ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN COMMISSIONE 7/01134

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 700 del 02/11/2016
Approvazione risoluzione conclusiva
Atto numero: 8/00268
Firmatari
Primo firmatario: MARAZZITI MARIO
Gruppo: DEMOCRAZIA SOLIDALE - CENTRO DEMOCRATICO
Data firma: 28/10/2016
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
GIGLI GIAN LUIGI DEMOCRAZIA SOLIDALE - CENTRO DEMOCRATICO 28/10/2016


Commissione assegnataria
Commissione: XII COMMISSIONE (AFFARI SOCIALI)
Stato iter:
08/11/2017
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 17/10/2017
MARAZZITI MARIO DEMOCRAZIA SOLIDALE - CENTRO DEMOCRATICO
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 17/10/2017
CARNEVALI ELENA PARTITO DEMOCRATICO
AMATO MARIA PARTITO DEMOCRATICO
D'INCECCO VITTORIA PARTITO DEMOCRATICO
GIGLI GIAN LUIGI DEMOCRAZIA SOLIDALE - CENTRO DEMOCRATICO
LENZI DONATA PARTITO DEMOCRATICO
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 24/10/2017
GIORDANO SILVIA MOVIMENTO 5 STELLE
GIGLI GIAN LUIGI DEMOCRAZIA SOLIDALE - CENTRO DEMOCRATICO
 
ILLUSTRAZIONE 08/11/2017
MARAZZITI MARIO DEMOCRAZIA SOLIDALE - CENTRO DEMOCRATICO
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 08/11/2017
CARNEVALI ELENA PARTITO DEMOCRATICO
D'INCECCO VITTORIA PARTITO DEMOCRATICO
BINETTI PAOLA MISTO-UDC-IDEA
GIORDANO SILVIA MOVIMENTO 5 STELLE
AMATO MARIA PARTITO DEMOCRATICO
BOLDRINI PAOLA PARTITO DEMOCRATICO
MARAZZITI MARIO DEMOCRAZIA SOLIDALE - CENTRO DEMOCRATICO
 
PARERE GOVERNO 08/11/2017
FARAONE DAVIDE SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (SALUTE)
Fasi iter:

DISCUSSIONE IL 17/10/2017

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 17/10/2017

DISCUSSIONE IL 24/10/2017

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 24/10/2017

DISCUSSIONE IL 08/11/2017

ATTO MODIFICATO IN CORSO DI SEDUTA IL 08/11/2017

ACCOLTO IL 08/11/2017

PARERE GOVERNO IL 08/11/2017

APPROVATO (RISOLUZIONE CONCLUSIVA) IL 08/11/2017

CONCLUSO IL 08/11/2017

Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-01134
presentato da
MARAZZITI Mario
testo presentato
Mercoledì 2 novembre 2016
modificato
Mercoledì 8 novembre 2017 in Commissione XII (Affari sociali)

7-01134 Marazziti: Prevenzione e diagnosi dell’ictus cerebrale.

