave eccedenza e turni di riposo saltati, a causa di una carenza di organico; era inoltre denunciata la mancanza di una seria attenzione alla prevenzione incendi e ai relativi impianti e la irregolarità degli stoccaggi, nonché l'inesistenza di un programma strutturato di addestramento del personale con corsi antincendio;

   inoltre, pur essendo inserita in un'area a rischio di incidente rilevante soggetta alle direttive Seveso, 3V Sigma non ha mai sottoscritto il protocollo di adesione al Sistema integrato per il monitoraggio ambientale e la gestione delle emergenze (Simage) che fa capo all'Arpav e coinvolge la rete di monitoraggio dell'Ente zona industriale di Porto Marghera;

   per tali motivi i sindacati hanno parlato di un «disastro annunciato»;

   la complessa situazione venutasi a creare richiama una pesante eredità di Porto Marghera che oggi deve evolvere verso una riconversione all'altezza della competitività globale; nell'area di Porto Marghera ci sono impianti abbandonati e terreni inquinati, poi ci sono esempi di innovazione come la bioraffineria Eni ed infine una serie di realtà minori, tra cui si può ricomprendere 3V Sigma, che lottano per essere competitive sui mercati. Per far evolvere questa situazione serve una regia nazionale che investa e rilanci un settore strategico come la chimica, mediante una politica di sviluppo in chiave green new deal –:

   quali iniziative i Ministri interpellati intendano immediatamente adottare, per quanto di competenza, per individuare le cause del gravissimo incendio presso lo stabilimento della 3V Sigma, attivandosi con tutti gli organi competenti direttamente e/o indirettamente responsabili per far piena luce sull'accaduto, anche al fine di garantire l'adozione, non più rinviabile, di un protocollo di sicurezza per lavoratori e cittadini per tutta l'area industriale di Marghera;

   quali urgenti iniziative si intendano porre in essere al fine di accertare ricadute ed effetti sulla salute della popolazione nonché sull'ambiente e sull'ecosistema marino e terrestre, della gravissima esplosione, anche considerando i gravi problemi ambientali che già gravano sulla laguna di Venezia, il diffuso inquinamento dell'aria e delle acque;

   quali iniziative di monitoraggio si intendano avviare con la dovuta urgenza per verificare quali pericoli tuttora esistano per la salute dei cittadini e dell'ambiente, anche al fine di assumere ogni opportuno provvedimento teso a ridurne portata e gravità, nel breve come nel lungo periodo;

   quali urgenti iniziative si intendano porre in essere per garantire a tutti i lavoratori impiegati negli impianti dell'area, particolarmente a rischio, adeguate forme di tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro, che deve essere altresì implementata adeguatamente con controlli continui e verifiche adeguate;

   se i Ministri interpellati intendano affrontare, di intesa, il non più eludibile tema di garantire una politica di sviluppo in chiave green new deal per l'area, capace di coniugare sicurezza per i lavoratori e per la salute della popolazione, innovazione tesa al minor impatto sull'ambiente, opportunità di lavoro e sostenibilità ambientale, anche per tutelare un'area di grande complessità sociale, ambientale e territoriale quale quella di Marghera e della Laguna;

   se e quali iniziative di competenza si intendano assumere per ripensare al sistema di allarme per la popolazione, dell'area di Marghera, sottoposta con continuità a gravi rischi, garantendo che tale sistema sia tempestivo e allargato a tutto il territorio potenzialmente a rischio chimico.
(2-00804) «Pellicani, Rotta, Dal Moro, De Menech, Zan, Zardini».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   con la «fase 2» il nostro Paese si sta accingendo alla ripresa della pressoché totalità delle attività industriali e commerciali;

   sebbene le attività connesse alla gestione dei rifiuti non si siano mai arrestate, in virtù della loro essenzialità e del loro ruolo di pubblico interesse, è necessario programmare une «fase 2» anche per la gestione dei rifiuti. In tale contesto, oltre al ruolo indispensabile svolto da ciascuna regione in questa emergenza, lo Stato sarà chiamato a recitare un ruolo prioritario in continuità con quanto già richiesto in Parlamento con l'interpellanza urgente (n. 2-00695 Fontana e altri) in tema di azioni di contrasto alla diffusione del COVID-19 nella gestione dei rifiuti;

   è, infatti, necessario agire su due fronti:

    a) rivedere e aggiornare alcune proroghe o deroghe alla gestione ordinaria dei rifiuti già adottate dalle regioni con proprie ordinanze contingibili e urgenti sulla base della circolare del 30 marzo 2020 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, legittimamente assunte in costanza di emergenza sanitaria;

    b) affrontare nuove criticità, unite alla perdurante esigenza sanitaria, in ordine alla gestione dei rifiuti a seguito della riapertura di molti negozi e fabbriche su tutto il territorio nazionale;

   sotto il primo profilo, alla luce delle più aggiornate conoscenze in tema di persistenza del virus sulle superfici, andrebbe riconsiderata la necessità di avviare prioritariamente all'incenerimento il flusso dei rifiuti indifferenziati, qualora non derivanti «da giro dedicato» ovvero da abitazioni in cui vi siano soggetti positivi al tampone o in quarantena obbligatoria così come previsto nella circolare del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 30 marzo 2020. L'obiettivo sarebbe quello di arginare il ricorso ad inceneritori e discariche che farebbero precipitare il sistema industriale italiano dei rifiuti ad oltre trent'anni fa. Inoltre, andrebbe circoscritta alla durata dell'emergenza la deroga quantitativa e temporale accordata al deposito temporaneo dei rifiuti presso il luogo in cui sono stati prodotti per evitare che questa disposizione contenuta nell'articolo 113-bis del decreto-legge n. 18 del 2020 legittimata dall'emergenza sanitaria, possa diventare «ordinamentale» e pertanto permanente a fronte dell'auspicato termine della fase emergenziale. Come riportato dalle cronache, nonché dagli approfondimenti della Commissione di inchiesta sul ciclo dei rifiuti, il rischio connesso a termini di deposito e stoccaggio più lunghi, è quello di lasciare invitanti spazi per lo smaltimento illecito dei rifiuti, nonché per incendi dolosi già ricorrenti prima dell'emergenza;

   sul secondo punto, giova rilevare come sarà prodotto e utilizzato un numero rilevantissimo di prodotti monouso quali guanti, mascherine e tute provenienti, non solo da nuclei domestici, ma da parte di aziende con la conseguenza che, ad oggi, a seconda della regione considerata, si registrano difformità e incertezze in ordine alla loro non acclarata classificazione quali rifiuti speciali assimilabili agli urbani, ovvero sanitari a rischio infettivo ovvero quali materiali filtranti o indumenti protettivi. È evidente che da tale classificazione possano discendere oneri per la raccolta molto diversi per le aziende. Sarebbe opportuno, inoltre, fornire protocolli o campagne di informazione diretti a bar e ristoranti e consumatori, affinché la pratica del monouso in plastica non si riaffermi, considerato che la disinfezione e il risciacquo delle stoviglie riutilizzabili è in grado di eliminare il virus;

   sarebbe opportuno promuovere l'utilizzo di mascherine certificate riutilizzabili, anche sulla base di uno standard tecnico che ne consideri efficacia e ciclo di vita in relazione ad un uso comune e non di carattere sanitario;

   infine, è auspicabile rafforzare i controlli sul territorio affinché il deposito incontrollato di rifiuti, nonché gli sversamenti illeciti siano ridotti a fronte del possibile veicolo di contagio rappresentato da tali inquinamenti come richiamato nell'audizione dell'Istituto superiore di sanità presso la Commissione di inchiesta sul ciclo dei rifiuti –:

   se il Ministro interpellato intenda assumere iniziative, anche di carattere normativo, affinché sia data uniformità e chiarezza all'operato delle regioni in tema di classificazione dei Dpi utilizzati da aziende che in via ordinaria non avrebbero fatto uso di tali prodotti;

   se intenda adottare iniziative per una corretta informazione in ordine all'assenza di rischi connessi alle stoviglie riutilizzabili in bar e ristoranti;

   se il Ministro interpellato intenda adottare iniziative per prevedere, non appena le condizioni oggettive lo consentiranno, un ripristino della disciplina ordinaria in tema di deposito temporaneo;

   se il Ministro interpellato, non appena le contingenti e urgenti necessità lo renderanno possibile, intenda adottare iniziative per porre un freno ad un ricorso preferenziale all'incenerimento almeno dei rifiuti non provenienti da «giro dedicato»;

   se il Ministro interpellato intenda valutare l'opportunità di farsi promotore di procedure, scientificamente validate, per la riutilizzabilità delle mascherine per uso comune al fine di contenerne l'«uso e getta»;

   se il Ministro interpellato intenda assumere iniziative per adottare, anche al fine di prevenire il diffondersi del virus, un sistema di sorveglianza in ordine allo sversamento illecito in mare e nei fiumi, nonché in ordine all'abbandono incontrollato di rifiuti, anche attraverso l'uso dei droni già sperimentato per l'enforcement della quarantena presso le proprie abitazioni.
(2-00805) «Licatini, Ilaria Fontana, Deiana, Vignaroli, Daga, D'Ippolito, Federico, Alberto Manca, Maraia, Micillo, Ricciardi, Terzoni, Varrica, Vianello, Zolezzi».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MAZZETTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 4-quinquies del decreto-legge n. 111 del 14 ottobre 2019 ha istituito il fondo denominato «Programma sperimentale Mangiaplastica» con una dotazione di 7 milioni di euro per il 2020, 7 milioni per il 2021, 5 milioni per il 2022, 4 milioni per il 2023 e 2 milioni per il 2024, le cui risorse dovrebbero essere finalizzate a contenere la produzione di rifiuti in plastica attraverso l'utilizzo di eco-compattatori;

   le modalità per il riparto tra gli enti locali delle risorse del suddetto Fondo dovevano essere stabilite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ma a distanza di oltre sette mesi non è ancora stato emanato;

   il medesimo articolo 4-quinquies del decreto-legge n. 111 del 2019 prevede, inoltre, che i comuni debbano presentare al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare progetti finalizzati all'acquisto di eco-compattatori, ai fini dell'ottenimento di un contributo e sempre nell'ambito delle risorse del citato Fondo. Peraltro, non si capisce bene come si concili l'acquisto dell'eco-compattatore con la presentazione da parte di un comune di un progetto finalizzato al suo acquisto;

   senza l'emanazione del suddetto decreto attuativo tutta la norma continua ad essere lettera morta e le risorse del Fondo relativo al «Programma sperimentale Mangiaplastica» continuano a rimanere inutilizzate –:

   per quale motivo il decreto ministeriale di cui in premessa non sia stato ancora adottato dal Ministro interrogato e quando se ne preveda l'adozione;

   quali debbano essere le caratteristiche dei progetti finalizzati all'acquisto di eco-compattatori che i comuni devono presentare per ottenere il previsto contributo e quali siano i criteri di selezione dei progetti che saranno utilizzati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per individuare i comuni beneficiari dei medesimi contributi.
(5-03993)


   MURONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il bando per accedere al programma di incentivazione della mobilità urbana sostenibile nelle città (Primus) è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale – serie generale n. 33 dell'8 febbraio 2019 e sul sito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;

   il programma incentiva e cofinanzia (75 per cento a fondo perduto) scelte di mobilità urbana alternative all'impiego di autovetture private, favorendo la diffusione di forme di mobilità a basso impatto ambientale e di condivisione dei veicoli, nonché la propensione al cambiamento delle abitudini e dei comportamenti dei cittadini in favore della mobilità sostenibile;

   il programma, destinato ai comuni con almeno 50.000 abitanti, ha una dotazione di 15 milioni di euro per il cofinanziamento di progetti che rientrano in una delle seguenti azioni: realizzazione di nuove piste ciclabili in grado di rispondere alla domanda di spostamenti urbani casa-scuola e casa-lavoro con erogazione di incentivi per l'acquisto di biciclette a pedalata assistita; sviluppo della sharing mobility in ambito urbano; sviluppo delle attività di mobility management presso le sedi delle amministrazioni dello Stato (sedi centrali e periferiche), delle amministrazioni territoriali, delle scuole e delle università;

   si evidenzia che il bando prevede alcune misure. La prima è relativa alla misura esclusivamente dedicata alla sharing mobility assegnando un finanziamento di 3,5 milioni di euro. Questa scelta ha il valore di ratificare che le misure dedicate allo sviluppo e diffusione della sharing mobility sono pienamente riconosciute dalle istituzioni come parte integrante delle politiche per la sostenibilità del settore dei trasporti, in particolare in ambito urbano;

   la seconda è che nel bando sono stati inseriti i percorsi ciclabili connessi alle stazioni ferroviarie e metropolitana e che agli stessi percorsi sono connesse attrezzature di supporto utili anche alla bicicletta condivisa, nell'asse dedicato al mobility management. Inoltre, le misure cofinanziate dal bando prevedono l'acquisto di piattaforme di carpooling per gli spostamenti casa-lavoro delle amministrazioni dello Stato (sedi centrali e periferiche), delle amministrazioni territoriali, oltre che di scuole ed università;

   ad oltre un anno, a quanto consta all'interrogante, non è stato ancora reso noto quali progetti sono stati finanziati. Questo ritardo sta creando non solo incertezza ma anche dei ritardi nella realizzazione di queste opere da parte di comuni. Questo ritardo è ancora più incomprensibile visto che nel prossimo decreto-legge «Rilancio» risulterebbero inserite misure per lo sviluppo della mobilità sostenibile, quali bonus per l'acquisto di bici –:

   quali siano i motivi che stanno ritardando la pubblicazione dei progetti ammessi ai finanziamenti Primus e, nel caso, se le difficoltà siano state superate quando si preveda la pubblicazione dei progetti ammessi al finanziamento, anche perché questo ritardo sta bloccando di fatto la promozione della mobilità ciclabile che creerebbe le giuste condizioni di sicurezza per gli spostamenti in bicicletta, stimolando, in tal modo, molti cittadini all'utilizzo della bicicletta in alternativa all'auto.
(5-04002)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CILLIS, DEIANA, FICARA, MAGLIONE, LOMBARDO, TESTAMENTO, BARBUTO, VILLANI e CADEDDU. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la regione Basilicata è interessata da anni dalle attività delle estrazioni petrolifere; sul suo territorio insistono due importanti impianti di trattamento e pre-raffinazione del petrolio, il Cova di Viggiano e Tempa Rossa di Corleto Perticara;

   nel centro oli di Viggiano nel corso degli anni si sono verificati decine di incidenti o come vengono classificati dalla compagnia «anomalie»; si tratta in pratica di episodi di malfunzionamento dell'impianto che si manifestano con dei fortissimi boati, fiamme altissime alla torcia ed una relativa dispersione in atmosfera di gas che rendono l'aria irrespirabile in tutta l'area;

   è importante ricordare che il Cova di Viggiano si trova all'interno di un'area industriale preesistente, dove operano anche decine di altre imprese che si occupano di attività diverse da quelle petrolifere, l'area pertanto è frequentata da tantissime maestranze che nulla hanno a che fare con il centro oli ma che sono costrette loro malgrado, a respirarne le «conseguenze» ogni qual volta si verifica un incidente;

   sempre dagli organi di informazione regionali si apprende che il 28 aprile 2020 si sono verificate dei «temporanei e vistosi incrementi della visibilità della torcia presso il centro Oli Tempa Rossa di Corleto Perticara» ed ancora «da fonti interne al Centro Olio spiegano che le fiammate sarebbero “normali” nei 90 giorni dall'avvio delle prove di produzione» se non fosse che «le prove di estrazione sono iniziate il 12 dicembre 2019, ed avrebbero superato il periodo definito utile alle prove stimato dalla stessa Total, tra i 39 e i 102 giorni»;

   ancora una volta si resta in attesa dello scarno comunicato stampa che a breve le compagnie dirameranno per tranquillizzare le popolazioni dicendo che tutto è sotto controllo e che non ci sono state conseguenze per l'ambiente e la salute pubblica;

   in questa situazione l'unica certezza che i cittadini della Val D'Agri hanno e ora da qualche mese anche quelli della contigua Valle del Sauro, è che il ripetersi di questi incidenti (o anomalie) non fanno altro che aumentare la preoccupazione, la paura e lo smarrimento che sommate all'emergenza sanitaria da COVID-19 rendono la situazione davvero insopportabile –:

   se il Ministro interrogato ritenga opportuno alla luce delle problematiche esposte, predisporre ogni utile iniziative di competenza affinché possa essere individuato un ente terzo, al quale, in caso di incidenti, sia dato il compito di intervenire immediatamente sul posto per ispezionare l'impianto e relazionare sulle cause e sulle relative conseguenze ambientali e sanitarie.
(4-05727)


   ROTELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   ventinove sindaci di comuni siti nelle aree settentrionali del Lazio, tra i quali ben ventisei governano nella provincia di Viterbo, e nella parte meridionale dell'Umbria hanno indirizzato una lettera al Governo e alla Commissione grandi rischi della protezione civile per chiedere un'integrazione della valutazione di impatto ambientale del progetto per la realizzazione della centrale geotermica «Nuova Latera», prevista in tali territori;

   la preoccupazione dei sindaci nasce dall'intensa attività sismica avvertita negli scorsi giorni soprattutto nella provincia viterbese, colpita da almeno ottanta scosse, trenta delle quali solo tra la mezzanotte e le 18,48 del 16 maggio 2020;

   la zona dove si avvertono le scosse coincide con quella del distretto vulcanico Vulsino, dove dovrebbero sorgere in futuro gli impianti geotermici per la produzione di energia attraverso lo sfruttamento di fonti di calore nel sottosuolo, più di una volta interessata, nel tempo, da terremoti di magnitudo anche superiori a 5,5 gradi della scala Richter;

   stando alla lettera dei sindaci, «una vasta letteratura ha evidenziato i rischi associati ad attività di esplorazione, trivellazione, estrazione e reiniezione di fluidi in sistemi idrotermali, che presentano analogie con le criticità del territorio in oggetto. I recenti casi di sismicità indotta o innescata, registrati a livello mondiale, a seguito delle attività sopra elencate, hanno ulteriormente confermato le evidenze messe in luce dalla suddetta letteratura»;

   il timore dei sindaci è che la realizzazione degli impianti geotermici possa «aggravare» le scosse sismiche nella zona, mettendo a rischio l'incolumità dei cittadini e i loro beni materiali a causa di eventuali eventi sismici di tipo transregionale con magnitudo rilevante e potenzialmente distruttiva che «(...) incomberebbe sul distretto vulcanico Vulsino in conseguenza di attività di ricerca e sfruttamento della risorsa geotermica»;

   i sindaci chiedono che sia messo in atto «ogni possibile intervento di prevenzione dei rischi e dei pericoli (...) al fine della tutela, della sicurezza e dell'incolumità della comunità e dei territori da noi amministrati» –:

  quali iniziative intenda assumere il Governo, per quanto di competenza, alla luce delle criticità esposte, e, in ultima analisi, con riferimento alla realizzazione della centrale geotermica di cui in premessa.
(4-05734)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, il Ministro per gli affari europei, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:

   fonti di stampa riferiscono dell'intenzione di alcuni Stati europei di realizzare accordi bilaterali all'interno della regione finalizzati alla creazione di percorsi turistici privilegiati;

   se i cosiddetti «corridoi bilaterali per il turismo» si concretizzassero produrrebbero un vulnus drammatico per il mercato unico e sarebbe sancita la possibilità che all'interno dell'Unione europea il comparto del turismo possa essere determinato e condizionato da accordi fra i singoli Stati;

   il 7 maggio 2020 nell'informativa urgente nell'aula della Camera, il Ministro Franceschini ha al riguardo ribadito che la posizione dell'Italia è quella di lavorare per far sì che siano elaborate delle regole europee di sicurezza che consentano ai cittadini europei di spostarsi da un Paese all'altro senza mettere a rischio l'incolumità personale e quella degli altri, affinché le regole di sicurezza comuni a livello europeo consentano la riapertura del turismo intraeuropeo;

   il 13 maggio 2020 la Commissione europea ha presentato un pacchetto di linee guida e raccomandazioni per aiutare gli Stati membri a eliminare gradualmente le restrizioni di viaggio e consentire alle imprese turistiche di riaprire, dopo mesi di blocco, nel rispetto delle necessarie precauzioni sanitarie;

   in tale contesto la Commissione ha invitato gli Stati membri ad accordarsi per elaborare una roadmap unitaria e una serie di protocollo standardizzati, evidenziando come occorra un progressivo eliminazione delle restrizioni delle frontiere in linea con il principio della non discriminazione che dovrebbe essere accompagnata da un progressivo ristabilimento della libera circolazione per i cittadini europei;

   la stessa Commissione, al contempo, ha ribadito che qualora si registri una diminuzione del numero dei contagi in maniera differenziata tra gli Stati o al loro interno tra le diverse regioni, sarà opportuno prevedere che si proceda per aree con numero di contagi simili;

   il 14 maggio 2020 nella conferenza stampa del Ministro per i beni e le attività culturali per il turismo il Ministro Franceschini ha ribadito che l'Italia ha tempestivamente prospettato posto in sede europea – attraverso iniziative singole, colloqui bilaterali con il commissario europeo al turismo e con alcuni Ministri di Stati membri nonché tramite documenti scritti – la necessità di trovare regole uniformi per il passaggio delle frontiere, sottolineando al riguardo l'importanza del monitoraggio del dato epidemiologico delle singole regioni e dei singoli Stati;

   sempre il 14 maggio 2020 i giornali nazionali hanno riportato le dichiarazioni del Ministro dell'interno tedesco Horst Seehofer che ha sottolineato in conferenza stampa come «Francia, Austria e Svizzera ritengono che sia ancora troppo presto per aprire le frontiere con Italia e Spagna, perché sono Paesi molto colpiti dal Coronavirus»;

   nel contempo, i Paesi sopra citati consentono che i loro tour operator allestiscano offerte per le vacanze sfruttando la possibilità dei corridoi turistici estivi;

   nelle sopracitate linee guida e raccomandazioni della Commissione europea il principio di non discriminazione, in questa fase, è di particolare importanza: uno Stato membro che decida di consentire i viaggi nel proprio territorio o in regioni e zone specifiche all'interno del proprio territorio dovrebbe farlo in modo non discriminatorio e consentendo i viaggi da ogni zona, regione o paese dell'Unione europea che presenti condizioni epidemiologiche simili;

   decisivo in questo contesto è l'intervento del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Di Maio, il quale il 18 maggio 2020 – reduce dalla videoconferenza con gli omologhi di Germania, Austria, Croazia, Cipro, Grecia, Spagna, Portogallo, Slovenia e Malta riguardante i flussi turistici nell'Unione europea – ha annunciato il raggiungimento di un'intesa che vedrà – in vista dell'apertura della stagione estiva – un lavoro collettivo per evitare che alcuni Stati siano penalizzati rispetto ad altri e far sì che gli imprenditori, i ristoratori, gli albergatori italiani possano avere l'opportunità di accogliere non solo i turisti italiani;

   i dati epidemiologici più recenti, dicono che nel nostro Paese, le misure di contenimento e di contrasto alla diffusione del contagio messe in campo con tempestività hanno funzionato e che il loro graduale alleggerimento o restringimento – conseguente all'evoluzione della situazione sanitaria – sarà correlato anche ai dati sui contagi e sulla ripresa delle attività produttive che saranno condivisi dalle regioni, anche in ragione della prevalente localizzazione del virus in alcune zone del Paese –:

   quali ulteriori iniziative i Ministri interpellati – per quanto di competenza – intendano porre in essere per garantire l'unità del mercato unico europeo nel comparto del turismo, con particolare riferimento alle differenti situazioni epidemiologiche tra i vari Stati e al loro interno tra le diverse regioni;

   se i Ministri interpellati non ritengano, qualora si adottasse nel contesto sopra citato un approccio differenziato fra zone, regioni e Paesi con condizioni epidemiologiche simili, di adottare iniziative per consentire, per quanto di competenza, una ripartenza del turismo nelle zone del Paese con un numero di contagi molto basso per includere successivamente, in ragione del miglioramento della situazione epidemiologica, anche le altre.
(2-00806) «Masi, Di Lauro, Galizia, Sut, Sabrina De Carlo, Alemanno, Berardini, Carabetta, Fantinati, Giarrizzo, Papiro, Paxia, Perconti, Rizzone, Scanu, Vallascas, Battelli, Bruno, Berti, Ianaro, Giordano, Grillo, Penna, Scerra, Spadoni, Torto, Leda Volpi, Ehm, Faro».

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FICARA, RIZZO e MARTINCIGLIO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   in data 27 settembre 2019 veniva presentata dal sottoscritto un'interrogazione a risposta in Commissione al Ministro della difesa per sapere quali attività fossero state poste in essere nell'iter di realizzazione della nuova caserma dei carabinieri di Siracusa nell'area della sede dell'Aeronautica militare di via Elorina con un costo previsto per l'opera di 3,4 milioni di euro provenienti dal fondo «Patto per il Sud» e inizio dei lavori previsto per marzo 2018 con conclusione prevista per il 2020;

   in data 31 ottobre 2019, in risposta alla suddetta interrogazione, il Sottosegretario per la difesa, segnalava la presenza di alcune criticità emerse dopo la firma del protocollo d'intesa del 2017 tra regione e comando legione carabinieri Sicilia e, per quanto riguarda eventuali progetti di fruizione pubblica dell'area ex idroscalo «De Filippis», comunicava che lo Stato maggiore dell'Aeronautica non considerava «al momento oggetto di dismissione, in quanto sullo stesso permane l'interesse militare»;

   con nota n. 75792 del 21 maggio 2019 la legione Carabinieri Sicilia – comando provinciale di Siracusa avanzava richiesta al comune di Siracusa di individuare, e rendere disponibile, un'area comunale alternativa a quella di Via Elorina;

   con nota n. 105 del 4 luglio 2019 il sindaco di Siracusa ha comunicato al Comando provinciale dei carabinieri di Siracusa l'individuazione di un'area di proprietà comunale di 13.377 metri quadrati di superficie lorda in zona «Pizzuta» idonea all'edificazione della caserma;

   in data 10 gennaio 2020 il comune di Siracusa, con delibera di giunta n. 8, ha approvato atto di indirizzo n. 8/2020 in cui si «conferma la volontà espressa dal Sindaco con nota prot. 105264 del 04.07.2019 relativamente alla perseguibilità di una linea d'azione finalizzata alla realizzazione della Caserma dell'Arma dei Carabinieri di Siracusa con permuta di beni demaniali di interesse per il Comune nel rispetto della competenza del Consiglio Comunale all'approvazione di provvedimenti di cessione delle aree con permuta»;

   il 6 dicembre 2019 si è tenuto presso l'Urban center di Siracusa un dibattito pubblico con proposte e iniziative per un possibile futuro dell'area dell'ex idroscalo «De Filippis»;

   dal comunicato stampa del 14 maggio 2020 del costituendo «Comitato di riqualificazione urbana di Siracusa» si apprende, tra l'altro, che «i rappresentanti del Comitato il 28 febbraio 2020, nel corso di una visita guidata nell'area e nei luoghi di via Elorina – su cortese e gradito invito del Col.Luigi De Paola Comandante della caserma dell'Aeronautica, hanno avuto prova che anche all'interno delle Autorità militari nazionali si sia maturata l'idea che, pur parzialmente e rispettando quegli spazi vitali minimi necessari alla sussistenza e funzionalità del sito militare ridimensionato, l'itinerario avviato dalla proposta di parziale smilitarizzazione dell'area possa rappresentare un obiettivo comune cui lavorare, per offrire a Siracusa un'ipotesi di significativa riqualificazione del suo assetto urbano» –:

   di quali elementi disponga il Ministro interrogato per procedere senza ulteriori ritardi alla realizzazione del nuovo comando provinciale dei carabinieri nella nuova area individuata dal comune di Siracusa attraverso il finanziamento già assegnato a tale scopo e quali siano gli elementi disponibili per procedere a una parziale smilitarizzazione dell'area dell'ex idroscalo «De Filippis» nell'ottica di un'auspicabile fruizione pubblica della zona.
(5-04005)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il cosiddetto «decreto liquidità» ha previsto la possibilità per le piccole e medie imprese di poter accedere a un prestito da 25.000 euro con garanzia statale al 100 per cento;

   le imprese che intendano usufruire del prestito devono fare domanda compilando l'apposito modulo e inviando lo stesso per via telematica. Le imprese, inoltre, devono dimostrare di non essere in sofferenza;

   quest'ultimo punto costituisce grande criticità a parere dell'interrogante. Vi sono aziende, ad esempio, che operano e lavorano esclusivamente per enti pubblici e per servizi di pubblica utilità. Tali aziende vantano pertanto crediti verso enti pubblici: questi ultimi, anche a causa dell'emergenza in corso, faticano tuttavia a essere puntuali con i pagamenti;

   pertanto, potrebbe capitare che, proprio la circostanza dei ritardi nei pagamenti da parte di enti pubblici, possa costituire motivo di diniego del prestito da 25.000 euro: situazione a dir poco paradossale e che rischia di compromettere ancor di più imprese che già quotidianamente devono fare i conti con i ritardi della burocrazia –:

   quali iniziative urgenti di competenza si intendano adottare per consentire una maggiore apertura degli istituti bancari nella concessione dei suddetti prestiti, evitando che l'esposizione debitoria dovuta ai ritardi nei pagamenti da parte di enti pubblici possa costituire motivo di diniego del suddetto finanziamento.
(4-05729)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VARCHI, MASCHIO, LUCASELLI e FERRO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   con l'inizio della «Fase 2» anche per il mondo della giustizia, in molti tribunali italiani si sono registrati disfunzioni, affollamenti, code e rinvii delle udienze: il 90 per cento dei processi è rinviato, anche al 2021;

   in particolare, la ripartenza è avvenuta con un andamento a macchia di leopardo, con regole diverse per ogni ufficio giudiziario o che cambiano addirittura in base alle sezioni e alle articolazioni;

   in mancanza di un piano unico nazionale, infatti, lo svolgimento delle attività giudiziarie è stato disciplinato in ogni sede in modo diverso, talvolta con diversi protocolli per le diverse sezioni, anche con oltre duecento provvedimenti dei capi degli uffici giudiziari, come denunciato dall'Organismo congressuale forense;

   la ripartenza, fissata per il 12 maggio 2020, è avvenuta in maniera frammentaria e disorganica, a cui si sono aggiunti i provvedimenti dilatori di alcuni uffici, la mancanza o inadeguatezza degli strumenti informatici, nonché la più volte denunciata carenza di fondi per il gratuito patrocinio;

   non si sa nulla in merito alla dotazione di dispositivi di protezione e sanificazione nei tribunali, così come in merito allo smart working per il personale di cancelleria, per il quale è fatto divieto di accedere in intranet da casa;

   a parere del presidente dell'unione camere penali, Giandomenico Caiazza, «questa Fase 2 sembra partire per tutti ma non per la giurisdizione, vediamo processi che erano fissati già a maggio o giugno rinviati in alcuni casi a febbraio 2021. Ci chiediamo perché la giurisdizione esige una protezione diversa? È molto facile immaginare che nei nostri tribunali ci siano condizioni per ricominciare nelle aule con sicurezza per tutti noi, per la salute del giudice, del pubblico ministero, invece vediamo una lentezza straordinaria di questa ripresa, una disomogeneità di criteri che vengono adottati nei vari fori e spesso circolari organizzative che non sembrano recepite dagli stessi giudici»;

   tale situazione assume connotati ancor più drammatici per gli uffici del giudice di pace, che costituiscono il presidio di giustizia di prossimità per la tutela, in massima parte, dei diritti delle fasce deboli della società, per i quali in alcuni casi, come Napoli, sono stati emessi provvedimenti formali di ulteriore differimento generale delle udienze;

   in mancanza di adeguati interventi, è ragionevole prevedere che, di fatto, le attività giudiziarie non riprenderanno in modo sostanziale ed effettivo in moltissime sedi, almeno in questa «Fase 2»;

   la giustizia è l'unico comparto dello Stato, che svolge un servizio pubblico essenziale, a non essersi dotato, attraverso lo strumento della concertazione, di un protocollo nazionale che consentisse la graduale ripresa dell'attività, a differenza di quanto fatto con il protocollo condiviso di regolamentazione delle misure negli ambienti di lavoro siglato il 14 marzo 2020 e aggiornato in data 24 aprile 2020, sottoscritto dalla Presidenza del Consiglio, dal Ministero dell'economia e delle finanze, dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, dal Ministro della salute e dal Ministro dello sviluppo economico;

   è necessario, oggi più che mai, giungere a soluzioni univoche e condivise su tutto il territorio nazionale e l'ampia discrezionalità concessa ai capi degli uffici nella finestra dal 12 maggio al 31 luglio 2020 rischia, al contrario, di creare una ripresa disomogenea del funzionamento dell'attività giurisdizionale –:

   se e quali immediate iniziative di competenza il Governo intenda assumere per sostenere adeguatamente la giustizia italiana, quale funzione primaria e insostituibile dello Stato, adottando linee guida nazionali per l'effettiva ripartenza dell'attività giudiziaria;

   per quale motivo il Ministero della giustizia non abbia ritenuto di recepire il protocollo condiviso di regolamentazione delle misure negli ambienti di lavoro siglato il 14 marzo 2020 e aggiornato in data 24 aprile 2020, adattandolo alle peculiarità dell'attività giudiziaria.
(5-03991)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DORI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo n. 150 del 2009 ha dato attuazione alla legge n. 15 del 2009 rinnovando l'organizzazione del lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione;

   gli articoli 23 e 24 del predetto decreto legislativo stabiliscono la disciplina delle progressioni economiche e di carriera per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche;

   il 26 aprile 2017 il Ministero della giustizia e le organizzazioni sindacali hanno sottoscritto un accordo inerente alla programmazione e alla rimodulazione dei profili professionali, alle azioni di riqualificazione e alla promozione professionale del personale dell'amministrazione giudiziaria e degli altri dipartimenti del Ministero della giustizia;

   l'accordo prevede una serie di iniziative volte consentire la riqualificazione del personale dell'amministrazione giudiziaria attraverso la programmazione di passaggi giuridici all'interno delle aree di riferimento;

   l'articolo 5, comma 1, dell'accordo prevede, in particolare, che «Al solo fine di dare celere corso alla introduzione di nuovi profili tecnici e di rimodulare quelli esistenti, nonché per consentire l'armonizzazione delle tempistiche delle nuove assunzioni con quelle della definizione dei percorsi di riqualificazione e progressione del personale in servizio, le parti concordano che l'attuazione delle pattuizioni del presente accordo relative alla rimodulazione dei profili esistenti, all'introduzione dei nuovi profili professionali e alla revisione delle dotazioni e piante organiche conseguenti, sarà realizzata dall'Amministrazione con l'emanazione di apposito decreto ministeriale ai sensi dell'articolo 1, comma 2-octies del decreto-legge 30 giugno 2016, n. 117, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 agosto 2016, n. 161 e dell'articolo 9, comma 1 del CCNL 14 settembre 2007»;

   per effetto di tale disposizione, l'accordo è stato recepito nel «Decreto ministeriale 9 novembre 2017 – Rimodulazione dei profili professionali del personale non dirigenziale dell'Amministrazione giudiziaria, nonché individuazione di nuovi profili ai sensi dell'articolo 1, comma 2-octies, del decreto-legge 30 giugno 2016, n. 117, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 agosto 2016, n. 161»;

   il successivo comma 3 dell'articolo 5 dell'accordo prevede, inoltre, che «l'attuazione del presente accordo avverrà, in ogni caso, nei limiti dei posti disponibili, ad invarianza di spesa dell'attuale complessiva dotazione organica, con il consenso del dipendente e con procedure selettive che sindacali rappresentative (...), ai sensi e nel rispetto di quanto indicato dall'articolo 1, comma 2-octies, del decreto-legge 30 giugno 2016, n. 117, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 agosto 2016, n. 161, entro il 30 giugno 2017» –:

   se il Ministro interrogato, in vista dell'indizione di nuovi bandi di concorso, intenda preventivamente procedere a un'ampia indagine tra i dipendenti in servizio presso gli uffici giudiziari per raccogliere le richieste di passaggi giuridici e cambi di profilo in modo da avviare successivamente le selezioni pubbliche per la copertura delle posizioni effettivamente scoperte.
(4-05708)


   CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da una nota del Sindacato autonomo della polizia penitenziaria (Sappe) giungono notizie gravi ed allarmanti circa il rinvenimento negli istituti penitenziari di S. Maria Capua Vetere (Caserta), Avellino e Napoli, di sostanze stupefacenti, denaro e telefoni cellulari;

   come denunciato dal segretario nazionale per la Campania del Sappe, Emilio Fattorello, a seguito di una serie di controlli a sorpresa operati dagli agenti penitenziari, sarebbero stati rinvenuti sette telefonini nel carcere di S. Maria Capua Vetere, di cui sei micro cellulari e uno smartphone; ad Avellino, invece, sarebbero stati scoperti cocaina, hashish e telefonini, e altri due telefonini sarebbero stati recuperati nel reparto di alta sicurezza del carcere di Secondigliano (Napoli);

   tali preoccupanti episodi si aggiungono ai già noti accadimenti degli ultimi mesi che hanno disvelato drammaticamente le miriadi di criticità che affliggono il sistema carcerario italiano, a partire dai problemi del sovraffollamento e della carenza di personale, fino a giungere alle recenti sommosse che hanno causato la morte di ben 12 detenuti e messo a repentaglio la sicurezza stessa del personale penitenziario;

   le enormi falle del sistema carcerario venivano già poste in evidenza, in tempi meno sospetti, dall'interrogante (interrogazione n. 4-04083) che richiedeva al Ministro della giustizia, a seguito del rinvenimento di telefoni cellulari all'interno del carcere di Salerno, di investire in maggiore strumentazione di videosorveglianza, oltre che di incrementare il personale penitenziario attingendo dalle graduatorie vigenti;

   il Ministro nella sua risposta del 25 febbraio 2020 dichiarava, tra l'altro, che erano stati acquistati dispositivi di controllo per prevenire l'illecita introduzione di cellulari all'interno delle carceri e che avrebbe provveduto al completamento dell'assunzione straordinaria di 1.300 allievi agenti del Corpo di polizia penitenziaria anche mediante scorrimento delle graduatorie vigenti;

   ad oggi, tuttavia, alla luce degli accadimenti sopra evocati, appare evidente che, nonostante la precedente interrogazione, i vari emendamenti e l'ordine del giorno (tutti rigettati) che l'interrogante ha presentato proprio in ordine alla carenza del personale penitenziario e alla necessità di attingere dalle graduatorie esistenti soprattutto durante l'emergenza epidemiologica, nulla di efficace sia stato ancora posto in essere;

   tale grave inerzia è ancor più ingiustificabile se si considera che il potenziamento delle risorse all'interno delle carceri non avrebbe comportato maggiori oneri per la spesa pubblica atteso che la legge di bilancio n. 145 del 2018 aveva già previsto fondi per l'assunzione di nuovi allievi di polizia penitenziaria;

   l'incredibile stato di cose sopra descritto e più volte denunciato anche dai sindacati è ulteriormente aggravato dall'assenza di una specifica norma incriminatrice che punisca i detenuti in possesso di telefoni cellulari e di ogni altro dispositivo idoneo alla comunicazione con l'esterno;

   allo stato attuale, infatti, un telefono cellulare è solo un oggetto non consentito al pari di altri oggetti, ragion per cui, laddove il detenuto ne varrà trovato in possesso, potrà essere sottoposto solo a procedimento disciplinare, benché con il suddetto strumento possa continuare a svolgere la propria attività criminosa –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare, anche di carattere normativo, al fine di garantire maggiore controllo e sicurezza all'interno degli istituti penitenziari anche attraverso la dotazione di body scanner e di ogni altra strumentazione idonea al controllo dei detenuti e dei visitatori;

   se non intenda implementare il personale penitenziario attingendo dalle graduatorie esistenti fino ad esaurimento;

   se non intenda adottare iniziative per introdurre una nuova fattispecie incriminatrice al fine di punire i detenuti in possesso di telefoni cellulari e di ogni altro materiale illecito e non consentito nelle carceri.
(4-05712)


