ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN COMMISSIONE 7/00661

scarica pdf
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 409 del 15/04/2015
Abbinamenti
Atto 7/00625 abbinato in data 05/05/2015
Atto 7/00645 abbinato in data 05/05/2015
Approvazione risoluzione conclusiva
Atto numero: 8/00109
Firmatari
Primo firmatario: ZACCAGNINI ADRIANO
Gruppo: SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Data firma: 15/04/2015
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BORDO FRANCO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 15/04/2015


Commissione assegnataria
Commissione: XIII COMMISSIONE (AGRICOLTURA)
Stato iter:
06/05/2015
Partecipanti allo svolgimento/discussione
INTERVENTO PARLAMENTARE 05/05/2015
SANI LUCA PARTITO DEMOCRATICO
ZACCAGNINI ADRIANO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
BORDO FRANCO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
OLIVERIO NICODEMO NAZZARENO PARTITO DEMOCRATICO
ANZALDI MICHELE PARTITO DEMOCRATICO
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 06/05/2015
SANI LUCA PARTITO DEMOCRATICO
MONGIELLO COLOMBA PARTITO DEMOCRATICO
ZACCAGNINI ADRIANO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
L'ABBATE GIUSEPPE MOVIMENTO 5 STELLE
 
INTERVENTO GOVERNO 06/05/2015
CASTIGLIONE GIUSEPPE SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI)
 
DICHIARAZIONE VOTO 06/05/2015
TARICCO MINO PARTITO DEMOCRATICO
 
PARERE GOVERNO 06/05/2015
CASTIGLIONE GIUSEPPE SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 05/05/2015

DISCUSSIONE IL 05/05/2015

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 05/05/2015

DISCUSSIONE IL 06/05/2015

ACCOLTO IL 06/05/2015

PARERE GOVERNO IL 06/05/2015

APPROVATO (RISOLUZIONE CONCLUSIVA) IL 06/05/2015

CONCLUSO IL 06/05/2015

Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-00661
presentato da
ZACCAGNINI Adriano
testo di
Giovedì 16 aprile 2015, seduta n. 410

