ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN COMMISSIONE 7/00310

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 193 del 19/03/2014
Firmatari
Primo firmatario: BORGHI ENRICO
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 19/03/2014
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
OLIVERIO NICODEMO NAZZARENO PARTITO DEMOCRATICO 19/03/2014
STUMPO NICOLA PARTITO DEMOCRATICO 19/03/2014
BRATTI ALESSANDRO PARTITO DEMOCRATICO 19/03/2014
REALACCI ERMETE PARTITO DEMOCRATICO 19/03/2014
MAGORNO ERNESTO PARTITO DEMOCRATICO 19/03/2014
SANNA GIOVANNA PARTITO DEMOCRATICO 19/03/2014
IANNUZZI TINO PARTITO DEMOCRATICO 19/03/2014
MANFREDI MASSIMILIANO PARTITO DEMOCRATICO 19/03/2014
CENSORE BRUNO PARTITO DEMOCRATICO 19/03/2014
BRAGA CHIARA PARTITO DEMOCRATICO 19/03/2014


Commissione assegnataria
Commissione: VIII COMMISSIONE (AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI)
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-00310
presentato da
BORGHI Enrico
testo di
Mercoledì 19 marzo 2014, seduta n. 193

   L'VIII Commissione,
   premesso che:
    nei giorni scorsi il procuratore di Reggio Calabria Federico Cafiero de Raho ha dichiarato alla stampa di essere convinto «che ci sia un equivalente della Terra dei fuochi campana anche in Calabria» e che «varie sono le notizie sui rifiuti sversati intorno al territorio di Reggio Calabria e un'attività di contrasto su questo ancora non è stata compiuta, è da fare.»;
    gli ultimi dati sulle ecomafie testimoniano che il 45,7 per cento dei reati è concentrato nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa (Campania, Sicilia, Calabria e Puglia) seguite dal Lazio, con un numero di reati in crescita rispetto al 2011 (+13,2 per cento e dalla Toscana, che sale al sesto posto, con 2.524 illeciti (+15,4 per cento). In tale contesto il caso Calabria è di particolare problematicità e pericolosità poiché, come emerge dalla relazione della commissione guidata dal prefetto Valerio Valenti, che ha portato allo scioglimento del comune di Reggio Calabria (9 ottobre 2012), la debolezza strutturale della macchina amministrativa ha rappresentato «un terreno fertile per la criminalità organizzata, nel tentativo di piegare al proprio tornaconto – anche per mera riaffermazione del principio del predominio territoriale – segmenti della amministrazione pubblica locale»;
    il comune di Reggio è, tuttavia, solamente l'apice di quello che si configura come un vero e proprio «caso Calabria»; infatti è del 1994 l'esposto che ha dato vita ad una delle vicende più inquietanti legate ai traffici e agli smaltimenti illegali di rifiuti nella storia del nostro Paese: quella delle cosiddette «navi a perdere», o navi dei veleni per il presunto carico di scorie pericolose e radioattive, fatte affondare dolosamente nel Mediterraneo e in particolare al largo delle coste calabresi;
    l'indagine svolta dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti (2009-2011) ha consentito di mettere in evidenza come, a distanza di oltre tredici anni dall'istituzione dell'ufficio del commissario delegato per l'emergenza rifiuti in Calabria nel settore dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani, poi ampliato al settore delle acque e delle bonifiche per gli anni compresi dal 2002 al 2008, non è stato realizzato nessuno degli obiettivi previsti dai piani regionali per i rifiuti, predisposti dal commissario delegato per l'emergenza rifiuti, nell'ambito di una suddivisione del territorio regionale in tre macroaree («Calabria Nord», «Calabria Centro», «Calabria Sud»);
    sui costi della gestione commissariale, l'inchiesta riferisce che nel periodo 1998-2006 sono state gestite ingenti risorse economiche dall'ufficio del commissario, pari a circa 700 milioni di euro, risorse che, nel 2011, sono lievitate a ben oltre il miliardo di euro, a fronte degli insufficienti risultati ottenuti;
    la situazione risulta aggravata dal fenomeno delle infiltrazioni mafiose e dalle inefficienze del sistema pubblicistico che, secondo la Commissione d'inchiesta parlamentare, hanno finito con il favorire l'inserimento nel ciclo dei rifiuti della criminalità organizzata, che è particolarmente presente nella provincia di Reggio Calabria, laddove, a fronte di un giro d'affari di complessivi 150 milioni di euro all'anno, pari al 2 per cento del prodotto interno lordo del territorio, solo 12 imprese delle 161 che si occupano di rifiuti hanno ottenuto la certificazione antimafia negativa, mentre 115 imprese risultano addirittura sconosciute al sistema;
    in tale contesto ambientale la Calabria è divenuta terra di smaltimento di rifiuti speciali, anche pericolosi, posto che l'istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale (ISPRA) ha calcolato una capacità di smaltimento di rifiuti speciali in impianti della Calabria di quasi 43 mila tonnellate per anno, pari a circa il 7 per cento dei rifiuti nazionali, quantitativo che non corrisponde assolutamente alla produzione di rifiuti speciali nella regione;
    in particolare la Commissione d'inchiesta parlamentare ha messo in luce come l'inadeguatezza del sistema commissariale abbia causato notevoli problemi anche nella gestione della bonifica del sito di interesse nazionale (SIN) di Crotone, Cerchiara e Cassano, in cui diversi comuni, tra i quali la città di Crotone, sono afflitti da un grave inquinamento ambientale, determinato dalla «ferrite di zinco» dello stabilimento «ex Pertusola» di Crotone e dalla «fibretta di amianto in polvere», usata fino agli anni Novanta negli stabilimenti «ex Montedison» di Crotone, nonché dalla «fosforite» derivante dalla produzione di fertilizzanti in questi ultimi stabilimenti;
    le indagini svolte dalla Commissione e le audizioni, nel 2009 e nel 2010, del dottor Raffaele Mazzotta, procuratore della Repubblica di Crotone, hanno messo in luce una situazione di assoluta drammaticità ambientale con rischi seri e concreti per la salute dei cittadini in alcune aree del crotonese che vedono la presenza di discariche non protette di prodotti altamente nocivi per l'ambiente e per la salute;