PROPOSTA DI NUOVO TESTO DELLA RISOLUZIONE

  La XII Commissione,
   premesso che:
    per le dimensioni epidemiologiche e per l'impatto socio-economico, l’ictus rappresenta uno dei più importanti problemi sanitari nei paesi industrializzati. In Italia, l’ictus cerebrale costituisce la prima causa di invalidità permanente, la seconda causa di demenza e la terza causa di morte (o la seconda, come riportano altre stime) dopo le malattie cardiovascolari e i tumori, essendo responsabile del 10-12 per cento di tutti i decessi annui;
    l’ictus cerebrale è una patologia fortemente correlata all'età; passando dalla quarta all'ottava decade di vita, l'incidenza della malattia aumenta di circa 100 volte. Questo rapporto fa prevedere che il peso globale delle malattie cerebrovascolari è destinato ad aumentare nel tempo: attualmente gli ultrasessantenni nel nostro Paese costituiscono ben il 25 per cento della popolazione totale, mentre gli ultrasessantacinquenni sono il 19 per cento (negli anziani di 85 anni e oltre, l'incidenza dell’ictus è fra il 20 e il 35 per cento); tuttavia, pur avendo una maggiore incidenza nell'età anziana, l’ictus può colpire anche i giovani e, talora, anche i bambini. La proporzione della patologia che si manifesta in soggetti di età inferiore ai 45 anni è pari a circa il 5,5 per cento di tutti gli ictus nei Paesi occidentali, mentre circa 10.000 casi, ogni anno, riguardano soggetti con età inferiore ai 54 anni, soggetti in età lavorativa per i quali l'impatto della malattia, in termini di riduzione dell'autosufficienza e di incidenza dei bisogni assistenziali, risulta particolarmente gravoso, con conseguenze in ambito familiare e sociale estremamente rilevanti. Nel complesso, il costo medio annuo per ciascun paziente con disabilità grave (circa 400.000 nella sola Italia) a carico di famiglia e collettività – escludendo i costi a carico del Servizio sanitario nazionale (SSN), quantificati ad oggi in circa 3,5 miliardi di euro annui – è di circa 30.000 euro, per un totale di circa 13-14 miliardi di euro per anno. Questa cifra, che rappresenta il 78,8 per cento dei costi totali indotti dalla patologia, si riferisce sia alla riduzione di produttività relativa alla perdita di lavoro dei pazienti che ai costi legati all'assistenza prestata dai familiari; una corretta strategia di prevenzione dell’ictus cerebrale rientra nell'ambito più generale della prevenzione e controllo delle patologie croniche nel loro complesso;
    l'Italia si è dotata del Centro nazionale per la prevenzione ed il controllo delle malattie (CCM), un organismo di coordinamento tra il Ministero della salute e le regioni per le attività di sorveglianza, prevenzione e risposta tempestiva alle emergenze; lo strumento fondamentale di pianificazione definito dal Ministero della salute è rappresentato dal piano nazionale della prevenzione (PNP). Il nuovo PNP 2014-2018, al fine di «ridurre il carico prevenibile ed evitabile di morbosità, mortalità e disabilità delle malattie non trasmissibili», tra cui sono comprese le malattie cerebrovascolari, promuove una strategia di promozione della salute e di sensibilizzazione della popolazione sui vantaggi collegati all'adozione di stili di vita sani in una visione che abbracci l'intero corso della vita; le strategie sull'individuo, invece, prevedono la prevenzione dei fattori di rischio comportamentali e intermedi, perseguita mediante la loro diagnosi precoce e la modificazione degli stili di vita. Le politiche che incidono sulla riduzione della mortalità e della morbosità delle malattie cerebrovascolari, intervenendo sui fattori di rischio modificabili, devono essere adottate fin dalla giovane età in modo da mantenere nel corso della vita un profilo di rischio favorevole; sulla prevenzione primaria, che resta l'arma più valida e importante per combattere questo tipo di patologie, molto è stato fatto, tanto che