   La XIII Commissione,
premesso che:
i recenti dati sull'andamento della campagna 2014-2015 del settore olivicolo-oleario, raccontano e confermano l'immagine di un settore in forte sofferenza dal punto di vista reddituale, basti pensare che la produzione di quest'annata, fortemente penalizzata dall'intemperie e dalle fitopatie quali la mosca olearia e la xylella fastidiosa, sarà di circa 250.000 mila tonnellate, ossia fortemente sottodimensionata rispetto al fabbisogno nazionale che è di circa 1 milione di tonnellate di cui circa 600.000 per il consumo interno e 400.000 per l’export. Il contributo nel 2013 alla bilancia commerciale nazionale, a fronte di una produzione di 464.000 tonnellate, è stato di oltre un miliardo di euro;
gli attori della filiera oleicola operano in un contesto di mercato caratterizzato da crescenti livelli di concorrenzialità, di eccessiva frammentazione dimensionale delle aziende agricole e di contemporanea riduzione dei livelli di redditività che non consentono, a chi opera nel settore, di poter trovare il giusto ritorno economico e sociale;
la carenza della redditività nella fase agricola del settore è la conseguenza:
a) di una gestione non imprenditoriale, poco appetibile sul fronte degli investimenti da parte dei giovani (ricambio generazionale);
b) di una forte conflittualità tra le diverse fasi della filiera, di una frammentarietà della struttura produttiva (ridotte dimensioni aziendali), della diffusione dell'olivicoltura in zone difficili e un valore unitario dei terreni molto elevato;
c) di una presenza prevalente di impianti tradizionali e limitata diffusione di meccanizzazione e di impianti di irrigazione mirati e pensati nell'ottica del risparmio idrico; della carenza di opere infrastrutturali di pubblica utilità per il recupero delle acque piovane con cui poter avviare programmi di irrigazione su base distrettuale rurale, a seguito di accorpamenti delle estensioni ad oggi frammentate;
d) del ritardo nel recepimento delle innovazioni tecnologiche e dei mancati investimenti pubblici nella logistica tradizionale e sostenibile;
e) di costi di produzione elevati;
f) della flessione della redditività;
g) del ruolo poco incisivo delle associazioni di categoria nella concentrazione dell'offerta e della valorizzazione del prodotto; ritardo nell'applicazione dei risultati della ricerca scientifica;
i punti di forza della olivicoltura nella fase agricola si potrebbero riassumere:
a) nella presenza di importanti aree vocate alla coltivazione dell'olivo sia per quantità che per qualità di prodotto;
b) nella potenzialità elevata di differenziare le produzioni per varietà (oltre 300), modalità produttive e origine geografica del prodotto;
c) nell'elevato valore ambientale, paesaggistico, storico, culturale, antropologico e monumentale (come lo è in alcune zone del Sud Italia);
d) nella estensione/diffusione territoriale della coltura e nell'importante contributo in termini occupazionali;
e) nell'attenzione crescente alle produzioni di qualità (DOP e IGP, biologico, biodinamico e nuove classi merceologiche come ad esempio la «alta qualità»);
f) in un know-how elevato;
g) filiere di prodotto olivicolo tracciate (circa 400) con oltre 8000 aziende agricole coinvolte;
in Italia non esiste una olivicoltura ma differenti tipi di «olivicoltura» legate soprattutto a fattori ambientali/orografici, sociali ed economici, ognuna con specifiche peculiarità e necessità. Nell'ambito dell'obiettivo strategico più generale di aumentare la redditività e la competitività della filiera olivicola-olearia, il piano di settore (quello ad ora in vigore è dell'aprile 2010) ha voluto porre in essere azioni mirate agli obiettivi di aumentare la conoscenza e la fruibilità delle informazioni, favorire la qualità e la tracciabilità del prodotto, facilitare l'accesso al credito;
è evidente che il piano di settore non ha funzionato come auspicato e oggi urge la necessità di finalizzare le risorse finanziarie disponibili per il sostegno all'agricoltura e di differenziare gli interventi mirati alle aziende «competitive», rispetto a quelli diretti alle aziende poco o per niente competitive per le quali prevalgono considerazioni di tipo sociale e di salvaguardia del territorio (paesaggio e ambiente) a cui riconoscere il giusto valore;
dai dati dell'ultimo Censimento dell'agricoltura («Le aziende olivicole nel 6o Censimento dell'Agricoltura») è emerso che le aziende olivicole italiane sono 902.075 (la superficie investita è di 1,1 milione di ettari, il comparto genera un volume di affari di circa 3 miliardi di euro che rappresenta il 3 per cento del fatturato totale dell'industria agroalimentare e oltre 50 milioni di giornate di lavoro all'anno); di queste ben 564 mila aziende possono essere considerate marginali o con basso potenziale competitivo (63 per cento del totale, esse coprono il 52 per cento della superficie olivicola nazionale); in particolare, tra queste 225 mila appaiono estremamente marginali e con bassa probabilità di sopravvivenza nel medio-lungo periodo. Altre 239 mila possono essere definite «aziende-imprese potenzialmente competitive» (26 per cento del totale); si tratta di aziende piccole ma orientate al mercato, multifunzionali, che