ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN COMMISSIONE 7/00624

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 390 del 12/03/2015
Firmatari
Primo firmatario: INVERNIZZI CRISTIAN
Gruppo: LEGA NORD E AUTONOMIE
Data firma: 12/03/2015
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
SIMONETTI ROBERTO LEGA NORD E AUTONOMIE 12/03/2015
ALLASIA STEFANO LEGA NORD E AUTONOMIE 12/03/2015


Commissione assegnataria
Commissione: I COMMISSIONE (AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI)
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-00624
presentato da
INVERNIZZI Cristian
testo di
Giovedì 12 marzo 2015, seduta n. 390

   La I Commissione,
   premesso che:
    il piemontese è una lingua neolatina occidentale e i suoi caratteri tipologici ne fanno un idioma completamente autonomo dall'italiano, più prossimo all'occitano, al francese, al franco provenzale, al catalano, e costituisce un punto di transizione tra le parlate gallo-italiche dell'Italia settentrionale e le lingue gallo-romanze. Si caratterizza per la ricchezza sia del consonantismo che del vocalismo e per le sue particolarità morfologiche, sintattiche e lessicali, che lo allontanano decisamente dall'italiano sul piano fonologico, morfologico e sintattico;
   la definizione delle lingue storiche è ben chiarita nella Carta europea delle lingue regionali e minoritarie del Consiglio d'Europa, firmata a Strasburgo il 5 novembre 1992 e che testualmente, all'articolo 1, dichiara: «per “lingue regionali e minoritarie” si intendono le lingue usate tradizionalmente sul territorio di uno Stato dai cittadini di detto Stato che formano un gruppo numericamente inferiore al resto della popolazione dello Stato e diverse dalla (e) lingua (e) ufficiale (i) di detto Stato; questa espressione non include né i dialetti della (e) lingua (e) ufficiale (i) dello Stato né le lingue dei migranti». L'importanza delle lingue storiche è assai ben definita nel preambolo della stessa Carta europea delle lingue regionali e minoritarie, dove viene stabilito che: «il diritto di usare una lingua regionale o minoritaria nella vita privata e pubblica costituisce un diritto imprescrittibile, conformemente ai principi contenuti nel Patto Internazionale relativo ai diritti civili e politici delle Nazioni Unite e conformemente allo spirito della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del Consiglio d'Europa»;
    nella risoluzione adottata il 16 marzo 1998 il Consiglio d'Europa afferma, nel preambolo della «Carta europea delle lingue regionali o minoritarie», fatta a Strasburgo il 5 novembre 1992, «il diritto imprescrittibile delle popolazioni ad esprimersi nelle loro lingue regionali o minoritarie nell'ambito della loro vita privata e sociale». Ne consegue che «la difesa e il rafforzamento delle lingue regionali o minoritarie nei vari paesi e nelle varie regioni d'Europa rappresentano un contributo importante all'edificazione di un'Europa basata sui princìpi di democrazia e di diversità culturale»;
    il primo documento letterario che ci è pervenuto risale al secolo XII (i «Sermon Subalpin», una raccolta di ventidue omelie festive, opera di un autore anonimo) che è probabilmente anteriore alle più antiche testimonianze dell'uso del volgare di Firenze (i conti dei banchieri fiorentini sono del 1211) e più esteso e senza dubbio più importante dal punto di vista culturale;
    una vera «koinè» (lingua comune) si sviluppa nel Seicento, età che segna la nascita di una letteratura a carattere nazionale, la quale abbraccia poco alla volta tutti i generi, dalla lirica al romanzo, alla tragedia, all'epica eccetera. La prima grammatica risale al 1783 e fu pubblicata, ad opera di Maurizio Pipino, presso la Stamperia reale. Questo progetto, che ancora oggi è significativo per la storia della nostra lingua, era nato dal desiderio di insegnare il modo quotidiano di parlare della Corte sabauda (in piemontese, non in italiano) a Maria Adelaide Clotilde Saveria di Francia, diventata per nozze Principessa di Piemonte;
