ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN COMMISSIONE 7/01198

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 748 del 24/02/2017
Firmatari
Primo firmatario: DE ROSA MASSIMO FELICE
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 24/02/2017
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
CRIPPA DAVIDE MOVIMENTO 5 STELLE 24/02/2017
BUSTO MIRKO MOVIMENTO 5 STELLE 24/02/2017
DAGA FEDERICA MOVIMENTO 5 STELLE 24/02/2017
MANNINO CLAUDIA MOVIMENTO 5 STELLE 24/02/2017
MICILLO SALVATORE MOVIMENTO 5 STELLE 24/02/2017
TERZONI PATRIZIA MOVIMENTO 5 STELLE 24/02/2017
ZOLEZZI ALBERTO MOVIMENTO 5 STELLE 24/02/2017
VALLASCAS ANDREA MOVIMENTO 5 STELLE 24/02/2017


Commissione assegnataria
Commissione: VIII COMMISSIONE (AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI)
Commissione: X COMMISSIONE (ATTIVITA' PRODUTTIVE, COMMERCIO E TURISMO)
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-01198
presentato da
DE ROSA Massimo Felice
testo di
Venerdì 24 febbraio 2017, seduta n. 748

   Le Commissioni VIII e X,
   premesso che:
    l'accordo di Parigi sul clima è stato siglato il 12 dicembre 2015, nell'ambito della 21a Conferenza delle parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfcc1) (Cop21), e firmato il 22 aprile 2016 a New York da più di centosettanta Paesi, presso la sede dell'Onu;
    il 27 ottobre 2016 è stato approvato definitivamente dal Senato il disegno di legge A.S. 2568 recante ratifica ed esecuzione dell'accordo di Parigi collegato alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, adottato a Parigi il 12 dicembre 2015;
    l'Unione europea ha depositato il proprio strumento di ratifica il 4 ottobre 2016. Grazie al contributo dell'Unione europea sono stati soddisfatti entrambi i requisiti fissati per l'entrata in vigore dell'accordo, avvenuta il 4 novembre 2016;
    gli elementi principali dell'accordo di Parigi possono essere così sintetizzati:
     a) l'obiettivo di lungo termine (già concordato nelle precedenti Conferenze delle parti) di limitare l'incremento della temperatura entro i 2o C rispetto ai livelli preindustriali è stato confermato e, inoltre, è stato convenuto di proseguire gli sforzi per limitare l'aumento della temperatura di 1,5o C;
     b) è stato previsto un meccanismo di revisione quinquennale (a partire dal 2020) degli impegni assunti (per renderli più ambiziosi) in termini di politiche, misure e strategie nazionali di mitigazione, tramite la presentazione, ogni cinque anni, da parte di ogni Paese, di un « nationally determined contribution»;
     c) è stata riconosciuta la necessità di una differenziazione degli obblighi dei Paesi sulla base delle differenti realtà nazionali;
     d) i Paesi industrializzati hanno confermato e rinnovato i propri impegni a favore del finanziamento del Green Climate Fund, meccanismo di assistenza finanziaria ai Paesi in via di sviluppo per l'implementazione di pratiche di adattamento e mitigazione dei cambiamenti climatici;
    nella seduta del 3 febbraio 2016, presso la 13a Commissione del Senato, si sono svolte le comunicazioni del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Gian Luca Galletti sulla Conferenza COP21 di Parigi. In tali comunicazioni, il Ministro ha sottolineato che le azioni per affrontare i cambiamenti climatici che hanno preso forma di contributi nazionali volontari (INDC – Intended Nationally Determined Contributions), presentati dai governi nell'arco del 2015, consentiranno nei prossimi anni una deviazione sostanziale del trend delle emissioni rispetto alla situazione attuale;
    tuttavia, il 6 ottobre 2016, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione (2016/2814(RSP)) che evidenzia come gli attuali INDC non siano sufficientemente ambiziosi per conseguire gli obiettivi dell'accordo e che esorta gli Stati membri dell'Unione europea a ridurre il loro livello di emissioni rispetto agli impegni attuali;
    il Consiglio ambiente dell'Unione europea, il 30 settembre 2016, ha approvato le Conclusioni sui preparativi della conferenza di Marrakech, nelle quali, per quanto attiene al processo internazionale, ha espresso preoccupazione circa le conclusioni della relazione del Segretariato della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfcc1) secondo cui, al momento, mancano gli sforzi necessari a raggiungere l'obiettivo di lungo termine e ha invitato le parti a progettare un adeguato processo di bilancio globale che contribuisca a stimolare le azioni nazionali, l'ambizione globale e la cooperazione internazionale;
