ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN COMMISSIONE 7/01316

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 838 del 20/07/2017
Firmatari
Primo firmatario: AIRAUDO GIORGIO
Gruppo: SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' - POSSIBILE
Data firma: 20/07/2017


Commissione assegnataria
Commissione: XI COMMISSIONE (LAVORO PUBBLICO E PRIVATO)
Stato iter:
IN CORSO
Partecipanti allo svolgimento/discussione
INTERVENTO PARLAMENTARE 02/08/2017
DAMIANO CESARE PARTITO DEMOCRATICO
 
ILLUSTRAZIONE 02/08/2017
AIRAUDO GIORGIO SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' - POSSIBILE
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 02/08/2017
TINAGLI IRENE PARTITO DEMOCRATICO
TRIPIEDI DAVIDE MOVIMENTO 5 STELLE
Fasi iter:

DISCUSSIONE IL 02/08/2017

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 02/08/2017

Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-01316
presentato da
AIRAUDO Giorgio
testo di
Giovedì 20 luglio 2017, seduta n. 838

   L'XI Commissione,
   premesso che:
    l'economia italiana è entrata rapidamente nell'epoca caratterizzata dal dominio del digitale; accanto a nuove possibilità offerte nel mondo del lavoro, si sono diffuse anche nuove pratiche di ipersfruttamento dei lavoratori che sono rese possibili dall'evoluzione tecnologica;
    accanto alla sharing economy o economia della condivisione, è nata anche la gig economy, cioè l'economia del lavoretto on demand, che ha trasformato molte attività lavorative. In questo modo, accanto alla crescita dei servizi prestati ai clienti, sono diminuiti i salari e le tutele dei lavoratori;
    l'esempio più clamoroso, che ha fatto deflagrare anche in Italia i problemi della gig economy, è quello di Foodora, società attiva nel servizio di consegna a domicilio di pasti preparati in ristoranti convenzionati, mediante l'utilizzo di una app, cioè di una piattaforma digitale. All'interno di Foodora, ad inizio ottobre 2016, circa 50 lavoratori di Torino hanno avviato la prima forma di protesta collettiva per chiedere tutele e diritti. Più di recente a Milano, il 15 luglio 2017, i rider di Deliveroo, azienda attiva nello stesso settore di Foodora, hanno organizzato anche loro una mobilitazione per protestare contro condizioni di impiego capestro;
    la dottrina giuslavoristica ha utilizzato come definizione di sharing economy la monetizzazione di risorse sottoutilizzate o non utilizzate, che punta ad abbattere i costi attraverso la condivisione di azioni che si farebbero comunque. L'esempio del noto servizio blablacar aiuta a comprendere: l'automobilista che ha pianificato un viaggio e ha posti liberi in macchina per contenere le spese mette a reddito i posti liberi condividendo il viaggio con terzi;
    la gig economy, invece, è stata definita come un sistema di lavoro apparentemente free lance, facilitato dalla tecnologia, che ha a che fare con esigenze generazionali e sociali. È una forma efficiente di impresa capitalistica, su lavori che scontano flessibilità e intermittenza. È questo il caso dei fattorini di Foodora o Deliveroo, pagati a consegne, oppure del servizio Uber. Quest'ultimo, a differenza di blablacar, non rappresenta un servizio di condivisione messo a disposizione da un automobilista che avrebbe comunque fatto un viaggio, ma è un servizio prestato da un autista che si sposta su chiamata, come un taxista;
    pertanto, nella gig economy non si rinvengono significativi elementi di condivisione (sharing): nel servizio a pagamento di consegna del cibo a domicilio non si condividono bicicletta, smartphone o altro; nel servizio di taxi non si condividono le automobili o la benzina, così come nel servizio di pulizie di Helping (altro esempio di gig economy), gli addetti non condividono spazzolone e strofinaccio. In questi esempi di attività lavorative l'unico elemento in comune con la sharing economy è il fatto che basano le proprie operazioni su piattaforme digitali, ma la somiglianza finisce qui;
    il problema dell'inquadramento dei lavoratori della gig economy è globale. Negli Stati Uniti d'America hanno fatto molto notizia i numerosi processi incardinati contro Uber con l'obiettivo di fare luce sulle condizioni di lavoro degli autisti e di stabilire se siano lavoratori autonomi o no. Nell'estate 2016, a Londra hanno scioperato i lavoratori di Deliveroo e di UberEats, per contrastare il tentativo delle aziende di passare da una retribuzione oraria a una a cottimo;
    le stesse ragioni sono alla base delle proteste dei lavoratori di Foodora Italia e Deliveroo. Inizialmente il lavoratori di Foodora Italia hanno avviato un contenzioso sulle biciclette, che i lavoratori sono tenuti a fornire a proprie spese, facendosi carico anche della manutenzione dei mezzi. La stessa cosa vale per smartphone e costi telefonici. Successivamente il contenzioso è stato, esteso al passaggio da una retribuzione oraria di 5,40 euro a una retribuzione a cottimo (2,70 euro per consegna), che l'azienda ha previsto per tutti i neo assunti, fino a estendersi progressivamente all'intera forza lavoro;