alcune azioni quali controllo della pressione sanguigna, della glicemia e del colesterolo, attività fisica e stili di vita salutari, stanno lentamente entrando nella quotidianità di tutti. A questo scopo l'Italia, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 4 maggio 2007, si è dotata del programma strategico «Guadagnare salute: rendere facili le scelte salutari», che promuove la salute come bene collettivo, attraverso la condivisione delle responsabilità fra i cittadini e la collettività. Esso si propone di intervenire sui quattro principali fattori di rischio modificabili delle malattie croniche (fumo, abuso di alcol, dieta scorretta e inattività fisica);
    l'ipertensione arteriosa è il principale fattore di rischio in grado di determinare un ictus cerebrale nella popolazione generale. Tale fattore di rischio è definito «modificabile» perché può essere corretto apportando delle modificazioni allo stile di vita oppure attraverso una terapia farmacologica appropriata. L'ipertensione è un «nemico silenzioso» perché fino a quando non produce danni evidenti agli organi non ci sono sintomi che ne segnalino la presenza. È pertanto fondamentale un regolare controllo di tale patologia;
    esistono, tuttavia, altri fattori di rischio sui quali non esiste ancora piena consapevolezza tra i cittadini, mentre l'azione di informazione e prevenzione da parte del Servizio sanitario nazionale risulta ancora insufficiente, con particolare riferimento alla fibrillazione atriale (FA). Sebbene per i soggetti affetti da FA il rischio ictus sia molto maggiore rispetto ai soggetti sani, le evidenze scientifiche a livello internazionale indicano, tuttavia, una sottovalutazione dei rischi legati alla patologia, che si traduce in gravi carenze sia sul piano diagnostico che terapeutico. Chi soffre di FA, infatti, corre un rischio di ictus 4-5 volte maggiore, con esiti particolarmente gravi: per il 20 per cento dei pazienti l'ictus si rivela fatale, per il 60 per cento è causa di disabilità;
    secondo quanto pubblicato sul sito della Società italiana dell'ipertensione arteriosa «la stretta relazione esistente fra ipertensione arteriosa e FA è ben nota». Uno studio condotto nel 2016 su una rilevante parte della popolazione e il conseguente elevato numero di eventi cardiovascolari osservati nel follow-up, ha consentito di approfondire anche le implicazioni prognostiche della FA. Il riscontro dell'aritmia si è associato, infatti, a un aumento del 31 per cento del rischio di eventi vascolari e ad un aumento dell'89 per cento del rischio di eventi mortali;
    il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, concernente la definizione e l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, pubblicato sul Supplemento Ordinario n. 15 alla Gazzetta Ufficiale n. 65 del 18 marzo 2017, con riferimento all'esenzione dalla partecipazione al costo delle prestazioni di assistenza correlate alle malattie croniche e invalidanti, prevede una riduzione di alcune prestazioni legate alla ipertensione senza danno d'organo; in particolare, non risultano più in regime di esenzione il potassio, l'esame delle urine, l’holter delle 24 ore e la radiografia toracica. Poiché in Italia sono 16 milioni le persone che soffrono di ipertensione arteriosa e ogni anno ne muoiono 280 mila a causa di malattie cardiovascolari, la stragrande maggioranza dei quali sono anziani, i quali saranno pertanto costretti a rivolgersi alla sanità privata per ottenere le predette prestazioni sanitarie, mentre per chi non se lo può permettere non resta che la rinuncia alle medesime;