    nella relazione del Ministro dell'ambiente sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, allegata al documento di economia e finanza (DEF) 2016, nota come «allegato Kyoto», viene riportata, per i settori «non-ETS (Emission Trading System)», una stima delle emissioni nazionali di gas-serra per gli anni 2013-2015 e 2020 (il cosiddetto scenario di riferimento) che tiene conto degli effetti, in termini di riduzione delle emissioni, delle misure attuate e adottate fino al dicembre 2014 ed elencate nell'allegato 2. In un apposito paragrafo (il paragrafo III.2), viene fornito un elenco di provvedimenti ed atti, completati e in corso di definizione, su efficienza energetica e fonti rinnovabili, considerati come «azioni da attuare in via prioritaria per il raggiungimento degli obiettivi annuali di cui alla decisione 406/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio»;
    sulla base del mandato definito nelle conclusioni del Consiglio di ottobre 2014, la Commissione europea ha elaborato alcune proposte legislative di attuazione (in particolare, nel luglio 2015, ha pubblicato una proposta di ulteriore revisione della direttiva 2003/87/UE), che sono in esame di pari passo e in raccordo con la strategia sull'Unione dell'energia, avviata nel febbraio 2015 dalla Commissione europea, per conseguire l'obiettivo di un sistema energetico europeo in grado di garantire energia sicura, sostenibile, competitiva e a prezzi ragionevoli per i cittadini;
    nel luglio 2016 la Commissione europea ha emanato una proposta di Effort Sharing Regulation, letteralmente «condivisione degli sforzi», in base alla quale ogni Stato membro deve ridurre entro il 2030, e con percentuali diverse a seconda dei Paesi, le emissioni di CO2 relative alle attività dei settori non industriali (cioè le emissioni da trasporto, costruzioni, agricoltura, gestione dei rifiuti). Questi settori sono anche detti settori «non-ETS» perché non partecipano all’Emission Trading System e che si applica invece ai settori industriali. Nel caso dell'Italia, la proposta dell’Effort Sharing Regulation prevede una riduzione delle emissioni al 2030 del 33 per cento rispetto al 2005;
    l'Indc dell'Unione europea dovrà essere rivisto al rialzo, visto che esso prevede una riduzione del 30 per cento delle attività «non-ETS», dunque uno sforzo insufficiente rispetto al 40-50 per cento di riduzione delle emissioni che l'Europa dovrebbe attuare entro il 2050 per contribuire equamente, a livello internazionale, al contenimento del riscaldamento entro la soglia di 1,5o C;
    con la ratifica dell'accordo di Parigi, l'Italia si è impegnata a mettere in atto politiche energetiche che favoriscano lo sviluppo di tecnologie rinnovabili pulite e a porre fine allo sfruttamento delle fonti fossili. La transizione energetica verso un'economia « zero carbon» richiede una programmazione politica precisa, con tappe intermedie che si allineano agli obiettivi di decarbonizzazione fissati a livello internazionale;
    la promozione del petrolio e delle fonti fossili rispetto alle rinnovabili ha orientato il mercato energetico in maniera evidente, come dimostrano i dati relativi agli investimenti nei vari settori. Secondo uno studio del Fondo monetario internazionale del 2015, ripreso dal rapporto di Greenpeace «Rinnovabili nel Mirino», l'Italia è tra i primi 10 Paesi dell'Unione europea per investimenti sulle fonti fossili, per un totale di 12,8 miliardi di dollari americani nel 2012, aumentati a 13,2 miliardi di dollari nel 2014;
    secondo un'analisi del Bloomberg New Energy Finance, gli investimenti sull'energia pulita in Italia nel 2014 sono diminuiti del 60 per cento rispetto al 2013 a causa di politiche energetiche contraddittorie;
    i dati presentati nel rapporto «GreenItaly 2016», a cura della Fondazione Symbola e Unioncamere, delineano i vantaggi dal punto di vista della crescita economica e dell'occupazione legati alla promozione di un'economia basata su tecnologie innovative a basso impatto di carbonio;