    i lavoratori hanno messo in discussione anche il tipo di contratto: i fattorini e i promoter (ossia coloro che si occupano di fare pubblicità all'azienda) che lavorano per Foodora Italia o Deliveroo non sono dipendenti, ma liberi professionisti assunti con un contratto di collaborazione coordinata. Non hanno quindi alcun diritto a ferie, copertura per infortuni o malattie pagate;
    in risposta alla vertenza aperta dai lavoratori nel 2016, gli amministratori di Foodora Italia hanno comunicato la disponibilità a colloqui individuali, escludendo a priori qualsiasi possibilità di rappresentanza collettiva, con ciò ad avviso del firmatario del presente atto ponendosi fuori da ogni volontà di instaurare corrette relazioni industriali;
    in più, pochi giorni dopo la protesta tenuta a Torino a inizio ottobre 2016, si è diffusa la notizia che due promoter della società sono state «licenziate» per aver solidarizzato con la protesta. Il licenziamento di fatto e istantaneo è avvenuto bloccando loro l'accesso all’app tramite la quale si organizzano i turni di lavoro, senza alcuna formalizzazione e nessuna possibilità di tutelare i loro diritti, tra i quali anche quello di mettere in atto una vertenza per migliorare le proprie condizioni di lavoro;
    in quest'attività lavorativa, che si colloca in una zona grigia tra il lavoro da freelance e quello da dipendente, gli elementi di subordinazione sono numerosi, come il fatto di essere tenuti a indossare un'uniforme aziendale, di avere un orario concordato, turni stabiliti e un luogo prefissato di partenza per le consegne (per essere «connesso al sistema» un lavoratore deve trovarsi in una determinata piazza), senza trascurare l'elemento del controllo a distanza operato mediante la geolocalizzazione costante e in tempo reale dell'operatore. Tutti questi elementi evidenziano che i lavoratori sono sottoposti a una organizzazione del lavoro stabilita dall'azienda;
    sulla base dei contratti oggi esistenti sarebbe possibile definire l'indispensabile inquadramento dei lavoratori della gig economy di Foodora, Deliveroo e altro, ma questo viene negato, non riconoscendo diritti e tutele;
    occorre intervenire, pertanto, per restituire dignità alle persone e al lavoro e contrastare l'idea, che pure è stata espressa, che l'attività di fattorino sia «un'opportunità per andare in bici, guadagnando anche un piccolo stipendio», negando la professionalità, la responsabilità, la fatica fisica e i rischi che questo e gli altri lavori della gig economy richiedono e comportano;
    vanno introdotte misure di contrasto all'ultra precarietà di lavori con un livello di retribuzione troppo basso per permettere a un lavoratore di sopravvivere lavorando esclusivamente nella gig economy. In Foodora, ad esempio, lo stipendio difficilmente supera i 400-500 euro al mese;
    la logica che accomuna le prestazioni lavorative della gig economy, nelle quali sono esternalizzate sui lavoratori il rischio e i costi dei tempi morti, è la stessa per cui in Italia si è fatto un ricorso massiccio ai voucher, il cui utilizzo è cresciuto a dismisura ed esponenzialmente nel volgere di pochissimi anni;
    come già avvenuto a Londra nel caso di UberEats, le imprese della gig economy all'inizio dell'attività utilizzano un compenso orario. Ma il sistema di consegne a domicilio sul modello di Foodora o di Deliveroo utilizza il meccanismo dell'algoritmo per gestire la fluttuazione della domanda: si basa sull'avere a disposizione una forza lavoro flessibile, che può venire mobilizzata o smobilizzata a seconda della domanda dei consumatori. La decisione delle imprese di passare a un sistema di compensi stabilito a prestazione piuttosto che a ora permette alle piattaforme di esternalizzare totalmente i costi dei potenziali tempi morti o di bassa domanda sui lavoratori stessi, operando dunque una stretta al ribasso sui costi del lavoro;
    occorre intervenire, infine, per impedire che siano aggirate molte delle regolamentazioni previste dai contratti collettivi di lavoro, come le tutele in caso di malattia;
    i contratti di lavoro della gig economy, poiché si concretizzano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e con modalità di esecuzione organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro, vanno ricondotti alla disciplina del rapporto di lavoro subordinato. Occorre escludere, pertanto, che le attività svolte dai lavoratori come quelli di Foodora Italia o Deliveroo possano essere inquadrate come collaborazioni continuative e coordinate, espressamente fatte salve dall'articolo 52, comma 2, del decreto legislativo n. 81 del 2015, che richiama l'articolo 409, numero 3), del codice di procedura civile. La sopravvivenza delle collaborazioni continuative e coordinate, consentita dal Governo con modalità che al firmatario del presente atto paiono di dubbia compatibilità con quanto disposto dalla delega legislativa, riconosce nuovamente all'autonomia privata individuale il potere di regolare, anche al di fuori delle ipotesi tipiche previste dal codice civile e delle eccezioni espresse, forme di lavoro autonomo coordinato e continuativo (senza progetto) a tempo indeterminato, legittimando la continuazione di numerosi abusi,