    il percorso terapeutico più idoneo per la profilassi dell’ictus correlato a FA è definito da linee guida internazionali, europee e nazionali, che individuano nella terapia anticoagulante il trattamento sanitario più appropriato. Infatti, nonostante l'ingresso dei nuovi anticoagulanti orali (NAO) che offrono una migliore efficacia, sicurezza e comodità per la maggioranza dei pazienti affetti da FA, permangono ancora molte criticità nella cura di un grande numero di pazienti che non riescono ad accedere alle terapie appropriate. Degno di nota, a tal proposito, è un progetto CCM 2014 dal titolo «Progetto FAI: la FA in Italia. La medicina di iniziativa e il medico di medicina generale per garantire l'accesso a servizi e cure efficaci riducendo i costi per il SSN e i costi sociali legati all'elevato rischio di ictus cerebrale». Il progetto si poneva l'obiettivo di valutare la frequenza di FA, stimandone il rischio cardioembolico e le relative necessità terapeutiche, attraverso la validazione di una metodologia di screening da proporre ai medici di medicina generale. Si calcola che la popolazione che presenta un bisogno clinico non soddisfatto corrisponde al 65 per cento del totale (secondo dati forniti dal sistema epidemiologico regionale del Veneto), con forti disparità tra le diverse regioni. Nello specifico, più di mezzo milione di pazienti non riceve un trattamento adeguato a copertura del rischio d’ictus cerebrale. In totale, nei pazienti con FA non valvolare: il 16,5 per cento non viene trattato; il 15,2 per cento viene trattato con Warfarin pur avendo INR (Rapporto internazionale normalizzato) instabile; il 37,5 per cento viene trattato con aspirina. Alcune regioni, inoltre, hanno stabilito una quota massima di pazienti ai quali è somministrabile la terapia con i nuovi anticoagulanti: alcune la hanno individuata nel 30 per cento dei nuovi pazienti, altre nel 20 per cento. Malgrado questo approccio restrittivo, in quelle stesse regioni il numero dei pazienti in terapia non ha raggiunto nemmeno il 50 per cento del tetto previsto;
    oggi, inoltre, in aggiunta alle cure tradizionali, la ricerca più avanzata ha permesso l'utilizzo di diverse strategie non farmacologiche volte a contrastare l'insorgenza della FA o a limitare i suoi effetti attraverso l'utilizzo di dispositivi medici. Tra di esse, si segnalano le tecniche di ablazione e la chiusura dell'auricola sinistra. Ciò costituisce un passaggio fondamentale nel trattamento delle patologie cardiovascolari laddove l'approccio interventistico mininvasivo offre un'alternativa terapeutica ai pazienti con FA non efficacemente trattabili con farmaci. L'utilizzo di dispositivi ha consentito, altresì, di riportare risultati molto incoraggianti, sia in termini di sicurezza che di efficacia, anche nel trattamento della stenosi carotidea, che costituisce la causa più frequente di eventi ischemici acuti cerebrovascolari (circa il 35 per cento). Negli ultimi anni lo stenting carotideo (CAS) è divenuto alternativa consolidata alla chirurgia tradizionale;
    è evidente, quindi, che esiste un oggettivo problema di informazione e una difficoltà di accesso alle nuove terapie che passa anche attraverso difficoltà burocratiche, restrizioni per i soggetti che possono prescrivere la terapia e diffidenza; uno studio osservazionale, eseguito in 16 regioni italiane, ha evidenziato che sussiste un tempo eccessivamente lungo tra il momento in cui il paziente si rende conto che «c’è qualcosa che non va» e il momento in cui viene presa la decisione di recarsi in ospedale; il concetto di «time is brain» ha portato al centro della riflessione sull'ictus cerebrale il problema del tempo che intercorre tra l'esordio sintomatologico di un ictus acuto e l'effettivo accesso del paziente alla terapia, soprattutto per quanto riguarda la trombolisi farmacologica o la trombectomia meccanica. In diverse migliaia di casi, infatti, si potrebbero azzerare o ridurre drasticamente gli effetti invalidanti dell’ictus con delle cure adeguate prestate nelle primissime ore dalla comparsa dei sintomi. La somministrazione del trattamento trombolitico farmacologico entro le prime 4-5 ore dall'inizio dei sintomi consente, a circa