ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN COMMISSIONE 7/01005

scarica pdf
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 630 del 24/05/2016
Firmatari
Primo firmatario: DA VILLA MARCO
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 24/05/2016


Commissione assegnataria
Commissione: X COMMISSIONE (ATTIVITA' PRODUTTIVE, COMMERCIO E TURISMO)
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-01005
presentato da
DA VILLA Marco
testo di
Martedì 24 maggio 2016, seduta n. 630

   La X Commissione,
   premesso che:
    l'articolo 10 della legge 7 agosto 2015, n. 124 (deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche), ha stabilito principi e criteri per la riforma delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (CCIAA), prevedendo un riordino delle funzioni e dell'organizzazione delle stesse che dovrà attuarsi attraverso un decreto legislativo da adottare entro il 28 agosto 2016;
    la citata legge delega, nel richiamare le disposizioni di cui all'articolo 28 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, conferma il dimezzamento della principale fonte di finanziamento delle camere di commercio, il diritto annuale, ma stabilisce altresì, all'articolo 10, comma 1, lettera h), che il decreto legislativo di attuazione della delega stessa dovrà contenere una disciplina transitoria che assicuri nel contempo «la sostenibilità finanziaria» e «il mantenimento dei livelli occupazionali»;
    a fronte di un budget annuo di circa un miliardo di euro, circa 800 milioni arrivano al sistema delle camere di commercio sotto forma di contributi delle imprese italiane; la riforma, prevedendo un taglio dei contributi del 40 per cento per quest'anno e del 50 per cento dal 2017, rischia di far crollare l'intero sistema, atteso che il 46 per cento dei ricavi serve a pagare gli stipendi e a gestire gli uffici;
    se in conseguenza di ciò l'attuazione della delega colpisse i livelli occupazionali del complesso dei lavoratori del sistema camerale, non solo ciò contraddirebbe in maniera plateale il contenuto della delega stessa, ma, attraverso il ricollocamento degli addetti in altre pubbliche amministrazioni, trasferirebbe allo Stato, quindi ai cittadini, una parte verosimilmente consistente della spesa per i compensi di tali lavoratori, spesa che oggi è invece sostenuta da enti autonomi che si autofinanziano, quali sono le camere di commercio;
    al comma 1 del menzionato articolo 10 sono inoltre previsti: la riduzione mediante accorpamento del numero delle camere di commercio dalle attuali 105 a non più di 60 (lettera b); lo snellimento della loro governance (lettera f); l'attribuzione alle medesime di specifiche competenze, eliminando le duplicazioni con le altre amministrazioni pubbliche (lettera c); la ridefinizione di compiti e funzioni delle camere di commercio «individuando gli ambiti di attività nei quali svolgere la funzione di promozione del territorio e dell'economia locale, nonché attribuendo al sistema camerale specifiche competenze, anche delegate dallo Stato e dalle regioni, eliminando le duplicazioni con altre amministrazioni pubbliche»;
    la citata legge delega, presa alla lettera, non appare in contrasto con una visione che mantenga il ruolo delle camere, governate attraverso forme di democrazia economica, come attivo strumento per la promozione e lo sviluppo delle economie locali, delle loro comunità di imprese, che necessitano di sostegno per l'accesso al credito, per la creazione di reti e per l'internazionalizzazione. Non va infatti dimenticato che, proprio per svolgere queste funzioni insostituibili, organismi simili alle camere di commercio italiane esistono in tutti i Paesi OCSE e in tutta l'Unione europea, e sarebbe assurdo che venissero a mancare in Italia;
    risultano tuttavia inconsistenti, a giudizio dei firmatari del presente atto, le risposte del Governo all'interrogazione Da Villa n. 5-07578 per la parte riguardante l'impegno al mantenimento della funzione delle camere di commercio in materia di supporto all'internazionalizzazione, per la promozione del sistema italiano delle imprese all'estero, e a tutela del « made in Italy». Stando alle voci di stampa relative alle bozze di decreto attuativo in corso di elaborazione, trova conferma tale preoccupazione, come troverebbe conferma la sconfortante prospettiva che, nei piani del Governo, alle camere di commercio non debba restare altro che la gestione del registro imprese, il controllo sulle offerte al pubblico e quello sulle misure, servizi che sarebbero tra l'altro da svolgersi in base a tariffe stabilite dal Governo e non dalle stesse camere di commercio, riducendo così un'altra fonte di ricavi, con l'abbandono del servizio brevetti, delle conciliazioni nonché di studi e corsi di formazione;
    i piccoli imprenditori, come certificano ripetute indagini e testimonianze degli stessi interessati, hanno sempre trovato nel sistema delle camere di commercio supporto, sostegno e consulenza gratuita sin dalla fase di avvio della propria attività, per non parlare degli incentivi economici per il miglioramento delle strutture, la formazione, la capacità di competere anche sui mercati esteri. Grazie al sistema camerale, le piccole e medie imprese solo nel 2012 hanno ricevuto, in forma diretta o indiretta, 515 milioni di euro, risorse che sono servite a finanziare tra l'altro l'internazionalizzazione, la presenza a fiere, l'accesso al credito attraverso il sistema dei Confidi, che garantiscono 80 milioni di euro l'anno. La possibilità di attingere a gran parte di questi benefici è, per le piccole e medie imprese, subordinata alla vicinanza delle camere al territorio di riferimento, nonché alla professionalità e all'articolazione di competenze del personale che vi opera. Pertanto, sarebbe particolarmente nocivo, a tal proposito, se l'attuazione della riforma indebolisse il supporto delle camere di commercio alle piccole e medie imprese, che rappresentano oltre il 90 per cento del tessuto produttivo del nostro Paese;
    malgrado i toni genericamente rassicuranti delle risposte a svariati atti di sindacato ispettivo parlamentari, non sembrano emerse ragioni per fugare definitivamente le voci riportate sulla stampa che preconizzavano una riduzione del 15 per cento del personale delle camere di commercio, con una prospettiva di aumentare tale taglio fino al 25 per cento attraverso razionalizzazioni e accorpamenti che inciderebbero sul personale che svolge funzioni di supporto e strumentali, con un disegno complessivo tale da determinare tagli per circa 3.000 dipendenti, sui 7.000 attualmente in servizio;
    in particolare, si evidenzia una eloquente differenza sul tema della mobilità tra la risposta del 23 febbraio 2016 all'interrogazione Da Villa n. 5-07578, in cui il Governo esclude di prevedere il trasferimento del personale ad altre amministrazioni pubbliche, e la risposta del 20 aprile 2016 all'interrogazione Ricciatti ed altri n. 5-08424; è infatti omesso, nella seconda, il seguente passaggio, o altro di significato equivalente, presente nella prima: «quanto agli aspetti occupazionali si conferma l'intendimento di salvaguardarli in termini complessivi prevedendo, in ogni caso, la permanenza di tutto il personale ora presente nel sistema camerale a prescindere dalla rispondenza tra il fabbisogno di risorse umane ed il nuovo perimetro di attribuzione individuato, non ritenendosi, allo stato attuale, di prevedere il trasferimento del personale ad altre amministrazioni pubbliche»;
    le riduzioni di personale che deriverebbero dal taglio delle camere di commercio si sommerebbero alle riduzioni di personale già messe in atto negli ultimi anni, che hanno visto una riduzione del personale del 12 per cento rispetto al 2003, mentre nello stesso periodo si è registrata una riduzione di personale nella pubblica amministrazione del 6 per cento;
    le camere di commercio vantano partecipazioni societarie pubbliche e private, nonché proprietà immobiliari per un controvalore di circa 5 miliardi di euro e liquidità per circa 500 milioni di euro, patrimoni rispetto ai quali la delega della legge n. 124 del 2015 specifica ben poco i criteri di selezione, cessione e conferimento nei previsti accorpamenti;
    il registro delle imprese è oggi formalmente pubblico, ma risulta accessibile solo dietro pagamento di diritti di segreteria presso le camere di commercio o attraverso canali privilegiati (commercialisti e agenzie di servizi), mentre la parte liberamente accessibile via internet è limitata a informazioni strettamente anagrafiche (si veda il servizio sul sito http://www.infoimprese.it/);
   tra le funzioni delle camere di commercio che andrebbero mantenute, spicca quella di promozione dell'economia del territorio. La legge n. 580 del 1993, con le successive integrazioni e modifiche, ha stabilito che gli organi camerali siano formati da rappresentanti delle associazioni di categoria più rappresentative del territorio. Spesso però la funzione di promozione si traduce in una mera spartizione del budget per la promozione tra le associazioni di categoria rappresentate negli organi camerali o le società ad esse collegate. Risulterebbe quindi auspicabile un provvedimento nei confronti della governance che contrastasse episodi di spartizione consociativa, allo scopo di potenziare l'utilizzo delle risorse camerali a beneficio dell'intera platea delle imprese del territorio,