coprono circa il 27 per cento della superficie olivicola nazionale. Infine, 99 mila (11 per cento del totale) sono classificabili come vere e proprie «imprese strutturate, con potenziale competitivo elevato o migliorabile»; poco specializzate in olivicoltura, coprono insieme circa il 21 per cento della superficie olivicola nazionale. Quest'elaborazione evidenzia in maniera molto chiara come nel tessuto frammentato dell'olivicoltura e dell'agricoltura italiana, le aziende realmente «sul mercato» e gestite come vere e proprie imprese sono una quota numericamente ridotta, cosa che ha importanti conseguenze per l'efficacia, soprattutto nel medio-lungo termine, di un sostegno generalizzato. La classificazione può quindi fornire uno strumento interessante per la definizione di interventi più mirati di politica agraria e anche per il monitoraggio delle politiche (fonte ISMEA);
per quanto riguarda la fase di prima trasformazione, il punto di partenza di qualsiasi analisi sul settore consiste nella definizione dell'universo nazionale dei frantoi attivi dove negli ultimi anni si è registrata una forte riduzione della numerosità dei frantoi attivi e dei volumi di produzione di olio dichiarati all'AGEA. Di fondamentale importanza è analizzare e incrociare i dati degli archivi amministrativi disponibili, al fine di produrre una valutazione del processo di ristrutturazione avvenuto nel settore in questi anni e descrivere la situazione attuale della prima trasformazione delle olive. Tra gli obiettivi vi è quello poi di rendere più fruibili le informazioni e i dati relativi al sistema della prima trasformazione nell'ambito della filiera dell'olio d'oliva, attraverso la predisposizione di una banca dati dei frantoi, utile per la pianificazione regionale e nazionale;
le criticità della fase di prima trasformazione sono inquadrabili nei seguenti punti:
a) numero elevato di frantoi economicamente poco efficienti e con impianti di trasformazione non ottimali e che di fatto costituiscono non imprese;
b) capacità limitata di investimento e di innovazione tecnologica di molte aziende e non garanzia di qualità;
c) dimensioni che non permettono «massa critica» a causa dell'eccessiva frammentazione;
d) costi elevati di produzione soprattutto per i piccoli frantoi (fino a 2,5-3 euro/chilogrammo contro 1 euro dei frantoi industriali);
e) ritardi negli investimenti;
f) accesso difficoltoso ai finanziamenti soprattutto per gli impianti non collegati ad aziende agricole o non frantoi;
i punti di forza della olivicoltura nella prima trasformazione si potrebbero riassumere in:
a) una capillare localizzazione dei frantoi nelle aree vocate, con maggiore garanzia di lavorazioni tempestive e di qualità;
b) una elevata professionalità dei frantoiani italiani;
c) una presenza di distretti produttivi, in minima parte, con una elevata concentrazione di prodotto;
d) una capacità di una notevole differenziazione del prodotto sia per tipologia (DOP, IGP, «alta qualità» e altro) sia in base al gusto;
e) una continua modernizzazione degli impianti;
f) un elevato numero di filiere di prodotto olivicolo tracciato (circa 400) con 8000 aziende agricole;
all'interno delle politiche dello sviluppo rurale, regolamento n. 1305 del 2013, vi sono strumenti che possono essere attivati, con particolare riferimento ai sottoprogrammi tematici, al fine di contribuire alla definizione delle linee programmatiche e delle azioni da porre in essere con lo, scopo di realizzare un nuovo approccio al settore e alla filiera olivicola-olearia. Il «Partenariato europeo per l'innovazione», PEI, per la produttività agricola e sostenibilità mira a unire il mondo agricolo e quello della ricerca a livello regionale, nazionale e comunitario. Il PEI rappresenta un elemento, importante per migliorare l'efficacia delle azioni connesse all'innovazione supportate da programmi di sviluppo rurale, nonché di ricerca e attività di innovazione, sostenuta dall'Unione europea. Gli obiettivi primari per il partenariato sono: la promozione della produttività e dell'efficienza del settore agricolo (inversione della recente tendenza alla diminuzione dell'incremento di produttività entro il 2020) e la sostenibilità dell'agricoltura (garantire la funzionalità del suolo a un livello soddisfacente entro il 2020). Le azioni previste saranno realizzate per il tramite di «gruppi operativi», che avranno un ruolo primario, con la partecipazione di soggetti quali agricoltori, ricercatori, consulenti, organizzazioni non governative, e/o imprese. I gruppi operativi si formeranno attorno a tematiche di interesse e realizzeranno progetti volti a collaudare e ad applicare pratiche, processi, prodotti, servizi e tecnologie innovative. A livello comunitario i «gruppi operativi» agiranno in particolare tramite iniziative di cluster e progetti pilota e dimostrativi. A tal proposito, è fondamentale attivare questi strumenti messi a disposizione sia del II pilastro che del I pilastro della politica agricola comune, elaborando idee di progetto, e conseguenti realizzazioni produttive nei e per i territori, che valorizzino le caratteristiche socio-economiche delle olive da spremitura e da mensa. Ad oggi, vi è un piano di settore che si è rivelato inadeguato che va radicalmente rivisto e aggiornato e c’è la necessità per la filiera della definizione delle linee direttrici; il tutto va finanziato con cospicue risorse economiche – nel rispetto delle norme europee sugli aiuti di Stato – che prevedano un finanziamento di almeno 150 milioni di euro annui per i prossimi cinque anni tempi fisiologici e morfologici per la crescita sono mediamente di 3/5 anni, mentre quelli per la raccolta a reddito sono di 7/10 anni);
