ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN COMMISSIONE 7/01082

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 670 del 12/09/2016
Firmatari
Primo firmatario: ZANIN GIORGIO
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 12/09/2016
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
OLIVERIO NICODEMO NAZZARENO PARTITO DEMOCRATICO 12/09/2016
AGOSTINI LUCIANO PARTITO DEMOCRATICO 12/09/2016
ANTEZZA MARIA PARTITO DEMOCRATICO 12/09/2016
CAPOZZOLO SABRINA PARTITO DEMOCRATICO 12/09/2016
CARRA MARCO PARTITO DEMOCRATICO 12/09/2016
COVA PAOLO PARTITO DEMOCRATICO 12/09/2016
CUOMO ANTONIO PARTITO DEMOCRATICO 12/09/2016
DAL MORO GIAN PIETRO PARTITO DEMOCRATICO 12/09/2016
FALCONE GIOVANNI PARTITO DEMOCRATICO 12/09/2016
FIORIO MASSIMO PARTITO DEMOCRATICO 12/09/2016
LAVAGNO FABIO PARTITO DEMOCRATICO 12/09/2016
MARROCU SIRO PARTITO DEMOCRATICO 12/09/2016
MONGIELLO COLOMBA PARTITO DEMOCRATICO 12/09/2016
PALMA GIOVANNA PARTITO DEMOCRATICO 12/09/2016
PRINA FRANCESCO PARTITO DEMOCRATICO 12/09/2016
ROMANINI GIUSEPPE PARTITO DEMOCRATICO 12/09/2016
SANI LUCA PARTITO DEMOCRATICO 12/09/2016
TARICCO MINO PARTITO DEMOCRATICO 12/09/2016
TERROSI ALESSANDRA PARTITO DEMOCRATICO 12/09/2016
VENITTELLI LAURA PARTITO DEMOCRATICO 12/09/2016
SCHULLIAN MANFRED MISTO-MINORANZE LINGUISTICHE 21/11/2017


Commissione assegnataria
Commissione: XIII COMMISSIONE (AGRICOLTURA)
Stato iter:
IN CORSO
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 14/11/2017
ZANIN GIORGIO PARTITO DEMOCRATICO
Fasi iter:

DISCUSSIONE IL 14/11/2017

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 14/11/2017

APPOSIZIONE NUOVE FIRME IL 21/11/2017

Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-01082
presentato da
ZANIN Giorgio
testo presentato
Lunedì 12 settembre 2016
modificato
Martedì 21 novembre 2017, seduta n. 889