    sino ad oggi, la politica energetica italiana ha mostrato scarsa consapevolezza delle evidenze scientifiche e assoluta miopia in merito alle scelte strategiche da attuare. Diversi studi mostrano come un cambio radicale delle scelte energetiche potrebbe portare l'Italia alla riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra e all'indipendenza energetica. A tal proposito, è rilevante lo studio «Verso un'Italia low Carbon: sistema energetico, occupazione e investimenti», pubblicato dall'Enea, Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo sostenibile nel 2013, che mostra come il passaggio ad un'economia a basse emissioni di carbonio entro il 2050 per l'Italia è tecnicamente ed economicamente fattibile;
    ispirandosi alla Roadmap 2050, proposta dall'Unione europea per ridurre le emissioni di gas serra dell'80-95 per cento rispetto al 1990 entro il 2050, l'Enea ha considerato due scenari: un primo scenario di riferimento che si basa sulla Strategia energetica nazionale e le politiche energetiche attualmente esistenti; e un secondo scenario Roadmap 2050 che per mezzo di un percorso di decarbonizzazione porterebbe alla riduzione delle emissioni dell'80 per cento rispetto al 2005. Il secondo scenario si sofferma sugli sviluppi necessari delle politiche energetiche italiane, individuando i settori e le tecnologie su cui far leva per abbassare le emissioni nel lungo periodo. Enea rileva che per poter raggiungere gli obiettivi europei al 2050, la Strategia energetica nazionale non risulta «sufficiente a garantire il passaggio ad un'economia a basse emissioni di carbonio»;
    per essere in grado di sfruttare l'enorme potenziale della transizione in corso, cogliendo la grande opportunità di rilancio economico e occupazionale per il nostro Paese, è necessario definire da subito un quadro certo di medio e lungo periodo, con scelte chiare in grado di tracciare i lineamenti di un nuovo programma industriale nazionale e di indirizzare gli investimenti non solo del settore energetico, ma di tutti i comparti coinvolti dalla transizione. L'alternativa è quella di una inevitabile perdita di competitività e della marginalizzazione delle imprese nazionali nel principale mercato globale del prossimo futuro, quello delle soluzioni e tecnologie green (che riguardano la produzione di energia, l'edilizia, i trasporti, i servizi, la pianificazione urbana, l'agricoltura, e altro);
    la mancanza di una linea di sviluppo definita è tra le cause principali delle inefficienze che oggi caratterizzano il sistema energetico nazionale (dall'eccesso di capacità produttiva fossile al peso del meccanismo di incentivazione delle rinnovabili sulla bolletta elettrica). Un quadro certo di medio e lungo periodo consentirebbe ai soggetti che a diverso titolo intervengono sulle regole di questo settore di definire strumenti efficienti ed efficaci e agli attori che investono nelle tecnologie e soluzioni energetiche, ma anche al sistema del credito ad esempio, di raggiungere livelli adeguati di fiducia;
    naturalmente, tale quadro, per tradursi in realtà, dovrà essere economicamente sostenibile. Questo non potrà avvenire attraverso i classici meccanismi di incentivazione, spesso poco efficienti e scarsamente efficaci. La fattibilità economica della transizione sostenibile potrà essere garantita solo attraverso una riforma «di sistema» che ne garantisca la finanziabilità. Tale riforma dovrà basarsi, in primo luogo, su una revisione della fiscalità in chiave ecologica che, rispettando il principio della neutralità fiscale (nessun aumento di gettito complessivo), modifichi in modo profondo le convenienze degli investimenti verso tecnologie e interventi a basse emissioni di carbonio. In tale ambito sono diversi gli strumenti e le strategie che potranno essere attivate, da forme di carbon pricing a interventi di riallocazione/eliminazione dei sussidi dannosi, fino a facilitazioni di accesso al credito e strumenti di sostegno economico tarati sulle singole tecnologie;
    la Commissione europea ha inviato nel 2015 al Governo italiano le Country Specific Reccomendations, con cui si redarguisce il nostro Paese per il ritardo nell'introdurre tasse modulate secondo il principio del «chi inquina paga», come la carbon tax, e nel rimuovere sussidi che risultano dannosi per l'ambiente, come quelli alle energie fossili. In Italia, secondo le suddette raccomandazioni, «rimangono lettera morta la revisione dell'imposizione ambientale e l'eliminazione delle sovvenzioni dannose per l'ambiente»;
    l'attuale Strategia energetica nazionale (SEN), approvata nel 2013, appare del tutto inadeguata ad affrontare le nuove sfide poste dal mutato quadro internazionale in merito agli obiettivi, agli strumenti e alle politiche energetiche proposte,