    nell'ambito del procedimento penale per disastro ambientale da inquinamento denominato inchiesta black mountain nel 2008 è stato eseguito il sequestro preventivo di vaste discariche non autorizzate di rifiuti pericolosi; i suddetti rifiuti pericolosi, a partire dal 1999, sono stati smaltiti in enormi quantitativi e depositati in diverse aree lungo tutta la costa crotonese senza alcuna misura di salvaguardia; nel corso degli anni le scorie tossiche sono state utilizzate per realizzare, mediante strati complessivi anche di alcuni metri di spessore, il fondo di numerosi edifici pubblici e privati, peraltro non tutti individuati, tra cui anche complessi scolastici;
    i risultati scientifici dei carotaggi disposti dalla procura di Crotone hanno consentito di verificare la presenza di arsenico, nichel, vanadio, piombo e zinco in quantità ben al di sopra dei limiti consentiti;
    in merito allo stato di avanzamento della bonifica del sito SIN di Crotone, secondo i dati aggiornati a marzo 2013 dal ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, risulta che la caratterizzazione dei sedimenti riguarda solo il 42 per cento delle aree e i progetti di bonifica approvati coprono appena il 31,7 per cento della superficie;
    le risorse disponibili per la bonifica ammontano a 19 milioni e 916 mila euro a valere sui fondi del programma nazionale di bonifica del ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a cui si devono aggiungere le somme liquidate dalla società Syndial a titolo di risarcimento del danno ambientale, pari a 56 milioni e 200 mila euro oltre gli interessi, assegnate sempre al Ministero dell'ambiente;
    è necessario procedere con urgenza alle bonifiche programmate, a partire dall'area archeologica Antica Kroton per la quale è già stato sottoscritto, nel mese di agosto 2013, un accordo di programma tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Ministero dello sviluppo economico, Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e la regione Calabria;
    vi sono poi fenomeni – definiti isolati – di imprenditori che provvedono, di volta in volta, a smaltire, in luoghi di fortuna o nelle immediate adiacenze delle imprese, rifiuti prodotti nell'ambito dell'attività imprenditoriale svolta. È questo il caso dell'industria tessile, denominata «ex Marlane», presente sul territorio di Praia a Mare, ma ormai dismessa nell'anno 2004;
    al riguardo, la dottoressa Antonella Lauri, sostituto procuratore della Repubblica di Paola, ha riferito che, a seguito di attività di campionamenti, carotaggi e analisi dei campioni raccolti, è stata scoperta e accertata la presenza nell'area antistante lo stabilimento industriale non solo di bidoni e fusti contenenti i coloranti utilizzati nell'industria, ma anche di metalli pesanti e di ammine aromatiche in altissime concentrazioni. Vi è un avviso di conclusioni delle indagini preliminari sul fatto che, all'evidenza, le persone che nel corso del tempo si sono succedute alla guida dell'impresa hanno ritenuto di non smaltire in maniera lecita i rifiuti, ma di interrarli in alcune buche realizzate in quest'area, di fatto di proprietà privata, la quale presentava un altissimo grado di contaminazione da metalli pesanti, tra cui il cromo esavalente;
    ad aggravare la situazione vi è il fatto che il disastro ambientale dell'ex Marlane è stato causato in un'area a vocazione mista industriale, residenziale e turistica, ubicata nelle immediate vicinanze del litorale marino, sul quale sono state rinvenute altissime concentrazioni di metalli pesanti, quali nichel, vanadio, cromo esavalente, cromo totale, mercurio, zinco, arsenico, piombo e PCB;
    l'inquinamento industriale dell'area di Praia a Mare presenta problematiche analoghe a quelle di Crotone; a Praia a Mare, come a Crotone, si è verificato uno sfruttamento criminoso del territorio e delle persone, le cui conseguenze negative sono destinate a durare ancora per molto tempo e a lasciare il loro carico negativo anche alle future generazioni; una situazione preoccupante non solo dal punto di vista ambientale ma anche sanitario; nelle aree dove sono stati stoccati i rifiuti pericolosi l'incidenza delle neoplasie è elevata e il dato sulla mortalità è superiore a quello nazionale;
    ulteriori segnalazioni sono giunte nel corso degli ultimi anni, sempre nell'ambito delle indagini predisposte dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, sull'interramento e sul tombamento dei rifiuti pericolosi e radioattivi in Aspromonte, in particolare si fa riferimento ad una informativa riguardante la località di Pettotondo di Mammola, dove, in una cava, grossi blocchi di cemento sarebbero stati interrati di notte;
    il direttore generale dell'ArpaCal ha lanciato nei giorni scorsi l'allarme sui decessi per neoplasie nella zona di Africo Nuovo dove, sulla base di una informativa dei servizi segreti degli anni ’90, sarebbe stato autorizzato dal boss della zona, Giuseppe Morabito, l'interramento di rifiuti tossici, presumibilmente radioattivi, in cambio di una partita di armi;
    secondo la denuncia pubblica di due consiglieri, la regione Calabria non si preoccuperebbe affatto della presenza sul territorio di aree inquinate e tossiche anche in presenza di situazioni molto pericolose quali discariche abbandonate, centri storici invasi dall’eternit, falde acquifere contaminate; prova ne è il fatto che nel 2011 l'attuale giunta regionale ha revocato il bando riguardante la bonifica di alcuni siti contaminati, emanato nel marzo 2010 dalla precedente giunta e finanziato con i fondi POR Calabria Fesr 2007-2013, a distanza di tre anni più nulla è stato fatto e il rischio di perdere definitivamente i fondi europei è imminente,