   La XIII Commissione,
   premesso che:
    la vite, a livello mondiale, è coltivata su oltre 7,5 milioni di ettari, di cui 3,4 nell'Unione europea; le varietà di vite catalogate sono oltre 17.000 delle quali circa 50 per cento utilizzate in vigneti professionali; le varietà di vite coltivate in Europa (di seguito viti europee) della specie V. vinifera subsp. sativa, derivano da un processo di addomesticamento di una specie selvatica, la V. vinifera subsp. sylvestris;
    l'esigenza di contrastare – dalla fine dell'800 – malattie quali l'oidio e la peronospora ha reso necessari per le viti europee trattamenti a base di zolfo e derivati del rame e, a partire dalla metà del secolo scorso, l'impiego di composti chimici di sintesi;
    nel contempo – per rendere le viti europee, particolarmente vulnerabili a tali fitopatologie, più resistenti sono stati realizzati incroci tra viti europee e viti americane che hanno portato alla creazione dei cosiddetti «ibridi di prima generazione» che si sono rapidamente diffusi soprattutto in Francia;
    poiché la diffusione di tali ibridi di prima generazione minacciava la sopravvivenza del patrimonio viticolo europeo, con produzione di vini di mediocre qualità ad elevato contenuto in alcool metilico – dannoso per la salute – i principali Paesi produttori (come Francia e Italia) hanno assunto iniziative per la messa al bando dei vini prodotti con tali ibridi;
    lo sviluppo della ricerca genetica volta ad individuare varietà di viti resistenti ai principali patogeni, per ridurre l'impiego di fitofarmaci, medianti incroci e selezioni, ha portato ad ottenere organismi resistenti ma del tutto simili alle varietà di «vinifera» note;
    negli ultimi 20 anni il tema della sostenibilità ambientale, della tutela della salute dei consumatori, degli operatori vitivinicoli e dei residenti nei distretti viticoli è diventato prioritario nel comparto vitivinicolo;
    in Europa, il comparto vitivinicolo assorbe il 65 per cento dei fungicidi utilizzati per la difesa di tutte le colture agricole pur interessando una superficie pari solamente al 3,5 per cento (fonte Eurostat 2007);
    le normative europee in tema di utilizzo di fitofarmaci sono sempre più stringenti, e hanno l'obiettivo di raggiungere, entro il 2025, la riduzione del 50 per cento delle quantità impiegate per il contenimento della principali patologie della vite, includendo anche i presidi fitosanitari ammessi in viticoltura biologica come il rame (Regolamento CE n. 473/2002);
    le malattie della vite che richiedono il maggior numero di interventi sono la peronospora e l'oidio presenti in Europa rispettivamente dal 1878 e 1845; la ricerca pubblica e privata cerca da tempo di dare risposte concrete al problema, anche attraverso la diffusione della viticoltura biologica, nell'intento di tutelare la salute, l'ambiente, la qualità e lo sviluppo della produzione vitivinicola;
    la ricerca pubblica italiana, dopo quasi 20 anni di attività in questo campo, è riuscita a creare nuove varietà resistenti a peronospora e oidio, caratterizzate da buone caratteristiche agronomiche e soprattutto enologiche, che le differenziano nettamente da quelle ottenute in altri Paesi (Germania, Rep. Ceca, Svizzera, Serbia, Ungheria), conseguendo così un vantaggio competitivo rispetto ad altri Paesi specializzati nella viticoltura come la Francia;
    si tratta di un risultato di eccezionale valore scientifico, con un impatto rilevante sulla filiera, sull'ambiente, sulla salute dei consumatori e dei coltivatori; nei vigneti con varietà resistenti di nuova generazione è possibile infatti una riduzione dell'80 per cento dei trattamenti necessari per il controllo della peronospora e dell'oidio; il numero medio degli interventi – da 13-15 per anno – si riduce in tal modo a 1 o 2 per anno, come documentato anche dall'Institut Coopératif du Vin (ICV) in Francia;
    le nuove varietà resistenti alle malattie realizzate in Italia sono state ottenute attraverso un programma di incroci che ha utilizzato come parentali di pregio le migliori varietà commerciali e come parentali resistenti selezioni ottenute dopo numerose generazioni di reincrocio su «vinifera» di ibridi interspecifici prodotti all'inizio del secolo scorso; i ricercatori italiani hanno così ottenuto varietà che non si differenziano dalle varietà di «vinifera» note, se non per la conservazione lungo le generazioni di re-incrocio dei geni di resistenza alle malattie, tanto che le stesse si possono considerare a tutti gli effetti varietà di Vitis Vinifera e non ibridi, avendo oltre il 90 per cento del genoma delle «vinifere»; inoltre dal punto di vista ampelografico, agronomico e soprattutto enologico non esistono elementi concreti per non considerarle a tutti gli effetti come Vitis Vinifera, in quanto i parametri con cui si individuano nel vino gli ibridi di specie selvatiche, quali alcol metilico, fureanolo (sentore di fragola), metil-antralinato (sentore foxy) sono assenti o nettamente inferiori ai limiti fissati dalla normativa italiana che, tra l'altro, è più restrittiva di quella europea;