un terzo delle persone colpite da ictus ischemico, di rientrare rapidamente nelle proprie abitazioni, completamente guarite, e ad un altro 50 per cento di tornare a casa in buone condizioni funzionali. Ma proprio in questa fase si presenta uno dei problemi del sistema sanitario nazionale rispetto alla patologia: in molte regioni italiane non esiste il codice ictus per il trasporto del paziente e quindi il personale del 118, pur riconoscendone i sintomi, è tenuto, in base ai protocolli vigenti, a portare il paziente al pronto soccorso più vicino, anche se non dotato di unità neurovascolare (stroke unit), aggiungendo quindi tempi morti a quelli che già si perdono nel riconoscimento dei sintomi;
    in Italia le unità neurovascolari, vale a dire i centri adeguatamente preparati per trattare gli ictus, sono realtà diffuse «a macchia di leopardo». Il Ministero della salute stima che dovrebbero esserne presenti oltre 300 (il numero ottimale sarebbe 350), mentre ne risultano operative meno di 170, concentrate principalmente nel Nord Italia. Si va dalle 42 della Lombardia alle 5 della regione Sicilia, passando per Napoli che non ne ha nessuna. Si pensi che nel Meridione si muore più di ictus cerebrale che di infarto del miocardio proprio perché le unità neurovascolari sono quasi assenti. Purtroppo, la mancanza di una buona copertura nazionale, così come di una rete assistenziale integrata, fa sì che l’ictus abbia conseguenze molto gravi non solo per il paziente ma anche per i suoi familiari. La carenza strutturale, soprattutto al Centro-Sud, rappresenta un vero problema sul quale intervenire. Perché, se da un lato, agendo precocemente, si salvano i pazienti da gravi invalidità permanenti, dall'altro il Sistema sanitario risparmia sui costi associati al post ictus. In sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, in data 3 febbraio 2005, è stato sancito l'accordo concernente le «Linee di indirizzo per la definizione del percorso assistenziale dei pazienti con ictus cerebrale», che contiene tutti gli elementi di indirizzo basati su prove di efficacia, in termini di miglioramento degli esiti clinici e funzionali di un sistema organizzato di cura per l’ictus cerebrale. Un progetto del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie del 2008, dal titolo «Promozione dell'assistenza all’ictus cerebrale in Italia», aveva come obiettivo quello di favorire l'attuazione sistematica dell'accordo Stato-regioni del 3 febbraio 2005 attraverso il monitoraggio e l’audit delle esperienze regionali, individuando gli ostacoli alla implementazione e evidenziando gli strumenti organizzativi, gestionali e formativi per superarli. È stata monitorata la situazione organizzativa ed assistenziale dell’ictus cerebrale su tutto il territorio nazionale, sono stati esaminati i decreti e le delibere regionali sull'assistenza all’ictus elaborati dalle singole regioni nel corso degli anni ed è stata confrontata l'aderenza e la corrispondenza con gli elementi assistenziali definiti come prioritari in sede di Conferenza Stato-regioni, di cui sopra. Anche per questo l'Italia ha fatto recentemente un enorme passo in avanti con il decreto del Ministro della salute n. 70 del 2 aprile 2015 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 4 giugno 2015). Il testo del decreto declina correttamente sia gli standard ospedalieri per le varie patologie, sia l'organizzazione delle unità neurovascolari di primo e di secondo livello. Tali novità rappresentano sicuramente un avanzamento per quanto riguarda la causa dell’ictus, nonostante non siano ancora maturate le condizioni per l'approvazione di una legge specificamente dedicata all'argomento;