impegna il Governo:

   a promuovere per quanto di competenza, in tempi rapidi lo svolgimento di indagini tecniche per la mappatura, anche mediante strumenti di telerilevamento, dei terreni della regione Calabria, al fine di accertare l'eventuale esistenza di contaminazione a causa di sversamenti, interramenti e smaltimenti illeciti di rifiuti;
   a promuovere per quanto di competenza, azioni e interventi di monitoraggio e di tutela ambientale della Calabria mediante un programma straordinario e urgente di interventi finalizzati alla tutela della salute, alla sicurezza, alla bonifica dei siti, nonché alla rivitalizzazione economica dei territori interessati;
   ad assumere iniziative per prevedere che agli interventi di risanamento ambientale dei siti inquinati della regione Calabria siano destinate le somme di denaro e le risorse oggetto di confisca penale a seguito di sentenza definitiva od oggetto di misure di prevenzione nel corso di procedimenti per traffico illecito di rifiuti o associazione finalizzata a tale reato, commessi nel territorio della regione Calabria;
   ad assumere iniziative per prevedere che, su proposta dell'Istituto superiore di sanità sia definita, in sede di prima applicazione per il biennio 2014-2015, la tipologia di esami per il controllo dello stato di salute della popolazione residente nei comuni della Calabria che risultino interessati da inquinamento causato da sversamenti illegali e smaltimenti abusivi di rifiuti e che tali esami siano effettuati senza alcuna compartecipazione alla spesa da parte dei pazienti;
   a prevedere la possibilità che i prefetti delle province della regione Calabria, nell'ambito delle operazioni di sicurezza e di controllo del territorio prioritariamente finalizzate alla prevenzione dei delitti di criminalità organizzata e ambientale e nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili, si avvalgano prioritariamente di personale militare delle Forze armate.
(7-00310) «Borghi, Oliverio, Stumpo, Bratti, Realacci, Magorno, Giovanna Sanna, Tino Iannuzzi, Manfredi, Censore, Braga».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC :

protezione dell'ambiente

discarica abusiva

eliminazione dei rifiuti

deposito dei rifiuti

Calabria

criminalita' organizzata

inquinamento

sostanza tossica