il finanziamento del piano di settore deve essere opportunamente accompagnato con misure che pubblicizzino l'olio extravergine d'oliva nel mercato interno e sui mercati internazionali, con misure forti e reali che contrastino il fenomeno dell’italian sounding dei prodotti made in Italy (costa all'Italia una perdita di fatturato di circa 60 miliardi di euro annui), di una valorizzazione e tutela giuridica del made in Italy nel mondo utilizzando i canali istituzionali quali possono essere gli istituti di commercio con l'estero, ICE, in quei Paesi emergenti e non (Brasile, Russia, Cina, Canada, Stati Uniti e altro), dove si consumano la stragrande maggioranza delle adulterazioni e delle sofisticazioni dei prodotti agroalimentari italiani, in primis l'olio extravergine d'oliva 100 per cento italiano;
per contrastare il fenomeno dell’italian sounding è necessario conoscere dalle sedi dell'ICE dei Paesi succitati quali sono le maggiori pratiche sleali commerciali poste in essere e quali sono state le iniziative che in autonomia sono state adottate e gli eventuali risultati ottenuti, non limitandosi ad attività di pubblicità spot, ma tendenti a strutturare, grazie all'esperienza maturata in loco, proposte normative e commerciali da suggerire all'attività parlamentare e di Governo;
in Italia si importano quantità notevoli di olio pressato già scadente, perché ad alto livello di acidità, con achil esteri fuori norma od olio lampante. Per collocarlo sul mercato come olio extra vergine d'oliva bisogna riportarlo ad odore, acidificazione e colore giusto, quindi viene tagliato con olio buono, viene «deodorato» con getti di vapore superiori ai 200oC (in questo modo i polifenoli vengono stroncati). L'obiettivo del processo di deodorazione è quello di eliminare il forte odore, il gusto acre e l'eccessiva acidità derivanti da una cattiva conservazione delle olive raccolte, che vengono lasciate per lungo tempo sotto al sole in cumuli oppure stipate nei cassoni degli autocarri favorendo la formazione di alcol metilici ed etilici degli acidi grassi attraverso un processo di fermentazione. Spesso, inoltre, questa nuova sostanza, che non è olio al contrario di quello che le etichette riportano, viene «colorata» con la clorofilla e il betacarotene per fargli acquisire il colore giusto alla vendita. Questi oli «truffa» vengono imbottigliati e la bottiglia viene tappezzata da riferimenti all'italianità del prodotto, in modo da rendere graficamente meno evidente l'etichetta sulla quale deve essere obbligatoriamente riportata la dicitura di «miscela» per gli oli così ottenuti;
il consumatore potrebbe difendersi da queste operazioni in frode leggendo attentamente, seppur generiche, le etichette che devono riportare:
a) «miscela di oli d'oliva comunitari» per il prodotto proveniente da Paesi dell'Unione europea;
b) «miscele di oli d'oliva non comunitari» quando la materia arriva da Paesi come la Tunisia o il Marocco;
c) «miscela di oli d'oliva comunitari e non comunitari» per quelli misti ricavati da olive raccolte in Tunisia, Marocco e Spagna, Grecia e anche in Italia;
il fatto che in etichetta si indichi «comunitari» non è affatto di tutela per il consumatore, visto che non indica solo Italia. L'80 per cento dell'olio d'oliva utilizzato in Italia (uno dei maggiori Paesi consumatori) è composto da olio di importazione derivante da Spagna, Tunisia, Grecia e quindi il 20 per cento del prodotto venduto dalle ditte nazionali è effettivamente di origine italiana;
negli ultimi dieci anni sono già state scoperte inoltre operazioni simili, la più grave delle quali trasformava in «extravergine d'oliva», sempre con l'aggiunta di clorofilla, il non commestibile olio lampante (olio di scarti di lavorazione, o di noccioli, non destinato a consumo umano, bensì a essere bruciato come combustibile);
nel territorio italiano, in special modo nel Sud, è forte la presenza di frantoi che hanno una valenza storico-culturale notevole come, ad esempio, i frantoi ipogei del Salento o quelli storici sparpagliati all'interno delle campagne meridionali dove alcuni sono funzionanti e altri in stato di semi-abbandono. È di fondamentale importanza storica-antropologica avviare un monitoraggio e una successiva classificazione dei «frantoi di particolare interesse storico-culturale» al fine di attivare le opportune politiche di recupero strutturale ai fini didattici e finanziare con misure ad hoc quei frantoi, a tutt'oggi funzionanti con tecniche di produzione che in un certo senso hanno anticipato storicamente i disciplinari tecnici comunitari oggi in vigore, che curano il dettaglio organolettico degli oli extra-vergine proteggendolo, tra l'altro, quale patrimonio dell'umanità, essendo l'olio l'elemento essenziale della «dieta mediterranea»,