impegna il Governo:

   ad assumere le iniziative di competenza volte:
    a) a predispone un riordino delle competenze relative alla tenuta e alla valorizzazione del registro delle imprese presso le camere di commercio, con particolare riguardo alle funzioni di promozione della trasparenza del mercato e di pubblicità legale delle imprese, prevedendo una piena e gratuita accessibilità via telematica o informatica delle informazioni ivi contenute e garantendo la continuità operativa del sistema informativo nazionale e l'unitarietà di indirizzo applicativo, e interpretativo attraverso il ruolo di coordinamento del Ministero dello sviluppo economico e l'attribuzione alle camere di commercio delle funzioni inerenti alla gestione telematica unificata dello sportello unico delle attività produttive e del fascicolo di impresa;
    b) a introdurre una disciplina dei conflitti di interesse, volta a limitare il volume di spese di promozione e sostegno a favore delle associazioni di categoria, ovvero delle imprese da esse controllate o a esse collegate, i cui rappresentanti siano componenti degli organi camerali che hanno deliberato tali spese;
    c) a riesaminare il problema delle fonti di finanziamento delle camere di commercio e a valutare l'opportunità di rivedere, attraverso iniziative anche normative, il dimezzamento del diritto annuale delle camere di commercio a decorrere dal 2017, previsto a legislazione vigente, nonché a valutare la possibilità di attribuire alle camere stesse, una quota degli introiti derivanti dalla riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie per le materie in cui le camere di commercio siano individuate quale autorità competente ad adottare la relativa ordinanza, ai sensi dell'articolo 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689;
   a mantenere i livelli occupazionali dei lavoratori delle camere di commercio e, in senso generale, del sistema camerale, evitando altresì il trasferimento del relativo personale ad altre amministrazioni pubbliche;
   a riconoscere alle camere di commercio, anche con successive opportune iniziative normative, un ruolo centrale nel supporto alle micro, piccole e medie imprese verso la transizione alla cosiddetta «Industria 4.0», in virtù della loro prossimità al territorio, prossimità che si sta rivelando elemento determinante nella strategia tedesca per una rapida e capillare diffusione di questa nuova frontiera dell'innovazione.
(7-01005) «Da Villa».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

soppressione di posti di lavoro

piccole e medie imprese

camera di commercio