   CANTALAMESSA, MORRONE, TURRI, BISA, TATEO, BONIARDI, PAOLINI, MARCHETTI, CAVANDOLI e POTENTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la crisi epidemiologica in atto ha determinato la decisione del Governo di sospendere quasi tutte le attività nel settore della giustizia, ad eccezione di pochissimi adempimenti urgenti nel settore penale. Infatti, a norma dell'articolo 83 del decreto-legge n. 18 del 2020, le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari sono state rinviate d'ufficio, prima ad una data successiva al 15 aprile, poi all'11 maggio 2020;

   la sospensione delle udienze ha comportato, non solo un danno economico enorme per la categoria degli avvocati e di tutte le professioni che lavorano nel settore legale, ma anche un ulteriore rallentamento della già drammatica lentezza della giustizia italiana;

   tutti i cittadini che da anni attendevano una risposta dal sistema giudiziario hanno dovuto assistere al rinvio, ancora una volta, di decisioni o sentenze, che in tantissimi casi possono determinare la vita di una persona;

   conclusa la fase emergenziale, lo stesso articolo 83 del decreto-legge summenzionato, ha disposto che, per quanto riguarda la cosiddetta «Fase-2», è demandata l'adozione di misure organizzative per la trattazione degli affari giudiziari ai capi degli uffici giudiziari sentita l'autorità sanitaria regionale e il consiglio dell'Ordine degli avvocati e d'intesa con il presidente della corte d'appello ed il procuratore generale della Repubblica;

   così disponendo, si è verificato che ogni ufficio giudiziario si è munito di uno o più protocolli, linee guida o decreti presidenziali per regolamentare i procedimenti e il funzionamento delle cancellerie;

   questa molteplicità di protocolli ha creato un vero e proprio caos tra gli operatori del diritto, che hanno dovuto apprendere ed adeguarsi ad un protocollo diverso per ogni tribunale, trovandosi in una situazione di incertezza totale;

   il consiglio dell'ordine degli avvocati è stato estromesso dal processo decisionale riguardante la riapertura dei tribunali, pur essendo l'Avvocatura parte del sistema giudiziario e riconosciuta dalla Costituzione;

   in molti casi, come ad esempio nel distretto di Napoli, i provvedimenti di organizzazione sono stati adottati, ad avviso dell'interrogante, nel completo dispregio delle proposte avanzate dal consiglio dell'Ordine degli avvocati;

   la maggior parte dei tribunali, di fatto, non ha ripreso le attività se non in minima parte e con estrema lentezza, mentre altri tribunali, come quello di Bari, risultano già affollati e con assembramenti;

   molti avvocati hanno lamentato il fatto di aver ricevuto con ritardo le comunicazioni di rinvio delle udienze, se non in alcuni casi, l'assoluta mancanza di indicazioni sullo svolgimento o meno delle udienze;

   molti magistrati si rifiutano di incontrare gli avvocati per le necessarie interlocuzioni al di fuori delle udienze, o pretendono valide motivazioni prima di fissare un appuntamento, limitando, di conseguenza, le garanzie a difesa degli imputati;

   il sistema della giustizia, in quanto attività essenziale per il buon andamento di una Nazione, dovrebbe garantire il suo funzionamento anche in condizioni difficili, così come hanno fatto i medici ed il personale sanitario, continuando a garantire i servizi di cura della persona;

   attività giurisdizionale essenziale non può essere considerata soltanto quella nel settore penale nei casi di persone sottoposte a vincoli limitativi della libertà, in quanto la ripartenza del nostro Paese dipende anche da come la giustizia civile, tributaria e amministrativa saprà tenere il passo della società e delle attività economiche in modo da garantire la certezza del diritto –:

   in relazione a quanto esposto in premessa, se il Governo intenda assumere iniziative per porre immediatamente fine al caos che si è creato nel sistema giudiziario, adottando un unico protocollo nazionale e delle linee guida valide per tutti per ricominciare l'attività giudiziaria a pieno regime e in sicurezza.
(4-05721)


   MOLTENI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   sempre più indignazione si manifesta per il provvedimento che ha portato alla scarcerazione di molti boss e narcotrafficanti per l'emergenza Coronavirus;

   tra coloro che hanno beneficiato degli effetti di tale provvedimento c'è anche il 60enne Leonardo Priolo, finito in manette nell'ambito della maxi inchiesta «Crociata», che nel febbraio 2016 aveva portato all'arresto di 28 persone, ritenute affiliate a un clan 'ndranghetista calabrese e condannate a pene dai due ai dieci anni a vario titolo per associazione di tipo mafiosa, associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e violazioni in materia di armi;

   Priolo, nella fattispecie, ritenuto con ruolo di spicco nell'organizzazione del traffico di sostanze stupefacenti, era stato condannato ad otto anni di carcere ed ora, per effetto del provvedimento di scarcerazione, si ritrova agli arresti domiciliari;

   per l'interrogante è il 499esimo caso di cui viene a conoscenza, vale a dire che quasi 500 persone condannate per reati gravi sono state fatte uscire di galera nel mentre ai cittadini italiani si chiedeva di rimanere chiusi in casa, impossibilitati a ricongiungersi con i propri affetti, con misure restrittive dei principali diritti costituzionalmente garantiti;

   trattasi per l'interrogante di situazioni paradossali di una gravità inaudita, che non possono passare sotto silenzio, bensì necessitano di risposte chiare e dettagliate, che accertino la precisa responsabilità politica di chi gestisce il dicastero competente;

   dette scarcerazioni, infatti, rappresentano secondo l'interrogante anche un vero e proprio oltraggio all'impegno delle forze dell'ordine, che hanno lavorato anche rischiando la propria vita pur di catturare pericolosi criminali per consegnarli alla giustizia;

   il territorio canturino in particolare, si ricorda, è stato toccato da inchieste di grande rilevanza e la scarcerazione del Priolo, secondo l'interrogante, rappresenta una resa dello Stato, l'azzeramento con un solo atto di mesi e mesi di duro lavoro di indagini, ricostruzioni, processi –:

   per quali motivi non sia stato valutato, per quanto di competenza, di procedere prontamente, soprattutto nella fase di esplosione dell'emergenza da COVID-19, al trasferimento dei detenuti con problemi di salute nelle carceri ove sussistono centri medici di altissimo livello;

   se il Ministro interrogato abbia contezza di dove Priolo – ma anche tutti gli altri boss scarcerati – si trovino agli arresti domiciliari e se sia intenzione del Ministro adottare ogni iniziativa di competenza perché la pena sia scontata in carcere;

   se e in che termini il Governo intenda garantire, per quanto di competenza, la certezza della pena a fronte della vicenda richiamata in premessa.
(4-05736)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata:


   ROSPI, NITTI e ZENNARO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il sistema stradale lucano è oggetto da tempo di diversi interventi da parte di Anas s.p.a.; in particolare, tra gli interventi più importanti vi sono: il raddoppio della strada statale n. 7 Matera-Ferrandina, il completamento della strada statale n. 658 Potenza–Melfi e la messa in sicurezza della strada statale n. 407 Basentana;

   la strada statale n. 407 è una delle arterie principali, perché collega Matera e Potenza con l'A3 e la statale strada statale n. 106, nonché una delle più pericolose per l'elevato numero di incidenti che si verificano annualmente. Tra gli interventi di messa in sicurezza della strada statale n. 407, già finanziati e programmati per un investimento complessivo di 18,72 milioni di euro, vi sono la manutenzione straordinaria di diversi viadotti, l'adeguamento delle barriere spartitraffico e i lavori di manutenzione straordinaria per la sostituzione e l'integrazione della segnaletica verticale: purtroppo, però, ad oggi l'avvio delle opere citate risulta andare a rilento;

   la strada statale n. 7 Matera–Ferrandina, già stata finanziata per circa 70 milioni di euro, rientra nel collegamento mediano Murgia–Pollino, che collegherà l'autostrada A3 con l'A14, dichiarato opera strategica e di interesse nazionale dalla delibera del Cipe n. 121 del 2001 e inserito tra gli interventi previsti dalla delibera Cipe n. 130 del 2006, nonché inserito nel contratto di programma Anas 2018-2020, che prevede la realizzazione del «by-pass di Matera», noto come la Matera-Ferrandina-Pisticci, già assegnato attraverso gara pubblica ad Anas s.p.a. il 6 settembre 2017 e rientrante nel dossier «Matera 2019»;

   l'intervento sulla strada statale n. 658 Potenza–Melfi, già finanziato, prevede la realizzazione di una corsia aggiuntiva, che consentirà un deflusso del traffico più congruo ed agevole;

   i diversi interventi sopra citati rappresentano delle opere strategiche per la Basilicata, perché potenziano i collegamenti tra i capoluoghi di provincia, l'area del melfese e l'area del metapontino;

   il decreto-legge «sblocca cantieri» ad avviso degli interroganti si è rivelato insufficiente per far ripartire le opere pubbliche, comprese quelle lucane, al contrario di altri strumenti, come il «decreto Genova», che ha permesso la realizzazione dell'opera in due anni –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle problematiche esposte in premessa al fine di adottare iniziative dirette a sbloccare e velocizzare la realizzazione delle opere citate, anche attraverso la nomina di commissari straordinari, come avvenuto per la ricostruzione del Ponte Morandi di Genova.
(3-01553)


   RIXI, MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GARAVAGLIA, GASTALDI, GAVA, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GIORGETTI, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUIDESI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MATURI, MINARDO, MOLTENI, MORELLI, MORRONE, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, SALTAMARTINI, SASSO, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il Ministro interrogato, di concerto con il Ministro della salute, ha emanato il decreto n. 207 del 17 maggio 2020 riguardante l'operatività delle diverse forme di trasporto in configurazione minima;

   per quanto riguarda il trasporto aereo, l'articolo 1 del decreto dispone che siano assicurati «esclusivamente i servizi minimi essenziali», limitando l'operatività agli aeroporti di: Ancona, Bari, Bergamo-Orio Al Serio, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze-Peretola, Genova, Lamezia Terme, Lampedusa, Milano Malpensa, Napoli Capodichino, Olbia, Palermo, Pantelleria, Pescara, Pisa, Roma Ciampino, Roma Fiumicino, Torino e Venezia Tessera;

   per quanto riguarda i collegamenti ferroviari ad alta velocità, l'articolo 2 del decreto prevede l'effettuazione giornaliera da parte di Trenitalia, quale servizio garantito, di un numero predefinito di collegamenti sulle sei diverse direttrici (adriatica; tirrenica sud; Roma-Puglia; Roma-Verona-Bolzano; dorsale Torino-Milano-Roma-Napoli; Venezia-Roma; trasversale padana), nonché l'effettuazione giornaliera – da parte di Italo-Ntv – di una sola coppia di collegamento (Roma Termini-Venezia Santa Lucia) fino al 20 maggio 2020 e di 4 coppie di collegamento (2 Salerno-Torino; Torino-Napoli; Venezia-Napoli) dal 21 al 31 maggio 2020;

   dal 18 maggio 2020 è stata disposta la progressiva riapertura di tutte le attività economiche e produttive e sono pertanto aumentate, fino a ritornare alla quasi normalità, le diverse esigenze di trasporto – conformi alle restrizioni vigenti – dei cittadini italiani;

   la configurazione minima di trasporto disposta dal Ministro interrogato appare del tutto inidonea a soddisfare le citate esigenze di trasporto, neanche tra i capoluoghi di regione; in particolare:

    a) l'aeroporto di Milano Linate, nonostante la sua strategicità, non è stato ricompreso tra quelli operativi e pertanto rimane chiuso;

    b) i collegamenti aerei previsti (ad esempio, tra Genova e Roma o tra Torino e Roma) sono esigui e con operativi che non consentono, a coloro che si spostano per ragioni lavorative, di compiere un viaggio andata e ritorno in giornata;

    c) il numero di collegamenti ferroviari è altrettanto esiguo, con conseguente scarsità di posti disponibili;

   la rete autostradale non costituisce una valida alternativa di trasporto, dacché essa risulta nuovamente congestionata, essendo ripresi anche i lavori sulla stessa rete, inspiegabilmente non eseguiti durante il lockdown –:

   se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda intraprendere affinché sia potenziato, con sollecitudine, il numero di collegamenti aerei e ferroviari (ad alta velocità) operativi tra i capoluoghi di regione.
(3-01554)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   FREGOLENT. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il completamento dell'autostrada A33 Asti-Cuneo, atteso ormai da oltre 8 anni, risulta fondamentale per un vasto territorio che comprende non solo i due capoluoghi del Piemonte ma l'intero Nord Italia, trattandosi di una infrastruttura necessaria per collegare al meglio un'area ad alta densità produttiva con le principali direttrici di traffico nazionale;

   in seguito alle iniziative prese dal Governo Renzi per accelerare la realizzazione dei 9 chilometri mancanti dell'infrastruttura, il Governo Conte I, ad avviso dell'interrogante soprattutto a causa dell'ex Ministro Danilo Toninelli, ha nuovamente bloccato l'iter per la ripresa dei lavori;

   il 14 maggio 2020 il Cipe ha approvato l'aggiornamento dei piani finanziari relativi alle società concessionarie autostradali A33 Asti-Cuneo e A4 Torino-Milano;

   secondo quanto reso noto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dopo la precedente delibera del Cipe del 1° agosto, il dicastero ha avviato mi intenso confronto con tutte le amministrazioni che ha consentito l'adozione di un modello innovativo e pienamente coerente con la normativa nazionale e comunitaria e dal quale risulta che si sono sbloccati i lavori di completamento dell'autostrada Asti-Cuneo dopo un lungo periodo d'attesa;

   come evidenziato dal Ministro interrogato la decisione del Cipe ha messo fine a una situazione di stallo che risaliva al 2014 dando certezza sull'ultimazione di un'opera lungamente attesa, che riveste un ruolo strategico per il Paese, come sottolineato dal Ministro in occasione della sua ultima visita in Piemonte del mese di novembre 2019;

   secondo quanto riportato dalla stampa l'autostrada sarà portata a termine con «un sistema di cross-financing che prevede un valore di subentro per rimborsare la concessionaria che fa capo al Gruppo Gavio, sia quando andrà in gara la concessione dell'Asti-Cuneo, sia quella della Torino-Milano in carico a Satap che fa capo allo stesso gruppo industriale» –:

   se il Ministro interrogato intenda indicare quali saranno, a seguito dell'approvazione dei piani finanziari da parte del Cipe di cui in premessa, le modalità di finanziamento, l'iter e la tempistica per il completamento della autostrada A33 Asti-Cuneo.
(5-03985)


   MAZZETTI, SOZZANI, CORTELAZZO, BERGAMINI, GELMINI, CASINO, LABRIOLA e RUFFINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 32 del 2019 (cosiddetto «sblocca cantieri») ha aggiunto, all'articolo 59, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 in materia edilizia, la lettera c-bis), con la quale il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti può autorizzare laboratori ad effettuare prove e controlli su materiali da costruzione su strutture e costruzioni esistenti. Questa nuova previsione ha portato all'emanazione della circolare attuativa n. 633/STC del 3 dicembre 2019, che stabilisce i requisiti minimi di autorizzazione per tali nuovi laboratori;

   con la successiva approvazione delle «Linee Guida per la classificazione e gestione del rischio, la valutazione della sicurezza ed il monitoraggio dei ponti esistenti» di cui all'assemblea del Consiglio superiore dei lavori pubblici del 14 aprile 2020, per la prima volta si stabilisce, al paragrafo 1.8, che gli ingegneri liberi professionisti certificati in diagnostica, non potranno più eseguire alcun tipo di indagine e prova, anche e soprattutto non-distruttiva, sui ponti esistenti. È evidente che tale esclusione, nel prossimo futuro, verrà probabilmente estesa anche alle altre tipologie strutturali (edilizia pubblica e infrastrutturale, edilizia privata e altro);

   la conseguenza di quanto suesposto è che vengono messi fuori mercato tutti i liberi professionisti, ingegneri e architetti (anche strutturati in società), che eseguono controlli sull'edilizia esistente, che si vedrebbero costretti, per poter continuare l'attività, a sostanziali investimenti per la obbligatoria costituzione di laboratori, per la presa in carico di dipendenti e collaboratori, spese per l'adeguamento dei locali e altro. Sostanzialmente ciò comporta il passaggio da una forma professionale di alta specializzazione a una forma ad alta prevalenza imprenditoriale, con una struttura rigida e ingessata per la notevole burocrazia prevista;

   la norma suddetta ha come conseguenza quella di creare un accentramento nel mercato della diagnostica, favorendo solo coloro che riusciranno, in via esclusiva, ad ottenere l'autorizzazione dal servizio tecnico centrale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Tutto ciò collide inevitabilmente con il principio di qualità, concorrenza e specializzazione, anche nel superiore interesse della collettività –:

   se non ritenga necessario adottare iniziative per modificare la norma di cui in premessa al fine di superare le evidenti criticità suesposte, garantendo così la libera concorrenza, e comunque aprire il mercato non solo ai laboratori autorizzati ma anche ai tecnici liberi professionisti già abilitati e certificati, così come è sempre stato fino all'approvazione della norma del decreto-legge «sblocca cantieri» di cui in premessa.
(5-03986)


   GAGLIARDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la variante Aurelia strada statale 1 a La Spezia è un'infrastruttura composta da tre lotti funzionali, di cui due in fase di avanzata costruzione e il terzo, che collegherebbe il Felettino con il raccordo autostradale, bloccato, da circa due anni, dal recesso dal contratto da parte dell'appaltatore;

   la variante si configura come asse tangenziale alla città, di circa 10 chilometri, dalla zona di San Benedetto fino a Stagnoni, ove si collega al raccordo autostradale, aggirando l'agglomerato urbano;

   il 29 marzo 2019 è stato pubblicato il bando di gara per l'affidamento dei lavori del primo stralcio del terzo lotto, ma, trascorsi più di tredici mesi, Anas non ha ancora aggiudicato la gara e non ha pubblicato i bandi per l'affidamento del secondo e terzo stralcio funzionale, immobilismo che incide sia sulla viabilità che sull'occupazione dei circa 86 lavoratori impegnati nell'opera;

   i tempi di conclusione del procedimento hanno superato il termine massimo consentito;

   l'8 aprile 2020 è crollato il Ponte di Albiano Magra che collega la provincia della Spezia con quella di Massa Carrara, dirottando tutto il traffico sull'abitato spezzino. La situazione già critica diventerà emergenziale con l'arrivo dell'autunno e la riapertura di scuole e attività imprenditoriali;

   il 6 maggio 2020, nel corso dell'audizione in VIII Commissione, veniva inspiegabilmente rigettata la richiesta di dichiarazione dello stato di emergenza per la viabilità in Liguria, formulata dai sindaci della zona, dal presidente della provincia della Spezia e dal presidente della regione. Dichiarazione che consentirebbe di snellire tempi e iter per la realizzazione della viabilità alternativa della provincia spezzina;

   il nuovo ponte di Albiano, come affermato dall'amministratore delegato di Anas ingegnere Simonini nel corso dell'audizione del 12 maggio 2020, non sarà pronto prima di 8-9 mesi, nel caso la scelta ricada su una struttura provvisoria e di 24 mesi nel caso si decida di realizzare il ponte definitivo –:

   quali iniziative urgenti di competenza il Ministro interrogato, alla luce dei fatti esposti in premessa e verificati i tempi massimi consentiti dal regolamento di Anas per la conclusione di un procedimento di affidamento con gara, intenda adottare al fine di sbloccare le procedure di gara dei tre stralci funzionali, individuando al contempo soluzioni di viabilità alternativa nella provincia di La Spezia a seguito del crollo del Ponte di Albiano, per evitare il congestionamento del traffico cittadino e far tornare all'opera i lavoratori fermi da mesi.
(5-03987)


   PEZZOPANE e BRAGA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la carenza di reti infrastrutturali nella regione Abruzzo è particolarmente evidente nella mancanza di collegamenti tra L'Aquila e Pescara – due centri dove si svolge la quasi totalità della vita amministrativa e politica della regione – per la mancata realizzazione della viabilità ordinaria per collegare L'Aquila all'autostrada A25 per arrivare a Pescara;

   la strada statale 17, la cosiddetta variante Sud, tranne alcuni tratti e qualche rotatoria, è rimasta quella costruita tanti anni or sono, mentre è urgente procedere alla progettazione e al finanziamento dei lotti mancanti in direzione Pescara mediante la sottoscrizione di un protocollo d'intenti tra i soggetti interessati con tempi di realizzazione certi;

   un'altra arteria rimasta senza sbocco è la strada statale 260 in direzione di Amatrice. Si tratta di un'opera strategica per il collegamento dei borghi dell'Appennino centrale che necessita di un ricongiungimento con la strada statale 4 Salaria;

   ci sono, inoltre, da colmare i ritardi per la realizzazione di alcune opere in prossimità della città di L'Aquila:

    la bretella dell'Ospedale S. Salvatore e della Scuola della guardia di finanza, un'opera finanziata dall'Anas che serve al collegamento dell'area ospedaliera con la strada statale 17, e la creazione di nuovi parcheggi di cui l'ospedale è molto carente. La bretella nel suo complesso risolve anche il problema della Scuola allievi sottufficiali della guardia di finanza in località Coppito che incontrano un vero e pericoloso tappo con file chilometriche, tra via delle Fiamme Gialle e la strada provinciale 33;

    la bretella Amiternum per riconnettere le due aree archeologiche di Amiternum, oggi separate dalla strada statale 80, e realizzare il parco archeologico-fluviale, con al suo interno il parco didattico fluviale del fiume Aterno. L'opera già finanziata dall'Anas e appaltata è stata bloccata dalla Soprintendenza che prima ha concesso il suo parere favorevole e poi lo ha inspiegabilmente negato;

    casello autostradale località N.I. di Pile. Già previsto nel piano di ricostruzione del comune di L'Aquila, che immette direttamente nella direttrice autostradale il nucleo di Pile, sede di importanti aziende, come Alenia Spazio, Dompè, Menarini le maggiori, e di quelle del N.I. di Sassa e di importanti comuni limitrofi come Pizzoli e Scoppito sede della Sanofi Aventis –:

   se il Ministro interrogato non ritenga urgente adottare le iniziative di competenza per la realizzazione delle reti infrastrutturali esposte in premessa, garantendo un collegamento veloce con il centro amministrativo e politico della regione mediante la strada statale 17 e uno sviluppo sostenibile del territorio, valorizzandone le ricchezze archeologiche e ambientali e consentendo un collegamento diretto delle aree produttive alla rete autostradale nazionale.
(5-03988)


   BUTTI, FOTI e LUCA DE CARLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   da più parti emergono proposte di revisione del «Codice degli appalti» tese soprattutto ad agevolare la ripresa dei grandi cantieri;

   dalla lettura delle bozze del cosiddetto «decreto Rilancio» risultano espunte le proposte avanzate dalle categorie e dai gruppi politici sui cantieri pubblici, quali il saldo dei lavori realizzati prima del lockdown, la garanzia di rischedulare i pagamenti, la ripartenza dei programmi ordinari e straordinari con Rfi e Anas;

   dal territorio, in particolare dalle amministrazioni provinciali, provengono richieste di immediato intervento per dare risposte efficaci e veloci a imprese e cittadini –:

   quale sia l'orientamento del Ministro interrogato in relazione a quanto esposto in premessa e, in particolare, riguardo alla necessità di aumentare la soglia per gli affidamenti diretti ex articolo 36, comma 2, lettera a), del decreto legislativo n. 50 del 2016 fino a 100 mila euro (oggi a 40 mila euro).
(5-03989)


   DEIANA, BARBUTO, ILARIA FONTANA, DAGA, D'IPPOLITO, FEDERICO, LICATINI, ALBERTO MANCA, MARAIA, MICILLO, RICCIARDI, TERZONI, VARRICA, VIANELLO, VIGNAROLI e ZOLEZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza sanitaria del COVID-19 ha acuito la crisi del settore dei lavori pubblici con inevitabili conseguenze in termini di occupazione e di sopravvivenza delle aziende e, tra i principali interventi richiesti dagli operatori per arginare tale situazione, riveste priorità assoluta la richiesta di pagamento dei crediti delle imprese da parte delle pubbliche amministrazioni;

   tra le varie voci di credito, vi sono anche quelle derivanti dalla definizione di contenziosi che scontano tempi molto lunghi delle procedure giudiziarie;

   tra le stazioni appaltanti più importanti ed esposte vi è certamente Anas s.p.a. contro cui sono pendenti contenziosi, che hanno raggiunto cifre considerevoli (si parla di oltre 12 miliardi di euro); il Governo è, di recente, intervenuto per confermare la prosecuzione di un virtuoso percorso deflattivo, attraverso il decreto «Mille proroghe», poi convertito in legge, il quale prevede espressamente la possibilità di intervenire sul contenzioso con i contraenti generali con accordi bonari e transazioni anche nel biennio 2020-2022;

   con le imprese diverse dai contraenti generali il decreto legislativo n. 50 del 2016 prevede il ricorso alle procedure di accordo bonario e a quelle di transazione, rispettivamente, previste agli articoli 205 e 208 del codice degli appalti;

   dai dati, comunicati dalle imprese emergerebbe, però, che Anas non darebbe impulso all'istruzione degli accordi bonari e nei pochi casi in cui ciò avverrebbe non rispetterebbe i termini previsti di 90 giorni per il completamento delle procedure, mentre le proposte di transazione o verrebbero istruite in tempi eccessivamente dilatati o si concluderebbero negativamente senza adeguata motivazione; un altro aspetto da rilevare riguarderebbe, inoltre, l'esposizione dell'ente in seguito alle condanne ascrivibili al profilo del danno erariale, alle quali non seguirebbe l'applicazione della rivalsa obbligatoria automatica –:

   se non intenda adottare iniziative, nell'esercizio del proprio potere di vigilanza, affinché l'apertura e la definizione delle procedure di accordo bonario e di transazione da parte di Anas s.p.a. avvenga nel rispetto del termine di 90 giorni previsto dalla norma o in tempi adeguatamente contenuti, anche attivando un efficace ed effettivo monitoraggio delle procedure richieste e non attivate, ovvero concluse fuori termine o concluse negativamente, in relazione alle eventuali successive sentenze di condanna di Anas che comportano un danno erariale, e, in tale evenienza, affinché Anas adotti ex lege l'automatismo e non la discrezionalità nell'applicazione della rivalsa nei confronti dei soggetti responsabili.
(5-03990)

INTERNO

Interpellanze:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   dalle pagine del Corriere del Veneto il prefetto di Venezia dottor Vittorio Zappalorto ha lanciato un grave grido di allarme: nella fase due si registra il pericolo di infiltrazioni criminali anche in Veneto. Nella città di Venezia in particolare, molte attività commerciali come bar e ristoranti, alcune di antica tradizione, altre più recenti, nelle zone più caratteristiche della città lagunare, non riescono a riaprire e rischiano di essere svendute;

   il tessuto commerciale della città, composto da bar, ristoranti, alberghi, privo di aiuti concreti del Governo, e senza tutele normative, si trova oggettivamente esposto alla pressione di imprenditori, senza scrupoli, dotati di ingenti risorse finanziarie, che si propongono come acquirenti delle attività, con pagamento in contanti, ma a prezzi stracciati;

   questo trend già in passato in continua ascesa, rischia oggi, a causa della situazione di crisi economica conseguente al Covid-19, di travolgere ogni resistenza e diventare inarrestabile;

   le mafie di tutto il mondo stanno guardando a Venezia, ma anche alle altre nostre città d'arte, come destinazioni ideali per il riciclaggio dei loro capitali illeciti, mediante investimenti in ambito commerciale e immobiliare;

   il fenomeno può essere associato alla infiltrazione di organizzazioni imprenditoriali, soprattutto originarie dell'estremo oriente, dotate di risorse economiche pressoché inesauribili, che già da tempo, nell'indifferenza generale, stanno colonizzando il territorio, snaturandolo, sia dal punto di vista culturale, che sociale;

   per quanto riguarda le aziende quotate di interesse nazionale, il «decreto Liquidità» ha rafforzato cosiddetto golden power;

   a giudizio dell'interpellante analoghi poteri speciali governativi dovrebbero essere introdotti con riferimento ad attività economiche rilevanti nelle principali città d'arte italiane –:

   quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, il Governo intenda concretamente adottare, per evitare la "svendita" del patrimonio imprenditoriale e immobiliare italiano.
(2-00801) «Zanettin».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   gli articoli 16 e 17 della Convenzione per l'esercizio dei servizi di collegamento marittimo in regime di pubblico servizio con le isole maggiori e minori stabiliscono la disponibilità di una «nave di riserva» (che la compagnia è tenuta a mantenere armata) per «esigenze di pubblico interesse». Il costo rientra nella convenzione se non vengono superati i 3 viaggi e le 1.200 miglia complessive in un anno solare;

   il Governo, tramite decreto della protezione civile (decreto del capo dipartimento n. 1287 del 12 aprile 2020) ha disposto che «con riferimento alle persone soccorse in mare e per le quali non è possibile indicare il "Place of Safety" (luogo sicuro) il Soggetto attuatore, ovvero il Capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno, nel rispetto dei protocolli condivisi con il Ministero della Salute, può utilizzare navi per lo svolgimento del periodo di sorveglianza sanitaria. Per le attività finalizzate all'individuazione delle suddette navi e dell'attività istruttoria di natura tecnico-amministrativa ai fini delle procedure di affidamento dei contratti pubblici il Soggetto attuatore provvede per il tramite delle strutture del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti anche in house»;

   in ottemperanza alle disposizioni contenute nel decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 aprile 2020, nonché al fine di dare attuazione a quanto disposto dal Ministero dell'interno con nota prot. n. 4004 del 10 aprile 2020, le prefetture di Agrigento, Caltanissetta, Catania, Enna, Palermo, Trapani e Bari, hanno pubblicato delle manifestazioni di interesse con il fine di garantire «il servizio di ospitalità di migranti per i quali si rende necessario assicurare l'applicazione delle misure di isolamento sanitario o di quarantena con sorveglianza attiva, in ossequio alle misure governative di contenimento e contrasto alla diffusione del Covid-19», fino al 31 luglio 2020. Si tratta di «idonee strutture ricettive che abbiano una capienza da 51 a 150 posti, al fine di garantire il servizio di accoglienza di n. 150 migranti»;

   la nave Rubattino della Compagnia italiana di navigazione (Cin, già Tirrenia) è stata utilizzata per lo svolgimento della quarantena delle 180 persone tratte in salvo dalla nave della Ong Sea Eye il 17 aprile 2020 e dalla imbarcazione Aita Mari il 19 aprile 2020;

   il gruppo Onorato Armatori, che dal 2015 controlla al 100 per cento Tirrenia attraverso la società Cin e di cui fa parte Moby, si è aggiudicato il bando del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per risolvere l'emergenza alloggiativa in Sicilia legata ai soccorsi in mare;

   secondo il quotidiano Ship2Shore (magazine di economia del mare), Moby riceverà per il nolo tra i 900 e gli 1,2 milioni di euro a seconda del numero di persone che saranno ospitate a bordo, fino a un massimo di 285 migranti;

   fonti giornalistiche riportano che la Moby Zazà è la nave individuata per la quarantena dei migranti al largo di Porto Empedocle. La stessa sarebbe già stata sottoposta a una verifica da parte della commissione di visita ex articolo 25 della legge n. 616 del 1962 presieduta dalla capitaneria di porto assieme a Rina Service e Usmaf e sarebbe pronta ad accogliere i migranti –:

   come sia stata individuata la nave Rubattino della Cin spa e quale sia l'ammontare dei costi eventualmente sostenuti dallo Stato per il suo impiego e per la sua riconversione in struttura sanitaria deputata alla quarantena tra il 16 aprile e il 7 maggio 2020, escludendo gli oneri inclusi nel corrispettivo previsto dall'articolo 7 della Convenzione stipulata il 18 luglio 2012 tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la Cin spa;

   quale sia il numero di viaggi straordinari disposti nel 2020 dai Ministeri vigilanti per la nave Rubattino della Cin spa fino al 7 maggio 2020;

   quale sia il motivo per cui il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si rivolga al gruppo Onorato Armatori, nonostante quest'ultimo presenti un debito di 180 milioni di euro per l'acquisto di Tirrenia, ancora da saldare;

   se la soluzione della nave Moby Zazà servirà per evacuare i migranti giunti autonomamente a Lampedusa;

   in base a quali norme di diritto internazionale o interno si procrastini lo sbarco a terra dei naufraghi, atteso che gli stessi potrebbero fare qui la quarantena come le centinaia di persone che arrivano con i cosiddetti sbarchi autonomi;

   a quale capitolato siano conformi le procedure di permanenza sulla nave della quarantena, dal momento che per le strutture analoghe individuate a terra – per la selezione delle quali si sono svolte delle apposite gare d'appalto – si fa riferimento allo schema di capitolato riferito ai centri di accoglienza di cui all'articolo 10-ter del decreto legislativo n. 286 del 1998 che costituiscono parte integrante del capitolato d'appalto dei servizi di accoglienza approvato con decreto del Ministro dell'interno del 20 novembre 2018 a favore di soggetti migranti.
(2-00802) «Magi».

Interrogazioni a risposta scritta:


   PITTALIS. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   giunge la notizia, dalla sindaca del comune interessato, della chiusura del distaccamento di polizia stradale di Fonni a seguito del provvedimento di riorganizzazione delle strutture periferiche da parte del capo della polizia – direttore generale della polizia di Stato dottor Franco Gabrielli;

   ad avviso dell'interrogante, la decisione di procedere a una delle innumerevoli «riorganizzazioni» colpisce, ancora una volta, le aree interne e montane della Sardegna con un furore che in realtà non si è mai placato in questi decenni: istruzione, sanità, mobilità, sicurezza sono da anni nel mirino dei ridimensionamenti. I tagli, negli anni, hanno assunto nomi nuovi ed equivoci come «dimensionamento», «riorganizzazione», «economie di scala», ma per le comunità interessate hanno sempre e solo significato l'abbandono da parte dello Stato del territorio;

   spiace rilevare un accanimento che travalica i colori dei Governi: quando c'è da tagliare si taglia nelle periferie, nei luoghi in cui maggiormente si sente la distanza dalle organizzazioni statali. I diritti all'istruzione, alla salute, alla mobilità, alla sicurezza sono infrastrutture fondamentali per garantire la civile convivenza nelle comunità delle aree interne: senza scuole, senza presidi sanitari, senza mezzi di trasporto e linee di comunicazioni moderne, senza controllo del territorio da parte di polizia e carabinieri il destino delle aree interne è segnato. Il mantenimento, anche al di là delle pur discutibili ragioni economiche, di questi servizi essenziali è condizione necessaria anche se non sufficiente al mantenimento di una prospettiva di futuro nelle aree interne della Sardegna;

   basterebbe una conoscenza anche superficiale – cosa che non può verificarsi in casi come quello rappresentato dal comune di Fonni – delle realtà territoriali dove la decisione va ad impattare per capire l'irrazionalità della scelta di chiudere il distaccamento della polizia statale nella provincia di Nuoro: uno dei pochi comuni a vocazione esclusivamente montana della Sardegna, una realtà socio-economica dinamica, una posizione geografica strategica sull'asse viario Nuoro – Lanusei fra il nuorese e l'Ogliastra, un territorio complesso con la presenza di estese aree demaniali;

   se a questo si aggiunge la «tempistica» della decisione – in piena emergenza da Covid-19 – ci si rende conto della insensatezza della decisione –:

   quali iniziative intenda adottare in merito alla vicenda di cui in premessa e se si intenda ritirare il provvedimento di soppressione del distaccamento della polizia stradale di Fonni, attivando con l'amministrazione comunale un dialogo fattivo per ricercare le soluzioni migliori e rafforzare l'indispensabile presidio operativo di pubblica sicurezza in quel territorio.
(4-05714)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da organi di stampa si apprende che qualche giorno fa un noto imprenditore della città di Pagani (Salerno), Vincenzo Calce, sarebbe stato aggredito intorno alle 8 del mattino in via Trento, nei pressi dell'abitazione della madre;

   il prefato Calce, oltre ad essere un imprenditore dell'hinterland salernitano è anche direttore tecnico della «Aspa», azienda speciale Pagani ambiente (società pubblica il cui socio unico è il comune di Pagani), e un esponente politico;

   secondo le prime ricostruzioni, l'imprenditore sarebbe stato avvicinato da un uomo con un berretto e il volto coperto da una mascherina che, prima di fuggire a bordo di un'auto scura, lo avrebbe colpito alla testa con un oggetto contundente, probabilmente il calcio di una pistola;

   dopo l'aggressione, l'imprenditore si sarebbe recato dapprima presso l'ospedale Umberto I di Nocera Inferiore, dove i sanitari gli avrebbero suturato la profonda ferita con ben dieci punti, e poi avrebbe denunciato l'accaduto presso la tenenza dei carabinieri di Pagani, che tutt'ora sta indagando;

   se le indagini confermassero l'episodio appena descritto, si tratterebbe di una vicenda che merita la massima attenzione, in quanto sarebbe non solo rappresentativa di uno spregevole atto criminale da perseguire e punire con decisione, ma, potrebbe anche disvelare un inaccettabile atto ritorsivo e intimidatorio nei confronti di un cittadino impegnato sia come amministratore pubblico sia come esponente politico nell'interesse della collettività –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda porre in essere per fronteggiare questi episodi di criminalità, al fine di garantire la sicurezza del territorio, dei cittadini e di tutti coloro che sono impegnati nell'interesse della collettività.
(4-05716)

ISTRUZIONE

Interrogazioni a risposta scritta:


   COMAROLI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 107 del 2015, nell'ambito del disegno di riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione, prevede l'istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni;

   il successivo decreto legislativo n. 65 del 2017 istituisce e definisce specificità e caratteristiche del sistema integrato di educazione e istruzione, finalizzato a garantire «pari opportunità di educazione e di istruzione, di cura, di relazione e di gioco, superando diseguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche e culturali» alle bambine e ai bambini dalla nascita fino ai sei anni, «per sviluppare potenzialità di relazione, autonomia, creatività, apprendimento, in un adeguato contesto affettivo, ludico e cognitivo»;

   tra le priorità del sistema integrato vi è la costituzione di poli per l'infanzia i quali si caratterizzano quali laboratori permanenti di ricerca, innovazione, partecipazione e apertura al territorio, anche al fine di favorire la massima flessibilità e diversificazione per il miglior utilizzo delle risorse, condividendo servizi generali, spazi collettivi e risorse professionali;

   al fine di favorire la costruzione di edifici da destinare a poli per l'infanzia innovativi a gestione pubblica, l'istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail), nell'ambito degli investimenti immobiliari previsti dal piano di impiego dei fondi disponibili di cui all'articolo 65 della legge 30 aprile 1969, n. 153, destina, nel rispetto degli obiettivi programmatici di finanza pubblica, fino ad un massimo di 150 milioni di euro per il triennio 2018-2020 comprensivi delle risorse per l'acquisizione delle aree, rispetto ai quali i canoni di locazione che il soggetto pubblico locatario deve corrispondere all'Inail sono posti a carico dello Stato nella misura di 4,5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2019;

   il comma 6 stabilisce che il Ministero dell'istruzione con proprio decreto, sentita la Conferenza unificata, provvede a ripartire le risorse, di cui al comma 4, tra le regioni e individua i criteri per l'acquisizione, da parte delle stesse, delle manifestazioni di interesse degli enti locali proprietari delle aree oggetto di intervento e interessati alla costruzione di poli per l'infanzia innovativi;

   il decreto 23 agosto 2017, n. 637, ha ripartito tra le regioni le risorse e ha assegnato alla regione Lombardia una quota di euro 24.283.155,13, che risultano, nonostante le ripetute sollecitazioni dell'interrogante presso gli uffici della direzione generale per interventi in materia di edilizia scolastica, per la gestione dei fondi strutturali per l'istruzione e per l'innovazione digitale (Dgefid), ancora non sbloccati –:

   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda assumere al fine di sbloccare l'erogazione dei fondi di cui in premessa.
(4-05711)


   PAOLO RUSSO, APREA, BAGNASCO, BARATTO, ANNA LISA BARONI, BOND, CANNATELLI, CAPPELLACCI, CASCIELLO, CASINO, CASSINELLI, CATTANEO, CRISTINA, D'ATTIS, D'ETTORE, DALL'OSSO, FIORINI, FITZGERALD NISSOLI, GIACOMETTO, LABRIOLA, MARROCCO, MAZZETTI, MILANATO, NAPOLI, NEVI, NOVELLI, ORSINI, PALMIERI, PELLA, PENTANGELO, PITTALIS, POLIDORI, PORCHIETTO, RIPANI, ROSSO, ROTONDI, RUFFINO, SACCANI JOTTI, SISTO, SOZZANI, SPENA, SQUERI, TORROMINO, VERSACE, VIETINA e ZANGRILLO. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   il 13 ottobre 2019 il M5S ha lanciato dal palco di Italia 5 Stelle, l'iniziativa dal titolo «Facciamo ecoscuola» rivolta alle istituzioni scolastiche del Paese;

   l'iniziativa è volta ad assegnare al singolo istituto un contributo fino a 20.000 euro delle risorse messe a disposizione con donazioni di parlamentari e di consiglieri regionali del M5S, per quanto definite restituzioni volontarie;

   per poter partecipare al progetto bisogna essere iscritti necessariamente alla piattaforma Rousseau, piattaforma notoriamente collegata al M5S e alla quale un privato cittadino che volesse acquisire eventuali informazioni in merito all'iniziativa, agli istituti e ai progetti prescelti, non può liberamente accedere se non iscritto all'Associazione Movimento 5 Stelle;

   i progetti vengono scelti sulla base dei voti degli iscritti al Movimento 5 Stelle su base regionale espressi, anche questi, tramite la piattaforma Rousseau, seguendo criteri, ad avviso degli interroganti, non del tutto trasparenti e soprattutto obbligando, in modo indiretto, coloro che volessero sostenere uno specifico progetto – genitori e parenti degli studenti che frequentano l'istituto che lo ha presentato, per esempio – ad iscriversi alla piattaforma per poter esprimere la propria preferenza;

   sul sito del blogdellestelle.it, anch'esso notoriamente collegato al M5S si legge: «Se sei iscritto a Rousseau vai nella sezione “Vota”, scopri i progetti presentati dalle scuole della tua regione, decidi a chi darai la tua preferenza (se sei un iscritto certificato da almeno 6 mesi e abilitato al voto) e promuovi il progetto sui social!»;

   sempre sul sito del blogdellestelle.it si legge che «in tutte le regioni italiane, dirigenti scolastici, insegnanti, genitori e alunni si sono attivati per presentare il loro progetto» e che, la fase 2 dell'iniziativa prevede che «saranno gli iscritti alla piattaforma Rousseau, su base regionale, a votare i progetti che preferiscono»;

   il 29 febbraio 2020 sono scaduti i termini per la presentazione dei progetti che si contano in un numero superiore a 1.000, presentati da altrettanti istituti scolastici su tutto il territorio nazionale;

   la gestione della piattaforma Rousseau, affidata all'Associazione Rousseau, sulla base di notizie stampa e di alcuni libri recentemente pubblicati da personalità strettamente legate al Movimento, non sarebbe del tutto trasparente in merito alla gestione, alla sicurezza dei dati e alla profilazione degli utenti, tanto che anche il Garante per la protezione dei dati personali ha multato 2 volte l'associazione –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere per sottrarre il sistema scolastico nazionale alla mera propaganda politica e alla strumentalizzazione delle precarie condizioni in cui versa una rilevante parte degli edifici scolastici, considerato che la scuola dovrebbe essere luogo di democrazia e territorio neutrale dove i partiti non dovrebbero poter fare quella che appare agli interroganti una propaganda così diretta e spudorata posto che la partecipazione richiede una iscrizione alla piattaforma che sostanzialmente equivale ad essere un militante o può indurre gli studenti a diventare futuri militanti per venire incentro ai bisogni della propria scuola.
(4-05723)


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   desta sconcerto e preoccupazione la notizia che presso le scuole medie dell'istituto Ottaviano Bottini di Piglio la docente di musica, facendolo passare per didattica, abbia assegnato come compito la lettura ritmica-melodica ed esecuzione strumentale del brano «Bella Ciao»;

   in particolare, come riportato sulla piattaforma didattica dell'istituto scolastico e nella comunicazione elettronica inviata a ciascun alunno il 27 aprile 2020, l'insegnante di musica ha assegnato «da eseguire Bella Ciao simbolo della Liberazione che abbiamo festeggiato il 25 aprile», ignorando che, mentre tale data rappresenta oggettivamente la liberazione dell'Italia dalla dittatura e dall'occupazione nazista, l'inno partigiano è divisivo perché rappresenta – appunto – una parte politica ben definita, purtroppo protagonista anche di violenze efferate e ingiustificate, anche nei confronti di civili, preti, donne e bambini;

   è storicamente accertato infatti, secondo l'opinione dell'interrogante, che molteplici frange che cantavano l'inno partigiano «Bella Ciao» organizzavano la sottomissione dell'Italia all'Urss, sottraendola alla protezione americana e quindi proseguendo sulla strada della limitazione delle libertà fondamentali attraverso l'instaurazione di un regime comunista;

   la notizia è stata riportata sul profilo Facebook del Gruppo «Fratelli d'Italia Piglio», dove si legge «È inaccettabile far cantare “Bella ciao” a dei 13enni, dimenticando che i partigiani rossi, gli stessi che volevano vendere l'Italia all'Unione Sovietica sono anche i responsabili di eccidi, stupri ed esecuzioni sommarie. Sarebbe bello sapere, sempre che non vi sia faziosità storica e/o politica, che agli alunni sia assegnato anche un compito sui loro coetanei Giuseppina Ghersi, stuprata e uccisa da alcuni partigiani savonesi oppure di Rolando Rivi, torturato, seviziato e infine assassinato da una banda di partigiani comunisti sull'Appennino modenese»;

   l'accaduto ha assunto addirittura un risvolto giudiziario, posto che la docente interessata ha sporto denuncia per minacce ad avviso dell'interrogante inesistenti nel citato post di Facebook;

   a parere dell'interrogante, al di là degli aspetti giudiziari e della condivisione o meno del post del locale circolo di Fdi, nel merito dei quali non si intende intervenire e che avranno il loro iter, è inaccettabile che temi di natura chiaramente politica, surrettiziamente presentati come formativi, vengano inseriti nell'attività scolastica di ragazzi che le famiglie affidano alla scuola per ragioni didattiche e non certo per vederli sottoporre a un'attività propagandistica, a meno che non ci sia lo spazio per uno studio plurale e imparziale degli accadimenti –:

   se il Ministro interrogato non ritenga necessario adottare le iniziative di competenza per evitare la diffusione di una visione politicizzata della storia nelle scuole, evitando che sia altresì consentito un indottrinamento delle nuove generazioni;

   se non ritenga di dover dare indirizzi, per quanto di competenza, ai dirigenti scolastici per distinguere la festa della Liberazione dall'inno dei partigiani, ad avviso dell'interrogante divisivo ed evocatore di violenze storicamente accertate.
(4-05730)


   GIANNONE. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   secondo i dati pubblicati nel monitoraggio condotto dal Ministero dell'istruzione in queste settimane e illustrati il 26 marzo 2020 nel corso dell'informativa in Senato, la didattica a distanza, è stata un successo. Più di 6,7 milioni di alunni sono stati raggiunti, attraverso mezzi diversi. Circa l'80 per cento quindi sul totale di 8,3 milioni di studenti;

   nello specifico, l'89 per cento delle scuole ha predisposto attività e materiali specifici per gli alunni con disabilità; l'84 per cento delle scuole ha predisposto attività e materiali specifici per gli alunni con Dsa; il 68 per cento delle scuole ha predisposto attività e materiali specifici per gli alunni con Bes non certificati;

   tuttavia, secondo un'indagine pubblicata dalla Comunità di Sant'Egidio, ripresa da Repubblica, a Roma «Il 61 per cento dei bambini dai 6 ai 10 anni non ha svolto neanche una lezione on line». L'indagine si è svolta su un campione di circa 800 bambini di 44 scuole distribuite in 27 quartieri della città, dal centro alla periferia. L'11 per cento dichiara di aver fatto lezione on-line solo una volta a settimana per una, massimo 2 ore. Il 49 per cento ha invece svolto lezione due volte a settimana, il 28 per cento tre volte a settimana, il 9 per cento quattro volte. Infine, solo per il 2 per cento i corsi sono stati attivi dal lunedì al venerdì;

   tra gli aspetti da segnalare c'è sicuramente quello legato alla dotazione tecnologica. «Pensiamo, continua il testo, alle famiglie straniere o a tutte quelle case in cui l'italiano non è la prima lingua oppure alle famiglie che in casa non hanno computer o connessioni adeguate». Un problema che, nonostante i fondi erogati dal Governo per l'acquisto di device, continua a generare disuguaglianze. Dall'analisi di Sant'Egidio risulta che solo il 60 per cento del campione è stato informato dalle scuole rispetto alla possibilità di richiedere, se necessari, tablet o computer. E solo il 5 per cento li ha ricevuti ad oggi;

   secondo poi quanto riportato da Articolo 21, sempre a Roma, quasi diecimila alunni con varie disabilità (anche di natura socioambientale) che usufruiscono del servizio di inclusione scolastica che il comune eroga attraverso operatori forniti da cooperative sociali, in un regime di appalti, non hanno usufruito della didattica a distanza;

   appena chiuse le scuole, in piena esplosione della pandemia, l'assessora Mammì emetteva una disposizione che trasformava l'assistenza educativa in assistenza domiciliare, attraverso l'invio degli operatori nelle case dei bambini da loro assistiti a scuola. A questa discutibile decisione, è seguito inevitabilmente un putiferio di proteste da parte dei lavoratori, perché l'idea di mandare tremila persone in giro per Roma, perlopiù con i mezzi pubblici, e dentro le case di quasi diecimila famiglie, in un momento in cui i minimi dispositivi di sicurezza (come mascherine e guanti) erano introvabili, appariva una follia;

   fortunatamente, è sopraggiunto il decreto governativo dell'8 marzo 2020, che ha imposto il lockdown, costringendo l'assessora a sospendere il provvedimento;

   soltanto all'inizio di aprile 2020, ad un mese dalla chiusura delle scuole, dagli uffici dell'assessora è stato poi adottato un atto dirigenziale che delegava ai singoli municipi l'organizzazione della didattica a distanza per i bambini disabili. La conseguenza è stata che, agli inizi di maggio 2020, la Dad per i bambini disabili era partita solo in due o tre municipi su quindici –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda intraprendere affinché venga garantito il diritto allo studio su tutto il territorio nazionale; se non intenda promuovere, per quanto di competenza, misure omogenee per evitare il divario scolastico che si è creato, in soli due mesi, tra gli alunni che risulteranno inevitabilmente penalizzati anche nell'anno scolastico 2020/2021.
(4-05732)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata:


   EPIFANI e FORNARO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 42, comma 2, del decreto-legge «Cura Italia» prevede che per le infezioni da virus COVID-19 contratte in occasione di lavoro trovi applicazione il principio generale in base al quale le malattie infettive contratte in circostanze lavorative (ad esclusione di quelle inquadrate come malattie professionali) sono considerate infortuni e, quindi, il medico certificatore redige l'ordinario certificato di infortunio e lo invia telematicamente all'Inail e le prestazioni a carico di quest'ultimo istituto, nei casi accertati di infezioni dalla malattia in oggetto in occasione di lavoro, sono erogate anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell'infortunato;

   con la circolare n. 13 del 3 aprile 2020 l'Inail ha individuato le fattispecie professionali per le quali viene riconosciuta una presunzione semplice di contrazione in occasione di lavoro (della malattia in oggetto), demandando, per altre fattispecie, la definizione dell'eventuale sussistenza dell'occasione di lavoro all'accertamento medico-legale (quest'ultimo, afferma la circolare, «seguirà l'ordinaria procedura, privilegiando essenzialmente i seguenti elementi: epidemiologico, clinico, anamnestico e circostanziale»);

   su questo tema si è scatenato un ampio dibattito, che ha portato Confindustria a chiedere uno «scudo penale» per le aziende contro il rischio di essere chiamate a rispondere di contagi sul lavoro; il 15 maggio 2020 l'Inail con una nota ha precisato che «sono diversi i presupposti per l'erogazione di un indennizzo Inail per la tutela relativa agli infortuni sul lavoro e quelli per il riconoscimento della responsabilità civile e penale del datore di lavoro che non abbia rispettato le norme a tutela della salute e sicurezza sul lavoro. Queste responsabilità devono essere rigorosamente accertate, attraverso la prova del dolo o della colpa del datore di lavoro, con criteri totalmente diversi da quelli previsti per il riconoscimento del diritto alle prestazioni assicurative Inail»;

   l'articolo 42 del decreto-legge «Cura Italia» non fa discendere automaticamente l'accertamento della responsabilità civile o penale in capo al datore di lavoro. È una misura a tutela del lavoratore: una prestazione assicurativa che esula dai presupposti per il riconoscimento della responsabilità. Il datore di lavoro può, invece, essere chiamato a rispondere, quantomeno per colpa, in caso di contagio di uno o più dipendenti, qualora non adotti le linee guida in materia di prevenzione dal COVID-19 sui luoghi di lavoro –:

   come intenda procedere per fare chiarezza sul tema, al fine di garantire i diritti e la sicurezza dei lavoratori e l'opportuna certezza e trasparenza per i datori di lavoro.
(3-01548)


   GRIBAUDO, LEPRI, SERRACCHIANI, CARLA CANTONE, MURA, VISCOMI, ENRICO BORGHI e FIANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il comparto automobilistico in Italia occupa 252.000 persone, rappresentando ancora una spina dorsale della produzione industriale (7 per cento del manifatturiero), secondo in Europa per occupati nel settore;

   l'andamento dell'occupazione negli stabilimenti italiani di Fca non ha, tuttavia, raggiunto gli obiettivi del piano 2014-2018, utilizzando oggi gli ammortizzatori per la maggioranza della forza lavoro;

   negli ultimi anni, i lavoratori si sono mobilitati in tutti gli stabilimenti Fca; in particolare, si è registrata una forte preoccupazione alla carrozzeria di Mirafiori e nello stabilimento Maserati di Grugliasco, ove l'utilizzo dei contratti di solidarietà era stato prorogato fino a giugno 2020. Negli stabilimenti di Pratola Serra e Vm di Cento, dove si producono motori diesel, non si hanno prospettive rispetto alla volontà del loro superamento entro il 2022; nell'impianto di Pomigliano d'Arco e in quello di Cassino si è fatto ampio ricorso agli ammortizzatori sociali;

   a ottobre 2019 è stata annunciata la volontà di una fusione fra i gruppi Fca e Psa. I due partner avrebbero distribuito un dividendo ordinario di 1,1 miliardi di euro nel 2019 e Fca avrebbe distribuito un dividendo eccezionale di 5,5 miliardi di euro; non sono stati tuttavia resi chiari la strategia internazionale e le ripercussioni sulla produzione e sull'occupazione nei rispettivi stabilimenti;

   a novembre 2019, il responsabile Emea di Fca, Pietro Gorlier, ha affermato di aver avviato circa il 90 per cento degli investimenti previsti per l'Italia, quantificati nel 2018 in 5 miliardi di euro da utilizzare entro il 2021 per il lancio di nuovi modelli ibridi o elettrici;

   a causa dell'emergenza COVID-19, gli stabilimenti Fca hanno sospeso la produzione a partire dalla metà di marzo 2020, riprendendo gradualmente le attività a partire dal 4 maggio 2020; tuttavia, alcune ricerche stimano un crollo del 17 per cento della vendita di nuove vetture a livello mondiale e fino al 45 per cento in Italia;

   è stata recentemente annunciata la possibilità di un prestito di 6,3 miliardi di euro che il gruppo Fca assumerebbe con Intesa San Paolo, con garanzia pubblica tramite Sace, per gli stabilimenti italiani del gruppo –:

   quale sia lo stato di attività degli stabilimenti di tutto il comparto automotive italiano, con particolare riferimento ai lavoratori in cassa integrazione prima dell'emergenza COVID-19, durante e dopo il lockdown, e quali iniziative intenda adottare per salvaguardare i livelli occupazionali italiani nel settore auto, anche valutando la convocazione di un tavolo per affrontare con le parti sociali la transizione ecologica della mobilità, le necessarie riconversioni industriali e l'eventuale intervento pubblico in tal senso.
(3-01549)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XI Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 18 del 2020, cosiddetto Cura Italia, all'articolo 42, comma 2, assimila i casi di infezione da coronavirus in occasione di lavoro all'infortunio sul lavoro, come ripreso dalla circolare dell'Inail, n. 13 del 3 aprile 2020;

   a ciò consegue che il datore di lavoro sia potenzialmente esposto a responsabilità, in sede civile e penale, per l'aver cagionato la malattia o nei casi più gravi la morte del lavoratore;

   imprese e datori di lavoro hanno manifestato forte apprensione per la responsabilità oggettiva, penalmente rilevante, che grava su di loro, considerando che non è possibile un pieno controllo sui rischi di contagio, pur con il rispetto dei precetti relativi alle misure di sicurezza. Inoltre, di fatto, risulta a dir poco difficoltoso stabilire con certezza se il morbo sia stato contratto sul lavoro o in altro ambiente di vita;

   pertanto, sono state sollecitate urgenti iniziative al Governo che consentano alle aziende, che applicano le misure di sicurezza, di non correre il rischio di essere esposte a contenziosi;

   per rispondere a questa legittima richiesta di certezza giuridica, l'Inail ha precisato che il riconoscimento dell'origine professionale del contagio non ha alcun rilievo, né per sostenere l'accusa in sede penale, dove vale il principio della presunzione di innocenza e dell'onere della prova a carico del pm, né in sede civile, dove è sempre necessario l'accertamento della colpa nella determinazione dell'infortunio, come il mancato rispetto della normativa a tutela della salute e della sicurezza;