    nel 1859, il cavaliere Vittorio di Sant'Albino compilò uno straordinario «Gran Dizionario Piemontese-Italiano», pubblicato dalla società l'Unione tipografica editrice (ristampato anastaticamente nel 1993 da L'Artistica di Savigliano). Sempre in quell'anno, la stessa casa editrice pubblicò la «Grammatica della lingua piemontese» di Camillo Brero e Remo Bertodatti, ricca di allegati quali: proverbi e manere ’d di; andvinaje; precisasion e finesse; note di storia letteraria; faule e leggende; cansono popular teatro piemonteis e altro;
    nel secondo ottocento si assiste, inoltre, a un fenomeno forse unico in Italia: la nascita di molti giornali in lingua regionale. Pochi, purtroppo, sono gli esemplari sopravvissuti all'usura del tempo, comprensibilmente se si pensa all'uso che si faceva della carta, e tutte le testate sono diventate rare o rarissime o addirittura introvabili. Il teatro sociale in lingua piemontese, in epoca risorgimentale, ha dato più di milleduecento opere teatrali, attestando una coscienza civile e un'avvertenza dei problemi delle classi lavoratrici cittadine e contadine che invano cercheremmo a quell'epoca in lingua nazionale. Esempio di poesia civile e di satira politica è nei vigorosi accenti del medico Edoardo Ignazio Calvo, sul finire dell'ottocento, che ascolterà più tardi gli infiammati appelli di Angelo Brofferio e di Norberto Rosa per il Risorgimento italiano;
    la lingua piemontese è stata lingua di lavoro e di commercio, di scienza e di letteratura, di teatro e di liturgia, ma soprattutto lingua di Stato per otto secoli;
    nell'ultimo secolo la lingua piemontese ha potuto godere i frutti di una più precisa e completa standardizzazione, che ha dato un contributo notevole alla stabilità e all'unità della stessa lingua, la quale, però patisce l'influenza dell'italiano e rischia di sparire nel secolo XXI, a meno che non si intervenga con delle misure serie per garantirne la tutela;
    nel Novecento, inoltre, si è sviluppata una prosa critica e scientifica di livello assai elevato;
    la questione della tutela giuridica delle minoranze linguistiche è stata oggetto di numerosi dibattiti parlamentari nel corso di varie legislature, che hanno condotto alla definitiva approvazione – nella XIII legislatura – della legge 15 dicembre 1999, n. 482. Tale legge, che reca norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche e storiche, è volta in primo luogo a dare attuazione all'articolo 6 della Costituzione. L'entrata in vigore della citata legge n. 482 del 1999 ha consentito all'Italia di sottoscrivere, il 27 giugno 2000, la Carta europea delle lingue regionali e minoritarie, già approvata dal Consiglio d'Europa nel novembre 1992, e di aderire alla convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali, fatta a Strasburgo il 1o febbraio 1995, ratificata dalla legge 28 agosto 1997, n. 302. La Convenzione impegna i Paesi aderenti a non discriminare l'utilizzo delle lingue minoritarie ed a riconoscerne il diritto dell'uso da parte delle minoranze in tutti gli ambiti, compresi quello dell'istruzione e dei rapporti con la pubblica amministrazione;
    la normativa italiana attualmente vigente contiene norme per la tutela delle lingue e delle culture minoritarie storicamente presenti in Italia, ossia delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano ed il sardo. Tale legge, tuttavia, non ha considerato la lingua piemontese;
    la giustificazione più cogente ed inoppugnabile per il riconoscimento del piemontese quale lingua minoritaria parlata sul territorio italiano, va individuata nell'esplicita volontà manifestata in tal senso dal consiglio e dalla giunta della regione Piemonte. Infatti, la regione Piemonte ha riconosciuto l'importanza della propria lingua storica con l'approvazione di diversi ordini del giorno del consiglio regionale nella sesta legislatura (n. 799 del 18 giugno 1998; n. 812 del 7 luglio 1998; n. 1077 del 12 ottobre 1999 e, soprattutto, n. 1118 del 15 dicembre 1999, con il quale ne ha riconosciuto lo status di «lingua regionale»). La regione Piemonte ha riconosciuto l'importanza della propria lingua storica anche con l'approvazione della legge regionale 10 aprile 1990, n. 26, recante «Tutela, valorizzazione e promozione della conoscenza dell'originale patrimonio linguistico del Piemonte», modificata successivamente dalla legge regionale 17 giugno 1997, n. 37. La regione Piemonte ha poi approvato la legge 7 aprile 2009, n. 11, recante «Tutela, valorizzazione e promozione del patrimonio linguistico del Piemonte», che la Corte costituzionale con sentenza n. 170 del 10 maggio 2010, ha dichiarato incostituzionale in, tutte quelle parti della legge laddove la lingua piemontese viene parificata alle lingue minoritarie riconosciute dalla Stato e meritevoli di tutela mediante la legge n. 482 del 1999 «Tutela delle minoranze linguistiche», nonostante essa non rientri fra queste;