    in Italia, le persone che hanno avuto un ictus e sono sopravvissute, con esiti più o meno invalidanti, sono oggi circa 940.000, ma il fenomeno è in costante crescita, a causa dell'invecchiamento della popolazione. Per quanto riguarda il costo medio dell'assistenza, per i primi tre mesi dopo un ictus, si parla di circa 6.000 euro per ogni caso (la fonte è lo studio europeo EC Stroke Project). Negli ultimi anni si è passati da un tempo medio di riabilitazione in strutture ospedaliere di 6 mesi a circa 45 giorni, ribaltando così sulle famiglie i costi sociali ed economici del percorso post acuto. Una possibile soluzione potrebbe essere quella della teleriabilitazione domiciliare. Si veda, a tal proposito, la recente indagine di Agenas «Indagine conoscitiva sulla diffusione della tele-assistenza per la gestione del paziente nella riabilitazione post-ictus». Tuttavia, ad oggi, non è ancora prevista nei prontuari regionali la rimborsabilità delle teleriabilitazione;
    le linee guida nazionali e internazionali sono concordi nell'indicare che, per ridurre le conseguenze dell’ictus, occorra necessariamente beneficiare di una valutazione precoce, effettuata in fase acuta, del livello di disabilità post-ictus, e del fabbisogno riabilitativo. In particolare, occorre che tale valutazione sia effettuata entro 48 ore dall'evento da personale medico specializzato e da altri professionisti della riabilitazione, che intervenga una precoce presa in carico riabilitativa, già in fase acuta, allo scopo di contenere le menomazioni secondarie e di favorire il processo di recupero, nonché un indirizzamento tempestivo a percorsi riabilitativi dopo la fase acuta per le persone che ne hanno necessità, individuando il setting più appropriato in base alle condizioni clinico-funzionali della persona, ed un trattamento riabilitativo indirizzato, oltre che alle menomazioni sensomotorie, anche a quelle cognitive, sulla base di una valutazione individualizzata;
    il modello organizzativo suggerito dalla letteratura per garantire adeguata continuità di presa in carico della persona con ictus, dalla fase acuta a quelle post-acuta e riabilitativa, fino alla fase di reinserimento ovvero di domiciliazione o di assistenza a lungo termine, è quella che la letteratura in genere indica come «coordinated stroke care». La necessità di assicurare adeguata continuità di cura dopo la fase acuta di ospedalizzazione, e di provvedere alla definizione di un appropriato percorso riabilitativo, è sancita dall'articolo 44 del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017;
    in aggiunta alla trombolisi farmacologica, che per lungo tempo ha rappresentato il trattamento standard per lo stroke cerebrale, i risultati di diversi studi internazionali randomizzati evidenziano un miglioramento degli outcome clinici nei pazienti trattati con un procedimento di trombectomia meccanica o con associazione di trombolisi e trombectomia. I vantaggi di tale tecnica si riscontrano già a partire dalla finestra temporale di intervento che si colloca tra le 6 e le 8 ore dopo i primi sintomi clinici, rispetto alle 4, 5 ore disponibili per la trombolisi, consentendo quindi un più ampio raggio d'azione. La trombectomia meccanica, combinata o meno con la trombolisi, ha indiscutibilmente dimostrato la sua efficacia in termini di positivi cambiamenti neurologici nei pazienti selezionati tramite imaging e con ictus da occlusione prossimale, che rappresenta il 45 per cento del totale degli eventi. Mentre in tali casi, i più pericolosi, la sola trombolisi ha mostrato i suoi limiti, la trombectomia meccanica effettuata in centri specializzati permette di effettuare con successo la rimozione del coagulo di sangue in circa il 90 per cento dei casi, riducendo il rischio di recidive e disabilità. I risultati di questi studi sembrano dunque confermare un notevole miglioramento degli outcome di pazienti colpiti da ictus cerebrale: a riprova di ciò, le società scientifiche italiane ed europee hanno già riconosciuto questa tecnica e hanno già iniziato la revisione delle proprie linee guida per il trattamento dello stroke,