   è evidente che non può l'Inail con dei chiarimenti risolvere una questione che è strettamente giuridica e che concerne l'interpretazione delle norme del codice civile e di quello penale in materia di responsabilità;

   per tutelare realmente imprese e imprenditori dal rischio di contenziosi, è necessario un provvedimento legislativo, che con chiarezza esoneri da ogni imputazione coloro che applicano correttamente i protocolli di sicurezza;

   con quest'ultimo intervento interpretativo dell'Inail si è voluta fornire una risposta meramente mediatica, ma che non ha alcuna valenza sul piano giuridico nel risolvere le potenziali conseguenze in danno ai datori di lavoro, che derivano con l'equiparazione dei casi di COVID-19 presuntivamente contratti sul lavoro all'infortunio –:

   se e quali idonee iniziative normative intenda porre in essere per tutelare imprese e datori di lavoro da possibili ingiuste imputazioni, in sede penale e civile, derivanti dall'equiparazione dei casi di infezione da coronavirus all'infortunio sul lavoro.
(5-03995)


   ZANGRILLO, CANNATELLI e MUSELLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'epidemia da COVID-19 ha già prodotto e continuerà a produrre effetti fortemente negativi sull'economia;

   quasi tutte le analisi effettuate da soggetti di natura istituzionale e non delineano uno scenario di medio periodo nel quale molte imprese saranno costrette ad uscire dal mercato e numerosi posti di lavoro saranno persi;

   lo stesso Governo nel documento di economia e finanza per il 2020 ha stimato un calo degli occupati pari 2,1 per cento che corrisponde a circa mezzo milione di posti di lavoro;

   alla luce di questi dati e venuti ad esaurimento gli strumenti di integrazione al reddito, il prolungamento della durata degli ammortizzatori sociali, nonché il divieto ai licenziamenti previsto dalle misure normative varate per fronteggiare l'emergenza COVID-19, un ruolo di importanza strategica dovrà essere svolto nel settore delle politiche attive, e dunque da Anpal al fine di facilitare la ricollocazione di un numero maggiore possibile di disoccupati;

   in tal senso, il comportamento adottato dal presidente di Anpal, Domenico Parisi, è stato tale da destare fortissime preoccupazioni e perplessità. Parisi, infatti, in piena emergenza COVID ha abbandonato l'Italia e, conseguentemente, la guida effettiva di Anpal, per ritirarsi nel suo Paese di origine gli Stati Uniti d'America. Comportamento che, a giudizio degli interroganti, avrebbe meritato una presa di posizione fortemente critica da parte del Ministro interrogato, perché proprio in previsione del ruolo che dovrà svolgere Anpal nell'immediato futuro, le strategie di intervento avrebbero dovuto essere adeguatamente pianificate in maniera anticipata;

   ad aumentare ulteriormente le preoccupazioni in merito ad una futura efficace azione da parte di Anpal si aggiungono una serie di indiscrezioni di stampa riassunte in un articolo de il Foglio dell'8 maggio 2020, in cui si sottolinea come Anpal sia priva di un piano industriale per il triennio 2020-2022 perché in due occasioni il voto su tale documento sarebbe stato rinviato su iniziativa dei componenti del Consiglio di amministrazione che rappresentano rispettivamente il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e le regioni. Nel medesimo articolo si riferisce inoltre di rapporti estremamente critici tra il Ministro interrogato e il presidente di Anpal –:

   quali iniziative mirate ad un rafforzamento delle politiche attive del lavoro e alla ricollocazione di un maggior numero possibile di lavoratori disoccupati intenda assumere Anpal alla luce della crisi prodotta dall'emergenza COVID e se, anche alla luce delle criticità riportate in premessa, il Ministro interrogato ritenga che Anpal sia nelle condizioni di assolvere tale compito con la massima efficienza.
(5-03996)


   GIANNONE, GAGLIARDI, PEDRAZZINI, BENIGNI, SILLI e SORTE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la pandemia di COVID-19 in corso sta avendo effetti deleteri sull'economia nazionale, con una riduzione del prodotto interno lordo stimata, secondo gli ultimi dati, attorno all'8 per cento;

   tra i soggetti più colpiti dalla pandemia figurano i lavoratori autonomi ed i liberi professionisti, che si sono visti costretti a sospendere o ridurre la propria attività per effetto delle misure di contenimento del contagio;

   professionisti e lavoratori autonomi non possono beneficiare, per sostenere il proprio reddito, degli ammortizzatori sociali previsti per i lavoratori dipendenti;

   talune limitate misure di sostegno sono state previste dal decreto-legge n. 18 del 2020;

   tra le citate misure, rientra il cosiddetto reddito di ultima istanza istituito a beneficio dei lavoratori autonomi iscritti alle Casse private dall'articolo 44 del decreto-legge n. 18 del 2020;

   il reddito di ultima istanza costituisce un contributo una tantum di 600 euro a beneficio dei lavoratori autonomi obbligatoriamente iscritti alle Casse private di previdenza che abbiano conseguito, nell'anno 2019, un reddito inferiore ai 35.000,00 euro ovvero dei medesimi lavoratori che, dichiarando un reddito compreso tra 35.000 e 55.000 euro, abbiano riportato un calo del fatturato;

   dai soggetti beneficiari del reddito di ultima istanza sono esclusi tutti coloro che percepiscono una pensione, di qualsiasi importo e natura;

   il servizio Rai TGR Liguria del 10 maggio 2020, ha riportato il caso di una mamma genovese, libera professionista iscritta all'Ordine degli architetti, esclusa dal beneficio in quanto titolare di una pensione indiretta di reversibilità ai superstiti del marito deceduto;

   tale pensione ammonterebbe a circa 40 euro lordi mensili, di cui euro 31,70 per lei ed euro 10,50 per il figlio di sei mesi, nato dopo la morte del papà –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di situazioni peculiari, analoghe a quella riportata dalla stampa relativa alla professionista a cui è stato negato l'accesso al reddito di ultima istanza in quanto beneficiaria di una pensione di reversibilità malgrado tale pensione ammontasse a circa 40 euro lordi mensili e, conseguentemente, quali iniziative urgenti intenda adottare per ovviare al verificarsi di casi paradossali come quello descritto in premessa e, in particolare, per prevedere, per quanto attiene all'esclusione dalle misure di sostegno a beneficio di professionisti e lavori autonomi, una distinzione tra coloro che percepiscono una pensione diretta e indiretta e, comunque, in ragione dell'entità della medesima.
(5-03997)


   SERRACCHIANI, CARLA CANTONE, GRIBAUDO, LEPRI, MURA e VISCOMI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'Anpal (Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro), ad aprile 2018, ha emanato un bando con l'obiettivo di realizzare un programma di interventi indirizzati ai giovani residenti nelle regioni del Mezzogiorno, finalizzato a innalzare l'offerta e la qualità della formazione nel settore Ict, per fare fronte alla crescente richiesta di competenze digitali e figure professionali specializzate su tutto il territorio nazionale, per il successivo inserimento nel mercato del lavoro;

   il bando prevedeva il finanziamento con 10 milioni di euro del Programma garanzia giovani. A maggio 2019, ovvero oltre un anno dopo, sono stati approvati 27 progetti per formare e inserire (l'inserimento lavorativo è un vincolo del bando) qualche migliaio di ragazzi Neet del Sud in aziende del settore Ict di tutta Italia;

   a seguito dell'approvazione dei progetti è stata richiesta ai soggetti proponenti la documentazione per sottoscrizione della relativa convenzione per poter dare avvio operativo ai medesimi progetti;

   secondo le informazioni a disposizione degli interroganti, la suddetta documentazione sarebbe stata trasmessa ad Anpal entro settembre 2019;

   tuttavia, successivamente a tale termine del 2019, a quanto consta agli interroganti non vi sarebbe stato più riscontro da parte di Anpal e, pertanto, a tutt'oggi, risultano ancora da perfezionare le convenzioni con i soggetti proponenti dei citati progetti;

   il grave risultato di quelli che, a parere degli interroganti, appaiono come degli ingiustificabili ritardi, è che le aziende Ict, non trovano i tecnici programmatori, i molti giovani destinatari di tali progetti rimangono senza qualificazione e, quel che più conta, senza occupazione e, infine, che le significative risorse finanziarie a valere su Fse Pon Spao rischiano il disimpegno e la restituzione;

   il già cronico problema della bassa occupazione dei giovani delle regioni del Mezzogiorno assume connotati ancora più drammatici alla luce della attuale crisi economica innescata dall'emergenza epidemiologica del COVID-19; pertanto, le richiamate disfunzioni di quell'agenzia che istituzionalmente dovrebbe adoperarsi per facilitare l'incontro tra offerta e domanda di lavoro appaiono ancora più inaccettabili e ingiustificabili –:

   quali urgenti iniziative intenda adottare al fine di accertare i gravi ritardi nel perfezionamento delle procedure richiamate in premessa e, soprattutto, per dare immediata attuazione a progetti che potrebbero rappresentare un significativo sostegno per una occupazione di qualità per i giovani delle regioni del Mezzogiorno.
(5-03998)


   MURELLI, DURIGON, CAFFARATTO, CAPARVI, GIACCONE, LEGNAIOLI, EVA LORENZONI, MINARDO e MOSCHIONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 46 del decreto-legge n. 18 del 2020 – cosiddetto Decreto Cura Italia – aveva introdotto una norma a termine di tutela occupazionale generale al fine di salvaguardare i posti di lavoro nel periodo di sospensione attività a causa dell'emergenza epidemiologica da COVID-19;

   nello specifico, la disposizione aveva previsto il divieto di licenziamento dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto, ovvero il 17 marzo 2020, per 60 giorni, quindi valido fino alla mezzanotte del 16 maggio 2020;

   il ritardo nella pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del cosiddetto decreto rilancio che, stanti le bozze in circolazione modifica il predetto termine in cinque mesi, e dunque la sua mancata entrata in vigore, ha creato un vulnus normativo difficilmente colmabile;

   da domenica scorsa, infatti, non vige più alcun divieto e, quindi, di conseguenza, ogni impresa che lo ritenga opportuno potrà licenziare i propri dipendenti anche per motivi economici;

   tale vuoto pone anche un altro problema, quello della retroattività della legge, poiché, quand'anche a giorni entri in vigore la nuova norma che proroga il divieto a cinque mesi, nei fatti l'atto negoziale compiuto in vacatio legis – il licenziamento per l'appunto – è perfettamente valido;

   la criticità riguarda non tanto i licenziamenti collettivi, per i quali la procedura è più lunga e, dunque, anche un paio di giorni di finestra non creano problemi, quanto piuttosto per il licenziamento individuale che per perfezionarsi deve necessariamente arrivare al destinatario in forma scritta e la giurisprudenza ritiene valida anche la doppia spunta blu su Whatsapp (tribunale di Catania, ordinanza del 27 giugno 2017; tribunale di Roma, sentenza del 30 ottobre 2017 n. 8802/2017);

   non è altresì una soluzione percorribile quella di invogliare il datore di lavoro che abbia proceduto al recesso del contratto di lavoro per giustificato motivo oggettivo in tale periodo a revocare il recesso medesimo, consentendo la possibilità di far richiesta, contestualmente, del trattamento di integrazione salariale, perché – è oramai chiaro a tutti – la Cassa integrazione guadagni non sarà sufficiente a coprire le reali necessità temporali;

   alla luce di quanto esposto suona per gli interroganti come una beffa la promessa del Presidente del Consiglio «nessuno resterà indietro» –:

   se ed in che termini il Ministro interrogato intenda porre rimedio al vuoto normativo segnalato in premessa e quali siano le reali ragioni per cui a sette giorni dalla conferenza stampa del Presidente del Consiglio in diretta tv l'annunciato decreto non sia ancora arrivato neanche alla firma del Quirinale.
(5-03999)


   COMINARDI e INVIDIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il reddito d'emergenza di prossima introduzione è un contributo straordinario riconosciuto alle famiglie in situazioni di difficoltà economica dovute all'emergenza COVID-19;

   il suddetto reddito sarebbe concesso cumulativamente ai nuclei familiari, in possesso di determinati requisiti economici e patrimoniali e non sarebbe compatibile con la presenza nel nucleo familiare di componenti che, al momento della domanda per l'ottenimento del beneficio in parola, siano:

    a) titolari di pensione diretta o indiretta;

    b) titolari di un rapporto dipendente, la cui retribuzione lorda sia superiore al valore massimo di 800 euro;

    c) percettori del reddito di cittadinanza;

   la misura di sostegno, erogata in base al reddito familiare e non personale, implica che tutti gli appartenenti al nucleo familiare, concorrano a determinare il reddito e l'Isee da dichiarare al momento della presentazione della domanda;

   nel caso in cui un membro della famiglia dovesse svolgere attività lavorativa in nero, il reddito complessivo e, di conseguenza, il massimale e l'Isee aumenterebbero;

   nel caso di impiego di lavoratore in nero che abbia in famiglia un destinatario del reddito di cittadinanza, si prevederebbero pene da 2 a 6 anni di reclusione;

   in caso di impiego dei lavoratori «in nero» percettori del sussidio, il datore di lavoro sarebbe sanzionato non solo quando impiega irregolarmente un titolare di reddito di cittadinanza, ma anche quando la persona sfruttata è all'interno di un nucleo familiare in cui esiste un parente percettore del beneficio economico;

   nel caso del reddito d'emergenza, le norme in via di definizione disporrebbero, in caso di mancato possesso dei requisiti, verificati da Inps e Agenzia delle entrate, la restituzione di quanto indebitamente percepito e l'applicazione delle sanzioni del caso, previste a legislazione vigente –:

   al fine di debellare comportamenti illeciti determinati dallo svolgimento di attività lavorative in nero, accanto agli interventi ispettivi e sanzionatori, se intenda intraprendere iniziative, in una fase successiva all'emergenza, in una possibile riproposizione del reddito di emergenza, per definire un percorso di legalità, con il beneficiario del reddito di emergenza, attraverso l'inserimento delle politiche attive del lavoro, tese all'attuazione di una procedura analoga a quella utilizzata per i percettori del reddito di cittadinanza.
(5-04000)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il decreto «Cura Italia», 17 marzo 2020, n. 18, aveva introdotto l'impossibilità di disporre licenziamenti con una norma, in vigore per 60 giorni (fino alla mezzanotte di sabato 16 maggio 2020), che ne prevedeva il divieto;

   dalla scadenza del divieto i lavoratori non sono più coperti dalla tutela in questione e potrebbero perdere il posto di lavoro, poiché licenziati anche per motivi economici;

   al riguardo, il cosiddetto decreto Rilancio, che avrebbe dovuto garantire la continuità della tutela in questione, con una modifica che introduce un divieto di cinque mesi, non è entrato ancora in vigore;

   pertanto, in attesa che diventi efficace la nuova norma, si porrà un serio problema di ordine giuridico rispetto agli eventuali licenziamenti disposti durante il periodo non coperto dal divieto, per quanto concerne la possibilità che una legge successiva possa invalidarli retroattivamente. In tali casi, sarà comunque necessaria l'impugnazione dell'atto, ma l'esito del ricorso non è scontato per il lavoratore;

   è evidente che i colpevoli ritardi del Governo che hanno impedito l'entrata in vigore del «decreto Rilancio» in tempi ragionevoli, stanno mettendo a rischio il posto di lavoro di migliaia di lavoratori. È, dunque, necessario riparare a tale danno prevedendo l'adozione di iniziative idonee –:

   se e quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per tutelare i lavoratori che eventualmente vengano licenziati durante il periodo non coperto dal divieto, come esposto in premessa.
(5-03994)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   sono ormai purtroppo noti i ritardi con cui si sta procedendo alla erogazione della cassa integrazione per i lavoratori rimasti senza reddito a seguito dell'emergenza da Covid-19;

   i pagamenti, a oggi, hanno raggiunto un lavoratore su cinque: questo, a parere dell'interrogante, anche a causa della scelta del Governo di voler gestire con strumenti ordinari una situazione di assoluta straordinarietà;

   le aziende, infatti, pur trovandosi tutte nella stessa situazione, hanno dovuto districarsi tra cassa integrazione in deroga (per le aziende non artigiane fino a 5 dipendenti o commerciali con più di 50 dipendenti), Fis (fondo di integrazione salariale per le aziende oltre i 5 dipendenti), Fsba (fondo sostegno bilaterale artigiano per le aziende artigiane), Cig (cassa integrazione ordinaria per le aziende industriali). Il tutto preceduto da accordi con i sindacati i quali dovevano «certificare» lo stato di necessità per ricorrere alle integrazioni salariali. Questo ha determinato grandi incertezze nella scelta dello strumento ed inevitabili ritardi nei pagamenti;

   in tale situazione emergenziale, in cui gli operatori, anch'essi ad organico ridotto, hanno dovuto elaborare numerosissime domande di cassa integrazione, si è verificata la condizione che, anche a un minimo errore, la domanda sia stata direttamente rigettata. Quindi, non una richiesta di integrazione, ma un rifiuto della domanda con la necessità di ripresentazione della stessa –:

   quali iniziative di carattere normativo si intendano attivare per consentire una più agevole procedura per l'ottenimento della cassa integrazione o di altri strumenti di ammortizzazione sociale, evitando il meccanismo del rigetto della domanda per meri errori formali e piuttosto prevedendo l'integrazione della documentazione, al fine di evitare ulteriori inaccettabili ritardi.
(4-05719)