impegnano il Governo:

   a predisporre una nuova Strategia energetica nazionale, con un orizzonte operativo al 2030, preceduto da tappe di avvicinamento verificabili al 2020 e 2025, e indicazioni strategiche al 2050, che, partendo dai nuovi obiettivi climatici, delinei la trasformazione a cui andranno incontro il sistema energetico nazionale e i settori coinvolti nei prossimi decenni, fornendo indicazioni circa le caratteristiche degli strumenti che sosterranno tale trasformazione;
   ad orientare la revisione della Strategia energetica nazionale al rispetto degli obiettivi sottoscritti con l'accordo di Parigi nel 2015 e definiti nel piano operativo alla conferenza di Marrakech, avendo come orizzonte temporale il 2050 e le indicazioni operative il 2030;
   a rendere la Strategia energetica nazionale coerente con la Strategia di sviluppo a basse emissioni di carbonio e con la Strategia nazionale di sviluppo sostenibile, nel quadro di un impegno alla definizione di una strategia climatica nazionale;
   a promuovere sistemi di generazione distribuita dell'energia, assumendo iniziative per liberalizzare e sostenere la produzione, l'autoconsumo e lo scambio di energia da fonti rinnovabili;
   a promuovere la ricerca, le innovazioni tecnologiche nei diversi ambiti indicati, e sostenere l'applicazione e lo sviluppo di nuove tecnologie nel settore delle fonti energetiche rinnovabili, dei sistemi di accumulo e di distribuzione e nel settore dell'efficientamento energetico;
   a promuovere la più ampia partecipazione pubblica nel processo di revisione della Strategia energetica nazionale, in modo tale da raccogliere proposte ed indirizzi anche da quei soggetti e portatori di interesse che, più di altri sono già impegnati in percorsi di transizione energetica e di decarbonizzazione;
   a definire politiche di decarbonizzazione rafforzate, supportate anche da un'adeguata e coerente fiscalità ambientale, per rendere più convenienti le fonti rinnovabili con incentivi impliciti ai combustibili alternativi e all'efficienza, in grado di sostenere il raggiungimento degli obiettivi europei sull'economia circolare, rivedendo il sistema delle accise sulla base delle emissioni di CO2;
   a promuovere e sostenere l'adozione di misure, sostegni e incentivi che contengano e riducano fortemente le emissioni di inquinanti – industriali, dei veicoli stradali e degli impianti di riscaldamento civili – ai fini del miglioramento della qualità dell'aria, soprattutto nel bacino padano nonché in tutte le altre aree del Paese gravate da situazioni di criticità;
   a valutare la possibilità di avviare appropriate e immediate iniziative per la rimozione degli incentivi e dei sussidi diretti e indiretti all'uso di combustibili fossili, e per incrementare gli investimenti sulla ricerca e sullo sviluppo delle fonti di energia rinnovabile, sul risparmio energetico, nonché sull'efficiente produzione e uso dell'energia e definendo conseguentemente un piano nazionale energetico ispirato alle visioni strategiche espresse dagli indirizzi comunitari;
   ad assumere iniziative per destinare interamente i proventi derivanti dalla vendita all'asta dei permessi di emissioni (ETS) al finanziamento di politiche di mitigazione ed adattamento ai cambiamenti climatici;
   a rendere coerente la nuova Strategia energetica nazionale con le disposizioni previste dalla Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, elaborata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in collaborazione con la comunità scientifica nazionale;
   a perseguire, in linea con la predisposizione del nuovo «pacchetto europeo», un modello di economia circolare, da realizzare promuovendo iniziative normative, investimenti in innovazione e ricerca finalizzati al riuso e al riciclo, l'introduzione di un indice che misuri la circolarità di prodotti e l'adozione di incentivi per prodotti ed aziende all'interno di filiere circolari, in modo da contribuire alla creazione di nuova occupazione;
   ad incentivare e promuovere, per quanto di competenza e in collaborazione con gli enti territoriali, lo sviluppo di infrastrutture verdi in grado di sequestrare carbonio e compensare in parte le emissioni di gas serra, soprattutto in ambito urbano.
(7-01198) «De Rosa, Crippa, Busto, Daga, Mannino, Micillo, Terzoni, Zolezzi, Vallascas».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

politica energetica

politica comunitaria dell'ambiente

riduzione delle emissioni gassose