impegna il Governo:

   1) a incentivare la prevenzione e la diagnosi dell’ictus cerebrale e della FA che può provocarlo, rendendo organici e fruibili tutti i dati scientifici, medici e statistici che riguardano questa malattia;
   2) ad assumere iniziative volte a prevedere agevolazioni per consentire l'accesso ai farmaci e ai dispositivi medici per curare le predette patologie e agli strumenti utili alla loro prevenzione, nonché a sensibilizzare gli operatori sanitari in materia di prevenzione e di informazione sull’ictus cerebrale;
   3) a considerare l'opportunità di reinserire nel prossimo aggiornamento dei LEA le prestazioni legate alla ipertensione senza danno d'organo, tenuto conto che l'ipertensione costituisce il principale rischio di ictus;
   4) a considerare l'opportunità di riconoscere la FA come patologia altamente rischiosa e gravemente invalidante, predisponendo, nell'ambito del nuovo Piano sanitario nazionale, alla voce «Patologie rilevanti-malattie cardiovascolari e cerebrovascolari», una sezione dedicata alla FA e all’ictus cardioembolico, in cui sono esposti i progetti di prevenzione, cura e sensibilizzazione nel medio periodo;
   5) a promuovere l'opportuna conoscenza della FA e delle carotidopatie, al fine di favorire la diminuzione dei casi individuali e ridurre le complicanze dell'aritmia e delle stenosi carotidee nel lungo periodo;
   6) ad assumere iniziative, in collaborazione con le regioni, affinché siano inseriti nei piani sanitari regionali i temi della FA e dell’ictus cardioembolico al fine di rendere disponibili, nel territorio nazionale, in modo equo e uniforme, le nuove opportunità terapeutiche previste per un corretto trattamento di tali patologie;
   7) a considerare l'opportunità di promuovere, in collaborazione con le regioni, percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali mirati e di carattere multidisciplinare pianificando e coordinando l'attività condivisa tra presìdi ospedalieri e centri per la gestione e la cura della FA per indirizzare il paziente verso le scelte terapeutiche più idonee, superando per le reti tempo-dipendenti il vincolo del bacino d'utenza quando i tempi medi di accesso/intervento risultino eccessivi rispetto a quelli raccomandati dalle linee guida;
   8) a predisporre un piano d'incentivazione per la produzione e la commercializzazione dei farmaci antiaritmici di ultima generazione e dei nuovi anticoagulanti orali (NAO) e dei dispositivi medici più innovativi, predisponendo, altresì, un piano logistico per garantire la massima diffusione sul territorio nazionale dei medicinali e dei dispositivi medici di ultima generazione e assumendo iniziative per rimuovere il limite nella prescrizione dei nuovi anticoagulanti orali per molte categorie di medici, in particolare per i medici di medicina generale;
   9) a incoraggiare e sviluppare modalità migliori per erogare costantemente informazioni sull’ictus ai professionisti e ai decisori pubblici, oltreché all'opinione pubblica, sensibilizzando quest'ultima anche all'adozione di stili di vita salubri, al fine di prevenire e contrastare le malattie cardiovascolari;
   10) a promuovere, in collaborazione con le regioni, l'implementazione delle unità neurovascolari di I e di II livello, secondo quanto previsto dal decreto del Ministero della salute n. 70 del 2 aprile 2015;
   11) a promuovere, in collaborazione con le regioni, una ricognizione delle risorse umane disponibili necessarie e specifiche alla implementazione delle unità neurovascolari, e quindi di dirigenti medici specialisti in neurologia e specialisti in neuroradiologia, e ad assumere iniziative per incrementarne la dotazione organica laddove questa sia carente;
   12) a considerare l'opportunità di assumere iniziative, in collaborazione con le regioni, per controllare annualmente il numero di pazienti eleggibili alla trombolisi che sono stati realmente trattati, con la finalità di raggiungere il 100 per cento entro 5 anni;
   13) ad incentivare le società scientifiche di settore a mettere a punto un piano per la formazione di professionisti competenti nei trattamenti di rivascolarizzazione endoarteriosa;
   14) ad assumere iniziative in collaborazione con le regioni, per l'attuazione diffusa delle indicazioni sulla valutazione del fabbisogno riabilitativo, l'individuazione del setting più appropriato e la predisposizione di un idoneo progetto riabilitativo secondo quanto previsto dall'articolo 44, comma 2, del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017;
   15) ad assumere iniziative, in collaborazione con le regioni, per assicurare un numero di posti letto appropriato e implementare percorsi adeguati e tempestivi per la riabilitazione post-ictus che comprendano sia i trattamenti in regime di ricovero presso strutture riabilitative, che quelli effettuati in setting extraospedalieri (ambulatoriali, domiciliari, in regime di residenzialità extraospedaliera) in funzione del fabbisogno della persona;
   16) ad assumere iniziative perché sia assicurato in tutti i setting il trattamento riabilitativo, oltre che delle menomazioni sensomotorie, anche di quelle cognitive;
   17) a considerare l'opportunità di avviare iniziative per permettere una rapida diffusione della trombectomia meccanica su tutto il territorio nazionale e garantire maggiori opportunità terapeutiche a beneficio di tutti i pazienti;
   18) ad incentivare l'adozione di percorsi diagnostici terapeutici e assistenziali (PDTA) in grado di garantire che, dopo un iniziale screening anche in strutture periferiche, i pazienti potenzialmente candidati a terapie non farmacologiche possano accedere su tutto il territorio nazionale a centri in grado di eseguire tali terapie.
(7-01134) «Marazziti, Gigli».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

malattia

malattia del sistema nervoso

malattia cardiovascolare