impegna il Governo

ad assumere iniziative, anche normative, al fine di definire un quadro di tutele e diritti in riferiti ai lavoratori della gig economy e, in particolare, al fine di:
   a) precisare che la disciplina del rapporto di lavoro subordinato, di cui all'articolo dell'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, si applica anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro, chiarendo, inoltre, che in tale fattispecie rientrano anche quelle attività di lavoro non solo organizzate, ma – per evitare abusi – anche «coordinate» dal committente, che richiedano un'organizzazione, sia pure modesta, di beni e di strumenti di lavoro da parte del lavoratore, come ad esempio l'uso del proprio computer o di qualunque dispositivo in grado di generare un trasferimento di dati o di voce, oppure del proprio mezzo di trasporto, anche se rese prevalentemente o esclusivamente al di fuori della sede dell'impresa;  
   b) estendere la possibilità di utilizzo del contratto subordinato di lavoro intermittente eliminando i limiti di età e di durata massima stabiliti dall'articolo 13, commi 2 e 3, del decreto legislativo n. 81 del 2015, al fine di consentire che i lavori di cui all'articolo 1, del medesimo decreto ovvero della gig economy, vengano fuori dalla precarietà assoluta nella quale versano, consentendo al committente di fare ricorso al contratto di lavoro intermittente, senza limiti, qualora non ritenga di procedere all'assunzione facendo ricorso alle altre tipologie di contratto subordinato previste dalla legge;
   c) stabilire, mutuando, con adattamenti, quanto previsto per il contratto di lavoro a tempo determinato, il diritto di precedenza per i contratti stipulati dall'azienda nei successivi dodici mesi, con riferimento alle mansioni già esercitate dal lavoratore in esecuzione di precedenti rapporti di lavoro svolti per un periodo complessivamente superiore a tre mesi;
   d) prevedere che il committente riconosca al lavoratore un'indennità per l'utilizzo di beni e di strumenti di proprietà del lavoratore medesimo per lo svolgimento delle prestazioni lavorative, facendo sì che l'indennità sia dovuta anche per le spese di manutenzione sui medesimi beni e strumenti e commisurata all'utilizzo per lo svolgimento delle attività lavorative;
   e) stabilire che i rapporti di lavoro della gig economy possano essere svolti con modalità di telelavoro, nonché secondo altre modalità di lavoro «smart» o «agile», individuate dalla legge o dalla contrattazione collettiva, al fine di favorire modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative – già oggi regolamentate o regolamentabili – che si svolgano parzialmente o interamente al di fuori della sede dell'azienda, presso l'abitazione del lavoratore, presso i clienti o in giro per la città;
   f) prevedere che i contratti debbano sempre definire le misure tecniche e organizzative necessarie per garantire la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro al di fuori delle fasce orarie di reperibilità, per tutelare la salute del lavoratore e per assicurare adeguati tempi di riposo.
(7-01316) «Airaudo».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

contratto di lavoro

salario a cottimo

retribuzione del lavoro