impegna il Governo:

a redigere un vero e ambizioso piano di settore per la filiera olivicola-olearia che preveda un finanziamento di almeno 150 milioni di euro annui per i prossimi cinque anni e che consenta, in primis, la riduzione ed il progressivo azzeramento dell'eccessiva frammentazione del modello produttivo, e un vero ammodernamento degli impianti arborei delle aziende agricole olearie, prevedendo forme di fiscalità di vantaggio per coloro che adotteranno iniziative associative su base cooperativistica, consortile e di società di capitali, queste ultime con le dovute differenze tributarie e fiscali rispetto alle altre forme associative, che si compendino in distretti produttivi rurali dove poter sfruttare al massimo le economie di scala, al fine di poter soddisfare sia il fabbisogno interno che quello per l'export restituendo in tal modo, alla produzione dell'olio extravergine 100 per cento italiano l'identità di qualità, oggetto sempre più di sofisticazioni, adulterazioni e truffe anche da parte di attori economici nazionali;
a prevedere nel piano di settore apposite e mirate misure economiche con un plafond specifico mirato pari a 20 milioni di euro annui per i prossimi cinque anni con cui avviare programmi di recupero varietale delle cultivar nazionali delle olive da mensa e di nuovi impianti arborei (Nolca, Termite di Bitetto, la Bella di Cerignola, Pasola, Cellina di Nardò, e altro), in considerazione del fatto che il loro consumo pro capite nazionale è in aumento, mentre la produzione italiana soddisfa una minima parte rispetto alle richieste dei consumatori, condizione che obbliga l'Italia ad importare maggiori quantità dalla Grecia, dalla Spagna, dal Portogallo e da altri Paesi del bacino del Mediterraneo;
a porre in essere tutti gli strumenti e le azioni che la politica agricola comune prevede all'interno sia del I che del II pilastro e, in particolar modo, il «Partenariato-europeo per l'innovazione», PEI, per la produttività agricola e la sostenibilità che mira a unire il mondo agricolo e quello della ricerca – distretti e cluster – a livello regionale, nazionale e comunitario, anche al fine di colmare lo iato esistente tra la ricerca e il trasferimento tecnologico e conoscitivo con la sua implementazione scientifica nel settore olivicolo, quale conseguenza di una maturità socio-produttiva di primo livello nello scacchiere mondiale;
ad avviare un monitoraggio ed una successiva classificazione dei «frantoi di particolare interesse storico-culturale», al fine di attivare le opportune politiche di recupero strutturale per scopi didattici e finanziare, con misure ad hoc, quei frantoi a tutt'oggi funzionanti;
a costituire presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali una banca dati che censisca i frantoi industriali e i «frantoi di particolare interesse storico-culturale», per tipologia e tecniche di produzione, inclusa la loro collocazione sul territorio, con lo scopo di avviare politiche agrarie mirate di investimento con cui ammodernare quelli esistenti e recuperare e tutelare quelli storici.
(7-00661) «Zaccagnini, Franco Bordo».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

sviluppo rurale

coltura oleaginosa

politica agricola comune