   FRATOIANNI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   da un articolo pubblicato sull'edizione di Caserta de «Il Mattino» il 12 maggio 2020, si apprende che un operaio della Nuroll di Pignataro, dopo aver ricevuto la lettera di contestazione, sarebbe stato licenziato con delle motivazioni che all'interrogante appaiono come il tentativo di liberare l'azienda da ogni responsabilità e ricondurre l'accaduto ad una circostanza esclusivamente personale del lavoratore;

   la Nuroll è un'azienda turca che produce nastri in plastica e conta circa 100 maestranze;

   il lavoratore licenziato, oltre ad essere rappresentante della Cgil nelle rappresentanze sindacali unitarie, è anche componente della rappresentanza dei lavoratori per la sicurezza;

   tra le contestazioni mosse dall'azienda a giustificazione del licenziamento per giusta causa peserebbe anche il procurato allarme all'interno della fabbrica dopo aver informato l'azienda che la moglie ha prestato e continua a prestare servizio presso l'infermeria del carcere di Secondigliano dove sarebbero stati registrati tre casi di coronavirus;

   tale comunicazione all'azienda sarebbe stata fatta da parte del lavoratore soltanto a titolo informativo e per senso di responsabilità dovuto anche alla funzione rappresentativa che gli era stata riconosciuta in sede di protocollo interno, dal momento che sia lui che la moglie risultavano indenni da ogni contagio e non presentavano alcun sintomo riconducibile al COVID-19;

   appresa la notizia, l'azienda ha reagito adottando la più drastica delle misure, ovvero il licenziamento del lavoratore per giusta causa, nonostante le verifiche sullo stato di salute a cui si era sottoposto il lavoratore, dopo due giorni di assenza dal lavoro, presso il proprio medico di base;

   tutto ciò sulla base della circostanza che la comunicazione del lavoratore, ovvero che la moglie presta servizio in un luogo dove si erano appena verificati dei contagi da coronavirus, abbia diffuso un ingiustificato allarme nel luogo di lavoro;

   all'interrogante appare inaccettabile la procedura di licenziamento intrapresa dalla Nuroll, dal momento che una comunicazione di una eventuale situazione di pericolo non può costituire un valido pretesto per interrompere unilateralmente un rapporto di lavoro, tanto più nel pieno periodo di grave emergenza sanitaria determinata dalla diffusione del COVID-19;

   dopo il lavoratore di Reggio Emilia licenziato la vigilia di Pasqua perché accusato di non essersi coperto naso e bocca, tale vicenda rischia di creare un precedente ancor più grave;

   in un comunicato ufficiale le segreterie provinciali della Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec di Caserta hanno condannato il provvedimento di licenziamento adottato dalla Nuroll e hanno accusato la proprietà di atteggiamento antisindacale e di aver voluto «mandare un messaggio a tutti i lavoratori mettendo in discussione non solo l'attività sindacale ma i diritti fondamentali di tutti» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere affinché venga fatta chiarezza al più presto sull'intera vicenda; quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di prevenire il ripetersi di episodi analoghi e affermare la pienezza del diritto dei lavoratori ad esercitare attività sindacale senza temere ritorsioni dall'azienda.
(4-05731)

PARI OPPORTUNITÀ E FAMIGLIA

Interrogazione a risposta scritta:


   CECCHETTI e CAPARVI. — Al Ministro per le pari opportunità e la famiglia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la situazione di emergenza epidemiologica, in corso, richiede ancora specifiche misure urgenti per il contenimento del contagio nonché specifiche misure per la tutela dei lavoratori e delle lavoratrici che si trovano in situazioni particolari di salute nonché per tutte le famiglie con figli che frequentano la scuola di ogni ordine e grado;

   infatti, per i lavoratori dipendenti pubblici e privati in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché ai lavoratori in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, della medesima legge n. 104 del 1992, con il decreto-legge n. 18 del 2020 era stato previsto che il periodo di assenza dal servizio prescritto dalle competenti autorità sanitarie, fosse equiparato al ricovero ospedaliero di cui all'articolo 19, comma 1, del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9;

   tuttavia, tale misura è prevista fino al 30 aprile 2020; in sede di conversione del decreto-legge con modificazioni, tale termine non è stato prorogato nonostante quanto ricordato in premessa;

   altra situazione di incertezza, legislativa e applicativa, riguarda anche la misura del congedo parentale di cui all'articolo 23 del decreto-legge citato, che prevede che a decorrere dal 5 marzo 2020 in conseguenza dei provvedimenti di sospensione dei servizi educativi per l'infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 4 marzo 2020, e per un periodo continuativo o frazionato comunque non superiore a quindici giorni, i genitori lavoratori dipendenti, con i criteri meglio precisati nel provvedimento, avessero diritto a uno specifico congedo;

   anche in questo caso, appare evidente che – come ricordato – permane la sospensione dei servizi educativi, ma non è chiaro se sia possibile anche per il mese di maggio 2020 usufruire ulteriormente di questo istituto (per chi ne ha già goduto nel mese di aprile), né la stessa Inps, su domanda specifica dei cittadini, ha saputo fornire una risposta precisa – nel momento in cui si scrive – tant'è che il servizio «Inps risponde», a quanto consta all'interrogante evidenzia che «(...) non sono ancora state emesse le Circolari e/o i decreti attuativi relativi all'argomento da Lei citato [congedo parentale...]» e invita gli utenti «... a proporre nuovamente il suo quesito nei prossimi giorni ...» nonostante – ormai – il mese di maggio sia iniziato;

   appare evidente che la situazione di emergenza permane; la situazione di esigenza di tutela della salute di alcune categorie di dipendenti è sempre presente, così come lo sono le difficoltà delle famiglie dettate dalla sospensione dei servizi educativi –:

   se il Governo non ritenga necessario adottare prontamente iniziative per garantire la salute dei dipendenti che rientrano nelle categorie richiamante nonché agevolare tutte le famiglie che hanno fatto richiesta di congedo, chiarendo ed eliminando ogni dubbio per tutti coloro che stanno facendo domanda di congedi e/o le altre misure già previste, ma non prorogate, nei precedenti provvedimenti normativi.
(4-05717)

RAPPORTI CON IL PARLAMENTO

Interrogazione a risposta immediata:


   LOLLOBRIGIDA, MELONI, ACQUAROLI, BALDINI, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. – Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. – Per sapere – premesso che:

   il 13 maggio 2020 il Consiglio dei ministri ha approvato l'ennesimo decreto-legge per l'emergenza economica e sociale causata dal Coronavirus, pomposamente chiamato decreto-legge «rilancio»;

   secondo il comunicato stampa della Presidenza del Consiglio dei ministri il decreto-legge «introduce misure connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19», intervenendo «in diversi ambiti, in modo trasversale, con l'intento di assicurare l'unitarietà, l'organicità e la compiutezza delle misure»;

   a ben cinque giorni dalla sua approvazione in Consiglio dei ministri il decreto-legge non è ancora stato pubblicato, perché sembra che manchi parte delle coperture finanziarie;

   nel frattempo, dalla lettura delle bozze del testo già in circolazione emerge con chiarezza che, a dispetto delle ambizioni di unitarietà e organicità, il decreto-legge contiene una notevole quantità di interventi microsettoriali, dei quali appare davvero di difficile comprensione il nesso con «l'emergenza epidemiologica da COVID-19»;

   si collocano certamente tra queste lo stanziamento di 40 milioni di euro in tre anni per la realizzazione del Tecnopolo di Bologna e il «connesso potenziamento del sistema di alta formazione e ricerca meteo-climatica di Bologna», «tesoretto» messo sostanzialmente nelle mani del presidente della regione Emilia-Romagna che lo può spendere in deroga a ogni disposizione del codice degli appalti, come anche la destinazione di 130 milioni di euro in favore del comune di Taranto «per la realizzazione di un sistema innovativo di bus rapidtransit»;

   stupiscono, altresì, misure quali la modifica degli assetti della governance dell'Enit, la creazione di ben due nuove strutture di esperti e consulenti per il Ministero dello sviluppo economico, alla modica cifra di ottocentomila euro l'anno, o anche le norme volte a garantire il mantenimento della remunerazione garantita per l'Agenzia delle entrate nonostante le minori riscossioni o, ancora, la corresponsione ad Anas di 350 milioni di euro per compensare i minori introiti derivanti dalla diminuzione del corrispettivo versato dai concessionari autostradali, spostando, di fatto, l'onere finanziario da questi ultimi ai contribuenti, o, infine, le misure per l'accoglienza dei migranti irregolari;

   le norme sin qui riportate, ad avviso degli interroganti, sono solo alcuni esempi di trattamenti di favore localistici e personalistici nascosti nelle pieghe di un provvedimento abnorme, composto di 250 articoli, del tutto ingiustificati nel periodo emergenziale che la nostra nazione si sta trovando ad affrontare –:

   se il Governo non ritenga di espungere le norme incongrue dal testo del decreto-legge «rilancio», in tal modo assicurandone anche un più agevole e rapido esame.
(3-01547)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   NOJA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nelle strutture socio-assistenziali e sanitarie frequentate da anziani e da persone con gravi patologie neurologiche, croniche e con disabilità gli effetti dell'emergenza sanitaria da COVID-19 sono stati particolarmente gravi;

   con specifico riferimento alle residenze sanitarie assistenziali (Rsa), ciò emerge con chiarezza dalla Survey nazionale avviata dall'Istituto superiore di sanità (Iss) a partire dal 24 marzo 2020 al fine di monitorare la situazione di queste strutture in relazione al rischio da infezione COVID-19;

   secondo il terzo aggiornamento della Survey, al 14 aprile 2020 sono state coinvolte nell'indagine 3.276 Rsa, distribuite in modo rappresentativo sul territorio nazionale, e hanno risposto al questionario 1.082 strutture, pari al 33 per cento delle strutture contattate;

   dall'indagine risulta che, nel periodo tra il 1° febbraio e il 26 marzo-14 aprile 2020, il 40,2 per cento dei decessi e il 45,4 per cento degli ospedalizzati nelle Rsa coinvolte sono risultati positivi al COVID-19 o avevano sintomi compatibili. Inoltre, il 18,4 per cento delle strutture ha dichiarato una positività COVID-19 tra il personale;

   l'Iss ha pubblicato il rapporto «Indicazioni ad interim per la prevenzione e il controllo dell'infezione da Sars-Cov-2 in strutture residenziali sociosanitarie» (versione 16 marzo 2020 – Rapporto ISS COVID-19, n. 4/2020), ove si indicano, tra le misure di prevenzione da mettere in atto, l'utilizzo appropriato dei Dpi, con una programmazione dell'approvvigionamento adeguata, e la ricerca attiva di potenziali casi attraverso la somministrazione di «tamponi ai residenti in caso di sospetto (e relativo isolamento)» e l'attività di screening sugli operatori delle strutture;

   su entrambi tali profili, la Survey evidenzia però una situazione di particolare gravità poiché le due principali criticità registrate dalle Rsa nella gestione dell'emergenza sono la mancanza di Dpi (82,7 per cento delle Rsa contattate) e l'impossibilità nel far eseguire tamponi per la diagnosi delle infezioni (47 per cento delle strutture);

   inoltre, ancorché l'articolo 8 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 aprile 2020 preveda il riavvio delle attività sociali e socio-sanitarie erogate da parte di centri semiresidenziali per persone con disabilità, «secondo piano territoriali, adottati dalle Regioni, assicurando attraverso eventuali specifici protocolli il rispetto delle disposizioni per la prevenzione del contagio e la tutela della salute degli utenti e degli operatori», ad oggi in molte regioni i piani non sono stati adottati e mancano indicazioni sulle misure di prevenzione che i centri devono adottare per la ripresa delle loro attività che, quindi, è molto a rischio –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per assicurare la piena ed effettiva applicazione delle misure prescritte dall'Istituto superiore di sanità nel rapporto «Indicazioni ad interim per la prevenzione e il controllo dell'infezione da Sars-Cov-2 in strutture residenziali sociosanitarie»;

   quali iniziative intenda assumere in ordine all'adozione di linee guida nazionali in materia di prevenzione del contagio e tutela della salute degli utenti e degli operatori dei centri semiresidenziali di cui all'articolo 9 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 17 maggio 2020.
(5-04003)

Interrogazione a risposta scritta:


   GRILLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   tra le sperimentazioni più avanzate al mondo per individuare un vaccino anti-Covid, vi è quella presso il Jenner Institute della Oxford University che vede la collaborazione della società Irbm di Pomezia;

   il Jenner Institute della Oxford University ha siglato un accordo in esclusiva per l'eventuale produzione e distribuzione del vaccino con l'azienda farmaceutica AstraZeneca che ha sede legale nel Regno Unito;

   l'azienda farmaceutica AstraZeneca ha annunciato di essere pronta a lanciare e fornire fino a 100 milioni di dosi entro la fine dell'anno;

   la Irbm è una società italiana, fondata nel 2009 a Pomezia, specializzata nel settore della biotecnologia molecolare, della scienza biomedicale e della chimica organica. I ricercatori della stessa società hanno messo a punto il vaccino italiano anti-ebola, il cui brevetto è stato acquistato nel 2013 dalla società britannica Gsk;

   il dottor Piero Di Lorenzo, presidente e amministratore delegato della Irbm, in una recente intervista ha dichiarato che «la capacità di produzione attuale è tra i 100 e i 200 milioni di dosi l'anno ma la richiesta sarà pari a miliardi di dosi. La decisione sulle modalità di distribuzione del vaccino toccherà ai diversi Governi»;

   in data 2 maggio 2020 la testata giornalistica Dagospia pubblicava un articolo che riportava come: «Piero di Lorenzo ha cercato di convincere il Governo di Conte ad entrare fra i finanziatori del progetto italo-inglese per portare a termine la ricerca per il vaccino, ma l'importanza della proposta è stata "sottovalutata" (...). E dopo due mesi di inutili tentativi con CDP, la società di Pomezia, che non avrebbe comunque preso un euro dall'intervento finanziario dello Stato italiano, essendo interamente destinato alle casse della Oxford University, ha dovuto lasciare campo libero al governo di Boris Johnson»;

   lo stesso articolo inoltre indicava che «un finanziamento governativo di 10 milioni per lo sviluppo del vaccino anti-Covid finiva tranquillamente nella cassa della Reithera, azienda svizzera con sede a Castel Romano, cara alla direttrice dell'ospedale Spallanzani e all'Assessore alla Salute della Regione Lazio, quota Zingaretti» e che «Il dicastero della sanità britannico, invece, non ha avuto nessun tentennamento a finanziare con la somma di 20 milioni la ricerca italo-inglese Jenner-IRBM»;

   in data 4 maggio 2020 il Governo italiano ha deciso di partecipare al Coronavirus Global Response impegnandosi a contribuire al progetto attraverso un contributo di 140 milioni di euro –:

   quali siano le motivazioni che hanno indotto il Governo a effettuare le scelte di cui in premessa e, in particolare, circa:

    a) il mancato finanziamento alla sperimentazione Irbm-Jenner Institute;

    b) il finanziamento della sperimentazione dell'azienda Reithera;

    c) l'impegno di 140 milioni di euro al Coronavirus Global Response;

   se si intenda pubblicare la documentazione inerente alle scelte compiute dal Governo riguardo ai finanziamenti per le sperimentazioni cliniche indicate in premessa.
(4-05706)

SUD E COESIONE TERRITORIALE

Interrogazioni a risposta immediata:


   OCCHIONERO, ROSTAN, D'ALESSANDRO, MIGLIORE, DE FILIPPO, VITIELLO, SCOMA e FREGOLENT. — Al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:

   la crisi sanitaria ha colpito soprattutto le regioni del Centro-Nord, ma la ricaduta economica e sociale dell'emergenza riguarda tutto il Paese e al Sud si somma alle fragilità produttive e strutturali;

   secondo lo Svimez, per effetto della pandemia, il prodotto interno lordo nelle regioni meridionali calerà di circa 8 punti: una perdita solo di poco inferiore rispetto alla media del Paese dove le aree più colpite coincidono con quelle più produttive. Questo perché il Mezzogiorno è caratterizzato da una specializzazione produttiva nei servizi duramente colpiti dalla crisi e da una fragilità del tessuto produttivo e del mercato del lavoro: il rischio di fallimento per le piccole e medie imprese meridionali è quattro volte superiore rispetto al resto del Paese. Il Cerved indica, per la filiera del turismo, un calo del fatturato del 20 per cento e saranno circa 800 mila i disoccupati in cerca di prima occupazione: soprattutto al Sud e in particolare giovani, circa mezzo milione. Se le stime fossero confermate, a fine 2020 il Mezzogiorno si ritroverebbe 15 punti sotto ai livelli precedenti la crisi del 2008;

   risulta urgente salvaguardare il tessuto produttivo ma anche sociale, garantendo sostegno e liquidità alle imprese e impedendo il rischio di marginalizzazione e vulnerabilità, che coinvolge molte famiglie e aziende del Mezzogiorno;

   in linea con quanto sopra esposto la regolarizzazione nel settore agricolo, sostenuta dalla Ministra Bellanova, per rafforzare la legalità e stroncare il fenomeno del caporalato, è una misura fondamentale;

   in questo contesto il tema del rafforzamento della rete infrastrutturale, con particolare attenzione alla banda larga, è divenuto centrale per favorire la ripartenza delle regioni del Mezzogiorno, unitamente all'estensione della rete ferroviaria. Altrettanto importante è il rafforzamento del credito d'imposta per le attività di ricerca e sviluppo, con l'obiettivo di ridurre il gap sostanziale con le regioni del Centro-Nord e di rafforzare gli investimenti innovativi delle imprese meridionali, anche alla luce di quanto abbiamo riscoperto tutti con l'emergenza: l'importanza vitale della ricerca e dell'innovazione nell'economia;

   nelle aree interne vi è la possibilità di incentivare il turismo nei borghi, nelle colline e nelle montagne già dalle prossime vacanze, per conseguire l'obiettivo di rilancio del turismo sostenibile e culturale –:

   quali iniziative intenda adottare per le regioni meridionali per rilanciare un modello di sviluppo e d'innovazione capace di coniugarsi con i diritti e la giustizia sociale, con particolare riguardo al sostegno della rete infrastrutturale e al rilancio tecnologico del territorio.
(3-01550)


   MACINA, RUGGIERO, BALDINO, ALAIMO, BILOTTI, MAURIZIO CATTOI, CORNELI, D'AMBROSIO, SABRINA DE CARLO, DIENI, FORCINITI, PARISSE, FRANCESCO SILVESTRI, SURIANO, ELISA TRIPODI, GALIZIA, BERTI, BRUNO, DI LAURO, GIORDANO, GRILLO, IANARO, PAPIRO, PENNA, SCERRA, TORTO, LEDA VOLPI e DONNO. — Al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:

   il Fondo per lo sviluppo e la coesione, inizialmente denominato Fondo per le aree sottoutilizzate, è lo strumento di finanziamento per le aree sottoutilizzate del Paese, che raccoglie risorse nazionali aggiuntive, da sommarsi a quelle ordinarie e a quelle comunitarie, nonché nazionali di cofinanziamento;

   dal 2003 il Fondo per le aree sottoutilizzate rappresenta lo strumento di politiche per la realizzazione di interventi in aree particolari, favorendo la ripresa della competitività e della produttività nelle «aree obiettivo»;

   il Fondo per lo sviluppo e la coesione è finalizzato a dare unità programmatica-finanziaria agli interventi aggiuntivi al finanziamento nazionale, rivolti al riequilibrio economico e sociale tra le diverse aree italiane;

   da notizie de Il Sole 24 ore si apprende che il presidente di Svimez, Giannola, dichiara che «Le misure a sostegno della liquidità rappresentano un importate passo avanti, ma per uscire dall'impasse bisogna superare il tradizionale dualismo territoriale e ragionare in un'ottica di sistema Paese. A partire dai punti forza, come la riscoperta della centralità del Mediterraneo, attraverso un rilancio delle quattro zone economiche speciale nei porti di Napoli, Gioia Tauro, Bari e Taranto. E spingendo l'acceleratore sulle reti transeuropee dei trasporti per completare i collegamenti con gli altri Paesi europei» e che «il Mezzogiorno, che non si è mai del tutto risollevato dalla crisi del 2008, rischia di accusare una maggiore debolezza nella fase di ripresa. La situazione è drammatica e per recuperare completamente terreno serviranno almeno dieci anni al Nord e venti al Sud»;

   il Fondo, in coerenza con l'articolazione temporale della programmazione dei fondi strutturali dell'Unione europea, garantisce l'unitarietà e la complementarietà delle procedure di attivazione delle risorse con quelle previste per i fondi strutturali dell'Unione europea;

   la Commissione europea ha consentito la completa flessibilità nell'uso delle risorse della politica di coesione per indirizzare le stesse verso alcuni settori, quali la sanità e gli aiuti alle imprese:

   il valore della coesione territoriale, in questo momento di emergenza sanitaria, è un impegno politico da confermare a tutela del principio di riequilibrio territoriale e contro il disinvestimento al Sud, un danno per l'intero Paese –:

   se intenda, e in quali termini, attivarsi per garantire la coesione territoriale ed il rispetto dei vincoli di destinazione delle risorse nel Mezzogiorno, impedendo che le stesse vengano «dirottate» rispetto alla loro effettiva assegnazione, anche considerando il decreto attuativo di prossima emanazione che dovrebbe assicurare una rilevante percentuale dei fondi alle regioni meridionali.
(3-01551)