    in base alla normativa sui vigneti (regolamento n. 1308/2013 del 17 dicembre del 2013, accordo Stato/regioni del 25 luglio 2002, decreto legislativo dell'8 aprile 2010 n. 61, articolo 8, comma 6, le varietà di nuova generazione create in Italia non sono state classificate come Vitis Vinifera, ma iscritte al catalogo nazionale che ne prevede l'impiego limitatamente alla produzione di vini da tavola ed indicazione geografica protetta; si pregiudica così l'inserimento nelle denominazioni di origine controllata anche solo come vitigni complementari (che possono essere presenti nei DOC fino al 15 per cento in base al regolamento europeo n. 753 del 2002);
    inoltre, si limita in tal modo la coltivazione di tali varietà per la creazione di fasce tampone limitrofe ad insediamenti abitativi, corsi d'acqua, fiumi, ed aree vulnerabili dal punto di vista ambientale, dove le varietà resistenti potrebbero generare incremento di valore aggiunto senza alcun pregiudizio al contesto territoriale circostante;
    le 10 varietà resistenti attualmente costituite e iscritte in Italia, senza il riconoscimento utile a produrre DOC e Denominazione di origine controllata e garantita (DOCG), sono vincolate ad una limitata e non economicamente interessante diffusione nel nostro Paese, con un potenziale danno erariale per minori royalties dovute all'ente pubblico costitutore, valutato a regime in almeno 1,5-2 milioni di euro per anno (fonte: Sartori/VCR);
    le varietà resistenti di ultima generazione coltivate in Europa sono già iscritte in alcuni Paesi dell'Unione europea, quali Germania, Austria, Repubblica Ceca, Ungheria, come Vitis Vinifera; le nuove varietà resistenti prodotte dalla ricerca italiana verrebbero perciò paradossalmente autorizzate alla coltivazione come «vinifera» in quei Paesi, e potrebbero entrare nella denominazione di origine (DOC, DOCG) e quindi nei vini commercializzati come tali in tutta Europa, Italia compresa, mentre in Italia, non essendo classificate come Vitis Vinifera, tali varietà sono escluse dalla denominazione di origine (DOC, DOCG) e vincolate ad un limitato utilizzo, con grave ed evidente pregiudizio economico;
    nei citati Paesi dell'Unione europea si considera l'appartenenza di una nuova varietà alla Vitis Vinifera esclusivamente sulla base della somiglianza dei caratteri ampelografici alla specie Vitis Vinifera; i diversi criteri applicati in Italia impediscono alla produzione nazionale di competere ad armi pari con quelle di altri Paesi, nonostante le produzioni frutto della ricerca nazionale rispettino i più rigorosi parametri qualitativi dal punto di vista enologico, in particolare per la minor percentuale di alcol metilico, metil antralinato, furaneolo;
    i minori costi conseguenti all'utilizzo di varietà resistenti si valutano mediamente in circa 1.100 euro/ha/anno nel Nord Italia, 800 euro ha/anno nell'Italia centrale e 665 euro/ha/anno nel Sud Italia e nelle isole; autorevoli studi di mercato dimostrano inoltre che il consumatore è disposto a pagare un differenziale di prezzo per i vini derivati da vigneti altamente ecosostenibili, la cui coltivazione è dunque profittevole anche nelle aree più difficili e svantaggiate dal punto di vista climatico, oggi a rischio di abbandono; l'impiego di tali varietà è quindi molto vantaggiosa per la viticoltura italiana nel suo complesso, sia in termini di competitività, sia in termini di capacità produttiva,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative volte a modificare le normative sui vigneti: regolamento n. 1308/2013 del 17 dicembre 2013, accordo Stato-regioni del 25 luglio 2002, decreto legislativo dell'8 aprile 2010, n. 61, articolo 8, comma 6;
   a classificare le varietà di nuova generazione come Vitis Vinifera quando rispettino le condizioni di seguito riportate:
     a) qualora abbiano nel loro pedigree specie diverse da Vitis Vinifera, devono essere almeno 3 generazioni lontane dall'ultima ibridazione con una specie selvatica pura;
     b) il loro contenuto in alcol metilico deve essere <0.20 ml/100ml di alcol totale per i vini bianchi e <0.25 ml/100ml per i vini rossi (stabiliti dal decreto-legge n. 82 del 20 febbraio 2006, articolo 11);
     c) il loro contenuto di antranilato di metile, responsabile del cosiddetto «aroma foxy», deve essere sotto la soglia di percezione di 100 ppb (UIV laboratorio chimico-sensoriale);
     d) il loro contenuto in furaneolo, responsabile del cosiddetto «sentore di fragola», deve essere sotto la soglia di percezione di 20 ppb (UIV Laboratorio chimico-sensoriale).
(7-01082) «Zanin, Oliverio, Luciano Agostini, Antezza, Capozzolo, Carra, Cova, Cuomo, Dal Moro, Falcone, Fiorio, Lavagno, Marrocu, Mongiello, Palma, Prina, Romanini, Sani, Taricco, Terrosi, Venittelli, Schullian».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

protezione del consumatore

viticoltura

denominazione di origine