    è bene sottolineare che la lingua piemontese è storicamente la lingua parlata di una nazione. La prima lingua del primo Parlamento italiano non è solo proprietà dei piemontesi, ma è patrimonio storico di tutto il Paese e non tocca solo ai piemontesi difenderla e illustrarla, ma a tutti i popoli che compongono questa nazione, consci del loro passato, riconoscerla con le altre come lingua storica. I piemontesi hanno contribuito alla realizzazione di questo Paese con lo statuto albertino, prima costituzione europea, con una maturità civica senza confronti in nessun'altra regione. Si ritiene che questa lingua, fondamento e pilastro risorgimentale, che ha contribuito alla nascita di questo Stato, meriti un riconoscimento che non intacca minimamente l'unicità e la viabilità della lingua nazionale;
    vi sono ulteriori considerazioni da tener presente:
     a) il piemontese costituisce una koinè, una comune lingua regionale e non un dialetto municipale; tale koinè si venne fissando sulla base del dialetto di Torino, ampliato ed arricchito da apporti di altre parlate. La validità del piemontese comune si estende tuttora almeno alle province di Torino, Cuneo, Asti, Vercelli e Biella nella loro interezza. In esse, le poche migliaia di parlanti il franco-provenzale o l'occitano sono tutti in grado di parlare correntemente anche il piemontese (si veda il già citato Quaderno 113 IRES Piemonte);
     b) il piemontese ha attestazioni scritte molto antiche, risalenti addirittura alla fine del XII secolo. La letteratura in piemontese costituisce un corpus imponente e continua a svolgersi in modo assai vitale. Esistono periodici scritti interamente o in parte in piemontese, pregevoli antologie ed una vitale editoria. In forma facoltativa, grazie al sostegno della citata legge regionale, il piemontese è insegnato in centinaia di classi delle scuole di ogni ordine e grado da ormai una decina di anni; corsi universitari di lingua e letteratura piemontese sono stati attivati con ottimo successo;
     c) il piemontese può vantare numerose grammatiche e dizionari. La grammatica normativa più importante, e che codifica la grafia tradizionale adottata oggi praticamente da tutti coloro che scrivono nella lingua regionale, è la Gramàtica Piemontèisa di Camillo Brero (1969), comparsa in più edizioni e tradotta in italiano;
     d) il piemontese presenta caratteri linguistici marcatamente diversi dall'italiano, e gli abitanti delle altre regioni, eccetto in parte quelle contigue, non sono in grado di capirlo né in forma orale né in forma scritta. Sono lampanti le affinità con il francese e l'occitano;
     e) il parlare piemontese non comporta oggi alcuno stigma, come invece avviene in molte altre parti d'Italia, in cui, insensatamente, l'uso del dialetto dichiara una collocazione culturalmente ed economicamente inferiore;
     f) pur essendosi affermato come comune lingua regionale, il piemontese non ha causato la totale sparizione dei dialetti locali, molti ancora parlati fra gli abitanti di un dato paese, i quali però tutti si servono agevolmente della koinè, nelle interazioni con parlanti non paesani;
     g) anche a livello europeo il piemontese è stato riconosciuto tra le lingue minoritarie (non fra i dialetti) nella raccomandazione n. 928 del 1981 e nella risoluzione del 16 ottobre 1981 dell'Assemblea del Consiglio d'Europa, nonché dall'UNESCO,

impegna il Governo

ad assumere iniziative per riconoscere la lingua piemontese come parte integrante dell'insieme delle lingue regionali presenti nella Repubblica con pieno diritto di cittadinanza nell'ambito della legge di tutela, procedendo quindi all'inserimento della stessa all'articolo 2 della legge n. 482 del 1999.
(7-00624) «Invernizzi, Simonetti, Allasia».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

cultura regionale

gruppo linguistico

lingua regionale