   BARTOLOZZI, PRESTIGIACOMO, SIRACUSANO e GERMANÀ. — Al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:

   nel Sud Italia gli effetti delle misure di contrasto alla pandemia sono pesantissimi e questa consapevolezza impone l'adozione di immediate misure di sostegno agli investimenti;

   dall'ultimo report Svimez emerge poi chiaramente che il Sud rischia di accusare una maggiore debolezza rispetto al Centro-Nord nella fase della ripresa, perché sconta inevitabilmente la precedente lunga crisi, prima recessiva, poi di sostanziale stagnazione, dalla quale non è mai riuscito a uscire del tutto;

   già dal rapporto Svimez del 2019 emergeva la riapertura del divario con il Centro-Nord, con particolare riferimento al crollo degli investimenti pubblici: nel 2018 la spesa in conto capitale è scesa al Sud da 10,4 a 10,3 miliardi di euro, nello stesso periodo al Centro-Nord è salita da 22,2 a 24,3 miliardi di euro. Al Sud sono scarsi i servizi a cittadini e imprese. La spesa pro capite delle amministrazioni pubbliche era pari nel 2017 a 11.309 euro nel Mezzogiorno e a 14.168 euro nel Centro-Nord: lo svantaggio meridionale è molto marcato per la spesa relativa a formazione, ricerca e sviluppo, cultura;

   la situazione è, oggi, aggravata dalla morfologia dell'economia meridionale (preminenza di servizi ed agricoltura, incidenza del sommerso, presenza di micro e piccole imprese con forte indebitamento e tassi elevati di incagli e sofferenze bancarie) e dai tempi, più lunghi, di reazione al lockdown;

   il settore dove la disparità assume connotati più preoccupanti è, certamente, quello delle infrastrutture;

   due ponti, quello di Genova e quello d'Himera in Sicilia, rendono ancor più tangibile un divario che si sta trasformando in abisso;

   la ricostruzione del ponte genovese, il cui crollo è stato purtroppo segnato da 43 vittime innocenti, è divenuta esempio anche per i tempi nei quali è stata realizzata;

   del ponte sulla Palermo-Catania, la principale arteria viaria siciliana, per soli 250 metri si attende da 5 anni la ricostruzione, prevista per il 2018, che Anas non ha ancora terminato;

   un elemento di orgoglio ed uno di vergogna, pur se entrambi affidati allo Stato, simboli di un'odiosa contraddizione da risolvere;

   è ineludibile uno straordinario piano di ricostruzione nazionale che individui le opere strategiche nel Mezzogiorno da sottoporre ad un regime di accelerazione procedurale e finanziaria –:

   se ci sia un impegno fattivo volto ad individuare e reperire risorse per le grandi opere e i progetti in corso nel Mezzogiorno e se e come sia rispettata la clausola del 34 per cento in relazione agli 80 miliardi di euro di cui allo scostamento autorizzato dalle Camere.
(3-01552)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   l'emergenza sanitaria ancora in corso ha mostrato tutta la fragilità del Paese nel vincere le storiche sfide del digital divide;

   tre sono le sfere di questo divario tra aree urbane e zone rurali e montane del Paese (oltre il 50 per cento del territorio dell'Italia, 8 milioni di abitanti, 10 punti percentuali di prodotto interno lordo);

   la prima relativa alla rete mobile, con oltre 1.200 comuni (dati del censimento Uncem di ottobre 2019) nei quali si registrano difficoltà nei segnali o è impossibile, con uno o più operatori, fare telefonate, mandare messaggi, connettersi a internet da smartphone. Le risorse della legge di bilancio 2020 per nuovi impianti e tralicci, pari a 1,5 milioni di euro per tutt'Italia, sono insufficienti e servono ulteriori interventi anche con fondi comunitari per lo sviluppo di reti;

   il secondo fronte è la mancata ricezione del segnale radiotelevisivo, con 5 milioni di italiani che non riescono ancora a vedere i canali del servizio pubblico e l'intero bouquet. Una situazione gravissima, ormai da dieci anni evidenziata dai Corecom, già segnalata innumerevoli volte all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, per la quale servono impegni istituzionali locali e nazionali nell'individuare un preciso piano che supporti gli enti locali. Moltissimi comuni, unioni montane e comunità montane gestiscono e posseggono ripetitori televisivi. Se non fosse per loro, il segnale non arriverebbe in oltre il 60 per cento del territorio del Paese. Uncem (l'Unione nazionale dei comuni, delle comunità e degli enti montani) ha accolto favorevolmente l'impegno di Rai a lavorare con gli enti territoriali per la risoluzione delle sfide aperte. Occorre comunque approntare un programma pubblico di sviluppo e ampliamento delle coperture, anche in vista delle nuove frequenze e del nuovo digitale terrestre; un piano capace di garantire a tutti, a tutti i cittadini italiani, l'accesso al servizio televisivo, erogato dalla Rai, dai privati e anche dalle emittenti locali, strategiche;

   terzo fronte è la mancanza di adeguate infrastrutture per i dati e per l'accesso a internet ad alta velocità. La rete è ancora preclusa per moltissimi territori. Lavorare, fare lezioni, guardare un film, accedere ai servizi della pubblica amministrazione, resta un miraggio in troppe parti d'Italia;

   molti comuni ne soffrono particolarmente e con Uncem denunciano da tempo che il piano nazionale banda ultralarga, in ritardo di due anni, deve essere velocizzato, avere tempi certi e azioni chiare per raggiungere tutti;

   la rete sottodimensionata e appesantita in queste ultime settimane dall'utilizzo domestico e l'instabilità della banda fornita dagli operatori del mercato sono un limite importante all'efficienza del processo di innovazione sui territori;

   appare necessario, quindi definire al più presto i tempi di intervento del piano Bul: tempi certi per progettazioni, lavori, collaudi, messa in vendita finale;

   non è ammissibile e non è accettabile che il piano Bul si concluda nel 2023. Appare necessario avviare un piano per attuare l'Agenda digitale per le zone montane, rurali e interne del Paese in accordo con Uncem, le associazioni degli enti locali, le organizzazioni datoriali e i sindacati delle imprese;

   molti comuni d'intesa con Uncem, ritengono necessario: il completamento della realizzazione dei Pcn (centrali); ricorrere alla stesura della fibra su tralicci già esistenti e l'utilizzo in convenzione di altre infrastrutture interrate, preferendole allo scavo di trincee chilometriche; il potenziamento della fibra con sistemi Fwa (wireless) per le forniture capillari; risolvere una volta per tutte il conflitto, anche politico ed economico, tra la necessità di una sola rete pubblica o di più reti infrastrutturali nel Paese; raggiungere tutte le abitazioni, comprese le «case sparse», tutti i territori compresi i più remoti con il piano banda ultralarga (anche i rifugi alpini), attraverso segnali su fibra o wireless; definire una strategia nazionale digitale per la montagna che, in ottemperanza a quanto previsto dalla legge n. 158 del 2017 sui piccoli comuni, consenta un completo superamento dei divari digitali garantendo a tutti i cittadini di vedere la tv, di poter telefonare grazie a una migliore rete mobile e di avere buone velocità di navigazione, in linea con gli standard europei; promuovere un programma immediato di voucher per mettere in contatto la domanda con l'offerta –:

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito alle proposte avanzate dall'Uncem afferenti al piano Bul, all'attuazione di un'agenda digitale per i territori montani italiani e a una strategia per il superamento del divario digitale nel Paese come indicato in premessa.
(2-00800) «Delmastro Delle Vedove».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MULÈ. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   lo sviluppo della tecnologia 5g è considerata una priorità strategica da parte del Governo, come confermato più volte dagli esponenti del Ministero dello sviluppo economico che sono intervenuti con apposite audizioni nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla materia portata avanti dalla Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera dei deputati;

   per l'assegnazione dei diritti d'uso delle frequenze 5g è stata bandita un'apposita gara pubblica che ha determinato entrate per il bilancio dello Stato addirittura superiori alle previsioni;

   sono state altresì avviate una serie di sperimentazioni su tutto il territorio nazionale al fine di poter sfruttare appieno tutte le potenzialità che la nuova tecnologia mette a disposizione di vari settori;

   in materia di inquinamento da campi elettromagnetici e tutela della salute l'Italia ha adottato misure estremamente rigide, molto al di sotto dei limiti individuati dalle raccomandazioni del Consiglio europeo. Questi ultimi sono fissati in un range che va dai 41 a 58 V/metro, mentre in Italia il limite è fissato a 6 V/metro;

   nonostante la massima prudenza adottata e l'assenza di evidenze scientifiche che certifichino effetti negativi per la salute umana prodotti da impianti 5g, sono frequenti i casi di amministrazioni locali che con ordinanza del sindaco vietano l'installazione di nuove antenne 5g o l'attività di quelle eventualmente esistenti; solo per citare i casi più recenti e a titolo di esempio non esaustivo, si richiamano le ordinanze del sindaco di Grosseto del 24 aprile 2020 del sindaco di Civitavecchia del 10 aprile 2020 e del sindaco di Siracusa del 22 aprile 2020;

   tale modo di procedere da parte di un certo numero di amministrazioni locali rischia di inficiare o di rallentare il passaggio al 5G, settore nel quale l'Italia risulta essere all'avanguardia a livello europeo come testimoniato dall'indice Desi che attribuisce al nostro Paese il secondo posto tra gli Stati europei –:

   quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intenda assumere il Governo al fine di garantire regole chiare ed uniformi su tutto il territorio nazionale per l'installazione di impianti di trasmissione 5g da parte degli operatori interessati.
(5-03992)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ANDREUZZA, BADOLE, BAZZARO, BISA, BITONCI, COIN, COLMELLERE, COMENCINI, COVOLO, FANTUZ, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, GIACOMETTI, LAZZARINI, MANZATO, PATERNOSTER, PRETTO, RACCHELLA, STEFANI, TURRI, VALBUSA e VALLOTTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la giunta regionale del Veneto con delibera n. 319 del 24 marzo 2016 ha approvato lo schema di accordo di programma quadro con il Ministero dello sviluppo economico per l'implementazione della banda ultra larga in Veneto e con successiva delibera n. 793 del 27 maggio 2016 ha approvato lo schema di convenzione operativa con il relativo piano tecnico. L'intervento si inserisce nel piano nazionale banda ultra larga attuato dal Ministero dello sviluppo economico tramite la propria società in house Infratel Italia s.p.a.;

   il 3 marzo 2015 il Governo, per soddisfare gli obiettivi fissati dall'Agenda digitale europea entro il 2020, ha approvato la «Strategia italiana per la banda ultralarga», che prevede la copertura dell'85 per cento della popolazione con infrastrutture in grado di veicolare servizi a velocità pari o superiori a 100 Mbps, garantendo al contempo al 100 per cento dei cittadini l'accesso ad Internet ad almeno 30Mbp;

   a tal proposito, Infratel ha bandito due gare pubbliche per il cablaggio di 271 città dei cluster A e B, nonché dei 6.753 comuni inclusi ad oggi nelle aree bianche dei cluster C e D;

   Open Fiber s.p.a. (società a partecipazione paritetica tra Enel spa e CdP Equity s.p.a.) ha avviato un piano per la realizzazione di un'infrastruttura in fibra ottica, su scala nazionale, provvedendo alla realizzazione della rete in fibra ottica, o mediante un investimento privato, stipulando apposite convenzioni con i comuni interessati dagli interventi o con un finanziamento pubblico nelle cosiddette «zone bianche» – cioè aree individuate come «a fallimento di mercato» – in quanto operatore individuato come concessionario all'esito di procedure di gara avviate da Intratel s.p.a.;

   secondo una ricerca dell'università di Padova, il 42,3 per cento degli italiani sarebbe disposto a lasciare il proprio Paese per cercare nuove opportunità lavorative, per avere servizi per il tempo libero e i consumi allineati con il livello europeo e per disporre di una migliore connettività e accessibilità a internet. In particolare, nelle aree non raggiunte dai collegamenti internet «ultra veloci» ci sono imprese più piccole, un maggior numero di disoccupati e un tasso di mortalità delle aziende superiore alla media nazionale;

   nei comuni in area bianca tra il 2011 e il 2018, la popolazione è diminuita di 118 mila persone pari a un calo dell'1,1 per cento. La popolazione dei comuni coperti è aumentata invece del 2,8 per cento per un totale di 902 mila persone in più durante gli ultimi 7 anni. Il 54 per cento degli addetti che lavorano in comuni dell'area bianca sono occupati in unità locali con meno di 10 addetti, percentuale che arriva al 79 per cento se si contano tutte le aziende con meno di 50 addetti. Nei comuni coperti, invece, i lavoratori di aziende con meno di 50 addetti sono circa il 70 per cento;

   l'attuale emergenza Covid-19 ha fatto emergere l'importanza delle infrastrutture di rete per le famiglie, per i lavoratori e le aziende: la situazione è ancora fortemente in ritardo. Agli interroganti non risultano i miglioramenti previsti e al momento in Veneto risultano collaudati solo tre cantieri con il fondato timore che per il Veneto, la Lombardia e il Piemonte i lavori termino nel 2023 mettendo così a dura prova le tre regioni che costituiscono la parte fondamentale del tessuto produttivo del Paese –:

   se, alla luce del forte ritardo accumulato dal concessionario nella realizzazione della rete pubblica a banda ultralarga, intenda intraprendere iniziative volte ad accelerare l'esecuzione dei lavori, anche al fine di consentire il raggiungimento degli obiettivi – oggi molto lontani – della «Strategia italiana per la banda ultralarga» entro il 2020.
(4-05713)


   FORNARO e PASTORINO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la direzione di Arcelor Mittal Italia in una nota ha dichiarato di essere costretta «suo malgrado» ad incrementare di ulteriori cinque settimane, dal 18 maggio 2020, il ricorso alla Cassa integrazione guadagni per i 666 dipendenti, la quasi totalità dei dipendenti dell'impianto con sede a Novi Ligure, così come avvenuto per lo stabilimento di Genova;

   a Taranto la Arcelor Mittal Italia ha comunicato ai sindacati la disdetta di ordini da parte di importanti clienti per la flessione avvenuta nel mercato e la impossibilità di accatastare la merce finita ed invenduta;

   solo due settimane fa, ad esempio, Arcelor Mittal Italia per Novi Ligure aveva presentato richiesta di deroga al prefetto di Alessandria per anticipare la ripartenza dello stabilimento chiuso in base alle ordinanze ministeriali, argomentando l'urgenza di ordini da spedire e l'esigenza di ripartire per non perdere clienti, fatto che ora stride fortemente con le argomentazioni per la richiesta di proroga della Cassa integrazione guadagni per ulteriori cinque settimane;

   le rappresentanze sindacali unitarie hanno sottoscritto un protocollo sanitario in base alle disposizioni nazionali per consentire la ripartenza in sicurezza per i lavoratori ed a distanza di appena 10 giorni, non avendo nemmeno ultimato la ripartenza dello stabilimento, arriva la comunicazione di proroga della Cassa integrazione guadagni per COVID-19 per 5 settimane, per tutto lo stabilimento. Analoga comunicazione è stata fatta a Genova. È evidente che tali fatti denotano una regia generale del gruppo che deve ancora determinare la propria permanenza sul territorio italiano ed il piano industriale per l'assetto futuro;

   le organizzazioni sindacali hanno già espresso le preoccupazioni per il silenzio sul piano industriale che deve essere presentato entro il 31 maggio 2020 e deve chiarire le prospettive e gli impegni;

   la situazione si presenta grave ed evidenzia ancora una volta l'assenza di un adeguato piano industriale, oltre che di relazioni sindacali chiare e corrette, in un contesto ad avviso degli interroganti incomprensibile e inaccettabile di superficialità ed approssimazione da parte di una multinazionale presente a livello internazionale sul mercato dell'acciaio –:

   se non ritenga necessario e urgente convocare un tavolo istituzionale che veda la partecipazione dei sindacati per affrontare le ricadute delle recenti iniziative di Arcelor Mittal Italia che creano criticità occupazionali nei territori di Novi Ligure, Genova e Taranto nonché per avviare il confronto sul piano industriale in un settore strategico per il futuro del nostro Paese.
(4-05726)

UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   TOCCALINI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'Osservatorio nazionale della formazione medica specialistica è istituito dall'articolo 43 del decreto legislativo n. 368 del 17 agosto 1999;

   tale organo è composto da tre rappresentanti del Ministero della salute, tre rappresentanti del Ministero dell'università e della ricerca, tre presidi della facoltà di medicina, tre rappresentanti delle regioni e tre rappresentanti dei medici di formazione specialistica;

   lo scopo dell'istituzione è quello di definire i criteri di accreditamento per le strutture universitarie e ospedaliere e verificare, delle stesse, l'idoneità a formare i medici specializzandi;

   ad oggi, tuttavia, non sono stati nominati i componenti dell'Osservatorio per la valutazione dei criteri di accreditamento delle strutture ospedaliere per la formazione degli specializzandi e non è nota con ufficialità la data in cui i medici abilitati potranno sostenere il concorso per l'accesso alle scuole di specializzazione;

   tenendo presente, al riguardo, che i tempi di costituzione dell'Osservatorio non sono brevi e che le procedure di accreditamento hanno bisogno di essere svolte con serietà e molta attenzione, tutto fa pensare che il concorso verrà svolto dopo l'estate oppure sarà svolto a luglio 2020 con il pericolo che la rete formativa da utilizzare sarebbe quella utilizzata lo scorso anno;

   sostenere nuovi test e quindi iniziare un nuovo percorso di formazione specialistica senza un nuovo Osservatorio equivale a far formare nuovi medici in strutture che lo scorso anno soddisfacevano determinati criteri, ma non è detto che lo facciano anche quest'anno;

   in tal modo ne risentirebbe la qualità formativa dei medici specialisti;

   la formazione specialistica dei medici neo-laureati investe fortemente la società, perché da essa dipende la qualità della salute futura di tutti noi, oltreché l'inserimento nel mondo del lavoro di molti giovani medici;

   negli ultimi tempi si parla di una carenza di medici specialisti in molte discipline, e l'impegno dello Stato nella formazione diventa cruciale, anche al fine di realizzare un adeguato e qualificato ricambio generazionale –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere riguardo alla certezza della data dell'esame di Stato e quali tempistiche si prevedano per la costituzione dell'Osservatorio nazionale della formazione medica specialistica.
(3-01544)

Apposizione di firme ad una mozione.

  La mozione Gelmini e Mandelli n. 1-00349, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 maggio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bagnasco, Bond, Brambilla, Mugnai, Novelli, Saccani Jotti, Versace.

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Casa e altri n. 7-00397, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 gennaio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Melicchio.

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza Dall'Osso n. 2-00794, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 maggio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Fitzgerald Nissoli.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Fitzgerald Nissoli n. 5-03877, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 aprile 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Napoli.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Donno n. 5-03954, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 maggio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Melicchio.

  L'interrogazione a risposta scritta Maglione e altri n. 4-05704, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 maggio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Federico.